Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin, Joseph Stalin, Enver Hoxha 5 Classics of Marxism Comintern (Stalinist-Hoxhaists) http://ciml.250x.com Georgian Section www.joseph-stalin.net SHMG Press Karl Marx Press of thè Georgian section of Comintern (SH) - Stalinist-Hoxhaists Movement of Georgia V. I. LENIN Opere complete XXVII febbraio - luglio 1918 1967 - Editori Riuniti - Roma Traduzione di Giuseppe Garritane Proprietà letteraria riservata della S.p.À. Editori Riun Viale Regina Margherita 290 - 00198 Roma NOTA DELL’EDITORE Il ventisettesimo volume delle Opere comprende gli scritti di Le- nin tra il 21 febbraio e il 27 luglio 1918. Si tratta di rapporti , discorsi e articoli che rispecchiano l'attività di Lenin alla direzione del partito e dello Stato sovietico nel periodo in cui gli obiettivi dei bolscevichi sono la pace , l'uscita rivoluzionaria della Russia sovietica dalla guerra imperialistica , il rafforzamento del potere sovietico e lo sviluppo della costruzione socialista nei giorni di tregua che seguono immediatamente la pace di Brest-Litovsk. Una parte considerevole del volume comprende i documenti della battaglia politica condotta da Lenin contro Trotski e i « comunisti di sinistra », che intendevano trascinare nella guerra la giovane repubblica sovietica ancora senza esercito. Tra questi sono gli articoli : Sulla frase rivoluzionaria, Pace o guerra?, Una lezione dura, ma necessaria, Stra- no e mostruoso, Su un terreno pratico, Una lezione seria e una se- ria responsabilità, nonché i rapporti e i discorsi conclusivi sulla que- stione della pace al VII Congresso del partito e al IV Congresso straordinario dei Soviet. Nello scritto Suirinfantilismo « di sinistra » e sullo spirito piccolo- borghese si traggono le somme della battaglia condotta contro i « co- munisti di sinistra » sulle questioni della pace di Brest e della politica interna. Un posto notevole occupano nel volume gli scritti dedicati alla edificazione socialista, all'organizzazione del controllo popolare , all'au- mento della produttività del lavoro, allo sviluppo dell'emulazione socia- lista; alla instaurazione di una nuova disciplina proletaria , Tra queste opere è il famoso scritto I compiti immediati del potere sovietico, in cui 6 LENIN Lenin traccia il programma della costruzione del socialismo e mostra come si creino i nuovi rapporti di produzione socialisti . Un altro gruppo di documenti , come Sulla carestia. Lettera agli operai di Pietrogrado, il Rapporto sulla lotta contro la carestia, tenuto alla seduta comune del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia, del Soviet di Mosca dei deputati operai, contadini e soldati e dei sin- dacati svoltasi il 4 giugno, e altri scritti, illustrano gli sviluppi della rivoluzione socialista nelle campagne, la lotta contro i kulak, l'organiz- zazione dell'aiuto ai contadini poveri, l'instaurazione della dittatura nel campo dei rifornimenti alimentari. Una serie di discorsi e di interventi di Lenin è dedicata alla lotta contro la controrivoluzione interna ed estera e all'organizzazione della difesa della repubblica sovietica . Sono tra questi documenti; Discorso al comizio nel club di Sokolniki, del 21 giugno, Discorso al comizio nel quartiere Simonovski, del 28 giugno , Intervista alle « Izvestia » sulla rivolta dei socialisti-rivoluzionari « di sinistra », Rapporto alla conferen- za dei comitati di fabbrica del governatorato di Mosca del 23 luglio e altri. In questo volume sono compresi pure vari documenti pubblicati per la prima volta nelle Opere di Lenin, che per la maggior parte illu- strano l'attività di Lenin nell'organizzazione della difesa della repub- blica durante l'offensiva degli imperialisti tedeschi, all'inizio dell'in- tervento militare straniero e della guerra civile. febbraio - luglio 1918 SULLA FRASE RIVOLUZIONARIA 1 Quando in una riunione di partito ho detto che la frase rivolu- zionaria sulla guerra rivoluzionaria può causare la rovina della nostra rivoluzione, mi hanno rimproverato di essere troppo duro nella pole- mica. Ma vi sono momenti che costringono a porre le questioni in modo netto e a chiamare le cose con il loro nome, altrimenti si corre il pericolo di causare un male irreparabile sia al partito che alla rivo- luzione. La frase rivoluzionaria è quasi sempre una malattia dei partiti rivoluzionari nei momenti in cui questi partiti realizzano direttamente o indirettamente un insieme, una unione, un intreccio di elementi pro- letari e piccolo-borghesi e in cui il corso degli avvenimenti rivoluzio- nari segna svolte brusche e di notevole portata. La frase rivoluzio- naria consiste nella ripetizione di parole d ordine rivoluzionarie senza tener conto delle circostanze obiettive al momento di una svolta degli avvedimenti o, in una data situazione, delle cose cosi come realmente sono. Parole d’ordine magnifiche, attraenti, inebrianti, che non hanno nessun fondamento sotto di sé: ecco l’essenza della frase rivoluzio- naria. Esaminiamo per lo meno i principali tipi di pretesti avanzati a favore della guerra rivoluzionaria ora, nel gennaio-febbraio 1918, in Russia, e il confronto tra la realtà obiettiva e questa parola d’ordine ci darà una risposta al quesito se la definizione da me usata sia giusta o no. I Sulla necessità di preparare una guerra rivoluzionaria nel caso in cui il socialismo sia vittorioso in un paese e il capitalismo rimanga 10 LENIN nei paesi vicini, la nostra stampa ha sempre parlato, È indiscutibile. Ci si domanda: come è andata di fatto questa preparazione dopo la nostra rivoluzione d’ottobre? Questa preparazione è andata in modo tale che ci è toccato smo- bilitare l’esercito: siamo stati costretti a farlo da circostanze cosi evi- denti, imperiose, insormontabili, che non solo non è sorta nel partito « nessuna corrente » o stato d’animo contro la smobilitazione, ma addi- rittura non si è levata una sola voce contro la smobilitazione. Chi vuole riflettere sulle ragioni di classe di un cosi originale fenomeno come la smobilitazione dell’esercito della Repubblica socialista sovietica an- cora in guerra con uno Stato imperialista confinante, troverà senza eccessiva fatica queste cause nella struttura, sociale di un paese arre- trato di piccoli contadini, ridotto, dopo tre anni di guerra, in condi- zioni di estremo sfacelo. La smobilitazione di un esercito di molti milioni di uomini e il passaggio alla creazione di un Esercito rosso 2 su basi volontarie : questi sono, i fatti. Confrontate questi fatti con le parole sulla guerra rivoluzionaria del gennaio-febbraio 1918, e vi sarà chiara la sostanza della frase rivoluzionaria. Se la « presa di posizione » in favore della guerra rivoluzionaria, diciamo, da parte delle organizzazioni di Pietrogrado e di Mosca non fosse una pura frase, avremmo visto dall’ottobre al dicembre altri fatti : avremmo visto, da parte loro, una lotta decisa contro la smobi- litazione. Non c’è stato assolutamente nulla di tutto questo. Avremmo visto i pietrogradesi e i moscoviti inviare decine di migliaia di agitatori e di soldati al fronte e di là avremmo ricevuto quotidianamente notizie sulla loro lotta contro la smobilitazione, sui successi di questa lotta, sulla sospensione della smobilitazione. Non c’è stato nulla di tutto questo. Avremmo ricevuto centinaia di informazioni su reggimenti che si sarebbero riuniti in Esercito rosso, che avrebbero fermato la smobili- tazione anche con metodi terroristici, rafforzando le difese contro una eventuale offensiva dell’imperialismo tedesco. Non c'è stato nulla di tutto questo. La smobilitazione è in pieno sviluppo. Il vecchio esercito non esiste piu. Il nuovo comincia appena a formarsi. Chi non voglia farsi cullare dalle parole, dalle declamazioni e dalle esclamazioni, non può non vedere che la « parola d’ordine » SULLA FRASE RIVOLUZIONARIA 11 della guerra rivoluzionaria nel febbraio 1918 è una vuotissima frase, dietro la quale non c’è nulla di reale, di obiettivo. Sentimenti, desi- deri, collera, indignazione: ecco lunico contenuto di questa parola d’ordine nel momento attuale. E una parola d’ordine che ha soltanto questo contenuto si chiama appunto frase rivoluzionaria. Gli atti del nostro partito e di tutto il potere sovietico, gli atti dei bolscevichi di Pietrogrado e di Mosca hanno dimostrato che finora non si è riusciti ad andare al di là dei primi passi verso la creazione di un Esercito rosso di volontari. Dissimulare questo fatto, che, pur essendo spiacevole, è tuttavia un fatto, sotto un velo di declamazioni, e al tempo stesso non solo non opporsi alla smobilitazione, ma nem- meno fare obiezioni contro di essa, significa inebriarsi al suono delle parole. Una caratteristica conferma di quanto si è detto è il fatto che, per esempio nel Comitato centrale del nostro partito, la maggioranza dei piu noti avversari della pace separata ha votato contro la guerra rivoluzionaria, ha votato contro anche in gennaio e in febbraio 3 . Che cosa significa questo? Significa che l’impossibilità di una guerra rivo- luzionaria è universalmente ammessa da tutti coloro che non temono di guardare la verità in faccia. Allora si distorce o si cerca di distoreere la verità con dei pre- testi. Vediamo quali. II Primo pretesto. La Francia del 1792 era in preda a un non mi- nore sfacelo, ma la guerra rivoluzionaria sanò tutto. Tutti rianimò, tutti entusiasmò, tutto vinse. Solo quelli che non credono nella rivo- luzione, solo gli opportunisti possono pronunciarsi contro la guerra rivoluzionaria di fronte alla nostra rivoluzione, che è ancora più pro- fonda. . Confrontiamo questo pretesto o questo argomento con i fatti. Il fatto è che nella Francia della fine del XVIII secolo si era creata prima la base economica di un nuovo, superiore metodo di produzione e il potente esercito rivoluzionario era già un risultato, una sovra- struttura. La Francia rovesciò il feudalesimo prima degli altri paesi, lo abolì dopo alcuni anni di rivoluzione vittoriosa e condusse un po- 12 , LENIN polo, che non usciva esausto da nessuna guerra precedente, che aveva conquistato la libertà e la terra, reso forte dall'abolizióne del feuda- lesimo, alla guerra contro una serie di popoli economicamente e politi- camente arretrati. Ponete ora al confronto là Russia contemporanea. Una incredibile stanchezza della guerra. Un nuovo regime economico, superiore al capi- talismo organizzato dello Stato tedesco ottimamente attrezzato 1 dal punto di vista tecnico, non c'è ancora. Si sta appena fondando. Il nostro contadino ha solo la legge sulla socializzazione della terra 4 , ma non ha trascorso ancora un anno di lavoro libero (libero dal proprieta- rio fondiario e dai tormenti della guerra). Il nostro operaio ha co- minciato a cacciare il capitalista, ma non ha ancora avuto il tempo di organizzare la produzione, di avviare lo scambio dei prodotti, di assicurare i rifornimenti alimentari, di aumentare la produttività del lavoro. Noi andiamo in questa direzione, abbiamo imboccato questo cam- mino, ma è chiaro che un nuovo regime economicamente superiore ancora non c'è. Il feudalesimo vinto, la libertà borghese consolidata, il contadino sazio contro i paesi feudali: ecco la base economica dei « miracoli » degli anni 1792-93 in campo militare. Un paese di piccoli contadini, affamato ed estenuato dalla guerra, che ha appena cominciato a curare le sue ferite, contro una produt- tività del lavoro tecnicamente e organizzativamente superiore: ecco la situazione oggettiva alPinizio del 1918. Ecco perché qualsiasi riferimento al 1792 e simili è solo una frase rivoluzionaria. Si ripetono le parole d'ordini, le frasi, le grida di guerra, ma si ha paura di analizzare la realtà oggettiva. Ili Secondo pretesto. La Germania « non può attaccare », non glielo permetterà la rivoluzione imminente. Che i tedeschi. « non possono attaccare », è un argomento ripetuto milioni di volte nel gennaio e alPinizio di febbraio del 1918 dagli avversari di una pace separata. I più prudenti tra loro valutavano SULLA .FRASE RIVOLUZIONARIA 13 — all’incirca, naturalmente — le probabilità che i tedeschi non avreb- bero potuto attaccare nella misura del 25-33 per cento. I fatti hanno smentito questi calcoli. Gli avversari della pace sepa- rata assai spesso voltano le spalle ai fatti, temendo la loro ferrea logica. Dov’era la fonte dell’errore, che dei veri rivoluzionari (e non rivoluzionari del sentimento) dovrebbero saper riconoscere e sul quale dovrebbero riflettere? Forse nel fatto che in generale abbiamo manovrato e fatto del- l’agitazione in rapporto alle trattative di pace? No. Non. è in questo. Bisognava manovrare e fare dell’agitazione. Ma bisognava anche deter- minare il « momento giusto » sia per le manovre e l’agitazione, — fin- ché si poteva manovrare e fare dell’agitazione, — sia per la cessazione di ogni manovra al momento in cui la questione si fosse posta in modo netto. La fonte dell’errore è nel fatto che il nostro atteggiamento di collaborazione rivoluzionaria con gli operai rivoluzionari tedeschi è stato trasformato in una frase. Noi abbiamo aiutato gli operai rivolu- zionari tedeschi e continuiamo ad aiutarli in tutti i modi che pos- siamo, con la fraternizzazione, l’agitazione, la pubblicazione dei trat- tati segreti, ecc. Questo è stato un aiuto di fatto, un aiuto pratico. Invece l’affermazione di alcuni nostri compagni che « i tedeschi non possono attaccare » era una frase. Noi abbiamo appena vissuto una rivoluzione nel nostro paese. Sappiamo tutti perfettamente che in Russia era piu facile cominciare una rivoluzione che non in Europa. Abbiamo visto che non abbiamo potuto impedire l’offensiva dell’im- perialismo russo nel giugno 1917, sebbene avessimo non solo iniziata una rivoluzione, non solo abbattuta la monarchia, ma creato anche dappertutto i soviet. L’abbiamo visto, lo sapevamo, e abbiamo spie- gato agli operai: le guerre le fanno i governi... per far cessare la guerra borghese bisogna rovesciare il governo borghese. Dire: « I tedeschi non possono attaccare » equivaleva perciò a dichiarare: « Noi sappiamo che il governo della Germania verrà rove- sciato nelle prossime settimane ». Di fatto questo non lo sapevamo e non potevamo saperlo. E perciò quell’affermazione era una frase. Una cosa è essere convinti che la rivoluzione tedesca sta matu- rando e prestare un serio aiuto a questa maturazione, contribuire in modo serio, con il lavoro } l’agitazione, la fraternizzazione, con quello 14 LENIN che volete, ma con il lavoro, a questa maturazione. In questo consiste Tinternazionalismo proletario rivoluzionario. Altra cosa è affermare direttamente o indirettamente, in modo aperto od occulto, che la rivoluzione tedesca è già maturata (anche se evidentemente non è cosi), e fondare su ciò la propria tattica. Qui non c’è un briciolo di rivoluzionarismo, ma solo vuota fraseologia. Ecco dov’è la fonte dell’errore contenuto nell’affermazione « fiera, chiara, efficace, sonora »: « I tedeschi non possono attaccare ». IV Nient’altro che una variante della stessa assurdità parolaia è l’af- fermazione: « Noi aiutiamo la rivoluzione tedesca resistendo all’impe- rialismo tedesco, noi avviciniamo cosi la vittoria di Liebknecht con- tro Guglielmo ». Certo, la vittoria di Liebknecht — possibile e inevitabile allorché la rivoluzione tedesca sarà matura — ci libererà da tutte le diffi- coltà internazionali, e ancht dalla guerra rivoluzionaria. La vittoria di Liebknecht ci eviterà le conseguenze di quasiasi nostra sciocchezza. Ma è forse questa una giustificazione della sciocchezza? È vero che ogni « resistenza » all’imperialismo tedesco aiuta la rivoluzione tedesca? Chi voglia un poco riflettere o soltanto ricordare la storia del movimento^ rivoluzionario in Russia si accorgerà facil- mente che solo una opportuna resistenza alla reazione serve la rivo- luzione. Noi sappiamo e abbiamo visto in mezzo secolo di movimento rivoluzionario in Russia una quantità di esempi di resistenza opportuna alla reazione. Noi marxisti ci siamo sempre gloriati di aver saputo determinare, mediante un rigoroso calcolo delle forze delle masse e dei rapporti di classe, l’opportunità di questa o quella forma di lotta. Dicevamo: non sempre è opportuna l’insurrezione, senza certi presup- posti nelle masse è un’avventura; molto spesso abbiamo condan- nate come inopportune e dannose dal punto di vista della rivoluzione perfino le forme più eroiche di resistenza individuale. Nel 1907, sulla base di un’amara esperienza, abbiamo respinto come inopportuna l’op- posizione a partecipare alla terza Duma, ecc. ecc. Per aiutare la rivoluzione tedesca bisogna o limitarsi alla propa- ganda, all’agitazione, alla fratemizzazione, finché non ci sono le forze SULLA FRASE RIVOLUZIONARIA 15 per infliggere un colpo duro, serio, decisivo in uno scontro aperto militare o insurrezionale; oppure affrontare questo scontro sapendo che cosi facendo non si favorisce Tawersario. È chiaro per tutti (tranne forse per coloro che si lasciano com~ pletamente inebriare dalle frasi) che affrontare un serio scontro insur- rezionale o militare senza averne manifestamente la forza, senza avere manifestamente un esercito, è un’avventura che non aiuta gli operai tedeschi, ma rende anzi più difficile la loro lotta, facilitando il com- pito del loro e nostro nemico. V E qui fa la sua comparsa un’altro pretesto, così infantilmente ridicolo che io non avrei mai creduto nella possibilità di un tale argo- mento se non l’avessi udito con le mie stesse orecchie. « Ma, appunto, anche in ottobre gli opportunisti ci dicevano che non avevamo forze, non avevamo truppe, né mitragliatrici, né mezzi tecnici, eppure tutto questo è venuto fuori nella lotta, quando è comin- ciata la lotta di classe contro classe. Tutto ciò verrà fuori anche nella lotta del proletariato di Russia contro la classe dei capitalisti di Ger- mania, verrà in nostro aiuto il proletariato tedesco ». Il fatto è che nell’ottobre abbiamo saputo appunto calcolare esat- tamente le forze delle masse . Non solo ritenevamo, ma sapevamo esat- tamente, sulla base dell’esperienza delle elezioni di massa ai soviet, che gli operai e i soldati in settembre e all J inizio di ottobre, nella schiac- ciante maggioranza, erano già passati dalla nostra patte. Sapevamo, se non altro dal voto per la Conferenza democratica 5 , che anche fra i contadini la coalizione aveva fatto fallimento: cioè, la nostra causa aveva già vinto. Questi erano i presupposti obiettivi della lotta insurrezionale di ottobre; 1) i soldati non erano più sotto il bastone: lo aveva spezzato nel febbraio 1917 (la Germania non era ancora matura per un « suo » febbraio); 2) i soldati avevano già attraversato e concluso, cerne gli operai, le fasi che li avevano portati a un distacco cosciente, ponderato, sentito, dalla coalizione. 16 LENIN Da questo, solo da questo derivò la giustezza della parola d'ordine « per rinsurrezione » nell'ottobre (qqesta parola d'ordine sarebbe stata sbagliata nel luglio, quando noi infatti non la avanzammo). Gli opportunisti di ottobre 6 sbagliarono non perché « si preoc- cuparono » dei presupposti obiettivi (Solo i bambini possono pensarlo), ma perché valutarono i fatti in modo errato , colsero le minuzie, senza vedere il fatto piu importante : la svolta dei soviet dal conciliato- rismo a noi. Paragonare Io scontro militare con la Germania (che non ha attra- versato ancora né un suò '« febbraio », né un suo « luglio », per non parlare poi dell’ottobre), con la Germania dal governo borghese- impe- rialistico monarchico, e la lotta insurrezionale d’ottobre contro i ne- mici dei soviet — dei soviet che si erano andati maturando dal feb- braio 1917 ed erano pienamente maturi nel settembre-ottobre, — è una tale manifestazione di infantilismo che basta segnarla a dito. Ecco a quali assurdità può portare Tamore per la vuota frase! VI Altro tipo di pretesto: « Ma la Germania ci soffocherà economi- camente con il trattato di pace separata, ci porterà via carbone, grano, ci asservirà ». Argomento estremamente saggio: bisogna affrontare lo scontro militare, sema esercito , sebbene questo scontro ci porterà chiaramente non solo all’asservimento, ma allo strangolamento, alla perdita del grano senza aver nulla in cambio, ci metterà alla stregua della Serbia e del Belgio; bisogna andar incontro a tutto questo, perché altrimenti avremmo un trattato svantaggioso, la Germania ci prenderà sei o do- dici miliardi in versamenti successivi, il grano in cambio delle mac- chine e cosi via. Oh, gli eroi della frase rivoluzionaria! Rifiutando il « giogo » deirimperialismo, essi tacciono pudicamente che per liberarsi comple- tamente dal giogo bisogna rovesciare l’imperialismo. Noi ci orientiamo verso un trattato svantaggioso e una pace se- parata sapendo che adesso non siamo ancora pronti alla guerra rivo- luzionaria, che bisogna sapere aspettare (come abbiamo aspettato, sop- portando il giogo di Kerenski, sopportando il giogo della nostra bor- SULLA FRASE RIVOLUZIONARIA 17 ghesia, dal luglio all’ottobre), aspettare finché non saremo piu forti. Perciò, se è possibile avere una pace separata arcisvaritaggiosa, bisogna assolutamente accettarla nell’interesse della rivoluzione socialista, che è ancora debole (poiché non c’è ancora venuta in aiuto, a noi russi, la rivoluzione che sta maturando in Germania). Solo di fronte al Vos- soluta impossibilità di una pace separata bisognerà senz’altro combat- tere, e non perché questa sia la tattica giusta , ma perché non ci sarà altra scelta. Di fronte a una tale impossibilità, non ci sarà nemmeno possibilità di discussione su questa o quella tattica. Sarà soltanto ine- vitabile la resistenza piu accanita; ma finché la scelta esiste, bisogna scegliere la pace separata e un trattato arcisvantaggioso, perché questo è comunque cento volte meglio della situazione del Belgio. Noi ci rafforziamo ogni mese di piu, anche se adesso siamo an- cora deboli. La rivoluzione socialista internazionale in Europa matura ogni mese di piu, anche se adesso non è ancora maturata. Perciò... perciò, giudicano i « rivoluzionari » (mi si perdoni se li chiamo cosi), bisogna accettare battaglia quando l’imperialismo tedesco è manife- stamente piu forte di noi, quelLimperialismo che va indebolendosi ogni mese di piu (in virtù della lenta, ma inarrestabile maturazione jdella rivoluzione in Germania). Questi « rivoluzionari » del sentimento ragionano proprio magni- ficamente! VII L’ultimo sofisma è il più «sbrigativo», il più corrente: «Una pace iniqua è la vergogna, è un tradimento verso la Lettonia, la Po- lonia, la Curlandia, la Lituania ». C’è da meravigliarsi se sono proprio i bourgeois russi (e i loro tirapiedi, quelli del Novy Lue \ del Dielo N aroda 8 e della Novaia Gizn 9 ) a sfruttare con tanto zelo questo, argomento pseudointerna- zionalista? No, non c'è da meravigliarsi, poiché questo argomento è una trappola nella quale la borghesia vuole consapevolmente far cadere i bolscevichi, e una parte dei bolscevichi ci cade inconsapevolmente, per amore della frase. Esaminiamo questo argomento dal punto di vista teorico: che 18 LENIN cosa sta al di sopra, il diritto delle nazioni airautodecisione o il socialismo? Al di sopra sta il socialismo. È ammissibile che, per evitare che sia violato il diritto delle nazioni allautodecisione, si getti in pasto airimperialismo la repubblica sovietica, la sj esponga ai suoi colpi nel momento in cui Timperia- lismo è manifestamente piu forte e la repubblica sovietica manife- stamente piu debole? No. Non è ammissibile. Questa non è una politica socialista, ma una politica borghese . E ancora. Avremmo una pace meno disonorevole, meno annessio- nista se restituissero « a noi » la Polonia, la Lituania e la Curlandia? Dal punto di vista del borghese russo, st. Dal punto di vista del socialista internazionalista, no. Infatti, liberando la Polonia (cosa che volevano un tempo al- cuni bourgeois in Germania), Timperialismo tedesco soffocherebbe ancor piu la Serbia, il Belgio e cosi via. Se la borghesia russa grida contro la pace « iniqua », essa esprime giustamente i suoi interessi di classe. Ma quando alcuni bolscevichi (che soffrono della malattia della frase) ripetono questo argomento, è una cosa triste. Considerate i fatti per quanto riguarda la condotta della borghesia anglo-francese. Ora essa sta facendo di tutto per trascinarci in guerra con la Germania, ci promette ogni ben di dio, stivali, patate, muni- zioni, locomotive (a credito... niente «asservimento», non abbiate paura! è «solo» del credito!). Essa vuole che noi combattiamo ora contro la Germania. È chiaro perché essa debba volerlo: perché, in primo luogo, distrarremmo da loro una parte delle forze tedesche, in secondo luogo, perché il potere sovietico potrebbe più facilmente crollare nell’urto militare prematuro con l’imperialismo tedesco. La borghesia anglo-francese ci tende una trappola: andate, cari, a combattere ora , ché noi ne trarremo un ottimo vantaggio. I tedeschi vi spoglieranno, « guadagneranno » all’est, saranno più propensi alle concessioni all’ovest, e al tempo stesso il potere sovietico sparirà... fate la guerra, cari « alleati » bolscevichi, noi vi aiuteremo! E i bolscevichi « di sinistra » 10 (se mi si permette la parola) cadono nella trappola, declamando le frasi più rivoluzionarie... SUL LA FRASE RIVOLUZIONARIA 19 Si, si, una delle manifestazioni delle tracce di spirito piccolo- borghese consiste nella propensione alla vuota frase rivoluzionaria. Questa è una vecchia verità, una vecchia storia, che troppo spesso torna ad essere una novità... Vili Anche nell’estate del 1907 il nostro partito soffri di una ma- lattia, in un certo senso analoga, per la vuota frase rivoluzionaria. Pietroburgo e Mosca: quasi tutti i bolscevichi erano per il boi- cottaggio della III Duma, sostituivano all’analisi obiettiva il « senti- mento », cadevano nella trappola. La malattia si è ripetuta. Ora i tempi sono piu duri. Il problema si è fatto milioni di volte più importante. Farsi prendere dalla stessa malattia in tempi come questi significa rischiare la rovina della rivoluzione. Bisogna combattere la vuota frase rivoluzionaria, è necessario com- batterla, assolutamente combatterla, perché non debbano dire di noi un giorno l’amara verità: « La frase rivoluzionaria della guerra rivoluzio- naria ha causato la rovina della rivoluzione ». Pravda , n. 31, 21 febbraio 1918. Firmato: Karpov. LA PATRIA SOCIALISTA È IN PERICOLO! 11 Per salvare il paese estenuato e martoriato dalle nuove prove cui l'ha sottoposto la guerra;, abbiamo affrontato il massimo sacrificio e abbiamo dichiarato ai tedeschi, di consentire a firmare le loro con- dizioni di pace. Il 20 (7) febbraio verso sera i nostri parlamentari sono partiti da Regitsa per Dvinsk, e finora non c'è stata risposta . Il governo tedesco, evidentemente, tarda a rispondere. È chiaro che non vuole la pace 12 . Eseguendo Tincarico affidatogli dai capitalisti di tutti i paesi, il militarismo tedesco vuole soffocare gli operai e i con- tadini russi e ucraini , restituire le terre ai grandi proprietari fondiari , e fabbriche e le officine ai banchieri , il potere alla monarchia. I generali tedeschi vogliono instaurare il loro « ordine » a Pietrogrado e a Kiev. La repubblica socialista dei soviet corre un gravissimo pericolo. Fino al momento in cui il proletariato della Germania non si solleverà e vincerà, è sacro dovere degli operai e dei contadini della Russia di- fendere senza riserve la repubblica dei soviet contro le orde della Germania borghese-imperialistica. Il Consiglio dei commissari del po- polo decreta: 1) Tutte le forze e le risorse del paese vengono mess,e interamente a disposizione dell'opera di difesa rivoluzionaria. 2) Tutti i soviet e le organizzazioni rivoluzionarie Sono tenute a difendere ogni posizione fino all'ultima goccia di sangue. 3) Le organizzazioni dei ferrovieri e i soviet con esse collegati debbono impedire con tutte le loro forze al nemico di utilizzare il sistema delle vie di comunicazione; effettuando la ritirata debbono distruggere le strade ferrate, far sal- tare e incendiare gli edifici ferroviari; avviare immediatamente ad est, verso Pinterno del paese, tutto il materiale rotabile, vetture e locomotive. 4 ) Tutte le riserve di grano e, in generale, di derrate alimentari, nonché tutti i beni di valore che corrono il pericolo di LA PATRIA SOCIALISTA È IN PERICOLO! 21 cadere nelle mani del nemico devono essere distrutti senza eccezione; i soviet locali, sotto la personale responsabilità dei loro presidenti, hanno il compito di vigilare affinché quest’ordine sia eseguito. 5) Gli operai e i contadini di Pietrogrado, di Kiev e di tutte le città, località, paesi e villaggi situati sulla linea del nuovo fronte devono mobilitare battaglioni per scavare trincee sotto la direzione di specialisti militari. 6) In questi battaglioni devono essere inclusi tutti i membri della classe borghese atti al lavoro, uomini e donne, sotto la sorveglianza di guardie rosse; fucilare chi oppone resistenza. 7) Tutte le pubbli- cazioni che si oppongono airazione di difesa rivoluzionaria e si schie- rano dalla parte della borghesia tedesca, nonché quelle che cercano di approfittare dell’invasione delle orde imperialistiche per rovesciare il potere sovietico, vengono soppresse; i redattori e i collaboratori di queste pubblicazioni abili al lavoro vengono mobilitati per scavare trincee e per altri lavori di difesa. 8) Gli agenti del nemico , gli specu- latori , i saccheggiatori , ì teppisti , i sobillatori controrivoluzionari , le spie tedesche vengono fucilati sul posto . La patria socialista è in pericolo 1 Viva la patria socialista! Viva la rivoluzione socialista internazionale ! Il Consiglio dei commissari del popolo 21 febbraio 1918, Pietrogrado. Pravda, n. 32, 22 febbraio 1918. SUPPLEMENTO AL DECRETO DEL CONSIGLIO DEI COMMISSARI DEL POPOLO: «LA PATRIA SOCIALISTA È IN PERICOLO! » Per una giusta e rigorosa esecuzione del decreto del Consiglio dei commissari del popolo del 21 febbraio, si stabilisce: 1 ) Ogni operaio, dopo aver lavorato otto ore al giorno, è tenuto a lavorare ogni giorno tre ore (oppure quattro ore e mezzo al giorno con un giorno di riposo su tre) nel settore militare o amministrativo. 2) Chiunque appartenga alla classe ricca o alle categorie agiate (con reddito non inferiore ai 500 rubli al mese o con un patrimonio liquido non inferiore ai 1.500 rubli) è tenuto a provvedersi immediata- mente di un libretto di lavoro nel quale deve essere annotato settima- nalmente se egli ha eseguito la sua parte di lavoro militare o ammini- strativo. Le annotazioni vengono fatte dal sindacato operaio, dal soviet dei deputati operai o dal comando del locale reparto della Guardia rossa, secondo i casi. I libretti di lavoro per le persone agiate costano 50 rubli l’uno. 3) Coloro che non sono operai, ma non appartengono alle classi agiate, sono pure tenuti ad avere un libretto di lavoro che viene loro rilasciato al prezzo di 5 rubli (o 1 rublo, secondo il costo). Nei libretti di lavoro per persone agiate è compresa una rubrica in cui si registrano settimanalmente le somme delle entrate e delle uscite. Chi non è in possesso del libretto di lavoro o vi annota cose inesatte (o peggio ancora false) è sottoposto alle leggi del tempo di guerra. Chiunque sia in possesso di armi deve ottenere un nuovo per- messo (a) dal comitato locale di caseggiato; (b) dagli enti indicati SUPPLEMENTO AL DECRETO 23 nel § 2. Senza queste due autorizzazioni è proibito possedere armi; chi viola questa norma è punito con la fucilazione. La stessa pena è inflitta a chi accaparra riserve alimentari. Per una giusta organizzazione dei rifornimenti alimentari tutti i cittadini sono tenuti a riunirsi in società di consumo... 13 . Scritto il 21-22 febbraio 1918. Pubblicato per la prima volta in Pravda, 22 dicembre 1927, n. 293- LA SCABBIA La scabbia è un male doloroso. Quando poi le persone vengono assalite dalla scabbia della vuota frase rivoluzionaria, la sola vista di questa malattia causa sofferenze insopportabili. Verità semplici, chiare, comprensibili, evidenti a qualunque rap- presentante delle masse lavoratrici, verità che sembrano indiscutibili, vengono deformate da chi è affetto dalla suddetta specie di scabbia. Non di rado questa deformazione nasce dalle migliori, più nobili, più elevate intenzioni, « semplicemente » perché certe verità teoriche non sono state ben digerite o perché, con ingenuità infantile o con servi- lismo da scolaro, le si ripetono inopportunamente (questa gente non ca- pisce, come si suol dire, « il come e il quando »}, ma non per questo la scabbia cessa di essere una assai brutta scabbia. Per esempio, che cosa può essere più indiscutibile e più evidente della seguente verità: il governo che ha dato a un popolo estenuato da tre anni di guerra rovinosa il potere sovietico, la terra, il controllq operaio e la pace, sarà invincibile? La pace è la cosa più importante. Se, dopo tanti sforzi compiuti con tutta la buona volontà , per otte- nere una pace giusta e generale, è risultato, di fatto, che non si può ottenerla ora , ogni mugik capirà che bisogna scegliere non la pace generale, ma una pace separata (singola) e ingiusta. Ogni mugik, anche il più arretrato e- analfabeta, lo capirebbe e apprezzerebbe il governc che gli avesse dato pur una siffatta pace. Alcuni bolscevichi dovevano ammalarsi di questa brutta scabbia del la vuota frase per dimenticare tutto ciò e suscitare il più legittimo mal contento dei contadini, quando questa scabbia ha portato ad una nuova guerra della rapace Germania contro l'esausta Russia! Ho già mostrato nell’articolo Sulla frase rivoluzionaria (Pravda del 21 (,8) LA SCABBIA 25 febbraio) 14 la ridicola e meschina vacuità « teorica » e i sofismi di cui si è ammantata questa scabbia. Non sarei stato qui a ricordarlo se quella stessa scabbia non si fosse diffusa oggi (è una malattia cosi contagiosa!) anche altrove 15 . Per spiegare come tutto ciò sia successo, citerò dapprima un pic- colo esempio, molto semplice, molto chiaro, senza « teoria », — se si presenta la scabbia come una « teoria » la cosa diviene intollerabile — senza parole complicate o incomprensibili alle masse. Ammettiamo che Kaliaev 1S , per uccidere il mostruoso tiranno, si faccia dare una pistola dal peggiore delinquente, bandito, criminale, promettendogli in cambio di procurargli pane, denaro e vodka. Si può rimproverare a Kaliaev di aver fatto « affari con un ban- dito » per acquistare uno strumento di morte? Ogni uomo di mente sana dirà di no. Se Kaliaev non aveva altro modo di procurarsi una pistola e se la causa per cui si batteva Kaliaev era realmente onesta (uccisione di un tiranno, e non omicidio per rapina), non si può rim- proverare a Kaliaev un siffatto acquisto della pistola, anzi egli va approvato* Se però un bandito al fine di compiere un omicidio per rapina si procura con denaro, vodka e pane, una pistola da un altro bandito, si può allora paragonare (per npn dire poi identificare) un tale « af- fare con un bandito » con l'affare di Kaliaev? No. Chiunque non abbia perso la ragione e non sia affetto da scabbia converrà che non è possibile. Qualunque mugik vedendo un « intellettuale » che cerca di eludere con vuote frasi una verità cosi evidente direbbe: tu, caro signore, non hai la stoffa per governare 10 Stato, ti conviene piuttosto iscriverti tra gli imbonitori o sempli- cemente andare a farti i bagni per guarire dalla scabbia. Se Kerenski, rappresentante della classe borghese dominante, cioè degli sfruttatori, conclude un affare con gli sfruttatori anglo-francesi per ottenere da loro armi e patate e al tempo stesso nasconde al popolo gli accordi con cui promette (in caso di successo) ad un ban- dito l’Armenia, la Galizia, Costantinopoli, all’altro Bagdad, la Siria, ecc., è forse difficile comprendere che questo affare è un mercato di briganti, di sfruttatori, un’infamia da parte di Kerenski e dei suoi amici? No. Non è affatto difficile capirlo. Ogni mugik lo capirà, anche 11 piu arretrato e analfabeta. 26 LENIN Ma se il rappresentante della classe degli struttati, degli oppressi, dopo che questa classe ha rovesciato gli sfruttatori, pubblicato e an- nullato tutti i trattati segreti e di rapina, è fatto oggetto di un'ag- gressione criminale da parte degli imperialisti della Germania, lo si può forse accusare di « far affari con i banditi » anglo-francesi, di rice- vere da essi armi e patate in cambio di denaro o di legname ecc.? Si può considerare un tale affare disonesto, vergognoso, poco pulito? No. Non si può. Ogni uomo di mente sana lo capirà e tratterà da buffoni coloro che si mettessero in testa di dimostrare « no-o-bil- mente » e con aria professorale che « le masse non capiranno » la differenza tra la guerra di rapina dell’imperialista Kerenski (e i suoi disonesti mercati con i banditi per la spartizione del bottino comune) e il mercato alla Kaliaev che il governo bolscevico conduce con i ban- diti anglo-francesi per ottenere da loro armi e patate allo scopo di respingere il bandito tedesco. Ogni uomo di mente sana dirà: acquistare armi da un bandito a scopo di rapina è un’infamia e una indegnità, ma comprare le armi dallo stesso bandito per condurre una lotta contro l’oppressore è cosa pienamente legittima. Soltanto signorine schizzinose e giovinetti leziosi che hanno « letto nei libri » e appreso solo leziosaggini possono ve- dere in ciò qualcosa di « poco pulito ». A parte queste categorie di persone, forse solo gli affetti da scabbia possono cadere in un simile « errore ». Ma l’operaio tedesco capirà la differenza fra l’acquisto di armi presso banditi anglo-francesi fatto da Kerenski allo scopo di strap- pare ai turchi Costantinopoli, all’Austria la Galizia, ai tedeschi la Prussia orientale,... e l’acquisto di armi effettuato dai bolscevichi presso gli stessi banditi per respingere Guglielmo, il quale ha mandato le truppe contro la Russia socialista nonostante che questa avesse pro- posto a tutti una onesta e giusta pace e avesse dichiarato finita la guerra? Bisogna supporre che l’operaio tedesco la « capirà », in primo luogo perché questo operaio è intelligente ed educato, in secondo luogo perché è abituato a vivere in un ambiente sano e progredito, e quindi non è affetto né dalla scabbia russa in generale né dalla scabbia della vuota frase rivoluzionaria in particolare. Non c’è forse differenza tra romicidio per rapina e l’uccisione di un aggressore? LA SCABBIA 27 Non c'è forse differenza tra la guerra di due gruppi di predoni per la spartizione del bottino e la guerra giusta, per liberare dall'ag- gressione di un predone il popolo che ha rovesciato i predoni? Non dipende forse il giudizio sulla giustezza o meno della mia condotta, allorché acquisto un'arma da un bandito, dallo scopo e dalla destinazione di quest'arma? Dalluso di essa in una guerra vile e disonesta o in una guerra onesta e giusta? Ahi! La scabbia è proprio una brutta malattia. E difficile è il mestiere di chi deve curare gli scabbiosi... P.S. - I nordamericani nella lotta di liberazione contro Plnghil- terra alla fine del XVIII secolo si sono serviti dell'aiuto di Stati come quello spagnolo e quello francese, concorrenti dell'Inghilterra e al pari di questa predoni coloniali. Si dice che alcuni « bolscevichi di si- nistra » sono pronti a scrivere un « lavoro scientifico » sull'« affare poco pulito» concluso da questi americani,.. Pravda , 22 febbraio 1918, edizione della sera. Firmato: Karpov. PACE O GUERRA? La risposta dei tedeschi, come t lettori possono constatare, ci pone di fronte a condizioni di pace ancora piu dure di quelle avanzate a Brest-Litovsk 17 . E tuttavia sono assolutamente convinto che solo chi sia completamente in preda all’ebbrezza della vuota frase rivolu- zionaria può essere spinto a rifiutare di sottoscrivere queste condi- zioni. Ho cominciato una lotta implacabile contro la frase rivoluzio- naria con gli articoli sulla Pravda (firmati Karpov) Sulla frase rivolu- zionaria e La scabbia 18 appunto perché vedo in essa attualmente il maggior pericolo per il nostro partito (e quindi anche per la rivoluzione). I partiti rivoluzionari, applicando rigidamente le parole d’ordine rivo- luzionarie, già piu volte nella storia sono stati affetti dalla malattia della scabbia rivoluzionaria e ne sono morti. Fino ad ora mi sono sforzato di convincere il partito a lottare contro la vuota frase rivoluzionaria. Ora sono costretto a farlo aper- tamente. Giacché — purtroppo! — le mie peggiori previsioni si sono avverate. L’8 gennaio 1918 ho presentato a un’assemblea di circa sessanta tra i principali funzionari di partito di Pietrogrado le mie « tesi per la conclusione immediata di una pace separata e annessionistica » 19 (17 tesi che saranno pubblicate domani stesso). Già in queste test (paragrafo 13) dichiaravo guerra alla frase rivoluzionaria, in una forma assai moderata e amichevole (ora condanno decisamente quella moderazione). Dicevo che la politica volta a rifiutare la pace proposta « risponderebbe, forse, all’esigenza deH’uomo di tendere a ciò che è bello, ricco di effetto, brillante, ma non terrebbe assolutamente conto dell’obiettivo rapporto di forze tra le classi e dei fattori materiali nella fase attuale della rivoluzione socialista, ancora agli inizi ». PACE O GUERRA? 29 Nella 17 a tesi ho scritto che, se noi rifiuteremo di firmare la pace propostaci, « sconfitte durissime costringeranno la Russia a con- cludere una pace separata ancora piu svantaggiosa ». È avvenuto ancora di peggio, poiché il nostro esercito, in ritirata e in via di smobilitazione-, si rifiuta assolutamente di battersi. Solo uno sfrenato amor della frase può spingere la Russia, in tali condizioni, a fare la guerra in questo momento, ed io personal- mente, s’intende, non rimarrei un minuto di piu nei governo e nel CC del nostro partito' se la politica della frase dovesse prevalere. Ora l’amara verità si è mostrata con così terribile chiarezza, che non si può non vederla. Tutta la borghesia della Russia giubila e trionfa in attesa dell’arrivo dei tedeschi. Solo gente cieca o ebbra di vuote frasi può chiudere gli occhi di fronte al fatto che la politica della guerra rivoluzionaria {senza un esercito..,) significa portare ac- qua al mulino della nostra borghesia. A Dvinsk gli ufficiali russi vanno già in giro con le spalline. A Regitsa i borghesi hanno accolto i tedeschi con entusiasmo. A Pietrogrado, sul Nievski e nei giornali borghesi ( Riec , Dielo Na - roda , Novy Lue, ecc. ), mostrano il loro entusiasmo per l’imminente rovesciamento del potere sovietico da parte dei tedeschi. Ciascuno sappia: chi è contro una pace immediata, anche se durissima, vuole la rovina del potere sovietico. Siamo costretti a passare attraverso una pace dura. Essa non arresterà la rivoluzione in Germania e in Europa. Ci accingeremo ad organizzare un esercito rivoluzionario non con le frasi e le esclamazioni (come quelli che dal 7 gennaio in poi non hanno fatto nulla per tentare almeno di fermare le nostre truppe in fuga), ma con il lavoro orga- nizzativo, con l’azione, con la creazione di un vero, potente esercito popolare. Pravda , n. 34, 23 febbraio 1918, edizione della sera. DISCORSO ALLA SEDUTA COMUNE DEI GRUPPI BOLSCEVICO E SOCIALISTA-RIVOLUZIONARIO « DI SINISTRA » DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRALE DEI SOVIET DI TUTTA LA RUSSIA 20 23 febbraio 1918 Resoconto giornalistico Lenin parla in favore della firma delle proposte tedesche. Co- mincia dicendo che il potere sovietico deve guardare la verità in faccia, che il potere sovietico deve constatare l’assoluta impossibilità di op- porsi ai tedeschi. Riferendosi agli oratori precedenti che non vogliono la firma del trattato, afferma che è assolutamente infondata l’afferma- zione che noi possiamo organizzare un esercito nel futuro immediato; l’esercito non vuole combattere, e nessuno potrà costringerlo a com- battere; e se ci mettiamo ad organizzare un esercito, se -raduniamo un pugno di combattenti generosi da gettare nelle fauci deH’imperialismo, ci priveremo cosi dei combattenti energici e coscienti che ci hanno dato la libertà. In seguito Lenin afferma che il nostro proletariato russo non ha nessuna colpa se la rivoluzione tedesca ha ritardato. Essa verrà, ma per adesso ancora non c’è, e per noi la cosa migliore è guadagnare tempo; se firmiamo ora il trattato di pace, potremo in seguito, grazie ad un energico lavoro di organizzazione, aH’impianto di strade ferrate, al riordinamento dei rifornimenti alimentari, creare un forte e solido esercito a difesa della nostra rivoluzione, e fino a quel momento certa- mente la rivoluzione socialista avrà tempo di avvenire anche in Germania. Izvestia dei Soviet dei deputati operai , soldati e contadini di Mosca e della regione di Mosca, n. 32. 24 febbraio 1918. RAPPORTO ALLA SEDUTA DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRALE DI TUTTA LA RUSSIA 21 23 febbraio 1918 Compagni, le condizioni che ci hanno proposto i rappresentanti delPimperialismo tedesco sono incredibilmente dure, estremamente iugu- latorie, sono condizioni brigantesche. Gli imperialisti tedeschi, approfit- tando della debolezza della Russia, ci mettono il ginocchio sul petto. Eppure, in una tale situazione, per non nascondervi V amara verità di cui sono profondamente convinto, debbo dirvi che per noi non c’è altra via di uscita che sottoscrivere queste condizioni. Ogni altra proposta significherebbe richiamare su di noi, volontariamente o involontaria- mente, mali ancora peggiori e un ancor maggiore assoggettamento (se si può parlare qui di gradi successivi) e asservimento della repub- blica sovietica albimperialismo tedesco; oppure sarebbe un misero tentativo di eludere con le parole una realtà minacciosa, eccezional- mente dura, ma incontestabile. Compagni, voi tutti sapete bene, e molti di voi lo sanno per esperienza personale, che sulla Russia si è rovesciato tutto il peso della guerra imperialista, che per cause a tutti note e indiscutibili è stata piu terribile e piu dura che negli altri paesi; voi sapete perciò che il nostro esercito è esausto, estenuato dalla guerra come nessun altro; che tutte le calunnie lanciate contro di noi dalla stampa borghese e dai partiti che la sostenevano o erano ostili al potere sovietico, secondo cui i bolscevichi avrebbero disgre- gato l’esercito, sono un’assurdità. Vi ricordo ancora una volta il pro- clama che Krylenko, quando era ancora sottotenente sotto Kerenski, diffuse tra le truppe partendo per Pietrogrado e che fu ristampato sulla Pravda, in cui egli diceva quanto segue; nessun ammutinamento, noi non vi esortiamo a questo, noi vi chiamiamo ad azioni politiche organizzate, cercate di mantenervi il piu possibile organizzati. Ecco 32 LENIN quale era la propaganda di' uno dei rappresentanti bolscevichi piu impe- tuosi e piu vicini alPesercito. Tutto ciò che si poteva fare per mante- nere in piedi questo esercito, in preda a un’inaudita, tremenda stan- chezza, tutto ciò che si poteva fare per renderlo piu forte, è stato fatto. Ma ora, dopo che io, per esempio, ho assolutamente evitato nel corso dell’ultimo mese di esprimere il mio pensiero, che avrebbe potuto apparire pessimistico, e dopo che, come si è visto, abbiamo detto nel corso dell’ultimo mese tutto ciò che si poteva dire e fatto tutto ciò che si poteva fare per migliorare la situazione dell’esercito, la realtà ci ha mostrato che dopo tre anni di guerra il nostro esercito non può e non vuole in nessun caso combattere. Ecco la ragione fondamentale, semplice, evidente, in sommo grado amara e dura, ma assolutamente chiara, per cui, vivendo accanto a un predone imperia- lista, noi siamo costretti a sottoscrivere condizioni di pace mentre egli ci ?ta con il ginocchio sul petto. Ecco perché dico e ripeto, con' piena coscienza della responsa- bilità che mi assumo, die a questa responsabilità nessun rappresen- tante del potere sovietico ha il diritto di sfuggire. Certo, è piacevole e facile dire agli operai, ai contadini, ai soldati, era piacevole e facile osservare come dopo la svolta dell’ottobre la rivoluzione andava avanti, ma quando bisogna ammettere l’amara, dura, incontestabile verità che una guerra rivoluzionaria è impossibile, non è permesso eludere questa responsabilità e bisogna assumersela direttamente. Ritengo per me un obbligo, ritengo necessario compiere il mio dovere e dire senz’altro le cose come stanno, e perciò sono convinto che le classi lavoratrici della Russia, le quali sanno che cosa è la guerra, quanto è costata ai lavo- ratori, a qual grado di esaurimento e di sfinitezza li ha portati, non dubito un solo istante che, pur ammettendo, insieme con noi, l’inaudita durezza, brutalità e infamia di queste condizioni di pace, giustifichino tuttavia la nostra condotta. Esse diranno:- voi dovevate, ne avevate preso l’impegno, proporre le condizioni di una pace immediata e giu- sta, dovevate sfruttare tutti i mezzi possibili, ritardare la conclusione della pace per vedere se altri paesi si univano a noi, se ci veniva in aiuto il proletariato europeo, senza l’aiuto del quale non possiamo ottenere una duratura vittoria socialista. Noi abbiamo fatto tutto ciò che era possibile per prolungare le trattative, abbiamo fatto anche più di quello che era possibile, dopo le trattative di Brest abbiamo RAPPORTO ALLA SEDUTA DEL CE C 33 dichiarato cessato lo stato di guerra, sicuri, come erano sicuri molti di noi, che la situazione interna non avrebbe permesso alla Germania una feroce e selvaggia offensiva contro la Russia. Questa volta ab- biamo dovuto subire una dura sconfitta, e la sconfitta bisogna sa- perla guardare direttamente in viso. Si, la rivoluzione è andata finora di vittoria in vittoria; ma ora ha subito una dura sconfitta. Il movi- mento operaio tedesco, cosi rapido ai suoi inizi, ha subito una bat- tuta d’arresto. Sappiamo che le ragioni fondamentali di questo movi- mento sono sono state eliminate, che vanno crescendo e che si allar- gheranno senza dubbio, perché si trascina una guerra tormentosa, per- ché la ferocia deirimperialismo si rivela sempre piu profonda e piu scoperta, aprendo gli occhi a coloro che sembrerebbero più lontani dalla politica o alle masse che sembrano incapaci di comprendere la politica socialista. Ecco perché si è giunti a una situazione cosi tra- gica e disperata che ci costringe ora ad accettare la pace e costringerà le masse lavoratrici a dire: si, essi hanno agito giustamente, hanno fatto tutto ciò che potevano per proporre una pace giusta e ritardare la sua conclusione, hanno dovuto assoggettarsi alla pace più iugu- latoria e disgraziata, perché il paese non aveva altra via d uscita. Gli imperialisti tedeschi si trovano in una situazione tale per cui sono costretti a combattere una battaglia all’ultimo sangue contro la repub- blica dei soviet; se ora non proseguono la marcia su Pietrogrado e Mosca, com era nei loro piani, è solo perché sono impegnati in una guerra sanguinosa e di rapina contro l’Inghilterra e perché inoltre hanno una crisi interna. Quando mi dicono che gli imperialisti tedeschi pos- sono domani o dopodomani presentare' condizioni ancora peggiori, rispondo che bisogna essere pronti anche a questo; è naturale che, vivendo accanto a predoni feroci, la repubblica sovietica debba atten- de] si un’aggressione. Se ora non possiamo rispondere con la guerra è perché non abbiamo forze, perché far la guerra si può solo con il popolo. Se i successi della rivoluzione spingono molti compagni a so- stenere il contrario, questo non è un fenomeno di massa, non è l’espres- sione della volontà e dell’opinione effettiva delle masse; se voi vi accostate alla vera classe lavoratrice, agli operai e ai contadini, udre- te una sola risposta, e cioè che non possiamo far la guerra in nessuno caso, non abbiamo fisicamente le forze, siamo sommersi nel sangue, come ci ha detto un soldato. Queste masse ci capiranno e ci 34 LENIN daranno ragione quando firmeremo questa pace cosi dura a cui siamo costretti. Forse il periodo di respiro necessario per dare nuovo slancio al- le masse sarà lungo, ma coloro che hanno avuto modo di vivere i lunghi anni delle battaglie rivoluzionarie, i periodi di ascesa della rivolu- zione e i periodi in cui la rivoluzione ricadeva nell’abisso, in cui gli appelli rivoluzionari alle masse non trovavano in esse alcuna eco, sanno che tuttavia la rivoluzione si è sempre risollevata. Perciò noi diciamo: si, ora le masse non sono in grado di fare la guerra, ora ogni rappresentante de! potere sovietico è tenuto a dire tutta l’amara verità in faccia al popolo, ma passerà il periodo delle indicibili dif- ficoltà causate da tre anni di guerra e dal disperato sfacelo provocato dallo zarismo, e il popolo ritroverà in sé le forze e la possibilità di dare la dovuta risposta. Dinanzi a noi sta ora l’oppressore; all’op- pressione, certo, è meglio rispondere con la guerra rivoluzionaria, con l’insurrezione, ma purtroppo la storia ha dimostrato che alPoppres- sione non sempre si può rispondere con l’insurrezione; la rinuncia all’insurrezione non significa ancora rinuncia alla rivoluzione; non la- sciatevi* prendere al laccio dalla provocazione che parte dai giornali borghesi, dagli avversari del potere sovietico; si, essi non hanno altre parole che « pace infame » e grida di « vergogna! » a proposito di questa pace, ma di fatto questi borghesi vanno incontro con entusia- smo agli invasori tedeschi. Essi dicono: « Finalmente, verranno i te- deschi e ci porteranno l’ordine », ecco ciò che essi vogliono e tramano gridando « pace infame, pace vergognosa ». Essi vogliono che il potere dei soviet dia battaglia, una battaglia disperata, sapendo che non abbiamo forze, e ci spingono verso il pieno asservimento agli impe- rialisti tedeschi per fare mercato di noi con i poliziotti tedeschi; ma essi non fanno che esprimere i loro interessi di classe, perché sanno che il potere dei soviet si rafforza. Queste voci, queste grida contro la pace sono, a mio avviso, la migliore dimostrazione che coloro che rifiutano questa pace non solo si sono fatti cullare da illusioni ingiustificate, ma hanno prestato il fianco alla provocazione. No, bi- sogna guardare direttamente in faccia alla terribile verità: davanti a noi è l’oppressore, che ci ha messo un ginocchio sul petto, che noi com- batteremo con tutti i mezzi della lotta rivoluzionaria. Ma ora ci tro- viamo in una situazione disperatamente difficile, il nostro alleato non può correre in nostro aiuto, il proletariato internazionale non RAPPORTO ALLA SEDUTA DEL CEC 3 3 può venire ora, ma verrà. Questo movimento rivoluzionario, che non ha ora la possibilità di dare una risposta militare al nemico, si sol- leverà e darà questa risposta più tardi, ma la darà. (Applausi). Resoconto abbreviato in Pravda , n. 35, 26 febbraio 1918. Pubblicato per la prima volta integralmente nel 1926 nella raccolta delle opere di Lenin, voi. XX, parte 2 a . DOV’È L’ERRORE? 22 Gli avversari piu illustri e piu responsabili della conclusione di una pace separata sulla base delle condizioni di Brest-Litovsk hanno espresso l’essenza dei loro argomenti nella maniera seguente: ... « » Sono qui esposti gli argomenti piu concentrati, piu importanti, presentati quasi sotto forma di risoluzione. Per facilitare l’analisi degli argomenti, abbiamo numerato ogni singola proposta. Esaminando questi argomenti salta subito agli occhi l’errore fon- damentale degli autori. Essi non dicono una parola delle condizioni concrete della guerra rivoluzionaria nel momento attuale. Quella che per i fautori della pace è la considerazione prima e fondamentale, cioè appunto l’impossibilità che noi abbiamo di combattere ora , è passata sotto silenzio. Per tutta risposta, — risposta se non altro alle mie tesi 23 , ben note agli autori fin dall’8 gennaio, — vengono portate esclusivamente considerazioni generali , astrazioni, che si trasformano inevitabilmente in vuote frasi. Poiché ogni considerazione storica ge- nerale, applicata a un singolo caso senza una particolare analisi delle condizioni proprie del caso dato, diventa vuota frase. Prendete 1^ prima proposta. Tutto il suo «sale» è questo: rim- proveri, grida di sdegno, declamazioni, volontà di « riempire di ver- gogna » l’avversario, appello al sentimento: ecco come siete cattivi, gli imperialisti vi attaccano, « proclamando » che il loro scopo è di abbattere la rivoluzione proletaria, e voi rispondete acconsentendo a concludere la pace! Ma il nostro argomento, e agli autori è ben noto, consiste appunto nell’affermare che, se rifiutiamo questa dura pace, facilitiamo appunto al nemico il soffocamento della rivoluzione prole- DOV'È L’ERRORE? 37 taria. E questo nostro argomento è corroborato (per esempio, nelle mie tesi) da una serie di indicazioni estremamente concrete sullo stato dell'esercito, sulla sua composizione di classe, ecc. Gli autori hanno eluso ogni argomento concreto, e cosi hanno finito col pronun- ciare vuote frasi. Giacché, se il nemico «proclama» che il suo fine è di schiacciare la rivoluzione, è un cattivo rivoluzionario colui che, scegliendo una forma di resistenza manifestamente impossibile, ottiene cosi che gli scopi del nemico passino dalla semplice « proclamazione » alla realizzazione. Secondo argomento: i « rimproveri » si fanno piu forti. Ma voi acconsentite a firmare la pace al primo attacco del nemico... Ma dav- vero gli autori pensano seriamente che ciò possa essere convincente per chi fin dal mese di gennaio, assai prima delP« attacco », aveva analizzato il rapporto di forze e le condizioni concrete della guerra nel momento attuale? Che cos’è se non una vuota frase considerare un « rimprovero » come una obiezione contro un'analisi?? Acconsentire alla pace in queste condizioni, ci si dice, « è una capitolazione del reparto avanzato del proletariato internazionale di fronte alla borghesia internazionale », Di nuovo una vuota frase. Le verità generali vengono gonfiate in tal modo che divengono false e si trasformano in pura declama- zione. La borghesia tedesca non è la borghesia « internazionale », poi- ché i capitalisti anglo-francesi salutano con gioia il nostro rifiuto di firmare la pace. La « capitolazione », generalmente parlando, è una brutta cosa, ma questa rispettabile verità non offre una soluzione per ogni situazione particolare, poiché si può chiamare capitolazione anche il rifiuto di combattere in condizioni chiaramente svantaggiose, e una tale capitolazione è un dovere per ogni serio rivoluzionario. Capitolazione, generalmente parlando, era anche il consenso a parte- cipare alla III Duma, la sottoscrizione della pace con Stolypin, se- condo l’espressione che usarono allora i nostri declamatori «di- sinistra». Noi siamo il reparto avanzato nel senso deiriniziativa rivoluzio- naria, questo è indiscutibile; ma che siamo il reparto avanzato nel senso dello scontro militare con le forze deirimperialismo avanzato, questo... a \ Scritto il 23 o 24 febbraio 1918. Pubblicato la prima volta nel 1929 in Miscellanea dì Lenin , XI UNA PACE DISGRAZIATA Trotski aveva ragione quando diceva: una pace può essere tre volte disgraziata, ma non può essere infame, vergognosa, indegna una pace che ponga termine a questa guerra cento volte infame. È incredibilmente, straordinariamente duro firmare una pace di- sgraziata, eccezionalmente dura, infinitamente umiliante, quando il forte preme sul petto del debole. Ma è inammissibile cadere nella disperazione, non è permesso dimenticare che la storia conosce esempi di ancor maggiori umiliazioni, di condizioni di pace ancor piu di- sgraziate e ancora più dure. E tuttavia i popoli oppressi da vincitori selvaggiamente crudeli hanno saputo riaversi e riprendere forza. Napoleone I schiacciò e umiliò la Prussia infinitamente di più di quanto Guglielmo schiacci e umilii ora la Russia. Napoleone I fu nel corso di vari anni trionfatore assoluto su tutto il continente, la sua vittoria sulla Prussia fu molto più decisiva della vittoria di Gu- glielmo sulla Russia. Ma dopo pochi anni la Prussia si rimetteva in piedi e con una guerra di liberazione, non senza l’aiuto di altri Stati animati da spirito di rapina che conducevano contro Napoleone una guerra niente affatto di liberazione, bensì imperialistica, rovesciava il giogo di Napoleone. Le guerre imperialistiche di Napoleone durarono molti anni, ab- bracciarono un’intera epoca, misero in luce una rete eccezionalmente complicata di rapporti imperialistici * che si intrecciavano con i movi- menti di liberazione nazionale. E come risultato, la storia attraversò tutta questa epoca eccezionalmente ricca di guerre e di tragedie (tra- meniamo qui imperialismo il saccheggio di altri paesi in generale e guerra imperialistica la guerra dei predoni per la divisione del bottino. UNA PACE DISGRAZIATA 39 gedie che coinvolsero popoli interi) passando dal feudalesimo al « li- bero » capitalismo. Ora la storia marcia in avanti ancora piu rapidamente, le tragedie di interi popoli che sono stati e sono tuttora oppressi dalla guerra imperialistica sono incomparabilmente piu terribili. L’intrecciarsi di cor- renti, movimenti e tendenze imperialistiche e di liberazione nazionale è egualmente evidente, con questa enorme differenza: che i movimenti di liberazione nazionale sono infinitamente piu deboli e quelli impe- rialistici infinitamente piu potenti. Ma la storia avanza senza tregua e nel seno di tutti i paesi avanzati matura — nonostante tutto matura — la rivoluzione socialista, una rivoluzione infinitamente piu profonda, popolare, possente della rivoluzione borghese che l’ha preceduta. Perciò, va detto e ripetuto ancora una volta: nulla è piu inam- missibile della disperazione. Le condizioni di pace sono intollerabil- mente dure. Ma comunque la storia prenderà il sopravvento, ci verrà in aiuto — anche se non cosi presto come noi vorremmo — la rivolu- zione socialista che matura immancabilmente negli altri paesi. Un predone ci ha assediato, ci ha schiacciato e umiliato: noi però sapremo sopportare tutte queste difficoltà. Non siamo soli al mondo. Abbiamo amici, sostenitori, partigiani fedelissimi della nostra causa. Sono in ritardo, — a causa di una serie di condizioni che non dipen- dono dalla loro volontà, — ma verranno. Avanti, al lavoro per organizzare, organizzare e ancora una volta organizzare. Il futuro, nonostante tutte le dure prove, sarà nostro. Pravda, n. 34, 24 febbraio 1918. INTERVENTI ALLA RIUNIONE DEL COMITATO CENTRALE DEL POSDR(b) 24 febbraio 1918 Verbale della seduta 1 Si discute l’invio di una delegazione a Brest-Litovsk per la firma del trattato di pace. Lenin ritiene necessario mantenere la continuità con la delegazione precedente, e poiché non basta da solo il compagno Karakhan, sarebbe assai desiderabile che andassero i compagni loffe e Zinoviev. 2 A.A. loffe sì rifiuta categoricamente di andare, affermando che « la firma della pace è la morte di tutta la politica di Brest ». Lenin dice di non insistere perché loffe vada in qualità di pleni- potenziario per firmare il trattato, ma ritiene necessario che il com- pagno loffe vada come esperto. Senza dubbio i tedeschi hanno inviato la loro risposta in forma ultimativa, temendo di trovare opposizione da parte nostra, ma vedendo che siamo d’accordo per firmare la pace possono acconsentire alle trattative. In vista di ciò è appunto ne<£s- sario un esperto che conosca tutta la faccenda. Se risulterà che bisogna soltanto firmare, allora naturalmente non c'è bisogno di discutere e Tesperto non assisterà nemmeno alle sedute. 3 Lenin afferma che Radek, pur essendo contrario alla conclusione della pace, aveva acconsentito tuttavia ad andare, ma i polacchi glielo avevano impedito. INTERVENTI AL COMITATO CENTRALE 41 4 Nei successivi interventi L.D. Trotski dichiara che a Brest bisognerà soltanto firmare la pace e non ci sarà bisogno di A. A. Ioffe, poiché nella risposta dei tedeschi c’è la formulazione delle questioni piu importanti. Lenin ritiene che egli abbia torto, poiché indubbiamente al momen- to della firma del trattato occorrono degli specialisti, e noi non ne ab- biamo, se non altro per il trattato commerciale. Avrebbe potuto an- dare Krassin, ma è partito per Stoccolma dove si tratterrà qualche tempo. Noi firmiamo il trattato a denti stretti, cosa che la delega- zione dichiarerà, ma non conosciamo la situazione, non sappiamo che cosa potrà succedere al momento in cui la delegazione arriverà a Brest, e perciò Ioffe, come esperto, è necessario. In generale bisogna tener presente che noi diamo alla delegazione l’incarico di iniziare tratta- tive purché ve ne sia la minima possibilità. 5 Nell’ulteriore discussione _ si avanzano le candidature di G.E. Zinoviev e di Gl. Sokolnikov. Quest’ultimo propone di inviare Zinoviev, e Zinoviev di inviare Sokolnikov. Lenin ritiene che bisogna mandare tutti e due, e che, se si tratta soltanto di firmare la pace, ambedue possono partire subito, dopo essersi messi d’accordo per l’azione futura con Cicerin. 6 GL Sokolnikov dichiara che non andrà a Brest e in caso vi sia una deci- sione in tal senso egli uscirà dal CC. Lenin prega i compagni di non farsi prendere dai nervi e afferma che della delegazione potrà far parte anche il compagno Petrovski, in qualità di commissario del popolo. 