Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin, Joseph Stalin, Enver Hoxha 5 Classics of Marxism Comintern (Stalinist-Hoxhaists) http://ciml.250x.com Georgian Section www.joseph-stalin.net SHMG Press Karl Marx Press of thè Georgian section of Comintern (SH) - Stalinist-Hoxhaists Movement of Georgia OPERE V. I. LENIN Opere complete XXXVIII Quaderni filosofici a cura di Ignazio Ambrogio 1969 - Editori Riuniti - Roma Proprietà letteraria riservata della S.p.A. Editori Riuniti Viale Regina Margherita 290, 00198 Roma GL 63-0071-5 Avvertenza Il presente volume, che è l'edizione italiana più completa delle annotazioni di Lenin su temi di filosofia, riunite sotto il titolo com- plessivo di Quaderni filosofici, comprende: una serie di appunti, frammenti, estratti , risalenti in gran parte agli anni 1914-1915 e raccolti dall'autore in otto grossi quaderni ; numerose note e schede di carattere essenzialmente bibliografico . redatte tra il 1903 e il 1916; ampi stralci di libri e articoli di argomento filosofico con note a margine e sottolineature di Lenin. La maggior parte di questi materiali è stata pubblicata in Unione sovietica , per la prima volta , nei tomi IX (1929) e XII (1930) del Leninskij sbornik (Miscellanea di Lenin); è stata quindi riunita in volume, nel 1933, cól titolo di Filosofskie tetradi, e ristampata quat- tro volte sino al 1947. Nel 1958 i Quaderni filosofici, integrati con nuovi documenti, sono stati inseriti per la prima volta nelle Opere di Lenin (IV edizione, v. 38). La raccolta è stata ulteriormente arricchita, con i brani annotati dei libri di Dietzgen e di Steklov, ed è apparsa, nel 1963, nel v. 29 della quinta edizione delle Opere. A questa raccolta, che è la più completa sinora pubblicata, ci si è attenuti nella presente edizione italiana . Circa la disposizione del materiale , è sembrato opportuno sudt dividerlo in due sezioni — comprendenti la prima gli estratti, i frammenti, le schede bibliografiche, e la seconda i passi dei libri e articoli annotati da Lenin — e ordinarlo, all'interno di ciascuna se- zione, secondo un criterio cronologico . Per la parte russa dei Qua- derni si è seguito il testo della quinta edizione delle Opere, che è stato nuovamente controllato sui manoscritti leniniani. Per le parti non russe (estratti e citazioni contenuti nella prima sezione e brani di libri riportati nella seconda sezione ) la traduzione è stata con- dotta direttamente sui testi originali e, ove possibile , si è tenuto conto delle principali versioni italiane esistenti (come per la Scienza, della logica di Hegel) o se ne è riprodotto il testo (come per La sacra famiglia di Marx e Engels ). Si sono altresì tenute presenti le edizioni dei Quaderni filosofici sinora apparse in Francia (Cahiers philosophiques, a cura di L. Vernant e E. Bottigelli, Paris, 1955), in Italia (Quaderni filosofici, a cura di L, Colletti, Milano, 1958 , ristampati nel 1969), in Urss (Thilosophical Notebooks, a cura di C . Dutt e S . Smith, Moscow, 1963), nella Repubblica democratica tedesca (Werke, v. 38, Berlin, 1964). Per la traslitterazione dei nomi russi si sono seguite le norme della trascrizione scientifica internazionale . Tutte le locuzioni stra- niere usate da Lenin sono state mantenute e per lo piu tradotte in nota . Le note a pii di pagina, non indicate esplicitamente come note del traduttore, appartengono a Lenin e, nella seconda sezione, all'autore del testo. Il volume è corredato di una serie di note nume- rate, che sono tutte redazionali, di un elenco dei libri e periodici citati nel testo, di un indice dei nomi QUADERNI FILOSOFICI Parte prima RIASSUNTO DELLA « SACRA FAMIGLIA » DI MARX E DI ENGELS 1 Die heilige Familie, oder Kritik der kri- tischen Kritik. Gegen Bruno Bauer uni Con - sorten. Von Friedrich Engels und Karl Marx. Frankfurt a. M., Literarische Anstalt (J. Riit- ten), 1845. Il libretto, che ha il formato di un ottavo, consta di una prefazione (pp. III-IV) [3-4] (in calce: Parigi, settembre 1844), di un in- dice del volume (pp. V-VIII) e del testo (pp. 1-335) [5-270], diviso in nove capitoli. I capitoli I, II e III sono stati redatti da Engels, i capitoli V, Vili e IX da Marx, i capitoli IV, VI e VII da entrambi, anche se ognuno dei due ha indicato il paragrafo o capoverso di capitolo, corredato di un sotto- titolo particolare, di cui è autore. Tutti que- sti sottotitoli sono di carattere satirico, com- presa la « trasformazione critica di uno scan- natore in un cane » ( cosi si intitola il § 1 deirVIII capitolo). Sono di Engels le pagine 1-17 [5-23] (capitoli I, II, III e §§ 1 e 2 del IV cap.), 138-142 [120-123] (§ 2a del VI cap.), 240-245 [199-202] (§ 2b del VII cap.): | cioè 26 pagine su 335. | I primi capitoli (tutto (!) il I capitolo, pp. 1-5 [5-9]) sono una critica ininterrotta dello stile della Gazzetta letteraria || Allge- meine Literatur-Zeitung von Bruno Bauer: nel- la prefazione si avverte che la critica di Marx 12 LENIN e di Engels è rivolta contro i suoi primi otto fascicqEjl , una critica dei suoi travisamenti storici (capitolo II, pp. 5-12 [11-17], in par- ticolare della storia inglese), una critica dei suoi temi (capitolo III, pp. 13-14 [19-20]: si de- ride la Griindlichkeit * con cui è esposta la controversia tra un certo sig. Nauwerck e la facoltà di filosofia di Berlino), una critica dei ragionamenti sull’amore (capitolo IV, 3, Marx), una critica del modo come Proudhon viene esposte nella Gazzetta letteraria (IV, 4, Prou- dhon, pp. 22 [27] e sgg. sino a 74 [65], Al- l’inizio, un gran numero di correzioni della traduzione: si è confuso formule con significa- tion, si è tradotto justice con Gerechtigkeit anzi- ché con Rechtspraxis, ecc.). Alla critica della traduzione (che Marx chiama Charakterisierende Obersetzung, Nr. I, II, ecc.) segue la Kritische Randglosse' Nr. I, ecc., dove Marx difende Proudhon dai critici della Gazzetta letteraria, opponendo alla speculazione le idee apertamen- te socialiste di Proudhon. Il tono di Marx verso Proudhon è molto elogiativo (benché vi siano piccole riserve, ad esempio, il rimando a Umrisse zu einer Kritik der Nationalókonomie di Engels nei Deutscb - franzòsische Jabrbùcber ) . Marx passa qui dalla filosofia hegeliana al socialismo: il passaggio risulta evidente da ciò che Marx ha già acquisito e dal modo come entra in un nuovo àmbito di idee. « L’economia politica, che prende per rap- porti umani e razionali i rapporti della pro- prietà privata, si muove in una continua con- traddizione con il suo presupposto fondamen- tale, la proprietà privata; in una contraddi- zione analoga a quella in cui si trova il teo- * profondità (n.d.t.). « LA SACRA FAMIGLIA » 13 logo, il quale interpreta costantemente in modo umano le rappresentazioni religiose e proprio perciò urta costantemente contro il suo pre- supposto fondamentale, la sovrumanità della religione. Cosi, neireconomia politica, il sa- lario del lavoro si presenta alFinizio come la parte proporzionale che, sul prodotto, compete al lavoro. Salario e profitto del capitale stanno luno con l’altro nel rapporto piu amichevole, in un rapporto reciprocamente stimolante, nel rapporto apparentemente più umano. Poi, si dimostra invece che essi stanno fra loro nel rapporto piu ostile, in un rapporto rovesciato. AlFinizio il valore è determinato in modo ap- parentemente razionale, mediante i costi di produzione di una cosa e mediante la sua uti- lità sociale. Poi, si dimostra che il valore è una determinazione puramente casuale, la quale non ha bisogno di stare in alcun rapporto né con i costi di produzione né con la utilità sociale. AlFinizio, la misura del salario è determinata attraverso l’accordo libero tra il libero lavo- ratore e il libero capitalista. Poi, si dimostra sia che il lavoratore è costretto a lasciare che esso venga determinato, sia che il capitalista è costretto a stabilirlo al livello più basso pos- sibile. AI posto della libertà della parte [Par- thei, proprio cosi viene scritto questo termine nel libro] contraente è subentrata la coazione. La stessa cosa avviene nel commercio e in tutti gli altri rapporti economici. Gli stessi economisti avvertono di quando in quando queste contraddizioni, e lo sviluppo delle me- desime forma il contenuto principale delle loro lotte reciproche. Ma, non appena arrivano ad avere coscienza di queste contraddizioni, allora attaccano essi stessi la proprietà privata in una qualche forma parziale , in quanto falsificatrice del salario razionale in sé, cioè nella loro rap- presentazione, del valore razionale in sé, del commercio razionale in sé. Così, Adam Smith 14 LENIN polemizza talvolta contro i capitalisti, Destutt de Tracy contro i banchieri, Simonde de Si- smondi contro il sistema di fabbrica, Ricardo contro la proprietà fondiaria, e quasi tutti gli economisti moderni contro i capitalisti non in- dustriali, nei quali la proprietà appare sempli- cemente come consumatrice . « Gli economisti quindi talvolta, eccezio- nalmente, fanno valere — in particolare quan- do attaccano un qualche abuso particolare — la parvenza umana dei rapporti economici; tal- volta invece, e in media, concepiscono questi rapporti precisamente nella loro distinzione , apertamente espressa, da ciò che è umano, nel loro significato strettamente economico. Essi si dibattono, inconsapevolmente, in questa con- traddizione. « Ora, Proudhon ha messo fine una volta per sempre a questa inconsapevolezza. Ha preso sul serio la parvenza umana dei rapporti eco- nomici e l’ha contrapposta rudemente alla loro realtà inumana . Egli ha costretto questi rap- porti a essere nella realtà ciò che sono nella loro rappresentazione di sé stessi, o meglio, li ha costretti a rinunciare alla loro rappresenta- zione di sé stessi e ad ammettere la loro inu- manità reale. Proudhon, in modo conseguente, non ha presentato in modo parziale questa o quella specie della proprietà privata, cosi come fanno gli altri economisti, ma ha presentato la proprietà privata pura e semplice, nella sua forma generale, come la falsificatrice dei rap- porti economici. Egli ha fatto tutto ciò che la critica dell'economia politica può fare dal pun- to di vista dell'economia politica» (36-39) [39-40]. Marx respinge il rimprovero di Edgar (del- la Gazzetta letteraria ), secondo cui Proudhon ha fatto della « giustizia » un « dio », dicendo che lo scritto di Proudhon del 1840 non si attiene al « punto di vista dello sviluppo te- desco dell'anno 1844 » (39) [40], che questo « LA SACRA FAMIGLIA » 15 è un torto comune ai francesi, che bisogna ri- cordare il richiamo proudhoniano alla nega- zione che realizza la giustizia, richiamo che per- mette di separarsi anche da questo assoluto nella storia (um auch dieses Absoluten in der Geschichte iiberhoben zu sein: alla fine di p. 39 [41]). «Se Proudhon non arriva fino a questa conseguenza, lo deve alla disgrazia di essere nato francese e non tedesco » ( 39-40 ) [41]. Segue poi la Glossa marginale critica n. 2 (40-46) [41-45], che formula con grande ri- lievo la concezione, già quasi completamente formata, di Marx sulla funzione rivoluzionaria del proletariato. « L’economia politica, fino a oggi, moveva dalla ricchezza, che il movimento della pro- prietà privata si presume produca per le na- zioni, e giungeva alle sue considerazioni apolo- getiche nei confronti della proprietà privata. Proudhon muove dal lato contrario, dal lato che neireconomia politica è occultato sofistica- mente, dalla povertà prodotta dal movimento della proprietà privata, e giunge alla sue con- siderazioni neganti la proprietà privata. La pri- ma critica della proprietà privata muove natu- ralmente da quel fatto nel quale l’essenza carica di contraddizioni della proprietà privata ap- pare nella forma piu sensibile, più stridente, im- mediatamente più rivoltante per il sentimento umano, dal fatto della povertà, della miseria » (41) [41-42]. « Proletariato e ricchezza sono opposti. Essi formano come tali un tutto. Entrambi sono figure del mondo della proprietà privata. Ciò che conta è la posizione determinata che en- trambi occupano neiropposizione. Non basta dichiarare che sono due lati di un tutto « La proprietà privata, come proprietà pri- vata, come ricchezza, è costretta a mantenere nell’esistenza sé stessa e con ciò il suo opposto, 16 LENIN il proletariato. Essa è il lato positivo dell’oppo- sizione, la proprietà privata che ha in sé il suo appagamento. « Il proletariato, invece, come proletariato, è costretto a togliere sé stesso e con ciò Top- posto che lo condiziona e lo fa proletariato, la proprietà privata. Esso è il lato negativo del- l’opposizione, la sua irrequietezza in sé, la pro- prietà privata dissolta e dissolventesi. « La classe proprietaria e la classe del pro- letariato presentano la stessa autoalienazione umana. Ma la prima classe, in questa autoalie- nazione, si sente a suo agio e confermata, sa che l’alienazione è la sua propria potenza e possiede in essa la parvenza di un’esistenza umana; la seconda classe, nell’alienazione, si sente annientata, vede in essa la sua impo- tenza e la realtà di un’esistenza inumana. Per usare un’espressione di Hegel, essa è nell’abie- zione la rivolta contro questa abiezione, una rivolta a cui essa è spinta necessariamente dalla contraddizione della sua natura umana con la situazione della sua vita, la quale situa- zione è la negazione aperta, decisa, completa, di questa natura. « All’interno dell’opposizione il proprietario privato è dunque il partito conservatore , il pro- letario il partito distruttore. Il primo lavora alla conservazione dell’opposizione, il secondo al suo annientamento. « È certamente vero che la proprietà privata nel suo movimento economico politico tende verso la propria dissoluzione, ma vi tende solo mediante uno sviluppo indipendente da essa, in- consapevole, che ha luogo contro la sua vo- lontà ed è condizionato dalla natura della cosa; vi tende solo in quanto essa produce il prole- tariato in quanto proletariato, la miseria consa- pevole della propria miseria spirituale e fisica, la disumanizzazione che è consapevole di essere disumanizzazione e che perciò toglie sé stessa. « LA SACRA FAMIGLIA » 17 Il proletariato esegue la condanna che la proprie- tà privata pronuncia su sé stessa producendo il proletariato, cosi come esegue la condanna che il lavoro salariato pronuncia su sé stesso produ- cendo la ricchezza altrui e la propria miseria. Se vince, il proletariato non diventa perciò il lato assoluto della società; infatti esso vince solo togliendo sé stesso e il suo opposto. Allora scompare sia il proletariato sia Popposto che lo condiziona, la proprietà privata. « Se gli scrittori socialisti attribuiscono al proletariato questo ruolo storico-mondiale, ciò non accade affatto, come la critica pretende di jrredere, perché essi ritengono che i proletari siano degli dèi. È proprio il contrario: è perché nel proletariato sviluppato è compiuta pratica- mente l’astrazione da ogni umanità, perfino dalla parvenza delPumanità; è perché nelle condizioni di vita del proletariato sono riassunte tutte le condizioni di vita della società moderna nella loro asprezza più inumana; è perché nel pro- letariato l’uomo ha perduto sé stesso, ma nello stesso tempo non solo ha acquistato la coscienza teorica di questa perdita, bensì anche è costretto dal bisogno non più sopprimibile, non più elu- dibile, assolutamente imperativo — dalla mani- festazione pratica della necessità — alla rivolta contro questa inumanità; ecco perché il proleta- riato può e deve necessariamente liberare sé stes- so. Ma non può liberare sé stesso tenza togliere le proprie condizioni di vita. Esso non può to- gliere le proprie condizioni di vita senza togliere tutte le condizioni di vita inumane della società moderna, condizioni che si riassumono nella sua situazione. Esso non frequenta invano la dura ma temprante scuola del lavoro . Ciò che conta non è che cosa questo o quel proletario, o anche tutto il proletariato, si rappresenta mo- mentaneamente come fine. Ciò che conta è che cosa esso è e che cosa sarà costretto storicamente a fare in conformità a questo suo essere. Il suo 18 LENIN fine e la sua azione storica sono indicati in modo chiaro, in modo irrevocabile, nella situazione della sua vita e in tutta l’organizzazione della società civile moderna. Non c’è bisogno di spie- gare qui che una grande parte del proletariato inglese e francese è già cosciente del suo com- pito storico e lavora costantemente a portare questa coscienza alla chiarezza completa » ( 42- 45) [43-44]. Glossa marginale critica n. 3 « Non può essere ignoto al signor Edgar che il signor Bruno Bauer poneva a fondamento di tutti i suoi sviluppi 1’ ” autocoscienza infi- nita ”, e che concepiva questo principio anche come il principio creativo dei Vangeli, i quali con la loro infinita mancanza di coscienza con- traddicono apparentemente l’autocoscienza in- finita. Allo stesso modo per Proudhon l’ugua- glianza è il principio creativo della proprietà privata, e la proprietà privata contraddice la uguaglianza. Se il signor Edgar paragona per un momento Yuguaglianza francese con l’autoco- scienza tedesca, troverà che il secondo principio esprime in tedesco , cioè nel pensiero astratto, ciò che il primo dice in francese , cioè nella lingua della politica e del pensiero intuitivo. L’autocoscienza è l’uguaglianza dell’uomo con sé stesso nel puro pensiero. L’uguaglianza è la coscienza che l’uomo ha di sé stesso nell’ele- mento della prassi, cioè la coscienza che l’uomo ha dell’altro uomo in quanto essere uguale a lui, ed è il comportamento dell’uomo verso un altro uomo come verso un essere uguale. L’uguaglianza è il modo francese di esprimere l’unità essenziale degli uomini, la coscienza ge- nerica e il comportamento generico dell’uomo, « LA SACRA FAMIGLIA » 19 Tidentità pratica dell'uomo con l'uomo, cioè la relazione sociale e umana deH’uomo con luomo. Perciò, come in Germania la critica distruttiva, prima che con Feuerbach fosse per- venuta all’intuizione dell 'uomo reale , cercava di dissolvere ogni essere determinato ed esi- stente mediante il principio dell’autocoscienza, cosi cercava di fare in Francia la critica di- struttiva mediante il principio àdY uguaglian- za» (48-49) [46-47]. « L’opinione che la filosofia sia l’espressio- ne astratta degli stati di cose esistenti appar- tiene originariamente non al signor Edgar, ma a Feuerbach , il quale per primo ha definito e ha dimostrato la filosofia come empiria spe- culativa e mistica» (49-50) [48]. « ” Ritorniamo sempre e di nuovo a que- sto [...]. Proudhon scrive nell’interesse dei pro- letari ” *. Egli non scrive movendo dall'in- teresse della critica autosufficiente, da un inte- resse astratto, interno, ma da un interesse di massa, reale, storico, da un interesse che por- terà più lontano che alla critica , che porterà cioè alla crisi. Proudhon non solo scrive nel- l’interesse dei proletari, ma egli stesso è un proletario, un ouvrier. La sua opera è un ma- nifesto scientifico del proletariato francese e ha perciò un significato storico del tutto diverso dalle abborracciature di un qualsiasi critico critico» (52-53) [50]. « Il fatto che Proudhon vuole togliere il non avere e la vecchia forma dell'avere è del tutto identico al fatto che Proudhon vuole togliere il rapporto praticamente alienato del- l’uomo con la sua essenza oggettiva , che vuole togliere l’espressione economico-politica della autoalienazione umana. Ma, poiché la sua cri- tica dell’economia politica è ancora prigioniera dei presupposti dell’economia politica, la riap- * Citazione marxiana da Edgar. 20 LENIN propriazione del mondo oggettivo è concepita ancora nella forma economico-politica del pos- sesso. « In altri termini, Proudhon non contrap- pone, come la critica critica gli fa fare, al non avere Pavere, ma contrappone alla vecchia forma delPavere, alla proprietà privata , il possesso. Egli spiega il possesso come una ” funzione sociale E in una funzione P ” interessante ” non è ” escludere ” Paltro, ma manifestare e realizzare le mie proprie forze essenziali. « Proudhon non è riuscito a dare a questo pensiero un’elaborazione adeguata. La rappre- sentazione del ” possesso uguale ” è l’espressio- ne economico-politica, e perciò ancora l’espres- sione alienata, del fatto che Yoggetto come es- sere per l'uomo , come essere oggettivo del- l'uomo, è nello stesso tempo P esistenza del- l'uomo per l'altro uomo, la sua relazione uma- na con l'altro uomo, il comportamento sociale dell'uomo verso l'uomo. Proudhon toglie l’alie- nazione economico-politica all'interno dell’aliena- zione economico-politica » (54-55) [51]. || Questo passo è caratteristico in som- mo grado, perché mostra come Marx si avvicini all’idea fondamentale di tutto il suo « sistema >►, sit venia verbo, cioè all’idea dei rapporti sociali di produzione. |[ Notiamo, come dettaglio, che a p. 64 [58] Marx dedica cinque righe al fatto che la « cri- tica critica » traduce maréchal con Marschall invece che con Hufschmied. Molto interessanti le pp. 65-67 [58-61] ( Marx si avvicina alla teoria del valore-lavoro ) ; pp. 70-71 [62-63] (risposta di Marx a Edgar, il quale accusa Proudhon di far confusione di- cendo che l’operaio non può ricomprare il suo prodotto), pp. 71-72 e 72-75 [63-65] (socia- lismo fantastico, idealistico, etereo [atherisch] e socialismo e comuniSmo « di massa » ) . p. 76 [69]. (Primo capoverso del primo « LA SACRA FAMIGLIA » 21 paragrafo: Feuerbach ha svelato misteri reali, Szeliga vice versa.) p. 77 [70], (Ultimo capoverso: anacroni- smo del rapporto ingenuo tra ricchi e po- veri: « si le riche le savait! ».) pp. 79-8 5 [71-75]. (Queste sette pagine sono tutte del massimo interesse. E il § 2: Il mistero della costruzione speculativa : critica della filosofia speculativa, con il noto esempio del « frutto », der Frucht, una critica rivolta direttamente anche contro Hegel. Qui è sommamente interessante Posservazione che Hegel « molto spesso », all'interno dell'esposi- zione speculativa, fornisce un’esposizione reale, che coglie la cosa stessa, die Sa eh e selbst.) p. 92, 93 [79, 80]: osservazioni fram- mentarie sulla Degradierung der Sinnlich- keit *. p. 101 [87]. «Egli [Szeliga] non può ve- dere che industria e commercio fondano regni universali del tutto diversi da quelli fondati dal cristianesimo e dalla morale, dalla felicità fa- miliare e dal benessere borghese.» p. 102 [88]. (Fine del primo capoverso: osservazioni caustiche sul significato dei notai nella società moderna... « II notaio è il padre confessore laico. È puritano di professione, e 1’ " onestà ", dice Shakespeare, " non è puri- tana "? Nello stesso tempo, egli è il mezzano di tutti gli scopi possibili, il gestore degli intri- ghi e delle cabale borghesi. » ) p. 110 [94-95]. Altro esempio di derisione della speculazione astratta: « costruzione » del modo come luomo diventa signore degli ani- mali : P«t animale » ( das Tier ) , come astrazio- ne, si trasforma da leone in cucciolo, ecc. p. Ili [95]. Passo caratteristico a propo- sito di Eugène Sue: per ipocrisia nei confronti della bourgeoisie egli idealizza moralmente la * Degradazione della sensualità ( n.d.t .). 22 LENIN grisette, sorvolando circa il suo atteggiamento verso il matrimonio, circa il suo rapporto « in- genuo » con Pétudiant o con Pouvrier. « Pro- prio in questo rapporto essa» (la grisette) « forma un contrasto veramente umano con la bigotta, meschina ed egoistica moglie del bor- ghese, con tutta la sfera della borghesia, cioè con la sfera ufficiale. » p. 117 [103]. La « massa » del secolo XVI e quella del XIX sono diverse « von vorn her ein. » * pp. 118-121 [104-105]. Questo passo (nel capitolo VI: La critica critica assoluta ovvero la critica critica come signor Bruno. 1. Prima campagna della critica assoluta, a) Lo «spiri- to » e la « massa » ) è della massima im- portanza: critica dell’opinione che la storia è fallita perché la massa si è interessata alla storia e quest’ultima contava sulla massa, che si ac- contentava di una comprensione « superfi- ciale » dell’« idea ». « Quando la critica assoluta condanna qual- cosa come ” superficiale ”, questo qualcosa è semplicemente la storia che si è avuta finora, la storia le cui azioni e le cui idee sono state le idee e le azioni di ” masse Essa respinge la storia di massa e al suo posto (si veda il signor Jules Faucher sulle questioni del giorno inglesi) porrà la storia critica» (119) [104]. « L’ ” idea ” ha sempre fatto una brutta fi- gura quando è stata distinta dall’ ” interesse Da un altro lato, è facile comprendere che ogni ” interesse ” di massa, che si attua storicamente, non appena entra nella scena del mondo, oltre- passa di molto nell’ ” idea ” o nella ” rappre- sentazione ” i suoi limiti reali, e si confonde con l’interesse umano in generale. Questa illu- sione forma dò che Fourier chiama il tono di ogni epoca storica» (119) [104]: se ne ha, ad esempio, un’illustrazione nella rivoluzione «sin dall’inizio» (n.d.t.). « LA SACRA FAMIGLIA » 23 francese (119-120) e nella ben nota proposi- zione (120 in fine) [104-105]: « Con la profondità dell’azione storica, au- menterà l’ampiezza della massa di cui l’azione storica è azione ». Sino a che punto sia rigida in Bauer la distinzione in Geist e Masse risulta dalla pro- posizione che Marx attacca: «Nella massa , e non altrove , è da cercare il vero nemico dello spirito» (121) [105]. Marx replica che i nemici del progresso sono i prodotti resi autonomi e dotati di vita propria ( verselbstàndigten ) dell’autoabiezio- ne della massa, prodotti non ideali, ma mate- riali, esistenti in modo esteriore. Già il gior- nale di Loustalot del 1789 reca il motto: Les grands ne nous paraissent grands que parce que nous sommes à genoux. Levons-nous! Ma, per sollevarsi, dice Marx, non basta farlo nel pensiero, nell’idea (122) [106]. « La critica assoluta ha tuttavia imparato dalla Fenomenologia di Hegel almeno Varie di trasformare catene reali , oggettive , esistenti fuori di me, in catene solo ideali, solo sogget- tive, esistenti solo in me, e quindi a trasfor- mare tutte le lotte esterne, sensibili, in pure lotte di pensiero » (122) [106]. Si può cosi dimostrare, dice Marx sarcasti- camente, l’armonia prestabilita tra la critica cri- tica e la censura, e presentare il censore non come uno sbirro (Polizeischerge), ma come il mio tatto e senso della misura personificato. Tutta presa del suo « Geist », la critica as- soluta non indaga se non vi siano frasi, autoil- lusioni, snervatezza (Kernlosigkeit) nelle sue vane (windigen) pretese. « La stessa cosa accade con il ” progresso Nonostante le pretese del ” progresso ”, si han- no continui regressi e movimenti circolari. La critica assoluta, ben lontana dal supporre che NB LENIN la categoria ” del progresso ” è una categoria completamente inconsistente e astratta, è invece cosi intelligente da riconoscere ” il progresso 99 come assoluto, per supporre poi, a spiegazione del regresso, un ” avversario personale ” del progresso, la massa » (123-124) [107], « Tutti gli scrittori socialisti e comunisti so- no partiti dall’osservazione, da un lato, che an- che le azioni splendide e piu vantaggiose sem- brano rimanere senza splendidi risultati e sem- brano finire in banalità, dall’altro lato, che tutti i progressi dello spirito sono stati sinora prò - gressi contro la massa dell'umanità, la quale è stata cacciata in una situazione sempre più di- sumana. Essi perciò hanno dichiarato ” il pro- gresso” una frase insufficiente, astratta (vedi Fourier ), e hanno supposto l’esistenza di una malattia fondamentale del mondo civile (vedi fra gli altri Owen)\ essi perciò hanno sottopo- sto i fondamenti reali della società moderna a una critica incisiva. A questa critica comuni- sta è corrisposto subito, nella pratica, il mo- vimento della grande massa in opposizione alla quale aveva avuto luogo lo sviluppo storico av- venuto sinora. Bisogna aver conosciuto la pas- sione per lo studio, l’avidità di sapere, l’energia etica, l’impulso instancabile a svilupparsi, degli ouvriers francesi e inglesi, per potersi fare una immagine della nobiltà umana di questo movi- mento » (124-125) [108]. « Quale profonda superiorità sugli scrittori comunisti non aver perseguitato mancanza di spirito, indolenza, superficialità, soddisfazione di sé, nei luoghi dove si producono, ma averle sgridate moralmente e averle scoperte come opposizione dello spirito, del progresso! » (125) [108]. « Il rapporto tra ” spirito e massa ” ha tut- tavia ancora un significato nascosto > che si sve- lerà completamente nel corso degli sviluppi Noi facciamo qui solo un accenno. Quel rapporto « LA SACRA FAMIGLIA » 25 scoperto dal signor Bruno, infatti, non è altro che il perfezionamento criticamente caricaturale della concezione hegeliana della storia , la quale a sua volta non è altro che l’espressione specu- lativa del dogma cristiano-germanico di spirito e materia , di Dio e mondo. Questa opposizione si esprime nella storia, nello stesso mondo uma- no, in questo modo: pochi individui eletti stan- no di contro, in quanto spirito attivo , alla re- stante umanità, in quanto massa priva di spirito, in quanto materia » (126) [109]. Marx rileva che la Geschichtsauffassung * di Hegel presuppone uno spirito astratto e asso- luto, di cui è portatrice la massa. Parallelamente alla dottrina hegeliana si è sviluppata in Francia la teoria dei dottrinari (126) [109], che hanno proclamato la sovranità della ragione in antitesi alla sovranità del popolo, per escludere la massa e dominare da soli (allein). Hegel è « colpevole di una duplice indeci- sione » (127) [110]: 1) quando dichiara che la filosofia è l’esistenza dello spirito assoluto, non dichiara che l’individuo che filosofa è que- sto spirito assoluto; 2) fa fare allo spirito as- soluto la storia solo apparentemente (nur zum Schein), solo post festum, solo nella coscienza. Bruno toglie questa indecisione: egli dichia- ra che la critica è lo spirito assoluto e crea la storia effettivamente. « Da un lato si ha la massa come l’elemento passivo, aspirituale, astorico, materiale, della storia; dall’altro lato si hanno lo spirito, la cri- tica, il signor Bruno & Co., come l’elemento attivo da cui procede ogni azione storica. L’atto di trasformazione della società si riduce Catti- vità cerebrale della critica critica» (128) [110]. Quale primo esempio delle « campagne del- la critica assoluta contro la massa » Marx ad- duce Patteggiamento di Br. Bauer verso la * concezione della storia (n.d.t.). 26 LENIN Judenfrage e rinvia quindi alla confutazione di Bauer nei Deutsch-franzòsische Jabrbucher . « Una delle occupazioni principali della cri- tica assoluta consiste nel collocare nella loro giusta posizione tutte le questioni del giorno. Essa quindi non risponde alle questioni reali, ma sostituisce a esse questioni del tutto diverse [...]. Essa ha distorto a tal punto anche la ” questione ebraica M da non avere più bisogno di indagare suH' emancipazione politica, cosa di cui si tratta in quella questione, e da potersi invece accontentare di una critica della religione ebraica e di una descrizione dello Stato cri- stiano-germanico. « Anche questo metodo, come ogni origi- nalità della critica assoluta, è la ripetizione di un giuoco speculativo. La filosofia speculativa, specialmente la filosofia hegeliana, doveva di ne- cessità, per poter rispondere, tradurre tutte le questioni dalla forma del sano intelletto umano nella forma della ragione speculativa, e doveva trasformare la questione reale in una questione speculativa . La speculazione, dopo avermi di- storto in bocca la mia questione e dopo avermi messo in bocca, come fa il catechismo, la sua questione, poteva naturalmente, come il cate- chismo, avere pronta la sua risposta a ciascuna delle mie questioni» (134-135) [117-118]. Nel § 2a scritto da Engels (La «critica » e « Feuerbach ». Condanna della filosofia ), a pp. 138-142 [120-123], troviamo caldi elogi a Feuerbach. Circa gli attacchi della « critica » contro la filosofia e il modo in cui essa le (alla filosofia) oppone la reale ricchezza dei rapporti umani, « l’enorme contenuto della storia », « il significato dell’uomo », ecc., ecc. sino alla pro- posizione che « il mistero del sistema è sve- lato », Engels dice: « Ma chi ha mai svelato il mistero del ” si- stema ”? Feuerbach. Chi ha annientato la dia- « LA SACRA FAMIGLIA » 27 lettica dei concetti, la guerra degli dèi che solo i filosofi conoscevano? Feuerbach . Chi ha messo al posto della vecchia robaccia, anche dell’ ” autocoscienza infinita ”, non ” il signi- ficato dell uomo ” (come se l’uomo avesse an- che un altro significato oltre a quello di essere uomo!), ma Y ” uomo ”? Feuerbach e solo Feuerbach. Egli ha fatto anche di piu. Ha annientato da molto tempo quelle stesse cate- gorie di cui la critica ora si vanta, ” la ricchezza reale dei rapporti umani, l’enorme contenuto della storia, la lotta della storia, la lotta della massa con lo spirito ”, ecc. ecc. « Una volta che Puomo è stato riconosciu- to come l’essenza, come la base di ogni atti- vità umana e di ogni condizione umana, la ” critica ” può soltanto inventare nuove cate- gorie e trasformare nuovamente Yuomo stesso, come essa appunto fa, in una categoria e nel principio di tutta una serie di categorie; con la qual cosa essa imbocca indubbiamente l’ul- tima via di salvezza che ancora rimaneva alla tormentatissima e perseguitata inumanità teo- logica. La storia non fa niente , essa non ” pos- siede alcuna enorme ricchezza ”, ” non com- batte nessuna lotta ”! È piuttosto Yuomo , l’uo- mo reale, vivente, che fa tutto, possiede e combatte tutto; non è la ” storia ” che si serve dell’uomo con?e mezzo per attuare i propri fini, come se essa fosse una persona particolare; essa non è altro che l’attività dell’uomo che persegue i suoi fini. Se la critica assoluta , dopo i geniali sviluppi di Feuerbach , osa ancora ri- proporci tutta quanta la vecchia merce in forma nuova» (139-140) [121], ecc., quest’unico fatto è già sufficiente per valutare la sua inge- nuità critica, ecc. Piu oltre, circa l’opposizione tra lo spirito e la « materia » ( la critica chiama « materia » la massa), Engels dice: « La critica assoluta non è dunque pura- 28 LENIN mente cristiano-germanica ? Dopo che si è finito sotto tatti i Iati di combattere la vecchia op- posizione di spiritualismo e e do- po che essa è stata superata una volta per sempre da Feuerbach , la ” critica ” ne fa di nuovo, odia forma pili nauseante, il dogma fondamentale e fa vincere lo ” spirito cristiano- germanico” » (141) [122-123]. A proposito delle parole di Bauer: « Gli ebrei, oggi, sono emancipati nella misura in cui vivono nella teoria ; sono liberi nella mi- sura in cui vogliono essere liberi », Marx dice: « Da questa affermazione si può subito misurare l’abisso critico che separa il socialismo e il comuniSmo di massa, profani, dal socia- lismo assoluto. La prima affermazione del so- cialismo profano respinge come un’illusione l’emancipazione nella pura teoria, ed esige per la libertà reale , oltre alla ” volontà ” idealisti- ca, anche condizioni molto tangibili, molto materiali. Quanto sta al di sotto della sacra rrit-ira ” la massa ”, la massa che ritiene ne- cessari sovvertimenti materiali, pratici, persino per conquistare il temp o e i mezzi die sono indispensabili anche per occuparsi solo ” della teoria”'.» (142) [123-124]. Gò che segue (pp. 14M67^ [125-141] è una critica molto noiosa e incredibilmente ca- villosa della Gazzetta letteraria, una sorta di commento interlineare del tipo « ramanzina »- Proprio niente di interessante. Fine del § 2b: La questione ebraica n. 2, pp. 142-185 [123-154]. Le pp. 167-185 [141- 154] contengono l’interessante risposta di Marx a Bauer, che difende la sua Judenfrage, criticata nei Deutsckhfranzósische Jahrbucher (a cui Marx rimanda continuamente). Marx sottolinea qui in modo netto e ben chiaro i principi fonda- mentali di tutta la sua concezione del mondo. « LA SACRA FAMIGLIA » 29 « Le questioni religiose hanno oggi un si- gnificato sociale »: questo è stato mostrato nei Deutsch-franzósische Jahrbiicher , dove si è ca- ratterizzata « la posizione reale dell'ebraismo nella società civile moderna ». « Il signor Bauer spiega [...] gli ebrei reali con la religione ebrai- ca , invece di spiegare il mistero della religione ebraica con gli ebrei reali» (167-168) [142]. Il signor Bauer non sospetta che « l'ebrai- smo reale, mondano, e perciò anche Pebraismo religioso, è prodotto continuamente dalla vita civile moderna, e trova la sua elaborazione ul- tima nel sistema del denaro ». Nei Deutsch-franzósische Jahrbiicher si è mostrato che lo sviluppo dell'ebraismo è da situare « nella prassi commerciale e industria- le », che l'ebraismo pratico è « la prassi com- piuta dello stesso mondo cristiano» (169) [143]. « Si è dimostrato che il compito di supe- rare l'essenza ebraica è in verità il compito di superare l'ebraismo della società civile, l'inu- manità della prassi moderna di vita, inumanità che raggiunge il suo vertice nel sistema del de- naro » ( 169) [143]. Rivendicando la libertà, l'ebreo esige al tempo stesso qualcosa che non contraddice la libertà politica (172) [145], in quanto si trat- ta della libertà politica. « Si è mostrato al signor Bauer che la scomposizione dell'uomo nel cittadino non re- ligioso e nell'uomo privato religioso non con- traddice per nulla l 'emancipazione politica ». E subito dopo: « Gli si è mostrato che, come lo Stato si emancipa dalla religione emancipandosi dalla religione di Stato e abbandonando la religione a sé stessa all’interno della società civile, cosi l’uomo singolo si emancipa politicamente dalla religione, comportandosi verso di essa non piu 30 LENIN come verso un affare pubblico, ma come verso un affare privato . Gli si è mostrato infine che l’atteggiamento terroristico della rivoluzione francese verso la religione , ben lontano dal contraddire questa concezione, la conferma » (172) [145-146]. Gli ebrei esigono gli allgemeine Menschen- rechte *. « Nei Deutsch-franzòsische Jahrbucher è stato dimostrato, al signor Bauer, che questa ” libera umanità ” e il suo ” riconoscimento ” non sono altro che il riconoscimento délY indi- viduo egoistico, borghese, e del movimento sfrenato degli elementi spirituali e materiali che costituiscono il contenuto della sua situa- zione di vita, il contenuto della vita civile moderna ; è stato dimostrato che i diritti del- l'uomo non liberano quindi l’uomo dalla reli- gione, ma gli danno la libertà religiosa, non lo liberano dalla proprietà, ma gli procurano la libertà della proprietà, non lo liberano dalla sordidezza del guadagnare, ma gli concedono la libertà dell'attività diretta a guadagnare . « Si è poi dimostrato come il riconoscimento dei diritti dell'uomo da parte dello Stato mo- derno non abbia un significato diverso dal riconoscimento della schiavitù da parte dello Stato antico. Cioè, come lo Stato antico aveva come base naturale la schiavitù, così lo Stato moderno ha come base naturale la società ci- vile, l’uomo della società civile, cioè l’uomo indipendente, unito all’altro uomo solo con il legame dell’interesse privato e della neces- sità naturale incosciente, lo schiavo del lavoro per il guadagno, lo schiavo sia del bisogno egoistico proprio sia del bisogno egoistico al- trui. Nei diritti universali dell'uomo lo Stato moderno riconosce che questa è la sua base naturale» (175) [147-148]. * diritti universali dell’uomo (n.d.t.). « LA SACRA FAMIGLIA » 31 « L’ebreo ha un diritto tanto piu grande a questo riconoscimento della sua ” libera uma- nità ” in quanto la ” società civile libera ” ha un'essenza totalmente commerciale, ebraica, e in quanto l'ebreo è fin dall'inizio un suo mem- bro necessario.» Che i « diritti dell'uomo » non sono innati, ma sono sorti storicamente, lo sapeva già Hegel (176) [148]. Indicando le contraddizioni del costituzio- nalismo la « critica » non le generalizza ( fasst nicht den allgemeinen Widerspruch des Kon- stitutionalismus *) ( 177 - 178 ) [ 149 ]. Se lo avesse fatto, dalla monarchia costituzionale sa- rebbe pervenuta allo Stato rappresentativo de- mocratico , allo Stato moderno compiuto (178) [ 150 ]. L’attività industriale non viene annientata con la distruzione dei privilegi (corporazioni, mestieri, ecc.), ma si sviluppa, invece, con forza maggiore. La proprietà fondiaria non è annientata con la distruzione dei privilegi della proprietà fondiaria, « e il suo movimento co- mincia piuttosto con il superamento dei suoi privilegi, con la libera parcellizzazione e la libera vendita» ( 180 ) [ 151 ]. Il commercio non viene annientato con la distruzione dei privilegi commerciali, ma di- venta solo allora un commercio realmente li- bero; lo stesso si dica per la religione; « cosi la religione si dispiega nella sua universalità pratica (si pensi agli Stati liberi nordameri- cani) solo là dove non c'è una religione pri- vilegiata ». « La schiavitù della società civile è appa- rentemente la libertà più grande » (181) [152]. Alla dissoluzione (Auflòsung) (182) [153] dell'esistenza politica della religione (distruzio- * non comprende la contraddizione generale del costituzionalismo ( n.d.t .). 32 LENIN ne della Chiesa di Stato), della proprietà (abro- gazione del censo elettorale), ecc. corrisponde * la loro vita più potente, che ora obbedisce senza ostacoli alle sue proprie leggi e dispiega tutta l’ampiezza della propria esistenza ». V anarchia è la legge della società borghese emancipata dai privilegi (182-183) [153]. c) Battaglia critica contro la rivoluzione fran- cese « 99 Le idee che k rivoluzione francese ave- va suscitato — dice Marx citando Bauer — non hanno portato, però, oltre la situazione che essa voleva superare con la violenza.” « Le idee non possono mai portare oltre una vecchia situazione del mondo, ma sempre oltre le idee della vecchia situazione del mondo. In generale, le idee non possono attuare niente. Per Pattuazione delle idee c’è bisogno degli uomini, i quali impiegano una forza pratica » (186) [155]. La rivoluzione francese ha suscitato le idee del comuniSmo (Babeuf), che, conseguentemen- te elaborate, contengono l’idea del nuovo Welt- zustand *. Circa le parole di Bauer, secondo cui lo. Stato deve tenere uniti i singoli atomi egoi- stici, Marx dice (188-189) [157-158] che i membri della società borghese non sono, pro- priamente parlando, degli atomi, ma che essi immaginano soltanto di esser tali, mentre non sono autosufficienti come gli atomi e dipendono dagli altri uomini, giacché i loro bisogni li pon- * ordine mondiale (n.d.t. ). « LA SACRA FAMIGLIA » gono quotidianamente in questo stato di di- pendenza. « Sono quindi la necessità naturale, le pro- prietà umane essenziali, per quanto alienate possano apparire, V interesse che tengono uniti i membri della società civile; il loro legame reale è la vita civile, e non la vita politica [...]. Solo la superstizione politica immagina ancora oggi che la vita civile debba di necessità essere tenuta unita dallo Stato, mentre, al contrario, nella realtà, lo Stato è tenuto unito dalla vita civile* (189) [158]. Robespierre, Saint-Just e il loro partito sono caduti perché hanno confuso la società antica, realisticamente democratica, fondata sulla schiavitù, con lo Stato moderno rappre- sentativo, spiritualisticamente democratico, fon- dato sulla società civile. Nel giorno della sua esecuzione Saint-Just ha indicato la tavola (Tabelle, manifesto? appesa) dei diritti del- l'uomo e ha detto: « C’est pourtant moi qui ai fait cela ». « Proprio questa tavola procla- mava il diritto di un uomo il quale non può essere l’uomo della comunità antica, cosi come i suoi rapporti economici e industriali non sono i rapporti antichi » (192) [160]. Il 18 brumaio preda di Napoleone non è stato il movimento rivoluzionario, ma la bor- ghesia liberale. Dopo la caduta di Robespierre, sotto il Direttorio, ha inizio la realizzazione prosaica della società borghese: Sturm und Drang delle imprese commerciali, ebbrezza ( Taumel ) della nuova vita borghese; « illumi- nismo reale della terra francese, la cui organiz- zazione feudale era stata frantumata dal mar- tello della rivoluzione, della terra che ora il primo ardore febbrile dei molti nuovi proprie- tari sottopone a una coltura intensiva; primi movimenti dell’industria diventata libera; que- sti sono alcuni segni della vita della società civile appena sorta» (192-193) [160-161]. 34 LENIN Capitolo VI. La critica assoluta ovvero la cri- tica critica come signor Bruno 3) Terza campagna della critica assoluta d) Battaglia critica contro il materialismo fran- cese (195-211) [162-1761 |j_Questo capitolo ( § d della terza parte del sesto capitolo) è uno dei piu preziosi del li- bro. Qui non si dà alcun commento interli- neare, ma soltanto un'esposizione positiva. È un breve compendio di storia del materialismo francese. Bisognerebbe trascrivere qui tutto il paragrafo, mi limiterò pertanto a riassumerne succintamente il contenuto?! L’illuminismo francese del secolo XVIII e il materialismo francese sono stati non sol- tanto una lotta contro le istituzioni politiche esistenti, ma insieme anche una lotta aperta contro la metafisica del secolo XVII e, spe- cialmente, contro la metafisica di Descartes , Malebranche, Spinoza e Leibniz . « Si è contrap- posta alla metafisica la filosofia, cosi come Feuerbach, nella sua prima decisa presa di po- sizione contro Hegel, ha contrapposto alla spe- culazione ubriaca la sobria filosofia» (196) [164]. La metafisica del secolo XVII, messa fuori combattimento dal materialismo del secolo XVIII, ha vissuto la sua restaurazione vitto- riosa e sostanziale ( gehaltvolle ) nella filosofia tedesca e, specialmente, nella filosofia specu- lativa tedesca del secolo XIX. Hegel l'ha ge- nialmente congiunta con tutta la metafisica e con l'idealismo tedesco e ha fondato ein me- taphysisches Universalreich *. A questo è se- guito di nuovo « l’attacco alla metafisica spe- culativa e a ogni metafisica. Quest'ultima * un regno metafisico universale (nJj.). «t LA SACRA FAMIGLIA » 35 soccomberà definitivamente dinanzi al materia- lismo, ora completato dal lavoro della stessa speculazione e coincidente con l’umanismo. Come Feuerbach nel campo teorico, il socia- lismo e il comuniSmo francesi e inglesi hanno rappresentato nel campo pratico il materialismo coincidente con lumanismo » (196-197) [165]. Esistono due indirizzi del materialismo francese: 1) quello derivante da Descartes e 2) quello derivante da Locke, Il secondo miindet direkt in den Sozialismus * (197) [165]. Il primo, il materialismo meccanico, si trasforma nella scienza naturale francese. Descartes nella sua fisica dichiara che la materia è Tunica sostanza. Il materialismo mec- canico francese accoglie la fisica di Descartes e respinge la sua metafisica. « Questa scuola ha inizio con il medico Le Roy, raggiunge il suo punto piu alto con il medico Cabanis , e il medico Lamettrie è il suo centro.» Descartes era ancora vivo quando Le Roy ha esteso la costruzione meccanica dell’animale all’uomo e ha dichiarato che l’anima è un modus del corpo e che le idee sono movimenti meccanici (198) [165-166], Le Roy credeva persino che Descartes celasse la sua vera opi- nione. Descartes ha protestato. Alla fine del secolo XVIII Cabanis ha per- fezionato il materialismo cartesiano nello scritto Rapports du physique et du moral de Vhomme. La metafisica del secolo XVII ha avuto sin dall’inizio come antagonista il materialismo. Descartes — Gassendi, restauratore del mate- rialismo epicureo, — in Inghilterra Hobbes. Voltaire (199) [166] ha osservato che la indifferenza dei francesi per le controversie tra i gesuiti e i giansenisti non è stata prodotta * sfocia direttamente nel socialismo (n.d.t.). 36 LENIN tanto dalla filosofia, quanto dalle speculazioni finanziarie di Lato. Il movimento teorico verso il materialismo si spiega con la Gestaltung * pratica della vita francese del tempo. Alla pras- si materialistica corrispondono le teorie mate- rialistiche. La metafisica del secolo XVII (Descartes, Leibniz) era ancora collegata con un conte- nuto positivo. Essa ha compiuto scoperte nella matematica, nella fisica, ecc. Nel secolo XVIII le scienze positive si sono separate, e la meta- fisica war fad geworden **. NelPanno della morte di Malebranche sono nati Helvétius e Condillac (199-200) [167]. Sul piano teorico la metafisica del secolo XVII è stata screditata da Pierre Bayle, che ha usato Parma dello scetticismo. Egli ha confu- tato soprattutto Spinoza e Leibniz. Ha annun- ciato la società atea. È stato « Pultimo dei metafisici nel senso del secolo XVII e il primo dei filosofi nel senso del secolo XVIII » (200- 201) [168]: parole di uno scrittore francese. Questa confutazione negativa necessitava di un sistema positivo antimetafisico. È stato Locke a darlo. Il materialismo è figlio della Gran Bretagna. Già lo scolastico Duns Scoto si domandava « se la materia non possa pensare ». Egli era un nominalista. Il nominalismo è in generale la prima espressione del materialismo. Il vero progenitore del materialismo inglese è Bacone . («Tra le proprietà naturali della materia il movimento è la prima e la principale, non solo come movimento meccanico e mate- matico, ma ancor piu come impulso, spirito vitale, tensione, come [...] tormento [Qual] della materia»; 202 [169].) « In Bacone, in quanto suo primo creatore, il materialismo racchiude in sé, in un modo * organizzazione ( n.d.t .). ** era divenuta insipida (n.d.t X « LA SACRA FAMIGLIA » 37 ancora ingenuo, i germi di uno sviluppo onni- laterale. La materia, nel suo splendore poetica- mente sensibile, sorride a tutto l'uomo.» In Hobbes il materialismo diventa unila- terale, menschenfeindlich, mechanisch *. Hobbes ha sistematizzato Bacone, ma non ha fondato (begriindet) in modo più preciso il suo prin- cipio fondamentale: Torigine delle conoscenze e delle idee dal mondo sensibile ( Sinnenwelt ) : p. 203 [170]. Come Hobbes ha distrutto i pregiudizi teistici del materialismo baconiano, cosi Collins, Dodwell, Coward, Hartley, Priestley, ecc. han- no distrutto gli ultimi confini teologici del sen- sismo lockeano. Condillac ha diretto il sensismo di Locke contro la metafisica del secolo XVII e ha pub- blicato una confutazione dei sistemi di Des- cartes, Spinosa, Leibniz, Malebranche. I francesi « hanno incivilito» (203) [171] il materialismo degli inglesi. In Helvétius (che muove anch’egli da Locke) il materialismo assume un carattere propriamente francese. Lamettrie è Turificazione del materialismo cartesiano e di quello inglese. Robinet è ancora collegato soprattutto con la metafisica. « Come il materialismo cartesiano va a fini- re nella scienza naturale vera e propria , cosi l’altro orientamento del materialismo francese sfocia direttamente nel socialismo e nel comu- niSmo » (206) [172]. Niente è piu facile del ricavare il socialismo dalle premesse del materialismo (riorganizzare il mondo sensibile; collegare Tinteresse privato con quello generale; distruggere le Geburtsstàt- ten ** antisociali del delitto, ecc.). Fourier muove direttamente dalla dottrina * ostile allucino, meccanico ( n.d.t .). ** luoghi di nascita ( n.d.t .). 38 LENIN dei materialisti francesi. I babuvisti erano ma- terialisti rozzi, incivili. Bentham fonda il suo sistema sulla morale di Helvétius, e Owen muo- ve dal sistema di Bentham per fondare il comu- niSmo inglese. Cabet porta in Francia dall’In- ghilterra le idee comuniste (è il rappresentante populàrste wenn auch flachste * del comuni- Smo): 208 [173]. «Più scientifici» Dézamy , Gay , ecc., che sviluppano la dottrina del mate- rialismo come umanismo reale. A pp. 209-211 [174-176] Marx riporta in nota (due pagine in corpo più piccolo) passi di Helvétius, Holbach e Bentham, per docu- mentare la connessione tra il materialismo del secolo XVIII e il comuniSmo inglese e francese del secolo XIX. Nei paragrafi successivi è da sottolineare il seguente brano: .« La lotta tra Strauss e Bauer sulla sostanza e sull 1 autocoscienza è una lotta che ha luogo all'interno delle speculazioni hegeliane . In Hegel si hanno tre elementi: la sostanza spino « ziana, V autocoscienza ficbtiana e l’unità hege- liana, necessariamente contraddittoria, di en- trambe, lo spirito assoluto. Il primo elemento è la natura travestita metafisicamente nella sua separazione dairuomo; il secondo è lo Spirito travestito metafisicamente nella sua separazione dalla natura; il terzo è l’unità travestita metafi- sicamente di entrambi: l 'uomo reale e il genere umano reale» (220) [182-183]; e il capoverso successivo con questa valu- tazione di Feuerbach: « Strauss e Bauer hanno perfezionato con- seguentemente Hegel alFinterno della sfera teo- logica, il primo dal punto di vista spinoziano, il secondo dal punto di vista fichtiano. Entrain- * il piu popolare anche se il piu superficiale (n.d.tX « LA SACRA FAMIGLIA » 39 bi criticavano Hegel nella misura in cui in Hegel ciascuno dei due elementi viene falsifi- cato dall’altro, mentre essi sviluppavano questo o quello dei due elementi sino alla sua perfe- zione unilaterale , e perciò conseguente. En- trambi, nella loro critica, vanno oltre Hegel, ma entrambi rimangono anche fermi all'interno della sua speculazione e rappresentano ciascuno solo un lato del suo sistema. Solo Feuerbach, che ha completato e criticato Hegel dal punto di vista hegeliano, risolvendo il metafisico spi- rito assoluto nell* "uomo reale che ha il suo fondamento nella natura ”, ha portato a com- pimento la critica della religione, tracciando nello stesso tempo Ì grandi e magistrali linea- menti per una critica della speculazione hege- liana e quindi di ogni metafisica » (220-221) [183]. Marx deride la baueriana « teoria dell’auto- coscienza » per il suo idealismo ( sofismi del- l’idealismo assoluto: 222 [184]), mostra che essa è una parafrasi di Hegel, cita la Fenome- nologia e le osservazioni critiche di Feuerbach ( Philosophie der Zukunft, p. 35, dove si dice che la filosofia nega — negiert — il « materia- le », il « sensibile », come la teologia nega « la natura corrotta dal peccato originale»). Il capitolo successivo (VII) comincia di nuovo con una critica noiosissima, cavillosa I pp, 228-235 | [189-195]. Nel 5 2a un brano interessante. Marx riporta dalla Gazzetta letteraria la lettera di un « rappresentante della massa », il quale esige che si conosca la realtà, che si stu- dino la scienza naturale, l’industria (236) [195- 1961, e viene per questo insultato dalla «cri- tica »: « O (!) ritiene ella » — esclamano i « cri- tici » contro il rappresentante della massa — 40 LENIN Nota bene « che sia già finita con la conoscenza della realtà storica? O (!) conosce ella un solo periodo della storia che sia già effettivamente conosciuto? ». « O la critica critica crede » — ribatte Marx — « di essere giunta anche solo aSl’inizio del- la conoscenza della realtà storica, fino a che esclude dal movimento storico il comportamen- to teoretico e pratico dell'uomo verso la na- tura, la scienza della natura e l'industria? O crede di avere già conosciuto effettivamente un qualsiasi periodo senza, per esempio, aver conosciuto l'industria di questo periodo, il mo- do di produzione immediato della vita stessa? Naturalmente, la critica critica, spiritualistica, teologica , conosce solo — conosce almeno nel- la sua immaginazione — i fatti politici, let- terari e teologici della storia, quelli principali e di rilievo statale. Come separa il pensiero dai sensi, l'anima dal corpo, sé stessa dal mon- do, allo stesso modo la critica separa la storia dalla scienza della natura e dall’industria, allo stesso modo vede il luogo di nascita della storia non nella produzione rozzamente materiale che avviene sulla terra, ma in cielo, nel formarsi vaporoso delle nuvole» (238) [197-198], La critica qualifica questo rappresentante della massa come massenhafter Materialist * (239) [198], « La critica dei francesi e degli inglesi non è una personalità cosi astratta, cosi trascen- dente, che sta fuori dell'umanità; essa è l 'atti- vità umana reale di individui che sono membri attivi della società, che soffrono, sentono, pen- sano e agiscono in quanto uomini. Perciò la loro critica è nello stesso tempo pratica; il loro comuniSmo è un socialismo nel quale essi sta- biliscono misure pratiche, tangibili, nel quale essi non solo pensano, ma ancor più agiscono; * materialista di massa {n.d.t.). « LA SACRA FAMIGLIA » 41 è la critica vivente, reale, della società esisten- te, è la conoscenza delle cause ” della decaden- za ” » (244) [202]. (Tutto il capitolo VII, 228-257 [189-212], tranne i luoghi citati, contiene soltanto critiche inverosimilmente cavillose, spunti parodistici, la ricerca delle contraddizioni più insignificanti, la derisione di tutte le stoltezze della Gazzetta letteraria , e ccTl Nel capitolo Vili (258-333 [213-267]) ab- biamo un $ sulla «c trasformazione critica di uno scannatore in un cane » e quindi sulla Fleur de Marie di Eugène Sue (si tratta, evi- dentemente, di un romanzo con questo titolo o di un personaggio di un qualche romanzo 2 ) con alcune osservazioncine « radicali » ma prive d’interesse di Marx. Sono però da rilevare p. 285 + [233-234], un paio di osservazioni sulla teoria penale hegeliana, e p. 296 [241], contro la difesa fatta da Eugène Sue del carcere cellulare (Cellularsystem). + « Secondo Hegel, il delinquente, con la pena, pronuncia il giudizio su sé stesso. Gans ha elaborato ampiamente questa teoria. In Hegel essa è il neo di bellezza speculativo dell’antico jus talionis, che Kant aveva svolto come Vunica legittima teoria penale. In Hegel l’autogiudizio del delinquente rimane una sem- plice ” idea ”, un’interpretazione semplicemen- te speculativa delle pene empiriche correnti . Egli rimette quindi il loro modus al grado di sviluppo raggiunto nei diversi casi dallo Stato, cioè lascia che la pena sia cosi come è. Proprio qui egli si mostra più critico del suo critico pappagallo. Una teoria penale che nel delin- quente riconosca contemporaneamente Yuomo 42 LENIN può fare ciò solo neW astrazione, neirimmagi- nazione, perché la pena, la coazione contraddi- cono il comportamento umano. Inoltre, la cosa sarebbe impossibile a eseguirsi. Al posto della legge astratta subentrerebbe Tarbitrio puramen- te soggettivo, poiché in ciascun caso dovrebbe necessariamente dipendere dagli ” onesti e ri- spettabili ” uomini ufficiali il regolare la pena secondo Tindividualità del delinquente. Già Platone aveva compreso che la legge deve ne- cessariamente essere unilaterale, e astrarre dal- Tindividualità. Quando vigeranno rapporti uma- ni, la pena non sarà invece realmente altro che il giudizio di chi sbaglia su sé stesso. Non si pretenderà di persuadere costui che una vio- lenza esterna, esercitata da altri su di lui, sia una violenza che egli ha esercitato su sé stesso. Egli troverà invece negli altri uomini i natu- rali redentori della pena che egli ha inflitto a sé stesso, cioè il rapporto addirittura si rove- scerà » (285-286) [233-234]. ( ( Evidentemente, Marx insorge qui contro il socialismo superficiale propagandato da Eugè- ne Sue ed evidentemente difeso nella Gazzetta letteraria . ) ) Marx dileggia, per esempio, Sue per l’idea di far ricompensare la virtù da parte dello Stato, allo stesso modo in cui si punisce il vizio (pp. 300-301 [244-245]: tavola compa- rativa della justice criminelle e della justice vertueuse! ). pp. 305-306 [248-249]: osservazioni criti- che contro la Fenomenologia di Hegel. p. 307 [249]: ma talvolta Hegel, nella sua Fenomenologia, fornisce, nonostante la sua teo- ria, una caratterizzazione reale dei rapporti umani . « LA SACRA FAMIGLIA » 43 p. 309 [250]: la beneficenza come Spiel * dei ricchi (309-310) [250-251]. 312-313 [252-253]: citazioni da Fouricr sul- la d egradazione della donna, molto rilevanti | co ntro le aspirazioni moderate della « criti- ca » e di Rodolfo — eroe di Eugène Sue? ||. «Il mistero di questo» (305) [248] (pre- cede una citazione dagli Anekdota) « ardire baueriano è la Fenomenologia di Hegel. Poi- ché, qui, Hegel pone al posto àzWuomo Yauto- coscienza, la realtà umana più diversa appare solo come una forma determinata , come una determinatezza dell* autocoscienza* Una semplice determinatezza deirautocoscienza è, però, una ” pura categoria ”, un semplice ” pensiero ”, che io posso quindi sopprimere anche nel ” pu- ro ” pensare e posso superare mediante il puro pensare. Nella Fenomenologia di Hegel i fon- damenti materiali, sensibili, oggettivi delle di- verse figure alienate dell'autocoscienza umana sono lasciati sussistere, e tutta quanta l'opera distruttiva ha av uto com e risultato la filosofia più conservatrice | sic! | , dato che si crede di avere superato il mondo oggettivo, il mondo sensibilmente reale, appena lo si è trasformato in una ” cosa del pensiero ”, in una semplice determinatezza dell autocoscienza, e appena si può quindi dissolvere l'avversario, diventato etereo, nell’ ” etere del pensiero puro La Fenomenologia, quindi, si conclude conseguen- temente con il porre, al posto di tutta la realtà umana, il ” sapere assoluto il sapere , perché questo è Punico modo di esistere dell'autoco- scienza e perché Pautocoscienza rappresenta Punico modo di esistere dell'uomo; sapere as- soluto, appunto perché Pautocoscienza sa sol- tanto sé stessa e non è piu disturbata da un * giuoco (n.d.t.). 44 LENIN mondo oggettivo. Hegel fa delFuomo Yuomo dell’autocoscienza , anziché fare dell’autocoscien- za Y autocoscienza dell’uomo , dell’uomo reale, vivente quindi in un mondo reale, oggettivo, dell’uomo condizionato da questo mondo. Hegel pone il mondo sulla testa e quindi può anche risolvere nella testa tutti i limiti, con il che naturalmente essi continuano a sussistere per la cattiva sensibilità, per l’uomo reale . Inoltre, egli considera necessariamente come limite tut- to ciò che rivela la limitatezza dell 1 autocoscienza universale , tutta la sensibilità, tutta la realtà, tutta l’individualità, degli uomini e del loro mondo. Tutta la Fenomenologia vuole dimostra- re che V autocoscienza è la scia realtà e tutta la realtà » (306) [248]. «È dum i per sé infine die, se la Feno- menologia dt Hegel, nonostante il suo peccato originale speculativo, dà in molti punti gli elementi per una reale caratterizzazione dei rapporti umani, il signor Bruno e soci forni- scono invece solo una caricatura priva di con- tenuto » (307) f 249T- « Con ciò Rodolfo ha espresso inconsape- volmente il mistero da lungo tempo svelato che la stessa miseria umana, che l’infinita abie- zione (la quale deve necessariamente ricevere Felemosina) deve necessari a me n te servire al- l’aristocrazia del denaro e della cultura come giuoco, come appagamento del proprio egoi- smo, come solletico della propria arroganza, come divertimento. « Le molte associazioni tedesche di benefi- cenza, le molte società francesi di beneficenza, le numerose donchisciotterie benefiche in In- ghilterra, i concerti, i balli, gli spettacoli, i pasti per i poveri, persino le sottoscrizioni pub- bliche per infortunati, non hanno altro signifi- cato * (309-310) [250-251]. « LA SACRA FAMIGLIA » 45 Marx cita da Eugène Sue: « Ah Madame! ce n’est pas assez d’avoir dansé au bénéfice de ces pauvres Polonais... soyons philanthropes jusqu’au bout... allons souper maintenant au profit des pauvresì » (310) [251]. A pp. 312-314 [252-253] citazioni da F o u r ie r ( adulterio, bon ton, infanticidio delle donne sedotte: circolo vizioso... « Il gra- do di emancipazione della donna è la misura na turale dell'emancipazione generale » (312) [252]. La civiltà trasforma ogni vizio da sem- plice in complesso, equivoco, ipocri to), e Marx aggiunge: « Di fronte al pensiero di Rodolfo è super- fluo rinviare sia alla caratterizzazione magi- strale del matrimonio data da Fourier sia agli scritti della frazione materialistica del comu- niSmo francese» (313) [253]. pp. 313 [253] sgg.: contro i progetti eco- nomico-politici di Eugène Sue e di Rodolfo (l’eroe del romanzo di Sue?), progetti di asso- ciazione dei ricchi e dei poveri, di organizzazione del lavoro (che deve essere affrontata dallo Stato) , ecc., per esempio, anche l'Armenbank | VII, b. La Banca dei poveri, pp. 314-318 [254- 256] | = prestiti senza interessi ai di- soccupati. Marx considera le cifre del pro- getto e ne dimostra Tinsignificanza rispetto alla miseria. Anche come idea l'Armenbank non è migliore delle Sparkassen... cioè beruht die Ein- richtung * della banca sulla « falsa opinione che basti una diversa distribuzione del salario perché il lavoratore possa vivere tutto l’anno » (316-317) [255]. Nel S c, pp. 318-320 [256-258], Fattoria modello di Bouqueval, è esposto il progetto, esaltato dalla « critica », di una fattoria model* casse di risparmio... cioè poggia l’istituzioae (n.d.t.). 46 LENIN lo descritta da Rodolfo: Marx lo dichiara uto- pistico, perché ogni francese può ottenere in media solo un quarto di libbra di carne al gior- no, solo 93 franchi di reddito annuo, ecc., in base al progetto si lavora due volte di piti del normale, ecc., ecc. Non è interessante. 320 [258]: «Il mezzo miracoloso, con il quale Rodolfo opera tutte le sue redenzioni e tutte le sue cure miracolose, non sono le sue belle parole, ma il suo denaro contante. Cosi sono i moralisti, dice Fourier. Sarebbe neces- sario essere un milionario per poter imitare i loro eroi. « La morale è V ” impuissance mise en action Tutte le volte che combatte un vizio, essa soccombe. E Rodolfo non si eleva neppure al punto di vista della morale autonoma, la quale si basa almeno sulla coscienza della di- gnità umana. La sua morale poggia invece sulla coscienza della debolezza umana. Egli è la mo- rale teologica» (320-321) [258]. « Come nella realtà tutte le distinzioni si fondono sempre piu nella distinzione tra poverQ e ricco , cosi nell’idea tutte le distinzioni aristo- cratiche si risolvono nell’opposizione del bene e del male. Questa distinzione è l’ultima forma che l’aristocratico dà ai suoi pregiudizi» (323- 324) [260]. « Per Rodolfo ognuno dei moti della sua anima è di importanza infinita. Perciò egli li valuta e li osserva continuamente» (esempi). « Questo grande signore somiglia ai membri della giovane Inghilterra, che, anch’essi, vo- gliono riformare il mondo, compiono nobili azioni e sono soggetti a simili attacchi di iste- rismo » (326) [262]. Non ha qui in mente Marx i filantropi tories inglesi che hanno introdotto la leg- ge delle dieci ore? ANNOTAZIONI BIBLIOGRAFICHE Su Friedrich Ueherweg 3 F. Ueberweg, Grutidriss der Geschichte der Philosophie, a cura di Max Heinze, 3 w., 1876- 1880, Leipzig. Il libro ha un carattere alquanto strano: §§ assai brevi con un paio di parole sul con- tenuto delle teorie e lunghissimi chiarimenti, composti in corpo piccolo, pieni per tre quarti di nomi e titoli di libri: 1 oltre tutto, fe vec- chio: la bibliografia arriva agli anni sessanta- settanta. | Un che di Unleserliches * ! Una sto- ria di nomi e di libri! * illeggibile {n.d.t.). 4-639 Su Friedrich Paulsen F. Paulsen, Einleitung in die Philosophie , Berlin, 1899. È arcicaratteristica l’esplicita impostazione del problema nell’introduzione: la filosofia mo- derna ha il còmpito di « riconciliare la conce- zione religiosa del mondo con l’interpretazione scientifica della natura» (p. IV). Sic! Questa idea viene svolta in modo arciminuzioso: la lotta sembra essere su due fronti: contro il materialismo e contro il «gesuitismo» (sia cat- tolico che protestante). Naturalmente, il mate- rialismo viene concepito (spacciato?) come rein mechanisch, physikalisch *, ecc. L’autore afferma inoltre francamente che la filosofia moderna poggia su Kant e rappresenta il «monismo idealistico». Sino a p. 10: « pace tra scienza e fede »... E a p. 11: Instaurare questa pace è « il perno della filosofia di Kant [...]. Rendere il dovuto all’una e all’altra: alla scienza contro 10 scetticismo di Hume, alla fede contro la sua negazione dogmatica nel materialismo: questo, 11 risultato del suo lavoro» (12). « Solo una circostanza può turbare questa attesa piena di speranze » (di speranze in que- sta pace) > « ed è il radicalismo, assolutamente ostile alla religione, che si va diffondendo tra le grandi masse della popolazione [...]. Cosi rico, fisico ( n.d.t .). ANNOTAZIONI BIBLIOGRAFICHE 51 Pateismo è adesso» (come prima per la bor- ghesia) «il dogma della socialdemocrazia» (pp. 14-15). « E il catechismo alla rovescia. E, come quello antico, anche questo nuovo dogmatismo è negativo, ostile alla scienza, poi- ché incatena con i suoi dogmi lo spirito della critica e del dubbio.» (Ricorda il termine Anti- pfaffen * e sostiene che il cristianesimo non parteggia per i ricchi e sopravviverà alla lotta verso cui s'incammina l'Europa.) Confutando il materialismo e propugnando la teoria dell'Allbeseelung ** (che interpreta in senso idealistico), Paulsen ignora: 1) che non confuta il materialismo, ma soltanto alcune tesi di alcuni materialisti; 2) che si contraddice nelPinterpretare la psicologia contemporanea in senso idealistico. X Cfr. p. 126. « Una forza [...] non è altro che una tendenza a un'attività determinata e quindi coincide, per la sua essenza generale, con una volontà inconscia.» (Ergo: Scelenvorgànge und Kraft non sono affatto cosi unuberbriickbar *** come sembrava allautore in principio, a pp. 90 sgg.) pp. 112-116: perché il Weltall non può essere portatore des Weltgeistes ****? (Perché l'uomo e il suo cervello sono lo sviluppo su- periore dello spirito, come l'autore stesso ri- conosce. ) (Paulsen, quando critica i materialisti, con- trappone alla materia le forme superiori dello spirito. Quando poi difende l’idealismo e in- terpreta idealisticamente la psicologia contem- poranea, ravvicina le forme inferiori dello spi- rito alle Kràfte, ecc. Ecco il punto vulnerabile della sua filosofia.) Cfr., in particolare, pp. 106-107, dove Paul- ? NB * antipreti (n.d.t.). ** animismo universale (n.d.t.), *** Fenomeni e forza... inconciliabili (n.d.t.). **** ...universo... dello spirito del mondo (a.d./.). 52 LENIN sen si pronuncia contro chi considera la ma- teria come un che di morto. X Centra, p. 86: « nel movimento non c'è traccia di pensiero »... L'autore sembra liberarsi troppo facilmen- te dell’idea che Gedanke ist Bewegung *. Le sue argomentazioni si rifanno soltanto al « co- mune intelletto umano: è assurdo »> « il pen- siero non è movimento, ma pensiero » (p. 87). Che anche il calore sia calore e non movimento?? Assolutamente stolidi sono poi i ragiona- menti dell’autore là dove dice che il fisiologo smetterà di parlare non dei pensieri, ma dei movimenti uguali a questi pensieri. Anche del calore nessuno smetterà mai di parlare. L’innamorato non parlerà certo alla sua « dama del relativo processo vasomotorio [...] Sarebbe una palese assurdità» (pp. 86-87). SI, ma del signor Paulsen! Se sentiamo che il ca- lore fa difetto, non ci metteremo a dire che il calore è una specie di movimento, ma parlere- mo invece del modo di procurarci il carbone. Paulsen considera come sinnlos il principio che il pensiero è Bewegung. Lui stesso è contro il dualismo e parla di « equivalente » ( 140 e 143): l’« equivalente fisico dello psichico» (o Begleiterscheinung **). Non è forse la stessa begriffliche Konfusion ***, per cui ingiuria sprezzantemente Biichner? Quando Paulsen dichiara che il suo paral- lelismo è « non locale » ma « ideale » (p. 146) , il suo carattere dualistico emerge con maggiore chiarezza. Questa non è una spiegazione, e nem- meno una teoria, ma un semplice sotterfugio verbale. * pensiero è movimento ( n.d.t .). ** (o fenomeno concomitante) (n.d.t.), *** confusione concettuale (n.d.t.). Su Ernst Haeckel 4 Frankfurter Zeitung, 1904, n. 348, 15 dicem- bre, 1* edizione del mattino. Nota sui nuovi libri di biologia. Ernst Haeckel, Lebenswunder ( Gemein - verstàndliche Studien uber biologische Pbiloso - pbie), Stuttgart (Alfred Kròner). ( Per Haeckel « lo spirito è una funzione fisiologica della corteccia cerebrale », p. 378 del suo libro. Il recensore è, naturalmente, con- trario a tale opinione.) Dello stesso autore: Weltrdtsel ((uscito prima)) (dove si dimostra che, propriamente parlando, gli enigmi del mondo non esistono). Libri vari di scienze naturali e filosofia 5 Sorbona. Nuove accessioni: C. 819 (7). Richard Lucas, Bibliograpbie dei radioakti- ven Stoffe, Hamburg und Leipzig, 1908, 8°. (A. 47. 191.) Mach, Grundriss der Pbysik (bearbeitet von Harbordt und Fischer), Leipzig, 1905-1908, 2 Bde, 8°. (A. 46. 979.) S. 0>. . 63. Eduard Riecke, Handbucb der Pbysik, 4. Aufl., Leipzig, 1908, 2 Bde, 8®. (A. 47. 338.) S. $. K i d e n t i t à del soggettivo e dell'ogget - t i v o ", cioè l’unità dell’essere umano e del- l’essere naturale, ma distinto tuttavia dal vero essere della natura e dell’umanità » (411). NB NB NB * ente di pensiero (n.d.t.). 74 LENIN Sehr gut! Sehr gut! un passo eccellente! NB profondamente giusto! NB eccellente (contro Hegel e Pidealismo) detto molto bene! « Senza fondo è l'ignoranza dell’uomo e senza limiti la sua immaginazione; la potenza della natura, privata del suo fondamento dal- l’ignoranza e dei suoi limiti dall’immaginazione, è l’onnipotenza divina» (414). « L’essere oggettivo come soggettivo, l’es- sere della natura come essere umano, diverso dalla natura, l’essere dell’uomo come essere non umano, diverso dall’uomo, ecco l’essere di- vino, ecco l’essenza della religione, ecco il mistero della mistica e della speculazione » (415). La speculazione è per Feuerbach = alla filosofia idealistica. NB. « L’uomo separa nel pensiero l’aggettivo dal sostantivo, la proprietà dell’essere [...]. E il Dio metafisico non è altro che il compendio, l’insieme delle proprietà più generali, estratte dalla natura, che tuttavia l’uomo assume in questa loro separazione dall’essere sensibile, dalla materia, dalla natura, e tramuta me- diante l’immaginazione in un soggetto o essere indipendente » (417). La stessa funzione è svolta qui dalla Logica (418: chiaramente ci si riferisce a Hegel), che trasforma das Sein, das Wesen in una realtà particolare: « com’è assurdo voler tramutare l’esistenza metafisica in un’esistenza fisica, l’esi- stenza soggettiva in un’esistenza oggettiva, e l’esistenza logica o astratta di nuovo in un’esi- stenza non logica, reale! » (418) « ” Vi è quindi una rottura e contraddizio- ne eterna tra essere e pensiero? ” Si, nella testa, ma nella realtà questa contraddizione è già da tempo risolta, risolta però in modo ri- spondente alla realtà, e non ai tuoi concetti scolastici, risolta cioè per mezzo niente meno che dei cinque sensi » (418). « LEZIONI SULL’ESSENZA DELLA RELIGIONE » 75 428: Tout ce qui n’est pas Dieu, n’est rieri, cioè tout ce qui n’est pas Moi, n’est rien. 431-435: Buona citazione da Gassendi M . Un passo molto buono: soprattutto 433- Dio = unione di aggettivi (senza materia) sul concreto e sull’astratto. 435 j : « La testa è la camera dei rap- presentanti deiruniverso », e, quando la nostra testa è stipata di astrazioni, di Gattungsbegrif- fen *, noi deduciamo (leiten) naturalmente « l’individuale dall’universale, cioè [...] la na- tura da Dio ». 436-437 (Annotazione n. 16): io non so- no contro la monarchia costituzionale, ma tut- tavia soltanto la repubblica democratica è la forma statale che appare « alla ragione im me- diatamente come rispondente alla natura umana ». ...«Lo scrivere con spirito consiste tra l'altro nel presupporre spirito anche nel lettore, nel non dire tutto, nel lasciare che il lettore stesso si dica quali sono i rapporti, le condizioni e le limitazioni in cui una data proposizione è valida e può essere pensata » ( 447 ) . Interessante risposta (di Feuerbach) ai suoi critici, al prof, von S eh ad e n ( 448-449 ) e a Schaller (449-450-463). . .« io pongo espressamente al posto dell’es- sere la natura, al posto del pensiero l’uomo », cioè non un’astrazione, ma qualcosa di con- creto: die dramatische Psychologie (449). Ecco perché è angusta l’espressio- ne, di Feuerbach e di CernySevskij, di « principio antropologico » in filosofia. Tanto il principio antropologico quanto il naturalismo sono soltanto descrizioni im- precise e deboli del m a t eri ali s m o. bien dit! NB NB individuale e universale = natura e Dio ah-ah!! preciso! NB « essere e natura », « pensiero e uomo » * concetti generici (n.d.t.). 76 LENIN bien dit! sui fondamenti del materialismo filosofico « Il gesuitismo è il modello e l’ideale in- consapevole dei nostri filosofi speculativi » (455). « Il pensiero pone il discreto della realtà come un continuo, l’infinita molteplicità della vita come una unità identica. La conoscenza della differenza essenziale e incancellabile tra pensiero e vita (o realtà) è il principio di ogni sapienza nel pensiero e nella vita. Soltanto la distinzione è qui la vera unificazione» (458). Fine dell’8 0 volume. Volume 9° = Teogonia (1857). Sem- bra, a giudicare da una rapida scorsa, che non ci sia qui niente di interessante. Del resto, bisogna leggere i §§ 34 (pp. 320 sgg.) e 36 (p. 334) 15 . NB § 36 (p. 334): da un rapido sguardo non risulta niente di interessante. Citazioni su citazioni a con- ferma di ciò che Feuerbach ha già detto in precedenza. ANNOTAZIONI BIBLIOGRAFICHE “ Su Raab, Perrin e Plenge F. Raab, Die PhUosophie voti R. Avenarius. Systematische Darstellmg und immanente Kri- tik, Leipzig, 1912. (164 S.) (5 Mk.) Perrin, Les atomes, Paris (Alcan). Joh. Plenge, Marx und Hegel, Tiibingen, 1911. (184 S.) (4 Mk.) ( Recensione negativa di O. Bauer in Arcbiv ) fiir Geschichte des Sozialismus, III. Band, f 3. Heft. ) Su R. B. Perry Mini, 1913, aprile. Recensione di F. C. S. Schiller a Ralph Barton Perry, Present philo- sophical tendencies; a criticai survey of natu- ralism, idealism, pragmatism and realtsm , together with a synopsis of thè philosophy of William James, London-New York (Longmans & Co.), 1912, pages 383. caratte- ristico! ! Schiller è contro il « realismo » di Perry e accusa Fautore perché « il suo pensiero è tal- mente preso dall’ opposizione metafisica tra rea- lismo e idealismo che egli cerca sempre di ridurre a tale opposizione tutti gli altri pro- blemi ». Notare che Schiller riporta il seguente pas- so di Perry: « L’organismo è in corrispondenza con l’ambiente dal quale si è sviluppato e sul quale opera. La coscienza è una risposta elet- tiva dell’ambiente, che esiste prima e indipen- dentemente da essa. Deve pur esserci qualcosa da cui è provocata la risposta, se una risposta qualsiasi viene data» (p. 323 del testo di Perry). E Schiller obietta: « Se non si presta credito al fatto dell’am- T ” ambiente che esiste indipendentemente ” [corsivo di Schiller] », « con questo si dimostra soltanto che c’è una correlazione tra il pensiero e il suo ” ambiente ” » (p. 284). Su Antonio Aliotta Antonio Aliotta, La reazione idealistica con- tro la scienza, 1 v., pp. XVI + 526, Palermo, Casa editrice Optima, 1912. Recensione in Revue philosophique (Ribot), Paris, 1912, n. 12, pp. 644-646, di J. Segond, il quale dice che « egli [Aliotta] ci addita nell’agnosticismo le fonti moderne della reazione contempora- nea; ci mostra che lo sviluppo della reazione passa attraverso il neocriticismo tedesco (Riehl) e francese (Renouvier), attraverso l’empiriocriticismo di Mach e Avenarius, at- traverso il neohegelismo inglese; ci descrive e denuncia l’intuizionismo di Bergson e Schmitt, il pragmatismo anglo-americano di W. James, Dewey e Schiller, la filosofia dei valori e lo storicismo di Rickert, Croce, Miinsterberg e Royce », ecc. (645) sino a Schuppe, Cohen e altri. Nella seconda parte l’autore esamina anche Penetgetica di Ostwald, la « nuova fisica des qualités » di Duhem e la « teoria dei modelli » di Hertz, Maxwell e Pastore. L’autore detesta particolarmente il misticismo (compreso quello di Bergson), ecc. Il punto di vista dell’autore sarebbe « lo spirito dell’aureo mezzo di un intellettualismo realmente razionale, lo spirito dei signori Aliot- ta e Chiappelli » ( 645 ) . 6-639 RIASSUNTO DELLA « SCIENZA DELLA LOGICA » DI HEGEL 17 Bern: Log. I. 175 Hegels Werke" Bd. I. Philosophische Abhandlungen II. Fenomenologia dello spirito III-V. Scienza della logica VI-VII. (1 e 2) Enciclopedia Vili. Filosofia del diritto IX. Filosofia della storia X. (3 parti) Estetica XI-XII. Storia della religione XIII-XV. Storia della filosofia XVI-XVII. Opere varie XVIII. Propedeutica filosofica XIX. (1 e 2) Lettere di Hegel e a Hegel Opere di G. W. F. Hegel , v. Ili, titolo completo delle Opere Berlino, 1833, pp. 468. ài G. W. F. Hegel Scienza della logica Parte prima: Logica oggettiva Libro primo: La dottrina dell 1 essere (Bern: Log. I. 175) « Edizione completa a cura di un circolo di amici dell’estinto: Mar- heineke, Schulze, Gans, Henning, Hotho, Miche- let, Forster.» Prefazione alla prima edizione Volume III, p. 5: acutamente sulla logica: è un « pregiudizio » che essa « insegni a pen- sare » ( come che la fisiologia « insegni a dige- rire »?? ). ... « la scienza logica, che costituisce la vera e propria metafisica, o la pura filosofia specu- lativa »... (6). ... « la filosofia [...] non può [...] togliere a prestito il suo metodo da una scienza subor- dinata, quale è la matematica » ... (6-7). « Ma [questo metodo] può essere soltanto la natura del contenuto, che si muove nella conoscenza scientifica, poiché è insieme questa propria riflessione del contenuto che sola pone e genera la sua determinazione.» (Il movimento della conoscenza scien- tifica: ecco l’essenziale. ) « L’intelletto [Verstand] determina [be- stimmt] », la ragione (Vemunft) nega, essa è dialettica, in quanto risolve in nulla ( « in Nichts auflòst») le determinazioni dell’intel- letto. L’unificazione dell’uno con l’altra, « ra- gione intellettuale o intelletto razionale », = il positivo. La negazione del « semplice » è il « movi- mento spirituale » (7). « Soltanto per questa via che costruisce sé stessa [...] la filosofia può essere una scienza oggettiva, dimostrata » ( 7-8 ) . ( « La via che costruisce sé stessa » = la via (sta qui, secondo me, il punto) della 88 LENIN caratteri stico! conoscenza reale, del conoscere, del movimento dal non sapere al sapere™.) Il movimento della coscienza, « come lo sviluppo dell’intera vita naturale e spirituale », poggia sulla « natura delle pure essenzialità [Natur der reinen Wesenheiten], che costitui- scono il contenuto della logica ». Rovesciare: la logica e la teoria della conoscenza devono essere derivate dallo « sviluppo dell’intera vita naturale e spi- rituale ». Fin qui la prefazione alla prima edizione. Prefazione alla seconda edizione « Presentare il regno del pensiero filosofi- camente, cioè nella sua propria attività imma- nente [NB], o, che è lo stesso, nel suo sviluppo necessario [NB] » (10). Le « forme note del pensiero » sono un inizio importante, « die leblosen Knochen eines Skeletts » * (11). Non è necessario il leblose Knochen, ma la vita vivente. Connessione del pensiero con il linguaggio (tra Taltro, la lingua cinese e il suo mancato sviluppo: 11), formazione dei sostantivi e dei verbi (11). Nella lingua tedesca le parole assumono talvolta un « significato opposto » (12) (non solo «diverso», ma anche oppo- sto): «un godimento per il pensiero». Concetto di forza in fisica e di polarità ( « i differenti inseparabilmente collegati », corsivo di Hegel). Il passaggio dalla forza alla polarità è il passaggio a « Denkverhàltnisse ** più ele- vati » ( 12). 1 NB an cora a p. 11: «Ma, se si contrap- pone la natura in generale, come dò che è la natura e « das fisico, allo spirituale, allora si dov rebbe di re che Geistige » *** il logico è piuttosto il sovrannatu rale ». | Le forme logiche sind Allbekanntes, ma * « le morte ossa di uno scheletro» (n.d.t.), ** «rapporti di pensiero» (n.d.t.). *** «lo spirituale» (n.d.t.). note- vole! 90 LENIN gli interessi « muovono la vita dei popoli » rapporto del pensiero con gli interessi e gli impulsi « was bekannt ist, darum noch nicht er- kannt » * (13). « Progresso infinito » è « liberazione » del- le «forme del pensiero» dalla materia (von dem Stoffe), dalle rappresentazioni, dai deside- ri, ecc., elaborazione dell’universale (Platone, Aristotele): cominciamento della conoscenza.., « Solo dopo che si acquisi quasi tutto il necessario [...] si cominciò a filosofare»: dice Aristotele (13-14); e inoltre: l’ozio dei sa- cerdoti egiziani, l’inizio delle scienze matema- tiche (14) 20 . L’occuparsi di «puri pensieri» presuppone « un lungo itinerario che lo spirito umano deve aver percorso ». In un pensiero siffatto « si tacciono gli interessi che muovono la vita dei popoli e degli individui » (14). Le categorie della logica sono Abbreviatu- ren ( « epitomiert » in un altro passo) della « moltitudine infinita » « di individualità della esistenza esteriore e dell’attività ». A loro volta queste categorie d i e n e n ** agli uomini nella pratica ( « nell’esercizio spirituale del contenuto vivente, nella creazione e nello scambio delle rappresentazioni »). « Dei nostri impulsi, sensazioni, interessi, non diciamo, invero, che ci servono, ma che valgono anzi come forze e potenze indipen- denti, cosi che noi siamo proprio queste forze e potenze » ( 15). Neanche delle forme del pensiero (Denk- formen) si può dire che ci servono, in quanto esse percorrono « tutte le nostre rappresenta- zioni » (16 ) e sono « l’universo come tale ». Oggettivismo: le categorie del pensiero non sono un sussidio dell’uomo, ma sono espressione delle leggi della natura e dell’uo- mo: cfr. più avanti la contrapposizione * sono universalmente note ... «dò che è noto non è ancora perciò conosciuto» ( n.dj .). ** servono (n.d.t.). « SCIENZA DELLA LOGICA » 91 tra « pensiero soggettivo » e « concetto og- gettivo delle cose ». Noi non possiamo « trava- licare la natura delle cose» (16). Nota contro la «filosofia critica» (17). Essa interpreta il rapporto fra i « tre termini » (noi, il pensiero, le cose) come se noi pones- simo il pensiero quale un « mezzo » tra noi e le cose, e nel senso che questo mezzo ci « esclu- de » (abschliesst) invece di «unirci» (zusam- menschliessen ) a esse. A ciò, dice Hegel, biso- gna replicare con la « semplice osservazione » che « proprio queste cose, che dovrebbero sta- re all'altro estremo, al di là [jenseits] dei nostri pensieri, sono esse stesse enti di pensiero [Ge- dankendinge] » e che « la cosiddetta cosa in sé è solo ein Gedankending der leeren Abstrak- tion * ». contro il kantismo L'essenza deH'argomentazione è, a mio giudizio, che: ( 1 ) in Kant la conoscenza separa (esclude) la natura e l’uomo, men- tre in realtà li congiunge; (2) in Kant c’è la « vu o t a astrazione » della cosa in sé in luogo del Gang, della Bewe- gung vivente della nostra conoscenza che si addentra sempre piu nel profondo del- le cose. Il Ding an sich di Kant è una vuota astrazione, ma Hegel esige astrazioni che corrispondano alla Sacbe : « il concetto og- gettivo delle cose costituisce la loro stessa natura »; cioè astrazioni che corrispon- dano — per dirla materialisticamente — al reale approfondimento della nostra co- noscenza del mondo. * un ente di pensiero della vuota astrazione (n.d.t.). 92 LENIN NB Non è vero che le Denkformen siano sol- tanto « Mittel », « zum Gebrauch » * (17). Non è vero altresì che esse siano « aussere Formen » **, « Formen, die nur an dem Gehalt, nicht der Gehalt selbst seien » ( « forme che sono solo nel contenuto, ma che non sono il contenuto stesso » ) (117). Hegel esige invece una logica in cui le forme siano gehaltvolle Formen, forme del contenuto vivente, reale, connesse in- separabilmente con il contenuto. E Hegel rivolge l’attenzione ai « pensieri di tutte le cose naturali e spirituali », al « con- tenuto sostanziale ». « Portare alla coscienza questa natura lo- gica, che anima lo spirito, che lo stimola e in esso agisce: ecco il compito» (18). La logica è la dottrina non delle forme esteriori del pensiero, ma delle leggi di sviluppo « di tutte le cose materiali, na- turali e spirituali », cioè dello sviluppo di tutto il contenuto concreto del mondo e della sua conoscenza, cioè il compendio, la somma, la conclusione della storia della conoscenza del mondo. L’« attività istintiva » ( instinktartiges Tun) è « frantumata in una materia infinitamente molteplice. » Viceversa, V« attività intelligente e consapevole » 21 isola il « contenuto di chi opera » (den Inhalt des Treibenden) « dalTuni- tà immediata con il soggetto » e lo porta « al- « SCIENZA DELLA LOGICA » 93 loggettività di fronte a esso » (di fronte al soggetto). « In questa rete s'intrecciano qua e là dei nodi piu saldi, che costituiscono i punti d'ap- poggio e d'orientamento della sua » dello spirito o soggetto « vita e coscienza » (18). Come intendere questo? Dinanzi all'uomo si pone una rete di fenomeni della natura. L'uomo istintivo, il selvaggio, non emerge dalla natura. L'uomo consapevole emerge da essa, le categorie sono i gradi di questo emergere, cioè della conoscenza del mondo, i punti nodali della rete, che aiutano a conoscerla e a dominarla. « La verità è infinita »: la sua finitezza è la sua negazione, la « sua fine ». Le forme (Denk- formen ) , ove siano considerate come forme « di- stinte dalla materia e solo inerenti a essa », sono incapaci di afferrare la verità. II vuoto di queste forme della | logica formale | le rende degne di «disprezzo» (19) e di «derisione» (20). Il principio di identità, A = A, è vuoto, « uner- tràglich » * (19). È ingiusto dimenticare che queste categorie « hanno il loro campo nella conoscenza, dove devono conservare un loro valore ». Ma, in quanto « forme indifferenti » 72 , possono essere « mezzi dell'errore e della sofisticheria », non della verità. « Nella considerazione del pensiero » è da attrarre non soltanto la « forma esteriore », ma anche « der Inhalt » ( 20 ) . * «insopportabile» ( n.d.t .). 94 LENIN NB « Con quest’introduzione del contenuto nel- la considerazione logica » divengono oggetto non die Dinge, ma die Sache, der Begriff der Dinge *, non le cose, ma le leggi del lo- « sviluppo del pensiero nella sua necessità » ro movimento, materialisticamente « il logos, la ragione di ciò che è » (21). E, all’inizio di p. 22, l’oggetto della logica è espresso con le parole: « Entwickelung des Denkens in seiner Not- wendigkeit ». Bisogna dedurre (non prendere arbitraria- mente o meccanicamente) le categorie (non « raccontando » né « asseverando » ma dimo- strando) (24), procedendo dalle categorie piu semplici, fondamentali (l’essere, il nulla, il divenire [das Werden]) (senza considerare le altre): qui, in esse, «in questo germe», è « l’intero sviluppo » ( 23 ) . * non le cose, ma la sostanza, il concetto delle cose (n.d.tX Introduzione : concetto generale della logica Di solito s'intende per logica, come « scien za del pensiero », la « semplice forma di una conoscenza» (27). Hegel confuta questa ve- duta. È contro il Ding an sich, come un « mero al di là del pensiero» (29). Quasi che le forme del pensiero « non ab- biano applicazione alle cose in sé ». È ungereimt eine wahre Erkenntnis * che non conosca la cosa in sé. Ma il Verstand non è anch’esso una cosa in sé? (31). « L’idealismo trascendentale piu conseguente ha riconosciuto il niente dello spettro della cosa in sé lasciato sussistere dalla filosofia cri- tica, di quest’ombra astratta, privata di ogni contenuto, e si è prefisso di annientarla com- pletamente. Questa filosofia» (Fichte?) «ha inoltre cominciato a fare in modo che la ra- gione svolgesse le sue determinazioni da sé stessa. Ma il carattere soggettivo di tale ten- tativo ha impedito a quest’ultimo di venire a compimento » ( 32 ) . Le forme logiche sono tote Formen, poiché non vengono considerate come « unità organi- ca » (33), nella « loro concreta unità vivente » (ibidem). Nella Fenomenologia dello spirito ho espo- sto « la coscienza nel suo movimento dalla pri- ma immediata opposizione [Gegensatz] di sé e delPoggetto sino al sapere assoluto » ( 34 ) . « Quest’itinerario percorre tutte le forme del rapporto tra la coscienza e l’oggetto [...] ». * stolida una vera conoscenza (n.d.t.). 96 LENIN NB « Come scienza» la verità è la pura coscienza di sé in sviluppo », il « pensiero oggettivo », il « concetto come tale è ciò che è in sé e per sé» (35). (36: pretume. Dio, regno della ve- rità, ecc., ecc.). 37: Kant ha attribuito «un significato so- stanzialmente soggettivo » alle « determinazio- ni logiche ». Ma le « determinazioni del pensie- ro » hanno « un valore e un’esistenza oggettivi ». La vecchia logica è caduta in Verachtung * (38). Esige una completa rielaborazione... 39: la vecchia logica formale è un giuoco di fanciulli consistente nel mettere insieme i frammenti di un quadro (in Verachtung gekom- men **: 38). 40: il metodo della filosofia deve essere il suo proprio metodo (non quello della mate- matica, contra Spinoza, Wolf und andere). 40-41: « Poiché il metodo è coscienza della forma dell’interno automovimento del suo con- tenuto », e, piu avanti, l’intera pagina 41: una buona spiegazione della dialettica: « es ist der Inhalt in sich, die Dialektik, die er an ihm selbst hat, welche ihn fortbewegt » *** (42). Ciò che mette in moto questo campo di fenomeni è il contenuto stesso di questo campo, « la dialettica, che esso [questo contenuto] ha in [an] sé stesso» (cioè la dialettica del suo proprio movimento). « Il negativo è insieme anche positivo » (41): la negazione è un che di determinato, ha un determinato contenuto, le contraddizioni interne portano a sostituire il vecchio contenuto con un contenuto nuovo, superiore. * disprezzo (n.d.t.). +* caduta in disprezzo (n.d.t.). *** « è il contenuto in sé, la dialettica, che esso ha in sé stesso, che lo spinge avanti» (n.d.t.). « SCIENZA DELLA LOGICA » 97 Nella vecchia logica non c’è trapasso, non c’è sviluppo (dei concetti e del pensiero) della «connessione interna necessa- ria» (43) di tutte le parti e dell’« Ueber- gang » * delle une nelle altre. Hegel pone due esigenze fondamentali: 1. la « necessità della connessione »; 2. la «genesi immanente delle differenze». NB È molto importante!} Tutto questo, a mio giudizio, significa: 1. connessione necessaria e og- gettiva di tutti i lati, forze, tendenze, ecc. di un dato campo di fenomeni; 2. « genesi immanente delle diffe- renze »: logica interna oggettiva delPevo- luzione e della lotta delle differenze, della polarità. Difetti della dialettica platonica nel Par - menide . « Per solito si ravvisa nella dialettica una attività estrinseca e negativa, non inerente alla cosa stessa, ma suscitata dalla semplice vanità, come soggettiva mania di far vacillare e di di- sgregare ciò che è stabile e vero, o, per Io meno, si ravvisa in essa un’attività che conduce soltanto alla vanità dell’oggetto considerato dia- letticamente » ( 43 ) . 44: È grande merito di Kant l’aver tolto alla dialettica « den Schein von Willkiir»**. Due cose importanti: 1. Die Objektivitàt des Scheins # NB: non chia- 2. die Notwendigkeit des Widerspruchs, to, rivedere!! selbstbewegende Seele***, («interna negativi- * «passaggio» (nd.t.), ** « l’apparenza dell’arbitrio » (n.d.t.). *** La necessità della contraddizione, anima automoventesi ( n.d.t .). 98 LENIN tà »), «principio di ogni vitalità naturale e spirituale » (44). # Non si pensa forse qui che anche la parvenza è oggettiva, poiché in essa è presente uno dei lati del mondo ogget- tivo ? Non solo il Wesen, ma anche lo Schein è oggettivo. Una distinzione tra soggettivo e oggettivo esiste, però an - c b 1 e s s a ha i suoi limiti . fine e profondo! cfr. Il capitale Dialettico = «comprendere Popposizione nella sua unità». 45: la logica è simile alla grammatica nel senso che essa è una cosa per il principiante e un’altra cosa per chi conosce la lingua (e le lingue) e lo spirito della lingua. «Una cosa è la logica per chi si accosti a essa, e in generale alle scienze, per la prima volta, e altra cosa è per chi dalle scienze ritorni a essa. » La logica dà allora P« essenza di questa ric- chezza » (des Reichtums der Weltvorstellung*), P« intima natura dello spirito e del mondo » (46). « Non solo un universale astratto, ma Puni- versale che accoglie in sé la ricchezza del par- ticolare » (47). Una formula eccellente: « Non solo un universale astratto », ma un universale tale che incarni in sé la ricchezza del particolare, dell’individuale, del singolare (tutta la ricchezza del particolare e del singolare!)!! Très bien! * della ricchezza della appresentazione del mondo { n.d.t .). « SCIENZA DELLA LOGICA » 99 « Come una stessa massima morale, pronun- ciata da un adolescente, che pur la intenda alla perfezione, non ha il significato e la portata che buon paragone assume nello spirito di un uomo già esperto (materialistico) della vita, per il quale si esprime in essa l'intera forza del suo contenuto », « cosi anche Pelemento logico viene apprez- zato nel suo valore solo quando sia divenuto il risultato dell'esperienza delle scienze; esso si presenta allora allo spirito come la verità uni- versale, non come una conoscenza particolare accanto ad altra materia e ad altre realtà, ma come l'essenza di tutto questo rimanente con- tenuto » (47). « Il sistema della logica è il regno delle om- bre » ( 47 ) , libero da « ogni concretezza sen- sibile »... (50): «non astratto, morto, immobile, ma concreto »... [Caratteristico! Spirito ed essenza della dialettica!] (52) Nota: risultati della filosofia di Kant: « che la ragione non può conoscere alcun vero contenuto e che, per la verità assoluta, si deve rimandare alla fede »... « il risultato dell’esperienza delle scienze» NB («L’essenza ») il contenuto essenziale di tutte le altre conoscenze | Kant : delimitare la « ragio- ne» e raf- forzare la fede» (53): ancora una volta Ding an sich = astrazione, prodotto del pensiero astraente. Libro primo; la dottrina dell'essere Con che si deve cominciare la scienza? Tema della logica. Con- frontare con la « gnoseo- logia » di oggi* NB (59) (en passant) la «natura della cono- scenza» (idem p. 61). (60) ...« non c'è [corsivo di Hegel] niente, niente nel cielo o nella natura o nello spirito o dovunque sia, che non contenga insieme Pimme- diatezza e la mediazione »... 1. Cielo - natura - spirito. Via il cielo: materialismo. 2. Tutto è vermittelt = mediato, con- nesso in unità, collegato mediante passag- gi. Via il cielo: connessione secondo leggi di tutto il ( processo del) mondo. 62: « La logica è la scienza pura, cioè il sapere puro nell’ intero àmbito del suo sviluppo »... La prima parte è assurda. La seconda geniale « SCIENZA DELLA LOGICA » 101 Con che cominciare? « Il puro essere » (Sein) (63), «non presupporre nulla», il co- minciamento. « Non racchiudere in sé alcun con- tenuto », « non essere mediato da niente ». (66) ...« L’avanzamento » (des Erkennens) « deve essere determinato dalla natura della co- sa e del contenuto stesso »... NB (68) ...il cominciamento contiene in sé « Nichts » e « Sein », è la loro unità: « il co- minciamento non è ancora; si accosta soltanto all’essere »... (dal non essere all'es- sere : « non essere, che è in pari tempo es- sere » ) . Idiozie sull’assoluto (68-69). In gene- rale, mi sforzo di leggere Hegel materia- listicamente: Hegel è (secondo Engels 24 ) il materialismo posto con la testa all'ingiu: elimino quindi in gran parte il buon Dio, Passoluto, l’idea pura, ecc. (70-71). Non si può cominciare la filosofia dall’« io ». Non c’è un « movimento oggettivo ». Sezione prima: Determinazione (qualità) 77. Puro essere — « senza alcun’altra de- terminazione ». (Bestimmung è già Qualitàt.) Passaggio del Sein / esserci nel Dasein \ essere finito • / e di questo nel Fiirsichsein (essere per sé?) Sein - Nichts - Werden <( Il puro essere e il puro nulla sono [...] la stessa cosa » (78). (81: sembra un « paradosso ».) La loro uni- ficazione è il Werden. « Questo movimento dell'immediato svanire dell'uno neiraltro. » Il Nichts è di solito contrapposto all 'Etwas. Ma l'Etwas è già un essere determinato, distinto da un altro Etwas , mentre qui si tratta del semplice Nichts (79). (Gli eleati e soprattutto Parmenide giunsero per primi a questa astrazione dell 'essere.) Per Eraclito «tutto scorre» (80), cioè «tutto è divenire ». Ex nihilo nihil fit? Dal Nichts procede il Sein (Werden)... 81: «Non sarebbe difficile mostrare questa unità di essere e nulla [...] in ogni [corsivo di Hegel] realtà o pensiero ». «In nessun luogo , né in cielo né in terra, c f è qualcosa che non contenga in sé entrambi, V essere e il nulla.» Le obiezioni suppongono un bestimmtes Sein « SCIENZA DELLA LOGICA » 103 (possiedo o non possiedo 100 talleri), 82 in fine, ma non di questo si tratta... « Un essere determinato, finito, è tale che si riferisce ad altro; è un contenuto che sta in un rapporto di necessità con un altro contenuto, con tutto il mondo. Riguardo alla connessione reciprocamente determinante deirintero, la me- tafisica potè formulare Paffermazione — sostan- zialmente tautologica — che, se venisse distrut- to un granello di polvere, rovinerebbe l’intero universo » ( 83 ) . (86): «Ciò che è primo nella scienza hà dovuto rivelarsi come primo storicamente ». | Suon a molto materiali stico! 91: «Il divenire è il sussistere sia dell’es- sere che del non essere »... « Passare è lo stesso che divenire » (92 in fine). 94: « In Parmenide, come in Spinoza, non si deve passare dall'essere, o dalla sostanza asso- luta, al negativo, al finito ». In Hegel, invece, Yunità o inseparabilità (p. 90, quest’espressione è talora da preferire a unità ) di « essere » e « nulla » dà il passaggio , il Werden. « Connessione necessaria di tutto il mondo » « connessione reciprocamente determinante del- l’intero » NB Assoluto e relativo, finito e infinito = parti, gradi di un unico e stesso mondo. So etwa? (92: Per P« essere mediato conserveremo il termine di esistenza ». ) 102: Per Platone, nel Parmenide , il passag- gio dall * essere e dall* uno = « àussere Refle- xion ». 104: Si dice che le tenebre siano assenza di luce. Ma « nella luce pura si vede cosi poco come nelle pure tenebre ». 107: richiamo alle grandezze infinitamente piccole, che vengono considerate nel processo del loro svanire... 104 LENIN NB Sofistica e dialettica « Non si dà assolutamente niente che non sia uno stato medio tra essere e nulla.» « Inconcepibilità del cominciamento »: se nulla e essere si escludono reciprocamente, non si ha dialettica, ma Sophisterei. « Sofisticheria è, infatti, un ragionamento che procede da una premessa infondata, accolta senza critica e meditazione; noi chiamiamo in- vece dialettica il superiore movimento razio- nale, nel quale cose che sembrano assoluta- mente separate passano Luna nell’altra per sé stesse, attraverso ciò che esse sono, e nel quale la premessa si toglie via » (108). Werden . Suoi momenti: Entstehen und Vergehen * (109). D as Aufheben des Werdens — das D asein essere concreto, determinato ( ? ) 110 : aufheben = ein Ende machen = erhalten ( aufbewahren zugleich ** 112: Dasein ist bestimmtes Sein (NB 114 «ein Konkretes»), una qualità separata da un’« altra », verànderlich und endlich ***. 114: « La determinazione isolata cosi per sé, come determinazione esistente, è la quali- tà »... « La qualità, presa cosi da valere distin- tamente come esistente, è la realtà » (115). 117: « La determinazione è la negazione »... (Spinoza) Omnis determinano est negatio, « questa proposizione è di un'importanza infi- nita ». * Divenire. ... nascere e perite (n.d.t.). ** Il superamento del divenire - Vesserei ... Togliere = un metter fine = man- tenere (conservare al tempo stesso) (n.d.t.). *** Esserci è essere determinato ... « un concreto » ... mutevole e finita (n.d.t.). « SCIENZA DELLA LOGICA » 105 120 : « Il qualcosa è la prima negazione del- la negazione»... La esposizione è qui frammentaria e oltremodo nebu- losa. 125: Due coppie di determinazioni: 1. « qualcosa e altro »; 2: « esser per altro e essere in sé ». 127 \ Din g an sic h : « un’astrazione molto semplice ». Sembra di gran valore la sen- tenza che non sappiamo che cosa siano le cose in sé. La cosa in sé è astrazione da ogni deter- minazione | Sein-fiir-Anderes | | da ogni rap- porto con l’altroj, è quindi un nulla. E, quin- di, la cosa in sé « non è altro che astrazione vuota, priva di verità ». abstrakte und ab- struse Hegelei: Engels 25 . Gò è molto profondo: cosa in sé e sua trasformazione in cosa per altri (cfr. Engels 36 ). La cosa in sé è in generale un’astrazione vuota, priva di/ vita. Nella vita, nel movimento, tutto e ogni cosa suole essere tanto « in sé » quanto « per gli altri », in relazione a un altro, trapassando da uno stato al- l’altro. 