Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin, Joseph Stalin, Enver Hoxha 5 Classics of Marxism Comintern (Stalinist-Hoxhaists) http://ciml.250x.com Georgian Section www.joseph-stalin.net SHMG Press Karl Marx Press of thè Georgian section of Comintern (SH) - Stalinist-Hoxhaists Movement of Georgia OPERE V. I. LENIN Opere complete XXIX marzo - agosto 1919 1967 - Editori Riuniti - Roma Traduzione di Rossana Platone Proprietà letteraria riservata della S.p.A. Editori Riuniti Via dei Frentani 4-e, Roma NOTA DELL’EDITORE Il ventinovesimo volume comprende le opere di Lenin del periodo che va dal marzo all agosto 1919. I testi del Progetto di programma del PCR(b) sono stati scritti nel febbraio-marzo 1919; nel presente volume essi precedono i documenti deWVIII Congresso del PCR(b), ai quali si ricollegano direttamente . La maggior parte dei testi compresi in questo volume è costi- tuita da rapporti e discorsi di Lenin pronunziati a congressi , confe- renze , riunioni e comizi. In questi scritti si riflette Vattività di Lenin sul piano statale e si analizzano i più importanti problemi della poli- tica del partito comunista e del potere sovietico in quel periodo : di- fesa della patria socialista , atteggiamento nei confronti del contadino medio, lotta contro le difficoltà economiche. Una parte considerevole del volume è costituita dai rapporti e da- gli interventi di Lenin alVVIII Congresso del PCR(b): rapporto di attività del Comitato centrale, rapporto e conclusioni sul programma del partito , rapporto sul lavoro nelle campagne , ecc. Diversi scritti sono dedicati alla mobilitazione della classe ope- raia e delle masse lavoratrici nella lotta contro Kolciak : il Rapporto sulla situazione estera ed interna della repubblica sovietica, presentato alla seduta straordinaria del Soviet di Mosca , il 3 aprile 1919 , la Let- tera agli operai di Pietrogrado sugli aiuti al fronte orientale , le Tesi del CC del PCR(b) sulla situazione del fronte orientale, il Rapporto sui compiti dei sindacati in relazione alla mobilitazione per il fronte orientale, tenuto al plenum del Consiglio centrale dei sindacati di tutta la Russia Vii aprile 1919 , il Discorso sulla lotta contro Kolciak alla conferenza dei comitati d’azienda e dei sindacati di Mosca, del 17 apri- le 1919 « 6 LENIN Nel rapporto su La situazione attuale e i compiti immediati del potere sovietico, presentato il 4 luglio 1919 alla riunione comune del Comitato esecutivo centrale dei soviet , del Soviet dei deputati operai e soldati di Mosca, del Consiglio centrale dei sindacati , e dei rappresen- tanti dei comitati d'officina di Mosca, come pure nel Rapporto sulla situazione interna ed estera della repubblica, tenuto il 12 luglio alla Conferenza del PCR(b) di Mosca, e nel Discorso sulla situazione del- l’approvvigionamento e sulla situazione militare alla Conferenza dei co- mitati di fabbrica e d’officina, dei sindacati e dei delegati della coope- rativa operaia centrale di Mosca, del 30 luglio 1919, e in altri discorsi, Lenin chiama le masse a tendere tutte le loro forze per la lotta contro Denikin. In questi scritti e in altri, compresi in questo volume, Lenin espone i criteri della politica sovietica di approvvigionamento e indica i provvedimenti da prendere per migliorare la situazione alimentare del paese: Negli articoli La III Internazionale e il suo posto nella storia, I compiti della III Internazionale, ed altri, Lenin mostra V importanza storica universale della III Internazionale e ne definisce i compiti. Nel discorso intitolato Come s’inganna il popolo con le parole d’ordine di libertà e di eguaglianza, pronunziato il 19 maggio 1919 al I Congresso per l'insegnamento extrascolastico in Russia, come nel Di- scorso al I Congresso dei lavoratori dell’ istruzione e della cultura socialista, del 31 luglio 1919, Lenin sviluppa la teoria marxista della dittatura del proletariato e mette a nudo il contrasto tra democrazia proletaria e democrazia borghese. La conferenza Sullo Stato, fatta all'Università « Sverdlov », espo- ne i fondamenti della teoria marxista-leninista sullo Stato, la sua ori- gine, la sua natura e le sue forme storiche . Nel volume è compresa la nota opera di Lenin La grande inizia- tiva, nella quale egli definisce la funzione dei primi « sabati comuni- sti » e mostra l'importanza decisiva che un'alta produttività del lavoro ha per l'affermazione del comuniSmo. marzo -agosto 1919 SEDUTA DEL SOVIET DI PIETROGRADO 12 marzo 1919 I RAPPORTO SULLA POLITICA ESTERA ED INTERNA DEL CONSIGLIO DEI COMMISSARI DEL POPOLO Breve resoconto giornalistico (V apparizione del compagno Lenin alla tribuna è accolta da una lunga ovazione. Tutti si alzano in piedi.) Questa sala mi ricorda il mio primo intervento al Soviet di Pietrogrado, nel quale domina- vano, allora, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari. Abbiamo dimenti- cato troppo presto il recente passato. Adesso lo sviluppo della rivolu- zione negli altri paesi richiama alla memoria ciò che abbiamo recen- temente vissuto. Si supponeva che in Occidente, dove le contrad- dizioni di classe sono piu acute, essendovi piu sviluppato il capitali- smo, la rivoluzione avrebbe seguito vie un pò* diverse dalle nostre, e il potere sarebbe subito passato dalla borghesia al proletariato. Ma ciò che sta accadendo ora in Germania dice il contrario. La borghesia tedesca, unita per opporsi alle masse proletarie che si sono solle- vate, trae la sua forza dalla maggiore esperienza della borghesia occidentale e conduce una lotta sistematica contro il proletariato. Le masse rivoluzionarie tedesche, invece, non hanno ancora un'esperienza sufficiente e l’acquisteranno solo nel còrso della lotta. Tutti ricordano la rivoluzione del 1905, quando il proletariato russo scese in lotta senza avere dietro di sé la minima esperienza. Nell’attuale rivoluzione invece abbiamo tenuto conto deH’esperienza della rivoluzione del 1905, e ne abbiamo tratto profitto. Lenin passa poi in rassegna l’attività del Consiglio dei commis- 10 LENIN sari del popolo. Ricorda il primo periodo della rivoluzione, quando le masse non sapevano ancora che fare e non avevano ancora centri dirigenti sufficientemente forti e autorevoli. Sapevamo bene — dice Lenin — che per il successo della lotta intrapresa bisognava unire il più strettamente possibile le masse degli sfruttati e tutti gli elementi lavoratori del paese, e perciò ci si pose inevitabilmente il problema delle forme di organizzazione. E noi, ben ricordando la funzione dei soviet nel 1905, li abbiamo fatti rivivere come lo strumento più adatto per l’unione dei lavoratori e per la loro lotta contro gli sfruttatori. Prima della rivoluzione in Germa- nia, avevamo sempre detto che i soviet erano gli organi più adatti per la Russia. Allora non potevamo affermare che essi sarebbero risul- tati altrettanto validi anche per l’Occidente, ma la realtà ha mostrato che le cose stavano diversamente. Vediamo che i soviet diventano sem- pre più popolari in Occidente e per essi si lotta non solo in Europa, ma anche in America. Dappertutto si creano soviet che presto o tardi prenderanno il potere. È interessante il periodo che sta attraversando ora l’America, do- ve si costituiscono dei soviet. Può darsi che il movimento vi segua una via diversa dalla nostra, ma l’importante è che anche li la forma d’organizzazione sovietica si sia conquistata una larga popolarità. Essa ha ora sostituito tutte le altre forme di organizzazione proletaria. Gli anarchici, che erano avversari del potere per principio, hanno ricono- sciuto il potere sovietico dopo aver visto questa forma di potere sta- tale. In tal modo non hanno lasciato pietra su pietra della teoria del- l’anarchismo che nega qualsiasi tipo di potere. Due anni fa nei soviet fioriva l’idea della collaborazione con la borghesia. Ce voluto un certo periodo di tempo per liberare la coscienza delle masse dal vecchio ciarpame che le impediva di raccapezzarsi negli avvenimenti. Ciò si è potuto ottenere solo con il lavoro pratico dei soviet durante l’or- ganizzazione dello Stato. Ora le masse operaie tedesche si trovano nella medesima situazione; bisogna estirpare dalla loro coscienza lo stesso ciarpame, ma questo processo si svolge in forme più aspre, crudeli e sanguinose che da noi. Mi sono alquanto allontanato dal tema assegnatomi dal presidium del Soviet di Pietrogrado, ma era necessario farlo. Possiamo comprendere l’attività del Consiglio dei commissari del popolo durante l’anno scorso, solo valutando la funzione dei soviet in SEDUTA DEL SOVIET DI PIETROGRADO 11 rapporto alla rivoluzione mondiale. Spesso le minute questioni ammini- strative quotidiane e le piccolezze inevitabili nella nostra opera di costruzione ci distolgono e ci fanno dimenticare la grande causa della rivoluzione mondiale. Soltanto valutando la funzione dei soviet su scala mondiale potremo orientarci nelle minute questioni della nostra vita interna e regolarle tempestivamente. Gli incliti revisori di Berna 1 ci tacciano di fautori della tattica della violenza, ma mentre affermano questo, chiudono completamente gli occhi su ciò che fa in casa loro la borghesia, che governa esclusivamente con la violenza. Prima di passare alla forma sovietica di governo, sono trascorsi alcuni mesi durante i quali le masse si sono preparate a una forma di gestione statale nuova, ancora sconosciuta. Abbiamo logorato filo a filo il governo Kerenski, abbiamo costretto il governo provvisorio a un'altalena di crisi ministeriali a destra e a sinistra, in alto e in basso, il che ha definitivamente dimostrato alle masse che la cricca dei conciliatori borghesi, che deteneva allora il potere, era incapace di governare il paese; e soltanto dopo abbiamo preso il potere nelle nostre mani. Su scala mondiale le cose sono assai più complesse. Qui la sola violenza rivoluzionaria non basta, essa deve essere preceduta da un lavoro preparatorio simile al nostro, ma, naturalmente, alquanto piu lungo. A suo tempo la pace di Brest-Litovsk 2 suscitò molte discus- sioni e alcuni signori vollero servirsi di questo atto del potere so- vietico per i loro scopi demagogici, definendolo conciliatore. Ma se questo è conciliatorismo, bisognerebbe anche dire che ci eravamo con- ciliati con lo zar quando entrammo alla Duma per farla saltare dal- l'interno. Abbiamo concluso la pace di Brest-Litovsk nell'attesa che in Germania si creassero le condizioni interne che hanno portato all'ab* battimento di Guglielmo, e ciò dimostra che il nostro passo era stato ben calcolato. Nei paesi dell'Intesa si osserva ora un risveglio delle masse che i governi cercano in ogni modo di soffocare. A tal scopo si cerca di distrarre l'attenzione delle masse ancora incoscienti con il « patriotti- smo », riempiendole di promesse, allettandole con il miraggio di una pace vittoriosa e prospettando loro vantaggi innumerevoli dopo la con- clusione della pace. Si pascono d'illusioni. Ma per vedere quanto si possa contare sulla realizzazione di queste illusioni, basterà citare una mia recente conversazione con un commerciante americano, realista, do- 12 LENIN tato di senso degli affari ed estraneo ai nostri interessi. Egli ha così definito la situazione della Francia: il governo francese promette alle masse montagne d’oro, che si dovrebbero ricevere dai tedeschi; ma biso- gnerebbe che i tedeschi sapessero dove prendere questo denaro. Da. un debitore che non ha niente non si cava nulla, e tutte queste illusioni basate sulla conclusione di una pace vantaggiosa con la Germania crolleranno, perché la pace conclusa sarà la pace del fallimento. Lo sentono perfino i nemici della rivoluzione i quali non trovano nes- suna via d’uscita dalla situazione creatasi, tranne l’abbattimento del capitalismo. Da questo punto di vista è oggi caratteristico lo stato d’animo della folla parigina, estremamente sensibile e generosa. Mentre oggi essa non permette di aprir bocca a chi parla contro i bolscevichi, sei mesi fa ascoltava coloro che ne dicevano di tutti i colori contro di loro. La borghesia ci ha reso un grande servizio nella propaganda delle nostre idee. Con i suoi attacchi ha costretto le masse a riflet- tere e a ragionare, e di conseguenza le masse parigine, che pensano con tanta immediatezza, sono giunte alla conclusione che, se la bor- ghesia odia tanto i bolscevichi, vuol dire che questi sanno lottare contro di essa. L’Intesa ora rivolge verso di noi la sua attenzione e vuol pagare a nostre spese i conti che le vengono presentati. Dobbiamo tener conto che il nemico è forte, militarmente superiore a noi, ma non per molto: alla vittoria seguirà la delusione e tutte le combinazioni degli « alleati » falliranno completamente, se prima ancora essi non si batteranno fra loro. Adesso tutti i paesi hanno fame e nessuna vittoria permetterà di allontanare la carestia. Ci troviamo di fronte a compiti complessi, che ci sono posti dalla politica estera. Abbiamo sotto gli occhi l’esperienza della pace di Brest, il passo più importante del Con- siglio dei commissari del popolo in politica estera. La pace di Brest è stata conclusa con un nemico forte, superiore a noi dal punto di vista militare, e ha provocato dissensi anche nel nostro ambiente, ma questo doveva essere il primo passo dello Stato proletario, circondato da tutti i lati dai predoni imperialisti. La pace di Brest ha minato il nostro forte e potente nemico. La Germania, che ci aveva imposto condizioni di rapina, è crollata assai rapidamente; bisogna aspettarsi che la stessa cosa accada anche negli altri paesi, tanto più che dovunque si osserva una disgregazione deH’esercito. Ricordiamoci il tempo in cui si spiegava la disgregazione del no- stro esercito con l’impazienza dei russi; ma, a quanto risulta, è questa SEDUTA DEL SOVIET DI PIETROGRADO 13 la sorte di tutti i paesi che imboccano la via della rivoluzione. La palese rapina alla quale si abbandonano ora, a Parigi, i governi « de- mocratici » apre gli occhi alle masse, tanto più che i dissensi sulla spartizione del bottino, che spesso degenerano in una seria lite, non sono piu un segreto per nessuno 3 . Nonostante le condizioni sfavo- revoli nelle quali deve vivere, la Russia sovietica ha un vantaggio, sottolineato perfino dal giornale borghese Times. In un articolo del suo osservatore militare esso rileva la rapida disgregazione degli eserciti di tutti i paesi, ma non della Russia. Soltanto in Russia, secondo il Times, l’esercito non si disgrega, ma si rafforza. È uno degli aspetti essenziali della nostra edificazione durante l’anno scorso. Circondati da nemici da ogni parte, ci difendiamo riconquistando ogni palmo della Russia sovietica, e ogni mese della nostra lotta ci avvicina sem- pre più alla rivoluzione mondiale. Siamo stati i primi in tutto il mondo a prendere il potere, ed ora i soviet dei lavoratori governano il no- stro paese. Sapremo conservare il potere? Se non sapremo conservarlo, la conquista del potere sarà stata storicamente un errore. Ma già ora possiamo essere fieri di aver sostenuto la prova e di aver affermato il potere dei lavoratori, nonostante le innumerevoli sofferenze. Lenin si sofferma poi sulla questione degli specialisti. Alcuni nostri compagni — dice Lenin — si indignano perché alla testa deirEsercito rosso vi sono servi dello zar e vecchi uffi- ciali. Naturalmente per l’organizzazione deirEsercito rosso questo pro- blema ha un’importanza particolare e la sua giusta impostazione de- terminerà il successo nell’organizzazione dell’esercito. La questione de- gli specialisti deve essere impostata in maniera più ampia. Dobbiamo utilizzarli in tutti i campi dell’edificazione nei quali, è naturale, non possiamo cavarcela con le nostre forze, non avendo né l’esperienza né la preparazione scientifica dei vecchi specialisti borghesi. Non siamo degli utopisti che pensano che l’edificazione di una Russia socialista possa essere attuata da non si sa quali uomini nuovi; ci serviamo del materiale che il vecchio mondo capitalistico ci ha lasciato. Mettiamo i vecchi quadri in condizioni nuove, li circondiamo del necessario con- trollo, li sottoponiamo all’attenta vigilanza del proletariato e li indu- ciamo a compiere il lavoro che ci occorre. Soltanto cosi si può edifi- care. Se non sapremo costruire l’edificio col materiale lasciatoci dal mon- do borghese, non costruiremo proprio nulla, e non saremo comunisti, 14 LENIN ma semplici chiacchieroni. Per l'edificazione del socialismo bisogna uti- lizzare completamente la scienza, la tecnica e, in generale, tutto ciò che la Russia capitalistica ci ha lasciato. Naturalmente incontreremo grandi difficoltà su questa via. Gli errori sono inevitabili. Dovunque vi sono transfughi e accaniti sabotatori. Qui la violenza è stata necessaria pri- ma di ogni altra cosa. Ma, dopo la violenza, bisogna avvalersi del peso morale del proletariato, di una solida organizzazione e della di- sciplina. Non c'è nessun motivo per cacciar via gli specialisti che ci sono utili. Ma bisogna porli in determinate condizioni, in modo che il proletariato abbia la possibilità di controllarli. Bisogna farli lavorare, ma nello stesso tempo bisogna vigilare attentamente, ponendo sopra di loro dei commissari per stroncare i loro piani controrivoluzionari. Nello stesso tempo bisogna imparare da loro senza fare la benché mi- nima concessione politica a questi signori, ma utilizzando il loro la- voro dovunque è possibile. In parte lo abbiamo già fatto. Dalla repres- sione dei capitalisti siamo passati alla loro utilizzazione ed è forse que- sto ii risultato più importante in questo anno di edificazione interna. Uno dei problemi più seri della nostra edificazione culturale è quello della campagna. Il potere sovietico presuppone un largo ap- poggio dei lavoratori. A questo ha mirato tutta la nostra politica nei confronti della campagna durante questo periodo. Occorreva unire i proletari della città con i contadini poveri, e lo abbiamo fatto. Ora è stata realizzata un'unione assai stretta, fatta di mille fili invisibili* Ma, come dappertutto, c'imbattiamo in grandi difficoltà perché i con- tadini sono stati abituati a sentirsi padroni indipendenti. Sono stati abituati a vendere liberamente il loro grano, e ogni contadino ha ritenuto che questo fosse un suo diritto inalienabile. Adesso occorre compiere un lavoro enorme per convincerli definitivamente che sol- tanto con l’organizzazione comunista dell’economia si può uscire dalle rovine lasciate dalla guerra. Qui non si deve più agire con la violenza, ma soltanto con la persuasione. Certo, anche fra i contadini abbiamo dei nemici aperti, i kulak, ma, nella loro massa, i contadini poveri e i contadini medi che si uniscono a loro, sono con noi. Contro i kulak, come nostri nemici dichiarati, abbiamo una sola arma: la violenza. Quando abbiamo incominciato ad attuare la nostra politica di approv- vigionamento basata sul principio della consegna delle eccedenze per gli affamati, vi è stata gente che ha cominciato a gridare al contadino: SEDUTA DEL SOVIET DI PIETROGRÀDO 15 « Ti derubano! ». Si tratta di nemici dichiarati dei contadini, degli operai e del comuniSmo, paludati nei buffoneschi abiti dei menscevichi, dei socialisti-rivoluzionari di sinistra e di tanti altri; con loro agiremo in avvenire come abbiamo agito finora. 2 RISPOSTE ALLE DOMANDE SCRITTE Compagni, voglio ora rispondere alle domande, due delle quali non sono completamente chiare. In una di esse, tuttavia, vi sono a quanto sembra due idee fondamentali. In primo luogo l’autore del bigliettino è malcontento dei bolscevichi che avrebbero passato il segno, e sim- patizza per i menscevichi perché questi sostengono la gradualità. In se- condo luogo, solleva la questione delle rivolte contadine. Quanto alla prima domanda, debbo dire che se si accusano in tal modo i bolscevichi, bisogna indicare in che cosa essi hanno passato il segno e quali sono i pregi della gradualità. La cosa fondamentale che ci ha separati dai menscevichi è che noi insistevamo perché tutto il potere fosse trasmesso ai soviet, e abbiamo passato il segno a tal punto che nell’ottobre di due anni fa abbiamo preso il potere. I menscevichi invece esigevano la gradualità, non volevano questo passaggio del po- tere. Il noto socialista Kautsky, per esempio, simpatizzante menscevico, nell’agosto 1918 scriveva in un opuscolo che i bolscevichi non dove- vano prendere il potere perché non sarebbero riusciti a mantenerlo, sa- rebbero andati allo sbaraglio e avrebbero in tal modo distrutto tutto il partito. Credo che questa opinione sia stata smentita dal corso degli avvenimenti, sicché non vale la pena di soffermarvisi, soprattutto per- ché le obiezioni non sono chiare. In Germania Kautsky insisteva sulla democrazia, sulla Costituente. Non si può dare il potere ai soviet, di- cevano i menscevichi nostrani e tedeschi. In Germania l’Assemblea costituente è stata riunita; in gennaio e in marzo è scoppiata una serie di grandi insurrezioni operaie, una guerra civile, in seguito alla quale i menscevichi tedeschi, con Hilferding alla testa, hanno proposto nei loro ultimi articoli di unire l’Assemblea costituente e i soviet, in modo da dare al Comitato centrale dei soviet il diritto di sospendere le de- SEDUTA DEL SOVIET DI PIETROGRADO 17 cisioni della Costituente e di sottoporre la questione a un referendum nazionale. Ciò dimostra in quale confusione siano caduti i menscevichi tedeschi, perfino i migliori di loro. Unire l’Assemblea costituente e i soviet, unire la dittatura della borghesia e la dittatura del proleta- riato: quest’idea fa semplicemente ridere. Quanto alle rivolte contadine, tale domanda è già stata posta. Certo, abbiamo avuto una serie di rivolte di kulak e ne abbiamo ancora. Durante l’estate scorsa vi è stata tutta una serie di rivolte di kulak. Il kulak è un nostro inconciliabile nemico. E non c’è niente da spe- rare; bisogna schiacciarlo. Un’altra cosa è il contadino medio, che non è un nostro nemico. Non è vero che in Russia vi siano rivolte con- tadine che coinvolgono un numero considerevole di contadini e di non kulak. Un singolo villaggio, una volasi può unirsi ai kulak, ma di insur- rezioni contadine che abbiano coinvolto tutti i contadini della Russia non ve ne sono state da quando esiste il potere sovietico. Vi sono state rivolte di kulak e ce ne saranno ancora finché vi sarà un governo che insiste perché ogni eccedenza di grano sia data agli affamati a prezzo di calmiere. Tali rivolte sono inevitabili perché il kulak dispone di grandi scorte di grano, può venderle a centinaia di rubli il pud. E noi tutti sappiamo a quali prezzi si vende a borsa nera. Se ai kulak si con- cedesse questa libertà, i ricchi, che hanno riserve segrete di danaro, di banconote di Kerenski, sarebbero sazi, mentre la maggioranza, che non nasconde nulla, farebbe la fame. Perciò non ci facciamo illusioni: le rivolte dei kulak contro il potere sovietico sono inevitabili. Quando vi era il potere dei capitalisti, erano inevitabili le rivolte degli operai con- tro i capitalisti, quelle dei contadini contro i grandi proprietari fon- diari. Quando i grandi proprietari fondiari e i capitalisti saranno stati battuti, le rivolte dei kulak diventeranno sempre piu rare. Bisogna scegliere. Ma se qualcuno vuole che tutto avvenga senza rivolte e che i ricchi ci offrano su un vassoio una dichiarazione d’amore e la pro- messa di consegnare senza proteste tutte le eccedenze, penso che non prenderemo sul serio un simile individuo. Un altro bigliettino, poco chiaro, ha questo contenuto: come agire quando gli operai, ingannati dagli appelli dei socialisti-rivoluzionari, a causa della situazione alimentare non lavorano, scioperano e si mettono contro il potere sovietico. Certo, non posso affermare che tutti gli operai fino all’ultimo siano per il potere dei soviet. Quando a Parigi, nel 1871, vi fu l’insurrezione degli operai parigini, non pochi operai di 18 LENIN altre città lottarono contro di loro nelle truppe delle guardie bianche e contribuirono a sconfiggerli. Ciò non ha impedito ai socialisti coscienti di affermare che i comunardi parigini rappresentavano tutto il prole- tariato, cioè tutto quanto vi era di migliore e di onesto, mentre nelle truppe dei bianchi vi erano gli strati arretrati degli operai. Anche da noi vi sono operai poco coscienti, arretrati, che non hanno ancora compreso che cos e il potere sovietico; cerchiamo di illuminarli. Per le riunioni di massa degli operai nessun governo ha fatto quanto i soviet, i quali danno ad ogni rappresentanza d’azienda un posto in una istituzione statale. Nei limiti del possibile noi chiamiamo gli operai a farsi essi stessi artefici della politica dello Stato; in regime capitali* stico, e perfino repubblicano, gli operai venivano tenuti lontani, men- tre il potere sovietico attira con tutte le sue forze i lavoratori, ma per parecchio tempo ancora certi elementi tenderanno al passato. Pochi di voi, forse soltanto qualcuno, ricorderanno la servitù della gleba; solo dei vecchi possono ricordarsene, ma tuttavia persone che ricordino ciò che accadeva trenta o quarantanni fa se ne trovano. Chi è stato in campagna sa die una trentina d'anni fa vi si potevano trovare parecchi vecchi che dicevano: « Ai tempi della servitù della gleba era meglio, c'era piu ordine, più severità, le donne non vesti- vano con tanta eleganza ». Rileggendo adesso Uspenski, al quale eri- giamo un monumento come a uno dei migliori scrittori che abbiano parlato della vita contadina, si possono trovare descrizioni degli anni ottanta e novanta che mostrano vecchi contadini onesti, o semplice- mente gente anziana, che diceva che durante la servitù della gleba le cose andavano meglio. Quando si distruggono i vecchi ordinamenti sociali, non si può cancellarli di colpo dalla coscienza di tutti gli uomi- ni; resterà un certo numero di persone che tendono al passato. Alcuni operai, per esempio i tipografi, dicono: in regime capita- listico stavamo bene, c'erano molti giornali mentre adesso ce ne sono pochi; allora guadagnavamo discretamente, del socialismo non sappiamo che farcene. Vi erano non poche branche dell’industria che dipende- vano dalle classi ricche o che vivevano producendo oggetti di lusso. Parecchi operai delle grandi città vivevano della produzione di questi articoli. Nella repubblica sovietica ci toccherà lasciare per qualche tempo questi operai senza lavoro. Noi diciamo: « Mettetevi a fare un altro lavoro utile ». E ognuno dice: « Io facevo un lavoro fine, ero un orefice, era un lavoro pulito, lavoravo per signori per bene, adesso SEDUTA DEL SOVIET DI PIETROGRADO 19 son venuti i contadini, hanno cacciato i signori per bene; voglio tor- nare al capitalismo ». Questa gente predicherà il ritorno al capitalismo o, come dicono i menscevichi, la marcia in avanti verso un sano capi- talismo, una sana democrazia. Vi saranno alcune centinaia di operai che diranno; « Noi stavamo bene sotto il sano capitalismo ». Ma co- loro che durante il capitalismo vivevano bene erano un'infima mino- ranza, mentre noi difendiamo gli interessi della maggioranza che du- rante il capitalismo viveva male. (Applausi.) Il sano capitalismo ha portato nei paesi piu liberi al massacro mondiale. Non può esservi capitalismo sano; invece vi è un capitalismo come quello della repub- blica più libera, colta, ricca, tecnicamente avanzata, la repubblica ame- ricana, e questo capitalismo democratico, il capitalismo più repubbli- cano, per rapinare il mondo intero ha portato al più feroce massa- cro mondiale. Su 15 milioni di operai ne troverete in tutto il paese alcune migliaia che vivevano bene sotto il capitalismo. Nei paesi ricchi tali operai sono più numerosi perché lavorano per un maggior nu- mero di milionari e miliardari. Essi servono questi gruppi e ne rice- vono una paga particolarmente elevata. Prendete per esempio le cen- tinaia di milionari inglesi che ammassano miliardi depredando l'In- dia e una serie di colonie. Ad essi non costa niente gettare un'ele- mosina a dieci o ventimila operai, dar loro un salario doppio, o anche più alto, affinché lavorino per loro particolarmente bène. Una volta ho letto un racconto di ricordi di un barbiere americano al quale un miliardario dava un dollaro al giorno per farsi radere. E questo bar- biere ha scritto un libro intero in cui ha intonato inni di gloria al miliardario e alla sua magnifica esistenza. Per una visita di un'ora, la mattina, a sua eccellenza finanziaria, egli riceveva un dollaro al giorno, era contento e non voleva altro che il capitalismo. Dobbiamo stare in guardia contro questo argomento. La schiacciante maggioranza degli operai non si trova in questa situazione. Noi ■ comunisti di tutto il mondo difendiamo gli interessi dell'immensa maggioranza dei lavora- ' tori, mentre i capitalisti hanno corrotto un’infima minoranza di lavo- ratori dando loro un alto salario e facendone dei servi fedeli del capi- tale. Anche ai tempi della servitù della gleba vi erano uomini, dei contadini, che dicevano ai grandi proprietari fondiari; « Siamo vostri schiavi [questo avveniva dopo l’emancipazione ], non vi lasceremo ». Erano molti? Un numero insignificante. -Si poteva forse, in nome di costoro, rifiutare la lotta contro la servitù della gleba? No, certo. Cosi 20 LENIN oggi non si può rifiutare il comuniSmo in nome di una minoranza di operai che guadagnavano bene lavorando nei giornali borghesi, produ- cendo oggetti di lusso, o al servizio personale dei miliardari. Passo ora alle domande che sono state poste chiaramente, in primo luogo alla domanda relativa alle concessioni in generale e alla Grande via del nord 4 in particolare. Si dice che questo significa dare la ricchezza nazionale in pasto ai predoni. Risponderò che il problema è legato a quello degli specialisti borghesi e a quello dell’imperialismo mondiale. Possiamo ora abbattere l’imperialismo mondiale? Se lo po- tessimo, sarebbe nostro dovere farlo, ma voi sapete che ora non pos- siamo farlo, come nel marzo del 1917 non abbiamo potuto abbat- tere Kerenski; abbiamo dovuto aspettare che le organizzazioni so- vietiche si sviluppassero, lavorare in questa direzione invece d’insor- gere immediatamente contro Kerenski. E cosi oggi è forse possibile una guerra offensiva contro rimperialismo mondiale? No, certo. Se fossimo più forti, se domani avessimo molto grano, se avessimo mezzi tecnici ecc., non permetteremmo agli Scheidemann di decimare gli spartachisti, ma li abbatteremmo. Ma ora questa è ima vana illusione, ora il nostro paese da solo non è in grado di abbattere l’imperialismo mondiale, mentre gli altri paesi attraversano un periodo in cui non vi è ancora una maggioranza sovietica; in molti paesi i soviet incominciano appena a sorgere; perciò ci tocca fare concessioni agli imperialisti. Attualmente non possiamo costruire ferrovie su larga scala, e Dio voglia che riusciamo a cavarcela con quelle che esistono. Ci manca il grano, il combustibile, ci mancano le locomotive, milioni di pud di grano giacciono sulla linea Volga-Bugulma e non possiamo trasportarlo. Al Consiglio dei commissari del popolo abbiamo deciso in questi giorni di mandare laggiù dei delegati con ampi poteri per trasportare questo grano. A Pietrogrado e a Mosca il popolo ha fame e là vi sono milioni di pud di grano e non possiamo portarli via perché ci mancano le locomotive, perché non c’è combustibile. E noi diciamo, è meglio pagare un tributo ai capitalisti stranieri, ma costruire ferrovie. Questo tributo non segnerà la nostra fine, mentre se non ri- metteremo in piedi il traffico ferroviario, sarà la fine, perché il po- polo ha fame; per quanto resistente sia l’operaio russo, la resistenza ha un limite. Perciò è nostro dovere prendere dei provvedimenti per migliorare il traffico ferroviario, anche a costo di pagare un tributo al capitalismo. Che ciò sia bene o male, per ora non abbiamo altra SEDUTA DEL SOVIET DI PIETROGRADO 21 scelta. Finché non avremo rovesciato definitivamente il capitalismo mondiale, non sarà pagandogli un tributo che faremo crollare il potere sovietico. Abbiamo pagato dell'oro agli imperialisti tedeschi, le condi- zioni della pace di Brest ci costringevano a farlo, ed ora i paesi del- l'Intesa si prendono quest'oro: il bandito vincitore spoglia il bandito vinto. Ed ora noi diciamo che finché il movimento mondiale del proletariato non avrà riportato la vittoria, noi o combatteremo, o ci riscatteremo da questi banditi pagando un tributo; e non ci vediamo niente di male. Per riscattarci dai banditi tedeschi abbiamo dato loro alcune centinaia di milioni, e intanto abbiamo consolidato il nostro Esercito rosso, e ai banditi tedeschi adesso non è rimasto nulla. Cosi accadrà anche agli altri banditi imperialisti. {Applausi). Il compagno scrive poi di essere stato arrestato per quattro giorni perché era contro la rovina dei contadini medi e chiede che cosa sia un contadino medio e cita una serie d’insurrezioni contadine. Certo, se il compagno è stato arrestato perché protestava contro la rovina dei contadini medi, è stato un errore, e io ritengo, giudicando dal fatto che lo hanno presto liberato, che qualcuno — colui che lo aveva arrestato o un altro rappresentante del potere sovietico — si è reso conto che l'arresto era stato un errore. .Parlerò ora del contadino me- dio. Egli si differenzia dal kulak perché non ricorre allo sfruttamento del lavoro altrui. Il kulak ruba il denaro altrui, l'altrui lavoro. I con- tadini poveri, i semiproletari, sono coloro che subiscono lo sfrutta- mento; il contadino medio, invece, è colui che non sfrutta gli altri, che vive della sua proprietà; che ha pane piu o meno a sufficienza, e che, senza essere un kulak, non è neppure contadino povero. Que- sti contadini oscillano tra noi e i kulak. Alcuni di loro, se hanno for- tuna, possono diventare kulak, e perciò sono attratti dai kulak, ma la maggioranza non può diventarlo. E se i socialisti e i comunisti sa- pranno parlare come si deve al contadino medio, gli dimostreranno che il potere sovietico è piu vantaggioso di ogni altro, perché ogni altro potere opprime e schiaccia il contadino medio. Ma il contadino medio tentenna. Oggi è per noi, domani per un altro potere; una parte è per noi, una parte per la borghesia. E nel programma che approveremo fra qualche giorno ci pronunziamo contro ogni vio- lenza nei confronti del contadino medio. È il nostro partito che lo dichiara. Se vi sono arresti, noi li condanniamo e vi porremo riparo. Nei confronti del kulak siamo per la violenza, nei confronti del con- 22 LENIN tadino medio, contro la violenza. A quest’ultimo diciamo: se tu ti schieri per il potere sovietico noi non vogliamo farti entrare per forza in una comune, non abbiamo mai spinto per forza i contadini nelle comuni e non esiste alcun decreto in questo senso. Se in qualche luogo questo accade, è un abuso per il quale i responsabili saranno desti- tuiti e portati in tribunale. Questa è una questione importante. Il contadino medio sta fra due campi. Ma, compagni, qui la nostra poli- tica è completamente chiara: siamo contro la violenza verso i conta- dini medi, per l’intesa con loro, per le concessioni. Il contadino medio può giungere lentamente al comuniSmo e vi giungerà. Nella più libera repubblica capitalistica il contadino medio è minacciato dal capitale che, in un modo o nell’altro, grava su di lui e lo opprime. Si chiede poi il mio parere sulla flotta del Baltico. Non mi sono occupato di tale questione e non sono in grado di rispondere adesso, ma forse il problema è già stato esaurito' dall’intervento del compagno delegato della flotta. Un’altra domanda è dedicata al burocratismo, alla muffa e al mùschio che prosperano in vari luoghi e contro cui bisogna lottare. È assolutamente giusto. Quando la Rivoluzione d’ottobre ha abbattuto i vecchi burocrati, lo ha potuto fare perché ha creato i soviet. Ha cacciato i vecchi giudici e ha fatto diventare il tribunale un tribunale popolare. Ma creare il tribunale era più facile, non occorreva cono- scere le vecchie leggi, bastava lasciarsi guidare dal sentimento della giustizia. È stato facile liquidare il burocratismo nei tribunali. In altri campi era assai più difficile. Abbiamo cacciato i vecchi burocrati, ma essi sono tornati, si dicono « camunisti » (non riuscendo a dir bene «comunista»), si mettono una coccarda rossa, e cercano un posticino comodo. Che fare? Lottare ancora e ancora contro questo pattume, e se questo pattume riesce a infiltrarsi, ripulire, cacciare, vigilare, e controllare per mezzo degli operai comunisti, dei contadini che cono- sciamo da mesi, da anni. C’era poi un’altra questione; un bigliettino nel quale si dice che è male dare la preferenza ai membri del partito perché in questo modo nel partito s’infiltrano dei mascalzoni. Contro di ciò, compagni, si sta lottando e si lotterà; adesso abbiamo deciso di non ammettere come delegati al congresso del partito coloro che sono iscritti da meno di un anno, e prenderemo provvedimenti simili anche in avvenire. Quando un partito è al potere, airinizio si è costretti a dare la preferenza ai membri del partito: supponiamo che si presen- SEDUTA DEL SOVIET DI PIETROGRADO 23 tino due persone, uno ha la tessera del partito e dice di essere comu- nista, l’altro è senza tessera, e tutti e due sono egualmente scono- sciuti; è naturale che si dia la preferenza al membro del partito, a colui che ha la tessera. Come distinguere la persona entrata nel par- tito per convinzione da quella che vi è entrata per interesse? Bisogna scrivere sulla tessera la data d’iscrizione al partito e non dare la tes- sera finché la persona non abbia superato un periodo di prova, non sia passato per una certa scuola, ecc. Vi è poi una domanda relativa all’imposta rivoluzionaria 5 che, si dice, pesa molto sui contadini medi. A questo proposito vi è stata una seduta speciale, vi erano molte lamentele e per controllarle si è fatto cosi: abbiamo una direzione centrale di statistica dove lavorano i migliori specialisti di statistica della Russia; questi specialisti sono in maggioranza socialisti-rivoluzionari di destra, menscevichi e perfino cadetti; i comunisti, i bolscevichi, sono pochi: essi si occupavano più della lotta contro lo zarismo che di attività pratiche. Questi specialisti, a quanto ho potuto osservare, lavorano in modo soddisfacente, il che non* significa, naturalmente, che non succeda di dover procedere con- tro singole persone. Abbiamo dato loro Pincarico di fare un sondaggio in alcune volost per sapere come i contadini avevano ripartito l’im- posta rivoluzionaria. Le lamentele sono assai numerose; certo, se si considera che da tutta la Russia giungono mille reclami, questo dato diventa trascurabile; per tutta la Russia, per diversi milioni di aziende, mille reclami sono una cifra trascurabile. Ma se al Comitato esecutivo centrale vengono ogni giorno tre persone, abbiamo novanta reclami al mese, e si avrà l’impressione di esserne sommersi. Per controllare abbiamo deciso di fare un sondaggio in alcune volost e abbiamo ricevuto una risposta precisa nel rapporto di Popov che è stata ripetuta alla seduta del Comitato esecutivo centrale in presenza di operai. Questo rapporto ha dimostrato che nella maggior parte dei casi i contadini ripartiscono equamente Pimposta. Il potere sovietico esige che i contadi- ni poveri non paghino nulla, i medi paghino moderatamente e i ricchi molto. Certo, non si può stabilire con esattezza chi è ricco e chi è povero, si fanno degli errori, ma nella maggioranza dei casi i contadini ripartiscono giustamente Pimposta. È cosi che bisogna fare. [Applausi.) Certo, ci sono stati degli errori. Per esempio, un piccolo impiegato delle ferrovie si è lamentato per essere stato tassato troppo dal comi- tato di caseggiato. Lo ha comunicato al potere sovietico. Allora ci è 24 LENIN stato detto: fate una perquisizione a casa sua, è uno speculatore. A casa sua sono stati scoperti diversi sacchi contenenti un milione di banconote di Kerenski, Finché non avremo trovato il modo di sosti- tuire tutta la vecchia carta-moneta, queste cose accadranno. Quando la sostituiremo con la nuova, ogni speculatore verrà a galla. Tutti do- vranno cambiare i loro soldi. ( Applausi fragorosi .) Se presenterai una quantità modesta di denaro, quanto occorre ad un operaio, ti da- remo un rublo per un rublo; se presenterai mille o duemila rubli, riceverai un rublo per un rublo. Mà se ne presenterai di più, te ne daremo una parte in contanti, e ii resto verrà registrato su un li- bretto, aspetterai. ( Applausi ) Per far questo occorre preparare i nuovi biglietti. Di vecchi, ne abbiamo per circa sessanta miliardi. Per fare il cambio non ne occorre una tale quantità, ma gli specialisti ritengono che occorrano non meno di venti miliardi di nuovi biglietti. Ne abbiamo già diciassette miliardi. {Applausi.) Anche al Consiglio dei commissari del popolo è stata posta la questione di portare rapida- mente a termine la preparazione di questo provvedimento che sarà un colpo per gli speculatori. Esso smaschererà coloro che nascondono le banconote di Kerenski. La sua attuazione richiede però una grande organizzazione, non è un provvedimento semplice. Si chiede poi come vanno le semine e si osserva che la situazione è difficile. £ vero, certamente. È stato costituito un Comitato per i terreni seminativi 6 . Qui, al Commissariato dell’agricoltura è stato isti- tuito per decreto del potere sovietico un comitato operaio 7 che sarà organizzato d’accordo coi sindacati. Sarà suo compito vegliare affinché le terre non restino abbandonate, e dare agli operai quelle abbandonate dai proprietari fondiari. Vi è una ordinanza secondo la quale se un contadino non occupa la terra, lo Stato cercherà di utilizzarla. Certo, le sementi non bastano. Bisogna che i contadini poveri smascherino i kulak che nascondono le eccedenze di grano e non hanno dato nulla per le semine. Per il kulak è importante nascondere queste eccedenze perché nei mesi di carestia egli potrà ricevere mille rubli per ogni pud; e che gli importa se il grano non sarà seminato e ciò danneggerà migliaia di operai? È un nemico del popolo, e bisogna smascherarlo. Poi c’è la questione dei salari: allo specialista date tremila rubli, egli se ne va da un posto all’altro ed è difficile acchiapparlo. Degli spe- cialisti dico che si tratta di gente che possiede la scienza e la tecnica borghesi in una misura che l’immensa maggioranza degli operai e dei SEDUTA DEL SOVIET DI PIETROGRADO 25 contadini non possiede; questi specialisti ci servono, e noi diciamo che attualmente non possiamo istituire una piena eguaglianza dei salari, anzi siamo propensi a pagare anche piu di tremila rubli. Se anche spenderemo qualche milione all’anno, non pagheremo caro se con l’aiuto degli specialisti impareremo a lavorare bene. Non vediamo altro mezzo per organizzare le cose in modo che essi non lavorino per forza, e finché gli specialisti sono pochi siamo costretti a non negare loro un alto stipendio. Recentemente abbiamo avuto una conversazione a questo pro- posito col commissario al lavoro Schmidt, che è d’accordo con la nostra politica e dice che prima, sotto il capitalismo, il salario di un manovale era di venticinque rubli al mese e quello di un bravo specialista almeno di cinquecento, con una differenza di uno a venti. Adesso il salario più basso è di seicento rubli, mentre gli specialisti ne ricevono tremila, cioè una differenza di uno a cinque. In tal modo, abbiamo fatto pa- recchio per avvicinare gli stipendi più bassi ai più alti, e continueremo a fare ciò che abbiamo iniziato. Attualmente non possiamo pareggiare i salari, e finché ci saranno pochi specialisti non rifiuteremo loro un au- mento, riteniamo che sia meglio spendere un milione o un miliardo in più alPanno e utilizzare tutti gli specialisti che ci sono: ciò che essi insegneranno agli operai e ai contadini varrà più di questo miliardo. Segue una domanda relativa alle comuni agricole; è possibile man- tenervi gli ex grandi proprietari fondiari? Dipende dal proprietario. Non c’è un decreto che vieti Paccesso dei grandi proprietari fondiari alle comuni. Certo, il grande proprietario fondiario suscita diffidenza perché per secoli ha oppresso i contadini e questi lo odiano, ma se vi sono dei proprietari che i contadini conoscono come gente per bene, allora non soltanto è possibile, ma è doveroso ammetterli. Dobbiamo utilizzare questi specialisti, essi sono abituati a organizzare grandi azien- de e possono insegnare molte cose ai contadini e agli operai agricoli. Si chiede ancora: bisogna ammettere i contadini medi alla colti- vazione collettiva? Si, certo. Negli ultimi tempi, interi distretti hanno deciso di passare alla forma della coltivazione collettiva; non so fino a che punto lo si farà, ma Pimportante è di farvi partecipare precisamente i contadini medi, perché i contadini poveri sono d’accordo con noi, mentre i contadini medi non sempre lo sono e dobbiamo' attirarli a noi. Siamo per la violenza contro i capitalisti, contro i grandi proprietari fondiari; e non solo per la violenza, ma per l’espropriazione totale di ciò che hanno ammassato; siamo per la violenza contro i kulak, ma 26 LENIN non per la loro espropriazione totale, perché essi valorizzano la terra e una parte delle loro ricchezze è stata accumulata col loro lavoro. Dob- biamo capire bene questa differenza. Per il grande proprietario fon- diario e per il capitalista, espropriazione completa; al kulak invece non si può togliere tutta la proprietà, non ce un simile decreto. Quanto al contadino medio, vogliamo convincerlo, attirarlo con l’esempio, con la persuasione. Ecco il nostro programma. Se in qualche luogo non si attua questo programma, si tratta di una violazione dei decreti del potere sovietico: coloro che lo fanno, o non vogliono applicare i nostri decreti, o non li hanno compresi. C’è poi una domanda su ciò che è stato fatto per spronare i ferro- vieri; si chiedono anche notizie suH’interruzione del traffico ferrovia- rio. Questo problema è stato discusso assai seriamente nel Consiglio dei commissari del popolo e si sono presi molti provvedimenti. È un pro- blema fondamentale. Sulla linea Volga-Bugulma ci sono milioni di pud di grano che possono deteriorarsi perché il grano resta spesso sulla neve; sta per incominciare il disgelo e il grano andrà perduto. Già adesso è molto umido (fino al 20% di umidità). Bisogna portailo via, se no sarà perduto. Il fatto importante è che i ferrovieri stessi hanno un gran bisogno di grano. Perciò bisogna interrompere il movi- mento viaggiatori dal 18 marzo al 10 aprile. Cosi hanno calcolato i nostri compagni del Commissariato delle comunicazioni. Questa inter- ruzione del movimento viaggiatori può darci tre milioni e mezzo di pud di grano, che possono essere trasportati anche con le deboli lo- comotive dei treni per viaggiatori. Se questi treni trasportassero traf- ficanti di borsa nera, essi porterebbero al massimo mezzo milione di pud di grano. Coloro che si lamentano della interruzione del movi- mento dei viaggiatori hanno torto. I trafficanti di borsa nera nel migliore dei casi porterebbero mezzo milione di pud, mentre noi, se riempiremo interamente i vagoni di grano, se i ferrovieri ci aiute- ranno, ne porteremo tre milioni e mezzo, migliorando in tal mo- do l’ approvvigionamento. Ecco perché abbiamo detto e diciamo che tutti i compagni piu evoluti e più organizzati debbono passare al lavoro militare o aH’approvvigionamento. Dateci uomini e ancora uo- mini, per quanto sia difficile. Sappiamo benissimo che Pietrogrado ha dato alla Russia più di tutti, più di ogni altra città, perché a Pietro- grado ci sono gli operai più organizzati, più avanzati. Ma questo è un SEDUTA DEL SOVIET DI PIETROGRÀDO 21 semestre difficile. Il primo semestre del 1918 ci ha dato ventisette mi- lioni di pud, nel secondo ne abbiamo avuti sessantasette milioni. Adesso siamo entrati in un semestre di carestia. Marzo, aprile, maggio e giugno saranno mesi difficili. Per scongiurare questo pericolo dobbiamo tendere tutte le nostre forze. In ogni fabbrica, in ogni circolo bisogna porsi la domanda: non ci sono uomini che si possano trasferire al lavoro in un’officina ferroviaria, sostituendoli con donne? In ogni circolo, in ogni gruppo, in ogni organizzazione bisogna pensarci, bisogna fornire nuovi operai, e allora verremo a capo di questo duro semestre. {Applausi.) Pubblicato per la prima volta nel 1926. PRIMO CONGRESSO DEGLI OPERAI AGRICOLI DEL GOVERNATORATO DI PIETROGRADO 8 13 marzo 1919 1 DISCORSO SULL’ORGANIZZAZIONE DEL SINDACATO DEGLI OPERAI AGRICOLI Compagni, sono assai lieto di poter salutare a nome del Consiglio dei commissari del popolo il congresso degli operai agricoli che ha lo scopo di fondare il sindacato degli operai agricoli. Compagni, al Comitato centrale del partito e al Consiglio dei sin- dacati di tutta la Russia abbiamo più volte tenuto riunioni con il Commissario del popolo al lavoro, compagno Schmidt, e con i mem- bri del Consiglio dei sindacati di tutta la Russia e con altri, sul modo di organizzare gli operai agricoli. In nessun posto al mondo, neppure nei paesi capitalistici più avanzati, in cui la storia della formazione dei sindacati risale non solo a decine ma a centinaia di anni fa, gli operai agricoli sono riusciti a creare un sindacato più o meno durevole. Sapete quale ostacolo costituiscano le condizioni di vita dei contadini, degli operai agricoli, quale enorme ostacolo rappresenti il fatto che gli operai agricoli sono dispersi, isolati, e perciò per loro è infinitamente più difficile unirsi in un sindacato, che per gli operai della città. Nello stesso tempo il potere operaio e contadino si è accinto, in tutti i campi, all’edificazione di una società comunista. Esso si è posto il compito non solo di spazzar via definitivamente i grandi proprietari fondiari e Ì capitalisti, — questo, lo abbiamo già quasi fatto, — ma di costruire una società nella quale non vi sia più posto né per il grande proprietario fondiario né per il capitalista. Più volte è accaduto, nel corso delle rivoluzioni, che si riuscisse a spazzar via i proprietari fondiari e i capitalisti, ma i kulak, i contadini ricchi, gli speculatori I CONGRESSO DEGLI OPERAI AGRICOLI 29 generavano in breve tempo nuovi capitalisti che, spesso, opprimevano gli operai ancor piu dei vecchi. Ecco il compito che dobbiamo risolvere: fare in modo che non solo i vecchi capitalisti siano spazzati via, ma che non possano sorgerne dei nuovi, che il potere sia consolidato defini- tivamente, completamente ed esclusivamente a vantaggio di chi lavora, di chi vive del suo lavoro. Come riuscirci? C’è una sola via, la via deirorganizzazione degli operai della campagna, dei proletari; quest’or- ganizzazione deve essere permanente; soltanto in un’organizzazione di massa permanente gli operai agricoli potranno imparare a dirigere loro stessi grandi aziende agricole, perché, se non impareranno da soli, — come tutti sanno da tempo dall’Internazionale, — nessuno li potrà aiutare. Tutto ciò che può fare il potere del soviet è di aiutare in ogni modo quest’organizzazione. Le organizzazioni capitalistiche han- no sempre ostacolato questo lavoro con tutte le loro forze, con tutti i mezzi legali, con vari sotterfugi, con astuzie poliziesche, con cavilli, senza alcun scrupolo. Nel paese europeo piu avanzato, la Germania, finora non vi è libertà di associazione per gli operai agricoli; finora è in vigore la legge sulla servitù e gli operai agricoli continuano a vivere in condizioni servili. Ancora recentemente ho avuto occasione di parlare con una personalità inglese venuta in Russia durante la guerra. Quest’uomo, dapprima sostenitore del capitalismo, durante la nostra rivoluzione ha compiuto un’evoluzione eccellente, prima verso il men- scevismo, ed ora fino al bolscevismo. Quando mi è capitato di parlare con lui delle condizioni di lavoro in Inghilterra (e in Inghilterra non ci sono contadini, ma soltanto grandi capitalisti e operai agricoli), egli mi ha detto: « Il quadro secondo me non è roseo, perché i nostri operai agricoli vivono nelle condizioni del feudalesimo, non in quelle del capitalismo; tanto sono abbrutiti, depressi, schiacciati dal lavoro, tanto è loro difficile unirsi ». E questo nel paese più progredito, nel quale già cinquantanni fa un operaio agricolo aveva tentato di creare un’associa- zione di operai agricoli. Ecco qual è il progresso nei liberi paesi capi- talistici! Da noi il potere statale ha deciso fin dall’inizio di favorire l’organizzazione degli operai agricoli e degli altri operai. Dobbiamo dare il massimo aiuto. Mi è particolarmente gradito vedere, qui a Pietrogrado, dove ci sono tanti magnifici edifici, palazzi, che avevano una destinazione assolutamente sbagliata, che i compagni hanno agito bene, requisendo questi palazzi e trasformandoli in luoghi di riunione, di congressi e di conferenze proprio per quelle classi della popolazione 30 LENIN che avevano lavorato per costruire questi palazzi e li avevano creati nel corso dei secoli, ma non vi si potevano avvicinare a meno di una versta! {Applausi. ) Compagni, ora che quasi tutti i palazzi di Pietro- grado sono stati trasformati in luoghi di riunione e in case dei sinda- cati per gli operai della città in primo luogo, ma anche per gli operai della campagna, per la parte lavoratrice della popolazione agricola, penso che abbiamo motivo di ritenere che questo sia un primo passo verso la possibilità di organizzarsi, per la parte lavoratrice, sfruttata della popolazione. Ripeto, il potere sovietico farà subito e imman- cabilmente tutto ciò che è nelle sue forze per aiutare questa orga- nizzazione a trasformare la vita delle campagne, affinché non vi sia più posto per i kulak, affinché non possa piu esservi speculazione, affin- ché il fraterno lavoro comune diventi la regola generale nelle campagne. Ecco l’obiettivo che noi tutti ci poniamo. Voi comprendete benissimo quanto sia difficile questo compito; non si possono trasformare le condi- zioni di vita nelle campagne né coi decreti, né con le leggi, né con le ordinanze. Con i decreti e con le ordinanze abbiamo potuto sbaraz- zarci dei grandi proprietari fondiari, dei capitalisti, abbiamo imbrigliato i kulak, ma se i milioni di operai agricoli non avranno una loro orga- nizzazione, se, in quest’organizzazione, essi non impareranno a poco a poco a risolvere da soli tutti i loro affari, non soltanto politici, ma anche economici, — e quelli economici sono i più importanti, — se non impa- reranno a dirigere le grandi aziende, se, ora che per queste aziende ci sono condizioni migliori che per le altre, non le trasformeranno da modelli di sfruttamento, dove prima si spremeva sangue e sudore dagli operai, in modelli di economia cooperativa, la colpa sarà dei la- voratori stessi. Restaurare le vecchie aziende è ormai impossibile; otte- nere che per cento desiatine (prendendo dieci piccole aziende di dieci desiatine) vi siano dieci buoni cavalli, dieci buoni aratri, è impossi- bile. Non c’è rimasta una simile quantità né di cavalli, né di aratri. Ma se in una grande azienda si lavora su quelle stesse cento desiatine sulla base della coltivazione cooperativa o sociale, o di comuni agricole formatesi liberamente, allora forse, per quelle cento desiatine non occor- reranno dieci cavalli e dieci aratri, ma tre cavalli e tre aratri, Cosi si può risparmiare il lavoro umano e si possono ottenere risultati mi- gliori. Ma c’è soltanto una via per giungervi, la via dell’unione de- gli operai della città e della campagna. Gli operai della città hanno preso il potere; tutto quanto di meglio è stato creato nella città, come I CONGRESSO DEGLI OPERAI AGRICOLI 31 palazzi, locali, cultura, gli operai della città Io portano nelle campagne, sapendo che il loro potere non può essere stabile se non vi sarà una salda unione con gli operai agricoli, Soltanto tale unione, alla quale voi date qui inizio, può portare a una trasformazione durevole, In questa unione potranno entrare liberamente anche i contadini medi. Certo, ci vorrà molto lavoro; non si può far nulla di colpo. Se il vostro sin- dacato nascerà, si svilupperà, crescerà, si estenderà a tutta la Russia, se sarà strettamente unito ai sindacati .degli operai della città, allora, con gli sforzi congiunti di milioni di lavoratori organizzati della città e della campagna, risolveremo questo problema e usciremo dalla rovina in cui una guerra di quattro anni ha gettato noi e tutti i popoli. Ne usciremo, ma non per tornare alla vecchia economia individuale, disor- dinata; tale economia condanna la gente all’ignoranza, alla miseria, alla disgregazione. Ne usciremo per andare verso la grande azienda collettiva, cooperativa. Allora tutte le conquiste della scienza umana, della tecnica umana, tutti i perfezionamenti, tutte le cognizioni degli specialisti, tutto dovrà essere messo al servizio degli operai uniti. Gli operai debbono diventare padroni di tutto, debbono imparare essi stessi a dirigere e a dirigere coloro che finora (come per esempio molti agronomi) agivano, come commessi dei capitalisti, contro gli operai. Questo compito non è facile, ma nelle città si è fatto molto per venirne a capo. Voi fate ora i primi passi per risolvere questo problema nelle campagne. Mi permetto di terminare porgendovi ancora una volta il saluto del Consiglio dei commissari del popolo ed esprimendo la ferma convinzione che il vostro sindacato, al quale qui date inizio, si trasformerà in un prossimo futuro in un unico sindacato degli operai agricoli di tutta la Russia. Esso sarà un reale appoggio per il potere sovietico nelle campagne, sarà un sostegno, un esercito d’avanguardia per la trasformazione di tutta la vita rurale, della vita nelle campagne, in modo che nessuno sfrutta- mento, nessun dominio dei ricchi sui poveri possa rinascere sul terreno del lavoro collettivo, unito, cooperativo. È questo il mio augurio, com- pagni! {Applausi.) Un breve resoconto fu pubblicato nella Sievernaia Kommuna, n. 58, il 14 marzo 1919. Pubblicato integralmente per la prima volta nella rivista Rabotnik Zemli i Liesa , n. 4-5, 1923. 2 RISPOSTE ALLE DOMANDE SCRITTE Sono stati consegnati qui due bigliettini in cui si chiede se è permesso, nelle aziende agricole sovietiche, tenere privatamente be- stiame minuto e pollame, e coltivare un orto privato. Ho chiesto ora il testo della legge che è stata recentemente discussa al Consi- glio dei commissari del popolo e ratificata dal Comitato esecutivo centrale. Questa legge s’intitola: Decisioni sulla regolamentazione so- cialista del suolo e sulle misure per il passaggio alVeconomia agricola socialista. Non so se qui ci sia un testo di questa legge. Io ho parte- cipato alla sua elaborazione, sono stato relatore nella commissione creata dal Comitato esecutivo centrale. Se la memoria non mi tradisce, — abbiamo emanato molte leggi ed è impossibile ricordarle tutte senza averne il testo, — in questa legge vi è un articolo che proibisce ai lavo- ratori delle aziende sovietiche di tenere bestiame privato e di possedere orti privati. Pregherei di trovare il testo della legge e di informarsi. {Si porge a Lenin il testo della legge. ) Ecco il testo dell'articolo 46 : « A nessun operaio e impiegato delle aziende collettive è permesso tenere bestiame e pollame proprio, né coltivare orti propri ». È chiaro dunque che non tutti eravate al corrente di questa legge. Come mi ha detto un compagno della presidenza, anche nel corso del vostro congresso ci sono state grandi discussioni appunto su tale questione. Questo pro- prio non lo capisco. Mi hanno dato or ora il numero delle Izvestia nel quale questa legge — Decisioni sulla regolamentazione socialista del suolo e sulle misure per il passaggio alVeconomia agricola socialista — è stata pubblicata. Perché questo articolo è stato incluso nella legge? Per assicurare il lavoro collettivo in una azienda collettiva. Se invece ci si rimette a coltivare orti privati, a tenere bestiame, pollame privato ecc., allora si torna indietro alla piccola azienda che è esistita finora. I CONGRESSO DEGLI OPERAI AGRICOLI 33 A che serve allora darsi tanto da fare? Vale la pena di edificare l’eco- nomia sovietica? Certo, se discutete la questione conoscendo bene le condizioni di lavoro nel governatorato di Pietrogrado — mi è stato detto che il vostro congresso riunisce soltanto rappresentanti del gover- natorato di Pietrogrado — e se, in base all’esperienza di lavoro in questo governatorato che voi conoscete bene, giungete alla conclusione che malgrado tutte le ragioni che parlano a favore dell’azienda collet- tiva, bisogna fare, mettiamo, un’eccezione temporanea per il gover- natorato di Pietrogrado, allora riesamineremo la questione. Dovete però cercare di dimostrarci che quest’eccezione è assolutamente neces- saria, che nel governatorato di Pietrogrado vi sono particolarità che non esistono negli altri luoghi, altrimenti anche gli altri potrebbero chiedere la stessa cosa. Occorre poi chiarire che questo provvedimento, che voi raccomandate al governo o che esigete dal governo, lo considerate un provvedimento provvisorio, perché non si può mettere in discussione il fatto che le aziende sovietiche degne di questo nome devono essere fondate sul lavoro collettivo. Il lavoro del passato, quando il contadino lavorava sul suo piccolo appezzamento di terra, nella sua piccola azienda, col suo bestiame, il suo pollame, il suo erpice, il suo aratro ecc., lo abbiamo visto per molti anni, per molti secoli; sappiamo benissimo che, tanto in Russia quanto negli altri paesi, il contadino non può ricavarne che ignoranza, miseria, dominio dei ricchi sui poveri, perché se ognuno fa per sé non si possono assolvere i compiti che la nostra agricoltura si pone. Si può ottenere soltanto l’antica miseria: uno su cento, o forse cinque su cento potranno uscirne diventando relativamente ric- chi, mentre gli altri vivranno nella miseria. Ecco perché il nostro obiettivo è ora il passaggio alla coltivazione in comune della terra; il passaggio alla grande azienda collettiva. Ma da parte del potere sovie- tico non può esservi nessuna costrizione; nessuna legge obbliga a far questo. La comune agricola si fonda volontariamente, il passaggio alla coltivazione in comune della terra può essere soltanto volontario; in questo campo non può esservi nessuna costrizione da parte del governo operaio e contadino, e la legge non lo permette» Se qualcuno di voi ha notato simili costrizioni, deve sapere che si tratta di un abuso, di una violazione della legge che noi cerchiamo con tutte le forze di correg- gere e che correggeremo. Gli operai agricoli organizzati debbono esser- ci di aiuto; soltanto con la loro organizzazione si riuscirà a far cessare tali abusi. Ma le aziende sovietiche sono un’altra cosa: sono aziende 34 LENIN che non sono mai state nelle mani di singoli piccoli proprietari; il potere sovietico le prende e dichiara: vi manderemo gli agronomi che ci sono, daremo a queste aziende tutti gli strumenti agricoli che ci sono rimasti. Se riusciremo a far finire la guerra e a concludere la pace con l’America, ne riceveremo strumenti perfezionati e li daremo alle aziende sovietiche affinché nelle grandi aziende, col lavoro collettivo, si produca meglio., più a buon mercato e più di prima. L’azienda sovietica si pone il compito d’insegnare a poco a poco alla popolazione rurale a edificare essa stessa un nuovo ordine, un regime di lavoro collettivo nel qua- le non possa più formarsi un gruppetto di ricchi che opprimano la massa dei poveri come è sempre accaduto, non solo nelle nostre cam- pagne, ma anche nelle repubbliche più libere. Sapete benissimo che nelle nostre campagne sono rimasti molti speculatori contadini che durante la guerra hanno accumulato centinaia di migliaia di rubli e che conser- vano queste banconote di Kerenski per metterle poi di nuovo in circola- zione e opprimere il contadino povero. Quali mezzi di lotta possono esser- vi in questo caso? Nessuno, fuorché il passaggio all’azienda collettiva. La comune agricola deve essere fondata liberamente, senza alcuna costri- zione; lo stesso si dica della coltivazione collettiva della terra. L’azienda sovietica possiede la terra come proprietà di tutto il popolo; voi sapete che ogni proprietà della terra è stata abolita, su richiesta deU’immensa maggioranza dei contadini, il 26 ottobre 1917, la prima notte dopo la nostra rivoluzione sovietica. Questa terra di tutto il popolo, che viene messa a disposizione delle grandi aziende, si chiama azienda sovietica. Nelle aziende sovietiche si può forse sviluppare di nuovo la vecchia piccola azienda agricola? Penso che siate tutti d’accordo che questo non può, non deve accadere. Se le condizioni pratiche dell’economia del governatorato di Pietrogrado, che voi conoscete bene e di cui noi, naturalmente, non abbiamo potuto tener conto, che noi potevamo anche non conoscere, sono tali da indurvi a concludere, dopo un esame attento e approfondito della questione, che per la provincia di Pietrogrado si può, per un certo tempo, fare un’eccezione, cercate allora, per farci mu- tare la nostra decisione, di provarci nel modo più concreto possibile questa necessità; ed io posso assicurarvi che, in seguito alla decisione del vostro congresso, noi riesamineremo ancora una volta questo pro- blema al Consiglio dei commissari del popolo e poi al Comitato esecu- tivo centrale. Discuteremo se, quanto airarticolo 46, che proibisce di coltivare orti in proprio e di allevare piccolo bestiame, pollame, ecc., I CONGRESSO DEGLI OPERAI AGRICOLI 35 non convenga fare un’eccezione per il governatorato di Pietrogrado, per un breve periodo e a determinate condizioni. Anche se diremo che biso- gna passare all'azienda collettiva, anche se tutto il lavoro sarà diretto in questo senso, non rifiuteremo tuttavia di tener conto del parere di per- sone che conoscono bene i problemi pratici e faremo questa o quella eccezione, poiché talvolta fare delle eccezioni è necessario. Noi speriamo che andremo avanti insieme in questo lavoro, in modo da riuscire a gettare le fondamenta di un'agricoltura veramente socialista. {Applausi.) Pubblicato per la prima volta nel 1926. DISCORSO PRONUNZIATO IN UN COMIZIO ALLA CASA DEL POPOLO DI PIETROGRADO 13 marzo 1919 Resoconto giornalistico Il problema principale che interessa la maggior parte di voi è la situazione dell'approvvigionamento e ciò che ha fatto in questo campo il Consiglio dei commissari del popolo. Mi permetterò di esporvi brevemente i provvedimenti che sono stati presi. Siamo entrati in un semestre difficile, di carestia, nel quale tutti i nostri nemici esterni ed interni, compresi i socialisti-rivoluzionari di destra e di sinistra e i menscevichi, sapendo in quali difficoltà si trovi la popolazione, cer- cano di puntare su quest'elemento, cercano di rovesciare il potere dei soviet, cioè di restituire, consapevolmente o inconsapevolmente, il po- tere ai grandi proprietari fondiari e ai capitalisti. Siamo entrati in un periodo in cui il grano consegnato supera le possibilità di traspor- tarlo, e T instaurazione del potere sovietico in Ucraina ci permette di prevedere che nel prossimo semestre l 5 approvvigionamento andrà me- glio che Tanno scorso, benché ci attenda un semestre ancora piu dif- ficile di quello appena trascorso. Un grande vantaggio per noi è che una gran parte delle masse contadine sia passata dalla parte del potere sovietico. Là dove sono passati i cecoslovacchi 9 , oltre il Volga e nel governatorato di Ufà, lo stato d'animo dei contadini, anche di quelli agiati, è radicalmente mutato a favore del potere sovietico perché i cecoslovacchi hanno impartito loro un duro, chiarissimo insegnamento. Appena qualche giorno fa è venuta da me una delegazione di conta- dini di cinque volost del distretto di Sarapul, proprio di quelle volost che negli ultimi tempi sono riuscite a spedire quarantamila pud di grano a Mosca e a Pietrogrado. Quando ho chiesto a questa delega- DISCORSO ALLA CASA DEL POPOLO 37 zione quale fosse {'atteggiamento dei contadini nei confronti del potere sovietico mi è stato risposto: « Si, i cecoslovacchi ci hanno dato una lezione ed ora nessuno ci allontanerà dal potere sovietico », Ma anche in altri luoghi, come negli Urali occidentali, dove vi sono pure im- mense riserve di grano, i contadini sono ora per il potere sovietico. C'è stato un tempo in cui, sotto l’influenza dei menscevichi e dei so- cialisti-rivoluzionari di sinistra (come è noto il socialista-rivoluzionario di sinistra Muraviov per poco non ha aperto il nostro fronte ai ceco- slovacchi), i contadini di quei luoghi erano contrari ai soviet. Ma gli eccessi degli ufficiali dell'esercito cecoslovacco, la crudeltà nei con- fronti della popolazione, la tendenza a restaurare pienamente il regime dello zar e dei grandi proprietari fondiari, tutto questo è stato un inse- gnamento. Attualmente in tutti questi governatorati il lavoro sovietico procede con uno slancio di cui qui non si ha neppure l'idea, perché nei grandi centri il popolo è estenuato dalla lunga carestia, mentre laggiù dove ci sono scorte di grano relativamente grandi, le esigenze dello stomaco passano in secondo piano. Passo ai particolari. Nel governatorato di Ufà le scorte di grano raggiungono i sessanta milioni di pud e l'ammasso del grano procede rapidamente. Ma abbiamo avuto enormi difficoltà per il trasporto. Sulle linee ferroviarie Kazan-Sarapul e Volga-Bugulma ci sono dieci milioni di pud di grano già ammassato. Ma non possiamo portarlo via perché ci mancano le locomotive, i vagoni, il combustibile e le locomo- tive sono in cattivissimo stato. Per elevare la capacità di trasporto delle merci delle nostre ferrovie, siamo dovuti ricorrere a una misura assai radicale: dal 18 marzo al 10 aprile in tutta la Russia sarà sospeso il movimento dei treni viaggiatori. Prima di giungere a questo provve- dimento ne abbiamo discusso tre volte con i compagni ferrovieri e con eminenti specialisti di questioni ferroviarie. Solo dopo aver esa- minato a fondo questo provvedimento e dopo aver valutato preventi- vamente i suoi possibili risultati, lo abbiamo adottato. I calcoli effet- tuati hanno dimostrato che la sospensione del movimento viaggiatori libererà duecentoventi locomotive che, sebbene poco potenti, potranno tuttavia trasportare re milioni e mezzo di pud di grano. Se invece consideriamo i dati sul grano trasportato dai trafficanti di borsa nera — vi sono state settimane in cui siamo stati costretti ad autorizzare il trasporto libero — rileviamo che in queste tre settimane costoro potrebbero trasportare non più di duecentomila pud. Questo calcolo ha 38 LENIN tagliato la testa al toro. Certo, ci saranno dei kulak, degli speculatori e perfino degli operai che getteranno urla e diranno che si toglie loro l’ultima possibilità di andarsi a prendere anche un solo pud di grano; sappiamo che dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi approfitte- ranno della fame per aizzare la popolazione contro il potere sovietico. Ma in questo caso, come in tutti i casi difficili, contiamo soltanto sulla coscienza delle masse operaie avanzate. È meglio affrontare pri- vazioni, è meglio affrontare l’agitazione ostile dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi, ma guardare in faccia il pericolo e dichiarare aper- tamente: «Non usciremo dalle difficoltà deirapprovvigionamento se non prenderemo i provvedimenti piu energici, se non faremo ogni sfor- zo per garantire il trasporto del grano ». In molti luoghi il grano destinato al trasporto è depositato vicino alle stazioni, per terra, e col disgelo primaverile sarà portato via dall’acqua. Bisogna affrettarsi a caricarlo e a trasportarlo. Prendendo questo energico provvedimento, abbiamo considerato tutte le circostanze. Sappiamo che prima di Pasqua aumentano gli operai che utilizzano la ferrovia, e perciò per Pasqua il traffico sarà ristabilito. Sappiamo che i treni dei sobborghi sono assolu- tamente necessari agli operai, e perciò il loro movimento non sarà inter- rotto. Abbiamo mandato sul posto i compagni più energici e più esperti; a Ufà è stato inviato il vicecommissario del popolo per l’approvvi- gionamento, compagno Briukhanov, che conosce benissimo quel go- vernatorato. Lo aiuteranno i compagni dell’amministrazione militare, poiché poco lontano di If si trova il fronte. Anche sull’altra linea fer- roviaria, la Kazan-Sarapul, sono stati distaccati compagni delPammi- nistrazione militare. Essi hanno il compito di mobilitare i contadini locali e di compiere ogni sforzo per portar via il grano, almeno fino a Kazan, il che salverà il grano e ci assicurerà il suo trasporto verso le capitali e le località non agricole. È su questo che fondiamo la no- stra speranza di vincere la fame. I calcoli dei menscevichi e dei so- cialisti-rivoluzionari di speculare sulla sventura del popolo saranno an- cora una volta delusi. A differenza dell’anno scorso, quando i cecoslovacchi che ci attac- cavano ci avevano tolto le zone più ricche di grano, oggi abbiamo due nuove fonti di grano, sulle quali l’autunno scorso, quando prepa- ravano il loro piano di rifornimento per tutto l’anno, i nostri servizi annonari non potevano contare: l’Ucraina e la regione del Don. L’au- tunno scorso l’Ucraina era ancora sotto il dominio tedesco. Grimpe- DISCORSO ALLA CASA DEL POPOLO 39 rialisti tedeschi avevano promesso di fornire alla Germania sessanta milioni di pud di grano ucraino e, grazie a questi viveri, di distrug- gere in Germania il germe del bolscevismo fra le masse popolari. Ma in pratica le cose sono andate in tutt’altro modo: invece di sessanta milioni di pud di grano, i tedeschi ne hanno portati via soltanto nove milioni. Ma insieme a questo grano essi hanno importato in Germania il bolscevismo, che vi ha dato frutti cosi copiosi. Attualmente in Germania il bolscevismo si batte per le strade di Berlino contro i socialtraditori che inondano di sangue operaio la città. Sappiamo che i socialtraditori tedeschi saranno battuti, come da noi è stato battuto Kerenski. {Applausi.) Ma oltre all’Ucraina abbiamo anche la regione del Don. I cosacchi di Krasnov sono potuti restarvi grazie all’oro straniero: tedesco pri- ma, poi anglo-francese. Ma ciò non li ha aiutati. La nostra vittoria sui cosacchi è assicurata. Attualmente abbiamo nelle nostre mani la linea Tsaritsyn-Likhaia, che congiunge le riserve di grano alle riserve di carbone. Sicché abbiamo due fonti d'approvvigionamento: l’Ucraina e il Don. In Ucraina abbiamo a che fare con una repubblica sovietica, una repubblica sorella, con la quale abbiamo i migliori rapporti e che risolve la questione deU’aiuto da darci, non con Io spirito di un nego- ziante o di uno speculatore, ma facendosi guidare unicamente dall’ardente desiderio di aiutare il Nord affamato. Il primo dovere socialista di ogni cittadino dell’Ucraina è di aiutare il Nord. Ala anche in Ucraina vi sono immense difficoltà. Il Consiglio dei commissari del popolo ha convocato più volte il compagno Rakovski per intavolare trattative e ha mandato in Ucraina dei compagni deH’ambiente militare. Risulta che dal punto di vista organizzativo in Ucraina la situazione è ancora peggiore che da noi subito dopo la Rivoluzione d’ottobre. Allora ave- vamo ereditato da Kerenski un certo apparato annonario. Natural- mente i funzionari dell’approvvigionamento facevano il sabotaggio e non venivano a Smolny per lavorare con noi, ma per trafficare. Ma abbiamo spezzato la loro resistenza e in conclusione li abbiamo tut- tavia costretti a lavorare. In Ucraina manca completamente un apparato annonario. I tedeschi non vi hanno fatto altro che rapine; finché la forza era dalla loro parte hanno depredato, e, s’intende, dopo di loro non è rimasta nessuna organizzazione, nessun apparato. In Ucraina non ci sono persone che si occupino dell’approvvigiona- mento, né vi sono grandi centri operai dai quali si potrebbero attingere 40 LENIN queste persone. Il bacino di Donez è stato distrutto a tal punto, che non possiamo neppure averne un’idea. Ancor oggi, nel centro del ba- cino del Donez, vagano bande di cosacchi che spogliano spietatamente la popolazione locale. Da tutte le parti deirUcraina si leva un grido: dateci degli operai! Abbiamo formato in Ucraina un ufficio per l’ap- provvigionamento composto di rappresentanti del movimento sindacale. Vi trasferiamo i più esperti, funzionari deirapprovvigionamento dei governatorati di Voronez e di Tambov e facciamo partecipare a que- ste organizzazioni i proletari più evoluti della città. Ciò nonostante in Ucraina non c’è grano ammassato, non ci sono organi d’ammasso, i contadini si dimostrano diffidenti verso la carta-moneta, e noi non possiamo dare merci in cambio del grano. Malgrado tutte queste condi- zioni sfavorevoli, abbiamo incaricato i compagni ucraini di portare in Russia per il 1° giugno 1919 cinquanta milioni di pud di grano. Penso che questo obiettivo non sarà raggiunto, ma se anche otter- remo soltanto la metà o i due terzi di questa cifra, sarà già una buona cosa. Lenin dice poi che le nostre vittorie sul Don sono divenute possibili soltanto grazie all’intensificazione dell’attività di partito e al lavoro culturale nelle file dell’Esercito rosso. Quest’attività ha causato una svolta psicologica che ha permesso al nostro Esercito rosso di ricon- quistare il Don. ( Applausi fragorosi.) In generale il nostro Esercito rosso si rafforza di giorno in giorno. Perfino gli specialisti militari borghesi riconoscono che nei paesi im- perialistici l’esercito si disgrega, mentre il nostro si forma, si consolida e si rafforza. Anche nella regione del Don vi sono grandi riserve di grano. Anche lì manca un apparato per l’approvvigionamento, ma c’è il nostro esercito disciplinato, e questo è già un apparato, grazie al quale riceveremo grano con la minima spesa e i maggiori risultati. Devo rilevare che i cecoslovacchi e i cosacchi continuano la loro tattica: distruggono tutto quello che possono. Dopo aver fatto sal- tare il ponte ferroviario sul Volga, hanno distrutto tutti i ponti e reso inutilizzabili le principali linee ferroviarie al di là del Volga. Al Consiglio dei commissari del popolo abbiamo discusso a lungo sui mezzi per riattivare almeno due linee ferroviarie: la Liski-Rostov e la Likhaia-Tsaritsyn. Sono stati presi energici provvedimenti e, all’ultima riunione del Consiglio della difesa, tenutasi lunedì 10 marzo, si è constatato che il materiale e tutti gli strumenti necessari sono già stati DISCORSO ALLA CASA DEL POPOLO 41 portati sul posto e che le linee saranno riparate prima del disgelo. Dopo aver ricordato ancora una volta Taiuto alimentare che ci daranno il Don e l’Ucraina, Lenin ha esclamato: « Questo semestre sarà l'ultimo semestre difficile! » (Applausi). La situazione internazionale, benché ancora grave, va tuttavia mi- gliorando. Voi tutti avete visto e sentito i delegati stranieri della III Internazionale 10 che, nei loro rapporti e nelle loro comunicazioni, sottolineano che la via sulla quale ci siamo messi è giusta e sicura. Il bolscevismo ha acquistato un’importanza mondiale. Lo si vede dal fatto che i democratici borghesi piu avanzati, che si vantano tanto della loro libertà, adottano misure repressive contro i bolscevichi. La piu ricca repubblica borghese, gli Stati Uniti d’America, con la sua popolazione di cento milioni di abitanti, si affretta a cacciar fuori dalle sue frontiere qualche centinaio di bolscevichi russi, la maggior parte dei quali non sa neppure l’inglese. Da dove viene questa paura del bolscevismo? A Parigi, a quanto comunicano i giornali, nelle riu- nioni operaie persino gli operai che non simpatizzano per i bolscevichi non lasciano parlare gli oratori ostili al bolscevismo. (Applausi.) No- nostante tutte le menzonge, tutte le sporche calunnie che la stampa dell’Europa occidentale diffonde ogni giorno contro i bolscevichi, il popola ha capito la verità e si schiera dalla parte dei bolscevichi. La stampa borghese francese scriva pure che i bolscevichi sono dei mostri del genere umano, che mangiano i bambini; gli operai francesi non credono a questa stampa. Siamo riusciti a far diventare comprensibile in tutte le lingue la parola « soviet ». Le masse hanno compreso che la loro salvezza sta nel potere degli operai e . dei contadini, nei soviet. Ecco perché a Mosca, al congresso della III Internazionale, ci è stato cosi facile giungere ad un accordo. Negli angoli piu sperduti, in qualche lontano borgo italiano, braccianti e operai si riuniscono e dichiarano: « Salu- tiamo gli spartachisti tedeschi e i soviettisti russi e chiediamo che il loro programma diventi il programma degli operai di tutto il mondo ». Ripeto qui ciò che ho già detto a Mosca 11 . Ciò dimostra che la vit- toria è nostra e che non può esservi alcun dubbio in proposito. No- nostante tutte le menzogne della stampa borghese, abbiamo conqui- stato la simpatia degli operai. Nello stesso tempo, gli imperialisti, alla Conferenza della pace, non riescono a mettersi d’accordo e sono pronti a scagliarsi gli uni contro gli altri. Il contagio bolscevico è già pene- 42 LENIN trato in tutti i paesi d’Europa e d’America. L’espulsione dei bolsce- vichi non servirà. Anche se una muraglia cinese ci dividesse dall’Eu- ropa occidentale, anche se tutti i bolscevichi russi sprofondassero nel- l’abisso, ciò non migliorerebbe la situazione degli imperialisti occi- dentali. Le masse popolari hanno compreso che per mezzo del parla- mento non riusciranno ad ottenere un miglioramento della loro vita Ci vuole il potere operaio, ci vogliono i soviet. La guerra ha creato debiti enormi, e gli imperialisti sono tanto pazzi da esigere che i po- poli paghino i loro prestiti di guerra. Essi dicono ai popoli: « Pagateci miliardi, perché siamo stati tanto buoni da permettere il massacro di dieci milioni di uomini per risolvere il problema del nostro pro- fitto ». In tutti i paesi l’imperialismo precipiterà nello stesso abisso nel quale è precipitato in Germania. ( Applausi fragorosi.) Sievcrnaia Kommurta , n. 58, 14 marzo 1919. SUCCESSI E DIFFICOLTA’ DEL POTERE SOVIETICO Pubblicato in opuscolo nel marzo-aprile 1919 nelle edizioni del Soviet dei deputati operai e soldati di Pietrogrado. Il poscritto fu pubblicato per la prima volta nel 1922. Proprio ora che siamo riusciti a ricostituire Y Internazionale rivo- luzionaria, l’Internazionale comunista, proprio ora che la forma sovie- tica del movimento è diventata di per se stessa il programma teorico e pratico di tutta la III Internazionale, ora che tutto questo è dive- nuto un fatto, è opportuno ricordare lo sviluppo generale dei soviet. Che cosa sono i soviet? Qual è il significato di questa forma creata dalle masse, e non inventata da qualcuno? Soltanto da questo punto di vista, mi sembra, si possono valutare giustamente i compiti che si pongono dinanzi a noi, dinanzi al potere conquistato dal proletariato, e si può valutare giustamente il modo in cui, l'anno scorso, quando in Russia vi era già la dittatura del pro- letariato, ci siamo sforzati di adempiere ed abbiamo effettivamente adempiuto questi compiti. Soltanto dal punto di vista della funzione generale dei soviet, della loro importanza generale, del loro posto nello sviluppo storico mondiale, si può comprendere in quale situazione ci siamo trovati, per- ché abbiamo dovuto agire cosi e non altrimenti, e come si debba veri- ficare, guardandoci indietro, se i passi da noi compiuti erano giusti o sbagliati. E questo punto di vista piu generale, piu largo o di più ampia portata, è per noi ora doppiamente necessario, ora che in Russia i militanti del partito devono talvolta soffrire e rilevare difetti, defi- cienze e aspetti insoddisfacenti del loro lavoro, perché la soluzione pratica dei problemi di governo indifferibili, quotidiani, immediati, scottanti che si sono presentati e continuano a presentarsi al potere sovietico, spesso distoglie ed ingombra la nostra attenzione, ci co- stringe, nonostante tutti i nostri sforzi, — c’è poco da fare contro 46 LENIN le condizioni in cui si svolge la nostra attività, — a rivolgere una eccessiva attenzione ai piccoli particolari amministrativi e a dimen- ticare il corso generale dello sviluppo della dittatura proletaria su scala mondiale, il suo sviluppo attraverso il potere dei soviet, o me- glio, attraverso il movimento sovietico, attraverso ì passi incerti delle masse proletarie all* in temo dei soviet — cosa che tutti noi abbiamo vissuto e dimenticato — e attraverso il tentativo di attuare la dit- tatura all'interno dei soviet. Ecco quali sono le nostre difficoltà, ed ecco a quali problemi ge- nerali, a mio avviso, bisogna cercare di rivolgere l’attenzione per sot- trarci un po’, nella misura del possibile, alle minuzie amministrative che ricadono su tutti coloro che sono impegnati nel lavoro pratico dei soviet, e per capire quanto sia grande il cammino che noi, in quanto reparto dell’esercito proletario mondiale, dobbiamo ancora percorrere. Vincere su scala mondiale, completamente, definitivamente, non è possibile nella sola Russia; lo si potrà soltanto quando il proleta- riato avrà raggiunto la vittoria almeno in tutti i paesi progrediti, o anche soltanto in alcuni dei più grandi. Solo allora potremo dire con piena sicurezza che la causa del proletariato ha vinto, che il nostro primo obiettivo, l’abbattimento del capitalismo, è stato raggiunto. Questo obiettivo è stato raggiunto da noi, cioè in un solo paese, e ci ha posto dinanzi a un secondo compito. Se il potere dei soviet è stato attuato, se la borghesia è stata abbattuta in un solo paese, il secondo compito che si pone all’ordine del giorno è la lotta su scala intemazionale, la lotta su un altro piano, la lotta dello Stato prole- tario attorniato dagli Stati capitalistici. La situazione è completamente nuova e straordinariamente difficile. Ma d’altra parte, se il potere della borghesia è stato abbattuto, il compito principale diventa quello di organizzare l’edificazione. I socialisti gialli che ora, riuniti a Berna, si accingono a onorarci visitandoci come stranieri illustri, amano particolarmente sciorinare frasi di questo genere; « I bolscevichi credono nell’onnipotenza della violenza». Questa frase indica soltanto che coloro che l’hanno pro- nunziata, quando nel fuoco della lotta rivoluzionaria sono interamente schiacciati dalla violenza della borghesia — guardate quel che accade in Germania — non sanno insegnare al loro proletariato la tattica della violenza necessaria. Vi sono condizioni in cui la violenza è necessaria e utile, e ve SUCCESSI E DIFFICOLTÀ DEL POTERE SOVIETICO 47 ne sono altre in cui essa non può dare alcun risultato. Certi esempi, tuttavia, mostrano che questa distinzione non è stata compresa da tutti, ed è di questo 'che bisogna parlare. Nell’Ottobre la violenza, l’abbattimento della borghesia da parte del potere sovietico. Telimi- nazione del vecchio governo, insomma, la violenza rivoluzionaria, ha avuto un brillante successo. Perché? In primo luogo perché le masse erano organizzate nei soviet, e in secondo luogo perché il nemico, la borghesia, era com- promesso, minato, roso dal lungo periodo compreso tra febbraio e ottobre, come un pezzo di ghiaccio dalle acque primaverili, e già del tutto svuotato di forze alTinterno. E il movimento d'ottobre, se lo si confronta anche solo con Todierno movimento rivoluzionario in Ger- mania, ci ha dato cosi facilmente una vittoria piena, brillante della violenza rivoluzionaria. Si può supporre che questa via, questa forma di lotta, la facile vittoria della violenza rivoluzionaria, sia attuabile senza queste con- dizioni? Una tale ipotesi sarebbe un gravissimo errore. E quanto più grandi sono le vittorie rivoluzionarie conseguite in determinate condi- zioni, tanto più grande è il pericolo di lasciarci illudere da queste vittorie, e di non riflettere con sangue freddo, calma e attenzione, sulle condizioni che le hanno rese possibili. Quando avemmo logorato, si potrebbe dire filo a filo, il governo Kerenski e il ministero di coalizione Miliukov, quando avemmo pro- vato come si potesse farli sedere sulle poltrone ministeriali in tutte le combinazioni possibili, quando avemmo costretto la giostra mini- steriale a girare da destra a sinistra e da sinistra a destra, dal basso in alto e dalTalto in basso, allora risultò che « per quanto i musicanti cambiassero di posto, l’orchestra non poteva funzionare » ia : allora i mi- nistri volarono via come piume al vento. Ha forse qualcosa di simile questa situazione con ciò che oggi costituisce il nostro compito pratico nei confronti dell’imperialismo mondiale? No di certo. Ecco perché nel campo della politica estera la questione della pace di Brest ha suscitato tante difficoltà. Il carattere di massa del movimento d ha aiutato a superarle. Ma qual è Torigine degli errori che hanno indotto una parte dei compagni a pensare che abbiamo commesso un crimine inaudito? Ce 48 LENIN ne sono ancora di questi originali fra coloro che sanno maneggiare la penna e immaginano di rappresentare personalmente qualcosa, di avere esperienza, di poter insegnare, ecc., che continuano ad asserire che la pace di Brest-Litovsk è stata un compromesso con I'imperia- lismo tedesco. Si, è stato un compromesso, come quando ci siamo « conciliati » con lo zar entrando néirignobile Duma reazionaria e mandandola a pezzi dall'interno. Si poteva forse pensare di abbattere l'imperialismo mondiale col solo impiego della violenza, senza un corrispondente sviluppo del pro- letariato nei paesi imperialistici? Se il problema viene impostato in questo modo, — e noi, come marxisti, abbiamo sempre insegnato che lo si deve impostare cosi e solo cosi, — è chiaro che impiegare in questo caso la politica della violenza non sarebbe stato altro che assurdità e stoltezza, e totale incomprensione delle condizioni in cui la politica della violenza è valida. Oggi lo vediamo. Abbiamo fatto tesoro deiresperienza. Mentre nel periodo della pace di Brest dovevamo raccogliere le forze e, fra le più penose difficoltà, costruire le basi del nuovo esercito, dell'Esercito rosso, in un paese rovinato e martoriato dalla guerra come nessun altro paese del mondo; mentre nella prima metà e all'ini- zio della seconda metà del 1918 costruivamo pietra su pietra le fon- damenta del vero Esercito rosso socialista, negli altri paesi l'imperiali- smo veniva minato dalla disgregazione interna, dalle proteste crescenti, e perdeva le forze. Anche in Germania la violenza rivoluzionaria vinse quando lo sviluppo di una lotta durata molti mesi ebbe minato l'imperialismo in questo paese, e la stessa cosa si ripete, ora, fino a un certo punto — fino a un certo punto, ma non interamente — nei paesi dell'Intesa. Un americano che ha osservato direttamente, con grande atten- zione e senza il minimo preconcetto, quanto accade nei paesi dell'Eu- ropa occidentale, mi ha detto recentemente: « In Francia si avranno presto, senza dubbio, grandi delusioni, il crollo delle illusioni; ai fran- cesi si ammanniscono promesse, ripetendo loro che hanno vinto ». I vecchi sentimenti patriottici di tutto il popolo francese, l'irritazione per la sconfitta del 1870, la violenta indignazione per il modo in cui il paese, in quattro anni di guerra, è stato spolpato, dissanguato, ridotto allo stremo delle forze, tutto ciò viene sfruttato dalla borghesia per SUCCESSI E DIFFICOLTÀ DEL POTERE SOVIETICO 49 alimentare lo sciovinismo: « Abbiamo vinto i tedeschi, avremo il por- tafogli gonfio, e ci riposeremo ». Ma l’americano realista, che vede le cose dal punto di vista dell’uomo d’affari, dice: che ci cadono le braccia. Possiamo dire che questi elementi esitanti esistono perfino nei paesi più avanzati. Tal- volta elementi istruiti, evoluti, colti, in un paese capitalistico avan- zato come la Germania, agiscono in modo cento volte più confusionario e babelico della nostra piccola borghesia arretrata. Da qui la Russia deve trarre una lezione per quanto riguarda i partiti piccolo-borghesi e i contadini medi. Il nostro compito sarà per molto tempo com- plesso e duplice. Questi partiti per molto tempo faranno inevitabil- mente un passo avanti e due indietro, perché vi sono condannati dalla loro situazione economica, perché non seguiranno il socialismo in virtù dell'assoluta convinzione che il regime borghese non vale nulla. È inutile chiedere loro dedizione al socialismo. Contare sul loro socialismo è ridicolo; essi andranno verso il socialismo solo quando si convinceranno che non c’è nessun’altra strada, quando la borghesia sarà definitivamente sconfitta e schiacciata. Non mi è possibile fare un bilancio sistematico dell’anno scorso; ho dato uno sguardo al passato solo per renderci conto di dò che servirà domani o dopodomani alla nostra politica. L’insegnamento prin- cipale è che dobbiamo essere estremamente prudenti nel nostro atteg- giamento verso i contadini medi e verso la piccola borghesia. Lo esige l'esperienza del passato, lo abbiamo appreso dall’esempio di Brest. Dovremo mutare sovente la nostra linea di condotta, il che potrà sem- Vili CONGRESSO BEL PCR(b) 135 brare strano e incomprensibile a un osservatore superficiale. « Ma come, — egli dirà, — ieri facevate delle promesse alla piccola bor- ghesia, e oggi Dzerginski dichiara che i socialisti-rivoluzionari di sini- stra e i menscevichi saranno messi al muro. Che contraddizione!...». Si, è una contraddizione. Ma contraddittoria è la condotta stessa della democrazia piccolo-borghese che non sa dove mettersi a sedere, prova a sedersi fra due sedie, salta dall’una all’altra e cade Gra a destra, ora a sinistra. Abbiamo cambiato tattica nei suoi confronti, e ogni volta che essa si volge verso di noi, le diciamo: « Accomodatevi, pre- go ». Non vogliamo affatto espropriare i contadini medi, non deside- riamo affatto impiegare la violenza contro la democrazia piccolo-bor- ghese. Le diciamo: « Non siete un nemico serio. Il nostro nemico è la borghesia. Ma se vi schierate con la borghesia siamo costretti ad ap- plicare anche nei vostri confronti le misure della dittatura proletaria ». Passo ora al problema dell’edificazione interna e mi soffermerò brevemente sull’elemento essenziale che caratterizza l’esperienza poli- tica, il bilancio dell’attività politica del Comitato centrale in questo periodo. Quest’attività politica del Comitato centrale si è manife- stata ogni giorno in questioni d’immensa importanza. Senza l’intenso lavoro comune di cui ho parlato, non avremmo potuto agire come abbiamo agito, non avremmo potuto risolvere i problemi militari. Sulla questione dell’Esercito rosso, che ora suscita tali dibattiti e alla quale è dedicato un punto particolare dell’ordine del giorno del congresso, abbiamo preso una quantità di piccole decisioni che il Comitato cen- trale del nostro partito ha proposto e che bisogna attuare per mezzo del Consiglio dei commissari del popolo e del Comitato esecutivo cen- trale di tutta la Russia. Ancora piu numerose sono le direttive parti- colari, importantissime, date dai commissari del popolo, ciascuno a nome proprio, ma che tutte traducono in pratica, in modo sistematico e conse- guente, una stessa linea generale. La questione della struttura dell’Esercito rosso era del tutto nuo- va, non era mai stata posta, neppure teoricamente. Marx ha detto una volta che il merito dei comunardi di Parigi era di avere attuato decisioni che non avevano preso a prestito da dottrine prefabbricate, ma che erano dettate da esigenze effettive 23 . Queste parole di Marx sui comunardi avevano un carattere alquanto sarcastico, perché nella Comune prevalevano due correnti, i blanquisti e i proudhoniani, che dovettero entrambe agire contro ciò che insegnava la loro dottrina. 136 LENIN Noi invece abbiamo agito conformemente a ciò che ci ha insegnato il marxismo. Nello stesso tempo, l’attività politica del Comitato centrale è stata interamente determinata, nelle sue manifestazioni concrete, da esigenze assolute, da indifferibili, stringenti necessità. Abbiamo dovuto continuamente avanzare a tentoni. Questo fatto sarà particolarmente sottolineato da ogni storico capace di delineare nel suo complesso tutta l’attività del Comitato centrale del partito e del potere sovietico in quest’anno. Questo fatto salta soprattutto agli occhi quando cerchiamo di abbracciare con un solo sguardo ciò che abbiamo vissuto. Ma ciò non ci ha minimamente fatto esitare neppure il 10 ottobre 1917, quando fu decisa la questione della presa del potere. Non dubitavamo che avremmo dovuto, secondo un’espressione del compagno Trotski, sperimentare. Intraprendevamo un’opera che nessuno al mondo aveva ancora intrapreso con tale ampiezza. Lo stesso è accaduto per quanto riguarda l’Esercito rosso. Quando, dopo la fine della guerra, l’esercito cominciò a disgregarsi, dapprima molti pensavano che si trattasse di un fenomeno soltanto russo. Ma vediamo che la rivoluzione russa è stata in sostanza la prova generale, o una delle prove, della rivoluzione proletaria mondiale. Quando di- scutevamo la pace di Brest, quando, all’ inizio del gennaio 1918, pone- vamo la questione della pace, non sapevamo ancora quando e in quali altri paesi sarebbe incominciata questa disgregazione dell’esercito. Pas- savamo da esperienza a esperienza, cercavamo di formare un esercito di volontari avanzando a tentoni, cercando, provando in che modo la questione potesse essere risolta in quella data situazione. E la que- stione era chiara. Senza difendere con le armi la repubblica socialista, non potevamo esistere. La classe dominante non avrebbe mai ceduto il suo potere alla classe oppressa. Ma quest’ultima doveva dimostrare nei fatti di essere capace non soltanto di rovesciare gli sfruttatori, ma anche di organizzarsi, di mobilitare tutto per la propria difesa. Noi avevamo sempre detto: « C’è guerra e guerra ». Condannavamo la guerra imperialistica , ma non rifiutavamo la guerra in generale. Coloro che hanno cercato di accusarci di militarismo, hanno fatto una gran confusione e quando mi è capitato di leggere il resoconto della Confe- renza di Berna dei gialli, in cui Kautsky usava questa espressione: dai bolscevichi non c’è il socialismo, ma il militarismo, ho sorriso e ho allargato le braccia. C’è mai stata nella storia una sola grande rivo- luzione non accompagnata da una guerra? No, naturalmente! Non Vili CONGRESSO DEL PCr(b) 137 viviamo soltanto in uno Stato ma in un sistema di Stati , e lesisten2a della repubblica sovietica accanto agli Stati imperialistici per lungo tempo è impensabile. Alla fine, vincerà o l’uno o l’altro. Ma prima che giunga questa fine, è inevitabile una serie di terribili conflitti fra la repubblica sovietica e gli Stati borghesi. Ciò vuol dire che la classe dominante, il proletariato, che vuole dominare e che domina, deve darne la prova anche con la sua organizzazione militare. Come può, la classe che finora per gli ufficiali della classe imperialistica dominante è stata carne da macello, come può questa classe creale i suoi ufficiali, come può risolvere il problema di conciliare l’entusiasmo, il nuovo spirito creativo rivoluzionario degli oppressi con l’utilizzazione di questa riserva di scienza e tecnica borghese, del militarismo nelle sue forme peggiori, senza le quali non potrà impadronirsi della tecnica e dei metodi di guerra moderni? Qui è sorto per noi un problema che un anno d’esperienza ha generalizzato. Quando, nel programma rivoluzionario del nostro par- tito, abbiamo parlato degli specialisti, abbiamo fatto il bilancio del- l’esperienza pratica del nostro partito in una delle questioni piu impor- tanti. Non ricordo che i precedenti maestri del socialismo, i quali ave- vano previsto molte caratteristiche della futura rivoluzione socialista e dato molte indicazioni, si siano mai pronunziati su questa questione. Essa non esisteva per loro perché si è posta soltanto quando ci siamo accinti a costruire l’Esercito rosso. Questo significava: da una classe oppressa, che era trattata come carne da macello, costruire un esercito pieno di entusiasmo, e indurlo a utilizzare ciò che il capitalismo ci aveva lasciato in eredità di piu violento e di più ripugnante. Questa contraddizione, in cui urtiamo quando si tratta dell’Eser- cito rosso, esiste in tutti i campi della nostra edificazione. Prendete la questione di cui si è parlato più di ogni altra: il passaggio dal con- trollo operaio alla gestione operaia dell’industria. Dopo i decreti e le decisioni del Consiglio dei commissari del popolo e degli organi locali del potere sovietico, — i quali, tutti, sono stati artefici della nostra esperienza politica in questo campo, — al Comitato centrale, in so- stanza, toccava soltanto fare il bilancio. Esso non poteva, in tale que- stione, dirigere nel vero senso della parola. Basta ricordare quanto erano inefficaci, spontanei e casuali i nostri primi decreti e decisioni sul controllo operaio dell’industria. Ci sembrava fosse facile a farsi. In pratica ciò condusse a dimostrare la necessità della edificazione, 138 LENIN ma non avevamo affatto risposto alla domanda; come costruire. Ogni fabbrica nazionalizzata, ogni settore delPindustria nazionalizzata, i tra- sporti, e soprattutto i trasporti ferroviari, — questa grandissima espres- sione del meccanismo capitalistico, che è costruito nel modo più centra- lizzato sulla base di una enorme tecnica materiale, e che per lo Stato è in tutto e per tutto indispensabile, — tutto ciò incarnava in sé l’espe- rienza concentrata del capitalismo e ci procurava immense difficoltà. Da queste difficoltà non siamo affatto usciti neppure adesso. Al- l’inizio consideravamo queste difficoltà in modo assolutamente astratto, come rivoluzionari che fanno della propaganda, ma non sanno assolu- tamente da che parte cominciare. Molti, naturalmente, ci hanno accusato — e ancora oggi tutti i socialisti e i socialdemocratici ci accusano — di esserci messi all’opera senza sapere come portarla a termine. Ma è un’ac- cusa ridicola di cadaveri viventi. Come se si potesse fare una grandiosa rivoluzione sapendo in anticipo come portarla a termine! Come se questa scienza si potesse attingere dai libri! No, la nqstra decisione poteva nascere solamente dall’esperienza delle masse. Ed io credo che sia stato un nostro merito di esserci messi, tra difficoltà incredibili, a risolvere un problema che fino allora ci era a metà sconosciuto, di aver chiamato le masse proletarie a un lavoro autonomo, di essere arrivati alla nazionalizzazione degli stabilimenti industriali, ecc. Ri- cordiamo come, a Smolny, promulgavamo dieci o dodici decreti alla volta. Era una manifestazione della nostra decisione e del nostro desi- derio di risvegliare l’esperienza e l’iniziativa delle masse proletarie. Adesso abbiamo quest’esperienza. Adesso siamo passati dal controllo alla gestione operaia dell’indù stria, o ci- siamo assai vicini. Adesso, invece di un’impotenza totale, abbiamo una serie di indicazioni della esperienza e, nella misura del possibile, nel nostro programma abbia- mo fatto il bilancio di questa esperienza. Bisognerà esaminarla molto a fondo quando tratteremo la questione dell’organizzazione. Non avrem- mo potuto compiere questo lavoro se i compagni dei sindacati non ci avessero aiutato e non avessero lavorato con noi. Nell’Europa occidentale la questione si pone diversamente. Colà i compagni vedono nei sindacati un malanno, perché questi sono a tal punto dominati dai rappresentanti gialli del vecchio socialismo e che i comunisti contano poco sul loro appoggio. Molti comunisti occidentali, e perfino Rosa Luxemburg, propugnano la liquidazione dei sindacati 2 \ Ciò mostra quanto sia difficile il nostro compito nell’Europa occiden- VII! CONGRESSO DEL PCr(b) 139 tale. Da noi, invece, non potremmo reggerci neppure un mese senza il loro appoggio. A questo riguardo abbiamo l’esperienza di un immenso lavoro pratico che ci permette di affrontare la soluzione dei problemi piu difficili. Prendiamo il problema degli specialisti contro cui urtiamo ad ogni passo, che risorge ogni volta che si fa una nomina, e di cui de- vono occuparsi sia i rappresentanti dell’economia nazionale sia il Co- mitato- centrale del partito. Nella situazione attuale il Comitato cen- trale del partito non può lavorare rispettando tutte le formalità. Se non fosse possibile designare dei compagni che, nel loro settore, lavo- rino autonomamente, non potremmo lavorare affatto. Soltanto perché avevamo degli organizzatori come Sverdlov abbiamo potuto lavorare, durante la guerra, senza nessun conflitto degno di rilievo. Mentre do- vevamo per forza avvalerci dell’aiuto di coloro che ci offrivano i loro servigi e avevano una istruzione loro data nei vecchi tempi. Prendiamo in particolare la direzione dell’apparato militare. Qui, senza fiducia nello stato maggiore, negli importanti specialisti dell’or- ganizzazione, non si può risolvere il problema. Sui particolari ave- vamo alcuni dissensi, ma sulla questione fondamentale non potevano esserci dubbi. Abbiamo fatto ricorso all’aiuto di specialisti borghesi completamente imbevuti di mentalità borghese e che ci hanno traditi e ci tradiranno ancora per anni. Tuttavia, pensare di poter edificare il comuniSmo soltanto con le mani dei comunisti puri, senza Taiuto degli specialisti borghesi, è un’idea puerile. Siamo temprati nella lotta, siamo forti e uniti, e dobbiamo seguire il cammino del lavoro orga- nizzato utilizzando le conoscenze e l’esperienza di questi specialisti. È una condizione indispensabile, senza la quale non si può edificare il socialismo. Senza l’eredità della cultura capitalistica, non riusciremo a costruirlo. Non c’è altro materiale per edificare il comuniSmo, fuorché quello che ci ha lasciato il capitalismo. Dobbiamo ora costruire in pratica, e siamo costretti a creare la società comunista con le mani dei nostri nemici. Sembra una contrad- dizione, forse addirittura una contraddizione irrisolvibile, ma in realtà soltanto in questo modo si può raggiungere l’obiettivo dell’edificazione comunista. E quando consideriamo la nostra esperienza, le difficoltà quotidiane incontrate per risolvere questo problema, quando vediamo il lavorò pratico del Comitato centrale, mi sembra che, quanto all’es- senziale, il nostro partito questo problema l’abbia risolto. Ciò ha pre- 140 LENIN sentato enormi difficoltà, ma soltanto cosi il problema poteva essere risolto. Il comune lavoro creativo e organizzativo doveva mettere gli specialisti borghesi nella condizione di marciare nelle file del proleta- riato, per quanto essi si opponessero e lottassero ad ogni passo. Dove- vamo farli lavorare, come forza tecnica e culturale, per conservarli e per fare di un paese capitalistico barbaro e arretrato, un paese civile, un paese comunista. Penso che nel corso di quest’anno abbiamo imparato a costruire, ci siamo messi sulla giusta via e non ce ne allontaneremo. Vorrei ancora affrontare in breve la questione dell’approvvigiona- mento e quella della campagna. La questione deirapprovvigionamento è sempre stata la più difficile da noi. In un paese in cui il proleta- riato ha dovuto prendere il potere con Faiuto dei contadini, in cui il proletariato ha avuto la funzione di agente della rivoluzione piccolo- borghese, la nostra rivoluzione è stata in larga misura una rivoluzione borghese fino all’organizzazione dei Comitati dei contadini poveri, cioè fino all’estate e perfino all’autunno del 1918. Non abbiamo paura di dirlo. Abbiamo fatto cosi facilmente la Rivoluzione d’ottobre perché i contadini, nel loro complesso, ci seguivano, perché marciavano con- tro i grandi proprietari fondiari, perché vedevano che in questo noi saremmo andati fino in fondo, perché noi attuavamo in forma di leggi ciò che i giornali socialisti-rivoluzionari pubblicavano, ciò che la pau- rosa piccola borghesia prometteva, ma non poteva fare. Ma quando si cominciarono ad organizzare i comitati dei contadini poveri, allora la nostra rivoluzione divenne una rivoluzione proletaria. Dinanzi a noi è sorto un problema che siamo ancora ben lontani dall’aver risolto. Ma è assai importante l’averlo impostato praticamente. I comitati dei contadini poveri sono stati una fase di transizione. II primo decreto sull’organizzazione di questi comitati fu promulgato dal po- tere sovietico per iniziativa del compagno Tsiurupa, che era allora a capo del servizio degli approvvigionamenti. Bisognava salvare dalla morte la popolazione non agricola, tormentata dalla fame. Questo era possibile soltanto per mezzo dei comitati dei contadini poveri, quali organizzazioni proletarie. E quando abbiamo visto che nelle campagne, nell’estate del 1918, incominciava e avveniva la Rivoluzione d’ottobre, soltanto allora ci siamo posti sulla nostra vera base proletaria, sol- tanto allora la nostra rivoluzione è diventata proletaria nei fatti , e non nei proclami, nelle promesse e nelle dichiarazioni. Adesso non abbiamo ancora risolto il problema che sta di fronte Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 141 al nostro partito: creare le forme per l’organizzazione del proletariato e del semiproletariato delle campagne. Recentemente mi è capitato di assistere a Pietrogrado a uno dei primi congressi degli operai agricoli del governatorato di Pietrogrado 25 . Ho visto che avanziamo ancora a tentoni in questo campo, ma sono sicuro che si andrà avanti* Debbo dire che l’esperienza principale fornitaci dalla direzione politica di que- st’anno è che dobbiamo trovare qui un appoggio sul piano organizza- tivo. Abbiamo fatto un passo in questa direzione formando i comitati dei contadini poveri, rinnovando i soviet e riorganizzando la nostra politica degli approvvigionamenti, nella quale abbiamo incontrato dif- ficoltà incredibili. Forse, nelle zone periferiche della Russia che stanno ora diventando sovietiche, — l’Ucraina, il Don, — dovremo modi- ficare questa politica. Sarebbe un errore copiare semplicemente, secon- do un unico modello, i decreti per tutte le località della Russia; com- metterebbero un errore i comunisti bolscevichi, i funzionari sovietici in Ucraina e sul Don se si mettessero a diffonderli senza discernimento, in blocco, nelle altre regioni. Ci capiterà di conoscere non poche caratteri- stiche originali, non dovremo in nessun caso imporci un modello, non decideremo una volta per tutte che la nostra esperienza, l’espe- rienza della Russia centrale, può essere interamente trasferita in tutte le regioni periferiche. Ci siamo appena messi a costruire veramente, stiamo appena compiendo i primi passi in quésto senso e ci si apre un immenso campo d’azione. Ho detto che il primo passo decisivo del potere sovietico è stata l’organizzazione dei comitati dei contadini poveri. Essi sono stati isti- tuiti dagli addetti all’approvvigionamento sotto la spinta della neces- sità. Ma per raggiungere i nostri obiettivi non ci bastano organiz- zazioni provvisorie quali sono i comitati dei contadini poveri. Da noi, accanto ai soviet, esistono organizzazioni sindacali che utilizziamo come scuola per le masse arretrate. Lo strato degli operai che hanno di fatto diretto la Russia nel corso di quest’anno e attuato tutta la sua politica, questo strato, che ha costituito la nostra forza, è incredi- bilmente sottile in Russia. Ce ne siamo convinti, lo risentiamo perso- nalmente. Se nel futuro uno storico raccoglierà i dati per stabilire quali gruppi hanno diretto la Russia in questi diciassette mesi, quali sono le centinaia, le migliaia di persone che si sono sobbarcate a tutto questo lavoro, che si sono addossate il peso incredibile di dirigere il paese, nessuno crederà che questo sia stato ottenuto da forze cosi 142 LENIN esigue. Forze esigue, perché i dirigenti politici capaci, colti, istruiti, erano pochi in Russia. Questo strato in Russia era sottile, e durante la lotta trascorsa si è esaurito, estenuato, ha fatto piu di quanto poteva. Penso che in questo congresso cercheremo i mezzi pratici per utiliz- zare nelFindustria e, cosa ancora più importante, nelle campagne, forze sempre nuove su scala massiccia, di far partecipare al lavoro dei soviet operai e contadini di livello medio o anche più basso. Senza il loro aiuto su scala massiccia, una attività ulteriore, a nostro parere, sa- rebbe impossibile. Siccome il mio tempo sta per finire, voglio dire solo qualche parola sul nostro atteggiamento verso i contadini’ medi. Il nostro atteggia- mento nei loro confronti è stato chiaro, in linea di principio, anche prima dell’inizio della rivoluzione. Ci ponevamo l’obiettivo di neutra- lizzare i contadini. A Mosca, durante una riunione nella quale era stata sollevata la questione dell’atteggiamento verso i partiti piccolo-borghesi, citai le parole precise di Engels, il quale non soltanto diceva che il contadino medio è nostro alleato, ma esprimeva anche la certezza che forse si sarebbe riusciti a evitare le repressioni, le misure coercitive anche nei confronti dei grossi contadini 26 . In Russia questa ipotesi non si è avverata: abbiamo impegnato, impegniamo e impegne- remo una guerra civile aperta contro i kulak. È inevitabile. Lo abbia- mo visto in pratica. Ma spesso, per la mancanza di esperienza dei fun- zionari dei soviet e per la difficoltà del problema, i colpi destinati ai kulak sono caduti sui contadini medi. Qui abbiamo commesso un errore di estrema gravità. L’esperienza acquisita in questo campo ci aiuterà a far di tutto per evitarlo in avvenire. Ecco il compito che ci si pone non teoricamente, ma praticamente. Sapete benissimo che è un compito difficile. Non abbiamo beni da offrire al contadino medio, ed egli è un materialista, un uomo pratico ed esige concreti beni ma- teriali che attualmente noi non possiamo dare e dei quali il paese dovrà fare a meno forse ancora per mesi, in questa dura lotta che ora promette una vittoria completa. Ma possiamo fare molto nella nostra pratica amministrativa: migliorare il nostro apparato, correggere ima serie di abusi. Possiamo e dobbiamo correggere e rettificare la linea del nostro partito, che non tendeva abbastanza al blocco, all’alleanza, e all’accordo col contadino medio. Ecco, in breve, ciò che ho potuto segnalarvi circa Fattività econo- mica e politica del Comitato centrale durante Fanno scorso. Debbo ora Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 143 passare, con la massima brevità, alla seconda parte dell’incarico affi- datomi dal Comitato centrale, al rapporto organizzativo del Comitato centrale. Questo incarico avrebbe potuto assolverlo bene soltanto Iakov Mikhailovic Sverdlov, che era stato designato come relatore del Comitato centrale su questo argomento. Dotato di un’eccellente, in- credibile memoria, egli aveva in mente la maggior parte del suo rapporto, e la sua personale dimestichezza con il lavoro d’organizzazione di base gli dava la possibilità di fare questo rapporto. Io non sono in grado di sostituirlo neppure per la centesima parte, perché in questo lavoro eravamo costretti a rimetterci interamente — e avevamo ogni ra- gione per farlo — a lui, che spesso prendeva personalmente le decisioni. Posso presentarvi qui dei brevi frammenti di ciò che era pronto nei rapporti scritti. Ma la segreteria del Comitato centrale, che non ha potuto terminare il suo lavoro, ha promesso nel modo piu formale che nella prossima settimana i rapporti scritti saranno pronti per la stampa, ciclostilati e messi a disposizione di tutti i membri del congresso. Essi completeranno le rapide e frammentarie indicazioni che posso ora for- nirvi. Nel materiale del rapporto che è ora scritto, troviamo prima di tutto dati sui documenti ricevuti: 1483 nel dicembre 1918, 1537 nel gennaio 1919, e 1840 nel febbraio. C’è una suddivisione in percentuale di questi documenti, ma mi permetto di non leggerla. I compagni inte- ressati vedranno dal rapporto che sarà distribuito che, per esempio, in novembre 490 persone sono state ricevute dalla segreteria. E i com- pagni che mi hanno consegnato questo rapporto dicono che esso com- prende appena la metà di ciò che la segreteria ha fatto, perché decine di delegati erano ricevuti ogni giorno dal compagno Sverdlov, e per la maggior parte, probabilmente, non erano funzionari dei soviet ma militanti del partito. Devo richiamare la vostra attenzione sul rapporto di attività della federazione dei gruppi stranieri 27 . Questo settore di lavoro mi è noto poiché ho avuto la possibilità di dare una rapida scorsa al materiale dei gruppi stranieri. Inizialmente ce n erano sette, adesso sono nove. I compagni che abitano in località puramente grandi-russe, che non hanno avuto la possibilità di prendere conoscenza diretta con questi gruppi e non hanno visto i resoconti dei giornali, vedano i ritagli che vorrei dispensarmi dal leggere integralmente. Debbo dire che qui si osserva l’effettiva base di ciò che abbiamo fatto per la III Inter- nazionale. La III Internazionale è stata fondata a Mosca durante un 144 LENIN breve congresso, sul quale, come su tutto ciò che il Comitato centrale propone per tutte le questioni relative all’Internazionale, il compagno Zinoviev farà un rapporto particolareggiato. Se siamo riusciti a fare tanto in poco tempo al congresso dei comunisti tenutosi a Mosca, è grazie all’enorme lavoro preparatorio compiuto dal Comitato centrale del nostro partito e dall’organizzatore del congresso, compagno Sverdlov. Si è svolto un lavoro di propaganda e di agitazione fra gli stranieri resi- denti in Russia e si è organizzata una serie di gruppi stranieri. Decine di membri di questi gruppi sono stati informati sui progetti fondamentali e sugli obiettivi politici generali al fine di dar loro un orientamento indicativo. Centinaia di migliaia di prigionieri di guerra, di quegli eser- citi che gli imperialisti avevano costituito esclusivamente per i loro scopi, ritornando in Ungheria, in Germania, in Austria hanno fatto si che questi paesi siano ora interamente contaminati dal virus del bolsce- vismo. E se vi dominano gruppi o partiti solidali con noi, è grazie al lavoro, esteriormente invisibile e presentato in modo breve e sommario nel rapporto di organizzazione, di questi gruppi stranieri in Russia, lavoro che ha rappresentato una delle pagine piu importanti dell’atti- vità del Partito comunista russo quale cellula del partito comunista mondiale. Nei documenti che mi sono stati consegnati, vi sono poi dei dati sul modo in cui il Comitato centrale ha ricevuto le informazioni e sulle organizzazioni che gliele hanno fomite. Anche qui la mancanza d'orga- nizzazione propria della Russia si manifesta in tutta la sua gravità, per noi vergognosa. Informazioni regolari sono pervenute dalle organizzazio- ni di quattro governatorati, informazioni irregolari da 14, e informazioni occasionali da 16. I nomi di questi governatorati si trovano nell’elenco; permettetemi di non leggerli. Certo, in questa nostra estrema disorga- nizzazione,, nell’estrema mancanza di organizzazione, molto può essere spiegato richiamandoci alle condizioni della guerra civile, ma non tutto. E soprattutto non bisognerebbe richiamarsi a queste ragioni per coprirsi e difendersi. L’attività organizzativa non è mai stata il forte dei russi in generale e dei bolscevichi in particolare, mentre invece il compito prin- cipale della rivoluzione proletaria è precisamente un compito i’ organiz- zazione. Non per niente la questione organizzativa è stata qui messa a uno dei primi posti. Qui dobbiamo lottare con energia e fermezza, e ancora e ancora con energia e fermezza, con tutti i mezzi. Senza una lunga educazione e rieducazione, non faremo nulla. Questo è un cam- Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 145 po in cui la violenza rivoluzionaria, la dittatura, s’impiegano per compiere degli abusi, e da questi abusi io vorrei mettervi in guardia. La violenza rivoluzionaria e la dittatura sono una bellissima cosa, se si adoperano quando si deve e contro chi si deve. Ma nel campo dell’organizzazione non si possono adoperare. Questo compito di educazione, di rieduca- zione, e di lungo lavoro organizzativo, non lo abbiamo affatto assolto, e adesso dobbiamo accingerci ad assolverlo sistematicamente. Ho qui un particolareggiato rapporto finanziario. Dei vari capitoli, il piu importante è quello delle edizioni operaie e dei giornali: un mi- lione, un milione e ancora un milione; in tutto tre milioni. 