7 In seguito il CC discute le dimissioni presentate da Trotski dall’incarico di commissario del popolo per gli affari esteri. Lenin afferma che ciò è inaccettabile, che un cambiamento di politica è la crisi. Un questionario sulla politica è stato inviato nelle province 25 e un po’ di polemica non è affatto dannosa. Avanza una proposta pratica: il CC prega il compagno Trotski 42 LENIN di rinviare le sue dimissioni alla successiva seduta del CC, fino a mar- tedì. (Emendamento: fino al ritorno della delegazione da Brest). 8 Lenin propone di mettere ai voti la seguente dichiarazione: il CC,. non ritenendo possibile accettare in questo momento le dimissioni del compagno Trotski, gli chiede di rinviare questa sua decisione fino al ritorno della delegazione da Brest o fino a un cambiamento della situazióne di fatto. Approvato con tre astensioni. 9 Dopo T approvazione di questa proposta L.D. Trotski dichiara « che egli ha presentato le sue dimissioni, che esse non sono state accettate e che perciò egli è costretto ad evitare di comparire nelle istituzioni ufficiali ». Lenin propone di votare: il CC, udita la dichiarazione del com- pagno Trotski, pure accettando pienamente che il compagno Trotski resti assente dal Consiglio dei commissari del popolo allorché si pren- dono decisioni di politica estera, chiede al compagno Trotski di non assentarsi per le altre decisioni. Approvato. 10 Quindi il CC discute la dichiarazione con cui G.I. Lomov, N.S. Uritski, V.M. Smirnov, G. Piatakov e altri si dimettono dagli incarichi di responsabilità nel partito e nei soviet. Lenin propone di approvare quanto segue: il CC chiede ai com- pagni che hanno dato le dimissioni di rinviare la loro decisione fino al ritorno della delegazione da Brest e di discutere questa decisione del CC nel loro gruppo. 11 Lenin avanza due proposte: 1 ) riconoscendo legittima la richiesta dei quattro, il CC chiede loro di discutere la proposta del CC e di rinviare le loro dimissioni sia in vista del prossimo congresso, sia in vista della difficoltà della situazione politica. INTERVENTI AL COMITATO CENTRALE 43 2) Garantendo ai compagni la pubblicazione delle loro dichiara- zioni sulla Pravda, il CC chiede loro di ritornare sulla loro decisione e di esaminare la possibilità di rimanere sia nei loro posti di respon- sabilità sia nel Comitato centrale. Le proposte di Lenin sono approvate. Pubblicato per la prima volta integralmente in ProUlarikaia Revoliutsia, n. 2, 1928. NOTA SULLA NECESSITÀ DI FIRMARE LA PACE Non firmare la pace in questo momento significa proclamare Pinsurrezione armata o la guerra rivoluzionaria contro Pimperialismo tedesco. Questa è o una vuota frase, o una provocazione della bor- ghesia russa, che attende ansiosa Parrivo dei tedeschi. Di fatto, noi in questo momento non possiamo combattere, poiché Pesercito è con- tro la guerra e non vuole combattere. Una settimana di guerra con i tedeschi, di fronte ai quali le nostre truppe sono semplicemente fuggite dal 18 al 24 febbraio 1918, lo ha dimostrato pienamente. Siamo nelle mani dell 1 imperialismo tedesco. In questo momento non ci vogliono vuote frasi che proclamino Pinsurrezione armata contro i tedeschi, ma un lavoro sistematico, serio, instancabile per preparare la guerra rivoluzionaria, creare la disciplina, un esercito, mettere in sèsto le ferrovie e i rifornimenti. Questa è Popinione della maggio- ranza del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia, tra cui Lenin (e la maggioranza del CC bolscevico) e Spiridonova e Malkin (mino- ranza del CC dei socialisti-rivoluzionari di sinistra). Scritto il 24 febbraio 1918. Pubblicato la prima volta nel 1929 in Miscellanea di Lenin y XI. LA POSIZIONE DEL CC DEL POSDR(b) SULLA QUESTIONE DELLA PACE SEPARATA E ANNESSIONISTICA 26 Cari compagni, l’Ufficio di organizzazione del Comitato centrale ritiene necessario rivolgersi a voi spiegando i motivi che hanno indotto il CC ad accet- tare le condizioni di pace proposte dal governo tedesco. L’Ufficio di organizzazione vi rivolge, compagni, queste spiegazioni al fine di infor- mare largamente tutti i membri del partito sul punto di vista del CC, che nei periodi tra i congressi rappresenta tutto il partito. L’Ufficio di organizzazione ritiene necessario rilevare che sulla questione della firma delle condizioni di pace nel CC non vi è stata unanimità. Ma, una volta presa, una decisione deve essere sostenuta da tutto il par- tito. Nei prossimi giorni si riunirà il congresso del partito ed esso soltanto potrà risolvere la questione se e quanto il CC ha espresso giustamente l’effettiva posizione di tutto il partito. Fino al congresso tutti i membri del partito, in nome del dovere di partito, in nome del mantenimento dell’unità nelle nostre stesse file, metteranno in pratica le decisioni del loro organo dirigente centrale, il CC del partito. L’assoluta necessità di firmare ora (24 febbraio 1918) una pace annessionista, incredibilmente dura, con la Germania è dovuta soprat- tutto al fatto che non abbiamo un esercito, che non possiamo difenderci. Tutti sanno perché dopo il 25 ottobre 1917, dopo la vittoria della dittatura del proletariato e dei contadini poveri, noi diventammo tutti difensisti, eravamo per la difesa della patria. Ma è inammissibile, dal puntò di vista della difesa della patria, lasciarsi trascinare in un conflitto bellico quando non si ha un esercito e quando il nemico è armato fino ai denti e ottimamente preparato. La repubblica socialista sovietica non può condurre una guerra, quando l’enorme maggioranza delle masse di operai, contadini e sol- 46 LENIN dati che eleggono i soviet, è chiaramente contraria. Sarebbe un’avven- tura. Altra cosa è se questa guerra finisce, anche con una pace estre- mamente dura, e l’imperialismo tedesco vorrà poi di nuovo scatenare una guerra offensiva contro la Russia. Allora la maggioranza dei soviet sarà certamente per la guerra. Fare la guerra ora significa obiettivamente prestar il fianco alla provocazione della borghesia russa. Quest’ultima sa perfettamente che la Russia è ora senza difesa e sarebbe sconfitta anche da insignificanti forze tedesche cui sarebbe sufficiente tagliare le principali linee fer- roviarie per prendere per fame Pietrogrado e Mosca. La borghesia vuole la guerra, poiché vuole il rovesciamento del potere sovietico e l’accordo con la borghesia tedesca. Il trionfo dei borghesi a Dvinsk e a Regitsa, a Wenden e a Hapsal, a Minsk e a Drissa, al momento dell’ingresso dei tedeschi, lo conferma nel modo piu chiaro. La difesa della guerra rivoluzionaria in questo momento si riduce inevitabilmente ad una vuota frase rivoluzionaria. Giacché senza un esercito, senza una seria preparazione economica, è impossibile per un esercito contadino disgregato condurre una guerra moderna contro l’imperialismò avanzato. La resistenza airimperialismo tedesco che ci opprime e ci tiene in pugno è indubbiamente necessaria. Ma vuota frase sarebbe la richiesta di resistere proprio mediante un'insurrezione armata e proprio ora, quando una tale resistenza è manifestamente disperata per noi, manifestamente vantaggiosa e per la borghesia tedesca e per quella russa. Una analoga frase vuota è la difesa della guerra rivoluzionaria, in questo momento, con il pretesto di appoggiare il movimento socia- lista internazionale. Se noi favoriremo l’imperialismo tedesco accet- tando intempestivamente battaglia e facilitandogli cosi la distru- zione della repubblica sovietica, recheremo danno e non aiuto al mo- vimento operaio tedesco e internazionale e alla causa del socialismo. Bisogna si aiutare senz’altro gli internazionalisti rivoluzionari alPin- terno di ogni paese con un’azione costante, multiforme e sistematica, ma cacciarsi nell’avventura di un’insurrezione armata quando è evi- dente che si tratta evidentemente di un’avventura, è indegno di un marxista. Se Liebknecht vincerà in due o tre settimane (ciò è possibile), egli naturalmente ci tirerà fuori da ogni difficoltà. Ma sarebbe semplice- mente una sciocchezza e una ridicola deformazione della grande pa- LA POSIZIONE DEL CC SULLA PACE 47 rola d’ordine della solidarietà dei lavoratori di tutti i paesi, se pensas- simo di garantire al popolo che Liebknecht vincerà immancabilmente nelle prossime settimane. Proprio ragionando cosi, si trasforma in una vuotissima frase la grande parola d’ordine; « Puntiamo sulla rivolu- zione mondiale ». La situazione è obiettivamente simile a quella dell’estate 1907. Allora ci aveva messo con le spalle al muro e ci teneva in pugno il monarchico russo Stolypin, ora ci tiene in pugno Timperialista tedesco. Allora la parola d’ordine dell’insurrezione immediata si rivelò una vuota frase che si era purtroppo diffusa in tutto il partito dei socia- listi-rivoluzionari. Ora, in questo momento, la parola d’ordine della guer- ra rivoluzionaria è anch’essa chiaramente una vuota frase, che attrae i socialisti-rivoluzionari di sinistra, i quali ripetono gli argomenti dei socialisti-rivoluzionari di destra. Siamo prigionieri dell’imperialismo te- desco, ci aspetta una lotta lunga e difficile per abbattere questa punta avanzata dell’imperialismo mondiale; questa lotta è indubbiamente la lotta decisiva e finale per il socialismo, ma cominciare questa lotta con l’insurrezione armata in questo momento contro la punta avan- zata dell’imperialismo è un’avventura nella quale i marxisti non si getteranno mai. La preparazione multiforme, instancabile, sistematica della capa* cità difensiva del paese, l’autodisciplina dovunque e dappertutto, l’uti- lizzazione di una dura sconfitta per elevare la disciplina in tutti i set- tori della vita, per dare al paese uno slancio economico e rafforzare il potere dei soviet: ecco il compito all’ordine del giorno, ecco la pre- parazione della guerra rivoluzionaria nei fatti e non a parole. In conclusione l’Ufficio di organizzazione ritiene necessario rile- vare che. in quanto fino ad ora l’offensiva dell’imperialismo tedesco non è cessata, tutti i membri del partito debbono organizzare una resistenza compatta. Se non si può guadagnar tempo per la prepara- zione a nuove battaglie con la firma della pace, anche la più dura, il nostro partito deve sottolineare la necessità di tendere tutte le forze per la più aperta resistenza. Se si può guadagnar tempo, ottenere anche un breve periodo di respiro per il lavoro di organizzazione, dobbiamo cercare di ottenerlo. Se non c’è data nessuna possibilità di rinvio, il nostro partito deve chiamare le masse alla lotta, alla più energica autodifesa. Siamo certi che tutti i membri del partito adempiranno il loro dovere di fronte 48 LENIN al partito, di fronte alla classe operaia del proprio paese, di fronte al popolo e al proletariato. Conservando il potere sovietico, noi diamo il migliore, il più forte appoggio al proletariato di tutti i paesi nella sua lotta straordinariamente difficile e dura contro la propria borghe- sia» In questo momento non vi sarebbe né potrebbe esservi una scon- fitta più grande per la causa del socialismo del crollo del potere dei soviet in Russia. Saluti fraterni L’Ufficio di organizzazione del CC del POSDR (bolscevico) Scritto il 24 febbraio 1918. Pravda, n. 35, 26 febbraio 1918. UNA LEZIONE DURA MA NECESSARIA La settimana dal 18 al 24 (11) febbraio 1918 entrerà nella storia della rivoluzione russa e internazionale come una delle più grandi svol- te storiche. Il 27 febbraio 1917 il proletariato russo, insieme* con una parte dei contadini, scossa dalFandamento degli eventi bellici, e insieme con la borghesia, rovesciò la monarchia. Il 21 aprile 1917 abbatté il potere assoluto della borghesia imperialistica, e fece passare il potere nelle mani dei piccoli-borghesi fautori di una politica di conciliazione con la borghesia. Il 3 luglio il proletariato cittadino, sollevatosi in una dimostrazione spontanea, inferse un colpo al governo dei conciliatori. Il 25 ottobre lo rovesciò e instaurò la dittatura della classe operaia e dei contadini poveri. Si è dovuto difendere questa vittoria con una guerra civile. Ciò ha preso circa tre mesi, a cominciare dalla vittoria su Kerenski presso Gateina, continuando con le vittorie sulla borghesia, sugli junker, su parte dei cosacchi controrivoluzionari a Mosca, Irkutsk, Orenburg Kiev, fino alla vittoria su Kaledin, Kornilov e Alexeiev a Rostov-sul-Don L'incendio dell'insurrezione proletaria è divampato in Finlandia. Il fuoco ha raggiunto la Romania. Le vittorie sul fronte interno erano state relativamente facili, poiché il nemico non aveva alcuna superiorità né tecnica né organiz- zativa, non disponeva di nessuna base economica, di nessun appoggio tra le masse della popolazione. La facilità con cui si erano conquistate le vittorie non poteva non far girare la testa a molti dirigenti. Comin- ciò a diffondersi lo stato d'animo: « Batterli è cosa da ragazzi ». Non si voleva vedere la gigantesca disgregazione dell'esercito in rapida smobilitazione, che abbandonava il fronte. Ci si beava della 50 LENIN vuota frase rivoluzionaria. Si trasferì questa frase vuota nella lotta contro l’imperialismo mondiale. Si prese la temporanea « libertà » della Russia dalla sua oppressione come qualcosa di normale, quando in realtà questa « libertà » si spiegava soltanto con l’intervallo che si era aperto nella guerra tra il predone tedesco e quello anglo-francese. Si prese l’inizio di scioperi di massa in Austria, in Germania per la rivoluzione che ci avrebbe liberato, secondo alcuni, da un serio pericolo da parte dell’imperialismo tedesco. Invece di un lavoro serio, pratico, tenace di collaborazione e di aiuto alla rivoluzione tedesca che nasceva in condizioni particolarmente difficili e dure, si cominciò a dire con negligente sicurezza: « Questi imperialisti tedeschi... con Liebknecht li faremo fuori subito! ». La settimana tra il 18 e il 24 febbraio 1918, dalla presa di Dvinsk alla presa di Pskov (poi ceduta nuovamente), la settimana dell'offen- siva militare della Germania imperialistica contro la repubblica socia- lista sovietica, è stata una lezione amara, cocente, dura, ma necessa- ria, utile e benefica. Com’era straordinariamente edificante il confronto tra i due gruppi di telegrammi e di telefonate che affluirono in quella settimana al centro del governo! Da una parte lo scatenarsi sfrenato della frase rivoluzionaria « risolutoria », della frase steinberghiana, si potrebbe dire, ricordando un capolavoro di questo genere, il discorso del socialista-rivoluzionario «di sinistra » (ehm... ehm...) Steinberg alla seduta di sabato del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia 37 . Dall’altra parte, le dolorose e cocenti notizie dei reggimenti che rifiu- tavano di mantenere le posizioni, rifiutavano perfino di difendere la linea di Narva, non eseguivano Lordine di distruggere ogni cosa durante la ritirata; non parliamo poi della fuga, del caos, dell’incapacità, del- l’impotenza, della inettitudine. Lezione amara, cocente, dura, ma lezione necessaria, utile, benefica! Da questa storica lezione l’operaio cosciente trae tre conclusioni: sul nostro atteggiamento verso la difesa della patria, la capacità difen- siva del paese, la guerra rivoluzionaria, socialista; sulle condizioni in cui avveniva il nostro conflitto con l’imperialismo mondiale; sulla giu- sta impostazione del problema dei nostri rapporti con il movimento socialista internazionale. Noi siamo difensisti ora, dal 25 ottobre 1917, siamo per la di- fesa della patria a partire da quel giorno. Giacché abbiamo dimostrato UNA LEZIONE DURA MA NECESSARIA 51 nei fatti la nostra rottura con Pimperialismo. Abbiamo denunciato e pubblicato gli sporchi e sanguinosi trattati-complotto degli imperialisti. Abbiamo rovesciato la nostra borghesia. Abbiamo dato la libertà ai popoli da noi oppressi. Abbiamo dato la terra al popolo e il controllo operaio. Noi siamo per la difesa della Repubblica socialista sovietica della Russia. Ma appunto perché siamo per la difesa della patria, esigiamo un atteggiamento serio nei confronti della capacità difensiva e della pre* parazione militare del paese. Noi dichiariamo una guerra implacabile alla frase rivoluzionaria della guerra rivoluzionaria. A questa occorre prepararsi a lungo, seriamente, cominciando dallo sviluppo econo- mico del paese, dalPimpianto delle strade ferrate (giacché senza di esse una guerra moderna è una vuotissima frase), ripristinando dap- pertutto la più rigorosa disciplina e autodisciplina rivoluzionaria. È un delitto, dal punto di vista della difesa della patria, intra- prendere un conflitto armato con un avversario infinitamente più forte e preparato quando è evidente che non si ha un esercito. Noi siamo costretti a firmare, dal punto di vista della difesa della patria, la pace più. dura, iugulatoria, crudele, vergognosa, non per « capitolare » di fronte all’imperialismo, ma per imparare e prepararci a combattere contro di esso in modo serio ed efficace. Quella settimana ha portato la rivoluzione russa a un grado di sviluppo storico-universale infinitamente più alto. In quei giorni la storia ha compiuto d’un balzo vari passi avanti. Fino ad allora avevamo davanti a noi nemici miserabili, meschini e degni di disprezzo (dal punto di vista delFimperialismo mondiale), un idiota come Romanov, un vanaglorioso come Kerenski, bande di iunker, di figli di papà. Da quel momento abbiamo di fronte un gigante delFimperialismo mondiale più evoluto, armato di una tecnica di prima qualità, mirabilmente attrezzato dal punto di vista organizzativo. Con esso bisogna battersi. Con esso bisogna saper battersi. Un paese con- tadino, condotto a un impressionante sfacelo da tre anni di guerra, che ha cominciato la rivoluzione socialista, deve evitare il conflitto armato — deve evitarlo finché è possibile, anche a costo dei più duri sacri- fici, — proprio per avere la possibilità di fare qualcosa di serio nel momento in cui divamperà « l’ultima, decisiva battaglia ». Questa battaglia divamperà solo quando la rivoluzione socialista si diffonderà nei paesi imperialisti avanzati. Questa rivoluzione, non 52 LENIN v’è dubbio, matura e si rafforza ad ogni mese, ad ogni settimana che passa* Questa forza che si matura deve essere aiutata. Bisogna saperta aiutare. Non la si aiuta, ma la si danneggia, mandando alla disfatta la vicina repubblica socialista sovietica nel momento in cui essa mani- festamente non ha esercito. Non bisogna trasformare in una vuota frase la grande parola d’ordine: « Noi puntiamo! sulla vittoria del socialismo in Europa ». Questa è la verità, se si ha in mente la lunga e difficile via che il socialismo deve percorrere per vincere fino in fondo. È una verità indiscutibile, storico-filosofica, se si prende tutta « l’èra della rivo- luzione socialista » nel suo complesso. Ma ogni verità astratta diventa vuota frase se la si applica in qualsiasi situazione concreta. È indiscu- tibile che « in ogni sciopero si nasconde l’idra della rivoluzione so- ciale ». È assurdo però pensare che da ogni sciopero si possa subito passare alla rivoluzione. Se noi « puntiamo sulla vittoria del socialismo in Europa » nel senso che ci prendiamo la responsabilità di dire al popolo che la rivoluzione europea divamperà e vincerà immancabil- mente nelle prossime settimane, immancabilmente prima che i tede- schi riescano a raggiungere Pietrogrado, Mosca, Kiev, riescano a « di- struggere » i nostri trasporti ferroviari, allora agiamo non come seri in- ternazionalisti rivoluzionari, ma come avventurieri. Se Liebknecht vincerà la borghesia in due o tre settimane, (la cosa non è impossibile), ci libererà da tutte le difficoltà. Questo è indubbio. Ma se noi determiniamo la nostra tattica di oggi nella lotta con rimperialismo di oggi in base alla speranza che Liebknecht con tutta probabilità debba vincere proprio nelle prossime settimane, allora ci meriteremo solo la derisione. Trasformeremo le più grandi parole d’ordine rivoluzionarie della nostra epoca in una vuota frase rivo- luzionaria. Imparate dalle dure, ma utili lezioni della rivoluzione, compagni operai! Preparatevi seriamente, intensamente, senza tregua alla difesa della patria, alla difesa della repubblica socialista sovietica! Pravda, n. 35, 25 febbraio 1918. (edizione della sera). Finnato: Leiiin. PROGETTO DI DECRETO DEL CONSIGLIO DEI COMMISSARI DEL POPOLO SULL’EVACUAZIONE DEL GOVERNO 28 1) Scegliere come sede Mosca, 2) Evacuare per ogni dicastero solo un numero minimo di diri- genti dell’apparato amministrativo centrale, non piu di 2 o 3 decine di persone (più le famiglie). 3) Evacuare ad ogni costo e immediatamente la Banca di Stato, l’oro e la Zecca statale. 4) Iniziare l’evacuazione da Mosca delle opere di valore. Scritto il 26 febbraio 1918. Pubblicato la prima volta nel 1929 in Miscellanea di Lenin , XI. STRANO E MOSTRUOSO Nella risoluzione approvata il 24 febbraio 1918, il Comitato della regione di Mosca del nostro partito 29 ha espresso la sua sfiducia nel CC rifiutandosi di sottomettersi alle sue decisioni « che saranno legate all'applicazione delle condizioni del trattato di pace con la Germania e r Austria » e ha dichiarato nel « testo esplicativo » allegato alla riso- luzione che « ritiene difficilmente evitabile una scissione del partito in un prossimo futuro » *. In tutto ciò non vi è nulla di mostruoso, ma nemmeno di strano. È perfettamente naturale che i compagni che sono in netto disaccordo con il CC sulla questione della pace separata condannino decisamente il CC ed esprimano la convinzione della inevitabilità di una scissione. È questo un diritto assolutamente legittimo dei membri del partito, e si comprende perfettamente. Ma ecco ciò che è strano e mostruoso. Alla risoluzione è annesso un « testo esplicativo » che riproduciamo integralmente: « Il Comitato della regione di Mosca ritiene difficilmente evitabile una scissione del partito nel prossimo futuro, e si assegna quindi il compito di contribuire airunione di tutti quegli elementi rivoluzionari comunisti conseguenti che lottano sia contro i fautori della conclusione di una pace separata, sia contro tutti gli elementi moderati o opportunisti del partito. Nel- l’interesse della rivoluzione internazionale riteniamo opportuno am- * Ecco il testo integrale della risoluzione: « Dopo aver discusso l'attività del CC, il Comitato della regione di Mosca del POSDR esprime la sua sfiducia nel CC, a causa della sua linea politica e delle persone che ne fanno parte, e alla prima occasione insisterà perché esso venga rinnovato. Inoltre il Comitato della regione di Mosca non si ritiene obbligato a sottomettersi comunque a quelle decisioni del CC che saranno connesse all'applicazione delle condizioni del trattato di pace con la Germania e l'Austria ». La risoluzione è stata approvata all’unanimità. STRANO E MOSTRUOSO 55 mettere la possibilità di perdere il potere sovietico, che sta diventando ora puramente formale. Continuiamo come per il passato a ritenere nostro compito fondamentale la diffusione delle idee della rivoluzione socialista in tutti gli altri paesi e l’applicazione decisa della dittatura operaia, la repressione implacabile della controrivoluzione borghese in Russia ». Abbiamo sottolineato qui le parole che sono... strane e mostruose. Tutto il nodo è in queste parole. Queste parole portano airassurdo tutta la linea degli autori della risoluzione, queste parole scoprono con straordinaria chiarezza la ra- dice del loro errore. « Nell’interesse della rivoluzione internazionale è opportuno anv mettere la possibilità di perdere il potere sovietico »... Questo è strano giacché non v’è nessun legame tra i postulati e la deduzione. « Nell’in- teresse della rivoluzione internazionale è opportuno ammettere la scon- fitta militare del potere dei soviet »: una tesi siffatta potrebbe essere giusta o no, ma non si potrebbe chiamarla strana. Questo in primo luogo. Secondo: il potere dei soviet « sta diventando ora puramente for- male ». Ecco ciò che non è piu soltanto strano, ma addirittura mo- struoso. È chiaro che i nostri autori si sono avviluppati in una rete ine- stricabile. Bisognerà districarla. Sulla prima questione i nostri autori pensano, evidentemente, che sia opportuno nell’interesse della rivoluzione internazionale ammettere la possibilità di una sconfitta militare che porterebbe alla perdita del potere sovietico, cioè alla vittoria della borghesia in Russia. Esprimen- do questo pensiero, gli autori riconoscono indirettamente la giustezza di quanto esponevo nelle tesi (dell’8 gennaio 1918, pubblicate sulla Pravda del 24 febraio 1918) 30 , e cioè appunto che il rifiuto delle con- dizioni di pace proposteci dalla Germania porterebbe la Russia alla sconfitta e all’abbattimento del potere dei soviet. E cosi, la raison finit toujours par avoir raison , la verità prende il sopravvento! I miei avversari « estremisti », i moscoviti che mi- nacciano la scissione, hanno dovuto — appunto perché sono giunti a parlare apertamente di scissione, — arrivare ad esporre anche fino in fondo le loro considerazioni concrete , quelle stesse che le persone che si limitano a frasi generali sulla guerra rivoluzionaria preferiscono eludere. Tutta la sostanza delle mie tesi e dei miei argomenti (come può 56 LENIN vedere chiunque voglia leggere attentamente le mie tesi del 7 gennaio 1918), consiste nell’indicare la necessità di accettare una pace estrema- mente gravosa ora, in questo momento, preparando seriamente al tempo stesso la guerra rivoluzionaria (e anzi appunto neirinteresse di questa se- ria preparazione). Quelli che si limitavano alle frasi generiche sulla guer- ra rivoluzionaria hanno eluso la sostanza dei miei argomenti o non l’han- no notata, cioè non Thanno, voluta notare. Ed ecco che ora debbo rin- graziare di tutto cuore proprio i miei « avversari estremi », i moscoviti, perché hanno rotto la « congiura del silenzio » sulla sostanza dei miei argomenti. I moscoviti sono stati i primi a rispondere ad essi. Quale è stata però la loro risposta? La loro risposta riconosce la giustezza del mio argomento concreto: si, ammettono i moscoviti, effettivamente ci attende la sconfitta, se noi affrontiamo la battaglia con i tedeschi *. Si, questa sconfitta porterebbe effettivamente alla caduta del potere sovietico. Ancora e ancora una volta ringrazio di tutto cuore i miei avver- sari « estremi », i moscoviti, per aver rotto la « congiura del silenzio » ordita contro la sostanza dei miei argomenti, cioè appunto contro la mia indicazione concreta delle condizioni che caratterizzerebbero la guerra nel caso in cui noi raffrontassimo oggi, e per avere coraggio- samente riconosciuto che la mia indicazione concreta era giusta. Proseguiamo. In che cosa consiste la confutazione dei miei argo- menti, la cui giustezza i moscoviti sono stati costretti in sostanza à riconoscere? NelTaffermare che, nell’interesse della rivoluzione internazionale, bisogna ammettere la perdita del potere sovietico. Perché gli interessi della rivoluzione internazionale lo esigono? Qui è il nodo, qui è l’essenza stessa deH’argomentazione di coloro che vorrebbero confutate le mie tesi. Ma'' proprio su questo punto, che è il più importante, fondamentale, essenziale, né la risoluzio- ne, né il testo esplicativo fanno il minimo cenno. Gli autori di questa risoluzione hanno trovato il tempo e la possibilità di parlare di * L’obiezione contraria, che cioè era comunque impossibile evitare la bat- taglia, è confutata dai fatti: le mie tesi sono state lette 1*8 gennaio; il 15 gennaio potevamo avere la pace. Certamente ci sarebbe stata assicurata una tregua (e per noi una tregua, sia pur di minima durata, avrebbe avuto un’enorme importanza sia materiale che morale, giacché il tedesco avrebbe dovuto dichiarare una nuova guerra) se... se non ci fosse stata la frase rivoluzionaria. STRANO E MOSTRUOSO 57 ciò che è universalmente noto e indiscutibile: e della « repressione implacabile della controrivoluzione borghese in Russia » (con i mezzi e i metodi di una politica che porti alla perdita del potere sovietico?), e della lotta contro tutti gli elementi opportunisti e moderati del partito; ma di ciò che appunto è in discussione, di ciò che riguarda appunto l’essenza stessa della posizione degli avversari della pace, non una parola! Strano. Oltremodo strano. Non è forse perché sentivano di essere particolarmente deboli su questo punto che gli autori della risoluzione ne hanno taciuto? Dire chiaramente il perché (gli interessi della rivo- luzione internazionale richiedono questo) avrebbe significato probabil- mente smascherarsi... Comunque sia, noi dobbiamo cercare gli argomenti che hanno potuto ispirare gli autori della risoluzione. Forse gli autori ritengono che gli interessi della rivoluzione inter- nazionale vietino qualunque pace con gli imperialisti? Questa opinione è stata espressa da alcuni avversari della pace in una riunione tenuta a Pietrogrado, ma, è stata appoggiata da una insignificante minoranza di coloro che si opponevano alla pace separata 31 . È chiaro che questa opinione porta a negare l’opportunità delle trattative di Brest, a negare la pace « perfino » alla condizione che ci siano restituite la Polonia, la Lituania e la Curlandia. L’erroneità di simili idee (respinte, ad esempio, dalla maggioranza degli avversari della pace a Pietrogrado) salta agli occhi. La repubblica socialista, attorniata dalle potenze impe- rialistiche, non potrebbe, se ci si mette dal punto di vista di siffatte idee, concludere nessun trattato economico, non potrebbe esistere senza prendere il volo verso la luna. Forse gli autori ritengono che gli interessi della rivoluzione inter- nazionale esigono che questa venga stimolata , e che un tale stimolo po- trebbe essere soltanto la guerra e in nessun modo la pace, che potrebbe produrre nelle masse l’impressione di una specie di « legittimazione » dell’imperialismo? Una simile « teoria » sarebbe in assoluto contrasto con il marxismo, che ha sempre negato la possibilità di « stimolare » le rivoluzioni, le quali si sviluppano a mano a mano che si inaspriscono le contraddizioni di classe che le generano. Una simile teoria equivar- rebbe ad affermare che l’insurrezione armata è una forma di lotta obbli- gatoria sempre ed in qualsiasi condizioni. In realtà gli interessi della rivoluzione internazionale esigono che il potere dei soviet, il quale ha 58 LENIN rovesciato la borghesia nel paese, aiuti questa rivoluzione, ma sce- gliendo una forma di aiuto corrispondente alle sue forze. Aiutare la rivoluzione socialista su scala internazionale, ammettendo la possibilità di una sconfitta di questa rivoluzione in un dato paese, una simile idea non scaturisce nemmeno dalla teoria dello stimolo. Gli autori della risoluzione ritengono forse che la rivoluzione in Germania sia già cominciata, che sia già arrivata alla guerra civile aperta in tutto il paese, e che noi dobbiamo quindi dedicare le nostre forze ad aiutare gli operai tedeschi, dobbiamo perire noi stessi (perdita del potere sovietico) salvando la rivoluzione tedesca che ha già comin- ciato la sua battaglia decisiva ed è esposta a duri colpi? Secondo questo punto di vista noi, soccombendo, distrarremmo una parte delle forze della controrivoluzione tedesca e cosi salveremmo la rivoluzione tedesca È perfettamente ammissibile che, partendo da tali premesse, non solo sarebbe « opportuno » (come si esprimono gli autori della riso- luzione), ma addirittura obbligatorio ammettere la possibilità di una sconfitta e della perdita del potere dei soviet. Ma è evidente che queste premesse non esistono. La rivoluzione tedesca sta maturando, ma è evidente che è ancora ben lontana dallo scoppiare, dalParrivare alla guerra civile. È chiaro che noi non aiuteremmo ma anzi ostacole- remmo la maturazione della rivoluzione tedesca « ammettendo la pos- sibilità di perdere il potere sovietico ». Noi aiuteremmo cosi la reazione tedesca, faremmo il suo giuoco, ostacoleremmo il movimento socialista in Germania, allontaneremmo dal socialismo larghe masse di proletari e semiproletari tedeschi non ancora passate al socialismo, che sarebbero spaventate dalla disfatta della Russia sovietica, come la disfatta della Comune nel 1871 spaventò gli operai inglesi. Da qualunque parte si esamini la cosa, è impossibile trovare una logica nei ragionamenti degli autori della risoluzione. Non vi sono argomenti sensati a favore della tesi che « nell’interesse della rivolu- zione internazionale è opportuno ammettere la possibilità di perdere il potere sovietico ». « Il potere sovietico sta diventando ora puramente formale »: ecco a quale tesi mostruosa sono giunti, come abbiamo visto, gli autori della risoluzione moscovita. Poiché, si dice, gli imperialisti tedeschi ci imporranno un tributo, poiché ci impediranno di far propaganda e agitazione contro la Germa- STRANO E MOSTRUOSO 59 nia, il potere sovietico perderebbe ogni significato, « diventerebbe pura- mente formale »: tale è, con ogni probabilità, il corso dei « pensieri » degli autori della risoluzione. Diciamo: « probabilmente », giacché nulla di chiaro e di preciso gli autori hanno fornito a sostegno della tesi che stiamo esaminando. Uno stato d’animo caratterizzato dal piu profondo e desolato pes- simismo, un senso di assoluta disperazione: ecco il contenuto della « teoria » secondo cui il potere sovietico sarebbe puramente formale e sarebbe ammissibile una tattica che contempli l’eventualità di per- derlo. Comunque, non Uè salvezza, perisca pure anche il potere dei soviet! Questo è il sentimento che ha dettato questa risoluzione mo- struosa. Gli argomenti cosiddetti « economici » di cui a volte si am- mantano simili pensieri si riducono allo stesso disperato pessimismo: ma dov’è piu, si dice, la repubblica dei soviet, se si potrà esigere da essa questo tributo, e poi quest’altro, e poi quest’altro ancora? Niente altro che disperazione: comunque, siamo perduti! Un sentimento comprensibile nella durissima situazione nella quale si trova la Russia. Ma non « comprensibile » in un ambiente di rivo- luzionari coscienti. Esso è caratteristico proprio perché porta all’assurdo le idee dei moscoviti, I francesi nel 1793 non avrebbero mai detto che le loro conquiste, la repubblica e la democrazia, stavano diventando puramente formali, che bisognava ammettere l’eventualità di perdere la repubblica. Essi non erano pervasi dalla disperazione, ma dalla fede nella vittoria. Ma fare appello alla guerra rivoluzionaria e al tem- po stesso affermare in una risoluzione ufficiale che occorre « ammettere la possibilità di perdere il potere sovietico » significa smascherarsi in pieno. Agli inizi del XIX secolo, durante il periodo delle guerre napo- leoniche, la Prussia e vari altri paesi si trovarono di. fronte a disfatte, invasioni, umiliazioni e oppressioni incomparabilmente e infinitamente più dure e più gravi che non la Russia del 1918. Ciò nonostante i migliori uomini della Prussia, quando Napoleone li schiacciava sotto il tallone del suo stivale, cento volte più pesante di quello che può pesare ora su di noi, non si disperavano e non parlavano di un significato « puramente formale » delle loro istituzioni politiche na- zionali. Non allargavano le braccia, non cadevano in preda al senti- mento: «comunque, siamo perduti». Firmavano trattati, infinitamente più gravosi, più feroci, più vergognasi, più iugulatori di quello di 60 LENIN Brest-Litovsk, sapevano poi aspettare, subivano stoicamente il giogo del conquistatore, tornavano a combattere, tornavano a cadere sotto il giogo dell’invasore, tornavano a firmare trattati di pace sempre piu obbrobriosi, tornavano a sollevarsi, e alla fine si liberarono (non senza sfruttare le discordie esistenti tra i piu forti invasori in concorrenza fra loro). Perché mai una cosa simile non potrebbe ripetersi nella nostra storia? Perché dovremmo cadere nella disperazione e scrivere risoluzioni, ahimè, piu obbrobriose della pace più obbrobriosa, risoluzioni che parlano di un «'potere dei soviet che diventa puramente formale»? Perché le più dure sconfine militari subite nella lotta contro i colossi delTimperialismo comemporaneo non potrebbero temprare an- che in Russia il carattere del popolo, rafforzare Tautodisciplina, spaz- zar via la millanteria e Tamore della frase, insegnare la fermezza, condurre le masse ad adottare la stessa giusta tattica dei prussiani schiacciati da Napoleone: firma pure i trattati di pace più obbrobriosi quando non hai un esercito, raccogli le forze e poi sollevati e risolle- vati sempre di nuovo? Perché dovremmo cadere nella disperazione al primo trattato di pace eccezionalmente duro, quando altri popoli hanno saputo soppor- tare calamità anche peggiori? La fermezza del proletariato, il quale sa che bisogna sottomettersi se non ci sono le forze e che nondimeno sa poi risollevarsi, a qualunque costo, sempre di nuovo, raccogliendo le forze in qualsiasi condizione, corrisponde forse a questa tattica di disperazione, o non vi corrisponde piuttosto la mancanza di carattere del piccolo-borghese che, imperso- nata da noi dal partito dei socialisti-rivoluzionari di sinistra, ha bat- tuto il primato della frase sulla guerra rivoluzionaria? No, cari compagni moscoviti « estremi »! Ogni giorno di espe- rienza in più allontanerà da voi proprio gli operai più coscienti e più fermi. Il potere dei soviet, essi diranno, non sta diventando e non diventerà puramente formale, non solo quando l’invasore entra a Pskov e si prende da noi un tributo di dieci miliardi in grano, minerali e denaro, ma nemmeno quando il nemico arriverà a Nizni e Rostov-sul-Don e si prenderà da noi venti miliardi di tributo. Mai nessuna invasione straniera renderà « puramente formale » una istituzione politica del popolo (e il potere dei soviet non è soltanto STRANO E MOSTRUOSO 61 una istituzione politica, molto piu alta, molto piu elevata di tutte le altre conosciute dalla storia). Al contrario, l’invasione straniera non farà che rafforzare le simpatie del popolo per il potere dei soviet se... se esso non si lancerà in avventure. Il rifiuto di firmare la piu obbrobriosa delle paci quando non si ha un esercito è un’avventura, di cui il popolo accuserà a buon diritto il potere che abbia opposto un tale rifiuto. Nel corso della storia sono state firmate paci assai piu dure e vergognose di quella di Brest (ne abbiamo indicato gli esempi in precedenza): e questo non portò alla perdita di prestigio del potere, non lo rese formale, non portò alla rovina né il potere né il popolo, ma temprò il popolo, gli insegnò la scienza dura e difficile di prepa- rare un esercito serio anche in condizioni disperatamente difficili, sotto il tallone dell’invasore. La Russia va verso una nuova guerra, vera guerra in difesa della patria, verso la guerra per mantenere e rafforzare il potere dei soviet. Può darsi che un’altra epoca, — come fu l’epoca delle guerre napo- leoniche — sarà l’epoca delle guerre di liberazione (delle guerre, ap- punto, e non di una' sola guerra), imposte dagli invasori alla Russia sovietica. Questo è possibile. E perciò piu vergognosa di ogni pace gravosa. e arcigravosa, a cui ci costringe la mancanza di un esercito, piu vergognosa della piu ver- gognosa delle paci è la disperazione. Noi non saremo rovinati nem- meno da dieci dei piu duri trattati di pace, se penseremo seriamente all’insurrezione e alla guerra. Non periremo sotto i colpi degli invasori, se non lasceremo che la disperazione e le vuote frasi ci portino alla rovina. Pravda , nn. 37-38. 28 febbraio e 1° marzo 1918. Firmato: N. Lenin. SU UN TERRENO PRATICO Lo slancio rivoluzionario suscitato dalla proditoria aggressione delle guardie bianche tedesche contro la rivoluzione russa è un fatto evidente. Da ogni parte arrivano telegrammi in cui ci si dichiara pronti a difendere il potere sovietico e a battersi fino alTultimo uomo. Non c'era d al tra parte da attendersi dal popolo un diverso atteggiamento verso il suo potere operaio e contadino. Ma il solo entusiasmo non basta per fare la guerra contro un avversario come l'Imperialismo tedesco. Sarebbe una grandissima inge- nuità, addirittura un delitto, prendere alla leggera questa che è una guerra vera, dura e sanguinosa. La guerra bisogna farla sul serio, o non farla affatto. Vie di mezzo non ce ne possono essere. Dato che gli imperialisti tedeschi ce l’impon- gono, è nostro sacrosanto dovere valutare saggiamente la nostra situa* zione, calcolare le forze, verificare il meccanismo economico. Tutto ciò va fatto con la rapidità del tempo di guerra, giacché ogni indugio nella nostra attuale situazione veramente « equivale alla morte ». An- nibaie è alle porte: non lo dobbiamo dimenticare nemmeno per un istante. Per fare la guerra seriamente sono necessarie retrovie fortemente organizzate. Il migliore degli eserciti, gli uomini piu fedeli alla causa della rivoluzione saranno senza scampo battuti dal nemico, se non verranno armati, riforniti, addestrati in misura sufficiente. La cosa è talmente chiara che non ha bisogno di spiegazioni. In che stato si trovano le retrovie del nostro esercito rivoluzio- nario? Nello stato piu pietoso, per non dire di peggio. La guerra pre- cedente ha completamento disorganizzato i nostri trasporti e lo scam- bio delle merci tra città e campagna, e il risultato diretto e immediato di questo è la fame nelle grandi città. SU UN TERRENO PRATICO 63 Sotto i colpi del nemico il nostro esercito si riorganÌ2za nel modo più radicale. Il vecchio esercito, che conosceva le condizioni in cui si combatte la guerra moderna, non c'è più. Completamente estenuato dalla guerra precedente, mortalmente esausto da tre anni e mezzo di continua trincea, dal punto di vista combattivo esso non rappresenta più nulla. L'Esercito rosso è indubbiamente un magnifico materiale da combattimento, ma è un materiale grezzo, non rifinito. Per non farne carne da cannone per le armi tedesche, bisogna istruirlo e di- sciplinarlo. Ci troviamo di fronte a difficoltà enormi. Tutti i soviet locali debbono immediatamente, dopo aver inviato i telegrammi in cui si attesta la loro volontà di combattere con il nemico esterno, comunicare quanti vagoni di grano sono stati spediti a Pietrogrado, il numero dei soldati che essi sono in grado di inviare immediatamente al fronte, il numero di soldati rossi che vengono addestrati. Bisogna fare l'inven- tario di tutte le armi e i proiettili e deve essere subito ripresa la pro- duzione di nuove armi e munizioni. Le linee ferroviarie debbono es- sere ripulite dai borsari neri e dai ladri. Dappertutto deve essere ristabilita la più rigorosa disciplina rivoluzionaria. Solo osservando tutte queste condizioni si potrà parlare seriamente di guerra. Altri- menti tutti i discorsi sulla « più rivoluzionaria delle guerre » resteranno vuota frase. E se la frase vuota è sempre dannosa, in questo momento critico può essere addirittura fatale. Sono profondamente convinto che la nostra rivoluzione verrà a capo delle tremende difficoltà del momento presente. Essa ha già compiuto un'opera grandiosa, ma perché la nostra causa abbia completo successo dobbiamo centuplicare le nostre energie. Soltanto cosi vinceremo. Pravda, n. 38. 1° marzo 1918. PROGETTO DI ORDINE DEL GIORNO A TUTTI I SOVIET DEI DEPUTATI 32 Riteniamo che domani 3/III sarà firmata la pace, ma le infor- mazioni dei nostri fiduciari, in relazione alla situazione generale, fanno pensare che fra i tedeschi e il partito della guerra contro la Russia pren- derà il sopravvento nei prossimi giorni. Perciò Lordine categorico è questo: ritardare la smobilitazione dei soldati rossi; intensificare la preparazione delle cariche esplosive presso le linee ferroviarie, i ponti e le vie di comunicazione; radunare e armare i reparti; proseguire e affrettare l’evacuazione; trasportare le armi pesanti all’interno del paese. Il presidente del Consiglio dei Commissari del popolo V. Ulianov (Lenin) Scritto il 2 marzo 1918. Pubblicato per la prima volta nel 1929 in Miscellanea di Lenin > XI* UNA LEZIONE SERIA E UNA SERIA RESPONSABILITÀ’ I nostri pseudo« sinistri », che hanno iniziato ieri la pubblica- zione di un proprio giornale, il Kommunist (bisognerebbe aggiun- gere: comunista dell'epoca premarxista), tentano di eludere la lezione o le lezioni della storia, tentano di sottrarsi alle loro responsabilità. Inutilmente. Non ci riusciranno. Costoro si fanno in quattro, accumulano colonne su colonne di piombo, lavorano col sudore della propria fronte; non risparmiano «nemmeno» l’inchiostro tipografico per presentare la «teoria» della « tregua » come una « teoria » cattiva e senza fondamento. Ahimè! I.loro sforzi non riescono a confutare i fatti. I fatti sono testardi, come dice bene un proverbio inglese. È un fatto che dal 3 marzo, alle una del pomeriggio, quando i tedeschi hanno cessato le operazioni militari, fino al 5 marzo, alle sette della sera, quando scrivo queste righe, noi stiamo avendo una tregua e noi abbiamo già appro- fittato di questi due giorni per la difesa pratica (non con le frasi, ma con i fatti) della patria socialista. Questo è un fatto che diverrà ogni giorno più evidente alle masse. È un fatto che, nel momento in cui l'eserrito al fronte fugge in preda al panico, abbandonando i cannoni, senza riuscire a far saltare i ponti, incapace di combattere, la difesa della patria e il rafforzamento della sua capacità difensiva si attuano non con le chiacchiere sulla guerra rivoluzionaria (chiacchiere che sono semplicemente vergognose, mentre l’esercito fugge in preda a un tale panico e i fautori della guerra rivoluzionaria non sono riusciti a trat- tenere nemmeno uno dei suoi reparti), ma . compiendo una ritirata in buon ordine per salvare i resti delFesercito, e approfittando a questo scopo di ogni giorno di tregua. I fatti sono testardi. 3—2654 66 LENIN I nostri pseudo-« sinistri », cercando di eludere i fatti, le loro lezioni, la questione delle responsabilità, si sforzano di nascondere al lettore un passato recente, anzi recentissimo, che ha un’importanza storica, di mascherarlo con riferimenti a qualcosa di remoto e di insi- gnificante. Esempio: K. Radek ricorda nel suo articolo di aver scritto in dicembre (in dicembre!) circa la necessità di aiutare l’esercito a re- sistere, e di aver scritto ciò in un « memorandum al. Consiglio dei commissari del popolo ». Io non ho avuto la possibilità di leggere questo memorandum e mi chiedo: perché mai Karl Radek non lo pub- blica per intero ? Perché non spiega esattamente e chiaramente che cosa egli intendesse allora per «pace di compromesso »? Perché non ricorda un piu recente passato, quando metteva per iscritto sulla Pravda la sua illusione (la peggiore di tutte) di poter concludere la pace con gli imperialisti tedeschi a condizione, che la Polonia ci fosse restituita? Perché? Perché i pseudo-« sinistri » sono costretti a mettere in sordina i fatti che rivelano le responsabilità loro , dei « sinistri », nella diffu- sione di illusioni che di fatto hanno aiutato gli imperialisti tedeschi e hanno ostacolato la crescita e lo sviluppo della rivoluzione in Germania. N. Bukharin adesso cerca perfino di negare che egli e i suoi amici sostenevano l’impóssibilità che i tedeschi attaccassero. Tuttavia moltis- sima gente sa che questo è un fatto, che Bukharin e i suoi amici lo sostenevano, che, diffondendo questa illusione, essi hanno aiutato l’im- perialismo e ostacolato i progressi della rivoluzione tedesca, che ora è indebolita perché alla repubblica sovietica grande-russa sono stati strap- pati, allorché l’esercito contadino è fuggito in preda al panico, migliaia e migliaia di cannoni e ricchezze per centinaia e centinaia di milioni. Questo io l’avevo predetto con chiarezza e precisione nelle tesi del 7 gennaio. Se N. Bukharin è costretto ora a « smentirsi », tanto peggio per lui. Tutti quelli che ricordano le parole di Bukharin e dei suoi amici circa l’impossibilità per i tedeschi di sferrare l’offensiva, si strin- gono nelle spalle quando si ricorda loro che N. Bukharin ha dovuto « smentire » le sue stesse parole. E per coloro che non le ricordano, per coloro che non le hanno ascoltate, ricorderemo un documento un pochino più prezioso, interes- sante e istruttivo, ora , che non gli scritti decembrini di K. Radek. Questo documento, che purtroppo i « sinistri » hanno tenuto nascosto ai loro lettori, è il risultato delle votazioni svoltesi: 1) il 21 gennaio UNA LEZIONE SERIA E UNA SERIA RESPONSABILITÀ 67 1918 alla riunione del CC del nostro partito con la attuale opposizio- ne di «sinistra»; 2) al CC il 17 febbraio 1918. Il 21 gennaio 1918 sulla questione se bisognasse rompere subito le trattative con i tedeschi, votò a favore (tra i collaboratori dello pscuAo-Kommunist « di sinistra ») il solo Stukov. Tutti gli altri vota- rono contro. Sulla questione se fosse ammissibile firmare una pace annessio- nistica in caso di rottura delle trattative da parte dei tedeschi o di un loro ultimatum, votarono contro soltanto Obolenski (ma quando saranno pubblicate le « sue » tesi? Perché il Komtnunist non ne parla?) e Stukov. Tutti gli altri votarono a favore . Sulla questione se bisognasse in tal caso firmare la pace proposta, votarono contro soltanto Obolenski e Stukov, tutti gli altri « sinistri » si astennero !! È un fatto. Il 17 febbraio 1918 sulla questione: « chi è per la guerra rivo- luzionaria? », Bukharin e Lomòv, « essendo la cosa posta in tal modo, si rifiutano di partecipare alla votazione ». Nessuno vota a favore . È un fatto! Sulla questione se bisognasse « aspettare per riprendere le tratta- tive di pace fino a che l’offensiva tedesca non si fosse manifestata in misura sufficiente (proprio cosi!) e finché non si fosse manifestata la sua influenza sul movimento operaio tedesco », votano a favore , tra gli attuali collaboratori del giornale « di sinistra », Bukharin, Lomov e Uritski. I fatti sono testardi. E i fatti dicono che Bukharin ha negato la possibilità dell’ offensiva tedesca, ha seminato illusioni con cui di fatto, contro la sua volontà, ha aiutato gli imperialisti tedeschi, ha ostacolato i progressi della rivoluzione tedesca. Appunto in questo consiste Pes- senza della frase rivoluzionaria. Crede di andare in una direzione e va in un’altra. N. Bukharin mi rimprovera di non esaminare concretamente le condizioni della pace attuale. Tuttavia non è difficile comprendere che per la mia argomentazione e per la sostanza della questione non ce n’era e non ce n’è alcun bisogno. Mi bastava dimostrare che il nostro dilem- ma reale, non immaginario, era uno solo: o queste condizioni, che ci lasciavano un momento di respiro almeno per qualche giorno, o la situa- zione del Belgio e della Serbia. E questo Bukharin non Pha confutato, 68 LENIN almeno per Pietrogrado. Lo ha riconosciuto anche il suo collega M. N. Pokrovski. E die le nuove condizioni siano peggiori, piu dure e umilianti delle già cattive, dure e umilianti condizioni di Brest, è colpa , di fronte alla repubblica sovietica grande-russa, dei nostri pseudo-« sinistri », Bukharin, Lomov, Uritski e compagni, È questo un fatto storico, pro- vato dalle votazioni sopra ricordate. Da questo fatto non si può sfug- gire con nessuna manovra. Vi avevano dato le condizioni di Brest, e voi avete risposto con fanfaronate e rodomontate, facendo si che le condizioni son divenute peggiori, Questo è un fatto. E la responsa- bilità di questo non ve la potrete togliere. Nelle mie tesi del 7 gennaio 1918 è previsto con assoluta chiarezza che, a causa dello stato del nostro esercito (che non poteva mutare con le vuote frasi « contro » le stanche masse contadine), la Russia avrebbe dovuto concludere una pace separata peggiore , se non avesse accettato quella di Brest-Litovsk. I « sinistri » caddero nella trappola della borghesia russa, che aveva bisogno di trascinarci nella guerra per noi piu svantaggiosa. Che i « socialisti-rivoluzionari di sinistra », pronunciandosi a fa- vore della guerra ora , si siano chiaramente staccati dai contadini, è un fatto. E questo fatto dimostra che la politica dei socialisti-rivolu- zionari di sinistra non è seria , come non era seria la politica apparen- temente « rivoluzionaria » di tutti i socialisti-rivoluzionari nell’estate del 1917. Che gli operai piu coscienti e avanzati vadano rapidamente li- berandosi dell’ebbrezza della frase rivoluzionaria, lo dimostra l’esem- pio di Pietrogrado e di Mosca. A Pietrogrado i migliori quartieri operai, quello di Vyborg e il Vasileostrovski l’hanno già superata, il Soviet dei deputati operai di Pietrogrado non è per la guerra ora, ha capito la necessità di prepararla e la prepara 33 . Alla conferenza cittadina dei bolscevichi di Mosca, svoltasi il 3 e 4 marzo 1918, gli avversari della frase rivoluzionaria hanno già vinto 34 . A quale mostruoso autoaccecamento siano giunti i « sinistri» ap- pare evidente da una frase contenuta nell’articolo di Pokrovski, dove si dice: « Se si deve combattere, bisogna combattere ora » (il corsivo è di Pokrovski),.. «quando — udite! udite! — quando la smobilitazione dell’esercito russo non ha ancora toccato i reparti di recente forma- zione ». UNA LEZIONE SERIA E UNA SERIA RESPONSABILITÀ 69 Ma chi non si fa beffe dei fatti sa che il maggiore ostacolo alla resistenza ai tedeschi sia nella Grande Russia che in Ucraina e in Finlandia è stato, nel febbraio 1918, il nostro esercito non ancora smobilitato. Questo è un fatto. Giacché esso non poteva fare a meno di fuggire in preda al panico, trascinando dietro di sé anche reparti dell’Esercito rosso. Chi vuole imparare dalle lezioni della storia, non sfuggirne le responsabilità, non disprezzarle, ricorderà senz’altro le guerre di Na- poleone I contro la Germania. Piu volte la Prussia e la Germania conclusero con l’invasore trat- tati di pace dieci volte più duri e umilianti (del nostro), giungendo fino ad ammettere una polizia straniera, fino all’obbligo di fornire proprie truppe per le campagne di conquista di Napoleone I. Nei suoi trattati con la Prussia Napoleone soggiogò e smembrò la Ger- mania dieci volte di più di quanto Hindenburg e Guglielmo non ci opprimano ora. E tuttavia in Prussia si trovarono uomini che non facevano i fanfaroni, ma sottoscrivevano trattati di pace arci-« infami », li sottoscrivevano perché non avevano un esercito, sottoscrivevano con- dizioni dieci volte più iugulatorie e umilianti, e poi tuttavia si levavano all’insurrezione e alla guerra. Cosi avvenne non una volta, ma parec- chie volte. La storia conosce più di un trattato di pace e più di una guerra di questo genere. Vari casi di tregua. Vari casi di nuove dichia- razioni di guerra da parte dell’invasore. Vari casi di alleanza tra una nazione oppressa e un’altra oppressiva, che era in concorrenza con il conquistatore e al pari di questo conquistatrice (tanto perché lo sap- piano coloro che vogliono fare la « guerra rivoluzionaria » senza l’aiuto di nessun imperialista!) Cosi è andata la storia. Cosi è stato. Cosi sarà. Siamo entrati in un’epoca che vedrà una serie di guerre. Stiamo per affrontare una nuova guerra patriot- tica. Vi giungeremo nelle condizioni della rivoluzione socialista sempre più matura. E in questo difficile cammino il proletariato russo e la rivoluzione russa sapranno guarire dalle fanfaronate, dalle vuote frasi rivoluzionarie, sapranno accettare anche trattati di pace estremamente gravosi, sapranno di nuovo risollevarsi. Noi abbiamo concluso una pace di Tilsit. Ma arriveremo anche noi alla nostra vittoria, alla nostra liberazione, come i tedeschi, dopo la pace di Tilsit del 1807, arrivarono a liberarsi da Napoleone nel 1813 70 LENIN e 1814 . L’intervallo che separerà la nostra pace di Tilsit dalla nostra liberazione sarà probabilmente minore, poiché la storia cammina più rapidamente. Abbasso le fanfaronate! Lavoro serio, disciplina e organizzazione! Scritto il 5 marzo 1918. Pravda, n. 42, 6 marzo 1918. Firmato: N. Lenin. VII CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA (BOLSCEVICO) DELLA RUSSIA 35 6-8 marzo 1918 Pubblicato per la prima volta integralmente nel 1923 nel volume: VII Congresso del Partito comunista russo. Resoconto stenografico. 6 - 8 marzo 1918. 