129: en passant: il filosofare dialettico igno- rato dal « filosofare metafisico, in cui rientra anche il filosofare critico ». Sehr gut!! Se si domanda che cosa sia la cosa in sé, so ist in die Frage gedankenloser Weise die Un- mòglichkeit der Beantwortung gelegt* (127). Kantismo = metafisica * nella domanda è posta impensatamente Fimpossibilità della risposta (n.d.t.). 106 LENIN La dialettica è la teoria del mo- do come possono essere e come sono ( come divengono ) identici gli op- posti) in quali condizioni sono iden- tici, convertendosi l’uno nell’altro; per- ché l’intelletto umano non deve prenderli come morti, irrigiditi, ma come viventi, condizionati, mobili, trapassanti Puno nel- l’altro. En lisant Hegel... 134: «Il termine (è) negazione sem- plice, o la prima negazione » ( des Etwas. Ogni qualcosa ha il suo termine ) , « mentre l’al- tro è al tempo stesso la negazione della nega- zione »... 137: « Etwas mit seiner immanenten Gten- ze gesetzt als der Widerspruch seiner selbst, durch den es iiber sich hinausgewiesen und getrieben wird, ist das Endlicbe»*. (Il qualcosa , preso dal punto di vista del suo termine immanente, dal punto di vista della sua contraddizione con sé stesso, la quale contraddizione lo [questo qualcosa! sospinge e conduce oltre i suoi termini, è il finito.) Quando delle cose si dice che sono finite, si riconosce con questo che il loro non essere è la loro natura ( « il loro essere è costituito dal non essere » ) . « Esse [le cose] sono, ma la verità di questo essere è la loro fine.» Acuto e intelligente! Hegel analizza concetti che sembrano di solito morti e mostra che in essi c 9 è movimento. Il fi- nito? È ciò che si muove verso la fine! Il qualcosa? Non è ciò che è l’altro. L’essere in generale? È un’indetermina- * « II qualcosa posto con il suo termine immanente come la contraddizione di sé stesso, da cui è sospinto e indirizzato oltre, è il finito » ( n.d.t .). « SCIENZA DELLA LOGICA » 107 tezza tale che essere = non essere. Onni- laterale, universale elasticità dei concetti, elasticità che giunge fino airidentità de- gli opposti: ecco l’essenziale. Quest’ela- sticità, ove sia applicata soggettivamente, è = aireclettismo e alla sofistica. L’ela- sticità, applicata oggettivamente , cioè che rifletta l’onnilateralità del processo mate- riale e la sua unità, è la dialettica, è il corretto rispecchiamento dell’eterno svi- luppo del mondo. 139. Infinito e finito, si domanda, sono op- posti? (v. p. 148) (v. p. 151). 141. Sollen und Schranke sono momenti des Endlichen *. 143. « Nel dover essere comincia il supera- mento della finità, l’infinità.» 143. « Si dice che la ragione ha i suoi limiti. « In quest’affermazione non si ha coscienza del fatto che, in quanto qualcosa è determinato come limite, è già sorpassato.» 144: la pietra non pensa, e quindi la sua limitatezza (Beschrànktheit) non è per essa un limite (Schranke). Ma anche la pietra ha i suoi limiti, per esempio, l’ossidabilità, quando sia « una base acidificarle ». NB pensieri sulla dialettica en lisant Hegel sehr gut! Evoluzione della pietra 27 144-145. Tutto (l’umano) sorpassa i limiti (Trieb, Schmerz, ecc.), ma la ragione , guardate voi, « non dovrebbe poter sorpassare il limite »! « Certo, non ogni sorpassare [...] il limite è una vera liberazione da esso »! Se la calamita avesse coscienza, considere- Dover essere e limite ... del finito ( n.d.t .). 108 LENIN Dialettica del- le cose stesse, della stessa na- tura, del cor- so stesso degli eventi Applicare agli atomi versus elettroni In generale, l’infinità della materia in profondo... Connessione (di tutte le parti) del progresso infinito rebbe la sua direzione verso il nord come una libera determinazione (Leibniz). No, essa co- noscerebbe allora tutte le direzioni dello spazio e considererebbe solo quell’unica direzione co- me il limite della sua libertà, come la sua limi- tazione. 148 ... « È la natura del finito di sorpas- sarsi, di negare la sua negazione e di diventare infinito »... Non è una forza (Gewalt) estranea (fremde) (149) a trasformare il finito in infinito, ma la sua (del finito) natura (seine Natur). 151: « Schlechte Unendlichkeit » * è l’infi- nità opposta qualitativamente alla finità, non congiunta con essa, da essa separata, come se il finito fosse diesseits e l’infinito jenseits , come se Pinfinito stesse sopra il finito, fuori di esso... 153: In realtà, sind sie (finito e infinito) untrennbar **. Essi sono una unità (155) 158-159: ... « L'unità di finito e infinito non è una loro giustapposizione estrinseca, né una connessione impropria, opposta alla loro determinazione, una connessione in cui venga- no congiunte entità in sé separate e opposte, indipendenti l’una rispetto all’altra, e quindi incomponibili; ma ciascuno è in sé stesso tale unità, ed è questo come il togliersi di sé; inol- tre, nessuno dei due ha dinanzi all’altro il pri- vilegio dell’essere in sé e dell’esistenza affer- mativa. Come si è mostrato sopra, la finità è soltanto un superamento di sé; in essa è quin- di contenuta l’infinità, il suo altro »... « Ma il progresso infinito esprime di più » (del semplice confronto di finito e infinito), « in esso è posta anche la connessione [corsivo di Hegel] dei differenti» (160). 167. « La natura del pensiero speculativo [...] consiste soltanto nel comprendere i mo- menti opposti nella loro unità.» * « Cattiva infinità » (n.d.t.). ** essi sono ... inseparabili {n.d.t.). « SCIENZA DELLA LOGICA » 109 La questione di come l’infinito venga al finito è considerata talora come Tessenza della filo- sofia. Tale questione si riduce al chiarimento della loro connessione... 168. ... « Anche per altri oggetti è richiesta una certa cultura per saper porre domande , ma piu che mai si richiede per gli oggetti filosofici, in modo da ottenere una risposta di- versa da quella secondo cui la domanda non vale niente.» 173-174: Fursicbseìn — essere per sé = essere infinito, essere qualitativo compiuto. | Il rapporto con V altro è scomparso; rimane il rapporto con sé stesso. | La qualità è spinta al culmine (auf die Spitze) e diventa quantità. L'idealismo di Kant e di Fichte (181) « re- sta nel dualismo» ((non è chiaro)) « dell'es- serci e dell'essere per sé ». ossia che non c'è trapasso della cosa in sé (ricordata nella frase successiva) in fenomeno? delPoggetto nel soggetto? Perché il Fiirsichsein sia Eins non mi è chiaro. Qui Hegel è, secondo me, ec- cessivamente oscuro. L 'uno è l'antico principio dell' ficropov (e il vuoto). Il vuoto è considerato come Quell der Bewegung* (185), non solo nel senso che lo spazio non è riempito, ma tale veduta enthàlt « un pensiero piu profondo, cioè che nel nega- tivo in generale è il fondamento del divenire, dell'inquietudine dell'automovimento » (186). 183: «L'idealità dell'essere per sé come totalità si tramuta cosi anzitutto nella realtà, e Bien dit! NB Selbstbe- wegung fonte del movimento ( n.d.t .). 110 LENIN precisamente nella realtà più stabile, più astrat- ta, come uno ». Parole oscure... L’idea della trasformazione dell’ideale nel reale è profonda : molto importante per la storia. Ma anche nella vita perso- nale dell’uomo risulta che è qui conte- nuta molta verità. Contro il materialismo volgare. NB. La distinzione dell’ideale dal materiale non è neanch’essa incondizio- nata, uberschwenglich M . 189 Nota. Le monadi di Leibniz. Principio dell’Eins e sua incompiutezza in Leibniz. È evidente che Hegel prende il suo autosvolgimento dei concetti, delle cate- gorie, in connessione con tutta la storia della filosofia. Questo conferisce a tutta la Logica ancora un nuovo aspetto . 193 ... « È un’antica proposizione che Yuno è molteplice, e, specialmente, che il molteplice è uno »... 195 ... « La differenza tra l’uno e il molte- plice si è determinata nella differenza della loro relazione reciproca, che si è scomposta in due relazioni» in repulsione e attrazione »... In generale, è probabile che tutto que- sto Fiirsichsein sia parzialmente servito a Hegel per dedurre « il passaggio della qualità nella quantità » (199); la qualità è determinazione, determinazione per sé, il Gesetze *, l’uno; tutto questo dà la impressione di essere molto forzato e vuoto. * posto (n.d.t.). « SCIENZA DELLA LOGICA » 111 Notare, a p. 203 , l’osservazione non priva d’ironia contro « quel procedimento della co- noscenza riflettente sull’esperienza che perce- pisce anzitutto nel fenomeno talune determina- zioni, poi le pone come fondamento e, al fine della cosiddetta spiegazione di esse, pone mate- rie fondamentali o forze corrispondenti, che devono produrre queste determinazioni del fe- nomeno ». Funzione dello scetticismo nella storia della filosofia Wahrhafte Dialektik Sezione seconda : La grandezza ( quantità ) In Kant 4 « antinomie ». In realtà, ogni concetto, ogni categoria, è parimente antinomi- co (217). « Lo scetticismo antico non si è sottratto alla fatica di indicare questa contraddizione, o antinomia, in tutti i concetti che ha trovato nelle scienze.» Esaminando Kant in modo molto cavilloso (e acuto), Hegel giunge alla conclusione che Kant ripete semplicemente nelle deduzioni ciò che ha detto nelle premesse, e ripete appunto che c'è una categoria della Kontinuitàt e una categoria della Diskretion . Da ciò deriva unicamente che « nessuna di queste determinazioni, presa isolatamente, ha verità, vera è soltanto la loro unità. È questa la loro vera considerazione dialettica, come an- che il vero risultato » (226). 229: « Die Diskretion [traduzione? indivi- sibilità, inseparabilità come die Kontinuitàt [compattezza (?), successione (?), non interruzione M ] , è un momento della quantità »... 232: « Il quanto , che è anzitutto quantità con una determinazione o termine in generale, è nella sua compiuta determinazione il nu- mero »... 234: « Anz ahi | numerabilità? enume- razione? | e unità sono i momenti del nu- mero ». 248. Sul problema della funzione e del si- « SCIENZA DELLA LOGICA » 113 gnificato del numero (molto su Pitagora, ecc., ecc.), fra Taltro, una precisa osservazione: « Quanto piu ricchi di determinazioni, e quindi di rapporti, diventano i pensieri, tanto più intricata, da un lato, e tanto più arbitraria e priva di senso, dall’altro, diventa la loro rap- presentazione in forme come i numeri » (248- 249). ((Valutazione dei pensieri: ricchezza di determinazioni e quindi di rapporti. ) ) Circa le antinomie di Kant (mondo senza cominciamento, ecc.), Hegel dimostra ancora una volta des langeren * che nelle premesse si assume come dimostrato ciò che è da dimo- strare (267- 278). Più oltre, il trapasso della quantità in qualità in un’esposizione astrattamente teorica cosi oscura che non ci si capisce niente. Rivedere!! 283 : L’infinito in matematica. Sinora la giu- stificazione consiste soltanto ridi' esattezza dei risultati ( « dimostrata con prove estrinse- che»), ma non nella chiarezza dell’oggetto. cfr Engels 31 . 285: Nel calcolo infinitesimale una certa (voluta) inesattezza viene ignorata, e tuttavia si ottiene un risultato non approssimativo, ma completamente esatto! Cercare però una Rechtfertigung « non è tanto superfluo », « quanto, a proposito del naso, sembra superfluo domandare la prova del diritto di servirsene ». La risposta di Hegel è complicata, abstrus, ecc. ecc. Si parla qui della matematica superiore; cfr. E n - gel s sul calcolo differenziale e inte- grale 32 . diffusamente { n.i.t .). LENIN È interessante il rilievo fatto da Hegel di sfuggita: « in maniera trascendentale, ossia propriamente soggettiva e psicolo- gica »..., « in maniera trascendentale, os- sia nel soggetto» (288). pp. 282-327 e 379. Esame molto mi- nuzioso del calcolo differenziale e inte- grale, con citazioni da Newton, Lagrange, Carnot, Eulero, Leibniz, ecc., ecc., che mostrano quanto fosse interessante per Hegel lo « svanire » delle grandezze ii> finitamente piccole, lo « stato medio tra essere e non essere ». Senza uno studio della matematica superiore, tutto questo è incomprensibile. Caratteristico il titolo di Carnot : Réflexions sur la métaphy - sique du calcul infinitésimal!!! NB? Lo svolgimento del concetto di Verhàltnis (379-394) è oltremodo oscuro. Rilevare sol- tanto, a p. 394, a proposito dei simboli , l’os- servazione che contro di essi in generale non c’è niente da dire. Ma « contro ogni simboli- smo » bisogna dire che esso sembra talora « un mezzo comodo per evitare di comprende- re, indicare e giustificare le determinazioni concettuali (Begriffsbestimmungen) ». Ma è proprio questo il còmpito della filosofia. « Le determinazioni abituali di forza, o so- stanzialità, di causa ed effetto, ecc. sono anche esse soltanto simboli per esprimere, ad esem- pio, i rapporti vitali o spirituali, cioè determi- nazioni non vere per tali rapporti » (394). Sezione terza : La misura « Nella misura sono unite, con un’espressio- ne astratta, qualità e quantità. L’essere come tale è uguaglianza immediata della determina- tezza con sé stessa. Quest’immediatezza della determinatezza si è tolta. La quantità è l’essere che è rientrato in sé in modo da essere semplice uguaglianza con sé stesso come indifferenza ver- so la determinatezza » ( 395 ) . Il terzo membro è la misura. Kant ha introdotto la categoria della mo- dalità (possibilità, realtà, necessità), e Hegel rileva che in Kant: « questa categoria ha il significato di es- sere la relazione dell’oggetto con il pensiero. Nel senso di questo idealismo il pensiero in generale è essenzialmente estrinseco alla cosa in sé» (395), « l’oggettività, che è propria delle altre categorie, manca a quelle della mo- dalità » (396). En passant (397): La filosofia indiana, in cui Brahma passa in Siva (mutamento = perire, nascere)... I popoli divinizzano la misura (399). ? La misura trapassa nell’essenza (Wesen). (Sul problema della misura non è senza interesse sottolineare l’osservazione, fatta da Hegel di sfuggita, che « nella società civile sviluppata le quantità degli individui, occupati nelle diverse professioni, stanno in un rapporto dato le une con le altre ») (402). Sul problema della categoria della gradua- lità ( Alhnàhlichkeit ) Hegel rileva: 8 116 LENIN NB « Si ricorre tanto volentieri a questa ca- tegoria, per presentare o spiegare il perire di una qualità o di un qualcosa, in quanto cosi sembra che quello scomparire si compia quasi dinanzi agli occhi, poiché il quanto è posto come un termine estrinseco, mutevole per sua natura, e con ciò il mutamento può compren- dersi di per sé come un mutamento solo del quanto. Ma, in realtà, per questa via non si spiega niente; il mutamento è al tempo stesso, essenzialmente, il trapasso di una qualità in un’altra, o, piu astrattamente, il trapasso di un esserci in un non esserci; c’è qui un’altra determinazione che non nella gradualità, la quale è soltanto una diminuzione o un aumen- to e l’unilaterale attenersi alla grandezza. « Ma che un mutamento, il quale appare come semplicemente quantitativo, si risolva an- che in un mutamento qualitativo, questa con- nessione aveva già attratto l’attenzione degli antichi, i quali hanno illustrato con esempi popolari le collisioni che scaturiscono dall’igno- ranza di questo fatto»... (405-406); (il «cal- vo »: strappare un solo capello; il « mucchio »: togliere un granello..,); «ciò che» (qui) «si confuta è das einseitige Festhalten an der abstrakten Quantumsbestimmtheit » («l’unila- terale attenersi all’astratta determinatezza del quanto », cioè il non tener conto dei molteplici mutamenti e delle qualità concrete, ecc.). « Questi rigiri non sono pertanto nemmeno un divertimento vuoto o pedantesco; ma sono di per sé giusti e il prodotto di una coscienza che rivela interesse per i fenomeni manifestan- tisi nel pensiero. « Il quanto, poiché viene preso come un termine indifferente, è il lato da cui un dato essere viene sottoposto a un attacco di sorpresa e abbattuto. Uastuzia del concetto sta appunto nell’afferrare un dato essere da questo lato, dal quale la sua qualità sembra non essere messa « SCIENZA DELLA LOGICA » 117 in giuoco, e ciò sino al punto che l’ingrandi- mento di uno Stato, di un patrimonio, ecc., che porta seco l’infelicità dello Stato o del pro- prietario, appare all’inizio come la loro felici- tà» (407). « È un grande merito apprendere i numeri empirici della natura, per esempio, le distanze tra i pianeti; ma è un merito infinitamente piu grande far sparire i quanti empirici ed elevarli a una forma universale di determinazioni quan- titative, in modo che diventino momenti di una legge o misura »; meriti di Galilei e di Keplero... Essi « hanno provato le leggi da loro scoperte mostrando che ad esse corrisponde l’insieme delle particolarità della percezione » (416). Bisogna esigere, tuttavia, un hòheres Beweisen di queste leggi, di modo che le loro determinazioni quantitative si conoscano dalle Qualitàten oder bestimmten Begriffen, die be- zogen sind (wie Raum und Zeit) *. Lo svolgimento dei concetti des Masses co- me spezifische Quantitàt e come reales Mass ( tra essi le Wahlverwandtschaften ** per esem- pio, gli elementi chimici, i toni musicali) è mol- to oscuro. « Una lunga nota sulla chimica, con una polemica contro Berzelius e la sua teoria elettrochimica (433-445). « Linea nodale di rapporti di misura » (Knotenlinie von Massverhaltnissen) — pas- saggi della quantità in qualità... Gradualità e salti . E ancora, a p. 448, la gradualità senza salti non spiega niente. Gesetz oder Mass ? NB * ... dimostrare piu alto... qualità o concetti determinati che sono in relazione (come spazio e tempo) (n.d.t.). ** affinità elettive (n.d.t,). 118 LENIN Salti! Interruzioni del- la gradualità Salti! Salti! Nella Nota di Hegel, come sempre, ma- teriale fattuale, esemplificativo, concreto (per questo Feuerbach ha rilevato una volta scher- zosamente che Hegel confina la natura nelle note : Feuerbach, Opere t II, p. ?) pp. 448-452, nota, intitolata nel Vindice ( non nel testo! ! pedanteria! ! ) : « Esempi di queste linee nodali; intorno al fatto che non si dà in natura alcun salto ». Esempi: chimica; rapporti musicali; acqua (vapore, ghiaccio); a p. 449: nascita e morte. Abbrechen der Allmàhlichkeit, p. 450. « Nella natura non si dànno salti, si dice; e l’immaginazione comune, quando debba inten- dere un nascere o un perire, crede, come si è ac- cennato, di averlo compreso in quanto lo rappre- senta come un graduale sorgere o dileguarsi. Pu- re, si è già mostrato che i mutamenti deiressere, in generale, non sono soltanto il passaggio di una grandezza in un’altra, ma anche un trapasso del quantitativo nel qualitativo, e viceversa, un divenire altro che è un’interruzione della gra- dualità e un che di qualitativamente diverso rispetto all’esistenza precedente. L’acqua, per il raffreddamento, non diventa dura a poco a poco, quasi che si facesse prima gelatinosa e poi progressivamente si indurisse sino alla consistenza del ghiaccio, ma diventa dura di colpo; già con la piena temperatura del conge- lamento, quando stia ferma, può ancora con- servare la sua intera fluidità, ma la minima scossa la conduce allo stato di solidità. « La gradualità del nascere si fonda sulla rappresentazione che ciò che nasce già esista sensibilmente, o, in generale, nella realtà, e che non sia ancora percepibile soltanto a causa della sua piccolezza; analogamente, la gradua- lità del perire si fonda sulla rappresentazione che pur esista, ma non sia ancora osservabile, il non essere o l’altro che subentra al posto di ciò che esiste; e quest’altro propriamente esi- « SCIENZA DELLA LOGICA » 119 ste, non già nel senso che sia contenuto in sé nell'altro che è presente, ma nel senso che è presente addirittura come un esserci, però non osservabile. Con questo si toglie, in gene- rale, il nascere e il perire; ossia l'in sé, l'in- trinseco, in cui qualcosa è prima della sua esi- stenza, viene tramutato in una piccolezza di esistenza esteriore, e la differenza essenziale, o concettuale, in una differenza estrinseca, in una semplice differenza quantitativa. Rendere com- prensibile un nascere e un perire mediante la gradualità del mutamento significa cadere nella noia che è propria della tautologia; si presup- pone con questo che ciò che nasce o perisce sia già pronto in precedenza, e si riduce il mutamento a una semplice modificazione di una differenza estrinseca, con il che si ha, nel fatto, soltanto una tautologia. La difficoltà per l'intelletto che tenda a questa comprensione sta nel trapasso qualitativo di qualcosa nel suo altro in genere e nel suo opposto; esso si fi- gura, invece, l'identità e il mutamento come identità e mutamento indifferenti ed estrinseci del quantitativo. « Nella morale, in quanto si consideri ciò che è morale nella sfera dell'essere, avviene Io stesso trapasso del quantitativo nel qualitativo; e qualità diverse sembrano fondarsi su una di- versità di grandezza. Basta un piu e un meno, perché si varchi la misura della sconsideratezza e compaia qualcosa di affatto diverso, il delit- to, per cui la giustizia trapassa nell'ingiustizia, la virtù nel vizio. Cosi anche gli Stati, quando siano supposte come uguali le altre condizioni, ricevono dalla loro diversa grandezza un diver- so carattere qualitativo» (450-452). Più oltre. Il trapasso dell'essere nell'essenza (Wesen) è esposto in modo molto oscuro. Fine del I libro. Werke, v. IV, Berlin , 1834 Libro secondo : La dottrina dell'essenza Sezione prima: L'essenza come riflessione in sé teoria della conoscenza «cammino» signifi- cato og- gettivo «La verità deiressere è l’essenza» (3). Ecco la prima proposizione, che suona ideali- stica da cima a fondo e mistica* Subito dopo comincia però, per cosi dire, a spirare un vento fresco: « L’essere è l’immediato. In quanto il sapere vuole conoscere il vero *, ciò che l’es- sere è in sé e per sé, esso non rimane fermo » (NB: non rimane fermo) «all’imme- diato e alle sue determinazioni, ma p e ne tra [NB] attraverso [NB] di esso nella supposi- zione che dietro [corsivo di Hegel] questo es- sere ci sia ancora qualcosa che non l’essere stes- so, e che tale fondo costituisca la verità dei- ressere. Questa conoscenza è un sapere me- diato, poiché non si trova immediatamente presso e dentro l’essenza, ma comincia da un altro, dairessere, e deve compiere preliminar- mente un cammino, quello dell’andare oltre l’essere, o, piuttosto, dell’entrarvi »... Questa Bewegung, il cammino del sapere, sembra un’« attività del conoscere» (Tàtigkeit des Erkennens), «estrinseca all’essere». « Ma questo andare è il movimento dell’es- sere stesso.» * Al rig uardo Hegel dileggia piu volte | si ve dano i passi citati sopra sulla grad ualità | il termine (e il concetto) di erklaren, spiegazione, opponendo evidentemente alla soluzione metafisica data una volta per tutte («si è già spiegato»!!) il processo eterno di una conoscenza che si addentra sempre piu in profondità. Cfr. v. Ili, p. 463: «non si può conoscere o, come suol dirsi, spiegare ». « SCIENZA DELLA LOGICA » 121 « L’essenza [...] è ciò che è [,..] per 'A mo- vimento infinito dell’essere » (4). « L’essenza assoluta [...] non ha alcun es- serci . Ma deve passare allesserei» (5). L’essenza sta nel mezzo tra l’essere e il concetto, come passaggio al concetto ( = asso- luto ) . Suddivisioni dell* essenza: parvenza (Schein), apparenza (Erscheinung), realtà (Wirklich- keit ) . Das Wesentliche und das Unwesentliche (8). Der Schein (9). Nell’inessenziale, nella parvenza, è il mo- mento del non esserci (10). 1 cioè l’inessenziale, il parvente, il su- perficiale sparisce piu spesso, non si man- tiene cosi « compatto », non « sta » cosi «saldo» come I’« essenza ». Etwa: il movimento di un fiume: la spuma in su- perficie e, sotto, le correnti profonde. Ma anche la spuma è espressio- ne dell’essenza! Parvenza e scetticismo res - p ective kantismo: « Cosi la parvenza è il fenomeno dello scet- ticismo, ossia anche l’apparenza dell’idealismo è una tale immediatezza che non è un qualcosa o una cosa, non è in generale un essere indiffe- rente, che stia fuori della sua determinazione e della sua relazione con il soggetto. Lo scet- ticismo non si permetteva di dire: è ; il mo- derno idealismo non si è permesso di riguardare le conoscenze come scienza del- la cosa in sé; quella parvenza non doveva avere, in generale, il fondamento di un essere; in queste conoscenze la cosa in sé non doveva entrare. Al tempo stesso 122 LENIN NB immedia- tezza della parvenza non sono andati più a fondo! cfr. machi- smo!! però lo scetticismo ammetteva molteplici de- terminazioni della sua parvenza, o, piuttosto, la sua parvenza aveva come contenuto la mol- teplice ricchezza del mondo. Allo stesso modo l’apparenza dell’idealismo accoglie in sé l’in- tero àmbito di queste molteplici determina- zioni ». Voi includete nello Schein tutta la ric- chezza del mondo e poi negate l’oggetti- vità dello Schein!! « Quella parvenza e questa apparenza sono determinate immediatamente in modo tanto vario. Questo contenuto può quindi non avere per fondamento alcun essere, alcuna cosa, o cosa in sé; esso rimane per sé stesso cosi come è; è stato soltanto trasferito dall’essere nella parvenza, di modo che la parvenza ha dentro di sé queste molteplici determinazioni, che sono immediate, esistenti, altre tra loro. Per ciò la parvenza è essa stessa un che di determinato immediatamente. Essa può avere questo o quel contenuto; questo contenuto però non è posto da lei stessa, ma essa lo ha immediatamente. L’idealismo leibniziano o kantiano o fichtiano, nonché altre sue forme, non hanno valicato, alla pari dello scetticismo, i confini dell’essere come determinatezza, come questa immediatezza. Lo scetticismo si fa dare il contenuto I il « dato immediato »!! della sua parvenza; qualunque sia il contenuto, essa è per lui immediata. La monade leibniziana sviluppa da sé stessa le sue rappresentazioni; essa non è però la forza che le genera e unifica; le rappresentazioni vengono su come bolle; sono indifferenti, immediate le une rispetto alle altre e, quindi, anche ri- spetto alla monade. In ugual modo il fenomeno kantiano è un contenuto dato della percezio- ne, il quale presuppone affezioni, determina^ « SCIENZA DELLA LOGICA » 123 zioni del soggetto, che sono immediate rispetto a sé stesse e rispetto al soggetto. L'urto infinito deiridealismo fichtiano può anche non avere come fondamento alcuna cosa in sé, cosi da diventare una mera determinazione deirio. Ma questa determinazione è al tempo stesso, ri- spetto all'io, che la fa sua e le toglie l'este- riorità, una determinazione immediata , un li- mite dell'io, che esso può varcare, ma che ha in sé un lato di indifferenza, secondo cui, pur essendo nell'io, contiene un immediato non essere di quest'ultimo» (10-11). ... « Le determinazioni, che la » (la par- venza) «distinguono dall'essenza, sono deter- minazioni dell'essenza stessa »... ... « L'immediatezza del non essere è ciò che costituisce la parvenza [...]. L'essere è non essere nell'essenza. La sua nullità in sé è la natura negativa della stessa essenza »... ... « Questi due momenti, la nullità, ma co- me sussistere, e l'essere, ma come momento, ossia la negatività che è in sé e l'immediatezza riflessa, che costituiscono i momenti della par- venza, sono pertanto i momenti dell'essenza stessa »... « La parvenza è l'essenza stessa nella de- terminazione dell'essere » (12-13). parvenza = natura negativa dell'essenza La parvenza è ( 1 ) nulla, non sussistente (Nichtigkeit), che sus- siste (2) essere come momento « La parvenza è quindi l'essenza stessa, ma l'essenza in una determinazione, e, inoltre, in modo tale che quest 'ultima è solo un suo momento, mentre l'essenza è il suo proprio pa- rere in sé stessa» (14). 124 LENIN [La parvenza] Ciò che pare è l’es- senza in una delle sue determinazioni, in uno dei suoi lati, in uno dei suoi mo- menti. L 'essenza pare essere questo. La parvenza è il parere (Scheinen) dell’es- senza in sé stessa. ...«L’essenza [...] contiene la parvenza in sé stessa, come l’infinito movimento in sé »... « L’essenza in questo suo automovimento è la riflessione. La parvenza è lo stesso che la riflessione » (14). La parvenza (ciò che pare) è rifles- sione dell’essenza in sé (in lei) stessa. ... « Il divenire nell’essenza, il suo movi- mento riflettente, è quindi il movimento dal nulla al nulla, nonché di ritorno a sé stes- sa » (15). Questo è acuto e profondo. Nella na- tura e nella vita si danno movimenti « verso il nulla ». Solo « dal nulla », forse, non se ne dànno. Ma sempre da qualcosa. « La riflessione viene intesa per solito in senso soggettivo, come movimento del- la facoltà di giudizio, che oltrepassa una data rappresentazione immediata e cerca per essa determinazioni universali o le confronta con essa » (21). (Cita Kant: Critica del giudizio 35 .) « Qui non si parla però né della rifles- sione della coscienza , né della più determinata riflessione dell’intelletto, che ha come sue determinazioni il particolare e l’uni- versale, ma invece della riflessione in gene- rale »... « SCIENZA DELLA LOGICA » 125 Cosi, anche qui Hegel accusa Kant di soggettivismo. NB questo. Hegel è per la « validità oggettiva » (sit venia verbo) de lla parvenza, del « dato im- mediato » piT termine « dato » è abitua- le in Hegel in gener ale, e si vedano qui p. 21 in fine, p. 22. | I filosofi minori di- scutono se si debba prendere come fon- damento l’essenza oppure il dato immediato (Kant, Hume, tutti i machi- sti). Al posto di oppure Hegel mette « e », spiegando il contenuto concreto di questa « e ». «Die Reflexion è il parere dell’essenza in sé stessa» (27) | traduzione? riflessività? de- terminazione riflessiva? riflessione non va bene 3 V|. ... (das Wesen) « è un movimento attra- verso momenti diversi, è assoluta mediazione con sé » (27). Identità — differenza in partico- lare oppo- sizione contraddizione (fondamento) Hegel spiega quindi runilateralità, l’inesat* tezza della « legge di identità » (A = A), del- la categoria (tutte le determinazioni dell’esi- stente sono categorie: pp. 27-28). « Se tutto è identico con sé, allora non è diverso, non è opposto, non ha fondamento alcuno» (29). « L’essenza è [...] semplice identità con sé» (29). Il pensieri comune pone accanto ( « dane- ben » ) k simiglianza e la differenza, senza com- prendere « questo movimento del passare di una di queste deter- minazioni n e l r a 1 1 r a » (31). 126 LENIN NB corsivi miei E di nuovo contro la legge di identità (A = A): i suoi sostenitori, « in quanto si attengono a quest’identità / m m o b il e , avente il suo opposto nella di- versità, non vedono che la riducono cosi a una determinazione unilaterale , priva come tale di verità » ( 33 ) . («Vuota tautologia»: 32.) (« Contiene soltanto la verità formale > una verità astratta t incompleta»: 33.) Le forme della riflessività: esterna, ecc. sono svolte molto oscuramente. Principi della diversità: « Tutte le cose sono diverse »... « A è anche non A » (44). « Non si dànno due cose che siano uguali tra loro »... La diversità consiste in questo o in quel lato (Seite), Riicksicht, ecc., « insofem», ecc. bien diti! « La consueta tenerezza per le cose, atten- ta soltanto a che esse non si contraddicano, dimentica qui, come sempre, che la contrad- dizione non viene cosi risolta, ma solo spo- stata altrove, nella riflessione s o gge t- t iva o esterna , e che quest’ultima con- tiene realmente in sé in una unità, come tolti e riferiti l’uno all’altro, entrambi i momenti, che, per effetto di questo allontanamento e di questa trasposizione, vengono enunciati come un semplice esser posto » ( 47 ) . (Deliziosa ironia! La « tenerezza » per la natura e la storia è (nei filistei) l’aspirazione a depurarle delle contraddizioni e della lotta...) Il risultato dell’addizione di + e — è 2ero. « Il risultato della contraddizione non è sol - tanto zero » (59). « SCIENZA DELLA LOGICA » 127 La soluzione della contraddizione, la ridu- zione del positivo e del negativo a « mere determinazioni» (61), tramuta l’essenza (das Wesen) in fondamento (Grund) {ibidem). ... « La contraddizione risolta è, quindi, il fondamento, l'essenza, come unità di positivo e negativo » ( 62 ) . « Basta una minima esperienza di pensiero riflettente per accertare che, se qualcosa è stato determinato come positivo, quando poi si pro- cede da questo fondamento, esso si trasforma immediatamente in negativo, e viceversa, ciò che è stato determinato come negativo si tra- muta in positivo; basta una minima esperien- za per accertare che il pensiero riflettente si confonde e si contraddice in queste determi- nazioni. L'ignoranza della natura di queste ul- time induce a ritenere che la confusione sia un che di falso, che non deve accadere, e la attribuisce a una carenza soggettiva. In effetti, questo trapasso rimane anche pura con- fusione, quando non si abbia coscienza della necessità della trasformazione » (63) . ...« L’opposizione di positivo e negativo viene intesa principalmente nel senso che il primo (benché, secondo la sua denominazione, esprima Tesser posto) debba essere un che di oggettivo e il secondo invece un che di sog- gettivo, appartenente soltanto alla riflessione esterna, non riguardante affatto Tin sé e per sé oggettivo e del tutto inesistente per esso » (64) . « In realtà, se il negativo esprime sol- tanto l'astrazione di un arbitrio soggettivo »... (allora esso, questo negativo, non esiste «per il positivo oggettivo»)... «La verità è il positivo come quel sa- pere che si accorda con T oggetto, ma è solo questa uguaglianza con sé, in quanto il sapere si è riferito negativamente alTaltro, ha penetrato l’oggetto e ha tolto la ne- NB verità e oggetto 128 LENIN ciò che è in sé e per sé gazione che esso è. L’errore è un positivo, co- me opinione di ciò che non è in sé e per sé, la quale si conosce e si afferma. L’ignoranza è invece o l’indifferente alla verità e all’errore e, quindi, non è determinata né come positiva né come negativa, — mentre la sua determinazio- ne, in quanto è una mancanza, appartiene alla riflessione esterna, — oppure come oggettiva, come determinazione propria di una natura, è l’impulso indirizzato contro di sé, un negativo che contiene in sé una direzione positiva. Una delle conoscenze piu importanti consiste nel cogliere e tener ferma questa natura delle de- terminazioni della riflessione ora considerate, che cioè la loro verità sta soltanto nella loro relazione reciproca e, quindi, nel fatto che ognu- na di esse contiene l’altra nel suo stesso con- cetto; senza questa conoscenza non si può muovere, in filosofia, neanche un passo ) (65- 66). Questo dalla nota 1. Nota 2. Principio del terzo escluso. Hegel cita il principio del terzo escluso: « Qualcosa è A o non A; non si dà un terzo » (66) e lo « analizza ». Se con esso si in- tende che « tutto è un opposto », che ogni cosa ha una sua determinazione positiva e una ne- gativa, allora va bene. Ma, se, come si fa per solito, con esso si intende che di tutti i pre- dicati convenga a una cosa il predicato dato o il suo non essere, allora si tratta di una « vol- garità»!! Lo spirito... è dolce, non dolce? verde, non verde? La determinazione deve tra- passare nelle. determinatezza, ma in questa vol- garità trapassa nel nulla. E poi si dice — osserva Hegel argutamen- te — che non si dà un terzo. Un terzo si dà in questa proposizione stessa, lo stesso A è il terzo, poiché A può essere sia + A che — A. « Il qualcosa stesso è perciò quel terzo che dovrebbe essere escluso » ( 67 ) . « SCIENZA DELLA LOGICA » 129 Questo è acuto e giusto. Ogni cosa con- creta, ogni qualcosa concreto sta in rap- porti diversi e spesso contraddittori con tutto il rimanente, ergo è sé stesso e un altro. Nota 3. Principio di contraddizione (verso la fine del 2° capitolo, della V sezione del II Libro della Logica). « Se ora le prime determinazioni della ri- flessione, l’identità, la diversità e l’opposizio- ne, sono state enunciate in una proposizione, a maggior ragione dovrebbe esser còlta ed espressa in una proposizione la determinazione in cui esse trapassano, come nella loro verità, cioè la contraddizione: tutte le cose sono in sé stesse contradditto- rie, e proprio nel senso che questa pro- posizione esprima anzi, rispetto alle altre, la verità e l'essenza delle cose. La contraddizione, che si manifesta nell’oppo- sizione, è soltanto il nulla sviluppato, che è contenuto nell’identità e che è affiorato nella espressione per cui il principio d’identità non dice niente. Questa negazione si determina più oltre come diversità e opposizione, che è ora la contraddizione posta. « Ma è uno dei pregiudizi fondamentali del- la logica tradizionale e della rappresentazione corrente che la contraddizione non sir una determinazione altrettanto essenziale e imma- nente quanto l’identità; mentre, se fosse in causa la gerarchia e le due determinazioni si dovessero tenere ferme come separate, la con- traddizione sarebbe da prendere come un che di più profondo e di più essenziale. L’identità è, infatti, di contro a essa, soltanto la deter- minazione del semplice immediato, del morto essere; mentre la contraddizione è la radice di ogni movimento e vitalità ; 9-639 130 LENIN qualcosa si muove, ha impulso e attività solo in quanto ha una contraddi- zione in sé. « La contraddizione viene per solito rimos- sa, anzitutto, dalle cose, dall’essere e dal vero in genere; si dice che non ce niente di con- traddittorio. Essa viene, inoltre, respinta nella riflessione soggettiva, che sola la porrebbe me- diante il suo riferire e confrontare. Ma non si troverebbe poi neanche in questa riflessione, perché il contraddittorio non si può né rap- presentare né pensare. La contraddizione è considerata, in generale, tanto nella realtà, quanto nella riflessione pensante, come un che di accidentale, quasi come un’anomalia e un effimero parossismo morboso. « Riguardo all’affermazione che la contrad- dizione non si dia e non esista, non occorre preoccuparsene; una determinazione assoluta dell’essenza deve essere inerente a ogni espe- rienza, a ogni reale, come a ogni concetto. Piu sopra, a proposito dell’infinito, che è la con- traddizione come si manifesta nella sfera del- l’essere, si è già detto qualcosa d’analogo. La comune esperienza dichiara, del resto, che esi- ste per lo meno una moltitudine di cose con- traddittorie, di istituzioni contraddittorie, ecc., la cui contraddizione non consiste semplice- mente in una riflessione esteriore, ma in loro stesse. E, inoltre, la contraddizione non è da considerare puramente come un’anomalia, che si manifesti solo qua e là, in quanto è invece il negativo nella sua determinazione essenziale, il principio di ogni automovi- mento , che consiste soltanto in una esposi- zione della contraddizione. Lo stesso movimen- to esteriore sensibile altro non è se non la esistenza immediata. Qualcosa si muove non semplicemente nel senso che in questo ora è qui e in un altro ora è là, ma solo nel senso che in uno stesso ora è qui e non qui, nel senso « SCIENZA DELLA LOGICA » 131 che esso si trova e al tempo stesso non si trova in questo qui. Si devono concedere agli antichi dialettici le contraddizioni che essi rinvengono nel movimento, ma da ciò non consegue che il movimento non esista, che anzi il movimento è la stessa contraddizione esistente. « In pari modo, Tautomovimento interiore, Tautomovimento vero e proprio, l’impulso in generale (l’appetito o il nisus della monade, l’entelechia dell’essenza assolutamente sempli- ce), consiste soltanto nel fatto che sotto un unico e stesso riguardo sono ciò che è in sé e la sua mancanza, il negativo di sé stesso. L 'astratta identità con sé n o n è ancora vitalità , ma, poiché il positivo è in sé stesso la negatività, esso esce fuori di sé e s i pone nel mutamento . Qualcosa è, quindi, vitale solo in quanto contiene in sé la contraddizione ed è appunto la forza che acco- glie e sostiene in sé la contraddizione. Ma, se un esistente non è in condizione, nella sua determinazione positiva, di giungere ad acco- gliere la determinazione negativa e a tener terma luna nell’altra, se esso è cioè incapace di avere in sé stesso la contraddizione, allora questo qualcosa non è Punita vivente, non è fondamento, ma soccombe nella contraddizio- ne. Il pensiero speculativo consiste solo nel fatto che esso tiene ferma la contraddizione e in quest’ultima sé stesso, però non nel senso che, come è proprio della rappresentazione, si trovi in potere della contraddizione e le con- senta di risolvere le sue determinazioni in altre o nel niente» (67-70). Movimento e « automovimento » (NB questo! un movimento per impulso pro- prio ( autonomo ) , spontaneo, intrinseca - mente necessario ), « mutamento », « movimento e vitalità », « principio di ogni 132 LENIN occultata semplicità automovimento », « impulso » (Trieb) al « mo- vimento » e alT« attività », opposizione al «morto essere»: chi crederebbe che que- sta è l'essenza dell'* hegelismo », dell'astratto e abstrus (pesante, assurdo?) hegelismo?? Que- sta sostanza bisogna scoprire, capire, hiniiber- retten 37 , liberare dalla scorza, depurare, cosa che hanno fatto Marx e Engels. L'idea del moto e del mutamento univer- sale (1813, Logica) è stata intuita prima che venisse applicata alla vita e alla società. In rela- zione alla società è stata proclamata prima (1847) che fosse dimostrata in rapporto al- l'uomo (1859) * « Se nel movimento, nell'impulso e simili la contraddizione rimane nascosta alla rappre- sentazione dietro la semplicità di queste deter- minazioni, nelle determinazioni relazionali si mostra invece immediatamente» Gli esempi più volgari; sopra e sotto, destra e sinistra, padre e figlio e cosi via all'infinito, contengono tutti l’opposizione in una stessa determinazione. So- pra è ciò che non è sotto; sopra è determinato soltanto come il non stare sotto ed è solo in quanto ce un sotto; e viceversa; in ogni de- terminazione c’è il suo opposto. Il padre è l’altro del figlio, e il figlio l’altro del padre, e ognuno è soltanto questo altro dell’altro; e altresì Tuna determinazione esiste solo in re- lazione all’altra ; il loro essere è un unico sus- sistere » (70)... « La rappresentazione ha, quindi, dapper- tutto come suo contenuto la contraddizione, ma non giunge ad averne coscienza; rimane riflessione esteriore, che passa dall’uguaglianza aU’inuguaglianza o dalla relazione negativa al riflettersi in sé dei diversi. Essa oppone estrin- secamente queste due determinazioni Tuna al- l’altra e ha in vista soltanto loro, non il pas- saggio, che è l’essenziale e contiene in sé la contraddizione. La riflessione acuta consiste in- vece, tanto per accennarvi qui, nel cogliere e « SCIENZA DELLA LOGICA » 133 nell’enunciare la contraddizione. Sebbene non esprima, invero, il concetto delle cose e delle loro relazioni e abbia come suo materiale e contenuto soltanto le determinazioni della rap- presentazione, essa tuttavia le pone in un rap- porto che contiene la loro contraddizione e che, tramite quest’ultima, ne lascia trasparire il concetto. Ma la ragione pensante acuisce, per cosi dire, l’ottusa differenza del diverso, la mera molteplicità della rappresentazione, sino a farne la differenza essenziale, l’opposizione. Solo cosi V molteplici, spinti al culmine della contraddizione, divengono mobili e viventi l’uno rispetto all’altro e ricevono qui la nega- tività che è l’immanente pulsare dell’automovi- mento e della vitalità» (70-71). NB ( 1 ) La rappresentazione abituale af- ferra la differenza e la contraddizione, ma non il trapasso dell’una nell’al- tra, ed è questa invece la cosa più importante. (2) Riflessione acuta e intelletto. La riflessione acuta afferra la contrad- dizione, la enuncia, mette le cose in rap- porto tra loro, costringe « il concetto . a trasparire » tramite la contraddizione, ma non esprime il concetto delle cose e delle loro relazioni. (3) La ragione pensante (intelletto) acuisce l’ottusa differenza del diverso, la mera molteplicità delle rappresentazioni, sino a farne la differenza essenziale, la opposizione. Soltanto i molteplici, elevati sino al vertice della contraddizione, di- vengono mobili (regsam) e viventi l’uno rispetto all’altro: acquisiscono quella ne- gatività che è V immanente pul- sare dell* automovimento e della vitalità . 134 LENIN Suddivisione: Der Grund (il fondamento) (1) il fondamento assoluto: die Grund- lage (la base). « Forma e materia.» « Contenuto.» (2) il fondamento determinato (come fon- damento di [per] un contenuto determinato). Suo passaggio nella mediazione condi- zionante : die bedingende Vermittelung. (3) la cosa in sé (trapasso nell * esistenza). Nota. Principio di ragion sufficiente . Per solito, « tutto ha la sua ragion suf- ficiente ». « Questo significa soltanto, in generale, che ciò che è deve essere riguardato non come un immediato, ma come un che di posto; non bisogna restare fermi all'immediato esserci o alla determinazione in generale, ma bisogna ri- salire al suo fondamento »... È superfluo ag- giungere: ragion sufficiente . L'insufficiente non è ragione. Leibniz, che ha fatto del principio di ragion sufficiente il fondamento della sua filosofia, lo ha capito più in profondità. «Leibniz [...] ha opposto la sufficienza della ragione princi- palmente alla causalità in senso stretto, ossia come modo d’agire meccanico » (76). Egli ha cercato la « Beziehung » der Ursachen * (77), «il tutto come unità es- senziale ». Egli ha cercato il fine , la teleologia non rientra però qui, ma nella dottrina del concetto. * «telamone» ddle cause (n.d.L). « SCIENZA DELLA LOGICA » 135 ... « Non si può [...] domandare in che mo- do la forma subentri all’essenza, in guanto la prima è soltanto il trasparire della seconda in sé stessa, la propria riflessione che le è im- manente [sic!] » (81)... Forma essenziale. Essenza formata. Cosi o altrimenti in dipendenza anche dall’essenza... V essenza come informe identità (di sé con sé stessa) diviene materia. ... « Essa » (die Materie) è « il vero e pro- prio fondamento o sostrato della forma » (82)... « Se si astrae da tutte le determinazioni, da ogni forma di qualcosa, allora rimane la materia indeterminata. La materia è un che di puramente astratto . (La materia non si può né vedere né sentire, ecc.; quel che si vede o sente è una materia determinata, ossia una uni- tà della materia e della forma) » (82). La materia non è il fondamento della for- ma, ma l’unità del fondamento e del fondato. La materia è il passivo , la forma Y attivo (Tàti- ges) (83). «La materia deve quindi esser formata, e la forma deve materializzarsi» (84)... « Ciò che appare quale attività della forma è, inoltre, in pari misura il movi- mento della materia stessa» (85-86)... ... « L’uno e l’altro, l’agire della forma e il movimento della materia, sono una stessa cosa [...]. La materia come tale è determinata, o ha necessariamente una forma, e la forma è forma puramente materiale, sussistente» (86). Nota: Spiegazione formale per vìa di ra- gioni tautologiche. Molto spesso, sembra, soprattutto nelle scienze metafisiche, i « fondamenti » vengono NB 136 LENIN spiegati mediante tautologie: il movimento del- la terra viene spiegato con la « forza d’attra- zione » del sole. Ma che cos e la forza d’at- trazione? È anch’essa movimento (92)!! Una vuota tautologia: perché quest uomo va in cit- tà? a causa della forza d’attrazione della città (83)! Accade cosi che anche nella scienza si ponga airinizio come « fondamento » la mo- lecola, Petere, la «materia elettrica» (95-96), ecc., e poi risulta «che essi» (questi concet- ti) «sono propriamente determinazioni de- dotte da ciò che essi dovrebbero fondare, sono ipotesi e finzioni dedotte mediante una rifles- sione non critica». O si afferma, invece, che « non conosciamo l’intima essenza di queste stesse forze e materie» (96), ma allora non c’è niente da « spiegare », basta fermarsi sem- plicemente ai fatti... Der reale Grund... non è una tautologia, ma è già « un’altra determinazione di contenu- to » (97). Sulla questione del «fondamento» (Grund) Hegel osserva tra l’altro: « Se si dice della natura che è il fonda- mento del mondo, ciò che vien detto natura è, da un lato, Io stesso che il mondo, e il mondo non è se non la natura stessa» (100). Dall’altro lato, perché la natura « diventi mon- do, le si associa ancora dall’esterno una mol- teplicità di determinazioni »... Poiché ogni cosa ha « mehrere » * « deter- minazioni di contenuto, rapporti e aspetti », si possono addurre ragioni prò e contro (103). Questo Socrate e Platone l’hanno anche chia- mato sofistica. Tali ragioni non contengono « l’intero àmbito della cosa », non la « esauri- scono » ( nel senso di « afferrare il nesso del- la cosa» e di «contenere tutti» i suoi lati). * «più» (rd.t.). « SCIENZA DELLA LOGICA » 137 Trapasso del fondamento (Grand) nella condizione (Bedingung). E l’elaborazio- ne «puramente logica»? Das fallt rasam- ene n ***. Que- sto deve coin- cidere come induzione e deduzione nel Capitale. « Quando tutte le condizioni di una cosa sono presenti, essa entra nell'esistenza» (116)... Frequente in Hegel il termi- ne di « «? o - mento » nel senso di momento della connes- sione, di momento nella concatenazione If I’m not mistaken, there is much mysticism and leere * pedanteria in que- sti ragionamenti di Hegel, ma è geniale l’idea fondamentale: dell’universale, on- nilaterale e vivente connessione di tutto con tutto e del rispecchiamento di questa connessione — materialistisch auf den Kopf ges teli ter Hegel ** — nei con- cetti dell’uomo, che devono essere al- tresì affinati, elaborati, duttili, mobili, relativi, reciprocamente connessi, essere uno nelle opposizioni, per poter abbrac- ciare il mondo. La prosecuzione dell’ope- ra di Hegel e di Marx deve consistere nell’elaborazione dialettica della storia del pensiero umano, della scienza e della tecnica. Un fiume e le gocce in questo fiume. Situazione di ogni goccia, sua relazione con le altre; sua connessione con le al- tre; direzione del suo movimento; velo- cità; linea del movimento — retta, cur- va, tonda, ecc. — verso l’alto o verso il basso. Somma del movimento. I concetti come compendio dei singoli lati del mo- vimento, delle singole gocce ( = «cose» ) , delle singole « correnti », ecc. Ecco à peu près l’immagine del mondo secondo la Logica di Hegel: beninteso, meno il buon Dio e l'assoluto. * Se non sbaglio, c’è molto misticismo e vuota... (n.d.t.). ** Hegel rovesciato materialisticamente ( n.d.t .). *** La cosa coincide (n.d.t.). 138 LENIN Molto bene! che c’entrano qui l’idea assoluta e l’idealismo? Divertente questa « deduzione »... del V esistenza... Sezione seconda: Il fenomeno Prima proposizione: « L'essenza deve ap- parire » (119); l'apparire dell'essenza è (1) Existenz (cosa); (2) fenomeno (Erscheinung). (« Il fenomeno è ciò che la cosa è in sé, ossia la sua verità », p, 120.) « Al mondo del feno- meno si oppone il mondo riflesso in sé, il mondo che è in sé» (120)... (3) Verhàltnis (relazione) e realtà. Tra l'altro; « Il dimostrare è, in generale, la conoscenza mediata »... ... « Le diverse specie dell'essere richiedono o contengono la propria specie di mediazione; e quindi anche la natura del dimostrare è di- versa in relazione a ognuna di esse» (121)... E di nuovo... sull'esistenza di Dio!! Questo povero Dio, basta che si men- zioni il termine di esistenza, perché se l'abbia a male! L'esistenza differisce dall'esser e pe r la sua mediazione ( Vermittelung: 124) . [ Pe r la con- cretezza e per la connessio ne? | ... « La cosa in sé e il suo essere mediato sono entrambi contenuti nell'esistenza e sono, essi stessi, esistenze; la cosa in sé esiste ed è essenziale, l’essere mediato è invece l’esisten- za 'inessenziale della cosa» (125)... 140 LENIN ? La cosa in sé si riferisce all’essere, come l’essenziale all’inessenziale? ... « Questa [il Ding-an-sich] non deve avere in sé alcuna molteplicità determinata e, quin- di, l’ottiene solo quando sia trasposta nella riflessione esterna; ma rimane tuttavia in- differente di fronte a essa. (La cosa in sé ha colore solo quando sia posta dinanzi adocchio, odore solo quando sia posta sotto il naso, ecc.) » ( 126).,. ... « Una cosa ha la proprietà di produrre questo o quello nell’altro e di manifestarsi ori- ginalmente nel suo rapporto con questo altro » (129)... «La cosa in sé esiste quindi essen- zialmente »... Nella Nota il discorso verte sulla « cosa in sé dell’idealismo trascendentale »... ... « la cosa in sé come tale è soltanto quella vuota astrazione da ogni determinatezza di cui non si può sapere niente, proprio perché deve essere l’astrazione da ogni determinatezza »... L’idealismo trascendentale traspone « nella coscienza tutte le determinazioni delle cose, tanto per la forma quanto per il contenuto »...; « secondo questa veduta, avviene in me, nel soggetto, ch’io percepisca le foglie dell’albero non nere, ma verdi, il sole rotondo, e non quadrato, lo zucchero dolce, e non amaro; ch’io determini il primo e il secondo tócco di un orologio come successivi, e non come simulta- nei, né il primo come causa, o come effetto del secondo, ecc.» (131)... Hegel avverte più avanti di aver considerato qui soltanto la que- stione della cosa in sé e dell’« àusserliche Re- flexion ». « L’essenziale insufficienza della posizione a cui si arresta quella filosofia sta nel fatto che essa si attiene all'astratta cosa in sé, come a un’ultima determinazione, e oppone alla cosa sostanza = con- « SCIENZA DELLA LOGICA » 141 in sé la riflessione, ossia la determinatezza e la molteplicità delle proprietà, mentre, in ef- fetti, la cosa in sé ha essenzialmente in sé stessa quella riflessione esteriore e si deter- mina come un che dotato di sue determina- zioni e proprietà, di modo che quell'astrazione della cosa, per cui essa è pura cosa in sé, si rivela come una determinazione non vera » (132) . Le « molte cose diverse sono in un rap- porto di essenziale interazione attraverso le loro proprietà; la proprietà è questa relazione reciproca, e la cosa è niente fuori di essa » (133) ... Die Dingheit trapassa nelPEigenschaft * (134) . Die Eigenschaft nella «materia» o « Stoff » («le cose constano di sostanze»), ecc. « Il fenomeno è [...] anzitutto l'essenza nella sua esistenza» (144)... «Il fenomeno è unità della parvenza e dell'esistenza » (145)... Unità nei fenomeni: « Quest'unità è la leg- ge del fenomeno. La legge è, quindi, il positivo nella mediazione dell'apparente » (148). | Qui, in generale, c'è molta oscurità. Ma c’è anche, evidentemente, un'idea viva: il con- cetto di legge è uno dei gradi della cono- scenza umana ddT unità e della connessione, della reciproca dipendenza e della totalità del processo universale. L'« alterazione » e il « di- storcimento » di termini e concetti, a cui Hegel qui si abbandona, sono un mezzo di lotta con- tro l’assolutizzazione del concetto di legge , contro la sua semplificazione, contro la sua feticizzazione. NB per la fisica moderna M! | « Questa permanente stabilità, che il feno- meno ha nella legge» (149)... * La forma di cosa ... proprietà (n.d.t.). tro il soggettivi- smo e la separa- zione di cosa in sé e fenomeno. la legge (dei fenomeni) NB La legge è lo stabile (il per- manente ) nel fenomeno 142 LENIN (La legge è l’identico nel fenomeno) NB Legge = quieto riflesso dei fenomeni NB « La legge è la riflessione del fenomeno neiridentità con sé » (149), (La legge è l’iden- tico nei fenomeni: « il rispecchiamento del fe- nomeno nella sua identità con sé stesso ». ) ...« Quest’identità, fondamento del fenome- no, che costituisce la legge, è il suo proprio momento [...]. La legge non sta quindi al di là del fenomeno, ma è in esso immediatamente presente ; il regno delle leggi è il quieto [corsivo di Hegel] riflesso del mondo esistente o feno- menico »... È questa una definizione stupendamen- te materialistica e notevolmente precisa ( l’aggettivo « ruhige * » ) . La legge pren- de ciò che è quieto: e quindi la legge, ogni legge, è ristretta, incompleta, ap- prossimativa. NB (La legge è il rispecchiamento dell’essenziale nel movimento dell’universo) « L’esistenza ritorna nella legge come nel suo fondamento; il fenomeno contiene in sé l’una e l’altra cosa, il semplice fondamento e il movimento dissolvente dell’universo fenome- nico, di cui il fondamento è l’essenzialità.» « La legge è, dunque, il fenomeno essenziale » (150). * Ergo, legge e essenza sono concetti omogenei (dello stesso ordine) o, più esattamente, dello stesso grado ed espri- mono l’approfondimento della conoscen- za dei fenomeni, del mondo, ecc. da par- te dell’uomo. Il movimento dell’universo nei fenomeni (Bewegung des erscheinenden Universums), nell’essenzialità di questo movimento è la legge. «quieto» (n.d.t.). « SCIENZA DELLA LOGICA » 143 « Il regno delle leggi è il quieto conte- nuto del fenomeno. Il fenomeno è lo stesso contenuto, però in quanto si presenta nell'in- quieto alternarsi e come riflessione in altro », «il fenomeno è quindi, di fronte alla legge, la totalità , poiché contiene in sé la leg- ge, e anche di piu , cioè il momento del- la forma automoventesi » (151). Ma più avanti, sebbene non chiara- mente, si ammette, sembra, p. 154, che la legge può supplire a questo Mangel *, afferrare anche il lato negativo, anche la* Totalitat der Erscheinung (in partico- lare 154 in fine). Rivedere! (Fenomeno = interezza, totalità ) ((legge = parte)) (Il fenomeno è piu ricco della legge) 11 mondo in sé e per sé è identico al mondo dei fenomeni, ma gli è in pari tempo opposto (158). Ciò che nel primo è positivo nel se- condo è negativo. Cfr. — dice qui Hegel - — la Fenomenologia dello spirito , pp. 121 sgg. 39 « Il mondo fenomenico e il mondo essen- ziale sono entrambi gli interi per sé stanti dell'esistenza; l’uno dovrebbe essere soltanto resistenza riflessa, l’altro l’esistenza immedia- ta, ma ognuno dei due si continua nel suo altro ed è quindi in sé stesso l’identità dei due momenti [...]. Entrambi i mondi sono anzitutto indipendenti, ma sono tali soltanto come to- talità e in quanto ognuno contiene in sé es- senzialmente il momento dell’altro » ( 159- 160 )... La sostanza è qui che tanto il mondo dei fenomeni quanto il mondo in sé sono momenti della conoscenza della natura da parte dell’uomo, gradi, modificazioni * mancanza, difetto (n.d.t,)* LENIN o approfondimenti (della conoscenza). Il trasferirsi del mondo in sé via via sem- pre più lontano dal mondo dei fenomeni: ecco di che cosa non si scorge ancora traccia in Hegel. NB. I « momenti » del concetto non hanno in Hegel il signifi- cato di « momenti » del trapasso? ... « Cost la legge è rapporto es- senziale » (corsivo di Hegel). La legge è rapporto . NB questo per i machisti e gli altri agnostici e per i kantiani, ecc. Rapporto di essenze o tra essenze. « Mondo designa, in generale, la totalità in- forme della molteplicità» (160)... E il terzo capitolo (Il rapporto essenziale) comincia con la tesi: « La verità del fenomeno è il rapporto essenziale» (161)... Suddivisione : Rapporto tra il tutto e la parte ; que- sto rapporto passa nel successivo (sic!!) (168): tra la forza e la sua manifestazione; tra V in- terno e Yesterno . Passaggio alla sostanza, alla realtà. ... « La verità del rapporto consiste quindi nella mediazione» (167)... « Passaggio » alla forza: « La forza è la unità negativa, nella quale si è risolta la con- traddizione tra il tutto e le parti, la verità di questo primo rapporto» (170). ((Questo è uno dei mille passi analoghi di Hegel, che fanno infuriare filosofi ingenui come Pearson, autore di The grammar of Science*. Egli cita un brano simile e va in bestia: guardate che guazzabugli s’insegnano nelle nostre scuole!! E in un certo senso, par- zialmente, ha ragione. È assurdo insegnar que- sto. Da esso bisogna prima ricavare la « SCIENZA DELLA LOGICA » 145 dialettica materialistica. Ma per nove decimi è scorza, pattume.)) La forza si pone « come appartenente [als angehòrigT alla cosa esistente o a una materia », ... « Se perciò si domanda in che modo la cosa o la materia giunga ad avere una forza, que- st’ultima le si presenta collegata estrinseca- mente e come impressa alla cosa da una poten- za estranea » ( 171 )....« I n ogni svilup- po naturale , scientifico e spi- rituale in genere si mostra ed è essenzialmente da riconoscere che il primo, in quanto qualcosa è soltanto interiormente , o anche soltanto nel suo concetto, appunto perciò è solo la sua esistenza immediata, passiva » (181)... Il principio # di ogni cosa può essere riguardato come un interiore — un passivo — e in pari tempo come un esteriore. Ma qui Pinteressante non è questo, è qualcos’altro: ossia il criterio della dialettica sfuggito a Hegel inavvertita- mente: «in ogni sviluppo na- turale, scientifico e spiri- tuale »: ecco un . granello di profonda verità nella scorza mistica delPhegelismo! # Esempio: il germe delPuomo è soltanto un uomo interiore, un dem Anderssein Preis- gegebenes *, un che di passivo. All’inizio Gott non è ancora spirito. « Immediatamente Dio è quindi soltanto la na- tura» ( 182). (Anche questo è caratteristico!!) Feuerbach « knùpft an » daran **. Via Gott, rimane la Natur . * un che di abbandonato all’esser altro {n.d.t.). ** «si riattacca» qui 41 (a.d.L). 10-639 Sezione terza : La realtà (I!) di solito: da un estremo all’altro totalità = (una sorta di) inte- grità dispersa ... « La realtà è l’unità dell’essenza e del- l’esistenza » (184)... Suddivisione: 1) «L’assoluto», 2) la realtà vera e propria. « Realtà , possibilità e necessità costituiscono i momenti formali del- l’assoluto », 3) «Il rapporto assoluto»: la sostanza. « In lui stesso » (in dem Absoluten) « man- ca ogni divenire» (187) — e altre assurdità sull’assoluto... l’assoluto è l’assolutamente assoluto l’attributo è l’assoluto relativo Nella Nota Hegel parla (in modo troppo generico e nebuloso) dei difetti della filosofia di Spinoza e di Leibniz. E, tra l’altro, da rilevare: « All’unilateralità di un principio filosofico si è soliti contrapporre l’unilateralità opposta, e, come in tutto, si ha qui la totalità, per lo meno come un 'integrità dispersa» (197). La realtà sta al di sopra dell’onere e della esistenza . ( 1 ) L’essere imme- diatamente (2) L’esistenza (che passa nel feno- meno) (3) La realtà « L'essere non è ancora reale.» È un passare in altro. Sorge dal fondamento, dalle condizioni, ma non è ancora l’unità « della riflessione e dell’imme- dia tezza ». Unità di esistenza e di essere-in-sé ( Ansich- sein) « SCIENZA DELLA LOGICA » 147 ... « La realtà sta ancora al di sopra dell’esi- stenza » (200)... ... « La necessità reale è [...] una relazione piena di contenuto »; « in pari tempo però que- sta necessità è relativa » (211)... « La necessità assoluta è, quindi, la verità, nella quale rientrano la realtà e la possibilità in generale, nonché la necessità formale e la necessità reale» (215). ( Continuazione ) 42 (Fine del II libro della Logica , della dot- trina dell’essenza...) È da rilevare che nella piccola Logica (En- ciclopedia) le stesse cose vengono esposte mol- to spesso in modo più chiaro, con esempi con- creti. Cfr. idem Engels e Kuno Fischer 43 . A proposito della « possibilità » Hegel sot- tolinea la vuotezza di questa categoria e nella Enciclopedia dice: « Se questo sia possibile o impossibile di- pende dal contenuto, ossia dalla totalità dei momenti della realtà, che, nel suo dispiegarsi, si rivela come necessità » ( Enciclopedia , v. VI *, p. 287, § 143, aggiunta). «La totalità, 1* insieme dei momenti della realtà, che nel suo dispiegarsi si rivela come ne- cessità.» Il dispiegarsi di .tutto l’insieme dei mo- menti della realtà (NB) = l’essenza del- la conoscenza dialettica. Si vedano, nella stessa Enciclopedia, v. VI, p. 289, le eloquenti parole sulla vanità della semplice ammirazione per la ricchezza e l’awi- * Dei Werke di Hegel, Berlin, 1840 (nJ.tX 10 ( 148 LENIN cenciarsi dei fenomeni di natura e sulla ne- cessità « di progredire verso una comprensione più rigorosa deirarmonia interna e delle leg- gi della natura» (289)... (A p - prossima! ione al materialismo.) Enciclopedia , ibidem, p. 292: «La realtà sviluppata, come alternarsi di interno ed ester- no coincidente nell’uno, come alternarsi dei suoi movimenti opposti, che si sono riuniti in un movimento unico, è la necessità ». Enciclopedia , v. VI, p. 294: « La necessità è cieca solo in quanto non sia concepita »... Ibidem, p. 295: «accade a lui» (dem Menschen ) « che dal suo agire scaturisca un che di completamente diverso da come egli ha pensato e voluto »... Ibidem, p. 301: « La sostanza è uno sta- d i o essenziale nel processo di svi- luppo dell'idea »... Leggi: uno stadio essenziale nel pro- cesso di sviluppo della conoscenza umana della natura e della materia . Lo gì k , v. IV. ...«Essa [die Substanz] è l’essere in ogni essere» (220)... Il rapporto di sostanzialità trapassa nel rap- porto di causalità (223). ...«La sostanza ha [...] realtà solo come causa» (225)... Da un lato, bisogna approfondire la conoscenza della materia sino alla cono- scenza (sino al concetto) della sostanza per rintracciare le cause dei fenomeni. Dall’altro lato, la conoscenza reale della causa è un approfondimento della cono- scenza che dall’esteriorità dei fenomeni « SCIENZA DELLA LOGICA » 149 va verso la sostanza. Due generi di esem- pi dovrebbero chiarire questo punto: 1) gli esempi tolti dalla storia delle scienze naturali e 2) gli esempi tolti dalla storia della filosofia. Piu esattamente: non si deve trattare di « esempi » — compa- raison n’est pas raison — ma della quin- tessenza dell’una e deiraltra storia + storia della tecnica. « L’effetto non contiene [...] in generale niente che la causa già non contenga » (226)... und umgekehrt *... Ergo, causa ed effetto sono solo mo- menti deirinterdipendenza universale, del- la connessione (universale), della reci- proca concatenazione degli eventi, sono solo anelli nella catena dello sviluppo della materia. NB: « È la stessa cosa, che si presenta una volta come causa, l'altra come effetto, là come pe- culiare sussistenza, qua come esser posto o come determinazione in un altro» (227). Onnilateralità e carattere onnicom- prensivo della connessione universale, espressa, solo in modo unilaterale, NB frammentario e incompleto, dalla cau- salità. NB « Qui si può ancora rilevare che, in quanto si ammetta il rapporto di causa ed effetto, seb- bene in senso improprio, leffetto non può esse- * c viceversa (n.d.t.). 150 LENIN nella storia « piccole cause di grandi eventi » re piu grande della causa; perché Teffetto non è altro che la manifestazione di quella ». E più avanti sulla storia. In essa si è soliti addurre aneddoti come « piccole » cause di grandi eventi: che nel fatto sono soltanto oc- casioni, soltanto aussere Erregung *, « di cui lo spirito intrinseco dell’evento non avrebbe avuto necessità » (230). « Quegli arabeschi storici, in cui da un esile stelo si vede plasmarsi una gran figura, sono quindi una trattazione ingegnosa, ma sommamente superficiale » ( ibidem ) . Questo « spirito intrinseco » — cfr. Ple- chanov 44 — è un richiamo idealistico, mistico, ma molto profondo alle cause storiche degli eventi. Hegel riconduce a pieno la storia sotto la causalità e intende la causalità in maniera mille volte più profonda e più ricca di una folla di « scienziati » odierni. « Cosi, una pietra che si muove è causa; il suo moto è una determinazione che essa pos- siede, ma oltre la quale ne contiene però anche molte altre di colore, forma, ecc., che non rien- trano nella sua causalità » (232). La causalità, come viene per solito in- tesa da noi, è soltanto una particella della connessione universale; però (aggiunta materialistica) una particella non della connessione soggettiva, ma di quella og- gettivamente reale. « Ma, attraverso il movimento di un determinato rapporto di causalità , si è ora esteriore sollecitazione ( n.d.t .). « SCIENZA DELLA LOGICA » 151 ottenuto che non solo la causa si estingue nel- l’effetto, e con ciò, come nella causalità for- male, si estingue anche l’effetto, ma che la causa nel suo estinguersi, nell’effetto, diviene di nuovo, e che l’effetto, svanendo nella causa, in pari modo di nuovo diviene in essa. Ognuna di queste determinazioni si toglie nel suo porsi e si pone nel suo togliersi; non si ha un tra- passo estrinseco della causalità da un sostrato all’altro, ma questo suo divenire altro è al tempo stesso il suo proprio porre. La causa- lità, quindi, presuppone o condiziona sé stes- sa » (235). « Movimento del rapporto di causalità » = nel fatto: movimento della materia, respective movimento della storia, che vie- ne còlto e fatto proprio nella sua con- nessione intrinseca sino a questo o a quel grado di estensione o profondità... « L’interazione si presenta, anzitutto, come una mutua causalità di sostanze presupposte e condizionantisi; ciascuna è, dinanzi all’altra, una sostanza insieme attiva e passiva » (240). « Nell’interazione l’originaria causalità si presenta come un nascere dalla sua negazione, dalla passività, e come un perire in essa, come un divenire »... « Necessità e causalità sono dunque scom- parse; esse contengono inusé l’una e l’altra cosa, l’identità immediata, come connessione e rapporto, e l’assoluta sostanzia- lità dei distinti , quindi la loro asso- luta accidentalità; contengono l’unità originaria di una diversità sostanziale, dunque l’assoluta contraddizione. La necessità è l’essere, perché è; l’unità dell’essere con sé stesso, che ha per sé fondamento ; però, viceversa, in quanto ha un fondamento, non è essere, ma è soltanto par- « connessione e rapporto » « unità della sostanza nella diversità » 152 LENIN rapporto, mediazione la necessità non svanisce, diventa libertà venza, rapporto o mediazione. La causalità è questo posto trapassare dell’essere originario, della causa, in parvenza o semplice esser posto e, viceversa, dell’esser posto in originarietà; ma Tidentità stessa dell’essere e della parvenza è ancora l’interna necessità. Questa interiorità o questo essere in sé toglie il movimento della causalità; si smarrisce cosi la sostanzialità dei lati che sono in rapporto, e si rivela la neces- sità. Quest’ultima diventa libertà non perché svanisca, ma solo perché la sua identità ancora interna si manifesta» (241-242)... Quando leggi Hegel sulla causalità, sem- bra, a tutta prima, strano che egli abbia indugiato relativamente cosi poco sul tema preferito dei kantiani. Perché? Perché per lui la causalità è soltanto una delle deter- minazioni della connessione universale, che egli aveva afferrato già prima in modo assai piu profondo e onnilaterale, in tutta la sua esposizione, sottolineando sempre e sin dall’inizio questa connessione, i tra- passi reciproci, ecc., ecc. Sarebbe molto istruttivo raffrontare le « doglie » del neoempirismo ( respective dell'* idealismo fisico ») e le soluzioni o, meglio, il meto- do dialettico di Hegel. È inoltre da rilevare che nelYEnciclopedia Hegel sottolinea l’insufficienza e la vacuità del nudo concetto di « interazione ». Volume VI, p. 308: « L’interazione è, senza dubbio, la verità piu prossima del rapporto di causa ed effetto e sta, per cosi dire, sulla soglia del concetto, ma tuttavia, proprio per questo, non ci si può ac- contentare dell’applicazione di tale rapporto, quando si tratti della conoscenza concettuale. « SCIENZA DELLA LOGICA » 153 Se ci si ferma a riguardare un dato contenuto dal lato dell'interazione, questo è in realtà un atteggiamento assolutamente privo di concetto; si ha allora a che fare semplicemente con un arido fatto, e l'esigenza della mediazione, di cui anzitutto si tratta nell'applicazione del rapporto di causalità, rimane di nuovo inappagata. L'in- sufficienza nell'applicazione del rapporto di inte- razione, secondo una considerazione più attenta, consiste in questo, che tale rapporto, invece di poter valere come un equivalente del concetto, vuole essere esso stesso concepito, e questo avviene in quanto entrambi i lati del rapporto non siano lasciati come un dato immediato, ma, come si è mostrato nei due §§ precedenti, siano riconosciuti quali momenti di un terzo, piu elevato, che è appunto il concetto. Se conside- riamo, per esempio, i costumi del popolo spar- tano come effetto della sua costituzione e, vice- versa, questa come effetto di quelli, una tale considerazione sarà senz'altro corretta, ma tut- tavia questa concezione non ci darà alcuna soddisfazione conclusiva , poiché con essa non vengono compresi in effetti né la costituzione né i co- stumi di quel popolo, il che avviene invece solo quando i due lati del rapporto, e insieme tutti gli altri Iati particolari che si manifestano nella vita e nella storia del popolo spartano, vengano riconosciuti come fondati in questo concetto » (308-309). Alla fine del II libro della Logica , v. IV, p. 243, nel passaggio al « concetto » viene data la definizione: « il concetto, il regno della sog- gettività e della libertà »... NB Libertà = soggettività ( « ovvero » ) fine, coscienza, aspirazione NB solo « intera- zione » = vuoto esigenza della mediazione (della connessio- ne): ecco di che si tratta nella applicazione del rapporto di causalità NB tutti i « lati particolari » e l'intero (« Begriff ») Werke , v. V, Berlin , 1834 Parte seconda : La logica soggettiva o la dot- trina del concetto Libro terzo: Il concetto Del concetto in generale Per le prime due parti non avevo Vorar- beiten, ma qui si ha, invece, « verknòchertes Material », che bisogna « in Flussigkeit brin- gen » * ( 3 ) . « Essere ed essenza sono pertanto i mo- menti del suo [= des Begriffs] divenire » (5). Rovesciare: i concetti sono il prodotto più alto del cervello, che è il prodotto più alto della materia. « La logica oggettiva, che considera Vessere e V essenza, costituisce quindi propriamente la esposizione genetica del concetto» (6). 9-10; grande importanza della filosofia di Spinoza, come filosofia della sostanza (questo punto di vista è molto elevato, ma incompleto, non è il più alto: in generale, confutare un si- stema filosofico non significa respingerlo, ma svilupparlo ulteriormente, non sostituirlo con uno diverso, unilaterale, opposto, ma includerlo in qualcosa di più alto). Nel sistema di Spinoza manca il soggetto libero, autonomo, cosciente ( manca « la libertà e V indipendenza del sog- getto autocosciente »), ma anche in Spinoza un attributo della sostanza è il pensare (10 in fine). « materiale fossilizzato » ... « rendere fluido » ( n.d.t .). « SCIENZA DELLA LOGICA » 155 13 in fine: di passata: come per un certo tempo è stato di moda in filosofia « das Schli lu- me nachzusagen » der Einbildungskraft und dem Gedachtnisse *, cosi adesso è di moda svi- lire il significato del « concetto » ( = « das Hòchste des Denkens») ed esaltare «das Unbe - greifliche » ** Allusione a Kant? Passando alla critica del kantismo , He- gel considera suo grande merito (15) l'aver formulato l'idea della « unità trascendentale del- l'appercezione » (unità della coscienza in cui si forma il Begriff ) , ma rimprovera a Kant l ' u n i- laterali tà e il soggettivismo: ... « quale esso [der Gegenstand] è nel pen- sare, tale è dapprima in sé e per sé; come è neH’intuizione o nella rappresentazione, l'og- getto è fenomeno » (16)... (Hegel eleva l'idea- lismo di Kant da idealismo soggettivo a idea- lismo oggettivo e assoluto.) Kant riconosce l’oggettività dei concetti (la Wahrheit è il loro oggetto ) , ma-li lascia tuttavia come soggettivi. All’intelletto (Verstand) egli fa precedere Gefuhl und Anschauung. Hegel dice in proposito: « Ora, per quanto concerne anzitutto il rap- porto dell’intelletto, o concetto, con gli stadi che gli sono presupposti, tutto dipende dalla scienza a cui ci si richiama per determinare la forma di quegli stadi. Nella nostra scienza, come logica pura, questi stadi sono Yessere e Yessenza. Nella psicologia si presuppongono airintelletto il sentimento e Yintuizione , e poi la rappresen- tazione in generale. Nella fenomenologia dello spirito, come dottrina della coscienza, si sale al- l'intelletto attraverso gli stadi della coscienza sensibile e poi della percezione » (17). In Kant dall'intuizione alla conoscenza della realtà oggettiva... * «dire ogni male» delTimmaginazione c della memoria (n.d.t.). ** (= « 3 culmine del pensiero»)... « V incomprensibile » {n.d.t.). 156 LENIN « Vigilia » della trasformazione dell'idealismo oggettivo in materialismo tutto questo è esposto « in modo » molto « in- completo ». Viene poi V essenziale: ... « qui » « non è da considerare il concetto, come atto dell’intelletto autocosciente, né come intelletto soggettivo, ma il concetto in sé e per sé, che costituisce uno stadio tanto della natura quanto dello spi- rito. La vita , ossia la natura organica , è questo stadio della natura in cui emerge il con- cetto» (18). Segue poi un brano molto interessante (pp. 19-27 ) , nel quale Hegel confuta Kant sul pia- no appunto della gnoseologia (Engels pensava, forse, proprio a questo brano quando scriveva, nel Ludwig Feuerbach 45 , che Yessenziale contro Kant era stato già detto da Hegel, nella misura in cui ciò era possibile dal punto di vista idealistico), denunciando la dop- piezza, l’incoerenza di Kant, la sua, per cosi dire, oscillazione tra empirismo ( = materialismo ) e idealismo; ma Hegel svolge tale argomentazione interamente ed esclusivamente sotto il profilo di un idealismo piu conse- guente. Il Begriff non è il concetto più alto: più in alto sta Videa = unità di Begriff e realtà. « ” È soltanto un concetto ”, si dice per solito, contrapponendo al concetto non solo l'idea, ma anche l'esistenza sensibile, tangibile, spaziale e temporale, come un che di più valido del concetto stesso. L’astratto viene allora con- siderato come meno significativo del concreto, appunto perché da esso è stata omessa tanta parte della materia indicata. L’astrarre assume. « SCIENZA DELLA LOGICA » 157 secondo quest’opinione, il significato che dal concreto si cavi fuori, solo per il nostro uso soggettivo, questo o quel tratto, di modo che, con l’omissione di tante altre proprietà e qua- lità dell’oggetto, questi tratti non perdano niente del loro valore e merito, ma rimangano anzi sempre come un che di pienamente valido, come il reale, benché si trovi dall’altra parte; e sa- rebbe solo l’ impotenza dell’intelletto a impe- dirgli di accogliere in sé questa ricchezza e a costringerlo ad accontentarsi della misera astra- zione. Se ora la materia data deH’intuizione e il molteplice della rappresentazione si prendono come il reale, in opposizione al pensato e al concetto, questo è un modo di vedere il cui rifiuto non è solo condizione del filosofare, ma è già presupposto dalla religione; e come può esserci bisogno della religione e come può essa avere un significato, se viene ancora presa per verità la fugace e superficiale apparenza del sen- sibile e del singolo? f...l II pensiero astraente non è quindi da riguardare come un semplice metter da parte la materia sensibile, che non patirebbe per questo alcun danno nella sua realtà, ma è piuttosto il togliere quella materia e il ridurla come semplice fenomeno all’essen- ziale, che si manifesta soltanto nel concetto » ( 19 - 21 ). Kant menoma la forza deirintelletto’ l'idealista piu conseguente si aggrappa a Dio ! Nella sostanza Hegel ha pienamente ra- gione contro Kant. Il pensiero, salendo dal concreto airastratto, non si allontana — quando sia corretto (NB) (e Kant, come tutti i filosofi, parla del pensiero cor- retto) — dalla verità, ma si avvicina a essa. L’astrazione della materia , della legge di natura, l’astrazione del valore, ecc., in breve, tutte le astrazioni scienti- fiche (corrette, serie, non assurde) ri- specchiano la natura in modo piu pro- fondo, fedele e compiuto. Dalla vi- 158 LENIN vente intuizione al pensiero astratto e da questo alla prassi: ecco il cammino dia- lettico della conoscenza della verità, della conoscenza della realtà oggettiva. Kant svi- lisce il sapere, per far posto alla fede: Hegel innalza il sapere, assicurando che esso è conoscenza di Dio. Il materialista innalza la conoscenza della materia, della natura, gettando nel letamaio Dio e tutta la canaglia filosofica che lo difende. « Un fondamentale malinteso che domina qui è Popinione che il principio naturale, o il cominciamento da cui si prende l’avvio nello sviluppo naturale o nella storia della forma- zione dell’individuo, sia il vero e il primo anche nel concetto» (21). (È vero che gli uomini cominciano da quésto, però la verità non sta all’inizio, ma alla fine, o, piu esattamente, nella continuazione. La verità non è l’impressione iniziale...) «La filosofia non deve essere una narrazione di ciò che accade, ma ima conoscenza di ciò che in quello è vero » (21). In Kant si ha un « idealismo psicologico »: le categorie sono in lui « soltanto determinazioni derivanti dalla coscienza di sé >> (22). Salendo dall’intelletto (Verstand) alla ragione (Ver- nunft), Kant svilisce il significato del pensiero, a cui nega la capacità di « giungere alla com- piuta verità ». « È considerato [da Kant] un abuso che la logica, la quale dovrebbe essere semplicemente un canone del giudizio , sia riguardata come un organo per la produzione di vedute oggettive. I concetti della ragione, nei quali sarebbe da sup- porre una forza piu alta [è una frase ideali- stica!] e un contenuto più profondo [vero!!], non hanno in sé più niente di costitutivo [Kon- stitutives; bisognerebbe dire: Objektives], come ancora le categorie; sono semplici idee; in effet- « SCIENZA DELLA LOGICA » 159 ti, è del tutto lecito usarle, ma con queste es- senze intelligibili, nelle quali dovrebbe rivelarsi rintera verità, non .si può pensare niente tranne le ipotesi , a cui sarebbe pieno arbitrio e temerità attribuire una verità in sé e per sé, in quanto esse non possono comparire in nessuna espe- rienza. Si sarebbe mai potuto credere che la filosofia avrebbe negato verità alle essenze intel- ligibili perché esse mancano della materia spa- ziale e temporale della sensibilità? » (23). Anche qui Hegel ha ragione nella so- stanza: il valore è una categoria che des Stoffes der Sinnlichkeit entbehrt *, ma essa è più vera che non la legge della domanda e delPofferta. Solo che Hegel è un idealista: di qui l’assurdo: « Konstitutives », ecc. Da una parte, Kant riconosce con assoluta chiarezza 1' «oggettività» del pensare («des Denkens ») («identità del concetto e della cosa»), ma, NB Hegel è per la conoscibilità delle cose in sé cetto è soltanto apparenza; e precisamente, di nuovo, per il motivo che il contenuto è soltanto il molteplice dell’intuizione. Si è già accennato, in proposito, che questa molteplicità, in quanto appartiene all'intuizione in opposizione al con- cetto, viene tolta nel concetto stesso, e che, per mezzo di quest’ultimo, l’oggetto è ricondotto « dall altra parte, si ritorna ad affermare che non possiamo tuttavia conoscere le cose, quali sono in sé e per sé, e che la verità è inaccessibile alla ragione conoscitiva; che la ve- rità consistente nell’unità dell’oggetto e del con- * manca della materia della sensibilità (n.d.t.). 160 LENIN il fenomeno è manifestazione deH*essenza NB NB !! ah-ah! alla sua non accidentale essenzialità; questa es- senzialità entra nel fenomeno, e quindi il feno- meno non è semplicemente un che privo di es- senza, ma è manifestazione dell’essenza » (24- 25). « Sarà sempre riguardato con meraviglia che la filosofia kantiana, mentre ha riconosciuto il rapporto del pensiero all’essere sensibile, a cui è rimasta ferma, come un rapporto relativo del semplice fenomeno, e pur avendo riconosciuto e affermato una superiore unità dei due nell’idea in generale e, per esempio, nell’idea di un intel- letto intuitivo, sia rimasta tuttavia ferma a quel rapporto relativo e all’affermazione che a con- cetto è e rimane assolutamente separato dalla realtà, e abbia quindi riconosciuto come verità ciò che essa stessa aveva considerato una cono- scenza finita e abbia dichiarato trascendente, illecito e solo ente di pensiero ciò che aveva riconosciuto come verità e di cui aveva prodotto il concetto determinato. » Nella logica Videa diventa « la creatrice del- la natura» (26). La logica è « scienza formale » di contro alle scienze concrete (della natura e dello spi- rito), ma il suo oggetto è «la verità pura» ( 21 )... Kant, domandandosi che cosa sia la verità ( Critica della ragion pura , p. 83) e dando una risposta triviale (« accordo del conoscere con il suo oggetto »), confuta sé stesso, poiché « l’af- fermazione fondamentale dell’idealismo trascen- dentale » è che — « la conoscenza razionale non sia capace di afferrare le cose in sé » ( 27 ) , — ma è chiaro che tutte queste sono « rap- presentazioni non vere » ( 28 ) . Polemizzando con la concezione puramente formale della logica (che in Kant esisterebbe), dicendo che nella concezione abituale (la verità è accordo, « Uebereinstimmung », della cono- « SCIENZA DELLA LOGICA » 161 scenza con l’oggetto) per raccordo «occorrono essenzialmente due termini» (29), Hegel af- ferma che il formale logico è la « verità pura » e che « questo formale deve quindi esser pensato come molto piu ricco, in sé, di determinazioni e di contenuto, nonché dotato di un’efficacia infi- nitamente maggiore sul concreto di quanto per solito si creda» (29),., « Anche se le forme logiche dovessero ap- parire soltanto come funzioni formali del pen- siero, già solo per questo esse meriterebbero si indagasse in quale misura corrispondano per sé alla verità. Una logica, che non si interessi di ciò, può tutt’al piu ambire al valore di una descrizione storico-naturale dei fenomeni del pensiero , cosi come si trovano» (30-31). (Sa- rebbe questo il merito immortale di Aristotele), ma « bisogna andare piu oltre » (31 )... ? ? Quindi non solo la descrizione delle forme del pensiero, e non soltanto la descrizione storico-naturale dei fenomeni del pensiero ( in che cosa essa si distingue dalla descrizione del- le forme?? ) , ma anche la corrispon- denza alla verità, cioè?? la quin- tessenza, o, piu semplicemente, i risultati, il compendio della storia del pensiero?? C’è qui, in Hegel, oscurità e reticenza idealistica. Misticismo. Non la psicologia, non la feno- menologia dello spirito, ma la logica = questione della verità. Cfr. Enciclopedia, v. VI, p. 319: « In realtà, esse [die logischen Formen] sono, per contro, in quanto forme del concetto, lo spirito vivente del reale »... In questa con- cezione la lo- gica coincide con la teo- ria della conoscen- za. È questo, in generale, un problema molto impor- tante Le leggi generali del movimento del mondo e del pensiero 162 LENIN Il Begriff, sviluppandosi in « adàquater Be- griff », diviene idea (33). «Il concetto nella sua oggettività è la cosa stessa in sé e per sé» (33). = oggettivismo + misticismo e tradi- mento dello sviluppo. Sezione prima: La soggettività Movimento dialettico del « concetto »: dal concetto puramente « formale » all'inizio — al giudizio (Urteil) poi — al sillogismo (Schluss) — alla trasformazione, infine, della soggettività del concetto nella sua oggettività (34-3 5). Il primo tratto distintivo del concetto è Y universalità (Allgemeinheit). NB: il concetto è scaturito dal Y essenza, che è scaturita dal- Yessere. L'ulteriore sviluppo dell 'universale, del par- ticolare (Besonderes) e dell' individuale (Einzel- nes) è sommamente astratto e «abstrus». Kuno Fischer espone assai male questi ragionamenti « astrusi », prendendo il piu semplice, — esempi daSY Enciclopedia, — aggiungendo trivialità (contro la rivolu- zione francese. Kuno Fischer, v. 8, 1901, p. 530), ecc., ma non indicando al lettore come trovare la chiave dei difficili pas- saggi, delle sfumature, del confluire e ri- fluire degli astratti concetti hegeliani. Evidentemente, anche qui per Hegel l’essenziale è di indicare i trapassi. Sotto un certo profilo, in date condizioni, l’universale è individuale, e Pindividuale è universale. Non soltanto (1) la con- En lisant... These parts of thè work should be called: a best means for getting a headache! * O è questo, invece, un tributo alla vecchia logica formale? Sì, è * Queste parti dell'opera dovrebbero esser dette: il mezzo migliore per procurarsi un mal di testa! ( rt.d.t .) 11 * 164 LENIN un tributo, e un tributo al misticismo = idealismo Voilà la ricchezza di « determinazio- ni » e dì Begriff s- bestimmungen di questa parte della Logicai flessione , e Pinscindibile connessione, di tutti i concetti e giudizi, ma anche (2) i trapassi dell'uno nell'altro, e non solo i trapassi, ma anche (3) V identità degli op- posti: ecco dov'è per Hegel l'essenziale. Ma questo « balugina » soltanto attraverso la n e b b i a di un'esposizione arci-astrusa. La storia del pensiero dal punto di vista dello sviluppo e dell'applicazione dei con- cetti generali e delle categorie della logi- ca: voilà ce qu'il faut! vero! «Tutte le cose sono il sillo- gismo* NB Dopo aver riportato a p. 125 il « fa- moso » sillogismo: « Tutti gli uomini sono mor- tali, Caio è un uomo, dunque è mortale », Hegel aggiunge argutamente: « Si è subito avvinti dalla noia, quando si sente enunciare un simile sillogismo »; la noia verrebbe dalla « forma inu- tile». Segue poi un'osservazione profonda: « Tutte le cose sono il sillogismo , un uni- versale che mediante la particolarità viene con- nesso con l'individualità; certo, non sono però un intero composto di tre proposizioni » (126). Molto bene! Le « figure » logiche più abituali ( tutto questo nel § sulla « prima figura del sillogismo») sono le relazioni più abituali delle cose, scolasticamente, sit venia verbo, diluite. L'analisi dei sillogismi in Hegel (E-B- A, Eins — Besonderes — Allgemeines; B-E-A, ecc.) ricorda Pimitazione di Hegel da parte di Marx nel I capitolo 4A . Su Kant. Tra l'altro: « Le kantiane antinomie della ragione con- sistono unicamente nel fatto che di un concetto 166 LENIN la conoscenza della sem- pre piu profonda con- nessione oggettiva del mondo da parte del- l’uomo. È da ricercare qui il senso genuino, il significato e la funzione della logica hegeliana. NB questo. Sul proble- ma della Critica del kantismo contempo- raneo, del machismo, ecc. Due aforismi: 1. Plechanov critica il kantismo (e l’agnosticismo in generale) più dal punto di vista materialistico volgare che non da quello materialistico dialettico, poiché respinge i loro ragionamenti solo a limi- ne, e non li emenda (come Hegel ha emen- dato Kant), approfondendoli, generaliz- zandoli, estendendoli, mostrando h con- nessione ei trapassi di tutti e di ogni singolo concetto. 2. I marxisti hanno criticato (all’ini- zio del secolo XX) i kantiani e gli humia- ni più alla maniera di Feuerbach (e di Bùchner) che non alla maniera di Hegel. ... « Un’esperienza fondata sull’induzione viene accolta come valida, benché si conceda che la percezione non è compiuta ; che però non si possa rinvenire alcuna istanza contro quell’esperienza, ciò può ammettersi solo in quanto questa sia vera in sé e per sé » (154). « SCIENZA DELLA LOGICA » 167 Questo brano è nel §: II sillogismo dell' induzione. La verità più semplice, ottenuta per la via più semplice, per via induttiva, è sempre incompiuta, in quanto l'esperienza non è mai conclusa. Ergo: connessione deirinduzione con la analogia, con la congettura (previsione scientifica), relatività di ogni sapere e contenuto assoluto in ogni passo in avanti della conoscenza. Aforisma. Non si può comprendere a pieno II capitale di Marx, e in particolare il suo primo capitolo, se non si è studiata attentamente e capita tutta la logica di Hegel. Di conseguenza, dopo mezzo se- colo, nessun marxista ha capito Marx!! Passaggio dal sillogismo per ana- logia (di analogia) al sillogismo di ne- cessità, dal sillogismo induttivo al sillo- gismo analogico, dal sillogismo da uni- versale a particolare [al] 47 sillogismo da particolare a universale, esposizione della connessione e dei trapassi | connessione è anche trapasso [: ecco il compito di Hegel. Hegel ha dimostrato effettiva- mente che le forme e le leggi logiche non sono un guscio vuoto, ma il rispecchia- mento del mondo oggettivo. O, meglio. aforisma non ha dimostrato, ma genialmente in- tutto. Hegel osserva nell'Enciclopedia che la divi- sione in intelletto e ragione, in concetti del- l’una o dell’altra specie, deve essere intesa nel senso 168 LENIN concetti astratti e concreti libertà e necessità NB NB « che il nostro agire o si arresta soltanto alla forma negativa e astratta del concetto o invece lo concepisce, secondo la sua vera na- tura, come insieme positivo e concreto. Tale è, per esempio, il semplice concetto intellettivo della libertà, quando quest’ultima sia conside- derata come l’opposto astratto della necessità, mentre il concetto vero e razionale della li- bertà contiene in sé come tolta la necessità » (pp. 347-348, v. VI). Ibidem , p. 349: Aristotele ha descritto con tale completezza le forme logiche che « in so- stanza » non c’è stato niente da aggiungere. Per solito le « figure del sillogismo » ven- gono trattate come vuoto formalismo. « Esse » (queste figure) « hanno peraltro un significato molto profondo, poggiante sulla necessità che ogni momento, come determinazione del con- cetto, diventi esso stesso Finterò e il motivo mediatore » (352, v. VI). Enciclopedia (v. VI, pp. 353-354): « Il senso og ge ttivo delle figure del sillo- gismo consiste, in generale, nel fatto due ogni razionale si mostra come un triplice sillogismo e in modo tale che ognuno dei suoi termini assume la posizione sia di un estremo die del medio mediatore. È appunto questo il caso dei tre termini della scienza filosofica, doè dell’idea logica, della natura e dello spirito. Qui è dapprima la natura il termine medio, che conchiude. La natura, questa totalità im- mediata, si svolge nei due estremi dell’idea logica e dello spirito ». + « La natura, questa totalità immedia- ta, si svolge nell’idea logica e nello spiri- to.» La logica è la dottrina della cono- scenza. La teoria della conoscenza. La conoscenza è il rispecchiamento della na- tura da parte dell’uomo. Ma questo non « SCIENZA DELLA LOGICA » 169 è un rispecchiamento semplice, immedia- to, totale, è invece il processo di una serie di astrazioni, il processo della formu- lazione, della formazione dei concetti, del- le leggi, ecc., i quali concetti, leggi, ecc. ( pensiero, scienza = « idea logica » ) ab- bracciano anche in modo condizionato e approssimativo le leggi universali della natura che è in eterno movimento e svi- luppo. Qui si danno realmente, oggetti- vamente, tre termini: 1) la natura; 2 ) la conoscenza umana = cervello dell’uomo (come prodotto più alto della stessa natura); 3) la forma di rispecchia- mento della natura nella conoscenza del- l’uomo, questa forma sono anche i con- cetti, le leggi, le categorie, ecc. L'uomo non può afferrare = rispecchiare = ri- flettere la natura intera , completamente, nella sua « totalità immediata », ma può solo avvicinarsi eternamente a questo, creando astrazioni, concetti, leggi, un’im- magine scientifica del mondo, ecc., ecc. NB « solo » che~^ Hegel diviniz- za quest’* idea logica », le leggi, l'uni- V^versalità -1- «c Ma lo spirito è spirito solo in quanto è mediato dalla natura.» « È lo spirito a co- noscere nella natura l’idea logica e ad elevare quindi la natura alla sua essenza »... L’idea logica è « la sostanza assoluta dello spirito come della natura, l’universale, che tutto pe- netra » (353-354). A proposito dell’analogia un’osservazione precisa: « L’ istinto della ragione fa sentire che questa o quella determinazione, rinvenuta em- piricamente, ha il suo fondamento nell’ inti- ma natura onel genere di un oggetto e che esso si fonda su questa determinazione » (357) (v. VI, p. 359). 170 LENIN E a p. 358: l’insignificante giuoco con contro le vuote analogie avrebbe suscitato il le- sé stesso! gittimo disprezzo per la filosofia della natura. Nella logica abituale si separa formalistica- mente il pensiero \ dall’oggettività: « Il pensiero vale qui come un’attività pu- ramente soggettiva e formale, e l’oggettivo, di contro al pensiero, come un che di stabile e di esistente per sé. Però questo dualismo non è il vero, ed è un procedimento insensato pren- dere le determinazioni della soggettività e del- Poggettività così semplicemente e non porsi la questione della loro origine» (359-360)... In effetti, la soggettività è soltanto uno stadio di sviluppo dall’essere e dall’essenza, e, poi, que- sta soggettività, « in quanto dialettica, spezza il suo limite» e, «attraverso il sillogismo, si apre alPoggettività » ( 360 ) . Molto profondo e intelligente! Le leg- gi della logica sono il rispecchiamento dell’oggettivo nella coscienza soggettiva dell’uomo. v. VI, p. 360: Il « concetto realizzato » è l’oggetto. Questo passaggio dal soggetto, dal concetto all’oggetto parrebbe « strano », ma per oggetto bisogna intendere non soltanto un essere, bensì un che « di indipendente, concreto e compiuto in sé » (361 )... « Il mondo è l’esser altro dell’idea,» « SCIENZA DELLA LOGICA » 171 Soggettività (o concetto) e oggetto sono lo stesso e non lo sono (362)... Sciocchezze sulla prova ontologica, su Dio! ... « è sbagliato considerare soggettività e oggettività come un'opposizione stabile e astratta. Sono entrambe completamente dialettiche» '367)... NB Sezione seconda : L’oggettività oggettività conoscenza dell’oggetto (Logica) V, 178: Duplice significato delToggettività: ... « appare anche per Toggettività il dop- pio significato: di essere opposta al concetto per sé stante, ma anche di essere ciò che è in sé e per sé » ( 178)... ...«La conoscenza della verità è posta nel conoscere l’oggetto quale esso è, in quanto oggetto, libero dall’aggiunta della riflessione soggettiva» (178)... Le considerazioni sul « meccanismo » — più avanti — sono del tutto astruse, se non completamente assurde. Più avanti, idem sul chimismo, mo- mento del « giudizio », ecc. questo ravvi- cinamento è molto impor- tante Il paragrafo, intitolato La legge (198-199), non fornisce quel che ci si potrebbe aspettare da Hegel su questo interessante problema. È strano, perché mai la « legge » viene riferita al « meccanismo »? Il concetto di legge è qui ravvicinato ai con- cetti di «ordine» (Ordnung), uniformità (Gleichfòrmigkeit), necessità, «anima» der objektiven Totalitàt, « principio di automovi- mento ». « SCIENZA DELLA LOGICA » 173 Tutto questo nel senso che il mecca^ nismo sarebbe Tesser altro dello spirito, del concetto, ecc., delTanima, dell'indivi- dualità... Si giuoca, evidentemente, con vuote analogie! Da notare che, a p. 210, s'incontra il con- cetto di « Naturnotwendigkeit »: «L'uno e Taltro, il meccanismo e il chimismo, sono quin- di riuniti nella necessità naturale », poiché qui vediamo « il suo [des Begriffs] essere im- merso nelTesteriorità » ( ibidem ) . « natura = essere immerso del concetto I nell'esteriorità » I (ah-ah!) « Si è già ricordato che l'opposizione tra teleologia e meccanismo è, anzitutto, l'opposi- zione piu generale tra libertà e necessità. Kant ha esposto Topposizione in questa forma, tra le antinomie della ragione, cioè appunto come il terzo contrasto delle idee trascendentali » (213). Ripetendo succintamente le argomenta- zioni di Kant a favore della tesi e dell'antitesi, Hegel rileva la vacuità di queste argomentazioni e richiama l'attenzione sulla conclusione del ragionamento di Kant: « La soluzione kantiana di quest'antinomia è uguale alla soluzione generale delle altre: cioè che la ragione non può dimostrare né l'una né l'altra proposizione, perché, secondo le leggi naturali puramente empiriche, non possiamo avere a priori alcun principio di determinazione della possibilità delle cose; che quindi le due proposizioni sono da considerare non come proposizioni oggettive, ma co- me massime soggettive ; che, da un lato, io devo riflettere sempre su tutti gli eventi di natura secondo il principio del semplice mec- canismo naturale, ma che questo non m’impe- disce di indagare, quando se ne presenti l’oc- casione, talune forme naturali secondo un’altra massima, cioè secondo il principio delle cause libertà e necessità Hegel contro Kant (su libertà e necessità) Bien! 174 LENIN finali; quasi che queste due massime, le quali, del resto, devono servire soltanto per la ra- gione umana, non si trovassero nella stessa opposizione in cui sono quelle proposizioni. Con quest’atteggiamento, come si è rilevato so- pra, non si indaga proprio ciò che è unicamente richiesto dall'interesse filosofico, ossia quale dei due principi abbia verità in sé e per sé; e per questo modo di vedere non fa differenza che i principi si debbano considerare come ogget- tivi, cioè qui come determinazioni esteriormen- te esistenti della natura, o invece come semplici massime di un conoscere soggettivo; è anzi u n conoscere soggettivo , cioè ac- cidentale, questo che, all'occa- sione, applica Puna o l'altra massima, se- condo che la ritenga adatta all'oggetto dato, e non indaga poi la verità di queste determina- zioni, siano esse determinazioni degli oggetti o del conoscere» (215-216). Dialettica materiali- stica: Le leggi del mondo esterno, della natura, suddivise in mec- caniche e chimiche (questo è molto importante), so- no il fondamento dell'attività fi- nalistica umana. Nella sua attività pratica l'uo- mo ha dinanzi a sé il mondo oggettivo, dipende da esso, de- termina per suo tramite la pro- pria attività. Da questo lato, dal lato della attività pratica (ponentesi un fine) dell'uomo, la causalità mec- canica (e chimica) del mondo (della natura) appare come un che di estrinseco, di secondario, di occulto. Hegel: « Lo scopo si è mostrato co- me il terzo dopo il meccanismo e il chimismo; è la loro verità. In quanto si trova esso stesso dentro la sfera dell'oggettività, cioè dell'immediatezza del con- cetto totale, è ancora affetto dal- Pesteriorità come tale e ha di contro a sé un mondo oggettivo al quale si riferisce. Da questo lato, la causalità meccanica, in cui si deve includere in generale anche il chimismo, appare anco- ra in questa correlazione finale, che è la correlazione estrinseca, ma come subordinata a essa, co- me in sé e per sé tolta » (216- 217). « SCIENZA DELLA LOGICA » 175 Due forme del processo og- gettivo: la natura (mecca- nica e chimica) e l’attività uma- na ponentesi un fine . Corre- lazione di queste forme. I fini •dell’uomo sembrano dapprima estranei («altri») rispetto alla natura. La coscienza dell’uomo, la scienza ( « der Begriff » ) , ri- specchia l’essenza, la sostanza della natura, ma è al tempo stes- so un che di esteriore rispetto alla natura (non coincide con es- sa immediatamente, semplice- mente). I La tecnica meccani - I c a e chimica serve ai fini dell’uomo appunto perché il suo carattere (essenza) consiste nella sua determinazione da parte del- le condizioni esterne (leggi del- la natura). « Appare di qui la natura del- la subordinazione delle due pre- cedenti forme del processo og- gettivo; l’altro, che consiste in esse nel progresso infinito, è il concetto, che è scopo, posto dap- prima per esse come esterno; non solo il concetto è la loro sostanza, ma anche l’esteriorità è il loro momento essenziale, che Ine costituisce la determinatezza. La tecnica meccanica o chimica si offre quindi da sé, per il suo ca- rattere, per il suo essere deter- minata dall’esterno, alla correla- zione finale, che deve essere ora considerata piu da vicino» (217). ( ( Tecnica e mondo oggettivo . Tec- nica e fini .)) ... « esso [der Zweck] ha dinanzi a sé un mondo oggettivo, meccanico e chimico, al qua- le la sua attività si rapporta come a un che di dato» (219-220)... «Lo scopo ha quindi an- cora una vera esistenza extramondana, in quan- to gli si oppone quelToggettività » (220). In realtà, i fini dell’uomo sono gene- rati dal mondo oggettivo e lo presuppon- gono: lo trovano come dato, come pre- sente. Ma all’uomo sembra che i suoi fini siano fuori del mondo e da esso indi- pendenti ( « libertà » ) . ( (NB: tutto questo nel § sullo « scopo soggettivo» NB)) (217-221). 