Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin, Joseph Stalin, Enver Hoxha
5 Classics of Marxism
Comintern (Stalinist-Hoxhaists)
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Georgian Section
www.joseph-stalin.net
SHMG Press
Karl Marx Press of thè Georgian section of
Comintern (SH) - Stalinist-Hoxhaists Movement of Georgia
OPERE
V. I. LENIN
Opere complete
XXXVIII
Quaderni filosofici
a cura di Ignazio Ambrogio
1969 - Editori Riuniti - Roma
Proprietà letteraria riservata della S.p.A. Editori Riuniti
Viale Regina Margherita 290, 00198 Roma
GL 63-0071-5
Avvertenza
Il presente volume, che è l'edizione italiana più completa delle
annotazioni di Lenin su temi di filosofia, riunite sotto il titolo com-
plessivo di Quaderni filosofici, comprende: una serie di appunti,
frammenti, estratti , risalenti in gran parte agli anni 1914-1915 e
raccolti dall'autore in otto grossi quaderni ; numerose note e schede
di carattere essenzialmente bibliografico . redatte tra il 1903 e il 1916;
ampi stralci di libri e articoli di argomento filosofico con note a
margine e sottolineature di Lenin.
La maggior parte di questi materiali è stata pubblicata in Unione
sovietica , per la prima volta , nei tomi IX (1929) e XII (1930) del
Leninskij sbornik (Miscellanea di Lenin); è stata quindi riunita in
volume, nel 1933, cól titolo di Filosofskie tetradi, e ristampata quat-
tro volte sino al 1947. Nel 1958 i Quaderni filosofici, integrati con
nuovi documenti, sono stati inseriti per la prima volta nelle Opere
di Lenin (IV edizione, v. 38). La raccolta è stata ulteriormente
arricchita, con i brani annotati dei libri di Dietzgen e di Steklov,
ed è apparsa, nel 1963, nel v. 29 della quinta edizione delle Opere.
A questa raccolta, che è la più completa sinora pubblicata, ci si è
attenuti nella presente edizione italiana .
Circa la disposizione del materiale , è sembrato opportuno sudt
dividerlo in due sezioni — comprendenti la prima gli estratti, i
frammenti, le schede bibliografiche, e la seconda i passi dei libri e
articoli annotati da Lenin — e ordinarlo, all'interno di ciascuna se-
zione, secondo un criterio cronologico . Per la parte russa dei Qua-
derni si è seguito il testo della quinta edizione delle Opere, che è
stato nuovamente controllato sui manoscritti leniniani. Per le parti
non russe (estratti e citazioni contenuti nella prima sezione e brani
di libri riportati nella seconda sezione ) la traduzione è stata con-
dotta direttamente sui testi originali e, ove possibile , si è tenuto
conto delle principali versioni italiane esistenti (come per la Scienza,
della logica di Hegel) o se ne è riprodotto il testo (come per La
sacra famiglia di Marx e Engels ). Si sono altresì tenute presenti le
edizioni dei Quaderni filosofici sinora apparse in Francia (Cahiers
philosophiques, a cura di L. Vernant e E. Bottigelli, Paris, 1955),
in Italia (Quaderni filosofici, a cura di L, Colletti, Milano, 1958 ,
ristampati nel 1969), in Urss (Thilosophical Notebooks, a cura di
C . Dutt e S . Smith, Moscow, 1963), nella Repubblica democratica
tedesca (Werke, v. 38, Berlin, 1964).
Per la traslitterazione dei nomi russi si sono seguite le norme
della trascrizione scientifica internazionale . Tutte le locuzioni stra-
niere usate da Lenin sono state mantenute e per lo piu tradotte
in nota . Le note a pii di pagina, non indicate esplicitamente come
note del traduttore, appartengono a Lenin e, nella seconda sezione,
all'autore del testo. Il volume è corredato di una serie di note nume-
rate, che sono tutte redazionali, di un elenco dei libri e periodici
citati nel testo, di un indice dei nomi
QUADERNI FILOSOFICI
Parte prima
RIASSUNTO DELLA « SACRA FAMIGLIA »
DI MARX E DI ENGELS 1
Die heilige Familie, oder Kritik der kri-
tischen Kritik. Gegen Bruno Bauer uni Con -
sorten. Von Friedrich Engels und Karl Marx.
Frankfurt a. M., Literarische Anstalt (J. Riit-
ten), 1845.
Il libretto, che ha il formato di un ottavo,
consta di una prefazione (pp. III-IV) [3-4]
(in calce: Parigi, settembre 1844), di un in-
dice del volume (pp. V-VIII) e del testo
(pp. 1-335) [5-270], diviso in nove capitoli.
I capitoli I, II e III sono stati redatti da
Engels, i capitoli V, Vili e IX da Marx, i
capitoli IV, VI e VII da entrambi, anche se
ognuno dei due ha indicato il paragrafo o
capoverso di capitolo, corredato di un sotto-
titolo particolare, di cui è autore. Tutti que-
sti sottotitoli sono di carattere satirico, com-
presa la « trasformazione critica di uno scan-
natore in un cane » ( cosi si intitola il § 1
deirVIII capitolo). Sono di Engels le pagine
1-17 [5-23] (capitoli I, II, III e §§ 1 e 2
del IV cap.), 138-142 [120-123] (§ 2a del VI
cap.), 240-245 [199-202] (§ 2b del VII cap.):
| cioè 26 pagine su 335. |
I primi capitoli (tutto (!) il I capitolo,
pp. 1-5 [5-9]) sono una critica ininterrotta
dello stile della Gazzetta letteraria || Allge-
meine Literatur-Zeitung von Bruno Bauer: nel-
la prefazione si avverte che la critica di Marx
12
LENIN
e di Engels è rivolta contro i suoi primi otto
fascicqEjl , una critica dei suoi travisamenti
storici (capitolo II, pp. 5-12 [11-17], in par-
ticolare della storia inglese), una critica dei suoi
temi (capitolo III, pp. 13-14 [19-20]: si de-
ride la Griindlichkeit * con cui è esposta la
controversia tra un certo sig. Nauwerck e la
facoltà di filosofia di Berlino), una critica dei
ragionamenti sull’amore (capitolo IV, 3, Marx),
una critica del modo come Proudhon viene
esposte nella Gazzetta letteraria (IV, 4, Prou-
dhon, pp. 22 [27] e sgg. sino a 74 [65], Al-
l’inizio, un gran numero di correzioni della
traduzione: si è confuso formule con significa-
tion, si è tradotto justice con Gerechtigkeit anzi-
ché con Rechtspraxis, ecc.). Alla critica della
traduzione (che Marx chiama Charakterisierende
Obersetzung, Nr. I, II, ecc.) segue la Kritische
Randglosse' Nr. I, ecc., dove Marx difende
Proudhon dai critici della Gazzetta letteraria,
opponendo alla speculazione le idee apertamen-
te socialiste di Proudhon.
Il tono di Marx verso Proudhon è molto
elogiativo (benché vi siano piccole riserve, ad
esempio, il rimando a Umrisse zu einer Kritik
der Nationalókonomie di Engels nei Deutscb -
franzòsische Jabrbùcber ) .
Marx passa qui dalla filosofia hegeliana al
socialismo: il passaggio risulta evidente da ciò
che Marx ha già acquisito e dal modo come
entra in un nuovo àmbito di idee.
« L’economia politica, che prende per rap-
porti umani e razionali i rapporti della pro-
prietà privata, si muove in una continua con-
traddizione con il suo presupposto fondamen-
tale, la proprietà privata; in una contraddi-
zione analoga a quella in cui si trova il teo-
* profondità (n.d.t.).
« LA SACRA FAMIGLIA »
13
logo, il quale interpreta costantemente in modo
umano le rappresentazioni religiose e proprio
perciò urta costantemente contro il suo pre-
supposto fondamentale, la sovrumanità della
religione. Cosi, neireconomia politica, il sa-
lario del lavoro si presenta alFinizio come la
parte proporzionale che, sul prodotto, compete
al lavoro. Salario e profitto del capitale stanno
luno con l’altro nel rapporto piu amichevole,
in un rapporto reciprocamente stimolante, nel
rapporto apparentemente più umano. Poi, si
dimostra invece che essi stanno fra loro nel
rapporto piu ostile, in un rapporto rovesciato.
AlFinizio il valore è determinato in modo ap-
parentemente razionale, mediante i costi di
produzione di una cosa e mediante la sua uti-
lità sociale. Poi, si dimostra che il valore è una
determinazione puramente casuale, la quale non
ha bisogno di stare in alcun rapporto né con
i costi di produzione né con la utilità sociale.
AlFinizio, la misura del salario è determinata
attraverso l’accordo libero tra il libero lavo-
ratore e il libero capitalista. Poi, si dimostra
sia che il lavoratore è costretto a lasciare che
esso venga determinato, sia che il capitalista è
costretto a stabilirlo al livello più basso pos-
sibile. AI posto della libertà della parte [Par-
thei, proprio cosi viene scritto questo termine
nel libro] contraente è subentrata la coazione.
La stessa cosa avviene nel commercio e in
tutti gli altri rapporti economici. Gli stessi
economisti avvertono di quando in quando
queste contraddizioni, e lo sviluppo delle me-
desime forma il contenuto principale delle loro
lotte reciproche. Ma, non appena arrivano ad
avere coscienza di queste contraddizioni, allora
attaccano essi stessi la proprietà privata in una
qualche forma parziale , in quanto falsificatrice
del salario razionale in sé, cioè nella loro rap-
presentazione, del valore razionale in sé, del
commercio razionale in sé. Così, Adam Smith
14
LENIN
polemizza talvolta contro i capitalisti, Destutt
de Tracy contro i banchieri, Simonde de Si-
smondi contro il sistema di fabbrica, Ricardo
contro la proprietà fondiaria, e quasi tutti gli
economisti moderni contro i capitalisti non in-
dustriali, nei quali la proprietà appare sempli-
cemente come consumatrice .
« Gli economisti quindi talvolta, eccezio-
nalmente, fanno valere — in particolare quan-
do attaccano un qualche abuso particolare —
la parvenza umana dei rapporti economici; tal-
volta invece, e in media, concepiscono questi
rapporti precisamente nella loro distinzione ,
apertamente espressa, da ciò che è umano, nel
loro significato strettamente economico. Essi
si dibattono, inconsapevolmente, in questa con-
traddizione.
« Ora, Proudhon ha messo fine una volta
per sempre a questa inconsapevolezza. Ha preso
sul serio la parvenza umana dei rapporti eco-
nomici e l’ha contrapposta rudemente alla loro
realtà inumana . Egli ha costretto questi rap-
porti a essere nella realtà ciò che sono nella
loro rappresentazione di sé stessi, o meglio, li
ha costretti a rinunciare alla loro rappresenta-
zione di sé stessi e ad ammettere la loro inu-
manità reale. Proudhon, in modo conseguente,
non ha presentato in modo parziale questa o
quella specie della proprietà privata, cosi come
fanno gli altri economisti, ma ha presentato la
proprietà privata pura e semplice, nella sua
forma generale, come la falsificatrice dei rap-
porti economici. Egli ha fatto tutto ciò che la
critica dell'economia politica può fare dal pun-
to di vista dell'economia politica» (36-39)
[39-40].
Marx respinge il rimprovero di Edgar (del-
la Gazzetta letteraria ), secondo cui Proudhon
ha fatto della « giustizia » un « dio », dicendo
che lo scritto di Proudhon del 1840 non si
attiene al « punto di vista dello sviluppo te-
desco dell'anno 1844 » (39) [40], che questo
« LA SACRA FAMIGLIA »
15
è un torto comune ai francesi, che bisogna ri-
cordare il richiamo proudhoniano alla nega-
zione che realizza la giustizia, richiamo che per-
mette di separarsi anche da questo assoluto
nella storia (um auch dieses Absoluten in der
Geschichte iiberhoben zu sein: alla fine di
p. 39 [41]). «Se Proudhon non arriva fino
a questa conseguenza, lo deve alla disgrazia di
essere nato francese e non tedesco » ( 39-40 )
[41].
Segue poi la Glossa marginale critica n. 2
(40-46) [41-45], che formula con grande ri-
lievo la concezione, già quasi completamente
formata, di Marx sulla funzione rivoluzionaria
del proletariato.
« L’economia politica, fino a oggi, moveva
dalla ricchezza, che il movimento della pro-
prietà privata si presume produca per le na-
zioni, e giungeva alle sue considerazioni apolo-
getiche nei confronti della proprietà privata.
Proudhon muove dal lato contrario, dal lato
che neireconomia politica è occultato sofistica-
mente, dalla povertà prodotta dal movimento
della proprietà privata, e giunge alla sue con-
siderazioni neganti la proprietà privata. La pri-
ma critica della proprietà privata muove natu-
ralmente da quel fatto nel quale l’essenza carica
di contraddizioni della proprietà privata ap-
pare nella forma piu sensibile, più stridente, im-
mediatamente più rivoltante per il sentimento
umano, dal fatto della povertà, della miseria »
(41) [41-42].
« Proletariato e ricchezza sono opposti. Essi
formano come tali un tutto. Entrambi sono
figure del mondo della proprietà privata. Ciò
che conta è la posizione determinata che en-
trambi occupano neiropposizione. Non basta
dichiarare che sono due lati di un tutto
« La proprietà privata, come proprietà pri-
vata, come ricchezza, è costretta a mantenere
nell’esistenza sé stessa e con ciò il suo opposto,
16
LENIN
il proletariato. Essa è il lato positivo dell’oppo-
sizione, la proprietà privata che ha in sé il suo
appagamento.
« Il proletariato, invece, come proletariato,
è costretto a togliere sé stesso e con ciò Top-
posto che lo condiziona e lo fa proletariato, la
proprietà privata. Esso è il lato negativo del-
l’opposizione, la sua irrequietezza in sé, la pro-
prietà privata dissolta e dissolventesi.
« La classe proprietaria e la classe del pro-
letariato presentano la stessa autoalienazione
umana. Ma la prima classe, in questa autoalie-
nazione, si sente a suo agio e confermata, sa
che l’alienazione è la sua propria potenza e
possiede in essa la parvenza di un’esistenza
umana; la seconda classe, nell’alienazione, si
sente annientata, vede in essa la sua impo-
tenza e la realtà di un’esistenza inumana. Per
usare un’espressione di Hegel, essa è nell’abie-
zione la rivolta contro questa abiezione, una
rivolta a cui essa è spinta necessariamente
dalla contraddizione della sua natura umana
con la situazione della sua vita, la quale situa-
zione è la negazione aperta, decisa, completa,
di questa natura.
« All’interno dell’opposizione il proprietario
privato è dunque il partito conservatore , il pro-
letario il partito distruttore. Il primo lavora alla
conservazione dell’opposizione, il secondo al suo
annientamento.
« È certamente vero che la proprietà privata
nel suo movimento economico politico tende
verso la propria dissoluzione, ma vi tende solo
mediante uno sviluppo indipendente da essa, in-
consapevole, che ha luogo contro la sua vo-
lontà ed è condizionato dalla natura della cosa;
vi tende solo in quanto essa produce il prole-
tariato in quanto proletariato, la miseria consa-
pevole della propria miseria spirituale e fisica,
la disumanizzazione che è consapevole di essere
disumanizzazione e che perciò toglie sé stessa.
« LA SACRA FAMIGLIA »
17
Il proletariato esegue la condanna che la proprie-
tà privata pronuncia su sé stessa producendo il
proletariato, cosi come esegue la condanna che
il lavoro salariato pronuncia su sé stesso produ-
cendo la ricchezza altrui e la propria miseria.
Se vince, il proletariato non diventa perciò il
lato assoluto della società; infatti esso vince
solo togliendo sé stesso e il suo opposto. Allora
scompare sia il proletariato sia Popposto che lo
condiziona, la proprietà privata.
« Se gli scrittori socialisti attribuiscono al
proletariato questo ruolo storico-mondiale, ciò
non accade affatto, come la critica pretende di
jrredere, perché essi ritengono che i proletari
siano degli dèi. È proprio il contrario: è perché
nel proletariato sviluppato è compiuta pratica-
mente l’astrazione da ogni umanità, perfino dalla
parvenza delPumanità; è perché nelle condizioni
di vita del proletariato sono riassunte tutte le
condizioni di vita della società moderna nella
loro asprezza più inumana; è perché nel pro-
letariato l’uomo ha perduto sé stesso, ma nello
stesso tempo non solo ha acquistato la coscienza
teorica di questa perdita, bensì anche è costretto
dal bisogno non più sopprimibile, non più elu-
dibile, assolutamente imperativo — dalla mani-
festazione pratica della necessità — alla rivolta
contro questa inumanità; ecco perché il proleta-
riato può e deve necessariamente liberare sé stes-
so. Ma non può liberare sé stesso tenza togliere
le proprie condizioni di vita. Esso non può to-
gliere le proprie condizioni di vita senza togliere
tutte le condizioni di vita inumane della società
moderna, condizioni che si riassumono nella
sua situazione. Esso non frequenta invano la
dura ma temprante scuola del lavoro . Ciò che
conta non è che cosa questo o quel proletario,
o anche tutto il proletariato, si rappresenta mo-
mentaneamente come fine. Ciò che conta è che
cosa esso è e che cosa sarà costretto storicamente
a fare in conformità a questo suo essere. Il suo
18
LENIN
fine e la sua azione storica sono indicati in modo
chiaro, in modo irrevocabile, nella situazione
della sua vita e in tutta l’organizzazione della
società civile moderna. Non c’è bisogno di spie-
gare qui che una grande parte del proletariato
inglese e francese è già cosciente del suo com-
pito storico e lavora costantemente a portare
questa coscienza alla chiarezza completa » ( 42-
45) [43-44].
Glossa marginale critica n. 3
« Non può essere ignoto al signor Edgar
che il signor Bruno Bauer poneva a fondamento
di tutti i suoi sviluppi 1’ ” autocoscienza infi-
nita ”, e che concepiva questo principio anche
come il principio creativo dei Vangeli, i quali
con la loro infinita mancanza di coscienza con-
traddicono apparentemente l’autocoscienza in-
finita. Allo stesso modo per Proudhon l’ugua-
glianza è il principio creativo della proprietà
privata, e la proprietà privata contraddice la
uguaglianza. Se il signor Edgar paragona per un
momento Yuguaglianza francese con l’autoco-
scienza tedesca, troverà che il secondo principio
esprime in tedesco , cioè nel pensiero astratto,
ciò che il primo dice in francese , cioè nella
lingua della politica e del pensiero intuitivo.
L’autocoscienza è l’uguaglianza dell’uomo con
sé stesso nel puro pensiero. L’uguaglianza è la
coscienza che l’uomo ha di sé stesso nell’ele-
mento della prassi, cioè la coscienza che l’uomo
ha dell’altro uomo in quanto essere uguale a
lui, ed è il comportamento dell’uomo verso
un altro uomo come verso un essere uguale.
L’uguaglianza è il modo francese di esprimere
l’unità essenziale degli uomini, la coscienza ge-
nerica e il comportamento generico dell’uomo,
« LA SACRA FAMIGLIA »
19
Tidentità pratica dell'uomo con l'uomo, cioè
la relazione sociale e umana deH’uomo con
luomo. Perciò, come in Germania la critica
distruttiva, prima che con Feuerbach fosse per-
venuta all’intuizione dell 'uomo reale , cercava
di dissolvere ogni essere determinato ed esi-
stente mediante il principio dell’autocoscienza,
cosi cercava di fare in Francia la critica di-
struttiva mediante il principio àdY uguaglian-
za» (48-49) [46-47].
« L’opinione che la filosofia sia l’espressio-
ne astratta degli stati di cose esistenti appar-
tiene originariamente non al signor Edgar, ma
a Feuerbach , il quale per primo ha definito e
ha dimostrato la filosofia come empiria spe-
culativa e mistica» (49-50) [48].
« ” Ritorniamo sempre e di nuovo a que-
sto [...]. Proudhon scrive nell’interesse dei pro-
letari ” *. Egli non scrive movendo dall'in-
teresse della critica autosufficiente, da un inte-
resse astratto, interno, ma da un interesse di
massa, reale, storico, da un interesse che por-
terà più lontano che alla critica , che porterà
cioè alla crisi. Proudhon non solo scrive nel-
l’interesse dei proletari, ma egli stesso è un
proletario, un ouvrier. La sua opera è un ma-
nifesto scientifico del proletariato francese e ha
perciò un significato storico del tutto diverso
dalle abborracciature di un qualsiasi critico
critico» (52-53) [50].
« Il fatto che Proudhon vuole togliere il
non avere e la vecchia forma dell'avere è del
tutto identico al fatto che Proudhon vuole
togliere il rapporto praticamente alienato del-
l’uomo con la sua essenza oggettiva , che vuole
togliere l’espressione economico-politica della
autoalienazione umana. Ma, poiché la sua cri-
tica dell’economia politica è ancora prigioniera
dei presupposti dell’economia politica, la riap-
* Citazione marxiana da Edgar.
20
LENIN
propriazione del mondo oggettivo è concepita
ancora nella forma economico-politica del pos-
sesso.
« In altri termini, Proudhon non contrap-
pone, come la critica critica gli fa fare, al non
avere Pavere, ma contrappone alla vecchia forma
delPavere, alla proprietà privata , il possesso. Egli
spiega il possesso come una ” funzione sociale
E in una funzione P ” interessante ” non è
” escludere ” Paltro, ma manifestare e realizzare
le mie proprie forze essenziali.
« Proudhon non è riuscito a dare a questo
pensiero un’elaborazione adeguata. La rappre-
sentazione del ” possesso uguale ” è l’espressio-
ne economico-politica, e perciò ancora l’espres-
sione alienata, del fatto che Yoggetto come es-
sere per l'uomo , come essere oggettivo del-
l'uomo, è nello stesso tempo P esistenza del-
l'uomo per l'altro uomo, la sua relazione uma-
na con l'altro uomo, il comportamento sociale
dell'uomo verso l'uomo. Proudhon toglie l’alie-
nazione economico-politica all'interno dell’aliena-
zione economico-politica » (54-55) [51].
|| Questo passo è caratteristico in som-
mo grado, perché mostra come Marx si avvicini
all’idea fondamentale di tutto il suo « sistema >►,
sit venia verbo, cioè all’idea dei rapporti sociali
di produzione. |[
Notiamo, come dettaglio, che a p. 64 [58]
Marx dedica cinque righe al fatto che la « cri-
tica critica » traduce maréchal con Marschall
invece che con Hufschmied.
Molto interessanti le pp. 65-67 [58-61]
( Marx si avvicina alla teoria del valore-lavoro ) ;
pp. 70-71 [62-63] (risposta di Marx a Edgar,
il quale accusa Proudhon di far confusione di-
cendo che l’operaio non può ricomprare il suo
prodotto), pp. 71-72 e 72-75 [63-65] (socia-
lismo fantastico, idealistico, etereo [atherisch]
e socialismo e comuniSmo « di massa » ) .
p. 76 [69]. (Primo capoverso del primo
« LA SACRA FAMIGLIA »
21
paragrafo: Feuerbach ha svelato misteri reali,
Szeliga vice versa.)
p. 77 [70], (Ultimo capoverso: anacroni-
smo del rapporto ingenuo tra ricchi e po-
veri: « si le riche le savait! ».)
pp. 79-8 5 [71-75]. (Queste sette pagine
sono tutte del massimo interesse. E il § 2:
Il mistero della costruzione speculativa : critica
della filosofia speculativa, con il noto esempio
del « frutto », der Frucht, una critica rivolta
direttamente anche contro Hegel. Qui
è sommamente interessante Posservazione che
Hegel « molto spesso », all'interno dell'esposi-
zione speculativa, fornisce un’esposizione reale,
che coglie la cosa stessa, die Sa eh e selbst.)
p. 92, 93 [79, 80]: osservazioni fram-
mentarie sulla Degradierung der Sinnlich-
keit *.
p. 101 [87]. «Egli [Szeliga] non può ve-
dere che industria e commercio fondano regni
universali del tutto diversi da quelli fondati dal
cristianesimo e dalla morale, dalla felicità fa-
miliare e dal benessere borghese.»
p. 102 [88]. (Fine del primo capoverso:
osservazioni caustiche sul significato dei notai
nella società moderna... « II notaio è il padre
confessore laico. È puritano di professione, e
1’ " onestà ", dice Shakespeare, " non è puri-
tana "? Nello stesso tempo, egli è il mezzano
di tutti gli scopi possibili, il gestore degli intri-
ghi e delle cabale borghesi. » )
p. 110 [94-95]. Altro esempio di derisione
della speculazione astratta: « costruzione » del
modo come luomo diventa signore degli ani-
mali : P«t animale » ( das Tier ) , come astrazio-
ne, si trasforma da leone in cucciolo, ecc.
p. Ili [95]. Passo caratteristico a propo-
sito di Eugène Sue: per ipocrisia nei confronti
della bourgeoisie egli idealizza moralmente la
* Degradazione della sensualità ( n.d.t .).
22
LENIN
grisette, sorvolando circa il suo atteggiamento
verso il matrimonio, circa il suo rapporto « in-
genuo » con Pétudiant o con Pouvrier. « Pro-
prio in questo rapporto essa» (la grisette)
« forma un contrasto veramente umano con la
bigotta, meschina ed egoistica moglie del bor-
ghese, con tutta la sfera della borghesia, cioè
con la sfera ufficiale. »
p. 117 [103]. La « massa » del secolo XVI
e quella del XIX sono diverse « von vorn
her ein. » *
pp. 118-121 [104-105]. Questo passo (nel
capitolo VI: La critica critica assoluta ovvero
la critica critica come signor Bruno. 1. Prima
campagna della critica assoluta, a) Lo «spiri-
to » e la « massa » ) è della massima im-
portanza: critica dell’opinione che la storia è
fallita perché la massa si è interessata alla storia
e quest’ultima contava sulla massa, che si ac-
contentava di una comprensione « superfi-
ciale » dell’« idea ».
« Quando la critica assoluta condanna qual-
cosa come ” superficiale ”, questo qualcosa è
semplicemente la storia che si è avuta finora,
la storia le cui azioni e le cui idee sono state
le idee e le azioni di ” masse Essa respinge
la storia di massa e al suo posto (si veda il
signor Jules Faucher sulle questioni del giorno
inglesi) porrà la storia critica» (119) [104].
« L’ ” idea ” ha sempre fatto una brutta fi-
gura quando è stata distinta dall’ ” interesse
Da un altro lato, è facile comprendere che ogni
” interesse ” di massa, che si attua storicamente,
non appena entra nella scena del mondo, oltre-
passa di molto nell’ ” idea ” o nella ” rappre-
sentazione ” i suoi limiti reali, e si confonde
con l’interesse umano in generale. Questa illu-
sione forma dò che Fourier chiama il tono di
ogni epoca storica» (119) [104]: se ne ha,
ad esempio, un’illustrazione nella rivoluzione
«sin dall’inizio» (n.d.t.).
« LA SACRA FAMIGLIA »
23
francese (119-120) e nella ben nota proposi-
zione (120 in fine) [104-105]:
« Con la profondità dell’azione storica, au-
menterà l’ampiezza della massa di cui l’azione
storica è azione ».
Sino a che punto sia rigida in Bauer la
distinzione in Geist e Masse risulta dalla pro-
posizione che Marx attacca: «Nella massa , e
non altrove , è da cercare il vero nemico dello
spirito» (121) [105].
Marx replica che i nemici del progresso
sono i prodotti resi autonomi e dotati di vita
propria ( verselbstàndigten ) dell’autoabiezio-
ne della massa, prodotti non ideali, ma mate-
riali, esistenti in modo esteriore. Già il gior-
nale di Loustalot del 1789 reca il motto:
Les grands ne nous paraissent grands
que parce que nous sommes à genoux.
Levons-nous!
Ma, per sollevarsi, dice Marx, non basta
farlo nel pensiero, nell’idea (122) [106].
« La critica assoluta ha tuttavia imparato
dalla Fenomenologia di Hegel almeno Varie di
trasformare catene reali , oggettive , esistenti
fuori di me, in catene solo ideali, solo sogget-
tive, esistenti solo in me, e quindi a trasfor-
mare tutte le lotte esterne, sensibili, in pure
lotte di pensiero » (122) [106].
Si può cosi dimostrare, dice Marx sarcasti-
camente, l’armonia prestabilita tra la critica cri-
tica e la censura, e presentare il censore non
come uno sbirro (Polizeischerge), ma come il
mio tatto e senso della misura personificato.
Tutta presa del suo « Geist », la critica as-
soluta non indaga se non vi siano frasi, autoil-
lusioni, snervatezza (Kernlosigkeit) nelle sue
vane (windigen) pretese.
« La stessa cosa accade con il ” progresso
Nonostante le pretese del ” progresso ”, si han-
no continui regressi e movimenti circolari. La
critica assoluta, ben lontana dal supporre che
NB
LENIN
la categoria ” del progresso ” è una categoria
completamente inconsistente e astratta, è invece
cosi intelligente da riconoscere ” il progresso 99
come assoluto, per supporre poi, a spiegazione
del regresso, un ” avversario personale ” del
progresso, la massa » (123-124) [107],
« Tutti gli scrittori socialisti e comunisti so-
no partiti dall’osservazione, da un lato, che an-
che le azioni splendide e piu vantaggiose sem-
brano rimanere senza splendidi risultati e sem-
brano finire in banalità, dall’altro lato, che tutti
i progressi dello spirito sono stati sinora prò -
gressi contro la massa dell'umanità, la quale è
stata cacciata in una situazione sempre più di-
sumana. Essi perciò hanno dichiarato ” il pro-
gresso” una frase insufficiente, astratta (vedi
Fourier ), e hanno supposto l’esistenza di una
malattia fondamentale del mondo civile (vedi
fra gli altri Owen)\ essi perciò hanno sottopo-
sto i fondamenti reali della società moderna
a una critica incisiva. A questa critica comuni-
sta è corrisposto subito, nella pratica, il mo-
vimento della grande massa in opposizione alla
quale aveva avuto luogo lo sviluppo storico av-
venuto sinora. Bisogna aver conosciuto la pas-
sione per lo studio, l’avidità di sapere, l’energia
etica, l’impulso instancabile a svilupparsi, degli
ouvriers francesi e inglesi, per potersi fare una
immagine della nobiltà umana di questo movi-
mento » (124-125) [108].
« Quale profonda superiorità sugli scrittori
comunisti non aver perseguitato mancanza di
spirito, indolenza, superficialità, soddisfazione
di sé, nei luoghi dove si producono, ma averle
sgridate moralmente e averle scoperte come
opposizione dello spirito, del progresso! » (125)
[108].
« Il rapporto tra ” spirito e massa ” ha tut-
tavia ancora un significato nascosto > che si sve-
lerà completamente nel corso degli sviluppi Noi
facciamo qui solo un accenno. Quel rapporto
« LA SACRA FAMIGLIA »
25
scoperto dal signor Bruno, infatti, non è altro
che il perfezionamento criticamente caricaturale
della concezione hegeliana della storia , la quale
a sua volta non è altro che l’espressione specu-
lativa del dogma cristiano-germanico di spirito
e materia , di Dio e mondo. Questa opposizione
si esprime nella storia, nello stesso mondo uma-
no, in questo modo: pochi individui eletti stan-
no di contro, in quanto spirito attivo , alla re-
stante umanità, in quanto massa priva di spirito,
in quanto materia » (126) [109].
Marx rileva che la Geschichtsauffassung *
di Hegel presuppone uno spirito astratto e asso-
luto, di cui è portatrice la massa. Parallelamente
alla dottrina hegeliana si è sviluppata in Francia
la teoria dei dottrinari (126) [109], che hanno
proclamato la sovranità della ragione in antitesi
alla sovranità del popolo, per escludere la massa
e dominare da soli (allein).
Hegel è « colpevole di una duplice indeci-
sione » (127) [110]: 1) quando dichiara che
la filosofia è l’esistenza dello spirito assoluto,
non dichiara che l’individuo che filosofa è que-
sto spirito assoluto; 2) fa fare allo spirito as-
soluto la storia solo apparentemente (nur zum
Schein), solo post festum, solo nella coscienza.
Bruno toglie questa indecisione: egli dichia-
ra che la critica è lo spirito assoluto e crea la
storia effettivamente.
« Da un lato si ha la massa come l’elemento
passivo, aspirituale, astorico, materiale, della
storia; dall’altro lato si hanno lo spirito, la cri-
tica, il signor Bruno & Co., come l’elemento
attivo da cui procede ogni azione storica. L’atto
di trasformazione della società si riduce Catti-
vità cerebrale della critica critica» (128) [110].
Quale primo esempio delle « campagne del-
la critica assoluta contro la massa » Marx ad-
duce Patteggiamento di Br. Bauer verso la
* concezione della storia (n.d.t.).
26
LENIN
Judenfrage e rinvia quindi alla confutazione di
Bauer nei Deutsch-franzòsische Jabrbucher .
« Una delle occupazioni principali della cri-
tica assoluta consiste nel collocare nella loro
giusta posizione tutte le questioni del giorno.
Essa quindi non risponde alle questioni reali,
ma sostituisce a esse questioni del tutto diverse
[...]. Essa ha distorto a tal punto anche la
” questione ebraica M da non avere più bisogno
di indagare suH' emancipazione politica, cosa di
cui si tratta in quella questione, e da potersi
invece accontentare di una critica della religione
ebraica e di una descrizione dello Stato cri-
stiano-germanico.
« Anche questo metodo, come ogni origi-
nalità della critica assoluta, è la ripetizione di
un giuoco speculativo. La filosofia speculativa,
specialmente la filosofia hegeliana, doveva di ne-
cessità, per poter rispondere, tradurre tutte le
questioni dalla forma del sano intelletto umano
nella forma della ragione speculativa, e doveva
trasformare la questione reale in una questione
speculativa . La speculazione, dopo avermi di-
storto in bocca la mia questione e dopo avermi
messo in bocca, come fa il catechismo, la sua
questione, poteva naturalmente, come il cate-
chismo, avere pronta la sua risposta a ciascuna
delle mie questioni» (134-135) [117-118].
Nel § 2a scritto da Engels (La «critica » e
« Feuerbach ». Condanna della filosofia ), a
pp. 138-142 [120-123], troviamo caldi elogi
a Feuerbach. Circa gli attacchi della « critica »
contro la filosofia e il modo in cui essa le (alla
filosofia) oppone la reale ricchezza dei rapporti
umani, « l’enorme contenuto della storia », « il
significato dell’uomo », ecc., ecc. sino alla pro-
posizione che « il mistero del sistema è sve-
lato », Engels dice:
« Ma chi ha mai svelato il mistero del ” si-
stema ”? Feuerbach. Chi ha annientato la dia-
« LA SACRA FAMIGLIA »
27
lettica dei concetti, la guerra degli dèi che
solo i filosofi conoscevano? Feuerbach . Chi ha
messo al posto della vecchia robaccia, anche
dell’ ” autocoscienza infinita ”, non ” il signi-
ficato dell uomo ” (come se l’uomo avesse an-
che un altro significato oltre a quello di essere
uomo!), ma Y ” uomo ”? Feuerbach e solo
Feuerbach. Egli ha fatto anche di piu. Ha
annientato da molto tempo quelle stesse cate-
gorie di cui la critica ora si vanta, ” la ricchezza
reale dei rapporti umani, l’enorme contenuto
della storia, la lotta della storia, la lotta della
massa con lo spirito ”, ecc. ecc.
« Una volta che Puomo è stato riconosciu-
to come l’essenza, come la base di ogni atti-
vità umana e di ogni condizione umana, la
” critica ” può soltanto inventare nuove cate-
gorie e trasformare nuovamente Yuomo stesso,
come essa appunto fa, in una categoria e nel
principio di tutta una serie di categorie; con
la qual cosa essa imbocca indubbiamente l’ul-
tima via di salvezza che ancora rimaneva alla
tormentatissima e perseguitata inumanità teo-
logica. La storia non fa niente , essa non ” pos-
siede alcuna enorme ricchezza ”, ” non com-
batte nessuna lotta ”! È piuttosto Yuomo , l’uo-
mo reale, vivente, che fa tutto, possiede e
combatte tutto; non è la ” storia ” che si serve
dell’uomo con?e mezzo per attuare i propri fini,
come se essa fosse una persona particolare;
essa non è altro che l’attività dell’uomo che
persegue i suoi fini. Se la critica assoluta , dopo
i geniali sviluppi di Feuerbach , osa ancora ri-
proporci tutta quanta la vecchia merce in forma
nuova» (139-140) [121], ecc., quest’unico
fatto è già sufficiente per valutare la sua inge-
nuità critica, ecc.
Piu oltre, circa l’opposizione tra lo spirito
e la « materia » ( la critica chiama « materia »
la massa), Engels dice:
« La critica assoluta non è dunque pura-
28
LENIN
mente cristiano-germanica ? Dopo che si è finito
sotto tatti i Iati di combattere la vecchia op-
posizione di spiritualismo e e do-
po che essa è stata superata una volta per
sempre da Feuerbach , la ” critica ” ne fa di
nuovo, odia forma pili nauseante, il dogma
fondamentale e fa vincere lo ” spirito cristiano-
germanico” » (141) [122-123].
A proposito delle parole di Bauer: « Gli
ebrei, oggi, sono emancipati nella misura in
cui vivono nella teoria ; sono liberi nella mi-
sura in cui vogliono essere liberi », Marx dice:
« Da questa affermazione si può subito
misurare l’abisso critico che separa il socialismo
e il comuniSmo di massa, profani, dal socia-
lismo assoluto. La prima affermazione del so-
cialismo profano respinge come un’illusione
l’emancipazione nella pura teoria, ed esige per
la libertà reale , oltre alla ” volontà ” idealisti-
ca, anche condizioni molto tangibili, molto
materiali. Quanto sta al di sotto della sacra
rrit-ira ” la massa ”, la massa che ritiene ne-
cessari sovvertimenti materiali, pratici, persino
per conquistare il temp o e i mezzi die sono
indispensabili anche per occuparsi solo ” della
teoria”'.» (142) [123-124].
Gò che segue (pp. 14M67^ [125-141] è
una critica molto noiosa e incredibilmente ca-
villosa della Gazzetta letteraria, una sorta di
commento interlineare del tipo « ramanzina »-
Proprio niente di interessante.
Fine del § 2b: La questione ebraica n. 2,
pp. 142-185 [123-154]. Le pp. 167-185 [141-
154] contengono l’interessante risposta di Marx
a Bauer, che difende la sua Judenfrage, criticata
nei Deutsckhfranzósische Jahrbucher (a cui Marx
rimanda continuamente). Marx sottolinea qui
in modo netto e ben chiaro i principi fonda-
mentali di tutta la sua concezione del mondo.
« LA SACRA FAMIGLIA »
29
« Le questioni religiose hanno oggi un si-
gnificato sociale »: questo è stato mostrato nei
Deutsch-franzósische Jahrbiicher , dove si è ca-
ratterizzata « la posizione reale dell'ebraismo
nella società civile moderna ». « Il signor Bauer
spiega [...] gli ebrei reali con la religione ebrai-
ca , invece di spiegare il mistero della religione
ebraica con gli ebrei reali» (167-168) [142].
Il signor Bauer non sospetta che « l'ebrai-
smo reale, mondano, e perciò anche Pebraismo
religioso, è prodotto continuamente dalla vita
civile moderna, e trova la sua elaborazione ul-
tima nel sistema del denaro ».
Nei Deutsch-franzósische Jahrbiicher si è
mostrato che lo sviluppo dell'ebraismo è da
situare « nella prassi commerciale e industria-
le », che l'ebraismo pratico è « la prassi com-
piuta dello stesso mondo cristiano» (169)
[143].
« Si è dimostrato che il compito di supe-
rare l'essenza ebraica è in verità il compito di
superare l'ebraismo della società civile, l'inu-
manità della prassi moderna di vita, inumanità
che raggiunge il suo vertice nel sistema del de-
naro » ( 169) [143].
Rivendicando la libertà, l'ebreo esige al
tempo stesso qualcosa che non contraddice la
libertà politica (172) [145], in quanto si trat-
ta della libertà politica.
« Si è mostrato al signor Bauer che la
scomposizione dell'uomo nel cittadino non re-
ligioso e nell'uomo privato religioso non con-
traddice per nulla l 'emancipazione politica ».
E subito dopo:
« Gli si è mostrato che, come lo Stato si
emancipa dalla religione emancipandosi dalla
religione di Stato e abbandonando la religione
a sé stessa all’interno della società civile, cosi
l’uomo singolo si emancipa politicamente dalla
religione, comportandosi verso di essa non piu
30
LENIN
come verso un affare pubblico, ma come verso
un affare privato . Gli si è mostrato infine che
l’atteggiamento terroristico della rivoluzione
francese verso la religione , ben lontano dal
contraddire questa concezione, la conferma »
(172) [145-146].
Gli ebrei esigono gli allgemeine Menschen-
rechte *.
« Nei Deutsch-franzòsische Jahrbucher è
stato dimostrato, al signor Bauer, che questa
” libera umanità ” e il suo ” riconoscimento ”
non sono altro che il riconoscimento délY indi-
viduo egoistico, borghese, e del movimento
sfrenato degli elementi spirituali e materiali
che costituiscono il contenuto della sua situa-
zione di vita, il contenuto della vita civile
moderna ; è stato dimostrato che i diritti del-
l'uomo non liberano quindi l’uomo dalla reli-
gione, ma gli danno la libertà religiosa, non lo
liberano dalla proprietà, ma gli procurano la
libertà della proprietà, non lo liberano dalla
sordidezza del guadagnare, ma gli concedono la
libertà dell'attività diretta a guadagnare .
« Si è poi dimostrato come il riconoscimento
dei diritti dell'uomo da parte dello Stato mo-
derno non abbia un significato diverso dal
riconoscimento della schiavitù da parte dello
Stato antico. Cioè, come lo Stato antico aveva
come base naturale la schiavitù, così lo Stato
moderno ha come base naturale la società ci-
vile, l’uomo della società civile, cioè l’uomo
indipendente, unito all’altro uomo solo con
il legame dell’interesse privato e della neces-
sità naturale incosciente, lo schiavo del lavoro
per il guadagno, lo schiavo sia del bisogno
egoistico proprio sia del bisogno egoistico al-
trui. Nei diritti universali dell'uomo lo Stato
moderno riconosce che questa è la sua base
naturale» (175) [147-148].
* diritti universali dell’uomo (n.d.t.).
« LA SACRA FAMIGLIA »
31
« L’ebreo ha un diritto tanto piu grande a
questo riconoscimento della sua ” libera uma-
nità ” in quanto la ” società civile libera ” ha
un'essenza totalmente commerciale, ebraica, e
in quanto l'ebreo è fin dall'inizio un suo mem-
bro necessario.»
Che i « diritti dell'uomo » non sono innati,
ma sono sorti storicamente, lo sapeva già Hegel
(176) [148].
Indicando le contraddizioni del costituzio-
nalismo la « critica » non le generalizza ( fasst
nicht den allgemeinen Widerspruch des Kon-
stitutionalismus *) ( 177 - 178 ) [ 149 ]. Se lo
avesse fatto, dalla monarchia costituzionale sa-
rebbe pervenuta allo Stato rappresentativo de-
mocratico , allo Stato moderno compiuto (178)
[ 150 ].
L’attività industriale non viene annientata
con la distruzione dei privilegi (corporazioni,
mestieri, ecc.), ma si sviluppa, invece, con
forza maggiore. La proprietà fondiaria non è
annientata con la distruzione dei privilegi della
proprietà fondiaria, « e il suo movimento co-
mincia piuttosto con il superamento dei suoi
privilegi, con la libera parcellizzazione e la
libera vendita» ( 180 ) [ 151 ].
Il commercio non viene annientato con la
distruzione dei privilegi commerciali, ma di-
venta solo allora un commercio realmente li-
bero; lo stesso si dica per la religione; « cosi
la religione si dispiega nella sua universalità
pratica (si pensi agli Stati liberi nordameri-
cani) solo là dove non c'è una religione pri-
vilegiata ».
« La schiavitù della società civile è appa-
rentemente la libertà più grande » (181) [152].
Alla dissoluzione (Auflòsung) (182) [153]
dell'esistenza politica della religione (distruzio-
* non comprende la contraddizione generale del costituzionalismo ( n.d.t .).
32
LENIN
ne della Chiesa di Stato), della proprietà (abro-
gazione del censo elettorale), ecc. corrisponde
* la loro vita più potente, che ora obbedisce
senza ostacoli alle sue proprie leggi e dispiega
tutta l’ampiezza della propria esistenza ».
V anarchia è la legge della società borghese
emancipata dai privilegi (182-183) [153].
c) Battaglia critica contro la rivoluzione fran-
cese
« 99 Le idee che k rivoluzione francese ave-
va suscitato — dice Marx citando Bauer —
non hanno portato, però, oltre la situazione
che essa voleva superare con la violenza.”
« Le idee non possono mai portare oltre
una vecchia situazione del mondo, ma sempre
oltre le idee della vecchia situazione del mondo.
In generale, le idee non possono attuare niente.
Per Pattuazione delle idee c’è bisogno degli
uomini, i quali impiegano una forza pratica »
(186) [155].
La rivoluzione francese ha suscitato le idee
del comuniSmo (Babeuf), che, conseguentemen-
te elaborate, contengono l’idea del nuovo Welt-
zustand *.
Circa le parole di Bauer, secondo cui lo.
Stato deve tenere uniti i singoli atomi egoi-
stici, Marx dice (188-189) [157-158] che i
membri della società borghese non sono, pro-
priamente parlando, degli atomi, ma che essi
immaginano soltanto di esser tali, mentre non
sono autosufficienti come gli atomi e dipendono
dagli altri uomini, giacché i loro bisogni li pon-
* ordine mondiale (n.d.t. ).
« LA SACRA FAMIGLIA »
gono quotidianamente in questo stato di di-
pendenza.
« Sono quindi la necessità naturale, le pro-
prietà umane essenziali, per quanto alienate
possano apparire, V interesse che tengono uniti
i membri della società civile; il loro legame
reale è la vita civile, e non la vita politica [...].
Solo la superstizione politica immagina ancora
oggi che la vita civile debba di necessità essere
tenuta unita dallo Stato, mentre, al contrario,
nella realtà, lo Stato è tenuto unito dalla vita
civile* (189) [158].
Robespierre, Saint-Just e il loro partito
sono caduti perché hanno confuso la società
antica, realisticamente democratica, fondata
sulla schiavitù, con lo Stato moderno rappre-
sentativo, spiritualisticamente democratico, fon-
dato sulla società civile. Nel giorno della sua
esecuzione Saint-Just ha indicato la tavola
(Tabelle, manifesto? appesa) dei diritti del-
l'uomo e ha detto: « C’est pourtant moi qui
ai fait cela ». « Proprio questa tavola procla-
mava il diritto di un uomo il quale non può
essere l’uomo della comunità antica, cosi come
i suoi rapporti economici e industriali non sono
i rapporti antichi » (192) [160].
Il 18 brumaio preda di Napoleone non è
stato il movimento rivoluzionario, ma la bor-
ghesia liberale. Dopo la caduta di Robespierre,
sotto il Direttorio, ha inizio la realizzazione
prosaica della società borghese: Sturm und
Drang delle imprese commerciali, ebbrezza
( Taumel ) della nuova vita borghese; « illumi-
nismo reale della terra francese, la cui organiz-
zazione feudale era stata frantumata dal mar-
tello della rivoluzione, della terra che ora il
primo ardore febbrile dei molti nuovi proprie-
tari sottopone a una coltura intensiva; primi
movimenti dell’industria diventata libera; que-
sti sono alcuni segni della vita della società
civile appena sorta» (192-193) [160-161].
34
LENIN
Capitolo VI. La critica assoluta ovvero la cri-
tica critica come signor Bruno
3) Terza campagna della critica assoluta
d) Battaglia critica contro il materialismo fran-
cese (195-211) [162-1761
|j_Questo capitolo ( § d della terza parte del
sesto capitolo) è uno dei piu preziosi del li-
bro. Qui non si dà alcun commento interli-
neare, ma soltanto un'esposizione positiva. È
un breve compendio di storia del materialismo
francese. Bisognerebbe trascrivere qui tutto il
paragrafo, mi limiterò pertanto a riassumerne
succintamente il contenuto?!
L’illuminismo francese del secolo XVIII
e il materialismo francese sono stati non sol-
tanto una lotta contro le istituzioni politiche
esistenti, ma insieme anche una lotta aperta
contro la metafisica del secolo XVII e, spe-
cialmente, contro la metafisica di Descartes ,
Malebranche, Spinoza e Leibniz . « Si è contrap-
posta alla metafisica la filosofia, cosi come
Feuerbach, nella sua prima decisa presa di po-
sizione contro Hegel, ha contrapposto alla spe-
culazione ubriaca la sobria filosofia» (196)
[164].
La metafisica del secolo XVII, messa fuori
combattimento dal materialismo del secolo
XVIII, ha vissuto la sua restaurazione vitto-
riosa e sostanziale ( gehaltvolle ) nella filosofia
tedesca e, specialmente, nella filosofia specu-
lativa tedesca del secolo XIX. Hegel l'ha ge-
nialmente congiunta con tutta la metafisica e
con l'idealismo tedesco e ha fondato ein me-
taphysisches Universalreich *. A questo è se-
guito di nuovo « l’attacco alla metafisica spe-
culativa e a ogni metafisica. Quest'ultima
* un regno metafisico universale (nJj.).
«t LA SACRA FAMIGLIA »
35
soccomberà definitivamente dinanzi al materia-
lismo, ora completato dal lavoro della stessa
speculazione e coincidente con l’umanismo.
Come Feuerbach nel campo teorico, il socia-
lismo e il comuniSmo francesi e inglesi hanno
rappresentato nel campo pratico il materialismo
coincidente con lumanismo » (196-197) [165].
Esistono due indirizzi del materialismo
francese: 1) quello derivante da Descartes e
2) quello derivante da Locke, Il secondo
miindet direkt in den Sozialismus * (197)
[165].
Il primo, il materialismo meccanico, si
trasforma nella scienza naturale francese.
Descartes nella sua fisica dichiara che la
materia è Tunica sostanza. Il materialismo mec-
canico francese accoglie la fisica di Descartes
e respinge la sua metafisica.
« Questa scuola ha inizio con il medico
Le Roy, raggiunge il suo punto piu alto con
il medico Cabanis , e il medico Lamettrie è il
suo centro.»
Descartes era ancora vivo quando Le Roy
ha esteso la costruzione meccanica dell’animale
all’uomo e ha dichiarato che l’anima è un
modus del corpo e che le idee sono movimenti
meccanici (198) [165-166], Le Roy credeva
persino che Descartes celasse la sua vera opi-
nione. Descartes ha protestato.
Alla fine del secolo XVIII Cabanis ha per-
fezionato il materialismo cartesiano nello scritto
Rapports du physique et du moral de Vhomme.
La metafisica del secolo XVII ha avuto sin
dall’inizio come antagonista il materialismo.
Descartes — Gassendi, restauratore del mate-
rialismo epicureo, — in Inghilterra Hobbes.
Voltaire (199) [166] ha osservato che la
indifferenza dei francesi per le controversie
tra i gesuiti e i giansenisti non è stata prodotta
* sfocia direttamente nel socialismo (n.d.t.).
36
LENIN
tanto dalla filosofia, quanto dalle speculazioni
finanziarie di Lato. Il movimento teorico verso
il materialismo si spiega con la Gestaltung *
pratica della vita francese del tempo. Alla pras-
si materialistica corrispondono le teorie mate-
rialistiche.
La metafisica del secolo XVII (Descartes,
Leibniz) era ancora collegata con un conte-
nuto positivo. Essa ha compiuto scoperte nella
matematica, nella fisica, ecc. Nel secolo XVIII
le scienze positive si sono separate, e la meta-
fisica war fad geworden **.
NelPanno della morte di Malebranche sono
nati Helvétius e Condillac (199-200) [167].
Sul piano teorico la metafisica del secolo
XVII è stata screditata da Pierre Bayle, che ha
usato Parma dello scetticismo. Egli ha confu-
tato soprattutto Spinoza e Leibniz. Ha annun-
ciato la società atea. È stato « Pultimo dei
metafisici nel senso del secolo XVII e il primo
dei filosofi nel senso del secolo XVIII » (200-
201) [168]: parole di uno scrittore francese.
Questa confutazione negativa necessitava di
un sistema positivo antimetafisico. È stato
Locke a darlo.
Il materialismo è figlio della Gran Bretagna.
Già lo scolastico Duns Scoto si domandava
« se la materia non possa pensare ». Egli era
un nominalista. Il nominalismo è in generale
la prima espressione del materialismo.
Il vero progenitore del materialismo inglese
è Bacone . («Tra le proprietà naturali della
materia il movimento è la prima e la principale,
non solo come movimento meccanico e mate-
matico, ma ancor piu come impulso, spirito
vitale, tensione, come [...] tormento [Qual]
della materia»; 202 [169].)
« In Bacone, in quanto suo primo creatore,
il materialismo racchiude in sé, in un modo
* organizzazione ( n.d.t .).
** era divenuta insipida (n.d.t X
« LA SACRA FAMIGLIA »
37
ancora ingenuo, i germi di uno sviluppo onni-
laterale. La materia, nel suo splendore poetica-
mente sensibile, sorride a tutto l'uomo.»
In Hobbes il materialismo diventa unila-
terale, menschenfeindlich, mechanisch *. Hobbes
ha sistematizzato Bacone, ma non ha fondato
(begriindet) in modo più preciso il suo prin-
cipio fondamentale: Torigine delle conoscenze
e delle idee dal mondo sensibile ( Sinnenwelt ) :
p. 203 [170].
Come Hobbes ha distrutto i pregiudizi
teistici del materialismo baconiano, cosi Collins,
Dodwell, Coward, Hartley, Priestley, ecc. han-
no distrutto gli ultimi confini teologici del sen-
sismo lockeano.
Condillac ha diretto il sensismo di Locke
contro la metafisica del secolo XVII e ha pub-
blicato una confutazione dei sistemi di Des-
cartes, Spinosa, Leibniz, Malebranche.
I francesi « hanno incivilito» (203) [171]
il materialismo degli inglesi.
In Helvétius (che muove anch’egli da
Locke) il materialismo assume un carattere
propriamente francese.
Lamettrie è Turificazione del materialismo
cartesiano e di quello inglese.
Robinet è ancora collegato soprattutto con
la metafisica.
« Come il materialismo cartesiano va a fini-
re nella scienza naturale vera e propria , cosi
l’altro orientamento del materialismo francese
sfocia direttamente nel socialismo e nel comu-
niSmo » (206) [172].
Niente è piu facile del ricavare il socialismo
dalle premesse del materialismo (riorganizzare
il mondo sensibile; collegare Tinteresse privato
con quello generale; distruggere le Geburtsstàt-
ten ** antisociali del delitto, ecc.).
Fourier muove direttamente dalla dottrina
* ostile allucino, meccanico ( n.d.t .).
** luoghi di nascita ( n.d.t .).
38
LENIN
dei materialisti francesi. I babuvisti erano ma-
terialisti rozzi, incivili. Bentham fonda il suo
sistema sulla morale di Helvétius, e Owen muo-
ve dal sistema di Bentham per fondare il comu-
niSmo inglese. Cabet porta in Francia dall’In-
ghilterra le idee comuniste (è il rappresentante
populàrste wenn auch flachste * del comuni-
Smo): 208 [173]. «Più scientifici» Dézamy ,
Gay , ecc., che sviluppano la dottrina del mate-
rialismo come umanismo reale.
A pp. 209-211 [174-176] Marx riporta in
nota (due pagine in corpo più piccolo) passi
di Helvétius, Holbach e Bentham, per docu-
mentare la connessione tra il materialismo del
secolo XVIII e il comuniSmo inglese e francese
del secolo XIX.
Nei paragrafi successivi è da sottolineare il
seguente brano:
.« La lotta tra Strauss e Bauer sulla sostanza
e sull 1 autocoscienza è una lotta che ha luogo
all'interno delle speculazioni hegeliane . In
Hegel si hanno tre elementi: la sostanza spino «
ziana, V autocoscienza ficbtiana e l’unità hege-
liana, necessariamente contraddittoria, di en-
trambe, lo spirito assoluto. Il primo elemento
è la natura travestita metafisicamente nella sua
separazione dairuomo; il secondo è lo Spirito
travestito metafisicamente nella sua separazione
dalla natura; il terzo è l’unità travestita metafi-
sicamente di entrambi: l 'uomo reale e il genere
umano reale» (220) [182-183];
e il capoverso successivo con questa valu-
tazione di Feuerbach:
« Strauss e Bauer hanno perfezionato con-
seguentemente Hegel alFinterno della sfera teo-
logica, il primo dal punto di vista spinoziano,
il secondo dal punto di vista fichtiano. Entrain-
* il piu popolare anche se il piu superficiale (n.d.tX
« LA SACRA FAMIGLIA »
39
bi criticavano Hegel nella misura in cui in
Hegel ciascuno dei due elementi viene falsifi-
cato dall’altro, mentre essi sviluppavano questo
o quello dei due elementi sino alla sua perfe-
zione unilaterale , e perciò conseguente. En-
trambi, nella loro critica, vanno oltre Hegel,
ma entrambi rimangono anche fermi all'interno
della sua speculazione e rappresentano ciascuno
solo un lato del suo sistema. Solo Feuerbach,
che ha completato e criticato Hegel dal punto
di vista hegeliano, risolvendo il metafisico spi-
rito assoluto nell* "uomo reale che ha il suo
fondamento nella natura ”, ha portato a com-
pimento la critica della religione, tracciando
nello stesso tempo Ì grandi e magistrali linea-
menti per una critica della speculazione hege-
liana e quindi di ogni metafisica » (220-221)
[183].
Marx deride la baueriana « teoria dell’auto-
coscienza » per il suo idealismo ( sofismi del-
l’idealismo assoluto: 222 [184]), mostra che
essa è una parafrasi di Hegel, cita la Fenome-
nologia e le osservazioni critiche di Feuerbach
( Philosophie der Zukunft, p. 35, dove si dice
che la filosofia nega — negiert — il « materia-
le », il « sensibile », come la teologia nega « la
natura corrotta dal peccato originale»).
Il capitolo successivo (VII) comincia di
nuovo con una critica noiosissima, cavillosa
I pp, 228-235 | [189-195]. Nel 5 2a un brano
interessante.
Marx riporta dalla Gazzetta letteraria la
lettera di un « rappresentante della massa », il
quale esige che si conosca la realtà, che si stu-
dino la scienza naturale, l’industria (236) [195-
1961, e viene per questo insultato dalla «cri-
tica »:
« O (!) ritiene ella » — esclamano i « cri-
tici » contro il rappresentante della massa —
40
LENIN
Nota
bene
« che sia già finita con la conoscenza della
realtà storica? O (!) conosce ella un solo
periodo della storia che sia già effettivamente
conosciuto? ».
« O la critica critica crede » — ribatte Marx
— « di essere giunta anche solo aSl’inizio del-
la conoscenza della realtà storica, fino a che
esclude dal movimento storico il comportamen-
to teoretico e pratico dell'uomo verso la na-
tura, la scienza della natura e l'industria? O
crede di avere già conosciuto effettivamente
un qualsiasi periodo senza, per esempio, aver
conosciuto l'industria di questo periodo, il mo-
do di produzione immediato della vita stessa?
Naturalmente, la critica critica, spiritualistica,
teologica , conosce solo — conosce almeno nel-
la sua immaginazione — i fatti politici, let-
terari e teologici della storia, quelli principali
e di rilievo statale. Come separa il pensiero
dai sensi, l'anima dal corpo, sé stessa dal mon-
do, allo stesso modo la critica separa la storia
dalla scienza della natura e dall’industria, allo
stesso modo vede il luogo di nascita della storia
non nella produzione rozzamente materiale che
avviene sulla terra, ma in cielo, nel formarsi
vaporoso delle nuvole» (238) [197-198],
La critica qualifica questo rappresentante
della massa come massenhafter Materialist *
(239) [198],
« La critica dei francesi e degli inglesi non
è una personalità cosi astratta, cosi trascen-
dente, che sta fuori dell'umanità; essa è l 'atti-
vità umana reale di individui che sono membri
attivi della società, che soffrono, sentono, pen-
sano e agiscono in quanto uomini. Perciò la
loro critica è nello stesso tempo pratica; il loro
comuniSmo è un socialismo nel quale essi sta-
biliscono misure pratiche, tangibili, nel quale
essi non solo pensano, ma ancor più agiscono;
* materialista di massa {n.d.t.).
« LA SACRA FAMIGLIA »
41
è la critica vivente, reale, della società esisten-
te, è la conoscenza delle cause ” della decaden-
za ” » (244) [202].
(Tutto il capitolo VII, 228-257 [189-212],
tranne i luoghi citati, contiene soltanto critiche
inverosimilmente cavillose, spunti parodistici,
la ricerca delle contraddizioni più insignificanti,
la derisione di tutte le stoltezze della Gazzetta
letteraria , e ccTl
Nel capitolo Vili (258-333 [213-267]) ab-
biamo un $ sulla «c trasformazione critica di
uno scannatore in un cane » e quindi sulla
Fleur de Marie di Eugène Sue (si tratta, evi-
dentemente, di un romanzo con questo titolo
o di un personaggio di un qualche romanzo 2 )
con alcune osservazioncine « radicali » ma prive
d’interesse di Marx. Sono però da rilevare
p. 285 + [233-234], un paio di osservazioni
sulla teoria penale hegeliana, e p. 296 [241],
contro la difesa fatta da Eugène Sue del carcere
cellulare (Cellularsystem).
+ « Secondo Hegel, il delinquente, con la
pena, pronuncia il giudizio su sé stesso. Gans
ha elaborato ampiamente questa teoria. In
Hegel essa è il neo di bellezza speculativo
dell’antico jus talionis, che Kant aveva svolto
come Vunica legittima teoria penale. In Hegel
l’autogiudizio del delinquente rimane una sem-
plice ” idea ”, un’interpretazione semplicemen-
te speculativa delle pene empiriche correnti .
Egli rimette quindi il loro modus al grado di
sviluppo raggiunto nei diversi casi dallo Stato,
cioè lascia che la pena sia cosi come è. Proprio
qui egli si mostra più critico del suo critico
pappagallo. Una teoria penale che nel delin-
quente riconosca contemporaneamente Yuomo
42
LENIN
può fare ciò solo neW astrazione, neirimmagi-
nazione, perché la pena, la coazione contraddi-
cono il comportamento umano. Inoltre, la cosa
sarebbe impossibile a eseguirsi. Al posto della
legge astratta subentrerebbe Tarbitrio puramen-
te soggettivo, poiché in ciascun caso dovrebbe
necessariamente dipendere dagli ” onesti e ri-
spettabili ” uomini ufficiali il regolare la pena
secondo Tindividualità del delinquente. Già
Platone aveva compreso che la legge deve ne-
cessariamente essere unilaterale, e astrarre dal-
Tindividualità. Quando vigeranno rapporti uma-
ni, la pena non sarà invece realmente altro che
il giudizio di chi sbaglia su sé stesso. Non si
pretenderà di persuadere costui che una vio-
lenza esterna, esercitata da altri su di lui, sia
una violenza che egli ha esercitato su sé stesso.
Egli troverà invece negli altri uomini i natu-
rali redentori della pena che egli ha inflitto a
sé stesso, cioè il rapporto addirittura si rove-
scerà » (285-286) [233-234].
( ( Evidentemente, Marx insorge qui contro
il socialismo superficiale propagandato da Eugè-
ne Sue ed evidentemente difeso nella Gazzetta
letteraria . ) )
Marx dileggia, per esempio, Sue per l’idea
di far ricompensare la virtù da parte dello
Stato, allo stesso modo in cui si punisce il
vizio (pp. 300-301 [244-245]: tavola compa-
rativa della justice criminelle e della justice
vertueuse! ).
pp. 305-306 [248-249]: osservazioni criti-
che contro la Fenomenologia di Hegel.
p. 307 [249]: ma talvolta Hegel, nella sua
Fenomenologia, fornisce, nonostante la sua teo-
ria, una caratterizzazione reale dei rapporti
umani .
« LA SACRA FAMIGLIA »
43
p. 309 [250]: la beneficenza come Spiel *
dei ricchi (309-310) [250-251].
312-313 [252-253]: citazioni da Fouricr sul-
la d egradazione della donna, molto rilevanti
| co ntro le aspirazioni moderate della « criti-
ca » e di Rodolfo — eroe di Eugène Sue? ||.
«Il mistero di questo» (305) [248] (pre-
cede una citazione dagli Anekdota) « ardire
baueriano è la Fenomenologia di Hegel. Poi-
ché, qui, Hegel pone al posto àzWuomo Yauto-
coscienza, la realtà umana più diversa appare
solo come una forma determinata , come una
determinatezza dell* autocoscienza* Una semplice
determinatezza deirautocoscienza è, però, una
” pura categoria ”, un semplice ” pensiero ”,
che io posso quindi sopprimere anche nel ” pu-
ro ” pensare e posso superare mediante il puro
pensare. Nella Fenomenologia di Hegel i fon-
damenti materiali, sensibili, oggettivi delle di-
verse figure alienate dell'autocoscienza umana
sono lasciati sussistere, e tutta quanta l'opera
distruttiva ha av uto com e risultato la filosofia
più conservatrice | sic! | , dato che si crede di
avere superato il mondo oggettivo, il mondo
sensibilmente reale, appena lo si è trasformato
in una ” cosa del pensiero ”, in una semplice
determinatezza dell autocoscienza, e appena si
può quindi dissolvere l'avversario, diventato
etereo, nell’ ” etere del pensiero puro La
Fenomenologia, quindi, si conclude conseguen-
temente con il porre, al posto di tutta la realtà
umana, il ” sapere assoluto il sapere , perché
questo è Punico modo di esistere dell'autoco-
scienza e perché Pautocoscienza rappresenta
Punico modo di esistere dell'uomo; sapere as-
soluto, appunto perché Pautocoscienza sa sol-
tanto sé stessa e non è piu disturbata da un
* giuoco (n.d.t.).
44
LENIN
mondo oggettivo. Hegel fa delFuomo Yuomo
dell’autocoscienza , anziché fare dell’autocoscien-
za Y autocoscienza dell’uomo , dell’uomo reale,
vivente quindi in un mondo reale, oggettivo,
dell’uomo condizionato da questo mondo. Hegel
pone il mondo sulla testa e quindi può anche
risolvere nella testa tutti i limiti, con il che
naturalmente essi continuano a sussistere per
la cattiva sensibilità, per l’uomo reale . Inoltre,
egli considera necessariamente come limite tut-
to ciò che rivela la limitatezza dell 1 autocoscienza
universale , tutta la sensibilità, tutta la realtà,
tutta l’individualità, degli uomini e del loro
mondo. Tutta la Fenomenologia vuole dimostra-
re che V autocoscienza è la scia realtà e tutta
la realtà » (306) [248].
«È dum i per sé infine die, se la Feno-
menologia dt Hegel, nonostante il suo peccato
originale speculativo, dà in molti punti gli
elementi per una reale caratterizzazione dei
rapporti umani, il signor Bruno e soci forni-
scono invece solo una caricatura priva di con-
tenuto » (307) f 249T-
« Con ciò Rodolfo ha espresso inconsape-
volmente il mistero da lungo tempo svelato
che la stessa miseria umana, che l’infinita abie-
zione (la quale deve necessariamente ricevere
Felemosina) deve necessari a me n te servire al-
l’aristocrazia del denaro e della cultura come
giuoco, come appagamento del proprio egoi-
smo, come solletico della propria arroganza,
come divertimento.
« Le molte associazioni tedesche di benefi-
cenza, le molte società francesi di beneficenza,
le numerose donchisciotterie benefiche in In-
ghilterra, i concerti, i balli, gli spettacoli, i
pasti per i poveri, persino le sottoscrizioni pub-
bliche per infortunati, non hanno altro signifi-
cato * (309-310) [250-251].
« LA SACRA FAMIGLIA »
45
Marx cita da Eugène Sue:
« Ah Madame! ce n’est pas assez d’avoir
dansé au bénéfice de ces pauvres Polonais...
soyons philanthropes jusqu’au bout... allons
souper maintenant au profit des pauvresì »
(310) [251].
A pp. 312-314 [252-253] citazioni da
F o u r ie r ( adulterio, bon ton, infanticidio
delle donne sedotte: circolo vizioso... « Il gra-
do di emancipazione della donna è la misura
na turale dell'emancipazione generale » (312)
[252]. La civiltà trasforma ogni vizio da sem-
plice in complesso, equivoco, ipocri to), e Marx
aggiunge:
« Di fronte al pensiero di Rodolfo è super-
fluo rinviare sia alla caratterizzazione magi-
strale del matrimonio data da Fourier sia agli
scritti della frazione materialistica del comu-
niSmo francese» (313) [253].
pp. 313 [253] sgg.: contro i progetti eco-
nomico-politici di Eugène Sue e di Rodolfo
(l’eroe del romanzo di Sue?), progetti di asso-
ciazione dei ricchi e dei poveri, di organizzazione
del lavoro (che deve essere affrontata dallo
Stato) , ecc., per esempio, anche l'Armenbank
| VII, b. La Banca dei poveri, pp. 314-318
[254- 256] | = prestiti senza interessi ai di-
soccupati. Marx considera le cifre del pro-
getto e ne dimostra Tinsignificanza rispetto alla
miseria. Anche come idea l'Armenbank non è
migliore delle Sparkassen... cioè beruht die Ein-
richtung * della banca sulla « falsa opinione
che basti una diversa distribuzione del salario
perché il lavoratore possa vivere tutto l’anno »
(316-317) [255].
Nel S c, pp. 318-320 [256-258], Fattoria
modello di Bouqueval, è esposto il progetto,
esaltato dalla « critica », di una fattoria model*
casse di risparmio... cioè poggia l’istituzioae (n.d.t.).
46
LENIN
lo descritta da Rodolfo: Marx lo dichiara uto-
pistico, perché ogni francese può ottenere in
media solo un quarto di libbra di carne al gior-
no, solo 93 franchi di reddito annuo, ecc., in
base al progetto si lavora due volte di piti del
normale, ecc., ecc. Non è interessante.
320 [258]: «Il mezzo miracoloso, con il
quale Rodolfo opera tutte le sue redenzioni e
tutte le sue cure miracolose, non sono le sue
belle parole, ma il suo denaro contante. Cosi
sono i moralisti, dice Fourier. Sarebbe neces-
sario essere un milionario per poter imitare i
loro eroi.
« La morale è V ” impuissance mise en
action Tutte le volte che combatte un vizio,
essa soccombe. E Rodolfo non si eleva neppure
al punto di vista della morale autonoma, la
quale si basa almeno sulla coscienza della di-
gnità umana. La sua morale poggia invece sulla
coscienza della debolezza umana. Egli è la mo-
rale teologica» (320-321) [258].
« Come nella realtà tutte le distinzioni si
fondono sempre piu nella distinzione tra poverQ
e ricco , cosi nell’idea tutte le distinzioni aristo-
cratiche si risolvono nell’opposizione del bene
e del male. Questa distinzione è l’ultima forma
che l’aristocratico dà ai suoi pregiudizi» (323-
324) [260].
« Per Rodolfo ognuno dei moti della sua
anima è di importanza infinita. Perciò egli li
valuta e li osserva continuamente» (esempi).
« Questo grande signore somiglia ai membri
della giovane Inghilterra, che, anch’essi, vo-
gliono riformare il mondo, compiono nobili
azioni e sono soggetti a simili attacchi di iste-
rismo » (326) [262].
Non ha qui in mente Marx i filantropi
tories inglesi che hanno introdotto la leg-
ge delle dieci ore?
ANNOTAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Su Friedrich Ueherweg 3
F. Ueberweg, Grutidriss der Geschichte der
Philosophie, a cura di Max Heinze, 3 w., 1876-
1880, Leipzig.
Il libro ha un carattere alquanto strano:
§§ assai brevi con un paio di parole sul con-
tenuto delle teorie e lunghissimi chiarimenti,
composti in corpo piccolo, pieni per tre quarti
di nomi e titoli di libri: 1 oltre tutto, fe vec-
chio: la bibliografia arriva agli anni sessanta-
settanta. | Un che di Unleserliches * ! Una sto-
ria di nomi e di libri!
* illeggibile {n.d.t.).
4-639
Su Friedrich Paulsen
F. Paulsen, Einleitung in die Philosophie ,
Berlin, 1899.
È arcicaratteristica l’esplicita impostazione
del problema nell’introduzione: la filosofia mo-
derna ha il còmpito di « riconciliare la conce-
zione religiosa del mondo con l’interpretazione
scientifica della natura» (p. IV). Sic! Questa
idea viene svolta in modo arciminuzioso: la
lotta sembra essere su due fronti: contro il
materialismo e contro il «gesuitismo» (sia cat-
tolico che protestante). Naturalmente, il mate-
rialismo viene concepito (spacciato?) come rein
mechanisch, physikalisch *, ecc.
L’autore afferma inoltre francamente che la
filosofia moderna poggia su Kant e rappresenta
il «monismo idealistico».
Sino a p. 10: « pace tra scienza e fede »...
E a p. 11: Instaurare questa pace è « il
perno della filosofia di Kant [...]. Rendere il
dovuto all’una e all’altra: alla scienza contro
10 scetticismo di Hume, alla fede contro la sua
negazione dogmatica nel materialismo: questo,
11 risultato del suo lavoro» (12).
« Solo una circostanza può turbare questa
attesa piena di speranze » (di speranze in que-
sta pace) > « ed è il radicalismo, assolutamente
ostile alla religione, che si va diffondendo tra
le grandi masse della popolazione [...]. Cosi
rico, fisico ( n.d.t .).
ANNOTAZIONI BIBLIOGRAFICHE
51
Pateismo è adesso» (come prima per la bor-
ghesia) «il dogma della socialdemocrazia»
(pp. 14-15). « E il catechismo alla rovescia.
E, come quello antico, anche questo nuovo
dogmatismo è negativo, ostile alla scienza, poi-
ché incatena con i suoi dogmi lo spirito della
critica e del dubbio.» (Ricorda il termine Anti-
pfaffen * e sostiene che il cristianesimo non
parteggia per i ricchi e sopravviverà alla lotta
verso cui s'incammina l'Europa.)
Confutando il materialismo e propugnando
la teoria dell'Allbeseelung ** (che interpreta in
senso idealistico), Paulsen ignora: 1) che non
confuta il materialismo, ma soltanto alcune
tesi di alcuni materialisti; 2) che si contraddice
nelPinterpretare la psicologia contemporanea in
senso idealistico.
X Cfr. p. 126. « Una forza [...] non è altro
che una tendenza a un'attività determinata e
quindi coincide, per la sua essenza generale,
con una volontà inconscia.»
(Ergo: Scelenvorgànge und Kraft non sono
affatto cosi unuberbriickbar *** come sembrava
allautore in principio, a pp. 90 sgg.)
pp. 112-116: perché il Weltall non può
essere portatore des Weltgeistes ****? (Perché
l'uomo e il suo cervello sono lo sviluppo su-
periore dello spirito, come l'autore stesso ri-
conosce. )
(Paulsen, quando critica i materialisti, con-
trappone alla materia le forme superiori dello
spirito. Quando poi difende l’idealismo e in-
terpreta idealisticamente la psicologia contem-
poranea, ravvicina le forme inferiori dello spi-
rito alle Kràfte, ecc. Ecco il punto vulnerabile
della sua filosofia.)
Cfr., in particolare, pp. 106-107, dove Paul-
?
NB
* antipreti (n.d.t.).
** animismo universale (n.d.t.),
*** Fenomeni e forza... inconciliabili (n.d.t.).
**** ...universo... dello spirito del mondo (a.d./.).
52
LENIN
sen si pronuncia contro chi considera la ma-
teria come un che di morto.
X Centra, p. 86: « nel movimento non c'è
traccia di pensiero »...
L'autore sembra liberarsi troppo facilmen-
te dell’idea che Gedanke ist Bewegung *. Le
sue argomentazioni si rifanno soltanto al « co-
mune intelletto umano: è assurdo »> « il pen-
siero non è movimento, ma pensiero » (p. 87).
Che anche il calore sia calore e non movimento??
Assolutamente stolidi sono poi i ragiona-
menti dell’autore là dove dice che il fisiologo
smetterà di parlare non dei pensieri, ma
dei movimenti uguali a questi pensieri. Anche
del calore nessuno smetterà mai di parlare.
L’innamorato non parlerà certo alla sua
« dama del relativo processo vasomotorio [...]
Sarebbe una palese assurdità» (pp. 86-87). SI,
ma del signor Paulsen! Se sentiamo che il ca-
lore fa difetto, non ci metteremo a dire che il
calore è una specie di movimento, ma parlere-
mo invece del modo di procurarci il carbone.
Paulsen considera come sinnlos il principio
che il pensiero è Bewegung. Lui stesso è contro
il dualismo e parla di « equivalente » ( 140 e
143): l’« equivalente fisico dello psichico» (o
Begleiterscheinung **). Non è forse la stessa
begriffliche Konfusion ***, per cui ingiuria
sprezzantemente Biichner?
Quando Paulsen dichiara che il suo paral-
lelismo è « non locale » ma « ideale » (p. 146) ,
il suo carattere dualistico emerge con maggiore
chiarezza. Questa non è una spiegazione, e nem-
meno una teoria, ma un semplice sotterfugio
verbale.
* pensiero è movimento ( n.d.t .).
** (o fenomeno concomitante) (n.d.t.),
*** confusione concettuale (n.d.t.).
Su Ernst Haeckel 4
Frankfurter Zeitung, 1904, n. 348, 15 dicem-
bre, 1* edizione del mattino.
Nota sui nuovi libri di biologia.
Ernst Haeckel, Lebenswunder ( Gemein -
verstàndliche Studien uber biologische Pbiloso -
pbie), Stuttgart (Alfred Kròner).
( Per Haeckel « lo spirito è una funzione
fisiologica della corteccia cerebrale », p. 378 del
suo libro. Il recensore è, naturalmente, con-
trario a tale opinione.)
Dello stesso autore: Weltrdtsel ((uscito
prima)) (dove si dimostra che, propriamente
parlando, gli enigmi del mondo non esistono).
Libri vari di scienze naturali e filosofia 5
Sorbona. Nuove accessioni: C. 819 (7).
Richard Lucas, Bibliograpbie dei radioakti-
ven Stoffe, Hamburg und Leipzig, 1908, 8°.
(A. 47. 191.)
Mach, Grundriss der Pbysik (bearbeitet von
Harbordt und Fischer), Leipzig, 1905-1908,
2 Bde, 8°.
(A. 46. 979.) S. 0>.
. 63.
Eduard Riecke, Handbucb der Pbysik, 4.
Aufl., Leipzig, 1908, 2 Bde, 8®.
(A. 47. 338.) S. $. K i d e n t i t à
del soggettivo e dell'ogget -
t i v o ", cioè l’unità dell’essere umano e del-
l’essere naturale, ma distinto tuttavia dal vero
essere della natura e dell’umanità » (411).
NB
NB
NB
* ente di pensiero (n.d.t.).
74
LENIN
Sehr gut!
Sehr gut!
un passo
eccellente!
NB
profondamente
giusto!
NB
eccellente
(contro Hegel
e Pidealismo)
detto molto
bene!
« Senza fondo è l'ignoranza dell’uomo e
senza limiti la sua immaginazione; la potenza
della natura, privata del suo fondamento dal-
l’ignoranza e dei suoi limiti dall’immaginazione,
è l’onnipotenza divina» (414).
« L’essere oggettivo come soggettivo, l’es-
sere della natura come essere umano, diverso
dalla natura, l’essere dell’uomo come essere
non umano, diverso dall’uomo, ecco l’essere di-
vino, ecco l’essenza della religione, ecco il
mistero della mistica e della speculazione »
(415).
La speculazione è per Feuerbach =
alla filosofia idealistica. NB.
« L’uomo separa nel pensiero l’aggettivo dal
sostantivo, la proprietà dell’essere [...]. E il
Dio metafisico non è altro che il compendio,
l’insieme delle proprietà più generali, estratte
dalla natura, che tuttavia l’uomo assume in
questa loro separazione dall’essere sensibile,
dalla materia, dalla natura, e tramuta me-
diante l’immaginazione in un soggetto o essere
indipendente » (417).
La stessa funzione è svolta qui dalla Logica
(418: chiaramente ci si riferisce a Hegel), che
trasforma das Sein, das Wesen in una realtà
particolare: « com’è assurdo voler tramutare
l’esistenza metafisica in un’esistenza fisica, l’esi-
stenza soggettiva in un’esistenza oggettiva, e
l’esistenza logica o astratta di nuovo in un’esi-
stenza non logica, reale! » (418)
« ” Vi è quindi una rottura e contraddizio-
ne eterna tra essere e pensiero? ” Si, nella
testa, ma nella realtà questa contraddizione è
già da tempo risolta, risolta però in modo ri-
spondente alla realtà, e non ai tuoi concetti
scolastici, risolta cioè per mezzo niente meno
che dei cinque sensi » (418).
« LEZIONI SULL’ESSENZA DELLA RELIGIONE »
75
428: Tout ce qui n’est pas Dieu, n’est rieri,
cioè tout ce qui n’est pas Moi, n’est rien.
431-435: Buona citazione da Gassendi M .
Un passo molto buono: soprattutto 433- Dio
= unione di aggettivi (senza materia) sul
concreto e sull’astratto.
435 j : « La testa è la camera dei rap-
presentanti deiruniverso », e, quando la nostra
testa è stipata di astrazioni, di Gattungsbegrif-
fen *, noi deduciamo (leiten) naturalmente
« l’individuale dall’universale, cioè [...] la na-
tura da Dio ».
436-437 (Annotazione n. 16): io non so-
no contro la monarchia costituzionale, ma tut-
tavia soltanto la repubblica democratica è la
forma statale che appare « alla ragione im me-
diatamente come rispondente alla natura
umana ».
...«Lo scrivere con spirito consiste
tra l'altro nel presupporre spirito anche
nel lettore, nel non dire tutto, nel lasciare
che il lettore stesso si dica quali sono i
rapporti, le condizioni e le limitazioni in
cui una data proposizione è valida e può
essere pensata » ( 447 ) .
Interessante risposta (di Feuerbach) ai suoi
critici, al prof, von S eh ad e n ( 448-449 )
e a Schaller (449-450-463).
. .« io pongo espressamente al posto dell’es-
sere la natura, al posto del pensiero l’uomo »,
cioè non un’astrazione, ma qualcosa di con-
creto: die dramatische Psychologie (449).
Ecco perché è angusta l’espressio-
ne, di Feuerbach e di CernySevskij, di
« principio antropologico » in filosofia.
Tanto il principio antropologico quanto il
naturalismo sono soltanto descrizioni im-
precise e deboli del m a t eri ali s m o.
bien dit!
NB
NB
individuale e
universale =
natura e Dio
ah-ah!!
preciso!
NB « essere
e natura »,
« pensiero
e uomo »
* concetti generici (n.d.t.).
76
LENIN
bien dit!
sui fondamenti
del materialismo
filosofico
« Il gesuitismo è il modello e l’ideale in-
consapevole dei nostri filosofi speculativi »
(455).
« Il pensiero pone il discreto della realtà
come un continuo, l’infinita molteplicità della
vita come una unità identica. La conoscenza
della differenza essenziale e incancellabile tra
pensiero e vita (o realtà) è il principio di ogni
sapienza nel pensiero e nella vita. Soltanto la
distinzione è qui la vera unificazione» (458).
Fine dell’8 0 volume.
Volume 9° = Teogonia (1857). Sem-
bra, a giudicare da una rapida scorsa, che
non ci sia qui niente di interessante. Del
resto, bisogna leggere i §§ 34 (pp. 320
sgg.) e 36 (p. 334) 15 . NB § 36 (p. 334):
da un rapido sguardo non risulta niente di
interessante. Citazioni su citazioni a con-
ferma di ciò che Feuerbach ha già detto
in precedenza.
ANNOTAZIONI BIBLIOGRAFICHE “
Su Raab, Perrin e Plenge
F. Raab, Die PhUosophie voti R. Avenarius.
Systematische Darstellmg und immanente Kri-
tik, Leipzig, 1912. (164 S.) (5 Mk.)
Perrin, Les atomes, Paris (Alcan).
Joh. Plenge, Marx und Hegel, Tiibingen,
1911. (184 S.) (4 Mk.)
( Recensione negativa di O. Bauer in Arcbiv )
fiir Geschichte des Sozialismus, III. Band, f
3. Heft. )
Su R. B. Perry
Mini, 1913, aprile. Recensione di F. C. S.
Schiller a Ralph Barton Perry, Present philo-
sophical tendencies; a criticai survey of natu-
ralism, idealism, pragmatism and realtsm ,
together with a synopsis of thè philosophy of
William James, London-New York (Longmans
& Co.), 1912, pages 383.
caratte-
ristico! !
Schiller è contro il « realismo » di Perry e
accusa Fautore perché « il suo pensiero è tal-
mente preso dall’ opposizione metafisica tra rea-
lismo e idealismo che egli cerca sempre di
ridurre a tale opposizione tutti gli altri pro-
blemi ».
Notare che Schiller riporta il seguente pas-
so di Perry: « L’organismo è in corrispondenza
con l’ambiente dal quale si è sviluppato e sul
quale opera. La coscienza è una risposta elet-
tiva dell’ambiente, che esiste prima e indipen-
dentemente da essa. Deve pur esserci qualcosa
da cui è provocata la risposta, se una risposta
qualsiasi viene data» (p. 323 del testo di
Perry). E Schiller obietta:
« Se non si presta credito al fatto dell’am-
T ” ambiente che esiste indipendentemente ”
[corsivo di Schiller] », « con questo si dimostra
soltanto che c’è una correlazione tra il pensiero
e il suo ” ambiente ” » (p. 284).
Su Antonio Aliotta
Antonio Aliotta, La reazione idealistica con-
tro la scienza, 1 v., pp. XVI + 526, Palermo,
Casa editrice Optima, 1912.
Recensione in Revue philosophique (Ribot),
Paris, 1912, n. 12, pp. 644-646, di J. Segond,
il quale dice che
« egli [Aliotta] ci addita nell’agnosticismo
le fonti moderne della reazione contempora-
nea; ci mostra che lo sviluppo della reazione
passa attraverso il neocriticismo tedesco
(Riehl) e francese (Renouvier), attraverso
l’empiriocriticismo di Mach e Avenarius, at-
traverso il neohegelismo inglese; ci descrive
e denuncia l’intuizionismo di Bergson e Schmitt,
il pragmatismo anglo-americano di W. James,
Dewey e Schiller, la filosofia dei valori e lo
storicismo di Rickert, Croce, Miinsterberg e
Royce », ecc. (645) sino a Schuppe, Cohen
e altri.
Nella seconda parte l’autore esamina anche
Penetgetica di Ostwald, la « nuova fisica des
qualités » di Duhem e la « teoria dei modelli »
di Hertz, Maxwell e Pastore. L’autore detesta
particolarmente il misticismo (compreso quello
di Bergson), ecc.
Il punto di vista dell’autore sarebbe « lo
spirito dell’aureo mezzo di un intellettualismo
realmente razionale, lo spirito dei signori Aliot-
ta e Chiappelli » ( 645 ) .
6-639
RIASSUNTO DELLA
« SCIENZA DELLA LOGICA »
DI HEGEL 17
Bern: Log. I. 175
Hegels Werke"
Bd. I. Philosophische Abhandlungen
II. Fenomenologia dello spirito
III-V. Scienza della logica
VI-VII. (1 e 2) Enciclopedia
Vili. Filosofia del diritto
IX. Filosofia della storia
X. (3 parti) Estetica
XI-XII. Storia della religione
XIII-XV. Storia della filosofia
XVI-XVII. Opere varie
XVIII. Propedeutica filosofica
XIX. (1 e 2) Lettere di Hegel e a Hegel
Opere di G. W. F. Hegel , v. Ili, titolo completo delle Opere
Berlino, 1833, pp. 468. ài G. W. F. Hegel
Scienza della logica
Parte prima: Logica oggettiva
Libro primo: La dottrina dell 1 essere
(Bern: Log. I. 175)
« Edizione completa a
cura di un circolo di
amici dell’estinto: Mar-
heineke, Schulze, Gans,
Henning, Hotho, Miche-
let, Forster.»
Prefazione alla prima edizione
Volume III, p. 5: acutamente sulla logica:
è un « pregiudizio » che essa « insegni a pen-
sare » ( come che la fisiologia « insegni a dige-
rire »?? ).
... « la scienza logica, che costituisce la vera
e propria metafisica, o la pura filosofia specu-
lativa »... (6).
... « la filosofia [...] non può [...] togliere
a prestito il suo metodo da una scienza subor-
dinata, quale è la matematica » ... (6-7).
« Ma [questo metodo] può essere soltanto
la natura del contenuto, che si muove nella
conoscenza scientifica, poiché è insieme questa
propria riflessione del contenuto che sola pone
e genera la sua determinazione.»
(Il movimento della conoscenza scien-
tifica: ecco l’essenziale. )
« L’intelletto [Verstand] determina [be-
stimmt] », la ragione (Vemunft) nega, essa è
dialettica, in quanto risolve in nulla ( « in
Nichts auflòst») le determinazioni dell’intel-
letto. L’unificazione dell’uno con l’altra, « ra-
gione intellettuale o intelletto razionale », =
il positivo.
La negazione del « semplice » è il « movi-
mento spirituale » (7).
« Soltanto per questa via che costruisce sé
stessa [...] la filosofia può essere una scienza
oggettiva, dimostrata » ( 7-8 ) .
( « La via che costruisce sé stessa » = la
via (sta qui, secondo me, il punto) della
88
LENIN
caratteri
stico!
conoscenza reale, del conoscere, del movimento
dal non sapere al sapere™.)
Il movimento della coscienza, « come lo
sviluppo dell’intera vita naturale e spirituale »,
poggia sulla « natura delle pure essenzialità
[Natur der reinen Wesenheiten], che costitui-
scono il contenuto della logica ».
Rovesciare: la logica e la teoria della
conoscenza devono essere derivate dallo
« sviluppo dell’intera vita naturale e spi-
rituale ».
Fin qui la prefazione alla prima edizione.
Prefazione alla seconda edizione
« Presentare il regno del pensiero filosofi-
camente, cioè nella sua propria attività imma-
nente [NB], o, che è lo stesso, nel suo sviluppo
necessario [NB] » (10).
Le « forme note del pensiero » sono un
inizio importante, « die leblosen Knochen eines
Skeletts » * (11).
Non è necessario il leblose Knochen, ma
la vita vivente.
Connessione del pensiero con il linguaggio
(tra Taltro, la lingua cinese e il suo mancato
sviluppo: 11), formazione dei sostantivi e dei
verbi (11). Nella lingua tedesca le parole
assumono talvolta un « significato opposto »
(12) (non solo «diverso», ma anche oppo-
sto): «un godimento per il pensiero».
Concetto di forza in fisica e di polarità ( « i
differenti inseparabilmente collegati », corsivo
di Hegel). Il passaggio dalla forza alla polarità
è il passaggio a « Denkverhàltnisse ** più ele-
vati » ( 12).
1 NB an cora a p. 11: «Ma, se si contrap-
pone la natura in generale, come dò che è la natura e « das
fisico, allo spirituale, allora si dov rebbe di re che Geistige » ***
il logico è piuttosto il sovrannatu rale ». |
Le forme logiche sind Allbekanntes, ma
* « le morte ossa di uno scheletro» (n.d.t.),
** «rapporti di pensiero» (n.d.t.).
*** «lo spirituale» (n.d.t.).
note-
vole!
90
LENIN
gli interessi
« muovono la vita
dei popoli »
rapporto del
pensiero con gli
interessi e gli
impulsi
« was bekannt ist, darum noch nicht er-
kannt » * (13).
« Progresso infinito » è « liberazione » del-
le «forme del pensiero» dalla materia (von
dem Stoffe), dalle rappresentazioni, dai deside-
ri, ecc., elaborazione dell’universale (Platone,
Aristotele): cominciamento della conoscenza..,
« Solo dopo che si acquisi quasi tutto il
necessario [...] si cominciò a filosofare»: dice
Aristotele (13-14); e inoltre: l’ozio dei sa-
cerdoti egiziani, l’inizio delle scienze matema-
tiche (14) 20 . L’occuparsi di «puri pensieri»
presuppone « un lungo itinerario che lo spirito
umano deve aver percorso ». In un pensiero
siffatto « si tacciono gli interessi che muovono
la vita dei popoli e degli individui » (14).
Le categorie della logica sono Abbreviatu-
ren ( « epitomiert » in un altro passo) della
« moltitudine infinita » « di individualità della
esistenza esteriore e dell’attività ». A loro volta
queste categorie d i e n e n ** agli uomini nella
pratica ( « nell’esercizio spirituale del contenuto
vivente, nella creazione e nello scambio delle
rappresentazioni »).
« Dei nostri impulsi, sensazioni, interessi,
non diciamo, invero, che ci servono, ma che
valgono anzi come forze e potenze indipen-
denti, cosi che noi siamo proprio queste forze
e potenze » ( 15).
Neanche delle forme del pensiero (Denk-
formen) si può dire che ci servono, in quanto
esse percorrono « tutte le nostre rappresenta-
zioni » (16 ) e sono « l’universo come tale ».
Oggettivismo: le categorie del pensiero
non sono un sussidio dell’uomo, ma sono
espressione delle leggi della natura e dell’uo-
mo: cfr. più avanti la contrapposizione
* sono universalmente note ... «dò che è noto non è ancora perciò
conosciuto» ( n.dj .).
** servono (n.d.t.).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
91
tra « pensiero soggettivo » e « concetto og-
gettivo delle cose ». Noi non possiamo « trava-
licare la natura delle cose» (16).
Nota contro la «filosofia critica» (17).
Essa interpreta il rapporto fra i « tre termini »
(noi, il pensiero, le cose) come se noi pones-
simo il pensiero quale un « mezzo » tra noi e
le cose, e nel senso che questo mezzo ci « esclu-
de » (abschliesst) invece di «unirci» (zusam-
menschliessen ) a esse. A ciò, dice Hegel, biso-
gna replicare con la « semplice osservazione »
che « proprio queste cose, che dovrebbero sta-
re all'altro estremo, al di là [jenseits] dei nostri
pensieri, sono esse stesse enti di pensiero [Ge-
dankendinge] » e che « la cosiddetta cosa in sé
è solo ein Gedankending der leeren Abstrak-
tion * ».
contro il
kantismo
L'essenza deH'argomentazione è, a mio
giudizio, che: ( 1 ) in Kant la conoscenza
separa (esclude) la natura e l’uomo, men-
tre in realtà li congiunge; (2) in Kant
c’è la « vu o t a astrazione » della
cosa in sé in luogo del Gang, della Bewe-
gung vivente della nostra conoscenza che
si addentra sempre piu nel profondo del-
le cose.
Il Ding an sich di Kant è una vuota
astrazione, ma Hegel esige astrazioni che
corrispondano alla Sacbe : « il concetto og-
gettivo delle cose costituisce la loro stessa
natura »; cioè astrazioni che corrispon-
dano — per dirla materialisticamente —
al reale approfondimento della nostra co-
noscenza del mondo.
* un ente di pensiero della vuota astrazione (n.d.t.).
92
LENIN
NB
Non è vero che le Denkformen siano sol-
tanto « Mittel », « zum Gebrauch » * (17).
Non è vero altresì che esse siano « aussere
Formen » **, « Formen, die nur an dem Gehalt,
nicht der Gehalt selbst seien » ( « forme che
sono solo nel contenuto, ma che non sono il
contenuto stesso » ) (117).
Hegel esige invece una logica in cui
le forme siano gehaltvolle Formen, forme
del contenuto vivente, reale, connesse in-
separabilmente con il contenuto.
E Hegel rivolge l’attenzione ai « pensieri
di tutte le cose naturali e spirituali », al « con-
tenuto sostanziale ».
« Portare alla coscienza questa natura lo-
gica, che anima lo spirito, che lo stimola e in
esso agisce: ecco il compito» (18).
La logica è la dottrina non delle forme
esteriori del pensiero, ma delle leggi di
sviluppo « di tutte le cose materiali, na-
turali e spirituali », cioè dello sviluppo di
tutto il contenuto concreto del mondo e
della sua conoscenza, cioè il compendio,
la somma, la conclusione della storia della
conoscenza del mondo.
L’« attività istintiva » ( instinktartiges Tun)
è « frantumata in una materia infinitamente
molteplice. » Viceversa, V« attività intelligente
e consapevole » 21 isola il « contenuto di chi
opera » (den Inhalt des Treibenden) « dalTuni-
tà immediata con il soggetto » e lo porta « al-
« SCIENZA DELLA LOGICA »
93
loggettività di fronte a esso » (di fronte al
soggetto).
« In questa rete s'intrecciano qua e là dei
nodi piu saldi, che costituiscono i punti d'ap-
poggio e d'orientamento della sua » dello
spirito o soggetto
« vita e coscienza » (18).
Come intendere questo?
Dinanzi all'uomo si pone una rete di
fenomeni della natura. L'uomo istintivo,
il selvaggio, non emerge dalla natura.
L'uomo consapevole emerge da essa, le
categorie sono i gradi di questo emergere,
cioè della conoscenza del mondo, i punti
nodali della rete, che aiutano a conoscerla
e a dominarla.
« La verità è infinita »: la sua finitezza è la
sua negazione, la « sua fine ». Le forme (Denk-
formen ) , ove siano considerate come forme « di-
stinte dalla materia e solo inerenti a essa », sono
incapaci di afferrare la verità. II vuoto di queste
forme della | logica formale | le rende degne di
«disprezzo» (19) e di «derisione» (20). Il
principio di identità, A = A, è vuoto, « uner-
tràglich » * (19).
È ingiusto dimenticare che queste categorie
« hanno il loro campo nella conoscenza, dove
devono conservare un loro valore ». Ma, in
quanto « forme indifferenti » 72 , possono essere
« mezzi dell'errore e della sofisticheria », non
della verità.
« Nella considerazione del pensiero » è da
attrarre non soltanto la « forma esteriore », ma
anche « der Inhalt » ( 20 ) .
* «insopportabile» ( n.d.t .).
94
LENIN
NB
« Con quest’introduzione del contenuto nel-
la considerazione logica » divengono oggetto
non die Dinge, ma die Sache, der Begriff der
Dinge *, non le cose, ma le leggi del lo-
« sviluppo del
pensiero nella
sua necessità »
ro movimento, materialisticamente
« il logos,
la ragione di ciò che è » (21).
E, all’inizio di p. 22, l’oggetto della logica
è espresso con le parole:
« Entwickelung des Denkens in seiner Not-
wendigkeit ».
Bisogna dedurre (non prendere arbitraria-
mente o meccanicamente) le categorie (non
« raccontando » né « asseverando » ma dimo-
strando) (24), procedendo dalle categorie
piu semplici, fondamentali (l’essere, il nulla, il
divenire [das Werden]) (senza considerare le
altre): qui, in esse, «in questo germe», è
« l’intero sviluppo » ( 23 ) .
* non le cose, ma la sostanza, il concetto delle cose (n.d.tX
Introduzione : concetto generale della logica
Di solito s'intende per logica, come « scien
za del pensiero », la « semplice forma di una
conoscenza» (27). Hegel confuta questa ve-
duta. È contro il Ding an sich, come un « mero
al di là del pensiero» (29).
Quasi che le forme del pensiero « non ab-
biano applicazione alle cose in sé ». È ungereimt
eine wahre Erkenntnis * che non conosca la
cosa in sé. Ma il Verstand non è anch’esso una
cosa in sé? (31).
« L’idealismo trascendentale piu conseguente
ha riconosciuto il niente dello spettro della
cosa in sé lasciato sussistere dalla filosofia cri-
tica, di quest’ombra astratta, privata di ogni
contenuto, e si è prefisso di annientarla com-
pletamente. Questa filosofia» (Fichte?) «ha
inoltre cominciato a fare in modo che la ra-
gione svolgesse le sue determinazioni da sé
stessa. Ma il carattere soggettivo di tale ten-
tativo ha impedito a quest’ultimo di venire a
compimento » ( 32 ) .
Le forme logiche sono tote Formen, poiché
non vengono considerate come « unità organi-
ca » (33), nella « loro concreta unità vivente »
(ibidem).
Nella Fenomenologia dello spirito ho espo-
sto « la coscienza nel suo movimento dalla pri-
ma immediata opposizione [Gegensatz] di sé
e delPoggetto sino al sapere assoluto » ( 34 ) .
« Quest’itinerario percorre tutte le forme del
rapporto tra la coscienza e l’oggetto [...] ».
* stolida una vera conoscenza (n.d.t.).
96
LENIN
NB
« Come scienza» la verità è la pura coscienza
di sé in sviluppo », il « pensiero oggettivo », il
« concetto come tale è ciò che è in sé e per
sé» (35). (36: pretume. Dio, regno della ve-
rità, ecc., ecc.).
37: Kant ha attribuito «un significato so-
stanzialmente soggettivo » alle « determinazio-
ni logiche ». Ma le « determinazioni del pensie-
ro » hanno « un valore e un’esistenza oggettivi ».
La vecchia logica è caduta in Verachtung *
(38). Esige una completa rielaborazione...
39: la vecchia logica formale è un giuoco
di fanciulli consistente nel mettere insieme i
frammenti di un quadro (in Verachtung gekom-
men **: 38).
40: il metodo della filosofia deve essere il
suo proprio metodo (non quello della mate-
matica, contra Spinoza, Wolf und andere).
40-41: « Poiché il metodo è coscienza della
forma dell’interno automovimento del suo con-
tenuto »,
e, piu avanti, l’intera pagina 41: una buona
spiegazione della dialettica: « es ist der Inhalt
in sich, die Dialektik, die er an ihm selbst hat,
welche ihn fortbewegt » *** (42).
Ciò che mette in moto questo campo di
fenomeni è il contenuto stesso di questo campo,
« la dialettica, che esso [questo contenuto] ha
in [an] sé stesso» (cioè la dialettica del suo
proprio movimento).
« Il negativo è insieme anche positivo »
(41): la negazione è un che di determinato,
ha un determinato contenuto, le contraddizioni
interne portano a sostituire il vecchio contenuto
con un contenuto nuovo, superiore.
* disprezzo (n.d.t.).
+* caduta in disprezzo (n.d.t.).
*** « è il contenuto in sé, la dialettica, che esso ha in sé stesso, che lo
spinge avanti» (n.d.t.).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
97
Nella vecchia logica non c’è trapasso, non
c’è sviluppo (dei concetti e del pensiero) della
«connessione interna necessa-
ria» (43) di tutte le parti e dell’« Ueber-
gang » * delle une nelle altre.
Hegel pone due esigenze fondamentali:
1. la « necessità della connessione »;
2. la «genesi immanente delle differenze».
NB
È molto importante!} Tutto questo, a
mio giudizio, significa:
1. connessione necessaria e og-
gettiva di tutti i lati, forze, tendenze, ecc.
di un dato campo di fenomeni;
2. « genesi immanente delle diffe-
renze »: logica interna oggettiva delPevo-
luzione e della lotta delle differenze, della
polarità.
Difetti della dialettica platonica nel Par -
menide .
« Per solito si ravvisa nella dialettica una
attività estrinseca e negativa, non inerente alla
cosa stessa, ma suscitata dalla semplice vanità,
come soggettiva mania di far vacillare e di di-
sgregare ciò che è stabile e vero, o, per Io
meno, si ravvisa in essa un’attività che conduce
soltanto alla vanità dell’oggetto considerato dia-
letticamente » ( 43 ) .
44: È grande merito di Kant l’aver tolto
alla dialettica « den Schein von Willkiir»**.
Due cose importanti:
1. Die Objektivitàt des Scheins # NB: non chia-
2. die Notwendigkeit des Widerspruchs, to, rivedere!!
selbstbewegende Seele***, («interna negativi-
* «passaggio» (nd.t.),
** « l’apparenza dell’arbitrio » (n.d.t.).
*** La necessità della contraddizione, anima automoventesi ( n.d.t .).
98
LENIN
tà »), «principio di ogni vitalità naturale e
spirituale » (44).
# Non si pensa forse qui che anche la
parvenza è oggettiva, poiché in essa è
presente uno dei lati del mondo ogget-
tivo ? Non solo il Wesen, ma anche lo
Schein è oggettivo. Una distinzione tra
soggettivo e oggettivo esiste, però an -
c b 1 e s s a ha i suoi limiti .
fine e
profondo!
cfr.
Il capitale
Dialettico =
«comprendere Popposizione nella sua unità».
45: la logica è simile alla grammatica nel
senso che essa è una cosa per il principiante e
un’altra cosa per chi conosce la lingua (e le
lingue) e lo spirito della lingua. «Una cosa è
la logica per chi si accosti a essa, e in generale
alle scienze, per la prima volta, e altra cosa è
per chi dalle scienze ritorni a essa. »
La logica dà allora P« essenza di questa ric-
chezza » (des Reichtums der Weltvorstellung*),
P« intima natura dello spirito e del mondo »
(46).
« Non solo un universale astratto, ma Puni-
versale che accoglie in sé la ricchezza del par-
ticolare » (47).
Una formula eccellente: « Non solo un
universale astratto », ma un universale
tale che incarni in sé la ricchezza del
particolare, dell’individuale, del singolare
(tutta la ricchezza del particolare e del
singolare!)!! Très bien!
* della ricchezza della appresentazione del mondo { n.d.t .).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
99
« Come una stessa massima morale, pronun-
ciata da un adolescente, che pur la intenda alla
perfezione, non ha il significato e la portata che buon paragone
assume nello spirito di un uomo già esperto (materialistico)
della vita, per il quale si esprime in essa l'intera
forza del suo contenuto »,
« cosi anche Pelemento logico viene apprez-
zato nel suo valore solo quando sia divenuto il
risultato dell'esperienza delle scienze; esso si
presenta allora allo spirito come la verità uni-
versale, non come una conoscenza particolare
accanto ad altra materia e ad altre realtà, ma
come l'essenza di tutto questo rimanente con-
tenuto » (47).
« Il sistema della logica è il regno delle om-
bre » ( 47 ) , libero da « ogni concretezza sen-
sibile »...
(50): «non astratto, morto, immobile, ma
concreto »... [Caratteristico! Spirito ed essenza
della dialettica!]
(52) Nota: risultati della filosofia di Kant:
« che la ragione non può conoscere alcun vero
contenuto e che, per la verità assoluta, si deve
rimandare alla fede »...
« il risultato
dell’esperienza
delle scienze»
NB
(«L’essenza »)
il contenuto
essenziale di
tutte le altre
conoscenze
| Kant :
delimitare
la « ragio-
ne» e raf-
forzare la
fede»
(53): ancora una volta Ding an sich =
astrazione, prodotto del pensiero astraente.
Libro primo; la dottrina dell'essere
Con che si deve cominciare la scienza?
Tema della
logica. Con-
frontare con
la « gnoseo-
logia » di
oggi*
NB
(59) (en passant) la «natura della cono-
scenza» (idem p. 61).
(60) ...« non c'è [corsivo di Hegel] niente,
niente nel cielo o nella natura o nello spirito o
dovunque sia, che non contenga insieme Pimme-
diatezza e la mediazione »...
1. Cielo - natura - spirito. Via il cielo:
materialismo.
2. Tutto è vermittelt = mediato, con-
nesso in unità, collegato mediante passag-
gi. Via il cielo: connessione secondo leggi
di tutto il ( processo del) mondo.
62: « La logica è la scienza pura, cioè il
sapere puro nell’ intero àmbito del suo
sviluppo »...
La prima parte è assurda.
La seconda geniale
« SCIENZA DELLA LOGICA »
101
Con che cominciare? « Il puro essere »
(Sein) (63), «non presupporre nulla», il co-
minciamento. « Non racchiudere in sé alcun con-
tenuto », « non essere mediato da niente ».
(66) ...« L’avanzamento » (des Erkennens)
« deve essere determinato dalla natura della co-
sa e del contenuto stesso »...
NB
(68) ...il cominciamento contiene in sé
« Nichts » e « Sein », è la loro unità: « il co-
minciamento non è ancora; si accosta soltanto
all’essere »... (dal non essere all'es-
sere : « non essere, che è in pari tempo es-
sere » ) .
Idiozie sull’assoluto (68-69). In gene-
rale, mi sforzo di leggere Hegel materia-
listicamente: Hegel è (secondo Engels 24 )
il materialismo posto con la testa all'ingiu:
elimino quindi in gran parte il buon Dio,
Passoluto, l’idea pura, ecc.
(70-71). Non si può cominciare la filosofia
dall’« io ». Non c’è un « movimento oggettivo ».
Sezione prima: Determinazione (qualità)
77. Puro essere — « senza alcun’altra de-
terminazione ».
(Bestimmung è già Qualitàt.)
Passaggio del Sein / esserci
nel Dasein \ essere finito • /
e di questo
nel Fiirsichsein (essere per sé?)
Sein - Nichts - Werden
<( Il puro essere e il puro nulla sono [...]
la stessa cosa » (78).
(81: sembra un « paradosso ».) La loro uni-
ficazione è il Werden.
« Questo movimento dell'immediato svanire
dell'uno neiraltro. »
Il Nichts è di solito contrapposto all 'Etwas.
Ma l'Etwas è già un essere determinato, distinto
da un altro Etwas , mentre qui si tratta del
semplice Nichts (79).
(Gli eleati e soprattutto Parmenide giunsero
per primi a questa astrazione dell 'essere.) Per
Eraclito «tutto scorre» (80), cioè «tutto è
divenire ».
Ex nihilo nihil fit? Dal Nichts procede il
Sein (Werden)...
81: «Non sarebbe difficile mostrare questa
unità di essere e nulla [...] in ogni [corsivo di
Hegel] realtà o pensiero ». «In nessun luogo ,
né in cielo né in terra, c f è qualcosa che non
contenga in sé entrambi, V essere e il nulla.» Le
obiezioni suppongono un bestimmtes Sein
« SCIENZA DELLA LOGICA »
103
(possiedo o non possiedo 100 talleri), 82 in
fine, ma non di questo si tratta...
« Un essere determinato, finito, è tale che
si riferisce ad altro; è un contenuto che sta in
un rapporto di necessità con un altro contenuto,
con tutto il mondo. Riguardo alla connessione
reciprocamente determinante deirintero, la me-
tafisica potè formulare Paffermazione — sostan-
zialmente tautologica — che, se venisse distrut-
to un granello di polvere, rovinerebbe l’intero
universo » ( 83 ) .
(86): «Ciò che è primo nella scienza hà
dovuto rivelarsi come primo storicamente ».
| Suon a molto materiali stico!
91: «Il divenire è il sussistere sia dell’es-
sere che del non essere »... « Passare è lo stesso
che divenire » (92 in fine).
94: « In Parmenide, come in Spinoza, non
si deve passare dall'essere, o dalla sostanza asso-
luta, al negativo, al finito ».
In Hegel, invece, Yunità o inseparabilità
(p. 90, quest’espressione è talora da preferire
a unità ) di « essere » e « nulla » dà il passaggio ,
il Werden.
« Connessione
necessaria di
tutto il mondo »
« connessione
reciprocamente
determinante del-
l’intero »
NB
Assoluto e relativo, finito e infinito =
parti, gradi di un unico e stesso mondo.
So etwa?
(92: Per P« essere mediato conserveremo il
termine di esistenza ». )
102: Per Platone, nel Parmenide , il passag-
gio dall * essere e dall* uno = « àussere Refle-
xion ».
104: Si dice che le tenebre siano assenza
di luce. Ma « nella luce pura si vede cosi poco
come nelle pure tenebre ».
107: richiamo alle grandezze infinitamente
piccole, che vengono considerate nel processo
del loro svanire...
104
LENIN
NB
Sofistica
e
dialettica
« Non si dà assolutamente niente che non
sia uno stato medio tra essere e nulla.»
« Inconcepibilità del cominciamento »: se
nulla e essere si escludono reciprocamente, non
si ha dialettica, ma Sophisterei.
« Sofisticheria è, infatti, un ragionamento che
procede da una premessa infondata, accolta
senza critica e meditazione; noi chiamiamo in-
vece dialettica il superiore movimento razio-
nale, nel quale cose che sembrano assoluta-
mente separate passano Luna nell’altra per sé
stesse, attraverso ciò che esse sono, e nel quale
la premessa si toglie via » (108).
Werden . Suoi momenti: Entstehen und
Vergehen * (109).
D as Aufheben des Werdens — das D asein
essere concreto, determinato ( ? )
110 :
aufheben = ein Ende
machen
= erhalten
(
aufbewahren
zugleich **
112: Dasein ist bestimmtes Sein (NB 114
«ein Konkretes»), una qualità separata da
un’« altra », verànderlich und endlich ***.
114: « La determinazione isolata cosi per
sé, come determinazione esistente, è la quali-
tà »... « La qualità, presa cosi da valere distin-
tamente come esistente, è la realtà » (115).
117: « La determinazione è la negazione »...
(Spinoza) Omnis determinano est negatio,
« questa proposizione è di un'importanza infi-
nita ».
* Divenire. ... nascere e perite (n.d.t.).