1 RAPPORTO SULLA GUERRA E LA PACE 7 marzo Il rapporto politico potrebbe consistere nella enumerazione dei provvedimenti presi dal CC, ma in questo momento dò che è urgente e necessario non è un simile rendiconto, bensì uno studio della nostra rivoluzione nel suo complesso; soltanto un tale studio, infatti, può dare una base veramente marxista a tutte le nostre derisioni. Dob- biamo esaminare tutto il precedente corso della rivoluzione e chiarire perché il suo sviluppo ulteriore si è mutato. Nella nostra rivoluzione vi sono svolte che avranno un’enorme importanza per la rivoluzione in- ternazionale: parlo appunto della Rivoluzione d’ottobre. I primi successi della rivoluzione di febbraio furono dovuti al fatto che dietro al proletariato andò non solo la massa dei contadini, ma anche la borghesia. Di qui la facilità con cui fu conseguita la vittoria sullo zarismo, che non eravamo riusciti a ottenere nel 1905. La crea- zione spontanea, autonoma, dei soviet dei deputati operai, nella rivolu- zione di febbraio, ripeteva l’esperienza del 1905, e a noi non restò che proclamare il principio del potere dei soviet. Le masse apprende- vano ad affrontare i compiti della rivoluzione sulla base della propria esperienza di lotta. Gli avvenimenti del 20-21 aprile 36 sono la combi- nazione originale di una dimostrazione con qualcosa di simile ad una insurrezione annata. Questo bastò per far cadere il governo borghese. Incomincia una lunga politica di conciliazione, che derivava dall’essenza stessa del governo piccolo-borghese che era al potere. Gli avvenimenti di luglio non potevano ancora dar vita alla dittatura del proletariato, le masse non erano ancora preparate. Perciò nessuna organizzazione responsabile le invitò a farlo. Ma, come ricognizione nel campo nemi- co, gli avvenimenti di luglio 37 ebbero un’enorme importanza. Il ten- tativo di Kornilov 38 e gli avvenimenti che lo seguirono, in quanto 74 LENIN lezioni pratiche, resero possibile la vittoria d’ottobre. L’errore di co- loro che volevano dividere il potere anche in ottobre 39 consisteva nel fatto che essi non vedevano il nesso esistente tra la vittoria di ottobre e le giornate di luglio, l’offensiva, il tentativo di Kornilov, ecc., ecc., il che aveva indotto masse di milioni e milioni di uomini a convin- cersi che, il potere dei soviet era ormai inevitabile. Segue poi la nostra marcia trionfale attraverso tutta la Russia, accompagnata dalla gene- rale aspirazione alla pace. Noi sappiamo che se rifiutiamo unilateral- mente la guerra non avremo la pace; Pabbiamo affermato fin dalla conferenza di aprile 40 . I soldati avevano chiaramente compreso, nel periodo che va dall’aprile all’ottobre, che la politica conciliatrice non faceva che trascinare in lungo la guerra e induceva gli imperialisti a tentativi assurdi e insensati di passare all’offensiva e di impigliarsi sempre più in una guerra che sarebbe durata ancora anni e anni. Ap- punto in base a queste considerazioni era necessario passare ad ogni costo e al più presto ad una attiva politica di pace, era necessario far passare il potere nelle mani dei soviet, ed eliminare radicalmente la grande proprietà fondiaria. Voi sapete che questa era appoggiata non solo da Kerenski ma anche da Avxentiev, che arrivò perfino a far arrestare i membri dei comitati per la terra. E fu appunto questa politica, questa parola d’ordine, « il potere ai soviet », da noi incul- cate nella coscienza delle più vaste masse popolari, che ci permisero nell’ottobre di vincere cosi facilmente a Pietroburgo, e trasformarono gli ultimi mesi della rivoluzione russa in una vera e propria marcia trionfale. La guerra civile divenne un fatto. Ciò che avevamo predetto all’inizio della rivoluzione e perfino all’inizio della guerra, e verso cui allora una parte notevole degli ambienti socialisti aveva un atteg- giamento incredulo e perfino beffardo, cioè la trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile, il 25 ottobre 1917 divenne un fatto per uno dei più vasti e più arretrati fra i paesi belligeranti. In questa guerra civile la schiacciante maggioranza della popolazione si schierò dalla nostra parte, e in seguito a ciò la vittoria fu per noi estremamente facile. Le truppe che si ritiravano dal fronte portavano con sé, dovun- que apparissero, il massimo di decisione rivoluzionaria di por fine alla politica di conciliazione, e gli elementi conciliatori, la guardia bianca, i rampolli dei grandi proprietari fondiari si trovarono privi di qualsiasi VII CONGRESSO DEL PCR(b) 75 appoggio nella popolazione. La guerra contro di loro, a mano a mano che larghe masse di popolo e i reparti di truppe che erano stati mandati contro di noi, passavano dalla parte dei bolscevichi, si tra- sformava in una marcia trionfale della rivoluzione. Lo abbiamo visto a Pietroburgo, sul fronte di Gateina, dove i cosacchi, che Kerenski e Krasnov avevano tentato di inviare contro la capitale rossa esitarono; lo abbiamo visto poi a Mosca, a Orenburg, in Ucraina. Per tutta la Russia dilagava l’ondata della guerra civile e dappertutto noi vincevamo con una rapidità incredibile proprio perché il frutto era maturo, perché le masse avevano ormai superato l’esperienza della politica di conci- liazione con la borghesia. La nostra parola d’ordine, « tutto il potere ai soviet », verificata in pratica dalle masse in una lunga esperienza storica, divenne sangue del loro sangue e carne della loro carne. Ecco perché i primi mesi della rivoluzione russa dopo il 25 otto- bre 1917 furono una vera e propria marcia trionfale. Questa vera e propria marcia trionfale fece dimenticare, respinse in secondo piano le difficoltà contro le quali la rivoluzione socialista subito urtò e non poteva non urtare. Una differenza fondamentale fra la rivoluzione borghese e quella socialista è che per la rivoluzione borghese, che nasce dal grembo del feudalesimo, nelle viscere del vecchio regime, si creano gradualmente nuove organizzazioni economiche le quali gradualmente mutano tutti gli aspetti della società feudale. La rivoluzione borghese aveva di fronte a sé un compito solo: spazzare via, eliminare, distrug- gere tutte le catene della vecchia società. Adempiendo questo compito, ogni rivoluzione borghese esegue tutto ciò che si esige da lei: cioè raf- forza lo sviluppo del capitalismo. In tutt’altra situazione si trova la rivoluzione socialista. Quanto più arretrato è il paese in cui, in virtù dei zigzag della storia, si è dovuto dare inizio alla rivoluzione socialista, tanto più è difficile per essa passare dai vecchi rapporti capitalistici a quelli socialisti. Qui ai compiti di distruzione si aggiungono i compiti nuovi, di inaudita dif- ficoltà, della organizzazione. Se il genio creativo popolare della rivo- luzione russa, passato attraverso la grande esperienza del 1905, non avesse creato i soviet fin dal febbraio 1917, questi non avrebbero in nessun caso potuto prendere il potere in ottobre, poiché il successo dipendeva soltanto dalla presenza di forme già pronte di organizzazione del movimento, che comprendeva milioni di uomini. Questa forma già pronta erano i soviet, e se nel campo politico ci attendevano quei 76 LENIN brillanti successi, quella ininterrotta marcia trionfale che abbiamo vis- suto, è perché era già pronta una nuova forma di potere politico, e a noi non rimase altro che trasformare con qualche decreto il potere dei soviet, dallo stato embrionale in cui si trovava nei primi mesi della rivoluzione, in una forma legalmente riconosciuta, affermatasi nello Stato russo, di trasformarlo cioè nella Repubblica sovietica russa. Essa è nata di colpo, è nata in modo cosi facile perché nel febbraio 1917 le masse avevano creato i soviet, prima ancora che qualsiasi partito avesse avuto il tempo di lanciare questa parola d’ordine. Il più profondo genio creativo del popolo, passato attraverso l’amara esperien- za del 1905, che l’aveva reso consapevole, ecco l’artefice di questa for- ma di potere proletario. Vincere il nemico interno è stato un compito estremamente facile. Creare un potere politico è stato estremamente facile poiché le masse ci avevano dato lo scheletro, il fondamento di questo potere. La repubblica dei soviet è nata di colpo. Ma restavano ancora due compiti di una difficoltà gigantesca, la cui soluzione non poteva essere in nessun modo una marcia trionfale come era stata nei primi mesi la nostra rivoluzione: non avevamo e non potevamo avere dubbi che in seguito la rivoluzione socialista si sarebbe trovata di fronte a compiti di un’estrema difficoltà. In primo luogo si trattava dei compiti dell’organizzazione interna che ogni rivoluzione socialista si trova di fronte. La differenza tra la rivoluzione socialista e quella borghese consiste appunto nel fatto che nel caso della seconda vi sono forme già pronte di rapporti capitalistici, mentre il potere sovietico — proletario — non riceve questi rapporti già pronti, se si eccettuano le forme più sviluppate di capitalismo, che in sóstanza hanno abbracciato poche punte più alte dell’industria e ben poco hanno ancora toccato della agricoltura. L’organizzazione di un cen- simento, il controllo delle aziende più importanti, la trasformazione di tutto il meccanismo economico statale in un’unica grande macchina, in un’organismo economico operante in modo che centinaia di milioni di uomini siano diretti secondo un unico piano: ecco il gigantesco com- pito organizzativo che veniva a pesare sulle nostre spalle. Nelle condi- zioni di lavoro attuali esso non poteva assolutamente essere risolto « d’assalto », come eravamo riusciti a risolvere i compiti della guerra civile. L’essenza stessa del problema non permetteva una soluzione di questo genere. Se avevamo vinto cosi facilmente i nostri Kaledin 41 e avevamo creato la repubblica dei soviet superando una resistenza che VII CONGRESSO DEL PCr(b) 77 non meritava nemmeno di essere presa sul serio; se un- tale corso degli avvenimenti era stato predeterminato da tutto uno sviluppo oggettivo precedente, si che restava soltanto da dire l’ultima parola, cambiare l’insegna e invece di « il soviet esiste come organizzazione di categorie » scrivere: « il soviet è l’unica forma di potere statale », le cose non stavano affatto cosi per ciò che riguarda i compiti di organizzazione. Qui ci trovammo di fronte a difficoltà gigantesche. A questo punto fu chiaro a tutti coloro che volevano affrontare seriamente i compiti della nostra rivoluzione che soltanto uno sforzo di autodisciplina tenace e prolungato avrebbe permesso di vincere la disgregazione che la guerra aveva portato nella società capitalistica, solo con uno sforzo eccezional- mente intenso, duro e tenace avremmo potuto superare questa disgre- gazione e vincere quegli elementi che la aggravavano, poiché consi- deravano la rivoluzione come un mezzo per liberarsi dalle vecchie ca- tene strappando ad essa tutto ciò che era possibile. La comparsa di un gran numero di questi elementi era inevitabile in un paese piccolo- borghese che attraversa un periodo di incredibile sfacelo, e contro di essi ci attende una lotta cento volte più difficile, che non promette risultati di grande effetto, una lotta che abbiamo appena comin- ciato. Siamo al primo gradino di questa lotta. Qui ci attendono prove durissime, qui, data la situazione oggettiva, non potremo in nessun caso limitarci ad una marcia trionfale a bandiere spiegate, come abbiamo fatto contro i seguaci di Kaledin. Chiunque cercasse di trasferire que- sto metodo di lotta ai compiti di organizzazione che la rivoluzione deve affrontare sarebbe votato a un completo fallimento come politico, come socialista, come protagonista della rivoluzione socialista. Questo appunto doveva toccare ad alcuni dei nostri giovani com- pagni che si erano lasciati inebriare dalla iniziale marcia trionfale della rivoluzione, quando di fronte a quest’ultima sorse concretamente la seconda di quelle gigantesche difficoltà che gravano su di essa: la questione internazionale. Se con tanta facilità ci siamo liberati delle bande di Kerenski, se con tanta facilità abbiamo creato il potere nel nostro paese, se abbiamo ottenuto senza la minima fatica il de- creto sulla socializzazione della terra, sul controllo operaio 42 , se ab- biamo ottenuto cosi facilmente tutto questo, è stato solo perché le favorevoli condizioni che si erano venute a creare ci avevano messo al riparo per un breve momento dall’imperialismo internazionale. L'impe- rialismo internazionale, con tutta la potenza del suo capitale, con la 78 LENIN sua tecnica militare altamente organizzata, che costituisce una vera forza, un vero baluardo del capitale internazionale, non poteva in nessun caso e a nessuna condizione rassegnarsi a vivere accanto alla repubblica dei soviet, sia per la sua situazione obiettiva che per gli interessi economici di quella classe capitalistica di cui esso è l’incarnazione; non poteva farlo in virtù dei legami commerciali, dei rapporti finanziari interna- zionali. Qui il conflitto è inevitabile. Qui è la difficoltà più grande della rivoluzione russa, il suo piu grande problema storico: la necessità di risolvere i compiti internazionali, la necessità di suscitare la rivoluzione internazionale, di effettuare questo passaggio dalla nostra rivoluzione, strettamente nazionale, alla rivoluzione mondiale. Questo compito ci si poneva di fronte in tutta la sua inaudita dif- ficoltà. Ripeto che molti nostri giovani amici, che si considerano di sinistra, hanno finito col dimenticare la cosa più importante: la ragione per cui, durante le settimane e i mesi del nostro massimo trionfo dopo l’ottobre, noi abbiamo avuto la possibilità di passare cosi facilmente di trionfo in trionfo. Va detto che le cose sono andate così perché la speciale congiuntura internazionale che si era venuta a creare ci ha temporaneamente messo al riparo dall’imperialismo. Questo non aveva tempo di occuparsi di noi. E ci sembrò che anche noi potevamo fare a meno di occuparci deH’imperialismo. Ma i singoli imperialisti si disinteressavano di noi solo perché tutta l’im- mensa forza politico-sociale e militare dell’imperialismo mondiale con- temporaneo era in quel momento divisa in due gruppi da una guerra intestina. I predoni imperialisti trascinati in questa lotta erano giunti a superare ogni limite, a impegnare un duello mortale, al punto che nessuno dei due gruppi poteva concentrare forze di una certa impor- tanza contro la rivoluzione russa. Ci trovammo appunto in una tale situa- zione nell’ottobre: la nostra rivoluzione capitò appunto — la cosa è paradossale, ma esatta — nel momento buono, quando calamità inaudi- te, sotto forma di distruzione di milioni di uomini, si erano rovesciate sulla maggior parte dei paesi imperialistici, quando la guerra aveva estenuato i popoli con le sue inaudite sofferenze; quando, arrivati al quarto anno di guerra, i paesi belligeranti erano giunti ad un vicolo cieco, non sapevano quale via imboccare; quando si poneva oggetti- vamente il problema: potranno i popoli, ridotti in tale stato, continuare a combattere? Soltanto perché la nostra rivoluzione è capitata in questo momento propizio, allorché nessuno dei due giganteschi gruppi di pre- VII CONGRESSO DEL PCR(B) 79 doni poteva fare meno di gettarsi l’uno contro Taltro né poteva unirsi contro di noi; solo di questo momento dei rapporti politici ed econo- mici internazionali poteva approfittare e approfittò la nostra rivoluzio- ne per effettuare la sua brillante marcia trionfale nella Russia europea, passare in Finlandia, cominciare a conquistare il Caucaso e la Roma- nia. Solo cosi si spiega perché da noi sono apparsi nei circoli avanzati del nostro partito militanti intellettuali-superuomini che si sono fatti inebriare da questa marcia trionfale e hanno detto: con l’imperialismo internazionale ce la caveremo facilmente; anche là sarà una marcia trionfale, non ci sono delle vere difficoltà. In questo c’è un distacco dalla situazione obiettiva della rivoluzione russa, che ha semplicemente approfittato di una temporanea debolezza deH’imperialismo internazio- nale, dovuta al fatto che si era momentaneamente inceppata la mac- china destinata a muoversi contro di noi come il treno muove contro una carriola e la fa in pezzi; e la macchina si era inceppata perché' si scontravano due gruppi di predoni. Sia là che qui il movimento rivolu- zionario cresceva, ma in tutti i paesi imperialistici senza eccezione esso si trovava ancora, nella maggioranza dei casi, in uno stadio embrionale. Il ritmo con cui esso si sviluppava non era affatto uguale al nostro. Per tutti coloro che avevano riflettuto sulle premesse economiche della rivoluzione socialista in Europa, non poteva non essere evidente che in Europa è infinitamente più difficile cominciare la rivoluzione e da noi è stato infinitamente più facile cominciarla, ma sarà più difficile continuarla. Questa situazione obiettiva ha fatto si che noi abbiamo dovuto sopportare una svolta molto difficile e molto brusca della storia. Dalla continua marcia trionfale in ottobre, novembre e dicem- bre, sul nostro fronte interno, contro la nostra controrivoluzione, contro i nemici del potere sovietico, siamo dovuti passare alla lotta contro l’at- tuale imperialismo internazionale, che aveva aperto le ostilità contro di noi. Dal periodo della marcia trionfale si è dovuti passare ad un periodo in cui la situazione è divenuta straordinariamente difficile e grave, da cui, certo, non si può uscire con le parole, con brillanti pa- role d’ordine, — per quanto ciò possa essere piacevole, — giacché noi avevamo, nel nostro paese disorganizzato, masse incredibilmente stanche, ridotte in un tale stato per cui non era più assolutamente pos- sibile combattere, talmente abbattute da tre anni di una guerra este- nuante da essere ridotte in condizioni di assoluta inefficienza mili- tare. Ancor prima della rivoluzione d’ottobre avevamo visto rap- 80 LENIN presentanti delle masse dei soldati, non appartenenti al partito bol- scevico, che non temevano di dire in faccia alla borghesia la verità, e cioè che l'esercito russo non avrebbe combattuto. Questa situa- zione dell’esercito provocò una crisi gigantesca. Questo paese di pic- coli contadini, disorganizzato dalla guerra, ridotto da essa in condi- zioni disperate, si è trovato in una situazione straordinariamente grave*, non abbiamo piu esercito. Ma ci tocca continuare a vivere accanto a un bandito armato fino ai denti, che finora è rimasto e rimane un bandito e che, naturalmente, non si lascia commuovere dalPagitazione in favore di una pace senza annessione e senza indennità. Un pacifico animale domestico giaceva accanto a una tigre e cercava di convincerla che la pace doveva essere senza annessioni e senza indennità, quando questa pace poteva essere raggiunta soltanto attaccando la tigre. Da questa prospettiva alcuni dirigenti del nostro partito — intellettuali e una parte di organizzazioni operaie — hanno cercato di liberarsi soprattutto con frasi e sofismi, dicendo: non deve essere cosi. Questa pace era una prospettiva troppo poco credibile perché noi, che avevamo fino allora marciato alla battaglia aperta con le bandiere spiegate, che avevamo messo in fuga con le sole nostre grida tutti i nemici, potessimo cedere ed accettare condizioni umilianti. Giammai. Noi siamo rivolu- zionari troppo fieri, noi dichiariamo innanzitutto; « Il tedesco non può attaccare ». Questo era il primo sofisma col quale costoro cercavano di con- solarsi. La storia ci ha posto ora in una situazione straordinariamente difficile; noi dobbiamo con un lavoro di organizzazione eccezionalmente difficile superare una serie di dolorose sconfitte. Se guardiamo la cosa da un punto di vista storico-universale, non v’è alcun dubbio che la vittoria finale della nostra rivoluzione, se questa restasse isolata, se non vi fosse movimento rivoluzionario negli altri paesi, sarebbe una causa senza speranza. Se noi abbiamo preso questa causa nelle nostre mani, nelle mani del solo partito bolscevico, Tabbiamo presa convinti, che la rivoluzione maturava in rutti i paesi e che, alla fin delle fini, — e non all’inizio degli inizi, — quali che fossero le difficoltà che avrem- mo dovuto superare, quali che fossero le sconfitte che avremmo dovuto subire, sarebbe sopravvenuta la rivoluzione socialista internazionale; giacché essa verrà; satebbe maturata, giacché essa matura e maturerà. La nostra salvezza da tutte le difficoltà — lo ripeto — è la rivolu- zione in tutta Europa. Partendo da qyesta verità, verità assolutamente VII CONGRESSO DEL PCR(b) 81 astratta, e ispirandoci ad essa, noi dobbiamo fare in modo che essa non si trasformi con il tempo in una vuota frase, giacché qualsiasi verità astratta, se la si applica senza nessuna analisi, si trasforma in vuota frase. Se direte che dietro ad ogni sciopero si nasconde l’idra della rivoluzione, che chi non lo comprende non è socialista, questo è giusto. Si, dietro a ogni sciopero si nasconde la rivoluzione socialista. Ma se dite che ogni sciopero è un passo immediato verso la rivoluzione socialista, dite una vuotissima frase. È ciò che « ogni santo giorno » sentiamo ripetere fino alla nausea, tanto che gli operai hanno respinto tutte queste frasi anarchiche, poiché, come è indubbio che dietro ad ogni sciopero si cela l’idra della rivoluzione socialista, è altrettanto evidente che l’affermazione secondo cui da ogni sciopero si può passare alla rivoluzione è una sciocchezza. Come è assolutamente incontesta- bile che tutte le difficoltà della nostra rivoluzione saranno superate solo allorquando sarà maturata la rivoluzione socialista mondiale, che ora è dappertutto in via di maturazione, cosi è assolutamente as- surda l’affermazione che noi dobbiamo nascondere ogni concreta diffi- coltà attuale della nostra rivoluzione, dicendo: « Io punto sul movi- mento socialista internazionale; e posso fare qualsiasi sciocchezza ». « Liebknecht ci toglierà d’impaccio, perché comunque vincerà ». Egli ci darà un’organizzazione cosi perfetta, disporrà tutto in anticipo si che noi dovremo soltanto prendere forme già pronte, come abbia- mo preso la dottrina marxista già bella e pronta nell’Europa occi- dentale; ed è forse per questo che essa ha vinto da noi in pochi mesi, mentre per la sua vittoria nell’Europa occidentale ci sono voluti decine di anni. E cosi, sarebbe un’avventura del tutto senza senso trasferire il vecchio metodo, che risolveva il problema della lotta con una marcia trionfale, al nuovo periodo storico che si è iniziato e che ha posto di fronte a noi non gente ormai putrida come Kerenski e Kornilov, ma il bandito internazionale, l’imperialismo della Germania, dove la rivoluzione ha soltanto cominciato a maturare, ma, evidentemente, non è ancora giunta a completa maturazione. Un’avventura analoga era l’affermazione che il nemico non si sarebbe risolto ad attaccare la rivoluzione. Le trattative di Brest-Litovsk non rappresentavano ancora di per sé un fatto tale per cui noi dovessimo in quel momento accettare qualsiasi condizione di pace. Il rapporto oggettivo delle forze era tale che non sarebbe bastato ottenere una tregua. Le trattative di Brest dovevano dimostrare che il tedesco avrebbe attaccato, che la società te- 82 LENIN desca non era ancora cosi gravida della rivoluzione da poter questa scoppiare immediatamente; e non si può rimproverare agli imperialisti tedeschi di. non avere preparato ancora questo scoppio con la loro condotta o, come dicono certi nostri giovani amici che si considerano sinistri, una situazione in cui il tedesco non potesse attaccare. Quando si dice loro che non abbiamo un esercito, che siamo stati costretti a smobilitarlo, — e siamo stati costretti, sebbene non avessimo affatto dimenticato che, vicino al nostro pacifico animale domestico, giace una tigre, — essi non lo vogliono capire. Se siamo stati costretti a smobilitare l’esercito, non abbiamo affatto dimenticato che non si può metter fine alla guerra se una sola delle parti ordina di deporre le armi. Ma come è potuto accadere che nemmeno una corrente, nemmeno una tendenza, nemmeno l’organizzazione del nostro partito sia stata contraria a questa smobilitazione? Avevamo forse completamente per- duto il senno? Niente affatto. Ufficiali non bolscevichi avevano detto ancor prima dell’Ottobre che l’esercito non poteva combattere, che non era possibile trattenerlo al fronte nemmeno per poche settimane. Dopo l’Ottobre ciò divenne evidente per chiunque volesse vedere i fatti, la nuda, amara realtà, e non nascondersi o calcarsi il cappello sugli occhi e cavarsela con frasi altisonanti. L’esercito non ce piu, trattenerlo è impossibile. La cosa migliore che si possa fare è di smobilitarlo al piu presto. È una parte malata delPorganismo, che ha subito tormenti inauditi, che è esausta dalle privazioni della guerra, nella quale è en- trata tecnicamente impreparata e dalla quale è uscita in uno stato tale che ad ogni offensiva cade in preda al panico. Non se ne può fare una colpa agli uomini che hanno sopportato cosi inaudite sofferenze. In centinaia di risoluzioni, anche nel primo periodo della rivoluzione russa, i soldati dicevano: « Siamo sommersi nel sangue, non possiamo combattere ». Si poteva tirare artificialmente in lungo la guerra ricor- rendo alla truffa di Kerenski, si poteva differirne la fine di alcune settimane, ma la realtà obiettiva si faceva strada. L’esercito era una parte malata delPorganismo statale russo, e non può sopportare più a lungo il peso di questa guerra. Quanto più presto lo smobilitiamo, quanto più rapidamente sarà assorbito dalle parti non ancora malate, tanto più rapidamente il paese potrà essere pronto a nuove dure prove. Ecco di che cosa noi eravamo convinti, quando abbiamo preso all’unanimità, senza la minima obiezione, la decisione che appariva assurda dal punto di vista degli avvenimenti internazio- VII CONGRESSO DEL PCR(b) 83 nali di smobilitare Pesercito. Ma era un provvedimento giusto, e noi dicevamo che trattenere Pesercito era una illusione puerile. Quanto più rapidamente si smobilitava Pesercito, tanto più presto sarebbe comin- ciata la guarigione di tutto Porganismo sociale nel suo insieme. Ecco perché la vuota frase rivoluzionaria: « Il tedesco non può attaccare » era un errore cosi profondo, una cosi trista sopravvalutazione dei fatti, come l’altra che derivava da essa: « Noi possiamo proclamare cessato lo stato di guerra. Né guerra, né firma della pace ». Ma se il tedesco sferrerà Poffensiva? «No, egli non potrà sferrare Poffensiva ». Ma avete voi il diritto di mettere in giuoco, non dico la sorte della rivoluzione internazionale, ma questo problema concreto: non vi tro- verete ad essere complici delPimperialismo tedesco, quando verrà quel momento? Ma noi, che dallottobre 1917 siamo diventati tutti difen- sisti, fautori della difesa della patria, noi tutti sappiamo di aver rotto con gli imperialisti, non a parole, ma con i fatti: abbiamo an- nullato trattati segreti, abbiamo vinto la borghesia nel nostro paese e abbiamo proposto apertamente una pace onorevole, si che tutti i popoli hanno potuto vedere nei fatti le nostre intenzioni. Come hanno potuto degli uomini che erano seriamente fautori della difesa della repubblica sovietica lasciarsi andare a questa avventura che ha portato i suoi frutti? Ma purtroppo è un fatto, perché la grave crisi che attra- versa il nostro partito in seguito alla formazione di una opposizione « di sinistra » al suo interno, è una delle maggiori crisi che abbia attraversato la rivoluzione russa. Questa crisi sarà superata. In nessun caso né il nostro partito, né la nostra rivoluzione periranno per questo, anche se a un cèrto momento la cosa era apparsa molto vicina, molto probabile. La garanzia che per questo non periremo è che invece del vecchio metodo di risol- vere i dissensi di frazione, — con un numero straordinario di pubblica- zioni e di discussioni, e un numero sufficiente di scissioni, — invece di questo vecchio metodo, gli avvenimenti hanno fornito agli uomini un nuovo metodo di studio. Questo metodo consiste nella verifica di tutto alla luce dei fatti, degli avvenimenti, degli insegnamenti della storia del mondo. Voi dite che il tedesco non può attaccare. Dalla vostra tattica risultava che si poteva dichiarare cessato lo stato di guerra. La storia vi ha dato una lezione, ha confutato questa illusione. Si, la rivoluzione tedesca si sviluppa, ma non come noi vorremmo, non con la rapidità che sarebbe gradita agli intellettuali russi, e non con il 84 LENIN ritmo che la nostra storia manifestò in ottobre, quando, arrivati in una qualsiasi città, proclamavamo il potere dei soviet e dopo pochi giorni i nove decimi degli operai erano con noi. La rivoluzione tedesca ha la sfortuna di non procedere cosi rapidamente. Ma chi di noi due deve tener conto deiraltro: noi di essa o essa di noi? Voi volevate che essa tenesse conto di voi, ma la storia vi ha dato una lezione. Si, una lezione, perché è una verità assoluta che senza la rivoluzione tedesca noi sarem- mo perduti, forse non a Pietrogrado né a Mosca, ma a Vladivostok, o in qualche altra località ancora più lontana, dove dovremmo trasfe- rirci, a una distanza forse maggiore di quella che separa Pietrogrado da Mosca; ma in ogni caso, ammettendo tutte le vicende possibili e immaginabili, se la rivoluzione tedesca non scoppierà, noi saremo perduti. Tuttavia, ciò non scuote nemmeno di un pollice la nostra ferma convinzione che dobbiamo saper affrontare senza fanfaronate anche la situazione più difficile. La rivoluzione non verrà cosi presto come ci aspettavamo. La storia lo ha dimostrato e bisogna saperlo accettare come un dato di fatto, bisogna saper tener conto del fatto che la rivoluzione socialista mondiale non può cominciare nei paesi avanzati cosi facilmente come è cominciata la rivoluzione in Russia, nel paese di Nicola e di Rasputin, dove a una grandissima parte della popolazione non importava asso- lutamente nulla sapere quali popoli vivessero ai confini e che cosà vi accadesse. In un paese simile era facile cominciare la rivoluzione, facile come sollevare una piuma. Ma cominciare senza preparazione la rivoluzione in un paese in cui si è sviluppato il capitalismo, che ha dato, fino airultimo uomo, una cultura e un metodo di organizzazione democratica è sbagliato, è assurdo. Qui noi cominciamo appena ad affrontare il periodo doloroso che contraddistingue rinizio delle rivoluzioni socialiste. Questo è un fatto. Noi non sappiamo, nessuno sa, forse, — ciò è pienamente possi- bile, — se essa vincerà tra qualche settimana, o addirittura tra qualche giorno, ma non si può puntare su una simile possibilità. Bisogna essere preparati ad affrontare difficoltà eccezionali, sconfitte eccezional- mente dure, che sono inevitabili perché in Europa la rivoluzione non è ancora cominciata, anche se può cominciare domani; e quando comin- cerà, certo, non ci tormenteranno più i nostri dubbi, non ci saranno più problemi circa la guerra rivoluzionaria, ma ci sarà soltanto una vera e propria marcia trionfale. Ciò avverrà, avverrà inevitabilmente, ma an- VII CONGRESSO DEL PCR(b) 85 cora non avviene. Ecco il semplice fatto che la storia ci ha insegnato, con il quale ci ha dato un colpo assai doloroso; ma, uomo avvisato mezzo salvato. Perciò io ritengo che, avendoci la storia duramente colpito in questa speranza — che il tedesco non ci avrebbe attaccato e che avremmo potuto avanzare « a suon di urrà » — questa lezione pene- trerà molto presto nella coscienza delle masse della Russia sovietica, grazie alle nostre organizzazioni dei soviet. Queste si dànno da fare, si preparano al congresso, presentano risoluzioni, riflettono e discutono su quanto è accaduto. Da noi non avvengono piu quelle dispute pre- rivoluzionarie che restavano airinterno di ristretti circoli di partito. Tutte le questioni vengono portate alFesame delle masse, le quali esigono che vengano controllate con l’esperienza, la pratica, e non si fanno mai sedurre dai facili discorsi, non si lasciano mai deviare dal cam- mino segnato dal corso obiettivo degli avvenimenti. Certo, se vi trovate di fronte a un intellettuale o un bolscevico di sinistra, potrete vedere come si possano eludere le difficoltà che stanno dinanzi a noi; egli, certo, potrà eludere il fatto che non c’è esercito e che la rivoluzione in Germania non incomincia. Le masse sono fatte di milioni di uomini, e la politica comincia laddove ci sono milioni di uomini. Non dove ce ne sono migliaia, ma dove ce ne sono milioni comincia la politica seria: i milioni sanno che cos’è l’esercito, hanno visto i soldati che tornavano dal fronte. Essi sanno — se consideriamo non le singole persone, ma la massa effettiva — che non possiamo combattere, che ogni uomo al fronte ha sopportato tutto ciò che era immaginabile. La massa ha capito questa verità: se non avete un esercito e ave- te i predoni alle costole, dovete firmare il trattato di pace anche piu gravoso e umiliante. È inevitabile, finché non nascerà la rivolu- zione, fino a quando non riuscirete a rimettere in sesto il vostro eser- cito, finché non lo avrete rimandato a casa. Fino ad allora l’ammalato non ritroverà la salute. E noi non prenderemo il predone tedesco con un semplice « urrà », non lo abbatteremo, come abbiamo abbattuto Kerenski e Kornilov. Ecco la lezione che le masse hanno imparato, senza le riserve che alcuni, desiderosi di eludere Tamara realtà, cercavano di imporre loro. Dapprincipio una vera e propria marcia trionfale in ottobre e novembre; poi, ad un tratto, sconfitta in poche settimane dal pre- done tedesco, la rivoluzione russa è pronta ad accettare le con- dizioni di un trattato di rapina. Si, le svolte della storia sono 86 LENIN dolorose; da noi tutte queste svolte sono dolorose. Quando nel ■1907 sottoscrivemmo l’accordo interno con Stolypin, accordo di un’infa- mia inaudita, quando fummo costretti a passare attraverso quella stalla che era la Duma di Stolvpin e ci assumemmo degli obblighi firmando pezzi di carta monarchici 4 \ noi soffrimmo, anche se in misura minore, lo stesso disagio che soffriamo ora. Allora uomini appartenenti alla migliore avanguardia della rivoluzione dicevano . (anch’essi senza avere la minima ombra di dubbio): « Noi siamo fieri rivoluzionari; abbiamo fede nella rivoluzione russa e non entreremo mai nelle istituzioni legali di Stolvpin ». Vi entrerete. La vita delle masse, la storia è piu forte delle vostre convinzioni. Se non vi andrete, sarà la storia che vi costrin- gerà a farlo. Erano, quelli, uomini molto di sinistra, ma alla prima svolta della storia, di loro, come della loro frazione, non è rimasto nient’altro che fumo. Se abbiamo saputo restare veri rivoluzionari, se abbiamo saputo lavorare in condizioni durissime e cavarcela allora, sapremo cavarcela anche oggi; perché non si tratta di un nostro capric- cio, perché questa è una situazione obiettivamente inevitabile, che si è venuta a creare in un paese ridotto allo stremo, perché la rivoluzione europea, contrariamente ai nostri desideri, ha osato ritardare, e l’im- perialismo tedesco, contrariamente ai nostri desideri, ha osato passare all’offensiva. Qui bisogna sapere ritirarsi. Non si può nascondere sotto una vuota frase la realtà, incredibilmente triste e amara; bisogna dire: voglia Iddio che ci si possa ritirare in un certo ordine, guadagnare anche il più piccolo intervallo di tempo, affinché la parte malata del nostro organismo si possa almeno un poco ristabilire. L’organismo nel suo complesso è sano: supererà la malattia. Ma non si può pretendere che la superi di colpo, da un momento all’altro, non si può arrestare un esercito in fuga. Quando ho detto ad nostro giovane amico, che voleva essere di sinistra: compagno, andate al fronte, guardate che cosa succede nell’esercito, la cosa fu presa come una proposta offensiva: « ci vogliono deportare, in modo che non possiamo agitare qui i grandi principi della guerra rivoluzionaria ». Proponendo questo io non intendevo, per la verità, mandare gli uomini della frazione avver- saria alla deportazione: era semplicemente la proposta di andare a vedere la fuga irresistibile iniziata dall’esercito. Noi lo sapevamo anche prima, anche prima non si potevano chiudere gli occhi dinanzi al fatto che al fronte la disgregazione era giunta al punto da dar luogo ad epi- VII CONGRESSO DEL PCR(b) 87 sodi inauditi, come la vendita dei nostri cannoni ai tedeschi per pochi soldi. Noi questo lo sapevamo, come sappiamo che non è possibile trat- tenere Pesercito, e che la pretesa che i tedeschi non avrebbero attaccato era una colossale avventura. Se la rivoluzione europea tarda a nascere, ci attendono durissime sconfitte, perché non abbiamo esercito, perché non abbiamo organizzazione, e perché non possiamo risolvere subito questi due problemi. Se non sai adattarti, se non sei disposto a strisciare sul ventre, nel fango, non sei un rivoluzionario, ma un chiacchierone; e se propongo di andare avanti cosi, non è perché questo mi piaccia, ma perché non c'è altra via, perché la storia non è stata cosi piacevole da far maturare la rivoluzione dappertutto allo stesso tempo. Le cose stanno cosi: la guerra civile è cominciata come un tenta- tivo di scontro con Pimperialismo e ha dimostrato che Pimperialismo è completamente marcio e che gli elementi proletari si sollevano in ogni esercito. Si, noi vedremo la rivoluzione mondiale, ma per ora è solo una magnifica favola, una bellissima favola; comprendo benissimo che ai bambini piacciono le belle favole, ma mi domando: è dato a un serio rivoluzionario credere alle favole? In ogni favola vi sono elementi di realtà: se raccontaste ai bambini una favola in cui il gallo e il gatto non parlano una lingua umana, non suscitereste il loro interesse. Allo stesso modo, se dite al popolo che la guerra civile in Germania scop- pierà, e al tempo stesso gli assicurate che, invece di un conflitto con Pimperialismo, avverrà sui campi di battaglia la rivoluzione intema- zionale, il popolo dirà che lo ingannate. Cosi voi solo nel vostro pen- siero, nei vostri desideri superate le difficoltà che la storia ha fatto sor- gere. Ottima cosa è se il proletariato tedesco sarà in grado di insorgere. Ma voi l'avete già calcolato, avete scoperto uno strumento capace di indicare in anticipo il giorno preciso in cui nascerà la rivoluzione tede- sca? No, questo non lo sapete, e nemmeno noi lo sappiamo. Voi puntate tutto su una carta. Se la rivoluzione nasce, tutto è salvo. Certamente! Ma se essa non si presenterà come noi desideriamo, se non vincerà domani, che faremo allora? Allora le masse vi diranno: vi siete comportati come avventurieri, avete puntato su un corso favo- revole degli avvenimenti che non si è realizzato, non siete stati all'al- tezza della situazione che si è venuta, a creare invece della rivoluzione intemazionale, la quale inevitabilmente verrà, ma che oggi non è ancora matura. È cominciato un periodo di durissime sconfitte inferte dall'impe- 88 LENIN rialismo armato fino ai denti a un paese che ha smobilitato il suo esercito, che ha dovuto smobilitare. Ciò che avevo predetto, si è com- pletamente realizzato: invece della pace di Brest, per colpa di coloro che non hanno voluto accettarla, abbiamo ottenuto una pace molto più umiliante. Noi sapevamo che per colpa dell’esercito dovevamo conclu- dere la pace con l'imperialismo. Eravamo seduti al tavolo con Hoff- mann 44 e non con Liebknecht: e anche cosi abbiamo aiufato la rivo- luzione tedesca. Ma ora voi aiutate l’imperialismo tedesco, perché gli avete ceduto le vostre ricchezze a milioni — cannoni e munizioni, — e questo avrebbe potuto prevederlo chiunque avesse visto lo stato incre- dibile fino allo strazio in cui era ridotto Pesercito. Alla minima offen- siva dei tedeschi saremmo stati perduti inevitabilmente e imman- cabilmente: questo diceva ogni persona che veniva dal fronte. Siamo divenuti preda del nemico in pochi giorni. Dopo aver avuto questa lezione, noi supereremo la nostra scissione, la nostra crisi, per quanto grave sia questa malattia, perché ci verrà in aiuto un alleato infinitamente più sicuro: la rivoluzione mondiale. Quando ci si chiede se si debba ratificare questa pace di Tilsit, questa pace inaudita, più umiliante e spoliatrice di quella di Brest, io rispondo: assolutamente si. Dobbiamo farlo perché guardiamo dal punto di vista delle masse. Il tentativo di trasportare la tattica applicata in ottobre- novembre alPinterno di un paese, — questo periodo trionfale della rivoluzione, — e applicarla, con Paiuto della nostra fantasia, al corso degli avvenimenti della rivoluzione mondiale, è un tentativo destinato all’insuccesso. Quando ci dicono che la tregua è una fantasia, quando un giornale chiamato Kommunist , — a quanto pare dalla parola Co- mune, — quando questo giornale riempie una colonna dopo Paltra cercando di confutare la teoria della tregua, allora dico: mi è toccato di vivere molti conflitti di frazione, molte scissioni, si che ne ho una grande pratica, ma debbo dire che vedo chiaramente che non il vecchio metodo — quello delle scissioni frazioniste nel partito — potrà curare questa malattia, perché prima la curerà la vita stessa. La vita procede con grande rapidità. A questo riguardo essa opera in modo eccellente. La storia spinge a tale velocità la sua locomotiva che, prima ancora che la redazione del Kommunist abbia il tempo di far uscire il suo pros- simo numero, la maggioranza degli operai di Pietrogrado comincerà a disilludersi delle sue idee, perché la vita dimostrerà che la tregua è un fatto. Ecco, noi ora firmiamo la pace, abbiamo una tregua, ne appro- VII CONGRESSO DEL PCr(b) 89 fittiamo per difendere meglio la patria, perché se avessimo la guerra, avremmo quell’esercito in fuga, in preda al panico, che bisognerebbe cercare di fermare e che i nostri compagni non possono e non hanno potuto fermare perché la guerra è piu forte delle prediche, più forte di diecimila ragionamenti. Se essi non hanno compreso la situazione oggettiva, non possono fermare l’esercito e non avrebbero potuto fer- marlo. Quest’esercito malato infettava tutto l’organismo, e noi abbiamo subito una nuova, tremenda sconfitta, un nuovo colpo inferto dal- l’imperialismo tedesco alla rivoluzione, un duro colpo, perché con grande leggerezza ci siamo esposti senz’armi ai colpi dell’imperialismo. Intanto approfitteremo di questa tregua per convincere il popolo a unirsi, a battersi, per dire agli operai, ai contadini russi: «Create un’autodisciplina, tuia disciplina severa, altrimenti dovrete giacere sotto il tallone dello stivale tedesco, come vi accade ora, come inevitabil- mente vi accadrà, finché il popolo non imparerà a lottare, a. creare un esercito capace non di fuggire ma di andare incontro a sofferenze inau- dite ». Ciò è inevitabile perché la rivoluzione tedesca non è ancora avvenuta e non si può garantire che avverrà domani. Ecco perché la teoria della tregua, che viene assolutamente negata dal fiume di articoli del Kommunist , è sostenuta dalla vita stessa. Ognuno vede che la tregua è un fatto, che ciascuno ne approfitta. Avevamo previsto di perdere Pietrogrado in pochi giorni, quando le truppe tedesche avanzanti si trovavano a poche tappe di distanza da essa, e i migliori marinai e i migliori operai delle officine Putilov, nonostante tutto il loro grande entusiasmo, si trovavano soli; quando si èra creato un caos spaventoso e un tale panico che aveva costretto le truppe a fuggire fino a Gateina; quando eravamo arrivati al punto di riprendere una località che non si era mai arresa, e succedeva che un telegrafista arrivava a una stazione, si sedeva all’apparecchio e telegrafava: « Nessun tedesco. La stazione è in mano nostra ». Dopo poche ore mi giungeva una telefonata dal commissariato delle vie di comunicazione che mi annunciava: « Abbiamo occupato la stazione seguente, ci avviciniamo a Iamburg. Nessun tedesco. Il telegrafista è al suo posto ». Ecco a che cosa siamo arrivati. Ecco qual è la storia reale della guerra di undici giorni 4 \ Ce l’hanno descritta i marinai e gli operai delle officine Putilov, che bisogna far partecipare al con- gresso dei soviet. La raccontino loro la verità. È una verità terribil- 90 LENIN mente amara, dolorosa, straziante, umiliante, ma è cento volte piu utile: essa è compresa dal popolo russo. Ammetto che ci si possa lasciare attrarre dall’idea di una rivolu- zione internazionale che si allargherà fino ai campi di battaglia, perché essa verrà. Tutto verrà a suo tempo, ma ora impegnatevi nel lavoro per creare Tautodisciplina, ubbidite ad ogni costo affinché regni uh ordine perfetto, affinché gli operai si istruiscano nel combattimento, anche per una sola ora al giorno. Questo è un po’ piu difficile che trac- ciare la trama di una bella favola. Ma questa è la situazione ora, cosi voi aiutate la rivoluzione tedesca, la rivoluzione internazionale. Quanti giorni di tregua ci saranno dati, non sappiamo, ma la tregua ci è stata data. Bisogna smobilitare al piu presto l’esercito, perché è un organo malato, e intanto aiuteremo la rivoluzione finlandese 46 . Si, certo, noi violiamo il trattato, l’abbiamo già violato trenta o quaranta volte. Solo dei bambini possono non capire che in un’epoca simile, in cui comincia un lungo e doloroso periodo di liberazione, che ha appena cominciato a creare il potere dei soviet e l’ha elevato a tre gradini del suo sviluppo, solo dei bambini possono non capire che ora ci tocca condurre una lotta lunga e prudente. Un trattato di pace vergo- gnoso suscita la rivolta, ma quando i compagni del Kommunìst ragio- nano sulla guerra, fanno appello al sentimento, dimenticando che la gente stringeva i pugni e aveva davanti agli occhi i bambini insan- guinati. Che cosa dicono? « Mai un rivoluzionario cosciente sopporterà questo, mai accetterà una simile vergogna ». Il loro giornale ha il titolo di Kommunìst ma dovrebbe chiamarsi invece Scliakhtic , poiché esso vede le cose allo stesso modo di quel nobile polacco che disse morendo in una bella posa, con la sciabola in pugno: « La pace è la vergogna, la guerra è l’onore ». Essi ragionano come il nobile polacco, e io come il contadino. Se accetto la pace mentre l’esercito è in fuga e non può non fug- gire senza perdere migliaia di uomini, l’accetto perché non mi capiti di peggio. È vergognoso il trattato? Ma ogni contadino e operaio serio mi giustificherà, perché essi comprendono che la pace è un mezzo per raccogliere le forze. La storia sa — e questo l’ho detto piu di una volta, — la storia sa come i tedeschi si siano liberati da Napoleone dopo la pace di Tilsit, io ho chiamato a proposito questa pace, pace di Tilsit, anche se noi non abbiamo sottoscritto le stesse clausole: e cioè l’impegno a fornire nostre truppe in appoggio all’invasore per VII CONGRESSO DEL PCR(b) 91 l’assoggettamento di altri popoli. Eppure la storia è arrivata fino a questo, e lo stesso capiterà anche a noi se faremo affidamento solo sulla rivoluzione intemazionale compiuta sul campo di battaglia. Badate che la storia non porti anche voi fino a questa forma di servitù militare. E fintanto che la rivoluzione socialista non avrà vinto in tutti i paesi, la repubblica sovietica può cadere in servitù. Napoleone a Tilsit impose ai tedeschi condizioni di pace incredibilmente vergognose. E le cose allora andarono cosi che la pace fu conclusa piu di una volta, L’Hoff- mann di allora — Napoleone — coglieva i tedeschi in flagrante viola- zione della pace, e anche Hoffmann farà lo stesso con noi. Noi però faremo in modo di non farci cogliere tanto presto. L’ultima guerra ha dato al popolo russo una lezione amara, dolorosa ma seria: deve organizzarsi, disciplinarsi, obbedire, creare una disci- plina che sia esemplare. Imparate dai tedeschi la disciplina, altrimenti saremo un popolo perduto e cadremo eternamente in schiavitù. Cosi, e solo cosi, ha proceduto la storia. La storia suggerisce che la pace è una tregua per la guerra, e la guerra è un mezzo per ottenere una pace in qualche modo migliore o peggiore. A Brest il rapporto di forze corrispondeva a una pace di vinti, ma non umiliante. A Pskov il rapporto di forze corrispondeva a una pace più vergognosa, più umi- liante. Ma a Pietroburgo e a Mosca, nelle tappe successive, ci impor- ranno una pace quattro volte più umiliante. Noi non diremo che il potere sovietico è solo una forma, come ci hanno detto i giovani amici di Mosca 47 , non diremo che per questo e quel principio rivoluzionario si può sacrificare il contenuto, ma diremo: comprenda il popolo russo che esso deve disciplinarsi, organizzarsi, e allora potrà sopportare tutte le paci di Tilsit di questo mondo. Tutta la storia delle guerre di libe- razione ci mostra che se queste guerre abbracciavano larghe masse, la liberazione era rapida. Noi diciamo: se la storia procederà cosi, do- vremo por fine alla pace, tornare alla guerra, e questo può anche toc- carci tra pochi giorni- Ognuno deve essere preparato. Per me non c'è ombra di dubbio che i tedeschi si preparano oltre Narva, se è vero che essa non è stata presa, come dicono tutti i giornali; non a Narva, ma nei pressi di Narva; non a Pskov, ma nei pressi di Pskov i tedeschi radunano il loro esercito regolare, impiantano le loro strade ferrate per conquistare con un successivo balzo Pietrogrado. Questa belva sa fare bene i suoi balzi. L’ha già dimostrato. Ne farà ancora degli altri. Su questo non c’è il minimo dubbio. Bisogna quindi essere preparati, 92 LENIN bisogna sapere non fare i fanfaroni, ma prendere anche un sol giorno di tregua, perché anche un solo giorno può servire per evacuare Pietro- grado, la cui occupazione costerebbe sofferenze inaudite a centinaia di migliaia di nostri proletari. Dirò ancora una volta che sono pronto a firmare e mi riterrò obbligato a firmare venti volte, cento volte una pace più umiliante, se posso ottenere anche solo pochi giorni per eva- cuare Pietrogrado, perché cosi allevio le sofferenze degli operai che altri- menti possono cadere sotto il giogo dei tedeschi; cosi facilito il trasporto fuori da Pietrogrado di quei materiali, polvere da sparo, ecc., che ci sono necessari; perché io sono per la difesa della patria, sono per la preparazione di un esercito, sia pure nelle piu lontane retrovie, dove si stanno ora curando le ferite delPattuale esercito smobilitato, malato. Non sappiamo quanto durerà la tregua, cercheremo di cogliere il momento buono. Forse la tregua sarà di più lunga durata, o forse durerà solo pochi giorni. Tutto può essere. Nessuno lo sa, né può saperlo, perché tutte le più grandi potenze sono legate, costrette, obbligate a lottare su vari fronti. La condotta di Hoffmann è determinata, da un lato, dalla necessità di annientare la repubblica sovietica, ma dal- l’altro dal fatto che egli deve condurre la guerra su tutta una serie di fronti, e che, in terzo luogo, in Germania la rivoluzione matura, avanza, e Hoffmann lo sa, e non può, come si afferma, da un momento all’altro prendere Pietrogrado, prendere Mosca. Ma potrà farlo domani; questo è assolutamente possibile. Ripeto che in questo momento, in cui è evidente che Teserei to è malato, in . cui noi approfittiamo di qualsiasi istante, ad ogni costo, anche di un solo giorno di tregua, noi diciamo che ogni rivoluzionario serio, legato alle masse, che sa che cos’è la guerra, che cosa sono le masse, le deve disciplinare, le deve curare, cer- cando di sollevarle poi per una nuova guerra; ogni rivoluzionario serio ci darà ragione, riconoscerà giusto ogni trattato vergognoso, poiché è concluso nelTinteresse della rivoluzione proletaria e del rinnovamento della Russia, per liberarla da un organo malato. Firmando questa pace, come può comprendere ogni persona di buon senso, noi non cessiamo la nostra rivoluzione operaia; ognuno comprende che firmando la pace con i tedeschi, noi non cessiamo il nostro aiuto militare: noi mandiamo ai finlandesi armi, ma non truppe, che sono incapaci di combattere. Può darsi che accetteremo la guerra; forse domani cederemo anche Mosca; ma poi passeremo alToffensiva: lanceremo contro l’esercito VII CONGRESSO DEL PCr(b) 93 nemico il nostro esercito, se nello stato d'animo popolare avverrà quella svolta che già va maturando, per la quale forse occorrerà molto tempo, ma che avverrà quando le larghe masse diranno ciò che oggi non dicono. Sono costretto ad accettare la pace anche se è durissima, perché oggi non posso dire a me stesso che il momento è venuto. Quando giungerà il tempo del rinnovamento, tutti lo sentiranno, vedranno che l’uomo russo non è uno sciocco; egli vede, egli capisce che bisogna controllarsi, che questa parola d’ordine deve essere realizzata: questo è il compito principale del congresso del nostro partito e del congresso dei soviet. Bisogna saper lavorare su una nuova strada. È infinitamente più duro, ma non è affatto impossibile. Ciò non farà cadere affatto il potere dei soviet, se noi stessi non lo faremo cadere con la più sciocca delle avventure. Verrà il tempo in cui il popolo dirà: non permetto che mi si tormenti più a lungo. Ma questo può accadere se noi non ci lanceremo in questa avventura, ma sapremo lavorare in condizioni difficili, in pre- senza di un trattato indicibilmente umiliante, che noi abbiamo firmato pochi giorni fa, giacché una tale crisi storica non si risolve con una guerra né con un trattato di pace. Il popolo tedesco era legato dalla sua organizza 2 Ìone monarchica nel 1807, quando firmò la sua pace di Tilsit, dopo alcune paci umilianti che si trasformarono in tregua per nuove umiliazioni e nuove violazioni. L’organizzazione sovietica delle masse faciliterà il nostro compito. La nostra parola d’ordine deve essere una sola; imparare seria- mente a fare la guerra, mettere ordine nelle ferrovie. Senza le strade ferrate la guerra rivoluzionaria e socialista è il più dannoso dei tradi- menti. Bisogna creare l’ordine e bisogna suscitare tutta quella energia, tutta la forza che darà vita a quanto ce di meglio nella rivoluzione. Afferrate la tregua, anche solo di un’ora, poiché ve l’hanno data, per mantenere il contatto con le lontane retrovie, per creare colà nuovi eserciti. Abbandonate le illusioni, che la vita vi ha fatto già pagare e vi farà pagare ancora più caro. Davanti a noi si delinea un’epoca di durissime sconfitte, essa è già cominciata, bisogna saperne tener conto, bisogna essere pronti a un tenace lavoro in condizioni di illegalità, in condizioni di aperta schiavitù sotto i tedeschi: non c’è ragione di addol- cire le cose: questa è una vera pace di Tilsit. Se sapremo agire in questo modo, allora noi, nonostante le sconfitte, possiamo dire con assoluta certezza che vinceremo. ( Applausi ) 2 DISCORSO CONCLUSIVO AL DIBATTITO SULLA GUERRA E LA PACE 8 marzo Compagni, permettetemi di cominciare con alcune osservazioni rela- tivamente secondarie, dalla fine. Il compagno Bukharin, al termine del suo discorso, è arrivato a paragonarci a Petliura. Se ritiene che sia effettivamente cosi, come può restare nello stesso partito con noi? Non è la sua una vuota frase? Certo, se fosse realmente cosi, noi non sa- remmo nello stesso partito. Il fatto che lo siamo, dimostra che siamo d’accordo per i nove decimi con Bukharin. È vero che egli ha aggiunto alcune frasi rivoluzionarie in cui dice che noi vorremmo tradire l’Ucrai- na. Sono convinto che non valga la pena di parlare di sciocchezze cosi evidenti. Torno al compagno Riazanov e a questo proposito vorrei notare che, come un'eccezione che accade una volta ogni dieci anni non fa che confermare la regola, cosi anche a lui è accaduto di dire senza volerlo una frase seria. (Applausi). Egli ha detto che Lenin cede spazio per guadagnare tempo. È quasi un giudizio filosofico. Ma questa volta è accaduto che al compagno Riazanov è venuta fuori una frase, per la verità, assolutamente seria, il cui significato essenziale è tutto qui: io voglio cedere spazio al reale vincitore, allo scopo di guadagnar tempo. In questo è tutta la sostanza, e solo in questo. Tutto il resto sono solo vuoti discorsi: la necessità della guerra rivoluzionaria, lo slancio dei contadini, ecc. Quando il compagno Bukharin presenta la cosa come se a proposito della possibilità della guerra non vi possano essere due opinioni e dice: « Chiedetelo a qualsiasi militare » (ho scritto le sue parole), io gli rispondo: questo qualsiasi militare è stato un uffi- ciale francese con il quale ho avuto l’occasione di parlare. Quest’ufficiale francese, guardandomi, naturalmente, con occhio ostile, — non avevo forse ceduto la Russia ai tedeschi? — mi diceva: « Io sono realista, VII CONGRESSO DEL PCR(b) 95 sono fautore della monarchia anche in Francia, sono fautore della scon- fitta della Germania, e non crediate che sia fautore del potere sovietico, — e come pensarlo, se era un monarchico, — ma io ritenevo giusto che voi firmaste il trattato a Brest, perché ciò era indispensabile » 4 \ Ecco qua, « chiedete a qualsiasi militare ». Qualsiasi militare doveva dirvi quel che io vi ho detto: bisognava firmare il trattato a Brest. Se adesso dal discorso di Bukharin risulta che i nostri dissensi si sono molto attenuati, è perché i suoi partigiani hanno nascosto il punto prin- cipale di questi dissensi. Quando ora Bukharin tuona contro di noi dicendo che abbiamo demoralizzato le masse, ha perfettamente ragione; tuona però contro se stesso e non contro di noi. Chi ha causato questa confusione nel Comitato centrale? Voi, compagno Bukharin. {Ilarità). E per quanto voi gridiate « no », la verità avrà il sopravvento: noi nella nostra famiglia, tra compagni, al nostro congresso, non abbiamo nulla da nascondere, e dobbiamo dire la verità. E la verità è che nel CC c'erano tre tendenze. Il 17 febbraio Lomov e Bukharin non hanno votato. Io chiesi che i risultati di quella votazione venissero riprodotti in piu copie e che ogni membro del partito andasse, se lo desiderava, alla Segreteria e prendesse conoscenza della votazione, della storica votazione del 21 gennaio, la quale dimostra che sono stati loro ad esitare, mentre noi non abbiamo esitato affatto, noi abbiamo detto; « Accettiamo la pace di Brest, — non ne avrete una migliore, — per preparare la guerra rivoluzionaria ». Adesso abbiamo già guadagnato cinque giorni per evacuare Pietrogrado. Adesso è stato pubblicato l’appello di Krylenko e di Podvoiski 49 , che non figuravano tra i sinistri e che Bukharin aveva trattato dall'alto in basso, dicendo che « tiravamo fuori » Kry- lenko, come se avessimo inventato ciò che Krylenko ha riferito. Noi siamo perfettamente d'accordo con questo; ecco infatti come stanno le cose, ecco che i militari hanno dimostrato quello che io dicevo, mentre voi ve la cavate adducendo il pretesto che i tedeschi non attac- cheranno. Si può forse confrontare la situazione attuale con quella dell'ottobre, quando non si trattava di questioni tecniche? No, se voi volete tener conto dei fatti, tenete conto che i dissensi riguardavano l'impossibilità di iniziare una guerra quando questa era manifesta- mente svantaggiosa. Quando il compagno Bukharin ha cominciato il suo discorso conclusivo con la domanda minacciosa: « È possibile la guerra in un prossimo futuro? », mi ha molto meravigliato. Rispondo senza 96 LENIN esitazioni: è possibile, ma ora bisogna accettare la pace. E in questo non vi è alcuna contraddizione. Dopo queste brevi osservazioni passo a rispondere nei particolari ai precedenti oratori. Debbo fare un’eccezione per quanto riguarda Radek. Ma c’è stato un’altro intervento, quello del compagno Uritski. Che cosa conteneva, oltre a parole come Canossa, « tradimento », « riti- rata », « accomodamento »? Ebbene, che roba è questa? La vostra cri- tica non è forse presa dal giornale dei socialisti-rivoluzionari di sinistra? Il compagno Bubnov ci ha letto una dichiarazione indirizzata al CC da alcuni suoi membri, che si considerano molto di sinistra, e che hanno dato realmente l’esempio di una dimostrazione davanti a tutto il mondo: « La condotta del CC ha inferto un colpo al proletariato intemazionale ». Ma non è questa una vuota frase? « Dimostrare impotenza davanti a tutto il mondo? ». Che cosa dimostriamo? Che abbiamo proposto la pace? Che Tesercito ha vinto? Non abbiamo forse dimostrato che ini- ziare la guerra contro la Germania ora, non accettando la pace di Brest, significa mostrare al mondo che il nostro esercito è malato e non vuole andare alla guerra? Bubnov fa un’affermazione assolutamente priva di senso quando dice che questa esitazione è stata creata completamente da noi*: ciò è avvenuto perché il nostro esercito è malato. Prima o poi bisognava dargli un momento di respiro. Se avessimo seguito la strategia giusta, avremmo avuto un mese di tregua, ma poiché abbiamo seguito una strategia sbagliata, abbiamo soltanto cinque giorni di tregua: ed è già qualcosa. La storia della guerra dimostra che per fermare un esercito che fugge in preda al panico a volte bastano anche pochi giorni. Chi non accetta, chi non firma ora questa pace maledetta, è un uomo che si bea di vuote frasi, ma che non ha una strategia. Ecco dov’è il male. Quando alcuni membri del CC mi scrivono: « dimostrazione di impo- tenza », « tradimento », questa è la più dannosa, la più vuota frase infantile. Noi abbiamo dimostrato impotenza tentando di combattere quando non si doveva farlo, quando era inevitabile che il nemico sca- gliasse un’offensiva contro di noi. Per quel che riguarda i contadini di Pskov, noi li porteremo al congresso dei soviet perché raccontino come li hanno trattati i tedeschi, perché essi creino quello stato d’animo in cui il soldato che fugge in preda al panico cominci a rinsavire e dica: « SI, adesso ho capito che questa non è la guerra che i bolsce- vichi ci hanno promesso di cessare, questa è una nuova guerra che i tedeschi conducono contro il potere dei soviet ». Allora verrà il risa- VII CONGRESSO DEL PCR(b) 97 namento. Voi invece ponete una questione che non si può risolvere. Nessuno sa quanto durerà la tregua. Debbo poi occuparmi della posizione del compagno Trotski. Nella sua attività bisogna distinguere due aspetti: quando egli cominciò le trattative di Brest, sfruttandole magnificamente per l’agitazione, noi eravamo tutti d’accordo con il compagno Trotski. Egli ha citato una parte di un colloquio avuto con me, ma io aggiungo che fra di noi era stato stabilito di tener duro fino alTultimatum dei tedeschi e di cedere però dopo l’ultima tum. Il tedesco ci ha preso per la gola: di sette giorni ce ne ha rubati cinque 50 . La tattica di Trotski, fin tanto che portava a tirare in lungo le trattative, era giusta: essa è divenuta sba- gliata quando si dichiarò cessato lo stato di guerra senza che la pace fosse stata firmata. Io proposi in modo assolutamente preciso di firmare la pace. Non potevamo ottenere una pace migliore di quella di Brest. Tutti capivano che la tregua sarebbe durata un mese, che noi non avremmo perduto. Poiché la storia ha rifiutato questa soluzione, non è il caso di ritornarci sopra, ma è ridicolo che Bukharin dica: « La vita mostrerà che noi avevamo ragione ». Io avevo ragione, perché avevo scritto a questo proposito fin dal 1915: « Bisogna prepararsi a fare k guerra, essa è inevitabile, essa viene, essa verrà » 51 . Ma bisognava accettare k pace senza inutili fanfaronate. Bisognava accettarla tanto piu che la guerra sarebbe venuta, ed ora noi, perlomeno, rendiamo piu facile revaciiazione di Pietrogrado, l’abbiamo resa piu facile. Questo è un fatto. Quando il compagno Trotski avanza nuove condizioni: « Pro- mettete di non firmare la pace con Vinnicenko », io dico che in nes- sun caso mi assumerò questo impegno 5a . Se il congresso prendesse questo impegno, né io né nessun altro di quelli che la pensano come me ce ne prenderemo la responsabilità. Ciò significherebbe, invece di tenere una chiara linea di manovra, — ritirandosi quando è possibile, a volte attaccando, — significherebbe invece legarsi di nuovo con una decisione formale. È ridicolo non conoscere la storia militare, non sapere che un trattato è un mezzo per raccogliere le forze: ho già fatto l’esem- pio della storia prussiana. Alcuni pensano poprio come i bambini: ho firmato un trattato, allora mi sono dato a Satana, andrò aH’infemo. Questo è semplicemente ridicolo, allorché la storia militare ci dice, nel modo piu chiaro, che firmare un trattato quando si è sconfitti è un mezzo per raccogliere le forze. Nella storia ci sono stati casi in cui le guerre si susseguivano Luna all’altra, e noi l’abbiamo dimenticato; 98 LENIN vediamo che la vecchia guerra si trasforma in... 5 \ Se vi fa comodo, legatevi per sempre con considerazioni formali e date allora i posti di responsabilità ai socialisti-rivoluzionari di sinistra. Noi questa respon- sabilità non ce la assumiamo. In questo non c’è neppure l’ombra di volontà di scissione. Sono convinto che la vita vi insegnerà. Il 12 marzo — non è cosi lontano — riceverete un vasto materiale d’insegna- mento 54 . Il compagno Trotski dice che questo è tradimento nel verò senso della parola. Io affermo che questa è un’opinione assolutamente sba- gliata. Per dimostrarlo concretamente, prenderò un esempio: due uomini vanno per la loro strada, vengono assaliti da dieci uomini, uno si batte, l’altro scappa: questo è tradimento; ma se ci sono due eserciti di centomila uomini ciascuno e contro di loro ci sono cinque eserciti; e un esercito è circondato da duecentomila uomini, e l’altro dovrebbe ac- correre in suo aiuto; ma, sapendo che vi sono trecentomila uomini dispo- sti in modo da prenderlo in trappola, può accorrere in aiuto? No, non può. Questo non è tradimento, non è viltà: il semplice aumento di nume- ro ha mutato tutti i concetti. Ogni militare lo sa. Qui non vale il con- cetto personale: agendo cosi, io proteggo il mio esercito, prendano pure prigioniero quello, io rinnoverò il mio, ho degli alleati, aspetterò finché arrivino. Solo cosi si può ragionare; ma quando alle considera- zioni militari se ne mescolano altre, non si fanno altro che vuote frasi. Cosi non si può fare la politica. Noi abbiamo fatto tutto ciò che poteva esser fatto. Firmando il trattato, abbiamo salvato Pietrogrado, almeno per qualche giorno. (Che i segretari e gli stenografi non pensino di scrivere quel che ho detto). Il trattato ci impone di ritirare le truppe dalla Finlandia, — truppe che non sono chiaramente in grado di combattere, — ma non ci è vietato di introdurre armi in Finlandia. Se Pietrogrado fosse già caduta qualche giorno addietro, il panico sarebbe dilagato nella città, e noi non saremmo riusciti a evacuare nulla, mentre in questi cinque giorni abbiamo aiu- tato i nostri compagni finlandesi, e non dirò quanto, perché essi lo sanno. Le chiacchiere secondo cui noi avremmo tradito la Finlandia sono nient'altro che frasi vuote e puerili. Noi l’abbiamo aiutata proprio riti- randoci in tempo davanti ai tedeschi. La Russia non sarà affatto perduta anche se cadrà Pietrogrado, qui ha mille volte ragione il compagno VII CONGRESSO DEL PCR(b) 99 Bukharin, ma se si manovra alla Bukharin, si rischia di rovinare una buona rivoluzione. {Ilarità.) Noi non abbiamo tradito né la Finlandia, né l’Ucraina. Non un solo operaio cosciente ci accuserà di questo. Noi le aiutiamo come possiamo. Noi non abbiamo tolto e non toglieremo alle nostre truppe un solo uomo in grado di combattere. Se voi dite che Hoffmann ci sarà di nuovo addosso, certo, lo può fare, su questo non ho dubbi, ma né lui né nessun altro sa entro quanti giorni lo potrà fare. Inoltre, queste vostre considerazioni secondo cui egli ci sarà di nuovo addosso, sono considerazioni che riguardano il rapporto politico delle forze, di cui parlerò piu avanti. Dopò aver spiegato perché non posso assolutamente accettare la proposta di Trotski, — non si può fare cosi la politica, — debbo dire che l’esempio di quanto i nostri compagni al congresso si siano allontanati dalla frase vuota, che di fatto è rimasta peculiarità di Uritski, ce lo ha dato Radek. Io non posso affatto rimproverarlo di essersi lasciato andare a vuote frasi nel suo intervento. Egli ha detto: « Non c’è ombra di tradimento, né di infamia; perché è chiaro che vi siete ritirati di fronte a una forza militare schiacciante ». Questo è un giudizio che demolisce tutta la posizione di Trotski. Quando Radek dice: « Bisogna stringere i denti e preparare le forze », questo è vero, questo Io sotto- scrivo pienamente: non fare smargiassate, ma stringere i denti e prepararsi. Stringere i denti, non fare smargiassate ma raccogliere le forze. La guerra rivoluzionaria verrà, non c’è disaccordo tra noi su questo punto; i disaccordi riguardano la pace di Tilsit: bisogna firmarla? La cosa peggiore è un esercito malato; si, perciò il CC deve avere una linea ferma, e non debbono esserci disaccordi o una linea di mezzo come ha sostenuto appunto il compagno Bukharin. Non voglio far credere che la situazione sia rosea per quanto riguarda la tregua: nessuno sa quanto durerà, nemmeno io lo so. I tentativi di farmi dire quanto durerà la tregua sono ridicoli. Grazie alle principali vie di comunica- zione che abbiamo conservato nelle nostre mani, diamo aiuto e all’Ucraina e alla Finlandia. Sfruttiamo la tregua manovrando, ritirandoci. All’operaio tedesco non si può piu raccontare che i russi sono lunatici, giacché ora è chiaro che avanza l’imperialismo tedesco-nippo- nico, e ciò sarà chiaro a tutti senza eccezione; oltre al desiderio di soffo- care i bolscevichi, il tedesco ha anche il desiderio di soffocare l’occi- 100 LENIN dente. Tutto si è imbrogliato, e in questa nuova guerra occorrerà mano- vrare e saper manovrare. Riguardo al discorso del compagno Bukharin, debbo notare che, quando non ha piu argomenti, egli ne prende qualcuno in prestito da Uritski e dice: « Il trattato ci disonora ». Qui non c’è bisogno di controbattere: se fossimo disonorati, avremmo dovuto raccogliere le nostre cose e fuggire, ma anche se « disonorati », non credo che le nostre posizioni siano state scosse. Il compagno Bukharin ha cercato veramente di analizzare il fondamento di classe delle nostre posizioni, ma invece di far questo ha raccontato un aneddoto su una economista mo- scovita defunto. Quando hanno voluto trovare nella nostra tattica un le- game con il mercato nero — ridicolo — si sono dimenticati che l’atteg- giamento della classe nel suo insieme, — della classe, e non dei traffi- canti del mercato nero, — ci dimostra che la borghesia russa e tutti i suoi tirapiedi — la gente del Dielo N aroda o della Novaia Gizn — cercano di spingerci in questa guerra con tutte le loro forze. Ma proprio questo che è un fatto di classe voi non lo mettete in rilievo: dichiarare ora guerra alla Germania significa cadere nella provocazione delia borghesia russa. Questa non è una cosà nuova, perché è il mezzo piu sicuro, — non dico: assolutamente sicuro, perché non c’è nulla di assolutamente sicuro, — il mezzo piu sicuro di spazzarci via immedia- tamente. Quando il compagno Bukharin dice che la vita darà ragione a lui e ai suoi, che noi finiremo per ammettere la guerra rivoluzionaria, egli celebra una facile vittoria, poiché fin dal 1915 noi avevamo pre- visto F inevitabilità della guerra rivoluzionaria. I nostri dissensi erano se il tedesco avrebbe attaccato o no; se dovevamo dichiarare cessato lo stato di guerra; se nell’interesse della guerra rivoluzionaria dovevamo ritirarci fisicamente, cedendo territorio per guadagnare tempo. La stra- tegia e la politica ci impongono di firmare un trattato di pace per infame che esso sia. I nostri dissensi spariranno completamente, una volta che noi saremo d’accordo su questa tattica. 3 RISOLUZIONE SULLA GUERRA E LA PACE 55 Il Congresso ritiene necessario ratificare il trattato di pace estre- mamente duro e umiliante con la Germania, firmato da] potere dei soviet, data la mancanza di un esercito da parte nostra, date le condi- zioni di estrema demoralizzazione dei reparti al fronte, data la necessità di sfruttare qualsiasi, anche minima, possibilità di tregua prima che Timperialismo scateni l’offensiva contro la Repubblica socialista sovietica. Le numerose offensive militari degli Stati imperialistici ( sia del- l’occidente che dell’oriente ) contro la Russia sovietica sono storica- mente inevitabili nell’attuale periodo che segna l’inizio dell era della rivoluzione socialista. L’inevitabilità storica di tali offensive, dato l’estremo inasprimento attuale di tutti i rapporti di classe sia all’interno degli Stati che intemazionali, può in ogni momento, anche il piu pros- simo, anche entro pochi giorni, portare a nuove guerre aggressive imperialistiche contro il movimento socialista in generale, contro la Repubblica socialista sovietica russa in particolare. Perciò il congresso dichiara che il primo e fondamentale compito del nostro partito e di tutta l’avanguardia del proletariato cosciente e del potere dei soviet è di prendere le misure piu energiche, implacabilmente decise e draconiane, per elevare l’autodisciplina e la disciplina degli operai e dei contadini della Russia; per spiegare che la storia spinge inevitabilmente la Russia verso una guerra di liberazione, patriottica, socialista, e per creare dappertutto organizzazioni di massa vigorosa- mente unite da un’unica ferrea volontà, capaci di agire compatte e animate da spirito di abnegazione sia nelle situazioni normali sia, e soprattutto, in quelle critiche nella vita del popolo; e infine per dare a tutta la popolazione adulta, senza distinzione di sesso, un’istruzione militare generale e sistematica sia dal punto di vista teorico che da quello operativo. 102 LENIN Secondo il congresso la piu sicura garanzia che la rivoluzione socialista, vittoriosa in Russia, possa consolidarsi è solo la sua trasfor- mazione in rivoluzione operaia internazionale. Il congresso è convinto che dal punto di vista degli interessi della rivoluzione internazionale, dato il rapporto di forze attualmente esi- stente in campo mondiale, il passo compiuto dal potere dei soviet era inevitabile e necessario. Nella convinzione che la rivoluzione operaia matura immancabil- mente in tutti i paesi belligeranti, preparando una inevitabile e piena sconfitta dell’imperialismo, il congresso dichiara che il proletariato so- cialista di Russia appoggerà con tutte le sue forze e con tutti i mezzi a sua disposizione il movimento rivoluzionario fratello del proletariato di tutti i paesi. Pubblicato per la prima volta nel Kommuttar , n. 1, 1° gennaio 1959. 