2.800.000 per le organizzazioni di partito, 3.600.000 per le spese di redazione. Cifre piu particolareggiate si trovano nel rapporto le cui copie saranno distribuite a tutti i delegati. Per il momento i compagni possono pren- derne conoscenza tramite i rappresentanti dei gruppi. Permettetemi di non leggere queste cifre. I compagni che hanno redatto il rapporto hanno presentato qui l’elemento piu importante e più evidente: il bilan- cio generale del lavoro di propaganda in campo editoriale. La casa editrice Kommunist ha pubblicato 62 titoli. La Pravda ha dato nel 1918 due milioni di profitto netto, ha pubblicato 25 milioni di copie. Il giornale Biednotà ha dato 2.370.000 di guadagno netto e ha pubbli- cato 33 milioni di copie. I compagni deirUfficio d’organizzazione del Comitato centrale hanno promesso di rielaborare le cifre particolareggiate di cui dispongono in modo che si possano confrontare almeno i due punti di partenza. Allora ciascuno vedrà il gigantesco lavoro di educazione compiuto dal partito che per la prima volta impiega i mezzi tecnici moderni dei grandi capitalisti, le loro tipografie, non per la borghesia, ma per gli operai e i contadini. Ci hanno accusati migliaia e milioni di volte, e ci accusano, di violare la libertà di stampa, di rinnegare la democrazia. I nostri accusatori chiamano democrazia il fatto che la stampa sia comprata dal capitale in modo che i ricchi possano servirsene per i loro scopi. Noi ciò non lo chiamiamo democrazia, ma plutocrazia. Tutto quel che la cultura borghese ha creato per ingannare il po- polo e difendere i capitalisti, noi lo abbiamo tolto loro per soddisfare le esigenze politiche degli operai e dei contadini. E sotto questo rapporto abbiamo fatto quanto nessun partito socialista è riuscito a Lire in un quarto di secolo o in mezzo secolo. Ma tuttavia abbiamo fatto infi- nitamente poco rispetto a quanto c’è da fare. Gli ultimi documenti che l’Ufficio mi ha consegnato sono le circolari. Ce ne sono quattordici, e 146 LENIN i compagni che non le conoscono o le conoscono poco sono invitati a prenderne visione. Certo per questo aspetto l’attività del Comitato cen- trale non è stata affatto esauriente. Ma bisogna considerare che quando si deve lavorare in condizioni come le nostre, quando ogni giorno biso- gna dare direttive politiche su una serie di questioni, e soltanto in via eccezionale, addirittura in casi rari, lo si fa per mezzo delPUfficio poli- tico o dell’assemblea plenaria del Comitato centrale, è impossibile pensare che in tali condizioni si possa ricorrere spesso alle circolari politiche, Ripeto che noi, come organo di lotta di un partito di lotta in un periodo di guerra civile, non possiamo lavorare diversamente. Altri- menti, o dovremmo usare mezze parole, o dovremmo diventare un par- lamento; ma con un parlamento, in un’epoca di dittatura, non si pos- sono risolvere i problemi né orientare il partito o le organizzazioni so- vietiche. Compagni, in un’epoca in cui utilizziamo l’apparato delle tipografie e della stampa borghesi, il valore delle circolari del Comitato centrale è diminuito. Abbiamo mandato soltanto quelle direttive che non si potevano pubblicare, perché nella nostra attività, che è stata pub- blica, nonostante le sue larghissime dimensioni, un lavoro illegale tutta- via restava, resta e resterà. Non abbiamo avuto paura di essere rim- proverati per la nostra illegalità, la nostra clandestinità; no, ne eravamo fieri, E quando, dopo aver rovesciato la nostra, ci siamo trovati di fronte la borghesia europea, tra le nostre azioni qualcuna ha continuato a re- stare segreta e nel nostro lavoro c’è stata anche l’illegalità. Con questo, compagni, termino il mio rapporto. {Applausi. ) 3 RAPPORTO SUL PROGRAMMA DEL PARTITO 19 marzo ( Applausi. ) Compagni, conformemente alla divisione dei temi per la quale mi sono accordato con il compagno Bukharin, spetta a me di esporre il punto di vista della commissione su una serie di punti con- creti, quelli che hanno suscitato maggiori discussioni o che maggior- mente interessano il partito nel momento attuale. Incomincerò brevemente dai punti trattati dal compagno Bukharin alla fine del suo rapporto, punti sui quali fra noi, all’interno della com- missione, c’è stata differenza d’opinioni. Il primo è la struttura della parte generale del programma. Secondo me Bukharin non ha qui esposto molto esattamente le ragioni per cui la maggioranza della commissione ha respinto tutti i tentativi di compilare il programma cancellando tutto ciò che vi si diceva a proposito del vecchio capitalismo. Bukharin si è espresso in modo tale che talvolta si è avuta Timpressione che la mag- gioranza della commissione abbia avuto paura di quel che se ne sarebbe detto, abbia avuto paura di essere accusata di insufficiente rispetto verso il passato. È fuor di dubbio che, esposta in tal modo, la posizione della maggioranza appare veramente ridicola. Ma ciò è molto lontano dàlia verità. La maggioranza della commissione ha respinto simili tenta- tivi perché non erano giusti. Non sarebbero stati conformi alla situa- zione effettiva. L’imperialismo puro, senza il fondamento del capita- lismo, non è mai esistito, non esiste in nessun luogo e non potrà mai esistere. Si è generalizzato in modo errato tutto ciò che è stato detto sui consorzi, i cartelli, i trust, il capitalismo finanziario, quando si è voluto presentare quest’ultimo come se esso non poggiasse affatto sulle basi del vecchio capitalismo. Ciò è falso. Ed è falso specialmente per l’epoca della guerra impe- rialistica e per l’epoca che segue la guerra imperialistica. Già Engels 148 LENIN scriveva in una delle sue considerazioni sulla futura guerra, che questa avrebbe portato devastazioni ancora peggiori della guerra dei trentanni, un generale imbarbarimento deirumanità, la bancarotta del nostro arti- ficioso apparato commerciale e industriale 28 . Al principio della guerra i socialtraditori e gli opportunisti si felicitavano per la vitalità del capitalismo e deridevano i « fanatici o semianarchici », come essi ci chiamavano. « Vedete, — dicevano, — le loro previsioni non si sono avverate. Gli avvenimenti hanno dimostrato che esse erano giuste soltanto per un numero assai esiguo di paesi e per un periodo molto breve! » E oggi non soltanto in Russia e non soltanto in Germania, ma anche nei paesi vincitori, incomincia appunto un’immensa distru- zione del capitalismo moderno, che elimina ovunque quest’apparato artificioso e risuscita il vecchio capitalismo. Quando Bukharin affermava che si può tentare di dare un quadro organico del crollo del capitalismo e deirimperiàlismo, in commissione obiettavamo, e devo qui obiettargli: provate, e vedrete che non ci riu- scirete. Bukharin ha fatto un simile tentativo in commissione ma poi egli stesso vi ha rinunciato. Sono del tutto convinto che se qualcuno avesse potuto farlo, sarebbe stato proprio Bukharin, il quale si è occu- pato a lungo e seriamente di questa questione. Io affermo che un simile tentativo non può riuscire poiché il problema è male impostato. Oggi in Russia subiamo le conseguenze della guerra imperialistica e viviamo all’inizio della dittatura del proletariato. E in pari tempo, in parecchie regioni della Russia che si sono trovate piu di prima stac- cate le une dalle altre, assistiamo in molti luoghi al risorgere del capi- talismo e allo sviluppo del suo primo stadio. È impossibile evitarlo. Se si redigesse il programma cosi come lo voleva Bukharin, questo programma sarebbe errato. Esso rispecchierebbe, nel migliore dei casi, quanto di meglio è stato detto del capitalismo finanziario e del- l’imperialismo, ma non rispecchierebbe la realtà, perché in questa ap- punto, non c’è organicità. Un programma composto di parti eterogenee non suona bene (ma ciò naturalmente non ha importanza), ma un altro programma sarebbe semplicemente falso. Da questa disparità, da questa costruzione fatta con materiale diverso, — per quanto spia- cevole e poco armonica possa parere, — non usciremo per un ben lungo periodo. Quando ne usciremo, tracceremo un altro programma. Ma allora vivremo nella società socialista. Sarebbe ridicolo pretendere che allora le cose vadano come vanno oggi. Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 149 Viviamo in un’epoca nella quale molti dei più elementari fenomeni fondamentali del capitalismo sono risuscitati. Prendete, ad esempio, il caos dei trasporti, di cui cosi bene o, più esattamente, cosi male, stiamo facendo l'esperienza . Ma questo esiste anche negli altri paesi, persino nei paesi vincitori. Orbene, che cosa vuol dire il caos dei trasporti nel sistema imperialistico? Il ritorno alle forme più primi- tive della produzione mercantile. Sappiamo benissimo che cosa sono i borsaneristi. Finora, a quanto pare, questa parola era incomprensi- bile agli stranieri. E oggi? Parlate con i compagni venuti al congresso della III Internazionale. Sentirete che termini simili incominciano ad apparire in Germania ed in Svizzera. Eppure questa categoria non la farete entrare in nessuna definizione della dittatura del proletariato: do- vrete ritornare indietro, ai primordi della società capitalistica e della produzione mercantile. Voler uscire da questa triste realtà creando un programma ben liscio e organico, significa fare un volo nel vuoto, al di là delle nuvole, significa scrivere un programma errato. Non è affatto il rispetto per le cose passate, come ha gentilmente insinuato Bukharin, che ci ha co- stretti ad introdurre brani del vecchio programma. Secondo lui risulta che il programma è stato redatto nel 1903 con il concorso di Lenin; indubbiamente un cattivo programma, ma siccome i vecchi amano soprattutto ricordare il passato, per rispetto al vecchio si è compilato, nella nuova epoca, un nuovo programma nel quale si ripete ciò che era detto nel vecchio. Se le cose fossero andate veramente cosi, ci sarebbe stato di che canzonare simili originali. Ma io affermo che non è cosi. Il capitalismo da noi descritto nel 1903 continua ancora ad esistere nel 1919, nella repubblica proletaria sovietica, proprio in seguito alla decomposizione dell’imperialismo, al suo fallimento. Tale capitalismo lo si può trovare, per esempio, sia nel governato- rato di Samara, sia nel governatorato di Vjatka, non troppo lon- tano da Mosca. In un'epoca in cui la guerra civile smembra il paese, non usciremo tanto presto da questa situazione, da questo traffico di borsanera. Ecco perché un’altra struttura del programma sarebbe errata. Bisogna dire quello che è; il programma deve contenere ciò che è asso- lutamente incontestabile, praticamente stabilito. Allora soltanto sarà un programma marxista. Teoricamente Bukharin lo capisce molto bene e dice che il prò- 150 LENIN gramma dev'essere concreto. Ma una cosa è capire e un’altra applicare nella pratica. La concretezza di Bukharin consiste nella descrizione li- bresca del capitalismo finanziario. In realtà noi osserviamo dei feno- meni di diverso genere. In ogni governatorato agricolo vediamo, accanto all’industria monopolizzata, la libera concorrenza. In nessun luogo del mondo il capitalismo monopolistico è esistito né esisterà mai senza che, in parecchi settori, sussista la libera concorrenza. Descrivere tale sistema significherebbe descrivere un sistema staccato dalla vita e falso. Se Marx diceva della manifattura che essa è una sovrastruttura della piccola produzione di massa ”, l’imperialismo e il capitalismo finan- ziario sono una sovrastruttura del vecchio capitalismo. Se se ne demolisce la cima, apparirà il vecchio capitalismo. Sostenere che esiste un impe- rialismo integrale senza il vecchio capitalismo, significa prendere i pro- pri desideri per realtà. È un errore naturale nel quale si cade molto facilmente. Se ci trovassimo di fronte a un imperialismo integrale il quale avesse trasfor- mato da cima a fondo il capitalismo, il nostro compito sarebbe centomila volte pi ù facile. Avremmo un sistema nel quale tutto sarebbe sottomesso al solo capitale finanziario. Non ci resterebbe allora che sopprimere la cima e rimettere il resto nelle mani del proletariato. Sarebbe cosa infinitamente piacevole, ma che non esiste nella realtà. In realtà lo svi- luppo è tale che si deve agire in tutt’altro modo. L } imperialismo è una sovrastruttura del capitalismo . Quando crolla, ci si trova di fronte alla cima distrutta e alla base messa a nudo. Ecco perché il nostro pro- gramma, se vuol essere veramente giusto, deve dire quel che è. C’è il vecchio capitalismo, che in diversi campi si è sviluppato fino all’impe- rialismo. Le sue tendenze sono esclusivamente imperialistiche. I pro- blemi essenziali possono essere esaminati unicamente dal punto di vista dell’imperialismo. Nessun problema importante della politica interna ed estera può essere risolto altrimenti che dal punto di vista di queste tendenze. Non è di questo che parla oggi il programma. In realtà esiste l’ immenso sottosuolo del vecchio capitalismo. Vi è una sovrastruttura, Timperialismo, che ha condotto alla guerra; e questa guerra è dive- nuta il punto di partenza della dittatura del proletariato. Non si può saltare questa fase. Questo fatto caratterizza il ritmo stesso dello sviluppo della rivoluzione proletaria in tutto il mondo e rimarrà un fatto per lunghi anni. Nell’Europa occidentale le rivoluzioni si faranno forse con meno Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 151 scosse; tuttavia la riorganizzazione del mondo intero, la riorganizza- zione della maggioranza dei paesi richiederà anni ed anni. E questo vuol dire che nel periodo di transizione in cui viviamo ci sarà impos- sibile uscire da questa realtà a mosaico. Questa realtà, composta di parti eterogenee, non si può respingere, per quanto inelegante essa sia, non se ne può buttar via assolutamente nulla. Un programma compilato altrimenti sarebbe errato. Noi diciamo di essere giunti alla dittatura. Ma bisogna pur sapere come vi siamo giunti. 11 passato ci tiene, ci afferra con le sue migliaia di braccia e ci impedisce di fare passi in avanti, o ci costringe a muovere questi passi cosi male come li muoviamo. E noi diciamo: per capire qual è la nostra situazione bisogna dire quale strada abbiamo percorso, cosa ci ha condotto alla rivoluzione socialista. Ci ha condotto l’impe- rialismo, ma anche il capitalismo nelle sue forme primordiali delPecono- mia mercantile. Bisogna comprendere tutto questo perché solo tenendo conto della realtà potremo risolvere questioni come, per esempio, il nostro atteggiamento verso il contadino medio. Infatti, di dove sarebbe potuto venire il contadino medio in un'epoca di capitalismo puramente imperialistico? Non c’era nemmeno nei paesi puramente capitalistici... Se risolveremo la questione del nostro atteggiamento nei confronti di questo fenomeno quasi medievale (nei confronti del contadino medio) ponendoci esclusivamente dal punto di vista deU’imperialismo e della dittatura del proletariato, non verremo a capo di nulla e sbatteremo la testa contro un muro. Se invece dobbiamo cambiare il nostro atteggiamento nei confronti del contadino medio, allora abbiate la bontà di dirci, anche nella parte teorica, di dove esso è venuto e che cosa rappresenta. È un piccolo produttore di merci. Ecco che bisogna enunciare l’abbiccì del capitalismo, perché non ne siamo an- cora usciti. Ma non volersene curare e dire: « Ma perché dunque occu- parci dell’abbiccì quando abbiamo studiato il capitalismo finanziario! », non è affatto serio. La stessa cosa devo dire circa la questione nazionale. Anche qui Bukharin prende i suoi desideri per realtà. Egli dice che è impossi- bile riconoscere il diritto delle nazioni all’autodecisione. Nazione signifi- ca: borghesia e proletariato. E noi, proletari, dovremmo riconoscere a una spregevole borghesia il diritto all’autodecisione! Ma non ha senso! No, scusate, ha il senso di ciò che esiste. Se respingete ciò che esiste, cadrete nella fantasticheria. Vi richiamate al processo di differenzia- 152 LENIN zione che si opera in seno alla nazione, al processo di separazione del proletariato dalla borghesia. Ma si tratta di vedere come avverrà que- sta differenziazione. Prendete per esempio la Germania, modello di paese capitalistico avanzato, che, per ciò che concerne l’organizzazione del capitalismo, del capitalismo finanziario, era superiore all’America. Era inferiore per molti aspetti: nella tecnica e nella produzione, nella politica, ma nell’orga- nizzazione del capitalismo finanziario, nella trasformazione del capita- lismo monopolistico in capitalismo monopolistico di Stato, la Germania era superiore all’America. Un modello, si sarebbe detto. Ebbene, che cosa avviene in Germania? Il proletariato tedesco si è differenziato dalla borghesia? No. Infatti solo per alcune grandi città si è avuta noti- zia che la maggioranza degli operai è contraria ai fautori di Schei- demann. Come è potuto accadere? Grazie all’alleanza degli spartachisti con gli indipendenti, i tre volte maledetti menscevichi tedeschi che imbrogliano tutto e vogliono far sposare il sistema dei Consigli con la Assemblea costituente! Ecco quel che avviene in Germania! Eppure si tratta di un paese avanzato. Bukharin dice: « Che bisogno abbiamo del diritto delle nazioni all’autodecisione? ». Debbo ripetere l’obiezione che gli feci nell’estate del 1917 quando egli proponeva di eliminare il programma minimo e di lasciare soltanto il programma massimo. Allora gli risposi: « Non vantarti quando parti per la guerra, ma quando ne ritorni ». Quando avremo conquistato il potere, e dopo aver aspettato ancora un po’, lo faremo 30 . Abbiamo conquistato il potere, abbiamo aspettato un poco, ed ora sono d’accordo di farlo. Ci siamo impegnati a fondo nell’opera di edificazione del socialismo, abbiamo respinto il primo attacco che ci minacciava; ora ciò è opportuno. Lo stesso si può dire per il diritto delle nazioni all’autodecisione. « Voglio riconoscere soltanto alle classi lavoratrici il diritto all’ autodecisione », dice Bukharin. Volete dunque riconoscere ciò che di fatto non è staro realizzato in nessun paese fuor- ché in Russia. È ridicolo. Guardate la Finlandia: paese democratico, piu sviluppato, piu colto di noi. Colà si svolge un processo di separazione, di differenziazione del proletariato che procede in modo originale, in modo molto piti penoso che da noi. I finlandesi hanno conosciuto la dittatura della Germania, ora conoscono la dittatura deH’Intesa, ma il riconoscimento da parte nostra del diritto delle nazioni all’autodecisione ha facilitato questo Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 15 ) processo di differenziazione. Ricordo molto bene la scena svoltasi a Smolny, quando dovetti consegnare un documento ufficiale a Swi- nhufwud 31 , — nome che tradotto in russo significa « testa di porco », — rappresentante della borghesia finlandese che ha fatto la parte del boia. Egli mi strinse affabilmente la mano e ci scambiammo dei con- venevoli. Che brutta cosa! Ma bisognava farlo, perché in quel momento quella borghesia dava ad intendere al popolo, alle masse lavoratrici, che i moscoviti, gli sciovinisti, i grandi russi volevano asservire i finlandesi. Bisognava farlo. E ieri, non siamo forse stati costretti a fare la stessa cosa nei riguardi della repubblica basckira 32 ? Quando Bukharin diceva: « Si può riconoscere questo diritto a certuni », ho annotato persino che in questo suo elenco venivano a essere inclusi gli ottentotti, i boscimani, gli indù. Ascoltando questa enumerazione pensavo: come mai Bukharin ha potuto dimenticare un'inezia, ha potuto dimenticare i basclciri? In Russia non vi sono boscimani; quanto agli ottentotti non ho sentito dire che pre- tendano di avere una repubblica autonoma, ma da noi ci sono i basckiri e i kirghisi ed ancora un serie di altri popoli, e non possiamo rifiutarci di riconoscere questo loro diritto. Non possiamo rifiutarlo a nessun po- polo abitante nei confini del vecchio impero russo. Ammettiamo persino che i basckiri stessero rovesciando gli sfruttatori e che noi li avremmo aiutati. Ciò è possibile però soltanto se il fatto rivoluzionario è già completamente maturato. E bisogna farlo con prudenza, per non frenare col nostro intervento quel processo di differenziazione del proleta- riato che dobbiamo affrettare. Ebbene, che cosa possiamo fare nei con- fronti di popoli come i kirghisi, gli uzbeki, i tagiki, i turkmeni che subi- scono ancora l’influenza dei loro mullah? Da noi, in Russia, la popo- lazione, dopo una lunga esperienza con i pope, ci ha aiutato a rovesciarli. Ma voi sapete che il decreto sul matrimonio civile è ancora male applicato. Possiamo forse andare da quei popoli e dir loro: « Abbat- teremo i vostri sfruttatori »? Non possiamo farlo perché essi sono interamente sottomessi ai loro mullah. Bisogna aspettare allora che quella data nazione si sviluppi, che il proletariato si differenzi dagli elementi borghesi, cosa che avverrà inevitabilmente. Il compagno Bukharin non vuole attendere. È preso dall'impa- zienza: « Ma perché? Dal momento che noi stessi abbiamo abbattuto la borghesia, proclamato il potere sovietico e la dittatura del proleta- riato, perché dunque agire in tal modo? ». È un appello incitatore che 154 LENIN contiene un’indicazione del cammino da seguire, ma se ci accontente- remo di proclamare queste cose nel programma, non avremo un pro- gramma, ma un manifesto. Possiamo proclamare il potere sovietico e la dittatura del proletariato e il nostro totale disprezzo per la borghesia che lo merita mille volte, ma in un programma si deve scrivere con assoluta precisione quello che esiste. Il nostro programma sarà allora inattaccabile. Noi ci atteniamo strettamente a un punto di vista classista. Ciò che fissiamo nel programma è il riconoscimento di quello che in realtà è avvenuto dall’epoca in cui parlavamo dell’autodecisione delle nazioni in generale. In quel momento non v’erano ancora repubbliche proleta- rie. Quando sono apparse, e soltanto nella misura in cui sono apparse, abbiamo potuto scrivere ciò che abbiamo scritto: « Unione federativa degli Stati organizzati secondo il tipo sovietico ». Il tipo sovietico non è ancora il soviet come esiste in Russia. Ma il tipo sovietico sta di- ventando internazionale. È la sola cosa che possiamo dire. Andare piu lontano, più lontano di un passo, di un centimetro, non sarebbe più giusto, e quindi non conviene a un programma. Noi diciamo: bisogna tener conto della fase in cui si trova quella data nazione, sulla via che va dal regime medievale alla democrazia borghese e dalla democrazia borghese alla democrazia proletaria. Que- sto è assolutamente giusto. Tutte le nazioni hanno diritto all’autodeci- sione; non vale la pena di parlare particolarmente degli ottentotti o dei boscimani. L’immensa maggioranza, forse i nove decimi di tutta la popolazione del globo, e forse il 95%, rientra in questo quadro, poiché tutti i paesi si trovano sulla via che va dal regime medievale alla demo- crazia borghese o dalla democrazia borghese alla democrazia proletaria. Questo cammino è assolutamente inevitabile. Non si può dire nulla di più, perché non sarebbe vero, perché non sarebbe quello che esiste. Respingere l'autodecisione delle nazioni e sostituirla con l’autodecisione dei lavoratori sarebbe cosa assolutamente errata, perché impostare cosi la questione vorrebbe dire non vedere quanto sia arduo e tortuoso il cam- mino che segue la differenziazione all’interno delle nazioni. In Germa- nia questo processo si svolge diversamente che da noi: sotto certi aspetti si svolge più rapidamente; sotto altri segue un cammino più lungo e più cruento. Da noi nessun partito ha approvato un’idea mostruosa come la combinazione dei soviet e dell’ Assemblea costituente. Dobbiamo tuttavia vivere spalla a spalla con queste nazioni. Già ora Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 155 i seguaci di Scheidemann dicono di noi che vogliamo conquistare la Germania. Ciò naturalmente è ridicolo, assurdo. Ma la borghesia ha i suoi interessi e la sua stampa, la quale in centinaia di milioni di copie grida queste cose di fronte a tutto il mondo, e Wilson, nel suo interesse, appoggia questa campagna. I bolsceviche si dice, hanno un grande eser- cito e vogliono, per mezzo delle conquiste, impiantare il loro bolsce- vismo in Germania. Gli uomini migliori di quel paese, gli spartachisti, ci hanno raccontato che gli operai tedeschi vengono aizzati contro i comunisti: vedete come vanno male le cose dai bolsceviche Non pos- siamo dire che da noi tutto vada molto bene. E l'argomento di cui ci si serve in Germania per agire sulle masse è che la rivoluzione proletaria in Germania apporterebbe lo stesso disordine che in Russia. Il nostro disordine è una nostra malattia cronica. Dobbiamo lottare contro ter- ribili difficoltà per creare da noi la dittatura del proletariato. Fino a quando la borghesia, la piccola borghesia, o almeno una parte degli operai tedeschi si trovano sotto l'azione di questo spauracchio: « I bolscevichi vogliono instaurare con la violenza il loro regime », la formula: « Autodecisione dei lavoratori » non renderà piu facile la si- tuazione. Dobbiamo fare in modo che i soci al traditori tedeschi non pos- sano dire che i bolscevichi pretendono di imporre il loro sistema uni- versale, come se questo sistema potesse essere portato a Berlino sulla punta delle baionette dei soldati russi. Ebbene, se si nega il principio dell'autodecisione delle nazioni, ne risulta proprio questo. Il nostro programma non deve parlare dell'autodecisione dei lavo- ratori perché ciò sarebbe falso. Esso deve dire quello che è. Dato che le nazioni si trovano a diverse tappe del cammino storico che va dal regime medievale alla democrazia borghese e dalla democrazia borghese alla democrazia proletaria, questa tesi del nostro programma è assoluta- mente giusta. Su questo cammino siamo andati a zigzag. Ogni nazione deve avere diritto all'autodecisione; e questo contribuisce all'autodeci- sione dei lavoratori. In Finlandia il processo di differenziazione del pro- letariato dalla borghesia si opera con molta chiarezza, forza e profon- dità. In tutti i casi colà tutto procederà in modo diverso che da noi. Se diciamo che non riconosciamo la nazione finlandese, ma soltanto le masse lavoratrici, diremo la peggiore delle assurdità. È impossibile non riconoscere ciò che è: la realtà s'imporrà da sola. Nei diversi paesi la differenziazione del proletariato e della borghesia segue vie partico- 156 LENIN lari. Su questa via dobbiamo agire con prudenza estrema. Bisogna essere prudenti specialmente nei confronti di nazioni diverse, perché non vi è nulla di peggio della sfiducia di una nazione. Il proletariato polacco è sulla via della sua autodecisione. Ecco le ultime cifre concernenti la composizione del soviet dei deputati operai di Varsavia 33 : social- traditori polacchi, 333; comunisti, 297. Ciò indica che, secondo il nostro calendario rivoluzionario, in Polonia l’ottobre non è più lontano. Si è alF agosto e forse al settembre 1917. Ma, in primo luogo, il decreto secondo il quale tutti i paesi dovrebbero vivere secondo il calendario rivoluzionario dei bolscevichi non è ancora stato emanato, e anche se lo fosse, non verrebbe applicato. In secondo luogo, ora le cose stanno così: la maggioranza degli operai polacchi, più avanzati dei nostri, più colti, sostiene l’idea della difesa « socialista » della patria, del social- patriottismo. Bisogna aspettare. Non si può parlare in questo caso del- l’autodecisione delle masse lavoratrici. Dobbiamo fare propaganda per questa differenziazione. La facciamo, ma non vi è ombra di dubbio che è impossibile non riconoscere oggi stesso l’ autodecisione della na- zione polacca. Ciò è chiaro. Il movimento proletario polacco segue la stessa via percorsa dal nostro, va verso la dittatura del proletariato, ma in modo diverso che in Russia. E si cerca di far paura agli operai dicendo che i moscoviti, i grandi russi, i quali hanno sempre oppresso i polacchi, vogliono portare in Polonia il loro sciovinismo grande-russo sotto l'etichetta del comuniSmo. Il comuniSmo non si diffonde con la violenza. Uno dei migliori compagni comunisti polacchi, a cui avevo detto: « Voi farete in modo diverso », mi rispose: « No, faremo la stes- sa cosa, ma meglio di voi ». Non avevo assolutamente nulla da obietta- re a questo argomento. Bisogna lasciare ai polacchi la possibilità di realiz- zare il modesto desiderio di creare il potere sovietico in un modo migliore del nostro. Bisogna tener conto del fatto che in Polonia la via è in una certa misura una via originale, ed è impossibile dire: « Ab- basso il diritto delle nazioni all’ autodecisione! Noi concediamo il dirit- to all’ autodecisione solo alle masse lavoratrici ». Quest’autodecisione segue un cammino assai complicato e difficile. Essa non esiste in nessun luogo all'infuori che in Russia, e, prevedendo tutte le fasi di sviluppo negli altri paesi, non bisogna decretare nulla da Mosca.. Ecco perché, per principio, questa proposta è inaccettabile. Passo agli altri punti, che, secondo il piano da noi elaborato, devo Vili CONGRESSO DEL.PCR(b) 157 chiarire. Ho posto in primo piano la questione dei piccoli proprietari e dei contadini medi . A questo proposito nel paragrafo 47 è detto: Nei confronti dei contadini^ medi, la politica del PCR consiste nel far partecipare gradualmente e regolarmente questi contadini al lavoro di costruzione socialista. Il partito si propone di separare i contadini medi dai kulak, di attirarli dalla parte della classe operaia mostrandosi attento alle loro esigenze, combattendo la loro arretratezza con l’azione ideologica, e non con misure di repressione, cercando, ogni volta che si tratta dei loro interessi vitali, di giungere a degli accordi pratici, e facendo delle concessioni nella scelta dei mezzi per attuare le trasformazioni socialiste ». A me pare che noi formuliamo qui dò che gli stessi fondatori del socialismo hanno detto molte volte circa il contadino medio. Il solo difetto di questo paragrafo è che esso non è sufficientemente concreto. Sarebbe tuttavia difficile dare di piu in un programma. Ma al congresso non si pongono soltanto questioni programmatiche; e noi dobbiamo prestare una grande, grandissima attenzione al serio problema del contadino medio. Ci viene comunicato appunto ora che nelle solleva- zioni che incomindano a dilagare come un’ondata generale per tutta la Russia agricola, si delinea nettamente un piano generale , e questo piano è chiaramente connesso al piano militare delle guardie bianche, le quali hanno fissato per il mese di marzo l’offensiva generale e l’orga- nizzazione di una serie di sollevazioni. Alla presidenza del congresso è pervenuto un progetto di appello che vi sarà sottoposto 34 . Queste sol- levazioni ci dimostrano con estrema evidenza che i socialisti-rivoluzio- nari di sinistra e una parte dei menscevichi — a Briansk sono i men- scevichi che hanno lavorato per l’insurrezione — compiono la funzione di agenti diretti dalle guardie bianche. Offensiva generale delle guardie bianche, sollevazione nelle campagne, arresto del movimento ferro- viario: non si riuscirà a far cadere i bolscevichi almeno con questi mezzi? Qui la funzione del contadino medio appare particolarmente chiara, in tutta la sua attualità. In questo congresso non dobbiamo soltanto sottolineare con forza particolare che siamo pronti a fare concessioni al contadino medio, ma dobbiamo anche pensare a una serie di provvedimenti, i più concreti possibile, che gli diano immediata- mente qualcosa. Lo esigono in modo impellente Pinteresse della nostra conservazione e le esigenze della lotta contro tutti i nostri nemici, i quali sanno che il contadino medio esita tra noi e loro e cercano di allontanarlo da noi. Ora la situazione è questa: abbiamo delle grandi 158 LENIN riserve. Sappiamo che sia la rivoluzione polacca sia la rivoluzione un- gherese maturano, e maturano rapidissimamente. Queste rivoluzioni ci forniranno riserve proletarie, alleggeriranno la nostra situazione e raf- forzeranno in grandissima misura la nostra base proletaria, che è debole. Ciò può accadere nei prossimi mesi, ma non sappiamo con precisione quando avverrà. Voi sapete che il momento è molto grave; e perciò oggi la questione del contadino medio acquista un’immensa importanza pratica. Vorrei quindi soffermarmi sul tema delle cooperative , trattato nel paragrafo 48 del nostro programma. Questo paragrafo è in una certa misura invecchiato. Quando lo abbiamo redatto in commissione, da noi esistevano le cooperative, ma non le comuni di consumo; qualche gior- no dopo, però, è stato approvato il decreto sulla fusione di tutti i tipi di cooperativa in un’unica comune di consumo. Non so se questo de- creto è stato pubblicato e se la maggioranza dei presenti lo conosce. Se non è stato pubblicato, lo sarà domani o dopodomani. Sotto questo aspetto il paragrafo è già invecchiato. Mi sembra tuttavia che esso sia necessario, poiché noi tutti sappiamo benissimo che fra i decreti e la loro applicazione ce una bella distanza. Per le cooperative ci stiamo dando da fare dall’aprile del 1918; abbiamo ottenuto un risultato no- tevole, ma non ancora decisivo. In molti distretti siamo riusciti talvolta a riunire nelle cooperative fino al 98% della popolazione rurale. Ma queste cooperative, che esistevano nella società capitalistica, sono intera- mente permeate dallo spirito della società borghese, e alla loro testa vi sono menscevichi e socialisti-rivoluzionari, specialisti borghesi. Non siamo ancora riusciti a prenderne la direzione; il nostro obiettivo non è ancora stato raggiunto. Il nostro decreto fa un passo avanti nel senso della creazione delle comuni di consumo; stabilisce per tutta la Russia la fusione di tutti i tipi di cooperativa. Ma anche questo decreto, sia pure nel caso che lo applichiamo integralmente, lascerà sus- sistere aU’interno della futura comune di consumo una sezione autonoma delle cooperative operaie, perché i rappresentanti delle cooperative ope- raie, che conoscono praticamente la cosa, ci hanno detto e dimostrato che queste, essendo organizzazioni maggiormente sviluppate, devono essere mantenute perché la loro attività è necessaria. Nel nostro partito i dis- sensi e le discussioni a proposito delle cooperative non sono stati pochi; si sono avuti attriti tra i bolscevichi che lavoravano in questo settore e quelli che lavoravano nei soviet. A me sembra che, in linea di prin- Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 159 cipio, la questione debba essere indubbiamente risolta in questo senso: questo apparato — runico che il capitalismo abbia fornito alle masse della campagna, Punico che funzioni tra le masse rurali ancora allo stadio del capitalismo primitivo — dev’essere ad ogni costo conservato, sviluppato, e in ogni caso non deve essere buttato via. In questo settore il compito è difficile, poiché nella maggior parte dei casi le cooperative hanno per dirigenti degli specialisti borghesi e spesso delle vere guardie bianche. Di qui Podio verso di esse, odio legittimo; di qui la lotta contro di esse. Ma questa lotta deve naturalmente essere condotta con intelli- genza: bisogna stroncare le velleità controrivoluzionarie dei cooperatori , senza tuttavia lottare contro Vapparato cooperativo. Eliminando questi cooperatori controrivoluzionari, dobbiamo prendere la direzione dell’ap- parato stesso. Qui il problema è perfettamente eguale a quello degli specialisti borghesi. È questa la seconda questione di cui vorrei parlare. La questione degli specialisti borghesi suscita parecchi attriti e di- saccordi» Quando ebbi occasione, qualche giorno fa, di prendere la pa- rola al Soviet di Pietrogrado, alcune domande rivoltemi per iscritto con- cernevano la questione degli stipendi. Mi si chiedeva: è ammissibile in una repubblica socialista pagare fino a tremila rubli? Insomma, se ab- biamo posto questa questione nel programma è perché il malcontento che essa suscita è andato abbastanza lontano. La questione degli spe- cialisti borghesi si pone nell’esercito, nell’industria, nelle cooperative; si pone dappertutto. È una questione della massima importanza nel pe- riodo di transizione dal capitalismo al comuniSmo. Potremo edificare il comuniSmo solo il giorno in cui, coi mezzi della tecnica e della scienza borghesi, lo avremo reso più accessibile alle masse. Non si può costruire la società comunista in altro modo. E per costruirla in questo modo bisogna impadronirsi dell’apparato creato dalla borghesia, bisogna far lavorare tutti questi specialisti. Abbiamo intenzionalmente sviluppato nei suoi particolari tale questione nel programma per risolverla defi- nitivamente. Sappiamo benissimo che cosa significa l’arretratezza cultu- rale della Russia, come questa si ripercuota sul potere sovietico, il quale, in via di principio, ha dato una democrazia proletaria infinitamente più alta, ha fornito un modello di questa democrazia al mondo intero; sappiamo bene come questa arretratezza culturale freni il potere so- vietico e faccia rivivere la burocrazia. A parole l’apparato sovietico è alla portata di tutti i lavoratori, in realtà, come nessuno ignora, è lontano dall’essere alla portata di tutti. E non certo perché le leggi lo impedi- 160 LENIN scano, come in regime borghese; anzi, le nostre leggi lo favoriscono. Ma le leggi da sole non bastano. Occorre un immenso lavoro educativo, organizzativo e culturale, che non può essere compiuto in poco tempo per mezzo della legge, è necessario un enorme, lungo lavoro. Il pro- blema degli specialisti borghesi deve essere risolto in modo assolutamente preciso in questo congresso. Questa soluzione darà la possibilità. ai com- pagni, che seguono indubbiamente con attenzione i lavori di questo congresso, di invocare la sua autorità, di vedere a quali difficoltà andiamo incontro. Aiuterà quei compagni, di fronte ai quali questa questione sorge a ogni passo, a partecipare almeno al lavoro di propaganda. I compagni che rappresentavano la Lega Spartaco al congresso qui a Mosca, ci hanno raccontato che nella Germania occidentale, dove l’in- dustria è particolarmente sviluppata, dove l’influenza degli spartachisti sugli operai è molto grande, che U, sebbene essi non abbiano ancora vinto, in molti grandi stabilimenti gli ingegneri, i direttori si recavano dagli spartachisti e dicevano: « Verremo con voi ». Da noi questo non è avvenuto. Probabilmente, il più elevato livello culturale degli operai, la maggiore proletarizzazione del personale tecnico, e forse una serie di altre cause che noi ignoriamo, hanno creato in Germania rapporti un pò* differenti dai nostri. In ogni caso questo è uno degli ostacoli principali alla nostra ulte- riore marcia in avanti. Dobbiamo oggi stesso, senza attendere l’appoggio degli altri paesi, sviluppare senza indugio, subito, le forze produttive. È impossibile farlo senza gli specialisti borghesi. Bisogna dirlo una volta per sempre. Certo, la maggioranza di questi specialisti ha una mentalità prettamente borghese. Bisogna circondarli di un’atmosfera di collaborazione cordiale, di co mmi ssari operai, di cellule comuniste, metterli in un ambiente da cui non possano sfuggire, ma al tempo stesso bisogna dar loro la possibilità di lavorare in condizioni migliori di quelle che avevano sotto il capitalismo, perché altrimenti questo strato sociale, forgiato dalla borghesia, non lavorerà. È impossibile obbli- gare tutto uno strato sociale a lavorare sotto il bastone: ce ne siamo resi perfettamente conto. È possibile costringere questi elementi a non partecipare attivamente alla controrivoluzione, è possibile intimidirli in modo che non osino stendere la mano per accogliere gli appelli delle guardie bianche. In questo campo i bolscevichi agiscono energicamente. È possibile farlo e lo facciamo a sufficienza. Tutti L abbiamo imparato. Ma è impossibile far lavorare con questi metodi un intero strato sociale. Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 161 Questi uomini sono abituati al lavoro nel campo della cultura; hanno fatto progredire la cultura nel quadro del regime borghese; arricchivano cioè la borghesia d’immense conquiste materiali, delle quali al prole- tariato non riservavano che un’infima parte. Ma essi hanno fatto pro- gredire la cultura. Era questa la loro professione. Nella misura in cui. vedono che dalla classe operaia emergono strati organizzati e pro- grediti che non soltanto apprezzano la cultura, ma aiutano a diffon- derla fra le masse, essi cambiano il loro atteggiamento verso di noi. Quando un medico vede che nella lotta contro le epidemie il prole- tariato stimola l’iniziativa dei lavoratori, il suo atteggiamento verso di noi cambia radicalmente. Abbiamo un largo contingente di questi me- dici, ingegneri, agronomi, cooperatori borghesi; quando essi vedranno nella pratica che il proletariato trascina in quest’opera masse sempre più grandi, essi saranno vinti moralmente , e non soltanto staccati politi- camente dalla borghesia. Il nostro compito diventerà allora più facile. Essi saranno allora di per sé attratti nel nostro apparato, ne divente- ranno una parte integrante. Per questo, bisogna fare dei sacrifici. Pa- gare per questo anche due miliardi, è un’inezia. Sarebbe puerile temere di far questo sacrificio: significherebbe non comprendere i problemi che stanno di fronte a noi. La disorganizzazione dei trasporti, la disorganizzazione deU’industrk e dell’agricoltura minano tuttavia resistenza della repubblica sovietica. Dobbiamo ricorrere ai più energici provvedimenti, tendere al massimo tutte le forze del paese. Non dobbiamo condurre nei confronti degli spe- cialisti una politica di meschini cavilli. Questi specialisti non sono i do- mestici degli sfruttatori, essi sono degli uomini colti che nella società borghese servivano la borghesia e di cui tutti i socialisti del mondo dicevano che nella società proletaria avrebbero servito noi . In questo periodo di transizione dobbiamo offrire loro le migliori condizioni di vita possibili. Questa sarà la politica migliore, sarà la gestione piu econo- mica. Altrimenti, per aver risparmiato qualche centinaio di milioni, ri- schieremo di perdere tanto che nemmeno con dei miliardi potremmo recuperare. In una conversazione a proposito delle paghe, il compagno Schmidt, commissario del lavoro, mi segnalò i fatti seguenti. Per il livellamento dei salari, egli diceva, abbiamo fatto tanto, quanto non ha fatto, non può fare in decine di anni e in nessun luogo, nessuno Stato borghese. Pren- dete le paghe dell’anteguerra. Il manovale riceveva un rublo al giorno, 162 LENIN cioè venticinque rubli al mese, e lo specialista cinquecento, senza contare coloro ai quali si pagavano centinaia di migliaia di rubli. Lo specialista riceveva venti volte più dell'operaio. Le nostre paghe attuali oscillano tra i seicento e i tremila rubli: il rapporto è di 1 a 5. Abbiamo fatto molto per livellare i salari. Certo, ora paghiamo troppo gli specialisti, ma non soltanto vale la pena di pagar loro un sovrappiù per il loro sapere; questa è una necessità assoluta anche dal punto di vista teorico, Secondo me nel programma tale questione è sufficientemente approfon- dita nei particolari. Bisogna sottolinearla con forza. È necessario risol- verla qui, e non soltanto in linea di principio; bisogna fare in modo che tutti i congressisti, di ritorno a casa, possano ottenere, mediante rapporti nelle loro organizzazioni, mediante tutta la loro attività, che la nostra risoluzione sia applicata. Abbiamo già ottenuto una grande svolta tra gPintellettuali esitanti. Se ieri parlavamo di legalizzare i partiti piccolo-borghesi e se oggi fac- ciamo arrestare i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, applichiamo, in queste variazioni, un sistema perfettamente determinato. Attraverso queste variazioni passa una sola linea, la linea più inflessibile: stroncare la controrivoluzione , utilizzare l'apparato culturale borghese. I mensce- vichi sono i peggiori nemici del socialismo perché si travestono da pro- letari, ma non sono uno strato proletario. Soltanto uno strato superiore, numericamente insignificante, è proletario; esso stesso è composto da piccoli intellettuali. Questo strato viene a noi. Lo conquisteremo tutto, come strato. Ogni volta che questi uomini vengono a noi, diciamo loro: « Siate i benvenuti ». Ad ognuna di tali oscillazioni, una parte viene a noi. Cosi è avvenuto con i menscevichi e con quelli della Novaia Gizn } cosi è avvenuto con i socialisti-rivoluzionari e cosi avverrà con tutti gli elementi esitanti che per lungo tempo ancora ci intralceranno il passo, piagnucoleranno, passeranno da un campo all'altro; sono fatti cosi, non c’è niente da fare. Ma attraverso tutte queste esitazioni, faremo di- ventare funzionari sovietici strati interi di intellettuali colti, ed elimi- neremo gli elementi che continuano a sostenere le guardie bianche. La questione successiva, che secondo la divisione dei temi è mio compito trattare è la questione del burocratismo e della partecipazione delle larghe masse al lavoro sovietico. Le lagnanze a proposito del buro- cratismo si fanno sentire da molto tempo, e sono indubbiamente fondate. Nella lotta contro il burocratismo noi abbiamo fatto ciò che nessun altro Stato ha fatto. Abbiamo distrutto dalle fondamenta quell’ apparato, Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 163 saturo di burocratismo e di oppressione borghese, che rimane tale per- sino nelle repubbliche borghesi piu libere. Prendiamo anche soltanto i tribunali. È vero che qui il compito era piu facile; non abbiamo dovuto creare un nuovo apparato, perché ognuno può giudicare secondo la coscienza del diritto rivoluzionario delle classi lavoratrici. Siamo ancora lontani dalPaver portato la cosa a termine. Tuttavia in parecchie re- gioni il tribunale è divenuto ciò che deve essere. Abbiamo creato degli organi ai quali possono partecipare tutti, letteralmente tutti, non sol- tanto gli uomini, ma anche le donne, cioè l’elemento piu arretrato e inerte. Gli impiegati degli altri rami dell’amministrazione sono dei funzio- nari-burocrati dei piu incalliti. Qui il compito è piu difficile. Non pos- siamo fare a meno di questo apparato: ogni ramo dell’amministrazione crea la necessità di un simile apparato. Noi soffriamo del fatto che la Russia non era sufficientemente sviluppata dal punto di vista capita- listico. La Germania, a quanto pare, attraverserà questa fase con mag- giore facilità, perché il suo apparato burocratico è passato per una scuola migliore, dove si spremono tutte le forze, ma dove si costringe la gente a lavorare, invece di scaldare le sedie come si fa nei nostri uffici. Questo vecchio elemento burocratico prima l’abbiamo scacciato, scrollato, e poi abbiamo ricominciato ad affidargli nuovi posti. I bu- rocrati zaristi sono passati a poco a poco nelle istituzioni sovietiche in cui diffondono il burocratismo; si travestono da comunisti e per una migliore riuscita della loro carriera si procurano la tessera del PCR. Cosi, dopo essere stati scacciati dalla porta, rientrano dalla finestra! In questo campo si risente soprattutto la mancanza di ele- menti colti. Questi burocrati si potrebbero destituire, ma rieducarli subito è impossibile. Dinanzi a noi sorgono prima di tutto compiti di organizzazione, di cultura e di educazione. Combattere fino in fondo il burocratismo, combatterlo fino alla completa vittoria, è possibile unicamente se tutta la popolazione par- tecipa all’ amministrazione. Nelle repubbliche borghesi questo non sol- tanto sarebbe impossibile: la legge stessa lo impedisce. Le migliori repubbliche borghesi, anche le più democratiche, hanno migliaia di pastoie legislative che impediscono ai lavoratori di partecipare al- Tamministrazione. Noi abbiamo fatto si che tutte queste pastoie non esistano più da noi, ma finora non abbiamo ancora ottenuto che le masse lavoratrici possano partecipare alFamministrazione. Oltre alla leg- 164 LENIN ge, c'è anche il livello culturale, che non si può sottomettere a nessuna legge. Questo basso livello di cultura fa si che i soviet, i quali, se- condo il loro programma sono gli organi del governo esercitato dai lavoratori , sono in realtà Porgano del governo per i lavoratori , eser- citato dallo strato d'avanguardia del proletariato, ma non dalle masse lavoratrici. Abbiamo dinanzi a noi un compito, che non può essere assolto se non con un lungo lavoro di educazione. Oggi questo compito è estremamente difficile per noi perché, come ho avuto occasione di indicare più volte, lo strato degli operai che governano è eccessiva- mente, incredibilmente sottile . Dobbiamo ricevere dei rinforzi. Tutti gli indizi attestano che una tale riserva aumenta alPinterno del paese. La grandissima sete di sapere, il prodigioso progresso delPistruzione, attenuto il piu delle volte fuori della scuola, il gigantesco progresso delPistruzione delle masse lavoratrici non può essere minimamente mes- so in dubbio. Questo successo non può essere inserito in una qualche cornice scolastica, ma è colossale. Tutti gli indizi attestano che in un prossimo avvenire potremo avere un'immensa riserva, che prenderà il posto dei rappresentanti del sottile strato proletario, estenuati per il gran lavoro. Ma in ogni caso, in questo campo la nostra situazione è oggi estremamente difficile. La burocrazia è vinta. Gli sfruttatori sono eliminati. Ma il livello culturale non è stato elevato; ed è per questo che i burocrati occupano i loro vecchi posti. Li si potrà sloggiare sol- tanto organizzando il proletariato e i contadini in proporzioni molto più grandi di quanto si è fatto finora e applicando contemporanea- mente provvedimenti atti a far partecipare gli operai all’amministra- zione. Questi provvedimenti voi tutti li conoscete nel quadro di ogni singolo commissariato del popolo; non mi soffermerò quindi su di essi. L’ultimo punto che mi spetta di esaminare è la funzione dirigente del proletariato e la privazione del diritto di voto-. La nostra Costi- tuzione riconosce la preminenza del proletariato sui contadini e priva gli sfruttatori del diritto di voto. Su ciò hanno soprattutto diretto i loro attacchi i democratici puri dell’Europa occidentale. Abbiamo risposto e rispondiamo loro che essi hanno dimenticato le tesi fonda- mentali del marxismo, hanno dimenticato che da loro si tratta della demo- crazia borghese, mentre invece noi siamo passati alla democrazia proleta- ria. Non vi è nessun paese che abbia fatto anche solo la decima parte di ciò che la repubblica sovietica ha fatto nei mesi scorsi per far parte- Vili CONGRESSO DEL PCr(b) 165 cipare gli operai e i contadini poveri alla gestione dello Stato. Que- sta è una verità assoluta- Nessuno potrà negare che, per la democrazia vera e non fittizia, per attirare gli operai e i contadini abbiamo fatto piu di quanto avevano fatto e avevano potuto fare in centinaia d'anni le migliori repubbliche democratiche. Questo fatto ha determinato Pimportanza dei soviet; grazie a questo i soviet sono diventati la pa- rola d’ordine del proletariato di tutti i paesi. Ma ciò non c’impedisce d’imbatterci nell’ostacolo costituito dal- l’insufficiente cultura delle masse. La questione della privazione della borghesia del diritto di voto non è da noi considerata come un cri- terio assoluto, perché teoricamente si può benissimo ammettere che la dittatura del proletariato reprima ad ogni passo la borghesia senza tuttavia privarla del diritto di voto. Teoricamente, ciò è perfettamente possibile e noi non presentiamo quindi la nostra Costituzione come un modello per gli altri paesi. Diciamo unicamente che chi immagina dì poter passare al socialismo senza reprimere la borghesia non è un so- cialista. Ma se è necessario reprimere la borghesia come classe, non è necessario privarla del diritto di voto e dell’eguaglianza. Noi non vogliamo la libertà per la borghesia, non riconosciamo l’eguaglianza fra sfruttatori e sfruttati, ma nel nostro programma consideriamo que- sta questione in modo da non prescrivere affatto nella Costituzione provvedimenti come l’ineguaglianza fra contadini e operai. La Co- stituzione li ha registrati dopo che essi avevano preso piede nella pratica. Non sono stati nemmeno i bolscevichi che hanno elaborato la Costituzione sovietica ma i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, che l’hanno elaborata contro se stessi prima della rivoluzione bolsce- vica. L’hanno elaborata come l’aveva elaborata la vita. L’organizzazione dei proletari procedeva con maggior rapidità che non l’organizzazione dei contadini, ciò che faceva degli operai il sostegno della rivoluzione e dava loro un vantaggio reale. L’obiettivo ulteriore è di passare al livellamento graduale di questi vantaggi. Nessuno ha cacciato la bor- ghesia dai soviet, né prima né dopo la Rivoluzione d’ottobre. La bor- ghesia stessa se ne è esclusa . Cosi stanno le cose circa il diritto di voto della borghesia. Il no- stro compito è di porre la questione con tutta chiarezza. Non ci scu- siamo affatto per la nostra condotta, ma enumeriamo con assoluta precisione i fatti quali sono. La nostra Costituzione, come abbiamo detto, fu costretta a registrare questa ineguaglianza, perché il livello 166 LENIN culturale è basso, perché l’organizzazione da noi è debole. Ma di que- sta ineguaglianza non facciamo un ideale; al contrario, secondo il pro- gramma, il partito s’impegna a lavorare sistematicamente per abolire questa ineguaglianza tra il proletariato, meglio organizzato, e i conta- dini, ineguaglianza che aboliremo appena riusciremo ad elevare il li- vello culturale. Allora potremo fare a meno di tali restrizioni. Queste restrizioni hanno, già oggi, dopo solo diciassette mesi di rivoluzione, un’importanza pratica molto limitata. Tali sono, compagni, i punti principali sui quali ho ritenuto necessario soffermarmi durante la discussione generale sul programma. Lascio al dibattito di proseguire la discussione. {Applausi. ) 4 CONCLUSIONI AL DIBATTITO SUL PROGRAMMA DEL PARTITO 19 marzo (Applausi.) Compagni, per questa parte della questione non ho potuto dividere il compito col compagno Bukharin, consigliandomi con lui in precedenza cosi dettagliatamente come abbiamo fatto per il rap- porto. Forse non ce ne sarà bisogno. Mi sembra che i dibattiti che qui si sono svolti abbiano dimostrato fondamentalmente una cosa: l'assenza di qualsiasi controproposta ben definita e formulata. Si è parlato molto su singole parti, frammentariamente, ma non c’è stata nessuna controproposta. Mi soffermerò sulle obiezioni principali, di- rette prima di tutto contro l’introduzione. Il compagno Bukharin mi ha detto di essere fra coloro che sostengono la possibilità di riunire nell’introduzione l’analisi del capitalismo e l'analisi dell'imperialismo in un’unica formulazione, ma in mancanza di tale formulazione, dobbia- mo approvare il progetto esistente. Molti di coloro che hanno parlato, fra i quali il compagno Pod- belski che l’ha affermato con particolare energia, hanno sostenuto che il progetto, cosi come vi è stato presentato, è errato. Le dimostrazioni del compagno Podbelski erano estremamente strane. Come questa, per esempio: nel primo paragrafo la nostra rivoluzione è chiamata rivolu- zione di quel determinato mese. Questo, chissà perché, ha fatto pen- sare al compagno Podbelski che questa rivoluzione avrebbe perfino un numero d'ordine. Posso dire che al Consiglio dei commissari del po- polo abbiamo a che fare con moltissime carte che hanno un numero d’ordine e spesso ce ne stanchiamo ma perché portare anche qui questa impressione? Veramente, che c'entra qui il numero d'ordine? Fissiamo la data della festa e la celebriamo. Come si può negare che il potere è stato preso proprio il 25 ottobre? Se cercherete di mutare questo dato in qualche modo, sarà una cosa artificiosa. Se chiamerete 168 LENIN la rivoluzione Rivoluzione d’ottobre-novembre, darete la possibilità di dire che le cose non sono state fatte in un solo giorno. Ma, natural- mente, la rivoluzione si è fatta in un periodo piu lungo: non in otto- bre, non in novembre, e neppure in un anno. Il compagno Podbelski ha criticato il fatto che in un paragrafo si parli della imminente rivo- luzione sociale. Su questa base egli ha presentato il programma quasi come un tentativo di « lesa maestà » nei confronti della rivoluzione sociale. Ci siamo dentro, alla rivoluzione sociale, e ce ne parlano come di una cosa imminente! Questo- argomento è manifestamente inconsi- stente, perché nel nostro programma si parla della rivoluzione sociale su scala mondiale. Ci dicono che consideriamo la rivoluzione secondo un criterio economico. È necessario o no? Qui, molti compagni entusiasti sono arrivati a parlare di un Sovnarkhoz mondiale e della subordinazione di tutti i partiti nazionali al Comitato centrale del PCR. Il compagno Piatakov è quasi arrivato a dir questo. ( Piatakov dal suo posto : « Pensate forse che sarebbe male? ».) Se egli osserva ora che non sarebbe male, debbo rispondere che se nel programma ci fosse qualcosa di simile, non ci sarebbe bisogno di criticarlo: gli autori di una pro- posta simile si distruggerebbero da soli. Questi compagni entusiasti non hanno considerato che nel programma dobbiamo partire da ciò che c’è. Uno di questi compagni, Sunitsa mi sembra, che ha criticato assai decisamente il programma definendolo misero, ecc., imo di que- sti compagni entusiasti ha detto di non poter approvare che debba esservi ciò che c’è, e propone che debba esservi ciò che non c’è. (Ri- sate. ) Penso che questa formulazione della questione, per la sua pa- lese erroneità, susciti legittimamente il riso. Non ho detto che debba esservi soltanto ciò che c’è. Ho detto che dobbiamo partire da ciò che è assolutamente stabilito , dobbiamo dire e dimostrare ai proletari e ai con- tadini lavoratori che la rivoluzione comunista è inevitabile. Qualcuno qui ha forse sostenuto che non bisogna dirlo? Se qualcufio avesse pro- vato a fare una simile proposta, gli avrebbero dimostrato che aveva torto. Nessuno ha detto né dirà niente di simile, perché è un fatto incontestabile che il nostro partito è giunto al potere appoggiandosi non solo sul proletariato comunista, ma anche su tutte le masse contadine. Ci limiteremo forse a dire a queste masse che ora ci seguono: « Com- pito del partito è soltanto di effettuare la costruzione socialista. La rivoluzione comunista è fatta, realizzate il comuniSmo ». Questo punto Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 169 di vista è radicalmente infondato, teoricamente errato. Il nostro par- tito ha attirato a sé direttamente e, ancora piu indirettamente, milioni di uomini che ora si orientano bene nella questione della lotta di classe, nella questione del passaggio dal capitalismo al comuniSmo. Adesso si può dire, e in questo, naturalmente, non ci sarà alcuna esagerazione, che in nessun posto, in nessun altro paese la questione della trasformazione del capitalismo in socialismo ha interessato tanto la popolazione lavoratrice, quanto l’interessa ora da noi. Da noi ci si pensa assai piu che in qualunque altro paese. E il partito non dovrebbe forse rispondere a questa domanda? Dobbiamo mostrare scientifica- monte come avverrà questa rivoluzione comunista. Da questo punto di vista, tutte le altre proposte sono incomplete. Nessuno ha proposto di sopprimere interamente questa parte. Si è detto vagamente: forse si potrebbe abbreviare, non citare il vecchio programma perché è sba- gliato. Ma se fosse stato sbagliato, come avremmo potuto ispirarci a questo programma in tanti anni di attività? Forse avremo un pro- gramma generale quando sarà stata creata la Repubblica sovietica mon- diale; ma prima di allora scriveremo certamente ancora diversi pro- grammi. Ma scriverli adesso che esiste soltanto una Repubblica sovie- tica al posto del vecchio impero russo, sarebbe prematuro. Persino la Finlandia pur avviandosi indubbiamente verso una repubblica so- vietica, non l’ha ancora realizzata; eppure la Finlandia si distingue da tutti gli altri popoli del vecchio impero russo per il suo piu alto livello culturale. Sicché pretendere ora di dare nel programma l’espres- sione di un ptocesso terminato, sarebbe un grandissimo’ errore. Sa- rebbe come se, adesso, proponessimo nel programma il Sovnarkhoz mondiale. Intanto noi stessi non siamo ancora riusciti ad abituarci a questa brutta parola, « Sovnarkhoz », e agli stranieri, si dice, capita di cercare nella guida se esiste questa stazione. (Ilarità.) Queste pa- role, non possiamo imporle per decreto a tutto il mondo. Per essere internazional ., il nostro programma deve tener conto degli elementi di classe caratteristici sul piano economico per tutti i paesi. Per tutti i paesi è caratteristico che il capitalismo si sta ancora sviluppando in moltissimi luoghi. Questo è vero per tutta l’Asia, per tutti i paesi che passano alla democrazia borghese, è vero per una se- rie di regioni della Russia. Ecco che il compagno Rykov, che conosce molto bene i fatti nel campo dell’economia, ci ha parlato della nuova borghesia che esiste da noi. È vero. Essa nasce non soltanto fra i 170 LENIN nostri impiegati sovietici, — può nascere anche li, in proporzioni mi- nime, — ma anche nell’ambiente dei contadini e degli artigiani libe- rati dal giogo delle banche capitalistiche e ora tagliati fuori dai tra- sporti ferroviari. È un fatto. In che modo volete eluderlo? Cosi non fate che alimentare le vostre illusioni o introdurre un opuscolo mal com- preso in una realtà che è assai piu complessa. Questa realtà ci mostra che perfino in Russia l’economia mercantile capitalistica vive, opera, si sviluppa, genera la borghesia come in ogni società capitalistica. Il compagno Rykov ha detto: « Noi lottiamo contro la borghesia, la quale nel nostro paese sorge perché l’azienda contadina non è ancora scomparsa, e questa azienda genera la borghesia e il capita- lismo ». Non abbiamo dati precisi a questo proposito, ma è indubbio che ciò avviene. In tutto jl mondo, la Repubblica sovietica esiste finora soltanto entro i confini del vecchio impero russo. In una serie di paesi essa matura, si sviluppa, ma non esiste ancora. Perciò pre- tendere nel nostro programma cose alle quali non siamo ancora arrivati nella vita, è fantasia, è desiderio di sfuggire a una realtà spia- cevole, la quale ci mostra che le doglie del parto della repubblica socia- lista negli altri paesi sono indubbiamente piu forti di quelle che noi abbiamo sopportato. Per noi è stato facile perché abbiamo trasfor- mato in legge, il 27 ottobre 1917, ciò che i contadini rivendicavano nelle risoluzioni socialiste-rivoluzionarie. Ciò non accade in nessun paese. Il compagno svizzero e il compagno tedesco ci hanno detto che i contadini in Svizzera sono piu che mai contro gli scioperanti, e che in Germania non si nota nelle campagne il minimo segno che vi possano nascere Consigli di braccianti e di piccoli contadini. Da noi, dopo i primi mesi di rivoluzione, i soviet dei deputati con- tadini hanno abbracciato quasi tutto il paese. Noi, paese arretrato, li abbiamo creati. Qui sta un gigantesco problema che i popoli capita- listici non hanno ancora risolto. E che paese capitalistico esemplare siamo noi? Fino al 1917 da noi esistevano ancora tracce della servitù della gleba. Ma nessuna nazione di struttura capitalistica ha ancora mostrato come questo problema si risolva in pratica. Noi siamo giunti al potere in condizioni eccezionali, quando il giogo dello zarismo obbli- gava a procedere con grande slancio a una rapida trasformazione radi- cale, e, in queste condizioni eccezionali, abbiamo saputo appoggiarci per qualche mese su tutti i contadini nel loro complesso. È un fatto storico. Almeno fino all'estate del 1918, fino alla fondazione dei Co- Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 171 mi tati dei contadini poveri, ci siamo mantenuti come potere perché ci siamo appoggiati su tutti i contadini nel loro complesso. Questo non è possibile in nessun paese capitalistico. Ecco il fondamentale fatto economico che dimenticate quando parlate di un rifacimento radicale di tutto il programma. Senza di ciò il vostro programma non sarà fon- dato su una base scientifica. Dobbiamo muovere dall’idea marxista, riconosciuta da tutti, che il programma deve essere costruito su una base scientifica, -deve spiegare alle masse come la rivoluzione comunista è sorta, perché essa è inevitabile, qual è il suo significato, la sua essenza, la sua forza, che cosa essa deve risolvere. Il nostro programma deve essere una, guida per la propaganda, una guida come lo sono stati tutti i programmi, come è stato, per esempio, il programma di Erfurt 3a . Ogni paragrafo di questo programma riassumeva centinaia di migliaia di di- scorsi e di articoli di propagandisti. Nel nostro programma ogni para- grafo è ciò che deve saper assimilare e comprendere ogni lavoratore. Se egli non comprende che cos’è il capitalismo, se non comprende che la piccola azienda contadina e artigiana generano inevitabilmente e necessariamente questo capitalismo, se non comprende questo, allora, anche se si dichiara cento volte comunista e se ostenta il comuniSmo più radicale, quel comuniSmo non vale un soldo. Noi apprezziamo il comu- niSmo soltanto quando ha una base economica. La rivoluzione socialista cambierà molte cose anche in alcuni paesi avanzati. Il modo di produzione capitalistico continua a esistere in tutto il mondo, conservando spesso le sue forme meno evolute, benché ['imperialismo abbia riunito e concentrato il capitale finan- ziario. In nessuno dei paesi capitalistici più sviluppati si può trovare il capitalismo esclusivamente nella sua forma più perfetta. Neppure in Germania c’è niente di simile. Quando raccoglievamo il materiale relativo ai nostri compiti concreti, il compagno clic dirigeva l’Ufficio centrale di statistica ci ha fatto sapere che in Germania il contadino tedesco ha nascosto agli organismi addetti all’approvvigionamento il 40% delle sue eccedenze di patate. In questo Stato capitalistico, nel quale il capitalismo è in pieno sviluppo, continuano a esistere le pic- cole aziende contadine con la piccola vendita libera, la piccola specu- lazione. Questi fatti non si possono trascurare. Fra i trecentomila membri del partito qui rappresentati sono forse molti quelli che hanno le idee completamente chiare su questa questione? È ridicola 172 LENIN presunzione supporre che, poiché noi, che abbiamo avuto la fortuna di scrivere il progetto, conosciamo tutto, anche la massa dei comu- nisti ha compreso tutto. No, essi hanno bisogno di quest'abbiccì, ne hanno cento volte piu bisogno di noi, perché non può esservi comu- niSmo per coloro che non hanno assimilato, non hanno chiarito che cos’è il comuniSmo e che cos’è l'economia, mercantile. Ogni giorno, per ogni questione di politica economica pratica, per ogni questione relativa airapprovvigionamento, all'agricoltura o al Consiglio superiore dell’economia nazionale, ci imbattiamo in questi fatti di piccola eco- nomia mercantile. Ma non bisognerebbe parlarne nel programma! Se cosi facessimo, mostreremmo soltanto di essere incapaci di risolvere questo problema, dimostreremmo che il successo della rivoluzione nel nostro paese può essere spiegato richiamandoci alle condizioni ecce- zionali. Da noi vengono compagni dalla Germania per studiare le formule del regime socialista. E noi dobbiamo agire in modo da dimostrare ai compagni stranieri la nostra forza, in modo che essi vedano che, nella nostra rivoluzione, non usciamo affatto dal quadro della realtà, in modo da dar loro del materiale inconfutabile. Sarebbe ridicolo presen- tare la nostra rivoluzione come una specie di ideale per tutti i paesi, immaginare che essa ha fatto una serie di scoperte geniali e introdotto un mucchio di innovazioni socialiste. Non l’ho mai sentito dire da nessuno, e affermo che non lo sentiremo mai. Abbiamo le esperienze pratiche di chi ha compiuto i primi passi nella distruzione del capitalismo in un paese dove i rapporti fra il proletariato e i conta- dini sono di tipo particolare. Nient’altro. Se ci metteremo a gonfiarci come rane c a darci delle arie, faremo ridere tutto il mondo, saremo dei puri e semplici fanfaroni. Abbiamo educato il partito del proletariato sulla base di un pro- gramma marxista, e nello stesso modo bisogna educare le decine di milioni di lavoratori del nostro paese. Noi ci siamo riuniti qui, come dirigenti ideologici, e dobbiamo dire alle masse: « Abbiamo educato il proletariato e siamo sempre e prima di tutto partiti da una precisa analisi economica ». Questo non è compito di un manifesto. Il mani- festo della III Internazionale è un appello, un proclama che richiama l’attenzione su ciò che sta di fronte a noi, è un appello ai sentimenti delle masse. Cercate di dimostrare scientificamente che avete una base economica e che non costruite sulla sabbia. Se non potete farlo, non Vili CONGRÈSSO DEL PCr(b) 173 mettetevi a redigere un programma. E per redigerlo non dobbiamo far altro che riesaminare tutto ciò che abbiamo vissuto in quindici anni. Se quindici anni fa abbiamo detto che andavamo verso la rivo- luzione sociale imminente, e ora vi siamo giunti, è possibile che questo ci indebolisca? Questo ci rafforza, ci consolida. Tutto si riduce al fatto che il capitalismo si trasforma in imperialismo, e l’imperialismo conduce airinizio della rivoluzione socialista. È un processo noioso e lungo, e nessun paese capitalistico lo ha ancora compiuto del tutto. Ma nel programma questo processo deve essere rilevato. Ecco perché le obiezioni teoriche che sono state fatte non resi- stono alla minima critica. Non dubito che, se si facessero lavorare per tre o quattro ore al giorno dieci o venti scrittori esperti nelTesp rimere il loro pensiero, nel termine d un mese scriverebbero un programma migliore e piu coerente. Ma esigere che questo sia fatto in un giorno o due, come ha detto il compagno Podbelski, è ridicolo. Abbiamo la- vorato piu d’un giorno o due, e anche piu di due settimane. Ripeto, se fosse possibile eleggere una commissione di trenta persone e farla lavorare per un mese qualche ora al giorno, e senza disturbarla con telefonate, essa ci darebbe, non ce dubbio, un programma cinque volte migliore. Ma qui nessuno ha messo in discussione la sostanza della questione. Un programma che non parlasse delle basi dell’eco- nomia mercantile e del capitalismo, non sarebbe un programma inter- nazionale marxista. Per essere internazionale, non basta che proclami la Repubblica sovietica mondiale o l’abolizione delle nazioni, come ha proclamato il compagno Piatakov: non c’è bisogno di nazioni, ci vuole l’unione di tutti i proletari. Certo, è una cosa magnifica, e que- sto accadrà, ma a uno stadio completamente diverso dello sviluppo comunista. Il compagno Piatakov dice con evidente aria di superiorità: « Nel 1917 eravate rimasti indietro, adesso avete fatto progressi ». Abbiamo fatto progressi quando abbiamo incluso nel programma ciò che corrispondeva alla realtà. Quando abbiamo detto che le nazioni si spostano dalla democrazia borghese al potere proletario, abbia- mo detto ciò che è, mentre nel 1917 questo era solo ciò che voi desideravate. Quando fra gli spartachisti e noi ci sarà quella piena fraterna fiducia che occorre per un comuniSmo unitario, quella fraterna fidu- cia che va nascendo di giorno in giorno e che fra qualche mese forse sarà raggiunta, allora sarà inserita anche nel programma. Ma finché 174 LENIN non esiste, proclamarla vuol dire spingere gli spartachisti dove essi non sono ancora giunti attraverso la loro esperienza. Diciamo che l’organizzazione di tipo sovietico ha acquistato un significato interna- zionale. Il compagno Bukharin ha accennato ai comitati inglesi degli anziani di fabbrica. Non sono esattamente la stessa cosa dei soviet. Questi si sviluppano, ma sono ancora in gestazione. Quando verranno alla luce, allora « vedremo ». Ma dire che noi regaliamo agli operai inglesi i soviet russi, è una cosa che non regge l’ombra di una critica. Inoltre devo soffermarmi sulla questione dell’autodecisione delle nazioni. Questa questione ha acquistato nella nostra critica un’impor- tanza esagerata. La debolezza della nostra critica si è manifestata nel fatto che una questione la quale in sostanza, nella struttura generale del programma, nel complesso delle rivendicazioni ha un’importanza meno che secondaria, ne ha acquistata invece una particolare. Mentre il compagno Piatakov parlava, io mi chiedevo con grande stupore di che si trattasse: di una discussione sul programma o di un dibattito fra due uffici d’organizzazione. Quando il compagno Pia- takov ha detto che i comunisti ucraini agiscono secondo le direttive del Comitato centrale del PCR(b), non ho capito in che tono parlasse. In tono di rincrescimento? Non sospetto il compagno Piatakov di una cosa simile, ma il senso del suo discorso era: a che servono tutte queste autodecisioni quando a Mosca c’è un magnifico Comitato cen- trale! È un punto di vista puerile. L’Ucraina è stata separata dalla Russia per condizioni eccezionali, e il movimento nazionale non vi ha messo radici profonde. Nella misura in cui s’è manifestato, i tede- schi lo hanno spezzato. Questo è un fatto, ma un fatto eccezionale. Persino per la lingue la situazione è tale che non si sa piu se l’ucraino sia una lingua di massa oppure no. Le masse lavoratrici delle altre nazioni erano piene di diffidenza verso i grandi-russi, come nazione di kulak e di oppressori. È un fatto. Un rappresentante finlandese mi ha raccontato che tra la borghesia finlandese, che odiava i grandi- russi, ora si sente dire: « I tedeschi si sono rivelati più feroci, l'In- tesa anche, meglio i bolscevichi ». Ecco l’iinmensa vittoria che abbiamo riportato sulla borghesia finlandese nella questione nazio- nale. Ciò non ci impedirà affatto di batterci contro di essa come ne- mico di classe con i mezzi più adatti. La Repubblica sovietica che si è formata nel paese il cui zarismo opprimeva la Finlandia, deve dire che rispetta il diritto alTindipendema delle nazioni. Con il go* vili CONGRESSO DEL PCR(b) 175 verno rosso finlandese che è esistito per breve tempo, abbiamo con- cluso un trattato, gli abbiamo fatto alcune concessioni territoriali, a causa delle quali ho sentito non poche obiezioni di tipo puramente sciovinistico: « Laggiù ci sono delle buone zone di pesca e voi gliele avete cedute ». Sono le obiezioni a proposito delle quali ho detto: gratta qualche comunista, e ci troverai uno sciovinista grande-russo. Mi sembra che questo esempio relativo alla Finlandia, come quello relativo ai basckiri, dimostri che nella questione nazionale non si può ragionare sostenendo che ci vuole a qualunque costo l’unità economica. Ci vuole, certo! Ma dobbiamo cercare di ottenerla con la propaganda, con Pagitazione, con Punione volontaria. I basckiri diffidano dei grandi- nosi perché i grandi-russi sono piu civili e si sono serviti della loro civiltà per derubare i basckiri. Perciò in queste regioni sperdute il termine grande-russo per i basckiri vuol dire « oppressore », « mascal- zone ». Bisogna tenerne conto, bisogna lottare contro questo. Ma è cosa lunga. Non la si può eliminare con nessun decreto. Dobbiamo essere assai prudenti. La prudenza è soprattutto necessaria da parte di una nazione che, come la grande-russa, ha suscitato un odio feroce in tutte le altre nazioni, e soltanto adesso abbiamo imparato, e ancora male, a correggere le cose. Per esempio, abbiamo al Commissariato delTistru- zione pubblica o vicino ad esso dei comunisti che dicono: scuola unica, perciò non azzardatevi ad insegnare in una lingua che non sia la russa! Secondo me un comunista simile è uno sciovinista grande-russo. Egli vive in molti di noi, e dobbiamo combatterlo. Ecco perché dobbiamo dire alle altre nazioni che siamo interna- zionalisti fino in fondo e tendiamo all’unione volontaria degli operai e dei contadini di tutte le nazioni. Ciò non esclude affatto le guerre. La guerra è un’altra questione, che deriva dalla natura dell’imperia- lismo. Se noi siamo in guerra con Wilson, e Wilson trasforma una piccola nazione in un suo strumento, noi diciamo che lottiamo contro questo strumento. Non abbiamo mai detto il contrario. Non abbiamo mai detto che la repubblica socialista può esistere senza una forza militare. In determinate condizioni la guerra può essere una neces- sità. Ma ora, a proposito deirautodecisione delle nazioni, la sostanza della questione è che le diverse nazioni seguono la stessa via storica, ma facendo moltissimi zigzag e imboccando sentieri molteplici, e le nazioni più civili progrediscono notoriamente in modo diverso da quel- le meno civili. La Finlandia ha progredito in modo diverso, la Ger- 176 LENIN mania progredisce in modo diverso. Il compagno Piatakov ha mille volte ragione di dire che ci occorre l’unità. Ma dobbiamo lottare per essa con la propaganda, con l’influenza del partito, con la creazione di sindacati unitari. Anche qui non si può agire secondo un unico modello. Se sopprimessimo questo punto o lo redigessimo altrimenti, cancelleremmo la questione nazionale dal programma. Lo si potrebbe fare, se esistessero persone senza particolarità nazionali. Ma persone simili non esistono, e non possiamo assolutamente costruire la società socialista agendo diversamente. Compagni, io penso che si debba prendere come base il program- ma qui presentato e rinviarlo alla commissione, la quale sarà inte- grata con rappresentanti dell’opposizione o, piu giustamente, con com- pagni che hanno fatto proposte costruttive. Da questa commissione dovrebbe venir fuori: 1) la lista degli emendamenti al progetto e 2) le obiezioni teoriche sulle quali non si può essere d’accordo. Credo che questo sia il modo piu costruttivo di porre la questione, un modo che ci condurrà con la massima rapidità alla soluzione giusta. ( Applausi . ) 5 RADIOGRAMMA DI SALUTO DEL CONGRESSO AL GOVERNO DELLA REPUBBLICA SOVIETICA UNGHERESE 38 22 marzo Al governo della Repubblica sovietica ungherese Budapest L’VIII congresso del Partito comunista russo manda il suo calo- roso saluto alla Repubblica sovietica ungherese. Il nostro congresso è convinto che non è lontano il tempo in cui in tutto il mondo trion- ferà il comuniSmo. La classe operaia della Russia si affretta con tutte le sue forze a venirvi in aiuto. Il proletariato del mondo intero segue con grande attenzione la vostra ulteriore lotta e non permetterà agli imperialisti di levare la rnano sulla nuova repubblica sovietica. Evviva la repubblica comunista internazionale! Pubblicato il 25 marzo 1919 in ungherese sul giornale Népszava, n. 71. Pubblicato per la prima volta in russo nel 1927. 6 RAPPORTO SUL LAVORO NELLE CAMPAGNE 23 mano (. Applausi prolungati.) Compagni, debbo chiedervi scusa per non aver potuto assistere a tutte le sedute della sezione eletta dal con- gresso per esaminare la questione del lavoro nelle campagne 37 . I di- scorsi dei compagni che hanno partecipato fin dal principio a questi lavori serviranno quindi come complemento al mio rapporto. La se- zione ha in conclusione elaborato delle tesi che sono state trasmesse alla commissione e saranno sottoposte al vostro esame. Vorrei tratte- nermi sull’importanza generale del problema, come ci è apparso nel bi- lancio dei lavori della sezione e come, secondo me, sta oggi dinanzi al partito nel suo insieme. Compagni, è perfettamente naturale che nel corso dello sviluppo della rivoluzione proletaria debbano porsi in primo piano or l’uno or l’altro dei problemi piu complessi e importanti della vita pubblica. È perfettamente naturale che, in un rivolgimento che tocca, e non può non toccare, le basi più profonde della vita e le più grandi masse della popolazione, nessun partito, nessun governo, anche il più vicino alle masse, sia in grado di abbracciare di colpo tutti gli aspetti della vita. E se dobbiamo ora soffermarci sul problema del lavoro nelle campagne ed esaminare soprattutto la situazione dei contadini medi, in questo, dal punto di vista dello sviluppo della rivoluzione pro- letaria in generale, non vi può essere nulla di strano né di anormale. È comprensibile che la rivoluzione proletaria abbia dovuto cominciare dai rapporti fondamentali tra le due classi nemiche, il proletariato e la borghesia. Il compito principale era di far passare il potere nelle mani della classe operaia, assicurarne la dittatura, rovesciare la bor- ghesia e privarla delle sorgenti economiche del suo potere, che costi- tuiscono necessariamente un ostacolo per qualsiasi edificazione socia- Vili CONGRESSO DEL PCR(B) 179 lista in generale. Noi tutti, in quanto conosciamo il marxismo, non abbiamo mai dubitato di questa verità: nella società capitalistica, a causa della sua struttura economica, la funzione decisiva può appar- tenere o al proletariato o alla borghesia. Vediamo oggi molti ex mar- xisti, del campo menscevico per esempio, i quali affermano che, nel periodo della lotta decisiva del proletariato contro la borghesia, è pos- sibile il dominio della democrazìa in generale. Lo dicono i menscevichi, il cui accordo con i socialisti-rivoluzionari è ormai completo. Quasi non fosse la borghesia stessa a creare o ad abolire la democrazia, se- condo il proprio vantaggio! E se cosi è, non si può nemmeno parlare di una democrazia in generale nel periodo in cui la lotta fra borghesia e proletariato si fa piu aspra. Non può che destar meraviglia la rapi- dità con cui questi marxisti o pseudomarxisti — per esempio i nostri menscevichi — si smascherano, e con quale prontezza si rivela la loro vera natura di democratici piccolo-borghesi. Durante tutta la sua vita Marx combattè soprattutto le illusioni della democrazia piccolo-borghese e del democratismo borghese. Egli derideva soprattutto le frasi vuote sulla libertà e sulPeguaglianza, quan- do dietro di esse non si nasconde altro che la libertà degli operai di morir di fame o l'eguaglianza tra l'uomo che vende la sua forza-lavoro e il borghese che sul mercato cosiddetto libero compra liberamente questa forza-lavoro, ecc., cosa che Marx spiegò in tutti i suoi scritti economici. Si può dire che tutto il Capitale di Marx è consacrato all'illustrazione di questa verità, che le forze fondamentali della società capitalistica sono e possono essere soltanto la borghesia e il proletariato : la bor- ghesia come costruttore di questa società capitalistica, come suo diri- gente, come sua forza motrice; il proletariato come suo becchino, come unica forza capace di sostituirla. È difficile trovare un solo capitolo in qualsiasi opera di Marx che non si occupi di tale questione. Si può dire che i socialisti di tutto il mondo, nella II Internazionale, abbiano giurato e spergiurato innumerevoli volte agli operai di aver compreso questa verità. Ma quando si è giunti a una vera lotta, lotta decisiva fra il proletariato e la borghesia per il potere, abbiamo con- statato che i nostri menscevichi e i nostri socialisti-rivoluzionari, come pure i capi dei vecchi partiti socialisti in tutto il mondo, avevano dimenticato questa verità, e si erano messi a ripetere in modo pura- mente meccanico frasi filistee sulla democrazia in generale. Da noi talvolta si cerca di attribuire a queste parole un qualcosa 180 LENIN che si crede piu « forte », dicendo: « dittatura della democrazia ». È addirittura assurdo. Sappiamo benissimo dalla storia che la dittatura della democrazia borghese non ha significato altro che giustizia som- maria contro gli operai insorti. Cosi fu per lo meno a partire dal 1848; anzi, si possono trovare esempi isolati anche prima. La storia ci mostra che appunto nella democrazia borghese si svolge ampiamente e libe- ramente la piu aspra lotta tra il proletariato e la borghesia. Abbiamo dovuto convincerci nella pratica della giustezza di questa verità. E se i provvedimenti presi dal governo sovietico a partire dall’ottobre 1917 si sono distinti per la loro fermezza in tutte le questioni piu impor- tanti, è perché non ci eravamo mai allontanati da questa verità, non l'avevamo mai dimenticata. Soltanto la dittatura di una classe — del proletariato — può decidere la lotta contro la borghesia per il do- minio. Soltanto la dittatura del proletariato può vincere la borghesia. Soltanto il proletariato può rovesciare la borghesia. Soltanto il prole- tariato può condurre dietro a sé le masse, contro la borghesia. Ma da ciò non risulta affatto — e crederlo sarebbe un grandis- simo errore — che nelPulteriore edificazione del comuniSmo, quando la borghesia è già rovesciata e il potere politico già si trova nelle mani del proletariato, noi potremmo anche piu tardi fare a meno dei ceti medi, dei ceti intermedi. È naturale che all’inizio della rivoluzione — della rivoluzione proletaria — tutta l’attenzione dei suoi artefici sia concentrata sulla cosa principale, fondamentale: il dominio del proletariato e la sicu- rezza di questo dominio attraverso la vittoria sulla borghesia, la sicu- rezza che la borghesia non possa di nuovo ritornare al potere. Sap- piano benissimo che la borghesia mantiene tuttora in altri paesi i privi- legi che le derivano dalle ricchezze ammassate o, talvolta anche da noi, dalla ricchezza di denaro. Sappiamo benissimo che vi sono ele- menti sociali più esperti del proletariato i quali aiutano la borghesia. Sappiamo benissimo che la borghesia non ha abbandonato la speranza di riconquistare il potere e non ha cessato i suoi tentativi per rista- bilire il suo dominio. Ma questo è ben lungi dall’essere tutto. La borghesia, che ante- pone a ogni cosa il principio: « La mia patria è dove si sta bene »; la borghesia, che nelle questioni dì denaro è sempre .stata interna- zionale; la borghesia su scala mondiale ancor oggi è piu forte di noi. Il suo dominio declina rapidamente; essa ha sotto gli occhi esempi Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 181 quali la rivoluzione ungherese, della quale abbiamo avuto il piacere deformarvi ieri e sulla quale oggi sono pervenute notizie di con- ferma, ed incomincia già a capire che il suo dominio è scosso. Essa non ha piu libertà d’azione. Ma oggi — se si tiene conto delle risorse materiali su scala mondiale — non si può fare a meno di riconoscere che la borghesia, materialmente, è ancora piu forte di noi. Ecco perché i nove decimi della nostra attenzione, della nostra attività pratica sono stati e dovevano, essere consacrati a questo obiet- tivo essenziale: rovesciare la borghesia, consolidare il potere del prole- tariato, eliminare qualsiasi possibilità di ritorno della borghesia al po- tere. Ciò è perfettamente naturale, legittimò, indispensabile; e sotto questo rapporto sono state fatte con successo molte cose. Ora dobbiamo mettere airordine del giorno la questione degli altri strati sociali. Dobbiamo, — tale è stata la nostra conclusione generale nella sezione agraria, e siamo certi che tutti i militanti del partito ne converranno, poiché non abbiamo fatto che trarre il bilancio delle loro esperienze, delle loro osservazioni, — dobbiamo mettere all’ordine del giorno, in tutta la sua ampiezza, la questione dei con- tadini medi. Certo non mancheranno coloro che, invece di studiare il corso della nostra rivoluzione, invece di riflettere sui problemi che stanno ora di fronte a noi, faranno oggetto di derisione e di critica meschina ogni atto del potere sovietico, come fanno i signori menscevichi e socialisti-rivoluzionari di destra. Questa è gente che non ha ancora capito che deve scegliere fra noi e la dittatura borghese. Noi abbiamo dimostrato molta pazienza e persino bonarietà nei loro con- fronti, e lasceremo loro ancora una volta la possibilità di utilizzare questa nostra bonarietà, ma in un futuro non lontano la faremo finita con questa pazienza e bonarietà, e se non faranno la loro scelta, pro- porremo loro con assoluta serietà di andarsene da Kolciak. {Applausi. ) Da costoro non ci aspettiamo facoltà mentali particolarmente bril- lanti. (Risate.) Ma ci si sarebbe potuto aspettare che, dopo aver pro- vato sulla propria pelle la ferocia di Kolciak, comprendessero, che abbiamo il diritto di esigere da loro una scelta fra noi e Kolciak. Se nei primi mesi dopo l’Ottobre molti ingenui ebbero la stoltezza di credere che la dittatura del proletariato fosse qualcosa di passeggero, di accidentale, oggi gli stessi menscevichi e socialisti-rivoluzionari do- 182 LENIN vrebbero capire che c’è qualcosa di conforme alle leggi storiche nella lotta che si svolge sotto la spinta della borghesia internazionale. Di fatto si sono costituite due sole forze: la dittatura della bor- ghesia e la dittatura del proletariato. Chi, leggendo le opere di Marx e gli scritti degli altri grandi socialisti, non ha saputo comprendere questo, non è mai stato un socialista, non ha capito nulla del socia- lismo, ma si è semplicemente dato il titolo di socialista. A costoro noi concediamo un breve termine per riflettere ed esigiamo che si decidano. Ne ho parlato perché essi dicono ora o diranno: « I bolsce- vici hanno sollevato il problema dei contadini medi, vogliono civet- tare con loro ». So perfettamente che una simile argomentazione, ed anche una molto peggiore, trova larga ospitalità sulla stampa men- scevica. Noi respingiamo questi argomenti; non diamo mai importanza alle chiacchiere dei nostri avversari. Coloro che sono capaci tuttora di correre avanti e indietro tra la borghesia e il proletariato possono dire quello che vogliono. Noi andiamo per la nostra strada. La nostra strada è determinata anzitutto dalla valutazione delle forze di classe. Nella società capitalistica si sviluppa la lotta fra la borghesia e il proletariato. Finché questa lotta non sarà terminata, la nostra attenzione sarà concentrata prima di tutto sull’ obiettivo di condurla a termine. Per ora essa non è stata condotta a termine. In questa lotta si è già riusciti a far molto. La borghesia internazionale non ha più le mani libere. La rivoluzione ungherese ne è la miglior prova. È chiaro quindi che la nostra opera di edificazione nelle cam- pagne ha già superato il periodo nel quale tutto era subordinato alla esigenza fondamentale: la lotta per il potere. Questa opera di edificazione ha attraversato due fasi principali. Nell’ottobre 1917 abbiamo preso il potere insieme con i contadini nel loro complesso. Era una rivoluzione borghese, in quanto la lotta di classe nelle campagne non si era ancora sviluppata. Come ho già detto, la vera rivoluzione proletaria nelle campagne ebbe inizio soltanto nel- l’estate del 1918. Se non avessimo saputo suscitare questa rivoluzione, la nostra opera non sarebbe stata completa. La prima tappa fu la con- quista del potere nelle città e l’instaurazione della forma sovietica di governo. La seconda tappa fu ciò che è essenziale per tutti i socialisti, senza di che i socialisti non sono tali: la differenziazione, nelle cam- pagne, degli elementi proletari e semiproletari, la loro unione con il proletariato delle città per la lotta contro la borghesia rurale. Anche vili CONGRESSO DEL PCR(b) 183 questa tappa nelle sue grandi linee è terminata. Le organizzazioni da noi create airinizio a questo scopo — i comitati dei contadini po- veri — si sono talmente consolidate che abbiamo ritenuto possibile sostituirle con dei soviet regolarmente eletti, di riorganizzare cioè i soviet rurali in modo che essi diventino organi di dominio di classe, organi del potere del proletariato nelle campagne. Provvedimenti come la legge sul regime socialista della terra e sui provvedimenti per il passaggio all’economia agricola socialista, approvata poco tempo fa dal Comitato esecutivo centrale, — e certamente a tutti nota, — fanno il bilancio degli avvenimenti passati dal punto di vista della nostra rivoluzione proletaria. La cosa principale, il primo e piu importante compito della rivo- luzione proletaria, noi Pabbiamo assolto. E proprio perché Pabbiamo assolto, oggi ci si presenta un problema piu complesso: il nostro atteg- giamento verso i contadini medi. Chi pensa che enunciare questo pro- blema significhi un’attenuazione del carattere del nostro Stato, un’atte- nuazione della dittatura del proletariato, un cambiamento, sia pur par- ziale, sia pur minimo, della nostra politica fondamentale, dimostra di non comprendere assolutamente nulla dei compiti del proletariato, dei compiti della rivoluzione comunista. Sono certo che non si troveranno uomini simili nel nostro partito. Volevo soltanto mettere in guardia i compagni contro coloro che sono fuori del partito operaio e che fa- ranno simili ragionamenti, non sulla base di una qualche filosofia, ma semplicemente per recarci danno e prestare aiuto alle guardie bian- che o, detto piu chiaramente, per aizzare contro di noi il contadino medio, il quale ha sempre tentennato, non può non tentennare e ten- tennerà ancora per parecchio tempo. Per aizzarlo contro di noi, diran- no: « Vedete, essi civettano con voi! Vuol dire che tengono conto delle vostre sollevazioni, vuol dire che esitano » ecc. Bisogna che tutti i nostri compagni siano armati contro una tale agitazione. E sono certo che lo saranno se riusciremo ora a impostare questo problema dal punto di vista della lotta di classe. È perfettamente chiaro che questo problema fondamentale è piu complesso, ma non meno urgente; esso suona cosi: come determinare esattamente V atteggiamento del proletariato verso i contadini medi ? Compagni, questo problema per i marxisti non presenta difficoltà dal punto di vista teorico, punto di vista che Timmensa maggioranza degli operai ha assimilato. Vi rammento, per esempio, che nel libro di 184 LENIN Kautsky sulla questione agraria, — scritto ancora nell'epoca in cui Kautsky esponeva giustamente la dottrina di Marx ed era riconosciuto come un'autorità incontestata in questo campo, — in questo libro sulla questione agraria* parlando del passaggio dal capitalismo al socia- lismo, egli dice: il compito del partito socialista è di neutralizzare i contadini , di ottenere cioè che il contadino rimanga neutrale nella lotta tra il proletariato e la borghesia, che non possa prestare un aiuto attivo alla borghesia contro di noi. Durante il lunghissimo periodo del dominio della borghesia i contadini hanno sostenuto il suo potere, si sono schierati dalla sua parte. Ciò è comprensibile, se si tiene conto della forza economica della borghesia e dei mezzi politici del suo dominio. Non possiamo contare sulla possibilità che il contadino medio si schieri immediata- mente dalla nostra parte. Ma se faremo una politica giusta, dopo un certo tempo questi tentennamenti cesseranno e il contadino potrà schierarsi dalla nostra parte. Già Engels, il quale insieme a Marx gettò le basi del marxismo scientifico, cioè della teoria alla quale il nostro partito si ispira costan- temente e specialmente durante la rivoluzione, già Engels stabili la divisione dei contadini in piccoli, medi e grossi; e questa suddivisione corrisponde tuttora alla realtà per la maggioranza dei paesi europei. Engels diceva: « Forse non vi sarà bisogno di reprimere dappertutto con la violenza nemmeno i grossi contadini ». Che noi possiamo tal- volta far uso della violenza contro i contadini medi (i piccoli conta- dini sono nostri amici), nessun socialista ragionevole l'ha mai pen- sato. Cosi parlava Engels nel 1894, un anno prima della sua morte, quando la questione agraria si poneva alludine del giorno 3B . Questo modo di vedere ci mostra una verità che talvolta si dimentica, ma sulla quale in teoria siamo tutti d'accordo. Circa i proprietari fondiari e i capitalisti, è nostro compito espropriarli totalmente. Ma non am- mettiamo nessuna violenza nei confronti dei contadini medi . Persino nei confronti dei contadini ricchi non diciamo con tanta risolutezza come per la borghesia: espropriazione assoluta dei contadini ricchi e dei kulak. Questa distinzione è fissata nel nostro programma. Dicia- mo: repressione della resistenza dei contadini ricchi, repressione delle loro velleità controrivoluzionarie. Questo non è espropriazione totale. La distinzione essenziale che determina la nostra posizione verso la borghesia e i contadini medi, — espropriazione totale della bor- Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 1S5 ghesia e alleanza con i contadini medi che non sfruttano gli altri, — questa linea fondamentale in teoria è riconosciuta da tutti. Ma in pra- tica non è seguita in modo coerente; alla base non si è ancora impa- rato ad attenervisi. Quando, dopo aver rovesciato la borghesia e con- solidato il proprio potere, il proletariato concentrò i suoi sforzi nel- Topera di creazione della nuova società, il problema dei contadini medi venne in primo piano. Nessun socialista al mondo ha mai ne- gato che l’edificazione del comuniSmo avrebbe seguito nei paesi con grandi aziende agricole vie diverse da quelle dei paesi con aziende piccole. Questa è una verità delle più elementari, una verità primaria. Da essa deriva che, mano a mano che ri avviciniamo ai problemi della edificazione del comuniSmo, dobbiamo concentrare in una certa misura la nostra maggiore attenzione proprio sui contadini medi. Molto dipenderà dal modo in cui definiremo il nostro atteggia- mento verso i contadini medi. Teoricamente questo problema è ri- solto, ma abbiamo sperimentato a sufficienza e sappiamo per espe- rienza diretta la differenza che corre tra la soluzione teorica e la sua applicazione pratica. Noi abbiamo a che fare proprio con questa diffe- renza, cosi caratteristica per la grande rivoluzione francese, quando la Convenzione tirava fuori magnifici provvedimenti, ma non aveva il sostegno necessario per attuarli, non sapeva nemmeno su quale classe doveva appoggiarsi per applicare questo o quel provvedimento. Noi ci troviamo in condizioni infinitamente più felici. Grazie a tutto un secolo di sviluppo, sappiamo su quale classe ci appoggiamo, ma sappiamo pure che questa classe in pratica è molto, molto scarsa d’esperienza. L’essenziale per la classe operaia, per il partito operaio, era chiaro: rovesciare il potere della borghesia e dare il potere agli operai: ma come farlo? Tutti ricordano attraverso quali difficoltà, quanti errori siamo passati dal controllo alla gestione operaia dell’in- dustria. Eppure si trattava di un lavoro aH’interno della nostra classe, alTinterno dell’ambiente proletario col quale avevamo sempre avuto a che fare. Ora però dobbiamo stabilire il nostro atteggiamento verso una nuova classe, verso una classe che il proletariato urbano non conosce. È necessario determinare il nostro atteggiamento verso una classe che non ha una posizione stabile e ben definita. Il proletariato è nella sua massa per il socialismo, la borghesia è nella sua massa contro il socialismo; è facile perciò determinare i rapporti tra queste due classi. Ma quando passiamo a uno strato sociale; come i contadini 186 LENIN medi, allora constatiamo che questa è una classe che tentenna. Il con- tadino medio è in parte proprietario, in parte lavoratore. Non sfrutta altri lavoratori. Per decenni ha dovuto difendere con grandissima fatica la propria posizione, ha subito lo sfruttamento dei proprietari fon- diari e dei capitalisti, ha sopportato tutto: e nello stesso tempo è un proprietario. Perciò il nostro atteggiamento verso questa classe ten- tennante presenta enormi difficoltà. Basandoci sulla nostra esperienza di oltre un anno, sul lavoro proletario che facciamo nelle campagne da più di sei mesi, sulla differenziazione di classe operatasi nelle cam- pagne, dobbiamo soprattutto guardarci dal correre troppo, dal teoriz- zare in modo maldestro, dalla pretesa di considerare finito ciò a cui stiamo lavorando ma che non abbiamo ancora terminato. Nella risolu- zione, che la commissione eletta dalla sezione vi propone e che vi sarà Ietta da uno degli oratori successivi, troverete sufficienti avvertimenti a questo proposito. Dal punto di vista economico è chiaro che dobbiamo venire in aiuto dei contadini medi. Sul piano teorico ciò è fuor di dubbio. Ma dati i nostri costumi, il nostro livello di cultura, l’insufficienza delle forze culturali e tecniche che potremmo offrire alle campagne, e data l’impotenza che spesso mostriamo nei confronti della situazione nelle campagne, i compagni ricorrono molto di frequente alla costrizione, e con ciò guastano tutto il nostro lavoro. Non più tardi di ieri un com- pagno mi ha dato un opuscolo intitolato Istruzioni e direttive per il lavoro di partito nel governatorato di Nizni-Novgorod , edito a cura del comitato locale del Partito comunista (bolscevico) di Russia; e in questo opuscolo leggo per esempio a pagina 41: « Il decreto rela- tivo all’imposta straordinaria deve gravare con tutto il suo peso sulle spalle dei kulak rurali, degli speculatori, e in generale deWelemento medio contadino » 39 . Vien fatto di dire: Questa gente « ha ca- pito ». O si tratta di un errore di stampa, ma è inammissibile che si lascino passare simili refusi! O si tratta di un lavoro fatto in fretta e in furia, il che dimostra come in queste cose la fretta sia pericolosa, oppure — e questa è l’ipotesi peggiore, che non voglio fare per i compagni di Nizni-Novgorod — si tratta semplicemente di gente che non ha capito. Ma è facile che si tratti semplicemente di una svista. In pratica avvengono fatti come quello che ci ha raccontato un compagno in commissione. Era stato circondato da contadini e ognuno gli chiedeva: « Decidi: sono un contadino medio o no? Io ho due Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 187 cavalli e una vacca. Io ho due vacche e un cavallo », ecc. Ebbene, un tale agitatore, che gira per tutto il paese, dovrebbe possedere un termometro infallibile che gli permetta di prendere la temperatura del contadino e di stabilire se è un contadino medio o no. Per far questo, invece, è necessario sapere tutta la storia dell'azienda di questo contadino, conoscere la sua posizione verso i gruppi inferiori e supe- riori. E non possiamo saperlo con tanta precisione. Qui occorre molta capacità pratica, conoscenza delle condizioni locali, cose che ancora non possediamo. Non è affatto vergognoso confessarlo, dobbiamo riconoscerlo apertamente. Non siamo mai stati degli utopisti e non abbiamo mai immaginato di poter costruire la società comunista con le mani pulite dei comunisti puri, che devono nascere ed essere educati in una società comunista pura. Queste sono storielle da bambini. Noi dobbiamo costruire il comuniSmo con le macerie del capitalismo, e soltanto una classe temprata nella lotta contro il capitalismo può farlo. Il proletariato — voi lo sapete be- nissimo — non è esente dai difetti e dalle debolezze della società capitalistica. Esso lotta per il socialismo e al tempo stesso combatte le sue proprie manchevolezze. La parte migliore, l’avanguardia del proletariato, che per decenni ha condotto una lotta disperata nelle città, ha potuto nel corso di questa lotta far sua tutta la cultura delle città e delle capitali, e in una certa misura l’ha assimilata. Sa- pete che anche nei paesi più progrediti la campagna è sempre stata condannata all'ignoranza. Naturalmente noi eleveremo il livello cultu- rale nelle campagne, ma per far questo occorreranno anni ed anni. Ecco ciò che i nostri compagni dimenticano dappertutto e ciò che si delinea davanti ai nostri occhi con particolare evidenza a ogni parola dei militanti delle organizzazioni di base, non degli intellettuali di qui, non dei funzionari, — ne abbiamo sentiti molti, — ma della gente che ha osservato praticamente il lavoro nella campagna. Queste voci ci sono state particolarmente preziose nella sezione agraria. E lo sa- ranno oggi — ne sono certo — per tutto il congresso del partito, perché non provengono dai libri, dai decreti, ma dalla vita stessa. Tutto ciò ci incita a lavorare per apportare maggior chiarezza nel nostro atteggiamento verso i contadini medi. La cosa è molto difficile, perché tale chiarezza nella vita manca . Non soltanto questo problema non è ancora stato risolto, ma è insolubile se si pretende di risolverlo di punto in bianco , immediatamente . Certuni dicono: « Non biso- 188 LENIN gnava scrivere una tale quantità di decreti », e rimproverano al governo sovietico di essersi messo a redigere tanti decreti senza sapere come applicarli. Costoro in fondo non s'accorgono di scivolare nel campo delle guardie bianche. Se noi ci fossimo aspettati che con la pubblica- zione di centinaia di decreti tutta la vita delle campagne sarebbe cam- biata, saremmo stati dei perfetti idioti. Ma se avessimo rinunziato a tracciare nei decreti il cammino che si deve percorrere, saremmo stati dei traditori del socialismo. Questi decreti, che non potevano essere applicati nella pratica di colpo e totalmente, hanno avuto un'impor- tante funzione per la propaganda. Se una volta facevamo la propa- ganda proclamando verità generali, oggi la facciamo con il lavoro. An- che questa è propaganda, ma per mezzo dell’azione; non però per mezzo di quelle azioni isolate compiute da alcune teste calde, di cui abbiamo riso tanto all'epoca degli anarchici e del vecchio socialismo. Il nostro decreto è un appello, ma non un appello nel senso che gli si dava una volta: « Operai, sollevatevi, rovesciate la horghesial ». No. È un appello alle masse, un appello all'azione pratica. I decreti sono istruzioni che chiamano le masse all'azione pratica . Ecco ciò che è importante. In questi decreti vi sono forse molte cose che non servono a nulla, molte cose che non attecchiranno nella vita. Ma contengono il materiale per un'opera pratica, e compito del decreto è d'insegnare l'azione pratica alle centinaia, alle migliaia, ai milioni di uomini che prestano orecchio alla voce del potere sovietico. È una prova di azione pratica nel campo dell'edificazione socialista nelle campagne. E se con- sideriamo le cose in tal modo, potremo ricavare molto dalla somma delle nostre leggi, decreti e ordinanze. Non li considereremo come ordini assoluti, che devono essere applicati ad ogni costo immediata^ mente, in quattro e quattr’otto. Bisogna evitare tutto ciò che potrebbe nella pratica incoraggiare singoli abusi. Qua e là si sono aggrappati a noi dei carrieristi, degli avventurieri che si proclamano comunisti e ci ingannano, che si sono infiltrati fra noi perché i comunisti sono ora al potere, perché gli elementi « impiegatizi » più onesti non sono venuti a lavorare con noi a causa delle loro idee arretrate, mentre i carrieristi non hanno nessuna idea, nessuna onestà. Costoro, che pensano soltanto alla loro carriera, usano nel paese metodi costrittivi e credono di far bene. E in realtà talvolta accade che i contadini dicano; « Viva il potere sovietico, ma abbasso la comune ! » (cioè il comuniSmo). Tali esempi Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 189 non sono inventati, ma presi dalla vita vissuta, da ciò che ci comu- nicano i compagni che lavorano alla base. Non dobbiamo dimenticare l’immenso danno che ci reca ogni intemperanza, ogni sconsideratezza, ogni precipitazione. Abbiamo dovuto affrettarci, uscire ad ogni costo con un balzo disperato dalla guerra imperialistica che ci aveva portato sulTorlo del- l’abisso, abbiamo dovuto compiere gli sforzi piu disperati per schiac- ciare la borghesia e le forze che a loro volta minacciavano di schiac- ciarci. Tutto ciò era necessario, altrimenti non avremmo potuto vin- cere. Ma agire nello stesso modo nei confronti dei contadini medi sarebbe una tale idiozia, una tale stoltezza, una cosa talmente disa- strosa, chè soltanto dei provocatori possono scientemente lavorare in tal modo. Il problema qui deve essere posto in modo del tutto di- verso. Qui non si tratta di spezzare la resistenza di sfruttatori mani- festi, di vincerli e di rovesciarli* obiettivo che ci eravamo proposti prima. No. Nella misura in cui abbiamo risolto questo problema fon- damentale, problemi piu complessi vengano all’ordine del giorno. In questo campo con la violenza non si fa nulla. La violenza nei confronti dei contadini medi costituisce un grandissimo danno . I contadini medi sono uno strato numeroso, di molti milioni di uomini. Nemmeno in Europa, dove questo strato sociale non raggiunge in nessun paese una tale forza, dove la tecnica e la cultura, la vita urbana, le ferrovie, sono sviluppate in modo gigantesco, dove più che altrove sarebbe facile pensare a una cosa simile, nessuno, neanche uno dei socialisti più rivoluzionari, ha mai proposto misure violente contro il contadino medio. Quando abbiamo preso il potere, ci siamo appoggiati sui conta- dini nel loro insieme. Allora tutti i contadini avevano un solo obiet- tivo: la lotta contro i grandi proprietari. Ma in loro è rimasta fino a oggi una prevenzione contro la grande azienda. Il contadino pensa: « Se vi sono grandi aziende, vuol dire che sono di nuovo un servo ». Egli ha torto, naturalmente. Ma nel contadino l’idea della grande azien- da si connette al sentimento di odio, ai ricordi dell’oppressione die i grandi proprietari fondiari esercitavano contro il popolo. Questo senti- mento persiste, non è ancora morto. Dobbiamo soprattutto fondarci su questa verità: che qui, data la natura della questione, non si può ottenere nulla con i metodi vio- lenti. Qui il problema economico si pone in modo completamente diverso. Non vi è una cima che possa essere tagliata lasciando intatte 190 LENIN tutte le fondamenta, tutto l’edificio. Quella cima che nella città era costituita dai capitalisti, qui non c’è. Agire in questo campo con la violenza , significa rovinare tutto. Qui occorre un lungo lavoro di edu- cazione. Al contadino che, non soltanto da noi ma in tutto il mondo, è un pratico e un realista, dobbiamo offrire esempi concreti per pro- vargli che la « comune » è migliore di ogni altra cosa. Certo non si caverà alcun costrutto, se nelle campagne si presenteranno uomini fretto- losi, che piombano dalla città, pontificano davanti alla gente, accen- dono dispute erudite e anche per niente erudite, e se ne vanno tutti arrabbiati. Fatti simili accadono. Invece di incutere rispetto, si fanno ridere dietro, un riso del tutto giustificato. Su questa questione dobbiamo dire che incoraggiamo le comuni, ma che queste devono essere organizzate in modo da conquistare la fiducia del contadino. Ma finora siamo gli allievi dei contadini, e non i loro maestri. È estremamente stupido che uomini, i quali non cono- scono l’agricoltura e le sue particolarità, i quali si sono precipitati in campagna solo perché avevano sentito parlare dell’utilità dell’econo- mia collettiva, erano stanchi della vita cittadina e desideravano lavo- rare in campagna, pretendano di essere in tutto e per tutti i maestri dei contadini. Non c f è niente di più stupido delVidea stessa della vio- lenza nel campo dei rapporti economici del contadino medio. In questo campo l’obiettivo non è di espropriare il contadino medio, bensì di tener conto delle particolari condizioni della vita contadina, d’imparare dai contadini il modo per passare a un miglior regime, senza permetterci di comandar e\ Ecco la regola che ci siamo imposti. ( Applausi di tutto il congresso. ) Ecco la regola che abbiamo cer- cato di esporre nel nostro progetto di risoluzione, perché in questo campo, compagni, abbiamo veramente mancato parecchio. Non è af- fatto vergognoso riconoscerlo. Non avevamo esperienza. La lotta con- tro gli sfruttatori l’abbiamo condotta sulla base della nostra espe- rienza. E se qualche volta ci hanno rimproverati per questa lotta, pos- siamo rispondere: « Signori capitalisti, la colpa è vostra. Se non aveste opposto una resistenza cosi furiosa, cosi insensata, impudente e dispe- rata; se non aveste stretto alleanza con la borghesia di tutto il mondo, la rivoluzione avrebbe assunto forme piu pacifiche ». Oggi, dopo aver respinto il furioso attacco scatenato contro di noi da tutte le parti, possiamo passare ad altri metodi, perché non agiamo come un circolo, ma come un partito che conduce dietro a sé milioni di uomini. Questi Vili CONGRESSO DEL PCR(fi) 191 milioni di uomini non possono comprendere di colpo questo nuovo corso; ecco perché spesso i colpi destinati ai kulak cadono sui conta- dini medi. In ciò non vi è nulla di strano. Bisogna semplicemente capire che ciò è dovuto alle condizioni storiche oggi scomparse e che le condi- zioni nuove e i problemi nuovi che concernono questa classe richie- dono una nuova mentalità. I nostri decreti relativi all’economia contadina nelle loro grandi linee sono giusti. Non abbiamo alcuna ragione di rinunciare nemmeno a uno di essi, né di rammaricarci di averlo emanato. Ma pur essendo i decreti giusti, sarebbe un errore imporli con la forza ai contadini. Questo non è detto in nessuno dei decreti. Essi sono giusti come traccia delle vie da seguire, come appello all’azione pratica. Quan- do diciamo: « Incoraggiate l’associazione », diamo direttive che devono essere messe alla prova molte volte per poter trovare la forma defi- nitiva della loro applicazione. Dal momento che si è detto che è ne- cessario ottenere il consenso volontario, vuol dire che occorre per- suadere i contadini, e persuaderli sul terreno pratico. Essi non si la- sceranno persuadere dalle parole, e faranno benissimo. Male sarebbe se si lasciassero persuadere dalla sola lettura di decreti e di manifestini di agitazione. Se fosse possibile riorganizzare in questo modo la vita economica, questa riorganizzazione non varrebbe un soldo bucato. Pri- ma bisogna dimostrare che tale associazione è migliore, bisogna asso- ciare gli uomini in modo che si uniscano e non che si separino in malo modo, bisogna dimostrare che ciò è vantaggioso. Cosi il contadino pone la questione, e cosi la pongono i nostri decreti. Se finora non abbiamo saputo farlo, non vi è nulla di vergognoso, e dobbiamo confessarlo apertamente. Finora abbiamo assolto solo il compito fondamentale di ogni ri- voluzione socialista: battere la borghesia. Questo compito l’abbiamo in gran parte assolto benché stiamo entrando in un semestre terri- bilmente difficile: gl’ imperialisti di tutto il mondo fanno gli ultimi sforzi per soffocarci. Possiamo dire, senza la minima esagerazione, che essi stessi hanno capito che , passato questo semestre , la loro causa è irrimediabilmente perduta. O approfitteranno dell’attuale nostro esau- rimento e batteranno quest’unico paese, o i vincitori saremo noi, e non soltanto nel nostro paese. In questo semestre in cui alla crisi alimen- tare si è aggiunta la crisi dei trasporti, e in cui le potenze imperia- listiche cercano di scatenare l’offensiva su parecchi fronti, la nostra 192 LENIN situazione è estremamente grave. Ma questo sarà Vultimo semestre dif- ficile. È necessario continuare a tendere tutte le nostre forze per la lotta contro il nemico esterno che ci attacca. Ma quando parliamo dei compiti del lavoro nelle campagne, nono- stante tutte le difficoltà, e benché tutta la nostra azione sia volta a reprimere immediatamente gli sfruttatori, dobbiamo tener presente e non dimenticare che nelle campagne, nei confronti dei contadini medi questi compiti si pongono in modo diverso. Tutti gli operai coscienti — di Pietrogrado, di Ivanovò-Vozne- sensk, di Mosca — che sono stati nelle campagne, ci hanno riferito esempi di numerose incomprensioni, che sembravano insuperabili, di molti conflitti, apparentemente assai gravi, e che sono stati eliminati o attenuati mediante l’intervento di operai intelligenti, che non parlavano in modo libresco, ma in una lingua comprensibile ai contadini, che non parlavano come comandanti i quali si permettono di dare ordini senza conoscere la vita della campagna, ma come compagni che spiegano la situazione, che fanno appello ai loro sentimenti di lavoratori, contro gli sfruttatori. E grazie a questa spiegazione fraterna si è ottenuto ciò che centinaia di altri, che si comportavano come comandanti, capi, non avevano potuto ottenere. Di questo spirito è permeata tutta la risoluzione che sottoponiamo alla vostra attenzione. Nel mio breve rapporto ho cercato di soffermarmi sull'aspetto di principio, sul significato politico generale di questa risoluzione. Ho cercato di dimostrare — e voglio credere di esservi riuscito — che, dal punto di vista degli interessi della rivoluzione nel suo insieme, non vi è alcuna svòlta, nessun cambiamento della nostra linea. Le guar- die bianche e i loro ausiliari lo proclamano o lo proclameranno. Lascia- moli fare! Ciò non ci tocca. Noi continueremo a sviluppare i nostri obiet- tivi nel modo più conseguente. Dobbiamo trasferire la nostra atten- zione dal problema di schiacciare la borghesia a quello di organizzare la vita dei contadini medi. Dobbiamo vivere in pace con loro. Il con- tadino medio nella società comunista si schiererà al nostro fianco sol- tanto quando allevieremo e miglioreremo le condizioni economiche della sua esistenza. Se domani potessimo fornire centomila trattori di prima qualità, con benzina, meccanici (e sapete benissimo che questa per ora è pura fantasia), allora il contadino medio direbbe: « Sono per la comune >> Icioè per il comuniSmo), Ma per farlo bisogna prima bàt- Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 193 tere la borghesia internazionale, bisogna costringerla a darci questi trattori, oppure bisogna elevare la nostra produttività in modo da poterli fornire noi stessi. Soltanto così la questione sarà giustamente impostata. Il contadino ha bisogno delPindustria della città, non ne può fare a meno; e questa industria è nelle nostre mani. Se ci metteremo al lavoro come si deve, il contadino ci sarà grato perché gli porteremo dalla città questi prodotti, questi strumenti, questa cultura. Glieli for- niranno non gli sfruttatori, non i grandi proprietari fondiari, ma dei compagni, che lavorano come lui, che egli stima profondamente, che stima però dal punto di vista pratico, soltanto per il loro aiuto effettivo, mentre respinge, a giusta ragione, i metodi da comandante, le « prescri- zioni » dall'alto. Prima aiutatelo, e poi cercate di guadagnarvi la sua fiducia. Se questo lavoro sarà impostato in modo giusto, se ogni provvedimento di ogni nostro gruppo nei circondari, nei mandamenti, nei reparti di approvvigionamento, in qualsiasi organizzazione, se ogni nostro prov- vedimento sarà attentamente controllato da questo punto di vista, ci accattiveremo la fiducia del contadino, e solo allora potremo procedere oltre. Ora dobbiamo assisterlo con l'azione e il consiglio. Non sarà rondine di un comandante, ma il consiglio di un compagno. Allora il contadino sarà completamente con noi. Ecco, compagni, che cosa contiene la nostra risoluzione, ecco ciò che, secondo me, deve diventare una decisione del congresso. Se l'accet- teremo, se ad essa si ispirerà tutto il lavoro delle nostre organizzazioni di partito, sapremo assolvere anche il secondo grande compito che ci si pone. Come rovesciare la borghesia, come reprimerla? Questo lo abbia- mo imparato e ne siamo fieri. Come regolare i rapporti con i milioni di contadini medi, come guadagnarci la loro fiducia? Questo non l'abbia- mo ancora imparato, e dobbiamo confessarlo apertamente. Ma abbiamo compreso il compito, ce lo siamo posto e ci diciamo con grande spe- ranza, con piena cognizione di causa e con la massima decisione: assol- veremo questo compito, ed allora il socialismo sarà assolutamente invincibile. ( Applausi prolungati .) 7 INTERVENTO CONTRO LA PROPOSTA DI CHIUDERE LA DISCUSSIONE DEL RAPPORTO SUL LAVORO NELLE CAMPAGNE 23 marzo Compagni, non posso in nessun modo essere d'accordo con ciò che ha detto Toratore precedente, perché sono certo che questa sera non andrete a lavorare nei villaggi. In commissione abbiamo ritenuto che qui, al congresso, non si parlasse per questa piccola sala, ma per tutta la Russia, la quale non soltanto leggerà le decisioni del nostro congresso, ma vorrà sapere fino a che punto il partito condivide Tinte- resse per il lavoro nelle campagne. Perciò è necessario ascoltare f com- pagni delle varie località. Se perderete per questo un’ora o un'ora e mezzo, il lavoro politico nelle campagne non ne soffrirà. Perciò vi prego caldamente a nome della commissione di non risparmiare que- st'ora e mezzo. Indubbiamente le parole dei compagni che fanno prati- camente questo lavoro e che parleranno qui, a noi non daranno molto, ma per tutta la Russia che legge i giornali queste poche ore di nostro lavoro saranno assai utili. 8 RISOLUZIONE SULL’ATTEGGIAMENTO VERSO I CONTADINI MEDI L’VIII Congresso, in base al programma del partito adottato il 22 marzo 1919 e approvando interamente la legge già promulgata dal governo sovietico sul regime socialista della terra e sulle misure per il passaggio a un'agricoltura socialista, sulla questione del lavoro nelle campagne stabilisce: nel momento attuale è particolarmente importante applicare in un modo piu giusto la linea del partito nei confronti dei contadini medi, cioè considerare con più attenzione le esigenze di questi contadini, eliminare l’arbitrio da parte delle autorità locali e mirare all’intesa con essi. 1) Confondere i contadini medi con i kulak, estendere in questa o quella misura ai contadini medi i provvedimenti diretti contro i kulak, vuol dire non soltanto violare nel modo più grossolano tutti i decreti del potere sovietico e tutta la sua politica, ma anche tutti i principi fondamentali del comuniSmo, i quali dicono che, nel periodo della lotta decisiva del proletariato per l’abbattimento della borghesia, Tintesa del proletariato con i contadini medi è una delle condizioni per il passaggio indolore all’abolizione di ogni sfruttamento. 2) I contadini medi, che hanno radici economiche relativamente forti, a causa dell’arretratezza della tecnica agricola rispetto a quella industriale, persino nei paesi capitalistici avanzati, per non parlare poi della Russia, resteranno tali abbastanza a lungo dopo l’inizio della rivoluzione proletaria. Perciò la tattica dei funzionari dei soviet rurali, come quella dei militanti del partito, deve essere elaborata in previ- sione di un lungo periodo di collaborazione con i contadini medi. 3) Il partito deve ad ogni costo ottenere che tutti i funzionari dei soviet rurali abbiano una chiara visione e una ferma coscienza di 7 * 196 LENIN questa verità pienamente stabilita dal socialismo scientifico, che, cioè, i contadini medi non appartengono alla classe degli sfruttatori, perché non traggono profitto dal lavoro altrui. Questa classe di piccoli produt- tori non ha nulla da perdere dal socialismo, ma al contrario guadagna molto dalPabbattimento del giogo del capitale che la sfrutta in mille modi in ogni repubblica, anche nella più democratica. La politica assolutamente giusta del potere sovietico nelle cam- pagne assicura cosi l’alleanza e l’intesa del proletariato vittorioso con i contadini medi. 4) Pur incoraggiando le cooperative di ogni genere, come pure le comuni agricole dei contadini medi, i rappresentanti del potere sovietico non devono esercitare la minima costrizione al momento della loro creazione. Hanno valore solo le associazioni formate dai contadini stessi di loro libera iniziativa e dei cui vantaggi essi si sono convinti nella pratica. La fretta in questo campo è dannosa, perché può soltanto rafforzare le prevenzioni dei contadini medi contro le innovazioni. I rappresentanti del potere sovietico che si permettono di usare la costrizione non soltanto diretta ma anche solo indiretta, per far entrare i contadini nelle comuni, devono essere severamente perseguiti e allontanati dal lavoro nelle campagne. 5) Tutte le requisizioni arbitrarie, cioè non basate su precise dispo- sizioni di legge del potere centrale, debbono essere punite senza pietà. Il congresso insiste perché si rafforzi in questo settore il controllo del commissariato del popolo per l’agricoltura, del commissariato del popo- lo degli interni e del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia. 6) Nel momento attuale l’estrema rovina, che in tutti i paesi del mondo hanno causato quattro anni di guerra imperialistica fatta per gli interessi di rapina dei capitalisti, rovina particolarmente grave in Russia, pone i contadini medi in una situazione difficile. Tenendo conto di questo, la legge del potere sovietico sull’imposta straordinaria, a differenza di tutte le leggi di tutti i governi borghesi del mondo, esige che il peso dell’imposta gravi interamente sui kulak, su quello strato, piccolo di numero, di contadini sfruttatori che si sono particolarmente arricchiti durante la guerra. I contadini medi, devono essere invece tassati assai moderatamente, soltanto in misura non troppo gravosa e del tutto proporzionata alle loro forze. Il partito esige che nei confronti dei contadini medi l’esazione Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 197 dell’imposta straordinaria sia alleggerita ad ogni costo, senza fermarsi neppure di fronte alla diminuzione del suo ammontare complessivo. 