176 LENIN germi di materialismo storico in Hegel Hegel e il materiali- NB sino storico « Il fine attraverso un mezzo si connette con Toggettività, e in quest’ultima con sé stes- so » (221, § Il mezzo). « In quanto è finito, lo scopo ha, inoltre, un contenuto finito; non è quindi un assoluto, 0 un razionale in sé e per sé. Il mezzo, invece, è il medio esteriore del sillogismo, che costi- tuisce la realizzazione dello scopo; nel mezzo si rivela pertanto la razionalità come tale, che si conserva in questo altro esteriore e proprio attraverso questa esteriorità. Il mezzo è pertan- to un che di piu alto rispetto agli scopi finiti della finalità esteriore; laratro è più degno dei godimenti immediati che procura e che costitui- scono gli scopi. Lo strumento si conserva, mentre 1 godimenti immediati passano e cadono in oblio. Mediante i suoi strumenti l'uo- mo domina la natura esterna, mentre per i suoi scopi le rima- ne invece subordinato» (226). Il Vorbericht, ossia la prefazione del libro, è datato: Numberg, 21-VII-1816. Questo nel § Lo scopo realizzato . Il materialismo storico come una d elle applicazioni e uno de gli sviluppi delle geniali idee-semi, che si trovano in germe in Hegel. « Il processo teleologico è una traduzione del concetto, che esiste distintamente come concetto [sic!] nelToggettività » (227)... NB Quando Hegel si studia (e talora per- sino si sforza e si spreme) di ricondurre l'attività finalistica umana sotto le cate- « SCIENZA DELLA LOGICA » 177 gorie della logica, dicendo che quest’atti- vità è il «sillogismo» (Schluss), che il soggetto (l’uomo) ha la funzione di un « termine » nella « figura » logica del « sil- logismo », ecc., questa non è soltanto una forzatura, non è soltanto un giuoco . C'è qui un con- tenuto molto profondo, pu- ramente materialistico. Bi- sogna ribaltare la cosa : la attività pratica umana ha dovuto condurre la coscien- za dell'uomo a ripetere mi- liardi di volte le diverse fi- gure logiche, affinché tali figure potessero assumere il significato di assiomi . Nota bene questo . Le catego- rie della logica e la prassi umana NB « Il movimento dello scopo è ora perve- nuto a questo, il momento dell’esteriorità non è solo posto nel concetto, e il concetto non è solo un dover essere e una tendenza, ma come totalità concreta è identico all’oggettività immediata » (235). Alla fine del § sullo « sco- po realizzato », alla fine della seconda sezione: L’ o gge 1 1 ivi t à (capitolo III: Teleolo- gia), passaggio alla terza sezione: L'idea. NB NB Da rilevare: all’« idea »■ come coinci- denza di concetto e oggetto, all’idea come verità, Hegel si accosta attra- verso l’attività pratica finalistica del- l’uomo. Ci si accosta cosi molto all’idea che l’uomo mediante la sua prassi dimostri la validità oggettiva delle sue idee, dei suoi concetti, del suo sapere, della sua scienza. dal con- cetto e dallo scopo soggetti- vi alla verità og- gettiva 12-639 Sezione terza: L'idea NB NB Hegel con- tro Kant contro il trascen- dente nel senso della separazione della verità (og- gettiva) dall’em- piria très bienl Inizio della sezione terza: L'idea . « L’idea è il concetto adeguato, il vero oggettivo oil vero come tale » ( 236 ) . In generale, l’introduzione alla sezione terza ( L'idea ) della seconda parte della Logica (La logica soggettiva) (v. V, pp. 236-243) e i relativi §§ de]!' Enciclopedia (§§ 213-215) so- no forse la migliore esposizio- ne della dialettica . Qui viene mo- strata con spiccata genialità la coincidenza, per così dire, di logica e gnoseologia. Il termine « idea » viene usato anche nel senso di semplice rappresentazione. Kant. « Kant ha rivendicato il termine di idea per il concetto razionale. Il concetto razionale deve ora essere, secondo Kant, il concetto del- l’incondizionato, ma deve essere trascendente rispetto ai fenomeni, cioè non si può fare di esso alcun uso empirico che gli sia adeguato. I concetti razionali devono servire a compren- dere, i concetti intellettivi a intendere le per- cezioni. Ma, di fatto, se questi ultimi sono realmente concetti, allora sono concetti, attra- verso i quali si comprende» (236). Cfr, ancora più avanti su Kant. È altrettanto sbagliato considerare l’idea come un che d’« irreale », nel senso in cui si dice: « Queste non sono altro che idee ». « SCIENZA DELLA LOGICA * 179 « Se i pensieri sono qualcosa di puramente soggettivo e casuale, non hanno alcun altro valore, ma per questo riguardo non sono in- feriori alle realtà temporali e casuali, che non hanno neanche esse alcun altro valore, se non quello di accidentalità e fenomeni. Se si sup- pone invece che l’idea non deve avere valore di verità, perché riguardo ai fenomeni è tra- scendente, perché nel mondo sensibile non le si può dare alcun oggetto congruente, si tratta allora di uno strano fraintendimento, in quanto si rifiuta qui all'idea il valore oggettivo ap- punto perché a essa manca ciò che costituisce il fenomeno, Yessere non vero del mondo og- gettivo » (237-238). Rispetto alle idee pratiche lo stesso Kant considera pòbelbaft* il rimando all'esperienza contro le idee; egli presenta le idee come un maximum a cui si deve tendere a ravvicinare la realtà. E Hegel continua: « In quanto però si è ottenuto il risultato che l'idea è l'unità del concetto e dell'oggetti- vità, ossia il vero, essa non può venir conside- rata soltanto come un fine, a cui ci si debba ravvicinare, ma che rimanga pur sempre come una specie di al di là; bisogna invece ritenere che ogni reale è solo in quanto ha in sé l'idea e la esprime. L'oggetto, il mondo oggettivo e soggettivo non solo devono in generale coinci- dere con l'idea, ma sono essi stessi la congruen- za del concetto e della realtà; quella realtà che non corrisponde al concetto è semplice feno- meno, il soggettivo, il casuale, l'arbitrario, che non è la verità » (238). très bien! Hegel contro il « Jenseits >► di Kant L’accordo dei concetti con le cose non è soggettivo L'idea (leggi: la conoscenza umana) è coincidenza (accordo) di concetto e oggettività ( « uni- versale » ) . Questo in primo luogo. « Essa [die Idee] è anzitutto la semplice verità, l'identità del concetto e dell'oggettività come universale » (242)... * volgare ( n.d.t .). 12 180 LENIN In secondo luogo, l’idea è relazione della soggettività ( = uomo) per sé stante ( = presunta autonoma) con l’ogget- tività distinta (da questa idea)... La soggettività è aspira - itone a togliere questa sepa- razione (dell’idea dall’oggetto). La conoscenza è il processo di immersione (dell’intelletto) nella natura inorganica al fine di subordinarla al potere del sog- getto e di generalizzare (cono- scere il generale nei suoi feno- meni)... La coincidenza del pensiero con Poggetto è processo : il pensiero (= Puomo) non de- ve rappresentarsi la verità come la morta quiete, come una sem- plice raffigurazione (immagine), scialba (fiacca), senza impulso, senza movimento, come un ge- nio, come un numero, come un pensiero astratto. L’idea ha in sé anche la con- traddizione più forte, la quiete (per il pensiero umano) consiste nella certezza e sicurezza con cui esso eternamente la crea (questa contraddizione del pensiero con Poggetto) ed eternamente la su- pera... ... « Inoltre, essa è la relazione della soggettività per sé sunte del semplice concetto con la sua oggettività distinta da esso; quel- la è essenzialmente l'impulso a togliere questa separazione »... ...«Come questa relazione, essa è il processo con cui si suddivide nell’individualità e nella sua na- tura inorganica, per condurre poi di nuovo quest’ultima sotto il potere del soggetto e ritornare alla prima semplice universalità. L’identità dell’idea con sé stes- sa è tutt’uno con il processo ; il pensiero, che libera la realtà dal- la parvenza della mutevolezza senza scopo e la trasfigura in idea, non deve rappresentare questa verità del reale come la morta quiete, come una semplice immagine, fiacca, senza impulso, senza moto, come un genio o un numero o un pensiero astratto; l’idea, in virtù della libertà che il concetto in essa raggiunge, ha in sé anche l'opposizione più dura ; la sua quiete consiste nella certezza e sicurezza con cui essa NB eternamente crea e supera que- st’opposizione e in essa si unisce con sé stessa »... La conoscenza è eterna, infi- nita approssimazione del pensie- ro all’oggetto. Il rispecchiamen- to della natura nel pensiero del- l’uomo è da concepire non come « SCIENZA DELLA LOGICA » 181 « morto », « astratto », senza movimento e senza contraddizioni, ma nel- l’eterno processo del movi- mento, del porsi e del risolversi delle contraddizioni. NB L’idea è conoscenza e aspira- zione (volontà) dell’uomo... Il processo della conoscenza (tran- sitoria, finita, limitata) e della azione tramuta i concetti astratti in compiuta oggettività . « L’idea è idea del vero e del bene, come conoscere e volere [...]. Il processo di questo infinito conoscere e [NB] agire [NB] tramuta l’universalità pri- ma astratta in una totalità, per la quale essa diviene compiuta oggettività » (243). Lo stesso nell'Enci- clopedia (v. VI). Enci- clopedia, $ 213 (p. 385): Il singolo essere (oggetto, fe- nomeno, ecc. ) è ( soltanto ) u n lato dell’idea ( della verità ) . Per la verità sono necessari an- che altri lati della realtà, che sembrano anch’essi autonomi e singoli (besonders fiir sich be- stehende *). Soltanto nel loro i n s i e m e ( zusammen ) e nella loro relazione ( Be- ziehung) si realizza la verità. « L’idea è la verità ; la verità è infatti questo: che l’oggettività corrisponde al concetto [...]. Ma anche tutto il reale, in quanto è vero, è l’idea [...]. Il singolo essere è solo un qualche lato del- l’idea, per la quale occorrono dunque altre realtà, che a loro volta appaiono come sussistenti particolarmente per sé; solo nel loro insieme e nella lóro re- lazione è realizzato il concetto. Il singolo per sé non corrisponde al suo concetto; questa limita- tezza della sua esistenza costi- tuisce la sua finità e la sua rovina »... (sussistenti particolarmente per sé) ( n.d.t .). 182 LENIN Hegel ha intuì- t o genialmente la dialettica delle co- se ( fenomeni, mon- do, natura) nella dialettica dei concetti # appunto solo in- tuito, niente di piu in che consi- ste la diale t tic a? V in s ie m e di tutti i lati del fenomeno, della realtà, e i loro ( reciproci ) rapporti: ecco di che cosa è composta la verità. Le rela- zioni (= trapassi = contraddizioni) dei con- cetti = principale contenuto della logica; inoltre , questi concetti ( e i loro rapporti, trapassi, contraddizioni) sono mostrati come riflessi del mondo oggettivo. La dialettica delle cose crea la dialettica delle idee , e non vice- versa. # Bisognerebbe esprimere quest’aforisma in forma piu popolare, senza la parola dialettica: per esempio cosi: nella successione, nella reci- proca dipendenza di tutti i concetti, nella identità delle loro opposizioni, nei trapassi da un concetto all’altro, nell’eterna successione, nel movimento dei concetti Hegel ha intuito genial- mente proprio questa relazione delle cose , della natura. = NB Ogni concetto si tro- va in una data rela- zione , in una data connessione con tutti gli altri. Reciproca dipendenza dei concetti, reciproca dipendenza di tutti i concetti senza eccezione, trapasso di un concetto nelPaltro, trapassi di tutti i concetti senza eccezione. Relatività dell opposizione tra i concetti... \ identità dell’opposizione tra i concetti. / « SCIENZA DELLA LOGICA » 183 « Per verità si intende anzitutto che io so come qualcosa sia. Questa è, tuttavia, la verità solo in rapporto alla coscienza, o la verità formale, la mera correttezza » (§ 213, p. 386). « La verità in un senso piu profondo consiste, invece, nel fatto che loggettività è identica al concetto »... « Un uomo cattivo è un uomo non vero, cioè un uomo che si comporta in modo non congruente con il suo concetto, o con la sua destinazione. Ma niente può esistere che manchi del tutto deiridentità di concetto e realtà. Per- sino ciò che è cattivo e non vero esiste solo in quanto la sua realtà corrisponde in qualche modo al suo concetto »... ...«Tutto ciò che merita il nome di filosofia ha sempre posto a fondamento la coscienza di una unità assoluta di ci òche l'intelletto considera soltanto nella sua se- parazione »... La differenza tra essere e essenza, tra concetto e oggettività è relativa « I gradi sinora esaminati dell'es- sere e dell'essenza, come quelli del concetto e dell'oggettività, non sono in questa loro di- stinzione un che di immobile, ma si mostrano come dialettici, e la loro verità con- siste nell'e s s e r e essi momenti del- l'idea » (387-388). | Volume VI, 388] Momenti della conoscenza ( = del- P«idea») della natura da parte déll'uo- mo: ecco che cosa sono le categorie della logica. 184 LENIN (l'idea) la ve- rità è onnilate- rale NB: Astrazioni e unità con- creta » degli opposti. Volume VI, p. 388 (§ 214): « L’idea può essere concepita come ragione (è questo l’effet- tivo significato filosofico della ragione), inoltre come soggetto-oggetto, come l’unità di ideale e reale, di finito e infinito, di anima e corpo, come la possibilità che ha in sé stessa la sua realtà, come ciò la cui natura può essere con- cepita solo come esistente, ecc., perché in essa sono contenuti tutti i rapporti dell’intelletto, ma nel loro infinito ritorno e nella loro iden- tità in sé. « L’intelletto ha un lavoro facile nel mo- strare tutto ciò che viene detto dell’idea come contraddittorio in sé. Ma di ciò lo si può ripa- gare o anzi lo si è già ripagato nell’idea con la stessa moneta; è un lavoro, il lavoro della ragione, non certo così facile come quello del- l’intelletto. Se l’intelletto mostra che l’idea contraddice sé stessa, giacché, per es,, il sog- gettivo è solo soggettivo, e l’oggettivo gli è opposto; che l’essere è qualcosa di assoluta- mente diverso dal concetto e non può pertanto essere estratto da esso; che anche il finito è soltanto finito e il diretto opposto dell’infinito, e non può quindi essere identico con quest’ul- timo, e così via di seguito per tutte le determi- nazioni, — la logica mostra invece l’opposto, ossia il soggettivo, il quale deve essere solo soggettivo, il finito, il quale deve essere solo finito, l’infinito, il quale deve essere solo infi- nito, ecc. non possiedono alcuna verità, con- traddicono sé stessi e trapassano nel loro oppo- sto; così, questo passaggio e questa unità, in cui gli estremi sono come tolti, come parvenza o momenti, si rivelano come la verità di questi estremi» (388). « L’intelletto, allorché tratta dell’idea, cade in un duplice fraintendimento, anzi- tutto perché prende gli estremi dell’idea, — in qualunque forma vengano espressi, dal momento che sono dati nella loro unità, — an- € SCIENZA DELLA LOGICA * 185 cora secondo il senso e la determinazione per cui essi non sono nella loro unità concreta, ma sono astrazioni che stanno fuori dell’idea. Né esso [der Verstand] riconosce di più la loro relazione persino quando questa sia posta esplicitamente; cosi, per es., esso perde di vista anche la na- tura della copula nel giudizio , la quale del singolo, del soggetto, dice che esso non è singolo , ma universale . D’altra parte, l’intellet- to ritiene che h sua riflessione, secondo cui l’idea identica con se contiene la negazione dr sé stessa, la contraddizione, sia una riflessione estrinseca, che non cade nell’idea stessa. In effetti, questa non è una sapienza propria del- l’intelletto, ma l'idea è essa stessa la dialettica, che eternamente separa e distingue l’identico dal differente, il sogget- tivo dall’oggettivo, il finito dall’infinito, l’anima dal corpo, e solo in tanto l’idea è eterna creazione, eterna vitalità ed eterno spiritosi 389 ) . VI, S 215, p. 390: « L’idea è essenzialmente processo , poiché la sua identità è libera e assoluta identità del concetto solo in quanto è l’assoluta negatività ed è quindi dialettica ». Pertanto l’espressione « unità » del pen- siero e dell’essere, del finito e dell’infinito, ecc. sarebbe falscb , in quanto esprime una « identità persistente nella quiete ». Non è vero che il finito semplicemente « neutraliz- zi » (« neutralisiert ») l’infinito, e vice versa . In effetti, abbiamo un processo. NB singolo = uni- versale Mirabile esempio: il piu sempli- ce e chiaro, dialettica dei concetti e sue radici materialisti- che. La dialettica non è nell’in- telletto del- l’uomo, ma nel l f « idei », cioè nella realtà oggettiva. «eterna vita- lità» = dia- lettica L’idea è... processo NB questo Se si calcola ogni secondo muoiono sulla terra più di dieci uomini e ne nascono ancora di più. « Movimento » e « momento »: 186 LENIN afferralo! In ogni momento dato... Afferra que- sto momento! Idem nel semplice movimento meccanico ( contra Cerno v 48 ) . « L’idea, come processo, percorre nel suo sviluppo tre fasi. La prima forma dell’idea è la vita La seconda forma [...] è l’idea co- me conoscere , che appare nella duplice figura dell’idea teorica e di quella pratica. Il processo del conoscere ha come suo risultato la ricosti- tuzione dell’unità arricchita dalla differenza, e questo dà la terza forma, la forma dell’idea assoluta » (391)... La verità è processo. Dall’idea sogget- tiva l’uomo perviene alla verità oggettiva attraverso la « pratica » ( e la tecnica). L’idea è la «verità» (p. 385, § 213). L’idea, ossia la verità, come processo, — poiché la verità è processo, — percorre nel suo sviluppo (Entwicklung) tre fasi: 1) la vita; 2) il processo del conoscere, che include la pratica dell’uomo e la tecnica (cfr. sopra 49 ); 3) la fase dell’idea assoluta (cioè della verità in- tera ) . La vita genera il cervello. Nel cervello umano si rispecchia la natura. L’uomo, controllando e applicando nella sua pra- tica e tecnica l’esattezza di questi rispec- chiamenti, perviene alla verità oggettiva. Sezione terza: L'idea. Capitolo primo : La vita. « Secondo la rapprecentazione consueta del- la logica» (v. V, p. 244), in essa non c’è posto per la questione della vita. Se però l’og- « SCIENZA DELLA LOGICA » 187 getto della logica è la verità , e « / a verità come tale wesentli eh im Erke it- ti en i s t * », allora si deve trattare della co- noscenza, e in relazione con la conoscenza già (p. 245) bisogna parlare della vita. Talvolta dopo la cosiddetta « logica pura » si pone anche una logica « applicata » ( ange- wandte), ma allora... ... « bisognerebbe includere nella logica ogni scienza, poiché ogni scienza è una logica applicata, in quanto consiste nell’esprimere il suo oggetto nelle forme del pensiero e del con- cetto » ( 244 ) . ogni scienza è una logica applicata L’idea di includere la vita nella lo- gica è comprensibile — e geniale — dal punto di vista del processo di rispecchia- mento del mondo oggettivo nella coscien- za (dapprima individuale) dell’uomo e del processo di controllo di questa coscienza (di questo rispecchiamento) mediante la pratica: vedi: Enciclopedia , § 216: le singo- le parti del cor- po sono quello che sono soltan- to nella loro con- nessione. La ma- no, separata dal corpo, è una ma- no soltanto di nome (Aristote- le). ... « Il giudizio origi- nario della vita consiste quindi nel fatto che es- sa si separa come sog- getto individuale dal- l’oggetto »... (248). vita = il sog- getto indivi- duale si se- para dal l’og- getto « ... è essenziale nel conoscere » ( n.d.t .). 188 LENIN Se si considera il rapporto tra soggetto e oggetto nella logica,, bisogna prendere in considerazione anche i presupposti ge- nerali dell’esistenza del soggetto concreto ( = vita dell'uomo) nella situa- zione oggettiva. Suddivisioni: 1. la vita come « individuo vivente » (§ A) 2. il « processo vitale » 3. il processo del «genere» (Gattung), della riproduzione dell’uomo, e il passaggio alla conoscenza. ( 1 ) La « totalità soggettiva » e l’« ogget- tività » « indifferente » (2) unità del soggetto e dell’oggetto NB Enciclopedia y 4 219: ... « La natura inor- ganica, che viene assog- gettata dal vivente, sop- porta questo perché essa è in sé la stessa cosa che la vita è per sé ». Rovesciare = mate- rialismo puro. Eccellen- te, profondo, giusto!!! E ancora NB: dimostra Yestrema correttezza e puntualità dei termini I « an sich » e « fiir sich*!!! ... « Questa oggettività del vivente è organismo ; essa è il mezzo e lo strumen- to del fine » (251)... « SCIENZA DELLA LOGICA » 189 Piu oltre, la « sussunzione » della « sen- sibilità » (Sensibilitàt), deir« irritabili- tà » ( Irritabilitàt) — che sarebbe il particolare nella sua differenza dall’uni- versale!! — e della «riproduzione» sot- to le categorie logiche è un giuoco vuoto. Si dimentica la linea nodale, il trapasso a un altro piano dei fenomeni naturali. Eccetera. Il dolore è « un’esistenza rea- le » della contraddizione nell’individuo vivente. Hegel e il giuoco con i « concetti organici » r f i Ridico- lo in Hegel O ancora: la riproduzione del- l’uomo... « è la loro»' (di due individui di sesso diverso) « identità realizzata, l'unità ne- gativa del genere che dal suo sdoppiamento si riflette in sé stesso» (261)... Hegel e il giuoco con l'« organi- smo » Sezione terza : Videa. Capitolo secondo: L'idea del cono- scere (pp. 262-327). ... « La sua [des Begriffs] realtà in generale è la forma del suo esserci ; si tratta di deter- minare questa forma; su di essa poggia la dif- ferenza tra ciò che il concetto è in sé o come soggettivo e ciò che esso è come immerso nel- Poggettività e quindi nell’idea della vita » (263). ? misti- cismo! ...«Lo spirito non è soltanto infinitamente piu ricco della natura, ma [...] l’unità assoluta degli oppo- sti nel concetto costituisce anche la sua essenza » ( 264 ) ... In Kant T« io » appare « come un sog- getto trascendentale dei pensieri » (264); « que- la coscienza soggettiva e la sua immer- sione nell’og- gettività misticismo H egei contro Kant : 190 LENIN ? cioè P« io » è in Kant una forma vuota (un «succhiar sé stesso») senza analisi concreta del processo della co- noscenza vita Kant e Hume: scettici NB In che cosa Hegel ravvisa lo scetticismo di Hume e di Kant? sto io ha inoltre, secondo l’espressione stessa di Kant, la scomodità che ce ne dobbiamo servire sempre per formulare un qualsiasi giu- dizio su di esso »... (p. 265) « Nella sua » ( = di Kant) « critica di que- ste determinazioni » (precisamente: delle ab- strakte einseitige Bestimmungen « der vorma- ligen » — prekantiana — « Metaphysik » * sul- T« anima») «egli» (Kant) «ha semplicemen- te seguito la maniera humiana dello scettici- smo; e precisamente si è attenuto al modo come Pio appare nell'autocoscienza, rigettando da essa, poiché se ne dovrebbe conoscere l'es- senza, la cosa in sé, quanto vi è di empirico; cosi non rimaneva altro che questo fenomeno: io penso , che accompagna tutte le rappresen- tazioni e di cui non si possiede il minimo con- cetto » (266). ### Evidentemente, Hegel ravvisa qui lo scetticismo nel fatto che Hume e Kant non vedono nei « fenomeni » il manife- starsi della cosa in sé, recidono i feno- meni dalla verità oggettiva, dubitano del- l'oggettività della conoscenza, scartano, alles Empirische vom Ding an sich weg- lassen**... E Hegel continua: Non si può com- prendere fuori del processo della com- prensione (cono- scenza, studio con- creto, ecc.) ### ...«Bisogna indubbiamente am- mettere che né deU’io né di qualsiasi cosa né del concetto stesso possediamo il minimo concetto, fino a che non concepiamo e ci atteniamo alla semplice, immobile rappresentazione e al no- me » (266). * determinazioni astratte, unilaterali «della vecchia» ... «metafisica» ** separano tutto l’empirico dalla cosa in sé (n.d.t.). « SCIENZA DELLA LOGICA » 191 Per comprendere bisogna cominciare empiricamente a comprendere, a studia- re, bisogna salire dall'empiria all'univer- sale. Per imparare a nuotare bisogna get- tarsi in acqua. La vecchia metafisica, nell'intento di cono- scere la verità , divideva gli oggetti, secondo il criterio della verità, in sostanze e fenomeni. La critica di Kant si è rifiutata di indagare la ve- rità ... « Ma fermarsi al fenomeno e a ciò che nella coscienza comune si dà a conoscere alla semplice rappresentazione significa rinunciare al concetto e alla filosofia » (269). § A: « L'idea del vero. L'idea soggettiva è prima di tutto impulso [...]. L'impulso ha quindi la determinazione di togliere la sua propria sog- gettività, di rendere concreta la sua realtà pri- ma astratta e di riempirla con il contenuto del mondo presupposto dalla sua soggettività [...]. In quanto il conoscere è l’idea come scopo o come idea soggettiva, la negazione del mondo presupposto come in sé esistente è la prima negazione»... (274-275). Kant si li- mita ai « fe- nomeni » ossia il primo gradino , momento, prin- cipio, avvio della conoscenza è la sua fi- nità (Endlichkeit) e soggettività, la ne- gazione del mondo in sé: il fine della co- noscenza è dapprima soggettivo... Kant ha e- « Stranamente, in tempi recenti » retto ad as- (Kant, evidentemente), « questo la- soluto u n to della finità è stato tenuto fermo solo ed è stato preso come il rapporto lato assoluto del conoscere; quasi die il finito come tale debba essere l'as- 192 LENIN soggetti^ vismo di Kant soluto! Da questo punto di vista si attribuisce all'oggetto la sconosciuta proprietà di essere una cosa in sé oltre il conoscere, e questa proprietà e, insieme con essa, la verità sono riguardate per la conoscenza come un assoluto al di là. La determina- zione del pensiero in generale, le categorie, le determinazioni della riflessione, nonché il concetto for- male e i suoi momenti, ottengono qui la posizione non di determina- zioni finite in sé e per sé, ma di determinazioni finite solo nel sen- so che sono un che di soggettivo di contro alla menzionata vuota pro- prietà di essere una cosa in sé ; pren- dere come vero questo rapporto del- la non verità del conoscere è l'erro- re divenuto opinione comune della età contemporanea» (276). in Kant la cosa in sé è un assoluto « Jenseits » Il carattere finito, transitorio, relativo, convenzionale della conoscenza umana (delle sue categorie, della causalità, ecc., ecc. ) Kant lo ha preso come soggettivismo e non come dialettica dell’idea (= della natura stessa), in quanto egli ha separato la conoscenza dall'oggetto. Ma il proce- dere della co- noscenza conduce alla verità oggettiva Hegel contro l'idealismo soggettivo e il « realismo » ... «Ma u conoscere deve con u suo pro- prio movimento risolvere la sua finità e con ciò la sua contraddizione» (277). ... « È altrettanto unilaterale rappresentarsi l'analisi come se nell’oggetto vi sia soltanto ciò che vi è stato immesso , quanto credere che le determinazioni ottenute siano solo estratte da esso. La prima rappresentazione è, notoriamen- te, quella enunciata dall'idealismo soggettivo, il « SCIENZA DELLA LOGICA » 193 quale considera Fattività del conoscere, nell’ana- lisi, esclusivamente come un porre unilaterale, dietro cui rimane celata la cosa in sé; la seconda rappresentazione appartiene al cosiddetto reali- smo, il quale intende il concetto soggettivo co- me una vuota identità, che riceva dalVesterno le determinazioni del pensiero. » L Aggettività della logica ...« Ma i due momenti non sono da di- videre; il logico, nella forma astratta in cui lo pone in risalto l'analisi, è dato, naturalmente, soltanto nel conoscere, così come, all'inverso, esso non è un posto , ma un esistente in sé » (280)... I concetti logici sono soggettivi, fino a che rimangono « astratti », nella loro forma astratta, ma esprimono al tempo stesso anche le cose in sé. La natura è e concreta e astratta, e fenomeno e essenza, e momento e rapporto. I concetti umani sono soggettivi nella loro astrattezza, nella loro separazione, ma sono oggettivi nel- l'insieme, nel processo, nel risultato, nella tendenza, nella genesi. Molto buono il § 225 dell'E n ciclo p e dia , dove il « conoscere ( « teoreti- co ») e il « volere », l'« attività pratica », sono raffigurati come due lati, due me- todi, due mezzi di distruzione delT« uni- lateralità » sia della soggettività che del- l'oggettività. E piu avanti, a pp. 281-282, molto impor- tante sul trapasso delle categorie l'una nell’altra (e contro Kant, p. 282). Logica, v. V, p. 282 (fine) »: ...«Kant [...] prende [...] dalla logica for- male, come dati, la connessione determinata, i 13-639 194 LENIN concetti di rapporto e i principi sintetici stessi; la loro deduzione avrebbe dovuto essere l' e s po- sizione del trapasso di quella semplice unità dell’autocoscienza in queste sue determina- zioni e differenze; ma Kant si è risparmiato di mostrare questo procedere veramente sin- tetico del concetto che produce sé stesso» (282). Kant non ha mostrato il trapasso del- le categorie luna nell’altra. 286-287. Ritornando ancora una volta alla matematica superiore (e mostrando, tra l’altro, di sapere come Gauss 51 abbia risolto l’equazione x m — 1 = 0) , Hegel sfiora di nuovo il problema del calcolo differenziale e integrale, e dice che: «la matematica non è sinora giunta a giustificare da sé, cioè in modo matematico, le operazioni che si fondano su questo passag- gio » (sul passaggio da una grandezza a un’altra), « perché il passaggio stesso non è di natura ma- tematica ». Leibniz , a cui viene ascritto il merito di aver scoperto il calcolo differenziale, ha effet- tuato questo passaggio « nel modo piu inadegua- to e che è insieme tanto aconcettuale quanto non-matematico » (287)... « Il conoscere analitico è la prima premessa di tutto il sillogismo: il riferimento immediato del concetto all’oggetto; l’identità è pertanto la determinazione che esso conosce come sua, e queste conoscere è soltanto il cogliere ciò che è. Il conoscere sintetico tende a comprendere ciò che è, ossia ad afferrare la molteplicità delle determinazioni nella loro unità. Esso è pertanto la seconda premessa del sillogismo in cui viene correlato il diverso come tale. Il suo fine è quindi la necessità in generale » (288). Riguardo al procedimento di alcune scienze « SCIENZA DELLA LOGICA » 195 (per esempio, della fisica) che prendono come « spiegazione » varie « forze », ecc. e sollecitano (forzano), raggiustano i fatti, ecc., Hegel for- mula la seguente acuta osservazione: « La cosiddetta spiegazione e dimostrazione del concreto immesso nei teoremi si rivela in parte come una tautologia e in parte come una confusione del vero rapporto; in parte poi que- sta confusione è servita a occultare l’inganno del conoscere, che ha preso unilateralmente certe esperienze, mediante le quali soltanto è riuscito a ottenere le sue semplici definizioni e propo- sizioni fondamentali, e mette da parte la confu- tazione che viene dall’esperienza, non accettando o facendo valere questa esperienza non nella sua totalità concreta, ma come esempio, e inol- tre per quel lato che giova alle ipotesi e alla teoria. In tale subordinazione dell’esperienza concreta alle determinazioni presupposte il fon- damento della teoria viene oscurato o presen- tato soltanto da quel lato che convalida la teoria» (315-316). La vecchia metafisica (di Wolf, per esem- pio) [esempio: pòse ridicole fondate su bana- lità, ecc.] è stata demolita da Kant e da Jacobi. Kant ha mostrato che le « dimostrazioni rigo- rose » conducono alle antinomie, « ma non ha riflettuto sulla natura di que- sto dimostrare, che è collegato con un contenuto finito, mentre l’una cosa deve cadere insieme con l’altra» (317). La conoscenza sintetica non è ancora com- pleta, perché « il concetto non diventa unità di sé con sé stesso nel suo oggetto o nella sua realtà [...]. Quindi l’idea non raggiunge ancora, in questo conoscere, la verità, a causa dell’inadeguatezza dell’oggetto al concetto sog- gettivo. Ma la sfera della necessità è il culmine supremo dell’essere e della riflessione; essa tra- passa in sé e per sé nella libertà del concetto; l’identità interna trapassa nella sua manifesta- eccezionalmente giusto e profon- do (cfr. l’economia politica della borghesia ) contro il sogget- tivismo e l’unila- teralità ossia Kant non ha compreso la legge uni- versale della dialettica del « finito »? 196 LENIN zione, che è il concetto in quanto concetto »... ... « L’idea, in quanto il concetto è ora per sé il concetto in sé e per sé determinato, è l’idea pratica , il fare » (319). E il § successivo è intitolato: B. L'idea del bene. Hegel sulla pratica e sull’og- gettività della conoscenza La conoscenza teorica deve dare Log- getto nella sua necessità, nelle sue rela- zioni onnilaterali, nel suo contraddittorio movimento an und fiir sich. Ma il con- cetto umano afferra, coglie, si appropria definitivamente questa verità oggettiva della conoscenza solo quando diventi « es- sere per sé » nel senso della prassi. Cioè la prassi dell’uomo e dell’umanità è il mezzo di controllo, il criterio dell'ogget- tività della conoscenza. È questo il pen- siero di Hegel? Sulla cosa bisogna ritor- nare. Perché mai dalla prassi, dall’azione, si passa soltanto al « bene », das Gute? È angusto, unilaterale f E V utile? Senza dubbio qui rientra anche lutile. O per Hegel Futile è anche das Gute? Tutto questo nel capitolo Videa del conoscere (capitolo II), nel passaggio al- P« idea assoluta » ( capitolo III ) , ed è quindi indubbio che in Hegel la pratica si pone come un anello nell’analisi del processo della conoscenza e precisamente come il trapasso alla verità oggettiva (per Hegel «assoluta»). Marx si ricollega quindi direttamente a Hegel, introducen- « SCIENZA DELLA LOGICA » 197 do il criterio della pratica nella teoria della conoscenza: cfr. le tesi su Feuer- bach 52 . Alias: La coscienza dell’uomo non solo rispecchia il mon- do oggettivo, ma altresì lo crea. II concetto (= l'uomo) in quanto soggettivo presuppone di nuovo un essere altro che è in sé ( = la natura indipendente dall’uomo). Questo concetto ( = l’uomo) è impulso a realizzarsi, a darsi mediante sé stesso ogget- tività nel mondo oggettivo e ad attuarsi (a compiersi). Nell’idea * teorica ( nel campo della teoria) il concetto (la co- noscenza?) soggettivo come uni- versale e come Fin sé privo di determinazioni si oppone al mon- do oggettivo, da cui trae il con- tenuto determinato e il riempi- mento. Nell’idea pratica (nel campo della pratica) questo concetto come reale (attivo?) si oppone al reale. La certezza di sé che il sog- getto [T_qui d'im prov viso al po- sto del « concetto »~] | ha nel suo essere in sé e per sé, come sog- getto determinato, è la certezza della propria realtà e dell'irrealtà del mondo. La pratica nella teo- ria della conoscenza (320) «In quanto soggettivo esso [der Begriffl ha di nuovo la presupposizione di un essere altro che è in sé; è Yimpulso a realizzarsi, Io scopo che vuole rea- lizzarsi e darsi oggettività nel mondo oggettivo mediante sé stesso. Nell’idea teorica il con- cetto soggettivo sta come l’uni- versale, come l’indeterminato in sé e per sé, di contro al mondo oggettivo, da cui trae il contenuto determinato e il riempimento. Nell’idea pratica, invece, sta co- me il reale di contro al reale; ma la certezza di sé, che il sog- getto ha nel suo essere determi- nato in sé e per sé, è una cer- tezza della sua realtà e dell’ir- realtò. del mondo »... 198 LENIN ossia il mondo non soddi- sfa l’uomo, e l’uomo deci- de di cambiarlo con la sua azione. Essenziale: Il « bene » è un’« esigenza del- la realtà esterna », ossia per « bene » si intende la pratica del- l’uomo = l’esigenza (1) anche della realtà esterna (2). La pratica è supe- riore alla conoscenza (teorica), perché essa ha la dignità non solo dell’universa- le, ma anche della realtà imme- diata. L’attività dello scopo non è diretta contro di sé... ma per darsi realtà nella forma dell'esteriore attualità mediante la distruzione di determinati (la- ti, tratti, fenomeni) del mondo esterno. ...«Questa determinazione con- tenuta nel concetto, a esso ugua- le a includente in sé l’esigenza della singola realtà esterna è il bene. Esso compare con la digni- tà di essere assoluto, perché è la totalità del concetto in sé, l’og- gettivo che ha a un tempo la forma della libera unità e sog- gettività. Quest’idea è supe- riore all'idea del co- noscere sopra consi- derata, perché ha in sé la dignità non solo dell’universale, ma anche del semplice- mente reale » ( 320 - 321 )... ... « L’attività dello scopo è di- retta quindi contro di sé non per accogliere in sé e appropriar- si una determinazione data, ma per porre la sua propria deter- minazione e darsi realtà nella for- ma dell’esteriore attualità me- diante l’eliminazione delle deter- minazioni del mondo esterno » ( 321 )... ... « Il bene compiuto è bene in quanto esso è già nel fine soggettivo, nella sua idea; il compimento gli dà un’esistenza esterna » ( 322 )... « SCIENZA DELLA LOGICA » 199 « Dal lato del mondo oggettivo a esso presupposto, nella cui presupposizione consiste la soggettività e finità del. bene e che come un altro procede per La sua strada , il compimento del bene si imbatte in ostacoli e persino nell’impossibilità » (322-323)...+ Il « mondo oggettivo » « procede per la sua strada », e la pratica dell’uomo, aven- do dinanzi a sé questo mondo oggettivo, incontra « difficoltà nella realizzazione » dello scopo e si imbatte persino nelT« im- possibilità ». + ... « Il bene rimane così un dover essere; esso è in sé e per sé, ma Tessere, in quanto ultima, astratta immediatezza, rimane determi- nato di fronte a esso anche come un non es- sere »....+ + Il bene, il buono, le buone intenzioni rimangono un dover essere soggettivo ... + +... « L’idea del bene compiuto è in- vero un postulato assoluto, ma niente piu che un postulato, cioè l’assoluto carico della deter- minazione della soggettività. Sono ancora due mondi opposti , il regno della soggettività nei p u r i spazi del pensiero trasparente e il re- gno delT oggettività nell’elemento di una realtà esteriormente molteplice , che è il regno ancora chiuso delle tenebre. Il completo sviluppo della contraddizione irrisol- ta, dello scopo assoluto a cui si oppone insupe- rabilmente la barriera di questa realtà, è stato esaminato più da vicino nella Fenomenologia dello spirito , pp. 453 sgg. » (323)... NB NB Due mondi: il sog- gettivo e Togget- tivo 200 LENIN Derisione dei puri « spazi del pensiero trasparente » nel regno della sog- gettività, a cui si oppongono le « tene- bre » della « molteplice » realtà « ogget- tiva ». ... « In quest’ultima [ = in der theoretischen Idee distinta von der praktischen Idee] il co- noscere si conosce soltanto come apprendere, come Tidentità per sé indeterminata del con- cetto con sé stesso; il riempimento, ossia Sog- gettività in sé e per sé determinata, è per Tidea teorica un che di dato , e il vero essere è la realtà che esiste indipenden- temente dal p o r re soggettivo. Viceversa, per Sidea pratica questa realtà, che le si oppone al tempo stesso come un limite invalicabile, vale come il nulla in sé e per sé, che deve ricevere la sua vera determinazione e il suo unico valore soltanto dagli scopi del bene. La volontà si frappone quindi essa stessa al conseguimento del suo scopo solo perché si separa dal conoscere e la realtà esterna, non assume per essa la forma del vero essere; e quindi Sidea del bene può trovare il suo com- pletamento soltanto nelSidea della verità » ( 323 - 324 ). Nota bene La conoscenza... trova dinanzi a sé il vero essere come una realtà che esiste in- dipendentemente dalle opinioni soggettive (Setzen). (Questo è puro materialismo!) La volontà dell'uomo, la sua pratica, in- tralcia essa stessa il conseguimento del suo fine... perché si separa dalla conoscenza e non riconosce la realtà esterna come vero essere (come verità oggettiva). Bisogna unificare la conoscenza con la pratica. NB « SCIENZA DELLA LOGICA » 201 E subito dopo: ... « Ma essa opera da sé questo passaggio » (il passaggio dell’idea della verità nell’idea del bene, della teoria nella pratica, e vice versa). « Nel sillogismo del fare la prima premessa è la connessione immediata dello scopo buono con la realtà di cui esso scopo si impadronisce e che indirizza, nella se- conda premessa, contro la realtà esterna come mezzo estrinseco» (324). Il « sillogismo del fare »... Per Hegel il fare , la prassi è un «sillogismo» logico, una figura logica. Il che è vero! Naturalmente, non nel senso che la figura logica abbia il suo esser altro nella pratica delFuomo ( = idealismo as- soluto), ma vice versa: la pratica umana, ripetendosi miliardi di volte, si fissa nella coscienza delFuomo mediante figure lo- giche. Queste figure hanno la solidità di un pregiudizio e un carattere assiomatico appunto (e soltanto) in virtù di questa ripetizione che avviene miliardi di volte. Prima premessa: scopo buono (scopo soggettivo ) versus realtà ( « realtà e- sterna » ) Seconda premessa: mezzo (strumento) estrinseco, Sogget- tivo) Terza premessa o conclusione: coinciden- za di soggettivo e oggettivo, controllo delle idee soggetti- ve, criterio della ve- rità oggettiva. NB NB 202 LENIN NB NB NB ...« Il compimento del bene contro una realtà opposta e diversa è quella mediazione che è essenzialmente necessaria per la correla- zione immediata e la realizzazione del bene »... ... « Ma* se lo scopo del bene non dovesse tuttavia essere con ciò » (con Fattività) « rea- lizzato, questa sarebbe una ricaduta del con- cetto in quella posizione che esso aveva prima della sua attività, — posizione della realtà de- terminata come nulla e tuttavia presupposta come reale; — una ricaduta che diventa pro- gresso nella cattiva infinità e che ha il suo unico fondamento nel fatto che, nel togliere quella astratta realtà, questo togliere viene an- che dimenticato immediatamente, cioè si dimen- tica che questa realtà è stata invece già pre- supposta come Fattualità in sé e per sé nulla, non oggettiva » ( 325 ) . Il mancato adempimento degli scopi (dell’attività umana) ha la sua causa (Grund) nel fatto che la realtà viene pre- sa come inesistente (nichtig) e non viene riconosciuta la sua realtà oggettiva. « Poiché, attraverso Fattività del concetto oggettivo, la realtà esterna viene modificata e la sua determinazione viene cosi tolta, appunto per questo le viene sottratta la realtà semplice- mente apparente, Festerna determinabilità e la nullità, ed essa viene quindi posta come esi- stente in sé e per sé »... 4* L’attività dell’uomo, che si è fatto un quadro oggettivo del mondo, modifica la realtà esterna, ne distrugge la determi- natezza ( =. ne cambia questi o quei lati, qualità) e le sottrae cosi i tratti dell’ap- parenza, delFesteriorità, della nullità, la rende esistente in sé e per sé ( = oggetti- vamente vera). « SCIENZA DELLA LOGICA » 203 + ... « Qui viene tolto in generale il presup- posto indicato, cioè la determinazione del bene come di uno scopo unicamente sog- gettivo e limitato per il suo contenuto, viene tolta la necessità di realizzare questo sco- po solo attraverso Pattività soggettiva nonché questa stessa attività. Nel risultato la mediazione si toglie da sé; il risultato è una immediatezza che non è la restaurazione del presupposto, ma, al contrario, il suo esser tolto. Con ciò l’idea del concetto determinato in sé e per sé è già posta, non soltanto nel soggetto attivo , ma anche come una realtà immediata, e, universalmente, quest’ul- tima, come è nel conoscere , è posta come un’ oggettività veramente esistente » (326). Il risultato dell’azione è il controllo della conoscenza soggettiva e il crite- rio dell’ oggettività veramente esistente. ... « In questo risultato il conoscere è quin- di ristabilito e collegato con l'idea pratica , la realtà prima rinvenuta è de- terminata in pari tempo come lo scopo assoluto realizzato, però non, come nel conoscere inda- gante, semplicemente quale mondo oggettivo, senza la soggettività del concetto, ma anche quale mondo oggettivo, il cui intrinseco fon- damento e la cui effettiva sussistenza sono il concetto. Questo è Pidea assoluta» (327). ((Fine del capitolo II. Passaggio al capitolo III; L'idea assoluta . ) ) Capitolo terzo; L'idea assoluta. ... « L’idea assoluta, cosi come è risultata, è Fidenti tà dell’idea teorica e di quella pratica, ognuna delle quali è per sé ancora unilatera- le » (327)... 204 LENIN L’unità dell’idea teorica (conoscenza) e della pratica — NB questo — e questa unità precisamente nel- la teoria della conoscenza, poiché come somma si ottiene T« idea assoluta» (ma l’idea = « das objektive Wahre») I v. V, p. 236.1 Rimane ora da considerare non già l’Inhalt, ma... « l’universale della sua forma, cioè il metodo » (329). « Nel conoscere indagante il metodo è ri- guardato anche come strumento, come un mez- zo che sta dal lato soggettivo e attraverso cui il soggetto si riferisce all’oggetto [...]. Nel vero conoscere, al contrario, il metodo non è sol- tanto un dato numero di determinazioni, ma la determinazione in sé e per sé del concetto, che è il termine medio » (termine medio nella figura logica del sillogismo) « solo perché ha insieme anche il significato delToggettivo » (331)... ...«Il metodo assoluto» (cioè il metodo per conoscere la verità oggettiva) « invece non si presenta come esteriore riflessione, ma pren- de il determinato dal suo oggetto stesso, poi- ché questo metodo è il suo principio immanen- te e la sua anima. Questo è ciò che Platone esigeva dal conoscere, di considerare cioè le cose in sé e per sé, da un lato, nella loro uni- versalità e, dall’altro lato, senza sviarsi da esse e attaccarsi a circostanze, esempi e confronti, ma di avere dinanzi a sé unicamente queste cose e di portare alla coscienza ciò che in esse è immanente»... (335-336). Questo metodo del « conoscere assoluto » è analitico ... ma « è insieme anche sintetico »- (336)... « SCIENZA DELLA LOGICA » « Dieses so sehr synthetlsche als analytische Moment des Urteils, wodurch das anf angliche Allgsmeine aus ihm selbst als das Artiere seiner sich bestimmt, ist das dialektische zu nennen » (336)... ( -f cfr. pagina seguente 53 ) « Questo momento tanto sintetico quanto analitico del giudìzio , in forza del quale [momento] l’universale iniziale [il concetto universale] si determina da sé come altro rispetto a sé stesso, deve es- sere chiamato dialettico.» Una definizione che non è delle più chiare!!! 1. La determinazione del concetto da sé | la cosa stessa deve essere considerata nelle sue relazioni e nel suo sviluppo |; 2. la contraddittorietà nella cosa stessa (das Anderc seiner), le forze e tendenze contrad- dittorie in ogni fenomeno; 3. la connessione deiranalisi e della sintesi. Sono questi, evidentemente, gli elementi della dialettica. Si possono forse presentare in modo più particolareggiato questi elementi come segue: 1. oggettività dell’esame ( non esem- pi, non digressioni, ma la cosa in sé stessa). 2. tutto Tinsieme delle molteplici ( + ) relazioni di questa cosa con le altre. 3. lo sviluppo di questa cosa (respec- tive del fenomeno), il suo proprio movimento, la sua propria vita. 4. t e n d e n z e (e ì lati ) internamente contraddittorie in questa cosa. 205 Una delle defi- nizioni della dialetti c a Elementi della dialettica 206 LENIN 5. La cosa (fenomeno, ecc.) come somma e # u n i t à degli opposti. 6. La lotta , respective il dispiegarsi di queste opposizioni, tendenze contraddittorie, ecc. 7. la connessione dell’analisi e della sin- tesi, — la scomposizione delle singole parti e l’insieme, la somma di queste parti. 8. ( + ) i rapporti di ogni cosa (fenomeno, ecc.) non sono soltanto molteplici, ma anche generali, universali. Ogni cosa (fenomeno, pro- cesso, ecc.) è connessa con ogni altra. 9. non soltanto unità degli opposti, ma anche trapassi di ogni determinazione, qualità, tratto, la to, proprietà in ogni altra | nel suo opposto? |. 10 . il processo infinito di scoperta di n u 0 ■ v i lati, rapporti, ecc. 11. il processo infinito di approfondimento della conoscenza umana delle cose, dei feno- meni, processi, ecc., che muove dal fenomeno all’essenza, dall’essenza meno profonda all’es- senza piu profonda. 12. dalla coesistenza alla causalità, da una forma di connessione e reciproca dipendenza a un’altra piu profonda e più universale. 13. la ripetizione in uno stadio più alto di certi tratti, proprietà, ecc. dello stadio infe- riore e 14. il presunto ritorno al vecchio (negazio- ne della negazione). 15. la lotta del contenuto con la forma e viceversa. Rigetto della forma, rielaborazione del contenuto. 16. il passaggio della quantità nella qua- lità e viceversa. ((15 e 16 sono esempi di 9.)) « SCIENZA DELLA LOGICA » 207 In breve la dialettica può definirsi come la dottrina dell’unità degli opposti. Con ciò sarà còlto il nucleo della dialet- tica, ma la cosa esige spiegazioni e svi- luppi. + (continuazione. Cfr. pagina precedente. 54 ) ... « La dialettica è una di quelle scienze antiche che sono state più ignorate nella meta- fisica » | qui evidentemente = teoria della conoscenza e logica | « dei moderni e poi, in generale, nella filosofia popolare, cosi degli an- tichi come dei moderni »... Di Platone Diogene Laerzio ha detto che è l’iniziatore del- la dialettica , cioè della terza scienza fi- losofica (come Talete è l’iniziatore della filo- sofia della natura e Socrate della filosofia mo- rale) 5S , ma intorno a questo merito di Pla- tone riflettono poco proprio quelli che più strepitano su di esso... ... « Si è riguardata spesso la dialettica come un'arte, quasi che si fondasse su un talento soggettivo e non appartenesse all’oggettività del concetto» (336-337)... È un grande merito di Kant l’aver introdotto di nuovo la dialettica, .l’averla riconosciuta «necessaria alla ragione» (337), ma il risultato (dell’applicazione della dialettica) deve essere l’« opposto » (di quello del kantismo). Cfr. sotto. Segue quindi uno schizzo della dia- lettica, che è molto interessante, chiaro, importante: ... « Oltre a presentarsi di solito come un che di accidentale, la dialettica è solita poi avere questa forma più precisa: di un dato oggetto, per esempio del mondo, del movimen- to, del punto, ecc., si mostra come gli inerisca una qualche determinazione, per esempio, se- condo Pordine degli oggetti indicati, la finalità nello spazio o nel tempo, il trovarsi in questo luogo, la negazione assoluta dello spazio; ma Platone e la dia- lettica Oggettività della dia- lettica... 208 LENIN dalla storia della dia- lettica la funzione dello scetticismo nella storia della dialettica la dialettica viene intesa come Kunststiick kantismo = (anche) scet- ticismo poi si mostra come altrettanto necessaria anche la determinazione opposta, per esempio rinfi- ttita nello spazio e nel tempo, il non trovarsi in questo luogo, il riferimento allo spazio e quindi la spazialità. La più antica scuola elea- tica ha applicato la sua dialettica in principal modo contro il movimento, Platone invece spesso contro le rappresentazioni e i concetti del suo tempo, in particolare contro i sofisti, ma anche contro le categorie pure e le deter- minazioni della riflessione; revoluto scetticismo posteriore ha esteso la dialettica non soltanto ai cosiddetti fatti immediati della coscienza e alle massime del vivere quotidiano, ma anche a tutti i concetti scientifici. Ora, la conclusione che si desume da questa dialettica è, in gene- rale, la contraddittorietà e nullità delle affer- mazioni stabilite. Ma questo può avvenire in un duplice senso: nel senso oggettivo, per cui Soggetto che si contraddice in sé stesso a que- sto modo si toglie ed è nullo; — era questa, per esempio, la conclusione degli eleati, secondo la quale veniva negata la verità del mondo, del movimento, del punto; — o nel senso sogget- tivo, per cui il conoscere è difettoso , Qucst’ul- tima conclusione viene ora intesa nel senso che sia soltanto la dialettica a produrre l’arti- ficio di una falsa apparenza. Questo è il modo di vedere consueto del cosiddetto sano intel- letto umano, che si attiene airevidenza sensibile e alle rappresentazioni ed enunciazioni consue- te » (337-338)... Diogene-il-cane 56 > per esempio, dimostra il movimento mettendosi a camminare: « una con- futazione volgare », dice Hegel. ... « Oppure il risultato della nullità sogget- tiva della dialettica non riguarda la dialettica stessa, ma piuttosto quel conoscere contro cui essa è rivolta e, nel senso dello scetticismo e della filosofia kantiana, il conoscere in gene- rale.» « SCIENZA DELLA LOGICA » 209 ... « II pregiudizio fondamentale è qui che la dialettica abbia soltanto un risultato nega- tivo » (338>. Tra l’altro, è un merito di Kant aver ri- chiamato Tattenzione sulla dialettica e sull’esa- me delle « determinazioni del pensiero in sé e per sé » ( 339 ). « L oggetto, quale esso e senza il pensiero e il concetto, è una rappresentazione o un no- me; soltanto nelle determinazioni del pensiero e del concetto esso e ciò che e »... .. « Non si deve pertanto considerare come una colpa di un oggetto o del conoscere, se essi per la loro natura o per un qualche colle- gamento estrinseco si rivelano dialettici »... ... « Cosi, tutti gli opposti, assunti come un che di stabile, per esempio, finito e infinito, individuale e universale, sono in contraddizione tra loro non per un collegamento estrinseco, ma anzi, come ha mostrato Tesarne della loro natura, sono in sé e per sé il passare » (339)... « Questo e ora il modo di vedere ricordato sopra, secondo cui un primo universale # , con - sìderato in sé e per sé, si rivela come l’altro da sé ».. ... « ma l’altro non è essenzialmente il vuoto negativo, il nulla, che viene preso come il risultato abituale del- la dialettica , bensì è l’altro del primo, il negativo delTimmediato; esso è quindi deter- minato come il mediato, e in generale contiene in sé la determinazione del primo. Il primo è pertanto essenzialmente anche conservato e mantenuto . Tenere fermo il positivo nel suo negativo, il contenuto del presupposto nel suo risultato, ecco ciò che vi è di piu importante nel conoscere razionale; basta solo la riflessio- I I! È vero! Rappre- sentazione e pensiero , sviluppo di en- || trambi, nil aliud. L’oggetto si rivela dialettico I concetti non sono immobili, ma di per sé, per loro natura, sono = tra- passo +t II primo con- cetto universale (anche = ogni concetto univer- sale, il primo che capita) Questo è molto importante per la comprensione della dialettica 14 639 210 LENIN in sé = in potenza, non ancora sviluppato, non ancora dispiegato ne più semplice per persuadersi dell’assoluta verità e necessità di questa istanza, e, riguar- do agli esempi per dimostrare questo, l’intera logica non consiste in altro » ( 340 ) . Non la nuda negazione, non la nega- zione irriflessa, non la negazione scettica , l’esitazione, il dubbio sono caratteristici ed essenziali nella dialettica, — la quale contiene indubbiamente in sé Telemento della negazione e, per giunta, come suo elemento più importante, — ma la nega- zione come momento della connessione, come momento di sviluppo, con la con- servazione del positivo, cioè senza alcuna esitazione, senza alcun eclettismo. La dialettica consiste, in generale, nella ne- gazione della prima proposizione, nella sua so- stituzione con la seconda (nel trapasso della prima nella seconda, nell’indicazione del nesso tra la prima e la seconda, ecc.). La seconda può essere presa come predicato della prima: « per esempio, il finito è infinito, l'uno è molteplice, l’individuale è universale» (341)... ... « Poiché il primo, ossia l’immediato, è il concetto in sé, e quindi è anche il negativo in sé, il momento dialettico di quest’ultimo con- siste nel fatto che la differenza, che esso con- tiene in sé, venga posta dentro di esso. Al con- trario, il secondo è appunto il determinato, la differenza o rapporto; il suo momento dialet- tico consiste quindi nel porre V unità in esso contenuta» (341-342)... (Riguardo alle «prime» affermazioni, tesi, ecc. positive, semplici e originarie, il « mo- mento dialettico», ossia la considerazione scientifica, esige che si indichi la differenza, la connessione, il passaggio. In mancanza di questo, la semplice affermazione positiva è in- completa, inerte, morta. Riguardo alla « secon- da » tesi, alla tesi negativa, il « momento dia- « SCIENZA DELLA LOGICA » 211 lettico » esige che si indichi P« unità », cioè la connessione del negativo con il positivo, il rinvenimento di questo positivo nel negativo. Dall’ affermazione alla negazione; dalla negazio- ne air« unità » con ciò che è affermato; senza questo la dialettica diventa nuda negazione, giuoco e scepsi.) ... « Se pertanto il negativo, il determinato, il rapporto, il giudizio e tutte le determinazioni comprese in questo secondo momento non ap- paiono già per se stesse come la contraddizione e come dialettiche, questo è unicamente un semplice difetto del pensare, che non connette insieme i propri pensieri. E, infatti, il mate- riale — le determinazioni opposte in un* unica relazione — è già posto e presente per il pensiero. Ma il pensiero formale si dà per leg- ge l’identità, fa cadere il contenuto contraddit- torio che ha dinanzi a sé nella sfera della rap- presentazione, nello spazio e nel tempo, dove il contraddittorio viene tenuto separato nella giustapposizione e nella successione e si pre- senta così dinanzi alla coscienza senza il reciproco contatto» (342). « Si presenta dinanzi alla coscienza sen- za il reciproco contatto » (l’oggetto); ec- co l’essenza dell’antidialettica. Solo che qui Hegel sembra mostrare le orecchie d’asino dell’idealismo, riferendo il tempo e lo spazio (in rapporto con la rappre- sentazione) a qualcosa di inferiore rispet- to al pensiero. Del resto, la rappresenta- zione è in un certo senso indubbiamente inferiore. La sostanza è che il pensiero deve afferrare tutta la « rappresentazio- ne » nel suo movimento, e per que- sto il pensiero deve essere dialettico. La rappresentazione è più vicina alla realtà che non il pensiero? Sì e no. La rappresentazione non può cogliere il 14 212 LENIN movimento nella sua totalità , non afferra, per esempio, il movimento a una velocità di 300.000 chilometri al secondo, ma il pensiero lo coglie e deve coglierlo. Il pensiero, tratto dalla rappre- sentazione, rispecchia anch’esso la realtà; il tempo è un modo d’essere della realtà oggettiva. Sta qui, nel concetto del tempo (e non nel rapporto tra la rappresenta- zione e il concetto), l’idealismo di Hegel. il sale della dialettica criterio del- la verità unità di concetto e realtà ...« Esso * si costruisce al riguardo il prin- cipio determinato che la contraddizione è im- pensabile; mentre, di fatto, il pensiero della contraddizione è il momento essenziale del con- cetto. Anche il pensiero formale pensa di fatto la contraddizione, ma esso ne distoglie subito lo sguardo, e con quel dire» (con l'enunciare che la contraddizione è impensabile) « passa soltanto all’astratta negazione.» « La negatività qui considerata costituisce ora il punto di svolta nel movimento del con- cetto. Essa è il semplice punto della relazione negativa con sé, la fonte intima di ogni attività, di ogni automovimento vitale e spirituale, l’ani- ma dialettica che ogni vero ha in sé e per cui soltanto esso è un vero; poiché solo su questa soggettività si fonda il togliersi dell’opposizione tra concetto e realtà e quella unità che è la verità. Il secondo negativo, il negativo del ne- gativo, a cui siamo pervenuti, è il togliersi della contraddizione, ma questo togliersi, come anche la contraddizione, non è Y operare di una riflessione esteriore, ma invece l 'intimo e piu oggettivo momento della vita e dello spirito, in virtù del quale un soggetto, una persona, un libero è» (342-343). Cioè il pensiero formale [n da,)- « SCIENZA DELLA LOGICA » 213 Qui è importante: 1) la caratterizza- zione della dialettica: automovimento, fonte di attività, movimento della vita e dello spirito; coincidenza dei concetti di soggetto (uomo) e realtà; 2) Poggettivi- smo al massimo grado ( « das objektivste Moment » ). Questa negazione della negazione è il terzo termine, dice Hegel (343), « se in generale si voglia contare », ma può essere riconosciuto anche come quarto (Quadruplizitàt) (344), se si contano due negazioni: la « semplice » (o « formale ») e P« assoluta » (343 in fine). La distinzione non mi è chiara, asso- luta non è uguale a piu concreta? « Che esso sia questa unità, e che tutta la forma del metodo sia una triplicità , è indubbia- mente soltanto il lato superficiale ed estrinseco del modo di conoscere » ( 344 ) , ma, egli dice, è già « un merito infinito della filosofia kantiana » l’aver anche solo indicato questo lato (sia pure ohne Begriff*). « Il formalismo si è in effetti impadronito anche della triplicità e si è attenuto al suo vuoto schema; ma il superficiale abuso e il vuoto del cosiddetto costruire filosofico moderno, consi- stente nell’inserire dappertutto questo schema formale, senza concetto e senza determinazio- ne immanente, e nell’usarlo per istituire un ordine estrinseco, hanno reso quella forma noio- sa e l’hanno screditata. Tuttavia, per la trivia- lità di quest’uso, essa non può perdere il suo valore intrinseco, ed è sempre da apprezzare altamente che si sia trovata anche solo la figura NB; la « tripli- cità » della dia- lettica è il suo lato superficiale, estrinseco Hegel ingiuria aspramente il formalismo, la noia, la vacui- tà del giocare con la dialet- tica senza concetto ( n.d.t .). 214 LENIN del razionale sinora non compresa in concetti » (344-345). Il risultato della negazione della negazione, questo terzo non è... « un terzo quieto, ma ap- punto come questa unità» (degli opposti) «è il movimento e Fattività che si mediano con sé stessi» (345).,. Il risultato di questa trasformazione dialet- tica nel « terzo », nella sintesi, è una nuova premessa, un’affermazione, ecc., che diventa di nuovo fonte di un’ulteriore analisi. Ma in es- sa, in questo « terzo » stadio, è già entrato il «contenuto» della conoscenza ( « il con- tenuto del conoscere entra come tale nel giro della considerazione»), e il metodo si dilata a sistema (346). Il cominciamento di tutti i ragionamenti, di tutta l’analisi, questa prima premessa, sem- bra ora già indeterminato, « imperfetto »; ap- pare l’esigenza di dimostrarlo, di « dedurlo » ( ableiten ) ; si ottiene che « può apparire come l’esigenza del progresso infinito che va all’ in- dietro nel dimostrare e nel dedurre» (347), ma, d’altra parte, la nuova premessa spinge avanti ... ... « Il conoscere si svolge da contenuto a contenuto. Questo procedere si determina anzi- tutto per il fatto di cominciare da determina- zioni semplici e per il fatto che le successive diventano sempre piu ricche e concrete . Il ri- sultato contiene infatti il nuovo cominciamento, e questo si è arricchito nel suo corso di una nuo- va determinazione. L’universale costituisce il fondamento; e quindi l’avanzamento non è da prendere come un fluire da altro ad altro. Nel metodo assoluto il concetto si conserva nel suo essere altro, l’universale nella sua partico- larizzazione, nel giudizio, nella realtà; in ogni fase dell’ulteriore determinazione l’universale solleva tutta la massa del suo contenuto prece- dente e non solo non perde niente e non si lascia niente alle spalle per questo suo avanzare « SCIENZA DELLA LOGICA » 215 dialettico, ma anzi porta con sé tutto l’acqui- sito e si arricchisce e si condensa in sé » (349)... ( Questo frammento riassume a suo mo- \ do abbastanza bene ciò che è la dialettica. / Ma V estensione esige anche un approfondi- mento (« In-sich-gehen ») «e la maggiore esten- sione è parimente una più alta intensità ». « Il più ricco è quindi il più concreto e il più soggettivo , e ciò che ritorna a sé nella piu semplice profondità è il più potente e in- vadente » (349). « Cosi avviene che ogni passo avanti verso Tulteriore determinazione, mentre si allontana dal cominciamento indeterminato, è anche un riavvicinamento a esso, e che pertanto ciò che prima poteva sembrare diverso — la regres- siva fondazione del cominciamento e la sua ulteriore progressiva determinazione — coin- cide ed è la stessa cosa» (350). Non si può deprezieren questo comincia- mento indeterminato: ... « non c’è bisogno di svalutarlo per il fatto che lo » ( il cominciamento ) « si può far valere solo provvisoriamente e ipotetica- mente. Ciò che si potrebbe obiettare contro di esso, — per esempio, che la conoscenza umana è limitata e che prima di venire alla cosa occor- re esaminare criticamente lo strumento del co- noscere, — sono appunto i presupposti che, come determinazioni concrete, recano con sé l’esigenza della loro mediazione e fondazione. Poiché questi presupposti non hanno formal- mente alcun vantaggio rispetto a quel comin- ciamento con la cosa stessa contro cui prote- stano, e anzi, poiché per il loro contenuto più concreto hanno bisogno di una deduzione, essi vanno considerati soltanto come vane pre- tese, alle quali non è da dedicare attenzione più che ad altro. Il loro contenuto è non vero, in quanto essi rendono irrefutabile e assoluto NB questo: i l piti ricco è il più con- creto e so g- gettivo NB Hegel contro Kant 216 LENIN contro Kant (giusto) ciò che è saputo come finito e non vero, cioè un conoscere limitato, determinato come forma e strumento rispetto al suo contenuto; questo conoscere non vero è esso stesso anche la for- ma, il fondare che va all’indietro. Anche il metodo della verità conosce il cominciamento come un che di imperfetto, in quanto esso è cominciamento, ma al tempo stesso conosce questo imperfetto in generale come un che di necessario, perché la verità non è altro che il venire a sé stesso attraverso la negatività del- l’immediatezza » (350-351)... La scienza è un circolo di circoli NB: il nesso del metodo dia- lettico con T« erfiilltes Sein », con l’es- sere pieno di con- tenuto e concreto ... « In virtù dell’ accennata natura del me- todo la scienza si presenta come un circolo chiuso in sé stesso, al cui cominciamento, che è il fondamento semplice, la mediazione ran- noda la fine; inoltre, questo circolo è un cir- colo di circoli [...]. Frammenti di questa catena sono le singole scienze» (351)... « Il metodo è il concetto puro, che si rife- risce soltanto a sé stesso; esso è quindi quel semplice riferimento a sé che è l’essere. Ma ora è anche un essere riempito, il concetto che comprende sé stesso, l’essere come totalità con- creta e insieme assolutamente intensiva »... ...«In secondo luogo, quest’idea» ((die Idee des absoluten Erkennens ) ) « è ancora lo- gica, è racchiusa nel pensiero puro ed è sol- tanto la scienza del concetto divino. Il suo sistematico sviluppo è invero esso stesso una realizzazione, ma contenuta dentro questa stessa sfera. La pura idea del conoscere, in quanto è racchiusa nella soggettività, è impulso a toglie- re la soggettività; e la verità pura, come risul- tato ultimo, diventa anche il cominciamento di un'altra sfera e scienza. Questo passaggio merita di essere qui solo accennato. « SCIENZA DELLA LOGICA » 217 « In quanto cioè ridea si pone come unità assoluta del concetto puro e della sua realtà, e quindi si racchiude neirimmediatezza dell* es- sere, essa è allora, come totalità in questa forma, natura» (352-353). Questa proposizione dell’ ultima pa- gina, 353, della Logica è arcinotevole. Trapasso dell’idea logica in natura. Il materialismo è a portata di mano. Aveva ragione Engels nel dire che il sistema di Hegel è un materialismo con la testa in giu 57 . Questa non è Tultima proposizione della Logica, ma il resto, sino alla fine della pagina, non ha importanza. Fine della Logica. 17-XII-1914. Passaggio dall’idea alla na- tura... NB: nella piccola Logica ( Enciclo- pedia , i 244, Zu- satz, p. 414) V ul- tima proposizione del libro è: «diese seiende Idee aber ist die Natur » *. È da rilevare che l’intero capitolo sul- l’« idea assoluta » non fa quasi parola di Dio (forse una sola volta è sfuggito ca- sualmente un « concetto » « divino » ) e inoltre — NB questo - quasi non con- tiene specificamente 1* id e al i s m o , ma ha come oggetto principale il metodo dialettico. Compendio e riassun- to, ultima parola ed essenza della logica di Hegel è il metodo dialettico \ questo è eccezionalmente importante. E ancora una cosa: in quest’opera di Hegel, che è la più idealistica, vi è il meno di idealismo e il p i u di materialismo. È « contraddittorio », ma è un fatto! ma quest’idea esistente è la natura » ( n.d.l .). 218 LENIN NB: « il genere o la forza e la legge » ( genere = legge! ) Molto giusto! Cfr. la nota di Marx nel Capi- tale , I, 5.2 * Volume VI, p. 399: Enciclopedia , § 227: eccellente sul metodo analitico ( « scomporre » il fenomeno « dato concreto », « dare la forma deiruniversalità astratta » ai suoi singoli lati e « herausheben * » « il genere o la forza e la legge »), p. 398, e sulla sua applicazione: Non dipende affatto dal « nostro arbitrio » (398) l’applicare il metodo analitico o il meto- do sintetico (come man zu sprechen pflegt**), ma dipende invece dalla « forma stessa del- l’oggetto da conoscere ». Locke e gli empiristi si attengono al punto di vista dellanalisi. E ripetono spesso che « il conoscere in generale non potrebbe fare di piu» (399). « Ma è subito evidente che questo è uno stravolgere le cose e che il conoscere che vo- glia prendere le cose cosi come sono cade qui in contraddizione con sé stesso.» Il chimico, per esempio, « martert » *** un pezzo di carne e vi scopre l’azoto, l’ossigeno, ecc. « Ma queste materie astratte non sono più carne.» Si possono dare molte definizioni, perché gli oggetti hanno molti lati: « Quanto più ricco è Toggetto da definire, ossia quanti più lati diversi esso offre all’esa- me, tanto più diverse sono le definizioni che se ne suole dare» (400, § 229): per esempio, la definizione della vita, dello Stato, ecc. Spinoza e Schelling forniscono nelle loro definizioni una massa di elementi « speculati- vi » (evidentemente, Hegel usa qui questo ter- mine nella sua accezione migliore), ma « sotto forma di asserzione ». La filosofia deve invece tutto dimostrare e dedurre e non limitarsi alle definizioni. * « estrarre », «far risaltare» [njj.). ** si è soliti dire {n.d.t.). *** «tortura» ( n.d.t .). « SCIENZA DELLA LOGICA » 219 La partizione (Einteilung) deve essere « na- turale, e non puramente artificiosa, cioè arbi- traria » (401). pp. 403-404 : stizza contro la « costruzio- ne » e il « giuoco » del costruire, mentre la questione sta nel « concetto », neir« idea », nel- T«unità del concetto e dell’oggettività» (403)... Nella piccola Enciclopedia , § 233, la se- zione b è intitolata: Das Wollen (cièche nella grande Logica è die Idee des Guten). L’attività è « contraddizione », il fine è reale e irreale, possibile e non ... ecc. « Ma formalmente la scomparsa di questa contraddizione sta nel fatto che l’attività toglie la soggettività dello scopo e con ciò stesso an- che l’oggettività, l’opposizione per cui entrambe sono finite, e non toglie solo l’unilateralità di questa soggettività, ma la soggettività in ge- nerale » (406). La posizione di Kant e di Fichte (soprat- tutto nella filosofia morale) è la posizione dello scopo, del dover essere soggettivo (407) (sen- za connessione con l’oggettività) ... Parlando dell’idea assoluta, Hegel dileggia (§ 237, v. VI, p. 409) le « declamazioni » su quest’idea, quasi che in essa tutto si riveli, e osserva che: « l'idea assoluta [...] è [ ... ] l’universale, ma l'universale non semplicemente come forma astratta, al quale [sic!] il contenuto particolare si opponga come un altro, ma come la forma assoluta in cui sono ritornate tutte le deter- minazioni, tutta la pienezza del contenuto po- sto per loro tramite, L’idea assoluta è da para- gonare in tal senso al vecchio che pronunci le stesse proposizioni religiose del bambino, ma per il quale esse assumono il significato di tutta la sua vita. Pur se il bambino comprende il contenuto religioso, quest’ultimo ha tuttavia valore solo per lui come qualcosa al di fuori del quale sta tutta la vita e tutto il mondo ». très bien! Un paragone ec- cellente! Invece della triviale re- ligione bisogna prendere tutte le verità astratte 220 LENIN incantevole! très bien molto bene! (e plastico) ... « L’interesse sta nell’intero movimento » ($ 237, p. 409). « Il contenuto è il vivente sviluppo della idea »... « Ognuno degli stadi sin qui esaminati è un’immagine dell’assoluto, ma anzitutto in guisa limitata» (410). § 238, aggiunta: « Il metodo filosofico è a un tempo anali- tico e sintetico, non nel senso però che questi due metodi del conoscere finito stiano insieme o si alternino, ma invece nel senso che esso li contiene entrambi in sé come tolti e in ogni suo movimento si comporta al tempo stesso analiticamente e sinteticamente. Il pen- siero filosofico opera analiticamente, in quanto si limita ad accogliere il suo oggetto, l’idea, lascia che l’idea si affermi e, per così dire, ne osserva soltanto il movimento e lo sviluppo. Il filosofare è in tal senso del tutto passivo. Ma in pari tempo il pensiero filosofico è sintetico e si manifesta come l’attività del concetto stesso. Ma questo esige che ci si astenga dalle supposi- zioni personali e dalle opinioni particolari, che tendono sempre a venir fuori » (411)... (§ 243, p. 413)... «.Il metodo, in questo modo, non è forma esterna, ma l’anima e il concetto del contenuto »... (Fine ddYEnciclopedia; cfr. sopra, in mar- gine, la citazione dalla fine della Logica *.) RECENTE LETTERATURA SU HEGEL" I neohegeliani: C a i r d t B r a d l e y . /. B . B a i l l i e , The origin and si- gnificane e of HegeVs logie, London, 1901 (pp. 375). Recensione in R e v u e philoso- p b i q u e , 1902, n. 2, p. 312. A quanto sem- bra, Fautore non si limita (come Vera) a ripe- tere i termini di Hegel, ma si studia di esami- narlo e interpretarlo storicamente. Tra l’altro, capitolo X: rapporto tra logica e natura (Hegel non avrebbe raggiunto lo scopo). L’importanza di Hegel starebbe nel fatto che egli « ha dimo- strato il carattere oggettivo della conoscenza » (p. 314)... William Wallace, Prolegomena to thè study of HegeVs philosophy and especially of bis logie, Oxford-London, 1894. Recensione in Revue philosophique, 1894, n. 2, p. 538. Seconda edizione, la prima è del 1874. L’autore ha tradotto la Logica di Hegel. « Il signor Wallace espone con precisione la concezione hegeliana di questa scienza » (del- la logica), « scienza che presiede tanto alla filosofia della natura quanto alla filosofia dello spirito, poiché il pensiero puro, o idea, è il fondamento comune della realtà materiale e di quella psichica» (540). I Dello stesso: 1894, traduzione di Philosophy of mind 61 , con un ca- pitolo esplicativo. Recensione ibidem. 224 LENIN Su Wallace una recensione elogiativa, ma vuota di contenuto, in Zeitschrift f u r P h il o s o p h i e , v. Ili, 1898, p. 208. interpreta- zione idealistica dell’ ener- gia?? P. Rotta , La rinascita delVHegel e la filosofia perenne, nell’italiana Rivista di filosofia , 1911, I. (Recensione in Revue philosopbique , 1911, n. 2, p. 333.) Rotta è un seguace di Caird. A quanto pare, nihil. Tra l’altro, « la concezione neohegeliana di Bradley circa un’energia invisibile, che si ma- nifesta costantemente, è presente e operante in ogni mutamento e in ogni attività indivi- duale » 62 . /. G r i e r H i b b e n , Hegel* s logie , an essay in interpretation, New York, 1902 (pp. 313). L’autore della recen- sione 63 sottolinea, in generale, «la rinasci- ta dell’hegelismo nei paesi anglosassoni », « negli ultimi anni ». NB Recensione in Revue philosopbique, 1904 , I, p. 430: « Nonostante il titolo, il lavoro del signor H. non è tanto un commento interpre- tativo quanto invece un riassunto quasi lettera- le ». L’autore ha compilato una specie di dizio- nario dei termini usati nella Logica di Hegel. Ma non starebbe qui la sostanza: « I commen- tatori disputano ancora sulla posizione assunta da Hegel, sul significato fondamentale e sullo scopo effettivo della sua dialettica. Alle celebri critiche di Setb si sono opposte talune esegesi recenti, quelle, segnatamente, di Me Taggart e di G. Noel , che attribuiscono alla Logica, presa nel suo insieme, un significato radicalmente di- verso » (431). RECENTE LETTERATURA SU HEGEL 225 A giudizio di Hibben, la Logica di Hegel « non è un semplice sistema speculativo, una combinazione piu o meno dotta di concetti astrat- ti »; essa è, al tempo stesso, « un’interpreta- zione della vita universale in tutta la pienezza del suo significato concreto» (p. 430). Preussische Jabrbucber (v. 151), 1913, marzo, articolo del dr. Ferd. J. Schmidt: Hegel und Marx . L’autore elogia la svolta verso Hegel, ingiuria la « scolastica teoretico-conoscitiva », cita i neohegeliani Constant in Ròssler e Adolf Lasson (dei Preussische Jabrbucber) e, riguar- do al libro di Plenge* t dichiara che Marx non avrebbe capito il significato dell’« idea nazio- nale » come sintesi. Il merito di Marx — or- ganizzare gli operai — è grande, ma... unila- terale. Modello di castrazione « liberale » (più esat- tamente, borghese, nel senso del filantropismo per gli operai, poiché l’autore è, con ogni pro- babilità, un conservatore) di Marx. Me Taggart Ellis Me Taggart, Studies in thè hegelian dialectic , Cambridge, 1896 (pp. 259). Recensione in Zeitschrift fiir Philosophìe , v. 119 (1902), p. 185. L’autore, considerato uno specialista della filosofia di Hegel, parrebbe difenderla contro Seth, Balfour, Lotze, Tren- delenburg, ecc. (il Me Taggart è, evidentemente, un arcidealista). Emil Hammacher, Die Bedeutung der Phi- losophie Hegels (pp. 92), Leipzig, 1911. Recensione in Zeitschrift fiir Philosophìe , v. 148 (1912), p. 95. Sembra vi siano discrete osservazioni sulla « ripresa dell’idealismo post- kantiano nel presente »; Windelband sarebbe 15-639 226 LENIN un agnostico (p. 96), ecc., ma l’autore, come del resto Riehl, Dilthey e altre « stelle », non avrebbe capito affatto 1*« idealismo assoluto » di Hegel. Si sarebbe accinto a un lavoro supe- riore alle sue forze. Andrew Seth, The development from Kant to Hegel with chapters on thè philosophy of religioni London, 1882. Recensione in Zeit- schrift fiir Philosophie , v. 83, p. 145 (1883). Sembra che l’autore difenda Hegel contro Kant. (In generale, è elogiativa.) Stirling, The secret of Hegel. Recensione, ivi , v. 53 (1868), p. 268. L’autore, un appas- sionato di Hegel, lo spiegherebbe agli inglesi. Bertrando Spaventa, Da Socrate ad Hegel, Bari, 1905 (pp. 432, L. 4,50). Recensione, ivi, v. 129 (1906). Si tratterebbe di una rac- colta di articoli, riguardanti tra l’altro Hegel, di cui Spaventa è un fedele seguace. Stirling, The secret of Hegel. In italiano: Spaventa^ Da Socrate ad Hegel. Rafl. Mariano. In tedesco: Michelet und Haring, Dialektische Methode Hegels (1888). Schmitt, Das Geheimnis der hegelschen D ialektik (1888). SCHEDE BIBLIOGRAFICHE Su Jean Perrin 45 Notare: J . Perrin, Traité de chimxe physique. Les principes (pp. 300), Paris, 1903. Recensione di Abel Re y in Re vu e phì - losophique, 1904, 1, col titolo: Les prin- cipes philosophiques de la chimie physique. (Perrin analizza i concetti di forza, ecc., di causa , ecc., di energia, ecc., con- tro P« interpretazione dell* energia come sostanza misteriosa » (p. 401)... Abel Rey defi- nisce Perrin un avversario dei « sistemi neo- scettici».) Su Peter Genoff 66 Peter Genoff, Feuerbachs Erkenntnistbeorie uni Metaphysik, Ziirich, 1911 (Berner Disser- tation) (pp. 89). Landesbibliothek Questo lavoro, puramente scolastico, consta quasi esclusiva m e n t e di citazioni dalle opere di Feuerbach | secondo l 'edizione J o il | . Può essere utile soltanto come silloge di citazioni, ma non è nemmeno completa. Il tema è stato t ut t r altro che eia- borato dall'autore. L'autore cita principalmente: v. II, soprattutto Tbesen und Grundsàtze, poi Wider den Dudismus. v. X, soprattutto tlber Spiritualismus und Materialismus 67 . v. Vili, Vorlesungen iiber das Wesen der |sjg Religion (lo stesso Feuerbach ha scritto, nel 1848, che si tratta di un’opera piu matura del- l' Essenza del cristianesimo, uscita nel 1841 ) rym, pp. 26, 29; 102-109; 288; 329, eccj v. VII, Das Wesen der Religion (1845: Feuerbach la considera i M~ portante). SCHEDE BIBLIOGRAFICHE 231 v. IV, Leibniz con annotazioni del 1 8 4 7. (NB) jjy. pp. 261; 197; 190-191; 274J. v. VII, Aggiunte a Wesen des Christen - tums. L’autore cita (nello spirito di Feuerbach): Ebbinghaus, Experimentelle Psychologie, p. 110 e 45. F. Jodl, Lehrbuch der Psycbologie, p. 403. A, Forel, Gebirn und Seele, X. Aufl., p. 14. Lange (II v., p. 104) avrebbe chiaramente torto contro Feuerbach (p. 83 e 88), travisando (e negando) il materialismo di Feuerbach All’inizio l’autore delinea uno schizzo dello sviluppo filosofico di Feuerbach: Todesgedan- ken (1830), ancora hegeliano; Der Sobri ftstel - ler und der Menscb * (1834), inizio della rot- tura; Kritik des Antibegel (1835), contro i nemici di Hegel, ma non a favore di Hege (cfr. Griin 69 , I, 390 e 398, II, 409). Critica della filosofia hegeliana (1839). L* essenza del cristianesimo (1841) — rottura — Tesi e Prin- cipi della filosofia delVavvenire (1842 e 1843). L’essenza della religione (1845). Lezioni suU l’essenza della religione (1847). * Qui Tautore « non » era « panteista, ma politeista * (p. 13); « più leibnl- ziano che hegeliano» (p. 15). Su Paul Volkmann Paul V olkmann , Erkenntnistbeoretische Gruttdzùge der Naturwissenscbaften (Wissen- schaft und Hypothese, IX), 2. Aufl., Leipzig, 1910 (Nat. IV. 171 bibl. Berna) L’autore è un eclettico ed è volgare in filo- sofia, soprattutto negli scritti contro Haeckel, su Buckle, ecc., ecc. Ma è tuttavia orientato in senso materialistico, per esempio, a p. 35: « Il problema è di sapere se siamo noi a pre- scrivere i concetti alla natura o la natura a noi è per la combinazione dei due modi di vedere. Mach ha ragione (p. 38), ma ad esso (al punto di vista di Mach) oppongo quello « oggettivo »: « Cosi, io ritengo che la logica in noi trag- ga la sua origine dal corso regolare delle cose fuori di noi, che Testeriore necessità dei pro- cessi naturali sia la nostra prima e vera mae- stra » (p. 39), Insorge contro la fenomenologia e il mo- nismo contemporaneo, ma non capisce affatto Yessenza della filosofia materialistica e di quella idealistica. In sostanza, riduce la cosa ai « me- todi » delle scienze naturali nello spirito gene- rale del positivismo. Non sa neanche impostare il problema della realtà oggettiva della natura fuori della coscienza (e delle sensazioni) del- Tumanità. Su Max Verwortt Max Verwom, Die Biogenbypotbese, Jena, 1903, (Med. 5218) L’autore sviluppa il tema particolare della « sostanza vivente » e del metabolismo chimi- co. Un tema particolare. C’è un indice bibliografico sulla questione. j>. 112: «ipotesi di lavoro»: è qui l’es- senziale. Per esempio, nel sec. XIX il mate- rialismo avrebbe recato grande utilità alle scien- ze naturali, ma oggi « nessun naturalista filo- sofo riterrà adeguata la concezione materiali- stica » (112). Non esistono verità eterne. Im- portanza delle idee, loro Fruchtbarkeit *, loro funzione come « fermento », « che crea e agi- sce » (113). | È qui caratteristica l’ingenua espressione dell’idea che il « materialismo » infastidisce? Nessun concetto del materialismo dialettico e to- tale incapacità di distinguere il materialismo come filosofia dalle singole vedute fossi- lizzate dei filistei di una data epoca che si di- cono materialisti. | Lo scopo dell’autore — I’« analisi meccani- ca dei fenomeni della vita » (p. 1, prefazione) — rimanda all’ultimo capitolo del V All gemerne Physiologie. cfr. p. 9 definizione di « En- zyme fruttuosità, fecondità ( n.d.t .). 234 LENIN Invece di «proteina vivente» (p. 25), no- zione che sarebbe poco chiara, invece di « mo- lecola proteica vivente » ( « poiché la molecola non può esser vivente»), l’autore propone di parlare di « Biogenmolekul » (p. 25). La trasformazione del chimico nel vi- vente: ecco dove sta, evidentemente, la sostanza della questione. Per muoverci liberamente tra queste novità ancora oscu- re e ipotetiche, abbasso il « materiali- smo », abbasso le vecchie idee ( « mole- cola ») che c’« impacciano », diamo nuovi nomi (biogeno) per cercare piu libera- mente nuove cognizioni! NB. Sul proble- ma delle fonti e dei motivi vitali che sol- lecitano l’« idealismo » contemporaneo nella fisica e nelle scienze naturali in ge- nere. RIASSUNTO DEL «LEIBNIZ» DI FEUERBACH 71 Ludwig Feuerbach, Sàmtliche Werke, v. IV, 1910: Darstellung, Enttvicklung uni Kritik der leibnizschen Pbilosophie. Nella brillante presentazione di Leibniz so- no da notare alcuni passi particolarmente rile* vanti (il che non è facile, giacché tutto — ossia la prima parte (§§ 1-3) — è cosa molto rile- vante), nonché le aggiunte del 18 47 . Feuerbach ha scritto il Leibniz nel 1836, quan- do era ancora idealista. Ì § 20 § 21 e singoli passi sono del 1847 p. 27: il tratto che differenzia Leibniz da Spinoza: in Leibniz al concetto di sostanza si aggiunge il concetto di forzane cioè di forza attiva »... il principio di « attività spontanea » ( 29 ) . Ergo, attraverso la teologia Leibniz si è accostato al principio della connessio- ne inscindibile (e universale, assoluta) tra materia e movimento. Cosi, sembra, è da intendere Feuerbach? p. 32: « L'essenza di Spinoza è Tiinità; quel- la di Leibniz è la differenza, la distinzione ». p. 34: La filosofia di Spinoza è un tele - scopio , quella di Leibniz un microscopio n . 238 LENIN « II mondo di Spinoza è un vetro acroma- tico della divinità, un medium attraverso cui vediamo soltanto l’incolore luce divina della sostanza unica; il mondo di Leibniz è un cri- stallo sfaccettato, un brillante, che, per la sua originale essenza, tramuta la semplice luce del- la sostanza in una ricchezza infinitamente poli- croma e al tempo stesso la oscura » (sic!). p. 40: « La sostanza corporea non è quindi per Leibniz, come per Descartes, una massa soltanto estesa, morta, messa in moto dall’ester- no, ma, come sostanza , ha in sé stessa una forza attiva, un irrequieto principio di attività ». Per questo, senza dubbio, anche Marx stimava Leibniz 73 , a dispetto dei suoi, di Leibniz, tratti « lassalliani » e delle sue tendenze alla conciliazione nella politica e nella religione. NB La monade è il principio della filosofia di Leibniz. Individualità, movimento, anima (di un genere particolare). Non gli atomi morti, ma le monadi (anime di un genere partico- lare) viventi, mobili, che riflettono in sé stesse tutto il mondo e possiedono la capacità di rappresentare: ecco gli « elementi ultimi » (p. 45). Ogni monade è diversa dall’altra. « Sarebbe [...] del tutto in contraddizione con la bellezza, con Tordine e con la ragione della natura, se il principio della vita o delle azioni intrinseche, proprie, fosse connesso sol- tanto con una parte minima o speciale della materia» (Leibniz, p. 45). « Tutta la natura è quindi piena di anime, come hanno giustamente riconosciuto i filosofi antichi, oppure di esseri analoghi alle anime. Con il microscopio si può infatti accertare che esiste una moltitudine di esseri viventi, non « LEIBNIZ » 239 visibili a occhio nudo, e che esistono piu anime che non granelli di sabbia e atomi » ( Leibniz, p. 45). Cfr. gli elettroni! Proprietà della monade: Vorstellung, Reprà- sentation. « Ma la Vorstellung stessa è soltanto la Re- pràsentation (riproduzione e raffigurazione) del complesso o dell’esteriore, cioè del molteplice, nel semplice »... o ... « lo stato transitorio che nell’unità, o nella sostanza semplice, contiene e riproduce la molteplicità » ( Leibniz , p. 49) — verworrene * (p. 50) (konfuse, p. 52) Vorstellung nella monade — (anche nell’uomo vi sarebbero molti sentimenti inconsapevoli,' verworrene, ecc.). Ogni monade è « un mondo per sé, una unità autosufficiente » ( Leibniz , p. 55). « Un misto di rappresentazioni confuse: ec- co che cosa sono i sensi, ecco che cos’è la ma- teria » (Leibniz, p. 58)... «La materia è quin- di il nesso delle monadi» (Ibidem)... Mia libera riesposizione: Monadi = anime di un genere parti- colare. Leibniz = idealista. La materia è qualcosa come un’alienazione dell’anima o una gelatina che unisce le monadi me- diante un nesso mondano, corporeo. « [...] la realtà assoluta sta soltanto nelle monadi e nelle loro rappresentazioni » (Leib- niz, p. 60). La materia è soltanto fenomeno . « La chiarezza è soltanto spirito » (p. 62) ... la materia è invece « oscurità e illibertà » (64). * indistinta ( n.d.t .). 240 LENIN NB Leibniz è vissuto: 1646-1716 Lo spazio è « in sé un che di ideale » (Leib- niz, pp. 70-71). ... « Il principio materiale della diversità della materia è il movimento» (72)... « Ancor meno esiste nella natura materiale uno spazio vuoto, come vogliono Newton e i suoi seguaci. La pompa pneumatica non dimo- stra affatto resistenza di un vuoto, poiché il vetro ha pori attraverso cui possono passare materie sottili d’ogni specie » ( Leibniz , 76-77). « La materia è un fenomeno » ( Leibniz, 78). «L’essere per sé della monade è la sua anima, il suo esser per Taltro è la materia » (Feuerbach, 78). L’anima umana è la monade centrale, superiore, l’entelechia, ecc., ecc. « E quindi ogni corpo è toccato da ciò che avviene nell’universo» (Leibniz, 83). « La monade rappresenta tutto l’universo » (Leibniz, 83). « La monade, non ostante la sua indivisi- bilità, è dotata di un impulso complesso, cioè di una molteplicità di rappresentazioni in sé, che aspirano ognuna alle proprie particolari modificazioni e che, per effetto della loro so- stanziale connessione con tutte le altre cose, sono al tempo stesso in essa »... « L’individua- lità contiene in sé, come in embrione, l’infini- to » (Leibniz, 84). C’è qui una dialettica di un genere particolare e anche molto profonda, non ostante l’idealismo e il pietismo. « Tutto nella natura è analogico » ( Leib- f niz, 86). « Nella natura non vi è in generale niente di assolutamente discreto; tutte le opposizioni, tutti i limiti di spazio e di tempo e di genere svaniscono dinanzi alla continuità assoluta, di- nanzi alla connessione infinita dell’universo » (Feuerbach, 87). « LEIBNIZ » 241 « La monade è toccata e colpita da ciò che avviene nel mondo, per effetto della sua ori- ginale natura, ch’è fatta di soli nervi, e non di carne e sangue »... non di meno « essa non è uno dei personaggi, ma solo una spettatrice del dramma del mondo. E proprio qui sta il difetto principale delle monadi » ( Feuerbach, 90). Accordo di anima e corpo: harmonie préé- tablie da Dio. «Il lato debole di Leibniz» (Feuer- bach, 95) 74 . « L’anima è una specie di automa spiri- tuale » (Leibniz, 98). (Lo stesso Leibniz ha detto una volta che il passaggio dall’occasiona- lismo alla sua filosofia è ben facile, Feuerbach, 100.) Ma in Leibniz questo viene dedotto dal- la «natura dell’anima» (101)... Nella Teodicea (§ 17) Leibniz ripete in sostanza l’argomento ontologico dell’esistenza di Dio. Leibniz ha criticato l’empirismo di Locke, nei suoi Nouveaux essati sur Ventendement , di- cendo che nihil est in intellectu, ecc. nisi intei- lectus ipse (!) (152). (Anche Feuerbach, nella prima edizione, critica Locke idealisticamente.) Il principio delle « verità necessarie » è «/« noi» (Leibniz, 148). Cfr. idem in Kant Sono in noi le idee di sostanza, di muta- mento, ecc. (Leibniz, 150). « Essere determinato verso il meglio me- diante la ragione è il grado più alto della li- bertà » (Leibniz, 154). 16-639 242 LENIN trapasso verso Kant derisione di Kant « La filosofia di Leibniz è idealismo » (Feuerbach, 160), ecc. ecc. ... « Il politeismo gioioso e pieno di vita della monadologia di Leibniz è trapassato nel monoteismo severo, ma perciò piu intenso e spirituale, dell* ” idealismo trascendentale ” » (Feuerbach, 188). I pp. 188-220: aggiunte del 1847 . I p. 188: «Filosofia idealistica, aprioristica»... « Ma, senza dubbio, ciò che per l’uomo è un aprìorì per il filosofo è invece un aposteriori ; perché, una volta che l’uomo abbia raccolto esperienze e le abbia unificate in concetti uni- versali, è naturalmente in condizione di enun- ciare "giudizi sintetici apriori’’. E quindi ciò che per un’età precedente è una cosa di esperienza diviene per un’età posteriore una cosa di ragione Cosi, Telettricità e il magnetismo erano un tempo proprietà empiriche, cioè qui acci- dentali, e percepite nei singoli corpi, mentre oggi, per effetto di osservazioni piu ampie, sono divenute proprietà di tutti i corpi, sono divenute proprietà essenziali del corpo [...]. Quindi sol- tanto dal punto di vista della storia dell’umanità si può dare una risposta positiva alla questione dell’origine delle idee» (191-192)... L’anima non è cera, non è una tabula rasa... « Per produrre la rappresentazione bisogna ag- giungere qualcosa di diverso dall’oggetto, e sa- rebbe perciò una vera stoltezza, se io volessi derivare dall’oggetto questo diverso che fonda Tessere proprio della rappresentazione. Ma che cos’è allora questo diverso? La forma dell’uni- versalità; giacché persino l’idea individuale, o rappresentazione, è, come osserva Leibniz, quan- to meno nei riguardi dell’oggetto reale indivi- duale, un che di generale, ossia nella fattispe- cie un che di indeterminato, di indifferente alle distinzioni, di distruttivo. La sensibilità è mas- « LEIBNIZ » 243 sieda, acritica, lussureggiante, mentre ridea, la rappresentazione, è limitata soltanto all'univer- sale e al necessario» (192). « L’idea fondamentale dei Nouveaux essais sur Ventendement humain , come della Critica della ragion pura , è quindi questa: V un iv e r - salita e la da essa inseparabile necessità esprimono la natura propria dell’intelletto o dell’essere capace di rappresen- tazioni, e non possono pertanto provenire dai sensi, o dall’esperienza, cioè qui dall’esterno » (193)... Quest’idea si trova già nei cartesiani: Feuer- bach cita Clauber g 75 del 16 5 2 . « Indubbiamente, quest’assioma » (che il tutto è maggiore della parte) « deve la sua cer- tezza non all’induzione, ma all’intelletto, in quanto l’intelletto non ha in generale altro sco- po e destinazione se non di generalizzare i dati dei sensi, per esimerci dalla tediosa fatica della ripetizione, per anticipare, sostituire ed econo- mizzare l’esperienza sensibile e l’intuizione. Ma forse che l’intelletto fa questo di testa propria, senza che ve ne sia alcun fondamento nel sen- so? Il caso singolo, da me percepito sensibil- mente, è forse singolo in abstractoì Non è esso qualitativamente determinato? E in que- sta qualità non vi è forse una identità dei sin- goli casi percepibile dal senso? Forse che il senso mi mostra soltanto foglie, e non anche alberi? [...] Non esiste forse il senso dell’iden- tico, del simile e del dissimile? Per i miei sensi non c’è forse differenza tra bianco e nero, giorno e notte, ferro e legno? [...] Non è il senso l’incondizionata affermazione di ciò che è? E quindi la suprema legge del pensiero, il principio di identità, non è forse anche una legge della sensibilità? E non poggia forse que- sta legge del pensiero sulla verità dell’intuizione sensibile?» (193-194)... Leibniz e Kant la necessità è in s e - parabile dall'univer- salità NB kantismo = vec- chio ciarpame NB 16 - 244 LENIN bien dit! NB bien dit! Leibniz nei Nouveaux essais: « La généra- lité consiste dans la ressemblance des choses singulières entre elles, et cette ressemblance est une réalité » (libro III, capitolo 3, § 12). « Ma non è forse questa rassomiglianza una verità sensibile? Gli esseri che l’intelletto in- clude in una classe, in un genere non affèttano forse il mio senso in modo identico o simile? [...] Per il mio senso sessuale — un senso che assume grande importanza anche* teorica, ben- ché venga per solito trascurato nella dottrina dei sensi — non c’è forse differenza tra una femmina animale e una femmiica umana? Quale è allora la differenza tra l’intelletto e il senso o facoltà di sensazione? Il senso dà la cosa , ma l’intelletto ne dà il nome. Nell’intelletto non vi è niente che non sia già nel senso, ma ciò che nel senso è di fatto sta invece nell’in- telletto solo di nome. L’intelletto è l’essere supremo, il reggitore del mondo; ma solo di nome, e non di fatto. Che cos’è il nome? Un tratto differenziale, un segno vistoso, che io tramuto in carattere, in rappresentante dell’og- getto, per presentarlo a me stesso nella sua to- talità » (195). « Il senso altrettanto bene dell’intelletto mi dice che il tutto è maggiore della parte; però non me lo dice con parole, ma con esempi, come quando si afferma, poniamo, che il dito è più piccolo della mano» (196-197)... « La certezza che il tutto è maggiore della parte non dipende quindi in verità dal senso. Da che cosa dipende allora? Dalla parola ” tut- to Nella proposizione: il tutto è maggiore della parte non si dice niente di più di ciò che la parola ” tutto ” dice di per sé » (197)... ... « Leibniz, invece, in quanto idealista e spiritualista, converte il mezzo in fine, la nega- zione della sensibilità in essenza dello spirito » (198)... ... « Ciò che ha coscienza di sé esiste ed è «r LEIBNIZ » 245 e si chiama anima. Noi ci convinciamo quindi dell’esistenza della nostra anima prim’ancora di esserci convinti dell’esistenza del nostro corpo. Senza dubbio il primo è la coscienza, ma è il primo soltanto per me, non in sé stesso. Nel senso della mia coscienza io esisto perché sono cosciente ; ma nel senso della mia vita io sono cosciente perché esisto. Chi dei due ha ragione? Il corpo, cioè la natura, o la coscienza, cioè io? Io, naturalmente; come infatti potrei dar torto a me stesso ? Ma nel fatto posso forse separare dal mio corpo la coscienza e pensarla per sé stessa? » (201)... ... « il mondo è oggetto dei sensi e oggetto del pensiero » (204). « In un oggetto sensibile l’uomo distingue l’essere, come è realmente, quale oggetto dei sensi, dall’essere come è nel pensiero, in quanto astratto dai sensi. Il primo lo chiama esistenza o anche individuo , il secondo essenza o genere. L’uomo definisce l’essenza come un che di ne- cessario e di eterno, — poiché, pur quando un essere sensibile scompaia dal mondo dei sensi, esso permane tuttavia come essenza pen- sata o rappresentata, — e definisce l’esistenza come un che di accidentale e transitorio » (205)... ... « Leibniz è cristiano a metà ; egli è teista o cristiano e naturalista. Leibniz delimita la bontà e onnipotenza di Dio con il sapere, con l’intelletto; ma quest’intelletto è soltanto un gabinetto di scienze naturali, la rappresentazio- ne della connessione della natura, dell’insieme del mondo; egli delimita quindi il suo teismo con il naturalismo ; egli afferma e difende il teismo con ciò che lo toglie» (215)... p. 274 (dall’aggiunta del 1847): « Quanto si è discorso dell’inganno dei sen- si, e quanto poco di quello della lingua, da cui 11 pensiero è altresì inseparabile! Ma quanto 246 LENIN rozzo è l’inganno dei sensi e quanto raffinato è, invece, l’inganno della lingua! Quanto a lun- go mi ha portato per il naso l’universalità della ragione, l’universalità dell’io fichtiano e hegeliano, prima che, con l’aiuto dei miei cin- que sensi, potessi infine capire, salvandomi l’ani- ma, che tutte le difficoltà e tutti gli enigmi del logos, inteso come ragione, trovano la loro so- luzione nel significato della parola! Ecco per- ché il detto di Haym: ”la critica della ragione deve diventare critica della lingua ”, è un detto che nel riguardo teorico mi sgorga dall’anima. Quanto poi all’opposizione tra me, come essere senziente e personale, e me, come essere pen- sante, essa si riduce, nel senso di questa anno- tazione e della dissertazione citata» 76 (dello stesso Feuerbach) , « alla crassa opposizione per cui nel sentire io sono individuale e nel pensare sono universale. Ma io non sono nella sensa- zione meno universale di quanto sia individuale nel pensiero. L’accordo nel pensiero poggia sul- l’accordo nella sensazione» (274). « Ogni socialità poggia sulla premessa della similarità delle sensazioni tra gli uomi- ni » (274). Spinoza und Herbart (1836): pp. 400 sgg. Difesa di Spinoza dai triviali attacchi del « moralista » Herbart. Si sottolinea l’oggettivismo di Spinoza, ecc, NB. Verhàltnis zu Hegel (1840 e spàter): pp. 417 sgg. In modo non molto chiaro e frammen- tario si sottolinea che è stato un discepolo di Hegel. «r LEIBNIZ * 247 Dalle annotazioni: « Che cos e una dialettica la quale sia in contraddizione con la nascita e lo sviluppo na- turale? Dove sta la sua ” necessità ” »... (431). Herr von Schelling (1843). Lettera a Marx (434 sgg.) 77 . Secondo la minuta. Demolizione di Schelling. Fine del IV volume. RIASSUNTO DELLE «LEZIONI SULLA STORIA DELLA FILOSOFIA » DI HEGEL 7 ' Hegel, Werke> vv. XIII-XV, Berlin, 1833-36: Vorlesungen ùber die Geschichte der Philosophie Introduzione p. 37 ... « Se il vero è astratto, allora non è vero. La sana ragione umana aspira al con- creto [...]. La filosofia è massimamente ostile all’astratto e riconduce al concreto »... p. 40: paragone della storia della filosofia con un circolo , « che ha alla propria periferia una grande moltitudine di altri cir- coli »... ... Affermo « che la successione dei sistemi filosofici nella storia è identica alla successione delle determinazioni concettuali dell’idea nella deduzione logica. Affermo che, se i concetti fondamentali dei sistemi manifestatisi nella sto- ria della filosofia vengono assolutamente spogliati di quanto si riferisce alla loro configurazione esterna, alla loro applicazione al particolare, ecc., si ottengono i diversi stadi del- la determinazione dell’idea stessa nel suo con- cetto logico. « Se si prende, al contrario, la progressione logica per sé, vi si ritrova, nei suoi momenti Un paragone mol- to profondo e pre- ciso!! Ogni sfu- matura del pensie- ro = un circolo sul grande circo- lo (sulla spirale) dello sviluppo del pensiero umano in generale NB 252 LENIN principali, la progressione dei fenomeni storici; ma, naturalmente, bisogna saper riconoscere questi concetti puri in ciò che la forma storica contiene» (43). p. 56: sarcasmo sul correre dietro alla mo- da, dietro a coloro che sono disposti a « auch jedes Geschwoge (?) fiir eine Philoso- phie auszuschreien » *. pp. 57-58: eccellente in favore di una rigorosa storicità nella storia della filosofia, perché non si ascriva agli antichi uno « sviluppo » delle loro idee tale che, se riesce comprensibile a noi, di fatto non era ancora presente presso gli antichi. In Talete, per esempio, non c’è ancora il concetto di (come principio ), non c’è ancora il concetto di causa ... ... « Cosi vi sono, per esempio, interi po- poli che non possiedono ancora questo con- cetto » (di causa); «per questo si richiede un alto grado di sviluppo» (58)... Arciprolisso, vuoto e noioso sui rap- porti tra filosofia e religione. In generale, un’introduzione di circa 200 pagine: im- possibile 1 ! * «prodamare filosofia anche ogni chiacchiera (?)» ( rt.d.t .). Primo volume della Storia della filosofia Filosofia degli ioni «Anassimandro» (610-547 avanti Cristo) « faceva derivare Tuomo da un pesce » (213). Pitagora e i pitagorici ... « sono quindi determinazioni aride, sen- za processo, non dialettiche, inerti» (244)... Il discorso verte sulle idee universali nei pitagorici: « numero » e suo signifi- cato, ecc. Ergo: questo è detto a proposito delle idee primitive dei pitagorici, della loro filosofia primitiva; le « determinazio- ni » della sostanza, delle cose, del mondo sono in loro « aride, senza processo (mo- vimento), non dialettiche ». definizione negativa del- la dialettica Ricercando prevalentemente la dialettica nel- la storia della filosofia, Hegel riferisce I ragio- namenti dei pitagorici: ... « Tunità aggiunta al pari dà il dispari» (2 + 1 = 3), «aggiunta al dispari dà il pari » ( 3 4- 1 = 4 ) ; « essa » (Eins) «ha la proprietà di rendere gerade [ = pari] e quindi deve essere essa stessa pari. 254 LENIN ( « armonia del cosmo ») rapporto di soggettivo e oggettivo L’unità contiene dunque in sé le diverse de- terminazioni » ( 246 ) . L’armonia musicale e la filosofia di Pitagora: ... « Pitagora ha rivendicato aU’intelIetto e conquistato per esso con salda determinazione il semplice senso soggettivo dell’udito, ma che in sé stesso è nel rapporto » (262). pp. 265-266: movimento dei corpi celesti; sua armonia; l’armonia per noi non udibile delle sfere celesti che cantano (nei pitagorici): Aristotele, De coelo, II, 13 (e « I pitagorici hanno posto nel centro il fuo- co e considerato la terra come una stella gra- vitante in circolo intorno a questo corpo cen- trale »... Ma questo fuoco non era per loro il sole... « In questo punto essi non si attengono- all’apparenza dei sensi, ma alle ragioni [...]