4 INTERVENTI CONTRO GLI EMENDAMENTI DI TROTSKI ALLA RISOLUZIONE SULLA GUERRA E LA PACE 56 8 marzo ( seduta del mattino) 1 Compagni, ho già detto nel mio discorso che né io né quelli che la pensano come me riteniamo possibile accettare questo emendamento. Noi non dobbiamo assolutamente legarci le mani con una sola linea strategica. Tutto dipende dal rapporto di forze e dal momento in cui questo o quel paese imperialistico scatenerà l'offensiva contro di noi, dal momento in cui il risanamento del nostro esercito, che è senza dubbio incominciato, giungerà al punto che noi saremo in grado, e anzi obbligati, non solo a rifiutare di firmare la pace, ma a dichiarare la guerra. Acconsento ad accettare, invece di quegli emendamenti che ha proposto il compagno Trotski, remcndamento seguente: In primo luogo, dire — e insisterò senz'altro su questo — che la presente risoluzione non verrà pubblicata sulla stampa, ma verrà sol- tanto annunciata la ratifica del trattato. In secondo luogo, il CC si riserva il diritto di modificare le forme di pubblicazione e il contenuto in relazione con la possibile offensiva dei giapponesi. In terzo luogo, dire che il congresso autorizza il CC del partito sia a rompere ogni trattativa di pace, sia a dichiarare la guerra a qual- siasi potenza imperialistica e a tutto il mondo quando il CC stesso riconosca che ne sia giunto il momento opportuno. Questa autorizzazione a rompere le trattative in qualsiasi mo- mento noi dobbiamo darla al CC, ma ciò non significa affatto che dob- biamo romperle ora, nella situazione oggi esistente. In questo momento non dobbiamo assolutamente legarci le mani. Le parole che il compagno 104 LENIN Trotski propone di introdurre raccoglieranno i voti di coloro che sono contro la ratifica in generale, i voti di coloro che sono favorevoli a una linea intermedia che creerà di nuovo una situazione in cui nessun operaio, nessun soldato capirà nulla della nostra risoluzione. Noi ora stabiliremo la necessità di ratificare il trattato e daremo pieni poteri al Comitato centrale di dichiarare la guerra in qualsiasi momento, perché l’attacco contro di noi si sta preparando, forse, da tre parti; l’Inghilterra o la Francia vogliono prenderci Arcangelo: questo è senz’altro possibile, ma in ogni caso noi non dobbiamo impe- gnare rigidamente la nostra istanza centrale né per quel che riguarda la rottura del trattato di pace, né per quel che riguarda la dichiarazione di guerra. Agli ucraini diamo un aiuto finanziario, li aiutiamo per quanto possiamo. In ogni caso non dobbiamo e non possiamo legarci le mani dichiarando che non firmeremo nessun trattato di pace. In un’epoca in cui le guerre si. moltiplicano e si succedono l’una all’ altra, nascono sempre nuove combinazioni. Il trattato di pace rappresenta un margine di manovra vitale: o noi difendiamo questo margine di manovra, o ci leghiamo formalmente le mani in precedenza, in modo da non poterci piu muoverci: né far la pace, né far la guerra. II Mi sembra di aver già detto: no, non posso accettarlo. Questo emendamento esprime in modo allusivo ciò che vuol dire il compagno Trotski. Ma le allusioni non vanno messe in una risoluzione. Il primo punto dice che noi accettiamo la ratifica del trattato, ritenendo necessario sfruttare qualsiasi anche minima possibilità di tre- gua prima che Timperialismo attacchi la Repubblica socialista sovietica. Parlando di tregua, noi non dimentichiamo che l’offensiva contro la nostra repubblica continua. Ecco il mio pensiero, che ho sottolineato nel discorso conclusivo. 5 INTERVENTO CONTRO L'EMENDAMENTO DI RADEK ALLA RISOLUZIONE SULLA GUERRA E LA PACE 8 marzo ( seduta del mattino) Mi è impossibile rispondere subito alla polemica del compagno Radek: dato che io non voto, non ho dichiarazioni di voto da fare. Non posso rispondere secondo il normale ordine dei lavori, né voglio far perdere tempo al congresso chiedendo la parola per rispondere a questa polemica. Mi limito perciò a ricordare quanto ho detto nel discorso conclusivo e, in secondo luogo, protesto contro il fatto che una dichia- razione di voto è stata trasformata in una polemica alla quale non sono in grado di rispondere. 6 AGGIUNTA ALLA RISOLUZIONE SULLA GUERRA E LA PACE Il congresso ritiene necessario non pubblicare la risoluzione ap- provata e impegna tutti i membri del partito a mantenere segreta questa risoluzione. Si passa alla stampa — e non oggi, ma a discre- zione del CC — soltanto il comunicato in cui si informa che il con- gresso è favorevole alla ratifica. Inoltre il congresso sottolinea in particolare che al CC sono con- feriti i pieni poteri per interrompere in qualsiasi momento le trattative di pace con gli Stati imperialistici e borghesi, nonché per dichiarare loro la guerra. 7 INTERVENTO CONTRO L’EMENDAMENTO DI ZINOVIEV ALL’AGGIUNTA ALLA RISOLUZIONE SULLA GUERRA E LA PACE 8 marzo Io penso, compagni, che questo emendamento proposto dal com- pagno Zinoviev non sia affatto necessario 5 '. Spero che nella sala siano presenti solo membri del partito; penso che, dato che si tratta di una questione di importanza statale, si possa decidere di far firmare un impegno scritto a ciascuno di coloro che si trovano in questa sala. Non è affatto una misura superflua: noi ci troviamo in condi- zioni in cui i segreti militari divengono per la repubblica russa una questione molto importante, essenziale. Se diciamo sulla stampa che il congresso ha approvato la ratifica, non ci possono essere equivoci. Io propongo soltanto di non votare subito su questa questione, per- ché possono esserci dei mutamenti: oggi stesso dobbiamo ancora rice- vere delle informazioni, abbiamo preso speciali misure per ricevere informazioni dal nord-est e dal sud, e queste notizie possono mutare qualcosa. Una volta che il congresso è d’accordo che noi dobbiamo ma- novrare nelTinteresse della guerra rivoluzionaria, e darà perfino al CC i pieni poteri di dichiarare la guerra, è chiaro che su questo sono qui d’accordo ambedue le ali del partito, giacché il contrasto verteva sol- tanto sul fatto se bisognava continuare la guerra senza alcuna tregua o no. Ritengo che, introducendo un tale emendamento, dico una cosa incontestabile sia per la maggioranza che per l’opposizione; penso che non possano esservi altre interpretazioni. Ritengo piu pratico confer- mare soltanto che la cosa va tenuta segreta. Inoltre vanno prese misure supplementari e, a tal fine, va fatto firmare un impegno personale da tutti quelli che si trovano nella sala. 8 PROPOSTA RIGUARDANTE LA RISOLUZIONE SULLA GUERRA E LA PACE 8 marzo I Mi pare sia il caso, una volta distribuita la risoluzione, di decidere immediatamente che tutti, dopo aver ricevuto il testo della risoluzione, lo riportino immediatamente, senza indugio a questo tavolo. Questa è una delle misure per conservare il segreto militare. II Chiedo la votazione. I nostri centri di partito sono formati da uomini adulti, i quali capiscono che le comunicazioni contenenti un segreto militare si fanno oralmente. Perciò insisto con forza affinché tutti i testi della risoluzione che sono stati distribuiti vengano immedia- tamente deposti qui su questo tavolo. 9 RAPPORTO SULLA REVISIONE DEL PROGRAMMA 58 E IL CAMBIAMENTO DELLA DENOMINAZIONE DEL PARTITO 59 8 marzo (sera) Compagni, sulla questione del mutamento della denominazione del partito, come sapete, si è svolta nel partito fin dall’aprile 1917 una discussione abbastanza approfondita, e perciò nel CC si è riusciti a raggiungere subito una decisione che non ha suscitato, a quanto pare, grandi contrasti, forse, anzi, non ne ha suscitato nessuno: e precisa- mente il -CC vi propone di cambiare la denominazione del nostro partito, chiamandolo partito comunista russo, fra parentesi: bolsce- vico. Questa aggiunta è ritenuta da noi tutti necessaria, perché la parola « bolscevico », ha acquistato diritto di cittadinanza non solo nella vita politica della Russia, ma anche in tutta la stampa straniera, che segue lo sviluppo degli avvenimenti in Russia nelle sue grandi linee. Che la denominazione « partito socialdemocratico » sia scientificamente inesatta è stato già spiegato nella nostra stampa. Quando gli operai nanno creato il loro proprio Stato, hanno fatto si che il vecchio con- cetto di democrazia, — di democrazia borghese, — è risultato superato nel processo di sviluppo della nostra rivoluzione. Noi siamo arrivati a un tipo di democrazia che non è mai esistita nell'Europa occidentale. Essa ha avuto la sua prefigurazione soltanto nella Comune di Parigi, e della Comune di Parigi Engels ha detto che non era uno Stato nel senso proprio del termine 60 . In una parola, dal momento che le masse lavoratrici stesse si mettono a dirigere lo Stato e a creare una forza armata che sostiene quel dato ordinamento statale, scompare lo spe- dale apparato di direzione dello Stato, scompare lo speciale apparato destinato alla repressione statale, e, quindi, noi non possiamo neanche sostenere la democrazia nella sua vecchia forma. D'altro canto, dando inizio alle trasformazioni socialiste, noi dob- biamo definire chiaramente lo scopo a cui sono in definitiva volte 110 LENIN queste trasformazioni, e cioè lo scopo di creare una società comunista, che non si limiti soltanto alla espropriazione delle fabbriche, delle officine, della terra e dei mezzi di produzione, che non si limiti sol- tanto a un rigoroso inventario e controllo della produzione e della ripartizione dei prodotti, ma che vada oltre, verso l’attuazione del prin- cipio: a ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni. Ecco perché la denominazione di partito comunista è Punica scientificamente esatta. L’obiezione secondo cui essa potrebbe offrire il pretesto per confonderci con gli anarchici 'è stata immediatamente respinta dal CC, perché gli anarchici non si chiamano mai semplice- mente comunisti, ma vi aggiungono altre denominazioni. A questo ri- guardo, esistono molte varietà di socialismo, tuttavia esse non portano a : confondere i socialdemocratici con i socialriformisti e con i socialisti- nazionali e simili. D’altra parte, il motivo più importante per cambiare la denomina- zione del partito è che finora i vecchi partiti socialisti ufficiali in tutti i paesi avanzati d’Europa non si sono riavuti da quell’infezione di so~ cialsciovinismo e di socialpatriottismo che ha portato al completo fallimento il socialismo europeo ufficiale durante la guerra attuale, si che finora quasi tutti i partiti socialisti ufficiali sono divenuti un vero e proprio freno per il movimento socialista rivoluzionario operaio, un vero e proprio ostacolo. Perciò il nostro partito, al quale le masse dei lavoratori di tutti i paesi attualmente guardano senza alcun dubbio con eccezionale simpatia, il nostro partito deve dichiarare in modo quanto è più possibile deciso, netto, chiaro, inequivocabile che esso rompe i suoi legami con questo vecchio socialismo ufficiale, e il cambiamento della denominazione del partito sarà il mezzo più adatto per raggiungere questo scopo. Inoltre, compagni, una questione molto più difficile è quella della parte teorica del programma e della parte pratica e politica. Per quanto riguarda la parte teorica del programma, abbiamo a nostra disposizione alcuni materiali, e precisamente raccolte di articoli che sono state pubblicate sulla revisione del programma del partito a Mosca e a Pietrogrado 61 ; nei due principali organi teorici del nostro par- tito, Prosvestcenie , edita a Pietroburgo, e Spartak , edita a Mosca, sono stati pubblicati articoli che illustravano questo o quell’indirizzo ri- guardo al mutamento della parte teorica del programma del nostro partito. Da questo punto di vista abbiamo dunque un certo mate- VII CONGRESSO DEL PCR(b) 111 riale. Si sono delineati due modi di vedere principali che, a mio avviso, non divergono radicalmente, almeno dal punto di vista dei principi; un punto di vista, che io ho sostenuto, ritiene che non vi sia nessuna ragione per noi di eliminare la vecchia parte teorica del nostro pro- gramma, e che anzi ciò sarebbe addirittura sbagliato. Bisogna soltanto integrarlo con la caratterizzazione delPimperialismo quale stadio supre- mo di sviluppo del capitalismo e poi con la caratterizzazione dell’èra della rivoluzione socialista, partendo dal fatto che questa èra della rivoluzione socialista è cominciata. Quali che siano le sorti della nostra rivoluzione, del nostro reparto dell’esercito proletario intemazionale, quali che siano le ulteriori peripezie della rivoluzione, in ogni caso la situazione obiettiva dei paesi imperialistici invischiatisi in questa guerra, e che hanno portato alla fame, alla rovina, alla barbarie i paesi più avanzati, è una posizione obiettivamente senza via d’uscita. E qui bisogna dire quello che trenta anni fa, nel 1887, disse Friedrich Engels, consi- derando la probabile prospettiva di una guerra europea. Egli diceva che le corone si troveranno a dozzine in Europa e nessuno vorrà racco- glierle; che rovine inimmaginabili toccheranno ai paesi europei, e che il risultato finale degli orrori della guerra europea può essere uno solo, da lui cosi espresso: « o la vittoria della classe operaia, o la creazione di condizioni che renderanno questa vittoria possibile e necessaria » 6 \ A questo proposito Engels si era espresso con una precisione e una prudenza straordinaria. A differenza di coloro che deformano il mar- xismo e ci ammaniscono in ritardo le loro escogitazioni, secondo cui il socialismo non può sorgere sulle rovine, Engels capiva benissimo che qualsiasi guerra, anche in qualsiasi società avanzata, creerà non solo rovine, imbarbarimento, sofferenze e calamità per le masse che affo- gheranno nel sangue, ma, anche se non si può garantire che porterà alla vittoria del socialismo, egli diceva, tuttavia significherà: « o la. vit- toria della classe operaia, o la creazione di condizioni- che renderanno questa vittoria possibile e necessaria »; cioè, di conseguenza, è possibile ancora una serie di gradi intermedi assai duri in cui possono avvenire enormi distruzioni a danno della cultura e dei mezzi di produzione, ma il risultato può essere solo un maggiore slancio dell’avanguardia delle masse lavoratrici, della classe operaia, e il passaggio alla presa del potere da parte della classe operaia per la creazione di una società socialista. Giacché, quali che possano essere le distruzioni che subirà la civiltà, questa non può essere cancellata dalla storia; sarà difficile 112 LENIN ricostruirla, ma nessuna distruzione potrà mai portare alla scomparsa completa di questa civiltà. In questa o quella sua parte, in questi o quei residui materiali, questa civiltà è indistruttibile, sarà soltanto dif- ficile ricostruirla. Ecco dunque un punto di vista secondo cui noi dobbiamo mantenere il vecchio programma, integrandolo con la carat- terizzazione deirimperialismo e degli inizi della rivoluzione sodale. Questo punto di vista l’ho espresso nel progetto di programma da me pubblicato 63 . Un altro progetto è stato pubblicato dal compagno Sokolnikov nella raccolta di articoli pubblicata a Mosca. Un altro punto di vista è stato espresso nei nostri colloqui in particolare dal compagno Bukharin, e sulla stampa dal compagno V. Smirnov, nella raccolta di articoli pubblicata a Mosca. Secondo questo punto di vista, bisognerebbe cancellare completamente, o quasi, la vecchia parte teorica del pro- gramma e sostituirla con una nuova che caratterizzi non la storia dello sviluppo della produzione mercantile e del capitalismo, come faceva il nostro programma, ma lo stadio attuale di estremo sviluppo del capitalismo — l’ imperialismo — e il passaggio immediato all’èra della rivoluzione sociale. A me non pare che questi due punti di vista diver- gano radicalmente e nei principi, tuttavia continuerò a difendere il mio punto di vista. Mi sembra teoricamente sbagliato cancellare il vecchio programma che caratterizza lo sviluppo dalla produzione di merci al capitalismo. Esso non contiene nulla di sbagliato. Le cose sono andate e vanno cosi, giacché la produzione di merci ha generato il capitalismo e questo ha portato all’imperialismo. Questa è la pro- spettiva storica generale, e dimenticare i fondamenti del socialismo non si può. Quali che possano essere le ulteriori peripezie della lotta, per quanti parziali zigzag ci toccherà passare (e saranno moltissimi; vediamo dall’esperienza quali gigantesche svolte fa la storia della rivoluzione, e ancora soltanto da noi; la cosa diventerà assai più complessa e più rapida, il ritmo di sviluppo sarà più impetuoso e le svolte saranno più complicate quando la rivoluzione diventerà europea), e per non perdersi in questi zigzag, in queste brusche svolte della storia e con- servare la prospettiva generale, per vedere il filo rosso che lega tutto lo sviluppo del capitalismo e la strada verso il socialismo, che a noi naturalmente si presenta come diritta, e che dobbiamo rappresentarci diritta, per vederne il principio, la continuazione e la fine, — nella vita essa non sarà mai diritta, essa sarà incredibilmente tortuosa, — per non perdersi in queste brusche svolte, per non perdersi nei periodi VII CONGRESSO DEL PCR(b) 113 in cui si fanno passi indietro, nelle fasi di ritirata, nei momenti di sconfitta temporanea o quando la storia o il nemico ci respingono in- dietro, è importante a mio avviso, ed è teoricamente Tunica cosa giusta, non eliminare il nostro vecchio programma di base. Giacché ci tro- viamo ora soltanto nella prima fase di passaggio dal capitalismo al socialismo, da noi, in Russia. La storia non ci ha dato quella situazione mondiale che noi avevamo teoricamente concepito in un certo periodo e che sarebbe stata per noi desiderabile, permettendoci di superare rapidamente queste fasi di transizione. Noi vediamo bene come la guerra civile abbia creato molte difficoltà in Russia e come questa guerra civile si intrecci a tutta una serie di guerre. I marxisti non hanno mai dimenticato che la violenza avrebbe inevitabilmente accom- pagnato il crollo del capitalismo in tutta la sua ampiezza e la nascita della società socialista. E questa violenza si estenderà per tutto un periodo storico, per tutta un'epoca di guerre che assumeranno le piu varie forme, guerre imperialistiche, guerre civili all interno di un paese, combinazioni di queste e di quelle, guerre nazionali, di liberazione delle nazionalità oppresse dagli imperialisti, diverse combinazioni di potenze imperialistiche destinate inevitabilmente ad entrare in diverse alleanze in questa epoca di enormi trust e cartelli capitalistico-statali e di guerra. Quest'epoca — epoca di crolli giganteschi, di guerre di massa, di crisi — è incominciata, lo vediamo chiaramente che è appena agli inizi. Perciò non abbiamo motivo di eliminare dal programma tutto ciò che si riferisce alla caratterizzazione della produzione di merci e del capitalismo in generale. Noi abbiamo fatto appena i primi passi per liberarci completamente dal capitalismo e cominciare a passare al socialismo. Quante fasi di transizione al socialismo dovremo ancora superare, non lo sappiamo e non lo possiamo sapere. Dipende da quando comincerà su vasta scala la rivoluzione socialista europea, dalla facilità, rapidità o lentezza con cui essa si libererà dei suoi nemici e imboccherà la difficile via dello sviluppo socialista. Questo noi non lo sappiamo, e il programma del partito marxista deve invece fondarsi su fatti stabili con precisione assoluta. Solo in ciò è la forza del nostro programma, confermato da tutte le peripezie della rivolu- zione. Solo su questa base i marxisti devono costruire il loro pro- gramma. Noi dobbiamo partire da fatti stabiliti con assoluta certezza, e cioè che lo sviluppo dello scambio e della produzione delle merci in tutto il mondo è divenuto il fenomeno storico predominante, ha 114 LENIN portato al capitalismo, e il capitalismo è cresciuto fino a diventare impe- rialismo: questo è un fatto assolutamente incontrovertibile, che biso- gna senz’altro mettere nel nostro programma. Che questo imperialismo inizi l’èra della rivoluzione sociale, anche questo è un fatto per noi evidente e di cui dobbiamo parlare chiaramente. Mettendo in rilievo questo fatto nel nostro programma, in faccia a tutto il mondo, noi solleviamo la fiaccola della rivoluzione sociale non soltanto come si fa nei discorsi propagandistici, la leviamo in alto come nuovo programma, dicendo a tutti i popoli dell’Europa occidentale: « Ecco che cosa noi, insieme con voi, abbiamo tratto dall’esperienza dello sviluppo capi- talistico. Ecco che cosa è stato il capitalismo, ecco come è arrivato al- Timperialismo, ed ecco l’èra della rivoluzione sociale che comincia e nella quale a noi è toccato essere i primi in ordine di tempo ». Noi ci presenteremo dinanzi a tutti 1 popoli civili con questo manifesto, che non sarà solo un appello caloroso, ma sarà giustificato con asso- luta precisione e scaturirà da fatti riconosciuti da tutti i partiti socialisti. Tanto piu chiara sarà la contraddizione fra la tattica di questi partiti, che ora tradiscono il socialismo, e quei presupposti teorici che tutti noi condividiamo e che sono diventati carne e sangue di ogni operaio cosciente: lo sviluppo del capitalismo e il suo passaggio all’imperiali- smo. Alla vigilia delle guerre imperialistiche i congressi di Chemnitz e di Basilea hanno fornito nelle loro risoluzioni una caratterizzazione deirimperialismo che è in flagrante contraddizione con la tattica attuale dei socialtraditori 6 \ Noi dobbiamo perciò ripetere questi concetti fon- damentali, per dimostrare in modo ancora piu chiaro alle masse lavora- trici dell’Europa occidentale quali sono le accuse che si fanno ai loro dirigenti. Ecco il motivo fondamentale per cui io ritengo che una simile impostazione del programma sia Tunica teoricamente giusta. Eliminare, quasi fosse un vecchiume, Tanalisi della produzione mercantile e del capitalismo è cosa che non scaturisce dal carattere storico degli avveni- menti in corso, giacché noi non siamo andati oltre i primi passi nel passaggio dal capitalismo al socialismo e questo nostro passaggio è reso più difficile da certe peculiarità della P.ussia che non esistono nella maggior parte dei paesi civili. Di conseguenza è non solo possi- bile, ma inevitabile che in Europa questi stadi transitori siano diversi; e perciò sarebbe teoricamente sbagliato fissare tutta l’attenzione su quelle specifiche fasi transitorie nazionali che per noi sono necessarie VII CONGRESSO DEL PCR(b) 115 e che in Europa possono non esserlo. Noi dobbiamo partire dalla base generale dello sviluppo della produzione di merci, del passaggio al capitalismo e della trasformazione del capitalismo in imperialismo. Cosi noi occupiamo e rafforziamo teoricamente la posizione che nes- suno — che non abbia tradito il socialismo — potrà farci abban- donare. Da questo deriva una conclusione altrettanto inevitabile: l’èra della rivoluzione sociale è cominciata. Noi facciamo questo fondandoci su fatti incontestabilmente ac- certati. Inoltre, nostro compito è definire il tipo sovietico di Stato. A questo proposito ho cercato di esporre delle concezioni teoriche nel libro Stato e rivoluzione 65 . Mi pare che la concezione marxista dello Stato sia stata deformata in sommo grado dal socialismo ufficiale predominante nell’Europa occidentale, come è stato confermato con straordinaria evidenza dall’esperienza della rivoluzione sovietica e dalla creazione dei soviet in Russia. Nei nostri soviet c’è ancora molto di rozzo, incompleto, su questo non c’è dubbio, questo è chiaro a chiun- que osservi il loro funzionamento, ma quello che in essi c’è d’importante, di storicamente valido, che rappresenta un passo in avanti nello svi- luppo mondiale del socialismo, è che qui è stato creato un nuovo tipo di Stato. Nella Comune di Parigi ciò era avvenuto per poche settimane, in una sola città, senza una precisa coscienza di quello che si faceva. Gli stessi uomini che crearono la Comune non la capirono: essi la crearono con l’istinto geniale delle masse risvegliatesi, e nessuna delle tendenze in cui erano divisi i socialisti francesi si rese conto di ciò che essa faceva. Noi ci troviamo in condizioni in cui, grazie al fatto che ab- biamo potuto sfruttare l’esperienza della Comune di Parigi e del lungo sviluppo della socialdemocrazia tedesca, possiamo vedere chiaramente quello che facciamo creando il potere sovietico. Le masse popolari, no- nostante tutta la rozzezza e l’indisciplina che c’è nei soviet, che è un residuo del carattere piccolo-borghese del nostro paese, nonostante tutto questo, hanno creato un nuovo tipo di Stato. Esso si applica non da settimane, ma da mesi, e non in una sola città, ma in un paese immenso, in più di una nazione. Questo tipo di potere sovietico si è affermato, è riuscito a penetrare anche in un paese cosi diverso sotto tutti i rap- porti com’è la Finlandia, dove non ci sono soviet, ma il tipo di potere è egualmente nuovo, proletario. Questa è una prova teoricamente indi- scutibile che il potere sovietico è un nuovo tipo di Stato, senza burocra- 116 LENIN zia, senza polizia, senza esercito permanente, che sostituisce la democra- zia borghese con una nuova democrazia, una democrazia che pone in primo piano l’avanguardia delle masse lavoratrici, rendendole capaci di esercitare il potere legislativo, il potere esecutivo e la difesa militare, e crea un apparato che può rieducare le masse. In Russia tutto questo è appena cominciato, e cominciato male. Se noi prendiamo coscienza di quello che c’è di male in ciò che abbiamo cominciato, riusciremo a superarlo, se la storia ci darà la possibilità di lavorare per un periodo di tempo sufficiente a perfezionare questo po- tere sovietico. Perciò mi pare che k caratterizzazione del nuovo tipo di Stato deve occupare un posto importante nel nostro programma. Pur- troppo c’è toccato di lavorare ora al programma, mentre svolgiamo il la- voro di governo e in condizioni di cosi incredibile fretta che non siamo riusciti nemmeno a convocare la nostra commissione e ad elaborare un progetto ufficiale di programma. Quello che è stato distribuito ai com- pagni delegati è stato chiamato soltanto uno schema generico 66 e ciascuno lo può constatare chiaramente. In esso è dato un posto abba- stanza ampio alla questione del potere sovietico, e a me pare che a que- sto punto si dovrebbe mettere in risalto l’importanza internazionale del nostro programma. Sarebbe estremamente sbagliato, mi pare, limi- tare l’importanza internazionale della nostra rivoluzione ad appelli, parole d’ordine, manifestazioni, proclami, ecc. Ciò sarebbe ben poco. Noi dobbiamo mostrare concretamente agli operai d’Europa a che cosa ci siamo accinti, e come ci siamo accinti alla nostra impresa, come bisogna comprenderla; e ciò li spingerà a porsi concretamente la que- stione: come arrivare al socialismo? A questo punto essi debbono ren- dersi conto di quanto accade e dire: i russi si sono accinti a un magni- fico compito, e che se loro lo svolgono male, noi possiamo fare me- glio. A questo scopo bisogna fornire quanto più è possibile materiale concreto e dire quello che noi abbiamo cercato di creare di nuovo. Nel potere sovietico noi abbiamo un nuovo tipo di Stato; cerchiamo di delineare i suoi compiti, la sua struttura, cerchiamo di spiegare perché questo nuovo tipo di democrazia, nel quale vi sono tanti elementi cao- tici e disparati, vive e che cosa- costituisce la sua anima vivente: il pas- saggio del potere ai lavoratori, l’ abolizione dello sfruttamento, dell'ap- parato di oppressione. Lo Stato è un apparato di oppressione. Bisogna opprimere gli sfruttatori, ma non si può opprimerli con la. polizia, li può opprimere solo la massa stessa; l’apparato deve essere legato alle VII CONGRESSO DEL PCR(b) 117 masse, deve rappresentarle, come fanno i soviet. Questi sono molto più vicini alle masse, danno la possibilità di essere più vicino ad esse, dan- no più possibilità di educarle. Sappiamo benissimo che il contadino russo ha un grande desiderio di apprendere, ma vogliamo che esso impari non dai libri, ma dalla sua stessa esperienza. Il potere sovietico è un apparato, un apparato costruito in modo che la massa possa cominciare a imparare immediatamente ad amministrare lo Stato e ad organizzare la produzione su scala nazionale. È un compito di una difficoltà gigan- tesca. Ma la cosa storicamente importante è che noi ci accingiamo a ri- solverlo, e risolverlo non solo dal punto di vista del nostro singolo paese, ma chiamando in aiuto gli operai delPEuropa. Noi dobbiamo spie- gare concretamente il nostro programma proprio da questo punto di vista generale. Ecco perché riteniamo che questo vuol dire continuare la via intrapresa dalla Comune di Parigi. Ecco perché siamo convinti che gli operai europei, una volta che si siano messi su questa via, sapranno venirci in aiuto. Essi potranno fare meglio quello che noi già facciamo, trasportando il centro di gravità da un punto di vista formale alle con- dizioni concrete. Se nel passato una esigenza come la garanzia della li- bertà di riunione era particolarmente importante, la nostra opinione circa il diritto di riunione è che nessuno ora può impedire le riunioni e che il potere sovietico deve limitarsi ad assicurare i locali per le riunioni. Per la borghesia è importante proclamare in generale principi che sono larghi di promesse: « Tutti i cittadini hanno il diritto di riunirsi, ma di riunirsi a cielo aperto, perché locali noi non ve ne diamo ». Noi in- vece diciamo: « Meno parole e più fatti ». Bisogna scegliere dei palazzi, — e non soltanto quello di Tauride, ma anche molti altri, — ma del diritto di riunione non diremo niente. E questo atteggiamento bisogna applicarlo in tutti gli altri punti del programma. Dobbiamo noi stessi esercitare la giustizia. I cittadini debbono partecipare, tutti senza ecce- zione, alPamministrazione della giustizia e alla direzione del paese. E per noi è importante far partecipare alPamministrazione dello Stato tutti i lavoratori senza eccezione. È un compito di una difficoltà enorme. Ma il socialismo non può essere instaurato da una minoranza, da un partito. Lo debbono instaurare decine di milioni di persone, quando impareranno a farlo da se stesse. Ciò che noi consideriamo nostro me- rito è che ci sforziamo di aiutare le masse a intraprendere imme- diatamente questo compito, e non ad apprenderlo dai libri, dalle con- ferenze. Ecco perché se enunceremo concretamente e chiaramente 118 LENIN questi nostri compiti, spingeremo tutte le masse d'Europa a discu- tere questo problema e ad impostarne la pratica soluzione. Noi, forse, facciamo male quello che deve essere fatto, ma spingiamo le masse a fare quello che esse debbono fare. Se ciò che fa la nostra rivoluzione non è casuale, — e noi ne siamo profondamente convinti, — non è il frutto di una semplice decisione del nostro partito, ma il prodotto inevitabile di qualsiasi rivoluzione che Marx ha chiamato popolare, cioè di qualsiasi rivoluzione fatta dalle masse popolari stesse con le loro pa- role d'ordini, con le loro aspirazioni, e non ripetendo i programmi della vecchia repubblica borghese, se poniamo cosi la questione, riusciremo a realizzare ciò che è essenziale. E qui giungiamo al problema: occorre eliminare le differenze tra programma massimo e programma minimo? Si e no. Io non ho paura di eliminarle, perché il punto di vista che era ancora valido quest’estate, ora non ha piu ragione di essere. Io dicevo che era « troppo presto », quando ancora non avevamo preso il potere; ora che questo potere l’abbiamo preso e l’abbiamo sperimentato, non è più troppo presto * 7 . Noi dobbiamo ora redigere, al posto del vecchio programma, un nuovo programma del potere dei soviet, senza rinunciare affatto ad utilizzare il parlamentarismo borghese. Pensare che non possano spingerci indietro è pura utopia. Dal punto di vista storico non si può negare che la Russia ha creato la repubblica dei soviet. Noi diciamo che, in qualsiasi caso, anche se dovessimo essere respinti indietro, noi, senza rifiutarci di utilizzare il parlamentarismo borghese, — se le forze di classe a noi ostili ci ricac- ceranno su questa vecchia posizione, — continueremo a marciare verso l’obiettivo che è stato conquistato dall’esperienza, verso il potere dei soviet, verso il tipo sovietico di Stato, verso lo Stato del tipo della Co- mune di Parigi. Questo deve essere detto nel programma. Al posto del programma minimo introdurremo il programma del potere sovietico, La definizione del nuovo tipo di Stato deve occupare un posto impor- tante nel nostro programma. È chiaro che ora possiamo elaborare un programma. Noi dob- biamo elaborare le sue tesi fondamentali e dare l’incarico a una com- missione o al CC di elaborarle definitivamente. O, ancora più sempli- cemente, la redazione è possibile sulla base della risoluzione sulla Con- ferenza di Brest-Litovsk che ha già presentato delle tesi 60 . Sulla base dell’esperienza della rivoluzione russa deve essere data una defini- zione del potere dei soviet e poi la proposta delle trasformazioni prati- VII CONGRESSO DEL PCR( B ) 119 che. Qui, nella parte storica, mi pare si debba notare che è già comin- ciata l’espropriazione della terra e dei mezzi di produzione. Noi ci po- niamo qui il compito concreto di organizzare il consumo, di universa- lizzare le banche, di trasformarle in una rete di istituzioni statali che abbraccino tutto il paese e ci forniscano una contabilità sociale, un’in- ventario e un controllo effettuati dalla stessa popolazione e che servano da fondamento agli ulteriori passi che il socialismo dovrà compiere. Io penso che questa parte, la piu difficile, debba essere formulata sotto forma di esigenze concrete del nostro potere dei soviet, indicando ciò che noi vogliamo fare immediatamente, quali riforme abbiamo l’in- tenzione di attuare nel campo della politica bancaria, nell’organizzazio- ne della produzione alimentare, nell’organizzazione dello scambio delle merci, delPinventario e del controllo, per la istituzione dell’obbligo al lavoro, ecc. Quando riusciremo a farlo, aggiungeremo quali misure, grandi o piccole, noi abbiamo attuato a questo riguardo. Qui deve es- sere determinato con assoluta esattezza e chiarezza ciò che è stato co- minciato da noi, e ciò che non è stato ancora compiuto. Noi tutti sap- piamo benissimo che una grandissima parte di ciò che abbiamo comin- ciato non è stato completato. Senza affatto esagerare, in modo assolu- tamente obiettivo, attenendoci strettamente ai fatti, dobbiamo indicare nel programma quello che già c’è e quello che ci accingiamo a fare. Questa verità la mostreremo al proletariato europeo e diremo: questo bisogna fare, affinché essi dicano: questo e quello i russi lo fanno male, mentre noi lo faremo meglio. E quando questa aspirazione per- vaderà le masse, allora la rivoluzione socialista sarà invincibile. Di fron- te agli occhi di tutti si sta compiendo una guerra imperialistica, assolu- tamente di rapina. Bisogna mettere a nudo tutto ciò, dipingere la guerra come unione di imperialisti contro il movimento socialista. Ecco le con- siderazioni generali che ho ritenuto necessari comunicarvi e sulla base delle quali avanzo la proposta pratica di scambiarci subito le idee principali a questo proposito per poi elaborare, forse, alcune tesi fondamentali qui stesso, oppure, se sarà ritenuto difficile, rinun- ciarvi e affidare il problema del programma al CC o a una commissio- ne speciale incaricata di redigere, sulla base dei materiali esistenti e dei resoconti stenografici o dei verbali particolareggiati del congresso, il programma del partito, il quale ultimo deve fin d’ora cambiare la sua denominazione. Mi pare che possiamo realizzare adesso tutto ciò, e penso che tutti saranno d’accordo nel riconoscere che ora non possiamo 120 LENIN fare altro, dato che, costretti dagli avvenimenti, non abbiamo potuto per ora terminare la redazione del nostro programma. Sono certo che potremo farlo entro poche settimane. Noi abbiamo, in tutte le tendenze del nostro partito, forze teoriche sufficienti per avere il programma in poche settimane. In esso, naturalmente ci potranno essere molti errori,, senza parlare delle inesattezze di redazione e di stile, perché non ab- biamo a disposizione dei mesi per dedicarci a questo lavoro con la tran- quillità necessaria ad un lavoro di redazione. Tutti questi errori li correggeremo nel processo del nostro lavoro, nell’assoluta certezza che daremo al potere dei soviet la possibilità di rea- lizzare questo programma. Se almeno dichiariamo con precisione, senza distaccarci dalla realtà, che il potere dei soviet è un nuovo tipo di Stato, una forma della dittatura del proletariato, che alla democrazia noi ab- biamo affidato altri compiti, che i compiti del socialismo li abbiamo trasferiti, dall’astratta formula generale della « espropriazione degli espro- priatoti », in formule concrete come la nazionalizzazione delle banche 69 e della terra, questa sarà senza dubbio la parte essenziale del programma. La questione della terra va modificata nel senso che qui noi ve- diamo i piccoli contadini, desiderosi di schierarsi dalla parte del prole- tariato e di aiutarlo nella rivoluzione socialista, compiere i primi passi in questa direzione e, con tutti i loro pregiudizi, con tutte le loro con- cezioni invecchiate, porsi il compito pratico di passare al socialismo. Noi non imponiamo questa via agli altri paesi, ma il fatto resta. I con- tadini hanno dimostrato, coi fatti e non a parole, che desiderano aiutare e aiutano il proletariato, che ha conquistato il potere, a realizzare il so- cialismo. Ci attribuiscono a torto di voler imporre con la forza il socia- lismo. Noi divideremo con giustizia la terra, dal punto di vista soprat- tutto della piccola azienda, dando tuttavia la preferenza alle comuni e alle grosse artel operaie. Noi sosteniamo il monopolio del commercio del grano. Noi sosteniamo — come hanno detto i contadini — l'espropria- zione delle banche e delle fabbriche. Siamo pronti ad aiutare gli operai a realizzare il socialismo. Io penso che bisogna pubblicare in tutte le lingue la legge fondamentale sulla socializzazione della terra. Questa pubblicazione si farà, se non è già stata fatta 70 . Esprimeremo concre- tamente questa idea nel programma, ma bisogna anche darle un'espres- sione teorica senza scostarsi di un passo dai fatti concretamente consta- tati. In occidente si farà altrimenti. Forse commettiamo degli errori, ma speriamo che il proletariato dell'occidente li corregga. E ci rivolgiamo VII CONGRESSO DEL PCR(b) 121 perciò al proletariato europeo, pregandolo di aiutarci nel nostro lavoro. In tal modo noi possiamo elaborare il nostro programma in poche settimane, e gli errori che faremo li correggerà la vita, li correggeremo noi stessi. Tuttavia essi saranno lievi come una piuma in confronto ai risultati positivi che saranno raggiunti. 10 RISOLUZIONE SUL CAMBIAMENTO DELLA DENOMINAZIONE DEL PARTITO E SULLE MODIFICHE AL PROGRAMMA Il congresso decide di denominare d’ora in poi il nostro partito (Partito operaio socialdemocratico russo bolscevico) Partito comunista russo con l’aggiunta tra parentesi « bolscevico ». Il congresso decide di mutare il programma del nostro partito, rie- laborando la parte teorica ovvero integrandola con la definizione del- l’imperialismo e dell’èra, ormai iniziatasi, della rivoluzione socialista internazionale. Quindi la modifica della parte politica del nostro programma deve consistere in una definizione possibilmente piu precisa e circostanziata del nuovo tipo di Stato, la repubblica dei soviet, come forma della dit- tatura del proletariato e come continuazione delle conquiste della rivo- luzione operaia internazionale che furono iniziate dalla Comune di Parigi. Il programma deve indicare che il nostro partito non rinuncia ad utilizzare anche il parlamentarismo borghese, se l’andamento della lotta ci respingerà indietro, per un certo tempo, a questo stadio storico ora superato dalla nostra rivoluzione. Ma in ogni caso e in qualunque cir- costanza il partito si batterà per la repubblica dei soviet come tipo di Stato superiore a ogni altro dal punto di vista della democrazia e come forma di dittatura del proletariato, volta ad abbattere il giogo degli sfruttatori e a schiacciarne la resistenza. Nello stesso spirito e nello stesso senso deve essere rielaborata la parte economica, compresa la parte agraria, e cosi la parte pedagogica e le altre parti del nostro programma. Il punto fondamentale deve con- sistere in una precisa definizione delle trasformazioni economiche e di altro tipo iniziate dal nostro potere sovietico, accompagnata da una con- creta esposizione dei prossimi compiti pratici che il potere sovietico si VI! CONGRESSO DEL PCR(B) 123 è posto e che derivano dalle misure pratiche da noi già attuate per espro- priare gli espropriatoti. Il congresso incarica una speciale commissione di redigere, possi- bilmente senza indugio, sulla base delle indicazioni esposte, il program- ma del nostro partito e di ratificarlo come tale. Pravda, n. 45, 9 marzo 1918. 11 PROPOSTA SULLA REVISIONE DEL PROGRAMMA DEL PARTITO 8 marzo (sera) Compagni, permettetemi di leggere il progetto di risoluzione che formula una proposta un po' diversa, ma in sostanza, tuttavia, un po’ piu simile a quella che ha avanzato Foratore precedente. Io proporrei al- Tattenzione del congresso la risoluzione seguente. {Dà lettura del testo ) 71 . Compagni, questa proposta si distingue per il fatto che io vorrei dapprima difendere la mia idea di affrettare la pubblicazione del pro- gramma e di affidare direttamente al CC il compito di pubblicarlo o dargli il mandato di creare una commissione apposita. Il ritmo degli avvenimenti è cosi impetuoso che non possiamo tra- scinare la cosa in lungo. Nonostante tutte le difficoltà attuali, avre- mo un programma; ci saranno molti errori, ma in questo non c'è nulla di male: il prossimo congresso lo emenderà; anche se si tratterà di una correzione troppo affrettata, la vita procede cosi rapidamente che, se sarà necessario fare una serie di correzioni al programma, le faremo. Ora il nostro programma sarà ispirato non tanto dai libri, quanto dalla pratica, dall’esperienza del potere dei soviet. Perciò penso che sia nel nostro interesse rivolgerci al proletariato internazionale non con appelli vibranti, con altisonanti discorsi da comizio o con grida, ma con il programma concreto e preciso del nostro partito, anche se questo pro- gramma sarà meno soddisfacente di quello che si sarebbe avuto se fosse stato elaborato da varie commissioni e ratificato dal congresso. Vorrei sperare che potremo approvare questa risoluzione all’una- nimità perché ho taciuto il dissenso di cui ha parlato il compagno Bukharin: l'ho formulato in modo da lasciare aperta la questione. Pos- siamo sperare che, se non ci saranno cambiamenti troppo importanti, saremo in grado di avere un nuovo programma che sarà un documento preciso per il partito di tutta la Russia e non ci troveremo in quella spia- VII CONGRESSO DEL PCr(b) 125 cevole situazione nella quale mi sono sentito quando al congresso pre- cedente un membro della sinistra svedese mi ha chiesto:. « Ma qual è il programma del vostro partito, è lo stesso dei menscevichi? » n . Biso- gnava vedere come spalancava gli occhi questo svedese, che capiva chia- ramente quali passi giganteschi in avanti noi avessimo fatto in confronto ai menscevichi. Non possiamo lasciare che permanga una cosi mostruosa contraddizione. Penso che ciò sarà di pratica utilità per il movimento operaio internazionale e che ciò che noi abbiamo conquistato sarà in- dubbiamente superiore agli errori contenuti nel programma. Ecco perché propongo di affrettare la sua redazione, senza aver paura che il congresso debba poi correggerlo. 12 INTERVENTO SULLA PROPOSTA DI MGHELADZE DI FAR PARTECIPARE ALL’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA LE PIÙ IMPORTANTI ORGANIZZAZIONI DEL PARTITO 8 marzo (sera) Nelle condizioni in cui bì trova ora la Russia, — nello stato di smembramento e di guerra civile, — questo non è accettabile. Va da sé che se vi sarà la minima possibilità, la commissione che dovrà correggere il testo lo pubblicherà immediatamente e ogni volta le organizzazioni locali potranno e dovranno esprimere il loro giudizio, ma legarsi for- malmente ad un impegno che nel futuro potrà essere irrealizzabile si- gnificherebbe farci perdere ancora piu tempo di quel che farebbe il congresso. 13 INTERVENTO CONTRO L’EMENDAMENTO DI LARIN SULLA DENOMINAZIONE DEL PARTITO 73 8 marzo (sera) Compagni, sono d’accordo con il compagno Larin che ci sarà effet- tivamente chi sfrutterà il cambiamento della denominazione e la sop- pressione del termine « partito operaio », ma non possiamo lasciarci prendere da questo scrupolo. Finiremmo per cadere troppo spesso nei piccoli dettagli, se dovessimo farci scrupolo di ogni inconveniente. Noi infatti torniamo a un buon modello antico che è conosciuto in tutto il mondo. Noi tutti conosciamo il Manifesto del partito comunista, tutto il mondo lo conosce, e la modifica non riguarda il principio che il prole- tariato è l’unica classe rivoluzionaria fino in fondo e che tutte le altre classi, compresa quella dei contadini lavoratori, possono essere rivolu- zionarie solo in quanto adottano il punto di vista del proletariato. Questa è una tesi fondamentale e cosi universalmente conosciuta del Manifesto comunista 74 che a questo proposito non vi può essere tra gente in buona fede nessun equivoco- quanto a coloro che sono in malafede e alle inter- pretazioni tendenziose, comunque non si riuscirà ad evitarle. Ecco perché bisogna tornare al buon vecchio modello, indiscutibilmente giusto, che ha svolto la sua funzione storica, diffondendosi in tutto il mondo, in tutti i paesi; mi pare che non abbiamo nessun motivo di allontanarci da questo ottimo modello. 14 INTERVENTO CONTRO L’EMENDAMENTO DI PELSCE ALLA RISOLUZIONE SUL PROGRAMMA DEL PARTITO 8 marzo (sera) Mi pare che l’oratore che mi ha preceduto abbia torto 75 . Le masse non sono come i bambini e capiscono che la lotta è estremamente seria. Hanno visto come prima ci hanno spinto indietro, per esempio in luglio. Non è possibile sopprimere queste parole. In nessun modo bisogna far pensare che noi non teniamo assolutamente in conto le isti- tuzioni parlamentari borghesi. Esse rappresentano un enorme passo avanti rispetto alle istituzioni precedenti. Sicché, se sopprimiamo que- ste parole, creiamo l’impressione di una cosa che ancora non c’è, vale a dire la assoluta stabilità della fase raggiunta. Noi sappiamo che non è ancora cosi. Sarà cosi quando il movimento intemazionale ci appoggerà. Sono pronto a cancellare le parole « in nessun caso », si può lasciare la frase « il partito non rinuncia all’utilizzazione », ma aprire la strada a un rifiuto puramente anarchico del parlamentarismo bor- ghese, non possiamo. Si tratta di fasi successive direttamente connesse Luna all’altra, ed ogni passo indietro che ci costringono a fare ri può far ritornare a questa fase. Non credo che ciò susciti la demoralizzazione nelle masse. Se si intende per masse persone prive di qualsiasi prepa- razione politica, esse non capiranno, ma i membri del partito e i simpa- tizzanti lo capiranno, capiranno che noi non consideriamo le posizioni conquistate come definitivamente consolidate. Se noi, con una gigantesca tensione della volontà, riusciremo a dispiegare l’energia di tutte le classi, a consolidare questa posizione, allora non staremo a ricordare il pas- sato. Ma per farlo ci vuole l’appoggio dell’Europa. Ma dire ora che possiamo lavorare nelle peggiori condizioni non provocherà nessuna demoralizzazione fra le masse. 15 INTERVENTI CONTRO GLI EMENDAMENTI DI BUKHARIN ALLA RISOLUZIONE SUL PROGRAMMA DEL PARTITO 76 8 marzo {sera) I Non posso assolutamente essere d’accordo con Temendamento del compagno Bukharin. Il programma dà una definizione deH’imperialismo e dell’èra, appena iniziatasi, della rivoluzione sociale. Che l’èra della ri- voluzione sociale sia cominciata, è stato stabilito con assoluta certezza. Che cosa vuole allora il compagno Bukharin? Caratterizzare la società socialista nella sua forma sviluppata, cioè il comuniSmo. Qui egli com- mette una inesattezza. Adesso noi siamo indubbiamente a favore dello Stato, ma dare una definizione del socialismo in forma sviluppata, quan- do non vi sarà lo Stato, a questo proposito non si può dire nient’altro se non che sarà realizzato il principio: da ciascuno secondo le sue capa- cità, a ciascuno secondo i suoi bisogni. Ma per arrivare a questo la strada è ancora lunga, e dirlo significa non dire nulla se non che il ter- reno ci manca sotto i piedi. Vi giungeremo alla fine, se giungeremo al socialismo. Per ora abbiamo abbastanza da lavorare su ciò che abbiamo detto. Se noi riuscissimo a farlo sarebbe già un immenso merito storico. Non possiamo dare una definizione completa del socialismo; quale sarà il socialismo, quando raggiungerà forme compiute, noi non lo sappiamo, non possiamo dirlo. Dire che l'èra della rivoluzione sociale è comin- ciata, che noi abbiamo fatto questo e questo, che vogliamo fare questo e questo, ecco che cosa sappiamo, che cosa diciamo, e ciò mostrerà agli operai d’Europa che noi, per cosi dire, non esageriamo affatto le nostre forze: ecco che cosa abbiamo cominciato a fare e che cosa pensiamo di fare. Ma quanto a sapere ora come apparirà il socialismo quando sarà giunto a compimento, noi non lo sappiamo. In sede teorica, nelle opere teoriche, negli articoli, nei discorsi, nelle conferenze svilupperemo le idee secondo cui Kautsky conduce la lotta contro gli anarchici in modo sba- gliato, ma non possiamo inserire questo nel programma perché non ab- 5—2654 130 LENIN biamo ancora materiale sufficiente per una caratterizzazione del sociali- smo. Non sono ancora stati creati i mattoni con cui costruire il socia- lismo. Non possiamo dirè nulla di più, e bisogna essere quanto più pos- sibile cauti e precisi. In questo consisterà, e solo in questo, la forza di attrazione del nostro programma. Ma se noi faremo il minimo accenno a ciò che non possiamo dare, indeboliremo la forza del nostro program- ma. Sospetteranno che il nostro programma sia solo fantasia. Il pro- gramma è la precisa indicazione di ciò che abbiamo incominciato a fare e dei passi successivi che intendiamo compiere. Noi non siamo in grado di dare una descrizione del socialismo, e la formulazione di questo com- pito è sbagliata. II Poiché non c’è stata formulazione scritta, l’equivoco naturalmente è possibile. Ma il compagno Bukharin non mi ha convinto. Il nome del nostro partito esprime abbastanza chiaramente che noi avanziamo verso il completo comuniSmo, che propugniamo tesi astratte secondo cui cia- scuno di noi lavorerà secondo le proprie capacità e riceverà secondo i propri bisogni, senza controllo militare e coercizione. Ma parlare di que- sto ora è troppo presto. Quando lo Stato comincerà ad estinguersi? Fino ad allora avremo il tempo di convocare ben più di due congressi, prima di poter dire: guardate come il nostro Stato si estingue. Ma per giungere a questo è ancora troppo presto. Proclamare anzitempo l’estin- zione dello Stato sarebbe una violazione della prospettiva storica. 16 DISCORSO SULL’ELEZIONE DEL COMITATO CENTRALE 77 8 marzo (sera) Lomov si è richiamato con estrema intelligenza al mio discorso, nel quale chiedevo che il CC fosse capace di condurre una linea omogenea. Ciò non significa che tutti i membri del CC debbano avere le stesse idee, Pensarlo significherebbe andare verso la scissione, perciò ho proposto al congresso di non approvare una dichiarazione di questo ge- nere, per dare la possibilità ai compagni, dopo essersi consultati con le loro organizzazioni locali, di riflettere sulla loro decisione, Anch’io mi sono trovato nella stessa posizione nel CC quando fu approvata la pro- posta di non firmare la pace e ho taciuto, senza dimenticare minima* mente che non mi assumevo per questo alcuna responsabilità. Ogni mem- bro del CC ha la possibilità di declinare le proprie responsabilità, senza dare le dimissioni e senza fare degli scandali. Naturalmente in certe con- dizioni, compagni, questo è ammissibile, a volte inevitabile, ma che sia necessario ora, cosi come attualmente organizzato il potere dei soviet, che ci dà la possibilità di controllare se manteniamo o no il contatto con le masse, io ne dubito, Io penso che, se si porrà la questione di Vin- nicenko, i compagni potranno difendere il loro punto di vista senza uscire dal CC. Se saremo dell’opinione che bisogna prepararci alla guerra rivoluzionaria e che bisogna manovrare, a questo scopo bisogna entrare nel CC, e si può dichiarare che i dissensi sono sorti alla base, e noi abbiamo assolutamente il diritto di dichiararlo. Non c’è il minimo pericolo che la storia faccia ricadere su Uritski e Lomov la responsabi- lità di non aver rinunciato al titolo di membro del CC. Bisogna fare in modo di trovare un certo freno alla moda che si è creata di uscire dal CC. Bisogna dire che il congresso esprime la speranza che i compagni formuleranno il proprio dissenso presentando le proprie proteste sen- za dimettersi dal CC, e, tenendo conto di questa dichiarazione, re- spingeranno il ritiro delle candidature di un gruppo di compagni e proce- deranno alle elezioni pregandoli di ritirare le loro dimissioni. 5 * 17 RISOLUZIONE SUL RIFIUTO DEI « COMUNISTI DI SINISTRA » AD ENTRARE NEL COMITATO CENTRALE II congresso considera il rifiuto di entrare a far parte del CC, nel- Tattuale situazione del partito, particolarmente deplorevole, giacché, essendo già in generale inammissibile in linea di principio per chi desi- dera Tunità del partito, un tale rifiuto in questo momento minaccerebbe doppiamente Tunità del partito. Il congresso dichiara che ognuno può, con una propria dichiara- zione, e non dimettendosi dal CC, declinare la responsabilità per i passi compiuti dal CC che egli non condivide. Perciò il congresso, nella ferma speranza che Ì compagni, dopo es- sersi consultati con le organizzazioni di massa, desisteranno dalle proprie dimissioni, procede alle elezioni senza tener conto di questa dichiarazione. 18 APPUNTI PER IL PROGETTO DI PROGRAMMA Prendere come base il mio progetto * ( opuscolo, p. 19 e segg. ) . Lasciare la parte teorica, eliminando l’ultimo capoverso della prima parte (p. 22 dell’opuscolo, dalle parole: « All’ordine del giorno » alle parole: « la sostanza della rivoluzione socialista » 7fl , cioè saltano cin- que righe). Nel capoverso seguente (p. 22, che comincia con le parole: « L’adempimento di questo compito », introdurre la modifica indicata nell’articolo Per la revisione del programma del partito ( Prosvestcenie , n. 1/2, settembre-ottobre 1917) p. 93 79 . Nello stesso capoverso mettere due volte al posto di « social-scio- vinismo »: 1) « dcìP opportunismo e del social-sciovinismo »; 2) « tra Y opportunismo e il social-sciovinismo da una parte, e la lotta internazionalista-rivoluzionaria del proletariato per l’instaurazione del regime socialista dall’altra ». Il seguito va tutto rifatto, ad esempio, nel modo seguente. La rivoluzione del 25 ottobre (7 novembre) 1917 ha instaurato in Russia la dittatura del proletariato, appoggiato dai contadini poveri o semiproletari. Questa dittatura pone al partito comunista in Russia il compito di portare a termine, di completare l’espropriazione già iniziata dei grandi proprietari fondiari e della borghesia, di trasferire le fabbriche, le offi- cine, le ferrovie, le banche, la flotta e gli altri mezzi di produzione e di circolazione in proprietà della repubblica dei soviet. * Denominare il partito semplicemente « Partito comunista (senza l'aggiunta « russo ») e tra parentesi bolscevico. 134 LENIN Utilizzare l’alleanza degli operai delle città e dei contadini poveri che ha già dato come risultato l’abolizione della proprietà privata della terra e la legge su quella forma transitoria dalla piccola azienda contadi- na al socialismo che gli ideologi contemporanei dei contadini che si sono posti a fianco dei proletari hanno chiamato socializzazione della terra e alla grande agricoltura socialista. Consolidare e sviluppare ulteriormente la repubblica federativa dei soviet, come forma infinitamente piu elevata e progressiva di democra- zia rispetto al parlamentarismo borghese e come unico tipo di Stato cor- rispondente, sulla base deiresperienza della Comune di Parigi del 1871 nonché delle rivoluzioni russe del 1905 e del 1917-1918, al periodo di transizione dal capitalismo al socialismo, cioè al periodo della dittatura del proletariato. Utilizzare in tutti i modi possibili la fiaccola, accesa in Russia, della rivoluzione socialista mondiale per estendere la rivoluzione nei paesi piu avanzati e in generale in tutti i paesi, paralizzando i tentativi degli Stati borghesi imperialistici di intervenire negli affari interni della Rus- sia e di unirsi per condurre un’azione diretta e la guerra contro la repub- blica socialista sovietica. DIECI TESI SUL POTERE SOVIETICO Consolidamento e sviluppo del potere sovietico Il consolidamento e lo sviluppo del potere sovietico come forma, già verificata dalPesperienza ed espressa dal movimento delle masse e dalla lotta rivoluzionaria, della dittatura del proletariato e dei conta- dini poveri (semiproletari). Il consolidamento e lo sviluppo debbono consistere nella realizza- zione (piu ampia, generale e pianificata) di quei compiti che spettano storicamente a questa forma di potere statale, a questo nuovo tipo di Stato, e cioè: 1) Unione e organizzazione dei lavoratori oppressi dal capitalismo e delle masse sfruttate e solo di esse, cioè solo degli operai e dei con- tadini poveri, dei semiproletari, con esclusione automatica delle classi sfruttatrici e dei rappresentanti ricchi della piccola borghesia; VII CONGRESSO DEL PCR(B) 135 2) Unione della parte più capace, attiva, cosciente delle classi sfrut. tate, la loro avanguardia, che deve educare tutta la popolazione lavora- trice senza eccezioni a partecipare in modo autonomo e non teorica- mente, ma praticamente, alla direzione dello Stato; 3) Abolizione del parlamentarismo (in quanto separazione della attività legislativa da quella esecutiva); unificazione dell’attività legi- slativa ed esecutiva dello Stato. Fusione deiramministrazione con la legislazione. 4) Un più stretto legame, che non nelle precedenti forme di de- mocrazia, tra le masse e tutto l’apparato del potere statale e deirammi- nistrazione dello Stato; 5) Creazione di una forza armata di operai e contadini, non stac- cata dal popolo (i soviet operai e contadini armati). Dare un carattere organizzato aU’armamento generale del popolo, come uno dei primi passi per la piena attuazione dell’armamento di tutto il popolo. 6) Una democrazia più completa, grazie a un minore formalismo e alla maggiore facilità delle elezioni e delle revoche. 7) Uno stretto (e diretto) legame con le categorie professionali e le unità produttive-economiche (elezioni nelle fabbriche, nelle circo- scrizioni contadine e artigiane). Questo stretto legame permette di at- tuare profonde trasformazioni socialiste. 8) (Rientra in parte, se non del tutto, nel precedente.) Possi- bilità di eliminare la burocrazia, di farne a meno, inizio della realizza- zione di questa possibilità. 9) Nelle questioni della democrazia trasferire il centro di gravità sottraendolo al riconoscimento formale della formale eguaglianza di borghesia e proletariato, fra ricchi e poveri e portandolo alla realizzabi- lità pratica dell’utilizzazione della libertà (democrazia) da parte della massa lavoratrice e sfruttata della popolazione. 10) L’ulteriore sviluppo dell’organizzazione sovietica dello Stato deve far sì che ogni membro del soviet, oltre a partecipare alle riu- nioni del soviet, svolga immancabilmente un’attività costante per l’am- ministrazione dello Stato; e quindi che tutta la popolazione, senza ecce- zioni, sia portata gradualmente sia a partecipare all’organizzazione so- vietica (a condizione di sottomettersi alle organizzazioni dei lavoratori) sia a contribuire alla direzione dello Stato. L'esecuzione dì questi compiti richiede : a) nel campo politico: lo sviluppo della repubblica dei soviet. 136 LENIN Vantaggi dei soviet ( Prosvestcenie , pp. 13-14); 80 ; [In sesto luogo...] estensione della Costituzione sovietica a tutta la popolazione, a mano a mano che cesserà la resistenza degli sfruttatori; federazione delle nazioni, come passaggio all’unità cosciente e piu stretta dei lavoratori che avranno imparato ad elevarsi volontaria- mente al di sopra delle discordie nazionali; repressione assolutamente implacabile di ogni resistenza da parte degli sfruttatori; le norme della democrazia « generale » ( cioè borghese) sono subordinate a questo scopo, cedono il passo alla « libertà » e democrazia non per tutti, ma per le masse lavoratrici e sfruttate nell’in- teresse della loro emancipazione dallo sfruttamento; repressione impla- cabile degli sfruttatori; il centro di gravità passa dal riconoscimento formale delle libertà (com’era nel parlamentarismo borghese) alla assicurazione effettiva del- Yuso delle libertà da parte dei lavoratori che hanno rovesciato gli sfrut- tatori, ad es., dal riconoscimento della libertà di riunione alla cessione di tutti i migliori locali e sale agli operai, dal riconoscimento della li- bertà di parola al trasferimento di tutte le migliori tipografie nelle mani degli operai, ecc. Un breve elenco di queste « libertà » tratto dal vecchio program- ma minimo. [Armamento degli operai e disarmo della borghesia]. Passaggio, attraverso lo Stato dei soviet, alla graduale estinzione dello Stato che si attua facendo partecipare sistematicamente un sempre maggior numero di cittadini, e poi tutti i cittadini senza eccezioni , cia- scuno per la sua parte, alla diretta e quotidiana attività di amministra- zione dello Stato. b) Nel campo economico; Organizzazione socialista della produzione sul piano nazionale: la dirigono le organizzazioni operaie (sindacati, comitati di fabbrica, ecc.) sotto la direzione generale del potere sovietico unico sovrano. Lo stesso per i trasporti e la distribuzione (dapprima monopolio di Stato del « commercio », poi sostituzione totale e definitiva del « com- mercio » con la distribuzione organizzata secondo un piano attraverso i sindacati degli impiegati del commercio e dell’industria, sotto la dire- zione del potere sovietico). VII CONGRESSO DEL PCR(b) 137 — Unione obbligatoria di tutta la popolazione in comuni di pro- duzione e di consumo. Senza abolire (per il momento) il denaro e senza proibire singole transazioni commerciali di compra-vendita tra singole famiglie, dobbia- mo anzitutto rendere obbligatoria per legge l’esecuzione di tutte queste transazioni attraverso le comuni di produzione e di consumo. — Passaggio immediato alla piena applicazione dell’obbligo gene- rale del lavoro con un’estensione estremamente cauta e graduale al piccolo contadino che vive del ricavato della propria azienda senza im- piegare lavoro salariato. Il primo provvedimento, il primo passo verso l’applicazione del- l’obbligo generale del lavoro deve essere l’istituzione del libretto di lavoro e di consumo (di entrate e uscite) per tutti i ricchi ( = persone con un reddito superiore a 500 rubli al mese, poi per i padroni di im- prese con operai salariati, per le famiglie che hanno domestici, ecc.)- La compra-vendita è ammessa anche se non fatta attraverso la propria comune (nelle stazioni, nei mercati, ecc.), ma con la registra- zione obbligatoria della transazione (se questa supera una certa som- ma) sui libretti di lavoro e di consumo. — Concentrazione completa delle banche nelle mani dello Stato e di tutta la circolazione commerdale-monetaria nelle banche. Univer- salizzazione dei conti correnti bancari: passaggio graduale alla registra- zione obbligatoria dei conti correnti nelle banche dapprima per le aziende piu grandi e poi per tutte le aziende del paese. Deposito obbliga- torio del denaro nelle banche e trasferimento di denaro soltanto attra- verso le banche. — Universalizzazione dell’inventario e del controllo su tutta la pro- duzione e la distribuzione dei prodotti, controllo e inventario che deb- bono essere attuati dapprima dalle organizzazioni operaie, poi da tutta la popolazione senza eccezioni. — Organizzazione dell’emulazione tra le diverse (tutte) comuni di produzione e di consumo del paese per elevare senza tregua l’organiz- zazione, la disciplina, la produttività del lavoro, per passare ad una tec- nica superiore, per economizzare lavoro e prodotti, per ridurre gradual- mente la giornata lavorativa a sei ore, per parificare gradualmente tutti i salari e stipendi in tutte le professioni e categorie. — Misure costanti, sistematiche per la sostituzione (passaggio alla 138 LENIN Massenspeisung 81 ) del lavoro domestico individuale delle singole fa- miglie con l’alimentazione collettiva di grandi gruppi di famiglie. Nel campo pedagogico i vecchi punti, ampliati. Nel campo finanziario sostituzione delle imposte indirette con una imposta progressiva sul reddito e sul patrimonio, nonché con un prelevamento (di una certa par- te) del reddito dei monopoli di Stato. In relazione con ciò, fornire pane e altri prodotti in natura agli operai occupati per conto dello Stato in determinati tipi di lavori di necessità sociale. Politica internazionale Appoggio al movimento rivoluzionario del proletariato socialista in primo luogo nei paesi avanzati. Propaganda. Agitazione. Fraternizzazione. Lotta implacabile all’opportunismo e al socialsciovinismo. Appoggio al movimento democratico e rivoluzionario in tutti i paesi in generale, e nelle colonie e nei paesi dipendenti in particolare. Liberazione delle colonie. Federazione, come passaggio alla fusione volontaria. Kommunist, n. 5, 9 marzo 1918. IL COMPITO PRINCIPALE DEI NOSTRI GIORNI 82 Tu misera, tu opulenta, tu possente, tu impotente — o madre Russia! 