7) Lo Stato socialista deve fornire il piu largo aiuto ai contadini, il che consisterà, principalmente, nel fornire ai contadini medi pro- dotti dell’industria urbana e soprattutto strumenti agricoli perfezionati, sementi e materiali d’ogni genere per elevare il livello tecnico del- l’agricoltura e garantire la vita e il lavoro ai contadini. Se l’attuale dissesto non permette di mettere in pratica subito e completamente questi provvedimenti, le autorità sovietiche locali sono tenute a cercare tutte le vie possibili per prestare, in qualunque forma, un aiuto reale ai contadini poveri e medi, per appoggiarli in questo difficile momento. Il partito ritiene necessario stanziare a questo scopo rilevanti fondi statali. 8) Bisogna in particolare cercare di ottenere che si traduca in pratica, realmente e completamente, la legge del potere sovietico che fa obbligo alle aziende sovietiche, alle comuni agricole e a tutte le associazioni simili, di prestare un aiuto immediato e multiforme ai con- tadini medi dei dintorni. Soltanto sulla base di un simile aiuto effet- tivo si può realizzare l’intesa con i contadini medi. Soltanto cosi si può e si deve conquistare la loro fiducia. Il congresso richiama l’attenzione di tutti i funzionari di partito sulla necessità di tradurre in atto, effettivamente e subito, tutte le rivendicazioni del programma del partito formulate nella parte dedi- cata all’agricoltura, e precisamente: a) disciplinare lo sfruttamento della terra da parte dei contadini (abolizione dei piccoli appezzamenti frazionati, delle lunghe fasce di terra, ecc); b) fornire ai contadini sementi selezionate e concimi chimici; c) migliorare le razze del bestiame dei contadini; d) diffon- dere le conoscenze agronomiche; e) fornire assistenza agronomica ai contadini; /) riparare nelle officine dei soviet il materiale agricolo dei contadini; g) organizzare centri di noleggio, stazioni sperimentali, campi modello, ecc.; h) migliorare le terre dei contadini. 9) Le cooperative contadine destinate a elevare la produzione agricola, e in particolare a lavorare i prodotti agricoli, a migliorare le terre dei contadini, a sostenere l’industria artigianale, ecc. devono rice- vere da parte dello Stato un largo aiuto sia finanziario che organizzativo. 10) Il congresso ricorda che né le decisioni del partito, né i de- 198 LENIN creti del potere sovietico si sono mai allontanati dalla linea delTintesa con i contadini medi. Cosi, per esempio, nell’importantissima que- stione dell’edificazione del potere sovietico nelle campagne, quando furono creati i comitati dei contadini poveri, fu pubblicata una cir- colare firmata dal presidente del Consiglio dei commissari del popolo e dal commissario per l’approvvigionamento, nella quale si indicava la necessità di far entrare nei comitati dei contadini poveri anche i rappresentanti dei contadini medi. Quando questi comitati sono stati aboliti, il congresso dei soviet di tutta la Russia ha riaffermato la neces- sità di fare entrare i rappresentanti dei contadini medi nei soviet di volost. La politica dei governo operaio e contadino e del partito comu- nista deve poggiare anche in avvenire su questo spirito di intesa del proletariato e dei contadini poveri con i contadini medi, 9 DISCORSO DI CHIUSURA 23 marzo Compagni! Il nostro ordine del giorno è esaurito. Permettetemi ora, alla fine dei lavori del congresso, di dire qualche parola. ■Compagni, ci siamo dovuti riunire in un momento difficile non solo perché abbiamo perso il nostro migliore organizzatore, la nostra migliore guida nelle questioni pratiche, Iakov Mikhailovic Sverdlov. Ci siamo dovuti riunire in un momento particolarmente difficile per- ché Pimperialismo mondiale, ora non v’è piu alcun dubbio, sta com- piendo il suo ultimo tentativo, particolarmente forte, di schiacciare la repubblica sovietica. Per noi non c'è dubbio che la potente offensiva scatenata a ovest e ad est, insieme con una serie di insurrezioni di guardie bianche, con i tentativi di sabotare le ferrovie in diversi po- sti, — che tutto ciò rappresenta un piano degrimperialisti dell’Intesa, chiaramente meditato ed evidentemente deciso a Parigi, Noi tutti sap- piamo, compagni, tra quali difficoltà la Russia, che ha sopportato una guerra imperialistica di quattro anni, ha dovuto riprendere le armi per difendere la repubblica sovietica contro i predoni imperialisti. Noi tutti sappiamo quanto questa guerra è dura, quanto ci estenua. Ma sappiamo anche che se questa guerra si fa con la massima energia, con il massimo eroismo, è soltanto perché, per la prima volta al mondo, è stato creato un esercito, una forza armata che sa per che cosa com- batte, e per la prima volta al mondo gli operai e i contadini, che sop- portano sacrifici incredibilmente duri, hanno chiara coscienza di di- fendere la Repubblica socialista sovietica, il potere dei lavoratori con- tro i capitalisti, di difendere la causa della rivoluzione socialista pro- letaria mondiale. In queste condizioni difficili siamo riusciti a compiere in breve tempo un’opera assai importante. Siamo riusicti ad approvare il prò- 200 LENIN gramma, e ad approvarlo all'unanimità, come tutte le decisioni essen- ziali del congresso. Siamo certi che, nonostante i suoi molti difetti di redazione e d'altro genere, questo programma è già entrato nella storia della III Intemazionale, come un programma che fa il bilancio di una nuova tappa del movimento mondiale di emancipazione del prole- tariato. Siamo certi che in una serie di paesi, nei quali abbiamo assai più alleati ed amici di quanto sappiamo, la semplice traduzione del nostro programma sarà la migliore risposta alla domanda: che cosa ha fatto il Partito comunista russo che è uno dei reparti del prole- tariato mondiale? Il nostro programma sarà un ottimo materiale di propaganda e di agitazione, sarà il documento in base al quale gli operai diranno: « Là ci sono i nostri compagni, i nostri fratelli, là si lavora alla nostra causa comune ». Compagni, in questo congresso siamo riusciti anche a prendere altre importantissime decisioni. Abbiamo approvato la creazione della III Internazionale comunista, che è stata fondata qui a Mosca. Siamo giunti a una decisione unanime sulla questione militare. Per quanto grandi sembrassero- all'inizio le divergenze, per quanto discordanti fossero i pareri di molti compagni, che si sono espressi con completa sincerità sui difetti della nostra politica militare, siamo riusciti con straordinaria facilità a giungere in commissione a una soluzione asso- lutamente unanime, e usciremo da questo congresso certi che il nostro principale difensore, TEsercito rosso, per il quale tutto il paese com- pie innumerevoli sacrifici, troverà in tutti i membri del congresso, in tutti i membri del partito, i più ardenti, devoti coadiutori, diri- genti, amici e collaboratori. Compagni, quanto all’organizzazione, abbiamo risolto con tanta facilità i problemi che ci stavano dinanzi perché tutte queste decisioni ce le aveva già suggerite la storia dei rapporti del partito con i soviet. Abbiamo dovuto soltanto trarre le conclusioni. Sulla questione del lavoro nelle campagne, con una decisione unanime e rapida del con- gresso, abbiamo tracciato la nostra linea in una questione particolar- mente importante e difficile, che negli altri paesi è considerata persino insolubile, la questione dell'atteggiamento del proletariato che ha rove- sciato la borghesia verso i molti milioni di contadini medi. Siamo tutti convinti che questa risoluzione del congresso rafforzerà il nostro potere. Nel duro momento che stiamo attraversando, mentre gli impe- rialisti fanno il loro ultimo tentativo di abbattere il potere sovietico Vili CONGRESSO DEL PCR(b) 201 con la violenza, mentre l’acuta penuria di viveri e la disorganizzazione dei trasporti mettono continuamente centinaia, migliaia e milioni di persone in una situazione disperata, siamo convinti che in questo momento duro la risoluzione che abbiamo approvato, lo spirito che ha animato i membri del congresso, ci aiuteranno a superare questa prova, ci aiuteranno a uscire da questo difficile semestre. Siamo certi che questo sarà l’ultimo semestre difficile. Ci con- ferma particolarmente in questa convinzione la notizia, che abbiamo comunicato giorni fa al congresso, della vittoria della rivoluzione pro- letaria in Ungheria. Se finora il potere sovietico aveva trionfato sol- tanto all’interno, fra i popoli che facevano parte dell’ex impero russo, se finora le persone miopi, che si staccano con particolare difficoltà dalla routine, dalle vecchie abitudini di pensiero (benché appartengano al campo socialista), potevano pensare che solo le particolarità della Russia avevano provocato questa svolta inattesa verso la democrazia proletaria sovietica, che nelle particolarità di questa democrazia si riflettevano forse, come in uno specchio deformante, le vecchie parti- colarità della Russia zarista, se questa opinione poteva ancora reg- gersi, adesso essa è del tutto distrutta. Compagni, le notizie che ab- biamo ricevuto ci danno un quadro della rivoluzione ungherese. Ap- prendiamo dalle notizie di oggi che le potenze dell’Intesa avevano rivolto all’Ungheria un brutale ultimatum per il transito delle truppe. Il governo borghese, vedendo che le potenze dell’Intesa volevano far passare le loro truppe attraverso l’Ungheria, che sull’Ungheria sarebbe caduto il peso inaudito di una nuova guerra, il governo conciliatore borghese ha dato da sé le dimissioni, ed è entrato in trattative con i comunisti, con i compagni ungheresi che si trovavano in prigione e ha riconosciuto esso stesso che non c’era altra via d’uscita che cedere il potere al popolo lavoratore. {Applausi.) Compagni, se si è detto di noi che eravamo degli aggressori, se alla fine del 1917 e all inizio del 1918 la borghesia e molti suoi soste- nitori non avevano altre parole nei confronti della nostra rivolu- zione fuorché « violenza » e « conquista »; se ancor oggi si sente dire che il potere sovietico si regge sulla violenza, cosa di cui abbiamo, piu volte dimostrato l’assurdità; se prima si poteva ripetere tale assurdità, adesso Tesempio dell’Ungheria fa tacere queste voci. Persino la bor- ghesia ha capito che non può esservi altro potere che il potere dei soviet. La borghesia di un paese piu civile ha capito, più chiaramente 202 LENIN della nostra borghesia alla vigilia del 25 ottobre, che il paese stava andando a fondo, che prove sempre piu dure si riversavano sul popolo e che, quindi, il potere doveva essere nelle mani dei soviet, cioè che gli operai e i contadini ungheresi, la nuova democrazia proletaria sovie- tica, dovevano salvare PUngheria. Le difficoltà della rivoluzione ungherese, compagni, sono enormi. Questo paese, piccolo in confronto alla Russia, può essere soffocato dagli imperialisti assai piu facilmente. Ma quali che siano le diffi- coltà che indubbiamente stanno di fronte all’Ungheria, abbiamo qui, oltre alla vittoria del potere sovietico, una nostra vittoria morale. La borghesia più conciliatrice, più radicale, più democratica, ha ricono- sciuto che in un momento di profondissima crisi, quando il paese, estenuato dalla guerra, è minacciato da una nuova guerra, il potere sovietico è una necessità storica, ha riconosciuto che non può esservi altro potere tranne quello dei soviet, tranne la dittatura del pro- letariato. Compagni, noi siamo stati preceduti da tutta una serie di rivo- luzionari che hanno sacrificato la loro vita per la liberazione della Rus- sia. La maggioranza di questi rivoluzionari ha avuto in sorte un duro destino. Essi hanno avuto in sorte le persecuzioni dello zarismo, non hanno avuto la gioia di assistere alla rivoluzione vittoriosa. Ma noi abbiamo avuto una gioia ancora più grande. Non solo abbiamo visto la vittoria della nostra rivoluzione, non solo abbiamo visto come essa si è rafforzata tra difficoltà inaudite e ha creato nuove forme di potere che ci hanno attirato le simpatie di tutto il mondo, ma vediamo anche che il seme gettato dalla rivoluzione russa germoglia in Europa. Questo ci dà la certezza assoluta, incrollabile, che per quanto siano dure le prove che possano ancora abbattersi su di noi, per quanto grandi siano le sofferenze che può ancora causarci la belva agonizzante dell’imperialismo internazionale, questa belva morirà e il socialismo trionferà in tutto il mondo. ( Applausi prolungati.) Dichiaro chiuso l’VIII Congresso del Partito comunista russo. RADIOMESSAGGIO AL GOVERNO DELLA REPUBBLICA SOVIETICA UNGHERESE 22 marzo 1919 Qui Lenin. II mio sincero saluto al governo proletario della Re- pubblica sovietica ungherese e particolarmente al compagno Bela Kun 4D . Ho trasmesso il vostro saluto al congresso del Partito comunista bolsce- vico russo. Entusiasmo enorme. Vi manderemo appena possibile le decisioni del Congresso di Mosca della III Internazionale comu- nista, come pure un comunicato sulla situazione militare. È assoluta- mente necessario un permanente contatto radio fra Budapest e Mosca. Saluti comunisti e una stretta di mano. Lenin, Pubblicato in ungherese sul Népszava , n. 70, 23 aprile 1919. Pubblicato per la prima volta in russo nel 1927. RADIOGRAMMA A BELA KUN 23 mano 1919 Lenin a Bela Kun, Budapest Vi prego di comunicarmi quali garanzie effettive avete che il nuovo governo ungherese sarà realmente comunista, e non semplice- mente socialista, cioè social traditore. I comunisti hanno la maggioranza al governo? Quando si terrà il congresso dei soviet? In che consiste concretamente il riconosci- mento della dittatura del proletariato da parte dei socialisti? È del tutto sicuro che la pura imitazione della nostra tattica russa in ogni particolare, date le condizioni originali della rivoluzione un- gherese, sarebbe un errore. Debbo mettervi in guardia da questo errore, ma vorrei sapere quali garanzie effettive vedete. Per sapere con certezza che mi rispondete personalmente, vi prego di comunicarmi se e in che senso ho parlato con Voi dell’As- semblea nazionale quando siete stato da me al Cremlino Tultima volta. Saluti comunisti Lenin Pubblicato per la prima volta nel 1932. RISPOSTA ALLA LETTERA APERTA DI UNO SPECIALISTA Ho ricevuto oggi la seguente lettera: « Lettera aperta dì uno “ specialista ” al compagno Lenin. Ho letto nelle Izvestia il vostro rapporto sugli specialisti e non posso reprimere un grido d’indignazione. Possibile che voi non comprendiate che nessuno specialista onesto, se gli rimane almeno una briciola di ri- spetto per se stesso, può consentire a lavorare per quel benessere animale che vi accingete ad assicurargli? Possibile che vi siate talmente rinchiusi nel vostro isolamento del Cremlino, da non vedere la vita che vi circonda, da non notare che fra gli specialisti russi vi sono tanti, non già comunisti governativi, è vero, ma veri lavoratori che hanno acquisito la loro specializ- zazione a prezzo di una estrema tensione delle forze, non dalle mani dei capitalisti e non per i fini del capitale, ma con una lotta tenace contro le contraddizioni durissime della vita studentesca e accademica durante il pre- cedente regime? Queste condizioni non sono migliorate per loro sotto il potere comunista (per me questo non corrisponde al concetto di regime comunista). Contro questi proletari, i piu autentici benché usciti da diverse classi, contro questi proletari che sono al servizio del fratello lavoratore fin dai primi passi della loro vita cosciente, col pensiero, con la parola e con l’opera, contro questi proletari che voi mettete in un unico mucchio di appestati “intellettuali”, sono stati scatenati comunisti ignoranti dell’ultima ora, che sono spesso ex poliziotti, ex brigadieri, piccoli impiegati, bottegai che non di rado rappresentano in provincia la maggior parte dei “poteri locali”; è difficile descrivere l’orrore delle umiliazioni e delle sofferenze che questi intellettuali hanno sopportato. Continue denunzie assurde e accuse, perquisizioni senza risultato, ma estremamente umilianti, minacce di fucilazione, requisizioni e confische, ingerenza négli aspetti piu intimi della vita personale (il capo del reparto alloggiato nell’istituto nel quale insegno, esigeva che io dormissi assolutamente in un letto con mia moglie). Ecco la situazione nella quale hanno dovuto lavorare fino agli ultimi tempi mólti specialisti della scuola superiore. Eppure, questi « piccoli borghesi » non hanno abbandonato i loro posti e hanno adempiuto fedelmente l’ob- bligo morale che si erano assunti, di conservare, a prezzo di qualunque 206 LENIN sacrificio, la cultura e il sapere per coloro che li umiliavano e li offendevano per istigazione dei dirigenti. Essi hanno compreso che non si può confon- dere la propria sventura e sofferenza personale col problema dell’edifica- zione di una nuova vita migliore, e ciò li ha aiutati e li aiuta a sopportare e a lavorare. Ma, credetemi, fra coloro che voi avete battezzato in blocco borghesi, controrivoluzionari, sabotatori, ecc., soltanto perché intendono in modo diverso da voi e dai vostri allievi il futuro sistema socialista e comunista, non riuscirete a comprare un sol uomo al prezzo che sognate. Tutti “gli specialisti” che, per salvare la pelle, verranno con voi, non recheranno nes- suna utilità al paese. Lo specialista non è una macchina, non lo si può sem- plicemente caricare e mettere in moto. Senza ispirazione, senza fuoco inte- riore, senza il bisogno di creare, nessuno specialista farà niente di buono, per quanto sia ben pagato. Darà molto invece il volontario, che lavora e crea fra compagni collaboratori che lo stimano come guida competente, invece di considerarlo persona sospetta, sorvegliata da un commissario comu- nista della leva del 1919. Se non volete avere “specialisti” a caccia di prebende, se volete che nuovi onesti volontari si uniscano agli specialisti che anche adesso, qua e là, lavorano con voi non per paura, ma per coscienza, nonostante i dissensi di principio su molte questioni, nonostante la situazione umiliante nella quale spesso li pone la vostra tattica, nonostante l’incredibile confusione burocratica di molti enti sovietici che soffocano talvolta le iniziative più vive, se volete questo, epurate prima di tutto il vostro partito e i vostri enti governativi dal Mitlàufer senza scrupoli, colpite i profittatori, gli avven- turieri, gli adulatori e i banditi che, coprendosi con la bandiera del comu- niSmo, o dilapidano bassamente il patrimonio nazionale, o tagliano stupi- damente le radici della vita nazionale con la loro assurda azione disorga- nizzatrice. « Se volete “utilizzare” gli specialisti, non comprateli, ma imparate a rispettarli come uomini; e non come inventario vivo e morto che vi serve per qualche tempo. M. Dukelski Professore deH'Istituto d’agronomia di Voronez, Presidente della direzione centrale delle imprese statali dell’industria del cuoio. >> Lettera cattiva e, a quanto pare, sincera. Vorrei rispondere. Secondo me, il risentimento personale prevale nonostante tutto nell’autore e lo priva della capacità di giudicare gli avvenimenti da un punto di vista di massa e dal punto di vista della loro reale logica* Dalla lettera viene fuori che noi comunisti avremmo respinto gli specialisti « battezzandoli » con i peggiori appellativi. RISPOSTA A UNO SPECIALISTA 207 Le cose non stanno cosi. Gli operai e i contadini hanno fondato il potere sovietico dopo aver rovesciato la borghesia e il parlamentarismo borghese. Oggi è difficile non vedere che non si è trattato di una « avventura » né di una « stravaganza » dei bolsceviche ma dell’inizio della succes- sione su scala mondiale di due epoche storiche: l’epoca della bor- ghesia e l’epoca del socialismo; l’epoca del parlamentarismo dei capi- talisti e l’epoca delle istituzioni statali sovietiche del proletariato. Se poco piu di un anno fa la maggior parte degl’intellettuali non voleva (e in parte non poteva) rendersene conto, la colpa è forse nostra? Il sabotaggio è stato iniziato dagli intellettuali e dagli impiegati che appartengono nella loro massa alla borghesia e alla piccola bor- ghesia. Queste espressioni contengono una definizione di classe, una valutazione storica, che può essere giusta o sbagliata, ma che non può in nessun caso esser presa per un’ingiuria o per un insulto. L’irri- tazione degli operai e dei contadini per il sabotaggio degli intellet- tuali è inevitabile; e se ri può « accusare » qualcuno, è solo la bor- ghesia con i suoi complici volontari e involontari. Se avessimo « istigato » la gente contro gli « intellettuali », biso- gnerebbe impiccarci. Ma noi non soltanto non abbiamo istigato il popolo contro di loro, ma abbiamo propugnato, a nome del partito e a nome del potere statale, la necessità di assicurare agli intellet- tuali migliori condizioni di lavoro. Io l’ho fatto daH'aprile del 1918, se non prima. Non so a che numero delle Izvestia si riferisca l’autore, ma è assai strano, per un uomo abituato a occuparsi di politica, cioè ad analizzare i fenomeni da un punto di vista di massa, e non da quello personale, sentir dire che sostenere la necessità di un salario piu alto è una cosa assolutamente indegna o comunque rivela la perfida intenzione di « comprare ». Mi scusi il rispettabile autore, ma veramente questo mi ricorda la letteraria « verginella smorfiosa ». Ammettiamo che si tratti di un salario elevato per una cerchia di persone artificiosamente selezionate, cioè per un gruppo che prima, per ragioni sociali, non riceveva e non poteva ricevere una retribu- zione piu elevata. Allora si potrebbe attribuire al governo l’inten- zione di « comprare » questo gruppo; ma quando si tratta di centinaia di migliaia, se non di milioni di persone che hanno sempre ricevuto una retribuzione elevata, come si può, — se non si vuole assumere il tono di quegli eterni arrabbiati che trovano a ridire su ogni cosa, — 208 LENIN vedere, qualcosa di simile a una perfidia o a un’« offesa » nella nostra opinione che sia necessario, per un certo tempo, conservare agli specia- listi meno elevati salari, ma tuttavia piu alti della media? Questo non solo non ha alcun senso, ma l’autore si dà la zappa sui piedi raccontando, come se si trattasse di una suprema offesa, di un trattamento umiliante, l’episodio del capo del reparto alloggiato in un istituto scolastico, il quale ha preteso che il professore dormisse assolutamente in un solo letto con sua moglie. In primo luogo, se il desiderio delle persone colte di avere letti separati per la moglie e il marito è un desiderio legittimo (e lo è indubbiamente), per soddisfarlo occorre un salario piu alto della me- dia. L’autore della lettera non può ignorare che, « in media », non c’è mai stato un letto per ogni cittadino russo! In secondo luogo. Il capo del reparto aveva torto in quel caso? Se non c’è stata volgarità, offesa, scherno, eoe. (cose che potevano esserci e che devono essere punite) se, ripeto, non c*è stato questo, secondo me egli aveva ragione. I soldati sono estenuati, per mesi non vedono né un letto, né probabilmente un riparo decente. Essi difen- dono la repubblica socialista tra difficoltà inaudite, in condizioni di- sumane, e non hanno il diritto di prendersi un letto per un breve momento di riposo? No, i soldati e il loro comandante avevano ra- gione. Noi siamo contrari a che le condizioni di vita generali degli intel- lettuali scendano di colpo al livello medio, e quindi siamo contrari alla riduzione del loro salario a quello medio. Ma la guerra fa passare tutto in seconda linea, e per far riposare i soldati gli intellettuali deb- bono restringersi un po’. Non è una richiesta umiliante, ma giusta. L’autore rivendica un atteggiamento fraterno verso gli intellet- tuali. È giusto. Anche noi lo chiediamo. Nel programma del nostro partito proprio questa esigenza è espressa in modo chiaro, diretto, pre- ciso. Se, d’altra parte, i gruppi degl’intellettuali senza partito o apparte- nenti a partiti ostili ai bolscevichi chiedessero con altrettanta chiarezza ai loro sostenitori di trattare fraternamente i soldati estenuati, gli operai esauriti, inaspriti da secoli di' sfruttamento, il ravvicinamento fra lavo- ratori manuali e intellettuali progredirebbe a passi da gigante. L’autore esige che noi epuriamo il nostro partito e le nostre istitu- zioni governative dai « compagni di strada senza scrupoli, dai profitta- tori, dagli avventurieri, dagli adulatori e dai banditi ». RISPOSTA A UNO SPECIALISTA 209 Giusta rivendicazione. L’abbiamo posta da tempo e la stiamo realizzando. Non lasciamo molta libertà ai « novellini » nel nostro partito. Il congresso ha persino deciso una particolare revisione dei nostri iscritti 41 . I banditi, i profittatori, gli avventurieri che vengono presi, li fuciliamo e li fucileremo. Ma perché l’epurazione proceda piu rapidamente e in modo più completo bisogna che gli intellettuali senza partito sinceri ci aiutino in quest’opera. Quando essi formeranno gruppi di persone che si conoscono reciprocamente e in loro nome lanceranno appelli a lavorare lealmente nelle istituzioni sovietiche, a « servire i fratelli lavoratori », — per adoperare l’espressione della lettera aperta, — le doglie del parto del nuovo regime sociale saranno notevolmente abbreviate e alleviate. N. Lenin 27 marzo 1919 Pravda, n 67, 28 marzo 1919. SULLA CANDIDATURA DI M.I. KALININ ALLA CARICA DI PRESIDENTE DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRALE DI TUTTA LA RUSSIA Discorso pronunziato alla XII seduta del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia il 30 marzo 1919 Compagni, trovare un vero sostituto al compagno Iakov Mikhai- lovic Sverdlov è un compito estremamente difficile, perché è quasi im- possibile riunire in un solo individuo il funzionario di partito respon- sabile, che per di piu conosce la storia del partito, e la persona che conosce benissimo gli uomini e li sa scegliere per i posti di fiducia dei soviet. Riunire in un solo compagno tutte le funzioni che il com- pagno Sverdlov si addossava, sarebbe impossibile; su questo tutti sono stati d’accordo nel partito quando si è discussa la candidatura; è perciò necessario affidare l’esercizio delle singole funzioni a interi collegi che si riuniscano ogni giorno e dirigano le singole sezioni. Quanto al presidente, la questione va impostata così: egli deve espri- mere la linea del partito nei confronti dei contadini. Sapete che il nostro atteggiamento nei confronti dei contadini medi, cosi come si è manifestato al congresso del partito, non cambia la nostra politica generale. Dovremo adempiere i nostri compiti nei confronti dei contadini medi dopo aver adempiuto il primo compito: schiacciare la borghesia. La questione dell’atteggiamento nei confronti dei contadini medi è per noi piu acuta che per i nostri compagni del- l’Europa, e dobbiamo fare in modo che alla direzione del potere so- vietico vi sia un compagno capace di garantire che la nostra risolu- zione sull’atteggiamento verso i contadini medi sia veramente attuata. Penso che si possa e si debba trovare un compagno che si pro- ponga di attuare senza riserve la linea del partito dirigente nei con- SULLA CANDIDATURA DI M.I. KALININ 211 fronti dei contadini medi. Sappiamo che nel momento attuale il pro- blema di informare e di essere informati si pone in modo particolar- mente acuto. Sappiamo che, con la crisi dei trasporti e con la guerra civile, che talvolta indebolisce i legami col centro non soltanto di al- cuni governatorati, ma addirittura di intere regioni, questo problema ri- chiede particolare attenzione. Sappiamo che se troveremo un compagno che abbia un’esperienza diretta e conosca la vita del contadino medio, riusciremo a risolverlo, e penso che la candidatura di cui oggi parlano i giornali soddisfi tutte queste condizioni. È la candidatura del compagno Kalinin. È un compagno che ha al suo attivo circa vent’anni di lavoro di partito; è un contadino del governatorato di Tver, ha uno stretto le- game con Peconomia contadina e lo rinnova e lo ravviva continuamente Gli operai di Pietrogrado hanno potuto convincersi che egli è capace di avvicinarsi ai larghi strati delle masse lavoratrici che non sono pas- sate attraverso la scuola del partito: quando i propagandisti e gli agi- tatori non riuscivano a trovare il tono adatto, da compagni, il com- pagno Kalinin è riuscito a trovarlo. Oggi tutto questo è partico- larmente importante. Certo, tutti i contadini medi, tutti i loro mi- gliori elementi ci danno il loro appoggio decisivo che supererà le difficoltà, metterà fine nelle campagne alle rivolte dei kulak e del- l’infima minoranza delle masse rurali che li seguono. Sappiamo che il nostro compito principale in un paese di piccole aziende agri- cole è di assicurare l’alleanza indistruttibile degli operai e dei con- tadini medi. I nostri provvedimenti riguardo all’agricoltura — l’abo- lizione totale della grande proprietà fondiaria e l’energico aiuto ai contadini medi — hanno già dato dei risultati, e in un anno, grazie ad essi, il numero dei contadini medi è aumentato. Ma in varie località spesso sono state utilizzate, come amministratori, persone che non erano all’altezza dei loro compiti. Vi sono stati casi di abusi, ma non per colpa nostra. Sappiamo di aver fatto di tutto per attirare gli intellettuali, tuttavia ci dividevano divergenze politiche. Sappiamo che l’epoca del parlamentarismo bor- ghese è finita, che la simpatia degli operai di tutto il mondo va al potere sovietico, che per quanto là borghesia assassini i capi del pro- letariato, come fa in Germania, la vittoria del potere sovietico è ine- luttabile. L’esperienza porterà inevitabilmente e definitivamente gli intellettuali nelle nostre file, e allora avremo il materiale che ci permet- 212 LENIN terà di governare. Riusciremo ad allontanare dal potere sovietico gli intrusi; del resto questa è una ragione di malcontento che non temiamo di riconoscere come legittima, Dobbiamo rivolgere la mas- sima attenzione alla lotta contro questo male. Al congresso del par- tito abbiamo fermamente deciso di prescrivere a tutti i militanti que- sta linea di condotta. Passando all’agricoltura socialista, dobbiamo dire che non con- cepiamo la sua realizzazione se non come una serie di accordi fraterni con i contadini medi. Dobbiamo accostarci il più possibile al con- tadino medio. Sappiamo che i compagni i quali nel periodo della rivoluzione han- no lavorato al massimo e si sono interamente dedicati a questo lavoro, non hanno saputo accostarsi al contadino medio com’era necessario, non Phanno saputo fare senza errori, e sappiamo che ciascuno di questi errori è stato colto dai nemici, ha suscitato dubbi, ha reso complesso il problema delPatteggiamento dei contadini medi nei nostri confronti. Ecco perché è assai importante trovare un compagno che riunisca in sé le qualità di cui vi ho parlato. Bisogna aiutarlo con la nostra esperienza organizzativa affinché i contadini medi vedano nella per- sona del più alto rappresentante della repubblica sovietica un loro uomo, affinché la decisione del nostro partito di avvicinarci ai conta- dini medi con intelligenza, di esser pronto a rivedere ogni nostro passo, a studiarlo, a controllarlo dal punto di vista dell’esperienza acquisita, non resti sulla carta. Sappiamo che il numero dei nostri alleati aumenta, sappiamo che nei prossimi mesi aumenterà di molte volte, ma adesso questo fardello grava solo sul nostro paese, cosi devastato e immiserito. Quest’opera è troppo al di sopra delle forze del contadino medio. Bisogna stargli vicino e fare per lui tutto ciò che possiamo, bisogna fargli capire e mostrargli con i fatti che siamo fermamente decisi a tradurre in atto le decisioni del nostro congresso di partito. Ecco perché la candidatura di un compagno come Kalinin do- vrebbe trovarci tutti concordi. Questa candidatura ci aiuterà a stabilire praticamente tutta una serie di rapporti diretti tra il rappresentante supremo del potere sovietico e i contadini medi, ci aiuterà ad avvi- cinarci a loro. Non si può raggiungere questo obiettivo di colpo, ma non dubi- SULLA CANDIDATURA DI M.I. KALININ 213 tiamo che la decisione che dobbiamo prendere è giusta. Sappiamo di avere poca esperienza pratica in questo campo. Il rappresentante su- premo della repubblica sovietica incominci per primo, col nostro aiuto comune, ad acquistare questa esperienza, a raccogliere la somma di conoscenze necessarie, a controllarle, e possiamo essere certi che rag- giungeremo questo obiettivo, che la Russia diventerà non soltanto l’esempio di un paese nel quale la dittatura del proletariato è stata fermamente attuata e la borghesia implacabilmente schiacciata, — que- sto lo abbiamo già ottenuto, — ma anche l’esempio di un paese nel quale i rapporti fra gli operai delle città e i contadini medi, basati sul fraterno appoggio e su una nuova esperienza, vengono regolati in modo soddisfacente: ciò è una garanzia fondamentale per la completa vittoria della rivoluzione proletaria. Ecco perché mi permetto di raccomandarvi questa candidatura, la candidatura del compagno Kalinin. Breve resoconto pubblicato il 1° aprile 1919 sul giornale Izvestia del CEC , n. 70. Pubblicato per la prima volta integralmente nel 1932. DISCORSI REGISTRATI SU DISCHI 42 Pronunziati alla fine del marzo 1919. 1 IN MEMORIA DEL COMPAGNO IAKOV MIKHAILOVIC SVERDLOV PRESIDENTE DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRALE DI TUTTA LA RUSSIA Per chi ha lavorato giorno per giorno col compagno Sverdlov, è par- ticolarmente chiaro che il suo eccezionale talento organizzativo ci assicu- rava ciò di cui a giusto diritto eravamo fieri. Ci assicurava la possibilità di un lavoro concorde, efficace, organizzato, degno delle masse proletarie organizzate, un lavoro senza il quale il successo sarebbe stato impos- sibile e che rispondeva interamente alle esigenze della rivoluzione pro- letaria. Il compagno Iakov Mikhailovic Sverdlov resterà nella nostra memoria non soltanto come simbolo della dedizione di un rivolu- zionario alla sua causa, non soltanto come modello di sintesi fra luci- dità e capacità pratiche, di completo legame con le masse aggiunto alla capacità di dirigerle, il suo ricordo sarà per noi anche la garanzia che masse sempre piu larghe di proletari andranno sempre avanti, verso la definitiva vittoria della rivoluzione comunista. 2 LA III INTERNAZIONALE, INTERNAZIONALE COMUNISTA Nel marzo di quest’anno 1919 ha avuto luogo a Mosca il con- gresso internazionale elei comunisti. Questo congresso ha fondato la III Internazionale, l’Internazionale comunista, la lega degli operai di tutto il mondo che aspirano a instaurare il potere sovietico in tutti i paesi. La I Intemazionale, fondata da Marx, è esistita dal 1864 al 1872. La sconfitta degli eroici operai parigini, della famosa Comune di Parigi, segnò la fine di questa Internazionale. Essa è indimenti- cabile, è eterna nella storia della lotta degli operai per la loro libera- zione. Essa gettò le basi di queU’edificio della repubblica socialista mondiale che abbiamo ora la fottuna di costruire. La II Internazionale è esistita dal 1889 al 1914, fino alla guerra. È stata un’epoca di sviluppo particolarmente tranquillo e pacifico del capitalismo, un’epoca senza grandi rivoluzioni. In questo periodo il movimento operaio si è consolidato ed è giunto a maturità in una serie di paesi. Ma i capi degli operai, nella maggior parte dei partiti, abituatisi all’epoca pacifica, avevano perso l’attitudine alla lotta rivo- luzionaria. Quando, nel 1914, scoppiò la guerra che doveva inon- dare di sangue la terra per quattro anni, una guerra fra i capitalisti per la spartizione dei profitti, per il dominio sui popoli piccoli e de- boli, questi socialisti passarono dalla parte dei loro governi. Hanno tradito gli operai, hanno aiutato a prolungare il massacro, sono di- ventati nemici del socialismo, sono passati dalla parte dei capitalisti. Le masse operaie hanno voltato le spalle a questi traditori del socialismo. In tutto il mondo è incominciata una svolta verso la lotta rivoluzionaria, La guerra ha mostrato che il capitalismo sta per mo- DISCORSI REGISTRATI 219 rire. Un nuovo regime viene a dargli il cambio. La vecchia parola socia- lismo è stata disonorata dai traditori del socialismo. Adesso gli operai rimasti fedeli alla loro causa, all’abbattimento del giogo del capitale, si chiamano comunisti. In tutto il mondo la lega dei comunisti si rafforza. In una serie di paesi il potere sovietico ha già vinto. Fra poco vedremo la vittoria del comuniSmo' in tutto il mondo, vedremo la fondazione della Repubblica federativa mondiale dei soviet. 3 COMUNICATO SULLA CONVERSAZIONE PER RADIO CON BELA KUN Ho conosciuto bene il compagno Bela Kun fin da quando era prigioniero di guerra in. Russia e veniva spesso da me a parlare sul comuniSmo e sulla rivoluzione comunista. Perciò, quando è giunta la notizia della rivoluzione comunista ungherese, e per giunta una notizia firmata dal compagno Bela Kun, abbiamo voluto parlare con lui e chiarire con piu precisione come stavano le cose in questa rivoluzione. Le prime notizie lasciavano un po’ temere che si trattasse di un in- ganno da parte dei cosiddetti socialisti, i socialtraditori; c'era da te- mere che essi avessero messo da parte i comunisti, tanto più che que- sti ultimi erano in prigione. Cosi, il giorno dopo il primo annun- cio della rivoluzione ungherese, ho mandato un radiogramma a Bu- dapest, chiedendo a Bela Kun' di venire all'apparecchio, gli feci delle domande che mi permettessero di controllare se era veramente lui, e gli chiesi quali garanzie reali vi erano sul carattere del governo e sulla sua politica effettiva. La risposta dataci dal compagno Bela Kun è stata pienamente soddisfacente e ha dissipato tutti i nostri dubbi. Ci è stato comunicato che i socialisti di sinistra erano andati da Bela Kun in prigione per consultarsi sulla formazione di un nuovo governo. E soltanto questi socialisti di sinistra, che simpatizzano per i comunisti, e alcuni uomini del centro hanno formato il nuovo governo, mentre i socialisti di destra, i socialtraditori per cosi dire intransigenti e incor- reggibili, hanno abbandonato completamente il partito, e ne sono usciti senza che nessun operaio li abbia seguiti. Le informazioni ulteriori hanno mostrato che la politica del governo ungherese era assai ferma e tal- mente orientata in senso comunista, che mentre noi abbiamo incomin- ciato dal controllo operaio e siamo passati solo gradualmente alla so- cializzazione dell'industria, Bela Kun, grazie al suo prestigio e certo DISCORSI REGISTRATI 221 che masse enormi lo seguivano, ha potuto promulgare subito una legge che trasforma in proprietà sociale tutti gli stabilimenti industriali del- rUngheria gestiti dai capitalisti. Sono passati due giorni e ci siamo pienamente convinti che la rivoluzione ungherese si è subito messa, con straordinaria rapidità, sulla via del comuniSmo. La borghesia stessa ha ceduto il potere ai comunisti ungheresi. Essa ha mostrato a tutto il mondo che quando sopraggiunge una grave crisi, quando la nazione è in pericolo, la borghesia non può governare, e che soltanto un potere è veramente popolare, veramente amato dal popolo, il potere dei Soviet dei deputati operai, soldati, e contadini. Viva il potere sovietico in Ungheria! 4 APPELLO ALL’ESERCITO ROSSO ■Compagni soldati rossi, i capitalisti dell’Inghilterra, dell 1 America, della Francia fanno la guerra contro la Russia, si vendicano sulla repub- blica sovietica operaia e contadina perché ha rovesciato il potere dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti e ha dato in tal modo l’esem- pio a tutti i popoli della terra. I capitalisti delllnghilterra, della Fran- cia e dell’ America aiutano con denaro e materiale bellico i grandi pro- prietari fondiari russi, i quali dalla Siberia, dal Don, dal Caucaso set- tentrionale, mandano truppe contro il potere sovietico nella speranza di restaurare il potere dello zar, il potere dei grandi proprietari fon- diari, il potere dei capitalisti. No. Questo non accadrà. L’Esercito rosso ha serrato le file, si è levato e ha cacciato dal Volga le truppe dei grandi proprietari fondiari e gli ufficiali della guardia bianca, ha ricon- quistato Riga, ha riconquistato quasi' tutta l’Ucraina, si sta avvicinando a Odessa e a Rostov. Ancora qualche sforzo, ancora qualche mese di lotta contro il nemico, e la vittoria sarà nostra, L’Esercito rosso è forte perché, cosciente e unanime, va a lottare per la terra contadina, per il potere degli operai e dei contadini, per il potere sovietico. L’Esercito rosso è invincibile perché ha unito i milioni di con- tadini lavoratori con gli operai, che ora hanno imparato a combattere, hanno imparato a mantenere una disciplina fraterna, e non si perdono d’animo, si temprano dopo le piccole sconfitte e attaccano sempre più audacemente il nemico, sapendo che la sua disfatta totale è vicina. Compagni soldati rossi, Talleanza degli operai e contadini del- l’Esercito rosso è salda, stretta, indissolubile. I kulak e i contadini molto ricchi cercano di organizzare rivolte contro il potere sovietico, DISCORSI REGISTRATI 223 ma essi sono un’insignificante minorarla. Riescono di rado e per poco a ingannare i contadini. I contadini sanno che solo alleati agli operai potranno vincere i grandi proprietari fondiari. Qualche volta nelle campagne si autodefiniscono comunisti i peggiori nemici del popolo lavoratore, dei violenti, che si sono infiltrati nei soviet per fare i propri interessi, si reggono suH’inganno e si permettono ingiustizie e offese contro il contadino medio. Il governo operaio e contadino ha deciso di lottare fermamente contro questa gente, di sbarazzarne la cam- pagna, Il contadino medio non è un nemico, ma un amico del- l’operaio, un amico del potere sovietico. Gli operai coscienti e gli uo- mini veramente sovietici trattano da compagno il contadino medio. Il contadino medio non ruba il lavoro altrui, non si arricchisce a spese degli altri come fanno i kulak, il contadino medio lavora da sé e vive del lavoro delle sue braccia. Il potere sovietico schiaccerà i kulak, ripulirà la campagna da coloro che compiono ingiustizie verso i con- tadini medi, realizzerà a qualunque costo l’alleanza degli operai con tutti i contadini lavoratori, piccoli e medi. Questa alleanza si sviluppa in tutto il mondo. La rivoluzione si avvicina, matura dappertutto. Giorni fa ha vinto in Ungheria. In Ungheria è stato instaurato il potere sovietico, un governo operaio. Tutti i popoli giungeranno inevitabilmente a questo. Compagni soldati rossi, tenete duro, siate fermi, uniti! Avanti, audacemente, contro il nemico! La vittoria sarà nostra. Il potere dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, spezzato in Russia, sarà vinto in tutto il mondo! 29 marzo 5 SUI CONTADINI MEDI Attualmente la questione più importante che si pone al partito comunista, e che ha richiamato più di ogni altra l’attenzione all'ultimo congresso del partito, è quella dei contadini medi. Naturalmente, la prima domanda che si pone di solito è questa: che cosa è un contadino medio? Naturalmente, i militanti del partito ci hanno raccontato più volte che in campagna è stato loro chiesto che cosa fosse un contadino medio. A questa domanda rispondiamo: il contadino medio è il conta- dino che non sfrutta il lavoro altrui, non vive del lavoro altrui, non approfitta in nessuna misura e in nessun modo dei frutti del lavoro altrui, ma lavora lui stesso, vive del suo lavoro. Questi contadini, sotto il capitalismo, erano meno numerosi di adesso perché la maggioranza apparteneva alla categoria dei contadini poverissimi, e solo un’infima minoranza, allora come adesso, apparte- neva alla categoria dei kulak, degli sfruttatori, dèi contadini ricchi. I contadini medi diventano più numerosi da quando è stata abo- lita la proprietà privata della terra. E il potere sovietico ha ferma- mente deciso di stabilire a qualunque costo rapporti di pace e con- cordia totali col contadino medio. Si capisce che questi non può schie- rarsi subito dalla parte del socialismo, perché è saldamente attaccato alle sue abitudini, perché considera con cautela tutte le novità, verifica prima praticamente ciò che gli viene proposto e non si decide a cambiare la sua vita finché non si è convinto che questo mutamento è necessario, Proprio per questo dobbiamo sapere, ricordare e mettere in pratica la regola secondo cui gli operai comunisti che vanno nelle campagne devono cercare e stabilire rapporti da compagni con i contadini medi, ricordare che il lavoratore che non sfrutta il lavoro altrui è un com- DISCORSI REGISTRATI 225 pagno dell’operaio, e con lui si può e si deve fare un’alleanza volon- taria, fondata sulla completa sincerità e completa fiducia. Tutti i provve- dimenti proposti dallo Stato comunista devono essere intesi solo come un consiglio, un’indicazione al contadino medio, una proposta di pas- sare al nuovo regime. Soltanto il lavoro comune, che metterà praticamente alla prova questi provvedimenti, ne rivelerà gli errori, eliminerà i possibili sbagli, realizzerà l’intesa con i contadini medi, soltanto questo lavoro assi- curerà l’alleanza degli operai e dei contadini. In questa alleanza sta la forza principale e il sostegno del potere sovietico, in questa alleanza sta la garanzia che la causa della trasform'azione socialista, della vittoria sul capitale e della soppressione di ogni sfruttamento sarà da noi portata vittoriosamente a termine. 6 CHE COSA È IL POTERE SOVIETICO? Che cos’è il potere sovietico? Qual è la natura di questo nuovo potere che nella maggior parte dei paesi non si vuole o non si può ancora capire? Il tratto essenziale, che attira sempre piu gli operai di ogni paese, è che lo Stato, prima amministrato in un modo o nel- l’altro dai ricchi o dai capitalisti, oggi, per la prima volta, è ammi- nistrato, e su scala di massa, proprio dalle classi che il capitalismo opprimeva. Anche nella repubblica più democratica, più libera, fin- ché permane il dominio del capitale, finché la terra resta proprietà pri- vata, lo Stato è sempre amministrato da una esigua minoranza composta per i nove decimi da capitalisti o da ricchi. Per la prima volta al mondo, da noi, in Russia, si è organizzato il potere dello Stato in modo che soltanto gli operai, soltanto i con- tadini lavoratori, escludendo gli sfruttatori, compongano le orga- nizzazioni di massa, i soviet; e a questi soviet è stato trasmesso tutto il potere dello Stato. Ecco perché, nonostante le calunnie della bor- ghesia di tutti i paesi contro la Russia, in tutto il mondo la parola « soviet » è diventata non soltanto comprensibile, ma popolare, cara agli operai, a tutti i lavoratori. Ed ecco perché il potere sovietico, quali che siano le persecuzioni contro i fautori del comuniSmo nei diversi paesi, trionferà certamente, inevitabilmente in tutto il mondo e in un non lontano avvenire. Sappiamo benissimo che ci sono ancora molti difetti nell’orga- nizzazione del potere sovietico. Il potere sovietico non è un talismano miracoloso. Non guarisce di colpo i difetti del passato, l’analfabetismo, l’arretratezza culturale, le conseguenze di una barbara guerra, l’ere- dità di un capitalismo rapinatore. Ma in compenso dà la possibilità di passare al socialismo, permette a coloro che erano oppressi di levarsi DISCORSI REGISTRATI 227 e di prendere sempre piu nelle loro mani tutta la direzione dello Stato, tutta la direzione deireconomia, tutta la direzione della pro- duzione. Il potere sovietico è la via verso il socialismo scoperta dalle masse lavoratrici, e perciò giusta, e perciò invincibile. 7 COME PRESERVARE PER SEMPRE I LAVORATORI DAL GIOGO DEI GRANDI PROPRIETARI E DEI CAPITALISTI I nemici dei lavoratori, — i grandi proprietari fondiari e i capi- talisti, — dicono: gli operai e i contadini non potranno sussistere senza di noi. Senza di noi non ci sarà nessuno per stabilire l’ordine, ripar- tire il lavoro, costringere a lavorare. Senza di noi tutto crollerà e lo Stato si dissolverà. Ci hanno scacciati, ma la rovina ci farà tornare al potere. Questi discorsi dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, non possono turbare, spaventare, ingannare gli operai e i contadini. In un esercito è necessaria la più rigida disciplina. E tuttavia gli operai coscienti hanno saputo unire i contadini, hanno saputo prendere al loro servizio i vecchi ufficiali zaristi, hanno saputo creare un esercito vit- torioso. L’Esercito rosso ha creato una disciplina di una fermezza senza precedenti, fondata non più sul bastone, ma sulla coscienza, sulla dedi- zione, sull’abnegazione degli operai e dei contadini stessi. Ora, per preservare per sempre i lavoratori dal giogo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, dalla restaurazione del loro po- tere, bisogna creare un grande esercito rosso del lavoro. Esso sarà invincibile se in esso regnerà una rigida disciplina del lavoro. Gli operai e i contadini devono dimostrare e dimostreranno di saper assicurare essi stessi, senza i grandi proprietari fondiari e contro di loro, senza i capitalisti e contro di loro, una giusta divisione del lavoro, una disci- plina disinteressata e la dedizione al lavoro per Tinteresse comune. La disciplina, l’appassionata energia nel lavoro, lo spirito di sacri- ficio, la stretta alleanza fra contadini e operai: ecco ciò che preserverà per sempre i lavoratori dal giogo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti. 8 I POGROM CONTRO GLI EBREI Si chiama antisemitismo la diffusione dell’odio contro gli ebrei. Quando la maledetta monarchia zarista Viveva i suoi ultimi giorni, essa cercava di aizzare contro gli ebrei gli operai e i contadini ignoranti. La polizia zarista, alleata ai grandi proprietari fondiari e ai capitalisti, organizzava pogrom antiebraici. I grandi proprietari fondiari e i capi- talisti cercavano di indirizzare contro gli ebrei l’odio degli operai e dei contadini estenuati dalla miseria. Anche in altri paesi capita spesso di vedere che i capitalisti attizzano l’odio contro gli ebrei per gettar polvere negli occhi all’operaio e distogliere il suo sguardo dal vero nemico dei lavoratori, il capitale. L’odio contro gli ebrei si mantiene saldamente solo dove il giogo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti ha generato la profonda ignoranza degli operai e dei con- tadini. Soltanto gente completamente ignorante, completamente ab- brutita può credere alle menzogne e alle calunnie diffuse contro gli ebrei. Sono residui della vecchia epoca feudale, in cui i preti facevano bruciare gli eretici sul rogo, i contadini erano servi, il popolo era schiac- ciato e muto. Questo vecchio oscurantismo feudale sta sparendo. Il popolo incomincia a veder chiaro. Non sono gli ebrei i nemici dei lavoratori. I nemici degli operai sono i capitalisti di tutti i paesi. Fra gli ebrei vi sono operai, lavoratori: questi sono la maggioranza. Sono nostri fratelli oppressi dal capitale, nostri compagni di lotta per il socialismo. Fra gli ebrei vi sono kulak, sfruttatori, capitalisti, come ve ne sono fra i russi, come ve ne sono in tutte le nazioni. I capitalisti si sforzano di seminare e attizzare l’odio tra gli operai di diversa fede, di diversa nazionalità, di diversa razza. Chi non lavora si mantiene con la forza e col potere del capitale. I ricchi ebrei, come i ricchi russi, come i ricchi di tutti i paesi, sono alleati gli 230 LENIN uni agli altri, schiacciano, opprimono, spogliano, dividono gli operai. Vergogna allo zarismo maledetto che ha torturato e perseguitato gli ebrei. Infamia e disonore su coloro che seminano Podio contro gli ebrei, che seminano l’odio contro le altre nazioni. Viva la fiducia fraterna e l’alleanza degli operai di tutte le na- zioni nella lotta per l’abbattimento del capitale. FONOGRAMMA ALLA COMMISSIONE STRAORDINARIA DI TUTTA LA RUSSIA 1° aprile 1919 A quanto comunica la Commissione straordinaria di tutta la Rus- sia, da Pietrogrado sono giunte informazioni secondo le quali agenti di Kolciak, Denikin e degli alleati hanno cercato di far saltare la cen- trale idrica di Pietrogrado. Nel sotterraneo si sono scoperte sostanze esplosive e una bomba a orologeria che è stata rimossa da una squadra speciale per essere distrutta, ma lo scoppio anticipato ha ucciso il comandante del reparto e ferito dieci soldati rossi. In diversi punti si tenta di far saltare ponti e di bloccare il mo- vimento ferroviario. Si compiono tentativi di smontare le rotaie per lasciare senza vi- veri Mosca rossa e Pietrogrado. I socialisti-rivoluzionari e i menscevichi prendono parte attiva agli appelli allo sciopero e alFabbattimento del potere sovietico. Considerate queste informazioni, il Consiglio di difesa ordina; prendere provvedimenti immediati per impedire tutti i tentativi di pro- curare esplosioni, di deteriorare le ferrovie e di lanciare appelli allo sciopero. II Consiglio di difesa ordina: fare appello alla vigilanza di tutti Ì dipendenti delle Commissioni straordinarie; informare il Consiglio di difesa sulle misure prese. Il presidente del Consiglio di difesa V. Ulianov (Lenin) Izvestia del CEC, n. 71, 2 aprile 1919. SEDUTA PLENARIA STRAORDINARIA DEL SOVIET DEI DEPUTATI OPERAI E SOLDATI DI MOSCA 3 aprile 1919 1 Rapporto sulla situazione estera ed interna della repubblica sovietica Compagni, devo incominciare il mio rapporto sulla situazione estera ed interna della Repubblica sovietica constatando che proprio in que- sti mesi, con l’inizio della primavera, stiamo nuovamente attraversando un periodo estremamente difficile. Penso che l’andamento sia della guerra civile, sia della guerra con l'Intesa d permettano, in ogni caso, anche ragionando con la massima cautela (di questo andamento parlerò ancora trattando della situazione internazionale), anche a voler essere assai prudenti nei nostri ragionamenti, di dire che questo semestre, di cui siamo giunti proprio alla metà, sarà l’ultimo semestre difficile, perché i capitalisti francesi e inglesi non saranno in grado di rinno- vare l’offensiva che stanno ora scatenando con tutte le loro forze. D’altra parte, tutte le conquiste che il nostro Esercito rosso ha fatto in Ucraina e sul Don e che possiamo consolidare, allevieranno conside- revolmente la nostra situazione interna, ci daranno grano e carbone, vi- veri e combustibile. Ma adesso, mentre la lotta non è terminata, men- tre, in Ucraina, dobbiamo ancora procedere alla raccolta del grano in condizioni estremamente difficili, adesso, con la primavera che rende impraticabili le strade, la situazione è assai difficile. Abbiamo detto piu volte che tutte le forze del potere sovietico si basano sulla fiducia e sull'atteggiamento consapevole degli operai. Abbiamo più volte dimostrato che — per quanto siano numerosi i nemici che ci circondano e le spie mandateci dall’Intesa, che vengono aiutate da persone le quali forse non si considerano neppure loro com- SEDUTA PLENARIA DEL SOVIET DI MOSCA 233 plici, ma che di fatto aiutano le guardie bianche — non abbiamo mai ignorato che ogni parola che pronunzieremo qui sarà distorta, che gli agenti delle guardie bianche ascolteranno attentamente le nostre am- missioni, ma diciamo: lasciamoli fare! Trarremo assai piu vantaggio dalla verità aperta e sincera, perché siamo certi che se anche si tratta di una verità penosa, chiaramente avvertibile, da essa ogni rappresentante cosciente della classe operaia, ogni contadino lavoratore trarrà la sola conclusione giusta. Essi ne trarranno, in fin dei conti, Tunica conclusione possibile: la nostra causa sta per vincere in tutto il mondo e, per quanto sia disperatamente dura la situazione delle masse lavoratrici, stanche-, af- famate, esaurite da quattro anni di guerra imperialistica, ed ora da altri due anni della piu terribile guerra civile, per quanto dura sia questa situazione, per quanto essa si inasprisca nel momento attuale, abbiamo serie possibilità di vittoria non soltanto in Russia, ma in tutto il mondo. E perciò, benché i quattro o cinque mesi che ci stanno dinanzi siano assai duri, sapremo vincere ancora e sempre queste difficoltà e mostrare così ai nemici, mostrare alla coalizione dei capitalisti di tutto il mondo, che il loro attacco alla Russia è votato alTinsuccesso. Proprio adesso essi cercano, secondo un piano indubbiamente meditato in precedenza, di colpirci militarmente da occidente e da oriente, per salvare le bande in rotta di Krasnov. Ieri è giunta la notizia della presa di Mariupol. Rostov è per metà accerchiata. In una parola, i paesi dell’Intesa tendono tutte le forze per trarre d’impaccio Krasnov e per assestarci proprio questa primavera un duro colpo. Essi agiscono indubbiamente d’accordo con Hinden- burg. Un compagno della Lettonia mi ha detto in quale situazione si sono venuti a trovare i compagni lettoni. La maggior parte del paese ha subito sventure di cui gli operai di Mosca non hanno idea: le sven- ture dell’invasione e della devastazione ripetuta dei villaggi da parte delle truppe in transito. Adesso i tedeschi avanzano su Dvinsk per tagliar fuori Riga. Dal nord li aiutano le guardie bianche estoni finan- ziate dallTnghil terra e sostenute da volontari mandati da svedesi e danesi, che sono stati corrotti dai miliardari inglesi, francesi e ame- ricani. Essi agiscono secondo un piano generale che ci è perfetta- mente chiaro, e sfruttano il fatto che in Germania le repressioni sangui- nose hanno indebolito il movimento degli spartachisti e dei rivolu- zionari. E benché essi si sentano con un piede nella fossa, tuttavia hanno 234 LENIN ritenuto il momento abbastanza favorevole per offrire a Hindenburg una parte delle truppe, intensificare l’offensiva da occidente sulla Let- tonia estenuata e tormentata, e minacciarci. D’altra parte, Kolciak ha riportato una serie di vittorie in oriente, preparando così le condi- zioni per l’ultimo e decisivo attacco dei paesi dell’Intesa. Come sempre, il nemico non si limita all’attacco esterno, agisce all’interno del paese per mezzo di complotti, di rivolte, tentando di lanciare bombe e di far saltare l’impianto idrico a Pietrogrado, come avete letto nei giornali; tentando di smontare le rotaie, come è acca- duto poco lontano da Samara, sulla principale linea ferroviaria che ci porta il grano dall’oriente. Una parte di questo grano è andata per- duta, Kolciak se ne è impadronito. Vi sono stati anche tentativi di danneggiare la linea Kursk-Kharkov, sulla quale era incominciato il tra- sporto del carbone riconquistato dall’Esercito rosso nel bacino del Donez. Se mettiamo insieme tutti questi fatti e riflettiamo, allora ci è chiaro che i paesi dell’Intesa, che grimperialisti e miliardari francesi compiono l’ultimo tentativo per schiacciare con le armi il potere so- vietico. I menscevichi e i socialisti-rivoluzionari di destra e di sinistra — i quali non hanno ancora capito che la lotta volge al termine, e che si tratta della guerra piu disperata e implacabile, — continuano a predicare ora lo sciopero, ora la cessazione della guerra civile. Comunque sia, essi aiutano le guardie bianche; di loro parlerò in seguito, adesso ho voluto soltanto spiegare che la situazione è veramente difficile. Tutte le forze dei capitalisti intemazionali vogliono darci que- sta primavera l’ultima battaglia; per fortuna sono le forze di un vec- chio decrepito, moribondo, incurabilmente ammalato, il capitalismo internazionale. Ma, comunque sia, attualmente le forze militari am- massate contro di noi sono assai rilevanti. Kolciak in particolare ha messo in moto tutte le sue riserve: egli dispone di guardie bianche volontarie, bande di proporzioni imponenti ed ha l’aiuto dell’Inghil- terra e dell’America che gli forniscono armi e munizioni in quantità enormi. Ecco perché la situazione che si è venuta a creare richiede da noi una chiara coscienza delle difficoltà in cui si trova la repubblica sovietica. Siamo certi che le masse lavoratrici hanno capito perché si fa la guerra. Sanno che questi pochi mesi decideranno la sorte della nostra rivoluzione e, in larga misura, quella della rivoluzione interna- SEDUTA PLENARIA DEL SOVIET DI MOSCA 235 zionale; sanno che il tentativo attuale dei capitalisti di mettere in ginocchio la Russia sovietica è tanto accanito e il loro attacco cosi furioso, perché sanno di avere airinterno dei -loro paesi lo stesso nemico, il movimento bolscevico. Esso si sviluppa anche da loro rapida- mente e irresistibilmente. Ciò che rende la nostra situazione particolarmente difficile, ciò che ci costringe a fare appello ancora una volta airaiuto di tutti gli operai coscienti, sono le difficoltà nel campo delPapprovvigionamento e dei trasporti. I trasporti sono stati devastati per quattro anni dalla guerra imperialistica, e in un paese arretrato come la Russia, le tracce di questa devastazione non sono ancora state cancellate e non si pos- sono cancellare se non con lunghi mesi, o forse anni, di tenace lavoro. Ma non è possibile lavorare senza combustibile. Abbiamo incominciato a ricevere carbone dal bacino del Donez soltanto negli ultimi tempi. Sapete che il petrolio di Baku ce lo hanno preso gl’inglesi. Essendosi essi impadroniti di una parte delle nostre navi nel mar Caspio e avendo occupato Grozny, ci impediscono di utilizzare il petrolio. E senza com- bustibile non possono lavorare né le ferrovie, né l’industria. Dobbiamo tendere tutte le nostre forze. Diciamo ancora una volta a tutti i compagni: bisogna far partecipare piu forze al lavoro per l’approvvigionamento e i trasporti. Il lavoro dei trasporti è tale che, nell’oriente della Russia, oltre il Volga, abbiamo diversi milioni di pud di grano, dieci-dodici milioni già pronti, ma che non siamo in grado di trasportare. Abbiamo perso una parte di questo grano a causa dell’ultima avanzata delle truppe di Kolciak, che hanno preso Ufà e hanno costretto le nostre truppe alla riti- rata. Questa perdita è estremamente sensibile e grave. Il lavoro dei trasporti esige la massima tensione delle forze. Bisogna che in ogni riunione gli operai si pongano questa domanda: come possiamo venire in aiuto ai trasporti? Non possiamo sostituire la mano d’opera maschile con quella femminile nei lavori da fare qui sul posto e spostare gli uomini nelle officine di riparazione o mandarli in aiuto ai ferrovieri? Come farlo lo vedono meglio gli operai che sanno meglio di noi a quale lavoro ciascuno è adatto. Lo vedono meglio i pratici che debbono cercare sempre nuovi metodi di aiuto. Noi speriamo, siamo convinti che il nostro commissariato per i trasporti, insieme col commissariato per gli approvvigionamenti, ha già raggiunto determinati successi negli ultimi tempi. Il mese dedicato al trasporto delle merci, durante il quale il 236 LENIN movimento passeggeri è stato sospeso, malgrado le calunnie dei nemici, ha già dato qualche miglioramento. Ma bisogna decuplicare gli sforzi per ottenere risultati maggiori. Ieri nelle Izvestia sono state pubblicate alcune cifre. Citerò le principali. All’inizio di marzo a Mosca arrivavano in media 118 vagoni di viveri al giorno, 25 dei quali di grano. Alla fine di marzo cominciarono ad arrivare 209 vagoni di viveri, fra i quali 47 di grano, cioè quasi il doppio. Ciò significa che un provvedimento grave come il divieto del movimento passeggeri è stato giusto. Signi- fica che abbiamo aiutato la popolazione affamata di Mosca, di Pie- trogrado e di tutta la regione industriale. Ma non è affatto tutto ciò che si può fare. E piu avanti, quando le strade diventeranno comple- tamente impraticabili, la situazione diventerà piu difficile e la fame piu grande. Ecco perché diciamo che occorre lavorare senza sosta e con la massima energia. Dobbiamo contare principalmente sulle masse de- gli operai e non sui lavoratori intellettuali, i quali si sono messi al nostro servizio, è vero, ma fra i quali vi sono tuttavia molte persone sulle quali non si può contate. Dobbiamo anche tener conto della situazione in Ucraina. Per un anno, quando tutta TUcraina era occupata dai tedeschi, quando tutta la regione del Don si trovava in una situazione altrettanto grave, abbiamo sopportato troppo. Adesso la nostra situazione sta miglio- rando, In Ucraina abbiamo 258 milioni di pud di grano, cento dei quali sono già stati messi in distribuzione, ma il fatto è che i conta- dini ucraini sono stati terribilmente spaventati dai tedeschi e dai loro saccheggi. Ho sentito dire che i contadini sono stati terrorizzati dai tedeschi a tal punto che ancora adesso, benché conoscano la situazione del potere dei soviet qui da noi, non osano impadronirsi della terra dei grandi proprietari fondiari. Frattanto già sta arrivando il periodo dei lavori primaverili. I contadini ucraini però hanno provato a proprie spese gli orrori dei saccheggi tedeschi, e ancora oggi sono estremamente indecisi. Bisogna però dire che colà la guerra partigiana non è mai cessata. Al sud continua anche adesso. Non vi sono truppe regolari. A causa della mancanza di queste truppe, laggiù non abbiamo ancora riportato la vittoria definitiva. Vi abbiamo inviato le nostre truppe rego- lari, ma ciò è poco. Bisogna intensificare notevolmente il lavoro, e perciò debbo dirvi che la questione degli approvvigionamenti e dei trasporti deve essere posta decisamente in ogni riunione operaia. SEDUTA PLENARIA DEL SOVIET DI MOSCA 237 Dobbiamo risolvere al piu presto questi problemi: come migliorare la situazione e come utilizzare ciò di cui già ora disponiamo. Dobbiamo sapere fermamente che soltanto con Paiuto della classe operaia potremo rimetterci in piedi, potremo riportare brillanti vittorie; perciò dobbiamo mandare laggiù, al fronte, le migliori forze del nostro proletariato. Dobbiamo mandare al fronte compagni responsabili. Se qualche organismo qui ne soffrirà, subiremo un certo danno, natu- ralmente, ma non ne morremo, mentre se ci mancheranno gli operai nell'esercito, sarebbe indubbiamente la fine. Finora il nostro esercito ha sofferto d'insufficiente coesione, di mancanza d'organizzazione, ed ogni aiuto sotto questo rapporto deve venire dagli operai, in loro deve essere riposta ogni speranza. Soltanto gli operai che hanno vissuto tutta la lotta, che possono far parte agli altri di tutta la loro esperienza, di tutto ciò che hanno sofferto, possono influire sull'esercito e trasformare i contadini nei combattenti coscienti che sono necessari alla nostra causa. Perciò siamo venuti qui ancora una volta, perciò abbiamo deciso di riunire tutti voi e di esporvi la grave situazione dei trasporti, nel quadro di una grave situazione generale. Sottolineiamo che dobbiamo resistere ancora tre o quattro mesi, e soltanto allora la vittoria com- pleta sarà nostra. Ma per far questo occorrono forze. Dove prenderle? Ma non vediamo forse che soltanto gli operai, che hanno sopportato tutto il peso della devastazione della Russia quando alla lotta è seguita l'invasione delle guardie bianche, che hanno subito tutte le prove e hanno in tal modo acquistato una grande espierenza, solo questi operai, solo questi nostri reparti d'avanguardia possono aiutarci? Sappiamo benissimo che essi sono incredibilmente estenuati, che sono esauriti dal lavoro sovrumano che è toccato loro in sorte. Lo sappiamo tutti, e tuttavia ora vi diciamo che bisogna tendere tutte le forze, che bisogna pensare a raccogliere tutte le forze per la rivoluzione, per la sua gloriosa vittoria. Adesso incomincia il periodo piu difficile, il periodo piu penoso, e dobbiamo agire da rivoluzionari. Dobbiamo attingere le nostre forze dalle masse lavoratrici. Ieri qui ce stata una riunione di influenti sindacalisti di Mosca e di tutta la Russia. E tutti sono stati d'accordo sulla necessità di far partecipare all'attività, in questo momento, il lavoratore medio che finora non avevamo considerato capace di compiere un tale lavoro. Ma adesso è assolutamente chiaro che per dare il cambio ai 238 LENIN funzionari estenuati dobbiamo inserire nell’attività i lavoratori medi, prima però dobbiamo farli istruire dai funzionari già esperti. Dob- biamo conservare le nostre forze e sostituire temporaneamente i no- stri funzionari responsabili con funzionari tratti dai lavoratori medi. Per noi è necessario far emergere decine di migliaia di tali funzionari. Non dobbiamo temere che essi possano fare il loro lavoro meno bene di quanto lo facessero funzionari più esperti. Se li metteremo a posti di responsabilità, gli errori che commetteranno nei primi tempi non saranno terribili. Per noi l’essenziale è di promuoverli a posti di re- sponsabilità, di direzione, ove essi sapranno sviluppare le loro capacità e fare bene il loro lavoro, perché agiranno con sicurezza, sapendo che dietro a loro vi sono funzionari esperti, che hanno già l’esperienza di un anno di lavoro in Russia. Sanno che i loro compagni più esperti faciliteranno il loro compito nel momento critico. Questo nuovo strato di operai potrà svolgere bene il suo lavoro se gli operai avanzati gli affideranno posti di direzione. Possiamo farlo senza danno perché questo largo strato possiede un istinto proletario, la coscienza e la comprensione proletaria del dovere. Si può contare su di loro e si può dire che nei momenti difficili ci aiuteranno. La Russia è stata caratte- rizzata dal fatto che nei momenti più difficili ha sempre trovato masse che si potevano far avanzare come riserva e da cui sorgevano nuove forze quando le vecchie incominciavano a esaurirsi. Si, gli operai d’avanguardia sono esauriti, e lo strato successivo lavorerà peggio, ma non è un gran guaio, non ne risulterà un gran danno; la nostra opera non andrà perduta se faremo avanzare queste nuove forze, le diri- geremo e impediremo che tutto vada in rovina. In queste condizioni non si può non accennare ai socialisti-rivo- luzionari e ai menscevichi. Negli ultimi tempi il potere sovietico ha incominciato ad arrestarli, a sopprimere i loro giornali. Alcuni com- pagni operai, vedendo questo, dicono: « Dunque avevano torto quei bolscevichi » — e io fra loro — « che ci hanno indotto a fare certe concessioni alla democrazia piccolo-borghese. Perché abbiamo fatto delle concessioni se adesso dobbiamo arrestarli e sopprimere i loro giornali? Dov’è la coerenza? ». Risponderò. In un paese come la Russia, nel quale gli elementi piccolo-borghesi dirigono tutta Peconomia agricola, non possiamo reg- gere a lungo senza l’appoggio del loro ceto. Questo ceto, nel mo- mento presente, non va direttamente allo scopo, ma va a zigzag. Se SEDUTA PLENARIA DEL SOVIET DI MOSCA 239 insegno un nemico che non segue una linea retta, ma va a zigzag, per raggiungere il nemico anch’io debbo andare a zigzag. Parlando in linguaggio politico, le masse piccolo-borghesi stanno fra il lavoro e il capitale, e bisogna batterle cento volte perché capiscano che una cosa deve essere chiara: può esserci solo la dittatura della borghesia o la dittatura della classe operaia. Chi tiene conto di questo fatto, sa come stanno le cose nel momento attuale. E gli operai lo sanno. Dall’esperienza e da una serie di osservazioni essi hanno compreso che soltanto queste due forme di potere sono possibili: o il potere totale della classe operaia o il potere totale della borghesia; non c’è via di mezzo, non ce una terza via. La classe operaia l’ha capito da tempo, durante gli scioperi e la lotta rivoluzionaria. La piccola borghesia non può comprenderlo di colpo; le centinaia di lezioni date dalla vita non possono insegnare alla piccola borghesia, né abituarla a questa idea, ed essa continua a pensare all’unione con la grande borghesia, perché non riesce a capire che non si può fare a meno della dittatura del proletariato o della dittatura della borghesia. I socialisti-rivoluzionari e i menscevichi hanno imparato e com- preso dall’esperienza con Kolciak che non per caso di fronte alla lotta piu accanita, e piu disperata, di fronte all’aiuto straniero, la demo- crazia non ha fatto niente. Due forze agiscono su di loro, e al di fuori di queste due forze non c’è nulla: o la dittatura della borghesia, o il potere e la dittatura totale della classe operaia; la via di mezzo non ha mai dato niente, non se ne è mai ricavato niente. Anche dalla Costi- tuente non si è ricavato niente. I socialisti-rivoluzionari e i mensce- vichi e la piccola borghesia lo hanno sperimentato di persona. Quando i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi dicevano: « Noi ab- bandoneremo Kolciak e tutti coloro che sono per lui e per l’intervento dell’Intesa », non lo dicevano soltanto per ipocrisia. Non era soltanto un’astuzia politica, benché una parte di costoro sperasse di « mettere nel sacco i bolscevici non appena essi ci offriranno la possibilità di rinnovare la vecchia situazione ». Abbiamo tenuto conto di que- sta astuzia e, naturalmente, abbiamo preso i provvedimenti neces- sari, ma quando i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari dicevano que- sto, non si trattava soltanto di ipocrisia e di astuzia, ma di una con- vinzione di molti di loro. Fra loro non abbiamo soltanto il gruppo dei letterati, ma anche strati piccolo-borghesi di tecnici, d’ingegneri, ecc. Quando i menscevichi si sono dichiarati contro l’intervento degli 240 LENIN alleati, abbiamo proposto loro di lavorare con noi, ed essi hanno accet- tato volentieri la nostra proposta. Ma adesso, abbiamo perfettamente ragione di perseguitarli, di perseguitare il ceto piccolo-borghese perché questo ceto è del tutto incapace di capire. Lo ha mostrato sia nel pe- riodo di Kerenski che col suo attuale comportamento. Dopo essersi messi al nostro servizio, dicono: « Abbiamo rinunziato alla politica, lavoreremo volentieri». A questa gente rispondiamo: «I funzionari menscevichi ci servono, perché non sono né prevaricatori, né centoneri che s’infiltrano nelle nostre file, che s'iscrivono al partito e lavorano contro di noi ». Se certuni credono nella Costituente, diciamo loro: « Credete pure, signori, non soltanto nella Costituente, ma anche in Dio, ma fate il vostro lavoro e non occupatevi di politica ». Fra loro cresce il numero di coloro che sanno di aver fatto politicamente una brutta figura: hanno gridato che il potere sovietico era una mostruosa invenzione, possibile soltanto nella selvaggia Russia, hanno detto che lo scioglimento della Costituente era un atto di barbari educati dallo zarismo. E in Europa lo si è ripetuto. Adesso dall'Europa giunge la notizia che il potere sovietico si va sostituendo dappertutto alla Costi- tuente borghese. Sono lezioni impartite a tutti gli intellettuali che ven- gono a lavorare per noi. Adesso da noi lavorano due volte più fun- zionari di sei mesi fa. Per noi è un guadagno avere dei funzionari che lavorano meglio dei centoneri. Quando li abbiamo invitati a lavo- rare per noi, hanno detto: « Ho paura di Kolciak; sono con te, ma non voglio aiutarti. Ragionerò come un puro parlamentare, come se sedessi alla Costituente, e tu non azzardarti a toccarmi perché sono un democratico ». Diciamo a questi gruppi che parlano della Costi- tuente: « Se volete parlarne ancora a lungo, vi manderemo da Kolciak o in Georgia». (Applausi.) Nasce una polemica e l'opposizione di un gruppo legale. Non tolleriamo una opposizione. Gli imperialisti di tutto il mondo ci prendono alla gola, cercano di batterci con tutta la loro forza militare, noi dobbiamo combattere, questa è una lotta per la vita o per la morte. Se vieni ad aiutarci, accomodati, ma se vuoi pubblicare dei giornali e incitare gli operai allo sciopero — mentre a causa degli scioperi i nostri soldati rossi al fronte muoiono, e per ogni giorno di sciopero decine di migliaia di uomini nelle nostre fabbriche sopportano privazioni, le torture della fame, torture che ci tolgono la tranquillità, — hai forse anche ragione dal punto di vista della Costituente, ma dal punto di vista della nostra lotta e della respon- SEDUTA PLENARIA DEL SOVIET DI MOSCA 241 sabilità che portiamo, hai torto: non puoi aiutarci, vattene in Georgia, vattene da Kolciak o finirai in prigione! E cosi faremo. Compagni, spero che approveremo tutti alla unanimità la risolu- zione che sarà proposta alla fine della riunione e nella quale cerchiamo di dare le direttive indispensabili che mi sono sforzato di argomentare nel mio rapporto. Adesso vorrei passare ad altre due questioni: la situazione del contadino medio e la situazione internazionale che ha un'importanza immensa. Del contadino medio abbiamo parlato al congresso del partito ed abbiamo deciso qual è la linea che il nostro partito deve seguire nei suoi confronti. Il nostro partito ha eletto alla carica di maggiore responsabi- lità, alla carica di presidente del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia, carica di tanto maggiore responsabilità in quanto finora era stata occupata da un organizzatore di eccezionale talento, il compagno Sverdlov, il nostro partito ha scelto, per questa carica, il compagno Kalinin, un operaio di Pietroburgo che mantiene tuttora legami con la campagna. Oggi i giornali hanno scritto che un compagno Kalinin è stato ucciso dai socialisti-rivoluzionari; è un altro Kalinin. Ciò dimo- stra a quali mezzi ricorrono i socialisti-rivoluzionari. Il compagno M.I. Kalinin è un contadino medio del governatorato di Tver, e vi si reca ogni anno. I contadini medi sono lo strato sociale piu rilevante, che dopo la nostra rivoluzione è cresciuto grazie all'abolizione della grande proprietà fondiaria privata. La situazione dei contadini è migliorata grazie alla rivoluzione, perché essi hanno preso tutte le terre dei grandi proprietari fondiari, cosicché anche il numero dei contadini medi è aumentato considerevolmente. Se fra i contadini medi si nota del mal- contento, diciamo che questo malcontento è causato dallato; bisogna chiarire in che misura è giustificato dall'insufficienza delle nostre forze. Voi qui, nella capitale, sapete bene quanto sia difficile la lotta contro le lungaggini e la burocrazia. Dobbiamo tenere i vecchi fun- zionari, perché non ce ne sono altri. Bisogna rieducarli, istruirli, e que- sto richiede tempo. Possiamo immettere altri operai ai posti di re- sponsabilità negli organi delPapprowigionamento, ma nel servizio di controllo dello Stato vi è ancora un numero eccessivo di vecchi fun- zionari, e noi soffriamo delle lungaggini burocratiche. Noi facciamo di tutto per dare nuovi operai al controllo e al commissariato per i trasporti, per farli partecipare al lavoro accanto agli specialisti. In tal modo lottiamo contro le lungaggini della burocrazia. Ma anche qui, a 242 LENIN Mosca, quanta fatica ci costa! E che cosa accade nelle campagne, ove ci sono persone che si dicono membri del partito e che spesso sono dei farabutti che compiono soperchierie nel modo piu scandaloso? E quanto spesso dobbiamo lottare con persone inesperte che confondono il kulak con il contadino medio! Il kulak è colui che vive del lavoro altrui, che rapina il lavoro altrui e approfitta della miseria; il contadino medio è colui che non sfrutta e non viene sfruttato, che vive di una piccola azienda, del suo lavoro. Nessun socialista al mondo ha mai proposto di togliere la proprietà al piccolo proprietario. Il piccolo pro- prietario esisterà per molti anni. Non si può far niente con i decreti, bisogna aspettare che il contadino impari a tener conto delFespe- rienza. Quando egli vedrà che l’azienda collettiva va assai meglio, sarà con noi. Dobbiamo conquistare la sua fiducia. Qui dobbiamo lottare contro gli abusi. Possiamo lottare solo con la forza degli operai delle città, perché essi sono molto legati ai contadini e possono dare cen- tinaia di migliaia di dirigenti. Sappiamo benissimo che né la nomina di compagni ad alte cariche, né le circolari, né i decreti gioveranno, ma che devono mettersi all’opera da soli gli operai di ogni gruppo, di ogni circolo, perché hanno un legame particolare con la campagna. Ho detto che per gli operai il primo punto deve essere: contri- buire con tutte le forze alla guerra; il secondo punto deve essere: aiutare il contadino medio mantenendo i contatti, per non lasciare im- punito nessun serio attacco del nemico nelle campagne. Bisogna chie- dere all’operaio della città di portare aiuto al contadino medio come a un compagno, perché il contadino medio è anch’egli un lavoratore che però è divenuto adulto in altre condizioni, vive isolato, nell’abban- dono delle campagne, e gli è infinitamente più difficile uscirne. Dob- biamo essere consapevoli che con la tenacia dei compagni riusciremo a stabilire un legame col contadino medio. Un numero insignificante di contadini si unirà ai kulak, insorgerà, lo sappiamo. E se è cosi, come aiutarlo, come conquistare la fiducia del contadino medio, come sostenerlo contro ogni abuso? Se abbiamo fatto poco, non è per colpa nostra: ce lo ha impedito la lotta contro la borghesia. Dobbiamo averne coscienza, bisogna porre la questione a ogni operaio e dirgli: noi operai, in complesso, abbiamo un legame con i contadini medi e ce ne serviremo per ottenere che ogni contadino medio constati il nostro aiuto non soltanto dalla nomina del compagno Kalinin, ma perché riceve aiuto pratico, anche se è piccolo, anche se si tratta solo SEDUTA PLENARIA DEL SOVIET DI MOSCA 243 di un consiglio fraterno. E oggi il contadino apprezzerà piu di tutto questo aiuto. Egli deve capire perché la difficoltà della nostra situa- zione ci impedisce di dargli l’aiuto di cui ha bisogno, un aiuto fondato sulla cultura della città. Il contadino ha bisogno dei prodotti della città, della cultura urbana, e noi dobbiamo darglieli. Soltanto quando il proletariato gli darà questo aiuto, il contadino vedrà che l’operaio 10 aiuta diversamente da come facevano gli sfruttatori. Aiutare il con- tadino a sollevarsi al livello della città è il compito che deve porsi ogni operaio che ha dei legami con la campagna. L'operaio della città deve dirsi che adesso, in primavera, mentre la situazione degli approvvi- gionamenti si è particolarmente inasprita, egli deve venire in aiuto al contadino, e se ognuno farà anche solo una piccola parte di questo lavoro, vedremo che il nostro edificio non ha soltanto la facciata, che 11 nostro compito di garantire il potere sovietico sarà adempiuto, per- ché ora il contadino dice: « Viva il potere sovietico, viva i bolsce- vichi, abbasso la comune! ». Se la prende con la « comune » che viene organizzata stupidamente, che gli viene imposta. Egli considera con diffidenza, con legittima diffidenza tutto ciò che gli è imposto. Dob- biamo andare verso il contadino medio, aiutarlo, istruirlo, ma soltanto nel campo della scienza e del socialismo, mentre nel campo dell’agri- coltura dobbiamo imparare da lui. Ecco il compito che ci si pone con particolare forza. Passiamo ora alla situazione internazionale. Io dico che gl’imperia- listi inglesi, francesi e americani stanno compiendo l’ultimo tentativo di prenderci alla gola, ma non ci riusciranno. Per quanto difficile sia la situazione, possiamo affermare con sicurezza che vinceremo l’impe- rialismo internazionale. Vinceremo i miliardari di tutto il mondo. Li possiamo vincere per due ragioni. In primo luogo, perché sono delle belve che si sono messe a mordersi fra di loro, a tal punto che con- tinuano a sbranarsi senza vedere che sono sull’orlo dell’abisso. In secondo luogo, perché il potere sovietico si sviluppa incessantemente in tutto il mondo. Non passa giorno senza che ne abbiamo notizie dalla stampa. Oggi leggiamo un’informazione da Lione di un’agenzia di stampa americana; i membri della Commissione dei dieci hanno ristretto la commissione e adesso trattano in quattro: Wilson, Lloyd- George, Clemenceau e Orlando. I capi delle quattro nazioni non rie- scono a mettersi d’accordo nemmeno fra loro: l’Inghilterra e l’America non accettano di cedere alla Francia i profitti delle miniere di car- 244 LENIN bone. Queste belve che hanno saccheggiato tutto il mondo, adesso non riescono a mettersi d’accordo. Costoro si sono segregati nella Com- missione dei quattro per evitare, Dio ne scampi !, le indiscrezioni (sono tutti dei gran democratici), ma loro stessi fanno indiscrezioni e man- dano radiogrammi dove dicono che non accettano di cedere i profitti del carbone. Un compagno francese che si è incontrato con i prigio- nieri francesi mi ha raccontato che questi dicono: « Ci hanno detto che bisognava andare in Russia per combattere contro i tedeschi per- ché strangolavano il nostro paese. Ma adesso c’è l’armistizio con la Germania, contro chi vado dunque a combattere? ». Su questo non gli è stata detta nemmeno una parola. E il numero di coloro che si pongono questa domanda aumenta ogni giorno a milioni. Questi uomini hanno vissuto gli orrori della guerra imperialistica e di- cono: « Per che cosa andiamo a combattere? ». Se prima i volantini clandestini dei bolscevichi insegnavano loro per che cosa essi andavano a combattere, adesso sono gli imperialisti che mandano radiogrammi di questo genere: l’Inghilterra non accetta di cedere alla Francia i pro- fitti del carbone. Cosi, secondo l’espressione di un giornalista francese, essi saltano da ima stanza all’altra cercando invano di risolvere il pro- blema. Discutono su chi dev’essere quello a cui bisogna dare di piu, e s’azzuffano da cinque mesi; sono arrivati a perdere il controllo di sé e s’azzufferanno a tal punto, queste belve, che ne resteranno soltanto le code. E noi diciamo che la nostra situazione internazionale, la quale nei primi tempi era talmente precaria che si sarebbe potuto schiac- ciarci in qualche settimana, è migliore adesso che i nostri nemici non riescono a spartirsi il bottino e incominciano a divorarsi fra loro. Essi hanno promesso ai soldati: battete la Germania e otterrete vantaggi inau- diti. Discutono ora se bisogna prendere alla Germania sessanta o ottanta miliardi. Questione veramente di principio, straordinariamente inte- ressante, soprattutto se se ne parla all’operaio o al contadino. Ma se discuteranno a lungo non ne prenderanno nemmeno uno. Ecco la cosa più interessante! Ecco perché ci diciamo senza alcuna esagerazione, e nemmeno co- me socialisti, ma semplicemente per una sobria valutazione delle forze schierate contro di noi, che la situazione della repubblica sovietica va migliorando non di giorno in giorno, ma di ora in ora. I nemici non riescono ad accordarsi fra loro. Sono passati cinque mesi dalla loro vittoria. E non fanno la pace. Il parlamento francese ha recentemente SEDUTA PLENARIA DEL SOVIET DI MOSCA 245 votato altre centinaia di milioni di crediti per i preparativi militari. Si scavano essi stessi la fossa; e nei loro paesi ci sono già uomini che li metteranno nella fossa e li sotterreranno per bene. {Applausi.) Ciò accade perché il movimento sovietico si sviluppa in tutti i paesi, e la rivoluzione ungherese ha mostrato che quando diciamo che non lottiamo soltanto per noi, ma per il potere sovietico in tutto il mondo, che qui si versa il sangue dei soldati rossi non soltanto per i compagni affamati, ma per la vittoria del potere sovietico in tutto.il mondo, l’esempio dell’Ungheria, dico, ha dimostrato che non si tratta soltanto di una previsione e di una promessa, ma della realtà piu viva e im- mediata. In Ungheria la rivoluzione è avvenuta in modo estrerqamente ori- ginale. Il Kerenski ungherese, che si chiama Kàrolyi, ha dato egli stesso le dimissioni e i conciliatori ungheresi — i menscevichi e i socialisti- rivoluzionari — hanno capito che bisognava recarsi nella prigione in cui era rinchiuso il compagno Bela Kun, uno dei migliori comunisti ungheresi. Sono andati a dirgli: « Bisogna che prendiate il potere! ». {Applausi.) Il governo borghese ha dato le dimissioni. I socialisti borghesi, cioè i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari d’Ungheria, sono entrati nel partito bolscevico ungherese e hanno formato un unico partito, un unico governo. Bela Kun, nostro compagno e comu- nista, che ha percorso interamente tutto il cammino pratico del bol- scevismo in Russia, quando ho parlato con lui per radio, mi ha detto: « Non ho la maggioranza nel governo, ma riporterò la vittoria perché le masse sono con me e si sta convocando il congresso dei soviet ». È un rivolgimento storico di portata mondiale. Finora si è mentito a tutti gli operai europei, dicendo della Russia sovietica: « Laggiù non c’è nessun potere, ma semplicemente l’anar- chia; sono semplicemente dei facinorosi ». Recentemente il mini- stro francese Pichon ha dichiarato a proposito della Russia sovie- tica: « È l’anarchia, sono dei violenti, degli usurpatori! ». « Guar- date la Russia, — dicevano i menscevichi tedeschi ai loro operai: — guerra, fame, devastazione! È questo il socialismo che volete? » E in tal modo hanno spaventato gli operai. Ma l’Ungheria ha dato l’esempio di una rivoluzione che nasce in tutt’altro modo. L'Ungheria dovrà indubbiamente sostenere una dura lotta contro la borghesia, è inevitabile. Ma è un fatto: quando queste belve, gl’imperialisti inglesi e francesi, hanno previsto la rivoluzione ungherese, avevano intenzione di distrug- 246 LENIN gerla, di impedirle di nascere. Da noi la difficoltà della situazione stava nel fatto che abbiamo dovuto far nascere il potere dei soviet contro il patriottismo, Ci è toccato rompere col patriottismo, concludere la pace di Brest. È stata un'impresa disperata, furiosa e sanguinosa. Nei paesi vicini la borghesia ha visto chi deve governare. Chi, se non i soviet? Come ai vecchi tempi, quando i re, i piccoli sovrani e i principi vedevano indebolire il loro potere, e dicevano: « Ci vuole la Costituzione, la borghesia venga a governare! ». E se il re diventava debole, riceveva una pensione o un posticino tranquillo. Ciò che è accaduto ai re e ai piccoli sovrani di cinquanta o sessanta anni fa, adesso accade alla borghesia mondiale. Quando gli imperialisti inglesi e francesi hanno presentato pretese inaudite ai capitalisti ungheresi, que- sti ultimi hanno detto: « Non possiamo fare la guerra, il popolo non ci seguirà, ma, come patrioti ungheresi, vogliamo resistere. Che potere ci deve dunque essere? Il potere dei soviet ». La borghesia unghe- rese ha riconosciuto di fronte al mondo intero che si è dimessa volon- tariamente e che c'è un solo potere al mondo capace di dirigere i po- poli nei momenti difficili: è il potere dei soviet. (Applausi). Ecco per- ché la rivoluzione ungherese, essendo nata in modo completamente diverso dalla nostra mostrerà al mondo intero ciò che nel caso della Russia era celato: che il bolscevismo è legato a una democrazia ope- raia nuova, proletaria, che prende il posto del vecchio parlamento. Questo era il tempo in cui gli operai venivano ingannati, in cui veni- vano asserviti al capitalismo. Il posto del vecchio parlamento borghese viene occupato dal potere sovietico mondiale, che ha conquistato la sim- patia di tutti gli operai perché è il potere dei lavoratori, il potere di mi- lioni di uomini che lo esercitano da sé, che governano da sé. Forse gover- nano male, come accade in Russia, ma ci troviamo in condizioni incredi- bilmente difficili. In uno Stato nel quale la borghesia non opporrà una resistenza cosi furiosa, i compiti del potere sovietico saranno più facili, esso potrà agire senza la violenza, senza seguire la via sanguinosa che ci hanno imposto i signori Kerenski e gli imperialisti. Noi passeremo anche per una via piu difficile. Alla Russia tocchi pure sopportare sacrifici più grandi di altri paesi. Non c’c da sorprendersi, poiché abbiamo eredi- tato le rovine del passato. Altri paesi giungeranno per un'altra via, più umana, alla stessa meta: il potere sovietico. Ecco perché l'esempio dell’Ungheria avrà un significato decisivo. GL uomini imparano attraverso l'esperienza. Non si può dimostrare SEDUTA PLENARIA DEL SOVIET DI MOSCA 247 a parole che il potere sovietico ha ragione. L'esempio della sola Russia non poteva essere compreso dagli operai di tutto il mondo. Essi sape- vano che laggiù vi erano i soviet, erano tutti per i soviet, ma avevano paura degli orrori di una lotta sanguinosa. L’esempio deirUngheria sarà decisivo per le masse proletarie, per il proletariato europeo e per i contadini lavoratori; in un momento difficile nessuno può dirigere il paese, tranne il potere sovietico. Ci vengono in mente i vecchi che dicono: « I bambini sono cre- sciuti, sono diventati uomini, ora possiamo morire tranquilli ». Noi non ci accingiamo a morire, marciamo verso la vittoria, ma quando vediamo dei bambini come l’Ungheria, dove esiste già il potere sovietico, dicia- mo che abbiamo compiuto la nostra opera non soltanto su scala russa, ma anche- su scala internazionale, e sopporteremo tutte le più terribili difficoltà per riportare una vittoria completa, perché alle repubbliche sovietiche russa e ungherese si aggiunga — e noi ne saremo testimoni — la repubblica sovietica internazionale. (Applausi.) Pravda , nn. 76 e 77, 9 e 10 aprile 1919. 2 Risoluzione sul rapporto relativo alla situazione estera ed interna della repubblica sovietica La repubblica sovietica, entra nel periodo piu difficile della lotta dura e gloriosa che conduce all’avanguardia di tutti i popoli. I prossimi mesi saranno mesi di crisi. L’Intesa fa gli ultimi disperati sforzi per schiacciarci con le armi. La situazione alimentare si aggrava al massimo grado. I trasporti sono gravemente dissestati. Soltanto l’estrema tensione delle forze può salvarci. Ma la vittoria è tuttavia pienamente possibile. La rivoluzione ungherese è la prova defi- nitiva del rapido sviluppo del movimento sovietico in Europa e della sua imminente vittoria. Abbiamo più alleati in tutti i paesi del mondo di quanto noi stessi supponiamo. Per giungere alla nostra completa vittoria bisogna resistere ancora soltanto quattro o cinque mesi, forse i più pericolosi e amari. E in questi giorni i folli e gli avventurieri che si chiamano menscevichi, socialisti-rivoluzionari di sinistra e di destra, che a parole aderiscono al potere sovietico e protestano contro l’inter- vento armato dell’Intesa, fanno propaganda per gli scioperi o per determinate concessioni al commercio libero, o per la sospensione della guerra civile, dimenticando che noi abbiamo proposto a tutti la pace, e che la nostra è una guerra di difesa giusta, legittima, inevitabile. Evi- dentemente questa propaganda è un aiuto attivo ed efficace alle guardie bianche che tendendo tutte le forze vogliono precipitarci nella cata- strofe. L’assemblea bolla energicamente questi celati nemici del popolo. Essa dichiara a tutti i menscevichi e socialisti-rivoluzionari vera- mente pronti ad aiutarci nella nostra difficile lotta che il potere operaio e contadino offre loro una completa libertà e garantisce loro il pieno esercizio dei diritti dei cittadini della repubblica sovietica. L’assemblea dichiara che è compito del potere sovietico condurre ora una guerra spietata contro quei menscevichi e socialisti-rivoluzio- SEDUTA PLENARIA DEL SOVIET DI MOSCA 249 nari i quali, come i gruppi letterari e politici Vsiegdà Vperiod ! e Dielo Naroda, in realtà ostacolano la nostra lotta e sono alleati dei nostri nemici giurati. L’assemblea chiama tutte le organizzazioni operaie, tutti i proletari e i contadini lavoratori a tendere tutte le loro forze per opporsi ai nemici del potere sovietico, per difendere il potere sovietico e per metter fine al dissesto degli approvvigionamenti e dei trasporti. A tal scopo l’assemblea ritiene necessario: 1) Sostituire con lavoratori medi, cioè operai e contadini meno esperti dei rappresentanti avanzati di queste classi, i compagni estenuati. 2) Intensificare sempre piu l’invio sia di militanti che di semplici operai ai servizi d’approvvigionamento, ai trasporti e nell’esercito. 3) Indurre il maggior numero possibile di operai e contadini coscienti a lavorare nel commissariato del popolo per i trasporti e nel controllo di Stato, al fine di migliorare il lavoro e di sradicare la buro- crazia, le lungaggini e le pastoie amministrative. 4) Trasferire quante piu forze è possibile dalle città affamate alle campagne per i lavori agricoli, negli orti, in Ucraina, sul Don, ecc., per aumentare la produzione del grano e degli altri prodotti agricoli. 5) Tendere tutte le forze per aiutare il contadino medio e metter fine agli abusi di cui egli è spesso vittima, per dargli un fraterno appoggio. I funzionari sovietici che non comprendono questa politica — la sola giusta — o che non sanno applicarla, devono essere subito destituiti. 6) È all’ordine del giorno per tutti la lotta contro ogni manife- stazione di stanchezza, di pusillanimità e d’incertezza. Bisogna infondere coraggio, fare appello alla fermezza d’animo, elevare la coscienza e raffor- zare la disciplina fraterna. La classe operaia e i contadini della Russia hanno sopportato pesi incredibili. Le loro sofferenze sono ancora aumentate in questi ultimi mesi. Ma l’assemblea dichiara che la volontà degli operai non è venuta meno, che la classe operaia rimane come prima al suo posto di combattimento, che essa è certa di superare tutte le difficoltà, che si impegnerà a qualunque costo per la vittoria della repubblica socialista sovietica in Russia e in tutto il mondo. Pravda , n. 73, 4 aprile 1919. LETTERA AGLI OPERAI DI PIETROGRADO SUGLI AIUTI AL FRONTE ORIENTALE Ai compagni operai di Pietrogrado Compagni, la situazione sul fronte orientale si è estremamente aggravata. Oggi Kolciak ha preso la fabbrica di Votkinsk; Bugulma sta per cadere; probabilmente Kolciak avanzerà ancora. Il pericolo è grave. Oggi nel Consiglio dei commissari del popolo prenderemo dei provvedimenti straordinari per aiutare il fronte orientale; svolgeremo una propaganda più intensa. Chiediamo agli operai di Pietrogrado di mettere tutti in allarme , di mobilitare tutte le forze per aiutare il fronte orientale. Là gli operaia oldati potranno nutrirsi sul posto e aiutare le loro famiglie con Tinvio di pacchi di viveri. Ma l’essenziale è che laggiù si decide il destino della rivoluzione. Quando avremo vinto su quel fronte, la guerra sarà finita , perché i bianchi non riceveranno pjù aiuto dall'estero. Nel sud la nostra vittoria è prossima, ma non è possibile ritirare le forze finché la nostra vittoria non sarà completa. Perciò aiutiamo il fronte orientaleì I soviet dei deputati e i sindacati devono tendere tutte le loro forze, mettere tutto in opera, aiutare con tutti i mezzi il fronte orientale. Sono certo, compagni, che gli operai di Pietrogrado daranno l’esem- pio a tutta la Russia. Saluti comunisti Lenin Petrogradskaìa Pravda, n. 81, 10 aprile 1919. TESI DEL CC DEL PCR (B) SULLA SITUAZIONE DEL FRONTE ORIENTALE Le vittorie di Kolciak sul fronte orientale creano un pericolo estre- mamente grave per la repubblica sovietica. È necessario tendere al- l’estremo tutte le nostre forze per battere Kolciak. Il Comitato centrale invita quindi tutte le organizzazioni del partito a dirigere, in primo luogo, tutti i loro sforzi per realizzare i provvedimenti seguenti, che devono essere applicati tanto dalle orga- nizzazioni del partito quanto, e particolarmente, dai sindacati, per far partecipare attivamente strati più larghi della classe operaia alla difesa del paese. 1) Appoggiare con tutti i mezzi la mobilitazione annunciata ITI aprile 1919. Tutte le forze del partito e dei sindacati devono essere subito mobilitate affinché, assolutamente nei prossimi giorni, senza il minimo indugio, sia dato il contributo più energico alla mobilitazione decretata dal Consiglio dei commissari del popolo il 10 aprile 1919. Bisogna subito fare in modo che i mobilitati constatino la parte- cipazione attiva dei sindacati e si sentano sostenuti dalla classe operaia. Bisogna in particolare riuscire a far capire ad ogni mobilitato che il suo immediato invio al fronte gli assicura un miglioramento dal punto di vista alimentare, in primo luogo perché i soldati sono meglio approvvigionati nella zona del fronte, ricca di grano; in secon- do luogo perché il grano mandato ai governatorati affamati sarà distri- buito fra un numero minore di consumatori; in terzo luogo perché si è ampiamente organizzato Tinvio di viveri dalle località della zona del fronte alle retrovie, alle famiglie dei soldati rossi. Il Comitato centrale esige da ogni organizzazione di partito e 252 LENIN sindacale un rapporto settimanale, sia pure assai succinto, di ciò che è stato fatto per aiutare la mobilitazione e i mobilitati. 2) Nelle zone vicine al fronte, soprattutto nel bacino del Volga, bisogna armare tutti, senza eccezione, i membri dei sindacati e, nel caso che manchino le armi, mobilitarli fino all ultimo uomo perché pos- sano prestare ogni genere di aiuto all’Esercito rosso, sostituire coloro che saranno messi fuori combattimento, ecc. L’esempio di città come Pokrovsk, dove gli stessi sindacati hanno deciso di mobilitare immediatamente il 50% dei loro membri, ci deve servire da modello. Le capitali e i grandi centri industriali non devono lasciarsi superare da Pokrovsk. I sindacati devono provvedere dappertutto, con le loro forze e i loro mezzi, al censimento dei loro membri per inviare tutti co- loro che non sono assolutamente indispensabili sul posto a combat- tere nel Volga e negli Urali. 3) Il massimo sforzo deve essere rivolto a intensificare l’agita- zione soprattutto fra coloro che stanno per essere mobilitati, tra i mobilitati e tra i soldati rossi. Non limitarsi ai soliti sistemi di agita- zione: conferenze, comizi, ecc.; svolgere l’agitazione fra i soldati rossi mediante gruppi di operai e operai singoli; ripartire fra questi gruppi di semplici operai e di membri dei sindacati le caserme, le unità del- PEsercito rosso e le fabbriche. I sindacati devono organizzare il con- trollo per assicurarsi che tutti i loro membri vadano di casa in casa per condurre l’agitazione, distribuiscano manifestini, parlino con la gente. 4) Sostituire tutti gl’impiegati con donne, procedendo a tale scopo alla revisione dei membri del partito e dei sindacati. Istituire cartellini speciali per tutti i membri dei sindacati e tutti gl’impiegati, in cui sia indicato il contributo personale di ognuno nel- l’opera di sostegno all’Esercito rosso. 5) Costituire immediatamente — attraverso i sindacati, i comi- tati di fabbrica, le organizzazioni di partito, le cooperative ecc. — uffici di sostegno o comitati d'assistenza locali e centrali. I loro indirizzi devono essere pubblicati. Informare con la massima ampiezza la popo- lazione della loro esistenza. Ogni mobilitato, ogni soldato rosso, chiun- que desideri andare nel sud, nella regione del Don, in Ucraina per lavorare nel servizio di approvvigionamento, deve sapere che in questi uffici di aiuto o comitati d’assistenza, cosi prossimi e accessibili SULLA SITUAZIONE DEL FRONTE ORIENTALE 253 all'operaio e al contadino, gli saranno dati consigli, istruzioni e gli saranno facilitati i contatti con le amministrazioni militari, ecc. Questi uffici avranno il compito speciale di concorrere al riforni- mento dell'Esercito rosso. Possiamo aumentare sensibilmente gli effet- tivi del nostro esercito se miglioreremo il suo rifornimento in armi, in vestiario, ecc. Fra la popolazione vi sono ancora non poche armi nascoste o che non vengono utilizzate per l'esercito. Nelle fabbriche vi è materiale di ogni genere necessario per l'esercito; bisogna saperlo rintracciare rapidamente e metterlo a disposizione deliberato. La po- polazione stessa deve dare un contributo immediato, ampio ed attivo alle autorità militari competenti per il servizio di rifornimento del- iberato. È necessario dedicarsi a questo compito con tutte le forze. 6) Bisogna organizzare, attraverso i sindacati, un vasto recluta- mento di contadini — soprattutto giovani — nei governatorati non agricoli, sia per farli entrare nell'Esercito rosso, che per formare re- parti e un'armata di approvvigionamento nella regione del Don e in Ucraina. Quest'attività può e deve essere molto ampliata; essa serve in pari tempo ad aiutare la popolazione affamata delle capitali e dei go- vernatorati non agricoli e a rafforzare l'Esercito rosso. 7) Quanto ai menscevichi e ai socialisti-rivoluzionari, la linea del partito nella situazione attuale è la seguente: mettere in prigione co- loro che, scientemente o incoscientemente, aiutano Kolciak. Non tol- lereremo che nella nostra repubblica dei lavoratori vi siano uomini che non contribuiscono coi fatti alla lotta contro Kolciak. Ma fra i men- scevichi e i socialisti-rivoluzionari ci sono uomini che vogliono dare un tale contributo. Bisogna incoraggiarli, affidando loro lavori pratici, e principalmente l’assistenza tecnica all'Esercito rosso nelle retrovie, con- trollandone però rigorosamente il lavoro. Il Comitato centrale fa appello a tutte le organizzazioni di par- tito e a tutti i sindacati, chiedendo loro di mettersi al lavoro in modo rivoluzionario e di non limitarsi ai vecchi metodi. Possiamo vincere Kolciak. Possiamo vincerlo presto e definitiva- mente, poiché le nostre vittorie nel sud e la situazione internazionale — che di giorno in giorno migliora e si modifica in nostro favore — ci garantiscono il trionfo definitivo. 254 LENIN Bisogna tendere tutte le nostre forze, dispiegare la nostra energia rivoluzionaria, e Kolciak sarà rapidamente battuto. Il Volga, gli Urali, la Siberia possono e devono essere difesi e riconquistati. Il Comitato centrale del PCR(b) Scritto m aprile 1919. Pubblicato nella Vravda , n. 79, il 12 aprile 1919. ASSEMBLEA PLENARIA DEL CONSIGLIO CENTRALE DEI SINDACATI DI TUTTA LA RUSSIA 43 11 aprile 1919 Un breve resoconto fu pubblicato il 13 aprile 1919 nelle lzvestia del CEC di tutta la Russia, n, 80, Pubblicato per la prima volta integralmente nel 1932. 1 RAPPORTO SUI COMPITI DEI SINDACATI IN RELAZIONE ALLA MOBILITAZIONE PER IL FRONTE ORIENTALE Compagni, voi tutti conoscete certamente il decreto pubblicato oggi sulla mobilitazione nei governatorati non agricoli, e non ho bi- sogno di soffermarmi a lungo in questa assemblea sulle ragioni di tale decreto, perché siete certamente molto bene informati dai giornali del- Timprovviso aggravamento della nostra situazione a causa delle vittorie di Kolciak sul fronte orientale. Voi sapete che in conseguenza della situazione militare, già da molto tempo tutte le direttive del governo erano volte a gettare le forze principali sul fronte meridionale. In effetti sul fronte meridio- nale erano concentrate tali forze di Krasnov e vi era talmente saldo il covo dei cosacchi indubbiamente controrivoluzionari i quali dopo il 1905 erano rimasti come prima monarchici, che senza una vittoria su questo fronte non si poteva neppure parlare di consolidare il potere proletario sovietico al centro. E poiché gli imperialisti alleati cercavano di attaccare proprio dal sud, dall’Ucraina, e volevano fare dell’Ucraina un punto d’appoggio contro la repubblica sovietica, il fronte meridio- nale assumeva per noi una importanza ancora maggiore; non dobbia- mo perciò rammaricarci di aver fatto tutti i piani militari in modo da dedicare la massima attenzione e la maggior parte delle nostre forze al fronte meridionale. A questo riguardo, penso, non abbiamo com- messo un errore. In seguito, le ultime notizie sulla presa di Odessa e la notizia odierna sulla presa di Simferopol e di Eupatoria hanno dimostrato che questa regione, la quale ha svolto la funzione piu im- portante e decisiva in tutta la guerra, adesso è ripulita. Voi sapete benissimo quali sforzi incredibili ci costa continuare la guerra civile dopo quattro anni di guerra imperialistica, sapete quanto sono stanche le masse, quanto sono grandi i sacrifici che gli operai 9-2653 258 LENIN compiono attualmente, dopo due anni di guerra civile. Sapete che fac- ciamo la guerra con una grande tensione delle nostre forze. Perciò la concentrazione di tutte le forze sul fronte meridionale ha avuto come conseguenza un estremo indebolimento del fronte orientale. Non pote- vamo mandarvi rinforzi. L’armata del fronte orientale ha sopportato difficoltà e sacrifici inauditi. Si è battuta per mesi, e molti compagni ci hanno comunicato per telegramma che sopportare tale peso era diven- tato infinitamente duro per i combattenti rossi. Ne è risultata una grande tensione delle forze sul fronte orientale. Nel frattempo Kol- ciak mobilitava mediante la disciplina zarista, la disciplina del bastone, la popolazione siberiana: i contadini, ed escludeva dal suo esercito i vecchi soldati di prima linea poiché aveva la possibilità di concen- trarvi gli ufficiali come comandanti e tutta la borghesia controrivolu- zionaria. Appoggiandosi a loro, Kolciak negli ultimi tempi ha fatto conquiste sul fronte orientale che mettono in pericolo il bacino del Volga e ci obbligano a dichiarare che dobbiamo respingere Kolciak impie- gando tutte le nostre forze, E queste devono venire da qui, perché non possiamo toglierle dal sud: ciò vorrebbe dire lasciare il nemico princi- pale non ancora completamente debellato. La nostra situazione generale, dopo le vittorie del sud e del Don e in relazione alla situazione internazionale, va migliorando di giorno in giorno. Non passa giorno senza che le informazioni ci diano notizia di un miglioramento della nostra situazione internazionale. Tre mesi fa i capitalisti inglesi, francesi e americani non solo sembravano, ma erano una forza enorme che, naturalmente, avrebbe potuto schiacciarci se essi fossero stati allora in grado di utilizzare contro di noi le loro immense risorse materiali. Potevano farlo. Adesso vediamo chiaramente che non l’hanno fatto e non possono piu farlo. La loro ultima sconfitta di Odessa mostra chiaramente che, per quanto grande sia la forza materiale degli imperialisti, da un punto di vista strettamente militare essi hanno subito uno scacco completo nella loro campagna di Russia. Se si considera che proprio nel cuore dell’Europa vi sono repubbliche sovietiche, e che il sistema sovietico si diffonde incessantemente, si può affermare senza esagerazione, esaminando la situazione con assoluta lucidità, che la nostra vittoria su scala interna- zionale è completamente assicurata. Se non ci fosse che questo, potremmo parlare con assoluta tran- quillità, ma se consideriamo le ultime vittorie di Kolciak, dobbiamo CONSIGLIO CENTRALE DEI SINDACATI 259 dire che d attendono ancora alcuni mesi di forte tensione prima di poter schiacciare le sue truppe, Non c’è dubbio che non riusciremo ad assolvere questo compito con i soli vecchi metodi, tanto piu che in un anno e mezzo di esistenza del potere sovietico i nostri metodi di lavoro sono diventati talmente un’abitudine, forse talvolta addirittura una routine , da logorare notevolmente l’energia dello strato avanzato della dasse operaia. Non chiudiamo gli occhi sull’estrema stanchezza che si nota in alcuni strati della classe operaia, né sulle difficoltà crescenti della nostra lotta. Ma adesso il conto è assai più semplice e chiaro. Persino per coloro che non parteggiano per il potere sovietico, che si considerano degli astri di prima grandezza in politica, è chiaro che su scala internazionale la nostra vittoria è assicurata. A causa di Kolciak, dovremo attraversare ancora un periodo di inasprimento della guerra civile. Abbiamo perciò deciso che proprio il Consiglio centrale dei sindacati di tutta la Russia — l’organizza- zione più autorevole, che riunisce le larghe masse del proletariato — deve proporre una serie di provvedimenti molto energici che ci aiutino in qualche mese a porre definitivamente termine alla guerra. Ciò è del tutto possibile, perché la nostra situazione internazionale sta miglio- rando e sotto questo rapporto siamo completamente sicuri. Le nostre retrovie europee e americane sono in un’ottima situazione, cosa che non potevamo neppure sognare cinque mesi fa. Si può dire a questo proposito che i signori Wilson e Clemenceau si sono proposti di aiu- tarci: i telegrammi che ci portano ogni giorno notizie delle loro di- scordie, del reciproco desiderio di sbattersi la porta in faccia, fanno capire che questi signori sono ormai in piena rissa. Ma quanto più diventa chiaro che su scala internazionale abbiamo vinto, tanto più i grandi proprietari fondiari, i capitalisti russi, e i kulak fuggiti oltre gli Urali, lottano con crescente furore e dispera- zione. Tutta questa poco rispettabile confraternita lotta disperatamen- te. Certamente avrete notato, dalle notizie dei giornali, quale intensità abbia assunto il terrore delle guardie bianche a Ufà; non ce dubbio che queste guardie bianche, la borghesia, puntano tutto su una carta. E la borghesia è esasperata al massimo grado: essa conta di costrin- gerci, con un attacco disperato, a distogliere una parte delle nostre forze dal fronte decisivo del sud. Non lo faremo, e diciamo aper- tamente agli operai che ciò implica la necessità di una nuova tensione delle nostre forze in oriente. 