** Il superamento del divenire - Vesserei ... Togliere = un metter fine = man-
tenere (conservare al tempo stesso) (n.d.t.).
*** Esserci è essere determinato ... « un concreto » ... mutevole e finita (n.d.t.).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
105
120 : « Il qualcosa è la prima negazione del-
la negazione»...
La esposizione è
qui frammentaria
e oltremodo nebu-
losa.
125: Due coppie di determinazioni: 1.
« qualcosa e altro »; 2: « esser per altro e
essere in sé ».
127 \ Din g an sic h : « un’astrazione
molto semplice ». Sembra di gran valore la sen-
tenza che non sappiamo che cosa siano le cose
in sé. La cosa in sé è astrazione da ogni deter-
minazione | Sein-fiir-Anderes | | da ogni rap-
porto con l’altroj, è quindi un nulla. E, quin-
di, la cosa in sé « non è altro che astrazione
vuota, priva di verità ».
abstrakte und ab-
struse Hegelei:
Engels 25 .
Gò è molto profondo: cosa in sé e
sua trasformazione in cosa per altri
(cfr. Engels 36 ). La cosa in sé è in
generale un’astrazione vuota, priva di/
vita. Nella vita, nel movimento, tutto
e ogni cosa suole essere tanto « in sé »
quanto « per gli altri », in relazione a
un altro, trapassando da uno stato al-
l’altro.
129: en passant: il filosofare dialettico igno-
rato dal « filosofare metafisico, in cui rientra
anche il filosofare critico ».
Sehr gut!! Se
si domanda che
cosa sia la cosa
in sé, so ist
in die Frage
gedankenloser
Weise die Un-
mòglichkeit der
Beantwortung
gelegt* (127).
Kantismo =
metafisica
* nella domanda è posta impensatamente Fimpossibilità della risposta (n.d.t.).
106
LENIN
La dialettica è la teoria del mo-
do come possono essere e come sono
( come divengono ) identici gli op-
posti) in quali condizioni sono iden-
tici, convertendosi l’uno nell’altro; per-
ché l’intelletto umano non deve prenderli
come morti, irrigiditi, ma come viventi,
condizionati, mobili, trapassanti Puno nel-
l’altro. En lisant Hegel...
134: «Il termine (è) negazione sem-
plice, o la prima negazione » ( des Etwas. Ogni
qualcosa ha il suo termine ) , « mentre l’al-
tro è al tempo stesso la negazione della nega-
zione »...
137: « Etwas mit seiner immanenten Gten-
ze gesetzt als der Widerspruch seiner selbst,
durch den es iiber sich hinausgewiesen und
getrieben wird, ist das Endlicbe»*.
(Il qualcosa , preso dal punto di vista
del suo termine immanente, dal punto di vista
della sua contraddizione con sé stesso, la quale
contraddizione lo [questo qualcosa! sospinge
e conduce oltre i suoi termini, è il finito.)
Quando delle cose si dice che sono finite,
si riconosce con questo che il loro non essere
è la loro natura ( « il loro essere è costituito
dal non essere » ) .
« Esse [le cose] sono, ma la verità di questo
essere è la loro fine.»
Acuto e intelligente! Hegel analizza
concetti che sembrano di solito morti e
mostra che in essi c 9 è movimento. Il fi-
nito? È ciò che si muove verso la fine!
Il qualcosa? Non è ciò che è l’altro.
L’essere in generale? È un’indetermina-
* « II qualcosa posto con il suo termine immanente come la contraddizione
di sé stesso, da cui è sospinto e indirizzato oltre, è il finito » ( n.d.t .).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
107
tezza tale che essere = non essere. Onni-
laterale, universale elasticità dei concetti,
elasticità che giunge fino airidentità de-
gli opposti: ecco l’essenziale. Quest’ela-
sticità, ove sia applicata soggettivamente,
è = aireclettismo e alla sofistica. L’ela-
sticità, applicata oggettivamente , cioè che
rifletta l’onnilateralità del processo mate-
riale e la sua unità, è la dialettica, è il
corretto rispecchiamento dell’eterno svi-
luppo del mondo.
139. Infinito e finito, si domanda, sono op-
posti? (v. p. 148) (v. p. 151).
141. Sollen und Schranke sono momenti des
Endlichen *.
143. « Nel dover essere comincia il supera-
mento della finità, l’infinità.»
143. « Si dice che la ragione ha i suoi limiti.
« In quest’affermazione non si ha coscienza del
fatto che, in quanto qualcosa è determinato
come limite, è già sorpassato.»
144: la pietra non pensa, e quindi la sua
limitatezza (Beschrànktheit) non è per essa un
limite (Schranke). Ma anche la pietra ha i suoi
limiti, per esempio, l’ossidabilità, quando sia
« una base acidificarle ».
NB
pensieri sulla
dialettica
en lisant
Hegel
sehr gut!
Evoluzione della pietra 27
144-145. Tutto (l’umano) sorpassa i limiti
(Trieb, Schmerz, ecc.), ma la ragione , guardate
voi, « non dovrebbe poter sorpassare il limite »!
« Certo, non ogni sorpassare [...] il limite
è una vera liberazione da esso »!
Se la calamita avesse coscienza, considere-
Dover essere e limite ... del finito ( n.d.t .).
108
LENIN
Dialettica del-
le cose stesse,
della stessa na-
tura, del cor-
so stesso degli
eventi
Applicare agli
atomi versus
elettroni
In generale,
l’infinità
della materia
in profondo...
Connessione (di
tutte le parti)
del progresso
infinito
rebbe la sua direzione verso il nord come una
libera determinazione (Leibniz). No, essa co-
noscerebbe allora tutte le direzioni dello spazio
e considererebbe solo quell’unica direzione co-
me il limite della sua libertà, come la sua limi-
tazione.
148 ... « È la natura del finito di sorpas-
sarsi, di negare la sua negazione e di diventare
infinito »...
Non è una forza (Gewalt) estranea (fremde)
(149) a trasformare il finito in infinito, ma
la sua (del finito) natura (seine Natur).
151: « Schlechte Unendlichkeit » * è l’infi-
nità opposta qualitativamente alla finità, non
congiunta con essa, da essa separata, come se
il finito fosse diesseits e l’infinito jenseits , come
se Pinfinito stesse sopra il finito, fuori di esso...
153: In realtà, sind sie (finito e infinito)
untrennbar **. Essi sono una unità (155)
158-159: ... « L'unità di finito e infinito
non è una loro giustapposizione estrinseca, né
una connessione impropria, opposta alla loro
determinazione, una connessione in cui venga-
no congiunte entità in sé separate e opposte,
indipendenti l’una rispetto all’altra, e quindi
incomponibili; ma ciascuno è in sé stesso tale
unità, ed è questo come il togliersi di sé; inol-
tre, nessuno dei due ha dinanzi all’altro il pri-
vilegio dell’essere in sé e dell’esistenza affer-
mativa. Come si è mostrato sopra, la finità è
soltanto un superamento di sé; in essa è quin-
di contenuta l’infinità, il suo altro »...
« Ma il progresso infinito esprime di più »
(del semplice confronto di finito e infinito),
« in esso è posta anche la connessione [corsivo
di Hegel] dei differenti» (160).
167. « La natura del pensiero speculativo
[...] consiste soltanto nel comprendere i mo-
menti opposti nella loro unità.»
* « Cattiva infinità » (n.d.t.).
** essi sono ... inseparabili {n.d.t.).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
109
La questione di come l’infinito venga al finito
è considerata talora come Tessenza della filo-
sofia. Tale questione si riduce al chiarimento
della loro connessione...
168. ... « Anche per altri oggetti è richiesta
una certa cultura per saper porre domande ,
ma piu che mai si richiede per gli oggetti
filosofici, in modo da ottenere una risposta di-
versa da quella secondo cui la domanda non
vale niente.»
173-174: Fursicbseìn — essere per sé =
essere infinito, essere qualitativo compiuto.
| Il rapporto con V altro è scomparso; rimane
il rapporto con sé stesso. | La qualità è spinta
al culmine (auf die Spitze) e diventa quantità.
L'idealismo di Kant e di Fichte (181) « re-
sta nel dualismo» ((non è chiaro)) « dell'es-
serci e dell'essere per sé ».
ossia che non c'è trapasso della cosa
in sé (ricordata nella frase successiva) in
fenomeno? delPoggetto nel soggetto?
Perché il Fiirsichsein sia Eins non mi
è chiaro. Qui Hegel è, secondo me, ec-
cessivamente oscuro.
L 'uno è l'antico principio dell' ficropov (e il
vuoto). Il vuoto è considerato come Quell der
Bewegung* (185), non solo nel senso che lo
spazio non è riempito, ma tale veduta enthàlt
« un pensiero piu profondo, cioè che nel nega-
tivo in generale è il fondamento del divenire,
dell'inquietudine dell'automovimento » (186).
183: «L'idealità dell'essere per sé come
totalità si tramuta cosi anzitutto nella realtà, e
Bien dit!
NB
Selbstbe-
wegung
fonte del movimento ( n.d.t .).
110
LENIN
precisamente nella realtà più stabile, più astrat-
ta, come uno ».
Parole oscure...
L’idea della trasformazione dell’ideale
nel reale è profonda : molto importante
per la storia. Ma anche nella vita perso-
nale dell’uomo risulta che è qui conte-
nuta molta verità. Contro il materialismo
volgare. NB. La distinzione dell’ideale dal
materiale non è neanch’essa incondizio-
nata, uberschwenglich M .
189 Nota. Le monadi di Leibniz. Principio
dell’Eins e sua incompiutezza in Leibniz.
È evidente che Hegel prende il suo
autosvolgimento dei concetti, delle cate-
gorie, in connessione con tutta la storia
della filosofia. Questo conferisce a tutta
la Logica ancora un nuovo aspetto .
193 ... « È un’antica proposizione che Yuno
è molteplice, e, specialmente, che il molteplice
è uno »...
195 ... « La differenza tra l’uno e il molte-
plice si è determinata nella differenza della loro
relazione reciproca, che si è scomposta in due
relazioni» in repulsione e attrazione »...
In generale, è probabile che tutto que-
sto Fiirsichsein sia parzialmente servito
a Hegel per dedurre « il passaggio della
qualità nella quantità » (199); la qualità
è determinazione, determinazione per sé,
il Gesetze *, l’uno; tutto questo dà la
impressione di essere molto forzato e
vuoto.
* posto (n.d.t.).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
111
Notare, a p. 203 , l’osservazione non priva
d’ironia contro « quel procedimento della co-
noscenza riflettente sull’esperienza che perce-
pisce anzitutto nel fenomeno talune determina-
zioni, poi le pone come fondamento e, al fine
della cosiddetta spiegazione di esse, pone mate-
rie fondamentali o forze corrispondenti, che
devono produrre queste determinazioni del fe-
nomeno ».
Funzione dello
scetticismo nella
storia della
filosofia
Wahrhafte
Dialektik
Sezione seconda : La grandezza ( quantità )
In Kant 4 « antinomie ». In realtà, ogni
concetto, ogni categoria, è parimente antinomi-
co (217).
« Lo scetticismo antico non si è sottratto
alla fatica di indicare questa contraddizione, o
antinomia, in tutti i concetti che ha trovato
nelle scienze.»
Esaminando Kant in modo molto cavilloso
(e acuto), Hegel giunge alla conclusione che
Kant ripete semplicemente nelle deduzioni ciò
che ha detto nelle premesse, e ripete appunto
che c'è una categoria della Kontinuitàt e una
categoria della Diskretion .
Da ciò deriva unicamente che « nessuna di
queste determinazioni, presa isolatamente, ha
verità, vera è soltanto la loro unità. È questa
la loro vera considerazione dialettica, come an-
che il vero risultato » (226).
229: « Die Diskretion [traduzione? indivi-
sibilità, inseparabilità come die
Kontinuitàt [compattezza (?), successione (?),
non interruzione M ] , è un momento della
quantità »...
232: « Il quanto , che è anzitutto quantità
con una determinazione o termine in generale,
è nella sua compiuta determinazione il nu-
mero »...
234: « Anz ahi | numerabilità? enume-
razione? | e unità sono i momenti del nu-
mero ».
248. Sul problema della funzione e del si-
« SCIENZA DELLA LOGICA »
113
gnificato del numero (molto su Pitagora, ecc.,
ecc.), fra Taltro, una precisa osservazione:
« Quanto piu ricchi di determinazioni, e
quindi di rapporti, diventano i pensieri, tanto
più intricata, da un lato, e tanto più arbitraria
e priva di senso, dall’altro, diventa la loro rap-
presentazione in forme come i numeri » (248-
249). ((Valutazione dei pensieri: ricchezza di
determinazioni e quindi di rapporti. ) )
Circa le antinomie di Kant (mondo senza
cominciamento, ecc.), Hegel dimostra ancora
una volta des langeren * che nelle premesse
si assume come dimostrato ciò che è da dimo-
strare (267- 278).
Più oltre, il trapasso della quantità in
qualità in un’esposizione astrattamente
teorica cosi oscura che non ci si capisce
niente. Rivedere!!
283 : L’infinito in matematica. Sinora la giu-
stificazione consiste soltanto ridi' esattezza
dei risultati ( « dimostrata con prove estrinse-
che»), ma non nella chiarezza dell’oggetto.
cfr Engels 31 .
285: Nel calcolo infinitesimale una certa
(voluta) inesattezza viene ignorata, e tuttavia
si ottiene un risultato non approssimativo, ma
completamente esatto!
Cercare però una Rechtfertigung « non è
tanto superfluo », « quanto, a proposito del
naso, sembra superfluo domandare la prova del
diritto di servirsene ».
La risposta di Hegel è complicata,
abstrus, ecc. ecc. Si parla qui della
matematica superiore; cfr. E n -
gel s sul calcolo differenziale e inte-
grale 32 .
diffusamente { n.i.t .).
LENIN
È interessante il rilievo fatto da Hegel
di sfuggita: « in maniera trascendentale,
ossia propriamente soggettiva e psicolo-
gica »..., « in maniera trascendentale, os-
sia nel soggetto» (288).
pp. 282-327 e 379. Esame molto mi-
nuzioso del calcolo differenziale e inte-
grale, con citazioni da Newton, Lagrange,
Carnot, Eulero, Leibniz, ecc., ecc., che
mostrano quanto fosse interessante per
Hegel lo « svanire » delle grandezze ii>
finitamente piccole, lo « stato medio tra
essere e non essere ». Senza uno studio
della matematica superiore, tutto questo
è incomprensibile. Caratteristico il titolo
di Carnot : Réflexions sur la métaphy -
sique du calcul infinitésimal!!!
NB?
Lo svolgimento del concetto di Verhàltnis
(379-394) è oltremodo oscuro. Rilevare sol-
tanto, a p. 394, a proposito dei simboli , l’os-
servazione che contro di essi in generale non
c’è niente da dire. Ma « contro ogni simboli-
smo » bisogna dire che esso sembra talora
« un mezzo comodo per evitare di comprende-
re, indicare e giustificare le determinazioni
concettuali (Begriffsbestimmungen) ». Ma è
proprio questo il còmpito della filosofia.
« Le determinazioni abituali di forza, o so-
stanzialità, di causa ed effetto, ecc. sono anche
esse soltanto simboli per esprimere, ad esem-
pio, i rapporti vitali o spirituali, cioè determi-
nazioni non vere per tali rapporti » (394).
Sezione terza : La misura
« Nella misura sono unite, con un’espressio-
ne astratta, qualità e quantità. L’essere come
tale è uguaglianza immediata della determina-
tezza con sé stessa. Quest’immediatezza della
determinatezza si è tolta. La quantità è l’essere
che è rientrato in sé in modo da essere semplice
uguaglianza con sé stesso come indifferenza ver-
so la determinatezza » ( 395 ) . Il terzo membro
è la misura.
Kant ha introdotto la categoria della mo-
dalità (possibilità, realtà, necessità), e Hegel
rileva che in Kant:
« questa categoria ha il significato di es-
sere la relazione dell’oggetto con il pensiero.
Nel senso di questo idealismo il pensiero in
generale è essenzialmente estrinseco alla cosa
in sé» (395), « l’oggettività, che è propria
delle altre categorie, manca a quelle della mo-
dalità » (396).
En passant (397):
La filosofia indiana, in cui Brahma passa in
Siva (mutamento = perire, nascere)...
I popoli divinizzano la misura (399).
? La misura trapassa nell’essenza (Wesen).
(Sul problema della misura non è senza
interesse sottolineare l’osservazione, fatta da
Hegel di sfuggita, che « nella società civile
sviluppata le quantità degli individui, occupati
nelle diverse professioni, stanno in un rapporto
dato le une con le altre ») (402).
Sul problema della categoria della gradua-
lità ( Alhnàhlichkeit ) Hegel rileva:
8
116
LENIN
NB
« Si ricorre tanto volentieri a questa ca-
tegoria, per presentare o spiegare il perire di
una qualità o di un qualcosa, in quanto cosi
sembra che quello scomparire si compia quasi
dinanzi agli occhi, poiché il quanto è posto
come un termine estrinseco, mutevole per sua
natura, e con ciò il mutamento può compren-
dersi di per sé come un mutamento solo del
quanto. Ma, in realtà, per questa via non si
spiega niente; il mutamento è al tempo stesso,
essenzialmente, il trapasso di una qualità in
un’altra, o, piu astrattamente, il trapasso di
un esserci in un non esserci; c’è qui un’altra
determinazione che non nella gradualità, la
quale è soltanto una diminuzione o un aumen-
to e l’unilaterale attenersi alla grandezza.
« Ma che un mutamento, il quale appare
come semplicemente quantitativo, si risolva an-
che in un mutamento qualitativo, questa con-
nessione aveva già attratto l’attenzione degli
antichi, i quali hanno illustrato con esempi
popolari le collisioni che scaturiscono dall’igno-
ranza di questo fatto»... (405-406); (il «cal-
vo »: strappare un solo capello; il « mucchio »:
togliere un granello..,); «ciò che» (qui) «si
confuta è das einseitige Festhalten an der
abstrakten Quantumsbestimmtheit » («l’unila-
terale attenersi all’astratta determinatezza del
quanto », cioè il non tener conto dei molteplici
mutamenti e delle qualità concrete, ecc.).
« Questi rigiri non sono pertanto nemmeno
un divertimento vuoto o pedantesco; ma sono
di per sé giusti e il prodotto di una coscienza
che rivela interesse per i fenomeni manifestan-
tisi nel pensiero.
« Il quanto, poiché viene preso come un
termine indifferente, è il lato da cui un dato
essere viene sottoposto a un attacco di sorpresa
e abbattuto. Uastuzia del concetto sta appunto
nell’afferrare un dato essere da questo lato, dal
quale la sua qualità sembra non essere messa
« SCIENZA DELLA LOGICA »
117
in giuoco, e ciò sino al punto che l’ingrandi-
mento di uno Stato, di un patrimonio, ecc.,
che porta seco l’infelicità dello Stato o del pro-
prietario, appare all’inizio come la loro felici-
tà» (407).
« È un grande merito apprendere i numeri
empirici della natura, per esempio, le distanze
tra i pianeti; ma è un merito infinitamente piu
grande far sparire i quanti empirici ed elevarli
a una forma universale di determinazioni quan-
titative, in modo che diventino momenti di
una legge o misura »; meriti di Galilei e di
Keplero... Essi « hanno provato le leggi da loro
scoperte mostrando che ad esse corrisponde
l’insieme delle particolarità della percezione »
(416). Bisogna esigere, tuttavia, un hòheres
Beweisen di queste leggi, di modo che le loro
determinazioni quantitative si conoscano dalle
Qualitàten oder bestimmten Begriffen, die be-
zogen sind (wie Raum und Zeit) *.
Lo svolgimento dei concetti des Masses co-
me spezifische Quantitàt e come reales Mass
( tra essi le Wahlverwandtschaften ** per esem-
pio, gli elementi chimici, i toni musicali) è mol-
to oscuro.
«
Una lunga nota sulla chimica, con una
polemica contro Berzelius e la sua teoria
elettrochimica (433-445).
« Linea nodale di rapporti di misura »
(Knotenlinie von Massverhaltnissen) — pas-
saggi della quantità in qualità... Gradualità e
salti .
E ancora, a p. 448, la gradualità senza
salti non spiega niente.
Gesetz
oder
Mass
?
NB
* ... dimostrare piu alto... qualità o concetti determinati che sono in relazione
(come spazio e tempo) (n.d.t.).
** affinità elettive (n.d.t,).
118
LENIN
Salti!
Interruzioni del-
la gradualità
Salti!
Salti!
Nella Nota di Hegel, come sempre, ma-
teriale fattuale, esemplificativo, concreto (per
questo Feuerbach ha rilevato una volta scher-
zosamente che Hegel confina la natura nelle
note : Feuerbach, Opere t II, p. ?)
pp. 448-452, nota, intitolata nel Vindice
( non nel testo! ! pedanteria! ! ) : « Esempi di
queste linee nodali; intorno al fatto che non
si dà in natura alcun salto ».
Esempi: chimica; rapporti musicali; acqua
(vapore, ghiaccio); a p. 449: nascita e morte.
Abbrechen der Allmàhlichkeit, p. 450.
« Nella natura non si dànno salti, si dice;
e l’immaginazione comune, quando debba inten-
dere un nascere o un perire, crede, come si è ac-
cennato, di averlo compreso in quanto lo rappre-
senta come un graduale sorgere o dileguarsi. Pu-
re, si è già mostrato che i mutamenti deiressere,
in generale, non sono soltanto il passaggio di
una grandezza in un’altra, ma anche un trapasso
del quantitativo nel qualitativo, e viceversa, un
divenire altro che è un’interruzione della gra-
dualità e un che di qualitativamente diverso
rispetto all’esistenza precedente. L’acqua, per
il raffreddamento, non diventa dura a poco
a poco, quasi che si facesse prima gelatinosa
e poi progressivamente si indurisse sino alla
consistenza del ghiaccio, ma diventa dura di
colpo; già con la piena temperatura del conge-
lamento, quando stia ferma, può ancora con-
servare la sua intera fluidità, ma la minima
scossa la conduce allo stato di solidità.
« La gradualità del nascere si fonda sulla
rappresentazione che ciò che nasce già esista
sensibilmente, o, in generale, nella realtà, e
che non sia ancora percepibile soltanto a causa
della sua piccolezza; analogamente, la gradua-
lità del perire si fonda sulla rappresentazione
che pur esista, ma non sia ancora osservabile,
il non essere o l’altro che subentra al posto di
ciò che esiste; e quest’altro propriamente esi-
« SCIENZA DELLA LOGICA »
119
ste, non già nel senso che sia contenuto in
sé nell'altro che è presente, ma nel senso che
è presente addirittura come un esserci, però
non osservabile. Con questo si toglie, in gene-
rale, il nascere e il perire; ossia l'in sé, l'in-
trinseco, in cui qualcosa è prima della sua esi-
stenza, viene tramutato in una piccolezza di
esistenza esteriore, e la differenza essenziale, o
concettuale, in una differenza estrinseca, in una
semplice differenza quantitativa. Rendere com-
prensibile un nascere e un perire mediante la
gradualità del mutamento significa cadere nella
noia che è propria della tautologia; si presup-
pone con questo che ciò che nasce o perisce
sia già pronto in precedenza, e si riduce il
mutamento a una semplice modificazione di
una differenza estrinseca, con il che si ha, nel
fatto, soltanto una tautologia. La difficoltà per
l'intelletto che tenda a questa comprensione
sta nel trapasso qualitativo di qualcosa nel suo
altro in genere e nel suo opposto; esso si fi-
gura, invece, l'identità e il mutamento come
identità e mutamento indifferenti ed estrinseci
del quantitativo.
« Nella morale, in quanto si consideri ciò
che è morale nella sfera dell'essere, avviene Io
stesso trapasso del quantitativo nel qualitativo;
e qualità diverse sembrano fondarsi su una di-
versità di grandezza. Basta un piu e un meno,
perché si varchi la misura della sconsideratezza
e compaia qualcosa di affatto diverso, il delit-
to, per cui la giustizia trapassa nell'ingiustizia,
la virtù nel vizio. Cosi anche gli Stati, quando
siano supposte come uguali le altre condizioni,
ricevono dalla loro diversa grandezza un diver-
so carattere qualitativo» (450-452).
Più oltre. Il trapasso dell'essere nell'essenza
(Wesen) è esposto in modo molto oscuro.
Fine del I libro.
Werke, v. IV, Berlin , 1834
Libro secondo : La dottrina dell'essenza
Sezione prima: L'essenza come riflessione
in sé
teoria
della
conoscenza
«cammino»
signifi-
cato og-
gettivo
«La verità deiressere è l’essenza» (3).
Ecco la prima proposizione, che suona ideali-
stica da cima a fondo e mistica* Subito dopo
comincia però, per cosi dire, a spirare un vento
fresco: « L’essere è l’immediato. In quanto il
sapere vuole conoscere il vero *, ciò che l’es-
sere è in sé e per sé, esso non rimane fermo »
(NB: non rimane fermo) «all’imme-
diato e alle sue determinazioni, ma p e ne tra
[NB] attraverso [NB] di esso nella supposi-
zione che dietro [corsivo di Hegel] questo es-
sere ci sia ancora qualcosa che non l’essere stes-
so, e che tale fondo costituisca la verità dei-
ressere. Questa conoscenza è un sapere me-
diato, poiché non si trova immediatamente
presso e dentro l’essenza, ma comincia da un
altro, dairessere, e deve compiere preliminar-
mente un cammino, quello dell’andare oltre
l’essere, o, piuttosto, dell’entrarvi »...
Questa Bewegung, il cammino del sapere,
sembra un’« attività del conoscere» (Tàtigkeit
des Erkennens), «estrinseca all’essere».
« Ma questo andare è il movimento dell’es-
sere stesso.»
* Al rig uardo Hegel dileggia piu volte | si ve dano i passi citati sopra sulla
grad ualità | il termine (e il concetto) di erklaren, spiegazione, opponendo
evidentemente alla soluzione metafisica data una volta per tutte («si è già
spiegato»!!) il processo eterno di una conoscenza che si addentra sempre piu
in profondità. Cfr. v. Ili, p. 463: «non si può conoscere o, come suol dirsi,
spiegare ».
« SCIENZA DELLA LOGICA »
121
« L’essenza [...] è ciò che è [,..] per 'A mo-
vimento infinito dell’essere » (4).
« L’essenza assoluta [...] non ha alcun es-
serci . Ma deve passare allesserei» (5).
L’essenza sta nel mezzo tra l’essere e il
concetto, come passaggio al concetto ( = asso-
luto ) .
Suddivisioni dell* essenza: parvenza (Schein),
apparenza (Erscheinung), realtà (Wirklich-
keit ) .
Das Wesentliche und das Unwesentliche
(8). Der Schein (9).
Nell’inessenziale, nella parvenza, è il mo-
mento del non esserci (10).
1
cioè l’inessenziale, il parvente, il su-
perficiale sparisce piu spesso, non si man-
tiene cosi « compatto », non « sta » cosi
«saldo» come I’« essenza ». Etwa: il
movimento di un fiume: la spuma in su-
perficie e, sotto, le correnti profonde.
Ma anche la spuma è espressio-
ne dell’essenza!
Parvenza e scetticismo res -
p ective kantismo:
« Cosi la parvenza è il fenomeno dello scet-
ticismo, ossia anche l’apparenza dell’idealismo
è una tale immediatezza che non è un qualcosa
o una cosa, non è in generale un essere indiffe-
rente, che stia fuori della sua determinazione
e della sua relazione con il soggetto. Lo scet-
ticismo non si permetteva di dire: è ; il mo-
derno idealismo non si è
permesso di riguardare le
conoscenze come scienza del-
la cosa in sé; quella parvenza non
doveva avere, in generale, il fondamento
di un essere; in queste conoscenze la cosa
in sé non doveva entrare. Al tempo stesso
122
LENIN
NB
immedia-
tezza
della
parvenza
non sono
andati più
a fondo!
cfr. machi-
smo!!
però lo scetticismo ammetteva molteplici de-
terminazioni della sua parvenza, o, piuttosto,
la sua parvenza aveva come contenuto la mol-
teplice ricchezza del mondo. Allo stesso modo
l’apparenza dell’idealismo accoglie in sé l’in-
tero àmbito di queste molteplici determina-
zioni ».
Voi includete nello Schein tutta la ric-
chezza del mondo e poi negate l’oggetti-
vità dello Schein!!
« Quella parvenza e questa apparenza sono
determinate immediatamente in modo tanto
vario. Questo contenuto può quindi non avere
per fondamento alcun essere, alcuna cosa, o
cosa in sé; esso rimane per sé stesso cosi come
è; è stato soltanto trasferito dall’essere nella
parvenza, di modo che la parvenza ha dentro
di sé queste molteplici determinazioni, che sono
immediate, esistenti, altre tra loro. Per ciò la
parvenza è essa stessa un che di determinato
immediatamente. Essa può avere questo o quel
contenuto; questo contenuto però non è posto
da lei stessa, ma essa lo ha immediatamente.
L’idealismo leibniziano o kantiano o fichtiano,
nonché altre sue forme, non hanno valicato, alla
pari dello scetticismo, i confini dell’essere come
determinatezza, come questa immediatezza. Lo
scetticismo si fa dare il contenuto I il « dato
immediato »!! della sua parvenza; qualunque
sia il contenuto, essa è per lui immediata. La
monade leibniziana sviluppa da sé stessa le sue
rappresentazioni; essa non è però la forza che
le genera e unifica; le rappresentazioni vengono
su come bolle; sono indifferenti, immediate
le une rispetto alle altre e, quindi, anche ri-
spetto alla monade. In ugual modo il fenomeno
kantiano è un contenuto dato della percezio-
ne, il quale presuppone affezioni, determina^
« SCIENZA DELLA LOGICA »
123
zioni del soggetto, che sono immediate rispetto
a sé stesse e rispetto al soggetto. L'urto infinito
deiridealismo fichtiano può anche non avere
come fondamento alcuna cosa in sé, cosi da
diventare una mera determinazione deirio. Ma
questa determinazione è al tempo stesso, ri-
spetto all'io, che la fa sua e le toglie l'este-
riorità, una determinazione immediata , un li-
mite dell'io, che esso può varcare, ma che ha
in sé un lato di indifferenza, secondo cui, pur
essendo nell'io, contiene un immediato non
essere di quest'ultimo» (10-11).
... « Le determinazioni, che la » (la par-
venza) «distinguono dall'essenza, sono deter-
minazioni dell'essenza stessa »...
... « L'immediatezza del non essere è ciò
che costituisce la parvenza [...]. L'essere è non
essere nell'essenza. La sua nullità in sé è la
natura negativa della stessa essenza »...
... « Questi due momenti, la nullità, ma co-
me sussistere, e l'essere, ma come momento,
ossia la negatività che è in sé e l'immediatezza
riflessa, che costituiscono i momenti della par-
venza, sono pertanto i momenti dell'essenza
stessa »...
« La parvenza è l'essenza stessa nella de-
terminazione dell'essere » (12-13).
parvenza =
natura negativa
dell'essenza
La parvenza è ( 1 ) nulla, non sussistente
(Nichtigkeit), che sus-
siste
(2) essere come momento
« La parvenza è quindi l'essenza stessa, ma
l'essenza in una determinazione, e, inoltre, in
modo tale che quest 'ultima è solo un suo
momento, mentre l'essenza è il suo proprio pa-
rere in sé stessa» (14).
124
LENIN
[La parvenza] Ciò che pare è l’es-
senza in una delle sue determinazioni,
in uno dei suoi lati, in uno dei suoi mo-
menti. L 'essenza pare essere questo. La
parvenza è il parere (Scheinen) dell’es-
senza in sé stessa.
...«L’essenza [...] contiene la parvenza in
sé stessa, come l’infinito movimento in sé »...
« L’essenza in questo suo automovimento
è la riflessione. La parvenza è lo stesso che la
riflessione » (14).
La parvenza (ciò che pare) è rifles-
sione dell’essenza in sé (in lei) stessa.
... « Il divenire nell’essenza, il suo movi-
mento riflettente, è quindi il movimento dal
nulla al nulla, nonché di ritorno a sé stes-
sa » (15).
Questo è acuto e profondo. Nella na-
tura e nella vita si danno movimenti
« verso il nulla ». Solo « dal nulla »,
forse, non se ne dànno. Ma sempre da
qualcosa.
« La riflessione viene intesa per solito in
senso soggettivo, come movimento del-
la facoltà di giudizio, che oltrepassa una data
rappresentazione immediata e cerca per essa
determinazioni universali o le confronta con
essa » (21). (Cita Kant: Critica del giudizio 35 .)
« Qui non si parla però né della rifles-
sione della coscienza , né della più
determinata riflessione dell’intelletto, che ha
come sue determinazioni il particolare e l’uni-
versale, ma invece della riflessione in gene-
rale »...
« SCIENZA DELLA LOGICA »
125
Cosi, anche qui Hegel accusa Kant di
soggettivismo. NB questo. Hegel
è per la « validità oggettiva » (sit venia
verbo) de lla parvenza, del « dato im-
mediato » piT termine « dato » è abitua-
le in Hegel in gener ale, e si vedano qui
p. 21 in fine, p. 22. | I filosofi minori di-
scutono se si debba prendere come fon-
damento l’essenza oppure il dato
immediato (Kant, Hume, tutti i machi-
sti). Al posto di oppure Hegel mette
« e », spiegando il contenuto concreto
di questa « e ».
«Die Reflexion è il parere dell’essenza in
sé stessa» (27) | traduzione? riflessività? de-
terminazione riflessiva? riflessione non va
bene 3 V|.
... (das Wesen) « è un movimento attra-
verso momenti diversi, è assoluta mediazione
con sé » (27).
Identità — differenza
in partico-
lare oppo-
sizione
contraddizione
(fondamento)
Hegel spiega quindi runilateralità, l’inesat*
tezza della « legge di identità » (A = A), del-
la categoria (tutte le determinazioni dell’esi-
stente sono categorie: pp. 27-28).
« Se tutto è identico con sé, allora non
è diverso, non è opposto, non ha fondamento
alcuno» (29).
« L’essenza è [...] semplice identità con
sé» (29).
Il pensieri comune pone accanto ( « dane-
ben » ) k simiglianza e la differenza, senza com-
prendere « questo movimento del
passare di una di queste deter-
minazioni n e l r a 1 1 r a » (31).
126
LENIN
NB
corsivi
miei
E di nuovo contro la legge di identità
(A = A): i suoi sostenitori,
« in quanto si attengono a quest’identità
/ m m o b il e , avente il suo opposto nella di-
versità, non vedono che la riducono cosi a una
determinazione unilaterale , priva come
tale di verità » ( 33 ) .
(«Vuota tautologia»: 32.)
(« Contiene soltanto la verità formale >
una verità astratta t incompleta»: 33.)
Le forme della riflessività: esterna, ecc.
sono svolte molto oscuramente.
Principi della diversità: « Tutte le cose
sono diverse »... « A è anche non A » (44).
« Non si dànno due cose che siano uguali
tra loro »...
La diversità consiste in questo o in quel
lato (Seite), Riicksicht, ecc., « insofem», ecc.
bien diti!
« La consueta tenerezza per le cose, atten-
ta soltanto a che esse non si contraddicano,
dimentica qui, come sempre, che la contrad-
dizione non viene cosi risolta, ma solo spo-
stata altrove, nella riflessione s o gge t-
t iva o esterna , e che quest’ultima con-
tiene realmente in sé in una unità, come tolti
e riferiti l’uno all’altro, entrambi i momenti,
che, per effetto di questo allontanamento e di
questa trasposizione, vengono enunciati come
un semplice esser posto » ( 47 ) .
(Deliziosa ironia! La « tenerezza » per la
natura e la storia è (nei filistei) l’aspirazione
a depurarle delle contraddizioni e della lotta...)
Il risultato dell’addizione di + e — è 2ero.
« Il risultato della contraddizione non è sol -
tanto zero » (59).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
127
La soluzione della contraddizione, la ridu-
zione del positivo e del negativo a « mere
determinazioni» (61), tramuta l’essenza (das
Wesen) in fondamento (Grund) {ibidem).
... « La contraddizione risolta è, quindi, il
fondamento, l'essenza, come unità di positivo
e negativo » ( 62 ) .
« Basta una minima esperienza di pensiero
riflettente per accertare che, se qualcosa è stato
determinato come positivo, quando poi si pro-
cede da questo fondamento, esso si trasforma
immediatamente in negativo, e viceversa, ciò
che è stato determinato come negativo si tra-
muta in positivo; basta una minima esperien-
za per accertare che il pensiero riflettente si
confonde e si contraddice in queste determi-
nazioni. L'ignoranza della natura di queste ul-
time induce a ritenere che la confusione sia
un che di falso, che non deve accadere, e la
attribuisce a una carenza soggettiva. In
effetti, questo trapasso rimane anche pura con-
fusione, quando non si abbia coscienza della
necessità della trasformazione »
(63) .
...« L’opposizione di positivo e negativo
viene intesa principalmente nel senso che il
primo (benché, secondo la sua denominazione,
esprima Tesser posto) debba essere un che di
oggettivo e il secondo invece un che di sog-
gettivo, appartenente soltanto alla riflessione
esterna, non riguardante affatto Tin sé e per
sé oggettivo e del tutto inesistente per esso »
(64) . « In realtà, se il negativo esprime sol-
tanto l'astrazione di un arbitrio soggettivo »...
(allora esso, questo negativo, non esiste «per
il positivo oggettivo»)...
«La verità è il positivo come quel sa-
pere che si accorda con T oggetto, ma è
solo questa uguaglianza con sé, in quanto il
sapere si è riferito negativamente alTaltro, ha
penetrato l’oggetto e ha tolto la ne-
NB
verità
e
oggetto
128
LENIN
ciò che è in sé
e per sé
gazione che esso è. L’errore è un positivo, co-
me opinione di ciò che non è in sé e per sé, la
quale si conosce e si afferma. L’ignoranza è
invece o l’indifferente alla verità e all’errore e,
quindi, non è determinata né come positiva né
come negativa, — mentre la sua determinazio-
ne, in quanto è una mancanza, appartiene alla
riflessione esterna, — oppure come oggettiva,
come determinazione propria di una natura, è
l’impulso indirizzato contro di sé, un negativo
che contiene in sé una direzione positiva. Una
delle conoscenze piu importanti consiste nel
cogliere e tener ferma questa natura delle de-
terminazioni della riflessione ora considerate,
che cioè la loro verità sta soltanto nella loro
relazione reciproca e, quindi, nel fatto che ognu-
na di esse contiene l’altra nel suo stesso con-
cetto; senza questa conoscenza non si può
muovere, in filosofia, neanche un passo ) (65-
66). Questo dalla nota 1.
Nota 2. Principio del terzo escluso.
Hegel cita il principio del terzo escluso:
« Qualcosa è A o non A; non si dà un terzo »
(66) e lo « analizza ». Se con esso si in-
tende che « tutto è un opposto », che ogni cosa
ha una sua determinazione positiva e una ne-
gativa, allora va bene. Ma, se, come si fa per
solito, con esso si intende che di tutti i pre-
dicati convenga a una cosa il predicato dato o
il suo non essere, allora si tratta di una « vol-
garità»!! Lo spirito... è dolce, non dolce?
verde, non verde? La determinazione deve tra-
passare nelle. determinatezza, ma in questa vol-
garità trapassa nel nulla.
E poi si dice — osserva Hegel argutamen-
te — che non si dà un terzo. Un terzo si dà
in questa proposizione stessa, lo stesso A è il
terzo, poiché A può essere sia + A che — A.
« Il qualcosa stesso è perciò quel terzo che
dovrebbe essere escluso » ( 67 ) .
« SCIENZA DELLA LOGICA »
129
Questo è acuto e giusto. Ogni cosa con-
creta, ogni qualcosa concreto sta in rap-
porti diversi e spesso contraddittori con
tutto il rimanente, ergo è sé stesso e un
altro.
Nota 3. Principio di contraddizione (verso
la fine del 2° capitolo, della V sezione del II
Libro della Logica).
« Se ora le prime determinazioni della ri-
flessione, l’identità, la diversità e l’opposizio-
ne, sono state enunciate in una proposizione,
a maggior ragione dovrebbe esser còlta ed
espressa in una proposizione la determinazione
in cui esse trapassano, come nella loro verità,
cioè la contraddizione: tutte le cose
sono in sé stesse contradditto-
rie, e proprio nel senso che questa pro-
posizione esprima anzi, rispetto alle altre,
la verità e l'essenza delle cose.
La contraddizione, che si manifesta nell’oppo-
sizione, è soltanto il nulla sviluppato, che è
contenuto nell’identità e che è affiorato nella
espressione per cui il principio d’identità non
dice niente. Questa negazione si determina più
oltre come diversità e opposizione, che è ora
la contraddizione posta.
« Ma è uno dei pregiudizi fondamentali del-
la logica tradizionale e della rappresentazione
corrente che la contraddizione non sir una
determinazione altrettanto essenziale e imma-
nente quanto l’identità; mentre, se fosse in
causa la gerarchia e le due determinazioni si
dovessero tenere ferme come separate, la con-
traddizione sarebbe da prendere come un che
di più profondo e di più essenziale. L’identità
è, infatti, di contro a essa, soltanto la deter-
minazione del semplice immediato, del morto
essere; mentre la contraddizione è la radice
di ogni movimento e vitalità ;
9-639
130
LENIN
qualcosa si muove, ha impulso e
attività solo in quanto ha una contraddi-
zione in sé.
« La contraddizione viene per solito rimos-
sa, anzitutto, dalle cose, dall’essere e dal vero
in genere; si dice che non ce niente di con-
traddittorio. Essa viene, inoltre, respinta nella
riflessione soggettiva, che sola la porrebbe me-
diante il suo riferire e confrontare. Ma non si
troverebbe poi neanche in questa riflessione,
perché il contraddittorio non si può né rap-
presentare né pensare. La contraddizione è
considerata, in generale, tanto nella realtà,
quanto nella riflessione pensante, come un che
di accidentale, quasi come un’anomalia e un
effimero parossismo morboso.
« Riguardo all’affermazione che la contrad-
dizione non si dia e non esista, non occorre
preoccuparsene; una determinazione assoluta
dell’essenza deve essere inerente a ogni espe-
rienza, a ogni reale, come a ogni concetto. Piu
sopra, a proposito dell’infinito, che è la con-
traddizione come si manifesta nella sfera del-
l’essere, si è già detto qualcosa d’analogo. La
comune esperienza dichiara, del resto, che esi-
ste per lo meno una moltitudine di cose con-
traddittorie, di istituzioni contraddittorie, ecc.,
la cui contraddizione non consiste semplice-
mente in una riflessione esteriore, ma in loro
stesse. E, inoltre, la contraddizione non è da
considerare puramente come un’anomalia, che
si manifesti solo qua e là, in quanto è invece
il negativo nella sua determinazione essenziale,
il principio di ogni automovi-
mento , che consiste soltanto in una esposi-
zione della contraddizione. Lo stesso movimen-
to esteriore sensibile altro non è se non la
esistenza immediata. Qualcosa si muove non
semplicemente nel senso che in questo ora è
qui e in un altro ora è là, ma solo nel senso
che in uno stesso ora è qui e non qui, nel senso
« SCIENZA DELLA LOGICA »
131
che esso si trova e al tempo stesso non si trova
in questo qui. Si devono concedere agli antichi
dialettici le contraddizioni che essi rinvengono
nel movimento, ma da ciò non consegue che
il movimento non esista, che anzi il movimento
è la stessa contraddizione esistente.
« In pari modo, Tautomovimento interiore,
Tautomovimento vero e proprio, l’impulso in
generale (l’appetito o il nisus della monade,
l’entelechia dell’essenza assolutamente sempli-
ce), consiste soltanto nel fatto che sotto un
unico e stesso riguardo sono ciò che è in sé
e la sua mancanza, il negativo di sé stesso.
L 'astratta identità con sé n o n è ancora
vitalità , ma, poiché il positivo è in sé
stesso la negatività, esso esce fuori di sé e s i
pone nel mutamento . Qualcosa è,
quindi, vitale solo in quanto contiene in sé la
contraddizione ed è appunto la forza che acco-
glie e sostiene in sé la contraddizione. Ma, se
un esistente non è in condizione, nella sua
determinazione positiva, di giungere ad acco-
gliere la determinazione negativa e a tener
terma luna nell’altra, se esso è cioè incapace
di avere in sé stesso la contraddizione, allora
questo qualcosa non è Punita vivente, non è
fondamento, ma soccombe nella contraddizio-
ne. Il pensiero speculativo consiste solo nel
fatto che esso tiene ferma la contraddizione e
in quest’ultima sé stesso, però non nel senso
che, come è proprio della rappresentazione, si
trovi in potere della contraddizione e le con-
senta di risolvere le sue determinazioni in altre
o nel niente» (67-70).
Movimento e « automovimento »
(NB questo! un movimento per impulso pro-
prio ( autonomo ) , spontaneo, intrinseca -
mente necessario ), « mutamento »,
« movimento e vitalità », « principio di ogni
132
LENIN
occultata
semplicità
automovimento », « impulso » (Trieb) al « mo-
vimento » e alT« attività », opposizione al
«morto essere»: chi crederebbe che que-
sta è l'essenza dell'* hegelismo », dell'astratto
e abstrus (pesante, assurdo?) hegelismo?? Que-
sta sostanza bisogna scoprire, capire, hiniiber-
retten 37 , liberare dalla scorza, depurare, cosa
che hanno fatto Marx e Engels.
L'idea del moto e del mutamento univer-
sale (1813, Logica) è stata intuita prima che
venisse applicata alla vita e alla società. In rela-
zione alla società è stata proclamata prima
(1847) che fosse dimostrata in rapporto al-
l'uomo (1859) *
« Se nel movimento, nell'impulso e simili
la contraddizione rimane nascosta alla rappre-
sentazione dietro la semplicità di queste deter-
minazioni, nelle determinazioni relazionali si
mostra invece immediatamente» Gli esempi più
volgari; sopra e sotto, destra e sinistra, padre
e figlio e cosi via all'infinito, contengono tutti
l’opposizione in una stessa determinazione. So-
pra è ciò che non è sotto; sopra è determinato
soltanto come il non stare sotto ed è solo in
quanto ce un sotto; e viceversa; in ogni de-
terminazione c’è il suo opposto. Il padre è
l’altro del figlio, e il figlio l’altro del padre, e
ognuno è soltanto questo altro dell’altro; e
altresì Tuna determinazione esiste solo in re-
lazione all’altra ; il loro essere è un unico sus-
sistere » (70)...
« La rappresentazione ha, quindi, dapper-
tutto come suo contenuto la contraddizione,
ma non giunge ad averne coscienza; rimane
riflessione esteriore, che passa dall’uguaglianza
aU’inuguaglianza o dalla relazione negativa al
riflettersi in sé dei diversi. Essa oppone estrin-
secamente queste due determinazioni Tuna al-
l’altra e ha in vista soltanto loro, non il pas-
saggio, che è l’essenziale e contiene in sé la
contraddizione. La riflessione acuta consiste in-
vece, tanto per accennarvi qui, nel cogliere e
« SCIENZA DELLA LOGICA »
133
nell’enunciare la contraddizione. Sebbene non
esprima, invero, il concetto delle cose e delle
loro relazioni e abbia come suo materiale e
contenuto soltanto le determinazioni della rap-
presentazione, essa tuttavia le pone in un rap-
porto che contiene la loro contraddizione e
che, tramite quest’ultima, ne lascia trasparire il
concetto. Ma la ragione pensante acuisce, per
cosi dire, l’ottusa differenza del diverso, la
mera molteplicità della rappresentazione, sino
a farne la differenza essenziale, l’opposizione.
Solo cosi V molteplici, spinti al culmine della
contraddizione, divengono mobili e viventi
l’uno rispetto all’altro e ricevono qui la nega-
tività che è l’immanente pulsare dell’automovi-
mento e della vitalità» (70-71).
NB
( 1 ) La rappresentazione abituale af-
ferra la differenza e la contraddizione,
ma non il trapasso dell’una nell’al-
tra, ed è questa invece la cosa più
importante.
(2) Riflessione acuta e intelletto.
La riflessione acuta afferra la contrad-
dizione, la enuncia, mette le cose in rap-
porto tra loro, costringe « il concetto . a
trasparire » tramite la contraddizione, ma
non esprime il concetto delle cose e delle
loro relazioni.
(3) La ragione pensante (intelletto)
acuisce l’ottusa differenza del diverso, la
mera molteplicità delle rappresentazioni,
sino a farne la differenza essenziale, la
opposizione. Soltanto i molteplici, elevati
sino al vertice della contraddizione, di-
vengono mobili (regsam) e viventi l’uno
rispetto all’altro: acquisiscono quella ne-
gatività che è V immanente pul-
sare dell* automovimento e
della vitalità .
134
LENIN
Suddivisione:
Der Grund (il fondamento)
(1) il fondamento assoluto: die Grund-
lage (la base).
« Forma e materia.» « Contenuto.»
(2) il fondamento determinato (come fon-
damento di [per] un contenuto determinato).
Suo passaggio nella mediazione condi-
zionante : die bedingende Vermittelung.
(3) la cosa in sé (trapasso nell * esistenza).
Nota. Principio di ragion sufficiente .
Per solito, « tutto ha la sua ragion suf-
ficiente ».
« Questo significa soltanto, in generale, che
ciò che è deve essere riguardato non come
un immediato, ma come un che di posto; non
bisogna restare fermi all'immediato esserci o
alla determinazione in generale, ma bisogna ri-
salire al suo fondamento »... È superfluo ag-
giungere: ragion sufficiente . L'insufficiente non
è ragione.
Leibniz, che ha fatto del principio di ragion
sufficiente il fondamento della sua filosofia, lo
ha capito più in profondità. «Leibniz [...]
ha opposto la sufficienza della ragione princi-
palmente alla causalità in senso stretto,
ossia come modo d’agire meccanico »
(76). Egli ha cercato la « Beziehung » der
Ursachen * (77), «il tutto come unità es-
senziale ».
Egli ha cercato il fine , la teleologia non
rientra però qui, ma nella dottrina del
concetto.
* «telamone» ddle cause (n.d.L).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
135
... « Non si può [...] domandare in che mo-
do la forma subentri all’essenza, in guanto la
prima è soltanto il trasparire della seconda in
sé stessa, la propria riflessione che le è im-
manente [sic!] » (81)...
Forma essenziale. Essenza formata.
Cosi o altrimenti in dipendenza anche
dall’essenza...
V essenza come informe identità (di sé
con sé stessa) diviene materia.
... « Essa » (die Materie) è « il vero e pro-
prio fondamento o sostrato della forma » (82)...
« Se si astrae da tutte le determinazioni,
da ogni forma di qualcosa, allora rimane la
materia indeterminata. La materia è un che
di puramente astratto . (La materia non si può
né vedere né sentire, ecc.; quel che si vede o
sente è una materia determinata, ossia una uni-
tà della materia e della forma) » (82).
La materia non è il fondamento della for-
ma, ma l’unità del fondamento e del fondato.
La materia è il passivo , la forma Y attivo (Tàti-
ges) (83). «La materia deve quindi esser
formata, e la forma deve materializzarsi» (84)...
« Ciò che appare quale attività della
forma è, inoltre, in pari misura il movi-
mento della materia stessa» (85-86)...
... « L’uno e l’altro, l’agire della forma e
il movimento della materia, sono una stessa
cosa [...]. La materia come tale è determinata,
o ha necessariamente una forma, e la forma è
forma puramente materiale, sussistente» (86).
Nota: Spiegazione formale per vìa di ra-
gioni tautologiche.
Molto spesso, sembra, soprattutto nelle
scienze metafisiche, i « fondamenti » vengono
NB
136
LENIN
spiegati mediante tautologie: il movimento del-
la terra viene spiegato con la « forza d’attra-
zione » del sole. Ma che cos e la forza d’at-
trazione? È anch’essa movimento (92)!! Una
vuota tautologia: perché quest uomo va in cit-
tà? a causa della forza d’attrazione della città
(83)! Accade cosi che anche nella scienza si
ponga airinizio come « fondamento » la mo-
lecola, Petere, la «materia elettrica» (95-96),
ecc., e poi risulta «che essi» (questi concet-
ti) «sono propriamente determinazioni de-
dotte da ciò che essi dovrebbero fondare, sono
ipotesi e finzioni dedotte mediante una rifles-
sione non critica». O si afferma, invece, che
« non conosciamo l’intima essenza di queste
stesse forze e materie» (96), ma allora non
c’è niente da « spiegare », basta fermarsi sem-
plicemente ai fatti...
Der reale Grund... non è una tautologia,
ma è già « un’altra determinazione di contenu-
to » (97).
Sulla questione del «fondamento» (Grund)
Hegel osserva tra l’altro:
« Se si dice della natura che è il fonda-
mento del mondo, ciò che vien detto natura
è, da un lato, Io stesso che il mondo, e il
mondo non è se non la natura stessa» (100).
Dall’altro lato, perché la natura « diventi mon-
do, le si associa ancora dall’esterno una mol-
teplicità di determinazioni »...
Poiché ogni cosa ha « mehrere » * « deter-
minazioni di contenuto, rapporti e aspetti », si
possono addurre ragioni prò e contro (103).
Questo Socrate e Platone l’hanno anche chia-
mato sofistica. Tali ragioni non contengono
« l’intero àmbito della cosa », non la « esauri-
scono » ( nel senso di « afferrare il nesso del-
la cosa» e di «contenere tutti» i suoi lati).
* «più» (rd.t.).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
137
Trapasso del fondamento (Grand) nella
condizione (Bedingung).
E l’elaborazio-
ne «puramente
logica»? Das
fallt rasam-
ene n ***. Que-
sto deve coin-
cidere come
induzione e
deduzione nel
Capitale.
« Quando tutte le condizioni di una cosa
sono presenti, essa entra nell'esistenza» (116)...
Frequente in
Hegel il termi-
ne di « «? o -
mento »
nel senso di
momento della
connes-
sione, di
momento nella
concatenazione
If I’m not mistaken, there is much
mysticism and leere * pedanteria in que-
sti ragionamenti di Hegel, ma è geniale
l’idea fondamentale: dell’universale, on-
nilaterale e vivente connessione di
tutto con tutto e del rispecchiamento di
questa connessione — materialistisch auf
den Kopf ges teli ter Hegel ** — nei con-
cetti dell’uomo, che devono essere al-
tresì affinati, elaborati, duttili, mobili,
relativi, reciprocamente connessi, essere
uno nelle opposizioni, per poter abbrac-
ciare il mondo. La prosecuzione dell’ope-
ra di Hegel e di Marx deve consistere
nell’elaborazione dialettica della
storia del pensiero umano, della scienza
e della tecnica.
Un fiume e le gocce in questo fiume.
Situazione di ogni goccia, sua relazione
con le altre; sua connessione con le al-
tre; direzione del suo movimento; velo-
cità; linea del movimento — retta, cur-
va, tonda, ecc. — verso l’alto o verso il
basso. Somma del movimento. I concetti
come compendio dei singoli lati del mo-
vimento, delle singole gocce ( = «cose» ) ,
delle singole « correnti », ecc. Ecco à
peu près l’immagine del mondo secondo
la Logica di Hegel: beninteso, meno il
buon Dio e l'assoluto.
* Se non sbaglio, c’è molto misticismo e vuota... (n.d.t.).
** Hegel rovesciato materialisticamente ( n.d.t .).
*** La cosa coincide (n.d.t.).
138
LENIN
Molto bene! che c’entrano qui l’idea
assoluta e l’idealismo?
Divertente questa « deduzione »... del
V esistenza...
Sezione seconda: Il fenomeno
Prima proposizione: « L'essenza deve ap-
parire » (119); l'apparire dell'essenza è (1)
Existenz (cosa); (2) fenomeno (Erscheinung).
(« Il fenomeno è ciò che la cosa è in sé, ossia
la sua verità », p, 120.) « Al mondo del feno-
meno si oppone il mondo riflesso in sé, il
mondo che è in sé» (120)... (3) Verhàltnis
(relazione) e realtà.
Tra l'altro; « Il dimostrare è, in generale, la
conoscenza mediata »...
... « Le diverse specie dell'essere richiedono
o contengono la propria specie di mediazione;
e quindi anche la natura del dimostrare è di-
versa in relazione a ognuna di esse» (121)...
E di nuovo... sull'esistenza di Dio!!
Questo povero Dio, basta che si men-
zioni il termine di esistenza, perché se
l'abbia a male!
L'esistenza differisce dall'esser e pe r la sua
mediazione ( Vermittelung: 124) . [ Pe r la con-
cretezza e per la connessio ne? |
... « La cosa in sé e il suo essere mediato
sono entrambi contenuti nell'esistenza e sono,
essi stessi, esistenze; la cosa in sé esiste ed è
essenziale, l’essere mediato è invece l’esisten-
za 'inessenziale della cosa» (125)...
140
LENIN
? La cosa in sé si riferisce all’essere,
come l’essenziale all’inessenziale?
... « Questa [il Ding-an-sich] non deve avere
in sé alcuna molteplicità determinata e, quin-
di, l’ottiene solo quando sia trasposta nella
riflessione esterna; ma rimane tuttavia in-
differente di fronte a essa. (La cosa in sé ha
colore solo quando sia posta dinanzi adocchio,
odore solo quando sia posta sotto il naso,
ecc.) » ( 126).,.
... « Una cosa ha la proprietà di produrre
questo o quello nell’altro e di manifestarsi ori-
ginalmente nel suo rapporto con questo altro »
(129)... «La cosa in sé esiste quindi essen-
zialmente »...
Nella Nota il discorso verte sulla « cosa
in sé dell’idealismo trascendentale »...
... « la cosa in sé come tale è soltanto quella
vuota astrazione da ogni determinatezza di cui
non si può sapere niente, proprio perché deve
essere l’astrazione da ogni determinatezza »...
L’idealismo trascendentale traspone « nella
coscienza tutte le determinazioni delle cose,
tanto per la forma quanto per il contenuto »...;
« secondo questa veduta, avviene in me, nel
soggetto, ch’io percepisca le foglie dell’albero
non nere, ma verdi, il sole rotondo, e non
quadrato, lo zucchero dolce, e non amaro; ch’io
determini il primo e il secondo tócco di un
orologio come successivi, e non come simulta-
nei, né il primo come causa, o come effetto
del secondo, ecc.» (131)... Hegel avverte più
avanti di aver considerato qui soltanto la que-
stione della cosa in sé e dell’« àusserliche Re-
flexion ».
« L’essenziale insufficienza della posizione
a cui si arresta quella filosofia sta nel fatto
che essa si attiene all'astratta cosa in sé, come
a un’ultima determinazione, e oppone alla cosa
sostanza = con-
« SCIENZA DELLA LOGICA »
141
in sé la riflessione, ossia la determinatezza e
la molteplicità delle proprietà, mentre, in ef-
fetti, la cosa in sé ha essenzialmente in sé
stessa quella riflessione esteriore e si deter-
mina come un che dotato di sue determina-
zioni e proprietà, di modo che quell'astrazione
della cosa, per cui essa è pura cosa in sé, si
rivela come una determinazione non vera »
(132) .
Le « molte cose diverse sono in un rap-
porto di essenziale interazione attraverso le
loro proprietà; la proprietà è questa relazione
reciproca, e la cosa è niente fuori di essa »
(133) ...
Die Dingheit trapassa nelPEigenschaft *
(134) . Die Eigenschaft nella «materia» o
« Stoff » («le cose constano di sostanze»),
ecc.
« Il fenomeno è [...] anzitutto l'essenza
nella sua esistenza» (144)... «Il fenomeno è
unità della parvenza e dell'esistenza »
(145)...
Unità nei fenomeni: « Quest'unità è la leg-
ge del fenomeno. La legge è, quindi, il positivo
nella mediazione dell'apparente » (148).
| Qui, in generale, c'è molta oscurità. Ma
c’è anche, evidentemente, un'idea viva: il con-
cetto di legge è uno dei gradi della cono-
scenza umana ddT unità e della connessione,
della reciproca dipendenza e della totalità del
processo universale. L'« alterazione » e il « di-
storcimento » di termini e concetti, a cui Hegel
qui si abbandona, sono un mezzo di lotta con-
tro l’assolutizzazione del concetto di legge ,
contro la sua semplificazione, contro la sua
feticizzazione. NB per la fisica moderna M! |
« Questa permanente stabilità, che il feno-
meno ha nella legge» (149)...
* La forma di cosa ... proprietà (n.d.t.).
tro il soggettivi-
smo e la separa-
zione di cosa in
sé e fenomeno.
la legge
(dei fenomeni)
NB
La legge è lo
stabile (il per-
manente ) nel
fenomeno
142
LENIN
(La legge è
l’identico
nel fenomeno)
NB
Legge = quieto
riflesso dei
fenomeni
NB
« La legge è la riflessione del fenomeno
neiridentità con sé » (149), (La legge è l’iden-
tico nei fenomeni: « il rispecchiamento del fe-
nomeno nella sua identità con sé stesso ». )
...« Quest’identità, fondamento del fenome-
no, che costituisce la legge, è il suo proprio
momento [...]. La legge non sta quindi al di
là del fenomeno, ma è in esso immediatamente
presente ; il regno delle leggi è il quieto [corsivo
di Hegel] riflesso del mondo esistente o feno-
menico »...
È questa una definizione stupendamen-
te materialistica e notevolmente precisa
( l’aggettivo « ruhige * » ) . La legge pren-
de ciò che è quieto: e quindi la legge,
ogni legge, è ristretta, incompleta, ap-
prossimativa.
NB
(La legge è il
rispecchiamento
dell’essenziale
nel movimento
dell’universo)
« L’esistenza ritorna nella legge come nel
suo fondamento; il fenomeno contiene in sé
l’una e l’altra cosa, il semplice fondamento e
il movimento dissolvente dell’universo fenome-
nico, di cui il fondamento è l’essenzialità.»
« La legge è, dunque, il fenomeno essenziale »
(150). *
Ergo, legge e essenza sono concetti
omogenei (dello stesso ordine) o, più
esattamente, dello stesso grado ed espri-
mono l’approfondimento della conoscen-
za dei fenomeni, del mondo, ecc. da par-
te dell’uomo.
Il movimento dell’universo nei fenomeni
(Bewegung des erscheinenden Universums),
nell’essenzialità di questo movimento è la legge.
«quieto» (n.d.t.).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
143
« Il regno delle leggi è il quieto conte-
nuto del fenomeno. Il fenomeno è lo stesso
contenuto, però in quanto si presenta nell'in-
quieto alternarsi e come riflessione in altro »,
«il fenomeno è quindi, di fronte alla legge,
la totalità , poiché contiene in sé la leg-
ge, e anche di piu , cioè il momento del-
la forma automoventesi » (151).
Ma più avanti, sebbene non chiara-
mente, si ammette, sembra, p. 154, che
la legge può supplire a questo Mangel *,
afferrare anche il lato negativo, anche la*
Totalitat der Erscheinung (in partico-
lare 154 in fine). Rivedere!
(Fenomeno =
interezza,
totalità )
((legge =
parte))
(Il fenomeno è
piu ricco
della legge)
11 mondo in sé e per sé è identico al mondo
dei fenomeni, ma gli è in pari tempo opposto
(158). Ciò che nel primo è positivo nel se-
condo è negativo. Cfr. — dice qui Hegel - —
la Fenomenologia dello spirito , pp. 121 sgg. 39
« Il mondo fenomenico e il mondo essen-
ziale sono entrambi gli interi per sé stanti
dell'esistenza; l’uno dovrebbe essere soltanto
resistenza riflessa, l’altro l’esistenza immedia-
ta, ma ognuno dei due si continua nel suo altro
ed è quindi in sé stesso l’identità dei due
momenti [...]. Entrambi i mondi sono anzitutto
indipendenti, ma sono tali soltanto come to-
talità e in quanto ognuno contiene in sé es-
senzialmente il momento dell’altro » ( 159-
160 )...
La sostanza è qui che tanto il mondo
dei fenomeni quanto il mondo in sé sono
momenti della conoscenza della natura
da parte dell’uomo, gradi, modificazioni
* mancanza, difetto (n.d.t,)*
LENIN
o approfondimenti (della conoscenza). Il
trasferirsi del mondo in sé via via sem-
pre più lontano dal mondo dei fenomeni:
ecco di che cosa non si scorge ancora
traccia in Hegel. NB. I « momenti » del
concetto non hanno in Hegel il signifi-
cato di « momenti » del trapasso?
... « Cost la legge è rapporto es-
senziale » (corsivo di Hegel).
La legge è rapporto . NB questo
per i machisti e gli altri agnostici e per
i kantiani, ecc. Rapporto di essenze o tra
essenze.
« Mondo designa, in generale, la totalità in-
forme della molteplicità» (160)...
E il terzo capitolo (Il rapporto essenziale)
comincia con la tesi: « La verità del fenomeno
è il rapporto essenziale» (161)...
Suddivisione :
Rapporto tra il tutto e la parte ; que-
sto rapporto passa nel successivo (sic!!) (168):
tra la forza e la sua manifestazione; tra V in-
terno e Yesterno . Passaggio alla sostanza, alla
realtà.
... « La verità del rapporto consiste quindi
nella mediazione» (167)...
« Passaggio » alla forza: « La forza è la
unità negativa, nella quale si è risolta la con-
traddizione tra il tutto e le parti, la verità
di questo primo rapporto» (170).
((Questo è uno dei mille passi analoghi
di Hegel, che fanno infuriare filosofi ingenui
come Pearson, autore di The grammar of
Science*. Egli cita un brano simile e va in
bestia: guardate che guazzabugli s’insegnano
nelle nostre scuole!! E in un certo senso, par-
zialmente, ha ragione. È assurdo insegnar que-
sto. Da esso bisogna prima ricavare la
« SCIENZA DELLA LOGICA »
145
dialettica materialistica. Ma per nove decimi
è scorza, pattume.))
La forza si pone « come appartenente [als
angehòrigT alla cosa esistente o a una materia »,
... « Se perciò si domanda in che modo la cosa
o la materia giunga ad avere una forza, que-
st’ultima le si presenta collegata estrinseca-
mente e come impressa alla cosa da una poten-
za estranea » ( 171 )....« I n ogni svilup-
po naturale , scientifico e spi-
rituale in genere si mostra ed è
essenzialmente da riconoscere che il primo, in
quanto qualcosa è soltanto interiormente , o
anche soltanto nel suo concetto, appunto perciò
è solo la sua esistenza immediata, passiva »
(181)...
Il principio # di ogni cosa può
essere riguardato come un interiore —
un passivo — e in pari tempo come un
esteriore.
Ma qui Pinteressante non è questo,
è qualcos’altro: ossia il criterio della
dialettica sfuggito a Hegel inavvertita-
mente: «in ogni sviluppo na-
turale, scientifico e spiri-
tuale »: ecco un . granello di profonda
verità nella scorza mistica delPhegelismo!
# Esempio: il germe delPuomo è soltanto
un uomo interiore, un dem Anderssein Preis-
gegebenes *, un che di passivo. All’inizio Gott
non è ancora spirito. « Immediatamente
Dio è quindi soltanto la na-
tura» ( 182).
(Anche questo è caratteristico!!)
Feuerbach
« knùpft an »
daran **.
Via Gott,
rimane la
Natur .
* un che di abbandonato all’esser altro {n.d.t.).
** «si riattacca» qui 41 (a.d.L).
10-639
Sezione terza : La realtà
(I!)
di solito: da un
estremo all’altro
totalità = (una
sorta di) inte-
grità dispersa
... « La realtà è l’unità dell’essenza e del-
l’esistenza » (184)...
Suddivisione: 1) «L’assoluto», 2) la
realtà vera e propria. « Realtà , possibilità e
necessità costituiscono i momenti formali del-
l’assoluto », 3) «Il rapporto assoluto»: la
sostanza.
« In lui stesso » (in dem Absoluten) « man-
ca ogni divenire» (187) — e altre assurdità
sull’assoluto...
l’assoluto è l’assolutamente assoluto
l’attributo è l’assoluto relativo
Nella Nota Hegel parla (in modo troppo
generico e nebuloso) dei difetti della filosofia
di Spinoza e di Leibniz.
E, tra l’altro, da rilevare:
« All’unilateralità di un principio filosofico
si è soliti contrapporre l’unilateralità opposta,
e, come in tutto, si ha qui la totalità, per lo
meno come un 'integrità dispersa» (197).
La realtà sta al di sopra dell’onere e della
esistenza .
( 1 ) L’essere imme-
diatamente
(2) L’esistenza (che
passa nel feno-
meno)
(3) La realtà
« L'essere non è
ancora reale.» È
un passare in altro.
Sorge dal fondamento,
dalle condizioni, ma non
è ancora l’unità « della
riflessione e dell’imme-
dia tezza ».
Unità di esistenza e
di essere-in-sé ( Ansich-
sein)
« SCIENZA DELLA LOGICA »
147
... « La realtà sta ancora al di sopra dell’esi-
stenza » (200)...
... « La necessità reale è [...] una relazione
piena di contenuto »; « in pari tempo però que-
sta necessità è relativa » (211)...
« La necessità assoluta è, quindi, la verità,
nella quale rientrano la realtà e la possibilità
in generale, nonché la necessità formale e la
necessità reale» (215).
( Continuazione ) 42
(Fine del II libro della Logica , della dot-
trina dell’essenza...)
È da rilevare che nella piccola Logica (En-
ciclopedia) le stesse cose vengono esposte mol-
to spesso in modo più chiaro, con esempi con-
creti. Cfr. idem Engels e Kuno Fischer 43 .
A proposito della « possibilità » Hegel sot-
tolinea la vuotezza di questa categoria e nella
Enciclopedia dice:
« Se questo sia possibile o impossibile di-
pende dal contenuto, ossia dalla totalità dei
momenti della realtà, che, nel suo dispiegarsi,
si rivela come necessità » ( Enciclopedia , v.
VI *, p. 287, § 143, aggiunta).
«La totalità, 1* insieme dei
momenti della realtà, che nel
suo dispiegarsi si rivela come ne-
cessità.»
Il dispiegarsi di .tutto l’insieme dei mo-
menti della realtà (NB) = l’essenza del-
la conoscenza dialettica.
Si vedano, nella stessa Enciclopedia, v. VI,
p. 289, le eloquenti parole sulla vanità della
semplice ammirazione per la ricchezza e l’awi-
* Dei Werke di Hegel, Berlin, 1840 (nJ.tX
10 (
148
LENIN
cenciarsi dei fenomeni di natura e sulla ne-
cessità
« di progredire verso una comprensione più
rigorosa deirarmonia interna e delle leg-
gi della natura» (289)... (A p -
prossima! ione al materialismo.)
Enciclopedia , ibidem, p. 292: «La realtà
sviluppata, come alternarsi di interno ed ester-
no coincidente nell’uno, come alternarsi dei
suoi movimenti opposti, che si sono riuniti in
un movimento unico, è la necessità ».
Enciclopedia , v. VI, p. 294: « La necessità
è cieca solo in quanto non sia concepita »...
Ibidem, p. 295: «accade a lui» (dem
Menschen ) « che dal suo agire scaturisca un
che di completamente diverso da come egli ha
pensato e voluto »...
Ibidem, p. 301: « La sostanza è uno sta-
d i o essenziale nel processo di svi-
luppo dell'idea »...
Leggi: uno stadio essenziale nel pro-
cesso di sviluppo della conoscenza umana
della natura e della materia .
Lo gì k , v. IV.
...«Essa [die Substanz] è l’essere in ogni
essere» (220)...
Il rapporto di sostanzialità trapassa nel rap-
porto di causalità (223).
...«La sostanza ha [...] realtà solo come
causa» (225)...
Da un lato, bisogna approfondire la
conoscenza della materia sino alla cono-
scenza (sino al concetto) della sostanza
per rintracciare le cause dei fenomeni.
Dall’altro lato, la conoscenza reale della
causa è un approfondimento della cono-
scenza che dall’esteriorità dei fenomeni
« SCIENZA DELLA LOGICA »
149
va verso la sostanza. Due generi di esem-
pi dovrebbero chiarire questo punto: 1)
gli esempi tolti dalla storia delle scienze
naturali e 2) gli esempi tolti dalla storia
della filosofia. Piu esattamente: non si
deve trattare di « esempi » — compa-
raison n’est pas raison — ma della quin-
tessenza dell’una e deiraltra storia +
storia della tecnica.
« L’effetto non contiene [...] in generale
niente che la causa già non contenga » (226)...
und umgekehrt *...
Ergo, causa ed effetto sono solo mo-
menti deirinterdipendenza universale, del-
la connessione (universale), della reci-
proca concatenazione degli eventi, sono
solo anelli nella catena dello sviluppo
della materia.
NB:
« È la stessa cosa, che si presenta una volta
come causa, l'altra come effetto, là come pe-
culiare sussistenza, qua come esser posto o come
determinazione in un altro» (227).
Onnilateralità e carattere onnicom-
prensivo della connessione universale,
espressa, solo in modo unilaterale, NB
frammentario e incompleto, dalla cau-
salità.
NB
« Qui si può ancora rilevare che, in quanto
si ammetta il rapporto di causa ed effetto, seb-
bene in senso improprio, leffetto non può esse-
* c viceversa (n.d.t.).
150
LENIN
nella storia
« piccole cause
di grandi
eventi »
re piu grande della causa; perché Teffetto non
è altro che la manifestazione di quella ».
E più avanti sulla storia. In essa si è soliti
addurre aneddoti come « piccole » cause di
grandi eventi: che nel fatto sono soltanto oc-
casioni, soltanto aussere Erregung *, « di cui lo
spirito intrinseco dell’evento non avrebbe avuto
necessità » (230). « Quegli arabeschi storici, in
cui da un esile stelo si vede plasmarsi una gran
figura, sono quindi una trattazione ingegnosa,
ma sommamente superficiale » ( ibidem ) .
Questo « spirito intrinseco » — cfr. Ple-
chanov 44 — è un richiamo idealistico,
mistico, ma molto profondo alle cause
storiche degli eventi. Hegel riconduce a
pieno la storia sotto la causalità e
intende la causalità in maniera mille volte
più profonda e più ricca di una folla di
« scienziati » odierni.
« Cosi, una pietra che si muove è causa; il
suo moto è una determinazione che essa pos-
siede, ma oltre la quale ne contiene però anche
molte altre di colore, forma, ecc., che non rien-
trano nella sua causalità » (232).
La causalità, come viene per solito in-
tesa da noi, è soltanto una particella della
connessione universale; però (aggiunta
materialistica) una particella non della
connessione soggettiva, ma di quella og-
gettivamente reale.
« Ma, attraverso il movimento di un
determinato rapporto di causalità , si è ora
esteriore sollecitazione ( n.d.t .).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
151
ottenuto che non solo la causa si estingue nel-
l’effetto, e con ciò, come nella causalità for-
male, si estingue anche l’effetto, ma che la
causa nel suo estinguersi, nell’effetto, diviene
di nuovo, e che l’effetto, svanendo nella causa,
in pari modo di nuovo diviene in essa. Ognuna
di queste determinazioni si toglie nel suo porsi
e si pone nel suo togliersi; non si ha un tra-
passo estrinseco della causalità da un sostrato
all’altro, ma questo suo divenire altro è al
tempo stesso il suo proprio porre. La causa-
lità, quindi, presuppone o condiziona sé stes-
sa » (235).
« Movimento del rapporto di causalità »
= nel fatto: movimento della materia,
respective movimento della storia, che vie-
ne còlto e fatto proprio nella sua con-
nessione intrinseca sino a questo o a quel
grado di estensione o profondità...
« L’interazione si presenta, anzitutto, come
una mutua causalità di sostanze presupposte e
condizionantisi; ciascuna è, dinanzi all’altra, una
sostanza insieme attiva e passiva » (240).
« Nell’interazione l’originaria causalità si
presenta come un nascere dalla sua negazione,
dalla passività, e come un perire in essa, come
un divenire »...
« Necessità e causalità sono dunque scom-
parse; esse contengono inusé l’una e l’altra cosa,
l’identità immediata, come connessione
e rapporto, e l’assoluta sostanzia-
lità dei distinti , quindi la loro asso-
luta accidentalità; contengono l’unità originaria
di una diversità sostanziale, dunque l’assoluta
contraddizione. La necessità è l’essere, perché è;
l’unità dell’essere con sé stesso, che ha per sé
fondamento ; però, viceversa, in quanto ha un
fondamento, non è essere, ma è soltanto par-
« connessione
e rapporto »
« unità della
sostanza nella
diversità »
152
LENIN
rapporto,
mediazione
la necessità
non svanisce,
diventa
libertà
venza, rapporto o mediazione. La causalità è
questo posto trapassare dell’essere originario,
della causa, in parvenza o semplice esser posto
e, viceversa, dell’esser posto in originarietà; ma
Tidentità stessa dell’essere e della parvenza è
ancora l’interna necessità. Questa interiorità o
questo essere in sé toglie il movimento della
causalità; si smarrisce cosi la sostanzialità dei
lati che sono in rapporto, e si rivela la neces-
sità. Quest’ultima diventa libertà non perché
svanisca, ma solo perché la sua identità ancora
interna si manifesta» (241-242)...
Quando leggi Hegel sulla causalità, sem-
bra, a tutta prima, strano che egli abbia
indugiato relativamente cosi poco sul tema
preferito dei kantiani. Perché? Perché per
lui la causalità è soltanto una delle deter-
minazioni della connessione universale,
che egli aveva afferrato già prima in modo
assai piu profondo e onnilaterale, in tutta
la sua esposizione, sottolineando sempre
e sin dall’inizio questa connessione, i tra-
passi reciproci, ecc., ecc. Sarebbe molto
istruttivo raffrontare le « doglie » del
neoempirismo ( respective dell'* idealismo
fisico ») e le soluzioni o, meglio, il meto-
do dialettico di Hegel.
È inoltre da rilevare che nelYEnciclopedia
Hegel sottolinea l’insufficienza e la vacuità del
nudo concetto di « interazione ».
Volume VI, p. 308:
« L’interazione è, senza dubbio, la verità
piu prossima del rapporto di causa ed effetto
e sta, per cosi dire, sulla soglia del concetto, ma
tuttavia, proprio per questo, non ci si può ac-
contentare dell’applicazione di tale rapporto,
quando si tratti della conoscenza concettuale.
« SCIENZA DELLA LOGICA »
153
Se ci si ferma a riguardare un dato contenuto
dal lato dell'interazione, questo è in realtà un
atteggiamento assolutamente privo di concetto;
si ha allora a che fare semplicemente con un
arido fatto, e l'esigenza della mediazione, di cui
anzitutto si tratta nell'applicazione del rapporto
di causalità, rimane di nuovo inappagata. L'in-
sufficienza nell'applicazione del rapporto di inte-
razione, secondo una considerazione più attenta,
consiste in questo, che tale rapporto, invece di
poter valere come un equivalente del concetto,
vuole essere esso stesso concepito, e questo
avviene in quanto entrambi i lati del rapporto
non siano lasciati come un dato immediato, ma,
come si è mostrato nei due §§ precedenti, siano
riconosciuti quali momenti di un terzo, piu
elevato, che è appunto il concetto. Se conside-
riamo, per esempio, i costumi del popolo spar-
tano come effetto della sua costituzione e, vice-
versa, questa come effetto di quelli, una tale
considerazione sarà senz'altro corretta, ma tut-
tavia questa concezione non ci
darà alcuna soddisfazione
conclusiva , poiché con essa non vengono
compresi in effetti né la costituzione né i co-
stumi di quel popolo, il che avviene invece solo
quando i due lati del rapporto, e insieme tutti
gli altri Iati particolari che si manifestano nella
vita e nella storia del popolo spartano, vengano
riconosciuti come fondati in questo concetto »
(308-309).
Alla fine del II libro della Logica , v. IV,
p. 243, nel passaggio al « concetto » viene data
la definizione: « il concetto, il regno della sog-
gettività e della libertà »...
NB Libertà = soggettività
( « ovvero » )
fine, coscienza, aspirazione NB
solo « intera-
zione » =
vuoto
esigenza della
mediazione
(della connessio-
ne): ecco di che
si tratta nella
applicazione del
rapporto
di causalità
NB
tutti i « lati
particolari »
e l'intero
(« Begriff »)
Werke , v. V, Berlin , 1834
Parte seconda : La logica soggettiva o la dot-
trina del concetto
Libro terzo: Il concetto
Del concetto in generale
Per le prime due parti non avevo Vorar-
beiten, ma qui si ha, invece, « verknòchertes
Material », che bisogna « in Flussigkeit brin-
gen » * ( 3 ) .
« Essere ed essenza sono pertanto i mo-
menti del suo [= des Begriffs] divenire » (5).
Rovesciare: i concetti sono il prodotto
più alto del cervello, che è il prodotto più
alto della materia.
« La logica oggettiva, che considera Vessere
e V essenza, costituisce quindi propriamente la
esposizione genetica del concetto» (6).
9-10; grande importanza della filosofia di
Spinoza, come filosofia della sostanza (questo
punto di vista è molto elevato, ma incompleto,
non è il più alto: in generale, confutare un si-
stema filosofico non significa respingerlo, ma
svilupparlo ulteriormente, non sostituirlo con
uno diverso, unilaterale, opposto, ma includerlo
in qualcosa di più alto). Nel sistema di Spinoza
manca il soggetto libero, autonomo, cosciente
( manca « la libertà e V indipendenza del sog-
getto autocosciente »), ma anche in Spinoza un
attributo della sostanza è il pensare (10 in
fine).
« materiale fossilizzato » ... « rendere fluido » ( n.d.t .).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
155
13 in fine: di passata: come per un certo
tempo è stato di moda in filosofia « das Schli lu-
me nachzusagen » der Einbildungskraft und dem
Gedachtnisse *, cosi adesso è di moda svi-
lire il significato del « concetto » ( = « das
Hòchste des Denkens») ed esaltare «das Unbe -
greifliche » **
Allusione a Kant?
Passando alla critica del kantismo , He-
gel considera suo grande merito (15) l'aver
formulato l'idea della « unità trascendentale del-
l'appercezione » (unità della coscienza in cui si
forma il Begriff ) , ma rimprovera a Kant l ' u n i-
laterali tà e il soggettivismo:
... « quale esso [der Gegenstand] è nel pen-
sare, tale è dapprima in sé e per sé; come è
neH’intuizione o nella rappresentazione, l'og-
getto è fenomeno » (16)... (Hegel eleva l'idea-
lismo di Kant da idealismo soggettivo a idea-
lismo oggettivo e assoluto.)
Kant riconosce l’oggettività dei concetti (la
Wahrheit è il loro oggetto ) , ma-li lascia tuttavia
come soggettivi. All’intelletto (Verstand) egli
fa precedere Gefuhl und Anschauung. Hegel
dice in proposito:
« Ora, per quanto concerne anzitutto il rap-
porto dell’intelletto, o concetto, con gli stadi
che gli sono presupposti, tutto dipende dalla
scienza a cui ci si richiama per determinare la
forma di quegli stadi. Nella nostra scienza, come
logica pura, questi stadi sono Yessere e Yessenza.
Nella psicologia si presuppongono airintelletto
il sentimento e Yintuizione , e poi la rappresen-
tazione in generale. Nella fenomenologia dello
spirito, come dottrina della coscienza, si sale al-
l'intelletto attraverso gli stadi della coscienza
sensibile e poi della percezione » (17). In Kant
dall'intuizione
alla conoscenza
della realtà
oggettiva...
* «dire ogni male» delTimmaginazione c della memoria (n.d.t.).
** (= « 3 culmine del pensiero»)... « V incomprensibile » {n.d.t.).
156
LENIN
« Vigilia » della
trasformazione
dell'idealismo
oggettivo in
materialismo
tutto questo è esposto « in modo » molto « in-
completo ».
Viene poi V essenziale:
... « qui » « non è da considerare il concetto,
come atto dell’intelletto autocosciente, né come
intelletto soggettivo, ma il concetto in sé e per
sé, che costituisce uno stadio tanto
della natura quanto dello spi-
rito. La vita , ossia la natura
organica , è questo stadio della
natura in cui emerge il con-
cetto» (18).
Segue poi un brano molto interessante (pp.
19-27 ) , nel quale Hegel confuta Kant sul pia-
no appunto della gnoseologia
(Engels pensava, forse, proprio a questo brano
quando scriveva, nel Ludwig Feuerbach 45 , che
Yessenziale contro Kant era stato già detto da
Hegel, nella misura in cui ciò era possibile dal
punto di vista idealistico), denunciando la dop-
piezza, l’incoerenza di Kant, la sua, per cosi dire,
oscillazione tra empirismo ( = materialismo ) e
idealismo; ma Hegel svolge tale argomentazione
interamente ed esclusivamente
sotto il profilo di un idealismo piu conse-
guente.
Il Begriff non è il concetto più alto:
più in alto sta Videa = unità di Begriff
e realtà.
« ” È soltanto un concetto ”, si dice per
solito, contrapponendo al concetto non solo
l'idea, ma anche l'esistenza sensibile, tangibile,
spaziale e temporale, come un che di più valido
del concetto stesso. L’astratto viene allora con-
siderato come meno significativo del concreto,
appunto perché da esso è stata omessa tanta
parte della materia indicata. L’astrarre assume.
« SCIENZA DELLA LOGICA »
157
secondo quest’opinione, il significato che dal
concreto si cavi fuori, solo per il nostro uso
soggettivo, questo o quel tratto, di modo che,
con l’omissione di tante altre proprietà e qua-
lità dell’oggetto, questi tratti non perdano niente
del loro valore e merito, ma rimangano anzi
sempre come un che di pienamente valido, come
il reale, benché si trovi dall’altra parte; e sa-
rebbe solo l’ impotenza dell’intelletto a impe-
dirgli di accogliere in sé questa ricchezza e a
costringerlo ad accontentarsi della misera astra-
zione. Se ora la materia data deH’intuizione e il
molteplice della rappresentazione si prendono
come il reale, in opposizione al pensato e al
concetto, questo è un modo di vedere il cui
rifiuto non è solo condizione del filosofare, ma
è già presupposto dalla religione; e come può
esserci bisogno della religione e come può essa
avere un significato, se viene ancora presa per
verità la fugace e superficiale apparenza del sen-
sibile e del singolo? f...l II pensiero astraente
non è quindi da riguardare come un semplice
metter da parte la materia sensibile, che non
patirebbe per questo alcun danno nella sua
realtà, ma è piuttosto il togliere quella materia
e il ridurla come semplice fenomeno all’essen-
ziale, che si manifesta soltanto nel concetto »
( 19 - 21 ).
Kant menoma
la forza
deirintelletto’
l'idealista piu
conseguente si
aggrappa a Dio !
Nella sostanza Hegel ha pienamente ra-
gione contro Kant. Il pensiero, salendo
dal concreto airastratto, non si allontana
— quando sia corretto (NB) (e Kant,
come tutti i filosofi, parla del pensiero cor-
retto) — dalla verità, ma si avvicina
a essa. L’astrazione della materia , della
legge di natura, l’astrazione del valore,
ecc., in breve, tutte le astrazioni scienti-
fiche (corrette, serie, non assurde) ri-
specchiano la natura in modo piu pro-
fondo, fedele e compiuto. Dalla vi-
158
LENIN
vente intuizione al pensiero astratto e da
questo alla prassi: ecco il cammino dia-
lettico della conoscenza della verità, della
conoscenza della realtà oggettiva. Kant svi-
lisce il sapere, per far posto alla fede:
Hegel innalza il sapere, assicurando che
esso è conoscenza di Dio. Il materialista
innalza la conoscenza della materia, della
natura, gettando nel letamaio Dio e tutta
la canaglia filosofica che lo difende.
« Un fondamentale malinteso che domina
qui è Popinione che il principio naturale, o
il cominciamento da cui si prende l’avvio nello
sviluppo naturale o nella storia della forma-
zione dell’individuo, sia il vero e il primo anche
nel concetto» (21). (È vero che gli uomini
cominciano da quésto, però la verità non sta
all’inizio, ma alla fine, o, piu esattamente, nella
continuazione. La verità non è l’impressione
iniziale...) «La filosofia non deve essere una
narrazione di ciò che accade, ma ima conoscenza
di ciò che in quello è vero » (21).
In Kant si ha un « idealismo psicologico »:
le categorie sono in lui « soltanto determinazioni
derivanti dalla coscienza di sé >> (22). Salendo
dall’intelletto (Verstand) alla ragione (Ver-
nunft), Kant svilisce il significato del pensiero,
a cui nega la capacità di « giungere alla com-
piuta verità ».
« È considerato [da Kant] un abuso che la
logica, la quale dovrebbe essere semplicemente
un canone del giudizio , sia riguardata come un
organo per la produzione di vedute oggettive. I
concetti della ragione, nei quali sarebbe da sup-
porre una forza piu alta [è una frase ideali-
stica!] e un contenuto più profondo [vero!!],
non hanno in sé più niente di costitutivo [Kon-
stitutives; bisognerebbe dire: Objektives], come
ancora le categorie; sono semplici idee; in effet-
« SCIENZA DELLA LOGICA »
159
ti, è del tutto lecito usarle, ma con queste es-
senze intelligibili, nelle quali dovrebbe rivelarsi
rintera verità, non .si può pensare niente tranne
le ipotesi , a cui sarebbe pieno arbitrio e temerità
attribuire una verità in sé e per sé, in quanto
esse non possono comparire in nessuna espe-
rienza. Si sarebbe mai potuto credere che la
filosofia avrebbe negato verità alle essenze intel-
ligibili perché esse mancano della materia spa-
ziale e temporale della sensibilità? » (23).
Anche qui Hegel ha ragione nella so-
stanza: il valore è una categoria che des
Stoffes der Sinnlichkeit entbehrt *, ma
essa è più vera che non la legge della
domanda e delPofferta.
Solo che Hegel è un idealista: di qui
l’assurdo: « Konstitutives », ecc.
Da una parte, Kant riconosce con assoluta
chiarezza 1' «oggettività» del pensare
(«des Denkens ») («identità del concetto e
della cosa»), ma,
NB
Hegel è per
la conoscibilità
delle cose
in sé
cetto è soltanto apparenza; e precisamente, di
nuovo, per il motivo che il contenuto è soltanto
il molteplice dell’intuizione. Si è già accennato,
in proposito, che questa molteplicità, in quanto
appartiene all'intuizione in opposizione al con-
cetto, viene tolta nel concetto stesso, e che, per
mezzo di quest’ultimo, l’oggetto è ricondotto
« dall altra parte, si ritorna ad affermare
che non possiamo tuttavia conoscere le cose,
quali sono in sé e per sé, e che la verità è
inaccessibile alla ragione conoscitiva; che la ve-
rità consistente nell’unità dell’oggetto e del con-
* manca della materia della sensibilità (n.d.t.).
160
LENIN
il fenomeno è
manifestazione
deH*essenza
NB
NB
!! ah-ah!
alla sua non accidentale essenzialità; questa es-
senzialità entra nel fenomeno, e quindi il feno-
meno non è semplicemente un che privo di es-
senza, ma è manifestazione dell’essenza » (24-
25).
« Sarà sempre riguardato con meraviglia che
la filosofia kantiana, mentre ha riconosciuto il
rapporto del pensiero all’essere sensibile, a cui
è rimasta ferma, come un rapporto relativo del
semplice fenomeno, e pur avendo riconosciuto
e affermato una superiore unità dei due nell’idea
in generale e, per esempio, nell’idea di un intel-
letto intuitivo, sia rimasta tuttavia ferma a quel
rapporto relativo e all’affermazione che a con-
cetto è e rimane assolutamente separato dalla
realtà, e abbia quindi riconosciuto come verità
ciò che essa stessa aveva considerato una cono-
scenza finita e abbia dichiarato trascendente,
illecito e solo ente di pensiero ciò che aveva
riconosciuto come verità e di cui aveva prodotto
il concetto determinato. »
Nella logica Videa diventa « la creatrice del-
la natura» (26).
La logica è « scienza formale » di contro
alle scienze concrete (della natura e dello spi-
rito), ma il suo oggetto è «la verità pura»
( 21 )...
Kant, domandandosi che cosa sia la verità
( Critica della ragion pura , p. 83) e dando una
risposta triviale (« accordo del conoscere con il
suo oggetto »), confuta sé stesso, poiché « l’af-
fermazione fondamentale dell’idealismo trascen-
dentale » è che
— « la conoscenza razionale non sia capace
di afferrare le cose in sé » ( 27 ) ,
— ma è chiaro che tutte queste sono « rap-
presentazioni non vere » ( 28 ) .
Polemizzando con la concezione puramente
formale della logica (che in Kant esisterebbe),
dicendo che nella concezione abituale (la verità
è accordo, « Uebereinstimmung », della cono-
« SCIENZA DELLA LOGICA »
161
scenza con l’oggetto) per raccordo «occorrono
essenzialmente due termini» (29), Hegel af-
ferma che il formale logico è la « verità pura »
e che
« questo formale deve quindi esser pensato
come molto piu ricco, in sé, di determinazioni
e di contenuto, nonché dotato di un’efficacia infi-
nitamente maggiore sul concreto di quanto per
solito si creda» (29),.,
« Anche se le forme logiche dovessero ap-
parire soltanto come funzioni formali del pen-
siero, già solo per questo esse meriterebbero
si indagasse in quale misura corrispondano per
sé alla verità. Una logica, che non si interessi
di ciò, può tutt’al piu ambire al valore di una
descrizione storico-naturale dei fenomeni del
pensiero , cosi come si trovano» (30-31). (Sa-
rebbe questo il merito immortale di Aristotele),
ma « bisogna andare piu oltre » (31 )...
?
?
Quindi non solo la descrizione delle
forme del pensiero, e non soltanto la
descrizione storico-naturale
dei fenomeni del pensiero ( in che
cosa essa si distingue dalla descrizione del-
le forme?? ) , ma anche la corrispon-
denza alla verità, cioè?? la quin-
tessenza, o, piu semplicemente, i risultati,
il compendio della storia del pensiero??
C’è qui, in Hegel, oscurità e reticenza
idealistica. Misticismo.
Non la psicologia, non la feno-
menologia dello spirito, ma la
logica = questione della verità.
Cfr. Enciclopedia, v. VI, p. 319: « In realtà,
esse [die logischen Formen] sono, per contro,
in quanto forme del concetto, lo spirito vivente
del reale »...
In questa con-
cezione la lo-
gica coincide
con la teo-
ria della
conoscen-
za. È questo,
in generale,
un problema
molto impor-
tante
Le leggi
generali del
movimento del
mondo e del
pensiero
162
LENIN
Il Begriff, sviluppandosi in « adàquater Be-
griff », diviene idea (33). «Il concetto nella
sua oggettività è la cosa stessa in sé e per
sé» (33).
= oggettivismo + misticismo e tradi-
mento dello sviluppo.
Sezione prima: La soggettività
Movimento dialettico del « concetto »: dal
concetto puramente « formale » all'inizio — al
giudizio (Urteil) poi — al sillogismo (Schluss)
— alla trasformazione, infine, della soggettività
del concetto nella sua oggettività (34-3 5).
Il primo tratto distintivo del concetto è
Y universalità (Allgemeinheit). NB: il concetto
è scaturito dal Y essenza, che è scaturita dal-
Yessere.
L'ulteriore sviluppo dell 'universale, del par-
ticolare (Besonderes) e dell' individuale (Einzel-
nes) è sommamente astratto e «abstrus».
Kuno Fischer espone assai male questi
ragionamenti « astrusi », prendendo il piu
semplice, — esempi daSY Enciclopedia, —
aggiungendo trivialità (contro la rivolu-
zione francese. Kuno Fischer, v. 8, 1901,
p. 530), ecc., ma non indicando al lettore
come trovare la chiave dei difficili pas-
saggi, delle sfumature, del confluire e ri-
fluire degli astratti concetti hegeliani.
Evidentemente, anche qui per Hegel
l’essenziale è di indicare i trapassi.
Sotto un certo profilo, in date condizioni,
l’universale è individuale, e Pindividuale
è universale. Non soltanto (1) la con-
En lisant...
These parts
of thè work
should be
called: a best
means for
getting a
headache! *
O è questo,
invece, un
tributo alla
vecchia logica
formale? Sì, è
* Queste parti dell'opera dovrebbero esser dette: il mezzo migliore per
procurarsi un mal di testa! ( rt.d.t .)
11 *
164
LENIN
un tributo, e
un tributo al
misticismo =
idealismo
Voilà la ricchezza
di « determinazio-
ni » e dì Begriff s-
bestimmungen di
questa parte della
Logicai
flessione , e Pinscindibile connessione, di
tutti i concetti e giudizi, ma anche (2) i
trapassi dell'uno nell'altro, e non solo i
trapassi, ma anche (3) V identità degli op-
posti: ecco dov'è per Hegel l'essenziale.
Ma questo « balugina » soltanto attraverso
la n e b b i a di un'esposizione arci-astrusa.
La storia del pensiero dal punto di vista
dello sviluppo e dell'applicazione dei con-
cetti generali e delle categorie della logi-
ca: voilà ce qu'il faut!
vero!
«Tutte le cose
sono il sillo-
gismo* NB
Dopo aver riportato a p. 125 il « fa-
moso » sillogismo: « Tutti gli uomini sono mor-
tali, Caio è un uomo, dunque è mortale », Hegel
aggiunge argutamente: « Si è subito avvinti
dalla noia, quando si sente enunciare un simile
sillogismo »; la noia verrebbe dalla « forma inu-
tile». Segue poi un'osservazione profonda:
« Tutte le cose sono il sillogismo , un uni-
versale che mediante la particolarità viene con-
nesso con l'individualità; certo, non sono però
un intero composto di tre proposizioni » (126).
Molto bene! Le « figure » logiche più
abituali ( tutto questo nel § sulla « prima
figura del sillogismo») sono le relazioni
più abituali delle cose, scolasticamente, sit
venia verbo, diluite.
L'analisi dei sillogismi in Hegel (E-B-
A, Eins — Besonderes — Allgemeines;
B-E-A, ecc.) ricorda Pimitazione di Hegel
da parte di Marx nel I capitolo 4A .
Su Kant.
Tra l'altro:
« Le kantiane antinomie della ragione con-
sistono unicamente nel fatto che di un concetto
166
LENIN
la conoscenza della sem-
pre piu profonda con-
nessione oggettiva del
mondo da parte del-
l’uomo. È da ricercare
qui il senso genuino, il
significato e la funzione
della logica hegeliana.
NB questo.
Sul proble-
ma della
Critica del
kantismo
contempo-
raneo, del
machismo,
ecc.
Due aforismi:
1. Plechanov critica il kantismo (e
l’agnosticismo in generale) più dal punto
di vista materialistico volgare che non
da quello materialistico dialettico, poiché
respinge i loro ragionamenti solo a limi-
ne, e non li emenda (come Hegel ha emen-
dato Kant), approfondendoli, generaliz-
zandoli, estendendoli, mostrando h con-
nessione ei trapassi di tutti e
di ogni singolo concetto.
2. I marxisti hanno criticato (all’ini-
zio del secolo XX) i kantiani e gli humia-
ni più alla maniera di Feuerbach (e di
Bùchner) che non alla maniera di Hegel.
... « Un’esperienza fondata sull’induzione
viene accolta come valida, benché si conceda
che la percezione non è compiuta ; che però
non si possa rinvenire alcuna istanza contro
quell’esperienza, ciò può ammettersi solo in
quanto questa sia vera in sé e per sé » (154).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
167
Questo brano è nel §: II sillogismo
dell' induzione. La verità più semplice,
ottenuta per la via più semplice, per via
induttiva, è sempre incompiuta, in
quanto l'esperienza non è mai conclusa.
Ergo: connessione deirinduzione con la
analogia, con la congettura (previsione
scientifica), relatività di ogni sapere e
contenuto assoluto in ogni passo in avanti
della conoscenza.
Aforisma. Non si può comprendere a
pieno II capitale di Marx, e in particolare
il suo primo capitolo, se non si è studiata
attentamente e capita tutta la logica di
Hegel. Di conseguenza, dopo mezzo se-
colo, nessun marxista ha capito Marx!!
Passaggio dal sillogismo per ana-
logia (di analogia) al sillogismo di ne-
cessità, dal sillogismo induttivo al sillo-
gismo analogico, dal sillogismo da uni-
versale a particolare [al] 47 sillogismo da
particolare a universale, esposizione della
connessione e dei trapassi
| connessione è anche trapasso [: ecco il
compito di Hegel.
Hegel ha dimostrato effettiva-
mente che le forme e le leggi logiche non
sono un guscio vuoto, ma il rispecchia-
mento del mondo oggettivo. O, meglio.
aforisma
non ha dimostrato, ma genialmente in-
tutto.
Hegel osserva nell'Enciclopedia che la divi-
sione in intelletto e ragione, in concetti del-
l’una o dell’altra specie, deve essere intesa nel
senso
168
LENIN
concetti
astratti
e concreti
libertà
e necessità
NB
NB
« che il nostro agire o si arresta soltanto
alla forma negativa e astratta del concetto o
invece lo concepisce, secondo la sua vera na-
tura, come insieme positivo e concreto. Tale
è, per esempio, il semplice concetto intellettivo
della libertà, quando quest’ultima sia conside-
derata come l’opposto astratto della necessità,
mentre il concetto vero e razionale della li-
bertà contiene in sé come tolta la necessità »
(pp. 347-348, v. VI).
Ibidem , p. 349: Aristotele ha descritto con
tale completezza le forme logiche che « in so-
stanza » non c’è stato niente da aggiungere.
Per solito le « figure del sillogismo » ven-
gono trattate come vuoto formalismo. « Esse »
(queste figure) « hanno peraltro un significato
molto profondo, poggiante sulla necessità che
ogni momento, come determinazione del con-
cetto, diventi esso stesso Finterò e il motivo
mediatore » (352, v. VI).
Enciclopedia (v. VI, pp. 353-354):
« Il senso og ge ttivo delle figure del sillo-
gismo consiste, in generale, nel fatto due ogni
razionale si mostra come un triplice sillogismo
e in modo tale che ognuno dei suoi termini
assume la posizione sia di un estremo die del
medio mediatore. È appunto questo il caso
dei tre termini della scienza filosofica, doè
dell’idea logica, della natura e dello spirito.
Qui è dapprima la natura il termine medio,
che conchiude. La natura, questa totalità im-
mediata, si svolge nei due estremi dell’idea
logica e dello spirito ». +
« La natura, questa totalità immedia-
ta, si svolge nell’idea logica e nello spiri-
to.» La logica è la dottrina della cono-
scenza. La teoria della conoscenza. La
conoscenza è il rispecchiamento della na-
tura da parte dell’uomo. Ma questo non
« SCIENZA DELLA LOGICA »
169
è un rispecchiamento semplice, immedia-
to, totale, è invece il processo di una
serie di astrazioni, il processo della formu-
lazione, della formazione dei concetti, del-
le leggi, ecc., i quali concetti, leggi, ecc.
( pensiero, scienza = « idea logica » ) ab-
bracciano anche in modo condizionato e
approssimativo le leggi universali della
natura che è in eterno movimento e svi-
luppo. Qui si danno realmente, oggetti-
vamente, tre termini: 1) la natura;
2 ) la conoscenza umana = cervello
dell’uomo (come prodotto più alto della
stessa natura); 3) la forma di rispecchia-
mento della natura nella conoscenza del-
l’uomo, questa forma sono anche i con-
cetti, le leggi, le categorie, ecc. L'uomo
non può afferrare = rispecchiare = ri-
flettere la natura intera , completamente,
nella sua « totalità immediata », ma può
solo avvicinarsi eternamente a questo,
creando astrazioni, concetti, leggi, un’im-
magine scientifica del mondo, ecc., ecc.
NB
« solo » che~^
Hegel diviniz-
za quest’* idea
logica », le
leggi, l'uni-
V^versalità
-1- «c Ma lo spirito è spirito solo in quanto
è mediato dalla natura.» « È lo spirito a co-
noscere nella natura l’idea logica e ad elevare
quindi la natura alla sua essenza »... L’idea
logica è « la sostanza assoluta dello spirito
come della natura, l’universale, che tutto pe-
netra » (353-354).
A proposito dell’analogia un’osservazione
precisa:
« L’ istinto della ragione fa sentire che
questa o quella determinazione, rinvenuta em-
piricamente, ha il suo fondamento nell’ inti-
ma natura onel genere di un oggetto e
che esso si fonda su questa determinazione »
(357) (v. VI, p. 359).
170
LENIN
E a p. 358: l’insignificante giuoco con
contro
le vuote analogie avrebbe suscitato il le-
sé stesso!
gittimo disprezzo per la filosofia della
natura.
Nella logica abituale si separa formalistica-
mente il pensiero \ dall’oggettività:
« Il pensiero vale qui come un’attività pu-
ramente soggettiva e formale, e l’oggettivo, di
contro al pensiero, come un che di stabile e
di esistente per sé. Però questo dualismo non
è il vero, ed è un procedimento insensato pren-
dere le determinazioni della soggettività e del-
Poggettività così semplicemente e non porsi la
questione della loro origine» (359-360)... In
effetti, la soggettività è soltanto uno stadio di
sviluppo dall’essere e dall’essenza, e, poi, que-
sta soggettività, « in quanto dialettica, spezza
il suo limite» e, «attraverso il sillogismo, si
apre alPoggettività » ( 360 ) .
Molto profondo e intelligente! Le leg-
gi della logica sono il rispecchiamento
dell’oggettivo nella coscienza soggettiva
dell’uomo.
v. VI, p. 360:
Il « concetto realizzato » è l’oggetto.
Questo passaggio dal soggetto, dal concetto
all’oggetto parrebbe « strano », ma per oggetto
bisogna intendere non soltanto un essere, bensì
un che « di indipendente, concreto e compiuto
in sé » (361 )...
« Il mondo è l’esser altro dell’idea,»
« SCIENZA DELLA LOGICA »
171
Soggettività (o concetto) e oggetto sono
lo stesso e non lo sono (362)...
Sciocchezze sulla prova ontologica, su
Dio!
... « è sbagliato considerare soggettività
e oggettività come un'opposizione stabile
e astratta. Sono entrambe completamente
dialettiche» '367)...
NB
Sezione seconda : L’oggettività
oggettività
conoscenza
dell’oggetto
(Logica) V, 178:
Duplice significato delToggettività:
... « appare anche per Toggettività il dop-
pio significato: di essere opposta al concetto
per sé stante, ma anche di essere ciò che è in
sé e per sé » ( 178)...
...«La conoscenza della verità è posta nel
conoscere l’oggetto quale esso è, in quanto
oggetto, libero dall’aggiunta della riflessione
soggettiva» (178)...
Le considerazioni sul « meccanismo »
— più avanti — sono del tutto astruse,
se non completamente assurde.
Più avanti, idem sul chimismo, mo-
mento del « giudizio », ecc.
questo ravvi-
cinamento è
molto impor-
tante
Il paragrafo, intitolato La legge (198-199),
non fornisce quel che ci si potrebbe aspettare
da Hegel su questo interessante problema. È
strano, perché mai la « legge » viene riferita
al « meccanismo »?
Il concetto di legge è qui ravvicinato ai con-
cetti di «ordine» (Ordnung), uniformità
(Gleichfòrmigkeit), necessità, «anima» der
objektiven Totalitàt, « principio di automovi-
mento ».
« SCIENZA DELLA LOGICA »
173
Tutto questo nel senso che il mecca^
nismo sarebbe Tesser altro dello spirito,
del concetto, ecc., delTanima, dell'indivi-
dualità... Si giuoca, evidentemente, con
vuote analogie!
Da notare che, a p. 210, s'incontra il con-
cetto di « Naturnotwendigkeit »: «L'uno e
Taltro, il meccanismo e il chimismo, sono quin-
di riuniti nella necessità naturale », poiché
qui vediamo « il suo [des Begriffs] essere im-
merso nelTesteriorità » ( ibidem ) .
« natura =
essere immerso
del concetto
I nell'esteriorità »
I (ah-ah!)
« Si è già ricordato che l'opposizione tra
teleologia e meccanismo è, anzitutto, l'opposi-
zione piu generale tra libertà e necessità. Kant
ha esposto Topposizione in questa forma, tra
le antinomie della ragione, cioè appunto come
il terzo contrasto delle idee trascendentali »
(213). Ripetendo succintamente le argomenta-
zioni di Kant a favore della tesi e dell'antitesi,
Hegel rileva la vacuità di queste argomentazioni
e richiama l'attenzione sulla conclusione del
ragionamento di Kant:
« La soluzione kantiana di quest'antinomia
è uguale alla soluzione generale delle altre: cioè
che la ragione non può dimostrare né l'una né
l'altra proposizione, perché, secondo le leggi
naturali puramente empiriche, non possiamo
avere a priori alcun principio di determinazione
della possibilità delle cose; che quindi le due
proposizioni sono da considerare non come
proposizioni oggettive, ma co-
me massime soggettive ; che, da un
lato, io devo riflettere sempre su tutti gli eventi
di natura secondo il principio del semplice mec-
canismo naturale, ma che questo non m’impe-
disce di indagare, quando se ne presenti l’oc-
casione, talune forme naturali secondo un’altra
massima, cioè secondo il principio delle cause
libertà e
necessità
Hegel contro
Kant
(su libertà
e necessità)
Bien!
174
LENIN
finali; quasi che queste due massime, le quali,
del resto, devono servire soltanto per la ra-
gione umana, non si trovassero nella stessa
opposizione in cui sono quelle proposizioni.
Con quest’atteggiamento, come si è rilevato so-
pra, non si indaga proprio ciò che è unicamente
richiesto dall'interesse filosofico, ossia quale dei
due principi abbia verità in sé e per sé; e per
questo modo di vedere non fa differenza che
i principi si debbano considerare come ogget-
tivi, cioè qui come determinazioni esteriormen-
te esistenti della natura, o invece come semplici
massime di un conoscere soggettivo; è anzi u n
conoscere soggettivo , cioè ac-
cidentale, questo che, all'occa-
sione, applica Puna o l'altra massima, se-
condo che la ritenga adatta all'oggetto dato, e
non indaga poi la verità di queste determina-
zioni, siano esse determinazioni degli oggetti o
del conoscere» (215-216).
Dialettica materiali-
stica:
Le leggi del mondo esterno,
della natura, suddivise in mec-
caniche e chimiche
(questo è molto importante), so-
no il fondamento dell'attività fi-
nalistica umana.
Nella sua attività pratica l'uo-
mo ha dinanzi a sé il mondo
oggettivo, dipende da esso, de-
termina per suo tramite la pro-
pria attività.
Da questo lato, dal lato della
attività pratica (ponentesi un
fine) dell'uomo, la causalità mec-
canica (e chimica) del mondo
(della natura) appare come un
che di estrinseco, di secondario,
di occulto.
Hegel:
« Lo scopo si è mostrato co-
me il terzo dopo il meccanismo
e il chimismo; è la loro verità.
In quanto si trova esso stesso
dentro la sfera dell'oggettività,
cioè dell'immediatezza del con-
cetto totale, è ancora affetto dal-
Pesteriorità come tale e ha di
contro a sé un mondo oggettivo
al quale si riferisce. Da questo
lato, la causalità meccanica, in
cui si deve includere in generale
anche il chimismo, appare anco-
ra in questa correlazione finale,
che è la correlazione estrinseca,
ma come subordinata a essa, co-
me in sé e per sé tolta » (216-
217).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
175
Due forme del processo og-
gettivo: la natura (mecca-
nica e chimica) e l’attività uma-
na ponentesi un fine . Corre-
lazione di queste forme. I fini
•dell’uomo sembrano dapprima
estranei («altri») rispetto alla
natura. La coscienza dell’uomo,
la scienza ( « der Begriff » ) , ri-
specchia l’essenza, la sostanza
della natura, ma è al tempo stes-
so un che di esteriore rispetto
alla natura (non coincide con es-
sa immediatamente, semplice-
mente).
I La tecnica meccani -
I c a e chimica serve ai fini
dell’uomo appunto perché il suo
carattere (essenza) consiste nella
sua determinazione da parte del-
le condizioni esterne (leggi del-
la natura).
« Appare di qui la natura del-
la subordinazione delle due pre-
cedenti forme del processo og-
gettivo; l’altro, che consiste in
esse nel progresso infinito, è il
concetto, che è scopo, posto dap-
prima per esse come esterno;
non solo il concetto è la loro
sostanza, ma anche l’esteriorità è
il loro momento essenziale, che
Ine costituisce la determinatezza.
La tecnica meccanica o chimica si
offre quindi da sé, per il suo ca-
rattere, per il suo essere deter-
minata dall’esterno, alla correla-
zione finale, che deve essere ora
considerata piu da vicino» (217).
( ( Tecnica e mondo oggettivo . Tec-
nica e fini .))
... « esso [der Zweck] ha dinanzi a sé un
mondo oggettivo, meccanico e chimico, al qua-
le la sua attività si rapporta come a un che di
dato» (219-220)... «Lo scopo ha quindi an-
cora una vera esistenza extramondana, in quan-
to gli si oppone quelToggettività » (220).
In realtà, i fini dell’uomo sono gene-
rati dal mondo oggettivo e lo presuppon-
gono: lo trovano come dato, come pre-
sente. Ma all’uomo sembra che i suoi fini
siano fuori del mondo e da esso indi-
pendenti ( « libertà » ) .