• Queste dieci sfere » dieci sfere o orbite o movimenti di dieci pianeti: Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno, Sole, Luna, Terra, Via lattea e Gegenerde * ( — antipodo? ) , inventata per ottenere « il numero pari », il dieci « emettono, come tutto ciò che si muove, un rumore, diverso per ciascuna sfera, a seconda della diversa grandezza e velocità. Quest’ultima è determinata dalle diverse distanze, che stanno tra loro in un rapporto armonico, secondo gli intervalli musicali; nasce di qui un accordo ar- monico (musica) delle sfere in movimento (cosmo) »... allusione alla struttura della materia! * Antitcrra ( n.d.t .). « STORIA DELLA FILOSOFIA » 255 A proposito dell’anima i pitagorici ritene- vano che « die Seele sei: die Sonnenstàubchen» * ( = granello di polvere, atomo) (p. 268) (Ari- stotele, De anima , I, 2). Nell’anima sette circoli (elementi) come nel cielo®. Aristotele, De anima, , I, 3: p. 269. funzione del pul- viscolo (nel rag- gio solare) nella filosofia antica pitagorici: « con- getture », fantasie sull’affinità di ma- crocosmo e micro- cosmo E qui anche le favole che Pitagora (deri- vando dagli egiziani la dottrina dell’immortalità e della trasmigrazione dell’anima) avrebbe rac- contato di sé: la sua anima sarebbe vissuta per 207 anni in altri uomini, ecc., ecc. (271). NB: connessione di germi di pensiero scientifico e di fantasie di tipo religioso e mitologico. E oggi? La stessa cosa, la stessa connessione, pur se è diversa la proporzione tra scienza e mitologia. Ancora sulla teoria dei numeri di Pitagora. « I numeri, dove mai sono? Separati dallo spazio, vivono forse per sé nel cielo delle idee? I numeri non sono immediatamente le cose stesse; una cosa, una sostanza, è infatti ben di- versa da un numero: un corpo non ha alcuna rassomiglianza con esso », p. 254. Citazione | da A ristotele? Metafisica , I, 9, no? da Sesto Empirico? Non è c hiaro |. NB pp. 279-280: i pitagorici ammettono 1* e t e - re ( « Un raggio di sole penetra attraverso il denso e gelido etere», ecc.). * « che Vanima sia : il pulviscolo solare » (n.d.t.). 256 LENIN Cosi, la congettura dell’etere esiste da migliaia di anni ed è tuttora una congettura. Ma oggi vi sono mille volte piu cunicoli che portano alla soluzione del problema, alla determinazione scientifica dell’etere. La scuola eleatica che cos’è la dialettica? (a) (?) Parlando della scuola eleatica, Hegel parla della dialettica : ... « Troviamo qui [in der eleatischen Schu- le] l’inizio della dialettica, cioè del puro movi- mento del pensiero in concetti; e quindi anche l’opposizione tra il pensiero e il fenomeno o essere sensibile: .l’opposizione tra ciò che è in sé e l’essere-per-altro di questo in sé; e, nel- l’essenza oggettiva, la contraddizione che essa ha in sé (la dialettica vera e propria) » (280). Vedi la pagina seguente 81 . Hegel sulla dialettica (vedi la p. preceden- te) Qui si danno in sostanza due determina- zioni (due denotazioni, due tratti caratteristici; Bestimmungen, keine Definitionen * ) della dia- lettica: a) il «puro movimento del pensiero in concetti »; P) «nell’essenza» (stessa) «oggettiva» (chiarire) (scoprire) « la contraddizione che es- sa [questa essenza] ha in sé stessa: la d i a- l e t t i c a vera e propria». In altre parole questo « frammento » di He- gel è da rendere come segue: determinazioni, non definizioni ( n.d.t .). « STORIA DELLA FILOSOFIA » 257 La dialettica in generale è il « puro movi- mento del pensiero in concetti » ( cioè, per parlare senza la mistica defi 'idealismo: i con- cetti umani non sono immobili, ma eternamente in movimento, trapassano l’uno neiraltro, ri- fluiscono l’uno nell’altro, senza di che non ri- specchiano la vita vivente. L’analisi dei concetti, il loro studio, P«c arte di operare con essi * (Engels) °, impone sempre lo studio del mo- vimento dei concetti, della loro connessio- ne, dei loro passaggi reciproci). In particolare, la dialettica è lo studio del- l’opposizione della cosa in sé (an sich), dell’essenza, del sostrato, della sostanza al fenomeno, all ’« esser e-per-altro ». (Anche qui vediamo il trapassare, il rifluire dell’uno nel- l’altro: l’essenza appare. L’apparenza è essen- ziale.) II pensiero dell’uomo si approfondisce infinitamente nel passaggio dal fenomeno al- l’essenza, dall’essenza, per così dire, di primo ordine all’essenza di secondo ordine, ecc., senza fine. La dialettica vera e propria è Io studio della contraddizione nelVessenza stessa degli oggetti : non soltanto le apparenze, ma anche le essen- zialità delle cose sono transeunti, mobili, fugaci, separate da limiti solo convenzionali. Sesto Empirico espone come segue la posi- zione degli scettici: « Se supponiamo che in una casa, in cui si trovano molti oggetti preziosi, alcuni penetrino di notte per cercarvi oro, ognuno di essi po- trebbe credere di averne scoperto, ma non po- trebbe tuttavia saperlo per certo, pur se l’avesse davvero trovato. I filosofi entrano del pari in questo mondo, come in una grande casa, in cerca della verità, ma, quand'anche la raggiun- gano, non potrebbero tuttavia sapere di averla raggiunta» (288-289)... un paragone seducente... 17-639 258 LENIN gli dèi a immagine dell’uomo dialettica dialetti- ca ogget- tiva Senofane (l’eleate) diceva: « Se i buoi e i leoni avessero mani per creare, come gli uomini, opere d’arte, ritrarreb- bero gli dèi e darebbero loro un corpo come la figura che essi stessi hanno » (289-290)... « La peculiarità di Zenone è la dialettica »... «Egli è [...] l’iniziatore della dialettica» (302)... ... « In Zenone troviamo parimente la vera dialettica oggettiva » ( 309 ) . (310: sulla confutazione dei sistemi filoso- fici: « Il falso non dev’essere esibito come falso solo perché è vero l’opposto, ma in sé stesso »... ) «La dialettica in generale è: a) dialettica esterna, in cui questo movimento è diverso dal- l’insieme del movimento stesso; jì) un movi- mento non della nostra intellezione soltanto, ma dimostrato dall’essenza della cosa stessa, cioè dal concetto puro del contenuto. Quella è una maniera di considerare gli oggetti per cui si rivelano in essi ragioni e lati così che diventa incerto tutto ciò che sembrava certo. Queste ragioni possono anche essere affatto esteriori, e di questa dialettica parleremo più a lungo a proposito dei sofisti. L’altra dialettica consiste, invece, nella considerazione immanen- te dell’oggetto: questo viene preso per sé, sen- za presupposti, idea, dover essere, non secondo rapporti, leggi, ragioni esteriori. Ci si trasferisce interamente nella cosa, si considera l’oggetto sol- tanto in sé e lo si prende secondo le determi- nazioni che esso possiede. In tale considerazione poi rivela esso » (er: sic! ) « da sé di contenere determinazioni opposte e quindi si toglie; questa dialettica la troviamo prevalentemente presso gli antichi. La dialettica soggettiva, che ragiona secondo motivi estrinseci, è pur generosa quan- do ammette che ” nel giusto c’è anche l’ingiu- sto e nel falso c’è anche il vero ”, La vera dialettica non lascia invece alcun residuo del suo oggetto, così che questo risulti difettoso « STORIA DELLA FILOSOFIA » 259 anche per un solo lato, ma risolve l’oggetto secondo la sua intera natura» (311)**. Sul « principio dello sviluppo » nel XX se- colo (ma anche alla fine del secolo XIX) « con- cordano tutti ». Si, ma questa « concordanza » superficiale, non meditata, casuale, filistea è uno di quegli accordi con cui si soffoca e si volgarizza la verità. Se tutto si sviluppa, vuole dire che ogni cosa trapassa nell’altra, poiché notoriamente lo sviluppo non è una semplice, universale ed eterna crescita, un aumento (re- spective diminuzione), ecc. Se questo è vero, bisogna anzitutto concepire più esattamente l’evoluzione come nascita e distruzione di ogni cosa, come trapasso reciproco. E, inoltre, se tutto si sviluppa, questo vale anche per i concetti e le categorie più generali del pen- siero? Se cosi non è, vuol dire che il pensiero non è legato con l’essere. Se è cosi, vuol dire invece che esiste una dialettica dei concetti e una dialettica della conoscenza, che ha signifi- cato oggettivo. # Sul problema del- la dialet- tica e del suo significato ogget- tivo... I. principio # Inoltre, il principio universale dello svi- dello sviluppo deve essere con- luppo giunto, collegato, connesso con ir principio universale dell 'uni- li. principio t à del mondo , della na- dell’unità tura, del movimento, della ma- teria, ecc. NB ... « Zenone ha sottoposto alla dialettica og- gettiva soprattutto il movimento »... ... « il movimento è esso stesso la dialettica di tutto ciò che è »... Zenone non ha pensato di negare il movimento come « certezza sensi- bile »; la questione verteva soltanto « nach ihrer [del movimento] Wahrheit » (sulla verità del movimento) (313). E, nella pagina successiva, NB questo si può e si deve r o - vesc tare : non si tratta di sapere se esista 17 260 LENIN il movimento, ma come bisogni espri- merlo nella logica dei concetti Non è male! Di dove ì presa la continuazione del- l’aneddoto? In Diogene Laer- zio, VI, $ 39, e in Sesto Empirico, in, 8 (Hegel, p. 314) non c’è 0 . L’ha inventata Hegel? narrando l’aneddoto secondo coi Diogene poiché noi non conoscia- mo mai completamente il concreto. La somma infinita dei concetti generali, delle leggi, ecc. dà il concreto nella sua pienezza. Il movimento della conoscenza verso l’oggetto può sempre procedere solo dia- letticamente: allontanarsi per colpire me- glio, recider pour mieux sauter ( savoir? ) . Linee convergenti e divergenti: circoli che si toccano l’un l’altro. Knotenpunkt * = prassi dell’uomo e della storia umana. ( Prassi = criterio della coincidenza di uno degli infiniti lati del reale. NB dialettica della conoscenza NB NB Questi Knotenpunkte rapprésentano una unità di contraddizioni, in cui essere e non essere, come momenti dileguantisi, coincidono per un attimo nei momenti dati del movimento ( = della tecnica, del- la storia, ecc.). * Punto nodale {n.d.t.). 282 LENIN la « vuota dialettica » per Hegel NB la « vuota dialettica » NB NB oggettivismo Esaminando la dialettica di Platone, Hegel si studia ancora una volta di mostrare la diffe- renza tra la dialettica soggettiva, sofistica, e la dialettica oggettiva: « Che tutto è uno lo diciamo di ogni cosa: ” essa è questo uno, e al tempo stesso mostria- mo in essa la molteplicità, molte parti e pro- prietà ma qui si dice: ” essa è una sotto un rispetto affatto diverso da quello in cui è mol- teplice noi non riuniamo questi pensieri. Cosi la rappresentazione e il discorso non fan- no che passare dalPuno all’altro, e viceversa. Se questo andirivieni lo si fa consapevolmente, si ha la vuota dialettica che non connette gli opposti e non perviene all’unità» (232). Platone nel Sofista : « Il difficile e il vero sta nel far vedere che ciò che è l’altro è lo stesso, e che ciò che è lo stesso è un altro, e precisamente sotto uno stesso riguardo» (233). « Ma noi dobbiamo renderci conto che pro- prio il concetto non è soltanto rimmediato nel- la verità, benché sia il semplice, ma esso è di una semplicità spirituale, è essenzialmente il pensiero ritornato in sé (immediato è soltanto questo rosso, ecc.): né che esso è solo ciò che si riflette in sé, una cosa della coscienza, ma è anche in sé, cioè essenza oggettiva » (245)... Il concetto non è un che di immediato ( sebbene il concetto sia una cosa « sem- plice », ma questa semplicità è « spiri- tuale », è la semplicità dell’idea); im- mediata è soltanto la sensazione del « ros- so » (« questo rosso »), ecc. Il concetto non è « solo una cosa della coscienza », ma è Y essenza dell'oggetto (gegenstàndliches Wesen), è qualche cosa an sich, « in sé ». « STORIA DELLA FILOSOFIA » 283 « Platone non ha enunciato in modo tanto determinato questa concezione della natura del concetto » (245)... Hegel si dilunga minuziosamente sulla « filosofia della natura » di Platone, sul- Parciassurdo misticismo delle idee, come: « i triangoli sono l'essenza delle cose sen- sibili » ( 265 ) e analoghe mistiche assur- dità. Questo è molto caratteristico! Il mistico-idealista-spiritualista Hegel ( co- me tutta la filosofia ufficiale, clerico-idea- listica del nostro tempo) esalta e rima- stica il misticismo-idealismo nella storia della filosofia, ignorando e trattando con noncuranza il materialismo. Cfr. Hegel su Democrito: nil! ! Su Platone un subisso di lungaggini mistiche. idealismo e misticismo in Hegel (e in Platone) Parlando della repubblica di Platone e del- Popinione corrente che la ritiene una chimera, Hegel ripete la sua tesi preferita: ... « ciò eh 'è reale è razionale. Bisogna però saper distinguere che cosa sia effettivamente reale; nella vita quotidiana tutto è reale: ma esiste una differenza tra il mondo fenomenico e la realtà» (274)... il reale è razionale Filosofia di Aristotele Sarebbe sbagliata l’opinione corrente che ravvisa nella filosofia di Aristotele il « reali- smo» (299) (idem p. 311: «empirismo»), a differenza dell * idealismo di Platone. ((Qui Hegel di nuovo tira a forza dentro l'idealismo molte cose.)) 284 LENIN NB NB ( (basta rovesciare) ) appunto! Hegel ha mutilato del tutto la critica delle « idee » pla- toniche in Aristo- tele Quando un idea- lista critica i prin- cipi dell'idealismo di un altro ideali- sta, se ne avvan- taggia sempre il materialismo. Cfr. Aristotele versus Platone, ecc. He- gel versus Kant, ecc. Esponendo la polemica di Aristotele con la dottrina platonica delle idee, Hegel ne oc- cui t a i tratti materialistici (pp. 322-32} e sgg.). Si è tradito : « L’elevazione di Ales- sandro » ( Alessandro il macedone, discepolo di Aristotele) « all’altezza di un Dio » « non deve stupire»: « in generale, Dio e uomo non sono cosi distanti tra loro» (305)... Hegel ravvisa l’idealismo di Aristotele nel- la sua idea di Dio (326). ((Naturalmente, questo è idealismo, ma esso è piu oggettivo e più lontano , più generico , dell’idealismo di Pla- tone, e perciò nella filosofia della natura piu spesso = materialismo . ) ) La critica di Aristotele alle « idee » di Platone è una critica all 'idealismo come idealismo in generale: poiché di dove vengono presi i concetti, le astrazioni, di là proviene sia la « leg- ge » che la « necessità », ecc. L’idealista Hegel ha vilmente eluso il fatto che Ari- stotele (nella sua critica delle idee di Platone) ha minato le fondamenta del- l’idealismo. « Leucippo e Platone asseriscono che il mo- vimento è eterno; ma non dicono perché » (Aristotele, Metafisica, 12, 6-7), p. 328. Quanto miserevolmente Aristotele tira in ballo Dio contro il materialista Leucippo e l’idealista Platone! In Aristo- tele si ha qui eclettismo. Ma Hegel oc- culta tale debolezza per amore del mi- sticismo*. « STORIA DELLA FILOSOFIA » 285 Il brano che segue mostra con singolare chiarezza come Hegel occulti le debolezze del- Tidealismo di Aristotele: « Aristotele pensa agli oggetti, e, in quanto sono come pensieri, essi sono nella loro verità; questa è la loro Oliata *. « Questo non significa tuttavia che gli og- getti della natura siano essi stessi pensanti. Gli oggetti sono pensati da me soggettivamente; quindi il mio pensiero è anche il concetto della cosa, e quest ultimo è la sostanza della cosa. Nella natura il concetto non esiste come pen- siero in questa libertà, in quanto esso ha carne e sangue; questa carne e questo sangue hanno però un’anima, e quest’anima è il loro concetto. Aristotele riconosce ciò che le cose sono in sé e per sé; e questa è la loro oùala. Il concetto non esiste per sé stesso, ma è sotto il peso deiresteriorità. La definizione corrente della verità è: ” La verità è accordo della rappresen- tazione con l’oggetto ”, Ma la stessa rappresen- tazione è ancora soltanto una rappresentazione, ingenuo!! sostanza, essenza ( n.d.t .). 286 LENIN e io non sono ancora affatto in accordo con la mia rappresentazione (con il suo contenuto): mi rappresento una casa, una trave, ma non sono ancora questo, io e rappresentazione del- la casa siamo un che di diverso. Solo nel pen- siero si ha pieno accordo deiroggettivo con il soggettivo: io sono questo [corsivo di Hegel]. Aristotele tocca quindi il punto di vista più alto; non si può voler conoscere niente di più profondo» (332-333). « Nella natura » i concetti non esistono « in questa libertà » ( nella libertà del pensiero e della fantasia dell ’uomo!!). « Nella natura » essi, i concetti, hanno « carne e sangue ». Questo è eccellente! Ma questo è anche materialismo. I con- cetti dell’uomo sono Yantma della natura: questa è soltanto una perifrasi mistica per dire che nei concetti deiruomo si rispec- chia originalmente (NB questo: original- mente e d i al e 1 1 i c a m e n t e !!) la natura. Le pp. 318-337 soltanto sulla me- tafisica di Aristotele!! Tutto ciò che dice contro l’idealismo di Platone è omesso nella sostanza!! In particolare, è omessa la questione dell’esistenza fuori del- l’uomo e dell’umanità!!! = questione del materialismo! cfr. Feuerbach™: leggere nella sua connessione il vangelo dei sensi = pensare Aristotele è un empirista, ma pensante (340). « L'empirico còlto nella sua sintesi è il concetto speculativo» (341) (corsivo di Hegel)... « STORIA DELLA FILOSOFIA » 287 La coincidenza dei concetti con la « sin- tesi », con la somma, con il compendio dell’empiria, delle sensazioni, dei sensi è indubbia per i filosofi di tutte le tendenze. Di dove viene questa coincidenza? Da Dio (io, idea, pensiero, ecc., ecc.) o dalla natura? Engels ha ragione nella sua im- postazione del problema 99 . ... « forma soggettiva, che costituisce l’es- senza della filosofia kantiana» (341)... NB Kant A proposito della teleologia di Aristotele: ... « La natura ha i suoi mezzi in sé stessa, e questi mezzi sono anche fine. Questo fine nella natura è il suo Xóyo^, il vero razionale » (349). ... « L’intelletto non è soltanto pensiero con coscienza. Qui vi è il concetto intero, vero, profondo della natura, della vitalità» (348)... «< fine » e causa, leg- ge, connes- sione, ragione Ragione (intelletto), pensiero, coscien- za senza natura , senza concordanza con es- sa, è inganno = materialismo! È ripugnante leggere come Hegel esalti Aristotele per i « concetti veramente spe- culativi » (373 sull’« anima » e su- molte altre cose), dilungandosi in assurdità pa- lesemente idealistiche ( = mistiche). Sono omessi tutti i punti in cui Aristotele oscilla tra idealismo e materia- lismo!!! A proposito delle vedute aristoteliche sul- l'« anima » Hegel scrive: 288 LENIN si è tradito riguardo al « realismo » sensazione e conoscenza Aristotele si accosta molto vicino al materialismo NBH l’idealista in flagrante! « Nel fatto ogni universale è reale come particolare, singolare, come essere per altro » (375): in altri termini, è Panima. Aristotele, De anima , II, 5: « La differenza [tra Empfinden e Erkennen] sta in questo: ciò che provoca la sensazione si trova all’esterno. La causa di ciò è che la attività senziente si rivolge alPindividuale, men- tre il sapere si rivolge alTunivérsale; e que- st’ultimo è in certo modo nell’anima stessa come sostanza. Per questo ognuno può pensare da sé, quando vuole, mentre il sentire non dipen- de da lui, in quanto è per ciò necessaria la presenza di ciò che è sentito ». Ecco il punto: aussen ist, fuori dell’uo- mo, indipendente da lui. Questo è materialismo. E Hegel comincia a wegzuschwatzen * proprio questo fondamento, base, sostanza del materia- lismo: « Questo è il punto di vista pienamente cor- retto sulla sensazione », scrive Hegel e spiega che la « passività » esiste senza dubbio nella sensazione, non importa se « soggettivamente o invece oggettivamente; in entrambi i casi è contenuto il momento della passività [...]. Con questo momento della passività Aristotele non si trova in ritardo rispetto all’idealismo; la sensazione è da un lato sempre passiva. È un cattivo idealismo quello che suppone che la passività e la spontaneità dello spirito dipen- dano dall’essere la determinatezza data interna o esterna, quasi che la libertà fosse nella sen- sazione, che è sempre la sfera della limitatez- za » (377-378)!! ((L’idealista tappa la fessura che porta al materialismo. No, non è gleichgultig ** che si tratti di esterno o interno. Sta qui la sostanza! « Esterno » è materialismo. « Interno » = idea- * liquidare con chiacchiere (n.d.t.). ** indifferente (n.d.t.). « STORIA DELLA FILOSOFIA » 289 lismo. E con la paroletta « passività », sotta- cendo la locuzione («all'esterno») usata in Aristotele, Hegel descrive in modo diverso questo stesso all'esterno. Passività si- gnifica appunto all esterno!! Hegel sostituisce l’idealismo della sensazione con l’idealismo del pensiero, ma pur sempre con un idea- lismo . ) ) ... « L’idealismo soggettivo dice: non si danno cose esterne, esse sono determinazioni di noi stessi. Nei riguardi della sensazione si può esser d’accordo. Io sono passivo nel sen- tire, la sensazione è soggettiva; essa è in me un essere, uno stato, una determinazione, non è libertà. Se la sensazione sia fuori o dentro di me è indifferente, essa è »... Segue il celebre paragone dell'anima con la cera, che costringe Hegel a contorcersi come un diavolo quando suoni il mattutino e a stre- pitare che un tal paragone « ha ingenerato spes- so equivoci» (378-379). Aristotele dice (De anima, II, 12): « La sensazione è ricezione delle forme sen- sibili senza la materia »..., « cosi la cera riceve in sé soltanto il segno del sigillo d’oro, e non l’oro stesso, ma soltanto la sua forma ». Hegel scrive: ...« nella sensazione per- viene a noi soltanto la forma, senza la materia. Altrimenti accade quando operiamo praticamen- te, nel mangiare e nel bere. Nella pratica ope- riamo, in generale, come individui singoli, e come individui singoli esistenti, esistenti per- sino materialmente, entriamo in rapporto con la materia, persino in modo materiale. Solo in quanto siamo materiali possiamo comportarci in questo modo; in effetti, la nostra esistenza materiale entra in attività» (379). ((Ci si accosta assai vicino al materialismo e si fila via,)) NB NB: scappa- toia dinanzi al mate- rialismo NB anima = cera NB « altrimenti » nella pratica pusillanime scappatoia dinanzi al materialismo 19-639 290 LENIN ah-ah!! Aristotele Hegel occulta le debolezze deiridealismo tabula rasa ah-ah! ah-ah! ha paura Aristotele e il A proposito della « cera » Hegel si adira e lancia improperi: «ognuno lo capisce» (380), « ci si arresta rozzamente alla grossolanità del paragone» (379), ecc. « L’anima non deve essere affatto cera pas- siva né ricevere le determinazioni dall’esterno » (380)... ...«Essa» (die Seele) «tramuta la forma del corpo esterno in sua propria forma »... Aristotele, De anima, III, 2: « L’attività di ciò che è sentito e della sensazione è una e medesima cosa, ma il loro essere non è lo stesso» (381)... E Hegel commenta: ... « C’è un corpo che suona e un soggetto che ascolta; l’essere è di due specie» (382)... Ma lascia da parte la questione dell’es- sere fuori dell’uomo!!! Scappatoia sofi- stica nei confronti del materia- lismo! Parlando del pensiero, della ragione (voug), Aristotele dice (De anima, III, 4): ... « La sensazione non è senza il corpo, il voug invece è separabile» (385); «il vou* è come un libro sulle cui pagine in realtà non sia scritto niente »; e Hegel s’adira di nuovo: «un altro esempio famigerato» (386), ad Aristotele si attribuisce l’opposto di ciò che pensa, ecc., ecc. ((viene occultata la questione dell’essere che è indipendentemente dall’intelletto e dall’uomo!!)): tutto questo per dimostrare: « Aristotele non è quindi realista ». Aristotele: « Pertanto, chi non sente niente conosce o intende; se uno conosce (frccopfi) qualche cosa, deve necessariamente conoscerla anche come « STORTA DELLA FILOSOFIA » 291 rappresentazione; perché le rappresentazioni sono sensazioni, però senza materia »... ... « Se l’intelletto però pensi oggetti reali, quando astragga da ogni materia, deve essere considerato in un esame particolare » ( 389 ) , e Hegel gratta via da Aristotele che « voGg e votjTÓv sono la stessa cosa» (390), ecc. Ecco un modello di forzatura idealistica di un idealista!! Contraffazione di Aristotele, che di- venta un idealista dei secoli XVIII-XIX!! materia- lismo contraffazione di Aristotele Filosofia degli stoici A proposito del « criterio della verità » de- gli stoici — « rappresentazione compre- sa » (444-446) — Hegel dice che la coscienza confronta la rappresentazione soltanto con la rappresentazione ( non con l’oggetto: «la verità è accordo deiroggetto e della coscienza » = « celebre definizione della verità »), e, quin- di, tutto sta « nel logos oggettivo, nella razio- nalità del mondo » ( 446 ) . « Il pensiero non genera niente se non la forma deiruniversalità e dell’identità con sé; e, quindi, tutto può concordare con il mio pensiero» (449). « I motivi sono un che di elastico, per ogni cosa si trovano buoni motivi» (469)... «Ma decidere quali motivi debbano ritenersi buoni dipende dallo scopo, dall’interesse» ( ibidem )... Hegel contro gli stoici e il loro criterio si trovano « motivi » per ogni cosa Filosofia di Epicuro Parlando di Epicuro (342-271 a. C.), Hegel assume di colpo (prim’ ancora di enunciar- ne le opinioni) una posizione di lotta contro il materialismo e dichiara: 19 ’ 292 LENIN Calunnie contro il materialismo perché?? NB !!!! !!! «Intanto è chiaro già [!!] di per sé [!!] che, se si prende per vero Tessere sensibile, con ciò stesso in generale si sopprime la necessità del concetto, tutto si disgrega senza alcun in- teresse speculativo, e si afferma, invece, la comune visione delle cose; di fatto, non si va oltre il modo di vedere del comune intelletto umano; anzi, tutto viene ridotto al livello del comune intelletto umano» (473-474)!! Calunnie contro il materialismo!! La « necessità del concetto » non viene affat- to « soppressa » dalla teoria della fonte della conoscenza e del concetto!! La di- scordanza dal « sano intelletto » è un pu- trido ghiribizzo da idealista. Epicuro ha chiamato Kanonik la teoria del- la conoscenza e del criterio della verità. Dopo averla esposta succintamente, Hegel scrive: « Essa è tanto semplice che non può darsi niente di più semplice; è astratta, ma anche molto triviale; è più o meno al livello della coscienza comune, che comincia a riflettere. Si tratta di rappresentazioni psicologiche abituali, del tutto esatte. Dalle sensazioni noi ci creiamo rappresentazioni come l’universale, che divie- ne cosi ciò che permane. Le rappresentazioni vengono esse stesse provate (nella Só£a) [Mei- nung] mediante le sensazioni per vedere se siano permanenti o se si ripetano. Questo è in complesso esatto, ma affatto superficiale; questo è il primo inizio, è la meccanica della rappre- sentazione per ciò che concerne le prime perce- zioni » (483)... Il « primo inizio » è trascurato e de- formato daH’idealismo. Soltanto il mate- rialismo dialettico ha collegato P« inizio » con la continuazione e con la fine. « STORIA DELLA FILOSOFIA » 293 NB: p. 481 : a proposito del significato del- le parole in Epicuro: « Ogni cosa riceve dal nome datole la pri- ma volta la sua evidenza, la sua energia, la sua chiarezza» (Epicuro: Diogene Laerzio , X, § 33). E Hegel: « Il nome è un che di univer- sale, appartiene al pensiero, semplifica il molte- plice » (481). « Circa il modo oggettivo, in generale, con cui entra in noi ciò che è fuori di noi, circa il rapporto tra noi e l’oggetto, mediante il quale nascono le rappresentazioni, Epicuro ha esposto ora la seguente metafisica: « ” Dalla superficie delle cose emana un efflusso continuo, che non è afferrabile dalla sensazione; e questo avviene a causa dell'op- posta pienezza, perché la cosa stessa continua a essere piena, e la pienezza, nel solido, con- serva lungamente lo stesso ordine e disposizio- ne degli atomi. E il movimento di queste su- perfici che si distaccano è rapidissimo nelParia, in quanto non è necessario che ciò che si distac- ca possieda profondità ” La sensazione non contraddice questa rappresentazione, se si bada [zusehe] al modo come le immagini operano; esse infatti suscitano una concordanza, una sim- patia tra Testerno e noi. Da esse promana quin- di qualcosa che è tanto in noi quanto fuori di noi.” ”E, poiché l’efflusso penetra in noi, possiamo conoscere la determinatezza di una sensazione; il determinato sta nell’oggetto e fluisce cosi in noi ” » (pp. 484-485, Diogene Laerzio, X, §§ 48-49). Genialità delle congetture di Epicuro (300 anni prima della nascita di Cristo, cioè piu di 2.000 anni prima di Hegel) riguardo, per esem- pio, alla luce e alla sua velocità. Epicuro: gli oggetti fuori di noi NB la teoria della conoscenza di Epicuro... Hegel 100 ha occultato ( NB ) del tutto V essenziale: (NB) l’essere 294 LENIN delle cose fuori della coscienza dell’uo- mo e indipendentemente da lui: un modello di contraffazione e di calunnie contro il materialismo da parte di un idealista Hegel occulta tutto questo e si limita a dire: ... « Questo modo di rappresentarsi la sen- sazione è trivialissimo. Epicuro ha assunto per la verità il criterio piu facile e tuttora corrente, in quanto il vero non sia percepito dalla vista: cioè che ad esso non contraddica ciò che noi vediamo e udiamo. Non capita infatti di vedere enti di pensiero come gli atomi, le superfici che si distaccano, ecc. [Capita, è vero, di vedere e udire qualcosa di diverso;] 101 ma ciò che si vede e ciò che ci si rappresenta o immagina coesistono molto bene l’uno accanto all’altro. Se si lasciano separati, non c’è contraddizione; la contraddizione compare soltanto nella rela- zione » (485-486)... Hegel ha eluso la teoria della cono- scenza di Epicuro c ha preso a parlare d’altro, che Epicuro qui non affron- ta e che è conciliabile con il materialismo!! p. 486: L’errore scaturisce, per Epicuro, dall 'inter- ruzione del movimento (del movimento dal- l’oggetto verso di noi, verso la sensazione o verso la rappresentazione?). « Non si può avere — scrive Hegel — una [teoria della conoscenza] piu misera» (486). Tutto sarà diirftig *, se verrà travisato e saccheggiato. misero (tt.d.t.). « STORIA DELLA FILOSOFIA » 295 L’anima sarebbe, per Epicuro, un « dato » insieme di atomi. « Questo l’ha detto anche [!!!] Locke Ma queste sono parole vuo- te» (488) ((no, queste sono geniali conget- ture e indicazioni per la scienza , non già per il pretume ) ) . NB. NB. (489), idem (490): Epicuro at- tribuisce agli atomi una « krummlinig - te» Bewegung *; questo sarebbe «arbi- trario e tedioso» (489) in Epicuro: ((e « Dio » negli idealisti??? ) ) . « Oppure Epicuro nega, in generale, qual- siasi concetto e l’universale come essenza » ( 490 ) , e tuttavia i suoi atomi « stessi hanno proprio questa natura di pensieri »; « tutta Pin- conseguenza degli empiristi» (491)... Si elude cosi l’essenza del ma- terialismo e della dialettica ma- terialistica. « In Epicuro non c’è [...] uno scopo finale del mondo, una sapienza del creatore; tutte le cose sono eventi, e questi sono determinati dall’occasionale [??], esteriore [??] incontro delle combinazioni degli atomi» (491)... Hegel si limita a ingiuriare Epicuro: « I suoi pensieri sui singoli lati della natura sono in sé meschini »... E subito dopo una polemica con la « Natur- wissenschaft » heute, che, come Epicuro, ra- gionerebbe « per analogia », « spiegando » ( 492 ) , per esempio, la luce « come vibrazioni dell’etere »... « Questo è esattamente il proce- dimento analogico di Epicuro » (493)... Questo auch è stupendo!!!! Epicuro (341- 270 a.C.), Locke ( 1632-1704 ): Differenz = 2.000 anni e gli elet- troni? assurdo) falso! calunnia! ha pietà di Dio!! la canaglia idealista!! il e il « procedi- mento » delle scienze naturali! e il loro successo!! movimento « curvilineo » (nÀ.t.). 296 LENIN Epicuro e le moderne scienze naturali ((Le moderne scienze naturali versus Epicuro — contro (NJB) Hegel.)) In Epicuro « la cosa, il principio altro non è se non il principio della nostra corrente scienza della natura » ( 495 ) ; « questo è ancora lo stesso procedimento su cui si fonda la no- stra scienza della natura» (496)... Esatto è soltanto il richiamo all’igno- ranza della dialettica in genere e della dialettica dei concetti. Ma la critica del materialismo è schwach. !NB! NB!! NB NB NB « È da dire, in generale, di questo proce- dimento (della filosofia di Epicuro) che esso ha anche un lato per cui gli si deve attribuire va- lore. Aristotele e gli antichi sono partiti a priori dal pensiero universale nella filosofia della na- tura e da esso hanno sviluppato il concetto: questo è un lato. L’altro lato è la necessità di innalzare l’esperienza sino all’universalità e di rinvenire le leggi; questo significa che ciò che consegue dall’idea astratta deve incontrarsi con la rappresentazione generale, a cui viene prepa- rata l’esperienza, l’osservazione. In Aristotele, per esempio, l’apriori è eccellente, ma non an- cora sufficiente, perché manca del lato del col- legamento, della connessione con l’esperienza, con l’osservazione. Questo ricondurre il parti- colare all’universale è la scoperta delle leggi, delle forze naturali, ecc. Si può pertanto dire che Epicuro ha scoperto la scienza empirica della natura, la psicologia empirica. Agli scopi degli stoici, ai concetti dell’intelletto viene op- posta l’esperienza, la presenza sensibile. Là c’è Tintelletto astratto, limitato, senza verità in sé, e quindi anche senza presenza e realtà della natura; qua c’è, invece, questo senso della na- tura, che è piu vero di quelle ipotesi» (496- 497). NB NB «f STORIA DELLA FILOSOFIA » 297 ( Questo è quasi uno sfio- rare il materialismo dialet- tico.) L'importanza di Epicuro è nella lotta contro r Ab e rglauben* dei greci e dei romani. E dei preti moderni?? Contro tutte queste assurdità: la lepre che attraversa correndo la strada, ecc. (e il buon Dio?). « Da essa » ( dalla filosofia di Epicuro ) « hanno preso particolarmente ravvio le rap- presentazioni, che hanno negato interamente il sovrasensibile » ( 498 ) . Ma questo andrebbe bene soltanto per il « finito »... «Cade la supersti- zione f ma con essa cade an- che una connessione fondata in sé e il mondo dell’ideale» (499). Notabene questo. p. 499: Epicuro sull* anima: gli atomi piu sottili (NB), il loro movimento piu rapido (NB), la loro connes- sione (NB), ecc., ecc. con il corpo ( Dio- gene Laerzio, X, SS 66, 63-64): è molto ingenuo e buono! Ma Hegel si adira, ingiuria: « chiacchiere », « vuote paro- le », «non sono pensieri» (500). Gli dèi sono per Epicuro « das Allgemei- ne » (506) in generale; «essi sono in parte nel numero » come numero, cioè come astra- zione dal sensibile... « In parte essi [gli dèi] sono la forma umana perfetta, che nasce dalla si- miglianza delle immagini prodotta dal continuo confluire delle immagini simili in un unico punto » ( 507 ) . NB Hegel sui « piu » del materialismo NB perché (i classici) hanno apprezzato Tidealismo? per Hegel ì'« anima » è anche un pregiudizio NB dèi = forma umana perfetta cfr. Feuerbach * superstizione (n.d.t.). 298 LENIN Filosofia degli scettici NB Bien diti! NB la dialettica dello scetticismo è « accidentale » un discreto aneddoto sugli scettici Parlando dello scetticismo , Hegel ne addita l’apparente « invincibilità » (Unbe- zwinglichkeit) (538): « Nel fatto, uno che intenda essere asso- lutamente uno scettico non può essere con- vinto e non può esser condotto alla filosofia positiva, allo stesso modo in cui non si può costringere a stare in piedi chi sia paralizzato in tutte le membra ». « La filosofia positiva può nei suoi confron- ti [des denkenden Skeptizismus] avere questa coscienza: essa contiene in sé il negativo dello scetticismo, il quale pertanto non le è contrap- posto, non sta fuori di lei, ma è un suo mo- mento; essa però ha in sé il negativo nella sua verità; cosa che lo scetticismo non ha » (539). (Atteggiamento della filosofia verso lo scet- ticismo:) « La filosofia è dialettica, questa dialettica è il mutamento: ridea come idea astratta è l’inerte, resistente, ma essa è vera solo in quan- to si comprende come vivente; ciò avviene per- ché essa è dialettica proprio per togliere quella quiete e quell’inerzia. L’idea filosofica è quindi dialettica in sé stessa, e non accidentalmente; lo scetticismo, invece, si serve solo accidental- mente della sua dialettica: via via che la ma- teria, il contenuto gli si offre, lo scetticismo dimostra che essi sono in sé il negativo »... Bisogna distinguere il vecchio ( antico ) scet- ticismo da quello moderno (si menziona sol- tanto Schulze di Gottinga) (540). L’Ataraxie (imperturbabilità?) come ideale degli scettici: « Cosi, una volta Pirrone, trovandosi in mare durante una tempesta, indicò ai compagni di viaggio che tremavano un maiale che restava indifferente e continuava tranquillamente a « STORIA DELLA FILOSOFIA » 299 mangiare, e disse loro: anche il saggio dovreb- be stare in quest'atarassia » (Diogene Laerzio, IX, 68), pp. 551-552. « Lo scetticismo non è il dubbio. Il dubbio è esattamente l'opposto della quiete, che è il risultato dello scetticismo » ( 552 ) . ... « Lo scetticismo è, invece, indifferente sia aH*uno che all’altro» (553)... Schulze-Enesidemo spaccia per scetticismo che tutto il sensibile sia vero (557), ma gli scettici non hanno *mai detto questo: bisogna sich danach richten *, conformarsi con il sen- sibile, ma questa non sarebbe la verità. Lo scet- ticismo moderno non dubita della realtà delle cose. Lo scetticismo antico dubita della realtà delle cose. NB lo scetticismo non è il dubbio NB tutto in Sesto I tropi (formule, argomentazioni, ecc.) de- Empirico gli scettici: (II secolo d.C.) a. Diversità di organizzazione degli ani- mali (558). Diverse sensazioni: all 'itterico (dem Gelbsùchtigen) il bianco sembra giallo, ecc. b. Diversità degli uomini. « Idiosincra- sie » (559). A chi credere? Alla maggioranza? È una sciocchezza: non si possono interrogare tutti (560). Diversità delle filosofie: un riferimento assurdo, Hegel s’indigna: ...« questi tali vedono tutto in una filosofia, tranne però la filosofia »; « per quanto diversi siano tra loro i sistemi filosofici, non sono tuttavia diversi come bianco e dolce, verde e aspro; essi concordano nell’es- sere filosofie: ed è proprio questo che non si considera» (561). NB NB * conformarsi con esso (n.J.t,), 300 LENIN NB ... « Tutti i tropi Sono diretti contro Vi; ma il vero non è questo arido è , in quanto è essen- zialmente processo» (562)... c. Diversità di organizzazione degli stru- menti dei sensi: i diversi organi di senso per- cepiscono diversamente (su tavola dipinta qual- cosa sembra airocchio erhaben *, ma al tat- to no). i. Diversità di circostanze nel soggetto (passione, quiete, ecc.). e. Diversità delle distanze, ecc. la terra intorno al sole o vice versa, ecc. /. Mescolanza (odore con il calore solare o senza, ecc.). g. Coesione delle cose (il vetro frantumato non è piu trasparente, ecc.). h. « Relatività 102 delle cose.» i. Frequenza, rarità dei fenomeni, ecc.; abitudine. k. Consuetudini, leggi, ecc., loro diversità... [ (10) Tutti questi sono tropi antichi, \ e Hegel: tutto questo è « empirico », « non si passa al concetto » (566 ). Questo è « triviale »... ma... « ma nel fatto [questi tropi] sono molto efficaci contro il dogmatismo del comune intel- letto umano» (567)... I cinque tropi moderni (che già sarebbero molto più elevati, contengono la dialettica , toccano i concetti) , sempre secondo Sesto. in rilievo « STORIA DELLA FILOSOFIA » 301 a. Diversità delle opinioni... dei filo- so f ì ... b. Caduta neU’mfinità (una cosa dipende da un'altra e cosi ' via all’infinito). c. Relatività (dei presupposti). d. L’assioma. I dogmatici pongono assiomi indimostrati. e. Reciprocità. Circolo (vizioso)... « Questi tropi scettici colpiscono , in realtà, ciò che si chiama una filosofia dogmatica (e che, per sua natura, deve ruotare tra tutte que- ste forme), non perché abbia un contenuto po- sitivo, ma perché afferma come assoluto un che di determinato» (575). Hegel contro V assoluto! Ecco dov’è un germe di materialismo dia- lettico. « Il criticismo, che in generale non sa niente in sé, non » (nicht: sic !! invece di nichts) « di assoluto, prende per dogmatismo ogni sapere dell’essere in sé come tale, mentre è esso stesso il peggior dogmatismo, in quanto sostiene che l’io, l’uno dell’autocoscienza, opposto all’essere, è in sé e per sé, che appunto fuori di esso esiste l’in sé e che i due non possono assolutamente incontrarsi» (576). « Questi tropi colpiscono la filosofia dogma- tica, che ha come propria questa maniera di for- mulare un principio in una proposizione deter- minata quale proposizione fondamentale. Un siffatto principio è sempre condizionato e ha, quindi, in sé stesso la dialettica, la distruzione di sé» (577). «Questi tropi sono un’arma eccellente contro la filosofia dell’intelletto » (ìbidem). Sesto scoprirebbe, per esempio, la dialettica del concetto di punto (der Punkt). Il punto NB NB il « criticismo » è « il peggior dogmatismo » Bien dit!ll dialettica = « distruzione di sé » 302 LENIN NB NB non ha dimensioni? Vuol dire che è fuori dello spazio!! Esso è il limite dello spazio nello spa- zio, la negazione dello spazio, ma in pari tempo « partecipa dello spazio », « è con ciò anche un dialettico in sé » (579). ...«Questi tropi sono senza efficacia contro le idee speculative, le quali contengono in sé il dialettico e il superamento del finito » ( 580 ) . Fine del XIV volume (p. 586). Terzo volume della Storia della filosofia Neo pi atonici ... « Ritorno a Dio » (5) *..., « Tautocoscien- za è l’essenza assoluta »..., « lo spirito del mon- do » (7)..., la «religione cristiana» (8)... E prolissità a non, finire su Dio ( 8-18),.. Ma questo idealismo filosofico, che con- duce a Dio apertamente, « sul serio », è piu onesto dell’agnosticismo contempora- neo, con la sua ipocrisia e pusillanimità. A. Filone (al tempo della nascita di Cristo), un ebreo cólto, mistico, « rinviene Platone in Mosè », ecc, (19). «Conoscere Dio» (21) è la cosa piu importante, ecc. Dio è Xóyog, « compendio di tutte le idee », « puro es- sere » (22) (« secondo Platone ») (22). Le idee sono «angeli» (messaggeri di Dio) (24)... Il mondo sensibile, invece, «come presso Platone » = oùx 8v = non esse- re (25). B. Cabala , gnostici, idem... C. Filosofia alessandrina : {= eclettismo) ( = platonici, pitagorici, aristotelici) (33, 35). le idee (di Platone) e il buon Dio * Del v. XV dei Werke dt. (n.d.t.). 304 LENIN sugli eclettici... le idee di Platone e il buon Dio Gli eclettici — o uomini incolti o furbi (die klugen Leute * ) — traggono il buono da ogni cosa, ma... — raccolgono ogni bene, ma non hanno « la coerenza del pensiero e, quindi, il pensiero stesso ». Hanno sviluppato Platone... « L’universale platonico, che è nel pensiero, assume quindi il significato di essere esso stesso, come tale, l’essenza assoluta » (33) m . * la gente assennata {n d.t\ Hegel sui dialoghi di Platone 104 (p.) (230) Sofista (238) Filebo ( 240 ) Parmenide (Timeo) (248) 20 - 639 RIASSUNTO DELLE «LEZIONI SULLA FILOSOFIA DELLA STORIA » DI HEGEL * Hegel, Werke, v. IX, Berlin, 1837: Vorle- sungen iiber die Pbilosophie der Gescbicbte . (Herausgegeben von E. Gans.) Materiali: appunti delle lezioni degli anni 1822- 1831. Manoscritto di Hegel sino a p . 73, tee. p. 5. ... « I discorsi [...] sono azioni tra uo- mini »... (e, quindi, questi discorsi non sono ciarle). 7: i francesi e gli inglesi sono piu cólti («hanno più [...] cultura nazionale »), men- tre noi, tedeschi, più che scrivere la storia, sotti- lizziamo sul modo in cui bisogna scriverla. 9: la storia insegna « che popoli e governi non hanno mai imparato niente dalla storia: ogni età è, per questo, troppo indi- viduale»: arguto e intelligente! molto intelligente! « Ma Tesperienza e la storia insegnano che popoli e governi non hanno mai imparato niente dalla storia e non hanno mai operato secondo gli insegnamenti che ne avrebbero potuto desu- mere. Ogni età ha circostanze cosi particolari ed è una situazione cosi individuale che solo partendo da essa si deve e unicamente si può giudicare ». NB NB NB p. 12: « la ragione governa il mondo ». 310 LENIN schwach! NB 30 NB (cfr. Engels 106 ) i « grandi uomini » 20: sostanza della materia è la gravità, sostanza dello spirito è la libertà. 22. « La storia del mondo è il progresso nella coscienza della libertà, un progresso che dobbiamo riconoscere nella sua necessità »... 24: (d si avvicina al materialismo storico). Da che cosa sono guidati gli uomini? Soprat- tutto dalla « Selbstsucht » *; i motivi d'amore, ecc. sono piu rari, e il loro àmbito è più ri- stretto. Che cosa deriva da quest 'in trecdo di passioni, ecc.? di bisogni, ecc.? 28. « Niente di grande si compie nel mondo senza passione »..., la passione è « il lato » sog- gettivo, « in quanto formale, dell'energia »... 28 in fine. La storia non comincia con uno scopo cosciente... Importante è ciò che, 29: ... inconsapevole per gli uomini, appare come risultato delle loro azioni... 29; ... In questo senso « la ragione governa il mondo ». 30: ... Nella storia, attraverso le azioni degli uomini, si compie, « (si ottiene) anche qualche cosa di diverso da ciò che essi si prefiggono e conseguono, da ciò che essi immediatamente sanno e vogliono ». 30: ... « Essi » (die Menschen) « realizzano il loro interesse, ma con ciò si realizza anche qualcosa di più remoto, che, pur implidto nel- l'interesse, non era però racchiuso nella loro cosdenza e nel loro proposito ». 32: ... « I grandi uomini della storia sono quelli i cui scopi particolari contengono il so- stanziale, che è volontà dello spirito del mon- do »... 36: molto stimabili sono la religiosità e la virtù del pastore, del contadino, ecc. (esempi!! « egoismo >► * FILOSOFIA DELLA STORIA » 311 NB), ma... « il diritto dello spirito del mondo sta al di sopra di tutti i diritti particolari »... Non di rado qui in Hegel sul buon Dio, sulla religione, sull'eticità in gene- re: arcitriviali assurdità idealistiche. 97: « l'abolizione graduale della schia- vitù è migliore di un’abolizione repen- tina »... 30. La costituzione di uno Stato e, insieme, la sua religione..., filosofia, idee, cultura, « forze esterne» (clima, i vicini...) costituiscono «una sola sostanza, un solo spirito »... 51. Nella natura ci si muove solo in cir- colo (!!), nella storia si crea il nuovo... 62. La lingua è più ricca nello stadio non evoluto, primitivo, dei popoli, essa si impove- risce con l'incivilimento e con il costituirsi della grammatica. 67 : « La storia del mondo si muove su un piano più alto di quello dove la morale ha la sua dimora [Stàtte] »... 73: Un quadro eccellente della storia: una somma di passioni individuali, azioni, ecc. (« dappertutto ciò che è nostro, e quindi dap- pertutto si ridesta il nostro interesse prò o contro»), ora una massa di interessi generali, ora una moltitudine di «piccole forze » ( « una tensione infinita di piccole forze, le quali da ciò che appare insignificante generano un che di grandioso » ) . Risultato? Il risultato è la « stanchezza ». p. 74: fine dell* introduzione. p. 75: Fondamento geografico della storia del mondo ( titolo caratteristico ) : ( 75-101 ) . ? molto bene cfr. sotto sehr wichtig! cfr. sotto il testo com- pleto m 312 LENIN NB cfr. Plechanov !!! La storia del mondo come un intero e i singoli popoli come suoi « organi » 75: « Sotto il mite cielo ionico » poteva na- scere più facilmente Omero, ma non solo que- sta è la causa, « Non sotto la dominazione tur- ca », ecc. 82: L’immigrazione in America elimina il « malcontento » e « garantisce il permanere del- l’attuale ordine civile»... (ma questo Zustand è «ricchezza e povertà», 81)... 82. In Europa manca tale riflusso: se fos- sero ancora esistite le foreste dei germani, la rivoluzione francese non ci sarebbe stata. 102: tre forme della storia universale: 1) dispotismo, 2) democrazia e aristocrazia, 3) mo- narchia. Suddivisione: mondo orientale — greco — romano — mondo germanico. Frasi assai vuote sull’eticità, ecc., ecc. Cina. I capitolo (113-139). Descrizione del carattere cinese, delle istituzioni, ecc., ecc. Nil, nil, nil! India: sino a p. 176. Sino a... Persia (e Egitto) sino a 231. Perché il re- gno (impero) persiano è caduto, e la Cina e l’India no? Dauer non è ancora Vortreffliches *. « Le montagne perenni non sono preferibili alla rosa subito sfiorita nella sua vita che svapora » (229). La Persia è crollata perché qui ha avuto inizio «la contemplazione spirituale » (230), mentre i greci si sono rivelati superiori, con « il più alto principio » dell’organizzazione, della « li- bertà cosciente di sé» (231). 232: « Il mondo greco »... — il principio della « pura individualità » — l’epoca del suo sviluppo, del suo rigoglio e della sua decadenza — « rincontro con il futuro organo della storia del mondo» (233) — Roma con la sua « so- stanza» (ibidem). Durata ... l’eccellente (nJj.). « FILOSOFIA DELLA STORIA » 313 234: Le condizioni geografiche della Gre- cia: la varietà della natura (a differenza del- l’uniformità dell’oriente). 242 : Le colonie in Grecia. Accumulazione di ricchezza. Con essa sono « sempre » con- giunte la miseria e la povertà... 246. « Ciò che è naturale, e che viene spie- gato dagli uomini, ciò che in esso è interiore, essenziale, è il principio del divino in generale » (sulla mitologia greca). 251 : « L'uomo con i suoi bisogni si rife- risce alla natura esterna in modo pratico; nel soddisfarsi con essa, egli l’annienta, operando in questo da mediatore. Gli oggetti naturali sono, infatti, potenti e oppongono varia resi- stenza. Per domarli, l’uomo fa intervenire al- tre cose naturali, rivolge cosf la natura contro la natura stessa e inventa per tale scopo stru- menti. Queste invenzioni umane appartengono allo spirito, e questo strumento deve esser po- sto piu in alto dell’oggetto naturale L’onore dell’invenzione umana, per domare la natura, è attribuito agli dèi» (presso i greci). 264: La democrazia era connessa in Grecia con le piccole dimensioni degli Stati. Il discor- so, il discorso vivente, collegava i cittadini, suscitava Erwdrmung *. « Per questo motivo » nella rivoluzione francese non c’è mai stata una costituzione repubblicana. 322-323: «Egli» (Cesare) «ha assopito l’interna contraddizione » ( sopprimendo la re- pubblica, che era già un’« ombra » ) « e ne ha suscitato una nuova. Se il dominio del mon- do non aveva sino allora varcato la corona delle Alpi, Cesare ha creato una nuova ribal- ta: ha fondato il teatro che doveva ormai di- ventare il centro della storia universale ». Ricchezza e povertà Hegel e Feuerbach germi di materia- lismo storico in Hegel Hegel e Marx ?? Hegel e le « contrad- dizioni » nella storia * calore ( n.d.t .). 314 LENIN le categorìe del possibile e deiraccidentale versus la realtà e la sanzione della storia NB rapporti di classe !! E, in seguito, sull’uccisione di Cesare: ... « In genere, un rivolgimento statale è per cosi dire sancito nell’opinione degli uomini, se viene ripetuto» (Napoleone, i Borboni).,. « Ciò che all’inizio era sembrato solo acciden- tale e possibile attraverso la ripetizione è di- ventato un che di reale e di sancito» (323). «Il cristianesimo» (328-346). Chiacchiere idealistiche trivialmente prete- sche sulla grandezza del cristianesimo (con ci- tazioni dal Vangelo!!). Schifoso, fetido! 420-421: Perché la Riforma si è limitata ad alcune nazioni? Tra l’altro, « le nazioni slave erano agricole » (421), il che implica il « rapporto di signori e servi », minore « Be* triebsamkeit » *, ecc. Ma le nazioni latine per- ché? loro carattere (Grundcharakter **: 421 in fine). 429 : ... « La libertà polacca non era altro che la libertà dei baroni nei confronti del mo- narca [...]. Cosi, il popolo aveva, nei riguardi dei baroni, lo stesso interesse dei re [...]. Quan- do si parla di libertà, bisogna sempre badare che il discorso non verta propriamente sugli interessi privati» (430). (439): sulla rivoluzione francese... Perché i francesi sono passati « di colpo dal teorico al pratico », e i tedeschi no? Presso i tedeschi la Riforma aveva « già tutto corretto », sop- presso « l'indicibile ingiustizia », ecc. 441: per la prima volta (nella rivoluzione francese) Tuomo è arrivato a capire che « l’uo- mo poggia sulla testa, cioè sul pensiero, e co- struisce la realtà secondo il pensiero »... « È stato questo [...] un magnifico levarsi del sole »... ♦ « operosità » ( n.à.t .). ** carattere fondamentale (n.d.t.). « FILOSOFIA DELLA STORIA » 315 Esaminando piu avanti « il moto della ri- voluzione in Francia» (441), Hegel sottolinea nella libertà in genere la libertà della proprietà , dell ’ industria ( ibidem ) . ... Emanazione delle leggi? La volontà di tutti ... « I pochi devono esprimere i molti, ma spesso non fanno che opprimerli »... (442). « Non di meno il dominio della maggioranza sulla minoranza è una grave incoerenza.» 444: ... « Per il suo contenuto questo even- to [la rivoluzione francese] è storico mon- diale »... Il «liberalismo» (444), le «istituzioni liberali » ( 443 ) si sono diffusi in Europa. cfr. Marx und Engels 1W ? 446: fine. 446: « La storia universale non è altro che Io sviluppo del concetto di libertà »... In generale, la filosofia della storia ci dà molto, molto poco, e si capisce, per- ché proprio qui, in questo campo, in questa scienza, Marx e Engels hanno compiuto il pid grande passo in avanti. Qui soprattutto Hegel è invecchiato e antiquato. (Cfr. la p. che segue.) NB la cosa piu importante è TEinlei- tung, dove ci sono molte cose belle nella impo- stazione del pro- blema. Hegel sulla storia del mondo « Se ora, infine, consideriamo la storia uni- versale, secondo la categoria da cui dev'essere considerata, vediamo dinanzi a noi un quadro infinito di vitalità umana e attività nelle cir- costanze piu varie, di scopi d’ogni genere, di eventi e destini disparatissimi. Su tutte queste vicende e accidenti vediamo in primo piano Tagire e l’operare umano; dappertutto vi è ciò che è nostro, e quindi dappertutto si ri- desta il nostro interesse prò o contro. Ora ci attrae la bellezza, libertà e ricchezza, ora la energia, ora il vizio stesso sa farsi significativo. Spesso vediamo la massa imponente d’un in- teresse universale, che si muove pesantemen- te, più spesso ancora una tensione infinita di piccole forze, le quali da ciò che appare insi- gnificante generano un che di grandioso; dapper- tutto lo spettacolo più policromo, e, quando uno scompare, subito un altro ne prende il posto. «Ma il risultato primo di questo esame, per attraente che sia, è la stanchezza, che segue allo svolgersi del più multiforme spettacolo d una lanterna magica, e, se anche riconoscia- mo a ogni singola rappresentazione il suo pre- gio, nasce tuttavia in noi il bisogno di sapere quale sia il fine di tutte queste cose singolari, se ognuna si esaurisca nel suo scopo partico- lare, o se non sia invece da concepire uno scopo finale di tutte queste storie; se dietro l’intenso frastuono di questa superficie non ci sia il lavorio e lo sviluppo di un'opera, di « FILOSOFIA DELLA. STORIA » 317 un’opera interna, sommessa, segreta, in cui è conservata la forza essenziale di tutti questi fenomeni che passano. Ma, se già non si im- mette nella storia del mondo il pensiero, la conoscenza della ragione, si deve almeno recare la salda e incrollabile fiducia che nella storia è presente la ragione, o, almeno, che il mondo delTintelligenza e della volontà cosciente di sé non è lasciato al caso, ma deve rivelarsi alla luce dell’idea che conosce sé stessa» (73-74). ((NB: nella prefazione, a p. XVIII, il cura- tore, cioè il redattore Ed. Gans, precisa che sino a p. 73 il testo è stato scrìtto da Hegel nel 1830; manoscritto — « Ausarbeitung » *.) ) * «elaborazione» (; n.d.t .), ANNOTAZIONI BIBLIOGRAFICHE 1W Su Friedrich Dannemann Fr. Dannemann, Wie unser Weltbild ent- stand , Stuttgart (Cosmos), 1912. (Nat. XII. 456) L’autore fornisce in quest’opuscolo una sor- ta di compendio del suo lavoro in quattro volumi : Naturwissenschaf - ten in ihrer Entwicklung uni in ibrem Zusam- menhange... Quasi cinquemila anni di sviluppo della cultura, dall’antico Egitto ai giorni nostri. Per Omero la terra era limitata al Mediterraneo e ai paesi circostanti (p. 8). In Egitto le notti chiare facilitavano gli studi di astronomia. Si osservavano le stelle e i loro moti, la luna, ecc. All’inizio il mese veniva calcolato in 30 giorni e l’anno in 360 (p. 31). Gli antichi egiziani già calcolavano 365 giorni (p. 32). Era tos tene (276 a.C.) determinò il perime- tro della terra in 250.000 « stadi » = 45.000 chilometri (invece di 40.000). Aristarco intuì che la terra ruota intorno al sole, p. 37 (1.800 anni prima di Copernico, 1473-1543). (Nel III secolo a.C.) egli con- siderava la luna 30 volte (anziché 48) più (((Molta vol- garizzazione))) L’autore accen- na alle questio- ni filosofiche con negligen- za, superficia- le vivacità, dandosi arie, è triviale. } L’opuscolo non t è né carne né ;t pesce: come te- li sto filosofico, è trascurato, ver- boso, meschi- no, triviale; co- me lavoro di divulgazione è pretenzioso. 21-639 322 LENIN piccola della terra, e il sole 300 volte (anziché 1.300.000) piu grande della terra... Sistema di Tolo- meo (II sec. d,C.) t 4 XV sec.: risveglio dell’astronomia: legame con la navigazione. Copernico (1473- 1543): sistema eliocentrico. Cir- coli (non ellissi). ((Solo verso la metà del sec. XIX gli strumenti di misurazione per- fezionati hanno svelato la trasfor- mazione del- l'aspetto delle stelle fisse.)) Galilei (1564- 1642) Keplero (1571-1630) Newton (164J- 1727) telescopio, ecc. ((scoperta di più di 20 mi- lioni di stelle, ecc.)) schiaccia- mento della terra ai poli - 1/229 [anziché 1/299] di diametro. Pitagora (VI sec. a.C.): il mondo è gover- nato dal numero e dalla misura... 4 elementi o sostanze nei filosofi antichi: terra, fuoco, acqua, aria... Democrito (V sec. a.C.): atomi... t ; XVII sec.: elementi chimici Analisi spettrale (1860) Elettricità, ecc. Legge della conservazione delPenergia. Su Ludwig Darmstaedter Ludwig Darmstaedter, Handbuch zur Ge- schicbte der Naturwissenschaften und der Tech - nik, Berlin, 1908, 2. Aufl. (Lesesaal in der Landesbibliothek. ) Determinazione della velocità della luce : 1676 : Olaf Ròmer (sulle eclissi di Giove): 40.000 miglia ma- rine (meno di 300.000 km) al secondo (meno di 298.000 km) » * 1849: Fizeau (ruote dentate e specchi): 42.219 miglia marine = 313.000 km » * 1854: Foucault (due specchi ro- tanti, ecc.): 40.160 miglia marine = 298.000 km » » 1874: Alfred Cornu (à la Fizeau) = 300.400 km » » 300.330 km » * 1902. Perrotin (idem) 299.900 (+ 80 m.) al secondo Su Napoleone Pensées de Napoléon, Paris, 1913, Biblio- thèque miniature, 14. ( Landesbibliothek ) « Il cannone ha ucciso il feudalesimo. L'in- chiostro ucciderà la società moderna » (p. 43)... ... « In ogni battaglia si dà sempre un mo- mento in cui i soldati piu valorosi, dopo una estrema tensione, sentono il desiderio di fug- gire. Questo panico è generato dalla mancanza di fede nel proprio coraggio; un caso qualsiasi, un qualsiasi pretesto è sufficiente per restituire loro questa fede: la grande arte sta nel creare tali pretesti» (pp, 79-80). Su Arthur Erich Haas Arthur Erich Haas, Der Geist des Helle- nentums in der modernen Physik , Leipzig, 1914 (pp. 32) (Veit und Co.). Recensione in Kantstudien , 1914, n. 3 (v. XIX), pp. 391-392; l’autore, professore di storia della fisica (P. Volkmann ha dedicato grande attenzione a questa storia), sembra sot- tolineare un particolare legame tra Eraclito e Thomson, ccc., ecc. Su Theodor Lipps Theodor Lipps, Naturwissenschaft uni Weltanschauung, Heidelberg, 1906. (Biblioteca di Berna. Nat. Varia. 160) Idealista di tendenza kantiano-fichtiana, il quale sottolinea che nello spirito delTidealistno lavorano anche la fenomenologia (quella mo- derna; «soltanto fenomeni», p. 40), l’energe- tica e il vitalismo {ibidem). Materia - x. « Materialità » — « un mezzo convenzionale d’espressione» (p. 35)... « La natura è un prodotto dello spirito », ecc. (37). « In breve, il materialismo è anzitutto nien- t’altro che un nuovo nome per la questione del- le scienze naturali» (32). Gideon Spicker, Vber das Verbàltnis der Naturwissenschaft tur Philosophie (soprattutto versus Kant e la Storia del materialismo di Lan- ge), 8°, Berlin, 1874. IV. W. 57 K. Hegel, Phànomenologie (hrs. Bolland, 1907). IV. W. 165 g. (Biblioteca cantonale di Zurigo) (Signatur: K. bi.) Flugschriften des deutschen Monistenbun - des, Heft 3: Albrecht Rau, Fr. Paulsen iiber E. Haeckel, 2. Aufl., Brackwede, 1907 (48 S.). Critica molto aspra di Paulsen dal pun- to di vista di Feuerbach. Il « mohicano » deirilluminismo borghese! RIASSUNTO DELLA «LOGICA DI HEGEL» DI GEORGES NOEL 110 Georges Noél, La logique de Hegel , Paris, 1897. Bibliothèque de Genève, Ca. 1219. Pubblicato in forma di articoli nella Revue de métaphysique et de morale; direttore Xavier Léon. L'autore è idealista e mediocre. Parafrasi di Hegel, sua difesa contro i « filosofi contempo- ranei », confronto con Kant, ecc. Niente d'inte- ressante. Niente di profondo. Non una parola sulla dialettica materialistica: l'autore, eviden- temente, non ne ha nozione alcuna. Notare la traduzione dei termini di Hegel: È t r e - E s s e n c e - N o t i o n (Mesure, ecc.) Devenir (das Gewordene). L'ètre déterminé (Dasein). Étre pour un autre ( Sein-fur-Andcres ) . Quelque chose (Etwas). Limite (Grenze). Borne (Schranke). Devoir étre (Sollen). Étre pour soi ( Fiir-sich-Sein ) . 332 LENIN Existence hors de soi ( Ausser-sich-Scin). La connaissance (das Erkennen). Actualité ( Wirklichkeit). Apparence (Schein). Étre pose (das Gesetztsein ) . Position ( setzende Reflexion ) . Fondement ou raison d’ètre (Grund). L’universel (das Allgemeine). Particulier (das Besondere). Jugement (das Urteil). Raisonnement ou syllogisme (Schluss). NB! NB NB Notare inoltre i gustosi tentativi dell’autore di giustificare, as it were, Hegel dalle accuse di « realismo » (leggi: materialismo). In Hegel « la filosofia è in complesso un sillogismo. In questo sillogismo la logica è l’universale, la natura il particolare, lo spirito l’individuale * (p. 123). L’autore «analizza» (= rimastica) le ultime proposizioni della Logica sul passaggio dall’idea alla natura. Risulta che l’intelletto at- traverso la natura (nella natura) conosce l’idea = le leggi , le astrazioni, ecc. Aiuto, è quasi materialismo!!... « Trattare della natura in sé, fatta astrazio- ne dallo spirito, non significa ritornare implici- tamente al realismo più ingenuo? » « In effetti, inserendo tra la logica e la filosofia dello spirito una filosofia della natura, Hegel si colloca dal punto di vista del realismo, ma non cade per questo in nessuna incoeren- za Il realismo di Hegel è soltanto provvi- sorio. È un punto di vista che deve essere superato» (129). « Che il realismo abbia la sua verità rela- tiva non può essere contestato. Un punto di vista cosi naturale e universale non è un’aber- razione accidentale dello spirito umano Per superare il realismo essa [la dialectique] « LOGICA DI HEGEL » 333 dovrà dargli dapprima il suo completo sviluppo e soltanto cosi dimostrerà la necessità dell’idea- lismo. Hegel porrà dunque il tempo e lo spazio come le determinazioni più generali della na- tura e non come forme dello spirito. Su questo punto Hegel sembra in disaccordo con Kant, ma lo è soltanto in apparenza e a parole »... « Ciò spiega perché egli [Hegel] parli di qualità sensibili come se esse fossero realmente inerenti ai corpi. Al riguardo ci si può solo stupire che il signor Wundt lo accusi di igno- ranza. Crede forse il dotto filosofo che Hegel non abbia mai letto Descartes, Locke o addi- rittura Kant? Se egli è realista, non lo è né per ignoranza né per incoerenza, ma solo prov- visoriamente e per metodo» (130). Raffrontando Hegel e Spinoza, l’autore di- ce: « In sintesi, Hegel e Spinoza concordano nel subordinare la natura alla logica » (p. 140), però in Hegel la logica è una logica non ma- tematica, ma una logica delle contraddizioni, del passaggio « dallas trazione pura alla real- tà » (ecc.). Con Spinoza, invece, « siamo agli antipodi dell’idealismo » ( 138 ) , perché « il mondo degli spiriti [in Spinoza] sta accanto a quello dei corpi, non al disopra di esso »... ... « L’idea di evoluzione cosi caratteristica per Thegelismo non ha senso per Spinfoza » (138)... Hegel sviluppa la dialettica di Platone ( « in- sieme con Platone riconosce la coesistenza ne- cessaria degli opposti », 140); a Hegel è vicino Leibniz (141). Noél difende Hegel dall’accusa di pantei- smo... (quest’accusa sarebbe cosi motivata): « Lo spirito assoluto, termine ultimo della sua [di Hegel] dialettica, che altro è in fondo se non lo spirito stesso dell’uomo idealizzato e deificato? Esiste il suo Dio altrove se non nel- la natura e nell’umanità?» (142), !!?? NB Hegel = « realista » NB 334 LENIN La « difesa » di Noél consiste nel sot- tolineare (nel rimasticare) che Hegel è un idealista. Hegel non è « scettico » NB Kant agnostico NB materialisti = « dogmatici » È Hegel un «dogmatico» (capitolo VI; Il dogmatismo di Hegel)? Si, nel senso del non-scetticismo , nel senso dell* antichità (p. 147). Ma in Kant dogmatismo = incono- scibilità della «cosa in sé ». Hegel (cosi come Fichte) nega le cose in sé. In Kant si ha il « realismo agno- stico» (p. 148 in fine) . ... « Kant definisce il dogmatismo dal punto di vista deir agnosticismo. E dogmatico chiun- que pretenda di determinare la cosa in sé, di conoscere Pinconoscibile. II dogmatismo può assumere del resto due forme» (149). O è misticismo, oppure « può anche erigere ingenuamente la realtà sensibile a realtà assoluta, identificare il feno- meno e il noumeno. Si ha allora il dogmatismo empirico, il dogmatismo del volgo e degli scien- ziati estranei alla filosofia. I materialisti cadono in questo secondo errore; il primo errore è stato commesso da Platone, da Descartes e dai loro discepoli »... In Hegel non ci sarebbe traccia di dogma* tismo, perché « non lo si accuserà di certo di non riconoscere la relatività delle cose rispetto al pensiero, in quanto il suo sistema riposa per intero su questo principio. Non lo si accu- serà, altresì, di applicare le categorie senza di- scernimento e senza spirito critico. Che altro è, infatti, la sua logica se non una critica delle categorie, critica incontestabilmente piu pro- fonda della critica kantiana?» (150), « Senza dubbio, respingendo i noumeni, egli [Hegel] colloca con ciò stesso la realtà nel fenomeno, ma questa realtà, nel fenomeno in quanto tale, è soltanto una realtà immediata e. « LOGICA DI HEGEL » 33 5 quindi, relativa e intrinsecamente incompleta. Essa è vera realtà solo implicitamente e a con- dizione del suo sviluppo ulteriore» (151). ... « Del resto, tra l’intelligibile e il sen- sibile non c’è un’opposizione assoluta, uno iato, un abisso invalicabile. Il sensibile è l’intelligi- bile presentito; l’intelligibile è il sensibile com- preso » (152)... (Persino a te, triviale idealista, Hegel è stato utile in qualcosa!) ... « L’essere sensibile contiene implicita- mente l’assoluto, e noi ci eleviamo da quello a questo attraverso una gradualità ininterrotta » (153). ... « Cosi, qualunque cosa se ne sia detta, la filosofia di Kant conserva il vizio fondamen- tale del dogmatismo mistico. In essa rinvenia- mo i due tratti caratteristici di questa dottrina: l’opposizione assoluta del sensibile e del sovra- sensibile e il trapasso immediato dell’uno nel- l’altro » (156). Nel VII capitolo, Hegel e il pensiero con- temporaneo , Noèl affronta il positivismo di Auguste Comte e, analizzandolo, lo definisce un «sistema agnostico» (166). (Idem, 169: « agnosticismo positivistico ».) Criticando il positivismo come agnostici- smo, l’autore riesce talvolta a colpirlo con effi- cacia per la sua incoerenza, dicendo, per esem- pio, che non si deve evitare la questione del- l’origine delle leggi o della « permanenza » nei fatti (« des faits permanents », 170): « Secondo che li si concepisca [les faits per- manents] come inconoscibili o conoscibili, ci si vedrà condotti o verso l’agnosticismo o ver- so la filosofia dogmatica» (170 in fine)... Il neocriticismo del signor Renouvier sa- rebbe eclettismo, qualcosa di mezzo tra « il fenomenismo positivistico e il kantismo pro- priamente detto» (175). NB non male! positivismo = agnosticismo 336 LENIN Ciarlando di morale, libertà, ecc., Noel, volgarizzatore di Hegel, non fa parola della libertà come comprensione della ne- cessità. Traduzioni francesi di Hegel: Vera, Logica , filosofia dello spirito, filosofia della religione , filosofia della natura. Ch. Bénard, Estetica e poetica. Opere sulPhegelismo: E. Beaussire, Antécédents de Vhégélianisme dans la philosophie franqaise. P. Janet, La dialectique dans Hegel et dans Platon , 1860. Mariano, La philosophie contemporaine en Italie. Vera, Introduction à la philosophie de Hegel. PIANO DELLA DIALETTICA (LOGICA) DI HEGEL 1,1 Indice della piccola Logica (Enciclopedia) I. La dottrina dell’essere. A) Qualità a) essere; b) esserci; c) essere per sé. B) Quantità a) quantità pura; b) grandezza (Quantum); c) grado. C) Misura. II. La dottrina dell’essenza A) L’essenza come fondamento dell’esi- stenza a) identità - differenza - ragion d’es- sere; b) esistenza; c) cosa. B) Il fenomeno a) il mondo del fenomeno; b) contenuto e forma; c) rapporto. 22 340 LENIN C) La realtà a) rapporto di sostanzialità; b) rapporto di causalità; c) azione reciproca. III. La dottrina del concetto A) Il concetto soggettivo a) concetto; b) giudizio; c) sillogismo. B) L’oggetto a) meccanismo; b) chimismo; c) teleologia. C) L’idea a) vita; b) conoscenza; c) idea assoluta. Il concetto (la conoscenza) rivela nel- l’essere (nei fenomeni immediati) l’es- senza (la legge di causalità, identità, dif- ferenza, ecc.) : ecco il cammino real- mente universale di tutta la co- noscenza umana (di tutta la scienza) in generale. Tale è il cammino sia della scienza naturale che del- 1* economia politica | e della storia |. La dialettica di Hegel è per- tanto la generalizzazione della storia del pensiero. Sembra un compito eccezio- nalmente promettente quello di ricercare tutto questo, in modo piu concreto e par- ticolareggiato, nella storia delle singole scienze . Nella logica la storia del pensiero deve in complesso coincidere con le leggi del pensiero. PIANO DELLA DIALETTICA 341 Balza agli occhi che Hegel muove talvolta dall’astratto verso il concreto [Sein (astratto) — D a s e in (concreto) — Fiirsichsein], talaltra viceversa [concetto soggettivo — oggetto — verità (idea assoluta)]. Non è forse questa Fin- coerenza dell’idealista (ciò che Marx chiamava Ideenmystik in Hegel)? O vi sono ragioni più profonde? (per esempio, essere = nulla — idea del divenire, dello sviluppo). Dapprima bale- nano le impressioni, poi si profila qualcosa — si sviluppano quindi i concetti di qualità # (determinazioni della cosa o del fenomeno) e di quantità . Lo studio e la riflessione orientano poi il pensiero verso la conoscenza dell’iden- tità — della differenza — del fondamento — dell’essenza versus il fenomeno — della causa- lità, ecc. Tutti questi momenti (atti, gradi, processi) della conoscenza vanno dal soggetto all’oggetto, controllandosi con la pratica e per- venendo attraverso questo controllo alla verità (= idea assoluta). l’astratto « Sein » solo come mom en- t o nel Tràvxa # Qualità e sensazione (Empfin- dung), dice Feuerbach, sono una stessa cosa. Prima e primordiale è la sensa- zione, ma in essa è inevitabile anche la quali t à... Anche se Marx non ci ha lasciato una Lo- gica (con la lettera maiuscola), ci ha lasciato però la logica del Capitale, che bisognerebbe utilizzare al massimo nella questione data. Nel Capitale si applica a una sola scienza la logica, la dialettica, la teoria della conoscenza | non occorrono tre parole: sono una stessa cosa | del materialismo, che ha attinto da Hegel quan- to vi è in lui di prezioso e lo ha sviluppato ulteriormente. 342 LENIN Merce — denaro — capitale produzione del Mehrwert * assoluto produzione del Mehrwert relativo. Storia del capitalismo e analisi dei concetti che compendiano questa storia. Inizio: l'« essere >► piu semplice, abituale, diffuso, immediato: la singola merce (il «Sein» in economia politica). Analisi della merce co- me rapporto sociale. Analisi duplice , deduttiva e induttiva, logica e storica (forme del valore). Il controllo con i fatti respective con la pratica si compie qui in ogni momento dell’analisi. Cfr. sul problema dell’essenza versus^ il fe- nomeno. — prezzo e valore — domanda e offerta versus Wert ( = kristallisierte Ar- beit) ** — salario e prezzo della forza-lavoro. * plusvalore { n.d.t .). ** valore (= lavoro cristtllintato) RIASSUNTO DELL’* ERACLITO * DI LASSALLE 1U Ferdinand Lassalle, Die Pbilosopbie Hera- kleitos des Dunklen von Ephesos, Berlin, 1858, 2 vv. (379 + 479). (Bem: Log. 119. 1) Nell’epigrafe si riporta, tra l’altro, da Hegel — dalla sua Storia della filosofia — che non c’è proposizione di Eraclito che egli iion abbia accolto nella sua logica. Hegel, Opere , v. XIII, p. 328. Mia citazione 1IJ . Vorlesungen uber die Ge- schichte der Pbilosopbie . Si comprende perché Marx definisca « da scolaretto » quest’opera di Lassalle ( cfr. let* tera a Engels del... 114 ): Lassalle si limita a ripetere Hegel, lo trascrive , lo rimastica un milione di volte riguardo a singoli brani di Eraclito, infarcendo il suo lavoro d'un incre- dibile mucchio di zavorra dottissima e arci- erudita. Differenza da Marx: in Marx c’è un subisso di novità, per lui ha interesse solo il movi- mento in avanti d a Hegel e da Feuerbach / « poi, dalla dialettica idealistica verso quella materialistica. In Lassalle, invece, Hegel viene ruminato secondo il tema particolare scelto: si ha, in sostanza, una trascrizione di Hegel a proposito delle citazioni da Eraclito e su Era- clito. Lassalle ha suddiviso il suo lavoro in due parti: Parte generale. Introduzione (v. I, pp. 1-68) e Parte storica. Frammenti e testimo- nianze (il resto). Il III capitolo della parte 346 LENIN generale, Breve svolgimento concettuale del sistema eracliteo (43-68), fornisce la quintes- senza del metodo, delle argomentazioni lassal- liane. Questo capitolo è una pura trascrizione,, una pedissequa ripetizione di Hegel a proposito di Eraclito! C’è anche qui (ma più ancora nella parte storica) un subisso di erudizione, che è però della peggiore specie: ci si è prefissi di ricercare Hegel in Eraclito. Lo strebsamer * scolaro assolve il compito « brillantemente », rinvenendo in tutti gli autori antichi (e moder- ni) tutto ciò che concerne Eraclito e tutto interpretando in chiave di Hegel. Tra il 1844 e il 1847 Marx è passato da Hegel a Feuerbach e poi, oltre Feuerbach, al materialismo storico (e dialettico). Lassalle ha intrapreso nel 1846 (prefazione, p. Ili), continuato nel 1853 e concluso nelFagosto 1837 (prefazione, p. XV) un lavoro di nuda, vuota, insignificante, dotta rimasticazione del- Phegelismo!! Singoli capitoli della II parte sono interes- santi e non privi d'utilità soltanto per le tra- duzioni dei frammenti di Eraclito e per la di- vulgazione di Hegel, ma questo non elimina tutti i difetti indicati. La filosofia degli antichi e di Eraclito è talora addirittura affascinante per la sua in- fantile ingenuità, per esempio, a p. 162: « Co- me spiegare che l’orina di coloro che hanno mangiato aglio ne abbia l’odore? ». E la risposta: « Col fatto, forse, che come dicono alcuni discepoli di Eraclito, un mede- simo processo di trasformazione per combu- stione si produce tanto nell’universo quanto nei corpi (organici), che in seguito, dopo il raf- freddamento, compare là (nell’universo) come umidità, qui come orina, che la trasformazione (àvafrup{aai£) deriva dall’alimento l’odore di zelante «. ERACLITO » 347 ciò con cui l’alimento si è mescolato e da cui è nato? » ( 162-163). A pp. 221 sgg. Lassalle cita Plutarco, il quale dice di Eraclito: « Come tutto si crea dal fuoco per trasformazione, cosi il fuoco si crea dal tutto, al modo stesso in cui otteniamo con Poro le cose e le cose con Poro ». A questo proposito Lassalle parla del va- lore ( Wert ) (p. 223 NB) | c della Funktion des Geldes * | , sviluppandolo in maniera hege- liana (come «unità astratta separata») e ag- giungendo : « Che questa unità, il denaro, non sia un che di reale, ma qualcosa di ideale sol- tanto [corsivo di Lassalle] è chiaro dal fatto », ecc. (NB, tuttavia, che ciò è scritto in un libra uscito nel 1858, la cui prefazione è datata ago- sto 1857.) Nella nota 3 a p. 224 (224-225) Lassalle parla ancora più minuziosamente del denaro, dice che Eraclito non era un « economista », che il denaro è ((soltanto [??])) Wertzei- chen **, ecc., ecc. (« tutto il denaro è soltanto Punita ideale, o l’espressione di valore, di tutti i prodotti reali circolanti ») (224), ecc. Poiché Lassalle parla qui indetermina- tamente di moderne Entdeckungen auf diesem Gebiet *** — della teoria del va- lore e del denaro — si può supporre che egli si riferisca a conversazioni e lettere di Marx. l Eraclito sull’oro e sulle merci falso ( idealismo \ di Lassalle / pp. 225-228. Lassalle riporta un ampio frammento da Plutarco, dimostrando più oltre (persuasivamente) che il discorso verte * funzione del denaro (n.d.t.). ** segno di valore (n.d.t.). *** scoperte moderne in questo campo (n.d.t.). 348 LENIN appunto su Eraclito, che Plutarco espone qui « nei suoi tratti fondamentali la teologia spe- culativa di Eraclito » (p. 228). Il frammento è buono: rende lo spirito della filosofia greca, ne rende l’ingenuità, la profon- dità, i passaggi, le modulazioni. Lassalle rinviene in Eraclito un intero sistema di teologia e una « logica ogget- tiva » (sic!!), ecc., in breve, Hegel «a proposito» di Eraclito!! Un infinito (e davvero estenuante) numero di volte Lassalle sottolinea e ri- mastica che Eraclito non solo riconosce in ogni cosa il movimento, che il suo principio è il movimento o divenire (Wer- den), ma che tutta la questione consiste appunto nel capire « Tidentità processua- le dell’assolutamente [schlechthin] oppo- sto » (p. 289 e molte altre). Lassalle conficca , per cosi dire, a colpi di mazza nella testa del lettore l’idea hegeliana che nei concetti astratti (e nel loro sistema) non si può esprimere altrimenti il prin- cipio del movimento se non con il prin- cipio di identità degli opposti. Movimen- to e Werden possono darsi, in generale, senza ripetizione, senza ritorno al punto d’awio, e in tale caso questo mo- vimento non sarebbe una « identità di opposti ». Ma anche il movimento astro- nomico e meccanico (sulla terra) e la vita delle piante, degli animali e dell’uomo: tutto questo ha conficcato nella testa del- l’umanità l’idea non solo del movimento, ma appunto di un movimento con ritorno ai punti d’avvio, cioè di un movimento dialettico. « ERACLITO » 349 La cosa è espressa in modo ingenuo e in- cantevole nella celebre formula (o massima) di Eraclito: « Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume»: ma, in realtà (come ha detto Cratilo, discepolo di Eraclito), non lo si può fare neanche una volta (perché prima che tutto il corpo sia sceso in acqua, l’acqua non è già piu quella di prima). (NB: questo Cratilo ha condotto la dia- lettica di Eraclito sino alla sofistica, pp. 294- 295 e molte altre, dicendo: niente è vero, su niente si può affermare qualche cosa. Una conclusione negativa (e unicamente negativa) della dialettica. Eraclito invece professa il prin- cipio che « tutto è vero », che in tutto c’è (una parte) della verità. Cratilo non faceva che « muovere il dito » in risposta a tutto, mostran- do cosi che tutto si muove e che su niente si può affermare qualche cosa.) Lassalle ignora ogni e qualsiasi senso di misura in quest’opera e giunge ad annegare Eraclito in Hegel. È un peccato. Un Eraclito con mi- sura, come uno dei fondatori della dialettica, sarebbe arciutile: dalle 850 pa- gine di Lassalle bisognerebbe ricavare un concentrato di 85 pagine e tradurlo in russo: Eraclito come uno dei fondatori della dialettica (secondo Lassalle). Ne po- trebbe risultare una cosa utile! La legge fondamentale del mondo è per Era- clito (Xóyos, talora eijiapijiv^ ) la «leg- ge della conversione neiropposto » (p. 327) ( = évavTi0Tp07nf|, èvavTioSpoyia). Lassalle espone il significato di eJpappévT] come «legge di sviluppo» (p. 333), ripor- tando, tra l’altro, le parole di Nemesio : « Democrito, Eracli- to ed Epicuro suppongono che né per rimi- 350 LENIN NB versale né per Tindividuale ci sia una provvi- denza » (ibidem). E le parole di Eraclito: « Il mondo non è stato fatto da nessuno degli dèi o degli uomini, ma è e sarà sempre ùn fuoco eterna- mente vivo » (Ibidem). È curioso che, rimasticando la filosofia religiosa di Eraclito, Lassalle non citi e non menzioni Feuerbach neanche una vol- ta! Che atteggiamento ha avuto, in gene- rale, Lassalle verso Feuerbach? L’atteggia- mento delTidealista-hegeliano? Ecco perché Filone (Philo) ha detto della dottrina di Eraclito ... « che essa » (die Lehre), « come quella degli stoici, tutto trae dal mondo e nel mondo, ma non crede che qualcosa derivi da Dio» (334). Esempio di « riduzione » a Hegel: il celebre frammento di Eraclito (secondo Stobeo) su « Das Eine Weise » * (2v óv) è cosi tradotto da Lassalle: « Per quanto ne abbia udito i discorsi, nes- suno è giunto a sapere che sapiente è ciò che è separato da tutto (ossia da tutto resistente) » (344): dove Lassalle considera le parole « ani- male o Dio » un'aggiunta e rigetta le traduzioni di Ritter («la sapienza è lontana da tutti») (344) e di Schleiermacher, «la sapienza è se- parata da tutto », nel senso della « conoscenza » che è diversa dalla scienza dei particolari. Per Lassalle il significato del frammento è che « Passoluto (il sapiente) è alieno da ogni esistenza sensibile, è esso il negativo» (349), cioè il Negative = principio di negazione, prin- cipio di movimento. Chiara contraffazione nel * «dò che è solo sapiente» (n.d.t.). « ERACLITO » 351 senso di Hegel! Reinterpretazione di Hegel in Eraclito! Un mucchio di particolari sulla connes- sione (esteriore) di Eraclito con la teo- logia persiana, Ormuzd-Ahriman, con la dottrina della magia, ecc., ecc., ecc. Eraclito ha detto: « Il tempo è un corpo » (p. 358)... questo nel senso deirunità di essere e non-essere. Il tempo è pura unità di essere e non-essere, ecc.! Il fuoco in Eraclito = principio di mo- vimento |_e_non semplicemente fuoco |, qual- cosa di analogo è il fuoco nella dottrina della filosofia (e della religione) persiana (362)! Se Eraclito ha usato per primo il termine di XÓYOg ( « parola » ) in senso oggettivo ( leg- ge), anche questo è stato tratto dalla religione persiana... (364). — Citazione dalla Zendavesta (367). Nel § 17 sul rapporto tra Atxrj e elpapnév?} Lassalle interpreta queste idee di Eraclito nel senso òì« necessità», «connes- sione» ( 376 ). NB: «connessione di tutte le cose » (Scapòs à7tàvTtov) (p. 379). Platone espone (nel Teetcto) la filo- sofia eraclitea, quando dice: « La necessità collega l’essenzialità dell'es- sere »... « Eraclito è la fonte della rappresentazione comune per gli stoici che esprime l’eìpapnévTj, la rerum omnium necessitas, come connes- sione e concatenamento, illigatio »... (376). 352 LENIN Cicerone: « Fatum autem id appello quod Graeci sìjJLapjJLEVV] , id est ordinem seriemque causarum, cum causa causae nexa rem ex se gignit » * (p. 377). Millenni sono trascorsi dal tempo in cui è sorta l’idea della « connessione di tutte le cose », della « catena delle cau- se ». Un confronto dei modi come queste cause sono state intese nella storia del pensiero darebbe una teoria della cono- scenza irrefutabilmente dimostrata. NB Volume II. Nel parlare del « fuoco » Lassalle, ripe- tendosi mille volte, dimostra che esso è in Era- clito il « principio ». Insiste particolarmente sull 'idealismo di Eraclito (p. 25: che il prin- cipio dello sviluppo, des Werdens, è in Era- clito /ogijcA-praexistent, che la sua filosofia = Idealphilosophie . Sic!!) (p. 25). ((Forzature nel senso di Hegel!)) Eraclito ha concepito un « fuoco puro e assolutamente immateriale» (p. 28. Timaeus, su Eraclito)... A p. 56 (del v. II) Lassalle riporta | da Clemente Al., Stromata, V, cap. 14 1 una cita- zione su Eraclito, che, tradotta alla lettera, suona: « Il mondo, l’uno del tutto, non è stato fat- to da nessuno degli dèi o degli uomini, ma è stato, è e sarà un fuoco eternamente vivo, che si accende e si spegne secondo misura »... Un’ottima esposizione dei principi del ma- terialismo dialettico. Ma, a p. 58, Lassalle for- * «chiamo peraltro fato ciò che i greci chiamano eipappÉVTj, cioè Tardine e la serie delle cause, quando una causa, collegata con un'altra, genera una cosa da sé» {n.d.t.). « ERACLITO » 353 nisce questa « freie Ubersetzung » di tale fram- mento: « Il mondo » « è stato, è e sarà divenire ininterrotto, costante, ma secondo una misura ciclica, passando dall’essere al (processuale) non-essere e da quest’ultimo all’essere (proces- suale) ». Esempio eccellente di come Lassalle verball- hornt * Eraclito con Hegel, guasti la vitalità, la freschezza, l’ingenuità, l’integrità storica di Eraclito con forzature nel senso di Hegel (e per operare tali forzature Lassalle rimastica He- gel per decine di pagine). La II sezione della II parte ( Fisica , pp. 1- 262!!! del II v.), è assolutamente insopporta- bile. Qui per un soldino di Eraclito c’è tutto un rublo di rimasticature di Hegel e forzature in senso hegeliano. Questo si può solo sfogliare per dire che non è da leggere! Dalla III sezione ( Dottrina della conoscen- za) una citazione da Filone : « Dato che l’uno è ciò che consta di due opposti, cosi, quando viene scisso in due, tali opposti divengono conoscibili. Non è questo, come dicono gli elleni, che il loro grande e glo- rioso Eraclito ha posto a capo della sua filo- sofia e di cui ha menato vanto come di una nuova scoperta?» ((265)). E la seguente citazione, anch’essa da Filone: ... « Analogamente anche le parti del mon- do sono divise in due e reciprocamente opposte luna all’altra: la terra in monti e pianure, l’ac- qua in dolce e salata [...]. E in pari modo l’atmo- sfera in inverno ed estate, nonché in primavera e autunno. Con questo Eraclito ha composto i suoi libri sulla natura, prendendo a prestito dai nostri teologi la sentenza sugli opposti e unendovi esempi (e documenti) numerosi e ac- curatamente elaborati» (p. 267). NB NB NB * verballhomen = emendare travisando ( rt.d.t .). 23-639 354 LENIN Criterio della verità è, secondo Eraclito, non il consensus omnium, non raccordo di tutti (p. 285), egli sarebbe stato allora un subjek- tiver Empiriker (p. 284). No, egli è stato un objektiver Ideatisi (p. 285). Il criterio della verità è per lui, indipendentemente dall’opinio- ne soggettiva di tutti gli uomini, l’accordo con la legge ideale dell’identità di essere e non- essere (285). Cfr. Marx 1845 nelle tesi su Feuerbach 115 ! Lassalle è qui reazio- nario. Ecco dove è chiaro che Las- salle è un hegeliano di vecchio tipo, un idealista. A p. 337, citando, tra l’altro, Bìichner (no- ta 1), Lassalle dice che Eraclito ha enunciato a priori « lo stesso pensiero » formulato dalla «fisiologia moderna» («il pensiero è movi- mento della materia»). Evidente forzatura. Nelle citazioni su Eraclito si dice unicamente che anche Tanima è un processo di trasformazione: ciò che si muove viene conosciuto da ciò che si muove. Citazione da Calcidio (in Timaeus): ... « Eraclito però collega la nostra ragione con quella divina, che governa e dirige il mon- do, e afferma che, in virtù di questa insepara- bile compagnia, essa ha conoscenza dell’impe- rioso decreto della ragione e, quando lo spi- rito si riposa daU’attività dei sensi, preannuncia lavvenire » (p. 342). Da Clemente ( Stronzata , V): ... « a causa della sua incredibilità esso — cioè il vero — sfugge alla conoscenza »... (347). Eraclito sarebbe « il padre della logica og- gettiva » (p. 351), perché in lui la «filosofia « ERACLITO » 355 della natura » umschlàgt * in filosofia del pen- siero, « il pensiero viene riconosciuto quale principio dell’essere» (350), ecc., ecc. à la Hegel... In Eraclito sembra mancare il mo- mento della soggettività... § 36. // « Cratilo » di Platone , pp. 373- 396. Nel § sul Cratilo Lassalle dimostra che nel dialogo di Platone Cratilo è presentato (non ancora come il sofista e soggettivista che è diventato in seguito, ma) come un fedele disce- polo di Eraclito, del quale ha esposto realmente la teoria dell’essenza e dell’origine delle parole e della lingua in quanto imitazione della natura (« imitazione dell’essenza delle co- se », p. 388), dell’essenza delle cose, «imita- zione e riproduzione di Dio », « imitazione di Dio e dell’universo» (Ibidem). Ergo : l Storia della filosofia la filo- sofia greca ha segnala- to tutti questi momenti delle singole scienze dell’evoluzione menta- le del bambino dell’evoluzione menta- le degli animali della lingua NB; + psicologia 4* fisiologia de- gli organi dei sensi ecco i campi del sapere di cui deve constare la teo- ria della conoscen- za e la dialettica kurz, storia della cono- scenza in generale tutto il campo del sapere * si converte ( n.d.t .). 23 * 356 LENIN NB NB molto im- portante! ... « Abbiamo mostrato — dice Lassalle — che quella» (succitata) «identità concettuale (proprio identità, e non solo analogia) tra parola, nome e legge è da tutti i lati una rap- presentazione di principio della filosofia eracli- tea e assume in essa una portata e un signifi- cato fondamentali»... (393). ...«I nomi sono per lui» (per Eraclito) « leggi dell’essere, essi sono per lui ciò che è comune alle cose, così come le leggi sono per lui ” ciò che è comune a tutte le cose ” »... (394). Anche Ippocrate sembra esprimere pensieri eraclitei, quando dice: « I nomi sono le leggi della natura ». « Sia i nomi che le leggi sono infatti per il pensatore di Efeso [...] niente altro che pro- dotti e realizzazioni dell'universale, essi costi- tuiscono per lui il già raggiunto essere ideale, puramente universale, depurato della macchia della realtà sensibile»... (394). Platone analizza e confuta la filosofia di Era- clito nel Cratilo e nel T e e t e t o , e inoltre (soprattutto in quest’ultima opera) confonde Eraclito (idealista oggettivo e dialet- tico) con l’idealista soggettivo e sofista Prota- gora (l’uomo misura di tutte le cose). E Las- salle dimostra che nello sviluppo delle idee da Eraclito sono realmente scaturiti 1) la sofistica (Protagora) e 2) il platonismo, le «idee» (l’idealismo oggettivo). Si ricava l’impressione che l’idealista Lassalle abbia lasciato in ombra il mate- rialismo o le tendenze materialistiche di Eraclito, forzando Eraclito nel senso di Hegel. « ERACLITO » 357 (IV. Ethik, pp. 427-462). Nella sezione suIPetica: nil. A pp. 458-459 Lassalle scrive che Nemesio ha detto che Eraclito e Democrito negavano la provvidenza (rcpovotav), mentre Cicerone (De fato) dice che Eraclito, come Democrito e altri (compreso Aristotele), riconosceva il fato, la ne- cessità. ... « Questo fato deve significare soltanto la necessità naturale immanente dell 'oggetto, la sua legge naturale »... (459). (Gli stoici, secondo Lassalle, hanno deri- vato tutto da Eraclito, involgarendolo, rendendolo unilaterale, p. 461.) Naturnot- wendigkeit in Lassalle L'indice del libro di Lassalle è dotto, erudito, ma stolido; un subisso di nomi di antichi, ecc., ecc. In complesso, è esatto il giudizio di Marx. Non vale la pena di leggere il libro di Lassalle. A PROPOSITO DELLA DIALETTICA Lo sdoppiamento dell’uno e la conoscenza delle sue parti contraddittorie (cfr. la citazione di Filone su Eraclito alTinizio della III parte, Sulla conoscenza , del VEraclito di Lassalle 117 ) è V essenza (una delle « essenzialità », una delle note caratteristiche o peculiarità fonda- mentali, se non la fondamentale) della dialetti- ca. Cosi appunto pone la questione anche Hegel ( nella sua Metafisica Aristotele si dibatte continuamente intorno a questo problema e si batte contro Eraclito, respective contro le idee eraclitee ns ). L'esattezza di questo lato del contenuto del- la dialettica deve essere dimostrata dalla storia della scienza. A questo lato della dialettica si rivolge di solito (per esempio, da parte di Ple- chanov) scarsa attenzione: l’identità degli op- posti viene presa come una somma di esempi |j^per esempio, il chicco d’orzo »; « per esem- pio, il comuniSmo primitivo ». Lo stesso in En- gels. Ma « per fini di divulgazione ìkJ , e non come legge della conoscenza {e legge del mondo oggettivo). Nella matematica + e — . Differenziale e integrale. Nella meccanica azione e reazione. Nella fisica elettricità positiva e negativa. Nella chimica associazione e dissociazione degli atomi. 362 LENIN Nella scienza sociale lotta di classe. L’identità degli opposti (o, forse, è meglio dire: la loro « unità »? Benché la differenza tra i termini « identità » e « unità » non assuma qui particolare importanza. In un certo senso sono entrambi esatti) è il riconoscimento (la scoperta) di tendenze contraddittorie, che si escludono reciprocamente, opposte, in tutti i fenomeni e processi della natura (spirito e società compresi). Condizione della conoscenza di tutti i processi del mondo nel loro « automo- vimento », nel loro sviluppo spontaneo, nella loro vivente realtà, è la conoscenza di essi come unità degli opposti. Lo sviluppo è « lotta » de- gli opposti. Le due concezioni fondamentali (o le due possibili? o le due riscontrate nella sto- ria?) dello sviluppo (dell’evoluzione) sono: lo sviluppo come diminuzione e aumento, come ripetizione, e lo sviluppo come unità degli op- posti (sdoppiamento dell’uno in opposti che si escludono l’un l’altro e loro rapporto reciproco). Con la prima concezione del movimento ri- mane in ombra V auto- movimento, la sua forza motrice , la sua sorgente, il suo motivo (oppure questa sorgente viene traspo- sta alV esterno-. Dio, soggetto, ecc.). Con la se- conda concezione l’attenzione principale aspira appunto a conoscere la sorgente dell’* auto »- movimento. La prima concezione è morta, scialba, arida. La seconda è vitale. Soltanto la seconda fornisce la chiave dell’« automovimento » di tutto resistente; essa soltanto fornisce la chiave dei « salti », della « soluzione di continuità », della « conversione nell’opposto », della distru- zione del vecchio e della nascita del nuovo. L’unità (coincidenza, identità, equipollenza) degli opposti è condizionata, provvisoria, tran- sitoria, relativa. La lotta degli opposti recipro- camente escludentisi è assoluta, come assoluto è lo sviluppo, il movimento. A PROPOSITO DELLA DIALETTICA 363 N5: la differenza tra il soggettivismo (scet- ticismo e sofistica, ecc.) e la dialettica consiste, tra l’altro, nel fatto che nella dialettica (og- gettiva) è relativa anche la differenza tra rela- tivo e assoluto. Per la dialettica oggettiva nel relativo c'è l’assoluto. Per il soggettivismo e la sofistica il relativo è soltanto relativo ed esclu- de l’assoluto. Marx nel Capitale analizza dapprima il rap- porto piu semplice, abituale, fondamentale, più diffuso, più ricorrente, riscontrabile miliardi di volte, della società (mercantile) borghese: lo scambio delle merci. L’analisi discopre in questo fenomeno semplicissimo ( in questa « cellula * della società borghese) tutte le contraddi- zioni (respective Tembrione di tutte le contrad- dizioni) della società moderna. L’ulteriore espo- sizione ci mostra lo sviluppo (sia la crescita che il movimento) di queste contraddizioni e di questa società, nel £ delle singole parti, dal suo inizio alla sua fine. Tale deve essere il metodo di esposizione (respective di studio) della dialettica in gene- rale (poiché la dialettica della società borghese è in Marx soltanto un caso particolare della dialettica). Cominciare dal più semplice, abi- tuale, diffuso, ecc., da una proposizione qual- siasi: le foglie dell’albero sono verdi; Ivan è un uomo; Zuéka è un cane, ecc. Già qui (come ha osservato genialmente Hegel) c’è la dialettica: l'individuale è uni- versale (cfr. Aristoteles, Metaphysik, trad. Schwegler, v. II, p. 40, libro 3, cap. 4, 8-9: « denn natiirlich kann man nicht der Meinung sein, dass es ein Haus [una casa in generale] gebe ausser den sichtbaren Hàusem », « où yàp ètv ftehriiJ^v slvai Tiva otxiav izapà xà<; 364 LENIN Ttvct£ otri ag»*). Gli opposti (l’individuale è l’opposto dell’universale) sono quindi iden- tici: l’individuale non esiste altrimenti se non nella connessione che lo congiunge con l’uni- versale. L’universale esiste soltanto nell’in- dividuale, attraverso l’individuale. Ogni indivi- duale è (in un modo o nell’altro) universale. Ogni universale è (una particella o un lato o l’essenza) dell’individuale. Ogni universale ab- braccia solo approssimativamente tutti gli og- getti individuali. Ogni individuale entra in mo- do incompleto nell’universale, ecc., ecc. Ogni individuale è collegato da migliaia di trapassi agli individuali (cose, fenomeni, processi) di un’altra specie, ecc. Già qui si danno elementi, embrioni del concetto di necessità, di connessione oggettiva della natura, ecc. Acciden- tale e necessario, fenomeno ed essenza sono già qui presenti, perché, nel dire: Ivan è un uomo,. Zuòka è un cane, questa è una foglia d’albero, ecc., tralasciamo come accidentali una serie di tratti, separiamo l’essenziale dall’apparente e op- poniamo l’uno all’altro. Per tale modo, in ogni proposizione possia- mo (e dobbiamo) scoprire, come in una « cel- lula », gli embrioni di tutti gli elementi della dialettica, mostrando cosi che la dialettica ine- risce in generale all’intera conoscenza umana. Le scienze naturali ci presentano (e, di nuovo, que- sto va dimostrato con un qualsiasi esempio mol- to semplice) la natura oggettiva con queste stes- se sue proprietà: trasformazione dell’individuale in universale, dell’accidentale in necessario, tra- passi, digradamenti, connessione reciproca degli opposti. La dialettica è appunto la teoria della conoscenza (di Hegel e) del marxismo: proprio a questo « lato » (che non è un « lato », * « poiché, naturalmente, non si può pensare che esista una casa al di fuori delle case visibili », « non possiamo infatti ammettere che esista una casa accanto alle singole case» (n.d.t.). A PROPOSITO DELLA DIALETTICA 365 ma l’essenza) del problema non ha prestato at- tenzione Plechanov, per non dire di altri mar- xisti. La conoscenza viene presentata sotto la for- ma di una serie di circoli sia da Hegel (cfr. la Logica) che da Paul Volkmann (cfr. i suoi Erkenntnistheoretische Grundztige, p. .., U9 ), moderno « gnoseologo » delle scienze naturali, eclettico, nemico delThegelismo (che non ha capito! ). I « circoli » in filosofia: è obbligatoria la cronologia dei singoli ? No! Antica: da Democrito a Platone e alla dialettica di Eraclito. Rinascimento: Descartes versus Gassen- di (Spinoza?). Moderna: Holbach — Hegel ( attraver- so Berkeley, Hume, Kant). Hegel — Feuerbach — Marx. La dialettica come conoscenza vivente, mul- tilaterale ( con un numero di lati in perenne au- mento), con un’infinità di sfumature in ogni accostamento e approssimazione alla realtà (con un sistema filosofico, che da ogni sfumatura si sviluppa in un tutto): ecco un contenuto infini- tamente ricco, a paragone del materialismo « me- tafisico », il cui guaio fondamentale sta nell’in- capacità di applicare la dialettica alla Bilder- theorie *, al processo e allo sviluppo della co- noscenza. L'idealismo filosofico è soltanto assurdità dal punto di vista del materialismo rozzo, ele- * teorii del riflesso (o rispecchiamento) (n.d.t.). 366 LENIN NB questo aforisma meritare, metafisico. Viceversa, dal punto di vi- sta del materialismo dialettico, l’idealismo filo- sofico è lo sviluppo (la dilatazione, il rigonfia- mento) unilaterale, esagerato, uberschwengli- ches (Dietzgen) 120 di uno dei tratti, lati, limiti della conoscenza in un assoluto, avulso dalla materia, dalla natura, divinizzato. L’idealismo è pretismo. Esatto. Ma l'idealismo filosofico è («piu esattamente» e « inol- tre » ) la via verso il pretismo attraverso una delle sfumature della conoscenza (dialettica) infinitamente complessa dell’uomo. La conoscenza umana non è (respective non segue) una linea retta, ma una curva, che si approssima infinitamente a una serie di circoli, a una spirale. Ogni segmento, frammento, tratto di questa curva può essere tramutato (unilate- ralmente) in una linea retta a sé stante, indi- pendente, che (se gli alberi impediscono’ di ve- dere la foresta) conduce alla palude, al pretismo (dove viene ancorata dall’interesse di classe delle classi dominanti). Il carattere retti- lineo e unilaterale, l’irrigidimento e l’ossifica- zione, il soggettivismo e la cecità soggettiva: voilà le radici gnoseologiche dell’idealismo. An- che il pretismo ( = idealismo filosofico) ha na- turalmente le sue radici gnoseologiche, non è senza fondamento, è, senza dubbio, un fiore sterile, ma un fiore sterile che cresce sul- l’albero vivo della vivente, feconda, vera, pos- sente, onnipotente, oggettiva, assoluta conoscen- za umana. RIASSUNTO DELLA « METAFISICA » DI ARISTOTELE 1:1 Die Metbaphysik des Aristoteles, traci, di Schwegler , 2 vv., Tiibingen, 1847. Cfr. sopra la citazione sulla « casa » 122 . Una massa di cose arcinteressanti, vive, ingenue (fresche), che introducono alla filosofia e che nelle esposizioni vengono sosti- tuite dalla scolastica, dal risultato senza il mo* vimento, ecc. Il pretismo ha ucciso in Aristotele ciò che era vivo e ha immortalato ciò che era morto. « L'uomo e il cavallo e simili esistono nei singoli esseri, l'universale non esiste per sé co- me sostanza individuale, ma soltanto come un tutto composto di un concetto determinato e di una materia determinata» (p. 125, libro 7, capitolo 10, 27-28). Ibidem, p. 126, §§ 32-33: ... « La materia in sé e per sé è inconosci- bile. La materia è in parte percepibile sensibil- mente e in parte intelligibile: è sensibilmente percepibile come bronzo, legno, in breve, come materia suscettibile di movimento; è intelligi- bile, quando si trova nel percepibile sensibil- mente, ma non così che sia sensibilmente per- cepita, come, per esempio, l'ente matematico »... Molto caratteristici e profondamente inte- ressanti sono (all'inizio della Metafisica) la po- lemica con Platone e le domande « imbarazza- te », ma incantevoli per ingenuità, e i Beden- ken * circa l'assurdità dell'idealismo. E tutto questo insieme con la confusione piu impo- Spesso la filosofia è deviata verso le definizioni di pa- role, ecc. Si sfiora tutto, tutte le categorie * dubbi [n.d.t.). 24-639 370 LENIN tente intorno a IV essenziale, al concetto e al- l'individuale. NB, all'inizio della Metafisica, la lotta p ì u strenua contro Eraclito, contro l'idea del- Pidentità di essere e non-essere (i filosofi greci si sono accostati alla dialettica, ma senza ve- nirne a capo). Molto caratteristici sono dap- pertutto, passim , i germi vivi e le tendenze alla dialettica... In Aristotele dappertutto la logica ogget- tiva si mescola con quella soggettiva, e però in modo che dappertutto è visibile que- sta logica oggettiva. Non ci sono dubbi circa Poggettività della conoscenza. C'è una fede ingenua nella potenza della ragione, nella for- za, potenza e oggettiva veracità della cono- scenza. E una confusione ingenua, una confu- sione impotente e miserevole, riguardo alla dialettica di universale e individuale, di concetto e realtà sensibilmente percepibile del singolo oggetto, cosa, fenomeno. La scolastica e il pietismo hanno tratto da Aristotele ciò che è morto, non ciò che è vi- vo : le tendenze, le ricerche, il labirinto, Puomo sperduto. La logica di Aristotele è tendenza, ricerca, avvicinamento alla logica di Hegel, ma di essa, della logica di Aristotele (che dappertutto, a ogni passo, pone appunto il problema del- la dialettica), si è fatta una morta sco- lastica, rigettandone tutte le ricerche, oscilla- zioni, metodi d'impostazione dei problemi. Pro- prio questi metodi erano per i greci come dei sistemi di prova, un'ingenua discordanza delle opinioni, eccellentemente riflessa in Aristotele. ... « deriva di qui che l'universale non esi- ste separatamente e accanto all'individuale. I sostenitori ddla dottrina delle idee hanno quin- di ragione allorché ascrivono alle idee un'esi- stenza separata, in quanto esse sono sostanze singole, ma hanno torto allorché pongono come « METAFISICA » 371 idea l'unità del molteplice. Essi però fanno questo, perché non sanno dire che cosa deb- bano essere queste sostanze incorruttibili ac- , canto e all'estemo delle singole cose sensibili. Fanno quindi essere le idee identiche per ge- nere alle cose corruttibili che noi conosciamo e dicono uomo in sé, cavallo in sé, aggiungendo alle cose sensibili un in sé # (p. 136, libro 7, capitolo 16, §§ 8-12) #. E non di meno, | anche se non avessimo mai visto le stelle, esi- sterebbero sostanze eterne, oltre a quelle da noi conosciute: anche se non sapessimo dire come esse siano, sarebbe non di meno necessario che esse esistano. È chiaro cosf che nessun enun- ciato universale i una sostanza singola e che nessuna sostanza singola è composta di singole sostanze [oùola] » (S 13, fine del capitolo). Incantevole! Nessun dubbio sulla real- tà del mondo esterno. L'uomo si sperde appunto nella dialettica di universale e individuale, di concetto e sensazione, ecc., di essenza e fenomeno, ecc. (p. 146, libro 8 — forse interpolato in seguito — capitolo 5, SS 2-3.) ...