83 La storia dell’umanità sta compiendo ai nostri giorni una delle svolte piu grandi, piu difficili, la quale ha un’importanza immensa, un’im- portanza che senza la minima esagerazione si può chiamare universal- mente liberatrice. Una svolta dalla guerra alla pace; dalla guerra tra i predoni che mandano al macello milioni di sfruttati e lavoratori per sta- bilire un nuovo sistema di spartizione del bottino depredato dai briganti più forti, alla guerra degli oppressi contro gli oppressori per la libera- zione dal giogo del capitale; da un abisso di sofferenze, di tormenti, di fame, di barbarie, al luminoso avvenire della società comunista, del benessere generale e di una pace duratura; non c’è da meravigliarsi se nei momenti più bruschi di una cosi brusca svolta, quando tutto intorno il vecchio mondo si sfascia e cade in rovina con orribile fracasso, e ac- canto ad esso nasce tra indicibili sofferenze il nuovo, qualcuno cade in preda alla disperazione, a qualcuno gira la testa e qualche altro ancora cerca di sfuggire ad una realtà a volte troppo amara rifugiandosi sotto l’ombra di una frase bella e seducente. Alla Russia è toccato di osservare con particolare chiarezza, di vi- vere in modo particolarmente acuto e doloroso i rivolgimenti più bru- schi fra tutti i bruschi rivolgimenti della storia, che compie una svolta dall’imperialismo alla rivoluzione comunista, In pochi giorni noi abbia- mo distrutto una delle monarchie più antiche, più potenti, più barbare e più feroci. In pochi mesi abbiamo attraversato una serie di tappe dalla politica di conciliazione con la borghesia al superamento delle illusioni piccolo-borghesi, compiendo un percorso per il quale altri paesi hanno speso decenni. In poche settimane, rovesciata la borghesia, noi abbiamo attraversato il nostro immenso paese da un capo all’altro con la marcia trionfale e vittoriosa del bolscevismo. Abbiamo elevato alla libertà e a 140 LENIN una vita indipendente gli strati più bassi delle masse lavoratrici oppresse dallo zarismo e dalla borghesia. Abbiamo instaurato e consolidato la re- pubblica dei soviet, nuovo tipo di Stato, infinitamente più elevato e de- mocratico delle migliori repubbliche parlamentari borghesi. Abbiamo instaurato la dittatura del proletariato, appoggiato dai contadini poveri, e abbiamo dato inizio a un sistema vastamente concepito di trasforma- zioni socialiste. Abbiamo risvegliato in milioni e milioni di operai di tutti i paesi la fiducia nelle proprie forze e acceso in loro la fiamma del- l’entusiasmo- Abbiamo lanciato dappertutto Tappello della rivoluzione operaia e internazionale. E in pochi giorni un predone imperialista, che ci ha assalito inermi, ci ha messo con le spalle a terra. Ci ha costretto a firmare una pace incre- dibilmente dura e umiliante, un tributo per aver noi osato sottrarci, sia pure per un tempo brevissimo, alla morsa di ferro della guerra imperiali- stica. Il predone schiaccia e soffoca e dilania la Russia con una rabbia tanto maggiore quanto più minaccioso gli si erge dinanzi lo spettro della rivoluzione operaia nel suo stesso paese. Siamo stati costretti a firmare una pace « di Tilsit ». Non dobbia- mo ingannare noi stessi. Bisogna avere il coraggio di guardare diretta- mente in faccia Tamara verità senza cercare di abbellirla. Bisogna saper misurare fino in fondo tutto l’abisso di disfatta, di smembramento, di asservimento, di umiliazione nel quale ci hanno ora precipitato. Quanto più chiaramente comprenderemo tutto questo, tanto più ferma, tem- prata, ferrea diventerà la nostra volontà di liberazione, la nostra infles- sibile decisione di far si che a qualunque costo la Russia cessi di essere misera e impotente, e diventi, nel vero senso della parola, possente e opulenta. "Essa può diventarlo, perché abbiamo ancora abbastanza spazio e ricchezze naturali per fornire a chiunque i mezzi per vivere, se non in abbondanza, almeno in quantità sufficiente. Abbiamo il materiale ne- cessario — in ricchezze naturali, in riserva di forze umane, in magni- fico slancio, che ha dato al genio popolare la grande rivoluzione per creare una Russia veramente possente e opulenta. La Russia lo diventerà, se getterà via ogni scoraggiamento e ogni vuota frase, se, stringendo i denti, raccoglierà tutte le sue forze, -se tenderà ogni suo nervo, ogni suo muscolo, se comprenderà che la sola via di salvezza possibile è quella della rivoluzione socialista internaziona- le che noi abbiamo imboccato. Proseguire per questa via senza perdersi IL COMPITO PRINCIPALE DEI NOSTRI GIORNI 141 d’animo per le sconfitte, costruire pietra su pietra le solide fondamenta della società socialista, lavorare senza tregua per instaurate la disciplina e l’autodisciplina, per rafforzare in ogni angolo del paese lo spirito di organizzazione, l’ordine, l’energica attività, l’armonica collaborazione di tutte le forze popolari, l’inventario e il controllo generale sulla produ- zione e la distribuzione dei prodotti: questa è la via che porta alla crea- zione della potenza militare e dalla potenza socialista. È indegno di un vero socialista sia lasciarsi andare a vuote fanfa- ronate sia cadere in preda alla disperazione se gli è stata inflitta una dura sconfitta. Non è vero che non avremmo piu via d’uscita e che non ci resterebbe altro che scegliere tra una morte « ingloriosa » (dal punto di vista del nobilastro), quale è una pace durissima, e una morte « da valorosi » in una battaglia senza speranze. Non è vero che, firmando una pace di «Tilsit », noi avremmo tradito i nostri ideali o i nostri amici. Non abbiamo tradito nulla e nessuno, non abbiamo santificato né velato alcuna menzogna, non abbiamo rifiutato il nostro aiuto a nessun amico o compagno di sventura dandogli tutto ciò che potevamo, tutto ciò che era a nostra disposizione. Un condottiero che conduce lontano, nel- le retrovie di un paese, i resti di un esercito disfatto o che fugge in preda al panico, che protegge questa ritirata, in caso di estrema necessità, firmando una pace durissima e umiliante, non compie un tra- dimento verso quei reparti dell’esercito che egli non è in grado di aiu- tare essendo essi stati tagliati fuori dal nemico. Un tale condottiero com- pie il suo dovere, scegliendo l’unica via possibile per salvare ciò che an- cora può essere salvato, senza accettare avventure, senza addolcire al po- polo l'amara verità, « cedendo spazio per guadagnare tempo », approfit- tando di ogni tregua, per quanto minima, per raccogliere le forze, per permettere di prender fiato e di curare le proprie ferite a quell’eser- cito che è malato di disgregazione e di demoralizzazione. Abbiamo firmato una pace « di Tilsit ». Quando, nel 1807, Napo- leone I costrinse la Prussia a firmare la pace di Tilsit, il conquista- tore aveva sbaragliato tutti gli eserciti tedeschi, occupato la capitale e tutte le città più importanti, istituito una propria polizia, costretto i vinti a fornire corpi ausiliari per le nuove guerre di rapina da lui con- dotte, smembrato la Germania, e concluso alleanze con alcuni Stati tedeschi contro altri Stati tedeschi. E nondimeno, perfino dopo una tale pace, il popolo tedesco resistette, seppe risollevarsi e conquistarsi il diritto alla libertà e alla indipendenza. 142 LENIN Per chiunque voglia e sappia pensare, l’esempio della pace di Tilsit (che non fu Punico ma uno dei molti trattati duri e umilianti che furono imposti ai tedeschi a quell’epoca) dimostra chiaramente quanto sia puerilmente ingenua l’idea secondo cui in qualsiasi condizione una pace durissima è un abisso di perdizione e la guerra la via dell’onore e della salvezza. Le epoche di guerra ci insegnano che la pace ha avuto spesso nella storia la funzione di una tregua per raccogliere le forze per nuove battaglie. La pace di Tilsit fu una grandissima umiliazione per la Germania, e nello stesso tempo fu una svolta verso la sua massima ascesa come nazione. Allora la situazione storica non offriva altro sbocco a questa ascesa se non la creazione di uno Stato borghese. Allora, più di cento anni fa, la storia la facevano piccoli gruppi di nobili e di intellettuali borghesi, mentre le masse degli operai e dei contadini giacevano sonnolente e addormentate. Allora la storia non poteva che trascinarsi, a causa di questo, con tremenda lentezza. Ora il capitalismo ha elevato di molto la cultura in generale, e la cultura delle masse in particolare. La guerra ha scosso le masse, le ha ri- svegliate con i suoi orrori e le sue sofferenze inaudite. La guerra ha dato una spinta alla storia, che ora vola con la rapidità di una locomo- tiva. La storia la fanno ora, in modo autonomo, milioni e decine di mi- lioni di uomini. Il capitalismo è ora maturo per il socialismo. E quindi, se la Russia va ora — e indiscutibilmente va — da una pace « di Tilsit » a una ascesa nazionale, a una grande guerra in difesa della patria, lo sbocco di questa ascesa non è lo Stato borghese, ma la rivoluzione socialista internazionale. Noi siamo difensisti dal 25 ottobre 1917. Siamo per la « difesa della patria », ma la guerra patriottica alla quale ci avviamo è una guerra per la patria socialista, per il socialismo in quanto patria, per la repubblica sovietica come reparto dell’esercito mondiale del socialismo. « Odia il tedesco, batti il tedesco », questa era ed è rimasta la pa- rola d’ordine del patriottismo comune, cioè borghese. Noi invece dire- mo: « odio per i predoni imperialisti, odio per il capitalismo, morte al capitalismo » e insieme: « impara dal tedesco! resta fedele all’alleanza fraterna con gli operai tedeschi. Essi non hanno fatto in tempo a venirci in aiuto. Noi guadagneremo tempo e aspetteremo finché essi ci verranno in aiuto ». Si, impara dal tedesco! La storia procede a zigzag e per vie tor- tuose. È avvenuto che proprio il tedesco incarni ora, accanto a un im- IL COMPITO PRINCIPALE DEI NOSTRI GIORNI 143 perialismo feroce» anche i principi della disciplina» della organizzazione, della collaborazione armonica sulla base dell’industria moderna mecca- nizzata, dell’inventario e del controllo più rigoroso. E questo è proprio quello che a noi manca. È proprio quello che dobbiamo imparare. È proprio quello che manca alla nostra grande rivoluzione per poter passare da un inizio vittorioso, attraverso una serie di dure prove, alla vittoria finale. È quello che occorre alla Repub- blica socialista sovietica russa per cessare di essere misera e impotente e diventare irrevocabilmente possente e opulenta. 11 marzo 1918 Izvestia del CEC , n. 46, 12 marzo 1918. Firmato: N. Lenin. DISCORSO AL SOVIET DI MOSCA DEI DEPUTATI OPERAI, CONTADINI E SOLDATI ROSSI 12 marzo 1918 Resoconto stenografico Compagni, dobbiamo festeggiare Tanni versar io della rivoluzione russa in un momento in cui la rivoluzione attraversa giorni difficili e molti sono pronti a cadere nelPavvilimento e nella disperazione. Ma se guardiamo intorno a noi, se pensiamo a ciò che ha fatto la rivoluzione in questo anno e come si presenta la situazione internazionale, in nessuno di noi, ne sono certo, resterà posto per la disperazione o P avvilimento. Non deve esserci dubbio che la rivoluzione socialista internazionale, cominciata in ottobre, vincerà, nonostante tutte le difficoltà e tutti gli ostacoli, nonostante tutti gli sforzi dei suoi nemici. Compagni, ricordate per quale cammino è dovuta passare la rivo- luzione russa... Nel febbraio, grazie alTunione del proletariato e della borghesia, la quale aveva visto che sotto lo zarismo non era possibile Tesistenza nemmeno di una società borghese, grazie alla collaborazione tra gli operai e la parte piu illuminata dei contadini, cioè i soldati che avevano vissuto tutti gli orrori della guerra, sono bastati loro pochi giorni per abbattere la monarchia che nel 1905, 1906 e 1907 aveva resistito a colpi incomparabilmente piu duri e aveva affogato nel san- gue la Russia rivoluzionaria. E quando, dopo la rivoluzione di febbraio, si è trovata al potere la borghesia, lo sviluppo della rivoluzione ha proceduto con incredibile rapidità. La rivoluzione russa ha dato qualcosa che la distingue nettamente dalle rivoluzioni delPEuropa occidentale. Ha dato una massa rivoluzio- DISCORSO AL SOVIET DI MOSCA 145 naria preparata dal 1905 ad operare in modo indipendente; ha dato i soviet dei deputati operai, soldati e contadini, organi infinitamente piu democratici di tutti quelli che li avevano preceduti, e che hanno permes- so di educare e mobilitare la massa senza diritti degli operai, dei soldati e dei contadini, di trascinarla al proprio seguito. Grazie a queste cir- costanze, la rivoluzione russa ha superato in pochi mesi quel periodo di conciliazione con la borghesia che nell’Europa occidentale ha occupato lunghi decenni. La borghesia accusa ora la classe operaia e i suoi rap- presentanti — i bolscevichi — del fatto che l'esercito non si è mostrato all’altezza della situazione. Ma noi vediamo adesso che se allora, in mar- zo e in aprile, fossero stati al potere non i conciliatori, non la borghesia, che si serviva di espedienti per attribuirsi delle sinecure e portava al potere i capitalisti, lasciando l’esercito spoglio e affamato, quando il potere era nelle mani di signori del tipo di Kerenski, che si chiamavano socialisti ma di fatto celavano in tutte le loro tasche i trattati segreti che impegnavano il popolo russo a combattere fino al 1918, allora, forse, si sarebbero potute risparmiare all’esercito russo e alla rivoluzione quelle incredibili prove e umiliazioni attraverso le quali abbiamo dovuto passa- re. Se allora il potere fosse passato ai soviet, se i conciliatori, invece di aiutare Kerenski a gettare l’esercito nel fuoco, avessero proposto una pace democratica, l’esercito non si sarebbe disgregato. Essi avreb- bero dovuto dirgli: sta tranquillo, teniamo pure in una mano il testo stracciato del trattato segreto con gli imperialisti e la proposta a tutti i popoli di una pace democratica, e nell’altra il fucile e il cannone, e manteniamo intatta la linea del fronte. Ecco come allora si poteva sal- vare l’esercito e la rivoluzione. Un gesto simile — anche di fronte a un nemico come l’imperialismo tedesco, anche se in aiuto ad esso fosse giunta tutta la borghesia, tutti i capitalisti di tutto il mondo, tutti i rappresentanti dei partiti borghesi — avrebbe potuto sempre essere utile. Avrebbe posto il nemico in condizioni di vedere, da una parte, la proposta di una pace democratica e i trattati smascherati, e, dall’altra, le armi. Adesso non abbiamo piu un fronte cosi saldo, e senza arti- glieria non possiamo rafforzarlo. Ristabilire il fronte è troppo difficile, prende troppo tempo, perché non abbiamo avuto ancora l’occasione di scontrarci con il nemico. Una cosa era lottare contro l’idiota Romanov o il fanfarone Kerenski, un’altra cosa è avere a che fare con un nemico che ha organizzato tutte le sue forze e tutta la vita economica del paese per difendersi dalla rivoluzione. Sappiamo che invece di strac- 146 LENIN ciare i trattati imperialistici, il governo Kerenski nel giugno 1917 lan- ciò i soldati all’offensiva, facendoli indebolire definitivamente. E quando adesso, dalla parte della borghesia si grida al crollo inaudito e alla ver- gogna nazionale, si pensa forse che la rivoluzione, nata dalla guerra, nata tra indicibili rovine, possa procedere nella calma, in modo pacifico, senza sofferenze, senza tormenti, senza orrori? Se qualcuno si è immaginato cosi la nascita della rivoluzione, o si tratta di parole vuote, o cosi può ragionare solo qualche intellettuale di debole costituzione che non com- prende il significato di questa guerra e di questa rivoluzione. Si, cosi essi ragionano. Ma noi vediamo chiaramente, attraverso tutto questo pro- cesso, attuarsi un grandioso slancio popolare, che non vedono coloro che gridano alla vergogna nazionale. Ad ogni modo, noi ci siamo liberati dalla guerra, non diciamo che ce ne siamo liberati senza aver perduto nulla, senza avere pagato un tributo. Ma ce ne siamo liberati. Abbiamo concesso al popolo una tre- gua. Non sappiamo quanto questa tregua durerà. Forse sarà molto breve, perché sia dall’occidente che dall oriente i predoni imperialisti si dirigono contro di noi, e una nuova guerra sarà inevitabile. Si, noi non chiudiamo gli occhi di fronte al fatto che il nostro paese è comple- tamente distrutto. Ma il popolo ha saputo liberarsi del governo zarista, del governo borghese, per creare le organizzazioni sovietiche che sol- tanto adesso, allorché i soldati sono tornati dal fronte, hanno raggiunto anche l’ultima capanna. La loro necessità e la loro importanza è stata compresa anche dallo strato piu basso, più oppresso, la massa calpestata, sulla quale esercitavano il loro arbitrio gli zar, i grandi proprietari fon- diari, i capitalisti, alla quale di rado capitava di potere esprimere la propria anima, il proprio genio creativo. Essa ha fatto si che il potere sovietico è diventato patrimonio non solo delle grandi città e delle zone industriali, ma è penetrato in tutti gli angoli più remoti. Ogni contadino che finora ha visto solo oppressione e rapine da parte del potere, vede adesso al potere un governo di poveri, un governo eletto da lui stesso, che lo ha strappato aU’appressione e, nonostante tutte le difficoltà e gli ostacoli inauditi, saprà guidarlo anche più oltre. Compagni, se ora ci tocca vivere giorni di dure sconfitte e di op- pressione, in cui lo stivale degli junker prussiani e degli imperialisti schiaccia la rivoluzione russa, sono certo che, per quanto grande sia in certi ambienti la rabbia e il malcontento, nel profondo della massa popolare si svolge un processo di creazione, di accumulazione di ener- DISCORSO AL SOVIET DI MOSCA 147 già, di disciplina, che ci darà la saldezza necessaria per sopportare tutti i colpi e dimostra che non abbiamo tradito e non tradiremo la rivoluzio- ne. Del resto, se c’è toccato sopportare queste prove e queste sconfitte, ciò è accaduto perché la storia non procede in modo cosi semplice e cortese da far sollevare tutti i lavoratori contemporaneamente a noi in tutti gli altri paesi. Non dobbiamo dimenticare con quale nemico abbiamo a che fare. I nemici che abbiamo dovuto affrontare finora, — i Romanov, i Kerenski, la borghesia russa, ottusa, disorganizzata, incolta, che ieri baciava lo stivale del Romanov e poi scappava con i trattati segreti in tasca, — che cos’erano in confronto a quella borghesia internazionale che ha trasformato tutte le conquiste dell’intel- letto umano in arma per schiacciare la volontà dei lavoratori e ha adat- tato tutta la sua organizzazione per lo sterminio degli uomini? Ecco il nemico che si è abbattuto su di noi in un momento in cui siamo assolutamente disarmati, in cui dobbiamo dire apertamente: non abbiamo un esercito, e un paese che è privo di un esercito deve ac- accettare la pace, anche se indicibilmente infame. Noi non tradiamo nessuno, non cediamo nessuno al nemico, non rifiutiamo l’aiuto ai nostri fratelli. Ma dovremo accettare una pace in- credibilmente dura, dovremo accettare condizioni terribili, dovremo ras- segnarci alla ritirata per guadagnare tempo, finché c’è tempo, in attesa che arrivino gli alleati, e di alleati ne abbiamo. Per quanto grande sia l’odio verso l’imperialismo, per quanto forte il sentimento, il legittimo sentimento di sdegno e di ribellione contro di esso, dobbiamo ricono- scere che adesso siamo difensisti. Però non difendiamo i trattati segre- ti, difendiamo il socialismo, difendiamo la pace socialista. Ma, per avere la possibilità di difenderla, abbiamo dovuto rassegnarci a subire le piu dure umiliazioni. Sappiamo che vi sono periodi nella storia di ogni po- polo in cui bisogna arretrare di fronte all’urto di un nemico piu forte. Abbiamo ottenuto un rinvio, e dobbiamo sfruttarlo perché l’esercito possa respirare un po’, perché esso comprenda nella sua grande massa — cioè si convincano non solo quelle decine di migliaia di persone che frequentano i comizi nelle grandi città, ma i milioni e le decine di mi- lioni di persone disperse nelle campagne — che la vecchia guerra è finita e comincia una nuova guerra, una guerra alla quale abbiamo rispo- sto proponendo la pace, una guerra nella quale siamo scesi a patti, per superare la nostra mancanza di disciplina, la nostra debolezza, la nostra miseria, con la quale abbiamo potuto vincere lo zarismo e la borghesia 148 LENIN russa, ma non la borghesia europea e internazionale. Se sapremo su- perarle, vinceremo, perché abbiamo degli alleati, ne siamo convinti. Per quanto ora si scatenino gli imperialisti internazionali, vedendo la nostra sconfitta, in seno ai loro paesi maturano i loro nemici e nostri alleati. Sapevamo e sappiamo con certezza che nella classe operaia tede- sca questo processo si svolge forse più lentamente di quel che noi ci aspettavamo, di quel che noi, forse, desideriamo, ma è indubbio che cresce lo sdegno contro gli imperialisti, cresce il numero dei nostri al- leati che ci verranno sicuramente in aiuto. Sappiate dar forza, sappiate lanciare la parola d’ordine, instaurate la disciplina, ecco il nostro dovere di fronte alla rivoluzione socialista. A queste condizioni sapremo tener duro finché il proletariato nostro alleato non ci verrà in aiuto, e insieme ad esso vinceremo tutti gli impe- rialisti e tutti i capitalisti. Izvestia del CEC t n. 47, 14 marzo 1918. IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET DI TUTTA LA RUSSIA “ 14-16 marzo 1918 1 PROGETTO DI RISOLUZIONE SUL MESSAGGIO DI WILSON 85 Il congresso esprime la sua riconoscenza al popolo americano, e in primo luogo ai lavoratori e alle classi sfruttate degli Stati Uniti del- TAmerica del nord, in occasione del messaggio in cui il presidente Wilson, tramite il congresso dei soviet, esprime la sua simpatia al popolo russo, nei giorni in cui la Repubblica socialista sovietica di Russia sta sopportando prove durissime. Essendo divenuta un paese neutrale, la repubblica sovietica russa approfitta del messaggio rivoltole dal presidente Wilson per esprimere a tutti i popoli, che muoiono e soffrono per gli orrori della guerra im- perialistica, la sua calorosa simpatia e la sua ferma convinzione che non è lontano il tempo felice in cui le masse lavoratrici di tutti i paesi bor- ghesi rovesceranno il giogo del capitale e instaureranno il regime socia- lista, il solo capace di assicurare una pace giusta e duratura e, insieme, la cultura e il benessere di tutti i lavoratori. Scritto il 13 o 14 marzo 1918. Pubblicato sulla Pravda , n. 44, 15 marzo 1918. 2 RAPPORTO SULLA RATIFICA DEL TRATTATO DI PACE 14 marzo Compagni, affrontiamo oggi un problema la cui soluzione segne- rà una svolta nel corso della rivoluzione russa, e non solo della rivolu- zione russa, ma di quella internazionale; e, per risolvere in modo giusto la questione della pace durissima che i rappresentanti del potere sovie- tico hanno concluso a Brest-Litovsk e che il potere dei soviet propone di confermare, ovvero ratificare, è soprattutto indispensabile, per noi, rendersi conto del senso storico di questa svolta di fronte a cui ci tro- viamo, comprendere quale sia il tratto principale che caratterizza Io svi- luppo della rivoluzione fino ad ora e quale sia la causa principale del- la dura sconfitta e del periodo di dure prove che abbiamo appena attraversato. Mi sembra che la fonte principale dei dissensi che nascono in seno ai partiti sovietici a questo proposito sia proprio che alcuni si lasciano troppo andare a un sentimento di giusto e legittimo sdegno di fronte al- la sconfitta subita dalla repubblica sovietica ad opera deirimperialismo, a volte si lasciano andare troppo alla disperazione e, invece di tener conto delle condizioni storiche in cui si sviluppa la rivoluzione e del modo in cui queste condizioni storiche si sono venute a creare prima del- la pace attuale e si delineano dinanzi a noi dopo la pace, tentano di rispondere ai problemi che riguardano la tattica della rivoluzione spin- ti da una reazione sentimentale immediata. Tra l’altro, tutta l’espe- rienza della storia di tutte le rivoluzioni ci insegna che quando abbiamo a che fare eoo un qualsiasi movimento di massa o con la lotta di classe, — in particolare con quella di oggi, che non si sviluppa soltanto per tutta l’estensione di un solo paese, anche se immenso, ma pervade tutti i rapporti internazionali, — è necessario porre alla base della propria tattica, anzitutto e soprattutto, l’analisi precisa della situazione IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 153 obiettiva; Tesarne analitico di quello che è stato finora Tandamento della rivoluzione e delle cause per cui esso è mutato in modo cosi minaccioso, cosi brusco, cosi svantaggioso per noi. Se osserviamo da questo punto di vista lo sviluppo della no* stra rivoluzione, vedremo chiaramente che questa finora ha attraver* sato un periodo di relativa, e in larga misura apparente, autonomia e di temporanea indipendenza dai rapporti internazionali. La via seguita dal- la nostra rivoluzione tra la fine di febbraio del 1917 e Pii febbraio di quest'anno, — data in cui ha avuto inizio Toffensiva tedesca, — è stata in generale e complessivamente caratterizzata da facili e rapidi successi. Se osserviamo lo sviluppo di questa rivoluzione su scala inter- nazionale, dal punto di vista dello sviluppo soltanto della rivoluzione russa, vedremo che abbiamo attraversato in questo anno tre periodi. Il primo periodo in cui la classe operaia della Russia insieme a tutti gli elementi avanzati, coscienti, attivi tra i contadini, appoggiata non solo dalla piccola borghesia, ma anche dalla grande borghesia, rovesciò in pochi giorni la monarchia. Questo successo vertiginoso si spiega col fatto che il popolo russo, da un lato, ha tratto dall’ esperienza del 1905 una gigantesca riserva di capacità combattiva rivoluzionaria, e che, dalTaltro lato, la Russia, in quanto paese particolarmente arretrato, ha partico- larmente sofferto a causa della guerra ed è arrivata particolarmente pre- sto a una situazione in cui continuare questa guerra e mantenere il vec- chio regime era divenuto impossibile. Al breve e impetuoso periodo di successo, in cui si creava una nuova organizzazione, — Torganizzazione dei soviet dei deputati operai, soldati e contadini, — è seguito per la nostra rivoluzione un periodo di transizione di lunghi mesi, durante il quale il potere della borghesia, che era stato minato dai soviet, veniva sostenuto e rafforzato dai partiti conciliatori piccolo-borghesi, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, che appoggiavano questo potere. Era un potere che sosteneva la guerra imperialistica, i trattati segreti imperialistici, che nutriva di promesse la classe operaia, un potere che non faceva assolutamente nulla e favoriva lo sfacelo economico. Durante questo periodo, assai lungo per noi, per la rivoluzione russa, i soviet hanno accumulato forze; è stato un periodo lungo per la rivoluzione russa e breve dal punto di vista della rivoluzione intemazionale, perché nella maggior parte dei paesi centrali, il periodo in cui furono vissute e superate le illusioni picco Io- borghesi, il periodo in cui vari partiti, gruppi, correnti, vissero Tesperienza del conciliatorismo, 154 LENIN durò non mesi, ma lunghi, lunghi decenni. Questo periodo — che va dal 20 aprile fino alla ripresa della guerra imperialistica in giugno da par- te di Kerenski, che aveva in tasca il trattato imperialistico segreto — eb- be un’importanza decisiva. In questo periodo subimmo la sconfitta di lu- glio, il tentativo di Kornilov, e solo in base alPesperienza della lotta di massa, solo allorché le piu vaste masse di operai e contadini ebbero appreso non dalle prediche, ma dalla propria esperienza a riconoscere tutta la vacuità del conciliatorismo piccolo-borghese, solo allora, dopo una lunga evoluzione politica, dopo una lunga preparazione e un mu- tamento nello stato d’animo e nelle idee dei raggruppamenti politici, si creò un terreno adatto al rivolgimento d’ottobre ed ebbe inizio il terzo periodo della rivoluzione russa nella sua prima fase, staccata, o tem- poraneamente separata, dalla rivoluzione internazionale. Questo terzo periodo, il periodo dell’ottobre, periodo di organiz- zazione, fu il piu difficile e nello stesso tempo fu il periodo dei piu grandi e più rapidi trionfi. Dall’ottobre in poi la nostra rivoluzione, dopo aver messo il potere nelle mani del proletariato rivoluzionario, in- staurato la sua dittatura, assicuratogli l’appoggio dell’enorme maggio- ranza del proletariato e dei contadini poveri, avanzò con marcia vitto- riosa, trionfale. In tutti gli angoli cjella Russia cominciò la guerra civi- le, sotto forma di resistenza degli sfruttatori, grandi proprietari fon- diari e borghesia, appoggiati da una parte della borghesia imperialistica. Cominciò la guerra civile, nella quale le forze dei nemici del potere sovietico, le forze dei nemici dei lavoratori, delle masse sfruttate, risul- tarono insignificanti; la guerra civile fu tutto un trionfo del potere so- vietico, perché i suoi avversari, gli sfruttatori, i grandi proprietari fon- diari e la borghesia, non avevano nessun appoggio né politico né econo- mico, sicché il loro attacco falli. La lotta contro di essi fu condotta più con le armi della propaganda che con azioni militari; uno strato dopo l’altro masse e masse, fino ai cosacchi lavoratori, si staccarono da quegli sfruttatori che tentavano di strapparli al potere sovietico. Questo periodo di marcia trionfale della dittatura del proletariato e del potere sovietico, in cui quest’ultimo attirò dalla sua parte in modo incondizionato, deciso e irrevocabile le masse gigantesche dei lavoratori e degli sfruttati della Russia, segnò il supremo e ultimo punto di sviluppo della rivoluzione russa, che per tutto questo tempo sembrò avanzare indipendentemente dairimperialismo internazionale. Questa fu la ragione per cui il paese più arretrato e più preparato alla rivolu- IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 155 zione dall’esperienza del 1905 portò cosi rapidamente, cosi facilmente, cosi sistematicamente al potere una classe dopo l’altra, mettendo da parte varie formazioni politiche e arrivando infine a quella formazione politica che era e rappresentava l’ultima parola non solo della rivolu- zione russa, ma anche delle rivoluzioni operaie dell’Europa occidentale, poiché il potere sovietico si consolidò in Russia e acquistò irrevocabil- mente le simpatie dei lavoratori e degli sfruttati perché aveva di- strutto il vecchio apparato oppressivo del potere statale, perché aveva creato dalle fondamenta un tipo di Stato nuovo e superiore, come era stato in embrione la Comune di Parigi, che aveva rovesciato il vecchio apparato e aveva messo al suo posto la forza direttamente armata delle masse, che aveva sostituito alla democrazia parlamentare borghese la democrazia delle masse lavoratrici con la esclusione degli sfruttatori e aveva schiacciato sistematicamente la loro resistenza. Ecco che cosa ha fatto la rivoluzione russa durante questo periodo, ecco perché in una piccola avanguardia della rivoluzione si è venuta a creare l’impressione che questa marcia trionfale, questa rapida avan- zata della rivoluzione russa potesse contare su una ulteriore vittoria. E in questo c’era un errore, perché il periodo in cui la rivoluzione russa si era sviluppata, facendo passare il potere in Russia da una classe al- l’altra e superando il conciliatorismo di classe nei confini della sola Rus- sia, questo periodo potè sussistere storicamente solo perché i predoni piu grossi, i giganti deH’imperialismo mondiale, erano stati tempora- neamente fermati nella loro marcia offensiva contro il potere dei soviet. Una rivoluzione che in pochi giorni aveva rovesciato la monarchia, in pochi mesi aveva fatto esaurire tutti i tentativi di conciliazione con la borghesia e in poche settimane di guerra civile aveva vinto ogni resi- stenza della borghesia, — una tale rivoluzione, la rivoluzione della re- pubblica socialista, poteva vivere accanto, in mezzo alle potenze impe- rialistiche, in mezzo ai predoni intemazionali, accanto alle belve dell’im- perialismo mondiale, solo in quanto la borghesia, trovandosi impegnata in una lotta intestina all’ultimo sangue, era paralizzata nella sua offen- siva contro la Russia. Ed ecco aprirsi il periodo di cui ci tocca far una cosi viva e dura esperienza, un periodo di durissime sconfitte, di prove durissime per la rivoluzione russa, un periodo in cui, invece dell’offensiva fulminea, diretta e aperta contro i nemici della rivoluzione, ci tocca sperimentare le piu dure sconfitte e cedere di fronte a una forza incomparabilmente 156 LENIN maggiore della nostra, dinanzi alla forza deirimperialismo internazionale e del capitale finanziario, di fronte alla forza di una potenza militare, che tutta la borghesia, con la sua tecnica moderna, con la sua organizzazione, ha unito contro di noi per potere continuare a depredare, opprimere e strangolare le piccole nazioni; abbiamo dovuto pensare a equilibrare le forze, abbiamo dovuto affrontare un compito infinitamente difficile, ab- biamo dovuto affrontare faccia a faccia un nemico non come i Romanov e i Kerenski, che non potevano essere presi sul serio; abbiamo dovuto scon- trarci con le forze della borghesia internazionale in tutta la sua potenza militare-imperialistica, affrontare faccia a faccia i predoni del mondo. E si capisce che, tardando l’aiuto del proletariato socialista internazio- nale, abbiamo dovuto prende su di noi l’urto con queste forze e su- bire una gravissima sconfitta. E in questa epoca di dure sconfitte e di ritirate, dobbiamo cerca- re di salvare sia pure una minima parte delle nostre posizioni, riti- randoci dinanzi all’imperialismo, aspettando che mutino le condizioni internazionali in generale, in modo che facciano in tempo a venirci in aiuto quelle forze del proletariato europeo che esistono, che maturano, che non hanno potuto liberarsi cosi facilmente, come noi, del loro ne- mico, poiché sarebbe una grandissima illusione e un gravissimo errore dimenticare che per la rivoluzione russa è stato facile cominciare e diffi- cile è compiere i passi ulteriori. Questo è stato inevitabile perché ab- biamo dovuto cominciare dal regime politico più arretrato, più marcio. La rivoluzione europea deve cominciare dalla borghesia, deve avere a che fare con un nemico senza confronti più serio, in condizioni infini- tamente più difficili. Per la rivoluzione europea sarà infinitamente più difficile incominciare. Vediamo che le è infinitamente più difficile aprire la prima breccia nel regime che la opprime. Le sarà invece assai più facile passare al secondo e al terzo stadio della propria evoluzione. E non può essere altrimenti, dato il rapporto di forze tra le classi rivo- luzionarie e quelle reazionarie attualmente esistente in campo interna- zionale. Ecco la svolta essenziale che perdono continuamente di vista coloro i quali vedono la situazione attuale, la situazione straordinaria- mente difficile della rivoluzione non da un punto di vista storico, ma attraverso il velo del sentimento e delPindignazione. Invece l’esperienza della storia ci dice che sempre, in tutte le rivoluzioni, — nella fase in cui la rivoluzione passa bruscamente da una serie di rapide vittorie a una serie di gravi sconfitte, — viene il periodo in cui fiorisce la frase IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 157 pseudo-rivoluzionaria, che ha sempre arrecato danni gravissimi allo svi- luppo della rivoluzione. Ed ecco, compagni, solo se noi ci poniamo come compito di esaminare la svolta che ci ha fatto passare bruscamente da una serie di vittorie rapide, facili e complete alle gravi sconfitte, solo allora saremo in grado di dare una giusta valutazione della nostra tat- tica. È questo un problema estremamente difficile, che è il risultato del- la svolta che si compie attualmente nel corso della rivoluzione, dalle facili vittorie all’interno alle gravissime sconfitte alFesterno; la svolta in tutta la rivoluzione internazionale, — dall’epoca dell’attività propagan- distico-agitatoria della rivoluzione russa, con l’imperialismo in posizione di attesa, alle azioni offensive dell’imperialismo contro il potere dei soviet, — pone tutto il movimento internazionale dell’Europa oc- cidentale di fronte a un problema particolarmente difficile e acuto. Se non dimenticheremo questo elemento storico, dovremo analizzare chia- ramente come si configurano gli interessi fondamentali della Russia nella questione dell’attuale pace, pace durissima e cosiddetta infame. Mi è accaduto piu di una volta, nella polemica contro coloro che negavano la necessità di accettare questa pace, di sentirmi dire che il punto di vista favorevole alla firma della pace esprimerebbe gli inte- ressi soltanto delle masse contadine arretrate, dei soldati declassati, e cosi via. Di fronte a questi riferimenti e a questi accenni mi sono sempre meravigliato di vedere come certi compagni dimenticano il me- tro di classe dello sviluppo nazionale. Questa gente cerca soltanto spie- gazioni artificiose, dicendo per es. che il partito del proletariato, preso il potere, non avrebbe calcolato in anticipo che soltanto l'alleanza del proletariato e dei contadini poveri, cioè della maggioranza dei contadini della Russia, sarebbe stata in grado di dare il potere in Russia ai soviet rivoluzionari, — alla maggioranza, alla effettiva maggioranza del po- polo, — che senza di ciò ogni tentativo di instaurare un potere, soprat- tutto nelle difficili svolte della storia, sarebbe stato assurdo. Come se si fosse potuta eludere questa verità riconosciuta da noi tutti e cavarsela ricordando con disprezzo lo stato di stanchezza dei contadini e dei sol- dati declassati. Riguardo allo stato di stanchezza dei contadini e dei sol- dati declassati, dobbiamo dire che il paese ammetterà resistenze, e che i contadini poveri potranno accingersi alla resistenza soltanto nella mi- sura in cui essi saranno capaci di indirizzare le loro forze alla lotta. Quando abbiamo preso il potere in ottobre, era chiaro che il corso degli avvenimenti portava inevitabilmente a questo, che la svolta dei 158 LENIN soviet verso il bolscevismo significava una svolta in tutto il paese, che il potere del bolscevismo era inevitabile. Quando noi, coscienti di questo fatto, decidemmo di prendere il potere in ottobre, abbiamo detto con assoluta chiarezza a noi stessi e a tutto il popolo, che ciò significava il passaggio del potere nelle mani del proletariato e dei contadini poveri, che il proletariato sapeva che i contadini lo appoggiavano, e in che cosa, voi stessi lo sapete: nella sua attiva lotta per la pace, nella sua capacità di continuare ulteriormente la lotta contro il grande capitale finanziario. Su questo non ci sbagliamo, e nessuno che guardi appena con un po’ di attenzione alle forze di classe e 2Ì rapporti di classe non può non ac- corgersi di questa incontestabile verità: noi non possiamo chiedere a un paese di piccoli contadini, che tanto ha fatto per la rivoluzione europea e per quella intemazionale, di lottare in condizioni cosi difficili, anzi estremamente difficili, allorché l’aiuto da parte del proletariato dell’Eu- ropa occidentale — che senza dubbio arriverà, come dimostrano i fatti, gli scioperi, ecc., che pure sta per arrivare, — è indubbiamente in ritardo. Ecco perché io dico che simili riferimenti alla stanchezza delle masse contadine e via dicendo, sono semplicemente il risultato della mancanza di argomenti e della totale impotenza di coloro che a questi argomenti ricorrono, la totale mancanza in loro di qualsia- si possibilità di abbracciare tutti i rapporti di classe nel loro com- plesso, in tutta la loro ampiezza: la rivoluzione del proletariato e della massa dei contadini; soltanto se ad ogni svolta della storia sap- piamo valutare il rapporto delle classi nel loro complesso, di tutte le classi, e non scegliamo singoli esempi e casi singoli, soltanto allora sen- tiremo di fondarci saldamente sull’analisi di fatti probabili. Comprendo perfettamente che la borghesia russa ci spinge ora alla guerra rivolu- zionaria, quando questa è per noi assolutamente impossibile, perché ciò esigono gli interessi di classe della borghesia. Quando sento che si grida alla pace infame, senza accennare mi- nimamente a chi ha ridotto l’esercito in queste condizioni, comprendo perfettamente che è la borghesia e la gente del Dielo Saroda, sono i menscevichi di Tsereteli, gli uomini di Cernov e i loro tirapiedi [applausi), comprendo perfettamente che è la borghesia a gridare alla guerra rivoluzionaria. Lo esigono 1 suoi interessi di classe, lo esige il suo desiderio di vedere il potere sovietico compiere un passo falso. Si comprende che ciò venga da uomini, i quali, da un lato, riempiono pagine e pagine con i loro scritti controrivoluzionari... [voci: « Avete IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 159 Soppresso tutto ».) Ancora, purtroppo, non tutto, ma sopprimeremo tut- to {Applausi.) Vorrei vedere quel proletario che permettesse ai controri- voluzionari, ai partigiani della borghesia o di una, politica di conciliazio- ne con essa, di continuare a utilizzare il monopolio delle ricchezze per istupidire il popolo con il suo oppio borghese. Un tale proletariato non c’è mai stato. [Applausi.) Comprendo perfettamente che dalie pagine di siffatte pubblicazioni si levi un continuo clamore, fatto di grida e di urla contro la pace in- fame, comprendo perfettamente che siano favorevoli a questa guerra ri- voluzionaria uomini — dai cadetti ai socialisti-rivoluzionari di destra — che al tempo stesso vanno incontro ai tedeschi che avanzano e dicono trionfalmente: ecco i tedeschi, e lasciano che i propri ufficiali vadano in giro con le spalline nelle località occupate dall' imperialismo tedesco inva- sore. Si, da tali borghesi, da tali conciliatori non mi meraviglia affatto che venga l’appello alla guerra rivoluzionaria. Essi vogliono che il po- tere sovietico cada in una trappola. Si sono rivelati per quelli che sono, questi borghesi e questi conciliatori. Li abbiamo visti e li vediamo in carne ed ossa, sappiamo che in Ucraina ci sono i Kerenski ucraini, i Cemov ucraini e gli Tsereteli ucraini: eccoli, sono i signori Vinnicenko. Quei signori, i Kerenski, i Cernov, gli Tsereteli ucraini, hanno nascosto al popolo di aver fatto la pace con gli imperialisti tedeschi, e adesso, con l’aiuto delle baionette tedesche, tentano di rovesciare il potere so- vietico nell’Ucraina. Ecco che cosa hanno fatto quei borghesi e quei conciliatori e i loro fautori e seguaoi. Ecco che cosa hanno fatto quei borghesi e conciliatori ucraini, il cui esempio ci sta chiaro dinanzi agli occhi, che hanno nascosto e nascondono al popolo i loro trattati segreti, che vanno contro il potere dei soviet con l’aiuto delle baionette tedesche. Ecco che cosa vuole la borghesia russa, ecco dove spingono consapevol- mente o inconsapevolmente il potere sovietico i tirapiedi della borghe- sia: essi sanno che il potere dei soviet non può assolutamente, in questo momento, intraprendere una guerra contro il potente imperialismo. Ecco perché soltanto in questa situazione internazionale, soltanto in questa situazione generale delle classi noi comprendiamo in tutta la sua profon- dità l’errore di coloro che, come il partito dei socialisti-rivoluzionari di sinistra, si sono fatti attirare dalla teoria, comune alla storia di tutte le rivoluzioni nei loro momenti difficili e consistente per metà di dispera- zione e per metà di vuote frasi, per cui, invece di guardare obiettiva- mente alla realtà e di valutare, dal punto di vista della forza di classe, 160 LENIN quali siano i compiti della, rivoluzione nei confronti dei nemici interni ed esterni, vi esortano a risolvere una questione estremamente difficile e seria sotto l'impulso del sentimento, solo dal punto di vista del senti* mento. La pace è incredibilmente dura e vergognosa. A me stesso è ac- caduto più di una volta di chiamarla, nelle mie dichiarazioni e nei miei discorsi, pace di Tilsit, quella pace che il conquistatore Napoleone im- pose al popolo prussiano e tedesco dopo avergli inflitto una serie di durissime sconfitte. Si, questa pace rappresenta una durissima sconfitta e umilia il potere dei soviet, ma se voi, partendo da questo principio, limitandovi ad esso, fate appello al sentimento, suscitate indignazione, cercate di risolvere cosi una questione di estrema importanza storica, cadete in quella situazione ridicola e triste in cui si trovò una volta tutto il partito dei socialisti-rivoluzionari quando nel 1907, in una situazio- ne per certi versi piuttosto simile, fece allo stesso modo appello al sentimento dei rivoluzionari, quando, dopo la durissima sconfitta subita dalla nostra rivoluzione nel 1906 e nel 1907, Stolypin ci impose le leggi sulla terza Duma, e cioè le più vergognose e dure condizioni di lavoro in una delle piu ripugnanti istituzioni rappresentative, quando il nostro partito, dopo una breve esitazione interna (a questo proposito vi fu- rono allora più esitazioni di ora), decise che non avevamo il diritto di lasciarci prendere dal sentimento e che, per quanto grande fosse la no- stra indignazione e il nostro sdegno contro la vergognosissima terza Du- ma, tuttavia dovevamo riconoscere che non si trattava di un fatto casua- le, ma di una necessità storica dettata dagli sviluppi della lotta di classe per la quale non cerano più le forze bastanti, che però si sarebbero rac- colte anche in quelle vergognose condizioni che ci erano state imposte. Risultò che avevamo avuto ragione. Coloro che avevano cercato di at- trarci con la vuota frase rivoluzionaria, con l'idea di giustizia, che pure esprimeva un sentimento tre volte legittimo, ricevettero una lezione che nessun rivoluzionario che pensa e riflette potrà mai dimenticare. Le rivoluzioni non si svolgono in modo cosi piano da assicurarci una avanzata facile e rapida. Non ce stata nessuna grande rivoluzione, anche nei limiti nazionali, che non abbia attraversato un duro periodo di sconfitte, e di fronte al serio problema dei movimenti di massa, delle rivoluzioni in sviluppo, il rivoluzionario non può atteggiarsi in mo- do che, pur dichiarando una pace infame e umiliante, non possa ad essa rassegnarsi; non basta pronunciare frasi agitatorie e coprirci di IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 161 rimproveri a proposito di questa pace: questo è l’ormai noto abbica della rivoluzione, è Tomai nota esperienza di tutte le rivoluzioni. La nostra esperienza parte dal 1905, e se noi siamo ricchi di qualche cosa, e se è grazie a qualche cosa che la classe operaia e i contadini poveri rus- si hanno avuto in sorte di assumere su di sé il compito estremamente dif- ficile ed estremamente onorevole di dare inizio alla rivoluzione socialista internazionale, è proprio perché il popolo russo è riuscito, grazie a una particolare confluenza di circostanze storiche, a portare a termine, agli inizi del XX secolo, due grandi rivoluzioni. Bisogna allora imparare dal- Tesperienza di queste rivoluzioni, bisogna saper comprendere che solo tenendo conto del mutato rapporto nei legami di classe tra uno Stato e l’altro, si può stabilire con certezza che non siamo in grado di accettar battaglia in questo momento; dobbiamo tenerne conto e dire a noi stessi: quale che sia la tregua, per quanto instabile, per quanto breve, dura e umiliante sia la pace, è meglio della guerra, per- ché permette alle masse popolari di prender fiato, perché permette loro di mettere riparo a ciò che ha fatto la borghesia, che ora leva i suoi clamori dovunque ha la possibilità di elevarli, soprattutto sotto la prote- zione dei tedeschi nelle zone occupate. La borghesia grida che sono stati i bolscevichi a disgregare Teser- cito, che T esercito non c’è piu e che ne hanno colpa i bolscevichi; ma guardiamo al passato, compagni, guardiamo anzitutto, allo sviluppo della nostra rivoluzione. Non sapete forse che la fuga e la disgrega- zione del nostro esercito sono cominciate assai prima della rivoluzione, fin dal 1916? Chiunque ha visto l’esercito allora, lo deve ammettere. E che cosa ha fatto la nostra borghesia per impedirlo? Non è forse chiaro che Tunica possibilità di salvare il paese dagli imperialisti era allora nelle sue mani, che questa possibilità si presentò in marzo-aprile, allorché le organizzazioni sovietiche potevano prendere il potere con un semplice movimento della mano contro la borghesia? E se i soviet aves- sero allora preso il potere, se l’intellettualità borghese e piccolo-borghese, con i socialisti-rivoluzionari e menscevichi, invece di aiutare Kerenski a ingannare il popolo, a nascondere i trattati segreti e a portare Teser- cito alToffensiva, fosse venuta in aiuto all'esercito, rifornendolo di armi e vettovaglie, costringendo la borghesia ad aiutare la patria con il concorso di tutti gli intellettuali, non la patria dei mercanti, non la patria dei trattati che contribuiscono a massacrare il popolo (applausi), se i soviet costringendo la borghesia a sostenere la patria dei lavoratori, 6—2654 162 LENIN degli operai, avessero aiutato l’esercito spoglio, stracciato, affamato, sol. tanto in quel caso avremmo avuto a disposizione un periodo di dieci me- si, sufficiente a permettere all’esercito di respirare e di fornire uno sforzo unanime per potere, senza ritirarsi un passo dal fronte, proporre una pace generale e democratica, stracciando i trattati segreti, ma resisten- do al fronte senza arretrare di un pollice. Ecco in che cosa consisteva l’occasione di pace che gli operai e i contadini offrivano e approvavano. Questa era una tattica di difesa della patria, ma non della patria dei Ro- manov, dei Kerenski, dei Cemov, della patria dei trattati segreti, della patria della borghesia venale, ma della patria delle masse lavoratrici. Ecco chi è il responsabile del fatto che il passaggio dalla guerra alla ri- voluzione e dalla rivoluzione russa al socialismo internazionale avvenga attraverso così dure prove. Ecco perché risuona come una vuota frase una proposta come la guerra rivoluzionaria, quando sappiamo che non abbiamo un esercito, quando sappiamo che era impossibile tenere in- sieme l’esercito, e gente che era al corrente dello stato di cose non po- teva non vedere che il nostro decreto sulla smobilitazione non era una escogitazione, ma il risultato di una evidente necessità, della impossi- bilità pura e semplice di tenere insieme l'esercito. Non era possibile tenere insieme l’esercito. E risultò nel giusto quell'ufficiale, non bol- scevico, che diceva, ancor prima della Rivoluzione d’ottobre, che l’eser- cito non poteva combattere e non avrebbe combattuto 86 . Ecco a cosa hanno portato i mesi di mercanteggiamento con la borghesia e tutti i discorsi sulla necessità di continuare la guerra; quali che fossero i nobili sentimenti che li dettavano a molti, o pochi, rivoluzionari, essi si rivela- rono vuote frasi rivoluzionarie, che mettevano il paese nelle mani del- l’imperialismo intemazionale affinché questo potesse saccheggiarlo an- cor più di quello che non fosse riuscito a fare dopo il nostro errore tattico e diplomatico, cioè dopo la mancata firma del trattato di Brest. Quando noi abbiamo detto agli avversari della firma della pace: se il periodo di respiro sarà in qualche modo prolungato, voi comprenderete che gli interessi del risanamento dell’esercito, gli interessi delle masse lavoratrici stanno al di sopra di tutto e che la pace deve essere conclusa per questi motivi, essi affermavano che non ci sarebbe potuta essere nessuna tregua. Ma la nostra rivoluzione si distingue da tutte le precedenti rivo- luzioni proprio perché ha risvegliato nelle masse il desiderio di co- struire e di creare, allorché le masse lavoratrici nei villaggi più remoti, IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 163 umiliate, oppresse, schiacciate dagli zar, dai grandi proprietari terrieri, dalla borghesia, si sollevano, e questo periodo della rivoluzione si con- clude solo ora, con l'avvento della rivoluzione contadina, che costruisce la vita su nuove basi. E proprio per avere questa tregua, anche se non sarà lunga, anche se sarà di breve durata, noi dovevamo — se siamo quelli che difendono gli interessi delle masse lavoratrici ponendoli al di sopra degli interessi dei guerrafondai borghesi che agitano le spade e ci chiamano alla guerra, — noi dovevamo firmare questo trattato. Ecco che cosa ci insegna la rivoluzione. La rivoluzione insegna che quando noi commettiamo degli errori diplomatici, quando supponiamo che gli operai tedeschi ci verranno in aiuto domani stesso, nella speranza che Lieb- knecht vinca ora (ma noi sappiamo che in un modo o neiraltro Liebknecht vincerà e questo è inevitabile nello sviluppo del movimento operaio) (applausi), ciò significa che, nel trasporto dei sentimenti, le parole d'or- dine rivoluzionarie di un movimento socialista che si trova a dover af- frontare grosse difficoltà si trasformano in una pura frase. E nessun rappresentante dei lavoratori, nessun operaio onesto si rifiuterà di af- frontare grandi sacrifici per aiutare il movimento socialista della Ger- mania, perché in tutto questo tempo passato al fronte ha imparato a distinguere tra gli imperialisti tedeschi e i soldati, svuotati dalla disci- plina tedesca, ma in gran parte simpatizzanti con noi. Ecco perché dico che la rivoluzione russa ha di fatto corretto il nostro errore, lo ha corretto con questa tregua. Anche se, con tutta probabilità essa sarà molto breve, tuttavia abbiamo la possibilità, anche con una tregua brevissima, di far penetrare neiresercito esausto e affamato la coscienza che gli è stato permesso di respirare. Per noi è chiaro che il periodo delle vecchie guerre imperialistiche si è concluso e che ci minacciano gli orrori di nuove guerre, ma periodi di guerra analoghi ci sono stati in molte epoche storiche, ed anzi hanno raggiunto la loro massima asprezza poco prima della loro fine. Ed è necessario che ciò sia compreso non solo nei comizi di Pietrogrado e di Mosca; bisogna che lo comprendano decine e decine di milioni di persone nelle campagne, bisogna che la parte piu illuminata dei contadini tornati dal fronte, la quale ha sofferto tutti gli orrori della guerra, aiuti a comprenderlo, e che Tenorme massa di con- tadini e operai si convinca della necessità di un fronte rivoluzionario e dica che noi abbiamo agito giustamente. Ci accusano di aver tradito l'Ucraina e la Finlandia: che infamia! Ma ci siamo trovati in una situazione in cui eravamo tagliati fuori dalla 164 LENIN Finlandia, con la quale avevamo in precedenza concluso un tacito ac- cordo prima dell’inizio della rivoluzione e abbiamo concluso ora un accordo formale. Dicono che tradiamo l’Ucraina, di cui Cernov, Ke- renski e Tsereteli stanno preparando la perdita. Ci dicono: traditori, avete tradito PUcraina! Io dico: compagni, ho visto abbastanza nella storia della rivoluzione perché le opinioni e le grida ostili di persone che si lasciano trasportare dal sentimento e non sanno ragionare possano confondermi. Vi porto un esempio molto semplice. Immaginatevi che due amici camminino di notte e che a un tratto vengano assaliti da una de- cina di uomini. Se questi delinquenti ne uccidono uno, che cosa resta da fare all’altro? Gettarsi in suo aiuto non può; se egli si dà alla fuga, è forse un traditore? E immaginatevi che si «tratti non di persone o di regioni, nelle quali si risolvono questioni di puro e semplice sentimento, ma si incontrino cinque eserciti di centomila uomini ciascuno che cir- condano un esercito di duecentomila uomini e che un altro esercito debba andare in aiuto a quest’ultimo. Ma se questo esercito sa che andrà probabilmente a cadere jn una trappola e deve ritirarsi, non può non ri- tirarsi, anche se per coprirsi la ritirata è necessario firmare una pace infame e vergognosa. Strillate quanto vi pare, ma in ogni modo è necessario firmarla. Non si può ragionare con il sentimento del duel- lante che tira fuori la spada e dice che deve morire perché lo costrin- gono a concludere una pace umiliante. Ma noi sappiamo tutti che, in qualsiasi modo si decida, non abbiamo un esercito, e nessun bel gesto ci salverà dalla necessità di ritirarci e di guadagnar tempo, affinché l’esercito possa respirare; con questo sarà d’accordo chiunque guardi in faccia la realtà e non cerchi di ingannare se stesso con vuote frasi ri- voluzionarie. Se noi sappiamo tutto questo, il nostro dovere rivoluzionario è di firmare un trattato sia pure duro, durissimo e imposto con la forza, poiché cosi facendo otterremo una situazione migliore sia per noi che per i nostri alleati. Che cosa abbiamo perduto firmando il trattato di pace del 3 marzo? Chiunque voglia guardare le cose dal punto di vista dei rapporti di massa, e non dal punto di vista del nobilotto duellante, capirà che non avendo un esercito o avendo i resti di un esercito in cattive condizioni, intraprendere una guerra e chia- marla rivoluzionaria significa ingannare se stessi, significa ingannare nel modo più grave il popolo. Il nostro dovere è di dire al popolo la verità: si, la pace è durissima, perdiamo l’Ucraina e la Finlandia, ma IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 165 dobbiamo accettare questa pace, e l’accetterà tutta la Russia lavoratrice cosciente, perché essa conosce la verità senza abbellimenti, sa che cosa è la guerra, sa che rischiare tutto puntando sullo scoppio immediato della rivoluzione tedesca è ingannare se stessi. Firmando la pace, noi abbiamo ottenuto ciò che i nostri amici finlandesi hanno ottenuto da noi: una tregua, un aiuto, e non la morte. Io conosco nella storia dei popoli casi in cui è stata firmata una pace assai più oppressiva, in cui questa pace consegnava alla mercè del vincitore popoli ancora vitali. Confrontiamo questa nostra pace con la pace di Tilsit; la pace di Tilsit fu imposta alla Prussia e alla Germania da un conquistatore vittorioso. Questa pace era talmente dura, che non soltanto venivano occupate tutte le capitali di tutti gli Stati tedeschi, non solo i prussiani venivano ricacciati fino a Tilsit, il che equivarreb- be per noi ad essere respinti fino a Omsk o a Tomsk. E, come se ciò non bastasse, la cosa più terribile era che Napoleone obbligava i popoli vinti a fornire truppe ausiliarie per le sue guerre; e quando, ciò nondi- meno, la situazione fu tale che il popolo tedesco dovette sopportare il giogo dell’invasore, quando Tepoca delle guerre rivoluzionarie della Francia cedette il passo a quella delle guerre di conquista imperialiste, allora apparve chiaro ciò che non vogliono capire gli amanti della frase, che raffigurano la firma della pace come una sconfitta. Questa menta- lità è comprensibile dal punto di vista del nobilotto duellante, ma non dal punto di vista dell’operaio e del contadino. Quest’ultimo è passato attraverso la dura scuola della guerra e ha imparato a farsi i propri conti. Ci sono state prove anche più dure, e ne sono usciti popoli anche più arretrati. Sono state concluse paci anche più dure, e la pace fu conclusa dai tedeschi in un’epoca in cui essi non avevano un esercito e il loro esercito era malato come è malato il nostro esercito. Essi conclusero una pace durissima con Napoleone. E questa pace non significò la defi- nitiva rovina della Germania, ma al contrario fu un momento di svolta, di difesa nazionale e di slancio. Anche noi siamo alla vigilia di un sif- fatto momento di svolta e sopportiamo analoghe condizioni. Bisogna guardare la verità in faccia a respingere da sé ogni vuota frase o decla- mazione. Bisogna dire che, se ciò è necessario, bisogna assolutamente concludere la pace. La guerra di liberazione, la guerra di classe, la guerra di popolo prenderà il posto della guerra napoleonica. Il sistema delle guerre napoleoniche finirà, la pace sostituirà la guerra, la guerra la pace, e da ogni nuova pace durissima è sempre nata una più ampia prepara- 166 LENIN zione della guerra. Il piu duro dei trattati di pace — quello di Tilsit — è passato alla storia come il momento di svolta verso il periodo in cui nel popolo tedesco è cominciato un rivolgimento; quando esso arretrò fino a Tilsit, fino alla Russia, ma di fatto guadagnò tempo, nell’attesa che cambiasse la situazione internazionale che aveva permesso a Napo- leone, che era un pirata simile a quello che sono ora gli Hohenzollem, di trionfare, finché il popolo tedesco, esausto da dieci anni di guerre na- poleoniche e di sconfitte, non riacquistasse una coscienza e non rinascesse a nuova vita. Ecco che cosa ci insegna la storia, ecco perché ogni dispe- razione e ogni vuota frase è delittuosa, ecco perché ciascuno dirà: si, le vecchie guerre imperialiste sono alla fine. Siamo giunti ad una svolta storica. Dairottobre in poi la nostra rivoluzione è stata un continuo trion- fo, ma ora sono cominciati tempi difficili, che dureranno a lungo; non sappiamo quanto a lungo, ma sappiamo che questo periodo sarà un lun- go e difficile periodo di sconfitte e ritirate, perché tale è il rapporto di forze, perché con la ritirata noi permetteremo al popolo di tirare il fiato. Permetteremo cosi a ciascun operaio e contadino di comprendere la verità, e cioè che cominciano nuove guerre dei predoni imperialisti con- tro i popoli oppressi, e allora l’operaio e il contadino capirà che dob- biamo levarci a difesa della patria, giacché noi a partire dall’ottobre siamo diventati difensisti. Dal 25 ottobre noi abbiamo detto apertamente di essere per la difesa della patria, perché abbiamo ora questa patria da cui abbiamo cacciato i Kerenski e i Cemov, giacché abbiamo distrutto i trattati segreti, abbiamo schiacciato la borghesia, finora ancora in modo insufficiente, ma impareremo a farlo meglio. Compagni, c’è una differenza ancora piu importante tra lo stato in cui è il popolo russo, che ha subito una durissima sconfitta dagli inva- sori tedeschi, e il popolo tedesco, una grandissima differenza, di cui bi- sogna parlare, anche se ne ho già parlato brevemente nella parte pre- cedente del mio discorso. Compagni, quando il popolo tedesco cento e piu anni fa capitò nel periodo delle durissime guerre di invasione, — in un periodo in cui esso dovette arretrare e firmare una pace ver- gognosa dopo l’altra, prima che il popolo tedesco si risvegliasse, — la situazione era tale per cui il popolo tedesco era soltanto un popolo debole e arretrato, e niente di piu. Contro di esso c era non solo la forza militare e la potenza del conquistatore Napoleone, contro di esso c’era un paese che gli era superiore in senso rivoluzionario e politico, supe- IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 167 rio De alla Germania in tutti i sensi, che si era levato incomparabilmente al di sopra degli altri paesi, che aveva detto l’ultima parola. Questo paèse era incomparabilmente superiore al popolo che vegetava sotto il giogo degli imperialisti e dei grandi proprietari fondiari. Un popolo che era, ripeto, soltanto un popolo debole e arretrato seppe trarre profitto dalle amare lezioni e sollevarsi. Noi siamo in una situazione migliore: noi non siamo soltanto un popolo debole e arretrato, siamo quel popolo che ha saputo — non grazie a meriti particolari o a predisposizioni sto- riche, ma grazie a un particolare intreccio di circostanze storiche — as- sumersi l’onore di levare la bandiera della rivoluzione socialista inter- nazionale {applausi). So bene, compagni, e l’ho detto chiaramente più di una volta, che questa bandiera è in mani deboli, e che gli operai di un paese estre- inamente arretrato non riusciranno a tenerla alta finché non verranno loro in aiuto gli operai di tutti i paesi avanzati. Le trasformazioni socia- liste che abbiamo compiuto sono in gran parte imperfette, deboli e insufficienti: esse serviranno di indicazione agli operai avanzati del- l’Europa occidentale che si diranno: « i russi non hanno cominciato l’impresa come bisognava fare », ma l’importante è che il nostro po- polo rispetto al popolo tedesco è non solo debole e non Solo arretrato, ma è il popolo che ha levato la bandiera della rivoluzione. Se la borghe- sia di un qualsiasi paese riempie tutte le colonne dei suoi giornali di men- zogne contro i bolscevichi, se a questo riguardo si uniscono le voci della stampa degli imperialisti della Francia, dell’Inghilterra, della Germania, ecc. ecc., ingiuriando i bolscevichi, non c’è nessun paese in cui si possa riunire un’assemblea di operai e in cui i nomi e le parole d’ordine del no* stro potere socialista suscitino scoppi di indignazione. (Una voce : « È fal- so ».) No, non è falso, ma è vero, e chiunque sia stato in Germania, in Austria, in Svizzera e in America negli ultimi mesi, ci dirà che questo non è falso, ma è vero, che i nomi e le parole d’ordine dei rappresentanti del potere sovietico in Russia suscitano tra gli operai il più grande entu- siasmo, che, nonostante la falsità della borghesia di Germania, di Fran- cia, ecc., le masse operaie hanno capito che, per quanto noi possiamo essere deboli, qui tuttavia, in Russia, si compie la loro opera. Sì, il no- stro popolo deve portare un fardello pesantissimo, che si è caricato da sé sulle spalle, ma il popolo che ha saputo creare il potere dei soviet non può perire. Ed io ripeto: nessun socialista cosciente, nessun operaio che rifletta sulla storia delle rivoluzioni può mettere in dubbio che, 168 LENIN con tutte le sue deficienze il potere dei soviet, — che io conosco anche troppo bene e che pienamente valuto, — è il tipo più al- to di Stato, la diretta continuazione della Comune di Parigi. Esso si è levato un gradino al di sopra delle altre rivoluzioni europee, e per- ciò non siamo in condizioni cosi dure come era il popolo tedesco cento anni fa; mutare questo rapporto di forze tra i predatori, sfruttare il conflitto, e soddisfare le pretese del predone Napoleone, del predone Alessandro I, dei predoni della monarchia inglese — solo questo restava allora come unica speranza al popolo tedesco oppresso dal regime feu- dale e, nondimeno, il popolo tedesco non disperò dopo la pace di Tilsit. E noi, lo ripeto, ci troviamo in condizioni migliori, perché abbiamo un grandissimo alleato in tutti i paesi dell’Europa occidentale, il proleta- riato socialista internazionale, che è con noi, qualsiasi cosa dicano i no- stri avversari [applausi). Si, per questo alleato non è facile levare la propria voce, come non era facile per noi farlo prima della fine di feb- braio 1917. Questo alleato vive nella clandestinità, nelle condizioni in cui si vive in quelle carceri militari in cui si sono trasformati tutti i paesi imperialistici, ma esso ci conosce e capisce la nostra causa; gli è difficile arrivare fino a noi per aiutarci, perciò le forze sovietiche deb- bono avere molto tempo e molta pazienza per sopportare dure prove nell'attesa di quel momento; e noi utilizzeremo anche le minime possi- bilità per guadagnar tempo, perché il tempo lavora per noi. La nostra causa si rafforza, le forze degli imperialisti si fanno più deboli, e quali che siano le sconfitte e le prove derivanti dalla « pace di Tilsit », noi adottiamo una tattica di ritirata e, lo ripeto ancora una volta: non v’è dubbio che sia il proletariato cosciente sia i contadini coscienti sono con noi, e noi sapremo non solo eroicamente attaccare, ma anche eroica- mente ritirarci, e attenderemo finché il proletariato socialisti interna- zionale ci verrà in aiuto; cominceremo allora la seconda rivoluzione socialista ormai su scala mondiale. {Applausi.) Pravda (Sotsial-Demokrat), nn. 47 c 48, 16 e 17 marzo 1918. 