260 LENIN Mi permetterò di proporvi una serie di provvedimenti pratici che, a mio parere, devono condurre di nuovo a serrare le file dei. sin- dacati, che pongono loro determinati nuovi compiti, e che io ri- tengo indispensabili nella situazione che vi ho or ora delineato breve- mente. Su questo non c’è bisogno di soffermarsi ancora, è una cosa a tutti nota. Questa situazione permette, ragionando con la mas- sima lucidità, di finire la guerra su scala nazionale e internazio- nale in qualche mese. Ma in questi mesi è necessario tendere le forze. Ecco il primo compito che bisognerebbe porre ai sindacati: « 1 ) Appoggiare con tutti i mezzi la mobilitazione annunciata Hi aprile 1919. « Tutte le forze del partito e dei sindacati devono essere subito mobilitate affinché, assolutamente nei prossimi giorni, senza il minimo indugio, sia dato il contributo più energico alla mobilitazione decretata dal Consiglio dei commissari del popolo il 10 aprile 1919. « Bisogna subito fare in modo che i mobilitati constatino la parte- cipazione attiva dei sindacati e si sentano sostenuti dalla classe operaia. « Bisogna in particolare riuscire a far capire ad ogni mobilitato che il suo immediato invio al fronte gli assicura un miglioramento dal punto di vista alimentare, in primo luogo perché i soldati sono meglio approvvigionati nella zona del fronte, ricca di grano; in secondo luogo perché il grano mandato ai governatorati affamati sarà distri- buito fra un numero minore di consumatori; in terzo luogo perché si è ampiamente organizzato rinvio di viveri dalle località della zona del fronte alle retrovie, alle famiglie dei soldati rossi... » Ho indicato solo in breve, naturalmente, qual è la situazione del- rapprovvigionamento, ma voi tutti comprendete che questa è la no- stra principale difficoltà interna, e che, se non avessimo la possibilità di procedere contemporaneamente alla mobilitazione e a un rapido movi- mento verso le zone granarie vicine al fronte, all'organizzazione delle unità militari proprio là e non qui, la mobilitazione sarebbe un atto disperato, cioè non si potrebbe contare sul suo successo. Ma adesso tale possibilità esiste. La mobilitazione vale soprattutto per i governa- torati non agricoli, per le località dove gli operai e i contadini soffro- no di più la fame. Possiamo mandare i mobilitati prima di tutto sul Don; attualmente tutta la regione del Don è nelle nostre mani; la lotta contro i cosacchi è già da tempo finita e vi è la possibilità di miglio- rare T alimentazione delle truppe al fronte, non solo direttamente, ma CONSIGLIO CENTRALE DEI SINDACATI 261 anche intensificando rinvio dei pacchi viveri. In questo campo sono stati presi provvedimenti ed è stato permesso l’invio di pacchi viveri di venti libbre due volte al mese. A questo proposito è stato trovato un accomodamento. Cosi, le facilitazioni che si erano dovute concedere Tanno scorso permettendo il trasporto di « un pud e mezzo » 44 potran- no essere compensate con un metodo molto piu largo: i pacchi viveri, che saranno un aiuto per le famiglie dei soldati rossi che risiedono qui. Se procederemo in questo modo, uniremo l’aiuto al fronte con il miglioramento degli approvvigionamenti delle principali regioni non agricole, le piu colpite in questo campo. Si capisce che il movimento verso il Don sarà connesso con il movimento verso il Volga, dove il ne- mico ci ha inferto ora un colpo tale, che oltre il Volga, in oriente, alcuni milioni di pud di grano ammassato sono già andati perduti. Qui la guer- ra è, nel modo piu diretto e piu immediato, una guerra per il grano. Il compito dei sindacati è di fare in modo che questa mobilitazione non avvenga nei limiti consueti, ma che invece i soviet trovino il sostegno dei sindacati. Nella tesi che vi ho letto, questo concetto non è espresso in modo sufficientemente concreto. Penso che questo so- stegno totale dovrebbe esprimersi dapprima in una serie di provvedi- menti generali, e poi nell’elaborazione di direttive concrete e di un piano pratico sul modo in cui i sindacati debbono contribuire con tutte le loro forze a questa mobilitazione, per darle il carattere non solo di provvedimento militare e annonario, ma anche di un grande atto poli- tico; per farla diventare interesse della classe operaia, la quale è con- sapevole che possiamo terminare la guerra in qualche mese, perché sul piano internazionale siamo certi di poter avere nuovi alleati. Sol- tanto le organizzazioni proletarie, soltanto i sindacati possono ottenere questo risultato. Non sono in grado di enumerare queste misure pra- tiche. Penso che possano farlo soltanto i sindacati stessi. Essi possono assolvere questo compito se terranno conto delle particolarità locali, se ne creeranno i presupposti pratici. Il nostro compito è di dare le indicazioni politiche fondamentali alla classe operaia, la quale deve di nuovo serrare i ranghi e prendere coscienza di questa verità, una verità assai amara, perché porta con sé un nuovo onere, ma che nello stesso tempo indica la via reale e pratica per superare le difficoltà in breve tempo. Intensificando il movimento degli operai verso il sud ricco di gra- no, noi consolidiamo le forze di quelle regioni, e se le truppe delle guar- die bianche e dei grandi proprietari fondiari contano di costringerci, con 262 LENIN le loro vittorie in oriente, a indebolire il sud, non ci riusciranno, penso, Io sono fermamente convinto che non indeboliremo il sud e rafforze- remo Poriente. Il nemico ha arruolato i giovani siberiani, — lascia da parte i soldati di prima linea perché ne ha paura, — e ha messo in marcia i contadini siberiani. È la sua ultima carta, la sua ultima risorsa. Esso non ha appoggi, non ha uomini. Gli alleati non hanno potuto dargli questo sostegno. Era al di sopra delle loro forze. Ecco perché mi rivolgo ai rappresentanti del movimento sindacale chiedendo loro di rivolgere la massima attenzione a questa questione e di fare in modo che la mobilitazione non avvenga come in passato. Deve essere un’immensa campagna politica della classe operaia: non soltanto militare e di approvvigionamento, ma anche una grandissima campagna politica. Considerando le cose con la massima lucidità, dal punto di vista dei fattori della guerra e dei rapporti di classe, nessuno dubita che ciò deciderà la sorte della nostra causa in pochi mesi. Per far questo occorre che i sindacati non si limitino ai vecchi schemi di lavoro. Operando con questi schemi non si può assolvere tale compito. Occorre nuovo slancio. Bisogna agire non soltanto come sin- dacalisti, ma anche come rivoluzionari che stanno risolvendo la que- stione fondamentale per la repubblica sovietica, quella che bisognava ri- solvere da noi nell’Ottobre: la questione della fine della guerra impe- rialistica e dell’inizio dell’edificazione socialista. Adesso i sindacati devono agire come dei rivoluzionari: impegnare le masse, non limi- tarsi ai vecchi schemi, ora che si tratta di risolvere la questione pratica della fine della guerra civile in Russia. Questa fine è assai prossima, ma estremamente difficile da raggiungere. Proseguo: « 2) Nelle zone virine al fronte, soprattutto nel bacino del Volga, bisogna armare tutti, senza eccezione, i membri dei sindacati e, nel caso che manchino le armi, mobilitarli fino all'ultimo uomo perché pos- sano prestare ogni genere di aiuto airEsercito rosso, sostituire coloro che saranno messi fuori combattimento, ecc. « 3) Il massimo sforzo deve essere rivolto a intensificare l’agita- zione, soprattutto fra coloro che stanno per essere mobilitati, tra i mobilitati e tra i soldati rossi. Non limitarsi ai soliti sistemi di agita- zione: conferenze, comizi, ecc.; svolgere l’agitazione fra i soldati rossi mediante gruppi di operai e operai singoli; ripartire fra questi gruppi di semplici operai e di membri dei sindacati le caserme, le unità del- l’Esercito rosso e le fabbriche. I sindacati devono organizzare il con- CONSIGLIO CENTRALE DEI SINDACATI 263 trollo per assicurarsi che tutti i loro membri vadano di casa in casa e distribuiscano manifestini e parlino con la gente ». Adesso, certo, ci siamo un po’ disabituati alle vecchie forme di agitazione dell’epoca in cui eravamo un partito perseguitato o in lotta per il potere. Il potere statale ha messo nelle nostre mani un enorme apparato grazie al quale l’agitazione è stata posta su una nuova strada. In questi diciotto mesi essa è stata fatta con un’altra ampiezza; ma, data la terribile devastazione lasciata dalla guerra imperialistica e aggravata dalla guerra civile, e date le terribili difficoltà che hanno seguito la irruzione degli invasori in una serie di governatorati della Russia, voi sapete che la nostra propaganda non ha fatto tutto ciò che era neces- sario. Ha fatto miracoli in confronto alla precedente, ma non ha fatto tutto c non ha portato a termine quest’opera. A masse enormi di con- tadini e di operai la nostra propaganda giunge assai poco. Perciò in questo campo non bisogna limitarsi ai vecchi schemi, non bisogna assolutamente basarsi sul fatto che adesso per far questo lavoro esi- stono organi statali sovietici. Se ci basassimo su questo, non assolve- remmo i nostri compiti. Bisogna ricordarsi, a questo proposito, del passato, bisogna rivolgere piu attenzione all’iniziativa personale; biso- gna tener bene a mente che, siccome questa iniziativa personale sarà applicata su scala di massa, ora realizzeremo più di prima proprio perché ora la classe operaia, benché nelle sue file vi siano anche ele- menti stanchi, ha tuttavia capito, per istinto, l’essenza del pro- blema. Anche coloro che per la loro ideologia politica (i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari) hanno lottato con le unghie e con i denti rifiutandosi di comprendere la situazione, che si sono difesi con scudi di ferro contro la realtà, anche loro hanno capito che qui si tratta di una lotta, in tutto il mondo, tra il vecchio ordine borghese, e il nuovo ordine sovietico. Da quando la rivoluzione tedesca si è manifestata nei fatti, da quando il governo tedésco, sostenuto dai socialpatrioti della maggioranza, non ha saputo far altro che assassinare i migliori capi del proletariato, da quando il potere sovietico ha vinto in una serie di paesi europei, da allora la questione si è praticamente risolta. Essa così si pone: o il potere sovietico o il vecchio regime borghese. E si è praticamente risolta su scala storica. L’istinto degli operai l’ha risolta: bisogna che questo istinto si esprima in una propaganda decuplicata. Non possiamo far aumentare i viveri se non ci sono, non possiamo decuplicare il numero degli agitatori di professione e degli intellettuali 264 LENIN se non ce ne sono: non possiamo farlo. Ma possiamo dire alle larghe masse degli operai: adesso non siete come eravate fino a ieri. Se vi mettete all’opera coi metodi della propaganda individuale, il vostro numero vincerà. Faremo in modo che questa non sia soltanto una mobilitazione ordinaria, ma una vera campagna che deciderà definitivamente il de- stino della classe operaia, della classe operaia cosciente che i prossimi mesi d dividono dall’ultima e decisiva battaglia: non nel senso in cui se ne parla nella canzone e nelle poesie, ma nel senso più letterale della parola, perché adesso abbiamo misurato le nostre forze reali non solo nei confronti delle guardie bianche. In un anno di guerra abbiamo misurato praticamente le nostre forze nei confronti dell’imperialismo mondiale. C’è stato un tempo in cui i tedeschi ci tenevano alla gola, e sapevamo che erano legati, che grazie agli imperialisti anglo-francesi avevano libera solo una mano. C’è stato un tempo in cui gli inglesi e i francesi ci attaccavano; ave- vano tutt’e due le mani libere. Se si fossero gettati su di noi nel di- cembre 1918, non avremmo potuto resistere, mentre adesso dobbiamo sopportarli ancora per alcuni difficili mesi e sappiamo che essi, cioè il regime borghese, sono imputriditi fino alle midolla. E anche le loro truppe migliori sono capad soltanto di ritirarsi persino di fronte ai reparti d’insorti che operavano in Ucraina. Sicché noi ragioniamo con assoluta chiarezza, e la classe operaia ha capito per istinto che siamo di fronte all’ultima battaglia, che questi pochi mesi derideranno se vinceremo definitivamente o se continueremo ad avanzare fra nuove difficoltà. Fra i provvedimenti successivi, leggerò quelli che sono qui in- dicati: « 4) Sostituire tutti gl’impiegati con donne, procedendo a tale scopo alla revisione degli iscritti al partito e ai sindacati... «5) Costituire immediatamente — attraverso i sindacati, i comi- tati di fabbrica, le organizzazioni di partito, le cooperative, ecc. — uffici di sostegno o comitati d'assistenza locali e centrali. I loro indirizzi de- vono essere pubblicati. Informare con la massima ampiezza la popola- zione della loro esistenza. Ogni mobilitato, ogni soldato rosso, chiun- que desideri andare nel sud, nella regione del Don, in Ucraina per la- vorare nel servizio di approvvigionamento, deve sapere che in questi uffici di sostegno o comitati d’assistenza, cosi prossimi e accessibili al- CONSIGLIO CENTRALE DEI SINDACATI 265 l’operaio e al contadino, gli saranno dati consigli, istruzioni e gli sa- ranno facilitati i contatti con le amministrazioni militari, ecc. « Questi uffici avranno il compito speciale di concorrere al rifor- nimento dell'Esercito rosso. Possiamo aumentare sensibilmente gli ef- fettivi del nostro esercito se miglioreremo il suo rifornimento in armi, in vestiario, ecc. Fra la popolazione vi sono ancora non poche armi nascoste o che non vengono utilizzate per l 'esercito. Nelle fabbriche vi è materiale di ogni genere necessario per l’esercito; bisogna saperlo rintracciare rapidamente e metterlo a disposizione delPesercito. La po- polazione stessa deve dare un contributo immediato, ampio e attivo alle autorità militari competenti per il servizio di rifornimento del- l’esercito. È necessario dedicarsi a questo compito con tutte le forze ». Mi permetterò di soffermarmi su alcuni periodi in cui i nostri pro- blemi militari sono stati affrontati in modo diverso. II primo problema militare che abbiamo dovuto affrontare l'abbiamo risolto con l’insurre- zione di partigiani irregolari, come fanno ora in Ucraina i nostri compa- gni. Laggiù abbiamo non tanto una guerra, quanto piuttosto un movi- mento partigiano e un’insurrezione spontanea. Ciò rende possibili attac- chi rapidissimi, ma conduce a un caos estremo, per cui Tutilizzazione del- le scorte di viveri diventa un problema infinitamente difficile. Non esiste nessun vecchio apparato. Neppure uno simile a quello che ci era restato in eredità dal periodo di Smolny del nostro potere, un pessimo apparato che funzionava piuttosto contro di noi che per noi. Ma perché in Ucraina questo apparato non esiste? Perché l’Ucraina non è passata dal periodo della guerra partigiana e delLinsurrezione spontanea all'eser- cito regolare, il quale è un carattere distintivo del potere consolidato di ogni classe, compreso il proletariato. Noi lo abbiamo creato dopo alcuni mesi di incredibili difficoltà. Quanto all’approvvigionamento abbiamo creato organismi appo- siti. In questo settore utilizziamo in una certa misura specialisti che abbiamo messo sotto il controllo del partito, e adesso abbiamo dapper- tutto intendenze militari per gli approvvigionamenti. In un momento in cui dobbiamo tendere all^es tremo le nostre forze, diciamo: noi non torniamo al vecchio metodo dei partigiani, ne abbiamo sof- ferto troppo, noi invitiamo i rappresentanti della classe operaia a en- trare nelle istituzioni organizzate già esistenti, nelle istituzioni regolari per il rifornimento dell’Esercito rosso. La classe operaia, nella sua massa, può farlo. Sapete quale caos esista da noi nel settore del mate- 266 LENIN riale necessario al ‘rifornimento dell'esercito, quanto sia difficile rac- coglierlo, spedirlo, ecc. Per il rifornimento dell'Esercito rosso noi abbiamo bisogno d’aiuto. I militari ci dicono che le cose andranno bene se mobiliteremo un gran numero di soldati che decidano subito e definitivamente le sorti del fronte orientale. Quest'opera è ostacolata dall'insufficienza dei rifornimenti. Data la devastazione lasciata dalla guerra imperialistica e dalla guerra civile, ciò non sorprende, ma richiede che noi comprendiamo e dominiamo la nuova situazione, i nuovi compiti. Non basta esser passati l'anno scorso agli organismi regolari: è neces- sario sostenere questi organismi con un movimento di massa, con l’ener- gia di massa della classe operaia. Qui è tracciato uno schema approssi- mativo del modo in cui i sindacati potrebbero farlo. E solo i sindacati possono farlo perché sono più vicini alla produzione e dirigono la grande massa, milioni di operai. Questo compito richiede che per qual- che mese si cambi il ritmo del lavoro, il suo carattere. In tal modo ci assicureremo in qualche mese la vittoria completa. «6) Bisogna organizzare, attraverso i sindacati, un vasto recluta- mento di contadini — soprattutto giovani — nei governatorati non agricoli, sia per farli entrare nell’Esercito rosso, che per formare re- parti e una armata di approvvigionamento nella regione del Don e in Ucraina. « Quest’attività può e deve essere molto ampliata; essa serve in pari tempo ad aiutare la popolazione affamata delle capitali e dei go- vernatorati non agricoli e a rafforzare l'Esercito rosso ». Ho già detto come da noi i problemi dell'approvvigionamento siano intrecciati con quelli militari; e voi capite benissimo che non possiamo non collegarli. Bisogna farlo assolutamente. Nessuno di que- sti problemi può essere risolto senza l'altro. « 7 ) Quanto ai menscevichi e ai socialisti-rivoluzionari, la linea del partito nella situazione attuale è la seguente: mettere in prigione coloro che scientemente o incoscientemente aiutano Kolciak. Non tol- lereremo che nella nostra repubblica dei lavoratori vi siano uomini che non contribuiscono coi fatti alla lotta contro Kolciak. Ma fra i men- scevichi e socialisti-rivoluzionari ci sono uomini che vogliono dare un tale contributo. Bisogna incoraggiarli, affidando loro lavori pratici, e prin- cipalmente l'assistenza tecnica all'Esercito rosso nelle retrovie, control- landone però rigorosamente il lavoro... » Dobbiamo dire a questo punto che negli ultimi tempi abbiamo CONSIGLIO CENTRALE DEI SINDACATI 267 dovuto sopportare prove particolarmente penose e sgradevoli. Sapete che i gruppi dirigenti dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari consi- deravano la questione in questo modo: « Nonostante tutto, noi siamo ancora e sempre per il parlamento, e condanniamo allo stesso modo i bolscevichi e gli uomini di Kolciak ». Siamo stati costretti a dir loro: scusate, ma adesso abbiamo ben altro per la testa che il parlamento. Ci stanno prendendo alla gola, e noi combattiamo l’ultima battaglia. Non staremo a scherzare con voi. Se organizzate scioperi di questo tipo, com- mettete il piu gran delitto contro la classe operaia. Ogni sciopero ci costa la vita di migliaia e migliaia di soldati rossi, Lo vediamo sul posto. Fermare per un po’ di tempo la produzione dei fucili a Tuia vuol dire mandare a morte migliaia di contadini e di operai; la defezione di alcune fabbriche a Tuia significa la morte di migliaia di operai. Di- ciamo: noi lottiamo, diamo le nostre ultime forze, consideriamo que- sta guerra la sola giusta e legittima. Abbiamo acceso la fiaccola del socialismo da noi e in tutto il mondo. E chiunque ci intralci in qual- che modo in questa lotta, noi lo combattiamo senza pietà. Chi non è con noi, è contro di noi. Vi sono però uomini — e sappiamo che fra i menscevichi ve ne sono — che, non potendo o non volendo capire ciò che accade in Russia, non si sono ancora persuasi: se in -Russia questi « cattivi » bolscevichi hanno fatto una rivoluzione come questa, in Germania la rivoluzione nasce fra tormenti infinitamente maggiori. Che cosa è la repubblica democratica di quel paese? Che cosa è la libertà tedesca? È la libertà di assassinare i veri capi del proletariato: Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg e decine di altri. Gli uomini di Scheidemann vogliono ritardare in questo modo la loro sconfitta. È evidente che non riescono a governare. Sono passati cinque mesi dal 9 novembre, da quando esiste la libertà nella repubblica te- desca. In questo periodo i rappresentanti del potere sono stati o uo- mini di Scheidemann, o loro complici. Ma voi sapete che fra loro l’odio ribolle sempre di piu. Questo esempio mostra che può esservi o la dittatura della borghesia, o la dittatura del proletariato; che non vi sia via di mezzo lo si vede, per esempio, da ciò che leggiamo oggi nel giornale Frankfurter Zeitung . Esso dice che l’esempio dell’Unghe- ria dimostra che ci toccherà marciare verso il socialismo. L’Ungheria ha dimostrato che la borghesia cede volontariamente il potere ai soviet quando sa che il paese si trova in una situazione tanto disperata che nessuno può salvarlo, nessuno, tranne i soviet, può condurre il popolo 268 LENIN per una via di salvezza tanto difficile, E a coloro che, esitando fra il vecchio e il nuovo, dicono: benché sul piano ideologico non am- mettiamo la dittatura del proletariato, siamo tuttavia pronti, pur man- tenendo le nostre convinzioni, ad aiutare il potere sovietico perché com- prendiamo che in una guerra furiosa bisogna lottare senza discutere; a costoro rispondiamo: se volete occuparvi di politica, intendendo per politica la libera critica del potere sovietico di fronte alle masse stan- che, estenuate, senza vedere che in tal modo aiutate Kolciak, noi vi rispondiamo: guerra spietata a questa gente. Non è facile comprendere immediatamente questa linea e applicarla. Non possiamo seguire nei loro confronti una sola linea. Diciamo: se volete occuparvi della vo- stra politica, vi offriamo un posto in prigione o negli altri paesi che sono pronti ad accogliervi. Regaleremo a questi paesi alcune centinaia di menscevichi. Oppure vorrete, finalmente, dire a voi stessi: aiutiamo il potere sovietico, altrimenti vi saranno ancora alcuni anni di im- mensa miseria che tuttavia finiranno con la vittoria del potere sovie- tico. Questa gente bisogna sostenerla in tutti i modi e affidarle un lavoro pratico. Questa politica non può essere fissata subito e facil- mente come una politica che segua una sola direzione, ma sono con- vinto che ogni operaio che ha visto nella pratica che cosa significa questa dura guerra, che cosa significa il rifornimento deirEsercito ros- so, che cosa significano tutte le atrocità alle quali è esposto ogni sol- dato rosso al fronte, sono convinto che ogni operaio capirà benissimo queste lezioni di politica. Perciò vi chiedo di approvare queste tesi e di tendere tutte le forze dei sindacati per tradurle in pratica con la massima energia e con la massima rapidità. 2 RISPOSTA A UNA DOMANDA SULLO SCIOPERO DI TULA Non dispongo di materiale concreto sui fatti di Tuia e non posso parlarne con la competenza dei compagni che mi hanno preceduto. Ma conosco la fisionomia politica del giornale Vsiegdà V periodi Non è altro che sobillazione allo sciopero. È connivenza con i nostri ne- mici, i menscevichi, che incitano allo sciopero. Qualcuno mi ha chie- sto se questo è dimostrato. Risponderò che se fossi un avvocato o un procuratore, o un parlamentare, sarei tenuto a dimostrarlo. Non sono né l’uno né l’altro, né il terzo, e non porterò nessuna prova, non ne ho bisogno. Ammettiamo che il Comitato centrale dei menscevichi sia migliore di quei menscevichi di cui è stata provata direttamente l’opera di sobillazione a Tuia, — non dubito che, in parte, i piu stretti collaboratori del comitato menscevico siano migliori, — ma nella lotta politica, quando le guardie bianche ti prendono alla gola, è forse pos- sibile fare questa distinzione? Non abbiamo proprio altro da fare? Un fatto è un fatto. Anche se non sono stati conniventi, si sono mo- strati deboli nei confronti dei menscevichi di destra. Che c’è da chia- rire? I menscevichi di destra fanno propaganda per lo sciopero, Mar- tov o altri condannano questi elementi di destra nel loro giornale. Ebbene, che cosa ci insegna questo? Riceviamo un biglietto sul quale è scritto: anch’io lo condanno, ma... ( Una voce : « E che cosa dovrem- mo fare, allora? ») Ciò che fa il partito bolscevico: prendere posizione non a parole, mai coi fatti. La propaganda straniera non sfrutta forse il comportamento di tutti i menscevichi nostrani, la Conferenza di Berna non ha forse appoggiato tutti gli imperialisti quando hanno detto che i bolscevichi sono usurpatori? Noi diciamo: avete assunto questa posizione mentre le bande di Kolciak sferravano un attacco che ha causato la morte di migliaia di soldati rossi in un paese sul quale 270 LENIN premono gli imperialisti di tutto il mondo. Forse fra due anni, quando avremo vinto Kolciak, studieremo la faccenda, ma non adesso. Adesso bisogna combattere per vincere in qualche mese il nemico da cui gli operai sanno quel che devono aspettarsi. Lo sapete dall'esempio di Ivascenkovo 45 , e sapete che cosa fa Kolciak. 3 DISCORSO DI CHIUSURA DEL DIBATTITO SUL RAPPORTO Compagni, uno degli intervenuti, che è stato presentato come por- tavoce dell'opposizione, ci ha invitato in una risoluzione a muoverci nell’ambito della nostra Costituzione. Quando ho sentito questo, mi sono domandato se l’oratore non confondeva la nostra Costituzione con quella di Scheidemann. Scheidemann e tutte le repubbliche democra- tiche promettono a tutti i cittadini libertà di ogni genere. Le repub- bliche borghesi le hanno promesse a tutti per centinaia e migliaia d’anni. Ma voi sapete a che punto sono arrivate, queste repubbliche ♦borghesi, e come adesso stanno crollando su scala mondiale. La schiac- ciante maggioranza degli operai è dalla parte dei comunisti, in tutto il mondo si è perfino creata la parola « soviettista » che in Russia non esiste, e possiamo dire che in qualunque paese andiamo, basta che diciamo la parola « soviettista » perché tutti ci capiscano e ci seguano. L’articolo 23 della Costituzione dice: « Ispirandosi all’interesse della classe operaia nel suo insieme, la RSFSR priva singole persone e singoli gruppi dei diritti di cui essi si servono a detrimento degli interessi della rivoluzione socialista ». Non abbiamo promesso la libertà a dritta e a manca, anzi, nella Costituzione — che è stata tradotta in tutte le lingue: in tedesco, in inglese, in italiano, in francese — abbiamo dichiarato esplicitamente che avremmo privato i socialisti della libertà se essi se ne fossero serviti a detrimento degli interessi della rivoluzione socialista, se ne fossero serviti per coprire la libertà dei capitalisti. Ecco perché è sba- gliato anche formalmente richiamarsi a questa Costituzione. Abbiamo dichiarato apertamente che nel periodo di transizione, in un periodo di lotta forsennata, non soltanto non promettiamo libertà a dritta e •272 LENIN a manca, ma diciamo in anticipo che priveremo dei diritti i cittadini che ostacolano la rivoluzione socialista. E chi ne sarà giudice? Il pro- letariato. Qui si è cercato di spostare la questione sul terreno della lotta par- lamentare. Ho sempre detto: il parlamentarismo è una bellissima cosa, ma adesso viviamo in tempi non parlamentari. Visto che il governo dichiara che la situazione è difficile, il compagno Lozovski dice: è adesso che la popolazione deve presentare decine di rivendicazioni. Cosi faceva- no tutti i parlamentari del « buon tempo antico », ma adesso ciò non è adatto ai tempi. So che abbiamo una quantità enorme di difetti, so che in Ungheria il potere sovietico sarà migliore che da noi. Ma quando, in tempo di mobilitazione, ti vengono a dire: viene proposto questo e quel- lo e quell’ altro, contrattiamo, io dico che questa applicazione del vecchio parlamentarismo non porta a niente, che gli operai coscienti l’hanno già respinta. Non è di questo che si tratta. * Abbiamo fissato come linea fondamentale la lotta di classe contro i kulak, contro gli elementi ricchi contrari a noi. Ora, che ciò è assicurato, diciamo: adesso dobbiamo trovare un atteggiamento più giusto nei confronti del contadino medio. Ma questo è un lavoro assai difficile. In questo momento di grande pericolo dovete aiutare il po- tere sovietico, cosi com’esso è. In questi mesi non cambieremo. Qui non c’è né può esserci via di mezzo. Creare questa via di mezzo con arti- ficiosi procedimenti parlamentari, significa mettersi su un terreno sdruc- ciolevole. Quando l’oratore ha dichiarato che tutti i contadini sono contro di noi, egli ha fatto una di quelle « piccole » esagerazioni che in pratica servono a sobillare i socialisti-rivoluzionari di sinistra e i menscevichi. La maggioranza sa che i contadini, nella loro schiacciante maggioranza, sono per noi. Essi hanno per la prima volta il potere sovietico. Persino le parole d’ordine dell’insurrezione, che ha trasci- nato una parte insignificante delle masse contadine, erano: « Per il potere dei soviet, per i bolscevichi, abbasso la comune ». Diciamo che bisognerà lottare assai tenacemente contro questo, perché gli intel- lettuali ci sabotano. Abbiamo dovuto prendere più elementi cattivi che buoni. Poiché i migliori elementi dell’ intellettualità ci avevano voltato le spalle, ci è toccato prendere i peggiori. Il compagno Romanov ha proposto una risoluzione che ha illu- strato egli stesso dopo l’arresto dei suoi compagni. Essi dichiarano: «Esigiamo la libertà per tutti...». ( Lenin legge la risoluzione.) Gli CONSIGLIO CENTRALE DEI SINDACATI 273 operai certo sono poi ritornati al lavoro, ma questo a noi è costata la perdita di alcune migliaia di giornate lavorative, e ad alcune migliaia di soldati rossi, di operai e di contadini sul fronte orientale è costata la vita. Faccio un ragionamento freddo e categorico: che cosa è meglio: mettere in prigione alcune decine o centinaia di sobillatori, colpevoli 0 innocenti, coscienti o incoscienti, o perdere migliaia di soldati rossi e di operai? La prima soluzione è la migliore. E mi si accusi pure di tutti i peccati mortali e di tutte le violazioni della libertà, mi ricono- scerò colpevole, ma gli interessi degli operai ci guadagneranno. Quando giunge un momento in cui il popolo è stremato, gli elementi coscienti devono aiutarlo a resistere per qualche mese. Non siamo noi che ab- biamo vinto a Odessa. È del tutto ridicolo pensare che abbiamo vinto noi. Abbiamo preso Odessa perché i loro soldati non hanno combat- tuto. Ho un telegramma del fronte settentrionale che dice: « Mandate 1 prigioneri inglesi al fronte ». I compagni dicono che gli inglesi si lamentano e dichiarano: non torneremo indietro, neiresercito. Che cosa significa? Le loro truppe non vanno in battaglia. Sono dieci volte piu forti di noi e non combattono. Ecco perché, quando ci dicono: avete promesso molto, ma non avete mantenuto nulla, noi rispondiamo: abbiamo fatto la cosa piu importante. Abbiamo promesso di incominciare una rivoluzione che sarebbe diventata mondiale, ed è cominciata, e adesso è talmente solida che la nostra situazione internazionale è brillante: abbiamo mantenuto la nostra principale promessa e questo, evidentemente, renorme mag- gioranza degli operai coscienti lo ha compreso. Essi hanno compreso che ora soltanto alcuni mesi ci separano dalla vittoria sui capitalisti in tutto il mondo. Ma che fare in questi mesi, se certi elementi sono stanchi: giocare con loro, incitarli, oppure, al contrario, aiutare gli stanchi a resistere per questi pochi mesi che decideranno di tutta la guerra? Vedete, al sud la faremo finita anche prima che siano tra- scorsi questi pochi mesi, e avremo un’armata libera per l’oriente; il fallimento dell’Intesa — degli inglesi, dei francesi e degli americani — è un fatto. A Odessa avevano diecimila uomini e una flotta: ecco come stavano le cose. Qui non si tratta di parlamentarismo né di concessioni (non lo promettiamo e non c’impegniamo a farlo); si tratta di sapere: quando il popolo è stanco della guerra, quando la fame infuria duramente, qual è il compito del proletariato cosciente. 274 LENIN della parte cosciente degli operai? Permettere che si speculi sulla stan- chezza? E questo diventa una speculazione. Se dicessimo: basta con la guerra, le masse poco coscienti voterebbero a favore, ma la parte cosciente direbbe: possiamo finirla in pochi mesi. Bisogna far animo agli stanchi, sostenerli, trascinarli con sé. I compagni stessi vedono che un operaio cosciente se ne trascina dietro decine di stanchi. È questo che diciamo, è questo che esigiamo. In questo consiste la dittatura del proletariato: che una classe guida l’altra, perché è più organizzata, più unita, più cosciente. Gli elementi poco coscienti si lasciano prendere in qualunque trappola, e per la stanchezza sono pronti a tutto. Ma la parte cosciente dice: bisogna resistere perché fra qualche mese vince- remo in tutto il mondo. Ecco come si pone la questione. Mi permetto di pensare che non è ancora venuto il momento delle discussioni parla- mentari : dobbiamo fare ancora un nuovo sforzo per vincere nel corso di questi mesi, e per vincere definitivamente. PREFAZIONE ALL’OPUSCOLO DI HENRI GUILBEAUX: « SOCIALISMO E SINDACALISMO IN FRANCIA DURANTE LA GUERRA » L’opuscolo del compagno Guilbeaux arriva proprio al momento giu- sto. La storia del movimento socialista e di quello sindacale durante la guerra deve essere scritta per tutti i paesi. Questa storia mostra con tutta chiarezza la lenta ma continua svolta a sinistra, lo sposta- mento della classe operaia verso il pensiero e Tazione rivoluzionaria. Essa mette a nudo, da una parte, le profonde radici della III Inter- nazionale, l’Internazionale comunista, ne mostra la preparazione, che alPinterno di ogni nazione, in corrispondenza delle particolarità storiche, ha avuto caratteristiche proprie. Bisogna conoscere le radici profonde della III Internazionale per capire la sua ineluttabilità e la diversità delle vie che hanno portato verso di essa i vari partiti socia- listi nazionali. Dall’altra parte, la storia del movimento socialista e di quello sindacale durante la guerra ci mostra l’inizio del fallimento della de- mocrazia e del parlamentarismo borghesi, l’inizio della svolta dalla democrazia borghese verso la democrazia sovietica o proletaria. Questo cambiamento, d’una immensa importanza storica universale, molti e molti socialisti non riescono ancora a comprenderlo, perché sono legati dalle catene della consuetudine, dall’ossequio filisteo per ciò che è e per ciò che è stato, dalla cecità piccolo-borghese nei confronti di ciò che la storia del capitalismo morente sta generando in tutti i paesi. Il compagno Guilbeaux si è assunto il compito di scrivere un saggio sulla storia del movimento socialista e di quello sindacale in Francia durante la guerra. La chiara e precisa enumerazione dei fatti mostra con evidenza al lettore l’inizio di una grande svolta, di un rivolgimento nella storia del socialismo. Si può essere certi che l’opu- scolo di Guilbeaux non soltanto avrà la piu larga diffusione fra tutti 276 LENIN gli operai coscienti, ma inciterà a pubblicare una serie di altri opuscoli simili, dedicati alla storia del socialismo e del movimento operaio degli altri paesi durante la guerra. N. Lenin Mosca, 13 aprile 1919. Pubblicato in francese nel 1919. Pubblicato per la prima volta in russo nel 1920. DISCORSO PRONUNZIATO A MOSCA AL PRIMO CORSO PER COMANDANTI SOVIETICI 15 aprile 1919 Breve resoconto giornalistico Lenin ricorda le parole di un generale tedesco che ha detto: se i soldati sapessero per che cosa combattono, non ci sarebbero guerre. Adesso le cose stanno diversamente. Di fronte all’Esercito rosso vi è un grande compito ben definito: la liberazione della classe operaia. Il nostro Esercito rosso operaio e contadino cresce e si rafforza di giorno in giorno. Questo progresso è dovuto alla profonda consapevolezza che gli operai e i contadini hanno dei loro fini, e se adesso subiamo una serie di rovesci sul fronte orientale, ciò significa che dobbiamo in ogni caso fermare Kolciak e batterlo, e lo batteremo. Le bande di Krasnov hanno creato piu volte una situazione difficile per la Russia sovietica ma, nonostante l’appoggio di tutto il mondo borghese, sono state battute e presto lo saranno definitivamente. Siamo riusciti a raggiungere questo risultato solo grazie alla coscienza degli operai e dei contadini. Ricevendo la bandiera róssa dal comitato distrettuale, dovete portarla avanti con fermezza e sicurezza. Ogni giorno ci porta la notizia che, ora qua ora là, è stata levata la bandiera rossa della liberazione. Sotto i nostri occhi si sono costituite la Repubblica sovie- tica ungherese, la Baviera sovietica, la III Internazionale comunista, e presto vedrete costituirsi la repubblica federativa mondiale dei soviet. Evviva la repubblica federativa mondiale dei soviet! Evviva l’Esercito rosso! Evviva i comandanti rossi! ( Applausi fragorosi.) Pravda> n. 83, 17 aprile 1919. LA III INTERNAZIONALE E IL SUO POSTO NELLA STORIA GL imperialisti dei paesi deir« Intesa » bloccano la Russia, mirano a isolare, come un focolaio d’infezione, la repubblica sovietica dal mondo capitalistico. Questa gente, che si gloria del « democratismo » delle sue istituzioni, è talmente accecata dall’odio contro la repubblica sovietica, che non si accorge neppure di coprirsi di ridicolo. Pensate: i paesi più avanzati, più civili e più « democratici », che sono armati fino ai denti e, dal punto di vista militare dominano, soli, su. tutta la terra, temono come il fuoco il contagio ideologico proveniente da un paese in rovina, affamato, arretrato e, secondo le loro affermazioni, perfino semiselvaggio! Questa sola contraddizione apre gli occhi alle masse lavoratrici di tutti i paesi e contribuisce a smascherare l’ipocrisia degli imperia- listi Clemenceau, Lloyd George, Wilson e dei loro governi. Ma non ci aiuta soltanto il fatto che i capitalisti sono accecati dal loro odio contro i soviet; ci aiutano anche i loro dissidi interni, che li spingono a farsi reciprocamente lo sgambetto. I capitalisti, che temono più di ogni altra cosa la diffusione di informazioni veritiere sulla repubblica sovietica e, in particolare, la diffusione dei suoi docu- menti ufficiali, hanno stretto fra loro una vera e propria congiura del silenzio. Ciò nonostante, l’organo principale della borghesia francese, Le Temps, ha pubblicato una notizia sulla fondazione a Mosca della III Internazionale, dellTn ter nazionale comunista. Per questa pubblicazione, esprimiamo all’organo principale della borghesia francese, a questo corifeo dello sciovinismo e deirimperialismo francese, i nostri più rispettosi ringraziamenti. Siamo pronti a inviare a Le Temps un messaggio solenne con Tespressione della nostra rico- noscenza per l’aiuto intelligente e proficuo che esso ci dà. LA III INTERNAZIONALE E IL SUO POSTO NELLA STORIA 279 Dal modo come Le Temps ha redatto la sua informazione basan- dosi sulla nostra radio, si scorge con la più grande chiarezza quali sono i motivi che hanno ispirato quest’organo del sacco di scudi. Ha voluto dare un colpo di spillo a Wilson, pungerlo un po’: guardate con che razza di gente volete mettervi a trattare! Questi sapientoni che scrivono per ordine del sacco di scudi, non si accorgono che il loro tentativo di servirsi dei bolscevichi per spaventare Wilson si tra- sforma, davanti alle masse lavoratrici, in pubblicità per i bolscevichi. Ancora una volta: i nostri piu rispettosi ringraziamenti all’organo dei milionari francesi! La fondazione della III Intemazionale è avvenuta in una situa- zione mondiale tale che nessuna proibizione, nessuna piccola e misera astuzia degli imperialisti dell’ « Intesa » o dei servi del capitalismo, come gli Scheidemann in Germania, i Renner in Austria, riesce a im- pedire che la notizia della nascita di questa Internazionale e la sim- patia per essa si diffondano fra la classe operaia del mondo intero. Questa situazione è stata creata dalla rivoluzione proletaria, che si sviluppa manifestamente dappertutto, non giorno per giorno, ma ora per ora. Questa situazione è stata creata tra le masse lavoratrici dal movimento sovietico , il quale ha già acquistato una forza tale che è diventato effettivamente internazionale . La I Internazionale (1864-1872) aveva posto le fondamenta del- Torganizzazione internazionale degli operai per la preparazione del loro assalto rivoluzionario contro il capitale. La II Intemazionale ( 1889- 1914) è stata l’organizzazione internazionale del movimento proletario che si sviluppava in estensione , non senza un temporaneo abbassamento del livello rivoluzionario, non senza un temporaneo rafforzamento del- Poppor tunisino, ciò che, alla fine, ha condotto al vergognoso crollo di questa Internazionale. La III Internazionale è stata creata di fatto nel 1918, quando il processo di molti anni di lotta contro l’opportunismo e contro il social- sciovinismo. particolarmente durante la guerra, ha condotto alla for- mazione dei partiti comunisti in parecchie nazioni. Formalmente la III Internazionale è stata fondata al suo primo congresso, nel marzo 1919, a Mosca. E il tratto più caratteristico di questa Internazionale, il compito a cui era chiamata — applicare, tradurre in pratica i prin- cipi del marxismo e attuare i secolari ideali del socialismo e del movi- mento operaio — questo tratto caratteristico della III Internazionale 280 LENIN è subito venuto alla luce nel fatto che la nuova, la terza « Associa- zione internazionale degli operai », già oggi coincide , in una certa mi- sura, con YUnione delle repubbliche socialiste sovietiche. La I Internazionale pose le fondamenta per la lotta proletaria in- ternazionale per il socialismo. La II Intemazionale è stata l’epoca della preparazione del terreno per una larga diffusione di massa del movimento in un buon numero di paesi. La III Internazionale ha colto i frutti dell’attività della II Inter- nazionale, ne ha tolto via il sudiciume opportunista, sdcialsciovinista borghese e piccolo-borghese e ha incominciato ad attuare la dittatura del proletariato. L’unione internazionale dei partiti che dirigono il movimento piu rivoluzionario del mondo, il movimento del proletariato per l’abbatti- mento del giogo del capitale, ha oggi un fondamento solido come nes- sun altro mai: un certo numero di repubbliche sovietiche che imperso- nano, su scala internazionale, la dittatura del proletariato, la sua vit- toria sul capitalismo. L’importanza storica mondiale della III Intemazionale, dell’Inter- nazionale comunista, sta nell’aver incominciato a tradurre in pratica la più grande parola d’ordine di Marx, la parola d’ordine che riassume il secolare sviluppo del socialismo e del movimento operaio, la parola d’ordine che si esprime nel concetto di dittatura del proletariato. Questa geniale previsione, questa geniale teoria diventa realtà. Oggi queste parole latine sono tradotte in tutte le lingue nazionali dell’Europa moderna, anzi, in tutte le lingue del mondo. È incominciata una nuova epoca della storia mondiale. Il genere umano si libera dall’ultima forma di schiavitù: la schia- vitù capitalistica o schiavitù salariata. Liberandosi dalla schiavitù, il genere umano passa per la prima volta alla libertà effettiva. Come è potuto accadere che il primo paese che ha attuato la dittatura del proletariato, organizzato una repubblica sovietica, sia sta- to uno dei paesi europei piu arretrati? Non sbaglieremo dicendo che appunto questa contraddizione tra l’arretratezza della Russia e il suo « salto » oltre la democrazia borghese, verso la forma più alta della democrazia, la democrazia sovietica o proletaria, appunto questa con- traddizione è stata una delle ragioni (insieme alla pressione delle abir LA III INTERNAZIONALE E IL SUO POSTO NELLA STORIA 281 tudini opportuniste e dei pregiudizi filistei che pesano sulla maggio- ranza dei capi del socialismo) che hanno in modo particolare ostacolato o rallentato in Occidente la comprensione della funzione dei soviet. Le masse operaie hanno capito istintivamente, in tutto il mondo, il significato dei soviet, come strumento per la lotta del proletariato e come forma dello Stato proletario. Ma i « capi » corrotti dall’oppor- tunismo continuavano e continuano ad adorare la democrazia borghese, chiamandola « democrazia » in generale. Cè forse da stupirsi se l’attuazione della dittatura del proletariato ha mostrato prima di tutto la « contraddizione » tra l’arretratezza del- la Russia e il suo « salto » oltre la democrazia borghese? Ci sarebbe invece da stupirsi se la nuova forma di democrazia ci fosse stata rega- lata dalla storia senza una serie di contraddizioni. Qualsiasi marxista, anzi, chiunque conosca la scienza moderna in generale, se gli vien posto il quesito: «È probabile che il passaggio dei diversi paesi capitalistici alla dittatura del proletariato avvenga in modo regolare, armonico e proporzionato? », darà indubbiamente una risposta negativa. Nel mondo capitalistico non vi sono mai state e non possono esserci né regolarità, né armonia, né proporzione. Ogni paese ha sviluppato con particolare rilievo ora uno, ora un altro lato o ca- rattere o gruppo di particolarità del capitalismo e del movimento ope- raio. Il processo di sviluppo è avvenuto in modo ineguale. Quando la Francia fece la sua grande rivoluzione borghese de- stando a nuova vita storica tutto il continente europeo, l’Inghilterra si trovò alla testa della coalizione controrivoluzionaria, pur essendo nello stesso tempo molto piu sviluppata della Francia dal punto di vista capitalistico. E il movimento operaio inglese di quel tempo anti- cipava genialmente parecchi aspetti del futuro marxismo. Quando PInghilterra diede al mondo il primo vasto movimento proletario rivoluzionario, effettivamente di massa, politicamente defi- nito, il cartismo, sul continente europeo avvennero, nella maggior parte dei casi, deboli rivoluzioni borghesi, ma in Francia si accese la prima grande guerra civile tra il proletariato e la borghesia. La borghesia sconfisse i vari reparti nazionali del proletariato singolarmente, e nei diversi paesi in vari modi. L’Inghilterra ha fornito il modello di un paese nel quale, secondo l’espressione di Engels, la borghesia, accanto all’aristocrazia imborghe- sita, ha creato l’aristocrazia operaia più imborghesita 46 . Il paese capi- 282 LENIN talistico piu progredito si dimostrava in ritardo di parecchi decenni dal punto di vista della lotta rivoluzionaria del proletariato. E la Francia sembrava avesse esaurito le forze del proletariato nelle due eroi- che insurrezioni della classe operaia contro la borghesia nel 1848 e 1871, le quali hanno dato un contributo immenso alla storia mondiale. In seguito, dopo il 1870, l’egemonia nell’Internazionale del movimento operaio passò alla Germania, la quale allora era economicamente in ri- tardo rispetto sia all’Inghilterra che alla Francia. E quando la Germa- nia sorpassò nel campo economico entrambi questi paesi, e cioè al- l’inizio del secondo decennio del secolo XX, alla testa del partito operaio marxista della Germania, che serviva di modello a tutto il mondo, si trovò un gruppo di perfetti mascalzoni formato dalle più luride cana- glie vendute ai capitalisti, — da Scheidemann e Noske a David e Le- gien, — questi ripugnanti carnefici passati dalle file operaie al servizio della monarchia e della borghesia controrivoluzionaria. La storia mondiale procede inflessibilmente verso la dittatura del proletariato, ma segue vie tutt’altro che piane, facili, dirette. Quando Karl Kautsky era ancora un marxista e non quel rinne- gato del marxismo che è divenuto quando si è messo a propugnare l’unità con gli Scheidemann e la democrazia borghese contro la demo- crazia sovietica o proletaria, proprio al principio del secolo XX egli scrisse un articolo: Gli slavi e la rivoluzione. In quest’articolo descri- veva le condizioni storiche che facevano pensare alla possibilità che l’egemonia del movimento rivoluzionario internazionale passasse agli slavi. Cosi è avvenuto. Per un certo tempo — soltanto per un breve periodo di tempo, s’intende — l’egemonia nell’Internazionale rivolu- zionaria proletaria è passata ai russi, come in diversi periodi del secolo XIX era stata degli inglesi, poi dei francesi e in seguito dei tedeschi. Ho già avuto occasione di dire: per i russi, in confronto ai paesi avanzati, è stato più facile iniziare la grande rivoluzione proletaria; ma sarà per essi più difficile continuarla e condurla sino alla vittoria defi- nativa, cioè alla completa organizzazione della società socialista. Per noi è stato più facile incominciare anzitutto perché l’arretra- tezza politica eccezionale, rispetto all’Europa del secolo XX, della mo- narchia zarista ha dato una forza eccezionale all’assalto rivoluzionario delle masse. In secondo luogo, l’arretratezza della Russia ha fuso in modo originale la rivoluzione proletaria contro la borghesia con la rivo- LA III INTERNAZIONALE E IL SUO POSTO NELLA STORIA 283 luzione contadina contro i grandi proprietari fondiari. Neirottobre 1917 abbiamo incominciato da questo, e non avremmo vinto allora cosi facil- mente se non avessimo cosi incominciato. Fin dal 1856, a propo- sito della Prussia, Marx rilevava la possibilità di una combinazione originale della rivoluzione proletaria con la guerra dei contadini 47 . I bolsceviche dall’inizio del 1905, propugnarono l’idea della dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini. In terzo luo- go, la rivoluzione del 1905 contribuì immensamente all’educazione politica delle masse degli operai e dei contadini, tanto nel senso della conoscenza dell’« ultima parola » del socialismo occidentale da parte della loro avanguardia, quanto nel senso dell 'azione rivoluzionaria delle masse. Senza una « prova generale » come quella del 1905, le rivolu- zioni del 1917 — la rivoluzione borghese di febbraio come la rivolu- zione proletaria di ottobre — non sarebbero state possibili. In quarto luogo, le condizioni geografiche permettevano alla Russia di resistere piu a lungo degli altri paesi contro la preponderanza esterna dei paesi capitalistici progrediti. In quinto luogo, l’atteggiamento originale del proletariato verso i contadini facilitava il passaggio dalla rivoluzione borghese alla rivoluzione socialista, favoriva l’influenza dei proletari della città sugli strati semiproletari, sugli strati poveri dei lavoratori della campagna. In sesto luogo, la lunga scuola degli scioperi e l’espe- rienza del movimento di massa dei proletari europei, in una situa- zione profondamente rivoluzionaria e che si acutizzava con rapidità, hanno facilitato la nascita di una forma di organizzazione proletaria rivoluzionaria originale come i soviet . Questo elenco, si capisce, non è completo. Ma per ora possiamo limitarci ad esso. La democrazia sovietica o proletaria è nata in Russia. Rispetto alla Comune di Parigi si è fatto un secondo progresso d’importanza storica mondiale. La repubblica sovietica proletaria e contadina è la prima durevole repubblica socialista del mondo. Ormai, come nuovo tipo di Stato , essa non può piu morire. Già oggi essa non è più sola. Per continuare il lavoro di edificazione del socialismo e per con- durlo a termine ci vuole ancora moltissimo. Le repubbliche sovietiche nei paesi culturalmente più sviluppati, dove il peso e l’influenza del proletariato sono maggiori, hanno tutte le probabilità di superare la Russia, quando si metteranno sulla via della dittatura del proletariato. Ora la fallita II Internazionale si estingue e imputridisce ancor 284 LENIN prima di morire. In pratica essa fa la parte del lacchè della borghesia intemazionale. È una vera e propria Internazionale gialla. I suoi mag- giori capi ideologici, del genere di Kautsky, esaltano la democrazia borghese, chiamandola « democrazia » in generale, oppure — e questo è ancora più sciocco e grossolano — « democrazia pura ». La democrazia borghese ha fatto il suo tempo, come ha fatto il suo tempo la II Intemazionale, la quale ha svolto un lavoro storica- mente necessario e utile quando si trattava di preparare le masse ope- raie nel quadro di questa democrazia borghese. La più democratica delle repubbliche borghesi non è mai stata al- tro, e non poteva essere altro, che una macchina per l’oppressione capi- talistica dei lavoratori, uno strumento del potere politico del capitale, la dittatura della borghesia. La repubblica democratica borghese pro- metteva il potere alla maggioranza, proclamava il potere della maggio- ranza, ma non ha mai potuto attuarlo, data l’esistenza della proprietà privata della terra e degli altri mezzi di produzione. La « libertà » nella repubblica democratica borghese era, di fatto, la libertà per i ricchi . I proletari e i contadini lavoratori potevano e dovevano servirsene al fine di preparare le loro forze per abbattere il capitale, per superare la democrazia borghese; ma, di regola, le masse lavoratrici, sotto il capitalismo, non potevano utilizzare effettivamente la democrazia. Per la prima volta nel mondo la democrazia sovietica o proletaria ha creato la democrazia per le masse, per i lavoratori, per gli operai e per i contadini. Non c’era mai stato al mondo un simile potere statale della mag- gioranza della popolazione, un potere effettivo di questa maggioranza, come è il potere sovietico. Esso soffoca la libertà degli sfruttatori e dei loro accoliti, strappa loro la « libertà » di sfruttare, la « libertà » di speculare sulla fame, la « libertà » di lottare per la restaurazione del potere del capitale, la « libertà » di un’intesa con la borghesia straniera contro gli operai e i contadini del loro paese. I Kautsky difendano pure una simile libertà. Per farlo bisogna essere un rinnegato del marxismo, un rinnegato del socialismo. II fallimento dei capi teorici della II Internazionale come Hilfer- ding e Kautsky, trova l’espressione più chiara nella loro completa inca- pacità di comprendere il significato della democraza sovietica o prole- LA III INTERNAZIONALE E IL SUO POSTO NELLA STORIA 285 tarla, il rapporto che intercorre tra essa e la Comune di Parigi, la sua posizione storica, la sua necessità come forma della dittatura del pro- letariato. Nel n. 74 del giornale Die Freìheit (La libertà), organo della socialdemocrazia tedesca «indipendente» (leggi: piccolo-borghese, fi- listea), TU febbraio 1919 è apparso un appello: Al proletariato rivo- luzionario della Germania. Quest’appello è firmato dalla Direzione del partito e da tutto il suo gruppo alP« Assemblea nazionale », la « Costituente » tedesca. Quest’appello accusa gli Scheidemann di voler eliminare i Consigli e propone, — senza scherzi! — di combinare i Consigli con la « Costi- tuente », di dare ai Consigli certi diritti statali, un certo posto nella Costituzione. Conciliare, unificare la dittatura della borghesia con la dittatura del proletariato! Com’è semplice! Che idea geniale da filistei! Peccato che essa sia già stata sperimentata in Russia al tempo di Kerenski dai mensceviche e dai socialisti-rivoluzionari uniti, da questi democratici piccolo-borghesi che immaginano di essere dei socialisti. Chi, leggendo Marx, non ha capito che nella società capitalistica, in ogni momento grave, in ogni serio conflitto tra le classi è possibile soltanto o la dittatura della borghesia o la dittatura del proletariato, non ha capito niente né della dottrina economica, né della dottrina po- litica di Marx. Ma la geniale idea filistea di Hilferding, di Kautsky e soci, l’idea di una pacifica combinazione della dittatura della borghesia con la dit- tatura del proletariato, esige un esame speciale, se si vuol dar fondo agli assurdi economici e politici accumulati in questo notevolissimo e comicissimo appello dell’ 11 febbraio. Converrà rinviare questo esame a un altro articolo 4 *. Mosca, 15 aprile 1919. Pubblicato nel maggio 1919. DISCORSO ALLA CONFERENZA DEI FERROVIERI DI MOSCA 16 aprile 1919 Compagni, noi tutti sappiamo che il nostro paese sta attraversando un periodo difficile. Abbiamo dovuto decretare la mobilitazione per respingere l’ultimo attacco della controrivoluzione e delFimperialismo internazionale. Nel momento presente è necessario l’aiuto attivo delle masse lavoratrici per attuare con successo questa mobilitazione. Compagni, voi tutti certamente capite benissimo quali colossali dif- ficoltà causi la guerra e quali sacrifici enormi essa richieda, tanto più ora che il paese soffre delle difficoltà negli approvvigionamenti e della disorganizzazione dei trasporti dovuta alla guerra. Per questo adesso i tormenti che ricadono sulle masse lavoratrici a causa di questa guerra si sono ancora aggravati. Ma abbiamo tutte le ragioni di credere e di affermare che la no- stra situazione è migliorata e che usciremo vincitori da tutte le diffi- coltà. Non ci facciamo illusioni. Sappiamo che adesso il nostro nemico — i capitalisti dell’Inghilterra, della Francia e dell’America che ope- rano notoriamente insieme con i capitalisti russi — compie un ultimo tentativo per abbattere il potere sovietico. Vediamo che i rappresen- tanti dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti sono riuniti a Pa- rigi già da tempo. Vediamo che di giorno in giorno e di ora in ora essi sperano sempre più che il potere sovietico non resista. Ma vediamo nello stesso tempo che finora, cinque mesi dopo la vittoria sulla Ger- mania, essi non sono riusciti a concludere la pace. Perché? Perché si accapigliano fra di loro per la spartizione di buoni bocconcini: a chi toccherà la Turchia, a chi la Bulgaria, come spogliare la Germania, quale boccone toccherà allTnghilterra, quale alla Francia e all’America, quante decine di miliardi di contribuzioni prendere dalla Germania? È chiaro che dalla Germania essi non prenderanno niente perché il paese è rovinato dalla guerra e le sue masse lavoratrici insorgono con energia sempre crescente contro il giogo del governo borghese. ALLA CONFERENZA DEI FERROVIERI DI MOSCA 287 Perciò, compagni, sappiamo perfettamente e siamo pienamente con- vinti che adesso, dopo la vittoria di Kolciak sul fronte orientale, è rinata una certa speranza fra i capitalisti russi e stranieri. Ma anche se Kol- ciak è riuscito a riportare parziali vittorie, tuttavia i capitalisti non riusciranno a realizzare le loro speranze nella repubblica sovietica russa. Sappiamo che dopo la vittoria sulla Germania agli alleati sono rimasti dei capitali, un esercito di molti milioni di uomini, è rimasta anche una flotta che non ha rivali. Subito dopo la sconfitta della Ger- mania essi avevano ogni possibilità di dirigere tutte le loro forze alla conquista della repubblica sovietica russa. Ciò che essi hanno intrapreso nel sud della Russia, il loro sbarco sulle coste del mar Nero, la presa di Odessa, tutti questi atti degli imperialisti alleati erano diretti contro il potere sovietico. E che cosa accade adesso, dopo cinque mesi? Non avevano forse forze militari, un esercito di milioni di uomini, non avevano forse una flotta? Perché dunque si sono dovuti ritirare dinanzi airesercito male armato degli operai e dei contadini ucraini? Perché le loro truppe si stanno disgregando, secondo quanto dicono le notizie che sono giunte fino a noi, notizie che sono state confermate. Non si può fare impunemente per quattro anni la guerra per la sparti- zione dei profitti dei capitalisti. E adesso, dopo aver sconfitto Gu- glielmo, sul quale hanno fatto ricadere tutte le colpe, non sono in grado di continuare la guerra. Sappiamo che dal punto di vista militare i paesi dell’Intesa potrebbero essere, e a rigore rimangono, incompa- rabilmente più forti di noi, ma nello stesso tempo diciamo: essi hanno perso la guerra contro di noi. Non è soltanto una nostra fantasia, non è soltanto una affermazione dettata dall’entusiasmo; gli avvenimenti deirUcraina lo hanno dimostrato. Essi non possono più combattere ora che tutti i paesi sono estenuati dalla guerra, esauriti, ora che diventa evidente ad ognuno che la guerra continua soltanto per mante- nere il potere del capitale sui lavoratori. Gli alleati differiscono ancora rinevitabile conclusione della pace con la Russia, per la cui realizza- zione noi abbiamo compiuto tutta una serie di passi; l’abbiamo pro- posta persino alle condizioni più dure per noi. Sappiamo bene che an- che dure condizioni finanziarie sono infinitamente meno gravi del pro- seguimento della guerra che ci toglie i figli migliori degli operai e dei contadini. Gli Stati imperialistici sanno di non poter fare la guerra contro di noi. Sanno che cosa è la campagna di Kolciak, che ha mobi- 288 LENIN litato alcune decine di migliaia di giovani contadini siberiani. Egli non ha osato arruolare nelle sue truppe i combattenti di prima linea, sa che essi non l’avrebbero seguito, e tiene i giovani con la disciplina del bastone e con l’inganno. Ecco perché, quantunque la nostra situazione si sia aggravata, di- ciamo con assoluta sicurezza: siamo in grado di terminare questa guerra in qualche mese e gli alleati dovranno concludere la pace con noi. Essi si appoggiano su Kolciak, sperano che le difficoltà dell’ approvvigiona- mento facciano crollare il potere sovietico, ma noi diciamo: ciò non vi riuscirà. Certo, la nostra situazione alimentare non è facile; sappiamo che difficoltà ancora maggiori si prospettano, e tuttavia diciamo: la nostra situazione non è affatto cattiva come l’anno scorso; allora, in primavera, la gravità della disorganizzazione degli approvvigionamenti e dei trasporti era ancora più grande. Nella prima metà del 1918 i nostri organi d’approvvigionamento hanno potuto ammassare soltanto 28 milioni di pud di grano, nella se- conda metà dell’anno, 67 milioni. Il primo semestre è sempre piu dif- ficile, la fame è più acuta, e l’anno scorso, quando tutta l’Ucraina era sotto il dominio dei tedeschi, quando nella regione del Don Krasnov riceveva dai tedeschi decine di vagoni di materiale bellico, quando i cecoslovacchi avevano occupato la regione del Volga, per gli approv- vigionamenti la situazione era incomparabilmente peggiore. Adesso, alla Repubblica socialista sovietica russa se ne sono ag- giunte altre. La Repubblica lettone ha consolidato negli ultimi tempi la sua situazione; fra le truppe tedesche, che avanzavano cosi rapida- mente, è incominciata la disgregazione, e i soldati dicono che non an- dranno a combattere per restaurare il potere dei baroni. L’Ucraina, che per breve tempo era stata conquistata dagli uomini di Petliura, è stata completamente liberata, e le truppe rosse avanzano verso la Bessarabia. Sappiamo che la situazione intemazionale della repubblica sovietica si consolida di giorno in giorno, si può dire di ora in ora. Voi tutti sapete che anche in Ungheria vi è il potere sovietico, e vi è stata costituita una repubblica sovietica, che la borghesia se ne è an- data; gli operai l’hanno sostituita quando si è visto che gli alleati volevano spogliare il paese. Adesso, con la conquista dell’Ucraina e il consolidamento del po- tere sovietico sul Don, la nostra forza aumenta. Adesso diciamo che abbiamo fonti di grano e di viveri, la possibilità di ricevere combu- ALLA CONFERENZA DEI FERROVIERI DI MOSCA 289 stibile dal bacino del Donez. Siamo certi che, sebbene i mesi piu duri si stiano avvicinando, i mesi in cui la crisi dell'approvvigionamento si aggrava, mentre i nostri trasporti sono logori e distrutti, tuttavia supereremo questa crisi. In Ucraina vi sono riserve immense, eccedenze di grano, ma è difficile prenderle subito, perché finora vi è la guerra partigiana, i contadini sono spaventati dal feroce dominio dei tede- schi e hanno paura di prendere le terre dei grandi proprietari fondiari. I primi passi dell'edificazione in Ucraina sono difficili, come lo erano da noi nel periodo in cui il potere sovietico era a Smolny. Dobbiamo mandare in Ucraina non meno di tremila operai per rimettere in ordine le ferrovie, in parte contadini della Russia setten- trionale affamata. Il governo ucraino ha già promulgato un decreto sul prelevamento preciso della quantità di grano che si può ammassare adesso, e che ammonta a cento milioni di pud. In un distretto del bacino del Donez, secondo le informazioni che abbiamo ricevuto, vi è un milione di pud di grano a una distanza di non oltre dieci verste dalla strada ferrata. Ecco le scorte, le risorse che Tanno scorso non c'erano e che adesso ci sono. Ciò dimostra che se tendiamo tutte le forze per un breve pe- riodo di tempo, fra qualche mese potremo finire la guerra. Al sud ab- biamo una superiorità decisiva. Gli alleati, francesi e inglesi, hanno per- so la loro campagna, si sono accorti che le poche truppe di cui dispon- gono non possono fare la guerra contro la repubblica sovietica. Le menzogne che essi diffondono sul nostro conto si stanno dissipando; nes- suno piu crede alle favole secondo le quali i bolscevichi avrebbero ro- vesciato il governo con la violenza e si reggerebbero mediante la violenza; adesso tutti sanno che la repubblica sovietica si rafforza di giorno in giorno. Oggi facciamo appello a voi perché da questa mobilitazione dipen- dono le sorti della guerra. Abbiamo tutte le ragioni di dire che essa risolverà la questione a nostro vantaggio, e che gli imperialisti saranno costretti a concludere la pace che abbiamo loro proposta, perché si indeboliscono di giorno in giorno. Compagni, ecco perché il potere sovietico ha deciso di tendere tutte le forze, di mobilitare principalmente gli operai e i contadini dei governatorati non agricoli. Contiamo che la mobilitazione, insieme con un rapido movimento al fronte, permetta di migliorare la situazione degli approvvigionamenti perché diminuirà il numero delle bocche nei 290 LENIN governatorati non agricoli più affamati, perché facciamo la guerra nelle località più ricche di grano e meglio nutrite, e gli uomini, inviati al fronte a decine di migliaia, avranno la possibilità di nutrirsi e di aiutare subito le loro famiglie restate a casa grazie al maggior numero di pacchi postali, di aiutarle almeno quanto prima le aiutavano i viaggiatori da « un pud e mezzo », e anche di più. A questa mobilitazione è connessa la possibilità di terminare presto la guerra; a questa mobilitazione è connessa la nostra speranza che l'avanzata di Kolciak sia fermata e definitivamente spezzata. Non vo- gliamo toccare le nostre truppe che, al sud, stanno sconfiggendo defi- nitivamente i resti delle bande di Krasnov per assicurarci le regioni più ricche di grano. Abbiamo preso quasi tutta la regione del Don, ma nel Caucaso settentrionale ce ancora più grano, le scorte vi sono ancora più considerevoli, e noi ce le assicureremo se non indeboliremo il fronte meridionale. Compagni, da noi, per la prima volta nel mondo, si sta combat- tendo una guerra in cui gli operai .e i contadini, che sanno, sentono e vedono che il peso della guerra è immenso, che hanno provato tutti i tormenti della fame in un paese accerchiato dagli imperialisti come una fortezza assediata, capiscono di fare la guerra per la terra, le fabbriche e le officine. Non si vincerà mai un popolo i cui gli operai e i contadini, nella loro maggioranza, hanno capito, sentito e visto che difendono il loro potere, il potere sovietico, il potere dei lavoratori, che difen- dono una causa la cui vittoria assicurerà a loro e ai loro figli la possi- bilità di godere di tutti i beni della cultura, di tutti i frutti del lavoro umano. E noi siamo certi, compagni, che questa mobilitazione si svol- gerà incomparabilmente meglio delle precedenti, che essa troverà il vostro appoggio, che oltre ai propagandisti che intervengono alle riu- nioni, ognuno di voi e ognuno dei vostri conoscenti si trasformerà in agitatore, andrà dai suoi compagni, gli operai delle fabbriche e i ferrovieri, e spiegherà loro in modo comprensibile e chiaro perché bi- sogna tendere tutte le forze e farla finita in qualche mese col nemico. Le masse stesse si leveranno, e ciascuno diventerà un agitatore; esse creeranno la forza invincibile che assicurerà Tinstaurazione della repub- blica sovietica non solo in Russia, ma in tutto il mondo. Pravda, n. 85, 23 aprile 1919. DISCORSO SULLA LOTTA CONTRO KOLCIAK ALLA CONFERENZA DEI COMITATI D'AZIENDA E DEI SINDACATI DI MOSCA 17 aprile 1919 Resoconto giornalistico In un brillante discorso Lenin invita il proletariato di Mosca a partecipare direttamente alla lotta contro Kolciak. L'ultima offensiva di Kolciak, secondo le parole di Lenin, è stata indubbiamente fomentata dalle potenze imperialistiche dell’Intesa. Un telegramma ricevuto ieri dal compagno Stucka dimostra che proprio l’Intesa dirige tutti i movi- menti delle guardie bianche nelle regioni periferiche; i tedeschi hanno sospeso la loro offensiva in Curlandia, ma un accordo pacifico con loro è impossibile per il governo sovietico della Lettonia perché la Francia, l’Inghilterra e l’America esigono dai tedeschi che essi restino in Cur- landia e continuino la guerra; i generali sono pronti ad obbedire ai vinci- tori, ma i soldati rifiutano decisamente di combattere. Gli alleati hanno perso la loro ultima carta. Le vittorie del sud hanno dimostrato che a essi non bastano le forze per farci la guerra o, piu precisamente, che essi hanno perso l’autorità sulle loro forze armate. L’avventura degli alleati nel sud è finita col piu vergognoso atto di rapina al momento della loro fuga da Odessa. I « civili » alleati, che ci accusano di rapine e di violenze, hanno portato via da Odessa, senza alcun diritto né alcuna giustificazione, tutta la nostra flotta mercantile, condannando in tal modo alla fame la popolazione civile. £ stato un atto di vendetta per il falli- mento dei piani deH’imperialismo. Abbiamo liquidato i fronti del sud e della Crimea e siamo alla vigilia della liquidazione del fronte del Don. Secondo le ultime notizie siamo a quaranta verste da Novocerkassk. La nostra vittoria è certa. L'offensiva di Kolciak, ispirata dagli alleati, ha lo scopo di disto- gliere le nostre forze dal fronte meridionale per permettere ai resti 292 LENIN dei reparti bianchi del sud e agli uomini di Petliura di riprendersi; ma non ci riusciranno. Non toglieremo dal fronte meridionale un solo reggimento, una sola compagnia. Per il fronte orientale formeremo nuove armate, e a tale scopo abbiamo proclamato la mobilitazione. Questa mobilitazione sarà l’ulti- ma, ci darà la possibilità di farla finita con Kolciak, cioè di finire la guerra, e questa volta per sempre. La mobilitazione che abbiamo proclamato comprende i governa- torati non agricoli, esclusivamente industriali. Nell’elaborazione di que- sto piano si sono presi in considerazione non soltanto gli interessi mili- tari, ma anche gli interessi dell’agricoltura e degli approvvigionamenti. Prendiamo gli uomini dai governatorati affamati e li trasferiamo nelle località ricche di grano. Questa mobilitazione allevierà considerevol- mente la situazione degli approvvigionamenti nelle capitali e nei gover- natorati settentrionali. Concedendo a tutti i mobilitati il diritto di in- viare due pacchi viveri al mese alle loro famiglie, diamo alla popola- zione operaia la possibilità di ricevere grano dai parenti inviati al fronte. A quanto comunica il Commissario delle poste, i pacchi viveri contri- buiscono notevolmente all’approvvigionamento delle città; in un giorno sono arrivati tremasene vagoni di pacchi viveri. I risultati di questo provvedimento saranno indubbiamente più importanti, più sensibili dei risultati dell’esperienza fatta l’anno scorso con i viaggiatori da « un pud e mezzo». La mobilitazione è stata concepita ed elaborata in modo giusto, ma perché riesca non deve essere realizzata con metodi burocratici. Bisogna ricordare che questa mobilitazione ha ima funzione decisiva e che per attuarla occorre la tensione di tutte le forze. Ogni operaio cosciente, ogni operaia cosciente devono parteciparvi direttamente. Non bastano le riunioni e i comizi, occorre la propaganda individuale, biso- gna andare nelle case dei mobilitati, bisogna persuadere ciascuno, indi- vidualmente, che dal suo coraggio, dalla sua derisione e devozione dipende la fine della guerra. La rivoluzione proletaria investe tutti i paesi del mondo; se gli alleati hanno rinunziato di fatto all’intervento militare aperto negli affari della Russia, è perché non possono padroneggiare i loro eserciti, che hanno capito istintivamente la rivoluzione russa. Hanno paura dei loro soldati e dei loro operai, vogliono proteggerli dell’influenza della rivoluzione russa. Negli ultimi tempi nei paesi dell’Intesa sono state SULLA LOTTA CONTRO KOLCIAK 293 proibite perfino le notizie di stampa sui successi del bolscevismo. In Italia è stata innalzata una barriera attraverso la quale non passano neppure le lettere private provenienti dalla Russia. Lenin comunica che giorni fa ha ricevuto una lettera dal noto socialista italiano Morgari, che alla conferenza di Zimmerwald era stato assai moderato. Questa lettera è stata inviata clandestinamente, scritta su pezzettini di carta, co- me si faceva per la corrispondenza del partito all’epoca zarista. In que- sta lettera clandestina Morgari scrive: « A nome del partito italiano mando il piu caloroso saluto ai compagni russi e al potere sovietico ». ( Applausi fragorosi .) In Ungheria, come è noto, il governo borghese si è dimesso volontariamente, ha liberato volontariamente dalla pri- gione Bela Kun, ufficiale ungherese comunista che è stato prigioniero in Russia, ha combattuto attivamente nelle file dei comunisti russi e ha preso parte alla repressione della rivolta dei socialisti-rivoluzionari di sinistra nel luglio scorso. Questo bolscevico ungherese, già perse- guitato, calunniato e deriso, è ora di fatto il capo del governo dei soviet ungherese. In confronto alla Russia Lungheria è un piccolo paese, ma la rivoluzione ungherese avrà forse nella storia una maggiore funzione della rivoluzione russa. In questo paese civile si tiene conto di tutta l’esperienza della rivoluzione russa, si attua fermamente la so- cializzazione e, grazie al terreno più preparato, s’innalza l’edificio del socialismo in modo più armonioso e con piu successo. Ed ecco che nel momento in cui possiamo dire con certezza che l’imperialismo internazionale ha perso per sempre la partita, un peri- colo ci minaccia dall’oriente, da parte delle bande delle guardie bianche di Kolciak, accanite e furiose. Bisogna farla finita. Facendola finità con Kolciak, finiremo per sempre la guerra. Bisogna tendere tutte le forze, bisogna che il proletariato cosciente partecipi senza eccezione alla mobilitazione. Ogni giorno libero, ogni ora libera dell’operaio e dell’operaia coscienti devono essere utilizzati per la propaganda indi- viduale. Non per molto tempo bisognerà tendere le nostre forze; per qualche mese, forse per qualche settimana, e sarà l’ultimo e definitivo sforzo, perché la nostra vittoria è certa. Izvestia del CEC , n. 84, 18 aprile 1919. DISCORSO AL I CONGRESSO DEGLI STUDENTI COMUNISTI DI TUTTA LA RUSSIA 17 aprile 1919 49 Sono assai lieto di salutarvi. Non so quanti governatorati sono qui rappresentati, né da dove siete venuti. L’importante è che la gioventù, la gioventù comunista, si organizzi. L’importante è che la gioventù si riunisca per imparare a edificare una nuova scuola. Adesso dinanzi a voi c’è una nuova scuola. La vecchia scuola ufficiale, che non amavate, che odiavate e che non era legata a voi, non esiste più. Il nostro lavoro si svolgerà in un periodo assai lungo. Per edificare la società futura alla quale aspiriamo, la società nella quale debbono esserci soltanto lavo- ratori, la società nella quale non deve esserci nessuna diseguaglianza, è necessario molto tempo. Adesso noi poniamo soltanto le fondamenta della futura società, ma sarete voi che la dovrete costruire quando diventerete adulti. Adesso lavorate nella misura delle vostre forze, non intraprendete un lavoro superiore alle vostre forze, lavorate sotto la guida degli anziani. Ancora una volta saluto il congresso e vi auguro ogni successo nella vostra opera. Pubblicato per la prima volta nel 1923. SALUTO ALLA REPUBBLICA DEI CONSIGLI BAVARESE Vi ringraziamo del vostro messaggio e a nostra volta salutiamo con tutto il cuore la Repubblica dei Consigli di Baviera. Vi preghiamo di comunicarci piti spesso e piu concretamente quali provvedimenti avete preso per la lotta contro i carnefici borghesi, gli Scheidemann e soci; se avete creato i Consigli degli operai e dei domestici nei quar- tieri della città; se avete armato gli operai e disarmato la borghesia; se avete utilizzato i depositi di vestiario e di altri articoli per aiutare su- bito e largamente gli operai, e soprattutto i braccianti e i piccoli con- tadini; se avete espropriato le fabbriche e le ricchezze dei capitalisti di Monaco e le aziende agricole capitalistiche dei dintorni; se avete abolito le ipoteche e i canoni defitto per i piccoli contadini; se avete raddoppiato o triplicato il salario dei braccianti e dei manovali; se avete confiscato tutta la carta e tutte le tipografie per pubblicare volan- tini e giornali per le masse; se avete istituito la giornata lavorativa di sei ore dedicando due o tre ore allo studio dell'amministrazione sta- tale; se avete limitato lo spazio abitabile della borghesia a Monaco per installare immediatamente gli operai negli appartamenti dei ricchi; se avete preso nelle vostre mani tutte le banche; se avete preso degli ostaggi fra la borghesia; se avete istituito una razione alimentare mag- giore per gli operai che per la borghesia; se avete mobilitato tutti gli operai per la difesa e per la propaganda ideologica nei villaggi dei dintorni. L’applicazione piu rapida e larga di questi e simili provvedi- menti, basata sull’iniziativa dei Consigli degli operai, dei braccianti e, a parte, di quelli dei piccoli contadini, deve consolidare la vostra posi- zione. Occorre imporre alla borghesia un'imposta straordinaria e prò- 296 LENIN curare agli operai, ai braccianti e ai piccoli contadini, subito e a qua- lunque costo, un miglioramento concreto della loro situazione. I migliori saluti e auguri di successo. Lenin Scritto il 27 aprile 1919. Pubblicato per la prima volta u 22 aprile 1930 sulla Pravda , n. 111. TELEGRAMMA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI COMMISSARI DEL POPOLO DELL’UCRAINA La risoluzione dei socialisti-rivoluzionari di Iekaterinoslav mostra che costoro sono dei farabutti, difensori dei kulak. Bisogna fare contro di loro una campagna di stampa per denunciare la loro difesa dei kulak e la loro parola d ordine di opposizione alla centralizzazione, esigere che essi smascherino i kulak e lottino contro la vendita libera del grano da parte dei contadini. Net governo, bisogna impegnarli con le piu precise direttive, porli sotto il più rigido controllo e, qualora si allontanino minimamente dalla linea del governo sulle que- stioni deirapprovvigionamento, della cooperazione, delle finanze e sulla questione del più stretto ravvicinamento alla Russia, prepararsi a cac- ciarli coprendoli di vergogna. Informatemi più spesso. Lenin Scritto alla fine di aprile del 1919. Pubblicato per la prima volta. TRE DISCORSI PRONUNZIATI SULLA PIAZZA ROSSA IL 1° MAGGIO 1919 Resoconti giornalistici 1 (La comparsa di Lenin fra i dimostranti suscita una lunga ova- zione . ) Dopo aver salutato il proletariato di Mosca e il proletariato internazionale, Lenin traccia un parallelo tra i festeggiamenti del 1° maggio deiranno scorso e quelli di quest’anno. In quest'anno la situa- zione politica è considerevolmente mutata a favore del potere sovietico. Il 1° maggio scorso eravamo minacciati dall’imperialismo tedesco. Ora questo è spezzato e messo a terra. Non soltanto da noi la celebrazione della giornata del proletariato avviene in modo diverso. In tutti i paesi gli operai si sono messi sulla via della lotta all’imperialismo. La classe operaia, emancipatasi, celebra vittoriosamente la sua giornata, liberamente e apertamente, non solo nella Russia sovietica, ma anche neH’Ungheria sovietica e nella Baviera sovietica. Oggi si può anche dire con certezza che non soltanto a Mo- sca rossa, a Pietrogrado rossa e a Budapest, ma in tutti i grandi centri proletari, gli operai, scesi nelle strade non per passeggiare, ma per dimostrare la loro forza, parlano dell’importanza del potere sovietico c della prossima vittoria del proletariato. Passando alle minacce dell’imperialismo anglo-francese, Lenin dice che se l’imperialismo anglo-francese ha dovuto abbandonare il campo di battaglia in Ucraina, dove operavano pìccoli reparti di insorti, meno che mai riuscirà a resistere di fronte alle forze unite della Russia, dell’Ungheria e della Baviera sovietica. L’abbandono di Odessa e della Crimea mostra che i soldati anglo-francesi non desiderano battersi con'» TRE DISCORSI SULLA PIAZZA ROSSA 299 tro la Russia sovietica; e in questo sta la garanzia della nostra vittoria. Lenin dà notizia di un telegramma ricevuto dal compagno Kame- nev, il quale annunzia che Sebastopoli è completamente ripulita dai reparti francesi. Cosi, egli dice, oggi a Sebastopoli liberata sventola la bandiera rossa del proletariato che festeggia il giorno della sua libera- zione dalle bande imperialistiche. (Ovazione prolungata. Si grida a lun- go « urrà »,) Soffermandosi sulle minacce di Kolciak, Lenin dice che le ultime notizie dal fronte ci permettono di affermare che la vittoria su Kol- ciak è del tutto vicina. Si mandano al fronte decine e centinaia di migliaia di combattenti che annienteranno definitivamente le bande di Kolciak. Concludendo Lenin esprime la certezza nella vittoria definitiva del potere sovietico in tutto il mondo ed esclama: «Evviva là repub- blica intemazionale dei soviet! Evviva il comuniSmo! ». Izvestia del CEC, n. 93, 3 maggio 1919. 2 La maggior parte dei presenti, che non hanno superato i 30-35 anni di età, dice Lenin, vedrà il rigoglio del comuniSmo, dal quale sia- mo ancora lontani. Indicando i bambini Lenin dice che essi, che ora partecipano alla festa dell’emancipazione del lavoro, godranno pienamente dei frutti de- gli sforzi e dei sacrifici sopportati dai rivoluzionari. .1 nostri nipoti considereranno una curiosità i documenti e i mo- numenti deirepoca del regime capitalistico. Essi stenteranno a imma- ginare che il commercio degli oggetti di prima necessità potesse essere nelle mani di privati, che le fabbriche e le officine potessero appartenere a singole persone, che un uomo potesse sfruttarne un altro, che potessero esistere persone che non lavoravano. Finora si è parlato come di una favola di ciò che vedranno i nostri figli, ma adesso, com- pagni, voi vedete chiaramente che l’edificio della società socialista di cui abbiamo gettato le fondamenta non è una utopia. I nostri figli costruiranno questo edificio con una passione ancora maggiore. ( Ap- plausi fragorosi . ) Viecernie Izvestia Moskovskovo Sovieta, n. 230. 2 maggio 1919. 3 DISCORSO PER L'INAUGURAZIONE DEL MONUMENTO A STEPAN RAZIN SUL LUOGO DEL SUO SUPPLIZIO (Applausi fragorosi ) Oggi, compagni, festeggiamo il 1° maggio con i proletari di tutto il mondo, impazienti di abbattere il capitale. Questo luogo dove sorgeva il patibolo ci ricorda come per secoli e quanto duramente hanno sofferto le masse lavoratrici sotto il giogo degli oppressori, perché il potere del capitale non ha mai potuto reggersi se non con la violenza è l’oltraggio, che anche in passato suscitavano l’indignazione. Questo monumento raffigura un rappre- sentante delle masse contadine in rivolta, che in questo luogo perse la vita nella lotta per la libertà/ Molti sacrifici hanno sopportato i rivoluzionari russi nella lotta contro il capitale. Sono periti i migliori rappresentanti del proletariato e dei contadini, combattenti per la libertà, ma non per la libertà che propone il capitale, una libertà con le banche, le fabbriche e le aziende private, con la speculazione. Abbasso questa libertà; a noi occorre una libertà reale, che sarà pos- sibile quando i membri della società saranno soltanto dei lavoratori. Ci vorrà molto lavoro, ci vorranno molti sacrifici per conquistare questa libertà. E noi faremo tutto per questo grande scopo, per la realizzazione del socialismo. (Applausi fragorosi .) Vie cemk Izvestta Moskovskovo Sovieta. n. 230. 2 maggio 1919. I CONGRESSO DI TUTTA LA RUSSIA PER L’ISTRUZIONE EXTRASCOLASTICA 6-19 maggio 1919 Pubblicato nel 1919 nell’opuscolo: VJ. Lenin, Due discorsi pronunziati al I Congresso di tutta la Russia per V istruzione extrascolastica , Mosca. 1 DISCORSO DI SALUTO 6 maggio Compagni, sono molto lieto di poter salutare il congresso della istruzione extrascolastica. Certo, non vi aspetterete da me un discorso che approfondisca l’argomento come quello dell’oratore precedente, il compagno Lunaciarski, cosi bene informato e che si occupa in modo particolare della questione. Permettetemi di limitarmi ad alcune pa- role di saluto e ad alcune osservazioni e riflessioni che ho avuto occa- sione di fare al Consiglio dei commissari del popolo quando ci è capi- tato di trattare abbastanza da vicino del vostro lavoro immediato. Sono certo che è difficile trovare nel lavoro sovietico un altro campo nel quale in un anno e mezzo si siano conseguiti successi cosi immensi come in quello dell’istruzione extrascolastica. Indubbiamente in questo campo il nostro e il vostro lavoro è stato più facile che negli altri. Abbiamo dovuto, è vero, abbattere le vecchie barriere, i vecchi ostacoli, ma è stato più facile soddisfare Timmenso bisogno di sapere, di libera istruzione, di libero sviluppo che si è manifestato soprattutto fra le masse operaie e contadine. Se ci è stato facile, grazie alla potente spinta delle masse, abbattere gli ostacoli esterni che sorgevano sul loro cammino, spezzare le istituzioni borghesi storicamente formatesi che ci incatenavano alla guerra imperialistica e condannavano la Russia alle più gravi difficoltà seguite a questa guerra; se ci è stato facile superare gli ostacoli esterni, abbiamo invece sentito con particolare acutezza tutta la difficoltà del lavoro di rieducazione delle masse, di organizzazione e di istruzione, di diffusione del sapere, di lotta contro l’ignoranza e l’inciviltà, la barbarie e l’abbrutimento che ci erano toccate in ere- dità. Abbiamo dovuto lottare con metodi completamente diversi. Qui si poteva contare soltanto su un successo a lunga scadenza e sull’azione tenace e sistematica degli strati avanzati della popolazione, azione che 306 LENIN è accolta nel modo piu caloroso dalle masse; c spesso siamo colpe- voli perché diamo meno di quanto potremmo dare. Mi sembra che in questi primi passi nell’opera di diffusione dell’istruzione alla quale tende la popolazione adulta, un’istruzione extrascolastica, libera, non legata ai vecchi schemi e alle vecchie convenzioni, mi sembra che in questo campo nei primi tempi abbiamo dovuto lottare soprattutto contro ostacoli di duplice natura. Abbiamo ereditato entrambi questi ostacoli dalla vecchia società capitalistica che ci tiene ancora e ci tra- scina in basso con migliaia e milioni di fili, di cavi e di catene. Il primo difetto è l’abbondanza di intellettuali d’origine borghese, i quali assai spesso hanno considerato i nuovi istituti d’insegnamento per gli operai e i contadini come il terreno più favorevole per le loro fantasticherie personali nel campo della filosofia o della cultura, dove ad ogni pié sospinto le più banali bizzarrie sono state gabellate per novità e roba stravagante e assurda è stata servita come pura arte proletaria e cultura proletaria 50 . {Applausi. ) Ma nei primi tempi que- sto era naturale e forse perdonabile, e non bisogna farne colpa a un vasto movimento; spero tuttavia che, finalmente, ne stiamo per uscire e ne usciremo definitivamente. Anche il secondo difetto è un’eredità del capitalismo. Le larghe masse dei lavoratori piccolo-borghesi che aspiravano al sapere, pur di- struggendo il vecchio, non hanno saputo apportare nessun elemento organizzatore né organizzato. Ho avuto modo di fare queste osser- vazioni quando al Consiglio dei commissari del popolo si è discussa la mobilitazione delle persone istruite e la formazione di una sezione per le biblioteche, e da esse ho tratto delle conclusioni sulla triste situazione che regna in questo campo. Certo, non si usa parlare delle cose che vanno male proprio nei discorsi di saluto. Spero che vi siate liberati da queste convenzioni e non ve la prendiate con me sé vi parlerò di alcune mie tristi osservazioni. Quando abbiamo trattato la questione della mobilitazione delle persone istruite, ciò che saltava più di tutto agli occhi era che la nostra rivoluzione aveva riportato un brillante successo senza uscire subito dai limiti di una rivoluzione bor- ghese. Questa dava possibilità di sviluppo alle forze esistenti, e queste erano forze piccolo-borghesi, che avevano sempre la stessa parola d’or- dine: « Ognun per sé, e Dio per tutti », questa maledetta parola d’or- dine capitalistica che non porterà mai ad altro che a Kolciak e alla vecchia restaurazione borghese. Osservando ciò che accade da noi nel I CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRASCOLASTICA 307 campo dell’istruzione degli analfabeti, penso che sia stato fatto assai poco e che il nostro compito comune sia di comprendere che è indispen- sabile organizzare gli elementi proletari. Non si tratta di frasi ridicole che restano sulla carta, ma di provvedimenti urgenti che occorre pren- dere subito in favore del popolo, e che costringeranno ogni persona colta a considerare come un suo dovere la necessità di istruire alcuni analfabeti. Questo è stato proclamato in un nostro decreto 51 . In questo campo, però, non si è fatto quasi nulla. Quando, nel Consiglio dei commissari del popolo, ho avuto a che fare con l’altra questione, quella delle biblioteche, mi sono detto: le lagnanze che si sentono continuamente — la colpa è della arretratezza della nostra produzione; abbiamo pochi libri e non possiamo pubbli- carne in quantità sufficiente — sono giuste. Certo, non abbiamo com- bustibile, le fabbriche sono ferme, c’è poca carta e non possiamo avere libri. Tutto questo è vero, ma è anche vero che non riusciamo a prendere quelli che ci sono. Continuiamo a soffrire, a questo riguardo, deiringenuità e delPinettitudine del contadino che, dopo aver sac- cheggiato la biblioteca del signore, scappa a casa sua e ha paura che qualcuno gliela prenda, perché ridea che ci possa essere una riparti- zione giusta, che la proprietà pubblica non è qualcosa di odioso, ma il patrimonio comune degli operai e dei lavoratori, questa consapevo- lezza egli non può ancora averla. La massa contadina non evoluta non ne ha colpa, e dal punto di vista dello sviluppo della rivoluzione ciò è assolutamente normale, è una fase inevitabile. Il contadino che si è impadronito di una biblioteca e se l'è portata a casa di nascosto dagli altri, non poteva agire diversamente perché non capiva che si possono riunire tutte insieme le biblioteche della Russia, e che allora ci sarebbero abbastanza libri sia per calmare la sete di sapere delLuomo istruito che per istruire l'ignorante. Adesso bisogna lottare contro i residui della disorganizzazione, contro il caos, contro i ridicoli conflitti di com- petenza. Questo deve essere il nostro compito principale. Dobbiamo accingerci all’opera semplice e urgente di mobilitare le persone istruite e di lottare contro l’analfabetismo. Dobbiamo utilizzare i libri che ci sono e arrivare a creare una rete oiganizzata di biblioteche che aiuti- no il popolo a servirsi di ogni libro che abbiamo; non dovremo creare organizzazioni parallele, ma un’organizzazione unica pianificata. In questa piccola opera si riflette il compito fondamentale della nostra rivoluzione. Se essa non assolverà questo compito, se non si metterà 308 LENIN sulla via della creazione di un’unica organizzazione veramente pianifi- cata, al posto del caos insensato e dell’assurda situazione che esiste in Russia, allora questa rivoluzione resterà una rivoluzione borghese. Per- ché la caratteristica fondamentale di ima rivoluzione proletaria che mar- cia verso il comuniSmo è proprio questa; alla borghesia invece baste- rebbe distruggere il vecchio e dare la libertà all’azienda contadina, che riprodurrebbe lo stesso capitalismo, come è avvenuto in tutte le rivo- luzioni del passato. Se ci chiamiamo partito comunista, dobbiamo capire che soltanto ora che abbiamo eliminato gli . ostacoli esterni, abbiamo spezzato le vecchie istituzioni, si pone per la prima volta veramente e in tutta la sua ampiezza il primo compito di un’autentica rivoluzione pro- letaria: l’organizzazione di decine e centinaia di milioni di uomini. Dopo l’esperienza di un anno e mezzo in questo campo, compiuta da noi tutti, dobbiamo finalmente imboccare la strada giusta che vinca l’arre- tratezza culturale, l’ignoranza e la barbarie di cui abbiamo sempre sof- ferto. (Applausi fragorosi.) 2 COME SI INGANNA IL POPOLO CON LE PAROLE D’ORDINE DI LIBERTÀ E DI EGUAGLIANZA 19 maggio Compagni, permettetemi, invece di analizzare la situazione attuale, come, a quanto sembra, alcuni di voi oggi si aspettavano, di rispondere alle questioni politiche essenziali non solo teoriche, naturalmente, ma anche pratiche, che ora ci si pongono e che caratterizzano tutta questa fase della rivoluzione sovietica. Esse suscitano il maggior numero di discussioni, di attacchi da parte di uomini che si ritengono socialisti, e le maggiori perplessità da parte di persone che si ritengono democra- tiche e che ci accusano assai volentieri di violare la democrazia. Mi sembra che queste questioni politiche generali si incontrino troppo spesso, e persino costantemente, in tutta l’attuale propaganda e agita- zione, in tutte le publicazioni ostili al bolscevismo, quando queste pubblicazioni, naturalmente, si innalzano almeno un po’ al di sopra del livello della menzogna, della calunnia e dell’ingiuria pura e semplice, che caratterizzano tutti gli organi di stampa della borghesia. Se pren- diamo le pubblicazioni che si sollevano almeno un poco al di sopra di questo livello, penso che le questioni fondamentali concernenti il rap- porto fra democrazia e dittatura, i compiti della classe rivoluzionaria in un periodo rivoluzionario, i problemi del passaggio al socialismo in generale, i rapporti fra classe operaia e contadini, siano la base essenziale di tutti i dibattiti politici attuali e che il loro chiarimento, quantunque talvolta vi possa sembrare un po’ lontano dalla attualità immediata, deve essere tuttavia a parer mio il nostro fondamentale compito comu- ne. Certo, in una breve relazione non posso assolutamente pretendere di abbracciare tutti questi problemi. Ne ho scelti alcuni e su questi vorrei intrattenermi. 310 LENIN I La prima delle questioni che vi propongo è quella delle difficoltà di ogni rivoluzione, di ogni passaggio a un nuovo regime. Se esaminate gli attacchi che piovono sui bolscevichi da parte di uomini che si riten- gono socialisti e democratici (come esempio di questa gente posso citarvi i gruppi di letterati del Vsiegdà V periodi e del Dielo Naro dei, giornali soppressi, secondo me, assai giustamente e nell'interesse della rivoluzione, giornali i cui rappresentanti ricorrono il piu delle volte alla critica teorica nei loro attacchi, piu che naturali da parte di giornali che il nostro potere considera controrivoluzionari), se esaminate gli attacchi lanciati contro i bolscevichi da questo campo, vedrete che fra le accuse figura continuamente la seguente: « Lavoratori, i bolscevichi vi hanno promesso pane, pace e libertà; non vi hanno dato né pane, né pace, né libertà, vi hanno ingannati, e vi hanno ingannati perché hanno rinnegato la democrazia ». Parlerò a parte del ripudio della democrazia. Adesso prenderò Labro aspetto di questa accusa: « I bol- scevichi hanno promesso pane, pace e libertà, i bolscevichi hanno appor- tato in realtà la continuazione della guerra, una lotta particolarmente crudele e accanita, una guerra di tutti gli imperialisti, dei capitalisti di tutti i paesi dell’Intesa, dunque di tutti i paesi piu civili e avanzati contro la Russia estenuata, lacerata, arretrata, stanca ». Queste accuse, lo ripeto, le troverete in ciascuno dei giornali citati, le sentirete in tutte le conversazioni di ogni intellettuale borghese il quale, natural- mente, non si considera borghese, le sentirete costantemente in ogni discorso piccolo-borghese. Perciò vi invito a riflettere sulle accuse di questo genere. Sì, i bolscevichi hanno fatto una rivoluzione contro la borghesia, hanno rovesciato con la violenza il governo borghese, hanno rotto con tutte le abitudini, le promesse, i precetti tradizionali della democrazia borghese, hanno condotto la lotta e la guerra piu aspra e violenta per schiacciare le classi abbienti; hanno fatto tutto questo per strappare la Russia, e poi tutta Tumanità, al massacro imperialistico e per mettere fine a tutte le guerre. Sì, i bolscevichi hanno fatto la rivoluzione per questo e, certamente, non hanno mai pensato di rinnegare questo loro compito fondamentale, essenziale. Ed è altrettanto indubbio che i ten- tativi di uscire dal massacro imperialistico, di spezzare il dominio della borghesia, hanno attirato sulla Russia la crociata di tutti gli Stati civili. I CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRA SCOLA STIC A 311 Perché questo è il programma politico della Francia, dell’Inghilterra e dell’America, per quanto affermino di non volere l’intervento. Per quanto i Lloyd George, i Wilson, i Clemenceau affermino di non volere l’intervento, noi tutti sappiamo che si tratta di una menzogna. Sappia- mo che le navi da guerra degli alleati che hanno lasciato, che sono state costrette a lasciare, Odessa e Sebastopoli, bloccano il litorale del mar Nero e cannoneggiano persino quella parte della penisola di Crimea, vicino a Kerc, dove si sono acquartierati i volontari 52 . Costoro dicono: « Non possiamo lasciarla nelle vostre mani. Se i volontari non gliela faranno contro di voi, non possiamo tuttavia cedervi que- sta parte della penisola di Crimea, perché in questo caso voi domine- rete il mar d’Azov, ci taglierete la strada verso DenikLn, non ci per- metterete di rifornire i nostri amici ». Oppure si prepara l’attacco a Pietrogrado: ieri vi è stata battaglia fra una nostra torpediniera e quattro torpediniere nemiche. Non è forse chiaro che si tratta di un intervento, non è forse la flotta inglese che vi partecipa? Non av- viene forse la stessa cosa ad Arcangelo, in Siberia? Il fatto è che tutto il mondo civile marcia adesso contro la Russia. Ci si domanda: siamo caduti in contraddizione con noi stessi quan- do abbiamo chiamato i lavoratori alla rivoluzione promettendo loro la pace, e siamo giunti a una crociata di tutto il mondo civile contro la Russia debole, stanca, arretrata, schiacciata, oppure sono caduti in contraddizione con le nozioni elementari di democrazia e di socialismo coloro che hanno l’impudenza di farci questo rimprovero? Ecco la que- stione. Per impostarla in forma teorica, generale, vi farò un paragone. Noi parliamo di classe rivoluzionaria, di politica rivoluzionaria del popolo; prendiamo invece un singolo rivoluzionario. Prendiamo per esempio Cernyscevski e giudichiamo la sua attività. Come potrà giu- dicarla una persona completamente incolta e ignorante? Dirà probabil- mente: « Ebbene, ecco un uomo che si è rovinato la vita, è finito in Siberia e non ha ottenuto niente ». Ecco un esempio tipico. Se sentiamo questo giudizio da uno sconosciuto, diremo: « Nel migliore dei casi proviene da una persona disperatamente ignorante, che forse non ha colpa di essere abbruttita a tal punto da non comprendere il valore dell’attività di un singolo rivoluzionario nella concatenazione comples- siva degli avvenimenti rivoluzionari; oppure proviene da un mascal- zone, da un partigiano della reazione che vuole consapevolmente allon- tanare con la paura i lavoratori dalla rivoluzione ». Ho preso l’esempio 312 LENIN di Ce rnyscevski, perché, a qualunque corrente appartengano coloro che si dicono socialisti, nella valutazione di questo particolare rivoluzio- nario non possono esserci divergenze sostanziali. Tutti converranno che se si giudica un singolo rivoluzionario dal punto di vista dei sacrifici, apparentemente inutili, spesso infruttuosi, che egli ha soppor- tato, trascurando il contenuto della sua attività in rapporto alPattività dei rivoluzionari che lo hanno preceduto o seguito, se si giudica cosi il valore della sua opera, si dà prova o di un'infinita ignoranza, o di una difesa astiosa, ipocrita, degli interessi della reazione, dell’op- pressione, dello sfruttamento e del giogo di classe. A questo proposito non possono esservi divergenze. Vi invito adesso a passare dal singolo rivoluzionario alla rivolu- zione di un intero popolo, di un intero paese. Qualche bolscevico ha forse negato che la rivoluzione potrà vincere definitivamente solo quan- do si sarà estesa a tutti i paesi avanzati, o almeno ad alcuni dei piu im- portanti? Lo abbiamo sempre detto. Abbiamo forse affermato che si po- teva uscire dalla guerra imperialistica piantando semplicemente le baio- nette in terra? Prendo volutamente proprio l’espressione che adope- ravamo costantemente all'epoca di Kerenski (io personalmente e tutti i nostri compagni) nelle risoluzioni, nei discorsi, e nei giornali. Dice- vamo: non si può metter fine alla guerra piantando le baionette in terra; se vi sono dei tolstoiani che lo pensano, bisogna compiangere questa gente insensata; da loro non si caverà nulla. Dicevamo che uscire da questa guerra poteva significare l'inizio di una guerra rivoluzionaria. L’abbiamo detto dal 1915, e poi all’epoca di Kerenski. E, naturalmente, anche una guerra rivoluzionaria è una guerra, è una cosa altrettanto penosa, sanguinosa e dolorosa. E quando diventa una rivoluzione su scala mondiale, suscita inevitabilmente una risposta su scala mondiale. Perciò, adesso che ci troviamo in una situa- zione in cui tutti i paesi civili del mondo marciano contro la Russia, non possiamo sorprenderci se dei contadini ignoranti ci accusano di non mantenere le nostre promesse: diremo che da loro non c'è niente da aspettarsi. La loro completa ignoranza, il loro estremo abbrutimento non permettono di fargliene una colpa. E come pretendere, infatti, che un contadino completamente ignorante comprenda che c'è guerra e guerra, che esistono guerre giuste e ingiuste, progressive e reazionarie, guerre delle classi avanzate e guerre delle classi arretrate, guerre che servono a rafforzare il giogo di classe e guerre che servono a rove- I CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRA SCOLASTICA 313 sciarlo? Per capire questo bisogna conoscere la lotta di classe, i principi del socialismo, e, almeno un pò 1 , la storia della rivoluzione. Non pos- siamo pretenderlo da un contadino ignorante. Ma se un uomo che si dice democratico, socialista, che sale alla tribuna per parlare in pubblico, indipendentemente dall’appellativo che si dà, — menscevico, socialdemocratico, socialista-rivoluzionario, vero socialista, fautore dell’internazionale di Berna; «di nomi ce ne sono molti, e non costano caro, — se un simile individuo ci accusa: « Avete promesso la pace e avete provocato la guerra! », che cosa rispondergli? Si può forse supporre che, come un contadino incolto, egli sia giunto a un tale grado d’ignoranza da non poter far distinzione fra guerra e guerra? Si può forse ammettere che egli non comprenda la differenza fra la guerra imperialistica, che era una guerra di rapina e che ora è stata completamente smascherata (dopo la pace di Versailles, solo per- sone completamente incapaci di ragionare e di pensare o compieta- mente cieche possono non vedere che si trattava di una guerra di ra- pina da entrambe le parti); si può forse ammettere che vi sia anche una sola persona appena istruita che non capisca la differenza tra quella guerra, guerra di rapina, e la nostra guerra che acquista un’ampiezza mondiale perché la borghesia di tutto il mondo ha capito che si sta com- battendo l’ultima battaglia contro di essa? Non possiamo ammetterlo. E perciò diciamo: chiunque pretenda di essere un democratico o un socialista di qualunque sfumatura e diffonda fra il popolo, in un modo o nell’altro, direttamente o indirettamente, l’accusa che i bolsce- vichi prolungano la guerra civile, guerra dura, guerra dolorosa, mentre avevano promesso la pace, è un fautore della borghesia e noi gli rispon- deremo e ci leveremo contro di lui, come contro Kolciak: ecco la nostra risposta. Ecco di che si tratta. I signori del Dielo N aroda si sorprendono: « Ma non siamo forse noi contro Kolciak? È una scandalosa ingiustizia perseguitarci ». £ un vero peccato, signori, che non vogliate essere coerenti con voi stessi e comprendere il semplice abbicci della politica dal quale derivano determinate conclusioni. Affermate che siete contro Kolciak. Prendo i giornali Vsiegdà V periodi e Dielo N aroda, prendo tutti i ra- gionamenti filistei di questo tipo, questi stati d’animo che sono assai diffusi, che predominano fra gli intellettuali, e dico: ciascuno di voi, che diffonde tra il popolo accuse di questo genere, è un fautore di Kol- ciak, perché non capisce la differenza elementare, fondamentale, com- 314 LENIN prensibile a ogni persona istruita, fra la guerra imperialistica, alla quale abbiamo messo fine, e la guerra civile che ci siamo tirati addosso. Non abbiamo mai nascosto al popolo che correvamo questo rischio. Noi stiamo tendendo tutte le forze per battere la borghesia in questa guerra civile e per scalzare alla radice ogni possibilità d’oppressione di classe. No, non ci sono state né possono esservi rivoluzioni garan- tite contro una lotta lunga, dura, e forse piena dei piu disperati sa- crifici. Chi non sa distinguere i sacrifici sopportati nel corso di una lotta rivoluzionaria, per la sua vittoria, quando tutte le classi abbienti e controrivoluzionarie lottano contro la rivoluzione, chi non sa distin- guere questi sacrifici dai sacrifici di una guerra di sfruttamento e di rapina, dimostra la piu assoluta ignoranza e si deve dire di lui che bisogna fargli studiare l’alfabeto, e, prima dell’istruzione extrascola- stica, dargli l’istruzione elementare; oppure ch’egli incarna la più astiosa ipocrisia di Kolciak, comunque egli si chiami, sotto qualunque appellativo si nasconda. E queste accuse contro i bolscevichi sono le più comuni, le più « correnti ». Esse possono effettivamente trovare un’eco fra le larghe masse lavoratrici, perché per il contadino igno- rante è difficile capire. Egli soffre allo stesso modo di ogni guerra, qualunque sia il suo scopo. Non mi sorprendo se sento fra i contadini ignoranti giudizi di questo genere: « Abbiamo fatto la guerra per lo zar, abbiamo fatto la guerra per i menscevichi e adesso dovremmo fare la guerra per i bolscevichi ». Questo non mi sorprende; effetti- vamente, la guerra è guerra, e porta con sé pesanti sacrifici senza fine. « Lo zar diceva che era per la libertà e per liberarci dall’oppressione, i menscevichi dicevano che era per la libertà e per liberarci dall’oppres- sione, e adesso i bolscevichi dicono la stessa cosa. Tutti dicono cosi, come fare a capirci qualcosa? » In effetti, come può capire un contadino ignorante? Egli deve ancora imparare i primi elementi della politica. Ma che dire di un uomo che si serve delle parole « rivoluzione », « democrazia », « socialismo », che pretende di servirsene sapendo che cosa significano? Egli non può fare giuochi di prestigio con questi concetti se non vuol diventare un truffatore politico, perché la differenza fra la guerra di due gruppi di rapinatori e la guerra fatta da una classe oppressa, insorta contro ogni rapina, è una differenza elementare, radicale e fondamentale. Non si tratta di sapere se questo o quel partito, questa o quella classe, questo o quel governo hanno giustificato la guerra; si tratta dì sapere I CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRASCOLASTICA 315 qual è il contenuto di questa guerra, qual è il suo contenuto di classe, quale classe fa la guerra, quale politica s'incarna nella guerra. II Dalla valutazione del periodo penoso e difficile che stiamo attra- versando, e che è un inevitabile fenomeno connesso con la rivolu- zione, passerò a un'altra questione politica che affiora anch'essa conti- nuamente in tutti i dibattiti e in tutte le perplessità: la questione del blocco con gli imperialisti, dell'alleanza, dell'accordo con gli impe- rialisti. Avete probabilmente incontrato nei giornali il nome del socialista- rivoluzionario Volslci e di un altro, Sviatitski mi sembra, che hanno scritto negli ultimi tempi anche sulle Ixvestia f che hanno pubblicato un loro manifesto e si considerano proprio dei socialisti-rivoluzio- nari che non possono essere accusati di parteggiare per Kolciak: hanno abbandonato Kolciak, hanno sofferto per opera di Kolciak e, quando sono venuti da noi ci hanno reso dei servizi contro Kolciak. È vero. Ma esaminate piu da vicino i ragionamenti di questi cittadini, guardate come essi valutano la questione del blocco con grimperialisti, dell'al- leanza o dell'accordo con gli imperialisti. Ho avuto modo di cono- scere le loro argomentazioni quando i loro scritti sono stati sequestrati dai nostri organi di Stato che lottano contro la controrivoluzione, e io ho dovuto leggere i loro documenti per poter giudicare in modo giusto i loro rapporti con Kolciak. Indubbiamente sono i migliori fra i socialisti-rivoluzionari. E nei loro scritti ho trovato ragionamenti di questo genere: « Vedete, da noi ci si aspetta il pentimento, ci si aspetta che ci pentiamo. Mai e di niente! Non abbiamo di che pen- tirci! Ci accusano di aver fatto un blocco, un accordo con l’Intesa, con gli imperialisti. Ma voi bolscevichi non avete forse stretto un accordo con gli imperialisti tedeschi? E che cos'è Brest? Non è forse un accordo con l'imperiaiismo? Voi vi siete messi d'accordo con l'imperialismo tedesco a Brest, noi ci siamo messi d'accordo con l’imperialismo fran- cese: siamo pari e non abbiamo di che pentirci! ». Questo ragionamento, che ho trovato negli scritti delle persone ora nominate e dei loro compagni di idee, mi viene in mente quando ricordo i giornali menzionati, quando cerco di riassumere le impres- 316 LENIN sioni delle conversazioni con filistei. È un ragionamento che incontrate costantemente. È uno dei principali ragionamenti politici con i quali si ha a che fare. Vi invito quindi a soffermarci a esaminare, analizzare, riflettere da un punto di vista teorico su questo ragionamento. Qual è il suo significato? Hanno ragione coloro che dicono: « Noi demo- cratici, socialisti, abbiamo fatto blocco con l'Intesa, voi avete fatto blocco con Guglielmo, avete concluso la pace di Brest; non abbiamo nulla da rimproverarci reciprocamente, siamo pari »? Oppure abbiamo ragione noi quando diciamo che coloro che hanno dimostrato non a parole, ma nei fatti, di essere d'accordo con l'Intesa contro la rivolu- zione bolscevica, sono dei fautori di Koldak? Anche se lo negano mille volte, anche se personalmente hanno abbandonato Kolciak e hanno dichiarato al popolo intero di essere contro Kolciak, sono uomini di Kolciak per le loro radici profonde, per tutto il contenuto e il signi- ficato dei loro ragionamenti e dei loro atti. Chi ha ragione? È questa il problema fondamentale della rivoluzione e su cui bisogna riflettere. Per chiarire la questione, mi permetterò di fare un paragone, que- sta volta non con un singolo rivoluzionario, ma con un singolo piccolo borghese. Immaginate che la vostra automobile sia circondata dai banditi che vi puntano la rivoltella alla tempia. Immaginate che, di conseguenza, voi cediate ai banditi il denaro e le armi, lasciandoli andar via con la vostra macchina. Di che si tratta? Avete dato ai banditi armi e denaro. È un fatto. Immaginate ora che un altro cittadino abbia dato ai ban- diti armi e denaro per partecipare agli attacchi di costoro contro pacifici cittadini. In entrambi i casi c’è un accordo. Che sia scritto o no, espresso o no, non è importante. Si può immaginare che una persona ceda rivoltella, armi e denaro in silenzio. Il contenuto dell’accordo è chiaro. Egli dice ai banditi: « Io do a voi la rivoltella, le armi e il denaro, voi date a me la possibilità di allontanarmi dalla vostra gradita presenza » ( ilarità ) ; questo è un accordo. Esattamente allo stesso modo è pos- sibile che un tacito accordo sia concluso dalla persona che dà armi e denaro ai banditi per permettere loro di rapinare gli altri, e che in seguito riceve una parte del bottino. Anche questo è un tacito accordo. Vi chiedo: esisterà un uomo sensato che non sappia vedere la differenza tra questi due accordi? Mi direte: se esiste veramente qual- cuno, incapace di distinguere un accordo dall'altro, qualcuno che dica: « Hai dato armi e denaro ai banditi, quindi non accusare piu nessuno I CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRA SCOLA STIC A 317 di banditismo; che diritto hai, dopo di ciò, di accusare altri di ban- ditismo? », costui sarà di certo un cretino. Se incontrerete un tipo si- mile, dovrete riconoscere, o in ogni caso novecentonovantanove per- sone su mille lo riconosceranno, che è un po’ svitato, e che con una siffatta persona è impossibile discutere non soltanto su temi politici, ma neppure su temi di cronaca nera. Ora vi invito a passare da questo esempio al confronto tra la pace di Brest e raccordo con l’Intesa. Che. cosa è stata la pace di Brest? Non è forse stata un atto di violenza di banditi che ci hanno attaccato mentre noi proponevamo onestamente la pace, suggerendo a tutti i popoli di rovesciare la loro borghesia? Se avessimo avuto intenzione di cominciare rovesciando la borghesia tedesca, ciò sarebbe stato ridicolo! Abbiamo denunciato di fronte al mondo intero questo trattato come il peggior trattato di rapina e di brigantaggio, l’abbiamo stigmatizzato e abbiamo perfino rifiutato di firmare subito questa pace, contando sull'aiuto degli operai tedeschi. Ma quando i briganti ci hanno puntato la rivoltella alla tempia, abbiamo detto: prendete le armi e il denaro, faremo i conti dopo, con altri mezzi. Conosciamo un altro nemico del- l'imperialismo tedesco, un nemico che i ciechi non hanno notato: gli operai tedeschi. Si può forse paragonare questo accordo con l’impe- rialismo con raccordo che dei democratici, dei socialisti, dei socialisti- rivoluzionari, — non ridete, quanto piu forte è un appellativo, tanto meglio suona, — hanno concluso con l’Intesa per marciare contro gli operai del loro paese? Ed è cosi che stavano le cose, e cosi stanno fino a questo momento. La parte piu influente dei menscevichi e dei socia- listi-rivoluzionari di fama europea si trova ancora all’estero e ancora adesso è legata a un accordo con l’Intesa. Firmato o no, non lo so; probabilmente non firmato: le persone intelligenti fanno queste cose in silenzio. Ma è chiaro che questo accordo esiste, visto che li si porta in palmo di mano, si danno loro i passaporti, si diffonde per telegrafo in tutto il mondo la notizia che oggi ha parlato Axelrod, domani par- lerà Savinkov oppure Avxentiev, dopodomani la Bresckovskaia. Non è forse un accordo, anche se tacito? £ forse un accordo con gli impe- rialisti come il nostro? Esteriormente somiglia al nostro come l’atto dell’uomo che dà armi e denaro ai banditi somiglia ad ogni atto dello stesso genere, indipendentemente dal suo scopo e dal suo carattere, in ogni caso indipendentemente dal motivo per cui si dànno armi e denaro ai banditi: sia che io lo faccia per liberarmene, quando mi attac- 318 LENIN cano e mi trovo in una situazione in cui se non do loro la rivoltella mi uccideranno; sia che io dia armi e denaro ai banditi che vanno a compiere una rapina, della quale devo essere informato e al cui bottino partecipo. « Io chiamo questo, naturalmente, la liberazione della Russia dalla dittatura dei violenti; sono, s’intende, un democratico, perché sostengo la democrazia siberiana o di Arcangelo a tutti nota; lotto, natural- mente, per l’Assemblea costituente. Non azzardatevi a sospettarmi di qualcosa di male e, se rendo un servizio a dei banditi, agli impe- rialisti inglesi, francesi, americani, lo faccio nell’interesse della demo- crazia, dell’Assemblea costituente, del potere del popolo, deH’unità delle classi lavoratrici della popolazione e per l’abbattimento dei vio- lenti, degli usurpatori, dei bolscevichi! » Gli scopi, certo, sono assai nobili. Ma tutti coloro che si occupano di politica non hanno sentito dire che la politica non si valuta dalle dichiarazioni, ma dal suo reale contenuto di classe? Che classe servi? Se hai un accordo con gli imperialisti, partecipi o no al banditismo imperialistico? Nella mia Lettera agli operai americani ho detto, fra l’altro, che il popolo rivoluzionario americano, quando, nel XVIII secolo, si stava liberando dall’Inghilterra, quando faceva una delle prime e delle piu grandi guerre veramente liberatrici, una delle poche guerre veramente rivoluzionarie della storia dell’umanità, il grande popolo rivoluzionario americano, mentre si stava liberando, si era messo d’accordo coi ban- diti dell’imperialismo spagnolo e francese che avevano allora colonie nell’America stessa, vicino a questo popolo. Alleandosi a questi ban- diti esso ha battuto gli inglesi e si è liberato. Ce forse stata qualche persona al mondo capace di pensare, ci sono forse stati dei socialisti, dei socialisti-rivoluzionari, dei rappresentanti della democrazia, o in qualunque altro modo essi si chiamino, compresi i menscevichi, che abbiano osato accusare pubblicamente per questo il popolo ameri- cano, dire che esso aveva violato il principio della democrazia, della libertà, ecc.? Un simile stravagante non è ancora nato. Ma oggi da noi compaiono individui che si attribuiscono questi appellativi, pre- tendono persino di stare con noi, nella stessa Internazionale e affer- mano che è soltanto per malvagità che i bolscevichi — è noto che i bolscevichi sono dei bricconi — organizzano la loro Internazionale I CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRA SCOLASTICA 319 comunista, non vogliono entrare nell’Internazionale di Berna, la buona, vecchia, comune, unica Intemazionale! E si trova gente che dice: « Non abbiamo di che pentirci; voi vi siete messi d'accordo con Guglielmo, noi ci siamo messi d’accordo con l’Intesa, siamo pari! ». Affermo che costoro, dato che possiedono le nozioni politiche eie» mentari, sono sostenitori di Kolciak, per quanto personalmente lo ne- ghino, per quanto le gesta di Kolciak personalmente li disgusti, per quanto abbiano sofferto personalmente ad opera di Kolciak e benché siano passati dalla nostra parte. Sono dei fautori di Kolciak perché non si può immaginare che essi non capiscano la differenza esistente fra un accordo forzato nella lotta contro gli sfruttatori, che le classi op- presse sono continuamente state costrette a concludere in tutta la storia della rivoluzione, e raccordo che hanno concluso e concludono i più influenti rappresentanti degli intellettuali pseudo « socialisti »; una parte di costoro ha stretto ieri, e una parte stringe oggi un accordo coi banditi e i briganti dell’imperialismo internazionale contro uha parte — cosi essi dicono — contro una parte delle classi lavoratrici del loro paese. Questi uomini sono dei sostenitori di Kolciak e nei loro con- fronti non è ammissibile nessun altro atteggiamento fuorché quello che i rivoluzionari coscienti devono avere verso i sostenitori di Kolciak. Ili Passerò ora alla questione successiva. È la questione dell’atteggia- mento verso la democrazia in generale. Ho già avuto occasione di osservare che la giustificazione più cor- rente, la difesa piu corrente delle posizioni politiche che i democratici e i socialisti assumono contro di noi, è il richiamo alla democrazia. Il rappresentante più deciso di questo punto di vista nella pubblici- stica europea è, come voi certo sapete, Kautsky, capo ideologico della II Jntemazionale, e finora membro deirintemazionale di Berna. « I bolscevichi hanno scelto il metodo della dittatura, perciò la loro è una causa ingiusta », cosi egli dice. Questo argomento è apparso migliaia e milioni di volte, sempre e dappertutto, su tutta la stampa e sui giornali che ho menzionato. Lo ripetono continuamente anche tutti gli intellet- tuali, e talvolta lo ripetono, semi scientemente, nelle loro argomenta- 320 LENIN rioni, i semplici cittadini. « La democrazia è la libertà, l’eguaglianza, la decisione della maggioranza; che cosa può esserci di superiore alla li* berta, all'eguaglianza, alla decisione della maggioranza? Se voi bolsce- vkhi ve ne siete allontanati e avete persino avuto l’impudenza di dire apertamente che siete al di sopra della libertà e dell’uguaglianza e delle decisioni della maggioranza, allora non sorprendetevi e non lamen- tatevi se vi chiamiamo usurpatori e violenti! » Non ce ne sorprendiamo affatto, perché vogliamo soprattutto chia- rezza e contiamo solo sul fatto che la parte avanzata dei lavoratoti abbia una coscienza veramente chiara della sua situazione. Si, abbiamo sempre detto e didamo nel nostro programma, nel programma del par- tito, che non ri Iasceremo ingannare dalle belle parole d’ordine di li- bertà, eguaglianza e volontà della maggioranza, e che consideriamo com- plici di Kolciak coloro che si definiscono democratici, sostenitori della democrazia pura, sostenitori di una democrazia conseguente che essi contrappongono direttamente o indirettamente alla dittatura del pro- letariato'. Riflettete, bisogna riflettere. I democratici puri in realtà sono col- pevoli perché predicano la democrazia pura, la difendono contro gli usurpatori, oppure sono colpevoli perché si trovano dalla parte delle classi abbienti, dalla parte di Kolciak? Incominciamo dalla libertà. La libertà, ovviamente, è una parola d’ordine molto, molto importante per ogni rivoluzione, socialista o de- mocratica che sia. Ma il nostro programma spiega: la libertà, se è in contrasto con l'emancipazione del lavoro dal giogo del capitale, è un inganno. E chiunque di voi abbia letto Marx, — penso anche chiun- que abbia letto solo una divulgazione popolare del suo pensiero, — sa che Marx ha dedicato la maggior parte della sua vita e dei suoi scritti e la maggior parte dei suoi studi scientifici proprio a deri- dere la libertà, l’eguaglianza, la volontà della maggioranza e tutti i Bentham che andavano scrivendo queste cose, e a dimostrare che sotto queste frasi vi erano gli interessi della libertà del proprietario di merci, della libertà del capitale, il quale usa questa libertà per opprimere le masse lavoratrici. Noi diciamo: tutti coloro che, nel momento in cui si è giunti al- l’abbattimento del potere del capitale in tutto il mondo, o almeno in un paese, tutti coloro die in un momento storico in cui si pone in primo piano la lotta delle classi lavoratrici oppresse per l’abbattimento I CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRASCOLASTICÀ 321 completo del capitale, per la completa soppressione della produzione mercantile; tutti coloro che in questo momento politico si servono della parola « libertà » in generale e che, in nome di questa libertà, si oppongono alla dittatura del proletariato, non fanno altro che aiutare gli sfruttatori, sono loro fautori, perché la libertà, se non è subordinata agli interessi deiremancipazione del lavoro dal giogo del capitale, è un inganno, come abbiamo spiegato chiaramente nel nostro program- ma di partito. Questo è forse superfluo dal punto di vista della struttura esterna del programma, ma è la cosa essenziale dal punto di vista della nostra propaganda e della nostra agitazione, dal punto di vista delle basi della lotta proletaria e del potere proletario. Sappiamo benissimo che dobbiamo lottare contro il capitale mondiale, sappiamo benissimo che il capitale mondiale ha avuto a suo tempo robiettivo di istituire la libertà, ha scosso la schiavitù feudale, ha creato la libertà borghese; sappiamo benissimo che questo è un progresso di portata storica universale. E dichiariamo che marciamo contro il capitalismo in generale, contro il capitalismo repubblicano, contro il capitalismo democratico, contro il capitalismo libero, e sappiamo, naturalmente, che esso impugnerà contro di noi il vessillo della libertà. E noi gli ri- spondiamo. Abbiamo ritenuto necessario dare questa risposta nel no- stro programma: ogni libertà è un inganno se è in contrasto con gli interessi dell’emancipazione del lavoro dal giogo del capitale. Ma forse e impossibile? Forse non c’è affatto contraddizione fra la libertà e la liberazione del lavoro dal giogo del capitale? Guardate tutti x paesi dell’Europa occidentale nei quali siete stari o sui quali, in ogni caso, avete letto qualcosa. In ogni libro il loro regime è stato descritto come il regime piu liberale, e adesso i paesi civili dell’Europa occidentale, la Francia, l’Inghilterra e Y America, hanno levato questo vessillo e marciano contro i bolscevichi « in nome della libertà ». Solo pochi giorni fa (adesso i giornali francesi giungono raramente da noi perché siamo interamente accerchiati, ma le notizie arrivano per radio, perché non ci si può impadronire deiraria, e noi intercettiamo le radio straniere) ho avuto occasione di leggere un radiomessaggio del go- verno rapinatore francese: la Francia, che marcia contro i bolscevichi e appoggia i loro avversari, la Francia tiene alto, ora come sempre, « il nobile ideale della libertà » che le è proprio. Ci imbattiamo in cose del genere ad ogni pié sospinto, è il tono fondamentale della loro polemica contro di noi. 322 LENIN Ma che cos e che essi chiamano libertà? Questi francesi, inglesi, americani civili chiamano libertà, per esempio, la libertà di riunione. Nella Costituzione deve essere scritto: « Libertà di riunione per tutti i cittadini ». « Ecco, — dicono, — questo è il contenuto, questa è la forma d’espressione più importante della libertà. Invece voi bolsce- vichi avete violato la libertà di riunione ». Si, rispondiamo, la vostra libertà, signori inglesi, francesi, ameri- cani, è un inganno se è in contrasto con Pemancipazione del lavoro dal giogo del capitale. Avete dimenticato un piccolo particolare, signori ci- vili. Avete dimenticato che la vostra libertà è scritta in una Costitu- zione che legalizza la proprietà privata. Ecco il punto. Accanto alla libertà, la proprietà, cosi sta scritto nella vostra Co- stituzione. Che voi riconosciate la libertà di riunione, è certamente un immenso progresso in confronto al regime feudale, medievale, alla servitù della gleba. Tutti i socialisti lo hanno riconosciuto quando hanno utilizzato questa libertà della società borghese per insegnare al proletariato come rovesciare il giogo del capitalismo. Ma la vostra libertà esiste sulla carta, non nella realtà. Cioè: se nelle grandi città vi sono grandi sale, come questa, esse appartengono ai capitalisti e ai grandi proprietari fondiari, si chiamano, per esempio, sala delT«t Assemblea della nobiltà ». Voi potete riunirvi liberamente, cittadini della repubblica democratica russa, ma questa è proprietà pri- vata, scusate, prego, bisogna rispettare la proprietà privata, altrimenti siete dei bolscevichi, dei criminali, dei briganti, dei rapinatori, dei bricconi. E noi diciamo: « Noi capovolgeremo la situazione. Questo edificio delF“Assemblea della nobiltà”, prima lo trasformeremo in edificio delle organizzazioni operaie e poi parleremo della libertà di riunione ». Ci accusate di violare la libertà. Ma noi riconosciamo che ogni libertà, se non è subordinata agli interessi dell’emancipazione del lavoro dal giogo del capitale, è un inganno. La libertà di riunione, inse- rita nelle Costituzioni di tutte le repubbliche borghesi, è un inganno, perché per riunirsi in un paese civile — che non abbia comunque abolito l’inverno e trasformato le stagioni — bisogna avere dei locali di riunione, e i migliori edifici sono proprietà privata. Prima sequestria- mo i migliori edifici, e poi parleremo di libertà. Noi diciamo che la libertà di riunione per i capitalisti è il più grande delitto contro i lavoratori, è la libertà di riunione per i controrivolu- zionari. Diciamo ai signori intellettuali borghesi, ai signori fautori della I CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRA SCOLASTICA 323 democrazia: mentite quando ci buttate in faccia l’accusa di violare la libertà! Quando i vostri grandi rivoluzionari borghesi facevano la rivo- luzione, nel 1649 in Inghilterra, nel 1792-1793 in Francia, essi non concedevano la libertà di riunione ai monarchici. La Rivoluzione fran- cese è detta la grande rivoluzione proprio perché si è distinta non per la fiacchezza, per l’equivoco, per le chiacchiere di molte rivoluzioni del 1848, ma perché era una rivoluzione conseguente, che dopo aver abbattuto i monarchici li ha completamente schiacciati. E anche noi sapremo agire cosi con i signori capitalisti, perché sappiamo che per liberare i lavoratori dal giogo del capitale bisogna togliere la libertà di riunione ai capitalisti, bisogna abolire o limitare la loro « libertà ». Ciò serve alla liberazione del lavoro dal giogo del capitale, serve a quella vera libertà, nella quale non vi saranno più edifici in cui abita una sola famiglia e che appartengono a un qualsiasi privato, un grande proprietario fondiario, un capitalista, o a qualche società per azioni. Quando questo accadrà, quando gli uomini dimenticheranno che vi pos- sono essere edifici pubblici di proprietà privata, allora saremo per la piena « libertà ». Quando al mondo resteranno soltanto i lavoratori e gli uomini dimenticheranno di pensare che si può essere un membro della società senza essere un lavoratore, — ciò non accadrà tanto presto, e ne sono colpevoli i signori borghesi e i signori intellettuali borghesi, — allora saremo per la libertà di riunione per tutti; ma adesso la libertà di riunione è la libertà di riunione per i capitalisti e i controri- voluzionari. Noi lottiamo contro di loro, ci opponiamo a loro e dichia- riamo che aboliamo questa libertà. Noi andiamo alla battaglia: questo è il contenuto della ditta- tura del proletariato. Sono passati i tempi del socialismo ingenuo, uto- pistico, fantastico, meccanico, intellettualistico, quando si presentavano le cose in questo modo: convinceremo la maggior parte degli uomini, disegneremo un bel quadro della società socialista e la maggioranza accet- terà il punto di vista del socialismo. Sono passati i tempi in cui ci si divertiva e si divertivano gli altri con queste storielle per bambini. Il marxismo che riconosce la necessità della lotta di classe, dice: l’uma- nità non giungerà al socialismo se non attraverso la dittatura del pro- letariato. Dittatura è una parola crudele, dura, sanguinosa, atroce, e parole simili non si gettano al vento. Se i socialisti hanno lanciato questa parola d’ordine è perché sanno che la classe degli sfruttatori non si arrenderà se non dopo una lotta disperata e implacabile, e sanno 324 LENIN che cercherà di mascherare il suo dominio con ogni sorta di belle parole. Libertà di riunione: che cosa piiò essere piu elevato, che cosa può essere migliore di questa parola! È forse pensabile lo sviluppo dei lavoratori e della loro coscienza senza la libertà di riunione? Ma noi diciamo che la libertà di riunione secondo le Costituzioni dell'In- ghilterra e degli Stati Uniti d’America è un inganno, perché lega le mani alle masse lavoratrici per tutto il periodo del passaggio al socia- lismo; è un inganno perché sappiamo benissimo che la borghesia farà di tutto per rovesciare questo potere, da principio tanto insolito, tanto « mostruoso ». Non potrebbe essere diversamente agli occhi di chi ha riflettuto sulla lotta di classe, di chi ha una idea in una certa misura concreta e chiara sull’atteggiamento degli operai insorti verso la bor- ghesia, la quale è stata rovesciata in un paese, ma non in tutti, e che, proprio perché non è completamente abbattuta, si getta nella lotta con maggiore accanimento. Proprio dopo il rovesciamento della borghesia la lotta di classe prende le forme piu aspre. E non valgono nulla quei democratici e quei socialisti che ingannano se stessi, e