( (NB: tutto questo nel § sullo « scopo
soggettivo» NB)) (217-221).
176
LENIN
germi di
materialismo
storico in
Hegel
Hegel e il
materiali- NB
sino storico
« Il fine attraverso un mezzo si connette
con Toggettività, e in quest’ultima con sé stes-
so » (221, § Il mezzo).
« In quanto è finito, lo scopo ha, inoltre,
un contenuto finito; non è quindi un assoluto,
0 un razionale in sé e per sé. Il mezzo, invece,
è il medio esteriore del sillogismo, che costi-
tuisce la realizzazione dello scopo; nel mezzo
si rivela pertanto la razionalità come tale, che
si conserva in questo altro esteriore e proprio
attraverso questa esteriorità. Il mezzo è pertan-
to un che di piu alto rispetto agli scopi finiti
della finalità esteriore; laratro è più degno dei
godimenti immediati che procura e che costitui-
scono gli scopi. Lo strumento si conserva, mentre
1 godimenti immediati passano e cadono in oblio.
Mediante i suoi strumenti l'uo-
mo domina la natura esterna,
mentre per i suoi scopi le rima-
ne invece subordinato» (226).
Il Vorbericht, ossia la prefazione del
libro, è datato: Numberg, 21-VII-1816.
Questo nel § Lo scopo realizzato .
Il materialismo storico
come una d elle applicazioni
e uno de gli sviluppi delle
geniali idee-semi, che si
trovano in germe in Hegel.
« Il processo teleologico è una traduzione
del concetto, che esiste distintamente come
concetto [sic!] nelToggettività » (227)...
NB
Quando Hegel si studia (e talora per-
sino si sforza e si spreme) di ricondurre
l'attività finalistica umana sotto le cate-
« SCIENZA DELLA LOGICA »
177
gorie della logica, dicendo che quest’atti-
vità è il «sillogismo» (Schluss), che il
soggetto (l’uomo) ha la funzione di un
« termine » nella « figura » logica del « sil-
logismo », ecc.,
questa non è soltanto una
forzatura, non è soltanto
un giuoco . C'è qui un con-
tenuto molto profondo, pu-
ramente materialistico. Bi-
sogna ribaltare la cosa : la
attività pratica umana ha
dovuto condurre la coscien-
za dell'uomo a ripetere mi-
liardi di volte le diverse fi-
gure logiche, affinché tali
figure potessero assumere
il significato di assiomi .
Nota bene questo .
Le catego-
rie della
logica e
la prassi
umana
NB
« Il movimento dello scopo è ora perve-
nuto a questo, il momento dell’esteriorità non
è solo posto nel concetto, e il concetto non
è solo un dover essere e una tendenza, ma
come totalità concreta è identico all’oggettività
immediata » (235). Alla fine del § sullo « sco-
po realizzato », alla fine della seconda sezione:
L’ o gge 1 1 ivi t à (capitolo III: Teleolo-
gia), passaggio alla terza sezione: L'idea.
NB
NB
Da rilevare: all’« idea »■ come coinci-
denza di concetto e oggetto, all’idea come
verità, Hegel si accosta attra-
verso l’attività pratica finalistica del-
l’uomo. Ci si accosta cosi molto all’idea
che l’uomo mediante la sua prassi dimostri
la validità oggettiva delle sue idee, dei
suoi concetti, del suo sapere, della sua
scienza.
dal con-
cetto e
dallo scopo
soggetti-
vi alla
verità og-
gettiva
12-639
Sezione terza: L'idea
NB
NB
Hegel con-
tro Kant
contro il trascen-
dente nel senso
della separazione
della verità (og-
gettiva) dall’em-
piria
très bienl
Inizio della sezione terza: L'idea .
« L’idea è il concetto adeguato, il vero
oggettivo oil vero come tale » ( 236 ) .
In generale, l’introduzione alla sezione terza
( L'idea ) della seconda parte della Logica (La
logica soggettiva) (v. V, pp. 236-243) e i
relativi §§ de]!' Enciclopedia (§§ 213-215) so-
no forse la migliore esposizio-
ne della dialettica . Qui viene mo-
strata con spiccata genialità la coincidenza, per
così dire, di logica e gnoseologia.
Il termine « idea » viene usato anche nel
senso di semplice rappresentazione. Kant.
« Kant ha rivendicato il termine di idea
per il concetto razionale. Il concetto razionale
deve ora essere, secondo Kant, il concetto del-
l’incondizionato, ma deve essere trascendente
rispetto ai fenomeni, cioè non si può fare di
esso alcun uso empirico che gli sia adeguato.
I concetti razionali devono servire a compren-
dere, i concetti intellettivi a intendere le per-
cezioni. Ma, di fatto, se questi ultimi sono
realmente concetti, allora sono concetti, attra-
verso i quali si comprende» (236).
Cfr, ancora più avanti su Kant.
È altrettanto sbagliato considerare l’idea
come un che d’« irreale », nel senso in cui si
dice: « Queste non sono altro che idee ».
« SCIENZA DELLA LOGICA *
179
« Se i pensieri sono qualcosa di puramente
soggettivo e casuale, non hanno alcun altro
valore, ma per questo riguardo non sono in-
feriori alle realtà temporali e casuali, che non
hanno neanche esse alcun altro valore, se non
quello di accidentalità e fenomeni. Se si sup-
pone invece che l’idea non deve avere valore
di verità, perché riguardo ai fenomeni è tra-
scendente, perché nel mondo sensibile non le
si può dare alcun oggetto congruente, si tratta
allora di uno strano fraintendimento, in quanto
si rifiuta qui all'idea il valore oggettivo ap-
punto perché a essa manca ciò che costituisce
il fenomeno, Yessere non vero del mondo og-
gettivo » (237-238).
Rispetto alle idee pratiche lo stesso Kant
considera pòbelbaft* il rimando all'esperienza
contro le idee; egli presenta le idee come un
maximum a cui si deve tendere a ravvicinare
la realtà. E Hegel continua:
« In quanto però si è ottenuto il risultato
che l'idea è l'unità del concetto e dell'oggetti-
vità, ossia il vero, essa non può venir conside-
rata soltanto come un fine, a cui ci si debba
ravvicinare, ma che rimanga pur sempre come
una specie di al di là; bisogna invece ritenere
che ogni reale è solo in quanto ha in sé l'idea
e la esprime. L'oggetto, il mondo oggettivo e
soggettivo non solo devono in generale coinci-
dere con l'idea, ma sono essi stessi la congruen-
za del concetto e della realtà; quella realtà che
non corrisponde al concetto è semplice feno-
meno, il soggettivo, il casuale, l'arbitrario, che
non è la verità » (238).
très bien!
Hegel contro
il « Jenseits >►
di Kant
L’accordo dei
concetti con le
cose non è
soggettivo
L'idea (leggi: la conoscenza
umana) è coincidenza (accordo)
di concetto e oggettività ( « uni-
versale » ) . Questo in primo
luogo.
« Essa [die Idee] è anzitutto
la semplice verità, l'identità del
concetto e dell'oggettività come
universale » (242)...
* volgare ( n.d.t .).
12
180
LENIN
In secondo luogo, l’idea è
relazione della soggettività
( = uomo) per sé stante ( =
presunta autonoma) con l’ogget-
tività distinta (da questa
idea)...
La soggettività è aspira -
itone a togliere questa sepa-
razione (dell’idea dall’oggetto).
La conoscenza è il processo
di immersione (dell’intelletto)
nella natura inorganica al fine di
subordinarla al potere del sog-
getto e di generalizzare (cono-
scere il generale nei suoi feno-
meni)...
La coincidenza del pensiero
con Poggetto è processo :
il pensiero (= Puomo) non de-
ve rappresentarsi la verità come
la morta quiete, come una sem-
plice raffigurazione (immagine),
scialba (fiacca), senza impulso,
senza movimento, come un ge-
nio, come un numero, come un
pensiero astratto.
L’idea ha in sé anche la con-
traddizione più forte, la quiete
(per il pensiero umano) consiste
nella certezza e sicurezza con cui
esso eternamente la crea (questa
contraddizione del pensiero con
Poggetto) ed eternamente la su-
pera...
... « Inoltre, essa è la relazione
della soggettività per sé sunte
del semplice concetto con la sua
oggettività distinta da esso; quel-
la è essenzialmente l'impulso a
togliere questa separazione »...
...«Come questa relazione, essa
è il processo con cui si suddivide
nell’individualità e nella sua na-
tura inorganica, per condurre poi
di nuovo quest’ultima sotto il
potere del soggetto e ritornare
alla prima semplice universalità.
L’identità dell’idea con sé stes-
sa è tutt’uno con il processo ; il
pensiero, che libera la realtà dal-
la parvenza della mutevolezza
senza scopo e la trasfigura in
idea, non deve rappresentare
questa verità del reale come la
morta quiete, come una semplice
immagine, fiacca, senza impulso,
senza moto, come un genio o un
numero o un pensiero astratto;
l’idea, in virtù della libertà che
il concetto in essa raggiunge, ha
in sé anche l'opposizione più
dura ; la sua quiete consiste nella
certezza e sicurezza con cui essa NB
eternamente crea e supera que-
st’opposizione e in essa si unisce
con sé stessa »...
La conoscenza è eterna, infi-
nita approssimazione del pensie-
ro all’oggetto. Il rispecchiamen-
to della natura nel pensiero del-
l’uomo è da concepire non come
« SCIENZA DELLA LOGICA »
181
« morto », « astratto », senza
movimento e senza
contraddizioni, ma nel-
l’eterno processo del movi-
mento, del porsi e del risolversi
delle contraddizioni.
NB
L’idea è conoscenza e aspira-
zione (volontà) dell’uomo... Il
processo della conoscenza (tran-
sitoria, finita, limitata) e della
azione tramuta i concetti
astratti in compiuta oggettività .
« L’idea è idea del vero
e del bene, come conoscere e
volere [...]. Il processo di questo
infinito conoscere e [NB] agire
[NB] tramuta l’universalità pri-
ma astratta in una totalità, per
la quale essa diviene compiuta
oggettività » (243).
Lo stesso nell'Enci-
clopedia (v. VI). Enci-
clopedia, $ 213 (p. 385):
Il singolo essere (oggetto, fe-
nomeno, ecc. ) è ( soltanto ) u n
lato dell’idea ( della verità ) .
Per la verità sono necessari an-
che altri lati della realtà, che
sembrano anch’essi autonomi e
singoli (besonders fiir sich be-
stehende *). Soltanto nel
loro i n s i e m e ( zusammen )
e nella loro relazione ( Be-
ziehung) si realizza la verità.
« L’idea è la verità ; la verità
è infatti questo: che l’oggettività
corrisponde al concetto [...]. Ma
anche tutto il reale, in quanto è
vero, è l’idea [...]. Il singolo
essere è solo un qualche lato del-
l’idea, per la quale occorrono
dunque altre realtà, che a loro
volta appaiono come sussistenti
particolarmente per sé; solo nel
loro insieme e nella lóro re-
lazione è realizzato il concetto.
Il singolo per sé non corrisponde
al suo concetto; questa limita-
tezza della sua esistenza costi-
tuisce la sua finità e la sua
rovina »...
(sussistenti particolarmente per sé) ( n.d.t .).
182
LENIN
Hegel ha intuì-
t o genialmente la
dialettica delle co-
se ( fenomeni, mon-
do, natura)
nella dialettica dei
concetti #
appunto solo in-
tuito, niente
di piu
in che
consi-
ste la
diale t
tic a?
V in s ie m e di tutti i lati del fenomeno,
della realtà, e i loro ( reciproci ) rapporti:
ecco di che cosa è composta la verità. Le rela-
zioni (= trapassi = contraddizioni) dei con-
cetti = principale contenuto della logica;
inoltre , questi concetti ( e i loro rapporti,
trapassi, contraddizioni) sono mostrati come
riflessi del mondo oggettivo. La dialettica delle
cose crea la dialettica delle idee , e non vice-
versa.
# Bisognerebbe esprimere quest’aforisma in
forma piu popolare, senza la parola dialettica:
per esempio cosi: nella successione, nella reci-
proca dipendenza di tutti i concetti, nella
identità delle loro opposizioni, nei trapassi da
un concetto all’altro, nell’eterna successione, nel
movimento dei concetti Hegel ha intuito genial-
mente proprio questa relazione
delle cose , della natura.
= NB
Ogni concetto si tro-
va in una data rela-
zione , in una data
connessione con tutti
gli altri.
Reciproca dipendenza dei concetti,
reciproca dipendenza di tutti i concetti senza
eccezione,
trapasso di un concetto nelPaltro,
trapassi di tutti i concetti senza eccezione.
Relatività dell opposizione tra i concetti... \
identità dell’opposizione tra i concetti. /
« SCIENZA DELLA LOGICA »
183
« Per verità si intende anzitutto che io so
come qualcosa sia. Questa è, tuttavia, la verità
solo in rapporto alla coscienza, o la verità
formale, la mera correttezza » (§ 213, p. 386).
« La verità in un senso piu profondo consiste,
invece, nel fatto che loggettività è identica al
concetto »...
« Un uomo cattivo è un uomo non vero,
cioè un uomo che si comporta in modo non
congruente con il suo concetto, o con la sua
destinazione. Ma niente può esistere che manchi
del tutto deiridentità di concetto e realtà. Per-
sino ciò che è cattivo e non vero esiste solo in
quanto la sua realtà corrisponde in qualche
modo al suo concetto »...
...«Tutto ciò che merita il nome di filosofia
ha sempre posto a fondamento la coscienza di
una unità assoluta di ci òche l'intelletto
considera soltanto nella sua se-
parazione »...
La differenza tra
essere e essenza,
tra concetto e
oggettività è
relativa
« I gradi sinora esaminati dell'es-
sere e dell'essenza, come quelli del concetto
e dell'oggettività, non sono in questa loro di-
stinzione un che di immobile, ma si
mostrano come dialettici, e la loro verità con-
siste nell'e s s e r e essi momenti del-
l'idea » (387-388).
| Volume VI, 388]
Momenti della conoscenza ( = del-
P«idea») della natura da parte déll'uo-
mo: ecco che cosa sono le categorie della
logica.
184
LENIN
(l'idea) la ve-
rità è onnilate-
rale
NB: Astrazioni
e unità con-
creta » degli
opposti.
Volume VI, p. 388 (§ 214): « L’idea può
essere concepita come ragione (è questo l’effet-
tivo significato filosofico della ragione), inoltre
come soggetto-oggetto, come l’unità di ideale
e reale, di finito e infinito, di anima e corpo,
come la possibilità che ha in sé stessa la sua
realtà, come ciò la cui natura può essere con-
cepita solo come esistente, ecc., perché in essa
sono contenuti tutti i rapporti dell’intelletto,
ma nel loro infinito ritorno e nella loro iden-
tità in sé.
« L’intelletto ha un lavoro facile nel mo-
strare tutto ciò che viene detto dell’idea come
contraddittorio in sé. Ma di ciò lo si può ripa-
gare o anzi lo si è già ripagato nell’idea con
la stessa moneta; è un lavoro, il lavoro della
ragione, non certo così facile come quello del-
l’intelletto. Se l’intelletto mostra che l’idea
contraddice sé stessa, giacché, per es,, il sog-
gettivo è solo soggettivo, e l’oggettivo gli è
opposto; che l’essere è qualcosa di assoluta-
mente diverso dal concetto e non può pertanto
essere estratto da esso; che anche il finito è
soltanto finito e il diretto opposto dell’infinito,
e non può quindi essere identico con quest’ul-
timo, e così via di seguito per tutte le determi-
nazioni, — la logica mostra invece l’opposto,
ossia il soggettivo, il quale deve essere solo
soggettivo, il finito, il quale deve essere solo
finito, l’infinito, il quale deve essere solo infi-
nito, ecc. non possiedono alcuna verità, con-
traddicono sé stessi e trapassano nel loro oppo-
sto; così, questo passaggio e questa unità, in
cui gli estremi sono come tolti, come parvenza
o momenti, si rivelano come la verità di questi
estremi» (388).
« L’intelletto, allorché tratta dell’idea,
cade in un duplice fraintendimento, anzi-
tutto perché prende gli estremi dell’idea,
— in qualunque forma vengano espressi, dal
momento che sono dati nella loro unità, — an-
€ SCIENZA DELLA LOGICA *
185
cora secondo il senso e la determinazione per
cui essi non sono nella loro unità concreta, ma
sono astrazioni che stanno fuori dell’idea. Né
esso [der Verstand] riconosce di più la loro
relazione persino quando questa sia
posta esplicitamente; cosi, per es.,
esso perde di vista anche la na-
tura della copula nel
giudizio , la quale del singolo, del
soggetto, dice che esso non è singolo ,
ma universale . D’altra parte, l’intellet-
to ritiene che h sua riflessione, secondo cui
l’idea identica con se contiene la negazione dr
sé stessa, la contraddizione, sia una riflessione
estrinseca, che non cade nell’idea stessa. In
effetti, questa non è una sapienza propria del-
l’intelletto, ma l'idea è essa stessa
la dialettica, che eternamente separa
e distingue l’identico dal differente, il sogget-
tivo dall’oggettivo, il finito dall’infinito, l’anima
dal corpo, e solo in tanto l’idea è eterna
creazione, eterna vitalità ed
eterno spiritosi 389 ) .
VI, S 215, p. 390:
« L’idea è essenzialmente processo , poiché
la sua identità è libera e assoluta identità del
concetto solo in quanto è l’assoluta negatività
ed è quindi dialettica ».
Pertanto l’espressione « unità » del pen-
siero e dell’essere, del finito e dell’infinito,
ecc. sarebbe falscb , in quanto esprime una
« identità persistente nella quiete ». Non è
vero che il finito semplicemente « neutraliz-
zi » (« neutralisiert ») l’infinito, e vice versa .
In effetti, abbiamo un processo.
NB
singolo
= uni-
versale
Mirabile
esempio:
il piu sempli-
ce e chiaro,
dialettica
dei concetti
e sue radici
materialisti-
che.
La dialettica
non è nell’in-
telletto del-
l’uomo, ma nel
l f « idei », cioè
nella realtà
oggettiva.
«eterna vita-
lità» = dia-
lettica
L’idea è...
processo
NB questo
Se si calcola ogni secondo muoiono
sulla terra più di dieci uomini e ne nascono
ancora di più. « Movimento » e « momento »:
186
LENIN
afferralo! In ogni momento dato... Afferra que-
sto momento! Idem nel semplice movimento
meccanico ( contra Cerno v 48 ) .
« L’idea, come processo, percorre nel suo
sviluppo tre fasi. La prima forma dell’idea è
la vita La seconda forma [...] è l’idea co-
me conoscere , che appare nella duplice figura
dell’idea teorica e di quella pratica. Il processo
del conoscere ha come suo risultato la ricosti-
tuzione dell’unità arricchita dalla differenza, e
questo dà la terza forma, la forma dell’idea
assoluta » (391)...
La verità è
processo.
Dall’idea sogget-
tiva l’uomo
perviene alla
verità oggettiva
attraverso
la « pratica » ( e la
tecnica).
L’idea è la «verità» (p. 385, § 213).
L’idea, ossia la verità, come processo,
— poiché la verità è processo, —
percorre nel suo sviluppo (Entwicklung)
tre fasi: 1) la vita; 2) il processo del
conoscere, che include la pratica dell’uomo
e la tecnica (cfr. sopra 49 ); 3) la fase
dell’idea assoluta (cioè della verità in-
tera ) .
La vita genera il cervello. Nel cervello
umano si rispecchia la natura. L’uomo,
controllando e applicando nella sua pra-
tica e tecnica l’esattezza di questi rispec-
chiamenti, perviene alla verità oggettiva.
Sezione terza: L'idea. Capitolo primo : La vita.
« Secondo la rapprecentazione consueta del-
la logica» (v. V, p. 244), in essa non c’è
posto per la questione della vita. Se però l’og-
« SCIENZA DELLA LOGICA »
187
getto della logica è la verità , e « / a verità
come tale wesentli eh im Erke it-
ti en i s t * », allora si deve trattare della co-
noscenza, e in relazione con la conoscenza già
(p. 245) bisogna parlare della vita.
Talvolta dopo la cosiddetta « logica pura »
si pone anche una logica « applicata » ( ange-
wandte), ma allora...
... « bisognerebbe includere nella logica
ogni scienza, poiché ogni scienza è una logica
applicata, in quanto consiste nell’esprimere il
suo oggetto nelle forme del pensiero e del con-
cetto » ( 244 ) .
ogni scienza
è una logica
applicata
L’idea di includere la vita nella lo-
gica è comprensibile — e geniale — dal
punto di vista del processo di rispecchia-
mento del mondo oggettivo nella coscien-
za (dapprima individuale) dell’uomo e del
processo di controllo di questa coscienza
(di questo rispecchiamento) mediante la
pratica: vedi:
Enciclopedia ,
§ 216: le singo-
le parti del cor-
po sono quello
che sono soltan-
to nella loro con-
nessione. La ma-
no, separata dal
corpo, è una ma-
no soltanto di
nome (Aristote-
le).
... « Il giudizio origi-
nario della vita consiste
quindi nel fatto che es-
sa si separa come sog-
getto individuale dal-
l’oggetto »... (248).
vita = il sog-
getto indivi-
duale si se-
para dal l’og-
getto
« ... è essenziale nel conoscere » ( n.d.t .).
188
LENIN
Se si considera il rapporto tra soggetto
e oggetto nella logica,, bisogna prendere
in considerazione anche i presupposti ge-
nerali dell’esistenza del soggetto concreto
( = vita dell'uomo) nella situa-
zione oggettiva.
Suddivisioni:
1. la vita come « individuo vivente » (§ A)
2. il « processo vitale »
3. il processo del «genere» (Gattung), della
riproduzione dell’uomo, e il passaggio alla
conoscenza.
( 1 ) La « totalità soggettiva » e l’« ogget-
tività » « indifferente »
(2) unità del soggetto e dell’oggetto
NB
Enciclopedia y 4 219:
... « La natura inor-
ganica, che viene assog-
gettata dal vivente, sop-
porta questo perché essa
è in sé la stessa cosa
che la vita è per sé ».
Rovesciare = mate-
rialismo puro. Eccellen-
te, profondo, giusto!!!
E ancora NB: dimostra
Yestrema correttezza e
puntualità dei termini
I « an sich » e « fiir
sich*!!!
... « Questa oggettività del vivente è
organismo ; essa è il mezzo e lo strumen-
to del fine » (251)...
« SCIENZA DELLA LOGICA »
189
Piu oltre, la « sussunzione » della « sen-
sibilità » (Sensibilitàt), deir« irritabili-
tà » ( Irritabilitàt) — che sarebbe il
particolare nella sua differenza dall’uni-
versale!! — e della «riproduzione» sot-
to le categorie logiche è un giuoco vuoto.
Si dimentica la linea nodale, il trapasso a
un altro piano dei fenomeni naturali.
Eccetera. Il dolore è « un’esistenza rea-
le » della contraddizione nell’individuo
vivente.
Hegel e il
giuoco
con i « concetti
organici »
r f i
Ridico-
lo in
Hegel
O ancora: la riproduzione del-
l’uomo... « è la loro»' (di due
individui di sesso diverso)
« identità realizzata, l'unità ne-
gativa del genere che dal suo
sdoppiamento si riflette in sé
stesso» (261)...
Hegel e il
giuoco con
l'« organi-
smo »
Sezione terza : Videa.
Capitolo secondo: L'idea del cono-
scere (pp. 262-327).
... « La sua [des Begriffs] realtà in generale
è la forma del suo esserci ; si tratta di deter-
minare questa forma; su di essa poggia la dif-
ferenza tra ciò che il concetto è in sé o come
soggettivo e ciò che esso è come immerso nel-
Poggettività e quindi nell’idea della vita »
(263).
?
misti-
cismo!
...«Lo spirito non è soltanto
infinitamente piu ricco della natura,
ma [...] l’unità assoluta degli oppo-
sti nel concetto costituisce anche la
sua essenza » ( 264 ) ...
In Kant T« io » appare « come un sog-
getto trascendentale dei pensieri » (264); « que-
la coscienza
soggettiva e
la sua immer-
sione nell’og-
gettività
misticismo
H egei
contro Kant :
190
LENIN
? cioè P« io » è in
Kant una forma
vuota (un «succhiar
sé stesso») senza
analisi concreta del
processo della co-
noscenza
vita Kant e
Hume:
scettici
NB
In che cosa
Hegel ravvisa
lo scetticismo
di Hume e di
Kant?
sto io ha inoltre, secondo l’espressione stessa
di Kant, la scomodità che ce ne dobbiamo
servire sempre per formulare un qualsiasi giu-
dizio su di esso »...
(p. 265)
« Nella sua » ( = di Kant) « critica di que-
ste determinazioni » (precisamente: delle ab-
strakte einseitige Bestimmungen « der vorma-
ligen » — prekantiana — « Metaphysik » * sul-
T« anima») «egli» (Kant) «ha semplicemen-
te seguito la maniera humiana dello scettici-
smo; e precisamente si è attenuto al modo
come Pio appare nell'autocoscienza, rigettando
da essa, poiché se ne dovrebbe conoscere l'es-
senza, la cosa in sé, quanto vi è di empirico;
cosi non rimaneva altro che questo fenomeno:
io penso , che accompagna tutte le rappresen-
tazioni e di cui non si possiede il minimo con-
cetto » (266). ###
Evidentemente, Hegel ravvisa qui lo
scetticismo nel fatto che Hume e Kant
non vedono nei « fenomeni » il manife-
starsi della cosa in sé, recidono i feno-
meni dalla verità oggettiva, dubitano del-
l'oggettività della conoscenza, scartano,
alles Empirische vom Ding an sich weg-
lassen**... E Hegel continua:
Non si può com-
prendere fuori del
processo della com-
prensione (cono-
scenza, studio con-
creto, ecc.)
### ...«Bisogna indubbiamente am-
mettere che né deU’io né di qualsiasi cosa né del
concetto stesso possediamo il minimo concetto,
fino a che non concepiamo e ci atteniamo alla
semplice, immobile rappresentazione e al no-
me » (266).
* determinazioni astratte, unilaterali «della vecchia» ... «metafisica»
** separano tutto l’empirico dalla cosa in sé (n.d.t.).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
191
Per comprendere bisogna cominciare
empiricamente a comprendere, a studia-
re, bisogna salire dall'empiria all'univer-
sale. Per imparare a nuotare bisogna get-
tarsi in acqua.
La vecchia metafisica, nell'intento di cono-
scere la verità , divideva gli oggetti, secondo il
criterio della verità, in sostanze e fenomeni. La
critica di Kant si è rifiutata di indagare la ve-
rità ... « Ma fermarsi al fenomeno e a ciò che
nella coscienza comune si dà a conoscere alla
semplice rappresentazione significa rinunciare al
concetto e alla filosofia » (269).
§ A:
« L'idea del vero. L'idea soggettiva è prima
di tutto impulso [...]. L'impulso ha quindi la
determinazione di togliere la sua propria sog-
gettività, di rendere concreta la sua realtà pri-
ma astratta e di riempirla con il contenuto del
mondo presupposto dalla sua soggettività [...].
In quanto il conoscere è l’idea come scopo o
come idea soggettiva, la negazione del mondo
presupposto come in sé esistente è la prima
negazione»... (274-275).
Kant si li-
mita ai « fe-
nomeni »
ossia il primo gradino , momento, prin-
cipio, avvio della conoscenza è la sua fi-
nità (Endlichkeit) e soggettività, la ne-
gazione del mondo in sé: il fine della co-
noscenza è dapprima soggettivo...
Kant ha e-
« Stranamente, in tempi recenti »
retto ad as-
(Kant, evidentemente), « questo la-
soluto u n
to della finità è stato tenuto fermo
solo
ed è stato preso come il rapporto
lato
assoluto del conoscere; quasi die il
finito come tale debba essere l'as-
192
LENIN
soggetti^
vismo di
Kant
soluto! Da questo punto di vista si
attribuisce all'oggetto la sconosciuta
proprietà di essere una cosa in sé
oltre il conoscere, e questa proprietà
e, insieme con essa, la verità sono
riguardate per la conoscenza come
un assoluto al di là. La determina-
zione del pensiero in generale, le
categorie, le determinazioni della
riflessione, nonché il concetto for-
male e i suoi momenti, ottengono
qui la posizione non di determina-
zioni finite in sé e per sé, ma di
determinazioni finite solo nel sen-
so che sono un che di soggettivo
di contro alla menzionata vuota pro-
prietà di essere una cosa in sé ; pren-
dere come vero questo rapporto del-
la non verità del conoscere è l'erro-
re divenuto opinione comune della
età contemporanea» (276).
in Kant la
cosa in sé
è un
assoluto
« Jenseits »
Il carattere finito, transitorio, relativo,
convenzionale della conoscenza umana
(delle sue categorie, della causalità, ecc.,
ecc. ) Kant lo ha preso come soggettivismo
e non come dialettica dell’idea (= della
natura stessa), in quanto egli ha separato
la conoscenza dall'oggetto.
Ma il proce-
dere della co-
noscenza conduce
alla verità oggettiva
Hegel contro
l'idealismo
soggettivo
e il « realismo »
... «Ma u conoscere deve con u suo pro-
prio movimento risolvere la sua finità e con
ciò la sua contraddizione» (277).
... « È altrettanto unilaterale rappresentarsi
l'analisi come se nell’oggetto vi sia soltanto ciò
che vi è stato immesso , quanto credere che le
determinazioni ottenute siano solo estratte da
esso. La prima rappresentazione è, notoriamen-
te, quella enunciata dall'idealismo soggettivo, il
« SCIENZA DELLA LOGICA »
193
quale considera Fattività del conoscere, nell’ana-
lisi, esclusivamente come un porre unilaterale,
dietro cui rimane celata la cosa in sé; la seconda
rappresentazione appartiene al cosiddetto reali-
smo, il quale intende il concetto soggettivo co-
me una vuota identità, che riceva dalVesterno
le determinazioni del pensiero. »
L Aggettività
della logica
...« Ma i due momenti non sono da di-
videre; il logico, nella forma astratta in cui lo
pone in risalto l'analisi, è dato, naturalmente,
soltanto nel conoscere, così come, all'inverso,
esso non è un posto , ma un esistente in sé »
(280)...
I concetti logici sono soggettivi, fino
a che rimangono « astratti », nella loro
forma astratta, ma esprimono al tempo
stesso anche le cose in sé. La natura è e
concreta e astratta, e fenomeno e essenza,
e momento e rapporto. I concetti umani
sono soggettivi nella loro astrattezza, nella
loro separazione, ma sono oggettivi nel-
l'insieme, nel processo, nel risultato, nella
tendenza, nella genesi.
Molto buono il § 225 dell'E n ciclo
p e dia , dove il « conoscere ( « teoreti-
co ») e il « volere », l'« attività pratica »,
sono raffigurati come due lati, due me-
todi, due mezzi di distruzione delT« uni-
lateralità » sia della soggettività che del-
l'oggettività.
E piu avanti, a pp. 281-282, molto impor-
tante sul trapasso delle categorie l'una
nell’altra (e contro Kant, p. 282).
Logica, v. V, p. 282 (fine) »:
...«Kant [...] prende [...] dalla logica for-
male, come dati, la connessione determinata, i
13-639
194
LENIN
concetti di rapporto e i principi sintetici stessi;
la loro deduzione avrebbe dovuto essere l' e s po-
sizione del trapasso di quella semplice
unità dell’autocoscienza in queste sue determina-
zioni e differenze; ma Kant si è risparmiato di
mostrare questo procedere veramente sin-
tetico del concetto che produce sé
stesso» (282).
Kant non ha mostrato il trapasso del-
le categorie luna nell’altra.
286-287. Ritornando ancora una volta alla
matematica superiore (e mostrando, tra l’altro,
di sapere come Gauss 51 abbia risolto l’equazione
x m — 1 = 0) , Hegel sfiora di nuovo il problema
del calcolo differenziale e integrale, e dice che:
«la matematica non è sinora giunta
a giustificare da sé, cioè in modo matematico,
le operazioni che si fondano su questo passag-
gio » (sul passaggio da una grandezza a un’altra),
« perché il passaggio stesso non è di natura ma-
tematica ». Leibniz , a cui viene ascritto il merito
di aver scoperto il calcolo differenziale, ha effet-
tuato questo passaggio « nel modo piu inadegua-
to e che è insieme tanto aconcettuale quanto
non-matematico » (287)...
« Il conoscere analitico è la prima premessa
di tutto il sillogismo: il riferimento immediato
del concetto all’oggetto; l’identità è pertanto la
determinazione che esso conosce come sua, e
queste conoscere è soltanto il cogliere ciò che
è. Il conoscere sintetico tende a comprendere
ciò che è, ossia ad afferrare la molteplicità delle
determinazioni nella loro unità. Esso è pertanto
la seconda premessa del sillogismo in cui viene
correlato il diverso come tale. Il suo fine è
quindi la necessità in generale » (288).
Riguardo al procedimento di alcune scienze
« SCIENZA DELLA LOGICA »
195
(per esempio, della fisica) che prendono come
« spiegazione » varie « forze », ecc. e sollecitano
(forzano), raggiustano i fatti, ecc., Hegel for-
mula la seguente acuta osservazione:
« La cosiddetta spiegazione e dimostrazione
del concreto immesso nei teoremi si rivela in
parte come una tautologia e in parte come una
confusione del vero rapporto; in parte poi que-
sta confusione è servita a occultare l’inganno del
conoscere, che ha preso unilateralmente certe
esperienze, mediante le quali soltanto è riuscito
a ottenere le sue semplici definizioni e propo-
sizioni fondamentali, e mette da parte la confu-
tazione che viene dall’esperienza, non accettando
o facendo valere questa esperienza non nella
sua totalità concreta, ma come esempio, e inol-
tre per quel lato che giova alle ipotesi e alla
teoria. In tale subordinazione dell’esperienza
concreta alle determinazioni presupposte il fon-
damento della teoria viene oscurato o presen-
tato soltanto da quel lato che convalida la
teoria» (315-316).
La vecchia metafisica (di Wolf, per esem-
pio) [esempio: pòse ridicole fondate su bana-
lità, ecc.] è stata demolita da Kant e da Jacobi.
Kant ha mostrato che le « dimostrazioni rigo-
rose » conducono alle antinomie,
« ma non ha riflettuto sulla natura di que-
sto dimostrare, che è collegato con un contenuto
finito, mentre l’una cosa deve cadere insieme
con l’altra» (317).
La conoscenza sintetica non è ancora com-
pleta, perché « il concetto non diventa unità
di sé con sé stesso nel suo oggetto o nella
sua realtà [...]. Quindi l’idea non raggiunge
ancora, in questo conoscere, la verità, a causa
dell’inadeguatezza dell’oggetto al concetto sog-
gettivo. Ma la sfera della necessità è il culmine
supremo dell’essere e della riflessione; essa tra-
passa in sé e per sé nella libertà del concetto;
l’identità interna trapassa nella sua manifesta-
eccezionalmente
giusto e profon-
do
(cfr. l’economia
politica della
borghesia )
contro il sogget-
tivismo e l’unila-
teralità
ossia Kant non
ha compreso la
legge uni-
versale
della dialettica
del « finito »?
196
LENIN
zione, che è il concetto in quanto concetto »...
... « L’idea, in quanto il concetto è ora
per sé il concetto in sé e per sé determinato, è
l’idea pratica , il fare » (319). E il § successivo
è intitolato: B. L'idea del bene.
Hegel sulla
pratica e sull’og-
gettività della
conoscenza
La conoscenza teorica deve dare Log-
getto nella sua necessità, nelle sue rela-
zioni onnilaterali, nel suo contraddittorio
movimento an und fiir sich. Ma il con-
cetto umano afferra, coglie, si appropria
definitivamente questa verità oggettiva
della conoscenza solo quando diventi « es-
sere per sé » nel senso della prassi. Cioè
la prassi dell’uomo e dell’umanità è il
mezzo di controllo, il criterio dell'ogget-
tività della conoscenza. È questo il pen-
siero di Hegel? Sulla cosa bisogna ritor-
nare.
Perché mai dalla prassi, dall’azione, si
passa soltanto al « bene », das Gute? È
angusto, unilaterale f E V utile?
Senza dubbio qui rientra anche lutile.
O per Hegel Futile è anche das Gute?
Tutto questo nel capitolo Videa del
conoscere (capitolo II), nel passaggio al-
P« idea assoluta » ( capitolo III ) , ed è
quindi indubbio che in Hegel la pratica
si pone come un anello nell’analisi del
processo della conoscenza e precisamente
come il trapasso alla verità oggettiva (per
Hegel «assoluta»). Marx si ricollega
quindi direttamente a Hegel, introducen-
« SCIENZA DELLA LOGICA »
197
do il criterio della pratica nella teoria
della conoscenza: cfr. le tesi su Feuer-
bach 52 .
Alias:
La coscienza dell’uomo
non solo rispecchia il mon-
do oggettivo, ma altresì lo
crea.
II concetto (= l'uomo) in
quanto soggettivo presuppone di
nuovo un essere altro che è in
sé ( = la natura indipendente
dall’uomo). Questo concetto ( =
l’uomo) è impulso a realizzarsi,
a darsi mediante sé stesso ogget-
tività nel mondo oggettivo e ad
attuarsi (a compiersi).
Nell’idea * teorica ( nel campo
della teoria) il concetto (la co-
noscenza?) soggettivo come uni-
versale e come Fin sé privo di
determinazioni si oppone al mon-
do oggettivo, da cui trae il con-
tenuto determinato e il riempi-
mento.
Nell’idea pratica (nel campo
della pratica) questo concetto
come reale (attivo?) si oppone
al reale.
La certezza di sé che il sog-
getto [T_qui d'im prov viso al po-
sto del « concetto »~] | ha nel suo
essere in sé e per sé, come sog-
getto determinato, è la certezza
della propria realtà e dell'irrealtà
del mondo.
La pratica nella teo-
ria della conoscenza
(320) «In quanto soggettivo
esso [der Begriffl ha di nuovo
la presupposizione di un essere
altro che è in sé; è Yimpulso a
realizzarsi, Io scopo che vuole rea-
lizzarsi e darsi oggettività nel
mondo oggettivo mediante sé
stesso. Nell’idea teorica il con-
cetto soggettivo sta come l’uni-
versale, come l’indeterminato in
sé e per sé, di contro al mondo
oggettivo, da cui trae il contenuto
determinato e il riempimento.
Nell’idea pratica, invece, sta co-
me il reale di contro al reale;
ma la certezza di sé, che il sog-
getto ha nel suo essere determi-
nato in sé e per sé, è una cer-
tezza della sua realtà e dell’ir-
realtò. del mondo »...
198
LENIN
ossia il mondo non soddi-
sfa l’uomo, e l’uomo deci-
de di cambiarlo con la sua
azione.
Essenziale:
Il « bene » è un’« esigenza del-
la realtà esterna », ossia per
« bene » si intende la pratica del-
l’uomo = l’esigenza (1) anche
della realtà esterna (2).
La pratica è supe-
riore alla conoscenza
(teorica), perché essa ha
la dignità non solo dell’universa-
le, ma anche della realtà imme-
diata.
L’attività dello scopo non è
diretta contro di sé...
ma per darsi realtà nella forma
dell'esteriore attualità mediante
la distruzione di determinati (la-
ti, tratti, fenomeni) del mondo
esterno.
...«Questa determinazione con-
tenuta nel concetto, a esso ugua-
le a includente in sé l’esigenza
della singola realtà esterna è il
bene. Esso compare con la digni-
tà di essere assoluto, perché è la
totalità del concetto in sé, l’og-
gettivo che ha a un tempo la
forma della libera unità e sog-
gettività. Quest’idea è supe-
riore all'idea del co-
noscere sopra consi-
derata, perché ha in sé la
dignità non solo dell’universale,
ma anche del semplice-
mente reale » ( 320 - 321 )...
... « L’attività dello scopo è di-
retta quindi contro di sé non
per accogliere in sé e appropriar-
si una determinazione data, ma
per porre la sua propria deter-
minazione e darsi realtà nella for-
ma dell’esteriore attualità me-
diante l’eliminazione delle deter-
minazioni del mondo esterno »
( 321 )...
... « Il bene compiuto è bene in quanto
esso è già nel fine soggettivo, nella sua idea;
il compimento gli dà un’esistenza esterna »
( 322 )...
« SCIENZA DELLA LOGICA »
199
« Dal lato del mondo oggettivo
a esso presupposto, nella cui presupposizione
consiste la soggettività e finità del. bene e che
come un altro procede per
La sua strada , il compimento del bene si
imbatte in ostacoli e persino nell’impossibilità »
(322-323)...+
Il « mondo oggettivo » « procede per la
sua strada », e la pratica dell’uomo, aven-
do dinanzi a sé questo mondo oggettivo,
incontra « difficoltà nella realizzazione »
dello scopo e si imbatte persino nelT« im-
possibilità ».
+ ... « Il bene rimane così un dover essere;
esso è in sé e per sé, ma Tessere, in quanto
ultima, astratta immediatezza, rimane determi-
nato di fronte a esso anche come un non es-
sere »....+ +
Il bene, il buono, le buone intenzioni
rimangono un dover essere
soggettivo ...
+ +... « L’idea del bene compiuto è in-
vero un postulato assoluto, ma niente piu che
un postulato, cioè l’assoluto carico della deter-
minazione della soggettività.
Sono ancora due mondi opposti , il
regno della soggettività nei p u r i
spazi del pensiero trasparente e il re-
gno delT oggettività nell’elemento di
una realtà esteriormente molteplice ,
che è il regno ancora chiuso delle tenebre. Il
completo sviluppo della contraddizione irrisol-
ta, dello scopo assoluto a cui si oppone insupe-
rabilmente la barriera di questa realtà, è stato
esaminato più da vicino nella Fenomenologia
dello spirito , pp. 453 sgg. » (323)...
NB
NB
Due mondi: il sog-
gettivo e Togget-
tivo
200
LENIN
Derisione dei puri « spazi del
pensiero trasparente » nel regno della sog-
gettività, a cui si oppongono le « tene-
bre » della « molteplice » realtà « ogget-
tiva ».
... « In quest’ultima [ = in der theoretischen
Idee distinta von der praktischen Idee] il co-
noscere si conosce soltanto come apprendere,
come Tidentità per sé indeterminata del con-
cetto con sé stesso; il riempimento, ossia Sog-
gettività in sé e per sé determinata, è per Tidea
teorica un che di dato , e il vero essere è la
realtà che esiste indipenden-
temente dal p o r re soggettivo.
Viceversa, per Sidea pratica questa realtà, che
le si oppone al tempo stesso come un limite
invalicabile, vale come il nulla in sé e per sé,
che deve ricevere la sua vera determinazione e
il suo unico valore soltanto dagli scopi del
bene. La volontà si frappone quindi essa stessa
al conseguimento del suo
scopo solo perché si separa
dal conoscere e la realtà
esterna, non assume per essa
la forma del vero essere;
e quindi Sidea del bene può trovare il suo com-
pletamento soltanto nelSidea della verità »
( 323 - 324 ).
Nota
bene
La conoscenza... trova dinanzi a sé il
vero essere come una realtà che esiste in-
dipendentemente dalle opinioni soggettive
(Setzen). (Questo è puro materialismo!)
La volontà dell'uomo, la sua pratica, in-
tralcia essa stessa il conseguimento del suo
fine... perché si separa dalla conoscenza e
non riconosce la realtà esterna come vero
essere (come verità oggettiva). Bisogna
unificare la conoscenza
con la pratica.
NB
« SCIENZA DELLA LOGICA »
201
E subito dopo:
... « Ma essa opera da sé questo passaggio »
(il passaggio dell’idea della verità nell’idea del
bene, della teoria nella pratica, e vice versa).
« Nel sillogismo del fare la prima premessa è
la connessione immediata dello scopo
buono con la realtà di cui esso
scopo si impadronisce e che indirizza, nella se-
conda premessa, contro la realtà esterna come
mezzo estrinseco» (324).
Il « sillogismo del fare »... Per Hegel il
fare , la prassi è un «sillogismo»
logico, una figura logica. Il che è
vero! Naturalmente, non nel senso che
la figura logica abbia il suo esser altro
nella pratica delFuomo ( = idealismo as-
soluto), ma vice versa: la pratica umana,
ripetendosi miliardi di volte, si fissa nella
coscienza delFuomo mediante figure lo-
giche. Queste figure hanno la solidità di
un pregiudizio e un carattere assiomatico
appunto (e soltanto) in virtù di questa
ripetizione che avviene miliardi di volte.
Prima premessa: scopo buono (scopo
soggettivo ) versus
realtà ( « realtà e-
sterna » )
Seconda premessa: mezzo (strumento)
estrinseco, Sogget-
tivo)
Terza premessa o conclusione: coinciden-
za di soggettivo e
oggettivo, controllo
delle idee soggetti-
ve, criterio della ve-
rità oggettiva.
NB
NB
202
LENIN
NB
NB
NB
...« Il compimento del bene contro una
realtà opposta e diversa è quella mediazione
che è essenzialmente necessaria per la correla-
zione immediata e la realizzazione del bene »...
... « Ma* se lo scopo del bene non dovesse
tuttavia essere con ciò » (con Fattività) « rea-
lizzato, questa sarebbe una ricaduta del con-
cetto in quella posizione che esso aveva prima
della sua attività, — posizione della realtà de-
terminata come nulla e tuttavia presupposta
come reale; — una ricaduta che diventa pro-
gresso nella cattiva infinità e che ha il suo
unico fondamento nel fatto che, nel togliere
quella astratta realtà, questo togliere viene an-
che dimenticato immediatamente, cioè si dimen-
tica che questa realtà è stata invece già pre-
supposta come Fattualità in sé e per sé nulla,
non oggettiva » ( 325 ) .
Il mancato adempimento degli scopi
(dell’attività umana) ha la sua causa
(Grund) nel fatto che la realtà viene pre-
sa come inesistente (nichtig) e non viene
riconosciuta la sua realtà oggettiva.
« Poiché, attraverso Fattività del concetto
oggettivo, la realtà esterna viene modificata e
la sua determinazione viene cosi tolta, appunto
per questo le viene sottratta la realtà semplice-
mente apparente, Festerna determinabilità e la
nullità, ed essa viene quindi posta come esi-
stente in sé e per sé »... 4*
L’attività dell’uomo, che si è fatto un
quadro oggettivo del mondo, modifica
la realtà esterna, ne distrugge la determi-
natezza ( =. ne cambia questi o quei lati,
qualità) e le sottrae cosi i tratti dell’ap-
parenza, delFesteriorità, della nullità, la
rende esistente in sé e per sé ( = oggetti-
vamente vera).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
203
+ ... « Qui viene tolto in generale il presup-
posto indicato, cioè la determinazione del bene
come di uno scopo unicamente sog-
gettivo e limitato per il suo contenuto,
viene tolta la necessità di realizzare questo sco-
po solo attraverso Pattività soggettiva nonché
questa stessa attività. Nel risultato la
mediazione si toglie da sé; il risultato è una
immediatezza che non è la restaurazione del
presupposto, ma, al contrario, il suo esser tolto.
Con ciò l’idea del concetto determinato in sé
e per sé è già posta, non soltanto nel
soggetto attivo , ma anche come una
realtà immediata, e, universalmente, quest’ul-
tima, come è nel conoscere , è posta
come un’ oggettività veramente
esistente » (326).
Il risultato dell’azione è il controllo
della conoscenza soggettiva e il crite-
rio dell’ oggettività veramente
esistente.
... « In questo risultato il conoscere è quin-
di ristabilito e collegato con l'idea
pratica , la realtà prima rinvenuta è de-
terminata in pari tempo come lo scopo assoluto
realizzato, però non, come nel conoscere inda-
gante, semplicemente quale mondo oggettivo,
senza la soggettività del concetto, ma anche
quale mondo oggettivo, il cui intrinseco fon-
damento e la cui effettiva sussistenza sono il
concetto. Questo è Pidea assoluta» (327).
((Fine del capitolo II. Passaggio al capitolo
III; L'idea assoluta . ) )
Capitolo terzo; L'idea assoluta.
... « L’idea assoluta, cosi come è risultata,
è Fidenti tà dell’idea teorica e di quella pratica,
ognuna delle quali è per sé ancora unilatera-
le » (327)...
204
LENIN
L’unità dell’idea teorica (conoscenza)
e della pratica — NB questo —
e questa unità precisamente nel-
la teoria della conoscenza,
poiché come somma si ottiene T« idea
assoluta» (ma l’idea = « das objektive
Wahre») I v. V, p. 236.1
Rimane ora da considerare non già l’Inhalt,
ma... « l’universale della sua forma, cioè il
metodo » (329).
« Nel conoscere indagante il metodo è ri-
guardato anche come strumento, come un mez-
zo che sta dal lato soggettivo e attraverso cui
il soggetto si riferisce all’oggetto [...]. Nel vero
conoscere, al contrario, il metodo non è sol-
tanto un dato numero di determinazioni, ma
la determinazione in sé e per sé del concetto,
che è il termine medio » (termine medio nella
figura logica del sillogismo) « solo perché ha
insieme anche il significato delToggettivo »
(331)...
...«Il metodo assoluto» (cioè il metodo
per conoscere la verità oggettiva) « invece non
si presenta come esteriore riflessione, ma pren-
de il determinato dal suo oggetto stesso, poi-
ché questo metodo è il suo principio immanen-
te e la sua anima. Questo è ciò che Platone
esigeva dal conoscere, di considerare cioè le
cose in sé e per sé, da un lato, nella loro uni-
versalità e, dall’altro lato, senza sviarsi da esse
e attaccarsi a circostanze, esempi e confronti,
ma di avere dinanzi a sé unicamente queste
cose e di portare alla coscienza ciò che in esse
è immanente»... (335-336).
Questo metodo del « conoscere assoluto » è
analitico ... ma « è insieme anche sintetico »-
(336)...
« SCIENZA DELLA LOGICA »
« Dieses so sehr synthetlsche als analytische
Moment des Urteils, wodurch das anf angliche
Allgsmeine aus ihm selbst als das Artiere seiner
sich bestimmt, ist das dialektische zu nennen »
(336)... ( -f cfr. pagina seguente 53 )
« Questo momento tanto sintetico
quanto analitico del giudìzio , in forza del
quale [momento] l’universale iniziale [il
concetto universale] si determina da sé
come altro rispetto a sé stesso, deve es-
sere chiamato dialettico.»
Una definizione che non è delle più chiare!!!
1. La determinazione del concetto da sé
| la cosa stessa deve essere considerata nelle
sue relazioni e nel suo sviluppo |;
2. la contraddittorietà nella cosa stessa (das
Anderc seiner), le forze e tendenze contrad-
dittorie in ogni fenomeno;
3. la connessione deiranalisi e della sintesi.
Sono questi, evidentemente, gli elementi
della dialettica.
Si possono forse presentare in modo più
particolareggiato questi elementi come segue:
1. oggettività dell’esame ( non esem-
pi, non digressioni, ma la cosa in sé stessa).
2. tutto Tinsieme delle molteplici ( + )
relazioni di questa cosa con le altre.
3. lo sviluppo di questa cosa (respec-
tive del fenomeno), il suo proprio movimento,
la sua propria vita.
4. t e n d e n z e (e ì lati ) internamente
contraddittorie in questa cosa.
205
Una delle defi-
nizioni della
dialetti
c a
Elementi
della
dialettica
206
LENIN
5. La cosa (fenomeno, ecc.) come somma
e # u n i t à degli opposti.
6. La lotta , respective il dispiegarsi di
queste opposizioni, tendenze contraddittorie,
ecc.
7. la connessione dell’analisi e della sin-
tesi, — la scomposizione delle singole parti e
l’insieme, la somma di queste parti.
8. ( + ) i rapporti di ogni cosa (fenomeno,
ecc.) non sono soltanto molteplici, ma anche
generali, universali. Ogni cosa (fenomeno, pro-
cesso, ecc.) è connessa con ogni altra.
9. non soltanto unità degli opposti, ma
anche trapassi di ogni determinazione,
qualità, tratto, la to, proprietà in ogni altra
| nel suo opposto? |.
10 . il processo infinito di scoperta di n u 0 ■
v i lati, rapporti, ecc.
11. il processo infinito di approfondimento
della conoscenza umana delle cose, dei feno-
meni, processi, ecc., che muove dal fenomeno
all’essenza, dall’essenza meno profonda all’es-
senza piu profonda.
12. dalla coesistenza alla causalità, da una
forma di connessione e reciproca dipendenza
a un’altra piu profonda e più universale.
13. la ripetizione in uno stadio più alto di
certi tratti, proprietà, ecc. dello stadio infe-
riore e
14. il presunto ritorno al vecchio (negazio-
ne della negazione).
15. la lotta del contenuto con la forma e
viceversa. Rigetto della forma, rielaborazione
del contenuto.
16. il passaggio della quantità nella qua-
lità e viceversa. ((15 e 16 sono esempi
di 9.))
« SCIENZA DELLA LOGICA »
207
In breve la dialettica può definirsi
come la dottrina dell’unità degli opposti.
Con ciò sarà còlto il nucleo della dialet-
tica, ma la cosa esige spiegazioni e svi-
luppi.
+ (continuazione. Cfr. pagina precedente. 54 )
... « La dialettica è una di quelle scienze
antiche che sono state più ignorate nella meta-
fisica » | qui evidentemente = teoria della
conoscenza e logica | « dei moderni e poi, in
generale, nella filosofia popolare, cosi degli an-
tichi come dei moderni »... Di Platone
Diogene Laerzio ha detto che è l’iniziatore del-
la dialettica , cioè della terza scienza fi-
losofica (come Talete è l’iniziatore della filo-
sofia della natura e Socrate della filosofia mo-
rale) 5S , ma intorno a questo merito di Pla-
tone riflettono poco proprio quelli che più
strepitano su di esso...
... « Si è riguardata spesso la dialettica come
un'arte, quasi che si fondasse su un talento
soggettivo e non appartenesse all’oggettività del
concetto» (336-337)... È un grande merito di
Kant l’aver introdotto di nuovo la dialettica,
.l’averla riconosciuta «necessaria alla ragione»
(337), ma il risultato (dell’applicazione della
dialettica) deve essere l’« opposto » (di quello
del kantismo). Cfr. sotto.
Segue quindi uno schizzo della dia-
lettica, che è molto interessante, chiaro,
importante:
... « Oltre a presentarsi di solito come un
che di accidentale, la dialettica è solita poi
avere questa forma più precisa: di un dato
oggetto, per esempio del mondo, del movimen-
to, del punto, ecc., si mostra come gli inerisca
una qualche determinazione, per esempio, se-
condo Pordine degli oggetti indicati, la finalità
nello spazio o nel tempo, il trovarsi in questo
luogo, la negazione assoluta dello spazio; ma
Platone
e la dia-
lettica
Oggettività
della dia-
lettica...
208
LENIN
dalla storia
della dia-
lettica
la funzione
dello scetticismo
nella storia della
dialettica
la dialettica
viene intesa
come Kunststiick
kantismo =
(anche) scet-
ticismo
poi si mostra come altrettanto necessaria anche
la determinazione opposta, per esempio rinfi-
ttita nello spazio e nel tempo, il non trovarsi
in questo luogo, il riferimento allo spazio e
quindi la spazialità. La più antica scuola elea-
tica ha applicato la sua dialettica in principal
modo contro il movimento, Platone invece
spesso contro le rappresentazioni e i concetti
del suo tempo, in particolare contro i sofisti,
ma anche contro le categorie pure e le deter-
minazioni della riflessione; revoluto scetticismo
posteriore ha esteso la dialettica non soltanto ai
cosiddetti fatti immediati della coscienza e alle
massime del vivere quotidiano, ma anche a
tutti i concetti scientifici. Ora, la conclusione
che si desume da questa dialettica è, in gene-
rale, la contraddittorietà e nullità delle affer-
mazioni stabilite. Ma questo può avvenire in
un duplice senso: nel senso oggettivo, per cui
Soggetto che si contraddice in sé stesso a que-
sto modo si toglie ed è nullo; — era questa, per
esempio, la conclusione degli eleati, secondo
la quale veniva negata la verità del mondo, del
movimento, del punto; — o nel senso sogget-
tivo, per cui il conoscere è difettoso , Qucst’ul-
tima conclusione viene ora intesa nel senso
che sia soltanto la dialettica a produrre l’arti-
ficio di una falsa apparenza. Questo è il modo
di vedere consueto del cosiddetto sano intel-
letto umano, che si attiene airevidenza sensibile
e alle rappresentazioni ed enunciazioni consue-
te » (337-338)...
Diogene-il-cane 56 > per esempio, dimostra il
movimento mettendosi a camminare: « una con-
futazione volgare », dice Hegel.
... « Oppure il risultato della nullità sogget-
tiva della dialettica non riguarda la dialettica
stessa, ma piuttosto quel conoscere contro cui
essa è rivolta e, nel senso dello scetticismo e
della filosofia kantiana, il conoscere in gene-
rale.»
« SCIENZA DELLA LOGICA »
209
... « II pregiudizio fondamentale è qui che
la dialettica abbia soltanto un risultato nega-
tivo » (338>.
Tra l’altro, è un merito di Kant aver ri-
chiamato Tattenzione sulla dialettica e sull’esa-
me delle « determinazioni del pensiero in sé e
per sé » ( 339 ).
« L oggetto, quale esso e senza il pensiero
e il concetto, è una rappresentazione o un no-
me; soltanto nelle determinazioni del pensiero
e del concetto esso e ciò che e »...
.. « Non si deve pertanto considerare come
una colpa di un oggetto o del conoscere, se
essi per la loro natura o per un qualche colle-
gamento estrinseco si rivelano dialettici »...
... « Cosi, tutti gli opposti, assunti come
un che di stabile, per esempio, finito e infinito,
individuale e universale, sono in contraddizione
tra loro non per un collegamento estrinseco,
ma anzi, come ha mostrato Tesarne della loro
natura, sono in sé e per sé il passare » (339)...
« Questo e ora il modo di vedere ricordato
sopra, secondo cui un primo universale # , con -
sìderato in sé e per sé, si rivela come l’altro
da sé »..
... « ma l’altro non è essenzialmente il vuoto
negativo, il nulla, che viene preso
come il risultato abituale del-
la dialettica , bensì è l’altro del primo,
il negativo delTimmediato; esso è quindi deter-
minato come il mediato, e in generale contiene
in sé la determinazione del primo. Il primo è
pertanto essenzialmente anche conservato e
mantenuto . Tenere fermo il positivo nel suo
negativo, il contenuto del presupposto nel suo
risultato, ecco ciò che vi è di piu importante
nel conoscere razionale; basta solo la riflessio-
I I! È vero!
Rappre-
sentazione
e pensiero ,
sviluppo di en-
|| trambi, nil aliud.
L’oggetto
si rivela
dialettico
I concetti non
sono immobili,
ma di per sé,
per loro natura,
sono = tra-
passo
+t II primo con-
cetto universale
(anche = ogni
concetto univer-
sale, il primo
che capita)
Questo è molto
importante per
la comprensione
della dialettica
14 639
210
LENIN
in sé =
in potenza,
non ancora
sviluppato,
non ancora
dispiegato
ne più semplice per persuadersi dell’assoluta
verità e necessità di questa istanza, e, riguar-
do agli esempi per dimostrare questo, l’intera
logica non consiste in altro » ( 340 ) .
Non la nuda negazione, non la nega-
zione irriflessa, non la negazione scettica ,
l’esitazione, il dubbio sono caratteristici
ed essenziali nella dialettica, — la quale
contiene indubbiamente in sé Telemento
della negazione e, per giunta, come suo
elemento più importante, — ma la nega-
zione come momento della connessione,
come momento di sviluppo, con la con-
servazione del positivo, cioè senza alcuna
esitazione, senza alcun eclettismo.
La dialettica consiste, in generale, nella ne-
gazione della prima proposizione, nella sua so-
stituzione con la seconda (nel trapasso della
prima nella seconda, nell’indicazione del nesso
tra la prima e la seconda, ecc.). La seconda
può essere presa come predicato della prima:
« per esempio, il finito è infinito, l'uno è
molteplice, l’individuale è universale» (341)...
... « Poiché il primo, ossia l’immediato, è
il concetto in sé, e quindi è anche il negativo
in sé, il momento dialettico di quest’ultimo con-
siste nel fatto che la differenza, che esso con-
tiene in sé, venga posta dentro di esso. Al con-
trario, il secondo è appunto il determinato, la
differenza o rapporto; il suo momento dialet-
tico consiste quindi nel porre V unità in esso
contenuta» (341-342)...
(Riguardo alle «prime» affermazioni, tesi,
ecc. positive, semplici e originarie, il « mo-
mento dialettico», ossia la considerazione
scientifica, esige che si indichi la differenza,
la connessione, il passaggio. In mancanza di
questo, la semplice affermazione positiva è in-
completa, inerte, morta. Riguardo alla « secon-
da » tesi, alla tesi negativa, il « momento dia-
« SCIENZA DELLA LOGICA »
211
lettico » esige che si indichi P« unità », cioè
la connessione del negativo con il positivo, il
rinvenimento di questo positivo nel negativo.
Dall’ affermazione alla negazione; dalla negazio-
ne air« unità » con ciò che è affermato; senza
questo la dialettica diventa nuda negazione,
giuoco e scepsi.)
... « Se pertanto il negativo, il determinato,
il rapporto, il giudizio e tutte le determinazioni
comprese in questo secondo momento non ap-
paiono già per se stesse come la contraddizione
e come dialettiche, questo è unicamente un
semplice difetto del pensare, che non connette
insieme i propri pensieri. E, infatti, il mate-
riale — le determinazioni opposte in un* unica
relazione — è già posto e presente per il
pensiero. Ma il pensiero formale si dà per leg-
ge l’identità, fa cadere il contenuto contraddit-
torio che ha dinanzi a sé nella sfera della rap-
presentazione, nello spazio e nel tempo, dove
il contraddittorio viene tenuto separato nella
giustapposizione e nella successione e si pre-
senta così dinanzi alla coscienza senza il
reciproco contatto» (342).
« Si presenta dinanzi alla coscienza sen-
za il reciproco contatto » (l’oggetto); ec-
co l’essenza dell’antidialettica. Solo che
qui Hegel sembra mostrare le orecchie
d’asino dell’idealismo, riferendo il tempo
e lo spazio (in rapporto con la rappre-
sentazione) a qualcosa di inferiore rispet-
to al pensiero. Del resto, la rappresenta-
zione è in un certo senso indubbiamente
inferiore. La sostanza è che il pensiero
deve afferrare tutta la « rappresentazio-
ne » nel suo movimento, e per que-
sto il pensiero deve essere dialettico.
La rappresentazione è più vicina
alla realtà che non il pensiero? Sì e no.
La rappresentazione non può cogliere il
14
212
LENIN
movimento nella sua totalità ,
non afferra, per esempio, il movimento
a una velocità di 300.000 chilometri al
secondo, ma il pensiero lo coglie e deve
coglierlo. Il pensiero, tratto dalla rappre-
sentazione, rispecchia anch’esso la realtà;
il tempo è un modo d’essere della realtà
oggettiva. Sta qui, nel concetto del tempo
(e non nel rapporto tra la rappresenta-
zione e il concetto), l’idealismo di Hegel.
il sale della
dialettica
criterio del-
la verità
unità di
concetto
e realtà
...« Esso * si costruisce al riguardo il prin-
cipio determinato che la contraddizione è im-
pensabile; mentre, di fatto, il pensiero della
contraddizione è il momento essenziale del con-
cetto. Anche il pensiero formale pensa di fatto
la contraddizione, ma esso ne distoglie subito
lo sguardo, e con quel dire» (con l'enunciare
che la contraddizione è impensabile) « passa
soltanto all’astratta negazione.»
« La negatività qui considerata costituisce
ora il punto di svolta nel movimento del con-
cetto. Essa è il semplice punto della relazione
negativa con sé, la fonte intima di ogni attività,
di ogni automovimento vitale e spirituale, l’ani-
ma dialettica che ogni vero ha in sé e per cui
soltanto esso è un vero; poiché solo su questa
soggettività si fonda il togliersi dell’opposizione
tra concetto e realtà e quella unità che è la
verità. Il secondo negativo, il negativo del ne-
gativo, a cui siamo pervenuti, è il togliersi
della contraddizione, ma questo togliersi, come
anche la contraddizione, non è Y operare di una
riflessione esteriore, ma invece l 'intimo e piu
oggettivo momento della vita e dello spirito,
in virtù del quale un soggetto, una persona, un
libero è» (342-343).
Cioè il pensiero formale [n da,)-
« SCIENZA DELLA LOGICA »
213
Qui è importante: 1) la caratterizza-
zione della dialettica: automovimento,
fonte di attività, movimento della vita e
dello spirito; coincidenza dei concetti di
soggetto (uomo) e realtà; 2) Poggettivi-
smo al massimo grado ( « das objektivste
Moment » ).
Questa negazione della negazione è il terzo
termine, dice Hegel (343), « se in generale
si voglia contare », ma può essere riconosciuto
anche come quarto (Quadruplizitàt) (344),
se si contano due negazioni: la « semplice » (o
« formale ») e P« assoluta » (343 in fine).
La distinzione non mi è chiara, asso-
luta non è uguale a piu concreta?
« Che esso sia questa unità, e che tutta la
forma del metodo sia una triplicità , è indubbia-
mente soltanto il lato superficiale ed estrinseco
del modo di conoscere » ( 344 ) ,
ma, egli dice, è già « un merito infinito della
filosofia kantiana » l’aver anche solo indicato
questo lato (sia pure ohne Begriff*).
« Il formalismo si è in effetti impadronito
anche della triplicità e si è attenuto al suo vuoto
schema; ma il superficiale abuso e il vuoto del
cosiddetto costruire filosofico moderno, consi-
stente nell’inserire dappertutto questo schema
formale, senza concetto e senza determinazio-
ne immanente, e nell’usarlo per istituire un
ordine estrinseco, hanno reso quella forma noio-
sa e l’hanno screditata. Tuttavia, per la trivia-
lità di quest’uso, essa non può perdere il suo
valore intrinseco, ed è sempre da apprezzare
altamente che si sia trovata anche solo la figura
NB; la « tripli-
cità » della dia-
lettica è il suo
lato superficiale,
estrinseco
Hegel ingiuria
aspramente il
formalismo, la
noia, la vacui-
tà del giocare
con la dialet-
tica
senza concetto ( n.d.t .).
214
LENIN
del razionale sinora non compresa in concetti »
(344-345).
Il risultato della negazione della negazione,
questo terzo non è... « un terzo quieto, ma ap-
punto come questa unità» (degli opposti) «è
il movimento e Fattività che si mediano con sé
stessi» (345).,.
Il risultato di questa trasformazione dialet-
tica nel « terzo », nella sintesi, è una nuova
premessa, un’affermazione, ecc., che diventa di
nuovo fonte di un’ulteriore analisi. Ma in es-
sa, in questo « terzo » stadio, è già entrato il
«contenuto» della conoscenza ( « il con-
tenuto del conoscere entra come tale nel giro
della considerazione»), e il metodo si dilata
a sistema (346).
Il cominciamento di tutti i ragionamenti,
di tutta l’analisi, questa prima premessa, sem-
bra ora già indeterminato, « imperfetto »; ap-
pare l’esigenza di dimostrarlo, di « dedurlo »
( ableiten ) ; si ottiene che « può apparire come
l’esigenza del progresso infinito che va all’ in-
dietro nel dimostrare e nel dedurre» (347),
ma, d’altra parte, la nuova premessa spinge
avanti ...
... « Il conoscere si svolge da contenuto a
contenuto. Questo procedere si determina anzi-
tutto per il fatto di cominciare da determina-
zioni semplici e per il fatto che le successive
diventano sempre piu ricche e concrete . Il ri-
sultato contiene infatti il nuovo cominciamento,
e questo si è arricchito nel suo corso di una nuo-
va determinazione. L’universale costituisce il
fondamento; e quindi l’avanzamento non è da
prendere come un fluire da altro ad altro. Nel
metodo assoluto il concetto si conserva nel suo
essere altro, l’universale nella sua partico-
larizzazione, nel giudizio, nella realtà; in ogni
fase dell’ulteriore determinazione l’universale
solleva tutta la massa del suo contenuto prece-
dente e non solo non perde niente e non si
lascia niente alle spalle per questo suo avanzare
« SCIENZA DELLA LOGICA »
215
dialettico, ma anzi porta con sé tutto l’acqui-
sito e si arricchisce e si condensa in sé » (349)...
( Questo frammento riassume a suo mo- \
do abbastanza bene ciò che è la dialettica. /
Ma V estensione esige anche un approfondi-
mento (« In-sich-gehen ») «e la maggiore esten-
sione è parimente una più alta intensità ».
« Il più ricco è quindi il più concreto e
il più soggettivo , e ciò che ritorna a sé nella
piu semplice profondità è il più potente e in-
vadente » (349).
« Cosi avviene che ogni passo avanti verso
Tulteriore determinazione, mentre si allontana
dal cominciamento indeterminato, è anche un
riavvicinamento a esso, e che pertanto ciò che
prima poteva sembrare diverso — la regres-
siva fondazione del cominciamento e la sua
ulteriore progressiva determinazione — coin-
cide ed è la stessa cosa» (350).
Non si può deprezieren questo comincia-
mento indeterminato:
... « non c’è bisogno di svalutarlo per il
fatto che lo » ( il cominciamento ) « si può
far valere solo provvisoriamente e ipotetica-
mente. Ciò che si potrebbe obiettare contro di
esso, — per esempio, che la conoscenza umana
è limitata e che prima di venire alla cosa occor-
re esaminare criticamente lo strumento del co-
noscere, — sono appunto i presupposti che,
come determinazioni concrete, recano con sé
l’esigenza della loro mediazione e fondazione.
Poiché questi presupposti non hanno formal-
mente alcun vantaggio rispetto a quel comin-
ciamento con la cosa stessa contro cui prote-
stano, e anzi, poiché per il loro contenuto più
concreto hanno bisogno di una deduzione, essi
vanno considerati soltanto come vane pre-
tese, alle quali non è da dedicare attenzione
più che ad altro. Il loro contenuto è non vero,
in quanto essi rendono irrefutabile e assoluto
NB questo: i l
piti ricco è
il più con-
creto e so g-
gettivo
NB
Hegel
contro
Kant
216
LENIN
contro
Kant
(giusto)
ciò che è saputo come finito e non vero, cioè
un conoscere limitato, determinato come forma
e strumento rispetto al suo contenuto; questo
conoscere non vero è esso stesso anche la for-
ma, il fondare che va all’indietro. Anche il
metodo della verità conosce il cominciamento
come un che di imperfetto, in quanto esso è
cominciamento, ma al tempo stesso conosce
questo imperfetto in generale come un che di
necessario, perché la verità non è altro che il
venire a sé stesso attraverso la negatività del-
l’immediatezza » (350-351)...
La scienza è
un circolo
di circoli
NB: il nesso
del metodo dia-
lettico con
T« erfiilltes
Sein », con l’es-
sere pieno di con-
tenuto e concreto
... « In virtù dell’ accennata natura del me-
todo la scienza si presenta come un circolo
chiuso in sé stesso, al cui cominciamento, che
è il fondamento semplice, la mediazione ran-
noda la fine; inoltre, questo circolo è un cir-
colo di circoli [...]. Frammenti di questa catena
sono le singole scienze» (351)...
« Il metodo è il concetto puro, che si rife-
risce soltanto a sé stesso; esso è quindi quel
semplice riferimento a sé che è l’essere. Ma
ora è anche un essere riempito, il concetto che
comprende sé stesso, l’essere come totalità con-
creta e insieme assolutamente intensiva »...
...«In secondo luogo, quest’idea» ((die
Idee des absoluten Erkennens ) ) « è ancora lo-
gica, è racchiusa nel pensiero puro ed è sol-
tanto la scienza del concetto divino. Il suo
sistematico sviluppo è invero esso stesso una
realizzazione, ma contenuta dentro questa stessa
sfera. La pura idea del conoscere, in quanto è
racchiusa nella soggettività, è impulso a toglie-
re la soggettività; e la verità pura, come risul-
tato ultimo, diventa anche il cominciamento di
un'altra sfera e scienza. Questo passaggio merita
di essere qui solo accennato.
« SCIENZA DELLA LOGICA »
217
« In quanto cioè ridea si pone come unità
assoluta del concetto puro e della sua realtà,
e quindi si racchiude neirimmediatezza dell* es-
sere, essa è allora, come totalità in questa
forma, natura» (352-353).
Questa proposizione dell’ ultima pa-
gina, 353, della Logica è arcinotevole. Trapasso
dell’idea logica in natura. Il materialismo è a
portata di mano. Aveva ragione Engels nel
dire che il sistema di Hegel è un materialismo
con la testa in giu 57 . Questa non è Tultima
proposizione della Logica, ma il resto, sino alla
fine della pagina, non ha importanza.
Fine della Logica. 17-XII-1914.
Passaggio
dall’idea
alla na-
tura...
NB: nella piccola
Logica ( Enciclo-
pedia , i 244, Zu-
satz, p. 414) V ul-
tima proposizione
del libro è: «diese
seiende Idee aber
ist die Natur » *.
È da rilevare che l’intero capitolo sul-
l’« idea assoluta » non fa quasi parola di
Dio (forse una sola volta è sfuggito ca-
sualmente un « concetto » « divino » ) e
inoltre — NB questo - quasi non con-
tiene specificamente 1* id e al i s m o , ma
ha come oggetto principale il metodo
dialettico. Compendio e riassun-
to, ultima parola ed essenza della logica
di Hegel è il metodo dialettico \ questo
è eccezionalmente importante. E ancora
una cosa: in quest’opera di Hegel, che è
la più idealistica, vi è il
meno di idealismo e il p i u di
materialismo. È « contraddittorio », ma
è un fatto!
ma quest’idea esistente è la natura » ( n.d.l .).
218
LENIN
NB:
« il genere o la
forza e la legge »
( genere = legge! )
Molto giusto!
Cfr. la nota di
Marx nel Capi-
tale , I, 5.2 *
Volume VI, p. 399:
Enciclopedia , § 227: eccellente sul metodo
analitico ( « scomporre » il fenomeno « dato
concreto », « dare la forma deiruniversalità
astratta » ai suoi singoli lati e « herausheben * »
« il genere o la forza e la legge »), p. 398, e
sulla sua applicazione:
Non dipende affatto dal « nostro arbitrio »
(398) l’applicare il metodo analitico o il meto-
do sintetico (come man zu sprechen pflegt**),
ma dipende invece dalla « forma stessa del-
l’oggetto da conoscere ».
Locke e gli empiristi si attengono al punto
di vista dellanalisi. E ripetono spesso che « il
conoscere in generale non potrebbe fare di
piu» (399).
« Ma è subito evidente che questo è uno
stravolgere le cose e che il conoscere che vo-
glia prendere le cose cosi come sono cade qui
in contraddizione con sé stesso.» Il chimico,
per esempio, « martert » *** un pezzo di carne
e vi scopre l’azoto, l’ossigeno, ecc. « Ma queste
materie astratte non sono più carne.»
Si possono dare molte definizioni, perché
gli oggetti hanno molti lati:
« Quanto più ricco è Toggetto da definire,
ossia quanti più lati diversi esso offre all’esa-
me, tanto più diverse sono le definizioni che
se ne suole dare» (400, § 229): per esempio,
la definizione della vita, dello Stato, ecc.
Spinoza e Schelling forniscono nelle loro
definizioni una massa di elementi « speculati-
vi » (evidentemente, Hegel usa qui questo ter-
mine nella sua accezione migliore), ma « sotto
forma di asserzione ». La filosofia deve invece
tutto dimostrare e dedurre e non limitarsi alle
definizioni.
* « estrarre », «far risaltare» [njj.).
** si è soliti dire {n.d.t.).
*** «tortura» ( n.d.t .).
« SCIENZA DELLA LOGICA »
219
La partizione (Einteilung) deve essere « na-
turale, e non puramente artificiosa, cioè arbi-
traria » (401).
pp. 403-404 : stizza contro la « costruzio-
ne » e il « giuoco » del costruire, mentre la
questione sta nel « concetto », neir« idea », nel-
T«unità del concetto e dell’oggettività» (403)...
Nella piccola Enciclopedia , § 233, la se-
zione b è intitolata: Das Wollen (cièche
nella grande Logica è die Idee des Guten).
L’attività è « contraddizione », il fine è
reale e irreale, possibile e non ... ecc.
« Ma formalmente la scomparsa di questa
contraddizione sta nel fatto che l’attività toglie
la soggettività dello scopo e con ciò stesso an-
che l’oggettività, l’opposizione per cui entrambe
sono finite, e non toglie solo l’unilateralità di
questa soggettività, ma la soggettività in ge-
nerale » (406).
La posizione di Kant e di Fichte (soprat-
tutto nella filosofia morale) è la posizione dello
scopo, del dover essere soggettivo (407) (sen-
za connessione con l’oggettività) ...
Parlando dell’idea assoluta, Hegel dileggia
(§ 237, v. VI, p. 409) le « declamazioni » su
quest’idea, quasi che in essa tutto si riveli, e
osserva che:
« l'idea assoluta [...] è [ ... ] l’universale, ma
l'universale non semplicemente come forma
astratta, al quale [sic!] il contenuto particolare
si opponga come un altro, ma come la forma
assoluta in cui sono ritornate tutte le deter-
minazioni, tutta la pienezza del contenuto po-
sto per loro tramite, L’idea assoluta è da para-
gonare in tal senso al vecchio che pronunci le
stesse proposizioni religiose del bambino, ma
per il quale esse assumono il significato di tutta
la sua vita. Pur se il bambino comprende il
contenuto religioso, quest’ultimo ha tuttavia
valore solo per lui come qualcosa al di fuori
del quale sta tutta la vita e tutto il mondo ».
très bien!
Un paragone ec-
cellente! Invece
della triviale re-
ligione bisogna
prendere tutte le
verità astratte
220
LENIN
incantevole!
très bien
molto bene!
(e plastico)
... « L’interesse sta nell’intero movimento »
($ 237, p. 409).
« Il contenuto è il vivente sviluppo della
idea »... « Ognuno degli stadi sin qui esaminati
è un’immagine dell’assoluto, ma anzitutto in
guisa limitata» (410).
§ 238, aggiunta:
« Il metodo filosofico è a un tempo anali-
tico e sintetico, non nel senso però che questi
due metodi del conoscere finito stiano insieme
o si alternino, ma invece nel senso che esso li
contiene entrambi in sé come tolti e in ogni
suo movimento si comporta al tempo
stesso analiticamente e sinteticamente. Il pen-
siero filosofico opera analiticamente, in quanto
si limita ad accogliere il suo oggetto, l’idea,
lascia che l’idea si affermi e, per così dire, ne
osserva soltanto il movimento e lo sviluppo. Il
filosofare è in tal senso del tutto passivo. Ma
in pari tempo il pensiero filosofico è sintetico e
si manifesta come l’attività del concetto stesso.
Ma questo esige che ci si astenga dalle supposi-
zioni personali e dalle opinioni particolari, che
tendono sempre a venir fuori » (411)...
(§ 243, p. 413)... «.Il metodo, in questo
modo, non è forma esterna, ma l’anima e il
concetto del contenuto »...
(Fine ddYEnciclopedia; cfr. sopra, in mar-
gine, la citazione dalla fine della Logica *.)
RECENTE LETTERATURA SU HEGEL"
I neohegeliani: C a i r d t B r a d l e y .
/. B . B a i l l i e , The origin and si-
gnificane e of HegeVs logie, London, 1901 (pp.
375). Recensione in R e v u e philoso-
p b i q u e , 1902, n. 2, p. 312. A quanto sem-
bra, Fautore non si limita (come Vera) a ripe-
tere i termini di Hegel, ma si studia di esami-
narlo e interpretarlo storicamente. Tra l’altro,
capitolo X: rapporto tra logica e natura (Hegel
non avrebbe raggiunto lo scopo). L’importanza
di Hegel starebbe nel fatto che egli « ha dimo-
strato il carattere oggettivo della conoscenza »
(p. 314)...
William Wallace, Prolegomena to
thè study of HegeVs philosophy and especially
of bis logie, Oxford-London, 1894. Recensione
in Revue philosophique, 1894, n.
2, p. 538. Seconda edizione, la prima è del
1874. L’autore ha tradotto la Logica di Hegel.
« Il signor Wallace espone con precisione
la concezione hegeliana di questa scienza » (del-
la logica), « scienza che presiede tanto alla
filosofia della natura quanto alla filosofia dello
spirito, poiché il pensiero puro, o idea, è il
fondamento comune della realtà materiale e
di quella psichica» (540).
I Dello stesso:
1894, traduzione
di Philosophy of
mind 61 , con un ca-
pitolo esplicativo.
Recensione
ibidem.
224
LENIN
Su Wallace una recensione elogiativa, ma
vuota di contenuto, in Zeitschrift f u r
P h il o s o p h i e , v. Ili, 1898, p. 208.
interpreta-
zione
idealistica
dell’ ener-
gia??
P. Rotta , La rinascita delVHegel e la
filosofia perenne, nell’italiana Rivista di filosofia ,
1911, I. (Recensione in Revue philosopbique ,
1911, n. 2, p. 333.)
Rotta è un seguace di Caird. A quanto pare,
nihil.
Tra l’altro, « la concezione neohegeliana di
Bradley circa un’energia invisibile, che si ma-
nifesta costantemente, è presente e operante in
ogni mutamento e in ogni attività indivi-
duale » 62 .
/. G r i e r H i b b e n , Hegel* s logie , an
essay in interpretation, New York, 1902 (pp.
313).
L’autore della recen-
sione 63 sottolinea, in
generale, «la rinasci-
ta dell’hegelismo nei
paesi anglosassoni »,
« negli ultimi anni ».
NB
Recensione in Revue philosopbique, 1904 ,
I, p. 430: « Nonostante il titolo, il lavoro del
signor H. non è tanto un commento interpre-
tativo quanto invece un riassunto quasi lettera-
le ». L’autore ha compilato una specie di dizio-
nario dei termini usati nella Logica di Hegel.
Ma non starebbe qui la sostanza: « I commen-
tatori disputano ancora sulla posizione assunta
da Hegel, sul significato fondamentale e sullo
scopo effettivo della sua dialettica. Alle celebri
critiche di Setb si sono opposte talune esegesi
recenti, quelle, segnatamente, di Me Taggart e
di G. Noel , che attribuiscono alla Logica, presa
nel suo insieme, un significato radicalmente di-
verso » (431).
RECENTE LETTERATURA SU HEGEL
225
A giudizio di Hibben, la Logica di Hegel
« non è un semplice sistema speculativo, una
combinazione piu o meno dotta di concetti astrat-
ti »; essa è, al tempo stesso, « un’interpreta-
zione della vita universale in tutta la pienezza
del suo significato concreto» (p. 430).
Preussische Jabrbucber (v. 151), 1913,
marzo, articolo del dr. Ferd. J. Schmidt: Hegel
und Marx . L’autore elogia la svolta verso Hegel,
ingiuria la « scolastica teoretico-conoscitiva »,
cita i neohegeliani Constant in Ròssler e Adolf
Lasson (dei Preussische Jabrbucber) e, riguar-
do al libro di Plenge* t dichiara che Marx non
avrebbe capito il significato dell’« idea nazio-
nale » come sintesi. Il merito di Marx — or-
ganizzare gli operai — è grande, ma... unila-
terale.
Modello di castrazione « liberale » (più esat-
tamente, borghese, nel senso del filantropismo
per gli operai, poiché l’autore è, con ogni pro-
babilità, un conservatore) di Marx.
Me Taggart Ellis Me Taggart, Studies in
thè hegelian dialectic , Cambridge, 1896 (pp.
259). Recensione in Zeitschrift fiir Philosophìe ,
v. 119 (1902), p. 185. L’autore, considerato
uno specialista della filosofia di Hegel, parrebbe
difenderla contro Seth, Balfour, Lotze, Tren-
delenburg, ecc. (il Me Taggart è, evidentemente,
un arcidealista).
Emil Hammacher, Die Bedeutung der Phi-
losophie Hegels (pp. 92), Leipzig, 1911.
Recensione in Zeitschrift fiir Philosophìe ,
v. 148 (1912), p. 95. Sembra vi siano discrete
osservazioni sulla « ripresa dell’idealismo post-
kantiano nel presente »; Windelband sarebbe
15-639
226
LENIN
un agnostico (p. 96), ecc., ma l’autore, come
del resto Riehl, Dilthey e altre « stelle », non
avrebbe capito affatto 1*« idealismo assoluto »
di Hegel. Si sarebbe accinto a un lavoro supe-
riore alle sue forze.
Andrew Seth, The development from Kant
to Hegel with chapters on thè philosophy of
religioni London, 1882. Recensione in Zeit-
schrift fiir Philosophie , v. 83, p. 145 (1883).
Sembra che l’autore difenda Hegel contro
Kant. (In generale, è elogiativa.)
Stirling, The secret of Hegel. Recensione,
ivi , v. 53 (1868), p. 268. L’autore, un appas-
sionato di Hegel, lo spiegherebbe agli inglesi.
Bertrando Spaventa, Da Socrate ad Hegel,
Bari, 1905 (pp. 432, L. 4,50). Recensione,
ivi, v. 129 (1906). Si tratterebbe di una rac-
colta di articoli, riguardanti tra l’altro Hegel,
di cui Spaventa è un fedele seguace.
Stirling, The secret of Hegel.
In italiano:
Spaventa^ Da Socrate ad Hegel.
Rafl. Mariano.
In tedesco:
Michelet und Haring, Dialektische Methode
Hegels (1888).
Schmitt, Das Geheimnis der hegelschen
D ialektik (1888).
SCHEDE BIBLIOGRAFICHE
Su Jean Perrin 45
Notare: J . Perrin, Traité de chimxe
physique. Les principes (pp. 300), Paris, 1903.
Recensione di Abel Re y in Re vu e phì -
losophique, 1904, 1, col titolo: Les prin-
cipes philosophiques de la chimie physique.
(Perrin analizza i concetti di forza, ecc.,
di causa , ecc., di energia, ecc., con-
tro P« interpretazione dell* energia come
sostanza misteriosa » (p. 401)... Abel Rey defi-
nisce Perrin un avversario dei « sistemi neo-
scettici».)
Su Peter Genoff 66
Peter Genoff, Feuerbachs Erkenntnistbeorie
uni Metaphysik, Ziirich, 1911 (Berner Disser-
tation) (pp. 89).
Landesbibliothek
Questo lavoro, puramente scolastico, consta
quasi esclusiva m e n t e di citazioni
dalle opere di Feuerbach | secondo l 'edizione
J o il | . Può essere utile soltanto come
silloge di citazioni, ma non è nemmeno
completa.
Il tema è stato t ut t r altro che eia-
borato dall'autore.
L'autore cita principalmente:
v. II, soprattutto Tbesen und Grundsàtze,
poi Wider den Dudismus.
v. X, soprattutto tlber Spiritualismus und
Materialismus 67 .
v. Vili, Vorlesungen iiber das Wesen der
|sjg Religion (lo stesso Feuerbach ha scritto, nel
1848, che si tratta di un’opera piu matura del-
l' Essenza del cristianesimo, uscita nel 1841 )
rym, pp. 26, 29; 102-109; 288; 329, eccj
v. VII, Das Wesen der Religion (1845:
Feuerbach la considera i M~
portante).
SCHEDE BIBLIOGRAFICHE
231
v. IV, Leibniz con annotazioni del
1 8 4 7. (NB) jjy. pp. 261; 197; 190-191;
274J.
v. VII, Aggiunte a Wesen des Christen -
tums.
L’autore cita (nello spirito di Feuerbach):
Ebbinghaus, Experimentelle Psychologie,
p. 110 e 45.
F. Jodl, Lehrbuch der Psycbologie, p. 403.
A, Forel, Gebirn und Seele, X. Aufl., p. 14.
Lange (II v., p. 104) avrebbe chiaramente
torto contro Feuerbach (p. 83 e 88), travisando
(e negando) il materialismo di Feuerbach
All’inizio l’autore delinea uno schizzo dello
sviluppo filosofico di Feuerbach: Todesgedan-
ken (1830), ancora hegeliano; Der Sobri ftstel -
ler und der Menscb * (1834), inizio della rot-
tura; Kritik des Antibegel (1835), contro i
nemici di Hegel, ma non a favore di Hege
(cfr. Griin 69 , I, 390 e 398, II, 409). Critica
della filosofia hegeliana (1839). L* essenza del
cristianesimo (1841) — rottura — Tesi e Prin-
cipi della filosofia delVavvenire (1842 e 1843).
L’essenza della religione (1845). Lezioni suU
l’essenza della religione (1847).
* Qui Tautore « non » era « panteista, ma politeista * (p. 13); « più leibnl-
ziano che hegeliano» (p. 15).
Su Paul Volkmann
Paul V olkmann , Erkenntnistbeoretische
Gruttdzùge der Naturwissenscbaften (Wissen-
schaft und Hypothese, IX), 2. Aufl., Leipzig,
1910
(Nat. IV. 171 bibl. Berna)
L’autore è un eclettico ed è volgare in filo-
sofia, soprattutto negli scritti contro Haeckel,
su Buckle, ecc., ecc. Ma è tuttavia orientato
in senso materialistico, per esempio, a p. 35:
« Il problema è di sapere se siamo noi a pre-
scrivere i concetti alla natura o la natura a
noi è per la combinazione dei due modi di
vedere. Mach ha ragione (p. 38), ma ad esso
(al punto di vista di Mach) oppongo quello
« oggettivo »:
« Cosi, io ritengo che la logica in noi trag-
ga la sua origine dal corso regolare delle cose
fuori di noi, che Testeriore necessità dei pro-
cessi naturali sia la nostra prima e vera mae-
stra » (p. 39),
Insorge contro la fenomenologia e il mo-
nismo contemporaneo, ma non capisce affatto
Yessenza della filosofia materialistica e di quella
idealistica. In sostanza, riduce la cosa ai « me-
todi » delle scienze naturali nello spirito gene-
rale del positivismo. Non sa neanche impostare
il problema della realtà oggettiva della natura
fuori della coscienza (e delle sensazioni) del-
Tumanità.
Su Max Verwortt
Max Verwom, Die Biogenbypotbese, Jena,
1903, (Med. 5218)
L’autore sviluppa il tema particolare della
« sostanza vivente » e del metabolismo chimi-
co. Un tema particolare.
C’è un indice bibliografico sulla questione.
j>. 112: «ipotesi di lavoro»: è qui l’es-
senziale. Per esempio, nel sec. XIX il mate-
rialismo avrebbe recato grande utilità alle scien-
ze naturali, ma oggi « nessun naturalista filo-
sofo riterrà adeguata la concezione materiali-
stica » (112). Non esistono verità eterne. Im-
portanza delle idee, loro Fruchtbarkeit *, loro
funzione come « fermento », « che crea e agi-
sce » (113).
| È qui caratteristica l’ingenua espressione
dell’idea che il « materialismo » infastidisce?
Nessun concetto del materialismo dialettico e to-
tale incapacità di distinguere il materialismo
come filosofia dalle singole vedute fossi-
lizzate dei filistei di una data epoca che si di-
cono materialisti. |
Lo scopo dell’autore — I’« analisi meccani-
ca dei fenomeni della vita » (p. 1, prefazione)
— rimanda all’ultimo capitolo del V All gemerne
Physiologie.
cfr. p. 9
definizione
di « En-
zyme
fruttuosità, fecondità ( n.d.t .).
234
LENIN
Invece di «proteina vivente» (p. 25), no-
zione che sarebbe poco chiara, invece di « mo-
lecola proteica vivente » ( « poiché la molecola
non può esser vivente»), l’autore propone di
parlare di « Biogenmolekul » (p. 25).
La trasformazione del chimico nel vi-
vente: ecco dove sta, evidentemente, la
sostanza della questione. Per muoverci
liberamente tra queste novità ancora oscu-
re e ipotetiche, abbasso il « materiali-
smo », abbasso le vecchie idee ( « mole-
cola ») che c’« impacciano », diamo nuovi
nomi (biogeno) per cercare piu libera-
mente nuove cognizioni! NB. Sul proble-
ma delle fonti e dei motivi vitali che sol-
lecitano l’« idealismo » contemporaneo
nella fisica e nelle scienze naturali in ge-
nere.
RIASSUNTO DEL «LEIBNIZ»
DI FEUERBACH 71
Ludwig Feuerbach, Sàmtliche Werke, v. IV,
1910: Darstellung, Enttvicklung uni Kritik der
leibnizschen Pbilosophie.
Nella brillante presentazione di Leibniz so-
no da notare alcuni passi particolarmente rile*
vanti (il che non è facile, giacché tutto — ossia
la prima parte (§§ 1-3) — è cosa molto rile-
vante), nonché le aggiunte del 18 47 .
Feuerbach ha scritto il
Leibniz nel 1836, quan-
do era ancora idealista.
Ì § 20
§ 21
e singoli
passi sono
del 1847
p. 27: il tratto che differenzia Leibniz da
Spinoza: in Leibniz al concetto di sostanza si
aggiunge il concetto di forzane
cioè di forza attiva »... il principio di « attività
spontanea » ( 29 ) .
Ergo, attraverso la teologia Leibniz si
è accostato al principio della connessio-
ne inscindibile (e universale, assoluta)
tra materia e movimento. Cosi, sembra,
è da intendere Feuerbach?
p. 32: « L'essenza di Spinoza è Tiinità; quel-
la di Leibniz è la differenza, la distinzione ».
p. 34: La filosofia di Spinoza è un tele -
scopio , quella di Leibniz un microscopio n .
238
LENIN
« II mondo di Spinoza è un vetro acroma-
tico della divinità, un medium attraverso cui
vediamo soltanto l’incolore luce divina della
sostanza unica; il mondo di Leibniz è un cri-
stallo sfaccettato, un brillante, che, per la sua
originale essenza, tramuta la semplice luce del-
la sostanza in una ricchezza infinitamente poli-
croma e al tempo stesso la oscura » (sic!).
p. 40: « La sostanza corporea non è quindi
per Leibniz, come per Descartes, una massa
soltanto estesa, morta, messa in moto dall’ester-
no, ma, come sostanza , ha in sé stessa una forza
attiva, un irrequieto principio di attività ».
Per questo, senza dubbio, anche Marx
stimava Leibniz 73 , a dispetto dei suoi, di
Leibniz, tratti « lassalliani » e delle sue
tendenze alla conciliazione nella politica
e nella religione.
NB
La monade è il principio della filosofia di
Leibniz. Individualità, movimento, anima (di
un genere particolare). Non gli atomi morti,
ma le monadi (anime di un genere partico-
lare) viventi, mobili, che riflettono in sé stesse
tutto il mondo e possiedono la capacità di
rappresentare: ecco gli « elementi ultimi »
(p. 45).
Ogni monade è diversa dall’altra.
« Sarebbe [...] del tutto in contraddizione
con la bellezza, con Tordine e con la ragione
della natura, se il principio della vita o delle
azioni intrinseche, proprie, fosse connesso sol-
tanto con una parte minima o speciale della
materia» (Leibniz, p. 45).
« Tutta la natura è quindi piena di anime,
come hanno giustamente riconosciuto i filosofi
antichi, oppure di esseri analoghi alle anime.
Con il microscopio si può infatti accertare che
esiste una moltitudine di esseri viventi, non
« LEIBNIZ »
239
visibili a occhio nudo, e che esistono piu anime
che non granelli di sabbia e atomi » ( Leibniz,
p. 45).
Cfr. gli elettroni!
Proprietà della monade: Vorstellung, Reprà-
sentation.
« Ma la Vorstellung stessa è soltanto la Re-
pràsentation (riproduzione e raffigurazione) del
complesso o dell’esteriore, cioè del molteplice,
nel semplice »... o ... « lo stato transitorio che
nell’unità, o nella sostanza semplice, contiene
e riproduce la molteplicità » ( Leibniz , p. 49)
— verworrene * (p. 50) (konfuse, p. 52)
Vorstellung nella monade — (anche nell’uomo
vi sarebbero molti sentimenti inconsapevoli,'
verworrene, ecc.).
Ogni monade è « un mondo per sé, una
unità autosufficiente » ( Leibniz , p. 55).
« Un misto di rappresentazioni confuse: ec-
co che cosa sono i sensi, ecco che cos’è la ma-
teria » (Leibniz, p. 58)... «La materia è quin-
di il nesso delle monadi» (Ibidem)...
Mia libera riesposizione:
Monadi = anime di un genere parti-
colare. Leibniz = idealista. La materia
è qualcosa come un’alienazione dell’anima
o una gelatina che unisce le monadi me-
diante un nesso mondano, corporeo.
« [...] la realtà assoluta sta soltanto nelle
monadi e nelle loro rappresentazioni » (Leib-
niz, p. 60). La materia è soltanto fenomeno .
« La chiarezza è soltanto spirito » (p. 62)
... la materia è invece « oscurità e illibertà »
(64).
* indistinta ( n.d.t .).
240
LENIN
NB
Leibniz è
vissuto:
1646-1716
Lo spazio è « in sé un che di ideale » (Leib-
niz, pp. 70-71).
... « Il principio materiale della diversità
della materia è il movimento» (72)...
« Ancor meno esiste nella natura materiale
uno spazio vuoto, come vogliono Newton e i
suoi seguaci. La pompa pneumatica non dimo-
stra affatto resistenza di un vuoto, poiché il
vetro ha pori attraverso cui possono passare
materie sottili d’ogni specie » ( Leibniz , 76-77).
« La materia è un fenomeno » ( Leibniz,
78). «L’essere per sé della monade è la sua
anima, il suo esser per Taltro è la materia »
(Feuerbach, 78). L’anima umana è la monade
centrale, superiore, l’entelechia, ecc., ecc.
« E quindi ogni corpo è toccato da ciò che
avviene nell’universo» (Leibniz, 83).
« La monade rappresenta tutto l’universo »
(Leibniz, 83).
« La monade, non ostante la sua indivisi-
bilità, è dotata di un impulso complesso, cioè
di una molteplicità di rappresentazioni in sé,
che aspirano ognuna alle proprie particolari
modificazioni e che, per effetto della loro so-
stanziale connessione con tutte le altre cose,
sono al tempo stesso in essa »... « L’individua-
lità contiene in sé, come in embrione, l’infini-
to » (Leibniz, 84).
C’è qui una dialettica di un genere
particolare e anche molto profonda, non
ostante l’idealismo e il pietismo.
« Tutto nella natura è analogico » ( Leib-
f niz, 86).
« Nella natura non vi è in generale niente
di assolutamente discreto; tutte le opposizioni,
tutti i limiti di spazio e di tempo e di genere
svaniscono dinanzi alla continuità assoluta, di-
nanzi alla connessione infinita dell’universo »
(Feuerbach, 87).
« LEIBNIZ »
241
« La monade è toccata e colpita da ciò che
avviene nel mondo, per effetto della sua ori-
ginale natura, ch’è fatta di soli nervi, e non
di carne e sangue »... non di meno « essa non
è uno dei personaggi, ma solo una spettatrice
del dramma del mondo. E proprio qui sta il
difetto principale delle monadi » ( Feuerbach,
90).
Accordo di anima e corpo: harmonie préé-
tablie da Dio.
«Il lato debole di Leibniz» (Feuer-
bach, 95) 74 .
« L’anima è una specie di automa spiri-
tuale » (Leibniz, 98). (Lo stesso Leibniz ha
detto una volta che il passaggio dall’occasiona-
lismo alla sua filosofia è ben facile, Feuerbach,
100.) Ma in Leibniz questo viene dedotto dal-
la «natura dell’anima» (101)...
Nella Teodicea (§ 17) Leibniz ripete in
sostanza l’argomento ontologico dell’esistenza
di Dio.
Leibniz ha criticato l’empirismo di Locke,
nei suoi Nouveaux essati sur Ventendement , di-
cendo che nihil est in intellectu, ecc. nisi intei-
lectus ipse (!) (152).
(Anche Feuerbach, nella prima edizione,
critica Locke idealisticamente.)
Il principio delle « verità necessarie » è
«/« noi» (Leibniz, 148).
Cfr. idem in Kant
Sono in noi le idee di sostanza, di muta-
mento, ecc. (Leibniz, 150).
« Essere determinato verso il meglio me-
diante la ragione è il grado più alto della li-
bertà » (Leibniz, 154).
16-639
242
LENIN
trapasso
verso Kant
derisione
di
Kant
« La filosofia di Leibniz è idealismo »
(Feuerbach, 160), ecc. ecc.
... « Il politeismo gioioso e pieno di vita
della monadologia di Leibniz è trapassato nel
monoteismo severo, ma perciò piu intenso e
spirituale, dell* ” idealismo trascendentale ” »
(Feuerbach, 188).
I pp. 188-220: aggiunte del 1847 . I
p. 188: «Filosofia idealistica, aprioristica»...
« Ma, senza dubbio, ciò che per l’uomo è
un aprìorì per il filosofo è invece un aposteriori ;
perché, una volta che l’uomo abbia raccolto
esperienze e le abbia unificate in concetti uni-
versali, è naturalmente in condizione di enun-
ciare "giudizi sintetici apriori’’. E quindi ciò che
per un’età precedente è una cosa di esperienza
diviene per un’età posteriore una cosa di ragione
Cosi, Telettricità e il magnetismo erano
un tempo proprietà empiriche, cioè qui acci-
dentali, e percepite nei singoli corpi, mentre
oggi, per effetto di osservazioni piu ampie, sono
divenute proprietà di tutti i corpi, sono divenute
proprietà essenziali del corpo [...]. Quindi sol-
tanto dal punto di vista della storia dell’umanità
si può dare una risposta positiva alla questione
dell’origine delle idee» (191-192)...
L’anima non è cera, non è una tabula rasa...
« Per produrre la rappresentazione bisogna ag-
giungere qualcosa di diverso dall’oggetto, e sa-
rebbe perciò una vera stoltezza, se io volessi
derivare dall’oggetto questo diverso che fonda
Tessere proprio della rappresentazione. Ma che
cos’è allora questo diverso? La forma dell’uni-
versalità; giacché persino l’idea individuale, o
rappresentazione, è, come osserva Leibniz, quan-
to meno nei riguardi dell’oggetto reale indivi-
duale, un che di generale, ossia nella fattispe-
cie un che di indeterminato, di indifferente alle
distinzioni, di distruttivo. La sensibilità è mas-
« LEIBNIZ »
243
sieda, acritica, lussureggiante, mentre ridea, la
rappresentazione, è limitata soltanto all'univer-
sale e al necessario» (192).
« L’idea fondamentale dei Nouveaux essais
sur Ventendement humain , come della Critica
della ragion pura , è quindi questa: V un iv e r -
salita e la da essa inseparabile
necessità esprimono la natura propria
dell’intelletto o dell’essere capace di rappresen-
tazioni, e non possono pertanto provenire dai
sensi, o dall’esperienza, cioè qui dall’esterno »
(193)...
Quest’idea si trova già nei cartesiani: Feuer-
bach cita Clauber g 75 del 16 5 2 .
« Indubbiamente, quest’assioma » (che il
tutto è maggiore della parte) « deve la sua cer-
tezza non all’induzione, ma all’intelletto, in
quanto l’intelletto non ha in generale altro sco-
po e destinazione se non di generalizzare i dati
dei sensi, per esimerci dalla tediosa fatica della
ripetizione, per anticipare, sostituire ed econo-
mizzare l’esperienza sensibile e l’intuizione. Ma
forse che l’intelletto fa questo di testa propria,
senza che ve ne sia alcun fondamento nel sen-
so? Il caso singolo, da me percepito sensibil-
mente, è forse singolo in abstractoì Non è
esso qualitativamente determinato? E in que-
sta qualità non vi è forse una identità dei sin-
goli casi percepibile dal senso? Forse che
il senso mi mostra soltanto foglie, e non anche
alberi? [...] Non esiste forse il senso dell’iden-
tico, del simile e del dissimile? Per i miei
sensi non c’è forse differenza tra bianco e nero,
giorno e notte, ferro e legno? [...] Non è il
senso l’incondizionata affermazione di ciò che
è? E quindi la suprema legge del pensiero, il
principio di identità, non è forse anche una
legge della sensibilità? E non poggia forse que-
sta legge del pensiero sulla verità dell’intuizione
sensibile?» (193-194)...
Leibniz
e Kant
la necessità
è in s e -
parabile
dall'univer-
salità
NB
kantismo = vec-
chio ciarpame
NB
16 -
244
LENIN
bien
dit!
NB
bien
dit!
Leibniz nei Nouveaux essais: « La généra-
lité consiste dans la ressemblance des choses
singulières entre elles, et cette ressemblance
est une réalité » (libro III, capitolo 3, § 12).
« Ma non è forse questa rassomiglianza una
verità sensibile? Gli esseri che l’intelletto in-
clude in una classe, in un genere non affèttano
forse il mio senso in modo identico o simile?
[...] Per il mio senso sessuale — un senso che
assume grande importanza anche* teorica, ben-
ché venga per solito trascurato nella dottrina
dei sensi — non c’è forse differenza tra una
femmina animale e una femmiica umana? Quale
è allora la differenza tra l’intelletto e il senso
o facoltà di sensazione? Il senso dà la cosa ,
ma l’intelletto ne dà il nome. Nell’intelletto
non vi è niente che non sia già nel senso, ma
ciò che nel senso è di fatto sta invece nell’in-
telletto solo di nome. L’intelletto è l’essere
supremo, il reggitore del mondo; ma solo di
nome, e non di fatto. Che cos’è il nome? Un
tratto differenziale, un segno vistoso, che io
tramuto in carattere, in rappresentante dell’og-
getto, per presentarlo a me stesso nella sua to-
talità » (195).
« Il senso altrettanto bene dell’intelletto mi
dice che il tutto è maggiore della parte; però
non me lo dice con parole, ma con esempi,
come quando si afferma, poniamo, che il dito
è più piccolo della mano» (196-197)...
« La certezza che il tutto è maggiore della
parte non dipende quindi in verità dal senso.
Da che cosa dipende allora? Dalla parola ” tut-
to Nella proposizione: il tutto è maggiore
della parte non si dice niente di più di ciò che
la parola ” tutto ” dice di per sé » (197)...
... « Leibniz, invece, in quanto idealista e
spiritualista, converte il mezzo in fine, la nega-
zione della sensibilità in essenza dello spirito »
(198)...
... « Ciò che ha coscienza di sé esiste ed è
«r LEIBNIZ »
245
e si chiama anima. Noi ci convinciamo quindi
dell’esistenza della nostra anima prim’ancora di
esserci convinti dell’esistenza del nostro corpo.
Senza dubbio il primo è la coscienza, ma è il
primo soltanto per me, non in sé stesso. Nel
senso della mia coscienza io esisto perché sono
cosciente ; ma nel senso della mia vita io sono
cosciente perché esisto. Chi dei due ha ragione?
Il corpo, cioè la natura, o la coscienza, cioè io?
Io, naturalmente; come infatti potrei dar torto
a me stesso ? Ma nel fatto posso forse separare
dal mio corpo la coscienza e pensarla per sé
stessa? » (201)...
... « il mondo è oggetto dei sensi e oggetto
del pensiero » (204).
« In un oggetto sensibile l’uomo distingue
l’essere, come è realmente, quale oggetto dei
sensi, dall’essere come è nel pensiero, in quanto
astratto dai sensi. Il primo lo chiama esistenza
o anche individuo , il secondo essenza o genere.
L’uomo definisce l’essenza come un che di ne-
cessario e di eterno, — poiché, pur quando
un essere sensibile scompaia dal mondo dei
sensi, esso permane tuttavia come essenza pen-
sata o rappresentata, — e definisce l’esistenza
come un che di accidentale e transitorio »
(205)...
... « Leibniz è cristiano a metà ; egli è teista
o cristiano e naturalista. Leibniz delimita la
bontà e onnipotenza di Dio con il sapere, con
l’intelletto; ma quest’intelletto è soltanto un
gabinetto di scienze naturali, la rappresentazio-
ne della connessione della natura, dell’insieme
del mondo; egli delimita quindi il suo teismo
con il naturalismo ; egli afferma e difende il
teismo con ciò che lo toglie» (215)...
p. 274 (dall’aggiunta del 1847):
« Quanto si è discorso dell’inganno dei sen-
si, e quanto poco di quello della lingua, da cui
11 pensiero è altresì inseparabile! Ma quanto
246
LENIN
rozzo è l’inganno dei sensi e quanto raffinato
è, invece, l’inganno della lingua! Quanto a lun-
go mi ha portato per il naso l’universalità
della ragione, l’universalità dell’io fichtiano e
hegeliano, prima che, con l’aiuto dei miei cin-
que sensi, potessi infine capire, salvandomi l’ani-
ma, che tutte le difficoltà e tutti gli enigmi del
logos, inteso come ragione, trovano la loro so-
luzione nel significato della parola! Ecco per-
ché il detto di Haym: ”la critica della ragione
deve diventare critica della lingua ”, è un detto
che nel riguardo teorico mi sgorga dall’anima.
Quanto poi all’opposizione tra me, come essere
senziente e personale, e me, come essere pen-
sante, essa si riduce, nel senso di questa anno-
tazione e della dissertazione citata» 76 (dello
stesso Feuerbach) , « alla crassa opposizione per
cui nel sentire io sono individuale e nel pensare
sono universale. Ma io non sono nella sensa-
zione meno universale di quanto sia individuale
nel pensiero. L’accordo nel pensiero poggia sul-
l’accordo nella sensazione» (274).
« Ogni socialità poggia sulla premessa
della similarità delle sensazioni tra gli uomi-
ni » (274).
Spinoza und Herbart (1836): pp. 400 sgg.
Difesa di Spinoza dai triviali attacchi del
« moralista » Herbart.
Si sottolinea l’oggettivismo di Spinoza, ecc,
NB.
Verhàltnis zu Hegel (1840 e spàter): pp.
417 sgg.
In modo non molto chiaro e frammen-
tario si sottolinea che è stato un discepolo
di Hegel.
«r LEIBNIZ *
247
Dalle annotazioni:
« Che cos e una dialettica la quale sia in
contraddizione con la nascita e lo sviluppo na-
turale? Dove sta la sua ” necessità ” »... (431).
Herr von Schelling (1843). Lettera a Marx
(434 sgg.) 77 . Secondo la minuta. Demolizione
di Schelling.
Fine del IV volume.
RIASSUNTO DELLE «LEZIONI SULLA
STORIA DELLA FILOSOFIA » DI HEGEL 7 '
Hegel, Werke> vv. XIII-XV, Berlin, 1833-36:
Vorlesungen ùber die Geschichte der Philosophie
Introduzione
p. 37 ... « Se il vero è astratto, allora non
è vero. La sana ragione umana aspira al con-
creto [...]. La filosofia è massimamente ostile
all’astratto e riconduce al concreto »...
p. 40: paragone della storia della filosofia
con un circolo , « che ha alla propria
periferia una grande moltitudine di altri cir-
coli »...
... Affermo « che la successione dei sistemi
filosofici nella storia è identica alla successione
delle determinazioni concettuali dell’idea nella
deduzione logica. Affermo che, se i concetti
fondamentali dei sistemi manifestatisi nella sto-
ria della filosofia vengono assolutamente
spogliati di quanto si riferisce alla loro
configurazione esterna, alla loro applicazione al
particolare, ecc., si ottengono i diversi stadi del-
la determinazione dell’idea stessa nel suo con-
cetto logico.
« Se si prende, al contrario, la progressione
logica per sé, vi si ritrova, nei suoi momenti
Un paragone mol-
to profondo e pre-
ciso!! Ogni sfu-
matura del pensie-
ro = un circolo
sul grande circo-
lo (sulla spirale)
dello sviluppo del
pensiero umano in
generale
NB
252
LENIN
principali, la progressione dei fenomeni storici;
ma, naturalmente, bisogna saper riconoscere
questi concetti puri in ciò che la forma storica
contiene» (43).
p. 56: sarcasmo sul correre dietro alla mo-
da, dietro a coloro che sono disposti a « auch
jedes Geschwoge (?) fiir eine Philoso-
phie auszuschreien » *. pp. 57-58: eccellente in
favore di una rigorosa storicità nella storia della
filosofia, perché non si ascriva agli antichi uno
« sviluppo » delle loro idee tale che, se riesce
comprensibile a noi, di fatto non era ancora
presente presso gli antichi.
In Talete, per esempio, non c’è ancora il
concetto di (come principio ), non c’è
ancora il concetto di causa ...
... « Cosi vi sono, per esempio, interi po-
poli che non possiedono ancora questo con-
cetto » (di causa); «per questo si richiede un
alto grado di sviluppo» (58)...
Arciprolisso, vuoto e noioso sui rap-
porti tra filosofia e religione. In generale,
un’introduzione di circa 200 pagine: im-
possibile 1 !
* «prodamare filosofia anche ogni chiacchiera (?)» ( rt.d.t .).
Primo volume della Storia della filosofia
Filosofia degli ioni
«Anassimandro» (610-547 avanti Cristo)
« faceva derivare Tuomo da un pesce » (213).
Pitagora e i pitagorici
... « sono quindi determinazioni aride, sen-
za processo, non dialettiche, inerti» (244)...