« Una questione difficile [inopia] è co- me si rapporti la materia dell’una o dell'altra cosa all'opposto. Per esempio, se il corpo è in potenza [6uvi|i£t] sano, ma alla salute è op- posta la malattia, ha il corpo l’una e l'altra cosa in potenza? [...] « Inoltre, l'essere vivente è forse in po- tenza [Suvàpei] morto? » (p. 181) Libro 11, capitolo 1, SS 12-14: ... « Essi [i filosofi] pongono l'ente mate- matico proprio nel mezzo tra le idee e il sen- sibilmente percepibile, come un terzo fuori del- le idee e del mondo di qua; e non di meno 24 372 LENIN non c’è un terzo uomo e un terzo cavallo oltre all’uomo in sé (o al cavallo in sé) e agli uomini e ai cavalli singoli. Ma, se la questione non sta come essi dicono, di che cosa allora dovrà occuparsi il matematico? Comunque non del mondo di qua, in quanto in esso nessuna cosa è come la richiedono le scienze matematiche »... Ibidem , capitolo 2, §§ 21-23: ... « Si domanda, inoltre, se esista o non esista qualcosa fuori del concreto; concreto 10 chiamo infatti la materia e il materiale. Se non esiste, tutto è corruttibile, perché tutto ciò che è materiale è comunque corruttibile. Se invece esiste qualcosa fuori del concreto, esso è, evidentemente, la forma e Pimmagine. Ma, riguardo a queste ultime, è difficile de- terminare in quali cose siano o non siano pre- senti »... pp. 185-186, libro 11, capitolo 3, § 12; 11 matematico lascia da parte il calore, il peso e le altre « opposizioni sensibili » e bada « sol- tanto ài quantitativo »... « analogamente stanno le cose con Pesistente ». C’è qui il punto di vista del materia- lismo dialettico, ma in modo fortuito, non conseguente, non sviluppato, effimero. Windelband, nel suo sommario di storia della filosofia antica (Mullers Handbuch der klasshchen Altertumswissenschaft, V, I, p. 265) (sala di lettura della biblioteca di Ber- na), sottolinea che, nella logica di Aristotele, die Logik « ha come sua premessa pili generale Pidentità delle forme del pensiero e delle forme dell’essere » e cita Metapbysik, V, 7: « ócaxws Àéyexoct, xoaocxws xò clvai cmjfAat- vet ». Questo nel § 4. Schwegler traduce: « Denn so vielfach die Kategorien ausgesagt « METAFISICA. » 373 werden, so vielfach bezeichnen sie ein Sein » *. Traduzione cattiva! Avvicinamento a Dio: Libro 12, capitolo 6, §§ 10-11: « [...] Come infatti può avvenire il movi- mento, se niente di attuale è causa? La ma- teria non può certo muovere sé stessa, la muo- ve però Tarte del costruttore; ancor meno possono muovere sé stessi il mestruo e la ter- ra, li muovono però il seme e la feconda- zione [...] ». Leucippo ( ibidem , § 14) ammette un mo- vimento eterno, ma non spiega perché (§ 11). Capitolo 7, §§ 11 -19: Dìo (p. 213). « [...] il movimento eterno deve provenire da un che di eterno» (capitolo 8, § 4). Libro 12, capitolo 10: ancora un « riesame » delle questioni fonda- mentali della filosofia; i « punti interrogativi », per cosi dire. Un’esposizione (piu spesso una allusione) molto fresca, ingenua, dubbiosa di diversi punti di vista. Nel libro 13 Aristotele toma di nuovo sulla critica della dottrina pitagorica dei numeri (e della dottrina platonica delle idee), separati dalle cose sensibili. Idealismo primitivo: il generale (concetto, idea) è u n essere singolo. Sem- bra barbarico, mostruosamente (o, meglio, in- fantilmente) assurdo. Ma non sono forse dello stesso genere ( assolutamente dello stesso ge- nere) l’idealismo moderno, Kant, Hegel, l’idea di Dio? I tavoli, le sedie e le idee di tavolo e di sedia; il mondo e l’idea di mondo (Dio); la cosa e il « noumeno », l’inconoscibile « cosa * «Poiché per quante volte le categorie sono predicate, designano un essere» (n.d.t.). NB NB per altrettante 374 LENIN in sé »; il legame della terra e del sole, della natura in genere, e la legge, il Xóyog, Dio. Lo sdoppiamento della conoscenza umana e la possibilità dell'idealismo (= della religione) sono già dati nella prima astra- zione elementare : la « casa » in generale e le singole case. L'accostarsi dell'intelletto (dell'uomo) alla singola cosa, il trarre da essa una copia ( = concetto) non è un atto semplice, imme- diato, specularmente inerte, ma un atto com- plesso, sdoppiato, a zigzag, racchiudente in sé la possibilità del volo della fantasia dalla vita; di più, la possibilità di una trasformazione (e, per giunta, di una trasformazione inavvertita, di cui l'uomo non prende coscienza) del con- cetto astratto, dell'idea in una fantasia (in letz- ter Instanz = Dio). Infatti anche nella gene- ralizzazione più semplice, nell'idea generale più elementare (il «tavolo» in generale) è con- tenuta una piccola dose di fantasia. (Vice versa: è assurdo negare la funzione della fantasia anche nella scienza più rigorosa: cfr. Pisarev sul sogno utile, come impulso al lavoro, e sulla fantasticheria vuota m .) Un'ingenua esposizione delle « difficoltà » relative alla «filosofia della matematica» (in termini moderni): libro 13, capitolo 2, § 23: « [...] Inoltre, il corpo è una sostanza, in quanto già possiede una sua compiutezza: ma come possono esser sostanze le linee? Non pos- sono essere tali né come forma e immagine, al modo, per esempio, dell'anima, né come ma- teria, al modo del corpo: non si vede infatti niente che sia composto di linee o di piani o di punti [...] » (p. 224). « METAFISICA » 375 Il libro 13, capitolo 3, risolve queste difficoltà in modo eccellente, nitido, chiaro, materialisticamente (la matematica e le altre scienze astraggono un solo lato del corpo, del fenomeno, della vita). Ma Fautore non si attie- ne coerentemente a questo punto di vista. Schwegler, nel. suo commento (v. IV, p. 303), dice: Aristotele fornisce qui un’esposizio- ne positiva della « sua concezione dell’ente ma- tematico: questo ente è un che di astratto dal sensibile ». Il libro 13, capitolo 10, sfiora un pro- blema, meglio esposto da Schwegler nel suo commento (a Metaphysik, 7, 13, 5): la scienza riguarda soltanto l’universale (cfr. libro 13, capitolo 10, § 6), ma reale (sostanziale) è soltanto l’individuale. Vi è quindi un abisso tra scienza e realtà? Essere e pensiero sono quindi incommensurabili? « La vera conoscen- za del reale è impossibile? » (Schwegler, v. IV, p. 338). Aristotele risponde: in potenza il sapere è rivolto all'universale, in atto al par- ticolare. Schwegler definisce hòchst beachtenswert * ( Ibidem ) l’opera di F. Fischer # : Die Metaphysik, von empirischem Standpunkte aus dargestellt [anno di edizione (1847)], che parla del « realismo » di Aristotele. Libro 14, capitolo 3, § 7: « [...] se l’ente matematico non si trova nelle cose sensibili, in esse si trovano le sue qualità » (p. 254)... NB NB? * massimamente degna di attenzione ( n.d.t .). 376 LENIN (Lo stesso senso ha Tultima proposizione del libro: libro 14, capitolo 6, § 21.) Fine della «Metafisica». ah-ah! ! ! # Friedrich Fischer (1801-1853), profes- sore di filosofia a Basilea. In un articolo di PrantI su Fischer (Allgemeine Deutsche Bio - graphie, v. 7, p. 67) si formula su di lui un 'giudizio sprezzante e si dice: « Da un’avver- sione di principio per Tidealismo soggettivo egli era sul punto di cadere nell'opposta uni- lateralità di un empirismo senza ideali ». ANNOTAZIONI SU PLENGE E HILFERDING 124 Su Johann Plenge Johann Plenge, Marx und Hegel , Tiibingen, 1911 . Plenge non riesce a comprendere come il « materialismo » coesista con lo spi- rito rivoluzionario (che egli chiama « idealismo », ecc. ) e s* ine at- tivi se e contro la sua stessa incom- prensione!!! È un buon esempio del modo come i professori borghesi volgarizzano i fonda- menti del marxismo, i suoi fondamenti teorici!! Ad notam degli economisti im- perialisti e soci 125 ! ! Dopo una prefazione pretenziosa (cosi io, io, io « ho letto » Hegel e Marx), un abbozzo arcisuperficiale della « teoria » di Hegel (l'idea- lismo non è separato dalla « speculazione », se ne afferra pochissimo, e tuttavia persino in que- st'abbozzo c*è qualcosa di buono rispetto al kan- tismo, ecc.); quindi, a proposito di Marx, una « critica » palesemente assurda. Marx viene accusato di « puro ideologismo » là dove per proletario « reale » intende il rap- presentante della classe. « Ora il linguaggio brutale dell’apostata, che ha rinnegato decisamente ogni idealismo [...], ora la rivendicazione ideale di un entusiasta in politica: i questa la ” realtà ” di Karl Marx » ( 81 - 82 ). arci- triviale! Il lato teorico della dialet- tica non non viene notato!! Marx = 8 LENIN NB 2 scuole in filosofia NB NB NB NB AAA scritto nel 1876 gliono sapere niente, non vogliono imparare niente [...]. Dai tempi di Kant è trascorso quasi un secolo; nel frattempo ci sono stati Hegel e Feuerbach, ha trionfato la miserabile economia borghese, che deruba il popolo e lo getta senza lavoro e senza salario sul lastrico, quando non può più spremerne nulla [...]. I nostri allievi, i moderni operai salariati, sono tanto evoluti da capire infine la filosofia socialdemocratica, che sa separare i fenomeni della natura, come materiale teorico o scienti- fico, sperimentale, empirico, materialistico, o, se si vuole, la verità soggettiva, da ogni preten- /wvwwv' ziosa o sovrannaturale metafisica. Come in politica, in rapporto allo sviluppo economico, vólto a eliminare le classi medie e a creare proprietari e nullatenenti, i partiti sem- pre più si raggruppano in due soli campi, quel- lo dei datori di lavoro e quello dei lavoratori, cosi anche la scienza si scinde in due classi fondamentali: i metafisici da una parte e i fisici o materialisti dall’altra. Gli elementi in- termedi e i ciarlatani conciliatori, con tutte le loro denominazioni, — spiritualisti, sensualisti, realisti, ecc., ecc., — cadono ora nell’una ora nell’altra corrente. Noi esigiamo risolutezza, vo- WVWWvAAWVW gliamo che si sia chiari. Gli oscurantisti reazio- nari si autodefiniscono idealisti; materialisti de- vono chiamarsi tutti coloro che aspirano a eman- cipare l’intelletto umano dall’incantesimo meta- fisico. Perché i nomi e le definizioni non ci conducano fuori strada, dobbiamo ricordar bene che la generale confusione in questo campo non ha ancora consentito di fissare una terminologia esatta. DIETZGEN 439 Se paragoniamo i due partiti con il solido e il fluido, in mezzo sta qualcosa che è simile a una pappa. Questa vaga indeterminatezza è una proprietà generale di tutte le cose del mondo. £ soltanto l’inteUigenza o la scienza può immettere chiarezza nella questione, cosi come la scienza, per definire il freddo e il caldo, ha creato il termometro e ha convenuto di consi- derare punto di congelamento quel limite pre- ciso in cui la temperatura si scinde in due clas- si diverse. L’interesse della socialdemocrazia esige che la stessa procedura si segua nel sapere mondiale, in modo che si scinda la totalità dei pensieri in due specie: quelli che hanno bisogno della fede nelle fantasticherie idealistiche, da un lato, e la sobria attività mentale materiali- stica, dall’altro. [136-142] Noi socialdemocratici, pur essen- do atei senza religione, abbiamo tuttavia una fede, ossia l’abisso tra noi e i credenti è ampio e profondo, ma, come al di sopra di ogni abisso, anche al di sopra di esso si può gettare un ponte. È mia intenzione condurre i compagni demo- cratici su questo ponte e di li mostrar loto la differenza tra il deserto, nel quale errano i cre- denti, e la terra promessa della luce e della verità. La massima piu sublime del cristianesimo dice: « Ama Dio al di sopra di tutto e ama il tuo prossimo come te stesso ». Dio è quindi al di sopra di tutto, ma che cos’è Dio? Egli è il principio e la fine, il creatore del cielo e della terra. Noi non crediamo nella sua esistenza e non di meno rinveniamo un senso razionale nella massima che impone di amarlo al di sopra di tutto MNB sehr gut! NB NB NB Il suo fine è di « con- ciliare » NB 440 LENIN NB Libertà e necessità Libertà e necessità NB Dobbiamo capire che, sebbene lo spirito sia chiamato a dominare sulla materia, questo do- minio deve inevitabilmente restare molto li- mitato. Con il nostro intelletto possiamo dominare sul mondo materiale solo formalmente. Nei par- ticolari possiamo, forse, orientarne secondo la nostra volontà il cambiamento e il movimento, ma nel complesso la sostanza delle cose, la ma- teria en generai, sta al di sopra dello spirito umano. La scienza riesce a trasformare l’energia meccanica in calore, elettricità, luce, energia chi- mica, ecc.; forse, riesce a trasformare l’energia in materia e la materia in energia e a rappresen- tarle come forme diverse di una stessa essenza; ma tuttavia la scienza può modificare soltanto la forma, perché l ’essenza rimane eterna, immu- tabile e indistruttibile. L’intelletto può studiare le vie dei cambiamenti fisici, ma si tratta pur sempre di vie materiali, che lo spirito orgoglioso può solo studiare, ma che esso non è capace di additare. Il sano intelletto umano deve ri- cordare continuamente che, insieme con P« anima immortale » e con la ragione orgogliosa del suo sapere, esso è soltanto una particella subordi- nata del mondo, benché i « filosofi » del nostro tempo siano molto indaffarati nel giuoco di pre- stigio consistente nel tramutare il mondo reale in una « rappresentazione » delluomo. La mas- sima religiosa — ama Dio al di sopra di tutto — nel tedesco di un socialdemocratico suona: ama e rispetta il mondo materiale, la natura fisica o l’essere sensibile , come fondamento pri- mo di tutte le cose, come essere senza principio DIETZGEN 441 e senza fine, che è stato, è e sarà nei secoli dei secoli [...]. Si chiama fenomeno corporeo, fisico, sen- sibile, materiale quel genere universale in cui rientra ogni essere, ponderabile e impondera- bile, il corpo e Io spirito [...]. Pur se noi opponiamo il fisico allo spiri- tuale, non di meno questa differenza fe solo relativa; si tratta di due specie di essere, non piu né meno opposte tra loro dei cani e gatti, i quali, non ostante la loro notoria inimicizia, appartengono tuttavia a una stessa classe o ge- nere, alla categoria degli animali domestici. Le scienze naturali, nella ristretta e più diffusa accezione del termine, pur avendo di- mostrato con grande evidenza la genesi delle specie e lo sviluppo del mondo organico da quello inorganico, non possono darci la conce- zione monistica del mondo (la dottrina della unità della natura: unità di « spirito » e «materia», di organico e inorganico, ecc.), a cui cosi avidamente aspira il nostro tempo. Le scienze naturali pervengono a tutte le loro sco- perte solo per mezzo dell'intelletto. La parte visibile, ponderabile e tangibile di quest'organo rientra, in verità, nel campo delle scienze natu- rali, ma la sua funzione, il pensiero, è oggetto di una scienza a sé, che può esser detta logica, teoria della conoscenza o dialettica. - Quest 'ul- tima sfera della scienza, la comprensione o incomprensione della funzione spirituale, è quin- di la patria della religione, della metafisica e della chiarezza antimetafisica. Qui si trova quel ponte che dall'umiliante schiavitù superstiziosa conduce a un'umile libertà. Anche nel campo della libertà orgogliosa della propria conoscenza regna l'umiltà, cioè la subordinazione alla ne- cessità materiale, fisica. ) NB X NB NB 442 LENIN Monistische Weltan- schauung NB L’inevitabile religione, che si tramuta per i « filosofi » in inevitabile metafisica, diventa invece per il sano intelletto scientifico umano l’irrefrenabile esigenza teorica di una concezione monistica del mondo. L’energia-materia, detta anche mondo o essere, viene mistificata dai teo- logi e filosofi, perché essi non capiscono che materia e intelletto appartengono a una stessa specie, perché' essi si rappresentano erronea- mente i rapporti tra materia e intelletto. Come la nostra comprensione dell’economia politica, cosi anche il nostro materialismo è una con- quista scientifica, storica. Noi ci distinguiamo nettamente sia dai socialisti del passato che dai vecchi materialisti. Con questi ultimi ab- biamo in comune soltanto il fatto di ricono- scere neUa materia la premessa o il fondamento primo deU’idea. La materia fe per noi la sostanza e lo spirito solo l’accidente; il fenomeno em- pirico è per noi il genere e l’intelletto solo una specie o forma di esso [...]. Là dove c’è l’intelletto, il sapere, il pen- siero, la coscienza, ci deve essere anche un og- getto, un materiale, che si conosce e che è la cosa principale. Sta qui appunto la vecchia questione che divide gli idealisti e i materialisti: quale cosa è « principale », la materia o l’in- telletto? Pure, questa questione non è una que- stione, ma soltanto una frase, un insieme di parole. La differenza reale tra i due partiti sta nel fatto che l’ uno vuole trasformare il mondo in qualche incantesimo, mentre l’altro non vuo- le sentir parlare di ciò. Poiché tutti i fenomeni della natura possono essere da noi percepiti mediante l’intelletto, an- che tutte le nostre percezioni sono fenomeni intellettuali. Esatto! Ma tra queste percezioni DIETZGEN 443 c’è una percezione o fenomeno speciale, che viene considerato prevalentemente « intellet- tuale », e questo fenomeno è il sano intelletto umano, lo spirito, la ragione, la facoltà cono- scitiva, mentre tutto il resto, la massa, si chia- ma materia. Tutto si riduce quindi al fatto che materia, energia e intelletto, presi a sé o nel loro insieme, hanno una stessa origine. Chiamare materiali o intellettuali i fenome- ni del mondo significa forse dedicarsi a una meschina questione terminologica? La questio- ne è se tutte le cose di una stessa specie, o il mondo, debbano essere suddivise in un miste- rioso incantesimo sovrannaturale, da una parte, e in argilla naturale o fetida, dall’altra. Per spiegare questo non basta ricondurre tutto, come facevano i materialisti antichi, agli atomi ponderabili. La materia non è soltanto ponderabile, ma anche trasparente, vivida, so- nora, perché dunque non sarebbe anche razio- nale? [...] II pregiudizio, secondo cui gli oggetti del tatto sarebbero piu comprensibili dei feno- meni dell’udito o dei sensi in generale, ha spin- to i materialisti antichi verso le loro specula- zioni atomistiche, li ha indotti a considerare il tangibile come il fondamento primo delle cose. Bisogna estendere il concetto di materia. In esso rientrano tutti i fenomeni della realtà e, quindi, anche la nostra capacità di conoscere e di spiegare. Quando gli idealisti chiamano « rap- presentazioni » o fenomeni « intellettuali » tut- ti i fenomeni della natura, noi riconosciamo volentieri che non si tratta delle cose « in sé », ma soltanto degli oggetti della nostra perce- zione. A sua volta l’idealista ammette che tra le sensazioni denominate mondo oggettivo [142] c’è una cosa speciale, un fenomeno speciale, Vedi p. 142 m ? )) NB ? NB NB ? 444 LENIN NB NB detto sensazione soggettiva, anima o coscienza. È pertanto assolutamente chiaro che oggettivo e soggettivo appartengono a un solo genere, che anima e corpo son fatti dello stesso materiale empirico. Per l’uomo non prevenuto è indubbio che il materiale spirituale o, per dir meglio, la ma- nifestazione della nostra capacità conoscitiva, è una parte del mondo, e non viceversa. Il tutto governa la parte, la materia lo spirito, per lo meno nell’essenziale, benché tuttavia il mondo sia talora governato dallo spirito umano. In questo senso possiamo amare e venerare il mondo materiale come un bene superiore, come la causa prima, come il creatore del cielo e della terra [...]. Se i socialdemocratici si dicono materialisti, con questo nome intendono dire soltanto che non riconoscono niente che travalichi i confini delPintelletto umano scientificamente funzio- nante. Ogni incantesimo deve finire [...]. L’inconoscibile Una questione fondamentale della filosofia socialdemocratica (Vorwàrts, 1877) NB [143 147] I preti e i professori concordano nel negare all'intelletto umano ogni capacità co- noscitiva assoluta, la possibilità di pervenire a una chiarezza completa, e gli riconoscono uni- camente il carattere di un'intelligenza circoscrit- ta e servile [...]. I filosofi cattedratici non si DI ETZGEN 445 sono contentati di ciò; hanno compiuto un nuo- vo passo e sostituito la scienza celeste con quel- la terrena; ma qui essi hanno assunto, in fin dei conti, la stessa duplice posizione a cui si attengono in politica i « progressisti ». Lo stes- so miscuglio di mancanza di talento e cattiva volontà, che trattiene questi ultimi dalla li- bertà, trattiene i professori dal sapere. Essi non vogliono rinunciare alla ricerca del miste- rioso; se non nei cieli o nei sacramenti, quanto meno nella natura deve esserci un mistero, un che di in comprensibile, e nelT« essenza delle cose » e nei « fondamenti ultimi » devono es- serci i limiti assoluti o i « confini della nostra conoscenza della natura ». La socialdemocrazia ha il dovere di contrastare questi mistici incor- reggibili per difendere la radicale illimitatezza dell’intelletto umano. Naturalmente, molte cose non sono state ancora comprese, chi vorrà negarlo? [...]• La capacità dell’intelletto umano è cosi il- limitata che esso, col passare del tempo, compie sempre nuove scoperte, alla cui luce tutta la cultura passata sembra pura e semplice incul- tura. In tal modo io difendo il talento assoluto della nostra capacità di conoscere, e tuttavia sono ben consapevole della limitatezza di tutti gli uomini e di tutti i tempi e quindi, non ostan- te il mio tono presuntuoso, sono per la sostanza un uomo assai modesto [...]. L’intelletto ha forse il primato, ma solo in connessione con ciò che è semplice, con i nostri cinque sensi e con le cose del mondo [...]. « In questo mondo » nessuno ha mai sen- tito parlare d’un intelletto che stia al di sopra di quello umano. E la storia non ci dice come vadano le cose neH’« altro mondo » con gli an- NB NB / NB 446 LENIN versus Kant geli, gli gnomi e le ninfe. Se anche accettassimo questo giuoco infantile, se anche ammettessimo che sulla luna e sugli astri brulicano spiriti ce- lesti, questi ultimi, nel cuocersi i panini, do- vrebbero farli con la farina, e non con la latta o il legno. Analogamente, se questi spiriti so- vrannaturali possiedono un intelletto, quest’ul- timo deve essere della stessa natura e deve avere la stessa costituzione generale del nostro Se nel cielo o nel mondo trascendente esi- stono cose con proprietà radicalmente diverse da quelle terrene, esse devono avere anche al- tri nomi: ma, poiché noi non sappiamo parlare questa lingua (degli angeli), ci conviene tacere allorché il discorso cade su « un che di supe- riore », di metafisico o misterioso. Incredibile, ma vero! Un siffatto ragiona- mento sembra ai « filosofi » inaudito. Essi, sulle orme di Kant> continuano a dire: no i possiamo comprendere soltanto i fenomeni della natura, ma ciò che si nasconde dietro di essi, la « cosa in sé » o il mistero, è inconoscibile. E non di meno questo mistero, tutta questa enigmaticità altro non fe che un'idea esagerata , Pidea che questi signori si fanno delPintelletto [...]. Tuttavia esiste Pinconoscibile, Pincompren- sibile, esistono i confini della nostra capacità conoscitiva; ma solo nel senso quotidiano, cor- rente, in cui esistono Pinvisibile e Pinudibile, in cui esistono limiti per la vista e Pudito f...]. Lo ripeto; una concezione esagerata delPin- telletto, istanze irragionevoli nei confronti della nostra capacità conoscitiva, o, in altri termini, Pignoranza teoretico-conoscitiva : ecco il fonda- DIETZGEN 447 mento di ogni superstizione, di ogni metafisica religiosa e filosofica [...]. [149] È stato dapprima necessario superare la metafisica o le idee esagerate per poter giun- gere alla sobria comprensione del fatto che il nostro intelletto è la consueta, formale capacità meccanica [...]. I confini della conoscenza (Vorwàrts, 1877) [151-152] Sulla questione che ci interessa è pervenuta recentemente alla redazione del Vor- wàrts una lettera anonima, scritta da una mano esperta, in cui si tenta con piena oggettività di dimostrare che la filosofia e la socialdemocrazia sono due cose ben diverse, che si può aderire con tutta Fanima al partito, senza però essere d'accordo con la « filosofia socialdemocratica », e che pertanto Forgano centrale non dovrebbe consentire che alle questioni filosofiche venga dato un carattere nettamente di partito. La redazione del Vortvàrts è stata tanto cortese da farmi vedere questa lettera, che ha un rapporto diretto con i miei articoli. L'autore ha espresso, in verità, il preciso desiderio di non suscitare con le sue obiezioni un dibattito pubblico, perché, come egli dice, la polemica giornalistica esclude la possibilità di discutere seriamente tali questioni, ma io penso invece che non sembrerà indiscreto se le sue conside- razioni e le sue critiche ci serviranno per chia- rire un problema che sta moltissimo a cuore a noi, a lui e, come risulta dall'interesse generale 448 LENIN NB NB per tale problema, a tutta la generazione attuale. Quanto alla fondatezza del ragionamento, ri - tengo che i grossi libri non siano più adatti allo scopo dei brevi articoli di giornale. Al contrario, le chiacchiere su questo problema occupano or- mai tanti volumi che cade del tutto Pinteresse mostrato nei suoi confronti dal grande pub- blico. Non sono anzitutto d’accordo che filosofia e socialdemocrazia siano cose diverse, non con- nesse tra di loro. È vero, si può essere attivi nel partito e al tempo stesso presentarsi come un « filosofo criti co » e, forse, persino come un buon cristiano. Nella pratica dobbiamo es- sere molto tolleranti, e, senza dubbio, nessun socialdemocratico pensa di far indossare agli iscritti al partito una stessa uniforme. Tuttavia, chiunque tratti la scienza con rispetto è tenuto a indossare una uniforme teorica. L’unificazione teorica, il consenso sistematico è il fine riposto e il pregio più alto di ogni scienza [...]. La socialdemocrazia non aspira alle leggi eterne, alle istituzioni create una volta per tutte, alle forme ristagnanti, ma aspira al bene del genere umano nel suo complesso. L’illumina- zione spirituale è il mezzo più necessario per tale scopo. Accertare se lo strumento della co- noscenza sia limitato, cioè subordinato, se le ricerche scientifiche diano concetti veri, la ve- rità in forma superiore e in ultima istanza, o solo miserevoli « surrogati », sui quali regna V inconoscibile, in breve, elaborare tutto ciò che si chiama teoria della conoscenza, è un còmpito socialista di primaria importanza [...]. [156-160] Di Kant si suol dire che il suo sistema « ha fissato abbastanza precisamente i confini della conoscenza formale ». Ma proprio questo punto noi contestiamo con grande vigore, DIETZGEN 449 proprio in questo punto la filosofia socialde- mocratica diverge radicalmente da quella pro- fessionale. Kant ha fissato con insufficiente pre- cisione i confini della conoscenza formale, poi- ché con la sua celebre « cosa in sé » ha perpe- tuato la fede in un’altra conoscenza, piu alta, in una ragione sovrumana, sovrannaturale. Co- noscenza formale! Conoscenza della natura! I « filosofi » possono anche aver brama di un’al- tra conoscenza, ma hanno l’obbligo di dimo- strare dove essa si trovi e in che cosa consista. Della conoscenza reale, quotidiana, essi par- lano con lo stesso disprezzo con cui i cristiani antichi parlavano della « carne impotente ». Il mondo reale è un « fenomeno » imperfetto, e la sua vera essenza è un mistero [...]. Se le scienze naturali si accontentano sem- pre e dappertutto del fenomeno, perché non ci si dovrebbe accontentare anche della fenome- nologia dello spirito? Dietro i « confini della conoscenza formale » si nasconde immancabil- mente un’intelligenza superiore, illimitata, me- tafisica, dietro il filosofo di professione il teo- logo e r«incònoscibile» comune a entrambi [...]. « Ma che cos'è Pinconoscibile? », ci si do- manda nella citata lettera alla redazione del Vorwarts [...]. « Anche a questa domanda il filosofo di professione fornisce una risposta, spiegando che V n essere n come quiete assoluta non può in nessun caso tramutarsi nel movimento assoluto del pensiero. Con queste parole — continua Poppositore — è definito il confine della cono- scenza, cioè Pinconoscibile. Ma deriva forse da questo che dobbiamo negare la sua esistenza, che non riusciremo mai a raggiungerlo? No di certo. Ogni tentativo scientifico si avvicina a esso, ce lo fa comprendere o per lo meno sen- NB Phanomen NB NB 29 — 639 450 LENIN NB NB tire, ci conduce in prossimità di questo punto oscuro e getta su di esso nuova luce, anche se non siamo mai riusciti a illuminarlo compieta- mente. Nel raggiungimento di questa mèta con- siste il compito della filosofia, in antitesi al còmpito delle scienze naturali, che considerano soltanto i dati e spiegano soltanto i fenomeni.» Spiegare i fenomeni: uhm! uhm! Cosi, l’oggetto della filosofia, l’inconosci- bile, è un uccello, a cui con l’ausilio della nostra capacità conoscitiva possiamo strappare qua e là una piuma, ma che non siamo mai in con- dizione di spennare del tutto, ed esso deve restare inafferrabile in eterno. Se si considerano più attentamente le piume già strappate dai filosofi, non è difficile riconoscere da esse l’uc- cello stesso: cioè lo spirito umano. Ed eccoci di nuovo su quel confine che separa i mate- rialisti dagli idealisti: per noi lo spirito è un fenomeno della natura, per loro è la natura un fenomeno dello spirito. E andrebbe ancora bene, se si contentassero di questo. Ma no! Nell’in- timo si cela il cattivo proposito di esaltare lo spirito come un’« essenza » di ordine superiore e di ridurre tutto il resto all’insignificanza [...]. Noi invece affermiamo: ciò che, in certe condizioni, può essere conosciuto nota è inco- noscibile. Chi vuol capire Filiconoscibile si diletta a fare il buffone. Come con l’occhio posso cogliere soltanto ciò che si vede, con l'orecchio ciò che si sente, cosi, con la capacità conoscitiva, posso cogliere soltanto ciò che è conoscibile. E, sebbene la filosofia socialdemo- cratica insegni che tutto l’esistente è perfetta- mente conoscibile, con questo non si nega che vi sia qualcosa di inconoscibile. Questo si po- trebbe ammettere, però non nell’ambiguo, as- DIETZGEN 451 surdo senso « filosofico », che da qualche parte, nelle sfere superiori , tramuta di nuovo l’inco- noscibile in conoscibile. Noi trattiamo la que- stione con serietà, non abbiamo nozione di alcu- na conoscenza superiore, che non sia quella umana corrente, sappiamo positivamente che il nostro intelletto è vero intelletto e che resi- stenza di un intelletto essenzialmente diverso è altrettanto impensabile dell’esistenza dei circoli quadrati. Noi collochiamo l’intelletto nella se- rie delle cose normali, che non possono cam- biare la propria natura, senza aver cambiato il proprio nome. La filosofia socialdemocratica concorda pie- namente con quella « professionale » nell’affer- mare che « l’essere non si tramuta in nessun caso in pensiero », e cosi avviene di ogni parte dell’essere. Ma noi non riteniamo affatto che il pensiero abbia il còmpito di realizzare l’es- sere; crediamo che esso abbia soltanto il còm- pito di ordinare formalmente l’essere, di rinve- nire le classi, le norme, le leggi, in breve, di fare ciò che noi chiamiamo « conoscenza della natura ». Conoscibile è tutto ciò che si presta a essere classificato, inconoscibile tutto ciò che non può tramutarsi in pensiero. Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo far questo e quin- di vi rinunciamo. Ma possiamo fare l’inverso: tramutare il pensiero in essere , possiamo cioè classificare la capacità conoscitiva come una delle molte specie dell’essere Riteniamo che l’intelletto sia un dato em- pirico alla pari della materia. Pensiero e essere, soggetto e oggetto stanno parimente entro i limiti dell’esperienza. Distinguere l’uno come quiete assoluta dall’altro come movimento asso- luto è sbagliato, in quanto le scienze naturali riducono tutto a movimento. Ciò che il com- NB 29 * 452 LENIN pagno « filosofo » ha detto dell'inconoscibile, ossia che ogni tentativo scientifico ci ravvicina all'ignoto, pur se non siamo mai riusciti a con- seguire piena chiarezza, si riferisce senza alcuna mistificazione anche all' oggetto delle scienze naturali, a ciò che non è conosciuto. Anche la conoscenza della natura ha una sua mèta illi- mitata, e senza misteriosi « confini » noi ci av- viciniamo sempre piu all'ignoto, senza perve- nire mai a completa chiarezza, il che significa che la scienza non ha confini [...]. I nostri professori sui confini della conoscenza (Vorwàrts, 1878) [162-164] Al « cinquantesimo congresso dei naturalisti e medici tedeschi », tenutosi a Mo- naco nel settembre 1877, il professor K. von Nageli, di Monaco, è ritornato su una nota conferenza tenuta da un suo collega Du Bois- Reymond, di Berlino, e ha pronunciato un im- portante discorso sui « limiti della conoscenza scientifica ». Bisogna render giustizia al signor professore di Monaco: egli ha superato di mol- to, per chiarezza e verità, il suo collega di Berlino, e tuttavia non ha saputo elevarsi al- l'altezza del suo tempo. Ha quasi chiarito la questione; ma un pic- colo punto conclusivo, che egli ha omesso, è proprio il punto cardinale, concernente il grande abisso che separa la fisica dalla metafisica, la sobria scienza dalla fede romantica [...]. Du Bois-Reymond si è proposto notoria- mente di dimostrare che un confine invalica- bile esiste realmente e che alla fede bisogna comunque riservare un campo a sé. L'apparente DIETZGEN 453 importanza, la diffusione della relazione di Du Bois-Reymond è dovuta esclusivamente a que- sta riduzione della fede a un piccolo rifugio per il romanticismo religioso. Dall’epoca della rela- zione di Du Bois-Reymond gli zelatori dell’inco- noscibile tripudiano. In verità, il professor von Nàgeli è insoddisfatto di questa esultanza, ma la sua elevata condizione professorale non gli consente di condurre la battaglia con la neces- saria energia. Dopo aver dimostrato al suo col- lega in modo chiaro, preciso e determinato che egli non ha capito il carattere della conoscenza scientifico-naturale, il professor von Nàgeli ha cosi concluso: « Se Du Bois-Reymond ha chiuso la sua relazione con parole demolitrici: ” Ignoramus et ignorabimus ”, io vorrei formulare conclu- dendo l’opinione, convenzionale ma consolante, che i frutti della nostra indagine non sono semplici nozioni, ma conoscenze reali, le quali contehgono in sé i germi di una crescita quasi [!] infinita, senza la pur minima pretesa al- l’onniscienza. Se daremo prova di una ragione- vole temperanza, se come esseri caduchi e mor- tali ci accontenteremo dell’intelligenza umana, senza attentare alla conoscenza divina, avremo il diritto di affermare con piena convinzione: " Sappiamo e sapremo” » [...]. Il romanticismo religioso di Du Bois-Rey- mond definisce tutti i frutti dell’indagine scien- tifica come « semplici nozioni », ma non come « conoscenze reali », sino alle quali non può innalzarsi il misero intelletto umano [...]. [166-167] « Riguardo alla facoltà del no- stro io di conoscere le cose naturali, un’impor- tanza determinante assume qui il fatto irrefu- 454 LENIN 1 ) 2 ) NB NB tabile che, comunque sia organizzata la nostra capacità di pensare, soltanto le percezioni sen- sibili ci forniscono informazioni sulla natura. Se non potessimo vedere e ascoltare, gustare e toc- care alcunché, in generale non sapremmo che esiste qualcosa fuori di noi, in generale non sapremmo che noi stessi esistiamo fisicamente.» Sono parole ardite. Accettiamole e vediamo se si attenga a esse anche il signor profes- sore [...]. « La nostra capacità di percepire la natura con i nostri sensi immediati è circoscritta, per- tanto, da due lati. Probabilmente [!] ci man- cano le percezioni per interi campi della vita naturale [per esempio, per gnomi, spiriti, ecc.?], e, nella misura in cui le possediamo, esse ri- guardano nello spazio e nel tempo una parte infinitamente piccola del tutto.» Si, la natura è superiore allo spirito umano, è il suo oggetto inesauribile [...]. La nostra capacità d'indagine è limitata solo in quanto è illimitato il suo oggetto, la na- tura [...]. versus Kant NB versus Kant [ 168 ] Noi conosciamo un solo, un unico mondo, « quello su cui ci informano le perce- zioni sensibili ». Ricordiamo a Nàgeli le sue stesse parole: là dove non possiamo vedere, ascoltare, toccare, gustare, annusare niente, no n possiamo conoscere niente [.**]. L’inconoscibile, che è assolutamente inacces- sibile ai sensi, per noi non esiste, e non esiste nemmeno « in sé », in quanto non possiamo parlarne, senza abbandonarci alle fantastiche- rie [...]. DIETZGEN 455 [171] Colui che tende a un altro mon- do, dal mondo deiresperienza al mondo dei presentimenti o della divinità, e parla solo di questo, o è un maniaco, o un furfante e un ciarlatano [...]. [173-174] Vorrei aiutare il lettore a com- prendere quello che, secondo quanto mi risulta, i nostri professori non hanno ancora capito, cioè che il nostro intelletto è uno strumento dialettico, uno strumento che concilia gli oppo- sti, L’intelletto crea l’unità mediante la mol- teplicità e conosce la differenza nella somi- glianza [...]. « Ma che cos’è questo mondo subordinato allo spirito umano? Neanche un granello di sab- bia nella continuità dello spazio, neanche un attimo nell’eternità del tempo, ma solo una particella della vera essenza del tutto. » Pro- prio così dice anche il prete. E dice benissimo, dacché questo deve servire per esprimere en- faticamente il proprio sentimento dinanzi alla grandezza dell’essere; ma si tratta peraltro di una semplice assurdità, dacché il signor profes- sore aspira a dire con questo che il nostro spa- zio e il nostro tempo non sono parti dell'infinito e delPeterno; si tratta di una semplice assur- dità, dacché con questo si vuol significare che la « vera essenza del tutto » è nascosta fuori dei fenomeni, nell’insondabile religione o me- tafisica [...]. [178] Il professor Nàgeli smarrisce l'unità, in favore della quale pur si batte, non appena s'accosti al mondo del presentimento » e al- IV onniscienza >► divina; Rudolf Virchow smar- risce tale unità, non appena tocchi la differenza tra organico e inorganico; ancor piu detestabile è per lui il nesso tra l’uomo e l’animale, e asso- NB NB NB 456 LENIN lutamente indiscutibile gli sembra la questione dell Apposizione tra corpo e anima, perché la loro unificazione potrebbe portare « nella testa di un socialista » la confusione piu terribile e condurrebbe immancabilmente a sovvertire tutto il sapere professorale. Incursioni di un socialista nel campo della teoria della conoscenza (1887) NB NB Marx und Engels = anerkannte Stifter Prefazione [180-181] Se non gli schiavi, dobbiamo continuare a essere in eterno i servitori della natura. La conoscenza può darci soltanto la libertà possibile, che è al tempo stesso l’unica razionale [...]. Qii voglia diventare un socialdemocratico autentico deve perfezionare il proprio modo di pensare. Il metodo perfezionato di pensiero ha aiutato i fondatori riconosciuti, Marx e Engels, a condurre la socialdemocrazia all’altezza del punto di vista scientifico, in cui essa si trova attualmente [...]. J. «A nessuno spirito mortale è dato pene - trare nelle profondità della natura» [183-186] Come gli idolatri divinizzavano le cose più comuni, le pietre e gli alberi, cosi prima la religione e poi la filosofia hanno attri- buito allo « spirito mortale » un che di divino e di mistico. La filosofia ha dato il nome di DIETZGEN 457 metafisica a ciò che la religione chiamava fede e mondo sovrannaturale. Non dobbiamo tut- tavia perdere di vista il lato positivo della me- tafisica, consistente nella sua nobile aspirazione e tendenza a fare del suo oggetto una scienza , cosa che in fin dei conti è riuscita a ottenere. Dal sapere metafisico mondiale è scaturita, quasi alle sue spalle, una disciplina speciale come la modesta teoria della conoscenza [...]. Prima di poter penetrare nell'intimo dello spirito mortale, la filosofia ha dovuto dimostra- re, mediante l'applicazione pratica delle scienze naturali, che lo strumento spirituale dell'uomo possiede realmente la facoltà, posta tuttora in dubbio, di illuminare l'essenza intima della na- tura [...]. Mediante il concetto di « universo », esi- stente realmente nella testa umana, l'uomo sa a priori, come se questo suo sapere fosse in- nato, che tutte le cose e i corpi celesti si tro- vano nell'universo e hanno una natura univer- sale e comune. Lo spirito mortale non fa ecce- zione a questa legge scientifica [...]. La fede in uno spirito immortale, miraco- loso, religioso non consente di comprendere ché lo spirito umano viene creato e riprodotto dalla natura stessa, ne è quindi il figlio, un figlio nei confronti del quale la natura non rivela un particolare pudore . E non di meno la natura è pudica; non si discopre mai d'un tratto e per intero. Non può svelarsi interamente, perché per i suoi doni è inesauribile . E lo spirito mortale, figlio della natura, è una lampada, che non illumina sol- tanto l'aspetto esteriore, ma anche quello intimo della natura. Separare l'esterno dall'interiore nell essenza unica, fisicamente infinita e inesau - NB ? ? NB 458 LENIN NB NB NB NB ribile, della natura significa portare confusione nei concetti [...]. Il « grande spirito » della religione è la causa del deprezzamento dello spirito umano, di cui è colpevole il poeta allorché nega a esso la capacità di « penetrare nelle profondità della natura ». Eppure, lo spirito immortale, mira- coloso, è soltanto un riflesso fantastico dello spirito mortale, fisico. La teoria della conoscen- za, nella sua forma piu evoluta, può dimo- strare fondatamente quest’affermazione. Essa ci mostra che lo spirito mortale deriva tutte le sue rappresentazioni, tutti i suoi pen- sieri e concetti dall’unico mondo monistico, che le scienze naturali chiamano « mondo fi- sico » [...]. Lo spirito mortale, con il suo sapere, pene- tra nell’essenza intima della natura, e non ne può varcare i confini, non perché sia limitato, ma perché sua madre è la natura infinita, l’in- finità naturale, fuori della quale niente esiste. Da questa madre prodigiosa il figlio natu- rale ha ereditato la coscienza . Lo spirito mor- tale si manifesta nel mondo per questa sua consapevolezza di essere il figlio della sua buona madre natura, che gli ha donato la facoltà di creare eccellenti immagini di tutti gli altri figli della natura, di tutti i suoi fratelli e sorelle. Lo « spirito mortale » possiede cosi immagini, rap- presentazioni o concetti dell’aria e dell’acqua, della terra e del fuoco, ecc. e in pari tempo ha coscienza che le immagini, da lui create, sono eccellenti, vere. In realtà, esso si persuade me- diante Pesperienza del fatto che le creazioni della natura sono mutevoli e osserva, per esem- pio, che l’acqua è composta di varie specie di acqua, in cui nessuna goccia è assolutamente DIETZGEN 459 identica all'altra; ma esso ha ereditato da sua madre una cosa: sa di per sé e a priori che l’acqua non può cambiare la sua universale na- tura di acqua, senza cessare di essere acqua; e sa quindi, per cosi dire profeticamente, che, a dispetto di tutti i mutamenti che si producono nelle cose, la loro natura universale, la loro essenza universale non può essere modificata. Lo spirito mortale non può mai sapere se una data cosa sia o non sia possibile nella natura immortale; ma che l’acqua è in tutti i casi umida e che lo spirito, pur se abitasse tra le nuvole, non potrebbe modificare la sua natura universale: questo lo spirito mortale lo sa apo- ditticamente in virtù della natura che gli ine- risce dalla nascita [„.]• [189-190] Come il senso della vista è stret- tamente connesso con la luce e il colore e il senso soggettivo del tatto con la proprietà og- gettiva della tangibilità, cosi anche lo spirito mortale è strettamente connesso con l’enigma della natura. Senza le cose del mondo esterno accessibili all’intelletto, nessun intelletto potreb- be essere reale dentro la testa La filosofia ha scoperto l’arte di pensare; il fatto che essa abbia dedicato tanta attenzione all’esame del problema dell’essere perfettissimo, del concetto di Dio, della « sostanza » di Spi- noza, della kantiana « cosa in sé », dell’* asso- luto » hegeliano, si spiega col fatto che il so- brio concetto dell’universale, dell’uno, che non ha niente sopra, fuori e accanto a sé, è la prima esigenza di un modo di pensare coerente e cor- retto, che conosce relativamente sé stesso e tutti gli oggetti possibili e impossibili, e si spiega col fatto che ogni cosa appartiene al tutto unico, eterno e infinito, a cui diamo il nome di co- smo, natura o universo [...]. ? ? NB 460 LENIN NB [192] È una legge della logica naturale e della natura logica che ogni cosa appartenga al suo genere, che i generi e le specie siano in effetti mutevoli, ma tuttavia mai in tale misura da poter valicare i confini del genere, i confini del naturale. Non può pertanto esistere uno spirito che penetri cosi profondamente nell’es- senza della natura da poter quasi ripiegare la natura e nascondersela in tasca. È forse un che di miracoloso questa cer- tezza comunicataci dalla natura? £ forse incom- prensibile che questa parte pensante della na- tura abbia ereditato dalla madre la persuasione che Ponnipotenza della natura fe un’onnipotenza razionale? Non sarebbe pili incomprensibile, se la figlia cominciasse a pensare della madre che essa è onnipotente e onnipresente in un senso enigmatico? IL La verità assoluta e le sue manifestazioni naturali [192-204] È stato Goethe o Heine> Ri- cordo solo la massima di uno di loro: soltanto i poveri sono medesti. Rifuggo da ogni mode- stia da povero, perché ritengo di saper recare un piccolo contributo alla grande causa della scienza. In questa persuasione mi conferma U numero di maggio del 1886 della Neue Zeit in cui Temerito Friedrich Engels, in un articolo su Ludwig Feuerbach, esprime un giudizio fa- vorevole sui miei lavori In tali casi l’essen- ziale è cosi strettamente collegato con l’elemento personale che un’eccessiva modestia può nuo- cere alla spiegazione dell’essenziale stesso [...]. Il 1848 con i suoi reazionari, costituziona- listi, democratici e socialisti ha ridestato nella DIETZGEN 461 mia anima allora giovane Pinfrenabile esigenza di acquisire un punto di vista criticamente fon- dato e incontestabile, un’opinione positiva su ciò che, a rigore, tra tutte le cose scritte e udite in favore e contro è indubbiamente e incondi- zionatamente vero, buono e giusto. Poiché du- bitavo molto dell’esistenza di Dio e non nutrivo alcuna fede nella chiesa, è stato per me molto difficile orientarmi tra tanta confusione. Nella mia ricerca mi sono imbattuto in Ludwig Feuer- bach e ho conosciuto la sua dottrina, il cui attento studio mi ha fatto compiere un grande passo in avanti. In misura ancora maggiore la mia sete di sapere è stata placata dal Manifesto del partito comunista, che mi è capitato tra le mani, grazie ai giornali, al tempo del processo di Colonia contro i comunisti. Ma io devo so- prattutto il mio ulteriore sviluppo, dopo aver studiato vari testi filosofici nel mio isolamento rurale, al libro di Marx, Per la critica delVeco- nomia politica , apparso nel 1859. Nella prefa- zione a quest’opera è detto che la forma e il modo — cosi suona all’incirca la tesi citata — in cui Puomo si guadagna un tozzo di pane, il livello civile in cui una data generazione deve lavorare fisicamente, condizionano il li- vello intellettuale o ciò che si pensa e si deve pensare della verità, del bene e del diritto, di Dio, della libertà, dell’immortalità, della filo- sofia, della politica, della giurisprudenza [...] 135 . La tesi citata ci conduce sulla strada giusta e ci insegna come stiano in generale le cose riguardo alla conoscenza .umana e alla verità assoluta e relativa. Ciò di cui sto parlando come di un’espe- rienza personale è l’esperienza acquisita dal- l’umanità nel corso dei secoli. Se io per primo avessi posto questi problemi e quest’aspirazio- 1) NR 2 ) NB 3 ) NB 462 LENIN NB NB NB ne alla verità assoluta in una nebulosa indeter- minatezza, sarei rimasto come un imbecille in perpetua attesa d’una risposta. Se, tuttavia, non sono rimasto come un imbecille e ho invece avuto una risposta soddisfacente, questo lo devo allo svolgimento storico delle cose, che mi ha indotto a porre le questioni menzionate in un’età in cui già da varie generazioni, attraver- so le menti migliori, si stavano studiando que- sti problemi e si stava approntando l’interpre- tazione che, come appare evidente da quanto ho narrato, mi è stata fornita da Feue r bach e da Marx . Intendo dire con questo che quanto ho ricevuto da questi uomini non è soltanto un loro prodotto individuale, ma il prodotto comunista di uno sviluppo culturale, che risale all’inizio della storia Per conoscere piu esattamente la natura del- la verità assoluta è anzitutto necessario disfarsi del radicato pregiudizio che essa sia di ordine spirituale . No, noi possiamo vedere, ascoltare, annusare, palpare la verità assoluta, e possiamo anche conoscerla ; ma essa non rientra intera - mente nella conoscenza ; non è puro spirito. La sua natura non è né corporea né spirituale, né l’una né l’altra cosa, essa è universale, tanto corporea quanto spirituale. La verità assoluta non ha una natura particolare , la sua natura è invece quella dell’universale. O, per espri- mersi senza mistificazioni, la natura naturale universale e la verità assoluta sono identiche. Non esistono due nature, luna corporea e l’altra spirituale; esiste una sola natura, in cui è racchiuso tutto il corporeo e tutto lo spiri- tuale La conoscenza umana, essendo essa stessa una verità relativa, ci collega con le altre ma- nifestazioni e relazioni dell’essere assoluto. Tut- DIETZGEN 463 tavia, bisogna distinguere la facoltà di cono- scere, il soggetto conoscente, dall’oggetto, an- che se questa differenza deve restare limitata, relativa, perché il soggetto e l’oggetto non AWVAA sono differenti, ma simili tra loro, in quanto sono le parti, o manifestazioni, di quell’es- senza generale che noi chiamiamo univer- so Ciò che noi conosciamo sono verità, ve- rità relative o fenomeni della natura. La natura stessa, la verità assoluta, non si può conoscere immediatamente, ma solo mediante i suoi fe- nomeni. Come possiamo tuttavia sapere che dietro questi fenomeni si nasconde una verità assoluta, una natura universale? Si tratta forse di un nuovo misticismo? Proprio cosi. In quanto la conoscenza uma- na non è un che di assoluto, ma è soltanto un artista che crea determinate immagini della verità, immagini vere, autentiche e genuine, si intende da sé che l’immagine non esaurisce Foggetto, che Fartista rimane in debito verso il suo modello. Non si è mai detto sulla verità e sulla conoscenza niente di più insensato di quello che su di essa ripete la logica corrente ormai da millenni: la- verità è coincidenza del- la nostra conoscenza con il suo oggetto. Può Fimmagine « coincidere » con il suo modello? Approssimativamente si. Ma quale immagine non corrispon de approssimativamente al suo oggetto? Persino ogni ritratto è più o meno rassomigliante. Ma un ritratto interamente e completamente rassomigliante è un’assurdità! NB NB NB NB NB 464 LENIN NB a s Ueber die Erfahrung ? (( Possiamo quindi conoscere relativamente la natura e le sue parti; ogni parte infatti, pur essendo soltanto un elemento relativo della na- tura, ha tuttavia la natura dell’assoluto, la na- tura del tutto naturale di per sé, che non è esaurito dalla conoscenza. Come sappiamo che dietro i fenomeni della natura, dietro le verità relative, sta la natur a universale, illimitata, assoluta, che non si svela interamente all’uomo? La nostra vista è limi- tata, lo stesso deve dirsi dell’udito, del tatto, nonché della nostra conoscenza, e tuttavia di tutte queste cose noi sappiamo che sono parti limitate dell’illimitato. Di dove ci viene questo sapere? È un sapere innato. Ci è dato insieme con la coscienza. La coscienza dell’uomo è cono- scenza del fatto che la propria persona è una parte del genere umano, dell’umanità e del- l’universo. Sapere significa produrre immagini e in pari tempo aver coscienza che le immagini e le cose, da cui le immagini son tratte, hanno una madre comune, dalla quale derivano tutte e nel cui seno ritorneranno. Questo seno ma- terno è la verità assoluta, che è pienamente vera eppure mistica, in quanto è una fonte ine- sauribile della conoscenza ed è, quindi, non conoscibile sino in fondo. Ciò che noi conosciamo nel mondo e sul mondo, non ostante la sua verità e correttezza, è soltanto una verità conosciuta , cioè una mo- dificazione, un modo o una parte della verità. Se io dico che la coscienza della verità infinita e assoluta è in noi innata ed è la nostra unica conoscenza apriori, tuttavia l’esperienza con- ferma questa coscienza innata. Noi riconoscia- mo che ogni principio e ogni fine sono soltanto un principio e una fine relativi, poggianti sul fondamento dell’assoluto che non può essere DIETZGEN 465 esaurito da alcuna esperienza. Riconosciamo che ogni esperienza è una parte di ciò che — per dirla con Kant — trascende ogni esperienza. Il mistico potrà dire: c'è dunque qualcosa che ci conduce oltre i confini dell'esperienza fisica. A ciò rispondiamo si e no al tempo stesso. Per il vecchio metafisico, che non am- mette confini, la questione non si pone. Per la coscienza, che si è resa consapevole della pro- pria essenza, ogni particella, sia un granello di polvere o una particella di una pietra o di un albero, è qualcosa di non conoscibile sino in fondo , ossia ogni particella è un materiale inesauribile per la facoltà conoscitiva umana, e, quindi, qualcosa che travalica i confini della esperienza. Quando dico che la coscienza del fatto che il mondo fisico non ha principio né fine è una coscienza innata e non acquisita mediante la esperienza, che essa è una coscienza esistente a priori e precedente a ogni esperienza, devo peraltro aggiungere che essa è esistita primor- dialmente solo come embrione e che si è poi sviluppata, sino a diventare quello che è attual- mente, con l’aiuto dell'esperienza nella lotta per resistenza e con Paiuto della selezione ses- suale [...]. L'insano misticismo separa in modo non scientifico la verità assoluta da quella relativa. Esso fa della cosa fenomenica e della « cosa in sé », cioè del fenomeno e della verità, due categorie, tra loro toto caelo differenti e non « contenute come tolte » in una categoria ge- nerale. Questo nebuloso misticismo tramuta la nostra conoscenza e la nostra capacità cono- scitiva in « surrogati », che ci dànno la possi- NB versus Kant ) ) NB 30-639 466 LENIN bilità di cogliere nel cielo trascendente la verità incarnata, uno spirito sovrumano, sovranna- turale. Lumiltà affascina sempre l'uomo. Ma l'af- fermazione dell'incapacità umana di conoscere la verità ha un duplice senso, che è degno e anche indegno dell'uomo. Tutto ciò che cono- sciamo, tutti i risultati scientifici, tutti i feno- meni sono parti della verità reale, effettiva e assoluta. Benché quest'ultima sia inesauribile e non possa essere esattamente riprodotta nella conoscenza o nella rappresentazione, tuttavia le immagini che la scienza ne fornisce sono imma- gini eccellenti nel senso umano relativo del termine, cosi come le proposizioni che sto qui scrivendo hanno un significato determinato, preciso, e al tempo stesso non hanno tale significato, se a qualcuno viene in mente di travisarle o interpretarle erroneamente Spinoza dice: esiste un'unica sostanza, che è universale, infinita, assoluta. Tutte le altre sostanze, cosiddette finite, derivano da essa, in essa affiorano o in essa sprofondano; la loro esistenza è solo relativa, transeunte, acciden- tale. Del tutto giustamente Spinoza conside- rava tutte le cose finite solo come modi di essere della sostanza infinita, allo stesso modo in cui le scienze naturali contemporanee si at- tengono alla concezione dell'eternità della ma- teria e dell’inesauribilità della forza, ossia con- fermano pienamente la tesi che tutte le cose finite sono modi d'essere della sostanza infinita. Solo in qualcosa, anche se in q ualcosa di molto sostanziale, la filosofia successiva ha dovuto emendare Spinoza, Secondo Spinoza, la sostanza infinita, asso- luta, ha due attributi: è infinitamente estesa e pensa infinitamente. Pensiero ed estensione: DIETZGEN 467 sono questi i due attributi spinoziani della so- stanza assoluta. È un errore, giacché proprio il pensiero assoluto non ha alcun fonda- mento Ciò che Spinoza ha chiamato sostanza infi- nita, ciò che noi chiamiamo universo o verità assoluta, è altrettanto identico ai fenomeni finiti, alle verità relative, che incontriamo nell’uni- verso, quanto la foresta è identica ai suoi alberi o quanto il genere è identico alle sue specie. Relativo e assoluto non sono cosi lontani l’uno dall’altro, come l’immaturo senso dell’infinito, WWAA/ detto religione, ha fatto credere all’uomo La filosofia, alla pari della religione, è vis- suta della fede nella verità illimitata e assòluta. La soluzione del problema sta nel sapere che la verità assoluta altro non è se non la verità generalizzata, che quest’ultima non vive nello spirito — o, per lo meno, non in esso piu che in qualsiasi altro posto — ma nell 'oggetto dello spirito, che noi chiamiamo con il nome di « universo ». La verità illimitata, assoluta, che la reli- gione e la filosofia hanno designato col nome di Dio, era una mistificazione dello spirito umano, che con quest’immagine fantastica mistificava sé stesso. Il filosofo Kant, che si è dedicato alla critica della facoltà conoscitiva del nostro spi- rito, ha scoperto che l’uomo non può conoscere la verità illimitata, assoluta. Noi aggiungiamo che l’uomo non può conoscere illimitatamente neanche gli oggetti quotidiani. Ma, se egli si avvale modestamente della sua capacità e l’ap- plica relativamente, in quanto verso ogni cosa bisogna tenere un simile atteggiamento, per NB NB La verità assoluta nell’oggetto L«J NB 30 ' 468 LENIN NB lui tutto è aperto e niente rimane nascosto, ed egli può conoscere e comprendere anche la verità generale. Come il nostro occhio può vedere tutto, anche se con l’ausilio delle lenti, e tuttavia non ogni cosa, perché esso non può vedere né i suoni né gli odori né in generale le cose in- visibili, così anche la nostra facoltà conoscitiva può conoscere tutto e, tuttavia, non ogni cosa. Essa non può conoscere l’inconoscibile. Ma que- sto è del resto un desiderio smodato, illimitato. Se noi riconosciamo che la verità assoluta, ricercata dalla religione e dalla filosofia nell’il- limitato e nel trascendente, esist e realmente come universo materiale, e che lo spirito umano è soltanto una parte corporea o reale o effettiva ed efficiente della verità generale, chiamata a rappresentare le altre parti di questa verità, in tal modo il problema del limitato e dell’il- limitato sarà completamente risolto. Assoluto e vwvwwv relativo non sono nettamente delimitati e sono tra loro connessi in modo tale che l’illimitato consta di infiniti elementi limitati, e ogni feno- meno finito ha in sé la natura dell’infinito [...]. III. Materialismo cantra materialismo Antidùhring p. 10 [204-215] « La convinzione della completa assurdità deiridealismo tedesco quale era esi- stito sino allora ha condotto necessariamente al materialismo, ma, si noti bene, non al mate- rialismo puramente metafisico del secolo XVIII », dice Friedrich Engels U6 . Il materialismo moderno, che viene qui de- rivato dalla completa assurdità dell’idealismo DIETZGEN 469 tedesco e di cui uno dei fondatori è Io stesso Friedrich Engels, è per solito frainteso, benché costituisca il principale fondamento teorico del- la socialdemocrazia tedesca. Sottoponiamolo quindi a un esame piu minuzioso. Questo materialismo specificamente tedesco, o, se si vuole, socialdemocratico, può essere caratterizzato nel modo migliore mediante la sua contrapposizione al « materialismo pura- mente metafisico, esclusivamente meccanicistico, del secolo XVIII »; e, se noi lo raffrontiamo inoltre con Tidealismo tedesco, dalla cui assur- dità è sorto, con assoluta chiarezza si disvelerà il carattere del fondamento socialdemocratico, che, a causa della denominazione di materia- lismo, suscita non di rado malintesi. Anzitutto la questione: perché Engels defi- nisce « metafisico » il materialismo del XVIII secolo? I metafisici erano coloro che, non ac- contentandosi del mondo fisico, o naturale, ave- vano nella testa un mondo sovrannaturale, me- tafisico. Nella prefazione alla Critica della ra- gion pura Kant riduce il problema della meta- fisica a tre parole: Dio, libertà, immortalità. È noto che il buon Dio era uno spirito, uno spirito sovrannaturale, che aveva creato il mon- do naturale, fisico, materiale. I famosi mate- rialisti del XVIII secolo non erano favorevoli a questa storia biblica e non se ne facevano sostenitori. Il problema di Dio, della libertà e immortalità, in quanto riguardava il mondo sovrannaturale, non interessava affatto questi atei; essi si attenevano al mondo fisico e non erano pertanto dei metafisici. Engels li definisce quindi metafisici in un altro senso. I materialisti francesi e inglesi del secolo scorso venivano in qualche modo a capo del grande spirito primario, che viveva sulle nuvole, ma tuttavia continuavano a occuparsi dello spi- 470 LENIN NB NB rito derivato, umano. Due opposte concezioni di questo spirito, delia sua natura, genesi ed essenza, separano i materialisti dagli idealisti. Questi ultimi considerano lo spirito umano e le sue idee come il prodotto di un mondo so- vrannaturale, metafisico. Non si contentano però della fede in questa origine remota e, sin dai tempi di Socrate e Platone, affrontano la que- stione piu seriamente, cercando di fondare scientificamente, dimostrare e spiegare la loro fede, allo stesso modo in cui dimostrano e spie- gano le cose fisiche del mondo tangibile. Per questa via gli idealisti hanno trasferito la scien- za delle proprietà dello spirito umano dal regno sovrannaturale e metafisico nel mondo reale, fìsico, materiale, che appare come un mondo dotato di proprietà dialettiche, dove spirito e materia, non ostante la loro duplicità, sono uniti, appaiono cioè come il fratello e la sorella, hanno lo stesso sangue, sono figli d’una stessa madre. All’inizio gli idealisti erano fautori convinti della premessa religiosa secondo cui lo spirito ha creato il mondo, ma in questo sbagliavano, perché, come risultato delle loro stesse ricerche, si è accertato infine che il mondo naturale ma- teriale è un che di primario, non creato da nessuno spirito, che tale mondo è esso stesso il creatore, che ha generato da sé e sviluppato 1 uomo con il suo intelletto. È risultato cosi che l’increato spirito supremo è soltanto una raffigurazione fantastica dello spirito naturale, nato con e dentro il cervello dell’uomo. L’idealismo, che ha desunto il suo nome dal considerare l’idea e le idee, il prodotto della testa umana, come esistenti sia nello spazio che per la loro importanza al di sopra del mondo materiale e a esso preesistenti, questo idealismo DIETZGEN 471 si è messo al lavoro in modo sommamente fan- tastico e metafisico; ma nel corso della sua sto- ria la fantasticheria si è attenuata, ed esso è diventato sempre più sobrio, tanto che il filo- sofo Kant, alla domanda posta a sé stesso: « È possibile la metafisica come scienza? », ha re- plicato: la metafisica come scienza è impossibile; un altro mondo, cioè quello sovrannaturale, si può solo immaginare e cogliere con la fede. Cosi l’assurdità dell’idealismo è stata pian piano superata, e il materialismo moderno è sorto come il prodotto dello sviluppo filosofico e anche di quello scientifico generale. Dacché l’assurdità idealistica, nei suoi ultimi celebri esponenti, come Kant, Fichte, Schelling e Hegel, era puramente tedesca, anche il suo risultato, il materialismo dialettico, è un pro- dotto prevalentemente tedesco. L’idealismo deriva il mondo corporeo dallo spirito, seguendo le orme della religione, dove il grande spirito, sospeso sulle acque, deve solo dire: « Fiat », perché tutto nasca. Questa de- duzione idealistica è metafisica. Ma, come si è già detto, gli ultimi celebri esponenti dell'idea- lismo tedesco non erano dei metafisici tanto assurdi. Essi si sono in gran parte emancipati dallo spirito extramondano, sovrannaturale, ce- leste; ma non si sono disfatti delle fantasticherie intorno allo, spirito naturale, che sta al di qua. Com’è noto, i cristiani hanno divinizzato lo spirito, e di questa divinizzazione si sono a tal punto imbevuti i filosofi che non sono riusciti a trattenersi dal tramutare il nostro intelletto nel creatore o produttore del mondo materiale nemmeno là dove il modesto oggetto della loro ricerca era il mondo fisico, umano. Costoro non smettono di affaticarsi per capire chiaramente la relazione tra le nostre rappresentazioni in- tellettuali e le cose materiali, che noi rappre- sentiamo, concepiamo e comprendiamo. materialismo dialettico NB 472 LENIN NB!! NB Per noi, materialisti dialettici o socia lde- mocratici , la capacità spirituale di pensare è un prodotto sviluppato della natura materiale, mentre per l’idealismo tedésco le cose stanno esattamente all’opposto. Perciò Engels parla di « assurdità » di questo modo di pensare. L’in- fatuazione per lo spirito è una sopravvivenza della vecchia metafisica. I materialisti inglesi e francesi del secolo scorso sono stati gli avversari, per dir cosi, precoci di tale infatuazione. Ma questa preco- cità ha loro impedito di disfarsene del tutto. Essi sono stati troppo radicali e sono caduti nell’assurdità opposta. Come i filosofi idealisti erano infatuati dello spirito e dello spirituale, cosi essi erano infatuati soltanto del corpo e del corporeo. Gli idealisti erano infatuati del- l’idea, i vecchi materialisti della materia; gli uni e gli altri erano sognatori e quindi metafisici e delimitavano troppo materia e spirito. Nes- suno di questi due partiti si è innalzato sino alla comprensione dell’unità e dell’unicità, della generalità e dell’universalità della natura, che non è affatto o materiale o spirituale, ma è l’un a e l'altra cosa insieme. I materialisti metafisici del secolo scorso e i loro odierni, non ancora defunti, continuatori sottovalutano troppo lo spirito umano e le ri- cerche intorno alla sua essenza e alla sua reale applicazione , allo stesso modo in cui gli idealisti sopravvalutano queste cose [...]. Per i vecchi materialisti soltanto la materia è il soggetto supremo, e tutto il resto è un predicato a esso subordinato. In questo modo di pensare è racchiusa una sopravvalutazione del soggetto e una sottova- lutazione del predicato. Si perde di vista che DIETZGEN 473 la relazione tra soggetto e predicato è variabile , Lo spirito umano può trasformare con assoluta libertà ogni predicato in un soggetto e, vice- versa, ogni soggetto in un predicato. Il colore niveo* pur essendo impalpabile, è altrettanto sostanziale della neve bianca. Pensare che la materia sia la sostanza, o la causa principale, e i suoi predicati, o proprietà, solo appendici secondarie: ecco un vecchio, limitato modo di pensare, che non tiene affatto conto delle con- quiste dei dialettici tedeschi . Bisogna, infine, capire che i soggètti sono composti esclusiva- mente dei predicati. L’affermazione che il pensiero è una secre- zione, un prodotto o una escrezione del cervello, cosi come il fiele è una secrezione del fegato, non suscita obiezioni; ma al tempo stesso non bisogna dimenticare che questo paragone è pes- simo e inadeguato. Il fegato, il soggetto di questa percezione, è un che di tangibile c pon- derabile; analogamente, il fiele è qualcosa che viene creato dal fegato, come un suo prodotto o effetto. In quest’esempio tanto il soggetto che il predicato, cioè tanto il fegato che il fiele, sono ponderabili e tangibili, ma con questo si oscura proprio ciò che i materialisti volevano realmente dire, presentando il fiele come effetto e il fegato come causa agente. Dobbiamo quin- di sottolineare in particolar modo ciò che in quest’esempio è assolutamente indiscutibile, ma che va completamente perduto di vista nel raffronto tra il cervello e l’attività intellettiva. Cioè: il fiele non è tanto il risultato dell’attività del fegato, quanto il risultato di tutto il processo vitale [...]. Nel dichiarare che il fiele è un prodotto del fegato, i materialisti non negano affatto e non devono negare che si tratta di due oggetti NB NB 474 LENIN NB NB NB equivalenti dell’indagine scientifica. Ma, quan- do dicono che la coscienza, la facoltà di pen- sare è una proprietà del cervello, allora soltanto il soggetto tangibile deve essere l’oggetto uni- camente degno, e riguardo al predicato spiri- tuale la questione è già chiusa. Noi definiamo ristretto questo modo di pen- sare dei materialisti meccanicisti, perché esso tramuta in un certo senso tutto il tangibile e ponderabile nel soggetto, nel portatore di tutte le altre proprietà, senza avvedersi che questa tangibilità esaltata all’eccesso svolge nel tutto mondiale la stessa funzione subordinata, predi- cativa , di ogni altro soggetto subordinato della natura universale. Il rapporto tra soggetto e predicato non spie- ga né la materia né il pensiero . Ma per chiarire la connessione tra il cervello e l’attività intel- lettiva è importante comprendere la connessione tra il soggetto e il predicato. Forse, ci avvicineremo alla soluzione del problema, se sceglieremo un altro esempio, un esempio in cui il soggetto sia materiale e il pre- dicato sia tale da poter almeno dubitare se sia da includere in una categoria materiale o spiri- tuale. Se, ad esempio, le gambe camminano, gli occhi vedono, le orecchie sentono, nasce il problema se tanto il soggetto quanto il predi- cato rientrino nella categoria materiale, se la luce che noi vediamo, il suono che noi sentiamo, il movimento compiuto dalle gambe siano qual- cosa di materiale o di immateriale. Gli occhi, le orecchie, le gambe sono soggetti tangibili e ponderabili, mentre i predicati, la vista e la luce, l’udito e il suono, il movimento e i passi (ove non si parli delle gambe che producono il movimento) cono impalpabili e imponderabili. DIETZGEN 475 Quale è l’estensione del concetto di ma- teria? Rientrano in esso i colori, la luce, il suono, lo spazio, il tempo, il calore, l’elettricità, o bisogna invece ricercare per queste cose un'al- tra categoria? Con la sola distinzione di sog- getto e predicato, di cose e proprietà, qui non si viene a capo del problema. Quando Tocchio vede, allora quest’occhio tangibile è in ogni caso il soggetto. Ma si può parimente rovesciare la frase e dire che la vista imponderabile, le forze della luce e della vista sono i fatti principali, i soggetti, mentre l’occhio materiale è soltanto uno strumento, una cosa secondaria, un attri- buto, o un predicato. Cosi è evidente che le sostanze non hanno maggiore significato delle forze, e viceversa. È ristretto quel materialismo che dia la prefe- renza alla sostanza e s’infatui per la sostanza a danno della forza. Chi tramuta le forze in pro- prietà, o predicati, della sostanza non sa orien- tarsi circa il carattere relativo e mobile della distinzione tra sostanza e proprietà. Il concetto di materia e di materiale è tut- tora un concetto molto confuso. Come i giuristi non riescono a pervenire a un accordo circa l’inizio dell’attività vitale del bambino nell’utero materno, o come i linguisti discutono ancora intorno alle origini del linguaggio, domandan- dosi se sia o non sia linguaggio il grido di ri- chiamo o il canto amoroso dell’uccello, se la mimica e i gesti siano o non siano da includere nella stessa categoria in cui è compreso il linguaggio articolato, cosi anche i materialisti della vecchia scuola meccanicistica discutono su che cosa sia la materia, domandandosi se rientri in questo concetto solo il palpabile e il ponde- rabile o se invece tutto ciò che è visibile, odo- rabile, udibile e, infine, l’intera natura siano il materiale di ricerca, e se quindi tutto possa NB NB NB 476 LENIN NB NB essere detto materiale, persino lo spirito umano, dato che anche quest’oggetto serve come mate- riale alla teoria della conoscenza. Cosi, il tratto che differenzia tra loro i ma- terialisti meccanicisti del secolo scorso e i ma- terialisti socialdemocratici, che hanno frequen- tato la scuola degli idealisti tedeschi, sta nel fatto che i secondi hanno esteso il concetto ri- stretto della materia puramente tangibile a tutto ciò che è materiale in genere . Non si può obiettare niente contro la distinzione operata dai materialisti estremisti tra il ponderabile o tangibile e l’odorabile, F udibile o, infine, il mondo delle idee. Noi possiamo rimproverare loro una sola cosa: essi abusano di questa distinzione, perdono di vista l’elemento affine e comune nelle cose o pro- prietà e differenziano « metafisicamente », o toto caelo, la materia ponderabile e palpabile, senz’av vedersi dell’importanza della classe ge- nerale che abbraccia gli opposti Le scienze naturali del nostro tempo si at- tengono tuttora per molti riguardi alla posizione dei materialisti del secolo scorso. Questi mate- rialisti sono stati i teorici generali, per cosi dire i filosofi, delle scienze naturali, in quanto tali scienze circoscrivono tuttora la propria in- dagine a ciò che è meccanico, ossia tangibile, palpabile, ponderabile.' Già da tempo, del resto, le scienze naturali hanno cominciato a superare questo punto di vista; la chimica ha varcato i confini del meccanico, e sono già sorte nuove conoscenze sul mutamento formale delle forze, sul trapasso della gravità in calore, elettricità, ecc. Ma le scienze naturali continuano a essere limitate. Esse escludono dalla lor or sfera di DIETZGEN 477 indagine lo studio dello spirito umano e di tutti quei rapporti che lo spirito suscita nella vita umana, cioè i rapporti politici, giuridici, econo- mici, ecc., e in tal modo sono tuttora sotto Tin- flusso del vecchio pregiudizio secondo cui lo spirito è un che di metafisico, il figlio di un altro mondo. Le scienze della natura non meritano il rimprovero di essere limitate perché delimitano le conoscenze meccaniche, chimiche, elettrotec- niche, ecc., isolandole in un campo speciale, ma perché questa separazione è eccessiva , perde di vista la connessione tra spirito e materia e non riesce ancora a sfuggire al modo di pensare « metafisico » [...]. .Non le diverse opinioni sugli astri o sugli animali, sulle piante o sulle pietre dividono gli uomini in materialisti e idealisti; il tratto carat- terizzante sta solo ed esclusivamente nella con- cezione del rapporto tra corpo e spirito. La convinzione della completa assurdità del- Tidealismo tedesco, che non ha smesso di con- siderare lo spirito come Telemento primo meta- fisico, da cui sarebbero create e prodotte tutte le materie tangibili, visibili, odorabili, ecc., doveva necessariamente condurre al materiali- smo socialista , che si chiama « socialista » per- ché i socialisti Marx ed Engels hanno per primi stabilito con chiarezza e precisione che i rap- porti materiali, e precisamente economici, della società umana costituiscono il fondamento, che condiziona in ultima istanza Limerà sovrastrut- tura delle istituzioni giuridiche e politiche, non- ché delle rappresentazioni religiose, filosofiche, ecc. di ogni epoca storica. Invece di spiegare, come in precedenza, Tessere delTuomo con la sua coscienza, oggi si spiega invece la coscienza con Tessere e, principalmente, con la condi- NB NB 478 LENIN zione economica dell’uomo, con il suo modo di guadagnarsi il pane. Il materialismo socialista intende per « ma- teria » non solo ciò che è ponderabile e tan- gibile, ma Finterò essere reale, tutto ciò che è contenuto nelPuniverso, e in esso è contenuto tutto, perché tutto e universo sono soltanto due nomi per una stessa cosa . E questo materialismo socialista vuole tutto abbracciare con un solo concetto, con un solo nome, con una sola clas- se: poco importa che questa classe universale venga detta realtà, natura o materia. Noi, materialisti contemporanei, non ci at- teniamo all’opinione ristretta secondo cui la ma- teria ponderabile e tangibile è la materia par excellence; pensiamo invece che Paroma dei fiori e i suoni e tutti gli odori siano anch’essi materia* Non consideriamo le forze come una semplice appendice, come un puro predicato della sostanza, e la sostanza, la sostanza palpa- bile, come la « cosa » che domina su tutte le proprietà. Noi concepiamo la sostanza e le forze democraticamente. L'una e le altre hanno per noi lo stesso valore; prese a sé, non sono altro che proprietà, appendici, predicati o attributi del grande tutto della natura. Non si può ri - guardare il cervello come il signore e il lavoro spirituale come il servo sottomesso. No, noi materialisti contemporanei affermiamo che la funzione intellettuale è una cosa altrettanto in- dipendente quanto la palpabile sostanza cerebra- le o qualsiasi altra cosa materiale. I pensieri, la loro fonte e la loro natura sono una materia altrettanto reale e un materiale altrettanto de- gno di studio quanto ogni altro. Noi siamo materialisti perché non facciamo dello spirito un mostro « metafisico ». La forza DIETZGEN 479 intellettiva è per noi tanto poco una « cosa in sé » quanto la forza di gravità o la zolla di terra. Tutte le cose sono soltanto anelli della grande catena universale, che è la sola cosa eterna, vera, duratura, che non è fenomeno, ma Tunica « cosa in sé » e la verità assoluta. | In quanto noi, materialisti socialisti, dispo- niamo di un concetto, che collega insieme ma- teria e spirito, per noi i cosiddetti rapporti spirituali, come la politica, la religione, la mo- rale, ecc., sono anch’essi rapporti materiali; e consideriamo il lavoro materiale, le sue sostan- ze e i problemi dello stomaco come la base, la premessa e il fondamento di ogni sviluppo spi- rituale, solo in quanto Tanimale precede nel tempo l’umano, il che non ci impedisce affatto di valutare altamente Tuomo e il suo intelletto. Il materialismo socialista è caratterizzato dal fatto che esso non sottovaluta, come i materialisti della vecchia scuola, lo spirito umano, ma nemmeno lo sopravvaluta, come fanno gli idealisti tedeschi, e nella sua valuta- zione ha il senso della misura e con una con- cezione critico-dialettica considera il meccanici- smo, nonché la filosofia, come anelli delT indivisi- bile processo e progresso mondiale [...]. [ 218 - 226 ] In quanto non concordiamo con i vecchi materialisti, i quali suppongono di aver già spiegato sufficientemente che cosa sia Tin- telletto, definendolo una proprietà del cervello, non possiamo separarci dal nostro oggetto, dallo spirito umano, con un semplice colpo di coltello. La via speculativa, che si sforza con il solo raziocinio di cogliere Pessenza dello spi- rito neì meandri del cervello, non può essere la nostra via, perché gli idealisti speculativi hanno conseguito per tale strada risultati assai modesti. Qui ci soccorre Haeckel con la sua NB NB NB 480 LENIN X Vecchio materialismo NB MI concezione del metodo scientifico corretto. Egli considera lo spirito umano cosi come esso ha operato storicamente , e questo ci sembra un metodo assolutamente corretto [...]. La prima acquisizione spirituale comme il faut è stata la scoperta darwiniana della sele- zione naturale nella lotta per l’esistenza, resa di pubblica ragione soltanto nel 1859, dice Haeckel, ma noi ci permettiamo di avere al riguardo un’altra opinione . L egregio lettore non mi fraintenda: non vogliamo contestare che Darwin e Haeckel ab- biano collegato correttamente e scientificamente il proprio spirito individuale con il mondo vege- tale e animale e creato puri cristalli della cono- scenza, ma intendiamo rilevare che il materia- lismo dialettico contemporaneo si colloca pro- prio su questo piano, e che Darwin e Haeckel, per quanto grandi siano i loro meriti, non sono stati i primi e i soli a saper creare questi cri- stalli. I « miseri » zoologi dei musei e i bota- nici degli erbari ci hanno lasciato anch’essi un piccolo pezzo di scienza Mediante la percezione e la raccolta e la descrizione dei fatti si acquisisce nuova chia- rezza o, meglio, si sviluppa ulteriormente quel- la già acquisita. Il merito di Darwin è grande, ma non cosi illimitato da consentire fondata- mente a Haeckel di considerare la « scienza » come una cosa piu alta della quotidiana con- giunzione dello spirito umano con i fatti ma- teriali. Nella prima parte della presente ricerca si è detto che il materialismo limitato non solo ravvisa nello spirito umano una proprietà del cervello, — sulla qual cosa non si discute, — ma deriva anche, direttamente o indirettamen- te, da questa connessione che il predicato della DIETZGEN 481 razionalità o della facoltà conoscitiva ascritto al cervello non è un oggetto sostanziale d’indagine, in quanto, invece, lo studio del cervello mate- riale può darci quel che occorre per spiegare le proprietà dello spirito. In antitesi a ciò, il nostro materialismo dialettico dimostra che il problema deve essere esaminato, secondo l’indicazione di Spinoza, sotto il profilo dell’universo, sub specie aeternitatis. Nell’universo infinito la materia dei vecchi e ormai stravecchi materialisti, la mate- ria palpabile, non ha il minimo diritto di rite- nersi piu sostanziale, ossia piu immediata, chia- ra e determinata, di qualsiasi altro fenomeno naturale [...]. Quei materialisti che trasformano la mate- ria palpabile in sostanza e l’impalpabile fun- zione cerebrale soltanto in un accidente meno- mano troppo questa funzione . Per acquisire di essa una rappresentazione più corretta e pre- cisa, bisogna anzitutto ritornare al fatto che si tratta di figli di una stessa madre, di due feno- meni naturali, che noi illuminiamo, descriven- doli, suddividendoli in classi, specie e sotto- specie. Se constatiamo nei riguardi della materia — del che nessuno discute — che essa è un fenomeno della natura e ripetiamo la stessa cosa della capacità spirituale dell’uomo, sappia- mo ancora assai poco dell’una e dell’altra cosa; ma sappiamo che sono sorelle e che nessuno può separarle troppo luna dall’altra; nessuno può istituire tra le due una differenza toto ge- nere, toto caelo. Se vogliamo saperne di più, per esempio, della materia, dobbiamo allora condurci allo stesso modo in cui si sono condotti in passato gli zoologi dei musei e i botanici degli erbari, dobbiamo studiarne le diverse classi, famiglie, specie, dobbiamo indagarle, dobbiamo descri- NB NB a (P) 31-639 482 LENIN Il merito dell'idea- lismo La teoria materialistica della cono- scenza Descrizione e spiegazione vere la loro genesi, la loro scomparsa e la tra- sformazione dell'una nell'altra. È questa la scienza della materia. Chi vuole di più vuole troppo e non capisce che cosa sia il sapere; non capisce né l'organo della scienza né la sua ap- plicazione. I vecchi materialisti, quando affron- tano le specie della materia, si comportano in modo assolutamente scientifico; ma, quando hanno a che fare con la materia astratta, con il suo concetto generale, si rivelano allora del tutto impotenti in questa scienza. È merito degli idealisti aver per lo meno sviluppato a tal punto la capacità di maneggiare l’astrazione e i con- cetti generali che il materialismo socialista con- temporaneo può infine comprendere che le spe- cie della materia e i concetti sono prodotti normali della natura e che non c'è e non può esserci qualcosa che non rientri nell'unica ca- tegoria illimitata del mondo naturale. Il nostro materialismo si distingue per la sua conoscenza specificamente espressa della na- tura comune dello spirito e della materia. Là dove questo materialismo contemporaneo fa oggetto della sua indagine lo spirito umano, esso lo considera come ogni altro materiale di indagine, cioè allo stesso modo in cui gli zoo- logi dei musei, i botanici degli erbari e i dar- winisti si comportano nell'indagare e descrivere i loro oggetti. Incontestabilmente, con la loro classificazione i primi hanno gettato la luce su migliaia di specie, ma questa luce era ancora debole, e Darwin l'ha a tal segno rinvigorita che questa luce nuova ha finito per offuscare gli inizi; ma anche i vecchi nomenclatori hanno dovuto « conoscere » prima di classificare, e quindi anche la conoscenza darwiniana altro non è se non una nomenclatura, ridotta sotto il concetto di sviluppo, che, mediante la descri- zione del processo naturale, fornisce una raffi- gurazione più esatta dei fatti raccolti DIETZGEN 483 La teoria materialistica d ell a conoscenz a si riduce alla constatazione del fatto che l'organo umano della conoscenza non effonde alcuna luce metafisica , ma è una parte della natura che riflette altre parti della natura, la cui essenza creativa viene chiarita dalla nostra descrizione. Tale descrizione esige dal teorico della cono- scenza, o dal filosofo, che egli consideri il suo oggetto allo stesso modo in cui lo zoológo considera Laminale da lui studiato E, se mi si muoverà il rimprovero di non farlo io stesso subito, non potrò non ribattere che Roma non è stata costruita in un sol giorno. Meraviglia che questi illuminati naturalisti, i quali capiscono tanto bene come l’eterno movi- mento della natura, in virtù dell'adattamento, dell'eredità, della selezione naturale, della lotta per resistenza, ecc., abbia creato dai protopla- smi e dai molluschi gli elefanti e le scimmie, non riescano poi a capire che per la stessa strada si è sviluppato anche lo spirito . Perché mai ciò che è accaduto agli ossi non poteva accadere alla ragione? [...] Come lo zoologo di museo ha studiato i suoi animali mediante la descrizione della clas- se, della specie, della famiglia, in cui sono clas- sificati, cosi anche lo spirito umano deve essere indagato mediante lo studio delle diverse specie di spirito. Ogni persona ha un suo proprio in- telletto, e tutti gli intelletti nel loro insieme possono essere analizzati come diramazioni di uno spirito generale. Questo spirito umano ge- nerale, come quello personale, ha un suo svi- luppo in parte nel passato, in parte nell'avve- nire; esso ha subito molte e diverse metamor- fosi; e, se noi, indagandole, giungiamo alle ori- gini dell'umanità, ci accostiamo a quello stadio in cui la scintilla divina scende sulla bestialità. Il riflesso di altre parti della natura NB NB Trapasso graduale dalla mate- ria allo spirito 31 É 484 LENIN NB NB NB Lo spirito umano abbrutito diviene cosi il ponte verso i veri spiriti animali, e in tal modo noi perveniamo allo spirito delle piante, degli alberi e dei monti. Questo significa che noi giungiamo cosi a capire che tra spirito e materia, come tra tutte le parti deiruniversale unità naturale, esistono transizioni e una differenza dileguantesi, che è una differenza di grado, e non metafisica . In quanto il vecchio materialismo non ha compreso questi fatti, in quanto non ha saputo intendere la materia e lo spirito come imma- gini astratte di fenomeni concreti, in quanto, non ostante il suo libero pensiero e la sua sottovalutazione dello spirito divino, non ha saputo come e di dove è scaturito lo spirito naturale e, a causa di questa ignoranza, è stato incapace di superare la metafisica, Friedri ch Engels ha definito metafisico questo materia- lismo impotente e inabile a orientarsi nella scienza astratta e ha chiamato dialettico il ma- terialismo della socialdemocrazia, che, in virtù deiridealismo tedesco che lo ha preceduto, ha frequentato una scuola migliore. Per questo materialismo lo spirito è la deno- minazione collettiva dei fenomeni spirituali, cosi come la materia è la denominazione col- lettiva dei fenomeni materiali, ed entrambi rientrano in un concetto unico e si chiamano con lo stesso nome di fenomeni della natura. Ecco un nuovo modo di pensare, teoretico- conoscitivo, che penetra in tutte le scienze spe- ciali, in tutti i pensieri specifici, e introduce la tesi che tutte le cose del mondo devono essere riguardate sub specie aeternitatis, dal lato delPuniverso. Questo universo eterno è talmente fuso con i suoi fenomeni temporali DIETZGEN 485 che tutta Peternità è transeunte, e tutto il transeunte è eterno, Il modo sostanziale di pensiero della social- democrazia getta nuova luce su questo pro- blema, per la cui soluzione ha tanto faticato Pidealismo, domandandosi: in che consiste il vero pensiero? come distinguere i pensieri sog- gettivi da quelli oggettivi? La risposta è la seguente: non bisogna istituire differenze ec- cessive; la rappresentazione migliore e il pen- siero più vero possono dare soltanto un* imma- gine della molteplicità universale, che ha luogo in te e fuori di te. Distinguere le immagini reali da quelle fantastiche non è molto difficile, e ogni artista sa farlo con la massima precisione. Le rappresentazioni fantastiche sono prese dalla realtà, e le rappresentazioni più fedeli della real- tà sono necessariamente animate dallo slancio della fantasia. Le fedeli rappresentazioni e i concetti ci rendono grandi servigi appunto per- ché sono dotati di una fedeltà non ideale, ma solo relativa. I nostri pensieri non possono e non devono « coincidere » con i loro oggetti nell’iperbolico senso metafisico del termine. Noi vogliamo, dobbiamo e possiamo avere un’idea soltanto approssimativa della realtà. E quindi anche la realtà può soltanto avvicinarsi ai nostri ideali. Al di fuori deiridea non esistono né i punti né le linee rette della matematica. A tutte le rette inerisce nella realtà una curva piena di contraddizioni, cosi come la suprema giustizia è ancora strettamente connessa con l’ingiustizia. La natura della verità non è ideale, ma sostan- ziale; essa è materialistica; non si raggiunge con il pensiero, ma con gli occhi, con le orec- a a a a 486 LENIN NB chie, con le mani; non è un prodotto del pen- siero, perché, al contrario, è il pensiero un prodotto della vita universale. L’universo vi- vente è la verità incarnata. IV. Darwin e Hegel NB NB [226-233] Intendiamo dire con questo che la filosofia e le scienze naturali non sono poi tanto lontane Puna dalle altre. Lo spirito uma- no lavora in entrambi i campi con lo stesso metodo . Il metodo scientifico-naturale è più esatto, ma solo per il grado, non per la so- stanza [...]. Riconosciamo volentieri al quasi ormai di- menticato Hegel Ponore di essere stato un pre- cursore di Darwin. Lessing ha detto a suo tempo di Spinoza che era un « cane morto » l57 . Allo stesso modo è sopravvissuto alla sua età Hegel, pur avendo goduto ai suoi giorni nel mondo letterario, come dice il suo biografo Haym, dello stesso peso che Napoleone I aveva nel mondo politico. Spinoza è un « cane mop to » già risorto da tempo, e anche Hegel avrà tra i posteri un meritato riconoscimento. Se ancora non ne gode, si tratta di un fenomeno passeggero. Coiti’ è noto, il maestro ha detto che solo uno dei suoi numerosi discepoli lo aveva capito e che quest’uno lo aveva frainteso. Questa ge- nerale incomprensione è, a nostro parere, piut- tosto l’effetto delPoscurità del maestro che non dell’incapacità dei discepoli: su questo punto non può esservi alcun dubbio. Hegel non può essere compreso pienamente, dacché egli stesso non si è compreso appieno. Ma, non ostante ciò, Hegel è un geniale precursore della dot- DIETZGEN 487 trina darwiniana dell’evoluzione; analogamen- te, sarà corretto e vero asserire che Darwin è un geniale continuatore della teoria hegeliana della conoscenza [...]. Gli sporadici voli celesti delle scienze na- turali e i barlumi d un modo di pensare esatto nei filosofi devono indicare al lettore che gene- rale e speciale sono tra loro in armonia [...]. Per chiarire il rapporto tra Darwin e Hegel dobbiamo sfiorare le questioni piu profonde e più oscure della scienza. Tra queste rientra anche l’oggetto della filosofia. L’oggetto di Dar- win è inequivoco; egli conosceva il suo oggetto; anche se occorre rilevare che Darwin, pur conoscendo il suo oggetto, ha voluto indagarlo, e quindi non lo conosceva a fondo. Darwin ha indagato il suo oggetto, « l’origine delle spe- cie », ma non l’ha indagato sino in fondo. Questo significa che rogge tto di ogni scienza è infinito. Se qualcuno vuole misurare l'infinito o il più piccolo degli atomi, egli avrà sempre a che fare con qualcosa che non è misurabile interamente. La natura, sia nel suo complesso che nelle sue parti, non può essere indagata sino in fondo, è inesauribile, non conoscibile sincT in fondo ed è quindi senza principio e senza fine. La conoscenza di questo infinito reale è il risultato della scienza, mentre il punto d’avvio di quest'ultima è* stato l’infinito sovrannaturale, religioso o metafisico. L’oggetto di Darwin è altrettanto infinito e inesauribile quanto quello di Hegel. Il primo ha analizzato la questione dell’origine delle specie, il secondo si è studiato di spiegare il processo di pensiero dell’uomo. Risultato del- l’uno e dell’altro è stata la dottrina dello svi- luppo . NB L’atomo è incommensura- bile, infinito L’atomo è inesauribile 488 LENIN NB NB Siamo in presenza di due grandi uomini e di una grande causa. Cercheremo di dimostrare che essi non hanno lavorato in direzioni op- poste, ma hanno compiuto un lavoro comune. Essi hanno portato la concezione monistica d el mondo a una tale altezza e l'hanno rinvigorita con scoperte positive tali che in precedenza erano sconosciute [...]. Al nostro Hegel va il merito di aver posto Tautosviluppo della natura su un fondamento amplissimo e di aver emancipato la scienza nella sua forma piu generale da ogni atteggia- mento classificatorio. Darwin critica il classifi- cazionismo tradizionale dal punto di vista zoo- logico, Hegel da un punto di vista universale. La scienza si muove dalle tenebre verso la luce. Anche la filosofia, che ruota intorno alla chiarificazione del processo di pensiero dell'uo- mo, ha compiuto passi io avanti; e in certa misura le era già chiaro prima di Hegel che essa indugiava sul suo oggetto speciale piut- tosto istintivamente [...]. Hegel ci fornisce la teoria dello sviluppo; egli insegna che il mondo non è stato fatto, non è stato creato, che esso non è un essere immu- tabile [233], ma un divenire, che produce sé stesso. Come in Darwin tutte le classi degli animali passano luna nell'altra, cosi anche in Hegel tutte le categorie del mondo, niente e qualcosa, essere e divenire, quantità e qualità, tempo e eternità, cosciente e incosciente, prò- gresso e ristagno, trapassano inevitabilmente l'una nell'altra [...]. Nessuno vorrà affermare che il filosofo ab- bia condotto brillantemente a termine il suo lavoro. Altrettanto poco della dottrina di Dar- win la dottrina di Hegel ha reso superfluo DIETZGEN 489 l’ulteriore sviluppo, ma essa ha stimolato tut- ta la scienza e tutta la vita umana, le ha dato un impulso di eccezionale importanza. Hegel ha anticipato Darwin, ma quest'ultimo, purtroppo, non conosceva Hegel che gli era tanto vicino. Con questo « purtroppo » non intendiamo rimproverare il grande naturalista, a) NB NB a) in tal modo oltre loro e acquisire maggiore chia- rezza. Abbiamo visto che la filosofia hegeliana era così oscura da indurre il maestro ad affermare del suo migliore discepolo che costui lo aveva frainteso. Alla chiarificazione di tale oscurità hanno cooperato non soltanto l’erede del filo- sofo, Feuerbach , e altri hegeliani, ma l’intero sviluppo scientifico, politico ed economico del mondo [235-243] Haeckel ha pienamente ragione di asserire che nei nostri maggiori poeti e pensatori si esprime la tendenza a una « forma monistica, purissima, di fede » e ad una conce- zione fisica della natura, che rende impossibile ogni metafisica ed esclude il Dio sovrannatura- le, con tutto il ciarpame dei miracoli, dal campo della scienza. Ma, quando poi si lascia traspor- tare e dice che questa tendenza « ha già trovato da un pezzo la sua espressione piu compiuta », Haeckel sbaglia allora di grosso, e sbaglia nei suoi propri confronti e riguardo alla sua stessa professione di fede. Haeckel , infatti, non sa ancora pensare monisticamente. Daremo subito una motivazione piu parti- colareggiata di questo rimprovero, ma deside- riamo prima constatare come un tale biasimo ma solo rammentare che il lavoro dello specia- lista Darwin deve essere integrato con il lavoro del grande generalizzatore Hegel per procedere 490 LENIN NB NB NB non si addica al solo Haeckel, bensì a tutta la scuola scientifico-naturale del nostro tempo, in quanto essa trascura i risultati dello sviluppo quasi trimillenario della filosofia, che ha dietro di sé una storia lunga e ricca di esperienza, non meno densa di contenuto di quella delle scienze naturali [...]. In queste parole di Haeckel sono racchiusi tre punti che vogliamo sottolineare e che ci dimostreranno come la « concezione monistica del mondo » non abbia ancora trovato la sua espressione piu compiuta nemmeno nel suo espo- nente piu radicale. La vecchia fede pone il fondamento primo di tutte le cose nel Dio personale, che è sovran- naturale, indescrivibile, inconcepibile, che è uno spirito o un mistero. La nuova religione à la Haeckel crede che la natura, a cui essa dà il vecchio nome di Dio, sia il fondamento primo di tutte le cose [...]. La differenza tra il naturale e l’innaturale, tra la rivelazione fisica e quella metafisica, tra la religione e la divinità è cosi profonda che una concezione della natura, depurata di ogni elemento estraneo, una concezione della natura, cosi come si presenta al darwiniano Haeckel, avrebbe il pieno diritto di rinunciare ai vecchi nomi e alla religione divina fondata sulla rive- lazione e di operare « distruttivamente » con- tro quest ultima mediante la concezione moni- stica del mondo. Non agendo a questo modo, il darwinismo rivela soltanto la limitatezza del- la sua dottrina dello sviluppo [...], Che Haeckel, il piu insigne esponente del monismo scientifico-naturale, monti tuttora que- sto cavallo dualistico è attestato chiaramente dal suo terzo punto , dove si afferma che, « con DIETZGEN 491 fattuale organizzazione del nostro cervello », il fondamento ultimo di tutti i fenomeni è inco- noscibile. Che cosa significa inconoscibile ? Tutto il contesto delle proposizioni in cui viene usata questa parola mostra chiaramente che il nostro naturalista è ancora avviluppato nelle reti della metafisica. Nessuna cosa > nessun atomo è conoscibile sino in fondo. Ogni cosa è inesauribile nei suoi segreti, è eterna e indi- struttibile La natura è piena di segreti che per la mente indagatrice si rivelano come semplici fe- nomeni correnti. La natura è inesauribile ri- guardo ai problemi scientifici. Noi la indaghia- mo, ma non perveniamo mai al termine nelle nostre ricerche. Il sano intelletto umano ha pienamente ragione allorché afferma che il mon- do e la natura non possono essere indagati interamente, ma non ha meno ragione allorché respinge come un'incredibile assurdità, come su- perstizione, la metafisica inconoscibilità del mondo. Nel nostro studio della natura non giungeremo mai al termine, e, tuttavia, quanto piu procedono le scienze naturali nelle loro ri- cerche, tanto piu risulta evidente che ‘esse non hanno proprio niente da temere circa gli inesau- ribili segreti della natura, che qui, secondo Hegel, «non c'è niente che sia inaccessibile » . Da ciò deriva che noi attingiamo quotidianamente airinesauribile « fondamento primo di tutte le cose » e vi attingiamo appunto con il nostro strumento conoscitivo, la cui capacità di inda- gine è altrettanto universale e infinita quanto infinitamente ricca è la natura di arcani consueti. « Con Fattuale organizzazione del nostro cervello »! Naturalmente! Il nostro cervello, Kein Atòmchen ist auszukennen NB III NB 492 LENIN NB NB NB grazie alla selezione sessuale e alla lotta per la esistenza, si svilupperà ancora in modo prodi- gioso e penetrerà sempre più nel fondamento primo naturale . Se le parole di Haeckel hanno un tale significato, siamo volentieri d'accordo. Ma, in realtà, il darwiniano ancora avviluppato nella metafisica non le intende cosi. L'intellet- to umano, egli vuol dire, è troppo piccolo per poter indagare il mondo completamente, e quin- di noi dobbiamo credere nell'esistenza di uno spirito « piu alto », sovrannaturale, e non lot- tare « distruttivamente » contro di esso [...]. Hegel ha dato della dottrina dello sviluppo un'esposizione molto piu universale di quella di Darwin. Non pensiamo con questo di prefe- rire o subordinare l'uno all'altro, ma riteniamo solo necessario integrarli reciprocamente. Se Darwin ci insegna che gli anfibi e gli uccelli non sono specie tra loro separate, ma esseri vi- venti, sorti gli uni dagli altri e trapassanti gli uni negli altri, Hegel ci insegna che tutte le specie, il mondo intero costituiscono un essere vivente, che non ha mai confini immobili; che il conoscibile e rinconoscibile, il fisico e il metafisico trapassano continuamente l'uno nel- l'altro ; che l 'assolutamente inconoscibile è qualcosa che attiene alla concezione religiosa, dualistica, e non alla concezione monistica del mondo [...]. Secondo il nostro monismo, la natura è il fondamento ultimo di tutte le cose; essa è altresì il fondamento della nostra facoltà cono- scitiva, e, non di meno, per Haeckel, questa facoltà è troppo limitata perché possa conoscere il fondamento ultimo. Come spiegare tale con- traddizione? Come può la natura, conosciuta in DIETZGEN 493 quanto fondamento ultimo, risultare in pari tempo « inconoscibile »?! Il panico per le tendenze distruttive si è impadronito persino di un teorico radicale deb revoluzione come Haeckel; egli rinuncia alla sua stessa teoria e preferisce la credenza che 10 spirito umano debba accontentarsi dei feno - meni naturali e non possa giungere alPessenza reale della natura; il fondamento ultimo è cosi un oggetto che non rientra nelle scienze natu- rali [...]. Quanto alle concezioni panteistiche dei no- stri maggiori poeti e pensatori, concezioni che trovano il loro compimento nell’affermazione delPunità di Dio e della natura, Hegel ci ha lasciato una teoria particolarmente caratteristi- ca. Secondo questa teoria, noi conosciamo non soltanto Punita, ma anche la differenza tra le cose. Il cane lupo è un cane come il botolo, ma questa unità non esclude la differenza. La natura ha molte cose in comune con il buon Dio: regna dall’eternità e per Peternità. Poiché 11 nostro spirito è il suo strumento naturale, la natura conosce in generale tutto ciò che è accessibile al sapere; la natura è onnisciente, ma, non ostante ciò, la sapienza « naturale » è tanto diversa da quella divina che esistono motivazioni abbastanza scientifiche per le ten- denze distruttive vòlte a eliminare compieta- mente Dio, la religione e la metafisica, a eli- minarli in senso razionale, in quanto ciò è possibile. Le idee confuse sono sempre esistite e continueranno a esistere in eterno E, se la vecchia conoscenza del mondo ani- male ci dà soltanto un quadro incompleto, mentre il nuovo sapere, sviluppato da Darwin, ci offre un quadro più veritiero, completo e ! m Erscheinungen 494 LENIN NB autentico, il vantaggio che di qui deriva per le nostre conoscenze non è circoscritto alla sola vita animale: al tempo stesso noi acquisiamo conoscenza della nostra facoltà conoscitiva, ap- prendendo che quest’ultima non è una fonte sovrannaturale della verità, ma invece uno stru- mento speculare, che riflette le cose del mondo, ossia la natura [...]. NB NB [248-249] Kant argomenta come segue: se la nostra ragione deve limitarsi alla sola cono- scenza dei fenomeni naturali, se non possiamo conoscere niente altro, dobbiamo allora credere in un che di misterioso, superiore, metafisico. Qui deve nascondersi qualcosa, « perché là dove ci sono i fenomeni deve esserci qualcosa che appare », conclude Kant; questa conclusione è solo apparentemente esatta. Non è forse suffi- ciente dire che i fenomeni naturali appaiono, che dietro di essi non si cela niente di sovran- naturale, niente di inconoscibile, niente che tra- scenda la loro propria natura? Ma lasciamo questo punto. Kant, almeno formalmente, ha scacciato la metafisica dalla scienza perché si impigliasse nella fede [...]. [251-252] Kant ha lasciato ai suoi prosecu- tori Topinione assai modesta che la fiaccola del- la conoscenza è troppo debole per poter illu- minare il grande miracolo. Quando si sia dimo- strato che essa non è tanto debole, che la nostra luce non è più grande o più piccola, non è più o meno miracolosa deiroggetto che si tratta di illuminare, la fede nei miracoli o nei mostri è finita, è finita la metafisica. L’uomo si libera cosi della sua eccessiva modestia; e il nostro Hegel ha recato in questo campo un contributo essenziale [...]