quindi anche- gli altri, dicendo: una volta abbattuta la borghesia, tutto è finito. Tutto è appena incomin- ciato, e non finito, perché fino a oggi la borghesia non si è rassegnata all’idea di essere stata rovesciata. Alla vigilia della Rivoluzione d’ot- tobre scherzava ancora assai graziosamente e gentilmente; scherzavano e Miliukov, e Cernov, e gli uomini della Novaia Gizn. Ridevano; « Ma prego, signori bolsceviche, formate un gabinetto, prendete voi stessi il potere per un paio di settimane, ci aiuterete in un modo eccellente! ». Lo ha scritto Cernov a nome dei socialisti-rivoluzionari, lo ha scritto Miliukov nella Riec , lo ha scritto la Novaia Gizn semimenscevica. Scherzavano, perché non prendevano la cosa sul serio. Ma ora hanno visto che la cosa è diventata seria, e i signori borghesi inglesi, francesi e svizzeri, i quali pensavano che le loro « repubbliche democratiche » fossero solide corazze, hanno visto e capito che la cosa è diventata se- ria, e adesso si armano tutti. Se poteste vedere che cosa accade nella libera Svizzera, come i borghesi si armano, formano una guardia bianca, perché sanno che è in giuoco la conservazione dei loro privilegi che permettono loro di mantenere milioni di uomini nella schiavitù sala- riata. Adesso la lotta ha assunto una estensione mondiale, perciò chiun- que si levi ora contro di noi con le parole di « democrazia » e « libertà », si mette dalla parte delle classi abbienti, inganna il popolo, I CONGRESSO PER ^ISTRUZIONE EXTRA SCOLASTICA 325 perché non capisce che la libertà e la democrazia sono state finora libertà e democrazia per i possidenti e solo le briciole erano per i non abbienti. Che cos’è la libertà di riunione quando i lavoratori sono sotto il giogo della schiavitù capitalistica e del lavoro per il capitale? È un inganno, e per raggiungere la libertà i lavoratori devono prima vin- cere la resistenza degli sfruttatori. Se devo far fronte alla resistenza di un’intera classe* è chiaro che a questa classe non posso promettere né libertà, né eguaglianza, né decisione della maggioranza. IV Passerò ora dalla libertà all’eguaglianza. Qui la faccenda è ancora più complicata. Tocchiamo una questione ancora più seria, che suscita dissensi ancora maggiori ed è anche più scottante. La rivoluzione abbatte nella sua marcia una classe sfruttatrice dopo l’altra. Ha abbattuto dapprima la monarchia e per eguaglianza in- tendeva soltanto che vi fosse un governo elettivo, che vi fosse la repub- blica. Avanzando ancora, essa ha abbattuto i grandi proprietari fon- diari, e voi sapete che tutta la lotta contro le condizioni medievali, contro il feudalesimo, si è svolta sotto la parola d’ordine di « egua- glianza ». Tutti sono eguali, indipendentemente dai ceti, tutti sono eguali, il milionario e lo straccione: cosi parlavano, cosi pensavano, cosi credevano sinceramente i più grandi rivoluzionari del periodo che è entrato nella storia come il periodo della grande Rivoluzione fran- cese. La rivoluzione marciava contro i grandi proprietari fondiari sotto la parola d’ordine dell’eguaglianza, ed eguaglianza significava che il milionario e l’operaio dovevano avere eguali diritti. La rivoluzione è andata oltre. Essa dice che l’« eguaglianza », — non lo abbiamo detto specificamente nel nostro programma, ma non d si può ripetere all’in- finito; è tanto chiaro quanto dò che abbiamo detto sulla libertà, — è un inganno se è in contrasto con l’emancipazione del lavoro dal giogo del capitale. Lo diciamo, ed è assolutamente giusto. Diciamo che la repubblica democratica, con l’attuale eguaglianza, è una menzogna, un inganno; che l’eguaglianza non vi è rispettata e non vi può esistere, e ciò che impedisce di goderne in pratica è la proprietà dei mezzi di produzione, del denaro, del capitale. Si può abolire immediatamente 326 LENIN la proprietà degli edifici di lusso, si possono requisire con relativa rapi- dità il capitale e gli strumenti di produzione, ma tentate di abolire la proprietà del denaro! Il denaro è un condensato della ricchezza sociale, un condensato del lavoro sociale, è un titolo per ricevere un tributo da tutti i lavo- ratori, è un residuo del passato sfruttamento. Ecco che cosa è il de- naro. Lo si può forse, in qualche modo, sopprimere immediatamente? No. Già prima della rivoluzione socialista, i socialisti scrivevano che è impossibile sopprimere immediatamente il denaro e noi lo possiamo confermare con la nostra esperienza. Ci vogliono molte conquiste tecni- che e, cosa assai piu difficile e piu importante, molte conquiste orga- nizzative per sopprimere il denaro; fino a quel momento bisognerà limi- tarsi all’eguaglianza a parole, nella Costituzione, e restare in una situa- zione in cui chiunque abbia denaro ha di fatto il diritto allo sfrutta- mento. Anche noi non abbiamo potuto abolire subito il denaro. Noi di- ciamo: per il momento il denaro rimane, e rimarrà abbastanza a lungo nel periodo di transizione dalla vecchia società capitalistica alla nuova società socialista. L’eguaglianza è un inganno se è in contrasto con gli interessi delFemancipazione del lavoro dal giogo del capitale. Engels aveva mille volte ragione quando scriveva che il concetto di eguaglianza è il pregiudizio più sciocco e più assurdo senza l’aboli- zione delle classi sa . A proposito del conoetto di eguaglianza, i profes- sori borghesi hanno cercato di accusarci di voler rendere ogni uomo eguale agli altri. Hanno cercato di accusare i socialisti di questa assur- dità, che loro stessi hanno inventato. Ma a causa della loro ignoranza essi non sapevano che i socialisti, e precisamente i fondatori del socia- lismo scientifico moderno, Marx ed Engels, dicevano: l’eguaglianza è una frase vuota se per eguaglianza non si intende l’abolizione delle classi. Noi vogliamo abolire le classi, in questo senso siamo per l’egua- glianza. Ma pretendere di rendere tutti gli uomini eguali gli uni agli altri, è una frase completamente vuota ed una sciocca invenzione del- l’intellettuale che, talvolta in buona fede, fa smorfie, giuoca con parole senza contenuto, anche se si definisce scrittore, e talvolta scienziato, o in qualunque altro modo. E allora diciamo: noi ci poniamo l’obiettivo dell’eguaglianza, cioè dell’abolizione delle classi. Bisogna quindi sopprimere anche la differenza di classe fra gli operai e i contadini. E proprio questo è il nostro scopo. La società nella quale esiste ancora una differenza di classe fra l’operaio I CONGRESSO PER L ‘ISTRUZIONE EXTRA SCOLA STIC A 327 e il contadino non è né comunista, né socialista. Certo, se s’interpreta la parola socialismo in un certo modo, la si può chiamare società socia- lista, ma allora si tratta di casistica, di discussióne sui termini. Il socia- lismo è il primo stadio del comuniSmo... ma non vale la pena di discu- tere sulle parole. Una cosa è chiara: finché vi sarà una differenza di classe fra l’operaio e il contadino, non potremo parlare di eguaglianza senza temere di portare acqua al mulino della borghesia. I contadini sono una classe dell’epoca patriarcale, una classe educata da decenni e da secoli di schiavitù, e in tutti questi decenni il contadino è esistito come piccolo proprietario , dapprima sottomesso alle altre classi, poi formalmente libero ed eguale, ma conte proprietario e possessore dì derrate alimentari . E qui affrontiamo la questione che suscita il piu grande scandalo nei nostri nemici, che genera il maggior numero di dubbi fra gli ine- sperti e i superficiali e che ci divide di piu da coloro che vogliono essere considerati democratici, socialisti, e si arrabbiano con noi perché non li consideriamo né democratici né socialisti, ma li chiamiamo soste- nitori dei capitalisti, forse per ignoranza, ma tuttavia sostenitori dei capitalisti. La situazione del contadino, per i costumi, le condizioni di produ- zione, le condizioni di vita, il tipo di azienda, è tale che il contadino è per metà lavoratore, per metà speculatore. È un fatto. A questo fatto non si sfuggirà finché non si sarà abolito il denaro, non si sarà eliminato lo scambio. Ma per farlo occorrono anni ed anni di saldo dominio del proletariato, perché sol- tanto il proletariato è capace di battere la borghesia. Quando ci si dice: « Voi avete violato l’eguaglianza; avete violato l’eguaglianza non sol- tanto nei confronti degli sfruttatori, cosa che potrei anche accettare, — cosi dichiara un qualsiasi socialista-rivoluzionario o menscevico, senza capire quello che dice, — ma avete violato l’eguaglianza della “demo- crazia del lavoro”, siete dei criminali! », noi rispondiamo: « Si, abbiamo violato l’eguaglianza degli operai con i contadini e affermiamo che voi, i quali siete per questa eguaglianza, siete dei sostenitori di Kolciak ». Ho letto recentemente sulla Pravda un bellissimo articolo del compa- gno Ghermanov, nel quale erano esposte le tesi del cittadino Scer, uno dei più * socialisti » fra i socialdemocratici menscevichi. Queste tesi sono state proposte in una nostra istituzione cooperativa. Sono tali che 3 28 LENIN bisognerebbe inciderle su una lapide e esporle in ogni comitato esecutivo di votosi, con la didascalia: « Questo è un fautore di Kolciak ». So benissimo che il cittadino Scer e coloro che condividono le sue idee mi chiameranno per questo calunniatore o peggio ancora. Tutta- via invito coloro che hanno studiato l’abbiccì dell’economia politica e della scienza politica a esaminare attentamente chi ha ragione e chi ha torto. Il cittadino Scer dice: la politica degli approvvigionamenti, e in generale la politica economica del potere sovietico, non vale niente; bisogna passare, prima gradualmente ma poi su più larga scala, al li- bero commercio dei prodotti alimentari e alla garanzia della proprie- tà privata. Io dico che questo è il programma economico, la base economica di Kolciak. Affermo die chi ha letto Marx, soprattutto il primo capi- tolo del Capitale , chi ha letto per lo meno l’opera divulgativa La dot - trina economica di Karl Marx di Kautsky, deve giungere alla conclu- sione che, nel momento in cui si compie la rivoluzione del proleta- riato contro la borghesia, quando si abbatte la grande proprietà .fon- diaria e la proprietà capitalistica, quando il paese è affamato, rovinato da quattro anni di guerra imperialistica, la libertà di commercio del grano è in realtà la libertà del capitalista, è la libertà di restaurare il potere del capitale. È questo il programma economico di Kolciak, per- ché Kolciak non si regge sull’aria. È abbastanza sciocco rimproverare Kolciak soltanto perché ha maltrattato gli operai e ha perfino fatto frustare alcune maestre che simpatizzavano per i bolscevichi. Questa è una difesa volgare della democrazia, sono accuse sdocche. Kolciak usa i metodi che per lui sono normali. Ma qual è la sua base economica? La sua base è la libertà di commerdo; egli la difende, e perciò tutti i capitalisti lo appog- giano. Voi dite: « Ho lasciato Koldak, non sono un suo sostenitore ». Certo, questo vi fa onore, ma non dimostra ancora che sulle spalle abbiate una testa capace di ragionare. Cosi rispondiamo a questa gente, senza attentare minimamente all’onore dei sodalisti-rivoluzionari e dei menscevichi che hanno lasdato Koldak quando hanno visto che egli faceva uso della violenza. Ma se, in un paese che lotta a morte contro Kolciak, qualcuno continua a combattere per « l’eguaglianza della de- mocrazia del lavoro », per la libertà del commercio del grano, egli è un fautore di Koldak; però non comprende le cose, non sa collegarle. Koldak si regge perché (che si chiami Kolciak o Denikin, la so- X CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRASCOLASTICA 329 stanza è la stessa; cambiano solo le uniformi), dopo aver occupato una zona ricca di grano, ne autorizza il libero commercio e concede la libertà di restaurare il capitalismo. Cosi è stato in tutte le rivoluzioni, così sarà da noi se passeremo dalla dittatura del proletariato a questa « libertà » ed « eguaglianza » dei signori democratici, dei socialisti-rivo- luzionari, dei menscevichi di sinistra, ecc., talvolta compresi gli anarchici: le denominazioni sono molte. Adesso in Ucraina ogni banda si sceglie un nome, uno più libero delPaltro, uno più democratico dell’altro, e in ogni distretto c’è una banda. L’eguaglianza fra gli operai e i contadini ci è proposta dai « difen- sori degli interessi del contadino lavoratore », per la maggior parte socialisti-rivoluzionari. Altri, come il cittadino Scer, hanno studiato il marxismo e tuttavia non comprendono che l’eguaglianza fra lope- raio e il contadino per il periodo di transizione fra il capitalismo e il socialismo non può esistere, e bisogna riconoscere che coloro che la promettono sviluppano il programma di Kolciak, anche se non se ne ren- dono conto. Io dico che chiunque rifletta alle condizioni concrete del paese, soprattutto di un paese completamente devastato, lo capirà. I nostri « socialisti », i quali affermano che noi saremmo ora nel periodo della rivoluzione borghese, ci accusano continuamente di appli- care il comuniSmo di consumo. Alcuni aggiungono:. comuniSmo da soldati, e immaginano di essere superiori, immaginano di essersi elevati al di sopra di questa « bassa » forma di comuniSmo. È semplicemente gente che gioca con le parole. Hanno visto dei libri, li hanno imparati a memoria, li hanno ripetuti, ma non ne hanno capito assolutamente nien- te. Ce ne sono di questi uomini eruditi e perfino eruditissimi. Hanno let- to nei libri che il socialismo è il massimo sviluppo della produzione. Kautsky anche adesso non fa altro che ripeterlo. Giorni fa ho visto un giornale tedesco capitato per caso da noi e vi ho letto un reso- conto dell ultimo congresso dei Consigli in Germania. Kautsky è stato il relatore, e nel suo rapporto sottolineava — non lui personalmente, ma sua moglie; siccome lui era malato sua moglie ha letto il rapporto — che il socialismo è il massimo sviluppo della produzione e che senza produzione, né il capitalismo né il socialismo possono reggersi, ma gli operai tedeschi non lo capiscono. Poveri operai tedeschi! Lottano contro Scheidemann e Noske, lot- tano contro i carnefici, cercano di abbattere il potere di carnefici che continuano a ritenersi socialdemocratici, di Scheidemann e Noske, ere- 530 LENIN dono che sia in corso la guerra civile. Liebknecht è stato assassinato. Rosa Luxemburg è stata assassinata. Tutti i borghesi russi dicono, — è stato stampato in un giornale di Iekaterinodar: — « Ecco come biso- gna fare con i nostri bolscevichi! ». Cosi, nero su bianco. Chi comprende le cose sa benissimo che tutta la borghesia internazionale condivide questa idea. Bisogna difendersi. Scheidemann e Noske fanno la guerra civile contro il proletariato. La guerra è la guerra. Gli operai tedeschi pensano che ci sia la guerra civile e che tutte le altre questioni abbiano un'importanza secondaria. Bisogna prima di tutto dar da mangiare agli operai. Ma Kautsky ritiene che questo sia comuniSmo da soldati o di consumo. Bisogna sviluppare la produzione!... Oh, sapienti signori! Ma come potete sviluppare la produzione in un paese spogliato e devastato dagli imperialisti, nel quale non c’è car- bone, non ci sono materie prime, non ci sono utensili? « Sviluppo della produzione »! Ma da noi non c’è seduta del Consiglio dei commissari del popolo o del Consiglio della difesa nella quale non si distribuiscano gli ultimi milioni di pud di carbone o di petrolio, e ci troviamo in una situazione penosissima quando tutti i commissari tentano di acchiap- pare gli ultimi resti e ciascuno non ne ha abbastanza, e bisogna deci- dere: chiudere le fabbriche qui o li, lasciare gli operai senza lavoro qui o li: un problema penoso, ma bisogna fare cosi perché non c’è carbone. Il carbone si trova nel bacino del Donez, il carbone è stato distrutto dalla invasione tedesca. Prendete il Belgio, la Polonia: è un fenomeno tipico, dappertutto avviene la stessa cosa come conseguenza della guerra imperialistica. Questo significa che la disoccupazione e la fame dureranno molti anni, perché ci sono pozzi che, una volta allagati, non si possono rimettere in funzione per molti anni. E ci vengono a dire: « Il socialismo è l’aumento della produttività ». Di libri ne avete letti, cari signori, di libri ne avete scritti, ma non ci avete capito niente. (Applausi.) Certo, dal punto di vista di una società capitalistica che sia pas- sata al socialismo pacificamente e in tempi pacifici, non avremmo com- pito piu urgente dell’aumento della produttività. Bisogna soltanto dire una parolina: «Se». Se il socialismo venisse al mondo in quel modo pacifico che i signori capitalisti non gli hanno voluto permettere. È man- cata una piccola cosa. Se anche non ci fosse stata la guerra, i signori capitalisti avrebbero egualmente fatto di tutto per impedire questa evoluzione pacifica, Le grandi rivoluzioni, anche quando sono incomin- I CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRA SCOLÀSTICA 331 ciate pacificamente, come la grande Rivoluzione francese, sono finite con delle guerre accanite, scatenate dalla borghesia controrivoluzionaria. E non può essere altrimenti se si considera la questione dal punto di vista della lotta di classe e non delle chiacchiere piccolo-borghesi sulla libertà, l'eguaglianza, la democrazia del lavoro, la volontà della mag- gioranza, di queste chiacchiere ottuse e piccolo-borghesi che ci offrono i menscevichi, i socialisti-rivoluzionari, tutti questi « democratici ». Non può esserci evoluzione pacifica verso il socialismo. E nel periodo attuale, dopo una guerra imperialistica, è ridicolo dire che l’evoluzione deve svolgersi pacificamente, soprattutto in un paese devastato. Pren- dete la Francia. La Francia ha vinto la guerra, eppure la produzione del grano è diminuita della metà. In Inghilterra — Tho letto nei giornali borghesi — si dice: «Adesso siamo in miseria». E in un paese devastato si rimproverano i comunisti per Parreste della produ- zione! Chi dice questo, o è un idiota integrale, anche se si chiama tre volte capo dell’Internazionale di Berna, o è un traditore degli operai. In un paese devastato , il primo compito è di salvare i lavoratori. La prima forza produttiva di tutta l'umanità è l'operaio, il lavoratore. Se egli sopravvive, salveremo e ristabiliremo tutto. Sopporteremo i molti anni di miseria, di ritorno alle barbarie. È la guerra imperialistica che ci ha rigettato indietro verso la barbarie, e se salveremo il lavoratore, se salveremo la principale forza produttiva dell’umanità, l’operaio, ritroveremo tutto; ma se non Io sapremo salvare, periremo; e perciò chi grida in questo momento contro il comuniSmo di consumo, il comuniSmo da soldati, guardando gli altri dall’alto in basso, immaginando di essere superiore a questi comunisti bolscevichi, costui, lo ripeto, non capisce assolutamente niente di economia politica e si aggrappa allo citazioni dei libri, come un erudito che ha nella testa una nuova combinazione, non descritta dai libri, egli si confonde e tira fuori dal cassetto proprio la citazione che non ci voleva. Nel momento in cui il paese è devastato* il nostro compito prin- cipale e fondamentale è di difendere la vita delPoperaio, di salvare l'operaio ; ma gli operai vanno in rovina perché le fabbriche si ferma- no, e le fabbriche si fermano perché non c’è combustibile, perché la nostra produzione è completamente artificiale: l’industria è staccata dalle fonti di materie prime. Così è in tutto il mondo. Il cotone per i cotonifici russi si deve trasportare dall’Egitto, dall’America, almeno dal Turkestan, ma provate a portarlo qui quando laggiù vi sono le 332 LENIN bande controrivoluzionarie e le truppe inglesi hanno occupato Askhabad e Krasnovodsk, provate a portarlo dall’Egitto, dall* America quando le ferrovie non funzionano, quando sono state distrutte, quando sono ferme, quando non c’è carbone. Bisogna salvare l’operaio, anche se non può lavorare. Se lo salviamo per questi pochi anni, salveremo il paese, la società e il socia- lismo. Se non lo salveremo, ricadremo indietro, nella schiavitù sala- riata. Cosi si pone il problema del socialismo, che non nasce dalla fantasia di un pacifico sempliciotto che si definisce socialdemocratico, ma dalla realtà concreta, da una furiosa lotta di classe accanita ed esa- sperata. È' un fatto. Bisogna sacrificare tutto per salvare l’esistenza dell’operaio. E da questo punto di vista, quando Vengono a dirci: « Noi siamo per l’eguaglianza della democrazia del lavoro, invece voi comu- nisti non date neppure l’eguaglianza agli operai e ai contadini », rispon- diamo: l’operaio e il contadino sono eguali in quanto lavoratori, ma il sazio speculatore di grano non è eguale al lavoratore affamato. Sol- tanto per questo nella nostra Costituzione è scritto che l’operaio e il contadino non sono eguali. Voi dite che devono essere eguali? Ebbene, pesiamo, calcoliamo. Prendete sessanta contadini e dieci operai. I sessanta contadini hanno eccedenze di grano. Vestono di stracci, ma hanno il pane. Prendiamo i dieci operai. Dopo la guerra imperialistica sono laceri, estenuati, non hanno pane, combustibile, materie prime, Le fabbriche sono ferme. E secondo voi sono tutti eguali. I sessanta contadini hanno il diritto di decidere e i dieci operai devono sottomettersi? Bel principio dell’egua- glianza, dell’unità della democrazia' del lavoro, della decisione della maggioranza! Cosi ci dicono. Noi rispondiamo: « Siete dei pagliacci, perché con le vostre belle parole eludete e nascondete la questione della fame ». Vi chiediamo: gli operai affamati, ih un paese devastato, nel quale le fabbriche sono ferme, hanno il diritto di sottomettersi alla decisione di una maggioranza di contadini, se questi ultimi non danno le loro eccedenze di grano? Hanno il diritto di prendere queste eccedenze an- che con la violenza, se non si può fare altrimenti? Rispondete franca- mente! Quando si affronta la vera Sostanza della questione, incomin- ciano a cavillare e a tergiversare. In tutti i paesi l’industria è rovinata e lo sarà per alcuni anni, per- ché bruciare le fabbriche o inondare i pozzi è facile, far saltare i vagoni, I CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRASCOLASTICA 333 demolire le locomotive è facile; qualunque stupido, che si chiami uffi- ciale tedesco o francese, è ben capace di farlo, soprattutto se ha una buona macchina per produrre esplosioni, per sparare, ecc., ma ricostruire è cosa assai dura, ci vogliono anni. I contadini sono una classe particolare: come lavoratóri sono nemici dello sfruttamento capitalistico, ma nello stesso tempo sono proprie- tari. Il contadino per secoli è stato educato all’idea che il grano è suo e che egli è libero di venderlo. È un mio diritto, pensa il contadino, perché questo è il mio lavoro, il mio sudore, il mio sangue. Non si può cambiare all’improvviso la sua mentalità; è una lotta lunga e dif- ficile. Ohi pensa che il passaggio al socialismo avverrà in questo modo: uno convince un altro, e il secondo un terzo, costui è, nel migliore dei casi, un bambino, oppure un ipocrita politico; e la maggioranza di coloro che parlano da una tribuna politica appartiene, naturalmente, a questultima categoria. II problema si pone cosi: il contadino è abituato al libero com- mercio del grano. Quando abbiamo abbattuto le istituzioni capitali- stiche, è risultato che vi era ancora una forza che manteneva il capi- talismo : la forza dell’abitudine. Quanto piu energicamente abbiamo ab- battuto le istituzioni che sostenevano il capitalismo, tanto piu chiara- mente si è manifestata l’altra forza che sosteneva il capitalismo: la forza dell’abitudine. Un’istituzione si può abbattere in un sol colpo, se si ha fortuna, ma l’abitudine mai, per quanta fortuna si abbia. Dopo che abbiamo dato tutta la terra ai contadini, li abbiamo liberati dai grandi proprietari fondiari, dopo che abbiamo eliminato tutto ciò che li teneva legati, essi continuano a ritenere che la « libertà » con- siste nella libera vendita del grano, e la mancanza di libertà sta nel- l’obbligo di consegnare le eccedenze di grano a prezzo di calmiere. Che storia è questa, e perché « consegnare »? s’arrabbia il contadino, so- prattutto se l’apparato è per giunta cattivo; ed è cattivo perché tutti gli intellettuali borghesi sono dalla parte della Sukharevka 5 \ Si capisce che questo apparato deve poggiare su uomini che stanno imparando, e nel migliore dei casi, se sono onesti e devoti alla causa, avranno impa- rato fra qualche anno, e fino allora Papparato sarà cattivo, e talvolta vi penetrano furfanti di ogni genere che si dicono comunisti. Questo pericolo minaccia ogni partito dirigente, ogni proletariato vittorioso, perché non si può spezzare in un sol colpo la resistenza della borghesia, né mettere in funzione un apparato perfetto. Sappiamo benissimo che 334 LENIN l’apparato del commissariato per gli approvvigionamenti è ancora di- fettoso. Recentemente sono state effettuate delle indagini statistiche per sapere come si nutre l’operaio dei governatorati non agricoli. È risultato che egli riceve la metà di tutti i prodotti dal commissariato per gli approvvigionamenti e l’altra metà dagli speculatori; per la prima metà egli paga un decimo di tutte le sue spese alimentari, per l'altra metà spende i' nove decimi. La metà delle derrate raccolte e consegnate dal commissariato per gli approvvigionamenti sono, certo, mal raccolte, ma lo sono con criteri socialisti, e non capitalistici. Sono raccolte con una vittoria sullo speculatore, e non con un compromesso, sono raccolte sacrificando agli interessi degli operai affamati tutti gli altri interessi, compresi quelli deU'« eguaglianza » formale di cui fanno bella mostra i signori men- scevichi, socialisti-rivoluzionari e soci. Rimanete con la vostra «egua- glianza », signori, e noi rimarremo con gli operai affamati che abbiamo salvato dalla carestia. Per quanto i menscevichi ci rimproverino di aver violato P« eguaglianza », è un fatto che abbiamo risolto a metà il problema dell’approvvigionamento tra difficoltà inaudite, incredibili. E diciamo che se séssanta contadini hanno eccedenze di grano, e dieci operai hanno fame, non si deve parlare di « eguaglianza » in generale, né deir« eguaglianza degli uomini del lavoro », ma dell’obbligo asso- luto dei sessanta contadini di sottomettersi alla decisione dei dieci ope- rai e di dare loro, magari a prestito, le eccedenze di grano. Tutta l’economia politica, se qualcuno ne ha imparato qualcosa, tutta la storia della rivoluzione, tutta la storia del corso politico nel XIX secolo ci insegnano che il contadino segue o l’operaio o il borghese. Non ha altra via. A qualche democratico, certamente, questo sembrerà offensivo, qualche altro penserà che calunnio il contadino per malignità marxista. I contadini sono la maggioranza, sono lavoratori, e non do- vrebbero poter seguire la loro vial Perché? Se non sapete perché, — direi a questi cittadini, — leggete i princìpi dell’economia politica di Marx, la loro esposizione fatta da Kautsky, riflettete allo sviluppo di una qualsiasi delle grandi rivolu- zione del XVIII e del XIX secolo, alla storia politica di qualsiasi paese nel XIX secolo. Questa vi dirà il perché. L’economia della società capitalistica è tale che la forza dominante può essere soltanto il capi- tale o il proletariato che lo abbatte. Non ci sono altre forze nelleconomia di questa società . I CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRASCOLASTICA 335 Il contadino è mezzo lavoratore, mezzo speculatore. Il contadino è un lavoratore perché si guadagna il pane col sudore e col sangue, perché è sfruttato dai grandi proprietari fondiari, dai capitalisti, dai mercanti. Il contadino è uno speculatore perché vende il grano, un bene di prima necessità, un bene per il quale vale la pena di dare tutto ciò che si possiede, quando non se ne ha. Con la fame non si scherza; per avere pane si danno anche mille rubli, e quanto si vuole, magari tutto ciò che si possiede. La colpa non è del contadino, ma le sue condizioni economiche sono tali che egli vive in una economia mercantile, vi ha vissuto per decenni e secoli, è abituato a scambiare il suo grano contro il denaro. L’abitudine non si cambia, e il denaro non si può abolire di colpo. Per abolirlo bisogna organizzare la distribuzione dei prodotti per cen- tinaia di milioni di uomini: un’opera che richiede molti anni. Finché esiste l’economia mercantile, finché vi sono operai affamati accanto a contadini sazi che nascondono le eccedenze, rimane un certo contrasto d’interessi fra gli operai e i contadini, e chi cerca di eludere questo contrasto reale, creato dalla vita, con delle chiacchiere sulla « libertà », P« eguaglianza » e la « democrazia del lavoro », nel migliore dei casi è un vuoto rètore, e nel peggiore un ipocrita difensore del capitalismo. Se il capitalismo vincerà la rivoluzione, lo farà servendosi dell’ignoranza dei contadini, perché li comprerà allettandoli col miraggio del ritorno al libero commercio. I menscevichi e i socialisti-rivoluzionari stanno di fatto dalla parte del capitalismo contro il socialismo. Il programma economico di Kolciak, di Denikin e di tutte le guardie bianche russe è il libero commercio. Essi lo capiscono, e non è colpa loro se il cittadino Scer non lo capisce. I fenomeni economici della realtà non cambiano per il fatto che un certo partito non li capisce. La parola d’ordine della borghesia è il libero commercio. Si cerca d’ingannare i contadini, dicendo: « Non si stava forse meglio nel buon tempo antico? Non era forse meglio vivere vendendo libera- mente i prodotti dell’agricoltura? Che cosa può esservi di piu giusto? ». Cosi dicono i sostenitori coscienti di Kolciak, e hanno ragione dal punto di vista degli interessi del capitale. Per restaurare il potere del capitale in Russia, bisogna basarsi sulle tradizioni, sui pregiudizi del contadino contro il suo giudizio, sulla vecchia abitudine al libero commercio, e bisogna schiacciare con la violenza la resistenza degli operai. Non c’è altra via di uscita. I sostenitori di Kolciak hanno ragione dal punto di 33 6 LENIN vista del capitale; nel loro programma, economico è politico essi sanno trovare il nesso delle cose, capiscono dov’è il principio e dove la fine, capiscono il nesso fra il libero commercio dei contadini e le fucila- zioni degli operai. E il nesso c’è, benché il cittadino Scer non lo com- prenda. Il libero commercio del grano è il programma economico dei sostenitori di Kolciak; la fucilazione di decine di migliaia di operai (come in Finlandia) è il mezzo indispensabile per realizzare questo programma, perché V operaio non cederà volontariamente le sue con- quiste. Il legame è indissolubile, e coloro che non capiscono assoluta- mente niente di economia e di politica, coloro che hanno dimenticato i principi del socialismo per la loro paura piccolo-borghese, cioè preci- samente i menscevichi e i « socialisti-rivoluzionari », cercano di farci dimenticare questo legame con delle ciance sull’« eguaglianza », sulla « libertà », urlando che noi violiamo il principio dell’eguaglianza in seno alla « democrazia del lavoro », che la nostra Costituzione è « ingiusta », Il voto di alcuni contadini conta quanto il voto di un solo ope- raio. È ingiusto? No, è giusto per un’epoca nella quale bisogna abbattere il capitale, So da dove prendete la vostra concezione della giustizia. Essa vi viene dalla passata epoca capitalistica. Il proprietario di merci, la sua egua- glianza, la sua libertà: ecco la vostra concezione della giustizia. Sono residui piccolo-borghesi di pregiudizi piccolo-borghesi: ecco che cosa è la vostra giustizia, la vostra eguaglianza, la vostra democrazia del lavoro. Per noi invece la giustizia è subordinata agli interessi dell’ab- battimento del capitale. Non si può abbattere il capitale se non con gli sforzi riuniti del proletariato. È forse possibile unire subito e saldamente decine di milioni di contadini contro il capitale, contro il libero commercio? Non lo si può fare a causa delle condizioni economiche, anche se i contadini fossero completamente liberi e assai piu colti. Non lo si può fare perché per farlo occorrono altre condizioni economiche, occorrono lunghi anni di preparazione. E chi la farà, questa preparazione? O il proletariato, o la borghesia. Per la sua situazione economica nella società borghese il contadino si trova a dover seguire inevitabilmente o gli operai o la borghesia. No;; c'è via di meno. Può tentennare, confondersi, fantasticare, . può biasimare, imprecare, può maledire i « gretti » rappresentanti del pro- letariato, i « gretti » rappresentanti della borghesia. Essi rappresentano 337 I CONGRESSO PER L'ISTRUZIONE EXTRA SCOLASTICA la minoranza. Li si può maledire, si possono dire frasi magniloquenti sulla maggioranza, sul carattere largo, universale della vostra democrazia del lavoro, sulla democrazia pura. Si possono dire quante parole si vuole. Saranno parole per coprire il fatto che se il contadino non segue gli operai, segue la borghesia. Non c’è e non può esserci via di mezzo. E coloro che in questo difficilissimo periodo di transizione della storia, mentre gli operai sono affamati e la loro industria è ferma, non aiutano gli operai a ottenere il grano a un prezzo piu giusto, e non a un prezzo « libero », non a un prezzo da capitalisti, non a un prezzo da mercanti, realizzano il programma di Kolriak, per quanto lo neghino anche di fronte a se stessi e per quanto siano sinceramente convinti di attuare in buona fede il proprio programma. V Mi soffermerò ora sull'ultima questione che ho indicato, la que- stione della sconfitta o della vittoria della rivoluzione. Kautsky, che ho definito il principale rappresentante del vecchio socialismo putrido, non ha capito Ì compiti della dittatura del proletariato. Ci biasima perché una soluzione fondata sulla maggioranza avrebbe potuto assicu- rare un esito pacifico. Una soluzione fondata sulla dittatura è una so- luzione per via militare. Quindi, se non vincerete per via militare, sarete sconfitti e annientati, perché la guerra civile non fa prigionieri, an- nienta. Cosi « ha cercato di spaventarci » lo spaventato Kautsky. È assolutamente vero. È un fatto. Noi confermiamo la giustezza di questa osservazione. 'Non c’è niente da dire. La guerra civile è più grave e crudele di ogni altra. È sempre stato cosi nella storia, incomin- ciando dalle guerre civili dell’antica Roma, perché le guerre fra i popoli si sono sempre concluse con delle transazioni fra le -classi possidenti, e soltanto nella guerra civile la classe oppressa compie ogni sforzo per annientare completamente la classe che la opprime, per annientare -le condizioni economiche di esistenza di questa classe. Vi chiedo: che cosa valgono dei «rivoluzionari» che cercano di intimidire una rivoluzione già incominciata dicendo che essa può su- bire una sconfitta? Non ci sono mai state, non ci sono, non ci saranno e non possono esserci rivoluzioni che non rischiano la sconfitta. Si chiama rivoluzione l’esasperata lotta di classe quando giunge al massi- 338 LENIN mo accanimento. La lotta di classe è inevitabile. Bisogna o rinunziare alla rivoluzione in generale, o riconoscere che la lotta contro le classi abbienti sarà la piu accanita di tutte le rivoluzioni. A questo propo- sito non ci sono state divergenze di opinione fra i socialisti piu o meno coscienti. Quando ho dovuto analizzare il fondo di questi scritti da rinnegato di Kautsky, ho scritto, Tanno scorso: anche se domani — era il settembre delTanno scorso — il potere bolscevico fosse abbattuto dagli imperialisti, noi non ci pentiremmo neppure per un momento di averlo preso. E nessun operaio cosciente che -sostenga gli interessi delle masse lavoratrici se ne pentirebbe, né dubiterebbe che la nostra rivoluzione abbia egualmente vinto. Perché una rivoluzione vince se porta avanti la classe d’avanguardia che assesta gravi colpi allo sfrutta- mento. In questo caso le rivoluzioni vincono anche quando subiscono una sconfitta. Può sembrare un gioco di parole, ma per mqstrare che è un fatto, citeremo un concreto esempio storico. Prendete la grande Rivoluzione francese. Non per nulla si chiama grande. Essa ha fatto tanto per la classe a vantaggio della quale ope- rava, la borghesia, che tutto il secolo XIX, il secolo che ha dato la civiltà e la cultura a tutta l’umanità, è trascorso sotto il segno della Rivoluzione francese. In ogni parte del mondo questo secolo non ha fatto altro che attuare, realizzare una parte dopo l’altra e portare a compimento ciò che avevano creato i grandi rivoluzionari francesi della borghesia, della quale essi servivano gli interessi, benché non ne avessero coscienza, coprendosi con parole come libertà, eguaglianza e fratellanza. Per la classe che noi serviamo, il proletariato, la nostra rivolu- zione ha già fatto in un anno e mezzo incomparabilmente piu di quanto hanno fatto i grandi rivoluzionari francesi. Essi hanno resistito per due anni e sono crollati sotto i colpi della reazione europea coalizzata, sono crollati sotto i colpi degli eserciti coalizzati di tutto il mondo, che hanno schiacciato i rivoluzionari fran- cesi, hanno restaurato il legittimo monarca in Francia, il Romanov di allora, hanno restaurato il potere dei grandi proprietari fondiari e sof- focato per lunghi decenni ogni movimento rivoluzionario in Francia. Ma tuttavia la grande Rivoluzione francese ha vinto. Chiunque consideri la storia in modo consapevole, dirà che la Rivo- luzione francese, benché sconfitta, ha tuttavia trionfato perché ha dato I CONGRESSO PER L’ISTRUZIONE EXTRA SCOLASTICA 339 al mondo intero le basi della democrazia borghese, della libertà bor- ghese, che non poterono piu essere eliminate. La nostra rivoluzione in un anno e mezzo ha fatto per il prole- tariato, per la classe che noi serviamo, per lo scopo al quale tendiamo, l’abbattimento del dominio del capitale, infinitamente di piu di quanto la rivoluzione francese ha fatto per la sua classe. Perciò diciamo che se anche — facendo l’ipotesi del peggiore dei casi possibili — do- mani un qualche fortunato Kolciak non lasciasse in vita nemmeno un bolscevico, la rivoluzione resterebbe invincibile. La prova delle no- stre parole, la vediamo nel fatto che la nuova organizzazione dello Stato, sorta da questa rivoluzione, ha 'già vinto moralmente in seno alla classe operaia di tutto il mondo e già ora gode del suo appoggio. Quando i grandi rivoluzionari borghesi francesi caddero nella lotta, soc- combettero da soli, non avendo nessun appoggio negli altri paesi. Contro di loro scesero in campo tutti gli Stati europei e soprattutto la progre- dita Inghilterra. Oggi la nostra rivoluzione, dopo appena un anno e mezzo di potere bolscevico, ha ottenuto che la nuova organizzazione dello Stato da essa creata, l’organizzazione sovietica, divenisse com- prensibile, familiare, popolare per gli operai di tutto il mondo, dive- nisse cosa loro. Vi ho dimostrato che la dittatura del proletariato è inevitabile, necessaria e assolutamente obbligatoria per uscire dal capitalismo. Dit- tatura non significa soltanto violenza, benché essa sia impossibile senza la violenza; significa anche un’organizzazione del lavoro superiore alla precedente. Ecco perché nel mio breve saluto all’inizio del congresso ho sottolineato questo compito semplicissimo, elementare, fondamen- tale del V organizzazione > ed ecco perché sono implacabilmente ostile a tutte le elucubrazioni intellettualistiche, a tutte le « culture proleta- rie ». A queste elucubrazioni io contrappongo Labbicci dell’organizza- zione. Dividere il grano e il carbone in modo che ci si preoccupi per ogni pud di carbone, per ogni pud di grano; ecco l’obiettivo della disciplina proletaria. Non la disciplina che si regge sul bastone, come sul bastone si reggeva la disciplina con i feudali, oppure sulla fame, come con i capitalisti, ma una disciplina fraterna, la disciplina delle associazioni operaie. Assolvete questo elementare, semplicissimo com- pito di organizzazione, e avremo vinto. Perché allora il contadino verrà senz’altro con noi, il contadino che esita fra l’operaio e il capitalista, che non sa se deve legarsi a quella gente alla quale ancora non crede, 340 LENIN ma che, deve ammettere, sta attuando un regime del lavoro piu giusto, nel quale non vi sarà piu sfruttamento, nel quale il « libero » com- mercio del grano sarà un delitto di Stato, non sa se deve seguire co- storo oppure quelli che promettono il libero commercio del grano co- me nel buon tempo antico, il che significherebbe la libertà del lavoro. Se il contadino vedrà che il proletariato edifica il suo potere statale dimostrando che sa istituire Tordine, — e il contadino esige Tordine, lo vuole, e in questo ha ragione, benché in questa aspirazione conta- dina all’ordine vi sia molto di confuso, di reazionario, di connesso ai pregiudizi, — allora il contadino finalmente, dopo molte esitazioni, seguirà Poperaio. Il contadino non può abbandonare semplicemente, fa- cilmente, subito la vecchia società per entrare nella nuova. Egli sa che la vecchia società gli dava P« ordine » a prezzo della miseria dei lavo- ratori, a prezzo della loro schiavitù. Egli non sa se il proletariato può dargli l’ordine. Dal contadino, abbrutito, ignorante, isolato, non si può pretendere di piu. Egli non crede a nessuna parola, a nessun program- ma. E fa bene a non credere alle parole, altrimenti non si potrebbe sfuggire gli inganni. Egli crede soltanto agli atti, all’esperienza pra- tica. Dimostriamogli che noi, proletariato unito, potere statale prole- tario, dittatura proletaria siamo capaci di ripartire il grano e il carbone in modo che nemmeno un pud di grano, nemmeno un pud di carbone vada perduto, che siamo capaci di fare in modo che ogni pud di grano e ogni pud di carbone in eccedenza non sia venduto dagli speculatori, non serva agli eroi della Sukharevka, ma a una giusta ripartizione, a nutrire gli operai affamati, a sostenerli anche nei momenti di disoccu- pazione, quando le officine, le fabbriche sono ferme. Dimostriamolo. Ecco il compito fondamentale della cultura proletaria, dell’organizza- zione proletaria. Si può impiegare la violenza senza avere radici eco- nomiche; ma allora la storia la condanna.' Ma si può impiegare la vio- lenza appoggiandosi sulla classe d’avanguardia, sui principi superiori della società socialista, l’ordine e l’organizzazione. E allora essa può subire temporaneamente un insuccesso , ma è invincibile . Se l’organizzazione proletaria mostra al contadino che essa crea un ordine perfetto, che la riparatizione del lavoro e del grano è giusta, che ci si preoccupa di ogni pud di grano e di carbone, che noi, come ope- rai, possiamo farlo con la nostra disciplina fraterna, che usiamo la vio- lenza soltanto per difendere gl’interessi del lavoro, che prendiamo -il grano agli speculatori e non ai lavoratori, e che vogliamo l’accordo col X CONGRESSO PER L'ISTRUZIONE EXTRA SCOLASTICA 341 contadino medio, col contadino lavoratore, che siamo pronti a dargli tutto ciò che possiamo dare adesso; se il contadino lo vedrà, la sua alleanza con la classe operaia, la sua alleanza col proletariato sarà indi- struttibile. Ed è in questa direzione che noi andiamo. Mi sono però un po’ allontanato' dal mio tema e vi debbo tor- nare. Ora in tutti i paesi la parola « bolscevico » e la parola « so- viet » hanno cessato di essere espressioni strane quali erano fino a poco tempo fa, come da noi la parola « boxeur », che ripetevamo senza capirla. Le parole « bolscevico » e « soviet » vengono ora ripetute in tutte le lingue del mondo. Gli operai coscienti vedono che la bor- ghesia di tutti i paesi ogni giorno copre di calunnie il potere so- vietico nei suoi giornali, a milioni di copie; ed essi imparano da queste ingiurie. Recentemente ho letto alcuni giornali americani. Ho visto il discorso di un prete americano il quale diceva che i bolscevichi sono gente immorale, che istituiscono la nazionalizzazione delle donne, sono dei briganti, dei rapinatori. E ho visto la risposta dei socialisti ame- ricani: essi diffondono per cinque cents la Costituzione della Repub- blica russa sovietica, di questa « dittatura » che non dà « l'eguaglianza della democrazia del lavoro ». Rispondono citando un paragrafo della Costituzione di questi « usurpatori », « briganti », « violenti », che vio- lano l’unità della democrazia del lavoro. Fra l'altro, quando si fecero le accoglienze alla Bresckovskaia, il piu grande giornale capitalistico di New York il giorno del suo arrivo scrisse a lettere cubitali: « Benve- nuta, nonnina! ». I socialisti americani ristampando questo titolo han- no detto: « La Bresckovskaia è per la democrazia politica, c’è forse Ha meravigliarsi, operai americani, se i capitalisti ne fanno gli elogi? ». È per la democrazia politica. Perché devono farne gli elogi? Perché è contro la Costituzione sovietica. « Ed eccovi — dicono i socialisti ameri- cani — un articolo della Costituzione di questi briganti ». Essi citano sempre lo stesso articolo, che dice: non ha il diritto di voto e non ha il diritto di essere eletto chi sfrutta il lavoro altrui. Questo articolo della nostra Costituzione è conosciuto in tutto il mondo. Il potere sovietico proprio perché ha detto apertamente che tutto è subordinato alla dit- tatura del proletariato, che esso è un nuovo tipo di organizzazione dello Stato, proprio per questo si è conquistato la simpatia degli operai di tutto il mondo. Questa nuova organizzazione dello Stato nasce con grande fatica perché vincere la nostra indisciplina, il nostro disordine piccolo-borghese, è la cosa più difficile, è un milione di volte più diffici- 342 LENIN ]e che schiacciare un grande proprietario fondiario dispotico o un capi- talista dispotico, ma è anche un milione di volte piu fecondo per creare una nuova organizzazione, libera dallo sfruttamento. Quando l’organizzazione proletaria avrà assolto questo compito, il socialismo trionferà definitivamente. A questo si deve dedicare tutta la nostra attività nell’educazione scolastica ed extrascolastica. Nonostante le con- dizioni straordinariamente difficili, benché la rivoluzione socialista av- venga per la prima volta nel mondo in un paese con un livello cultu- rale così basso, nonostante ciò il potere sovietico ha già conquistato il riconoscimento degli operai degli altri paesi. L’espressione « dittatura del proletariato » è latina, e qualunque lavoratore la udisse non ne capi- va il significato, non capiva come si potesse tradurre in realtà. Adesso questa espressione è stata tradotta nella moderna lingua del popolo, adesso abbiamo mostrato che la dittatura del proletariato è il potere sovietico, il potere nel quale gli operai organizzano se stessi e di- cono: « La nostra organizzazione è superiore a tutte; chiunque non sia un lavoratore, chiunque sfrutti non ha il diritto di partecipare a questa organizzazione. Questa organizzazione è tutta tesa a un solo fine: l’abbattimento del capitalismo. Nessuna parola d’ordine menzo- gnera, nessun feticcio, come la “libertà”, Ineguaglianza”, ci può ingan- nare. Non riconosciamo né la libertà, né l’eguaglianza, né la democra- zia del lavoro, se esse sono in contrasto con gli interessi dell’emancipa- zione del lavoro dal giogo del capitale ». Questo abbiamo scritto nella Costituzione sovietica, e questa ha già guadagnato le simpatie degli operai di tutto il mondo. Essi sanno che, per quanto sia difficile la na- scita dell’ordine nuovo, per quante dure prove e persino sconfitte pos- sano toccare a singole repubbliche sovietiche, nessuna forza al mondo farà tornare l’umanità indietro. {Applausi fragorosi .) PREFAZIONE ALLA EDIZIONE DEL DISCORSO « COME SI INGANNA IL POPOLO CON LE PAROLE D’ORDINE DI LIBERTÀ E DI EGUAGLIANZA » La questione che ho esaminato nel mio discorso del 19 maggio al congresso per istruzione extrascolastica, e precisamente quella delTegua- glianza in generale e dell’eguaglianza dell’operaio e del contadino in particolare, è indubbiamente una delle questioni più attuali e più « scottanti » dell’epoca presente, che tocca i pregiudizi più radicati del piccolo borghese, del piccolo imprenditore, del piccolo commerciante, di ogni filisteo e dei nove decimi degl’intellettuali (compresi gli intel- lettuali menscevichi e socialisti-rivoluzionari). Negare l’eguaglianza dell’operaio e del contadino! Pensate un pò* che cosa mostruosa! Certo, tutti gli amici dei capitalisti, tutti i loro tirapiedi, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari in prima linea, cer- cano di aggrapparvisi per « istigare » il contadino, per « eccitarlo », per aizzarlo contro gli operai, contro i comunisti. Simili tentativi sono inevitabili, ma il loro vergognoso fallimento è sicuro, dato che sono basati sulla menzogna. I contadini sono persone assennate, concrete, persone di vita pra- tica. Bisogna spiegar loro le cose alla buona, praticamente, con esempi presi dalla vita. È giusto che il contadino che ha delle eccedenze di grano nasconda queste eccedenze in attesa che i prezzi si alzino a un livello esorbitante, speculativo, e senza pensare agli operai affama- ti? Oppure è giusto che il potere dello Stato, che si trova in mano agli operai, prenda tutte le eccedenze di grano non a un prezzo di speculazione, non a un prezzo da mercanti, non a un prezzo di rapina, ma a un prezzo di calmiere, stabilito dallo Stato? E proprio cosi si pone la questione. Qui sta il punto. Ed è questo che vogliono « eludere », con tante chiacchiere sulT« eguaglianza » e sul- l’« unità della democrazia del lavoro », tutti i mistificatori che operano. 34 4 LENIN come i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, a vantaggio dei capita- listi, per il ritorno al potere assoluto dei capitalisti. Il contadino deve scegliere: 0 il libero commercio del gtano, il che significa speculazione sul grano, significa libertà per i ricchi di arricchirsi, libertà per i poveri di andare in rovina e di fare la fame, significa ritorno del po- tere assoluto dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, rottura delPalleanza dei contadini e degli operai; oppure la consegna delle eccedenze di grano a prezzo di calmiere allo Stato, cioè al potere degli operai uniti, il che significa alleanza dei contadini e degli operai per annientare completamente la borghesia, per eliminare ogni possibilità di restaurare il suo potere. Questa è lalternativa. 1 contadini agiati, i kulak, sceglieranno la prima soluzione, vor- ranno tentare la fortuna alleandosi con i capitalisti e con i grandi pro- prietari fondiari contro gli operai, contro i poveri, ma in Russia questi contadini saranno la minoranza. La maggioranza dei contadini invece sarà per l’alleanza con gli operai, contro la restaurazione del potere dei capitalisti, contro la « libertà per il ricco di arricchirsi », contro la « libertà per il povero di fare la fame », contro il tentativo truffal- dino di coprire questa maledetta «libertà» capitalistica (la libertà di morire di fame) con parole pompose sulP« eguaglianza » ( l’eguaglianza del sazio che ha eccedenze di grano con l’affamato). Il nostro compito è di lottare contro l’astuto inganno capitalistico che i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari diffondono con parole re- boanti e magniloquenti sulla « libertà » e sull’« eguaglianza ». Contadini, strappate la maschera a questi lupi coperti di una pelle di agnello che vi cantano dolci canzoni sulla « libertà », l’« egua- glianza », P« unità della democrazia del lavoro », e che in realtà difen- dono in tal modo la « libertà » del grande proprietario fondiario di opprimere i contadini, 1*« eguaglianza », del ricco, del capitalista con loperaio o col contadino semiaffamato, l’« eguaglianza » del sazio, che nasconde le eccedenze di grano, con l’operaio tormentato dalla fame e dalla disoccupazione perché il paese è stato devastato dalla guerra. Que- sti lupi mascherati da agnelli sono i peggiori nemici dei lavoratori e in realtà, anche se si chiamano menscevichi, socialisti-rivoluzionari o senza partito, sono amici dei capitalisti. « L’operaio e il contadino sono eguali in quanto lavoratori, ma il PREFAZIONE ALL’EDIZIONE DEL DISCORSO 345 sazio speculatore di grano non è eguale al lavoratore affamato. » «Lot- tiamo soltanto per difendere gli interessi del lavoro, prendiamo il grano allo speculatore, e non al lavoratore. » « Vogliamo raccordo col conta- dino medio, col contadino lavoratore »: ecco che cosa ho dichiarato nel mio discorso, ecco qual è la sostanza della questione, ecco qual è la verità vera, che viene ingarbugliata con le frasi reboanti sulL« egua- glianza ». E la schiacciante maggioranza dei contadini sa che questo è vero, che lo Stato operaio lotta contro gli speculatori e i ricchi, e soc- corre in ogni modo i lavoratori e i poveri, mentre lo Stato dei grandi proprietari fondiari (sotto lo zar) e lo Stato capitalistico (nella piu libera e democratica delle repubbliche) sempre e dappertutto, in tutti i paesi, aiutano i ricchi a spogliare i lavoratori , aiutano gli speculatori e i ricchi ad arricchirsi a spese dei poveri ridotti in miseria. . Ogni contadino conosce questa verità. Perciò quanto più la mag- gioranza dei contadini sarà cosciente, tanto più rapidamente e ferma- mente farà la sua scelta: per l’alleanza con gli operai, per raccordo col governo operaio, contro lo Stato dei grandi proprietari fondiari o dei capitalisti; per il potere sovietico, contro V« Assemblea costituente » o la « repubblica democratica »; per raccordo con i bolscevichi, con i comunisti, contro l’appoggio ai capitalisti, ai menscevichi e ai socialisti- rivoluzionari! E ai signori « istruiti », ai democratici, ai socialisti, ai socialdemo- cratici, ai socialisti-rivoluzionari, ecc., diciamo: a parole ammettete tutti la « lotta di classe », nei fatti la dimenticate proprio quando essa diventa particolarmente acuta. E dimenticarla vuol dire passare dalla parte del capitale, dalla parte della borghesia, contro i lavoratori. Chi riconosce la lotta di classe, deve riconoscere che in una repub- blica borghese, foss’ anche la più libera e la più democratica, la « li- bertà » e l’« eguaglianza » non potevano essere e non sono mai state altro che espressione di eguaglianza e libertà fra possessori di merci , di eguaglianza e libertà del capitale . Marx lo ha spiegato mille volte in tutte le sue opere e soprattutto nel Capitale (che voi tutti a parole riconoscete), ha deriso la concezione astratta delia « libertà ed egua- glianza » e i volgari Bentham che non comprendevano tutto ciò, e ha messo a nudo le radici materiali di queste astrazioni. « Libertà ed eguaglianza » nel regime borghese (cioè finché esiste la proprietà privata della terra e dei mezzi di produzione) e nella de- 346 LENIN mocrazia borghese restano soltanto formali; in realtà esse significano schiavitù salariata degli operai (formalmente liberi, formalmente aventi gli stessi diritti) c potere assoluto del capitale , oppressione del ca- pitale sul lavoro. Questo è labbicci del socialismo, signori « istruiti », e voi l’avete dimenticato. Da questo abbicci consegue che durante la rivoluzione proletaria, quando la lotta di classe si acutizza fino a divenire guerra civile, soltanto gli sciocchi e i traditori possono cavarsela con frasi sulla « libertà », l'« eguaglianza », 1*« unità della democrazia del lavoro». In realtà è l’esito della lotta del proletariato contro la borghesia che decide tutto, mentre le classi intermedie, i ceti medi (compresa tutta la piccola borghesia, c quindi anche tutti i «contadini») tentennano inevitabil- mente fra i due campi. Si tratta di alleare questi strati intermedi a una delle forze prin- cipali, al proletariato o alla borghesia. Non può esservi nient’altro: chi ha letto il Capitale di Marx e non Mia capito, non ha capito nul- la di Marx, non ha capito nulla del socialismo, è di fatto un filisteo e un piccolo borghese che si trascina ciecamente dietro la borghesia. Ma chi l’ha capito, non si lascerà ingannare dalle frasi sulla « li- bertà » e sull’« eguaglianza », penserà e parlerà del nocciolo della que- stione, cioè delle condizioni concrete per l’ avvicinamento dei conta- dini agli operai, della loro alleanza contro i capitalisti, del loro accordo contro gli sfruttatori, i ricchi e gli speculatori. La dittatura del proletariato non è la fine della lotta di classe, c la sua continuazione in forme nuove. La dittatura del proletariato c la lotta di classe del proletariato vittorioso, che ha preso nelle sue mani il potere politico, contro la borghesia vinta, ma non annientata, non scomparsa, che non ha cessato di resistere, ma ha intensificato la sua resistenza. La dittatura del proletariato è una particolare forma di alleanza di classe fra il proletariato, avanguardia dei lavoratori, e i numerosi strati di lavoratori non proletari (piccola borghesia, piccoli proprietari, contadini, intellettuali, ecc.), o la maggior parte di loro, alleanza contro il capitale, alleanza che tende al completo abbattimento del capitale, al completo soffocamento della resistenza della borghesia e dei suoi tentativi di restaurazione, alleanza che tende alla definitiva edificazione e al consolidamento del socialismo. È un’alleanza di tipo particolare, che si forma in condizioni particolari, e cioè in una situa- zione di aspra guerra civile; è l’alleanza dei fautori risoluti del socia- PREFAZIONE ALL’EDIZIONE DEL DISCORSO 347 lismo con i suoi tentennanti alleati, talvolta «neutrali» (e allora da accordo di lotta, l’alleanza diventa accordo di neutralità), l’alleanza fra classi economicamente, politicamente, socialmente e spiritualmente di- verse. Possono sottrarsi allo studio delle forme concrete, delle condi- zioni, dei compiti di questa alleanza con frasi generiche sulla « libertà », P« eguaglianza », l’« unità della democrazia del lavoro », cioè con fram- menti del bagaglio ideologico dell’epoca deU’economia mercantile, sol- tanto i putridi eroi della putrida Internazionale gialla o « di Berna », come Kautsky, Martov e soci. N. Lenin 23 giugno 1919. Pubblicato nel 1919 nell’opuscolo: N. Lenin, Due discorsi al I Congresso di tutta la Russia per V istruzione extrascolastica, Mosca. TELEGRAMMA AL CONSIGLIO DEI COMMISSARI DEL POPOLO D’UCRAINA Kiev Il Comitato centrale del partito, dopo aver discusso della situa- zione critica, quasi catastrofica, nel bacino del Donez e sul Manyc, sol- lecita insistentemente il Consiglio di difesa di Kiev ad accelerare e inten- sificare con ogni mezzo l’aiuto militare al bacino del Donez, a designare alcuni dei migliori compagni perché sorveglino giorno per giorno, ora per ora, l’attuazione delle misure d’aiuto, e in particolare l’improroga- bile e totale mobilitazione degli operai di Odessa, Iekaterinoslav, Niko- laiev, Kharkov e Sebastopoli per rinforzare il fronte meridionale, e in- fine a rendere Podvoiski e Antonov personalmente responsabili del gruppo di Makhno. Rendetevi conto che se non si prende rapidamente Rostov, la rivoluzione è ineluttabilmente perduta. A nome del Comitato centrale Lenin Stalin Scritto l’8 maggio 1919. Pubblicato per la prima volta nel 1942. AGGIUNTA AL PROGETTO DI APPELLO AGLI OPERAI TEDESCHI E AI CONTADINI TEDESCHI CHE NON SFRUTTANO IL LAVORO ALTRUI In tutto il mondo aumenta la simpatia dei proletari per il potere sovietico, aumenta la loro convinzione che soltanto il potere dei soviet, dei lavoratori stessi, e non il parlamentarismo borghese, anche nella repubblica più democratica, è in grado di liberare il lavoro dal giogo del capitale, i popoli dall'odio e dalla guerra, l'umanità dalla furia di un imperialismo sfrenato. Questa convinzione si aprirà la strada a qualunque costo. Gli operai di tutti i paesi si convincono sempre più che non ci si può salvare dall’imperialismo e dalle guerre senza rompere con la borghesia e senza batterla, senza rovesciare il suo potere, senza schiacciare implaca- bilmente la resistenza degli sfruttatori. Ciò si può intraprendere soltanto nel proprio paese. Se il sistema sovietico russo ha guadagnato la sim- patia delle masse lavoratrici di tutto il mondo, se tutti, tranne gli sfruttatori e i loro lacchè, vedono la salvezza soltanto nel potere sovie- tico, noi, operai e contadini russi, abbiamo conquistato questa fiducia perché abbiamo rotto con la nostra borghesia, l'abbiamo rovesciata, ne abbiamo schiacciato la resistenza e abbiamo cacciato con infamia dalle file dei lavoratori quei capi del socialismo traditore che, come i men- scevichi e i socialisti-rivoluzionari, si sono alleati direttamente o indi- rettamente alla borghesia imperialistica, a Kerenski, ecc. Finché gli operai tedeschi tollereranno al potere simili traditori del socialismo, canaglie e lacche della borghesia, gli Scheidemann e tutto il loro partito, non si potrà neppure parlare di salvezza del po- polo tedesco. Fino allora il popolo tedesco resterà di fatto, nonostante tutte le frasi « socialiste », tutti gli abbellimenti « democratici » e « re- pubblicani », schiavo della borghesia e complice dei suoi delitti; esat- tamente come restano traditori del socialismo, canaglie e complici delle 350 LENIN atrocità e dei delitti della borghesia francese, inglese e americana, i « socialisti » dell'Intesa che fanno parte delPInternazionale gialla « di Berna» e che rispondono alle atrocità dell’Intesa con ipocriti pii desi- deri, con belle frasi vuote o complimenti a Wilson, ecc. La rottura degli operai tedeschi con i traditori del socialismo, gli Scheidemann e il loro partito, è inevitabile. La rottura degli operai tedeschi con la fiacchezza, l’indecisione, la mancanza di principi e di caràttere dei cosiddetti «indipendenti» (che ieri dipendevano dagli Scheidemann e oggi non hanno il coraggio di sostenere con risolutezza il passaggio di tutto il potere ai Consigli) è inevitabile. La borghesia può massacrare centinaia di dirigenti e migliaia di operai, ma non è in grado d’impedire questa rottura. Scritto Hi maggio 1919. Pubblicato per la prima volta nel 1949, nella rivista Bolsccvik, n. 1. TELEGRAMMA A I. V. STALIN 55 20-V-1919 Pietrogrado Smolny Stalin Ricevute entrambe le note. Accordo particolareggiato con Sklianski per lo stretto controllo delPesecuzione. Spero che la mobilitazione ge- nerale dei pietrogradesi conduca all’offensiva e non a restare nelle caserme. Lenin Pubblicato per la prima volta nel 1938. DISCORSO ALLA FESTA DELL’ISTRUZIONE MILITARE GENERALE 25 maggio 1919 58 Breve resoconto Oggi celebriamo la giornata dell’istruzione militare; generale dei lavoratori. Finora l’arte militare è stata uno degli strumenti per lo sfrutta- mento del proletariato da parte della classe dei capitalisti e dei grandi proprietari fondiari, e finora in tutta Europa il potere dei capitalisti si regge grazie ai resti del vecchio esercito diretto da ufficiali borghesi. Ma questo saldo sostegno della borghesia cadrà quando gli operai im- bacceranno i fucili, quando cominceranno a creare il loro immenso esercito proletario, a formare soldati che sanno per che cosa combat- tono, che difendono gli operai e i contadini, le fabbriche e le officine affinché i grandi proprietari fondiari e i capitalisti non possano tornare al potere. La festa di oggi mostra quale successo abbiamo conseguito, quale nuova forza cresce in seno alla classe operaia. Osservando questa pa- rata, ci convinciamo che il potere sovietico ha conquistato la simpatia degli operai di tutti i paesi, che al posto della guerra mondiale si sta- bilirà l’alleanza fraterna delle repubbliche sovietiche internazionali. Vi presento il compagno ungherese Tibor Szamuely, Commissario degli affari militari della Repubblica dei Consigli ungherese. Evviva il proletariato ungherese! Evviva la rivoluzione comunista internazionale! Izveslia del CEC , n. 113, 27 maggio 1919. SALUTO AGLI OPERAI UNGHERESI Compagni, le notizie che riceviamo dai dirigenti dei Consigli ungheresi ci riempiono di entusiasmo e di gioia. In Ungheria da poco piu di due mesi soltanto esiste il potere dei Consigli, ma nel campo dell’organizzazione il proletariato ungherese, a quanto pare, ci ha già sorpassati. Ciò è comprensibile perché in Ungheria il livello generale della cultura è superiore; inoltre il numero degli operai industriali in confronto a tutta la popolazione è infinitamente piu alto (tre milioni a Budapest su otto milioni di abitanti dell’attuale Unghe- ria); infine il passaggio al sistema dei Consigli, alla dittatura del pro- letariato è stato in Ungheria incomparabilmente piu facile e pacifico. Quest’ultima circostanza è particolarmente importante. In Europa la maggioranza dei dirigenti socialisti, tanto della tendenza socialscio- vinista quanto della tendenza kautskiana, educati da decenni di capita- lismo relativamente « pacifico » e di parlamentarismo borghese, si sono talmente impantanati nei pregiudizi puramente piccolo-borghesi, che non possono comprendere il potere sovietico e la dittatura del proleta- riato. Il proletariato non è in grado di compiere la sua missione storica mondiale di liberazione se non elimina dal suo cammino questi di- rigenti, se non li spazza via. Costoro hanno creduto, interamente o a metà, alle menzogne borghesi sul potere sovietico in Russia e non hanno saputo distinguere il contenuto della democrazia nuova, proleta- ria, della democrazia per i lavoratori, della democrazia socialista, incar- nata nel potere sovietico, dalla democrazia borghese, dinanzi alla quale essi s’inchinano servilmente chiamandola « democrazia pura » o « de- mocrazia » senz’altro. Questi uomini ciechi, imbevuti di pregiudizi borghesi, non hanno compreso la svolta d’importanza storica mondiale dalla democrazia bor- ghese alla democrazia proletaria, dalla dittatura borghese alla dittatura 12-2653 3 54 LENIN proletaria. Hanno confuso questa o quella particolarità del potere so- vietico russo, dello sviluppo storico di questo potere, in Russia, col potere sovietico nel suo significato internazionale. La rivoluzione proletaria ungherese aiuta anche i ciechi a recupe- rare la vista. In Ungheria la forma di transizione verso la dittatura del proletariato è assolutamente diversa da quella russa: dimissioni volon- tarie del governo borghese, ristabilimento immediato dell’unità della classe operaia, dell’unità del socialismo sulla base del programma comu- nista. L'essenza del potere sovietico si rivela oggi ancora più chia- ramente: in nessuna parte del mondo è oggi possibile alcun altro potere, sostenuto dai lavoratori con il proletariato alla loro testa, che non sia il potere sovietico, che non sia la dittatura del proletariato. Questa dittatura presuppone l’uso implacabilmente duro, rapido e deciso della violenza per schiacciare la resistenza degli sfruttatori, dei capitalisti, dei grandi proprietari fondiari e dei loro tirapiedi. Chi non l’ha capito, non è un rivoluzionario; deve essere cacciato dal posto di dirigente o di consigliere del proletariato. Ma non la sola violenza, e neppure principalmente la violenza,. è l’essenza della dittatura proletaria. La sua essenza fondamentale sta nell’organizzazione e nella disciplina del reparto piu avanzato dei lavo- ratori, della loro avanguardia, del loro unico dirigente: il proletariato. Il suo scopo è di creare il socialismo, di eliminare la divisione della società in classi, di trasformare tutti i membri della società in lavora- tori, di privare di ogni base qualsiasi sfruttamento dell’uomo da parte delPuomo. Questo scopo non può essere raggiunto di colpo; esso esige un periodo abbastanza lungo di transizione dal capitalismo al sociali- smo, sia perché la riorganizzazione della produzione è cosa difficile, sia perché occorre del tempo per operare trasformazioni radicali in tutti i campi della vita, e infine perché la forza enorme dell’abitudine alla gestione piccolo-borghese e borghese può essere vinta soltanto at- traverso una lotta lunga e tenace. Ed è per questo che anche Marx parla di tutto un periodo di dittatura del proletariato, come periodo di transizione dal capitalismo al socialismo 57 . Nel corso di tutta quest’epoca di transizione si opporranno a que- sto rivolgimento tanto i capitalisti, insieme ai loro numerosi accoliti fra gli intellettuali borghesi, che resistono scientemente, quanto una immensa massa di lavoratori, contadini compresi, su cui pesano ancora troppo le abitudini e le tradizioni piccolo-borghesi, che in generale resi- SALUTO AGLI OPERAI UNGHERESI 355 stono incoscientemente. I tentennamenti di questi strati sono inevi- tabili. Come lavoratore, il contadino tende verso il socialismo, prefe- rendo la dittatura degli operai alla dittatura della borghesia. Come ven- ditore di grano, il contadino tende verso la borghesia, verso la libertà di commercio, cioè tende verso il passato, verso il capitalismo « abi- tuale », « tradizionale ». La dittatura del proletariato, il potere di una sola classe, la forza della sua organizzazione e della sua disciplina, il suo potere centralizzato, che si appoggia su tutte le conquiste della cultura, della scienza, della tecnica del capitalismo, la sua proletaria familiarità con la mentalità di ogni lavoratore, la sua autorità di fronte al lavoratore della campa- gna o al piccolo produttore, dispersi, meno evoluti, meno fermi in politica: questo è necessario perché il proletariato possa guidare i con- tadini e tutti gli strati piccolo-borghesi in generale. Tutte le chiacchiere sulla « democrazia » in generale, suir« unità », oppure sull'« unità della democrazia del lavoro », suir« eguaglianza » di tutti « gli uomini del lavoro », ecc. ecc., tutte queste chiacchiere alle quali si abbandonano cosi facilmente i socialsciovinisti imborghesiti e i kautskiani, qui non servono a nulla. Gettano solo polvere negli occhi, accecano la coscienza, perpetuano la vecchia ignoranza, l’inerzia, l’abitudinarismo del capita- lismo, del parlamentarismo, della democrazia borghese. L’abolizione delle classi è il risultato di una lotta dì classe lunga, difficile, ostinata, che, dopo l’abbattimento del potere del capitale, dopo la distruzione dello Stato borghese, dopo l’instaurazione della dit- tatura del proletariato non scompare (come s’immaginano i rappre- sentanti volgari del vecchio socialismo e della vecchia socialdemo- crazia), ma cambia soltanto la sue forme, diventando sotto molti aspetti ancora piu accanita. È nella lotta di classe contro la resistenza della borghesia, contro l’inerzia, l’abitudinarismo, l’indecisione, i tentennamenti della piccola borghesia che il proletariato deve affermare il proprio potere, rafforzare la sua influenza organizzatrice, realizzare la « neutralizzazione » degli strati che temono di staccarsi dalla borghesia e seguono il proletariato in modo troppo incerto; deve consolidare la nuova disciplina, la disciplina fraterna dei lavoratori, il durevole legame dei lavoratori con il pro- letariato, il loro raggruppamento intorno al proletariato, questa nuova disciplina, che è la nuova base dei rapporti sociali e che deve sostituire 356 LENIN la disciplina della servitù della gleba, la disciplina della fame, della « li- bera » schiavitù salariata sotto il capitalismo, Per abolire le classi è necessario un periodo di dittatura di una sola classe, e precisamente di quella fra le classi oppresse che è in grado non soltanto di rovesciare gli sfruttatori, non soltanto di schiacciare implacabilmente la loro resistenza, ma di rompere spiritualmente con tutta l’ideologia democratica borghese, con tutto il vaniloquio piccolo- borghese sulla libertà e l’eguaglianza in generale (di fatto, come da tempo ha dimostrato Marx, questo vaniloquio significa « libertà ed eguaglianza » dei proprietari di tnerci } « libertà ed eguaglianza » del capitalista e dell’operaio ). E non basta. Fra le classi oppresse, è in grado di abolire le classi con la propria dittatura solo quella che è stata istruita, unita, educata, temprata da decenni di lotta economica e politica contro il capitale; soltanto quella classe che ha assimilato tutta la civiltà urbana, indu- striale, la civiltà della grande produzione capitalistica, che ha la riso- lutezza e la capacità di difenderla, di conservarla, e di sviluppare an- cor più tutte le sue conquiste, di renderle accessibili a tutto il popolo, a tutti i lavoratori; soltanto quella classe che saprà sopportare tutto il peso, le prove, le avversità, Ì grandi sacrifici che la storia inevitabil- mente impone a colui che rompe col passato e si apre audacemente una strada verso un nuovo avvenire; soltanto quella classe nella quale gli uomini migliori sono pieni di odio e di disprezzo verso tutto ciò che è piccolo-borghese e filisteo, verso quelle qualità tanto fiorenti fra la pìccola borghesia, i piccoli impiegati, gli « intellettuali »; soltanto quella classe che si è « temprata alla scuola del lavoro » e che sa ispirare rispetto, per la sua capacità di lavorare, a ogni lavoratore, a ogni persona onesta. Compagni operai ungheresi, voi avete dato al mondo un esempio ancor migliore di quello della Russia sovietica, perché avete saputo unire subito, sulla piattaforma della vera dittatura proletaria, tutti i socialisti. Vi attende ora il compito più meritorio e più difficile: resi- stere nella dura guerra contro l’Intesa, Siate fermi! Se ri saranno ten- tennamenti fra i socialisti che ieri si sono uniti a voi, alla dittatura del proletariato, oppure fra la piccola borghesia, reprimete implacabil- mente questi tentennamenti, La fucilazione: ecco la giusta sorte del vile in guerra, SALUTO AGLI OPERAI UNGHERESI 357 Voi fate Tunica guerra legittima, giusta, veramente rivoluzionaria, la guerra degli oppressi contro gli oppressori, la guerra dei lavoratori contro gli sfruttatori, la guerra per la vittoria del socialismo. In tutto il mondo, tutto quanto c’è di onesto nella classe operaia è dalla vostra parte. Ogni mese avvicina la rivoluzione proletaria mondiale. Siate risoluti! La vittoria sarà vostra! Lenin 27-V-1919 Pravda , n. 115, 29 maggio 1919. GLI EROI DELL’INTERNAZIONALE DI BERNA Nell’articolo La III Internazionale e il suo posto nella storia ( L'Internazionale Comunista , n. 1 del 1°-V-1919, p. 38 dell'edizione rus- sa) ho accennato a una delle manifestazioni più lampanti del crollo ideo- logico dei rappresentanti della vecchia, corrotta Internazionale « di Ber- na ». Questo fallimento dei teorici del socialismo reazionario, che non comprende la dittatura del proletariato, si è espresso nella proposta dei socialdemocratici « indipendenti » tedeschi di mettere insieme, combi- nare, accordare il parlamento borghese col potere dei Consigli. I teorici più in vista della II Intemazionale, Kautsky, Hilferding, Otto Bauer e soci non si sono resi conto che proponevano di unire la dittatura della borghesia con la dittatura del proletariato! Uomini che si erano fatti un nome e che si erano conquistata la simpatia degli operai propagandando la lotta di classe, spiegandone la necessità, non hanno compreso — nel momento più decisivo della lotta per il socia- lismo — che abbandonavano completamente tutta la dottrina della lotta di classe, la rinnegavano completamente e passavano di fatto nel campo della borghesia, cercando di unire la dittatura della borghesia con la dittatura del proletariato. Sembra incredibile, ma è un fatto. Per una rara eccezione siamo riusciti adesso a ricevere a Mosca parecchi giornali stranieri, sebbene in numeri singoli, e c’è quindi la pos- sibilità di ricostruire — benché, certo, tutt’altro che in modo com- pleto — la storia dei tentennamenti dei signori « indipendenti » circa la questione più importante dal punto di vista teorico e pratico dei nostri giorni. È la questione dell’atteggiamento della dittatura {del proletariato ) verso la democrazia (la democrazia borghese) ovvero del potere sovietico verso il parlamentarismo borghese. Nel suo opuscolo La dittatura del proletariato (Vienna, 1918), il GLI EROI DELL’lNTERNA2IONALE DI BERNA 359 signor Kautsky scriveva: « L’organizzazione sovietica è dunque uno dei fenomeni piu importanti del nostro tempo. Essa promette di acquisire un’importanza determinante nelle grandi battaglie decisive, tra il capi- tale e il lavoro, a cui andiamo incontro» (p. 33 dell’opuscolo di Kautsky). Ed aggiungeva che i bolscevichi avevano commesso un er- rore trasformando i soviet da « organizzazione di lotta di una classe » in « organizzazione statale », « sopprimendo » cosi « la democrazia » {ivi, p. 33). Nel mio opuscolo La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky (Pietrogrado e Mosca, 1918) ho analizzato particolareggiatamente que- sto giudizio di Kautsky e ho dimostrato che in esso sono dimenticati completamente i principi della dottrina marxista dello Stato. Infatti, lo Stato (ogni Stato, compresa la repubblica piu democratica) non è altro che una macchina per l’oppressione di una classe da parte di un’altra. Chiamare i soviet organizzazione di lotta di una classe e negar loro il diritto di trasformarsi in « organizzazione statale » significa ripu- diare di fatto l’abbiccì del socialismo, dichiarare o difendere l’inviola- bilità della macchina borghese per V oppressione del proletariato ( cioè della repubblica democratica borghese, dello Stato borghese), significa, di fatto, passare nel campo della borghesia. L’assurdità della posizione di Kautsky balza tanto agli occhi, la pressione delle masse operaie che reclamano il potere dei Consigli è tanto forte, che Kautsky e i kautskiani hanno dovuto retrocedere ver- gognosamente, cadere in contraddizioni, non essendo stati capaci di riconoscere onestamente il loro errore. Il 9 febbraio 1919 nel giornale Libertà ( Freiheit ), organo dei socialdemocratici « indipendenti » di Germania (indipendenti dal mar- xismo, ma completamente dipendenti dalla democrazia piccolo-borghe- se), è comparso un articolo del signor Hilferding che chiede già la trasformazione dei Consigli in organizzazioni statali, ma a fianco del parlamento borghese, a fianco dell’« assemblea nazionale». L’11 feb- braio 1919, in un appello al proletariato della Germania, tutto il par- tito « indipendente» accoglie questa parola d’ordine (per conseguenza anche il signor Kautsky, dimentico delle dichiarazioni fatte nell’autun- no del 1918). Tentare di unire la dittatura della borghesia con la dittatura del proletariato significa rinnegare completamente tanto il marxismo quan- to il socialismo in generale, significa dimenticare l’esperienza dei men- 360 LENIN scevichi e dei « socialisti-rivoluzionari » russi che dal 6 maggio al 23 ottobre 1917 (del vecchio calendario) hanno fatto il «tentativo» di unire i soviet come « organizzazione statale » con lo Stato borghese e hanno vergognosamente fallito. Al congresso di partito degli «indipendenti» (al principio di marzo del 1919) tutto il partito ha fatto sua questa saggissima com- binazione dei Consigli col parlamentarismo borghese. Ma ecco che nel n. 178 della Libertà del 13 aprile 1919 (nel Supplemento) si comunica che la frazione degli « indipendenti » al II Congresso dei Consigli ha proposto la seguente risoluzione: « Il II Congresso dei Consigli si pone sul terreno del sistema sovie- tico. Conformemente a ciò, l’edificazione politica ed economica della Ger- mania deve basarsi suH’organizzazione dei Consigli. I Consigli operai sono la rappresentanza riconosciuta della popolazione lavoratrice in tutti i campi della vita politica ed economica ». E, parallelamente a questo, la stessa frazione ha proposto al con- gresso un progetto di « direttive » (Richtlinien) , tra le quali leggiamo: « Tutto il potere politico appartiene al congresso dei Consìgli... » « Hanno il diritto di eleggere e di essere eletti nei Consigli, senza distinzione di sesso, coloro che compiono un lavoro socialmente utile e necessario, senza sfruttamento della forza-lavoro altrui. » È chiaro quindi che i capi « indipendenti » hanno dimostrato di essere dei meschini piccoli borghesi, interamente dipendenti dai pre- giudizi filistei della parte più arretrata del proletariato. Nell’autun- no 1918 questi capi, per bocca di Kautsky, respingono ogni trasforma- zione dei Consigli in organizzazioni statali. Nel marzo 1919 abbando- nano quella posizione, mettendosi alla coda delle masse operaie. Nel- l’aprile 1919 buttano a mare la decisione del loro congresso, pas- sando completamente alla posizione dei comunisti: « Tutto il potere ai Consigli ». Tali capi non valgono un gran che. Per funzionare da barometro dell’umore della parte più arretrata del proletariato, quella che cam- mina nelle ultime file invece di marciare alla testa dell’avanguardia, non è necessario essere dei capi. Dato che questi capi mutano le loro parole d’ordine con una tale mancanza di carattere, non valgono as- solutamente nulla. In loro non si può aver fiducia. Saranno sempre zavorra, un elemento negativo nel movimento operaio. GLI EROI DELL’INTERNAZIONALE DI BERNA 361 Un certo signor Daumig, il piu « a sinistra » tra di loro, faceva il seguente ragionamento al congresso del partito (cfr. Libertà del 9 marzo): « ... Daumig dichiara che niente lo separa dalla rivendicazione dei comu- nisti: “Tutto il potere ai Consigli operai”. Ma egli deve pronunziarsi contro il putschismo che quel partito esercita in pratica e contro il bizantinismo che i comunisti usano nei confronti delle masse, invece di educarle. Una condotta putschista e frazionistica non può portare avanti ». I tedeschi chiamano putschismo quello che i vecchi rivoluzionari russi, cinquantanni fa, chiamavano «scoppi», «fuochi d’artificio»: organizzazione di piccole congiure, attentati, insurrezioni, ecc. Nell’accusare i comunisti di « putschismo », il signor Daumig di- mostra soltanto il suo « bizantinismo », il suo servilismo da lacchè nei confronti dei pregiudizi filistei della piccola borghesia. Il « sinistrismo » di un siffatto signore, che per viltà davanti alle masse ripete le parole d’ordine « di moda » senza capire il movimento rivoluzionario delle masse y non vale un centesimo. In Germania va salendo l’ondata potente di uno spontaneo movi- mento di scioperi. La lotta proletaria, che ha uno sviluppo e uno slancio senza precedenti, supera visibilmente ciò che accadde in Russia nel 1905, quando il movimento degli scioperi raggiunse un livello ancora mai visto al mondo. Parlare di « putschismo » a proposito di un tale movi- mento, vuol dire essere un irrimediabile borghesuccio, un lacchè dei pregiudizi filistei. I signori filistei, con Daumig alla testa, sognano probabilmente una rivoluzione (se pure nelle loro teste trova posto un qualsiasi pensiero di rivoluzione) in cui le masse si sollevino di colpo e in modo completamente organizzato . Rivoluzioni di questo genere non ce ne sono e non ce ne possono essere. Il capitalismo non sarebbe capitalismo se non opprimesse, inti- midisse le masse di milioni di lavoratori, la stragrande maggioranza di essi, se non le tenesse nel bisogno e nell’ignoranza. Il capitalismo non può crollare altrimenti che per mezzo di una rivoluzione la quale nel corso della lotta metta in movimento masse prima non toccate. Le esplosioni spontanee durante l’ascesa rivoluzionaria sono inevitabili. Senza di esse non c’è stata e non ci può essere nessuna rivoluzione. Che i comunisti incoraggino la spontaneità è una menzogna del 362 LENIN signor Daumig, una menzogna proprio dello stesso genere di quelle che abbiamo sentito molte volte dai menscevichi e dai socialisti-rivolu- zionari. I comunisti non incoraggiano la spontaneità, non sono per le esplosioni isolate. I comunisti insegnano alle masse Pazione organiz- zata, razionale, unanime, tempestiva, matura. Le calunnie filistee dei signori Daumig, Kautsky e soci non possono confutare questo fatto. Ma i filistei non riescono a capire che i comunisti ritengono loro dovere, e del tutto giustamente, stare con le masse degli oppressi in lotta , e non con gli eroi piccolo-borghesi che se ne stanno in disparte e aspettano vilmente. Quando le masse lottano, gli errori sono inevi- tabili: i comunisti, pur vedendo questi errori, spiegandoli alle masse, sforzandosi di correggerli, battendosi instancabilmente per la vittoria della consapevolezza sulla spontaneità, rimangono con le masse . Meglio essere con le masse in lotta le quali si liberano gradatamente, nel corso della lotta, dei loro errori, che con gPintellettuali, con i filistei, con i kautskiani, i quali, standosene in disparte, aspettano la « vittoria com- pleta »: ecco la verità che non è dato comprendere ai signori Daumig. Tanto peggio per loro. Essi sono già entrati nella storia della rivoluzione proletaria mondiale come piccoli borghesi vili, come que- ruli reazionari, come gente che ieri faceva il lacchè agli Scheidemann, e oggi predica la « pace sociale », poco importa se questa predicazione si nasconde sotto la parola d’ordine dell’unione della Costituente con i Consigli o sotto la saccente condanna del « putschismo ». Il signor Kautsky ha battuto il record nel sostituire al marxismo la querimonia reazionaria piccolo-borghese. È sempre il suo stesso ritornello: deplora quanto avviene, si lamenta, piange, inorridisce, pre- dica la riconciliazione! Per tutta la vita questo cavaliere dalla triste figura ha scritto sulla lotta di classe e sul socialismo, ma quando si è giunti al massimo acutizzarsi della lotta di classe e alla vigilia del socialismo, il nostro saggio ha perso la testa, ha cominciato a lamen- tarsi e si è dimostrato un dozzinale filisteo. Nel n. 98 del giornale dei traditori viennesi del socialismo, Austerlitz, Renner, Bauer ( Giornale operaio del 9 aprile 1919, Vienna, edizione del mattino), Kautsky ripete per la centesima, se non per la millesima volta, le sue geremiadi: « ... Il pensiero economico e la comprensione economica — egli de- plora — sono stati scacciati dalle menti, e questo in tutte le classi... » « La lunga guerra ha ispirato a larghi strati del proletariato un completo disprezzo per le condizioni economiche e una salda fede nell’autocrazia della violenza... » GLI EROI DELL’INTERNAZIONALE DI BERNA 363 Questi sono i due « cavalli di battaglia » del nostro « eruditissi- mo » uomo! Il « culto della violenza » e il crollo della produzione: ecco perché si è perduto nella solita, vecchia querimonia piccolo-bor- ghese invece di fare un’analisi delle redi condizioni della lotta di clas- se. « Ci aspettavamo — egli scrive — che la rivoluzione avvenisse come prodotto della lotta di classe proletaria,.. Ma la rivoluzione è avvenuta in seguito allo sfacelo militare del sistema dominante, sia in Russia che in Germania... » In altre parole questo sapiente « aspettava » una rivoluzione pa- cifica! Meraviglioso! Ma il signor Kautsky ha perso la testa a tal punto da dimenticare che lui stesso, prima, quando era marxista, aveva scritto che molto probabilmente sarebbe stata la guerra a causare la rivoluzione. Ora, invece di un’analisi serena dei mutamenti inevitabili delle forme della rivoluzione in seguito alla guerra, il nostro « teorico » piange sulle sue « aspettative » infrante! « ...Disprezzo per le condizioni economiche da parte di larghi strati del proletariato! » Che lamentosa sciocchezza! Come conosciamo bene questa canzon- cina piccolo-borghese dei giornali menscevichi del tempo di Kerenski! L’economista Kautsky ha dimenticato che quando un paese è de- vastato dalla guerra e portato sull’orlo della rovina, la « condizione economica » importante, fondamentale, vitale è la salvezza dell’operaio. Se la classe operaia sarà salvata dalla morte per fame, dalla scomparsa pura e semplice, allora si potrà rimettere in piedi la produzione di- strutta. Ma per salvare la classe operaia è necessaria la dittatura del proletariato, la quale è Punico mezzo per impedire che il peso e le conseguenze della guerra si riversino sulle spalle degli operai. L’economista Kautsky ha « dimenticato » die il modo di ripartire il peso della sconfitta viene stabilito dalla lotta di classe e che la lotta di dasse, in un paese completamente logorato, rovinato, affamato, di- strutto, muta inevitabilmente le sue forme. Non è più una lotta di classe per partecipare alla produzione, per la direzione della produ- zione (perché la produzione si è arrestata, non c’è carbone, le ferrovie sono totalmente devastate, la guerra ha fatto usare la gente dalla vita abituale, le macchine sono logore, ecc. ecc,), ma per salvarsi dalla fame. Solo degli sdocchi, anche se estremamente « eruditi », possono, in una tale situazione, « condannare » il comuniSmo « di consumo, da soldati » 364 LENIN e insegnare altezzosamente agli operai l’importanza della produzione. Per prima cosa, innanzitutto, in primo luogo, bisogna salvare l’operaio. La borghesia vuole conservare i suoi privilegi, riversare tutte le conseguenze della guerra sull’operaio, e ciò significa far morire di fame gli operai. La classe operaia vuol salvarsi dalla fame; ma per far questo è necessario atterrare la borghesia, assicurarsi prima il consumo , sia pure lo stretto necessario, perché altrimenti non si riesce a tirare avanti un’esistenza da semiaffamati, non si riesce ad arrivare al giorno in cui si potrà riprendere la produzione. « Pensa alla produzione! », dice il sazio borghese all’operaio affa- mato e spossato, e Kautsky fa coro a questa canzone dei capitalisti, fingendo di parlare a nome della « scienza economica », e si trasforma completamente in lacche della borghesia. Ma l’operaio dice: la borghesia stia anch’essa con una razione di fame, affinché i lavoratori possano rimettersi, possano non morire. Il « comuniSmo di consumo » è la condizione per la salvezza dell’operaio. Non ci si deve fermare davanti a nessun sacrificio per la salvezza del- l’operaio! Mezza libbra ai capitalisti, una libbra agli operai; ecco come si deve fare per uscire dalla carestia, dalla rovina. Il consumo del- l’operaio affamato è la base e la condizione della ripresa della produ- zione. Con piena ragione, la Zetkin ha detto di Kautsky: « Qui si tratta di una ricaduta nell' economia politica borghese. La produzione esiste per l'uomo, non viceversa ». Una dipendenza altrettanto completa dai pregiudizi piccolo-borghesi ha dimostrato l’indipendente signor Kautsky deplorando il « culto della violenza». Quando i bolscevichi, fin dal 1914, dicevano che la guerra imperialistica si sarebbe trasformata in guerra civile, il signor Kautsky taceva, stando nello stesso partito di David e soci, che avevano dichia- rato questa previsione (e questa parola d’ordine) ima «follia». Kautsky non ha affatto capito l’inevitabilità della trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile e ora, dato che non ha capito, accusa entrambe le parti in lotta nella guerra civile! Non è forse questo un modello di ottusità reazionaria piccolo-borghese? Ma se nel 1914 l’incomprensione del fatto che la guerra imperia- listica dovesse inevitabilmente trasformarsi in guerra civile era soltanto un esempio di ottusità piccolo-borghese, ora, nel 1919, è già qualcosa GLI EROI DELL’INTERNAZIONALE DI BERNA 365 di peggio: è un tradimento della classe operaia. Poiché la guerra civile in Russia, in Finlandia, in Lettonia, in Germania e in Ungheria è un fatto. Kautsky ha riconosciuto centinaia e centinaia di volte, nelle sue opere precedenti, che vi sono periodi storici in cui la lotta di classe si trasforma inevitabilmente in guerra civile. Questo momento è ve- nuto, ma Kautsky si è ritiovato nel campo della piccola borghesia esi- tante, vile. « Lo spirito che anima Spartaco è fondamentalmente lo spirito di Lu - dendorff... » « ... cosi Spartaco ha come risultato non solo la rovina della propria causa , ma anche il rafforzamento della politica di violenza da parte dei socialisti della maggioranza. Noske è Vantipodo di Spartaco . » Queste parole di Kautsky (citate dal suo articolo pubblicato nel Giornale operaio di Vienna) sono tanto infinitamente sciocche, basse e volgari, che è sufficiente mostrarle a dito. Un partito che tollera siffatti dirigenti è un partito putrefatto. L’Internazionale di Berna, alla quale il signor Kautsky appartiene, dev’essere giudicata da noi, dal punto di vista di queste parole di Kautsky, come merita: Intemazionale gialla. Come curiosità, citiamo ancora un giudizio del signor Haase, nel- l’articolo L'Internazionale ad Amsterdam ( Libertà del 4 maggio 1919). Il signore Haase si vanta di aver proposto, sulla questione delle colo- nie, una risoluzione in base alla quale « la lega dei popoli, organizzata secondo le proposte dell’ Internazionale... ha il compito, fino alla realiz- zazione del socialismo ... » (notate bene!) «di amministrare le colonie innanzi tutto nell’interesse degli indigeni e poi nell’interesse di tutti i popoli uniti nella lega dei popoli ». Non è una perla? Fino alla realizzazione del socialismo, secondo la risoluzione di questo sapiente, amministrerà le colonie , non la borghesia, ma una qualche buona, giusta, mite «lega dei popoli»!! In che cosa si distingue, praticamente, questa opinione dall’ipocri- sia capitalistica più mascherata e detestabile? E questi sono i membri « di sinistra » dell’Internazionale di Berna... Perché il lettore possa confrontare più efficacemente tutta l’ottu- sità, la bassezza e la volgarità degli scritti di Haase, Kautsky e soci con la reale situazione in Germania, farò ancora una piccola citazione. 366 LENIN Il noto capitalista Walter Rathenau ha pubblicato un opuscolo: Lo Stato nuovo {Der neue Staat). L'opuscolo porta la data del 24 marzo 1919. Il suo valore teorico è zero. Ma, come osservatore, Walter Rathenau è costretto a riconoscere quanto segue: « Noi, popolo di poeti e di pensatori, per nostra occupazione secondaria (im Nebenberuf) siamo dei filistei ». « L'idealismo oggi è patrimonio soltanto dei monarchici estremi e degli spartachisti ». « La verità chiara e tonda è: noi andiamo verso la dittatura, quella proletaria o quella pretoriana ». (pp. 29, 52, 65.) Questo borghese immagina, evidentemente, di essere altrettanto indipendente dalla borghesia quanto i signori Kautsky e Haase im- maginano di essere « indipendenti » dalla piccola-borghesia e dal fili- steismo. Ma Walter Rathenau supera di due teste Karl Kautsky; perché il secondo si lamenta e si nasconde vilmente di fronte alla « verità chiara e tonda », mentre il primo la riconosce apertamente. 28-V-1919 TELEGRAMMA A I.V. STALIN Pietrogrado, Smolny, per Stalin. Tutte le circostanze concomitanti dell’offensiva delle guardie bian- che contro Pietrogrado lasciano supporre l’esistenza, nelle nostre retrovie e forse al fronte stesso, di un tradimento organizzato. Solo in tal modo si può spiegare l’offensiva con forze relativamente insignificanti, la rapida avanzata e la ripetuta distruzione di ponti sulle strade principali che portano a Pietrogrado. Sembra che il nemico sia assolutamente certo che non abbiamo una forza militare piu o meno organizzata per resistere e che inoltre conti su un aiuto dalle retrovie (incendio del deposito di artiglieria di Novo-Sokolniki, distruzione di ponti, la noti- zia della rivolta di Oredez ricevuta oggi). Prego di rivolgere la massima attenzione a queste circostanze e di prendere provvedimenti' urgenti per scoprire i complotti. Lenin Scritto il 29 maggio 1919. Pubblicato per la prima volta nel 1938. GUARDATEVI DALLE SPIE! Morte alle spie! L’offensiva delle guardie bianche contro Pietrogrado ha dimostrato con evidenza che in tutta la zona del fronte e in ogni grande città i bianchi dispongono di un’ampia organizzazione di spie e di tradi- tori, che fa saltare i ponti, fomenta sollevazioni nelle retrovie, as- sassina i comunisti e i membri più in vista delle organizzazioni operaie. Ognuno deve essere al suo posto di guardia. Ovunque bisogna raddoppiare la vigilanza, elaborare e applicare nel modo più rigoroso un insieme di provvedimenti per braccare le spie e i cospiratori bianchi e catturarli. Soprattutto i ferrovieri e i lavoratori politici di tutte le unità militari, senza eccezione, sono tenuti a raddoppiare le misure di vi- gilanza. Tutti gli operai e i contadini coscienti devono difendere col loro petto il potere dei soviet, devono lottare contro le spie e i traditori bianchi. Ognuno sia al suo posto di guardia, in contatto costante, militarmente organizzato, con i comitati di partito, con la Cekà, con i compagni più sicuri ed esperti fra i funzionari dei soviet. Il Presidente del Consiglio della difesa operaia e contadina V. Ulianov (Lenin) Il Commissario del popolo per gli affari interni F. Dzerginski Prcu'iLi, n. 1Ì6, 31 maggio 1919. PROGETTO DI DIRETTIVA DEL COMITATO CENTRALE SULL’UNIFICAZIONE MILITARE Considerando: 1 ) che la RSFSR è costretta, in alleanza con le Repubbliche so- vietiche sorelle di Ucraina, Lettonia, Estonia, Lituania e Bielorussia, a condurre una guerra difensiva contro il nemico comune, Fimperia- lismo mondiale e la controrivoluzione dei centoneri e delle guardie bianche da esso appoggiata; 2) che condizione indispensabile del successo di questa guerra è un comando unico di tutti i reparti dell’Esercito rosso nonché la cen- tralizzazione piu rigorosa nel disporre di tutte le forze e le risorse delle repubbliche socialiste, e in particolare dell’apparato di rifornimento militare e dei trasporti ferroviari, come fattori materiali essenziali della guerra, che hanno un’importanza primaria non soltanto per la realiz- zazione delle operazioni militari, ma anche per il rifornimento del- l’Esercito rosso in armi, materiali e viveri; il CC del PCR delibera: 1 ) è assolutamente indispensabile, per tutto il periodo della guerra difensiva socialista, Tunificazione dei rifornimenti delFEsercito rosso sotto la direzione unica del Consiglio di difesa e delle altre istanze cen- trali della RSFSR; 2) è assolutamente indispensabile, per tutto il periodo della guerra difensiva socialista, l’unificazione dei trasporti ferroviari e della dire- zione della rete ferroviaria su tutto il territorio delle repubbliche so- cialiste sorelle sotto la direzione e l’amministrazione del Commissariato del popolo per i trasporti della RSFSR; 3) gl’interessi della difesa sono incompatibili con resistenza di singoli organismi di rifornimento delFEsercito rosso e di singoli commis- sariati per i trasporti nelle repubbliche sovietiche sorelle; il CC del 370 LENIN PCR esige che per il periodo della guerra essi siano convertiti in sezioni degli organismi di rifornimento delPEsercito rosso della RSFSR e del Commissariato del popolo per i trasporti della RSFSR, diretta- mente amministrati dagli organi centrali di rifornimento dell’Esercito rosso della RSFSR e del Commissariato del popolo per i trasporti della RSFSR, e interamente subordinati ad essi; 4) ritenere abrogati tutti i decreti concernenti il rifornimento dell’Esercito rosso e i trasporti ferroviari o la direzione della rete fer- roviaria che contrastano con le ordinanze e i decreti che regolano il rifornimento dell’Esercito rosso della RSFSR e l’amministrazione della rete e dei trasporti ferroviari della RSFSR. Lenin Stalin Scritto nel maggio 1919. Pubblicato per la prima volta nel 1942. TELEGRAMMA A LV. STALIN Pietrogrado, Smolny, Stalin Se la situazione sul fronte di Pietrogrado è favorevole, bisogna tendere tutte le forze per assestare un colpo rapido e decisivo, poiché le truppe sono estremamente necessarie in altri luoghi. Lenin Scritto il 4 giugno 1919. Pubblicato per la prima volta nel 1938. PROGETTO DI RISOLUZIONE DEL CC DEL PCR(B) A PROPOSITO DEL FRONTE DI PIETROGRADO Il Comitato centrale delibera di: 1) Dichiarare il fronte di Pietrogrado primo per importanza. Te- nerne conto nella ripartizione delle truppe, eco. 2) Mandare a Pietrogrado i due terzi e al fronte meridionale un terzo della divisione ritirata dal fronte orientale. 3) Incaricare l’Ufficio d’organizzazione di prendere una serie di provvedimenti assai energici e urgenti per liberare i comunisti dai loro incarichi nei soviet (centrali e locali) e spostarli al lavoro mili- tare, soprattutto nelle retrovie lontane o vicine al fronte (lotta con- tro la diserzione; complotti militari; depositi; accelerazione della mo- bilitazione, ecc.). 4) Lo stesso incarico si dà al Consiglio di difesa e al Consiglio dei commissari del popolo. Scritto non dopo il 10 giugno 1919. I due primi punti sono stati pubblicati nel 1941. Si pubblica integralmente per la prima volta. LA GRANDE INIZIATIVA V eroismo degli operai nelle retrovie . A proposito dei « sabati comunisti » Pubblicato nel luglio 1919 in opuscolo, Mosca. Firmato: Lenin La stampa riferisce numerosi esempi di eroismo dei soldati rossi, Nella lotta contro le truppe di Kolciak e di Denikin, e contro le al- tre truppe dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, gli operai e i contadini, difendendo le conquiste della rivoluzione socialista, com- piono spesso prodigi di valore e di resistenza. Lento e difficile è il supe- ramento delle abitudini partigiane, il superamento della rilassatezza e deUmclisciplina, ma si va avanti, nonostante tutto. L’eroismo delle masse lavoratrici che si sacrificano coscientemente per la vittoria del socialismo è la base della disciplina nuova, fraterna, nelle file del- l’Esercito rosso, la base della sua rigenerazione, del suo consolidamen- to, del suo sviluppo. L’eroismo degli operai nelle retrovie non è meno degno di atten- zione. A questo riguardo l’organizzazione dei sabati comunistìy per ini- ziativa degli operai stessi, ha un’importanza veramente gigantesca. Evi- dentemente si tratta soltanto di un inizio, ma questo inizio ha una importanza infinitamente grande. È l’inizio di una rivoluzione piu dif- ficile, piu essenziale, piu radicale, piu decisiva deirabbattimento della borghesia, perché è una vittoria sulla nostra inerzia, sulla nostra rilas- satezza, sul nostro egoismo piccolo-borghese, sulle abitudini che il ma- ledetto capitalismo ha lasciato in eredità all’operaio e al contadino. Quando questa vittoria sarà consolidata, allora, ma soltanto allora, la nuova disciplina sociale, la disciplina socialista, sarà creata; allora, ma soltanto allora, il ritorno al capitalismo diventerà impossibile e il comuniSmo sarà realmente invincibile. La Pravda del 17 maggio ha pubblicato un articolo del compagno A.G.: II lavoro alla maniera rivoluzionaria (Un sabato comunista). Questo articolo è tanto importante che lo riproduciamo per intero. 376 LENIN IL LAVORO ALLA MANIERA RIVOLUZIONARIA (Un sabato comunista ) « La lettera del CC del PCR sul lavoro alla maniera rivoluzionaria ha dato un potente stimolo alle organizzazioni comuniste e ai comunisti stessi. Sotto la spinta deirentusiasmo generale, molti ferrovieri comunisti sono partiti per il fronte; ma il maggior numero di loro non ha potuto abban- donare il suo posto di responsabilità né ricercare nuovi metodi di lavoro alla maniera rivoluzionaria. Le informazioni che ci pervengono dalle orga- nizzazioni locali sulla lentezza con cui procede la mobilitazione e sulla trafila burocratica, hanno indotto la sottosezione della ferrovia Mosca-Kazan a rivol- gere la sua attenzione al meccanismo deiramministrazione ferroviaria. Si è constatato che per mancanza di mano d’opera e in conseguenza della scarsa intensità del lavoro, subiscono ritardi urgenti ordinazioni e riparazioni di locomotive. Il 7 maggio, airassemblea generale dei comunisti e dei simpatiz- zanti della sottosezione della linea Mosca-Kazan, è stata sollevata la questione della necessità di passare dalle parole ai fatti riguardo all’aiuto da prestare per conseguire la vittoria su Kolciak. La risoluzione approvata diceva: ^Considerata la grave situazione interna ed estera, i comunisti e i simpatizzanti devono, per sopraffare il nemico di classe, di nuovo mobilitarsi e strappare al loro riposo un’altra ora, devono cioè allungare di un’ora la loro giornata lavorativa, totalizzare queste ore e il sabato prestare sei ore consecutive di lavoro manuale per produrre immediatamente un valore Leale. Considerando che i comunisti non devono risparmiare nc la loro, salute né la loro vita per le conquiste della rivoluzione, il lavoro sarà compiuto gratuitamente. Si deve introdurre il sabato comunista in tutta la sottosezione fino alla completa vittoria su Kolciak 4 ’. Dopo alcune esitazioni questa proposta fu accettata all'unanimità. Sabato 10 maggio i comunisti e i simpatizzanti alle 6 di sera Si sono presentati al lavoro come soldati, si sono messi in fila e senza confusione sono stati condotti dai capisquadra al loro posto di lavoro. I risultati del lavoro alla maniera rivoluzionaria sono palesi. La tabella che riproduciamo indica le imprese e la natura del lavoro. II costo complessivo del lavoro, secondo le tariffe salariali normali, sarebbe stato di 5 milioni di rubli; e, trattandosi di lavoro straordinario, di una volta e mezzo di più. L’intensità dei lavori di carico ha superato del 270% quella degli operai ordinari. Gli altri lavori sono stati compiuti pressappoco con la stessa intensità. È stato eliminato il ritardo delle ordinazioni (urgenti) dovuto alla mancanza di mano d’opera e alla trafila burocratica, ritardo che andava dai sette giorni ai tre mesi. Il lavoro è stato eseguito con attrezzi difettosi (ma facili da rimettere in sesto) per cui certi gruppi sono rimasti fetmi da trenta a quaranta minuti. Il personale amministrativo rimasto a dirigere i lavori aveva appena LA GRANDE INIZIATIVA 377 Numero di ore Posto di lavoro Descrizione del lavoro Nume- Lavoro compiuto ro di operai di o- gnuno totale Mosca, offici- Carico di materiale 48 5 240 Caricati ne centrali per per la linea, di at- 7.500 pud la riparazione trezzi per le ripara- delle locomo- tive zioni di locomotive e di pezzi di ricambio per le vetture per Pe- 21 3 63 scaricati 1.800 pud rovo, Murom, Ala- tyr e Syzran 5 4 20 Mosca, depo- Grandi riparazioni 26 5 130 In complesso, ripara- sito dei treni correnti di Iocomo- ta una locomotiva e viaggiatori tive mezza. Mosca, stazio- Riparazioni correnti 24 ne di smista- di locomotive mento ■sa Mosca, parco Riparazioni correnti 12 6 72 2 vetture di terza dei vagoni vagoni-viaggiatori classe Perovo, offici- Riparazioni grandi e 46 5 230 12 carri merci e 2 ne centrali per piccole di vetture. carri scoperti la riparazione sabato, 115 delle vetture domenica 23 5 Totale 205 — 1.014 In tutto, rimessi in servizio 4 locomotive e 16 vagoni; scaricati e caricati 9.300 pud il tempo di prepararne dei nuovi, e forse non sono di molto esagerate le parole di un vecchio caposquadra il quale affermava che nel sabato comu- nista si era eseguito il lavoro che operai non coscienti e svogliati compiono in una settimana. Dato che ai lavori hanno partecipato anche semplici fautori sinceri del 378 LENIN potere sovietico e ci si può aspettare un afflusso di tali elementi nei prossimi sabati, e dato il desiderio delle altre sezioni di seguire l’esempio dei ferro- vieri comunisti della linea Mosca-Kazan, mi soffermerò particolareggiata* mente sul lato organizzativo, secondo le informazioni ricevute dalle organiz- zazioni locali. Fra coloro che hanno preso parte ai lavori circa il 10% era costituito da comunisti con un impiego fisso in quel dato settore. Gli altri occupavano cariche responsabili ed elettive, dal commissario della linea al commissario di questo o quello stabilimento, o erano rappresentanti dei sindacati o degli impiegati della Direzione e del commissariato per i trasporti. L’entusiasmo e l’affiatamento nel lavoro erano straordinari. Quando operai, impiegati e funzionari deH’amministrazione, senza imprecazioni né liti, afferrando una ruota di 40 pud destinata alla locomotiva di un treno per passeggeri, la fecero rotolare, come formiche laboriose, fino al posto stabilito, questo lavoro collettivo fece nascere nel nostro cuore un caldo sentimento di gioia, e la nostra fede nella sicura vittoria della classe operaia si rafforzò. I predoni mondiali non riusciranno a strangolare gli operai vin- citori. Invano i sabotatori interni attendono la venuta di Kolciak. Terminato il lavoro, i presenti furono testimoni di uno spettacolo indi- menticabile: un centinaio di comunisti, stanchi, ma con gli occhi che bril- lavano per la gioia, salutarono il successo delTopcra col canto solenne del- Y Internazionale. Sembrava che gli accenti dell’inno vittorioso si riversassero oltre le mura, nella Mosca operaia e, come le onde formate dal lancio di una pietra, dilagassero sulla Russia operaia e incitassero gli stanchi e gli svogliati. A. G. » Elogiando questo meraviglioso « esempio degno di essere imita- to », la Pravda del 20 maggio, in un articolo del compagno N.R., scri- veva appunto sotto questo titolo: «Gli esempi di lavori analoghi compiuti da comunisti non sono rari. Conosco casi simili, avvenuti in una centrale elettrica e su diverse linee ferroviarie. Sulla linea Nikolaievskaia i comunisti hanno fatto parecchie not- tate di lavoro straordinario per sollevare una locomotiva che si era rovesciata su una piattaforma rotante; sulla linea del Nord, in pieno inverno, tutti i comunisti e i simpatizzanti hanno lavorato alcune domeniche per spazzare la neve dalle rotaie; le cellule comuniste di molte stazioni-merci, per evitare i furti dei carichi, fanno la ronda di notte; ma si trattava di un lavoro occasionale, non regolare. I compagni ferrovieri della linea di Kazan hanno introdotto un elemento nuovo che rende questo lavoro sistematico, perma- nente. “Fino alla vittoria completa su Kolciak”, cosi hanno deciso i nostri compagni della linea di Kazan; e in ciò sta Timportanza del loro lavoro. Essi prolungano di un’ora la giornata lavorativa dei comunisti e dei simpa- tizzanti per tutta la durata dello stato di guerra; in pari tempo dànno l’esempio di un lavoro produttivo. Questo esempio è già stato e deve essere imitato. L’assemblea generale dei comunisti e dei simpatizzanti della ferrovia Alexandrovskaia, dopo aver LA GRANDE INIZIATIVA 379 esaminato la situazione militare e la risoluzione dei compagni della linea di Kazan, ha deciso dì: 1) Istituire i “sabati” per i comunisti e i simpatizzanti della ferrovia Alexandrovskaia. Il primo è fissato per il 17 maggio. 2) Orga- nizzare i comunisti e i simpatizzanti in squadre modello, esemplari, che dovranno far vedere agli operai come si deve lavorare e che cosa si può realmente fare col materiale e con gli utensili esistenti, e tenendo conto dell'alimentazione attuale. A quanto dicono i compagni della linea di Kazan, il loro esempio ha fatto ima grande impressione e per il prossimo sabato essi attendono al la- voro un notevole numero di operai senza partito. Nel momento in cui scri- viamo, il lavoro straordinario dei comunisti nelle officine della ferrovia Ale- xandrovskaia non è ancora incominciato; ma è bastato che si spargesse la voce perché la massa dei senza partito si mettesse in movimento, si facesse sentire. “Ieri non lo sapevamo, altrimenti ci saremmo regolati e avremmo lavorato anche noi”, “Sabato prossimo verrò senz'altro”, si sente dire da tutte le parti. L'impressione prodotta da questo genere di lavoro è considerevole. Tutte le cellule comuniste delle retrovie devono seguire l'esempio dei compagni della linea di Kazan. Non solo le cellule comuniste del nodo ferro- viario di Mosca, ma tutta l’organizzazione del partito in tutta la Russia deve seguire questo esempio. Anche nei villaggi le cellule comuniste devono in primo luogo mettersi a coltivare i campi appartenenti ai soldati rossi per aiu- tare le loro famiglie. I compagni della linea di Kazan hanno terminato il loro lavoro del primo sabato comunista al canto d e\Y Internazionale. Se le organizzazioni comuniste di tutta la Russia seguono questo esempio e lo applicano ferma- mente, i prossimi duri mesi della Repubblica sovietica russa saranno supe- rati al canto vigoroso dell'Internazionale di tutti i lavoratori della repubblica... Al lavoro, compagni comunisti! ». La Pravda del 23 maggio 1919 informa che: « Il 17 maggio alla ferrovia Alexandrovskaia ha avuto luogo il primo “sabato” comunista. Novantotto comunisti e simpatizzanti, conformemente alla decisione dell'assemblea generale, hanno fatto gratuitamente cinque ore di lavoro straordinario; hanno avuto diritto soltanto ad un secondo pasto a pagamento, e, sempre a pagamento, hanno ricevuto la mezza libbra di pane che spetta ai lavoratori manuali ». Benché il lavoro fosse stato insufficientemente preparato e organiz- zato, la produttività è stata doppia e tripla della produttività ordinaria . Esempi: Gnque tornitori hanno fatto 80 assi in quattro ore. La produtti- vità è stata del 213% in confronto a quella ordinaria. Venti manovali hanno raccolto in quattro ore 600 pud di vecchio 380 LENIN materiale e 70 molle di vagoni, ciascuna del peso di tre pud e mezzo: in tutto 850 pud. La produttività è stata del 300% in confronto a quella ordinaria. « Ecco come i compagni spiegano la cosa: il lavoro in tempo normale li annoia, ne sono stufi. Ma qui si lavora volentieri, con entusiasmo. Ed ora si avrà vergogna di fare in tempo normale meno che durante il sabato co- munista. Ora molti operai senza partito esprimono il desiderio di partecipare ai sabati comunisti. Le squadre addette alle locomotive si offrono di tirar fuori dal “cimitero' 1 , in un solo sabato, una locomotiva, di ripararla e rimet- terla in servizio. Ci giunge la notizia che tali sabati verranno organizzati sulla linea di Viazma ». Sulla Pravda del 7 giugno il compagno A. Diacenko racconta come procede il lavoro in questi sabati comunisti. Riportiamo la parte prin- cipale del suo articolo, intitolato No/e di un sabato comunista : « Con grande gioia sono andato con un mio compagno a fare la mia “pratica” del sabato, secondo la risoluzione della sottosezione ferroviaria, e fa- re riposare la testa facendo lavorare i muscoli... Ci assegnano alla falegnameria della ferrovia. Entriamo, troviamo vecchie conoscenze, ci scambiamo saluti, parole scherzose, contiamo le nostre forze: trenta persone in tutto... E da- vanti a noi sì erge il “mostro”, una caldaia a vapore del peso rispettabile di circa 600 o 700 pud; e dobbiamo “spostarla”, cioè rotolarla per una distanza di un quarto o un terzo di versta, fino alla piattaforma. Il dub- bio s'insinua nella nostra mente... Ma eccoci pronti: i compagni hanno semplicemente fatto passare dei rulli di legno sotto la caldaia, alla quale hanno fissato due corde, e il lavoro incomincia!... La caldaia cede malvo- lentieri, ma si muove. Ce ne rallegriamo: siamo cosi pochi... Non è forse la stessa caldaia che degli operai non comunisti, tre volte piu numerosi, avevano trascinato per quasi due settimane? E non aveva voluto cedere; ci aveva aspettati... Lavoriamo per un’ora con tutte le nostre forze, affia- tati, al comando cadenzato del nostro “capofila”: “Uno, due, tre”! E la cal- daia va avanti, va avanti. Ma ad un tratto, che disdetta!, una fila di compagni cade di colpo, comicamente; è la corda che ci ha “traditi”... Ma la fermata non dura che un momento; sostituiamo la corda con un cavo... È sera, l’oscurità scende a vista d’occhio, ma abbiamo ancora una piccola altura da superare, e allora il lavoro sarà quasi finito. Le braccia scricchiolano, le mani bruciano, siamo accaldati; spingiamo con tutte le forze, e il lavoro procede. L’“amministrazione” è presente e, turbata da questo successo, si attacca spontaneamente al cavo: date una mano! Era ora! Un soldato rosso ha gli occhi fìssi su di noi. Regge una fisarmonica. A che cosa pensa? Che gente sono costoro? Che cosa fanno qui di sabato, quando tutti restano a casa? LA GRANDE INIZIATIVA 381 10 sciolgo il suo dubbio e gli dico: “Compagno, suonaci qualcosa di allegro; non siamo dei lavoratori qualunque, ma dei veri comunisti; vedi come corre 11 lavoro nelle nostre mani. Non siamo venuti a fare i poltroni, lavoriamo con tutta l’anima”. Il soldato rosso posa accuratamente la sua fisarmonica e si slancia verso il nostro cavo... Il compagno U., con la sua bella voce tenorile, intona: “L'inglese intelligente”, noi gli facciamo coro e le parole della canzone operaia risuo- nano sordamente: “Ehi, randello, forza...”