Il discorso verte sulle idee universali
nei pitagorici: « numero » e suo signifi-
cato, ecc. Ergo: questo è detto a proposito
delle idee primitive dei pitagorici, della
loro filosofia primitiva; le « determinazio-
ni » della sostanza, delle cose, del mondo
sono in loro « aride, senza processo (mo-
vimento), non dialettiche ».
definizione
negativa del-
la dialettica
Ricercando prevalentemente la dialettica nel-
la storia della filosofia, Hegel riferisce I ragio-
namenti dei pitagorici: ... « Tunità aggiunta al
pari dà il dispari» (2 + 1 = 3), «aggiunta
al dispari dà il pari » ( 3 4- 1 = 4 ) ; « essa »
(Eins) «ha la proprietà di rendere gerade [ =
pari] e quindi deve essere essa stessa pari.
254
LENIN
( « armonia del
cosmo »)
rapporto di
soggettivo
e oggettivo
L’unità contiene dunque in sé le diverse de-
terminazioni » ( 246 ) .
L’armonia musicale e la filosofia di Pitagora:
... « Pitagora ha rivendicato aU’intelIetto e
conquistato per esso con salda determinazione
il semplice senso soggettivo dell’udito, ma che
in sé stesso è nel rapporto » (262).
pp. 265-266: movimento dei corpi celesti;
sua armonia; l’armonia per noi non udibile delle
sfere celesti che cantano (nei pitagorici):
Aristotele, De coelo, II, 13 (e
« I pitagorici hanno posto nel centro il fuo-
co e considerato la terra come una stella gra-
vitante in circolo intorno a questo corpo cen-
trale »... Ma questo fuoco non era per loro il
sole... « In questo punto essi non si attengono-
all’apparenza dei sensi, ma alle ragioni [...]•
Queste dieci sfere »
dieci sfere o orbite o movimenti di dieci
pianeti: Mercurio, Venere, Marte, Giove,
Saturno, Sole, Luna, Terra, Via lattea e
Gegenerde * ( — antipodo? ) , inventata
per ottenere « il numero pari », il dieci
« emettono, come tutto ciò che si muove, un
rumore, diverso per ciascuna sfera, a seconda
della diversa grandezza e velocità. Quest’ultima
è determinata dalle diverse distanze, che stanno
tra loro in un rapporto armonico, secondo gli
intervalli musicali; nasce di qui un accordo ar-
monico (musica) delle sfere in movimento
(cosmo) »...
allusione alla
struttura della
materia!
* Antitcrra ( n.d.t .).
« STORIA DELLA FILOSOFIA »
255
A proposito dell’anima i pitagorici ritene-
vano che « die Seele sei: die Sonnenstàubchen» *
( = granello di polvere, atomo) (p. 268) (Ari-
stotele, De anima , I, 2).
Nell’anima sette circoli (elementi) come nel
cielo®. Aristotele, De anima, , I, 3: p. 269.
funzione del pul-
viscolo (nel rag-
gio solare) nella
filosofia antica
pitagorici: « con-
getture », fantasie
sull’affinità di ma-
crocosmo e micro-
cosmo
E qui anche le favole che Pitagora (deri-
vando dagli egiziani la dottrina dell’immortalità
e della trasmigrazione dell’anima) avrebbe rac-
contato di sé: la sua anima sarebbe vissuta per
207 anni in altri uomini, ecc., ecc. (271).
NB: connessione di germi di pensiero
scientifico e di fantasie di tipo religioso
e mitologico. E oggi? La stessa cosa, la
stessa connessione, pur se è diversa la
proporzione tra scienza e mitologia.
Ancora sulla teoria dei numeri di Pitagora.
« I numeri, dove mai sono? Separati dallo
spazio, vivono forse per sé nel cielo delle idee?
I numeri non sono immediatamente le cose
stesse; una cosa, una sostanza, è infatti ben di-
versa da un numero: un corpo non ha alcuna
rassomiglianza con esso », p. 254.
Citazione | da A ristotele? Metafisica ,
I, 9, no? da Sesto Empirico? Non è c hiaro |.
NB
pp. 279-280: i pitagorici ammettono 1* e t e -
re ( « Un raggio di sole penetra attraverso
il denso e gelido etere», ecc.).
* « che Vanima sia : il pulviscolo solare » (n.d.t.).
256
LENIN
Cosi, la congettura dell’etere
esiste da migliaia di anni ed è tuttora una
congettura. Ma oggi vi sono mille volte
piu cunicoli che portano alla soluzione del
problema, alla determinazione scientifica
dell’etere.
La scuola eleatica
che cos’è la
dialettica?
(a)
(?)
Parlando della scuola eleatica, Hegel parla
della dialettica :
... « Troviamo qui [in der eleatischen Schu-
le] l’inizio della dialettica, cioè del puro movi-
mento del pensiero in concetti; e quindi anche
l’opposizione tra il pensiero e il fenomeno o
essere sensibile: .l’opposizione tra ciò che è in
sé e l’essere-per-altro di questo in sé; e, nel-
l’essenza oggettiva, la contraddizione che essa
ha in sé (la dialettica vera e propria) » (280).
Vedi la pagina seguente 81 .
Hegel sulla
dialettica
(vedi la
p. preceden-
te)
Qui si danno in sostanza due determina-
zioni (due denotazioni, due tratti caratteristici;
Bestimmungen, keine Definitionen * ) della dia-
lettica:
a) il «puro movimento del pensiero in
concetti »;
P) «nell’essenza» (stessa) «oggettiva»
(chiarire) (scoprire) « la contraddizione che es-
sa [questa essenza] ha in sé stessa: la d i a-
l e t t i c a vera e propria».
In altre parole questo « frammento » di He-
gel è da rendere come segue:
determinazioni, non definizioni ( n.d.t .).
« STORIA DELLA FILOSOFIA »
257
La dialettica in generale è il « puro movi-
mento del pensiero in concetti » ( cioè, per
parlare senza la mistica defi 'idealismo: i con-
cetti umani non sono immobili, ma eternamente
in movimento, trapassano l’uno neiraltro, ri-
fluiscono l’uno nell’altro, senza di che non ri-
specchiano la vita vivente. L’analisi dei concetti,
il loro studio, P«c arte di operare con essi *
(Engels) °, impone sempre lo studio del mo-
vimento dei concetti, della loro connessio-
ne, dei loro passaggi reciproci).
In particolare, la dialettica è lo studio del-
l’opposizione della cosa in sé (an sich),
dell’essenza, del sostrato, della sostanza al
fenomeno, all ’« esser e-per-altro ». (Anche qui
vediamo il trapassare, il rifluire dell’uno nel-
l’altro: l’essenza appare. L’apparenza è essen-
ziale.) II pensiero dell’uomo si approfondisce
infinitamente nel passaggio dal fenomeno al-
l’essenza, dall’essenza, per così dire, di primo
ordine all’essenza di secondo ordine, ecc., senza
fine.
La dialettica vera e propria è Io studio della
contraddizione nelVessenza stessa degli oggetti :
non soltanto le apparenze, ma anche le essen-
zialità delle cose sono transeunti, mobili, fugaci,
separate da limiti solo convenzionali.
Sesto Empirico espone come segue la posi-
zione degli scettici:
« Se supponiamo che in una casa, in cui si
trovano molti oggetti preziosi, alcuni penetrino
di notte per cercarvi oro, ognuno di essi po-
trebbe credere di averne scoperto, ma non po-
trebbe tuttavia saperlo per certo, pur se l’avesse
davvero trovato. I filosofi entrano del pari in
questo mondo, come in una grande casa, in
cerca della verità, ma, quand'anche la raggiun-
gano, non potrebbero tuttavia sapere di averla
raggiunta» (288-289)...
un paragone
seducente...
17-639
258
LENIN
gli dèi a
immagine
dell’uomo
dialettica
dialetti-
ca ogget-
tiva
Senofane (l’eleate) diceva:
« Se i buoi e i leoni avessero mani per
creare, come gli uomini, opere d’arte, ritrarreb-
bero gli dèi e darebbero loro un corpo come la
figura che essi stessi hanno » (289-290)...
« La peculiarità di Zenone è la dialettica »...
«Egli è [...] l’iniziatore della dialettica» (302)...
... « In Zenone troviamo parimente la vera
dialettica oggettiva » ( 309 ) .
(310: sulla confutazione dei sistemi filoso-
fici: « Il falso non dev’essere esibito come falso
solo perché è vero l’opposto, ma in sé stesso »... )
«La dialettica in generale è: a) dialettica
esterna, in cui questo movimento è diverso dal-
l’insieme del movimento stesso; jì) un movi-
mento non della nostra intellezione soltanto,
ma dimostrato dall’essenza della cosa stessa,
cioè dal concetto puro del contenuto. Quella
è una maniera di considerare gli oggetti per
cui si rivelano in essi ragioni e lati così che
diventa incerto tutto ciò che sembrava certo.
Queste ragioni possono anche essere affatto
esteriori, e di questa dialettica parleremo più
a lungo a proposito dei sofisti. L’altra dialettica
consiste, invece, nella considerazione immanen-
te dell’oggetto: questo viene preso per sé, sen-
za presupposti, idea, dover essere, non secondo
rapporti, leggi, ragioni esteriori. Ci si trasferisce
interamente nella cosa, si considera l’oggetto sol-
tanto in sé e lo si prende secondo le determi-
nazioni che esso possiede. In tale considerazione
poi rivela esso » (er: sic! ) « da sé di contenere
determinazioni opposte e quindi si toglie; questa
dialettica la troviamo prevalentemente presso
gli antichi. La dialettica soggettiva, che ragiona
secondo motivi estrinseci, è pur generosa quan-
do ammette che ” nel giusto c’è anche l’ingiu-
sto e nel falso c’è anche il vero ”, La vera
dialettica non lascia invece alcun residuo del
suo oggetto, così che questo risulti difettoso
« STORIA DELLA FILOSOFIA »
259
anche per un solo lato, ma risolve l’oggetto
secondo la sua intera natura» (311)**.
Sul « principio dello sviluppo » nel XX se-
colo (ma anche alla fine del secolo XIX) « con-
cordano tutti ». Si, ma questa « concordanza »
superficiale, non meditata, casuale, filistea è
uno di quegli accordi con cui si soffoca e si
volgarizza la verità. Se tutto si sviluppa, vuole
dire che ogni cosa trapassa nell’altra, poiché
notoriamente lo sviluppo non è una semplice,
universale ed eterna crescita, un aumento (re-
spective diminuzione), ecc. Se questo è vero,
bisogna anzitutto concepire più esattamente
l’evoluzione come nascita e distruzione di ogni
cosa, come trapasso reciproco. E, inoltre, se
tutto si sviluppa, questo vale anche per
i concetti e le categorie più generali del pen-
siero? Se cosi non è, vuol dire che il pensiero
non è legato con l’essere. Se è cosi, vuol dire
invece che esiste una dialettica dei concetti e
una dialettica della conoscenza, che ha signifi-
cato oggettivo. #
Sul problema del-
la dialet-
tica e del suo
significato ogget-
tivo...
I. principio # Inoltre, il principio universale
dello svi- dello sviluppo deve essere con-
luppo giunto, collegato, connesso con
ir principio universale dell 'uni-
li. principio t à del mondo , della na-
dell’unità tura, del movimento, della ma-
teria, ecc.
NB
... « Zenone ha sottoposto alla dialettica og-
gettiva soprattutto il movimento »...
... « il movimento è esso stesso la dialettica
di tutto ciò che è »... Zenone non ha pensato
di negare il movimento come « certezza sensi-
bile »; la questione verteva soltanto « nach ihrer
[del movimento] Wahrheit » (sulla verità del
movimento) (313). E, nella pagina successiva,
NB
questo si può e
si deve r o -
vesc tare :
non si tratta di
sapere se esista
17
260
LENIN
il movimento, ma
come bisogni espri-
merlo nella logica
dei concetti
Non è male! Di
dove ì presa la
continuazione del-
l’aneddoto?
In Diogene Laer-
zio, VI, $ 39, e
in Sesto Empirico,
in, 8 (Hegel, p.
314) non c’è 0 .
L’ha inventata
Hegel?
narrando l’aneddoto secondo coi Diogene poiché noi non conoscia-
mo mai completamente il concreto. La
somma infinita dei concetti generali, delle
leggi, ecc. dà il concreto nella sua pienezza.
Il movimento della conoscenza verso
l’oggetto può sempre procedere solo dia-
letticamente: allontanarsi per colpire me-
glio, recider pour mieux sauter ( savoir? ) .
Linee convergenti e divergenti: circoli che
si toccano l’un l’altro. Knotenpunkt * =
prassi dell’uomo e della storia umana.
( Prassi = criterio della coincidenza di
uno degli infiniti lati del reale.
NB
dialettica
della
conoscenza
NB
NB
Questi Knotenpunkte rapprésentano
una unità di contraddizioni, in cui essere
e non essere, come momenti dileguantisi,
coincidono per un attimo nei momenti
dati del movimento ( = della tecnica, del-
la storia, ecc.).
* Punto nodale {n.d.t.).
282
LENIN
la « vuota
dialettica »
per Hegel
NB
la « vuota
dialettica »
NB
NB
oggettivismo
Esaminando la dialettica di Platone, Hegel si
studia ancora una volta di mostrare la diffe-
renza tra la dialettica soggettiva, sofistica, e la
dialettica oggettiva:
« Che tutto è uno lo diciamo di ogni cosa:
” essa è questo uno, e al tempo stesso mostria-
mo in essa la molteplicità, molte parti e pro-
prietà ma qui si dice: ” essa è una sotto un
rispetto affatto diverso da quello in cui è mol-
teplice noi non riuniamo questi pensieri.
Cosi la rappresentazione e il discorso non fan-
no che passare dalPuno all’altro, e viceversa.
Se questo andirivieni lo si fa consapevolmente,
si ha la vuota dialettica che non connette gli
opposti e non perviene all’unità» (232).
Platone nel Sofista :
« Il difficile e il vero sta nel far vedere che
ciò che è l’altro è lo stesso, e che ciò che è lo
stesso è un altro, e precisamente sotto uno
stesso riguardo» (233).
« Ma noi dobbiamo renderci conto che pro-
prio il concetto non è soltanto rimmediato nel-
la verità, benché sia il semplice, ma esso è di
una semplicità spirituale, è essenzialmente il
pensiero ritornato in sé (immediato è soltanto
questo rosso, ecc.): né che esso è solo ciò che
si riflette in sé, una cosa della coscienza, ma
è anche in sé, cioè essenza oggettiva » (245)...
Il concetto non è un che di immediato
( sebbene il concetto sia una cosa « sem-
plice », ma questa semplicità è « spiri-
tuale », è la semplicità dell’idea); im-
mediata è soltanto la sensazione del « ros-
so » (« questo rosso »), ecc. Il concetto
non è « solo una cosa della coscienza »,
ma è Y essenza dell'oggetto
(gegenstàndliches Wesen), è qualche cosa
an sich, « in sé ».
« STORIA DELLA FILOSOFIA »
283
« Platone non ha enunciato in modo tanto
determinato questa concezione della natura del
concetto » (245)...
Hegel si dilunga minuziosamente sulla
« filosofia della natura » di Platone, sul-
Parciassurdo misticismo delle idee, come:
« i triangoli sono l'essenza delle cose sen-
sibili » ( 265 ) e analoghe mistiche assur-
dità. Questo è molto caratteristico! Il
mistico-idealista-spiritualista Hegel ( co-
me tutta la filosofia ufficiale, clerico-idea-
listica del nostro tempo) esalta e rima-
stica il misticismo-idealismo nella storia
della filosofia, ignorando e trattando con
noncuranza il materialismo. Cfr. Hegel
su Democrito: nil! ! Su Platone un subisso
di lungaggini mistiche.
idealismo
e misticismo
in Hegel
(e in Platone)
Parlando della repubblica di Platone e del-
Popinione corrente che la ritiene una chimera,
Hegel ripete la sua tesi preferita:
... « ciò eh 'è reale è razionale. Bisogna però
saper distinguere che cosa sia effettivamente
reale; nella vita quotidiana tutto è reale: ma
esiste una differenza tra il mondo fenomenico
e la realtà» (274)...
il reale è
razionale
Filosofia di Aristotele
Sarebbe sbagliata l’opinione corrente che
ravvisa nella filosofia di Aristotele il « reali-
smo» (299) (idem p. 311: «empirismo»),
a differenza dell * idealismo di Platone. ((Qui
Hegel di nuovo tira a forza dentro l'idealismo
molte cose.))
284
LENIN
NB
NB
( (basta
rovesciare) )
appunto!
Hegel ha mutilato
del tutto la critica
delle « idee » pla-
toniche in Aristo-
tele
Quando un idea-
lista critica i prin-
cipi dell'idealismo
di un altro ideali-
sta, se ne avvan-
taggia sempre il
materialismo. Cfr.
Aristotele versus
Platone, ecc. He-
gel versus Kant,
ecc.
Esponendo la polemica di Aristotele con
la dottrina platonica delle idee, Hegel ne oc-
cui t a i tratti materialistici (pp. 322-32}
e sgg.).
Si è tradito : « L’elevazione di Ales-
sandro » ( Alessandro il macedone, discepolo di
Aristotele) « all’altezza di un Dio » « non deve
stupire»: « in generale, Dio e uomo non sono
cosi distanti tra loro» (305)...
Hegel ravvisa l’idealismo di Aristotele nel-
la sua idea di Dio (326). ((Naturalmente,
questo è idealismo, ma esso è piu oggettivo e
più lontano , più generico , dell’idealismo di Pla-
tone, e perciò nella filosofia della natura piu
spesso = materialismo . ) )
La critica di Aristotele alle « idee » di
Platone è una critica all 'idealismo come
idealismo in generale:
poiché di dove vengono presi i concetti,
le astrazioni, di là proviene sia la « leg-
ge » che la « necessità », ecc. L’idealista
Hegel ha vilmente eluso il fatto che Ari-
stotele (nella sua critica delle idee di
Platone) ha minato le fondamenta del-
l’idealismo.
« Leucippo e Platone asseriscono che il mo-
vimento è eterno; ma non dicono perché »
(Aristotele, Metafisica, 12, 6-7), p. 328.
Quanto miserevolmente Aristotele
tira in ballo Dio contro il materialista
Leucippo e l’idealista Platone! In Aristo-
tele si ha qui eclettismo. Ma Hegel oc-
culta tale debolezza per amore del mi-
sticismo*.
« STORIA DELLA FILOSOFIA »
285
Il brano che segue mostra con singolare
chiarezza come Hegel occulti le debolezze del-
Tidealismo di Aristotele:
« Aristotele pensa agli oggetti, e, in quanto
sono come pensieri, essi sono nella loro verità;
questa è la loro Oliata *.
« Questo non significa tuttavia che gli og-
getti della natura siano essi stessi pensanti. Gli
oggetti sono pensati da me soggettivamente;
quindi il mio pensiero è anche il concetto della
cosa, e quest ultimo è la sostanza della cosa.
Nella natura il concetto non esiste come pen-
siero in questa libertà, in quanto esso ha carne
e sangue; questa carne e questo sangue hanno
però un’anima, e quest’anima è il loro concetto.
Aristotele riconosce ciò che le cose sono in sé
e per sé; e questa è la loro oùala. Il concetto
non esiste per sé stesso, ma è sotto il peso
deiresteriorità. La definizione corrente della
verità è: ” La verità è accordo della rappresen-
tazione con l’oggetto ”, Ma la stessa rappresen-
tazione è ancora soltanto una rappresentazione,
ingenuo!!
sostanza, essenza ( n.d.t .).
286
LENIN
e io non sono ancora affatto in accordo con
la mia rappresentazione (con il suo contenuto):
mi rappresento una casa, una trave, ma non
sono ancora questo, io e rappresentazione del-
la casa siamo un che di diverso. Solo nel pen-
siero si ha pieno accordo deiroggettivo con
il soggettivo: io sono questo [corsivo di Hegel].
Aristotele tocca quindi il punto di vista più
alto; non si può voler conoscere niente di più
profondo» (332-333).
« Nella natura » i concetti non esistono
« in questa libertà » ( nella libertà del
pensiero e della fantasia dell ’uomo!!).
« Nella natura » essi, i concetti, hanno
« carne e sangue ». Questo è eccellente!
Ma questo è anche materialismo. I con-
cetti dell’uomo sono Yantma della natura:
questa è soltanto una perifrasi mistica per
dire che nei concetti deiruomo si rispec-
chia originalmente (NB questo: original-
mente e d i al e 1 1 i c a m e n t e !!) la
natura.
Le pp. 318-337 soltanto sulla me-
tafisica di Aristotele!! Tutto ciò che dice
contro l’idealismo di Platone è omesso
nella sostanza!! In particolare, è omessa
la questione dell’esistenza fuori del-
l’uomo e dell’umanità!!! = questione del
materialismo!
cfr. Feuerbach™:
leggere nella sua
connessione il
vangelo dei sensi
= pensare
Aristotele è un empirista, ma pensante
(340). « L'empirico còlto nella sua sintesi
è il concetto speculativo» (341) (corsivo di
Hegel)...
« STORIA DELLA FILOSOFIA »
287
La coincidenza dei concetti con la « sin-
tesi », con la somma, con il compendio
dell’empiria, delle sensazioni, dei sensi è
indubbia per i filosofi di tutte le tendenze.
Di dove viene questa coincidenza? Da
Dio (io, idea, pensiero, ecc., ecc.) o dalla
natura? Engels ha ragione nella sua im-
postazione del problema 99 .
... « forma soggettiva, che costituisce l’es-
senza della filosofia kantiana» (341)...
NB
Kant
A proposito della teleologia di Aristotele:
... « La natura ha i suoi mezzi in sé stessa,
e questi mezzi sono anche fine. Questo fine
nella natura è il suo Xóyo^, il vero razionale »
(349).
... « L’intelletto non è soltanto pensiero con
coscienza. Qui vi è il concetto intero, vero,
profondo della natura, della vitalità» (348)...
«< fine » e
causa, leg-
ge, connes-
sione,
ragione
Ragione (intelletto), pensiero, coscien-
za senza natura , senza concordanza con es-
sa, è inganno = materialismo!
È ripugnante leggere come Hegel esalti
Aristotele per i « concetti veramente spe-
culativi » (373 sull’« anima » e su- molte
altre cose), dilungandosi in assurdità pa-
lesemente idealistiche ( = mistiche).
Sono omessi tutti i punti in cui
Aristotele oscilla tra idealismo e materia-
lismo!!!
A proposito delle vedute aristoteliche sul-
l'« anima » Hegel scrive:
288
LENIN
si è tradito
riguardo al
« realismo »
sensazione e
conoscenza
Aristotele si
accosta molto
vicino al
materialismo
NBH
l’idealista
in flagrante!
« Nel fatto ogni universale è reale come
particolare, singolare, come essere per altro »
(375): in altri termini, è Panima.
Aristotele, De anima , II, 5:
« La differenza [tra Empfinden e Erkennen]
sta in questo: ciò che provoca la sensazione
si trova all’esterno. La causa di ciò è che la
attività senziente si rivolge alPindividuale, men-
tre il sapere si rivolge alTunivérsale; e que-
st’ultimo è in certo modo nell’anima stessa come
sostanza. Per questo ognuno può pensare da
sé, quando vuole, mentre il sentire non dipen-
de da lui, in quanto è per ciò necessaria la
presenza di ciò che è sentito ».
Ecco il punto: aussen ist, fuori dell’uo-
mo, indipendente da lui. Questo è materialismo.
E Hegel comincia a wegzuschwatzen * proprio
questo fondamento, base, sostanza del materia-
lismo:
« Questo è il punto di vista pienamente cor-
retto sulla sensazione », scrive Hegel e spiega
che la « passività » esiste senza dubbio nella
sensazione, non importa se « soggettivamente o
invece oggettivamente; in entrambi i casi è
contenuto il momento della passività [...]. Con
questo momento della passività Aristotele non
si trova in ritardo rispetto all’idealismo; la
sensazione è da un lato sempre passiva. È un
cattivo idealismo quello che suppone che la
passività e la spontaneità dello spirito dipen-
dano dall’essere la determinatezza data interna
o esterna, quasi che la libertà fosse nella sen-
sazione, che è sempre la sfera della limitatez-
za » (377-378)!!
((L’idealista tappa la fessura che porta al
materialismo. No, non è gleichgultig ** che si
tratti di esterno o interno. Sta qui la sostanza!
« Esterno » è materialismo. « Interno » = idea-
* liquidare con chiacchiere (n.d.t.).
** indifferente (n.d.t.).
« STORIA DELLA FILOSOFIA »
289
lismo. E con la paroletta « passività », sotta-
cendo la locuzione («all'esterno») usata
in Aristotele, Hegel descrive in modo diverso
questo stesso all'esterno. Passività si-
gnifica appunto all esterno!! Hegel sostituisce
l’idealismo della sensazione con l’idealismo del
pensiero, ma pur sempre con un idea-
lismo . ) )
... « L’idealismo soggettivo dice: non si
danno cose esterne, esse sono determinazioni
di noi stessi. Nei riguardi della sensazione si
può esser d’accordo. Io sono passivo nel sen-
tire, la sensazione è soggettiva; essa è in me
un essere, uno stato, una determinazione, non
è libertà. Se la sensazione sia fuori o dentro
di me è indifferente, essa è »...
Segue il celebre paragone dell'anima con la
cera, che costringe Hegel a contorcersi come
un diavolo quando suoni il mattutino e a stre-
pitare che un tal paragone « ha ingenerato spes-
so equivoci» (378-379).
Aristotele dice (De anima, II, 12):
« La sensazione è ricezione delle forme sen-
sibili senza la materia »..., « cosi la cera riceve
in sé soltanto il segno del sigillo d’oro, e non
l’oro stesso, ma soltanto la sua forma ».
Hegel scrive: ...« nella sensazione per-
viene a noi soltanto la forma, senza la materia.
Altrimenti accade quando operiamo praticamen-
te, nel mangiare e nel bere. Nella pratica ope-
riamo, in generale, come individui singoli, e
come individui singoli esistenti, esistenti per-
sino materialmente, entriamo in rapporto con
la materia, persino in modo materiale. Solo in
quanto siamo materiali possiamo comportarci
in questo modo; in effetti, la nostra esistenza
materiale entra in attività» (379).
((Ci si accosta assai vicino al materialismo
e si fila via,))
NB
NB: scappa-
toia dinanzi
al mate-
rialismo
NB
anima =
cera
NB
« altrimenti »
nella pratica
pusillanime
scappatoia
dinanzi al
materialismo
19-639
290
LENIN
ah-ah!!
Aristotele
Hegel occulta
le debolezze
deiridealismo
tabula rasa
ah-ah!
ah-ah!
ha paura
Aristotele e il
A proposito della « cera » Hegel si adira e
lancia improperi: «ognuno lo capisce» (380),
« ci si arresta rozzamente alla grossolanità del
paragone» (379), ecc.
« L’anima non deve essere affatto cera pas-
siva né ricevere le determinazioni dall’esterno »
(380)...
...«Essa» (die Seele) «tramuta la forma
del corpo esterno in sua propria forma »...
Aristotele, De anima, III, 2:
« L’attività di ciò che è sentito e della
sensazione è una e medesima cosa, ma il loro
essere non è lo stesso» (381)...
E Hegel commenta:
... « C’è un corpo che suona e un soggetto
che ascolta; l’essere è di due specie» (382)...
Ma lascia da parte la questione dell’es-
sere fuori dell’uomo!!! Scappatoia sofi-
stica nei confronti del materia-
lismo!
Parlando del pensiero, della ragione (voug),
Aristotele dice (De anima, III, 4):
... « La sensazione non è senza il corpo,
il voug invece è separabile» (385); «il
vou* è come un libro sulle cui pagine in realtà
non sia scritto niente »; e Hegel s’adira di
nuovo: «un altro esempio famigerato» (386),
ad Aristotele si attribuisce l’opposto di ciò che
pensa, ecc., ecc. ((viene occultata la questione
dell’essere che è indipendentemente
dall’intelletto e dall’uomo!!)): tutto questo per
dimostrare: « Aristotele non è quindi realista ».
Aristotele:
« Pertanto, chi non sente niente conosce o
intende; se uno conosce (frccopfi) qualche cosa,
deve necessariamente conoscerla anche come
« STORTA DELLA FILOSOFIA »
291
rappresentazione; perché le rappresentazioni
sono sensazioni, però senza materia »...
... « Se l’intelletto però pensi oggetti reali,
quando astragga da ogni materia, deve essere
considerato in un esame particolare » ( 389 ) ,
e Hegel gratta via da Aristotele che « voGg
e votjTÓv sono la stessa cosa» (390), ecc.
Ecco un modello di forzatura idealistica di un
idealista!! Contraffazione di Aristotele, che di-
venta un idealista dei secoli XVIII-XIX!!
materia-
lismo
contraffazione
di Aristotele
Filosofia degli stoici
A proposito del « criterio della verità » de-
gli stoici — « rappresentazione compre-
sa » (444-446) — Hegel dice che la coscienza
confronta la rappresentazione soltanto con la
rappresentazione ( non con l’oggetto: «la
verità è accordo deiroggetto e della coscienza »
= « celebre definizione della verità »), e, quin-
di, tutto sta « nel logos oggettivo, nella razio-
nalità del mondo » ( 446 ) .
« Il pensiero non genera niente se non la
forma deiruniversalità e dell’identità con sé;
e, quindi, tutto può concordare con il mio
pensiero» (449).
« I motivi sono un che di elastico, per ogni
cosa si trovano buoni motivi» (469)... «Ma
decidere quali motivi debbano ritenersi buoni
dipende dallo scopo, dall’interesse» ( ibidem )...
Hegel contro
gli stoici e
il loro criterio
si trovano
« motivi »
per ogni cosa
Filosofia di Epicuro
Parlando di Epicuro (342-271 a. C.), Hegel
assume di colpo (prim’ ancora di enunciar-
ne le opinioni) una posizione di lotta contro
il materialismo e dichiara:
19 ’
292
LENIN
Calunnie contro
il materialismo
perché??
NB
!!!!
!!!
«Intanto è chiaro già [!!] di per sé [!!]
che, se si prende per vero Tessere sensibile, con
ciò stesso in generale si sopprime la necessità
del concetto, tutto si disgrega senza alcun in-
teresse speculativo, e si afferma, invece, la
comune visione delle cose; di fatto, non si va
oltre il modo di vedere del comune intelletto
umano; anzi, tutto viene ridotto al livello del
comune intelletto umano» (473-474)!!
Calunnie contro il materialismo!! La
« necessità del concetto » non viene affat-
to « soppressa » dalla teoria della fonte
della conoscenza e del concetto!! La di-
scordanza dal « sano intelletto » è un pu-
trido ghiribizzo da idealista.
Epicuro ha chiamato Kanonik la teoria del-
la conoscenza e del criterio della verità. Dopo
averla esposta succintamente, Hegel scrive:
« Essa è tanto semplice che non può darsi
niente di più semplice; è astratta, ma anche
molto triviale; è più o meno al livello della
coscienza comune, che comincia a riflettere. Si
tratta di rappresentazioni psicologiche abituali,
del tutto esatte. Dalle sensazioni noi ci creiamo
rappresentazioni come l’universale, che divie-
ne cosi ciò che permane. Le rappresentazioni
vengono esse stesse provate (nella Só£a) [Mei-
nung] mediante le sensazioni per vedere se
siano permanenti o se si ripetano. Questo è in
complesso esatto, ma affatto superficiale; questo
è il primo inizio, è la meccanica della rappre-
sentazione per ciò che concerne le prime perce-
zioni » (483)...
Il « primo inizio » è trascurato e de-
formato daH’idealismo. Soltanto il mate-
rialismo dialettico ha collegato
P« inizio » con la continuazione e con
la fine.
« STORIA DELLA FILOSOFIA »
293
NB: p. 481 : a proposito del significato del-
le parole in Epicuro:
« Ogni cosa riceve dal nome datole la pri-
ma volta la sua evidenza, la sua energia, la sua
chiarezza» (Epicuro: Diogene Laerzio , X,
§ 33). E Hegel: « Il nome è un che di univer-
sale, appartiene al pensiero, semplifica il molte-
plice » (481).
« Circa il modo oggettivo, in generale, con
cui entra in noi ciò che è fuori di noi, circa il
rapporto tra noi e l’oggetto, mediante il quale
nascono le rappresentazioni, Epicuro ha esposto
ora la seguente metafisica:
« ” Dalla superficie delle cose emana un
efflusso continuo, che non è afferrabile dalla
sensazione; e questo avviene a causa dell'op-
posta pienezza, perché la cosa stessa continua
a essere piena, e la pienezza, nel solido, con-
serva lungamente lo stesso ordine e disposizio-
ne degli atomi. E il movimento di queste su-
perfici che si distaccano è rapidissimo nelParia,
in quanto non è necessario che ciò che si distac-
ca possieda profondità ” La sensazione non
contraddice questa rappresentazione, se si bada
[zusehe] al modo come le immagini operano;
esse infatti suscitano una concordanza, una sim-
patia tra Testerno e noi. Da esse promana quin-
di qualcosa che è tanto in noi quanto fuori
di noi.” ”E, poiché l’efflusso penetra in noi,
possiamo conoscere la determinatezza di una
sensazione; il determinato sta nell’oggetto e
fluisce cosi in noi ” » (pp. 484-485, Diogene
Laerzio, X, §§ 48-49).
Genialità delle congetture di Epicuro (300
anni prima della nascita di Cristo, cioè piu di
2.000 anni prima di Hegel) riguardo, per esem-
pio, alla luce e alla sua velocità.
Epicuro: gli
oggetti fuori
di noi
NB
la teoria della
conoscenza di
Epicuro...
Hegel 100 ha occultato ( NB ) del
tutto V essenziale: (NB) l’essere
294
LENIN
delle cose fuori della coscienza dell’uo-
mo e indipendentemente da
lui:
un modello di
contraffazione e di
calunnie contro il
materialismo da
parte di un
idealista
Hegel occulta tutto questo e si limita a
dire:
... « Questo modo di rappresentarsi la sen-
sazione è trivialissimo. Epicuro ha assunto per
la verità il criterio piu facile e tuttora corrente,
in quanto il vero non sia percepito dalla vista:
cioè che ad esso non contraddica ciò che noi
vediamo e udiamo. Non capita infatti di vedere
enti di pensiero come gli atomi, le superfici
che si distaccano, ecc. [Capita, è vero, di vedere
e udire qualcosa di diverso;] 101 ma ciò che si
vede e ciò che ci si rappresenta o immagina
coesistono molto bene l’uno accanto all’altro.
Se si lasciano separati, non c’è contraddizione;
la contraddizione compare soltanto nella rela-
zione » (485-486)...
Hegel ha eluso la teoria della cono-
scenza di Epicuro c ha preso a parlare
d’altro, che Epicuro qui non affron-
ta e che è conciliabile con il
materialismo!!
p. 486:
L’errore scaturisce, per Epicuro, dall 'inter-
ruzione del movimento (del movimento dal-
l’oggetto verso di noi, verso la sensazione o
verso la rappresentazione?).
« Non si può avere — scrive Hegel — una
[teoria della conoscenza] piu misera» (486).
Tutto sarà diirftig *, se verrà travisato
e saccheggiato.
misero (tt.d.t.).
« STORIA DELLA FILOSOFIA »
295
L’anima sarebbe, per Epicuro, un « dato »
insieme di atomi. « Questo l’ha detto anche
[!!!] Locke Ma queste sono parole vuo-
te» (488) ((no, queste sono geniali conget-
ture e indicazioni per la scienza , non già per
il pretume ) ) .
NB. NB. (489), idem (490): Epicuro at-
tribuisce agli atomi una « krummlinig -
te» Bewegung *; questo sarebbe «arbi-
trario e tedioso» (489) in Epicuro: ((e
« Dio » negli idealisti??? ) ) .
« Oppure Epicuro nega, in generale, qual-
siasi concetto e l’universale come essenza »
( 490 ) , e tuttavia i suoi atomi « stessi hanno
proprio questa natura di pensieri »; « tutta Pin-
conseguenza degli empiristi» (491)...
Si elude cosi l’essenza del ma-
terialismo e della dialettica ma-
terialistica.
« In Epicuro non c’è [...] uno scopo finale
del mondo, una sapienza del creatore; tutte le
cose sono eventi, e questi sono determinati
dall’occasionale [??], esteriore [??] incontro
delle combinazioni degli atomi» (491)...
Hegel si limita a ingiuriare Epicuro:
« I suoi pensieri sui singoli lati della natura
sono in sé meschini »...
E subito dopo una polemica con la « Natur-
wissenschaft » heute, che, come Epicuro, ra-
gionerebbe « per analogia », « spiegando »
( 492 ) , per esempio, la luce « come vibrazioni
dell’etere »... « Questo è esattamente il proce-
dimento analogico di Epicuro » (493)...
Questo auch
è stupendo!!!!
Epicuro (341-
270 a.C.),
Locke
( 1632-1704 ):
Differenz =
2.000 anni
e gli elet-
troni?
assurdo) falso!
calunnia!
ha pietà
di Dio!!
la canaglia
idealista!!
il
e il « procedi-
mento » delle
scienze
naturali!
e il loro
successo!!
movimento « curvilineo » (nÀ.t.).
296
LENIN
Epicuro e le
moderne scienze
naturali
((Le moderne scienze naturali
versus Epicuro — contro (NJB) Hegel.))
In Epicuro « la cosa, il principio altro non
è se non il principio della nostra corrente
scienza della natura » ( 495 ) ; « questo è ancora
lo stesso procedimento su cui si fonda la no-
stra scienza della natura» (496)...
Esatto è soltanto il richiamo all’igno-
ranza della dialettica in genere e della
dialettica dei concetti. Ma la critica del
materialismo è schwach.
!NB!
NB!!
NB
NB
NB
« È da dire, in generale, di questo proce-
dimento (della filosofia di Epicuro) che esso ha
anche un lato per cui gli si deve attribuire va-
lore. Aristotele e gli antichi sono partiti a priori
dal pensiero universale nella filosofia della na-
tura e da esso hanno sviluppato il concetto:
questo è un lato. L’altro lato è la necessità di
innalzare l’esperienza sino all’universalità e di
rinvenire le leggi; questo significa che ciò che
consegue dall’idea astratta deve incontrarsi con
la rappresentazione generale, a cui viene prepa-
rata l’esperienza, l’osservazione. In Aristotele,
per esempio, l’apriori è eccellente, ma non an-
cora sufficiente, perché manca del lato del col-
legamento, della connessione con l’esperienza,
con l’osservazione. Questo ricondurre il parti-
colare all’universale è la scoperta delle leggi,
delle forze naturali, ecc. Si può pertanto dire
che Epicuro ha scoperto la scienza empirica
della natura, la psicologia empirica. Agli scopi
degli stoici, ai concetti dell’intelletto viene op-
posta l’esperienza, la presenza sensibile. Là c’è
Tintelletto astratto, limitato, senza verità in sé,
e quindi anche senza presenza e realtà della
natura; qua c’è, invece, questo senso della na-
tura, che è piu vero di quelle ipotesi» (496-
497).
NB
NB
«f STORIA DELLA FILOSOFIA »
297
( Questo è quasi uno sfio-
rare il materialismo dialet-
tico.)
L'importanza di Epicuro è nella lotta contro
r Ab e rglauben* dei greci e
dei romani. E dei preti moderni??
Contro tutte queste assurdità: la lepre che
attraversa correndo la strada, ecc. (e il buon
Dio?).
« Da essa » ( dalla filosofia di Epicuro )
« hanno preso particolarmente ravvio le rap-
presentazioni, che hanno negato interamente il
sovrasensibile » ( 498 ) .
Ma questo andrebbe bene soltanto per il
« finito »... «Cade la supersti-
zione f ma con essa cade an-
che una connessione fondata
in sé e il mondo dell’ideale»
(499). Notabene questo.
p. 499: Epicuro sull* anima: gli atomi piu
sottili (NB), il loro movimento
piu rapido (NB), la loro connes-
sione (NB), ecc., ecc. con il corpo ( Dio-
gene Laerzio, X, SS 66, 63-64):
è molto ingenuo e buono! Ma Hegel si adira,
ingiuria: « chiacchiere », « vuote paro-
le », «non sono pensieri» (500).
Gli dèi sono per Epicuro « das Allgemei-
ne » (506) in generale; «essi sono in parte
nel numero » come numero, cioè come astra-
zione dal sensibile...
« In parte essi [gli dèi] sono la forma
umana perfetta, che nasce dalla si-
miglianza delle immagini prodotta dal continuo
confluire delle immagini simili in un unico
punto » ( 507 ) .
NB
Hegel sui
« piu » del
materialismo
NB
perché
(i classici)
hanno
apprezzato
Tidealismo?
per Hegel
ì'« anima » è
anche un
pregiudizio
NB
dèi = forma
umana perfetta
cfr. Feuerbach
* superstizione (n.d.t.).
298
LENIN
Filosofia degli scettici
NB
Bien diti!
NB
la dialettica
dello
scetticismo è
« accidentale »
un discreto
aneddoto sugli
scettici
Parlando dello scetticismo , Hegel
ne addita l’apparente « invincibilità » (Unbe-
zwinglichkeit) (538):
« Nel fatto, uno che intenda essere asso-
lutamente uno scettico non può essere con-
vinto e non può esser condotto alla filosofia
positiva, allo stesso modo in cui non si può
costringere a stare in piedi chi sia paralizzato
in tutte le membra ».
« La filosofia positiva può nei suoi confron-
ti [des denkenden Skeptizismus] avere questa
coscienza: essa contiene in sé il negativo dello
scetticismo, il quale pertanto non le è contrap-
posto, non sta fuori di lei, ma è un suo mo-
mento; essa però ha in sé il negativo nella sua
verità; cosa che lo scetticismo non ha » (539).
(Atteggiamento della filosofia verso lo scet-
ticismo:)
« La filosofia è dialettica, questa dialettica
è il mutamento: ridea come idea astratta è
l’inerte, resistente, ma essa è vera solo in quan-
to si comprende come vivente; ciò avviene per-
ché essa è dialettica proprio per togliere quella
quiete e quell’inerzia. L’idea filosofica è quindi
dialettica in sé stessa, e non accidentalmente;
lo scetticismo, invece, si serve solo accidental-
mente della sua dialettica: via via che la ma-
teria, il contenuto gli si offre, lo scetticismo
dimostra che essi sono in sé il negativo »...
Bisogna distinguere il vecchio ( antico ) scet-
ticismo da quello moderno (si menziona sol-
tanto Schulze di Gottinga) (540).
L’Ataraxie (imperturbabilità?) come ideale
degli scettici:
« Cosi, una volta Pirrone, trovandosi in
mare durante una tempesta, indicò ai compagni
di viaggio che tremavano un maiale che restava
indifferente e continuava tranquillamente a
« STORIA DELLA FILOSOFIA »
299
mangiare, e disse loro: anche il saggio dovreb-
be stare in quest'atarassia » (Diogene Laerzio,
IX, 68), pp. 551-552.
« Lo scetticismo non è il dubbio. Il dubbio
è esattamente l'opposto della quiete, che è il
risultato dello scetticismo » ( 552 ) .
... « Lo scetticismo è, invece, indifferente
sia aH*uno che all’altro» (553)...
Schulze-Enesidemo spaccia per scetticismo
che tutto il sensibile sia vero (557), ma gli
scettici non hanno *mai detto questo: bisogna
sich danach richten *, conformarsi con il sen-
sibile, ma questa non sarebbe la verità. Lo scet-
ticismo moderno non dubita della realtà delle
cose. Lo scetticismo antico dubita della realtà
delle cose.
NB
lo scetticismo
non è il dubbio
NB
tutto in Sesto
I tropi (formule, argomentazioni, ecc.) de- Empirico
gli scettici: (II secolo d.C.)
a. Diversità di organizzazione degli ani-
mali (558).
Diverse sensazioni: all 'itterico (dem
Gelbsùchtigen) il bianco sembra giallo, ecc.
b. Diversità degli uomini. « Idiosincra-
sie » (559).
A chi credere? Alla maggioranza? È
una sciocchezza: non si possono interrogare
tutti (560).
Diversità delle filosofie: un riferimento
assurdo, Hegel s’indigna: ...« questi tali vedono
tutto in una filosofia, tranne però la filosofia »;
« per quanto diversi siano tra loro i sistemi
filosofici, non sono tuttavia diversi come bianco
e dolce, verde e aspro; essi concordano nell’es-
sere filosofie: ed è proprio questo che non si
considera» (561).
NB
NB
* conformarsi con esso (n.J.t,),
300
LENIN
NB
... « Tutti i tropi Sono diretti contro Vi; ma
il vero non è questo arido è , in quanto è essen-
zialmente processo» (562)...
c. Diversità di organizzazione degli stru-
menti dei sensi: i diversi organi di senso per-
cepiscono diversamente (su tavola dipinta qual-
cosa sembra airocchio erhaben *, ma al tat-
to no).
i. Diversità di circostanze nel soggetto
(passione, quiete, ecc.).
e. Diversità delle distanze, ecc.
la terra intorno al sole o vice versa, ecc.
/. Mescolanza (odore con il calore solare
o senza, ecc.).
g. Coesione delle cose (il vetro frantumato
non è piu trasparente, ecc.).
h. « Relatività 102 delle cose.»
i. Frequenza, rarità dei fenomeni, ecc.;
abitudine.
k. Consuetudini, leggi, ecc., loro diversità...
[ (10) Tutti questi sono tropi antichi, \
e Hegel: tutto questo è « empirico », « non si
passa al concetto » (566 ). Questo è « triviale »...
ma...
« ma nel fatto [questi tropi] sono molto
efficaci contro il dogmatismo del comune intel-
letto umano» (567)...
I cinque tropi moderni (che
già sarebbero molto più elevati, contengono la
dialettica , toccano i concetti) , sempre secondo
Sesto.
in rilievo
« STORIA DELLA FILOSOFIA »
301
a. Diversità delle opinioni... dei filo-
so f ì ...
b. Caduta neU’mfinità (una cosa dipende
da un'altra e cosi ' via all’infinito).
c. Relatività (dei presupposti).
d. L’assioma. I dogmatici pongono assiomi
indimostrati.
e. Reciprocità. Circolo (vizioso)...
« Questi tropi scettici colpiscono , in realtà,
ciò che si chiama una filosofia dogmatica (e
che, per sua natura, deve ruotare tra tutte que-
ste forme), non perché abbia un contenuto po-
sitivo, ma perché afferma come assoluto un che
di determinato» (575).
Hegel contro V assoluto!
Ecco dov’è un germe di materialismo dia-
lettico.
« Il criticismo, che in generale non sa niente
in sé, non » (nicht: sic !! invece di nichts) « di
assoluto, prende per dogmatismo ogni sapere
dell’essere in sé come tale, mentre è esso stesso
il peggior dogmatismo, in quanto sostiene che
l’io, l’uno dell’autocoscienza, opposto all’essere,
è in sé e per sé, che appunto fuori di esso esiste
l’in sé e che i due non possono assolutamente
incontrarsi» (576).
« Questi tropi colpiscono la filosofia dogma-
tica, che ha come propria questa maniera di for-
mulare un principio in una proposizione deter-
minata quale proposizione fondamentale. Un
siffatto principio è sempre condizionato e ha,
quindi, in sé stesso la dialettica, la distruzione
di sé» (577). «Questi tropi sono un’arma
eccellente contro la filosofia dell’intelletto »
(ìbidem).
Sesto scoprirebbe, per esempio, la dialettica
del concetto di punto (der Punkt). Il punto
NB
NB
il « criticismo »
è « il peggior
dogmatismo »
Bien
dit!ll
dialettica =
« distruzione
di sé »
302
LENIN
NB
NB
non ha dimensioni? Vuol dire che è fuori dello
spazio!! Esso è il limite dello spazio nello spa-
zio, la negazione dello spazio, ma in pari tempo
« partecipa dello spazio », « è con ciò anche un
dialettico in sé » (579).
...«Questi tropi sono senza efficacia
contro le idee speculative, le quali
contengono in sé il dialettico e il
superamento del finito » ( 580 ) .
Fine del XIV volume (p. 586).
Terzo volume della Storia della filosofia
Neo pi atonici
... « Ritorno a Dio » (5) *..., « Tautocoscien-
za è l’essenza assoluta »..., « lo spirito del mon-
do » (7)..., la «religione cristiana» (8)... E
prolissità a non, finire su Dio
( 8-18),..
Ma questo idealismo filosofico, che con-
duce a Dio apertamente, « sul serio », è
piu onesto dell’agnosticismo contempora-
neo, con la sua ipocrisia e pusillanimità.
A. Filone (al tempo della nascita di Cristo), un
ebreo cólto, mistico, « rinviene Platone in
Mosè », ecc, (19). «Conoscere Dio» (21)
è la cosa piu importante, ecc. Dio è Xóyog,
« compendio di tutte le idee », « puro es-
sere » (22) (« secondo Platone ») (22). Le
idee sono «angeli» (messaggeri di Dio)
(24)... Il mondo sensibile, invece, «come
presso Platone » = oùx 8v = non esse-
re (25).
B. Cabala , gnostici, idem...
C. Filosofia alessandrina : {= eclettismo) ( =
platonici, pitagorici, aristotelici) (33, 35).
le idee (di
Platone) e
il buon Dio
* Del v. XV dei Werke dt. (n.d.t.).
304
LENIN
sugli eclettici...
le idee
di Platone e
il buon Dio
Gli eclettici — o uomini incolti o furbi (die
klugen Leute * ) — traggono il buono da ogni
cosa, ma...
— raccolgono ogni bene, ma non hanno
« la coerenza del pensiero e, quindi, il pensiero
stesso ».
Hanno sviluppato Platone...
« L’universale platonico, che è nel pensiero,
assume quindi il significato di essere esso stesso,
come tale, l’essenza assoluta » (33) m .
* la gente assennata {n d.t\
Hegel sui dialoghi di Platone 104
(p.) (230) Sofista
(238) Filebo
( 240 ) Parmenide
(Timeo) (248)
20 - 639
RIASSUNTO DELLE «LEZIONI SULLA
FILOSOFIA DELLA STORIA » DI HEGEL *
Hegel, Werke, v. IX, Berlin, 1837: Vorle-
sungen iiber die Pbilosophie der Gescbicbte .
(Herausgegeben von E. Gans.)
Materiali: appunti delle lezioni degli anni 1822-
1831.
Manoscritto di Hegel sino a p . 73, tee.
p. 5. ... « I discorsi [...] sono azioni tra uo-
mini »... (e, quindi, questi discorsi non sono
ciarle).
7: i francesi e gli inglesi sono piu cólti
(«hanno più [...] cultura nazionale »), men-
tre noi, tedeschi, più che scrivere la storia, sotti-
lizziamo sul modo in cui bisogna scriverla.
9: la storia insegna « che popoli e governi
non hanno mai imparato niente dalla storia:
ogni età è, per questo, troppo indi-
viduale»:
arguto e
intelligente!
molto
intelligente!
« Ma Tesperienza e la storia insegnano che
popoli e governi non hanno mai imparato niente
dalla storia e non hanno mai operato secondo
gli insegnamenti che ne avrebbero potuto desu-
mere. Ogni età ha circostanze cosi particolari
ed è una situazione cosi individuale che solo
partendo da essa si deve e unicamente si può
giudicare ».
NB
NB
NB
p. 12: « la ragione governa il mondo ».
310
LENIN
schwach!
NB
30
NB
(cfr. Engels 106 )
i « grandi
uomini »
20: sostanza della materia è la gravità,
sostanza dello spirito è la libertà.
22. « La storia del mondo è il progresso
nella coscienza della libertà, un progresso che
dobbiamo riconoscere nella sua necessità »...
24: (d si avvicina al materialismo storico).
Da che cosa sono guidati gli uomini? Soprat-
tutto dalla « Selbstsucht » *; i motivi d'amore,
ecc. sono piu rari, e il loro àmbito è più ri-
stretto. Che cosa deriva da quest 'in trecdo di
passioni, ecc.? di bisogni, ecc.?
28. « Niente di grande si compie nel mondo
senza passione »..., la passione è « il lato » sog-
gettivo, « in quanto formale, dell'energia »...
28 in fine. La storia non comincia con uno
scopo cosciente... Importante è ciò che,
29: ... inconsapevole per gli uomini, appare
come risultato delle loro azioni...
29; ... In questo senso « la ragione governa
il mondo ».
30: ... Nella storia, attraverso le azioni degli
uomini, si compie, « (si ottiene) anche qualche
cosa di diverso da ciò che essi si prefiggono e
conseguono, da ciò che essi immediatamente
sanno e vogliono ».
30: ... « Essi » (die Menschen) « realizzano
il loro interesse, ma con ciò si realizza anche
qualcosa di più remoto, che, pur implidto nel-
l'interesse, non era però racchiuso nella loro
cosdenza e nel loro proposito ».
32: ... « I grandi uomini della storia sono
quelli i cui scopi particolari contengono il so-
stanziale, che è volontà dello spirito del mon-
do »...
36: molto stimabili sono la religiosità e la
virtù del pastore, del contadino, ecc. (esempi!!
« egoismo >►
* FILOSOFIA DELLA STORIA »
311
NB), ma... « il diritto dello spirito del mondo
sta al di sopra di tutti i diritti particolari »...
Non di rado qui in Hegel sul buon
Dio, sulla religione, sull'eticità in gene-
re: arcitriviali assurdità idealistiche.
97: « l'abolizione graduale della schia-
vitù è migliore di un’abolizione repen-
tina »...
30. La costituzione di uno Stato e, insieme,
la sua religione..., filosofia, idee, cultura, « forze
esterne» (clima, i vicini...) costituiscono «una
sola sostanza, un solo spirito »...
51. Nella natura ci si muove solo in cir-
colo (!!), nella storia si crea il nuovo...
62. La lingua è più ricca nello stadio non
evoluto, primitivo, dei popoli, essa si impove-
risce con l'incivilimento e con il costituirsi della
grammatica.
67 : « La storia del mondo si muove su un
piano più alto di quello dove la morale ha la
sua dimora [Stàtte] »...
73: Un quadro eccellente della storia: una
somma di passioni individuali, azioni, ecc.
(« dappertutto ciò che è nostro, e quindi dap-
pertutto si ridesta il nostro interesse prò o
contro»), ora una massa di interessi generali,
ora una moltitudine di «piccole forze »
( « una tensione infinita di piccole forze, le
quali da ciò che appare insignificante generano
un che di grandioso » ) .
Risultato? Il risultato è la « stanchezza ».
p. 74: fine dell* introduzione.
p. 75: Fondamento geografico
della storia del mondo ( titolo
caratteristico ) : ( 75-101 ) .
?
molto bene
cfr. sotto
sehr wichtig!
cfr. sotto il
testo com-
pleto m
312
LENIN
NB
cfr. Plechanov
!!!
La storia del
mondo come un
intero e i singoli
popoli come suoi
« organi »
75: « Sotto il mite cielo ionico » poteva na-
scere più facilmente Omero, ma non solo que-
sta è la causa, « Non sotto la dominazione tur-
ca », ecc.
82: L’immigrazione in America elimina il
« malcontento » e « garantisce il permanere del-
l’attuale ordine civile»... (ma questo Zustand
è «ricchezza e povertà», 81)...
82. In Europa manca tale riflusso: se fos-
sero ancora esistite le foreste dei germani, la
rivoluzione francese non ci sarebbe stata.
102: tre forme della storia universale: 1)
dispotismo, 2) democrazia e aristocrazia, 3) mo-
narchia.
Suddivisione: mondo orientale — greco —
romano — mondo germanico. Frasi assai vuote
sull’eticità, ecc., ecc.
Cina. I capitolo (113-139). Descrizione del
carattere cinese, delle istituzioni, ecc., ecc. Nil,
nil, nil!
India: sino a p. 176. Sino a...
Persia (e Egitto) sino a 231. Perché il re-
gno (impero) persiano è caduto, e la Cina e
l’India no? Dauer non è ancora Vortreffliches *.
« Le montagne perenni non sono preferibili alla
rosa subito sfiorita nella sua vita che svapora »
(229). La Persia è crollata perché qui ha avuto
inizio «la contemplazione spirituale » (230),
mentre i greci si sono rivelati superiori, con « il
più alto principio » dell’organizzazione, della « li-
bertà cosciente di sé» (231).
232: « Il mondo greco »... — il principio
della « pura individualità » — l’epoca del suo
sviluppo, del suo rigoglio e della sua decadenza
— « rincontro con il futuro organo della storia
del mondo» (233) — Roma con la sua « so-
stanza» (ibidem).
Durata ... l’eccellente (nJj.).
« FILOSOFIA DELLA STORIA »
313
234: Le condizioni geografiche della Gre-
cia: la varietà della natura (a differenza del-
l’uniformità dell’oriente).
242 : Le colonie in Grecia. Accumulazione
di ricchezza. Con essa sono « sempre » con-
giunte la miseria e la povertà...
246. « Ciò che è naturale, e che viene spie-
gato dagli uomini, ciò che in esso è interiore,
essenziale, è il principio del divino in generale »
(sulla mitologia greca).
251 : « L'uomo con i suoi bisogni si rife-
risce alla natura esterna in modo pratico; nel
soddisfarsi con essa, egli l’annienta, operando
in questo da mediatore. Gli oggetti naturali
sono, infatti, potenti e oppongono varia resi-
stenza. Per domarli, l’uomo fa intervenire al-
tre cose naturali, rivolge cosf la natura contro
la natura stessa e inventa per tale scopo stru-
menti. Queste invenzioni umane appartengono
allo spirito, e questo strumento deve esser po-
sto piu in alto dell’oggetto naturale
L’onore dell’invenzione umana, per domare la
natura, è attribuito agli dèi» (presso i greci).
264: La democrazia era connessa in Grecia
con le piccole dimensioni degli Stati. Il discor-
so, il discorso vivente, collegava i cittadini,
suscitava Erwdrmung *.
« Per questo motivo » nella rivoluzione
francese non c’è mai stata una costituzione
repubblicana.
322-323: «Egli» (Cesare) «ha assopito
l’interna contraddizione » ( sopprimendo la re-
pubblica, che era già un’« ombra » ) « e ne
ha suscitato una nuova. Se il dominio del mon-
do non aveva sino allora varcato la corona
delle Alpi, Cesare ha creato una nuova ribal-
ta: ha fondato il teatro che doveva ormai di-
ventare il centro della storia universale ».
Ricchezza
e povertà
Hegel e
Feuerbach
germi di
materia-
lismo
storico
in Hegel
Hegel
e Marx
??
Hegel
e le
« contrad-
dizioni »
nella storia
* calore ( n.d.t .).
314
LENIN
le categorìe
del possibile e
deiraccidentale
versus la realtà
e la sanzione
della storia
NB
rapporti
di classe
!!
E, in seguito, sull’uccisione di Cesare:
... « In genere, un rivolgimento statale è
per cosi dire sancito nell’opinione degli uomini,
se viene ripetuto» (Napoleone, i Borboni).,.
« Ciò che all’inizio era sembrato solo acciden-
tale e possibile attraverso la ripetizione è di-
ventato un che di reale e di sancito» (323).
«Il cristianesimo» (328-346).
Chiacchiere idealistiche trivialmente prete-
sche sulla grandezza del cristianesimo (con ci-
tazioni dal Vangelo!!). Schifoso, fetido!
420-421: Perché la Riforma si è limitata
ad alcune nazioni? Tra l’altro, « le nazioni
slave erano agricole » (421), il che implica il
« rapporto di signori e servi », minore « Be*
triebsamkeit » *, ecc. Ma le nazioni latine per-
ché? loro carattere (Grundcharakter **: 421
in fine).
429 : ... « La libertà polacca non era altro
che la libertà dei baroni nei confronti del mo-
narca [...]. Cosi, il popolo aveva, nei riguardi
dei baroni, lo stesso interesse dei re [...]. Quan-
do si parla di libertà, bisogna sempre badare
che il discorso non verta propriamente sugli
interessi privati» (430).
(439): sulla rivoluzione francese... Perché
i francesi sono passati « di colpo dal teorico
al pratico », e i tedeschi no? Presso i tedeschi
la Riforma aveva « già tutto corretto », sop-
presso « l'indicibile ingiustizia », ecc.
441: per la prima volta (nella rivoluzione
francese) Tuomo è arrivato a capire che « l’uo-
mo poggia sulla testa, cioè sul pensiero, e co-
struisce la realtà secondo il pensiero »... « È
stato questo [...] un magnifico levarsi del
sole »...
♦ « operosità » ( n.à.t .).
** carattere fondamentale (n.d.t.).
« FILOSOFIA DELLA STORIA »
315
Esaminando piu avanti « il moto della ri-
voluzione in Francia» (441), Hegel sottolinea
nella libertà in genere la libertà della proprietà ,
dell ’ industria ( ibidem ) .
... Emanazione delle leggi? La volontà di
tutti ... « I pochi devono esprimere i molti, ma
spesso non fanno che opprimerli »... (442).
« Non di meno il dominio della maggioranza
sulla minoranza è una grave incoerenza.»
444: ... « Per il suo contenuto questo even-
to [la rivoluzione francese] è storico mon-
diale »...
Il «liberalismo» (444), le «istituzioni
liberali » ( 443 ) si sono diffusi in Europa.
cfr. Marx
und Engels 1W
?
446: fine.
446: « La storia universale non è altro
che Io sviluppo del concetto di libertà »...
In generale, la filosofia della storia ci
dà molto, molto poco, e si capisce, per-
ché proprio qui, in questo campo, in
questa scienza, Marx e Engels hanno
compiuto il pid grande passo in avanti.
Qui soprattutto Hegel è invecchiato e
antiquato.
(Cfr. la p. che segue.)
NB
la cosa piu
importante
è TEinlei-
tung, dove
ci sono
molte cose
belle nella
impo-
stazione
del pro-
blema.
Hegel sulla storia del mondo
« Se ora, infine, consideriamo la storia uni-
versale, secondo la categoria da cui dev'essere
considerata, vediamo dinanzi a noi un quadro
infinito di vitalità umana e attività nelle cir-
costanze piu varie, di scopi d’ogni genere, di
eventi e destini disparatissimi. Su tutte queste
vicende e accidenti vediamo in primo piano
Tagire e l’operare umano; dappertutto vi è
ciò che è nostro, e quindi dappertutto si ri-
desta il nostro interesse prò o contro. Ora ci
attrae la bellezza, libertà e ricchezza, ora la
energia, ora il vizio stesso sa farsi significativo.
Spesso vediamo la massa imponente d’un in-
teresse universale, che si muove pesantemen-
te, più spesso ancora una tensione infinita di
piccole forze, le quali da ciò che appare insi-
gnificante generano un che di grandioso; dapper-
tutto lo spettacolo più policromo, e, quando
uno scompare, subito un altro ne prende il
posto.
«Ma il risultato primo di questo esame,
per attraente che sia, è la stanchezza, che segue
allo svolgersi del più multiforme spettacolo
d una lanterna magica, e, se anche riconoscia-
mo a ogni singola rappresentazione il suo pre-
gio, nasce tuttavia in noi il bisogno di sapere
quale sia il fine di tutte queste cose singolari,
se ognuna si esaurisca nel suo scopo partico-
lare, o se non sia invece da concepire uno
scopo finale di tutte queste storie; se dietro
l’intenso frastuono di questa superficie non ci
sia il lavorio e lo sviluppo di un'opera, di
« FILOSOFIA DELLA. STORIA »
317
un’opera interna, sommessa, segreta, in cui è
conservata la forza essenziale di tutti questi
fenomeni che passano. Ma, se già non si im-
mette nella storia del mondo il pensiero, la
conoscenza della ragione, si deve almeno recare
la salda e incrollabile fiducia che nella storia
è presente la ragione, o, almeno, che il mondo
delTintelligenza e della volontà cosciente di sé
non è lasciato al caso, ma deve rivelarsi alla
luce dell’idea che conosce sé stessa» (73-74).
((NB: nella prefazione, a p. XVIII, il cura-
tore, cioè il redattore Ed. Gans, precisa che
sino a p. 73 il testo è stato scrìtto da Hegel
nel 1830; manoscritto — « Ausarbeitung » *.) )
* «elaborazione» (; n.d.t .),
ANNOTAZIONI BIBLIOGRAFICHE 1W
Su Friedrich Dannemann
Fr. Dannemann, Wie unser Weltbild ent-
stand , Stuttgart (Cosmos), 1912.
(Nat. XII. 456)
L’autore fornisce in quest’opuscolo una sor-
ta di compendio del suo lavoro in
quattro volumi : Naturwissenschaf -
ten in ihrer Entwicklung uni in ibrem Zusam-
menhange...
Quasi cinquemila anni di sviluppo della
cultura, dall’antico Egitto ai giorni nostri. Per
Omero la terra era limitata al Mediterraneo e
ai paesi circostanti (p. 8).
In Egitto le notti chiare facilitavano gli
studi di astronomia. Si osservavano le stelle e
i loro moti, la luna, ecc.
All’inizio il mese veniva calcolato in 30
giorni e l’anno in 360 (p. 31). Gli antichi
egiziani già calcolavano 365 giorni (p. 32).
Era tos tene (276 a.C.) determinò il perime-
tro della terra in 250.000 « stadi » = 45.000
chilometri (invece di 40.000).
Aristarco intuì che la terra ruota intorno
al sole, p. 37 (1.800 anni prima di Copernico,
1473-1543). (Nel III secolo a.C.) egli con-
siderava la luna 30 volte (anziché 48) più
(((Molta vol-
garizzazione)))
L’autore accen-
na alle questio-
ni filosofiche
con negligen-
za, superficia-
le vivacità,
dandosi
arie, è triviale.
} L’opuscolo non
t è né carne né
;t pesce: come te-
li sto filosofico, è
trascurato, ver-
boso, meschi-
no, triviale; co-
me lavoro di
divulgazione è
pretenzioso.
21-639
322
LENIN
piccola della terra, e il sole 300 volte (anziché
1.300.000) piu grande della terra...
Sistema di Tolo-
meo (II sec. d,C.)
t
4
XV sec.: risveglio
dell’astronomia:
legame con la
navigazione.
Copernico (1473-
1543): sistema
eliocentrico. Cir-
coli (non ellissi).
((Solo verso la
metà del sec. XIX
gli strumenti di
misurazione per-
fezionati hanno
svelato la trasfor-
mazione del-
l'aspetto delle
stelle fisse.))
Galilei (1564-
1642) Keplero
(1571-1630)
Newton (164J-
1727)
telescopio,
ecc. ((scoperta
di più di 20 mi-
lioni di stelle,
ecc.))
schiaccia-
mento della terra
ai poli - 1/229
[anziché 1/299]
di diametro.
Pitagora (VI sec. a.C.): il mondo è gover-
nato dal numero e dalla misura...
4 elementi o sostanze nei filosofi antichi:
terra, fuoco, acqua, aria...
Democrito (V sec. a.C.): atomi...
t
;
XVII sec.: elementi chimici
Analisi spettrale (1860)
Elettricità, ecc.
Legge della conservazione delPenergia.
Su Ludwig Darmstaedter
Ludwig Darmstaedter, Handbuch zur Ge-
schicbte der Naturwissenschaften und der Tech -
nik, Berlin, 1908, 2. Aufl.
(Lesesaal in der Landesbibliothek. )
Determinazione della velocità della luce :
1676 : Olaf Ròmer (sulle eclissi di
Giove): 40.000 miglia ma-
rine
(meno di 300.000 km) al secondo
(meno di 298.000 km) » *
1849: Fizeau (ruote dentate e
specchi): 42.219 miglia
marine = 313.000 km » *
1854: Foucault (due specchi ro-
tanti, ecc.): 40.160 miglia
marine = 298.000 km » »
1874: Alfred Cornu (à la Fizeau)
= 300.400 km » »
300.330 km » *
1902. Perrotin (idem)
299.900 (+ 80 m.)
al secondo
Su Napoleone
Pensées de Napoléon, Paris, 1913, Biblio-
thèque miniature, 14.
( Landesbibliothek )
« Il cannone ha ucciso il feudalesimo. L'in-
chiostro ucciderà la società moderna » (p. 43)...
... « In ogni battaglia si dà sempre un mo-
mento in cui i soldati piu valorosi, dopo una
estrema tensione, sentono il desiderio di fug-
gire. Questo panico è generato dalla mancanza
di fede nel proprio coraggio; un caso qualsiasi,
un qualsiasi pretesto è sufficiente per restituire
loro questa fede: la grande arte sta nel creare
tali pretesti» (pp, 79-80).
Su Arthur Erich Haas
Arthur Erich Haas, Der Geist des Helle-
nentums in der modernen Physik , Leipzig,
1914 (pp. 32) (Veit und Co.).
Recensione in Kantstudien , 1914, n. 3
(v. XIX), pp. 391-392; l’autore, professore di
storia della fisica (P. Volkmann ha dedicato
grande attenzione a questa storia), sembra sot-
tolineare un particolare legame tra Eraclito e
Thomson, ccc., ecc.
Su Theodor Lipps
Theodor Lipps, Naturwissenschaft uni
Weltanschauung, Heidelberg, 1906.
(Biblioteca di Berna. Nat. Varia. 160)
Idealista di tendenza kantiano-fichtiana, il
quale sottolinea che nello spirito delTidealistno
lavorano anche la fenomenologia (quella mo-
derna; «soltanto fenomeni», p. 40), l’energe-
tica e il vitalismo {ibidem).
Materia - x.
« Materialità » — « un mezzo convenzionale
d’espressione» (p. 35)...
« La natura è un prodotto dello spirito »,
ecc. (37).
« In breve, il materialismo è anzitutto nien-
t’altro che un nuovo nome per la questione del-
le scienze naturali» (32).
Gideon Spicker, Vber das Verbàltnis der
Naturwissenschaft tur Philosophie (soprattutto
versus Kant e la Storia del materialismo di Lan-
ge), 8°, Berlin, 1874. IV. W. 57 K.
Hegel, Phànomenologie (hrs. Bolland,
1907). IV. W. 165 g.
(Biblioteca cantonale di Zurigo)
(Signatur: K. bi.)
Flugschriften des deutschen Monistenbun -
des, Heft 3: Albrecht Rau, Fr. Paulsen
iiber E. Haeckel, 2. Aufl., Brackwede, 1907
(48 S.).
Critica molto aspra di Paulsen dal pun-
to di vista di Feuerbach. Il « mohicano »
deirilluminismo borghese!
RIASSUNTO DELLA «LOGICA DI HEGEL»
DI GEORGES NOEL 110
Georges Noél, La logique de Hegel , Paris,
1897.
Bibliothèque de Genève, Ca. 1219.
Pubblicato in forma di articoli nella
Revue de métaphysique et de morale;
direttore Xavier Léon.
L'autore è idealista e mediocre. Parafrasi di
Hegel, sua difesa contro i « filosofi contempo-
ranei », confronto con Kant, ecc. Niente d'inte-
ressante. Niente di profondo. Non una parola
sulla dialettica materialistica: l'autore, eviden-
temente, non ne ha nozione alcuna.
Notare la traduzione dei termini di
Hegel:
È t r e - E s s e n c e - N o t i o n
(Mesure, ecc.)
Devenir (das Gewordene).
L'ètre déterminé (Dasein).
Étre pour un autre ( Sein-fur-Andcres ) .
Quelque chose (Etwas).
Limite (Grenze).
Borne (Schranke).
Devoir étre (Sollen).
Étre pour soi ( Fiir-sich-Sein ) .
332
LENIN
Existence hors de soi ( Ausser-sich-Scin).
La connaissance (das Erkennen).
Actualité ( Wirklichkeit).
Apparence (Schein).
Étre pose (das Gesetztsein ) .
Position ( setzende Reflexion ) .
Fondement ou raison d’ètre (Grund).
L’universel (das Allgemeine).
Particulier (das Besondere).
Jugement (das Urteil).
Raisonnement ou syllogisme (Schluss).
NB!
NB
NB
Notare inoltre i gustosi tentativi dell’autore
di giustificare, as it were, Hegel dalle accuse
di « realismo » (leggi: materialismo). In Hegel
« la filosofia è in complesso un sillogismo. In
questo sillogismo la logica è l’universale, la
natura il particolare, lo spirito l’individuale *
(p. 123). L’autore «analizza» (= rimastica)
le ultime proposizioni della Logica sul passaggio
dall’idea alla natura. Risulta che l’intelletto at-
traverso la natura (nella natura) conosce l’idea
= le leggi , le astrazioni, ecc. Aiuto, è quasi
materialismo!!...
« Trattare della natura in sé, fatta astrazio-
ne dallo spirito, non significa ritornare implici-
tamente al realismo più ingenuo? »
« In effetti, inserendo tra la logica e la
filosofia dello spirito una filosofia della natura,
Hegel si colloca dal punto di vista del realismo,
ma non cade per questo in nessuna incoeren-
za Il realismo di Hegel è soltanto provvi-
sorio. È un punto di vista che deve essere
superato» (129).
« Che il realismo abbia la sua verità rela-
tiva non può essere contestato. Un punto di
vista cosi naturale e universale non è un’aber-
razione accidentale dello spirito umano
Per superare il realismo essa [la dialectique]
« LOGICA DI HEGEL »
333
dovrà dargli dapprima il suo completo sviluppo
e soltanto cosi dimostrerà la necessità dell’idea-
lismo. Hegel porrà dunque il tempo e lo spazio
come le determinazioni più generali della na-
tura e non come forme dello spirito. Su questo
punto Hegel sembra in disaccordo con Kant,
ma lo è soltanto in apparenza e a parole »...
« Ciò spiega perché egli [Hegel] parli di
qualità sensibili come se esse fossero realmente
inerenti ai corpi. Al riguardo ci si può solo
stupire che il signor Wundt lo accusi di igno-
ranza. Crede forse il dotto filosofo che Hegel
non abbia mai letto Descartes, Locke o addi-
rittura Kant? Se egli è realista, non lo è né
per ignoranza né per incoerenza, ma solo prov-
visoriamente e per metodo» (130).
Raffrontando Hegel e Spinoza, l’autore di-
ce: « In sintesi, Hegel e Spinoza concordano
nel subordinare la natura alla logica » (p. 140),
però in Hegel la logica è una logica non ma-
tematica, ma una logica delle contraddizioni,
del passaggio « dallas trazione pura alla real-
tà » (ecc.). Con Spinoza, invece, « siamo agli
antipodi dell’idealismo » ( 138 ) , perché « il
mondo degli spiriti [in Spinoza] sta accanto a
quello dei corpi, non al disopra di esso »...
... « L’idea di evoluzione cosi caratteristica
per Thegelismo non ha senso per Spinfoza »
(138)...
Hegel sviluppa la dialettica di Platone ( « in-
sieme con Platone riconosce la coesistenza ne-
cessaria degli opposti », 140); a Hegel è vicino
Leibniz (141).
Noél difende Hegel dall’accusa di pantei-
smo... (quest’accusa sarebbe cosi motivata):
« Lo spirito assoluto, termine ultimo della
sua [di Hegel] dialettica, che altro è in fondo
se non lo spirito stesso dell’uomo idealizzato
e deificato? Esiste il suo Dio altrove se non nel-
la natura e nell’umanità?» (142),
!!??
NB
Hegel =
« realista »
NB
334
LENIN
La « difesa » di Noél consiste nel sot-
tolineare (nel rimasticare) che Hegel è
un idealista.
Hegel non
è « scettico »
NB
Kant
agnostico
NB
materialisti =
« dogmatici »
È Hegel un «dogmatico» (capitolo VI;
Il dogmatismo di Hegel)? Si, nel senso del
non-scetticismo , nel senso dell* antichità
(p. 147). Ma in Kant dogmatismo = incono-
scibilità della «cosa in sé ». Hegel (cosi come
Fichte) nega le cose in sé.
In Kant si ha il « realismo agno-
stico» (p. 148 in fine) .
... « Kant definisce il dogmatismo dal punto
di vista deir agnosticismo. E dogmatico chiun-
que pretenda di determinare la cosa in sé, di
conoscere Pinconoscibile. II dogmatismo può
assumere del resto due forme» (149). O è
misticismo, oppure
« può anche erigere ingenuamente la realtà
sensibile a realtà assoluta, identificare il feno-
meno e il noumeno. Si ha allora il dogmatismo
empirico, il dogmatismo del volgo e degli scien-
ziati estranei alla filosofia. I materialisti cadono
in questo secondo errore; il primo errore è
stato commesso da Platone, da Descartes e dai
loro discepoli »...
In Hegel non ci sarebbe traccia di dogma*
tismo, perché « non lo si accuserà di certo di
non riconoscere la relatività delle cose rispetto
al pensiero, in quanto il suo sistema riposa
per intero su questo principio. Non lo si accu-
serà, altresì, di applicare le categorie senza di-
scernimento e senza spirito critico. Che altro
è, infatti, la sua logica se non una critica delle
categorie, critica incontestabilmente piu pro-
fonda della critica kantiana?» (150),
« Senza dubbio, respingendo i noumeni,
egli [Hegel] colloca con ciò stesso la realtà nel
fenomeno, ma questa realtà, nel fenomeno in
quanto tale, è soltanto una realtà immediata e.
« LOGICA DI HEGEL »
33 5
quindi, relativa e intrinsecamente incompleta.
Essa è vera realtà solo implicitamente e a con-
dizione del suo sviluppo ulteriore» (151).
... « Del resto, tra l’intelligibile e il sen-
sibile non c’è un’opposizione assoluta, uno iato,
un abisso invalicabile. Il sensibile è l’intelligi-
bile presentito; l’intelligibile è il sensibile com-
preso » (152)...
(Persino a te, triviale idealista, Hegel è
stato utile in qualcosa!)
... « L’essere sensibile contiene implicita-
mente l’assoluto, e noi ci eleviamo da quello a
questo attraverso una gradualità ininterrotta »
(153).
... « Cosi, qualunque cosa se ne sia detta,
la filosofia di Kant conserva il vizio fondamen-
tale del dogmatismo mistico. In essa rinvenia-
mo i due tratti caratteristici di questa dottrina:
l’opposizione assoluta del sensibile e del sovra-
sensibile e il trapasso immediato dell’uno nel-
l’altro » (156).
Nel VII capitolo, Hegel e il pensiero con-
temporaneo , Noèl affronta il positivismo di
Auguste Comte e, analizzandolo, lo definisce
un «sistema agnostico» (166).
(Idem, 169: « agnosticismo positivistico ».)
Criticando il positivismo come agnostici-
smo, l’autore riesce talvolta a colpirlo con effi-
cacia per la sua incoerenza, dicendo, per esem-
pio, che non si deve evitare la questione del-
l’origine delle leggi o della « permanenza »
nei fatti (« des faits permanents », 170):
« Secondo che li si concepisca [les faits per-
manents] come inconoscibili o conoscibili, ci
si vedrà condotti o verso l’agnosticismo o ver-
so la filosofia dogmatica» (170 in fine)...
Il neocriticismo del signor Renouvier sa-
rebbe eclettismo, qualcosa di mezzo tra « il
fenomenismo positivistico e il kantismo pro-
priamente detto» (175).
NB
non male!
positivismo =
agnosticismo
336
LENIN
Ciarlando di morale, libertà, ecc., Noel,
volgarizzatore di Hegel, non fa parola
della libertà come comprensione della ne-
cessità.
Traduzioni francesi di Hegel: Vera, Logica ,
filosofia dello spirito, filosofia della religione ,
filosofia della natura.
Ch. Bénard, Estetica e poetica.
Opere sulPhegelismo:
E. Beaussire, Antécédents de Vhégélianisme
dans la philosophie franqaise.
P. Janet, La dialectique dans Hegel et dans
Platon , 1860.
Mariano, La philosophie contemporaine en
Italie.
Vera, Introduction à la philosophie de
Hegel.
PIANO DELLA DIALETTICA (LOGICA)
DI HEGEL 1,1
Indice della piccola Logica (Enciclopedia)
I. La dottrina dell’essere.
A) Qualità
a) essere;
b) esserci;
c) essere per sé.
B) Quantità
a) quantità pura;
b) grandezza (Quantum);
c) grado.
C) Misura.
II. La dottrina dell’essenza
A) L’essenza come fondamento dell’esi-
stenza
a) identità - differenza - ragion d’es-
sere;
b) esistenza;
c) cosa.
B) Il fenomeno
a) il mondo del fenomeno;
b) contenuto e forma;
c) rapporto.
22
340
LENIN
C) La realtà
a) rapporto di sostanzialità;
b) rapporto di causalità;
c) azione reciproca.
III. La dottrina del concetto
A) Il concetto soggettivo
a) concetto;
b) giudizio;
c) sillogismo.
B) L’oggetto
a) meccanismo;
b) chimismo;
c) teleologia.
C) L’idea
a) vita;
b) conoscenza;
c) idea assoluta.
Il concetto (la conoscenza) rivela nel-
l’essere (nei fenomeni immediati) l’es-
senza (la legge di causalità, identità, dif-
ferenza, ecc.) : ecco il cammino real-
mente universale di tutta la co-
noscenza umana (di tutta la scienza) in
generale. Tale è il cammino sia della
scienza naturale che del-
1* economia politica | e della
storia |. La dialettica di Hegel è per-
tanto la generalizzazione della storia
del pensiero. Sembra un compito eccezio-
nalmente promettente quello di ricercare
tutto questo, in modo piu concreto e par-
ticolareggiato, nella storia delle singole
scienze . Nella logica la storia del pensiero
deve in complesso coincidere con le
leggi del pensiero.
PIANO DELLA DIALETTICA
341
Balza agli occhi che Hegel muove talvolta
dall’astratto verso il concreto [Sein (astratto) —
D a s e in (concreto) — Fiirsichsein], talaltra
viceversa [concetto soggettivo — oggetto —
verità (idea assoluta)]. Non è forse questa Fin-
coerenza dell’idealista (ciò che Marx chiamava
Ideenmystik in Hegel)? O vi sono ragioni più
profonde? (per esempio, essere = nulla — idea
del divenire, dello sviluppo). Dapprima bale-
nano le impressioni, poi si profila qualcosa
— si sviluppano quindi i concetti di qualità #
(determinazioni della cosa o del fenomeno) e
di quantità . Lo studio e la riflessione orientano
poi il pensiero verso la conoscenza dell’iden-
tità — della differenza — del fondamento —
dell’essenza versus il fenomeno — della causa-
lità, ecc. Tutti questi momenti (atti, gradi,
processi) della conoscenza vanno dal soggetto
all’oggetto, controllandosi con la pratica e per-
venendo attraverso questo controllo alla verità
(= idea assoluta).
l’astratto
« Sein »
solo come
mom en-
t o nel
Tràvxa
# Qualità
e sensazione
(Empfin-
dung), dice
Feuerbach,
sono una
stessa cosa.
Prima e
primordiale
è la sensa-
zione, ma
in essa
è inevitabile
anche la
quali t à...
Anche se Marx non ci ha lasciato una Lo-
gica (con la lettera maiuscola), ci ha lasciato
però la logica del Capitale, che bisognerebbe
utilizzare al massimo nella questione data. Nel
Capitale si applica a una sola scienza la logica,
la dialettica, la teoria della conoscenza | non
occorrono tre parole: sono una stessa cosa |
del materialismo, che ha attinto da Hegel quan-
to vi è in lui di prezioso e lo ha sviluppato
ulteriormente.
342
LENIN
Merce — denaro — capitale
produzione del Mehrwert * assoluto
produzione del Mehrwert relativo.
Storia del capitalismo e analisi dei
concetti che compendiano questa
storia.
Inizio: l'« essere >► piu semplice, abituale,
diffuso, immediato: la singola merce (il «Sein»
in economia politica). Analisi della merce co-
me rapporto sociale. Analisi duplice , deduttiva
e induttiva, logica e storica (forme del valore).
Il controllo con i fatti respective con
la pratica si compie qui in ogni momento
dell’analisi.
Cfr. sul problema dell’essenza versus^ il fe-
nomeno.
— prezzo e valore — domanda e offerta
versus Wert
( = kristallisierte Ar-
beit) **
— salario e prezzo della forza-lavoro.
* plusvalore { n.d.t .).
** valore (= lavoro cristtllintato)
RIASSUNTO DELL’* ERACLITO *
DI LASSALLE 1U
Ferdinand Lassalle, Die Pbilosopbie Hera-
kleitos des Dunklen von Ephesos, Berlin, 1858,
2 vv. (379 + 479).
(Bem: Log. 119. 1)
Nell’epigrafe si riporta, tra l’altro, da Hegel
— dalla sua Storia della filosofia — che non
c’è proposizione di Eraclito che egli iion abbia
accolto nella sua logica.
Hegel, Opere , v. XIII, p. 328. Mia
citazione 1IJ . Vorlesungen uber die Ge-
schichte der Pbilosopbie .
Si comprende perché Marx definisca « da
scolaretto » quest’opera di Lassalle ( cfr. let*
tera a Engels del... 114 ): Lassalle si limita
a ripetere Hegel, lo trascrive , lo rimastica un
milione di volte riguardo a singoli brani di
Eraclito, infarcendo il suo lavoro d'un incre-
dibile mucchio di zavorra dottissima e arci-
erudita.
Differenza da Marx: in Marx c’è un subisso
di novità, per lui ha interesse solo il movi-
mento in avanti d a Hegel e da Feuerbach / «
poi, dalla dialettica idealistica verso quella
materialistica. In Lassalle, invece, Hegel viene
ruminato secondo il tema particolare scelto: si
ha, in sostanza, una trascrizione di Hegel a
proposito delle citazioni da Eraclito e su Era-
clito.
Lassalle ha suddiviso il suo lavoro in due
parti: Parte generale. Introduzione (v. I, pp.
1-68) e Parte storica. Frammenti e testimo-
nianze (il resto). Il III capitolo della parte
346
LENIN
generale, Breve svolgimento concettuale del
sistema eracliteo (43-68), fornisce la quintes-
senza del metodo, delle argomentazioni lassal-
liane. Questo capitolo è una pura trascrizione,,
una pedissequa ripetizione di Hegel a proposito
di Eraclito! C’è anche qui (ma più ancora nella
parte storica) un subisso di erudizione, che è
però della peggiore specie: ci si è prefissi di
ricercare Hegel in Eraclito. Lo strebsamer *
scolaro assolve il compito « brillantemente »,
rinvenendo in tutti gli autori antichi (e moder-
ni) tutto ciò che concerne Eraclito e tutto
interpretando in chiave di Hegel.
Tra il 1844 e il 1847 Marx è passato da
Hegel a Feuerbach e poi, oltre Feuerbach,
al materialismo storico (e dialettico). Lassalle
ha intrapreso nel 1846 (prefazione, p. Ili),
continuato nel 1853 e concluso nelFagosto
1837 (prefazione, p. XV) un lavoro di nuda,
vuota, insignificante, dotta rimasticazione del-
Phegelismo!!
Singoli capitoli della II parte sono interes-
santi e non privi d'utilità soltanto per le tra-
duzioni dei frammenti di Eraclito e per la di-
vulgazione di Hegel, ma questo non elimina
tutti i difetti indicati.
La filosofia degli antichi e di Eraclito è
talora addirittura affascinante per la sua in-
fantile ingenuità, per esempio, a p. 162: « Co-
me spiegare che l’orina di coloro che hanno
mangiato aglio ne abbia l’odore? ».
E la risposta: « Col fatto, forse, che come
dicono alcuni discepoli di Eraclito, un mede-
simo processo di trasformazione per combu-
stione si produce tanto nell’universo quanto nei
corpi (organici), che in seguito, dopo il raf-
freddamento, compare là (nell’universo) come
umidità, qui come orina, che la trasformazione
(àvafrup{aai£) deriva dall’alimento l’odore di
zelante
«. ERACLITO »
347
ciò con cui l’alimento si è mescolato e da cui
è nato? » ( 162-163).
A pp. 221 sgg. Lassalle cita Plutarco, il
quale dice di Eraclito: « Come tutto si crea
dal fuoco per trasformazione, cosi il fuoco si
crea dal tutto, al modo stesso in cui otteniamo
con Poro le cose e le cose con Poro ».
A questo proposito Lassalle parla del va-
lore ( Wert ) (p. 223 NB) | c della Funktion
des Geldes * | , sviluppandolo in maniera hege-
liana (come «unità astratta separata») e ag-
giungendo : « Che questa unità, il denaro, non
sia un che di reale, ma qualcosa di ideale sol-
tanto [corsivo di Lassalle] è chiaro dal fatto »,
ecc.
(NB, tuttavia, che ciò è scritto in un libra
uscito nel 1858, la cui prefazione è datata ago-
sto 1857.)
Nella nota 3 a p. 224 (224-225) Lassalle
parla ancora più minuziosamente del denaro,
dice che Eraclito non era un « economista »,
che il denaro è ((soltanto [??])) Wertzei-
chen **, ecc., ecc. (« tutto il denaro è soltanto
Punita ideale, o l’espressione di valore, di tutti
i prodotti reali circolanti ») (224), ecc.
Poiché Lassalle parla qui indetermina-
tamente di moderne Entdeckungen auf
diesem Gebiet *** — della teoria del va-
lore e del denaro — si può supporre che
egli si riferisca a conversazioni e lettere
di Marx.
l
Eraclito
sull’oro e
sulle
merci
falso
( idealismo \
di Lassalle /
pp. 225-228. Lassalle riporta un ampio
frammento da Plutarco, dimostrando più
oltre (persuasivamente) che il discorso verte
* funzione del denaro (n.d.t.).
** segno di valore (n.d.t.).
*** scoperte moderne in questo campo (n.d.t.).
348
LENIN
appunto su Eraclito, che Plutarco espone qui
« nei suoi tratti fondamentali la teologia spe-
culativa di Eraclito » (p. 228).
Il frammento è buono: rende lo spirito della
filosofia greca, ne rende l’ingenuità, la profon-
dità, i passaggi, le modulazioni.
Lassalle rinviene in Eraclito un intero
sistema di teologia e una « logica ogget-
tiva » (sic!!), ecc., in breve, Hegel «a
proposito» di Eraclito!!
Un infinito (e davvero estenuante)
numero di volte Lassalle sottolinea e ri-
mastica che Eraclito non solo riconosce
in ogni cosa il movimento, che il suo
principio è il movimento o divenire (Wer-
den), ma che tutta la questione consiste
appunto nel capire « Tidentità processua-
le dell’assolutamente [schlechthin] oppo-
sto » (p. 289 e molte altre). Lassalle
conficca , per cosi dire, a colpi di mazza
nella testa del lettore l’idea hegeliana che
nei concetti astratti (e nel loro sistema)
non si può esprimere altrimenti il prin-
cipio del movimento se non con il prin-
cipio di identità degli opposti. Movimen-
to e Werden possono darsi, in generale,
senza ripetizione, senza ritorno al punto
d’awio, e in tale caso questo mo-
vimento non sarebbe una « identità di
opposti ». Ma anche il movimento astro-
nomico e meccanico (sulla terra) e la vita
delle piante, degli animali e dell’uomo:
tutto questo ha conficcato nella testa del-
l’umanità l’idea non solo del movimento,
ma appunto di un movimento con ritorno
ai punti d’avvio, cioè di un movimento
dialettico.
« ERACLITO »
349
La cosa è espressa in modo ingenuo e in-
cantevole nella celebre formula (o massima)
di Eraclito: « Non ci si può bagnare due volte
nello stesso fiume»: ma, in realtà (come ha
detto Cratilo, discepolo di Eraclito), non lo
si può fare neanche una volta (perché prima
che tutto il corpo sia sceso in acqua, l’acqua
non è già piu quella di prima).
(NB: questo Cratilo ha condotto la dia-
lettica di Eraclito sino alla sofistica, pp. 294-
295 e molte altre, dicendo: niente è vero, su
niente si può affermare qualche cosa. Una
conclusione negativa (e unicamente negativa)
della dialettica. Eraclito invece professa il prin-
cipio che « tutto è vero », che in tutto c’è (una
parte) della verità. Cratilo non faceva che
« muovere il dito » in risposta a tutto, mostran-
do cosi che tutto si muove e che su niente si
può affermare qualche cosa.)
Lassalle ignora ogni e qualsiasi senso
di misura in quest’opera e giunge ad
annegare Eraclito in Hegel.
È un peccato. Un Eraclito con mi-
sura, come uno dei fondatori della
dialettica, sarebbe arciutile: dalle 850 pa-
gine di Lassalle bisognerebbe ricavare un
concentrato di 85 pagine e tradurlo in
russo: Eraclito come uno dei fondatori
della dialettica (secondo Lassalle). Ne po-
trebbe risultare una cosa utile!
La legge fondamentale del mondo è per Era-
clito (Xóyos, talora eijiapijiv^ ) la «leg-
ge della conversione neiropposto » (p. 327)
( = évavTi0Tp07nf|, èvavTioSpoyia).
Lassalle espone il significato di eJpappévT]
come «legge di sviluppo» (p. 333), ripor-
tando, tra l’altro,
le parole di Nemesio : « Democrito, Eracli-
to ed Epicuro suppongono che né per rimi-
350
LENIN
NB
versale né per Tindividuale ci sia una provvi-
denza » (ibidem).
E le parole di Eraclito: « Il mondo non
è stato fatto da nessuno degli dèi o degli
uomini, ma è e sarà sempre ùn fuoco eterna-
mente vivo » (Ibidem).
È curioso che, rimasticando la filosofia
religiosa di Eraclito, Lassalle non citi e
non menzioni Feuerbach neanche una vol-
ta! Che atteggiamento ha avuto, in gene-
rale, Lassalle verso Feuerbach? L’atteggia-
mento delTidealista-hegeliano?
Ecco perché Filone (Philo) ha detto della
dottrina di Eraclito
... « che essa » (die Lehre), « come quella
degli stoici, tutto trae dal mondo e nel
mondo, ma non crede che qualcosa derivi da
Dio» (334).
Esempio di « riduzione » a Hegel:
il celebre frammento di Eraclito (secondo
Stobeo) su « Das Eine Weise » * (2v óv)
è cosi tradotto da Lassalle:
« Per quanto ne abbia udito i discorsi, nes-
suno è giunto a sapere che sapiente è ciò che
è separato da tutto (ossia da tutto resistente) »
(344): dove Lassalle considera le parole « ani-
male o Dio » un'aggiunta e rigetta le traduzioni
di Ritter («la sapienza è lontana da tutti»)
(344) e di Schleiermacher, «la sapienza è se-
parata da tutto », nel senso della « conoscenza »
che è diversa dalla scienza dei particolari.
Per Lassalle il significato del frammento è
che « Passoluto (il sapiente) è alieno da ogni
esistenza sensibile, è esso il negativo» (349),
cioè il Negative = principio di negazione, prin-
cipio di movimento. Chiara contraffazione nel
* «dò che è solo sapiente» (n.d.t.).
« ERACLITO »
351
senso di Hegel! Reinterpretazione di Hegel in
Eraclito!
Un mucchio di particolari sulla connes-
sione (esteriore) di Eraclito con la teo-
logia persiana, Ormuzd-Ahriman, con la
dottrina della magia, ecc., ecc., ecc.
Eraclito ha detto: « Il tempo è un corpo »
(p. 358)... questo nel senso deirunità di essere
e non-essere. Il tempo è pura unità di essere
e non-essere, ecc.!
Il fuoco in Eraclito = principio di mo-
vimento |_e_non semplicemente fuoco |, qual-
cosa di analogo è il fuoco nella dottrina della
filosofia (e della religione) persiana (362)!
Se Eraclito ha usato per primo il termine
di XÓYOg ( « parola » ) in senso oggettivo ( leg-
ge), anche questo è stato tratto dalla religione
persiana... (364).
— Citazione dalla Zendavesta (367).
Nel § 17 sul rapporto tra Atxrj e elpapnév?}
Lassalle interpreta queste idee di Eraclito nel
senso òì« necessità», «connes-
sione» ( 376 ).
NB: «connessione di tutte
le cose » (Scapòs à7tàvTtov) (p.
379).
Platone espone (nel Teetcto) la filo-
sofia eraclitea, quando dice:
« La necessità collega l’essenzialità dell'es-
sere »...
« Eraclito è la fonte della rappresentazione
comune per gli stoici che esprime l’eìpapnévTj,
la rerum omnium necessitas, come connes-
sione e concatenamento, illigatio »... (376).
352
LENIN
Cicerone: « Fatum autem id appello quod
Graeci sìjJLapjJLEVV] , id est ordinem seriemque
causarum, cum causa causae nexa rem ex se
gignit » * (p. 377).
Millenni sono trascorsi dal tempo in
cui è sorta l’idea della « connessione di
tutte le cose », della « catena delle cau-
se ». Un confronto dei modi come queste
cause sono state intese nella storia del
pensiero darebbe una teoria della cono-
scenza irrefutabilmente dimostrata.
NB
Volume II.
Nel parlare del « fuoco » Lassalle, ripe-
tendosi mille volte, dimostra che esso è in Era-
clito il « principio ». Insiste particolarmente
sull 'idealismo di Eraclito (p. 25: che il prin-
cipio dello sviluppo, des Werdens, è in Era-
clito /ogijcA-praexistent, che la sua filosofia =
Idealphilosophie . Sic!!) (p. 25).
((Forzature nel senso di Hegel!))
Eraclito ha concepito un « fuoco puro e
assolutamente immateriale» (p. 28. Timaeus,
su Eraclito)...
A p. 56 (del v. II) Lassalle riporta | da
Clemente Al., Stromata, V, cap. 14 1 una cita-
zione su Eraclito, che, tradotta alla lettera,
suona:
« Il mondo, l’uno del tutto, non è stato fat-
to da nessuno degli dèi o degli uomini, ma è
stato, è e sarà un fuoco eternamente vivo, che
si accende e si spegne secondo misura »...
Un’ottima esposizione dei principi del ma-
terialismo dialettico. Ma, a p. 58, Lassalle for-
* «chiamo peraltro fato ciò che i greci chiamano eipappÉVTj, cioè Tardine
e la serie delle cause, quando una causa, collegata con un'altra, genera una cosa
da sé» {n.d.t.).
« ERACLITO »
353
nisce questa « freie Ubersetzung » di tale fram-
mento:
« Il mondo » « è stato, è e sarà divenire
ininterrotto, costante, ma secondo una misura
ciclica, passando dall’essere al (processuale)
non-essere e da quest’ultimo all’essere (proces-
suale) ».
Esempio eccellente di come Lassalle verball-
hornt * Eraclito con Hegel, guasti la vitalità,
la freschezza, l’ingenuità, l’integrità storica di
Eraclito con forzature nel senso di Hegel (e
per operare tali forzature Lassalle rimastica He-
gel per decine di pagine).
La II sezione della II parte ( Fisica , pp. 1-
262!!! del II v.), è assolutamente insopporta-
bile. Qui per un soldino di Eraclito c’è tutto un
rublo di rimasticature di Hegel e forzature in
senso hegeliano. Questo si può solo sfogliare
per dire che non è da leggere!
Dalla III sezione ( Dottrina della conoscen-
za) una citazione da Filone :
« Dato che l’uno è ciò che consta di due
opposti, cosi, quando viene scisso in due, tali
opposti divengono conoscibili. Non è questo,
come dicono gli elleni, che il loro grande e glo-
rioso Eraclito ha posto a capo della sua filo-
sofia e di cui ha menato vanto come di una
nuova scoperta?» ((265)).
E la seguente citazione, anch’essa da Filone:
... « Analogamente anche le parti del mon-
do sono divise in due e reciprocamente opposte
luna all’altra: la terra in monti e pianure, l’ac-
qua in dolce e salata [...]. E in pari modo l’atmo-
sfera in inverno ed estate, nonché in primavera
e autunno. Con questo Eraclito ha composto
i suoi libri sulla natura, prendendo a prestito
dai nostri teologi la sentenza sugli opposti e
unendovi esempi (e documenti) numerosi e ac-
curatamente elaborati» (p. 267).
NB
NB
NB
* verballhomen = emendare travisando ( rt.d.t .).
23-639
354
LENIN
Criterio della verità è, secondo Eraclito, non
il consensus omnium, non raccordo di tutti
(p. 285), egli sarebbe stato allora un subjek-
tiver Empiriker (p. 284). No, egli è stato un
objektiver Ideatisi (p. 285). Il criterio della
verità è per lui, indipendentemente dall’opinio-
ne soggettiva di tutti gli uomini, l’accordo con
la legge ideale dell’identità di essere e non-
essere (285).
Cfr. Marx 1845 nelle
tesi su Feuerbach 115 !
Lassalle è qui reazio-
nario.
Ecco dove è chiaro che Las-
salle è un hegeliano di vecchio
tipo, un idealista.
A p. 337, citando, tra l’altro, Bìichner (no-
ta 1), Lassalle dice che Eraclito ha enunciato
a priori « lo stesso pensiero » formulato dalla
«fisiologia moderna» («il pensiero è movi-
mento della materia»).
Evidente forzatura. Nelle citazioni su
Eraclito si dice unicamente che anche
Tanima è un processo di trasformazione:
ciò che si muove viene conosciuto da ciò
che si muove.
Citazione da Calcidio (in Timaeus):
... « Eraclito però collega la nostra ragione
con quella divina, che governa e dirige il mon-
do, e afferma che, in virtù di questa insepara-
bile compagnia, essa ha conoscenza dell’impe-
rioso decreto della ragione e, quando lo spi-
rito si riposa daU’attività dei sensi, preannuncia
lavvenire » (p. 342).
Da Clemente ( Stronzata , V):
... « a causa della sua incredibilità esso
— cioè il vero — sfugge alla conoscenza »...
(347).
Eraclito sarebbe « il padre della logica og-
gettiva » (p. 351), perché in lui la «filosofia
« ERACLITO »
355
della natura » umschlàgt * in filosofia del pen-
siero, « il pensiero viene riconosciuto quale
principio dell’essere» (350), ecc., ecc. à la
Hegel... In Eraclito sembra mancare il mo-
mento della soggettività...
§ 36. // « Cratilo » di Platone , pp. 373-
396.
Nel § sul Cratilo Lassalle dimostra che nel
dialogo di Platone Cratilo è presentato (non
ancora come il sofista e soggettivista che è
diventato in seguito, ma) come un fedele disce-
polo di Eraclito, del quale ha esposto realmente
la teoria dell’essenza e dell’origine delle parole
e della lingua in quanto imitazione
della natura (« imitazione dell’essenza delle co-
se », p. 388), dell’essenza delle cose, «imita-
zione e riproduzione di Dio », « imitazione di
Dio e dell’universo» (Ibidem).
Ergo :
l
Storia della filosofia
la filo-
sofia
greca ha
segnala-
to tutti
questi
momenti
delle singole scienze
dell’evoluzione menta-
le del bambino
dell’evoluzione menta-
le degli animali
della lingua NB;
+ psicologia
4* fisiologia de-
gli organi dei
sensi
ecco i campi del
sapere di cui deve
constare la teo-
ria della conoscen-
za e la dialettica
kurz, storia
della cono-
scenza in
generale
tutto
il campo
del sapere
* si converte ( n.d.t .).
23 *
356
LENIN
NB
NB
molto im-
portante!
... « Abbiamo mostrato — dice Lassalle —
che quella» (succitata) «identità concettuale
(proprio identità, e non solo analogia) tra
parola, nome e legge è da tutti i lati una rap-
presentazione di principio della filosofia eracli-
tea e assume in essa una portata e un signifi-
cato fondamentali»... (393).
...«I nomi sono per lui» (per Eraclito)
« leggi dell’essere, essi sono per lui ciò che è
comune alle cose, così come le leggi sono per
lui ” ciò che è comune a tutte le cose ” »...
(394).
Anche Ippocrate sembra esprimere
pensieri eraclitei, quando dice:
« I nomi sono le leggi della natura ».
« Sia i nomi che le leggi sono infatti per
il pensatore di Efeso [...] niente altro che pro-
dotti e realizzazioni dell'universale, essi costi-
tuiscono per lui il già raggiunto essere ideale,
puramente universale, depurato della macchia
della realtà sensibile»... (394).
Platone analizza e confuta la filosofia di Era-
clito nel Cratilo e nel T e e t e t o ,
e inoltre (soprattutto in quest’ultima opera)
confonde Eraclito (idealista oggettivo e dialet-
tico) con l’idealista soggettivo e sofista Prota-
gora (l’uomo misura di tutte le cose). E Las-
salle dimostra che nello sviluppo delle idee da
Eraclito sono realmente scaturiti 1) la sofistica
(Protagora) e 2) il platonismo, le «idee»
(l’idealismo oggettivo).
Si ricava l’impressione che l’idealista
Lassalle abbia lasciato in ombra il mate-
rialismo o le tendenze materialistiche di
Eraclito, forzando Eraclito nel senso di
Hegel.
« ERACLITO »
357
(IV. Ethik, pp. 427-462).
Nella sezione suIPetica: nil.
A pp. 458-459 Lassalle scrive che Nemesio
ha detto che Eraclito e Democrito negavano la
provvidenza (rcpovotav), mentre Cicerone (De
fato) dice che Eraclito, come Democrito e altri
(compreso Aristotele), riconosceva il fato, la ne-
cessità.
... « Questo fato deve significare soltanto la
necessità naturale immanente dell 'oggetto, la sua
legge naturale »... (459).
(Gli stoici, secondo Lassalle, hanno deri-
vato tutto da Eraclito, involgarendolo,
rendendolo unilaterale, p. 461.)
Naturnot-
wendigkeit
in Lassalle
L'indice del libro di Lassalle è dotto,
erudito, ma stolido; un subisso di nomi
di antichi, ecc., ecc.
In complesso, è esatto il giudizio di
Marx. Non vale la pena di leggere il libro di
Lassalle.
A PROPOSITO DELLA DIALETTICA
Lo sdoppiamento dell’uno e la conoscenza
delle sue parti contraddittorie (cfr. la citazione
di Filone su Eraclito alTinizio della III parte,
Sulla conoscenza , del VEraclito di Lassalle 117 ) è
V essenza (una delle « essenzialità », una
delle note caratteristiche o peculiarità fonda-
mentali, se non la fondamentale) della dialetti-
ca. Cosi appunto pone la questione anche Hegel
( nella sua Metafisica Aristotele si dibatte
continuamente intorno a questo problema e si
batte contro Eraclito, respective contro le idee
eraclitee ns ).
L'esattezza di questo lato del contenuto del-
la dialettica deve essere dimostrata dalla storia
della scienza. A questo lato della dialettica si
rivolge di solito (per esempio, da parte di Ple-
chanov) scarsa attenzione: l’identità degli op-
posti viene presa come una somma di esempi
|j^per esempio, il chicco d’orzo »; « per esem-
pio, il comuniSmo primitivo ». Lo stesso in En-
gels. Ma « per fini di divulgazione ìkJ , e non
come legge della conoscenza
{e legge del mondo oggettivo).
Nella matematica + e — . Differenziale e
integrale.
Nella meccanica azione e reazione.
Nella fisica elettricità positiva e negativa.
Nella chimica associazione e dissociazione
degli atomi.
362
LENIN
Nella scienza sociale lotta di classe.
L’identità degli opposti (o, forse, è meglio
dire: la loro « unità »? Benché la differenza tra
i termini « identità » e « unità » non assuma
qui particolare importanza. In un certo senso
sono entrambi esatti) è il riconoscimento (la
scoperta) di tendenze contraddittorie, che si
escludono reciprocamente, opposte, in tutti
i fenomeni e processi della natura (spirito e
società compresi). Condizione della conoscenza
di tutti i processi del mondo nel loro « automo-
vimento », nel loro sviluppo spontaneo, nella
loro vivente realtà, è la conoscenza di essi come
unità degli opposti. Lo sviluppo è « lotta » de-
gli opposti. Le due concezioni fondamentali (o
le due possibili? o le due riscontrate nella sto-
ria?) dello sviluppo (dell’evoluzione) sono: lo
sviluppo come diminuzione e aumento, come
ripetizione, e lo sviluppo come unità degli op-
posti (sdoppiamento dell’uno in opposti che si
escludono l’un l’altro e loro rapporto reciproco).
Con la prima concezione del movimento ri-
mane in ombra V auto- movimento, la sua
forza motrice , la sua sorgente, il suo
motivo (oppure questa sorgente viene traspo-
sta alV esterno-. Dio, soggetto, ecc.). Con la se-
conda concezione l’attenzione principale aspira
appunto a conoscere la sorgente dell’* auto »-
movimento.
La prima concezione è morta, scialba, arida.
La seconda è vitale. Soltanto la seconda
fornisce la chiave dell’« automovimento » di
tutto resistente; essa soltanto fornisce la chiave
dei « salti », della « soluzione di continuità »,
della « conversione nell’opposto », della distru-
zione del vecchio e della nascita del nuovo.
L’unità (coincidenza, identità, equipollenza)
degli opposti è condizionata, provvisoria, tran-
sitoria, relativa. La lotta degli opposti recipro-
camente escludentisi è assoluta, come assoluto
è lo sviluppo, il movimento.
A PROPOSITO DELLA DIALETTICA
363
N5: la differenza tra il soggettivismo (scet-
ticismo e sofistica, ecc.) e la dialettica consiste,
tra l’altro, nel fatto che nella dialettica (og-
gettiva) è relativa anche la differenza tra rela-
tivo e assoluto. Per la dialettica oggettiva nel
relativo c'è l’assoluto. Per il soggettivismo e
la sofistica il relativo è soltanto relativo ed esclu-
de l’assoluto.
Marx nel Capitale analizza dapprima il rap-
porto piu semplice, abituale, fondamentale, più
diffuso, più ricorrente, riscontrabile miliardi di
volte, della società (mercantile) borghese: lo
scambio delle merci. L’analisi discopre in questo
fenomeno semplicissimo ( in questa « cellula *
della società borghese) tutte le contraddi-
zioni (respective Tembrione di tutte le contrad-
dizioni) della società moderna. L’ulteriore espo-
sizione ci mostra lo sviluppo (sia la crescita che
il movimento) di queste contraddizioni e di
questa società, nel £ delle singole parti, dal suo
inizio alla sua fine.
Tale deve essere il metodo di esposizione
(respective di studio) della dialettica in gene-
rale (poiché la dialettica della società borghese
è in Marx soltanto un caso particolare della
dialettica). Cominciare dal più semplice, abi-
tuale, diffuso, ecc., da una proposizione qual-
siasi: le foglie dell’albero sono verdi;
Ivan è un uomo; Zuéka è un cane, ecc. Già
qui (come ha osservato genialmente Hegel) c’è
la dialettica: l'individuale è uni-
versale (cfr. Aristoteles, Metaphysik, trad.
Schwegler, v. II, p. 40, libro 3, cap. 4, 8-9:
« denn natiirlich kann man nicht der Meinung
sein, dass es ein Haus [una casa in generale]
gebe ausser den sichtbaren Hàusem », « où yàp
ètv ftehriiJ^v slvai Tiva otxiav izapà xà<;
364
LENIN
Ttvct£ otri ag»*). Gli opposti (l’individuale
è l’opposto dell’universale) sono quindi iden-
tici: l’individuale non esiste altrimenti se non
nella connessione che lo congiunge con l’uni-
versale. L’universale esiste soltanto nell’in-
dividuale, attraverso l’individuale. Ogni indivi-
duale è (in un modo o nell’altro) universale.
Ogni universale è (una particella o un lato o
l’essenza) dell’individuale. Ogni universale ab-
braccia solo approssimativamente tutti gli og-
getti individuali. Ogni individuale entra in mo-
do incompleto nell’universale, ecc., ecc. Ogni
individuale è collegato da migliaia di trapassi
agli individuali (cose, fenomeni, processi) di
un’altra specie, ecc. Già qui si danno
elementi, embrioni del concetto di necessità, di
connessione oggettiva della natura, ecc. Acciden-
tale e necessario, fenomeno ed essenza sono già
qui presenti, perché, nel dire: Ivan è un uomo,.
Zuòka è un cane, questa è una foglia d’albero,
ecc., tralasciamo come accidentali una serie di
tratti, separiamo l’essenziale dall’apparente e op-
poniamo l’uno all’altro.
Per tale modo, in ogni proposizione possia-
mo (e dobbiamo) scoprire, come in una « cel-
lula », gli embrioni di tutti gli elementi della
dialettica, mostrando cosi che la dialettica ine-
risce in generale all’intera conoscenza umana. Le
scienze naturali ci presentano (e, di nuovo, que-
sto va dimostrato con un qualsiasi esempio mol-
to semplice) la natura oggettiva con queste stes-
se sue proprietà: trasformazione dell’individuale
in universale, dell’accidentale in necessario, tra-
passi, digradamenti, connessione reciproca degli
opposti. La dialettica è appunto la teoria
della conoscenza (di Hegel e) del marxismo:
proprio a questo « lato » (che non è un « lato »,
* « poiché, naturalmente, non si può pensare che esista una casa al di
fuori delle case visibili », « non possiamo infatti ammettere che esista una casa
accanto alle singole case» (n.d.t.).
A PROPOSITO DELLA DIALETTICA
365
ma l’essenza) del problema non ha prestato at-
tenzione Plechanov, per non dire di altri mar-
xisti.
La conoscenza viene presentata sotto la for-
ma di una serie di circoli sia da Hegel (cfr. la
Logica) che da Paul Volkmann (cfr. i suoi
Erkenntnistheoretische Grundztige, p. .., U9 ),
moderno « gnoseologo » delle scienze naturali,
eclettico, nemico delThegelismo (che non ha
capito! ).