. DIETZGEN 495 Che cos e la metafisica? Secondo la sua de- nominazione è stata una disciplina scientifica, che continua a proiettare la sua ombra anche sul presente. Che cosa cerca, che cosa vuole? Il sapere, naturalmente! Ma riguardo a che cosa? Riguardo a Dio, alla libertà e all’immor- talità. Il che suona ai nostri giorni molto pa- storale. E, se anche designeremo il contenuto di questi tre concetti con i nomi classici di vero, bene e bello, sarà sempre eccezionalmente im- portante chiarire a sé stessi e al lettore che cosa, in realtà, vogliano e cerchino i metafisici; senza di che è impossibile valutare e presentare ade- guatamente Darwin o Hegel, ciò che essi hanno invece tralasciato e che spetta ai posteri fare V. La luce della conoscenza [255-266] Si possono riportare dalla let- teratura contemporanea numerose citazioni, in cui si prende atto deirabisso profondo che sepa- ra la conoscenza della natura e ristanza meta- fisica; questo vuol dire che infinitamente con- fusa è la questione: di dove prendere la luce? Un esempio davvero classico di questa confu- sione è la Storia del materialismo di F. A. Lan- ge. Se si astrae da molti aspetti eccellenti [256] e brillanti, ma secondari, di quest’opera, non- ché dalla simpatia democratica dell’autore per il partito socialista, cosa che constatiamo con molta soddisfazione, è chiaro che il punto di vista filosofico di Lange è il più miserevole dibattersi nel cappio metafisico che si sia mai visto. Proprio quest’infinità irresolutezza e man- canza di fiducia è ciò che dà all’opera di Lange il suo significato, perché, sebbene in essa non si assolva il còmpito e non si risolva niente, NB NB 496 LENIN tuttavia il problema viene posto in modo tanto chiaro che la sua definitiva soluzione è ormai inevitabilmente vicina. Ci sono poi degli avversari come il dottor Gideon Spicker ( Ueber das Verhaltnis der Naturwissenschaft zur Pbilosophie ), che, indi- cando questo dimenarsi, abusano della propria | oc I NB giusta critica, per screditare insieme con Lange anche il materialismo [...]. Il materialismo, che è riuscito sinora a ve- nire a capo della conoscenza e dell'interpreta- zione dei piu disparati oggetti scientifici, non ha ancora tentato di illuminare la conoscenza stessa, e quindi il suo benevolo storico non ha potuto riportare una vittoria completa sulle rovine dell'idealismo « Esistono due problemi, — dice Lange, — dinanzi ai quali lo spirito deve arrestarsi. Noi siamo incapaci di capire gli atomi e di spiegare con gli atomi e con il loro movimento anche il piu insignificante fenomeno della coscienza [...]. Comunque si rigiri il concetto della ma- teria e delle sue forze, si è sempre costretti a imbattersi in un che di inconcepibile [...]. Perciò non senza fondamento Du Bois-Reymond si spinge tanto avanti da affermare che tutta la nostra conoscenza della natura non è ancora in realtà conoscenza e che essa ci fornisce sol- tanto dei surrogati di una spiegazione [...]. È questo il punto che i sistematici e gli apostoli della concezione meccanicistica del mondo elu- dono con disprezzo: la questione dei confini della conoscenza della natura» (A. Lange, Geschichte des Materialismus , v. II, pp. 148- 150). Questa citazione puntuale sarebbe stata in fondo superflua, dal momento che le idee qui enunciate sono note a tutti. Cosi si esprime DIETZGEN 497 non solo Lange, ma anche Jurgen Bona Meyer e von Sybel; cosi si esprimerebbero Schàffle e Samter, se mai dovessero toccare questo tema; cosi parla tutto il mondo dominante, nella misura in cui è andato piu avanti dei cappuccini. Ma Lange non conosce a fondo i socialdemocratici, altrimenti avrebbe saputo che su questo punto essi hanno integrato la concezione meccanicistica del mondo. « Il grande difetto di Hegel, rispetto a Kant, — dice Lange, — sta nel fatto che egli ha smarrito del tutto ridea di un modo di conoscer le cose piu generale di quello uma- no. » Cosi, a Lange rincresce che Hegel non abbia speculato intorno alla conoscenza sovru- mana, ma noi a questo replichiamo: la parola d’ordine reazionaria: « Indietro verso Kant! », che echeggia attualmente da ogni parte, deriva dalla mostruosa tendenza a far tornare indietro la scienza e a subordinare la conoscenza umana a un « modo di conoscere più generale ». In essa si avverte il desiderio di rinunciare al do- minio già acquisito dairuomo sulla natura e di procurarsi nel ripostiglio la corona e lo scettro da dare airantico spauracchio, per modo che di nuovo trionfi la superstizione. L’aspirazione filosofica del nostro tempo è una forma consa- pevole o inconsapevole di reazione alla crescente libertà del popolo. Basta solo addentrarsi un po’ nel pensiero metafisico dei « confini della conoscenza », che percorre tutti i capitoli del celebre libro di Lange e che viene ripetuto tanto spesso dagli studiosi del nostro tempo, per riconoscerne subito l’insensata verbosità, « Non si possono capire gli atomi, e la coscienza non può essere spiegata. » Eppure, tutto il mondo è fatto di atomi e coscienza, di materia e spirito. Se le NB NB NB 32 — 639 498 LENIN une c le altre cose sono incomprensibili, che cosa mai rimane all'intelletto da capire e spie- gare? Lange ha ragione: proprio niente. La nostra conoscenza, come essi asseriscono, non è quindi conoscenza, ma soltanto un surrogato. Forse, anche quei grigi animali che si suole chiamare asini sono soltanto dei surrogati, mentre i veri asini sono da ricercare tra gli es- seri più altamente organizzati [...]. La luce della conoscenza rende l’uomo si- gnore della natura. Col suo ausilio l’uomo può d’estate avere il ghiaccio e d’inverno i fiori e i frutti, estivi. Ma questo dominio resta pur sempre limitato. Tutto quello che l’uomo può fare può farlo soltanto con l’ausilio delle forze e dei materiali della natura [...]. [261] Come nella produzione tecnica i fe- nomeni naturali appaiono in forma corporea, cosi nella scienza i mutamenti della natura ci appaiono in forma spirituale. Come la produ- zione lascia da ultimo insoddisfatta ogni istanza creatrice eccessiva, cosi la scienza, o la « cono- scenza della natura», non soddisfa per intero la nostra richiesta eccessiva di una spiegazione causale. Ma, come l’ùomo ragionevole non si lamenterà del fatto che per creare abbiamo eterno bisogno del materiale e che dal niente, dai pii desideri non possiamo cavare niente, cosi anche colui che si addentrerà nella natura della conoscenza non vorrà varcare i confini dell'esperienza. Per la conoscenza, o per l’inter- pretazione, come anche per la creazione, abbia- mo bisogno del materiale. E quindi nessuna conoscenza potrà spiegare di dove il materiale provenga o abbia principio. Il mondo dei feno- meni, o materiale, è il primordiale, il sostan- DIETZGEN 499 ziale, che non ha principio, fine o genesi. Il materiale esiste e la sua esistenza è materiale (nel senso più lato del termine), e la facoltà umana di conoscere o di avere coscienza è una parte di questa esistenza materiale , che, come tutte le altri parti, può svolgere una sola fun- zione, determinata, circoscritta, la funzione ap- punto di conoscere la natura [...]. Dal tempo in cui il quarto stato ha posto le sue istanze, i nostri studiosi ufficiali sono stati costretti a condurre una politica conser- vatrice, reazionaria. Oggi essi s’intestardiscono, vogliono rendere cronico il loro errore e ritor- nare indietro, verso Kant. La cosa fe successa al defunto Lange nel corso d’una digressione in- nocente, anche se piena d’errori; ma molti suoi seguaci sono astuti furfanti, che si avvalgono del lavoro di Lange come di un buon mezzo di lotta contro la nuova società e che ci costrin- gono a condurre sino alle sue radici la critica della ragione. Tutto ciò che percepiamo, dicono i neokan- tiani, possiamo percepirlo solo attraverso le lenti della coscienza. Tutto ciò che vediamo, udiamo, sentiamo deve giungere a noi attra- verso le sensazioni, quindi attraverso l’anima. Non possiamo pertanto percepire le cose nella loro purezza e verità, ma solo come appaiono alla nostra soggettività. Per Lange le sensazioni « sono il materiale, con cui viene creato il mon- do esterno reale ». « Il punto di cui si tratta [Op. cit., v. II, p. 98] può essere definito con assoluta precisione. Esso è in qualche mo- do come la mela nel peccato originale e secondo Kant il rapporto tra soggetto e oggetto nella conoscenza. » Si insinua cosf la colpa che è propria della filosofia postkantiana. Ecco che cosa dice Lan- NB NB 32 500 LENIN Objektiv secondo Kant NB NB ge: « Per Kant la nostra conoscenza deriva dal- l'interazione di entrambi [soggetto e oggetto]: è questa una tesi infinitamente semplice e tut- tavia spesso ignorata. Da questa concezione deriva — prosegue Lange — che il nostro mondo fenomenico non è soltanto un prodotto della nostra rappresentazione, ma anche un ri- sultato delazione oggettiva e della raffigura- zione soggettiva dei fenomeni. Kant chiamava in un certo senso oggettivo non ciò che il sin- golo conosce in un modo o nell'altro grazie al suo sentimento casuale o alla sua organizza- zione imperfetta, ma ciò che l'umanità nel suo complesso deve conoscere grazie alla sua sen- sibilità e al suo intelletto. Egli ha chiamato questo sapere oggettivo, in quanto noi parliamo soltanto della nostra esperienza; lo ha invece definito trascendente o, in altri termini, falso, se estendiamo questo sapere alle cose in sé, cioè alle cose assolute, che esistono indipenden- temente dalla nostra conoscenza » [...]. Si, i materialisti non si sono ancora affa- ticati a ten er conto delPelemento soggettivo della nostra conoscenza e hanno accolto acriti- camente, come moneta buona, gli oggetti sen- sibili. Quest'errore deve essere corretto. Prendiamo il mondo cosi come è per Kant, cioè come una mescolanza di soggetto e ogget- to, ma teniamo fermo che tutto il mondo è una miscela unica , una unità; teniamo fermo inoltre che questa unità è dialettica, ossia che essa è composta dei suoi opposti, della miscela o mol- teplicità. Ora, nella molteplicità del mondo vi sono cose, come le assi, le pietre, gli alberi e i pezzi d'argilla, che vengono chiamate senz'altro oggetti. Dico: « vengono chiamate », non dico ancora che sono oggetti. Vi sono inoltre cose, DIETZGEN 501 come i colori, gli aromi, il calore, la luce, ecc., la cui oggettività è già più dubbia; seguono poi cose, ancora più lontane, come il dolore fisico, la sete d'amore, la gioia vitale, che sono decisamente soggettive. Vi sono, infine, oggetti che sono più soggettivi o i più soggettivi, in senso comparativo e in senso assoluto, come gli stati d'animo fugaci, i sogni, le allucina- zioni, ecc. Qui tocchiamo la sostanza della que- stione. Il materialismo ha riportato la vittoria, in quanto si è dovuto riconoscere che il sogno è un processo reale, indubbio, pur se considerato soggettivo. In questo caso, siamo pronti a unir- ci ai filosofi « critici », i quali affermano che le assi e le pietre, come tutte le cose dette senz'altro soggettive, vengono percepite dai no- stri organi della vista e del tatto, e non sono pertanto oggetti puri, ma fenomeni soggettivi. Riconosciamo volentieri che il pensiero stesso WVWNTAVWVWVV di un oggetto puro, o di una « cosa in sé », è un pessimo pensiero, che, per cosi dire, strizza Tocchio all'altro mondo. La differenza tra soggetto e oggetto è rela- tiva. L'uno e l'altro sono d'uno stesso ordi- ne [...]. [267-272] Ciò che noi percepiamo con la nostra facoltà conoscitiva lo percepiamo come parte del tutto e come una parte intera. La co- noscenza di questa dialettica illumina e chiarisce pienamente la mistica aspirazione a ricercare la verità oltre l'apparenza, ossia a ricercare dietro ogni predicato il soggetto. Solo a causa dell'in- capacità di operare dialetticamente con Ì con- cetti quest'aspirazione può assumere un orien- tamento tanto sbagliato che ci si pone a ricer- care il soggetto fuori del predicato, la verità fuori dei fenomeni. La teoria critica della co- NB 502 LENIN NB noscenza deve considerare lo strumento stesso delTesperienza come esperienza; diventano cosi assurdi tutti i discorsi sul superamento dei con- fini di ogni esperienza. Se i filosofi contemporanei, primo tra tutti uno storico del materialismo, accostandosi al- l’essenza della questione, dichiarano che il mon- do si offre mediante i fenomeni, cioè gli og- getti della conoscenza della natura, che questa conoscenza ha a che fare con i mutamenti, ma che noi cerchiamo una conoscenza ancora più alta o degli oggetti eterni, essenziali, diventa chiaro che questi filosofi sono dei truffatori o degli stolti, che non si accontentano di studiare tutti i granelli di un mucchio di sabbia, ma che dietro tutti i granelli cercano ancora un qual- che mucchio di sabbia che non abbia granelli. Oli ha rotto del tutto con la valle di la- crime del mondo fenomenico può assidersi con tutta la sua anima immortale su un cocchio di fuoco e ascendere al cielo. Ma chi vuole restare qui e credere nella sola salvezza che può dare la conoscenza scientifica della natura deve ac- cettare la logica materialistica. Essa dice: 1. il regno intellettuale è solo di questo mondo; 2. l’operazione, che noi chiamiamo cono- scenza, comprensione, interpretazione, può con- sistere soltanto nella classificazione per generi e specie di questo mondo sensibile, unificato dall’essere, non può occuparsi di altro che non sia la conoscenza formale della natura. Altra conoscenza non c’è. Ma ecco l’impulso metafisico, che non si ac- contenta della « conoscenza formale * e vuole conoscere, senza sapere esso stesso come. A questa tendenza non basta classificare esatta- mente, con l’ aiuto dell’intelletto, i dati dell’espe- DIETZGEN 503 rienza. Le cosiddette scienze naturali sono per essa soltanto un surrogato, un sapere miserevole e limitato; essa esige una spiritualizzazione illi* mitata, di modo che tutte le cose si dissolvano interamente nei concetti. Ma perché mai que- sta nobile aspirazione non vuole capire che le sue esigenze sono smodate? Il mondo non di- scende dallo spirito, ma, viceversa, è lo spirito a discendere dal mondo. L'essere non è una specie deirintelletto, ma è, viceversa, l'intelletto una specie dell'esistenza empirica. L'essere è assoluto, onnipresente, eterno; il pensiero è sol- tanto una forma speciale, limitata dell'esse- re [...]. La scienza o la conoscenza non deve sosti- tuire la vita, la vita non deve né può essere esaurita dalla scienza, in quanto è qualcosa di più grande. E quindi con la conoscenza o con l'interpretazione non si può superare nessuna cosa. Nessuna cosa può esser conosciuta inte- ramente: una ciliegia fe grande come una sensa- zione. Se ho studiato e compreso la ciliegia se- condo tutte le esigenze della scienza, cioè bo- tanicamente, chimicamente, fisiologicamente, ecc., tuttavia la ho realmente conosciuta solo dopo averla a un tempo percepita, vista, toc- cata e ingoiata [...]. Per l'arida filosofia critica, che imperversa attualmente, l'intelletto umano è un povero dia- volo, capace di spiegare soltanto le apparenze superficiali delle cose; ma per esso è inconce- pibile ogni vera spiegazione, per esso è irrag- giungibile l’essenza delle cose. Nasce qui la que- stione se ogni cosa abbia una sua essenza, se l’infinita molteplicità di queste cose o Tintero mondo sia un tutto unico. È qui facile vedere che la nostra mente possiede la capacità di con- nettere tutte le cose, di sommare tutte le parti II NB NB Erscheinungen und Wesen 504 LENIN NB NB NB NB e di dividere tutte le somme. L’intelletto tra- sforma tutti i fenomeni in ess enze, e conosce tutte le essenze come fenomeni dell’unica gran- de essenza della natura. La contraddizione tra fenomeno ed essenza non è affatto una contrad- dizione, ma un’operazione logica, una formalità dialettica . L’essenza delluniverso è fenomeno, e i fenomeni dell’universo esprimono l’essenza. È dunque viva l’aspirazione, l’esigenza me- tafisica di ricercare dietro ogni apparenza l’es- senza, ma a condizione che essa ravvisi nella « conoscenza formale della natura » l’unica pras- si razionale della scienza. L’aspirazione a tra- scendere i confini dei fenomeni in cerca della verità e dell’essenza è un’aspirazione divina, celeste, cioè scientifica. Ma essa non deve ecce- dere, deve conoscere i propri limiti. Deve cer- care il divino e il celeste nel terreno e nel tran- seunte e non separare fe sue essenze e verità dai fenomeni; deve solo ricercare gli oggetti soggettivi e la verità relativa. Con quest’ultima affermazione converranno, forse, i kantiani vecchi e nuovi; ma noi non pos- siamo convenire con la loro tetra rassegnazione, con lo sguardo furtivo che essi gettano su un mondo superiore e con cui accompagnano la loro dottrina. Non siamo d’accordo che i « confini della conoscenza » cessino di essere confini e che, inoltre, la fede accompagni costantemente l’intelletto illimitato. La loro ragione dice: « Là dove ci sono fenomeni deve esserci un che di trascendente che appare ». La nostra critica dice: « Ciò che appare è il fenomeno stesso; soggetto e predicato sono d’uno stesso ordine» [...]. La concezione monistica dei naturalisti dei naturalisti nel senso più ristretto del termine — è inadeguata [...]. La nostra conce- DIETZGEN 505 zione può diventare monistica solo in virtù della teoria materialistica della conoscenza. Non ap- pena coglieremo il rapporto tra soggetto e pre- dicato in generale, non si potrà piu negare che il nostro intelletto è una specie o una forma deila realtà empirica. Il materialismo ha ormai da tempo precisato questa tesi cardinale, che è rimasta però come una vuota affermazione, come una semplice anticipazione. Per fornire le prove bisogna ritenere in generale che la scienza non vuole e non può volere altro che una classifi- cazione per generi e specie delle osservazioni sensibili. L’articolazione o l’unità articolata è tutto ciò che essa può avere e desidera [...]. I selvaggi divinizzano il sole, la luna e altre cose. Gli uomini civili hanno fatto dello spirito un Dio e della facoltà intellettiva un feticcio. Nella nuova società così non dovrà essere. In essa gli individui vivranno in una comunità dialettica , come la molteplicità nell’unità; e anche la luce della conoscenza sarà destinata a diventare uno strumento tra altri strumenti [...]. NB NB 101: Marx iiber Dialektik, 256: Lange — erbarmlichste Zappelei in me* taphysischer Schlinge *. 233: Hegel sta piu in alto di Darwin nella dottrina dello sviluppo J3a . piu miserevole dibattersi nel cappio metafisico {n.d.t.). G. V. Plechanov Questioni fondamentali del marxismo w G. V. Plechanov, Osnovnye voprosy mark- sizma , Peterburg, 1908. [23-24] Gli idealisti trasformano dapprima il pensiero in un essere autonomo, indipen- dente dall’uomo ( « soggetto per sé » ) , e poi dichiarano che in esso, in quest’essere, si ri- solve la contraddizione tra essere e pensiero. Appunto perché a esso, a quest’essere indipen- dente dalla materia, inerisce la singola esistenza indipendente. E quest’ultima si risolve real- mente in esso, perché che cosa è in effetti questo essere? Pensiero. E questo pen- siero esiste — è — indipendentemente da qualsiasi altra cosa. Ma un siffatto scioglimento della contraddizione è uno scioglimento pura- mente formale. Esso viene conseguito solo per- ché — come si è detto sopra — viene soppresso uno dei suoi elementi: ossia l’ essere indipen- dente dal pensiero. L’essere appare come una semplice proprietà del pensiero, e, quando noi diciamo che un dato oggetto esiste, questo si- gnifica soltanto che esso esiste nel pensiero [...]. Essere non significa esistere nel pensiero. Sotto questo profilo la filosofia di Feuerbach è molto piu chiara della filosofia di Josef Dietzgen. « Dimostrare che qualcosa esiste — rileva Feuerbach — significa dimostrare che esso non esiste soltanto nel pensiero» [...] *. * Werke, X, 187. 510 LENIN [28-31] L’interpretazione materialistica del- la storia ha avuto anzitutto un significata metodologico . Di ciò si è reso perfet- tamente conto Engels quando ha scritto: « A noi occorrono non tanto i nudi risultati, quanto lo studio (das Studium); i risultati sono niente, se li si considera indipendentemente dallo svi- luppo che ha condotto a essi » * [...]. In generale, uno dei piu grandi meriti di Marx e di Engels dinanzi al materialismo con- siste nel fatto ■che essi hanno elaborato un metodo corretto. Concentrando i pro- pri sforzi nella lotta contro relemento spe- culativo della filosofia di Hegel, Feuer- bach ne ha apprezzato e utilizzato scarsamente relemento dialettico. Egli dice: « La vera dialettica non è affatto un monologo del pensatore con sé stesso; essa è un dialogo tra Tio e il tu » **. Ma, anzitutto, la dialettica non ha in Hegel il carattere di « un monologo del pensatore con sé stesso e, inoltre, l’osser- vazione di Feuerbach determina correttamen- te il punto d’avvio della filosofia , ma non il suo metodo . Questa lacuna è stata colmata da Marx e da Engels, i quali hanno capito che sarebbe stato un errore, nel battersi contro la filosofia speculativa di Hegel, ignorare la sua dialettica [...]. Molti confondono la dialettica con la dot- trina dello sviluppo, ed essa fe, in effetti, questa dottrina. Ma la dialettica si differenzia sostan- zialmente dalla « teoria » volgare dell’evoluzio- z. a -■ I ne, che è costruita per intero sul principio se- condo cui la natura e la storia non fanno salti , e tutte le PLECHANOV 511 trasformazioni si compiono nel mondo solo progressiva - mente. Già Hegel ha mostrato che una dottrina dello sviluppo cosi intesa è ridicola e inconsistente [...]. [33] In generale, i diritti del pensiero dialettico sono in lui * sanciti mediante le proprietà dialettiche del- l’essere. L'essere condiziona anche qui il pensiero [...]. [39] Cosi, le proprietà dell'ambiente geo- grafico condizionano lo sviluppo delle forze prò* duttive; lo sviluppo delle forze produttive con- diziona lo sviluppo dei rapporti economici e con essi quello di tutti gli altri rapporti sociali [...]. [42] A ciascun grado di sviluppo delle forze produttive corrisponde un determinato carattere degli armamenti , d eli* a r t e militare e, infine, del diritto inter- nazionale, o, più esattamente, i n ter- so c i a l e , cioè tra l’altro inferiti- baie . Le tribù di cacciatori non possono creare grandi organizzazioni poli- tiche appunto perché il basso livello delle loro forze produttive le costringe, se- condo un’antica espressione, alla diaspora, a sparpagliarsi in piccoli gruppi sociali, alla ri- cerca dei mezzi di sussistenza [...]. [46-47] Secondo Marx, l’ambiente geografico influisce sull’uomo attraverso la mediazione dei rapporti di produzione , che sorgono in una data località sulla base di determinate forze produt- tive, che hanno come prima condizione del loro sviluppo * Cioè in Engels (n.d.t.). 512 LENIN appunto le proprietà di que- st’ambiente [...]. [65-66] Il carattere della « struttura eco- nomica » e la direzione secondo la quale si mo- difica questo carattere non dipendono dalla vo- lontà degli uomini, ma dallo stato delle forze produttive e dal tipo di modificazioni che si determinano nei rapporti di produzione e diven- gono necessarie per la società in virtù delPulte- riore sviluppo di queste forze. Engels spiega la cosa con le seguenti parole: « Gli uomini fanno essi stessi la loro scoria, ma sinora l’hanno fatta — persino all’interno delle singole società — non in base a una volontà e secondo un piano comune. Le loro aspirazioni si incrociano tra loro, e appunto perciò in tutte queste società impera la necessità, che ha nella casualità la sua integrazione e forma este- riore di manifestazione >►. La stessa attività uma- na è qui determinata come un’attività non li- bera, ma necessaria, cioè come regolata da leggi, ossia come suscettibile di diventare oggetto di indagine s c i e n - tifica . In tal modo, il materialismo sto- rico, senza cessare di indicare che le circostanze sono modificate dagli uomini, ci dà al tempo stesso per la prima volta la possibilità di c o n - si derare il processo di questa modificazione dal punto di vista della s c i e n z a . Ed ecco per- ché noi abbiamo il pieno diritto di dire che l’interpretazione materialistica della storia for- nisce i necessari prolegomeni a ogni teoria della società umana, che voglia porsi come scien- za [...]. [68] Nella società primitiva, che non co- nosce la divisione in classi, l’attività produt- tiva dell’uomo influisce immediatamente sulla sua concezione del mondo e sul suo gu- sto estetico [...]. PLECHANOV 513 [81-82] Se volessimo esprimere concisa- mente la concezione di Marx e di Engels sul rapporto tra la celebre « base » e la non meno celebre «sovrastruttura »> otterrem- mo quanto segue: 1. Lo stato delle forze pro- duttive; 2. i rapporti economici da esso condizionati; 3. il sistema sociale-p o l i t i c o, sorto sulla « base » economica data; 4. la psicologia dell'uomo sociale , determinata in parte diretta- mente dall’economia e in parte da tutto il si- stema sodale-politico sorto su di essa; '5. le diverse ideologie , che riflettono le proprietà di questa psicologia [98] Prendiamo ad esempio rodierna que- stione agraria. Al grande proprieta- rio fondiario cadetto intelligente la « alienazione coercitiva della terra » può sem- brare più o meno — cioè in rapporto inversa- mente proporzionale al T« equo compenso » — una triste necessità storica. Ma al conta- dino, che aspira a ottenere « un pezzo di terra >►, sembrerà una necessità storica più o meno triste solo questo « equo compenso mentre IV alienazione coercitiva » gli sembrerà immancabilmente come l'espressione della sua libera volontà e come la garanzia più preziosa della sua stessa libertà. Nel dir questo tocchiamo, forse, il punto più importante della teoria della libertà, un punto non menzionato da Engels, beninteso, solo perché esso riesce comprensibile senza ulteriori dilud dazioni a chi abbia frequentato la scuola di Hegel [...]. Feuerbach e Dietzgen, p. 24 14 °. 33-639 Vladimir Suljatikov La giustificazione del capitalismo neUa filosofia europea occidentale 141 Vladimir Suljatikov, Opravdanie kapìtaluma v zapadnoevropejskoj filosofa. Ot Dekarta do E. Macha, Moskva, 1908. [5-10] Nei circoli intellettuali si è radicato un atteggiamento tradizionale verso la filosofia [...]. Le idee filosofiche vengono collegate nella esposizione troppo poco e troppo debolmente con un qualsiasi sostrato di classe [...]. Alla stessa concezione si attengono moltis- simi marxisti. Essi sono persuasi che nelle file dell’avanguardia proletaria sia ammissibile una policroma varietà di concezioni filosofiche, che non abbia alcuna importanza il fatto che gli ideologi del proletariato professino il materia- lismo o Tenergetismo, il neokantismo o il ma» chismo [...]. Attenersi alla posizione esposta significa cadere in un errore ingenuo e molto triste Assolutamente tutte le formule e i termini filo- sofici con cui essa* opera [...] | le 1 servono per designare le classi, i gruppi, le cellule sociali e i loro mutui rapporti. Quando esaminiamo il sistema filosofico di questo o quel pensatore borghese, abbiamo a che- fare con il quadro deUa struttura classista della società, dipinto con l’ausilio di segni convenzionali e riprodu- cete la profession de foi sociale di un dato gruppo borghese [...]. Cioè la filosofia (n.dJ.). 518 LENIN sic! !! che assur- dità! Non si possono prendere questi quadri come qualcosa che potrebbe essere utilizzato e accor- dato con la concezione proletaria del mondo. Questo significherebbe cadere nell'opportuni- smo, tentare di conciliare l'inconciliabile II primo, brillante tentativo di una s imil e rivalutazione si è avuto alcuni anni fa. L'articolo del compagno A. Bogdanov, Il pensiero auto- ritario *, schiude senza dubbio una nuova èra nella storia della filosofia: dopo la comparsa di quest’articolo, la filosofia speculativa ha perduto il diritto di operare con i suoi due concetti fon- damentali di « spirito » e « corpo è stato accertato che questi concetti sono sorti sul fon- damento dei rapporti autoritari e dell'antitesi tra i « vertici » che organizzano e la « base » che esegue. Con mirabile coerenza la critica borghese ha passato sotto silenzio il lavoro di questo marxista russo [...]. In queste condizioni, l 'analisi sociale gene- tica dei concetti e sistemi filosofici non è solo auspicabile, ma addirittura necessaria. È uno dei compiti tra i più difficili e complessi [...]. I sistemi oggi di moda, come, per esempio, il neokantismo o il machismo [...]. Il presente schizzo non è destinato a una cerchia limitata di specialisti Per la filo- sofia rivela interesse il demos [...]. La nostra esposizione avrà un carattere alquanto demen- tare [...]. Il punto di vista da noi sostenuto [...] potrà essere piu agevolmente assimilato, se verrà illustrato con un materiale non in- gombrante, ma sobriamente selezionato [...]. Pubblicato nella sua raccolta di articoli: DdU psicologia delta società. SULJÀTIKOV 519 I. Gli « elementi » organizzatori e organizzati [11-14] Si manifestò la disuguaglianza eco- nomica: gli organizzatori si vennero pian piano trasformando in proprietari degli strumenti di produzione *, che appartenevano in precedenza alla società [...]. I rapporti di produzione della società « autoritaria » | [...]. Il || selvaggio |[ primi- tivo comincia a intravedere dappertutto il ma- nifestarsi di una volontà organizzativa. « [...] L'esecutore è accessibile ai sensi, è un organi- smo fisiologico, un corpo; Torganizzatore è a essi inaccessibile, è presupposto airinterno del corpo, è una persona spirituale » LiZJ sono palesi assurdità!! < pubblici- stica e frasi vuote È molto «generico»!! Frasi. Il selvaggio e il comuniSmo primitivo so- no resi indeterminati. Cosi anche il materiali- smo e Tidealismo in Grecia. Il concetto di spirito assume un carattere sempre piu astratto. ^ Quando nella storia della filosofia greca è l’idealismo! stata posta la ben nota domanda: com'è possi- bile che dalla sostanza pura, immutabile e im- materiale scaturisca la molteplicità dei fenomeni mutevoli del mondo materiale? in che rapporto * In questo ci discostiamo alquanto dalPinterpretazione proposta dal com- pagno Bogdanov: egli non attribuisce a questuiti ma circostanza il significato che essa ha senza dubbio avuto. Anzi, il compagno Bogdanov neanche la men- ziona. Di tale questione ci è occorso di parlare in altra sede: Dalla storia e dalla pratica della lòtta di classe (nei capitoli dedicati alla genesi delle datti dominanti), ed. S. Dorovatskij e A. CaruSnikov. 520 LENIN COSI, COSÌ. £ il materialismo greco? e gli scettici?? sta r« essere » con il « divenire »? ’ — questo non è stato, a dispetto delle assicurazioni di tutti i possibili storiografi della filosofia, lo slancio piu sublime del nobile pensiero umano, lo sforzo piu disinteressato vólto a di- svelare il grande mistero dell’universo e a rendere cosi felice in eterno il genere umano. Le cose sono andate molto piu semplicemente! Quest’impostazione del problema rivela soltan- to che nelle città greche il processo di stratifi- cazione sociale si era sviluppato a tal punto che l’abisso tra i « vertici » e la « base » de lla società era diventato piu profondo, e la vecchia ideologia degli organizzatori, che corrispondeva a rapporti sociali meno differenziati, aveva per- duto il diritto di esistere. In passato, non ostan- te la differenza profonda tra la sostanza e il mondo dei fenomeni, la loro connessione imme- diata non suscitava dubbi. Adesso invece veniva negata la presenza di questa connessione. La so- stanza e il mondo dei fenomeni sono cosi dichiarati grandezze incommensurabili. La loro correlazione è ritenuta possibile solo attraverso una serie di anelli intermedi. O, per esprimersi in un linguaggio piu filosofico, noi non pos- siamo determinare la loro connessione reciproca né con i sensi né con il pensiero corrente: si richiede, per questo, la cooperazione di una qualche « idea » particolare, di una particolare intuizione. IL Gli « elementi » organizzatori e organiz- zati nel periodo della produzione manifatturiera [15-17] Lo stesso problema, il problema dell’incommensurabilità tra il « principio » spi- rituale e quello materiale, dell’assenza di una ÌULJÀTIKOV 521 connessione immediata tra i due, è stato formu- lato e risolto dai fondatori della filosofia moderna [...]. Delle simpatie spiritualistiche del Rinasci- mento e delle epoche successive si parla per solito di sfuggita, ma esse sono molto caratte- ristiche * [...]. L'artigiano medievale, pur essendo un or- ganizza tor e, svolgeva al tempo stesso funzioni esecutive: lavorava insieme con i suoi apprendi- sti. Il manifatturiere borghese conosce funzioni di un solo tipo, è un organizzatore puro. Nel pri- mo caso il terreno per il modo dualistico « di rappresentare i fatti », che è stato chiarito dal compagno A. Bogdanov, è, in realtà, dato, ma tuttavia l’antitesi tra organizzatore ed esecu- tore è alquanto attenuata, e quindi l’antitesi tra il principio spirituale e quello corporeo, tra l’at- tivo e il passivo, antitesi che corrisponde alla prima, nel campo dell’ideologia, non poteva calarsi in una forma netta [...]. Nella bottega dell’artigiano medievale non c’era posto per i rappresentanti del cosiddetto lavoro non qualificato. Nella manifattura invece questo lavoro trova applicazione. I lavoratori non qualificati costituiscono lo « strato piu bas- so ». Su di essi si dispongono gli altri strati, gli altri gruppi operai, che si differenziano tra loro per il grado di qualificazione. Già in questo ambiente si costituiscono alcuni gruppi di organizzatori. Proceden- do più oltre, lungo questa scala, vediamo il gruppo dei dirigenti tecnici dell’impresa e quello degli amministra- tori. Il proprietario dell’impresa viene cosi fra- se vuo- ta che assur- dità! per es., i qualifi- cati e i loro apprendisti p. 19 ma secondo uno spirito diverso dal tuo * Ricordiamo che Marx, nel primo fibra del Capi- tale 142 , c K. Kautsky mettono in risalto la dipendenza delle astratte concezioni religiose dallo sviluppo della produzione mercantile. 522 LENIN X X chi? cfr. p. 17 assurdità! « esentato » non solo da ogni lavoro fisico, ma anche da molte incombenze puramente orga- nizzative [...]. [19] In opposizione ai pensatori medievali, i « padri » dèlia filosofia moderna riservano nei loro sistemi moltissima attenzione al mondo dei fenomeni transitori, ne studiano minuzio- samente la struttura, lo sviluppo, le leggi della correlazione tra le sue parti, e creano una filo- sofia della natura. La stessa « elevata » posizio- ne dei dirigenti delle manifatture, che ha sug- gerito ai padri della filosofia moderna l’idea « pura » della volontà organizzativa, ha ispirato loro, in ugual modo, la spiegazione meccanici- stica dei processi della realtà materiale, ossia dei processi che si svolgono nell’ambiente della mas- sa organizzata. Il fatto è che il dirigente della manifattura è solo l’ultimo anello di una catena abbastanza lunga di anelli organizzativi. Rispetto a lui gli altri organizzatori sono subordinati e, a loro volta, gli si contrappongono, come orga- nizzati [...]. Ma, in quanto la loro funzione è distinta dalla funzione del massimo dirigente, in quanto essa si riduce alla partecipazione a quel lavoro tecnico da cui 0 massimo dirigente « è stato esentato », 0 carattere « spirituale » di questi organizzatori si attenua, e la loro atti- vità viene valutata come attività della « mate - ria » [21-24] Il sistema borghese è in generale un Giano bifronte [...], In verità, una formula- zione conseguente del dualismo la rinveniamo soltanto nel cartesianesimo, cioè in un sistema creato proprio agli albori della nuova èra eco- SULJATIKOV 523 nomica; in verità, i sistemi filosofici successivi, a cominciare da quello spinozian o, dichiarano contraddittoria l’opposizione cartesiana tra Dio e il mondo, tra lo spirito e il corpo. \ ...] E i sistemi materialistici e positivistici della filosofia borghese non sono, a loro volta, una testi mo- nianza del trionfo sul punto di vista dualistico. La differenza tra la metafisica borghese e la bor- ghese « concezione positivistica del mondo » non è poi cosi grande come si potrebbe credere al primo sguardo. [...] L’attacco da parte del materialismo non è rivolto contro il presuppo- sto fondamentale formulato dalla metafisica: il concetto di una volontà organizzatrice non è cancellato dal materialismo. Esso si presenta con altre denominazioni: lo « spirito » viene, ad esempio, sostituito dalla «forza» Nel secolo XVII, al tempo del suo Sturm- und-Drang, la borghesia inglese predicava una dottrina, secondo cui tutto nel mondo deve spie- garsi come un movimento di particelle materiali, chè si svolge con meccanica necessità. La bor- ghesia inglese ha posto allora le fondamenta della grande azienda capitalistica [...]. Tutto 11 mondo viene raffigurato come un Organizzazione di particelle materiali, congiunte insieme secon- do leggi immanenti [...]. Con analoghi trattati ha inondato il mercato librario la borghesia francese nella seconda metà del secolo XVIII. [...] Ma noi già sappiamo che cosa sia la struttura interna delle imprese: è il regno della materia e dei processi meccanici. Di qui la generalizzazione: Tuomo è una mac- china, la natura è una macchina [...]. NB In questa volga- rizzazione della storia della filoso- fia si dimentica del tutto la lotta della borghesia contro il feudale- simo. non di qui 524 LENIN # #E la loro lotta contro il pretu- me? Suljatikov falsifica la sto- ria! Il movimento della materia è condizionato dalla materia stessa, o, piu esattamente, dalla sua propria forza (Holbach) . Come si vede, la volontà organizzatrice si è trasformata di nuovo e sensibilmente, ma la sua presenza è constatata e ritenuta assolutamente necessa- ria [...]. I manifatturieri { non | hanno operato come « Stiirmer-und-Dranger » rivoluzionari III. Il cartesianesimo NB è un’assurdità! proleta- riato — materia assurdità [25-29] Gli organizzati hanno bisogno di un organizzatore [...]. Gli anelli organizzativi intermedi — le « anime individuali » — possono svolgere la loro funzione organizzativa solo in presenza di un centro organizzativo supremo. Solo que- st’ultimo può metterli in contatto con il proleta- riato — con la « materia » — nelFàmbito di un tutto organizzato, cioè della manifattura T--.]* Il concetto cartesiano dell’uomo non è altro che un’ulteriore estensione di una determinata forma di pensiero, di un « determinato modo di rappresentare i fatti, di un determinato tipo di unione di questi fatti nella psiche ». Abbia- mo già visto che nel sistema di Descartes il mondo è organizzato secondo il tipo dell’im- presa manifatturiera [...]* Abbiamo qui il culto del lavoro intellet- tuale SULJATIKOV 525 10 sono un organizzatore e, in quanto tale, posso esistere soltanto se svolgo funzioni orga- nizzative, e non esecutive: ecco che cosa significa la nota tesi cartesiana, quando sia tradotta nel linguaggio dei rapporti di classe [...]. L’opinione corrente, ingenua, rappresenta il mondo esterno cosi come esso si delinea attra- verso il prisma dei sensi [...]. 11 concetto di operaio solo come di un sellaio o di un tappezziere cede il posto al concetto di operaio in generale. Il mestiere non costituisce piu IV essenza » della forza-lavo- ro [...]. [31-33] Il tempo, chiarisce Descartes, non può essere considerato una proprietà della materia: esso è un « modus del pensiero », un concetto di genere, creato dal pensiero Da ora in avanti la filosofia è una fedele ancella del capitale. [...] La revisione dei valori filosofici è stata determinata dagli spostamenti prodottisi nei vertici degli organizzatori e nella base degli organizzati. Nuovi organizzatori, nuovi organizzati: nuovi concetti di Dio e del- l’anima, nuovi concetti della materia [...]. IV. Spinoza [37] Ogni rapporto tra t'anima e il corpo si istituisce soltanto attraverso Dio. Ogni rapporto tra gli anelli organizzativi intermedi e la massa organizzata si istituisce soltanto con la sanzione del supremo organizzatore! [...] X X le « idee » I Platone? 526 LENIN puerilità Il movimento della materia e Cattività del- T anima sono solo due aspetti di uno stesso pro- cesso . Non si può parlare di alcuna interazione tra l’anima e la materia. [41-42] L’esperienza, la percezione sensibile è per lui * la condizione immancabile della co- noscenza delle cose Ma [...] quando Spinoza muore, allora, come è risaputo, dietro il carro funebre, che reca le sue spoglie, procede con grande pompa la fine fleur della borghesia olandese- Se però si esa- mina piu da vicino la cerchia degli amici e cor- rispondenti di Spinoza, ci si imbatte di nuovo nella fine fleur della borghesia, non solo olan- dese, ma mondiale [...]. La borghesia ha ono- rato Spinoza come il suo bardo. La concezione spinoziana del mondo è il canto del capitale trionfante, di un capitale che tutto divora e centralizza- Al di fuori dell'unica sostanza non c’è essere, non ci sono cose: al di fuori della grande impresa manifatturiera non possono esistere produttori [...]. frase vuota V. Leibniz [45] Il Dio di Leibniz è il proprietario di un’impresa modello e Porganizzatotc pili eccel- lente [...]. VI. Berkeley [51] Al periodo dello Sturm-und-Drang del- la borghesia capitalistica inglese è corrisposto * Goè per Spinoza (n.d.t.). SULJATIKOV 527 il materialismo di Hobbes. Il terreno per la manifattura è ormai sgombro, per i manifattu- rieri vengono tempi più tranquilli: il materia- lismo di Hobbes è sostituito dal sistema incoe- rente di Locke. L'ulteriore rafforzamento della posizione della manifattura crea la possibilità che si manifestino tendenze antimaterialistiche. [56] « L'attrazione e la repulsione degli operai deve prodursi senza alcun ostacolo *: nei complessi di sensazioni non vi sono elementi assoluti. Tutto è relativo. 1) 2 ) che spiegazione! Materialismo pri- mitivo à la Loria 3) e il relativismo presso i greci? VII. Hume [61] La sua * affinità con tutti i pensatori esaminati nei precedenti capitoli è incontesta- bile [...]. La posizione dello scetticismo filosofico , po- sizione a cui aderisce Hume, corrisponde pro- prio a un’analoga rappresentazione dell’organi- smo capitalistico. vuoto e inesatto # #D’ogni erba fa- scio! Idealismo e scetticismo, tutto «corri- sponde» alla manifattura! £ semplice, trop- po semplice, compagno 5u- ljatikov! * Ossia di Hume 528 LENIN ? e Fichte? | | Fichte? X assurdità e il concetto di « movimento »? che assurdità! Fichte: un idealista oggettivo!!! V o A IX. Fichte, Schelling, Hegel [81] Nascono i sistemi del cosiddetto idea- lismo oggettivo [...]. [88] Gli idealisti oggettivi [...]. [94] Ma noi sappiamo che in tutti i sistemi della concezione borghese del mondo la « ma- teria » viene considerata come un elemento su- bordinato (persino tra i materialisti, che, lo ripetiamo, sottolineano la posizione subalterna della materia, introducendo il concetto di « for- za ») [...]. [98-99] Dal- metodo antitetico di Fichte e dalla dottrina schellinghiana del potenziamento alla dialettica di Hegel c'è solo un passo. E a proposito di questa dialettica, dopo quanto si è già detto sul metodo antitetico nel presente capitolo, ci resta solo da fare alcune considera- zioni integrative. Abbiamo già chiarito il « so- strato reale » della dialettica, Hegel ha solo dato un fondamento piu completo alla teoria dello sviluppo mediante gli « opposti », teoria già delineata dagli altri due idealisti oggettivi [...]. L’innovazione apportata da Hegel sottoli- nea il seguente fatto desunto dal campo dei « rapporti reali ». La differenziazione di fun- zioni e mansioni nella manifattura raggiunge il suo culmine. Si compie una | stratificazione | in ogni singolo gruppo di esecutori e in ogni singolo gruppo di organizzatori. Le funzioni appartenenti a ciascun gruppo determinato ven- gono distribuite tra gruppi diversi, di nuova co- stituzione. Ogni gruppo si frantuma e ne gene- SUJLJÀTIKOV 529 ra di nuovi. E l’ideologo dei manifatturieri con- sidera questo processo di frantumazione come un processo di sviluppo interno di questo o quella elemento » [...]. ( che assurdità! X. La rinascita della filosofia « manifatturiera » [100-102] La filosofia speculativa perde ere- dito nella società borghese. In verità, questo non accade di colpo. Ma neanche la macchina ha conquistato di colpo il territorio dell’indu- stria [...]. Come si spiega il carattere positivo dei nuovi sistemi ideologici? Con la semplice legge dei contrasti, con la | semplice tendenza « a fare l’inverso » di ciò che è stato il « simbolo di fede » del giorno prima? [...] I complessi « individualizzati * — Ivan, Pétr, Jakov — scompaiono. Al loro posto su- bentra nelle officine l’operaio in generale. Alla « materia » vengono restituite le « qualità » che le erano state espropriate [,..]. La materia viene riabilitata. La società bor- ghese introduce il culto di un nuovo idolo: l'« ambiente » [...]. In verità, neanche in questo caso si perde mai di vista che la materia è pur sempre materia, cioè massa organizzata, e, come tale, non può esistere senza il « dirigente ». Cosi, presso la materia viene comandata, in qualità di specialista per le questioni organiz- zati ve, la « forza ». Si scrivono trattati su « Stoff und Kraft » ( « materia e forza » ) [...]. che assurdità! V o A X che assurdità! X 34-639 530 LENIN che assurdità! 0 [104] Il paragone tra la moderna organiz- zazione delle fabbriche e la struttura interna della manifattura impone già a priori la rispo- sta : la nuova variante della concezione bor- ghese del mondo deve riprodurre i tratti essen- ziali della concezione del mondo dell'epoca del- la manifattura [...]. [106] Il neokantismo è sostituito da una « svolta » verso i sistemi del pensiero « pre- kantiano ». XI. W. Wundt NB assurdità [108] « [...] l'oggetto non può essere mai separato dalla rappresentazione e ia rappresen- tazione dall'oggetto [...] » [113-114] I ragionamenti riportati già* ca- ratterizzano con sufficiente chiarezza Wundt come un filosofo che si è prefisso di lottare contro il materialismo, o, per usare un’espres- sione di moda, per la « Oberwindung des Ma- terialismus », per il « superamento del materia- lismo », e che tuttavia non si è proclamato seguace di quella scuola che viene considerata Tawersaria tradizionale del materialismo [...]. Y Nel campo della filosofia, di una siffatta equi- O parazione tra gli anelli organizzativi intermedi e i rappresentanti del lavoro « fisico », gli « titeri- yy li esecutori», parla appunto la tendenza a ca- ratterizzare « soggetto » e « oggetto », « psichi- co » e « fisico », come qualcosa che costituisce un tutto « indiviso », la tendenza a ridurre la antitesi tra i fenomeni indicati a una finzione conoscitiva. La dottrina di Àvenarius sulla ajor- dinazione fondamentale, la dottrina di Èmst SULJÀTIKOV 531 Mach sulla correlazione tra fisico e psichico, la dottrina di Wundt sulle rappresentazioni-og- getti sono tutte dottrine dello stesso ordine [116] Sinora alle concezioni monistiche di Wundt non si è potuta non riconoscere una certa coerenza. Analogamente, non si può so- spettarlo di simpatie idealistiche [...]. [118J Proprio un salto di questo tipo com- pie Wundt, nel formulare sulle tracce della dot- trina delle « rappresentazioni-oggetti » i . suoi ragionamenti sopra il « parallelismo psicofi- sico » [.♦.]. [1211 Gli « attributi » si trasformano in « serie », ma questa riforma ha in sostanza un carattere verbale [...]. [123-124] Al , principio spirituale viene ri- conosciuto il primato [...]. Tutto il corporeo ha necessariamente un suo correlato psichico. Nessun operaio, per sempli- ce che sia la funzione da lui svolta, pùò prò-, durrè oggetti, può applicare la sua forza-lavoro, piiò esistere, ove non si trovi sotto la « dire- zione » immediata e minuziosa di un determi- nato organizzatore [...]. Ma la serie psichica sono gli « organizza- tori », e la «presenza» di questi ultimi non significa altro che soggezione per la « serie fi- sica », per gli operai [.,.]. [128-131] Cosi, secondo Wundt, la filosofia deve varcare i confini dell’esperienza, « integra- re » l'esperienza. L'analisi filosofica deve essere proseguita sin quando rinveniamo l’idea del- Yunità, che abbraccia entrambe le serie tra loro è vero, ma non in questa enun- ciazione ah! ah! eclettico è falso X è vero 34 * 532 LENIN X X assurdità! c Schopenhauer? indipendenti. Enunciata una tale opinione, Wundt si affretta a formulare una riserva per lui importante: egli dichiara che Punita del mondo può essere da noi pensata o come unità materiale o come unità spirituale: non c’è una terza soluzione del problema [...]. Wundt si rifiuta di chiamare sostanza la sua idea dell’unità del mondo. Egli la determina come idea della ragione pura, cioè in senso kantiano. Come il Dio kantiano è l’idea di un principio superiore, « regolativo », non sostan- ziale, cosi anche P onniunità wundtiana è Pidea di un tutto non sostanziale, in virtù del quale tutti i fenomeni ricevono un senso vitale, un valore irrefutabile. Alla luce di Tjuest’idea sva- nisce la « vuota e sconsolata » concezione del mondo, che ravvisa la vera essenza dei fenomeni nel loro esteriore disordine, nella loro connes- sione meccanica. Al suo posto noi ci appropria- mo una concezione del meccanismo cos mico come di un involucro esterno dell’attività e della creazione spirituale [.,.]« Inoltre, Wundt sottolinea con vigore l’ele- mento dell’ attualità. L’idea dell’unità universale, Pidea del « fondamento del mondo » si riduce in lui all’idea della volontà universale Ci permettiamo di non addentrarci nell’esa- me delle formulazioni da lui proposte, non illu- streremo la sua teoria del « volontarismo » [...]. Pertanto gli ideologi dell’attuale avanguar- dia della borghesia capitalistica non possono parlare di elementi organizzati « costanti », ma devono invece caratterizzare tali elementi come un che di sommamente mutevole, come qual- cosa che si trova in uno stato di perenne mo- vimento [...]. SULTÀTIKOV 533 XII . L'empiriocriticismo [133-142] La critica di Wundt non ha avu- to alcuna forza demolitrice, ha tirato contro un obiettivo immaginario. L'attacco di Wundt e la successiva risposta da parte della scuola di Avenarius * non hanno significato uno scon- tro tra concezioni del mondo appartenenti a due classi diverse o a due diversi grossi raggruppa- menti di una stessa classe. Il sostrato econo- mico-sociale di questa contesa filosòfica è con- sistito, nella fattispecie, nella differenza rela- tivamente insignificante tra i tipi piu avanzati e quelli meno avanzati delle moderne organiz- zazioni capitalistiche Dobbiamo dire di più: la filosofia empi- riocriticistica è da intendere, anzitutto , come apologia dell'idea indicata. Il concetto di dipen- denza funzionale è la negazione della dipen- denza causale [...]. La conclusione di Hòffding deve essere con- siderata, in generale, giusta. Infelice è soltanto il suo rimando ai « motivi della finalità »: que- sti motivi sono nebulosi e indeterminati. Nel caso concreto Avenarius ha fatto solo una concessione alla terminologia materialistica, una concessione condizionata dalla sua posizio- ne sociale Rispetto allo spiritualismo vol- gare, le vedute dei « parallela ti » potrebbero sembrare a molti materialistiche. Lo stesso val- Poi Willy, Petzoldt (due volte), Klein- * Il primo a rispondere è peter V inesatto è vero! vero è cosi davvero?? Naturalmente, ma da ciò non conse- gue che la funzio- nalità non possa essere una specie della causalità. davvero? stato Carstanjen ,43 . 534 LENIN uhm? falso! perché? questo non capito tu! ahi! ga per le vedute dell'empiriocriticismo. La pos- sibilità di ravvicinare queste posizioni con il materialismo è particolarmente grande [...]. E tra i larghi strati del pubblico che legge, a pro- posito deH’empiriocriticismo, si è radicata Topi- mone che si tratti di una scuola materialistica. Di piu, persino i filosofi-specialisti valutano er- roneamente questa tendenza: il patriarca stesso della filosofia contemporanea, Wilhelm Wundt, le ha dato il nome di « materialismo ». La cosa infine piu interessante è che gli empiriocriti- cisti, pur prendendo le distanze dal materiali- smo, al tempo stesso si servono talora della sua terminologia, e talvolta cominciano addirit- tura a vacillare nelle loro posizioni antiraateria- listiche [...]. Ecco il sostrato reale che ha suggerito all’em- piriocriticismo l’idea di classificare la conoscenza umana fondandosi sul principio della classifi- cazione « biologica ». Ma, lo ri p etiamo, con il materialismo questa « biologia » non ha niente in comune [...]. Il dualismo, insegna Avenarius, è frutto di un determinato processo del nostro pensiero astraente, dell’« introiezione » [...]. Ma l’antitesi tra mondo « esterno » e « in- terno » è una purissima finzione. L’analisi di quest’antitesi è eccezionalmente importante, in quanto deve condurre a fondare la concezione monistica del mondo. I commen- tatori del sistema filosofico di Avenarius sotto- lineano con forza tale circostanza. « Mediante la scoperta dell’inaccessibilità dell’introiezione — dichiara uno di loro * — si raggiungono due scopi » * Rudolf W1 assale: citato da Mach in AnaJyse der Empfindungen , p. 52. SULJATIKOV 535 L'organizzatore subordinato, quando ci si ponga dal suo punto di vista « assoluto », ossia quando lo si consideri come un organizzatore indipendente dalla « volontà » che lo dirige, ha dinanzi a sé, negli operai, soltanto una « cosa », o un « corpo ». Ma si prenda un secondo caso: l'organizzatore subordinato è per la « volontà » suprema non solo un organizzato, ma anche un organizzatore L'ex «oggetto», convertito ora in « soggetto », « organizza » la materia: l'uomo contiene in sé l'albero, ma un albero trasformato, la « rappresentazione » di un al- bero ^ La « pienezza dell'esperienza umana » è di- mostrata anche dalla dottrina di Avenarius sul- la coordinazione fondamentale In Avenarius, come anche in Wundt, le « serie » risultano, in sostanza, « incommensu- rabili ». E, in luogo della concezione materia- listica del mondo, che ci si dovrebbe aspettare, tenuto conto delle categoriche affermazioni cir- ca la « pienezza dell'esperienza », sulla scena avanzano concezioni, le quali attestano le sim- patie idealistiche dell'empiriocriticismo Tuttavia nelle loro costruzioni idealistiche Wundt e Avenarius prendono strade diverse. L'autore del Sistema della filosofia rivela una certa propensione per i motivi kantiani. L'autore del Concetto umano del mondo enuncia opinioni che lo ravvicinano alla posizione occupata un tempo da Berkeley. Affrettiamoci però a formulare una riserva. Non abbiamo alcuna intenzione di asserire che le opere del vescovo di Cloyne abbiano deter- minato il punto di vista di Avenarius, che esse abbiano esercitato un influsso diretto su que- st'ultimo. Tuttavia, l'affinità tra le posizioni idealistiche dei due filosofi è incontestabile. DÌ quest'affinità parla la dottrina già menzionata ahi, è sospetto! Spiegazioni trivia- li senza analisi dell'essenza! vero! vero! 536 LENIN Qui, in Suljati- kov, c'è un malinteso. bien! uhm? uhm? malin- teso NB della coordinazione fondamentale , presa nel suo complesso. Con la stessa linearità di Berkeley Avena- rius enuncia la tesi secondo cui fuori del sog- getto non vi sono oggetti. Ogni « cosa » deve immancabilmente « rapportarsi » al sistema ner- voso centrale, che adempie Pufficio di un centro funzionale f—]* [144-149] Un « dirigente » supremo non figura né sotto la forma delPidea kantiana di ragione, ossia della « forma » kantiana, né in quella delT« unità universale » wundtiana. Ma egli tuttavia esiste ed è anzi Pelemento princi- pale del sistema filosofico. Tutti i fenomeni vengono appunto riguardati dal suo punto dì vista. La sua presenza « invisibile » viene postu- lata attraverso un altissimo giudizio sull'elemen- to organizzatore, formulato insieme con la rap- presentazione degli organizzatori organizzati. In questo quadro generale del mondo, cosi come risulta dai ragionamenti filosofici di Avenarius, in primo piano emerge proprio il carattere orga- nizzativo dei fattori che organizzano [...]. Il mondo appare in Avenarius come un ag- glomerato del sistema nervoso centrale. La « materia » è assolutamente priva di tutte le « qualità », tanto « primarie » quanto « secon- darie », che erano un tempo considerate un at- tributo inseparabile della materia. Assolutamen- te tutto viene determinato nella materia dallo « spirito », o, secondo la terminologia dell'auto- re della Critica dell 1 esperienza pura, dal sistema nervoso centrale [...]. Il punto di vista dell'idealismo, nello stile di Berkeley, viene svolto dall’autore della Cri- tica dell'esperienza pura con grande coeren- za [...]. SULJATIKOV 537 La dottrina di Mach dell’*: io » come sim- bolo logico [...]. Come Avenarius, Mach conosce due « se- rie »: psichica e fisica (due sp ecie di combina- zione degli elementi) . Come in Avenarius, que- ste serie sono incommensurabili e al tempo stesso non sono altro che una finzione del nostro pensiero. Di volta in volta viene proposta la posizione monistica oppure quella dualistica: di volta in volta gli anelli organizzativi inter- medi sono caratterizzati come Pelemento orga- nizzato oppure come relemento organizzatore, E, da ultimo, come in Avenarius, viene in Mach proclamata la dittatura della « volontà organiz- zatrice ». Si delinea un quadro idealistico del mondo: il mondo è un complesso di « sensa- zioni ». L’obiezione di Mach non può esser detta efficace. Il concetto centrale del suo sistema filosofico, la famigerata « sensazione », non è affatto la negazione non solo deirelemento orga- nizzatore, ma nemmeno del supremo elemento organizzatore La critica della rappresen- tazione dell’* io » è imposta a Mach dalla conce- zione degli organizzatori subordinati come « massa » organizzata [...]. malinteso ahi! malinteso assurdità! « Insieme con le costruzioni speculative di Wundt, Avenarius, Mach avremmo potuto ana- lizzare, per esempio, le opinioni di alcuni illustri rappresentanti della filosofia europea occidentale contemporanea come Renouvier, Bradley o Bergson [...]. NB Il campo filosofico è un’autentica « Basti- glia » delTideologia borghese [...]. Occorre te- ^ 538 LENIN ner presente che, per parte loro, gli ideologi borghesi non dormono e consolidano le proprie posizioni. Essi si stanno oggi persuadendo sem- pre più che la loro posizione è assolutamente inespugnabile. Le simpatie « idealistiche » di alcuni pubblicisti, che militano sotto la bandiera del marxismo, creano, a loro volta, un terreno favorevole al radicarsi di tale persuasione [...]. Indice manca | XI. Wundt . | Ostwald | 107 Tutto il libro è un esempio di smisurata volgarizzazione del materialismo. Invece di una analisi concreta dei periodi, delle formazioni, delle ideologie vuote frasi sugli « organizzato- ri » e comparazioni ridicolmente forzate e as- surdamente sbagliate. Una caricatura del materialismo nella storia. Ed è un peccato, perché vi è un’aspirazione al materialismo. Abel Rey La filosofia moderna 144 Abel Rey, La philosophie moderne , Paris, 1908. Prefazione [6-7] La scienza, creazione dell’intelligenza e della ragione, serve soltanto ad assicurare il nostro potere effettivo sulla natura. Essa ci insegna soltanto a far uso delle cose, ma non ci dice niente della loro essenza [...]. Pertanto, in questo studio, ho dovuto op- porre essenzialmente il punto di vista positivo, «scientistico», e il punto di vista «pragmatico». Ho cercato, nei limiti del possibile, di essere imparziale [...]. I. Il centro attuale delle discussioni filosofiche § 5. L'antinomia fondamentale del pensiero filosofico attuale [28-29] Quali sono, data Timpostazione at- tuale del problema filosofico generale, le alter- native possibili? Non ve ne può essere che una, giacché si tratta di mantenere nella piu stretta unità possibile la scienza e Inattività pratica, senza sacrificare l’una all’altra, senza contrap- porle tra loro. O l’attività pratica sarà la con- seguenza della scienza, o, invece, la scienza sarà 542 LENIN NB NB la conseguenza dell’attività pratica [A.].' 'Nel- l’un caso abbiamo i sistemi razionalistici, intel- lettualistici e positivistici: il dogmatismo della scienza. Nell’altro caso abbiamo i sistemi del pragmatismo, del fideismo, o dell’intuizione at- tiva (come quello di Bergson): il dogmatismo dell’atto. Per i primi si tratta di sapere per agire: la conoscenza genera l’azione. Per i se- condi il sapere consegue alle necessità dell’azio- ne: l’azione genera la conoscenza. E non si creda che questi ultimi restaurino il disprezzo per la scienza e la filosofia dell’igno- ranza. Essi fanno infatti derivare la scienza dal- la pratica solo dopo un’indagine seria, sulla base di un’erudizione scientifica spesso eccel- lente, di una riflessione critica profonda sulla scienza, e persino dopo aver intensamente «t me- ditato questa scienza », secondo un’espressione cara ad alcuni di questi filosofi. Se cosi facendo essi infirmano la scienza, lo fanno solo indi- rettamente, perché molti credono, invece, di attribuirle tutto il suo valore [...]. : 1 § 6. Uinteresse delle discussioni filosofiche \ cori*- temporanee ’ \ - / ! \ [33-35] Ammettiamo in realtà, per un istan- te, che la tesi pragmatica sia esatta e che la scienza altro non sia che un’attività speciale* una tecnica appropriata a certi bisogni. Che cosa ne risulta? Anzitutto, la verità non è altro che una pas- toia. Un’affermazione vera è soltanto la ricetta di un artificio che avrà successo. E, in quanto esistono vari artifici che possono assicurarci il ABEL REY 54 } successo in presella delle stesse circostanze, in quanto si dànno, a seconda degli individui, bi- sogni molto diversi, noi dovremo adottare l’afo- risma pragmatico: tutte le proposizioni, tutti i ragionamenti che ci conducono agli stessi risul- tati pratici saranno equivalenti e ugualmente veri, e tutti quelli che condurranno a risultati pratici saranno legittimi in ugual misura. Da questo nuovo significato del termine verità ri- sulta che le nostre scienze sono costruzioni contingenti e fortuite, che esse potrebbero es- sere tutt’altra cosa da quel che sono ed essere altrettanto vere, cioè altrettanto efficaci, come mezzi di azione. Il fallimento della scienza come forma reale di sapere, come potere di verità, ecco una prima conclusione. La legittimità di altri procedimenti, molto diversi dairintelligenza e dalla ragione, come il sentimento mistico, ecco una seconda conclusione. Per conseguire tali conclusioni è stata, in fondo, costruita tutta la filosofia di cui èsse sono ih apparenza il coronamento [...]. Com’è facile ripagare con la loro moneta quésti liberi pensatori! Le verità scientifiche! Ma della verità esse hanno soltanto il nome. Sono anch*esse credenze, e per giunta di ordine inferiore, credenze che si possono utilizzare sol- tanto per Tazione materiale e che valgono esclu- sivamente come strumenti tecnici. Credenza per sica o morale sono di molto superiori a esse. In ogni caso non sono disturbati dalla scien- za, giacché il privilegio di quest’ultima è caduco. In realtà, il grosso dell’esercito pragmatista si affretta a restaurare, di contro all’esperienza scientifica, l’esperienza morale, resperienza me- tafisica e, soprattutto, l’esperienza religiosa ( 1 ) ( 2 ) NB NB NB 544 LENIN [37] I metafisici si rimprovererebbero per non aver tratto profitto da questa trovata. Oltre che alla restaurazione religiosa il prag- matismo serve alla restaurazione metafisica. Il positivismo aveva invaso, nel secolo XIX, dopo Kant e Comte, quasi Tintero campo della conoscenza [39-40] La posizione pragmatistica e le altre posizioni, che, senza essere altrettanto filosofi- che, originali e interessanti, conducono a con- seguenze affini, hanno dunque sempre come risultato la riabilitazione delle antiche forme normative del pensiero umano, che il positivi- smo scientifico ha fatto vittoriosamente arretra- re dopo la metà del secolo XVIII: la religione, la metafisica, il dogmatismo morale, ossia in sostanza Tautoritarismo sociale. Ecco perché questo è uno dei poli tra cui oscilla tutto il pensiero, tutta la filosofia odierna. È il polo della reazione dogmatica, dello spirito d’autorità, in tutte le sue forme [...]. Viceversa, il polo opposto del pensiero fi- losofico moderno, la posizione puramente scien- tifica, che, in quanto fa della pratica una con- seguenza del sapere, subordina tutto alla scien- za, si caratterizza soprattutto come uno sforzo di emancipazione e di liberazione. Proprio da questa parte troviamo gli innovatori. Essi sono gli eredi dello spirito del Rinascimento e hanno in particolare, come padri e maestri diretti, i filosofi e gli scienziati del secolo XVIII, il gran- de secolo della liberazione, di cui Mach ha detto assai giustamente: « Chiunque abbia potuto par- tecipare a questo slancio e a questa liberazione, anche solo attraverso la letteratura, per tutta la vita considererà con un senso di elegiaco rimpianto il secolo XVIII» [...]. /WVVWA ABEL REY 545 S 8. Il metodo. Riassunto e conclusioni [48-49] Si tratterà della sua * portata og- gettiva. Gli uni penseranno che essa sia ina- deguata a esaurire la realtà, che ne è oggetto, sebbene ne ammettano, da un certo punto dii vista, k necessità [...]. IL II problema del numero e dell estensione. Le proprietà quantitative della materia 5 2. La vecchia discussione tra Vempirismo e V innatismo [55] Ma Teliminazione di ogni elemento empirico non è anch'essa un limite irraggiungi- bile? Il matematico, fanno rilevare i razionali- sti, potrebbe continuare ad accrescere le ric- chezze della sua scienza, pur se il mondo materiale venisse annientato bruscamente. Si, è indubbio, se il mondo fosse annientato ora; ma avrebbe egli potuto creare la matematica, se il mondo materiale non fosse mai esistito? [...] § 3. La forma attuale del problema filosofico del numero e dell* estensione: le posizioni e no- minalistica » e « pragmatistica » [61-62] Bergson, che forse piu di ogni altro ha contribuito a lanciare queste idee nella let- teratura filosofica, non accetterebbe senza ri- serve il termine di « artificio ». Egli ritiene che la scienza sia qualcosa di piu e di meglio di un * Goè della scienza (n.d.t.). 35 — 639 546 LENIN NB artificio nei confronti della materia. Ma la ma- teria non è per lui la realtà vera. È una realtà menomata, regressiva e morta. E, nei confronti della vera realtà, che è vivente, spirituale e creatrice, la matematica, la scienza tutt'intera, può avere soltanto un carattere artificiale e sim- bolico. Resta comunque vero che Tintelligenza, strumento primo forgiato dalle necessità della attività pratica nei confronti della materia, ha creato la matematica solo per agire sulla ma- teria e non per conoscere ciò che è [...]. Non è, forse, la matematica che con più vigore di tutte le scienze indirizza oggi certe menti verso il pragmatismo e verso quella sofi- stica del pragmatismo che è V agnosticismo scien- tifico? In effetti, proprio nella matematica ci sentiamo più lontani dal concreto e dal reale, più vicini al giuoco arbitrario delle formule, del simbolo, cosi astratto da sembrare vuoto [...]. § 4. Razionalismo, logicismo, intellettualismo [65] L'estensione rigida e omogenea del geometra è insufficiente; si richiede l'estensione mobile ed eterogenea del fisico. Il meccanismo universale non implica che nella materia si dia soltanto geometria. Secondo le ipotesi moderne può altresi implicare che vi siano anche libe- razione o trasformazione di energia o masse elettriche in movimento [...]. § 5. Portata generale del problema della quan- tità: esso pone in fondo il problema della ragione [74] È anzitutto incontestabile che la ragio- ne, per disinteressata che sia, svolge una fun- ABEL REY 547 zione utilitaria. Gli scienziati non soho né man- darini né dilettanti. £ il pragmatismo non ha torto quando mostra l'utilità della ragione, la sua eminente utilità. Ha esso però diritto di affermare che la ragione svolge soltanto una funzione utilitaria? Non possono i razionalisti ribattere molto plausibilmente che l'utilità del- la ragione sta nel fatto che essa, deducendo proposizioni da proposizioni, deduce altresì le une dalle altre le relazioni tra i fatti naturali? ’ /wwvywvws/ La ragione ci consente quindi di operare su questi fatti, non perché questo sia il suo scopo, ma perché questo deriva da essa come conse- guenza. La logica e la scienza della quantità, create dallo spirito, in quanto esso analizza semplicemente le relazioni che concepisce, mor- dono sulle cose, poiché le relazioni quantitative sono le leggi tanto delle cose quanto dello spirito. Se sapere è potere, ciò non accade per- ché, come ritiene il pragmatismo, la scienza sia stata creata da e per i nostri bisogni pratici, sicché la nostra ragione ha valore soltanto per la sua utilità, ma avviene perché la nostra ra- gione, imparando a conoscere le cose, ci fornisce i mezzi per operare su di esse [...]. NB NB S 6. Le idee del matematico Poincaré [75-79] Il grande matematico Poincaré * ha insistito particolarmente su questo carattere arbitrario delle matematiche. * Poincaré, La Science et Yhypothèse, libro I, Paris, Flammarion. 35 1 548 LENIN Poin- calè Naturalmente, le nostre matematiche cor- rispondono bene alla realtà, nel senso che sono adatte a simboleggiare determinate relazioni del reale; a rigore, esse non sono state suggerite dall'esperienza; pure, lo spirito le ha inventate traendo occasione dall'esperienza. Non di meno le nostre matematiche, cosi come si son venute a poco a poco costituendo per esprimere age- volmente ciò che avevamo necessità di espri- mere, sono soltanto una matematica particolare tra un’infinità di matematiche possibili, o, piut- tosto, un caso particolare di una matematica molto più generale, a cui hanno tentato di avvicinarsi i matematici del secolo XIX. Non appena ci si è resi conto di questo fatto, ci si è resi conto altresi che le matematiche, nella loro essenza e per la loro natura, sono assolu- tamente indipendenti dall’uso che se ne fa nel- l’esperienza e sono quindi assolutamente indi- pendenti dall’esperienza. Esse sono creazioni ar- bitrarie dello spirito, la manifestazione più vivida della sua fecondità. Assiomi , postulati , definizioni , convenzioni sono in fondo sinonimi. Ognuna delle matema- tiche immaginabili può quindi condurre a con- seguenze che, adeguatamente tradotte mediante un sistema appropriato di convenzioni, ci con- sentirebbero di rintracciare le stesse applicazioni al reale [...]. Questa teoria è una buona critica del razio- nalismo assoluto e persino del razionalismo atte- nuato di Kant. Essa ci mostra che non esisteva alcuna necessità ineluttabile da cui lo spirito fosse indotto a sviluppare tra le matematiche quella che si adatta meglio a descrivere la no- stra esperienza; in altri termini, la matematica non è espressione di una legge universale del reale, qualunque sia la concezione, cartesiana, kantiana, ecc. che ci facciamo del reale (benin- ABEL REY 549 teso, cosi come ci è dato). Ma Poincaré ci pre- senta questa conclusione in modo del tutto diverso dal pragmatismo . Alcuni pragmatisti e persino tutti i com- mentatori di Poincaré che ho avuto occasione di leggere mi sembrano essersi sbagliati del tutto riguardo a questa teoria. Si dà qui un bell’esempio di deformazione da interpretazione. Su questo punto — come su altri dove Terrore è anche più profondo — essi hanno fatto di Poincaré un pragmatista avant la lettre [...]. Per il pragmatista non c’è un pensiero pura- mente contemplativo e disinteressato; non c’è una ragione pura. Per lui esiste soltanto un pensiero che vuole mordere sulle cose e che altera perciò la loro rappresentazione per il proprio comodo. La scienza e la ragione sono al servizio della pratica. Per Poincaré, invece, il pensiero deve esser preso, in una certa misura, in senso aristotelico. Il pensiero pensa c la ragione ragiona per sua propria soddisfazione; e avviene poi, oltre a ciò, che talune conseguen- ze dell’inesauribile fecondità della ragione pos- sano riuscirci utili per fini diversi dalla pura soddisfazione razionale [...]. Si può non accettare completamente la teo- ria di Poincaré, ma non bisogna travisarla per invocare poi la sua autorità. Non si sono notate abbastanza le sue connessioni con il kantismo, di cui accoglie pienamente la teoria dei giudizi sintetici apriori, a condizione (ed è qui che il razionalismo kantiano sembra a Poincaré ancora tròppo rigido) che questi giudizi, su cui pog- giano le nostre matematiche (euclidee), non siano considerati come i soli postulati possibili e necessari della matematica razionale [...]. Poincaré e Kant 550 LENIN § 7 . Il rapporto tra le scienze matematiche e le altre scienze della natura [80] Assegna, la teoria di Poincaré, all’espe- rienza la parte che sembra spettarle? Strano! direi volentieri ai pragmatisti che hanno conti- nuamente tirato questa teoria dalla loro parte e si sono serviti del nome del suo autore come di una macchina bellica, che essa mi sembra as- sai poco pragmatistica [...]< § 8. Indicazioni relative alV evoluzione generale del metodo e delle conoscenze scientifiche [87] E, se la scienza si sviluppa in seguito per effetto della sua utilità materiale, non bi- sogna però dimenticare che essa, proprio pej la sua utilità intellettuale e per la soddisfazione disinteressata della ragione desiderosa di cono- scere le cose, si è originariamente disfatta di un empirismo grossolano al fine di costituire la vera scienza. Essa ci fa conoscere la realtà pri- m’ancora di consentirci di operare sulle cose. Ed è necessario che ce la faccia conoscere prima per consentirci di operare dopo [...]. § 9, Le idee di Mach , la ragione e V adattamento del pensiero [90-91] Non ci fornisce questo un’indica- zione preziosa sulla natura e sulla portata del logico e del razionale, di cui le matematiche sono state sempre ritenute la pura emanazione? Un’indicazione forse sulla natura e sulla portata ABEL REY 551 della ragione? Non siamo qui lontani dal pen- siero di quel Mach che è stato spesso presen- tato, anche lui, come un pragmatista avant la lettre. Egli ci sembra molto piu vicino al raziona- lismo, nel senso in cui riteniamo che debba es - sere ormai concepito, cioè a un razionalismo che non esclude affatto una storia psicologica della ragione, con le sue opportunità e tempo- ranee contingenze, e che soprattutto non infirma in alcun modo la funzione dell’esperienza, in quanto la ragione è soltanto l’esperienza codi- ficata e, reciprocamente, il codice necessario e universale di tutta l’esperienza, purché si tenga conto a un tempo tanto del momento dell’evo- luzione quanto deU 'organizzazione psicologica umana [...]. [93-96] Si comprende allora come la ra- gione, analizzata astrattamente nella coscienza dell’essere ragionevole, sia suscettibile di ac- cordarsi, mediante i principi che vi si scoprono e lo sviluppo ideale di questi principi, con le leggi dell’ambiente e sia suscettibile di espri- merle. Si comprende altresì come, date le pro- prietà nostre e dell’ambiente, essa non possa essere diversa da ciò che è: la ragione è dun- que, come vuole il razionalismo, necessaria e universale. In un certo senso è anche assoluta, ma purché s’intenda questo termine diversa- mente da come l’intende il razionalismo tra- dizionale. Per quest’ult i mo assoluto significa ch e le cose esistono cosi come la ragione le conce- pisce. Nel nostro senso, invece, noi non sap- piamo come le cose esistano in sé stesse, e ap- punto in questa misura i l relativismo kantia- no o positivistico ha la sua ragion d'essere [...]. NB i; I! 552 LENIN NB Cfr. 93-94 NB NB Il numero e l’estensione, nonostante la loro astrattezza, derivano dalla natura del reale, per- ché questo reale è molteplicità ed estensione e perché le relazioni nello spazio sono relazioni reali derivanti dalla natura delle cose [...], La matematica, allontanandosi progressiva- mente dagli spazi sensibili per innalzarsi sino allo spazio geometrico, non s’allontana dallo spazio reale, cioè dalle vere relazioni tra le cose. Piuttosto si avvicina a esse. Ogni senso, secondo i lavori della psicologia moderna, sembra darci a suo modo l’estensione e la durata (ossia determinate connessioni o relazioni del reale). La percezione comincia a eliminare questa sog- gettività che dipende dall’individuo o dagli ac- cidenti della struttura della specie, costruendo uno spazio omogeneo e unico, nonché una durata uniforme, sintesi di tutte le nozioni sen- sibili e diverse che ne avevamo. Perché mai il lavoro scientifico non dovrebbe proseguire que- sta marcia verso l’oggettività? In ogni caso, la sua precisione, la sua esattezza, la sua univer- salità (o, che è lo stesso, la sua necessità) sono altrettanti argomenti in favore dell’oggettività dei suoi risultati. Numero, ordine, estensione, a dispetto delle nostre abitudini criticistiche e soggettivistiche, possono quindi esser conside- rati come proprietà delle cose, cioè come rela- zioni reali; e tanto più reali in quanto la scienza ha a poco a poco spogliato tali relazioni delle deformazioni individuali e soggettive con cui ci erano date inizialmente nelle sensazioni concre- te e immediate. Il residuo di tutte queste astra- zioni non ci appare allora, e giustamente, come il fondo reale e permanente che si impone a ogni specie con la stessa necessità, perché non dipende né daU’individuo né dal momento né dal punto di vista? [...]. ~~~ ABEL REY 553 § 10. Che cosa ci insegnano le matematiche [97-98] La psicologia ci insegna, per parte sua, che tutte le nostre sensazioni (le quali sono i dati immediati e ultimi deiresperienza ) hanno una proprietà: l’estensività o Pestensione [...]. Lo spazio geometrico è il risultato di una interpretazione astratta dello spazio ottico, di un’interpretazione che disindividualizza, genera- lizza e rende più maneggevoli per lo spirito i rap- porti implicati da questo spazio ottico. Integre» remmo volentieri il pensiero di Mach dicendo che quest’operazione ha teso a dare a tali rap- porti la loro espressione più esatta, più precisa, un’espressione universale e necessaria e, quindi, un’espressione oggettiva [...]. [100] Cosi, le matematiche ci rivelano i rap- porti tra le cose dal punto di vista dell’ordine, del numero e dell’estensione. A furia di analizzare i rapporti reali tra le cose, il nostro spirito acquisisce naturalmente la facoltà di istituire rapporti analoghi, mediante le associazioni per somiglianza. Esso può quindi inventare combinazioni che non rinveniamo nel- la realtà partendo da quelle che vi rinveniamo. Dopo aver costruito nozioni che sono copie del reale, possiamo costruire nozioni che sono mo- delli, come in un senso alquanto diverso dice Taine. sensazione = dato ultimo Mach + oggetti- vità !!! § 11. Riassunto e conclusione [103-105] Il razionalismo assoluto sembra avere un buon fondamento nelTasserire, con una sorta di realismo idealistico, che le leggi 554 LENIN NB NB aurea mediocrità! della ragione coincidono con le leggi delle cose. Ma non ha esso torto nel separare la ragione e le cose e nel ritenere che la ragione solo in sé stessa. e in uno splendido isolamento attinga la conoscenza delle leggi che governano le cose? Si, l’analisi della ragione diviene coestensiva all'analisi della natura» Si, le matematiche, inte- ressandosi della prima, s'interessano anche della seconda, o, se si preferisce, pongono alcuni ele- menti necessari per la seconda. Ma non è piu semplice supporre che questo avviene perché la nostra attività psicologica si plasma a poco a poco, adattandosi all’ambiente e alle circostanze pratiche in cui deve esplicarsi? [...]. Se esistono pertanto differenze profonde tra il razionalismo assoluto e la teoria che si è qui abbozzata circa la questione dell’origine e della storia, al contrario, nella questione del valore e della portata delle matematiche, perveniamo a risultati molto vicini: questo valore e questa portata sono assoluti nell’accezione umana del termine. Riguardo a un’accezione piu che umana e a un punto di vista trascendentale, cor> fesso che non ne conosco ancora, e m’importa molto poco di conoscerne, il segreto. Mi è suffi- ciente avere delle cose tutta l’intellezione umana possibile, la loro traduzione fedele nel linguag- gio dell’uomo [...]. Non è forse superficiale e troppo meschina una siffatta conclusione? Il pragmatismo mi ha tutta Paria di cadere in un eccesso diametral- mente opposto a quello in cui cade il razio- nalismo tradizionale. Il secondo ha scambiato il punto d’arrivo con II punto di partenza e ha ABEL REY 555 indotto dal termine le origini. Il pragmatismo invece ravvicina, sino a confonderlo con esso, il punto d’arrivo al punto di partenza e descrive il termine secondo le origini. Non è piu ragio- nevole pensare che le matematiche, dopo essere uscite da un antropomorfismo utilitario, hanno spezzato a poco a poco il cerchio soggettivo di questo primo orizzonte? E che con un’analisi costantemente progressiva sono pervenute ad alcuni rapporti reali, oggettivi, universali e ne- cessari delle cose? [107] Le matematiche hanno il loro fonda- mento nella natura delle cose, cosi come la nostra ragione e la nostra logica, di cui sono soltanto un’applicazione particolare e che si sono in sostanza costituite in modo analogo. Che importa l’ingresso da cui accediamo alla realtà, se, esplorandola a poco a poco, giun- giamo lo stesso a farne il giro completo? III. Il problema della materia § 1. Storia e posizione attuale del problema della materia [109-111] Anzitutto, dopo gli insuccessi dei filosofi « fisici », la grande tradizione filo- sofica greca, con gli eleati e Platone, mette in dubbio l’esistenza stessa della materia. La ma- teria è solo apparenza o, quanto meno, un limite minimo di esistenza; la scienza delle cose ma- teriali può essere, a sua volta, soltanto una scienza meramente relativa, e la vera scien- za è quella riguardante le cose dello spi- rito. Cosi, il problema della materia comincia a venire risolto mediante la soppressione stessa NB 556 LENIN di questo problema. La materia può esistere esclusivamente come un limite indeterminato dello spirito e in funzione di esso, e tutto ciò che concerne la materia è di ordine inferiore [...]. Cosi, la discussione sulla realtà del mondo, l’idealismo, lo spiritualismo, il materialismo, il meccanicismo, il dinamismo, sembrano sempre piu un giuoco desueto e sterile che bisogna lasciare alla filosofia classica, intendendosi que- sta espressione nel senso in cui l’intendeva Tai- ne, cioè come filosofia a uso delle classi [113] Il materialismo volgare prende a pre- stito da essa * tutto ciò che vi è di fondato e insieme tutto ciò che vi è di esagerato e mo- struoso. Che delizia per lo spirito religioso poter mostrare che la fisica non sa niente delle cose su cui ci consente di operare e che le sue spie- gazioni non sono tali! § 2. La crisi della fisica alla fine del secolo XIX \ La fisica energetica In realtà, mentre questa speranza filosofica nasceva e si rinvigoriva nello spirito dei cre- denti istruiti e sinceri, tutto nella fisica sem- brava fatto per giustificarla e realizzarla [...]. [114-117] A questa fisica tradizionale e meccanicistica si oppone la fisica nuova, la fisica energetica. « Si oppone »: è corretta que- sta locuzione? Per un gran numero di fisici si sarebbe piuttosto tentati di dire che « è impie- * Goè dalla fisica ( n.d.t .). ABEL REY 557 gata indifferentemente» (secondo i casi) in- sieme con il metodo meccanicistico. L’energia non è altro, in realtà, che la ca- pacità di produrre un lavoro: nozione mecca- nica e sempre valutabile meccanicamente, cioè con Tausilio del movimento e con la scienza del movimento. Helmholtz, Gibbs e molti altri, aggiungendo alla meccanica il nuovo capitolo che la generalizzava nelle sue applicazioni alle realtà fisiche, non hanno rotto con la tradizione meccanicistica, tutt’altro! Essi non credevano di far altro, non volevano far altro e in effetti non facevano altro che emendare e proseguire il meccanicismo in conformità con i progressi della fisica, come era sempre avvenuto da Ga- lileo e Descartes in poi [...]. Esiste dunque un primo significato del ter- mine energetica che fa di essa una parte della scienza fisica così come viene professata da tutti gli scienziati. Aggiungiamo che in Francia que- sta parte viene detta piuttosto termodinamica, e, sebbene questa parola abbia etimologicamente un significato troppo ristretto per il contenuto che implica, tuttavia ha il vantaggio di evitare tutte le confusioni suscitate dagli altri usi del termine di « energetica ». Il secondo uso di questa parola non ri- guarda piu una parte della fisica, ma una teoria generale della fisica considerata nel suo insie- me Questa legge non era incompatibile con il meccanicismo. Quest’ultimo aveva buone ragio- ni per sostenere che le diverse manifestazioni dell’energia altro non erano, in fondo, che ap- parenze diverse suscitate da una stessa realtà fondamentale: il movimento [...]. NB NB ! 558 LENIN NB NB V 0 0 A [120-123] Alcuni fisici sì sono rifiutati di vedere nella fisica una semplice prosecuzione della meccanica classica. Essi hanno voluto scuo- tere il giogo della tradizione, trovandola, come ogni buon rivoluzionario, troppo ristretta e ti- rannica. Di qui una critica minuziosa, poi una revisione dei principi fondamentali della mec- canica. Da tale sforzo è scaturita una concezione nuova della fisica: che non si oppone forse tanto quanto si è detto talvolta alla concezione precedente, ma le impone comunque mutamenti profondi. In generale si può affermare che la fisica, rinvenendo nella meccanica classica una base per essa insufficiente, è stata indotta a non veder più nei fenomeni fisici ciò che vi si vedeva in precedenza, a considerarli cioè come modalità del movimento di cui la meccanica classica è, appunto, la scienza. Sino ad allora spiegare un fenomeno fisico, studiare scientifica- mente un fenomeno fisico, significava ridurlo al- le forme del movimento: movimenti di masse materiali, di atomi, o vibrazioni di un mezzo trasmittente universale: l’etere. Cosi, ogni in- terpretazione fisica poteva essere schematica- mente rappresentata mediante la geometria del movimento. La nuova concezione, che ci si è proposti di sostituire alla vecchia, consisteva anzitutto nel rifiuto assoluto di tutte queste rappresen- tazioni figurative, di questi « modelli mecca- nici », come dicono gli inglesi, senza i quali non esisteva un tempo la buona fisica. Mach li accusa duramente di essere solo « mitologia ». E, come ogni mitologia, anche questa è puerile; ha potuto rendere dei servigi quando non sape- vamo ancora guardare le cose in faccia; ma. ABEL REY 559 quando sì può camminare con le proprie gambe, non c’è bisogno di grucce. Gettiamo via le gruc- ce deiratomismo e dei vortici di etere. La fisica, fattasi adulta, non ha bisogno di immagini gros- solane per adorare i suoi dèi. L’astratto linguag- gio della matematica è il solo degno di espri- mere adeguatamente i risultati dell’esperienza. Esso soltanto saprà dirci, senza niente aggiun- gere o nascondere, con la precisione piò rigo- rosa, ciò che è. Le grandezze definite algebri- camente, e non geometricamente o, ancor meno, meccanicamente, le variazioni numeriche misu- rate mediante una scala convenzionale, e non piu i mutamenti percettibili, misurati con spo- stamenti nello spazio rispetto a un’origine lo- cale, ecco i materiali della nuova fisica, di una fisica concettuale , in antitesi alla fisica mecca- nicistica o figurativa [...]. Questa nuova teoria generale della fisica, intravista da Rankine nel 1855, è stata ela- borata soprattutto da Mach, Ostwald e Duhem. « Ogni scienza — dice Mach — ha lo scopo di sostituire l’esperienza con le operazioni intel- lettuali più rapide possibili »: questa formula può essere l’epigrafe dell’energetica scientifica. !! NB NB § 5. L’ interpretazione filosofica dell’energetica [127] Si vede ora tutto il vantaggio che la filosofia, desiderosa di mettere a tacere le argomentazioni tratte dalla scienza contro taluni dogmi particolari e contro l’atteggiamento reli- gioso in genere, poteva derivare da questa inge- gnosa interpretazione? Si intende opporre deter- minate certezze fisiche a determinate credenze? 560 LENIN NB Ebbene, la fisica nuova vuole soltanto una cosa, ritornare alle concezioni della grande epoca della fede. Dopo una fuga di tre secoli, novello figliol prodigo, essa ritorna al suo vero focolare nel girone del tomismo piu ortodosso. Ma il fatto piu grave è che uno scienziato, noto per l’esattezza e l’eleganza matematica dei suoi lavori, noto soprattutto per l’attiva propa- ganda da lui svolta in favore della nuova fìsica, per la forma limpida, mirabilmente francese, in cui l’ha enunciata, per le sue belle generaliz- zazioni di meccanica energetica, ha creduto di poter derivare, anche lui, una simile interpre- tazione filosofica dalle nuove teorie scientifiche. Si tratta di Duhem. Naturalmente, egli si è adoperato molto per separare rigorosamente le sue concezioni scientifiche dalle sue concezioni metafisiche [...]. [130-134] Sviluppando questo nuovo punto di vista, la filosofia nuova poteva dedurre quasi immediatamente dalle riforme contemporanee tentate nella fisica il carattere puramente descrit- tivo, e nient’affatto esplicativo, di questa scien- za. Ma proprio qui il « fideismo » ha buon giuoco. La scienza è impotente a risalire oltre le qualità e, quindi, deve limitarsi a descrivere. Si tratterà di una semplice analisi delle sensa- zioni, per riprendere un’espressione di Mach, che la nostra filosofia nuova si guarda bene dall’ assumere nella sua vera accezione, che è pienamente « scientistica ». Nella letteratura contemporanea si possono incontrare molto spesso — pur con notevoli differenze nella qualità dell’esposizione — idee di questo genere: le scienze della materia non ci insegnano niente sul reale, perché la materia, cosi come esse la concepiscono, la materia stessa, nel senso volgare del termine, non esiste affatto. NB ABEL REY 561 La semplice percezione comune già àltefa la realtà esterna. La costruisce per intero secondo i bisogni della nostra attività. La scienza riela- bora ex novo questi prodotti grezzi. Quel che essa ci presenta con il nome di materia è uno schema grossolano che ha lasciato sfuggire dalla rete delle leggi scientifiche tutta la ricchezza vivente del reale o è invece un eteroclito miscu- glio di elementi astratti, isolati o riuniti arbitra- riamente, inventati di sana pianta. Allora è già sgombro il terreno per giustificare gli idealismi piu mistici [...]. Senza indugiare su queste aberrazioni estre- me, possiamo rilevare che persino nèlle menti serie e informate permane una tendenza ad ap- plicare alle scienze fisiche una critica analoga a quella che Poincaré, a dispetto delle sue vi- gorose proteste, ha rivolto alle scienze mate- matiche. Come le matematiche, anche la fisica sarebbe un linguaggio simbolico destinato, sol- tant o a rendere le cose più intelligibili, ren- dendole più semplici, più chiare, più comuni- cabili, più maneggevoli, soprattutto nella pra- tica. Rendere intelligibili non significherebbe altro che deformare sistematicamente e alterare le intuizioni che la realtà ci fornirebbe diretta- mente, al fine di farci meglio servire dalla realtà nella soddisfazione delle nostre esigenze. L’intelligibilità, la razionalità non hanno niente a che vedere con la natura delle cose. Sono strumenti d’azione. NB NB § 4. Critica della critica attuale della fisica Quest’interpretazione della scienza fisica, sebbene la stragrande maggioranza dei fisici 562 LENIN NB NB rabbia accolta con disprezzo e silenzio, non può essere disdegnata dalla critica filosofica. Se gli scienziati hanno il diritto di dire: i cani abbaiano, la carovana passa; la critica filosofica, necessariamente interessata alla portata sociale ed educativa delle dottrine, è costretta a indu- giare. [136-138] La maggior parte dei sosteni- tori della nuova filosofia si è rivolta esclusiva- mente agli scienziati che sostengono la fisica energetica e si oppongono risolutamente alla fi- sica meccanicistica. Ora, i sostenitori radicali della fisica energetica costituiscono in generale tra i fisici un’esigua minoranza. Il grosso del- Tesercito dei fisici continua a essere meccani- cista; senza dubbio, essi trasformano il mecca- nicismo per condurlo ad armonia con le nuove scoperte, giacché non sono più degli scolastici. E tuttavia essi cercano continuamente di rappre- sentare e spiegare i fenomeni fisici mediante movimenti accessibili alla percezione. Non bisogna peraltro dimenticare che, 9e l’energetica ha fornito teorie ed esposizioni ele- ganti, quasi tutte le grandi scoperte moderne sono dovute ai fisici meccanicisti e sono con- nesse con lo sforzo di rappresentarsi la costi- tuzione materiale dei fenomeni. Ecco un argo- mento su cui vale la pena di meditare . L’energetica, per dare alla fisica teorica una solidità geometrica, ha voluto fare di essa l’espo- sizione più concisa ed economica dei risultati sperimentali, ma può la teoria della fisica ridur si a essere solo uno strumento di esposizione eco- nomica? Può essa bandire del tutto l’ipotesi da una scienza che dalPipotesi è stata sempre fecondata? Non deve orientarsi costantemente verso la scoperta del reale, con l’ausilio di teorie AfcEL REY 563 che, come le teorie meccanicistiche, sono sem- pre anticipazioni delTesperienza, tentativi di rappresentare il reale? Non sembra allora chiaro che rivolgersi esclusivamente ai fisici energetisti puri per co- struire la filosofia della fisica significa strana- mente restringere il fondamento su cui si deve edificare questa filosofia? In fin dei conti, la nuova filosofia ha chiesto una convalida delle sue idee soltanto a coloro che potevano esserle favorevoli e che costituiscono un'esigua mino- ranza. Una trovata comoda, ma pur sempre una trovata. E questi tali le sono poi cosi favorevoli come essa ritiene? E piu che dubbio. Quasi tutti gli scienziati chiamati in causa dal pragmatismo o dal cosid- detto nominalismo hanno formulato gravi riser- ve. Cosi ha fatto anche Poincaré. Rivolgiamoci a loro. 5 5. Che cosa pensano i fisici contemporanei [138-144] La fisica è quindi una scienza del reale, e, se cerca di esprimere « comoda- mente » questo reale, tuttavia esprime pur sem- pre il reale stesso. La « comodità » riguarda soltanto i mezzi d'espressione. Ma ciò che si nasconde nel fondo, sotto questi mezzi d’espres- sione che lo spirito può svariare cercandone sempre di piu convenienti, è la « necessità » delle leggi naturali. Questa necessità non è decretata arbitrariamente dallo spirito. B essa invece a costringerlo, rinchiudendo entro con- fini ristretti i suoi mezzi d’espressione. Al li- 564 LENIN ah-ah! NB * mite delle approssimazioni di esperienza e delle piccole differenze che i fenomeni fisici, gover- nati da una stessa legge, conservano tra loro, in quanto non sono mai identici, ma solo molta simili, la legge naturale ci è imposta dall'esterno e dalle cose: essa esprime un rapporto reale tra le còse [...]. Duhem ci dirà, inoltre, che non bisogna considerare l’esperienza del fisico come un calco del reale. Ogni esperienza di fisica consiste in misure, e tali misure si richiamano a una molti- tudine di convenzioni e di teorie Duhem non rifiuterà mai questa verità alle proposizioni fisiche, che sonò la descrizione del reale. Di più, la teoria fisica non è soltanto una descrizione esatta del reale, è anche una sua descrizione bene ordinata, in quanto tende co- stantemente a una classificazione naturale dei fenomeni fisici: classificazione naturale, che ri- - 1 ■ produce dunque Lordine della natura. Nessun dogmatico, Descartes, Newton, Hegel, ha mai preteso di piu [...]. Del resto, persino quando quest’ultimo * crede alla necessità di una metafisica accanto alla scienza, perché mai aderisce alla metafisica tomistica? Perché gli sembra che questa meta- fisica si accordi meglio con i risultati della scien- za fisica [...]♦ Lo « scientismo » di Òstwald è molto vicino a quello del grande meccanicista viennese, Mach, che, a causa di ciò, si rifiuta di esser trattato da filosofo. La sensazione è l’assoluto. Mediante le nò- stre sensazioni conosciamo la .realtà. Ora, la Ossia Duhem (n.d.t.). ABEL REY 565 scienza è Panatisi delle nostre sensazioni. Ana- lizzare le sensazioni vuol dire rinvenire le loro esatte relazioni reciproche e, insomma, Pordine della natura, usando tale espressione nel suo senso piu oggettivo, poiché la natura è solo Pordine delle nostre sensazioni [...]. Si è talvolta rimproverata a Mach, tra le altre critiche mossegli dai razionalisti, una ten- denza al pragmatismo. Lo si è accusato di un relativismo scettico La sensazione è umana, evidentemente. E tuttavia è Passoluto , e la verità umana è la verità assoluta, perché è per Puomo tutta la verità, la sola verità, la verità necessaria [...]. [147] Si può supporre Pesistenza dei mi- crobi senza vederli sino al giorno in cui un reattivo non li riveli. Perché non si avrebbe allora il diritto di supporre una struttura della materia che un giorno Pesperienza potrà rivev lare? NB NB § 6, La materia secondo la fisica contemporanea: vedute generali [148-150] A che tende allora la campagna intrapresa da Brunetifere e continuata da uno spirito religioso, sincero , senza dubbio, ma tan- to da voler fare tabula rasa di tutto ciò contro cui poteva urtarsi, a che tende la campagna che conduce, se non al pragmatismo, quanto meno a un dato pragmatismo? [...] Come noi designiamo nelle matematiche, con i termini di ordine, numero, -estensione, deter? 566 LENIN NB NB Essenza dell* agno- sticismo di Rey NB minati gruppi di relazioni da cui dipendono le nostre sensazioni, e come le matematiche han- no per oggetto queste relazioni, cosi noi desi- gniamo, con il termine assai generale di mate- ria, un grandissimo numero di relazioni — mol- to piu complesse — dalle quali dipendono an- che le nostre sensazioni. La fisica ha per og- getto queste relazioni. Non intendiamo dir al- tro allorché diciamo che la fisica è la scienza della materia [...]. [152] A molti sarebbe sembrato naturale che la fisica avesse per oggetto gli elementi suscettibili di cadere sotto queste relazioni, col dar loro un contenuto reale e, in qualche modo, con il riempirle. Era questa l’idea di Spencer nella sua classificazione delle scienze. Quest’idea non sembra però felice. Gli elementi della realtà vengono constatati direttamente, imme- diatamente, cosi come sono, cosi come non possono non essere. Non vi è necessità di legittimare la loro esi- stenza. Non vi è necessità di domandarsi se po- trebbero essere diversi da quel che sono. Esi- gerlo significa restaurare il vecchio idolo meta- fisico della cosa in sé e in fondo, in una forma o nell'altra, l'ozioso verbalismo. L'esperienza deve essere accettata. Essa ha in se la sua giusti- ficazione, perché per uno spirito positivo proprio l'esperienza giustifica in campo scientifico tutte le proposizioni [...]. [154-155] La critica agnostica della scienza ha dunque ancora una volta ragione? Esiste dunque una cosa in sé che la scienza è impo- tente a cogliere? Ecc. ecc. Ecco appunto la me- tafisica e i suoi inevitabili giuochi di parole! Tentiamo di veder chiaro. Se relativo significa: che porta sulle rela- zioni , la fisica allora è relativa. Ma, se relativo significa: che non attinge il fondo delle cose. ABEL REY 567 allora la fisica, come noi l’intendiamo, non è piu relativa, bensì assoluta, perché il fondo delle cose, ciò a cui ranalisi è necessariamente sospinta per meglio spiegarle, consiste nelle relazioni o, meglio, nel sistema di relazioni da cui dipendono le nostre sensazioni. Le sensazio- ni, il dato, sono imbevuti di soggettività: fol- gorazioni fugaci, esse sono ciò che le fa un sistema di relazioni, che verosimilmente non si presenterà mai più in una forma esattamente identica e che definisce il mio stato e quello dell’ambiente nell’istante considerato. Ma qui sopravviene lo scienziato per sprigionare Tuni- versale di cui consta tale istante individuale, le leggi di cui esso è l’espressione complessa, le relazioni che lo hanno reso tale quale è. Tutte le leggi scientifiche ci dicono in so- stanza come e perché il dato sia ciò che è, che cosa lo condizioni e lo crei, perché esse leggi analizzino le relazioni da cui il dato di- pende. Esse ci daranno la verità umana assoluta , quando quest’analisi sarà completa, se mai potrà esserlo. ah-ah! § 7. Gli insegnamenti concreti della fisica con- temporanea [156-161] Tutte le relazioni da cui dipen- dono le trasformazioni e le degradazioni, le dif- fusioni o le dispersioni dell’energia sono rag- gruppate nella teoria fisica generale che si chia- ma energetica. Questa teoria non ci insegna niente circa la natura Selle energie considerate e, quindi, circa la natura dei fenomeni fisico-chimici. Essa ci NB 568 LENIN faceto questo « positivista » Meccanicisti versus ener- getica NB Plus loin dell'energetica interpretata mate- rialisticamente (p. 157)! descrive semplicemente a danno di che cosa, come e in che senso si operi una modificazione fisica o chimica nello stato di un dato corpo. I fisici energetisti affermano che è impos- sibile andare piu oltre, che l'energetica ci for- nisce la spiegazione completa, necessaria e suf- ficiente dei fenomeni materiali, come dire l'in- sieme delle relazioni da cui essi dipendono. Per assicurare piu oggettività alla propria con - cezione, alcuni tramutano l'energia in una sorta di sostanza, che sarebbe appunto la vera so- stanza materiale, la causa reale e attiva di tutte le nostre sensazioni, il tipo secondo cui dcb- biamo costruire la nostra rappresentazione del- ATATA. la natura. L'energia sostituisce qui i corpuscoli delle teorie atomistiche. Svolge la stessa funzione e ha lo stesso genere di esistenza: è il fondo delle cose, la loro natura ultima, l'assoluto [...]. I meccanicisti sostengono, invece, che si può andare piu oltre. L'energetica rimane, in qual- che modo, alla superficie delle cose, ma le sue leggi devono o ridursi ad altre leggi più profon- de o, comunque, integrarle presupponendole. La scuola meccanicistica comprende, come si è già detto, la stragrande maggioranza dei fisici e, soprattutto, la maggior parte degli spe- VWAA rimentatori, a cui la fisica è debitrice dei suoi progressi più recenti. I suoi seguaci criticano anzitutto la nozione di energia e mostrano che non si può tramu- tarla, come fanno alcuni, in un'entità fisica o metafisica. ABEL REY 569 L’energia di un sistema significa soltanto la capacità di lavoro di tale sistema: potenziale, sino a che non produce un lavoro palesabile, e attuale o cinetica, in caso contrario. La nozio- ne di energia è perciò correlativa a quella di lavoro, che è una nozione meccanica. E quindi, sul piano sperimentale, l’energia non sembra rappresentabile senza che si ricorra alla mecca- nica e al movimento. Ma allora, per fornire una spiegazione intelligibile dei fenomeni fisico-chi- mici, non dovrebbe l’energetica collegarsi con la meccanica, porsi con essa su un piano di con- tinuità e, quindi, accettare il genere di consi- derazioni delle rappresentazioni meccaniche? [..] Meccanica, fisica e chimica costituirebbero un ampio sistema teorico, e la meccanica sareb- be la base fondamentale di questo sistema, al modo stesso in cui il movimento sarebbe l’es- senza ultima dei fenomeni fisico-chimici. Beninteso, i meccanicisti contemporanei non sostengono affatto che la meccanica odierna nonché, del resto, le leggi che regolano le tra- sformazioni dell’energia abbiano già assunto la loro forma definitiva e che la scienza abbia già trovato le sue fondamenta incrollabili. A con- tatto con la critica energetica — ed è questo uno dei progressi di cui la fisica moderna le è indubbiamente debitrice — essi hanno abban- donato il dogmatismo alquanto ristretto del vecchio meccanicismo e del vecchio atomismo. Essi credono che le nuove scoperte debbano ampliare l’orizzonte scientifico e operare muta- menti incessanti nella rappresentazione del mondo materiale. Da cinquantanni non stia- mo forse assistendo a un rimaneggiamento e quasi a un rovesciamento della meccanica clas- sica? La conservazione dell’energia (Helmholtz) 570 LENIN NB Teoria elettronica = « meccani- cismo » e il principio di Carnot hanno cominciato per primi a spezzare la vecchia cornice. I fenomeni della radioattività, conducendoci a uno studio più approfondito della natura dell’atomo, hanno fatto intravedere la possibilità di una costitu- zione elettrica della materia e la necessità di integrare i principi della meccanica classica con quelli dell'elettromagnetismo. Cosi, il meccanicismo tende oggi ad assu- mere la forma che si designa con il nome di teoria elettronica. Gli elettroni sono gli ele- menti ultimi di tutta la realtà fisica. Semplici cariche elettriche, o modificazioni dell’etere, simmetricamente distribuite intorno a un punto, essi rappresentano perfettamente, in forza delle leggi del campo elettromagnetico, l’inerzia, che è proprietà fondamentale della materia. Que- st’ultima non è quindi altro che un sistema di elettroni. In rapporto al carattere delle modi- ficazioni dell’etere ( modificazioni ancora sco- nosciute), gli elettroni sono positivi o negativi; un atomo materiale è composto di queste due specie di elettroni in numero pari, o, quanto meno, possiede cariche positive e negative ugua- li, e la carica positiva sembra occupare il centro del sistema. Gli elettroni negativi o forse sol- tanto una parte di essi si muovono intorno a tutto il resto, come i pianeti intorno al sole. Le forze molecolari e atomiche sarebbero sol- tanto manifestazioni del movimento degli elet- troni; lo stesso si dica delle diverse modalità del- l’energia (luce, elettricità, calore). Conseguenza notevole: la nozione di conser- vazione della massa (o della quantità di ma- teria), che insieme con l’inerzia era a fonda- mento della meccanica, non sembra più da man- ABEL REY 571 tenere nella meccanica elettromagnetica: la massa ponderabile sarebbe infatti costante spio alle velocità medie, inferiori a un decimo della velocità della luce; ma, essendo funzione della velocità, essa sembra aumentare con quest’ul- rima tanto piu rapidamente quanto più ci acco- stiamo alla velocità della luce. Quest’ipotesi suppone dunque in sostanza sia le cariche elet- triche di nome diverso e l’etere, sia soltanto l’etere, in quanto l’elettrone è solo una modi- ficazione dell’etere. , Oggi, infine, i lavori del dottor Le Bon * e di alcuni fisici inglesi sembrano condurci a concludere che né la quantità di materia né la quantità di energia rimangono costanti. L’una e l’altra sarebbero solo relazioni dipendenti dallo stato dell’etere e dal suo movimento **. [163-171] Oggi non rimane e non deve ri- manere niente di questa concezione. Ci si trova esattamente ai suoi antipodi. Tutti i fisici sono disposti a rivedere i principi fondamentali della scienza, o a circoscriverne Tapplicazione, ogni volta che nuove esperienze ne verranno for- nendo i motivi necessari [...]