3 DISCORSO DI CHIUSURA SUL RAPPORTO PER LA RATIFICA DEL TRATTATO DI PACE 15 mano Compagni, se avessi voluto trovare una conferma di ciò che avevo detto nel mio primo discorso riguardo al carattere della guerra rivoluzio- naria che ci viene proposta, il rapporto deh rappresentante dei socialisti- rivoluzionari di sinistra me ne avrebbe fornita la migliore e più evidente, e io penso che la cosa più opportuna è per me quella di citare il suo discorso secondo il resoconto stenografico: vedremo quali argomenti essi portano in appoggio alle loro tesi. Eccovi un esempio degli argomenti sui quali essi si fondano. Qui si è parlato di assemblea di volost. Quelli a cui questo congresso sembra essere un’assemblea di volost possono ricorrere a questo tipo di argo- menti, ma è chiaro che questa gente non fa altro che ripetere le nostre parole senza saperne approfondire il senso. Costoro ripetono quello che i bolscevichi hanno insegnato ai socialisti-rivoluzionari di sinistra quan- do questi erano ancora in mezzo ai destri, e quando essi parlano, si vede che hanno imparato a memoria quello che noi dicevamo, ma senza averne compreso i motivi sostanziali, e ora si limitano a ripeterli. Tse- reteli e Cernov erano difensisti» noi lo siamo oggi, noi siamo dunque « traditori », I tirapiedi della borghesia parlano qui di assemblea di volost — e strizzano l’occhio quando ne parlano, — ma qualsiasi ope- raio capisce benissimo gli scopi del difensismo a cui s’ispiravano Tse- reteli e Cernov e i motivi che ci inducono oggi ad essere difensisti. Se noi sostenessimo i capitalisti russi che volevano i Dardanelli, T Armenia, la Galizia, come era scritto nei trattati segreti, questo sarebbe difensismo nello spirito di Cernov e di Tsereteli, difensismo che fu svergognato a suo tempo, mentre oggi il nostro difensismo ci fa onore. [Applausi.) E quando, accanto a simili argomenti, nel resoconto stenografico 170 LENIN del discorso di Kamkov trovo due volte ripetuta l’affermazione che i bolscevichi sono i commessi deirimperialismo tedesco ( qualche applauso a destra ), la parola è dura. Sono molto contento che quelli che han- no condotto la politica di Kerenski sottolineino queste parole con applausi. [Applausi.) Non è certo intenzione mia, compagni, obiettare contro la durezza delle parole, io non farò mai obiezioni contro di questo. Per essere duri, però, bisogna averne il diritto, e il diritto alla durezza lo si ha quando le parole corrispondono ai fatti. E questa piccola condizione, che molti intellettuali non apprezzano, gli operai e i contadini, invece sia nelle assemblee di volost , — sono una cosa cosi misera queste assemblee circondariali, — sia nelle organizzazioni dei soviet l’hanno saputa cogliere, ed essi fanno corrispondere le parole ai fatti. Ma noi sappiamo benissimo che i socialisti-rivoluzionari di sinistra erano nel partito dei socialisti-rivoluzionari di destra fino all'ottobre, allorché questi partecipavano alla divisione dei profitti, quando questi erano i commessi, poiché ad essi si prometteva un posto di ministro, purché tacessero sui trattati segreti. [Applausi.) Ma non si può assolu- tamente chiamare commessi deirimperialismo uomini che all'imperiali- smo hanno dichiarato guerra nei fatti e hanno stracciato i trattati, cor- rendo il rischio che questo gesto comportava, hanno tirato in lungo le trattative di Brest, pur sapendo che ciò poteva portare il paese alla ro- vina, hanno subito l’offensiva militare e una serie di sconfitte inaudite e non hanno tuttavia nascosto nulla al popolo. Martov ha affermato di non aver letto il trattato. Gli creda chi vuole. Noi sappiamo che questa gente è abituata a leggere molti giornali, ma il trattato non l’hanno letto. [Applausi.) Gli creda chi vuole, ma io vi dirò che il partito socialista-rivoluzionario sa benissimo che noi cediamo alla violenza, a una violenza che noi stessi abbiamo denun- ciato pienamente, che lo facciamo in modo consapevole, dicendo aper- tamente che in questo momento non possiamo combattere, e ci riti- riamo ; la storia conosce una serie di vergognosissimi trattati e una serie di guerre vergognosissime; quando ci si risponde con la parola « commessi », questa rudezza li smaschera, e quando essi affermano di respingere ogni responsabilità, che cosa fanno? Non è forse ipo- crisia rifiutare la responsabilità e continuare ad essere nel governo? Quando essi dicono di declinare la responsabilità, io dico: no, essi non la declinano, e invano pensano che questa sia un’assemblea di volost. No, è quello che ce di meglio e di più onesto tra le mas- IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 17 ] se lavoratrici. (Applausi.) Questo non è un parlamento borghese, nel quale una volta o due all’anno si eleggono uomini per occu- pare un posto e ottenere uno stipendio. Qui c’è gente mandata dalle varie località e che domani vi ritornerà e racconterà che se i voti del partito socialista-rivoluzionario di sinistra si dissolvono, questi ha ciò che si merita, perché questo partito, che si comporta cosi, è per i contadini la stessa bolla di sapone che è stata per la classe operaia. ( Applausi , voci'. « Giusto »). Vi leggerò ancora un brano del discorso di Kamkov, per mostrarvi che cosa ne penserà qualsiasi rappresentante dei lavoratori e delle masse sfruttate. « Quando qui ieri il compagno Lenin affermava che i compa- gni Tsereteli e Cernov, e altri ancora, disgregarono l’esercito, non tro- veremo il coraggio di dire che anche noi, insieme con Lenin, disgreghia- mo l’esercito? Ha mostrato lucciole per lanterne. (Applausi.) Ha sentito dire che noi eravamo disfattisti, e se ne è ricordato ora che abbiamo ces- sato di esserlo. Se ne è ricordato fuori tempo. Hanno imparato a memo- ria una parolina, hanno in mano una bandierina rivoluzionaria, ma riflet- tere sulle cose cosi come stanno, questo non lo sanno fare. (Applausi.) Affermo che su mille assemblee di volost in cui il potere dei soviet si è affermato, piu di novecento comprendono uomini che diranno al par- tito dei socialisti-rivoluzionari di sinistra che esso non merita nessuna fiducia. Pensate, diranno, abbiamo disgregato l’esercito ed ora dob- biamo ricordarcene. Ma come l’abbiamo disgregato? Noi eravamo disfat- tisti sotto lo zar, ma non lo eravamo piu con Tsereteli e Cernov. Noi pubblicammo sulla Pravda l’appello che Krylenko, allora ancora perse- guitato, aveva diffuso nell’esercito: « Perché vado a Pietrogrado ». Egli diceva: « Non vi esortiamo ad ammutinarvi ». Questo non era disgregare l’esercito. Hanno disgregato l’esercito quelli che proclama- rono grande e santa quella guerra. Hanno disgregato l’esercito Tsereteli e Cernov, perché al popolo dicevano bellissime parole, che i vari socialisti-rivoluzionari di sinistra si sono abituati a gettare al vento. Le parole pesano poco, ma il popolo russo nelle assemblee di volost è abituato a riflettere e a prenderle sul serio. Se gli hanno detto che noi aspiriamo alla pace e condanniamo le condizioni della guerra imperialista, io domando: come la mettiamo con i trattati segreti e con la offensiva di luglio? Ecco che cosa ha di- sgregato l’esercito. Se gli avessero parlato della lotta contro gli imperia- listi, della difesa della patria, esso si sarebbe chiesto: ma dov’è che pren- 172 LENIN dono per il colletto i capitalisti? Ecco come hanno disgregato l’esercito. Ecco perché io ho detto, e nessuno mi ha smentito, che l'esercito si sa- rebbe salvato, se noi avessimo preso il potere nel marzo o aprile, se invece dell'odio sfrenato che gli sfruttatori ci portano perché li abbiamo schiacciati, — ed essi ci odiano in modo assolutamente legittimo, — se invece di questo essi avessero posto gli interessi della patria dei la- voratori e degli sfruttati al di sopra degli interessi della patria di Keren- ski e dei trattati segreti di Riabuscinki e dei piani di annessione del- l’Armenia, Galizia e Dardanelli. Questo avrebbe significato la salvezza, e, a questo proposito, ciò che ha disgregato l’esercito, dopo la grande rivoluzione russa, e in particolare dal marzo in poi, è stato l’equivoco appello ai popoli di tutti i paesi 87 con cui il governo esortava a rove- sciare i banchieri di tutti i paesi mentre spartiva con i banchieri rendite e profitti: ecco che cosa ha disgregato l’esercito, ed ecco perché l’eser- cito non ha potuto resistere. {Applausi.) Ed io affermo che noi, cominciando con quell’appello di Krylenko 88 , che non fu il primo e che ricordo perché mi è rimasto particolarmen- te impresso nella mente, noi non abbiamo disgregato l’esercito, ma ab- biamo detto: tenete il fronte, quanto prima prenderete il potere, tanto più facilmente resisterete; e dire ora che noi siamo contro la guerra civile e per l’insurrezione è semplicemente una cosa indegna, una chiacchiera vergognosa. Quando tutto questo si saprà nelle campagne e quando laggiù i soldati che la guerra l’hanno vista non come l’hanno vista gli intellettuali e che sanno come sia facile brandire una spada di cartone, diranno che quando essi erano scalzi, spogli e sofferenti, in quel mo- mento critico li hanno aiutati gettandoli all’offensiva; ed ora le stesse persone dicono loro che non fa niente, che non ci sarà l’esercito ma ci sarà l’insurrezione. Spingere la gente contro un esercito regolare dotato di una tecnica superiore è criminale, e noi, come socialisti, questo l’ab- biamo sempre detto. Infatti la guerra ci ha insegnato molto, non solo che la gente ha sofferto, ma che ha il sopravvento chi possiede una tecnica superiore, una grande organizzazione, un’ottima disciplina e i mi- gliori mezzi meccanici; questo ci ha insegnato la guerra, e ce lo ha inse- gnato molto bene. Bisogna imparare che senza macchine, senza disciplina non si può vivere nella società contemporanea: o si supera la tecnica più elevata, o si è schiacciati. Questi anni di terribili sofferenze hanno insegnato ai contadini che cosa è la guerra. E quando tutti, con i lo- ro discorsi, si presenteranno alle assemblee di volost , quando il partito IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 173 dei socialisti-rivoluzionari di sinistra vi si presenterà, riceverà il ca- stigo che si è pienamente meritato. [Applausi.) Ancora un esempio, ancora una citazione dal discorso di Kamkov, [legge), A volte è straordinariamente facile porre delle domande; ma c’è un proverbio, piuttosto rozzo e scortese, che dice a proposito di tali domande — non puoi togliere le parole dalla canzone — cosi: uno sciocco può fare più domande di quanto dieci intelligenti possono rispondere. Compagni, in questo brano che vi ho letto, mi si invita a rispon- dere alla domanda: la tregua durerà una settimana, due, o di più? Io affermo che chiunque vada ad un’assemblea di volost o in una fab- brica a porre davanti al popolo, a nome di un partito serio, una domanda simile, sarà deriso e cacciato via, perché in ogni assemblea di volost capiranno che non si possono fare domande su cose che è impossibile sapere. Lo capirà qualsiasi operaio e qualsiasi contadino. [Applausi.) Ma se volete assolutamente avere una risposta, vi dirò che, certo qualunque socialista-rivoluzionario di sinistra che scrive sui giornali o prende la parola nei comizi può dire assai facilmente da che cosa dipende la durata della tregua: da quando il Giappone attaccherà, e con quali forze, e dalla resistenza che incontrerà; dalle difficoltà che i tedeschi incontreranno in Finlandia e in Ucraina; da quando comincerà l’offensiva su tutti i fronti; dal corso che essa prenderà; dagli sviluppi ulteriori che avrà il conflitto interno in Austria e in Germania, e da molte altre cause ancora. [Applausi.) Perciò quando in una assemblea seria si avanzano con aria di trionfo domande come questa: « Su, rispondetemi, quanto durerà la guerra? », io dico che gente come questa verrà cacciata dalle assemblee operaie e contadine da chi comprende che dopo tre anni di una guerra tormen- tosa ogni settimana di tregua è un bene inestimabile [Applausi.) Ed io affermo che, per quante accuse ci si rivolgano ora, se domani si racco- gliessero tutte le parole ingiuriose che hanno rovesciato al nostro indi- rizzo i socialisti-rivoluzionari di destra, quasi di destra, di semidestra e di sinistra, i cadetti, i menscevichi; se le si raccogli essero e si stampas- sero tutte e se ne ottenesse un peso di cento pud, tutto questo per me avrà il peso di una piuma in confronto a dò che hanno detto i nove de- cimi dei rappresentanti del gruppo bolscevico: « Noi conosciamo la guerra e vediamo che ora, avendo ottenuto una breve tregua, questa rappresenta un fatto positivo per il risanamento del nostro esercito ma- 174 LENIN lato ». E ad ogni assemblea contadina i nove decimi dei contadini vi diranno ciò che ogni persona che si interessa alla questione conosce bene, e noi non abbiamo respinto e non respingiamo nessuna proposta pratica quando possiamo essere di qualche aiuto. Abbiamo avuto la possibilità di tirare il fiato, se non altro almeno per dodici giorni, grazie a una politica che si è battuta contro la frase ri- voluzionaria e T« opinione pubblica ». Quando Kamkov e i socialisti-ri- voluzionari di sinistra vi fanno le moine e gli occhi dolci, da una parte vi fanno gli occhi dolci e dall’altra si rivolgono ai cadetti dicendo: tenete conto di noi, che siamo con voi con tutta l’anima. ( Una voce nella sala : « È falso »). E quando uno dei rappresentanti dei socialisti-rivoluzionari, addirittura non di sinistra, a quanto pare, ma di ultra-sinistra, un massi- malista, ha parlato della frase, ha detto che frase è tutto ciò che si rife- risce all’onore. ( Una voce: « Giusto ».) Certo, dalla destra grideranno « giusto »; questa esclamazione mi è più gradita dell’ esclamazione « è falso », anche se ques t’ultima non produce su di me alcuna impressione. Lo potrebbe, se io li avessi accusati di amare le vuote frasi senza for- nire alcuna prova chiara e precisa; ma io invece ho portato due esempi, e non inventandoli, ma traendoli dalla storia vivente. Ricordate: i rappresentanti dei socialisti-rivoluzionari non si tro- varono forse nella stessa situazione quando nel 1907 promisero formal- mente a Stolypin di servire con zelo e lealtà il monarca Nicola II? Spero di aver tratto qualche insegnamento dai lunghi anni di rivoluzione, e quando mi si accusa di tradimento, io dico: bisogna prima dare uno sguardo alla storia. Se noi abbiamo voluto rovesciare la storia, — e risul- ta che noi siamo cambiati, la storia non è cambiata, — puniteci. La storia non la convinci con le parole. Ed essa dimostra che noi avevamo ragione, che se noi abbiamo condotto le organizzazioni operaie alla grande Rivoluzione d’ottobre del 1917, è perché siamo andati al di là della frase e abbiamo saputo guardare ai fatti, imparare alla loro scuo- la, e quando ora, 14-15 marzo, quando è apparso chiaro che se noi aves- simo fatto la guerra, avremmo dato un aiuto all’imperialismo, avrem- mo distrutto definitivamente i trasporti e perduto Pietrogrado, ve- diamo che è inutile gettare parole al vento e agitare la spada di cartone. Ma quando Kamkov mi viene a domandare: « Sarà lunga questa tre- gua? », non posso rispondergli, perché non c’è una situazione interna- zionale obiettivamente rivoluzionaria. Non vi può essere una lunga tre- gua della reazione adesso, perché la situazione obiettiva è dappertutto IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 175 rivoluzionaria, perché dappertutto le masse operaie sono affamate, sono al limite della sopportazione, al limite dell’esaurimento a causa della guerra: questo è un fatto. Da questo fatto non si può prescindere, e per- ciò vi ho detto che ce stato un periodo in cui la rivoluzione marciava in avanti, e noi marciavamo in testa ad essa e dietro di noi arranca- vano i socialisti-rivoluzionari di sinistra. (Applausi.) Ma ora è so- praggiunto un periodo in cui bisogna ritirarsi di fronte a una forza schiac- ciante. Questa è una caratterizzazione assolutamente concreta. Nessuno mi risponderà nulla a questo proposito. Lo dovrà confermare l’analisi storica. Ed ecco che a proposito dell’assemblea di volost il nostro marxista, o quasi marxista, Martov si dilungherà a parlare; si dilunghe- rà dicendo che si sono soppressi dei giornali; si farà bello lamentando che i giornali oppressi e vilipesi sono stati soppressi perché aiutavano a rovesciare il potere dei soviet. Si dilungherà su questo... Su questo non tacerà. Vi ammannirà tutte queste cose, ma non cercherà di rispondere al quesito storico da me posto con forza: è vero o non è vero che noi dalPottobre in poi abbiamo compiuto una marcia trionfale, si o no... (Voci da destra : « No ».). Voi direte « no », ma tutti questi diranno « si ». Io vi domando: possiamo noi ora passare all’offensiva vittoriosa contro rimperialismo internazionale? Non possiamo, e tutti lo sanno. Quando si dice questa frase semplice e schietta, quando la si dice in faccia perché la gente metta a frutto gli insegnamenti della rivoluzione, — e la rivoluzione è una scienza, difficile e complessa, — affinché gli operai e i contadini che la fanno, ne traggano insegnamento, e i nemici gridano: vili, traditori, avete gettato la bandiera, essi si contentano di parole, di gesti. No. Frasi rivoluzionarie di questo genere ne hanno viste molte tutte le storie delle rivoluzioni, e di esse, al di fuori di fumo e cattivo odore, nulla è rimasto, (Applausi.) L’altro esempio che ho portato, compagni, è quello della Germa- nia, della Germania schiacciata da Napoleone, della Germania costretta a una pace disonorevole e a guerre che si alternavano alla pace. Mi si chiede: e noi rispetteremo a lungo i trattati? Ma se un bambino di tre anni mi domandasse: « rispetterete il trattato si o no? » sarebbe gentile e ingenuo. Ma quando l’adulto Kamkov, del partito dei socialisti-rivo- luzionari di sinistra, mi pone questa domanda, io so che pochi operai e contadini adulti crederanno alla sua ingenuità. La maggior parte dirà: « Basta con l’ipocrisia ». Giacché l’esempio storico che io ho ricordato mostra nel modo piu chiaro che le guerre liberatrici condotte dai popoli 176 LENIN che hanno perduto il loro esercito, — e un caso del genere si è presen- tato piu di una volta, — da popoli oppressi al punto di aver perso completamente la loro terra, e di dover fornire truppe ausrliarie al con- quistatore per nuove campagne di conquista, non possono essere can- cellate dalla storia, e voi non riuscirete in nessun modo a cancellarle. E se il socialista di sinistra Kamkov, ha detto, controbattendomi, come ho visto nel resoconto stenografico: « in Spagna però ci sono state guerre rivoluzionarie », non ha fatto che confermare quanto io dicevo, e darsi la zappa sui piedi. La Spagna e la Germania confermano appun- to il mio esempio, e cioè che risolvere la questione del periodo storico delle guerre di conquista sulla base di questo ragionamento: « rispette- rete il trattato? e quando lo violerete, quando vi coglieranno?... », tutto questo è semplicemente puerile; mentre la storia dice che ogni trattato deriva dalla cessazione della lotta e dal mutamento del rapporto di forze; che ci sono stati trattati di pace che sono stati stracciati dopo pochi giorni, ed altri che sono stati stracciati dopo pochi mesi; che ci sono stati periodi di molti anni in cui la Germania e la Spagna concludevano la pace e dopo pochi mesi la violavano e la violavano più volte, e in una serie di guerre i popoli hanno imparato che cosa significa condurre una guerra. Mentre Napoleone portava le truppe tedesche a soggiogare altri popoli, egli insegnava loro la guerra rivoluzionaria. Ecco perché vi dico, compagni, che sono profondamente con- vinto che la decisione presa dai nove decimi del nostro gruppo bolsce- vico sarà approvata anche dai nove decimi di tutti i lavoratori coscienti, operai e contadini della Russia. {Applausi.) Possiamo controllare se ho detto o no la verità, se mi sbaglio o no, giacché voi tornerete nei vostri paesi e ognuno di voi riferirà ai soviet locali e dappertutto vi saranno decisioni locali. Vi dirò per concludere: non cadete nella provocazione. La borghesia sa quello che fa; la bor- ghesia sa perché ha esultato a Pskov, perché ha esultato pochi giorni fa a Odessa, la borghesia dei Vinnicenko, dei Kerenski, dei Tsereteli e dei Cernov ucraini. Essa esultava perché ha compreso benissimo quale enorme errore diplomatico ha compiuto il potere dei soviet nel giudicare la situazione quando ha cercato di fare la guerra con un esercito mal ridotto e in fuga. La borghesia cerca di attirarvi nella guerra. Non solo non bisogna attaccare, ma bisogna ritirarsi. Qualsiasi soldato lo sa. Do- vete comprendere dunque che la borghesia vi trascina e ci trascina verso una trappola. Dovete capire che la borghesia e i suoi complici volontari IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 177 e involontari ci preparano questa trappola. Voi saprete sopportare le più dure sconfitte e difendere le posizioni piu difficili, e guadagnar tem- po ritirandovi. Il tempo lavora per noi. Impinzati fino al collo, gli im- perialisti finiranno per scoppiare e nel loro grembo cresce un nuovo gigante; esso cresce piu lentamente di quello che noi vorremmo, ma cresce, e ci verrà in aiuto, e quando lo vedremo sferrare il suo primo colpo, allora diremo: è finito il tempo della ritirata, comincia Tepoca dell'offensiva mondiale, repoca del trionfo della rivoluzione socialista mondiale. ( Applausi fragorosi e prolungati.) Pravda , n. 49, 19 marzo 1918. 4 RISOLUZIONE SULLA RATIFICA DEL TRATTATO DI BREST-LITOVSK II congresso approva (ratifica) il trattato di pace concluso dai nostri rappresentanti a Brest-Litovsk il 3 marzo 1918. Il congresso riconosce giusta la linea di condotta del Comita- to esecutivo centrale di tutta la Russia e del Consiglio dei commis- sari del popolo, che hanno deciso di concludere questa pace incredibil- mente dura, imposta con la violenza e umiliante, non avendo noi un esercito ed essendo estremamente esaurite dalla guerra le forze del popolo, il quale dalla borghesia e dall’intellettualità borghese non ha avuto un appoggio nelle sue azioni, bensì lo sfruttamento egoista di classe. Il congresso riconosce altresì indiscutibilmente giusta la linea di con- dotta della delegazione di pace, che ha rifiutato di addentrarsi in un esame particolareggiato delle condizioni di pace presentate dai tedeschi, poiché queste condizioni ci venivano imposte chiaramente in forma di ultimatum e con palese violenza. Il congresso fa rilevare con forza a tutti gli operai, soldati e con- tadini, a tutti i lavoratori e alle masse oppresse il compito principale e improcrastinabile del momento attuale, che è di elevare la disciplina e autodisciplina dei lavoratori, di creare dappertutto organizzazioni forti e ben strutturate, che abbraccino tutta la produzione e tutta la riparti- zione dei prodotti, di combattere implacabilmente il caos, la disorganiz- zazione, lo sfacelo che sono storicamente inevitabili in quanto eredità di una guerra tormentosa, ma che al tempo stesso costituiscono il primo ostacolo alla vittoria definitiva del socialismo e al consolidamento delle basi della società socialista. Ora, dopo la Rivoluzione d'ottobre, dopo il rovesciamento del po- tere politico della borghesia in Russia, dopo la denuncia e la pubblica- IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET 179 zione da parte nostra di tutti i trattati imperialistici segreti, dopo I’an- nullamenio dei debiti contratti all’estero, dopo la proposta avanzata dal governo operaio e contadino di una pace giusta per tutti senza ec- cezione. la Russia, strappatasi dalle spire della guerra imperialistica, ha il diritto di dichiarare ch’essa non partecipa alla rapina e all’oppres- sione di altri popoli. La Repubblica federativa sovietica di Russia, condannando unani- memente le guerre di rapina, riconosce d’ora in poi come suo diritto e dovere di difendere la società socialista contro tutte le possibili aggres- sioni da parte di qualsiasi potenza imperialistica. Il congresso considera perciò assoluto dovere di tutte le masse lavoratrici di compiere ogni sforzo per ricostituire e accrescercela capacità difensiva del nostro paese, per ricostituire la sua potenza mi- litare sulla base di una milizia socialista e dell’istruzione militare generale dei cittadini adolescenti e adulti di ambo i sessi. Il congresso esprime la sua incrollabile convinzione che il potere dei soviet, che ha fermamente assolto tutti i suoi obblighi di solida- rietà intemazionale verso gli operai di tutti i paesi che lottano contro il giogo del capitale, per il socialismo, continuerà a compiere anche nel futuro ciò che è in suo potere per fornire aiuto al movimento socia- lista internazionale, per assicurare ed affrettare il cammino che porta l'umanità all’abolizione del giogo del capitale e della schiavitù sala- riata, alla creazione di una società socialista e di una pace duratura e giusta fra i popoli. Il congresso è profondamente convinto che la rivoluzione operaia internazionale non è lontana e che la piena vittoria del proletariato socialista è assicurata, anche se gli imperialisti di tutti i paesi non si arrestano di fronte all’impiego dei mezzi più feroci per schiacciare il movimento socialista. Pravda (Sonivi Demokrvt), n. 47, 16 marzo 1918. NOTA SULL'ATTEGGIAMENTO DEI « COMUNISTI DI SINISTRA » Alcuni compagni, che si sono definiti « comunisti di sinistra », dopo la conclusione della pace di Brest-Litovsk hanno assunto un’atteg- giamento di « opposizione » nel partito, e la loro azione, in conse- guenza di ciò, sconfina sempre più in una violazione assolutamente sleale e inammissibile della disciplina di partito. Il compagno Bukharin si è rifiutato di accettare l’incarico di mem- bro del Comitato Centrale, cui era stato designato dal congresso del partito. I compagni Smirnov, Obolenski, Iakovleva si sono dimessi dai loro incarichi di commissari del popolo e di capo dei servizi ammi- nistrativi del Consiglio superiore deireconomia nazionale. Sono questi atti assolutamente sleali, non degni di compagni, che violano la disciplina di partito, e un tale atteggiamento è stato e continua ad essere un passo verso la scissione da parte di questi compagni *... * Qui il manoscritto si interrompe. Scritto nella seconda metà di marzo 1918. Pubblicato per la prima volta nel 1929 in Miscellanea di Lenin , XI. PRIMA STESURA DELL’ARTICOLO « I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO » 89 Testo stenografico CAPITOLO X ... 9Q La stampa sovietica ha dedicato uno spazio e una attenzione veramente eccessivi a quelle sottigliezze della politica, a quelle que- stioni personali della direzione politica con cui i capitalisti di tutti i paesi hanno sempre cercato di distrarre Tattenzione delle masse popo- lari dai problemi veramente seri, profondi e fondamentali della loro vita. A questo riguardo noi dobbiamo ancora risolvere quasi ex-novo un problema per la soluzione del quale vi sono tutti i presupposti mate- riali; manca soltanto la coscienza della necessità di risolvere questo problema e la volontà di risolverlo. Si tratta, appunto* di trasformare la stampa, che è ora prevalentemente un organo di diffusione di notizie politiche d’attualità, in un serio organo di educazione economica delle masse della popolazione. Bisognerà riuscire, e ci riusciremo, a far sì che la stampa, che serve le masse sovietiche, dia meno spazio ai problemi riguardanti la composizione degli organismi politici dirigenti, o alle misure politiche di infimo ordine che rappresentano Fattività quotidiana, il lavoro abituale di tutte le istituzioni politiche. La stampa dovrà porre in primo piano i problemi del lavoro e la loro immediata impostazione pratica. La stampa deve diventare un organo della comune lavoratrice, nel senso che dovrà rendere pubblico proprio ciò che i dirigenti delle imprese capitalistiche si sono sempre sforzati di nascon- dere alle masse. Per il capitalista l’organizzazione interna della sua impresa era come un segreto commerciale che andava difeso dagli sguardi del pubblico, qualcosa in cui egli voleva avere Funico e asso- luto potere, protetto non solo contro la critica, non solo contro gli interventi estranei, ma anche da occhi estranei. Al contrario, per il potere 182 LENIN sovietico, il problema più importante, fondamentale, attuale della vita sociale è proprio l’organizzazione del lavoro in questa o quella grande impresa, in questa o in quella comunità rurale. Il nostro primo e prin- cipale mezzo per elevare l’autodisciplina dei lavoratori e per passare dai metodi di lavoro vecchi e non più idonei o dai sistemi per evitare il lavoro, propri della società capitalistica, deve essere la stampa, che riveli le insufficienze della vita economica di ogni comune di lavoro, che bolli senza pietà queste insufficienze, che metta a nudo tutte le piaghe della nostra vita economica e che, cosi facendo, faccia appello al- l’opinione pubblica dei lavoratori perché queste piaghe vengano guarite. Lasciamo pure che da noi ci sia la decima parte dei giornali (e forse sarebbe bene che ce ne fosse la centesima parte), del materiale giorna- listico dedicata ai cosiddetti avvenimenti del giorno, purché ci sia una stampa diffusa a centinaia di migliaia e milioni di copie che faccia cono- scere a tutta la popolazione l’organizzazione esemplare esistente in un piccolo numero di comuni di lavoro che hanno sopravanzato le altri comuni del paese. Ogni fabbrica, ogni artel o impresa agricola, ogni villaggio che passa alla nuova agricoltura applicando la legge della socializzazione della terra, è ora, dal punto di vista dei principi demo- cratici del potere dei soviet, una comune autonoma con una organizza- zione interna del lavoro. L’elevamento dell’autodisciplina dei lavorato- ri in ognuna di queste comuni, la loro capacità di collaborare con gli spe- cialisti dirigenti, sia pure provenienti dalla intellettualità borghese, di raggiungere risultati pratici nell’incremento della produttività del lavoro, nell’economia del lavoro umano, nella tutela dei prodotti dall’inaùdita dilapidazione che è uno dei nostri mali peggiori in questo momento: ecco quello che deve essere il contenuto della maggior parte del mate- riale della nostra stampa sovietica. Ecco la via per la quale noi dob- biamo e possiamo ottenere che la forza dell’esempio divenga in primo luogo un’incentivo morale e poi anche un modello obbligatorio di organizzazione del lavoro nella nuova Russia sovietica. Nella società capitalistica vi sono stati più volte esempi di orga- nizzazione di comuni di lavoro da parte di uomini che speravano di convincere pacìficamente e senza danno per nessuno l’umanità dei van- taggi del socialismo e di assicurarne l’instaurazione. Da parte di rivolu- zionari marxisti un tale punto di vista e un tale modo di agire suscitano una derisione assolutamente legittima, perché ottenere qualche muta- mento radicale nelle condizioni delPasservimento capitalistico mediante PRIMA STESURA 183 esempi isolati sarebbe in realtà un sogno perfettamente vano e che porterebbe, nella pratica, e a imprese senza vita o alla trasformazione di queste imprese in associazioni di piccoli capitalisti. Questa abitudine di considerare con ironia e disprezzo l’importanza dell’esempio nell’economia popolare di massa si manifesta a volte anche ora in persone che non hanno riflettuto sul sostanziale mutamento che è intervenuto dopo la conquista del potere politico da parte del prole- tariato. Ora che la terra ha cessato di essere una proprietà privata, che le fabbriche e le officine hanno quasi completamente cessato di essere proprietà privata e, senza dubbio, cesseranno di esserlo in un futuro assai immediato — (il potere sovietico nella situazione attuale non ha assolutamente nessuna difficoltà ad emanare i relativi decreti), — l’im- portanza dell’esempio di una comune di lavoro, che risolve meglio di qualsiasi altro mezzo i problemi organizzativi, ha acquistato un’impor- tanza enorme. Noi dobbiamo ora preoccuparci appunto che quella massa di materiali estremamente preziosi rappresentata dall’esperienza della nuova organizzazione di produzione in certe città, in certe imprese, in certe comunità rurali, — che tutta questa esperienza divenga patri- monio delle masse. Noi ci troviamo ancora largamente sotto l’influenza della vecchia opinione pubblica borghese. Se diamo uno sguardo ai nostri giornali, ci rendiamo facilmente conto dello spazio esagerato che ancora dedi- chiamo alle questioni poste dalla borghesia, alle questioni con le quali essa vuole distrarre l’attenzione dei lavoratori dai problemi pratici, con- creti della trasformazione socialista delle strutture. Noi dobbiamo trasformare, e trasformeremo, la stampa da organo di notizie a sensa- zione, da semplice apparato di diffusione di notizie politiche, da organo di lotta contro la menzogna borghese, in strumento di rieducazione economica delle masse, in strumento per far conoscere alle masse come bisogna impostare il lavoro su nuove basi. Le imprese o le comunità rurali che non danno ascolto agli appelli e alle richieste di ristabilire l’autodisciplina e di elevare la produttività del lavoro saranno iscritte nel libro nero dai partiti socialisti e saranno trasferite o nella categoria delle imprese malate nei confronti delle quali occorre prendere dei provvedimenti per il loro risanamento mediante speciali disposizioni — speciali misure e atti legislativi, — oppure nella categoria delle imprese da sottoporre a misure disciplinari, che comporteranno la loro chiusura e la traduzione dei loro collaboratori dinanzi al tribunale pepo- 184 LENIN lare. La pubblicità delle informazioni in questo campo sarà già di per sé una riforma colossale e servirà a far partecipare in modo autonomo le larghe masse popolari alla soluzione di quei problemi che le toccano piu da vicino. Finora si è potuto fare cosi poco in questo campo proprio perché ciò che era tenuto nascosto all’opinione pubblica nelle singole imprese e nelle singole comunità resta tuttora un segreto, cosa che era comprensibile con il capitalismo e che è assolutamente sciocco e assurdo in una società che vuole realizzare il socialismo. La forza del- l’esempio, che non poteva manifestarsi nella società capitalistica, acquista un enorme significato in una società che ha abolito la proprietà privata della terra e delle fabbriche, e non solo perché qui si seguirà, forse, il buon esempio, ma anche perché il migliore esempio nell’organizza- zione della produzione sarà accompagnato inevitabilmente da un alleg- gerimento del lavoro e da un aumento' della somma dei consumi per chi ha introdotto questa migliore organizzazione. E qui, in relazione con il problema dell’ importanza della stampa come organo di riorganiz- zazione economica e di rieducazione delle masse, dobbiamo parlare anche della funzione della stampa nella organizzazione dell’emulazione. L’organizzazione dell’emulazione deve occupare un posto di rilievo tra i compiti del potere sovietico nel campo economico. Gli. economisti borghesi hanno piu volte sostenuto, nella loro critica al socialismo, che i socialisti negherebbero l’importanza dell’emulazione o non le fareb- bero posto nel loro sistema, o, secondo la loro espressione, nel loro piano di organizzazione sociale. Non c’è bisogno di dire quanto questa accusa, già piu volte confutata sulla stampa socialista, sia assurda. Gli economisti borghesi hanno confuso, come sempre, la questione delle caratteristiche della società capitalistica con la questione di un’altra forma di organizzazione dell’emulazione. Gli attacchi dei socialisti non sono stati mai diretti contro l’emulazione come tale, ma soltanto contro la concorrenza. La concorrenza è in realtà una forma particolare di emulazione, propria della società capitalistica, e consistente nella lotta tra i singoli produttori per il pezzo di pane e per la conquista di un posto sul mercato. L’abolizione della concorrenza, in quanto lotta legata solo al mercato dei produttori, non significa affatto abolizione dell’emulazione, — al contrario, proprio l’abolizione della produzione mercantile e del capitalismo apre la via alla possibilità di organizzare l’emulazione nelle sue forme non belluine, ma umane. E appunto ora PRIMA STESURA 185 in Russia, — sulle basi del potere politico create dalla repubblica dei soviet, date le particolarità economiche che caratterizzano la Russia con i suoi immensi spazi e restrema varietà di condizioni, — l’orga- nizzazione dell’emulazione su basi socialiste deve costituire uno dei compiti piu importanti e piu nobili della riorganizzazione della società. Noi siamo per il centralismo democratico. E bisogna capire bene quanto il centralismo democratico si distingua dal centralismo buro- cratico, da un lato, e dairanarchismo, dairaltro. Gli avversari del cen- tralismo sostengono continuamente l’autonomia e la federazione come mezzi di lotta contro gli arbitri del centralismo. In effetti il centralismo democratico non esclude affatto l’autonomia, anzi, al contrario, ne pre- suppone la necessità. In effetti anche la federazione — se è realizzata entro limiti ragionevoli dal punto di vista economico, se è fondata su serie differenze nazionali che pongono una reale necessità di una certa separazione statale — non è affatto in contrasto con il centralismo democratico. In un regime veramente democratico, e a maggior ragione quindi nell’organizzazione sovietica del regime statale, la federazione è in realtà soltanto un ponte di passaggio al centralismo veramente democratico. DaU’esempio della repubblica sovietica russa risulta appun- to particolarmente chiaro che la federazione, che noi introduciamo e che introdurremo, servirà proprio come il ponte più sicuro verso la più salda unione delle diverse nazionalità della Russia in un unico Stato sovietico democratico e centralizzato. E come non esclude affatto F autonomia e la federazione, cosi il centralismo democratico non esclude affatto, anzi implica la più com- pleta libertà dei diversi poteri locali ed anche delle diverse comunità dello Stato nell’elaborazione di forme varie di vita statale, economica, sociale. Non v’è nulla di più erroneo che confondere il centralismo democratico con il burocratismo e lo schematismo. Il nostro compito è ora di applicare appunto il centralismo democratico nel campo dell’eco* nomia, di assicurare completa armonia e unità di funzionamento in imprese economiche come le ferrovie, la posta, il telegrafo e gli altri mezzi di comunicazione, ecc.; e al tempo stesso il centralismo, inteso in senso realmente democratico, implica per la prima volta nella storia la possibilità di un pieno e libero sviluppo non solo delle particolarità locali, ma anche deiriniziativa locale, delFazione locale, della diversità delle vie, dei metodi e dei mezzi con cui ci si muove verso il fine !86 LENIN comune. Perciò il compito di organizzare Temulazione ha due aspetti: da una parte esige l’applicazione di un centralismo democratico quale abbiamo descritto «opra; dall’altra parte significa la possibilità di trovare una via piu giusta e piu economica per riorganizzare la strut- tura economica della Russia. Parlando in generale, questa via è nota. Essa consiste nel passaggio alla grande azienda, fondata sull’industria meccanica, nel passaggio al socialismo. Ma le condizioni e le forme con- crete di questo passaggio sono e debbono essere inevitabilmente varie in dipendenza delle condizioni in cui il movimento diretto alla creazione del socialismo ha inizio. E le differenze locali, e le particolarità del regime economico, e il modo di vita e il grado di preparazione della popolazione, e i tentativi di realizzare questo o quel piano, tutto questo deve esprimersi nella originalità della via verso il socialismo imboccata da questa o quella comune di lavoro dello Stato. Quanto maggiore sarà questa varietà, — se essa, naturalmente, non diventa ricerca esagerata della originalità, — tanto piu sicuramente e rapidamente noi potremo realizzare sia il centralismo democratico sia l’economia socialista. Non ci resta altro ora che organizzare l’emulazione, cioè dare appunto pubblicità al modo in cui si è realizzato lo sviluppo economico nel- le varie località, si che tutte le comunità dello Stato possano essere informate; in secondo luogo, rendere possibile il confronto dei ri* sultati del movimento verso il socialismo in questa o in quella comune dello Stato; in terzo luogo, assicurare la possibilità di una pratica ripetizione dell’esperimento effettuato in una comunità da parte di al- tre comunità; assicurare la possibilità di uno scambio delle forze ma- teriali, e umane che hanno dato la migliore prova di sé nel relativo settore dell’economia o della amministrazione statale. Ancora sotto il peso del regime capitalistico, noi non possiamo nemmeno immaginarci in modo preciso, in questo momento, quali immense forze si celino nella massa dei lavoratori, nella varietà delle comuni di lavoro di un grande Stato, nelle forze intellettuali, che finora hanno lavorato come strumenti ciechi e inerti per eseguire i disegni dei capitalisti, quali forze si celino e possano svilupparsi con l’organizzazione socialista delle forze. E se porremo il compito di organizzare l’emulazione come compito di tutto il nostro paese, se applicheremo i principi sovietici dell’ordine statale, se aboliremo completamente la proprietà privata della terra, delle fabbriche; delle officine, ecc., i risultati dovranno veder- si inevitabilmente e ci suggeriranno le ulteriori forme di edificazione. PRIMA STESURA 187 CAPITOLO XI La risoluzione del congresso straordinario dei soviet, da me citata all’inizio, parla tra l’altro della necessità di creare una organizzazione salda e armonica 9I . In questo momento il livello organizzativo sia degli organismi sovietici che delle unità economiche che operano nei confini della Russia è estremamente basso. Si può dire che prevale uno stato di estrema disorganizzazione. Ma sarebbe errato giudicare questo stato come uno stato di sfa- celo, di crollo e di rovina. Se la stampa borghese esprime un tale giudizio, è perché, naturalmente, gli interessi di classe dei capitalisti costringono la gente a vedere in questo modo o, piu esattamente, costrim gono la gente a far vedere che la pensa cosi. In realtà invece qualsiasi persona capace di guardare le cose con un minimo di senso storico, non dubiterà per un solo momento che l’attuale stato di disorganiz- zazione è uno stato di transizione — di transizione dal vecchio al nuo- vo, — di sviluppo di questo nuovo. Il passaggio dal vecchio al nuovo, se avviene cosi bruscamente, com’è avvenuto in Russia a partire dal febbra- io del 1917, implica, naturalmente, una gigantesca opera di distruzione di tutto ciò che di decrepito e di putrefatto vi è nella vita sociale. Ed è comprensibile che le ricerche del nuovo non possono produrre imme- diatamente quelle forme ben definite, precise, quasi fisse e pietrificate, che prima si creavano attraverso secoli e per secoli si mantenevano. Le istituzioni sovietiche attualmente in vigore e le organizzazioni econo- miche caratterizzate dal concetto del controllo operaio nell’industria, si trovano ancora in un periodo di fermentazione e di assoluta insta- bilità. In queste organizzazioni l’aspetto, per cosi dire, della discussione o della riunione prevale, naturalmente, sull’aspetto della realizzazione pratica. E non può essere altrimenti, perché senza far partecipare nuovi strati popolari all’edificazione della società, senza risvegliare l’attività delle larghe masse, sinora assopite, non si può parlare di nessuna trasfor- mazione rivoluzionaria. Le discussioni senza fine e le continue riunioni — di cui parla tanto e con tale malignità la stampa borghese — rap- presentano la necessaria fase transitoria attraverso la quale le masse, ancora affatto impreparate all’edificazione sociale, passano dal letargo storico a una nuova storica iniziativa. Non ce assolutamente nulla di strano nel fatto che questa fase transitoria si prolunghi in alcune loca- lità o che il tirocinio delle masse nel nuovo lavoro non avvenga con 188 LENIN quella rapidità che può sognare una persona abituata a lavorare in modo individuale e incapace di comprendere che cosa significhi elevare centinaia, migliaia e milioni di persone ad una vita politica autonoma. Ma, pur comprendendo tutto questo, dobbiamo anche comprendere la svolta che si è compiuta a questo riguardo. Finché le istituzioni sovietiche non si erano ancora estese a tutta la Russia, finché la socializzazione della terra e la nazionalizzazione delle fabbriche rappre- sentavano ancora una eccezione alla regola generale, naturalmente la gestione sociale dell’economia non poteva uscire (se si considerano le cose dal punto di vista di tutto il paese) dallo stadio preparatorio della discussione preliminare, dallo stadio del dibattito, dallo stadio della interpretazione. Adesso invece siamo giunti a una svolta, ora le istitu- zioni sovietiche si sono estese a tutta la Russia. Dalla Grande Russia si sono diffuse nell’immensa maggioranza delle altre nazionalità della Russia. La socializzazione della terra nelle campagne e il controllo operaio nelle città non sono piu un’eccezione, ma sono diventati, al contrario, la regola. D’altro canto, la situazione estremamente critica e perfino disperata del paese per quanto riguarda la garanzia almeno della pura e semplice possibilità di esistenza per la maggioranza della popolazione, cioè per quanto riguarda la sua preservazione dalla fame, — queste condizioni economiche esigono urgentemente che vengano raggiunti determinati risultati pratici. La campagna potrebbe nutrirsi col proprio pane, — que- sto è fuor di dubbio, — ma potrà nutrirsene solo nel caso in cui effet- tuerà realmente con assoluto rigore l’inventario di tutto il grano esistente e se lo si saprà distribuire tra tutta la popolazione con la massima eco- nomia e parsimonia. E per una giusta distribuzione è necessaria una buona organizzazione dei trasporti. Ma i trasporti sono proprio quelli che hanno subito le maggiori distruzioni a causa della guerra. E per riorganizzare i trasporti in un paese come la Russia, che è caratte- rizzato dalle enormi distanze, e necessaria sopra ogni altra cosa una organizzazione salda e ben strutturata e, forse, effettivamente milio- ni di uomini che lavorino con l’esattezza di un meccanismo a oro- logeria. Ora siamo arrivati appunto a quella svolta in cui, — senza cessare minimamente di preparare le masse a partecipare alla gestione statale ed economica di tutti gli affari della società, senza minimamente impedire loro di discutere nei particolari sui loro nuovi compiti (ed anzi aiutandole con ogni mezzo a continuare queste discussioni in modo PRIMA STESURA 189 che arrivino da sé a trovare le soluzioni giuste), — noi dobbiamo co- minciare a distinguere rigorosamente due categorie di funzioni demo- cratiche: da un lato, le discussioni, le riunioni e i comizi; dall’altro lato, la fissazione delle più precise responsabilità per le funzioni di ese- cuzione e per l'esecuzione disciplinata, volontaria, degli ordini e delle disposizioni necessari per far funzionare il meccansimo economico pro- prio come un orologio. Non ci si poteva arrivare tutto d’un colpo, e pretenderlo sarebbe stato alcuni mesi fa una pedanteria o addirittura una perfida provocazione. In linea generale, questa trasformazione non può essere applicata con un decreto o con una disposizione. Ma è venuto il momento in cui la sua realizzazione è divenuta il punto centrale di tutta la nostra attività di trasformazione rivoluzionaria. Ora questa trasformazione è pronta, le condizioni sono mature e non si può più rimandare e aspettare ulteriormente. Recentemente, discutendo il pro- blema dell’organizzazione e del buon funzionamento dei trasporti, ci si è chiesti in qual misura il potere decisionale del singolo (un potere che si potrebbe definire dittatoriale) sia compatibile con le organiz- zazioni democratiche in generale, con il principio della collegialità della direzione in particolare e specialmente con il principio socialista sovie- tico della organizzazione. È indubbiamente opinione estremamente dif- fusa che di una tale compatibilità non si possa nemmeno parlare, che il potere dittatoriale del singolo è incompatibile sia con la democrazia in generale, sia con il tipo sovietico di Stato, sia con la direzione colle- giale. Non ce nulla di più errato di questa opinione. Il principio democratico di organizzazione — nella forma supe- riore che assume con l’applicazione da parte dei soviet delle proposte e delle richieste di attiva partecipazione delle masse non solo alla discussione delle norme generali, dei decreti e delle leggi, non solo al controllo della loro esecuzione, ma anche direttamente alla loro esecu- zione stessa — significa che ogni rappresentante della massa, ogni citta- dino deve essere messo in condizione di poter partecipare sia alla discus- sione delle leggi dello Stato, sia alla elezione dei suoi rappresentanti, sia all’applicazione pratica delle leggi dello Stato. Ma da ciò non deriva affatto che debba essere ammesso il minimo caos o la minima confu- sione circa le responsabilità personali, in ogni caso particolare, per l’esercizio di funzioni esecutive determinate, per l’applicazione delle decisioni, per la direzione di un determinato processo di lavoro comune in un dato periodo di tempo. La massa deve avere il diritto di scegliersi 190 LENIN i dirigenti responsabili. La massa deve avere il diritto di sostituirli, deve avere il diritto di conoscere e di controllare ogni piccolo passo della loro attività. La massa deve avere il diritto di designare qualsiasi operaio membro della massa, senza eccezioni, a funzioni dirigenti. Ma ciò non significa affatto che il lavoro collettivo possa rimanere senza una direzione determinata, senza una precisa fissazione delle respon- sabilità del dirigente, senza un ordine rigoroso creato dalla volontà unica del dirigente. Né le ferrovie, né i trasporti, né le grandi macchine e le imprese in generale possono funzionare bene se non c’è unità di volontà, che collega l’insieme dei lavoratori per farne un solo organo economico funzionante con l’esattezza del meccanismo di un orologio. Il socialismo è frutto della grande industria meccanica, E se le masse lavoratrici che instaurano il socialismo non sanno adattare le loro isti- tuzioni al modo di lavoro della grande industria meccanica, allora non si può nemmeno parlare di instaurazione del socialismo. Ecco perché nel momento che attraversiamo, — in cui il potere dei soviet, la ditta- tura del proletariato si sono sufficientemente consolidati, in cui le linee principali di resistenza del nemico, cioè degli sfruttatori che resi- stono, sono sufficientemente smantellate e neutralizzate, in cui la preparazione delle masse della popolazione a far funzionare le istituzioni sovietiche e a partecipare in modo autonomo a tutta la vita sociale è stata sufficientemente portata avanti, — nel momento attuale si pon- gono all’ordine del giorno i compiti di separare rigorosamente le discus- sioni e i comizi, da una parte, e l’esecuzione senza riserve da tutte le disposizioni del dirigente dall’altra. Vale a dire, separare la necessaria, utile preparazione delle masse all’attuazione di un determinato provve- dimento e al controllo della sua esecuzione — preparazione pienamente riconosciuta da qualsiasi soviet — da questa attuazione stessa. Le masse possono ora — glielo garantiscono i soviet — prendere tutto il potere nelle proprie mani e rafforzare questo potere. Ma per impedire quella moltiplicazione dei poteri e quella mancanza di responsabilità di cui soffriamo in modo indicibile al momento presente, è necessario che per ogni funzione esecutiva noi sappiamo con precisione quali so- no le persone che, elette alla carica di dirigenti responsabili, hanno la responsabilità del funzionamento di tutto l’organismo economico nel suo complesso. A questo fine è necessario che il più spesso possibile, quando se ne presenti la minima possibilità, si determinino le persone responsabili elettive perché possano disporre in modo individuale di tutto PRIMA STESURA 191 l’organismo economico nel suo complesso. È necessaria l’esecuzione volontaria delle disposizioni di questo dirigente unico, è necessario pas- sare, dalla forma confusa di discussioni, di continue riunioni, di esecu- zione, e, — al tempo stesso — di critica, verifica e correzione, all’anda- mento rigorosamente esatto dell’azienda meccanica. Nella loro enorme maggioranza le comunità di lavoro della Russia, le masse operaie e con- tadine si accingono o già si sono accinte a questo compito. Il compito del potere dei soviet è quello di farsi interprete della svolta che si sta ora attuando e di farsi legislatore della sua necessità. CAPITOLO XII La parola d’ordine della praticità e dell’efficienza non ha mai avuto una grande popolarità tra i rivoluzionari. Si può anzi affermare che non v’è stata mai tra di loro una parola d’ordine meno popolare. Si capisce bene che, finché il compito dei rivoluzionari era quello di distruggere la vecchia società capitalistica, essi dovevano considerare una tale parola d’ordine in modo negativo e con ironia. Infatti, in pra- tica, dietro questa parola d*ordine si nascondeva, allora, in una forma o nell’altra, la tendenza a conciliarsi, ad adattarsi al capitalismo, o a indebolire la spinta del proletariato contro le basi del capitalismo, a indebolire la lotta rivoluzionaria contro il capitalismo. Si capisce benis- simo che le cose dovevano radicalmente cambiare dopo la conquista del potere da parte del proletariato, dopo che questo potere si è affermato, dopo che è cominciato il lavoro per creare su vasta scala le basi di una nuova società, cioè della società socialista. Noi non abbiamo tuttora il diritto, come abbiamo notato in precedenza, di attenuare minima- mente il nostro lavoro di convinzione delle masse della popolazione circa la giustezza delle nostre idee, né il nostro lavoro di annienta- mento della resistenza degli sfruttatori. Ma nell’attuazione di questi due compiti abbiamo già fatto l’essenziale. Essenziale e urgente è ora proprio la parola d’ordine della praticità e dell'efficienza. Da ciò deriva che un obiettivo di attualità immediata, opportuno e necessario, è ora quello di far partecipare al lavoro gli intellettuali borghesi. Sarebbe ridicolmente assurdo se lo considerassimo come un segno dell’inStabili- 192 LENIN tà del potere, come una deviazione dai principi del socialismo o come un inammissibile compromesso con la borghesia. Esprimere una tale opinione sarebbe ripetere senza alcun senso parole che si riferiscono a un periodo completamente diverso di attività dei partiti proletari rivo- luzionari. Al contrario, proprio per realizzare i nostri compiti rivolu- zionari, proprio perché questi compiti non restino utopie o ingenui desi- deri, ma si trasformino effettivamente in realtà, siano realizzati imme- diatamente, proprio a questo scopo dobbiamo porre ora come no- stro compito primo, immediato e principalissimo proprio la praticità e l’efficienza del lavoro organizzativo. Si tratta dunque precisamente, oggi, di affrontare ampiamente la costruzione pratica di questo edificio di cui già da tempo abbiamo tracciato il piano, per il quale abbiamo già abbastanza energicamente operato per conquistargli il terreno, ormai definitivamente conquistato, per il quale abbiamo raccolto materiale sufficiente e che ora, — dopo averlo circondato delle impalcature e aver indossato la tuta di lavoro — bisogna costruire, costruire e co- struire; senza temere di sporcarsi con i materiali di ogni sorta che servono all’opera ed eseguendo rigorosamente le disposizioni delle persone che dirigono il lavoro pratico. A qual punto rimangano a volte incompresi i mutamenti, di cui abbiamo parlato, nel modo di determinare i nostri compiti, lo si vede in particolare dalla recente discussione sulla funzione dei sindacati * 2 . È stata espressa Topinione (che era appoggiata dai menscevichi, con chiari fini di provocazione, cioè allo scopo di provocarci a compiere azioni che sarebbero state vantaggiose solo per la borghesia) che i sindacati, per salvaguardare e rafforzare l’indipendenza di classe del proletariato, non dovevano diventare organizzazioni di Stato. Questa opinione veniva mascherata dietro parole piene di effetto, ormai abba- stanza familiari e abbastanza assimilate, sulla lotta del lavoro cóntro il capitale, sulla necessità dell’indipendenza di classe del proletariato. Ma, in verità, questa opinione era e resta o una provocazione borghese del tipo piu grossolano, o il risultato di una irriflessione estrema, la ripetizione servile di parole d’ordine di ieri, come dimostra l’analisi dèlie ormai mutate condizioni che caratterizzano l'attuale fase storica. Ieri il compito principale dei sindacati era la lotta contro il capitale e la difesa dell’indipendenza di classe del proletariato. Ieri la parola d’ordine era quella della sfiducia verso lo Stato, poiché questo era uno Stato borghese. Oggi lo Stato diventa ed è diventato proletario. La PRIMA STESURA 193 classe operaia diventa ed è diventata classe dominante nello Stato. I sindacati diventano e debbono diventare organizzazioni dello Stato, su cui soprattutto ricade la responsabilità di riorganizzare tutta la vita economica sulle basi del socialismo. Perciò adottare nella fase attuale le parole d’ordine del vecchio sindacalismo significherebbe rinnegare i compiti socialisti della classe operaia. Lo stesso va detto anche delle cooperative. La cooperativa è una bottega, e qualsivoglia cambiamento, perfezionamento, riforma non potrà cambiare il fatto che essa è una bottega. L’epoca del capita- lismo ha inculcato questa opinione nel socialismo. E non c’è dub- bio che queste opinioni erano una esatta espressione della essenza delle cooperative finché queste restavano una piccola appendice del meccanismo del regime borghese. Ma il fatto è che la situazione delle cooperative muta radicalmente, in linea di principio, dal momento in cui il potere dello Stato proletario si accinge a creare in modo sistematico il regime socialista. A questo punto la quantità si trasforma in qualità. La cooperativa, in quanto piccola isola nella società capitalistica, è una bottega. La cooperativa che abbraccia tutta la società nella quale è stata socializzata la terra e nella quale sono state nazionalizzate le fabbriche e le officine, è il socialismo. Il compito del potere sovietico, dopo che la borghesia è stata espropriata economica- mente e politicamente, consiste chiaramente (e principalmente) nel diffondere le organizzazioni cooperative in tutta la società, per trasfor- mare tutti i cittadini di questo paese, singolarmente presi, in membri di una sola grande cooperativa che abbracci tutta la nazione, o meglio tutto lo Stato. Se cercassimo di eludere questo compito invocando il carattere di classe delle cooperative operaie saremmo dei reazio- nari che vorrebbero tornare indietro rispetto all’epoca iniziatasi dopo la conquista del potere politico da parte del proletariato, ad un’epoca antecedente a tale conquista. In regime capitalistico la classe ope- raia manifestava due tendenze nella sua attività politica ed econo- mica. Da un lato, la tendenza ad adattarsi, a trovare una sistemazione comoda e vantaggiosa sotto il capitalismo, il che era attuabile soltanto per un piccolo strato superiore del proletariato. Dall’altro, c’era la tendenza a mettersi alla testa di tutte le masse lavoratrici sfruttate per il rovesciamento rivoluzionario del dominio del capitale in generale. È chiaro che, quando questa seconda tendenza ha vinto, — quando il capitale è stato rovesciato e bisogna cominciare a edificare la grande 194 LENIN cooperativa socialista che abbraccia tutto il popolo, — la nostra opinione sui compiti e le condizioni del movimento cooperativo muta radical- mente. Noi dobbiamo trovare un accordo sia con le cooperative bor- ghesi che con le cooperative proletarie. Non dobbiamo aver paura. Sarebbe ridicolo da parte nostra temere un accordo con le cooperative borghesi, giacché abbiamo ora il potere dominante. A noi occorre un accordo che ci permetta di trovare le forme praticamente realizzabili, piu vantaggiose e idonee, con cui passare dalle singole cooperative sparpa- gliate a un’unica cooperativa di tutto il popolo. Come potere statale, non possiamo temere un accordo con le cooperative borghesi, poiché un tale accordo implicherà inevitabilmente che esse dipendano da noi. Al tempo stesso dobbiamo capire che noi rappresentiamo il nuovo potere dello Stato proletario, che la classe operaia è divenuta ora dominante nello Stato di classe. Perciò le cooperative operaie debbono mettersi alla testa del movimento che intende trasformare le singole cooperative in un’unica cooperativa di tutto il popolo. La classe operaia non deve separarsi dagli altri strati della popolazione, ma deve al contrario diri- gere tutti gli altri strati della popolazione, senza eccezioni, per condurli alla totale unificazione in seno a un’unitaria cooperativa dì tutto il popolo. Quali provvedimenti pratici, da realizzare immediatamente, siano intanto da prendere a questo scopo, è un’altra questione. Ma bisogna rendersi chiaramente conto e decidere senza riserve che tutto sta ora appunto in questo passaggio pratico, che il potere statale pro- letario deve accingersi a compierlo, deve verificare mediante l’espe- rienza qualsiasi riforma che lo concerne e realizzarlo a qualunque costo. CAPITOLO XIII Bisogna mettere in particolare rilievo, allorché sì discute il pro- blema di ristabilire la disciplina e l’autodisciplina dei lavoratori, l’impor- tante funzione che spetta ora ai tribunali. Nella società capitalistica il tribunale era prevalentemente un apparato di oppressione, un appa- rato dello sfruttamento borghese. Perciò era assoluto dovere della rivo- luzione proletaria non di riformare gli istituti giudiziari (a questo vole- vano limitarsi i cadetti nonché i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari di destra che tenevano loro mano), ma di distruggerli completamente, di distruggere dalle fondamenta il vecchio ordinamento giudiziario e il suo PRIMA STESURA 195 apparato. Questo compito indispensabile la Rivoluzione d’ottobre l’ha adempiuto e l’ha adempiuto con successo. Al posto del vecchio tribu- nale ha cominciato a creare il nuovo tribunale popolare, e piu esatta- mente il tribunale sovietico, fondato sul principio della partecipazione dei lavoratori e delle classi sfruttate, e solo di queste classi, alla dire- zione dello Stato. Il nuovo tribunale era necessario soprattutto per lottare contro gli sfruttatori i quali tentavano di ristabilire il loro dominio o di difendere i loro privilegi, o di recuperarli sotto mano, facendosene restituire con l’inganno qualche piccola parte. Ma i tribu- nali, che sono realmente organizzati sul principio delle istituzioni sovie- tiche, hanno, oltre a questo, un altro importante compito. È il compito di assicurare l’applicazione piu rigorosa della disciplina e dell’autodisci- plina dei lavoratori. Saremmo dei ridicoli utopisti se ci immaginassimo che un tale compito sia realizzabile il giorno ^dopo la caduta del potere borghese, cioè nel primo stadio di transizione dal capitalismo al 'socia- lismo, ovvero senza coercizione. Senza coercizione un tale compito non può essere assolutamente realizzato. Abbiamo bisogno di uno Stato, abbiamo bisogno della coercizione. I tribunali sovietici debbono essere l’organo del potere proletario che attua questa coercizione. Ed essi hanno il compito enorme di educare la popolazione alla disciplina del lavoro. Quello che noi abbiamo fatto finora a questo scopo è infinitamente poco, anzi, per meglio dire, è quasi niente. Noi dobbiamo quindi riuscire ad organizzare tali tribunali sulla scala piu vasta possibile, estendendo la loro attività a tutta la vita lavorativa del paese. Solo tribunali di questo genere, a condizione che vi partecipino le piu larghe masse della popo- lazione lavoratrice e sfruttata, potranno fare in modo che gli auspici di disciplina ed autodisciplina non rimangano vuoti desideri, e lo potran- no fare con forme democratiche corrispondenti ai principi del potere sovietico. Solo tribunali di questo tipo potranno far si che da noi vi sia un potere rivoluzionario, che noi tutti riconosciamo a parole, quando parliamo di dittatura del proletariato, ma al posto del quale vediamo troppo spesso attorno a noi qualcosa di gelatinoso. Tra l’altro, lo Stato sociale in cui ci troviamo sarebbe piu giusto paragonarlo piu che a un liquido gelatinoso, alla rifusione del metallo per la fabbricazione di un acciaio piu solido. Dettato il 28 marzo 1918. Pubblicato la prima volta sulla Pravda , n. 86, 14 aprile 1929. A PROPOSITO DEL DECRETO SUI TRIBUNALI RIVOLUZIONARI 93 A Ai membri del collegio del Commissariato alla giustizia e per conoscenza al presidente del Comitato esecutivo 30-III-1918 Il decreto sui tribunali sovietici è, a mio parere, assolutamente sbagliato e deve essere modificato radicalmente. È sbagliato abolire il decreto sui tribunali per la stampa senza un preliminare rendiconto (e discussione) del lavoro da essi svolto. È sbagliato istituire la funzione di « tribuno » unico, posto al di fuori del collegio del commissariato per la giustizia. Ne risulta qualcosa che ricorda i peggiori precedenti deirepoca in cui vigeva il « procu- ratore generale ». Invece di dedicarsi alle riforme delle istituzioni, a riforme di scarso rilievo o quasi puramente verbali (il « tribuno »), bisogna guardare ai risultati pratici del lavoro svolto dal collegio della giustizia per creare un tribunale veramente rivoluzionario, rapido e implacabilmente severo net confronti dei controrivoluzionari, i teppisti, i parassiti e i disor- ganizzatori. Progetto di decreto del Consiglio dei commissari del popolo Il Consiglio dei commissari del popolo incarica il commissariato alla giustizia di rielaborare il progetto di decreto sui tribunali nel senso SUI TRIBUNALI RIVOLUZIONARI 197 di sopprimere il potere personale del « tribuno » e di porre l’accento non sulle modifiche irrilevanti da introdurre nelle istituzioni create a partire dall’ottobre 1917, ma sui risultati conseguiti nel lavoro di crea- zione di tribunali effettivamente rapidi e di una implacabilità rivoluzio- naria verso i controrivoluzionari, i concussionari e i disorganizzatori, i violatori della disciplina. Il progetto riveduto sarà stampato e sottoposto al Comitato ese- cutivo centrale dei soviet. Pubblicato per la prima volta nel 1933 in Miscellanea di Lenin , XXL PREFAZIONE ALLA RACCOLTA « CONTRO CORRENTE » La maggior parte degli articoli raccolti nel presente volume sono stati pubblicati all’estero sul Sotsial-Demokrat (organo centrale del Par- tito operaio socialdemocratico-bolscevico russo) che usci in Svizzera dal- la fine del 1917 all’inizio del 1917. Solo un lungo articolo è tratto dalla rivista Kommunist (di cui usci un solo numero in Svizzera nel 1915). Per capire esattamente il nesso esistente tra i singoli articoli bisogna tener presente la successione cronologica con cui sono stati pubblicati sul giornale. Gli articoli si dividono in due principali cate- gorie. Una parte è dedicata al giudizio sulla guerra e ai compiti politici derivanti da questo giudizio. L’altra parte tratta dei rapporti interni del partito, di quella lotta di gruppi che per lungo tempo è apparsa ad uomini miopi un « caos » o un « conflitto personale » e che di fatto ha portato ora, come ognuno vede, alla separazione dei veri socia- listi dai lacchè della borghesia, dai signori Liberdan 94 , Martov e compagni. È chiaro che la prima parte o prima categoria di articoli è di gran lunga la più importante. Nessun operaio cosciente che desideri capire l’evoluzione delle idee della rivoluzione socialista intemazionale e della sua prima vittoria, conseguita il 25 ottobre 1917, potrà fare a meno di prendere conoscenza di questi articoli. N. Lenin Scritto nel marzo 1918. Pubblicato nella raccolta Contro correnti. Ed. del Soviet di Retrogrado dei deputati operai e soldati, 1918. TESI SULLA POLITICA BANCARIA 95 1. Fare il rendiconto di quanto è stato versato nelle banche private, compresa la liquidazione di. tutti gli affari di ogni banca privata. (a) Al vecchio personale impiegatizio di ogni banca privata (al commissariato della banca di Stato è data facoltà di procedere ad al- cuni licenziamenti) si dà incarico tassativo di mettere in ordine nel piu breve tempo possibile tutti gli affari della banca e di redigere il bilancio definitivo, in primo luogo, al 14 dicembre 1917 96 , in secondo luogo all’ultimo giorno delle operazioni. (b) Le banche private, eseguendo questa funzione di redigere i rendiconti e le liquidazioni di tutti i loro affari, operano esclusiva- mente come sezioni dell’unica Banca nazionale della repubblica russa e solo ai fini di liquidazione, senza effettuare nessuna nuova operazione. 