. I muscoli, non allenati, sono stanchi, le spalle, il dorso ci dolgono, ma abbiamo dinanzi un giorno libero, un giorno di riposo, potremo dormire a volontà. La meta è vicina, e dopo una breve esitazione il nostro “mostro” si trova vicino alla piattaforma: passateci sotto delle travi, spingetela sulla piattaforma, e che questa caldaia dia il lavoro che da essa si attende da tanto tempo. Andiamo tutti insieme al “club” della cellula locale, ornato di ma- nifesti, pieno di fucili, ben illuminato e dopo una bella cantata del YInter- nazionale ci prendiamo un tè al “rhum” e persino del pane. Questo spuntino organizzato e offertoci dai compagni del luogo cade proprio a proposito dopo il nostro faticoso lavoro. Salutiamo fraternamente i nostri compagni e ci inco- lonniamo. I canti della rivoluzione risuonano nel silenzio notturno della strada addormentata, il rumore cadenzato dei nostri passi accompagna il canto: “Coraggio, compagni, al passo”, “In piedi, dannati della terra..,”. Sale il nostro canto, il canto deirinternazionale e del lavoro. È passata una settimana. Braccia e spalle si sono riposate e andiamo a un altro “sabato” a nove verste di distanza, questa volta per fare delle vetture. È a Perovo. I nostri compagni si sono arrampicati sul tetto di una “americana’* e cantano con bella voce sonora VInternazionale. Il pubblico del treno ascolta attento ed è visibilmente meravigliato. Le ruote fanno un rumo- re cadenzato e noi, non avendo avuto il tempo di arrampicarci lassù, restiamo appesi alle scalette intorno all’“americana”, facendo la figura dei “rompi- collo” Ecco la stazione. Siamo arrivati. Attraversiamo un lungo cortile e in- contriamo il commissario, compagno G., che ci accoglie calorosamente. II lavoro c’è ma gli uomini sono pochi. Siamo appena trenta e in sei ore dobbiamo riparare 13 vetture. Ecco le ruote segnate; non ci sono solo vetture vuote, ma anche una cisterna piena... Ma non importa, “ci arrangeremo”, compagni! Il lavoro ferve. Io e altri cinque compagni lavoriamo con le spranghe, ossia con le leve... Le ruote accoppiate, del peso di 60 e 70 pud, saltano vivaci e spedite sotto la pressione delle nostre spalle e delle stanghe mano- vrate dal nostro “capofila”, da un binario airaltro. Partita una coppia, un’altra la rimpiazza. Eccole tutte a posto, e noi “facciamo filare” questa vecchia fer- raglia verso una rimessa. Uno, due, tre: le ruote sono sollevate in aria da uncini girevoli, e i binari sono liberi. Laggiù, nell’oscurità, battono i martelli; svelti come le api Ì nostri compagni lavorano attorno ai loro vagoni “malati”. Chi si è fatto falegname, chi verniciatore, chi lattoniere; il lavoro vola nelle nostre mani, con gioia nostra e del compagno commissario. Ma anche i fabbri hanno bisogno delle nostre braccia. In una forgia portatile vi è un 382 LENIN gancio di trazione stortosi per una spinta mal data. Scaldato a bianco, spri- gionando scintille, eccolo sull’incudite di ghisa, e sotto i nostri colpi ben assestati, diretti da un compagno esperto, riprende la sua forma regolare. È ancora bianco-rossastro, e già lo portiamo, presto presto, al suo posto dove viene introdotto nel suo alveo di ferro, mentre continua a sprigio- nare scintille; qualche colpo, ed è fissato. Ci corichiamo sotto le vetture: la struttùra degli attacchi e delle guide non è cosi semplice come pare: vi è tutto un sistema di chiodature e di molle a spirale... Il lavoro ferve, la notte si fa buia, le torce ardono più luminose. Siamo quasi alla fine. Una parte dei compagni si è “appollaiata” presso un mucchio di legna e "sorseggia* un tè caldo. La notte di maggio è fresca, e bella è nel cielo la falce della luna crescente. Scherzi, risate, un sano umorismo. “Compagno G., finiscila di lavorare! Tredici vetture dovrebbero ba- starti!” Ma per il compagno G, è ancora poco. Abbiamo finito di bere il tè. Intoniamo i nostri canti di vittoria, ci avviamo verso luscita... * Il movimento in favore dei « sabati comunisti :» non si limita a Mosca. La Pravda del 6 giugno comunica: « Il 31 maggio ha avuto luogo a Tver il primo sabato comunista. Alle ferrovie hanno lavorato 128 comunisti. In tre ore e mezza sono stati caricati e scaricati 14 vagoni, riparate tre locomotive, segati dieci sagen di legno e sono stati effettuati altri lavori. Il rendimento degli operai comuisti quali- ficati ha superato di circa 13 volte il rendimento ordinario*. Poi, nella Pravda dell 1 8 giugno, si legge: I SABATI COMUNISTI « S arato v f 5 giugno. I ferrovieri comunisti, in risposta all'appello dei loro compagni di Mosca, hanno deriso nell’assemblea generale di partito di fare ogni sabato cinque ore supplementari senza compenso, per sostenere reconomia nazionale ». Ho riferito, per quanto mi è stato possibile dettagliatamente e per intero, le informazioni sui sabati comunisti, perché in questi vedia- mo indubbiamente uno dei lati piu importanti dell’edificazione comuni- sta, al quale la nostra stampa non presta sufficiente attenzione, e che noi tutti non abbiamo ancora sufficientemente apprezzato. Meno chiacchiere politiche, piu attenzione ai fatti più semplici, ma reali, ai fatti deU’edificazione comunista presi dalla vita, provati LA GRANDE INIZIATIVA 383 dalla vita: questa parola d’ordine deve essere continuamente ripetuta da noi tutti, dai nostri scrittori, agitatori, propagandisti, organizza- tori, ecc. È naturale e inevitabile che nel primo periodo della rivoluzione proletaria ci si preoccupi soprattutto del campito principale ed essen- ziale: quello di vincere la resistenza della borghesia, di riportare la vittoria sugli sfruttatori, di reprimere i loro complotti (del genere della « congiura degli schiavisti » per cedere Pietrogrado, congiura a cui par- teciparono tutti, dai centoneri e cadetti ai menscevichi e socialisti- rivoluzionari compresi 50 ). Ma accanto a questo compito se ne im- pone altrettanto imperiosamente — e quanto piu si va avanti tanto piu si imporrà — un altro più vitale, quello della positiva edificazione comunista, della creazione di nuovi rapporti economici, della creazione di una nuova società. La dittatura del proletariato — come ho avuto occasione di affer- mare più volte, e fra l’altro nel mio discorso alla seduta del 12 maggio del Soviet dei deputati operai di Pietrogrado — non è soltanto violenza contro gli sfruttatori, e neppure principalmente violenza. Base econo- mica di questa violenza rivoluzionaria, garanzia della sua vitalità e del suo successo è il fatto che il proletariato rappresenta e realizza, ri- spetto al capitalismo, un tipo più alto di organizzazione sociale del lavoro. Questa è la sostanza, qui sta la sorgente della forza e la garan- zia dell'ineluttabile e completa vittoria del comuniSmo. L'organizzazione feudale del lavoro sociale poggiava sulla disci- plina del bastone, quando i lavoratori, spogliati e vessati da un pugno di grandi proprietari fondiari, erano estremamente ignoranti e abbrutiti. L'organizzazione capitalistica del lavoro sociale poggiava sulla disciplina imposta dalla fame, e la grandissima massa dei lavoratori, nonostante tutto il progresso della cultura borghese e della democrazia borghese, restava, anche nelle repubbliche più avanzate, civili e democratiche, una massa ignorante e timorosa di schiavi salariati o di contadini schiac- ciati, spogliati e vessati da un pugno di capitalisti. L'organizzazione comunista del lavoro sociale, di cui il socialismo rappresenta il primo passo, poggia, e poggerà sempre più, sulla disciplina libera e cosciente dei lavoratori stessi, che hanno scosso il giogo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti. Questa nuova disciplina non cade dal cielo e non nasce da pii desideri; sorge dalle condizioni materiali create dalla grande produ- 384 LENIN zione capitalistica, e soltanto da esse. Senza queste condizioni essa non è possibile. Chi apporta tali condizioni materiali o le realizza è una determinata classe storica che è stata creata, organizzata, unita, istruita, educata e temprata dal grande capitalismo. Questa classe è il proletariato. La dittatura del proletariato, se si traduce quest’espressione latina, scientifica, storico-filosofica in un linguaggio più semplice, significa: Solo una classe determinata, e precisamente gli operai delle città, e in generale gli operai di fabbrica, gli operai industriali, è in grado di dirigere tutta la massa dei lavoratori e degli sfruttati nella lotta per distruggere il potere del capitale, nel processo di distruzione, nella lotta per assicurare e consolidare la vittòria, nella creazione del nuovo ordine sociale, dell'ordine socialista, in tutta la lotta per l’abolizione completa delle classi. (Notiamo fra parentesi che la differenza scien- tifica fra socialismo e comuniSmo consiste unicamente in questo: la prima parola designa la prima fase della società nuova che sorge dal capitalismo, e la seconda, la fase successiva, superiore, di questa società. ) L’errore dell’Internazionale gialla « di Berna * sta nel fatto che i suoi capi riconoscono soltanto a parole la lotta di classe e la funzione dirigente del proletariato, mentre hanno paura di andare fino in fondo col loro pensiero, hanno paura appunto di queirinevitabile conclusione particolarmente temibile e assolutamente inammissibile per la borghe- sia. Essi temono di riconoscere che la dittatura del proletariato è art - cb'essa una fase della lotta di classe, la quale rimane inevitabile finché le classi non sono state abolite, e cambia di forma diventando, nei primi tempi dopo la caduta del dominio del capitale, particolarmente accanita e manifestando forme specifiche. Dopo aver conquistato il po- tere politico, il proletariato non cessa la lotta di classe, ma la porta avanti fino alla abolizione delle classi, però, naturalmente, in un altro ambiente, sotto altre forme, con altri mezzi. Ma che cosa significa « abolizione delle classi »? Tutti coloro che si dichiarano socialisti riconoscono questa meta ultima del socialismo, ma non tutti — siamo molto lontani dalla totalità — riflettono sul significato di questa meta ultima. Si chiamano classi quei grandi gruppi di persone che si distinguono tra loro per il posto che occupano in un sistema storicamente determinato di produzione sociale, per il loro rap- porto (per lo più sanzionato e fissato da leggi) con i mezzi di produ- zione, per la loro funzione nell’organizzazione sociale del lavoro e, quindi, per il modo in cui ottengono e per la dimensione che ha quella LA GRANDE INIZIATIVA 385 parte di ricchezza sociale di cui dispongono. Le classi sono gruppi di persone, l’uno dei quali può appropriarsi il lavoro dell’altro grazie al differente posto che occupa in un determinato sistema di economia sociale. È chiaro che per abolire completamente le classi non basta abbat- tere gli sfruttatori, i grandi proprietari fondiari e i capitalisti, non basta abolire la loro proprietà, ma bisogna anche abolire ogni proprietà pri- vata dei mezzi di produzione, bisogna sopprimere tanto la differenza fra città e campagna quanto la differenza fra lavoratori manuali e intel- lettuali. È un’opera di lungo respiro. Per compierla occorre un enorme progresso nello sviluppo delle forze produttive, occorre vincere la resi- stenza (spesso passiva e particolarmente tenace e difficile a vincere) dei numerosi residui della piccola produzione; occorre vincere la forza immensa deirabitudine e dell’inerzia, connessa con quei residui. La pretesa che tutti i « lavoratori » siano in egual misura capaci di compiere quest’opera, sarebbe una frase vuota o l’illusione di un socialista antidiluviano, premarxista, perché questa capacità non è spontanea, ma si sviluppa storicamente, e si sviluppa soltanto dalle condizioni materiali della grande produzione capitalistica. All’inizio del passaggio dal capitalismo al comuniSmo, questa capacità la possiede sol- tanto il proletariato. Esso è in grado di adempiere il compito colossale che gli spetta innanzitutto perché è la classe piu forte e piu avanzata della società civile; in secondo luogo perché nei paesi piu progrediti esso costituisce la maggioranza della popolazione; in terzo luogo perché nei paesi capitalistici arretrati, come la Russia, la maggioranza della popolazione appartiene ai semiproletari, cioè a persone che, regolar- mente, vivono per una parte dell’anno da proletari, che, regolarmente, si guadagnano una parte dei mezzi di sussistenza con il lavoro sala- riato in imprese capitalistiche. Coloro che vogliono risolvere il problema del passaggio dal capi- talismo al socialismo partendo da frasi fatte sulla libertà, sull’egua- glianza, sulla democrazia in generale, sull’eguaglianza della democrazia del lavoro, ecc. (come fanno Kautsky, Martov e gli altri eroi dell’In- ternazionale gialla di Berna), rivelano unicamente la loro natura di pic- coli borghesi, di filistei che, dal punto di vista ideologico, si trasci- nano servilmente al seguito della borghesia. Soltanto lo studio concreto dei rapporti particolari fra la classe che ha conquistato il potere poli- tico, cioè il proletariato, e tutta la massa non proletaria e semiprole- 386 LENIN tana della popolazione lavoratrice, può dare la giusta soluzione di que- sto problema. Inoltre questi rapporti non si formano in un ambiente immaginario e armonico, « ideale », ma nell'atmosfera reale della resi- stenza forsennata e multiforme della borghesia. L'enorme maggioranza della popolazione di qualsiasi paese capita- listico, compresa la Russia — e tanto più la maggioranza della popola- zione lavoratrice — ha mille volte provato, a sue spese e a spese dei suoi cari, il giogo del capitale, le sue rapine e le sue vessazio- ni di ogni genere. La guerra imperialistica, cioè l'uccisione di dieci milioni di uomini per decidere se il capitale inglese o quello tedesco dovesse avere la prevalenza nel saccheggiare il mondo intero, ha enor- memente esasperato, esteso, approfondito quelle sofferenze, ha costret to la gente a prenderne coscienza. Da dò deriva l'inevitabile simpatia della stragrande maggioranza della popolazione, e specialmente delle masse lavoratrici, per il proletariato, perché esso, con eroica audacia, con rivoluzionaria inesorabilità, scuote il giogo del capitale, abbatte gli sfruttatori, reprime la loro resistenza e, a prezzo del suo sangue, apre la via alla creazione di ima nuova sorietà in cui non ci sarà più posto per gli sfruttatori. Per quanto grandi e inevitabili possano essere le esitazioni piccolo- borghesi da parte delle masse non proletarie e semiproletarie della popolazione lavoratrice e le loro oscillazioni verso l'« ordine » borghese sotto l'« ala » della borghesia, queste masse non possono tuttavia non riconoscere l'autorità morale c politica del proletariato, il quale non soltanto abbatte gli sfruttatori e ne reprime la resistenza, ma crea anche un vincolo sodale nuovo, più alto, la disciplina sodale, la disci- plina dei lavoratori coscienti e uniti, che non conoscono nessun giogo e nessun potere all’infuori di quello della loro unione, della loro avanguardia cosciente, audace, compatta, rivoluzionaria, ferma. Per vincere, per creare e consolidare il socialismo, il proletariato deve assolvere un duplice compito: deve innanzitutto attrarre, col suo eroismo senza riserve, nella lotta rivoluzionaria contro il capitale tutta la massa dei lavoratori e degli sfruttati, attrarla, organizzarla e dirigerla per abbattere la borghesia e reprimere qualsiasi sua resistenza; in se- condo luogo, il proletariato deve trascinare dietro di sé l'intera massa dei lavoratori e degli sfruttati, nonché tutti gli strati piccolo-borghesi, sulla via della nuova edificazione economica, sulla via della creazione di un nuovo rapporto sociale, di una nuova disdplina del lavoro, di LA GRANDE INIZIATIVA 387 una nuova organizzazione del lavoro, che combini l’ultima parola della scienza e della tecnica capitalistica con l’unione dei lavoratori coscienti, artefici della grande produzione socialista. Questo secondo compito è piu difficile del primo, perché non può in nessun modo essere adempiuto con slanci isolati di eroismo, ma esige l’eroismo piu prolungato, piu tenace, più difficile del lavoro quotidiano e di massa. Ma questo compito è ancor più importante del primo, perché in ultima analisi la più profonda sorgente di forza per vincere la borghesia e Tunica garanzia della solidità e della sicurezza di tale vittoria può essere soltanto un nuovo e più elevato sistema so- ciale di produzione, la sostituzione della produzione capitalistica e piccolo-borghese con la grande produzione socialista. I « sabati comunisti » hanno un’immensa portata storica appunto perché sono la prova della cosciente e volontaria iniziativa dei lavora- tori per sviluppare la produttività del lavoro, per passare alla nuova disciplina del lavoro, per creare condizioni di economia e di vita socialiste. J. Jacoby uno dei pochi — anzi sarebbe più giusto dire uno dei rarissimi — democratici borghesi della Germania, passati, dopo gTinse- gnamenti del 1870-1871, non allo sciovinismo o al nazional-liberalismo, ma al socialismo, ha detto che la fondazione di una lega operaia ha un’importanza storica maggiore della battaglia di Sadowa 59 , È giusto. La battaglia di Sadowa decise a quale di due monarchie borghesi, l’au- striaca o la prussiana, dovesse appartenere il predominio nella fonda- zione dello Stato nazionale tedesco capitalistico. La fondazione anche di una sola lega operaia fu un piccolo passo verso la vittoria mondiale del proletariato sulla borghesia. Cosi possiamo pure dire che il primo sabato comunista, organizzato a Mosca il 10 maggio 1919 dai ferro- vieri della linea Mosca-Kazan, ha un’importanza storica maggiore di qualsiasi vittoria di Hindenburg o di Foch o degli inglesi nella guerra imperialistica del 1914-1918. Le vittorie degli imperialisti significano il massacro di milioni di operai per i profitti dei miliardari anglo-ame- ricani e francesi, significano la ferocia del capitalismo moribondo, sa- tollo, putrefatto prima ancora di morire. Il sabato comunista dei fer- rovieri della linea Mosca-Kazan è una cellula della società nuova, socia- lista, che apporterà a tutti i popoli della terra la liberazione dal giogo del capitale e dalle guerre. 388 LENIN I signori borghesi e i loro tirapiedi, compresi i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari che sono abituati a considerarsi rappresentanti dell’« opinione pubblica », naturalmente deridono le speranze dei co- munisti, dicono che queste speranze sono « un baobab in un vaso per reseda », ridono delPinfimo numero dei sabati comunisti in confronto ai numerosissimi casi di furto, di ozio, di diminuzione del rendimento, di sperpero delle materie prime e di deterioramento dei prodot- ti, ecc. Noi rispondiamo a questi signori: se grintellettuali borghesi avessero, con le loro cognizioni, aiutato i lavoratori, e non i capitalisti russi e stranieri che cercavano di restaurare il loro potere, la rivolu- zione si sarebbe compiuta in modo più rapido e più pacifico. Ma questa è un’utopia, perché la questione viene decisa dalla lotta delle classi, e la maggioranza degli intellettuali si sente attratta verso la borghesia. Non con l’aiuto degli intellettuali, ma nonostante la loro resistenza (almeno nella maggior parte dei casi) il proletariato vin- cerà, rimuoverà dal suo cammino gl’intellettuali borghesi incorreggibili, riforgerà, rieducherà, sottometterà gl’intellettuali esitanti e li attrarrà gradatamente in sempre maggior numero dalla sua parte. La gioia ma- ligna per le difficoltà e i rovesci della rivoluzione, la diffusione del panico, la propaganda per un ritorno al passato: tutti questi sono stru- menti e metodi della lotta di classe degli intellettuali borghesi. Il pro- letariato non si lascerà ingannare. Se però si esamina la questione nella sua essenza: è mai accaduto finora nella storia che un nuovo modo di produzione prendesse piede di colpo, senza una lunga serie di insuccessi, di errori, di ricadute? Mezzo secolo dopo l’abolizione della servitù della gleba in Russia, nelle campagne erano ancora rimasti numerosi residui di servitù. Mezzo secolo dopo l’abolizione della schiavitù in America, la situazione dei negri è ancora quasi dappertutto una situazione di semischiavitù. Gl’intèllettùali borghesi, compresi i menscevichi e i socialisti-rivolu- zionari, rimangono fedeli a se stessi quando servono il capitale e con- tinuano a servirsi di un’argomentazione completamente ipocrita: prima della rivoluzione del proletariato essi ci accusavano di utopismo, e dopo la rivoluzione esigono da noi che si eliminino con una rapidità fanta- stica tutte le vestigia del passato. Ma noi non siamo degli utopisti e conosciamo il vero valore degli «argomenti» borghesi; sappiamo anche che, dopo la rivoluzione, le vestigia del vecchio prevarranno ancora per un certo tempo sui ger- LA GRANDE INIZIATIVA 389 mogli del nuovo. Quando il nuovo è appena nato, il vecchio rimane sempre per un certo tempo piu forte del* nuovo. Cosi avviene sempre, tanto nella natura quanto nella vita sociale. I sarcasmi sui deboli ger- mogli del nuovo, lo scetticismo a buon mercato degli intellettuali, ecc., in fondo sono tutti metodi di lotta della borghesia contro il proleta- riato, difesa del capitalismo contro il socialismo. Dobbiamo studiare minuziosamente i deboli germogli del nuovo, mostrarci attentissimi nei loro confronti, favorirne in ogni modo Io sviluppo, « averne cura ». È inevitabile che alcuni di essi vadano perduti. Non si può garantire che proprio i « sabati comunisti » avranno una funzione particolarmente importante. Ma non è di questo che si fratta. Si tratta di sostenere tutti i germogli del nuovo, uno ad uno, e fra di essi la realtà selezionerà i piu vitali. Se uno scienziato giapponese, per aiutare gli uomini a vince- re la sifilide ebbe la pazienza di provare 605 preparati,- finche, giunse al 606 °, che rispondeva alle condizioni richieste, coloro che si assumono il compito più diffici|e di abbattere il capitalismo, devono avere la costanza di provare centinaia e migliaia di metodi, di vie e di mezzi nuovi, per giungere a quelli più appropriati. I « sabati comunisti » hanno una cosi grande importanza perché sono stati promossi da operai che non si trovano affatto in condizioni particolarmente favorevoli, ma da operai di diverse qualifiche, e anche non qualificati, manovali che si trovano nelle condizioni ordinarie , cioè le più difficili. Le cause fondamentali' della diminuzione della pro- duttività del lavoro, osservata non solo in Russia, ma in tutto il mondo, ci sono ben note: rovina e impoverimento, esasperazione e spossa- tezza causati dalla guerra imperialistica, malattie e denutrizione. Que- s t’ultima, per la sua importanza, occupa il primo posto. La carestia: ecco la causa! Ma per eliminare la carestia bisogna elevare la produt- tività del lavoro, tanto nell'agricoltura quanto nei trasporti e nelPindu- stria. Si ha quindi come risultato una specie di circolo vizioso: per elevare là produttività del lavoro bisogna salvarsi dalla fame, e per sal- varsi dalla fame bisogna elevare la produttività del lavoro. È noto che in pratica tali contraddizioni vengono risolte rom- pendo questo circolo vizioso, provocando una svolta nello stato d’ani- mo delle masse, con l’ eroica iniziativa di singoli gruppi, iniziativa che talora, nel quadro di quella svolta, ha spesso una funzione decisiva. I manovali e i ferrovieri di Mosca (parliamo naturalmente della mag- gioranza, e non del pugno di speculatori, di burocrati e di simili canaglie 390 LENIN guardie bianche) sono lavoratori che vivono in condizioni disperata- mente difficili. Costante denutrizione e ora, prima del nuovo raccolto, col generale peggioramento della situazione alimentare, vera e propria fame! E questi operai affamati, circondati dalla maligna propaganda controrivoluzionaria della borghesia, dei menscevichi e dei socialisti-ri- voluzionari, organizzano « sabati comunisti », fanno ore di lavoro stra- ordinario sema nessuna paga e ottengono un prodigioso aumento della produttività del lavoro , sebbene siano stanchi, spossati, estenuati dalla denutrizione. Non è forse questo il massimo eroismo? Non è forse Pinizio di una svolta d’importanza storica mondiale? La produttività del lavoro è in ultima analisi la cosa piu impor- tante, più decisiva per la vittoria del nuovo ordine sociale. Il capita- lismo ha creato una produttività del lavoro sconosciuta nel feudale- simo. Il capitalismo può essere battuto definitivamente e sarà battuto definitivamente proprio perché il socialismo .crea una produttività del lavoro nuova, molto più alta. È un processo molto difficile e molto lungo, ma esso è incominciato : l’essenziale sta in questo. Se nell’estate del 1919, in una Mosca affamata, operai affamati, che hanno vissuto i quattro anni penosi della guerra imperialistica e poi un anno e mezzo di guerra civile ancor più penosa, sono stati in grado di iniziare que- sta grande opera, quale sarà lo sviluppo ulteriore, quando saremo usciti vincitori dalla guerra civile e avremo conquistato la pace? Il comuniSmo significa una produttività del lavoro superiore a quella capitalistica, una produttività di operai liberi, coscienti e uniti, che si servono della tecnica più progredita. I sabati comunisti sono straordinariamente preziosi come inizio effettivo del comuniSmo ; e ciò è una grandissima rarità, perché ci troviamo in uno stadio in cui « si compiono soltanto i primi passi verso la transizione dal capitalismo al comuniSmo » (come dice, in modo assolutamente giusto, il pro- gramma del nostro partito). Il comuniSmo comincia là dove semplici operai si preoccupano con abnegazione, a costo di un duro lavoro, dell’aumento della produt- tività, di ogni pud di grano, di carbone, di ferro e di altri prodotti che non sono destinati agli operai stessi e alle persone a loro « prossime », bensì a quelle « lontane », cioè alla società nel suo complesso, alle de- cine e centinaia di milioni di uomini uniti dapprima in un solo Stato socialista e poi in una Unione di repubbliche sovietiche. Karl Marx deride nel Capitale la pomposità e la magniloquenza LA GRANDE INIZIATIVA 391 della magna charta democraticoborghese sulle libertà e i diritti deb l’uomo, tutta la retorica sulla libertà, sull’eguaglianza e sulla fraternità in generale , che abbaglia i piccoli borghesi e i filistei di tutti i paesi, compresi i vili eroi contemporanei della vile Internazionale di Berna. Marx oppone a queste pompose proclamazioni di diritti la semplice, modesta, fattiva, quotidiana impostazione del problema da parte del proletariato. Limitazione da parte dello Stato della giornata lavorativa: ecco uno degli esempi tipici di questa impostazione 60 . L’esattezza e la profondità dell’osservazione di Marx si rivelano tanto più chiaramente e con maggiore evidenza quanto più si palesa il contenuto della rivolu- zione proletaria. Le « formule » del comuniSmo autentico si distinguono dalla retorica enfatica, astuta e solenne dei Kautsky, dei menscevichi, dei socialisti-rivoluzionari e dei loro cari « fratelli » di Berna, ap- punto perché riconducono tutto alle condizioni di lavoro. Meno chiac- chiere sulla « democrazia del lavoro », sulla « libertà, eguaglianza e fra- ternità », sul « potere del popolo » e cosi via! L’operaio e il contadino coscienti dei nostri giorni riconoscono tanto facilmente in queste frasi tronfie la frode dell’intellettuale borghese, come Tuomo esperto della vita, guardando la fisionomia « leccata » e l’aspetto di una « persona assai per bene », stabilisce subito e senza fallo: « Con ogni probabilità, è un farabutto ». Meno frasi pompose, più lavoro concreto, quotidiano , più cura del pud di grano e del pud di carbone! Più attenzione affinché questo pud di grano e questo pud di carbone, necessari all’operaio affamato e al contadino lacero, nudo, si possano acquistare non col traffico sot- tobanco , non con mezzi capitalistici, ma col lavoro cosciente, volonta- rio, eroicamente disinteressato dei semplici lavoratori, quali sono per esempio i manovali e i ferrovieri della linea Mosca-Kazan. Noi tutti dobbiamo riconoscere che ad ogni passo, ovunque, e anche nelle nostre file, si rivelano le tracce del modo verboso, proprio degli intellettuali borghesi, di affrontare i problemi della rivoluzione. Per esempio la nostra stampa combatte troppo poco i putridi residui del putrido passato democratico borghese e non cura abbastanza i ger- mogli semplici, modesti, comuni, ma vivi, del comuniSmo autentico. Prendiamo la condizione della donna. Nessun partito democratico al mondo in nessuna delle repubbliche borghesi più progredite ha fatto a questo riguardo in decine d’anni nemmeno la centesima parte di quello che noi abbiamo fatto anche solo nel primo anno del nostro 392 LENIN potere. Non abbiamo letteralmente lasciato pietra su pietra di tutte le abiette leggi sulla menomazione dei diritti della donna, sulle limitazioni del divorzio, sulle odiose formalità da cui questo era vincolato, sulla possibilità di non riconoscere i figli naturali, sulla ricerca della pater- nità, ecc., leggi i cui residui, a vergogna della borghesia e del capitalismo, sono molto numerosi in tutti i paesi civili. Abbiamo mille volte il di- ritto di essere fieri di quel che abbiamo fatto in questo campo. Ma quanto piu abbiamo ripulito il terreno dal ciarpame delle vecchie leggi e istituzioni borghesi, tanto piu ci è apparso chiaro che quel che sta- vamo facendo era soltanto la ripulitura del terreno su cui costruire, e non la costruzione stessa. La donna, nonostante tutte le leggi liberatrici, è rimasta una schia- va della casa , perché è oppressa, soffocata, inebetita, umiliata dai pic- coli lavori domestici , che la incatenano alla cucina, ai bambini e ne logorano le forze in un lavoro barbaramente improduttivo, meschino, snervante, che inebetisce e opprime. La vera emancipazione della don- na, il vero comuniSmo incornine erà soltanto allora, dove e quando in- comincerà la lotta delle masse (diretta dal proletariato che tiene il timone dello Stato) contro i piccoli lavori dell'economia domestica o meglio dove incomincerà la trasformazione in massa di questa econo- mia nella grande economia socialista. Ci occupiamo abbastanza, nella pratica, di questo problema che in teoria è per ogni comunista indiscutibile? Naturalmente, no. Abbiamo sufficiente cura dei germogli di comuniSmo che già esistono in questo campo? Ancora una volta no, no, e poi no! I ristoranti popolari, i nidi e i giardini d’infanzia: ecco gli esempi di questi germogli, i mezzi semplici, comuni, che non hanno nulla di pomposo, di magniloquente, di solenne, ma che sono realmente in grado di emancipare la donna, sono realmente in grado di diminuire ed eliminare, quanto alla sua funzione nella produzione e nella vita sociale, la sua diseguaglian- za nei confronti dell'uomo. Questi mezzi non sono nuovi, sono stati creati (come in generale tutte le premesse materiali del socialismo) dal grande capitalismo; nel capitalismo, però, in primo luogo essi rima- nevano una rarirà e in secondo luogo — e questo è particolarmente importante — restavano o imprese commerciali, con tutti i lati peg- giori della speculazione, del lucro, della frode, della falsificazione, o un’« acrobazia della filantropia borghese », che a giusta ragione era odiata e disprezzata dai migliori operai. LA GRANDE INIZIATIVA 393 Non c’è dubbio che il numero di queste istituzioni è considere- volmente aumentato e che esse incominciano a mutare il loro carattere. Non c’è dubbio che fra le operaie e le contadine vi sono persone do- tate di capacità organizzative in numero assai maggiore di quanto non sappiamo, persone capaci di organizzare un’attività pratica con la par- tecipazione di un gran numero di collaboratori e di un numero àncora maggiore di consumatori, senza abbondanza di vuote frasi, senza chias- so, alterchi, chiacchiere sui piani, i sistemi, ecc., che sono l’eterna « ma- lattia » di un numero infinito di « intellettuali » pieni di sé e di neo- « comunisti ». Ma purtroppo non abbiamo cura come si dovrebbe di questi germi della nuova società. Osservate la borghesia. Come sa fare magnificamente la pubbli- cità a ciò che le è utile! Come le imprese che agli occhi dei capitalisti costituiscono un « modello », vengono esaltate nei milioni di copie dei loro giornali! Come si fa delle istituzioni borghesi «modello» un oggetto di fierezza nazionale! La nostra stampa non si cura, o quasi, di descrivere le migliori mense o i migliori nidi d’infanzia, per otte- nere, insistendo ogni giorno, che alcuni di essi diventino istituzioni modello; non si cura di farli conoscere, di descrivere dettagliatamente quale economia di lavoro umano, quali comodità per i consumatori, quale risparmio di prodotti, quale liberazione dalla schiavitù della casa per la donna, quale miglioramento delle condizioni sanitarie si ottengono con un lavoro comunista esemplare , risultati che possono essere ottenuti ed estesi a tutta la società, a tutti i lavoratori. Produzione modello, sabati comunisti modello, cura e coscienzio- sità esemplari nella raccolta e nella ripartizione di ogni pud di grano, mense modello, pulizia esemplare in questa o quella casa operaia, in questo o in quell’isolato, tutto questo deve essere oggetto di atten- zione e di cure dieci volte maggiori sia da parte della nostra stampa che di ogni organizzazione operaia e contadina. Tutte queste cose sono i germogli del comuniSmo, e la cura di tali germogli è un dovere co- mune a tutti noi e il dovere piu importante. Per quanto difficile sia la nostra situazione circa la produzione, tuttavia è incontestabile che in un anno e mezzo di potere bolscevico si è verificato un movimento in avanti su tutta la linea : il numero dei pud di grano comperati dallo Stato si è elevato da 30 milioni (dal 1° agosto 1917 al 1° agosto 1918) a 100 milioni (dal 1° agosto 1918 al 1° maggio 1919), lorticoltura 394 LENIN si è estesa, i campi non seminati sono diminuiti, i trasporti ferroviari cominciano a migliorare nonostante le immense difficoltà di procurarsi il combustibile, e cosi via. Su questo sfondo generale e con l’appoggio del potere statale proletario, i germogli del comuniSmo non intristi- ranno, anzi, cresceranno e si svilupperanno per trasformarsi in comu- niSmo integrale. Bisogna pensare bene al significato dei «sabati comunisti » per trarre da questa grande iniziativa tutti gli insegnamenti pratici di im- mensa importanza che ne derivano. Appoggiare in tutti i modi questa iniziativa: questo è il primo e principale insegnamento. Con troppa leggerezza ci si è messi a usare la parola «comune». Ogni impresa fondata dai comunisti o con la loro partecipazione spesso viene immediatamente dichiarata una « co- mune »; e di frequente si dimentica che questo nome cosi onorifico deve essere conquistato con un lavoro lungo e perseverante, dimo- strando di aver ottenuto un successo pratico nell’edificazione vera- mente comunista. A mio parere è quindi perfettamente giusta la decisione, matu- rata in seno alla maggioranza del Comitato esecutivo centrale, di abro- gare il decreto del Consiglio dei commissari del popolo sulla denomi- nazione delle « comuni di consumo » 91 , Diventi più semplice la deno- minazione, e i difetti e le insufficienze delle prime fasi del nuovo lavoro d’organizzazione non ricadranno sulle « comuni », ma ( come è giusto) sui cattivi comunisti. Sarebbe molto utile bandire dall’uso cor- rente la parola « comune », vietare che il primo venuto s’impadronisca di questo termine, ossia riservare questa denominazione unicamente alle vere comuni, che hanno effettivamente dimostrato nella pra- tica di possedere l’abilità e la capacità (riconosciute e confermate unanimemente da tutta la popolazione dei dintorni) di organizzare il lavoro in modo comunista. Si dimostri innanzi tutto che si è capaci di lavorare gratuitamente nell’interesse della società, nell’interesse di tutti i lavoratori; che si è capaci di «lavorare alla maniera rivoluzio- naria »; che si è capaci di aumentare la produttività del lavoro, di impostare le cose in modo esemplare, e allora soltanto si potrà aspirare al nome onorifico di « comune »! LA GRANDE INIZIATIVA 395 A questo riguardo i « sabati comunisti » sono la piu preziosa ec- cezione. Perché in questo caso i manovali e i ferrovieri della linea Mo- sca-Kazan hanno prima mostrato coi fatti di essere capaci di lavorare da comunisti , e poi hanno dato alla loro iniziativa il nome di « sabati comunisti ». Si deve cercare di ottenere e si deve ottenere che d’ora innanzi così avvenga e che sia implacabilmente deriso e messo alla berlina, come ciarlatano e chiacchierone, chiunque chiami « comune » la sua impresa, istituzione od opera, senza aver conquistato questo di- ritto con un duro lavoro, coi risultati pratici di un lungo lavoro e una organizzazione esemplare e veramente comunista del lavoro. La grande iniziativa dei « sabati comunisti » deve ancora essere utilizzata in un altro campo, cioè ne\Y epurazione del partito. Era asso- lutamente inevitabile che nei primi tempi dopo la rivoluzione, quando la massa delle persone « per bene » e di mentalità piccolo-borghese aveva particolarmente paura; quando gl’intellettuali borghesi, compresi naturalmente i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, facevano tutti quanti il sabotaggio, strisciando dinanzi alla borghesia; era assoluta- mente inevitabile che nel partito al potere si infiltrassero avventurieri e altri elementi dannosissimi di tal genere. Senza questo fenomeno non c’è mai stata e non ci può essere nessuna rivoluzione. Ma ciò che im- porta è che il partito al potere, appoggiandosi sulla classe d’avan- guardia sana e forte, sappia epurare le proprie file. Abbiamo da lungo tempo cominciato il lavoro in questo campo. Bisogna continuarlo fermamente e instancabilmente. La mobilitazione dei comunisti per la guerra ci ha aiutati: i vili e i furfanti hanno vol- tato le spalle al partito. Buon viaggio! Tale diminuzione del numero dei membri del partito significa un immenso aumento della sua forza e del suo peso. Bisogna continuare l’epurazione, servendosi dell’inizia- tiva dei « sabati comunisti », ammettere nel partito soltanto dopo un « periodo di prova » o di « candidatura », mettiamo di sei mesi, che consista nel compiere il « lavoro alla maniera rivoluzionaria ». Nel medesimo modo dovrebbero essere messi alla prova tutti i membri del partito iscrittisi dopo il 25 ottobre 1917 e che non hanno ancora dimo- strato con lavori o meriti speciali la loro incondizionata fermezza, fe- deltà e capacità di essere dei comunisti. L’epurazione del partito, connessa aU’ininterrotto aumento del - l'esigenza di un lavoro veramente comunista, migliorerà l’ apparato del 396 LENIN potere statale e accelererà straordinariamente il passaggio definitivo dei contadini dalla parte del proletariato rivoluzionario. I « sabati comunisti » hanno fra Taltro gettato una luce estrema- mente viva sul carattere di classe dell’apparato del potere statale sotto la dittatura del proletariato. Il Comitato centrale del partito sta re- digendo una lettera sul « lavoro alla maniera rivoluzionaria » 63 . Que- sta idea è stata avanzata dal Comitato centrale di un partito che conta da cento a duecentomila membri (è il numero che suppongo resterà dopo una seria epurazione del partito, perché ora è maggiore). L’idea viene raccolta dagli operai organizzati nei sindacati, che in Russia e in Ucraina sono circa quattro milioni. Nella loro schiacciante maggioranza essi sono per il potere statale proletario, per la dittatura del proletariato. Duecentomila e quattro milioni: tale è press’a poco il rapporto delle « ruote dentate », se mi si permette l’espressione. Poi vengono le decine di milioni di contadini, che si dividono in tre gruppi principali: il gruppo numericamente piu forte e più vicino al proletariato, i sémiproletari o contadini poveri; poi i contadini medi e da ultimo un gruppo molto ristretto, i kulak o borghesia rurale. Finché rimane la possibilità di far commercio del grano e di spe- culare sulla fame, il contadino rimane per metà lavoratore e per metà speculatore (ciò è inevitabile per un certo periodo durante la dittatura del proletariato). Come speculatore egli ci è ostile, è ostile allo Stato proletario, è propenso ad accordarsi con la borghesia e con i suoi fedeli servitori, compreso il menscevico Scer o il socialista-rivoluzionario B. Cernenkov, che sono per il libero commercio dei cereali. Ma come lavoratore , il contadino è un amico dello Stato proletario* è il più fedele alleato deiroperaio nella lotta contro il grande proprietario fon- diario e contro il capitalista. Come lavoratori, i contadini appoggiano, con la loro enorme massa di molti milioni di uomini, la « macchina » dello Stato che è diretta dai cento o duecentomila comunisti che for- mano l’avanguardia del proletariato, ed è costituita dai milioni di pro- letari organizzati. 'Non c'è ancora mai stato nel mondo uno Stato più democratico, nel vero senso della parola, più strettamente legato alle masse lavora- trici e sfruttate. Proprio questo lavoro proletario, realizzato nei « sabati comu- LA GRANDE INIZIATIVA 397 nisti », contribuisce a rafforzare definitivamente la stima e l’amore dei contadini per lo Stato proletario. Tale lavoro, ed esso soltanto, con- vince definitivamente il contadino della giustezza della nostra causa, della giustezza del comuniSmo; fa del contadino un nostro sostenitore devoto; e ciò significa che questo lavoro conduce a una completa elimi- nazione delle difficoltà negli approvvigionamenti, a una completa vittoria del comuniSmo sul capitalismo nella produzione e nella distribuzione del grano; conduce a un incontestabile rafforzamento del comuniSmo. 28 giugno 1919. TELEGRAMMA A I.V. STALIN Pietrogrado, Smolny Iekaterinoslav è presa. Al sud, per le cartucce situazione dispe- rata. Di conseguenza, dovete economizzare al massimo i tre milioni e le scorte di Vidlitsy 63 che avete ricevuto e anche le altre munizioni. Lenin Scritto il 30 giugno 1919. Pubblicato per la prima volta nel 1942. TUTTI ALLA LOTTA CONTRO DENIKIN! Lettei-a del CC del PCR (bolscevico) alle organizzazioni del partito Compagni, siamo giunti a uno dei momenti piu critici e forse per- sino al momento piu critico della rivoluzione socialista. I difensori russi e stranieri (e in primo luogo inglesi e francesi) degli sfruttatori, dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti fanno tentativi disperati per ristabilire in -Russia il potere dei grandi proprietari fondiari e degli sfruttatori, questi rapinatori del lavoro del popolo, e per consolidare in tutto il mondo il loro potere pericolante. II piano dei capitalisti inglesi e francesi di conquistare l’Ucraina con le proprie truppe è fal- lito, ed essi hanno fallito sostenendo Kolciak in Siberia. L’Esercito rosso, avanzando eroicamente negli Urali, con l’aiuto degli operai del- la regione che si sollevano come un sol uomo, si avvicina alla Sibe- ria per liberarla dal giogo e dalle atrocità inaudite dei capitalisti, pa- droni della regione. Infine, il piano degli imperialisti inglesi e francesi d’impadronirsi di Pietrogrado per mezzo di un complotto controrivo- luzionario al quale hanno preso parte i monarchici russi, i cadetti, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, non esclusi i socialisti-rivolu- luzionari di sinistra, è anch’esso fallito. Ora i capitalisti stranieri fanno tentativi disperati per ristabilire il giogo del capitale mediante Tinvasione di Denikin che essi hanno appoggiato, come una volta appoggiarono Kolciak, fornendogli uffi- ciali, viveri, munizioni, carri armati, ecc. Tutte le forze degli operai e dei contadini, tutte le forze della repubblica sovietica devono essere tese per respingere l’invasione di 400 LENIN Denikin e batterlo senfca arrestare però la vittoriosa offensiva dell’Eser- cito rosso verso gli Urali e la Siberia. In ciò consiste 11 compito essenziale del momento Innanzitutto e soprattutto tutti i comunisti, tutti i simpatizzanti, tutti gli operai e i contadini onesti, tutti i lavoratori degli organismi sovietici devono mettersi sut piede di guerra per trasferire la parte mag- giore del loro lavoro , dei loro sforzi, delle loro cure, ai compiti im- mediati della guerra , per respingere rapidamente l’invasione di Deni- kin, riducendo e riorganizzando, in relazione a questo compito, tutto il resto della loro attività. La repubblica sovietica è assediata dal nemico. Essa deve essere un unico accampamento militare , non a parole, ma nei fatti. Tutta l’attività di tutte le istituzioni deve essere adattata alla guer- ra e riorganizzata su piede di guerra! La direzione collegiale è necessaria per regolare gli affari dello Stato degli operai e dei contadini. Ma ogni esagerazione nelPapplicare questa direzione collegiale, ogni sua deformazione che porti a lungag- gini burocratiche, alla mancanza di responsabilità, ogni trasformazione delle istituzioni collegiali in mulini di chiacchiere, è un male immenso, col quale bisogna farla finita ad ogni costo, al piu presto possibile, senza arrestarsi dinanzi a nulla. La direzione collegiale non deve andare al di là di un minimo assolutamente indispensabile, né per quel che concerne il numero dei membri dei collegi, né per quel che concerne la direzione pratica dei lavori; proibizione dei « discorsi », rapidità estrema nello scambio di opinioni, che deve essere ridotto a informazioni e a proposte pratiche precise. Ogni qualvolta se ne presenti la minima possibilità, la direzione collegiale deve ridursi a una brevissima discussione delle sole questioni piu importanti in un collegio ristretto al massimo; e la direzione pra- tica dell’istituzione, dell’impresa, del lavoro, del compito deve essere affidata ad un solo compagno , conosciuto per la sua fermezza, la sua energia, la sua audacia, la sua capacità di dirigere gli affari pratici e che goda della maggiore fiducia. In ogni caso e in tutte le circo* stanze, senza eccezioni, la direzione collegiale deve essere accompagnata dalla responsabilità personale rigorosamente stabilita di ciascuno per TUTTI ALLA LOTTA CONTRO DENIKIN! 401 un lavoro esattamente determinato. La mancanza di responsabilità, mascherata col pretesto della direzione collegiale, è il pericolo più grave che minaccia tutti coloro che non hanno una grande esperienza nel lavoro pratico collegiale, e che spesso, nelle cose militari, conduce inevitabilmente alla catastrofe, al caos, al panico, alla pluralità dei po- teri, alla sconfitta. Mali non meno pericolosi sono l’irrequietezza e la mania di sten- der progetti riguardanti Porganizzazione. La riorganizzazione del lavoro, necessaria per la guerra, non deve condurre in nessun caso alla rior- ganizzazione delle istituzioni, e ancor meno alla creazione precipita- ta di nuove istituzioni. Ciò è assolutamente inammissibile e non può condurre che al caos. La riorganizzazione del lavoro deve consi- stere nel chiudere temporaneamente alcune istituzioni che non sono assolutamente indispensabili o nel limitare in una certa misura la loro attività. Ma tutto il lavoro di aiuto alla guerra deve essere fatto interamente ed esclusivamente attraverso le istituzioni militari già esistenti , correggendone i difetti e rafforzandole, allargandole e so- stenendole. In primo luogo, la creazione di speciali « comitati di di- fesa » o di «comitati rivoluzionari» (o comitati rivoluzionari mili- tari) è ammissibile soltanto in via eccezionale; in secondo luogo, unicamente dietro l’approvazione delle autorità militari interessate o delle autorità sovietiche superiori; in terzo luogo, osservando obbli- gatoriamente la condizione indicata. Far conoscere al popolo la verità su Kolciak e Denikin Kolciak e Denikin sono i nemici principali e gli unici nemici seri della repubblica sovietica. Se essi non fossero aiutati dall’Intesa (In- ghilterra, Francia e America), da lungo tempo sarebbero crollati. Sola- mente l’aiuto dell’Intesa ne fa una forza. Ma essi sono tuttavia costretti a ingannare il popolo, a farsi passare talvolta per fautori della « demo- crazia », dell’Assemblea costituente, della «sovranità popolare », ecc. I menscevichi e i socialisti-rivoluzionari si lasciano ingannare volentieri. Oggi la verità su Kolciak (e Denikin è il suo sosia) si è rivelata in tutta la sua pienezza. Fucilazioni di decine di migliaia di operai. Fucilazioni persino di menscevichi e di socialisti-rivoluzionari. Fusti- gazione di contadini in interi circondari. Fustigazione pubblica delle donne. Scatenamento dell’arbitrio degli ufficiali, dei rampolli dei grandi 402 LENIN proprietari fondiari. Saccheggi senza fine. Tale è la verità su Kolciak e Denikin. Persino tra i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, che hanno essi stessi tradito gli operai, che si sono schierati al fianco di Kolciak e di Denikin, si trova un numero sempre maggiore di persone costrette a riconoscere questa verità. Il compito principale di tutta Tagitazione e la propaganda deve essere quello di far conoscere questa verità al popolo. Bisogna spiegare che ci sono solamente due strade: o Kolciak e Denikin o il potere dei soviet, il potere (la dittatura) degli operai. Non c'è via di mezzo. Bisogna utilizzare soprattutto le testimonianze dei non bolscevichi: dei menscevichi, dei socialisti-rivoluzionari, dei senza partito, che hanno conosciuto il regime di Kolciak o di Denikin. Che ogni operaio e ogni contadino sappia per che cosa si conduce la lotta e che cosa Pattende nel caso che Kolciak o Denikin riportino la vittoria. Il lavoro fra i mobilitati Una delle nostre preoccupazioni principali deve essere oggi l'at- tività fra coloro che sono soggetti alla mobilitazione, l’attività per aiutare la mobilitazione, l’attività fra i mobilitati. In tutti i luoghi dove sono concentrati dei mobilitati o dove vi sono guarnigioni, e soprattutto battaglioni di riserva, ecc., i comunisti e i simpatizzanti devono essere messi al lavoro, tutti senza eccezione. Devono tutti, senza eccezione, unirsi e lavorare, gli uni quotidianamente, gli altri, per esempio, quattro o otto ore alla settimana, per favorire la mobilita- zione, e lavorare fra i mobilitati e fra i soldati della guarnigione locale, in modo rigorosamente organizzato, s’intende; ciascuno dovrà essere assegnato a un lavoro adeguato dall’organizzazione locale del partito e dalle autorità militari. I senza partito o gli appartenenti a un partito non comunista naturalmente non saranno in grado di compiere il lavoro ideologico contro Denikin e Kolciak. Ma è inammissibile esentarli per questa ragione da ogni attività. Bisogna ricercare tutti i mezzi possibili affin- ché la popolazione (e in primo luogo quella piu agiata , sia in città sia in campagna), sia costretta, tutta, a dare il proprio contributo, sotto questa o quella forma, per aiutare la mobilitazione o i mobilitati. TUTTI ALLA LOTTA CONTRO DENIKIN! 403 Una categoria speciale di provvedimenti deve comprendere quelli destinati a contribuire all’istruzione militare più rapida e migliore dei mobilitati. Il potere sovietico chiama sotto le armi tutti gli ex uffi- ciali, sottufficiali, ecc. Il partito comunista, e con esso tutti i simpa- tizzanti e tutti gli operai, devono venire in aiuto allo Stato operaio e contadino innanzitutto contribuendo con tutti i mezzi a rintracciare gli ex ufficiali e sottufficiali, ecc. che non vogliono presentarsi; in se- condo luogo, formando, sotto il controllo dell'organizzazione di partito a cui appartengono, gruppi di persone che abbiano imparato teorica- mente o praticamente l’arte militare (per esempio partecipando alla guerra imperialistica) e possano essere in qualche modo utili. Il lavoro fra i disertori Negli ultimi tempi si è prodotta una svolta palese nella lotta con- tro la diserzione. In una serie di governatorati i disertori cominciano a ritornare in massa nell’esercito; si può dire senza esagerazione che i disertori affluiscono in folla nell’Esercito rosso. Ciò è dovuto in primo luogo a un lavoro più abile e più sistematico dei compagni del par- tito; in secondo luogo al fatto che i contadini si convincono sempre più che Kolciak e Denikin portano con sé la restaurazione di un regime peggiore di quello zarista; la restaurazione della schiavitù per gli operai e i contadini, la fustigazione, il saccheggio, le vessazioni de- gli ufficiali e dei nobili. Occorre perciò dedicarci dappertutto e con tutte le nostre forze al lavoro fra i disertori, per far tornare i disertori nell’esercito. È que- sto uno dei compiti più importanti e più urgenti. A questo proposito deve essere rilevato che la possibilità di agire sui disertori con la persuasione e il successo di questo modo d’agire mostrano che lo Stato operaio, a differenza dello Stato dei grandi pro- prietari fondiari e dei capitalisti, ha una posizione particolare verso i contadini. Il giogo del bastone e il giogo della fame: ecco l’unica fonte della disciplina per questi due ultimi tipi di Stato. Per lo Stato operaio o dittatura del proletariato esiste un'altra fonte di disciplina: la per- suasione dei contadini da parte degli operai, la loro alleanza fraterna. Quando si sente raccontare da testimoni oculari che in un dato gover- natorato (per esempio in quello di Riazan), migliaia e migliaia di disertori ritornano volontariamente nell’esercito, che nei comizi l’ap- 404 LENIN pello rivolto ai * compagni disertori » ha talora un successo indescri- vibile, ci si incomincia a rendere conto di tutta la forza, da noi non ancora utili22ata, racchiusa in questa alleanza fraterna degli operai e dei contadini. Il contadino ha un pregiudizio che lo spinge verso il capitalista e verso il socialista-rivoluzionario, verso la « libertà di commercio », ma ha anche il suo giudizio che lo porta sempre piu verso l’alleanza con gli operai. Aiuto diretto di’ esercito Il nostro esercito ha soprattutto bisogno ài riformmcntii vestiario, calzature, armi, munizioni. In un paese devastato come il nostro, bi- sogna fare sforzi prodigiosi per far fronte a questi bisogói dell’esercito e soltanto l’aiuto che i briganti capitalisti inglesi, francesi e americani danno generosamente a Kolciak e a Denikin li salva dall’inevitabile crollo per mancanza di rifornimenti. Per quanto la Russia sia devastata, vi si possono tuttavia trovare molte risorse che non abbiamo ancora utilizzato e che spesso non abbiamo saputo utilizzare. Esistono ancora molti depositi di materiale bellico che non abbiamo ancora rintracciato o controllato, molte pos- sibilità produttive che ti lasciamo sfuggire, in parte a causa del sabo- taggio cosciente dei funzionari e in porte a causa delle lungaggini e degli intralci burocratici, del disordine e della incompetenza, a causa di tutte quelle « pecche del passato » che pesano cosi inevitabilmente e con tanta durezza su ogni rivoluzioQe che sta compiendo un « salto » verso un nuovo regime sociale. Sotto questo aspetto l’aiuto diretto all’esercito è particolarmente importante. Le istituzioni dot se ne occupano hanno soprattutto bisogno di essere « rinvigorite », di essere aiutate dal di fuori, della iniziativa volontaria, energica ed eroica degli operai e dei contadini dei luogo. Bisogna invitare tutti gli operai e i contadini coscienti, tutti gli attivisti dei soviet, a prender porte, nel modo piu ampio possibile, a questa iniziativa; bisogna mettere alla prova, in diversi luoghi e in vari campi di lavoro, le piu svariate forme atte ad aiutare sotto questo aspetto l’ esercito. Il «lavoro alla maniera rivoluzionaria » viene qui svolto molto piu raramente che negli altri campi, mentre il bisogno di un « lavoro alla manina rivoluzionaria » qui è molto pài grande. La raccolta delle anni fra la popolazione è parte integrante di TUTTI ALLA LOTTA CONTRO DENIKIN! 405 questo lavoro. Che in un paese che ha vissuto quattro anni di guerra imperialistica e poi due rivoluzioni popolari, i contadini e la borghesia abbiano un gran numero di armi nascoste, è cosa naturale, inevi- tabile. Ma oggi, dinanzi airinvasione minacciosa di Denikin, dob- biamo lottare contro ciò con tutte le nostre forze. Chi nasconde o aiuta a nascondere le armi commette il peggior delitto contro gli operai e i contadini, merita di essere fucilato, perché è colpevole della perdita di migliaia e migliaia dei migliori soldati rossi che spesso perdono la vita solo perché al fronte mancano le armi. I compagni di Pietrogrado hanno saputo scoprire migliaia e mi- gliaia di fucili quando hanno compiuto in modo bene organizzato per- quisizioni massicce. Bisogna che il resto della Russia non rimanga indietro, ma che ad ogni costo raggiunga e sorpassi Pietrogrado. D'altra parte non ve dubbio che la maggior parte dei fucili sono nascosti dai contadini, e spesso senza nessuna cattiva intenzione, ma semplicemente perché i contadini sono dominati da un'inveterata sfi- ducia verso qualsiasi « ordinamento statale », ecc. Se (nei migliori go- vernatorati) abbiamo saputo far molto, veramente molto, con la per- suasione , con un abile lavoro di agitazione, affrontando la questione in modo ragionevole, per far tornare volontariamente i disertori nel- l'Esercito rosso, non v'è dubbio che si può e si deve fare altrettanto, se non di piu, per ottenere la restituzione volontaria delle armi. Operai e contadini! Mettetevi alla ricerca dei fucili nascosti e por- tateli all'esercito! A questo prezzo vi salverete dal massacro, dalle fuci- lazioni, dalle fustigazioni in massa e dal saccheggio da parte di Kolciak e di Denilcin. Riduzione del lavoro non militare Per eseguire anche solo in parte il lavoro da noi esposto breve- mente più sopra, bisogna avere molti nuovi attivisti, e per di più fra i comunisti più sicuri, devoti ed energici. Ma dove trovarli quando tutti si lagnano della mancanza di questi attivisti e della spossatezza di quelli esistenti? Non v’è dubbio che queste lagnanze sono in gran parte giuste. Se qualcuno facesse un calcolo esatto per stabilire quale sottile strato di operai d’avanguardia e di comunisti, che godono del sostegno e 406 LENIN della simpatia delle masse operaie e contadine, ha amministrato la Russia in questi ultimi venti mesi, la cosa sembrerebbe addirittura inverosimile. Ebbene, abbiamo amministrato con immenso successo, creando il socialismo, superando difficoltà inaudite, vincendo i ne- mici che, direttamente o indirettamente legati alla borghesia, si sono sollevati dappertutto. Abbiamo già battuto tutti i nemici, eccetto uno: l’Intesa, la borghesia imperialistica onnipotente deiringhilterra, della Francia e dell’America. Ma a questo nemico abbiamo già rotto un braccio: Kolciak; ora siamo minacciati soltanto dall’altro suo brac- cio: Denikin. Le nuove forze operaie chiamate a dirigere lo Stato, a adempiere i compiti della dittatura del proletariato, crescono rapidamente; esse sono rappresentate dalla gioventù operaia e contadina che impara nel modo più sincero, ardente, con la più grande abnegazione, che assimila l’impronta nuova data dal nuovo regime, che scuote l’involucro dei vec- chi pregiudizi capitalistici e democratico-borghesi, che forgia nel suo seno comunisti ancora più fermi di quelli della generazione precedente. Ma per quanto rapido sia lo sviluppo di questo nuovo strato, per quanto rapida sia la sua educazione e la sua formazione nel fuoco della guerra civile e della resistenza furiosa della borghesia, esso non potrà tuttavia fornirci nei prossimi mesi dei quadri preparati per dirigere lo Stato. E si tratta precisamente dei prossimi mesi, dell’estate e del- l’autunno 1919, poiché bisogna immediatamente farla finita con Denikin. Per avere un gran numero di quadri preparati, capaci di raffor- zare il lavoro militare, bisogna ridurre tutta una serie di branche e di istituzioni che compiono un lavoro non militare o, più esattamente, non direttamente militare; bisogna riorganizzare in questo senso (cioè nel senso di ridurle) tutte le istituzioni e imprese che non sono asso- lutamente indispensabili. Prendiamo come esempio la sezione tecnica e scientifica del Con- siglio superiore dell’economia nazionale. È un’istituzione utilissima, necessaria per la completa costruzione del socialismo, per un calcolo e una distribuzione giusti di tutte le forze scientifiche e tecniche. Ma quest’organismo è assolutamente necessario? Evidentemente, no. Dar- gli degli uomini che possono e devono essere immediatamente utiliz- zati per un lavoro comunista urgente ed estremamente necessario nel- TUTTI ALLA LOTTA CONTRO DENIKIN! 407 F esercito e direttamente per l’esercito, sarebbe attualmente un vero delitto. Istituzioni e sezioni di questo genere sono abbastanza numerose al centro e alla periferia. Tendendo alla realizzazione completa del socialismo non potevamo non procedere immediatamente alla costitu- zione di simili istituzioni .Ma saremmo degli sciocchi o dei criminali se, di fronte alla minacciosa invasione di Denikin, non sapessimo rior- ganizzare le nostre file in modo da sospendere momentaneamente e da ridurre tutto ciò che non è assolutamente necessario. Senza cadere in preda al panico e senza lasciarci sopraffare dal- l’irrequietezza nel lavoro di organizzazione, non dobbiamo riorganiz- zare né chiudere completamente nessuna istituzione, né — cosa par- ticolarmente nociva quando si lavora in tutta fretta — cominciare a costituire nuove istituzioni. Dobbiamo sospendere per tre, quattro, cinque mesi Inattività di tutte le istituzioni e sezioni che non sono assolutamente necessarie, al centro e alla periferia, oppure, se non è possibile sospenderla del tutto, ridurla per lo stesso periodo (appros- simativamente), ridurla al massimo possibile, proseguire cioè soltanto quel minimo di attività assolutamente necessaria. Dato che il nostro obiettivo principale è quello di ottenere subito, per il lavoro militare, un gran numero di comunisti o di simpatizzanti per il socialismo, pronti, esperti, fedeli, provaci, possiamo affrontare il rischio di la- sciare provvisoriamente molte istituzioni (o sezioni ) considerevolmente ridotte, senza un solo comunista , e affidarle a collaboratori esclusiva- mente borghesi. Il rischio non è grande perché si tratta soltanto di istituzioni che non sono assolutamente necessarie; Tindebolimento della loro attività (sospesa per metà) ci recherà del danno, ma questo non sarà grande e in ogni caso non ci precipiterà nel caos. Al contrario la mancanza di energia nelTintensificazione del lavoro militare, nel suo rafforzamento immediato e sensibile, può esserci fatale. Bisogna com- prenderlo chiaramente e trarne tutte le dovute conclusioni. Se ogni dirigente di una branca amministrativa o di una sezione nei vari governatorati, circondari, ecc., se ogni cellula di comunisti, senza perdere un solo istante, si porrà la domanda: questa istituzione, questa sezione è assolutamente necessaria? saremo perduti se ne so- spenderemo l’attività o la ridurremo dei nove decimi, se la Iasceremo senza un solo comunista? Se, posto cosi il problema, seguirà una. ri- duzione rapida e decisa dell’attività e il ritiro dei comunisti (insieme 408 LENIN con i loro collaboratori assolutamente fidati, simpatizzanti o senza partito), potremo avere nel piu breve termine centinaia e centinaia di collaboratori per l'attività nelle sezioni politiche dell'esercito, come commissari, ecc. E allora avremo serie probabilità di vincere Denikin, come già abbiamo vinto Kolciak, che era piu forte. Il lavoro nella zona del fronte La zona del fronte nella Repubblica socialista federativa sovietica russa nelle ultime settimane si è enormemente estesa, si è modificata con rapidità eccezionale. Questo annuncia o accompagna il momento decisivo della guerra, il suo prossimo epilogo. Da una parte, la regione degli Urali e gli Urali stessi sono diven- tati una nostra immensa zona del fronte in seguito alle vittorie deb l'Esercito rosso, al crollo di Kolciak e in seguito allo sviluppo della rivoluzione nel territorio occupato da Kolciak. Dall'altra parte, è sorta una* ancor più vasta zona del fronte davanti a Pietrogrado e nel sud in seguito alle nostre perdite, in seguito alla grande avanzata compiuta dal nemico verso Pietrogrado e all'invasione, dal sud, deirUcraina e della Russia centrale. Il lavoro nella zona del fronte diventa estremamente importante. Nella regione degli Urali, dove l’Esercito rosso avanza rapidamente, i lavoratori dell'esercito, i commissari, i membri delle sezioni poli- tiche, ecc. e anche gli operai e i contadini di quelle località, sono animati dal legittimo desiderio di rimanere nelle località riconquistate per compiervi un lavoro sovietico creativo. Desiderio tanto piu natu- rale quanto maggiore è la stanchezza della guerra e quanto più penoso è lo spettacolo delle devastazioni provocate da Kolciak. Ma non vi sarebbe nulla di più pericoloso che soddisfarlo. Si rischierebbe di inde- bolire l'offensiva, di ritardarla, di aumentare le probabilità per Kolciak di riaversi. Sarebbe da parte nostra un vero delitto verso la rivoluzione. In nessun caso, non un solo funzionario deve essere preso, senza una ragione seria, dall’esercito dell'oriente per l’attività locale *. In nessun caso si deve indebolire l'offensiva! L'unica probabilità di * Senza estrema necessità non lasciare Ubero nessuno, anzi farne venire dai governatorati del centro! TUTTI ALLA LOTTA CONTRO DENIKIN! 409 ottenere una vittoria completa, è la partecipazione alla lotta di tutta la popolazione della regione degli Urali e degli Urali, che ha cono- sciuto gli orrori della « democrazia » di Kolciak, e il proseguimento dell’offensiva verso la Siberia fino alla completa vittoria della rivolu- zione in questa zona. Anche se l’opera di costruzione nella regione degli Urali c negli Urali ritarderà, procederà a ritmo rallentato, con le sole forze del luogo, piu deboli, giovani ed inesperte, non per questo periremo. Ma se inde- boliremo l'offensiva negli Urali e in Siberia periremo ; dobbiamo inten- sificare questa offensiva con le forze degli operai insorti negli Urali, con le forze dei contadini della regione degli Urali, che oggi hanno imparato a proprie spese che cosa significano le promesse di una « Co- stituente » fatte dal menscevico Maiski e dal socialista-rivoluzionario Cernov e che cosa significano realmente queste promesse: significano: Kolciak. Indebolire l’offensiva negli Urali e in Siberia significherebbe tra- dire, la rivoluzione, tradire la causa della liberazione degli operai e dei contadini dal giogo di Kolciak. Lavorando nella zona del fronte, appena ora liberata, non bisogna dimenticare che in questa regione il compito fondamentale è di conqui- stare al potere sovietico la fiducia non solo degli operai, ma anche dei contadini; di spiegare loro praticamente l’essenza del potere sovietico come potere degli operai e dei contadini; di prendere subito un orien- tamento giusto, quello stabilito dal partito sulla base dell’esperienza di venti mesi di lavoro. Non dobbiamo ripetere negli Urali gli errori che sono stati commessi tra l’altro nella Grande Russia, erróri di cui perdiamo rapidamente l'abitudine. Nella zona del fronte sotto Pietrogrado e nell’immensa zona del fronte che si è estesa cosi rapidamente e in modo cosi minaccioso nel- l’Ucraina' e nel sud, bisogna mettere tutto sul piede di guerra, subordi- nare tutta l’attività, tutti gli sforzi, tutti i pensieri alla guerra e sola- mente alla guerra. Altrimenti sarà impossibile respingere l’invasione di Denikin. Ciò è chiaro. E bisogna rendersene nettamente conto e agire, in conformità. Tra l’altro, una particolarità dell’esercito di Denikin è l’abbon- danza di ufficiali e di cosacchi. Costoro, anche se non hanno dietro a sé una forza di massa, sono tuttavia eccezionalmente adatti alle rapide 410 LENIN incursioni, alle avventure, alle imprese temerarie per seminare il panico e distruggere per il gusto di distruggere. Nella lotta contro un tale nemico occorrono disciplina e vigilanza militare, portate al massimo grado. Lasciarsi cogliere di sorpresa o perdere la testa vuol dire perdere tutto. Ogni funzionario del partito e dei soviet deve tenerlo presente. Disciplina militare nelle questioni militari, come in tutte le altre! Vigilanza e severità militare, fermezza nell’applicazione di tutte le misure di precauzione! Atteggiamento verso gli specialisti militari Il vastissimo complotto scoppiato a Krasnaia Gorka 64 , che aveva come scopo la resa di Pietrogrado, ha posto di nuovo con insistenza particolare la questione degli specialisti militari e della lotta contro la controrivoluzione nelle retrovie. Non vi è dubbio che l’aggrava- mento della situazione annonaria e militare provoca inevitabilmente e provocherà nel futuro immediato l’accentuarsi dei tentativi dei con- trorivoluzionari (al complotto di Pietrogrado parteciparono l’« Unione del Risorgimento », i cadetti, i menscevichi e’i socialisti-rivoluzionari di destra; i socialisti-rivoluzionari di sinistra vi parteciparono separata- mente, ma vi parteciparono). È pure fuor di dubbio che gli specialisti militari, cosi come i kulak, gli intellettuali borghesi, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari forniranno in un prossimo avvenire un’elevata percentuale di traditori. Ma sarebbe un irreparabile errore e un’imperdonabile mancanza di carattere, voler per tale motivo modificare i principi su cui poggia la nostra politica militare. Centinaia e centinaia di specialisti militari ci tradiscono e ci tradiranno; noi li scopriremo e li fucileremo. Ma con noi lavorano sistematicamente e da lungo tempo migliaia e decine di migliaia di specialisti militari senza i quali sarebbe stato impossibile creare queU’Esercito rosso, che ha abbandonato i metodi partigiani di triste memoria e ha saputo ottenere brillanti vittorie in oriente. Gli uomini esperti che sono alla testa della nostra amministrazione militare dicono giustamente che dove la politica del partito verso gli specialisti militari e l’estirpazione dei metodi partigiani è applicata con la mag- TUTTI ALLA LOTTA CONTRO DENIKIN! 411 gioie severità, dove la disciplina è più ferma, dove il lavoro politico fra le truppe e il lavoro dei commissari è svolto con maggior cura, in generale si trova un minor numero di specialisti militari affetti dalla volontà di tradire; le possibilità per costoro di realizzare i loro pro- positi sono minime, non esiste rilassatezza neiresercito, la sua organiz- zazione e il sua morale sono migliori, si riportano più vittorie. I metodi partigiani, le loro tracce, i loro residui, le loro sopravvivenze hanno recato tanto al nostro esercito quanto a quello ucraino, più sventure, disgregazione, sconfitte, catastrofi e perdite di uomini e di materiale bellico che tutti i tradimenti degli specialisti militari. Il programma del nostro partito, sia circa il problema generale degli specialisti borghesi sia circa la questione particolare concernente una delle loro varietà, gli specialisti militari, ha stabilito con estrema precisione la politica del partito comunista. Il nostro partito lotta e « lotterà implacabilmente contro la presunzione pseudoradicale, la quale in realtà non è che ignoranza, secondo cui i lavoratori sarebbero in grado di vincere il capitalismo e il regime borghese senza imparare dagli specialisti borghesi, senza utilizzarli e senza frequentare una lunga scuola di lavoro al loro fianco ». D’altra parte, è ovvio, il partito non farà « la minima concessione politica a questo strato borghese »; il partito reprime e « reprimerà implacabilmente qualunque sua velleità controrivoluzionaria ». È natu- rale che quando, con probabilità più o meno grande, questa « velleità » appare o si delinea, la sua « repressione implacabile » esige altre qualità, e non la lentezza e la cautela delPallievo, necessarie per una «lunga scuola », e che questa coltiva negli uomini. L’antagonismo fra Io stato d’animo delle persone occupate a fare una « lunga scuola di lavoro » a fianco degli specialisti militari e lo stato d’animo delle persone tutte prese dal compito immediato di « reprimere implacabilmente le velleità controrivoluzionarie » degli specialisti militari, può condurre facilmente e conduce ad attriti e conflitti. Lo stesso avviene per gli inevitabili spostamenti di persone, per i trasferimenti, che talora si estendono a un gran numero di specialisti militari e che sono determinati da questo o quel caso di « velleità » controrivoluzionaria o addirittura da vasti complotti. Questi attriti e questi conflitti li risolviamo e li risolveremo attra- verso il partito, esigendo la stessa cosa da tutte le organizzazioni di 412 LENIN partito e insistendo perché non si tollerino né il minimo pregiudizio al lavoro pratico, né il minimo indugio quando si tratta di prendere provvedimenti necessari, né l’ombra di esitazione neirapplicazione dei principi di politica militare già stabiliti. Se certi organismi del partito assumono un tono falso verso gli specialisti militari (come è avvenuto poco tempo fa a Pietrogrado) o se in singoli casi la « critica » verso gli specialisti militari degenera in ostacolo diretto al lavoro sistematico e tenace tendente a utilizzarli, il partito corregge subito e correggerà questi errori. Il mezzo principale ed essenziale per correggerli consiste nell’inten- sificare il lavoro politico neiresercito e fra coloro che sono soggetti alla mobilitazione, nel rafforzare il lavoro dei commissari neiresercito, nel migliorare la loro scelta e nell’elevare il loro livello politico, nel far loro applicare praticamente ciò che il programma del partito esige e che troppo spesso è lontano dal venire realizzato in misura suffi- ciente, cioè: « concentrare nelle mani della classe operaia il completo controllo sui quadri del comando » dell’esercito. La critica verso gli specialisti militari dall’esterno, i tentativi di mettere le cose a posto « in quattro e quattr’otto », sono cose troppo semplicistiche e perciò infruttuose e nocive. Tutti coloro che sono coscienti della loro respon- sabilità politica, tutti coloro che prendono a cuore i difetti del nostro esercito, accorrano nelle sue file come soldati rossi o come comandanti, come funzionari politici o come commissari; ciascuno lavori aH’interno dell’organizzazione militare — ogni membro del partito vi troverà il suo posto secondo le sue capacità — per perfezionarla. Il potere sovietico ha da tempo dedicato la più grande attenzione al problema di dare agli operai, poi ai contadini, e soprattutto ai comu- nisti, la possibilità di imparare seriamente l’arte militare. Ciò viene fatto in una serie di scuole, di istituzioni, di corsi, ma viene fatto in modo ancora tutt’altro che sufficiente. L’iniziativa personale, l’energia personale devono ancora far molto in questo campo. I comunisti devono esercitarsi con particolare zelo nell’uso delle mitragliatrici, dell’arti- glieria, delle autoblinde, ecc., perché in questo campo la nostra arre- tratezza è più sensibile e la superiorità del nemico, che dispone di un maggior numero di ufficiali, è più considerevole. In questo campo uno specialista militare poco sicuro può recarci un gran danno e la funzione del comunista è sommamente importante. TUTTI ALLA LOTTA CONTRO DENIKIN! 413 La lotta contro la controrivoluzione nelle retrovie Come nel luglio scorso, la controrivoluzione nelle nostre retrovie, fra noi, rialza la testa. La controrivoluzione c stata vinta, ma è ben lungi dall’essere annientata, e naturalmente, approfitta delle vittorie di Denikin e della più grave mancanza di viveri. E dietro la controrivoluzione diretta e senza maschera, dietro i centoneri e i cadetti, — che sono forti grazie ai loro capitali, grazie al loro legame diretto con rimperialismo del- Plntesa, e perché comprendono che la dittatura è inevitabile e sono capaci di applicarla (alla maniera di Kolciak), — si trascinano i mensce- vichi, i socialisti-rivoluzionari di destra e di sinistra che, come sempre, esitano, mancano di carattere e cercano di abbellire i loro atti con le parole. Nessuna illusione a questo proposito! Conosciamo 1*« ambiente che alimenta », che genera le azioni controrivoluzionarie, i putsch, le con- giure, ecc. Lo conosciamo molto bene. È l’ambiente della borghesia, degli intellettuali borghesi, dei kulak nei villaggi; dappertutto è l’am- biente dei « senza partito », e poi dei socialisti-rivoluzionari e dei men- scevichi. Bisogna triplicare e decuplicare la sorveglianza esercitata su questo ambiente. Bisogna decuplicare la vigilanza perché i tentativi controrivoluzionari da questo lato sono assolutamente inevitabili, in questo precìso momento come nel prossimo avvenire. Su questo terreno possono naturalmente prodursi anche tentativi ripetuti di far saltare ponti, di fomentare scioperi, azioni di spionaggio di ogni genere, ecc. Tutte le misure di precauzione, le più energiche, sistematiche, reite- rate, vaste e repentine, sono necessarie in tutti Ì centri, senza eccezione, dove T« ambiente che alimenta » la controrivoluzione ha la minima possibilità di « annidarsi ». Quanto ai menscevichi, ai socialisti-rivoluzionari di destra e di sinistra, bisogna tener conto dell’esperienza recente. Nella loro « peri- feria », nell’ambiente che gravita intorno a loro, si è senza dubbio pro- dotta una svolta da Kolciak e Denikin verso un ravvicinamento al potere dei soviet. Abbiamo tenuto conto di questa svolta, ed ogni volta che essa si è manifestata in qualcosa di reale, abbiamo fatto un passo per favorirla. Non cambieremo in nessun caso questa politica ed è certo che, in generale, il numero delle « migrazioni » dal campo dei men- scevichi e dei socialisti-rivoluzionari che propendono per Kolciak e 414 LENIN Denikin al campo dei menscevichi e socialisti-rivoluzionari che pro- pendono per il potere dei soviet, aumenterà. Ma nel momento attuale la democrazia piccolo-borghese, capeggiata dai socialisti- rivoluzionari e dai menscevichi, come sempre fiacca ed esitante, naviga secondo il vento e oscilla verso il vincitore Denikin. Ciò è particolarmente vero nei riguardi dei « capi politici » dei socia- listi-rivoluzionari di sinistra, dei menscevichi (come Martov e soci), dei socialisti-rivoluzionari di destra (come Cernov e soci) e,- in gene- rale, dei loro « gruppi letterari », i cui membri, oltre che per tutto il resto, sono profondamente mortificati per la loro completa banca- rotta politica, e hanno perciò una « propensione » — difficilmente sradi- carle — per le avventure contro il potere dei soviet. Non bisogna lasciarsi ingannare dalle parole e dalPideologia dei loro capi, dalla loro onestà personale o dalla loro ipocrisia. Ciò ha valore per la biografia di ognuno di essi. Ma non ha valore dal punto di vista della politica, cioè dei rapporti fra le classi, dei rapporti fra milioni di uomini. Martov e soci, « a nome del Comitato centrale », condannano solennemente i loro « attivisti » e minacciano ( minacciano eternamente! ) di espellerli dal partito. Ma queste minacce non elimi- nano in nessun modo il fatto che fra i menscevichi gli « attivisti » sono i più forti, che questi si trincerano dietro a quelli per svolgere la loro attività in favore di Kolciak e di Denikin. Volski e soci condannano Avxentiev, Cernov e compagnia, ma questo non impedisce a Cernov di dire; « Se non lo faremo noi e se non lo faremo oggi, quando dunque, e da chi, saranno rovesciati i bolscevichi? ». I socialisti-rivoluzionari di sinistra possono « lavorare » « per proprio conto », lungi da qualsiasi intesa con la reazione, con i Cernov, ma di fatto sono anche loro degli alleati di Denikin e delle pedine nel suo giuoco, come lo era il defunto socialista-rivoluzionario di sinistra Muraviov, l’ex comandante in capo dell’esercito che per ragioni « ideologiche » apri il fronte ai cecoslo- vacchi e a Kolciak. Martov, Volski e soci si credono « superiori » alle due parti in lotta, si immaginano di formare un « terzo partito ». Questo desiderio, anche se è sincero, rimane un’illusione da demo- cratico piccolo-borghese, che ancora oggi, settant’anni dopo il 1848 , non ha imparato l’abbiccì, e precisamente che nell’ambito del capitalismo sono possibili soltanto la dittatura della borghesia o la dittatura del proletariato; una terza eventualità non può esistere, I Martov e soci TUTTI ALLA LOTTA CONTRO DENIKIN! 415 con tutta probabilità moriranno con la loro illusione. È affare loro. Affare nostro invece è che dobbiamo ricordarci che in pratica le oscil- lazioni di questa gente, oggi verso Denikin e domani verso i bolsce- vichi, sono inevitabili. E oggi bisogna pensare a fare il lavoro d'oggi. Affare nostro è di porre apertamente la questione: che cosa è meglio? Acciuffare e mettere in prigione, e talvolta anche fucilare, centi- naia di traditori tra i cadetti, i senza partito, i menscevichi e i socialisti- rivoluzionari che «agiscono» (chi con le armi in pugno, chi con un complotto, chi facendo propaganda contro la mobilitazione, come i tipografi e i ferrovieri menscevichi, ecc.) contro il potere dei soviet, cioè per Denikin , o lasciar arrivare le cose a un punto tale da permet- tere a Kolciak e a Denikin di sterminare, fucilare, fustigare a morte decine di migliaia di operai e contadini? La scelta non è difficile. Cosi e soltanto cosi si pone la questione. Chi finora non l’ha capito, chi può piagnucolare sull’« iniquità » di una tale decisione, è un uomo sul quale non si deve contare, che deve esser dato in pasto al dileggio e allo scherno pubblico. Mobilitazione totale della popolazione per la guerra La Repubblica sovietica è una fortezza assediata dal capitale mon- diale. Il diritto di servirsene come di un rifugio contro Kolciak e, in generale, il .diritto di soggiornarvi può essere riconosciuto soltanto a coloro che partecipano attivamente alla guerra e che ci aiutano in tutti i modi. Di qui il nostro diritto e il nostro dovere di mobilitare in blocco la popolazione per la guerra: chi per un lavoro militare nel vero senso della parola; chi per ogni genere di attività ausiliaria utile alla guerra. La realizzazione completa di questo piano richiede un’organizza- zione ideale. E siccome la nostra organizzazione dello Stato è ben lontana dall’essere perfetta (il che non è affatto sorprendente, dato che è un’organizzazione giovane, nuova, e le difficoltà del suo sviluppo sono eccezionali), accingersi a realizzare di colpo, su vasta scala, qual- cosa di completo in questo campo, o anche soltanto qualcosa di molto vasto, sarebbe cadere nella piu dannosa mania, la mania di fabbricare progetti in materia d'organizzazione; Possiamo tuttavia, nei particolari, fare molto sotto questo aspetto 416 LENIN per avvicinarci all’ideale, e in questo campo 1*« iniziativa » dei quadri del nostro partito, dei nostri funzionari dei soviet lascia ancora molto, molto a desiderare. Qui basta porre questo problema e attrarre su di esso l’attenzione dei compagni. Non è necessario dare indicazioni o fare proposte concrete. Rileviamo soltanto che i democratici piccolo-borghesi più vicini al potere dei soviet e che si proclamano, com’è d’uso, socialisti, come per esempio certi menscevichi « di sinistra », ecc., si sdegnano molto volentieri del metodo, « barbaro » secondo loro, di prendere ostaggi. Lasciamo che si sdegnino: senza di ciò è impossibile fare la guerra, e dinanzi airaggravarsi del pericolo è in tutti i sensi indispensabile ricorrere a questo mezzo in modo più vasto e più frequente. Non di rado, per esempio, i tipografi menscevichi o gialli, i ferrovieri del- l’ambiente degli « uffici » e gli speculatori mascherati, i kulak, la parte benestante della popolazione urbana (e rurale) e altri elementi simili si comportano verso la difesa contro Kolciak e Denikin con un’indif- ferenza criminale e infinitamente cinica, che si converte in sabotaggio. Bisogna compilare le liste di questi gruppi (o obbligare loro stessi a costituire dei gruppi collettivamente responsabili), e non solamente impiegarli a scavare trincee, come talora si fa, ma anche esigere che essi prestino un aiuto materiale, il più vario, il più completo, alPEser- cito rosso. I campi dei soldati rossi saranno meglio lavorati; il rifornimento dei soldati rossi in viveri, in tabacco ed altri articoli necessari sarà meglio organizzato; per migliaia e migliaia di operai e contadini dimi- nuirà sensibilmente il pericolo di morte, in .seguito a questo o quel complotto, se applicheremo questo procedimento nel modo più ampio, più differenziato e più abile. « Lavoro alla maniera rivoluzionaria » Se sintetizziamo quanto precede, otteniamo questo semplice risul- tato: tutti i comunisti, tutti gli operai e i contadini coscienti, tutti coloro che non vogliono la vittoria di Kolciak e di Denikin, sono tenuti a fornire immediatamente e durante i prossimi mesi un massimo di energia, un « lavoro alla maniera rivoluzionaria ». TUTTI ALLA LOTTA CONTRO DENIKIN! 417 Se i ferrovieri di Mosca, sia gli operai qualificati sia i manovali, affamati, stanchi e spossati, hanno potuto, in nome della vittoria su Kolciak e fino alla vittoria completa su di esso, organizzare i « sabati comunisti », lavorare gratuitamente parecchie ore alla settimana e fornire durante questo lavoro una produttività senza precedenti, molto piu alta della solita, questo dimostra che si può ancora fare molto, moltissimo. E questo molto noi dobbiamo farlo. Allora vinceremo. Il Comitato centrale del Partito comunista russo ( bolscevico ) Scritto non più tardi del 3 luglio 1919. Pubblicato nelle live stia del CC del PCR (£), n. 4, 9 luglio 1919. LA SITUAZIONE ATTUALE E I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO Rapporto presentato alla seduta comune del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia , del Soviet di Mosca dei deputati operai e soldati , del Consi- glio dei sindacati di tutta la Russia, e dei rappresentanti dei comitati di fabbrica e d'officina di Mosca il 4 luglio 1919 85 Compagni, nel momento in cui ci accingiamo a valutare la nostra situazione generale, siamo portati senza volerlo a confrontare prima di tutto il luglio 1919 col luglio 1918. Mi sembra che questo confronto, che viene naturale, ci dia piu facilmente una giusta idea delle difficoltà nuove, e in una certa misura anche di quelle vecchie, che si sono accen- tuate, rendendo la situazione grave ed esigendo da noi un nuovo sforzo; ma, d'altra parte, tale confronto ci mostrerà anche l’enorme progresso che la rivoluzione mondiale ha compiuto quest’anno e perché questo ci dà, anche considerando le cose con la massima freddezza, e diffi- denza, la piena certezza che stiamo andando verso una vittoria piena e definitiva. Compagni, ricordate la situazione dell’anno scorso. Proprio nel luglio del 1918 sembrava che le nubi più minacciose e sventure asso- lutamente irreparabili si fossero accumulate intorno alla repubblica sovietica. Allora, come adesso, la situazione degli approvvigionamenti era peggiorata proprio alla vigilia del nuovo raccolto, proprio alla fine della vecchia annata agricola, quando le scorte si esauriscono. L’anno scorso la situazione era incomparabilmente più difficile. Come adesso, l’estate «corsa alle difficoltà degli approvvigionamenti si aggiunsero difficoltà politiche e militari, interne ed estere, ancora maggiori di oggi. Quando, nell’estate deH’anno scorso, si riunì il congresso dei soviet, esso coincise con la rivolta dei socialisti-rivoluzionari a Mosca, col tradimento dell’allora comandante in capo del nostro esercito, il socialista-rivoluzionario di sinistra Muraviov, che per poco non apri il fronte al nemico. L’estate del 1918 ha coinciso con il grande com- plotto di laroslavl, tramato, come hanno dimostrato e riconosciuto i partecipanti, dall’ambasciatore francese Noulens, che incitò Savinkov LA SITUAZIONE E I COMPITI DEL POTERE SOVIETICO 419 a organizzare la congiura, garantendogli che le truppe francesi sbarcate ad Arcangelo sarebbero corse in aiuto di Iaroslavl e che, anche nella situazione piu difficile per questa città, c’era da aspettarsi il con- giungimento con Arcangelo, il congiungimento con gli alleati e, quindi, entro breve tempo la caduta di Mosca. In quel periodo in oriente il nemico riuscì a occupare Samara, Kazan, Simbirsk, Syzran, Saratov. Al sud, le truppe cosacche, appoggiate dall’imperialismo tedesco (ii che è stato accertato con assoluta precisione), ricevevano denaro e armi* ‘I nemici d attaccavano, ci accerchiavano da tìue lati, si beffavano di noi. Negli ambienti imperialistid tedeschi si diceva: « Se non riusdte a spuntarla con i cecoslovacchi, provatevi un po’ a spuntarla con noi ». Questo era il tono insolente che si permettevano gli imperialisti tedeschi. Tale era allora raccerchiamento della repubblica sovietica, asso- lutamente senza via di uscita, pareva, mentre le difficoltà per gli approv- vigionamenti erano inaudite e il nostro esercito incominciava appena a formarsi. Esso non aveva organizzazione, non aveva esperienza; biso- gnava formare in fretta e furia un reparto dopo l’altro, non si poteva neppure pensare a un lavoro sistematico, organico. E se siamo soprav- vissuti in quest’anno, se, basandoci su questa esperienza e tenendola sempre presente, consideriamo l’attuale situazione, possiamo dire con pieno diritto: si, la situazione è difficile, ma confrontando dò che abbiamo sopportato l’anno scorso, con la situazione attuale — questo è indubbio per chiunque voglia studiare ed osservare attentamente, e non abbandonarsi al suo stato d’animo — constatiamo, anche dal punto di vista del semplice rapporto internazionale delle forze, anche dal punto di vista del semplice confronto dei fatti relativi alle difficoltà tempo- ranee, che la nostra attuale situazione è incomparabilmente piu salda, e perciò sarebbe mille volte delittuoso abbandonarsi al panico. Se un anno fa la situazione era incomparabilmente piu grave e tuttavia le difficoltà sono state superate, possiamo dire con assoluta sicurezza, senza esagerare minimamente le nostre forze e senza minimizzare le difficoltà, che anche ora le supereremo. Debbo indicare i principali ele- menti di confronto, perché su questa questione si soffermeranno più particolareggiatamente gli oratori successivi. L’anno scorso, quando, verso Testate, la situazione annonaria si era aggravata, eravamo arrivati al punto che in luglio e in agosto l’orga- nizzazione preposta alTapprovvigionamento, il Commissariato per gli approvvigionamenti, non aveva nei suoi magazzini assolutamente nulla 420 LENIN da dare alla popolazione piu stanca, estenuata, affamata delle città e delle località non agricole. Quest’anno il nostro apparato ha fatto un immenso progresso. In un anno, dal 1° agosto 1917 al 1° agosto 1918, avevamo potuto ammassare soltanto trenta milioni di pud di grano, mentre dal 1° agosto 1918 al 1° maggio 1919 sono già stati ammassati cento milioni di pud. È assai poco in confronto a quello che ci occorre, ma ciò dimostra che nell’opera di approvvigionamento bisogna vincere milioni di difficoltà organizzative, come quelle che ci procura ogni contadino che ha delle eccedenze di grano, ed essendo abituato al vecchio commercio sul mercato libero considera suo sacro diritto vendere il grano a un prezzo libero; quel contadino che non è ancora in grado di capire che in un periodo in cui il paese lotta contro il capi- tale russo e mondiale, il commercio del grano è un grandissimo delitto di Stato, è un’offesa ai poveri e agli affamati, è il miglior servizio che si può rendere al capitalista e allo speculatore. Sappiamo che ogni contadino che si guadagna la vita col suo lavoro, sudore, sangue e a schiena curva, capisce che cosa è il capitalismo. Egli simpatizza per il proletario benché nebulosamente, istintivamente, perché è certo che il proletariato dedica tutta la sua vita e dà il suo sangue per abbattere il capitale. Ma da qui a esser capaci di difendere gli interessi dello Stato socialista, a mettere questi interessi al di sopra degli interessi del mercante che vuole arricchirsi subito, mentre può vendere il grano agli affamati a un prezzo mai visto e mai sentito, c’è una grande distanza. Adesso incominciamo a misurare questa distanza. Abbiamo percorso una parte del cammino e perciò sappiamo bene che, per quanto la via sia difficile e dura, noi siamo in grado di superare queste difficoltà. Abbia- mo compiuto un progresso immenso in confronto all’ anno scorso, ma siamo lontani dall’aver superato tutte le difficoltà. Non possiamo pro- mettere un miglioramento immediato, ma sappiamo tuttavia che la situazione dà assai piu speranze, sappiamo che attualmente non siamo tagliati fuori dalle nostre fonti di rifornimento nella misura in cui lo eravamo l’anno scorso dalle bande cosacche a sud-est, dall’imperia- lismo tedesco a sud-ovest, dai cecoslovacchi nelle zone granarie orientali. Le cose vanno assai meglio e perciò le prossime settimane, che indub- biamente porteranno nuovi sacrifici e sofferenze, noi le vivremo e le supereremo sapendo che lo abbiamo già fatto una volta l’anno scorso, sapendo che oggi la nostra situazione è migliore, sapendo che la diffi- coltà principale di ogni rivoluzione socialista è la difficoltà per il grano, LA SITUAZIONE E I COMPITI DEL POTERE SOVIETICO 421 e noi l'abbiamo provata in pratica. Infatti, non basandoci su suppo- sizioni e speranze, ma sulla nostra esperienza pratica, diciamo e affer- miamo che abbiamo imparato a superare questa difficoltà e impareremo a superarla fino in fondo. Se guardiamo alla situazione militare, ora che gli alleati, i quali avevano occupata l'Ucraina dopo i tedeschi e occupavano Odessa e Seba- stopoli, hanno fatto fiasco, vediamo che la minaccia che sembrava insuperabile alla massa della piccola-borghesia e ai filistei spaventati, è risultata vana; vediamo che questa minaccia, questo gigante, aveva i piedi di argilla. Gli alleati hanno fatto il possibile per aiutare le guardie bianche, i grandi proprietari fondiari e i capitalisti con armi e munizioni. I giornali inglesi si sono vantati apertamente — e i ministri inglesi pure — di aver fornito rinforzi a Denikin. Ci sono giunte notizie, poi confermate, che essi avevano mandato un equipaggiamento completo e munizioni per 250.000 uomini. Siamo stati informati, e la notizia ha avuto conferma, che essi avevano mandato decine di autoblinde. Grazie a questi rinforzi, mentre eravamo attaccati in oriente, Denikin ci ha assestato colpi durissimi. Sappiamo che duro periodo abbiamo attraversato nel luglio scorso. Non sottovalutiamo affatto il pericolo e non chiudiamo gli occhi sulla necessità di rivolgerci apertamente alle larghe masse per esporre loro la situazione, per spie- gare tutta la verità, per aprire loro gli occhi: infatti quanto meglio gli operai e in particolare i contadini — è assai difficile far capire la verità ai contadini — conoscono questa verità, tanto più risolutamente, fermamente e coscientemente passano dalla nostra parte. (Applausi.) Compagni, ieri al Comitato centrale abbiamo deciso che il com- pagno Trotski avrebbe fatto un rapporto sulla situazione militare. Pur- troppo oggi i medici glielo hanno assolutamente proibito. Perciò dirò qualche parola io, benché non possa affatto pretendere di fare il rela- tore su questo punto; ma posso riferirvi a grandi linee, compagni, ciò che ieri abbiamo sentito dal compagno Trotski, il quale ha compiuto un'ispezione sul fronte meridionale. La situazione è effettivamente difficile, abbiamo dovuto subire colpi assai duri, e le nostre perdite sono enormi. Le cause di tutti i nostri insuccessi sono due: la prima è che abbiamo dovuto ritirare una notevole parte delle truppe per mandare rinforzi ad est, proprio nel momento in cui subivamo i colpi di Kolciak. E proprio in quel momento Denikin è passato alla mobilitazione generale. È vero che un membro 422 LENIN del Consiglio rivoluzionario del fronte meridionale, il quale lavora colà da molto tempo, ci ha detto che proprio questa mobilitazione generale perderà Denikin come ha perduto Kolciak. Finché il suo esercito era un esercito di classe, finché era composto di volontari che odiavano il socialismo, questo esercito era forte e saldo. Ma da quando ha imposto il servizio obbligatorio, è riuscito, certo, a raccogliere rapidamente un esercito, ma quanto piu questo sarà numeroso, tanto meno avrà ca- rattere di classe e tanto piu sarà debole. I contadini arruolati nell’eser- cito di Denikin vi faranno ciò che i contadini siberiani hanno fatto nell’esercito di Kolciak: lo hanno completamente disgregato. L’altra ragione dei nostri insuccessi, oltre all’immenso rafforza- mento dell’esercito di Denikin, è lo sviluppo della guerriglia sul fronte meridionale. Il compagno Trotski ieri ci ha descritto particolareggia- tamente anche questo. Voi tutti sapete quali traversie hanno subito le nostre armate a causa dell’avventura di Grigoriev, conseguenza della guerra per bande da parte di Makhno, e ciò che hanno sopportato i contadini ucraini e tutto il proletariato ucraino al tempo degli atamani. L’odio e la guerriglia sono sorti in Ucraina spontaneamente dall’estrema insufficienza di una coscienza proletaria, dalla debolezza e dalla disor- ganizzazione, dall’anarchia di Petliura e dalla pressione dell’imperia- lismo tedesco. In ogni distaccamento i contadini prendevano le armi, eleggevano il loro ataman o il loro « batko » per instaurare, creare un potere locale. Del potere centrale non tenevano alcun conto, e ogni capo pensava di essere l'ataman del posto, immaginava di poter risol- vere da solo tutti i problemi ucraini, senza tener conto di ciò che si faceva al centro. Adesso per noi è assolutamente chiaro che nella situa- zione attuale non si possono conquistare i contadini con il solo entu- siasmo, la sola passione: questo metodo è precario. Abbiamo avvertito mille volte i compagni ucraini che quando si arriva a un movimento che comprende masse popolari di milioni di uomini, le parole non bastano, occorre la loro esperienza di vita, bisogna che gli uomini stessi controllino le istruzioni, che le affidino alla propria esperienza. Questa esperienza è costata assai cara ai contadini ucraini. Durante la occu- pazione tedesca hanno sopportato calamità inaudite, inauditi sacrifici, assai maggiori di quelli che abbiamo sopportato noi, e tuttavia non sanno ancora come organizzarsi, come conquistare la loro indipendenza e la loro autonomia statale. In un primo momento, dopo la liberazione dall’imperialismo tedesco, quando le bande di Denikin hanno cominciato LA SITUAZIONE E I COMPITI DEL POTERE SOVIETICO 423 a rafforzarsi, le nostre truppe non sempre hanno resistito come si doveva, e quando, dopo la rapida piena primaverile, le nostre truppe hanno dovuto fermarsi perché era impossibile andare avanti, e da qui non giungevano rinforzi, vi è stato un momento catastrofico che ha dato il primo colpo ai contadini ucraini e ai contadini della zona attigua all'Ucraina e al Don, ma che, per fortuna, li guarirà da questi difetti, dai metodi della guerra partigiana, e dal caos. Sappiamo benissimo che la forza dei contadini ucraini abbatterà Denikin, sappiamo che i colpi subiti, pur assai duri, risveglieranno in loro una nuova coscienza e nuove forze. E il compagno Trotski, che ha osservato di persona le nostre perdite immense, dichiara fermamente che questa esperienza non potrà passare senza lasciar tracce negli ucraini, che essa trasfor- merà tutta la mentalità dei contadini ucraini; cosa che abbiamo già sperimentato da noi. Sappiamo che Tanno scorso la nostra situazione non era migliore, sappiamo che molti paesi consideravano con disprezzo la nostra giovane repubblica russa, mentre adesso in molti paesi sta incominciando la stessa cosa e si osservano gli stessi fenomeni. L'Ucraina guarisce con piu difficoltà di noi, ma guarisce. Essa ha tratto insegnamento dalla disgregazione, dalla guerriglia. Sarà un'epo- ca di svolta per la rivoluzione ucraina, che si ripercuoterà su tutto lo sviluppo dell'Ucraina. È una svolta che anche noi abbiamo conosciuta, la svolta dai metodi partigiani e dalle grandi frasi rivoluzionarie: « Faremo tutto! », alla coscienza della necessità di un lavoro d'organiz- zazione lungo, saldo, tenace, difficile. È la via sulla quale ci siamo messi molti mesi dopo TOttobre e sulla quale abbiamo ottenuto notevoli successi. Noi guardiamo al futuro con la ferma certezza che supereremo tutte le difficoltà. Uno dei fatti che il compagno Trotski ha sottolineato e che mostra con evidenza questa svolta, è ciò che egli ha osservato riguardo ai diser- tori. Egli ha attraversato molti governatorati nei quali abbiamo man- dato compagni per lottare contro la diserzione, ma senza successo, ha preso la parola ai comizi e ha visto che le nostre decine di mi- gliaia di disertori sono gente che o ha ceduto al panico, o segue troppo facilmente la borghesia. Mentre noi siamo pronti a trarne conclusioni disperate, Trotski, che è passato egli stesso per Kursk e per Riazan, in diverse città ha potuto convincersi che a questo riguardo è avvenuta una svolta, una svolta indescrivibile. Alcuni commissari hanno detto che attualmente siamo sommersi dal torrente dei disertori che affluiscono 424 LENIN nell’Esercito rosso. Il loro numero è tale che potremo interrompere la nostra mobilitazione; basteranno i vecchi disertori che ritornano. I contadini avevano visto che cosa erano le campagne dei cosacchi e di Denikin, e la massa contadina, che ormai aveva incominciato a con- siderare le cose piu coscientemente, che voleva la pace immediata, non era in grado di capire che la guerra civile ci era imposta. I contadini facevano di tutto per sottrarsi airamiolamento, per nascondersi nei boschi e unirsi alla « bande verdi » e li accada quel che vuole. È questa la situazione che ha portato alla disfatta in Ucraina, che ha creato una situazione in cui il numero dei disertori raggiungeva una cifra di molte migliaia. Trotski parla della svolta avvenuta quando, affrontando la questione con piu coraggio, abbiamo concesso una proroga ai disertori. Nel governatorato di Riazan sono andati a lavorare centinaia di com- pagni, e si è avuta la svolta. Loro facevano comizi, e i disertori afflui- vano nelPEsercito rosso. I commissari del luogo dicono che non face- vano in tempo a incorporarli nelle file dei soldati rossi. È da questa circostanza che ha avuto inizio il rafforzamento delle nostre posizioni a Kursk e a Voronez, e in seguito la rioccupazione della stazione di Liski. Questa circostanza ha permesso a Trotski di dire che la situa- zione al sud è difficile, e che dobbiamo tendere tutte le nostre forze. Ma io affermo che questa situazione non è catastrofica. Ecco la conclu- sione alla quale siamo giunti ieri. (Applausi.) Questa conclusione non suscita nessun dubbio, e noi faremo il possibile per tendere tutte le forze e siamo certi che la coscienza delle masse lavoratrici vincerà, perché in Ucraina l’esperienza ha confermato che quanto pi ri Denikin si avvicina tanto piu è chiaro ciò che portano Denikin, i capitalisti, i grandi proprietari fondiari, e tanto più facile diventa per noi la lotta contro la diserzione, con tanto maggior coraggio possiamo concedere una settimana di proroga ai disertori. L’altro ieri al Consiglio di difesa abbiamo prolungato questa proroga di un’altra settimana perché ci eravamo convinti che la consapevolezza suscitata da Denikin non sarà inutile per i disertori. L’Esercito rosso si svilupperà se terremo presente che nei prossimi mesi dovremo dedicare tutte le nostre forze al lavoro militare. E dobbiamo dire che, come abbiamo aiutato l’est, adesso faremo uno sforzo per aiutare il sud e riportarvi la vittoria. Compagni, a questo punto chi si abbandona al suo stato d’animo, al panico, può chiedere: se facciamo uno sforzo per il sud, LA SITUAZIONE E I COMPITI DEL POTERE SOVIETICO 425 perderemo ciò che abbiamo conquistato all’est? A questo proposito possiamo dire che le conquiste delle nostre truppe in oriente pro- mettono, secondo tutte le notizie, il congiungimento con la rivoluzione siberiana. {Applausi.) Ieri a Mosca un menscevico ha tenuto una conferenza* Nelle Izvestia avete potuto leggere un articolo su questa conferenza del citta- dino Golosov il quale ha comunicato che i menscevichi erano andati in Siberia pensando che vi fossero l’Assemblea costituente e la sovranità popolare, il suffragio universale e la sovranità della volontà del popolo, e non quella della dittatura di una classe, deirusurpazione, la sovranità della violenza... come loro definiscono il potere sovietico. L’esempio di questa gente che ha amoreggiato con Kerenski per otto mesi e ha dato tutto a Kornilov, che non ha imparato nulla e è andata da Kolciak; il loro esempio ha mostrato ora che non dei bolscevichi qualunque, ma dei nemici dei bolscevichi, uomini che hanno dedicato tutta la loro atti- vità alla lotta contro il bolscevismo, hanno compiuto centinaia di verste a piedi per trarre alla fine le conclusioni che abbiamo sentito e delle quali il pubblico ha avuto notizia dai resoconti dei menscevichi: con- clusioni le quali dicono che non soltanto gli operai, ma anche i conta- dini, non soltanto i contadini, ma anche i kulak si sono distaccati. Perfino i kulak insorgono contro Kolciak! {Applausi.) Tutte le descri- zioni che si sono fatte delle rivolte contro il regime di Kolciak non sono affatto esagerate. Costui si è alienato non soltanto gli operai e i contadini, ma anche gli intellettuali di tendenza patriottica, che prima facevano tutti il sabotaggio, quegli stessi, intellettuali che erano alleati dell’Intesa. Ora ci dicono che negli Urali è in corso una rivolta, che si attende un periodo di autentica rivolta operaia, e noi diciamo nuovamente che vi sono tutte le probabilità e tutte le ragioni per aspet- tarsi nei prossimi mesi la vittoria negli Urali, che segnerà il punto di svolta verso la vittoria completa di tutta la popolazione siberiana sulle bande di Kolciak. Compagni, ieri avete letto sui giornali la notizia dell’occupazione di Motovilikha: qui incomincia la zona industriale degli Urali. I parti- colari sulla presa di Perm, dove alcuni reggimenti sono passati dalla nostra parte, lo confermano, e ogni giorno riceviamo telegrammi su telegrammi i quali ci mostrano che la svolta decisiva sugli Urali è inco- minciata. Oggi ho ricevuto un telegramma del 2 luglio da Ufà che lo dimostra. Abbiamo informazioni piu particolareggiate le quali ci dànno 426 LENIN motivo di affermare che la svolta decisiva è incominciata e che vince- remo negli Urali. Con l’occupazione di Perm, poi di Motovilikha, grossi centri industriali nei quali gli operai si organizzano, passano a centinaia dalla nostra parte e tagliano le linee ferroviarie nelle retrovie del nemico, abbiamo ottenuto molto. Probabilmente pochi di voi hanno avuto occasione di vedere uomini di Kolciak, operai e contadini, che se ne sono venuti via, ma vorremmo che a Mosca si potessero incontrare piu uomini venuti da laggiù. Un anno fa i contadini degli Urali e della Siberia erano pronti a voltare le spalle ai bolsceviche Erano sdegnati, indignati quando i bolscevichi esigevano aiuto per questa dura guerra, quando i bolscevichi dicevano: « La vittoria sui grandi proprietari fondiari e sui capitalisti non viene da sola, e se i capitalisti e i grandi proprietari fondiari fanno la guerra, dovete compiere tutti i sacrifici per difendere le conquiste della rivoluzione. La rivoluzione non si fa senza sforzi, e se questi sacrifici vi fanno piegare, se non avete abbastan- za resistenza per sopportarli, farete fallire la rivoluzione ». I contadini non volevano sentirne parlare, questo pareva loro soltanto un appello rivoluzionario. E quando sono stati promessi la pace e l’aiuto dell’Intesa, sono passati dall’altra parte. Sapete che i contadini in Siberia non hanno conosciuto la servitù della gleba. Sono i contadini più agiati, abituati a sfruttare i deportati che venivano dalla Russia; sono con- tadini che non hanno ottenuto miglioramenti dalla rivoluzione, e i loro capi provenivano dalla borghesia russa, dai menscevichi e dai socialisti-rivoluzionari: laggiù ce ne erano centinaia, migliaia. Alcuni calcolano, per esempio, che ad Omsk vi siano ora novecen tornila bor- ghesi, altri cinquecentomila. Tutta la borghesia vi si è riunita al com- pleto, tutti coloro che pretendevano di dirigere il popolo perché erano istruiti e colti e abituati a governare, tutti i partiti, dai menscevichi ai socialisti-rivoluzionari, si sono riuniti laggiù. Avevano contadini sazi, decisi, non propensi al socialismo, avevano P aiuto di tutti gli Stati del- l’Intesa, di Stati onnipotenti, che hanno nelle loro mani il potere in tutto il mondo. Avevano ferrovie con libero accesso al mare, il che significa dominio completo, perché la bandiera degli alleati non ha nemici nel mondo e domina su tutta la terra. Che cosa mancava ancora? Perché questi uomini che avevano riunito tutto ciò che si poteva riunire contro i bolscevichi, — una regione di contadini forti e sazi e l’aiuto dell’Intesa — , dopo due anni di esperienza hanno subito un tale scacco? Perché invece della « sovranità popolare » è rimasto il feroce LA SITUAZIONE E I COMPITI DEL POTERE SOVIETICO 427 dominio dei figli dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, e si è avuta la disfatta totale delle truppe di Kolciak, cosa che toc- chiamo con mano visto che i nostri soldati rossi avanzano negli Urali come liberatori, mentre un anno fa i contadini dicevano: « Abbasso i bolscevichi perché impongono gravami ai contadini », e passavano dalla parte dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti. Allora essi non credevano a ciò che dicevamo; ora lo hanno provato loro stessi, hanno visto che i bolscevichi prendevano loro un cavallo, mentre gli uomini di Kolciak prendevano tutto, i cavalli e tutto il resto, e restauravano la disciplina zarista. Ora i contadini, istruiti dall'esperienza del passato, accolgono l’Esercito rosso come liberatore e dicono che con i bolscevichi s’instaurerà in Siberia una libertà completa e durevole. {Applausi.) L’esperienza del potere di Kolciak è per noi la più preziosa, perché ci mostra su scala ridotta ciò che accade in tutto il mondo, ci mostra le vere fonti, indistruttibili e inesauribili, della forza dei bolsce- vichi. Sembravamo impotenti quando la Siberia era in mano ai nostri nemici. Adesso tutta questa forza gigantesca è crollata. Perché? Perché avevamo ragione nella nostra valutazione della guerra imperialistica e delle sue conseguenze, avevamo ragione quando dicevamo che l’uma- nità sarebbe uscita mutata da questa guerra: gli uomini hanno talmente sofferto, sono talmente spossati, esasperati contro il capitalismo che ne verrà fuori il dominio della classe operaia e si instaurerà il socialismo. Si è qui parlato di una « via di mezzo », ed io so benissimo che i socia- listi-rivoluzionari di destra e i menscevichi sognano questa via di mezzo, che i migliori uomini di questi partiti intermedi la sognano sincera- mente, ma sappiamo dall’esperienza di. interi paesi, dall’esperienza dei popoli, che si tratta di sogni vani, perché non c’è via di mezzo nel regno dell’Assemblea costituente dove i Cernov e i Maiski hanno tentato ancora una volta la carriera ministeriale, subendo una completa scon- fitta. Che cosa è dunque: un caso o una calunnia dei bolscevichi? Nessuno ci crederà! E se, avendo incominciato con una tale fiducia nell’Assemblea costituente sono giunti a una tale disfatta, ciò conferma ancora una volta che i bolscevichi hanno ragione quando dicono: o la dittatura della classe operaia, la dittatura di tutti i lavoratori e la vittoria sul capitalismo, o il dominio più lurido e sanguinoso della borghesia, fino alla monarchia, come quella instaurata da Kolciak in Siberia. E adesso, passando dalle lezioni e dalle conclusioni relative 428 LENIN alla Siberia, posso terminare con un breve accenno alla situazione internazionale. Compagni, nella situazione interna abbiamo compiuto un gran passo in avanti; milioni di contadini russi che un anno fa guardavano il mondo in maniera assolutamente incosciente, credevano sulla parola a chiunque parlasse con eloquenza deirAssemblea costituente, si sco- raggiavano per gli oneri imposti dal bolscevismo, scappavano al primo appello alla lotta, questi contadini, al sud hanno vissuto da allora l’espe- rienza incredibilmente dura e sanguinosa del dominio dei tedeschi, e han- no imparato molto. Siamo diventati infinitamente forti, perché milioni di uomini hanno imparato a comprendere che cosa è Kolciak; milioni di contadini della Siberia sono passati al bolscevismo, tutti vi aspettano i bolscevichi non grazie alla nostra propaganda e alle nostre teorie, ma in base alla propria esperienza, perché avevano chiamato e instal- lato i socialisti-rivoluzionari, e da questa consegna del potere ai socia- listi-rivoluzionari e ai menscevichi è venuta fuori la vecchia monarchia russa, il vecchio potere poliziesco che sotto il regime della « demo- crazia » ha portato al paese una violenza inaudita. Ma questa guarigione del popolo costa cara. (Applausi.) Guardate la situazione internazionale. Sotto questo aspetto non abbiamo forse compiuto immensi progressi in confronto all’anno scorso? Allora non ci avevano forse voltato le spalle anche uomini devoti alla rivoluzione i quali dicevano che i bolscevichi avevano consegnato la Russia ai predoni tedeschi, che la pace di Brest aveva dimostrato che era stato compiuto un errore irreparabile? E costoro non ritenevano forse che soltanto l’alleanza con la Francia democratica e con l’Inghil- terra avrebbe salvato la Russia? Ebbene? Qualche mese dopo la crisi dell’anno scorso, la pace di Brest ha perso ogni valore. Sono passati sei mesi dal 9 novembre 1918, quando la Germania è stata sconfitta, e dopo sei mesi di sforzi gli impierialisti francesi e inglesi hanno concluso la pace. E che cosa ha dato questa pace? Tutti gli operai che finora stavano dalla parte dei fautori degli impierialisti inglesi e francesi, che predicavano la guerra fino in fondo, passano ora dalla nostra parte non di giorno in giorno, ma di ora in ora; essi dicono: « Per quattro anni ci hanno ingannato, ci hanno portato alla guerra. In nome della libertà ci hanno promesso la sconfitta della Germania, e la vittoria della libertà, dell’eguaglianza, la vittoria della democrazia, e invece di tutto questo hanno offerto la pace di Versailles, un’indegna pace di violenza, LA SITUAZIONE E I COMPITI DEL POTERE SOVIETICO 429 di rapina e di lucro ». Durante quest’anno la nostra è stata una situa- zione di dura lotta per la vittoria della rivoluzione internazionale. E se si confronta la nostra situazione con quella dei nostri nemici, si vede che ad ogni passo ci siamo conquistati nuovi alleati in tutto il mondo. Ed ora vediamo che ciò che i tedeschi, dal loro punto di vista impe- rialistico, considerano una sconfitta, ciò che i francesi e gli inglesi considerano una completa vittoria, è Tinizio della fine per gli impe- rialisti inglesi e francesi. Il movimento operaio si sviluppa di Qra in ora. Gli operai esigono il ritiro delle truppe straniere dalla Russia e la denuncia della pace di Versailles. Alla vigilia della pace di Brest eravamo soli; questa pace è decaduta e al suo posto è venuta la pace di Versailles che soffoca la Germania. Facendo il bilancio dell’anno trascorso, riconoscendo apertamente tutte le difficoltà, possiamo dirvi con sicurezza e fermezza: compagni, siamo venuti ad esporvi ancora una volta la situazione generale e a descrivere agli operai d’avanguardia di Mosca le difficoltà nelle quali ci siamo nuovamente imbattuti, a invitarvi a riflettere sugli insegna- menti di questo anno difficile, e, sulla base di questa riflessione e valutazione, sulla base di questa esperienza, a giungere con noi alla convinzione ferma e incrollabile che la vittoria sarà nostra non soltanto in Russia, ma su scala internazionale. Tenderemo ancora e ancora le nostre forze per far fronte alle sconfitte che abbiamo subito nel sud. Applicheremo i metodi sperimentati della organizzazione, della disci- plina e della fedeltà, e allora, ne siamo certi, Denikin sarà spezzato e schiacciato e crollerà come è crollato Kolciak e come stanno ora crol- lando gli imperialisti inglesi e francesi. (Applausi fragorosi.) Un breve resoconto fu pubblicato sulla Pravda, n. 145, 5 luglio 1919. Pubblicato per la prima volta integralmente nel 1932. SULLO STATO Lezione tenuta alVUniversità Sverdlov VII luglio 1919 u Compagni, l’oggetto della nostra conversazione odierna, secondo il piano da voi stabilito e che mi è stato comunicato, è lo Stato. Non so fino a qual punto siate già addentro a questa questione. Se non erro, i vostri corsi sono appena incominciati, ed è la prima volta che vi accade di trattare sistematicamente questo argomento. Se è cosi, può benissimo succedere che nella prima lezione su questo difficile argo- mento io non riesca a raggiungere una chiarezza sufficiente nella mia esposizione e a farmi comprendere da tutti i miei uditori. E se sarà cosi, vi prego di non impressionarvi, perché quella dello Stato è una delle questioni piu complicate, piu difficili, e forse la più imbrogliata dagli scienziati, scrittori e filosofi borghesi. Perciò non bisogna aspet- tarsi che si possa in una breve conversazione, in una sola volta, giun- gere ad un chiarimento completo di questa questione. Occorre, dopo la prima conversazione su questo argomento, prender nota dei punti mcomprensibili o poco chiari, per ritornarvi sopra una seconda, una terza e una quarta volta, affinché quel che è rimasto incomprensibile venga completato e chiarito più profondamente in seguito, sia per mezzo di letture, sia per mezzo di lezioni e conversazioni separate. Spero che ci sia dato di riunirci ancora una volta, e allora potremo avere uno scambio di opinioni su tutti i problemi complementari ed esaminare ciò che è rimasto particolarmente oscuro. Spero pure che voi completerete le conversazioni e lezioni, dedicando un certo tempo alla lettura almeno di alcune delle opere principali di Marx ed Engels. Non v’è dubbio che nell’elenco delle pubblicazioni raccomandate e nei manuali messi a disposizione degli studenti delle scuole sovietiche e delle scuole di partito che sono nella vostra biblioteca, troverete queste opere principali e, sebbene forse qualcuno si lascerà a tutta prima spa- SULLO STATO 431 ventare dall’esposizione difficile, è necessario avvertirvi nuovamente che non dovete turbarvi, che quanto è incomprensibile a una prima lettura, vi diventerà comprensibile alla lettura successiva o quando piu tardi affronterete la questione da un punto di vista alquanto diverso, perché, lo ripeto ancora una volta, la questione è cosi complicata ed è stata cosi imbrogliata dagli scienziati e scrittori borghesi, che ogni persona la quale desideri riflettervi seriamente e assimilarla con piena libertà di giudizio, deve ragionarci sopra piu volte, tornare e ritornare ancora su di essa, considerarla sotto diversi aspetti per giungere a una concezione chiara e sicura. E vi sarà molto facile ritornare su questa, che è una questione cosi fondamentale, cosi radicale per tutta la politica, poiché non soltanto in tempi cosi tempestosi, in tempi rivolu- zionari come quelli che ora attraversiamo, ma anche nei tempi più pacifici, in qualsiasi giornale che tratti una questione economica, o politica, vi imbatterete sempre nella domanda: che cos e lo Stato, qual è la sua essenza, che cosa significa e qual è l’atteggiamento del nostro partito — del partito che lotta per l’abbattimento del capitalismo, del partito dei comunisti — verso lo Stato? Ritornerete quotidianamente per una ragione o per l’altra su questo argomento. Ma la cosa più importante è che in seguito, da letture, conversazioni e lezioni che ascolterete sullo Stato, acquistiate la capacità di trattare questa questio- ne da soli, poiché essa si presenterà nelle più diverse occasioni, in ogni piccola questione, nelle combinazioni più inaspettate, nelle conversa- zioni e nelle discussioni con gli avversari. Soltanto quando imparerete ad orientarvi da soli su questa questione, soltanto allora potrete con- siderarvi abbastanza fermi nelle vostre convinzioni e difenderle con discreto successo davanti a chiunque e in qualsiasi circostanza. Dopo queste brevi considerazioni, vengo airargomento: che cos’è lo Stato, com’è sorto e quale dev’essere, essenzialmente, l’atteggiamento verso lo Stato del partito della classe operaia, del partito comunista, che lotta per l’abbattimento completo del capitalismo. Ho già detto che difficilmente si trova un’altra questione che sia stata cosi imbrogliata, premeditatamente o no, dai rappresentanti della scienza, della filosofia, della giurisprudenza, deH’economia politica e del giornalismo borghesi, come quella dello Stato, Molto sovente essa viene confusa ancor oggi con le questioni di carattere religioso; molto sovente, non soltanto i rappresentanti delle dottrine religiose (e non possiamo aspettarci altro da loro), ma anche le persone che si conside- 432 LENIN rano libere dai pregiudizi religiosi, confondono la questione specifica dello Stato con le questioni che riguardano la religione, e tentano di creare una dottrina — assai spesso complessa, basata su una concezione e un’argomentazione ideologico-filosofica — la quale affermi che lo Stato è qualcosa di divino, qualcosa di soprannaturale, una forza vivi- ficante deH’umanità che dà o deve dare agli uomini, cioè porta con sé, qualcosa che non viene dall’uomo, ma gli è dato dal di fuori, è una forza di origine divina. E bisogna dire che questa dottrina è cosi stret- tamente legata agli interessi delle classi sfruttatrici, — grandi proprie- tari fondiari e capitalisti, — serve cosi bene i loro interessi, ha pene- trato cosi profondamente tutte le abitudini, tutte le idee, tutta la scienza dei signori rappresentanti della borghesia, che ad ogni passo v’imbatterete nelle sue vestigia, compreso il concetto dello Stato che han- no i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, i quali respingono con indi- gnazione l’idea di essere schiavi dei pregiudizi religiosi e sono convinti di riuscire a considerare lo Stato obiettivamente. Questa questione è stata cosi imbrogliata e complicata perché riguarda gl’interessi delle classi dominanti piu di qualsiasi altra (cedendo sotto questo rapporto soltanto ai fondamenti della scienza economica). La dottrina dello Stato serve di giustificazione ai privilegi sociali, di giustificazione all’esistenza dello sfruttamento, di giustificazione all’esistenza del capitalismo; ecco perché è un enorme errore attendersi l’imparzialità in questa questione e credere che persone che hanno la pretesa d’averla studiata scientifi- camente possano offrirvi in proposito il punto di vista della scienza pura. Nella questione dello Stato, nella dottrina dello Stato, nella teoria dello Stato, quando conoscerete la questione e l’avrete abba- stanza approfondita, scorgerete sempre la lotta delle diverse classi fra di loro, lotta che si riflette o si esprime nella lotta tra le differenti concezioni dello Stato, nella valutazione della funzione e del signifi- cato dello Stato. Per trattare questa questione nella maniera piu scientifica possi- bile, bisogna gettare almeno un rapido sguardo sul passato per vedere in che modo lo Stato è sorto e si è sviluppato. La cosa piu sicura in una questione dì scienza sociale, la cosa più necessaria per acquistare effettivamente l’abitudine di trattare in modo giusto la questione e non smarrirsi in una quantità di dettagli o nell’enorme varietà di opi- nioni contrastanti, la cosa più importante per trattare questa questione in modo scientifico, consiste nel non dimenticare il nesso storico fon- SULLO STATO 433 damentale, nel considerare ogni questione tenendo conto del modo come un dato fenomeno* è sorto nella storia, delle tappe principali che ha attraversato nel suo sviluppo e, partendo dal suo sviluppo, esa- minare che cosa esso è diventato oggi. Spero che sulla questione dello Stato prenderete conoscenza del- l'opera di Engels L'origine della famiglia , della proprietà privata e dello Stato. Questa è una delle opere principali del socialismo contem- poraneo, ad ogni frase della quale si può prestare fiducia, con la cer- tezza che non è detta a caso, ma è scritta sulla base di una vastissima documentazione storica e politica. Indubbiamente in quest'opera non tutte le parti sono esposte in maniera egualmente facile e comprensi- bile: alcune di esse presuppongono un lettore che possegga già certe conoscenze storiche ed economiche. Ma vi dirò di nuovo: non dovete impressionarvi se, dopo la prima lettura, non comprenderete subito quest'opera. Ciò non accade quasi mai. Ma, ritornandovi in seguito, quando l’interesse si sveglia, riuscirete a comprenderla in gran parte, se non tutta. Ricordo questo libro perché esso dà alla questione un giusto indirizzo nel senso che ho indicato. Comincia con un cenno storico sull’origine dello Stato. Per trattare in modo giusto questa questione, come ogni altra, — ad esempio quella dell'origine del capitalismo, dello sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, del socialismo, del modo come esso è sorto, delle condizioni che l'hanno generato, — per affrontare con serietà e sicurezza ogni questione del genere, bisogna prima aver get- tato uno sguardo su tutto il suo sviluppo nel complesso. In merito a quest’argomento, è necessario anzitutto tener presente che lo Stato non è sempre esistito. Vi fu un tempo in cui lo Stato non esisteva. Esso apparve dove e quando apparve la divisione della società in classi, quando apparvero gli sfruttatori e gli sfruttati. Fino a quando non sorse la prima forma di sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, la prima forma di divisione in classi, — i posses- sori di schiavi e gli schiavi, — fino ad allora esisteva ancora la fami- glia patriarcale, o, come a volte la si chiama, il clan (il clan: la fa- miglia, la tribù, quando gli uomini vivevano in associazioni familiari, in tribù); le tracce di quei tempi primitivi si sono conservate abba- stanza evidenti nelle usanze di molti popoli primitivi. Se prendete una opera qualunque sulla civiltà primitiva incontrerete sempre delle de- scrizioni piu o meno precise, degli accenni e qualche ricordo di tempi 434 LENIN che erano piu o meno simili a un comuniSmo primitivo, quando la società non era divisa in possessori di schiavi e in schiavi. A quei tempi non esisteva lo Stato, e non c’era un apparato speciale per applicare sistematicamente la violenza e sottomettere gli uomini alla violenza. È questo l’apparato che si chiama Stato. Nella società primitiva, quando gli uomini vivevano ancora in pic- coli clan e si trovavano al grado piu basso del loro sviluppo, in condi- zioni vicine allo stato selvaggio, in un’epoca da cui l’umanità contempo- ranea civile è divisa da parecchi millenni, non si trovano tracce dell’esistenza dello Stato. Vi scorgiamo il dominio delle usanze, l’autorità, il rispetto, il potere di cui godevano gli anziani del clan, vediamo che questo potere veniva conferito talvolta alle donne, — la situazione delle donne di quel tempo non era simile alla situazione di oppressione e di ineguaglianza di diritti di oggi, — ma non vediamo in nessun luogo una categoria particolare di individui che si differenzino dagli altri per governarli e che per gPinteressi e le finalità del governo posseggano sistematicamente, costantemente, un determinato apparato di costrizione, un apparato di violenza, quali sono attualmente, come sapete, le forze armate, le prigioni e simili mezzi per sottomettere con la violenza la volontà altrui, cose tutte che costituiscono l’essenza dello Stato. Se volessimo far astrazione dalle cosiddette dottrine religiose, dalle sottigliezze, dalle speculazioni filosofiche, dalle svariate opinioni de- gli scienziati borghesi, e volessimo esaminare la vera sostanza della questione, vedremmo che lo Stato si riduce appunto ad un tale appa- rato di governo, sorto dalla società umana. Allorché appare un gruppo speciale d’individui la cui unica occupazione è il governo, e che per governare ha bisogno di un apparato speciale di costrizione, di sottomis- sione della volontà altrui per mezzo della violenza, — carceri, reparti speciali, truppe, ecc., — allora appare lo Stato. Vi fu un tempo in cui lo Stato non esisteva e in cui i rapporti so- ciali, la società stessa, la disciplina, la divisione del lavoro, venivano man- tenuti in forza dell’abitudine, delle tradizioni, delPautorità e del rispetto che godevano gli anziani dei clan o le donne, che a quell’epoca occupa- vano spesso una situazione non soltanto di eguaglianza nei confronti degli uomini, ma non di rado anche di superiorità; un tempo in cui non esisteva una categoria speciale d’individui, di specialisti che governas- sero. La storia dimostra che lo Stato, come apposito apparato di costri- zione degli uomini, è sorto soltanto, dove e quando è apparsa la divisione SULLO STATO 435 della società in classi, vale a dire quando gli uomini vennero divisi in gruppi tali, che gli uni potessero appropriarsi