I « circoli » in filosofia: è obbligatoria
la cronologia dei singoli ? No!
Antica: da Democrito a Platone e alla
dialettica di Eraclito.
Rinascimento: Descartes versus Gassen-
di (Spinoza?).
Moderna: Holbach — Hegel ( attraver-
so Berkeley, Hume, Kant).
Hegel — Feuerbach — Marx.
La dialettica come conoscenza vivente, mul-
tilaterale ( con un numero di lati in perenne au-
mento), con un’infinità di sfumature in ogni
accostamento e approssimazione alla realtà (con
un sistema filosofico, che da ogni sfumatura si
sviluppa in un tutto): ecco un contenuto infini-
tamente ricco, a paragone del materialismo « me-
tafisico », il cui guaio fondamentale sta nell’in-
capacità di applicare la dialettica alla Bilder-
theorie *, al processo e allo sviluppo della co-
noscenza.
L'idealismo filosofico è soltanto assurdità
dal punto di vista del materialismo rozzo, ele-
* teorii del riflesso (o rispecchiamento) (n.d.t.).
366
LENIN
NB questo
aforisma
meritare, metafisico. Viceversa, dal punto di vi-
sta del materialismo dialettico, l’idealismo filo-
sofico è lo sviluppo (la dilatazione, il rigonfia-
mento) unilaterale, esagerato, uberschwengli-
ches (Dietzgen) 120 di uno dei tratti, lati, limiti
della conoscenza in un assoluto, avulso dalla
materia, dalla natura, divinizzato. L’idealismo
è pretismo. Esatto. Ma l'idealismo filosofico è
(«piu esattamente» e « inol-
tre » ) la via verso il pretismo attraverso
una delle sfumature della
conoscenza (dialettica) infinitamente
complessa dell’uomo.
La conoscenza umana non è (respective non
segue) una linea retta, ma una curva, che si
approssima infinitamente a una serie di circoli,
a una spirale. Ogni segmento, frammento, tratto
di questa curva può essere tramutato (unilate-
ralmente) in una linea retta a sé stante, indi-
pendente, che (se gli alberi impediscono’ di ve-
dere la foresta) conduce alla palude, al pretismo
(dove viene ancorata dall’interesse di
classe delle classi dominanti). Il carattere retti-
lineo e unilaterale, l’irrigidimento e l’ossifica-
zione, il soggettivismo e la cecità soggettiva:
voilà le radici gnoseologiche dell’idealismo. An-
che il pretismo ( = idealismo filosofico) ha na-
turalmente le sue radici gnoseologiche, non è
senza fondamento, è, senza dubbio, un fiore
sterile, ma un fiore sterile che cresce sul-
l’albero vivo della vivente, feconda, vera, pos-
sente, onnipotente, oggettiva, assoluta conoscen-
za umana.
RIASSUNTO DELLA « METAFISICA »
DI ARISTOTELE 1:1
Die Metbaphysik des Aristoteles, traci, di
Schwegler , 2 vv., Tiibingen, 1847.
Cfr. sopra la citazione sulla « casa » 122 .
Una massa di cose arcinteressanti, vive,
ingenue (fresche), che introducono alla
filosofia e che nelle esposizioni vengono sosti-
tuite dalla scolastica, dal risultato senza il mo*
vimento, ecc.
Il pretismo ha ucciso in Aristotele ciò che
era vivo e ha immortalato ciò che era morto.
« L'uomo e il cavallo e simili esistono nei
singoli esseri, l'universale non esiste per sé co-
me sostanza individuale, ma soltanto come un
tutto composto di un concetto determinato e di
una materia determinata» (p. 125, libro 7,
capitolo 10, 27-28).
Ibidem, p. 126, §§ 32-33:
... « La materia in sé e per sé è inconosci-
bile. La materia è in parte percepibile sensibil-
mente e in parte intelligibile: è sensibilmente
percepibile come bronzo, legno, in breve, come
materia suscettibile di movimento; è intelligi-
bile, quando si trova nel percepibile sensibil-
mente, ma non così che sia sensibilmente per-
cepita, come, per esempio, l'ente matematico »...
Molto caratteristici e profondamente inte-
ressanti sono (all'inizio della Metafisica) la po-
lemica con Platone e le domande « imbarazza-
te », ma incantevoli per ingenuità, e i Beden-
ken * circa l'assurdità dell'idealismo. E tutto
questo insieme con la confusione piu impo-
Spesso la filosofia
è deviata verso le
definizioni di pa-
role, ecc. Si sfiora
tutto, tutte le
categorie
* dubbi [n.d.t.).
24-639
370
LENIN
tente intorno a IV essenziale, al concetto e al-
l'individuale.
NB, all'inizio della Metafisica, la lotta p ì u
strenua contro Eraclito, contro l'idea del-
Pidentità di essere e non-essere (i filosofi greci
si sono accostati alla dialettica, ma senza ve-
nirne a capo). Molto caratteristici sono dap-
pertutto, passim , i germi vivi e le tendenze
alla dialettica...
In Aristotele dappertutto la logica ogget-
tiva si mescola con quella soggettiva, e però
in modo che dappertutto è visibile que-
sta logica oggettiva. Non ci sono dubbi circa
Poggettività della conoscenza. C'è una fede
ingenua nella potenza della ragione, nella for-
za, potenza e oggettiva veracità della cono-
scenza. E una confusione ingenua, una confu-
sione impotente e miserevole, riguardo alla
dialettica di universale e individuale, di
concetto e realtà sensibilmente percepibile del
singolo oggetto, cosa, fenomeno.
La scolastica e il pietismo hanno tratto da
Aristotele ciò che è morto, non ciò che è vi-
vo : le tendenze, le ricerche, il labirinto,
Puomo sperduto.
La logica di Aristotele è tendenza, ricerca,
avvicinamento alla logica di Hegel, ma di essa,
della logica di Aristotele (che dappertutto, a
ogni passo, pone appunto il problema del-
la dialettica), si è fatta una morta sco-
lastica, rigettandone tutte le ricerche, oscilla-
zioni, metodi d'impostazione dei problemi. Pro-
prio questi metodi erano per i greci come dei
sistemi di prova, un'ingenua discordanza delle
opinioni, eccellentemente riflessa in Aristotele.
... « deriva di qui che l'universale non esi-
ste separatamente e accanto all'individuale. I
sostenitori ddla dottrina delle idee hanno quin-
di ragione allorché ascrivono alle idee un'esi-
stenza separata, in quanto esse sono sostanze
singole, ma hanno torto allorché pongono come
« METAFISICA »
371
idea l'unità del molteplice. Essi però fanno
questo, perché non sanno dire che cosa deb-
bano essere queste sostanze incorruttibili ac- ,
canto e all'estemo delle singole cose sensibili.
Fanno quindi essere le idee identiche per ge-
nere alle cose corruttibili che noi conosciamo
e dicono uomo in sé, cavallo in sé, aggiungendo
alle cose sensibili un in sé # (p. 136, libro
7, capitolo 16, §§ 8-12) #. E non di meno, |
anche se non avessimo mai visto le stelle, esi-
sterebbero sostanze eterne, oltre a quelle da noi
conosciute: anche se non sapessimo dire come
esse siano, sarebbe non di meno necessario che
esse esistano. È chiaro cosf che nessun enun-
ciato universale i una sostanza singola e che
nessuna sostanza singola è composta di singole
sostanze [oùola] » (S 13, fine del capitolo).
Incantevole! Nessun dubbio sulla real-
tà del mondo esterno. L'uomo si sperde
appunto nella dialettica di universale e
individuale, di concetto e sensazione, ecc.,
di essenza e fenomeno, ecc.
(p. 146, libro 8 — forse interpolato
in seguito — capitolo 5, SS 2-3.)
...« Una questione difficile [inopia] è co-
me si rapporti la materia dell’una o dell'altra
cosa all'opposto. Per esempio, se il corpo è in
potenza [6uvi|i£t] sano, ma alla salute è op-
posta la malattia, ha il corpo l’una e l'altra
cosa in potenza? [...]
« Inoltre, l'essere vivente è forse in po-
tenza [Suvàpei] morto? »
(p. 181) Libro 11, capitolo 1, SS 12-14:
... « Essi [i filosofi] pongono l'ente mate-
matico proprio nel mezzo tra le idee e il sen-
sibilmente percepibile, come un terzo fuori del-
le idee e del mondo di qua; e non di meno
24
372
LENIN
non c’è un terzo uomo e un terzo cavallo oltre
all’uomo in sé (o al cavallo in sé) e agli uomini
e ai cavalli singoli. Ma, se la questione non
sta come essi dicono, di che cosa allora dovrà
occuparsi il matematico? Comunque non del
mondo di qua, in quanto in esso nessuna cosa
è come la richiedono le scienze matematiche »...
Ibidem , capitolo 2, §§ 21-23:
... « Si domanda, inoltre, se esista o non
esista qualcosa fuori del concreto; concreto
10 chiamo infatti la materia e il materiale. Se
non esiste, tutto è corruttibile, perché tutto
ciò che è materiale è comunque corruttibile.
Se invece esiste qualcosa fuori del concreto,
esso è, evidentemente, la forma e Pimmagine.
Ma, riguardo a queste ultime, è difficile de-
terminare in quali cose siano o non siano pre-
senti »...
pp. 185-186, libro 11, capitolo 3, § 12;
11 matematico lascia da parte il calore, il peso
e le altre « opposizioni sensibili » e bada « sol-
tanto ài quantitativo »... « analogamente stanno
le cose con Pesistente ».
C’è qui il punto di vista del materia-
lismo dialettico, ma in modo fortuito, non
conseguente, non sviluppato, effimero.
Windelband, nel suo sommario di storia
della filosofia antica (Mullers Handbuch der
klasshchen Altertumswissenschaft, V, I, p.
265) (sala di lettura della biblioteca di Ber-
na), sottolinea che, nella logica di Aristotele,
die Logik « ha come sua premessa pili generale
Pidentità delle forme del pensiero e delle
forme dell’essere » e cita Metapbysik, V, 7:
« ócaxws Àéyexoct, xoaocxws xò clvai cmjfAat-
vet ». Questo nel § 4. Schwegler traduce:
« Denn so vielfach die Kategorien ausgesagt
« METAFISICA. »
373
werden, so vielfach bezeichnen sie ein Sein » *.
Traduzione cattiva!
Avvicinamento a Dio:
Libro 12, capitolo 6, §§ 10-11:
« [...] Come infatti può avvenire il movi-
mento, se niente di attuale è causa? La ma-
teria non può certo muovere sé stessa, la muo-
ve però Tarte del costruttore; ancor meno
possono muovere sé stessi il mestruo e la ter-
ra, li muovono però il seme e la feconda-
zione [...] ».
Leucippo ( ibidem , § 14) ammette un mo-
vimento eterno, ma non spiega perché (§ 11).
Capitolo 7, §§ 11 -19: Dìo (p. 213).
« [...] il movimento eterno deve provenire
da un che di eterno» (capitolo 8, § 4).
Libro 12, capitolo 10:
ancora un « riesame » delle questioni fonda-
mentali della filosofia; i « punti interrogativi »,
per cosi dire. Un’esposizione (piu spesso una
allusione) molto fresca, ingenua, dubbiosa di
diversi punti di vista.
Nel libro 13 Aristotele toma
di nuovo sulla critica della dottrina pitagorica
dei numeri (e della dottrina platonica delle
idee), separati dalle cose sensibili.
Idealismo primitivo: il generale (concetto,
idea) è u n essere singolo. Sem-
bra barbarico, mostruosamente (o, meglio, in-
fantilmente) assurdo. Ma non sono forse dello
stesso genere ( assolutamente dello stesso ge-
nere) l’idealismo moderno, Kant, Hegel, l’idea
di Dio? I tavoli, le sedie e le idee di tavolo
e di sedia; il mondo e l’idea di mondo (Dio);
la cosa e il « noumeno », l’inconoscibile « cosa
* «Poiché per quante volte le categorie sono predicate,
designano un essere» (n.d.t.).
NB
NB
per altrettante
374
LENIN
in sé »; il legame della terra e del sole, della
natura in genere, e la legge, il Xóyog, Dio.
Lo sdoppiamento della conoscenza umana e la
possibilità dell'idealismo (= della religione)
sono già dati nella prima astra-
zione elementare :
la « casa » in generale e le singole case.
L'accostarsi dell'intelletto (dell'uomo) alla
singola cosa, il trarre da essa una copia ( =
concetto) non è un atto semplice, imme-
diato, specularmente inerte, ma un atto com-
plesso, sdoppiato, a zigzag, racchiudente in sé
la possibilità del volo della fantasia dalla vita;
di più, la possibilità di una trasformazione (e,
per giunta, di una trasformazione inavvertita,
di cui l'uomo non prende coscienza) del con-
cetto astratto, dell'idea in una fantasia (in letz-
ter Instanz = Dio). Infatti anche nella gene-
ralizzazione più semplice, nell'idea generale più
elementare (il «tavolo» in generale) è con-
tenuta una piccola dose di fantasia.
(Vice versa: è assurdo negare la funzione della
fantasia anche nella scienza più rigorosa: cfr.
Pisarev sul sogno utile, come impulso al lavoro,
e sulla fantasticheria vuota m .)
Un'ingenua esposizione delle « difficoltà »
relative alla «filosofia della matematica» (in
termini moderni): libro 13, capitolo 2, § 23:
« [...] Inoltre, il corpo è una sostanza, in
quanto già possiede una sua compiutezza: ma
come possono esser sostanze le linee? Non pos-
sono essere tali né come forma e immagine, al
modo, per esempio, dell'anima, né come ma-
teria, al modo del corpo: non si vede infatti
niente che sia composto di linee o di piani o
di punti [...] » (p. 224).
« METAFISICA »
375
Il libro 13, capitolo 3, risolve queste
difficoltà in modo eccellente, nitido, chiaro,
materialisticamente (la matematica e le altre
scienze astraggono un solo lato del corpo, del
fenomeno, della vita). Ma Fautore non si attie-
ne coerentemente a questo punto di vista.
Schwegler, nel. suo commento (v. IV, p.
303), dice: Aristotele fornisce qui un’esposizio-
ne positiva della « sua concezione dell’ente ma-
tematico: questo ente è un che di astratto dal
sensibile ».
Il libro 13, capitolo 10, sfiora un pro-
blema, meglio esposto da Schwegler nel suo
commento (a Metaphysik, 7, 13, 5): la
scienza riguarda soltanto l’universale (cfr. libro
13, capitolo 10, § 6), ma reale (sostanziale)
è soltanto l’individuale. Vi è quindi un abisso
tra scienza e realtà? Essere e pensiero sono
quindi incommensurabili? « La vera conoscen-
za del reale è impossibile? » (Schwegler, v.
IV, p. 338). Aristotele risponde: in potenza
il sapere è rivolto all'universale, in atto al par-
ticolare.
Schwegler definisce hòchst beachtenswert *
( Ibidem ) l’opera di F. Fischer # :
Die Metaphysik, von empirischem Standpunkte
aus dargestellt [anno di edizione (1847)], che
parla del « realismo » di Aristotele.
Libro 14, capitolo 3, § 7: « [...] se l’ente
matematico non si trova nelle cose sensibili, in
esse si trovano le sue qualità » (p. 254)...
NB
NB?
* massimamente degna di attenzione ( n.d.t .).
376
LENIN
(Lo stesso senso ha Tultima proposizione
del libro: libro 14, capitolo 6, § 21.)
Fine della «Metafisica».
ah-ah! ! !
# Friedrich Fischer (1801-1853), profes-
sore di filosofia a Basilea. In un articolo di
PrantI su Fischer (Allgemeine Deutsche Bio -
graphie, v. 7, p. 67) si formula su di lui un
'giudizio sprezzante e si dice: « Da un’avver-
sione di principio per Tidealismo soggettivo
egli era sul punto di cadere nell'opposta uni-
lateralità di un empirismo senza ideali ».
ANNOTAZIONI SU PLENGE
E HILFERDING 124
Su Johann Plenge
Johann Plenge, Marx und Hegel , Tiibingen,
1911 .
Plenge non riesce a comprendere come
il « materialismo » coesista con lo spi-
rito rivoluzionario (che egli
chiama « idealismo », ecc. ) e s* ine at-
tivi se e contro la sua stessa incom-
prensione!!!
È un buon esempio del modo come i
professori borghesi volgarizzano i fonda-
menti del marxismo, i suoi fondamenti
teorici!! Ad notam degli economisti im-
perialisti e soci 125 ! !
Dopo una prefazione pretenziosa (cosi io,
io, io « ho letto » Hegel e Marx), un abbozzo
arcisuperficiale della « teoria » di Hegel (l'idea-
lismo non è separato dalla « speculazione », se
ne afferra pochissimo, e tuttavia persino in que-
st'abbozzo c*è qualcosa di buono rispetto al kan-
tismo, ecc.); quindi, a proposito di Marx, una
« critica » palesemente assurda.
Marx viene accusato di « puro ideologismo »
là dove per proletario « reale » intende il rap-
presentante della classe.
« Ora il linguaggio brutale dell’apostata, che
ha rinnegato decisamente ogni idealismo [...],
ora la rivendicazione ideale di un entusiasta in
politica: i questa la ” realtà ” di Karl Marx »
( 81 - 82 ).
arci-
triviale!
Il lato
teorico
della dialet-
tica non
non viene
notato!!
Marx =
8
LENIN
NB
2 scuole
in filosofia
NB
NB
NB
NB
AAA
scritto
nel
1876
gliono sapere niente, non vogliono imparare
niente [...].
Dai tempi di Kant è trascorso quasi un
secolo; nel frattempo ci sono stati Hegel e
Feuerbach, ha trionfato la miserabile economia
borghese, che deruba il popolo e lo getta senza
lavoro e senza salario sul lastrico, quando non
può più spremerne nulla [...].
I nostri allievi, i moderni operai salariati,
sono tanto evoluti da capire infine la filosofia
socialdemocratica, che sa separare i fenomeni
della natura, come materiale teorico o scienti-
fico, sperimentale, empirico, materialistico, o,
se si vuole, la verità soggettiva, da ogni preten-
/wvwwv'
ziosa o sovrannaturale metafisica.
Come in politica, in rapporto allo sviluppo
economico, vólto a eliminare le classi medie e
a creare proprietari e nullatenenti, i partiti sem-
pre più si raggruppano in due soli campi, quel-
lo dei datori di lavoro e quello dei lavoratori,
cosi anche la scienza si scinde in due classi
fondamentali: i metafisici da una parte e i
fisici o materialisti dall’altra. Gli elementi in-
termedi e i ciarlatani conciliatori, con tutte le
loro denominazioni, — spiritualisti, sensualisti,
realisti, ecc., ecc., — cadono ora nell’una ora
nell’altra corrente. Noi esigiamo risolutezza, vo-
WVWWvAAWVW
gliamo che si sia chiari. Gli oscurantisti reazio-
nari si autodefiniscono idealisti; materialisti de-
vono chiamarsi tutti coloro che aspirano a eman-
cipare l’intelletto umano dall’incantesimo meta-
fisico. Perché i nomi e le definizioni non ci
conducano fuori strada, dobbiamo ricordar bene
che la generale confusione in questo campo non
ha ancora consentito di fissare una terminologia
esatta.
DIETZGEN
439
Se paragoniamo i due partiti con il solido
e il fluido, in mezzo sta qualcosa che è simile
a una pappa. Questa vaga indeterminatezza è
una proprietà generale di tutte le cose del
mondo. £ soltanto l’inteUigenza o la scienza può
immettere chiarezza nella questione, cosi come
la scienza, per definire il freddo e il caldo, ha
creato il termometro e ha convenuto di consi-
derare punto di congelamento quel limite pre-
ciso in cui la temperatura si scinde in due clas-
si diverse. L’interesse della socialdemocrazia
esige che la stessa procedura si segua nel sapere
mondiale, in modo che si scinda la totalità dei
pensieri in due specie: quelli che hanno bisogno
della fede nelle fantasticherie idealistiche, da
un lato, e la sobria attività mentale materiali-
stica, dall’altro.
[136-142] Noi socialdemocratici, pur essen-
do atei senza religione, abbiamo tuttavia una
fede, ossia l’abisso tra noi e i credenti è ampio
e profondo, ma, come al di sopra di ogni abisso,
anche al di sopra di esso si può gettare un ponte.
È mia intenzione condurre i compagni demo-
cratici su questo ponte e di li mostrar loto la
differenza tra il deserto, nel quale errano i cre-
denti, e la terra promessa della luce e della
verità.
La massima piu sublime del cristianesimo
dice: « Ama Dio al di sopra di tutto e ama il
tuo prossimo come te stesso ». Dio è quindi
al di sopra di tutto, ma che cos’è Dio? Egli è
il principio e la fine, il creatore del cielo e della
terra. Noi non crediamo nella sua esistenza e
non di meno rinveniamo un senso razionale
nella massima che impone di amarlo al di sopra
di tutto
MNB
sehr gut!
NB
NB
NB
Il suo
fine è
di « con-
ciliare »
NB
440
LENIN
NB
Libertà
e necessità
Libertà
e necessità
NB
Dobbiamo capire che, sebbene lo spirito sia
chiamato a dominare sulla materia, questo do-
minio deve inevitabilmente restare molto li-
mitato.
Con il nostro intelletto possiamo dominare
sul mondo materiale solo formalmente. Nei par-
ticolari possiamo, forse, orientarne secondo la
nostra volontà il cambiamento e il movimento,
ma nel complesso la sostanza delle cose, la ma-
teria en generai, sta al di sopra dello spirito
umano. La scienza riesce a trasformare l’energia
meccanica in calore, elettricità, luce, energia chi-
mica, ecc.; forse, riesce a trasformare l’energia
in materia e la materia in energia e a rappresen-
tarle come forme diverse di una stessa essenza;
ma tuttavia la scienza può modificare soltanto
la forma, perché l ’essenza rimane eterna, immu-
tabile e indistruttibile. L’intelletto può studiare
le vie dei cambiamenti fisici, ma si tratta pur
sempre di vie materiali, che lo spirito orgoglioso
può solo studiare, ma che esso non è capace
di additare. Il sano intelletto umano deve ri-
cordare continuamente che, insieme con P« anima
immortale » e con la ragione orgogliosa del suo
sapere, esso è soltanto una particella subordi-
nata del mondo, benché i « filosofi » del nostro
tempo siano molto indaffarati nel giuoco di pre-
stigio consistente nel tramutare il mondo reale
in una « rappresentazione » delluomo. La mas-
sima religiosa — ama Dio al di sopra di tutto —
nel tedesco di un socialdemocratico suona:
ama e rispetta il mondo materiale, la natura
fisica o l’essere sensibile , come fondamento pri-
mo di tutte le cose, come essere senza principio
DIETZGEN
441
e senza fine, che è stato, è e sarà nei secoli dei
secoli [...].
Si chiama fenomeno corporeo, fisico, sen-
sibile, materiale quel genere universale in cui
rientra ogni essere, ponderabile e impondera-
bile, il corpo e Io spirito [...].
Pur se noi opponiamo il fisico allo spiri-
tuale, non di meno questa differenza fe solo
relativa; si tratta di due specie di essere, non
piu né meno opposte tra loro dei cani e gatti,
i quali, non ostante la loro notoria inimicizia,
appartengono tuttavia a una stessa classe o ge-
nere, alla categoria degli animali domestici.
Le scienze naturali, nella ristretta e più
diffusa accezione del termine, pur avendo di-
mostrato con grande evidenza la genesi delle
specie e lo sviluppo del mondo organico da
quello inorganico, non possono darci la conce-
zione monistica del mondo (la dottrina della
unità della natura: unità di « spirito » e
«materia», di organico e inorganico, ecc.), a
cui cosi avidamente aspira il nostro tempo. Le
scienze naturali pervengono a tutte le loro sco-
perte solo per mezzo dell'intelletto. La parte
visibile, ponderabile e tangibile di quest'organo
rientra, in verità, nel campo delle scienze natu-
rali, ma la sua funzione, il pensiero, è oggetto
di una scienza a sé, che può esser detta logica,
teoria della conoscenza o dialettica. - Quest 'ul-
tima sfera della scienza, la comprensione o
incomprensione della funzione spirituale, è quin-
di la patria della religione, della metafisica e
della chiarezza antimetafisica. Qui si trova quel
ponte che dall'umiliante schiavitù superstiziosa
conduce a un'umile libertà. Anche nel campo
della libertà orgogliosa della propria conoscenza
regna l'umiltà, cioè la subordinazione alla ne-
cessità materiale, fisica.
)
NB X NB
NB
442
LENIN
Monistische
Weltan-
schauung
NB
L’inevitabile religione, che si tramuta per
i « filosofi » in inevitabile metafisica, diventa
invece per il sano intelletto scientifico umano
l’irrefrenabile esigenza teorica di una concezione
monistica del mondo. L’energia-materia, detta
anche mondo o essere, viene mistificata dai teo-
logi e filosofi, perché essi non capiscono che
materia e intelletto appartengono a una stessa
specie, perché' essi si rappresentano erronea-
mente i rapporti tra materia e intelletto. Come
la nostra comprensione dell’economia politica,
cosi anche il nostro materialismo è una con-
quista scientifica, storica. Noi ci distinguiamo
nettamente sia dai socialisti del passato che
dai vecchi materialisti. Con questi ultimi ab-
biamo in comune soltanto il fatto di ricono-
scere neUa materia la premessa o il fondamento
primo deU’idea. La materia fe per noi la sostanza
e lo spirito solo l’accidente; il fenomeno em-
pirico è per noi il genere e l’intelletto solo una
specie o forma di esso [...].
Là dove c’è l’intelletto, il sapere, il pen-
siero, la coscienza, ci deve essere anche un og-
getto, un materiale, che si conosce e che è la
cosa principale. Sta qui appunto la vecchia
questione che divide gli idealisti e i materialisti:
quale cosa è « principale », la materia o l’in-
telletto? Pure, questa questione non è una que-
stione, ma soltanto una frase, un insieme di
parole. La differenza reale tra i due partiti sta
nel fatto che l’ uno vuole trasformare il mondo
in qualche incantesimo, mentre l’altro non vuo-
le sentir parlare di ciò.
Poiché tutti i fenomeni della natura possono
essere da noi percepiti mediante l’intelletto, an-
che tutte le nostre percezioni sono fenomeni
intellettuali. Esatto! Ma tra queste percezioni
DIETZGEN
443
c’è una percezione o fenomeno speciale, che
viene considerato prevalentemente « intellet-
tuale », e questo fenomeno è il sano intelletto
umano, lo spirito, la ragione, la facoltà cono-
scitiva, mentre tutto il resto, la massa, si chia-
ma materia. Tutto si riduce quindi al fatto che
materia, energia e intelletto, presi a sé o nel
loro insieme, hanno una stessa origine.
Chiamare materiali o intellettuali i fenome-
ni del mondo significa forse dedicarsi a una
meschina questione terminologica? La questio-
ne è se tutte le cose di una stessa specie, o il
mondo, debbano essere suddivise in un miste-
rioso incantesimo sovrannaturale, da una parte,
e in argilla naturale o fetida, dall’altra.
Per spiegare questo non basta ricondurre
tutto, come facevano i materialisti antichi, agli
atomi ponderabili. La materia non è soltanto
ponderabile, ma anche trasparente, vivida, so-
nora, perché dunque non sarebbe anche razio-
nale? [...] II pregiudizio, secondo cui gli oggetti
del tatto sarebbero piu comprensibili dei feno-
meni dell’udito o dei sensi in generale, ha spin-
to i materialisti antichi verso le loro specula-
zioni atomistiche, li ha indotti a considerare il
tangibile come il fondamento primo delle cose.
Bisogna estendere il concetto di materia. In
esso rientrano tutti i fenomeni della realtà e,
quindi, anche la nostra capacità di conoscere e
di spiegare. Quando gli idealisti chiamano « rap-
presentazioni » o fenomeni « intellettuali » tut-
ti i fenomeni della natura, noi riconosciamo
volentieri che non si tratta delle cose « in sé »,
ma soltanto degli oggetti della nostra perce-
zione. A sua volta l’idealista ammette che tra
le sensazioni denominate mondo oggettivo [142]
c’è una cosa speciale, un fenomeno speciale,
Vedi p. 142 m
? ))
NB
?
NB
NB
?
444
LENIN
NB
NB
detto sensazione soggettiva, anima o coscienza.
È pertanto assolutamente chiaro che oggettivo
e soggettivo appartengono a un solo genere, che
anima e corpo son fatti dello stesso materiale
empirico.
Per l’uomo non prevenuto è indubbio che
il materiale spirituale o, per dir meglio, la ma-
nifestazione della nostra capacità conoscitiva,
è una parte del mondo, e non viceversa. Il
tutto governa la parte, la materia lo spirito,
per lo meno nell’essenziale, benché tuttavia il
mondo sia talora governato dallo spirito umano.
In questo senso possiamo amare e venerare
il mondo materiale come un bene superiore,
come la causa prima, come il creatore del cielo
e della terra [...].
Se i socialdemocratici si dicono materialisti,
con questo nome intendono dire soltanto che
non riconoscono niente che travalichi i confini
delPintelletto umano scientificamente funzio-
nante. Ogni incantesimo deve finire [...].
L’inconoscibile
Una questione fondamentale
della filosofia socialdemocratica
(Vorwàrts, 1877)
NB
[143 147] I preti e i professori concordano
nel negare all'intelletto umano ogni capacità co-
noscitiva assoluta, la possibilità di pervenire a
una chiarezza completa, e gli riconoscono uni-
camente il carattere di un'intelligenza circoscrit-
ta e servile [...]. I filosofi cattedratici non si
DI ETZGEN
445
sono contentati di ciò; hanno compiuto un nuo-
vo passo e sostituito la scienza celeste con quel-
la terrena; ma qui essi hanno assunto, in fin
dei conti, la stessa duplice posizione a cui si
attengono in politica i « progressisti ». Lo stes-
so miscuglio di mancanza di talento e cattiva
volontà, che trattiene questi ultimi dalla li-
bertà, trattiene i professori dal sapere. Essi
non vogliono rinunciare alla ricerca del miste-
rioso; se non nei cieli o nei sacramenti, quanto
meno nella natura deve esserci un mistero, un
che di in comprensibile, e nelT« essenza delle
cose » e nei « fondamenti ultimi » devono es-
serci i limiti assoluti o i « confini della nostra
conoscenza della natura ». La socialdemocrazia
ha il dovere di contrastare questi mistici incor-
reggibili per difendere la radicale illimitatezza
dell’intelletto umano.
Naturalmente, molte cose non sono state
ancora comprese, chi vorrà negarlo? [...]•
La capacità dell’intelletto umano è cosi il-
limitata che esso, col passare del tempo, compie
sempre nuove scoperte, alla cui luce tutta la
cultura passata sembra pura e semplice incul-
tura. In tal modo io difendo il talento assoluto
della nostra capacità di conoscere, e tuttavia
sono ben consapevole della limitatezza di tutti
gli uomini e di tutti i tempi e quindi, non ostan-
te il mio tono presuntuoso, sono per la sostanza
un uomo assai modesto [...].
L’intelletto ha forse il primato, ma solo in
connessione con ciò che è semplice, con i nostri
cinque sensi e con le cose del mondo [...].
« In questo mondo » nessuno ha mai sen-
tito parlare d’un intelletto che stia al di sopra
di quello umano. E la storia non ci dice come
vadano le cose neH’« altro mondo » con gli an-
NB
NB
/
NB
446
LENIN
versus
Kant
geli, gli gnomi e le ninfe. Se anche accettassimo
questo giuoco infantile, se anche ammettessimo
che sulla luna e sugli astri brulicano spiriti ce-
lesti, questi ultimi, nel cuocersi i panini, do-
vrebbero farli con la farina, e non con la latta
o il legno. Analogamente, se questi spiriti so-
vrannaturali possiedono un intelletto, quest’ul-
timo deve essere della stessa natura e deve avere
la stessa costituzione generale del nostro
Se nel cielo o nel mondo trascendente esi-
stono cose con proprietà radicalmente diverse
da quelle terrene, esse devono avere anche al-
tri nomi: ma, poiché noi non sappiamo parlare
questa lingua (degli angeli), ci conviene tacere
allorché il discorso cade su « un che di supe-
riore », di metafisico o misterioso.
Incredibile, ma vero! Un siffatto ragiona-
mento sembra ai « filosofi » inaudito. Essi, sulle
orme di Kant> continuano a dire: no i possiamo
comprendere soltanto i fenomeni della natura,
ma ciò che si nasconde dietro di essi, la « cosa
in sé » o il mistero, è inconoscibile. E non di
meno questo mistero, tutta questa enigmaticità
altro non fe che un'idea esagerata , Pidea che
questi signori si fanno delPintelletto [...].
Tuttavia esiste Pinconoscibile, Pincompren-
sibile, esistono i confini della nostra capacità
conoscitiva; ma solo nel senso quotidiano, cor-
rente, in cui esistono Pinvisibile e Pinudibile,
in cui esistono limiti per la vista e Pudito f...].
Lo ripeto; una concezione esagerata delPin-
telletto, istanze irragionevoli nei confronti della
nostra capacità conoscitiva, o, in altri termini,
Pignoranza teoretico-conoscitiva : ecco il fonda-
DIETZGEN
447
mento di ogni superstizione, di ogni metafisica
religiosa e filosofica [...].
[149] È stato dapprima necessario superare
la metafisica o le idee esagerate per poter giun-
gere alla sobria comprensione del fatto che il
nostro intelletto è la consueta, formale capacità
meccanica [...].
I confini della conoscenza
(Vorwàrts, 1877)
[151-152] Sulla questione che ci interessa
è pervenuta recentemente alla redazione del Vor-
wàrts una lettera anonima, scritta da una mano
esperta, in cui si tenta con piena oggettività di
dimostrare che la filosofia e la socialdemocrazia
sono due cose ben diverse, che si può aderire
con tutta Fanima al partito, senza però essere
d'accordo con la « filosofia socialdemocratica »,
e che pertanto Forgano centrale non dovrebbe
consentire che alle questioni filosofiche venga
dato un carattere nettamente di partito.
La redazione del Vortvàrts è stata tanto
cortese da farmi vedere questa lettera, che ha
un rapporto diretto con i miei articoli. L'autore
ha espresso, in verità, il preciso desiderio di
non suscitare con le sue obiezioni un dibattito
pubblico, perché, come egli dice, la polemica
giornalistica esclude la possibilità di discutere
seriamente tali questioni, ma io penso invece
che non sembrerà indiscreto se le sue conside-
razioni e le sue critiche ci serviranno per chia-
rire un problema che sta moltissimo a cuore a
noi, a lui e, come risulta dall'interesse generale
448
LENIN
NB
NB
per tale problema, a tutta la generazione attuale.
Quanto alla fondatezza del ragionamento, ri -
tengo che i grossi libri non siano più adatti allo
scopo dei brevi articoli di giornale. Al contrario,
le chiacchiere su questo problema occupano or-
mai tanti volumi che cade del tutto Pinteresse
mostrato nei suoi confronti dal grande pub-
blico.
Non sono anzitutto d’accordo che filosofia
e socialdemocrazia siano cose diverse, non con-
nesse tra di loro. È vero, si può essere attivi
nel partito e al tempo stesso presentarsi come
un « filosofo criti co » e, forse, persino come
un buon cristiano. Nella pratica dobbiamo es-
sere molto tolleranti, e, senza dubbio, nessun
socialdemocratico pensa di far indossare agli
iscritti al partito una stessa uniforme. Tuttavia,
chiunque tratti la scienza con rispetto è tenuto
a indossare una uniforme teorica. L’unificazione
teorica, il consenso sistematico è il fine riposto
e il pregio più alto di ogni scienza [...].
La socialdemocrazia non aspira alle leggi
eterne, alle istituzioni create una volta per tutte,
alle forme ristagnanti, ma aspira al bene del
genere umano nel suo complesso. L’illumina-
zione spirituale è il mezzo più necessario per
tale scopo. Accertare se lo strumento della co-
noscenza sia limitato, cioè subordinato, se le
ricerche scientifiche diano concetti veri, la ve-
rità in forma superiore e in ultima istanza, o
solo miserevoli « surrogati », sui quali regna
V inconoscibile, in breve, elaborare tutto ciò
che si chiama teoria della conoscenza, è un
còmpito socialista di primaria importanza [...].
[156-160] Di Kant si suol dire che il suo
sistema « ha fissato abbastanza precisamente i
confini della conoscenza formale ». Ma proprio
questo punto noi contestiamo con grande vigore,
DIETZGEN
449
proprio in questo punto la filosofia socialde-
mocratica diverge radicalmente da quella pro-
fessionale. Kant ha fissato con insufficiente pre-
cisione i confini della conoscenza formale, poi-
ché con la sua celebre « cosa in sé » ha perpe-
tuato la fede in un’altra conoscenza, piu alta,
in una ragione sovrumana, sovrannaturale. Co-
noscenza formale! Conoscenza della natura! I
« filosofi » possono anche aver brama di un’al-
tra conoscenza, ma hanno l’obbligo di dimo-
strare dove essa si trovi e in che cosa consista.
Della conoscenza reale, quotidiana, essi par-
lano con lo stesso disprezzo con cui i cristiani
antichi parlavano della « carne impotente ». Il
mondo reale è un « fenomeno » imperfetto,
e la sua vera essenza è un mistero [...].
Se le scienze naturali si accontentano sem-
pre e dappertutto del fenomeno, perché non ci
si dovrebbe accontentare anche della fenome-
nologia dello spirito? Dietro i « confini della
conoscenza formale » si nasconde immancabil-
mente un’intelligenza superiore, illimitata, me-
tafisica, dietro il filosofo di professione il teo-
logo e r«incònoscibile» comune a entrambi [...].
« Ma che cos'è Pinconoscibile? », ci si do-
manda nella citata lettera alla redazione del
Vorwarts [...].
« Anche a questa domanda il filosofo di
professione fornisce una risposta, spiegando che
V n essere n come quiete assoluta non può in
nessun caso tramutarsi nel movimento assoluto
del pensiero. Con queste parole — continua
Poppositore — è definito il confine della cono-
scenza, cioè Pinconoscibile. Ma deriva forse da
questo che dobbiamo negare la sua esistenza,
che non riusciremo mai a raggiungerlo? No di
certo. Ogni tentativo scientifico si avvicina a
esso, ce lo fa comprendere o per lo meno sen-
NB
Phanomen
NB
NB
29 — 639
450
LENIN
NB
NB
tire, ci conduce in prossimità di questo punto
oscuro e getta su di esso nuova luce, anche se
non siamo mai riusciti a illuminarlo compieta-
mente. Nel raggiungimento di questa mèta con-
siste il compito della filosofia, in antitesi al
còmpito delle scienze naturali, che considerano
soltanto i dati e spiegano soltanto i fenomeni.»
Spiegare i fenomeni: uhm! uhm!
Cosi, l’oggetto della filosofia, l’inconosci-
bile, è un uccello, a cui con l’ausilio della nostra
capacità conoscitiva possiamo strappare qua e
là una piuma, ma che non siamo mai in con-
dizione di spennare del tutto, ed esso deve
restare inafferrabile in eterno. Se si considerano
più attentamente le piume già strappate dai
filosofi, non è difficile riconoscere da esse l’uc-
cello stesso: cioè lo spirito umano. Ed eccoci
di nuovo su quel confine che separa i mate-
rialisti dagli idealisti: per noi lo spirito è un
fenomeno della natura, per loro è la natura un
fenomeno dello spirito. E andrebbe ancora bene,
se si contentassero di questo. Ma no! Nell’in-
timo si cela il cattivo proposito di esaltare lo
spirito come un’« essenza » di ordine superiore
e di ridurre tutto il resto all’insignificanza [...].
Noi invece affermiamo: ciò che, in certe
condizioni, può essere conosciuto nota è inco-
noscibile. Chi vuol capire Filiconoscibile si
diletta a fare il buffone. Come con l’occhio
posso cogliere soltanto ciò che si vede, con
l'orecchio ciò che si sente, cosi, con la capacità
conoscitiva, posso cogliere soltanto ciò che è
conoscibile. E, sebbene la filosofia socialdemo-
cratica insegni che tutto l’esistente è perfetta-
mente conoscibile, con questo non si nega che
vi sia qualcosa di inconoscibile. Questo si po-
trebbe ammettere, però non nell’ambiguo, as-
DIETZGEN
451
surdo senso « filosofico », che da qualche parte,
nelle sfere superiori , tramuta di nuovo l’inco-
noscibile in conoscibile. Noi trattiamo la que-
stione con serietà, non abbiamo nozione di alcu-
na conoscenza superiore, che non sia quella
umana corrente, sappiamo positivamente che il
nostro intelletto è vero intelletto e che resi-
stenza di un intelletto essenzialmente diverso è
altrettanto impensabile dell’esistenza dei circoli
quadrati. Noi collochiamo l’intelletto nella se-
rie delle cose normali, che non possono cam-
biare la propria natura, senza aver cambiato il
proprio nome.
La filosofia socialdemocratica concorda pie-
namente con quella « professionale » nell’affer-
mare che « l’essere non si tramuta in nessun
caso in pensiero », e cosi avviene di ogni parte
dell’essere. Ma noi non riteniamo affatto che
il pensiero abbia il còmpito di realizzare l’es-
sere; crediamo che esso abbia soltanto il còm-
pito di ordinare formalmente l’essere, di rinve-
nire le classi, le norme, le leggi, in breve, di
fare ciò che noi chiamiamo « conoscenza della
natura ». Conoscibile è tutto ciò che si presta a
essere classificato, inconoscibile tutto ciò che
non può tramutarsi in pensiero. Non possiamo,
non dobbiamo, non vogliamo far questo e quin-
di vi rinunciamo. Ma possiamo fare l’inverso:
tramutare il pensiero in essere , possiamo cioè
classificare la capacità conoscitiva come una
delle molte specie dell’essere
Riteniamo che l’intelletto sia un dato em-
pirico alla pari della materia. Pensiero e essere,
soggetto e oggetto stanno parimente entro i
limiti dell’esperienza. Distinguere l’uno come
quiete assoluta dall’altro come movimento asso-
luto è sbagliato, in quanto le scienze naturali
riducono tutto a movimento. Ciò che il com-
NB
29 *
452
LENIN
pagno « filosofo » ha detto dell'inconoscibile,
ossia che ogni tentativo scientifico ci ravvicina
all'ignoto, pur se non siamo mai riusciti a con-
seguire piena chiarezza, si riferisce senza alcuna
mistificazione anche all' oggetto delle scienze
naturali, a ciò che non è conosciuto. Anche la
conoscenza della natura ha una sua mèta illi-
mitata, e senza misteriosi « confini » noi ci av-
viciniamo sempre piu all'ignoto, senza perve-
nire mai a completa chiarezza, il che significa
che la scienza non ha confini [...].
I nostri professori sui confini della conoscenza
(Vorwàrts, 1878)
[162-164] Al « cinquantesimo congresso dei
naturalisti e medici tedeschi », tenutosi a Mo-
naco nel settembre 1877, il professor K. von
Nageli, di Monaco, è ritornato su una nota
conferenza tenuta da un suo collega Du Bois-
Reymond, di Berlino, e ha pronunciato un im-
portante discorso sui « limiti della conoscenza
scientifica ». Bisogna render giustizia al signor
professore di Monaco: egli ha superato di mol-
to, per chiarezza e verità, il suo collega di
Berlino, e tuttavia non ha saputo elevarsi al-
l'altezza del suo tempo.
Ha quasi chiarito la questione; ma un pic-
colo punto conclusivo, che egli ha omesso, è
proprio il punto cardinale, concernente il grande
abisso che separa la fisica dalla metafisica, la
sobria scienza dalla fede romantica [...].
Du Bois-Reymond si è proposto notoria-
mente di dimostrare che un confine invalica-
bile esiste realmente e che alla fede bisogna
comunque riservare un campo a sé. L'apparente
DIETZGEN
453
importanza, la diffusione della relazione di Du
Bois-Reymond è dovuta esclusivamente a que-
sta riduzione della fede a un piccolo rifugio per
il romanticismo religioso. Dall’epoca della rela-
zione di Du Bois-Reymond gli zelatori dell’inco-
noscibile tripudiano. In verità, il professor von
Nàgeli è insoddisfatto di questa esultanza, ma
la sua elevata condizione professorale non gli
consente di condurre la battaglia con la neces-
saria energia. Dopo aver dimostrato al suo col-
lega in modo chiaro, preciso e determinato che
egli non ha capito il carattere della conoscenza
scientifico-naturale, il professor von Nàgeli ha
cosi concluso:
« Se Du Bois-Reymond ha chiuso la sua
relazione con parole demolitrici: ” Ignoramus
et ignorabimus ”, io vorrei formulare conclu-
dendo l’opinione, convenzionale ma consolante,
che i frutti della nostra indagine non sono
semplici nozioni, ma conoscenze reali, le quali
contehgono in sé i germi di una crescita quasi
[!] infinita, senza la pur minima pretesa al-
l’onniscienza. Se daremo prova di una ragione-
vole temperanza, se come esseri caduchi e mor-
tali ci accontenteremo dell’intelligenza umana,
senza attentare alla conoscenza divina, avremo
il diritto di affermare con piena convinzione:
" Sappiamo e sapremo” » [...].
Il romanticismo religioso di Du Bois-Rey-
mond definisce tutti i frutti dell’indagine scien-
tifica come « semplici nozioni », ma non come
« conoscenze reali », sino alle quali non può
innalzarsi il misero intelletto umano [...].
[166-167] « Riguardo alla facoltà del no-
stro io di conoscere le cose naturali, un’impor-
tanza determinante assume qui il fatto irrefu-
454
LENIN
1 )
2 )
NB
NB
tabile che, comunque sia organizzata la nostra
capacità di pensare, soltanto le percezioni sen-
sibili ci forniscono informazioni sulla natura. Se
non potessimo vedere e ascoltare, gustare e toc-
care alcunché, in generale non sapremmo che
esiste qualcosa fuori di noi, in generale non
sapremmo che noi stessi esistiamo fisicamente.»
Sono parole ardite. Accettiamole e vediamo
se si attenga a esse anche il signor profes-
sore [...].
« La nostra capacità di percepire la natura
con i nostri sensi immediati è circoscritta, per-
tanto, da due lati. Probabilmente [!] ci man-
cano le percezioni per interi campi della vita
naturale [per esempio, per gnomi, spiriti, ecc.?],
e, nella misura in cui le possediamo, esse ri-
guardano nello spazio e nel tempo una parte
infinitamente piccola del tutto.»
Si, la natura è superiore allo spirito umano,
è il suo oggetto inesauribile [...].
La nostra capacità d'indagine è limitata solo
in quanto è illimitato il suo oggetto, la na-
tura [...].
versus
Kant
NB
versus
Kant
[ 168 ] Noi conosciamo un solo, un unico
mondo, « quello su cui ci informano le perce-
zioni sensibili ». Ricordiamo a Nàgeli le sue
stesse parole: là dove non possiamo vedere,
ascoltare, toccare, gustare, annusare niente, no n
possiamo conoscere niente [.**].
L’inconoscibile, che è assolutamente inacces-
sibile ai sensi, per noi non esiste, e non esiste
nemmeno « in sé », in quanto non possiamo
parlarne, senza abbandonarci alle fantastiche-
rie [...].
DIETZGEN
455
[171] Colui che tende a un altro mon-
do, dal mondo deiresperienza al mondo dei
presentimenti o della divinità, e parla solo
di questo, o è un maniaco, o un furfante e un
ciarlatano [...].
[173-174] Vorrei aiutare il lettore a com-
prendere quello che, secondo quanto mi risulta,
i nostri professori non hanno ancora capito,
cioè che il nostro intelletto è uno strumento
dialettico, uno strumento che concilia gli oppo-
sti, L’intelletto crea l’unità mediante la mol-
teplicità e conosce la differenza nella somi-
glianza [...].
« Ma che cos’è questo mondo subordinato
allo spirito umano? Neanche un granello di sab-
bia nella continuità dello spazio, neanche un
attimo nell’eternità del tempo, ma solo una
particella della vera essenza del tutto. » Pro-
prio così dice anche il prete. E dice benissimo,
dacché questo deve servire per esprimere en-
faticamente il proprio sentimento dinanzi alla
grandezza dell’essere; ma si tratta peraltro di
una semplice assurdità, dacché il signor profes-
sore aspira a dire con questo che il nostro spa-
zio e il nostro tempo non sono parti dell'infinito
e delPeterno; si tratta di una semplice assur-
dità, dacché con questo si vuol significare che
la « vera essenza del tutto » è nascosta fuori
dei fenomeni, nell’insondabile religione o me-
tafisica [...].
[178] Il professor Nàgeli smarrisce l'unità,
in favore della quale pur si batte, non appena
s'accosti al mondo del presentimento » e al-
IV onniscienza >► divina; Rudolf Virchow smar-
risce tale unità, non appena tocchi la differenza
tra organico e inorganico; ancor piu detestabile
è per lui il nesso tra l’uomo e l’animale, e asso-
NB
NB
NB
456
LENIN
lutamente indiscutibile gli sembra la questione
dell Apposizione tra corpo e anima, perché la
loro unificazione potrebbe portare « nella testa
di un socialista » la confusione piu terribile
e condurrebbe immancabilmente a sovvertire
tutto il sapere professorale.
Incursioni di un socialista nel campo della
teoria della conoscenza
(1887)
NB
NB
Marx und
Engels =
anerkannte
Stifter
Prefazione
[180-181] Se non gli schiavi, dobbiamo
continuare a essere in eterno i servitori della
natura. La conoscenza può darci soltanto la
libertà possibile, che è al tempo stesso l’unica
razionale [...].
Qii voglia diventare un socialdemocratico
autentico deve perfezionare il proprio modo di
pensare. Il metodo perfezionato di pensiero ha
aiutato i fondatori riconosciuti, Marx e Engels,
a condurre la socialdemocrazia all’altezza del
punto di vista scientifico, in cui essa si trova
attualmente [...].
J. «A nessuno spirito mortale è dato pene -
trare nelle profondità della natura»
[183-186] Come gli idolatri divinizzavano
le cose più comuni, le pietre e gli alberi, cosi
prima la religione e poi la filosofia hanno attri-
buito allo « spirito mortale » un che di divino
e di mistico. La filosofia ha dato il nome di
DIETZGEN
457
metafisica a ciò che la religione chiamava fede
e mondo sovrannaturale. Non dobbiamo tut-
tavia perdere di vista il lato positivo della me-
tafisica, consistente nella sua nobile aspirazione
e tendenza a fare del suo oggetto una scienza ,
cosa che in fin dei conti è riuscita a ottenere.
Dal sapere metafisico mondiale è scaturita, quasi
alle sue spalle, una disciplina speciale come la
modesta teoria della conoscenza [...].
Prima di poter penetrare nell'intimo dello
spirito mortale, la filosofia ha dovuto dimostra-
re, mediante l'applicazione pratica delle scienze
naturali, che lo strumento spirituale dell'uomo
possiede realmente la facoltà, posta tuttora in
dubbio, di illuminare l'essenza intima della na-
tura [...].
Mediante il concetto di « universo », esi-
stente realmente nella testa umana, l'uomo sa
a priori, come se questo suo sapere fosse in-
nato, che tutte le cose e i corpi celesti si tro-
vano nell'universo e hanno una natura univer-
sale e comune. Lo spirito mortale non fa ecce-
zione a questa legge scientifica [...].
La fede in uno spirito immortale, miraco-
loso, religioso non consente di comprendere ché
lo spirito umano viene creato e riprodotto dalla
natura stessa, ne è quindi il figlio, un figlio nei
confronti del quale la natura non rivela un
particolare pudore .
E non di meno la natura è pudica; non si
discopre mai d'un tratto e per intero. Non può
svelarsi interamente, perché per i suoi doni è
inesauribile . E lo spirito mortale, figlio della
natura, è una lampada, che non illumina sol-
tanto l'aspetto esteriore, ma anche quello intimo
della natura. Separare l'esterno dall'interiore
nell essenza unica, fisicamente infinita e inesau -
NB
? ?
NB
458
LENIN
NB
NB
NB
NB
ribile, della natura significa portare confusione
nei concetti [...].
Il « grande spirito » della religione è la
causa del deprezzamento dello spirito umano, di
cui è colpevole il poeta allorché nega a esso
la capacità di « penetrare nelle profondità della
natura ». Eppure, lo spirito immortale, mira-
coloso, è soltanto un riflesso fantastico dello
spirito mortale, fisico. La teoria della conoscen-
za, nella sua forma piu evoluta, può dimo-
strare fondatamente quest’affermazione.
Essa ci mostra che lo spirito mortale deriva
tutte le sue rappresentazioni, tutti i suoi pen-
sieri e concetti dall’unico mondo monistico,
che le scienze naturali chiamano « mondo fi-
sico » [...].
Lo spirito mortale, con il suo sapere, pene-
tra nell’essenza intima della natura, e non ne
può varcare i confini, non perché sia limitato,
ma perché sua madre è la natura infinita, l’in-
finità naturale, fuori della quale niente esiste.
Da questa madre prodigiosa il figlio natu-
rale ha ereditato la coscienza . Lo spirito mor-
tale si manifesta nel mondo per questa sua
consapevolezza di essere il figlio della sua buona
madre natura, che gli ha donato la facoltà di
creare eccellenti immagini di tutti gli altri figli
della natura, di tutti i suoi fratelli e sorelle. Lo
« spirito mortale » possiede cosi immagini, rap-
presentazioni o concetti dell’aria e dell’acqua,
della terra e del fuoco, ecc. e in pari tempo ha
coscienza che le immagini, da lui create, sono
eccellenti, vere. In realtà, esso si persuade me-
diante Pesperienza del fatto che le creazioni
della natura sono mutevoli e osserva, per esem-
pio, che l’acqua è composta di varie specie di
acqua, in cui nessuna goccia è assolutamente
DIETZGEN
459
identica all'altra; ma esso ha ereditato da sua
madre una cosa: sa di per sé e a priori che
l’acqua non può cambiare la sua universale na-
tura di acqua, senza cessare di essere acqua; e
sa quindi, per cosi dire profeticamente, che, a
dispetto di tutti i mutamenti che si producono
nelle cose, la loro natura universale, la loro
essenza universale non può essere modificata.
Lo spirito mortale non può mai sapere se una
data cosa sia o non sia possibile nella natura
immortale; ma che l’acqua è in tutti i casi
umida e che lo spirito, pur se abitasse tra le
nuvole, non potrebbe modificare la sua natura
universale: questo lo spirito mortale lo sa apo-
ditticamente in virtù della natura che gli ine-
risce dalla nascita [„.]•
[189-190] Come il senso della vista è stret-
tamente connesso con la luce e il colore e il
senso soggettivo del tatto con la proprietà og-
gettiva della tangibilità, cosi anche lo spirito
mortale è strettamente connesso con l’enigma
della natura. Senza le cose del mondo esterno
accessibili all’intelletto, nessun intelletto potreb-
be essere reale dentro la testa
La filosofia ha scoperto l’arte di pensare;
il fatto che essa abbia dedicato tanta attenzione
all’esame del problema dell’essere perfettissimo,
del concetto di Dio, della « sostanza » di Spi-
noza, della kantiana « cosa in sé », dell’* asso-
luto » hegeliano, si spiega col fatto che il so-
brio concetto dell’universale, dell’uno, che non
ha niente sopra, fuori e accanto a sé, è la prima
esigenza di un modo di pensare coerente e cor-
retto, che conosce relativamente sé stesso e tutti
gli oggetti possibili e impossibili, e si spiega col
fatto che ogni cosa appartiene al tutto unico,
eterno e infinito, a cui diamo il nome di co-
smo, natura o universo [...].
?
?
NB
460
LENIN
NB
[192] È una legge della logica naturale e
della natura logica che ogni cosa appartenga
al suo genere, che i generi e le specie siano in
effetti mutevoli, ma tuttavia mai in tale misura
da poter valicare i confini del genere, i confini
del naturale. Non può pertanto esistere uno
spirito che penetri cosi profondamente nell’es-
senza della natura da poter quasi ripiegare la
natura e nascondersela in tasca.
È forse un che di miracoloso questa cer-
tezza comunicataci dalla natura? £ forse incom-
prensibile che questa parte pensante della na-
tura abbia ereditato dalla madre la persuasione
che Ponnipotenza della natura fe un’onnipotenza
razionale? Non sarebbe pili incomprensibile, se
la figlia cominciasse a pensare della madre che
essa è onnipotente e onnipresente in un senso
enigmatico?
IL La verità assoluta e le sue manifestazioni
naturali
[192-204] È stato Goethe o Heine> Ri-
cordo solo la massima di uno di loro: soltanto
i poveri sono medesti. Rifuggo da ogni mode-
stia da povero, perché ritengo di saper recare
un piccolo contributo alla grande causa della
scienza. In questa persuasione mi conferma U
numero di maggio del 1886 della Neue Zeit
in cui Temerito Friedrich Engels, in un articolo
su Ludwig Feuerbach, esprime un giudizio fa-
vorevole sui miei lavori In tali casi l’essen-
ziale è cosi strettamente collegato con l’elemento
personale che un’eccessiva modestia può nuo-
cere alla spiegazione dell’essenziale stesso [...].
Il 1848 con i suoi reazionari, costituziona-
listi, democratici e socialisti ha ridestato nella
DIETZGEN
461
mia anima allora giovane Pinfrenabile esigenza
di acquisire un punto di vista criticamente fon-
dato e incontestabile, un’opinione positiva su
ciò che, a rigore, tra tutte le cose scritte e udite
in favore e contro è indubbiamente e incondi-
zionatamente vero, buono e giusto. Poiché du-
bitavo molto dell’esistenza di Dio e non nutrivo
alcuna fede nella chiesa, è stato per me molto
difficile orientarmi tra tanta confusione. Nella
mia ricerca mi sono imbattuto in Ludwig Feuer-
bach e ho conosciuto la sua dottrina, il cui
attento studio mi ha fatto compiere un grande
passo in avanti. In misura ancora maggiore la
mia sete di sapere è stata placata dal Manifesto
del partito comunista, che mi è capitato tra le
mani, grazie ai giornali, al tempo del processo
di Colonia contro i comunisti. Ma io devo so-
prattutto il mio ulteriore sviluppo, dopo aver
studiato vari testi filosofici nel mio isolamento
rurale, al libro di Marx, Per la critica delVeco-
nomia politica , apparso nel 1859. Nella prefa-
zione a quest’opera è detto che la forma e il
modo — cosi suona all’incirca la tesi citata —
in cui Puomo si guadagna un tozzo di pane,
il livello civile in cui una data generazione
deve lavorare fisicamente, condizionano il li-
vello intellettuale o ciò che si pensa e si deve
pensare della verità, del bene e del diritto, di
Dio, della libertà, dell’immortalità, della filo-
sofia, della politica, della giurisprudenza [...] 135 .
La tesi citata ci conduce sulla strada giusta
e ci insegna come stiano in generale le cose
riguardo alla conoscenza .umana e alla verità
assoluta e relativa.
Ciò di cui sto parlando come di un’espe-
rienza personale è l’esperienza acquisita dal-
l’umanità nel corso dei secoli. Se io per primo
avessi posto questi problemi e quest’aspirazio-
1) NR
2 )
NB
3 )
NB
462
LENIN
NB
NB
NB
ne alla verità assoluta in una nebulosa indeter-
minatezza, sarei rimasto come un imbecille in
perpetua attesa d’una risposta. Se, tuttavia, non
sono rimasto come un imbecille e ho invece
avuto una risposta soddisfacente, questo lo
devo allo svolgimento storico delle cose, che mi
ha indotto a porre le questioni menzionate in
un’età in cui già da varie generazioni, attraver-
so le menti migliori, si stavano studiando que-
sti problemi e si stava approntando l’interpre-
tazione che, come appare evidente da quanto
ho narrato, mi è stata fornita da Feue r bach e
da Marx . Intendo dire con questo che quanto
ho ricevuto da questi uomini non è soltanto
un loro prodotto individuale, ma il prodotto
comunista di uno sviluppo culturale, che risale
all’inizio della storia
Per conoscere piu esattamente la natura del-
la verità assoluta è anzitutto necessario disfarsi
del radicato pregiudizio che essa sia di ordine
spirituale . No, noi possiamo vedere, ascoltare,
annusare, palpare la verità assoluta, e possiamo
anche conoscerla ; ma essa non rientra intera -
mente nella conoscenza ; non è puro spirito. La
sua natura non è né corporea né spirituale, né
l’una né l’altra cosa, essa è universale, tanto
corporea quanto spirituale. La verità assoluta
non ha una natura particolare , la sua natura
è invece quella dell’universale. O, per espri-
mersi senza mistificazioni, la natura naturale
universale e la verità assoluta sono identiche.
Non esistono due nature, luna corporea e
l’altra spirituale; esiste una sola natura, in cui
è racchiuso tutto il corporeo e tutto lo spiri-
tuale
La conoscenza umana, essendo essa stessa
una verità relativa, ci collega con le altre ma-
nifestazioni e relazioni dell’essere assoluto. Tut-
DIETZGEN
463
tavia, bisogna distinguere la facoltà di cono-
scere, il soggetto conoscente, dall’oggetto, an-
che se questa differenza deve restare limitata,
relativa, perché il soggetto e l’oggetto non
AWVAA
sono differenti, ma simili tra loro, in quanto
sono le parti, o manifestazioni, di quell’es-
senza generale che noi chiamiamo univer-
so
Ciò che noi conosciamo sono verità, ve-
rità relative o fenomeni della natura. La natura
stessa, la verità assoluta, non si può conoscere
immediatamente, ma solo mediante i suoi fe-
nomeni. Come possiamo tuttavia sapere che
dietro questi fenomeni si nasconde una verità
assoluta, una natura universale? Si tratta forse
di un nuovo misticismo?
Proprio cosi. In quanto la conoscenza uma-
na non è un che di assoluto, ma è soltanto
un artista che crea determinate immagini della
verità, immagini vere, autentiche e genuine, si
intende da sé che l’immagine non esaurisce
Foggetto, che Fartista rimane in debito verso
il suo modello. Non si è mai detto sulla verità
e sulla conoscenza niente di più insensato di
quello che su di essa ripete la logica corrente
ormai da millenni: la- verità è coincidenza del-
la nostra conoscenza con il suo oggetto. Può
Fimmagine « coincidere » con il suo modello?
Approssimativamente si. Ma quale immagine
non corrispon de approssimativamente al suo
oggetto? Persino ogni ritratto è più o meno
rassomigliante. Ma un ritratto interamente e
completamente rassomigliante è un’assurdità!
NB
NB
NB
NB
NB
464
LENIN
NB
a
s
Ueber die
Erfahrung
?
((
Possiamo quindi conoscere relativamente la
natura e le sue parti; ogni parte infatti, pur
essendo soltanto un elemento relativo della na-
tura, ha tuttavia la natura dell’assoluto, la na-
tura del tutto naturale di per sé, che non è
esaurito dalla conoscenza.
Come sappiamo che dietro i fenomeni della
natura, dietro le verità relative, sta la natur a
universale, illimitata, assoluta, che non si svela
interamente all’uomo? La nostra vista è limi-
tata, lo stesso deve dirsi dell’udito, del tatto,
nonché della nostra conoscenza, e tuttavia di
tutte queste cose noi sappiamo che sono parti
limitate dell’illimitato. Di dove ci viene questo
sapere?
È un sapere innato. Ci è dato insieme con
la coscienza. La coscienza dell’uomo è cono-
scenza del fatto che la propria persona è una
parte del genere umano, dell’umanità e del-
l’universo. Sapere significa produrre immagini
e in pari tempo aver coscienza che le immagini
e le cose, da cui le immagini son tratte, hanno
una madre comune, dalla quale derivano tutte
e nel cui seno ritorneranno. Questo seno ma-
terno è la verità assoluta, che è pienamente
vera eppure mistica, in quanto è una fonte ine-
sauribile della conoscenza ed è, quindi, non
conoscibile sino in fondo.
Ciò che noi conosciamo nel mondo e sul
mondo, non ostante la sua verità e correttezza,
è soltanto una verità conosciuta , cioè una mo-
dificazione, un modo o una parte della verità.
Se io dico che la coscienza della verità infinita
e assoluta è in noi innata ed è la nostra unica
conoscenza apriori, tuttavia l’esperienza con-
ferma questa coscienza innata. Noi riconoscia-
mo che ogni principio e ogni fine sono soltanto
un principio e una fine relativi, poggianti sul
fondamento dell’assoluto che non può essere
DIETZGEN
465
esaurito da alcuna esperienza. Riconosciamo che
ogni esperienza è una parte di ciò che —
per dirla con Kant — trascende ogni esperienza.
Il mistico potrà dire: c'è dunque qualcosa
che ci conduce oltre i confini dell'esperienza
fisica. A ciò rispondiamo si e no al tempo
stesso. Per il vecchio metafisico, che non am-
mette confini, la questione non si pone. Per la
coscienza, che si è resa consapevole della pro-
pria essenza, ogni particella, sia un granello
di polvere o una particella di una pietra o di
un albero, è qualcosa di non conoscibile sino
in fondo , ossia ogni particella è un materiale
inesauribile per la facoltà conoscitiva umana, e,
quindi, qualcosa che travalica i confini della
esperienza.
Quando dico che la coscienza del fatto che
il mondo fisico non ha principio né fine è una
coscienza innata e non acquisita mediante la
esperienza, che essa è una coscienza esistente
a priori e precedente a ogni esperienza, devo
peraltro aggiungere che essa è esistita primor-
dialmente solo come embrione e che si è poi
sviluppata, sino a diventare quello che è attual-
mente, con l’aiuto dell'esperienza nella lotta
per resistenza e con Paiuto della selezione ses-
suale [...].
L'insano misticismo separa in modo non
scientifico la verità assoluta da quella relativa.
Esso fa della cosa fenomenica e della « cosa in
sé », cioè del fenomeno e della verità, due
categorie, tra loro toto caelo differenti e non
« contenute come tolte » in una categoria ge-
nerale. Questo nebuloso misticismo tramuta la
nostra conoscenza e la nostra capacità cono-
scitiva in « surrogati », che ci dànno la possi-
NB versus
Kant
)
)
NB
30-639
466
LENIN
bilità di cogliere nel cielo trascendente la verità
incarnata, uno spirito sovrumano, sovranna-
turale.
Lumiltà affascina sempre l'uomo. Ma l'af-
fermazione dell'incapacità umana di conoscere
la verità ha un duplice senso, che è degno e
anche indegno dell'uomo. Tutto ciò che cono-
sciamo, tutti i risultati scientifici, tutti i feno-
meni sono parti della verità reale, effettiva e
assoluta. Benché quest'ultima sia inesauribile e
non possa essere esattamente riprodotta nella
conoscenza o nella rappresentazione, tuttavia le
immagini che la scienza ne fornisce sono imma-
gini eccellenti nel senso umano relativo del
termine, cosi come le proposizioni che sto qui
scrivendo hanno un significato determinato,
preciso, e al tempo stesso non hanno tale
significato, se a qualcuno viene in mente di
travisarle o interpretarle erroneamente
Spinoza dice: esiste un'unica sostanza, che
è universale, infinita, assoluta. Tutte le altre
sostanze, cosiddette finite, derivano da essa, in
essa affiorano o in essa sprofondano; la loro
esistenza è solo relativa, transeunte, acciden-
tale. Del tutto giustamente Spinoza conside-
rava tutte le cose finite solo come modi di
essere della sostanza infinita, allo stesso modo
in cui le scienze naturali contemporanee si at-
tengono alla concezione dell'eternità della ma-
teria e dell’inesauribilità della forza, ossia con-
fermano pienamente la tesi che tutte le cose
finite sono modi d'essere della sostanza infinita.
Solo in qualcosa, anche se in q ualcosa di molto
sostanziale, la filosofia successiva ha dovuto
emendare Spinoza,
Secondo Spinoza, la sostanza infinita, asso-
luta, ha due attributi: è infinitamente estesa e
pensa infinitamente. Pensiero ed estensione:
DIETZGEN
467
sono questi i due attributi spinoziani della so-
stanza assoluta. È un errore, giacché proprio
il pensiero assoluto non ha alcun fonda-
mento
Ciò che Spinoza ha chiamato sostanza infi-
nita, ciò che noi chiamiamo universo o verità
assoluta, è altrettanto identico ai fenomeni finiti,
alle verità relative, che incontriamo nell’uni-
verso, quanto la foresta è identica ai suoi alberi
o quanto il genere è identico alle sue specie.
Relativo e assoluto non sono cosi lontani l’uno
dall’altro, come l’immaturo senso dell’infinito,
WWAA/
detto religione, ha fatto credere all’uomo
La filosofia, alla pari della religione, è vis-
suta della fede nella verità illimitata e assòluta.
La soluzione del problema sta nel sapere che
la verità assoluta altro non è se non la verità
generalizzata, che quest’ultima non vive nello
spirito — o, per lo meno, non in esso piu che
in qualsiasi altro posto — ma nell 'oggetto dello
spirito, che noi chiamiamo con il nome di
« universo ».
La verità illimitata, assoluta, che la reli-
gione e la filosofia hanno designato col nome di
Dio, era una mistificazione dello spirito umano,
che con quest’immagine fantastica mistificava
sé stesso. Il filosofo Kant, che si è dedicato alla
critica della facoltà conoscitiva del nostro spi-
rito, ha scoperto che l’uomo non può conoscere
la verità illimitata, assoluta. Noi aggiungiamo
che l’uomo non può conoscere illimitatamente
neanche gli oggetti quotidiani. Ma, se egli si
avvale modestamente della sua capacità e l’ap-
plica relativamente, in quanto verso ogni cosa
bisogna tenere un simile atteggiamento, per
NB
NB
La verità assoluta
nell’oggetto
L«J
NB
30 '
468
LENIN
NB
lui tutto è aperto e niente rimane nascosto, ed
egli può conoscere e comprendere anche la
verità generale.
Come il nostro occhio può vedere tutto,
anche se con l’ausilio delle lenti, e tuttavia
non ogni cosa, perché esso non può vedere né
i suoni né gli odori né in generale le cose in-
visibili, così anche la nostra facoltà conoscitiva
può conoscere tutto e, tuttavia, non ogni cosa.
Essa non può conoscere l’inconoscibile. Ma que-
sto è del resto un desiderio smodato, illimitato.
Se noi riconosciamo che la verità assoluta,
ricercata dalla religione e dalla filosofia nell’il-
limitato e nel trascendente, esist e realmente
come universo materiale, e che lo spirito umano
è soltanto una parte corporea o reale o effettiva
ed efficiente della verità generale, chiamata a
rappresentare le altre parti di questa verità,
in tal modo il problema del limitato e dell’il-
limitato sarà completamente risolto. Assoluto e
vwvwwv
relativo non sono nettamente delimitati e sono
tra loro connessi in modo tale che l’illimitato
consta di infiniti elementi limitati, e ogni feno-
meno finito ha in sé la natura dell’infinito [...].
III. Materialismo cantra materialismo
Antidùhring
p. 10
[204-215] « La convinzione della completa
assurdità deiridealismo tedesco quale era esi-
stito sino allora ha condotto necessariamente
al materialismo, ma, si noti bene, non al mate-
rialismo puramente metafisico del secolo
XVIII », dice Friedrich Engels U6 .
Il materialismo moderno, che viene qui de-
rivato dalla completa assurdità dell’idealismo
DIETZGEN
469
tedesco e di cui uno dei fondatori è Io stesso
Friedrich Engels, è per solito frainteso, benché
costituisca il principale fondamento teorico del-
la socialdemocrazia tedesca. Sottoponiamolo
quindi a un esame piu minuzioso.
Questo materialismo specificamente tedesco,
o, se si vuole, socialdemocratico, può essere
caratterizzato nel modo migliore mediante la
sua contrapposizione al « materialismo pura-
mente metafisico, esclusivamente meccanicistico,
del secolo XVIII »; e, se noi lo raffrontiamo
inoltre con Tidealismo tedesco, dalla cui assur-
dità è sorto, con assoluta chiarezza si disvelerà
il carattere del fondamento socialdemocratico,
che, a causa della denominazione di materia-
lismo, suscita non di rado malintesi.
Anzitutto la questione: perché Engels defi-
nisce « metafisico » il materialismo del XVIII
secolo? I metafisici erano coloro che, non ac-
contentandosi del mondo fisico, o naturale, ave-
vano nella testa un mondo sovrannaturale, me-
tafisico. Nella prefazione alla Critica della ra-
gion pura Kant riduce il problema della meta-
fisica a tre parole: Dio, libertà, immortalità.
È noto che il buon Dio era uno spirito, uno
spirito sovrannaturale, che aveva creato il mon-
do naturale, fisico, materiale. I famosi mate-
rialisti del XVIII secolo non erano favorevoli
a questa storia biblica e non se ne facevano
sostenitori. Il problema di Dio, della libertà
e immortalità, in quanto riguardava il mondo
sovrannaturale, non interessava affatto questi
atei; essi si attenevano al mondo fisico e non
erano pertanto dei metafisici.
Engels li definisce quindi metafisici in un
altro senso.
I materialisti francesi e inglesi del secolo
scorso venivano in qualche modo a capo del
grande spirito primario, che viveva sulle nuvole,
ma tuttavia continuavano a occuparsi dello spi-
470
LENIN
NB
NB
rito derivato, umano. Due opposte concezioni
di questo spirito, delia sua natura, genesi ed
essenza, separano i materialisti dagli idealisti.
Questi ultimi considerano lo spirito umano e
le sue idee come il prodotto di un mondo so-
vrannaturale, metafisico. Non si contentano però
della fede in questa origine remota e, sin dai
tempi di Socrate e Platone, affrontano la que-
stione piu seriamente, cercando di fondare
scientificamente, dimostrare e spiegare la loro
fede, allo stesso modo in cui dimostrano e spie-
gano le cose fisiche del mondo tangibile. Per
questa via gli idealisti hanno trasferito la scien-
za delle proprietà dello spirito umano dal regno
sovrannaturale e metafisico nel mondo reale,
fìsico, materiale, che appare come un mondo
dotato di proprietà dialettiche, dove spirito e
materia, non ostante la loro duplicità, sono
uniti, appaiono cioè come il fratello e la sorella,
hanno lo stesso sangue, sono figli d’una stessa
madre.
All’inizio gli idealisti erano fautori convinti
della premessa religiosa secondo cui lo spirito
ha creato il mondo, ma in questo sbagliavano,
perché, come risultato delle loro stesse ricerche,
si è accertato infine che il mondo naturale ma-
teriale è un che di primario, non creato da
nessuno spirito, che tale mondo è esso stesso
il creatore, che ha generato da sé e sviluppato
1 uomo con il suo intelletto. È risultato cosi
che l’increato spirito supremo è soltanto una
raffigurazione fantastica dello spirito naturale,
nato con e dentro il cervello dell’uomo.
L’idealismo, che ha desunto il suo nome dal
considerare l’idea e le idee, il prodotto della
testa umana, come esistenti sia nello spazio che
per la loro importanza al di sopra del mondo
materiale e a esso preesistenti, questo idealismo
DIETZGEN
471
si è messo al lavoro in modo sommamente fan-
tastico e metafisico; ma nel corso della sua sto-
ria la fantasticheria si è attenuata, ed esso è
diventato sempre più sobrio, tanto che il filo-
sofo Kant, alla domanda posta a sé stesso: « È
possibile la metafisica come scienza? », ha re-
plicato: la metafisica come scienza è impossibile;
un altro mondo, cioè quello sovrannaturale, si
può solo immaginare e cogliere con la fede. Cosi
l’assurdità dell’idealismo è stata pian piano
superata, e il materialismo moderno è sorto
come il prodotto dello sviluppo filosofico e
anche di quello scientifico generale.
Dacché l’assurdità idealistica, nei suoi ultimi
celebri esponenti, come Kant, Fichte, Schelling
e Hegel, era puramente tedesca, anche il suo
risultato, il materialismo dialettico, è un pro-
dotto prevalentemente tedesco.
L’idealismo deriva il mondo corporeo dallo
spirito, seguendo le orme della religione, dove
il grande spirito, sospeso sulle acque, deve solo
dire: « Fiat », perché tutto nasca. Questa de-
duzione idealistica è metafisica. Ma, come si è
già detto, gli ultimi celebri esponenti dell'idea-
lismo tedesco non erano dei metafisici tanto
assurdi. Essi si sono in gran parte emancipati
dallo spirito extramondano, sovrannaturale, ce-
leste; ma non si sono disfatti delle fantasticherie
intorno allo, spirito naturale, che sta al di qua.
Com’è noto, i cristiani hanno divinizzato lo
spirito, e di questa divinizzazione si sono a tal
punto imbevuti i filosofi che non sono riusciti
a trattenersi dal tramutare il nostro intelletto
nel creatore o produttore del mondo materiale
nemmeno là dove il modesto oggetto della loro
ricerca era il mondo fisico, umano. Costoro non
smettono di affaticarsi per capire chiaramente
la relazione tra le nostre rappresentazioni in-
tellettuali e le cose materiali, che noi rappre-
sentiamo, concepiamo e comprendiamo.
materialismo
dialettico
NB
472
LENIN
NB!!
NB
Per noi, materialisti dialettici o socia lde-
mocratici , la capacità spirituale di pensare è un
prodotto sviluppato della natura materiale,
mentre per l’idealismo tedésco le cose stanno
esattamente all’opposto. Perciò Engels parla di
« assurdità » di questo modo di pensare. L’in-
fatuazione per lo spirito è una sopravvivenza
della vecchia metafisica.
I materialisti inglesi e francesi del secolo
scorso sono stati gli avversari, per dir cosi,
precoci di tale infatuazione. Ma questa preco-
cità ha loro impedito di disfarsene del tutto.
Essi sono stati troppo radicali e sono caduti
nell’assurdità opposta. Come i filosofi idealisti
erano infatuati dello spirito e dello spirituale,
cosi essi erano infatuati soltanto del corpo e
del corporeo. Gli idealisti erano infatuati del-
l’idea, i vecchi materialisti della materia; gli
uni e gli altri erano sognatori e quindi metafisici
e delimitavano troppo materia e spirito. Nes-
suno di questi due partiti si è innalzato sino
alla comprensione dell’unità e dell’unicità, della
generalità e dell’universalità della natura, che
non è affatto o materiale o spirituale, ma è l’un a
e l'altra cosa insieme.
I materialisti metafisici del secolo scorso e
i loro odierni, non ancora defunti, continuatori
sottovalutano troppo lo spirito umano e le ri-
cerche intorno alla sua essenza e alla sua reale
applicazione , allo stesso modo in cui gli idealisti
sopravvalutano queste cose [...]. Per i vecchi
materialisti soltanto la materia è il soggetto
supremo, e tutto il resto è un predicato a esso
subordinato.
In questo modo di pensare è racchiusa una
sopravvalutazione del soggetto e una sottova-
lutazione del predicato. Si perde di vista che
DIETZGEN
473
la relazione tra soggetto e predicato è variabile ,
Lo spirito umano può trasformare con assoluta
libertà ogni predicato in un soggetto e, vice-
versa, ogni soggetto in un predicato. Il colore
niveo* pur essendo impalpabile, è altrettanto
sostanziale della neve bianca. Pensare che la
materia sia la sostanza, o la causa principale, e
i suoi predicati, o proprietà, solo appendici
secondarie: ecco un vecchio, limitato modo di
pensare, che non tiene affatto conto delle con-
quiste dei dialettici tedeschi . Bisogna, infine,
capire che i soggètti sono composti esclusiva-
mente dei predicati.
L’affermazione che il pensiero è una secre-
zione, un prodotto o una escrezione del cervello,
cosi come il fiele è una secrezione del fegato,
non suscita obiezioni; ma al tempo stesso non
bisogna dimenticare che questo paragone è pes-
simo e inadeguato. Il fegato, il soggetto di
questa percezione, è un che di tangibile c pon-
derabile; analogamente, il fiele è qualcosa che
viene creato dal fegato, come un suo prodotto
o effetto. In quest’esempio tanto il soggetto
che il predicato, cioè tanto il fegato che il fiele,
sono ponderabili e tangibili, ma con questo si
oscura proprio ciò che i materialisti volevano
realmente dire, presentando il fiele come effetto
e il fegato come causa agente. Dobbiamo quin-
di sottolineare in particolar modo ciò che in
quest’esempio è assolutamente indiscutibile,
ma che va completamente perduto di vista nel
raffronto tra il cervello e l’attività intellettiva.
Cioè: il fiele non è tanto il risultato dell’attività
del fegato, quanto il risultato di tutto il processo
vitale [...].
Nel dichiarare che il fiele è un prodotto
del fegato, i materialisti non negano affatto e
non devono negare che si tratta di due oggetti
NB
NB
474
LENIN
NB
NB
NB
equivalenti dell’indagine scientifica. Ma, quan-
do dicono che la coscienza, la facoltà di pen-
sare è una proprietà del cervello, allora soltanto
il soggetto tangibile deve essere l’oggetto uni-
camente degno, e riguardo al predicato spiri-
tuale la questione è già chiusa.
Noi definiamo ristretto questo modo di pen-
sare dei materialisti meccanicisti, perché esso
tramuta in un certo senso tutto il tangibile e
ponderabile nel soggetto, nel portatore di tutte
le altre proprietà, senza avvedersi che questa
tangibilità esaltata all’eccesso svolge nel tutto
mondiale la stessa funzione subordinata, predi-
cativa , di ogni altro soggetto subordinato della
natura universale.
Il rapporto tra soggetto e predicato non spie-
ga né la materia né il pensiero . Ma per chiarire
la connessione tra il cervello e l’attività intel-
lettiva è importante comprendere la connessione
tra il soggetto e il predicato.
Forse, ci avvicineremo alla soluzione del
problema, se sceglieremo un altro esempio, un
esempio in cui il soggetto sia materiale e il pre-
dicato sia tale da poter almeno dubitare se sia
da includere in una categoria materiale o spiri-
tuale. Se, ad esempio, le gambe camminano,
gli occhi vedono, le orecchie sentono, nasce il
problema se tanto il soggetto quanto il predi-
cato rientrino nella categoria materiale, se la
luce che noi vediamo, il suono che noi sentiamo,
il movimento compiuto dalle gambe siano qual-
cosa di materiale o di immateriale. Gli occhi,
le orecchie, le gambe sono soggetti tangibili e
ponderabili, mentre i predicati, la vista e la
luce, l’udito e il suono, il movimento e i passi
(ove non si parli delle gambe che producono il
movimento) cono impalpabili e imponderabili.
DIETZGEN
475
Quale è l’estensione del concetto di ma-
teria? Rientrano in esso i colori, la luce, il
suono, lo spazio, il tempo, il calore, l’elettricità,
o bisogna invece ricercare per queste cose un'al-
tra categoria? Con la sola distinzione di sog-
getto e predicato, di cose e proprietà, qui non
si viene a capo del problema. Quando Tocchio
vede, allora quest’occhio tangibile è in ogni caso
il soggetto. Ma si può parimente rovesciare la
frase e dire che la vista imponderabile, le forze
della luce e della vista sono i fatti principali, i
soggetti, mentre l’occhio materiale è soltanto
uno strumento, una cosa secondaria, un attri-
buto, o un predicato.
Cosi è evidente che le sostanze non hanno
maggiore significato delle forze, e viceversa.
È ristretto quel materialismo che dia la prefe-
renza alla sostanza e s’infatui per la sostanza a
danno della forza. Chi tramuta le forze in pro-
prietà, o predicati, della sostanza non sa orien-
tarsi circa il carattere relativo e mobile della
distinzione tra sostanza e proprietà.
Il concetto di materia e di materiale è tut-
tora un concetto molto confuso. Come i giuristi
non riescono a pervenire a un accordo circa
l’inizio dell’attività vitale del bambino nell’utero
materno, o come i linguisti discutono ancora
intorno alle origini del linguaggio, domandan-
dosi se sia o non sia linguaggio il grido di ri-
chiamo o il canto amoroso dell’uccello, se la
mimica e i gesti siano o non siano da includere
nella stessa categoria in cui è compreso il
linguaggio articolato, cosi anche i materialisti
della vecchia scuola meccanicistica discutono su
che cosa sia la materia, domandandosi se rientri
in questo concetto solo il palpabile e il ponde-
rabile o se invece tutto ciò che è visibile, odo-
rabile, udibile e, infine, l’intera natura siano
il materiale di ricerca, e se quindi tutto possa
NB
NB
NB
476
LENIN
NB
NB
essere detto materiale, persino lo spirito umano,
dato che anche quest’oggetto serve come mate-
riale alla teoria della conoscenza.
Cosi, il tratto che differenzia tra loro i ma-
terialisti meccanicisti del secolo scorso e i ma-
terialisti socialdemocratici, che hanno frequen-
tato la scuola degli idealisti tedeschi, sta nel
fatto che i secondi hanno esteso il concetto ri-
stretto della materia puramente tangibile a tutto
ciò che è materiale in genere .
Non si può obiettare niente contro la
distinzione operata dai materialisti estremisti
tra il ponderabile o tangibile e l’odorabile,
F udibile o, infine, il mondo delle idee. Noi
possiamo rimproverare loro una sola cosa: essi
abusano di questa distinzione, perdono di vista
l’elemento affine e comune nelle cose o pro-
prietà e differenziano « metafisicamente », o
toto caelo, la materia ponderabile e palpabile,
senz’av vedersi dell’importanza della classe ge-
nerale che abbraccia gli opposti
Le scienze naturali del nostro tempo si at-
tengono tuttora per molti riguardi alla posizione
dei materialisti del secolo scorso. Questi mate-
rialisti sono stati i teorici generali, per cosi
dire i filosofi, delle scienze naturali, in quanto
tali scienze circoscrivono tuttora la propria in-
dagine a ciò che è meccanico, ossia tangibile,
palpabile, ponderabile.' Già da tempo, del resto,
le scienze naturali hanno cominciato a superare
questo punto di vista; la chimica ha varcato i
confini del meccanico, e sono già sorte nuove
conoscenze sul mutamento formale delle forze,
sul trapasso della gravità in calore, elettricità,
ecc. Ma le scienze naturali continuano a essere
limitate. Esse escludono dalla lor or sfera di
DIETZGEN
477
indagine lo studio dello spirito umano e di tutti
quei rapporti che lo spirito suscita nella vita
umana, cioè i rapporti politici, giuridici, econo-
mici, ecc., e in tal modo sono tuttora sotto Tin-
flusso del vecchio pregiudizio secondo cui lo
spirito è un che di metafisico, il figlio di un
altro mondo.
Le scienze della natura non meritano il
rimprovero di essere limitate perché delimitano
le conoscenze meccaniche, chimiche, elettrotec-
niche, ecc., isolandole in un campo speciale, ma
perché questa separazione è eccessiva , perde di
vista la connessione tra spirito e materia e non
riesce ancora a sfuggire al modo di pensare
« metafisico » [...].
.Non le diverse opinioni sugli astri o sugli
animali, sulle piante o sulle pietre dividono gli
uomini in materialisti e idealisti; il tratto carat-
terizzante sta solo ed esclusivamente nella con-
cezione del rapporto tra corpo e spirito.
La convinzione della completa assurdità del-
Tidealismo tedesco, che non ha smesso di con-
siderare lo spirito come Telemento primo meta-
fisico, da cui sarebbero create e prodotte tutte
le materie tangibili, visibili, odorabili, ecc.,
doveva necessariamente condurre al materiali-
smo socialista , che si chiama « socialista » per-
ché i socialisti Marx ed Engels hanno per primi
stabilito con chiarezza e precisione che i rap-
porti materiali, e precisamente economici, della
società umana costituiscono il fondamento, che
condiziona in ultima istanza Limerà sovrastrut-
tura delle istituzioni giuridiche e politiche, non-
ché delle rappresentazioni religiose, filosofiche,
ecc. di ogni epoca storica. Invece di spiegare,
come in precedenza, Tessere delTuomo con la
sua coscienza, oggi si spiega invece la coscienza
con Tessere e, principalmente, con la condi-
NB
NB
478
LENIN
zione economica dell’uomo, con il suo modo
di guadagnarsi il pane.
Il materialismo socialista intende per « ma-
teria » non solo ciò che è ponderabile e tan-
gibile, ma Finterò essere reale, tutto ciò che è
contenuto nelPuniverso, e in esso è contenuto
tutto, perché tutto e universo sono soltanto due
nomi per una stessa cosa . E questo materialismo
socialista vuole tutto abbracciare con un solo
concetto, con un solo nome, con una sola clas-
se: poco importa che questa classe universale
venga detta realtà, natura o materia.
Noi, materialisti contemporanei, non ci at-
teniamo all’opinione ristretta secondo cui la ma-
teria ponderabile e tangibile è la materia par
excellence; pensiamo invece che Paroma dei
fiori e i suoni e tutti gli odori siano anch’essi
materia* Non consideriamo le forze come una
semplice appendice, come un puro predicato
della sostanza, e la sostanza, la sostanza palpa-
bile, come la « cosa » che domina su tutte le
proprietà. Noi concepiamo la sostanza e le forze
democraticamente. L'una e le altre hanno per
noi lo stesso valore; prese a sé, non sono altro
che proprietà, appendici, predicati o attributi
del grande tutto della natura. Non si può ri -
guardare il cervello come il signore e il lavoro
spirituale come il servo sottomesso. No, noi
materialisti contemporanei affermiamo che la
funzione intellettuale è una cosa altrettanto in-
dipendente quanto la palpabile sostanza cerebra-
le o qualsiasi altra cosa materiale. I pensieri,
la loro fonte e la loro natura sono una materia
altrettanto reale e un materiale altrettanto de-
gno di studio quanto ogni altro.
Noi siamo materialisti perché non facciamo
dello spirito un mostro « metafisico ». La forza
DIETZGEN
479
intellettiva è per noi tanto poco una « cosa in
sé » quanto la forza di gravità o la zolla di
terra. Tutte le cose sono soltanto anelli della
grande catena universale, che è la sola cosa
eterna, vera, duratura, che non è fenomeno,
ma Tunica « cosa in sé » e la verità assoluta. |
In quanto noi, materialisti socialisti, dispo-
niamo di un concetto, che collega insieme ma-
teria e spirito, per noi i cosiddetti rapporti
spirituali, come la politica, la religione, la mo-
rale, ecc., sono anch’essi rapporti materiali; e
consideriamo il lavoro materiale, le sue sostan-
ze e i problemi dello stomaco come la base, la
premessa e il fondamento di ogni sviluppo spi-
rituale, solo in quanto Tanimale precede nel
tempo l’umano, il che non ci impedisce affatto
di valutare altamente Tuomo e il suo intelletto.
Il materialismo socialista è caratterizzato
dal fatto che esso non sottovaluta, come i
materialisti della vecchia scuola, lo spirito
umano, ma nemmeno lo sopravvaluta, come
fanno gli idealisti tedeschi, e nella sua valuta-
zione ha il senso della misura e con una con-
cezione critico-dialettica considera il meccanici-
smo, nonché la filosofia, come anelli delT indivisi-
bile processo e progresso mondiale [...].
[ 218 - 226 ] In quanto non concordiamo con
i vecchi materialisti, i quali suppongono di aver
già spiegato sufficientemente che cosa sia Tin-
telletto, definendolo una proprietà del cervello,
non possiamo separarci dal nostro oggetto,
dallo spirito umano, con un semplice colpo di
coltello. La via speculativa, che si sforza con
il solo raziocinio di cogliere Pessenza dello spi-
rito neì meandri del cervello, non può essere
la nostra via, perché gli idealisti speculativi
hanno conseguito per tale strada risultati assai
modesti. Qui ci soccorre Haeckel con la sua
NB
NB
NB
480
LENIN
X
Vecchio
materialismo
NB MI
concezione del metodo scientifico corretto. Egli
considera lo spirito umano cosi come esso ha
operato storicamente , e questo ci sembra un
metodo assolutamente corretto [...].
La prima acquisizione spirituale comme il
faut è stata la scoperta darwiniana della sele-
zione naturale nella lotta per l’esistenza, resa
di pubblica ragione soltanto nel 1859, dice
Haeckel, ma noi ci permettiamo di avere al
riguardo un’altra opinione .
L egregio lettore non mi fraintenda: non
vogliamo contestare che Darwin e Haeckel ab-
biano collegato correttamente e scientificamente
il proprio spirito individuale con il mondo vege-
tale e animale e creato puri cristalli della cono-
scenza, ma intendiamo rilevare che il materia-
lismo dialettico contemporaneo si colloca pro-
prio su questo piano, e che Darwin e Haeckel,
per quanto grandi siano i loro meriti, non sono
stati i primi e i soli a saper creare questi cri-
stalli. I « miseri » zoologi dei musei e i bota-
nici degli erbari ci hanno lasciato anch’essi un
piccolo pezzo di scienza
Mediante la percezione e la raccolta e la
descrizione dei fatti si acquisisce nuova chia-
rezza o, meglio, si sviluppa ulteriormente quel-
la già acquisita. Il merito di Darwin è grande,
ma non cosi illimitato da consentire fondata-
mente a Haeckel di considerare la « scienza »
come una cosa piu alta della quotidiana con-
giunzione dello spirito umano con i fatti ma-
teriali.
Nella prima parte della presente ricerca si
è detto che il materialismo limitato non solo
ravvisa nello spirito umano una proprietà del
cervello, — sulla qual cosa non si discute, —
ma deriva anche, direttamente o indirettamen-
te, da questa connessione che il predicato della
DIETZGEN
481
razionalità o della facoltà conoscitiva ascritto al
cervello non è un oggetto sostanziale d’indagine,
in quanto, invece, lo studio del cervello mate-
riale può darci quel che occorre per spiegare le
proprietà dello spirito. In antitesi a ciò, il nostro
materialismo dialettico dimostra che il problema
deve essere esaminato, secondo l’indicazione di
Spinoza, sotto il profilo dell’universo, sub specie
aeternitatis. Nell’universo infinito la materia dei
vecchi e ormai stravecchi materialisti, la mate-
ria palpabile, non ha il minimo diritto di rite-
nersi piu sostanziale, ossia piu immediata, chia-
ra e determinata, di qualsiasi altro fenomeno
naturale [...].
Quei materialisti che trasformano la mate-
ria palpabile in sostanza e l’impalpabile fun-
zione cerebrale soltanto in un accidente meno-
mano troppo questa funzione . Per acquisire di
essa una rappresentazione più corretta e pre-
cisa, bisogna anzitutto ritornare al fatto che si
tratta di figli di una stessa madre, di due feno-
meni naturali, che noi illuminiamo, descriven-
doli, suddividendoli in classi, specie e sotto-
specie.
Se constatiamo nei riguardi della materia
— del che nessuno discute — che essa è un
fenomeno della natura e ripetiamo la stessa
cosa della capacità spirituale dell’uomo, sappia-
mo ancora assai poco dell’una e dell’altra cosa;
ma sappiamo che sono sorelle e che nessuno
può separarle troppo luna dall’altra; nessuno
può istituire tra le due una differenza toto ge-
nere, toto caelo.
Se vogliamo saperne di più, per esempio,
della materia, dobbiamo allora condurci allo
stesso modo in cui si sono condotti in passato
gli zoologi dei musei e i botanici degli erbari,
dobbiamo studiarne le diverse classi, famiglie,
specie, dobbiamo indagarle, dobbiamo descri-
NB
NB
a (P)
31-639
482
LENIN
Il merito
dell'idea-
lismo
La teoria
materialistica
della cono-
scenza
Descrizione
e
spiegazione
vere la loro genesi, la loro scomparsa e la tra-
sformazione dell'una nell'altra. È questa la
scienza della materia. Chi vuole di più vuole
troppo e non capisce che cosa sia il sapere; non
capisce né l'organo della scienza né la sua ap-
plicazione. I vecchi materialisti, quando affron-
tano le specie della materia, si comportano in
modo assolutamente scientifico; ma, quando
hanno a che fare con la materia astratta, con il
suo concetto generale, si rivelano allora del
tutto impotenti in questa scienza. È merito degli
idealisti aver per lo meno sviluppato a tal punto
la capacità di maneggiare l’astrazione e i con-
cetti generali che il materialismo socialista con-
temporaneo può infine comprendere che le spe-
cie della materia e i concetti sono prodotti
normali della natura e che non c'è e non può
esserci qualcosa che non rientri nell'unica ca-
tegoria illimitata del mondo naturale.
Il nostro materialismo si distingue per la
sua conoscenza specificamente espressa della na-
tura comune dello spirito e della materia. Là
dove questo materialismo contemporaneo fa
oggetto della sua indagine lo spirito umano,
esso lo considera come ogni altro materiale di
indagine, cioè allo stesso modo in cui gli zoo-
logi dei musei, i botanici degli erbari e i dar-
winisti si comportano nell'indagare e descrivere
i loro oggetti. Incontestabilmente, con la loro
classificazione i primi hanno gettato la luce su
migliaia di specie, ma questa luce era ancora
debole, e Darwin l'ha a tal segno rinvigorita
che questa luce nuova ha finito per offuscare
gli inizi; ma anche i vecchi nomenclatori hanno
dovuto « conoscere » prima di classificare, e
quindi anche la conoscenza darwiniana altro
non è se non una nomenclatura, ridotta sotto il
concetto di sviluppo, che, mediante la descri-
zione del processo naturale, fornisce una raffi-
gurazione più esatta dei fatti raccolti
DIETZGEN
483
La teoria materialistica d ell a conoscenz a si
riduce alla constatazione del fatto che l'organo
umano della conoscenza non effonde alcuna luce
metafisica , ma è una parte della natura che
riflette altre parti della natura, la cui essenza
creativa viene chiarita dalla nostra descrizione.
Tale descrizione esige dal teorico della cono-
scenza, o dal filosofo, che egli consideri il suo
oggetto allo stesso modo in cui lo zoológo
considera Laminale da lui studiato E, se mi si
muoverà il rimprovero di non farlo io stesso
subito, non potrò non ribattere che Roma non
è stata costruita in un sol giorno.
Meraviglia che questi illuminati naturalisti,
i quali capiscono tanto bene come l’eterno movi-
mento della natura, in virtù dell'adattamento,
dell'eredità, della selezione naturale, della lotta
per resistenza, ecc., abbia creato dai protopla-
smi e dai molluschi gli elefanti e le scimmie,
non riescano poi a capire che per la stessa strada
si è sviluppato anche lo spirito . Perché mai ciò
che è accaduto agli ossi non poteva accadere
alla ragione? [...]
Come lo zoologo di museo ha studiato i
suoi animali mediante la descrizione della clas-
se, della specie, della famiglia, in cui sono clas-
sificati, cosi anche lo spirito umano deve essere
indagato mediante lo studio delle diverse specie
di spirito. Ogni persona ha un suo proprio in-
telletto, e tutti gli intelletti nel loro insieme
possono essere analizzati come diramazioni di
uno spirito generale. Questo spirito umano ge-
nerale, come quello personale, ha un suo svi-
luppo in parte nel passato, in parte nell'avve-
nire; esso ha subito molte e diverse metamor-
fosi; e, se noi, indagandole, giungiamo alle ori-
gini dell'umanità, ci accostiamo a quello stadio
in cui la scintilla divina scende sulla bestialità.
Il riflesso
di altre parti
della natura
NB
NB
Trapasso
graduale
dalla mate-
ria allo
spirito
31 É
484
LENIN
NB
NB
NB
Lo spirito umano abbrutito diviene cosi il
ponte verso i veri spiriti animali, e in tal modo
noi perveniamo allo spirito delle piante, degli
alberi e dei monti. Questo significa che noi
giungiamo cosi a capire che tra spirito e materia,
come tra tutte le parti deiruniversale unità
naturale, esistono transizioni e una differenza
dileguantesi, che è una differenza di grado, e
non metafisica .
In quanto il vecchio materialismo non ha
compreso questi fatti, in quanto non ha saputo
intendere la materia e lo spirito come imma-
gini astratte di fenomeni concreti, in quanto,
non ostante il suo libero pensiero e la sua
sottovalutazione dello spirito divino, non ha
saputo come e di dove è scaturito lo spirito
naturale e, a causa di questa ignoranza, è stato
incapace di superare la metafisica, Friedri ch
Engels ha definito metafisico questo materia-
lismo impotente e inabile a orientarsi nella
scienza astratta e ha chiamato dialettico il ma-
terialismo della socialdemocrazia, che, in virtù
deiridealismo tedesco che lo ha preceduto, ha
frequentato una scuola migliore.
Per questo materialismo lo spirito è la deno-
minazione collettiva dei fenomeni spirituali,
cosi come la materia è la denominazione col-
lettiva dei fenomeni materiali, ed entrambi
rientrano in un concetto unico e si chiamano
con lo stesso nome di fenomeni della natura.
Ecco un nuovo modo di pensare, teoretico-
conoscitivo, che penetra in tutte le scienze spe-
ciali, in tutti i pensieri specifici, e introduce
la tesi che tutte le cose del mondo devono
essere riguardate sub specie aeternitatis, dal
lato delPuniverso. Questo universo eterno è
talmente fuso con i suoi fenomeni temporali
DIETZGEN
485
che tutta Peternità è transeunte, e tutto il
transeunte è eterno,
Il modo sostanziale di pensiero della social-
democrazia getta nuova luce su questo pro-
blema, per la cui soluzione ha tanto faticato
Pidealismo, domandandosi: in che consiste il
vero pensiero? come distinguere i pensieri sog-
gettivi da quelli oggettivi? La risposta è la
seguente: non bisogna istituire differenze ec-
cessive; la rappresentazione migliore e il pen-
siero più vero possono dare soltanto un* imma-
gine della molteplicità universale, che ha luogo
in te e fuori di te. Distinguere le immagini reali
da quelle fantastiche non è molto difficile, e
ogni artista sa farlo con la massima precisione.
Le rappresentazioni fantastiche sono prese dalla
realtà, e le rappresentazioni più fedeli della real-
tà sono necessariamente animate dallo slancio
della fantasia. Le fedeli rappresentazioni e i
concetti ci rendono grandi servigi appunto per-
ché sono dotati di una fedeltà non ideale, ma
solo relativa.
I nostri pensieri non possono e non devono
« coincidere » con i loro oggetti nell’iperbolico
senso metafisico del termine. Noi vogliamo,
dobbiamo e possiamo avere un’idea soltanto
approssimativa della realtà. E quindi anche la
realtà può soltanto avvicinarsi ai nostri ideali.
Al di fuori deiridea non esistono né i punti
né le linee rette della matematica. A tutte le
rette inerisce nella realtà una curva piena di
contraddizioni, cosi come la suprema giustizia
è ancora strettamente connessa con l’ingiustizia.
La natura della verità non è ideale, ma sostan-
ziale; essa è materialistica; non si raggiunge
con il pensiero, ma con gli occhi, con le orec-
a
a
a
a
486
LENIN
NB
chie, con le mani; non è un prodotto del pen-
siero, perché, al contrario, è il pensiero un
prodotto della vita universale. L’universo vi-
vente è la verità incarnata.
IV. Darwin e Hegel
NB
NB
[226-233] Intendiamo dire con questo che
la filosofia e le scienze naturali non sono poi
tanto lontane Puna dalle altre. Lo spirito uma-
no lavora in entrambi i campi con lo stesso
metodo . Il metodo scientifico-naturale è più
esatto, ma solo per il grado, non per la so-
stanza [...].
Riconosciamo volentieri al quasi ormai di-
menticato Hegel Ponore di essere stato un pre-
cursore di Darwin. Lessing ha detto a suo
tempo di Spinoza che era un « cane morto » l57 .
Allo stesso modo è sopravvissuto alla sua età
Hegel, pur avendo goduto ai suoi giorni nel
mondo letterario, come dice il suo biografo
Haym, dello stesso peso che Napoleone I aveva
nel mondo politico. Spinoza è un « cane mop
to » già risorto da tempo, e anche Hegel avrà
tra i posteri un meritato riconoscimento. Se
ancora non ne gode, si tratta di un fenomeno
passeggero.
Coiti’ è noto, il maestro ha detto che solo
uno dei suoi numerosi discepoli lo aveva capito
e che quest’uno lo aveva frainteso. Questa ge-
nerale incomprensione è, a nostro parere, piut-
tosto l’effetto delPoscurità del maestro che non
dell’incapacità dei discepoli: su questo punto
non può esservi alcun dubbio. Hegel non può
essere compreso pienamente, dacché egli stesso
non si è compreso appieno. Ma, non ostante
ciò, Hegel è un geniale precursore della dot-
DIETZGEN
487
trina darwiniana dell’evoluzione; analogamen-
te, sarà corretto e vero asserire che Darwin
è un geniale continuatore della teoria hegeliana
della conoscenza [...].
Gli sporadici voli celesti delle scienze na-
turali e i barlumi d un modo di pensare esatto
nei filosofi devono indicare al lettore che gene-
rale e speciale sono tra loro in armonia [...].
Per chiarire il rapporto tra Darwin e Hegel
dobbiamo sfiorare le questioni piu profonde e
più oscure della scienza. Tra queste rientra
anche l’oggetto della filosofia. L’oggetto di Dar-
win è inequivoco; egli conosceva il suo oggetto;
anche se occorre rilevare che Darwin, pur
conoscendo il suo oggetto, ha voluto indagarlo,
e quindi non lo conosceva a fondo. Darwin ha
indagato il suo oggetto, « l’origine delle spe-
cie », ma non l’ha indagato sino in fondo.
Questo significa che rogge tto di ogni scienza
è infinito. Se qualcuno vuole misurare l'infinito
o il più piccolo degli atomi, egli avrà sempre
a che fare con qualcosa che non è misurabile
interamente. La natura, sia nel suo complesso
che nelle sue parti, non può essere indagata
sino in fondo, è inesauribile, non conoscibile
sincT in fondo ed è quindi senza principio e
senza fine. La conoscenza di questo infinito
reale è il risultato della scienza, mentre il
punto d’avvio di quest'ultima è* stato l’infinito
sovrannaturale, religioso o metafisico.
L’oggetto di Darwin è altrettanto infinito
e inesauribile quanto quello di Hegel. Il primo
ha analizzato la questione dell’origine delle
specie, il secondo si è studiato di spiegare il
processo di pensiero dell’uomo. Risultato del-
l’uno e dell’altro è stata la dottrina dello svi-
luppo .
NB
L’atomo è
incommensura-
bile, infinito
L’atomo è
inesauribile
488
LENIN
NB
NB
Siamo in presenza di due grandi uomini e
di una grande causa. Cercheremo di dimostrare
che essi non hanno lavorato in direzioni op-
poste, ma hanno compiuto un lavoro comune.
Essi hanno portato la concezione monistica d el
mondo a una tale altezza e l'hanno rinvigorita
con scoperte positive tali che in precedenza
erano sconosciute [...].
Al nostro Hegel va il merito di aver posto
Tautosviluppo della natura su un fondamento
amplissimo e di aver emancipato la scienza
nella sua forma piu generale da ogni atteggia-
mento classificatorio. Darwin critica il classifi-
cazionismo tradizionale dal punto di vista zoo-
logico, Hegel da un punto di vista universale.
La scienza si muove dalle tenebre verso la
luce. Anche la filosofia, che ruota intorno alla
chiarificazione del processo di pensiero dell'uo-
mo, ha compiuto passi io avanti; e in certa
misura le era già chiaro prima di Hegel che
essa indugiava sul suo oggetto speciale piut-
tosto istintivamente [...].
Hegel ci fornisce la teoria dello sviluppo;
egli insegna che il mondo non è stato fatto, non
è stato creato, che esso non è un essere immu-
tabile [233], ma un divenire, che produce sé
stesso. Come in Darwin tutte le classi degli
animali passano luna nell'altra, cosi anche in
Hegel tutte le categorie del mondo, niente e
qualcosa, essere e divenire, quantità e qualità,
tempo e eternità, cosciente e incosciente, prò-
gresso e ristagno, trapassano inevitabilmente
l'una nell'altra [...].
Nessuno vorrà affermare che il filosofo ab-
bia condotto brillantemente a termine il suo
lavoro. Altrettanto poco della dottrina di Dar-
win la dottrina di Hegel ha reso superfluo
DIETZGEN
489
l’ulteriore sviluppo, ma essa ha stimolato tut-
ta la scienza e tutta la vita umana, le ha
dato un impulso di eccezionale importanza.
Hegel ha anticipato Darwin, ma quest'ultimo,
purtroppo, non conosceva Hegel che gli era
tanto vicino. Con questo « purtroppo » non
intendiamo rimproverare il grande naturalista,
a)
NB NB
a)
in tal modo oltre loro e acquisire maggiore chia-
rezza.
Abbiamo visto che la filosofia hegeliana era
così oscura da indurre il maestro ad affermare
del suo migliore discepolo che costui lo aveva
frainteso. Alla chiarificazione di tale oscurità
hanno cooperato non soltanto l’erede del filo-
sofo, Feuerbach , e altri hegeliani, ma l’intero
sviluppo scientifico, politico ed economico del
mondo
[235-243] Haeckel ha pienamente ragione
di asserire che nei nostri maggiori poeti e
pensatori si esprime la tendenza a una « forma
monistica, purissima, di fede » e ad una conce-
zione fisica della natura, che rende impossibile
ogni metafisica ed esclude il Dio sovrannatura-
le, con tutto il ciarpame dei miracoli, dal campo
della scienza. Ma, quando poi si lascia traspor-
tare e dice che questa tendenza « ha già trovato
da un pezzo la sua espressione piu compiuta »,
Haeckel sbaglia allora di grosso, e sbaglia nei
suoi propri confronti e riguardo alla sua stessa
professione di fede. Haeckel , infatti, non sa
ancora pensare monisticamente.
Daremo subito una motivazione piu parti-
colareggiata di questo rimprovero, ma deside-
riamo prima constatare come un tale biasimo
ma solo rammentare che il lavoro dello specia-
lista Darwin deve essere integrato con il lavoro
del grande generalizzatore Hegel per procedere
490
LENIN
NB
NB
NB
non si addica al solo Haeckel, bensì a tutta la
scuola scientifico-naturale del nostro tempo, in
quanto essa trascura i risultati dello sviluppo
quasi trimillenario della filosofia, che ha dietro
di sé una storia lunga e ricca di esperienza, non
meno densa di contenuto di quella delle scienze
naturali [...].
In queste parole di Haeckel sono racchiusi
tre punti che vogliamo sottolineare e che ci
dimostreranno come la « concezione monistica
del mondo » non abbia ancora trovato la sua
espressione piu compiuta nemmeno nel suo espo-
nente piu radicale.
La vecchia fede pone il fondamento primo
di tutte le cose nel Dio personale, che è sovran-
naturale, indescrivibile, inconcepibile, che è uno
spirito o un mistero. La nuova religione à la
Haeckel crede che la natura, a cui essa dà il
vecchio nome di Dio, sia il fondamento primo
di tutte le cose [...].
La differenza tra il naturale e l’innaturale,
tra la rivelazione fisica e quella metafisica, tra
la religione e la divinità è cosi profonda che
una concezione della natura, depurata di ogni
elemento estraneo, una concezione della natura,
cosi come si presenta al darwiniano Haeckel,
avrebbe il pieno diritto di rinunciare ai vecchi
nomi e alla religione divina fondata sulla rive-
lazione e di operare « distruttivamente » con-
tro quest ultima mediante la concezione moni-
stica del mondo. Non agendo a questo modo,
il darwinismo rivela soltanto la limitatezza del-
la sua dottrina dello sviluppo [...],
Che Haeckel, il piu insigne esponente del
monismo scientifico-naturale, monti tuttora que-
sto cavallo dualistico è attestato chiaramente
dal suo terzo punto , dove si afferma che, « con
DIETZGEN
491
fattuale organizzazione del nostro cervello », il
fondamento ultimo di tutti i fenomeni è inco-
noscibile.
Che cosa significa inconoscibile ?
Tutto il contesto delle proposizioni in cui
viene usata questa parola mostra chiaramente
che il nostro naturalista è ancora avviluppato
nelle reti della metafisica. Nessuna cosa > nessun
atomo è conoscibile sino in fondo. Ogni cosa
è inesauribile nei suoi segreti, è eterna e indi-
struttibile
La natura è piena di segreti che per la
mente indagatrice si rivelano come semplici fe-
nomeni correnti. La natura è inesauribile ri-
guardo ai problemi scientifici. Noi la indaghia-
mo, ma non perveniamo mai al termine nelle
nostre ricerche. Il sano intelletto umano ha
pienamente ragione allorché afferma che il mon-
do e la natura non possono essere indagati
interamente, ma non ha meno ragione allorché
respinge come un'incredibile assurdità, come su-
perstizione, la metafisica inconoscibilità del
mondo. Nel nostro studio della natura non
giungeremo mai al termine, e, tuttavia, quanto
piu procedono le scienze naturali nelle loro ri-
cerche, tanto piu risulta evidente che ‘esse non
hanno proprio niente da temere circa gli inesau-
ribili segreti della natura, che qui, secondo
Hegel, «non c'è niente che sia inaccessibile » . Da
ciò deriva che noi attingiamo quotidianamente
airinesauribile « fondamento primo di tutte le
cose » e vi attingiamo appunto con il nostro
strumento conoscitivo, la cui capacità di inda-
gine è altrettanto universale e infinita quanto
infinitamente ricca è la natura di arcani consueti.