2. Tutta l’attività di redazione dei bilanci è diretta dal commis- sariato della Banca di Stato. Si chiamerà il numero maggiore possibile di collaboratori esperti, compresi gli ex impiegati della Banca di Stato e delle banche private. 3. La politica bancaria, che non si limita alla nazionalizzazione delle banche, deve essere gradualmente ma costantemente diretta a trasformare le banche in un unico apparato di contabilità e regola- mentazione della vita economica socialisticamente organizzata di tutto il paese. 4. Provvedimenti d’urgenza per aprire il maggior numero possibile di filiali della Banca nazionale in tutto il paese. Distribuzione piu razionale possibile di queste filiali nelle città e nelle campagne per la maggiore comodità del pubblico. Utilizzare come filiali della Banca nazionale le filiali esistenti delle vecchie banche private. 200 LENIN 5. Dichiarazione di intangibilità dei depositi (che, si intende, non toglie allo Stato il diritto di prelevare imposte), 6. Libera circolazione degli assegni. 7. Totale mantenimento del controllo operaio sulla consegna di denaro da parte delle banche. 8. Si mantiene la regolamentazione della distribuzione dei fondi a fini di consumo. Si introduce una serie di facilitazioni al pubblico ai fini di acce- lerare il versamento del denaro nelle banche e la consegna del denaro da parte delle banche, nonché di semplificare le formalità, 9. Adottare misure affinché la popolazione depositi nelle banche le somme non direttamente necessarie ai fini del consumo. Preparare una legge e iniziative pratiche per l’applicazione obbligatoria di questo principio. 10. Tutte le filiali della Banca nazionale entro i confini della Repubblica federativa sovietica russa operano secondo le istruzioni e le direttive della direzione centrale e non hanno il diritto di istituire nessuna regola o limitazione di carattere locale. Le eccezioni sono am- messe solo con il consenso della direzione centrale. Scritto nel marzo o aprile 1918. Pubblicato per la prima volta nel 1926 sulla rivista Proletarskaia Revoliutsia, n. 6 (1953). DISCORSO AL COMIZIO DEL MANEGGIO ALEXEIEVSKI 97 7 aprile 1918 Resoconto giornalistico ( Lenin appare alla tribuna salutato da fragorosi applausi.) Noi attra- versiamo ora — dice Lenin — i mesi piu difficili della rivoluzione. C'è la carestia, dobbiamo tendere tutte le nostre forze per com- batterla, mentre i socialisti-rivoluzionari di destra e i menscevichi non cessano di osservarci con maligno compiacimento. La loro tattica è la tattica di Dutov e di Kornilov, la tattica degli junker che si ribellarono a Mosca contro il potere dei soviet. A questo riguardo i menscevichi che aspirano a rovesciare il potere dei soviet sono dalla loro parte, dalla parte della borghesia, e perciò ci tradiscono. Quando noi appli- chiamo la pena della fucilazione, essi si trasformano in tolstoiani e ver- sano lacrime di coccodrillo, gridano che siamo crudeli. Hanno dimenti- cato che insieme con Kerenski essi spingevano gli operai al massacro, nascondendo in tasca i trattati segreti. L'hanno dimenticato e si sono trasformati in miti cristiani desiderosi di misericordia. Senza armi non potremo schiacciare i nostri nemici: questo essi lo capiscono benissimo, ma tuttavia cercano di screditarci. Noi dobbiamo rimettere in piedi l'economia nazionale, e questa opera gigantesca è tanto piu difficile in quanto la nostra rivoluzione è la prima che sia andata tanto lontano sulla via della trasformazione sociale. Per facilitare questo difficile compito, bisogna che noi impa- riamo, ma non dai libri, bensì dai fatti, dall'esperienza. Il potere dei soviet è l’unico capace di ricostruire l’economia nazionale ed è per questo che io vi invito a far entrare nei soviet in tutto il paese migliaia di nostri compagni. Accanto a questo dobbiamo istituire una disciplina fraterna. Gli operai e i contadini debbono capire che la 202 LENIN terra e le fabbriche sono un loro patrimonio e trattarle con la stessa cura che rivolgerebbero a un bene proprio. Soltanto ora, rivolgendo lo sguardo aH’indietro, vedendo tutta l’impotenza della borghesia e la nullità degli intellettuali sabotatori, mi convinco che abbiamo compiuto un enorme passo avanti. E per continuare ad andare avanti con successo, dobbiamo sbarazzarci del- l’ignoranza e dell’incuria, e fare questo è molto piu difficile che non rovesciare l’idiota Romanov o lo sciocco Kerenski. La Germania ci prende alla gola, il Giappone ci attacca 9B . Ed è proprio in questa ora grave che i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari di destra, questi miti agnellini, gridano che siamo crudeli, dimenti- cando che essi avevano preparato la forca per il compagno Sciaumian 99 . Per tutta risposta posso dire loro: si, noi non neghiamo la violenza che esercitiamo contro gli sfruttatori. Queste lacrime dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari di destra, provocate dalla nostra crudeltà, sono il loro ultimo tentativo di partecipare alla vita politica del paese e insieme un simbolo della loro debolezza. Noi li combatteremo senza pietà. Noi dobbiamo ora pagare per tutta l’eredità lasciataci dallo zarismo, dai regimi di Nicola e di Kerenski. Quando avremo vinto la disorganizzazione e l’apatia, però, conquisteremo con un lavoro instancabile la grande vittoria del socia- lismo. ( Fragorosi applausi .) Izvestia del Soviet di Saratov , n. 71, 13 aprile 1918. DIRETTIVE AL SOVIET DI VLADIVOSTOK 100 Telegrafare per filo diretto a Irkutsk (per Vladivostok): Consideriamo la situazione estremamente seria e mettiamo in guardia i compagni nel modo piu categorico. Non fatevi illusioni: quasi certamente i giapponesi attaccheranno. È inevitabile. Li aiuteranno pro- babilmente tutti gli alleati senza eccezione. Perciò bisogna cominciare a prepararsi senza il minimo ritardo, ma prepararsi seriamente, e preparar- si con tutte le forze. Bisogna soprattutto preoccuparsi di organizzare be- ne la ritirata, l’evacuazione, il trasporto delle riserve e del materiale fer- roviario. Non ponetevi obiettivi irrealizzabili. Preparatevi a minare e a far saltare Ì binari, a portar via i vagoni e le locomotive, preparate campi minati intorno a Irkutsk o nella Transibaikalia. Informateci con precisione, due volte alla settimana, sul numero delle locomotive, dei vagoni evacuati e di quelli rimasti. Senza di ciò non crediamo e non crederemo a nulla. Per il momento non abbiamo carta-moneta, ma ne avremo in quantità dalla seconda metà di aprile; ma il nostro aiuto dipenderà dai vostri successi pratici nell’evacuare da Vladivostok va- goni e locomotive, nel preparare la distruzione dei ponti, ecc. 7 aprile Lenin Pubblicato nel 1934 nella raccolta: V.I. Lenin, Dall'epoca della guerra civile. DISCORSO SULLA QUESTIONE FINANZIARIA ALLA SEDUTA DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRALE DI TUTTA LA RUSSIA 18 aprile 1918 In questo momento una cosa è chiara: noi non riusciremo a risolvere presto il problema finanziario, né a riportare l’apparato finan- ziario nell’alveo normale, È chiaro per tutti. Ma va detto che finora purtroppo non abbiamo fatto nulla da questa tribuna per cercare almeno quei punti fermi che possono permettere di far entrare Papparato finanziario su quei binari che debbono essere i suoi. Il compagno Gu- kovski ci ha proposto un piano. Non starò ora a vedere se questo piano è buono o cattivo. Per me è chiara una cosa sola, che nemmeno il migliore dei piani può ora essere realizzato in campo finanziario, poiché da noi di fatto non è stato organizzato Papparato che dovrebbe appli- care questo piano finanziario. Se tentassimo di applicare una qualsiasi misura fiscale ci scontreremmo oggi col fatto che singole regioni stabili- scono le imposte in modo arbitrario, cosi come capita, cosi come permet- tono le condizioni locali. A questo riguardo i soviet, che rappresentano il potere locale, non sono attualmente collegati tra loro. Da un lato, essi sono per ciò stesso staccati dal potere centrale e, dall’altro lato, non sono tanto organizzati da poter di fatto realizzare ciò che noi decidiamo qui. Prendiamo un esempio. A me personalmente è accaduto di vedere dei soviet che non solo non potrebbero attuare in pratica questo piano finanziario, che noi stiamo qui trattando, ma che addi- rittura nella loro località non hanno affatto quel potere che dovreb- bero avere. Assai spesso, a causa della politica che noi ora conosciamo, questi soviet non usano la propria autorità, non hanno la possibilità di usarla, perché il potere si trova di fatto nelle mani di singoli gruppi che spesso sono ostili ai soviet, non si sottomettono ai soviet e che hanno purtroppo a disposizione un certo numero di baionette. Per non parlare a vuoto, citerò un esempio. Qui, vicino a Mosca, nel governa- DISCORSO SULLA QUESTIONE FINANZIARIA 205 torato di Rimari, ho osservato un fenomeno di questo genere. C’è il soviet. Oltre al soviet c’è un comitato militare rivoluzionario. Il comi- tato militare rivoluzionario si considera autonomo dal soviet ed esige le imposte per conto proprio, senza nemmeno renderne conto al soviet. Anche il soviet per suo conto esige delle imposte. Come vedete, se cerchiamo in tali condizioni di varare da qui un piano, non se ne farà naturalmente nulla, e, certo, non si otterrà nulla, perché perfino là, sul posto, il comitato militare rivoluzionario non obbedisce al soviet e perciò anche il soviet non può far nulla per il potere centrale, È ne- cessario perciò fare qualcosa. È necessario creare un’altra organizza- zione perché i decreti emanati non restino soltanto decreti, ma possano essere applicati nella realtà, senza restare sospesi nell'aria. Breve resoconto giornalistico pubblicato sulle Ixvestia del CEC , n. 77, 19 aprile 1918. Pubblicato per la prima volta integralmente nel 1920 nel volume: Verbali delle sedute del CEC di tutta la Russia. IV legislatura . Resoconto stenografico , Mosca, 1920. DISCORSO AL SOVIET DI MOSCA DEI DEPUTATI OPERAI, CONTADINI E SOLDATI ROSSI 2) aprile 1918 Resoconto stenografico Compagni, permettetemi innanzitutto di salutare il nuòvo Soviet di Mosca dei deputati operai e contadini. A voi è toccato eleggere un nuovo soviet in un momento estre- mamente difficile, nel momento tragico in cui il processo di sviluppo della nostra rivoluzione entra nella fase più pericolosa e più difficile. Gli elementi ostili alla rivoluzione — chiunque appoggia i nemici del popolo, chiunque si trascina dietro la borghesia — hanno ■ riposto grandi speranze nelle nuove elezioni del nostro soviet, poiché in que- sto momento stiamo attraversando un periodo estremamente difficile, in cui è finita la marcia trionfale della rivoluzione, che è entrata in una fase di dure prove e persino di sconfitte. Ed è in questo momen- to che il proletariato è apparso di nuovo di fronte a noi con tutta la forza della sua coscienza di classe. Gli operai, misurando tutta la difficoltà del periodo che attraversiamo, comprendono bene che la fine delle grandi calamità che sono ora cadute sulle spalle del popolo lavoratore dipende non da noi, ma da tutto il corso degli avvenimenti storici. E gli operai con eroica fermezza affronteranno nuove priva- zioni pur di difendere le grandi conquiste della rivoluzione d'ottobre. Non v'è dubbio che, accanto alle dure prove, la rivoluzione tutta- via è entrata in una fase di nuove vittorie, ancora inavvertibili, che non balzano agli occhi, ma non meno importanti delle brillanti vit- torie conseguite all'epoca delle barricate d'ottobre. Abbiamo di fronte, in tutta la loro potenza, due nemici mortali: abbiamo di fronte, armati di tutto punto e pronti a schiacciare la rivoluzione, i nemici esterni e interni, che attendono il momento buono per infliggerci il colpo finale. DISCORSO AL SOVIET DI MOSCA 207 Il nemico esterno è Timperialismo internazionale, armato fino ai denti, ricco di risorse tecniche, che aspetta il momento adatto per scatenare un nuovo attacco banditesco contro la Russia sovietica. E, ricor- dandolo,* è necessario guardare in faccia la minacciosa realtà con chia- rezza implacabile. Come risultato della guerra piu reazionaria che abbia mai dovuto subire il nostro disgraziato paese, noi non abbiamo in questo momento forze sufficienti per una efficace lotta armata contro la reazione mon- diale; non abbiamo esercito, non abbiamo forza da poter contrapporre ai reparti brillantemente organizzati della controrivoluzione internazio- nale, che ha in mano tutta la potenza di una tecnica avanzata e di una disciplina ideale. Noi per ora siamo soli e circondati da nemici mortali. All’epoca dell’insurrezione d’ottobre del popolo lavoratore, quando spiegammo davanti agli operai la rossa bandiera della rivoluzione socia- lista, noi attraversammo allora un periodo di facili successi, tali da togliere il senso della realtà. Gli operai degli altri paesi, con l’orecchio teso al rombo lontano della rivoluzione russa, comprendevano ciò che accadeva in Russia, riconoscevano che il proletariato russo combat- teva per la loro stessa causa. Allora noi avemmo facilmente ragio- ne delle bande reazionarie, allora schiacciammo facilmente i resti delle bande mensceviche ribellatesi contro il popolo, che ci affronta- vano non in lotta aperta, con le armi alla mano, ma con la sordida arma della menzogna, della calunnia e del più inaudito dei tradimenti. In seguito alla nostra lotta, abbiamo riportato una così grande vittoria sulla controrivoluzione, che perfino il piu audace dei controrivolu- zionari, Kornilov, Tabbiamo visto ucciso dai suoi stessi soldati in ri- volta 101 . Nel condurre questa ampia lotta su tutti i fronti con la controri- voluzione interna, abbiamo sfruttato il momento critico che attraver- sava la borghesia internazionale e inflitto a tempo un colpo possente alla controrivoluzione, che ormai è schiacciata. Si può dire con certezza che, in sostanza, la guerra civile è finita. Certo, vi saranno ancora singoli scontri, in alcune città si udrà ancora qualche sparatoria pro- vocata da parziali tentativi di reazionari di minare la forza della rivo- luzione, di rovesciare il potere dei soviet, ma non v’è dubbio che sul fronte interno la reazione è stata irrevocabilmente battuta dalle forze del popolo insorto. Cosi abbiamo superato la prima fase di sviluppo della rivoluzione, il cui inizio si è avuto con le giornate d’ottobre, 208 LENIN l’epoca dei successi inebrianti, che del resto hanno effettivamente ine- briato qualcuno. Ripeto nuovamente che ora è cominciata la fase piu difficile, piu dura nella vita della nostra rivoluzione. Abbiamo ora il compito di tendere al massimo tutte le forze per impiegarle in un nuovo lavoro creativo, poiché solo una tempra ferrea e la disciplina nel lavoro per- metteranno al proletariato rivoluzionario russo di vincere, anche se per ora è solo nella sua titanica opera rivoluzionaria, e di resistere fino all’epoca della liberazione, allorché il proletariato internazionale ci verrà in aiuto. Noi siamo uno dei reparti rivoluzionari della classe operaia, che è andato piu avanti non perché noi siamo migliori degli altri operai, non perché il proletariato russo sia superiore alla classe operaia degli altri paesi, ma solo e unicamente perché eravamo uno dei paesi piu arre- trati del mondo. Giungeremo alla vittoria definitiva solo quando riu- sciremo a spezzare finalmente, in modo decisivo, Timperialismo inter- nazionale, che si fonda sull’enorme forza della tecnica e della disci- plina. Ma giungeremo alla vittoria solo insieme con tutti gli operai degli altri paesi del mondo. La storia ha voluto che a noi toccasse firmare la dura pace di Brest, e non nascondiamo che questa pace può essere in qualsiasi momento proditoriamente rotta dai numerosi nemici della rivoluzione che ci attaccano da tutte le parti, da nemici che noi in questo mo- mento siamo impotenti a combattere efficacemente. Ma sappiate che chi vi esortasse ora a una aperta e attiva lotta armata contro quel predone che è Timperialismo mondiale agirebbe come un traditore del popolo, come un volontario o involontario provocatore, come un ser- vo di questa o quella cricca imperialistica. E chi si oppone alla tattica che noi abbiamo seguito negli ultimi tempi, — si chiami pure il più « sinistro », e addirittura ultra-sinistro dei comunisti — è un cattivo rivoluzionario, — dirò di più, — non è affatto un rivoluzionario. (Applausi.) La nostra arretratezza ci ha spinto in avanti, ma noi cadremo, se non sapremo resistere fino a quando non avremo l’aiuto possente degli operai insorti degli altri paesi. II nostro compito è di continuare instancabilmente la nostra tattica di lotta proletaria. Noi abbiamo un nemico segreto estremamente pericoloso, che è più pericoloso di molti controrivoluzionari dichiarati; questo nemico DISCORSO AL SOVIET DI MOSCA 209 — nemico mortale della rivoluzione socialista e del potere sovietico, nuovo tipo di parlamento popolare per i poveri, quale mai si era visto fino ad ora, — questo nemico è la mentalità del piccolo proprietario. Non v’è dubbio che noi dobbiamo ora affrontare e superare gli ostacoli piu difficili sulla via dello sviluppo della rivoluzione socialista. In pri- mo luogo abbiamo ora il compito di realizzare pienamente la dittatura del proletariato in tutti i settori: nell’organizzazione della disciplina di lavoro, nella produzione, nella distribuzione dei prodotti. Il ne- mico di cui ho parlato è la mentalità del piccolo proprietario, che vive di una sola idea: « Arraffo tutto quello che posso, dopo di me venga pure il diluvio », — questo nemico è piu forte di tutti i Kornilov, i Dutov e i Kaledin messi insieme. Questi piccoli kulak, piccoli padroni, piccoli proprietari, dicono: « Ci hanno sempre oppresso, ci hanno sempre schiacciato; perché non sfruttare dunque adesso un momento cosi favorevole? ». Questo fenomeno è un serio ostacolo senza superare il quale non è pensabile che possiamo vincere, perché da ogni piccolo padrone, da ogni avido accaparratore nasce un nuovo Kornilov. Accanto a questo pericolo, si leva davanti a noi come uno spettro minaccioso la prospettiva di una imminente carestia e di una massiccia disoccupazione; ma noi vediamo che ogni operaio' cosciente, — e il loro numero diventa sempre piu grande, non di giorno in giorno, ma di ora in ora, — ogni operaio cosciente, dico, si rende conto e com- prende che in questo momento l’unico mezzo di lotta contro pericoli cosi minacciosi è la ferrea tensione di tutte le forze e un’inflessibile fermezza. E chi nei momenti più gravi della nostra rivoluzione cade in preda alla disperazione, allo scoraggiamento, alla debolezza, si ri- cordi che noi abbiamo sempre detto che non saremmo giunti dal capi- talismo alla piena vittoria del socialismo attraverso la facile e incruenta via della convinzione e della conciliazione, ma che solo a seguito di una furiosa lotta avremmo potuto raggiungere il nostro fine. La dittatura del proletariato è per la violenza contro gli sfrutta- tori. La nostra strada è quella della fermezza, della compattezza pro- letaria, è la dittatura ferrea del popolo lavoratore. Non v’è dubbio che il potere dei soviet in molti casi non ha dato prova di sufficiente risolutezza nella lotta alla controrivoluzione: in tal senso, non è stato un potere ferreo, ma qualcosa di molliccio su cui non si può costruire il socialismo. Noi non abbiamo vinto la mentalità piccolo-borghese. La 210 LENIN situazione di un paese devastato, dissanguato, spinto dal corso della storia innanzi a tutti sul campo della rivoluzione mondiale, è estre- mamente difficile, e saremo schiacciati, se allo sfacelo, alla disorga- nizzazione, alla disperazione, non opporremo la ferrea dittatura degli operai coscienti. Noi saremo implacabili sia verso i nostri nemici, sia verso tutti gli elementi nocivi e oscillanti del nostro stesso ambiente, che oseranno introdurre la disorganizzazione nel nostro difficile lavoro creativo per costruire una nuova vita del popolo lavoratore. Noi ci siamo accinti ad assolvere un compito che, una volta as- solto, porterà con sé la piena affermazione e il consolidamento del socialismo. Per superare tutte le difficoltà, per combattere con suc- cesso la fame e la disoccupazione dovremo compiere un lavoro mode- sto, invisibile, ma difficile, di importanza statale, e chi andrà contro di noi sarà un nemico dichiarato del proletariato mondiale. Le elezioni per il soviet di Mosca hanno mostrato a qual punto si rendano conto degli avvenimenti in corso gli operai, i quali hanno capito che il potere dei soviet non è un ornamento di parata, ma è la loro stessa causa. Con questo ultimo atto, con le nuove elezioni del nostro soviet, sono stati battuti tutti coloro che avevano riposto grandi speranze su queste elezioni, sono stati battuti gli elementi esi- tanti, e questo mi dà la fiducia e la speranza che noi siamo sulla buona strada che ci porterà alla piena vittoria del socialismo. {Ovazione.) Pravda, n. 79 e Izvestia del CEC , n, 81, 24 aprile 1918, I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 101 Scritto nel marzo-aprile 191$. Pubblicato il 28 aprile 1918 sulla Pravda, n. 85 e sulle live stia dei CEC, n. 85. Firmato: N. Lenin. La situazione internazionale della Repubblica sovietica russa e i compiti fondamentali della rivoluzione socialista Grazie alla pace che abbiamo ottenuto, — per quanto dura e precaria essa sia, — la repubblica sovietica russa ha la possibilità di concentrare per un certo periodo di tempo le sue forze sul settore piu importante e più difficile della rivoluzione socialista, e cioè sui compiti organizzativi* Questo compito è stato posto in modo chiaro e preciso a tutte le masse lavoratrici e oppresse nel 4° paragrafo (della 4 a parte) della risoluzione approvata il 15 marzo 1918 dal Congresso straordinario del soviet, tenuto a Mosca, nello stesso paragrafo (o nella stessa parte) in cui si parla dell’autodisciplina dei lavoratori e della lotta senza quar- tiere contro il caos e la disorganizzazione 103 . La precarietà della pace ottenuta dalla repubblica sovietica russa è dovuta certamente non al fatto che essa pensi ora di riprendere le operazioni militari; a parte i controrivoluzionari borghesi e i loro tira- piedi (menscevichi e simili), nessun uomo politico responsabile ci pen- sa. La precarietà della pace è invece determinata dal fatto che negli Stati imperialistici confinanti con la Russia ad occidente e ad oriente, é in possesso di un’enorme forza militare, può prendere il sopravvento da un momento alPaltro il partito della guerra, tentato dalla momen- tanea debolezza della Russia e spinto dai capitalisti, che odiano il socia- lismo e sono avidi di bottino. Di fronte a un tale stato di cose, l’unica garanzia di pace, reale e non di carta, è per noi la rivalità tra le potenze imperialistiche, rivalità che ha raggiunto limiti estremi e si manifesta, da un lato. 214 LENIN con la ripresa del massacro imperialistico dei popoli in occidente, e, dall’altro, con lo straordinario inasprimento della concorrenza imperia- listica tra il Giappone e l’America per il dominio deirOceano Paci- fico e delle sue coste, È chiaro, che, protetta da una cosi tenue difesa, la nostra repub- blica socialista sovietica si trova, dal punto di vista internazionale, in una situazione estremamente precaria, indubbiamente critica. Dob- biamo tendere al massimo tutte le nostre forze per sfruttare la tregua, concessaci da un concorso di circostanze, per curare le gravissime ferite inferte dalla guerra a tutto l’organismo sociale della Russia e per risol- levare economicamente il paese, senza di che non si può nemmeno parlare di un aumento più o meno serio della sua capacità difensiva. È chiaro altresì che noi potremo recare un serio contributo alla rivoluzione socialista in occidente, che ritarda per una serie di circo- stanze, solo se sapremo risolvere il compito organizzativo che abbia- mo dinanzi. La condizione essenziale per risolvere con successo il compito organizzativo che si presenta in primo piano, è che i dirigenti politici del popolo, cioè i membri del Partito comunista russo (bolscevico), e poi anche tutti i rappresentanti coscienti delle masse lavoratrici, com- prendano appieno la differenza radicale che esiste sotto questo aspetto tra le precedenti rivoluzioni borghesi e l’attuale rivoluzione socialista. Nelle rivoluzioni borghesi il compito principale delle masse lavo- ratrici consisteva nello svolgere l’azione negativa, o distruttiva, di spaz- zar via il feudalesimo, la monarchia, il medioevo. L’azione positiva, o creativa, di organizzare la nuova società era svolta dalla minoranza possidente, borghese, della popolazione. E questa svolgeva tale com- pito, nonostante la resistenza degli operai e dei contadini, con relativa facilità, non solo perché la resistenza delle masse sfruttate dal capitale era allora estremamente debole, data la loro dispersione e arretratezza, ma anche perché la forza organizzativa fondamentale della società capi- talistica, costruita anarchicamente, è il mercato nazionale e internazio- nale, che si sviluppa spontaneamente in estensione e in profondità. Al contrario, in ogni rivoluzione socialista — e, di conseguenza, anche nella rivoluzione socialista da noi iniziata in Russia il 25 otto- bre 1917 — il compito principale del proletariato e dei contadini poveri da esso diretti è il lavoro positivo o creativo per fondare un sistema estremamente complesso e delicato di nuovi rapporti organizzativi, che I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 215 abbracciano la produzione e la distribuzione pianificate dei prodotti ne- cessari alla, esistenza di decine di milioni di uomini. Questa rivoluzione può essere realizzata con successo solo se la maggioranza della popola- zione, e innanzitutto la maggioranza dei lavoratori, è capace di un’at- tività storicamente creativa e autonoma. Solo nel caso in cui il prole- tariato e i contadini poveri sappiano trovare in sé sufficiente coscienza, forza ideale, abnegazione e tenacia, la vittoria della rivoluzione socialista sarà garantita. Creando un nuovo tipo di Stato, lo Stato dei soviet, che offre alle masse lavoratrici e oppresse la possibilità di partecipare nel modo piu attivo alla edificazione autonoma della nuova società, noi abbiamo adempiuto soltanto una piccola parte di un difficile compito. La difficoltà principale è nel settore economico: compiere dappertutto il piu severo inventario e controllo della produzione e della distribu- zione dei prodotti, elevare la produttività del lavoro, socializzare di fatto la produzione. Lo sviluppo del partito bolscevico, che è oggi il partito di governo in Russia, dimostra con particolare evidenza in che cosa consiste la svolta storica che stiamo attraversando e che è il tratto caratteristico delFattuale momento politico, svolta che esige un nuovo orientamento del potere sovietico, cioè una nuova impostazione di compiti nuovi. Il primo compito di ogni partito dell’avvenire è quello di convin- cere la maggioranza del popolo della giustezza del suo programma e della sua tattica. Questo compito era posto in primo piano sia sotto lo zarismo, sia nel periodo in cui Cernov e Tsereteli attuavano la loro politica di conciliazione con i Kerenski e i Kisckin. Ora questo com- pito che, certo, è ancora ben lungi dall’essere assolto completamente (e che non potrà mai essere esaurito fino in fondo), è stato assolto nelle sue grandi linee, poiché la maggioranza degli operai e dei contadini dèlia Russia è chiaramente dalla parte dei bolsce vichi, come ha dimo- strato senza tema di smentite Tultitrio congresso dei soviet a Mosca. Il secondo compito del nostro partito era quello di conquistare il potere politico e di schiacciare la resistenza degli sfruttatori. Anche questo compito non è affatto adempiuto fino in fondo, e non Io si può ignorare, poiché i monarchici e i cadetti, da un lato, e i loro tirapiedi e reggicoda, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari di destra, dall’altro, continuano i tentativi di unirsi per abbattere il potere dei soviet. Ma, 216 LENIN nelle sue linee generali, il compito di schiacciare la resistenza degli sfrut- tatori è già stato assolto nel periodo che va dal 25 ottobre 1917 fino (alTincirca) al febbraio 1918, ovvero alla resa di Bogaievski 10 \ Ed ora si presenta, come compito immediato e caratteristico del ‘momento attuale, il terzo compito: quello di organizzare la ammini- strazione della Russia. S’intende, questo compito si è posto ed è stato da noi assolto fin dal primo giorno successivo al 25 ottobre 1917. Ma fino a quando la resistenza degli sfruttatori ha assunto la forma di aperta guerra civile, il compito di amministrare non poteva diven- tare quello principale , centrale. Oggi lo è diventato. Noi, partito bolscevico, abbiamo convinto la Russia, abbiamo conquistato la Russia, prendendola ai ricchi per darla ai poveri, agli sfruttatori, per darla ai lavoratori. Ora noi dob- biamo amministrare la Russia. E tutta Toriginalità del momento at- tuale, tutta la sua difficoltà sta nel comprendere la particolarità del passaggio dal periodo in cui il compito principale era quello di convin- cere il popolo e di schiacciare militarmente gli sfruttatori, al periodo in cui il compito principale è quello di amministrare . Per la prima volta nella storia mondiale un partito socialista è riuscito a portare a termine, nelle sue grandi linee, la conquista del potere e la repressione degli sfruttatori, è riuscito ad affrontare in pieno il compito di amministrare. Dobbiamo mostrarci degni esecutori di questo difficilissimo (e nobilissimo) compito della rivoluzione socia- lista. Dobbiamo comprendere bene che per amministrare con successo è necessario, oltre a saper convincere, oltre a saper vincere nella guerra civile, saper organizzare praticamente. Questo è il compito più difficile, poiché si tratta di organizzare ex novo le basi più profonde, cioè le basi economiche, della vita di decine, decine di milioni di uo min i. E questo è anche il compito più nobile, poiché solo dopo averlo assolto (nei suoi tratti principali e fondamentali) si potrà dire che la Russia è diventata una repubblica, non solo sovietica, ma anche socialista. La parola d'ordine generale del momento La situazione obiettiva sopra descritta, creata da una pace estre- mamente gravosa e precaria, da uno sfacelo economico dolorosissimo, dalla disoccupazione e dalla carestia lasciateci in eredità dalla guerra I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 217 e dal dominio della borghesia (nella persona di Kerenski e dei men- scevichi e socialisti-rivoluzionari di destra suoi sostenitori), non poteva non generare un’estrema stanchezza e addirittura Tesaurimento delle forze della grande massa dei lavoratori. Questa massa esige imperiosa- mente — e non può non esigere — un certo riposo. Si pone all’ordine del giorno la ricostituzione delle forze produttive distrutte dalla guerra e dal malgoverno della borghesia; il risanamento delle ferite inferte dalla guerra, dalla sconfitta, dalla speculazione e dai tentativi della borghesia di restaurare rabbattuto potere degli sfruttatori; la ripresa economica del paese; la sicura tutela deH’ordine più elementare. Può sembrare un paradosso, ma in realtà, a causa delle condizioni obiettive indicate, è assolutamente indubbio che il potere dei soviet può in questo momento consolidare il passaggio della Russia al socialismo solo se assolve praticamente, nonostante l’opposizione della borghesia, dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari di destra, proprio que- sti elementarissimi compiti per conservare le basi dell’ordine sociale. Assolvere in pratica questi compiti elementarissimi e superare le diffi- coltà organizzative dei primi passi verso il socialismo sono ora — in virtù delle particolarità concrete della situazione attuale e dell’esistenza del potere dei soviet con le sue leggi sulla socializzazione della terra, sul controllo operaio, ecc. — le due facce della stessa medaglia. Tieni accuratamente e coscienziosamente i tuoi conti, fa economie, non lasciarti prendere dalla pigrizia, non rubare, osserva la più rigo- rosa disciplina nel lavoro: sono appunto queste le parole d’ordine, giustamente derise dai proletari rivoluzionari quando la borghesia camuffava con tali discorsi il suo dominio di classe sfruttatrice, che divengono ora, dopo l’abbattimento della borghesia, parole d’ordine urgenti e principali del momento. E la realizzazione pratica di queste parole d’ordine da parte della massa dei lavoratori è, da un lato, l’unica condizione per salvare il paese torturato quasi a morte dalla guerra imperialistica e dai briganti imperialisti (con Kerenski alla testa), e, dall’altro lato, la attuazione pratica di queste parole d’ordine da parte del potere sovietico , con i suoi metodi, in base alle sue leggi, è neces- saria e sufficiente per la vittoria finale del socialismo. È ciò che non possono comprendere appunto coloro che rifuggono sprezzantemente dal mettere in primo piano parole d’ordine cosi « trite » e « triviali ». In un paese di piccoli contadini, che da appena un anno ha abbattuto lo zarismo e da meno di sei mesi si è liberato dei vari Kerenski, 218 LENIN naturalmente è rimasto non poco anarchismo spontaneo, aggravato dalla brutalità e dalla barbarie che accompagnano ogni guerra lunga e reazionaria, e ha diffuso uno stato d'animo di esasperazione e di irrita- zione confusa; e se a questo si aggiunge la politica di provocazione dei lacchè della borghesia (menscevichi, socialisti-rivoluzionari di de- stra), sarà assai facile capire quali sforzi tenaci e perseveranti debbano compiere gli operai e i contadini migliori e piu coscienti per creare una svolta radicale nello stato d'animo della massa e farla passare a un lavoro regolare, continuo e disciplinato. Solo questo passaggio, attuato dalla massa dei poveri (proletari e semiproletari), è capace appunto di completare la vittoria sulla borghesia e in particolare sulla borghesia contadina, che è la piu ostinata e la piu numerosa. La nuova fase della lotta contro la borghesia La borghesia da noi è stata vinta, tua non è ancora stata sradi- cata, annientata e nemmeno abbattuta fino in fondo. Si pone perciò all’ordine del giorno una nuova, superiore forma di lotta contro la borghesia, il passaggio dal compito più semplice di continuare ad espro- priare i capitalisti al compito assai più complesso e difficile di creare condizioni tali che la borghesia non possa né continuare ad esistere, né rinascere. È chiaro che questo compito è infinitamente più alto e che se non lo assolveremo non avremo ancora il socialismo. Se prendiamo come elemento di paragone le rivoluzioni dell'Eu- ropa occidentale, noi ci troviamo all'incirca al livello raggiunto nel 1793 e nel 1871. Abbiamo pieno diritto di essere fieri di aver rag- giunto questo livello e di averlo perfino superato sotto un certo aspetto, e precisamente: noi abbiamo decretato e instaurato in tutta la Russia un tipo superiore di Stato, il potere dei soviet. Ma non possiamo in nessun caso accontentarci di ciò che è stato raggiunto, poiché abbiamo appena iniziato il passaggio al socialismo, ma non abbiamo ancora rea- lizzato ciò che è decisivo a questo riguardo. Decisiva è l'organizzazione di un inventario e di un controllo popolare rigorosissimo sulla produzione e sulla distribuzione dei pro- dotti. Va detto a questo proposito che nelle imprese, nelle branche e nei settori dell’economia che noi abbiamo strappato alla borghesia, non siamo ancora riusciti a organizzare l'inventario e il controllo > senza I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 219 di che non si può nemmeno parlare della seconda, e altrettanto essen- ziale, condizione materiale per instaurare il socialismo, e cioè Paumento su scala nazionale della produttività del lavoro. Non si potrebbe perciò definire il compito del momento attuale con la semplice formula: proseguire l’offensiva contro il capitale. An- che se, indubbiamente, non abbiamo ancora inferto al capitale il colpo di grazia e dobbiamo assolutamente continuare l’offensiva contro que- sto nemico dei lavoratori, una tale definizione sarebbe imprecisa e astratta, poiché non terrebbe conto della peculiarità del momento at tuale, in cui, per garantire il successo dell’offensiva ulteriore , bisogna « arrestare » ora l’offensiva. Ciò si può spiegare paragonando la situazione in cui ora noi ci troviamo nella guerra contro il capitale alla situazione di un esercito vittorioso che abbia tolto al nemico, poniamo, la metà o due terzi del territorio e sia costretto ad arrestare l’offensiva per raccogliere le forze, reintegrare le scorte di materiale bellico, riparare e fortificare le linee di comunicazione, costruire nuovi depositi, far affluire nuove riserve, ecc. In tali condizioni l’arresto dell’offensiva dell’esercito vittorioso è necessario proprio al fine di strappare al nemico il rimanente territorio, di conseguire cioè la completa vittoria. Chi non ha capito che questo è precisamente P« arresto » dell’offensiva contro il capitale dettatoci dalla situazione obiettiva del momento, non ha capito nulla del mo- mento politico che attraversiamo. S’intende, si può parlare di « arresto » dell’offensiva contro il capitale solo tra virgolette, cioè solo metaforicamente. In una guerra come le altre si può dare l’ordine di sospendere l’offensiva su tutta la linea, si può in effetti arrestare l’avanzata. Ma nella guerra contro il capitale non si può arrestare l’avanzata e non si può nemmeno pen- sare di rinunciare all’ulteriore espropriazione del capitale. Si tratta di spostare il centro di gravità del nostro lavoro economico e politico. Finora sono stati in primo piano i provvedimenti di immediata espro- priazione degli espropriatori. Ora passa in primo piano l’organizzazione dell’inventario e del controllo nelle aziende in cui i capitalisti sono già stati espropriati, e in tutte le altre. Se volessimo ora continuare ad espropriare il capitale con lo stesso ritmo di prima, certamente subiremmo una sconfitta, giacché è chiaro, evidente per ogni uomo pensante, che il nostro lavoro di orga- nizzazione dell’inventario e del controllo proletario è rimasto indietro 220 LENIN rispetto al lavoro di immediata « espropriazione degli espropriato^ ». Se ci accingeremo ora con tutte le forze al lavoro di organizzazione dell’inventario e del controllo, potremo risolvere questo problema, guadagneremo il tempo perduto e porteremo vittoriosamente a termine tutta la nostra « campagna » contro il capitale. Ma riconoscere che si deve guadagnare il tempo perduto, non equivale ad ammettere che si è commesso qualche errore? Niente af- fatto. Portiamo di nuovo un esempio di tipo militare. Se si può sconfig- gere e respingere il nemico con i soli reparti della cavalleria leggera, bisogna farlo. Ma se lo si può fare con successo solo fino ad un certo punto, è perfettamente concepibile che, al di là di questo limite, sorga la necessità di fare intervenire l’artiglieria pesante. Ammettendo ora che bisogna guadagnare il tempo perduto e fare entrare subito in azione l’artiglieria pesante, non riconosciamo affatto come un errore il vitto- rioso attacco con la cavalleria leggera. I lacchè della borghesia ci hanno spesso rimproverato di aver conr dotto l’attacco contro il capitale « con la guardia rossa ». È un’accusa assurda, degna appunto dei lacchè del sacco di denari. Infatti l’attacco contro il capitale « con la guardia rossa » fu a suo tempo imposto asso- lutamente dalle circostanze. In primo luogo, il capitale oppose, allora, una resistenza militare nella persona di Kerenski e di Krasnov, di Sa- vinkov e di Gots (Ghegheckori si oppone tuttora cosi), di Dutov, di Bogaievski. La resistenza armata non può essere infranta che con mezzi militari, e le guardie rosse hanno compiuto la nobilissima e importan- tissima opera storica di liberare i lavoratori e gli sfruttati dal giogo degli sfruttatori. In secondo luogo, non avremmo potuto allora porre in primo piano i metodi dell’amministrazione invece che i metodi della repressione, appunto perché l’arte di amministrare non è innata negli uomini, ma si acquista con l’esperienza. Allora questa esperienza non l’avevamo. Ora Tabbiamo. In terzo luogo, allora non potevamo avere a disposi- zione specialisti per i vari settori della scienza e della tecnica, perché' questi o combattevano nelle file dei Bogaievski, o avevano ancora la possibilità di opporre una resistenza passiva, tenace e sistematica me- diante il sabotaggio. Ma ora abbiamo spezzato il sabotaggio. L’attacco contro il capitale « con la guardia rossa » è riuscito, è stato vittorioso, poiché abbiamo vinto la resistenza opposta dal capitale sia con le armi che con il sabotaggio. I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 221 Ciò vuol forse dire che l’attacco al capitale « con la guardia rossa » è sempre opportuno, in ogni circostanza e che noi non abbiamo altri metodi di lotta contro il capitale? Sarebbe puerile pensarlo. Abbiamo vinto con la cavalleria leggera, ma possediamo anche l’artiglieria pe- sante. Abbiamo vinto con i metodi della repressione, sapremo vincere anche con i metodi delPamministrazione. Bisogna saper cambiare i me- todi di lotta contro il nemico, allorché mutano le circostanze. Noi non rinunceremo mai nemmeno per un istante a reprimere « con la guardia rossa » i signori Savinkov e Ghegheckori, come qualsiasi altro contro- rivoluzionario borghese e latifondista. Ma non saremo mai tanto sciocchi da porre in primo piano i metodi « da guardia rossa » nel momento in cui l’epoca in cui erano necessari gli attacchi delle guardie rosse è so- stanzialmente terminata (e terminata vittoriosamente) e batte alle porte l’epoca in cui il potere statale e proletario dovrà utilizzare gli specia- listi borghesi per dissodare nuovamente il terreno in modo tale che su di esso non possa assolutamente piu spuntare nessuna borghesia. Questa è un’epoca particolare, o meglio una fase di sviluppo par- ticolare, e per vincere completamente ih capitale bisogna saper adattare le forme della nostra lotta alle condizioni particolari di questa fase. , Senza specialisti che dirigano i diversi settori della scienza, della tecnica, della ricerca, il passaggio al socialismo è impossibile, giacché il socialismo esige un’avanzata cosciente delle masse verso una produt- tività del lavoro maggiore rispetto a quella del capitalismo e che parta dai risultati raggiunti dal capitalismo. Il socialismo deve attuare questa avanzata a suo modo , con i suoi metodi, diciamo, piu concretamente, con i metodi sovietici. E gli specialisti sono necessariamente, nella loro massa, borghesi, a causa di tutte le condizioni della vita sociale che ha fatto di loro degli specialisti. Se il nostro proletariato, una volta conquistato il potere, avesse risolto rapidamente il compito di instau- rare un’inventario, un controllo, un’organizzazione su scala nazionale, (ciò non si è potuto realizzare a causa della guerra e dell’arretratezza della Russia) allora, spezzato il sabotaggio, con l’inventario e il controllo generale, avremmo potuto attrarre completamente al nostro servizio anche gli specialisti borghesi. A causa del « considerevole ritardo » del- l’inventario e del controllo in generale, anche se siamo riusciti a vincere il sabotaggio,, non abbiamo ancora creato tuttavia le condizioni adatte a mettere a nostra disposizione gli specialisti borghesi; la massa dei sabotatori « si reca al lavoro », ma i migliori organizzatori e i piu grandi 222 LENIN specialisti possono essere impiegati dallo Stato solo alla vecchia ma- niera, alla maniera borghese (cioè con alti compensi), o alla maniera nuova, proletaria (cioè creando, con l’istaurazione di un inventario e di un controllo popolare dal basso, le condizioni che permettano automati- camente di assoggettare e attrarre gli specialisti ). Abbiamo dovuto per ora ricorrere al vecchio mezzo borghese e acconsentire a pagare a caro prezzo i « servizi » dei massimi specialisti borghesi. Tutti coloro che sono al corrente della questione lo vedono, ma non tutti riflettono sul significato che ha una tale misura presa da uno Stato proletario. È chiaro che questo provvedimento è un com- promesso, una deviazione dai principi della Comune di Parigi, di ogni potere proletario, i quali esigono che gli stipendi siano portati al livello della paga di un operaio medio ed esigono che si lotti con i fatti, e non a parole, contro il carrierismo. E non è tutto. È chiaro che un tale provvedimento non solo è un arresto — in un certo campo e in una certa misura — dell'offensiva contro il capitale (giacché il capitale non è una somma di denaro ma un determinato rapporto sociale), ma anche un passo indietro del no- stro potere statale socialista, sovietico, che fin dall’inizio ha procla- mato e attuato una politica mirante a ridurre gli alti stipendi al livello salariale dell’operaio medio 10 \ Naturalmente, i lacchè della borghesia, in particolare quelli di piccolo calibro, come i menscevichi, gli uomini della Novaia Gizn, i socialisti-rivoluzionari di destra, sogghigneranno di fronte alla nostra ammissione di aver fatto un passo indietro. Ma noi non dobbiamo badare ai loro sogghigni. Noi dobbiamo studiare le particolarità della nuova e difficilissima via che porta al socialismo, senza nascondere i nostri errori e le nostre debolezze, ma sforzandoci di completare a tem- po ciò che è ancora incompiuto. Nascondere alle masse il fatto che at- tirare gli specialisti borghesi con retribuzioni eccezionalmente elevate è una deviazione dai principi della Comune, significherebbe scendere al livello dei politicanti borghesi e ingannare le masse. Spiegare aper- tamente come e perché abbiamo fatto un passo indietro, e discutere poi pubblicamente i mezzi che ci possono far riguadagnare il tempo perduto, significa educare le masse e imparare insieme con loro, sulla base deU’esperienza, a costruire il socialismo. Difficilmente si può tro- vare nella storia una sola campagna militare vittoriosa in cui il vinci- tore non abbia commesso degli errori, non abbia subito parziali scon- I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 223 fitte, non abbia dovuto effettuare qualche temporanea ritirata. E la « campagna » da noi intrapresa contro il capitalismo è un milione di volte più difficile della più difficile campagna militare; e sarebbe scioc- co e vergognoso cadere in preda all'avvilimento per una ritirata isolata e parziale. Esaminiamo la questione dal lato pratico. Ammettiamo che la re- pubblica sovietica russa abbia bisognosi 1.000 scienziati e specialisti di prim'ordine nei settori della scienza, della tecnica, dell'esperienza pratica, per dirigere il lavoro del popolo al fine di assicurare Io sviluppo economico più rapido possibile del paese. Ammettiamo che queste « stelle di prima grandezza » si debbano pagare 25.000 rubli all’anno (la maggior parte di loro, naturalmente, quanto più è corrotta dai costu- mi borghesi tanto più volentieri grida alla corruzione degli operai). Am- mettiamo che questa somma (25 milioni di rubli) debba essere raddop- piata (presupponendo l'assegnazione di premi per l'esecuzione partico- larmente felice e rapida dei più importanti compiti tecnici e organiz- zativi) o addirittura quadruplicata (presupponendo l'assunzione di al- cune centinaia dei più esigenti specialisti stranieri). Si domanda: la spesa di 50 o 100 milioni di rubli all'anno per riorganizzare il lavoro nazionale secondo l'ultima parola della scienza e della tecnica, può es- sere considerata eccessiva o troppo pesante per la repubblica sovietica? Certamente no. La schiacciante maggioranza degli operai e dei conta- dini coscienti approverà questa spesa, ben sapendo dalla vita pratica che la nostra arretratezza ci fa perdere miliardi, e che noi non abbiamo ancora raggiunto un tale grado di organizzazione, di inventario e di con- trollo da provocare la partecipazione generale e volontaria delle « stel- le » della intellettualità borghese al nostro lavoro. È evidente che la questione ha anche un altro aspetto. È infatti indiscutibile che gli alti stipendi hanno un'influènza corruttrice sia sul potere sovietico (tanto più che, data la rapidità della rivoluzione, non poteva non attaccarsi a questo potere un certo numero di avven- turieri e di malandrini, i quali, insieme con certi commissari inetti e senza scrupoli, non sono alieni dall’inserirsi tra le « stelle »... nell'arte di saccheggiare il denaro pubblico), sia sulla massa operaia. Ma tutti gli elementi coscienti e onesti tra gli operai e i contadini poveri sa- ranno d'accordo con noi e riconosceranno che non siamo in grado di liberarci d’un colpo dalla cattiva eredità del capitalismo e che l’unico modo di liberare la repubblica sovietica dal « tributo » di 50 o 100 224 LENIN milioni di rubli (tributo impostoci dal nostro, ritardo neirorganizzare l’inventario e il controllo popolare, dal basso), è quello di organizzare, rafforzare la disciplina nelle nostre file, liberandole da tutti coloro che « conservano l’eredità del capitalismo », « osservano le tradizioni del capitalismo », cioè i parassiti, i fannulloni, i saccheggiatori deaerano (adesso tutta la terra, tutte le fabbriche, tutte le ferrovie sono 1*« era- rio » della repubblica sovietica). Se gli elementi avanzati e coscienti fra gli operai e i contadini poveri riuscissero entro un anno, con l’aiuto delle istituzioni sovietiche, a organizzarsi, a darsi una disciplina, a gal- vanizzarsi, a creare una forte disciplina nel lavoro, noi potremmo al- lora scrollarci di dosso entro un anno questo « tributo », che potremmo ridurre anche prima... esattamente secondo i successi conseguiti dalla nostra disciplina nel lavoro e dalla nostra capacità di organizzazione operaia e contadina. Quanto piu rapidamente noi, operai e contadini, impareremo àd applicare una migliore disciplina e una più elevata tecni- ca nel lavoro, utilizzando per questo gli specialisti borghesi, tanto più rapidamente ci libereremo da qualsiasi «tributo» verso questi specialisti. Il nostro lavoro per organizzare, sotto la direzione del proletariato, l’inventario e il controllo di tutto il popolo sulla produzione e la distri- buzione dei prodotti è in forte ritardo rispetto al nostro lavoro di di- retta espropriazione degli espropriatoti. Questo è un postulato fonda- mentale per comprendere le particolarità del momento attuale e i com- piti del potere sovietico che ne derivano. Il centro di gravità nella lotta contro la borghesia si sposta verso l’organizzazione di questo in- ventario e di questo controllo. Solo partendo da questo si possono giustamente determinare i compiti immediati della politica economica e finanziaria per quanto concerne la nazionalizzazione delle banche, il monopolio del commercio estero, il controllo statale sulla circolazione monetaria, Istituzione di una imposta sul patrimonio e sul reddito che sia soddisfacente dal punto di vista proletario, l’introduzione della obbligatorietà del lavoro. Con le trasformazioni socialiste in questi settori noi siamo in grave ritardo (e questi sono settori molto, ma molto importanti), e siamo in ritardo proprio perché Tinventario e il controllo in generale non sono sufficientemente organizzati. È evidente che questo compito è tra i più difficili, e con lo sfacelo creato dalla guerra può essere assolto solo lentamente, ma non si deve dimenticare che appunto qui la bor- ghesia — e soprattutto la numerosa piccola-borghesia e la borghesia r COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 2 25 contadina — ci dà asprissima battaglia, sabotando il controllo in via d'organizzazione, sabotando, ad esempio, il monopolio dei cereali, con- quistando posizioni per la speculazione e il contrabbando. Noi siamo ancora ben lontani dalTaver applicato a sufficienza quanto abbiamo già stabilito nei nostri decreti, e il compito principale del momento è ap- punto quello di concentrare tutti gli sforzi nella attuazione pratica, concreta dei principi di quelle trasformazioni che sono già diventate legge (ma non ancora realtà). Per portare avanti la nazionalizzazione delle banche e proseguire fermamente l'opera volta a trasformare le banche in centri di conta- bilità pubblica nel regime socialista, bisogna innanzitutto e soprat- tutto ottenere reali successi, cioè aumentare il numero delle filiali della Banca nazionale, attirare i risparmiatori, facilitare al pubblico le opera- zioni di versamento e di prelevamento del denaro, eliminare le « code », cogliere sul fatto e fucilare i concussionari e i furfanti, ecc. Prima met- tere realmente in pratica le cose più semplici, organizzare per bene ciò che già esiste, e poi affrontare le cose più complesse. Consolidare e ordinare i monopoli statali già istituiti (sui cereali, sul cuoio, ecc.), e preparare cosf il monopolio statale del commercio estero; senza un tale monopolio non potremo « sottrarci » al dominio del capitale straniero pagandogli un « tributo ». E la possibilità stessa dell’edificazione socialista dipende dalla nostra capacità o meno di difen- dere la nostra indipendenza economica interna per un certo periodo di. tempo pagando un qualche tributo al capitale straniero. Anche nella riscossione delle imposte in generale, e delle imposte sul patrimonio sul reddito in particolare, siamo rimasti molto indietro, L'imposizione di tributi alla borghesia — misura assolutamente accet- tabile in linea di principio e meritevole dell’approvazione del proleta- riato, — dimostra che noi a questo riguardo siamo ancora più vicini ai metodi di conquista (strappare la Russia ai ricchi per darla ai po- veri), che ai metodi di amministrazione. Ma, per diventare più forti e reggerci più fermamente sulle nostre gambe, dobbiamo passare a questi toltimi metodi, dobbiamo sostituire ai tributi imposti alla bor- ghesia un’imposta sul patrimonio e sul reddito riscossa con regolarità e nella giusta misura, che renderà di piu allo Stato proletario e che esige da noi appunto una maggiore organizzazione, una migliore impo* stazione dell'inventario e del controllo. 