continuamente del lavoro degli altri, che gli uni sfruttassero gli altri. E questa divisione della società in classi nella storia dev’essere sempre presente al nostro pensiero come fatto fondamentale. Lo sviluppo di tutte le società umane durante migliaia di anni in tutti i paesi, senza eccezione, ci mostra la legge generale, la regolarità, la logica di questo sviluppo: dapprima abbiamo la società senza classi, la società primi- tiva patriarcale, primordiale, nella quale non c’erano aristocratici; in seguito, la società fondata sulla schiavitù, la società schiavista; tutta TEuropa civile contemporanea ha attraversato questa fase; duemila anni or sono la schiavitù dominava ovunque. Attraverso questa fase è pas- sata Penorme maggioranza dei popoli delle altre parti del mondo. Pres- so i popoli meno sviluppati, le tracce della schiavitù si sono conservate ancora fino ad oggi, ed in Àfrica, per esempio, potete ancora trovare delle istituzioni basate sulla schiavitù. Possessori di schiavi e schiavi: ecco la prima grande divisione in classi. Il primo gruppo possedeva non soltanto tutti i mezzi di produzione: la terra e gli attrezzi, per quanto primitivi essi fossero, ma possedeva anche gli uomini. I membri di questo gruppo si chiamarono padroni, e coloro che lavoravano e fornivano il lavoro agli altri si chiamarono schiavi. Questa forma fu seguita nella storia da un’altra: la servitù della gleba. Nel suo sviluppo la schiavitù si trasformò, nell'enorme maggio- ranza dei paesi, in servitù della gleba. La società era divisa in due gruppi fondamentali: proprietari terrieri feudali e servi della gleba. Nei rap- porti fra gli uomini, la forma si era mutata. I possessori di schiavi consi- deravano gli schiavi come loro proprietà; la legge confermava quest'opi- nione e considerava gli schiavi come oggetti di completa proprietà dei possessori di schiavi. Sul servo della gleba continuava a gravare l'oppres- sione di classe; egli rimaneva in uno stato di soggezione, ma il feuda- tario non era piu considerato possessore del contadino, come di un oggetto; egli aveva soltanto il diritto di appropriarsi del suo lavoro e di costringerlo ad adempiere certi obblighi. In pratica, come tutti sapete, la servitù della gleba, specialmente in Russia, dove si mantenne più a lungo ed assunse le forme più brutali, non si distingueva per nulla dalla schiavitù. In seguito, nella società feudale, di mano in mano che si svilup- pava il commercio, con l'apparire del mercato mondiale, con Io svilup- 436 LENIN parsi della circolazione monetaria, sorse una nuova classe; la classe dei capitalisti. Dalla merce, dallo scambio delle merci, dal sorgere del potere del denaro, nasce il potere del capitale. Durante il secolo XVIII o, piu esattamente, dalla fine del secolo XVIII e durante il XIX, avven- nero rivoluzioni in tutto il mondo. Il feudalesimo fu scacciato da tutti i paesi dell’Europa occidentale. In Russia questo avvenne piu tardi che in tutti gli altri paesi. Fu nel 1861 che anche in Russia avvenne un rivolgimento, la conseguenza del quale fu la sostituzione di una forma sociale con un’altra: la sostituzione del feudalesimo col capi- talismo, sotto il quale rimase la divisione in classi, rimasero diverse tracce e resti della servitù della gleba, ma, quanto all’essenziale, la divisione in classi assunse una forma diversa. I possessori del capitale, i possessori di terre, i possessori di fab- briche e d’officine furono e sono l’infima minoranza della popolazione in tutti i paesi capitalistici, minoranza che dispone completamente di tutto il lavoro del popolo e che perciò tiene a propria disposizione e sotto la sua oppressione, sotto il suo sfruttamento, tutta la massa dei lavoratori, la maggioranza dei quali sono proletari, operai salariati, che nel processo della produzione ricevono i mezzi di sussistenza soltanto dalla vendita delle proprie braccia, dalla vendita della propria forza- lavoro. I contadini, dispersi e oppressi già all’epoca del feudalesimo, col passaggio al capitalismo si trasformarono parte (la maggioranza) in proletari, parte (la minoranza) in contadini agiati che assunsero essi stessi degli operai e costituirono la borghesia rurale. Questo fatto fondamentale — il passaggio della società dalle forme primitive della schiavitù al feudalesimo e, infine, al capitalismo — do- vete sempre tenerlo presente, poiché soltanto rammentando questo fatto fondamentale, soltanto inquadrando in questa cornice essenziale tutte le dottrine politiche, sarete in grado di valutarle giustamente e di capire a che cosa esse si riferiscono, poiché ognuno di questi grandi periodi della storia umana — schiavitù, feudalesimo e capitalismo — abbraccia decine e centinaia di secoli e presenta una tale quantità di forme politiche, di differenti dottrine, opinioni e rivoluzioni politiche, che non è possibile raccapezzarsi in tutta questa estrema diversità e varietà, specialmente nei riguardi delle dottrine politiche, filosofiche ecc., degli scienziati e politici borghesi, se non ci si attiene ferma- mente, come a un filo conduttore, a questa divisione della società in SULLO STATO 437 classi, al mutamento delle forme del dominio di classe, e se non si analizzano da questo punto di vista tutte le questioni sociali: eco- nomiche, politiche, spirituali, religiose, ecc. Se esaminate lo Stato dal punto di vista di questa divisione fon- damentale, vedrete che prima della divisione della società in classi, come ho già detto, lo Stato non esisteva. Ma di mano in mano che la divisione della società in classi sorge e si rafforza, di mano in mano che sorge la società di classe, di mano in mano che questo avviene, sorge e si rafforza lo Stato. Abbiamo nella storia dell’umanità decine e centinaia di paesi che hanno vissuto e vivono ora nella schiavitù, nel feudalesimo e nel capitalismo. In ognuno di essi — malgrado gli enor- mi mutamenti storici che si sono verificati, malgrado tutte le vicende politiche e tutte le rivoluzioni che furono connesse a questo sviluppo dell’umanità, a questo passaggio dalla schiavitù al feudalesimo, poi al capitalismo e all’attuale lotta mondiale contro il capitalismo — vedete sempre sorgere lo Stato. Esso è sempre stato un determinato apparato che si distingueva dalla società e si componeva di un gruppo di persone la cui occupazione era esclusivamente, o quasi esclusiva- mente, o essenzialmente il governo. Gli uomini si dividono in governati ed in specialisti nel governare, cioè in coloro che si ergono al di sopra della società, e che si chiamano governanti, rappresentanti dello Stato. Quest’apparato, questo gruppo di uomini che governano gli altri, prende sempre nelle proprie mani un certo apparato di costri- zione, di forza fisica, di violenza sugli uomini, esercitata per mezzo del randello primitivo oppure, nell’epoca dello schiavismo, per mezzo di un tipo di arma piu perfezionato, oppure per mezzo dell’arma da fuoco apparsa nel medioevo o, infine, dell’arma moderna che nel XX secolo è un miracolo tecnico basato interamente sull’ultima parola della tecnica contemporanea. I metodi di violenza sono cambiati; ma sempre, da quando esiste lo Stato, c’è stato in ogni società un gruppo di persone che governavano, che comandavano, che dominavano, e che per mantenere il potere avevano nelle loro mani un apparato di costri- zione fisica, un apparato di violenza, con un armamento corrispondente al livello tecnico di ogni epoca. Soltanto osservando questi fenomeni generali, chiedendoci perché non esisteva lo Stato quando non vi erano classi, quando non vi erano sfruttatori e sfruttati, e perché esso sorse 438 LENIN quando sorsero le classi, troviamo una risposta precisa alla questione concernente la natura dello Stato e il suo significato. Lo Stato è una macchina per mantenere il dominio di una classe sull’altra. Quando nella società non vi erano classi, quando gli uomini, prima dell’epoca schiavistica, lavoravano nelle condizioni primitive di maggiore eguaglianza e la produttività del lavoro era ancora molto bassa, quando l’uomo primitivo si procurava con difficoltà i mezzi ne- cessari alla sua rozza, primitiva esistenza, in quel tempo non sorse e non poteva sorgere un gruppo particolare di uomini appositamente incaricati del governo e che dominavano su tutto il resto della società. Soltanto quando apparve la prima forma di divisione della società in classi; quando apparve la schiavitù e fu possibile a una determinata classe di uomini, dedicandosi alle forme piu rozze del lavoro agricolo, produrre una certa eccedenza; quando questa eccedenza non fu assolu- tamente necessaria alla miserrima esistenza dello schiavo e cadde nelle mani del possessore di schiavi; quando, in questo modo, si consolidò l’esistenza di questa classe di padroni, ed appunto affinché essa si potesse consolidare, la nascita dello Stato divenne una necessità. Ed esso sorse; lo Stato schiavista, un apparato che metteva nelle mani del possessore di schiavi il potere, la possibilità di governare tutti gli schiavi. Tanto la società quanto lo Stato erano allora molto piu piccoli che ai nostri tempi e disponevano di mezzi di comunicazione incommensurabilmente più rudimentali, poiché allora non esistevano i mezzi di comunicazione moderni. Monti, fiumi e mari erano ostacoli incredibilmente più grandi di quel che non lo siano ora, e la formazione dello Stato procedeva nei limiti di frontiere geografiche molto più ristrette. Un apparato statale tecnicamente debole serviva lo Stato, il quale era racchiuso entro confini relativamente limitati e aveva una ristretta sfera di azione. Ma in ogni caso un apparato c’era, un appa- rato che costringeva gli schiavi a rimanere in schiavitù, che teneva una parte della società sotto la costrizione e l’oppressione dell’altra parte. Non si può costringere la parte più grande della società a lavo- rare sistematicamente per l’altra parte senza un apparato permanente di costrizione. Finché non vi furono classi, non vi fu neanche questo apparato. Quando apparvero le classi, sempre e dovunque, contempo- raneamente allo sviluppo e al rafforzamento di questa divisione, appar- ve anche questa istituzione speciale: lo Stato. Le forme di Stato furono straordinariamente varie. Nel periodo della schiavitù, nei paesi più SULLO STATO 439 progrediti, piu colti e civili per quei tempi, ad esempio nell’antica Grecia e a Roma, che erano interamente basate sulla schiavitù, abbiamo già varie forme di Stato. Fin d’allora sorse la differenza tra la monar- chia e la repubblica, tra l’aristocrazia e la democrazia. La monarchia come potere di una sola persona; la repubblica, dove ogni potere è elettivo; l’aristocrazia come potere di una minoranza relativamente esigua; la democrazia come potere del popolo (democrazia, nella tra- duzione letterale dal greco significa appunto: potere del popolo). Tutte queste differenze sorsero all’epoca della schiavitù. Nonostante queste differenze, lo Stato dell’epoca della schiavitù era uno Stato schiavista, fosse esso monarchia o repubblica aristocratica o democratica. In ogni corso sulla storia dell’antichità, ascoltando una lezione su questo argomento, sentirete parlare della lotta che si svolse tra gli Stati monarchici e repubblicani, ma il punto fondamentale è che gli schiavi non venivano considerati esseri umani; non soltanto non erano considerati cittadini, ma neanche esseri umani. La legge romana li con- siderava degli oggetti. La legge sull’omicidio, senza parlare delle altre leggi per la difesa della personalità umana, non riguardava gli schiavi. Essa difendeva soltanto i padroni quali unici cittadini ai quali si rico- noscevano pieni diritti. E se si costituiva una monarchia, era una mo- narchia schiavista, se si aveva una repubblica, era una repubblica schiavista. In esse erano i padroni a godere di tutti i diritti, mentre gli schiavi non erano, secondo la legge, che oggetti, e nei loro con- fronti non soltanto era lecita qualsiasi violenza, ma persino l’uccisione di uno schiavo non veniva considerata un delitto. Le repubbliche schia- vista differivano nella loro organizzazione interna; esistevano repub- bliche aristocratiche e repubbliche democratiche. Nella repubblica ari- stocratica prendeva parte alle elezioni un piccolo numero di privilegiati; nella democrazia partecipavano tutti, ma anche qui tutti i padroni: tutti, eccettuati gli schiavi. Questa circostanza fondamentale va tenuta presente perché essa piu di ogni altra getta luce sulla questione dello Stato e dimostra chiaramente quale è la sostanza dello Stato. Lo Stato è una macchina per l’oppressione di una classe da parte di un’altra, una macchina per tenere sottomesse ad una classe le altre classi soggette. La forma di questa macchina può essere diversa. Nello Stato schiavista abbiamo la monarchia, la repubblica aristocratica o per- sino la repubblica democratica. Le forme di governo furono in realtà estremamente varie, ma la sostanza delle cose rimase sempre la me- 440 LENIN desima: gli schiavi non avevano nessun diritto, rimanevano la classe oppressa e non erano considerati esseri umani. La stessa cosa riscon- triamo nello Stato feudale. Il mutarsi della forma di sfruttamento trasformò lo Stato schia- vista in Stato feudale. Ciò ebbe una grandissima importanza. Nella società basata sulla schiavitù abbiamo la totale mancanza di diritti dello schiavo, non veniva nemmeno considerato un uomo; nella società ba- sata sulla servitù della gleba abbiamo Tincatenamento del contadino alla terra. Il tratto essenziale della servitù della gleba è che il contadino (allora i contadini erano la maggioranza; la popolazione urbana aveva ancora uno sviluppo estremamente debole) era considerato legato alla terra; da qui proviene il concetto stesso di servitù della gleba. Il con- tadino poteva lavorare una certa quantità di giorni per sé, sull 'appez- zamento che gli veniva concesso dal feudatario; negli altri giorni il contadino servo della gleba lavorava per il signore. La sostanza della società divisa in classi rimaneva: la società si reggeva sullo sfrutta- mento di classe. I soli feudatari godevano di tutti i diritti; i servi della gleba non godevano di alcun diritto. In pratica, la loro situazione diffe- riva pochissimo dalla situazione degli schiavi nello Stato schiavista. Ma pur tuttavia, per la loro emancipazione, per l’emancipazione dei .con- tadini, si apriva una strada più ampia, poiché il contadino servo della gleba non veniva considerato proprietà diretta del proprietario fondia- rio. Egli poteva passare una parte del tempo sul suo appezzamento, poteva, fino a un certo punto, per cosi dire, appartenere a se stesso, e la servitù della gleba, data la maggior possibilità di sviluppo degli scambi e dei rapporti commerciali, andava di mano in mano disgre- gandosi, e la sfera delLemancipazione dei contadini si allargava sempre più. La società feudale fu sempre più complicata di quella schiavista. In essa si trova già in larga misura un elemento di sviluppo del com- mercio e delLindustria, il che, già a quel tempo, portava al capitalismo. Nel medioevo predominava la servitù della gleba. Anche qui le forme dello Stato erano varie ed anche qui avevamo sia la monarchia, sia la repubblica, benché assai più debolmente espressa; ma si riconoscevano sempre come unici dominanti i soli feudatari. I servi della gleba erano assolutamente esclusi da qualsiasi diritto politico. Sia durante la schiavitù che durante la servitù della gleba, il dominio di una piccola minoranza di uomini sulla grande maggioranza non poteva fare a meno della costrizione. Tutta la storia è piena dei SULLO STATO 441 tentativi incessanti delle classi oppresse di abbattere l’oppressione. La storia della schiavitù conosce guerre per la liberazione dalla schiavitù che durarono molte decine d’anni. Fra l’altro, il nome di «spartachisti», adottato ora dai comunisti della Germania, — l’unico partito tedesco che lotti veramente contro il giogo del capitalismo, — questo nome è stato da essi adottato perché Spartaco fu uno dei piu eminenti eroi di una delle piu grandi insurrezioni di schiavi, che ebbe luogo circa duemila anni or sono. Durante un lungo periodo di anni, Firn- pero romano, basato unicamente sulla schiavitù e che sembrava onni- potente, subì scosse e urti provocati dalla grandissima insurrezione degli schiavi che si armarono e si riunirono sotto il comando di Spartaco, formando un esercito di notevoli proporzioni. Alla fine essi furono disfatti, imprigionati e torturati dai padroni. Queste guerre civili pas- sano attraverso tutta la storia della società di classe. Ho citato ora l’esempio della piu grande di queste guerre civili dell’epoca della schia- vitù. Anche tutta l’epoca della servitù della gleba è piena di insurre- zioni continue di contadini. In Germania, ad esempio nel medioevo, la lotta tra le due classi, i feudatari e i servi della gleba, assunse grandi proporzioni e si trasformò in guerra civile dei contadini contro i feuda- tari. Voi tutti conoscete esempi di simili reiterate insurrezioni di con- tadini contro i feudatari, avvenute anche in Russia. Per mantenere la propria signoria, per conservare il proprio po- tere, il feudatario doveva possedere un apparato che unisse sotto il suo comando un’enorme quantità di uomini, che li sottomettesse a leggi e regolamenti speciali, e tutte queste leggi si riducevano in fondo ad una sola: mantenere il potere del feudatario sul contadino servo della gleba. Tale era lo Stato feudale che, ad esempio in Russia, o nei paesi asiatici assolutamente arretrati, dove regna tuttora il feudale- simo, si distingueva per la forma in repubblicano o monarchico. Quando lo Stato era monarchico, si riconosceva il potere di una sola persona; quando era repubblicano, si riconosceva una maggiore o mi- nore partecipazione dei rappresentanti dei signori feudali. Cosi avveniva nella società basata sulla servitù della gleba. In essa la divi- sione in classi era tale che l’enorme maggioranza — i contadini servi della gleba — si trovava completamente soggetta a un’infima minoran- za, i proprietari feudali, i quali possedevano la terra. Lo sviluppo del commercio, lo sviluppo dello scambio delle merci portò alla formazione di una nuova classe: i capitalisti. Il capitale 442 LENIN sorse alla fine del medioevo, quando il commercio mondiale, dopo la scoperta dell’ America, prese un enorme sviluppo, quando si accrebbe la quantità dei metalli preziosi, quando Pargento e Poro divennero mezzo di scambio, quando la circolazione del denaro diede la possi- bilità di concentrare enormi ricchezze nelle mani di una sola persona. L’argento e Poro erano una ricchezza riconosciuta in tutto il mondo. Le forze economiche della classe dei proprietari fondiari scemarono, e si sviluppò la forza della nuova classe, dei rappresentanti del capitale. La riorganizzazione della società avvenne in modo da dare Pimpressione che tutti i cittadini fossero diventati eguali, che sparisse la precedente divisione in padroni e in schiavi, che tutti venissero considerati eguali davanti alla legge, indipendentemente dal capitale posseduto: il pro- prietario fondiario o il pezzente che possiede soltanto le braccia per lavorare sono eguali davanti alla legge. La legge difende tutti egual- mente, difende la proprietà, per chi la possiede, dagli attentati da parte di quella massa che, non avendo proprietà, non possedendo nulla all’in- fuori delle proprie braccia, s’immiserisce a poco a poco, si rovina, e si trasforma in massa di proletari. Tale è la società capitalistica. Non posso soffermarmi su di essa dettagliatamente. Su questo argomento tornerete ancora quando tratterete del programma del par- tito: vi troverete la caratterizzazione della società capitalistica. Que- sta società sì è levata contro il feudalesimo, contro la vecchia servitù della gleba, con la parola d’ordine della libertà. Ma era la libertà per coloro che possiedono una proprietà. E quando la servitù della gleba venne travolta, cosa che avvenne alla fine del secolo XVIII e al- l’inizio del XIX, — in Russia questo avvenne più tardi che negli altri paesi, nel 1861 , — lo Stato feudale fu sostituito dallo Stato capitali- stico, che ha come parola d’ordine la libertà generale, dice di esprimere la volontà di tutto il popolo, nega di essere uno Stato di classe; e qui comincia la lotta tra i socialisti, che lottano per la libertà di tutto il popolo, e lo Stato capitalistico, una lotta che ha portato ora alla creazione della repubblica socialista sovietica e che si diffonde in tutto il il mondo. Per capire la lotta intrapresa contro il capitale mondiale, per capire l’essenza dello Stato capitalistico, bisogna ricordare che lo Stato capitalistico, entrando in lotta contro lo Stato feudale, andava a com- battere con la parola d’ordine della libertà. L’abolizione della servitù della gleba significava la libertà per i rappresentanti dello Stato capi- SULLO STATO 443 talistico e rendeva loro un servizio, in quanto la servitù della gleba veniva abolita e i contadini ricevevano la possibilità di possedere in piena proprietà la terra che avevano riscattata, oppure di possederne un lotto, acquistato pagando un tributo. Allo Stato ciò poco importava: esso si basava sulla proprietà privata e difendeva la proprietà, qualun- que ne fosse la provenienza. I contadini si trasformarono in proprietari privati in tutti gli Stati civili moderni. Lo Stato proteggeva la proprietà privata e dove il grande proprietario fondiario cedeva una parte della terra al contadino, lo Stato lo ricompensava per mezzo del riscatto, della vendita in contanti. Era come se lo Stato dichiarasse: conserve- remo la completa proprietà privata, e le offrisse ogni specie di appoggio e di difesa. Lo Stato riconosceva questa proprietà ad ogni mercante, ad ogni industriale, ad ogni fabbricante. E questa società, fondata sulla proprietà privata, sul potere del capitale, sulla completa sotto- missione di tutti gli operai non abbienti e della massa lavoratrice dei contadini, questa società dichiarava di dominare basandosi sulla libertà. Lottando contro la servitù della gleba, essa proclamò la libertà della proprietà ed era particolarmente fiera del fatto che lo Stato avrebbe cessato di essere uno Stato di classe. Intanto lo Stato, libero in apparenza, continua ad essere come prima una macchina che aiuta i capitalisti a tenere sottomessi Ì conta- dini poveri e la classe operaia. Esso proclama il suffragio universale, dichiara per mezzo dei suoi sostenitori, predicatori, scienziati e filosofi di non essere uno Stato di classe. Persino ora, quando contro di esso è cominciata la lotta delle repubbliche socialiste sovietiche, questi signori c’incolpano di violare, secondo loro, la libertà; di edificare uno Stato che si regge sulla costrizione, sulPoppressione degli uni sugli altri, mentre essi rappresentano uno Stato di tutto il popolo, uno Stato democratico. Ed ecco che questa questione, la questione dello Stato, — ora che è incominciata la rivoluzione socialista in tutto il mondo e pro- prio durante la vittoria della rivoluzione in alcuni paesi; ora che la lotta contro il capitale mondiale si è particolarmente acutizzata, — la questione dello Stato ha acquistato la massima importanza e si può ire che è diventata l’argomento piu scottante, il centro di tutte le questioni politiche e di tutte le dispute politiche contemporanee. Se prendessimo in esame, in Russia o in qualunque altro paese piu civile, un qualsiasi partito, vedremmo che quasi tutte le discus- sioni politiche, i dissensi, le opinioni si aggirano ora sul concetto di 444 LENIN Stato. In un paese capitalistico, in una repubblica democratica, — spe- cie del tipo della Svizzera o delPAmerca, — nelle più libere repub- bliche democratiche, è lo Stato l’espressione della volontà del popolo, il risultato di una decisione di tutto il popolo, l’espressione della vo- lontà nazionale, ecc., oppure lo Stato è una macchina per far si che i capitalisti di quel dato paese possano conservare il loro potere sulla classe operaia e sui contadini? Questa è la questione fondamentale attor- no alla quale vertono ora le discussioni politiche in tutto il mondo. Che cosa dicono del bolscevismo? La stampa borghese inveisce contro i bolscevichi. Non troverete neanche un giornale che non ripeta contro i bolscevichi l’accusa corrente di aver violato la sovranità del popolo. Errano nel modo più ridicolo i nostri menscevichi e socialisti-rivolu- zionari che, nella semplicità della loro anima (e forse non nella sem- plicità, o forse questa è la semplicità della quale si dice che è peggiore della bricconeria), credono di aver scoperto e inventato l’accusa contro i bolscevichi di aver violato la libertà e la sovranità del popolo. Nel momento attuale non vi è neanche uno dei più ricchi giornali dei più ricchi paesi, che spendono decine di milioni per la loro diffusione e seminano a decine di milioni di copie le menzogne borghesi e l’esalta- zione della politica imperialistica, non vi è uno solo di questi giornali che non ripeta tali argomenti fondamentali e tali accuse contro il bol- scevismo: l’America, l’Inghilterra e la Svizzera sono degli Stati pro- grediti, basati sulla sovranità del popolo, mentre la repubblica bol- scevica è uno Stato di briganti, che non conosce libertà; i bolsce- vichi hanno violato l’idea della sovranità del popolo e sono persino giunti a sciogliere l’Assemblea costituente. Queste orribili accuse contro i bolscevichi si ripetono in tutto il mondo. Queste accuse ci portano direttamente alla domanda: che cos’è lo Stato? Per comprendere queste accuse, per raccapezzarvisi, per considerarle con piena cognizione di causa, per comprenderle non soltanto per sentito dire, ma avendo un'opinione sicura, bisogna capire chiaramente che cos e Io Stato. Ab- biamo a che fare con tutte le specie di Stati capitalistici e con tutte le dottrine in loro difesa che sono state create prima della guerra. Per risolvere la questione in modo giusto, è necessario trattare in ma- niera critica tutte queste dottrine e concezioni. Vi ho già suggerito di servirvi dell’opera di Engels L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato . Qui si dice appunto che ogni Stato nel quale esista la proprietà privata sulla terra e sui mezzi SULLO STATO 445 di produzione, dove domini il capitale, per democratico che sia, è uno Stato capitalistico, è una macchina nelle mani dei capitalisti per tenere in soggezione la classe operaia e i contadini poveri. E il suffragio universale, l’Assemblea costituente, il parlamento, sono soltanto una forma, una specie di cambiale, che non muta affatto le cose nella loro sostanza. Le forme di dominio dello Stato possono essere diverse; il capi- tale manifesta la sua forza in un certo modo là dove esiste una certa forma di dominio e in un altro modo dove ne esiste un’altra; ma in fondo il potere resta nelle mani del capitale, esista il diritto di voto censuario o un altro diritto, esista o no la repubblica democratica; anzi, quanto più la repubblica è democratica, tanto più brutale, più cinico è il dominio del capitalismo. Una delle repubbliche più demo- cratiche del mondo sono gli Stati Uniti d’America, ed in nessun luogo come in questo paese (chi vi è stato dopo il 1905 ne ha certo un’idea), in nessun luogo il potere del capitale, il potere di un pugno di miliar- dari su tutta la società, si manifesta in modo cosi brutale, con una corruzione cosi aperta come in America. Il capitale, dal momento in cui esiste, domina su tutta la società, e nessuna repubblica democratica, nessuna legge elettorale muta. la sostanza delle cose. La repubblica democratica e il suffragio universale in confronto al regime feudale hanno segnato un enorme progresso; hanno dato al proletariato la possibilità di raggiungere quell’unione, quella compat- tezza che ora possiede, di formare quelle schiere salde e disciplinate che conducono una lotta sistematica contro il capitale. Nulla di simile, nemmeno approssimativamente, avevano i servi della gleba, senza par- lare poi degli schiavi. Come sappiamo, gli schiavi insorgevano, organiz- zavano delle sommosse, cominciavano delle guere civili, ma non avreb- bero mai potuto creare una maggioranza cosciente, né partiti che di- rigessero la loro lotta; essi non potevano comprendere chiaramente quale scopo perseguivano, e persino nei momenti più rivoluzionari della storia erano sempre stati delle pedine nelle mani delle classi dominanti. La repubblica borghese, il parlamento, il suffragio universale, tutto ciò, dal punto di vista dello sviluppo mondiale della società, rappre- senta un enorme progresso. L’umanità ha marciato verso il capitalismo, e soltanto il capitalismo, grazie alla cultura urbana, ha dato la possi- bilità alla classe oppressa dei proletari di prendere coscienza di se stessa e di creare quel movimento operaio mondiale, quei milioni di 446 LENIN operai che sono organizzati in tutto il mondo in partiti, in quei partiti socialisti i quali dirigono coscientemente la lotta delle masse. Senza il parlamentarismo, senza le elezioni questo sviluppo della classe operaia sarebbe stato impossibile. Ecco perché tutto ciò ha acquistato agli occhi di masse vastissime una cosi grande importanza. Ecco perché la svolta sembra cosi difficile. Non sono soltanto gli ipocriti coscienti, gli scien- ziati e i preti a sostenere e a difendere la menzogna borghese, la quale afferma che lo Stato è libero e che è chiamato a difendere gli interessi di tutti, ma anche una moltitudine di persone che restano attaccate sinceramente ai vecchi pregiudizi e che non possono comprendere il passaggio dalla vecchia società capitalistica al socialismo. Non soltanto le persone che si trovano in dipendenza diretta dalla borghesia, non soltanto coloro che si trovano sotto la pressione del capitale o che sono corrotti da esso (al servizio del capitale si trova una moltitudine di ogni genere di scienziati, di artisti, di preti, ecc.), ma anche le persone che si trovano semplicemente sotto Pinfluenza di tali pregiu- dizi, come la libertà borghese, tutta questa gente è insorta contro il bolscevismo in tutto il mondo, perché fin dalla sua fondazione la re- pubblica sovietica ha ripudiato la menzogna borghese ed ha dichiarato apertamente; voi chiamate il vostro Stato libero, ma in realtà finché esiste la proprietà privata il vostro Stato, anche se è una repubblica democratica, non è altro che una macchina nelle mani dei capitalisti per opprimere gli operai; e più lo Stato è libero, più chiaramente questo risalta. Ne sono esempio la Svizzera in Europa e gli Stati Uniti in America. In nessun luogo il capitale domina cosi cinicamente e ineso- rabilmente, e in nessun luogo questo fatto è cosi evidente come in questi paesi, — che pure sono entrambi repubbliche democratiche, — nonostante il loro sapiente trucco, nonostante tut,te le parole sulla democrazia del lavoro e suireguaglianza di tutti i cittadini. In realtà, in Svizzera e in America impera il capitale, e ad ogni tentativo degli operai di ottenere un miglioramento più o meno serio delle loro condi- zioni si risponde immediatamente con la guerra civile. In questi pae- si vi sono meno soldati, meno numeroso è l’esercito regolare; in Svizzera esiste la milizia ed ogni cittadino svizzero tiene il fucile a casa sua; in America fino agli ultimi tempi non esisteva un esercito regolare. Perciò, quando scoppia uno sciopero, la borghesia si arma, arruola mercenari e schiaccia lo sciopero. In nessun luogo questo soffo- camento del movimento operaio avviene con tale inesorabile ferocia SULLO STATO 447 come in Svizzera e in America, e in nessun parlamento l’influenza del capitale si fa sentire cosi fortemente come appunto in questi paesi. La potenza del capitale è tutto, la Borsa è tutto, mentre il parla- mento, le elezioni, sono un giuoco di marionette, di pupazzi... Ma più si va avanti, più la benda cade dagli occhi degli operai, e più larga- mente si diffonde l'idea del potere sovietico, specie dopo il macello sanguinoso che abbiamo vissuto ultimamente. La necessità di una lotta inesorabile contro i capitalisti diventa sempre più evidente per la classe operaia. Quali che siano le forme che riveste una repubblica, foss'anche la più democratica, se è una repubblica borghese, se vi è rimasta la proprietà privata della terra, delle officine e delle fabbriche e il capi- tale privato tiene in schiavitù salariata tutta la società, cioè se non si realizza quanto dichiarano il programma del nostro partito e la Costi- tuzione sovietica, questo Stato non è che una macchina che serve agli uni per opprimere gli altri. E questa macchina noi la mettiamo nelle mani della classe che deve abbattere il potere del capitale. Ri- pudieremo tutti i vecchi pregiudizi i quali affermano che lo Stato significa Peguaglianza generale. Questo non è che un inganno; finché c'è sfruttamento, non può esistere Peguaglianza. Il proprietario fondia- rio non può essere eguale all’operaio, né l’affamato al sazio. La macchi- na che è stata chiamata Stato e che ispira agli uomini una superstiziosa venerazione, credendo essi alle vecchie fiabe secondo cui si tratta di un potere che impersona tutto il popolo, questa macchina viene respinta dal proletariato che dice: è una menzogna borghese. Questa macchina l’abbiamo strappata ai capitalisti e ce ne siamo impadroniti. Con questa macchina, o bastone che sia, distruggeremo ogni sfruttamento, e quando sulla terra non sarà più possibile sfruttare, quando non vi saranno più proprietari di terra né proprietari di fabbriche, non vi sarà più chi gozzoviglia e chi è affamato, quando ciò non sarà più possibile, soltanto allora le butteremo tra i ferri vecchi. Allora non vi sarà più Stato, né vi sarà sfruttamento. Ecco qual è il modo di vedere del nostro partito comunista. Spero che nelle lezioni seguenti ritorneremo, e più di una volta, su questo argomento. Pubblicato per la prima volta nella Pravda, n. 15, 18 gennaio 1929. RAPPORTO SULLA SITUAZIONE INTERNA ED ESTERA DELLA REPUBBLICA PRESENTATO ALLA CONFERENZA DI MOSCA DEL PCR(B) 12 luglio 1919 ” Resoconto giornalistico Il relatore precedente ha già detto con quale penoso sentimento deroghiamo alla nostra politica annonaria 68 . Certo, non facciamo che rattoppare alla meglio un vestito strappato invece di comprarne uno nuove?. Ma r facendo cosi, agiamo giustamente. Ricordiamo l’anno scorso, quando la situazione degli approvvigionamenti era assai peg- giore: non avevamo assolutamente nessuna risorsa alimentare. Anche allora abbiamo dovuto derogare ai principi della nostra politica anno- naria, e ciò ha gettato una grande confusione nelle nostre file. Si pen- sava che le piccole concessioni avrebbero portato con sé quelle grandi, il che avrebbe reso impossibile il ritorno a una politica socialista. Ma questo è risultato errato. Per quanto la situazione fosse difficile, Pab- biamo superata. Le speranze dei nostri nemid non si sono avverate. Adesso la situazione è assai migliore dell’anno scorso: abbiamo tali risorse alimentari che l’anno scorso non avremmo neppure osato sognare. L’anno scorso il territorio occupata dal nemico era conside- revolmente maggiore. Ora abbiamo riportato grandi vittorie in oriente, dove si attende un ottimo raccolto. Inoltre abbiamo esperienza. Questo è il fatto essenziale. In base a questa esperienza diciamo con la massima sicurezza che supereremo le difficoltà che sorgono sul nostro cammino. Luglio è il mese peggiore non soltanto per gli approvvigio- namenti, ma anche perché la controrivoluzione rialza la testa. Tuttavia anche l’ondata controrivoluzionaria all’interno del paese l’anno scorso era piu forte di adesso. L’attività dei sodalisti-rivolu- zionari di sinistra aveva raggiunto allora il suo punto culminante. Per noi era giunta inaspettata la lotta armata, alla quale essi erano improv- SULLA SITUAZIONE INTERNA ED ESTERA 449 visamente passati dopo averci appoggiato a parole. Le difficoltà erano enormi. Il momento era assai ben scelto. I socialisti-rivoluzionari hanno voluto far leva sullo stato d’animo • del piccolo borghese spinto alla disperazione dalla fame. Nello stesso tempo Muraviov ci tradiva al fronte. L’insurrezione dei socialisti-rivoluzionari di sinistra è stata li- quidata assai rapidamente, ma in provincia vi sono stati tuttavia seri ondeggiamenti per diversi giorni. Attualmente, grazie airesperienza di un anno, abbiamo adottato un atteggiamento piu giusto verso i partiti piccolo-borghesi. L’esperienza dei movimenti di Makhno e di Grigoriev, i tentennamenti dei men- scevichi e dei socialisti-rivoluzionari ci hanno mostrato che la loro influenza sulle masse operaie e contadine è apparente. In realtà la loro forza è un bluff. Perciò quando ci comunicano che al Consiglio del partito socialista-rivoluzionario di destra, tenutosi recentemente, Cernov ha dichiarato: « Se non lo faremo noi e se non lo faremo oggi, quando dunque, e da chi, saranno rovesciati i bolscevichi? », diciamo: « Il sogno è orribile, ma Dio è pietoso ». Adesso ci sorprendiamo sol- tanto che essi non siano stanchi di ripetere i loro errori. Per due anni abbiamo assistito al crollo completo di tutti i loro sogni di « demo- crazia in generale », e tuttavia ciascuno dei loro gruppi si ritiene in dovere di rifare questa esperienza a modo suo. Lo sviluppo della rivo- luzione mostra che i loro errori si ripetono, e questa ripetizione ci porta innumerevoli calamità. In oriente i contadini hanno appoggiato e i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi, perché i contadini non volevano la guerra e nello stesso tempo sentivano che i bolscevichi erano un potere forte, che avrebbe richiesto da loro la partecipazione alla guerra. Il risultato è stato l’arrivo di Kolciak che ha portato loro innumerevoli sofferenze. Adesso, ritirandosi, egli distrugge tutto sul suo cammino: il paese è completamente devastato, le sofferenze sono enormi, assai maggiori delle nostre. Ci vuole tutta l’ipocrisia dei letterati borghesi per parlare delle crudeltà dei bolscevichi di fronte a questi fatti. Nell’avventura di Kolciak i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi hanno percorso lo stesso sanguinoso cammino politico che avevano per- corso nell'avventura di Kerenski e che li ha condotti al vecchio punto di partenza, e ha mostrato il fallimento completo dell’idea della coa- lizione. Adesso le masse hanno voltato loro le spalle e in Siberia assi- stiamo a un’insurrezione alla quale partecipano non soltanto operai e 450 LENIN contadini, ma persino kulak e intellettuali. Vediamo la disfatta com- pleta dell’avventura di Kolciak. Evidentemente, ognuno dei loro errori si deve ripetere per aprire gli occhi alle masse poco coscienti. Le masse, dopo aver visto che la coalizione porta alla reazione, vengono verso di noi, abbattute ed esauste, ma temprate e istruite dalPespe- rienza. Lo stesso si può dire di tutti gli imperialisti. Essi prolungano la guerra, aggravano la spossatezza, ma in tal modo non fanno che raforzare nelle masse la coscienza della necessità della rivoluzione. Per quanto duro sia stato quest’anno, esso ha avuto il vantaggio che non soltanto gli strati superiori, ma anche le larghe masse, compresi i contadini dei distretti e delle regioni piu remote, hanno acquistato un’esperienza che li ha fatti giungere alle nostre stesse conclusioni. Questo ci dà fermezza e fiducia nella vittoria. Senza Kolciak, il con- tadino siberiano non sarebbe giunto in un anno alla convinzione che ha bisogno del nostro potere, il potere operaio. Soltanto la dura espe- rienza di quest’anno lo ha convinto. Può darsi benissimo che i gruppi letterari dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari muoiano senza aver capito nulla della nostra ri- voluzione, e che ripetano ancora a lungo, come pappagalli, che il. loro potere sarebbe stato il migliore del mondo, — senza guerra civile, veramente socialista e veramente democratico, se non fosse stato per Kolciak e per i bolscevichi, — ma ciò non ha importanza; originali cocciuti di questa risma ce ne sono stati in tutte le rivoluzioni. L’impor- tante è che le masse che li seguivano si allontanino da loro. Le masse contadine sono passate ai bolscevichi, è un fatto. Meglio di ogni altra cosa lo ha dimostrato la Siberia. I contadini non dimenticheranno ciò che hanno sofferto sotto il dominio di Kolciak. Quanto piu dura è stata la prova, tanto meglio sono state assimilate le lezioni dei bol- scevichi. Sul fronte orientale, stiamo ora riportando grandi vittorie che ci permettono di sperare che in qualche settimana liquideremo Kolciak. Al sud è in corso una svolta al fronte e, cosa ancora più importante, una svolta nello stato d’animo dei contadini della zona del fronte. Ep- pure sono contadini ricchi; i contadini medi laggiù sono come i kulak. Ma la svolta del loro stato d’animo in nostro favore è avvenuta, è un fatto; lo dimostrano il ritorno dei disertori e la resistenza armata che noi opponiamo. Gli operai che si trovano nelle città, nel fervore della vita, assimilano le nostre idee piuttosto dalle riunioni, dai discorsi e sulla situazione interna ed estera 451 dai giornali. Il contadino non può farlo; soltanto l'esperienza della vita lo può persuadere. Al sud i contadini erano pronti a parole a maledire i bolsceviche ma quando si è avvicinato Denikin parlando di democrazia (perché non soltanto i menscevichi e i socialisti-rivolu- zionari lo fanno: questa parola si trova in ogni riga del giornale di Denikin), i contadini si sono messi a lottare contro di lui, perché hanno capito assai presto, per esperienza, che le belle parole nascondevano la frusta e la rapina. Le sofferenze e la devastazione nella zona meridionale del fronte producono lo stesso effetto prodotto in oriente: ci portano conquiste piu stabili. Non abbiamo dimenticato neppure per un istante le difficoltà che stiamo attraversando, né che occorre una terribile tensione e la mobilitazione di tutte le nostre forze, ma diciamo che il risultato sarà una vittoria piu durevole. L'esperienza di quest'anno ha mostrato alle masse che ora è possibile e necessario un solo potere: il potere operaio e contadino dei bolscevichi. È- appunto ciò che ci permette di affermare con certezza che questo duro mese di luglio è l’ultimo. Se diamo un'occhiata alla situazione internazionale, essa non fa che rafforzare la nostra certezza nella vittoria. In tutti gli Stati che ci sono nemici si vanno sviluppando le forze che ci sono amiche. Prendiamo i piccoli Stati: la Finlandia, la Lettonia, la Polonia, la Romania. Tutti i tentativi di creare colà una coalizione della grande e della piccola borghesia per lottare contro di noi, sono finiti con un fallimento, e ivi nessun potere sarà possibile, tranne il nostro. Nei grandi Stati accade la stessa cosa. Prendiamo la Germania. Subito dopo la firma del Trattato di Versailles è incominciato un immenso movimento rivoluzionario. Lo spauracchio dell'Intesa è stato eliminato e l’operaio insorge, nonostante tutti i sacrifici fatti dal pro- letariato. Nel corso di quest'anno la Germania ha vissuto, in forma un po' diversa, la stessa esperienza che abbiamo vissuto noi, che ha vissuto la Siberia: un'esperienza che porta alla rivoluzione comunista. E l'Intesa, e i vincitori? Essi dicono che con la vittoria si sono messi al sicuro dal pericolo, ma non avevano neppure fatto in tempo a fir- mare la pace, che è risultato chiaro che la firma della pace era la firma della loro condanna. Il movimento delle masse contro di loro s’intensifica. Ecco perché, tenendo conto di tutto ciò che abbiamo vis- suto, di tutta l'esperienza di quest’anno, diciamo con sicurezza che 15* 452 LENIN supereremo le difficoltà, che questo mese di luglio sarà Tultimo luglio penoso, e che saluteremo il prossimo luglio con la vittoria della re- pubblica sovietica internazionale: e questa vittoria sarà completa e intangibile. Pravda , n. 154, 16 luglio 1919 . I COMPITI DELLA III INTERNAZIONALE (Ramsay MacDonald sulla III Internazionale) Nel n. 5475 del giornale socialsqiovinista francese VHumanité del 14 aprile 1919 è stato pubblicato un articolo di fondo di Ramsay MacDonald, il noto capo del cosiddetto Partito operaio indipendente britannico che, in realtà, è sempre stato un partito opportunista, di- pendente dalla borghesia. Questuar ticolo è tipico per la posizione di quella corrente che si è convenuto di chiamare « centro » e che è stata chiamata cosi al I Congresso dellTnternazionale comunista a Mosca. Lo riproduciamo integralmente insieme con la nota introduttiva della redazione dell 'Humanité. LA TERZA INTERNAZIONALE Il nostro amico Ramsay MacDonald prima della guerra era il capo riconosciuto del partito laburista alla Camera dei comuni. Nella sua alta coscienza di socialista e di credente egli ha rite- nuto suo dovere condannare questa guerra imperialistica e non unirsi a coloro che la salutavano come una guerra del diritto. Di conseguenza, dopo il 4 agosto, egli abbandonò la direzione del partito laburista ( Labour Party) e insieme ai suoi compagni óéììTnde penderti (Partito operaio indipendente), insie- me al nostro ammirevole Keir Hardie, non ha esitato a dichia- rare guerra alla guerra. Era necessario un eroismo quotidiano. MacDonald dimostrò allora che il coraggio, per ripetere le parole di Jaurès, consiste « nel non sottomettersi alla legge della menzogna trionfante e nel non far eco agli applausi im- becilli e ai fischi dei fanatici ». 454 LENIN Alle elezioni «comandate» *, svoltesi alla fine di novembre, MacDonald fu battuto da Lloyd George. Possiamo essere sicuri che MacDonald avrà la rivincita, e in un prossimo futuro. Il sorgere di tendenze separatiste nella politica nazionale e intema- zionale del socialismo è stato una disgrazia per tutto il movimento socialista. Certo, non c'è nessun, male nel fatto che all'interno del socialismo ci ciano sfumature di opinione e differenze di metodo. Il nostro socialismo si trova ancora nella fase sperimentale. I suoi principi fondamentali sono stati fissati, ma il miglior modo di applicarli, di fare quelle combinazioni che portano al trionfo della rivoluzione, il modo in cui lo Stato socialista deve essere costruito, sono tutti problemi ancora in discussione e sui quali non è stata ancora detta l'ultima parola. Solo uno studio approfondito di queste questioni può portarci a una verità più elevata. Le tendenze estreme possono urtare luna contro l'altra e questa lotta può servire a rafforzare le concezioni socialiste, ma il guaio incomincia quan- do ognuno guarda il proprio avversario come un traditore, come un cre- dente. che sia stato privato della grazia e davanti al quale devono chiudersi le porte del partito. Quando nei. socialisti penetra lo spirito del dogmatismo, simile a quello che un tempo, nella cristianità, accese la guerra intestina per la gloria di Dio e la distruzione del diavolo, la borghesia può dormire tranquillamente, perché il periodo del suo dominio non è ancora terminato, per quanto grandi siano i successi locali e internazionali raggiunti dal socialismo. Nei momento attuale, il nostro movimento trova, purtroppo, sul suo cammino un. nuovo ostacolo. A Mosca è stata fondata una nuova Inter- nazionale. Io me ne rammarico molto, poiché attualmente l’Internazionale socialista è sufficientemente aperta a tutte le forme di pensiero socialista, e, nono- stante latte le divergenze teoriche e pratiche generate in essa dal bolscevismo, non vedo la ragione per cui la sua ala sinistra debba staccarsi dal centro e costituire un gruppo indipendente Innanzitutto bisogna rammentare che stiamo ancora attraversando il periodo infantile della rivoluzione. Le forme di governo che sono sorte in seguito alle distruzioni politiche e sociali prodotte dalla guerra non hanno ancora sostenuto il collaudo e non possono considerarsi stabilite defini- tivamente. La scopa nuova, in principio, va meravigliosamente bene, ma non si può giudicare esattamente in anticipo come scoperà alla fine! La Russia non è PUngheria, Lungheria non è la Francia e la Francia non è i’Inghilterra; chi ha causato la scissione delTInternazionale lasciandosi guidare solo dall'esperienza di una qualsiasi nazione, dimostra di avere di un'angustia di mente criminale. * Letteralmente « cachi *: cosi le chiamavano 1 soldati ai quali veniva imposto di votare per i candidati governativi. I COMPITI DELLA III INTERNAZIONALE 45 5 Che cosa vale, infatti, l’esperienza della Russia? Chi può rispondere? I governi alleati temono di darci la possibilità di una informazione completa? Ma ci sono due cose che sappiamo. Innanzitutto sappiamo che la rivoluzione non è stata fatta dall’attuale governo russo in base a un piano elaborato in precedenza. Essa si è svilup- pata parallelamente al corso degli avvenimenti. Lenin cominciò ad attaccare Kerenski chiedendo la convocazione dell’Assemblea costituente. Gli avveni- menti lo hanno condotto a sciogliere quell’assemblea. Quando in Russia è scoppiata la rivoluzione sociale, nessuno supponeva che i soviet avrebbero preso nel governo il posto che hanno preso. Quindi ha avuto perfettamente ragione Lenin, quando ha esortato gli ungheresi a non copiare servilmente la Russia, ma a lasciare che la rivolu- zione ungherese si sviluppasse secondo il suo carattere. Lo sviluppo e le fluttuazioni degli esperimenti ai quali assistiamo in questo momento non dovevano in nessun caso causare una scissione in seno airinternazionale. Tutti i governi socialisti hanno bisogno dell’aiuto e dei consigli dell’Inter- nazionale: l’Intemazionale ha bisogno di seguirne i tentativi con occhio attento e spirito aperto. Ho sentito or ora da un amico che ha visto di recente Lenin che nes- suno sottopone il governo sovietico a una critica piu libera di Lenin stesso. Se i disordini e le rivoluzioni del dopoguerra non giustificano la scis- sione, questa non trova forse la sua giustificazione nella posizione che alcune frazioni socialiste hanno preso durante la guerra? Riconosco apertamente che qui la ragione può sembrare migliore. Ma se, effettivamente, un qual- che motivo di scissione nelPInternazionale c’è, in ogni caso alla Conferenza di Mosca questa questione è stata posta nel modo pid infelice. Sono fra coloro che sostengono che la discussione alla Conferenza di Berna sulle responsabilità della guerra non era che una concessione all’opi - nione pubblica non socialista. Alla Conferenza di Berna non solo non è stato possibile presentare su tale questione una risoluzione che avesse qualche valore storico (benché potesse avere qualche valore politico), ma l’argomento stesso non è stato affrontato come si conviene. La condanna della maggioranza tedesca (condanna che era stata piena- mente meritata dalla maggioranza tedesca e alla quale io ho aderito con piacere) non poteva essere una denuncia delle cause della guerra. I dibattiti di Berna non hanno condotto a una discussione franca sull’at- teggiamento degli altri socialisti nei confronti della guerra. Non hanno dato nessuna formula per la condotta dei socialisti durante una guerra. Tutto ciò che era stato detto fino allora dall 'Internazionale con- sisteva in questo: che quando la guerra ha carattere di difesa nazionale, i socialisti devono unirsi con gli altri partiti. In tali condizioni, chi condanneremo? 456 LENIN Alcuni di noi sapevano che queste decisioni dell’Internazionale non si- gnificavano niente e non costituivano una guida pratica per razione. Sapevamo che questa guerra doveva finire con una vittoria imperiali- stica e, non essendo né dei pacifisti né degli antipacifisti nel senso abituale della parola, abbiamo aderito all’unica politica compatibile, a nostro avviso, con l’internazionalismo, Ma l 'Internazionale non ci ha mai prescritto una simile linea di condotta. Ecco perché, nel momento in cui la guerra è cominciata, l’Internazio- nale ha subito un crollo. Fu senza autorità e non emise nessuna legge in base alla quale oggi potremmo condannare coloro che si sono attenuti onesta- mente alle risoluzioni dei congressi internazionali. Per conseguenza, nel momento attuale la posizione da prendere è la seguente: invece di separarci per divergenze sugli avvenimenti del passato, creiamo un’Internazionale realmente attiva, che aiuti il movimento socialista nel periodo di rivoluzione e di edificazione in cui siamo entrati. È necessario restaurare i nostri principi socialisti, È necessario porre solide basi alla condotta socialista internazionale. Se risulterà che abbiamo divergenze fondamentali su questi principi, se non giungeremo ad un accordo sulle questioni della libertà e della democrazia, se le nostre opinioni sulle condizioni in cui il proletariato può prendere il potere divergeranno completamente, se, infine, risulterà che la guerra ha inquinato col veleno dell’imperialismo alcune sezioni dell’Inter- nazionale, allora la scissione sarà possibile. Ma non credo che una simile disgrazia debba accadere, E perciò mi ha addolorato il manifesto di Mosca, come per lo meno intempestivo e certamente inutile; e spero che i miei compagni francesi, che nel corso degli ultimi disgraziati quattro anni hanno sopportato insieme a me tante calunnie e dolori, non si abbandoneranno a scatti di impazienza e non contribuiranno, da parte loro, a rompere la solidarietà internazionale. Altrimenti ai loro figli toccherebbe di nuovo ricostruire questa solida- rietà, se è destino che il proletariato governi in futuro il mondo. /. Ramsay MacDonald L’autore di quest’articolo, come il lettore vede, cerca di dimo- strare che la scissione non era necessaria. Invece, dal modo in cui formula i suoi giudizi Ramsay MacDonald, — tipico rappresentante della II Internazionale, degno commilitone di Scheidemann e Kautsky, di Vandervelde e Branting, ecc., — deriva proprio la sua inevitabilità. L'articolo di Ramsay MacDonald è il miglior esempio di quello stile piano, armonioso, stereotipato, apparentemente, socialista, che in tutti i paesi capitalistici avanzati da tempo serve per mascherare la politica borghese in seno al movimento operaio. I COMPITI DELLA III INTERNAZIONALE 457 I Cominciamo dalla cosa meno importante, ma più caratteristica. L’autore, al pari di Kautsky ( nell’opuscolo La dittatura del proleta- riato ), ripete la menzogna borghese secondo cui in Russia nessuno avrebbe previsto la funzione dei soviet, ed io e i bolsceviche avremmo cominciato la lotta contro Kerenski solo in nome dell’Assemblea co- stituente. È una menzogna borghese. In realtà fin dal 4 aprile 1917, il giorno stesso del mio arrivo a Pietrogrado, ho proposto delle « tesi » che contenevano la rivendicazione della repubblica sovietica e non della repubblica parlamentare borghese , Nel periodo di Kerenski l’ho ripetuto molte volte sulla stampa e nelle riunioni. Il partito bol- scevico l’ha dichiarato solennemente e ufficialmente nelle risoluzioni della sua Conferenza del 29 aprile 1917 69 . Ignorarlo vuol dire voler ignorare la verità sulla rivoluzione socialista in Russia. Non voler ca- pire che la repubblica parlamentare borghese con l’Assemblea costi- tuente è un passo avanti rispettò alla stessa repubblica senza Assem- blea costituente, e che là repubblica sovietica rappresenta due passi avanti rispetto a questa, vuol dire chiudere gli occhi sulla differenza tra la borghesia e il proletariato. Definirsi socialisti e non vedere questa differenza due anni dopo che la questione è stata impostata in Russia e un anno e mezzo dopo che la rivoluzione sovietica ha vinto in Russia vuol dire restare ostina- tamente alla mercè dell’« opinione pubblica non socialista », cioè delle idee e della politica della borghesia. Con tali persone la scissione è necessaria e inevitàbile, perché non si può compiere la rivoluzione socialista al fianco di coloro che difen- dono la causa della borghesia. E se individui come Ramsay MacDonald o Kautsky, ecc. non han- no voluto sormontare nemmeno la minima « difficoltà », quale, per questi « capi », sarebbe quella di prendere conoscenza dei documenti sull’atteggiamento dei bolsceviche nei confronti del potere sovietico, sull’impostazione di questa questione prima e dopo il 25 ottobre (7 novembre) 1917, non è forse ridicolo aspettarsi che gente simile sia pronta e capace di superare le difficoltà, incomparabilmente maggiori, della lotta reale per la rivoluzione socialista? Non. c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. 458 LENIN II Passiamo alla seconda menzogna (tra le numerose di cui è pieno tutto Tarticolo di Ramsay MacDonald, perché quell’articolo, forse, contiene piu menzogne che parole). Questa è la piu importante. J.R.MacDonald afferma che l’Internazionale, prima della guerra del 1914-1918, avrebbe detto solo che « quando la guerra ha carattere di difesa nazionale, i socialisti devono unirsi agli altri partiti ». Questo è un modo mostruoso, che grida vendetta, di deformare la verità. A tutti è noto che il Manifesto di Basilea del 1912 è stato ap- provato all’unanimità da tutti i socialisti e che solo esso, fra tutti i documenti dell’Internazionale, si riferisce appunto a quella guerra fra il gruppo dei predoni imperialisti inglese e tedesco, che nel 1912 si preparava in modo evidente e che poi scoppiò nel 1914. Appunto a proposito di quella guerra, il Manifesto di Basilea diceva tre cose, e tacendole MacDonald compie un gravissimo delitto verso il socialismo e dimostra che la scissione da persone come MacDonald è necessaria, perché esse servono in realtà la borghesia e non il proletariato. Le tre cose sono le seguenti: la guerra che ci minaccia non può minimamente essere giustificata adducendo gli interessi della libertà nazionale; da parte degli operai sarebbe un delitto sparare gli uni contro gli altri in questa guerra; la guerra conduce alla rivoluzione proletaria. Ecco le tre verità essenziali, fondamentali, che MacDonald « di- mentica » (sebbene prima della guerra le avesse sottoscritte) passando di fatto dalla parte della borghesia contro il proletariato e dimostrando cosi che la scissione è necessaria. L’Internazionale comunista non si unirà con i partiti che non vogliono riconoscere questa verità e che non sono capaci di dimo- strare con le loro azioni di essere decisi, pronti e capaci di inculcare queste verità nella coscienza delle masse. La pace di Versailles ha dimostrato persino ai ciechi e ai sordi, persino alla massa delle persone di corte vedute che l’Intesa era ed è rimasta un predone imperialista sanguinario e ignobile quanto la Germania. Possono non ammetterlo soltanto gl’ipocriti e i mentitori che fanno coscientemente una politica borghese nel movimento operaio, I COMPITI DELLA III INTERNAZIONALÉ 459 gli agenti diretti e i commessi della borghesia ( labor lieutenants oj thè capitatisi class , luogotenenti operai al servizio della classe capita- listica, come dicono i socialisti americani), oppure individui schiavi delle idee borghesi e dell’influenza borghese a tal punto che sono socialisti solo a parole, ma in realtà sono piccoli borghesi, filistei che fanno coro ai capitalisti. La differenza tra la prima e la seconda categoria è importante per quanto riguarda la personalità, vale a dire per dare un giudizio su determinati socialsciovinisti di tutti i paesi. Per il politico, cioè per colui che tien conto dei rapporti tra milioni di persone, tra classi, questa differenza non è essenziale. Quei socialisti i quali durante la guerra del 1914-1918 non capi- vano che quella guerra era criminale, reazionaria, brigantesca, impe- rialistica da entrambe le parti, sono socialsciovinisti, cioè socialisti a parole, sciovinisti nei fatti; amici della classe operaia a parole, ma di fatto servi della « propria » borghesia nazionale, che hanno aiutato a ingannare il popolo, dipingendo come « nazionale », « di liberazione », « difensiva », « giusta », ecc. la guerra tra il gruppo inglese e tedesco di banditi imperialisti egualmente abietti, cupidi, sanguinari, criminali, reazionari. L’unità con i socialsciovinisti è il tradimento della rivoluzione, il tradimento del proletariato, il tradimento del socialismo, il passaggio dalla parte della borghesia, perché è l’« unità » con la borghesia na- zionale del « proprio » paese contro l’unità del proletariato rivoluzio- nario internazionale, è l’unità con la borghesia contro il proletariato. La guerra del 1914-1918 l’ha dimostrato definitivamente. Chi non l'ha capito, rimanga nell’Internazionale gialla di Berna dei social traditori III Ramsay MacDonald, con la spassosa ingenuità di un « socialista da salotto » che getta le parole al vento senza comprenderne affatto l’importante significato, senza pensare affatto che le parole impegnano all'azione , dichiara: a Berna è stata fatta una « concessione allupi- mene pubblica non socialista ». Precisamente! Noi consideriamo l’Internazionale di Berna, nel suo complesso, un’Internazionale gialla, di traditori e di rinnegati, perché tutta la sua politica è una « concessione » alla borghesia. 460 LENIN Ramsay MacDonald sa benissimo che abbiamo creato la III In- ternazionale e abbiamo rotto con la II senza trattative perché eravamo convinti della sua incurabilità, della sua incorreggibilità, della sua fun- zione di serva deirimperialismo, di veicolo dell’influenza borghese, della menzogna borghese e della corruzione borghese nel movimento ope- raio. Se Ramsay MacDonald, volendo giudicare la III Intemazionale, elude la sostanza della questione, le gira intorno, dice frasi vuote e tace ciò di cui si deve parlare, si macchia di una colpa e commette un delitto. Poiché il proletariato ha bisogno della verità, e nulla è piu nocivo alla sua causa della menzogna plausibile, decente, filistea. La questione dell’imperialismo e dei suoi rapporti con l’oppor- tunismo nel movimento operaio, col tradimento della causa operaia compiuto dai dirigenti operai è stata posta da molto, da moltissimo tempo. Per quarantanni , dal 1852 al 1892, Marx ed Engels hanno di- mostrato costantemente V imborghesimento degli strati superiori della classe operaia inglese in conseguenza delle sue particolari condizioni economiche 70 (colonie, monopolio del mercato mondiale, ecc.). Tra il 1870 e il 1880, Marx si guadagnò l’odio onorifico dei volgari eroi della tendenza che allora svolgeva la funzione dell’Internazionale « di Berna », degli opportunisti e dei riformisti, per aver bollato molti capi delle Trade Unions inglesi che si erano venduti alla borghesia o veni- vano pagati da essa per i servizi prestati a questa classe alV interno del movimento operaio. Durante la guerra anglo-boera, la stampa anglo-sassone aveva già posto ben chiaramente la questione dell’imperialismo, come la più re- cente (e ultima) fase del capitalismo. Se la memoria non m’inganna, MacDonald in persona usci allora dalla società dei Fabiani, precorri- trice dell’Internazionale « di Berna », vivaio e modello di opportu- nismo, caratterizzata da Engels con forza, chiarezza e verità geniali nella sua corrispondenza con Sorge 71 . « Imperialismo fabiano »: tale era l’espressione allora corrente nella letteratura socialista inglese. Se Ramsay MacDonlad lo ha dimenticato, tanto peggio per lui. « Imperialismo fabiano » e « socialimperialismo » sono la stessa cosa: socialismo a parole, imperialismo nei fatti, sviluppo dell oppor- tunismo in imperialismo , Adesso, durante e dopo la guerra del 1914- 1918, questo fenomeno è diventato mondiale. L’incomprensione di questo fatto è la maggior prova di cecità dell’Internazionale gialla I COMPITI DELLA III INTERNAZIONALE 461 « di Berna » e il suo maggiore delitto. L’opportunismo o riformismo dovevano, inevitabilmente, svilupparsi in un imperialismo socialista o socialsciovinismo d'importanza storica mondiale; perché l’imperialismo ha fatto avanzare un pugno di nazioni progredite, ricchissime, che depredano tutto il mondo, permettendo cosi alla borghesia di quei paesi di corrompere con una parte dei propri sovrapprofitti monopoli- stici (Pimperialismo è il capitalismo monopolistico) gli strati superiori della classe operaia di questi paesi. Solo dei perfetti ignoranti o degli ipocriti che ingannano gli ope- rai, ripetendo luoghi comuni sul capitalismo e nascondendo cosi la amara verità del passaggio di un'intera corrente del socialismo dalla parte della borghesia imperialistica, possono non vedere l’inevitabilità economica di questo fatto in regime imperialistico. E da questo fatto scaturiscono due conclusioni incontestabili. Prima conclusione: l’Internazionale «di Berna » è di fatto, per la sua effettiva funzione storica e politica, indipendentemente dalla buona volontà e dai pii desideri di determinati suoi membri, un'orga- nizzazione di agenti dell' imperialismo internazionale , che agiscono al- l'interno del movimento operaio, che portano in esso l’influenza bor- ghese, le idee borghesi, la menzogna borghese e la corruzione borghese. Nei paesi di antica civiltà parlamentare democratica, la borghesia ha imparato magnificamente ad agire, non solo con la violenza, ma anche con l’inganno, con la corruzione, con l’adulazione, giungendo alle forme più raffinate. Le « colazioni » dei « capi operai » inglesi (vale a dire dei commessi della borghesia che hanno l’incarico di ingannare gli operai) non invano hanno acquistato notorietà e anche Engels ne ha parlato 72 . Dello stesso ordine di fatti è la « squisita » acco- glienza fatta dal signor Clemenceau al soci al traditore Merrheim, le ama- bili accoglienze fatte dai ministri dell’Intesa ai capi deirinternazionale di Berna, ecc., ecc. « Voi istruiteli e noi li compreremo», diceva una intelligente capitalista inglese al signor socialimperialista Hyndman, il quale ha raccontato nelle sue memorie come questa signora, — più intelligente di tutti i capi dell’Internazionale « di Berna » presi in- sieme, — apprezzasse le « fatiche » degli intellettuali socialisti per istruire i dirigenti socialisti usciti dalle file degli operai. Durante la guerra, quando i Vandervelde, i Branting e tutta quella banda di traditori organizzava conferenze internazionali, i giornali bor- 462 LENIN ghesi francesi ridevano molto velenosamente e molto giustamente: « Questi Vandervelde hanno una specie di tic. Come le persone' che soffrono di un tic non possono dire due parole senza contrarre stra- namente i muscoli della faccia, così i Vandervelde non possono agire politicamente senza ripetere pappagallescamente le parole internazio- nalismo, socialismo, solidarietà internazionale degli operai, rivoluzione del proletariato, ecc. Ripetano pure quanto vogliono le formule sa- cramentali, purché ci aiutino a menare per il naso gli operai e servano noi, capitalisti, nel condurre la guerra imperialistica e nell’asservire gli operai », I borghesi inglesi e francesi sono spesso molto intelligenti e va- lutano assai bene la funzione servile deirinternazionale « di Berna ». Martov ha scritto, non ricordo dove: voi bolscevichi oltraggiate l’Internazionale di Berna, ma anche il « vostro » amico Loriot ne fa parte. È un argomento da furfante. Perché a tutti è noto che Loriot lotta per la III Internazionale apertamente, onestamente, eroicamente. Quan- do Zubatov organizzava a Mosca nel 1902 assemblee di operai allo scopo di istupidirli per mezzo del « socialismo poliziesco », l’operaio Babusckin, che conoscevo dal 1894, quando era nel mio circolo operaio a Pietroburgo, uno degli operai « iskristi »• migliori e piu devoti, uno dei capi del proletariato rivoluzionario, fucilato nel 1906 da Rennen- kampf in Siberia, andava alle assemblee di Zubatov per lottare contro Zubatov e sottrarre gli operai alla sua influenza. Babusckin era tanto poco « zubatovista » quanto Loriot è « bernista ». IV Seconda conclusione: la III Internazionale, l’Internazionale comu- nista, è stata fondata per non permettere ai « socialisti » di cavarsela con quel riconoscimento verbale della rivoluzione, di cui Ramsay Mac- Donald dà lesempio nel suo articolo. Il riconoscimento verbale della rivoluzione, che di fatto nasconde una politica profondamente oppor- tunista, riformista, nazionalista, piccolo-borghese, è stato il peccato principale della II Internazionale, e contro questo male noi conducia- mo una guerra a morte. Quando si dice: la II Internazionale è morta dopo aver fatto un I COMPITI DELLA III INTERNAZIONALE 463 vergognoso fallimento, bisogna saper comprendere. Questo significa che lopportunismo, il riformismo, il socialismo piccolo-borghese ha fatto fallimento ed è morto. Perché la II Internazionale ha un merito sto- rico, ha realizzato una conquista àet (per sempre) che l’operaio cosciente non negherà mai, e precisamente la creazione di organizza- zioni operaie di massa, cooperativistiche, sindacali e politiche, l'utiliz- zazione del parlamentarismo borghese, come pure, in generale, di tutte le istituzioni della democrazia borghese, ecc. Per vincere effettivamente l'opportunismo, che ha condotto alla fine ignominiosa della II Internazionale, per aiutare di fatto la rivolu- zione, il cui approssimarsi persino Ramsay MacDonald è costretto a riconoscere, bisogna: Primo : fare tutta Tagitazione e la propaganda dal punto di vista della rivoluzione, in opposizione al riformismo, spiegando sistemati- camente alle masse questa opposta posizione, teorica e pratica, ad ogni passo del lavoro parlamentare, sindacale, cooperativistico, ecc. Non ri- nunziare in nessun caso (se non in casi particolari, in via di eccezione) a utilizzare il parlamentarismo e tutte le « libertà » della democrazia borghese, non rinunziare alle riforme, ma considerarle solo come risul- tato secondario della lotta rivoluzionaria di classe del proletariato. Nes- suno dei partiti deirinternazionale « di Berna » soddisfa questa esi- genza. Nessuno dimostra anche solo d'aver capito che in tutta l’agita- zione e propaganda bisogna spiegare la differenza tra le riforme e la rivoluzione, che bisogna educare incessantemente alla rivoluzione sia il partito che le masse. Secondo : bisogna unire il lavoro legale a quello illegale. Questo i bolsce vichi l'hanno sempre insegnato, e con particolare insistenza durante la guerra del 1914-1918. Gli eroi del vile opportunismo ne ridevano ed esaltavano con soddisfazione la « legalità », la « demo- crazia », la « libertà » dei paesi dell'Europa occidentale, delle repub- bliche, ecc. Adesso solo i veri furfanti, che ingannano gli operai con belle parole, possono negare che i bolscevichi avevano ragione. Non c'è un solo paese al mondo, neppure la piu progredita e la piu « libera » delle repubbliche democratiche, in cui non regni il terrore della borghesia, in cui non sia vietata la libera agitazione in favore della rivoluzione socialista, la libera propaganda e organizzazione ap- punto in questo senso. Un partito che finóra non l'ha riconosciuto 464 LENIN in un regime a dominazione borghese e non fa un lavoro sistematico, multiforme, illegale , a dispetto delle leggi della borghesia e dei par- lamenti borghesi, è un partito di traditori e di furfanti ‘che inganna il popolo riconoscendo a parole la rivoluzionie. Questi partiti hanno il loro posto nelPIntemazionale gialla « di Berna ». Nell 1 Internazionale comunista non ci sarà posto per loro. Terzo: è necessaria una guerra inflessibile e inesorabile per* scac- ciare completamente dal- movimento operaio quei capi opportunisti che hanno mostrato il loro vero volto, sia prima della guerra sia, soprat- tutto, durante la guerra, tanto nella sfera della politica quanto, e so- prattutto, nei sindacati e nelle cooperative. La teoria della « neutra- lità » è un basso sotterfugio, che nel 1914-1918 ha aiutato la bor- ghesia a dominare le masse. I partiti che a parole sono per la rivolu- zione, ma di fatto non fanno un lavoro instancabile per influire pro- prio come partito rivoluzionario, soltanto rivoluzionario, su tutte le organizzazioni operaie di massa di ogni tipo, sono partiti di traditori. Quarto : non si può tollerare che si. condanni Pimperialismo a parole, e di fatto non si conduca una lotta rivoluzionaria per la liberazione delle colonie (e delle nazioni dipendenti) dalla propria borghesia imperialistica. È un'ipocrisia. È la politica degli agenti della borghesia nel movimento operaio ( labor lieutenants of thè capitatisi class). I partiti inglese, francese, olandese, belga, ecc., che a parole sono ostili alP imperialismo e di fatto non conducono una lotta rivoluzio- naria all'interno delle « loro » colonie per P , abbattimento della « loro 1» borghesia, non aiutano sistematicamente l'attività rivoluzionaria che è già cominciata dappertutto nelle colonie, non vi introducono armi e stampa per i partiti rivoluzionari delle colonie, sono partiti di furfanti e di traditori. Quinto : un'immensa ipocrisia è il fenomeno tipico dei partiti del- Plntemazionale « di Berna »: essi riconoscono a parole la rivoluzione e fanno sfoggio, davanti agli operai, di frasi ampollose sul proprio rico- noscimento, ma, in realtà, hanno un atteggiamento puramente rifor- mista verso quegli inizi, embrioni, fenomeni dello sviluppo della rivoluzione, quali sono tutte le azioni delle masse che contravven- gono alle leggi borghesi, che escono da ogni legalità, per esempio gli scioperi di massa, le dimostrazioni di strada, le proteste dei sol- I COMPITI DELLA III INTERNAZIONALE 465 dati, i comizi alle truppe, la diffusione di manifestini nelle caserme e nei campi militari, ecc. Se si chiedesse a un qualunque eroe dell’Internazionale « di Ber-, na » se il suo partito fa sistematicamente questo lavoro, egli risponde- rebbe o con frasi evasive che cercano di nascondere l’assenza di tale lavoro: mancanza di un’organizzazione e di un apparato idoneo, inca- pacità del partito di farlo, o declamerebbe contro il « putschismo », P« anarchismo », ecc. E in questo consiste appunto il tradimento com- piuto ai danni della classe operaia dall’Internazionale di Berna, il suo passaggio effettivo nel campo della borghesia. Tutti i furfanti capi dellTnternazionale di Berna si fanno in quat- tro per dichiarare la loro « simpatia » per la rivoluzione in generale- per la rivoluzione russa in particolare. Ma solo gl’ipocriti o gli sciocchi possono non capire che i successi particolarmente rapidi della rivo- luzione in. Russia sono dovuti al lavoro di molti anni del partito rivoluzionario fatto nel senso sopra indicato, anni in cui si è organiz- zato sistematicamente un apparato illegale per dirigere le dimostrazioni e gli scioperi, per lavorare fra le truppe, si sono studiati dettagliata- mente i metodi, si è creata una stampa illegale, si è fatto il bilancio delle esperienze e educato tutto il partito nell'idea della necessità della rivoluzione, si sono formati dirigenti di massa per tali occasioni, ecc. V Le divergenze piu profonde, radicali, che riassumono tutto ciò che è stato indicato piu sopra e che spiegano l’inevitabilità dell’inconci- liabile lotta teorica e politico-pratica del proletariato rivoluzionario contro l’Intemazionale « di Berna », sono le questioni della trasfor- mazione della guerra imperialistica in guerra civile e della dittatura del proletariato. Ciò che meglio rivela che llnternazionale « di Berna » è schiava dell’ideologia borghese è che, non avendo capito (o non desideran- do capire, o fingendo di non aver capito) il carattere imperialistico della guerra del 1914-1918, essa non ha capito la necessità della sua trasformazione in guerra civile tra il proletariato e la borghesia in tutti i paesi progrediti. 466 LENIN Quando i bolsceviche fin dal novembre 1914 dimostrarono questa necessità, i filistei di tutti i paesi risposero con sciocche derisioni; e fra questi filistei vi erano tutti i capi dell'Internazionale « di Berna ». Ora la trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile è diventata un fatto in una serie di paesi, non solo in Russia, ma anche in Finlandia, in Ungheria, in Germania e perfino nella Svizzera neu- trale; e lo sviluppo della guerra civile si vede, si sente, si avverte in tutti i paesi progrediti, senza eccezione. Adesso, passare sotto silenzio questa questione (come fa Ramsay MacDonald) o sbarazzarsi dell'inevitabile guerra civile con frasi melli- flue, conciliatrici (come fanno i signori Kautsky e soci), equivale a compiere un aperto tradimento nei riguardi del proletariato, equivale a passare di fatto dalla parte della borghesia. Poiché i veri capi politici della borghesia hanno capito da tempo Tinevitabilità della guerra civile e la preparano bene, con cura, sistematicamente, per rafforzare le loro posizioni in previsione di tale guerra. La borghesia di tutto il mondo prepara il soffocamento del proleta- riato nella guerra civile che si approssima, e lo fa con tutte le sue forze, con immensa energia, con intelligenza, con decisione, senza fer- marsi davanti a nessun delitto, condannando alla fame e allo sterminio in massa interi paesi. Ma gli eroi dell’Internazionale « di Berna », come degli sciocchi o come dei preti ipocriti o come dei professori pedanti, continuano la vecchia, frusta, inutile canzone riformista! Non c'è spetta- colo piu rivoltante, piu disgustoso! I Kautsky e i MacDonald continuano a spaventare i capitalisti agi- tando lo spauracchio della rivoluzione, a terrorizzare la borghesia agi- tando lo spauracchio della guerra civile, per ottenere delle conces- sioni, degli accordi sulla linea del riformismo. A questo conducono tutti gli scritti, tutta la filosofia, tutta la politica di tutta l'Inter- nazionale « di Berna ». Questo deplorevole contegno da servi l'ave- vamo osservato. in Russia nel 1905 da parte dei liberali (cadetti), nel 1917-1919 da parte dei menscevichi e dei « socialisti-rivoluzio- nari ». Le anime servili dell’Intemazionale « di Berna » non pensano neppure a educare le masse nella coscienza dell’inevitabilità e della necessità di vincere la borghesia nella guerra civile, di fare tutta una politica in questo senso, di chiarire tutte le questioni, di* porle e di risolverle solo da questo punto di vista. E perciò il nostro scopo è soltanto quello di spingere definitivamente i riformisti incorreggibili. I COMPITI DELLA III INTERNATIONA LE 467 vale a dire i nove decimi dei capi dell’Intemazionale « di Berna ». nella cloaca dei servi della borghesia. La borghesia ha bisogno di manutengoli di questo genere, nei quali abbia fiducia una parte della classe operaia e che mettano in buona luce, abbelliscano la borghesia con discorsi sulla possibilità della via riformista, gettino polvere negli occhi del popolo con questi di- scorsi, distolgano il popolo dalla rivoluzione dipingendo le bellezze e le possibilità della via riformista. Tutti gli scritti di Kautsky, come quelli dei nostri menscevichi e socialisti-rivoluzionari, si riducono a una simile verniciatura e a un piagnisteo da piccolo borghese vile, che teme la rivoluzione. Non abbiamo qui la possibilità di ritornare dettagliatamente sulle cause economiche fondamentali che hanno reso inevitabile appunto la via rivoluzionaria e solo la via rivoluzionaria, che hanno reso impossi- bile una soluzione delle questioni che la storia ha posto all’ordine del giorno diversa dalla guerra civile. Su questo si devono scrivere, e saranno scritti, dei volumi. Se i signori Kautsky e altri capi dell’Inter- nazionale « di Berna » non l’hanno capito, non rimane che dire: l’igno- ranza è meno lontana dalla verità del pregiudizio. Infatti i lavoratori e i sostenitori dei lavoratori, ignoranti ma sinceri, oggi, dopo la guerra, capiscono più facilmente l’mevitabilità della rivoluzione, della guerra civile e della dittatura del proletariato di quanto non la comprendano i signori Kautsky, MacDonald, Vander- velde, Branting, Turati e tutti quanti 73 , infarciti di dottissimi pregiudizi riformisti. A conferma particolarmente evidente che lo sviluppo della coscien- za rivoluzionaria è ora un fenomeno di massa, si possono citare i romanzi di Henri Barbusse: Le feu e Clarté. Il primo è già stato tradotto in tutte le lingue e diffuso in Francia in 230.000 copie. La trasformazione di un piccolo borghese, di un uomo medio, assolu- tamente incolto, completamente schiavo di idee e pregiudizi, in rivolu- zionario, appunto sotto l’influsso della guerra, è descritta in maniera straordinariamente forte, geniale, vera. Le masse dei proletari e dei semiproletari ci seguono e passano a noi, non di giorno in giorno ma di ora in ora. L’Internazionale di Berna è uno stato maggiore senza esercito, che crollerà come un castello di carte se una buona volta verrà smascherato davanti alle masse. Il nome di Karl Liebknecht, su tutta la stampa borghese del- 468 LENIN l’Intesa, è stato adoperato durante la guerra per ingannare le masse, per presentare i masnadieri e i predoni dell’imperialismo francese e inglese come simpatizzanti per questo eroe, per questo « unico tedesco onesto » come essi dicevano. Ora, gli eroi delPInternazionale di Berna siedono nella stessa organizzazione con gli Scheidemann che hanno organizzato Tassassimo di Karl Liebknecht e di Rosa Luxemburg, con gli Scheidemann che hanno adempiuto la funzione di boia di origine operaia, rendendo alla borghesia servizi da carnefici. A parole: tentativi ipocriti di « condanna- re» gli Scheidemann (come se con la «< condanna » cambiassero le. co- se!). Di fatto: permanenza nella stessa organizzazione con gli assassini. Il defunto Harry Quelch fu bandito da Stoccarda, nel 1907 dal governo tedesco, per aver chiamato « assemblea di ladri » una riunione di diplomatici europei 7 \ I capi delPInternazionale di Berna non sono soltanto un’assemblea di ladri, ma un’assemblea di volgari assassini. Non sfuggii anno al tribunale degli operai rivoluzionari. VI Ramsay MacDonald si sbarazza in due parole della questione della dittatura del proletariato come se fosse un argomento per una discus- sione sulla libertà e sulla democrazia. No. È tempo di agire. Le discussioni hanno fatto il loro tempo. La cosa più pericolosa, da parte dell’Internazionale di Berna, è il riconoscimento a parole della dittatura del proletariato. Queste persone sono capaci di riconoscere tutto, di sottoscrivere tutto, pur di rimanere alla testa del movimento operaio. Anche Kautsky dice di non essere contrario alla dittatura del proletariato! I socialsciovinisti e i « centristi » francesi firmano una risoluzione per la dittatura- del pro- letariato! Non meritano neanche un briciolo di fiducia. Non è un riconoscimento verbale che occorre, ma una reale rot- tura completa con la politica del riformismo, con i pregiudizi della libertà borghese e della democrazia borghese, la realizzazione dèlia politica della lotta di classe rivoluzionaria. Essi cercano di riconoscere la dittatura del proletariato a parole, per far passare di soppiatto, accanto ad essa, la « volontà della mag- I COMPITI DELLA III INTERNAZIONALE 469 gioranza », il «suffragio universale» (cosi appunto fa Kautsky), il parlamentarismo borghese, il rifiuto di sopprimere, di estirpare, di distruggere complementare, fino in fondo, tutto l'apparato statale bor- ghese. Questi nuovi sotterfugi, questi nuovi raggiri del riformismo sono da temersi piu di ogni altra cosa. La dittatura del proletariato sarebbe impossibile se la maggio- ranza della popolazione non fosse composta di proletari e di semiprole- tari. Kautsky e soci cercano di falsificare questa verità a tal punto da ritenere necessario « il voto della maggioranza » per riconoscere « giusta » la dittatura del proletariato. Che comici pedanti! Essi non hanno capito che il suffragio nel- hambito, nelle istituzioni, nelle abitudini del parlamentarismo borghese è una parte dell'apparato statale borghese che dev'essere rovesciato e distrutto per realizzare la dittatura del proletariato, per passare dalla democrazia borghese alla democrazia proletaria. Non hanno capito che, in generale, tutte le questioni politiche serie non si risolvono col suffragio, ma con la guerra civile, quando la storia pone all’ordine del giorno la dittatura del proletariato. Non hanno capito che la dittatura del proletariato è il potere di una sola classe, che prende nelle sue mani tutto l' apparato del nuovo Stato, che vince la borghesia e neutralizza tutta la piccola borghesia, i contadini, i ceti medi, gPintellettuali. I Kautsky e i MacDonald riconoscono a parole la lotta di classe per dimenticarsene nel momento piu decisivo della storia, nel momento della lotta per la liberazione del proletariato, in cui il proletariato, preso il potere statale, appoggiato dal semiproletariato, continua la lotta di classe mediante questo potere, portandola fino alla abolizione delle classi \ Da veri filistei, i capi dell'Internazionale di Berna ripetono le frasi democratiche borghesi sulla libertà e l'eguaglianza e la demo- crazia, senza accorgersi di ripetere a memoria frammenti delle idee sul possessore di merci libero ed eguale, senza capire che il proletariato ha bisogno dello Stato non per la « libertà » ma per schiacciare il suo nemico, lo sfruttatore, il capitalista. La libertà e l'eguaglianza del possessore di merci sono finite come è finito il capitalismo. Non saranno i Kautsky e i MacDonald a farle risuscitare. II proletariato ha bisogno della soppressione delle classi; ecco il 470 LENIN contenuto reale della democrazia proletaria, della libertà proletaria (libertà dal capitalista, dallo scambio delle merci), delTeguaglianza proletaria (non l’eguaglianza delle classi , — su questa banalità si confondono i Kautsky, i Vandervelde, i MacDonald, — ma l’egua- glianza dei lavoratori che abbattono il capitale e il capitalismo). Finché esistono le classi, la libertà e l’eguaglianza delle classi sono un inganno borghese. Il proletariato prende il potere, diventa la classe dominante , distrugge il parlamentarismo e la democrazia borghese, schiaccia la borghesia, schiaccia tutti i tentativi di tutte le altre classi di ritornare al capitalismo, dà un’effettiva libertà ed eguaglianza ai lavoratori (cosa realizzabile solo con Y abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione ) , dà loro non soltanto il « diritto », ma la maniera reale di godere di ciò che è stato tolto alla borghesia. Chi non ha capito questo contenuto della dittatura del proletariato (o del potere sovietico, o della democrazia proletaria, che sono la stessa cosa) impiega invano questa parola. Non posso sviluppare qui più dettagliatamente queste idee che ho esposto in Stato e rivoluzione e nell’opuscolo La rivoluzione prole- taria e il rinnegato Kautsky. Posso concludere dedicando queste note ai delegati al Congresso di Lucerna dell’Internazionale di Berna che si terrà il 10 agosto 1919 75 14 luglio 1919 Pubblicato nell’agosto 1919. DISCORSO SULLA SITUAZIONE ESTERA ED INTERNA PRONUNZIATO ALLA CONFERENZA DEI SOLDATI ROSSI DEI CAMPI DI KHODYNKA 15 luglio 1919 Breve resoconto di stampa (Vanivo del compagno Lenin stilla tribuna è salutato da fra- gorosi applausi.) Compagni, stiamo ora vivendo un momento assai importante della fine della guerra imperialistica.* Dopo la vittoria sulla Germania, nel novembre 1918, tutti gli alleati si sono messi a elaborare le condi- zioni della pace, dicendo che Pimperialismo tedesco era morto e i popoli si erano liberati. L’Assemblea nazionale ha ratificato la pace, là pace che conclude una guerra nella quale sono stati massacrati dieci milioni di uomini e venti milioni sono stati mutilati per scopi di brigantaggio, per il bottino. Ora che la pace di Versailles è firmata, risulta che i bolscevichi avevano ragione: questa pace è peggiore di quella di Brest, da noi conclusa a suo tempo con Pimperialismo tedesco morente. Ora diventa sempre piu chiaro che la pace di Versailles segnerà la sconfitta del- l’imperialismo inglese, americano, ecc. Appena conclusa la pace, gl’im- perialisti si sono messi a spartire le colonie: l’Inghilterra ha preso la Persia; si stanno spartendo la Siria e la Turchia; adesso gli operai dei paesi capitalistici hanno aperto gli occhi e vedono che si è trattato di una guerra di predoni. Per quanto sia curioso, si ha notizia che il principe Lvov, ex membro del governo provvisorio di Kerenski, che ora si trova a Parigi, ha rivendicato dall’Intesa, per la Russia, Costantinopoli e gli Stretti, dicendo che la Russia ha combattuto soltanto per averli; ma alla sua ingenua richiesta si è risposto, naturalmente, che sareb- bero stati dati soltanto alla vecchia, potente Russia. Il 14 luglio, giorno della presa della Bastiglia, gPimperia listi 472 LENIN francesi, per ingannare il popolo, avevano fissato la festa per la vittoria sulla Germania. Ma gli operai francesi non hanno abboccato all’am '0 e il 14 luglio è stato proclamato lo sciopero del personale dei caffè e dei ristoranti, e nel giorno in cui di solito la gente va a spasso e balla per le strade, i caffè e i ristoranti erano chiusi, e cosf la festa è andata a monte. Per il 21 luglio gli operai dell’Inghil terra, della Francia e dell’Italia hanno proclamato lo sciopero generale 7e , e si può dire che, come la pace di Brest per la Germania, la pace di Versailles per la Francia e l’Inghilterra finirà con la sconfitta dei capitalisti e la vittoria del proletariato. Anche gl’insuccessi della prima campagna dell’Intesa nel sud della Russia e della seconda campagna in Siberia, sono un indice dello stesso movimento del proletariato. Questi insuc- cessi hanno mostrato che il proletariato occidentale è per noi. E gli stessi contadini della Siberia e dell’Ucraina, prima favore- voli a Kolciak e a Denikin, dopo le imposte, le rapine in massa e le violenze, si sono rivolti contro di loro. Adesso è chiaro che Kolciak è perduto e che la vittoria su Denikin è vicina; questa vittoria sarà coronata anche dalla vittoria del proletariato in occidente, perché in occidente il movimento degli operai assume dappertutto carattere bol- scevico, e se da principio la Russia, con il suo potere sovietico, era isolata, in seguito si è unita ad essa l’Ungheria sovietica e andiamo verso il passaggio del potere ai soviet in Germania; non è lontano il giorno in cui tutta l’Europa si unirà in una sola repubblica sovietica, che annienterà il dominio dei capitalisti in tutto il mondo. ( Applausi prolungati. ) Pubblicato nel Viecernie live stia Moskovskovo Sovieta , n. 293, 17 luglio 1919. RISPOSTA ALLE DOMANDE DI UN GIORNALISTA AMERICANO 77 Rispondo alle cinque domande che mi sono state poste, a condi- zione che sia mantenuta la promessa datami per iscritto che la mia risposta sarà pubblicata su più di cento giornali degli Stati Uniti d'America. 1. Il governo sovietico ha un programma non riformista, ma rivoluzionario. Le riforme sono concessioni fatte dalla classe dominante che mantiene il suo dominio. La rivoluzione è l’abbattimento della classe dominante. Perciò di solito i programmi riformisti comprendono molti punti parziali. Il nostro programma rivoluzionario comprendeva, propriamente, un solo punto generale: l’abbattimento del giogo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, l’abbattimento del loro potere, la liberazione delle masse lavoratrici da questi sfruttatori. Non tradiremo mai questo programma. I provvedimenti parziali che tendono all’attuazione di questo programma sono stati più volte mutati; per elencarli ci vorrebbe un volume. Mi limiterò a indicare un altro punto generale del nostro programma di governo che ha suscitato forse il maggior numero di modificazioni dei singoli provvedimenti. Questo punto è lo schiacciamento della resistenza degli sfruttatori. Dopo la rivoluzione del 25 ottobre (7 novembre) 1917 non abbiamo neppure soppresso i giornali borghesi e non si c neppure parlato di terrore. Ab- biamo liberato non soltanto molti ministri di Kerenski, ma anche Kras- nov, che aveva preso le armi contro di noi. Soltanto dopo che gli sfrut- tatori, cioè i capitalisti, hanno rafforzato la loro resistenza, siamo passati alla repressione sistematica di tale resistenza, giungendo fino al terrore. È stata la risposta del proletariato ad azioni della borghesia quali la congiura con i capitalisti della Germania, dellTnghilterra, del Giap- 474 LENIN pone, dell’America, della Francia per restaurare il potere degli sfrutta- tori in Russia, la corruzione dei cecoslovacchi col denaro anglo-francese, la corruzione di Mannerheim, Denikin, ecc. con il denaro tedesco e francese. Una delle ultime congiure che hanno causato un « muta- mento », e precisamente l’intensificazione del terrore contro la bor- ghesia a Pietrogrado, è stata la congiura della borghesia con i socialisti- rivoluzionari e i menscevichi per la resa di Pietrogrado, l’occupazione del forte di Krasnaia Gorka da parte degli ufficiali congiurati, la corru- zione di funzionari dell’ambasciata svizzera e di molti funzionari russi da parte dei capitalisti inglesi e francesi, ecc. 2. L’attività della nostra repubblica sovietica in Afganistan, in India e in altri paesi musulmani fuori della Russia è eguale alla nostra attività fra i numerosi musulmani e le altre nazionalità non russe all’interno della Russia. Per esempio, abbiamo dato alle masse bascldre la possibilità di costituire una repubblica autonoma all’interno della Russia, e incoraggiamo in ogni modo lo sviluppo autonomo, libero di ogni nazionalità, lo sviluppo e la diffusione della letteratura nelle lingue nazionali, traduciamo e divulghiamo la nostra Costituzione sovie- tica, che ha la sventura di piacere a più di un miliardo di uomini appar- tenenti alle nazionalità coloniali asservite, oppresse, prive di diritti, più delle Costituzioni « europeo-occidentali » e americana degli Stati « democratici » borghesi che consacrano la proprietà privata della terra e del capitale, cioè l’oppressione da parte di un esiguo numero di capi- talisti « civili » sui lavoratori dei loro paesi e su centinaia di milioni di abitanti delle colonie dell’Asia, dell’Africa, ecc. 3. Nei confronti degli Stati Uniti e del Giappone, noi perse- guiamo prima di tutto l’obiettivo politico di respingere la loro impu- dente, delittuosa, brigantesca aggressione contro la Russia che serve soltanto ad arricchire i loro capitalisti. A entrambi questi Stati abbiamo più volte e solennemente proposto la pace, ma essi non ci hanno neppure risposto e proseguono la guerra contro di noi aiutando Denikin e Kolciak, depredando la costa di Murmansk e Arcangelo, devastando e rovinando particolarmente la Siberia orientale, dove i contadini russi oppongono un’eroica resistenza ai briganti capitalisti del Giappone e degli Stati Uniti d’America. Il nostro successivo obiettivo politico ed economico nei confronti di tutti i popoli, compresi quelli degli Stati Uniti e del Giappone, è uno RISPOSTA A UN GIORNALISTA AMERICANO 475 solo: l’alleanza fraterna con gli operai e i lavoratori di tutti i paesi senza eccezione. 4. Abbiamo esposto più volte per iscritto, con assoluta chiarezza e precisione, le condizioni alle quali siamo disposti a concludere la pace con Kolciak, Denikin e Mannerheim; per esempio a Bullitt 7 \ che ha condotto le trattative con noi (e con me personalmente a Mosca) a nome del governo degli Stati Uniti, in una lettera a Nansen 7 *, ecc. Non è colpa nostra se i governi degli Stati Uniti e degli altri paesi hanno paura di pubblicare integralmente questi documenti, se nascon- dono la verità al popolo. Ricorderò soltanto la nostra condizione fonda- mentale: siamo pronti a pagare tutti i debiti alla Francia e agli altri Stati, purché la pace sia una pace effettiva, e non soltanto a parole, cioè purché sia formalmente firmata e ratificata dai governi dell’In- ghilterra, della Francia, degli Stati Uniti, del Giappone, dell’Italia, poi- ché Denikin, Kolciak, Mannerheim, ecc. non sono che pedine nelle mani di questi governi. 5. Vorrei soprattutto comunicare all’opinione pubblica americana quanto segue: in confronto al feudalesimo, il capitalismo è stato un progresso di portata storica mondiale sulla via della « libertà », dell’« eguaglianza », della « democrazia », della « civiltà ». Tuttavia il capitalismo è sta- to e rimane il sistema della schiavitù salariata , dell’asservimento di milioni di lavoratori, di operai e di contadini a un’infima minoranza di moderni padroni di schiavi, di grandi proprietari fondiari e di capita- listi. La democrazia borghese ha cambiato la forma di questa schiavitù economica, in confronto al feudalesimo, le ha dato una copertura parti- colarmente brillante, ma non ne ha cambiato, né poteva cambiarne la sostanza. Il capitalismo e la democrazia borghese significano schiavitù salariata. Il gigantesco progresso della tecnica in generale, delle vie di comu- nicazione in particolare, l’aumento colossale del capitale e delle banche hanno causato la maturazione e poi l’imputridimento del capitalismo. Il capitalismo è sopravvissuto a se stesso. È diventato il freno piu reazionario all’evoluzione umana. Si è ridotto all’onnipotenza di un pugno di miliardari e di milionari che spingono i popoli al macello per decidere a quale gruppo di predoni — al gruppo tedesco o al gruppo anglo-francese — debbano toccare il bottino imperialistico, il dominio 47 6 LENIN sulle colonie, le « sfere di influenza » finanziarie o i « mandati d’ammi- nistrazione », ecc. Durante la guerra del 1914-1918 decine di milioni di uomini sono stati uccisi e mutilati proprio per questo, soltanto per questo. La coscienza di questa verità si diffonde con forza e rapidità irresistibili fra le masse lavoratrici di tutti i paesi, tanto più che la guerra ha causato dappertutto rovine inaudite, e dappertutto , compresi i paesi « vincitori », si devono pagare gli interessi sui debiti di guerra. E che cosa sono questi interessi? Sono un tributo di miliardi versato ai signori milionari perché sono stati tanto gentili da permettere a decine di milioni di operai e di contadini di ammazzarsi e di mutilarsi a vicenda per risolvere la questione della spartizione dei profitti dei capitalisti. Il crollo del capitalismo è inevitabile. La coscienza rivoluzionaria delle masse si sviluppa dappertutto. Lo testimoniano migliaia di sin- tomi. Eccone uno non molto importante, ma assai evidente per i filistei: i romanzi di Henri Barbusse (Le feti e Clarté ), il quale era andato in guerra come il più pacifico, modesto, ubbidiente piccolo borghese, filisteo, cittadino medio. I capitalisti, la borghesia possono nel « migliore » dei casi diffe- rire la vittoria del socialismo in questo o quel paese a prezzo dello sterminio di altre centinaia di migliaia di operai e di contadini. Ma salvare il capitalismo non possono. A dargli il cambio è venuta la repubblica sovietica che dà il potere ai lavoratori, e soltanto ai lavo- ratori, che affida al proletariato il compito di dirigere Temancipazione dei lavoratori, che abolisce la proprietà privata della terra, delle fabbri- che e degli altri mezzi di produzione, perché questa proprietà privata è la fonte dello sfruttamento di molti da parte di pochi, la fonte della miseria delle masse, la fonte delle guerre di rapina tra i popoli, guerre che arricchiscono solamente i capitalisti. La vittoria della repubblica internazionale sovietica è sicura. Una piccola osservazione per finire: la borghesia americana inganna il popolo, vantandosi della libertà, delPeguaglianza, della democrazia che esisterebbero nel suo paese. Ma né questa borghesia, né nessun’altra, né alcun governo al mondo avrà il coraggio di accettare una competi- zione con il nostro governo sul tema della libertà effettiva, dell’egua- glianza, della democrazia: ammettiamo che ci sia un accordo che assi- curi al nostro governo e a qualsiasi altro la libertà di scambio di... opuscoli editi a nome del governo in qualsiasi lingua e contenenti il RISPOSTA A UN GIORNALISTA AMERICANO 477 testo dèlie leggi di quel paese, il testo della sua Costituzione, con un commento che spieghi la sua superiorità sulle altre costituzioni. Nessun governo borghese al mondo oserà concludere con noi un simile accordo pacifico, civile, libero, democratico, basato sulla parità dei diritti. Perché? Perché tutti i governi, tranne quello sovietico, si reg- gono sull’oppressione e sull’inganno delle masse. Ma la grande guerra del 1914-1918 ha distrutto il grande inganno. Lenin 20 luglio 1919 Pravda , n. 162, 25 luglio 1919. DISCORSO SUGLI APPROVVIGIONAMENTI E SULLA SITUA- ZIONE MILITARE PRONUNZIATO ALLA CONFERENZA DI MOSCA DEI COMITATI DI FABBRICA, DEI SINDACATI E DEI DELEGATI DELLA COOPERATIVA OPERAIA CENTRALE DI MOSCA 30 luglio 1919 {Applausi.) Compagni, permettetemi di darvi qualche breve chia- rimento sui nostri approvvigionamenti e sulla situazione militare. Spero che i fatti principali relativi a tali questioni vi siano noti; il mio com- pito consisterà soltanto nel precisarne il significato. Proprio nel momento in cui voi dovete risolvere i problemi della cooperazione, noi attraversiamo, come Testate scorsa, un momento critico, soprattutto per quanto riguarda gli approvvigionamenti. Sa- pete che quest’anno il successo del nostro lavoro in questo setto- re è stato assai rilevante in confronto alTanno scorso. In altri set- tori dell’attività sovietica sarebbe ben difficile misurare il successo con tanta precisione come in questo. Durante il primo anno del potere sovietico, che ha parzialmente compreso anche la fine del regime di Kerenski, l’ammasso dello Stato ha raggiunto i 30 milioni di pud in tutto. L’anno successivo abbiamo ammassato oltre 107 milioni di pud, benché dal punto di vista militare e dal punto di vista dell’accesso ai territori piu fertili, le condizioni fossero assai piu gravi, perché non soltanto la Siberia, ma anche l’Ucraina e gran parte dell’estremo sud ci erano preclusi. Ciò nonostante, come vedrete, abbiamo triplicato i nostri ammassi di grano. Dal punto di vista del lavoro dell’apparato di approvvigionamento è un grande successo, ma dal punto di vista del rifornimento delle località non agricole è assai poco, perché quando abbiamo fatto un’inchiesta minuziosa sulle condizioni alimentari della popolazione non agricola, e in particolare della popolazione operaia delle città, è risultato che durante la primavera e Testate dell’anno in corso l’operaio della città ha ricevuto dal commissariato per gli approv- vigionamenti circa la metà dei prodotti alimentari, ed è stato costretto a procurarsi il resto al mercato libero, alla Sukharevka e dagli specu- SUGLI APPROVVIGIONAMENTI E SULLA SITUAZIONE MILITARE 479 latori; per la prima metà l’operaio paga un decimo del suo bilancio, e per la seconda i nove decimi. I signori speculatori, come c’era da aspettarsi, impongono agli operai prezzi nove volte superiori a quelli richiesti dallo Stato per il grano dell’ammasso. Se si considerano questi dati precisi, dobbiamo dire che siamo ancora a metà, con una gamba, nel vecchio regime capitalistico, e che siamo usciti soltanto a metà da questa melma, da questa palude della speculazione per imboccare la via dell’ammasso veramente socialista, nel quale il grano cessa di essere una merce, cessa di essere un oggetto di speculazione, un motivo e un pretesto di litigi, di lotta e d’impoverimento per molti. Come vedete, dal punto di vista di ciò che occorre per soddisfare la popolazione non agricola e operaia, si è fatto poco, ma se si pensa alle difficili condi- zioni nelle quali ci è toccato lavorare durante la guerra civile, mentre la maggior parte dei territori piu ricchi di grano non era in nostro possesso, allora si vede che il nostro apparato di approvvigionamento è stato messo in piedi con straordinaria rapidità. Penso che tutti con- verranno con me che sotto questo aspetto il compito organizzati- vo, quello della raccolta del grano fra le masse contadine con me- todi non capitalistici, è incredibilmente difficile, è un compito che nessun cambiamento dei servizi (per non parlare di un cambiamento di governo) può risolvere, perché richiede una ristrutturazione orga- nizzativa, esige la trasformazione delle basi della vita contadina, forma- tesi da secoli, se non da millenni. Se, diciamo, in condizioni di pace completa, disponessimo per esempio di cinque anni per creare un apparato organizzativo capace di raccogliere nelle mani dello Stato tutto il grano, togliendolo agli speculatori, diremmo che non si è mai vista una trasformazione sociale ed economica cosi rapida. E se in meno di due anni siamo riusciti a risolvere questo compito a metà, questo vuol dire molto. È una dimostrazione incontestabile che nella questione degli approvvigionamenti, la piu difficile e la piu grave, il potere sovietico ha scelto una linea giusta ed e sulla buona strada. In ogni caso si può dire che esso ha deciso nel modo più fermo di proseguire soltanto per questa strada, senza lasciarsi impressionare dai tentennamenti, dai dubbi e dalle critiche, e talvolta anche dalla dispe- razione che vediamo intorno a nói. Non stupisce che talvolta questo o quel rappresentante delle località affamate sia in preda alla più profonda e tormentosa disperazione. Non sorprende, perché le cifre generali che ho citato e che concernono ralimentazione degli operai 480 LENIN delle città e delle regioni non agricole mostrano che essi debbono dipendere a metà dagli speculatori, dal caso, ecc. E voi sapete che la speculazione assume da noi il carattere della lotta piu sfrenata e dello strozzinaggio più sfacciato da parte di coloro che possono portare prodotti alimentari sul mercato. Non può sorpren- dere che si veda la disperazione fra coloro che sono stati sconfitti in questa lotta forsennata fra speculatori e affamati. Si capisce che con dei trasporti ferroviari ridotti, quando vediamo nelle regioni più ricche di grano ciò che si vede in Ucraina, dove non si riesce a creare nessun apparato, dove finora i vecchi residui dei metodi partigiani eliminano ogni possibilità di fare un lavoro organizzato, dove la popo- lazione non è riuscita finora a superare i metodi da guerriglia, non può sorprendere che tutto dò faccia il gioco di Denikin che riporta le sue più facili vittorie; e questo ci rende difficile Fu tilizz azione dei mercati più ricchi, dove vi sono scorte di grano che potrebbero facilmente risolvere le nostre difficoltà. Dico che in una situazione simile non sorprende di vedere intorno a noi espressioni di disperazione da parte di coloro che sono stati sconfitti con particolare durezza in questa lotta per il pane. Ma se guardiamo all'attività sovietica nel suo complesso, e non ai casi singoli ma alla sua totalità, se confrontiamo ciò che ha dato il potere sovietico a ciò che ha dato il mercato libero, dovremo dire che la metà degli approvvigionamenti che si trova nelle mani degli speculatori è ancora la fonte di una terribile oppressione e del più sfrenato, vergognoso, sregolato arricchimento; e per di più, quando da una parte c'è della gente che ha fame, e dall’altra alcuni che hanno la possibilità di arricchirsi, esiste una fonte, di estrema de- pravazione. Si capisce che coloro che non sono in grado di afferrare questo processo e di vederne il nesso, ci dicano, invece di riflettere sul modo di risolvere, nella lotta contro il capitalismo, questo nuovo problema, l’organizzazione della raccolta del grano a prezzo di calmiere, basata sulla fiducia verso lo Stato operaio, invece di riflettere a tutto questo, ci dicano ad ogni momento: « Guardate, 9e gli operai spendono i nove decimi del loro bilancio alla Sukharevka, ciò dimostra che voi esistete soltanto grazie ai trafficanti del mercato nero e agli speculatori. Perciò dovete regolarvi di conseguenza ». Talvolta sentiamo questo ragionamento da persone che si ritengono spiritose e credono di capire profondamente gli avvenimenti. In realtà sono dei sofisti. L’espe- SUGLI APPROVVIGIONAMENTI E SULLA SITUAZIONE MILITARE 481 rienza della rivoluzione conferma che non è difficile cambiare le forme di governo, che è possibile eliminare in breve tempo la classe domi- nante dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, addirittura in qualche settimana, se lo sviluppo della rivoluzione è favorevole, ma- che la trasformazione delle condizioni fondamentali della vita econo- mica, la lotta contro le abitudini che si sono radicate in ogni piccolo proprietario per secoli e -millenni, è una cosa che, dopo il completo abbattimento delle classi sfruttatrici, richiede lunghi anni di tenace lavoro di organizzazione. E quando ci si dice: guardate come accanto a voi prospera la Sukharevka, come il potere dei soviet dipende da essa, noi rispondiamo: di che cosa vi sorprendete? Questo problema poteva forse essere risolto in meno di due anni, mentre la Russia è tagliata dalle migliori regioni agricole? Coloro che fanno piu obiezioni dal punto di vista dei principi e che talvolta assicurano persino di parlare dal punto di vista del socialismo (ma ci salvi Iddio da un simile socialismo!), accusano i bolscevichi di utopismo e di avventu- rismo perché hanno detto: non soltanto si può e si deve schiacciare per via rivoluzionaria la monarchia e la proprietà fondiaria, ma anche spazzar via la classe dei capitalisti e gli strascichi della vecchia guerra imperialistica, al fine di ripulire il terreno per l’edificazione organizzati- va, il che ci costringe a pensare a un lungo periodo di dominio del potere operaio, il solo capace di trascinare le larghe masse contadine. Costoro, che ci accusano di utopismo perché abbiamo ritenuto possibile schiac- ciare per via rivoluzionaria la classe dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, ci pongono loro stessi un compito utopistico: risolvere, in un periodo nel quale nessuna forza al mondo potrebbe farlo, i pro- blemi di organizzazione del nuovo regime socialista e della lotta contro le vecchie abitudini, che non si possono distruggere con nessun cam- biamento delle istituzioni; e tutto questo mentre abbiamo le mani legate dalla guerra civile. Si, proprio la politica degli approvvigionamenti mostra con parti- colare chiarezza che la lotta del socialismo contro il capitalismo, nella sua ultima forma, si svolge proprio qui, dove non basta sconfiggere le vecchie istituzioni, i grandi proprietari fondiari e i capitalisti, ma tutte le abitudini inculcate dal capitalismo e le condizioni economiche di milioni di piccoli proprietari. Bisogna ottenere che il loro giudizio sconfigga il loro pregiudizio. Ogni contadino piu o meno cosciente converrà che il libero commercio del grano, la sua vendita sul mercato 482 LENIN libero quando il popolo ha fame, significa guerra fra gli uomini e arricchimento degli speculatori; e per le masse del popolo significa la fame. Ma questa coscienza è ancora debole perché tutti i pregiudizi e tutte le abitudini del contadino gli dicono che è più conveniente ven- dere il grano allo speculatore per alcune centinaia di rubli, che conse- gnarlo allo Stato per qualche biglietto da dicci rubli in cambio dei quali adesso non si possono ricevere merci. Noi diciamo: se il paese è devastato, se non c’è combustibile e le fabbriche sono ferme, tu, contadino, devi aiutare lo Stato operaio, devi dare il grano a credito. La carta-moneta che ti dànno in cambio del grano è la testimo- nianza che tu hai fatto credito allo Stato. Se tu, contadino, farai cre- dito allo Stato e gli darai il grano, l’operaio potrà rimettere in piedi l’industria. Non c’è altro mezzo per ricostruire l’industria in un paese devastato da quattro anni di guerra imperialistica e da due anni di guerra civile; non c’è altro mezzo! Ogni contadino un po’ evoluto, liberatosi dalla primitiva ignoranza contadina, converrà che non c’è altra via di uscita. Ma una cosa è il contadino cosciente che si convin- cerà se gli si parlerà umanamente, e un’altra cosa sono i pregiudizi di milioni di contadini che hanno vissuto tutta la vita in regime capi- talistico, che considerano giusta la proprietà del grano, che non hanno sperimentato l’ordine nuovo e non sanno aver fiducia in esso. Ecco perché diciamo che proprio in questo campo degli approvvigionamenti, e non nella sfera superiore dell’edificazione dello Stato, si svolge la lotta più aspra del socialismo contro il capitalismo, nei fatti e non a parole. È facile modificare le sfere superiori, ma il significato di questi mutamenti non è grande. Mentre qui la coscienza dei lavoratori e della loro avanguardia, la classe operaia, intraprende una lotta decisiva e finale contro i pregiudizi, la dispersione e l’isolamento delle masse contadine. Quando i sostenitori del capitalismo, non importa se si chia- mano rappresentanti dei partiti borghesi oppure menscevichi o socia- listi-rivoluzionari, ci dicono: « Rinunziate al monopolio di Stato, alla raccolta forzata del grano a prezzi di calmiere »; rispondiamo: « Voi, cari menscevichi e socialisti-rivoluzionari, forse siete anche persone sincere, ma difendete il capitalismo, e non esprimete altro che i pre- giudizi della vecchia democrazia piccolo-borghese, la quale non ha mai visto altro che la libertà di commercio, che si tiene in di- sparte dalla lotta accanita contro il capitalismo e ritiene che tutto si possa conciliare, che tutto possa essere accomodato ». Abbiamo abba- SUGLI APPROVVIGIONAMENTI E SULLA SITUAZIONE MILITARE 483 stanza esperienza per sapere che i rappresentanti delle masse veramente lavoratrici, coloro che non sono entrati negli strati superiori, coloro che i grandi proprietari fondiari e i capitalisti hanno sfruttato per tutta la vita, sanno che si tratta della battaglia finale decisiva contro il capi- talismo, la quale non ammette nessuna conciliazione. Sanno che pro- prio in questo campo nessuna concessione è possibile. Se il potere sovietico ha detto temporaneamente, come Testate scorsa: « Lasciamo trasportare per qualche settimana dei sacchi da un pud e mezzo », dopo però esso ha messo in funzione il proprio apparato, che ha dato piu di prima. Sapete che anche nel momento attuale si è dovuta fare una concessione, concedere una tregua: lasciale che gli operai si rifor- niscano singolarmente durante le vacanze. In tal modo ci assicuriamo ancor piu la possibilità di metterci di nuovo al lavoro, ci garantiamo il nostro lavoro socialista. Noi diamo veramente battaglia al capitalismo e diciamo che, quali che siano le concessioni alle quali esso ci costringe, siamo tuttavia per la lotta contro il capitalismo e contro lo sfrutta- mento. E lotteremo in questo campo implacabilmente come lottiamo contro Kolciak e Denikin, perché la potenza dalla quale essi prendono i loro rinforzi è il capitalismo, ed essa non cade dal cielo, ma è basata sul libero commercio del grano e delle merci. Sappiamo che la libera vendita del grano è in un paese la fonte principale del capitalismo, la fonte che ha causato' fino a oggi la rovina di tutte le repubbliche. Adesso è in corso la lotta decisiva e finale contro il capitalismo e il libero commercio, per noi questa è la battaglia piu importante fra capi- talismo e socialismo. Se vinceremo in questa lotta, non ci sarà ri- torno al capitalismo, al precedente potere, a tutto dò che vi è stato in passato. Questo ritorno sarà impossibile; bisogna soltanto fare la guerra alla borghesia, alla speculazione, alla piccola proprietà, per abolire il principio che esisteva prima: « Ognun per sé e Dio per tutti ». Bisogna dimenticare il principio che regnava quando ogni contadino faceva per sé e Kolciak per tutti. Adesso da noi vi è una nuova forma di rapporti reciproci e di edificazione. Bisogna sapere che il socialismo avanza e che, per quanto siamo legati dalle antiche sopravvivenze, dobbiamo ricordare che esse sono soltanto vecchi frammenti di vecchie idee, perché il contadino deve avere un atteggiamento completamente diverso verso i beni di consumo che produce; in caso contrario, se egli vende il grano alPoperaio a prezzo « libero », egli diventa indubbia- mente un borghese e un proprietario. Ma noi diciamo che il grano 484 LENIN deve essere venduto a prezzi di calmiere, fissati dallo Stato, il che ci permetterà di sbarazzarci del capitalismo. Ebbene, ora che dobbiamo sopportare tutto il peso della carestia e confrontare la nostra situazione attuale a quella dell'anno scorso, dobbiamo dire che essa è incompa- rabilmente migliore. È vero che dobbiamo fare alcune concessioni, ma possiamo sempre spiegare queste concessioni e risponderne. Tuttavia, benché in venti mesi di potere sovietico abbiamo fatto molto, non abbiamo ancora superato tutte le difficoltà della seria situazione attuale. Quando avremo strappato i contadini alla proprietà e li avremo iniziati al nostro lavoro statale, allora potremo dire di aver compiuto una parte difficile del nostro cammino. Ma non ci allontaneremo da questo cammino, come non ci allontaneremo dalla via della lotta contro Denikin e Kolciak. Sentiamo dire, nel campo di coloro che si chiamano socialisti-rivoluzionari e menscevichi, che la guerra non avrebbe via di uscita, che non c’è via di uscita da questa guerra e che bisogna pren- dere tutti i provvedimenti per mettervi fine; questi discorsi li senti- rete ad ogni passo. Cosi dicono coloro che non comprendono il vero stato delle cose. Essi ritengono disperata la guerra civile perché è troppo penosa; ma come possono non capire che questa guerra ci è im- posta dagli imperialisti europei perché essi hanno paura della Russia so- vietica? E nello stesso tempo essi tengono nei loro palazzi oggi Savin- kov, domani Maklakov, poi la Bresckovskaia, con i quali non fanno ama- bili conversazioni, ma parlano del modo piu razionale di mandare qui, da noi, soldati, cannoni e altri strumenti di morte; del modo di sostene- re il fronte di Arcangelo; del modo in cui aggiungervi il fronte me- ridionale e quello orientale, e anche quello di Pietrogrado. Tutta l’Europa, tutta la borghesia europea si è armata contro la Russia sovietica. È giunta a una tale impudenza da proporre al governo un- gherese: « Noi vi daremo il grano, ma voi rinunziate al potere so- vietico ». Penso a quale magnifica propaganda sarà per l’Ungheria questa proposta quando la si leggerà nei giornali di Budapest! E tut- tavia è meglio, è un mezzo più onesto e aperto di tutte le chiacchiere sulla lotta per il libero commercio, ecc. Si dice chiaramente: vi serve il grano, rinunziate a questo e a quello che a noi non conviene, e noi vi daremo il grano. Perciò, se i cari capitalisti facessero questa proposta ai contadini russi, noi saremmo loro assai riconoscenti. Diremmo: ci mancavano i SUGLI APPROVVIGIONAMENTI E SULLA SITUAZIONE MILITARE 485 propagandisti, adesso Clemenceau, Lloyd-George e Wilson ci sono venuti in aiuto e si sono rivelati i migliori propagandisti. Adesso non si parlerà piu di Assemblea costituente, di libertà di riunione, ecc., ma tutto sarà chiaro. Ma noi chiederemo ai signori capitalisti: avete tanti debiti di guerra, le vostre valigie sono piene di obbligazioni, avete miliardi e miliardi di debiti di guerra, e pensate che il popolo li pagherà? Avete tante granate, cartucce, cannoni, che non sapete dove metterli e avete trovato che la cosa migliore è di utilizzarli contro gli operai russi? Avete comprato Kolciak, perché allora non lo avete salvato? Eppure recentemente avete approvato una risoluzione dichiarando che la lega delle nazioni dell’Intesa riconosce il governo di Kolciak come il solo legittimo governo russo ®°. Dopo di che Kolciak se Pè data a gambe. Perché è andata cosi? (Applausi.) Ecco, in base all’espe- rienza del movimento di Kolciak vediamo quanto valgono le promesse dei capi socialisti-rivoluzionari e menscevichi. Sono loro che hanno dato inizio al movimento di Kolciak, sono loro che avevano il potere a Samara. Che valgono dunque queste promesse? E che fare se delle forze che, dal punto di vista militare, sono certo incredibilmente supe- riori alle nostre, si alleano contro di noi, forze talmente superiori che non possiamo paragonarle neppure approssimativamente alle nostre? Certo, la borghesia grande e piccola ne trae una conclusione coerente e dice alle masse stanche e affamate: « Siete stati trascinati in una guerra civile senza uscita. Come potete voi, paese stanco, arretrato, lottare contro l’Inghilterra, la Francia, l’America? ». Sentiamo costan- temente questo motivo intorno a noi, anche da parte degli intellettuali borghesi, ogni giorno e ogni ora. Essi cercano di dimostrare che la guerra civile è un’impresa disperata. Ma la storia ci risponde. È la storia del potere in Siberia. Sappiamo che colà vi sono contadini agiati, che non hanno conosciuto la servitù della gleba e perciò non possono essere grati ai bolscevichi di averli salvati dai grandi proprietari fon- diari. Sappiamo che vi è stato organizzato un governo e per cominciare vi sono state mandate delle bellissime bandiere, preparate dal socia- lista-rivoluzionario Cernov o dal menscevico Maiski, con le parole d’ordine: Assemblea costituente, libertà di commercio; ci scriveremo tutto quello che vuoi, piccolo mugik ignaro, aiutaci soltanto ad abbat- tere i bolscevichi! Che cosa è venuto fuori da questo potere? Invece deU’Assemblea costituente, la dittatura di Kolciak, la dittatura più furiosa, peggiore di tutte quelle zariste. È forse un caso? Ci si rispon- 486 LENIN de che è stato un errore. Ma, signori, possono sbagliare singole per- sone in questo o in queiratto della loro vita, ma qui vi sono venuti in aiuto i vostri migliori uomini, quanto c’era di meglio nei vostri partiti. Non vi sono forse venuti in aiuto gli intellettuali? E se non c’erano — però, sappiamo che c’erano, — avevate gli intellettuali di tutti i paesi avanzati: Francia, Inghilterra, America e Giappone. Ave- vate la terra, avevate la flotta, avevate le truppe, avevate il denaro. Perché tutto è crollato? Per un errore compiuto da un Cemov o da un Maiski? No! Perché in questa guerra disperata non può esserci via di mezzo, e per reggersi la borghesia deve fucilare a decine e a centinaia tutti gli elementi migliori della classe operaia. Lo si ve- de chiaramente dall’esempio della Finlandia, e ora lo mostra l’esem- pio della Siberia. Per dimostrare la inconsistenza dei bolscevichi i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi hanno voluto edificare un nuo- vo potere, e sono solennemente rotolati dritto dritto verso il potere di Kolciak. No, non è un caso; questo accade in tutto il mondo, e se scomparissero tutti i discorsi dei bolscevichi, tutte le loro pubblicazioni che ora sono proibite in ogni paese, dove si dà la caccia agli opuscoli bolscevichi come a un uomo, pericoloso per i poveri Wilson, Cle- menceau e Lloyd-George, se tutto questo sparisse, indicheremmo l’esempio della Siberia dove hanno or ora operato i loro accoliti, e diremmo: ecco, questo è meglio di qualunque propaganda! Ciò mostra che non può esservi via di mezzo fra la dittatura della borghesia e la dittatura della classe operaia. Questa idea penetra non soltanto nella