. Ma si deve allora concludere che, per ciò stesso, i fisici abbandonano la speranza di acqui- sire i principi fondamentali e gli elementi più # profondi mediante i quali sarà spiegata e com- presa una parte sempre più ampia del dato? * Gustave Le Bon, L’évolution de la matière e L’évolution des forces, Paris, FJammarion. ** Vi sarebbe trasformazione di materia in energia e di energia in materia. Ma per materia bisogna, naturalmente, intendere solo la materia ponderabile, e per energia solo la capacità di lavoro manifestabile [...]. 572 LENIN Agnosticismo = materialismo che si vergogna 145 Benché opposta all'errore dei vecchi meccani- cisti, questa conclusione sarebbe tuttavia un errore non meno pericoloso. Lo spirito odierno delle scienze fisico-chimiche, lo spirito scien- tifico moderno non consiste neirarretrare di- nanzi dl’ignoto [...]. Mettere in dubbio i principi della conser- vazione della massa, o della materia pondera- bile, fe cosa che non spaventa piu, come si è visto, i fisici d’avanguardia. La verità non è già fatta, ma si fa di giorno ir giorno. E<;co la conclusione che bisogna ripetere incessantemente. Ogni giorno che pas- sa il nostro spirito, in virtù del lavoro scienti- fico, si conforma sempre piu strettamente al suo oggetto e lo penetra più profondamente. Le af- fermazioni che abbiamo creduto di poter for- mulare a conclusione dello studio delle scienze matematiche si ripresentàno qui in modo quasi necessario o almeno molto naturale. Il progres- so scientifico istituisce in ogni istante tra le cose e noi una corrispondenza che è insieme più stretta e più profonda. Noi comprendiamo me- glio e di più [...]. La discussione tra ene rge tisti e me c canicisti , discussione spesso molto animata, soprattutto da parte degli energetisti, non è altro, a ben considerarla, che un momento del progresso delle scienze fisico-chimiche, e un momento ne- cessario [...], L’energetica ha anzitutto ammonito contro un certo abuso di modelli meccanici, contro la tentazione di prendere tali modelli per realtà oggettive. Essa ha inoltre approfondito la ter- modinamica e mostrato bene la portata univer- sale delle sue leggi fondamentali, che, invece ABEL REY 573 di restare confinate entro gli studi relativi al calore, trovano un’applicazione legittima e ne- cessaria in tutta l’estensione delle scienze fisico- chimiche. Ampliando la portata di queste leggi, l’energetica ha contribuito vigorosamente a pre- cisarne la formula. Di più: se l’energetica si è rivelata meno feconda del meccanicismo ri- guardo alle scoperte, essa appare pur sempre un notevole strumento di esposizione, sobrio, elegante, logico. Infine, e la cosa è soprattutto evidente tra i chimici, come van t’Hoff, van der Waals e Nernst, ma si registra sempre più spesso anche tra i fisici, si accettano volentieri entrambe le teorie e si sceglie pòi, in ciascun caso, quella che si presta meglio al proprio studio. Le si applica simultaneamente; si muove dalle equazioni generali della termodinamica, a seconda che l’itinerario scelto sembri più sem- plice o più adatto. In effetti, le teorie fisiche sono essenzialmente ipotesi, strumenti di ricer- ca e di esposizione, o di organizzazione. Esse sono forme, quadri da riempire con i risultati dell’esperienza. E soltanto questi ultimi costi- tuiscono il vero, reale contenuto delle scienze fisiche. Su di essi convengono tutti i fisici, e il loro numero sempre crescente, sempre più armo- nico e concorde, contrassegna bene i progressi della fisica, la sua unità e la sua perennità. Sono essi la pietra di paragone delle teorie, delle ipotesi, eli cui ci si è serviti per scoprirli e che cercano di organizzarli, rispettando le loro reali affinità, riproducendo con la massima pre- cisione possibile Lordine della natura. Queste teorie, benché siano sempre ipotetiche e, quindi, perdano sempre qualcosa, — e talora molto, — via via che l'esperienza ci reca nuove scoperte, tuttavia non muoiono mai del tutto. Si inte- grano tramutandosi in teorie nuove, più com- prensive e più adeguate [...]. 574 LENIN Dobbiamo considerare come un ri- sultato importante di quest ultima il' trasferi - mento deiratomistica nella scienza elettrica [...]. L’atomistica, con questo meraviglioso amplia- mento del proprio orizzonte, ha posto un gran numero di processi fisici e chimici in una luce radicalmente nuova [...].»* S 8. Riassunto e conclusioni ? NB Se l’ignoto è immenso, sarebbe dunque inop* portuno chiamarlo ora, come si faceva corren- temente alcuni anni or sono, inconoscibile. I ripetuti e irrimediabili fallimenti dei ten- tativi metafisici avevano indotto la fisica a costi- tuirsi come scienza eliminando decisamente il problema della materia. Essa si è posta da allora a indagare le leggi dei fenomeni parti- colari. È stata una « fisica senza materia » [...]. In conformità con la storia instancabilmente ripetuta dallo spirito umano, da quando esso si sforza di conoscere le cose, la scienza viene sottraendo al mondo delle chimere metafisiche un nuovo oggetto di studio. La natura della materia non è più un problema metafisico, per - ché diventa un problema di ordine sperimentale e positivo. Certo, questo problema non è scien- tificamente risolto, può suscitare ancora molte sorprese, ma un dato sembra essere ormai acqui- sito: non è certo la metafisica la scienza che lo risolverà. Credo, del resto, e ho tentato di mostrarlo altrove, che le rappresentazioni cinetiche saran- * W. Nerost, in Revue générale des Sciences , 15 marzo 1908, ABEL REY 575 no sempre intimamente connesse con il pro- gresso della fisica, perché costituiscono uno stru- mento molto utile, se non indispensabile, per le scoperte e sono meglio adeguate alle condi- zioni della nostra conoscenza. Ecco perché ravviso Tavvenire della fisica nella prosecuzione delle teorie meccanicistiche. Ecco perché ho appena detto che verosimilmente la teoria ener- getica sarà assorbita, come il vecchio meccanici- smo, in un cinetismo più duttile e più severo riguardo alEammissione dell’ipotesi IV . Il problema della vita 5 1. Introduzione storica [173-174] Con il problema della vita per- veniamo alle divergenze fondamentali che pos- sono separare la filosofia dalla scienza. Si può affermare che il dibattito è stato sinora soprat- tutto teorico. La maggior parte dei filosofi, de- gni di questo nome, ammette che praticamente i risultati scientifici valgono per la materia. E, se sul piano speculativo essi hanno potuto formulare alcune obiezioni contro tale validità, tuttavia riconoscono che ogni cosa si svolge come se le conclusioni della scienza fossero, se non fondate di diritto, quanto meno applicabili di fatto alla realtà materiale. Quest’ultima si pre- | | | sta, in qualche modo, a essere espressa me- diante le relazioni matematiche, meccaniche, fi- sico-chimiche [...]. [177] Barthez e la scuola di Montpellier, pur continuando a credere che i fenomeni della vita possano derivare soltanto da una causa 576 LENIN speciale, riconducono i fenomeni a una forza vitale, diversa a un tempo dalle forze materiali e dairanima: di qui il nome di vitalismo dato a questa teoria [...]. § 3. La linea di demarcazione tra il meccani - cismo e il neovitalismo [189*190] Se tentiamo di sintetizzare in qualche modo il neovitalismo, attraverso i suoi principali esponenti, scienziati o filosofi, ecco quale ci sembra il punto d’arrivo: la critica che i neovitalisti rivolgono al meccanicismo bio- logico si ricollega intimamente alla critica che la filosofia pra gmatistica, antintellettualistica o agnostica ha rivolto alle scienze matematiche e alle scienze fisico-chimiche. Crediamo di cam- biar problema perché si passa dalla materia al- la vita. Ma in fondo ci troviamo di nuovo, come abbiamo lasciato intravedere- all’inizio, dinanzi allo stesso problema fondamentale, e questo problema è sempre il problema del valore della scienza in quanto sapere. Cambiano soltanto i termini particolari in cui nella fatti- specie si pone. Che cosa, in realtà, si rimprovera alle scien- ze matematiche o fisico-chimiche nella nuova filosofia? A tali scienze si rimprovera di essere un simbolismo, arbitrario e utilitario, costruito per i bisogni pratici della nostra intelligenza, della nostra ragione, che sono facoltà di azione e non di conoscenza. Ora, quando estendiamo ai fatti biologici il metodo fisico trasfe- ABEL REY 577 riamo naturalmente nei risultati, che questo metodo ci consente di acquisire, anche le con- seguenze che esso implica circa il valore di tali risultati. Il meccanicismo fisico-chimico sarà quindi una formula eccellente per assicurarci un'incidenza pratica sulle cose della vita, ma sarà totalmente incapace di insegnarci che cosa la vita sia. Come le scienze fisico-chimiche nel campo della materia, cosf anche il meccanicismo fisico-chimico nel campo della vita ci consentirà di agire, però mai di sapere [„J. [192-194] I neotomisti reintegrano nella materia la forza, l'aspirazione, il desiderio, ria- nimano la materia con il soffio, pur pagano, deirilozoismo, da cui i greci e, in particolare, Aristotele sembrano non essersi mai distaccati completamente. Essi travisano, del resto, la dot- trina ellenica. La materia non ha per loro altra attività che la forza immessavi dal creatore: il ricordo, per cosi dire, di essere stata creata e il marchio indelebile che essa ne porta [...]. Cosi, tanto i nominalisti, che hanno una affinità assai stretta con questo movimento neo- scolastico *, quanto i pragmatisti, che civettano con queste filosofie della fede (che si potreb- bero definire molto spesso filosofie di credenti), hanno creduto di avere il diritto di dire che le scienze della materia non esauriscono il con- tenuto del loro oggetto. Per conoscere vera- mente, bisogna «andare oltre» [...]. NB * I neoscolastici o neotomisti cercano soprattutto di riabilitare le interpre- tazioni scolastiche delTaristotelismo e, quindi, le dottrine filosòfiche di san Tom- maso. I nominalisti insistono sul carattere simbolico, artificiale e astratto della scienza, sullo scarto enorme tra la realtà e le sue formule. I pragmatisti hanno una dottrina analoga, che poggia però su una metafisica più generale. Tutta la conoscenza è indirizzata verso Fazione; e, quindi, noi conosciamo soltanto ciò che riguarda il nostro modo di agire. Tutte queste filosofie sono agnostiche nel senso che ci negano la possibilità di giungere, con l’ausilio~deìle nostre facoltà intellettuali, a una conoscenza adeguata ed esatta del reale [...]. 37-639 578 LENIN NB Per un vitalista la vita ha la funzione di una forza creatrice; ma, per il fatto stesso di dipendere inoltre da condizioni materiali» essa non è affatto una creazione ex nihilo. La vita fornirà indubbiamente, nel risultato della sua operazione, qualcosa di nuovo e di imprevedi- bile, ma, per pervenirvi, dovrà aver operato su elementi preesistenti, che essa avrà combinato tra loro, e soprattutto sulla base di elementi preesistenti a cui avrà aggiunto qualcosa. Le mu- tazioni riscontrate dal botanico de Vries (che, da meccanicista, le interpreta diversamente) saranno qui la manifestazione stessa e la prova di queste aggiunte creative. § 4. Il neovitalismo e il meccanicismo si distin- guono soltanto per le ipotesi filosofiche che integrano la scienza [204] Ma nel metodo vitalistico entelechie e dominanti non hanno niente in comune con III gli elementi figurati: i fini non sono raffigurabili si tradisce! I I perché non esistono materialmente, o, almeno, non esistono ancora, in quanto sono nel dive- nire di una realizzazione progressiva. J 6 . Il meccanicismo è anche solo un'ipotesi [216-218] Ma sarebbe contrario a tutti gli insegnamenti delPesperienza pretendere che, nei fenomeni della vita, tutto possa ridursi alle leg- gi fisico-chimiche e che il meccanicismo sia stato verificato sperimentalmente in tutta la sua esten- sione. Noi sappiamo, invece, solo poche cose ABEL REY 579 riguardo alla vita. La biologia sperimentale ha al suo attivo un numero di risultati conside- revoli, se li si prende in sé stessi, e però mi- nimi, se li si paragona a tutti quelli che dob- biamo ancora acquisire. Perché allora invilupparsi nelle teorie mec- canicistiche? — si è indotti a pensare. Non bisogna forse bandire dalla scienza queste ipo- tesi molto generali la cui verifica presuppone il pieno compimento della scienza? Ritroviamo qui un’opinione che abbiamo già visto predi- cata da un certo numero di fisici a proposi to della fisica e, precisamente, a proposito delle teorie meccanicistiche in fisica. Rammentiamo che taluni energetisti hanno voluto espellere dalla fisica le ipotesi meccanicistiche in quanto generalità incontrollabili, inutili e persino peri- colose. Incontriamo ora tra i biologi alcuni scienziati che assumono lo stesso atteggiamen- to e si richiamano direttamente a questi fisici energetisti [...]. La scuola energetica si differenzia dalla scuo- la meccanicistica meno nettamente nella biolo- gia che nella fisica. Essa è piuttosto un aspetto vvwvww timido del meccanicismo, in quanto si oppone al finalismo e postula una conformità tra i fenomeni della vita e i fenomeni inorganici. NB un aspcct timide du mécanisme NB § 7. Conclusioni generali: indicazioni sulla biologia [223-224] La materia vivente è palesemente condizionata dall'abitudine e dall'eredità: tutto jì svolge come se essa avesse memoria 37 580 LENIN Ci si avvicina al materialismo dialettico NB di tutti i suoi stati antecedenti. Ora, si dice, la materia bruta non rivela mai questa pro- prietà. Sarebbe persino contraddittorio imma- ginarlo. Tutti i fenomeni materiali sono rever- sibili. Tutti i fenomeni biologici sono irrever- sibili. Si dimentica, in queste conclusioni, che il secondo principio della termodinamica può es- sere chiamato principio di evoluzione o di ere- dità * [...], [227] La scienza non può risolversi a con- siderare come per sempre isolati i diversi ordini di fatti per cui essa si è suddivisa nelle scienze particolari. Questa suddivisione ha cause del tutto soggettive e antropomorfiche. Deriva uni- camente dalle necessità dello studio, che costrin- gono a disporre in serie le questioni, a concen- trare la propria attenzione su ognuna di esse separatamente, movendo dal particolare per giungere al generale. La natura, in sé stessa, è un tutto. V. Il problema dello spirito § 2. Uantico empirismo e le antiche concezioni antimetafisiche: il parallelismo psico-fisiologico [242-246] Benché il razionalismo metafisico costituisse la grande tradizione filosofica, le sue antiche affermazioni apriori non potevano non * Clausius ha chiamato entropia questo principio, termine che corrisponde esattamente al termine di evoluzione, derivato non dal latino, ma dal greco. ABEL REY 581 suscitare obiezioni negli spiriti critici.. Cosi, in ogni età, vediamo dei filosofi che tentano di resistere alle correnti razionalistica e metafisica. Essi sono anzitutto i sensualisti e i materialisti, nonché poi gli associazionisti e i fenomenisti. In generale, li si può chiamare empiristi. Invece di opporre lo spirito alla natura, essi cercano di ricollocare lo spirito nella na- tura, Tuttavia, continuano a concepire Io spi- rito nello stesso modo semplicistico e intellet- tualistico di coloro contro i quali si battono [...]. La teoria empiristica raffigurava lo spirito alTincirca come l’atomismo raffigura la materia. Si tratta di un atomismo psicologico in cui gli atomi sono sostituiti dagli stati di coscienza: sensazioni, idee, sentimenti, emozioni, sensazio- ni di piacere e di dolore, movimenti, volizioni, ecc. [...]. I nostri stati psicologici sono cosi Pinsieme delle coscienze elementari che corrispondono agli atomi di cui son fatti i nostri centri nervosi. Lo spirito è parallelo alla materia. Esso esprime nella forma che gli è propria, nella sua lingua, ciò che la materia esprime, a sua volta, nella forma che le è propria e in un’altra lingua. Spirito, da una parte, e materia, dall’altra parte, sono due traduzioni reciproche di uno stesso testo. Per gli idealisti il testo primitivo è lo spi- rito; per i materialisti è la materia; per gli spiritualisti dualisti i due testi sono entrambi primitivi, in quanto la natura è stata scritta simultaneamente nelle due lingue; per i monisti puri si ha a che fare con due traduzioni di un testo primitivo che ci sfugge [...]. 582 LENIN 5 3. La critica moderna del parallelismo [ 248 - 249 ] Quando si dice che la coscienza è una e continua, bisogna guardarsi dal credere che si restauri la teoria dell’unità e dell’identità dell’io, che era una delle pietre angolari dell’an- tico razionalismo. La coscienza è una , ma non resta mai identica a sé stessa, come succede, del resto, a ogni essere vivente. Essa cambia continuamente, non come una cosa creata una volta per tutte e che rimane ciò che è, ma come un essere che si crea senza posa: l’evoluzione è creatrice. Si aveva bisogno della nozione di identità e permanenza solo quando, per ritro- vare le apparenze reali, era necessario sovrap- porre agli stati multipli, che si credeva di rinve- nire sotto tali apparenze, un nesso di sintesi e di unità. Ma, se si suppone che la realtà è essenzialmente continua e che le soluzioni di continuità che vi si trovano sono artificiali, non occorre piu richiamarsi a un principio di unità e permanenza. ( I Le teorie del pragmatismo anglo-americano [ sono molto virine a quelle appena descritte. Esse sono molto diverse, soprattutto nelle ap- plicazioni morali e logiche, che si è tentato di trarne. Ma ciò che costituisce la loro unità e consente di raggrupparle insieme sono appunto i tratti generali della soluzione che esse hanno 1 dato al problema della coscienza. W. James, il I grande psicologo del pragmatismo, ha dato a questa soluzione la sua forma più nitida e completa. La sua concezione si oppone a un tempo, e quasi per le stesse ragioni, alla % con- cezione del razionalismo metafisico e a q uella deirempirismo [251-252] W. James sostiene inoltre che, per giungere a questa teoria, si è limitato sol- tanto a seguire con estremo rigore gli insegna- ABEL REY 583 menti dell’esperienza: e quindi egli la chiama « teoria dell 'empirismo radicale » o della « pura esperienza » . Secondo lui, l’antico empirismo era imbevuto dell’illusione metafisica e razio- nalistica: James ha quindi tentato di liberarlo completamente da tale illusione. È incontestabile che a queste nuove teorie sulla coscienza sia toccato in pochissimo tempo un eccezionale favore: gli inglesi Schiller e Peirce, gli americani Dewey e Royce, in Francia e in Germania scienziati come Poincaré, Hertz, Mach, Ostwald e, inoltre, quasi tutti coloro che desiderano rinnovare il cattolicesimo, pur restandogli fedeli, possono essere ricondotti alla corrente di idee di cui Bergson e James hanno espresso le posizioni più sistematiche. È al- tresì incontestabile che questo favore sembra in gran parte meritato [...]. [254-255] A proposito del problema della conoscenza e della verità, vedremo che in ef- fetti il pragmatismo è stato spesso condotto a conclusioni scettiche, ma che queste conclusioni sono lontane dall’essere necessarie. Lo stesso James, che in determinati momenti sembrava molto vicino a un irrazionalismo scettico, ha fat- to rilevare che, in una interpretazione rigorosa dell’esperienza, non bisogna ritenere che l’espe- rienza ci fornisca soltanto la nozione dei fatti isolati, ma che essa ci dia anche e soprattutto la nozione delle relazioni esistenti tra i fatti [...]. Sembra cosi che il nuovo orientamento manifestatosi nella filosofia e che si fe designato con il nome di pragmatismo segni un progresso incontestabile nelle concezioni scientifiche e filosofiche dello spirito. La « teoria dell’esperienza » di James NB James, Bergson e i preti 584 LENIN $ 4. Concezione generale dell 1 attività psicologica [256-261] Bisognerebbe adesso precisare in che cosa consistano le relazioni che costituisco- no il mondo psicologico e come si differenzino dalle relazioni che Costituiscono il resto della natura e dell’esperienza. Su questo tema il fisico viennese Mach ha dato forse le indica- zioni più chiare *. In ogni esperienza ciò che è dato dipende da una moltitudine di relazioni che si suddividono anzitutto in due gruppi: le relazioni verificate in modo identico da tutti gli organismi esteriormente analoghi al nostro, ossia da tutti i testimoni, e le relazioni che differiscono a seconda del testimone. La psico- logia ha per oggetto le seconde, il cui insieme costituisce ciò che noi chiamiamo attività psi- cologica. Più precisamente, le prime sono ind i- pendenti dal nostro organismo e dall’attività biologica. Le ^eqpnde dipendono da essi in modo stretto e necessario [...]. Matematica, meccanica, fisica, chimica, bio- logia sono scienze che ritagliano ognuna un gruppo di relazioni nell’insieme delle relazioni implicate nel dato, indipendenti e da conside- rare indipendentemente dalla nostra organizza- zione. Si tratta di relazioni oggettive, che sono oggetto delle scienze della natura, il cui ideale consiste nell’eliminare dal dato tutte le rela- zioni che fanno dipendere questo dato dal no- stro organismo [...]. L’esperienza ci rivela un reciproco influsso del biologo e del psicologo, un sistema di rela- zioni tra essi. Perché non considerare ognuno di questi due ordini di fatti come due ordini di fatti naturali, che agiscono e reagiscono l’uno sull’altro, al modo stesso di tutti gli altri ordini * Annie psychologique 1906, XI I« année, Paris, Schleicher. ABEL REY 585 di fatti naturali: fenomeni calorici, elettrici, ot- tici, Chimici, ecc.? Non vi è piu — né meno — differenza tra tutti questi ordini di quanta ve ne sia tra l’ordine biologico e Tordine psico- logico. I fenomeni devono essere considerati tutti sullo stesso piano e come capaci di con- dizionarsi reciprocamente. Si obietterà senza dubbio a questa conce- zione che essa non spiega perché si dia l’espe- rienza e la conoscenza di tale esperienza da parte di un organismo. Ma non sembra forse di poter e dover ribattere che questo problema, come tutte le questioni metafisiche, è mal posto e inconsistente? Esso deriva da un’illusione metafisica che oppone sempre lo spirito all’uni- verso. Non si può dire perché vi sia l’espe- tale si impone [...]. Sinora è sembrato che l’esperienza , o, per scegliere un termine meno equivoco, il dato, dipenda dalle relazioni matematiche, meccani- che, fisiche, ecc. Quando si prosegue l’analisi di queste condizioni, ci sembra inoltre che il dato dipenda da determinate relazioni di cui si può dire all’ingrosso che lo alterano secondo lo stato dell’individuo a cui viene fornito: que- ste deformazioni costituiscono il soggettivo, lo psicologico. Possiamo noi determinare — sem- pre all’ingrosso e alla lontana, s’intende — il significato generale di queste relazioni nuove, di queste alterazioni, ossia il senso in cui la analisi scientifica, progredendo nei secoli, ri- schia di svelare le relazioni più generali (i principi) da esse implicate? Perché, in altri termini, il dato, invece di essere identico per tutti gli individui, invece di essere un dato grezzo che fa tutt’uno con la conoscenza che se ne ha, è soggettivamente deformato? Deformato al punto che un buon « l’esperienza è un fatto * 586 LENIN Pesperienza degli individui socialmente organizzati NB numero di filosofi e il senso comune sono giun- ti a spezzare l’unità dell’esperienza e a porre l’irriducibile dualismo delle cose e dello spirito, che non è altro se non il dualismo tra l’espe- rienza cosi come è in tutti, via via che le scienze la rettificano, e Pesperienza cosi come viene deformata in una coscienza particolare [271-272] Le immagini non sono, come ha sostenuto il soggettivismo, identiche alle sensazioni, ove si dia a questo termine, e quivoco per l'ampiezza del significato, il senso di espe- rienze immediate. L’analisi di Bergson è st ata su questo punto tutt’altro che infeconda. L’im- magine b il risultato di determinate relazioni già implicate nell’esperienza immediata, cioè nella sensazione. Quest’ultima ne implica però molte altre. Siano date soltanto le relazioni che costituiscono il sistema « immagine » ( sistema parziale, se paragonato al sistema totale della sensazione e dell’esperienza immediata), o, per essere più precisi, siano date soltanto quelle relazioni del sistema totale che implicano per il dato una dipendenza dall’organismo, e allora avremo appunto l’immagine, il ricordo. Nel definire cosi il ricordo, ci siamo limi- tati a esprimere i risultati più recenti della psicologia sperimentale e al tempo stesso le idee più antiche del senso comune: il ricordo è un’abitudine organica. Il ricordo ha in co- mune con la sensazione primitiva soltanto le condizioni organiche. Gli mancano tutte le rela- zioni extraorganiche, implicate nella sensazione, con ciò che chiamiamo resterno. Questa completa dipendenza dell’immagine e questa parziale dipendenza della sensazione dalle condizioni organiche consentono anche di ca- pire l'illusione, Tinganno dei sensi, il sogno e l’allucinazione, quando, tagliate in modo al- quanto anormale le relazioni con l’esterno, ABEL REY 587 resperienza risulta ridotta, per un individuo, a ciò che avviene nel suo organismo, cioè alle relazioni che dipendono da esso e, quindi, al puramente psicologico, al puramente sogget- tivo [...]. § 5. Il problema délVinconscio [280] La nostra vita, pienamente cosciente, è solo una parte molto esigua deirinsieme del- la nostra complessiva attività psicologica. Essa è come il centro di una proiezione luminosa intorno alla quale si estende una ben piu ampia zona di penombra che digrada pian piano verso l’ombra assoluta. La vecchia psicologia aveva il gran torto di considerare psicologica soltanto l’attività pienamente cosciente. Ma, se è difficile ampliare troppo l’esten- sione delLinconscio nella nostra organizzazione, non bisognerebbe esagerare tuttavia, come ha fatto troppo spesso una certa psicologia prag- matistica, la portata qualitativa di questo in- conscio. Secondo certi pragmatisti, la coscienza chia- ra, la coscienza intellettuale e razionale sarebbe la parte piu superficiale e insignificante della nostra attività [...]. § 6. La psicologia e la nozione di finalità [285-286] All’osservazione immediata e su- perficiale la vita psicologica superiore sembra dunque tutta improntata alla finalità. Se si ge- neralizza, con un procedimento familiare, dal noto all’ignoto, si vede che si è anche cercato 588 LENIN NB NB di interpretare in modo finalistico l’intera vita psicologica inferiore. Il movimento riflesso più elementare, come il batter della palpebra di- nanzi a una luce troppo viva, i piaceri e i dolori fisici più semplici, le emozioni primitive, tutti questi fatti non sembrano forse prescritti dalla conservazione e dal progresso della specie o dalla conservazione e dal progresso dell’indi- viduo? Dall’ameba, grumo protoplasmico rudi- mentale, che ricerca determinate radiazioni lu- minose e si sforza di evitarne altre, dall’ameba in su, tutta l’attività che si crede di poter qualificare come un’attività cosciente non ap- partiene forse alla categoria della tendenza , e una tendenza non è forse una finalità in atto? Non stupisce allora di vedere W. James, Tarde e molti altri concludere da questi fatti che le leggi psicologiche sono d’una natura ra- dicalmente diversa rispetto a quella delle altre leggi naturali. Si tratta di leggi teleologiche [...]. La concezione teleologica della legge psico- logica è in fondo solo un travestimento scien- tifico imposto alle concezioni metafisiche, che tramutano la tendenza, la volontà di vivere, l’istinto, la volontà, l’azione nell’essenza di tut- to resistente. Essa è stata inoltre accolta, illu- strata e sviluppata dai pragmatisti, cioè dai sostenitori del primato dell’azione. Per costoro psicologia funzionale e psicologia finalistica sono sinonimi § 7. Il problema della sopravvivenza [294-296] L’antitesi tra l'attività, la realtà inanalizzabile, da una parte, e la relazione, dal- l’altra parte, viene scomparendo e, tanto per lo spirito quanto per la materia, deve essere ABEL REY 589 lasciata nel ciarpame d’una metafisica invec- chiata. Tutto il dato è soltanto una sintesi, che la scienza continua ad analizzare, a ricondurre alle sue condizioni e, in seguito, a scomporre in relazioni. Ma che cosa diventa allora Pimmortalità dello spirito, e soprattutto la sua immortalità personale, dato che, da duemila anni, teniamo più di tutto proprio a questa immortalità? Non seguire la legge delle cose, non seguire la legge di tutti i viventi, non scomparire, non annientarsi in un’altra cosa! Correre questo bel rischio, ideato in ritardo da quel cattivo gioca- tore che è l’uomo, da quel cattivo giocatore che vuole vincere la « bella » ed esige che i dadi vengano truccati in suo favore! È indubbio che ben difficilmente un sistema di relazioni può sembrare eterno o immortale. Ma qui non vi è niente che sia assolutamente impossibile. Improbabile, si! Impossibile, no! Occorrerebbe soltanto, sul piano su cui ci sia- mo posti, che l’esperienza distruggesse l’impro- babilità o, quanto meno, la trasformasse in probabilità. L’esperienza ci dovrebbe far scoprire dietro il soggettivo condizioni che sussisteranno an- che dopo la scomparsa dell’organismo, relazioni che fanno dipendere parzialmente il soggettivo da altro che non sia quest’organismo. Tocca al- l’esperienza decidere. Essa soltanto può elimi- nare i dubbi. A priori niente si oppone a che siano scoperte determinate condizioni o rela- zioni comportanti rindistruttibilità — almeno parziale — di una parte del dato, per esempio, della coscienza. Ma — occorre dirlo? — l’esperienza non d ha ancora mai presentato niente di simile. Non ignoro che gli spiritualisti affermano il contrario. Ma si tratta di una pretesa. Le loro esperienze 590 LENIN P immortaliti e l'agnostirismo di Rey — quelle almeno che non sono truccate e truf- faldino (e non sono forse la minoranza?) — possono tutt’al piu indurre a pensare che, allo stato attuale delle cose, esistano determinate forze naturali, determinati movimenti mecca- nici , di cui conosciamo assai male le manifesta- ziom e peggio ancora le condizioni e le leggi - È persino probabile che esse dipendano dal- l’organismo umano e concernano semplicemente Tinconscio psicologico e l'attività biologica. Cosi, dinanzi alla miseria delle presante ve- rifiche sperimentali della sopra wiveàza, la teo- ria dell’immortalità dell’anima può conservare soltanto la forma già datale da Socrate e da Fiatone: è un rischio da correre, è un appello all’ignoto, e un appello a cui sembra che non si potrà mai avere una risp osta VI. Il problema morale S 1. La morale irrazionale : misticismo o tradi- zionalismo NB NB [301-306] Le nuove filosofie sono perciò, anzitutto, dottrine morali. E, a quanto sembra, queste dottrine possono definirsi come un mi- sticismo dell'azione . Una tale posizione non è nuova, fe già stata quella dei sofisti, per i quali non esisteva né la verità né l’errore, ma sol- tanto il successo. È già stata la posizione dei probabilisti e degli scettici postaristotelici, di certi nominalisti, al tempo della scolastica, dei soggettivisti del XVIII secolo e, in parti- colare, di Berkeley. ABEL REY 591 Le dottrine degli anarchici intellettuali, co- me Stirner e Nietzsche, poggiano sulle stesse premesse. Nella requisitoria del nominalismo e del pragmatismo attuali le parole sono dunque piu nuove delle cose Quando alcuni modernisti, come Le Roy , derivano dal pragmatismo un'apologià del cat- tolicesimo, essi non ne traggono forse quel che volevano trarne alcuni filosofi che hanno fon- dato il pragmatismo. Ma derivano da esso con- clusioni che possono essere tratte legittima- mente e che, del resto, sono state derivate, o quasi, da pragmatisti illustri, come W, James - e i filosofi della scuola di Chicago. Credo anzi di poter affermare di piu. Credo che Le Roy tragga le sole conclusioni che legittimamente dovevano esser tratte da questo modo di pen- sare [...]. Ciò che caratterizza il pragmatismo è Taf- fermazione che è vero tutto ciò che riesce e, in un modo o nell’altro, si conforma all'istante: scienza, religione, morale, tradizione, uso, rou- tine. È da prendere sul serio, e sul serio allo stesso modo, tutto ciò che raggiunge uno scopo e consente di agire [...]. Che cosa ha sinora mandato in rovina tra- dizioni e dogmi? La scienza, o, se si preferisce considerare lo strumento anziché l’opera, la ra- gione. La scienza vive di libertà; la ragione non è altro in fondo che il libero esame. Scienza e ragione sono quindi anzitutto rivoluzionarie, e la civiltà greco-occidentale, fondata su di esse, è stata, è e sarà una civiltà di ribelli. La rivolta è stata sinora il nostro solo stru- 592 LENIN mento di liberazione e la sola forma in cui ab- biamo potuto conoscere la libertà. Intendo la rivolta spirituale di una ragione padrona di sé e non la rivolta brutale che è stata soltanto la ganga — spesso utile, talvolta indispensabile — di quel prezioso metallo che è la prima rivolta. Il principale aiuto che si può fornire al- la tradizione, alla conservazione degli antichi valori morali, per usare il termine di moda, consiste quindi nello svalutare la scienza. Ecco perché il pragmatismo, il nominalismo dove- vano avere quale conseguenza logica, come ha visto assai bene la maggior parte di coloro che li hanno accolti con intelligente cognizione di causa, la giustificazione di determinati motivi d'azione: religiosi, sentimentali, istintivi, tradi- zionali. Sullo stesso piano dei motivi d'azione improntati alla conoscenza scientifica, o, ancor più logicamente, su un piano superiore, in quanto la scienza mira solt anto all’azione indu- striale, la nuova filosofia doveva finire per legittimare una morale irrazionale: slancio del cuore o sottomissione all'autorità, misticismo o tradizionalismo . Il tradizionalismo arriva talora cosi lontano che alcuni (W. James, per esem- pio) non esitano a ritornare, nell’etica, all'as- soluto delle morali razionalistiche § 4. La scienza dei costumi [314] Perché questa concezione della mo- rale come arte razionale sia possibile, occorre evidentemente che ci sia una scienza dei costu- mi. La metafisica si riapre qui alla speranza. In effetti, la sociologia, di cui questa scienza dei costumi è soltanto una sezione, è appena nata. Essa è ancora, come la psicologia, pur se in ABEL REY 593 uno stadio meno avanzato, nel periodo in cui bisogna discutere contro i metafisici sul metodo, suiroggetto della scienza e sul suo diritto alla vita. Sembra tuttavia che la questione, qui come altrove, finisca per essere risolta in favore degli sforzi scientifici. Non si può impedire ai meta- fisici di ciarlare, ma si può lasciar dire e intanto fare. Ora, per merito dei lavori di Durkheim e della sua scuola, la sociologia ha lavorato e fatto [...]. VII. Il problema della conoscenza e della verità § 1. Soluzione tradizionale [325-326] Gli scienziati, gli scienziati puri, si preoccupano, invero, assai poco di questo problema della verità. Per loro è sufficiente pervenire ad affermazioni che ottengano il con- senso universale e si presentino quindi come necessarie. Per loro ogni esperienza, condotta metodicamente e debitamente controllata, è ve- ra. La verifica sperimentale: ecco, come si dice, il criterio della verità. E gli scienziati hanno pienamente ragione, giacché la pratica ha giustificato sempre questa posizione. Sup- porre che essa non la giustificherà sempre si- gnifica immaginare l’assurdo, dubitare per il gusto di dubitare [...]. [328-332] I razionalisti moderni si sono difesi energicamente dagli attacchi del pragma- tismo quando quest’ultimo ha asserito che la ragione dei razionalisti produceva in fondo come risultato quello di garantire al nostro spi- rito la copia fedele della realtà. Il pragmatismo NB NB 38 - 639 594 LENIN ha, in effetti, rimproverato al razionalismo di sdoppiare la conoscenza in due parti sincro- niche: gli o ggetti o le cose in sé e le rappre- sentazioni che se ne fa lo^ spirito [...]. § 2. La critica pragmatistica [...] James sostiene che è vero tutto ciò che viene verificato sperimentalmente e, in al- tri momenti, tutto ciò che assicura una riuscita qualsiasi alla nostra attività. Se si accoglie que- st’ultima proposizione, la conclusione quasi ne- cessaria è che non esiste piu alcuna verità. Ciò che riesce oggi può infatti non riuscire do- mani: cosa frequente nella pratica, come atte- stano i cambiamenti delle leggi e del diritto, delle norme morali e delle credenze religiose, delle opinioni scientifiche. Verità di oggi, errore di domani; verità al di qua dei Pirenei, errore al di là. Il tema è banale. E queste conclusioni, | | che il fondatore del pragmatismo, Peirce, ha decisamente eliminato e combattuto e alle quali | | la grande filosofia pragmatistica, James in par- ticolare, tenta di sottrarsi con i sotterfugi più sottili, proprio queste conclusioni vengono ac- colte grossolanamente dalla maggior parte degli epigoni. Così, a proposito del problema della verità, il pragmatismo fe diventato sinonimo di scetticismo, come, a proposito della morale o della fede, è diventato sinonimo di tradiziona- lismo irrazionale. E tuttavia, come in ogni critica, vi è senza dubbio una parte di vero anche nella critica che il pragmatismo rivolge al razionalismo. Di essa si può dire quel che si è detto spesso delle ABEL REY 595 teorìe critiche: la parte distruttiva è eccellente, quella costruttiva lascia a desiderare. È indub- bio che la teoria dello spirito, come specchio delle cose, e della verità-copia, è grossolana» mente superficiale. L'evoluzione delle verità scientifiche attraverso tutti gli errori di cui è seminato il cammino della scienza sta a dimo- strarlo. D'altra parte, quando consideriamo noi stessi come un organismo che agisce in mezzo airuniverso, è vero che non possiamo separare, dopo tutto ciò che abbiamo detto in precedenza e in base a tutti gli insegnamenti della scienza, la verità dalla verifica sperimentale. Vere sono soltanto le concezioni che riescono. Resta però da accertare se siano vere perché riescono o se riescano perché sono vere. Il pragmatismo tende sempre a risolvere Palternativa nel primo senso. Al buon senso sembra di poter risolverla solo nel secondo [...]. $ 3. Indicazione relativa a una soluzione del problema della verità [333-334] Tutte le conoscenze che ci for- nisce Tesperienza si concatenano e si sistema- tizzano. Non però come nel razionalismo, cioè per effetto di un'attività superiore, che venga loro imponendo le sue forme. Questa concezio- ne, volendo assicurare la fondatezza della scien- za, conduce al contrario allo scetticismo, per- ché fa della conoscenza Popera dello spirito, e tale dualismo pone inevitabilmente il problema di accertare se la conoscenza, opera dello spi- 38 596 LENIN rito, non deformi il dato. Qui, invece, le nostre conoscenze si sistematizzano, esattamente allo stesso modo in cui si danno, e le relazioni del dato hanno il medesimo valore del dato stesso. In realtà, dato immediato e relazioni in esso implicate sono un tutto unico indivisibile. Gli atti di conoscenza sono tutti della stessa natura e dello stesso valore [...]• § 4. Il problema dell'errore réalisme absolu (= materia- lismo sto- rico) 0 A X [336-347] Nel realismo assoluto nel quale ci siamo mossi sinora sembra non esservi posto per Terrore . Ma non dimentichiamo che abbiamo identificato esperienza e conoscenza soltanto al punto d’avvio. È venuto ora il momento di mostrare che cosa comporti questa restrizione. È un fatto di esperienza che le conoscenze dei diversi individui non sono esattamente le stesse. La cosa può spiegarsi in due maniere: o esistono tante realtà diverse quanti sono gli individui (il che è assurdo: cadremmo cosi nel soggettivismo), oppure, — ed è questa l’al- ternativa a cui siamo quindi costretti ad atte- nerci, — in quanto il dato è unico e uguale per tutti, le differenze tra le conoscenze che gli individui ne acquisiscono derivano dalle condizioni in cui essi sono stati e sono posti, cioè, in altri termini, da determinate relazioni individuali esistenti tra loro e il dato e che Tanalisi scientifica può rivelare. A questa stessa conclusione ci hanno condotto altre considera- zioni formulate circa il problema della coscien- ABEL REY 597 za. Abbiamo già visto che il dato implicava relazioni indipendenti dairindividuo conos cente, — relazioni oggettive, — e relazioni secondo le quali il dato dipende dalPorganismo cono- scente, — relazioni soggettive. Ammesso questo, vediamo che nell’esperien- za, e non più al punto d’avvio, ma via via che la analizziamo, avviene uno sdoppiamento tra l’agente della conoscenza e l’oggetto della co - n oscenza. Secondo quanto abbiamo detto, que- sta relazione ha lo stesso valore del dato. S’im- pone con il suo stesso diritto; deriva di qui che la distinzione tra lo spirito e l’oggetto non deve esser posta come primitiva, ma invece come un prodotto dell’analisi, come due rela- zioni molto generali che l’analisi scopre nel dato (W. James); e questa distinzione trae il suo valore dal valore che si è conferito, sin dal- l’inizio, all’esperienza presa in blocco, all’ espe- rienza una e indivisibile [...]. La ver i tà è Toggettivo. L’oggettivo è l’insie- me delle relazioni indipendenti dall’osservatore. In pratica è ciò che viene ammesso da tut- ti, che è oggetto di esperienza universale, di consenso universale, intendendo queste parole in un senso scientifico. Se si prosegue l’analisi delle condizioni di questo consenso universale, se si cerca dietro questo fatto il diritto che lo sorregge, la causa che Io fonda, si perviene al- la conclusione che segue: il lavoro scientifico ha lo scopo di « spersonalizzare », di disin- dividualizzare l’esperienza, prolungandola e con- tinuandola in modo metodico. L’esperienza scien- tifica continua quindi l’esperienza bruta, e non vi è differenza di natura tra il fatto scientifico e il fatto bruto. NB teoria della V conoscenza di j J Rey = mate- v' rialismo che si A vergogna 598 LENIN NB verità ed errore (d si avvicina al materialismo dialettico) Si è detto talora che la verità scientifica è soltanto un’astrazione. Beninteso, essa è una astrazione, se si considera l’esperienza bruta, vale a dire soggettiva e individuale, in quanto essa elimina da tale esperienza quanto dipende unicamente dall’individuo conoscente. Ma que- sta astrazione ha, al contrario, lo scopo di rin- venire il dato tale qual è, indipendentemente dagli individui e dalle contingenze che lo àlte- rano, di scoprire l’oggettivo, il concreto per eccellenza, il reale. Sarebbe interessante cercare mediante l’ana- lisi di alcuni errori famosi la verifica di questa teoria generale. Il sistema di Tolomeo, per esem- pio, ci mostra un’esperienza ingombra di rap presentazioni individuali dipendenti dalle con- dizioni terrestri dell’osservazione astronomica: è il sistema stellare visto dalla terra. Il sistema di Copernico-Galileo è molto piu oggettivo, in quanto sopprime le condizioni dipendenti dal fatto che l’osservatore sta sulla terra. In un senso più generale, Painlevé ha fatto rilevare che, nella meccanica, nella scienza rinascimen- tale e in quella odierna, la causalità comprende le condizioni di apparizione di un fenomeno, in- dipendenti dallo spazio e dal tempo. Senonché le condizioni di circoscrizione nello spazio e nel tempo abbracciano, soprattutto nella meccanica, la quasi totalità delle condizioni soggettive, che sono già troppo poco grossolane per poter essere eliminate con una riflessione sommaria. Conclusione importante: l’errore non è l’an- titesi assoluta della verità. Come moltissimi fi- losofi hanno sostenuto^ esso non è positivo, ma è al contrario negativo e parziale, è in qualche modo una verità minore. Se mediante l’esperien- za si spoglia questa verità del soggettivo in essa implicato, si perviene progressivamente alla ve- ABEL REY 599 forse rità. E la verità, una volta che sia stata rag- giunta, è nel pieno senso della parola un asso- luto e un termine, perché è l’oggettivo, il neces- sario e l’universale. Tuttavia, questo termine è lontano da noi nella quasi totalità dei casi. Ci appare q uasi come un limite matematico, a cui ci si avvicina sempre più, senza riuscire mai a raggiungerlo. Cosi, la storia della scienza ci presenta la verità nel divenire di un'evo luzione; la verità non è fatta, ma si fa. Non sarà mai fatta, ma si farà sempre più. Un'ultima questione può ancora esser po- sta, se, invece di attenersi a ciò che è, si è sem- pre ossessionati dalla vecchia illusione metafisica che consiste nel ricercare perché le cose sono. Perché mai l'esperienza ha talune condizioni sog- gettive? Perché la sua conoscenza non è imme- diatamente una e identica per tutti? Si avrebbe il diritto di rifiutarsi di rispondere; ma qui sem- bra di poter dare, in virtù della psicologia, una indicazione positiva. Se l’esperienza totale aves- se in qualche misura conoscenza di sé, come il Dio dei panteisti, questa conoscenza sarebbe in effetti immediatamente una e identica. Ma nel- l'esperienza, cosi come ci viene offerta, la sua conoscenza è data in modo frammentario e sol- tanto a quei frammenti di esperienza che siamo noi stessi. La biologia e la psicologia ci insegnano che ci siamo formati, o piuttosto che siamo stati formati, attraverso l'adattamento all’ambiente, attraverso un equilibrio continuo con l’ ambiente. Si può da qui concludere, grosso modo, che la nostra conoscenza deve rispondere anzitutto alle necessità della vita organica. Essa è quindi, al- l'origine, ristretta, confusa, molto soggettiva, come nella vita istintiva. Ma, una volta che sia libidine verbale verso l'« espe- rienza >► l'« esperienza * 600 LENIN intervenuta nel giuoco delle energie universali, la coscienza vi si mantiene e rinvigorisce in forza della sua utilità pratica. Esseri sempre piu complessi si evolvono e sviluppano. La coscienza diventa più chiara e precisa. Diventa intelligenza l’expérience = e ragione. E, al tempo stesso, l'adattamento, le milieu? l'adeguamento all' esperienza sono più completi. La scienza è soltanto la forma più elevata di questo processo. Essa ha il diritto di sperare, pur se non la raggiungerà mai, in una cono- scenza che diventi tutt'uno con il dato, che sia assolutamente adeguata all'oggetto: una co no- scenza oggettiva, necessaria e universale. Teori- camente, la sua pretesa è giustificata, in quanto si muove nel senso dell'evoluzione svoltasi si- nora. Praticamente, questa pretesa non sarà forse mai soddisfatta, in quanto segna il termine del- l’evoluzione e perché, per realizzarla, sarebbero necessari uno stato dell'universo assolutamente diverso dallo stato presente e una specie di iden- tificazione tra l’universo e le conquiste della conoscenza [...]. L’astrazione più artificiale è quella che eli- mina dall’esperienza i risultati del lavoro ra- zionale e i progressi dell’evoluzione. Quest’evoluzione è stata nettamente diretta dalla pratica e verso la pratica, poiché si traduce e si realizza mediante un adattamento continuo dell’essere al suo ambiente. Chi potrebbe ne- garlo oggi? Sta qui una delle vittorie più deci- sive del pragmatismo su un razionalismo ormai fossilizzato. Ma essa non implica che il vero si definisca in funzione dell’utile e della riuscita. Implica, invece, che l’utile e la riuscita siano l’effetto del possesso della verità [...]. Per esprimere in modo sensato ed esatto i rapporti tra la pratica e la verità, sembra dun- que necessario dire: è vero ciò che riesce, ma ABEL REY 601 riesce ciò che è vero, ossia ciò che fe conforme al reale, per quanto concerne lezione tentata. L’azione corretta è il risultato di una conoscenza esatta delle realtà in mezzo alle quali essa si svolge. Si opera correttamente nella misura in cui si conosce veramente. § y La teoria della conoscenza Tutti ammetteranno, credo, che noi affer- miamo come vero e come oggettivo ciò che è indipendente dal coefficiente individuale riscon- trabile in ogni individuo nell’atto della cono- scenza. Ma le divergenze nasceranno là dove bisognerà dire in quale momento scompaia il coefficiente individuale. Dinanzi a una qualsiasi constatazione sperimentale, posso io separare ciò che è stato constatato universalmente da ciò che ho constatato soltanto io? Abbiamo detto, in generale, che lo sforzo scientifico mirava appunto a operare in tutti i casi questa separazione. In fondo, la scienza non ha altro scopo. Essa potrebbe definirsi pro- prio per questo suo carattere. In pratica, quindi, disponiamo già di un primo mezzo per distin- guere ciò che è vero e oggettivo da ciò che è soggettivo e illusorio. Sarà vero ciò che si sarà ottenuto attraverso metodi scientifici applicati rigorosamente. Spetta agli scienziati elaborare, precisare e definire tali metodi. Questo primo criterio è piu esatto della norma troppo vaga che avevamo presentato sino a questo punto: cioè la norma del consenso universale. Il consenso universale può essere infatti soltanto un pregiu- dizio universale materialismo che si vergogna confusione 602 LENIN X relativa nel senso scettico! ! ! ah! I Bisogna convenirne: la verità che Tuomo può acquisire è una verità umana . Con questo ter- mine non vogliamo dire che essa sia relativa nel senso scettico della parola. Ma vogliamo dire che essa dipende dalla struttura della specie umana ed è valida soltanto per questa specie f ...J. Bisogna, del resto, farla finita una volta per tutte con certi sofismi: una verità valida per Finterà specie umana, la verità umana, è per l'uomo una verità assoluta, perché, pur suppo- nendo, come fanno i sostenitori di un assoluto extraumano, che essa non sia un calco del reale, tuttavia questa verità, almeno per Tuomo, è la traduzione esatta, la sola possibile, l'equivalente assoluto del reale [...]. [351-352] Uno scienziato contemporaneo, Poincaré, ha sostenuto altresì che la fisica non ha mai a che fare con fatti identici, ma sempli- cemente con fatti molto simili tra loro. A che serve allora la scienza, dal momento che, se essa vuole essere rigorosa, ogni fatto nuovo esige una nuova legge? Quest'obiezione è dello stesso genere della seguente: ogni fatto abbracci a l'infinito. Avrem- mo dunque necessità della scienza tutt’intera per avere sul minimo oggetto la minima conoscenza esatta. Il problema si risolve allo stesso modo e quasi da sé [...]. In sintesi il dato è oggetto di scienza, perché è analizzabile, e quest’analisi ci rivela le condi- zioni di esistenza del dato. La scienza è certa perché ogni analisi da essa operata ci conduce a poco a poco verso intuizioni sperimentali che ABEL REY 603 hanno Io stesso valore del dato; p er modo che la scienza ha lo stesso grado di certezza dell'esi- stenza dell'universo, che essa spiega, e della mia propria esistenza, che mi è parimente nota solo attraverso un'intuizione sperimentale. Vili. Conclusione generale : la filosofia del- l'esperienza [354-357] Cosi, lasciando da parte il sistema di Spinoza, in quanto è un mirabile tentativo di concepire le cose dal punto di vista meno umano e più oggettivo possibile, rinveniamo sempre, sin dagli inizi della riflessione filosofica ellenica, gli stessi due o tre orientamenti generali dello spirito metafisico. Si tratta degli orientamenti se- condo cui tutti i manuali classificano ancora di solito i sistemi filosofici con i nomi appunto di materialismo, spiritualismo e idealismo. In fondo, — se si considerano le cose dal punto di vista molto generale in cui ci ponia- mo qui, cioè dal punto di vista della « particolare scala di valori » offertaci da ognuno di questi orientamenti, — poiché lo spiritualismo e l’idea- lismo hanno spesso tra loro le analogie più strette, si può affermare che la metafisica ci ha sempre posto in presenza di due grandi scale di valori: la scala materialistica e la scala ideali- stico-spiritualistica . Queste due scale sono in opposizione tra loro, e ciascuna di esse è quasi l'immagine rovesciata dell'altra. Nella scala idealistico-spiritualistica al ver- tice viene posto lo spirito, che dà il suo signifi- cato e il suo valore a tutto il resto, sia che con l'idealismo rappresenti l'unica realtà, in quanto le apparenze materiali sono soltanto sue creazioni o esistono solo per su? virtù, sia che con lo finale = mate- rialismo che si vergogna NB giudizio sull’idea- lismo e sul ma- terialismo 604 LENIN assurdità! 3.000 anni di idealismo e materialismo spiritualismo offra, al di sopra della realtà mate- riale, che ne è soltanto il supporto o l'ambiente, quella realtà superiore in cui la natura si compie e attraverso la quale essa si esplica. Nella scala materialistica, invece, tutto parte dalla materia e tutto a essa ritorna. È la materia la creatrice eterna e immutabile di tutti gli spettacoli del- l'universo, ivi compreso lo spettacolo della vita e quello della coscienza. La vita è soltanto una specie particolare — tra un'infinità di altre specie — delle combinazioni che il cieco caso fa scaturire dalla materia originaria. La coscien- za, il pensiero sono solo fenomeni della vita; il cervello li secerne, come il fegato secerne il fiele [.. J. Il pensiero, o quanto meno qualcosa del- Pordine dello spirito immateriale e libero, è dunque necessario a un tempo come supremo principio di spiegazione e come supremo prin- cipio di esistenza e creazione. Ponete lo spirito, e tutto si fa chiaro nella natura. Sopprimetelo, e la natura diventa incomprensibile. Svanisce nel nulla. Il materialismo afferma invece — se mi è consentito usare lo stesso procedimento som- mario — che ogni esperienza vòlta a spiegarci un fatto psicologico lo riduce a dei fatti organici. La materia organica viene ridotta a poco a poco alla materia inorganica. La forza non è altro che Pimpulso dell'urto, un movimento che si com- pone con un altro movimento. Al fondo delle cose troviamo dunque solo il movimento bruto e cieco. ABEL REY 605 Ben presto saranno tremila anni che questi sistemi di valori vengono ripresi da ogni gene- razione, sviluppati, precisati talvolta, piu spesso oscurati con le sottigliezze di un pensiero che non vuole mai darsi per vinto. E noi ci troviamo quasi allo stesso punto a cui eravamo all’inizio. Non è da supporre allora che le questioni dibattute da questi sistemi contraddittori siano mal poste e oziose? Non sarebbe un pregiudizio puramente antropomorfico voler stabilire tra le cose una gerarchia esplicativa? E questo pre- giudizio non atterrebbe molto di più alle aspi- razioni del sentimento individuale che non alla discussione razionale? In fondo, questi sistemi si pongono e si oppongono per fini molto diversi da quelli della conoscenza oggettiva, per interessi che niente hanno a che vedere con l'imparziale ricerca della verità. E, dal momento che non hanno rapporto con una discussione positiva, non discutiamoli! O mi sbaglio di grosso, o la filosofia con- temporanea, nelle sue correnti vive e vigorose, quali sono appunto il positivismo e il pragma- tismo, tende proprio a questa conclusione * [358-362] A dire la verità, se per filosofia si intendono quelle speculazioni che cercano, al di qua o al di là dell'esperienza, l'origine, la fine e la natura delle cose, gli inutili fondamenti della scienza e dell'azione, raddoppiando tutto ciò che è conosciuto direttamente con un incono- ah!! * James, per definire il pragmatismo, insiste sull'idea che esso è un sistema il quale si allontana dalle spiegazioni aprio- ristiche, dalla dialettica e dalla metafisica, per volgersi sempre verso i fatti è Tesperienza, W. James sul prag- matismo 606 LENIN blagueur! imbecille! bini, barn! scibile che è incaricato di giustificarlo; in breve, se per filosofia si intendono le antiche dialet- tiche, siano esse razionalistiche o scettiche, idea- listiche o materialistiche, individualistiche o pan* teistiche, allora questi scienziati sembrano già avere causa vinta. Tutte queste metafisiche han- no ormai soltanto un interesse estetico, che può essere, del resto, appassionante per chi ne abbia il gusto: sono le fantasticherie individuali di spiriti elevati e poco pratici [...]. Le scienze si compongono a un tempo di un insieme di risultati sperimentali indubbi e di teorie d’insieme che sono sempre per qualche lato ipotesi. Ma queste ipotesi sono indispensa- bili alla scienza, perché, anticipando sull’espe- rienza futura e sull’ignoto, favoriscono i pro- gressi della scienza. Esse sistematizzano tutto il noto in modo che proietti luce sull’ignoto. Perché mai la filosofia non dovrebbe essere, alla stessa stregua, una sintesi generale di tutte le conoscenze scientifiche, un tentativo di rappre- sentarsi l’ignoto in funzione del noto al fine di aiutarne la scoperta e garantire allo spirito scien- tifico il suo vero orientamento? La filosofia non differirebbe dalla scienza se non per la maggiore generalità dell’ipotesi; la teoria filosofica, invece di essere la teoria di un gruppo di fatti isolati e ben delimitati, sarebbe la teoria dell’insieme dei fatti che la natura ci presenta, il sistema della natura , come si diceva nel secolo XVIII, o, quanto meno, un contributo diretto a una teoria di questo genere. Il punto di vista filosofico non si oppone al punto di vista scientifico; gli si giustappone. Persino quando fa tutti gli sforzi per cogliere la positività, lo scienziato è un filosofo, perché la positività è essa stessa una filosofia ABEL REY 607 La scienza non deve differenziarsi dalla filo- sofia né per l’oggetto (che è lo stesso: render conto dell’esperienza ) né per il metodo (che deve essere lo stesso, in quanto la disciplina scientifica è per definizione la sola disciplina che possa soddisfare la nostra intelligenza). No, tra loro permane soltanto una differenza di punti di vista, e ciò che distingue, ciò che soltanto può distinguere, il punto di vista scientifico da quello filosofico è che quest’ultimo è molto piu generale e si presenta sempre un po’ come una avventura [...]. [364-369] La storia sta a dimostrarci che la scienza, quando si allontana troppo dalle preoc- cupazioni umane piu generali, che costituiscono l’essenza della maggior parte dei problemi filo- sofici, e lascia, per forza o per un eccesso di prudenza ad altre speculazioni, o alle credenze tradizionali, il còmpito di appagare tali preoccu- pazioni, questa scienza vegeta o è in declino. È quindi necessario, e immancabilmente neces- sario, che le conquiste della scienza e lo spirito scientifico siano d ifesi, all’occorrenza, anche con- tro sé stessi, contro la presunzione eccessiva o contro l’avventura, allorché oltrepassano i loro diritti. Perché l’ abusiva temerarietà — che ci presentano, per esempio, talune generalizzazioni materialistiche — non è meno pericolosa per la scienza, tra gli spiriti sani e retti, di quanto lo sarebbero la sua timidezza e il suo spirito timo- rato, in mezzo al volgo. E dunque uno dei compiti essenziali della filosofia consiste nell’as- sicurare l’atmosfera generale che è necessaria allo sviluppo della scienza, al normale manteni- mento e alla diffusione dello spirito scienti- fico [...]. Ma, ben s’intende, la filosofia potrà svolgere la duplice funzione a cui ci sembra destinata — coordinare gli sforzi degli scienziati e favorire le uff! difesa contro il materialismo x 606 LENIN blagueur! imbecille! bim, barn! scibile che è incaricato di giustificarlo; in breve, se per filosofia si intendono le antiche dialet- tiche, siano esse razionalistiche o scettiche, idea- listiche o materialistiche, individualistiche o pan- teistiche, allora questi scienziati sembrano già avere causa vinta. Tutte queste metafisiche han- no ormai soltanto un interesse estetico, che può essere, del resto, appassionante per chi ne abbia il gusto: sono le fantasticherie individuali di spiriti elevati e poco pratici [...]. Le scienze si compongono a un tempo di un insieme di risultati sperimentali indubbi e di teorie d’insieme che sono sempre per qualche lato ipotesi. Ma queste ipotesi sono indispensa- bili alla scienza, perché, anticipando sull’espe- rienza futura e sull’ignoto, favoriscono i pro- gressi della scienza. Esse sistematizzano tutto il noto in modo che proietti luce sull'ignoto. Perché mai la filosofia non dovrebbe essere, alla stessa stregua, una sintesi generale di tutte le conoscenze scientifiche, un tentativo di rappre- sentarsi l’ignoto in funzione del noto al fine di aiutarne la scoperta e garantire allo spirito scien- tifico il suo vero orientamento? La filosofia non differirebbe dalla scienza se non per la maggiore generalità dell'ipotesi; la teoria filosofica, invece di essere la teoria di un gruppo di fatti isolati e ben delimitati, sarebbe la teoria delTinsiemc dei fatti che la natura ci presenta, il sistema della natura , come si diceva nel secolo XVIII, o, quanto meno, un contributo diretto a una teoria di questo genere. Il punto di vista filosofico non si oppone al punto di vista scientifico; gli si giustappone. Persino quando fa tutti gli sforzi per cogliere la positività, lo scienziato è un filosofo, perché la positività è essa stessa una filosofia ABEL REY 607 La scienza non deve differenziarsi dalla filo- sofia né per l'oggetto (che è lo stesso: render conto dell'esperienza) né per il metodo (che deve essere lo stesso, in quanto la disciplina scientifica è per definizione la sola disciplina che possa soddisfare la nostra intelligenza). No, tra loro permane soltanto una differenza di punti di vista, e ciò che distingue, ciò che soltanto può distinguere, il punto di vista scientifico da quello filosofico è che quest'ultimo è molto più generale e si presenta sempre un po' come una avventura [364-369] La storia sta a dimostrarci che la scienza, quando si allontana troppo dalle preoc- cupazioni umane più generali, che costituiscono l'essenza della maggior parte dei problemi filo- sofici, e lascia, per forza o per un eccesso di prudenza ad altre speculazioni, o alle credenze tradizionali, il còmpito di appagare tali preoccu- pazioni, questa scienza vegeta o è in declino. È quindi necessario, e immancabilmente neces- sario, che le conquiste della scienza e lo spirito scientifico siano difesi, all 'occorrenza, anche con- tro sé stessi, contro la presunzione eccessiva o contro l'avventura, allorché oltrepassano i loro diritti. Perché l' abusiva temerarietà — che ci presentano, per esempio, talune generalizzazioni materialistiche — non è meno pericolosa per fa scienza, tra gli spiriti sani e retti, di quanto lo sarebbero la sua timidezza e il suo spirito timo- rato, in mezzo al volgo. E dunque uno dei còmpiti essenziali della filosofia consiste nell'as- sicurare Patmosfera generale che è necessaria allo sviluppo della scienza, al normale manteni- mento e alla diffusione dello spirito scienti- fico [...]. Ma, ben s'intende, la filosofia potrà svolgere la duplice funzione a cui ci sembra destinata — coordinare gli sforzi degli scienziati e favorire le uff! difesa contro il materialismo x 608 LENIN scoperte con ipotesi ispiratrici, da una parte, e creare, dall’altra parte, l’atmosfera indispen- sabile al progresso della scienza — solo a condi- zione che essa cerchi di essere la sintesi orga- nica trice delle scienze, viste e comprese come le vedono e comprendono gli scienziati, cioè, in breve, una sintesi fatta in uno spirito esclusi- vamente scientifico. Ora, è consolante vedere, a un livello indub- biamente piu basso nel pragmatismo, ma tutta- via a un livello ancora molto alto, che le attuali ricerche filosofiche, rompendo decisamente con le aberrazioni metafisiche del periodo prece- dente, sono informate assai coscienziosamente riguardo ai lavori scientifici, cercano di accor- darsi con tali lavori e vi attingono le loro ispi- razioni. Si crea oggi, incontestabilmente, un senti- mento scientifico molto vivo e nitido, che, in alcuni, si sviluppa parallelamente al sentimento religioso o morale e come su un piano diverso, dove lo scontro è impossibile, e che, in altri, ha sostituito questo sentimento religioso e basta alla completa soddisfazione delle loro necessità. A costoro, secondo la bella espressione di Renan, la scienza ha fornito un simbolo e una legge. Essi hanno assunto una posizione veramente positiva , X che conserva del vecchio razionalismo la sua fede incrollabile nella ragione umana, pur acco- gliendo dafl’indubbio trionfo del metodo speri- mentale l’incontestabile risultato che la ragione è soltanto lo sforzo costante dello spirito di adat- tarsi all’esperienza e conoscerla sempre più a fondo, la reciproca compenetrazione della realtà oggettiva e del pensiero soggettivo. Credo che Tavvenire della filosofia stia pro- prio da quest’ultima parte, perché da questa parte sta appunto la verità. Come in tutte le ABEL REY 609 profezie, si ha anche qui un atto di fede. Se esso sia motivato lo dirà Pawenire. E, poiché si tratta di un atto di fede, io considero legittimi tutti gli altri atti di fede, a condizione che coloro che li compiono si comportino allo stesso modo nei miei riguardi. Ritengo inoltre che sia un bene che una corrente d'idee trovi dinanzi a sé correnti di idee opposte; giacché essa si affina, si sviluppa, si emenda e si precisa me- diante la critica degli avversari. La posizione filosofica che si è abbozzata nel corso di questi brevi studi potrebbe esser detta positivismo razionalistico, positivismo as- soluto, o scientismo. Per evitare qualsiasi equi- voco, sarebbe forse preferibile parlare di speri- mentalismo; il che indicherebbe al tempo stesso che questa posizione poggia per intero sull’espe- rienza, — ma, in antitesi al vecchio empirismo, sull’esperienza controllata, frutto della sperimen- tazione scientifica, — e si rifiuta, nel suo rea- lismo assoluto e nel suo monismo sperimentale, di risalire oltre l’esperienza. L esperienza è anzitutto e immediatamente l’ insieme delle nostre sensazioni, ciò che noi chiamiamo fenomeni. Ma essa comincia ad ana- lizzarsi da sé, non appena l’attenzione e la riflessione vi si applichino, perché quest’insie- me di sensazioni è soltanto una visione grosso- lana e molto superficiale del dato. Quasi subito si distinguono in esso e sotto di esso alcune relazioni che il dato implica e che ne costitui- scono la vera essenza. La scienza si studia di continuare progressivamente quest’analisi, che penetra sempre piu a fondo nella natura del dato. Se si vuole rappresentare il dato imme- diato con un punto, per avere un’immagine del n positivismo, speri- mentalismo, reali- smo = « positivi- smo assoluto o ra- zionalistico >► esperienza = Z di sensazioni 39-639 610 LENIN « chose en soi »? * * s dato reale, bisogna figurarsi che questo punto è soltanto la proiezione di una retta che conti- nua dietro di esso. Questa retta può esser ta- gliata in vari segmenti, ognuno dei quali com- prenderà, senza che vi sia tra loro una paratia stagna, le famiglie di relazioni da cui dipende il dato immediato. Ciascuna di queste famiglie verrà costituita in virtù d’una definizione che poggerà sulle affinità naturali da cui queste relazioni sono unite tra loro. Saranno le rela- zioni di numero e di situazione, le relazioni mec- caniche, fisiche, ecc. e, infine, le relazioni psico- logiche, definite attraverso la loro dipendenza dalPorganismo cui il dato si riferisce. Tanti gruppi affini di relazioni, tante scienze particolari. La filosofia cerca, al contrario, di rappresen- tarsi la retta in tutta la sua lunghezza e conti- nuità. Ma la linea nel suo insieme, come il punto attraverso cui si proietta, e il dato imme- diato, come le relazioni che vengono integran- dolo con il procedere dell’analisi, sono della stessa natura. Sono dati dell’esperienza. E il loro insieme costituisce una sola e medesima esperienza: l’esperienza umana. Questa nostra costituzione psicologica e non la natura delle cose distingue il mondo della percezione dall’universo della scienza; e questa distinzione è momentanea e contingente. L’esperienza ha dunque bisogno solo di es- sere spiegata. Spiegarla vuol dire enunciare sem- plicemente le relazioni che essa implica e offre da sé alla nostra conoscenza, se sappiamo acco- gliere i suoi insegnamenti. E la scienza se ne incarica. Ma, essendo tutta la realtà, l’ espe- rienza non ha bisogno di essere giustificata: è. Indice [...] 6. Le idee del matematico Poincaré. P o in- [...] care Pp. 6-7, 28-29 = due linee 146 33 = verità = ? per il pragmatismo e 3 3 49 = valore oggettivo della scienza = centro Matematica e pragmatismo: 62 80: i pragmatisti hanno tratto a sé Poincaré; e Mach 90 Rey = puro agnostico 94 (93) 98: Mach + oggettività = Rey?! 100: concetti = copie della realtà Oggettività: 105 113: materialismo volgare Abram Deborin II materialismo dialettico 147 Abram Deborin, Dialektileskij materializm, in Na rubeie, Peterburg, 1909. [39-41] Come concezione del mondo, il ma- terialismo dialettico dà una risposta — benin- teso non assoluta — al problema della struttura della materia, al problema della struttura del mondo; è esso il fondamento della più brillante teoria della storia; sulla sua base, la politica e la morale diventano in un certo senso scienze esatte. Il materialismo dialettico — ove sia, com’è ov- vio, rettamente inteso — immette dappertutto una corrente fresca di criticismo teorico-cono- scitivo , essendo alieno da ogni dogmatismo . Nel presente articolo è nostro proposito ri- chiamare l’attenzione del lettore soltanto sul- l’aspetto teorico-conoscitivo del materialismo dialettico, che in questo caso, come metodo, co- me principio conduttore della ricerca, non for- nisce soluzioni assolute dei problemi, ma contri- buisce anzitutto a darne un’impostazione cor- retta. Il materialismo dialettico, come teoria della conoscenza, si scinde in una parte formale o logica e in una parte reale o materiale. Per la conoscenza originaria, primitiva, Y emo- zione è identica al suo oggetto, il fenomeno è identico all’essere, alla cosa in sé. II mondo delle emozioni interiori è per l’uomo primitivo anche il mondo delle cose. Egli non conosce alcuna differenza tra il mondo interiore e il inesatto non serve usare termini «altrui»! 1 ) 2 ) 616 LENIN mondo esterno. Questa forma primitiva di cono- scenza, a un determinato grado di sviluppo della civiltà, entra in contraddizione con la tendenza dell’uomo sociale a dominare le forze della na- tura e, quindi, con il nuovo e più alto grado di civiltà. Via via che si estendono i bisogni umani, mentre si accresce e si accumula il mate- riale empirico, mentre si infittiscono le col- lisioni tra le percezioni e il mondo esterno, sempre più si manifesta il contrasto tra le per- cezioni e le cose, tra il mondo delle esperienze interiori e il mondo delle cose. Diviene allora matura la necessità di nuove forme conoscitive [...]. Ci interessa qui direttamente il processo logico che ha condotto la filosofia moderna al p materialismo dialettico. Lo psicologismo di Hume, Berkeley e altri opera, principalmente, sul piano psichico con il mondo sensibile. Le immagini sensibili sono oggetti della conoscenza. Il risultato, a cui mette capo lo sviluppo del- Pempirismo inglese, suona: esse = percipi: esiste ciò che è dato nella percezione, e tutto ciò che è dato nella percezione ha un'esistenza oggettiva, esiste [...]. Kant ha compreso che la conoscenza vera- mente scientifica è possibile solo per mezzo del- T« intuizione matematica ». L'intuizione sensi - bile non racchiude in sé le condizioni indispen- sabili a una conoscenza universalmente necessa- ria. Le immagini sensibili non possono abbrac- ciare tutto Pinsieme dei fenomeni conoscibili. E Kant effettua il trapasso dallo psicologismo al ? trascendentalismo [...]. [43] La filosofia hegeliana rappresenta Pul- timo anello, quello conclusivo, della catena. Si è già visto che in Hume, in Kant, in Fichte il DEBORIN 617 soggetto è stato posto sopra l’oggetto, il quale ultimo è stato dichiarato come un che di non separabile dal soggetto [..«]« [48-58] Le categorie, ossia i concetti puri universali, come il tempo, lo spazio, la causa- lità, sono per il materialismo dialettico, da un lato, determinazioni logiche , e, dalFaltro, forme reali delle cose [...]. Il limite del trascendentalismo è nel fatto che esso non estende i suoi diritti alla sfera reale delle cose e considera le categorie soltanto come forme soggettive , e per di piu aprioristiche, della coscienza. Il trascendentalismo abbraccia i fenomeni con forme categoriche, cioè logicamen- te universali, che consentono di formulare le leggi rigorosamente matematiche della natura e di dare a esse un carattere universale. Ma il trascendentalismo, come anche il fenomenismo ma guarda! sensista, ha a che fare soltanto con i fenomeni Per entrambi l’essere, le cose in sé sono inac- cessibili [...]. Il materialismo dialettico attinge l’« ìncon- dizionatezza » e universalità della conoscenza con il dichiarare che le forme sono « intuizioni » universali , oggettivamente reali. Poggia su que- sto la possibilità di una conoscenza matematica, o, se si vuole, « geometrica », cioè esatta, del reale. Lo spazio « geometrico » e il « tempo puro » sono intuizioni universalmente reali e costituiscono il presupposto della conoscenza « matematica » del mondo sensibile [...]. Ma al tempo stesso la coscienza dialettica rivela la capacità di innalzarsi sino all’« intui- zione » della natura, come di « un tutto », sino all’ intuizione della necessità, dell’intrinseca con- dizionalità dell’ordine universale della natu- ra [...]. 618 LENIN L’uomo conosce nella misura in cui agisce e si sottomette al dazione del mondo esterno. Il materialismo dialettico insegna che l'uomo è sollecitato a riflettere principalmente dalle sensazioni che egli sperimenta nel processo della sua azione sul mondo esterno [...]. Il materialismo dialettico, movendo dalla consi- derazione che si può dominare la natura solo quando ci si sottometta alla sua azione, ci prescrive di concordare la nostra attiviti con le leggi universali della natura, con Lordine necessario delle cose, con le leggi generali di sviluppo del mondo [...]. Parmenide vedeva quindi l'essenza reale delle cose («l'uomo») in ciò che può essere conosciuto dal pensiero o ragione e che sta dietro i fenomeni effimeri e mutevoli. Egli ha separato pertanto le percezioni sensibili dal loro fondamento, il mondo fenomenico dal mon- ili! do metafenomenico [..-1- Se per i metafisici-razio nalisti la v era realtà è data dal concetto, per i | sensisti | è invece reale ciò die è dato nella percezione sensibile o intuizione. Ciò che trascende i limiti dei sensi è inaccessibile alla conoscenza. Oggetto della conoscenza sono i fenomeni, che ven- gono eretti a realtà assoluta. Il contenuto della coscienza empirica è mutevole ed effi- mero. Il sostrato reale delle qualità viene re- spinto dal | fenomenismo. [ Data la varietà, è data anche la molteplicità dei fenomeni, ma non c’è unità sostanziale [...]. S Kant si è ingegnato di fondere la dottrina del fenomenismo sull'inconoscibilità delle cose $ In sé e la dottrina dei razionalisti-metafisici sdii* esistenza di un essere assolutamente rea- le, sull'esistenza delle « cose in sé ». I materialisti francesi, con alla testa Hol- DEBORIN 619 bach, hanno opposto la natura , come essenza metafisica della cosa, alle sue proprietà. Que- sta opposizione denota in un certo senso lo stesso dualismo che esiste in Kant tra la « cosa in sé » e i « fenomeni » [...]. Saremmo, tuttavia, ingiusti verso il mate- rialismo francese, se lo identificassimo con il kantismo. Il materialismo del secolo XVIII ammette infatti la relativa conoscibilità persino dell'essenza delle cose [...] Il materialismo francese, pur movendo dal- la stessa premessa, cioè che la materia agisce sui nostri sensi esterni, riconosce peraltro che alcune proprietà delle cose in sé sono cono- scibili. Ma il materialismo francese è inade- guatamente coerente, poiché insegna che sol- tanto alcune proprietà delle cose sono cono- scibili, mentre la loro « essenza » o « natu- ra » ci è nascosta e non interamente cono- scibile... Kant ha tratto la contrapposizione delle proprietà della cosa alla sua « natura » dagli agnostici, dai fenomenisti-sensisti (direttamen- te da Hume) [...]. In antitesi al fenomenismo e al sensismo, il materialismo considera le impressioni, che noi riceviamo dalle cose in sé, come aventi un significato oggettivo. Mentre il fenomenismo (e il kantismo) non vede alcun punto di con- tatto tra le proprietà delle cose e la loro « na- tura », cioè il mondo esterno, i materialisti francesi già sottolineano nitidamente che le cose in sé, almeno parzialmente, sono cono- scibili appunto sulla base delle impressioni pro- dotte su di noi e che le proprietà delle cose sono in una certa misura oggettivamente reali [...]. bugie! goffo nec plus ultra! ) questa è brodaglia X X X 620 LENIN X NB X Verità effettive esposte in modo lambiccato e astruso. Perche Engels non usava un ger go cosi in- comprensibile? NB [60-62] Il materialismo dialettico pone a fondamento dell'essere la sostanza materiale, il sostrato reale. Il materialismo dialettico con- sidera il mondo « come un processo, come una sostanza, che si trova in perenne sviluppo » (Engels). L’essere immutabile e incondiziona- to dei metafisici si tramuta in un essere mute- vole. La realtà sostanziale viene riconosciuta mutevole ; le modificazioni e i movimenti sono forme reali dell’essere. Il materialismo dialet- tico supera il dualismo di « essere » e « non essere », la contrapposizione metafisicamente assoluta di € immanente » e « trascendente », la contrapposizione delle proprietà delle cose alla cosa stessa. Sul terreno del materialismo dialettico si crea la possibilità di collegare scientificamente la cosa in sé con i fenomeni, l’immanente con il trascendente, e di superare l’inconoscibilità delle cose in sé — da un lato — e il « soggettivismo » delle qualità — dall’altro Iato — poiché, come osserva assai giustamente Plechanov, « la natura della cosa si rivela appunto nelle sue proprietà ». Sul fondamento delle impressioni, che ricevia- mo dalle cose in sé, abbiamo la possibilità di giudicare delle proprietà delle cose in sé, del- l’ essere oggettivamente reale [...}. L’« immanente » acquista un c arat tere og- gettivamente reale; il « trascendente », che sta oltre i fenomeni, nella sfera dell’* inconosci- bile », si trasforma da essenza misteriosa, inac- cessibile ai nostri sensi, in contenuto « imma- nente » della nostra coscienza, in oggetto di percezione sensibile. L’« immanente » diviene « trascendente », in quanto assume un signi- ficato oggettivamente tede , in quanto consente di giudicare dalle impressioni le proprietà del- le cose; e il « trascendente » diviene « imm» - DEBORIN 621 nente », in quanto viene situato nella sfera del conoscibile , benché sia al di là del sogget- to. Nello stesso senso si pronuncia Beltov. « Secondo questa teoria, — egli dice, — la natura è anzitutto l’insieme dei fenomeni. Ma, poiché le cose in sé sono la condizione neces- saria dei fenomeni, o, in altri termini, poiché i fenomeni sono generati dall’azione dell’og- getto sul soggetto, siamo costretti a ricono- scere che le leggi della natura hanno un si- gnificato, non soltanto soggettivo , ma anche oggettivo , cioè che il rapporto reciproco delle idee nel soggetto corrisponde, quando l’uomo non sbagli, al rapporto reciproco delle cose fuori di lui. » * Cosi si risolve nell’unico modo corretto e scientifico il problema della con- nessione reciproca tra i fenomeni e le cose in sé, che è il problema piu importante della conoscenza e sul quale si sono tanto affaticati Kant, i metafisici e i fenomenisti [...]. [62] L’unità di essere e non-essere è il divenire, insegna la dialettica. Tradotta nel concreto linguaggio materialistico, questa tesi significa che a fondamento di tutto l’esistente c’è la sostanza t la materia , che si trova in un processo di perenne sviluppo [...]. [64-65] Il corpo nella sua percettività non si esaurisce quindi , come suppongono i f enomenisti-sensisti , ma esiste in modo assolutamente indipenc ente dalle nostre per- ceziom, esiste « per se », come « soggetto ». Ma, se il corpo esiste indipendentemente dalle nostre percezioni, in compenso le percezioni dipendono interamente dal corpo che agisce su NB ♦ N. Beltov, Critica dei nostri critici, p. 199. 622 LENIN di noi. Senza corpo, non vi sono percezioni, né rappresentazioni, concetti e idee. Il nostro pensiero è determinato dallessere, cioè dalle impressioni che noi riceviamo dal mondo ester- no. Di conseguenza anche le nostre idee e i nostri concetti hanno un significato oggetti - NB vamente reale [...]. Il corpo che agisce sui nostri sensi è con- siderato come la causa dell'azione che esso produce, cioè della percezione. I fenomenisti contestano la possibilità stessa di impostare cosi il p roblema. Il mon do esterno, suppon- gono gli | immanentisti, | non è solo inacces- sibile alla percezione, ma è anche impensabile, ammesso che questo mondo esista [...]. [67] Bisogna ammettere, inoltre, che le nostre percezioni, in quanto risultato delazio- ne di due fattori — il mondo esterno e la nostra « sensibilità », — non sono identiche jqg neanche per il contenuto agli oggetti del mon- do esterno, il quale ci è inaccessibile | imme- LPI ? dia t amente, | intuitivamente. | [...]. [69-75] Dal punto di vista del materiali- smo dialettico la cosa in sé fe Poggetto come esso esiste in sé stesso, « per sé ». In tal senso Plechanov definisce la materia « come Tin- sieme delle cose in sé, in quanto queste cose sono la fonte delle nostre sensazioni » *. Que- sta cosa in sé o materia non è un concetto astratto, che si trovi dietro le proprietà con- crete delle cose, ma un concetto « concreto ». L'essere della materia non è separato dalla sua essenza o, viceversa, l’essenza della materia non è separata dal suo essere [...]. * «Das Bild dicses Scirn ausser dem Deokea ist die Materie, das Substrat der Realitat »: L. Feuerbach, Wcrke, v. 2, p. 289. DEBORIN 623 Un oggetto privo di ogni qualità o pro- prietà non può nemmeno essere pensato da noi, non può esistere, non ha alcun essere. Il mondo esterno è costruito da noi me- diante le nostre percezioni, sulla base delle impressioni che il mondo esterno, gli oggetti in sé suscitano in noi [...]. Tra il mondo esterno e il mondo interiore esiste una certa differenza, ma al tempo stesso anche una determinata affinità, talché noi attingiamo la conoscenza del mondo esterno sulla base del- le impressioni, ma appunto di quelle impres- sioni che sono state suscitate dagli oggetti del mondo esterno. Sul fondamento delle impres- sioni provocate in noi dall’azione dell’oggetto, ascriviamo a quest’ultimo determinate proprie- tà. L’impressione è la risultante di due fattori e, in quanto tale, è inevitabilmente condizio- nata dalla natura di questi due fattori e rac- chiude in sé qualcosa che costituisce la natura dell’uno e dell’altro fattore, qualcosa che è ad essi comune [...]. Soltanto sul terreno del materialismo dia- lettico, che riconosce resistenza del mondo esterno, si può costruire una teoria puramente scientifica della conoscenza. Chi respinge il mondo esterno respinge anche la causa delle nostre sensazioni e si accosta all’idealismo. Ma il mondo esterno costituisce anche un principio di conformità alle leggi. E, se nelle nostre percezioni vediamo dinanzi a noi una loro connessione determinata e regolare, ciò avviene solo perché la causa delle nostre sensazioni, cioè il mondo esterno, costituisce ?? termine assurdo e goffo! 624 LENXN Ah! ah! Plechanov non parla di que- sta « nuova cor- rente », la ignora. Deborin la presen- ta in modo non chiaro. il fondamento di questa connessione neces- saria [...]. Senza la possibilità di prevedere non si ha la possibilità di conoscere scientificamente i fenomeni della natura e della vita umana [...]. Però gli oggetti del mondo esterno intratten- gono un rapporto di causalità non solo con noi, ma anche tra di loro, vale a dire che tra gli stessi oggetti del mondo esterno esiste una determinata interazione, e la conoscenza delle sue condizioni ci consente di prevedere e di predire non soltanto l'azione degli oggetti su di noi, ma anche i loro rapporti e le loro azioni oggettive, indipendenti da noi, cioè le proprietà oggettive delle cose [...]. Il materialismo dialettico non risolve affatto a priori il problema della struttura della ma- teria nel senso dell'immancabile riconoscimen- to della teoria atomistica o corpuscolare o di una qualsiasi terza ipotesi. E, se trionfano nuove dottrine sulla struttura dell'atomo, il materialismo dialettico non solo non subisce per questo un fallimento, ma riceve invece la piu brillante conferma. Dov'è infatti la sostan- za della nuova corrente nelle scienze naturali? Anzitutto nel fatto che Patomo, considerato dai fisici come un « corpo » immutabile e piu semplice, cioè elementare e indivisibile, si rive- la composto di unità ancor più elementari o particelle. Si suppone che negli elettroni ab- biamo dinanzi a noi gli elementi ultimi del- Pessere. Ma dice forse il materialismo dialet- tico che Patomo è il limite assoluto delPesse- re? [...]. iusto! DEBORIN 625 Sarebbe sbagliato pensare, al modo dei nostri machisti, che, quando si accetti la teo- ria elettronica, cada la materia, in quanto real- tà, e cada con essa anche il materialismo dia- lettico, che considera la materia come la sola realtà e come l’unico strumento idoneo a sistematizzare l’esperienza [...]. Sono tutti gli atomi composti di elettroni? La questione non è risolta, ma è soltanto un’ipotesi, che può anche non venire confermata. Ma, a parte questo, la teoria elettronica esclude forse Latorno? Essa dimostra soltanto che l’atomo è relativamente stabile, indivisibile e immuta- bile Ma la teoria elettronica non elimina P atomo come sostrato reale [...]. Tiriamo le somme. Dal lato formale, come si è visto, il materialismo dialettico consente una conoscenza universalmente necessaria e og- gettiva, in quanto le forme dell’essere sono, dal suo punto di vista, anche forme del pen- siero, in quanto ad ogni mutamento nel mon- do oggettivo corrisponde un mutamento nella sfera delle percezioni. Riguardo al lato mate- riale, il materialismo dialettico muove dal riconoscimento delle cose in sé o del mondo esterno o della materia. Le « cose in sé » sono conoscibili. Il materialismo dialettico respinge l’incondizionato e l’assoluto. Tutto nella na- tura si trova in un processo di modificazione e movimento, a fondamento del quale stanno determinate combinazioni della materia. Secon- do la dialettica, una « specie » dell’essere pas- sa in un’altra specie mediante un salto. Le piu recenti teorie fisiche non solo non confutano, ma, viceversa, confermano appieno la validità del materialismo dialettico. termine stolido! 40-639 Plechanov N. G. Cernysevskij K3 Georgi) Plechanov, N. G. Cernysevskij , Pe- terburg, 1910. [52-53] Oggi è abbastanza ben conosciuto il rapporto tra le nostre forze sociali al tempo della distruzione della servitù della gleba. Ne parleremo, pertanto, solo di sfuggita, solo in quanto la cosa ci servirà a chiarire la funzione svolta, in quest’opera, dalla nostra pubblici- stica d’avanguardia, alla cui testa si trovava a quel tempo N. G. Cernysevskij. Tutti sanno che questa pubblicistica difese con passione gli interessi dei contadini. Il nostro autore re- digeva, uno dopo l’altro, articoli nei quali sosteneva l’emancipazione dei contadini con la terra e affermava che il riscatto delle terre assegnate ai contadini non poteva presentare alcuna difficoltà per il nostro governo. Cer- ny§evskij dimostrava questa sua tesi con con- siderazioni di ordine teorico generale e con calcoli esemplificativi molto minuziosi [...]. Il nostro governo, se durante l’emancipazione dei contadini non dimenticò neanche per un attimo gli interessi dell’erario, si preoccupò tut- tavia molto poco degli interessi dei contadini. Nel corso deH’operazione per il riscatto delle terre si tennero presenti soltanto gli interessi del fisco e dei grandi proprietari terrieri [...]. [57-59] CernySevskij fu costretto a con- durre una polemica molto aspra non soltanto sulle questioni di ordine economico. E, per di piu, non ebbe come avversari i soli economisti 630 LENIN NB NB NB liberali. Quanto più autorevole diventava nella letteratura russa il circolo del Sovremertnik, tanto più si infittivano gli attacchi, provenienti da ogni parte, contro questo circolo in generale e contro il nostro autore in particolare. I colla- boratori del Sovremennik erano considerati uomini pericolosi, pronti ad abbattere tutti i famigerati « pilastri ». Alcuni degli « amici di Belinskij », che all’inizio avevano ancora cre- duto di poter marciare con Cernysevskij e con i suoi compagni di idee, si allontanarono dal Sovremertnik, in quanto organo dei « nihili- sti », e presero a gridare che Belinskij non avrebbe mai approvato l’indirizzo scelto dal Sovremennik. Cosi fece L S. Turgenev *. Per- sino Herzen ringhiò contro i « pagliacci » nel suo Kolokol [...]. In generale, da tutto risulta evidente che Herzen fu indotto in errore dai suoi amici liberali, come Kavelin [...]. Lo stesso Herzen dovette ben presto sco- prire quanto cattivi fossero, in senso politico, quegli amici liberali che avevano trovato da ridire sui suoi rapporti con Cernysevskij. Quan- do fu costretto a rompere con K. D. Kavelin, forse, Herzen disse a sé stesso che i « bilio- si » non avevano tutti i torti. Del resto, la maggior parte degli articoli pubblicati nello Svistok , che avevano provo- cato il particolare malcontento dei liberali ben- nati, non apparteneva a N. G. CemySevskij. Egli solo di rado collaborava allo Svistok, perché era tutto preso in un altro lavoro [...]. * CemySevskij racconta che Turgenev riusciva in qualche modo a sop- portare lui, ma non tollerava affatto Dobroljubov. « Lei è solo un serpente, — disse a Cernysevskij, — ma Dobroljubov è un serpente con gli occhiali ». (Cfr. la lettera già citata. In segno di gratitudine, in Opere, v. IX, p. 103. ) PLECHÀNOV: « CERNYSEVSKIJ » 631 [61-66] A quel tempo il morale si risol- levò almeno in una parte della « società * rus- sa. La gioventù studiosa era in agitazione, na- scevano organizzazioni rivoluzionarie segrete, che pubblicavano appelli e programmi e ane- la vano alla prossima insurrezione dei conta- dini. Già sappiamo che CernyJevskij ricono- sceva a pieno la possibilità deiravvento di un « periodo di serietà » in Russia, e vedremo più oltre con quanto vigore questo nuovo fer- mento degli umori sociali si sia riflesso sulla sua attività pubblicistica. Ma aveva Cerny- sevskij qualche rapporto con le società segre- te? A questa domanda non si può ancora rispondere con certezza, e chi può sapere se disporremo mai dei dati per fornire una ri- sposta [...]. Siamo pienamente d’accordo con il signor Stacheviò che il noto foglietto, il Vehkorus, per la sua lingua e per il suo con- tenuto, ricorda molto gli articoli pubblicistici di CemySevskij Infine, nella prima parte del Prologo sono raffigurati i rapporti di amicizia tra Volgin e Sokolovskij (Sierakowski?) 149 • A Volgin pia- ce l’assoluta dedizione di Sokolovskij ai pro- pri convincimenti, la mancanza in lui d'ogni egoistica meschinità, la sua capacità di domi- narsi, congiunta con la calda passionalità del- Pagitatore autentico. Volgin chiama Sokolov- skij un vero uomo e pensa che i nostri liberali potrebbero imparare molto da lui. Tut- tp questo è molto interessante, ma non chia- risce affatto Patteggiamento pratico di Cerny- sevskij verso la questione polacca [...]. [73] Ma prima della comparsa del Che fare? 150 questi principi erano condivisi sol- NB NB 632 LENIN NB tanto da un pugno di « eletti », la massa dei lettori non li capiva affatto. Nemmeno Herzen si decise a enunciarli in tutta la loro pienezza e chiarezza nel romanzo Di chi la colpa? A. Druèinin, nel racconto intitolato Polinka Saks *, risolve il problema con maggiore determinatezza. Ma questo racconto è troppo debole, e, inoltre, i suoi personaggi, appartenenti allo strato co- siddetto superiore della società, a quello dei ti- tolati e degli alti dignitari, non presentavano alcun interesse per i « raznoòintsy », che, dopo la caduta del regime di Nicola I, costituivano l’ala sinistra del pubblico dei lettori. [75-77] Nei sogni di Vera Pavlovna rintrac- ciamo un tratto della concezione socialista di Cernysevskij a cui, purtroppo, non hanno pre- stato negli ultimi tempi la debita attenzione i socialisti russi. In questi sogni ci attrae il pro- fondo convincimento di CernySevskij che il si- stema socialista può fondarsi unicamente sulla larga applicazione delle forze tecniche, sviluppate nel periodo borghese, alla produzione. Nei sogni di Vera Pavlovna sterminati eserciti del lavoro si occupano in comune della produzione, pas- sando dall’Asia centrale in Russia, dai paesi tor- ridi a quelli freddi. Tutto questo, naturalmen- te, poteva essere immaginato anche con Taiuto di Fourier, ma che i lettori russi non ne sape- vano niente balza evidente persino dalla storia successiva del cosiddetto socialismo russo. Nelle loro rappresentazioni della società socialista i nostri rivoluzionari non di rado sono giunti a concepirla come una federazione di comunità contadine, che avrebbero lavorato i loro campi con quello stesso aratro antidiluviano con cui dissodavano la terra già al tempo di Vasilij Sovremennik, 1847, n. 12. PLECHÀNOV: « CERNYSEVSKIJ » 633 l’oscuro. Ma va da sé che un simile « socia- lismo » non può essere considerato affatto come socialismo. L emancipazione del proletariato può compiersi solo mediante la liberazione dell’uo- mo dal « potere della terra» e, in generale, dal potere della natura. Per quest’ulti- ma emancipazione sono però indispensabili que- gli eserciti del lavoro e quella larga applicazione delle forze produttive contemporanee alla pro- duzione di cui parlava, nei sogni di Vera Pa- vlovna, Cemysevskij e di cui noi, con la nostra aspira 2 Ìone alla « praticità », ci siamo dimen- ticati completamente. Cemysevskij assistè alla nascita di un nuo- vo tipo di « uomini nuovi ». Questo tipo fu da lui delineato nel personaggio di Rachmetov. Il nostro autore salutò con gioia la comparsa di questo nuovo tipo e non potè rinunciare alla soddisfazione di abbozzarne un profilo, pur se non del tutto nitido. Al tempo stesso Cemy- sevskij prevedeva con amarezza tutte le torture e sofferenze che avrebbe dovuto sopportare il rivoluzionario russo, la cui vita era una vita di lotta severa e di gravosi sacrifici. Cosi, Cemy- sevskij delinea dinanzi a noi in Rachmetov un autentico asceta [...]. Siamo d’accordo che alcuni tratti del carattere di Rachmetov potevano es- sere raffigurati diversamente. Ma l’insieme del suo carattere rimane pienamente fedele alla realtà: quasi in ognuno dei (nostri) illustri [ socialisti degli anni 60 e 70 1 vi è stata una [ non piccola | parte di rachmetovismo [...]. Come epigrafe al nostro primo articolo su Cemysevskij, scritto sotto la viva impressione della notizia deUa sua morte e radicalmente rie- laborato nella presente edizione, avevamo scelto 1 ) di « rivoluzio- nari » in Sotsi - aldemokrat, n. 1, p. 173 2) dei «rivoluzio- nari russi» in Sotsialdemo- krat , n. 1, p. 174 3 ) una « enor- me », ivi 634 LENIN le seguenti parole del nostro autore, tolte da una sua lettera alla moglie: « La nostra vita appartiene alla storia, passeranno centinaia di anni, e i nostri nomi saranno cari agli uomini, e verranno ricordati con gratitudine, anche quan- do non ci saranno piu coloro che sono vissuti con noi ». Questa lettera è stata scritta il 5 ot- tobre 1862, cioè quando il suo autore si trovava già in carcere. non smisurata- mente (anche se non conosciamo ancora questa « misura ») [102-103] «[...] La congiunzione di qua- lità assolutamente eterogenee in un oggetto è una legge universale delle cose. » Lo stesso si dica per quella qualità a cui diamo il nome di facoltà di percepire e di pensare. La sua di- stanza dalle cosiddette qualità fisiche delPorga- nismo vivente è smisuratamente grande. Ma qué- sto non le impedisce di essere qualità di quel- Porganismo che possiede al tempo stesso Pesten- sione e la capacità di muoversi [...]. Essi * evitano per solito di mettere in ri- salto le ragioni, che impediscono loro di ricono- scere nella facoltà di percepire una delle pro- prietà della materia, e preferiscono confutare ciò che nessun materialista insigne ha mai af- fermato, — quanto meno in età moderna, — cioè che la percezione è essa stessa movimen- to ** [...]. [106-108] Il processo di combustione ra- pida del legno è accompagnato da numerosi fe- nomeni, che non ineriscono invece al processo * NB Cioè gli avversari del materialismo ( n.d.t .). ** Concediamo che nei materialisti antichi , per esempio, in Democrito e in Epicuro, si siano date talune oscurità al riguardo, benché la cosa sia ancora tutt’altro che dimostrata: bisogna ricordare che le vedute di questi pensatori sono giunte sino a noi in forma incompleta. PLECHÀNOV: « CERNY$EVSKIJ » 635 della sua combustione lenta. Ma non c’è tutta- via una differenza sostanziale tra questi due processi. Essi sono, in sostanza, un processo unico, che si compie però nel primo caso con grande rapidità e nel secondo con eccezionale lentezza. Le qualità inerenti al corpo coinvolto in questo processo assumono quindi nel primo caso particolare vigore, mentre sono caratterizzate nel secondo caso da una « microscopica debolezza, che è assolutamente inafferrabile nella vita cor- rente ». In relazione al problema dei fenomeni psichici questo significa che la materia non è mai priva, neanche nella sua forma non orga- nizzata, di quella facoltà di « percezione » che produce frutti « spirituali » cosi ricchi negli ani- mali superiori. Tuttavia, nella materia non orga- nizzata questa facoltà esiste in misura estrema- mente ridotta. E quindi essa è assolutamente inafferrabile per il ricercatore, e noi, senza ri- schiare affatto di cadere in un errore manifesto, possiamo considerarla pari a zero. Non bisogna peraltro dimenticare che questa capacità ineri- sce in generale alla materia e che, pertanto, non c’è motivo di considerarla come un che di mira- coloso là dove si manifesta con pieno vigore, co- me accade, per esempio, negli animali superiori in genere e, soprattutto, nell’uomo. Enuncian- do quest’idea, pur con la cautela imposta dalle condizioni in cui si trovava a quel tempo la no- stra stampa, Cernysevskij si ravvicinava a mate- rialisti come Lamettrie e Diderot, che stavano, a loro volta, sulle posizioni di uno spinozismo depurato di tutte le superflue intrusioni teolo- giche [...]. [107] Jurkevic affermava inoltre che le dif- ferenze quantitative si tramutano in differenze qualitative non nell’oggetto stesso, ma nel suo NB 636 LENIN non logico, ma gnoseologico NB rapporto con il soggetto senziente. E questo è un errore logico assai grossolano. Per modifi- carsi nel suo rapporto con il soggetto senzien- te, Poggetto deve modificarsi preliminarmente ■ -= \/NSNSVN/VS>/VS\/NSNSNS\SV\S\SNS\A^-iyNS S/>. in sé stesso [...]. Dopo aver elencato punto per punto le presunte argomentazioni inconfutabili di Jur- kevic, DudySkin cosi scriveva nelle Oteèestven - nye zapiski , rivolgendosi a Cemysevskij: « Sembra chiaro; qui non si tratta di qual- cun altro, ma proprio di lei; non si tratta della filosofia e della fisiologia in generale, ma pro- prio della sua ignoranza di queste scienze. Che c'entra qui il parafulmine della filosofia semina- ristica? Perché confondere cose radicalmente di- verse e affermare che tutti voi avete studiato queste cose in seminario e ancora adesso le ri- cordate a memoria? ». A questo CernySevskij rispose che Dudvìkin, non conoscendo i quaderni seminaristici, non poteva capire di che si trattasse. « Se lei si fos- se dato la pena di esaminare questi quaderni, — continua Cemysevskij, — avrebbe notato che tutti i difetti scoperti in me dal signor Jurkevic questi quaderni li scoprono in Aristo- tele, Bacone, Gassendi, Locke, ecc., ecc,, in tutti i filosofi che non sono stati idealisti. E, per- tanto, tali rimproveri non riguardano me come singolo autore, riguardano invece la teoria che io ritengo utile divulgare. Se non mi crede, sfogli il Lessico filosofico, curato dal signor S. G. e appartenente alla stessa corrente del signor Jurkevié, e vedrà che in esso di ogni filosofo non idealista si dice la stessa cosa: co- stui non conosce la psicologia, le scienze natu- rali gli sono sconosciute, respinge Pesperienza PLECHANOV: « CERNYsEV S KIJ » 637 interiore, cade in estasi dinanzi ai fatti, con- fonde la metafisica con le scienze naturali, umilia l’uomo, ecc., ecc. ». [111-112] In generale, nella concezione di Cemysevskij circa l’egoismo razionale si rin- viene chiaramente l’aspirazione — propria di tutti i «periodi illuministici» ( Aufklàrungspe- rioden) — a ricercare nell’intelletto il sostegno della morale, e nel calcolo piu o meno motivato del singolo individuo la spiegazione del suo ca- rattere e delle sue azioni. Talora i ragionamenti di Cemysevskij su questo tema rassomigliano come due gocce d’acqua ai ragionamenti di Hel- vétius e dei suoi compagni di idee. Quasi con altrettanta forza essi ricordano i ragionamenti di un tipico esponente del periodo illuministico in Grecia, cioè di Socrate, che, difendendo l’ami- cizia, dimostrava che è utile avere amici, perché gli amici possono riuscire utili nella disgrazia. Questo senso | estremo di razioniamo 1 si spiega col fatto che gli illuministi per solito non sanno attenersi al punto di vista dello NB sviluppo [...]. [159-161] Cemysevskij applicò le concezioni di Feuerbach all’estetica, e, come vedremo piu avanti, consegui in questo campo risultati che sono in un certo senso molto cospicui. Tuttavia, nemmeno qui le sue argomentazioni furono pie- namente soddisfacenti, dato che un concetto as- solutamente esatto dello sviluppo estetico del- l’umanità presuppone l’elaborazione di una con- cezione generale della storia. E, riguardo a que- st’ultima, CemySevskij riuscì a compiere solo alcuni passi, pur se invero molto precisi, verso una tale elaborazione [...]. 