« Con Fattuale organizzazione del nostro
cervello »! Naturalmente! Il nostro cervello,
Kein Atòmchen
ist auszukennen
NB
III NB
492
LENIN
NB
NB
NB
grazie alla selezione sessuale e alla lotta per la
esistenza, si svilupperà ancora in modo prodi-
gioso e penetrerà sempre più nel fondamento
primo naturale . Se le parole di Haeckel hanno
un tale significato, siamo volentieri d'accordo.
Ma, in realtà, il darwiniano ancora avviluppato
nella metafisica non le intende cosi. L'intellet-
to umano, egli vuol dire, è troppo piccolo per
poter indagare il mondo completamente, e quin-
di noi dobbiamo credere nell'esistenza di uno
spirito « piu alto », sovrannaturale, e non lot-
tare « distruttivamente » contro di esso [...].
Hegel ha dato della dottrina dello sviluppo
un'esposizione molto piu universale di quella di
Darwin. Non pensiamo con questo di prefe-
rire o subordinare l'uno all'altro, ma riteniamo
solo necessario integrarli reciprocamente. Se
Darwin ci insegna che gli anfibi e gli uccelli
non sono specie tra loro separate, ma esseri vi-
venti, sorti gli uni dagli altri e trapassanti gli
uni negli altri, Hegel ci insegna che tutte le
specie, il mondo intero costituiscono un essere
vivente, che non ha mai confini immobili; che
il conoscibile e rinconoscibile, il fisico e il
metafisico trapassano continuamente l'uno nel-
l'altro ; che l 'assolutamente inconoscibile è
qualcosa che attiene alla concezione religiosa,
dualistica, e non alla concezione monistica del
mondo [...].
Secondo il nostro monismo, la natura è il
fondamento ultimo di tutte le cose; essa è
altresì il fondamento della nostra facoltà cono-
scitiva, e, non di meno, per Haeckel, questa
facoltà è troppo limitata perché possa conoscere
il fondamento ultimo. Come spiegare tale con-
traddizione? Come può la natura, conosciuta in
DIETZGEN
493
quanto fondamento ultimo, risultare in pari
tempo « inconoscibile »?!
Il panico per le tendenze distruttive si è
impadronito persino di un teorico radicale deb
revoluzione come Haeckel; egli rinuncia alla
sua stessa teoria e preferisce la credenza che
10 spirito umano debba accontentarsi dei feno -
meni naturali e non possa giungere alPessenza
reale della natura; il fondamento ultimo è cosi
un oggetto che non rientra nelle scienze natu-
rali [...].
Quanto alle concezioni panteistiche dei no-
stri maggiori poeti e pensatori, concezioni che
trovano il loro compimento nell’affermazione
delPunità di Dio e della natura, Hegel ci ha
lasciato una teoria particolarmente caratteristi-
ca. Secondo questa teoria, noi conosciamo non
soltanto Punita, ma anche la differenza tra le
cose. Il cane lupo è un cane come il botolo,
ma questa unità non esclude la differenza. La
natura ha molte cose in comune con il buon
Dio: regna dall’eternità e per Peternità. Poiché
11 nostro spirito è il suo strumento naturale,
la natura conosce in generale tutto ciò che è
accessibile al sapere; la natura è onnisciente, ma,
non ostante ciò, la sapienza « naturale » è
tanto diversa da quella divina che esistono
motivazioni abbastanza scientifiche per le ten-
denze distruttive vòlte a eliminare compieta-
mente Dio, la religione e la metafisica, a eli-
minarli in senso razionale, in quanto ciò è
possibile. Le idee confuse sono sempre esistite
e continueranno a esistere in eterno
E, se la vecchia conoscenza del mondo ani-
male ci dà soltanto un quadro incompleto,
mentre il nuovo sapere, sviluppato da Darwin,
ci offre un quadro più veritiero, completo e
! m
Erscheinungen
494
LENIN
NB
autentico, il vantaggio che di qui deriva per le
nostre conoscenze non è circoscritto alla sola
vita animale: al tempo stesso noi acquisiamo
conoscenza della nostra facoltà conoscitiva, ap-
prendendo che quest’ultima non è una fonte
sovrannaturale della verità, ma invece uno stru-
mento speculare, che riflette le cose del mondo,
ossia la natura [...].
NB
NB
[248-249] Kant argomenta come segue: se
la nostra ragione deve limitarsi alla sola cono-
scenza dei fenomeni naturali, se non possiamo
conoscere niente altro, dobbiamo allora credere
in un che di misterioso, superiore, metafisico.
Qui deve nascondersi qualcosa, « perché là dove
ci sono i fenomeni deve esserci qualcosa che
appare », conclude Kant; questa conclusione è
solo apparentemente esatta. Non è forse suffi-
ciente dire che i fenomeni naturali appaiono,
che dietro di essi non si cela niente di sovran-
naturale, niente di inconoscibile, niente che tra-
scenda la loro propria natura? Ma lasciamo
questo punto. Kant, almeno formalmente, ha
scacciato la metafisica dalla scienza perché si
impigliasse nella fede [...].
[251-252] Kant ha lasciato ai suoi prosecu-
tori Topinione assai modesta che la fiaccola del-
la conoscenza è troppo debole per poter illu-
minare il grande miracolo. Quando si sia dimo-
strato che essa non è tanto debole, che la nostra
luce non è più grande o più piccola, non è
più o meno miracolosa deiroggetto che si tratta
di illuminare, la fede nei miracoli o nei mostri
è finita, è finita la metafisica. L’uomo si libera
cosi della sua eccessiva modestia; e il nostro
Hegel ha recato in questo campo un contributo
essenziale [...].
DIETZGEN
495
Che cos e la metafisica? Secondo la sua de-
nominazione è stata una disciplina scientifica,
che continua a proiettare la sua ombra anche
sul presente. Che cosa cerca, che cosa vuole?
Il sapere, naturalmente! Ma riguardo a che
cosa? Riguardo a Dio, alla libertà e all’immor-
talità. Il che suona ai nostri giorni molto pa-
storale. E, se anche designeremo il contenuto
di questi tre concetti con i nomi classici di vero,
bene e bello, sarà sempre eccezionalmente im-
portante chiarire a sé stessi e al lettore che cosa,
in realtà, vogliano e cerchino i metafisici; senza
di che è impossibile valutare e presentare ade-
guatamente Darwin o Hegel, ciò che essi hanno
invece tralasciato e che spetta ai posteri
fare
V. La luce della conoscenza
[255-266] Si possono riportare dalla let-
teratura contemporanea numerose citazioni, in
cui si prende atto deirabisso profondo che sepa-
ra la conoscenza della natura e ristanza meta-
fisica; questo vuol dire che infinitamente con-
fusa è la questione: di dove prendere la luce?
Un esempio davvero classico di questa confu-
sione è la Storia del materialismo di F. A. Lan-
ge. Se si astrae da molti aspetti eccellenti [256]
e brillanti, ma secondari, di quest’opera, non-
ché dalla simpatia democratica dell’autore per
il partito socialista, cosa che constatiamo con
molta soddisfazione, è chiaro che il punto di
vista filosofico di Lange è il più miserevole
dibattersi nel cappio metafisico che si sia mai
visto. Proprio quest’infinità irresolutezza e man-
canza di fiducia è ciò che dà all’opera di Lange
il suo significato, perché, sebbene in essa non
si assolva il còmpito e non si risolva niente,
NB
NB
496
LENIN
tuttavia il problema viene posto in modo tanto
chiaro che la sua definitiva soluzione è ormai
inevitabilmente vicina.
Ci sono poi degli avversari come il dottor
Gideon Spicker ( Ueber das Verhaltnis der
Naturwissenschaft zur Pbilosophie ), che, indi-
cando questo dimenarsi, abusano della propria
| oc I NB giusta critica, per screditare insieme con Lange
anche il materialismo [...].
Il materialismo, che è riuscito sinora a ve-
nire a capo della conoscenza e dell'interpreta-
zione dei piu disparati oggetti scientifici, non
ha ancora tentato di illuminare la conoscenza
stessa, e quindi il suo benevolo storico non ha
potuto riportare una vittoria completa sulle
rovine dell'idealismo
« Esistono due problemi, — dice Lange, —
dinanzi ai quali lo spirito deve arrestarsi. Noi
siamo incapaci di capire gli atomi e di spiegare
con gli atomi e con il loro movimento anche
il piu insignificante fenomeno della coscienza
[...]. Comunque si rigiri il concetto della ma-
teria e delle sue forze, si è sempre costretti a
imbattersi in un che di inconcepibile [...].
Perciò non senza fondamento Du Bois-Reymond
si spinge tanto avanti da affermare che tutta
la nostra conoscenza della natura non è ancora
in realtà conoscenza e che essa ci fornisce sol-
tanto dei surrogati di una spiegazione [...]. È
questo il punto che i sistematici e gli apostoli
della concezione meccanicistica del mondo elu-
dono con disprezzo: la questione dei confini
della conoscenza della natura» (A. Lange,
Geschichte des Materialismus , v. II, pp. 148-
150).
Questa citazione puntuale sarebbe stata in
fondo superflua, dal momento che le idee qui
enunciate sono note a tutti. Cosi si esprime
DIETZGEN
497
non solo Lange, ma anche Jurgen Bona Meyer
e von Sybel; cosi si esprimerebbero Schàffle
e Samter, se mai dovessero toccare questo
tema; cosi parla tutto il mondo dominante,
nella misura in cui è andato piu avanti dei
cappuccini. Ma Lange non conosce a fondo i
socialdemocratici, altrimenti avrebbe saputo
che su questo punto essi hanno integrato la
concezione meccanicistica del mondo.
« Il grande difetto di Hegel, rispetto a
Kant, — dice Lange, — sta nel fatto che egli
ha smarrito del tutto ridea di un modo di
conoscer le cose piu generale di quello uma-
no. » Cosi, a Lange rincresce che Hegel non
abbia speculato intorno alla conoscenza sovru-
mana, ma noi a questo replichiamo: la parola
d’ordine reazionaria: « Indietro verso Kant! »,
che echeggia attualmente da ogni parte, deriva
dalla mostruosa tendenza a far tornare indietro
la scienza e a subordinare la conoscenza umana
a un « modo di conoscere più generale ». In
essa si avverte il desiderio di rinunciare al do-
minio già acquisito dairuomo sulla natura e di
procurarsi nel ripostiglio la corona e lo scettro
da dare airantico spauracchio, per modo che
di nuovo trionfi la superstizione. L’aspirazione
filosofica del nostro tempo è una forma consa-
pevole o inconsapevole di reazione alla crescente
libertà del popolo.
Basta solo addentrarsi un po’ nel pensiero
metafisico dei « confini della conoscenza », che
percorre tutti i capitoli del celebre libro di
Lange e che viene ripetuto tanto spesso dagli
studiosi del nostro tempo, per riconoscerne
subito l’insensata verbosità, « Non si possono
capire gli atomi, e la coscienza non può essere
spiegata. » Eppure, tutto il mondo è fatto di
atomi e coscienza, di materia e spirito. Se le
NB
NB
NB
32 — 639
498
LENIN
une c le altre cose sono incomprensibili, che
cosa mai rimane all'intelletto da capire e spie-
gare? Lange ha ragione: proprio niente. La
nostra conoscenza, come essi asseriscono, non
è quindi conoscenza, ma soltanto un surrogato.
Forse, anche quei grigi animali che si suole
chiamare asini sono soltanto dei surrogati,
mentre i veri asini sono da ricercare tra gli es-
seri più altamente organizzati [...].
La luce della conoscenza rende l’uomo si-
gnore della natura. Col suo ausilio l’uomo può
d’estate avere il ghiaccio e d’inverno i fiori e
i frutti, estivi. Ma questo dominio resta pur
sempre limitato. Tutto quello che l’uomo può
fare può farlo soltanto con l’ausilio delle forze
e dei materiali della natura [...].
[261] Come nella produzione tecnica i fe-
nomeni naturali appaiono in forma corporea,
cosi nella scienza i mutamenti della natura ci
appaiono in forma spirituale. Come la produ-
zione lascia da ultimo insoddisfatta ogni istanza
creatrice eccessiva, cosi la scienza, o la « cono-
scenza della natura», non soddisfa per intero
la nostra richiesta eccessiva di una spiegazione
causale. Ma, come l’ùomo ragionevole non si
lamenterà del fatto che per creare abbiamo
eterno bisogno del materiale e che dal niente,
dai pii desideri non possiamo cavare niente,
cosi anche colui che si addentrerà nella natura
della conoscenza non vorrà varcare i confini
dell'esperienza. Per la conoscenza, o per l’inter-
pretazione, come anche per la creazione, abbia-
mo bisogno del materiale. E quindi nessuna
conoscenza potrà spiegare di dove il materiale
provenga o abbia principio. Il mondo dei feno-
meni, o materiale, è il primordiale, il sostan-
DIETZGEN
499
ziale, che non ha principio, fine o genesi. Il
materiale esiste e la sua esistenza è materiale
(nel senso più lato del termine), e la facoltà
umana di conoscere o di avere coscienza è una
parte di questa esistenza materiale , che, come
tutte le altri parti, può svolgere una sola fun-
zione, determinata, circoscritta, la funzione ap-
punto di conoscere la natura [...].
Dal tempo in cui il quarto stato ha posto
le sue istanze, i nostri studiosi ufficiali sono
stati costretti a condurre una politica conser-
vatrice, reazionaria. Oggi essi s’intestardiscono,
vogliono rendere cronico il loro errore e ritor-
nare indietro, verso Kant. La cosa fe successa
al defunto Lange nel corso d’una digressione in-
nocente, anche se piena d’errori; ma molti suoi
seguaci sono astuti furfanti, che si avvalgono
del lavoro di Lange come di un buon mezzo
di lotta contro la nuova società e che ci costrin-
gono a condurre sino alle sue radici la critica
della ragione.
Tutto ciò che percepiamo, dicono i neokan-
tiani, possiamo percepirlo solo attraverso le
lenti della coscienza. Tutto ciò che vediamo,
udiamo, sentiamo deve giungere a noi attra-
verso le sensazioni, quindi attraverso l’anima.
Non possiamo pertanto percepire le cose nella
loro purezza e verità, ma solo come appaiono
alla nostra soggettività. Per Lange le sensazioni
« sono il materiale, con cui viene creato il mon-
do esterno reale ». « Il punto di cui si tratta
[Op. cit., v. II, p. 98] può essere definito
con assoluta precisione. Esso è in qualche mo-
do come la mela nel peccato originale e secondo
Kant il rapporto tra soggetto e oggetto nella
conoscenza. »
Si insinua cosf la colpa che è propria della
filosofia postkantiana. Ecco che cosa dice Lan-
NB
NB
32
500
LENIN
Objektiv
secondo
Kant
NB
NB
ge: « Per Kant la nostra conoscenza deriva dal-
l'interazione di entrambi [soggetto e oggetto]:
è questa una tesi infinitamente semplice e tut-
tavia spesso ignorata. Da questa concezione
deriva — prosegue Lange — che il nostro
mondo fenomenico non è soltanto un prodotto
della nostra rappresentazione, ma anche un ri-
sultato delazione oggettiva e della raffigura-
zione soggettiva dei fenomeni. Kant chiamava
in un certo senso oggettivo non ciò che il sin-
golo conosce in un modo o nell'altro grazie al
suo sentimento casuale o alla sua organizza-
zione imperfetta, ma ciò che l'umanità nel suo
complesso deve conoscere grazie alla sua sen-
sibilità e al suo intelletto. Egli ha chiamato
questo sapere oggettivo, in quanto noi parliamo
soltanto della nostra esperienza; lo ha invece
definito trascendente o, in altri termini, falso,
se estendiamo questo sapere alle cose in sé,
cioè alle cose assolute, che esistono indipenden-
temente dalla nostra conoscenza » [...].
Si, i materialisti non si sono ancora affa-
ticati a ten er conto delPelemento soggettivo
della nostra conoscenza e hanno accolto acriti-
camente, come moneta buona, gli oggetti sen-
sibili. Quest'errore deve essere corretto.
Prendiamo il mondo cosi come è per Kant,
cioè come una mescolanza di soggetto e ogget-
to, ma teniamo fermo che tutto il mondo è una
miscela unica , una unità; teniamo fermo inoltre
che questa unità è dialettica, ossia che essa è
composta dei suoi opposti, della miscela o mol-
teplicità. Ora, nella molteplicità del mondo vi
sono cose, come le assi, le pietre, gli alberi e i
pezzi d'argilla, che vengono chiamate senz'altro
oggetti. Dico: « vengono chiamate », non dico
ancora che sono oggetti. Vi sono inoltre cose,
DIETZGEN
501
come i colori, gli aromi, il calore, la luce, ecc.,
la cui oggettività è già più dubbia; seguono
poi cose, ancora più lontane, come il dolore
fisico, la sete d'amore, la gioia vitale, che sono
decisamente soggettive. Vi sono, infine, oggetti
che sono più soggettivi o i più soggettivi, in
senso comparativo e in senso assoluto, come
gli stati d'animo fugaci, i sogni, le allucina-
zioni, ecc. Qui tocchiamo la sostanza della que-
stione. Il materialismo ha riportato la vittoria, in
quanto si è dovuto riconoscere che il sogno è
un processo reale, indubbio, pur se considerato
soggettivo. In questo caso, siamo pronti a unir-
ci ai filosofi « critici », i quali affermano che
le assi e le pietre, come tutte le cose dette
senz'altro soggettive, vengono percepite dai no-
stri organi della vista e del tatto, e non sono
pertanto oggetti puri, ma fenomeni soggettivi.
Riconosciamo volentieri che il pensiero stesso
WVWNTAVWVWVV
di un oggetto puro, o di una « cosa in sé », è
un pessimo pensiero, che, per cosi dire, strizza
Tocchio all'altro mondo.
La differenza tra soggetto e oggetto è rela-
tiva. L'uno e l'altro sono d'uno stesso ordi-
ne [...].
[267-272] Ciò che noi percepiamo con la
nostra facoltà conoscitiva lo percepiamo come
parte del tutto e come una parte intera. La co-
noscenza di questa dialettica illumina e chiarisce
pienamente la mistica aspirazione a ricercare la
verità oltre l'apparenza, ossia a ricercare dietro
ogni predicato il soggetto. Solo a causa dell'in-
capacità di operare dialetticamente con Ì con-
cetti quest'aspirazione può assumere un orien-
tamento tanto sbagliato che ci si pone a ricer-
care il soggetto fuori del predicato, la verità
fuori dei fenomeni. La teoria critica della co-
NB
502
LENIN
NB
noscenza deve considerare lo strumento stesso
delTesperienza come esperienza; diventano cosi
assurdi tutti i discorsi sul superamento dei con-
fini di ogni esperienza.
Se i filosofi contemporanei, primo tra tutti
uno storico del materialismo, accostandosi al-
l’essenza della questione, dichiarano che il mon-
do si offre mediante i fenomeni, cioè gli og-
getti della conoscenza della natura, che questa
conoscenza ha a che fare con i mutamenti, ma
che noi cerchiamo una conoscenza ancora più
alta o degli oggetti eterni, essenziali, diventa
chiaro che questi filosofi sono dei truffatori o
degli stolti, che non si accontentano di studiare
tutti i granelli di un mucchio di sabbia, ma che
dietro tutti i granelli cercano ancora un qual-
che mucchio di sabbia che non abbia granelli.
Oli ha rotto del tutto con la valle di la-
crime del mondo fenomenico può assidersi con
tutta la sua anima immortale su un cocchio di
fuoco e ascendere al cielo. Ma chi vuole restare
qui e credere nella sola salvezza che può dare
la conoscenza scientifica della natura deve ac-
cettare la logica materialistica. Essa dice:
1. il regno intellettuale è solo di questo
mondo;
2. l’operazione, che noi chiamiamo cono-
scenza, comprensione, interpretazione, può con-
sistere soltanto nella classificazione per generi
e specie di questo mondo sensibile, unificato
dall’essere, non può occuparsi di altro che non
sia la conoscenza formale della natura. Altra
conoscenza non c’è.
Ma ecco l’impulso metafisico, che non si ac-
contenta della « conoscenza formale * e vuole
conoscere, senza sapere esso stesso come. A
questa tendenza non basta classificare esatta-
mente, con l’ aiuto dell’intelletto, i dati dell’espe-
DIETZGEN
503
rienza. Le cosiddette scienze naturali sono per
essa soltanto un surrogato, un sapere miserevole
e limitato; essa esige una spiritualizzazione illi*
mitata, di modo che tutte le cose si dissolvano
interamente nei concetti. Ma perché mai que-
sta nobile aspirazione non vuole capire che le
sue esigenze sono smodate? Il mondo non di-
scende dallo spirito, ma, viceversa, è lo spirito
a discendere dal mondo. L'essere non è una
specie deirintelletto, ma è, viceversa, l'intelletto
una specie dell'esistenza empirica. L'essere è
assoluto, onnipresente, eterno; il pensiero è sol-
tanto una forma speciale, limitata dell'esse-
re [...].
La scienza o la conoscenza non deve sosti-
tuire la vita, la vita non deve né può essere
esaurita dalla scienza, in quanto è qualcosa di
più grande. E quindi con la conoscenza o con
l'interpretazione non si può superare nessuna
cosa. Nessuna cosa può esser conosciuta inte-
ramente: una ciliegia fe grande come una sensa-
zione. Se ho studiato e compreso la ciliegia se-
condo tutte le esigenze della scienza, cioè bo-
tanicamente, chimicamente, fisiologicamente,
ecc., tuttavia la ho realmente conosciuta solo
dopo averla a un tempo percepita, vista, toc-
cata e ingoiata [...].
Per l'arida filosofia critica, che imperversa
attualmente, l'intelletto umano è un povero dia-
volo, capace di spiegare soltanto le apparenze
superficiali delle cose; ma per esso è inconce-
pibile ogni vera spiegazione, per esso è irrag-
giungibile l’essenza delle cose. Nasce qui la que-
stione se ogni cosa abbia una sua essenza, se
l’infinita molteplicità di queste cose o Tintero
mondo sia un tutto unico. È qui facile vedere
che la nostra mente possiede la capacità di con-
nettere tutte le cose, di sommare tutte le parti
II
NB
NB
Erscheinungen
und Wesen
504
LENIN
NB
NB
NB
NB
e di dividere tutte le somme. L’intelletto tra-
sforma tutti i fenomeni in ess enze, e conosce
tutte le essenze come fenomeni dell’unica gran-
de essenza della natura. La contraddizione tra
fenomeno ed essenza non è affatto una contrad-
dizione, ma un’operazione logica, una formalità
dialettica . L’essenza delluniverso è fenomeno,
e i fenomeni dell’universo esprimono l’essenza.
È dunque viva l’aspirazione, l’esigenza me-
tafisica di ricercare dietro ogni apparenza l’es-
senza, ma a condizione che essa ravvisi nella
« conoscenza formale della natura » l’unica pras-
si razionale della scienza. L’aspirazione a tra-
scendere i confini dei fenomeni in cerca della
verità e dell’essenza è un’aspirazione divina,
celeste, cioè scientifica. Ma essa non deve ecce-
dere, deve conoscere i propri limiti. Deve cer-
care il divino e il celeste nel terreno e nel tran-
seunte e non separare fe sue essenze e verità
dai fenomeni; deve solo ricercare gli oggetti
soggettivi e la verità relativa.
Con quest’ultima affermazione converranno,
forse, i kantiani vecchi e nuovi; ma noi non pos-
siamo convenire con la loro tetra rassegnazione,
con lo sguardo furtivo che essi gettano su un
mondo superiore e con cui accompagnano la loro
dottrina. Non siamo d’accordo che i « confini
della conoscenza » cessino di essere confini e
che, inoltre, la fede accompagni costantemente
l’intelletto illimitato. La loro ragione dice: « Là
dove ci sono fenomeni deve esserci un che di
trascendente che appare ». La nostra critica dice:
« Ciò che appare è il fenomeno stesso; soggetto
e predicato sono d’uno stesso ordine» [...].
La concezione monistica dei naturalisti
dei naturalisti nel senso più ristretto del
termine — è inadeguata [...]. La nostra conce-
DIETZGEN
505
zione può diventare monistica solo in virtù della
teoria materialistica della conoscenza. Non ap-
pena coglieremo il rapporto tra soggetto e pre-
dicato in generale, non si potrà piu negare che
il nostro intelletto è una specie o una forma
deila realtà empirica. Il materialismo ha ormai
da tempo precisato questa tesi cardinale, che è
rimasta però come una vuota affermazione, come
una semplice anticipazione. Per fornire le prove
bisogna ritenere in generale che la scienza non
vuole e non può volere altro che una classifi-
cazione per generi e specie delle osservazioni
sensibili. L’articolazione o l’unità articolata è
tutto ciò che essa può avere e desidera [...].
I selvaggi divinizzano il sole, la luna e altre
cose. Gli uomini civili hanno fatto dello spirito
un Dio e della facoltà intellettiva un feticcio.
Nella nuova società così non dovrà essere. In
essa gli individui vivranno in una comunità
dialettica , come la molteplicità nell’unità; e
anche la luce della conoscenza sarà destinata a
diventare uno strumento tra altri strumenti [...].
NB
NB
101: Marx iiber Dialektik,
256: Lange — erbarmlichste Zappelei in me*
taphysischer Schlinge *.
233: Hegel sta piu in alto di Darwin nella
dottrina dello sviluppo J3a .
piu miserevole dibattersi nel cappio metafisico {n.d.t.).
G. V. Plechanov
Questioni fondamentali del marxismo w
G. V. Plechanov, Osnovnye voprosy mark-
sizma , Peterburg, 1908.
[23-24] Gli idealisti trasformano dapprima
il pensiero in un essere autonomo, indipen-
dente dall’uomo ( « soggetto per sé » ) , e poi
dichiarano che in esso, in quest’essere, si ri-
solve la contraddizione tra essere e pensiero.
Appunto perché a esso, a quest’essere indipen-
dente dalla materia, inerisce la singola esistenza
indipendente. E quest’ultima si risolve real-
mente in esso, perché che cosa è in effetti
questo essere? Pensiero. E questo pen-
siero esiste — è — indipendentemente da
qualsiasi altra cosa. Ma un siffatto scioglimento
della contraddizione è uno scioglimento pura-
mente formale. Esso viene conseguito solo per-
ché — come si è detto sopra — viene soppresso
uno dei suoi elementi: ossia l’ essere indipen-
dente dal pensiero. L’essere appare come una
semplice proprietà del pensiero, e, quando noi
diciamo che un dato oggetto esiste, questo si-
gnifica soltanto che esso esiste nel pensiero [...].
Essere non significa esistere nel pensiero. Sotto
questo profilo la filosofia di Feuerbach è molto
piu chiara della filosofia di Josef Dietzgen.
« Dimostrare che qualcosa esiste — rileva
Feuerbach — significa dimostrare che esso non
esiste soltanto nel pensiero» [...] *.
* Werke, X, 187.
510
LENIN
[28-31] L’interpretazione materialistica del-
la storia ha avuto anzitutto un significata
metodologico . Di ciò si è reso perfet-
tamente conto Engels quando ha scritto: « A
noi occorrono non tanto i nudi risultati, quanto
lo studio (das Studium); i risultati sono niente,
se li si considera indipendentemente dallo svi-
luppo che ha condotto a essi » * [...].
In generale, uno dei piu grandi meriti di
Marx e di Engels dinanzi al materialismo con-
siste nel fatto ■che essi hanno elaborato un
metodo corretto. Concentrando i pro-
pri sforzi nella lotta contro relemento spe-
culativo della filosofia di Hegel, Feuer-
bach ne ha apprezzato e utilizzato scarsamente
relemento dialettico. Egli dice: « La
vera dialettica non è affatto un monologo del
pensatore con sé stesso; essa è un dialogo tra
Tio e il tu » **. Ma, anzitutto, la dialettica
non ha in Hegel il carattere di « un monologo
del pensatore con sé stesso e, inoltre, l’osser-
vazione di Feuerbach determina correttamen-
te il punto d’avvio della
filosofia , ma non il suo
metodo . Questa lacuna è stata colmata
da Marx e da Engels, i quali hanno capito che
sarebbe stato un errore, nel battersi contro la
filosofia speculativa di Hegel, ignorare la sua
dialettica [...].
Molti confondono la dialettica con la dot-
trina dello sviluppo, ed essa fe, in effetti, questa
dottrina. Ma la dialettica si differenzia sostan-
zialmente dalla « teoria » volgare dell’evoluzio-
z. a -■ I
ne, che è costruita per intero sul principio se-
condo cui la natura e la storia
non fanno salti , e tutte le
PLECHANOV
511
trasformazioni si compiono
nel mondo solo progressiva -
mente. Già Hegel ha mostrato che una
dottrina dello sviluppo cosi intesa è ridicola e
inconsistente [...].
[33] In generale, i diritti del pensiero
dialettico sono in lui * sanciti mediante
le proprietà dialettiche del-
l’essere. L'essere condiziona anche qui il
pensiero [...].
[39] Cosi, le proprietà dell'ambiente geo-
grafico condizionano lo sviluppo delle forze prò*
duttive; lo sviluppo delle forze produttive con-
diziona lo sviluppo dei rapporti economici e con
essi quello di tutti gli altri rapporti sociali [...].
[42] A ciascun grado di sviluppo delle
forze produttive corrisponde un determinato
carattere degli armamenti , d eli* a r t e
militare e, infine, del diritto inter-
nazionale, o, più esattamente, i n ter-
so c i a l e , cioè tra l’altro inferiti-
baie . Le tribù di cacciatori
non possono creare grandi organizzazioni poli-
tiche appunto perché il basso livello delle loro
forze produttive le costringe, se-
condo un’antica espressione, alla diaspora,
a sparpagliarsi in piccoli gruppi sociali, alla ri-
cerca dei mezzi di sussistenza [...].
[46-47] Secondo Marx, l’ambiente geografico
influisce sull’uomo attraverso la
mediazione dei rapporti di
produzione , che sorgono in
una data località sulla base
di determinate forze produt-
tive, che hanno come prima
condizione del loro sviluppo
* Cioè in Engels (n.d.t.).
512
LENIN
appunto le proprietà di que-
st’ambiente [...].
[65-66] Il carattere della « struttura eco-
nomica » e la direzione secondo la quale si mo-
difica questo carattere non dipendono dalla vo-
lontà degli uomini, ma dallo stato delle forze
produttive e dal tipo di modificazioni che si
determinano nei rapporti di produzione e diven-
gono necessarie per la società in virtù delPulte-
riore sviluppo di queste forze. Engels spiega la
cosa con le seguenti parole: « Gli uomini fanno
essi stessi la loro scoria, ma sinora l’hanno fatta
— persino all’interno delle singole società —
non in base a una volontà e secondo un piano
comune. Le loro aspirazioni si incrociano tra
loro, e appunto perciò in tutte queste società
impera la necessità, che ha nella
casualità la sua integrazione e forma este-
riore di manifestazione >►. La stessa attività uma-
na è qui determinata come un’attività non li-
bera, ma necessaria, cioè come
regolata da leggi, ossia come
suscettibile di diventare
oggetto di indagine s c i e n -
tifica . In tal modo, il materialismo sto-
rico, senza cessare di indicare che le circostanze
sono modificate dagli uomini, ci dà al tempo
stesso per la prima volta la possibilità di c o n -
si derare il processo di questa
modificazione dal punto di
vista della s c i e n z a . Ed ecco per-
ché noi abbiamo il pieno diritto di dire che
l’interpretazione materialistica della storia for-
nisce i necessari prolegomeni a ogni
teoria della società umana,
che voglia porsi come scien-
za [...].
[68] Nella società primitiva, che non co-
nosce la divisione in classi, l’attività produt-
tiva dell’uomo influisce immediatamente
sulla sua concezione del mondo e sul suo gu-
sto estetico [...].
PLECHANOV
513
[81-82] Se volessimo esprimere concisa-
mente la concezione di Marx e di Engels sul
rapporto tra la celebre « base » e la non meno
celebre «sovrastruttura »> otterrem-
mo quanto segue:
1. Lo stato delle forze pro-
duttive;
2. i rapporti economici da
esso condizionati;
3. il sistema sociale-p o l i t i c o,
sorto sulla « base » economica data;
4. la psicologia dell'uomo
sociale , determinata in parte diretta-
mente dall’economia e in parte da tutto il si-
stema sodale-politico sorto su di essa;
'5. le diverse ideologie , che
riflettono le proprietà di questa psicologia
[98] Prendiamo ad esempio rodierna que-
stione agraria. Al grande proprieta-
rio fondiario cadetto intelligente la
« alienazione coercitiva della terra » può sem-
brare più o meno — cioè in rapporto inversa-
mente proporzionale al T« equo compenso » —
una triste necessità storica. Ma al conta-
dino, che aspira a ottenere « un pezzo di
terra >►, sembrerà una necessità storica più o
meno triste solo questo « equo compenso
mentre IV alienazione coercitiva » gli sembrerà
immancabilmente come l'espressione della sua
libera volontà e come la garanzia più preziosa
della sua stessa libertà.
Nel dir questo tocchiamo, forse, il punto
più importante della teoria della libertà, un
punto non menzionato da Engels, beninteso,
solo perché esso riesce comprensibile senza
ulteriori dilud dazioni a chi abbia frequentato
la scuola di Hegel [...].
Feuerbach e Dietzgen, p. 24 14 °.
33-639
Vladimir Suljatikov
La giustificazione del capitalismo
neUa filosofia europea occidentale 141
Vladimir Suljatikov, Opravdanie kapìtaluma
v zapadnoevropejskoj filosofa. Ot Dekarta do
E. Macha, Moskva, 1908.
[5-10] Nei circoli intellettuali si è radicato
un atteggiamento tradizionale verso la filosofia
[...]. Le idee filosofiche vengono collegate nella
esposizione troppo poco e troppo debolmente
con un qualsiasi sostrato di classe [...].
Alla stessa concezione si attengono moltis-
simi marxisti. Essi sono persuasi che nelle file
dell’avanguardia proletaria sia ammissibile una
policroma varietà di concezioni filosofiche, che
non abbia alcuna importanza il fatto che gli
ideologi del proletariato professino il materia-
lismo o Tenergetismo, il neokantismo o il ma»
chismo [...].
Attenersi alla posizione esposta significa
cadere in un errore ingenuo e molto triste
Assolutamente tutte le formule e i termini filo-
sofici con cui essa* opera [...] | le 1 servono
per designare le classi, i gruppi, le cellule sociali
e i loro mutui rapporti. Quando esaminiamo il
sistema filosofico di questo o quel pensatore
borghese, abbiamo a che- fare con il quadro
deUa struttura classista della società, dipinto
con l’ausilio di segni convenzionali e riprodu-
cete la profession de foi sociale di un dato
gruppo borghese [...].
Cioè la filosofia (n.dJ.).
518
LENIN
sic!
!!
che assur-
dità!
Non si possono prendere questi quadri come
qualcosa che potrebbe essere utilizzato e accor-
dato con la concezione proletaria del mondo.
Questo significherebbe cadere nell'opportuni-
smo, tentare di conciliare l'inconciliabile
II primo, brillante tentativo di una s imil e
rivalutazione si è avuto alcuni anni fa. L'articolo
del compagno A. Bogdanov, Il pensiero auto-
ritario *, schiude senza dubbio una nuova èra
nella storia della filosofia: dopo la comparsa di
quest’articolo, la filosofia speculativa ha perduto
il diritto di operare con i suoi due concetti fon-
damentali di « spirito » e « corpo è stato
accertato che questi concetti sono sorti sul fon-
damento dei rapporti autoritari e dell'antitesi
tra i « vertici » che organizzano e la « base »
che esegue. Con mirabile coerenza la critica
borghese ha passato sotto silenzio il lavoro di
questo marxista russo [...].
In queste condizioni, l 'analisi sociale gene-
tica dei concetti e sistemi filosofici non è solo
auspicabile, ma addirittura necessaria. È uno
dei compiti tra i più difficili e complessi [...].
I sistemi oggi di moda, come, per esempio,
il neokantismo o il machismo [...].
Il presente schizzo non è destinato a una
cerchia limitata di specialisti Per la filo-
sofia rivela interesse il demos [...]. La nostra
esposizione avrà un carattere alquanto demen-
tare [...]. Il punto di vista da noi sostenuto
[...] potrà essere piu agevolmente assimilato,
se verrà illustrato con un materiale non in-
gombrante, ma sobriamente selezionato [...].
Pubblicato nella sua raccolta di articoli: DdU psicologia delta società.
SULJÀTIKOV
519
I. Gli « elementi » organizzatori e organizzati
[11-14] Si manifestò la disuguaglianza eco-
nomica: gli organizzatori si vennero pian piano
trasformando in proprietari degli strumenti di
produzione *, che appartenevano in precedenza
alla società [...].
I rapporti di produzione della società
« autoritaria » | [...]. Il || selvaggio |[ primi-
tivo comincia a intravedere dappertutto il ma-
nifestarsi di una volontà organizzativa. « [...]
L'esecutore è accessibile ai sensi, è un organi-
smo fisiologico, un corpo; Torganizzatore è a
essi inaccessibile, è presupposto airinterno del
corpo, è una persona spirituale »
LiZJ
sono palesi
assurdità!!
< pubblici-
stica e frasi
vuote
È molto «generico»!!
Frasi. Il selvaggio e il
comuniSmo primitivo so-
no resi indeterminati.
Cosi anche il materiali-
smo e Tidealismo in
Grecia.
Il concetto di spirito assume un carattere
sempre piu astratto. ^
Quando nella storia della filosofia greca è l’idealismo!
stata posta la ben nota domanda: com'è possi-
bile che dalla sostanza pura, immutabile e im-
materiale scaturisca la molteplicità dei fenomeni
mutevoli del mondo materiale? in che rapporto
* In questo ci discostiamo alquanto dalPinterpretazione proposta dal com-
pagno Bogdanov: egli non attribuisce a questuiti ma circostanza il significato
che essa ha senza dubbio avuto. Anzi, il compagno Bogdanov neanche la men-
ziona. Di tale questione ci è occorso di parlare in altra sede: Dalla storia e
dalla pratica della lòtta di classe (nei capitoli dedicati alla genesi delle datti
dominanti), ed. S. Dorovatskij e A. CaruSnikov.
520
LENIN
COSI, COSÌ. £ il
materialismo
greco?
e gli scettici??
sta r« essere » con il « divenire »? ’ — questo
non è stato, a dispetto delle assicurazioni di
tutti i possibili storiografi della filosofia,
lo slancio piu sublime del nobile pensiero
umano, lo sforzo piu disinteressato vólto a di-
svelare il grande mistero dell’universo e a
rendere cosi felice in eterno il genere umano.
Le cose sono andate molto piu semplicemente!
Quest’impostazione del problema rivela soltan-
to che nelle città greche il processo di stratifi-
cazione sociale si era sviluppato a tal punto che
l’abisso tra i « vertici » e la « base » de lla
società era diventato piu profondo, e la vecchia
ideologia degli organizzatori, che corrispondeva
a rapporti sociali meno differenziati, aveva per-
duto il diritto di esistere. In passato, non ostan-
te la differenza profonda tra la sostanza e il
mondo dei fenomeni, la loro connessione imme-
diata non suscitava dubbi. Adesso invece veniva
negata la presenza di questa connessione. La so-
stanza e il mondo dei fenomeni sono cosi
dichiarati grandezze incommensurabili. La loro
correlazione è ritenuta possibile solo attraverso
una serie di anelli intermedi. O, per esprimersi
in un linguaggio piu filosofico, noi non pos-
siamo determinare la loro connessione reciproca
né con i sensi né con il pensiero corrente: si
richiede, per questo, la cooperazione di una
qualche « idea » particolare, di una particolare
intuizione.
IL Gli « elementi » organizzatori e organiz-
zati nel periodo della produzione manifatturiera
[15-17] Lo stesso problema, il problema
dell’incommensurabilità tra il « principio » spi-
rituale e quello materiale, dell’assenza di una
ÌULJÀTIKOV
521
connessione immediata tra i due, è stato formu-
lato e risolto dai fondatori della filosofia
moderna [...].
Delle simpatie spiritualistiche del Rinasci-
mento e delle epoche successive si parla per
solito di sfuggita, ma esse sono molto caratte-
ristiche * [...].
L'artigiano medievale, pur essendo un or-
ganizza tor e, svolgeva al tempo stesso funzioni
esecutive: lavorava insieme con i suoi apprendi-
sti. Il manifatturiere borghese conosce funzioni
di un solo tipo, è un organizzatore puro. Nel pri-
mo caso il terreno per il modo dualistico « di
rappresentare i fatti », che è stato chiarito dal
compagno A. Bogdanov, è, in realtà, dato, ma
tuttavia l’antitesi tra organizzatore ed esecu-
tore è alquanto attenuata, e quindi l’antitesi tra
il principio spirituale e quello corporeo, tra l’at-
tivo e il passivo, antitesi che corrisponde alla
prima, nel campo dell’ideologia, non poteva
calarsi in una forma netta [...].
Nella bottega dell’artigiano medievale non
c’era posto per i rappresentanti del cosiddetto
lavoro non qualificato. Nella manifattura invece
questo lavoro trova applicazione. I lavoratori
non qualificati costituiscono lo « strato piu bas-
so ». Su di essi si dispongono gli altri strati, gli
altri gruppi operai, che si differenziano tra loro
per il grado di qualificazione. Già in questo
ambiente si costituiscono alcuni
gruppi di organizzatori. Proceden-
do più oltre, lungo questa scala,
vediamo il gruppo dei dirigenti
tecnici dell’impresa e quello degli amministra-
tori. Il proprietario dell’impresa viene cosi
fra-
se
vuo-
ta
che assur-
dità!
per es., i qualifi-
cati e i loro
apprendisti
p. 19
ma secondo
uno spirito
diverso dal tuo
* Ricordiamo che Marx, nel primo fibra del Capi-
tale 142 , c K. Kautsky mettono in risalto la dipendenza
delle astratte concezioni religiose dallo sviluppo della
produzione mercantile.
522
LENIN
X X
chi? cfr. p. 17
assurdità!
« esentato » non solo da ogni lavoro fisico, ma
anche da molte incombenze puramente orga-
nizzative [...].
[19] In opposizione ai pensatori medievali,
i « padri » dèlia filosofia moderna riservano
nei loro sistemi moltissima attenzione al mondo
dei fenomeni transitori, ne studiano minuzio-
samente la struttura, lo sviluppo, le leggi della
correlazione tra le sue parti, e creano una filo-
sofia della natura. La stessa « elevata » posizio-
ne dei dirigenti delle manifatture, che ha sug-
gerito ai padri della filosofia moderna l’idea
« pura » della volontà organizzativa, ha ispirato
loro, in ugual modo, la spiegazione meccanici-
stica dei processi della realtà materiale, ossia dei
processi che si svolgono nell’ambiente della mas-
sa organizzata.
Il fatto è che il dirigente della manifattura
è solo l’ultimo anello di una catena abbastanza
lunga di anelli organizzativi. Rispetto a lui
gli altri organizzatori sono subordinati e, a
loro volta, gli si contrappongono, come orga-
nizzati [...]. Ma, in quanto la loro funzione è
distinta dalla funzione del massimo dirigente,
in quanto essa si riduce alla partecipazione a
quel lavoro tecnico da cui 0 massimo dirigente
« è stato esentato », 0 carattere « spirituale »
di questi organizzatori si attenua, e la loro atti-
vità viene valutata come attività della « mate -
ria »
[21-24] Il sistema borghese è in generale
un Giano bifronte [...], In verità, una formula-
zione conseguente del dualismo la rinveniamo
soltanto nel cartesianesimo, cioè in un sistema
creato proprio agli albori della nuova èra eco-
SULJATIKOV
523
nomica; in verità, i sistemi filosofici successivi,
a cominciare da quello spinozian o, dichiarano
contraddittoria l’opposizione cartesiana tra Dio
e il mondo, tra lo spirito e il corpo. \ ...] E i
sistemi materialistici e positivistici della filosofia
borghese non sono, a loro volta, una testi mo-
nianza del trionfo sul punto di vista dualistico.
La differenza tra la metafisica borghese e la bor-
ghese « concezione positivistica del mondo »
non è poi cosi grande come si potrebbe credere
al primo sguardo. [...] L’attacco da parte del
materialismo non è rivolto contro il presuppo-
sto fondamentale formulato dalla metafisica: il
concetto di una volontà organizzatrice non è
cancellato dal materialismo. Esso si presenta con
altre denominazioni: lo « spirito » viene, ad
esempio, sostituito dalla «forza»
Nel secolo XVII, al tempo del suo Sturm-
und-Drang, la borghesia inglese predicava una
dottrina, secondo cui tutto nel mondo deve spie-
garsi come un movimento di particelle materiali,
chè si svolge con meccanica necessità. La bor-
ghesia inglese ha posto allora le fondamenta
della grande azienda capitalistica [...]. Tutto 11
mondo viene raffigurato come un Organizzazione
di particelle materiali, congiunte insieme secon-
do leggi immanenti [...].
Con analoghi trattati ha inondato il mercato
librario la borghesia francese nella seconda metà
del secolo XVIII. [...] Ma noi già sappiamo che
cosa sia la struttura interna delle imprese: è il
regno della materia e dei processi meccanici.
Di qui la generalizzazione: Tuomo è una mac-
china, la natura è una macchina [...].
NB
In questa volga-
rizzazione della
storia della filoso-
fia si dimentica
del tutto la lotta
della borghesia
contro il feudale-
simo.
non
di qui
524
LENIN
#
#E la loro lotta
contro il pretu-
me? Suljatikov
falsifica la sto-
ria!
Il movimento della materia è condizionato
dalla materia stessa, o, piu esattamente, dalla
sua propria forza (Holbach) . Come si vede,
la volontà organizzatrice si è trasformata di
nuovo e sensibilmente, ma la sua presenza è
constatata e ritenuta assolutamente necessa-
ria [...].
I manifatturieri { non | hanno operato come
« Stiirmer-und-Dranger » rivoluzionari
III. Il cartesianesimo
NB
è un’assurdità!
proleta-
riato —
materia
assurdità
[25-29] Gli organizzati hanno bisogno di
un organizzatore [...].
Gli anelli organizzativi intermedi — le
« anime individuali » — possono svolgere la
loro funzione organizzativa solo in presenza
di un centro organizzativo supremo. Solo que-
st’ultimo può metterli in contatto con il proleta-
riato — con la « materia » — nelFàmbito di
un tutto organizzato, cioè della manifattura T--.]*
Il concetto cartesiano dell’uomo non è altro
che un’ulteriore estensione di una determinata
forma di pensiero, di un « determinato modo
di rappresentare i fatti, di un determinato tipo
di unione di questi fatti nella psiche ». Abbia-
mo già visto che nel sistema di Descartes il
mondo è organizzato secondo il tipo dell’im-
presa manifatturiera [...]*
Abbiamo qui il culto del lavoro intellet-
tuale
SULJATIKOV
525
10 sono un organizzatore e, in quanto tale,
posso esistere soltanto se svolgo funzioni orga-
nizzative, e non esecutive: ecco che cosa significa
la nota tesi cartesiana, quando sia tradotta nel
linguaggio dei rapporti di classe [...].
L’opinione corrente, ingenua, rappresenta il
mondo esterno cosi come esso si delinea attra-
verso il prisma dei sensi [...].
11 concetto di operaio solo come di un
sellaio o di un tappezziere cede il posto al
concetto di operaio in generale. Il mestiere non
costituisce piu IV essenza » della forza-lavo-
ro [...].
[31-33] Il tempo, chiarisce Descartes, non
può essere considerato una proprietà della
materia: esso è un « modus del pensiero », un
concetto di genere, creato dal pensiero
Da ora in avanti la filosofia è una fedele
ancella del capitale. [...] La revisione dei valori
filosofici è stata determinata dagli spostamenti
prodottisi nei vertici degli organizzatori e nella
base degli organizzati. Nuovi organizzatori,
nuovi organizzati: nuovi concetti di Dio e del-
l’anima, nuovi concetti della materia [...].
IV. Spinoza
[37] Ogni rapporto tra t'anima e il corpo si
istituisce soltanto attraverso Dio. Ogni rapporto
tra gli anelli organizzativi intermedi e la massa
organizzata si istituisce soltanto con la sanzione
del supremo organizzatore! [...]
X X
le « idee »
I Platone?
526
LENIN
puerilità
Il movimento della materia e Cattività del-
T anima sono solo due aspetti di uno stesso pro-
cesso . Non si può parlare di alcuna interazione
tra l’anima e la materia.
[41-42] L’esperienza, la percezione sensibile
è per lui * la condizione immancabile della co-
noscenza delle cose
Ma [...] quando Spinoza muore, allora, come
è risaputo, dietro il carro funebre, che reca le
sue spoglie, procede con grande pompa la fine
fleur della borghesia olandese- Se però si esa-
mina piu da vicino la cerchia degli amici e cor-
rispondenti di Spinoza, ci si imbatte di nuovo
nella fine fleur della borghesia, non solo olan-
dese, ma mondiale [...]. La borghesia ha ono-
rato Spinoza come il suo bardo.
La concezione spinoziana del mondo è il
canto del capitale trionfante, di un capitale che
tutto divora e centralizza- Al di fuori dell'unica
sostanza non c’è essere, non ci sono cose: al di
fuori della grande impresa manifatturiera non
possono esistere produttori [...].
frase
vuota
V. Leibniz
[45] Il Dio di Leibniz è il proprietario di
un’impresa modello e Porganizzatotc pili eccel-
lente [...].
VI. Berkeley
[51] Al periodo dello Sturm-und-Drang del-
la borghesia capitalistica inglese è corrisposto
* Goè per Spinoza (n.d.t.).
SULJATIKOV
527
il materialismo di Hobbes. Il terreno per la
manifattura è ormai sgombro, per i manifattu-
rieri vengono tempi più tranquilli: il materia-
lismo di Hobbes è sostituito dal sistema incoe-
rente di Locke. L'ulteriore rafforzamento della
posizione della manifattura crea la possibilità
che si manifestino tendenze antimaterialistiche.
[56] « L'attrazione e la repulsione degli
operai deve prodursi senza alcun ostacolo *:
nei complessi di sensazioni non vi sono elementi
assoluti. Tutto è relativo.
1)
2 )
che spiegazione!
Materialismo pri-
mitivo à la Loria
3)
e il relativismo
presso i greci?
VII. Hume
[61] La sua * affinità con tutti i pensatori
esaminati nei precedenti capitoli è incontesta-
bile [...].
La posizione dello scetticismo filosofico , po-
sizione a cui aderisce Hume, corrisponde pro-
prio a un’analoga rappresentazione dell’organi-
smo capitalistico.
vuoto e
inesatto
#
#D’ogni erba fa-
scio! Idealismo
e scetticismo,
tutto «corri-
sponde» alla
manifattura! £
semplice, trop-
po semplice,
compagno 5u-
ljatikov!
* Ossia di Hume
528
LENIN
? e Fichte? | |
Fichte? X
assurdità
e il concetto di
« movimento »?
che assurdità!
Fichte: un
idealista
oggettivo!!!
V
o
A
IX. Fichte, Schelling, Hegel
[81] Nascono i sistemi del cosiddetto idea-
lismo oggettivo [...].
[88] Gli idealisti oggettivi [...].
[94] Ma noi sappiamo che in tutti i sistemi
della concezione borghese del mondo la « ma-
teria » viene considerata come un elemento su-
bordinato (persino tra i materialisti, che, lo
ripetiamo, sottolineano la posizione subalterna
della materia, introducendo il concetto di « for-
za ») [...].
[98-99] Dal- metodo antitetico di Fichte e
dalla dottrina schellinghiana del potenziamento
alla dialettica di Hegel c'è solo un passo. E a
proposito di questa dialettica, dopo quanto si
è già detto sul metodo antitetico nel presente
capitolo, ci resta solo da fare alcune considera-
zioni integrative. Abbiamo già chiarito il « so-
strato reale » della dialettica,
Hegel ha solo dato un fondamento piu
completo alla teoria dello sviluppo mediante gli
« opposti », teoria già delineata dagli altri due
idealisti oggettivi [...].
L’innovazione apportata da Hegel sottoli-
nea il seguente fatto desunto dal campo dei
« rapporti reali ». La differenziazione di fun-
zioni e mansioni nella manifattura raggiunge il
suo culmine. Si compie una | stratificazione |
in ogni singolo gruppo di esecutori e in ogni
singolo gruppo di organizzatori. Le funzioni
appartenenti a ciascun gruppo determinato ven-
gono distribuite tra gruppi diversi, di nuova co-
stituzione. Ogni gruppo si frantuma e ne gene-
SUJLJÀTIKOV
529
ra di nuovi. E l’ideologo dei manifatturieri con-
sidera questo processo di frantumazione come
un processo di sviluppo interno di questo o
quella elemento » [...]. ( che assurdità!
X. La rinascita della filosofia « manifatturiera »
[100-102] La filosofia speculativa perde ere-
dito nella società borghese. In verità, questo
non accade di colpo. Ma neanche la macchina
ha conquistato di colpo il territorio dell’indu-
stria [...].
Come si spiega il carattere positivo dei nuovi
sistemi ideologici? Con la semplice legge dei
contrasti, con la | semplice
tendenza « a
fare l’inverso » di ciò che è stato il « simbolo
di fede » del giorno prima? [...]
I complessi « individualizzati * — Ivan,
Pétr, Jakov — scompaiono. Al loro posto su-
bentra nelle officine l’operaio in generale. Alla
« materia » vengono restituite le « qualità » che
le erano state espropriate [,..].
La materia viene riabilitata. La società bor-
ghese introduce il culto di un nuovo idolo:
l'« ambiente » [...]. In verità, neanche in questo
caso si perde mai di vista che la materia è pur
sempre materia, cioè massa organizzata, e, come
tale, non può esistere senza il « dirigente ».
Cosi, presso la materia viene comandata, in
qualità di specialista per le questioni organiz-
zati ve, la « forza ». Si scrivono trattati su
« Stoff und Kraft » ( « materia e forza » ) [...].
che assurdità!
V
o
A
X
che assurdità!
X
34-639
530
LENIN
che assurdità!
0
[104] Il paragone tra la moderna organiz-
zazione delle fabbriche e la struttura interna
della manifattura impone già a priori la rispo-
sta : la nuova variante della concezione bor-
ghese del mondo deve riprodurre i tratti essen-
ziali della concezione del mondo dell'epoca del-
la manifattura [...].
[106] Il neokantismo è sostituito da una
« svolta » verso i sistemi del pensiero « pre-
kantiano ».
XI. W. Wundt
NB
assurdità
[108] « [...] l'oggetto non può essere mai
separato dalla rappresentazione e ia rappresen-
tazione dall'oggetto [...] »
[113-114] I ragionamenti riportati già* ca-
ratterizzano con sufficiente chiarezza Wundt
come un filosofo che si è prefisso di lottare
contro il materialismo, o, per usare un’espres-
sione di moda, per la « Oberwindung des Ma-
terialismus », per il « superamento del materia-
lismo », e che tuttavia non si è proclamato
seguace di quella scuola che viene considerata
Tawersaria tradizionale del materialismo [...].
Y Nel campo della filosofia, di una siffatta equi-
O parazione tra gli anelli organizzativi intermedi
e i rappresentanti del lavoro « fisico », gli « titeri-
yy li esecutori», parla appunto la tendenza a ca-
ratterizzare « soggetto » e « oggetto », « psichi-
co » e « fisico », come qualcosa che costituisce
un tutto « indiviso », la tendenza a ridurre la
antitesi tra i fenomeni indicati a una finzione
conoscitiva. La dottrina di Àvenarius sulla ajor-
dinazione fondamentale, la dottrina di Èmst
SULJÀTIKOV
531
Mach sulla correlazione tra fisico e psichico, la
dottrina di Wundt sulle rappresentazioni-og-
getti sono tutte dottrine dello stesso ordine
[116] Sinora alle concezioni monistiche
di Wundt non si è potuta non riconoscere una
certa coerenza. Analogamente, non si può so-
spettarlo di simpatie idealistiche [...].
[118J Proprio un salto di questo tipo com-
pie Wundt, nel formulare sulle tracce della dot-
trina delle « rappresentazioni-oggetti » i . suoi
ragionamenti sopra il « parallelismo psicofi-
sico » [.♦.].
[1211 Gli « attributi » si trasformano in
« serie », ma questa riforma ha in sostanza un
carattere verbale [...].
[123-124] Al , principio spirituale viene ri-
conosciuto il primato [...].
Tutto il corporeo ha necessariamente un suo
correlato psichico. Nessun operaio, per sempli-
ce che sia la funzione da lui svolta, pùò prò-,
durrè oggetti, può applicare la sua forza-lavoro,
piiò esistere, ove non si trovi sotto la « dire-
zione » immediata e minuziosa di un determi-
nato organizzatore [...].
Ma la serie psichica sono gli « organizza-
tori », e la «presenza» di questi ultimi non
significa altro che soggezione per la « serie fi-
sica », per gli operai [.,.].
[128-131] Cosi, secondo Wundt, la filosofia
deve varcare i confini dell’esperienza, « integra-
re » l'esperienza. L'analisi filosofica deve essere
proseguita sin quando rinveniamo l’idea del-
Yunità, che abbraccia entrambe le serie tra loro
è vero, ma non
in questa enun-
ciazione
ah! ah!
eclettico
è falso
X è vero
34 *
532
LENIN
X
X
assurdità!
c Schopenhauer?
indipendenti. Enunciata una tale opinione,
Wundt si affretta a formulare una riserva per
lui importante: egli dichiara che Punita del
mondo può essere da noi pensata o come unità
materiale o come unità spirituale: non c’è una
terza soluzione del problema [...].
Wundt si rifiuta di chiamare sostanza la sua
idea dell’unità del mondo. Egli la determina
come idea della ragione pura, cioè in senso
kantiano. Come il Dio kantiano è l’idea di un
principio superiore, « regolativo », non sostan-
ziale, cosi anche P onniunità wundtiana è Pidea
di un tutto non sostanziale, in virtù del quale
tutti i fenomeni ricevono un senso vitale, un
valore irrefutabile. Alla luce di Tjuest’idea sva-
nisce la « vuota e sconsolata » concezione del
mondo, che ravvisa la vera essenza dei fenomeni
nel loro esteriore disordine, nella loro connes-
sione meccanica. Al suo posto noi ci appropria-
mo una concezione del meccanismo cos mico
come di un involucro esterno dell’attività e della
creazione spirituale [.,.]«
Inoltre, Wundt sottolinea con vigore l’ele-
mento dell’ attualità. L’idea dell’unità universale,
Pidea del « fondamento del mondo » si riduce
in lui all’idea della volontà universale
Ci permettiamo di non addentrarci nell’esa-
me delle formulazioni da lui proposte, non illu-
streremo la sua teoria del « volontarismo » [...].
Pertanto gli ideologi dell’attuale avanguar-
dia della borghesia capitalistica non possono
parlare di elementi organizzati « costanti », ma
devono invece caratterizzare tali elementi come
un che di sommamente mutevole, come qual-
cosa che si trova in uno stato di perenne mo-
vimento [...].
SULTÀTIKOV
533
XII . L'empiriocriticismo
[133-142] La critica di Wundt non ha avu-
to alcuna forza demolitrice, ha tirato contro
un obiettivo immaginario. L'attacco di Wundt
e la successiva risposta da parte della scuola
di Avenarius * non hanno significato uno scon-
tro tra concezioni del mondo appartenenti a due
classi diverse o a due diversi grossi raggruppa-
menti di una stessa classe. Il sostrato econo-
mico-sociale di questa contesa filosòfica è con-
sistito, nella fattispecie, nella differenza rela-
tivamente insignificante tra i tipi piu avanzati
e quelli meno avanzati delle moderne organiz-
zazioni capitalistiche
Dobbiamo dire di più: la filosofia empi-
riocriticistica è da intendere, anzitutto , come
apologia dell'idea indicata. Il concetto di dipen-
denza funzionale è la negazione della dipen-
denza causale [...].
La conclusione di Hòffding deve essere con-
siderata, in generale, giusta. Infelice è soltanto
il suo rimando ai « motivi della finalità »: que-
sti motivi sono nebulosi e indeterminati.
Nel caso concreto Avenarius ha fatto solo
una concessione alla terminologia materialistica,
una concessione condizionata dalla sua posizio-
ne sociale Rispetto allo spiritualismo vol-
gare, le vedute dei « parallela ti » potrebbero
sembrare a molti materialistiche. Lo stesso val-
Poi Willy, Petzoldt
(due volte), Klein- * Il primo a rispondere è
peter
V inesatto
è vero!
vero
è cosi
davvero??
Naturalmente, ma
da ciò non conse-
gue che la funzio-
nalità non possa
essere una specie
della causalità.
davvero?
stato Carstanjen ,43 .
534
LENIN
uhm?
falso!
perché?
questo non
capito tu!
ahi!
ga per le vedute dell'empiriocriticismo. La pos-
sibilità di ravvicinare queste posizioni con il
materialismo è particolarmente grande [...]. E
tra i larghi strati del pubblico che legge, a pro-
posito deH’empiriocriticismo, si è radicata Topi-
mone che si tratti di una scuola materialistica.
Di piu, persino i filosofi-specialisti valutano er-
roneamente questa tendenza: il patriarca stesso
della filosofia contemporanea, Wilhelm Wundt,
le ha dato il nome di « materialismo ». La cosa
infine piu interessante è che gli empiriocriti-
cisti, pur prendendo le distanze dal materiali-
smo, al tempo stesso si servono talora della
sua terminologia, e talvolta cominciano addirit-
tura a vacillare nelle loro posizioni antiraateria-
listiche [...].
Ecco il sostrato reale che ha suggerito all’em-
piriocriticismo l’idea di classificare la conoscenza
umana fondandosi sul principio della classifi-
cazione « biologica ». Ma, lo ri p etiamo, con il
materialismo questa « biologia » non ha niente
in comune [...].
Il dualismo, insegna Avenarius, è frutto di
un determinato processo del nostro pensiero
astraente, dell’« introiezione » [...].
Ma l’antitesi tra mondo « esterno » e « in-
terno » è una purissima finzione.
L’analisi di quest’antitesi è eccezionalmente
importante, in quanto deve condurre a fondare
la concezione monistica del mondo. I commen-
tatori del sistema filosofico di Avenarius sotto-
lineano con forza tale circostanza. « Mediante
la scoperta dell’inaccessibilità dell’introiezione
— dichiara uno di loro * — si raggiungono
due scopi »
* Rudolf W1 assale: citato da Mach in AnaJyse der Empfindungen , p. 52.
SULJATIKOV
535
L'organizzatore subordinato, quando ci si
ponga dal suo punto di vista « assoluto », ossia
quando lo si consideri come un organizzatore
indipendente dalla « volontà » che lo dirige, ha
dinanzi a sé, negli operai, soltanto una « cosa »,
o un « corpo ». Ma si prenda un secondo caso:
l'organizzatore subordinato è per la « volontà »
suprema non solo un organizzato, ma anche un
organizzatore L'ex «oggetto», convertito
ora in « soggetto », « organizza » la materia:
l'uomo contiene in sé l'albero, ma un albero
trasformato, la « rappresentazione » di un al-
bero ^
La « pienezza dell'esperienza umana » è di-
mostrata anche dalla dottrina di Avenarius sul-
la coordinazione fondamentale
In Avenarius, come anche in Wundt, le
« serie » risultano, in sostanza, « incommensu-
rabili ». E, in luogo della concezione materia-
listica del mondo, che ci si dovrebbe aspettare,
tenuto conto delle categoriche affermazioni cir-
ca la « pienezza dell'esperienza », sulla scena
avanzano concezioni, le quali attestano le sim-
patie idealistiche dell'empiriocriticismo
Tuttavia nelle loro costruzioni idealistiche
Wundt e Avenarius prendono strade diverse.
L'autore del Sistema della filosofia rivela una
certa propensione per i motivi kantiani. L'autore
del Concetto umano del mondo enuncia opinioni
che lo ravvicinano alla posizione occupata un
tempo da Berkeley.
Affrettiamoci però a formulare una riserva.
Non abbiamo alcuna intenzione di asserire che
le opere del vescovo di Cloyne abbiano deter-
minato il punto di vista di Avenarius, che esse
abbiano esercitato un influsso diretto su que-
st'ultimo. Tuttavia, l'affinità tra le posizioni
idealistiche dei due filosofi è incontestabile. DÌ
quest'affinità parla la dottrina già menzionata
ahi, è sospetto!
Spiegazioni trivia-
li senza analisi
dell'essenza!
vero!
vero!
536
LENIN
Qui, in Suljati-
kov, c'è un
malinteso.
bien!
uhm? uhm?
malin-
teso
NB
della coordinazione fondamentale , presa nel suo
complesso.
Con la stessa linearità di Berkeley Avena-
rius enuncia la tesi secondo cui fuori del sog-
getto non vi sono oggetti. Ogni « cosa » deve
immancabilmente « rapportarsi » al sistema ner-
voso centrale, che adempie Pufficio di un centro
funzionale f—]*
[144-149] Un « dirigente » supremo non
figura né sotto la forma delPidea kantiana di
ragione, ossia della « forma » kantiana, né in
quella delT« unità universale » wundtiana. Ma
egli tuttavia esiste ed è anzi Pelemento princi-
pale del sistema filosofico. Tutti i fenomeni
vengono appunto riguardati dal suo punto dì
vista. La sua presenza « invisibile » viene postu-
lata attraverso un altissimo giudizio sull'elemen-
to organizzatore, formulato insieme con la rap-
presentazione degli organizzatori organizzati. In
questo quadro generale del mondo, cosi come
risulta dai ragionamenti filosofici di Avenarius,
in primo piano emerge proprio il carattere orga-
nizzativo dei fattori che organizzano [...].
Il mondo appare in Avenarius come un ag-
glomerato del sistema nervoso centrale. La
« materia » è assolutamente priva di tutte le
« qualità », tanto « primarie » quanto « secon-
darie », che erano un tempo considerate un at-
tributo inseparabile della materia. Assolutamen-
te tutto viene determinato nella materia dallo
« spirito », o, secondo la terminologia dell'auto-
re della Critica dell 1 esperienza pura, dal sistema
nervoso centrale [...].
Il punto di vista dell'idealismo, nello stile
di Berkeley, viene svolto dall’autore della Cri-
tica dell'esperienza pura con grande coeren-
za [...].
SULJATIKOV
537
La dottrina di Mach dell’*: io » come sim-
bolo logico [...].
Come Avenarius, Mach conosce due « se-
rie »: psichica e fisica (due sp ecie di combina-
zione degli elementi) . Come in Avenarius, que-
ste serie sono incommensurabili e al tempo
stesso non sono altro che una finzione del
nostro pensiero. Di volta in volta viene proposta
la posizione monistica oppure quella dualistica:
di volta in volta gli anelli organizzativi inter-
medi sono caratterizzati come Pelemento orga-
nizzato oppure come relemento organizzatore,
E, da ultimo, come in Avenarius, viene in Mach
proclamata la dittatura della « volontà organiz-
zatrice ». Si delinea un quadro idealistico del
mondo: il mondo è un complesso di « sensa-
zioni ».
L’obiezione di Mach non può esser detta
efficace. Il concetto centrale del suo sistema
filosofico, la famigerata « sensazione », non è
affatto la negazione non solo deirelemento orga-
nizzatore, ma nemmeno del supremo elemento
organizzatore La critica della rappresen-
tazione dell’* io » è imposta a Mach dalla conce-
zione degli organizzatori subordinati come
« massa » organizzata [...].
malinteso
ahi!
malinteso
assurdità!
«
Insieme con le costruzioni speculative di
Wundt, Avenarius, Mach avremmo potuto ana-
lizzare, per esempio, le opinioni di alcuni illustri
rappresentanti della filosofia europea occidentale
contemporanea come Renouvier, Bradley o
Bergson [...]. NB
Il campo filosofico è un’autentica « Basti-
glia » delTideologia borghese [...]. Occorre te- ^
538
LENIN
ner presente che, per parte loro, gli ideologi
borghesi non dormono e consolidano le proprie
posizioni. Essi si stanno oggi persuadendo sem-
pre più che la loro posizione è assolutamente
inespugnabile. Le simpatie « idealistiche » di
alcuni pubblicisti, che militano sotto la bandiera
del marxismo, creano, a loro volta, un terreno
favorevole al radicarsi di tale persuasione [...].
Indice
manca | XI. Wundt . | Ostwald |
107
Tutto il libro è un esempio di smisurata
volgarizzazione del materialismo. Invece di una
analisi concreta dei periodi, delle formazioni,
delle ideologie vuote frasi sugli « organizzato-
ri » e comparazioni ridicolmente forzate e as-
surdamente sbagliate.
Una caricatura del materialismo nella storia.
Ed è un peccato, perché vi è un’aspirazione
al materialismo.
Abel Rey
La filosofia moderna 144
Abel Rey, La philosophie moderne , Paris,
1908.
Prefazione
[6-7] La scienza, creazione dell’intelligenza
e della ragione, serve soltanto ad assicurare il
nostro potere effettivo sulla natura. Essa ci
insegna soltanto a far uso delle cose, ma non ci
dice niente della loro essenza [...].
Pertanto, in questo studio, ho dovuto op-
porre essenzialmente il punto di vista positivo,
«scientistico», e il punto di vista «pragmatico».
Ho cercato, nei limiti del possibile, di essere
imparziale [...].
I. Il centro attuale delle discussioni filosofiche
§ 5. L'antinomia fondamentale del pensiero
filosofico attuale
[28-29] Quali sono, data Timpostazione at-
tuale del problema filosofico generale, le alter-
native possibili? Non ve ne può essere che una,
giacché si tratta di mantenere nella piu stretta
unità possibile la scienza e Inattività pratica,
senza sacrificare l’una all’altra, senza contrap-
porle tra loro. O l’attività pratica sarà la con-
seguenza della scienza, o, invece, la scienza sarà
542
LENIN
NB
NB
la conseguenza dell’attività pratica [A.].' 'Nel-
l’un caso abbiamo i sistemi razionalistici, intel-
lettualistici e positivistici: il dogmatismo della
scienza. Nell’altro caso abbiamo i sistemi del
pragmatismo, del fideismo, o dell’intuizione at-
tiva (come quello di Bergson): il dogmatismo
dell’atto. Per i primi si tratta di sapere per
agire: la conoscenza genera l’azione. Per i se-
condi il sapere consegue alle necessità dell’azio-
ne: l’azione genera la conoscenza.
E non si creda che questi ultimi restaurino
il disprezzo per la scienza e la filosofia dell’igno-
ranza. Essi fanno infatti derivare la scienza dal-
la pratica solo dopo un’indagine seria, sulla
base di un’erudizione scientifica spesso eccel-
lente, di una riflessione critica profonda sulla
scienza, e persino dopo aver intensamente «t me-
ditato questa scienza », secondo un’espressione
cara ad alcuni di questi filosofi. Se cosi facendo
essi infirmano la scienza, lo fanno solo indi-
rettamente, perché molti credono, invece, di
attribuirle tutto il suo valore [...]. : 1
§ 6. Uinteresse delle discussioni filosofiche \ cori*-
temporanee
’ \ - / ! \
[33-35] Ammettiamo in realtà, per un istan-
te, che la tesi pragmatica sia esatta e che la
scienza altro non sia che un’attività speciale* una
tecnica appropriata a certi bisogni. Che cosa
ne risulta?
Anzitutto, la verità non è altro che una pas-
toia. Un’affermazione vera è soltanto la ricetta
di un artificio che avrà successo. E, in quanto
esistono vari artifici che possono assicurarci il
ABEL REY
54 }
successo in presella delle stesse circostanze, in
quanto si dànno, a seconda degli individui, bi-
sogni molto diversi, noi dovremo adottare l’afo-
risma pragmatico: tutte le proposizioni, tutti
i ragionamenti che ci conducono agli stessi risul-
tati pratici saranno equivalenti e ugualmente
veri, e tutti quelli che condurranno a risultati
pratici saranno legittimi in ugual misura. Da
questo nuovo significato del termine verità ri-
sulta che le nostre scienze sono costruzioni
contingenti e fortuite, che esse potrebbero es-
sere tutt’altra cosa da quel che sono ed essere
altrettanto vere, cioè altrettanto efficaci, come
mezzi di azione.
Il fallimento della scienza come forma reale
di sapere, come potere di verità, ecco una prima
conclusione. La legittimità di altri procedimenti,
molto diversi dairintelligenza e dalla ragione,
come il sentimento mistico, ecco una seconda
conclusione. Per conseguire tali conclusioni è
stata, in fondo, costruita tutta la filosofia di cui
èsse sono ih apparenza il coronamento [...].
Com’è facile ripagare con la loro moneta
quésti liberi pensatori! Le verità scientifiche!
Ma della verità esse hanno soltanto il nome.
Sono anch*esse credenze, e per giunta di ordine
inferiore, credenze che si possono utilizzare sol-
tanto per Tazione materiale e che valgono esclu-
sivamente come strumenti tecnici. Credenza per
sica o morale sono di molto superiori a esse.
In ogni caso non sono disturbati dalla scien-
za, giacché il privilegio di quest’ultima è caduco.
In realtà, il grosso dell’esercito pragmatista
si affretta a restaurare, di contro all’esperienza
scientifica, l’esperienza morale, resperienza me-
tafisica e, soprattutto, l’esperienza religiosa
( 1 )
( 2 )
NB
NB
NB
544
LENIN
[37] I metafisici si rimprovererebbero per
non aver tratto profitto da questa trovata.
Oltre che alla restaurazione religiosa il prag-
matismo serve alla restaurazione metafisica.
Il positivismo aveva invaso, nel secolo XIX,
dopo Kant e Comte, quasi Tintero campo della
conoscenza
[39-40] La posizione pragmatistica e le altre
posizioni, che, senza essere altrettanto filosofi-
che, originali e interessanti, conducono a con-
seguenze affini, hanno dunque sempre come
risultato la riabilitazione delle antiche forme
normative del pensiero umano, che il positivi-
smo scientifico ha fatto vittoriosamente arretra-
re dopo la metà del secolo XVIII: la religione,
la metafisica, il dogmatismo morale, ossia in
sostanza Tautoritarismo sociale. Ecco perché
questo è uno dei poli tra cui oscilla tutto il
pensiero, tutta la filosofia odierna. È il polo
della reazione dogmatica, dello spirito d’autorità,
in tutte le sue forme [...].
Viceversa, il polo opposto del pensiero fi-
losofico moderno, la posizione puramente scien-
tifica, che, in quanto fa della pratica una con-
seguenza del sapere, subordina tutto alla scien-
za, si caratterizza soprattutto come uno sforzo
di emancipazione e di liberazione. Proprio da
questa parte troviamo gli innovatori. Essi sono
gli eredi dello spirito del Rinascimento e hanno
in particolare, come padri e maestri diretti, i
filosofi e gli scienziati del secolo XVIII, il gran-
de secolo della liberazione, di cui Mach ha detto
assai giustamente: « Chiunque abbia potuto par-
tecipare a questo slancio e a questa liberazione,
anche solo attraverso la letteratura, per tutta
la vita considererà con un senso di elegiaco
rimpianto il secolo XVIII» [...].
/WVVWA
ABEL REY
545
S 8. Il metodo. Riassunto e conclusioni
[48-49] Si tratterà della sua * portata og-
gettiva. Gli uni penseranno che essa sia ina-
deguata a esaurire la realtà, che ne è oggetto,
sebbene ne ammettano, da un certo punto dii
vista, k necessità [...].
IL II problema del numero e dell estensione.
Le proprietà quantitative della materia
5 2. La vecchia discussione tra Vempirismo e
V innatismo
[55] Ma Teliminazione di ogni elemento
empirico non è anch'essa un limite irraggiungi-
bile? Il matematico, fanno rilevare i razionali-
sti, potrebbe continuare ad accrescere le ric-
chezze della sua scienza, pur se il mondo
materiale venisse annientato bruscamente. Si, è
indubbio, se il mondo fosse annientato ora; ma
avrebbe egli potuto creare la matematica, se il
mondo materiale non fosse mai esistito? [...]
§ 3. La forma attuale del problema filosofico
del numero e dell* estensione: le posizioni e no-
minalistica » e « pragmatistica »
[61-62] Bergson, che forse piu di ogni altro
ha contribuito a lanciare queste idee nella let-
teratura filosofica, non accetterebbe senza ri-
serve il termine di « artificio ». Egli ritiene che
la scienza sia qualcosa di piu e di meglio di un
* Goè della scienza (n.d.t.).
35 — 639
546
LENIN
NB
artificio nei confronti della materia. Ma la ma-
teria non è per lui la realtà vera. È una realtà
menomata, regressiva e morta. E, nei confronti
della vera realtà, che è vivente, spirituale e
creatrice, la matematica, la scienza tutt'intera,
può avere soltanto un carattere artificiale e sim-
bolico. Resta comunque vero che Tintelligenza,
strumento primo forgiato dalle necessità della
attività pratica nei confronti della materia, ha
creato la matematica solo per agire sulla ma-
teria e non per conoscere ciò che è [...].
Non è, forse, la matematica che con più
vigore di tutte le scienze indirizza oggi certe
menti verso il pragmatismo e verso quella sofi-
stica del pragmatismo che è V agnosticismo scien-
tifico? In effetti, proprio nella matematica ci
sentiamo più lontani dal concreto e dal reale,
più vicini al giuoco arbitrario delle formule, del
simbolo, cosi astratto da sembrare vuoto [...].
§ 4. Razionalismo, logicismo, intellettualismo
[65] L'estensione rigida e omogenea del
geometra è insufficiente; si richiede l'estensione
mobile ed eterogenea del fisico. Il meccanismo
universale non implica che nella materia si dia
soltanto geometria. Secondo le ipotesi moderne
può altresi implicare che vi siano anche libe-
razione o trasformazione di energia o masse
elettriche in movimento [...].
§ 5. Portata generale del problema della quan-
tità: esso pone in fondo il problema della ragione
[74] È anzitutto incontestabile che la ragio-
ne, per disinteressata che sia, svolge una fun-
ABEL REY
547
zione utilitaria. Gli scienziati non soho né man-
darini né dilettanti. £ il pragmatismo non ha
torto quando mostra l'utilità della ragione, la
sua eminente utilità. Ha esso però diritto di
affermare che la ragione svolge soltanto una
funzione utilitaria? Non possono i razionalisti
ribattere molto plausibilmente che l'utilità del-
la ragione sta nel fatto che essa, deducendo
proposizioni da proposizioni, deduce altresì le
une dalle altre le relazioni tra i fatti naturali?
’ /wwvywvws/
La ragione ci consente quindi di operare su
questi fatti, non perché questo sia il suo scopo,
ma perché questo deriva da essa come conse-
guenza. La logica e la scienza della quantità,
create dallo spirito, in quanto esso analizza
semplicemente le relazioni che concepisce, mor-
dono sulle cose, poiché le relazioni quantitative
sono le leggi tanto delle cose quanto dello
spirito. Se sapere è potere, ciò non accade per-
ché, come ritiene il pragmatismo, la scienza sia
stata creata da e per i nostri bisogni pratici,
sicché la nostra ragione ha valore soltanto per
la sua utilità, ma avviene perché la nostra ra-
gione, imparando a conoscere le cose, ci fornisce
i mezzi per operare su di esse [...].
NB
NB
S 6. Le idee del matematico Poincaré
[75-79] Il grande matematico Poincaré * ha
insistito particolarmente su questo carattere
arbitrario delle matematiche.
* Poincaré, La Science et Yhypothèse, libro I, Paris, Flammarion.
35 1
548
LENIN
Poin-
calè
Naturalmente, le nostre matematiche cor-
rispondono bene alla realtà, nel senso che sono
adatte a simboleggiare determinate relazioni del
reale; a rigore, esse non sono state suggerite
dall'esperienza; pure, lo spirito le ha inventate
traendo occasione dall'esperienza. Non di meno
le nostre matematiche, cosi come si son venute
a poco a poco costituendo per esprimere age-
volmente ciò che avevamo necessità di espri-
mere, sono soltanto una matematica particolare
tra un’infinità di matematiche possibili, o, piut-
tosto, un caso particolare di una matematica
molto più generale, a cui hanno tentato di
avvicinarsi i matematici del secolo XIX. Non
appena ci si è resi conto di questo fatto, ci si
è resi conto altresi che le matematiche, nella
loro essenza e per la loro natura, sono assolu-
tamente indipendenti dall’uso che se ne fa nel-
l’esperienza e sono quindi assolutamente indi-
pendenti dall’esperienza. Esse sono creazioni ar-
bitrarie dello spirito, la manifestazione più
vivida della sua fecondità.
Assiomi , postulati , definizioni , convenzioni
sono in fondo sinonimi. Ognuna delle matema-
tiche immaginabili può quindi condurre a con-
seguenze che, adeguatamente tradotte mediante
un sistema appropriato di convenzioni, ci con-
sentirebbero di rintracciare le stesse applicazioni
al reale [...].
Questa teoria è una buona critica del razio-
nalismo assoluto e persino del razionalismo atte-
nuato di Kant. Essa ci mostra che non esisteva
alcuna necessità ineluttabile da cui lo spirito
fosse indotto a sviluppare tra le matematiche
quella che si adatta meglio a descrivere la no-
stra esperienza; in altri termini, la matematica
non è espressione di una legge universale del
reale, qualunque sia la concezione, cartesiana,
kantiana, ecc. che ci facciamo del reale (benin-
ABEL REY
549
teso, cosi come ci è dato). Ma Poincaré ci pre-
senta questa conclusione in modo del tutto
diverso dal pragmatismo .
Alcuni pragmatisti e persino tutti i com-
mentatori di Poincaré che ho avuto occasione
di leggere mi sembrano essersi sbagliati del
tutto riguardo a questa teoria. Si dà qui un
bell’esempio di deformazione da interpretazione.
Su questo punto — come su altri dove Terrore
è anche più profondo — essi hanno fatto di
Poincaré un pragmatista avant la lettre [...].
Per il pragmatista non c’è un pensiero pura-
mente contemplativo e disinteressato; non c’è
una ragione pura. Per lui esiste soltanto un
pensiero che vuole mordere sulle cose e che
altera perciò la loro rappresentazione per il
proprio comodo. La scienza e la ragione sono
al servizio della pratica. Per Poincaré, invece,
il pensiero deve esser preso, in una certa misura,
in senso aristotelico. Il pensiero pensa c la
ragione ragiona per sua propria soddisfazione;
e avviene poi, oltre a ciò, che talune conseguen-
ze dell’inesauribile fecondità della ragione pos-
sano riuscirci utili per fini diversi dalla pura
soddisfazione razionale [...].
Si può non accettare completamente la teo-
ria di Poincaré, ma non bisogna travisarla per
invocare poi la sua autorità. Non si sono notate
abbastanza le sue connessioni con il kantismo,
di cui accoglie pienamente la teoria dei giudizi
sintetici apriori, a condizione (ed è qui che il
razionalismo kantiano sembra a Poincaré ancora
tròppo rigido) che questi giudizi, su cui pog-
giano le nostre matematiche (euclidee), non
siano considerati come i soli postulati possibili
e necessari della matematica razionale [...].
Poincaré
e Kant
550
LENIN
§ 7 . Il rapporto tra le scienze matematiche e le
altre scienze della natura
[80] Assegna, la teoria di Poincaré, all’espe-
rienza la parte che sembra spettarle? Strano!
direi volentieri ai pragmatisti che hanno conti-
nuamente tirato questa teoria dalla loro parte
e si sono serviti del nome del suo autore come
di una macchina bellica, che essa mi sembra as-
sai poco pragmatistica [...]<
§ 8. Indicazioni relative alV evoluzione generale
del metodo e delle conoscenze scientifiche
[87] E, se la scienza si sviluppa in seguito
per effetto della sua utilità materiale, non bi-
sogna però dimenticare che essa, proprio pej
la sua utilità intellettuale e per la soddisfazione
disinteressata della ragione desiderosa di cono-
scere le cose, si è originariamente disfatta di
un empirismo grossolano al fine di costituire la
vera scienza. Essa ci fa conoscere la realtà pri-
m’ancora di consentirci di operare sulle cose.
Ed è necessario che ce la faccia conoscere prima
per consentirci di operare dopo [...].
§ 9, Le idee di Mach , la ragione e V adattamento
del pensiero
[90-91] Non ci fornisce questo un’indica-
zione preziosa sulla natura e sulla portata del
logico e del razionale, di cui le matematiche
sono state sempre ritenute la pura emanazione?
Un’indicazione forse sulla natura e sulla portata
ABEL REY
551
della ragione? Non siamo qui lontani dal pen-
siero di quel Mach che è stato spesso presen-
tato, anche lui, come un pragmatista avant la
lettre.
Egli ci sembra molto piu vicino al raziona-
lismo, nel senso in cui riteniamo che debba es -
sere ormai concepito, cioè a un razionalismo
che non esclude affatto una storia psicologica
della ragione, con le sue opportunità e tempo-
ranee contingenze, e che soprattutto non infirma
in alcun modo la funzione dell’esperienza, in
quanto la ragione è soltanto l’esperienza codi-
ficata e, reciprocamente, il codice necessario e
universale di tutta l’esperienza, purché si tenga
conto a un tempo tanto del momento dell’evo-
luzione quanto deU 'organizzazione psicologica
umana [...].
[93-96] Si comprende allora come la ra-
gione, analizzata astrattamente nella coscienza
dell’essere ragionevole, sia suscettibile di ac-
cordarsi, mediante i principi che vi si scoprono
e lo sviluppo ideale di questi principi, con le
leggi dell’ambiente e sia suscettibile di espri-
merle. Si comprende altresì come, date le pro-
prietà nostre e dell’ambiente, essa non possa
essere diversa da ciò che è: la ragione è dun-
que, come vuole il razionalismo, necessaria e
universale. In un certo senso è anche assoluta,
ma purché s’intenda questo termine diversa-
mente da come l’intende il razionalismo tra-
dizionale. Per quest’ult i mo assoluto significa ch e
le cose esistono cosi come la ragione le conce-
pisce. Nel nostro senso, invece, noi non sap-
piamo come le cose esistano in sé stesse, e ap-
punto in questa misura i l relativismo kantia-
no o positivistico ha la sua ragion d'essere [...].
NB
i;
I!
552
LENIN
NB
Cfr. 93-94
NB
NB
Il numero e l’estensione, nonostante la loro
astrattezza, derivano dalla natura del reale, per-
ché questo reale è molteplicità ed estensione
e perché le relazioni nello spazio sono relazioni
reali derivanti dalla natura delle cose [...],
La matematica, allontanandosi progressiva-
mente dagli spazi sensibili per innalzarsi sino
allo spazio geometrico, non s’allontana dallo
spazio reale, cioè dalle vere relazioni tra le cose.
Piuttosto si avvicina a esse. Ogni senso, secondo
i lavori della psicologia moderna, sembra darci
a suo modo l’estensione e la durata (ossia
determinate connessioni o relazioni del reale).
La percezione comincia a eliminare questa sog-
gettività che dipende dall’individuo o dagli ac-
cidenti della struttura della specie, costruendo
uno spazio omogeneo e unico, nonché una
durata uniforme, sintesi di tutte le nozioni sen-
sibili e diverse che ne avevamo. Perché mai il
lavoro scientifico non dovrebbe proseguire que-
sta marcia verso l’oggettività? In ogni caso, la
sua precisione, la sua esattezza, la sua univer-
salità (o, che è lo stesso, la sua necessità) sono
altrettanti argomenti in favore dell’oggettività
dei suoi risultati. Numero, ordine, estensione,
a dispetto delle nostre abitudini criticistiche e
soggettivistiche, possono quindi esser conside-
rati come proprietà delle cose, cioè come rela-
zioni reali; e tanto più reali in quanto la scienza
ha a poco a poco spogliato tali relazioni delle
deformazioni individuali e soggettive con cui ci
erano date inizialmente nelle sensazioni concre-
te e immediate. Il residuo di tutte queste astra-
zioni non ci appare allora, e giustamente, come
il fondo reale e permanente che si impone a
ogni specie con la stessa necessità, perché non
dipende né daU’individuo né dal momento né
dal punto di vista? [...]. ~~~
ABEL REY
553
§ 10. Che cosa ci insegnano le matematiche
[97-98] La psicologia ci insegna, per parte
sua, che tutte le nostre sensazioni (le quali sono
i dati immediati e ultimi deiresperienza ) hanno
una proprietà: l’estensività o Pestensione [...].
Lo spazio geometrico è il risultato di una
interpretazione astratta dello spazio ottico, di
un’interpretazione che disindividualizza, genera-
lizza e rende più maneggevoli per lo spirito i rap-
porti implicati da questo spazio ottico. Integre»
remmo volentieri il pensiero di Mach dicendo
che quest’operazione ha teso a dare a tali rap-
porti la loro espressione più esatta, più precisa,
un’espressione universale e necessaria e, quindi,
un’espressione oggettiva [...].
[100] Cosi, le matematiche ci rivelano i rap-
porti tra le cose dal punto di vista dell’ordine,
del numero e dell’estensione.
A furia di analizzare i rapporti reali tra le
cose, il nostro spirito acquisisce naturalmente
la facoltà di istituire rapporti analoghi, mediante
le associazioni per somiglianza. Esso può quindi
inventare combinazioni che non rinveniamo nel-
la realtà partendo da quelle che vi rinveniamo.
Dopo aver costruito nozioni che sono copie del
reale, possiamo costruire nozioni che sono mo-
delli, come in un senso alquanto diverso dice
Taine.
sensazione =
dato ultimo
Mach +
oggetti-
vità
!!!
§ 11. Riassunto e conclusione
[103-105] Il razionalismo assoluto sembra
avere un buon fondamento nelTasserire, con
una sorta di realismo idealistico, che le leggi
554
LENIN
NB
NB
aurea
mediocrità!
della ragione coincidono con le leggi delle cose.
Ma non ha esso torto nel separare la ragione
e le cose e nel ritenere che la ragione solo in
sé stessa. e in uno splendido isolamento attinga
la conoscenza delle leggi che governano le
cose?
Si, l’analisi della ragione diviene coestensiva
all'analisi della natura» Si, le matematiche, inte-
ressandosi della prima, s'interessano anche della
seconda, o, se si preferisce, pongono alcuni ele-
menti necessari per la seconda. Ma non è piu
semplice supporre che questo avviene perché la
nostra attività psicologica si plasma a poco a
poco, adattandosi all’ambiente e alle circostanze
pratiche in cui deve esplicarsi? [...].
Se esistono pertanto differenze profonde tra
il razionalismo assoluto e la teoria che si è qui
abbozzata circa la questione dell’origine e della
storia, al contrario, nella questione del valore
e della portata delle matematiche, perveniamo
a risultati molto vicini: questo valore e questa
portata sono assoluti nell’accezione umana del
termine. Riguardo a un’accezione piu che umana
e a un punto di vista trascendentale, cor>
fesso che non ne conosco ancora, e m’importa
molto poco di conoscerne, il segreto. Mi è suffi-
ciente avere delle cose tutta l’intellezione umana
possibile, la loro traduzione fedele nel linguag-
gio dell’uomo [...].
Non è forse superficiale e troppo meschina
una siffatta conclusione? Il pragmatismo mi ha
tutta Paria di cadere in un eccesso diametral-
mente opposto a quello in cui cade il razio-
nalismo tradizionale. Il secondo ha scambiato il
punto d’arrivo con II punto di partenza e ha
ABEL REY
555
indotto dal termine le origini. Il pragmatismo
invece ravvicina, sino a confonderlo con esso,
il punto d’arrivo al punto di partenza e descrive
il termine secondo le origini. Non è piu ragio-
nevole pensare che le matematiche, dopo essere
uscite da un antropomorfismo utilitario, hanno
spezzato a poco a poco il cerchio soggettivo di
questo primo orizzonte? E che con un’analisi
costantemente progressiva sono pervenute ad
alcuni rapporti reali, oggettivi, universali e ne-
cessari delle cose?
[107] Le matematiche hanno il loro fonda-
mento nella natura delle cose, cosi come la
nostra ragione e la nostra logica, di cui sono
soltanto un’applicazione particolare e che si
sono in sostanza costituite in modo analogo.
Che importa l’ingresso da cui accediamo
alla realtà, se, esplorandola a poco a poco, giun-
giamo lo stesso a farne il giro completo?
III. Il problema della materia
§ 1. Storia e posizione attuale del problema
della materia
[109-111] Anzitutto, dopo gli insuccessi
dei filosofi « fisici », la grande tradizione filo-
sofica greca, con gli eleati e Platone, mette in
dubbio l’esistenza stessa della materia. La ma-
teria è solo apparenza o, quanto meno, un limite
minimo di esistenza; la scienza delle cose ma-
teriali può essere, a sua volta, soltanto una
scienza meramente relativa, e la vera scien-
za è quella riguardante le cose dello spi-
rito. Cosi, il problema della materia comincia
a venire risolto mediante la soppressione stessa
NB
556
LENIN
di questo problema. La materia può esistere
esclusivamente come un limite indeterminato
dello spirito e in funzione di esso, e tutto ciò
che concerne la materia è di ordine inferiore [...].
Cosi, la discussione sulla realtà del mondo,
l’idealismo, lo spiritualismo, il materialismo, il
meccanicismo, il dinamismo, sembrano sempre
piu un giuoco desueto e sterile che bisogna
lasciare alla filosofia classica, intendendosi que-
sta espressione nel senso in cui l’intendeva Tai-
ne, cioè come filosofia a uso delle classi
[113] Il materialismo volgare prende a pre-
stito da essa * tutto ciò che vi è di fondato e
insieme tutto ciò che vi è di esagerato e mo-
struoso. Che delizia per lo spirito religioso poter
mostrare che la fisica non sa niente delle cose
su cui ci consente di operare e che le sue spie-
gazioni non sono tali!
§ 2. La crisi della fisica alla fine del secolo XIX \
La fisica energetica
In realtà, mentre questa speranza filosofica
nasceva e si rinvigoriva nello spirito dei cre-
denti istruiti e sinceri, tutto nella fisica sem-
brava fatto per giustificarla e realizzarla [...].
[114-117] A questa fisica tradizionale e
meccanicistica si oppone la fisica nuova, la
fisica energetica. « Si oppone »: è corretta que-
sta locuzione? Per un gran numero di fisici si
sarebbe piuttosto tentati di dire che « è impie-
* Goè dalla fisica ( n.d.t .).
ABEL REY
557
gata indifferentemente» (secondo i casi) in-
sieme con il metodo meccanicistico.
L’energia non è altro, in realtà, che la ca-
pacità di produrre un lavoro: nozione mecca-
nica e sempre valutabile meccanicamente, cioè
con Tausilio del movimento e con la scienza
del movimento. Helmholtz, Gibbs e molti altri,
aggiungendo alla meccanica il nuovo capitolo
che la generalizzava nelle sue applicazioni alle
realtà fisiche, non hanno rotto con la tradizione
meccanicistica, tutt’altro! Essi non credevano
di far altro, non volevano far altro e in effetti
non facevano altro che emendare e proseguire
il meccanicismo in conformità con i progressi
della fisica, come era sempre avvenuto da Ga-
lileo e Descartes in poi [...].
Esiste dunque un primo significato del ter-
mine energetica che fa di essa una parte della
scienza fisica così come viene professata da tutti
gli scienziati. Aggiungiamo che in Francia que-
sta parte viene detta piuttosto termodinamica,
e, sebbene questa parola abbia etimologicamente
un significato troppo ristretto per il contenuto
che implica, tuttavia ha il vantaggio di evitare
tutte le confusioni suscitate dagli altri usi del
termine di « energetica ».
Il secondo uso di questa parola non ri-
guarda piu una parte della fisica, ma una teoria
generale della fisica considerata nel suo insie-
me
Questa legge non era incompatibile con il
meccanicismo. Quest’ultimo aveva buone ragio-
ni per sostenere che le diverse manifestazioni
dell’energia altro non erano, in fondo, che ap-
parenze diverse suscitate da una stessa realtà
fondamentale: il movimento [...].
NB
NB
!
558
LENIN
NB
NB
V
0
0
A
[120-123] Alcuni fisici sì sono rifiutati di
vedere nella fisica una semplice prosecuzione
della meccanica classica. Essi hanno voluto scuo-
tere il giogo della tradizione, trovandola, come
ogni buon rivoluzionario, troppo ristretta e ti-
rannica. Di qui una critica minuziosa, poi una
revisione dei principi fondamentali della mec-
canica. Da tale sforzo è scaturita una concezione
nuova della fisica: che non si oppone forse
tanto quanto si è detto talvolta alla concezione
precedente, ma le impone comunque mutamenti
profondi.
In generale si può affermare che la fisica,
rinvenendo nella meccanica classica una base
per essa insufficiente, è stata indotta a non
veder più nei fenomeni fisici ciò che vi si
vedeva in precedenza, a considerarli cioè come
modalità del movimento di cui la meccanica
classica è, appunto, la scienza. Sino ad allora
spiegare un fenomeno fisico, studiare scientifica-
mente un fenomeno fisico, significava ridurlo al-
le forme del movimento: movimenti di masse
materiali, di atomi, o vibrazioni di un mezzo
trasmittente universale: l’etere. Cosi, ogni in-
terpretazione fisica poteva essere schematica-
mente rappresentata mediante la geometria del
movimento.
La nuova concezione, che ci si è proposti
di sostituire alla vecchia, consisteva anzitutto
nel rifiuto assoluto di tutte queste rappresen-
tazioni figurative, di questi « modelli mecca-
nici », come dicono gli inglesi, senza i quali
non esisteva un tempo la buona fisica. Mach li
accusa duramente di essere solo « mitologia ».
E, come ogni mitologia, anche questa è puerile;
ha potuto rendere dei servigi quando non sape-
vamo ancora guardare le cose in faccia; ma.
ABEL REY
559
quando sì può camminare con le proprie gambe,
non c’è bisogno di grucce. Gettiamo via le gruc-
ce deiratomismo e dei vortici di etere. La fisica,
fattasi adulta, non ha bisogno di immagini gros-
solane per adorare i suoi dèi. L’astratto linguag-
gio della matematica è il solo degno di espri-
mere adeguatamente i risultati dell’esperienza.
Esso soltanto saprà dirci, senza niente aggiun-
gere o nascondere, con la precisione piò rigo-
rosa, ciò che è. Le grandezze definite algebri-
camente, e non geometricamente o, ancor meno,
meccanicamente, le variazioni numeriche misu-
rate mediante una scala convenzionale, e non
piu i mutamenti percettibili, misurati con spo-
stamenti nello spazio rispetto a un’origine lo-
cale, ecco i materiali della nuova fisica, di una
fisica concettuale , in antitesi alla fisica mecca-
nicistica o figurativa [...].
Questa nuova teoria generale della fisica,
intravista da Rankine nel 1855, è stata ela-
borata soprattutto da Mach, Ostwald e Duhem.
« Ogni scienza — dice Mach — ha lo scopo
di sostituire l’esperienza con le operazioni intel-
lettuali più rapide possibili »: questa formula
può essere l’epigrafe dell’energetica scientifica.
!!
NB
NB
§ 5. L’ interpretazione filosofica dell’energetica
[127] Si vede ora tutto il vantaggio che
la filosofia, desiderosa di mettere a tacere le
argomentazioni tratte dalla scienza contro taluni
dogmi particolari e contro l’atteggiamento reli-
gioso in genere, poteva derivare da questa inge-
gnosa interpretazione? Si intende opporre deter-
minate certezze fisiche a determinate credenze?
560
LENIN
NB
Ebbene, la fisica nuova vuole soltanto una cosa,
ritornare alle concezioni della grande epoca
della fede. Dopo una fuga di tre secoli, novello
figliol prodigo, essa ritorna al suo vero focolare
nel girone del tomismo piu ortodosso.
Ma il fatto piu grave è che uno scienziato,
noto per l’esattezza e l’eleganza matematica dei
suoi lavori, noto soprattutto per l’attiva propa-
ganda da lui svolta in favore della nuova fìsica,
per la forma limpida, mirabilmente francese,
in cui l’ha enunciata, per le sue belle generaliz-
zazioni di meccanica energetica, ha creduto di
poter derivare, anche lui, una simile interpre-
tazione filosofica dalle nuove teorie scientifiche.
Si tratta di Duhem. Naturalmente, egli si è
adoperato molto per separare rigorosamente le
sue concezioni scientifiche dalle sue concezioni
metafisiche [...].
[130-134] Sviluppando questo nuovo punto
di vista, la filosofia nuova poteva dedurre quasi
immediatamente dalle riforme contemporanee
tentate nella fisica il carattere puramente descrit-
tivo, e nient’affatto esplicativo, di questa scien-
za. Ma proprio qui il « fideismo » ha buon
giuoco. La scienza è impotente a risalire oltre
le qualità e, quindi, deve limitarsi a descrivere.
Si tratterà di una semplice analisi delle sensa-
zioni, per riprendere un’espressione di Mach,
che la nostra filosofia nuova si guarda bene
dall’ assumere nella sua vera accezione, che è
pienamente « scientistica ».
Nella letteratura contemporanea si possono
incontrare molto spesso — pur con notevoli
differenze nella qualità dell’esposizione — idee
di questo genere: le scienze della materia non
ci insegnano niente sul reale, perché la materia,
cosi come esse la concepiscono, la materia stessa,
nel senso volgare del termine, non esiste affatto.
NB
ABEL REY
561
La semplice percezione comune già àltefa la
realtà esterna. La costruisce per intero secondo
i bisogni della nostra attività. La scienza riela-
bora ex novo questi prodotti grezzi. Quel che
essa ci presenta con il nome di materia è uno
schema grossolano che ha lasciato sfuggire dalla
rete delle leggi scientifiche tutta la ricchezza
vivente del reale o è invece un eteroclito miscu-
glio di elementi astratti, isolati o riuniti arbitra-
riamente, inventati di sana pianta. Allora è già
sgombro il terreno per giustificare gli idealismi
piu mistici [...].
Senza indugiare su queste aberrazioni estre-
me, possiamo rilevare che persino nèlle menti
serie e informate permane una tendenza ad ap-
plicare alle scienze fisiche una critica analoga
a quella che Poincaré, a dispetto delle sue vi-
gorose proteste, ha rivolto alle scienze mate-
matiche. Come le matematiche, anche la fisica
sarebbe un linguaggio simbolico destinato, sol-
tant o a rendere le cose più intelligibili, ren-
dendole più semplici, più chiare, più comuni-
cabili, più maneggevoli, soprattutto nella pra-
tica. Rendere intelligibili non significherebbe
altro che deformare sistematicamente e alterare
le intuizioni che la realtà ci fornirebbe diretta-
mente, al fine di farci meglio servire dalla
realtà nella soddisfazione delle nostre esigenze.
L’intelligibilità, la razionalità non hanno
niente a che vedere con la natura delle cose.
Sono strumenti d’azione.
NB
NB
§ 4. Critica della critica attuale della fisica
Quest’interpretazione della scienza fisica,
sebbene la stragrande maggioranza dei fisici
562
LENIN
NB
NB
rabbia accolta con disprezzo e silenzio, non
può essere disdegnata dalla critica filosofica. Se
gli scienziati hanno il diritto di dire: i cani
abbaiano, la carovana passa; la critica filosofica,
necessariamente interessata alla portata sociale
ed educativa delle dottrine, è costretta a indu-
giare.
[136-138] La maggior parte dei sosteni-
tori della nuova filosofia si è rivolta esclusiva-
mente agli scienziati che sostengono la fisica
energetica e si oppongono risolutamente alla fi-
sica meccanicistica. Ora, i sostenitori radicali
della fisica energetica costituiscono in generale
tra i fisici un’esigua minoranza. Il grosso del-
Tesercito dei fisici continua a essere meccani-
cista; senza dubbio, essi trasformano il mecca-
nicismo per condurlo ad armonia con le nuove
scoperte, giacché non sono più degli scolastici.
E tuttavia essi cercano continuamente di rappre-
sentare e spiegare i fenomeni fisici mediante
movimenti accessibili alla percezione.
Non bisogna peraltro dimenticare che, 9e
l’energetica ha fornito teorie ed esposizioni ele-
ganti, quasi tutte le grandi scoperte moderne
sono dovute ai fisici meccanicisti e sono con-
nesse con lo sforzo di rappresentarsi la costi-
tuzione materiale dei fenomeni. Ecco un argo-
mento su cui vale la pena di meditare .
L’energetica, per dare alla fisica teorica una
solidità geometrica, ha voluto fare di essa l’espo-
sizione più concisa ed economica dei risultati
sperimentali, ma può la teoria della fisica ridur si
a essere solo uno strumento di esposizione eco-
nomica? Può essa bandire del tutto l’ipotesi
da una scienza che dalPipotesi è stata sempre
fecondata? Non deve orientarsi costantemente
verso la scoperta del reale, con l’ausilio di teorie
AfcEL REY
563
che, come le teorie meccanicistiche, sono sem-
pre anticipazioni delTesperienza, tentativi di
rappresentare il reale?
Non sembra allora chiaro che rivolgersi
esclusivamente ai fisici energetisti puri per co-
struire la filosofia della fisica significa strana-
mente restringere il fondamento su cui si deve
edificare questa filosofia? In fin dei conti, la
nuova filosofia ha chiesto una convalida delle
sue idee soltanto a coloro che potevano esserle
favorevoli e che costituiscono un'esigua mino-
ranza. Una trovata comoda, ma pur sempre
una trovata.
E questi tali le sono poi cosi favorevoli come
essa ritiene?
E piu che dubbio. Quasi tutti gli scienziati
chiamati in causa dal pragmatismo o dal cosid-
detto nominalismo hanno formulato gravi riser-
ve. Cosi ha fatto anche Poincaré. Rivolgiamoci
a loro.
5 5. Che cosa pensano i fisici contemporanei
[138-144] La fisica è quindi una scienza
del reale, e, se cerca di esprimere « comoda-
mente » questo reale, tuttavia esprime pur sem-
pre il reale stesso. La « comodità » riguarda
soltanto i mezzi d'espressione. Ma ciò che si
nasconde nel fondo, sotto questi mezzi d’espres-
sione che lo spirito può svariare cercandone
sempre di piu convenienti, è la « necessità »
delle leggi naturali. Questa necessità non è
decretata arbitrariamente dallo spirito. B essa
invece a costringerlo, rinchiudendo entro con-
fini ristretti i suoi mezzi d’espressione. Al li-
564
LENIN
ah-ah!
NB
*
mite delle approssimazioni di esperienza e delle
piccole differenze che i fenomeni fisici, gover-
nati da una stessa legge, conservano tra loro,
in quanto non sono mai identici, ma solo molta
simili, la legge naturale ci è imposta dall'esterno
e dalle cose: essa esprime un rapporto reale
tra le còse [...].
Duhem ci dirà, inoltre, che non bisogna
considerare l’esperienza del fisico come un calco
del reale. Ogni esperienza di fisica consiste in
misure, e tali misure si richiamano a una molti-
tudine di convenzioni e di teorie
Duhem non rifiuterà mai questa verità alle
proposizioni fisiche, che sonò la descrizione del
reale. Di più, la teoria fisica non è soltanto una
descrizione esatta del reale, è anche una sua
descrizione bene ordinata, in quanto tende co-
stantemente a una classificazione naturale dei
fenomeni fisici: classificazione naturale, che ri-
- 1 ■
produce dunque Lordine della natura. Nessun
dogmatico, Descartes, Newton, Hegel, ha mai
preteso di piu [...].
Del resto, persino quando quest’ultimo *
crede alla necessità di una metafisica accanto
alla scienza, perché mai aderisce alla metafisica
tomistica? Perché gli sembra che questa meta-
fisica si accordi meglio con i risultati della scien-
za fisica [...]♦
Lo « scientismo » di Òstwald è molto vicino
a quello del grande meccanicista viennese, Mach,
che, a causa di ciò, si rifiuta di esser trattato
da filosofo.
La sensazione è l’assoluto. Mediante le nò-
stre sensazioni conosciamo la .realtà. Ora, la
Ossia Duhem (n.d.t.).
ABEL REY
565
scienza è Panatisi delle nostre sensazioni. Ana-
lizzare le sensazioni vuol dire rinvenire le loro
esatte relazioni reciproche e, insomma, Pordine
della natura, usando tale espressione nel suo
senso piu oggettivo, poiché la natura è solo
Pordine delle nostre sensazioni [...].
Si è talvolta rimproverata a Mach, tra le
altre critiche mossegli dai razionalisti, una ten-
denza al pragmatismo. Lo si è accusato di un
relativismo scettico
La sensazione è umana, evidentemente. E
tuttavia è Passoluto , e la verità umana è la
verità assoluta, perché è per Puomo tutta la
verità, la sola verità, la verità necessaria [...].
[147] Si può supporre Pesistenza dei mi-
crobi senza vederli sino al giorno in cui un
reattivo non li riveli. Perché non si avrebbe
allora il diritto di supporre una struttura della
materia che un giorno Pesperienza potrà rivev
lare?
NB
NB
§ 6, La materia secondo la fisica contemporanea:
vedute generali
[148-150] A che tende allora la campagna
intrapresa da Brunetifere e continuata da uno
spirito religioso, sincero , senza dubbio, ma tan-
to da voler fare tabula rasa di tutto ciò contro
cui poteva urtarsi, a che tende la campagna
che conduce, se non al pragmatismo, quanto
meno a un dato pragmatismo? [...]
Come noi designiamo nelle matematiche, con
i termini di ordine, numero, -estensione, deter?
566
LENIN
NB
NB
Essenza
dell* agno-
sticismo
di Rey
NB
minati gruppi di relazioni da cui dipendono le
nostre sensazioni, e come le matematiche han-
no per oggetto queste relazioni, cosi noi desi-
gniamo, con il termine assai generale di mate-
ria, un grandissimo numero di relazioni — mol-
to piu complesse — dalle quali dipendono an-
che le nostre sensazioni. La fisica ha per og-
getto queste relazioni. Non intendiamo dir al-
tro allorché diciamo che la fisica è la scienza
della materia [...].
[152] A molti sarebbe sembrato naturale
che la fisica avesse per oggetto gli elementi
suscettibili di cadere sotto queste relazioni, col
dar loro un contenuto reale e, in qualche modo,
con il riempirle. Era questa l’idea di Spencer
nella sua classificazione delle scienze. Quest’idea
non sembra però felice. Gli elementi della
realtà vengono constatati direttamente, imme-
diatamente, cosi come sono, cosi come non
possono non essere.
Non vi è necessità di legittimare la loro esi-
stenza. Non vi è necessità di domandarsi se po-
trebbero essere diversi da quel che sono. Esi-
gerlo significa restaurare il vecchio idolo meta-
fisico della cosa in sé e in fondo, in una forma
o nell'altra, l'ozioso verbalismo. L'esperienza
deve essere accettata. Essa ha in se la sua giusti-
ficazione, perché per uno spirito positivo proprio
l'esperienza giustifica in campo scientifico tutte
le proposizioni [...].
[154-155] La critica agnostica della scienza
ha dunque ancora una volta ragione? Esiste
dunque una cosa in sé che la scienza è impo-
tente a cogliere? Ecc. ecc. Ecco appunto la me-
tafisica e i suoi inevitabili giuochi di parole!
Tentiamo di veder chiaro.
Se relativo significa: che porta sulle rela-
zioni , la fisica allora è relativa. Ma, se relativo
significa: che non attinge il fondo delle cose.
ABEL REY
567
allora la fisica, come noi l’intendiamo, non è
piu relativa, bensì assoluta, perché il fondo
delle cose, ciò a cui ranalisi è necessariamente
sospinta per meglio spiegarle, consiste nelle
relazioni o, meglio, nel sistema di relazioni da
cui dipendono le nostre sensazioni. Le sensazio-
ni, il dato, sono imbevuti di soggettività: fol-
gorazioni fugaci, esse sono ciò che le fa un
sistema di relazioni, che verosimilmente non
si presenterà mai più in una forma esattamente
identica e che definisce il mio stato e quello
dell’ambiente nell’istante considerato. Ma qui
sopravviene lo scienziato per sprigionare Tuni-
versale di cui consta tale istante individuale,
le leggi di cui esso è l’espressione complessa, le
relazioni che lo hanno reso tale quale è.
Tutte le leggi scientifiche ci dicono in so-
stanza come e perché il dato sia ciò che è,
che cosa lo condizioni e lo crei, perché esse
leggi analizzino le relazioni da cui il dato di-
pende. Esse ci daranno la verità umana assoluta ,
quando quest’analisi sarà completa, se mai potrà
esserlo.
ah-ah!
§ 7. Gli insegnamenti concreti della fisica con-
temporanea
[156-161] Tutte le relazioni da cui dipen-
dono le trasformazioni e le degradazioni, le dif-
fusioni o le dispersioni dell’energia sono rag-
gruppate nella teoria fisica generale che si chia-
ma energetica.
Questa teoria non ci insegna niente circa la
natura Selle energie considerate e, quindi, circa
la natura dei fenomeni fisico-chimici. Essa ci
NB
568
LENIN
faceto questo
« positivista »
Meccanicisti
versus ener-
getica
NB Plus loin
dell'energetica
interpretata mate-
rialisticamente
(p. 157)!
descrive semplicemente a danno di che cosa,
come e in che senso si operi una modificazione
fisica o chimica nello stato di un dato corpo.