testa delle masse operaie, penetra anche nella testa del contadino meno cosciente. Sapete che i contadini dicevano: « Non vogliamo il governo bolscevico, vogliamo il libero commercio del grano ». Sapete che a Samara i contadini, i contadini medi erano dalla parte della borghesia. Chi dunque li ha ora allontanati da Kolciak? È risultato che il contadino non può creare da solo il suo ,l ... Ciò è confermato da tutta la storia della rivoluzione, e chiunque la conosca, e conosca la storia del movi- mento socialista, sa che a ciò conduce tutto lo sviluppo dei partiti politici nel XIX secolo. Il contadino, certo, non lo sapeva. Egli non ha studiato né la storia del socialismo, né la storia della rivoluzione, ma crede alle conclusioni che trae dalla sua personale esperienza. Quando ha visto che i gravami imposti dai bolscevichi servivano alla vittoria sugli sfruttatori c che il potere di Kolciak aveva portato alla restaurazione del capita- SUGLI APPROVVIGIONAMENTI E SULLA SITUAZIONE MILITARE 487 lismo degli sbirri, ha detto consapevolmente: « Scelgo la dittatura delle masse Operaie e mi decido a farlo per battere fino in fondo la dittatu- ra della borghesia burocratica », cosi egli chiama la dittatura di Kolciak, « perché ci sia la dittatura del proletariato, la dittatura del popolo ». La storia di Kolciak mostra che per quanto la guerra civile sia intermi- nabile e dura, per quanto essa sembri disperata, non porta in un vicolo cieco. Porta le masse popolari più staccate dai bolscevichi a convincersi per esperienza propria della necessità di passare dalla parte del potere sovietico. Ecco, compagni, la nostra situazione militare, permettetemi ora di terminare il rapporto con un'indicazione sul lavoro cooperativo che dovremmo compiere. Molti compagni, assai più competenti di me, vi hanno già espresso la loro opinione sui compiti pratici che vi stanno dinanzi. Mi permetto di esprimere l'augurio che il compito che vi si pone, la creazione di una cooperativa di consumo che abbracci le masse lavoratrici, opera di immensa importanza, sia adempiuto con successo. Nella società capitalistica le cooperative generavano inevitabilmente uno strato dirigente che era interamente formato da guardie bianche. Non soltanto da noi è stato cosi, lo hanno dimostrato quei dirigenti che hanno stretto un accordo con Kolciak. È accaduto in Inghilterra e in Germania, nei paesi capitalistici. Quando è incominciata la guerra i dirigenti delle cooperative, abituati a vivere dei loro capitali, sono passati interamente dalla parte degli imperialisti. Non per caso in tutto il mondo, durante la guerra imperialistica, i circoli dirigenti dei parlamentari socialisti, del movimento socialista, sono passati interamente agli imperialisti. Essi hanno fomentato la guer- ra e sono arrivati a un punto tale che i loro amici sono a capo del gover- no che ha assassinato Liebknecht e la Luxemburg e aiutano a fucilare i capi della classe operaia. Non è colpa di singoli individui. Non è un de- litto di questo o quello sventurato criminale. È il risultato del capitali- smo che li ha corrotti. Cosi è accaduto in tutto il mondo, e la Russia non è un paese santo; non potevamo uscire dalla società capitalistica al- trimenti; anche noi abbiamo dovuto sopportare una dura guerra contro questi circoli dirigenti. Essa non è ancora finita neppure ora che abbrac- cia le masse popolari, che le masse si levano a lottare contro ogni specu- lazione. Coloro che hanno subito essi stessi lo sfruttamento, non lo di- menticheranno quando prenderanno nelle loro mani il lavoro di distribu- zione. Forse in questa opera subiremo non pochi insuccessi. Sappiamo 488 LENIN che c’è molta ignoranza e mancanza di cultura, che ora qua ora là si aprirà una falla, sappiamo che non otterremo nulla di colpo. Ma noi, contadini e operai coscienti, che facciamo coscientemente il lavoro so- vietico, che edifichiamo la Russia socialista, faremo questa guerra. Questa guerra voi la farete con noi e, per quanto essa possa essere dura e difficile, la concluderemo con una completa vittoria, com- pagni, ( Applausi. ) Un breve resoconto fu pubblicato sulla Pravda , n. 167 il 31 luglio 1919. Pubblicato per la prima volta integralmente nel 1932. DISCORSO PRONUNZIATO AL I CONGRESSO DI TUTTA LA RUSSIA DEI LAVORATORI DELLTSTRUZIONE E DELLA CULTURA SOCIALISTA 31 luglio 1919 82 Compagni, sono assai lieto di salutare il vostro Congresso a nome del Consiglio dei commissari del popolo. Nel campo della pubblica istruzione abbiamo dovuto lottare per molto tempo con le stesse difficoltà nelle quali* il potere sovietico si è sempre imbattuto in tutti i campi del lavoro e dell'organizzazione. Abbiamo osservato che alla testa di istituzioni, considerate le uniche organizzazioni di massa, vi erano fin dall'inizio persone che sono restate ancora per molto tempo prigioniere di pregiudizi borghesi. Abbiamo persino osservato all'inizio del potere sovietico, nell'ottobre 1917, che l'esercito ci inondava a Pietrogrado di dichiarazioni nelle quali esso non riconosceva il potere sovietico, minacciava di marciare su Pietrogrado ed esprimeva la sua solidarietà con i governi borghesi. Già allora eravamo convinti che queste dichiarazioni provenissero dai circoli dirigenti di queste organizzazioni, dai comitati d'armata di quel tempo che impersonavano in tutto e per tutto una fase superata nell'evoluzione dello stato d'animo, delle convinzioni, delle opinioni del nostro esercito. Da allora questo fenomeno si è ripetuto nei confronti di tutte le orga- nizzazioni di massa: quella dei ferrovieri, e anche quella degli impie- gati delle poste e telegrafi. Abbiamo sempre osservato che in un primo tempo il passato conserva ancora forza e influenza sulle orga- nizzazioni di massa. Perciò non ci ha affatto sorpresi la lunga e tenace lotta che si è svolta fra gli insegnanti, che fin dall’inizio hanno costi- tuito un'organizzazione schierata nella sua maggioranza, se non inte- ramente, su una posizione ostile al potere sovietico. Abbiamo visto come si -sono dovuti gradualmente superare i vecchi pregiudizi borghesi e come il corpo insegnante, che era strettamente legato agli operai e ai conta- dini lavoratori, ha dovuto nella lotta contro il regime borghese prece- 490 LENIN dente, conquistarsi i suoi diritti e aprirsi la strada per un effettivo avvicinamento alle masse lavoratrici, per un’effettiva comprensione del carattere della rivoluzione socialista in corso. Finora avete avuto a che fare più d’ogni altro con i vecchi pregiudizi degrintellettuali borghesi, con gli abituali procedimenti e argomenti, con la difesa della società borghese o capitalistica, con la lotta di questi intellettuali, condotta di solito non apertamente, ma sotto la copertura di questa o quella speciosa parola d ordine che in realtà serviva a difendere in un modo o nell’altro il capitalismo. Compagni, voi forse ricordate come Marx descrive l’ingresso del- l’operaio nella fabbrica capitalistica moderna; come, analizzando la schiavitù dell’operaio nella società capitalistica disciplinata, civile e « li- bera », egli studia le cause dell’oppressione dei lavoratori da parte del capitale; come egli giunge alle basi del processo di produzione; come descrive l’ingresso deiroperaio nella fabbrica capitalistica dove avviene il furto del plusvalore, dove si pongono le fondamenta di tutto lo fruttamento capitalistico, dove si crea la società capitalistica che mette la ricchezza nelle mani di pochi e mantiene le masse nell’oppressione. Quando Marx giunge a questo punto, il più essenziale e fondamentale della sua opera, all’analisi dello sfruttamento capitalistico, egli accom- pagna questa introduzione con una osservazione ironica: qui, dove io vi introdurrò, in questo luogo in cui i capitalisti spremono il loro prò* fitto, qui regnano la libertà, l’eguaglianza e Bentham 83 . Queste parole di Marx mettevano l’accento sull’ideologia che la borghesia diffonde nella società capitalistica, che essa tenta di giustificare, perché dal punto di vista della borghesìa, che ha vinto la lotta contro il feuda- lesimo, nella società capitalistica, fondata sul dominio del capitale, del denaro, . dello sfruttamento dei lavoratori, regnano precisamente « la libertà, l’eguaglianza e Bentham ». Libertà: cosi essi chiamano la libertà di lucro, la libertà di arricchimento per pochi, la libertà di scambio commerciale; eguaglianza: cosi essi chiamano l’eguaglianza fra capitalisti e operai; Bentham: cioè dominio dei pregiudizi piccolo-bor- ghesi sulla libertà e l’eguaglianza. Se ci diamo uno sguardo attorno, se consideriamo gli argomenti con i quali r rappresentanti del vecchio sindacato degli insegnanti lotta- vano ieri e lottano oggi contro di noi, e di cui si servono i nostri avversari ideologici che si chiamano socialisti, i socialisti-rvoluziona- ri e i menscevichi — argomenti che, in forma poco cosciente, udia- AL I CONGRESSO DEI LAVORATORI DELL’ISTRUZIONE 491 mo nelle conversazioni quotidiane con la massa contadina, che non ha ancora compreso il significato del capitalismo — se considerate at- tentamente questi argomenti vi troverete lo stesso motivo borghese che Marx ha sottolineato nel Capitale. Tutta questa gente conferma il detto secondo cui nella società capitalistica regnano la libertà, l’egua- glianza e Bentham. Ma quando ci fanno delle obiezioni da questo punto di vista e dicono che noi bolscevichi e il potere sovietico siamo i violatori della libertà e dell’eguaglianza, noi rinviamo coloro che lo af- fermano ai primi elementi deU’economia politica, alle basi della dottrina di Marx. Diciamo: la libertà, della cui violazione voi accusate i bolsce- vichi, è la libertà del capitale, è la libertà del proprietario di vendere il grano al mercato libero, cioè la libertà di arricchirsi per i pochi che hanno eccedenze di grano. La libertà di stampa, della cui violazione avete sempre accusato Ì bolscevichi, che cosa è mai questa libertà di stampa nella società capitalistica? Tutti hanno potuto vedere che cosa era la stampa da noi, nella « libera » Russia. Ancora piu lo hanno visto coloro che hanno conosciuto, osservandola direttamente o avendo a che fare con essa, l’organizzazione della stampa nei paesi capitalistici avan- zati. La libertà di stampa nella società capitalistica è la libertà di far commercio della stampa e la possibilità d’influenzare le masse popolari. Libertà di stampa significa che questo potentissimo strumento atto a in- fluenzare le masse popolari sta nelle mani del capitale. Ecco che cos e la libertà di stampa che i bolscevichi hanno soppresso, ed essi sono fieri di aver per la prima volta liberato la stampa dai capitalisti, di avere creato per la prima volta, in un paese immenso, una stampa che non dipende da un pugno di ricchi e di milionari, una stampa intera, mente dedicata ai compiti della lotta contro il capitale; e a questa lotta noi dobbiamo subordinare tutto. In questa lotta, soltanto il proletariato operaio, capace di guidare le masse contadine non ancora coscienti, può essere la parte avanzata dei lavoratori, la loro avanguardia. Quando ci si rimprovera la dittatura di un solo partito e ci si pro- pone, come avete sentito, un fronte unico socialista, noi diciamo: « Si, dittatura di un solo partito! È questa la nostra posizione e non possiamo allontanarcene, perché è questo il partito che nel corso di decenni si è conquistato la posizione di avanguardia di tutto il proletariato indu- striale. È questo il partito che, già prima della rivoluzione del 1905, si era conquistato questa posizione. È il partito che nel 1905 si è tro- vato alla testa delle masse operaie, che da allora, — anche durante la 492 LENIN reazione successiva al 1905, quando, ai tempi della Duma di Stolypin, Il movimento operaio si ricostruiva con tanta fatica — si è fuso con la classe operaia, e che solo ha saputo condurla a un profondo e radi- cale mutamento della vecchia società ». Quando ci si propone il fronte unico socialista, diciamo: lo propongono i partiti dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari che nel corso della rivoluzione hanno tenten- nato verso la borghesia. Abbiamo fatto due esperienze: l’esperienza di Kerenski, quando i socialisti-rivoluzionari costituirono un governo di coalizione aiutato dall’Intesa, cioè dalla borghesia mondiale, dagli impe- rialisti della Francia, dell’America e dell’Inghilterra. Che risultato abbiamo avuto? Abbiamo forse visto quel graduale passaggio al socia- lismo che essi promettevano? No, abbiamo visto il fallimento, il domi- nio totale degli imperialisti, il dominio della borghesia e la totale bancarotta di tutte le illusioni conciliatrici. Se questo non basta, prendete la Siberia. Vi abbiamo visto ripetersi la stessa esperienza. In Siberia il governo era contrario ai bolscevichi. In un primo tempo tutta la borghesia, che di fronte al potere sovietico se n’era andata, sostenne la rivolta dei cecoslovacchi e quella dei men- scevichi e socialisti-rivoluzionari contro il potere sovietico, li sosten- nero la borghesia e i capitalisti dei paesi piu potenti d’Europa e d’Ame- rica, il cui aiuto non era soltanto ideologico, ma anche finanziario e militare. Qual è stato il risultato? A che cosa ha portato il dominio della sedicente Assemblea costituente, questo sedicente governo demo- cratico formato dai socialisti-rivoluzionari e dai menscevichi? All’avven- tura di Kolciak. Perché ha portato al fallimento che abbiamo davanti agli occhi? Perché vi si è manifestata questa verità fondamentale che i sedicenti socialisti del campo dei nostri avversari non vogliono com- prendere, e cioè che nella società capitalistica — poco importa che si trovi nello stadio dello sviluppo, della solida stabilità o del tramonto — può esserci soltanto uno di questi due poteri: o il potere dei capitalisti o il potere del proletariato. Ogni potere intermedio è un sogno, ogni tentativo di trovare una terza via porta al risultato che la gente, anche se è assolutamente sincera, scivola o da una parte o daH’altra. Soltanto il potere del proletariato, soltanto il dominio degli operai può riunire intorno a sé la maggioranza che sta sul terreno del lavoro, perché le masse contadine, pur essendo masse lavoratrici, sono anche, per una certa parte, proprietari della loro piccola azienda, del loro grano. Ecco la lotta che si sta svolgendo sotto i vostri occhi, lotta che mostra come AL I CONGRESSO DEI LAVORATORI DELL’ISTRUZIONE 493 il proletariato spazzi via gradualmente, nel corso di lunghe prove poli- tiche, nel corso dei cambiamenti di governo che osserviamo in varie regioni della Russia, tutto ciò che serve allo sfruttamento; come esso si apra il cammino e diventi sempre più il vero e assoluto capo delle masse lavoratrici nell’opera di repressione e di annientamento della resistènza del capitale. Coloro che parlano di violazione della libertà da parte dei bolsce- vichi, che propongono un fronte unico socialista, cioè l’unione con coloro che tentennano, che già due volte nella storia della rivoluzione russa sono rotolati dalla parte della borghesia, amano molto accusarci di ricorso al terrore. Essi dicono che i bolscevichi hanno introdotto il sistema del terrore nel governo, dicono che per la salvezza della Russia occorre che i bolscevichi rinunzino al terrore. Ricordo uno spiritoso borghese francese che, da un punto di vista borghese, diceva a propo- sito dell’ abolizione della pena di morte: « Incomincino i signori assas- sini ad abolire la pena di morte ». Questa risposta viene alla mente quando si dice: « I bolscevichi rinunzino al terrore ». Vi rinunzino i signori capitalisti russi e i loro alleati, l’America, la Francia e l’Inghil- terra, cioè coloro che hanno imposto il terrore alla Russia sovietica! Sono quegli imperialisti che ci hanno aggredito e continuano a farlo con tutta la loro potenza militare, mille volte superiore alla nostra. Non è forse il terrore quello che esercitano tutti i paesi dell’Intesa, tutti gli imperialisti dell’Inghilterra, della Francia e dell’America quando danno ricetto, ciascuno nella sua capitale, a uno dei servi del capitale internazio- nale, — non importa che si chiamino Sazonov o Maklakov, — che han- no organizzato centinaia e decine di migliaia di borghesi e capitalisti scontenti, rovinati, offesi e indignati? Se avete sentito parlare dei com- plotti nell’ambiente militare, se avete letto le notizie sull’ultimo com- plotto di Krasnaia Gorka, che per poco non ha ceduto Pietrogrado, vi domando che cosa era tutto ciò, se non una manifestazione del terrore da parte della borghesia di tutto il mondo, pronta a qualunque atrocità, delitto e violenza allo scopo di restaurare gli sfruttatori in Russia e spegnere l’incendio della rivoluzione socialista che ora minaccia anche i loro paesi? Ecco qual è la fonte del terrore, ecco su chi ricade la responsabilità! Ed ecco perché siamo convinti che coloro che predi- cano in Russia la rinunzia al terrore non sono altro che uno strumento cosciente o incosciente, agenti nelle mani dei terroristi imperialisti che m LENIN soffocano la Russia con i loro blocchi, con il loro aiuto a Kolciak e Denikin. Ma la loro causa è disperata. La Russia è il primo paese al quale la storia ha affidato la funzione di iniziare la rivoluzione socialista, e proprio per questo ci toccano in sorte tante lotte e tante sofferenze. Gli imperialisti e i capitalisti degli altri paesi capiscono che la Russia è decisa a difendersi, che in Rus- sia si decidono le sorti del capitale non soltanto russo, ma anche internazionale. Ecco perché essi diffondono una quantità inaudita di menzogne contro i bolscevichi nella stampa mondiale della borghesia, che è tutta comprata con milioni e miliardi. Essi insorgono contro la Russia sempre in nome degli stessi prin- cipi di « libertà, eguaglianza e Bentham ». Quando incontrate da noi gente che pensa di difendere qualcosa di autonomo, i principi della democrazia in generale, parlando della libertà, dell’eguaglianza che i bolscevichi violano pregateli di dare un’occhiata alla stampa del capi- talismo europeo. Sotto quale copertura marciano Kolciak e Denikin, sotto quale copertura il capitale e la borghesia vogliono soffocare la Russia? Essi tutti parlano soltanto di libertà e di eguaglianza! Quando gli americani, gli inglesi e i francesi occupano Arcangelo, quando man- dano le loro truppe nel sud, essi difendono la libertà e 1" eguaglianza. Ecco con quale parola d'ordine si camuffano, ed ecco perché in questa lotta accanita, il proletariato della Russia insorge contro il capitale di tutto il mondo. Ecco a che servono queste parole d'ordine di libertà e di eguaglianza, con le quali tutti i rappresentanti della borghesia ingannano il popolo e che gli intellettuali che stanno realmente con gli operai e i contadini devono demolire fino in fondo. Vediamo che i tentativi degli imperialisti dell’Intesa, quanto più diventano accaniti e rabbiosi, tanto più suscitano la resistenza e l’oppo- sizione del proletariato dei loro stessi paesi. Il 21 luglio è stato com- piuto un primo tentativo di sciopero internazionale degli operai del- l’Inghilterra, della Francia e dell’Italia contro i governi di questi paesi, con la parola d’ordine: cessate ogni ingerenza negli affari della Russia e concludete una pace onesta con la repubblica. Il tentativo non è riuscito. Jn una serie di paesi, in Inghilterra, in Francia e in Italia, ci sono state ondate di scioperi isolati. In America e in Canada c’è una persecuzione feroce contro tutto ciò che ricorda il bolscevismo. Negli ultimi anni abbiamo vissuto la storia di due grandi rivoluzioni. Sappia- mo con quanta difficoltà nel 1905 l’avanguardia delle masse lavora- AL 1 CONGRESSO DEI LAVORATORI DELl/lSTRUZlONE 49} trici si sia lanciata nella lotta contro lo zarismo. Fra quali difficoltà dopo il 9 gennaio, dopo la prima lezione sanguinosa, il movimento degli scioperi si sia lentamente e faticosamente sviluppato fino all’otto- bre del 1905, quando per la prima volta uno sciopero di massa ha avuto successo in Russia. Sappiamo come è stato difficile. Lo ha dimo- strato l’esperienza di due rivoluzioni, benché in Russia la situazione fos- se piu rivoluzionaria che in tutti gli altri paesi. Sappiamo con quanta fa- tica si organizzino, in una serie di scioperi, le forze per la lotta contro il capitalismo. Perciò l’insuccesso dì questo primo sciopero internazionale del 21 luglio non ci sorprende. Sappiamo che nei paesi europei la rivolu- zione incontra una resistenza e un’opposizione incomparabilmente mag- giore che da noi. Sappiamo che gli operai dell’Inghilterra, della Francia e dell’Italia, quando hanno proclamato lo sciopero internazionale per il 21 luglio, hanno superato difficoltà inaudite. È stato un esperi- mento senza precedenti nella storia. Non è sorprendente che non sia riuscito. In compenso sappiamo che le masse lavoratrici dei paesi piu progrediti e civili, nonostante il furore della borghesia europea contro di noi, sono con noi, comprendono la nostra causa c, quali che siano le difficoltà della rivoluzione e le prove che ci aspettano,, quale che sia l’atmosfera di menzogna e d’inganno in nome della « libertà e egua- glianza » del capitale, dell’eguaglianza fra l'affamato c il sazio, quale che sia questa atmosfera, sappiamo che la nostra causa è la causa degli operai di tutto il mondo e perciò essa vincerà inevitabilmente e inelut- tabilmente il capitale internazionale. Pravda, n. 170, 3 agosto 1919. NELLA STANZA DELLA SERVITÙ’ Alcuni compagni Hanno portato dal sud pubblicazioni mensce- viche, socialiste-rivoluzionarie ecc. che permettono di dare un’occhiata alla « vita intellettuale » dall’altra parte della barricata, nell’altro campo. La Mysl di Bazarov e di Martov, pubblicata a Kharkov, il Griadusci Dien di Miakotin e Pescekhonov, di Bunakov e Viscniak, di Potresov e Grossman, il luznoie Dielo , YObiedinienie di Balabanov e St. Iva- novic, di Miakotin e Pescekhonov: questi i nomi delle pubblicazioni e di alcuni dei loro eminenti collaboratori. Perfino pochi numeri singoli delle pubblicazioni menzionate emet- tono un odore cosi forte e penetrante, che si ha subito repressione di essere nella stanza della servitù. Intellettuali istruiti, che si credono e si dicono socialisti, imbevuti interamente di pregiudizi borghesi e che fanno i lacchè di fronte alla borghesia: tale è in sostanza, questa compagnia di scrittori. Le sfumature fra questa gente sono assai nume- rose, ma non hanno nessuna seria importanza dal punto di vista politico, perchè si riducono al grado di ipocrisia o di sincerità, di grossolanità o di finezza, di goffagine o di sottigliezza che gli autori impiegano nei loro doveri di lacchè nei confronti della borghesia. I Un lacchè, per la sua condizione, deve possedere un frac e un paio di guanti bianchi, un aspetto civile e maniere adeguate. Al lacchè è con- sentito un certo amore per il popolo: da una parte è inevitabile, perché l’ambiente che fornisce i lacchè deve essere molto povero; dall’altra ciò presenta perfino un vantaggio per il signore, perché gli permette di NELLA STANZA DELLA SERVITÙ 497 « esercitare » la sua beneficenza, in primo luogo, ovviamente, verso i « docili » rappresentanti degli strati dai quali si prendono i servi- tori, i commessi, gli operai. Quanto piu sono intelligenti ed istruite le classi che mantengono i lacchè, tanto piu sistematicamente e avvedu- tamente esse perseguono la loro politica servendosi di costoro per spiare i lavoratori, per dividerli facendo concessioni a una parte di loro, per rafforzare la loro posizione, per interessare il « servitore » all’aumento della ricchezza del signore con la speranza di ricevere una mancia e cosi via. L’amore per il popolo, certo, è permesso al lacchè soltanto in misura assai modesta e alla condizione obbligatoria diagli esprima sen- timenti d’umiltà e di obbedienza e sia disposto a « consolare » i lavo- ratori e gli sfruttati. Detto tra parentesi, Feuerbach ha risposto assai pertinentemente a coloro che difendono la religione come fonte di « consolazione » per gli uomini, che consolare uno schiavo è una occu- pazione vantaggiosa per i proprietari di schiavi, mentre il vero amico degli schiavi insegna loro lo sdegno, la rivolta, l’abbattimento del giogo, e non li « consola » affatto. Il lacchè adorna ed abbellisce i fiori falsi che servono a « consolare » gli schiavi salariati oppressi dalle catene della schiavitù salariata da cui sono legati. Il fautore della libe- razione degli uomini dalla schiavitù salariata strappa dalle catene i fiori falsi che le adomano, affinché gli schiavi imparino ad odiare con più consapevolezza e con più forza le loro catene, le spezzino rapida- mente e tendano la mano verso i fiori veri. La necessità, generata dalla condizione del lacchè, di unire una dose assai moderata di amore per il popolo e una dose assai elevata di obbedienza e di difesa degli interessi del padrone, suscita inevita- bilmente l’ipocrisia caratteristica del lacchè come tipo sociale. Si tratta proprio di un tipo sociale, e non delle qualità di singole persone. Il lacchè può essere un uomo onestissimo, un membro esemplare della sua famiglia, un ottimo cittadino, ma è inevitabilmente condannato a fare l’ipocrita, perché il tratto fondamentale del suo mestiere è di con- ciliare gli interessi del padrone, che egli si è « impegnato » a servire « anima e corpo », con gli interessi dell’ambiente nel quale si reclutano i servitori. Perciò, se si considera la questione dal punto di vista poli- tico, cioè dal punto di vista di milioni di uomini e dei rapporti fra questi milioni di uomini, non si può non giungere alla conclusione che le qualità principali del lacchè, come tipo sociale, sono l’ipocrisia e la 498 LENIN viltà che il mestiere di lacchè inculca. E proprio esse sono le piu im- portanti dal punto di vista degli schiavi salariati e di tutta la massa dei lavoratori in qualsiasi società capitalistica. II Grintellettuali istruiti che si chiamano menscevichi, socialisti-rivo- luzionari, socialdemocratici, ecc. vogliono insegnare la politica al popolo, perciò non hanno potuto fare a meno di accennare alla questione fonda- mentale dell’epoca che stiamo vivendo: la trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile. Guardate come ragionano a questo proposito. Sul YObiedinienie il signor P. Iusckevic dedica un intero articolo a Rivoluzione e guerra civile. A che genere di letteratura (se è lecito chiamarla letteratura) appartiene questo articolo lo si vedrà anche solo dalle seguenti due considerazioni delittore: « ... Ponendosi l’obiettivo di una rivoluzione che tende a realizzare gli interessi della maggioranza e che viene realizzata da questa maggioranza, il socialismo non ha motivo [!!] di ricorrere ai metodi [!!!] della guerra civile, ai quali sono fatalmente condannate le minoranze che prendono il potere... » « E la classe piu avanzata della società moderna, quando sarà matura per comprendere pienamente la sua missione di liberazione mondiale e i compiti ad essa connessi, dovrà respingerla [la guerra civile], con il resto dell’eredità della barbarie della storia... » Una perla, non è vero? La borghesia russa, subito dopo la rivo- luzione bolscevica, si è messa a cercare e a concludere accordi con la borghesia straniera contro gli operai e i lavoratori del suo paese. I men- scevichi e i socialisti-rivoluzionari appoggiavano la borghesia. Cosi è accaduto in Finlandia all’ inizio del 1918. Così è accaduto nel nord della Russia e nel sud, all’inizio del 1918, quando i cadetti, i mensce- vichi, i socialisti-rivoluzionari, alleati con i tedeschi, cercavano di soffo- care i bolscevichi. Lo stesso è accaduto in Georgia. I tedeschi davano denaro e armi a Krasnov. Poi la borghesia dell’Intesa ha comprato i cecoslovacchi e Denikin, ha sbarcato le sue truppe a Murmansk, ad Arcangelo, in Siberia, a Bakù, ad Askhabad. La borghesia internazionale, dapprima tedesca poi anglo-francese (più volte anche tutte e due insieme), ha scatenato la guena contro il NELLA STANZA DELLA SERVITÙ 499 proletariato vittorioso in Russia. E compare un uomo che si dice socia- lista e che, passando dalla parte della borghesia, consiglia agli operai di « respingere » i « metodi della guerra civile »! Non è forse un Iu- duscka Golovliov 34 di recentissimo tipo capitalistico? Forse mi si dirà che Iusckevic è semplicemente un comune pen- nivendolo al servizio della borghesia, non è affatto caratteristico per qualsivoglia partito e che nessun partito risponde di lui. Ma non sarebbe vero. In primo luogo la lista dei collaboratori e tutto l’orientamento dell ’ Obiedinienie ci mostrano che proprio questo atteggiamento servile è tipico per tutta la confraternita dei menscevichi e dei socialisti-rivo- luzionari. In secondo luogo prendete L. Martov. Questo individuo è il menscevico piu in vista (è quasi il piu « di sinistra»), e per di piu è un onoratissimo membro delPIiiternazionale di Berna, solidale con il suo capo ideale, K. Kautsky. Guardate i ragionamenti di Martov. Egli scrive nel numero di aprile del 1919 della Mysl sul «bolscevismo mondiale». Egli conosce perfettamente la stampa bolscevica e relativa al bolscevismo. Ed ecco come questo scrittore parla della guerra civile: « Fin dalle prime settimane di guerra ho avuto occasione di scrivere che la crisi del movimento operaio da essa suscitata è prima di tutto una “crisi morale'’, una crisi che si fonda sulla perdita della reciproca fiducia tra le diverse parti del proletariato, e della fede delle masse proletarie nei vecchi valori politico-morali, Allora non immaginavo ancora la possibilità che questa perdita della reciproca fiducia, questa distruzione dei vincoli ideali che negli ultimi decenni avevano legato fra loro non soltanto i rifor- misti e i rivoluzionari, ma in certi momenti avevano unito i socialisti agli anarchici, e gli uni e gli altri agli operai liberali e cristiani, non immaginavo che questa distruzione avrebbe portato alla guerra civile fra i proletari... » Il corsivo è del signor Martov. Egli stesso sottolinea che qui dà una valutazione proprio della guerra civile. Forse egli mette in risalto il suo completo accordo con Kautsky il quale, in ogni caso, ragiona esattamente nello stesso modo della guerra .civile. Ma in questo ragionamento vi è tanta raffinata bassezza, un tale abisso di menzogna e d'inganno degli operai, un cosi viie tradimento dei loro interessi, una tale ipocrisia e un tale ripudio del socialismo, che si rimane sorpresi della gran copia di servilismo accumulata dai Kautsky e dai Martov in decenni di « giuoco » con Topportunismo! In primo luogo, quando Kautsky e Martov versano lacrime di fa- 500 LENIN risei sulla « guerra civile fra i proletari », essi cercano di dissimulare iJ loro passaggio dalla parte della borghesia. Poiché in realtà la guerra civile si svolge fra proletariato e borghesia. Mai nella storia c’è stata né può esservi, in una società di classe, guerra civile fra le masse sfruttate e la minoranza degli sfruttatori, senza che una parte degli sfruttati .segua gli sfruttatori, schierandosi con loro contro i suoi fra- telli. Ogni persona capace di pensare riconosce che un francese il quale, durante l’insurrezione dei contadini della Vandea per la monarchia e i grandi proprietari fondiari, si fosse messo a piangere sulla « guerra civile fra i contadini » sarebbe stato un lacchè della monarchia, ripu- gnante per la sua ipocrisia. I signori Kautsky e Martov sono dei lacchè dei capitalisti di questo stampo. La borghesia internazionale, onnipotente, soffoca gli operai vitto- riosi di un paese perché hanno abbattuto il capitale, e trascina con sé una parte degli operai ingannati, male informati, abbrutiti, e questi mascalzoni di Kautsky e di Martov versano lacrime sulla « guerra ci- vile fra i proletari ». Questi individui sono costretti a ricorrere a que- sta rivoltante ipocrisia perché non possono tuttavia riconoscere aperta- mente che, nella guerra civile del proletariato contro la borghesia, stanno dalla parte della borghesia! In secondo luogo Martov, come Kautsky, come tutta Tlnterna- zionale di Berna, sanno perfettamente che essi godevano delle simpatie degli operai in quanto socialisti, perché predicavano la necessità della rivoluzione del proletariato. Nel 1902 Kautsky scriveva del possibile legame fra rivoluzione e guerra e diceva che la futura rivoluzione del proletariato avrebbe probabilmente coinciso con la guerra civile più delle rivoluzioni precedenti. Nel 1912, nel Manifesto di Basilea, tutta la II Internazionale dichiara solennemente che la guerra imminente è legata airimminente rivoluzione proletaria. Ma quando questa guerra scoppia, i « rivoluzionari » della II Internazionale si rivelano dei lac- chè della borghesia! Nel novembre del 1914 i bolscevichi dichiararono che la guer- ra imperialistica avrebbe portato con sé la sua trasformazione in guerra civile. Ciò è risultato vero. Adesso è un fatto, su scala mon- diale. Dato che parla di « bolscevismo mondiale », Martov è costretto a riconoscere questo fatto. Ma invece di confessare onestamente il suo completo fallimento ideologico, il fallimento delle idee di tutti co- lóro che, con una smorfia sdegnosa di piccoli borghesi, respingevano NELLA STANZA DELLA SERVITÙ 501 Tidea della trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile. Martov fa l’ ipocrita e « addossa la colpa » alle « masse proletarie » che avrebbero «perduto la fede nei vecchi valori politico-morali». 1 ! I rinnegati fanno ricadere sulle masse il loro tradimento. Le masse simpatizzano per i bolsceviche mettendosi dappertutto sulla via della rivoluzione. È questa, a quanto pare, la colpa delle masse secondo la « teoria » di coloro che hanno giurato per tutta la vita fedeltà alla rivoluzione per trovarsi poi nel campo della borghesia contro il prole- tariato quando la rivoluzione è venuta. In terzo luogo, prima della guerra le due teorie sulla lotta interna in seno al socialismo, erano le seguenti. Kautsky e Martov. come la maggioranza degli opportunisti, vedevano nei riformisti e nei rivolu- zionari due sfumature legittime, due ali necessarie di uno stesso mo- vimento, di una stessa classe. Si condannava la rottura fra queste due tendenze. Si riteneva inevitabile il loro ravvicinamento e la loro fu- sione in ogni momento grave della lotta di classe del proletariato. T sostenitori della scissione erano accusati di miopia. L'altra opinione, quella dei bolscevichi, vedeva nei riformisti gli agenti dell’influenza borghese sul proletariato, ammetteva l’alleanza fra loro come un male provvisorio in una situazione manifestamente non rivoluzionaria, riteneva inevitabile la rottura e la scissione con loro ad ogni serio inasprimento della lotta, e tanto piu all’inizio della rivoluzione. Chi ha avuto ragione? I bolscevichi. In tutto il mondo la guerra ha causato la scissione del movi- mento operaio, il passaggio dei socialpatrioti alla borghesia. Dopo la Russia, Io ha mostrato nel modo piu evidente un paese capitalistico avanzato, la Germania. E difendere adesso i « vincoli ideali » fra riformisti e rivoluzionari significa appoggiare i carnefici usciti dalle file operaie, come Noske e Scheidemann, che hanno aiutato la bor- ghesia ad assassinare Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, ad ucci- dere migliaia di operai perché conducevano una lotta rivoluzionaria contro la borghesia. Scritto nel luglio 1919 Pubblicato per la prima volta nel 1925. DISCORSO PRONUNZIATO ALLA CONFERENZA DEGLI OPERAI E DEI SOLDATI ROSSI SENZA PARTITO 6 agosto 1919 Notizia di stampa PRIMA VARIANTE ( Ovazione entusiastica.) Compagni, permettetemi di incominciare dagli avvenimenti su cui siete stati informati ieri e oggi dai giornali. Sono gli avvenimenti ungheresi. Sapete che fino alla fine di marzo in Ungheria dominava il « ke- renskismo », e soltanto alla fine di marzo i suoi rappresentanti se ne andarono, avendo capito che non potevano reggersi, e i socialcon- ciliatori mandarono i loro rappresentanti nella prigione in cui si tro- vava allora il compagno Bela Kun, che aveva un tempo combattuto nelle file del nostro Esercito rosso. Essi allacciarono con lui dei nego- ziati, e il compagno Bela Kun passò direttamente dalla prigione al governo. Ma le ultime notizie dicono che in seno al partito socialista in Ungheria sta succedendo qualcosa che non va. Lenin dice che le truppe rumene sono entrate a Budapest. Ma non vale la pena di rivolgere particolare attenzione a questo fatto. È successo cosi anche da noi su diversi fronti, dice Lenin. Ma avevamo forze sufficienti nelle retrovie per rafforzarci in modo da rispondere poi degnamente a Kolciak, oppure come abbiamo fatto sul fronte di Pietrogrado. Sapete che le nostre truppe hanno preso Iamburg. Lenin parla poi deiresperienza politica che abbiamo acquisito in questo periodo. Gli ungheresi, naturalmente, non hanno tale esperienza. Ma non ci lasceremo demoralizzare perché sappiamo a che cosa porta il temporaneo trionfo dei regimi di Kolciak e di Kornilov. I Kolciak rumeni adesso ballino pure sui cadaveri degli operai ungheresi. Sappiamo che questo trionfo non durerà a lungo. È vero che soltanto ALLA CONFERENZA DEGLI OPERAI E DEI SOLDATI 503 la volontà ferrea degli operai, che aiuta ogni lavoratore e punisce ogni speculatore, permetterà di uscire da questa dura guerra. Lenin parla poi dell’azione dei conciliatori, menscevichi e socia- listi-rivoluzionari, in Siberia; ora essi accusano il governo sovietico di seguire una tattica sbagliata, ma costoro non hanno potuto dare un esempio di tattica giusta. In sostanza tutto ciò che è accaduto in Siberia, tutte le promesse fatte dai menscevichi e dai socialisti-rivolu- zionari, hanno recato ai contadini e agli operai soltanto sofferenze. Ma da quando è stata firmata la pace di Versailles, gli operai della Francia, delPInghilterra e di altri paesi cominciano a comprendere sempre piu la situazione. Ecco perché gli ultimi avvenimenti d'Ungheria, per quanto siano gravi, sono simili a quelli accaduti nel campo di Denikin e di Kol- ciak. Questi avvenimenti apriranno gli occhi ad altre centinaia di mi- gliaia di operai e mostreranno loro che il capitale allunga la mano per recuperare con cambiali ciò che ha perduto. Successivamente Lenin parla dei complotti tramati dai mensce- vichi, dai socialisti-rivoluzionari e dai capitalisti per riprendere il potere. Pur tramando complotti, essi cercano di convincere il governo sovietico a rinunziare al terrore. Ma no, noi non rinunzieremo al terrore perché sappiamo che ciò porta alla vittoria temporanea dei Kolciak e dei Denikin! In questa guerra il capitale ha posto fine ai suoi giorni. E questa belva morente ruggisce nella sua agonia contro gli operai. Ma non potrà arrestare la sua agonia, creperà! ( Applausi fragorosi.) SECONDA VARIANTE Compagni, permettetemi di esporvi ora gli avvenimenti che si sono svolti sotto i nostri occhi in Ungheria. Come è noto, fino alla fine del marzo scorso colà regnava il « ke- renskismo », con tutte le sue delizie. Quando il 21 marzo si instaurò improvvisamente il potere dei soviet, e per di più i menscevichi un- gheresi acconsentirono a sostenerlo, si poteva pensare che nella sto- ria del socialismo fosse incominciata una nuova èra... Ma gli ultimi avvenimenti ci hanno mostrato che i social-conciliatori non sono affatto cambiati. A quanto pare, ciò che è ora accaduto in Ungheria, riproduce 504 LENIN su grande scala ciò che è recentemente accaduto sotto i nostri occhi a Baku 85 . Lenin ricorda con vive immagini la tragica storia del proletariato di Baku, quando i socialtraditori chiesero aiuto al comando inglese e, alle spalle degli operai, conclusero un accordo segreto con gli imperia- listi occidentali. L’oratore fa un'analogia fra questa tragedia di Baku e l’attuale colpo di Stato in Ungheria, parla del radiogramma dal qua- le abbiamo appreso che i rumeni sono già entrati nella Budapest rossa. Lenin confronta poi la situazione dell’Ungheria con quella della Russia sovietica e, dopo aver brevemente ricordato tutti i nostri tem- poranei insuccessi, dice che noi siamo stati e siamo salvati dall’im- mensità del territorio, mentre l’Ungheria è troppo piccola per resistere a tutti i suoi nemici. Passando poi alla questione dei conciliatori in generale, Foratore parla anche dei nostri partiti socialisti conciliatori russi e dichiara: Se i conciliatori della Russia avevano commesso un errore ai tempi di Kerenski, perché durante sei mesi di attività pratica non hanno cor- retto questo errore sotto il potere di Kolciak in Siberia? Ma il fatto è che anche gli uomini di Denikin ci cantano il loro ritornello sull’Assemblea costituente; in nessun posto la controrivolu- zione si presenta a viso aperto, e perciò diciamo: nessun insuccesso temporaneo, come gli ultimi avvenimenti dell’Ungheria, ci sgomen- terà. Non c’è via di uscita da tutte le sventure, se non nella rivolu- ’ rione; non c’è che un solo mezzo sicuro: la dittatura del proletariato. Diciamo: ogni nuova sconfitta dell’Esercito rosso non fa che temprarlo, renderlo piu forte e consapevole, perché gli operai e i contadini hanno ora capito, in base a una sanguinosa esperienza, che cosa ci porta il potere della borghesia e dei conciliatori. La belva agonizzante del capitalismo mondiale compie gli ultimi sforzi, ma creperà lo stes- so! (Applausi fragorosi.) Prima variante pubblicata sulle Izvestia V sierossiiskovo Tsentralnovo Ispolnitelnovo Komiteta, n. 173, 7 agosto 1919; seconda variante sulle Viecernie Izvestia Moskovskovo Sovieta , n. 312. 8 agosto 1919. AI COMPAGNI SERRATI E LAZZARI Cari compagni ed amici, grazie dei saluti inviatici a nome del vostro partito. Sappiamo assai poco del vostro movimento; non ab- biamo nessun documento. Tuttavia, quel poco che sappiamo ci dimo- stra che voi e noi siamo contro lTnternazionale gialla di Berna che inganna le masse, e per lTnternazionale comunista. Le trattative che i dirigenti dellTntemazionale gialla hanno condotto con il vostro partito dimostrano che essi sono soltanto uno stato maggiore senza esercito. La dittatura del proletariato e il sistema sovietico moralmente hanno già vinto in tutto il mondo. La vittoria effettiva e definitiva verrà inevitabilmente in tutti i paesi, nonostante tutte le difficoltà, nonostante i fiumi di sangue, nonostante il terrore bianco della borghesia, ecc. Abbasso il capitalismo! Abbasso la falsa democrazia borghese! Viva la repubblica mondiale dei soviet! Sempre vostro V. Lenin Mosca, 19 agosto 1919 Pubblicato in italiano sul Y Avanti!, n. 243, 2 settembre 1919. Pubblicato per la prima volta in russo nel 1932. LETTERA AGLI OPERAI E AI CONTADINI DOPO LA VITTORIA SU KOLCIAK Compagni, le truppe rosse hanno liberato da Kolciak tutti gli Urali e iniziato la liberazione della Siberia. Gli operai e i contadini accolgono con entusiasmo il potere sovietico perché esso spazza come una scopa di ferro tutta la canaglia latifondista e capitalista, che con le esazioni, gli oltraggi, le fustigazioni e la restaurazione del giogo zarista ha ridotto il popolo allo stremo. Il nostro generale entusiasmo, la nostra gioia per la liberazione degli Urali e l'entrata delle truppe rosse in Siberia non devono essere per noi un pretesto per dormire sugli allori. Il nemico è lungi dall'es- sere annientato; esso non è nemmeno definitivamente spezzato. Bisogna tendere tutte le nostre forze per scacciare Kolciak e i giapponesi, insieme con gli altri banditi stranieri, dalla Siberia, e oc* corre una tensione di forze ancor maggiore per annientare il nemico e per non permettergli di ricominciare ancora e ancora la sua opera brigantesca. Come ottenerlo? La dura esperienza vissuta dagli Urali e dalla Siberia, cosi come l’esperienza di tutti i paesi stremati da quattro anni di guerra impe- rialistica, non devono essere state per noi vane. Ecco le cinque lezioni principali che tutti gli operai e i contadini, tutti i lavoratori, devono trarre da questa esperienza per premunirsi contro il ripetersi delle calamità apportate da Kolciak. Vrima lezione . Per difendere il potere degli operai e dei contadini contro i banditi, cioè contro i proprietari fondiari e i capitalisti, ci oc- corre un Esecito rosso potente. Abbiamo dimostrato non a parole, ma coi fatti, che possiamo crearlo, che abbiamo imparato a dirigerlo LETTERA AGLI OPERAI E Al CONTADINI 507 e a vincere i capitalisti, benché questi ultimi ricevano un'abbondante aiuto in armi e munizioni dai paesi piu ricchi del mondo. I bolscevichi Thanno dimostrato con i fatti. Tutti gli operai e i contadini — se sono coscienti — non devono credere loro sulla parola (ciò che sarebbe stolto), ma in base all esperienza vissuta da milioni e milioni di uomini negli Urali e in Siberia. Armare gli operai e i contadini sotto il comando degli ex ufficiali, che nella loro maggior parte simpatizzano con i grandi proprietari fondiari e coi capitalisti, è un compito dei più difficili. Lo si può assolvere unicamente se si ha una capacità di orga- nizzazione perfetta e una disciplina severa e cosciente, se le grandi masse hanno fiducia nello strato dirigente dei commissari operai. I bolscevichi hanno assolto questo difficilisimo compito; i tradimenti da parte degli ex ufficiali sono molto numerosi, e tuttavia l'Esercito rosso non soltanto è nelle nostre mani, ma ha anche imparato a vincere i generali dello zar e i generali dell 'Inghilterra, della Francia e del- TAmerica. Chiunque voglia quindi sul serio sbarazzarsi delle bande di Kolciak deve dedicare in pieno tutte le proprie forze, tutti i propri mezzi, tutte le proprie capacità all'opera di creazione e di rafforzamento del- l’Esercito rosso. Osservare con credenza tutte le leggi sull'Esercito rosso, tutti gli ordini; mantenere in tutti i modi la disriplina nelle sue file; dare all'Esercito rosso tutto l'aiuto di cui ciascuno è capace: tale è il dovere prindpale, fondamentale, essenziale di ogni operaio e contadino cosdente che non desideri subire Kolciak. Bisogna temere come il fuoco i metodi partigiani, l'indisciplina dei distaccamenti isolati, l'insubordinazione al potere centrale: dò d conduce alla catastrofe come hanno dimostrato gli Urali, la Siberia e l'Ucraina. Chi non aiuta con tutti i mezzi e con abnegazione l’Esercito rosso, chi non sostiene con tutte le sue forze l'ordine e la disciplina nelle sue file, è un traditore e un fellone, è un fautore di Kolciak e deve essere implacabilmente soppresso. Con un Eserrito rosso potente saremo invincibili. Senza un eser- dto potente diventeremo inevitabilmente preda di Kolciak, di Denikin e di Iudenic. Seconda lezione. L'Esercito rosso non può essere forte se lo Stato non dispone di grandi riserve di grano, perché senza di ciò non è 508 LENIN possibile spostare liberamente l’esercito, né prepararlo come è neces- sario. Senza di ciò è impossibile nutrire gli operai che lavorano per l’esercito. Ogni operaio e contadino cosciente deve sapere e ricordare che se i successi del nostro Esercito rosso non sono sufficientemente rapidi e durevoli ciò dipende principalmente, proprio nel momento attuale, dalla mancanza di riserve di grano nelle mani dello Stato. Chi non con- segna le eccedenze di grano allo Stato aiuta Kolciak, è un fellone, è un traditore degli operai e dei contadini ed è responsabile della morte c delle sofferenze di decine di migliaia di operai e contadini che sono nell’Esercito rosso. I truffatori, gli speculatori e i contadini completamente privi di coscienza ragionano cosi: meglio vendere il grano a prezzi liberi; ri- ceverò molto di piu che non ai prezzi fissi pagati dallo Stato. Ma è appunto la vendita libera che aumenta la speculazione e arricchisce qualcuno, sazia soltanto i ricchi, mentre la massa operaia rimane affamata. L’abbiamo visto in pratica nelle regioni piu ricche di grano della Siberia e dell’Ucraina. Con la vendita libera del grano, il capitale trionfa e il lavoro soffre la fame e la miseria. Con la vendita libera del grano, il prezzo sale fino a mille ru- bli al pud, il denaro si deprezza e chi guadagna è un pugno di spe- culatori, mentre il popolo s’impoverisce. Con la vendita libera del grano, i magazzini dello Stato rimangono vuoti, l’esercito è impotente, l’industria muore e la vittoria di Kolciak c di Denikin è inevitabile. Soltanto i ricchi, soltanto i nemici piu accaniti del potere operaio e contadino sono scientemente favorevoli alla vendita libera del gra- no. Colui che è favorevole alla vendita libera del grano per igno- ranza, deve imparare a comprendere, attraverso l’esempio della Siberia e dell’Ucraina, perché la vendita libera del grano significa la vittoria di Kolciak e di Denikin. Ci sono ancora contadini ignoranti che ragionano nel modo se- guente: lo Stato mi dia anzitutto, in cambio del mio grano, delle buone merci ai prezzi d’anteguerra, e io allora gli consegnerò le mie ecce- denze di grano, se no non gliele consegnerò. E con questi ragiona- menti i truffatori e i fautori dei grandi proprietari fondiari spesso « pigliano all’amo » i contadini ignoranti. LETTERA AGLI OPERAI E AI CONTADINI 509 Non è difficile comprendere che lo Stato operaio, che i capi- talisti, con una guerra di rapina di quattro anni per Costantinopoli, hanno totalmente rovinato, e che i Kolciak, i Denikin, con l’aiuto dei capitalisti di tutto il mondo, rovinano ancora per vendetta; non è difficile comprendere che lo Stato operaio non può attualmente dare merci ai contadini, perché l’industria è paralizzata. Non c’è pane, non c’è combustibile, non c’è industria. Ogni contadino sensato converrà che bisogna dare a credito al- l’operaio affamato le eccedenze di grano, a condizione di ricevere i prodotti dell’industria. E cosi è oggi. Tutti i contadini coscienti e sensati, tutti, fuorché i truffatori e gli speculatori, converranno che bisogna dare a credito allo Stato operaio tutte , assolutamente tutte , le eccedenze di grano, perché allora lo Stato ricostituirà l’industria e darà ai contadini i prodotti industriali. I contadini avranno fiducia nello Stato operaio, gli daranno a credito le loro eccedenze di grano? — ci si potrebbe domandare. Risponderemo: innanzitutto, lo Stato rilascerà loro una « cam- biale », la carta-moneta. In secondo luogo, tutti i contadini sanno per esperienza che lo Stato operaio, cioè il potere sovietico, aiuta i lavoratori e lotta contro i grandi proprietari fondiari e i capitalisti. Perciò il potere sovietico si chiama potere operaio e contadino. In terzo luogo, i contadini non hanno che una scelta: credere all’operaio o al capitalista; aver fiducia e dare a credito o allo Stato operaio o allo Stato dei capitalisti. Altra scelta non hanno, né in Russia, né in qualsiasi altro paese del mondo. Quanto piu i contadini diventano coscienti, tanto piu fermamente essi appoggiano gli operai e tanto piu salda è la loro decisione di aiutare in tutti i modi lo Stato operaio, per rendere impossibile il ritorno al potere dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti. Terza lezione. Per annientare sino in fondo Kolciak e Denikin è necessario mantenere l’ordine rivoluzionario più rigoroso, è necessario osservare scrupolosamente le leggi e le prescrizioni dello Stato sovie- tico e vigilare a che tutti le applichino. L’esempio della vittoria di Kolciak in Siberia e negli Urali ha dimostrato chiaramente a noi tutti che il minimo disordine, la minima infrazione alle leggi del potere sovietico, la minima disattenzione o 510 LENIN negligenza, portano immediatamente a un rafforzamento dei grandi pro- prietari fondiari e dei capitalisti, alla loro vittoria. Perché i proprietari fondiari e i capitalisti non sono annientati e non si considerano vinti: ogni operaio e contadino sensato vede, sa e comprende che essi sono solamente sconfitti e si sono nascosti, mascherati, si sono dati molto spesso una « mimetizzazione » « sovietica ». Molti grandi proprietari fon- diari si sono intrufolati nelle aziende agricole sovietiche; i capitalisti nel- le diverse «direzioni» e «centri» come impiegati sovietici; ad ogni passo essi stanno in agguato per cogliere gli errori e le debolezze del potere sovietico, per rovesciarlo, per aiutare oggi i cecoslovacchi, domani Denikin. È necessario impiegare tutte le forze per rintracciare e acciuffare questi banditi, questi grandi proprietari fondiari e questi capitalisti mi- metizzati, rintracciarli in tutti i loro rifugi t smascherarli e punirli implacabilmente, perché essi sono i peggiori nemici dei lavoratori, nemici abili, istruiti, esperti che aspettano pazientemente il momento opportuno per ordire una congiura; sono dei sabotatori che non in- dietreggiano di fronte a nessun delitto pur di recar danno al potere sovietico. Con questi nemici dei lavoratori, con i grandi proprietari fondiari, con i capitalisti e i sabotatori, con i bianchi, bisogna essere implacabili. E per saperli rintracciare bisogna essere abili, prudenti, coscienti; bisogna sorvegliare nel modo più attento ogni minimo disordine, ogni minima deroga dall’applicazione coscienziosa delle leggi del potere sovietico. I grandi proprietari fondiari e i capitalisti sono forti non sol- tanto per le loro cognizioni e la loro esperienza, non solo per l’aiuto che ricevono dai paesi più ricchi del mondo, ma anche per la forza del- l’abitudine e dell’ignoranza delle grandi masse che vogliono vivere nel modo « tradizionale » e non comprendono la necessità di osser- vare strettamente e scientemente le leggi del potere sovietico. La minima illegalità, la minima infrazione dell’ordine sovietico, è già una breccia di cui i nemici dei lavoratori approfitteranno im- mediatamente; è un punto di appoggio per le vittorie di Kolciak e di Denikin. Sarebbe criminale dimenticare che l’avventura di Kolciak ha avuto origine da una piccola imprudenza nei confronti dei ceco- slovacchi, da una piccola insubordinazione di certi reggimenti. Quarta lezione . Sarebbe criminale dimenticare non solo che l’av- LETTERA AGLI OPERAI E AI CONTADINI 511 ventura di Kolciak ha avuto origine da una futilità, ma anche dimen- ticare che i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari hanno favorito la sua nascita e l’hanno direttamente appoggiata. È ora d’imparare a giu- dicare i partiti politici dalle loro azioni e non dalle loro parole. Anche se si dicono socialisti, i menscevichi e i socialisti-rivo- luzionari sono di fatto complici delle guardie bianche , complici dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti. Ciò è stato dimostrato in pratica non soltanto da fatti isolati, ma da due grandi periodi del- la storia della rivoluzione russa: 1) quello di Kerenski e 2) quel- lo di Kolciak. In ambedue i casi, i menscevichi e i socialisti-rivo- luzionari, « socialisti » e « democratici » a parole, hanno di fatto adem- piuto la funzione di complici delle guardie bianche. Possibile che ci mostriamo cosi sciocchi da credere oggi a costoro, quando essi ci propongono di permettere loro ancora una volta di « provare », dando a questo permesso il nome di « fronte unico socialista (o democra- tico) »? Possibile che dopo l’avventura di Kolciak vi siano ancora contadini, a parte alcuni individui isolati, che non comprendono che il « fronte unico » con i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari significa l’unità con i complici di Kolciak? Ci si obietterà: i menscevichi e i socialisti- rivoluzionari hanno riconosciuto il loro errore e hanno rinunziato ad ogni alleanza con la borghesia. Ma ciò non è vero. In primo luogo i menscevichi e i socialisti- rivoluzionari di destra non hanno nemmeno rinunziato a questa alleanza; non esiste una linea di demarcazione ben definita che separi queste « destre », e non esiste per colpa dei menscevichi e dei socialisti-rivo- luzionari « di sinistra ». Pur « condannando » a parole le loro « destre », persino i migliori fra i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari rimangono di fatto impotenti accanto a loro, nonostante tutto ciò che dicono. In secondo luogo, persino i migliori fra i menscevichi e i socialisti-rivolu- zionari sostengono precisamente le idee kolciakiane , idee che aiutano la borghesia e Kolciak e Denikin, dissimulano la loro opera capitali- stica, immonda e sanguinosa. Queste idee sono: potere del popolo, suffragio universale, eguale e diretto, Assemblea costituente, libertà di stampa, ecc. Vediamo in tutto il mondo repubbliche capitalistiche che si servono proprio di questa menzogna « democratica » per giustificare il dominio dei capitalisti e la guerra per l’asservimento delle colonie. Vediamo da noi come Kolciak, e Denikin, e Iudenic, e qualsiasi altro ge- nerale, distribuiscano volentieri tali promesse « democratiche ». Si può 512 LENIN forse credere a colui che, in cambio di promesse verbali, aiuta dei banditi palesi? I menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, tutti senza eccezione, aiutano dei palesi banditi, gl'imperialisti mondiali, infiorando con parole d'ordine pseudodemocratiche il loro potere, la loro crociata contro la Russia, il loro dominio, la loro politica. Tutti i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari ci propongono un’« alleanza » a condizione che facciamo delle concessioni ai capitalisti e ai loro capi, Kolciak e Denikin; che, per esempio, « rinunciamo al terrore » (quando abbiamo contro di noi il terrore dei miliardari di tutta lTntesa, di tutta la coali- zione dei paesi più ricchi, che fomentano dei complotti in Russia), o che apriamo la strada al libero commercio del grano, ecc. Queste «condizioni» dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari significano: noi, menscevichi e socialisti-rivoluzionari, oscilliamo dalla parte dei capitalisti e vogliamo un « fronte unico » con i bolscevichi, contro i quali marciano i capitalisti approfittando di ogni concessione! No, signori menscevichi e socialisti-rivoluzionari, oggi cercate altrove, e non più in Russia, gli uomini capaci di credervi. Da noi gli operai e i contadini coscienti hanno compreso che i menscevichi e i socia- listi-rivoluzionari sono compite; delle guardie bianche, gli uni co- scienti e astiosi, gli altri per incomprensione e per voler persistere nei loro errori; ma tutti sono complici delle guardie bianche. Quinta lezione. Per annientare Kolciak e la sua banda, per non permettere loro di riaversi, tutti i contadini devono senza esitazione fare la loro scelta in favore dello Stato operaio. Si cerca di far paura ai contadini (e sono specialmente i menscevichi e i socialisti-rivoluzio- nari, tutti, compresi i piu «di sinistra», che lo fanno) agitando lo spauracchio della « dittatura di un solo partito », del partito dei bol- scevichi, dei comunisti. L'esempio di Kolciak ha insegnato ai contadini a non temere questo spauracchio. O dittatura {cioè ferreo potere) dei proprietari fondiari e dei capitalisti, o dittatura della classe operaia. Non ce via di mezzo. Sognano invano una via di mezzo i figli di papà, grinteUettuali, quei signorini che hanno studiato male su cattivi libri, In nessuna parte del mondo c’è, né può esservi, via di mezzo. O dittatura della borghesia (dissimulata sotto le frasi pompose dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi sul potere del popolo, sulla LETTERA AGLI OPERAI E AI CONTADINI 51 3 Costituente, sulle libertà, ecc.) r o dittatura del proletariato. Chi non Tha imparato dalla storia di tutto il secolo XIX, è un perfetto idiota; ma in Russia abbiamo visto tutti come i menscevichi e i socialisti-rivo- luzionari, sotto Kerenski e sotto Kolciak, sognavano questa via di mezzo. A chi sono serviti questi sogni? Chi hanno aiutato? Kolciak e Denikin. Coloro che sognano una via di mezzo sono complici di Kolciak. Negli Urali e in Siberia gli operai e i contadini hanno potuto con- frontare in pratica la dittatura della borghesia e la dittatura della classe operaia. La dittatura della classe operaia viene esercitata da quel partito dei bolscevichi che fin dal 1905 ed ancor prima si era fuso con tutto il proletariato rivoluzionario. Dittatura della classe operaia significa: lo Statò operaio schiaccia senza esitazioni i grandi proprietari fondiari e i capitalisti, schisccerà i traditori e i felloni che aiutano questi sfruttatori e li vincerà. Lo Stato operaio è il nemico implacabile del grande proprietario fondiario e del capitalista, dello speculatore e del truffatore, il nemico della proprietà privata della terra e del capitale, il nemico del potere del denaro. Lo Stato operaio è Punico fedele amico e sostenitore dei lavora- tori e dei contadini. Nessun tentennamento verso il capitale; alleanza dei lavoratori nella lotta contro il capitale; potere operaio e contadino ; potere sovietico : ecco che cosa vuol dire di fatto « dittatura della classe operaia ». I menscevichi e i socialisti-rivoluzionari vogliono spaventare i contadini con queste parole. Non vi riusciranno! Dopo Kolciak, gli operai e i contadini, persino dei luoghi piu remoti, hanno compreso che in queste parole appunto sta runica salvezza possibile di fronte a Kolciak . Abbasso gli esitanti, i fiacchi che sdrucciolano fino a sostenere il capitale, che si lasciano sedurre dalle sue parole d’ordine e dalle sue promesse! Lotta implacabile contro il capitale e alleanza dei lavo- ratori, alleanza dei contadini e della classe operaia; ecco Pultima e piu importante lezione delPavventura di Kolciak. N. Lenin 24 agosto 1919 Pravda , n. 190, 28 agosto 1919. LETTERA A SYLVIA PANKHURST 06 Alla compagna Sylvia Pankhurst, Londra 28 agosto 1919 Cara compagna, ho ricevuto soltanto ieri la vostra lettera del 16 luglio. Vi sono assai grato delle informazioni relative alTInghil- terra e cercherò di soddisfare la vostra richiesta, cioè di rispondere alla vostra domanda. Non dubito affatto che molti operai, appartenenti agli elementi migliori, piu onesti, sinceramente rivoluzionari del proletariato, siano nemici del parlamentarismo e di ogni partecipazione al parlamento. Quanto più, in un determinato paese, la cultura capitalistica e la demo- crazia borghese sono vecchie, tanto più ciò è comprensibile perché nei vecchi paesi parlamentari la borghesia ha imparato perfettamente a servirsi dell'ipocrisia e a ingannare il popolo in mille modi, facendo passare il parlamentarismo borghese per « democrazia in generale » o per « democrazia pura », e cosi via, nascondendo abilmente i milioni di legami fra il parlamento e la Borsa e i capitalisti, servendosi della stampa venale, e facendo leva con tutti i mezzi sulla forza del denaro, sul potere del capitale. Non c'è dubbio che l'Internazionale comunista e i partiti co- munisti dei singoli paesi commetterebbero un errore irreparabile se respingessero gli operai che parteggiano per il potere sovietico, ma non vogliono partecipare alla lotta parlamentare. Se si esamina la questione nella sua impostazione generale, teoricamente, è proprio questo pro- gramma, cioè la lotta per il potere sovietico, per la repubblica sovie- tica, che può unire, e attualmente deve incontestabilmente unire, tutti LETTERA A SYLVIA PANKHURST 515 i rivoluzionari sinceri e onesti tra le file degli operai. Moltissimi operai anarchici stanno ora diventando i fautori piu sinceri del potere sovie- tico, e se è cosi, ciò dimostra che essi sono i nostri migliori compagni ed amici, i migliori rivoluzionari che erano nemici del marxismo sol- tanto per un malinteso, o, piuttosto, non per un malinteso, ma perché il socialismo ufficiale dominante dell’epoca della II Internazionale (1889-1914) aveva tradito il marxismo, era caduto nell’opportunismo, aveva travisato l’insegnamento rivoluzionario di Marx in generale, e il suo insegnamento sulle conclusioni tratte dalla Comune di Parigi del 1871 in particolare. Ne ho parlato dettagliatamente nel mio libro Stato e rivoluzione , e perciò non mi soffermo oltre su questa questione. Che fare se, in un determinato paese, dei comunisti per convin- zione e per la loro volontà di svolgere un lavoro rivoluzionario, dei sinceri sostenitori del potere sovietico (del « sistema sovietico », come dicono talvolta i non russi) non possono unirsi a causa di divergenze sulla questione della partecipazione al parlamento? Riterrei che una tale divergenza non sia essenziale nel momento attuale perché la lotta per il potere sovietico è la lotta politica del proletariato nella sua forma più alta, più consapevole, più rivoluziona- ria. È meglio essere con gli operai rivoluzionari quando essi sbagliano su una questione particolare o secondaria, che con i socialisti o i socialdemocratici « ufficiali » se essi non sono rivoluzionari sinceri e fermi, se non vogliono e non sanno svolgere il lavoro rivoluzionario fra le masse operaie, ma condividono una tattica giusta su questo punto particolare. E la questione del parlamentarismo è oggi una que- stione particolare, secondaria. Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, se- condo me, avevano ragione quando, alla conferenza degli spartachisti del gennaio 1919, a Berlino, sostenevano, contro la maggioranza della conferenza, la partecipazione alle elezioni per il parlamento borghese tedesco, per l’« Assemblea nazionale » costituente fl7 . Ma, s’intende, essi avevano ancor più ragione quando preferivano restare col partito comunista che commetteva un errore parziale, anziché schierarsi con gli aperti traditori del socialismo, come Scheidemann e il suo partito, o con quelle anime servili, quei dottrinari, quei pavidi, quei fiacchi complici della borghesia e riformisti nella pratica, come Kautsky, Haase, Daumig, e tutto il « partito » degli « indipendenti » tedeschi. Personalmente sono convinto che il rifiuto di partecipare alle ele- zioni parlamentari è un errore da parte degli operai rivoluzionari in- 516 LENIN glesi, ma è meglio commettere questo errore che ritardare la forma- zione di un grande partito operaio comunista in Inghilterra, composto da tutte le tendenze e da tutti gli elementi da voi elencati, che simpatizza- no per il bolscevismo e sostengono sinceramente la repubblica sovietica, Se, per esempio, nel BSP 88 si trovassero dei bolscevichi sinceri che rifiutassero, a causa della divergenza sulla partecipazione al parlamento, di fondersi subito nel partito comunista con le tendenze n. 4, n. 6, n. 7, questi bolscevichi secondo me commetterebbero un errore mille volte maggiore di quello di boicottare le elezioni al parlamento bor- ghese inglese. Naturalmente, dicendo questo, suppongo che le correnti 4, 6 e 7 nel loro insieme siano effettivamente legate alla massa degli operai e non siano soltanto dei piccoli gruppetti di intellettuali, come spesso accade in Inghilterra. Sotto questo aspetto, certo, sono parti- colarmente importanti i Workers Committees e gli Sbop Stewards che, senza dubbio, sono strettamente legati alle masse. Il legame inscindibile con le masse operaie, la capacità di condurre fra di esse una propaganda costante, di partecipare ad ogni sciopero, di rispondere ad ogni rivendicazione delle masse, è l'essenziale per il partito comunista, soprattutto in un paese come PInghilterra dove finora (come, del resto, in tutti i paesi imperialistici) nel movimento socialista e nel movimento operaio in generale militavano prevalentemente limitati strati superiori di operai, rappresentanti dell'aristocrazia operaia, per la maggior parte interamente e irrimediabilmente corrotti dal riformismo, prigionieri dei pregiudizi borghesi e imperialistici. Senza lottare contro questo strato, senza distruggere la sua autorità fra gli operai, senza convincere le masse che questo strato è completamente corrotto dalla borghesia, non si può neppure parlare di un serio movimento comunista operaio. Ciò vale per l’Inghilterra, e per la Francia, e per l’America, e per la Germania. Gli operai rivoluzionari che prendono di mira nei loro attacchi il parlamentarismo, hanno perfettamente ragione nella misura in cui in questi attacchi si esprime un rifiuto di principio nei confronti del parlamentarismo borghese e della democrazia borghese. Il potere so- vietico, la repubblica sovietica: ecco ciò che la rivoluzione operaia ha messo al posto della democrazia borghese, ecco la forma di pas- saggio dal capitalismo al socialismo; la forma della dittatura del prole- tariato. E la critica del parlamentarismo non è soltanto legittima e necessaria per motivare il passaggio al potere sovietico, ma è anche LETTERA A SYLVIA PÀNKHURST 517 assolutamente giusta come consapevolezza del carattere storicamente condizionato e limitato del parlamentarismo, del suo legame col capita- lismo e solo col capitalismo, del suo carattere progressivo in confronto al medioevo e reazionario in confronto al potere sovietico. Ma le critiche al parlamentarismo in Europa e in America sono spesso sbagliate, quando vengono dagli anarchici e dagli anarco-sinda- calisti, perché respingono ogni partecipazione alle elezioni e all'attività parlamentare. È questa una semplice manifestazione dell'insufficienza di esperienza rivoluzionaria. Noi russi abbiamo fatto due grandi rivoluzioni nel XX secolo e sappiamo bene quale importanza può avere ed ha real- mente, il parlamentarismo in un'epoca rivoluzionaria in generale, e in particolare durante la rivoluzione stessa. I parlamenti borghesi devono essere aboliti e sostituiti da istituzioni sovietiche. È indubbio. Adesso, dopo Tesperienza della Russia, dell’Ungheria, della Germania e di altri paesi è indubbio che ciò accadrà certamente durante la rivoluzio- ne proletaria. Perciò preparare sistematicamente le masse operaie, spiegar loro in anticipo il significato del potere sovietico, fare propa- ganda e agitazione in suo favore è un dovere assoluto dell’operaio che vuole essere rivoluzionario nei fatti. Ma noi russi abbiamo adempiuto questo compito operando anche sul terreno parlamentare. Nella Duma zarista, truccata, in mano ai grandi proprietari fondiari, i nostri rap- presentanti hanno saputo fare propaganda rivoluzionaria e repubbli- cana. Esattamente nello stesso modo si può e si deve fare propaganda sovietica nei parlamenti borghesi dall’interno. Forse non è cosa facile, da attuare di colpo, in questo o quel paese parlamentare. Ma questa è un’altra questione. Bisogna fare in modo che questa giusta tattica sia assimilata dagli operai rivoluzionari in tutti i paesi. E se un partito operaio è veramente rivoluzionario , se è veramente operaio (cioè legato alla massa, alla maggioranza dei lavoratori, agli strati inferiori del proletariato, e non soltanto al suo strato superiore), se è veramente un partito , cioè veri organizzazione dell avanguardia rivoluzionaria saldamente e veramente unita, capace di svolgere con tutti i mezzi possibili il lavoro rivoluzionario fra le masse, allora questo partito saprà certamente dirigere i suoi parlamen- tari, fame dei veri propagandisti rivoluzionari come Karl Liebknecht, e non degli opportunisti, della gente che corrompe il proletariato con i metodi della borghesia, le abitudini borghesi, le idee borghesi, la man- canza di principi borghese. 518 LENIN Se in Inghilterra non si riuscisse ad ottenerlo subito, se, inol- tre, qualsiasi unione dei sostenitori del potere sovietico risultasse impossibile proprio a causa del dissenso sul parlamentarismo, e soltanto per questo, allora considererei un utile passo avanti ver- so lunità completa la formazione immediata di due partiti comu- nisti, cioè di due partiti favorevoli al passaggio dal parlamentarismo borghese al potere sovietico. Uno di questi partiti riconosca pure la partecipazione al parlamento borghese, e Paltro la neghi: questa di- vergenza è oggi tanto poco importante che la cosa piu ragionevole sa- rebbe di non scindersi per questo dissenso. Ma anche la coesistenza di questi due partiti sarebbe un enorme progresso in confronto alla situa- zione attuale, segnerebbe, con ogni probabilità, un trapasso verso la completa unità e la rapida vittoria del comuniSmo. Il potere sovietico non soltanto ha mostrato in Russia, con un’espe- rienza di quasi due anni, che la dittatura del proletariato è possibile perfino in un paese contadino e può, creando un forte esercito (la migliore dimostrazione d’organizzazione e d’ordine), reggersi in con- dizioni di incredibile, inaudita difficoltà. Il potere sovietico ha fatto di piu: ha già trionfato moralmente in tutto il mondo perché dappertutto la massa operaia, benché, ven- ga a conoscere soltanto briciole di verità sul potere sovietico, ben- ché senta migliaia e milioni di notizie false sul potere sovietico, la massa operaia dappertutto è già per il potere sovietico . Il proletariato di tutto il mondo ha già compreso che questo potere è il potere dei lavoratori, che esso soltanto libera dal capitalismo, dal giogo del capi- tale, dalle guerre fra gli imperialisti, e conduce a una pace durevole. Proprio perciò gli imperialisti possono sconfiggere singole repub- bliche sovietiche, ma non possono vincere il movimento sovietico mon- diale del proletariato. Saluti comunisti N. Lenin P.S. Il seguente ritaglio di un giornale russo vi dà un esempio delle nostre informazioni suiringhilterra: Londra, 25 agosto. (Attraverso Beloostrov.) Il corrispondente da Londra del giornale Berlingske Tidetide di Copenaghen comunica il 3 agosto u.s. a proposito del movimento bolscevico in Inghilterra: « Gli scio- peri svoltisi negli ultimi giorni e le recenti rivelazioni hanno scosso la fidu- LETTERA A SYLVIA PANKHURST 519 eia degli inglesi nella immunità del loro paese dal bolscevismo. Attualmente i giornali discutono vivacemente questo problema, mentre l’amministrazione compie ogni sforzo per stabilire che il “complotto” esisteva da parecchio tempo e aveva come scopo niente meno che di rovesciare l’attuale regime. La polizia inglese ha arrestato l’ufficio rivoluzionario che disponeva, a quanto affermano i giornali, di denaro c di armi. Il Times pubblica alcuni docu- menti trovati agli arrestati in cui è contenuto un completo programma rivoluzionario secondo il quale tutta la borghesia deve essere disarmata; per i soviet dei deputati degli operai e dei soldati rossi si devono trovare armi e munizioni e si deve formare un Esercito rosso; tutte le cariche statali devono essere occupate da operai. Poi si progettava la creazione di un tribunale rivoluzionario per giudicare i criminali politici c coloro che si erano resi colpevoli di trattamento crudele verso i detenuti. Si sareb- bero confiscati tutti i viveri. Il parlamento e gli altri organi d’amministra- zione pubblica dovevano essere sciolti e al loro posto si dovevano istituire i soviet rivoluzionari. La giornata lavorativa doveva essere limitata a sei ore e il salario settimanale minimo doveva essere portato a sette sterline. I debiti pubblici, come tutti gli altri, dovevano essere annullati, tutte le banche, le imprese industriali e commerciali e i mezzi di trasporto dichia- rati nazionalizzati ». Se questo è vero, debbo esprimere agli imperialisti e ai capitalisti inglesi, nella persona del loro organo, il Times , il giornale piu ricco del mondo, la mia rispettosa riconoscenza e gratitudine per la loro eccellente propaganda a favore del bolscevismo. Continuate con questo spirito, signori del Times , condurrete ottimamente l’Inghilterra alla vittoria del bolscevismo! Pubblicato nel settembre del 1919. SUL LIBERO COMMERCIO DEL GRANO La condizione fondamentale delta vittoria Come consolidare la vittoria su Kolciak? Come portarla a termine, annientando Denikin? Come rendere impossibili ulteriori tentativi dei grandi proprietari fondiari, dei capitalisti, dei kulak per riconquistare il potere, la terra, il capitale, il dominio sugli operai e sui contadini? Questa questione equivale a quella delle sorti di tutta la rivolu- zione socialista in Russia. Ogni operaio e contadino cosciente pensa a questo problema. E non è difficile convincersi che attualmente alla base di tutta l’edificazione del socialismo vi è il problema annonario. Raccogliere tutte le eccedenze di grano nelle mani del potere sovietico proletario e ripartirle giustamente significa rendere invinci- bile il nostro Esercito rosso, significa schiacciare definitivamente Kol- ciak e Denikin, significa ricostruire l’industria e assicurare una giusta produzione e distribuzione socialista, assicurare il completo ordine so- vietico. Già ora abbiamo abbastanza esperienza di lavoro nel campo degli approvvigionamenti e nella costruzione del socialismo per figurarci chia- ramente la vastità di questo compito e i metodi per adempierlo. Co- nosciamo tutta la difficoltà di questo compito, ma sappiamo anche per esperienza che abbiamo trovato la via giusta per assolverlo e che, concentrandoci maggiormente, moltiplicando la nostra energia, tenden- do le forze, perfezionando l’apparato, possiamo adempierlo. Dal 1° agosto 1917 al 1° agosto 1918 lo Stato ha ammassato trenta milioni di pud di grano. Dal 1° agosto 1918 al 1° agosto 1919 ne ha ammassati circa centocinque milioni, cioè tre volte e mezzo di più, benché in questo periodo non disponessimo affatto del Don, del SUL LIBERO COMMERCIO DEL GRANO 521 Caucaso settentrionale e della Siberia occidentale, non disponessimo quasi deirUcraina cioè delle regioni piu ricche di grano. Col buon raccolto del 1919, possiamo ammassarne molto, forse quattrocento milioni di pud di grano, e anche più. Allora aumenteremo enormemente la produzione di combustibile, di legno, di carbone, ecc. Allora ricostruiremo Pindustria e imboccheremo saldamente, definiti- vamente, Pampia strada della edificazione pianificata del socialismo. Allora vinceremo completamente la speculazione, distruggeremo questa ripugnante eredità del capitalismo che adesso guasta, dappertutto, i germi del socialismo. La via sicura verso la vittoria Le cifre riportate mostrano i notevoli successi del potere sovietico nel campo delP approvvigionamento, successi raggiunti in condizioni di inaudite e straordinarie difficoltà. Ma le cifre più chiare, i fatti più indiscutibili vengono messi in dubbio o passati sotto silenzio quando si tratta degli interessi egoistici della borghesia, dei capitalisti, degli speculatori e dei kulak. Inchieste precise sulPalimentazione delPoperaio urbano hanno di- mostrato che egli riceve soltanto la metà (approssimativamente) dei prodotti dallo Stato, dal commissariato per gli approvvigionamenti, e Paltra metà dal mercato « libero », cioè dagli speculatori. In tal modo Poperaio paga per la prima metà un decimo di tutto ciò che spende per mangiare, e per Paltra metà i nove decimi. Gli speculatori scorticano ferocemente Poperaio affamato. Gli speculatori lo derubano in un modo inaudito. E noi tutti sappiamo come si scatenino Pavidità, i furti, i delitti, come la fame tormenti la massa degli operai, e come si arricchiscano pochi farabutti grazie al famigerato « commercio libero » del grano. E tuttavia si trovano dei difensori del libero commercio! Il nostro governo operaio e contadino, tutta la repubblica sovie- tica, tutta la nostra nascente società socialista stanno conducendo una lotta dura, aspra, accanita, mortale contro il capitalismo, contro la speculazione, contro il libero commercio del grano. Questa è la lotta piu profonda, radicale, quotidiana, di massa tra capitalismo e sociali- smo. Da questa lotta dipendono le sorti di tutta la nostra rivoluzione. 522 LENIN E uomini che si dicono « socialisti », i socialdemocratici, i mensce- vichi, i « socialisti-rivoluzionari », aiutano in questa lotta il capitalismo contro il socialismo! I migliori di questi uomini, i piu ostili a Kolciak, a Denikin, ai capitato/, nella questione della politica di approvvigio- namento del potere sovietico si schierano sempre dalla parte del capi- tatolo, reclamando piccole concessioni a favore dell’« apparato com- merciale privato », deir« iniziativa dei singoli », ecc. ecc. In sostanza, se si esamina attentamente qual è la posta in giuoco nella lotta contro il potere sovietico, se vi si riflette seriamente, si giunge alla conclusione che gli avversari del potere sovietico si dividono in due gruppi. Entrambi difendono il capitalismo contro il socialismo. L’uno lo fa ferocemente e con la piu brutale avidità; sono i grandi proprietari fondiari, i capitalisti, i kulak, i Denikin, i Kolciak, i cento- neri, i cadetti. L'altro gruppo difende il capitalismo « idealmente », cioè disinteressatamente o senza interesse diretto, personale, per pre- giudizio, per paura del nuovo; sono i menscevichi e i socialisti-rivo- luzionari. Sono gli ultimi difensori « ideali » del capitalismo. E perciò non è affatto un caso se i Kolciak e i Denikin, i capitalisti russi e tutti i capitalisti stranieri, marciano sotto la copertura dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari, sotto il loro vessillo, sotto la loro ban- diera, ripetendo le loro parole d’ordine e frasi sulla « libertà » in generale, sulla « democrazia » in generale, sull'iniziativa « privata » (commerciale, capitalistica), ecc. ecc. I capitalisti intelligenti capiscono che la posizione « ideale » dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari serve proprio a loro, alla loro classe, al « loro » capitalismo, mentre i menscevichi e i socialisti-rivo- luzionari, come tutti i socialisti piccolo-borghesi, sempre e dapper- tutto, non lo capiscono. Essi hanno paura della guerra a morte contro il libero commercio del grano, vogliono delle concessioni in suo favore, il suo riconoscimento almeno parziale, la « pace » e l'accordo con esso. Che cos’è la libertà di commercio del grano ? La libertà di commercio del grano è il ritorno al capitalismo, all'onnipotenza dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, alla lotta accanita fra gli uomini per i profitti, al « libero » arricchimento di pochi, alla miseria delle masse, al loro perpetuo asservimento che ve- SUL LIBERO COMMERCIO DEL GRANO 523 diamo in tutti gli Stati borghesi, non escluse le repubbliche piu libere e democratiche. Se si chiede a qualsiasi lavoratore, operaio, contadino, persino intellettuale, se egli vuole un simile « ordine », ognuno risponderà di no. Ma il male è, il pericolo è che molti lavoratori, e soprattutto nu- merosi contadini, non capiscono il legame fra il libero commercio del grano e l’onnipotenza dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti. Scritto nell’agosto 1919. Pubblicato per la prima volta nel 1930. NOTE 1 La Conferenza di Berna dei partiti della II Internazionale, che si tenne dal 3 al 10 febbraio 1919, nominò una commissione che avrebbe dovuto recarsi nella repubblica sovietica. Alla richiesta del visto d’ingresso per la commissione, il go- verno sovietico dichiarò, il 19 febbraio 1919, che, pur non considerando la Confe- renza di Berna socialista e ritenendo che essa non rappresentasse affatto la classe operaia, autorizzava l’ingresso della commissione nella Russia sovietica. Il viaggio della commissione non ebbe luogo. 2 La pace di Brest-Litovsk (dai russi detta semplicemente pace di Brest) fu conclusa nel 1918 dalla Russia sovietica con la Germania e i suoi alleati a condi- zioni assai dure. Questo trattato procurò tuttavia alla Russia la tregua necessaria a permetterle di raccogliere le forze per affrontare, poco dopo, la lotta contro le truppe della controrivoluzione russa e l’intervento anglo-franco-americano-giap- ponese. Dopo la rivoluzione del novembre 1918 in Germania e la sconfitta dell’eser- cito tedesco su tutti i fronti il Trattato di Brest-Litovsk fu annullato. 3 La Conferenza della pace di Parigi, convocata alla fine della guerra mondiale (1914-1918), ebbe inizio il 18 gennaio 1919 e chiuse i suoi lavori il 28 giugno 1919, con la firma del Trattato di Versailles. 4 Alla riunione del Consiglio dei commissari del popolo del 4 febbraio 1919 si discusse la possibilità di concedere in appalto la costruzione della Grande via del nord, cioè di una ferrovia che doveva collegare l’Ob a Pietrogrado e a Murmansk passando per Kottlas. II Consiglio dei commissari del popolo approvò la proposta di Lenin che giudicava ammissibile, in via di principio e nell’interesse dello sviluppo delle forze produttive del paese, che si accordassero concessioni ai rappresentanti del capitale straniero. Il contratto per la Grande via del nord non fu concluso. 5 II decreto sull* imposta rivoluzionaria straordinaria unica di dieci miliardi fu approvato alla seduta del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia il 30 otto- bre 1918. Conformemente al decreto, l’imposta straordinaria unica colpiva prin- cipalmente i kulak e la borghesia urbana, mentre i ceti medi dovevano pagare sol- tanto piccole somme. I poveri delle città e delle campagne, come le persone che non avevano altra fonte di sussistenza al di fuori del loro salario, erano esenti dall’imposta. Il 9 aprile 1919 il Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia ap- provò un decreto complementare che concedeva certe facilitazioni ai contadini medi. 6 II Comitato per ì terreni seminativi fu istituito presso il Commissariato del popolo per l'agricoltura in base a un decreto del Consiglio dei commissari del po- polo del 28 gennaio 1919. Secondo questo decreto, tutte le terre incolte adatte 528 NOTE alla semina erano messe a disposizione dello Stato per l’organizzazione della colti- vazione dei cereali. Il Comitato per i terreni seminativi fu incaricato di prendere i necessari provvedimenti per aumentare le aree coltivabili. 7 II Comitato operaio d'aiuto fu organizzato nel febbraio 1919 presso il Com- missariato del popolo per l’agricoltura in base alle Istruzioni sul riordino socialista della terra e sui provvedimenti per il passaggio all'economia agricola socialista ap- provate dal Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia. Il comitato aveva i se- guenti compiti: inviare esperti organizzatori operai nelle amministrazioni governa- toriali e distrettuali delle aziende sovietiche e in singole aziende sovietiche; far partecipare il proletariato industriale ai lavori agricoli; procurare attrezzature di ógni genere per le esigenze dei sovkhos e della vicina popolazione rurale; contri- buire a organizzare i sindacati degli operai agricoli. B II I Congresso degli operai agricoli del governatorato di Pietrogrado si tenne a Pietrogrado dall’ 1 1 al 13 marzo 1919. Vi parteciparono circa duecento delegati. Il congresso discusse i problemi del momento, Fattività dell’Ufficio orga- nizzativo, la politica agraria, ascoltò i rapporti dei delegati locali, approvò lo sta- tuto del sindacato degli operai agricoli ed elesse la sua direzione. 0 La rivolta controrivoluzionaria del corpo d’armata cecoslovacco fu provocata dall’Intesa con la partecipazione attiva dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari. Questo corpo d’armata era stato formato in Russia con i prigionieri di guerra, prima ancora della Rivoluzione d’ottobre. Dopo l’instaurazione del potere sovietico gli ufficiali controrivoluzionari di questo corpo d'armata furono utilizzati dagli imperialisti dell’Intesa e dai controrivoluzionari russi per la lotta contro la repub- blica sovietica. L’offensiva ebbe inizio nel maggio 1918 a Celiabinsk. Nei primi giorni di giugno le truppe cecoslovacche occuparono Omsk e Samara, dove fu or- ganizzato il comitato dei membri dell’Assemblea costituente che si proclamò governo provvisorio nel territorio occupato dai rivoltosi. Il 5 luglio, alla vigilia della, rivolta dei socialisti-rivoluzionari di sinistra a Mosca, i cecoslovacchi occuparono Ufà. La situazione sul fronte orientale si aggravò per il tradimento del comandante di que- sto fronte, M. Muraviov, socialista-rivoluzionario di sinistra, che Fll luglio aveva tentato di concludere un accordo con i cecoslovacchi e di lanciare le truppe su Mosca per appoggiare la ribellione che vi aveva luogo. Ma fu ucciso all’inizio della sua avventura. La rivolta del corpo d’armata cecoslovacco fu definitivamente liquidata alla fine del 1919. 10 II I Congresso dell’Internazionale comunista si tenne a Mosca dal 2 al 6 marzo 1919. 11 Cfr., nella presente edizione, voi. 28, l’articolo: Sulla fondazione dell'Inter- nazionale comunista . 13 Dalla favola di Krylov II quartetto. 13 I comitati dei contadini poveri furono istituiti con un decreto del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia Fll giugno 1918. Per decisione del VI Con- gresso straordinario dei soviet (novembre 1918) i comitati dei contadini poveri, che avevano esaurito la loro funzione, si fusero con i soviet rurali. 14 Questo poscritto all’opuscolo Successi e difficoltà del potere sovietico non fu pubblicato nel 1919, nonostante la richiesta di Lenin, per colpa di Zinoviev. Fu pubblicato per la prima volta nel 1922. 14 II progetto di programma del PCK{b) comprende Y Abbozzo del progetto di programma del PCR e singoli capitoli e punti di questo progetto con le modifica- NOTE 529 zioni apportate da Lenin. I testi da lui proposti furono presi come base del pro- gramma del partito comunista approvato dall'VIIl Congresso del PCR(b). 10 Cfr., nella presente edizione, voi. 24, pp. 471-476, e voi. 27. 17 II manoscritto a questo punto s'interrompe. Il frammento con le modifiche fu inserito nel programma approvato all’ VI II Congresso del POI (b), punto 5 del capitolo Nel campo della politica generale. 18 L'emendamento aggiuntivo fu inserito integralmente nel programma appro- vato dall 'VI II Congresso del PCR(b), al punto 4 del capitolo Nel campo dei rap- porti nazionali. 19 Questo punto del progetto era il terzo nella versione iniziale della parte economica del programma; in seguito Lenin lo rimaneggiò e gli diede il numero 8, col quale esso fu inserito nella parte economica del programma del partito. 20 VVI11 Congresso del PCR (b) si svolse a Mosca dal 18 al 23 marzo 1919. Vi presero parte 301 delegati con voto deliberativo, rappresentanti 313.766 iscritti al partito, e 102 delegati con voto consultivo. All'ordine del giorno vi erano i se- guenti punti: rapporto d'attività del Comitato centrale, programma del PCR(b), fondazione dell'Internazionale comunista, situazione e politica militare, lavoro nelle campagne, questioni organizzative, ecc. 11 congresso approvò il nuovo programma del partito elaborato da Lenin. Du- rante la discussione il congresso respinse le tesi di Bukharin che proponeva di escludere dal programma i punti sul capitalismo premonopolistico, sulla piccola pro- duzione mercantile e sull’azienda del contadino medio; si pronunziò anche contro le idee espresse da Bukharin e Piatakov sulla questione nazionale. Bukharin e Piatakov chiedevano che fosse tolto dal programma il punto relativo al diritto delle nazioni all’autodecisione. Per quanto riguarda il rapporto di Lenin sul lavoro nelle campagne, il con- gresso approvò la decisione di passare dalla politica di neutralizzazione del conta- dino medio a una salda alleanza con esso, appoggiandosi ai contadini poveri nel- le lotte contro i kulak e affidando al proletariato la funzione dirigente in questa alleanza. Il congresso decise di procedere a una revisione di tutti gli iscritti al partito e di migliorare la composizione sodale del partito. 21 La conferenza alle isole Principe (Mar di Marinara), progettata per inizia- tiva dell’Intesa, doveva riunire i rappresentanti di tutti i governi esistenti sul territorio della Russia per discutere il ristabilimento della pace. Il governo sovietico non aveva ricevuto un invito diretto alla conferenza, e apprese dalla stampa stra- niera che le potenze imperialistiche cercavano di far passare, di fronte alle masse popolari, la mancata risposta come un rifiuto di partecipare alla conferenza. Per evitare ogni falsa interpretazione dei suoi atti, il governo sovietico, il 4 febbraio 1919, in un radiogramma indirizzato ai governi di Gran Bretagna, Francia, Italia, Giappone e Stati Uniti, li informò di essere pronto a intavolare subito negoziati e a fare concessioni importanti in nome della pace. I governi dell’Intesa non rispo- sero al radiogramma del governo sovietico. La conferenza non ebbe luogo. 22 Partito socialdemocratico indipendente tedesco : partito centrista fondato nell'aprile 1917. Nel 1920, al Congresso di Halle il partito si scisse. Nel dicembre 1920 una sua parte notevole si uni al Partito comunista tedesco. Gli elementi di destra costituirono un nuovo partito che riprese il vecchio nome di Partito social- democratico indipendente, fino al 1922, quando si fuse di nuovo con il Partito socialdemocratico tedesco. 23 Cfr. K. Marx, La guerra civile in Francia . Indirizzo del consiglio generale 530 NOTE dell’ Associazione internazionale degli operai , nel volume: K. Marx-F. Engels, Opere scelte , Roma, Editori Riuniti, 1966. 24 Al Congresso costitutivo del Partito comunista tedesco, che si tenne a Ber- lino dal 30 dicembre 1918 al 1° gennaio 1919, Rosa Luxemburg aveva appoggiato gli interventi di alcuni delegati favorevoli alla soppressione dei sindacati. Secondo lei i compiti dei sindacati dovevano essere assumi dai Consigli degli operai e dei soldati e dai Consigli d'azienda. 2i Cfr., nel presente volume, pp. 28*32. 28 Cfr., nella presente edizione, voi. 28, discorsi alla Riunione dei funzionari del partito di Mosca del 27 novembre 1918 . 27 La federazione dei gruppi stranieri fu organizzata nel maggio 1918 come organismo dirigente dei comunisti stranieri incaricati del lavoro fra gli ex prigionieri di guerra in Russia. Fu sciolta all’inizio del 1920. 21 Cfr. F. Engels, Einleitung zu der Schrift Borkheims « Zur Erinnerung der deutschen Mordspatrioten 1806-1807 » (In memoria dei patriottardi del 1806-1807) in Marx-Engels-Lenin-Stalin, Zur deutschen Geschichte, Bd. II, 2. Halbband, Ber- lino, 1954, pp. 1114-1115. 29 Cfr. K. Marx, Il Capitale , Roma, Editori Riuniti, 1964, voi. I, p. 412. 30 Cfr., nella presente edizione, voi. 26, pp. 156-160. 31 II 18 (31) dicembre 1917 Lenin consegnò al capo del governo borghese finlandese, Swinhufwud, la dichiarazione del Consiglio dei commissari del popolo che riconosceva l'indipendenza della Finlandia. Il 22 dicembre 1917 (4 gennaio 1918) questa decisione fu ratificata dal Comitato centrale esecutivo di tutta la Russia. 32 Nel marzo 1919, a Mosca, furono condotte trattative con una delegazione basckira per la costituzione della Basckiria sovietica autonoma. Il 23 marzo 1919 le Izvestia del CEC pubblicarono V Accordo del governo sovietico centrale col go- verno basckiro sulla Basckiria sovietica . L’accordo fu ratificato da Lenin, presidente del Consiglio dei commissari del popolo e dal Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia. Esso stabiliva l'organizzazione della Repubblica sovietica autonoma di Basckiria sulla base della Costituzione sovietica, fissandone le frontiere e la divi- sione amministrativa. 33 II Soviet dei deputati operai di Varsavia fu formato rii novembre 1918; soviet di deputati operai furono formati anche in numerose città e regioni indu- striali della Polonia. Il Soviet dei deputati operai di Varsavia istituì la giornata di otto ore negli stabilimenti, condusse la lotta contro il sabotaggio dei padroni, approvò una risoluzione sul legame con la Russia rivoluzionaria, ecc. Nell’estate del 1919 i soviet furono sciolti dal governo borghese polacco. 34 L'Appello delirili Congresso del PCR{b) alle organizzazioni del partito fu pubblicato il 20 marzo 1919. 35 II Programma di Erfurt della socialdemocrazia tedesca fu approvato nelFotto- bre 1891 al Congresso di Erfurt, in sostituzione del programma di Gotha del 1875. Gli errori del programma di Erfurt furono criticati da Engels nel suo articolo: Per la critica del progetto di programma del partito socialdemocratico, in K. Marx-F. Engels, Opere scelte , cit., pp. 1165-1180. 38 L’ VI 1 1 Congresso del PCR(b), ricevuta la notizia che il 21 marzo 1919 in Ungheria era stata proclamata la repubblica sovietica e instaurata la dittatura del proletariato, incaricò Lenin d’inviare, a nome del congresso, un messaggio alla Re- NOTE 531 pubblica sovietica ungherese. La Repubblica sovietica ungherese durò fino all’ago- sto del 1919. 37 La sezione per il lavoro nelle campagne fu organizzata alla prima seduta delTVIII Congresso del PCR(b), il 18 marzo 1919. Si riunì tre volte per ascoltare i rapporti sulla politica agraria e sull’attività nelle campagne e per eleggere una com- missione incaricata di redigere le risoluzioni. La risoluzione scritta da Lenin sull’atteggiamento nei confronti dei contadini medi e la risoluzione sulla propaganda politica e sul lavoro culturale ed educativo nelle campagne furono poi ratificate dal congresso. 38 Cfr. F. Engels, La questione contadina in Francia e in Germania , in K. Marx-F. Engels, Opere scelte , cit., pp. 1233-1235. 30 A proposito dell’opuscolo Istruzioni e direttive sulla organizzazione del la- voro di partito nel governatorato di Nizni-Novgorod, i delegati dell’organizzazione di partito di Nizni-Novgorod (oggi Gorki) presentarono una dichiarazione alla presidenza del congresso precisando che nell’opuscolo c’era un refuso. 40 Bela Kun, comunista ungherese, uno dei principali organizzatori e dirigenti del governo sovietico di Ungheria .nel 1919. 41 Si tratta della decisione dell’VIII Congresso sulla questione organizzativa. Il congresso decise di effettuare in tutta la Russia la revisione generale degli iscritti al partito, revisione che fu effettuata dal maggio all 'ottobre 1919. 43 La registrazione su dischi dei discorsi di Lenin fu organizzata dalla Agen- zia centrale del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia per l’invio e là dif- fusione delle pubblicazioni. Dal 1919 al 1921 furono incisi tredici discorsi di Lenin. 43 V Assemblea plenaria del Consiglio centrale dei sindacati di tutta la Russia si tenne a Mosca 1*1 1 aprile 1919. Dopo il rapporto di Lenin sui compiti dei sin- dacati in relazione alla mobilitazione per il fronte orientale, l’Assemblea approvò le Tesi del CC del PCR(b) sulla situazione del fronte orientale proposte da Lenin e pubblicate sulla Frauda il giorno successivo (cfr., nel presente volume, pp. 251-254). 44 II Soviet di Mosca (24 agosto 1918) e il Soviet di Pietrogrado (5 settem- bre 1918) avevano emanato decreti secondo i quali, a causa della difficile situa- zione degli approvvigionamenti, gli operai e gli impiegati di Mosca e di Pietrogra- do erano autorizzati a trasportare fino ad un pud e mezzo di derrate alimentari per il consumo personale. Per decisione del Consiglio dei commissari del popolo, la validità di questi decreti scadeva il 1° ottobre 1919. 45 II 1°" e il 2 ottobre vi fu una feroce repressione delle guardie bianche contro gli operai dell’officina Serghievski e del deposito di artiglieria di Tomylovo alla stazione di Ivascenkovo, vicino a Samara (oggi Kuibyscev). Gli operai, all’ap- prossimarsi dei reparti dell’Esercito rosso, avevano deciso d’impedire alle guardie bianche di smantellare le attrezzature delle officine. Con l’aiuto delle unità con- trorivoluzionarie cecoslovacche, le guardie bianche spezzarono la resistenza degli operai e fucilarono piu di mille persone. 48 Carteggio Marx-Engels , voi. Ili, Roma, Edizioni Rinascita, 1951, p. 238. 47 Carteggio Marx-Engels, cit., voi. II, 1950, p. 423. 40 Cfr. il presente volume, pp. 358-366. 40 II I Congresso degli studenti comunisti di tutta la Russia si tenne a Mo- sca dal 15 al 21 aprile 1919. Vi parteciparono duecento delegati, rappresentanti degli ottomila membri dell’associazione degli studenti comunisti. Il congresso decise l’ingresso deH'unione degli studenti comunisti nell’Unione della gioventù comuni- 532 NOTE sta. Secondo il regolamento, ratificato dal CC del PCR(b) VII maggio 1919 tutto il lavoro sia fra la gioventù operaia e contadina, sia fra la v gioventù studentesca, era affidato alPUnione della gioventù comunista russa. 50 Allusione alle idee antimarxiste che A. Bogdanov e alcuni altri diffonde- vano nelle organizzazioni culturali del proletariato. I sostenitori di Bogdanov face- vano passare per « cultura proletaria » le idee filosofiche del machismo, negavano la funzione dirigente del partito e dello Stato sovietico nell'edificazione culturale, scindevano lo sviluppo della cultura sovietica dai compiti generali dell'edificazione socialista, negavano la necessità di utilizzare le acquisizioni culturali del passato. Lenin si oppose energicamente ai tentativi di diffondere teorie borghesi nelle orga- nizzazioni culturali del proletariato. Il CC del PCR(b) e la frazione comunista del primo congresso di queste organizzazioni, tenutosi nell'ottobre del 1920, decisero di far dipendere queste organizzazioni dal Commissariato del popolo dell'istruzione pub- blica, del quale esse divennero sezioni. 51 Si tratta del decreto Sulla mobilitazione delle persone istruite e sull’orga- nizzazione della propaganda del regime sovietico , approvata dal Consiglio dei com- missari del popolo il 10 dicembre 1918. 52 Unità di guardie bianche composte da ufficiali volontari. 53 Cfr. F. Engels, Antiduhring , Edizioni ‘Rinascita, 1950, p. 119. 54 Sukbarevka ; nome di un vecchio mercato di Mosca. Durante la guerra ci- vile e negli anni di maggiori difficoltà gli speculatori vi vendevano le loro merci. 55 II 17 maggio 1919, in seguito all'offensiva di Iudenic che minacciava Pie- trogrado, il CC del partito e il Consiglio di- difesa inviarono Stalin sul fronte di Pietrogrado, Il 19 e il 20 maggio Stalin mandò a Lenin due note circa la situa- zione sul fronte di Pietrogrado e sui provvedimenti da prendere per rafforzare quel fronte. Il telegramma qui pubblicato è la risposta di Lenin alle note di Stalin. Quel giorno stesso, il 20 maggio, alla seduta del Consiglio di difesa fu ascoltata una comunicazione del rappresentante del Consiglio militare rivoluzionario della re- pubblica sul movimento dei rinforzi destinati ad aiutare il fronte di Pietrogrado. 56 II discorso alla festa dell'istruzione militare generale fu pronunziato il 25 maggio 1919 sulla piazza Rossa, durante la parata dei reggimenti operai, dei battaglioni comunisti e degli allievi delle scuole militari di Mosca. Questa festa era stata organizzata per il primo anniversario della istruzione militare obbligatoria, istituita il 22 aprile 1918 con decreto del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia, ed estese agli operai e ai contadini che non sfruttavano il lavoro altrui. In un anno centinaia di migliaia di lavoratori furono militarmente istruiti e com- pletarono le file dell’Esercito rosso. 57 Cfr. K. Marx, Critica al programma di Gotha , in K. Marx-F. Engels, Opere scelte , cit., p. 970. 58 II complotto che mirava a cedere Pietrogrado, fu tramato da un'organizzazio- ne controrivoluzionaria di spionaggio e di sabotaggio composta di cadetti, menscevi- chi e socialisti-rivoluzionari. Quest’organizzazione era diretta da un sedicente « centro nazionale » che agiva agli ordini dello spionaggio straniero. Il 13 giugno 1919 que- st’organizzazione provocò una rivolta nella guarnigione del forte di Krasnaia Gorka. La rivolta fu rapidamente repressa dalle truppe sovietiche. La battaglia di Sadoioa, villaggio ceco vicino alla città di Kràlové Hradec (Koniggratz), ebbe luogo il 3 luglio 1866. Questa battaglia, finita con la vittoria completa della Prussia e la disfatta dell'Austria, decise l'esito della guerra austro- prussiana. NOTE 533 60 Cfr. K. Marx, II Capitale , voi. I, cit., pp. 338-339. 61 II Consiglio dei commissari del popolo, con decreto del 16 maggio 1919, riorganizzò le cooperative di consumo chiamandole «comuni di consumo». Ma in qualche luogo la popolazione contadina interpretò erroneamente il decreto. Al- lora il Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia nella sua risoluzione del 30 giugno 1919, pur approvando il decreto, decise di sostituire alla denominazione di « comune di consumo » quella di « associazione di consumo », familiare alla po- polazione. 62 Cfr., nel presente volume, pp. 251-254. 63 II 27 giugno 1919, quando occupò il villaggio di Vidlitsy e la sua officina, sulla riva'orientale del lago Ladoga, base principale dei finlandesi bianchi che ope- ravano nel settore di Olonets (fronte di Pietrogrado), l’Esercito rosso si impadronì dei depositi di munizioni, di equipaggiamenti e di viveri. 64 L’ammutinamento del forte di Krasnaia Gorka, scoppiò il 13 giugno 1919; cfr. la nota 58. 65 La seduta ebbe luogo il 4 luglio 1919 al Teatro Bolscioi in uno dei momenti difficili attraversati dalla repubblica sovietica in seguito all’offensiva di Denikin. Dopo il rapporto di Lenin fu approvato un appelo A tutti gli operai , i contadini , i soldati e marinai rossi , nel quale si chiedeva di tendere tutte le forze per respin- gere il nemico e per riportare una vittoria definitiva su Kolciak, Denikin e su tutti gli uomini della controrivoluzione. 66 L 'Università comunista « Sverdlov »: con questo nome nel 1918 furono orga- nizzati, presso il Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia, dei corsi di propa- gandisti e istruttori successivamente trasformati in scuole di lavoro sovietico. Dopo la decisione dell’ VI II Congresso del PCR(b) di organizzare presso il CC una scuo- la superiore per la formazione dei quadri di partito, TUniversità fu trasformata in Scuola centrale del lavoro sovietico e di partito; nella seconda metà del 1919, per decisioni dell’Ufficio d’organizzazione del CC del PCR(b), essa riprese il nome di Università comunista « Sverdlov ». Lenin vi fece due conferenze sullo Stato. Il testo della seconda conferenza, fatta il 29 agosto 1919, non si è conservato. 67 La conferenza di Mosca del PCR{b) si tenne il 12 luglio 1919. Vi parteci- parono duecento delegati delle organizzazioni del partito di Mosca. La conferenza approvò una risoluzione nella quale si indicava la necessità di intensificare il lavoro del partito e dei soviet nel settore militare e in quelli degli approvvigionamenti, della previdenza sociale, dell’agitazione e della propaganda, e la necessità di svi- luppare il lavoro culturale, educativo e politico fra gli operai e i soldati rossi. Si progettò di convocare regolarmente conferenze di quartiere degli operai senza partito e conferenze dei soldati rossi senza partito. 99 Le risoluzioni dei Soviet di Mosca (24 agosto 1918) e di Pietrogrado (5 settembre Ì918) autorizzavano (fino al 1° ottobre 1919) gli operai e gli impiegati a portare dalla campagna fino a un pud e mezzo (circa 25 chili) di prodotti ali- mentari e il decreto del Consiglio dei commissari del popolo del 30 giugno 1919 permetteva alle organizzazioni operaie e rurali dei governatorati centrali di am- massare loro stesse, fino al 15 agosto 1919, il grano nel governatorato di Simbirsk. Il governo sovietico era stato costretto a prendere queste misure a causa della dif- ficile situazione alimentare nel paese. 69 Si tratta delle risoluzioni della VII Conferenza (conferenza d’aprile) del POSDR(b), che si tenne a Pietrogrado dal 24 al 29 aprile (7-12 maggio) 1917. 70 Cfr. le lettere di Engels a Marx, del 7 ottobre 1858 (Carteggio Marx-Engels, 534 NOTE cit., voi. Ili, pp. 237-238); Engels a Kautsky, del 12 settembre 1882; Engels a Sorge, del 7 dicembre 1889, del 21 settembre 1872 e del 4 agosto 1874 (Briefe und Ausziige aus Briefen von ]ob. Pbil. Becker, ]os. Dietzgen, F , Engels, K. Marx; u. A. art F.A . Sorge u. A, Stuttgart, 1921, pp. 62, 136-137); Engels a Marx del- l'il agosto 1881 ( Carteggio , cit., voi. VI, pp. 327; 329). 71 Cfr. la lettera di Engels a Sorge del 18 gennaio 1893, in Karl Marx -Frie- drich Engels, Ausgewàblte Briefe, Berlin, 1933, p. 346. ' 72 Cfr. la lettera di Engels a Sorge del 7 dicembre 1889, ivi , p. 493, 73 In italiano nel testo. 74 Uno dei capi dei socialdemocratici inglesi, Harry Quclch, al Congresso di Stoccarda della II Internazionale, nel 1907, definì « assemblea di ladri » (« a thiej’s supper ») la conferenza internazionale dell’Aia che si teneva in quel periodo, e per questo motivo fu espulso da Stoccarda dal governo tedesco (cfr. nella presente edi- zione, voi. 19, l’articolo: Harry Quelcb). 73 Si tratta della conferenza della II Internazionale che si tenne a Lucerna dal 2 al 9 agosto 1919. Lenin caratterizzò gli interventi di alcuni delegati nel suo articolo Come la borghesia utilizza i rinnegati, scritto nel settembre 1919 (cfr., nella presente edizione, voi. 30). 70 Per il 21 luglio 1919 era stato progettato uno sciopero politico internazio- nale degli operai con la parola d’ordine dell’appoggio alla rivoluzione russa e un- gherese e della non ingerenza dei governi imperialistici negli affari russi e unghe- resi. Nel giorno stabilito si ebbero scioperi isolati in Inghilterra, Francia, Italia, Germania e Norvegia, ma non vi fu un’azione internazionale del proletariato di tutti i paesi. 77 L’articolo è la risposta alle cinque seguenti domande, poste a Lenin dal- l’agenzia United Press: 1) La Repubblica sovietica russa ha apportato cambiamenti, piccoli o grandi, al programma governativo iniziale di politica interna ed estera e al programma eco- nomico; quando e quali? 2) Qual è la tattica della Repubblica sovietica russa nei confronti dell’Afgani- stan, dell’India e degli altri paesi musulmani fuori dai confini della Russia? 3) Quali obiettivi politici ed economici perseguite nei confronti degli Stati. Uniti e del Giappone? 4) A quali condizioni sareste disposti a concludere la pace con Kolciak, Deni- kin e Mannerheim? 5) Che cos’altro avreste da portare a conoscenza dell’opinione pubblica americana? Nell'ottobre del 1919 la rivista socialista di sinistra The Liberalor pubblicò l’articolo A Statement and a Cballenge (« Una dichiarazione e una sfida ») che conteneva la risposta di Lenin alla quinta domanda. In una nota all’articolo, la redazione della rivista comunicava che l’agenzia United Press aveva inviato ai giornali le risposte di Lenin, omettendo la risposta alla quinta domanda con la scusa che si trattava di « propaganda bolscevica pura e semplice ». 79 Le trattative con Bulli tt, inviato in missione a Mosca dal presidente degli USA, Wilson, sulla conclusione della pace furono condotte dal governo sovietico nel marzo 1919. Il governo sovietico apportò una serie di aggiunte e di precisa- zioni alle proposte degli Stati Uniti e dell’Inghilterra, dopò di che fu elaborato un progetto definitivo d’accordo. Le proposte sovietiche non furono accettate da quei governi poiché nella primavera i’armafa di Kolciak era passata all’offensiva ed essi speravano nella disfatta della Russia sovietica. NOTE 535 79 La lettera a F. Nansen (esploratore polare norvegese), nella quale si diceva che il governo sovietico era pronto a intavolare trattative con i governi dei paesi dell’Intesa sulla cessazione delle ostilità, fu spedita il 7 maggio 1919 dal Commis- sario del popolo agli affari esteri. Queste proposte del governo sovietico furono trasmesse, per tramite di Nansen, ai governi dei paesi dell’Intesa, ma non ebbero risposta. 80 II 26 piaggio 1919 Kolciak ricevette dai governi dell’Inghilterra, della Fran- cia, degli Stati Uniti, dell’Italia e del Giappone una notà in cui essi dichiaravano di essere pronti a riconoscerlo, a fornirgli equipaggiamenti, viveri e munizioni per permettergli di rafforzarsi quale governo di tutta la Russia, Ma né il riconoscimento dei governi dell’Intesa, né il loro aiuto riuscirono ad impedire che le truppe di Kolciak fossero sconfitte dall’Esercito rosso, 8J Una parola del resoconto stenografico non è stata decifrata, 82 II I Congresso di tutta la Russia dei lavoratori dell'istruzione e della cultura socialista si tenne dal 28 luglio al 1° agosto 1919 a Mosca. Vi partecipa- rono oltre 230 delegati di 32 governatorati. Furono ascoltati dei rapporti sul pro- gramma nel settore deiristruzione c sui nuovi compiti dell’edificazione culturale, sul movimento sindacale, sul movimento giovanile in Russia e in Occidente e su altre questioni. II congresso organizzò il sindacato dei lavoratori deH’insegnaraento e della cultura socialista di tutta la Russia e ne elesse il Comitato centrale. 83 Cfr. K. Marx, Il Capitale , voi. I, cit., p. 208. 04 Iuduscka Golovliov: signorotto ipocrita e bigotto, descritto da Saltykov-Stcc- drin nel suo romanzo La famiglia Golovliov. 85 II 25 luglio 1918 i menscevichi, i socialisti-rivoluzionari e i dascnaki (mem- bri del partito nazionalista armeno) fecero approvare, a una debole maggioranza, durante una seduta del Soviet di Baku, la decisione di chiamare in aiuto gli im- perialisti inglesi, col pretesto di difendere Baku dalle truppe turche che avanza- vano. Tutto il lavoro di sabotaggio degli approvvigionamenti della città e di pro- paganda controrivoluzionaria nell’esercito e nella flotta era diretto dal console in- glese MacDonnel. Attenendosi alle direttive di Lenin, Stalin e Sverdlov, date a nome del Consi- glio dei commissari del popolo e del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia, che esigevano dal Soviet di Baku l’applicazione rigorosa di una politica estera au- tonoma e la lotta decisa contro gli agenti del capitale straniero, la frazione bolsce- vica, alla seduta del Soviet di Bakù del 25 luglio, propose un progetto di risolu- zione che esigeva provvedimenti immediati affinché Bakù potesse difendersi con le sue forze. Ma la proposta dei bolscevichi fu respinta dalla maggioranza del so- viet composta da dascnaki , socialisti-rivoluzionari e menscevichi. Messi in mino- ranza, i bolscevichi del Soviet di Bakù si dimisero; il potere passò di fatto nelle mani di un governo controrivoluzionario che si chiamò « Dittatura del Caspio cen- trale », Qualche giorno dopo gli inglesi, chiamati da questo governo, entrarono a Bakù, I bolscevichi del Soviet (i 26 commissari di Bakù) furono selvaggiamente massacrati dagli inglesi con la partecipazione diretta dei menscevichi e dei socia- listi-rivoluzionari. 86 Sylvia Fankburst: personalità politica inglese, membro del partito comu- nista nel 1919, scrisse a Lenin per chiedergli il suo parere sulla partecipazione al parlamento. Nella sua lettera la Pankhurst caratterizzava i partiti c i gruppi in- glesi, enumerandoli nel modo seguente: 1) trade-unionisti e politici operai di vec- chio tipo; 2) Partito operaio indipendente; 3) Partito socialista britannico; 4) indu- strialisti rivoluzionari; 5) Partito socialista operaio; 6) « Federazione socialista degli 536 NOTE operai »; 7) Associazione socialista del South-Wales. Nella sua risposta Lenin si attiene a questa enumerazione. 87 Si tratta del congresso costitutivo del Partito comunista tedesco che si ten- ne a Berlino dal 30 dicembre 1918 al 1° gennaio 1919. Nonostante l'intervento di Karl Liebknecht e di Rosa Luxemburg che proponevano di partecipare alle ele- zioni deirAssemblea nazionale, il congresso approvò a maggioranza (62 voti contro 23) la decisione di non partecipare alla campagna elettorale. 88 II Partito socialista britannico (British Socialist Party, BSP) fu fondato nel 1911 a Manchester in seguito alla fusione del Partito socialdemocratico con altri gruppi socialisti. Il BSP si ispirava, nella sua propaganda, al marxismo e era un partito « non opportunista, realmente indipendente dai liberali » (Lenin). La sua scarsa consistenza numerica e i suoi deboli legami con le masse gli davano un certo carattere settario. Durante la prima guerra mondiale (1914-1918) nel partito si formarono due correnti: una apertamente socialsciovinista, diretta da Hyndman; l’altra internazionalista, diretta da Inkpin ed altri. Nell'aprile del 1916, alla Con- ferenza di Solford, il partito si scisse. Hyndman e i suoi sostenitori furono messi in minoranza e uscirono dal partito. Da allora alla testa del Partito socialista bri- tannico vi furono elementi internazionalisti. Il Partito socialista britannico ebbe una parte importante nella formazione del Partito comunista britannico, sorto nel 1920. CRONACA BIOGRAFICA marzo-agosto 1919 1919 Febbraio-marzo 12-1} marzo 12 marzo 1 3 marzo 14 marzo 16 marzo. 17 marzo 18 marzo 18-2 3 marzo 18 marzo 19 marzo Lenin lavora al progetto di programma del PCR(b). Soggiorno di Lenin a Pietrogrado. Alla seduta del Soviet di Pietrogrado presenta il rapporto del Consiglio dei commissari del popolo sulla politica in- terna ed estera. Assiste ai funerali di M. Elizarov, al cimitero di Volkovo, a Pietrogrado. Visita il Palazzo del lavoro a Pietrogrado; al I Congresso degli operai agricoli del governatorato di Pietrogrado pro- nunzia un discorso sulTorganizzazione del sindacato degli operai agricoli. Parla due volte a dei comizi organizzati alla Casa del popolo di Pietrogrado. Torna da Pietrogrado a Mosca. Va a trovare L Sverdlov malato, al Cremlino. Partecipa alla redazione e firma un comunicato del go- verno sui provvedimenti per reprimere la nuova azione controrivoluzionaria dei socialisti-rivoluzionari di sinistra a Pietrogrado, Prende la parola alla seduta straordinaria del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia, dedicata alla me- moria di I.M. Sverdlov. Alla fine della seduta si reca con il corteo funebre sulla Piazza Rossa, dove pronunzia un breve discorso sulla tomba di Sverdlov. Dirige i lavori deH’VIII Congresso del Partito comunista russo (bolscevico). Pronunzia il discorso di apertura del congresso e viene eletto alla presidenza; presenta il rapporto di attività del Comitato centrale. Alla seconda seduta del congresso presenta il rapporto sul 540 CRONACA BIOGRAFICA 20-21 marzo 21 marzo 22 marzo 2 3 marzo 20 marzo 25 marzo 30 marzo fine marzo 1° aprile 3 aprile 8 aprile 9 aprile programma del partito, e alla terza pronuncia il discorso di chiusura su questo argomento. Presiede le sedute della commissione per il programma. Interviene alla quinta seduta (a porte chiuse) del con- gresso sulla questione militare. Per incarico del congresso, manda per radio un messaggio alla Reppubblica sovietica ungherese. All'ottava seduta del congresso, presenta il rapporto sul lavoro nelle campagne; la risoluzione sull’atteggiamentcv verso i contadini medi, scritta da Lenin, è approvata dal congresso. È eletto membro del Comitato centrale; pronunzia il di- scorso di chiusura del congresso. Presiede una seduta del Consiglio dei commissari del popolo nella quale si discutono i problemi della costi- tuzione della Repubblica sovietica autonoma di Basckiria, della mobilitazione degli specialisti dell’agricoltura, ecc. All’Assemblea plenaria del Comitato centrale del PCR(b) viene eletto membro dell’Ufficio politico del CC. A una seduta del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia pronunzia un discorso sulla candidatura di M. Ka- linin alla carica di presidente del CEC. Pronunzia otto discorsi che vengono registrati su dischi. Manda un fonogramma alla Commissione straordinaria di tutta la Russia affinché si prendano urgenti provvedi- menti per reprimere ogni tentativo di far saltare e di danneggiare le ferrovie. Presenta un rapporto sulla situazione estera ed interna della repubblica sovietica a una seduta straordinaria del Soviet di Mosca; redige il progetto di risoluzione. Presiede una seduta del Consiglio dei commissari del popolo durante la quale vengono esaminate le questioni della milizia operaia e contadina sovietica, dell’aumento del volume delie derrate alimentari trasportate per ferrovia dall’oriente, e un progetto di decreto sulla riorganizzazione del controllo di Stato. Presiede una seduta del Consiglio dei commissari del po- polo nella quale si discutono le facilitazioni concesse ai contadini medi circa il pagamento dell’imposta rivoluzio- naria straordinaria unica e le norme per l’utilizzazione del foraggio e dei viveri nei governatorati non agricoli, ecc. Lenin, Stalin e Kalinin firmano il decreto sul controllo di Stato, ratificato dal CEC. 11 aprile 13 aprile 15 aprile 16 aprile 17 aprile 20 aprile 21 aprile 25 aprile 27 aprile 28 aprile aprile fine aprile 1 0 maggio CRONACA BIOGRAFICA 341 All’ Assemblea plenaria del Consiglio centrale dei sinda- cati presenta un rapporto sui compiti dei sindacati in relazione alla mobilitazione generale. Partecipa ai lavori dell’Assemblea plenaria del Comitato centrale del PCR(b). Pronunzia un discorso alla riunione solenne del primo corso per comandanti sovietici deH’artiglieria pesante di Mosca, durante la quale il Comitato del PCR(b) del quartiere Rogozski consegna una bandiera agli allievi. Alla conferenza dei ferrovieri del nodo ferroviario di Mosca pronunzia un discorso sulla mobilitazione di tutte le forze per la lotta contro Kolciak. Pronunzia un discorso sulla lotta contro Kolciak alla con- ferenza dei comitati di fabbrica e dei sindacati di Mosca. Pronunzia un discorso di saluto al I Congresso degli stu- denti comunisti. In un telegramma al Consiglio militare rivoluzionario del fronte meridionale propone di accelerare le operazioni con- tro Denikin nel bacino del Donez. Per decisione del Consiglio di difesa, è nominato membro della commissione d’inchiesta sull’inventario dei beni mi- litari della Commissione straordinaria per l’approvvigiona- mento dell’Esercito rosso. Dà al comandante del fronte ucraino la direttiva di pren- dere Taganrog. Scrive un messaggio di saluto alla Repubblica dei Consigli bavarese. Presiede una seduta del Consiglio di difesa nel corso della quale vengono discussi i seguenti problemi: mobi- litazione straordinaria contro la campagna di Kolciak, mi- sure straordinarie per risparmiare il combustibile, ecc. In una lettera alle organizzazioni di Pietrogrado, dà la direttiva di mandare operai di Pietrogrado nel bacino del Don e in Ucraina e di organizzare il lavoro degli stabili- menti industriali per le esigenze belliche. In un telegramma al presidente del Consiglio dei com- missari del popolo dell’Ucraina, propone di controllare con il massimo rigore Fattività dei socialisti-rivoluzionari nelle amministrazioni governative dell’Ucraina. Pronunzia tre discorsi sulla Piazza Rossa: due in occasione del 1° maggio e uno sul luogo del supplizio di Stepan Razin, ove viene inaugurato il monumento che ricorda l’esecuzione del ribelle cosacco. 542 CRONACA BIOGRAFICA 3 maggio 4 maggio 5 maggio 6 maggio 8 maggio 9 maggio 12 maggio 13 maggio 17 maggio 20 maggio 25 maggio 28 maggio A una riunione degli allievi del corsi di propaganda KecTBeKKUfl peaaKTOp B. KoAeanos TexHHqecHHfl peaaKTOp JI. noARKoea rioflnHcaKO k neqaTH 3/1 1 T 1 975 r. OopiuaT 60x86*/i«< ByM. j\. 1 7 5 / s . rieq. ji. 32,78. yq.-nafl. ji. 30,20. H3A- Jft 21373 3a«a3 JSTs 2653. UeKa 1 p. 26 k. TwpajK 5100 3 K 3 . H3AaTe/ibCTBO «riporpecc» rocyAapCTBeHHOro KOMHTeTa ConeTa Mhhhctpob CCCP no Ae/iaM n3AaTe/ibCTB, no/iHrpa(J)Hn h kkhhchoA TOprOB/iK. MocKBa, r-21, 3y6oBCKHft òy/ibBap, 21 OpAeHa TpyAOBOro KpacHoro 3HaMeHii riepBafl 06pa3U0Ba« THnorpa4)HH hmchh A. A. 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