638 LENIN Ecco che cosa leggiamo in un articolo di Cernysevskij dedicato a un noto libro di V. P. Botkin: Lettere sulla Spagna ( Sovremennik , 1857, n. 2): « La divisione del popolo in caste ostili è una delle difficoltà più serie frapposte al miglio- ramento del suo avvenire; in Spagna non c'è questa funesta divisione, non c’è un’ostilità in- conciliabile tra i ceti, ognuno dei quali sarebbe pronto a sacrificare le conquiste storiche più preziose, pur di nuocere a un altro ceto; in Spa- gna l’intera nazione si sente come un tutto. Questa particolarità è talmente inconsueta tra i i popoli dell’Europa occidentale che inerita la mas- sima attenzione, e già di per sé può essere considerata una garanzia del felice avvenire di questo paese » *. Non si tratta di un lapsus, perché Cemy- sevskij scrive più oltre nello stesso articolo: « Sulla maggior parte delle nazioni incivilite il popolo spagnuolo è in grande vantaggio per una questione di estrema importanza: i ceti non sono in Spagna divisi tra loro da un odio radi- cato, da una sostanziale opposizione di interessi; essi non sono caste reciprocamente ostili, come accade invece in molti altri paesi europei occi- dentali; in Spagna, infatti, tutti i ceti possono aspirare di comune accordo a uno stesso sco- po » ** [163-164] Essi*** avevano la predisposi- zione a considerare da un punto di vista idea- listico anche la storia dellumanità. Cosi, nei loro ragionamenti storici ci si imbatte spesso nelle più indubbie e, a quanto sembra, evidenti contraddizioni: i fatti che erano stati interpre- tati in un senso assolutamente materialistico vengono d'un tratto spiegati in modo assoluta- * Opere, v. Ili, p. 38. ** ìbidem, p. 44. *** Cioè i socialisti utopisti ( n.d.t .). PLECHANOV : « CERNYSEVSKIJ » 639 mente idealistico; e, viceversa, le spiegazioni idealistiche sono come spezzate da digressioni pienamente materialistiche. Questa instabilità, questo passaggio continuo, evidente per il let- tore odierno ma non altrettanto evidente per Fautore, dal materialismo all’idealismo e dal- l’idealismo al materialismo si fa sentire anche nelle concezioni storiche di CernySevskij^ che per questo riguardo ricorda da vicino i grandi utopisti deiroccidente. In ultima istanza, anche CemySevskij, come gli utopisti, propende per l’idealismo. Questo risulta evidente dal suo interessante articolo Sulle cause della caduta di Roma (imi- tazione di Montesquieu) , pubblicato nel Sovre- mennik del 1861 (n. 5) [...]. CernySevskij ha dimenticato qui le celebri parole di Plinio, da lui stesso citato altrove: latifundia perdidere Italiani. Nella sua « formula del progresso » — come si è cominciato a dire da noi in seguito — non c’è posto per i rapporti interni di un determinato paese. Tutto si riduce allo sviluppo intellettuale. Cernyfevskij dichiara energicamente che il progresso si fonda sullo sviluppo intellettuale e che il suo « lato fonda- mentale sta appunto nei successi e nello svi- luppo del sapere» [...]. I rapporti sociali sono in lui raffigurati come un semplice effetto della diffusione di determinate conoscenze. Abbiamo appena letto: « Si elabora il sapere storico; ven- gono cosi circoscritti i falsi concetti, che impe- discono agli uomini di organizzare meglio la loro vita sociale, e questa vita viene organizzata me- glio che in precedenza ». Questo è molto di- verso da ciò che Fautore ha scritto nel suo articolo su un libro di Roscher 151 . In quell’ar- ticolo egli sosteneva che era impossibile e per- sino ridicolo giudicare degli scienziati come si trattasse di scolari: non conosceva la tal cosa, e quindi si è fatto un'idea sbagliata. In esso sosteneva che il problema non riguarda l’esten- 640 LENIN sione del sapere di uno scienziato, ma gli inte- ressi del gruppo sociale che egli rappresenta. In breve, da quell’articolo risultava che le con- cezioni sociali sono determinate dagli interessi sociali, il pensiero sociale dalla vita sociale. Qui abbiamo Pinverso. La vita sociale è qui deter- minata dal pensiero sociale, e, se un regime sociale ha certi difetti, questo dipende dal fatto che la società, come uno scolaro, ha studiato poco o male e si è quindi fatta idee sbagliate. Non si potrebbe concepire una contraddizione piu stridente [...]. [170] La posizione di Herzen sui rapporti tra la Russia e il « vecchio mondo » è stata elaborata sotto il vigoroso influsso degli sla- vofili ed è quindi sbagliata. Ma si può per- venire a una concezione sbagliata, pur usando un metodo più o meno corretto, cosi come si può elaborare una concezione corretta, pur usan- do un metodo più o meno sbagliato. È quindi lecito domandarsi quali rapporti corrano tra il metodo con cui Herzen ha elaborato la sua con- cezione sbagliata e il metodo che ha condotto Cerny§evskij alla negazione e derisione — as- solutamente meritata — di quella concezio- ne [...]. [188-190] Ci si potrà far notare che, se- condo la nostra stessa osservazione, le recensio- ni di Cernysevskij qui analizzate sono state scritte dopo che le concezioni storiche di Marx e di Engels avevano assunto una forma orga- nica. Non dimentichiamo questo fatto. Ma pen- siamo che la cosa non possa risolversi con i soli dati di ordine cronologico. Anche le prin- cipali opere di Lassalle sono apparse dopo che le concezioni storiche di Marx e di Engels ave- vano assunto ormai una forma organica, e tut- tavia, per il loro contenuto ideale, queste ope- PLECHANOV: « CERNYSEVSKIJ » 641 re appartengono all’epoca del passaggio dal- l’idealismo storico al materialismo storico. La questione non sta nelle date, ma nel contenuto della singola opera [...]. Non intendiamo ripetere che Cemysevskij era ancora lontano dalla rottura con l’idealismo e che la sua rappresentazione del corso ulte- riore dello sviluppo sociale era assolutamente idealistica. Chiediamo soltanto al lettore di no- tare che l’idealismo storico ha costretto Cemy- sevskij a riservare il primo posto, nelle sue con- siderazioni sulPawenire, agli uomini « avan- zati », agli intellettuali , come si dice oggi, che dovevano diffondere tra le masse la verità sociale infine scoperta [...]. Ma qui non è in causa il sapere del « popolo semplice », qui sono in causa le sue azioni. E le azioni degli uomini non sono sempre determinate dal loro sapere, ma sono sempre determinate non soltanto dal loro sapere, bensì anche — e principalmentp — dalla loro posizione, che vie- ne soltanto chiarita e illustrata dal loro sapere [...]. L’« essere » dell’uomo del popolo impone a quest’uomo un modo d’agire molto più deter- minato di quello imposto all’intellettuale dalla sua posizione sociale. Ecco perché la concezione materialistica della storia consente solo in un certo senso, e per giunta assai circoscritto, di parlare di arretratezza dell’uomo del popolo ri- spetto all’intellettuale: in un certo senso, P« uo- mo semplice » rimane indubbiamente indietro rispetto all’« intellettuale », ma in un altro sen- so Io sorpassa senza dubbio alcuno [...], Ciò che nelle concezioni storiche di Cemy- sevskij era un difetto, derivante dalla debole elaborazione del materialismo feuerbachiano, è diventato in seguito il fondamento del nostro NB NB 41-639 642 LENIN soggettivismo, che non ha niente da spartire con il materialismo e che si è levato con deci- sione contro di esso, non solo nel campo della storia, ma anche in quello della filosofia [...]. < Proprio questo è il difetto del libro di Plechanov su CernySevskij < [199] Verso questa teoria* Cernysevskij assume in generale un atteggiamento molto ne- gativo. Esponendo la concezione idealistica del- lo sviluppo storico, egli continua a ritenersi un materialista coerente. E sbaglia. Ma il suo errore è radicato in uno dei difetti principali del sistema materialistico di Feuerbach. Marx ha osservato molto bene: « Feuerbach vuole og- getti sensibili, realmente distinti dagli og- getti del pensiero: ma egli non concepisce Fat- tività umana stessa come attività oggettiva . Egli, perciò, neWEssenza del cristianesimo , considera come veramente umano soltanto Patteggiamento teoretico [...]»**. Come il suo maestro, an- che Cernysevskij concentra la sua attenzione quasi esclusivamente sull’attività « teoretica » delTuomo, e pertanto lo sviluppo intellettuale diventa ai suoi occhi la causa più profonda del movimento storico [...]. [205] Secondo Cernysevskij il vizio riceve sempre nella storia il meritato castigo. In realtà, i fatti storici che noi conosciamo non danno alcun fondamento a questa concezione, forse consolante, ma comunque ingenua. Ci può qui interessare domandarci come sia sorta nel nostro autore. A tale domanda si può replicare indi- cando Tepoca in cui visse Cernysevskij. Un’epo- ca di ripresa sociale, che aveva, se cosi si può dire, il bisogno morale di concezioni che con- validassero la fiducia nelPimmancabile disfatta del male [...]. * Ossia verso l’idealismo (n.d.t.). Cfr. le sue tesi su Feuerbach l52 , scritte nella primavera del 1845. PLECHANOV: « CERNYSEVSKIJ » 643 [221] Sappiamo che, sin dagli inizi della sua attività letteraria, Cernysevskij realizzò il tentativo, a suo modo molto riuscito, di appli- care anestetica la filosofia materialistica di Feuerbach. A questo suo tentativo abbiamo de- dicato uno studio speciale *. E pertanto ci limi- teremo a dire qui che, sebbene questo tentativo sia a suo modo in gran parte riuscito, tuttavia su di esso, come del resto sulle concezioni sto- riche di Cernysevskij, si è riflesso il difetto fon- damentale della filosofia di Feuerbach: la man- cata elaborazione del suo lato storico, o, per essere più precisi, dialettico. Cernysevskij, solo per non aver elaborato questo aspetto della concezione filosofica a cui aderiva, non potè rivolgere attenzione all'importanza del concetto di giuoco per un'interpretazione materialistica dell'arte [...]. [236] « Il vero godimento è dato all'uomo solo dalla realtà; importanza reale hanno solo le aspirazioni fondate sulla realtà; il successo può toccare solo a quelle speranze che sono generate dalla realtà e a quelle azioni che si compiono con l'ausilio delle forze e delle circostanze da essa offerte. » ** Era questo il nuovo concetto di « realtà ». Dicendo che i filosofi contemporanei lo avevano elaborato traendolo dalle oscure allusioni della filosofia trascendentale, Cernysevskij si riferiva a Feuerbach. Ed esponeva molto correttamente il concetto feuerbachiano di realtà. Feuerbach aveva detto che la sensibilità o realtà è identica alla verità, cioè che l'oggetto nel suo senso vero viene dato soltanto dalla sensazione. La filosofia speculativa sosteneva che le rappresentazioni de- NB 41 * Cfr. Tarlicelo La teoria estetica di Cernysevskij nella raccolta In venti anni. ** Opere di N. G. Cerny§evskij, v. II, p. 206 153 . 644 LENIN ma in Sotsialdemo- krat , n. 1, p. 144: « una feroce e precisa caratteriz- zazione del libe- ralismo russo » NB X gli oggetti, fondate esclusivamente sull’esperien- za sensibile, non corrispondono alla natura reale degli oggetti e devono essere controllate me- diante d pensiero puro, cioè mediante il pen- siero non fondato sull’esperienza sensibile. Feuerbach insorse energicamente contro questa concezione idealistica. E affermò che le rappre- sentazioni degli oggetti, fondate sulla nostra esperienza sensibile, corrispondono pienamente alla natura reale degli oggetti stessi. Il solo guaio è che la nostra fantasia deforma spesso queste rappresentazioni, che entrano quindi in contraddizione con la nostra esperienza sensi- bile. La filosofia deve espungere dalle nostre rappresentazioni l’elemento fantastico che le altera, deve accordarle con l’esperienza sensi- bile. Deve cioè far ritornare l’umanità alla con- templazione degli oggetti reali, non deformata dalla fantasia, che prevaleva nell’antica Grecia. E, in quanto l’umanità verrà ricondotta a questa contemplazione, sarà anche restituita a sé stessa, perché gli uomini subordinati alle finzioni pos- sono essere essi stessi solo enti fantastici, e non reali. Secondo le parole di Feuerbach, l’essenza dell’uomo è la sensibilità, ossia la realtà, e non la finzione, l’astrazione [...]. [243] Si ha qui un ritratto *, disegnato, si può dire, con mano maestra. Ma il maestro che lo ha disegnato non era un critico, bensì un pubblicista [...]. [246-247] fe chiaro, anche senza commenti, che ogni conclusione teorica riguardo alla capa- cità di un determinato ceto o classe sociale di compiere una data azione pratica deve essere sempre controllata, sino a un certo punto, me- * Del liberalismo russo (n.d.t.). plechànov: « éernySevskij » 645 diante Tesperienza e che pertanto può essere ritenuta attendibile a priori solo entro certi li- miti, piu o meno ampi [...]. Cosi, ciò che può sembrare contraddittorio nell’articolo dd Cerny- sevskij, cioè la richiesta di un atto ragionevole e risoluto da parte di uomini, la cui incapacità di essere risoluti e ragionevoli è pur riconosciuta e spiegata come un prodotto necessario delle circostanze, non contiene in realtà una con- traddizione. Queste contraddizioni apparenti possono trovarsi anche nella pratica politica di uomini che stanno sul solido terreno delTinter- pretazione materialistica della storia [...]. Cosi, l’idealista che accetti la verità materialistica, secondo cui il carattere nonché, in ultima istan- za, le opinioni dell’uomo dipendono dalle cir- costanze, finisce in un circolo vizioso: le opi- nioni dipendono dalle circostanze, le circostanze dipendono dalle opinioni. II pensiero dell’* il- luminista » non può mai venir fuori, in teoria, da questo circolo vizioso. Nella pratica la con- traddizione è per solito risolta mediante un vigoroso appello a tutti gli uomini pensanti, indipendentemente dalle circostanze in cui vi- vono e operano. Quello che stiamo dicendo può sembrare una digressione superflua e quindi noiosa. Ma, in effetti, questa digressio- ne è per noi necessaria, in quanto ri aiuta a comprendere il carattere della critica pubbli- cistica degli anni sessanta [253-254] Ma N. Uspenskij ha dovuto esprimersi anche piu recisamente. Egli ha scrit- to, per esempio: « Non c’è da aspettarsi nien- te dai contadini di oggi, che ancora di recente erano vittime della servitù della gleba: non puoi risuscitarli! » * [...]. NB Opere di N. V. Uspenskij, 1883, v. II, p. 202. 646 LENIN NB NB Il lettore, forse, domanderà: ma avrebbe potuto accettare facilmente Popinione cosi di- sperata di Uspenskij sui « contadini di oggi » un uomo come Cernysevskij che, evidentemen- te, riteneva allora possibile un ampio movi- mento del popolo, insoddisfatto delle condi- zioni in cui avveniva Pabolizione della servitù della gleba? A ciò rispondiamo che non sa- rebbe stato facile per CernySevskij accettare quest’opinione, se egli si fosse ritenuto in ob- bligo di concordare assolutamente con N. V. Uspenskij. Ma la verità è che egli non con- cordava assolutamente con Uspenskij. « Pren- dete l’uomo piu comune, più scialbo, più de- bole di carattere, più banale: per quanto apa- tica e meschina sia la sua vita, ci sono mo- menti di tutt’altro ordine, e sono i momenti degli sforzi energici, delle decisioni importanti. Lo stesso accade nella vita di ciascun po- polo » * [,..]. [262] Pisarev possedeva un immenso ta- lento letterario. Ma, per quanto grande fosse il piacere che procurava nel lettore non preve- nuto lo splendore letterario dei suoi articoli, bisogna tuttavia riconoscere che il « pisarevi- smo » è stato una specie di riduzione alPas- 1 surdo dell’idealismo dei nostri « illumini- sti » [266] Alcuni articoli sociologici di Mi- chajlovskij sono stati tradotti oggi in francese e, se non erriamo, in tedesco. C’è da supporre che essi non procureranno mai al loro autore una grande notorietà europea. Ma è molto pro- babile che susciteranno gli elogi di questo o quel pensatore europeo che, in quanto odia il marxismo, arranca alT« indietro, verso Kant ». In questi elogi, non ostante Popinione del no- * Opere di N. G. CernySevskij, v. Vili, p. 357 [art. Non è cominciata la svolta? {n d.t.)] PLECHANOV: .« CERNYSEVSKIJ » 647 stro novissimo storico della letteratura, non può rintracciarsi niente di lusinghiero. Ma è sommamente degna d'attenzione quest'ironia della storia che tramuta in un'arma teorica del- la reazione quello che era un innocente errore teorico di un utopismo più o meno progres- sista NB [281-2821 Nella conclusione CernySevskij parla delle idee riformatrici: « Presto vedremo che esse cominceranno a presentarsi in forme piu ragionevoli e a pervenire a uomini per i quali non sono un dilettoso passatempo, ma una ~ WWW loro propria necessità, e, quando comincerà a WA/WVVVWV occuparsi ragionevolmente del suo benessere quella classe con cui hanno inteso recitare una commedia di pupi i saintsimoniani, allora, pro- babilmente, essa vivrà meglio di oggi sulla terra » *. È questa un'osservazione molto im- portante, Essa dimostra che nei suoi ragiona- menti intorno all'avvenire del socialismo euro- peo occidentale Cernysevskij andò molto vicino alla teoria della lotta di classe [...]. Cernysevskij non si domanda se in questa vita esistono fenomeni che possano fornire un a garanzia oggettiva del fatto che anche all'* uo- mo semplice » giungeranno infine le nuove idee filosofiche. Egli non ha bisogno di questa garanzia, perché il trionfo dei nuovi principi ha per lui una garanzia assolutamente sufficiente nella natura dei principi stessi, nonché nella natura dell'uomo [...]. NB NB Opere, v. VI, p. 150. 648 LENIN è troppo [289] Cernysevskij considera il problema del socialismo, come tutte le altre questioni ge- nerali dello sviluppo storico, dal punto di vista dell’ idealismo. Quest’atteggiamento idea- listico verso i più importanti fenomeni storici era comune al socialismo di tutti i paesi nella fase utopistica della sua evoluzione. Questo tratto del socialismo utopistico assume tanto rilievo che su di esso occorre indugiare, senza temere alcune ripetizioni, pienamente possibili in questo caso [313] «Chi, se non uno stolto, può preoccu- parsi di conservare la proprietà in certe mani, senza essersi assicurato in anticipo che questa proprietà rimarrà in queste mani e vi rimarrà a condizioni vantaggiose? [„.] Vadano al dia- volo tutte queste provviste che possono solo nuocere alla persona che mi è cara! Vada in malora tutto ciò che può condurvi soltanto alla rovina! Proverò stizza per voi, mi vergognerò per la mia stoltezza: ecco i miei sentimen- ti.» * [315-316] Già nell’aprile 1857 egli scrive- va: « Ma non ci si può nascondere che la Rus- sia, la quale ha sinora partecipato scarsamente al movimento economico, sarà presto coinvolta in tale movimento, e la nostra vita, che si è sinora quasi sottratta all’influsso di quelle leggi economiche che rivelano tutta la loro potenza solo quando vi sia un’intensa attività econo- mica e commerciale, comincerà presto a pie- garsi alla loro forza. Ben presto forse anche noi saremo attratti nella sfera dove opera piena- mente la legge della concorrenza » ** [...]. * Opere , v. IV, p. 307 ** ibidem , v. Ili, p. 185. plechanov: « cernySevskij » 649 Naturalmente, quando in un paese asiatico, che conosce già da un pezzo i ponti sospesi, giungeranno le tecniche europee, sarà più facile convincere il mandarino che i moderni ponti sospesi non sono una fantasia diabolica. Ma è tutto qui. A dispetto dei suoi ponti sospesi, un paese asiatico continua a essere tuttavia un paese arretrato, e l’Europa sarà la sua educa- trice. Lo stesso può dirsi per TobscSina russa. Essa forse agevolerà lo sviluppo della nostra patria; ma tuttavia l’impulso principale verrà a essa dalPocci dente, e a noi non toccherà rin- novare il genere umano per mezzo dell’obsòi- na [...]. [319] Cernysevskij chiarisce più avanti il suo pensiero con argomentazioni, le quali con- fermano la nostra supposizione che egli dicendo democratici intenda socialisti. « Sotto il profilo teorico, — scrive Cernysevskij, — il liberalismo può sembrare seducente a coloro che un felice destino ha liberato dalla necessità materiale: la libertà è cosa molto piacevole. Ma il liberalismo intende la libertà in modo ristretto, puramente formale. La libertà consiste, per il liberalismo, nel diritto astratto, nell’autorizzazione concessa sulla carta, nella mancanza di un divieto giuri- dico. Esso non vuole capire che il diritto di fare qualcosa assume valore per Tuomo solo quando quest’ultimo disponga dei mezzi ma- teriali per godere di tale diritto » * [...]. [329-342] Gli «uomini semplici » non leg- gono i giornali, non si occupano di questioni politiche e non influiscono sul loro andamento. Cosi stanno le cose oggi che la loro coscienza è ancora profondamente assopita. Quando que- sta coscienza si sarà ridestata, sotto l’influsso Opere , v. IV, p. 157. 650 LENIN NB 0 del reparto d'avanguardia dell'esercito storico combattente, composto degli « uomini miglio- ri », che si sono appropriate le conclusioni della scienza moderna, allora gli « uomini sem- plici » comprenderanno che il loro com pito con- siste nella radicale riorganizzazione della socie- tà e si dedicheranno a quest'opera, che non ha alcun rapporto diretto con il problema delle forme dell'organizzazione politica. È stata que- sta la concezione predominante di Cerny sevskij , cosi come risulta dalla maggior parte delle sue numerose rassegne politiche. Se talvolta questa concezione, sostanzialmente idealistica, della politica cede il posto a un'altra concezio^ ne, che è come un embrione dell'interpretazio- ne materialistica, si tratta tuttavia di un'ecce- zione del tutto simile a quella in cui ci siamo imbattuti neiresame delle concezioni storiche di Cernysevskij: il lettore ricorderà che anche in queste concezioni, sostanzialmente idealisti- che, abbiamo individuato i germi di un'inter- pretazione materialistica della storia. Chiariamo ora con due esempi quale carattere abbiano assunto le rassegne politiche di CernySevskij sotto l’influsso della concezione, appena ricor- data e in lui predominante, circa i rapporti tra la politica e i còmpiti fondamentali della 1 classe operaia j [...], Sotto la differenza teorica tra le con- cezioni idealistica e materialistica delia storia Ple- chanov non ha còlto la differenza pratico-politica e di classe tra il li- berale e il demo- cratico. PLECHANOV: « ÒERNYSEVSKIJ * - 651 Queste argomentazioni, da cui si conclude che il governo dispotico austriaco si comporta molto giustamente, dovevano sorprendere e in realtà sorpresero moltissimi lettori del Sovre- menntk. Esse suscitavano infatti l’impressione che il loro autore non solo nutrisse indifferenza per le questioni della libertà politica, ma con- sentisse addirittura apertamente con gli oscu- rantisti. Più di una volta gli avversari rimpro- verarono a Cernyàevskij tale consenso. E pro- prio in relazione a queste accuse, nella conclu- sione della rassegna politica del marzo 1862, egli formulò un’osservazione ironica: « Per n oi non c’è diletto più grande del liberalismo: ab- biamo quindi una gran voglia di ricercare da qualche parte i liberali per prenderci giuoco di loro ». Ma, in realtà, Cernysevskij non scriveva le sue paradossali rassegne per « prendersi giuo- co » dei liberali o per difendere i governi di- spotici. Queste rassegne erano fondate sulla idea che, ove permangano determinati rapporti sociali, le cose non possono andare diversamen- te da come vanno e che chiunque desideri cam- biarle deve concentrare i suoi sforzi sulla tra- sformazione radicale dei rapporti sociali. Agire diversamente significa soltanto sprecare il pro- prio tempo. I liberali suscitavano derisione in Cernysevskij appunto perché proponevano dei palliativi là dove era indispensabile una terapia radicale. Secondo esempio. Nell’aprile del 1862, a proposito del conflitto tra il governo e la Ca- mera dei deputati della Prussia, Cernysevskij sembra schierarsi di nuovo in favore déll’asso- lutismo nella sua lotta contro il liberalismo. Secondo Cernysevskij, i liberali si stupiscono invano del fatto che il governo prussiano non ha mostrato buona volontà nel fare concessioni Cfr. Sotsialde - mokrat, n. 1, p. 144: è mo- dificato!! 155 Cfr. Sotsialdemo- krat , n. 1, p. 144, il tono! 652 LENIN NB NB NB e ha preferito gettare il paese nell'agitazione sciogliendo la Camera. « Noi troviamo — egli dice — che il governo prussiano doveva con- dursi a questo modo.» * Una simile afferma- zione doveva sorprendere di nuovo l'ingenuo lettore e sembrargli un tradimento della causa della libertà. Va tuttavia da sé che anche qui il nostro autore non si levava in difesa del dispotismo, ma intendeva solo servirsi delle vi- cende prussiane per comunicare ai piu per- spicaci dei suoi lettori una giusta opinione su quella condizione principale da cui dipende, in ultima istanza, l’esito di tutte le grandi col- lisioni sociali. Ecco che cosa scriveva in pro- posito: « Come i conflitti tra i diversi Stati vengono dapprima trattati su un piano diplomatico, cosi anche la lotta per i principi all’interno di uno Stato viene condotta all'inizio con i mezzi con cui si influisce sulla società o sul piano cosid- detto legale . Ma, come i conflitti tra gli Stati, quando assumano una qualche importanza, con- ducono sempre a minacce di guerra, cosi accade anche airinterno di uno Stato, quando la cosa abbia particolare importanza » [...]. Da questo angolo visivo egli considerava anche ciò che avveniva in quel momento in Prussia. Cernysevskij difendeva e lodava il go- verno prussiano — occorre dirlo — unicamen- te perché esso « operava, come meglio non si sarebbe potuto, per il progresso nazionale », in quanto distruggeva le illusioni politiche degli ingenui prussiani, i quali, non si sa su qua- le fondamento, immaginavano che un sistema di governo effettivamente costituzionale sareb- be subentrato nel loro paese da sé, senza lotta contro il vecchio regime. E, se Cernysevskij * Opere , v. IX, p. 236. PLECHANOV: « ÉERNY§EVSKIJ » 653 non manifestava la minima simpatia per i li- berali prussiani e anzi li dileggiava, questo si spiega col fatto che i liberali prussiani, secon- do la sua giusta opinione, volevano raggiun- /wvw\Aryvwvwwwvww gere i loro scopi senza una lotta decisiva con- tro i loro avversari politici. Parlando del pos- sibile esito del conflitto tra la Camera e il governo, egli rilevò con grande penetrazione che, « a giudicare dagli attuali orientamenti dell’opinione pubblica in Prussia, c’è da sup- porre che gli avversari del sistema vigente si ritengano troppo deboli per la lotta armata e siano pronti a placarsi non appena il gover- no minaccerà con decisione il ricorso ai mezzi militari » *. Cosi avvenne. CernySevskij ave- va quindi ragione nel suo disprezzo verso i liberali di Prussia. Costoro volevano infatti che il regime costituzionale si affermasse in Prussia per virtù propria. E non solo non fecero ricorso ad azioni risolutive, — della qual cosa non si poteva far loro una colpa, perché tali azioni erano impossibili dato il rapporto tra le forze sociali, — ma condanna- rono anche in linea di principio l’idea stessa di queste azioni , e quindi, per quanto dipen- deva da loro, ostacolarono quella modificazio- ne delle forze sociali che avrebbe consentito di ricorrere a tali azioni in avvenire In Prussia, per quanto debole fosse il ca- pitalismo prussiano rispetto a ciò che esso è divenuto oggi, già cominciava tuttavia a svi- lupparsi un movimento operaio, nel senso moderno del termine; mentre in NB * Opere, v. IX, p. 241. 654 LENIN cioè demo cratico NB Russia stava appena cominciando a fiorire quel movimento dei r a z no- li n t s y che viene per solito caratterizzato come un movimento di intellettuali [..J. Le rassegne politiche di Cernysevskij era* no destinate agli « uomini migliori », i quali avevano bisogno di sapere che cosa avrebbero dovuto insegnare alla massa arretrata. Il la- voro degli « uomini migliori » consisteva principalmente, ma non esclu- sivamente, nella propaganda. Il « po- polo semplice » in generale non compariva sulla scena politica. E quanto avveniva su que- sta scena, in generale, riguardava poco i suoi interessi. Ci sono però epoche eccezionali in cui la massa popolare si ridesta dal suo con- sueto letargo e compie tentativi energici, pur avendone talora poca coscienza, per migliorare la propria sorte. In queste epoche eccezionali l’attività degli « uomini migliori » perde, piu o meno, il suo carattere prevalentemente propagandistico e diventa agi- tazione [...]. « Gli uomini migliori di ogni genera- zione trovano che la vita del loro tempo è trop- po gravosa; a poco a poco alcune delle loro aspirazioni diventano accessibili alla società, e in seguito, una volta o l’altra, dopo molti anni, questa società lavora per sei mesi, per un anno, al più per tre o quattro anni, per realiz- zare almeno alcune delle poche aspirazioni tra- smesse dagli uomini migliori. Il lavoro non è mai coronato da successo: a metà strada rentusiasmo si esaurisce, la forza della r o- cietà si estenua, e la vita pratica cade di nuovo in un lungo periodo di stagnazione; come in precedenza, gli uomini migliori, se sopravvi- vono al lavoro à cui hanno dato il loro im- PLECHANOV: « CERNY &E V S KI J » 655 pulso, vedono che le loro aspirazioni sono tut- t'altro che realizzate e come prima devono dolersi della pesantezza dell'esistenza. Ma nel breve periodo di nobile slancio molte cose sono state cambiate. Naturalmente, la riorga- nizzazione è avvenuta in fretta, non si è avuto il tempo di pensare alla bellezza delle nuove costruzioni [...] e il periodo della stagnazione accoglie Tedificio ricostruito con una molti- tudine di piccole brutture e deformità » [...]. Come risulta evidente da tutto, verso la conclusione del primo periodo — cioè del periodo presiberiano — della sua attività let- teraria, Cernysevskij cominciò a credere che la società si stava avvicinando sempre piu alle sue opinioni e tendeva sempre più a con- cordare con lui. In altri termini, egli cominciò a pensare che nella storia russa si stava appros- simando uno di quei salti benefici che si com- piono di rado nella storia, ma che in com- penso spingono molto avanti il processo di sviluppo deUa società [...]. Speranskij aveva, in realtà, concepito vasti piani di riforma, ma è ridicolo considerarlo un rivoluzionario per la dimensione stessa dei mezzi con cui pen- sava di portare a compimento i suoi propositi. Egli contava soprattutto di riuscire a conqui- starsi la fiducia di Alessandro I. E, poggiando su questa fiducia, pensava di realizzare i suoi piani. Ma proprio per questo CernySevskij lo definì un sognatore [...]. Non cede in politica ai trasporti nocivi sol- tanto chi ricordi costantemente che il corso della vita sociale è determinato dai rapporti tra le forze sociali 156 . Chi intenda operare se- condo questa norma fondamentale è talora co- stretto a vivere un gravoso conflitto mora- le [...]. NB Sotsiddemokrat , p. 161, è modi- ficato 656 LENIN NB idem in Sotsial- demokrat, n. 1, p. 164 All’inizio degli anni sessanta il governo decise di elaborare un nuovo statuto per la censura, e si consenti alla stampa di esprimersi sul problema delle limitazioni impostele. Cer- nysevskij non tardò a manifestare al riguardo la sua opinione, che come al solito dissentiva fortemente dalla consueta opinione liberale. CernySevskij riconosceva che ri sono epoche in cui la stampa può risultare non meno peri- colosa della mitraglia per il governo di un dato paese f— ]• Ma nella conclusione CemySevskij domandava inaspettatamente al lettore: e se risultasse che le leggi sulla stampa sono reai» mente necessarie da noi? «Allora di nuovo ri meriteremmo il nome di oscurantisti, di ne- mici del progresso, di odiatori della libertà, di panegiristi del dispotismo, ecc., come già ripe- tutamente ri hanno rimproverato di essere.» E pertanto egli si rifiutava di esaminare il pro- blema dell’opportunità o meno di avere leggi spedali sulla stampa in Russia. « Temiamo — egli scriveva — che una ricerca coscienziosa ri induca a rispondere: si, sono necessarie.» * La conclusione è chiara: sono necessarie per- ché in Russia si avvicina il tempo del « sal- to» [...]* Dopo aver accennato all'esistenza di « cen- tinaia » di nuove riviste e di « deci n e » di scuole domenicali, come a un segno palese della sete di sapere della società, l’anonimo autore dell’articolo recensito da Cernyàevskij si affretta ad aggiungere che questi sintomi sono ingannevoli. « Senti dei gridi nella strada, — osserva malinconicamente l’autore dell’ar- ticolo, — ti dicono che da qualche parte è successo qualcosa, senza volerlo alzi la testa, e addio illusioni!...» «Mi scusi, — obietta subito CemySevskij, — ma quali gridi lei sen- * Opere, v. IX, p. 130, 156* PLECHÀNOV: « CERNYSEVSKIJ » 657 te nella strada? I gridi dei poliziotti, — quel- li li sentiamo anche noi. Sta forse parlando di questi gridi? Ti dicono che da qualche parte è successo qualcosa... Che cosa, per esempio? Là una ruberia, qua un abuso di potere, là una vessazione contro un debole, qua un atto di piaggeria verso un potente: di questo si parla senza posa. Per questi gridi che tutti sentono e per queste conversazioni quotidiane è ben vero che senza volerlo si alza la testa, e addio illusioni! » [...] Se sul piano teorico CemySevskij non col- se chiaramente, neanche in seguito, la connes- sione tra l’economia e la politica, tuttavia nella sua attività pratica — e, nel dir questo, ci riferiamo alla sua attività di pubblicista — egli fu un nemico inconciliabile del nostro vec- chio regime, pur se la sua originale ironia conti- nuava a indurre in errore molti lettori liberali. In effetti, — se non nella teoria, — egli è stato l'uomo della lotta politica intransigente, e il desiderio di combattere traspare quasi da ogni riga di ogni suo articolo del 1861 e, in particolare, del 1862, anno per lui fatale. NB 42 -639 Steklov N. G. Cernyievskij 1M Ju. M. Steklov, N.G. Cernylevskij , ego zizn i dejatelnost (1828-1889 ) , Peterburg, 1909. [11] Karl Marx, che si era accinto tre anni prima di Cernysevskij a studiare i sistemi so- ciali (1843), è vissuto in un’altra situazione ed è riuscito a fare ciò che Cernysevskij non era destinato a compiere. Per il vigore della sua mente e per la ricchezza della sua cultura il « grande scienziato e critico russo », come lo ha definito Marx 159 , non era da meno del fon- datore del socialismo scientifico [30-35] Un poeta tollerante non potrà mai avere estimatori cosi appassionati come quelli di colui che, alla pari di Gogol, nutrendo nel- Tanima odio per tutto ciò che è basso, triviale, pernicioso, predica l’amore per il bene e la verità attraverso Tostile parola della negazione di tutto ciò che è ripugnante. « Chi liscia tutto e tutti non ama niente e nessuno, tranne sé stesso; quel tale di cui tutti son contenti non opera il bene, perché il bene non si può com- piere senza offendere il male. Chi non è dete- stato da nessuno non merita niente» [...]. Si avvicinava l’abolizione della servitù della gleba, e la questione contadina veniva posta all’ordine del giorno. Gli interessi delle classi dominanti venivano difese dal governo, dalle organizzazioni nobiliari e dalla maggior parte della pubblicistica; soltanto gli interessi delle classi contadine non trovavano difensori sinceri e disinteressati. Così, Cernysevskij si gettò in 662 LENIN ? NB non del tutto! battaglia, a capofitto, contro i difensori dichia- rati o ipocriti degli interessi dei proprietari feudali e al tempo stesso contro i rappresentanti delle nascenti tendenze borghesi [...]. A tale scopo CemySevskij scrisse una serie di brillanti articoli, di cui segnaleremo in par- ticolare: L'attività economica e la legislazione , Capitale e lavoro, La monarchia di luglio, Ca- vaignac, ecc. In questi scritti, e in vari altri, Cernysevskij si studiò di smascherare il libera- lismo borghese e di mostrare che esso era inca- pace anche solo di condurre sino in fondo la sua battaglia contro Tassolutismo e le soprav- vivenze del sistema feudale e che esso rappre- sentava in sostanza gli interessi dei grandi pro- prietari, in quanto era in linea di principio ostile agli interessi delle masse lavoratrici democra- tiche [...]. Per porre le fondamenta della concezione del mondo della giovane democrazia russa in sviluppo, Cernysevskij approfittò dell'uscita del- l'opuscolo di Lavrov Compendio dei problemi della filosofia pratica e redasse il suo brillante Principio antropologico in filosofia, in cui enun- ciò le tesi fondamentali del materialismo feuer- bachiano e sottopose a critica implacabile la concezione idealistica del mondo [...]. Si può affermare, senza esagerazioni, che non c’è stata una sola questione politica im- portante, sorta nell'àmbito della società russa, su cui Cernysevskij non si sia affrettato a dire la sua parola razionale e autorevole [...1. JH Prometeo della rivoluzion e r ussa , come con felice espressione lo ha definito Rusanov *, non * N. Rusanov , J p. 286 . ~ socialisti dell occidente e della Russia , Pietroburgo, 1908 , STEKLOV: « CERNYSEVSKIJ » 663 si è risparmiato nel difendere la felicità del suo popolo e nello spianare il cammino ai fu- turi combattenti [...]. f 37-38] I reazionari, ostili all’emancipazio ne della donna e insieme alla liberazione della persona umana in genere, hanno insinuato che Cernyàevskij avrebbe predicato nel Che fare? il « libero amore » *. Si tratta, beninteso, di una calunnia o dell’organica incapacità di com- prendere la psicologia dei nuovi uomini li- beri Sappiamo che Cernysevskij non aspirò mai alla carriera scientifica. Comunque, egli si per- suase ben presto che sarebbe stato piu utile al popolo russo in un’altra sfera di attività. Que- st’uomo, che era un democratico per convin- zione e un combattente per temperamento, non potè isolarsi sulle gelide vette della scienza ac- cademica [42] Quasi tutti gli altri fattori sociali non a ve v? no favorito lo sviluppo del popolo tede- sco. La sola letteratura lo aveva condotto avan- ti, battendosi contro innumerevoli ostacoli. Qui in Cernysevskij veniva fuori rillumini- sta, qui la fiducia nel potere della ragione e nella forza del sapere prendeva il sopravvento sulle sue concezioni sociologiche materialistiche. Les- sing, illuminista tipico, era caro a Cernysevskij anche perché gli ricordava per molti aspetti Be- linskij, e l’epoca di Lessing gli ricordava gli an- ni quaranta e cinquanta della storia russa. In entrambi i casi si trattava di un periodo di Sturm-und-Drang, ed era del tutto scusabile la NB ? * Cfr., per esempio, Tinfame opuscolo redatto dal professor P. P. Tsitovié, dell’università di Odessa, e pubblicato nel 1879 con il titolo: Che cosa facevano nel romanzo « Che fare? w [...]. Purtroppo, gli estratti di quest’opu- scolo sono molto frammentari: vedili nel libro di N. Denisjuk, La -^^NB letteratura critica sulle opere di N. G. Cernylevskij, Mosca, 1908. 664 LENIN passione deirilluminista per gli altri illumini- sti * [...]. [45] Non di meno, un attento esame della raccolta completa delle opere di CernySevskij ci rende profondamente persuasi del fatto che egli possedeva una concezione materialistica del mondo abbastanza coerente, che egli si inge- gnava di portare avanti nell'analisi di tutte le questioni sia teoriche che pratiche cfr. Engels non è esatto! , NB cfr. Feuerbach 161 [47-50] In occidente Tevoluzione dell’he- gelismo di sinistra condusse a Feuerbach, il quale pose le fondamenta della filosofia mate- rialistica. « Si concludeva così — dice Cemy- sevskij — lo sviluppo della filosofia tedesca, che, essendo giunta per la prima volta a soluzioni positive, respingeva la sua precedente forma scolastica di trascendentalismo metafisico e, ri- conosciuta ridentità dei suoi risultati con gli insegnamenti delle scienze naturali, si fondeva con la teoria generale delle scienze naturali e con l'antropologia.» ** Mediante queste parole Cernysevskij ade- risce con assoluta determinazione al « princi- pio antropologico » e all'« umanismo » di Feuer- bach. La questione fondamentale della filosofia concerne i rapporti tra pensiero e essere. L’idea- lismo riconosce il primato dello spirito sulla natura, il materialismo afferma invece il primato della natura o della materia [...]. * In tal senso Cemyfcvskij perviene talora a esagerazioni che non sono proprie del suo realismo rigoroso. Cosi, egli spiega la reazione dei burocrati alla sobrietà del popolo col fatto che « essi sono stati educati male e 7 hanno studiato poco» (Opere, IV, p. 396). Ma queste affermazioni t0 ^‘ sono in lui rare. ** Saggi svi periodo gogoliano della letteratura russa, in Opere, II, p. 162 16 °. steklov : « ìernyIevskij » 665 [53] Che cose il principio antropologico? «L’antropologia — risponde CernySevskij — è quella scienza che, di qualunque parte del processo vitale umano si parli, rammenta sem- pre che questo processo e ogni sua parte si svolge nell' organismo umano , che tale organi- smo è il materiale da cui sono prodotti i feno- meni che essa esamina, che le qualità dei feno- meni sono condizionate dalle proprietà del ma- teriale, e le leggi secondo cui si generano i feno- meni sono soltanto aspetti particolari dell'azio- ne delle leggi della natura » ( corsivo no- stro) [...]. [58-60] Questo saggio * è stato il manife- sto filosòfico degli « uomini nuovi », degli intel- lettuali xaznocintsy, e proprio in tal senso lo riguardarono i nemici della democrazia rivolu- zionaria [...]. Esse ** si riducevano a quanto segue: 1 ) Cernysevskij non conosce la filosofia; 2) egli confonde P applicazione del metodo scientifico- naturale allo studio dei fenomeni psichici con Pinterpretazione stessa dei fenomeni spirituali; 3) egli non capisce l’importanza dell’auto-os- servazione come fonte particolare di conoscenza psicologica [.,.]. [63] L’idealismo è contemplativo per la sua stessa sostanza; il materialismo è invece un sistema attivo, corrispondente ai periodi di asce- wwwwswv/ sa sociale e alle classi orientate in senso rivo- luzionario [...]. [66] Cernysevskij, che collegava la conce- zione filosofica del mondo con determinate ten- denze pratiche, ha compreso che il materialismo c ontemporaneo è la filosofia della classe o pe- raia [...]. NB NB NB ? NB * Cioè II principio antropologico in filosofia {tt.d.t.). ** Cioè le obiezioni di Jurkeviè contro CemySevskij ( n.d.t .) 666 LENIN NB ? X [71] L’etica di CemySevskij è molto simile all’etica di Feuerbach; diciamo quindi qualche parola su quest’ultima. Come rileva Engels *, l’etica di Feuerbach è realistica per la sua for- ma, ma assolutamente astratta per la sua so- stanza [...]. [74] Cernysevskij prosegue la sua argomen- tazione. Un uomo che trascorra intere settimane al capezzale dell’amico infermo sacrifica il pro- prio tempo e la propria libertà al proprio senti- mento di amicizia: questo sentimento è in lui tanto forte che, appagandolo, egli prova mag- giore soddisfazione di quanta ne ricaverebbe da altre soddisfazioni e persino dalla libertà; se in- vece lo violasse, non appagandolo, ne ricave- rebbe maggior disagio di quanto non ne abbia dalla temporanea restrizione della propria liber- tà. Lo stesso si può dire degli scienziati che rinunciano ad avere una vita privata in nome degli interessi della scienza o degli uomini po- litici, « detti per solito fanatici », spiega Cerny- àevskij, ossia dei rivoluzionari [...]. [82] Importante non è la forma ma il con- tenuto dell’« egoismo razionale >►, e, come ab- biamo visto sopra, Cernysevskij e i suoi seguaci risolsero tutti i problemi qui implicati in uno spirito sociale, nel senso della subordinazione agli interessi sociali e universalmente umani [...]. La teoria dell’egoismo razionale è la morale degli uomini onesti , la morale della generazione rivoluzionaria degli anni sessanta [...]. * Engels, Dall'idealismo classico, ecc., pp. 35 sgg. 162 Engels dileggia l’etica di Feuerbach, affermando che secondo questa morale la Borsa dei valori è il tempio supremo della moralità, alla sola condizione che si speculi sempre ■ in modo giusto. Si tratta, ovviamente, di un espediente polemico, ma che rivela bene l’astrattezza e l’astoricità della morale feuerbachiana. steklov: « éernyJevskij » 667 [93] Il rappresentante ricco di energie e di speranze della democrazia rivoluzionaria, che si avvia verso la sua carriera storica, si rifiuta decisamente di accogliere la concezione ideali- stica, che ravvisa nelPelemento tragico una leg- ge dell’universo [104] Le questioni estetiche sono state sol- tanto un campo di battaglia dove il giovane ri- voluzionario del pensiero ha sferrato il suo pri- mo attacco al detestato vecchio mondo, alle sue odiate istituzioni politiche ed economiche, alla sua odiata ideologia e morale. Nella sua dissertazione l63 , « dove sotto una forma alquanto scolastica ferve una sete di vita, di attività, di felicità terrena » *, Cemysevskij ha dato espres- sione alle idee e alla mentalità degli intellet- tuali raznoéintsy [...]. [135] Se si ricorda che CernySevskij è vis- suto nel periodo di sorda reazione europea se- guito alla repressione del movimento rivolu- zionario del 1848-1849, che la Russia si stava appena preparando a disfarsi della servitù della gleba, che in Europa la ripresa politica cominciò a manifestarsi solo dopo la guerra au- stro-italiana del 1859, e che, come vedremo più avanti, CernySevskij non credeva nell'esistenza ? di serie forze rivoluzionarie in Russia, si può capire come il suo oggettivismo dovesse con- durlo di filato verso uno sconsolato pessimi- smo [...]. [ 145-147 ] « Le vittorie di Napoleone in Spagna ~e in Germania hanno procurato una qualche utilità a questi paesi; come potrebbero * Andreeviò, Saggio sulla filosofia della letteratura russa, Pietroburgo, 1905, p. 249. 668 LENIN NB cfr. Plecha- nov 164 ? Cfr. Marx, Das Kapital, III, 7 165 non procurarla anche le vittorie dei fabbricanti e degli ingegneri, dei commercianti e dei tecno- logi? Quando V industria è in sviluppo, il pro- gresso è assicurato. Sotto questo profilo dob- biamo rallegrarci dell* espansione del movimento industriale in Russia.» Cernysevskij mette quin- di in risalto alcuni fatti recenti relativi allo sviluppo deirindustria Non ci stupiremo di rinvenire in lui un ragionamento sulle cause della caduta di Roma, che egli, sulle orme di Plinio, spiega con la trasformazione dei rapporti agrari: « Iatifundia perdidere Italiana » * [...]. [152] In Capitale e lavoro Cernysevskij mostra che la storia antica è fondata sulla lotta delle classi. Secondo lui, ad Atene in que- sta lotta prevaleva l’elemento puramente poli- tico: gli eupatridi e il demos lottavano quasi esclusivamente a favore o contro l’estensione dei diritti politici alla massa del demos **. A Roma emerge molto piu nitidamente e si pone in primo piano la lotta per gli interessi eco- nomici [...]. [154-155] Cosi, per Cernysevskij era chiaro che le moderne classi sociali si formano nel processo della produzione: ai tre elementi deUa produzione, terra, capitale e lavoro, corrispon- dono tre classi fondamentali deUa società mo- derna: i proprietari di terra, la borghesia e gli * Capitale e lavoro, in Opere , VI, p. 15. ** È assolutamente chiaro che Cernysevskij è qui in errore, ma si tratta di un errore accidentale, perché egli per solito dimostra come a fondamento della lotta politica ci sia lo scontro degli interessi economici. Del resto, anche in Engels rinveniamo una frase analoga: « Per lo meno qui [nella storia moderna], dunque, lo Stato, Tordine politico, è relemento subordinato, mentre la società civile, il regno dei rapporti economici, è relemento decisivo * (Op. cit p. 57) [= Ludwig Feuerbach, Roma, 1969, p. 68 (n.d.t.)]. Le cose stanno a questo modo soltanto « nella storia moderna *? Si tratta, ovviamente, di un lapsus. > ? Non saremo quindi particolarmente Teveri verso gli analoghi lapsus di Cernysevskij . STEKLOV: « ÒERNYSEVSKIJ » 669 operai. Nelle note a Mill egli indica determina- tamente che in generale i rapporti tra queste tre classi sono condizionati dalla triplice spar- tizione del prodotto in rendita fondiaria, pro- fitto e salario [...]. [157-160] In effetti, in Cernysevskij si tro- va anche l’espressione: « la piaga del proleta- riato ». Ma egli l’ usa propriamente nel corso della polemica con i borghesi, cioè con gli occi- dentalisti inclini a considerare l’Europa occi- dentale come un paradiso [...]. Cemy§evskij, per una difesa piu sicura della proprietà comu- nitaria della terra, richiamò l’attenzione della società russa sulla proletarizzazione che minac- ciava il popolo. Ma anche i socialdemocratici che si battono contro le riforme agrarie di Stolypin ricorrono a un’argomentazione analoga ( non per la forma, beninteso, ma per la sostanza) [...}. Queste parole * del fondatore del populi- smo mostrano quanto piu in alto egli stesse ri- spetto a quegli epigoni del populismo che, come accade per esempio a V. Cemov , si rifiutano tuttora di cogliere la differenza esistente tra il povero e il proletario. Esse mostrano perché CernySevskij considerasse « il proletariato [...] una piaga piu grave per la vita popolare che non la semplice povertà »[...].« Noi siamo per- suasi — egli scrive — che queste piaghe ver- ranno risanate, che non si tratta di una malattia mortale, ma invece di una malattia di crescen- za » **, I proletari non si acqueteranno sino a che non avranno ottenuto soddisfazione per le loro esigenze, e proprio per questo nelle na- ! X è falso! NB * Ossia le parole con cui (nell 'art. Sulla proprietà terriera, in Opere, III, p. 418) CemySevskij distingue nettamente tra il « povero * che si oppone al ricco e il «proletario» che si oppone al proprietario ( nJ.t .). ** Opere, III, p. 303. 670 LENIN NB NB zioni capitalistiche sono imminenti nuovi scon- volgimenti, più crudeli di quelli prodottisi in passato. « D'altra parte, — scrive Cerny- sevskij, — il numero dei proletari fe in continuo aumento, e, soprattutto, si sviluppa in loro la coscienza della propria forza, si chiarisce in loro la nozione delle proprie esigenze. » * Dica il lettore in tutta franchezza se questa frase non sembra ricordare il Manifesto del partito comunista. [174-176] La maggior parte dei marxisti tende a considerare CernySevskij come uno scrit- tore molto simpatico, persino utile al suo tempo, ma del tutto lontano dalla concezione materia- listica del nostro tempo. Suiratteggiamento dei marxisti verso Cernysevskij opera fortemente quel capriccio della storia per cui questo ogg et- tivista e materialista è divenuto il fondatore del populismo [...]. Cernysevskij considerava la storia delFuma- nità con gli, occhi di un oggettivista rigoroso. Egli ravvisava nella storia un processo dialettico di sviluppo mediante salti, contraddizioni, che sono esse stesse il risultato di graduali modifica- zioni quantitative. A conclusione di questo inar- restabile processo dialettico si determina il tra- passo dalle forme inferiori a quelle superiori. I protagonisti della storia sono le classi sociali, la cui lotta è condizionata da cause economiche. Il processo storico poggia sul fattore economico, che determina i rapporti politici e giuridici, nonché l’ideologia della società. Si può forse negare che questo punto di vi- sta sia vicino al materialismo storico di Marx e di Engels? La concezione del mondo di Cerny- Opcre, III, p. 455. STEKLOV : « CERNYSEVSKIJ » 671 sevskij si differenzia dal sistema dei fondatori del socialismo scientifico moderno I soltanto per la mancanza di sistematicità e per l’impre- cisione di alcuni termini. L’unica effettiva la- cuna nelle concezioni storico-filosofiche di Cerny- sevskij è nel fatto che egli ha omesso di indi- care precisamente la portata decisiva delle forze produttive come fattore fondamentale del pro- cesso storico [257-280] Nei ragionamenti di CernySevskij intorno a questi temi * c’imbattiamo di nuovo in una bizzarra mescolanza di visioni geniali e di tendenze utopistiche, mescolanza, che, come in tutti gli altri casi, si spiega con il carattere generale del suo sistema economico, a cui ab- biamo già accennato più volte. Egli rimprovera a Mill di essersi limitato, per « la merce più importante, cioè per il la- voro », a un paio di osservazioni, mentre « il lavoro è l’unica merce o la merce principale per la stragrande maggioranza degli uomini ** [...]. « La questione fondamentale è questa: deve il lavoro essere una merce, deve esso avere un valore di scambio? » [...]. La compera del lavoro si distingue dalla compera dello schiavo soltanto per il periodo di tempo durante il quale si protrae la vendita e per il grado di potestà su sé stessi che si vende all’acquirente. Il tratto fondamentale è qui lo stesso: il potere di un uomo sulle forze econo- miche di un altro uomo. « Il giurista e Pammi- nistratore possono interessarsi alla differenza tra NB * Cioè sui problemi dell'economia politica e del socialismo ( n.d.t .). ** Lineamenti di economia politica , pp. 436 sgg. ? troppo 672 LENIN NB NB NB NB la compera del lavoro e la schiavitù, ma Teco- nomista non deve farlo » « Il lavoro non è un prodotto . Esso è sol - tanto una forza produttiva , esso è soltanto la fonte del prodotto. Il lavoro si differenzia dal prodotto come il muscolo dal peso che solleva, come Tuomo dal panno o dal grano»* Sulle orme deireconomia classica Cerny- sevskij distingue due specie di valore: quello intrinseco e quello di scambio. Per valore intrin- seco egli intende il valore d'uso e, a differenza deireconomia politica borghese, concentra Tat- tenzione proprio sull’analisi di questo valore. La cosa è ben naturale, se si ricorda che Cerny- sevskij critica il sistema capitalistico non tanto dal punto di vista delle sue tendenze intrinseche oggettive, quanto piuttosto dal punto di vista della sua opposizione agli interessi della società, del popolo, delle masse [...]. « Noi vediamo — egli conclude — che nella sostanza il valore di scambio deve coin- cidere con il valore intrinseco e diverge da esso solo perché si considera erroneamente il lavoro come merce. La possibilità di distinguere il valore di scambio dal valore intrinseco attesta quindi soltanto il carattere economico insoddi- sfacente del modo di vita in cui esiste una dif- ferenza tra i due valori [...]. La teoria può e deve studiare questi fenomeni nel modo più particolareggiato, ma non deve mai dimenticare che in tal caso descrive una deviazione dall'or - dine naturale . Essa può anche stabilire che la * Lineamenti di economia politica, p. 493. STEKLOV: « CERNYSEVSKIJ » 673 eliminazione di questo o quel fenomeno della vita economica esige moltissimo tempo e sforzi immani; ma, pur concependo il periodo di risa- namento da questo o quel morbo economico come un periodo molto lungo, essa non può nòn immaginare quale dovrà essere lo stato di salute.» * Lo stato di salute è il sistema socialista, nel quale la produzione è organizzata secondo un piano in conformità con le esigenze della so- cietà, il lavoro cesserà di essere una merce, e « il valore di scambio coinciderà con quello in- trinseco ». La distribuzione delle forze produt- tive tra le diverse forme di lavoro con un siste- ma di produzione fondato sullo scambio o con la produzione per il mercato è determinata dalla distribuzione della capacità d'acquisto nella so- cietà; con un sistema di produzione fondato, invece, sulle « esigenze del produttore », essa è determinata da tali esigenze. Cosi stavano le cose in quella fase inferiore dello sviluppo in cui caratterizzante era la piccola economia chiu- sa in sé; cosi staranno le cose in quella fase superiore dello sviluppo economico in cui domi- nerà Teconomia collettiva organizzata ** [...]. [282-283] In questo sistema «il valore di scambio del prodotto rimane senza attenzione alcuna; il prodotto viene ricondotto direttamen- te alle esigenze deiruomo e viene considerata soltanto la sua capacità di soddisfare quelle esi- genze, cioè il suo valore intrinseco; Tacquisi- zione di un valore di scambio per il prodótto è ritenuta accidentale, eccezionale, perché la massa dei prodotti non è immessa nella vendita o nella circolazione, ma serve direttamente al consumo del produttore; se una parte dei pro- dotti viene scambiata con i prodotti di altri * Lineamenti di economia politica , pp. 440-441. ** Ibidem, pp. 449-450 [...]. 43 - 639 674 LENIN produttori *, il valore di scambio non è qual- cosa di distinto dal valore intrinseco, il quale ultimo si tramuta senza alcun accrescimento o diminuzione in valore di scambio » ** [...]. [295-296] La precedente esposizione può suggerire al lettore un’idea del sistema economi- co di Cernysevskij, del suo metodo e del fine delle sue ricerche. Questo fine consisteva nel mostrare, mediante la critica dei rapporti eco- nomici esistenti, i danni derivanti dal capita- lismo alle grandi masse popolari, nel sottolineare il suo carattere transitorio e nel delineare i trat- ti essenziali del futuro sistema socialista Ma, se i difetti del metodo applicato da Cernysevskij si sono ripercossi negativamente sulla portata generale del suo sistema e lo han- no condannato a una breve vita, se questo si- stema ha svolto una certa funzione storica, ma deve ritenersi oggi invecchiato, tali lacune com- plessive e l’imprecisione di singole definizioni non hanno tuttavia impedito al nostro autore di enunciare tutta una serie di profonde osserva- zioni critiche nei riguardi del sistema capitali- stico considerato nel suo complesso [...]. * Come si vede, Cernysevskij suppone qui resistenza di uno scambio parziale anche nella società futura. In effetti, come si vedrà più avanti, egli ammetteva la possibilità di una fase inter- media tra il capitalismo e il socialismo. ** Da quanto si è detto risulta chiaro che, se tra le opinioni di CemySevskij e di Proudhon sul valore si può individuare una qualche affinità, quest’ultima assume tuttavia un carattere puramente formale. Il « valore costituito » di Proudhon può realizzarsi soltanto in una società di piccoli produttori indipen- denti, che scambiano liberamente i propri prodotti-merci; la « norma * dei valori di Cernysevskij presuppone invece una società organizzata secondo i principi del lavoro collettivo e del possesso collettivo dei mezzi di produzione, una > società che immette nello scambio solo una parte esigua dei suoi prodotti. Il punto d’awio di Cemyievskij è socialista, quello di Proudhon è piccolo-borghese, individualistico. Là dove comincia a operare la « norma dei valori » del primo non c’è più posto per il «valore costituito» del secondo. STEKLOV : « CERNYSE V S KIJ » 675 [320] Al socialismo di Cernysevskij ineri- vano, beninteso, taluni elementi utopistici, ma non ci decidiamo tuttavia, su questa base, a considerare Cernysevskij soltanto e semplice- mente come un utopista. Come abbiamo già detto, Cernysevskij rappresenta una fase inter- media tra il socialismo utopistico e il socialismo scientifico e, nella maggior parte dei casi, è più vicino al secondo [...]. [324] Lo ripetiamo, deH’u topismo di Cer- nysevskij bisogna parlare cum grano salis* Rea- lista rigoroso, egli ha derivato dai sistemi uto- pistici principalmente la loro critica della pro- prietà privata e del regime capitalistico, nenché i principi generali del futuro sistema, come, per esempio, l'associazione, il collegamento dell’in- dustria con l'agricoltura, l’organizzazione della produzione, ecc. [...]. [328-330] Ma ci dà tutto questo il diritto di includere Cernysevskij tra gli utopisti tout court? Non lo riteniamo in nessun caso. Da tutta l’esposizione precedente risulta chiaro che Cernysevskij non può essere incluso tra i rappresentanti del « socialismo piccolo-bor- ghese » [♦..]. Tutti questi tratti negativi del socialismo piccolo-borghese erano organicamente estranei al nostro Cernysevskij. Egli fu del tutto alieno dall’idealizzare la barbarie patriarcale; negò ca- tegoricamente la vitalità della piccola produzio- ne; il suo programma positivo non si ridusse affatto alla restaurazione del piccolo artigianato o delPagricoltura, ma tese invece all’organizza- zione sociale pianificata della produzione secon- do i principi del collettivismo. NB 43 * 676 LENIN NB NB Ma esiste qualche fondamento per includere il nostro autore tra gli esponenti del socialismo critico-utopistico? Vediamo Estremamente sobrio negli elogi e avaro di giudizi lusinghieri, il fondatore del socialismo scientifico ha riconosciuto in Cemysevskij un grande scienziato e critico che ha rivelato ma- gistralmente il fallimento delTeconomia bor- ghese 166 . È chiaro che questo giudizio, quasi unico sulle labbra del severo Marx, ha un qual- che serio fondamento, soprattutto, quando si considerino i duri giudizi di Marx sugli altri grandi esponenti del pensiero socialista [...]. [332-336] In primo luogo, CernySevskij non ha mai ravvisato nelPassociazione Yunico mezzo per la trasformazione sociale, non ha tentato di imporre dottrinariamente alla classe operaia quest’unica forma e non l’ha contrapposta alle forme storiche del movimento operaio; in se- condo luogo, egli non solo non ha negato la lotta politica e i còmpiti politici del proleta- riato, ma, viceversa, come abbiamo visto sopra (capitoli V e VI), ha rimproverato ai socialisti la loro timidezza e incoerenza nelTassolvere que- sti còmpiti, soprattutto per ciò che riguarda la conquista del potere politico e la dittatura rivoluzionaria [...]. Se nella critica scientifica del capitalismo CernySevskij è stato un discepolo di Fourier, Owen e Saint-Simon, tuttavia sul piano della azione pratica e dei metodi di lotta politica egli si è avvicinato piuttosto ai blanquis ti e ai car- tisti [...]. CemySevskij non credeva però in un pros- simo avvento del socialismo. Per questo lato STEKLOV: « CERNYSEVSKIJ » 677 egli considerava le cose più realisticamente di quanto non facessero, per esempio, Marx e En- gels alla fine degli anni quaranta. Neirarticolo intitolato L’attività economica e la legislazione (1859) egli dice che noi siamo ancora molto lontani dal socialismo, che da esso ci separano « non mille anni, forse, ma probabilmente più di cento o di centocinquanta » * [...]. Con ogni probabilità, egli pensava che, se la storia, la quale, « come una nonna, ama moltissimo i nipotini » **, si fosse orientata favorevolmente per il popolo russo, ne sarebbe scaturito qual- cosa di analogo a ciò che negli ultimi tempi si è detto da noi la « repubblica del lavoro », ma in tal caso la conservazione delPobsòina avrebbe consentito di passare progressivamente alla vera agricoltura collettivistica fondata sul- Pimpiego delle macchine Non lo giudicheremo severamente per que- sto ***. Ricordiamo che anche Kautsky, nel suo opuscolo intitolato La rivoluzione sociale, par- la di realizzazione graduale del socialismo, an- che se, in vero, dopo la conquista del potere da parte del proletariato . Non dimenticheremo inoltre, considerando un periodo più prossimo a quello di CernySevskij, che i congressi del- Plnternazionale, sui cui lavori influì lo stesso Marx, ammettevano questa parziale realizza- zione del socialismo nelPambito del regime bor- ghese (che comprendeva, secondo loro, la na- zionalizzazione della terra, la nazionalizzazione ? NB « realismo »?? oh-oh! il compagno Steldov ménte! ?? * Opere, IV, p. 450. ** Ibidem, p. 329. *** Cioè per i progetti di associazioni produttive, ecc. come memo per la realizzazione parziale e progressiva del socialismo [n.d.t.). 678 LENIN delle ferrovie, dei canali, delle miniere e il loro trasferimento alle associazioni operaie, ecc. ) . [340-354] Cernysevskij guardava con estre- mo pessimismo alla società russa del suo tem- po; non rintracciava in essa alcuna aspirazione a una lotta energica né le forze capaci di con- durre questa lotta sino in fondo. « Rifare la vita della società russa secondo i nostri con- vincimenti! — esclama un personaggio del racconto Una voce tranquilla : — da giovani è naturale che si sognino chimere. Ma, alla mia età, sarebbe vergognoso continuare a essere ingenui... Da un pezzo ormai sono maggioren- ne, da un pezzo ormai ho capito in che società vivo, di quale paese, di quale nazione sono figlio. Affannarmi per realizzare nella sua vita i miei convincimenti significherebbe faticare per suggerire a un bue le proprie idee sul giogo»* [...]. Levitskij cosf riferisce Pimpressione dei suoi colloqui con CernySevskij 167 . Di quel che egli diceva molto sembrava troppo tetro, troppo disperato. Le sue parole suscitavano nelPascoltatore profondo disprezzo per il presente e per ogni azione nel presente. Un democratico sincero non doveva riscaldarsi perché tutte le nostre iniziative sociali erano inezie e assurdità. La nostra società, diceva, si occupa soltanto di sciocchezze. Adesso **, per esempio, si infiamma soltanto per Pabolizione della servitù della gleba. Che cos'è questa ser- vitù? Un'inezia. In America la schiavitù non è un’inezia: la differenza tra i diritti e le con- dizioni di vita del lavoratore negro negli Stati * Una voce tranquilla , in Opere, X, 1, p. 63. ** Cioè alla fine degli anni cinquanta. STEKLOv: « CERNYSEVSKIJ » 679 del sud e del lavoratore bianco negli Stati del nord è molto profonda; ed è ben utile para- gonare lo schiavo con il lavoratore del nord. Da noi non è cosi. Molti contadini liberi vivono forse meglio dei servi della gleba? La condizione sociale di molti di loro è forse miglio- re? La differenza è cosi microscopica che non va- le la pena neanche di parlarne. L’abolizione della servitù è un’inezia, se la terra resterà in pro- prietà dell’aristocrazia. Dalla riforma trarrà van- taggio solo la centesima parte dei contadini, tutti gli altri subiranno solo un danno. In so- stanza, si tratta di inezie e assurdità. Tutto è assurdo dinanzi al carattere generale della strut- tura della nazione . Ammettiamo pure che que- sta riforma parziale si realizzi. Quale problema si porrà allora? La corte dei giurati? « È anche una cosa importante, quando sfugga però all’in- flusso di una struttura nazionale complessiva in cui le forme giudiziarie possono operare molto « peggio delle corti dei giurati * [...]. Egli * considera Volgin un uomo dedito con tutta l’anima agli interessi popolari, ma ne scorge al tempo stesso chiaramente anche i difetti: Volgin non crede nel popolo [...]• Riportiamo da quest’interessantissimo dia- rio m (scritto, non dimentichiamolo, dallo stes- so Cernysevskij) il frammento di un’altra con- versazione che caratterizza gli umori di Cer- nysevskij in quel periodo (nella seconda metà degli anni cinquanta) [...]. «Obiettai a Vol- gin: ” Ma dove, quando la società non è stata un’accolta di canaglie? E tuttavia le persone per bene hanno lavorato sempre e dappertut- to ” Si, è naturale, per stoltezza; gli uomini intelligenti sono stati sempre e dappertutto stol- ti, caro Vladimir Alekseevii. Che gusto c’è a pestar l’acqua nel mortaio? — disse Volgin, * Ossia Vladimir Aleksccvii Levitskij {n.d.t.). 680 LENIN ? proseguendo nei suoi fiacchi sarcasmi. — La storia non la fanno le idee e l’attività degli uomini intelligenti, ma le stoltezze degli im- becilli e degli ignoranti. Gli uomini intelligenti non devono mettere il naso in queste cose; è sciocco occuparsi di cose altrui, mi creda! ” Ribattei anche a questo: ” Non si tratta qui di stoltezza, il fatto è che non puoi non inte- ressarti di queste cose. È intelligente che il mio corpo tremi di freddo o che il mio petto sia oppresso dal gas? È sciocco. Per me sareb- be meglio, se le cose non stessero cosi; ma tale è la mia natura: io tremo di freddo, mi indigno per le infamie e, se non ho modo di spezzare il muro della prigione spirituale, mi avvento contro di esso con la fronte; il muro non vacillerà per questo, anche se la mia fronte si spaccherà; ma tuttavia io ne avrò un sollievo Vidi il suo sorriso indolente, lo vidi scuotere la testa: '* Eh, si, Vladimir Alek- seevic, è naturale, in questo senso lei parla bene, dice cose giuste, ma, mi creda, non vale X la pena avere di questi sentimenti M . ” Il pro- blema non è che non vale la pena averne, ma che li hai ” » * [...]. E i liberali? In loro, meno che in ogni altro, Cernysevskij riponeva le sue speranze. La diffidenza verso i liberali è necessaria per il ri- voluzionario, perché i liberali meno di tutto si preoccupano del bene del popolo, ma per- seguono invece interessi puramente borghesi. Ma CernySevskij avrebbe perdonato loro una buona metà dei loro peccati storici, se essi avessero dato prova di un minimo di energia e di tenacia anche solo nel perseguire i propri fini di classe,, se essi avessero compreso che nessuna riforma avrebbe avuto alcuna impor- * Diario di Levitskij, in Opere, X, I, p. 239. steklov: « òernvSevskij * 681 tanza in Russia sin quando fossero rimasti intatti i tratti fondamentali del vecchio regi- me L’atteggiamento di Cernysevskij verso i li- berali russi risulta nitidamente dal Prologo. Dei burocrati liberali non conta parlare: Cerny- Sevskij li disprezzava e detestava con tutta Lamina e, forse, detestava piu costoro che non i reazionari dichiarati e convinti [...]. Quest'articolo scandalistico di Herzen *, in cui Cernysevskij e Dobroljubov venivano pre- sentati quasi come degli agenti provocatori e dei servi della reazione e in cui alle future vittime dell'assolutismo si prometteva il col- lare di Stanislao, suscitò un'impressione molto negativa tra i collaboratori del Sovremennik. Nel giugno 1859 Cernysevskij si recò all'estero, e a Londra tra lui e Herzen vi fu una spiega- zione. Ma, come c'era da aspettarsi, rincontro non sorti alcun effetto; in quel momento i due interlocutori si trovavano su posizioni opposte. Cernysevskij era l'esponente della tendenza de- mocratica rivoluzionaria del pensiero sociale, mentre Herzen si atteneva ancora al punto di vista di un liberalismo illuminato e non si era ancora liberato di talune speranze nella buro- crazia liberale Dell'incontro con Cernysevskij Herzen ha parlato con eccessiva passione e unilateralità nell'articolo intitolato Gli uomini superflui e i biliosi ** [...]. Herzen si consola con la speranza che il tipo dei biliosi sia di breve durata [...]. In so- * Goè Tarticolo intitolato Very dangerous!!! (cfr. contro il circolo di CemySevskij (n.d.t.), ** Opere di Herzen, V, pp. 241-248. NB l 1859, n. 44) diretto 682 LENIN STEKLOV: « £eRNY$EVSKIJ » 683 titi, che rappresentavano interessi di classe so stanzialmente diversi e ostili. I liberali rap- presentavano gli interessi della borghesia e della nobiltà progressista, Cemysevskij e il suo tir- colo difendevano gli interessi dei lavoratori, o, per dirla con il loro stile, del popolo sem- plice, in cui, secondo le condizioni sociali di quel tempo, si mescolavano insieme la classe operaia e i contadini PersiAo il nostro grande Cernyìevskij ce- dette per un attimo aDa tendenza generale e, parallelamente airherzeniano: « Hai vinto, Ga- lileo! », premise al suo articolo Sulle nuove con- dizioni della vita rurale (in Sovremennik, 1858, n. 2), un'epigrafe dedicata ad Alessandro II: « Tu ami la giustizia e odi Tempie tà, perciò il tuo Dio ti ha unto d’olio di letizia » (Salmo 45) * L’abolizione del diritto servile recherà utilità a tutto il popolo, a tutto il paese, ma da essa trarranno vantaggio soprattutto e an- zitutto la classe dei grandi proprietari terrieri e poi anche i commercianti e gli industriali: ecco perché le spese per Temancipazione dei contadini devono ricadere suITintera nazione. Ma tutti questi aspetti positivi si manifeste- ranno soltanto nel caso in cui la riforma verrà realizzata in modo profondo e serio, soltanto nel caso in cui ai contadini verrà assicurata, e per giunta con un esiguo riscatto **, tutta la terra di cui hanno bisogno NB NB * Opere , IV, pp. 50 sgg. ** In sostanza CemySevskij era favorevole alla completa espro I I I priazione dei grandi proprietari fondiari e al trasferimento delle MI NB terre ai contadini senza alcun riscatto; ma non poteva parlare j I i apertamente di questo nei suoi articoli, per ragioni di censura. Si veda il brano del Prologo (colloquio con Sokolovski/) riportato p. 357 più avanti nel testo. 684 LENIN Ma ben presto, nello stesso 1858, Cernysev- skij modificò il suo atteggiamento verso il go- verno, in quanto si avvide che esso travisava la grande riforma nell’interesse dei proprietari fondiari* [...]. [356-362] Con amarezza e con un senso d’ira impotente Cernysevskij considerava che la riforma contadina, presa in pugno dai bu- rocrati e dai grandi proprietari terrieri, veniva sistematicamente contraffatta e realizzata a dan- no degli interessi popolari. Nessuno si preoc- cupava delle opinioni del popolo, e CernySevskij si assunse il compito di esprimere il punto di vista dei contadini. Il popolo, egli disse, si aspetta dalla riforma la terra e la libertà, cioè non soltanto Temancipazione personale, ma anche il trasferimento in sua proprietà, median- te un modesto riscatto, di tutte le terre di cui si trova in possesso (come abbiamo indicato, per ragioni di censura, non si poteva parlare allora dell’emancipazione senza riscatto). Cer- nyèevskij metteva sull’avviso il governo, di- cendogli che la provvisoria conservazione dei tributi e la pesante quota per il riscatto avreb- bero fatto credere al popolo di essere stato ingannato e che in tal caso il paese sarebbe stato sottoposto alle prove più dure **. Sotto la pressione dello sdegno per la contraffazione della riforma contadina, Cemyàevskij cominciò a pensare che sarebbe stato preferibile non ot- tenere alcuna riforma [...]. « Volgin tacque, aggrottò le sopracciglia e prese a scuotere la testa: ” Ah, tutti i nostri signori emancipatori! Tutti questi suoi Rjazan- tsev e soci! Millantatori, ciarlatani, imbecilli! * Il celebre articolo Critica dei pregiudizi filosofici contro VobUina, in 1858. Cemyfcvskij derìde sé stesso per il suo temporaneo ottimismo, n 12 hi pubblicato nel Sovremennik, 1858, n. 12. ** Opere , IV, pp. 545-547. STEKLOV : « CERNYSEVSKIJ » 685 E di nuovo scrollò il capo.» Nel persuadere il rivoluzionario Sokolovskij ( Sierakowski ) a non aver fiducia nei nostri liberali e a considerare scetticamente le vuote chiacchiere sulle serie riforme progettate, Volgin asserisce che, a suo giudizio, non sarà una sventura, se la causa delTemancipazione dei contadini verrà affidata al partito dei proprietari terrieri. La differenza non sarà colossale, ma insignificante. Sarebbe colossale, se i contadini ottenessero la terra senza riscatto 170 (ecco dove Cernyievskij sco- pre le sue carte: nel romanzo scritto in Siberia; negli articoli soggetti a censura non poteva nem- meno alludere alla questione del riscatto). Il piano dei proprietari terrieri si distingue da quello dei progressisti solo perché è piu sem- plice e piti conciso. E quindi persino migliore. A dire il vero, è meglio che i contadini vengano emancipati senza terra 171 . « La questione è or- mai in termini tali che non mi sembra di do- vermi infiammare per sapere se i contadini sa- ranno o non saranno liberati e, ancor meno, per sapere chi sarà a emanciparli, i liberali o i proprietari terrieri. Secondo me, non cam- bia niente. Anzi, se saranno i proprietari, sarà persino meglio » 172 [...]. In tutto questo periodo Cemysevskij oscil- lò tra la piti completa depressione e la speranza nell’imminente esplosione della rivoluzione con- tadina. Durante il banchetto dei liberali Vol- gin Minaccia ai proprietari reazionari la rivo- luzione del popolo; ma, dopo qualche minuto, ride lui stesso di sé. Minacciare Tinsurrezione contadina, la rivoluzione contadina! « Non era questo ridicolo? Chi ci avrebbe creduto? Chi non avrebbe sghignazzato? E, poi, non è del NB NB 686 LENIN NB NB tutto onesto minacciare qualcosa in cui tu stes- so per primo credi meno di tutti gli altri »* [...]. CernySevskij fa riferimento ai dissidi in Po- lonia, alle agitazioni contadine in Russia, alla comparsa di manifesti rivoluzionari ( Velikorus , Alla giovane generazione ), ai fermenti della gioventù universitaria di Pietroburgo e al mo- vimento costituzionale tra i nobili **. Cosi, nonostante il suo atteggiamento pes- simistico verso la coscienza e lo spirito di ini- ziativa del popolo russo Cernysevskij, intorno alla fine del 1861, cominciò evidentemente ad ammettere la possibilità di un ampio movi- mento contadino [...]. « La decisione del signor Uspenskij di de- scrivere il popolo in una luce cosi poco lusin- ghiera per il popolo stesso è una riprova del profondo mutamento prodottosi nelle circo- stanze, delle differenze radicali tra il momento odierno e il recente periodo in cui nessuno avrebbe alzato la mano per denigrare il po- polo » Nei grandi momenti storici , quando si le- dono gli interessi e gli ideali piu genuini delle masse, il popolo si trasfigura. « Prendete l'uomo più comune, più scialbo, più debole di carattere, più banale: per quanto apatica e meschina sia la sua vita, ci sono momenti di tutt'altro ordine, e sono i momenti degli sforzi energici, delle decisioni importanti. Lo stesso accade nella vita di ciascun popolo » Avvicinare il popolo alle idee della demo- crazia e del socialismo: ecco il grande còmpito * Opere, X, 1, p. 181. ** Lettere senza indirizzo, in Opere, X, 2, p. 304. steklov : « cernySevskij » 687 storico a cui deve dedicarsi la giovane genera- zione entrata in scena dopo la disfatta subita dal vecchio regime nella guerra di Crimea. In quest’intrepida e vigorosa generazione riponeva tutte le sue speranze Cernysevskij; per essa Cernysevskij e Dobroljubov scrivevano i loro articoli; a essa i due scrittori si rivolgevano chiamandola ad andare tra il popolo [...]. Essi * agiscono su coloro che li attorniano, li « fanno progredire », inculcano cioè in loro il sentimento della dignità umana e Pamore per chi soffre (è caratteristico, per lo stesso Cernyàevskij, che Lopuchov 173 , nel far progre- dire Vera Pavlovna, le dia da leggere i testi di Fourier e di Feuerbach). Dai liberali li divide un dissenso organico; essi sono i prò pagandisti delle nuove idee democratiche e socialiste: Owen è per loro « sacro » [...]. In Rachmetov Pimplacabile logica dello stesso Cernysevskij si congiunge con la passio- ne delPautentico agitatore rivoluzionario, che a Cernysevskij, evidentemente, mancava. In tal senso Rachmetov ricorda pittosto un amico di Cernysevskij, il celebre rivoluzionario polacco Sierakowski, che Nikolaj Gavrilovic ha inse- rito nel suo Prologo con il nome di Sokolovskij. Solo che Rachmetov non condivide le inclina- zioni liberali di Sokolovskij. « Gli agitatori per me sono ridicoli », dice Volgin, ma in realtà egli si inchina dinanzi a loro, percepisce in essi Pistinto dei veri politici e Penergia pratica di chi combatte per la causa del popolo **. NB NB * Cioè gli esponenti della giovane generasene (n.d.t.). ** Sierakowski fu molto vicino al circolo del Sovremennik: notizie bio- grafiche su di lui sono riportate in parte nel Prologo e in parte nell'opuscolo di Saganov, N. G. Cernylevsktj ai lavori forzati e in deportazione , per bocca di Nikolaj Gavrilovié [...]. In Inghilterra Sierakowski conobbe Palmerston, che lo presentò alla regina Vittoria. Nel 1863 egli prese parte all'insurrezione polacca, fu a capo del distaccamento rivoluzionario di Kovno, venne preso prigioniero e 688 LENIN [365-375] Se i Lopuchov e i Kirsanov sono un tipo nuovo, Rachmetov è, per cosi dire, un tipo ben piu nuovo, Pultima parola dello sviluppo sociale in Russia. Questi uomini, dice Cernysevskij, sono ancora pochi; sinora ne ha incontrati in tutto otto, fra cui due donne. « In realtà, sono pochi, — scrive CemyJevskij concludendo la sua descrizione di Rachme- tov 17 \ — ma essi danno a tutti gli uomini la possibilità di respirare; senza di essi gli uomini soffocherebbero. La massa degli uomini onesti e buoni è grande, e gli uomini come Rach- metov sono pochi; tuttavia, per essa, sono come la teina nel tè, come Paroma nel vino pregiato; solo essi ne sono la forza e il pro- fumo; sono il fiore degli eletti, il motore dei motori, il sale del sale della terra » *. fu impiccato da Muiavev, Quest’uomo di grande valore fu ritratto da Cerny- Sevskij nel Prologo con il nome di Sokolovskij. Implacabile con sé stesso, CemySevskij ironizza bonariamente, nel romanzo, anche sull’impetuoso Soko- lovskij per il suo ottimismo: « Io e Boleslav Ivanovic siamo un po’ ridicoli... aspettiamo la tempesta nella palude », egli dice. Ma da tutto risulta che CemySevskij amava e rispettava questo pallido entusiasta, dallo sguardo di fuoco, che penetrava nell’anima, questo cavaliere senza macchia e senza paura, quest’agi- tatore che aspirava all’azione pratica, col cuore appassionato e la mente fredda, che non perdeva la testa neanche nei momenti piu critici e che era sempre pronto a sacrificare la propria vita alla causa dell’emancipazione popolare [...]. * Si congettura che nel personaggio di Rachmetov CemySevskij abbia ritratto un certo Bachmctev , che è invece raffigurato in Herzen {Raccolta degli scritti postumi , Ginevra, 1874, pp. 181 sgg.) in modo radicalmente diverso. Herzen lo conobbe a Londra nel 1858: alTincirca nello stesso periodo il Rachmetov di CemySevskij si reca all’estero. Il Rachmetov del nostro autore va da Feuerbach e gli offre del denaro per la pubblicazione delle sue opere (tra Taltro, questo mostra una volta di piu quanto CemySevskij stimasse Feuerbach, « il piu grande dei pensatori europei del secolo XIX, il padre della nuova filosofia» 175 : cfr. Che fare?, /. c., p. 194); Bachmetev andò invece a Londra da Herzen per offrirgli una parte del suo capitale da utilizzare per la propaganda russa L’ulteriore destino di Bach- metev è assolutamente sconosciuto: egli scomparve senza lasciar tracce Secondo la raffigurazione di Herzen Bachmetev è una sorta di svitato, di bislacco, che STEKLOV: « CERNYSEVSKIJ » 689 Così, verso la fine della sua attività let- teraria, Cemysevskij, nonostante il suo atteg- giamento negativo nei confronti della società russa e nonostante la sua sfiducia negazione delle masse popolari, cominciò ad ammettere la possibilità di un vasto movimento rivoluzio- nario, suscitato dalle disillusioni dei contadini riguardo alla riforma del 1861 [...]. Si è visto piu sopra (capitolo VI) che per le sue concezioni politiche generali CemySevskij fu vicino al blanquismo, non nel senso però che questo termine ha assunto in seguito e in cui viene usato nella lingua colloquiale *, ma ricorda assai poco la severa e minacciosa figura di Rachmetov. Ma bisogna anche dire che Herzen era organicamente incapace di comprendere i I I rivoluzionari russi di quel tempo ; su questo piano si generarono tutti i | | malintesi che dovevano avvelenare gli ultimi giorni della sua esistenza Ma, d’altra parte, è molto probabile una di queste congetture: o Bachmetev non fu affatto il prototipo di Rachmetov, o invece Cernyievskij lo idealisò molto, creando un personaggio che niente aveva in comune con ^originale o fondendo in esso tratti del carattere di Dobroljubov (il senso rigoroso del dovere civile), di Bakunin (il viaggio attraverso i paesi slavi), di Sierakowski (il contatto con tutte le classi), ecc. * Un esempio di questa superficiale interpretazione del blanquismo sono i ragionamenti di P. F. Nikolaev sulle concezioni politiche di CemySevskij. Dopo aver riferito un colloquio avuto con CemySevskij ai lavori forzati, collo- quio durante il quale Nikolaj Gavriloviò dichiarò che sarebbe stato molto meglio, se al tempo della riforma contadina avesse avuto la vittoria il partito apertamente feudale della nobiltà e se i con- NB ladini fossero stati emancipati senza terra, poiché in tal caso si sarebbe avuta subito la catastrofe, Nikolaev conclude: « Questo, come si vede, è puro blanquismo: tanto peggio tanto meglio [...]. Non l’evoluzione, non la graduale liberazione dei contadini dai mezzi di produzione, non la cottura del contadino nella caldaia della fabbrica, non la sua graduale trasformazione in bracciante, ma la completa e immediata espropriazione. Non Tevoluzione, J che, lo ripeto, Nikolaj Gavrilovié considerava con indignazione, ma la I catastrofe. Non il marxismo, ma il blanquismo » ( Ricordi personali, pp. I 21-22). Non c’è die dire, da questa tirata si può ricavare un’ottima esposizione del pensiero di CemySevskij! 44-639 690 LENIN NB NB NB piuttosto nel senso in cui lo intendeva Marx, quando riconosceva nei blanquisti i genuini rap- presentanti del proletariato rivoluzionario [...]. I blanquisti si attenevano airopinione che una minoranza è forte solo nella misura in cui esprime fedelmente, se non le aspirazioni, quan- to meno gli interessi della maggioranza lavora- trice. A questa stessa opinione, che è Tunica p os- sibile per le epoche caratterizzate dalla passività delle masse popolari, si atteneva evidentemente anche Cernysevskij Come sappiamo, egli credeva poco neirattività delle masse, nella loro capacità di prendere un'ampia iniziativa politica. Ma egli pensava, tuttavia, che nei pe- riodi storici in cui vengono lesi gli interessi genuini di tali masse, e, in special modo, quegli interessi economici che sono per loro più vi- cini e comprensibili, queste masse sono capaci di mettersi in movimento e comunque di soste- nere la minoranza cosciente, che opera energi- camente e con spirito d’iniziativa [...]. Nei brillanti articoli dedicati alla difesa del principio dell 1 obstìna dagli attacchi degli economisti borghesi, CemySevskij ha sviluppa- to tutti gli argomenti che hanno costituito in seguito l’arsenale dei populisti, i quali hanno assimilato la lettera, ma non lo spirito del grande maestro [...]. In occidente la realizzazione del socialismo è resa difficile dalla psicologia e dalle abitudini dei contadini, che, pur facendo la fame sul loro pezzo di terra, tengono fermo il principio della proprietà privata. In occidente per organizzare Peconomia nazionale secondo i principi del col- lettivismo bisognerà « rieducare intere popola- STEKLOV: « ÒERNYSEVSKIJ » 691 zioni ». In Russia, invece, soltanto la quindi- cesima o la ventesima parte delle terre viene gestita secondo i principi della proprietà pri- vata, mentre la stragrande maggioranza di esse o viene distribuita in godimento secondo il prin- cipio dell’obscina o appartiene invece allo Stato, cioè all’intera nazione All’analisi della possibilità teorica di questo passaggio * è dedicato uno dei piu brillanti articoli di Cernysevskij, cioè la Critica dei pre- giudizi filosofici contro Vobstina [...]. Ma, quando Cernysevskij si persuase che nemmeno una delle garanzie « minime », da lui ritenute come premesse indispensabili per l’ul- teriore sviluppo del principio delPobSèina, era ancora realizzata, quando vide che il vecchio regime politico era rimasto intatto, che l’attua- zione della riforma contadina era stata affidata alla burocrazia e alla nobiltà, che il popolo non solo non aveva ottenuto tutta la terra, ma era stato addirittura privato di una parte cospicua dei suoi possedimenti e per la terra messa a sua disposizione era costretto a pagare un’ele- vata quota di riscatto, in breve, quando capi che la « grande riforma » minacciava di peggio- rare, anziché di migliorare, la condizione delle masse popolari, di non emanciparle, di non dare campo libero alle loro forze creatrici, ma di vincolarle invece con ceppi ancor più pesanti, Cernysevskij ammise che le sue speranze erano infondate, le sue costruzioni astratte e che tutta la campagna in favore dell’obsòina, come possi- bile embrione del sistema socialista, era un puro e semplice malinteso. E con la sua onestà si affrettò a riconoscerlo apertamente [...]. NB 1858 , 12 "*) Cioè del passaggio al socialismo attraverso VobSèina {n.d.t.). 692 LENIN NB NB non soltanto « Immaginate i miei sentimenti quando ver- rò a sapere che le provviste non vi apparten- gono e che ciascun pasto preparato con esse dovete pagarlo non solo piu di quanto vale, ma piu di quanto non riuscite a pagare senza ulteriori restrizioni. Che cosa dovrò pensare dinanzi a scoperte tanto curiose? "L’uomo è pieno di amor proprio ", ecco la prima idea che mi passerà per la mente ed è un’idea che riguarderà me stesso [...]. Vadano al diavolo tutte queste provviste che possono solo nuocere alla persona che mi è cara! Vada in malora tutto ciò che può condurvi soltanto alla rovina! Proverò stizza per voi, mi vergognerò per la mia stoltezza: ecco i miei sentimenti! » * [...]. Poteva l’obscina russa passare, in certe con- dizioni, alla fase superiore, saltando la fase in- termedia del capitalismo? Fu questa la « questione maledetta » della vita russa di quel tempo, che tormentò Cerny- sevskij e la generazione di socialisti e demo- cratici a lui coeva [...]. [378*392] Costretti a erigere il proprio edi- ficio teorico con i materiali e sulle fondamenta che venivano loro offerti dalla realtà del tempo, i socialisti degli anni sessanta, tendendo alPimmi- nente insurrezione contadina e sperando in essa, rispecchiavano in sostanza le indeterminate aspi- razioni e i desideri di milioni di contadini e davano a tali aspirazioni e desideri soltanto una espressione, per cosi dire, generalizzata [...]. Scrive Herzen: « B. [Bakunin] credeva nel- la possibilità di un’insurrezione militare conta- dina in Russia; in parte in essa credevamo * Il senso della parabola è ben chiaro: una soluzione della questione agraria favorevole alle masse esige come preliminare il rivolgimento politico. Dopo la riforma del 1861 quest'idea diventò patrimonio comune di tutti gli dementi democratici 177 . STEKLOV: « ÒERNySevSKIJ * 693 anche noi; e vi credeva lo stesso governo , come risultò in seguito da una serie di fatti, di com- messe per conto dello Stato e di esecuzioni ef- fettuate per decreto statale. La tensione delle menti, il fermento degli animi erano inconfuta- bili, nessuno prevedeva allora la svolta verso il piu selvaggio patriottismo ». Su quest’umore ci fornisce una testimonianza anche uno dei pro- tagonisti del movimento rivoluzionario di quel tempo, L. Panteleev: « Il morale della società (verso la fine del 1861) era molto alto; do- vunque ci si volgesse, si trovava chiasso, ru- more, discussioni animate e, soprattutto, Ja generale aspettativa di qualcosa di grande in un avvenire molto prossimo » * Nella Francia stessa, che CemySevskij chia- mava « il vulcano d’Europa », il governo era stato costretto ad allentare le redini, si era rinvigorito il partito liberale e si erano mani- festati i primi sintomi di una nuova agitazione repubblicana. La Polonia era in stato di fer- mento e si preparava a insorgere di nuovo per la sua esistenza nazionale. In breve, sembrava che la pesante notte della reazione, calata sull’Europa dopo la repressione della rivolu- zione del 1848, cominciasse a far posto a una nuova aurora [...]. Se tutte le precedenti rivoluzioni si erano infrante contro il confine russo e nel nostro pae- se avevano solo causato un rafforzamento della reazione, ora, mentre persino in Russia face- vano la loro comparsa alcuni elementi rivolu- zionari attivi e, soprattutto, mentre il folto stesso degli strati inferiori del popolo comin- * Dai ricordi del passato , Pietroburgo, 1905, 1, p. 188, 228. 694 LENIN dava palesemente a manifestare il suo mal- contento per la situazione, le cose dovevano pur cambiare. Certo, quest'affermazione non poteva farsi in assoluto, ma una qualche pro- babilità tuttavia esisteva*. Cera, da un lato, un governo forte, deciso a non dividere il po- tere con nessuno, educato alle tradizioni del- l’epoca di Nicola I; c’era, dall’altro lato, un fermento generale in occidente, il sordo mal- contento delle masse contadine e della società liberale in Russia e, infine, il primo embrione di un partito rivoluzionario russo. In queste condizioni bisognava compiere un tentativo. Il suo esito sarebbe dipeso in larga misura « dal diverso schieramento degli elementi del pote- re » ** Se il partito rivoluzionario non riuscirà a raggiungere il suo obiettivo, se il risultato della rivoluzione sarà soltanto la con- quista della libertà politica, anche in questo caso il vantaggio sarà immenso ***. F. Nikolaev cerca di caratterizzare con le seguenti espressioni la posi- zione assunta a quel tempo da Cernylevskij: «La catastrofe è inconcepibile [sarebbe piti esatto dire: poco probabile], ma è do- vere di ogni uomo pensante e conseguente aspirare a essa e fare tutto il possibile perché si avvicini. Meno parole e teorie e piu azione » ( Ricordi personali , p. 23). Solo per le « teorie * abbiamo qualche dubbio: un teorico come CernySevskij non poteva assumere per le « teorie » lo stesso atteggiamento sprezzante di P. F. Nikolaev. Ma CernySevskij consigliava indubbiamente l’energia... visto che si doveva passare all'azione. ** Saganov, Cernylevskij ai lavori fonati e in deportazione , p. 8. *** Alla fine del 1871 Cernysevskij, accomiatandosi dai giovani compagni del lavori forzati, espose loro una sorta di profession de foi politica, che Saganov cosi riferisce: «Egli ci disse che dai tempi di Rousseau in Francia e poi negli altri paesi europei i partiti democratici si erano abituati a idealizzare il popolo, a riporre in esso speranze che non si erano mai realizzate, ma che avevano condotto ad amare delusioni CernySevskij sapeva che il centro di gravità era appunto nel popolo, nelle sue necessità^ dal cui oblio derivava il declino del popolo stesso come nazione o come Stato. Solo che nessun popolo era ancora riuscito a salvarsi [un pensiero simile venne enunciato poco prima della morte anche da Belinskij] e persino nei casi fortunati in cui era riuscito a conquistare il potere lo aveva poi consegnato al primo venuto [...]. La cosa più terribile è il mostro informe, l'onnivoro Leviatano. CernySevskij anche prima STEKLOv: « CERNYSEVSKIJ » 695 Il movimento popolare è quindi possibile; la sua parola d’ordine è terra e libertà', la sua strada la conquista del potere da parte dei rivo luzionari con il sostegno attivo e il consenso delle masse popolari; il suo risultato è una repubblica del lavoro e, comunque, nel caso della sconfitta dei rivoluzionari, un cospicuo miglioramento della condizione del popolo N. Rusanov racconta, con le parole di Selgunov, che CernySevskij, dopo lunghe esitazioni e dopo un accurato esame dei prò e dei contro, decise di intervenire attivamente nella situazione, rico- noscendo che non esisteva altro sbocco dalla collisione storica e che c’erano altresì alcune possibilità di successo per la causa del popolo. Tuttavia, Rusanov non dice in che cosa sia consistito in concreto l’intervento di Cerny- sevskij nella lotta rivoluzionaria, se si esclude Tindicazione di Rusanov secondo cui Cerny- sevskij è il probabile autore del manifesto inti- tolato Ai contadini dei signori [...]. È dubbio che CernySevskij abbia aderito a « Zemlja i volja »; quanto meno, non si hanno al riguardo indicazioni precise [...]. Nel 1862 entrarono a far parte deirassociazione alcuni studenti, tra i quali N. Utin e L. Pan- telcev, autore quest’ultimo di ricordi abbastanza frammentari sull’organizzazione. È, del resto, probabile che « Zemlja i volja » come organiz- aveva detto che la storia della nostra patria sarebbe stata diversa, se sotto il regno di Anna avesse trionfato il partito del Consiglio supremo. Nessun partito può esimersi dal dividere il potere per la sua stessa salvezza Con il potere dei partiti vi sono maggiori probabilità che si faccia qualcosa di utile per il popolo di quanto non ve ne siano in assenza di ogni forma politica, cioè in assenza della possibilità stessa di prendere qualche iniziativa nella direzione indicata » (Saganov, Cerny ievskij ai lavori forzati e in deportazione, pp. 28-29). Questo non è del tutto affine al populismo con il suo indifferentismo politico e con il suo disprezzo per le forme costituzionali. 696 LENIN zazione sia sorta dopo la riunione tenutasi in casa di Utin nella privamera del 1862 e di cui parla Panteleev *. Il promotore della riunione, buon amico di Cernysevskij ( il « signore col pince-nez » ) , comunicò ai novellini che esisteva un Comitato centrale, ma si trattava, molto probabilmente, di un mito [...]. Dopo qualche tempo i due giovani proseliti della rivoluzio- ne ** decisero di sondare Cernysevskij. Senza dirgli apertamente che facevano parte delPas- sociazione, condussero un discorso pieno di allusioni, parlarono della necessità di organiz- zare dei circoli tra i giovani e, per di piu, dei circoli con un orientamento sociale. Ma Cerny- sevskij, pur approvando tali progetti, rimase abbastanza impenetrabile; diede però un giu- dizio positivo sul « signore col p ince-nez » e prese a raccontare la favola esopica dell'orso che rompe l’amicizia con Puomo che una volta soffia sul fuoco per farlo divampare meglio e un’altra volta vi soffia sopra per spegner- lo *** [...]. È altrettanto dubbio che Cernysevskij sia stato uno degli autori del Velikorus , foglietto costituzionalista clandestino. Tra luglio e set- tembre del 1861 uscirono in tutto tre numeri di questo giornale [...]. I sostenitori della tesi che Nikolaj Gavriloviò fu il direttore del Velikorus avrebbero dovuto addurre qualche pro- va documentaria, ma sinora si sono astenuti dal farlo, e i loro ragionamenti non escono pertanto dal campo delle congetture**** * Panteleev, Dai ricordi del passato , 1, pp. 252 sgg. ** Goè Utin e Panteleev (n.d.t.), *** Panteleev non chiarisce il senso della favola. Forse, CemySevskij voleva far capire ai giovani che, se in precedenza li aveva trattenuti dalle cospirazioni rivoluzionarie, non aveva piu intenzione di farlo. **** Lemke, nell’articolo II processo dei seguaci del « Velikorus » (in Byloe, 1906, n. 7), rimanda alla testimonianza di Stachevii, che fu condannato all’inizio degli anni sessanta per un altro affare politico e che trascorse con Cernysevskij STEKLOV: « CERNYSEVSKIJ » 697 Riguardo al circolo dei « giacobini » mo- scoviti Zaicnevskij e Argiropulo, circolo che firmò come « Comitato centrale rivoluzionario » il manifesto La giovane Russia , Cernysevskij assunse un atteggiamento apertamente negati- vo Lemke, per bocca di S, Juzakov, che aveva ascoltato questa storia da I. Golts-Miller, membro del circolo moscovita, comunica che Cernysevskij realizzò in parte il suo propo- sito*. A tal fine egli inviò a Mosca A. A. Sleptsov **, un illustre rivoluzionario di quel tempo e uno dei fondatori di « Zemlja i volja », perché persuadesse il Comitato ad attenuare in qualche modo la sgradevole impressione susci- alcuni anni in Siberia «Ascoltando le conversazioni di Nikolaj Gavrilovié, notai talora che tanto il contenuto dei suoi pensieri quanto il modo di esprimerli mi ricordavano moltissimo il Veltkorus , e io tra me decisi che egli era Fautore o, per lo meno, il coautore di quel foglietto, che predicava la necessità di riforme costituzio- nali.» Panteleev si esprime al riguardo molto cautamente. Dopo aver accennato a un certo Zacharin, che, « secondo alcune indi- cazioni , , aveva partecipato direttamente, sembra, all’attività del Veltkorus », egli aggiunge in nota: « La vicinanza di Zacharin a Cerny§evskij mi dà motivo di ritenere che Nikolaj Gavriloviè non fu, forse, del tutto estraneo all’attività del Veltkorus . Inoltre, il modo di rivolgersi al pubblico, lo stile del Velikorus, ricorda molto Nikolaj Gavriloviè. Negli anni novanta il defunto A. A. Richter mi disse che, in base a sue informazioni, uno dei principali esponenti del circolo che aveva redatto il Velikorus era stato Luginin, già morto da tempo. A quanto sembra, Luginin è stato ritratto da Cernysevskij nel Prologo col nome di Nivclzin » ( Dai ricordi del passato, 1, p. 327). V. Obruèev, un giovane ufficiale, condan- nato ai lavori forzati per l’affare del Velikorus, fu molto vicino a Cemyàevskij; a detta di Panteleev, egli era addirittura il preferito di Nikolaj Gavriloviè. Sulla base dei fatti sin qui citati L. Kulczycki afferma recisamente che « il promo- tore, il redattore e il direttore del Velikorus altri non fu che Cemyàevskij » ( Storia del movimento rivoluzionario russo, p. 256). Un’affermazione troppo ardita e arrischiata... * Cioè di ristabilire i contatti con i moscoviti, di cui aveva disapprovato il manifesto La giovane Russia ( n.d.t .). ** Non si riferisce proprio a lui L. Panteleev quando parla del «signore col pince-nez»? Cfr. Dai ricordi del passato , 1, cap. XXIV; Zemlja i volja. NB 698 LENIN tata nella società dal manifesto La giovane Russia [...]. Non meno oscura rimane la questione dei rapporti tra Cernysevskij e M. Michajlov, e, in special modo, il problema dell’ atteggi amento di Cernysevskij verso l’iniziativa di Michajlov di diffondere il noto manifesto Alla giovane generazione. Il testo del documento fu scritto da N. Selgunov, Michajlov lo pubblicò a Lon- dra presso Herzen e poi lo introdusse in Russia nel doppio fondo di una valigia. Si ignora se Cernysevskij sia stato al corrente dell’iniziativa di Selgunov e Michajlov, ma Panteleev affer- ma categoricamente che, dopo l’arrivo del ma- nifesto a Pietroburgo, Cernysevskij fu messo a parte della cosa [...]. Un dato è, comunque, ben chiaro: se lo stesso Cernysevskij non partecipò attivamente alle- diverse manifestazioni del movimento rivo- luzionario allora in sviluppo, egli tuttavia se 1 ne interessò molto vivamente, fu al corrente di molte cose * e diresse idealmente alcune iniziative. Fu Cernysevskij a scrivere l’appello Ai con- tadini dei signori? Lemke e Rusanov ritengono di si ** [...]. Se anche si ammette che la prima metà del manifesto sia stata redatta da Cerny- sevskij, è indubbio altresì che la seconda parte non è stata scritta da lui. Cernysevskij non si sarebbe mai permesso di raccontare al popolo che in Francia e in Inghilterra (nel 1861) i * Delle vaste informazioni di Cernysevskij in questo campo si ha testimo- nianza in un fatto, di per sé insignificante, comunicato da Panteleev: « Con mia grande sorpresa mi domandò, forse in aprile (1862), per quali considerazioni, nel settembre del 1861, mi fossi pronunciato in seno al comitato studentesco contro alcune proposte troppo radicali » ( Dai ricordi del passato, 2, p. 179). ** Lemke, I processi politici, pp. 194, 335-336; Rusanov, I socialisti del- l'occidente e della Russia , p. 327. STEKLOV : « ÉERNYSEVSKIJ » 699 colonnelli e i generali piegavano la fronte di- nanzi all'anziano della comunità e che il popolo cacciava via gli zar che non gli piacevano; non avrebbe mai scritto che inglesi e francesi vivevano bene, che la legge era laggiù giusta e uguale per tutti, ecc.* [...]. Confrontando tutto ciò che sappiamo sulla vita di Cernysevskij, sul suo carattere e sulle sue opinioni, in fin dei conti non ci risolviamo a rispondere categoricamente alla domanda cir- ca la sua partecipazione diretta al movimento rivoluzionario. La cosa piu probabile è che Cernysevskij non prese parte diretta al movi- mento, ma fu informato di | | tutte | | le mani- 1 ) festazioni principali del movimento rivoluzio- nario di quel tempo; che i protagonisti di que- st’ultimo si consultavano con lui e tenevano 2) conto delle sue indicazioni e, in ogni caso, attin- gevano dai colloqui con Cernysevskij e dalle sue opere il convincimento che fosse necessario compiere quei tentativi pratici che lo stesso Cernysevskij, per il suo carattere indeciso e debole, per la sua mancanza di praticità e per la sua natura libresca, era incapace di fare: . . questo non può essere messo in dubbio [...]. I I NB In tal senso si può dire che Cernysevskij f u il capo ideale e Pispiratore del movimento rivoluzionario di quel tempo. Il governo, forse, * Si veda il testo deirappello in Lemke, I processi politici, pp. 336-346. Esso esordisce con le parole: « Ai contadini dei signori da parte di chi desidera il loro bene salute. Vi aspettavate che lo zar vi desse la libertà, ed ecco a voi la libertà concessavi dallo zar ». Segue poi una critica demolitrice de lla riforma d el 1861 dal punto di vista degli interessi contadini, e pian piano il lettore viene predisposto alla critica dell’autocrazia come fattore fondamentale delle sventure del popolo. L'autore ricorrendo ai fatti cerca di confutare la « leggenda dello zar ». Si chiarisce il significato della libertà politica e la necessità di com- battere per essa [...]. 700 LENIN avrebbe potuto accusarlo di sapere e di non voler parlare. Egli, in realtà, sapeva molto, probabilmente tutto. Non dire che « ha dimenticato la prudenza ed è lui stesso colpevole del suo destino » [...] Nekrasov * [393-396] Quest’arresto fu preceduto da un’implacabile campagna contro CernySevskij condotta dalla stampa reazionaria e liberale, che scioglieva le mani al governo circa le ener- giche azioni da condurre e lo aizzava a pren- dere provvedimenti repressivi contro la guida spirituale dei « nihilisti » [...]. Gli uomini che sino a ieri si erano entusia- smati per gli articoli di Cernysevskij in favore dei contadini si allontanarono da lui e si uni- rono al comune grido reazionario: K 5 100 9K3. VtaAaTejibCTBo cTlporpecc* TocyjiapcTBeHHoro kom htgtb CoBeTa Mhhhctpoq CCCP no AeaaM H3AaTe;ibCTB, nojiHrpacì)HH h KHHHtHofl TOprOBJlH. MocKea r-21, 3y6oBCKuft óyjibBap, 21. flpoc-naBCKHfl nojiHrpacpKOM^HKaT «CoioanojiHrpacpnpOMa» npH To- cyAapcTBCHHOM KOMHTeTe CoBeTa Mhhhctpob CCCP no /ie;iaM H3- naTe^bCTB, noJinrpa^HH h khh^khoR TOproB/iH. 150014, flpocJiaBJib, y.n. CBo6oAbi, 97.