I fisici energetisti affermano che è impos-
sibile andare piu oltre, che l'energetica ci for-
nisce la spiegazione completa, necessaria e suf-
ficiente dei fenomeni materiali, come dire l'in-
sieme delle relazioni da cui essi dipendono.
Per assicurare piu oggettività alla propria con -
cezione, alcuni tramutano l'energia in una sorta
di sostanza, che sarebbe appunto la vera so-
stanza materiale, la causa reale e attiva di tutte
le nostre sensazioni, il tipo secondo cui dcb-
biamo costruire la nostra rappresentazione del-
ATATA.
la natura.
L'energia sostituisce qui i corpuscoli delle
teorie atomistiche. Svolge la stessa funzione e
ha lo stesso genere di esistenza: è il fondo delle
cose, la loro natura ultima, l'assoluto [...].
I meccanicisti sostengono, invece, che si può
andare piu oltre. L'energetica rimane, in qual-
che modo, alla superficie delle cose, ma le sue
leggi devono o ridursi ad altre leggi più profon-
de o, comunque, integrarle presupponendole.
La scuola meccanicistica comprende, come
si è già detto, la stragrande maggioranza dei
fisici e, soprattutto, la maggior parte degli spe-
VWAA
rimentatori, a cui la fisica è debitrice dei suoi
progressi più recenti.
I suoi seguaci criticano anzitutto la nozione
di energia e mostrano che non si può tramu-
tarla, come fanno alcuni, in un'entità fisica o
metafisica.
ABEL REY
569
L’energia di un sistema significa soltanto la
capacità di lavoro di tale sistema: potenziale,
sino a che non produce un lavoro palesabile,
e attuale o cinetica, in caso contrario. La nozio-
ne di energia è perciò correlativa a quella di
lavoro, che è una nozione meccanica. E quindi,
sul piano sperimentale, l’energia non sembra
rappresentabile senza che si ricorra alla mecca-
nica e al movimento. Ma allora, per fornire una
spiegazione intelligibile dei fenomeni fisico-chi-
mici, non dovrebbe l’energetica collegarsi con
la meccanica, porsi con essa su un piano di con-
tinuità e, quindi, accettare il genere di consi-
derazioni delle rappresentazioni meccaniche? [..]
Meccanica, fisica e chimica costituirebbero
un ampio sistema teorico, e la meccanica sareb-
be la base fondamentale di questo sistema, al
modo stesso in cui il movimento sarebbe l’es-
senza ultima dei fenomeni fisico-chimici.
Beninteso, i meccanicisti contemporanei non
sostengono affatto che la meccanica odierna
nonché, del resto, le leggi che regolano le tra-
sformazioni dell’energia abbiano già assunto la
loro forma definitiva e che la scienza abbia già
trovato le sue fondamenta incrollabili. A con-
tatto con la critica energetica — ed è questo
uno dei progressi di cui la fisica moderna le è
indubbiamente debitrice — essi hanno abban-
donato il dogmatismo alquanto ristretto del
vecchio meccanicismo e del vecchio atomismo.
Essi credono che le nuove scoperte debbano
ampliare l’orizzonte scientifico e operare muta-
menti incessanti nella rappresentazione del
mondo materiale. Da cinquantanni non stia-
mo forse assistendo a un rimaneggiamento e
quasi a un rovesciamento della meccanica clas-
sica? La conservazione dell’energia (Helmholtz)
570
LENIN
NB
Teoria elettronica
= « meccani-
cismo »
e il principio di Carnot hanno cominciato per
primi a spezzare la vecchia cornice. I fenomeni
della radioattività, conducendoci a uno studio
più approfondito della natura dell’atomo, hanno
fatto intravedere la possibilità di una costitu-
zione elettrica della materia e la necessità di
integrare i principi della meccanica classica con
quelli dell'elettromagnetismo.
Cosi, il meccanicismo tende oggi ad assu-
mere la forma che si designa con il nome di
teoria elettronica. Gli elettroni sono gli ele-
menti ultimi di tutta la realtà fisica. Semplici
cariche elettriche, o modificazioni dell’etere,
simmetricamente distribuite intorno a un punto,
essi rappresentano perfettamente, in forza delle
leggi del campo elettromagnetico, l’inerzia, che
è proprietà fondamentale della materia. Que-
st’ultima non è quindi altro che un sistema di
elettroni. In rapporto al carattere delle modi-
ficazioni dell’etere ( modificazioni ancora sco-
nosciute), gli elettroni sono positivi o negativi;
un atomo materiale è composto di queste due
specie di elettroni in numero pari, o, quanto
meno, possiede cariche positive e negative ugua-
li, e la carica positiva sembra occupare il centro
del sistema. Gli elettroni negativi o forse sol-
tanto una parte di essi si muovono intorno a
tutto il resto, come i pianeti intorno al sole.
Le forze molecolari e atomiche sarebbero sol-
tanto manifestazioni del movimento degli elet-
troni; lo stesso si dica delle diverse modalità del-
l’energia (luce, elettricità, calore).
Conseguenza notevole: la nozione di conser-
vazione della massa (o della quantità di ma-
teria), che insieme con l’inerzia era a fonda-
mento della meccanica, non sembra più da man-
ABEL REY
571
tenere nella meccanica elettromagnetica: la
massa ponderabile sarebbe infatti costante spio
alle velocità medie, inferiori a un decimo della
velocità della luce; ma, essendo funzione della
velocità, essa sembra aumentare con quest’ul-
rima tanto piu rapidamente quanto più ci acco-
stiamo alla velocità della luce. Quest’ipotesi
suppone dunque in sostanza sia le cariche elet-
triche di nome diverso e l’etere, sia soltanto
l’etere, in quanto l’elettrone è solo una modi-
ficazione dell’etere. ,
Oggi, infine, i lavori del dottor Le Bon *
e di alcuni fisici inglesi sembrano condurci a
concludere che né la quantità di materia né la
quantità di energia rimangono costanti. L’una
e l’altra sarebbero solo relazioni dipendenti
dallo stato dell’etere e dal suo movimento **.
[163-171] Oggi non rimane e non deve ri-
manere niente di questa concezione. Ci si trova
esattamente ai suoi antipodi. Tutti i fisici sono
disposti a rivedere i principi fondamentali della
scienza, o a circoscriverne Tapplicazione, ogni
volta che nuove esperienze ne verranno for-
nendo i motivi necessari [...].
Ma si deve allora concludere che, per ciò
stesso, i fisici abbandonano la speranza di acqui-
sire i principi fondamentali e gli elementi più #
profondi mediante i quali sarà spiegata e com-
presa una parte sempre più ampia del dato?
* Gustave Le Bon, L’évolution de la matière e L’évolution des forces, Paris,
FJammarion.
** Vi sarebbe trasformazione di materia in energia e di energia in materia.
Ma per materia bisogna, naturalmente, intendere solo la materia ponderabile,
e per energia solo la capacità di lavoro manifestabile [...].
572
LENIN
Agnosticismo =
materialismo che
si vergogna 145
Benché opposta all'errore dei vecchi meccani-
cisti, questa conclusione sarebbe tuttavia un
errore non meno pericoloso. Lo spirito odierno
delle scienze fisico-chimiche, lo spirito scien-
tifico moderno non consiste neirarretrare di-
nanzi dl’ignoto [...].
Mettere in dubbio i principi della conser-
vazione della massa, o della materia pondera-
bile, fe cosa che non spaventa piu, come si è
visto, i fisici d’avanguardia.
La verità non è già fatta, ma si fa di giorno
ir giorno. E<;co la conclusione che bisogna
ripetere incessantemente. Ogni giorno che pas-
sa il nostro spirito, in virtù del lavoro scienti-
fico, si conforma sempre piu strettamente al suo
oggetto e lo penetra più profondamente. Le af-
fermazioni che abbiamo creduto di poter for-
mulare a conclusione dello studio delle scienze
matematiche si ripresentàno qui in modo quasi
necessario o almeno molto naturale. Il progres-
so scientifico istituisce in ogni istante tra le
cose e noi una corrispondenza che è insieme più
stretta e più profonda. Noi comprendiamo me-
glio e di più [...].
La discussione tra ene rge tisti e me c canicisti ,
discussione spesso molto animata, soprattutto
da parte degli energetisti, non è altro, a ben
considerarla, che un momento del progresso
delle scienze fisico-chimiche, e un momento ne-
cessario [...],
L’energetica ha anzitutto ammonito contro
un certo abuso di modelli meccanici, contro la
tentazione di prendere tali modelli per realtà
oggettive. Essa ha inoltre approfondito la ter-
modinamica e mostrato bene la portata univer-
sale delle sue leggi fondamentali, che, invece
ABEL REY
573
di restare confinate entro gli studi relativi al
calore, trovano un’applicazione legittima e ne-
cessaria in tutta l’estensione delle scienze fisico-
chimiche. Ampliando la portata di queste leggi,
l’energetica ha contribuito vigorosamente a pre-
cisarne la formula. Di più: se l’energetica si è
rivelata meno feconda del meccanicismo ri-
guardo alle scoperte, essa appare pur sempre
un notevole strumento di esposizione, sobrio,
elegante, logico. Infine, e la cosa è soprattutto
evidente tra i chimici, come van t’Hoff, van
der Waals e Nernst, ma si registra sempre più
spesso anche tra i fisici, si accettano volentieri
entrambe le teorie e si sceglie pòi, in ciascun
caso, quella che si presta meglio al proprio
studio. Le si applica simultaneamente; si muove
dalle equazioni generali della termodinamica, a
seconda che l’itinerario scelto sembri più sem-
plice o più adatto. In effetti, le teorie fisiche
sono essenzialmente ipotesi, strumenti di ricer-
ca e di esposizione, o di organizzazione. Esse
sono forme, quadri da riempire con i risultati
dell’esperienza. E soltanto questi ultimi costi-
tuiscono il vero, reale contenuto delle scienze
fisiche.
Su di essi convengono tutti i fisici, e il loro
numero sempre crescente, sempre più armo-
nico e concorde, contrassegna bene i progressi
della fisica, la sua unità e la sua perennità.
Sono essi la pietra di paragone delle teorie,
delle ipotesi, eli cui ci si è serviti per scoprirli e
che cercano di organizzarli, rispettando le loro
reali affinità, riproducendo con la massima pre-
cisione possibile Lordine della natura. Queste
teorie, benché siano sempre ipotetiche e, quindi,
perdano sempre qualcosa, — e talora molto, —
via via che l'esperienza ci reca nuove scoperte,
tuttavia non muoiono mai del tutto. Si inte-
grano tramutandosi in teorie nuove, più com-
prensive e più adeguate [...].
574
LENIN
Dobbiamo considerare come un ri-
sultato importante di quest ultima il' trasferi -
mento deiratomistica nella scienza elettrica [...].
L’atomistica, con questo meraviglioso amplia-
mento del proprio orizzonte, ha posto un gran
numero di processi fisici e chimici in una luce
radicalmente nuova [...].»*
S 8. Riassunto e conclusioni
?
NB
Se l’ignoto è immenso, sarebbe dunque inop*
portuno chiamarlo ora, come si faceva corren-
temente alcuni anni or sono, inconoscibile.
I ripetuti e irrimediabili fallimenti dei ten-
tativi metafisici avevano indotto la fisica a costi-
tuirsi come scienza eliminando decisamente il
problema della materia. Essa si è posta da
allora a indagare le leggi dei fenomeni parti-
colari. È stata una « fisica senza materia » [...].
In conformità con la storia instancabilmente
ripetuta dallo spirito umano, da quando esso si
sforza di conoscere le cose, la scienza viene
sottraendo al mondo delle chimere metafisiche
un nuovo oggetto di studio. La natura della
materia non è più un problema metafisico, per -
ché diventa un problema di ordine sperimentale
e positivo. Certo, questo problema non è scien-
tificamente risolto, può suscitare ancora molte
sorprese, ma un dato sembra essere ormai acqui-
sito: non è certo la metafisica la scienza che lo
risolverà.
Credo, del resto, e ho tentato di mostrarlo
altrove, che le rappresentazioni cinetiche saran-
* W. Nerost, in Revue générale des Sciences , 15 marzo 1908,
ABEL REY
575
no sempre intimamente connesse con il pro-
gresso della fisica, perché costituiscono uno stru-
mento molto utile, se non indispensabile, per
le scoperte e sono meglio adeguate alle condi-
zioni della nostra conoscenza. Ecco perché
ravviso Tavvenire della fisica nella prosecuzione
delle teorie meccanicistiche. Ecco perché ho
appena detto che verosimilmente la teoria ener-
getica sarà assorbita, come il vecchio meccanici-
smo, in un cinetismo più duttile e più severo
riguardo alEammissione dell’ipotesi
IV . Il problema della vita
5 1. Introduzione storica
[173-174] Con il problema della vita per-
veniamo alle divergenze fondamentali che pos-
sono separare la filosofia dalla scienza. Si può
affermare che il dibattito è stato sinora soprat-
tutto teorico. La maggior parte dei filosofi, de-
gni di questo nome, ammette che praticamente
i risultati scientifici valgono per la materia.
E, se sul piano speculativo essi hanno potuto
formulare alcune obiezioni contro tale validità,
tuttavia riconoscono che ogni cosa si svolge come
se le conclusioni della scienza fossero, se non
fondate di diritto, quanto meno applicabili di
fatto alla realtà materiale. Quest’ultima si pre- | | |
sta, in qualche modo, a essere espressa me-
diante le relazioni matematiche, meccaniche, fi-
sico-chimiche [...].
[177] Barthez e la scuola di Montpellier,
pur continuando a credere che i fenomeni della
vita possano derivare soltanto da una causa
576
LENIN
speciale, riconducono i fenomeni a una forza
vitale, diversa a un tempo dalle forze materiali
e dairanima: di qui il nome di vitalismo dato a
questa teoria [...].
§ 3. La linea di demarcazione tra il meccani -
cismo e il neovitalismo
[189*190] Se tentiamo di sintetizzare in
qualche modo il neovitalismo, attraverso i suoi
principali esponenti, scienziati o filosofi, ecco
quale ci sembra il punto d’arrivo: la critica
che i neovitalisti rivolgono al meccanicismo bio-
logico si ricollega intimamente alla critica che
la filosofia pra gmatistica, antintellettualistica o
agnostica ha rivolto alle scienze matematiche e
alle scienze fisico-chimiche. Crediamo di cam-
biar problema perché si passa dalla materia al-
la vita. Ma in fondo ci troviamo di nuovo,
come abbiamo lasciato intravedere- all’inizio,
dinanzi allo stesso problema fondamentale, e
questo problema è sempre il problema del
valore della scienza in quanto sapere. Cambiano
soltanto i termini particolari in cui nella fatti-
specie si pone.
Che cosa, in realtà, si rimprovera alle scien-
ze matematiche o fisico-chimiche nella nuova
filosofia? A tali scienze si rimprovera di essere
un simbolismo, arbitrario e utilitario, costruito
per i bisogni pratici della nostra intelligenza,
della nostra ragione, che sono facoltà di azione
e non di conoscenza. Ora, quando estendiamo
ai fatti biologici il metodo fisico trasfe-
ABEL REY
577
riamo naturalmente nei risultati, che questo
metodo ci consente di acquisire, anche le con-
seguenze che esso implica circa il valore di tali
risultati. Il meccanicismo fisico-chimico sarà
quindi una formula eccellente per assicurarci
un'incidenza pratica sulle cose della vita, ma
sarà totalmente incapace di insegnarci che cosa
la vita sia. Come le scienze fisico-chimiche nel
campo della materia, cosf anche il meccanicismo
fisico-chimico nel campo della vita ci consentirà
di agire, però mai di sapere [„J.
[192-194] I neotomisti reintegrano nella
materia la forza, l'aspirazione, il desiderio, ria-
nimano la materia con il soffio, pur pagano,
deirilozoismo, da cui i greci e, in particolare,
Aristotele sembrano non essersi mai distaccati
completamente. Essi travisano, del resto, la dot-
trina ellenica. La materia non ha per loro altra
attività che la forza immessavi dal creatore: il
ricordo, per cosi dire, di essere stata creata e
il marchio indelebile che essa ne porta [...].
Cosi, tanto i nominalisti, che hanno una
affinità assai stretta con questo movimento neo-
scolastico *, quanto i pragmatisti, che civettano
con queste filosofie della fede (che si potreb-
bero definire molto spesso filosofie di credenti),
hanno creduto di avere il diritto di dire che le
scienze della materia non esauriscono il con-
tenuto del loro oggetto. Per conoscere vera-
mente, bisogna «andare oltre» [...].
NB
* I neoscolastici o neotomisti cercano soprattutto di riabilitare le interpre-
tazioni scolastiche delTaristotelismo e, quindi, le dottrine filosòfiche di san Tom-
maso. I nominalisti insistono sul carattere simbolico, artificiale e astratto della
scienza, sullo scarto enorme tra la realtà e le sue formule. I pragmatisti hanno
una dottrina analoga, che poggia però su una metafisica più generale. Tutta
la conoscenza è indirizzata verso Fazione; e, quindi, noi conosciamo soltanto
ciò che riguarda il nostro modo di agire. Tutte queste filosofie sono agnostiche
nel senso che ci negano la possibilità di giungere, con l’ausilio~deìle nostre
facoltà intellettuali, a una conoscenza adeguata ed esatta del reale [...].
37-639
578
LENIN
NB
Per un vitalista la vita ha la funzione di
una forza creatrice; ma, per il fatto stesso di
dipendere inoltre da condizioni materiali» essa
non è affatto una creazione ex nihilo. La vita
fornirà indubbiamente, nel risultato della sua
operazione, qualcosa di nuovo e di imprevedi-
bile, ma, per pervenirvi, dovrà aver operato su
elementi preesistenti, che essa avrà combinato
tra loro, e soprattutto sulla base di elementi
preesistenti a cui avrà aggiunto qualcosa. Le mu-
tazioni riscontrate dal botanico de Vries (che,
da meccanicista, le interpreta diversamente)
saranno qui la manifestazione stessa e la prova
di queste aggiunte creative.
§ 4. Il neovitalismo e il meccanicismo si distin-
guono soltanto per le ipotesi filosofiche che
integrano la scienza
[204] Ma nel metodo vitalistico entelechie
e dominanti non hanno niente in comune con
III gli elementi figurati: i fini non sono raffigurabili
si tradisce! I I perché non esistono materialmente, o, almeno,
non esistono ancora, in quanto sono nel dive-
nire di una realizzazione progressiva.
J 6 . Il meccanicismo è anche solo un'ipotesi
[216-218] Ma sarebbe contrario a tutti gli
insegnamenti delPesperienza pretendere che, nei
fenomeni della vita, tutto possa ridursi alle leg-
gi fisico-chimiche e che il meccanicismo sia stato
verificato sperimentalmente in tutta la sua esten-
sione. Noi sappiamo, invece, solo poche cose
ABEL REY
579
riguardo alla vita. La biologia sperimentale ha
al suo attivo un numero di risultati conside-
revoli, se li si prende in sé stessi, e però mi-
nimi, se li si paragona a tutti quelli che dob-
biamo ancora acquisire.
Perché allora invilupparsi nelle teorie mec-
canicistiche? — si è indotti a pensare. Non
bisogna forse bandire dalla scienza queste ipo-
tesi molto generali la cui verifica presuppone il
pieno compimento della scienza? Ritroviamo
qui un’opinione che abbiamo già visto predi-
cata da un certo numero di fisici a proposi to
della fisica e, precisamente, a proposito delle
teorie meccanicistiche in fisica. Rammentiamo
che taluni energetisti hanno voluto espellere
dalla fisica le ipotesi meccanicistiche in quanto
generalità incontrollabili, inutili e persino peri-
colose. Incontriamo ora tra i biologi alcuni
scienziati che assumono lo stesso atteggiamen-
to e si richiamano direttamente a questi fisici
energetisti [...].
La scuola energetica si differenzia dalla scuo-
la meccanicistica meno nettamente nella biolo-
gia che nella fisica. Essa è piuttosto un aspetto
vvwvww
timido del meccanicismo, in quanto si oppone
al finalismo e postula una conformità tra i
fenomeni della vita e i fenomeni inorganici.
NB
un aspcct
timide du
mécanisme
NB
§ 7. Conclusioni generali: indicazioni sulla
biologia
[223-224] La materia vivente è palesemente
condizionata dall'abitudine e dall'eredità: tutto
jì svolge come se essa avesse memoria
37
580
LENIN
Ci si avvicina
al materialismo
dialettico
NB
di tutti i suoi stati antecedenti. Ora, si dice,
la materia bruta non rivela mai questa pro-
prietà. Sarebbe persino contraddittorio imma-
ginarlo. Tutti i fenomeni materiali sono rever-
sibili. Tutti i fenomeni biologici sono irrever-
sibili.
Si dimentica, in queste conclusioni, che il
secondo principio della termodinamica può es-
sere chiamato principio di evoluzione o di ere-
dità * [...],
[227] La scienza non può risolversi a con-
siderare come per sempre isolati i diversi ordini
di fatti per cui essa si è suddivisa nelle scienze
particolari. Questa suddivisione ha cause del
tutto soggettive e antropomorfiche. Deriva uni-
camente dalle necessità dello studio, che costrin-
gono a disporre in serie le questioni, a concen-
trare la propria attenzione su ognuna di esse
separatamente, movendo dal particolare per
giungere al generale. La natura, in sé stessa,
è un tutto.
V. Il problema dello spirito
§ 2. Uantico empirismo e le antiche concezioni
antimetafisiche: il parallelismo psico-fisiologico
[242-246] Benché il razionalismo metafisico
costituisse la grande tradizione filosofica, le sue
antiche affermazioni apriori non potevano non
* Clausius ha chiamato entropia questo principio, termine che corrisponde
esattamente al termine di evoluzione, derivato non dal latino, ma dal greco.
ABEL REY
581
suscitare obiezioni negli spiriti critici.. Cosi,
in ogni età, vediamo dei filosofi che tentano di
resistere alle correnti razionalistica e metafisica.
Essi sono anzitutto i sensualisti e i materialisti,
nonché poi gli associazionisti e i fenomenisti.
In generale, li si può chiamare empiristi.
Invece di opporre lo spirito alla natura,
essi cercano di ricollocare lo spirito nella na-
tura, Tuttavia, continuano a concepire Io spi-
rito nello stesso modo semplicistico e intellet-
tualistico di coloro contro i quali si battono [...].
La teoria empiristica raffigurava lo spirito
alTincirca come l’atomismo raffigura la materia.
Si tratta di un atomismo psicologico in cui gli
atomi sono sostituiti dagli stati di coscienza:
sensazioni, idee, sentimenti, emozioni, sensazio-
ni di piacere e di dolore, movimenti, volizioni,
ecc. [...].
I nostri stati psicologici sono cosi Pinsieme
delle coscienze elementari che corrispondono agli
atomi di cui son fatti i nostri centri nervosi.
Lo spirito è parallelo alla materia. Esso esprime
nella forma che gli è propria, nella sua lingua,
ciò che la materia esprime, a sua volta, nella
forma che le è propria e in un’altra lingua.
Spirito, da una parte, e materia, dall’altra parte,
sono due traduzioni reciproche di uno stesso
testo.
Per gli idealisti il testo primitivo è lo spi-
rito; per i materialisti è la materia; per gli
spiritualisti dualisti i due testi sono entrambi
primitivi, in quanto la natura è stata scritta
simultaneamente nelle due lingue; per i monisti
puri si ha a che fare con due traduzioni di
un testo primitivo che ci sfugge [...].
582
LENIN
5 3. La critica moderna del parallelismo
[ 248 - 249 ] Quando si dice che la coscienza
è una e continua, bisogna guardarsi dal credere
che si restauri la teoria dell’unità e dell’identità
dell’io, che era una delle pietre angolari dell’an-
tico razionalismo. La coscienza è una , ma non
resta mai identica a sé stessa, come succede,
del resto, a ogni essere vivente. Essa cambia
continuamente, non come una cosa creata una
volta per tutte e che rimane ciò che è, ma come
un essere che si crea senza posa: l’evoluzione
è creatrice. Si aveva bisogno della nozione di
identità e permanenza solo quando, per ritro-
vare le apparenze reali, era necessario sovrap-
porre agli stati multipli, che si credeva di rinve-
nire sotto tali apparenze, un nesso di sintesi
e di unità. Ma, se si suppone che la realtà è
essenzialmente continua e che le soluzioni di
continuità che vi si trovano sono artificiali, non
occorre piu richiamarsi a un principio di unità
e permanenza.
( I Le teorie del pragmatismo anglo-americano
[ sono molto virine a quelle appena descritte.
Esse sono molto diverse, soprattutto nelle ap-
plicazioni morali e logiche, che si è tentato di
trarne. Ma ciò che costituisce la loro unità e
consente di raggrupparle insieme sono appunto
i tratti generali della soluzione che esse hanno
1 dato al problema della coscienza. W. James, il
I grande psicologo del pragmatismo, ha dato a
questa soluzione la sua forma più nitida e
completa. La sua concezione si oppone a un
tempo, e quasi per le stesse ragioni, alla % con-
cezione del razionalismo metafisico e a q uella
deirempirismo
[251-252] W. James sostiene inoltre che,
per giungere a questa teoria, si è limitato sol-
tanto a seguire con estremo rigore gli insegna-
ABEL REY
583
menti dell’esperienza: e quindi egli la chiama
« teoria dell 'empirismo radicale » o della « pura
esperienza » . Secondo lui, l’antico empirismo
era imbevuto dell’illusione metafisica e razio-
nalistica: James ha quindi tentato di liberarlo
completamente da tale illusione.
È incontestabile che a queste nuove teorie
sulla coscienza sia toccato in pochissimo tempo
un eccezionale favore: gli inglesi Schiller e
Peirce, gli americani Dewey e Royce, in Francia
e in Germania scienziati come Poincaré, Hertz,
Mach, Ostwald e, inoltre, quasi tutti coloro
che desiderano rinnovare il cattolicesimo, pur
restandogli fedeli, possono essere ricondotti alla
corrente di idee di cui Bergson e James hanno
espresso le posizioni più sistematiche. È al-
tresì incontestabile che questo favore sembra
in gran parte meritato [...].
[254-255] A proposito del problema della
conoscenza e della verità, vedremo che in ef-
fetti il pragmatismo è stato spesso condotto a
conclusioni scettiche, ma che queste conclusioni
sono lontane dall’essere necessarie. Lo stesso
James, che in determinati momenti sembrava
molto vicino a un irrazionalismo scettico, ha fat-
to rilevare che, in una interpretazione rigorosa
dell’esperienza, non bisogna ritenere che l’espe-
rienza ci fornisca soltanto la nozione dei fatti
isolati, ma che essa ci dia anche e soprattutto
la nozione delle relazioni esistenti tra i fatti [...].
Sembra cosi che il nuovo orientamento
manifestatosi nella filosofia e che si fe designato
con il nome di pragmatismo segni un progresso
incontestabile nelle concezioni scientifiche e
filosofiche dello spirito.
La « teoria
dell’esperienza »
di James
NB
James,
Bergson
e i preti
584
LENIN
$ 4. Concezione generale dell 1 attività psicologica
[256-261] Bisognerebbe adesso precisare in
che cosa consistano le relazioni che costituisco-
no il mondo psicologico e come si differenzino
dalle relazioni che Costituiscono il resto della
natura e dell’esperienza. Su questo tema il
fisico viennese Mach ha dato forse le indica-
zioni più chiare *. In ogni esperienza ciò che
è dato dipende da una moltitudine di relazioni
che si suddividono anzitutto in due gruppi: le
relazioni verificate in modo identico da tutti
gli organismi esteriormente analoghi al nostro,
ossia da tutti i testimoni, e le relazioni che
differiscono a seconda del testimone. La psico-
logia ha per oggetto le seconde, il cui insieme
costituisce ciò che noi chiamiamo attività psi-
cologica. Più precisamente, le prime sono ind i-
pendenti dal nostro organismo e dall’attività
biologica. Le ^eqpnde dipendono da essi in
modo stretto e necessario [...].
Matematica, meccanica, fisica, chimica, bio-
logia sono scienze che ritagliano ognuna un
gruppo di relazioni nell’insieme delle relazioni
implicate nel dato, indipendenti e da conside-
rare indipendentemente dalla nostra organizza-
zione. Si tratta di relazioni oggettive, che sono
oggetto delle scienze della natura, il cui ideale
consiste nell’eliminare dal dato tutte le rela-
zioni che fanno dipendere questo dato dal no-
stro organismo [...].
L’esperienza ci rivela un reciproco influsso
del biologo e del psicologo, un sistema di rela-
zioni tra essi. Perché non considerare ognuno di
questi due ordini di fatti come due ordini di
fatti naturali, che agiscono e reagiscono l’uno
sull’altro, al modo stesso di tutti gli altri ordini
* Annie psychologique 1906, XI I« année, Paris, Schleicher.
ABEL REY
585
di fatti naturali: fenomeni calorici, elettrici, ot-
tici, Chimici, ecc.? Non vi è piu — né meno —
differenza tra tutti questi ordini di quanta ve
ne sia tra l’ordine biologico e Tordine psico-
logico. I fenomeni devono essere considerati
tutti sullo stesso piano e come capaci di con-
dizionarsi reciprocamente.
Si obietterà senza dubbio a questa conce-
zione che essa non spiega perché si dia l’espe-
rienza e la conoscenza di tale esperienza da
parte di un organismo. Ma non sembra forse di
poter e dover ribattere che questo problema,
come tutte le questioni metafisiche, è mal posto
e inconsistente? Esso deriva da un’illusione
metafisica che oppone sempre lo spirito all’uni-
verso. Non si può dire perché vi sia l’espe-
tale si impone [...].
Sinora è sembrato che l’esperienza , o, per
scegliere un termine meno equivoco, il dato,
dipenda dalle relazioni matematiche, meccani-
che, fisiche, ecc. Quando si prosegue l’analisi
di queste condizioni, ci sembra inoltre che il
dato dipenda da determinate relazioni di cui
si può dire all’ingrosso che lo alterano secondo
lo stato dell’individuo a cui viene fornito: que-
ste deformazioni costituiscono il soggettivo, lo
psicologico. Possiamo noi determinare — sem-
pre all’ingrosso e alla lontana, s’intende — il
significato generale di queste relazioni nuove,
di queste alterazioni, ossia il senso in cui la
analisi scientifica, progredendo nei secoli, ri-
schia di svelare le relazioni più generali (i
principi) da esse implicate?
Perché, in altri termini, il dato, invece di
essere identico per tutti gli individui, invece
di essere un dato grezzo che fa tutt’uno con
la conoscenza che se ne ha, è soggettivamente
deformato? Deformato al punto che un buon
« l’esperienza
è un fatto *
586
LENIN
Pesperienza
degli individui
socialmente
organizzati
NB
numero di filosofi e il senso comune sono giun-
ti a spezzare l’unità dell’esperienza e a porre
l’irriducibile dualismo delle cose e dello spirito,
che non è altro se non il dualismo tra l’espe-
rienza cosi come è in tutti, via via che le scienze
la rettificano, e Pesperienza cosi come viene
deformata in una coscienza particolare
[271-272] Le immagini non sono, come
ha sostenuto il soggettivismo, identiche alle
sensazioni, ove si dia a questo termine, e quivoco
per l'ampiezza del significato, il senso di espe-
rienze immediate. L’analisi di Bergson è st ata
su questo punto tutt’altro che infeconda. L’im-
magine b il risultato di determinate relazioni
già implicate nell’esperienza immediata, cioè
nella sensazione. Quest’ultima ne implica però
molte altre. Siano date soltanto le relazioni che
costituiscono il sistema « immagine » ( sistema
parziale, se paragonato al sistema totale della
sensazione e dell’esperienza immediata), o, per
essere più precisi, siano date soltanto quelle
relazioni del sistema totale che implicano per
il dato una dipendenza dall’organismo, e allora
avremo appunto l’immagine, il ricordo.
Nel definire cosi il ricordo, ci siamo limi-
tati a esprimere i risultati più recenti della
psicologia sperimentale e al tempo stesso le
idee più antiche del senso comune: il ricordo
è un’abitudine organica. Il ricordo ha in co-
mune con la sensazione primitiva soltanto le
condizioni organiche. Gli mancano tutte le rela-
zioni extraorganiche, implicate nella sensazione,
con ciò che chiamiamo resterno.
Questa completa dipendenza dell’immagine e
questa parziale dipendenza della sensazione dalle
condizioni organiche consentono anche di ca-
pire l'illusione, Tinganno dei sensi, il sogno e
l’allucinazione, quando, tagliate in modo al-
quanto anormale le relazioni con l’esterno,
ABEL REY
587
resperienza risulta ridotta, per un individuo, a
ciò che avviene nel suo organismo, cioè alle
relazioni che dipendono da esso e, quindi, al
puramente psicologico, al puramente sogget-
tivo [...].
§ 5. Il problema délVinconscio
[280] La nostra vita, pienamente cosciente,
è solo una parte molto esigua deirinsieme del-
la nostra complessiva attività psicologica. Essa
è come il centro di una proiezione luminosa
intorno alla quale si estende una ben piu ampia
zona di penombra che digrada pian piano verso
l’ombra assoluta. La vecchia psicologia aveva
il gran torto di considerare psicologica soltanto
l’attività pienamente cosciente.
Ma, se è difficile ampliare troppo l’esten-
sione delLinconscio nella nostra organizzazione,
non bisognerebbe esagerare tuttavia, come ha
fatto troppo spesso una certa psicologia prag-
matistica, la portata qualitativa di questo in-
conscio.
Secondo certi pragmatisti, la coscienza chia-
ra, la coscienza intellettuale e razionale sarebbe
la parte piu superficiale e insignificante della
nostra attività [...].
§ 6. La psicologia e la nozione di finalità
[285-286] All’osservazione immediata e su-
perficiale la vita psicologica superiore sembra
dunque tutta improntata alla finalità. Se si ge-
neralizza, con un procedimento familiare, dal
noto all’ignoto, si vede che si è anche cercato
588
LENIN
NB
NB
di interpretare in modo finalistico l’intera vita
psicologica inferiore. Il movimento riflesso più
elementare, come il batter della palpebra di-
nanzi a una luce troppo viva, i piaceri e i
dolori fisici più semplici, le emozioni primitive,
tutti questi fatti non sembrano forse prescritti
dalla conservazione e dal progresso della specie
o dalla conservazione e dal progresso dell’indi-
viduo? Dall’ameba, grumo protoplasmico rudi-
mentale, che ricerca determinate radiazioni lu-
minose e si sforza di evitarne altre, dall’ameba
in su, tutta l’attività che si crede di poter
qualificare come un’attività cosciente non ap-
partiene forse alla categoria della tendenza , e
una tendenza non è forse una finalità in atto?
Non stupisce allora di vedere W. James,
Tarde e molti altri concludere da questi fatti
che le leggi psicologiche sono d’una natura ra-
dicalmente diversa rispetto a quella delle altre
leggi naturali. Si tratta di leggi teleologiche [...].
La concezione teleologica della legge psico-
logica è in fondo solo un travestimento scien-
tifico imposto alle concezioni metafisiche, che
tramutano la tendenza, la volontà di vivere,
l’istinto, la volontà, l’azione nell’essenza di tut-
to resistente. Essa è stata inoltre accolta, illu-
strata e sviluppata dai pragmatisti, cioè dai
sostenitori del primato dell’azione. Per costoro
psicologia funzionale e psicologia finalistica sono
sinonimi
§ 7. Il problema della sopravvivenza
[294-296] L’antitesi tra l'attività, la realtà
inanalizzabile, da una parte, e la relazione, dal-
l’altra parte, viene scomparendo e, tanto per
lo spirito quanto per la materia, deve essere
ABEL REY
589
lasciata nel ciarpame d’una metafisica invec-
chiata. Tutto il dato è soltanto una sintesi, che
la scienza continua ad analizzare, a ricondurre
alle sue condizioni e, in seguito, a scomporre
in relazioni.
Ma che cosa diventa allora Pimmortalità
dello spirito, e soprattutto la sua immortalità
personale, dato che, da duemila anni, teniamo
più di tutto proprio a questa immortalità?
Non seguire la legge delle cose, non seguire
la legge di tutti i viventi, non scomparire, non
annientarsi in un’altra cosa! Correre questo bel
rischio, ideato in ritardo da quel cattivo gioca-
tore che è l’uomo, da quel cattivo giocatore
che vuole vincere la « bella » ed esige che i
dadi vengano truccati in suo favore!
È indubbio che ben difficilmente un sistema
di relazioni può sembrare eterno o immortale.
Ma qui non vi è niente che sia assolutamente
impossibile. Improbabile, si! Impossibile, no!
Occorrerebbe soltanto, sul piano su cui ci sia-
mo posti, che l’esperienza distruggesse l’impro-
babilità o, quanto meno, la trasformasse in
probabilità.
L’esperienza ci dovrebbe far scoprire dietro
il soggettivo condizioni che sussisteranno an-
che dopo la scomparsa dell’organismo, relazioni
che fanno dipendere parzialmente il soggettivo
da altro che non sia quest’organismo. Tocca al-
l’esperienza decidere. Essa soltanto può elimi-
nare i dubbi. A priori niente si oppone a che
siano scoperte determinate condizioni o rela-
zioni comportanti rindistruttibilità — almeno
parziale — di una parte del dato, per esempio,
della coscienza.
Ma — occorre dirlo? — l’esperienza non d
ha ancora mai presentato niente di simile. Non
ignoro che gli spiritualisti affermano il contrario.
Ma si tratta di una pretesa. Le loro esperienze
590
LENIN
P immortaliti
e l'agnostirismo
di Rey
— quelle almeno che non sono truccate e truf-
faldino (e non sono forse la minoranza?) —
possono tutt’al piu indurre a pensare che, allo
stato attuale delle cose, esistano determinate
forze naturali, determinati movimenti mecca-
nici , di cui conosciamo assai male le manifesta-
ziom e peggio ancora le condizioni e le leggi -
È persino probabile che esse dipendano dal-
l’organismo umano e concernano semplicemente
Tinconscio psicologico e l'attività biologica.
Cosi, dinanzi alla miseria delle presante ve-
rifiche sperimentali della sopra wiveàza, la teo-
ria dell’immortalità dell’anima può conservare
soltanto la forma già datale da Socrate e da
Fiatone: è un rischio da correre, è un appello
all’ignoto, e un appello a cui sembra che non
si potrà mai avere una risp osta
VI. Il problema morale
S 1. La morale irrazionale : misticismo o tradi-
zionalismo
NB
NB
[301-306] Le nuove filosofie sono perciò,
anzitutto, dottrine morali. E, a quanto sembra,
queste dottrine possono definirsi come un mi-
sticismo dell'azione . Una tale posizione non è
nuova, fe già stata quella dei sofisti, per i quali
non esisteva né la verità né l’errore, ma sol-
tanto il successo. È già stata la posizione dei
probabilisti e degli scettici postaristotelici, di
certi nominalisti, al tempo della scolastica,
dei soggettivisti del XVIII secolo e, in parti-
colare, di Berkeley.
ABEL REY
591
Le dottrine degli anarchici intellettuali, co-
me Stirner e Nietzsche, poggiano sulle stesse
premesse.
Nella requisitoria del nominalismo e del
pragmatismo attuali le parole sono dunque piu
nuove delle cose
Quando alcuni modernisti, come Le Roy ,
derivano dal pragmatismo un'apologià del cat-
tolicesimo, essi non ne traggono forse quel che
volevano trarne alcuni filosofi che hanno fon-
dato il pragmatismo. Ma derivano da esso con-
clusioni che possono essere tratte legittima-
mente e che, del resto, sono state derivate, o
quasi, da pragmatisti illustri, come W, James -
e i filosofi della scuola di Chicago. Credo anzi
di poter affermare di piu. Credo che Le Roy
tragga le sole conclusioni che legittimamente
dovevano esser tratte da questo modo di pen-
sare [...].
Ciò che caratterizza il pragmatismo è Taf-
fermazione che è vero tutto ciò che riesce e,
in un modo o nell’altro, si conforma all'istante:
scienza, religione, morale, tradizione, uso, rou-
tine. È da prendere sul serio, e sul serio allo
stesso modo, tutto ciò che raggiunge uno scopo
e consente di agire [...].
Che cosa ha sinora mandato in rovina tra-
dizioni e dogmi? La scienza, o, se si preferisce
considerare lo strumento anziché l’opera, la ra-
gione. La scienza vive di libertà; la ragione
non è altro in fondo che il libero esame. Scienza
e ragione sono quindi anzitutto rivoluzionarie,
e la civiltà greco-occidentale, fondata su di
esse, è stata, è e sarà una civiltà di ribelli.
La rivolta è stata sinora il nostro solo stru-
592
LENIN
mento di liberazione e la sola forma in cui ab-
biamo potuto conoscere la libertà. Intendo la
rivolta spirituale di una ragione padrona di sé
e non la rivolta brutale che è stata soltanto la
ganga — spesso utile, talvolta indispensabile —
di quel prezioso metallo che è la prima rivolta.
Il principale aiuto che si può fornire al-
la tradizione, alla conservazione degli antichi
valori morali, per usare il termine di moda,
consiste quindi nello svalutare la scienza. Ecco
perché il pragmatismo, il nominalismo dove-
vano avere quale conseguenza logica, come ha
visto assai bene la maggior parte di coloro
che li hanno accolti con intelligente cognizione
di causa, la giustificazione di determinati motivi
d'azione: religiosi, sentimentali, istintivi, tradi-
zionali. Sullo stesso piano dei motivi d'azione
improntati alla conoscenza scientifica, o, ancor
più logicamente, su un piano superiore, in
quanto la scienza mira solt anto all’azione indu-
striale, la nuova filosofia doveva finire per
legittimare una morale irrazionale: slancio del
cuore o sottomissione all'autorità, misticismo o
tradizionalismo . Il tradizionalismo arriva talora
cosi lontano che alcuni (W. James, per esem-
pio) non esitano a ritornare, nell’etica, all'as-
soluto delle morali razionalistiche
§ 4. La scienza dei costumi
[314] Perché questa concezione della mo-
rale come arte razionale sia possibile, occorre
evidentemente che ci sia una scienza dei costu-
mi. La metafisica si riapre qui alla speranza. In
effetti, la sociologia, di cui questa scienza dei
costumi è soltanto una sezione, è appena nata.
Essa è ancora, come la psicologia, pur se in
ABEL REY
593
uno stadio meno avanzato, nel periodo in cui
bisogna discutere contro i metafisici sul metodo,
suiroggetto della scienza e sul suo diritto alla
vita. Sembra tuttavia che la questione, qui come
altrove, finisca per essere risolta in favore degli
sforzi scientifici. Non si può impedire ai meta-
fisici di ciarlare, ma si può lasciar dire e intanto
fare. Ora, per merito dei lavori di Durkheim
e della sua scuola, la sociologia ha lavorato e
fatto [...].
VII. Il problema della conoscenza e della verità
§ 1. Soluzione tradizionale
[325-326] Gli scienziati, gli scienziati puri,
si preoccupano, invero, assai poco di questo
problema della verità. Per loro è sufficiente
pervenire ad affermazioni che ottengano il con-
senso universale e si presentino quindi come
necessarie. Per loro ogni esperienza, condotta
metodicamente e debitamente controllata, è ve-
ra. La verifica sperimentale: ecco, come si
dice, il criterio della verità. E gli scienziati
hanno pienamente ragione, giacché la pratica
ha giustificato sempre questa posizione. Sup-
porre che essa non la giustificherà sempre si-
gnifica immaginare l’assurdo, dubitare per il
gusto di dubitare [...].
[328-332] I razionalisti moderni si sono
difesi energicamente dagli attacchi del pragma-
tismo quando quest’ultimo ha asserito che la
ragione dei razionalisti produceva in fondo
come risultato quello di garantire al nostro spi-
rito la copia fedele della realtà. Il pragmatismo
NB
NB
38 - 639
594
LENIN
ha, in effetti, rimproverato al razionalismo di
sdoppiare la conoscenza in due parti sincro-
niche: gli o ggetti o le cose in sé e le rappre-
sentazioni che se ne fa lo^ spirito [...].
§ 2. La critica pragmatistica
[...] James sostiene che è vero tutto ciò
che viene verificato sperimentalmente e, in al-
tri momenti, tutto ciò che assicura una riuscita
qualsiasi alla nostra attività. Se si accoglie que-
st’ultima proposizione, la conclusione quasi ne-
cessaria è che non esiste piu alcuna verità. Ciò
che riesce oggi può infatti non riuscire do-
mani: cosa frequente nella pratica, come atte-
stano i cambiamenti delle leggi e del diritto,
delle norme morali e delle credenze religiose,
delle opinioni scientifiche. Verità di oggi, errore
di domani; verità al di qua dei Pirenei, errore
al di là. Il tema è banale. E queste conclusioni,
| | che il fondatore del pragmatismo, Peirce, ha
decisamente eliminato e combattuto e alle quali
| | la grande filosofia pragmatistica, James in par-
ticolare, tenta di sottrarsi con i sotterfugi più
sottili, proprio queste conclusioni vengono ac-
colte grossolanamente dalla maggior parte degli
epigoni. Così, a proposito del problema della
verità, il pragmatismo fe diventato sinonimo di
scetticismo, come, a proposito della morale o
della fede, è diventato sinonimo di tradiziona-
lismo irrazionale.
E tuttavia, come in ogni critica, vi è senza
dubbio una parte di vero anche nella critica
che il pragmatismo rivolge al razionalismo. Di
essa si può dire quel che si è detto spesso delle
ABEL REY
595
teorìe critiche: la parte distruttiva è eccellente,
quella costruttiva lascia a desiderare. È indub-
bio che la teoria dello spirito, come specchio
delle cose, e della verità-copia, è grossolana»
mente superficiale. L'evoluzione delle verità
scientifiche attraverso tutti gli errori di cui è
seminato il cammino della scienza sta a dimo-
strarlo.
D'altra parte, quando consideriamo noi
stessi come un organismo che agisce in mezzo
airuniverso, è vero che non possiamo separare,
dopo tutto ciò che abbiamo detto in precedenza
e in base a tutti gli insegnamenti della scienza,
la verità dalla verifica sperimentale. Vere sono
soltanto le concezioni che riescono. Resta però
da accertare se siano vere perché riescono o se
riescano perché sono vere. Il pragmatismo tende
sempre a risolvere Palternativa nel primo senso.
Al buon senso sembra di poter risolverla solo
nel secondo [...].
$ 3. Indicazione relativa a una soluzione del
problema della verità
[333-334] Tutte le conoscenze che ci for-
nisce Tesperienza si concatenano e si sistema-
tizzano. Non però come nel razionalismo, cioè
per effetto di un'attività superiore, che venga
loro imponendo le sue forme. Questa concezio-
ne, volendo assicurare la fondatezza della scien-
za, conduce al contrario allo scetticismo, per-
ché fa della conoscenza Popera dello spirito, e
tale dualismo pone inevitabilmente il problema
di accertare se la conoscenza, opera dello spi-
38
596
LENIN
rito, non deformi il dato. Qui, invece, le nostre
conoscenze si sistematizzano, esattamente allo
stesso modo in cui si danno, e le relazioni
del dato hanno il medesimo valore del dato
stesso. In realtà, dato immediato e relazioni in
esso implicate sono un tutto unico indivisibile.
Gli atti di conoscenza sono tutti della stessa
natura e dello stesso valore [...]•
§ 4. Il problema dell'errore
réalisme
absolu
(= materia-
lismo sto-
rico)
0
A
X
[336-347] Nel
realismo assoluto
nel
quale ci siamo mossi sinora sembra non esservi
posto per Terrore . Ma non dimentichiamo che
abbiamo identificato esperienza e conoscenza
soltanto al punto d’avvio. È venuto ora il
momento di mostrare che cosa comporti questa
restrizione.
È un fatto di esperienza che le conoscenze
dei diversi individui non sono esattamente le
stesse. La cosa può spiegarsi in due maniere:
o esistono tante realtà diverse quanti sono gli
individui (il che è assurdo: cadremmo cosi nel
soggettivismo), oppure, — ed è questa l’al-
ternativa a cui siamo quindi costretti ad atte-
nerci, — in quanto il dato è unico e uguale
per tutti, le differenze tra le conoscenze che
gli individui ne acquisiscono derivano dalle
condizioni in cui essi sono stati e sono posti,
cioè, in altri termini, da determinate relazioni
individuali esistenti tra loro e il dato e che
Tanalisi scientifica può rivelare. A questa stessa
conclusione ci hanno condotto altre considera-
zioni formulate circa il problema della coscien-
ABEL REY
597
za. Abbiamo già visto che il dato implicava
relazioni indipendenti dairindividuo conos cente,
— relazioni oggettive, — e relazioni secondo
le quali il dato dipende dalPorganismo cono-
scente, — relazioni soggettive.
Ammesso questo, vediamo che nell’esperien-
za, e non più al punto d’avvio, ma via via che
la analizziamo, avviene uno sdoppiamento tra
l’agente della conoscenza e l’oggetto della co -
n oscenza. Secondo quanto abbiamo detto, que-
sta relazione ha lo stesso valore del dato. S’im-
pone con il suo stesso diritto; deriva di qui
che la distinzione tra lo spirito e l’oggetto non
deve esser posta come primitiva, ma invece
come un prodotto dell’analisi, come due rela-
zioni molto generali che l’analisi scopre nel dato
(W. James); e questa distinzione trae il suo
valore dal valore che si è conferito, sin dal-
l’inizio, all’esperienza presa in blocco, all’ espe-
rienza una e indivisibile [...].
La ver i tà è Toggettivo. L’oggettivo è l’insie-
me delle relazioni indipendenti dall’osservatore.
In pratica è ciò che viene ammesso da tut-
ti, che è oggetto di esperienza universale, di
consenso universale, intendendo queste parole
in un senso scientifico. Se si prosegue l’analisi
delle condizioni di questo consenso universale,
se si cerca dietro questo fatto il diritto che lo
sorregge, la causa che Io fonda, si perviene al-
la conclusione che segue: il lavoro scientifico
ha lo scopo di « spersonalizzare », di disin-
dividualizzare l’esperienza, prolungandola e con-
tinuandola in modo metodico. L’esperienza scien-
tifica continua quindi l’esperienza bruta, e non
vi è differenza di natura tra il fatto scientifico
e il fatto bruto.
NB
teoria della
V conoscenza di
j J Rey = mate-
v' rialismo che si
A vergogna
598
LENIN
NB
verità ed errore
(d si avvicina al
materialismo
dialettico)
Si è detto talora che la verità scientifica è
soltanto un’astrazione. Beninteso, essa è una
astrazione, se si considera l’esperienza bruta,
vale a dire soggettiva e individuale, in quanto
essa elimina da tale esperienza quanto dipende
unicamente dall’individuo conoscente. Ma que-
sta astrazione ha, al contrario, lo scopo di rin-
venire il dato tale qual è, indipendentemente
dagli individui e dalle contingenze che lo àlte-
rano, di scoprire l’oggettivo, il concreto per
eccellenza, il reale.
Sarebbe interessante cercare mediante l’ana-
lisi di alcuni errori famosi la verifica di questa
teoria generale. Il sistema di Tolomeo, per esem-
pio, ci mostra un’esperienza ingombra di rap
presentazioni individuali dipendenti dalle con-
dizioni terrestri dell’osservazione astronomica:
è il sistema stellare visto dalla terra. Il sistema
di Copernico-Galileo è molto piu oggettivo, in
quanto sopprime le condizioni dipendenti dal
fatto che l’osservatore sta sulla terra. In un
senso più generale, Painlevé ha fatto rilevare
che, nella meccanica, nella scienza rinascimen-
tale e in quella odierna, la causalità comprende
le condizioni di apparizione di un fenomeno, in-
dipendenti dallo spazio e dal tempo. Senonché
le condizioni di circoscrizione nello spazio e nel
tempo abbracciano, soprattutto nella meccanica,
la quasi totalità delle condizioni soggettive, che
sono già troppo poco grossolane per poter essere
eliminate con una riflessione sommaria.
Conclusione importante: l’errore non è l’an-
titesi assoluta della verità. Come moltissimi fi-
losofi hanno sostenuto^ esso non è positivo, ma
è al contrario negativo e parziale, è in qualche
modo una verità minore. Se mediante l’esperien-
za si spoglia questa verità del soggettivo in essa
implicato, si perviene progressivamente alla ve-
ABEL REY
599
forse
rità. E la verità, una volta che sia stata rag-
giunta, è nel pieno senso della parola un asso-
luto e un termine, perché è l’oggettivo, il neces-
sario e l’universale. Tuttavia, questo termine
è lontano da noi nella quasi totalità dei casi.
Ci appare q uasi come un limite matematico, a
cui ci si avvicina sempre più, senza riuscire mai
a raggiungerlo. Cosi, la storia della scienza ci
presenta la verità nel divenire di un'evo luzione;
la verità non è fatta, ma si fa. Non sarà
mai fatta, ma si farà sempre più.
Un'ultima questione può ancora esser po-
sta, se, invece di attenersi a ciò che è, si è sem-
pre ossessionati dalla vecchia illusione metafisica
che consiste nel ricercare perché le cose sono.
Perché mai l'esperienza ha talune condizioni sog-
gettive? Perché la sua conoscenza non è imme-
diatamente una e identica per tutti? Si avrebbe
il diritto di rifiutarsi di rispondere; ma qui sem-
bra di poter dare, in virtù della psicologia, una
indicazione positiva. Se l’esperienza totale aves-
se in qualche misura conoscenza di sé, come il
Dio dei panteisti, questa conoscenza sarebbe in
effetti immediatamente una e identica. Ma nel-
l'esperienza, cosi come ci viene offerta, la sua
conoscenza è data in modo frammentario e sol-
tanto a quei frammenti di esperienza che siamo
noi stessi.
La biologia e la psicologia ci insegnano che
ci siamo formati, o piuttosto che siamo stati
formati, attraverso l'adattamento all’ambiente,
attraverso un equilibrio continuo con l’ ambiente.
Si può da qui concludere, grosso modo, che la
nostra conoscenza deve rispondere anzitutto alle
necessità della vita organica. Essa è quindi, al-
l'origine, ristretta, confusa, molto soggettiva,
come nella vita istintiva. Ma, una volta che sia
libidine verbale
verso l'« espe-
rienza >►
l'« esperienza *
600
LENIN
intervenuta nel giuoco delle energie universali,
la coscienza vi si mantiene e rinvigorisce in
forza della sua utilità pratica. Esseri sempre piu
complessi si evolvono e sviluppano. La coscienza
diventa più chiara e precisa. Diventa intelligenza
l’expérience = e ragione. E, al tempo stesso, l'adattamento,
le milieu? l'adeguamento all' esperienza sono più completi.
La scienza è soltanto la forma più elevata di
questo processo. Essa ha il diritto di sperare,
pur se non la raggiungerà mai, in una cono-
scenza che diventi tutt'uno con il dato, che sia
assolutamente adeguata all'oggetto: una co no-
scenza oggettiva, necessaria e universale. Teori-
camente, la sua pretesa è giustificata, in quanto
si muove nel senso dell'evoluzione svoltasi si-
nora. Praticamente, questa pretesa non sarà forse
mai soddisfatta, in quanto segna il termine del-
l’evoluzione e perché, per realizzarla, sarebbero
necessari uno stato dell'universo assolutamente
diverso dallo stato presente e una specie di iden-
tificazione tra l’universo e le conquiste della
conoscenza [...].
L’astrazione più artificiale è quella che eli-
mina dall’esperienza i risultati del lavoro ra-
zionale e i progressi dell’evoluzione.
Quest’evoluzione è stata nettamente diretta
dalla pratica e verso la pratica, poiché si traduce
e si realizza mediante un adattamento continuo
dell’essere al suo ambiente. Chi potrebbe ne-
garlo oggi? Sta qui una delle vittorie più deci-
sive del pragmatismo su un razionalismo ormai
fossilizzato. Ma essa non implica che il vero si
definisca in funzione dell’utile e della riuscita.
Implica, invece, che l’utile e la riuscita siano
l’effetto del possesso della verità [...].
Per esprimere in modo sensato ed esatto
i rapporti tra la pratica e la verità, sembra dun-
que necessario dire: è vero ciò che riesce, ma
ABEL REY
601
riesce ciò che è vero, ossia ciò che fe conforme
al reale, per quanto concerne lezione tentata.
L’azione corretta è il risultato di una conoscenza
esatta delle realtà in mezzo alle quali essa si
svolge. Si opera correttamente nella misura in
cui si conosce veramente.
§ y La teoria della conoscenza
Tutti ammetteranno, credo, che noi affer-
miamo come vero e come oggettivo ciò che è
indipendente dal coefficiente individuale riscon-
trabile in ogni individuo nell’atto della cono-
scenza. Ma le divergenze nasceranno là dove
bisognerà dire in quale momento scompaia il
coefficiente individuale. Dinanzi a una qualsiasi
constatazione sperimentale, posso io separare ciò
che è stato constatato universalmente da ciò che
ho constatato soltanto io?
Abbiamo detto, in generale, che lo sforzo
scientifico mirava appunto a operare in tutti
i casi questa separazione. In fondo, la scienza
non ha altro scopo. Essa potrebbe definirsi pro-
prio per questo suo carattere. In pratica, quindi,
disponiamo già di un primo mezzo per distin-
guere ciò che è vero e oggettivo da ciò che è
soggettivo e illusorio. Sarà vero ciò che si sarà
ottenuto attraverso metodi scientifici applicati
rigorosamente. Spetta agli scienziati elaborare,
precisare e definire tali metodi. Questo primo
criterio è piu esatto della norma troppo vaga che
avevamo presentato sino a questo punto: cioè
la norma del consenso universale. Il consenso
universale può essere infatti soltanto un pregiu-
dizio universale
materialismo
che si
vergogna
confusione
602
LENIN
X
relativa
nel senso
scettico! ! !
ah! I
Bisogna convenirne: la verità che Tuomo può
acquisire è una verità umana . Con questo ter-
mine non vogliamo dire che essa sia relativa
nel senso scettico della parola. Ma vogliamo dire
che essa dipende dalla struttura della specie
umana ed è valida soltanto per questa specie f ...J.
Bisogna, del resto, farla finita una volta per
tutte con certi sofismi: una verità valida per
Finterà specie umana, la verità umana, è per
l'uomo una verità assoluta, perché, pur suppo-
nendo, come fanno i sostenitori di un assoluto
extraumano, che essa non sia un calco del reale,
tuttavia questa verità, almeno per Tuomo, è la
traduzione esatta, la sola possibile, l'equivalente
assoluto del reale [...].
[351-352] Uno scienziato contemporaneo,
Poincaré, ha sostenuto altresì che la fisica non
ha mai a che fare con fatti identici, ma sempli-
cemente con fatti molto simili tra loro. A che
serve allora la scienza, dal momento che, se
essa vuole essere rigorosa, ogni fatto nuovo esige
una nuova legge?
Quest'obiezione è dello stesso genere della
seguente: ogni fatto abbracci a l'infinito. Avrem-
mo dunque necessità della scienza tutt’intera per
avere sul minimo oggetto la minima conoscenza
esatta. Il problema si risolve allo stesso modo e
quasi da sé [...].
In sintesi il dato è oggetto di scienza, perché
è analizzabile, e quest’analisi ci rivela le condi-
zioni di esistenza del dato. La scienza è certa
perché ogni analisi da essa operata ci conduce a
poco a poco verso intuizioni sperimentali che
ABEL REY
603
hanno Io stesso valore del dato; p er modo che
la scienza ha lo stesso grado di certezza dell'esi-
stenza dell'universo, che essa spiega, e della mia
propria esistenza, che mi è parimente nota solo
attraverso un'intuizione sperimentale.
Vili. Conclusione generale : la filosofia del-
l'esperienza
[354-357] Cosi, lasciando da parte il sistema
di Spinoza, in quanto è un mirabile tentativo di
concepire le cose dal punto di vista meno umano
e più oggettivo possibile, rinveniamo sempre,
sin dagli inizi della riflessione filosofica ellenica,
gli stessi due o tre orientamenti generali dello
spirito metafisico. Si tratta degli orientamenti se-
condo cui tutti i manuali classificano ancora di
solito i sistemi filosofici con i nomi appunto di
materialismo, spiritualismo e idealismo.
In fondo, — se si considerano le cose dal
punto di vista molto generale in cui ci ponia-
mo qui, cioè dal punto di vista della « particolare
scala di valori » offertaci da ognuno di questi
orientamenti, — poiché lo spiritualismo e l’idea-
lismo hanno spesso tra loro le analogie più
strette, si può affermare che la metafisica ci ha
sempre posto in presenza di due grandi scale di
valori: la scala materialistica e la scala ideali-
stico-spiritualistica . Queste due scale sono in
opposizione tra loro, e ciascuna di esse è quasi
l'immagine rovesciata dell'altra.
Nella scala idealistico-spiritualistica al ver-
tice viene posto lo spirito, che dà il suo signifi-
cato e il suo valore a tutto il resto, sia che con
l'idealismo rappresenti l'unica realtà, in quanto
le apparenze materiali sono soltanto sue creazioni
o esistono solo per su? virtù, sia che con lo
finale = mate-
rialismo che si
vergogna
NB
giudizio sull’idea-
lismo e sul ma-
terialismo
604
LENIN
assurdità!
3.000 anni
di idealismo
e materialismo
spiritualismo offra, al di sopra della realtà mate-
riale, che ne è soltanto il supporto o l'ambiente,
quella realtà superiore in cui la natura si compie
e attraverso la quale essa si esplica. Nella scala
materialistica, invece, tutto parte dalla materia
e tutto a essa ritorna. È la materia la creatrice
eterna e
immutabile
di tutti gli spettacoli del-
l'universo, ivi compreso lo spettacolo della vita
e quello della coscienza. La vita è soltanto una
specie particolare — tra un'infinità di altre
specie — delle combinazioni che il cieco caso
fa scaturire dalla materia originaria. La coscien-
za, il pensiero sono solo fenomeni della vita; il
cervello li secerne, come il fegato secerne il
fiele [.. J.
Il pensiero, o quanto meno qualcosa del-
Pordine dello spirito immateriale e libero, è
dunque necessario a un tempo come supremo
principio di spiegazione e come supremo prin-
cipio di esistenza e creazione. Ponete lo spirito,
e tutto si fa chiaro nella natura. Sopprimetelo,
e la natura diventa incomprensibile. Svanisce
nel nulla.
Il materialismo afferma invece — se mi è
consentito usare lo stesso procedimento som-
mario — che ogni esperienza vòlta a spiegarci
un fatto psicologico lo riduce a dei fatti organici.
La materia organica viene ridotta a poco a poco
alla materia inorganica. La forza non è altro che
Pimpulso dell'urto, un movimento che si com-
pone con un altro movimento. Al fondo delle
cose troviamo dunque solo il movimento bruto
e cieco.
ABEL REY
605
Ben presto saranno tremila anni che questi
sistemi di valori vengono ripresi da ogni gene-
razione, sviluppati, precisati talvolta, piu spesso
oscurati con le sottigliezze di un pensiero che
non vuole mai darsi per vinto. E noi ci troviamo
quasi allo stesso punto a cui eravamo all’inizio.
Non è da supporre allora che le questioni
dibattute da questi sistemi contraddittori siano
mal poste e oziose? Non sarebbe un pregiudizio
puramente antropomorfico voler stabilire tra le
cose una gerarchia esplicativa? E questo pre-
giudizio non atterrebbe molto di più alle aspi-
razioni del sentimento individuale che non alla
discussione razionale? In fondo, questi sistemi
si pongono e si oppongono per fini molto diversi
da quelli della conoscenza oggettiva, per interessi
che niente hanno a che vedere con l'imparziale
ricerca della verità. E, dal momento che non
hanno rapporto con una discussione positiva,
non discutiamoli!
O mi sbaglio di grosso, o la filosofia con-
temporanea, nelle sue correnti vive e vigorose,
quali sono appunto il positivismo e il pragma-
tismo, tende proprio a questa conclusione *
[358-362] A dire la verità, se per filosofia
si intendono quelle speculazioni che cercano, al
di qua o al di là dell'esperienza, l'origine, la fine
e la natura delle cose, gli inutili fondamenti
della scienza e dell'azione, raddoppiando tutto
ciò che è conosciuto direttamente con un incono-
ah!!
* James, per definire il pragmatismo, insiste sull'idea che
esso è un sistema il quale si allontana dalle spiegazioni aprio-
ristiche, dalla dialettica e dalla metafisica, per volgersi sempre
verso i fatti è Tesperienza,
W. James
sul prag-
matismo
606
LENIN
blagueur!
imbecille!
bini, barn!
scibile che è incaricato di giustificarlo; in breve,
se per filosofia si intendono le antiche dialet-
tiche, siano esse razionalistiche o scettiche, idea-
listiche o materialistiche, individualistiche o pan*
teistiche, allora questi scienziati sembrano già
avere causa vinta. Tutte queste metafisiche han-
no ormai soltanto un interesse estetico, che può
essere, del resto, appassionante per chi ne abbia
il gusto: sono le fantasticherie individuali di
spiriti elevati e poco pratici [...].
Le scienze si compongono a un tempo di un
insieme di risultati sperimentali indubbi e di
teorie d’insieme che sono sempre per qualche
lato ipotesi. Ma queste ipotesi sono indispensa-
bili alla scienza, perché, anticipando sull’espe-
rienza futura e sull’ignoto, favoriscono i pro-
gressi della scienza. Esse sistematizzano tutto il
noto in modo che proietti luce sull’ignoto.
Perché mai la filosofia non dovrebbe essere, alla
stessa stregua, una sintesi generale di tutte le
conoscenze scientifiche, un tentativo di rappre-
sentarsi l’ignoto in funzione del noto al fine di
aiutarne la scoperta e garantire allo spirito scien-
tifico il suo vero orientamento? La filosofia non
differirebbe dalla scienza se non per la maggiore
generalità dell’ipotesi; la teoria filosofica, invece
di essere la teoria di un gruppo di fatti isolati
e ben delimitati, sarebbe la teoria dell’insieme
dei fatti che la natura ci presenta, il sistema
della natura , come si diceva nel secolo XVIII,
o, quanto meno, un contributo diretto a una
teoria di questo genere.
Il punto di vista filosofico non si oppone
al punto di vista scientifico; gli si giustappone.
Persino quando fa tutti gli sforzi per cogliere la
positività, lo scienziato è un filosofo, perché la
positività è essa stessa una filosofia
ABEL REY
607
La scienza non deve differenziarsi dalla filo-
sofia né per l’oggetto (che è lo stesso: render
conto dell’esperienza ) né per il metodo (che
deve essere lo stesso, in quanto la disciplina
scientifica è per definizione la sola disciplina
che possa soddisfare la nostra intelligenza). No,
tra loro permane soltanto una differenza di punti
di vista, e ciò che distingue, ciò che soltanto
può distinguere, il punto di vista scientifico da
quello filosofico è che quest’ultimo è molto piu
generale e si presenta sempre un po’ come una
avventura [...].
[364-369] La storia sta a dimostrarci che la
scienza, quando si allontana troppo dalle preoc-
cupazioni umane piu generali, che costituiscono
l’essenza della maggior parte dei problemi filo-
sofici, e lascia, per forza o per un eccesso di
prudenza ad altre speculazioni, o alle credenze
tradizionali, il còmpito di appagare tali preoccu-
pazioni, questa scienza vegeta o è in declino.
È quindi necessario, e immancabilmente neces-
sario, che le conquiste della scienza e lo spirito
scientifico siano d ifesi, all’occorrenza, anche con-
tro sé stessi, contro la presunzione eccessiva o
contro l’avventura, allorché oltrepassano i loro
diritti. Perché l’ abusiva temerarietà — che ci
presentano, per esempio, talune generalizzazioni
materialistiche — non è meno pericolosa per la
scienza, tra gli spiriti sani e retti, di quanto lo
sarebbero la sua timidezza e il suo spirito timo-
rato, in mezzo al volgo. E dunque uno dei
compiti essenziali della filosofia consiste nell’as-
sicurare l’atmosfera generale che è necessaria
allo sviluppo della scienza, al normale manteni-
mento e alla diffusione dello spirito scienti-
fico [...].
Ma, ben s’intende, la filosofia potrà svolgere
la duplice funzione a cui ci sembra destinata —
coordinare gli sforzi degli scienziati e favorire le
uff!
difesa contro il
materialismo
x
606
LENIN
blagueur!
imbecille!
bim, barn!
scibile che è incaricato di giustificarlo; in breve,
se per filosofia si intendono le antiche dialet-
tiche, siano esse razionalistiche o scettiche, idea-
listiche o materialistiche, individualistiche o pan-
teistiche, allora questi scienziati sembrano già
avere causa vinta. Tutte queste metafisiche han-
no ormai soltanto un interesse estetico, che può
essere, del resto, appassionante per chi ne abbia
il gusto: sono le fantasticherie individuali di
spiriti elevati e poco pratici [...].
Le scienze si compongono a un tempo di un
insieme di risultati sperimentali indubbi e di
teorie d’insieme che sono sempre per qualche
lato ipotesi. Ma queste ipotesi sono indispensa-
bili alla scienza, perché, anticipando sull’espe-
rienza futura e sull’ignoto, favoriscono i pro-
gressi della scienza. Esse sistematizzano tutto il
noto in modo che proietti luce sull'ignoto.
Perché mai la filosofia non dovrebbe essere, alla
stessa stregua, una sintesi generale di tutte le
conoscenze scientifiche, un tentativo di rappre-
sentarsi l’ignoto in funzione del noto al fine di
aiutarne la scoperta e garantire allo spirito scien-
tifico il suo vero orientamento? La filosofia non
differirebbe dalla scienza se non per la maggiore
generalità dell'ipotesi; la teoria filosofica, invece
di essere la teoria di un gruppo di fatti isolati
e ben delimitati, sarebbe la teoria delTinsiemc
dei fatti che la natura ci presenta, il sistema
della natura , come si diceva nel secolo XVIII,
o, quanto meno, un contributo diretto a una
teoria di questo genere.
Il punto di vista filosofico non si oppone
al punto di vista scientifico; gli si giustappone.
Persino quando fa tutti gli sforzi per cogliere la
positività, lo scienziato è un filosofo, perché la
positività è essa stessa una filosofia
ABEL REY
607
La scienza non deve differenziarsi dalla filo-
sofia né per l'oggetto (che è lo stesso: render
conto dell'esperienza) né per il metodo (che
deve essere lo stesso, in quanto la disciplina
scientifica è per definizione la sola disciplina
che possa soddisfare la nostra intelligenza). No,
tra loro permane soltanto una differenza di punti
di vista, e ciò che distingue, ciò che soltanto
può distinguere, il punto di vista scientifico da
quello filosofico è che quest'ultimo è molto più
generale e si presenta sempre un po' come una
avventura
[364-369] La storia sta a dimostrarci che la
scienza, quando si allontana troppo dalle preoc-
cupazioni umane più generali, che costituiscono
l'essenza della maggior parte dei problemi filo-
sofici, e lascia, per forza o per un eccesso di
prudenza ad altre speculazioni, o alle credenze
tradizionali, il còmpito di appagare tali preoccu-
pazioni, questa scienza vegeta o è in declino.
È quindi necessario, e immancabilmente neces-
sario, che le conquiste della scienza e lo spirito
scientifico siano difesi, all 'occorrenza, anche con-
tro sé stessi, contro la presunzione eccessiva o
contro l'avventura, allorché oltrepassano i loro
diritti. Perché l' abusiva temerarietà — che ci
presentano, per esempio, talune generalizzazioni
materialistiche — non è meno pericolosa per fa
scienza, tra gli spiriti sani e retti, di quanto lo
sarebbero la sua timidezza e il suo spirito timo-
rato, in mezzo al volgo. E dunque uno dei
còmpiti essenziali della filosofia consiste nell'as-
sicurare Patmosfera generale che è necessaria
allo sviluppo della scienza, al normale manteni-
mento e alla diffusione dello spirito scienti-
fico [...].
Ma, ben s'intende, la filosofia potrà svolgere
la duplice funzione a cui ci sembra destinata —
coordinare gli sforzi degli scienziati e favorire le
uff!
difesa contro il
materialismo
x
608
LENIN
scoperte con ipotesi ispiratrici, da una parte,
e creare, dall’altra parte, l’atmosfera indispen-
sabile al progresso della scienza — solo a condi-
zione che essa cerchi di essere la sintesi orga-
nica trice delle scienze, viste e comprese come
le vedono e comprendono gli scienziati, cioè, in
breve, una sintesi fatta in uno spirito esclusi-
vamente scientifico.
Ora, è consolante vedere, a un livello indub-
biamente piu basso nel pragmatismo, ma tutta-
via a un livello ancora molto alto, che le attuali
ricerche filosofiche, rompendo decisamente con
le aberrazioni metafisiche del periodo prece-
dente, sono informate assai coscienziosamente
riguardo ai lavori scientifici, cercano di accor-
darsi con tali lavori e vi attingono le loro ispi-
razioni.
Si crea oggi, incontestabilmente, un senti-
mento scientifico molto vivo e nitido, che, in
alcuni, si sviluppa parallelamente al sentimento
religioso o morale e come su un piano diverso,
dove lo scontro è impossibile, e che, in altri, ha
sostituito questo sentimento religioso e basta
alla completa soddisfazione delle loro necessità.
A costoro, secondo la bella espressione di Renan,
la scienza ha fornito un simbolo e una legge. Essi
hanno assunto una posizione veramente positiva ,
X che conserva del vecchio razionalismo la sua
fede incrollabile nella ragione umana, pur acco-
gliendo dafl’indubbio trionfo del metodo speri-
mentale l’incontestabile risultato che la ragione
è soltanto lo sforzo costante dello spirito di adat-
tarsi all’esperienza e conoscerla sempre più a
fondo, la reciproca compenetrazione della realtà
oggettiva e del pensiero soggettivo.
Credo che Tavvenire della filosofia stia pro-
prio da quest’ultima parte, perché da questa
parte sta appunto la verità. Come in tutte le
ABEL REY
609
profezie, si ha anche qui un atto di fede. Se
esso sia motivato lo dirà Pawenire. E, poiché
si tratta di un atto di fede, io considero legittimi
tutti gli altri atti di fede, a condizione che coloro
che li compiono si comportino allo stesso modo
nei miei riguardi. Ritengo inoltre che sia un
bene che una corrente d'idee trovi dinanzi a
sé correnti di idee opposte; giacché essa si
affina, si sviluppa, si emenda e si precisa me-
diante la critica degli avversari.
La posizione filosofica che si è abbozzata
nel corso di questi brevi studi potrebbe esser
detta positivismo razionalistico, positivismo as-
soluto, o scientismo. Per evitare qualsiasi equi-
voco, sarebbe forse preferibile parlare di speri-
mentalismo; il che indicherebbe al tempo stesso
che questa posizione poggia per intero sull’espe-
rienza, — ma, in antitesi al vecchio empirismo,
sull’esperienza controllata, frutto della sperimen-
tazione scientifica, — e si rifiuta, nel suo rea-
lismo assoluto e nel suo monismo sperimentale,
di risalire oltre l’esperienza.
L esperienza è anzitutto e immediatamente
l’ insieme delle nostre sensazioni, ciò che noi
chiamiamo fenomeni. Ma essa comincia ad ana-
lizzarsi da sé, non appena l’attenzione e la
riflessione vi si applichino, perché quest’insie-
me di sensazioni è soltanto una visione grosso-
lana e molto superficiale del dato. Quasi subito
si distinguono in esso e sotto di esso alcune
relazioni che il dato implica e che ne costitui-
scono la vera essenza. La scienza si studia di
continuare progressivamente quest’analisi, che
penetra sempre piu a fondo nella natura del
dato. Se si vuole rappresentare il dato imme-
diato con un punto, per avere un’immagine del
n
positivismo, speri-
mentalismo, reali-
smo = « positivi-
smo assoluto o ra-
zionalistico >►
esperienza =
Z di sensazioni
39-639
610
LENIN
« chose
en soi »?
* *
s
dato reale, bisogna figurarsi che questo punto
è soltanto la proiezione di una retta che conti-
nua dietro di esso. Questa retta può esser ta-
gliata in vari segmenti, ognuno dei quali com-
prenderà, senza che vi sia tra loro una paratia
stagna, le famiglie di relazioni da cui dipende il
dato immediato. Ciascuna di queste famiglie
verrà costituita in virtù d’una definizione che
poggerà sulle affinità naturali da cui queste
relazioni sono unite tra loro. Saranno le rela-
zioni di numero e di situazione, le relazioni mec-
caniche, fisiche, ecc. e, infine, le relazioni psico-
logiche, definite attraverso la loro dipendenza
dalPorganismo cui il dato si riferisce. Tanti
gruppi affini di relazioni, tante scienze particolari.
La filosofia cerca, al contrario, di rappresen-
tarsi la retta in tutta la sua lunghezza e conti-
nuità. Ma la linea nel suo insieme, come il
punto attraverso cui si proietta, e il dato imme-
diato, come le relazioni che vengono integran-
dolo con il procedere dell’analisi, sono della
stessa natura.
Sono dati dell’esperienza. E il loro insieme
costituisce una sola e medesima esperienza:
l’esperienza umana. Questa nostra costituzione
psicologica e non la natura delle cose distingue
il mondo della percezione dall’universo della
scienza; e questa distinzione è momentanea e
contingente.
L’esperienza ha dunque bisogno solo di es-
sere spiegata. Spiegarla vuol dire enunciare sem-
plicemente le relazioni che essa implica e offre
da sé alla nostra conoscenza, se sappiamo acco-
gliere i suoi insegnamenti. E la scienza se ne
incarica. Ma, essendo tutta la realtà, l’ espe-
rienza non ha bisogno di essere giustificata: è.
Indice
[...]
6. Le idee del matematico Poincaré. P o in-
[...] care
Pp. 6-7, 28-29 = due linee 146
33 = verità = ? per il pragmatismo e 3 3
49 = valore oggettivo della scienza = centro
Matematica e pragmatismo: 62
80: i pragmatisti hanno tratto a sé Poincaré;
e Mach 90
Rey = puro agnostico 94 (93)
98: Mach + oggettività = Rey?!
100: concetti = copie della realtà
Oggettività: 105
113: materialismo volgare
Abram Deborin
II materialismo dialettico 147
Abram Deborin, Dialektileskij materializm,
in Na rubeie, Peterburg, 1909.
[39-41] Come concezione del mondo, il ma-
terialismo dialettico dà una risposta — benin-
teso non assoluta — al problema della struttura
della materia, al problema della struttura del
mondo; è esso il fondamento della più brillante
teoria della storia; sulla sua base, la politica e la
morale diventano in un certo senso scienze esatte.
Il materialismo dialettico — ove sia, com’è ov-
vio, rettamente inteso — immette dappertutto
una corrente fresca di criticismo teorico-cono-
scitivo , essendo alieno da ogni dogmatismo .
Nel presente articolo è nostro proposito ri-
chiamare l’attenzione del lettore soltanto sul-
l’aspetto teorico-conoscitivo del materialismo
dialettico, che in questo caso, come metodo, co-
me principio conduttore della ricerca, non for-
nisce soluzioni assolute dei problemi, ma contri-
buisce anzitutto a darne un’impostazione cor-
retta. Il materialismo dialettico, come teoria
della conoscenza, si scinde in una parte formale
o logica e in una parte reale o materiale.
Per la conoscenza originaria, primitiva, Y emo-
zione è identica al suo oggetto, il fenomeno è
identico all’essere, alla cosa in sé. II mondo delle
emozioni interiori è per l’uomo primitivo
anche il mondo delle cose. Egli non conosce
alcuna differenza tra il mondo interiore e il
inesatto
non serve usare
termini «altrui»!
1 )
2 )
616
LENIN
mondo esterno. Questa forma primitiva di cono-
scenza, a un determinato grado di sviluppo della
civiltà, entra in contraddizione con la tendenza
dell’uomo sociale a dominare le forze della na-
tura e, quindi, con il nuovo e più alto grado
di civiltà. Via via che si estendono i bisogni
umani, mentre si accresce e si accumula il mate-
riale empirico, mentre si infittiscono le col-
lisioni tra le percezioni e il mondo esterno,
sempre più si manifesta il contrasto tra le per-
cezioni e le cose, tra il mondo delle esperienze
interiori e il mondo delle cose. Diviene allora
matura la necessità di nuove forme conoscitive
[...]. Ci interessa qui direttamente il processo
logico che ha condotto la filosofia moderna al
p materialismo dialettico. Lo psicologismo di
Hume, Berkeley e altri opera, principalmente,
sul piano psichico con il mondo sensibile. Le
immagini sensibili sono oggetti della conoscenza.
Il risultato, a cui mette capo lo sviluppo del-
Pempirismo inglese, suona: esse = percipi:
esiste ciò che è dato nella percezione, e tutto
ciò che è dato nella percezione ha un'esistenza
oggettiva, esiste [...].
Kant ha compreso che la conoscenza vera-
mente scientifica è possibile solo per mezzo del-
T« intuizione matematica ». L'intuizione sensi -
bile non racchiude in sé le condizioni indispen-
sabili a una conoscenza universalmente necessa-
ria. Le immagini sensibili non possono abbrac-
ciare tutto Pinsieme dei fenomeni conoscibili. E
Kant effettua il trapasso dallo psicologismo al
? trascendentalismo [...].
[43] La filosofia hegeliana rappresenta Pul-
timo anello, quello conclusivo, della catena. Si
è già visto che in Hume, in Kant, in Fichte il
DEBORIN
617
soggetto è stato posto sopra l’oggetto, il quale
ultimo è stato dichiarato come un che di non
separabile dal soggetto [..«]«
[48-58] Le categorie, ossia i concetti puri
universali, come il tempo, lo spazio, la causa-
lità, sono per il materialismo dialettico, da un
lato, determinazioni logiche , e, dalFaltro, forme
reali delle cose [...].
Il limite del trascendentalismo è nel fatto
che esso non estende i suoi diritti alla sfera
reale delle cose e considera le categorie soltanto
come forme soggettive , e per di piu aprioristiche,
della coscienza. Il trascendentalismo abbraccia i
fenomeni con forme categoriche, cioè logicamen-
te universali, che consentono di formulare le
leggi rigorosamente matematiche della natura e
di dare a esse un carattere universale. Ma il
trascendentalismo, come anche il fenomenismo ma guarda!
sensista, ha a che fare soltanto con i fenomeni
Per entrambi l’essere, le cose in sé sono inac-
cessibili [...].
Il materialismo dialettico attinge l’« ìncon-
dizionatezza » e universalità della conoscenza
con il dichiarare che le forme sono « intuizioni »
universali , oggettivamente reali. Poggia su que-
sto la possibilità di una conoscenza matematica,
o, se si vuole, « geometrica », cioè esatta, del
reale. Lo spazio « geometrico » e il « tempo
puro » sono intuizioni universalmente reali e
costituiscono il presupposto della conoscenza
« matematica » del mondo sensibile [...].
Ma al tempo stesso la coscienza dialettica
rivela la capacità di innalzarsi sino all’« intui-
zione » della natura, come di « un tutto », sino
all’ intuizione della necessità, dell’intrinseca con-
dizionalità dell’ordine universale della natu-
ra [...].
618
LENIN
L’uomo conosce nella misura in cui agisce
e si sottomette al dazione del mondo esterno.
Il materialismo dialettico insegna che l'uomo
è sollecitato a riflettere principalmente dalle
sensazioni che egli sperimenta nel processo
della sua azione sul mondo esterno [...]. Il
materialismo dialettico, movendo dalla consi-
derazione che si può dominare la natura solo
quando ci si sottometta alla sua azione, ci
prescrive di concordare la nostra attiviti con
le leggi universali della natura, con Lordine
necessario delle cose, con le leggi generali di
sviluppo del mondo [...].
Parmenide vedeva quindi l'essenza reale
delle cose («l'uomo») in ciò che può essere
conosciuto dal pensiero o ragione e che sta
dietro i fenomeni effimeri e mutevoli. Egli ha
separato pertanto le percezioni sensibili dal
loro fondamento, il mondo fenomenico dal mon-
ili! do metafenomenico [..-1-
Se per i metafisici-razio nalisti la v era realtà
è data dal concetto, per i | sensisti | è invece
reale ciò die è dato nella percezione sensibile
o intuizione. Ciò che trascende i limiti dei
sensi è inaccessibile alla conoscenza. Oggetto
della conoscenza sono i fenomeni, che ven-
gono eretti a realtà assoluta. Il contenuto
della coscienza empirica è mutevole ed effi-
mero. Il sostrato reale delle qualità viene re-
spinto dal | fenomenismo. [ Data la varietà,
è data anche la molteplicità dei fenomeni, ma
non c’è unità sostanziale [...].
S Kant si è ingegnato di fondere la dottrina
del fenomenismo sull'inconoscibilità delle cose
$ In sé e la dottrina dei razionalisti-metafisici
sdii* esistenza di un essere assolutamente rea-
le, sull'esistenza delle « cose in sé ».
I materialisti francesi, con alla testa Hol-
DEBORIN
619
bach, hanno opposto la natura , come essenza
metafisica della cosa, alle sue proprietà. Que-
sta opposizione denota in un certo senso lo
stesso dualismo che esiste in Kant tra la « cosa
in sé » e i « fenomeni » [...].
Saremmo, tuttavia, ingiusti verso il mate-
rialismo francese, se lo identificassimo con
il kantismo. Il materialismo del secolo XVIII
ammette infatti la relativa conoscibilità persino
dell'essenza delle cose [...]
Il materialismo francese, pur movendo dal-
la stessa premessa, cioè che la materia agisce
sui nostri sensi esterni, riconosce peraltro che
alcune proprietà delle cose in sé sono cono-
scibili. Ma il materialismo francese è inade-
guatamente coerente, poiché insegna che sol-
tanto alcune proprietà delle cose sono cono-
scibili, mentre la loro « essenza » o « natu-
ra » ci è nascosta e non interamente cono-
scibile...
Kant ha tratto la contrapposizione delle
proprietà della cosa alla sua « natura » dagli
agnostici, dai fenomenisti-sensisti (direttamen-
te da Hume) [...].
In antitesi al fenomenismo e al sensismo,
il materialismo considera le impressioni, che
noi riceviamo dalle cose in sé, come aventi un
significato oggettivo. Mentre il fenomenismo
(e il kantismo) non vede alcun punto di con-
tatto tra le proprietà delle cose e la loro « na-
tura », cioè il mondo esterno, i materialisti
francesi già sottolineano nitidamente che le
cose in sé, almeno parzialmente, sono cono-
scibili appunto sulla base delle impressioni pro-
dotte su di noi e che le proprietà delle cose
sono in una certa misura oggettivamente
reali [...].
bugie!
goffo nec
plus ultra!
) questa è
brodaglia
X
X
X
620
LENIN
X
NB X
Verità effettive
esposte in modo
lambiccato e
astruso. Perche
Engels non usava
un ger go cosi in-
comprensibile?
NB
[60-62] Il materialismo dialettico pone a
fondamento dell'essere la sostanza materiale, il
sostrato reale. Il materialismo dialettico con-
sidera il mondo « come un processo, come una
sostanza, che si trova in perenne sviluppo »
(Engels). L’essere immutabile e incondiziona-
to dei metafisici si tramuta in un essere mute-
vole. La realtà sostanziale viene riconosciuta
mutevole ; le modificazioni e i movimenti sono
forme reali dell’essere. Il materialismo dialet-
tico supera il dualismo di « essere » e « non
essere », la contrapposizione metafisicamente
assoluta di € immanente » e « trascendente »,
la contrapposizione delle proprietà delle cose
alla cosa stessa. Sul terreno del materialismo
dialettico si crea la possibilità di collegare
scientificamente la cosa in sé con i fenomeni,
l’immanente con il trascendente, e di superare
l’inconoscibilità delle cose in sé — da un
lato — e il « soggettivismo » delle qualità
— dall’altro Iato — poiché, come osserva
assai giustamente Plechanov, « la natura della
cosa si rivela appunto nelle sue proprietà ».
Sul fondamento delle impressioni, che ricevia-
mo dalle cose in sé, abbiamo la possibilità di
giudicare delle proprietà delle cose in sé, del-
l’ essere oggettivamente reale [...}.
L’« immanente » acquista un c arat tere og-
gettivamente reale; il « trascendente », che sta
oltre i fenomeni, nella sfera dell’* inconosci-
bile », si trasforma da essenza misteriosa, inac-
cessibile ai nostri sensi, in contenuto « imma-
nente » della nostra coscienza, in oggetto di
percezione sensibile. L’« immanente » diviene
« trascendente », in quanto assume un signi-
ficato oggettivamente tede , in quanto consente
di giudicare dalle impressioni le proprietà del-
le cose; e il « trascendente » diviene « imm» -
DEBORIN
621
nente », in quanto viene situato nella sfera
del conoscibile , benché sia al di là del sogget-
to. Nello stesso senso si pronuncia Beltov.
« Secondo questa teoria, — egli dice, — la
natura è anzitutto l’insieme dei fenomeni. Ma,
poiché le cose in sé sono la condizione neces-
saria dei fenomeni, o, in altri termini, poiché
i fenomeni sono generati dall’azione dell’og-
getto sul soggetto, siamo costretti a ricono-
scere che le leggi della natura hanno un si-
gnificato, non soltanto soggettivo , ma anche
oggettivo , cioè che il rapporto reciproco delle
idee nel soggetto corrisponde, quando l’uomo
non sbagli, al rapporto reciproco delle cose
fuori di lui. » * Cosi si risolve nell’unico modo
corretto e scientifico il problema della con-
nessione reciproca tra i fenomeni e le cose in
sé, che è il problema piu importante della
conoscenza e sul quale si sono tanto affaticati
Kant, i metafisici e i fenomenisti [...].
[62] L’unità di essere e non-essere è il
divenire, insegna la dialettica. Tradotta nel
concreto linguaggio materialistico, questa tesi
significa che a fondamento di tutto l’esistente
c’è la sostanza t la materia , che si trova in un
processo di perenne sviluppo [...].
[64-65] Il corpo
nella sua percettività
non si esaurisce quindi
, come suppongono i
f enomenisti-sensisti ,
ma esiste in modo
assolutamente indipenc
ente dalle nostre per-
ceziom, esiste « per se », come « soggetto ».
Ma, se il corpo esiste indipendentemente dalle
nostre percezioni, in compenso le percezioni
dipendono interamente dal corpo che agisce su
NB
♦ N. Beltov, Critica dei nostri critici, p. 199.
622
LENIN
di noi. Senza corpo, non vi sono percezioni,
né rappresentazioni, concetti e idee. Il nostro
pensiero è determinato dallessere, cioè dalle
impressioni che noi riceviamo dal mondo ester-
no. Di conseguenza anche le nostre idee e i
nostri concetti hanno un significato oggetti -
NB vamente reale [...].
Il corpo che agisce sui nostri sensi è con-
siderato come la causa dell'azione che esso
produce, cioè della percezione. I fenomenisti
contestano la possibilità stessa di impostare
cosi il p roblema. Il mon do esterno, suppon-
gono gli | immanentisti, | non è solo inacces-
sibile alla percezione, ma è anche impensabile,
ammesso che questo mondo esista [...].
[67] Bisogna ammettere, inoltre, che le
nostre percezioni, in quanto risultato delazio-
ne di due fattori — il mondo esterno e la
nostra « sensibilità », — non sono identiche
jqg neanche per il contenuto agli oggetti del mon-
do esterno, il quale ci è inaccessibile | imme-
LPI ? dia t amente, | intuitivamente. | [...].
[69-75] Dal punto di vista del materiali-
smo dialettico la cosa in sé fe Poggetto come
esso esiste in sé stesso, « per sé ». In tal senso
Plechanov definisce la materia « come Tin-
sieme delle cose in sé, in quanto queste cose
sono la fonte delle nostre sensazioni » *. Que-
sta cosa in sé o materia non è un concetto
astratto, che si trovi dietro le proprietà con-
crete delle cose, ma un concetto « concreto ».
L'essere della materia non è separato dalla sua
essenza o, viceversa, l’essenza della materia
non è separata dal suo essere [...].
* «Das Bild dicses Scirn ausser dem Deokea ist die Materie, das Substrat
der Realitat »: L. Feuerbach, Wcrke, v. 2, p. 289.
DEBORIN
623
Un oggetto privo di ogni qualità o pro-
prietà non può nemmeno essere pensato da
noi, non può esistere, non ha alcun essere. Il
mondo esterno è
costruito
da noi me-
diante le nostre percezioni, sulla base delle
impressioni che il mondo esterno, gli oggetti
in sé suscitano in noi [...]. Tra il mondo
esterno e il mondo interiore esiste una certa
differenza, ma al tempo stesso anche una
determinata affinità, talché noi attingiamo la
conoscenza del mondo esterno sulla base del-
le impressioni, ma appunto di quelle impres-
sioni che sono state suscitate dagli oggetti del
mondo esterno. Sul fondamento delle impres-
sioni provocate in noi dall’azione dell’oggetto,
ascriviamo a quest’ultimo determinate proprie-
tà. L’impressione è la risultante di due fattori
e, in quanto tale, è inevitabilmente condizio-
nata dalla natura di questi due fattori e rac-
chiude in sé qualcosa che costituisce la natura
dell’uno e dell’altro fattore, qualcosa che è ad
essi comune [...].
Soltanto sul terreno del materialismo dia-
lettico, che riconosce resistenza del mondo
esterno, si può costruire una teoria puramente
scientifica della conoscenza. Chi respinge il
mondo esterno respinge anche la causa delle
nostre sensazioni e si accosta all’idealismo.
Ma il mondo esterno costituisce anche un
principio
di conformità alle leggi. E, se
nelle nostre percezioni vediamo dinanzi a noi
una loro connessione determinata e regolare,
ciò avviene solo perché la causa delle nostre
sensazioni, cioè il mondo esterno, costituisce
??
termine assurdo
e goffo!
624
LENXN
Ah! ah! Plechanov
non parla di que-
sta « nuova cor-
rente », la ignora.
Deborin la presen-
ta in modo non
chiaro.
il fondamento di questa connessione neces-
saria [...].
Senza la possibilità di prevedere non si ha
la possibilità di conoscere scientificamente i
fenomeni della natura e della vita umana [...].
Però gli oggetti del mondo esterno intratten-
gono un rapporto di causalità non solo con
noi, ma anche tra di loro, vale a dire che
tra gli stessi oggetti del mondo esterno esiste
una determinata interazione, e la conoscenza
delle sue condizioni ci consente di prevedere
e di predire non soltanto l'azione degli oggetti
su di noi, ma anche i loro rapporti e le loro
azioni oggettive, indipendenti da noi, cioè le
proprietà oggettive delle cose [...].
Il materialismo dialettico non risolve affatto
a priori il problema della struttura della ma-
teria nel senso dell'immancabile riconoscimen-
to della teoria atomistica o corpuscolare o di
una qualsiasi terza ipotesi. E, se trionfano
nuove dottrine sulla struttura dell'atomo, il
materialismo dialettico non solo non subisce
per questo un fallimento, ma riceve invece la
piu brillante conferma. Dov'è infatti la sostan-
za della nuova corrente nelle scienze naturali?
Anzitutto nel fatto che Patomo, considerato
dai fisici come un « corpo » immutabile e piu
semplice, cioè elementare e indivisibile, si rive-
la composto di unità ancor più elementari o
particelle. Si suppone che negli elettroni ab-
biamo dinanzi a noi gli elementi ultimi del-
Pessere. Ma dice forse il materialismo dialet-
tico che Patomo è il limite assoluto delPesse-
re? [...].
iusto!
DEBORIN
625
Sarebbe sbagliato pensare, al modo dei
nostri machisti, che, quando si accetti la teo-
ria elettronica, cada la materia, in quanto real-
tà, e cada con essa anche il materialismo dia-
lettico, che considera la materia come la sola
realtà e come l’unico
strumento
idoneo a
sistematizzare l’esperienza [...]. Sono tutti gli
atomi composti di elettroni? La questione non
è risolta, ma è soltanto un’ipotesi, che può
anche non venire confermata. Ma, a parte
questo, la teoria elettronica esclude forse
Latorno? Essa dimostra soltanto che l’atomo
è relativamente stabile, indivisibile e immuta-
bile Ma la teoria elettronica non elimina
P atomo come sostrato reale [...].
Tiriamo le somme. Dal lato formale, come
si è visto, il materialismo dialettico consente
una conoscenza universalmente necessaria e og-
gettiva, in quanto le forme dell’essere sono,
dal suo punto di vista, anche forme del pen-
siero, in quanto ad ogni mutamento nel mon-
do oggettivo corrisponde un mutamento nella
sfera delle percezioni. Riguardo al lato mate-
riale, il materialismo dialettico muove dal
riconoscimento delle cose in sé o del mondo
esterno o della materia. Le « cose in sé » sono
conoscibili. Il materialismo dialettico respinge
l’incondizionato e l’assoluto. Tutto nella na-
tura si trova in un processo di modificazione
e movimento, a fondamento del quale stanno
determinate combinazioni della materia. Secon-
do la dialettica, una « specie » dell’essere pas-
sa in un’altra specie mediante un salto. Le piu
recenti teorie fisiche non solo non confutano,
ma, viceversa, confermano appieno la validità
del materialismo dialettico.
termine
stolido!
40-639
Plechanov
N. G. Cernysevskij K3
Georgi) Plechanov, N. G. Cernysevskij , Pe-
terburg, 1910.
[52-53] Oggi è abbastanza ben conosciuto
il rapporto tra le nostre forze sociali al tempo
della distruzione della servitù della gleba. Ne
parleremo, pertanto, solo di sfuggita, solo in
quanto la cosa ci servirà a chiarire la funzione
svolta, in quest’opera, dalla nostra pubblici-
stica d’avanguardia, alla cui testa si trovava
a quel tempo N. G. Cernysevskij. Tutti sanno
che questa pubblicistica difese con passione
gli interessi dei contadini. Il nostro autore re-
digeva, uno dopo l’altro, articoli nei quali
sosteneva l’emancipazione dei contadini con la
terra e affermava che il riscatto delle terre
assegnate ai contadini non poteva presentare
alcuna difficoltà per il nostro governo. Cer-
ny§evskij dimostrava questa sua tesi con con-
siderazioni di ordine teorico generale e con
calcoli esemplificativi molto minuziosi [...].
Il nostro governo, se durante l’emancipazione
dei contadini non dimenticò neanche per un
attimo gli interessi dell’erario, si preoccupò tut-
tavia molto poco degli interessi dei contadini.
Nel corso deH’operazione per il riscatto delle
terre si tennero presenti soltanto gli interessi
del fisco e dei grandi proprietari terrieri [...].
[57-59] CernySevskij fu costretto a con-
durre una polemica molto aspra non soltanto
sulle questioni di ordine economico. E, per di
piu, non ebbe come avversari i soli economisti
630
LENIN
NB
NB
NB
liberali. Quanto più autorevole diventava nella
letteratura russa il circolo del Sovremertnik,
tanto più si infittivano gli attacchi, provenienti
da ogni parte, contro questo circolo in generale
e contro il nostro autore in particolare. I colla-
boratori del Sovremennik erano considerati
uomini pericolosi, pronti ad abbattere tutti i
famigerati « pilastri ». Alcuni degli « amici di
Belinskij », che all’inizio avevano ancora cre-
duto di poter marciare con Cernysevskij e con
i suoi compagni di idee, si allontanarono dal
Sovremertnik, in quanto organo dei « nihili-
sti », e presero a gridare che Belinskij non
avrebbe mai approvato l’indirizzo scelto dal
Sovremennik. Cosi fece L S. Turgenev *. Per-
sino Herzen ringhiò contro i « pagliacci » nel
suo Kolokol [...]. In generale, da tutto risulta
evidente che Herzen fu indotto in errore dai
suoi amici liberali, come Kavelin [...].
Lo stesso Herzen dovette ben presto sco-
prire quanto cattivi fossero, in senso politico,
quegli amici liberali che avevano trovato da
ridire sui suoi rapporti con Cernysevskij. Quan-
do fu costretto a rompere con K. D. Kavelin,
forse, Herzen disse a sé stesso che i « bilio-
si » non avevano tutti i torti.
Del resto, la maggior parte degli articoli
pubblicati nello Svistok , che avevano provo-
cato il particolare malcontento dei liberali ben-
nati, non apparteneva a N. G. CemySevskij.
Egli solo di rado collaborava allo Svistok,
perché era tutto preso in un altro lavoro [...].
* CemySevskij racconta che Turgenev riusciva in qualche modo a sop-
portare lui, ma non tollerava affatto Dobroljubov. « Lei è solo un serpente,
— disse a Cernysevskij, — ma Dobroljubov è un serpente con gli occhiali ».
(Cfr. la lettera già citata. In segno di gratitudine, in Opere, v. IX, p. 103. )
PLECHÀNOV: « CERNYSEVSKIJ »
631
[61-66] A quel tempo il morale si risol-
levò almeno in una parte della « società * rus-
sa. La gioventù studiosa era in agitazione, na-
scevano organizzazioni rivoluzionarie segrete,
che pubblicavano appelli e programmi e ane-
la vano alla prossima insurrezione dei conta-
dini. Già sappiamo che CernyJevskij ricono-
sceva a pieno la possibilità deiravvento di un
« periodo di serietà » in Russia, e vedremo
più oltre con quanto vigore questo nuovo fer-
mento degli umori sociali si sia riflesso sulla
sua attività pubblicistica. Ma aveva Cerny-
sevskij qualche rapporto con le società segre-
te? A questa domanda non si può ancora
rispondere con certezza, e chi può sapere se
disporremo mai dei dati per fornire una ri-
sposta [...]. Siamo pienamente d’accordo con
il signor Stacheviò che il noto foglietto, il
Vehkorus, per la sua lingua e per il suo con-
tenuto, ricorda molto gli articoli pubblicistici
di CemySevskij
Infine, nella prima parte del Prologo sono
raffigurati i rapporti di amicizia tra Volgin e
Sokolovskij (Sierakowski?) 149 • A Volgin pia-
ce l’assoluta dedizione di Sokolovskij ai pro-
pri convincimenti, la mancanza in lui d'ogni
egoistica meschinità, la sua capacità di domi-
narsi, congiunta con la calda passionalità del-
Pagitatore autentico. Volgin chiama Sokolov-
skij un vero uomo e pensa che i nostri
liberali potrebbero imparare molto da lui. Tut-
tp questo è molto interessante, ma non chia-
risce affatto Patteggiamento pratico di Cerny-
sevskij verso la questione polacca [...].
[73] Ma prima della comparsa del Che
fare? 150 questi principi erano condivisi sol-
NB
NB
632
LENIN
NB
tanto da un pugno di « eletti », la massa dei
lettori non li capiva affatto. Nemmeno Herzen
si decise a enunciarli in tutta la loro pienezza
e chiarezza nel romanzo Di chi la colpa? A.
Druèinin, nel racconto intitolato Polinka Saks *,
risolve il problema con maggiore determinatezza.
Ma questo racconto è troppo debole, e, inoltre,
i suoi personaggi, appartenenti allo strato co-
siddetto superiore della società, a quello dei ti-
tolati e degli alti dignitari, non presentavano
alcun interesse per i « raznoòintsy », che, dopo
la caduta del regime di Nicola I, costituivano
l’ala sinistra del pubblico dei lettori.
[75-77] Nei sogni di Vera Pavlovna rintrac-
ciamo un tratto della concezione socialista di
Cernysevskij a cui, purtroppo, non hanno pre-
stato negli ultimi tempi la debita attenzione i
socialisti russi. In questi sogni ci attrae il pro-
fondo convincimento di CernySevskij che il si-
stema socialista può fondarsi unicamente sulla
larga applicazione delle forze tecniche, sviluppate
nel periodo borghese, alla produzione. Nei sogni
di Vera Pavlovna sterminati eserciti del lavoro
si occupano in comune della produzione, pas-
sando dall’Asia centrale in Russia, dai paesi tor-
ridi a quelli freddi. Tutto questo, naturalmen-
te, poteva essere immaginato anche con Taiuto
di Fourier, ma che i lettori russi non ne sape-
vano niente balza evidente persino dalla storia
successiva del cosiddetto socialismo russo. Nelle
loro rappresentazioni della società socialista i
nostri rivoluzionari non di rado sono giunti a
concepirla come una federazione di comunità
contadine, che avrebbero lavorato i loro campi
con quello stesso aratro antidiluviano con cui
dissodavano la terra già al tempo di Vasilij
Sovremennik, 1847, n. 12.
PLECHÀNOV: « CERNYSEVSKIJ »
633
l’oscuro. Ma va da sé che un simile « socia-
lismo » non può essere considerato affatto come
socialismo. L emancipazione del proletariato può
compiersi solo mediante la liberazione dell’uo-
mo dal « potere della terra» e, in
generale, dal potere della natura. Per quest’ulti-
ma emancipazione sono però indispensabili que-
gli eserciti del lavoro e quella larga applicazione
delle forze produttive contemporanee alla pro-
duzione di cui parlava, nei sogni di Vera Pa-
vlovna, Cemysevskij e di cui noi, con la nostra
aspira 2 Ìone alla « praticità », ci siamo dimen-
ticati completamente.
Cemysevskij assistè alla nascita di un nuo-
vo tipo di « uomini nuovi ». Questo tipo fu
da lui delineato nel personaggio di Rachmetov.
Il nostro autore salutò con gioia la comparsa di
questo nuovo tipo e non potè rinunciare alla
soddisfazione di abbozzarne un profilo, pur se
non del tutto nitido. Al tempo stesso Cemy-
sevskij prevedeva con amarezza tutte le torture
e sofferenze che avrebbe dovuto sopportare il
rivoluzionario russo, la cui vita era una vita di
lotta severa e di gravosi sacrifici. Cosi, Cemy-
sevskij delinea dinanzi a noi in Rachmetov un
autentico asceta [...]. Siamo d’accordo che alcuni
tratti del carattere di Rachmetov potevano es-
sere raffigurati diversamente. Ma l’insieme del
suo carattere rimane pienamente fedele alla
realtà: quasi in ognuno dei (nostri) illustri
[ socialisti degli anni 60 e 70 1 vi è stata una
[ non piccola | parte di rachmetovismo [...].
Come epigrafe al nostro primo articolo su
Cemysevskij, scritto sotto la viva impressione
della notizia deUa sua morte e radicalmente rie-
laborato nella presente edizione, avevamo scelto
1 ) di « rivoluzio-
nari » in Sotsi -
aldemokrat,
n. 1, p. 173
2) dei «rivoluzio-
nari russi» in
Sotsialdemo-
krat , n. 1, p.
174
3 ) una « enor-
me », ivi
634
LENIN
le seguenti parole del nostro autore, tolte da
una sua lettera alla moglie: « La nostra vita
appartiene alla storia, passeranno centinaia di
anni, e i nostri nomi saranno cari agli uomini,
e verranno ricordati con gratitudine, anche quan-
do non ci saranno piu coloro che sono vissuti
con noi ». Questa lettera è stata scritta il 5 ot-
tobre 1862, cioè quando il suo autore si trovava
già in carcere.
non smisurata-
mente (anche se
non conosciamo
ancora questa
« misura »)
[102-103] «[...] La congiunzione di qua-
lità assolutamente eterogenee in un oggetto è
una legge universale delle cose. » Lo stesso si
dica per quella qualità a cui diamo il nome di
facoltà di percepire e di pensare. La sua di-
stanza dalle cosiddette qualità fisiche delPorga-
nismo vivente è smisuratamente grande. Ma qué-
sto non le impedisce di essere qualità di quel-
Porganismo che possiede al tempo stesso Pesten-
sione e la capacità di muoversi [...].
Essi * evitano per solito di mettere in ri-
salto le ragioni, che impediscono loro di ricono-
scere nella facoltà di percepire una delle pro-
prietà della materia, e preferiscono confutare
ciò che nessun materialista insigne ha mai af-
fermato, — quanto meno in età moderna, —
cioè che la percezione è essa stessa movimen-
to ** [...].
[106-108] Il processo di combustione ra-
pida del legno è accompagnato da numerosi fe-
nomeni, che non ineriscono invece al processo
*
NB
Cioè gli avversari del materialismo ( n.d.t .).
** Concediamo che nei materialisti antichi , per esempio, in
Democrito e in Epicuro, si siano date talune oscurità al riguardo,
benché la cosa sia ancora tutt’altro che dimostrata: bisogna ricordare
che le vedute di questi pensatori sono giunte sino a noi in forma
incompleta.
PLECHÀNOV: « CERNY$EVSKIJ »
635
della sua combustione lenta. Ma non c’è tutta-
via una differenza sostanziale tra questi due
processi. Essi sono, in sostanza, un processo
unico, che si compie però nel primo caso con
grande rapidità e nel secondo con eccezionale
lentezza. Le qualità inerenti al corpo coinvolto in
questo processo assumono quindi nel primo caso
particolare vigore, mentre sono caratterizzate nel
secondo caso da una « microscopica debolezza,
che è assolutamente inafferrabile nella vita cor-
rente ». In relazione al problema dei fenomeni
psichici questo significa che la materia non è
mai priva, neanche nella sua forma non orga-
nizzata, di quella facoltà di « percezione » che
produce frutti « spirituali » cosi ricchi negli ani-
mali superiori. Tuttavia, nella materia non orga-
nizzata questa facoltà esiste in misura estrema-
mente ridotta. E quindi essa è assolutamente
inafferrabile per il ricercatore, e noi, senza ri-
schiare affatto di cadere in un errore manifesto,
possiamo considerarla pari a zero. Non bisogna
peraltro dimenticare che questa capacità ineri-
sce in generale alla materia e che, pertanto, non
c’è motivo di considerarla come un che di mira-
coloso là dove si manifesta con pieno vigore, co-
me accade, per esempio, negli animali superiori
in genere e, soprattutto, nell’uomo. Enuncian-
do quest’idea, pur con la cautela imposta dalle
condizioni in cui si trovava a quel tempo la no-
stra stampa, Cernysevskij si ravvicinava a mate-
rialisti come Lamettrie e Diderot, che stavano,
a loro volta, sulle posizioni di uno spinozismo
depurato di tutte le superflue intrusioni teolo-
giche [...].
[107] Jurkevic affermava inoltre che le dif-
ferenze quantitative si tramutano in differenze
qualitative non nell’oggetto stesso, ma nel suo
NB
636
LENIN
non logico, ma
gnoseologico
NB
rapporto con il soggetto senziente. E questo è
un errore logico assai grossolano. Per modifi-
carsi nel suo rapporto con il soggetto senzien-
te, Poggetto deve modificarsi preliminarmente
■ -= \/NSNSVN/VS>/VS\/NSNSNS\SV\S\SNS\A^-iyNS S/>.
in sé stesso [...].
Dopo aver elencato punto per punto le
presunte argomentazioni inconfutabili di Jur-
kevic, DudySkin cosi scriveva nelle Oteèestven -
nye zapiski , rivolgendosi a Cemysevskij:
« Sembra chiaro; qui non si tratta di qual-
cun altro, ma proprio di lei; non si tratta della
filosofia e della fisiologia in generale, ma pro-
prio della sua ignoranza di queste scienze. Che
c'entra qui il parafulmine della filosofia semina-
ristica? Perché confondere cose radicalmente di-
verse e affermare che tutti voi avete studiato
queste cose in seminario e ancora adesso le ri-
cordate a memoria? ».
A questo CernySevskij rispose che Dudvìkin,
non conoscendo i quaderni seminaristici, non
poteva capire di che si trattasse. « Se lei si fos-
se dato la pena di esaminare questi quaderni,
— continua Cemysevskij, — avrebbe notato
che tutti i difetti scoperti in me dal signor
Jurkevic questi quaderni li scoprono in Aristo-
tele, Bacone, Gassendi, Locke, ecc., ecc,, in tutti
i filosofi che non sono stati idealisti. E, per-
tanto, tali rimproveri non riguardano me come
singolo autore, riguardano invece la teoria che
io ritengo utile divulgare. Se non mi crede,
sfogli il Lessico filosofico, curato dal signor
S. G. e appartenente alla stessa corrente del
signor Jurkevié, e vedrà che in esso di ogni
filosofo non idealista si dice la stessa cosa: co-
stui non conosce la psicologia, le scienze natu-
rali gli sono sconosciute, respinge Pesperienza
PLECHANOV: « CERNYsEV S KIJ »
637
interiore, cade in estasi dinanzi ai fatti, con-
fonde la metafisica con le scienze naturali, umilia
l’uomo, ecc., ecc. ».
[111-112] In generale, nella concezione di
Cemysevskij circa l’egoismo razionale si rin-
viene chiaramente l’aspirazione — propria di
tutti i «periodi illuministici» ( Aufklàrungspe-
rioden) — a ricercare nell’intelletto il sostegno
della morale, e nel calcolo piu o meno motivato
del singolo individuo la spiegazione del suo ca-
rattere e delle sue azioni. Talora i ragionamenti
di Cemysevskij su questo tema rassomigliano
come due gocce d’acqua ai ragionamenti di Hel-
vétius e dei suoi compagni di idee. Quasi con
altrettanta forza essi ricordano i ragionamenti
di un tipico esponente del periodo illuministico
in Grecia, cioè di Socrate, che, difendendo l’ami-
cizia, dimostrava che è utile avere amici, perché
gli amici possono riuscire utili nella disgrazia.
Questo senso | estremo di razioniamo 1 si spiega
col fatto che gli illuministi per solito non sanno
attenersi al punto di vista dello NB
sviluppo [...].
[159-161] Cemysevskij applicò le concezioni
di Feuerbach all’estetica, e, come vedremo piu
avanti, consegui in questo campo risultati che
sono in un certo senso molto cospicui. Tuttavia,
nemmeno qui le sue argomentazioni furono pie-
namente soddisfacenti, dato che un concetto as-
solutamente esatto dello sviluppo estetico del-
l’umanità presuppone l’elaborazione di una con-
cezione generale della storia. E, riguardo a que-
st’ultima, CemySevskij riuscì a compiere solo
alcuni passi, pur se invero molto precisi, verso
una tale elaborazione [...].
638
LENIN
Ecco che cosa leggiamo in un articolo di
Cernysevskij dedicato a un noto libro di V. P.
Botkin: Lettere sulla Spagna ( Sovremennik ,
1857, n. 2):
« La divisione del popolo in caste ostili è
una delle difficoltà più serie frapposte al miglio-
ramento del suo avvenire; in Spagna non c'è
questa funesta divisione, non c’è un’ostilità in-
conciliabile tra i ceti, ognuno dei quali sarebbe
pronto a sacrificare le conquiste storiche più
preziose, pur di nuocere a un altro ceto; in Spa-
gna l’intera nazione si sente come un tutto.
Questa particolarità è talmente inconsueta tra i
i popoli dell’Europa occidentale che inerita la mas-
sima attenzione, e già di per sé può essere
considerata una garanzia del felice avvenire di
questo paese » *.
Non si tratta di un lapsus, perché Cemy-
sevskij scrive più oltre nello stesso articolo:
« Sulla maggior parte delle nazioni incivilite il
popolo spagnuolo è in grande vantaggio per una
questione di estrema importanza: i ceti non
sono in Spagna divisi tra loro da un odio radi-
cato, da una sostanziale opposizione di interessi;
essi non sono caste reciprocamente ostili, come
accade invece in molti altri paesi europei occi-
dentali; in Spagna, infatti, tutti i ceti possono
aspirare di comune accordo a uno stesso sco-
po » **
[163-164] Essi*** avevano la predisposi-
zione a considerare da un punto di vista idea-
listico anche la storia dellumanità. Cosi, nei
loro ragionamenti storici ci si imbatte spesso
nelle più indubbie e, a quanto sembra, evidenti
contraddizioni: i fatti che erano stati interpre-
tati in un senso assolutamente materialistico
vengono d'un tratto spiegati in modo assoluta-
* Opere, v. Ili, p. 38.
** ìbidem, p. 44.
*** Cioè i socialisti utopisti ( n.d.t .).
PLECHANOV : « CERNYSEVSKIJ »
639
mente idealistico; e, viceversa, le spiegazioni
idealistiche sono come spezzate da digressioni
pienamente materialistiche. Questa instabilità,
questo passaggio continuo, evidente per il let-
tore odierno ma non altrettanto evidente per
Fautore, dal materialismo all’idealismo e dal-
l’idealismo al materialismo si fa sentire anche
nelle concezioni storiche di CernySevskij^ che
per questo riguardo ricorda da vicino i grandi
utopisti deiroccidente. In ultima istanza, anche
CemySevskij, come gli utopisti, propende per
l’idealismo.
Questo risulta evidente dal suo interessante
articolo Sulle cause della caduta di Roma (imi-
tazione di Montesquieu) , pubblicato nel Sovre-
mennik del 1861 (n. 5) [...].
CernySevskij ha dimenticato qui le celebri
parole di Plinio, da lui stesso citato altrove:
latifundia perdidere Italiani. Nella sua « formula
del progresso » — come si è cominciato a dire
da noi in seguito — non c’è posto per i rapporti
interni di un determinato paese. Tutto si riduce
allo sviluppo intellettuale. Cernyfevskij dichiara
energicamente che il progresso si fonda sullo
sviluppo intellettuale e che il suo « lato fonda-
mentale sta appunto nei successi e nello svi-
luppo del sapere» [...]. I rapporti sociali sono
in lui raffigurati come un semplice effetto della
diffusione di determinate conoscenze. Abbiamo
appena letto: « Si elabora il sapere storico; ven-
gono cosi circoscritti i falsi concetti, che impe-
discono agli uomini di organizzare meglio la loro
vita sociale, e questa vita viene organizzata me-
glio che in precedenza ». Questo è molto di-
verso da ciò che Fautore ha scritto nel suo
articolo su un libro di Roscher 151 . In quell’ar-
ticolo egli sosteneva che era impossibile e per-
sino ridicolo giudicare degli scienziati come si
trattasse di scolari: non conosceva la tal cosa,
e quindi si è fatto un'idea sbagliata. In esso
sosteneva che il problema non riguarda l’esten-
640
LENIN
sione del sapere di uno scienziato, ma gli inte-
ressi del gruppo sociale che egli rappresenta.
In breve, da quell’articolo risultava che le con-
cezioni sociali sono determinate dagli interessi
sociali, il pensiero sociale dalla vita sociale. Qui
abbiamo Pinverso. La vita sociale è qui deter-
minata dal pensiero sociale, e, se un regime
sociale ha certi difetti, questo dipende dal fatto
che la società, come uno scolaro, ha studiato
poco o male e si è quindi fatta idee sbagliate.
Non si potrebbe concepire una contraddizione
piu stridente [...].
[170] La posizione di Herzen sui rapporti
tra la Russia e il « vecchio mondo » è stata
elaborata sotto il vigoroso influsso degli sla-
vofili ed è quindi sbagliata. Ma si può per-
venire a una concezione sbagliata, pur usando
un metodo più o meno corretto, cosi come si
può elaborare una concezione corretta, pur usan-
do un metodo più o meno sbagliato. È quindi
lecito domandarsi quali rapporti corrano tra il
metodo con cui Herzen ha elaborato la sua con-
cezione sbagliata e il metodo che ha condotto
Cerny§evskij alla negazione e derisione — as-
solutamente meritata — di quella concezio-
ne [...].
[188-190] Ci si potrà far notare che, se-
condo la nostra stessa osservazione, le recensio-
ni di Cernysevskij qui analizzate sono state
scritte dopo che le concezioni storiche di Marx
e di Engels avevano assunto una forma orga-
nica. Non dimentichiamo questo fatto. Ma pen-
siamo che la cosa non possa risolversi con i
soli dati di ordine cronologico. Anche le prin-
cipali opere di Lassalle sono apparse dopo che
le concezioni storiche di Marx e di Engels ave-
vano assunto ormai una forma organica, e tut-
tavia, per il loro contenuto ideale, queste ope-
PLECHANOV: « CERNYSEVSKIJ »
641
re appartengono all’epoca del passaggio dal-
l’idealismo storico al materialismo storico. La
questione non sta nelle date, ma nel contenuto
della singola opera [...].
Non intendiamo ripetere che Cemysevskij
era ancora lontano dalla rottura con l’idealismo
e che la sua rappresentazione del corso ulte-
riore dello sviluppo sociale era assolutamente
idealistica. Chiediamo soltanto al lettore di no-
tare che l’idealismo storico ha costretto Cemy-
sevskij a riservare il primo posto, nelle sue con-
siderazioni sulPawenire, agli uomini « avan-
zati », agli intellettuali , come si dice
oggi, che dovevano diffondere tra le masse la
verità sociale infine scoperta [...]. Ma qui non
è in causa il sapere del « popolo semplice »,
qui sono in causa le sue azioni. E le azioni
degli uomini non sono sempre determinate dal
loro sapere, ma sono sempre determinate non
soltanto dal loro sapere, bensì anche — e
principalmentp — dalla loro posizione, che vie-
ne soltanto chiarita e illustrata dal loro sapere
[...]. L’« essere » dell’uomo del popolo impone
a quest’uomo un modo d’agire molto più deter-
minato di quello imposto all’intellettuale dalla
sua posizione sociale. Ecco perché la concezione
materialistica della storia consente solo in un
certo senso, e per giunta assai circoscritto, di
parlare di arretratezza dell’uomo del popolo ri-
spetto all’intellettuale: in un certo senso, P« uo-
mo semplice » rimane indubbiamente indietro
rispetto all’« intellettuale », ma in un altro sen-
so Io sorpassa senza dubbio alcuno [...],
Ciò che nelle concezioni storiche di Cemy-
sevskij era un difetto, derivante dalla debole
elaborazione del materialismo feuerbachiano, è
diventato in seguito il fondamento del nostro
NB
NB
41-639
642
LENIN
soggettivismo, che non ha niente da spartire
con il materialismo e che si è levato con deci-
sione contro di esso, non solo nel campo della
storia, ma anche in quello della filosofia [...].
<
Proprio questo è
il difetto del libro
di Plechanov su
CernySevskij
<
[199] Verso questa teoria* Cernysevskij
assume in generale un atteggiamento molto ne-
gativo. Esponendo la concezione idealistica del-
lo sviluppo storico, egli continua a ritenersi
un materialista coerente. E sbaglia. Ma il suo
errore è radicato in uno dei difetti principali
del sistema materialistico di Feuerbach. Marx
ha osservato molto bene: « Feuerbach vuole og-
getti sensibili, realmente distinti dagli og-
getti del pensiero: ma egli non concepisce Fat-
tività umana stessa come attività oggettiva . Egli,
perciò, neWEssenza del cristianesimo , considera
come veramente umano soltanto Patteggiamento
teoretico [...]»**. Come il suo maestro, an-
che Cernysevskij concentra la sua attenzione
quasi esclusivamente sull’attività « teoretica »
delTuomo, e pertanto lo sviluppo intellettuale
diventa ai suoi occhi la causa più profonda del
movimento storico [...].
[205] Secondo Cernysevskij il vizio riceve
sempre nella storia il meritato castigo. In realtà,
i fatti storici che noi conosciamo non danno
alcun fondamento a questa concezione, forse
consolante, ma comunque ingenua. Ci può qui
interessare domandarci come sia sorta nel nostro
autore. A tale domanda si può replicare indi-
cando Tepoca in cui visse Cernysevskij. Un’epo-
ca di ripresa sociale, che aveva, se cosi si può
dire, il bisogno morale di concezioni che con-
validassero la fiducia nelPimmancabile disfatta
del male [...].
* Ossia verso l’idealismo (n.d.t.).
Cfr. le sue tesi su Feuerbach l52 , scritte nella primavera del 1845.
PLECHANOV: « CERNYSEVSKIJ »
643
[221] Sappiamo che, sin dagli inizi della
sua attività letteraria, Cernysevskij realizzò il
tentativo, a suo modo molto riuscito, di appli-
care anestetica la filosofia materialistica di
Feuerbach. A questo suo tentativo abbiamo de-
dicato uno studio speciale *. E pertanto ci limi-
teremo a dire qui che, sebbene questo tentativo
sia a suo modo in gran parte riuscito, tuttavia
su di esso, come del resto sulle concezioni sto-
riche di Cernysevskij, si è riflesso il difetto fon-
damentale della filosofia di Feuerbach: la man-
cata elaborazione del suo lato storico, o, per
essere più precisi, dialettico. Cernysevskij, solo
per non aver elaborato questo aspetto della
concezione filosofica a cui aderiva, non potè
rivolgere attenzione all'importanza del concetto
di giuoco per un'interpretazione materialistica
dell'arte [...].
[236] « Il vero godimento è dato all'uomo
solo dalla realtà; importanza reale hanno solo le
aspirazioni fondate sulla realtà; il successo può
toccare solo a quelle speranze che sono generate
dalla realtà e a quelle azioni che si compiono
con l'ausilio delle forze e delle circostanze da
essa offerte. » **
Era questo il nuovo concetto di « realtà ».
Dicendo che i filosofi contemporanei lo avevano
elaborato traendolo dalle oscure allusioni della
filosofia trascendentale, Cernysevskij si riferiva
a Feuerbach. Ed esponeva molto correttamente
il concetto feuerbachiano di realtà. Feuerbach
aveva detto che la sensibilità o realtà è identica
alla verità, cioè che l'oggetto nel suo senso vero
viene dato soltanto dalla sensazione. La filosofia
speculativa sosteneva che le rappresentazioni de-
NB
41
* Cfr. Tarlicelo La teoria estetica di Cernysevskij nella raccolta In venti anni.
** Opere di N. G. Cerny§evskij, v. II, p. 206 153 .
644
LENIN
ma in Sotsialdemo-
krat , n. 1, p. 144:
« una feroce e
precisa caratteriz-
zazione del libe-
ralismo russo »
NB X
gli oggetti, fondate esclusivamente sull’esperien-
za sensibile, non corrispondono alla natura reale
degli oggetti e devono essere controllate me-
diante d pensiero puro, cioè mediante il pen-
siero non fondato sull’esperienza sensibile.
Feuerbach insorse energicamente contro questa
concezione idealistica. E affermò che le rappre-
sentazioni degli oggetti, fondate sulla nostra
esperienza sensibile, corrispondono pienamente
alla natura reale degli oggetti stessi. Il solo
guaio è che la nostra fantasia deforma spesso
queste rappresentazioni, che entrano quindi in
contraddizione con la nostra esperienza sensi-
bile. La filosofia deve espungere dalle nostre
rappresentazioni l’elemento fantastico che le
altera, deve accordarle con l’esperienza sensi-
bile. Deve cioè far ritornare l’umanità alla con-
templazione degli oggetti reali, non deformata
dalla fantasia, che prevaleva nell’antica Grecia.
E, in quanto l’umanità verrà ricondotta a questa
contemplazione, sarà anche restituita a sé stessa,
perché gli uomini subordinati alle finzioni pos-
sono essere essi stessi solo enti fantastici, e non
reali. Secondo le parole di Feuerbach, l’essenza
dell’uomo è la sensibilità, ossia la realtà, e non
la finzione, l’astrazione [...].
[243] Si ha qui un ritratto *, disegnato, si
può dire, con mano maestra. Ma il maestro che
lo ha disegnato non era un critico, bensì un
pubblicista [...].
[246-247] fe chiaro, anche senza commenti,
che ogni conclusione teorica riguardo alla capa-
cità di un determinato ceto o classe sociale di
compiere una data azione pratica deve essere
sempre controllata, sino a un certo punto, me-
* Del liberalismo russo (n.d.t.).
plechànov: « éernySevskij »
645
diante Tesperienza e che pertanto può essere
ritenuta attendibile a priori solo entro certi li-
miti, piu o meno ampi [...]. Cosi, ciò che può
sembrare contraddittorio nell’articolo dd Cerny-
sevskij, cioè la richiesta di un atto ragionevole
e risoluto da parte di uomini, la cui incapacità
di essere risoluti e ragionevoli è pur riconosciuta
e spiegata come un prodotto necessario delle
circostanze, non contiene in realtà una con-
traddizione. Queste contraddizioni apparenti
possono trovarsi anche nella pratica politica di
uomini che stanno sul solido terreno delTinter-
pretazione materialistica della storia [...]. Cosi,
l’idealista che accetti la verità materialistica,
secondo cui il carattere nonché, in ultima istan-
za, le opinioni dell’uomo dipendono dalle cir-
costanze, finisce in un circolo vizioso: le opi-
nioni dipendono dalle circostanze, le circostanze
dipendono dalle opinioni. II pensiero dell’* il-
luminista » non può mai venir fuori, in teoria,
da questo circolo vizioso. Nella pratica la con-
traddizione è per solito risolta mediante un
vigoroso appello a tutti gli uomini pensanti,
indipendentemente dalle circostanze in cui vi-
vono e operano. Quello che stiamo dicendo
può sembrare una digressione superflua e
quindi noiosa. Ma, in effetti, questa digressio-
ne è per noi necessaria, in quanto ri aiuta a
comprendere il carattere della critica pubbli-
cistica degli anni sessanta
[253-254] Ma N. Uspenskij ha dovuto
esprimersi anche piu recisamente. Egli ha scrit-
to, per esempio: « Non c’è da aspettarsi nien-
te dai contadini di oggi, che ancora di recente
erano vittime della servitù della gleba: non
puoi risuscitarli! » * [...].
NB
Opere di N. V. Uspenskij, 1883, v. II, p. 202.
646
LENIN
NB
NB
Il lettore, forse, domanderà: ma avrebbe
potuto accettare facilmente Popinione cosi di-
sperata di Uspenskij sui « contadini di oggi »
un uomo come Cernysevskij che, evidentemen-
te, riteneva allora possibile un ampio movi-
mento del popolo, insoddisfatto delle condi-
zioni in cui avveniva Pabolizione della servitù
della gleba? A ciò rispondiamo che non sa-
rebbe stato facile per CernySevskij accettare
quest’opinione, se egli si fosse ritenuto in ob-
bligo di concordare assolutamente con N. V.
Uspenskij. Ma la verità è che egli non con-
cordava assolutamente con Uspenskij. « Pren-
dete l’uomo piu comune, più scialbo, più de-
bole di carattere, più banale: per quanto apa-
tica e meschina sia la sua vita, ci sono mo-
menti di tutt’altro ordine, e sono i momenti
degli sforzi energici, delle decisioni importanti.
Lo stesso accade nella vita di ciascun po-
polo » * [,..].
[262] Pisarev possedeva un immenso ta-
lento letterario. Ma, per quanto grande fosse
il piacere che procurava nel lettore non preve-
nuto lo splendore letterario dei suoi articoli,
bisogna tuttavia riconoscere che il « pisarevi-
smo » è stato una specie di riduzione alPas- 1
surdo dell’idealismo dei nostri « illumini-
sti »
[266] Alcuni articoli sociologici di Mi-
chajlovskij sono stati tradotti oggi in francese
e, se non erriamo, in tedesco. C’è da supporre
che essi non procureranno mai al loro autore
una grande notorietà europea. Ma è molto pro-
babile che susciteranno gli elogi di questo o
quel pensatore europeo che, in quanto odia
il marxismo, arranca alT« indietro, verso Kant ».
In questi elogi, non ostante Popinione del no-
* Opere di N. G. CernySevskij, v. Vili, p. 357 [art. Non è cominciata la
svolta? {n d.t.)]
PLECHANOV: .« CERNYSEVSKIJ »
647
stro novissimo storico della letteratura, non
può rintracciarsi niente di lusinghiero. Ma è
sommamente degna d'attenzione quest'ironia
della storia che tramuta in un'arma teorica del-
la reazione quello che era un innocente errore
teorico di un utopismo più o meno progres-
sista
NB
[281-2821 Nella conclusione CernySevskij
parla delle idee riformatrici: « Presto vedremo
che esse cominceranno a presentarsi in forme
piu ragionevoli e a pervenire a uomini per i
quali non sono un dilettoso passatempo, ma una
~ WWW
loro propria necessità, e, quando comincerà a
WA/WVVVWV
occuparsi ragionevolmente del suo benessere
quella classe con cui hanno inteso recitare una
commedia di pupi i saintsimoniani, allora, pro-
babilmente, essa vivrà meglio di oggi sulla
terra » *. È questa un'osservazione molto im-
portante, Essa dimostra che nei suoi ragiona-
menti intorno all'avvenire del socialismo euro-
peo occidentale Cernysevskij andò molto vicino
alla teoria della lotta di classe [...].
Cernysevskij non si domanda se in questa
vita esistono fenomeni che possano fornire un a
garanzia oggettiva del fatto che anche all'* uo-
mo semplice » giungeranno infine le nuove idee
filosofiche. Egli non ha bisogno di questa
garanzia, perché il trionfo dei nuovi principi ha
per lui una garanzia assolutamente sufficiente
nella natura dei principi stessi, nonché nella
natura dell'uomo [...].
NB
NB
Opere, v. VI, p. 150.
648
LENIN
è troppo
[289] Cernysevskij considera il problema
del socialismo, come tutte le altre questioni ge-
nerali dello sviluppo storico, dal punto di vista
dell’ idealismo. Quest’atteggiamento idea-
listico verso i più importanti fenomeni storici
era comune al socialismo di tutti i paesi nella
fase utopistica della sua evoluzione. Questo
tratto del socialismo utopistico assume tanto
rilievo che su di esso occorre indugiare, senza
temere alcune ripetizioni, pienamente possibili
in questo caso
[313] «Chi, se non uno stolto, può preoccu-
parsi di conservare la proprietà in certe mani,
senza essersi assicurato in anticipo che questa
proprietà rimarrà in queste mani e vi rimarrà
a condizioni vantaggiose? [„.] Vadano al dia-
volo tutte queste provviste che possono solo
nuocere alla persona che mi è cara! Vada in
malora tutto ciò che può condurvi soltanto alla
rovina! Proverò stizza per voi, mi vergognerò
per la mia stoltezza: ecco i miei sentimen-
ti.» *
[315-316] Già nell’aprile 1857 egli scrive-
va: « Ma non ci si può nascondere che la Rus-
sia, la quale ha sinora partecipato scarsamente
al movimento economico, sarà presto coinvolta
in tale movimento, e la nostra vita, che si è
sinora quasi sottratta all’influsso di quelle leggi
economiche che rivelano tutta la loro potenza
solo quando vi sia un’intensa attività econo-
mica e commerciale, comincerà presto a pie-
garsi alla loro forza. Ben presto forse anche noi
saremo attratti nella sfera dove opera piena-
mente la legge della concorrenza » ** [...].
* Opere , v. IV, p. 307
** ibidem , v. Ili, p. 185.
plechanov: « cernySevskij »
649
Naturalmente, quando in un paese asiatico,
che conosce già da un pezzo i ponti sospesi,
giungeranno le tecniche europee, sarà più facile
convincere il mandarino che i moderni ponti
sospesi non sono una fantasia diabolica. Ma è
tutto qui. A dispetto dei suoi ponti sospesi,
un paese asiatico continua a essere tuttavia un
paese arretrato, e l’Europa sarà la sua educa-
trice. Lo stesso può dirsi per TobscSina russa.
Essa forse agevolerà lo sviluppo della nostra
patria; ma tuttavia l’impulso principale verrà
a essa dalPocci dente, e a noi non toccherà rin-
novare il genere umano per mezzo dell’obsòi-
na [...].
[319] Cernysevskij chiarisce più avanti il
suo pensiero con argomentazioni, le quali con-
fermano la nostra supposizione che egli dicendo
democratici intenda socialisti. « Sotto il profilo
teorico, — scrive Cernysevskij, — il liberalismo
può sembrare seducente a coloro che un felice
destino ha liberato dalla necessità materiale: la
libertà è cosa molto piacevole. Ma il liberalismo
intende la libertà in modo ristretto, puramente
formale. La libertà consiste, per il liberalismo,
nel diritto astratto, nell’autorizzazione concessa
sulla carta, nella mancanza di un divieto giuri-
dico. Esso non vuole capire che il diritto di
fare qualcosa assume valore per Tuomo solo
quando quest’ultimo disponga dei mezzi ma-
teriali per godere di tale diritto » * [...].
[329-342] Gli «uomini semplici » non leg-
gono i giornali, non si occupano di questioni
politiche e non influiscono sul loro andamento.
Cosi stanno le cose oggi che la loro coscienza
è ancora profondamente assopita. Quando que-
sta coscienza si sarà ridestata, sotto l’influsso
Opere , v. IV, p. 157.
650
LENIN
NB
0
del reparto d'avanguardia dell'esercito storico
combattente, composto degli « uomini miglio-
ri », che si sono appropriate le conclusioni
della scienza moderna, allora gli « uomini sem-
plici » comprenderanno che il loro com pito con-
siste nella radicale riorganizzazione della socie-
tà e si dedicheranno a quest'opera, che non ha
alcun rapporto diretto con il problema delle
forme dell'organizzazione politica. È stata que-
sta la concezione predominante di Cerny sevskij ,
cosi come risulta dalla maggior parte delle
sue numerose rassegne politiche. Se talvolta
questa concezione, sostanzialmente idealistica,
della politica cede il posto a un'altra concezio^
ne, che è come un embrione dell'interpretazio-
ne materialistica, si tratta tuttavia di un'ecce-
zione del tutto simile a quella in cui ci siamo
imbattuti neiresame delle concezioni storiche
di Cernysevskij: il lettore ricorderà che anche
in queste concezioni, sostanzialmente idealisti-
che, abbiamo individuato i germi di un'inter-
pretazione materialistica della storia. Chiariamo
ora con due esempi quale carattere abbiano
assunto le rassegne politiche di CernySevskij
sotto l’influsso della concezione, appena ricor-
data e in lui predominante, circa i rapporti tra
la politica e i còmpiti fondamentali della
1 classe operaia j [...],
Sotto la differenza
teorica tra le con-
cezioni idealistica
e materialistica
delia storia Ple-
chanov non ha
còlto la differenza
pratico-politica e
di classe tra il li-
berale e il demo-
cratico.
PLECHANOV: « ÒERNYSEVSKIJ *
- 651
Queste argomentazioni, da cui si conclude
che il governo dispotico austriaco si comporta
molto giustamente, dovevano sorprendere e in
realtà sorpresero moltissimi lettori del Sovre-
menntk. Esse suscitavano infatti l’impressione
che il loro autore non solo nutrisse indifferenza
per le questioni della libertà politica, ma con-
sentisse addirittura apertamente con gli oscu-
rantisti. Più di una volta gli avversari rimpro-
verarono a Cernyàevskij tale consenso. E pro-
prio in relazione a queste accuse, nella conclu-
sione della rassegna politica del marzo 1862,
egli formulò un’osservazione ironica: « Per n oi
non c’è diletto più grande del liberalismo: ab-
biamo quindi una gran voglia di ricercare da
qualche parte i liberali per prenderci giuoco di
loro ». Ma, in realtà, Cernysevskij non scriveva
le sue paradossali rassegne per « prendersi giuo-
co » dei liberali o per difendere i governi di-
spotici. Queste rassegne erano fondate sulla
idea che, ove permangano determinati rapporti
sociali, le cose non possono andare diversamen-
te da come vanno e che chiunque desideri cam-
biarle deve concentrare i suoi sforzi sulla tra-
sformazione radicale dei rapporti sociali. Agire
diversamente significa soltanto sprecare il pro-
prio tempo. I liberali suscitavano derisione
in Cernysevskij appunto perché proponevano
dei palliativi là dove era indispensabile una
terapia radicale.
Secondo esempio. Nell’aprile del 1862, a
proposito del conflitto tra il governo e la Ca-
mera dei deputati della Prussia, Cernysevskij
sembra schierarsi di nuovo in favore déll’asso-
lutismo nella sua lotta contro il liberalismo.
Secondo Cernysevskij, i liberali si stupiscono
invano del fatto che il governo prussiano non
ha mostrato buona volontà nel fare concessioni
Cfr. Sotsialde -
mokrat, n. 1,
p. 144: è mo-
dificato!! 155
Cfr. Sotsialdemo-
krat , n. 1, p. 144,
il tono!
652
LENIN
NB
NB
NB
e ha preferito gettare il paese nell'agitazione
sciogliendo la Camera. « Noi troviamo — egli
dice — che il governo prussiano doveva con-
dursi a questo modo.» * Una simile afferma-
zione doveva sorprendere di nuovo l'ingenuo
lettore e sembrargli un tradimento della causa
della libertà. Va tuttavia da sé che anche qui
il nostro autore non si levava in difesa del
dispotismo, ma intendeva solo servirsi delle vi-
cende prussiane per comunicare ai piu per-
spicaci dei suoi lettori una giusta opinione
su quella condizione principale da cui dipende,
in ultima istanza, l’esito di tutte le grandi col-
lisioni sociali. Ecco che cosa scriveva in pro-
posito:
« Come i conflitti tra i diversi Stati vengono
dapprima trattati su un piano diplomatico, cosi
anche la lotta per i principi all’interno di uno
Stato viene condotta all'inizio con i mezzi con
cui si influisce sulla società o sul piano cosid-
detto legale . Ma, come i conflitti tra gli Stati,
quando assumano una qualche importanza, con-
ducono sempre a minacce di guerra, cosi accade
anche airinterno di uno Stato, quando la cosa
abbia particolare importanza » [...].
Da questo angolo visivo egli considerava
anche ciò che avveniva in quel momento in
Prussia. Cernysevskij difendeva e lodava il go-
verno prussiano — occorre dirlo — unicamen-
te perché esso « operava, come meglio non si
sarebbe potuto, per il progresso nazionale »,
in quanto distruggeva le illusioni politiche
degli ingenui prussiani, i quali, non si sa su qua-
le fondamento, immaginavano che un sistema
di governo effettivamente costituzionale sareb-
be subentrato nel loro paese da sé, senza lotta
contro il vecchio regime. E, se Cernysevskij
* Opere , v. IX, p. 236.
PLECHANOV: « ÉERNY§EVSKIJ »
653
non manifestava la minima simpatia per i li-
berali prussiani e anzi li dileggiava, questo si
spiega col fatto che i liberali prussiani, secon-
do la sua giusta opinione, volevano raggiun-
/wvw\Aryvwvwwwvww
gere i loro scopi senza una lotta decisiva con-
tro i loro avversari politici. Parlando del pos-
sibile esito del conflitto tra la Camera e il
governo, egli rilevò con grande penetrazione
che, « a giudicare dagli attuali orientamenti
dell’opinione pubblica in Prussia, c’è da sup-
porre che gli avversari del sistema vigente si
ritengano troppo deboli per la lotta armata
e siano pronti a placarsi non appena il gover-
no minaccerà con decisione il ricorso ai mezzi
militari » *. Cosi avvenne. CernySevskij ave-
va quindi ragione nel suo disprezzo verso i
liberali di Prussia. Costoro volevano infatti
che il regime costituzionale si affermasse in
Prussia per virtù propria. E non solo non
fecero ricorso ad azioni risolutive, — della
qual cosa non si poteva far loro una colpa,
perché tali azioni erano impossibili dato il
rapporto tra le forze sociali, — ma condanna-
rono anche in linea di principio l’idea stessa
di queste azioni , e quindi, per quanto dipen-
deva da loro, ostacolarono quella modificazio-
ne delle forze sociali che avrebbe consentito
di ricorrere a tali azioni in avvenire
In Prussia, per quanto debole fosse il ca-
pitalismo prussiano rispetto a ciò che esso è
divenuto oggi, già cominciava tuttavia a svi-
lupparsi un movimento operaio,
nel senso moderno del termine; mentre in
NB
* Opere, v. IX, p. 241.
654
LENIN
cioè demo
cratico
NB
Russia stava appena cominciando a fiorire
quel movimento dei r a z no-
li n t s y che viene per solito caratterizzato
come un movimento di intellettuali
[..J.
Le rassegne politiche di Cernysevskij era*
no destinate agli « uomini migliori », i quali
avevano bisogno di sapere che cosa avrebbero
dovuto insegnare alla massa arretrata. Il la-
voro degli « uomini migliori » consisteva
principalmente, ma non esclu-
sivamente, nella propaganda. Il « po-
polo semplice » in generale non compariva
sulla scena politica. E quanto avveniva su que-
sta scena, in generale, riguardava poco i suoi
interessi. Ci sono però epoche eccezionali in
cui la massa popolare si ridesta dal suo con-
sueto letargo e compie tentativi energici, pur
avendone talora poca coscienza, per migliorare
la propria sorte. In queste epoche eccezionali
l’attività degli « uomini migliori » perde, piu
o meno, il suo carattere prevalentemente
propagandistico e diventa agi-
tazione [...].
« Gli uomini migliori di ogni genera-
zione trovano che la vita del loro tempo è trop-
po gravosa; a poco a poco alcune delle loro
aspirazioni diventano accessibili alla società, e
in seguito, una volta o l’altra, dopo molti anni,
questa società lavora per sei mesi, per un
anno, al più per tre o quattro anni, per realiz-
zare almeno alcune delle poche aspirazioni tra-
smesse dagli uomini migliori. Il lavoro non
è mai coronato da successo: a metà strada
rentusiasmo si esaurisce, la forza della r o-
cietà si estenua, e la vita pratica cade di nuovo
in un lungo periodo di stagnazione; come in
precedenza, gli uomini migliori, se sopravvi-
vono al lavoro à cui hanno dato il loro im-
PLECHANOV: « CERNY &E V S KI J »
655
pulso, vedono che le loro aspirazioni sono tut-
t'altro che realizzate e come prima devono
dolersi della pesantezza dell'esistenza. Ma nel
breve periodo di nobile slancio molte cose
sono state cambiate. Naturalmente, la riorga-
nizzazione è avvenuta in fretta, non si è avuto
il tempo di pensare alla bellezza delle nuove
costruzioni [...] e il periodo della stagnazione
accoglie Tedificio ricostruito con una molti-
tudine di piccole brutture e deformità » [...].
Come risulta evidente da tutto, verso la
conclusione del primo periodo — cioè del
periodo presiberiano — della sua attività let-
teraria, Cernysevskij cominciò a credere che
la società si stava avvicinando sempre piu
alle sue opinioni e tendeva sempre più a con-
cordare con lui. In altri termini, egli cominciò
a pensare che nella storia russa si stava appros-
simando uno di quei salti benefici che si com-
piono di rado nella storia, ma che in com-
penso spingono molto avanti il processo di
sviluppo deUa società [...]. Speranskij aveva,
in realtà, concepito vasti piani di riforma, ma
è ridicolo considerarlo un rivoluzionario per
la dimensione stessa dei mezzi con cui pen-
sava di portare a compimento i suoi propositi.
Egli contava soprattutto di riuscire a conqui-
starsi la fiducia di Alessandro I. E, poggiando
su questa fiducia, pensava di realizzare i suoi
piani. Ma proprio per questo CernySevskij lo
definì un sognatore [...].
Non cede in politica ai trasporti nocivi sol-
tanto chi ricordi costantemente che il corso
della vita sociale è determinato dai rapporti
tra le forze sociali 156 . Chi intenda operare se-
condo questa norma fondamentale è talora co-
stretto a vivere un gravoso conflitto mora-
le [...].
NB
Sotsiddemokrat ,
p. 161, è modi-
ficato
656
LENIN
NB
idem in Sotsial-
demokrat,
n. 1, p. 164
All’inizio degli anni sessanta il governo
decise di elaborare un nuovo statuto per la
censura, e si consenti alla stampa di esprimersi
sul problema delle limitazioni impostele. Cer-
nysevskij non tardò a manifestare al riguardo
la sua opinione, che come al solito dissentiva
fortemente dalla consueta opinione liberale.
CernySevskij riconosceva che ri sono epoche
in cui la stampa può risultare non meno peri-
colosa della mitraglia per il governo di un dato
paese f— ]• Ma nella conclusione CemySevskij
domandava inaspettatamente al lettore: e se
risultasse che le leggi sulla stampa sono reai»
mente necessarie da noi? «Allora di nuovo
ri meriteremmo il nome di oscurantisti, di ne-
mici del progresso, di odiatori della libertà, di
panegiristi del dispotismo, ecc., come già ripe-
tutamente ri hanno rimproverato di essere.»
E pertanto egli si rifiutava di esaminare il pro-
blema dell’opportunità o meno di avere leggi
spedali sulla stampa in Russia. « Temiamo
— egli scriveva — che una ricerca coscienziosa
ri induca a rispondere: si, sono necessarie.» *
La conclusione è chiara: sono necessarie per-
ché in Russia si avvicina il tempo del « sal-
to» [...]*
Dopo aver accennato all'esistenza di « cen-
tinaia » di nuove riviste e di « deci n e » di
scuole domenicali, come a un segno palese
della sete di sapere della società, l’anonimo
autore dell’articolo recensito da Cernyàevskij si
affretta ad aggiungere che questi sintomi sono
ingannevoli. « Senti dei gridi nella strada,
— osserva malinconicamente l’autore dell’ar-
ticolo, — ti dicono che da qualche parte è
successo qualcosa, senza volerlo alzi la testa,
e addio illusioni!...» «Mi scusi, — obietta
subito CemySevskij, — ma quali gridi lei sen-
* Opere, v. IX, p. 130, 156*
PLECHÀNOV: « CERNYSEVSKIJ »
657
te nella strada? I gridi dei poliziotti, — quel-
li li sentiamo anche noi. Sta forse parlando di
questi gridi? Ti dicono che da qualche parte
è successo qualcosa... Che cosa, per esempio?
Là una ruberia, qua un abuso di potere, là
una vessazione contro un debole, qua un atto
di piaggeria verso un potente: di questo si
parla senza posa. Per questi gridi che tutti
sentono e per queste conversazioni quotidiane
è ben vero che senza volerlo si alza la testa,
e addio illusioni! » [...]
Se sul piano teorico CemySevskij non col-
se chiaramente, neanche in seguito, la connes-
sione tra l’economia e la politica, tuttavia nella
sua attività pratica — e, nel dir questo, ci
riferiamo alla sua attività di pubblicista —
egli fu un nemico inconciliabile del nostro vec-
chio regime, pur se la sua originale ironia conti-
nuava a indurre in errore molti lettori liberali.
In effetti, — se non nella teoria, — egli è
stato l'uomo della lotta politica intransigente,
e il desiderio di combattere traspare quasi da
ogni riga di ogni suo articolo del 1861 e, in
particolare, del 1862, anno per lui fatale.
NB
42 -639
Steklov
N. G. Cernyievskij 1M
Ju. M. Steklov, N.G. Cernylevskij , ego zizn
i dejatelnost (1828-1889 ) , Peterburg, 1909.
[11] Karl Marx, che si era accinto tre anni
prima di Cernysevskij a studiare i sistemi so-
ciali (1843), è vissuto in un’altra situazione
ed è riuscito a fare ciò che Cernysevskij non
era destinato a compiere. Per il vigore della
sua mente e per la ricchezza della sua cultura
il « grande scienziato e critico russo », come lo
ha definito Marx 159 , non era da meno del fon-
datore del socialismo scientifico
[30-35] Un poeta tollerante non potrà mai
avere estimatori cosi appassionati come quelli
di colui che, alla pari di Gogol, nutrendo nel-
Tanima odio per tutto ciò che è basso, triviale,
pernicioso, predica l’amore per il bene e la
verità attraverso Tostile parola della negazione
di tutto ciò che è ripugnante. « Chi liscia tutto
e tutti non ama niente e nessuno, tranne sé
stesso; quel tale di cui tutti son contenti non
opera il bene, perché il bene non si può com-
piere senza offendere il male. Chi non è dete-
stato da nessuno non merita niente» [...].
Si avvicinava l’abolizione della servitù della
gleba, e la questione contadina veniva posta
all’ordine del giorno. Gli interessi delle classi
dominanti venivano difese dal governo, dalle
organizzazioni nobiliari e dalla maggior parte
della pubblicistica; soltanto gli interessi delle
classi contadine non trovavano difensori sinceri
e disinteressati. Così, Cernysevskij si gettò in
662
LENIN
?
NB
non del tutto!
battaglia, a capofitto, contro i difensori dichia-
rati o ipocriti degli interessi dei proprietari
feudali e al tempo stesso contro i rappresentanti
delle nascenti tendenze borghesi [...].
A tale scopo CemySevskij scrisse una serie
di brillanti articoli, di cui segnaleremo in par-
ticolare: L'attività economica e la legislazione ,
Capitale e lavoro, La monarchia di luglio, Ca-
vaignac, ecc. In questi scritti, e in vari altri,
Cernysevskij si studiò di smascherare il libera-
lismo borghese e di mostrare che esso era inca-
pace anche solo di condurre sino in fondo la
sua battaglia contro Tassolutismo e le soprav-
vivenze del sistema feudale e che esso rappre-
sentava in sostanza gli interessi dei grandi pro-
prietari, in quanto era in linea di principio ostile
agli interessi delle masse lavoratrici democra-
tiche [...].
Per porre le fondamenta della concezione
del mondo della giovane democrazia russa in
sviluppo, Cernysevskij approfittò dell'uscita del-
l'opuscolo di Lavrov Compendio dei problemi
della filosofia pratica e redasse il suo brillante
Principio antropologico in filosofia, in cui enun-
ciò le tesi fondamentali del materialismo feuer-
bachiano e sottopose a critica implacabile la
concezione idealistica del mondo [...].
Si può affermare, senza esagerazioni, che
non c’è stata una sola questione politica im-
portante, sorta nell'àmbito della società russa,
su cui Cernysevskij non si sia affrettato a dire
la sua parola razionale e autorevole [...1. JH
Prometeo della rivoluzion e r ussa , come con
felice espressione lo ha definito Rusanov *, non
* N. Rusanov , J
p. 286 . ~
socialisti dell occidente e della Russia , Pietroburgo, 1908 ,
STEKLOV: « CERNYSEVSKIJ »
663
si è risparmiato nel difendere la felicità del
suo popolo e nello spianare il cammino ai fu-
turi combattenti [...].
f 37-38] I reazionari, ostili all’emancipazio
ne della donna e insieme alla liberazione della
persona umana in genere, hanno insinuato che
Cernyàevskij avrebbe predicato nel Che fare?
il « libero amore » *. Si tratta, beninteso, di
una calunnia o dell’organica incapacità di com-
prendere la psicologia dei nuovi uomini li-
beri
Sappiamo che Cernysevskij non aspirò mai
alla carriera scientifica. Comunque, egli si per-
suase ben presto che sarebbe stato piu utile al
popolo russo in un’altra sfera di attività. Que-
st’uomo, che era un democratico per convin-
zione e un combattente per temperamento, non
potè isolarsi sulle gelide vette della scienza ac-
cademica
[42] Quasi tutti gli altri fattori sociali non
a ve v? no favorito lo sviluppo del popolo tede-
sco. La sola letteratura lo aveva condotto avan-
ti, battendosi contro innumerevoli ostacoli.
Qui in Cernysevskij veniva fuori rillumini-
sta, qui la fiducia nel potere della ragione e nella
forza del sapere prendeva il sopravvento sulle
sue concezioni sociologiche materialistiche. Les-
sing, illuminista tipico, era caro a Cernysevskij
anche perché gli ricordava per molti aspetti Be-
linskij, e l’epoca di Lessing gli ricordava gli an-
ni quaranta e cinquanta della storia russa. In
entrambi i casi si trattava di un periodo di
Sturm-und-Drang, ed era del tutto scusabile la
NB
?
* Cfr., per esempio, Tinfame opuscolo redatto dal professor P. P. Tsitovié,
dell’università di Odessa, e pubblicato nel 1879 con il titolo: Che cosa facevano
nel romanzo « Che fare? w [...]. Purtroppo, gli estratti di quest’opu-
scolo sono molto frammentari: vedili nel libro di N. Denisjuk, La -^^NB
letteratura critica sulle opere di N. G. Cernylevskij, Mosca, 1908.
664
LENIN
passione deirilluminista per gli altri illumini-
sti * [...].
[45] Non di meno, un attento esame della
raccolta completa delle opere di CernySevskij
ci rende profondamente persuasi del fatto che
egli possedeva una concezione materialistica del
mondo abbastanza coerente, che egli si inge-
gnava di portare avanti nell'analisi di tutte le
questioni sia teoriche che pratiche
cfr. Engels
non è esatto! ,
NB
cfr. Feuerbach 161
[47-50] In occidente Tevoluzione dell’he-
gelismo di sinistra condusse a Feuerbach, il
quale pose le fondamenta della filosofia mate-
rialistica. « Si concludeva così — dice Cemy-
sevskij — lo sviluppo della filosofia tedesca, che,
essendo giunta per la prima volta a soluzioni
positive, respingeva la sua precedente forma
scolastica di trascendentalismo metafisico e, ri-
conosciuta ridentità dei suoi risultati con gli
insegnamenti delle scienze naturali, si fondeva
con la teoria generale delle scienze naturali e
con l'antropologia.» **
Mediante queste parole Cernysevskij ade-
risce con assoluta determinazione al « princi-
pio antropologico » e all'« umanismo » di Feuer-
bach.
La questione fondamentale della filosofia
concerne i rapporti tra pensiero e essere. L’idea-
lismo riconosce il
primato
dello spirito
sulla natura, il materialismo afferma invece il
primato della natura o della materia [...].
* In tal senso Cemyfcvskij perviene talora a esagerazioni che non sono
proprie del suo realismo rigoroso. Cosi, egli spiega la reazione dei burocrati alla
sobrietà del popolo col fatto che « essi sono stati educati male e
7 hanno studiato poco» (Opere, IV, p. 396). Ma queste affermazioni
t0 ^‘ sono in lui rare.
** Saggi svi periodo gogoliano della letteratura russa, in Opere, II, p. 162 16 °.
steklov : « ìernyIevskij »
665
[53] Che cose il principio antropologico?
«L’antropologia — risponde CernySevskij —
è quella scienza che, di qualunque parte del
processo vitale umano si parli, rammenta sem-
pre che questo processo e ogni sua parte si
svolge nell' organismo umano , che tale organi-
smo è il materiale da cui sono prodotti i feno-
meni che essa esamina, che le qualità dei feno-
meni sono condizionate dalle proprietà del ma-
teriale, e le leggi secondo cui si generano i feno-
meni sono soltanto aspetti particolari dell'azio-
ne delle leggi della natura » ( corsivo no-
stro) [...].
[58-60] Questo saggio * è stato il manife-
sto filosòfico degli « uomini nuovi », degli intel-
lettuali xaznocintsy, e proprio in tal senso lo
riguardarono i nemici della democrazia rivolu-
zionaria [...].
Esse ** si riducevano a quanto segue: 1 )
Cernysevskij non conosce la filosofia; 2) egli
confonde P applicazione del metodo scientifico-
naturale allo studio dei fenomeni psichici con
Pinterpretazione stessa dei fenomeni spirituali;
3) egli non capisce l’importanza dell’auto-os-
servazione come fonte particolare di conoscenza
psicologica [.,.].
[63] L’idealismo è contemplativo per la sua
stessa sostanza; il materialismo è invece un
sistema attivo, corrispondente ai periodi di asce-
wwwwswv/
sa sociale e alle classi orientate in senso rivo-
luzionario [...].
[66] Cernysevskij, che collegava la conce-
zione filosofica del mondo con determinate ten-
denze pratiche, ha compreso che il materialismo
c ontemporaneo è la filosofia della classe o pe-
raia [...].
NB
NB
NB
?
NB
* Cioè II principio antropologico in filosofia {tt.d.t.).
** Cioè le obiezioni di Jurkeviè contro CemySevskij ( n.d.t .)
666
LENIN
NB
? X
[71] L’etica di CemySevskij è molto simile
all’etica di Feuerbach; diciamo quindi qualche
parola su quest’ultima. Come rileva Engels *,
l’etica di Feuerbach è realistica per la sua for-
ma, ma assolutamente astratta per la sua so-
stanza [...].
[74] Cernysevskij prosegue la sua argomen-
tazione. Un uomo che trascorra intere settimane
al capezzale dell’amico infermo sacrifica il pro-
prio tempo e la propria libertà al proprio senti-
mento di amicizia: questo sentimento è in lui
tanto forte che, appagandolo, egli prova mag-
giore soddisfazione di quanta ne ricaverebbe da
altre soddisfazioni e persino dalla libertà; se in-
vece lo violasse, non appagandolo, ne ricave-
rebbe maggior disagio di quanto non ne abbia
dalla temporanea restrizione della propria liber-
tà. Lo stesso si può dire degli scienziati che
rinunciano ad avere una vita privata in nome
degli interessi della scienza o degli uomini po-
litici, « detti per solito fanatici », spiega Cerny-
àevskij, ossia dei rivoluzionari [...].
[82] Importante non è la forma ma il con-
tenuto dell’« egoismo razionale >►, e, come ab-
biamo visto sopra, Cernysevskij e i suoi seguaci
risolsero tutti i problemi qui implicati in uno
spirito sociale, nel senso della subordinazione
agli interessi sociali e universalmente umani [...].
La teoria dell’egoismo razionale è la morale
degli uomini onesti , la morale della generazione
rivoluzionaria degli anni sessanta [...].
* Engels, Dall'idealismo classico, ecc., pp. 35 sgg. 162 Engels dileggia l’etica
di Feuerbach, affermando che secondo questa morale la Borsa dei valori è il
tempio supremo della moralità, alla sola condizione che si speculi sempre
■ in modo giusto. Si tratta, ovviamente, di un espediente polemico, ma che
rivela bene l’astrattezza e l’astoricità della morale feuerbachiana.
steklov: « éernyJevskij »
667
[93] Il rappresentante ricco di energie e
di speranze della democrazia rivoluzionaria, che
si avvia verso la sua carriera storica, si rifiuta
decisamente di accogliere la concezione ideali-
stica, che ravvisa nelPelemento tragico una leg-
ge dell’universo
[104] Le questioni estetiche sono state sol-
tanto un campo di battaglia dove il giovane ri-
voluzionario del pensiero ha sferrato il suo pri-
mo attacco al detestato vecchio mondo, alle
sue odiate istituzioni politiche ed economiche,
alla sua odiata ideologia e morale. Nella sua
dissertazione l63 , « dove sotto una forma alquanto
scolastica ferve una sete di vita, di attività, di
felicità terrena » *, Cemysevskij ha dato espres-
sione alle idee e alla mentalità degli intellet-
tuali raznoéintsy [...].
[135] Se si ricorda che CernySevskij è vis-
suto nel periodo di sorda reazione europea se-
guito alla repressione del movimento rivolu-
zionario del 1848-1849, che la Russia si
stava appena preparando a disfarsi della servitù
della gleba, che in Europa la ripresa politica
cominciò a manifestarsi solo dopo la guerra au-
stro-italiana del 1859, e che, come vedremo più
avanti, CernySevskij non credeva nell'esistenza ?
di serie forze rivoluzionarie in Russia, si può
capire come il suo oggettivismo dovesse con-
durlo di filato verso uno sconsolato pessimi-
smo [...].
[ 145-147 ] « Le vittorie di Napoleone in
Spagna ~e in Germania hanno procurato una
qualche utilità a questi paesi; come potrebbero
* Andreeviò, Saggio sulla filosofia della letteratura russa, Pietroburgo, 1905,
p. 249.
668
LENIN
NB
cfr. Plecha-
nov
164
?
Cfr. Marx,
Das Kapital,
III, 7 165
non procurarla anche le vittorie dei fabbricanti
e degli ingegneri, dei commercianti e dei tecno-
logi? Quando V industria è in sviluppo, il pro-
gresso è assicurato. Sotto questo profilo dob-
biamo rallegrarci dell* espansione del movimento
industriale in Russia.» Cernysevskij mette quin-
di in risalto alcuni fatti recenti relativi allo
sviluppo deirindustria
Non ci stupiremo di rinvenire in lui un
ragionamento sulle cause della caduta di Roma,
che egli, sulle orme di Plinio, spiega con la
trasformazione dei rapporti agrari: « Iatifundia
perdidere Italiana » * [...].
[152] In Capitale e lavoro Cernysevskij
mostra che la storia antica è fondata sulla
lotta delle classi. Secondo lui, ad Atene in que-
sta lotta prevaleva l’elemento puramente poli-
tico: gli eupatridi e il demos lottavano quasi
esclusivamente a favore o contro l’estensione
dei diritti politici alla massa del demos **. A
Roma emerge molto piu nitidamente e si pone
in primo piano la lotta per gli interessi eco-
nomici [...].
[154-155] Cosi, per Cernysevskij era chiaro
che le moderne classi sociali si formano nel
processo della produzione: ai tre elementi deUa
produzione, terra, capitale e lavoro, corrispon-
dono tre classi fondamentali deUa società mo-
derna: i proprietari di terra, la borghesia e gli
* Capitale e lavoro, in Opere , VI, p. 15.
** È assolutamente chiaro che Cernysevskij è qui in errore, ma si tratta
di un errore accidentale, perché egli per solito dimostra come a fondamento
della lotta politica ci sia lo scontro degli interessi economici. Del resto, anche
in Engels rinveniamo una frase analoga: « Per lo meno qui [nella storia moderna],
dunque, lo Stato, Tordine politico, è relemento subordinato, mentre la società
civile, il regno dei rapporti economici, è relemento decisivo * (Op. cit p. 57)
[= Ludwig Feuerbach, Roma, 1969, p. 68 (n.d.t.)]. Le cose stanno a questo
modo soltanto « nella storia moderna *? Si tratta, ovviamente, di un lapsus.
> ? Non saremo quindi particolarmente Teveri verso gli analoghi lapsus di
Cernysevskij .
STEKLOV: « ÒERNYSEVSKIJ »
669
operai. Nelle note a Mill egli indica determina-
tamente che in generale i rapporti tra queste
tre classi sono condizionati dalla triplice spar-
tizione del prodotto in rendita fondiaria, pro-
fitto e salario [...].
[157-160] In effetti, in Cernysevskij si tro-
va anche l’espressione: « la piaga del proleta-
riato ». Ma egli l’ usa propriamente nel corso
della polemica con i borghesi, cioè con gli occi-
dentalisti inclini a considerare l’Europa occi-
dentale come un paradiso [...]. Cemy§evskij,
per una difesa piu sicura della proprietà comu-
nitaria della terra, richiamò l’attenzione della
società russa sulla proletarizzazione che minac-
ciava il popolo. Ma anche i socialdemocratici che
si battono contro le riforme agrarie di Stolypin
ricorrono a un’argomentazione analoga ( non
per la forma, beninteso, ma per la sostanza) [...}.
Queste parole * del fondatore del populi-
smo mostrano quanto piu in alto egli stesse ri-
spetto a quegli epigoni del populismo che, come
accade per esempio a V. Cemov , si rifiutano
tuttora di cogliere la differenza esistente tra il
povero e il proletario. Esse mostrano perché
CernySevskij considerasse « il proletariato [...]
una piaga piu grave per la vita popolare che
non la semplice povertà »[...].« Noi siamo per-
suasi — egli scrive — che queste piaghe ver-
ranno risanate, che non si tratta di una malattia
mortale, ma invece di una malattia di crescen-
za » **, I proletari non si acqueteranno sino
a che non avranno ottenuto soddisfazione per
le loro esigenze, e proprio per questo nelle na-
!
X
è falso!
NB
* Ossia le parole con cui (nell 'art. Sulla proprietà terriera, in Opere, III,
p. 418) CemySevskij distingue nettamente tra il « povero * che si oppone al
ricco e il «proletario» che si oppone al proprietario ( nJ.t .).
** Opere, III, p. 303.
670
LENIN
NB
NB
zioni capitalistiche sono imminenti nuovi scon-
volgimenti, più crudeli di quelli prodottisi in
passato. « D'altra parte, — scrive Cerny-
sevskij, — il numero dei proletari fe in continuo
aumento, e, soprattutto, si sviluppa in loro la
coscienza della propria forza, si chiarisce in loro
la nozione delle proprie esigenze. » * Dica
il lettore in tutta franchezza se questa frase
non sembra ricordare il Manifesto del partito
comunista.
[174-176] La maggior parte dei marxisti
tende a considerare CernySevskij come uno scrit-
tore molto simpatico, persino utile al suo tempo,
ma del tutto lontano dalla concezione materia-
listica del nostro tempo. Suiratteggiamento dei
marxisti verso Cernysevskij opera fortemente
quel capriccio della storia per cui questo ogg et-
tivista e materialista è divenuto il fondatore del
populismo [...].
Cernysevskij considerava la storia delFuma-
nità con gli, occhi di un oggettivista rigoroso.
Egli ravvisava nella storia un processo dialettico
di sviluppo mediante salti, contraddizioni, che
sono esse stesse il risultato di graduali modifica-
zioni quantitative. A conclusione di questo inar-
restabile processo dialettico si determina il tra-
passo dalle forme inferiori a quelle superiori. I
protagonisti della storia sono le classi sociali, la
cui lotta è condizionata da cause economiche. Il
processo storico poggia sul fattore economico,
che determina i rapporti politici e giuridici,
nonché l’ideologia della società.
Si può forse negare che questo punto di vi-
sta sia vicino al materialismo storico di Marx
e di Engels? La concezione del mondo di Cerny-
Opcre, III, p. 455.
STEKLOV : « CERNYSEVSKIJ »
671
sevskij si differenzia dal sistema dei fondatori
del socialismo scientifico moderno I soltanto
per la mancanza di sistematicità e per l’impre-
cisione di alcuni termini. L’unica effettiva la-
cuna nelle concezioni storico-filosofiche di Cerny-
sevskij è nel fatto che egli ha omesso di indi-
care precisamente la portata decisiva delle forze
produttive come fattore fondamentale del pro-
cesso storico
[257-280] Nei ragionamenti di CernySevskij
intorno a questi temi * c’imbattiamo di nuovo
in una bizzarra mescolanza di visioni geniali e
di tendenze utopistiche, mescolanza, che, come
in tutti gli altri casi, si spiega con il carattere
generale del suo sistema economico, a cui ab-
biamo già accennato più volte.
Egli rimprovera a Mill di essersi limitato,
per « la merce più importante, cioè per il la-
voro », a un paio di osservazioni, mentre « il
lavoro è l’unica merce o la merce principale per
la stragrande maggioranza degli uomini ** [...].
« La questione fondamentale è questa: deve il
lavoro essere una merce, deve esso avere un
valore di scambio? » [...].
La compera del lavoro si distingue dalla
compera dello schiavo soltanto per il periodo di
tempo durante il quale si protrae la vendita e
per il grado di potestà su sé stessi che si vende
all’acquirente. Il tratto fondamentale è qui lo
stesso: il potere di un uomo sulle forze econo-
miche di un altro uomo. « Il giurista e Pammi-
nistratore possono interessarsi alla differenza tra
NB
* Cioè sui problemi dell'economia politica e del socialismo ( n.d.t .).
** Lineamenti di economia politica , pp. 436 sgg.
?
troppo
672
LENIN
NB
NB
NB
NB
la compera del lavoro e la schiavitù, ma Teco-
nomista non deve farlo »
« Il lavoro non è un prodotto . Esso è sol -
tanto una forza produttiva , esso è soltanto la
fonte del prodotto. Il lavoro si differenzia dal
prodotto come il muscolo dal peso che solleva,
come Tuomo dal panno o dal grano»*
Sulle orme deireconomia classica Cerny-
sevskij distingue due specie di valore: quello
intrinseco e quello di scambio. Per valore intrin-
seco egli intende il valore d'uso e, a differenza
deireconomia politica borghese, concentra Tat-
tenzione proprio sull’analisi di questo valore. La
cosa è ben naturale, se si ricorda che Cerny-
sevskij critica il sistema capitalistico non tanto
dal punto di vista delle sue tendenze intrinseche
oggettive, quanto piuttosto dal punto di vista
della sua opposizione agli interessi della società,
del popolo, delle masse [...].
« Noi vediamo — egli conclude — che
nella sostanza il valore di scambio deve coin-
cidere con il valore intrinseco e diverge da esso
solo perché si considera erroneamente il lavoro
come merce. La possibilità di distinguere il
valore di scambio dal valore intrinseco attesta
quindi soltanto il carattere economico insoddi-
sfacente del modo di vita in cui esiste una dif-
ferenza tra i due valori [...]. La teoria può e
deve studiare questi fenomeni nel modo più
particolareggiato, ma non deve mai dimenticare
che in tal caso descrive una deviazione dall'or -
dine naturale . Essa può anche stabilire che la
* Lineamenti di economia politica, p. 493.
STEKLOV: « CERNYSEVSKIJ »
673
eliminazione di questo o quel fenomeno della
vita economica esige moltissimo tempo e sforzi
immani; ma, pur concependo il periodo di risa-
namento da questo o quel morbo economico
come un periodo molto lungo, essa non può
nòn immaginare quale dovrà essere lo stato di
salute.» *
Lo stato di salute è il sistema socialista, nel
quale la produzione è organizzata secondo un
piano in conformità con le esigenze della so-
cietà, il lavoro cesserà di essere una merce, e « il
valore di scambio coinciderà con quello in-
trinseco ». La distribuzione delle forze produt-
tive tra le diverse forme di lavoro con un siste-
ma di produzione fondato sullo scambio o con
la produzione per il mercato è determinata dalla
distribuzione della capacità d'acquisto nella so-
cietà; con un sistema di produzione fondato,
invece, sulle « esigenze del produttore », essa
è determinata da tali esigenze. Cosi stavano le
cose in quella fase inferiore dello sviluppo in
cui caratterizzante era la piccola economia chiu-
sa in sé; cosi staranno le cose in quella fase
superiore dello sviluppo economico in cui domi-
nerà Teconomia collettiva organizzata ** [...].
[282-283] In questo sistema «il valore di
scambio del prodotto rimane senza attenzione
alcuna; il prodotto viene ricondotto direttamen-
te alle esigenze deiruomo e viene considerata
soltanto la sua capacità di soddisfare quelle esi-
genze, cioè il suo valore intrinseco; Tacquisi-
zione di un valore di scambio per il prodótto
è ritenuta accidentale, eccezionale, perché la
massa dei prodotti non è immessa nella vendita
o nella circolazione, ma serve direttamente al
consumo del produttore; se una parte dei pro-
dotti viene scambiata con i prodotti di altri
* Lineamenti di economia politica , pp. 440-441.
** Ibidem, pp. 449-450 [...].
43 - 639
674
LENIN
produttori *, il valore di scambio non è qual-
cosa di distinto dal valore intrinseco, il quale
ultimo si tramuta senza alcun accrescimento o
diminuzione in valore di scambio » ** [...].
[295-296] La precedente esposizione può
suggerire al lettore un’idea del sistema economi-
co di Cernysevskij, del suo metodo e del fine
delle sue ricerche. Questo fine consisteva nel
mostrare, mediante la critica dei rapporti eco-
nomici esistenti, i danni derivanti dal capita-
lismo alle grandi masse popolari, nel sottolineare
il suo carattere transitorio e nel delineare i trat-
ti essenziali del futuro sistema socialista
Ma, se i difetti del metodo applicato da
Cernysevskij si sono ripercossi negativamente
sulla portata generale del suo sistema e lo han-
no condannato a una breve vita, se questo si-
stema ha svolto una certa funzione storica, ma
deve ritenersi oggi invecchiato, tali lacune com-
plessive e l’imprecisione di singole definizioni
non hanno tuttavia impedito al nostro autore di
enunciare tutta una serie di profonde osserva-
zioni critiche nei riguardi del sistema capitali-
stico considerato nel suo complesso [...].
* Come si vede, Cernysevskij suppone qui resistenza di uno
scambio parziale anche nella società futura. In effetti, come si
vedrà più avanti, egli ammetteva la possibilità di una fase inter-
media tra il capitalismo e il socialismo.
** Da quanto si è detto risulta chiaro che, se tra le opinioni di CemySevskij
e di Proudhon sul valore si può individuare una qualche affinità, quest’ultima
assume tuttavia un carattere puramente formale. Il « valore costituito » di
Proudhon può realizzarsi soltanto in una società di piccoli produttori indipen-
denti, che scambiano liberamente i propri prodotti-merci; la « norma * dei valori
di Cernysevskij presuppone invece una società organizzata secondo i principi
del lavoro collettivo e del possesso collettivo dei mezzi di produzione, una
> società che immette nello scambio solo una parte esigua dei suoi
prodotti. Il punto d’awio di Cemyievskij è socialista, quello di
Proudhon è piccolo-borghese, individualistico. Là dove comincia
a operare la « norma dei valori » del primo non c’è più posto per
il «valore costituito» del secondo.
STEKLOV : « CERNYSE V S KIJ »
675
[320] Al socialismo di Cernysevskij ineri-
vano, beninteso, taluni elementi utopistici, ma
non ci decidiamo tuttavia, su questa base, a
considerare Cernysevskij soltanto e semplice-
mente come un utopista. Come abbiamo già
detto, Cernysevskij rappresenta una fase inter-
media tra il socialismo utopistico e il socialismo
scientifico e, nella maggior parte dei casi, è più
vicino al secondo [...].
[324] Lo ripetiamo, deH’u topismo di Cer-
nysevskij bisogna parlare cum grano salis* Rea-
lista rigoroso, egli ha derivato dai sistemi uto-
pistici principalmente la loro critica della pro-
prietà privata e del regime capitalistico, nenché
i principi generali del futuro sistema, come, per
esempio, l'associazione, il collegamento dell’in-
dustria con l'agricoltura, l’organizzazione della
produzione, ecc. [...].
[328-330] Ma ci dà tutto questo il diritto
di includere Cernysevskij tra gli utopisti tout
court? Non lo riteniamo in nessun caso.
Da tutta l’esposizione precedente risulta
chiaro che Cernysevskij non può essere incluso
tra i rappresentanti del « socialismo piccolo-bor-
ghese » [♦..].
Tutti questi tratti negativi del socialismo
piccolo-borghese erano organicamente estranei al
nostro Cernysevskij. Egli fu del tutto alieno
dall’idealizzare la barbarie patriarcale; negò ca-
tegoricamente la vitalità della piccola produzio-
ne; il suo programma positivo non si ridusse
affatto alla restaurazione del piccolo artigianato
o delPagricoltura, ma tese invece all’organizza-
zione sociale pianificata della produzione secon-
do i principi del collettivismo.
NB
43 *
676
LENIN
NB
NB
Ma esiste qualche fondamento per includere
il nostro autore tra gli esponenti del socialismo
critico-utopistico? Vediamo
Estremamente sobrio negli elogi e avaro di
giudizi lusinghieri, il fondatore del socialismo
scientifico ha riconosciuto in Cemysevskij un
grande scienziato e critico che ha rivelato ma-
gistralmente il fallimento delTeconomia bor-
ghese 166 . È chiaro che questo giudizio, quasi
unico sulle labbra del severo Marx, ha un qual-
che serio fondamento, soprattutto, quando si
considerino i duri giudizi di Marx sugli altri
grandi esponenti del pensiero socialista [...].
[332-336] In primo luogo, CernySevskij non
ha mai ravvisato nelPassociazione Yunico mezzo
per la trasformazione sociale, non ha tentato
di imporre dottrinariamente alla classe operaia
quest’unica forma e non l’ha contrapposta alle
forme storiche del movimento operaio; in se-
condo luogo, egli non solo non ha negato la
lotta politica e i còmpiti politici del proleta-
riato, ma, viceversa, come abbiamo visto sopra
(capitoli V e VI), ha rimproverato ai socialisti
la loro timidezza e incoerenza nelTassolvere que-
sti còmpiti, soprattutto per ciò che riguarda
la conquista del potere politico e la dittatura
rivoluzionaria [...].
Se nella critica scientifica del capitalismo
CernySevskij è stato un discepolo di Fourier,
Owen e Saint-Simon, tuttavia sul piano della
azione pratica e dei metodi di lotta politica egli
si è avvicinato piuttosto ai blanquis ti e ai car-
tisti [...].
CemySevskij non credeva però in un pros-
simo avvento del socialismo. Per questo lato
STEKLOV: « CERNYSEVSKIJ »
677
egli considerava le cose più realisticamente di
quanto non facessero, per esempio, Marx e En-
gels alla fine degli anni quaranta. Neirarticolo
intitolato L’attività economica e la legislazione
(1859) egli dice che noi siamo ancora molto
lontani dal socialismo, che da esso ci separano
« non mille anni, forse, ma probabilmente più
di cento o di centocinquanta » * [...]. Con ogni
probabilità, egli pensava che, se la storia, la
quale, « come una nonna, ama moltissimo i
nipotini » **, si fosse orientata favorevolmente
per il popolo russo, ne sarebbe scaturito qual-
cosa di analogo a ciò che negli ultimi tempi
si è detto da noi la « repubblica del lavoro »,
ma in tal caso la conservazione delPobsòina
avrebbe consentito di passare progressivamente
alla vera agricoltura collettivistica fondata sul-
Pimpiego delle macchine
Non lo giudicheremo severamente per que-
sto ***. Ricordiamo che anche Kautsky, nel suo
opuscolo intitolato La rivoluzione sociale, par-
la di realizzazione graduale del socialismo, an-
che se, in vero, dopo la conquista del potere
da parte del proletariato . Non dimenticheremo
inoltre, considerando un periodo più prossimo
a quello di CernySevskij, che i congressi del-
Plnternazionale, sui cui lavori influì lo stesso
Marx, ammettevano questa parziale realizza-
zione del socialismo nelPambito del regime bor-
ghese (che comprendeva, secondo loro, la na-
zionalizzazione della terra, la nazionalizzazione
?
NB
« realismo »??
oh-oh!
il compagno
Steldov
ménte!
??
* Opere, IV, p. 450.
** Ibidem, p. 329.
*** Cioè per i progetti di associazioni produttive, ecc. come memo per la
realizzazione parziale e progressiva del socialismo [n.d.t.).
678
LENIN
delle ferrovie, dei canali, delle miniere e il
loro trasferimento alle associazioni operaie,
ecc. ) .
[340-354] Cernysevskij guardava con estre-
mo pessimismo alla società russa del suo tem-
po; non rintracciava in essa alcuna aspirazione
a una lotta energica né le forze capaci di con-
durre questa lotta sino in fondo. « Rifare la
vita della società russa secondo i nostri con-
vincimenti! — esclama un personaggio del
racconto Una voce tranquilla : — da giovani è
naturale che si sognino chimere. Ma, alla mia
età, sarebbe vergognoso continuare a essere
ingenui... Da un pezzo ormai sono maggioren-
ne, da un pezzo ormai ho capito in che società
vivo, di quale paese, di quale nazione sono
figlio. Affannarmi per realizzare nella sua vita
i miei convincimenti significherebbe faticare
per suggerire a un bue le proprie idee sul
giogo»* [...].
Levitskij cosf riferisce Pimpressione dei suoi
colloqui con CernySevskij 167 .
Di quel che egli diceva molto sembrava
troppo tetro, troppo disperato. Le sue parole
suscitavano nelPascoltatore profondo disprezzo
per il presente e per ogni azione nel presente.
Un democratico sincero non doveva riscaldarsi
perché tutte le nostre iniziative sociali erano
inezie e assurdità. La nostra società, diceva, si
occupa soltanto di sciocchezze. Adesso **, per
esempio, si infiamma soltanto per Pabolizione
della servitù della gleba. Che cos'è questa ser-
vitù? Un'inezia. In America la schiavitù non
è un’inezia: la differenza tra i diritti e le con-
dizioni di vita del lavoratore negro negli Stati
* Una voce tranquilla , in Opere, X, 1, p. 63.
** Cioè alla fine degli anni cinquanta.
STEKLOv: « CERNYSEVSKIJ »
679
del sud e del lavoratore bianco negli Stati del
nord è molto profonda; ed è ben utile para-
gonare lo schiavo con il lavoratore del nord.
Da noi non è cosi. Molti contadini liberi
vivono forse meglio dei servi della gleba? La
condizione sociale di molti di loro è forse miglio-
re? La differenza è cosi microscopica che non va-
le la pena neanche di parlarne. L’abolizione della
servitù è un’inezia, se la terra resterà in pro-
prietà dell’aristocrazia. Dalla riforma trarrà van-
taggio solo la centesima parte dei contadini,
tutti gli altri subiranno solo un danno. In so-
stanza, si tratta di inezie e assurdità. Tutto è
assurdo dinanzi al carattere generale della strut-
tura della nazione . Ammettiamo pure che que-
sta riforma parziale si realizzi. Quale problema
si porrà allora? La corte dei giurati? « È anche
una cosa importante, quando sfugga però all’in-
flusso di una struttura nazionale complessiva in
cui le forme giudiziarie possono operare molto «
peggio delle corti dei giurati * [...].
Egli * considera Volgin un uomo dedito con
tutta l’anima agli interessi popolari, ma ne
scorge al tempo stesso chiaramente anche i
difetti: Volgin non crede nel popolo [...]•
Riportiamo da quest’interessantissimo dia-
rio m (scritto, non dimentichiamolo, dallo stes-
so Cernysevskij) il frammento di un’altra con-
versazione che caratterizza gli umori di Cer-
nysevskij in quel periodo (nella seconda metà
degli anni cinquanta) [...]. «Obiettai a Vol-
gin: ” Ma dove, quando la società non è stata
un’accolta di canaglie? E tuttavia le persone
per bene hanno lavorato sempre e dappertut-
to ” Si, è naturale, per stoltezza; gli uomini
intelligenti sono stati sempre e dappertutto stol-
ti, caro Vladimir Alekseevii. Che gusto c’è a
pestar l’acqua nel mortaio? — disse Volgin,
* Ossia Vladimir Aleksccvii Levitskij {n.d.t.).
680
LENIN
?
proseguendo nei suoi fiacchi sarcasmi. — La
storia non la fanno le idee e l’attività degli
uomini intelligenti, ma le stoltezze degli im-
becilli e degli ignoranti. Gli uomini intelligenti
non devono mettere il naso in queste cose;
è sciocco occuparsi di cose altrui, mi creda! ”
Ribattei anche a questo: ” Non si tratta qui
di stoltezza, il fatto è che non puoi non inte-
ressarti di queste cose. È intelligente che il
mio corpo tremi di freddo o che il mio petto
sia oppresso dal gas? È sciocco. Per me sareb-
be meglio, se le cose non stessero cosi; ma
tale è la mia natura: io tremo di freddo, mi
indigno per le infamie e, se non ho modo di
spezzare il muro della prigione spirituale, mi
avvento contro di esso con la fronte; il muro
non vacillerà per questo, anche se la mia
fronte si spaccherà; ma tuttavia io ne avrò un
sollievo Vidi il suo sorriso indolente, lo
vidi scuotere la testa: '* Eh, si, Vladimir Alek-
seevic, è naturale, in questo senso lei parla
bene, dice cose giuste, ma, mi creda, non vale
X la pena avere di questi sentimenti M . ” Il pro-
blema non è che non vale la pena averne, ma
che li hai ” » * [...].
E i liberali? In loro, meno che in ogni
altro, Cernysevskij riponeva le sue speranze. La
diffidenza verso i liberali è necessaria per il ri-
voluzionario, perché i liberali meno di tutto
si preoccupano del bene del popolo, ma per-
seguono invece interessi puramente borghesi.
Ma CernySevskij avrebbe perdonato loro una
buona metà dei loro peccati storici, se essi
avessero dato prova di un minimo di energia
e di tenacia anche solo nel perseguire i propri
fini di classe,, se essi avessero compreso che
nessuna riforma avrebbe avuto alcuna impor-
* Diario di Levitskij, in Opere, X, I, p. 239.
steklov: « òernvSevskij *
681
tanza in Russia sin quando fossero rimasti
intatti i tratti fondamentali del vecchio regi-
me
L’atteggiamento di Cernysevskij verso i li-
berali russi risulta nitidamente dal Prologo. Dei
burocrati liberali non conta parlare: Cerny-
Sevskij li disprezzava e detestava con tutta
Lamina e, forse, detestava piu costoro che non
i reazionari dichiarati e convinti [...].
Quest'articolo scandalistico di Herzen *, in
cui Cernysevskij e Dobroljubov venivano pre-
sentati quasi come degli agenti provocatori e
dei servi della reazione e in cui alle future
vittime dell'assolutismo si prometteva il col-
lare di Stanislao, suscitò un'impressione molto
negativa tra i collaboratori del Sovremennik.
Nel giugno 1859 Cernysevskij si recò all'estero,
e a Londra tra lui e Herzen vi fu una spiega-
zione. Ma, come c'era da aspettarsi, rincontro
non sorti alcun effetto; in quel momento i due
interlocutori si trovavano su posizioni opposte.
Cernysevskij era l'esponente della tendenza de-
mocratica rivoluzionaria del pensiero sociale,
mentre Herzen si atteneva ancora al punto di
vista di un liberalismo illuminato e non si era
ancora liberato di talune speranze nella buro-
crazia liberale
Dell'incontro con Cernysevskij Herzen ha
parlato con eccessiva passione e unilateralità
nell'articolo intitolato Gli uomini superflui e
i biliosi ** [...].
Herzen si consola con la speranza che il
tipo dei biliosi sia di breve durata [...]. In so-
* Goè Tarticolo intitolato Very dangerous!!! (cfr.
contro il circolo di CemySevskij (n.d.t.),
** Opere di Herzen, V, pp. 241-248.
NB
l 1859, n. 44) diretto
682
LENIN
STEKLOV: « £eRNY$EVSKIJ »
683
titi, che rappresentavano interessi di classe so
stanzialmente diversi e ostili. I liberali rap-
presentavano gli interessi della borghesia e della
nobiltà progressista, Cemysevskij e il suo tir-
colo difendevano gli interessi dei lavoratori,
o, per dirla con il loro stile, del popolo sem-
plice, in cui, secondo le condizioni sociali di
quel tempo, si mescolavano insieme la classe
operaia e i contadini
PersiAo il nostro grande Cernyìevskij ce-
dette per un attimo aDa tendenza generale e,
parallelamente airherzeniano: « Hai vinto, Ga-
lileo! », premise al suo articolo Sulle nuove con-
dizioni della vita rurale (in Sovremennik, 1858,
n. 2), un'epigrafe dedicata ad Alessandro II:
« Tu ami la giustizia e odi Tempie tà, perciò il
tuo Dio ti ha unto d’olio di letizia » (Salmo
45) *
L’abolizione del diritto servile recherà
utilità a tutto il popolo, a tutto il paese, ma
da essa trarranno vantaggio soprattutto e an-
zitutto la classe dei grandi proprietari terrieri
e poi anche i commercianti e gli industriali:
ecco perché le spese per Temancipazione dei
contadini devono ricadere suITintera nazione.
Ma tutti questi aspetti positivi si manifeste-
ranno soltanto nel caso in cui la riforma verrà
realizzata in modo profondo e serio, soltanto
nel caso in cui ai contadini verrà assicurata,
e per giunta con un esiguo riscatto **, tutta
la terra di cui hanno bisogno
NB
NB
* Opere , IV, pp. 50 sgg.
** In sostanza CemySevskij era favorevole alla completa espro I I I
priazione dei grandi proprietari fondiari e al trasferimento delle MI NB
terre ai contadini senza alcun riscatto; ma non poteva parlare j I i
apertamente di questo nei suoi articoli, per ragioni di censura.
Si veda il brano del Prologo (colloquio con Sokolovski/) riportato p. 357
più avanti nel testo.
684
LENIN
Ma ben presto, nello stesso 1858, Cernysev-
skij modificò il suo atteggiamento verso il go-
verno, in quanto si avvide che esso travisava
la grande riforma nell’interesse dei proprietari
fondiari* [...].
[356-362] Con amarezza e con un senso
d’ira impotente Cernysevskij considerava che
la riforma contadina, presa in pugno dai bu-
rocrati e dai grandi proprietari terrieri, veniva
sistematicamente contraffatta e realizzata a dan-
no degli interessi popolari. Nessuno si preoc-
cupava delle opinioni del popolo, e CernySevskij
si assunse il compito di esprimere il punto di
vista dei contadini. Il popolo, egli disse, si
aspetta dalla riforma la terra e la libertà, cioè
non soltanto Temancipazione personale, ma
anche il trasferimento in sua proprietà, median-
te un modesto riscatto, di tutte le terre di cui
si trova in possesso (come abbiamo indicato,
per ragioni di censura, non si poteva parlare
allora dell’emancipazione senza riscatto). Cer-
nyèevskij metteva sull’avviso il governo, di-
cendogli che la provvisoria conservazione dei
tributi e la pesante quota per il riscatto avreb-
bero fatto credere al popolo di essere stato
ingannato e che in tal caso il paese sarebbe stato
sottoposto alle prove più dure **. Sotto la
pressione dello sdegno per la contraffazione
della riforma contadina, Cemyàevskij cominciò
a pensare che sarebbe stato preferibile non ot-
tenere alcuna riforma [...].
« Volgin tacque, aggrottò le sopracciglia e
prese a scuotere la testa: ” Ah, tutti i nostri
signori emancipatori! Tutti questi suoi Rjazan-
tsev e soci! Millantatori, ciarlatani, imbecilli!
* Il celebre articolo Critica dei pregiudizi filosofici contro VobUina, in
1858. Cemyfcvskij derìde sé stesso per il suo temporaneo ottimismo,
n 12 hi pubblicato nel Sovremennik, 1858, n. 12.
** Opere , IV, pp. 545-547.
STEKLOV : « CERNYSEVSKIJ »
685
E di nuovo scrollò il capo.» Nel persuadere il
rivoluzionario Sokolovskij ( Sierakowski ) a non
aver fiducia nei nostri liberali e a considerare
scetticamente le vuote chiacchiere sulle serie
riforme progettate, Volgin asserisce che, a suo
giudizio, non sarà una sventura, se la causa
delTemancipazione dei contadini verrà affidata
al partito dei proprietari terrieri. La differenza
non sarà colossale, ma insignificante. Sarebbe
colossale, se i contadini ottenessero la terra
senza riscatto 170 (ecco dove Cernyievskij sco-
pre le sue carte: nel romanzo scritto in Siberia;
negli articoli soggetti a censura non poteva nem-
meno alludere alla questione del riscatto). Il
piano dei proprietari terrieri si distingue da
quello dei progressisti solo perché è piu sem-
plice e piti conciso. E quindi persino migliore.
A dire il vero, è meglio che i contadini vengano
emancipati senza terra 171 . « La questione è or-
mai in termini tali che non mi sembra di do-
vermi infiammare per sapere se i contadini sa-
ranno o non saranno liberati e, ancor meno,
per sapere chi sarà a emanciparli, i liberali
o i proprietari terrieri. Secondo me, non cam-
bia niente. Anzi, se saranno i proprietari, sarà
persino meglio » 172 [...].
In tutto questo periodo Cemysevskij oscil-
lò tra la piti completa depressione e la speranza
nell’imminente esplosione della rivoluzione con-
tadina. Durante il banchetto dei liberali Vol-
gin Minaccia ai proprietari reazionari la rivo-
luzione del popolo; ma, dopo qualche minuto,
ride lui stesso di sé. Minacciare Tinsurrezione
contadina, la rivoluzione contadina! « Non era
questo ridicolo? Chi ci avrebbe creduto? Chi
non avrebbe sghignazzato? E, poi, non è del
NB
NB
686
LENIN
NB
NB
tutto onesto minacciare qualcosa in cui tu stes-
so per primo credi meno di tutti gli altri »* [...].
CernySevskij fa riferimento ai dissidi in Po-
lonia, alle agitazioni contadine in Russia, alla
comparsa di manifesti rivoluzionari ( Velikorus ,
Alla giovane generazione ), ai fermenti della
gioventù universitaria di Pietroburgo e al mo-
vimento costituzionale tra i nobili **.
Cosi, nonostante il suo atteggiamento pes-
simistico verso la coscienza e lo spirito di ini-
ziativa del popolo russo Cernysevskij, intorno
alla fine del 1861, cominciò evidentemente ad
ammettere la possibilità di un ampio movi-
mento contadino [...].
« La decisione del signor Uspenskij di de-
scrivere il popolo in una luce cosi poco lusin-
ghiera per il popolo stesso è una riprova del
profondo mutamento prodottosi nelle circo-
stanze, delle differenze radicali tra il momento
odierno e il recente periodo in cui nessuno
avrebbe alzato la mano per denigrare il po-
polo »
Nei grandi momenti storici , quando si le-
dono gli interessi e gli ideali piu genuini delle
masse, il popolo si trasfigura. « Prendete l'uomo
più comune, più scialbo, più debole di carattere,
più banale: per quanto apatica e meschina sia
la sua vita, ci sono momenti di tutt'altro ordine,
e sono i momenti degli sforzi energici, delle
decisioni importanti. Lo stesso accade nella vita
di ciascun popolo »
Avvicinare il popolo alle idee della demo-
crazia e del socialismo: ecco il grande còmpito
* Opere, X, 1, p. 181.
** Lettere senza indirizzo, in Opere, X, 2, p. 304.
steklov : « cernySevskij »
687
storico a cui deve dedicarsi la giovane genera-
zione entrata in scena dopo la disfatta subita
dal vecchio regime nella guerra di Crimea. In
quest’intrepida e vigorosa generazione riponeva
tutte le sue speranze Cernysevskij; per essa
Cernysevskij e Dobroljubov scrivevano i loro
articoli; a essa i due scrittori si rivolgevano
chiamandola ad andare tra il popolo [...].
Essi * agiscono su coloro che li attorniano,
li « fanno progredire », inculcano cioè in loro
il sentimento della dignità umana e Pamore
per chi soffre (è caratteristico, per lo stesso
Cernyàevskij, che Lopuchov 173 , nel far progre-
dire Vera Pavlovna, le dia da leggere i testi
di Fourier e di Feuerbach). Dai liberali li
divide un dissenso organico; essi sono i prò
pagandisti delle nuove idee democratiche e
socialiste: Owen è per loro « sacro » [...].
In Rachmetov Pimplacabile logica dello
stesso Cernysevskij si congiunge con la passio-
ne delPautentico agitatore rivoluzionario, che
a Cernysevskij, evidentemente, mancava. In tal
senso Rachmetov ricorda pittosto un amico di
Cernysevskij, il celebre rivoluzionario polacco
Sierakowski, che Nikolaj Gavrilovic ha inse-
rito nel suo Prologo con il nome di Sokolovskij.
Solo che Rachmetov non condivide le inclina-
zioni liberali di Sokolovskij. « Gli agitatori
per me sono ridicoli », dice Volgin, ma in realtà
egli si inchina dinanzi a loro, percepisce in
essi Pistinto dei veri politici e Penergia pratica
di chi combatte per la causa del popolo **.
NB
NB
* Cioè gli esponenti della giovane generasene (n.d.t.).
** Sierakowski fu molto vicino al circolo del Sovremennik: notizie bio-
grafiche su di lui sono riportate in parte nel Prologo e in parte nell'opuscolo
di Saganov, N. G. Cernylevsktj ai lavori forzati e in deportazione , per bocca
di Nikolaj Gavrilovié [...]. In Inghilterra Sierakowski conobbe Palmerston, che
lo presentò alla regina Vittoria. Nel 1863 egli prese parte all'insurrezione polacca,
fu a capo del distaccamento rivoluzionario di Kovno, venne preso prigioniero e
688
LENIN
[365-375] Se i Lopuchov e i Kirsanov sono
un tipo nuovo, Rachmetov è, per cosi dire,
un tipo ben piu nuovo, Pultima parola dello
sviluppo sociale in Russia. Questi uomini, dice
Cernysevskij, sono ancora pochi; sinora ne ha
incontrati in tutto otto, fra cui due donne.
« In realtà, sono pochi, — scrive CemyJevskij
concludendo la sua descrizione di Rachme-
tov 17 \ — ma essi danno a tutti gli uomini la
possibilità di respirare; senza di essi gli uomini
soffocherebbero. La massa degli uomini onesti
e buoni è grande, e gli uomini come Rach-
metov sono pochi; tuttavia, per essa, sono
come la teina nel tè, come Paroma nel vino
pregiato; solo essi ne sono la forza e il pro-
fumo; sono il fiore degli eletti, il motore dei
motori, il sale del sale della terra » *.
fu impiccato da Muiavev, Quest’uomo di grande valore fu ritratto da Cerny-
Sevskij nel Prologo con il nome di Sokolovskij. Implacabile con sé stesso,
CemySevskij ironizza bonariamente, nel romanzo, anche sull’impetuoso Soko-
lovskij per il suo ottimismo: « Io e Boleslav Ivanovic siamo un po’ ridicoli...
aspettiamo la tempesta nella palude », egli dice. Ma da tutto risulta che
CemySevskij amava e rispettava questo pallido entusiasta, dallo sguardo di fuoco,
che penetrava nell’anima, questo cavaliere senza macchia e senza paura, quest’agi-
tatore che aspirava all’azione pratica, col cuore appassionato e la mente fredda,
che non perdeva la testa neanche nei momenti piu critici e che era sempre
pronto a sacrificare la propria vita alla causa dell’emancipazione popolare [...].
* Si congettura che nel personaggio di Rachmetov CemySevskij abbia ritratto
un certo Bachmctev , che è invece raffigurato in Herzen {Raccolta degli scritti
postumi , Ginevra, 1874, pp. 181 sgg.) in modo radicalmente diverso. Herzen
lo conobbe a Londra nel 1858: alTincirca nello stesso periodo il Rachmetov
di CemySevskij si reca all’estero. Il Rachmetov del nostro autore va da Feuerbach
e gli offre del denaro per la pubblicazione delle sue opere (tra Taltro, questo
mostra una volta di piu quanto CemySevskij stimasse Feuerbach,
« il piu grande dei pensatori europei del secolo XIX, il padre
della nuova filosofia» 175 : cfr. Che fare?, /. c., p. 194); Bachmetev
andò invece a Londra da Herzen per offrirgli una parte del suo
capitale da utilizzare per la propaganda russa L’ulteriore destino di Bach-
metev è assolutamente sconosciuto: egli scomparve senza lasciar tracce Secondo
la raffigurazione di Herzen Bachmetev è una sorta di svitato, di bislacco, che
STEKLOV: « CERNYSEVSKIJ »
689
Così, verso la fine della sua attività let-
teraria, Cemysevskij, nonostante il suo atteg-
giamento negativo nei confronti della società
russa e nonostante la sua sfiducia negazione
delle masse popolari, cominciò ad ammettere
la possibilità di un vasto movimento rivoluzio-
nario, suscitato dalle disillusioni dei contadini
riguardo alla riforma del 1861 [...].
Si è visto piu sopra (capitolo VI) che per
le sue concezioni politiche generali CemySevskij
fu vicino al blanquismo, non nel senso però
che questo termine ha assunto in seguito e in
cui viene usato nella lingua colloquiale *, ma
ricorda assai poco la severa e minacciosa figura di Rachmetov. Ma bisogna
anche dire che Herzen era organicamente incapace di comprendere i I I
rivoluzionari russi di quel tempo ; su questo piano si generarono tutti i | |
malintesi che dovevano avvelenare gli ultimi giorni della sua esistenza
Ma, d’altra parte, è molto probabile una di queste congetture: o Bachmetev
non fu affatto il prototipo di Rachmetov, o invece Cernyievskij lo idealisò
molto, creando un personaggio che niente aveva in comune con ^originale o
fondendo in esso tratti del carattere di Dobroljubov (il senso rigoroso del
dovere civile), di Bakunin (il viaggio attraverso i paesi slavi), di Sierakowski
(il contatto con tutte le classi), ecc.
* Un esempio di questa superficiale interpretazione del blanquismo sono
i ragionamenti di P. F. Nikolaev sulle concezioni politiche di CemySevskij.
Dopo aver riferito un colloquio avuto con CemySevskij ai lavori forzati, collo-
quio durante il quale Nikolaj Gavriloviò dichiarò che sarebbe stato
molto meglio, se al tempo della riforma contadina avesse avuto
la vittoria il partito apertamente feudale della nobiltà e se i con- NB
ladini fossero stati emancipati senza terra, poiché in tal caso si
sarebbe avuta subito la catastrofe, Nikolaev conclude: « Questo, come si vede, è
puro blanquismo: tanto peggio tanto meglio [...]. Non l’evoluzione, non la
graduale liberazione dei contadini dai mezzi di produzione, non la cottura del
contadino nella caldaia della fabbrica, non la sua graduale trasformazione in
bracciante, ma la completa e immediata espropriazione. Non Tevoluzione, J
che, lo ripeto, Nikolaj Gavrilovié considerava con indignazione, ma la I
catastrofe. Non il marxismo, ma il blanquismo » ( Ricordi personali, pp. I
21-22). Non c’è die dire, da questa tirata si può ricavare un’ottima
esposizione del pensiero di CemySevskij!
44-639
690
LENIN
NB
NB
NB
piuttosto nel senso in cui lo intendeva Marx,
quando riconosceva nei blanquisti i genuini rap-
presentanti del proletariato rivoluzionario [...].
I blanquisti si attenevano airopinione che una
minoranza è forte solo nella misura in cui
esprime fedelmente, se non le aspirazioni, quan-
to meno gli interessi della maggioranza lavora-
trice.
A questa stessa opinione, che è Tunica p os-
sibile per le epoche caratterizzate dalla passività
delle masse popolari, si atteneva evidentemente
anche Cernysevskij Come sappiamo, egli
credeva poco neirattività delle masse, nella
loro capacità di prendere un'ampia iniziativa
politica. Ma egli pensava, tuttavia, che nei pe-
riodi storici in cui vengono lesi gli interessi
genuini di tali masse, e, in special modo, quegli
interessi economici che sono per loro più vi-
cini e comprensibili, queste masse sono capaci
di mettersi in movimento e comunque di soste-
nere la minoranza cosciente, che opera energi-
camente e con spirito d’iniziativa [...].
Nei brillanti articoli dedicati alla difesa
del principio dell 1 obstìna dagli attacchi degli
economisti borghesi, CemySevskij ha sviluppa-
to tutti gli argomenti che hanno costituito in
seguito l’arsenale dei populisti, i quali hanno
assimilato la lettera, ma non lo spirito del
grande maestro [...].
In occidente la realizzazione del socialismo
è resa difficile dalla psicologia e dalle abitudini
dei contadini, che, pur facendo la fame sul loro
pezzo di terra, tengono fermo il principio della
proprietà privata. In occidente per organizzare
Peconomia nazionale secondo i principi del col-
lettivismo bisognerà « rieducare intere popola-
STEKLOV: « ÒERNYSEVSKIJ »
691
zioni ». In Russia, invece, soltanto la quindi-
cesima o la ventesima parte delle terre viene
gestita secondo i principi della proprietà pri-
vata, mentre la stragrande maggioranza di esse
o viene distribuita in godimento secondo il prin-
cipio dell’obscina o appartiene invece allo Stato,
cioè all’intera nazione
All’analisi della possibilità teorica di questo
passaggio * è dedicato uno dei piu brillanti
articoli di Cernysevskij, cioè la Critica dei pre-
giudizi filosofici contro Vobstina [...].
Ma, quando Cernysevskij si persuase che
nemmeno una delle garanzie « minime », da lui
ritenute come premesse indispensabili per l’ul-
teriore sviluppo del principio delPobSèina, era
ancora realizzata, quando vide che il vecchio
regime politico era rimasto intatto, che l’attua-
zione della riforma contadina era stata affidata
alla burocrazia e alla nobiltà, che il popolo non
solo non aveva ottenuto tutta la terra, ma era
stato addirittura privato di una parte cospicua
dei suoi possedimenti e per la terra messa a
sua disposizione era costretto a pagare un’ele-
vata quota di riscatto, in breve, quando capi
che la « grande riforma » minacciava di peggio-
rare, anziché di migliorare, la condizione delle
masse popolari, di non emanciparle, di non dare
campo libero alle loro forze creatrici, ma di
vincolarle invece con ceppi ancor più pesanti,
Cernysevskij ammise che le sue speranze erano
infondate, le sue costruzioni astratte e che tutta
la campagna in favore dell’obsòina, come possi-
bile embrione del sistema socialista, era un puro
e semplice malinteso. E con la sua onestà si
affrettò a riconoscerlo apertamente [...].
NB
1858 , 12 "*)
Cioè del passaggio al socialismo attraverso VobSèina {n.d.t.).
692
LENIN
NB
NB
non soltanto
« Immaginate i miei sentimenti quando ver-
rò a sapere che le provviste non vi apparten-
gono e che ciascun pasto preparato con esse
dovete pagarlo non solo piu di quanto vale,
ma piu di quanto non riuscite a pagare senza
ulteriori restrizioni. Che cosa dovrò pensare
dinanzi a scoperte tanto curiose? "L’uomo è
pieno di amor proprio ", ecco la prima idea
che mi passerà per la mente ed è un’idea che
riguarderà me stesso [...]. Vadano al diavolo
tutte queste provviste che possono solo nuocere
alla persona che mi è cara! Vada in malora
tutto ciò che può condurvi soltanto alla rovina!
Proverò stizza per voi, mi vergognerò per la
mia stoltezza: ecco i miei sentimenti! » * [...].
Poteva l’obscina russa passare, in certe con-
dizioni, alla fase superiore, saltando la fase in-
termedia del capitalismo?
Fu questa la « questione maledetta » della
vita russa di quel tempo, che tormentò Cerny-
sevskij e la generazione di socialisti e demo-
cratici a lui coeva [...].
[378*392] Costretti a erigere il proprio edi-
ficio teorico con i materiali e sulle fondamenta
che venivano loro offerti dalla realtà del tempo,
i socialisti degli anni sessanta, tendendo alPimmi-
nente insurrezione contadina e sperando in essa,
rispecchiavano in sostanza le indeterminate aspi-
razioni e i desideri di milioni di contadini e
davano a tali aspirazioni e desideri soltanto una
espressione, per cosi dire, generalizzata [...].
Scrive Herzen: « B. [Bakunin] credeva nel-
la possibilità di un’insurrezione militare conta-
dina in Russia; in parte in essa credevamo
* Il senso della parabola è ben chiaro: una soluzione della questione
agraria favorevole alle masse esige come preliminare il rivolgimento politico.
Dopo la riforma del 1861 quest'idea diventò patrimonio comune di tutti gli
dementi democratici 177 .
STEKLOV: « ÒERNySevSKIJ *
693
anche noi; e vi credeva lo stesso governo , come
risultò in seguito da una serie di fatti, di com-
messe per conto dello Stato e di esecuzioni ef-
fettuate per decreto statale. La tensione delle
menti, il fermento degli animi erano inconfuta-
bili, nessuno prevedeva allora la svolta verso il
piu selvaggio patriottismo ». Su quest’umore ci
fornisce una testimonianza anche uno dei pro-
tagonisti del movimento rivoluzionario di quel
tempo, L. Panteleev: « Il morale della società
(verso la fine del 1861) era molto alto; do-
vunque ci si volgesse, si trovava chiasso, ru-
more, discussioni animate e, soprattutto, Ja
generale aspettativa di qualcosa di grande in
un avvenire molto prossimo » *
Nella Francia stessa, che CemySevskij chia-
mava « il vulcano d’Europa », il governo era
stato costretto ad allentare le redini, si era
rinvigorito il partito liberale e si erano mani-
festati i primi sintomi di una nuova agitazione
repubblicana. La Polonia era in stato di fer-
mento e si preparava a insorgere di nuovo per
la sua esistenza nazionale. In breve, sembrava
che la pesante notte della reazione, calata
sull’Europa dopo la repressione della rivolu-
zione del 1848, cominciasse a far posto a una
nuova aurora [...].
Se tutte le precedenti rivoluzioni si erano
infrante contro il confine russo e nel nostro pae-
se avevano solo causato un rafforzamento della
reazione, ora, mentre persino in Russia face-
vano la loro comparsa alcuni elementi rivolu-
zionari attivi e, soprattutto, mentre il folto
stesso degli strati inferiori del popolo comin-
* Dai ricordi del passato , Pietroburgo, 1905, 1, p. 188, 228.
694
LENIN
dava palesemente a manifestare il suo mal-
contento per la situazione, le cose dovevano
pur cambiare. Certo, quest'affermazione non
poteva farsi in assoluto, ma una qualche pro-
babilità tuttavia esisteva*. Cera, da un lato,
un governo forte, deciso a non dividere il po-
tere con nessuno, educato alle tradizioni del-
l’epoca di Nicola I; c’era, dall’altro lato, un
fermento generale in occidente, il sordo mal-
contento delle masse contadine e della società
liberale in Russia e, infine, il primo embrione
di un partito rivoluzionario russo. In queste
condizioni bisognava compiere un tentativo. Il
suo esito sarebbe dipeso in larga misura « dal
diverso schieramento degli elementi del pote-
re » ** Se il partito rivoluzionario non
riuscirà a raggiungere il suo obiettivo, se il
risultato della rivoluzione sarà soltanto la con-
quista della libertà politica, anche in questo
caso il vantaggio sarà immenso ***.
F. Nikolaev cerca di caratterizzare con le seguenti espressioni la posi-
zione assunta a quel tempo da Cernylevskij: «La catastrofe è
inconcepibile [sarebbe piti esatto dire: poco probabile], ma è do-
vere di ogni uomo pensante e conseguente aspirare a essa e fare
tutto il possibile perché si avvicini. Meno parole e teorie e piu
azione » ( Ricordi personali , p. 23). Solo per le « teorie * abbiamo
qualche dubbio: un teorico come CernySevskij non poteva assumere per le
« teorie » lo stesso atteggiamento sprezzante di P. F. Nikolaev. Ma CernySevskij
consigliava indubbiamente l’energia... visto che si doveva passare all'azione.
** Saganov, Cernylevskij ai lavori fonati e in deportazione , p. 8.
*** Alla fine del 1871 Cernysevskij, accomiatandosi dai giovani compagni del
lavori forzati, espose loro una sorta di profession de foi politica, che Saganov
cosi riferisce: «Egli ci disse che dai tempi di Rousseau in Francia e poi negli
altri paesi europei i partiti democratici si erano abituati a idealizzare il popolo,
a riporre in esso speranze che non si erano mai realizzate, ma che avevano
condotto ad amare delusioni CernySevskij sapeva che il centro di gravità
era appunto nel popolo, nelle sue necessità^ dal cui oblio derivava il declino
del popolo stesso come nazione o come Stato. Solo che nessun popolo era
ancora riuscito a salvarsi [un pensiero simile venne enunciato poco prima della
morte anche da Belinskij] e persino nei casi fortunati in cui era riuscito a
conquistare il potere lo aveva poi consegnato al primo venuto [...]. La cosa più
terribile è il mostro informe, l'onnivoro Leviatano. CernySevskij anche prima
STEKLOv: « CERNYSEVSKIJ »
695
Il movimento popolare è quindi possibile;
la sua parola d’ordine è terra e libertà', la sua
strada la conquista del potere da parte dei rivo
luzionari con il sostegno attivo e il consenso
delle masse popolari; il suo risultato è una
repubblica del lavoro e, comunque, nel caso
della sconfitta dei rivoluzionari, un cospicuo
miglioramento della condizione del popolo
N. Rusanov racconta, con le parole di Selgunov,
che CernySevskij, dopo lunghe esitazioni e dopo
un accurato esame dei prò e dei contro, decise
di intervenire attivamente nella situazione, rico-
noscendo che non esisteva altro sbocco dalla
collisione storica e che c’erano altresì alcune
possibilità di successo per la causa del popolo.
Tuttavia, Rusanov non dice in che cosa sia
consistito in concreto l’intervento di Cerny-
sevskij nella lotta rivoluzionaria, se si esclude
Tindicazione di Rusanov secondo cui Cerny-
sevskij è il probabile autore del manifesto inti-
tolato Ai contadini dei signori [...].
È dubbio che CernySevskij abbia aderito
a « Zemlja i volja »; quanto meno, non si
hanno al riguardo indicazioni precise [...].
Nel 1862 entrarono a far parte deirassociazione
alcuni studenti, tra i quali N. Utin e L. Pan-
telcev, autore quest’ultimo di ricordi abbastanza
frammentari sull’organizzazione. È, del resto,
probabile che « Zemlja i volja » come organiz-
aveva detto che la storia della nostra patria sarebbe stata diversa, se
sotto il regno di Anna avesse trionfato il partito del Consiglio supremo.
Nessun partito può esimersi dal dividere il potere per la sua stessa
salvezza Con il potere dei partiti vi sono maggiori probabilità che
si faccia qualcosa di utile per il popolo di quanto non ve ne siano in
assenza di ogni forma politica, cioè in assenza della possibilità stessa di
prendere qualche iniziativa nella direzione indicata » (Saganov, Cerny
ievskij ai lavori forzati e in deportazione, pp. 28-29). Questo non è del
tutto affine al populismo con il suo indifferentismo politico e con il suo disprezzo
per le forme costituzionali.
696
LENIN
zazione sia sorta dopo la riunione tenutasi in
casa di Utin nella privamera del 1862 e di cui
parla Panteleev *. Il promotore della riunione,
buon amico di Cernysevskij ( il « signore col
pince-nez » ) , comunicò ai novellini che esisteva
un Comitato centrale, ma si trattava, molto
probabilmente, di un mito [...]. Dopo qualche
tempo i due giovani proseliti della rivoluzio-
ne ** decisero di sondare Cernysevskij. Senza
dirgli apertamente che facevano parte delPas-
sociazione, condussero un discorso pieno di
allusioni, parlarono della necessità di organiz-
zare dei circoli tra i giovani e, per di piu, dei
circoli con un orientamento sociale. Ma Cerny-
sevskij, pur approvando tali progetti, rimase
abbastanza impenetrabile; diede però un giu-
dizio positivo sul « signore col p ince-nez » e
prese a raccontare la favola esopica dell'orso
che rompe l’amicizia con Puomo che una volta
soffia sul fuoco per farlo divampare meglio e
un’altra volta vi soffia sopra per spegner-
lo *** [...].
È altrettanto dubbio che Cernysevskij sia
stato uno degli autori del Velikorus , foglietto
costituzionalista clandestino. Tra luglio e set-
tembre del 1861 uscirono in tutto tre numeri
di questo giornale [...]. I sostenitori della tesi
che Nikolaj Gavriloviò fu il direttore del
Velikorus avrebbero dovuto addurre qualche pro-
va documentaria, ma sinora si sono astenuti
dal farlo, e i loro ragionamenti non escono
pertanto dal campo delle congetture****
* Panteleev, Dai ricordi del passato , 1, pp. 252 sgg.
** Goè Utin e Panteleev (n.d.t.),
*** Panteleev non chiarisce il senso della favola. Forse, CemySevskij voleva
far capire ai giovani che, se in precedenza li aveva trattenuti dalle cospirazioni
rivoluzionarie, non aveva piu intenzione di farlo.
**** Lemke, nell’articolo II processo dei seguaci del « Velikorus » (in Byloe,
1906, n. 7), rimanda alla testimonianza di Stachevii, che fu condannato all’inizio
degli anni sessanta per un altro affare politico e che trascorse con Cernysevskij
STEKLOV: « CERNYSEVSKIJ »
697
Riguardo al circolo dei « giacobini » mo-
scoviti Zaicnevskij e Argiropulo, circolo che
firmò come « Comitato centrale rivoluzionario »
il manifesto La giovane Russia , Cernysevskij
assunse un atteggiamento apertamente negati-
vo Lemke, per bocca di S, Juzakov, che
aveva ascoltato questa storia da I. Golts-Miller,
membro del circolo moscovita, comunica che
Cernysevskij realizzò in parte il suo propo-
sito*. A tal fine egli inviò a Mosca A. A.
Sleptsov **, un illustre rivoluzionario di quel
tempo e uno dei fondatori di « Zemlja i volja »,
perché persuadesse il Comitato ad attenuare in
qualche modo la sgradevole impressione susci-
alcuni anni in Siberia «Ascoltando le conversazioni di Nikolaj Gavrilovié,
notai talora che tanto il contenuto dei suoi pensieri quanto il
modo di esprimerli mi ricordavano moltissimo il Veltkorus , e
io tra me decisi che egli era Fautore o, per lo meno, il coautore
di quel foglietto, che predicava la necessità di riforme costituzio-
nali.» Panteleev si esprime al riguardo molto cautamente. Dopo
aver accennato a un certo Zacharin, che, « secondo alcune indi-
cazioni , , aveva partecipato direttamente, sembra, all’attività del
Veltkorus », egli aggiunge in nota: « La vicinanza di Zacharin a
Cerny§evskij mi dà motivo di ritenere che Nikolaj Gavriloviè
non fu, forse, del tutto estraneo all’attività del Veltkorus . Inoltre, il
modo di rivolgersi al pubblico, lo stile del Velikorus, ricorda molto
Nikolaj Gavriloviè. Negli anni novanta il defunto A. A. Richter mi disse che,
in base a sue informazioni, uno dei principali esponenti del circolo che aveva
redatto il Velikorus era stato Luginin, già morto da tempo. A quanto sembra,
Luginin è stato ritratto da Cernysevskij nel Prologo col nome di Nivclzin »
( Dai ricordi del passato, 1, p. 327). V. Obruèev, un giovane ufficiale, condan-
nato ai lavori forzati per l’affare del Velikorus, fu molto vicino a Cemyàevskij;
a detta di Panteleev, egli era addirittura il preferito di Nikolaj Gavriloviè.
Sulla base dei fatti sin qui citati L. Kulczycki afferma recisamente che « il promo-
tore, il redattore e il direttore del Velikorus altri non fu che Cemyàevskij »
( Storia del movimento rivoluzionario russo, p. 256). Un’affermazione troppo
ardita e arrischiata...
* Cioè di ristabilire i contatti con i moscoviti, di cui aveva disapprovato
il manifesto La giovane Russia ( n.d.t .).
** Non si riferisce proprio a lui L. Panteleev quando parla
del «signore col pince-nez»? Cfr. Dai ricordi del passato , 1, cap.
XXIV; Zemlja i volja.
NB
698
LENIN
tata nella società dal manifesto La giovane
Russia [...].
Non meno oscura rimane la questione dei
rapporti tra Cernysevskij e M. Michajlov, e,
in special modo, il problema dell’ atteggi amento
di Cernysevskij verso l’iniziativa di Michajlov
di diffondere il noto manifesto Alla giovane
generazione. Il testo del documento fu scritto
da N. Selgunov, Michajlov lo pubblicò a Lon-
dra presso Herzen e poi lo introdusse in Russia
nel doppio fondo di una valigia. Si ignora se
Cernysevskij sia stato al corrente dell’iniziativa
di Selgunov e Michajlov, ma Panteleev affer-
ma categoricamente che, dopo l’arrivo del ma-
nifesto a Pietroburgo, Cernysevskij fu messo a
parte della cosa [...].
Un dato è, comunque, ben chiaro: se lo
stesso Cernysevskij non partecipò attivamente
alle- diverse manifestazioni del movimento rivo-
luzionario allora in sviluppo, egli tuttavia se
1 ne interessò molto vivamente, fu al corrente
di molte cose * e diresse idealmente alcune
iniziative.
Fu Cernysevskij a scrivere l’appello Ai con-
tadini dei signori? Lemke e Rusanov ritengono
di si ** [...]. Se anche si ammette che la prima
metà del manifesto sia stata redatta da Cerny-
sevskij, è indubbio altresì che la seconda parte
non è stata scritta da lui. Cernysevskij non
si sarebbe mai permesso di raccontare al popolo
che in Francia e in Inghilterra (nel 1861) i
* Delle vaste informazioni di Cernysevskij in questo campo si ha testimo-
nianza in un fatto, di per sé insignificante, comunicato da Panteleev: « Con mia
grande sorpresa mi domandò, forse in aprile (1862), per quali considerazioni,
nel settembre del 1861, mi fossi pronunciato in seno al comitato studentesco
contro alcune proposte troppo radicali » ( Dai ricordi del passato, 2, p. 179).
** Lemke, I processi politici, pp. 194, 335-336; Rusanov, I socialisti del-
l'occidente e della Russia , p. 327.
STEKLOV : « ÉERNYSEVSKIJ »
699
colonnelli e i generali piegavano la fronte di-
nanzi all'anziano della comunità e che il popolo
cacciava via gli zar che non gli piacevano; non
avrebbe mai scritto che inglesi e francesi
vivevano bene, che la legge era laggiù giusta e
uguale per tutti, ecc.* [...].
Confrontando tutto ciò che sappiamo sulla
vita di Cernysevskij, sul suo carattere e sulle
sue opinioni, in fin dei conti non ci risolviamo
a rispondere categoricamente alla domanda cir-
ca la sua partecipazione diretta al movimento
rivoluzionario. La cosa piu probabile è che
Cernysevskij non prese parte diretta al movi-
mento, ma fu informato di | | tutte | | le mani- 1 )
festazioni principali del movimento rivoluzio-
nario di quel tempo; che i protagonisti di que-
st’ultimo si consultavano con lui e tenevano 2)
conto delle sue indicazioni e, in ogni caso, attin-
gevano dai colloqui con Cernysevskij e dalle
sue opere il convincimento che fosse necessario
compiere quei tentativi pratici che lo stesso
Cernysevskij, per il suo carattere indeciso e
debole, per la sua mancanza di praticità e per
la sua natura libresca, era incapace di fare: . .
questo non può essere messo in dubbio [...]. I I NB
In tal senso si può dire che Cernysevskij
f u il capo ideale e Pispiratore del movimento
rivoluzionario di quel tempo. Il governo, forse,
* Si veda il testo deirappello in Lemke, I processi politici, pp. 336-346.
Esso esordisce con le parole: « Ai contadini dei signori da parte di chi desidera
il loro bene salute. Vi aspettavate che lo zar vi desse la libertà, ed ecco a voi
la libertà concessavi dallo zar ». Segue poi una critica demolitrice de lla riforma
d el 1861 dal punto di vista degli interessi contadini, e pian piano il lettore
viene predisposto alla critica dell’autocrazia come fattore fondamentale delle
sventure del popolo. L'autore ricorrendo ai fatti cerca di confutare la « leggenda
dello zar ». Si chiarisce il significato della libertà politica e la necessità di com-
battere per essa [...].
700
LENIN
avrebbe potuto accusarlo di sapere e di non
voler parlare. Egli, in realtà, sapeva molto,
probabilmente tutto.
Non dire che « ha dimenticato la prudenza
ed è lui stesso colpevole del suo destino »
[...]
Nekrasov *
[393-396] Quest’arresto fu preceduto da
un’implacabile campagna contro CernySevskij
condotta dalla stampa reazionaria e liberale,
che scioglieva le mani al governo circa le ener-
giche azioni da condurre e lo aizzava a pren-
dere provvedimenti repressivi contro la guida
spirituale dei « nihilisti » [...].
Gli uomini che sino a ieri si erano entusia-
smati per gli articoli di Cernysevskij in favore
dei contadini si allontanarono da lui e si uni-
rono al comune grido reazionario: K 5 100 9K3.
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y.n. CBo6oAbi, 97.