8 — 2654 226 LENIN Il nostro ritardo nelTintrodurre l’obbligatorietà del lavoro mostra ancora una volta che all’ordine dei giorno si pone appunto il lavoro di preparazione e di organizzazione, che, da un lato, dovrà consolidare definitivamente ciò che è stato conquistato e che, dairaltro, è necessario per preparare l’operazione di « accerchiamento » del capitale che lo costringerà a « capitolare ». Noi dovremmo cominciare immediatamente ad introdurre l’obbligatorietà del lavoro, ma ad introdurla con grande cautela e gradualità, verificando ogni passo alla luce dell’esperienza pratica e naturalmente cominciando, come primo passo, a introdurre il lavoro obbligatorio per i ricchi. L’istituzione di un libretto di lavoro e di consumo per ogni borghese, compresa la borghesia delle campagne, costituirebbe un serio passo verso il « completo » accerchiamento del nemico e l’istituzione di un inventario e di un controllo veramente popolari sulla produzione e sulla distribuzione dei prodotti. importanza della battaglia per Vinventario e il controllo popolare Lo Stato, che è stato per secoli un organo di oppressione e di spoliazione del popolo, ci ha lasciato in eredità l’odio e la sfiducia massima delle masse per tutto ciò che è statale. Superare questi senti- menti è un compito assai difficile, che può essere risolto solo dal po- tere sovietico, ma che richiede, da questo, lungo tempo e un’enorme perseveranza. Questa « eredità » si manifesta in modo particolarmente acuto nella questione dell’inventario e del controllo, questione capi- tale per la rivoluzione socialista aH’indomani dell’abbattimento della borghesia. Passerà inevitabilmente un certo tempo prima che le masse, che si sono sentite per la prima volta libere dopo aver abbattuto i proprietari fondiari e la borghesia, comprendano — non dai libri, ma dalla loro stessa esperienza sovietica — e sentano che senza un inventario e un controllo statale generale sulla produzione e la distribuzione dei prodotti, il potere dei lavoratori, la libertà dei lavoratori non si può mantenere, e sarà inevitabile il ritorno sotto il giogo del capitalismo. Tutte le abitudini e le tradizioni della borghesia in generale, e della piccola borghesia in particolare, si oppongono anch’esse al con- trollo statale , sostengono l’intangibilità della « sacra proprietà privata », della « sacra » impresa privata. Oggi, constatiamo con particolare evi- denza fino a qual punto è giusta la tesi marxista secondo cui Panar- I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 227 chismo e Panarco-sindacalismo sono correnti borghesi , e quale insana- bile contrasto li divida dal socialismo, dalla dittatura proletaria, dal comuniSmo. La battaglia per inculcare nelle masse l’idea del controllo e dell’inventario statale, sovietico, per realizzare in pratica questa idea, per rompere con il maledetto passato, che aveva insegnato a conside- rare la lotta per il pane e il vestiario come un affare « privato », la compravendita come un mercato che « riguarda me solo », è veramente la battaglia piu grandiosa, d'importanza storica universale, che la co- scienza socialista abbia intrapreso contro la spontaneità anarchico-bor- ghese. Il controllo operaio è stato istituito da noi con forza di legge, ma comincia a penetrare con difficoltà nella vita e persino nella coscienza delle grandi masse del proletariato. Nella nostra agitazione noi non mettiamo abbastanza in rilievo, e gli operai e i contadini avanzati non ci pensano e non ne parlano abbastanza, che la mancanza di un con- trollo e di un inventario sulla produzione e la distribuzione dei pro- dotti uccide i germi del socialismo, dilapida l’erario (poiché tutti i beni appartengono aH’erario, e l’erario è il potere dei soviet, il potere della maggioranza dei lavoratori); che Tincuria neirinventario e nel controllo costituisce una diretta complicità con i Kornilov tedeschi e russi, i quali potranno rovesciare il potere dei lavoratori soltanto se non adempiremo i compiti deirinventario e del controllo, e con l’aiuto di tutta la borghesia contadina, con l’aiuto dei cadetti, dei menscevichi, dei socialistirrivoluzionari di destra ci « attendono al varco », aspettando il momento opportuno. E finché il controllo operaio non sarà divenuto una realtà, finché gli operai avanzati non avranno organizzato' e con- dotto a termine una campagna vittoriosa e implacabile contro i viola- tori del controllo o contro coloro che lo trascurano, non si potrà dal primo passo (il controllo, operaio) passare al secondo passo verso il socialismo, cioè passare alla regolamentazione operaia della produzione. Lo Stato socialista può sorgere soltanto come una rete di comuni di produzione e dì consumo, che calcolino coscienziosamente la loro produzione e i loro consumi, economizzino il lavoro, ne elevino costan- temente la produttività, riuscendo cosi a ridurre la giornata lavorativa a sette, a sei ore e anche meno, Non si può a questo punto fare a meno di organizzare un inventario e un controllo popolari rigorosissimi, un inventario e un controllo generali sul grano e sulla produzione del grano (e poi su tutti gli altri prodotti di prima necessità), Il capita- si 228 LENIN lismo ci ha lasciato in eredità organizzazioni di massa capaci di facilitare i] passaggio alPinventario e al controllo di massa sulla ripartizione dei prodotti: le cooperative di consumo. In Russia esse sono meno svilup- pate che nei paesi avanzati, ma tuttavia abbracciano oltre 10 milioni di persone. Il decreto sulle cooperative di consumo emanato in questi giorni 106 costituisce un fatto estremamente significativo che dimostra chiaramente la situazione particolare e i compiti della repubblica socia- lista sovietica nel momento attuale. Il decreto è un accordo concluso con le cooperative borghesi e con le cooperative operaie rimaste legate a un punte di vista borghese. L’accordo o il compromesso sta, in primo luogo, nel fatto che i rappre- sentanti delle dette istituzioni non solo hanno partecipato alla discus- sione del decreto, ma di fatto hanno anche avuto il diritto di voto deliberativo, giacché le parti del decreto che hanno incontrato una decisa opposizione da parte di queste istituzioni sono state soppresse. In secondo luogo, in sostanza, il compromesso consiste nella rinuncia del potere sovietico al principio dell’adesione gratuita alle cooperative (unico principio conseguentemente proletario), e cosi pure alla unifica- zione di tutta la popolazione di una determinata località in un’unica cooperativa. In deroga a questo principio, — unico principio socialista, che risponde allo scopo di eliminare le classi, — è stato concesso il diritto di esistenza alle « cooperative operaie di classe » (che in questo caso si chiamano « di classe » solo perché sono subordinate agli inte- ressi di classe della borghesia). Infine, la proposta avanzata dal potere sovietico di escludere completamente la borghesia dagli organi dirigenti delle cooperative è stata anch’essa molto attenuata, e il divieto di entrare a far parte degli organi dirigenti è stato esteso solo ai proprie- tari di aziende commerciali e industriali capitalistiche, private. Se il proletariato, che agisce attraverso il potere sovietico, fosse riuscito a organizzare l’inventario e il controllo su scala statale, o almeno a gettate le basi di questo controllo, non ci sarebbe stata ne- cessità di giungere a simili compromessi. Attraverso le sezioni anno- narie dei Soviet, attraverso gli organismi di approvvigionamento presso i soviet, avremmo raggruppato la popolazione in un’unica cooperativa diretta dal proletariato, senza il concorso delle cooperative borghesi, senza far concessioni al principio puramente borghese che spinge la cooperativa operaia a restare tale accanto alla cooperativa borghese invece di sottomettere completamente a sé questa cooperativa borghese I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 229 fondendo le due cooperative e, assumendo su di sé tutta la direzione e prendendo nelle proprie mani il compito di sorvegliare il consumo dei ricchi. Concludendo un simile accordo con le cooperative borghesi, il potere sovietico ha definito concretamente i suoi compiti tattici e i suoi particolari metodi d’azione per la presente fase di sviluppo, e cioè: dirigendo gli elementi borghesi, utilizzandoli, facendo loro certe concessioni parziali, noi creiamo le condizioni per un’avanzata che sarà piti lenta di quello che avevamo inizialmente previsto, ma al tempo stesso piu consistente, con basi e linee di comunicazione piu solide, e con posizioni piti saldamente conquistate. I soviet possono (e deb- bono) ora misurare i propri successi nell’edificazione socialista, tra l’altro, con un’unità di misura estremamente chiara, semplice, pratica: vedendo cioè in quante comunità (comuni o villaggi, quartieri, ecc.) sono sorte cooperative e in quale misura esse siano vicine ad abbrac- ciare tutta la popolazione. L'aumento della produttività del lavoro In ogni rivoluzione socialista, dopo che è stato risolto il compito della conquista del potere da parte del proletariato e nella misura in cui si risolve nelle grandi linee il compito di espropriare gli espropria- toli e di schiacciarne la resistenza, si pone necessariamente in primo piano il problema fondamentale di creare un regime sociale superiore al capitalismo, e, precisamente: aumentare la produttività del lavoro, e in relazione con questo (e a questo scopo) creare una superiore orga- nizzazione del lavoro. Il nostro potere sovietico si trova appunto nella situazione in cui, grazie alle vittorie sugli sfruttatori, da Kerenski a Kornilov, ha ottenuto la possibilità di passare direttamente alla solu- zione di questo compito, di affrontarla in pieno. E qui diviene subito evidente che, se ci si può impadronire in pochi giorni di un potere centrale statale, se in poche settimane si può schiacciare la resistenza armata (e il sabotaggio) degli sfruttatori, perfino nei diversi angoli di un grande paese, una soluzione durevole del problema di elevare la produttività del lavoro richiede in ogni caso (e soprattutto dopo una guerra straordinariamente dolorosa e devastatrice) parecchi anni. La 230 LENIN lunga durata di questo lavoro va qui indubbiamente attribuita a circo- stanze obiettive. L'aumento della produttività del lavoro esige anzitutto che siano garantite le basi materiali della grande industria: lo sviluppo della produzione dei combustibili, del ferro, delle macchine, dell'industria chimica. La repubblica sovietica russa si trova in condizioni favorevoli in quanto essa dispone — anche dopo la pace di Brest-Litovsk — di gigantesche riserve di minerali ferrosi (negli Urali), di combustibile nella Siberia occidentale (carbon fossile), nel Caucaso e nel Sud-est (petrolio), nel Centro (torba), di immense ricchezze forestali, idriche, di materie prime per l’industria chimica (Karbugaz), ecc. La trasforma- zione di queste ricchezze naturali con i metodi della tecnica più moderna fornirà la base a un progresso mai visto delle forze produttive. Un'altra condizione per elevare la produttività del lavoro è in primo luogo lo sviluppo educativo e culturale della massa della popo- lazione. Questo sviluppo procede ora con enorme rapidità, cosa che non vedono coloro che sono accecati dalla routine borghese e sono incapaci di comprendere quale slancio e quale spìrito d'iniziativa si ma- nifesta oggi negli « strati inferiori » del popolo grazie all'organizzazione sovietica. In secondo luogo condizione del progresso economico sono una maggiore disciplina dei lavoratori, capacità, solerzia, intensità nel lavoro, migliore organizzazione, Da questo punto di vista, se si dovesse credere a coloro che si lasciano spaventare dalla borghesia o che la servono per il proprio interesse, le cose andrebbero molto male da noi, e sarebbero addirit- tura disperate. Ma costoro non capiscono che non v'è stata mai né vi può essere rivoluzione senza che i fautori del vecchio regime non gridino alla rovina, all’anarchia, ecc. È naturale che le masse che si sono appena scrollate di dosso un giogo di una barbarie inaudita, siano in profondo e vasto fermento, che l’elaborazione dei nuovi principi di disciplina del lavoro da parte delle masse sia un processo molto lungo, che una tale elaborazione non possa nemmeno cominciare prima della vittoria completa sui grandi proprietari fondiari e sulla borghesia. Ma, senza lasciarci minimamente prendere dalla disperazione, spesso artificiosa, che viene diffusa dai borghesi e dagli intellettuali legati alla borghesia (che disperano di mantenere i loro vecchi privilegi) noi non dobbiamo affatto nascondere i mali evidenti. Al contrario dobbia- mo svelarli e intensificare i metodi sovietici di lotta contro di essi, I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 231 poiché il successo del socialismo non è concepibile senza che lo spirito di disciplina proletaria cosciente abbia vinto la spontanea anarchia pic- colo-borghese che è la premessa di una eventuale restaurazione del re- gime dei Kerenski e dei Kornilov. L’avanguardia più cosciente del proletariato russo si è già posto il compito di elevare la disciplina del lavoro. Per esempio, nel CC del sindacato dei metallurgici e nel Consiglio centrale dei. sindacati è cominciata un’elaborazione dei relativi provvedimenti e progetti di de- creti 10 \ Bisogna appoggiare questo lavoro e spingerlo avanti con tutte le forze. Bisogna mettere all’ordine del giorno, applicare praticamente e sperimentare il lavoro a cottimo. Applicare quel tanto che vi è di scientifico e di progressivo nel sistema Taylor, rendere il salario pro- porzionale ai risultati complessivi della produzione o del lavoro svolto dai trasporti ferroviari, marittimi, fluviali, ecc. In confronto ai lavoratori delle nazioni progredite, il russo è un cattivo lavoratore. E non poteva essere altrimenti sotto il regime zarista in cui sopravvivevano i resti del regime feudale. Imparare a lavorare: ecco il compito che il potere dei soviet deve porre di fronte al popolo in tutta la sua ampiezza. L’ultima parola del capitalismo a questo pro- posito, il sistema Taylor, — come tutti i progressi del capitalismo, — unisce in sé la crudeltà raffinata dello sfruttamento borghese e una serie di ricchissime conquiste scientifiche per quanto riguarda l’analisi dei movimenti meccanici durante il lavoro, l’eliminazione dei movimenti superflui e maldestri, l’elaborazione dei metodi di lavoro piu razionali, l’introduzione dei migliori sistemi di inventario e di controllo, ecc. La repubblica sovietica deve ad ogni costo assimilare tutto ciò che vi è di prezioso tra le conquiste della scienza e della tecnica in questo campo. La possibilità di realizzare il socialismo sarà determinata ap- punto dai successi che sapremo conseguire nel combinare il potere so- vietico e l’organizzazione amministrativa sovietica con i piu recenti progressi del capitalismo. Bisogna introdurre in Russia lo studio e l’in- segnamento del sistema Taylor, sperimentarlo e adattarlo sistematica- mente. Mentre si opera per aumentare la produttività del lavoro biso- gna al tempo stesso tener conto delle particolarità del periodo di transizione dal capitalismo al socialismo, le quali da un Iato esigono che siano gettate le basi dell’organizzazione socialista dell’emulazione, e dall’altro richiedono l’uso della costrizione, si che la parola d’or- 232 LENIN dine della dittatura del proletariato non sia oscurata in pratica dalla inconsistenza del potere proletario. L’organizzazione dell’emulazione Nel novero delle assurdità che la borghesia diffonde volentieri a proposito del socialismo vi è quella secondo cui i socialisti neghereb- bero l’importanza delPemulazione. In realtà solo il socialismo, elimi- nando le classi e, di conseguenza, l’asservimento delle masse, apre per la prima volta la strada a un’emulazione veramente di massa. Ed è appunto l’organizzazione sovietica che, passando dalla democrazia for- male della repubblica borghese all’effettiva partecipazione delle masse lavoratrici al governo , crea per la prima volta ampie possibilità per l’emulazione. Questo è molto più facile farlo nel campo politico che non in quello economico, ma è proprio quest’ultimo che è importante per il successo del socialismo. Prendiamo un mezzo di organizzazione dell’emulazione come la pubblicità. La repubblica borghese la garantisce solo formalmente ma di fatto essa assoggetta la stampa al capitale, diverte il « volgo » con piccanti futilità politiche e nasconde ciò che avviene nei luoghi di lavoro, negli affari commerciali, nelle forniture, ecc., con il pretesto del « segreto commerciale », che tutela la « proprietà privata ». Il po- tere dei soviet ha abolito il segreto commerciale, si è messo su una strada nuova, ma per sfruttare la pubblicità ai fini dell’emulazione eco- nomica non abbiamo fatto ancora quasi nulla. Bisogna mettersi sistematicamente al lavoro perché, accanto alla repressione implacabile contro la stampa borghese profondamente menzognera e sfrontatamente calunniatrice, si conduca un’azione per creare una stampa che non di- verta e non inganni le masse con piccanti stupidità politiche, ma sot- toponga al giudizio delle masse le questioni economiche di ogni giorno e le aiuti a studiarle seriamente. Ogni fabbrica, ogni villaggio è una comune di produzione e di consumo, che ha il diritto e il dovere di applicare a suo modo le disposizioni legislative sovietiche (« a suo mo- do » non nel senso di violarle, ma nel senso della diversità delle forme di applicazione), di risolvere a suo modo il problema dell’inventario della produzione e della distribuzione dei prodotti. Nel regime capita- listico questo era un « affare privato » del singolo capitalista, grande I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 233 proprietario fondiario o kulak. Sotto il potere sovietico non è un affare privato, ma un importantissimo affare di Stato. E noi non abbiamo ancora quasi per nulla affrontato Tenorme, difficile, ma fecondo lavoro di organizzare l’emulazione tra le comu- ni, per introdurre il controllo pubblico nel processo di produzione dei cereali, dell’abbigliamento, ecc., per trasformare i rendiconti aridi, morti, burocratici in vivi esempi che respingano o attraggano. Con il metodo di produzione capitalistico l’importanza del singolo esempio, poniamo di una qualsiasi cooperativa di produzione, era per forza di cose limita- tissima, e solo l’illusione piccoloborghese poteva sognare di « emen- dare » il capitalismo, influenzandolo con il modello di ottime istitu- zioni. Dopo che il potere politico è passato nelle mani del proletariato, e che gli espropriatori sono stati espropriati, le cose mutano radical- mente e — come i piu illustri socialisti hanno più volte indicato — la forza dell’esempio acquista per la prima volta la possibilità di eser- citare una sua azione di massa. Le comuni modello debbono servire e serviranno da centri di educazione, di istruzione, di incitamento delle altre comuni. La stampa deve servire da strumento dell’edificazione socialista, facendo conoscere in tutti i particolari i successi conseguiti dalle comuni modello, studiando le cause dei loro successi, i metodi della loro gestione e mettendo, d’altro lato, « sul libro nero » le co* munì che si ostinano a conservare le « tradizioni del capitalismo », cioè l'anarchia, la negligenza, il disordine, la speculazione. Nella so- cietà capitalistica la statistica era oggetto di competenza esclusiva dei « funzionari statali » o di ristretti specialisti: noi dobbiamo portarla tra le masse, popolarizzarla, affinché i lavoratori imparino gradualmente a capire e a vedere da sé come e quanto si deve lavorare, come e quanto si può riposare, affinché il confronto dei risultati economici delle singoli comuni divenga oggetto di interesse e di studio generale, affin- ché le comuni migliori vengano immediatamente premiate (con la ridu- zione per un certo periodo della giornata lavorativa, con l’aumento dei salari, con l’assegnazione di una maggior quantità di beni e valori cul- turali o estetici, ecc.). Quando la nuova classe appare sulla scena della storia in veste di guida e dirigente della società, ciò non avviene mai senza un pe- riodo di violentissimi « scossoni », di perturbazioni, di lotte e di tem- peste, da un lato, e di passi incerti, di esperimenti, di oscillazioni, di esitazioni nella scelta dei nuovi metodi rispondenti alla nuova situa- 234 LENIN zione obiettiva, dall’altro. L’agonizzante nobiltà feudale si vendicava della borghesia vittoriosa che la soppiantava, non soltanto con com- plotti, tentativi di rivolta e di restaurazione, ma anche con torrenti di scherno contro l’incapacità, la goffaggine, gli errori dei « nuovi ricchi », degli « sfrontati » che avevano osato prendere nelle loro mani il « sacro timone » dello Stato senza avere la preparazione secolare dei principi, dei baroni, dei nobili, dei magnati, esattamente come oggi in Russia i Kornilov e i Kerenski, i Gots e i Martov, tutta questa confraternita di eroi dell’affarismo e dello scetticismo borghese, si vendicano della classe operaia per il suo « temerario » tentativo di prendere il potere. È evidente che occorrono non settimane, ma lunghi mesi o anni perché la nuova classe sociale, e tra l’altro una classe finora oppressa, schiacciata dal bisogno e dall’ignoranza, possa adattarsi alla nuova situa- zione, a orientarsi, a organizzare il proprio lavoro, a esprimere i propri organizzatori. È chiaro che il partito che dirige il proletariato rivolu- zionario non ha potuto acquistare la pratica e l’esperienza dei grandi provvedimenti organizzativi validi per milioni e decine di milioni di cittadini e che la trasformazione dei vecchi metodi, quasi esclusivamente agitatori, richiede molto tempo. Ma non v’è qui nulla di impossibile, e una volta che avremo acquistato la chiara coscienza della neces- sità di questo mutamento, la salda decisione di realizzarlo, la tenacia nel perseguire questo grandioso e difficile compito, noi saremo capaci di adempierlo. Nel « popolo », cioè tra gli operai e coloro che non sfruttano il lavoro altrui, c’è una vera e propria massa di talenti orga- nizzativi; il capitale li ha oppressi, soffocati, respinti a migliaia; e noi non sappiamo ancora scoprirli, incoraggiarli, elevarli, portarli avanti. Ma impareremo, se ci accingeremo a farlo con tutto l’entusiasmo rivo- luzionario, senza il quale non vi possono essere rivoluzioni vittoriose. Nella storia non è mai avvenuto un profondo e possente movi- mento popolare senza che apparisse una schiuma fangosa, senza che agli inesperti innovatori non si aggregassero avventurieri e furfanti, fan- faroni e schiamazzatori, senza un’assurda baraonda, confusione, senza vano affaccendarsi, senza che certi « capi » tentassero di accingersi a venti imprese senza portarne a termine neppure una. Guaiscano e ab- baino, pure i botoli della società borghese, da Bielorussov a Martov, per ogni scheggia in piu che vola durante il taglio della grande, vecchia foresta! Per questo appunto sono botoli, perché abbaiano contro l’ele- fante proletario. Abbaino pure! Noi seguiremo la nostra strada cercando I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 23,5 di sperimentare e di individuare, con la maggior cautela e pazienza possi- bile, i veri organizzatori, gli uomini di sano intelletto e dotati di spirito pratico, gli uomini che uniscano alla fedeltà verso il socialismo la capa- cità di organizzare senza chiasso (e nonostante la confusione e il chias- so) il lavoro comune energico e concorde di un gran numero di per- sone nel quadro dell’organizzazione sovietica. Soltanto questi uomini, dopo essere stati messi dieci volte alla prova e promossi dai compiti più semplici ai piu difficili, debbono essere portati a ricoprire i posti di responsabilità, di dirigenti del lavoro del popolo, di dirigenti del- l 'amministrazione, Non abbiamo ancora imparato a farlo, ma impareremo. « Buona organizzazione » e dittatura La risoluzione dell’ultimo congresso dei soviet (tenuto a Mosca) pone come primissimo compito del momento la creazione di una « orga- nizzazione funzionale » e il rafforzamento della disciplina 108 . Tutti ora « votano » e « sottoscrivono » volentieri risoluzioni di questo genere, ma di solito non riflettono molto sul fatto che per metterle in pratica è necessaria la costrizione, e precisamente la costrizione sotto forma di dittatura. Sarebbe tra l’altro una grossissima sciocchezza e ridicolissimo utopismo ritenere che senza costrizione e senza dittatura sia possibile passare dal capitalismo al socialismo. Già da molto tempo e con la mag- giore decisione la teoria di Marx ha criticato questa assurdità anarchica e piccolo-borghese. E la Russia del 1917-1918 conferma la teoria di Marx a questo riguardo in modo cosi evidente, tangibile e persuasivo, che solo uomini irrimediabilmente ottusi o testardamente decisi al ri- fiuto della verità possono ancora sbagliare a questo proposito. O la dittatura di Kornilov (se lo si considera il tipo russo del Cavaignac borghese), o la dittatura del proletariato: per un paese che compie uno sviluppo estremamente rapido segnato da svolte eccezionalmente brusche, in preda al più tremendo sfacelo creato dalla più crudele delle guerre, non si può nemmeno parlare di un’altra via d’uscita. Tutte le soluzioni intermedie sono un tentativo della borghesia di ingannare il popolò, della borghesia che non può dire la verità, non può dire di aver bisogno di un Kornilov, oppure ottusa escogitazione di demo- cratici piccolo-borghesi, dei Cernov, Tsereteli e Martov, con le loro chiacchiere sull’unità della democrazia, sulla dittatura della democrazia, 236 LENIN sul fronte comune della democrazia e altre sciocchezze simili. Chi non ha imparato nemmeno da tutto il corso della rivoluzione russa del 1917-1918 che le soluzioni intermedie non sono possibili, è un uomo da non prendere in alcuna considerazione. D'altro canto non è difficile convincersi che in ogni periodo di transizione dal capitalismo al socialismo la dittatura è necessaria per due ragioni principali o in due principali direzioni. In primo luogo, non si può vincere e sradicare il capitalismo senza schiacciare impla- cabilmente la resistenza degli sfruttatori, che non possono essere pri- vati di colpo delle loro ricchezze, dei loro vantaggi nel campo del- l'organizzazione e del sapere, e quindi, per un periodo abbastanza lungo, tenteranno inevitabilmente di rovesciare lodiate potere dei poveri. In secondo luogo, ogni grande rivoluzione, e in particolare la rivoluzione socialista, anche se non ci fosse una guerra esterna, è inconcepibile senza una guerra interna, cioè una guerra civile, che significa uno sfa- celo ancora maggiore della guerra esterna, che significa migliaia e milioni di casi di esitazione e di passaggio dall'uno allibro campo, che significa uno stato di estrema incertezza, di squilibrio, di caos. Ed è naturale che in una rivoluzione cosf profonda tutti gli elementi di disgregazione della vecchia società, inevitabilmente assai numerosi e collegati soprattutto con la piccola borghesia (giacché questa è la più colpita e rovinata da ogni guerra e da ogni crisi), non possono « non manifestarsi ». E questi elementi disgregatori non possono « manife- starsi » altrimenti che moltiplicando i delitti, gli atti di teppismo, la corruzione, la speculazione e altre malefatte di ogni genere. Per far fronte a tutto questo ci vuole tempo e ci vuole un pugno di ferro . Nella storia non c'è stata mai una grande rivoluzione in cui il popolo non l’abbia sentito istintivamente e non abbia mostrato salutare fermezza fucilando i ladri sul posto. Il guaio delle precedenti rivolu- zioni è stato che l’entusiasmo rivoluzionario delle masse, che sosteneva il loro stato di tensione e dava loro la forza di reprimere senza pietà gli elementi disgregatori, non durava a lungo. La causa sociale, cioè di classe, di questa instabilità dell'entusiasmo rivoluzionario delle masse, era la debolezza del proletariato, Y unico e il solo che sia in grado (se è abbastanza numeroso, cosciente e disciplinato) di raccogliere intorno a sé la maggioranza dei lavoratori e degli sfruttati (la maggioranza dei poveri, per parlare in modo più semplice e popolare) e di conservare il I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 237 potere abbastanza a lungo per reprimere definitivamente sia tutti gli sfruttatori che tutti gli elementi di disgregazione. Questa esperienza storica di tutte le rivoluzioni, questa lezione economica e politica derivante dalla storia universale, fu riassunta da Marx nella formula breve, netta, precisa e chiara: dittatura del prole- tariato. E che la rivoluzione russa si sia accinta in modo giusto all’at- tuazione di questo compito d’importanza storica universale, è dimo- strato dalla marcia trionfale che l’organizzazione sovietica ha compiuto tra tutti i popoli e le nazionalità della Russia. Giacché il potere sovie- tico non è altro che la forma organizzativa della dittatura del proleta- riato, della dittatura della classe più avanzata, che eleva a una nuova forma di democrazia, alla partecipazione autonoma al governo dello Stato decine e decine di milioni di lavoratori e di sfruttati, i quali imparano per propria esperienza a vedere nell’avanguardia disciplinata e cosciente del proletariato la loro guida più sicura. Ma dittatura è una grande parola. E le grandi parole non possono essere gettate al vento. La dittatura è un potere ferreo, rapido e audace in senso rivoluzionario, implacabile nella repressione sia degli sfrutta- tori che dei criminali. Il nostro potere invece è eccessivamente mite, addirittura piu simile alla gelatina che al ferro. Non bisogna dimenti- care nemmeno un istante che gli elementi borghesi e piccolo-borghesi combattono contro il potere sovietico in due modi: da un lato, agendo dall’esterno, con i metodi dei Savinkov, dei Gots, dei Ghegheckori, dei Kornilov, con complotti e rivolte e con la loro sudicia espressione « ideologica »: i fiumi di menzogne e di calunnie che appaiono sulla stampa dei cadetti, dei socialisti-rivoluzionari di destra e dei mensce- vichi; dall’altro lato, questo elemento agisce dall’interno, sfruttando ogni elemento di disgregazione, ogni debolezza per corrompere, per aggra- vare l’indisciplina, l’abbandono, il caos. Quanto più ci avviciniamo alla totale repressione armata della borghesia, tanto più pericoloso diviene per noi l’elemento anarchico piccolo-borghese. E la lotta contro questo elemento non va condotta soltanto con la propaganda e l’agitazione, soltanto organizzando l’emulazione, soltanto con la selezione degli orga- nizzatori: la lotta va condotta anche con la costrizione. A mano a mano che il compito fondamentale del potere diventerà non più la repressione di carattere militare, ma l’amministrazione, la ti- pica manifestazione della repressione e della coercizione non sarà più la fucilazione sul posto, ma il processo in tribunale. Anche da questo 238 LENIN punto di vista, dopo il 2.5 ottobre 1917 le masse hanno imboccato la strada giusta e hanno dimostrato la vitalità della rivoluzione comin- ciando a organizzare i loro tribunali operai e contadini ancora prima che qualunque decreto sancisse la scioglimento dell’apparato giudi- ziàrio burocratico-borghese. Ma i nostri tribunali rivoluzionari e popo- lari sono eccessivamente, incredibilmente deboli. Si sente che non è stata ancora definitivamente battuta la concezione, lasciataci in eredità dal giogo dei grandi proprietari fondiari e della borghesia, che il popolo ha del tribunale come qualcosa di burocraticamente estraneo. Non c'è sufficiente coscienza del fatto che il tribunale è un organo destinato a far partecipare appunto tutti i poveri alla direzione dello Stato (giacché Fattività giudiziaria è una delle funzioni dell'amministrazione dello Stato), che il tribunale è l'organo del potere del proletariato e dei contadini poveri, che il tribunale è uno strumento di edu- cazione alla disciplina. Non c’è abbastanza coscienza del fatto, cosi semplice ed evidente, che se i mali principali della Russia sono la fame e la disoccupazione, nessuno slancio potrà vincere questa calamità, ma solo un’organizzazione e una disciplina generale di tutto il popolo, che consentirà di aumentare la produzione del pane per gli uomini e del pane per l’industria (il combustibile), di trasportarlo in tempo utile e di distribuirlo in modo giusto; che perciò chiunque trasgredisce la di- sciplina del lavoro in qualsiasi azienda, in qualsiasi officina, in qual- siasi impresa è colpevole delle sofferènze causate dalla carestia e dalla disoccupazione; e che i colpevoli debbono essere scoperti, trascinati davanti al tribunale e puniti senza pietà. L’elemento piccolo-borghese, contro il quale dobbiamo ota< condurre la lotta piu perseverante, si rivela appunto nella scarsa coscienza del nesso economico e politico esistente tra la carestia e la disoccupazione, da un lato, e la negligenza di tutti e di' ciascuno nel campo della organizzazione della disciplina, dall’altro, nell’ostinata concezione piccolo-borghese', riempiamo il sacco il più possibile, e poi avvenga quel che avvenga! Nel settore delle ferrovie, che forse incarnano nel modo più evi- dente i nessi economici dell’organismo creato dal grande capitale, questa lotta dell’elemento della negligenza piccolo-borghese contro lo spirito di organizzazione del proletario si manifesta con particolare evidenza. L’elemento « amministrativo » fornisce sabotatori e concussionari in grande abbondanza; l’elemento proletario nella sua parte migliore lotta per la disciplina; ma nell’uno e nell’altro elemento, naturalmente, vi I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 239 sono molti esitanti, « deboli », incapaci’ di resistere alla « tentazione » delle speculazioni, delle bustarelle, del lucro personale, ottenuto a danno di tutto Tapparato, dal buon funzionamento del quale dipende la vittoria sulla fame e la disoccupazione. Caratteristica è la lotta che si è accesa su questo terreno intorno airultimo decreto suiramministrazione delle ferrovie, decreto che con- ferisce pieni poteri dittatoriali (o « poteri illimitati ») a singoli diri- genti 109 . I rappresentanti coscienti (ma per lo piu, probabilmente, in- coscienti) della negligenza piccolo-borghese hanno voluto vedere nel conferimento di poteri « illimitati » (cioè dittatoriali) a singole persone una deroga dal principio della collegialità, dalla democraticità e dai principi del potere sovietico, Tra i socialisti-rivoluzionari di sinistra si è sviluppata qua e là un’agitazione contro il decreto sui, poteri ditta- toriali veramente teppistica, che faceva cioè appello ai peggiori istinti e alla tendenza piccolo-proprietaria di « riempire il sacco ». La que- stione ha assunto veramente una enorme importanza: in primo luogo, in linea di principio la designazione di sìngole persone investite di po- teri illimitati, dittatoriali, è o nò compatibile con i principi fondamen- tali del potere sovietico; in secondo luogo, quale rapporto* esiste tra questo caso, se volete questo precedente, e i compiti specifici del potere in questa situazione concreta. Su ambedue le questioni bisogna soffer- marsi con la massima attenzione, Che la dittatura di singoli individui sia stata assai spesso, nella storia dei movimento rivoluzionari, espressione, veicolo, strumento della dittatura delle classi rivoluzionarie, lo dimostra l’inconfutabile espe- rienza della storia. Che la democrazia borghese sia stata compatibile con la dittatura di singoli è fuor dì dubbio. Ma su questo punto i denigratori borghesi del potere sovietico, nonché i loro tirapiedi pic- colo-borghesi, dimostrano sempre una grande destrezza: da una parte dichiarano che il potere sovietico è semplicemente qualcosa di assurdo, di anarchico, di selvaggio, eludendo accuratamente tutti i nostri paral- leli storici e tutte le nostre dimostrazioni teoriche che provano come i soviet costituiscano la forma superiore di democrazia, anzi di piu, Tini- zio della forma socialista della democrazia; dall’altra parte invece essi esigono da noi una forma di democrazia piu alta di quella borghese e dicono: con la vostra democrazia sovietica, bolscevica (cioè non bor- ghese, ma socialista ), la dittatura personale è assolutamente incom- patibile. 240 LENIN Sono ragionamenti che non stanno in piedi. Se non siamo anar- chici, dobbiamo ammettere la necessità di uno Stato, cioè della coerci- zione per il passaggio dal capitalismo al socialismo. La forma della coercizione è determinata dal grado di sviluppo della classe rivoluzio- naria, e poi da particolari circostanze, come, ad esempio, l’eredità di una guerra lunga e reazionaria, infine dalle forme di resistenza della borghesia e della piccola borghesia. Perciò non vi è decisamente nes- suna contraddizione di principio tra la democrazia sovietica ( cioè socialista) e l’impiego del potere dittatoriale di singoli individui. La differenza tra la dittatura proletaria e la dittatura borghese è che la prima dirige i suoi colpi contro la minoranza sfruttatrice nell’interesse della maggioranza sfruttata, e poi che essa è realizzata — anche attra- verso i singoli individui — non solo dalle masse lavoratrici e sfruttate, ma anche da organizzazioni costituite in modo tale da risvegliare que- ste masse e portarle all’altezza dell’azione storicamente creativa (le organizzazioni sovietiche appartengono a questo tipo di organizzazioni). Sulla seconda questione, cioè sull’importanza di un potere dittato- riale personale dal punto di vista dei compiti specifici del momento, bisogna dire che qualsiasi grande industria meccanica — cioè appunto la fonte materiale, produttiva e il fondamento del socialismo — esige un’assoluta e rigorosissima unità di volontà, che diriga il lavoro comune di centinaia, migliaia e decine di migliaia di uomini. Tecnicamente, economicamente, storicamente questa necessità è evidente, e tutti co- loro che pensano al socialismo l’hanno sempre riconosciuta come una sua condizione. Ma come può essere assicurata la piu rigorosa unità di volontà? Con la sottomissione della volontà di migliaia di persone alla volontà di uno solo. Se i partecipanti al lavoro comune danno prova di una coscienza e di uno spirito di disciplina ideali, questa sottomissione può ricordare più che altro la direzione delicata di un direttore d’orchestra. Se non c’è questa disciplina e questa coscienza ideale, può assumere le dure forme della dittatura. Ma, in un modo o nell’altro, la sottomissione senza riserve ad un’unica volontà è assolutamente necessaria per il successo dei processi di lavoro organizzato sul modello della grande industria meccanica. Per le ferrovie essa è due volte, tre volte neces- saria. Ed è appunto questo passaggio da un compito politico all’altro, esteriormente del tutto diverso, che costituisce tutta l’originalità del momento attuale. La rivoluzione ha appena spezzato le più antiche. I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 241 solide e pesanti catene a cui le masse erano state assoggettate dal regime del bastone. Questo accadeva ieri. Ma oggi la rivoluzione stessa, e proprio nelPinteresse del suo sviluppo e del suo consolidamento, nel- l’interesse del socialismo, esige la sottomissione sema, riserve delle masse alla volontà unica di chi dirige il processo lavorativo. È chiaro che un tale passaggio non è pensabile avvenga di colpo. È chiaro che esso è realizzabile solo a prezzo di fortissimi urti, scosse, ritorni all’an- tico, di una enorme tensione di energie da parte dell’avanguardia proletaria che guida il popolo verso la creazione del nuovo. A questo non pensano coloro che cadono in preda aH’isterismo filisteo della Novaia Gìzn o del Vperiod, del Dielo Naroda o del Nasc Viekb. Prendete la mentalità dèi rappresentante medio, di base, della massa lavoratrice sfruttata, e confrontatela con le condizioni materiali, obiettive della sua vita sociale. Prima della Rivoluzione d’ottobre egli non aveva ancora visto nella realtà che le classi possidenti, sfruttatrici, sacrificassero qualcosa di. effettivamente serio per loro, agissero in suo favore. Egli non aveva ancora visto che gli dessero la terra piu volte promessa e la libertà, che gli dessero la pace, che rinunciassero agli interessi della « posizione ‘di grande potenza » e ai trattati segreti da grande potenza, che rinunciassero al capitale e ai profitti. Questo l’ha visto solo dopo il 25 ottobre 1917, allorché, ha preso tutto questo da sé con la forza, e con la forza ha poi dovuto difenderlo dai Keren- ski, dai Gotz, dai Ghegheckori, dai Dutov, dai Kornilov. Si ca- pisce che per un certo tempo tutta la sua attenzione, tutti i suoi pensieri e le sue forze sono stati tesi esclusivamente a uno scopo: tirare il fiato, raddrizzare la schiena, guardarsi intorno, afferrare i beni più vicini della vita, che . ora gli era possibile prendere e che gli sfrut- tatori ora abbattuti non gli avevano mai concesso, Si capisce che un certo tempo è necessario affinché il rappresentante medio della massa non solo veda con i propri occhi e si convinca, ma senta altresì che non si può semplicemente « prendere », afferrare, strappare, che ciò aggrava lo sfacelo, porta alla rovina, al ritorno dei Kornilov. Il muta- mento nelle condizioni di vita (e quindi, anche nella mentalità) della grande massa lavoratrice comincia appéna. E tutto il nostro compito, il compito del partito comunista (bolscevico), che è l’espressione co- sciente delle aspirazioni degli sfruttati all’emancipazione, è di rendersi conto di questo mutamento, di comprenderne la necessità, di mettersi alla testa delle masse esauste e che cercano stancamente una via d’uscita, 242 LENIN di condurle sulla giusta via, sulla via della disciplina nel lavpro, sulla via che permetta di conciliare il compito di discutere nelle riunioni sulle condizioni di lavoro con il compito di obbedire senza riserve alla volontà del dirigente, del dittatore sovietico, durante il lavoro. I borghesi, i menscevichi, gli uomini della Novaia Gizn , che ve- dono solo il caos, la confusione, le esplosioni di egoismo piccolo-pro- prietario ridono della « mania delle riunioni » e ancor piu spesso se ne fanno malignamente beffe. Ma senza le riunioni la massa degli oppressi non potrebbe mai passare dalla disciplina imposta dàgli sfrut- tatori alla disciplina cosciente e volontaria. Discutere nelle riunioni, questo è appunto la vera democrazia dei lavoratori, il loro modo di raddrizzare la schiena, di risvegliarsi a una nuova vita e che fa fare loro i primi passi su un terreno che essi stessi hanno ripulito dai rettili (sfrut- tatori, imperialisti, proprietari fondiari, capitalisti) ma che vogliono im- parare a organizzare da soli a loro modo, per se stessi, in base ai princìpi del loro potere sovietico e non di un potere estraneo, aristocratico, borghese. Occorreva appunto la vittoria dell’Ottobre che i lavoratori hanno riportato sugli sfruttatori, occorreva un’intera fase storica in. cui i lavoratori cominciassero a discutere essi stessi le nuove condizioni di vita e i nuovi compiti, perché diventasse possibile un passaggio du- revolé a forme superiori di disciplina nel lavóro, a una cosciente assi- milazione della necessità della dittatura del proletariato, alla sottomis- sione senza riserve alle disposizioni impartite dai singoli rappresentanti del potere sovietico durante il lavoro. Questo passaggio è cominciato ora. Noi abbiamo realizzato con successo il primo compito della rivo- luzione, abbiamo visto le masse lavoratrici creare in se stesse la condi- zione fondamentale del suo successo, e cioè l'unione degli sforzi contro gli sfruttatori per rovesciarli. Tappe come l’ottobre 1905, il febbraio e l’ottobre del 1917, hanno un’importanza storica universale. Noi abbiamo realizzato con successo il secondo compito della rivo- luzione: risvegliare e sollevare proprio quegli strati sociali « inferiori », che gli sfruttatori avevano spinto in basso, e che solo dopo il 25 otto- bre 1917 hanno avuto piena libertà di rovesciare gli sfruttatori e di cominciare a guardarsi intorno ed a organizzarsi a modo loro. Le riu- nioni proprio della massa dei lavoratori piu oppressa e calpestata, e meno preparata, il suo passaggio dalla parte dei bolsceviche la crea- i Compiti immediati del potere sovietico 243 zione da parte sua della propria organizzazione sovietica in ogni dove: ecco la seconda grande tappa della rivoluzione. Incomincia la terza tappa. Dobbiamo consolidare ciò che noi stessi abbiamo conquistato, che noi stessi abbiamo decretato, legife- rato, discusso, tracciato; dobbiamo consolidarlo nelle forme stabili di una quotidiana disciplina del lavoro . È il compito piu difficile, ma anche piu fecondo, giacché solo quando saremo riusciti ad adempierlo potremo avere degli ordinamenti socialisti. Bisogna imparare a unire insieme lo spirito democratico impetuoso, violento come la piena prima- verile che trabocca da tutte le rive, amante delle discussioni e delle riunioni, che è proprio delle masse lavoratrici, con una disciplina ferrea durante il lavoro, con la sottomissione senza riserve alla volontà di una sola persona, del dirigente sovietico, durante il lavoro. Questo non Tabbiamo ancora imparato. Ma lo impareremo. Ieri la restaurazione dello sfruttamento borghese ci ha minacciato nella persona dei Kornilov, dei Gots, dei Dutov, dei Ghegheckori, dei Bogaievski. Noi li abbiamo vinti. Questa restaurazione, la stessa restau- razione, ci minaccia oggi in altra forma, nella forma dell elemento pic- colo-borghese della negligenza e delTanarchismo, nelPelemento piccolo- proprietario che dice: « non è cosa che mi riguardi »; nella forma di piccoli ma numerosi attacchi e colpi quotidiani che questo elemento porta allo spirito di disciplina proletaria. Dobbiamo vincere questo elemento di anarchia piccolo-borghese, e, lo vinceremo. Lo sviluppo dell organizzazione sovietica Il carattere socialista della democrazia sovietica — cioè proletaria , nella sua applicazione concreta, attuale — consiste in primo luogo nel fatto che gli elettori sono le masse lavoratrici sfruttate, e che la bor- ghesia è esclusa; in secondo luogo tutte le formalità burocratiche e le limitazioni elettorali sono cessate, le masse stesse fissano il sistema e i termini delle elezioni e hanno piena libertà di revocare gli eletti; in terzo luogo si crea la migliore organizzazione di massa dell’avanguardia dei lavoratori, cioè del proletariato della grande industria, che permette a questo ultimo di dirigere le piu larghe masse degli sfruttati, di farle partecipare a una vita politica autonoma, di educarle politicamente sulla 244 LENIN base della loro stessa esperienza; cosi per la prima volta ci si accinge a far si che realmente tutta la popolazione impari a governare e co- mincia a governare. Queste sono le caratteristiche principali che distinguono la forma di democrazia che ha trovato applicazione in Russia, e che è il piu alto tipo di democrazia, il quale segna la rottura con la deformazione bor- ghese della democrazia e il passaggio alla democrazia socialista, e a condizioni che permettono allo Stato di cominciare ad estinguersi. Va da sé che Pelemento della disorganizzazione piccolo-borghese (che in ogni rivoluzione proletaria si manifesterà inevitabilmente in mag- giore o minor misura, e che nella nostra rivoluzione, a causa del carat- tere piccolo-borghese del paese, della sua arretratezza e delle conse- guenze della guerra reazionaria, si manifesta con particolare energia) non può non lasciare la sua impronta anche sui soviet. Dobbiamo lavorare senza soste a sviluppare ^organizzazione dei soviet e del potere sovietico, Vi è una tendenza piccolo-borghese a trasformare i membri dei soviet in « parlamentari » o, d’altra parte, in burocrati. Bisogna combattere questa tendenza, facendo partecipare praticamente all’amministrazione tutti i membri dei soviet. In. molte lo- calità le sezioni dei soviet si trasformano in organi che a poco a poco si fondono con i commissariati. Il nostro scopo è di far partecipare pra- ticamente tutti i poveri all’amministrazione dello Stato, e tutti i passi compiuti per attuare questo obiettivo — e quanto più vari saranno, meglio sarà — devono essere accuratamente registrati, studiati, classifi- cati, verificati sulla base di una più ampia esperienza, .trasformati in leggi. Il nostro scópo è di far sì che ogni lavoratore, dopo aver terminato le « lezioni » delle otto ore di lavoro produttivo, adempia gratuitamente le funzioni statali: il passaggio a tutto questo è particolarmente difficile, ma solo in esso è la garanzia del definitivo consolidamento del socia- lismo. La novità e la difficoltà del cambiamento provoca, naturalmente, una gran quantità di passi compiuti, per così dire, a tentoni, una gran quantità di errori, di esitazioni, senza di che non vi può essere nessun deciso movimento in avanti. Tutta Poriginalità della situazione che attra- versiamo consiste, dal punto di vista di molti che vogliono essere con- siderati socialisti, nel fatto che la gente si è abituata a contrapporre astrattamente il socialismo al capitalismo, e tra questo e quello met- tono acutamente la parola « salto » (alcuni, ricordando singoli brani letti in Engels, con acume ancora maggiore aggiungevano: « il salto dal re- I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 245 gno della necessità al regno* della libertà » no ). Ma la maggior parte di questi cosiddetti socialisti, che il socialismo « lo hanno letto nei libri », ma non hanno mai penetrato seriamente i suoi problemi, non sono riusciti a comprendere che per « salto » i maestri del socialismo inten- devano una svolta costituita da rivolgimenti della storia mondiale e che salti di questo genere abbracciano periodi di dieci anni e anche piu. Naturalmente, la famosa « intellettualità » fornisce in questi pe- riodi un gran numero di prediche; una piange l’Assemblea costituente, l'altra la disciplina borghese, la terza Lordine capitalistico, la quarta il grande proprietario fondiario bene educato, la quinta la posizione di grande potenza imperialistica, e cosi via. La cosa veramente interessante nell'epoca dei grandi salti è che l’abbondanza di rovine del passato, che a volte si ammassano più rapi- damente di quanto non appaiono i germi (non sempre visibili imme- diatamente) del nuovo, esige che si sappia individuare Tessenziale nella linea o nella catena dello sviluppo. Vi sono momenti storici in cui per il successo della rivoluzione la cosa più importante di tutte è accumu- lare più rovine possibili, cioè far saltare in aria il maggior numero pos- sibile di vecchie istituzioni; vi sono momenti in cui si è fatto saltare abbastanza e sopravviene il lavoro « prosaico » (« noioso » per il rivolu- zionario piccolo-borghese) di ripulire il terreno dalle rovine; vi sono momenti in cui la cosa più importante è curare con sollecitudine i germi del nuovo che crescono tra le rovine in un terreno che ancora è stato solo in minima parte ripulito dalle macerie. Non basta essere rivoluzionario e fautore del socialismo o comu- nista in generale. Bisogna saper trovare in ogni particolare momento il particolare anello della catena a cui bisogna aggrapparsi con tutte le forze, per reggere tutta la catena e preparare un sicuro passaggio al- l’anello successivo; e l’ordine degli anelli, la loro forma, il loro conca- tenarsi, i tratti che li distinguono l’uno dall’altro nella catena storica degli avvenimenti, non sono cosi semplici né cosi grossolani come in una comune catena forgiata da un fabbro. La lotta contro la deformazione burocratica dell’organizzazione so- vietica è garantita dalla solidità dei legami che uniscono i soviet al « popolo », cioè ai lavoratori e agli sfruttati, dalla duttilità e dalla ela- sticità di questi legami. I parlamenti borghesi, anche della migliore repubblica capitalistica che esista al mondo per livello democratico, non sono mai considerati dai poveri come « loro » istituzioni. I soviet in- 246 LENIN vece, per le masse degli operai e dei contadini, sono una cosa « loro » non estranea. I « socialdemocratici » contemporanei, del tipo di Schei- demann o, il che è quasi lo stesso, di Martov, provano ripugnanza per i poveri, e si sentono attratti dal rispettabile parlamento borghese o dall’ Assemblea costituente, come Turgheniev sessantanni fa si sentiva attratto dalla moderata costituzione monarchica e nobile, perché gli ripugnava la democraticità contadina di Dobroliubov e Cerniscevski. È appunto questo stretto legame dei soviet con il « popolo » lavoratore che crea le forme particolari di revoca e di altro controllo dal basso che ora debbono essere sviluppate con particolare slancio. Per esempio, i consigli dell’istruzione pubblica, in quanto sono conferenze periodiche di elettori sovietici e di loro delegati per discutere e con- trollare l’attività delle autorità sovietiche in questo campo, meritano piena simpatia e appoggio. Non v’è nulla di piu sciocco che trasformare i soviet in qualcosa di statico e di chiuso in se stesso. Quanto più deci- samente noi dobbiamo essere oggi per un potere implacabilmente fermo, per la dittatura dei singoli in determinati processi di lavoro , in deter- minati momenti delPesercizio di funzioni puramente esecutive , tanto più vari debbono essere i metodi e le forme di controllo dal basso, per paralizzare ogni ombra di possibile deformazione del potere sovietico, per estirpare ripetutamente e instancabilmente la cattiva erba del bu- rocratismo. Conclusione Situazione straordinariamente dura, difficile e pericolosa dal punto di vista internazionale; necessità di manovrare e di ritirarsi; periodo di attesa di nuove esplosioni rivoluzionarie, che maturano in Occidente con tormentosa lentezza; airinterno del paese un periodo di lenta edi- ficazione e di implacabile « giro di vite », una lotta lunga e tenace della severa disciplina proletària contro il minaccioso elemento di negligenza e di anarchismo piccolo-borghese: ecco in breve i tratti distintivi della particolare fase della rivoluzione socialista che noi attraversiamo. Que- sto è Panello della catena degli avvenimenti storici, a cui dobbiamo ora afferrarci con tutte le nostre forze, per dimostrarci all’altezza del compito, fino a quando passeremo allineilo seguente, che ci attrae I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 247 con particolare splendore, con Io splendore delle vittorie della rivolu- zione proletaria internazionale. Provate a confrontare le parole d’ordine che scaturiscono dalle particolarità della fase attuale: manovrare, ritirarsi, aspettare, costruire lentamente, stringere i freni senza pietà, disciplinare severamente, de- bellare la negligenza, con il concetto usuale, corrente di « rivoluzio- nario »... Ci si può forse meravigliare se alcuni « rivoluzionari », nel- l’udire questo, sono presi da un nobile sdegno e cominciano a « lanciar fulmini » contro di noi accusandoci di dimenticare le tradizioni della Rivoluzione d’ottobre, di avere un atteggiamento troppo conciliante con gli specialisti borghesi, di scendere a compromessi con la borghesia, di avere una mentalità piccolo-borghese, di riformismo, ecc. ecc. Il guaio di questi rivoluzionari è che anche coloro tra essi che sono animati dalle migliori intenzioni del mondo e che si distinguono per l’assoluta devozione alla causa del socialismo, non riescono a capire lo stato particolare e particolarmente « sgradevole » attraverso il quale deve immancabilmente passare un paese arretrato, rovinato da una guer- ra reazionaria e disgraziata, un paese che ha cominciato la rivolu- zione socialista molto prima dei paesi piu avanzati; non riescono- a man- tenere il sangue freddo nei momenti difficili di una difficile transizione. È naturale che una opposizione « ufficiale » di questo genere contrap- ponga al nostro partito il partito dei « socialisti-rivoluzionari di sini- stra ». Certo, ci sono e ci saranno eccezioni individuali, tra i tipi di un gruppo e di una classe. Ma i tipi sociali restano. In un paese in cui c’è un’enorme popolazione piccolo-borghese rispetto a quella schietta- mente proletaria, la differenza tra il rivoluzionario proletario e il rivo- luzionario piccolo-borghese si farà certamente sentire, e di quando in quando anche in modo estremamente acuto. Quest’ultimo ad ogni svolta degli avvenimenti esita e tentenna, passa dall’ardente spirito rivoluzio- nario del marzo 1917 all’apoteosi della « coalizione » in maggio, al- l’odio contro i bolscevichi (o alla deprecazione del loro « avventuri- smo »), al .distacco da essi, dettato dalla paura alla fine di ottobre, all’appoggio loro accordato in dicembre; infine, nel marzo e aprile 1918 questi tipi più che mai arricciano sprezzantemente il naso e dicono: « io non sono di quelli che cantano inni al lavoro ‘‘organico*’, al prati- cismo e alla gradualità ». L’origine sociale di tipi siffatti è il piccolo proprietario reso fu- rioso dagli orrori della guerra, daH’improvvisa rovina, dalle inaudite 248 LENIN sofferenze arrecate dalla carestia e dallo sfacelo, che si dibatte isterica- mente, cercando una via d uscita e di salvezza, oscillando tra la fiducia e l’appoggio al proletariato da una parte, e gli accessi di disperazione dall’altra. Bisogna capire bene e fissarsi bene in mente che su questa base sociale non si può costruire nessun socialismo. Chi può dirigere le masse lavoratrici sfruttate è solo una classe che marci senza esitazioni per la sua strada, che non si abbatta e non cada in preda alla dispera- zione nei punti di passaggio piu difficili, duri e pericolosi. Non è di slanci isterici che abbiamo bisogno, ma dei passi misurati dei ferrei battaglioni del proletariato. SEDUTA DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRALE DI TUTTA LA RUSSIA 111 29 aprile 1918 Pubblicato per la prima volta nel volume Verbali delle sedute del CEC di tutta la Russia. 4 a legislatura . Resoconto stenografico , Mosca, 1920. 1 RAPPORTO SUI COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO Compagni, per quanto riguarda il rapporto, debbo oggi porre la questione in modo alquanto insolito. Il fatto è che il vero rapporto è nel mio articolo sui compiti immediati del potere sovietico 113 , che è apparso domenica su due giornali e che mi permetto di supporre sia conosciuto dalla maggioranza dei presenti, E per questo io riterrei di non aver bisogno ora di ripetere qui ciò che è detto nel rapporto, e di potermi limitare soltanto ad alcune aggiunte e chiarificazioni. Ritengo che la forma piu adatta per tali chiarificazioni sia ora la polemica, perché la questione da me affrontata in queste tesi sui compiti immediati non è altro che lo sviluppo della risoluzione già approvata dal Congresso straordinario di tutta la Russia tenutosi a Mosca il 15 marzo n3 , risoluzione che non si limitava a trattare la questione allora attuale della pace, ma indicava anche il compito principale del momento, il compito dell’organizzazione, della autodisciplina, della lotta contro la disorganizzazione. Appunto su questo terreno, mi sembra, si sono delineate negli ultimi tempi abbastanza nettamente le nostre correnti politiche, ovvero le principali tra le nostre correnti politiche; e perciò in forma polemica, io penso, si può ribadire nel modo più evidente ciò che mi sono sfor- zato di esporre in forma positiva nell’articolo sui compiti immediati. Compagni, se voi esaminate le correnti politiche della Russia con- temporanea, dovrete porvi innanzitutto l’obiettivo — anche qui, come sempre, per evitare ogni errore di giudizio — di cercar di prendere 252 LENIN in considerazione tutte le tendenze politiche messe insieme, poiché solo cosi, solo a questa condizione, potremmo premunirci contro gli errori causati da una scelta di esempi singoli presi a sé. È chiaro, di esempi se ne possono trovare quanti se ne vuole per confermare qualunque tesi. Ma non è in questo il problema. Noi possiamo cercare di chiarire il nesso tra le sorti delle correnti politiche del paese, prese nel loro insieme, e le sorti degli interessi di classe che si manifestano sempre in vaste, serie e importanti correnti politiche, se consideriamo queste correnti nel loro complesso, nella loro totalità. Ed ecco che, gettando uno sguardo alle grandi correnti politiche esi- stenti in Russia, penso non si possa contestare che esse si dividono chiaramente e indiscutibilmente in tre grandi gruppi. Nel primo tro- viamo tutta la borghesia, integralmente e fortemente unita, come un sol uomo, nella più decisa, si può dire, più frenetica « opposizione » al potere dei soviet, naturalmente una opposizione tra virgolette, poi- ché di fatto qui non abbiamo una lotta a oltranza che attragga in questo momento dalla parte della borghesia tutti i partiti piccolo-bor- ghesi, che furono d’accordo con Kerenski durante la rivoluzione, cioè i menscevichi, gli uomini della Novaia Gizn e i socialisti-rivoluzionari di destra, che spesso hanno superato la borghesia per il furore degli at- tacchi rivolti contro di noi, giacché è noto che il furore degli attacchi e il clamore degli abbaiamenti sono spesso inversamente proporzionali alla forza dell’elemento politico dal quale questi furiosi attacchi proven- gono. {Applausi.) Tutta la borghesia e tutti i suoi tirapiedi e servi, del tipo Cernov e del tipo Tsereteli, si sono uniti nei furiosi attacchi contro il potere dei soviet. Tutti hanno la nostalgia di quella gradevole prospettiva che i loro amici, coloro che condividevano le loro idee politiche, in Ucraina, hanno cercato di realizzare: concludere una pace che permet- tesse loro, con l’aiuto delle baionette tedesche e della borghesia patria, di schiacciare l’influenza dei bolscevichi. Tutto ciò è anche troppo noto. Un magnifico esempio di siffatti amici l’abbi amo nella persona di Ckhenkeli nel Caucaso. Tutti lo sanno e lo ricordano bene per averlo letto sui giornali. È chiaro che il proletariato, quando ha preso il potere e comin- ciato ad attuare la dittatura dei lavoratori, la dittatura dei poveri con- tro gli sfruttatori, non può naturalmente trovarsi di fronte ad altro che a questo. SEDUTA DEL CEC 2 53 Da un lato, abbiamo un’ala, un fronte, dove regna una com- pleta unità. Se a volte ci vengono a fantasticare di un unico fronte democratico, io, — almeno nei rari momenti in cui mi capita di pren- dere in mano i giornali borghesi, nei rari casi in cui ho il piacere di leggere giornali come il Nasc Viek> il Dielo Naroda , ecc., anche solo gettandovi un rapido sguardo, — io penso sempre: che cosa vo- lete ancora per l’unità del fronte democratico? Tutta questa unità del fronte democratico essi ce l’hanno nel modo più completo, e noi non possiamo far altro che, rallegrarci di questa unità, giacché, nella misura in cui le briciole di questa pubbli- cistica borghese cadono tra le masse, tutto ciò appare non come uni- tà del fronte democratico, ma unità di attacchi contro i bolscevichi. E questo fronte unico, da Miliukov a Martov, ha meritato il 1° maggio da parte nostra elogi per la magnifica propaganda in favore dei bolsce- vichi. Compagni, se prendete l’altro campo, il campo opposto, non vi troverete che il nostro partito, il partito dei comunisti bolscevichi. Gli avvenimenti si sono svolti in modo tale che quelli che sono stati nostri alleati per gran parte del periodo successivo all’Ottobre — i socialisti- rivoluzionari di sinistra — attualmente hanno rinunciato a partecipare formalmente al potere, Il loro ultimo congresso ha fatto rilevare in modo assai evidente gli estremi oscillamenti di questo partito, e ciò si è mani- festato ora in modo più evidente che mai, dato che perfino sulla stampa questo partito esprime la sua assoluta confusione e indecisione. Se pensassimo di tracciare una linea che indicasse, a partire dal febbraio 1917 — cioè, naturalmente, prima della scissione dei socialisti- rivoluzionari in destri e sinistri, — le posizioni assunte, mese per mese, da questo partito, o dalla parte del proletariato, o dalla parte della borghesia, e se tracciassimo questa linea per la durata di un anno, otterremmo un grafico cosi desolante che, osservandolo, ciascuno di- rebbe: ma che febbre sorprendente, e sorprendentemente tenace! In effetti, difficilmente si trova un qualsiasi altro partito nella sto- ria della rivoluzione che abbia avuto, come questo, oscillazioni cosi continue e incessanti. Ebbene, se prendiamo tutte e tre queste correnti principali e le esa- miniamo, ci apparirà chiaro che un tale raggruppamento non è casuale, che esso conferma pienamente ciò che noi, bolscevichi, avevamo detto già nel 1915, quando eravamo ancora all’estero, e cominciarono a 254 LENIN giungere le prime notizie, le quali dicevano che la rivoluzione andava maturando in Russia, e che essa era inevitabile; e quando, ci si chiedeva quale sarebbe stata la situazione del partito se gli avvenimenti l’avessero portato al potere prima della fine della guerra, rispondevamo; può darsi che la rivoluzione ottenga una vittoria decisiva dal punto di vista di classe se nei momenti decisivi, nei punti decisivi, gli elementi dirigenti della piccola borghesia penderanno dalla parte del proletariato U4 ;' è pro- prio quello ch’è accaduto, alla lettera, cosi si è svolta e si svolge ora la storia della rivoluzione russa. Certo, noi non possiamo trovare in que- ste oscillazioni degli elementi piccolo-borghesi il minimo motivo di pes- simismo, e tanto meno di disperazione. È chiaro che la rivoluzione, in un paese che si è schierato contro la guerra imperialista prima degli altri, in un paese arretrato che gli avvenimenti hanno posto — certo, per poco tempo e, certo, in modo parziale — notevolmente avanti agli altri paesi piu avanzati proprio grazie alla sua arretratezza, questa rivoluzione è inevitabilmente destinata ad attraversare* i mo- menti piu difficili, piu duri e nel prossimo futuro piu penosi; che in tali momento essa possa mantenere intatto il suo fronte e ì suoi alleati senza che appaiano elementi esitanti, sarebbe una cosa assolutamente innaturale; significherebbe non tener conto affatto del carattere, di classe che ha avuto la rivoluzione, della natura dei partiti e dei rag- gruppamenti politici. Ebbene, se noi osserviamo ora il complesso delle correnti politiche esistenti in Russia dal punto di vista dei compiti del momento, dal punto di vista del modo in cui ci si pongono i compiti veramente urgenti, veramente attuali, i compiti deirorganizzazione, della disci- plina, dell’inventario e del controllo, vediamo che, nel campo del fronte unico democratico che va da Miliukov a Martov non c’è il minimo tentativo di approfondire ed esaminare questi compiti. Non c’è e non ci può essere, perché in quelle file c’è solo il malvagio desiderio — e quanto più è malvagio, tanto più è un onore per noi — di trovare una qualsiasi possibilità, o accenno, o illusione di rovesciare il potere sovietico, e niente più. E a questo punto certi rappresentanti del par- tito dei socialisti-rivoluzionari di sinistra — nonostante la grande dedi- zione alla rivoluzione dimostrata da numerosi membri di questo partito, che hanno sempre manifestato una grande iniziativa e una grande ener- gia — hanno mostrato di esitare più di ogni altro proprio sulla questione dei compiti immediati per quanto riguarda la disciplina proletaria, l’in- SEDUTA DEL CE C 255 ventarlo, l’organizzazione e il controllo, cioè di quei compiti che peri socialisti divengono naturali quando si è conquistato il potere, quando gli attacchi militari dei Kerenski e dei Krasnov, prima, e dei Kornilov, Ghegheckori ed Alexeiev, poi, sono stati respinti. Ora, che siamo arrivati per la prima volta nel cuore della rivo- luzione in sviluppo, si tratta di vedere se vincerà la disciplina e l’organizzazione proletaria, o se invece vincerà la forza elementare dei proprietari piccolo-borghesi, che in Russia è particolarmente forte. Il principale campo di battàglia sul quale i nostri nemici del campo piccolo-borghese ci attaccano è il terreno della politica interna e del- l’edificazione economica; la loro arma è quella di' minare tutto ciò che il proletariato decreta e si sforza di realizzare per costruire un'economia socialista organizzata. Qui l’elemento piccolo-borghese — Telemento dei piccoli proprietari e dello sfrenato egoismo — agisce come nemico deciso del proletariato. E in questa linea descritta dalla piccola-borghesia attraverso tutti gli avvenimenti della rivoluzione noi vediamo che essa si distacca assai bruscamente da noi; è naturale che qui, in questo campo, noi troviamo la principale opposizione ai compiti attuali e immediati nel senso stretto del termine; qui c’è una opposizione di uomini che non rifiutano un accordo di principio con noi, che ci appoggiano sulle questioni essen- ziali piu che su quelle per le quali ci criticano: un’opposizione che si accompagna a una collaborazione. Noi non ci meravigliamo se sulle pagine della stampa dei socia- listi-rivoluzionari di sinistra troviamo dichiarazioni come quelle che io ho trovato sulla Znamia Trudà del 25 aprile. Ecco che cosa vi è scritto: « I bolscevichi di destra sono dei ratifica tori » (epiteto orribilmente sprezzante). Che succede se si affibbia loro l’epiteto opposto di guer- raioli? Farà un’impressione meno orribile? Ma se ci capita di incontrare tali tendenze -anche nel bolscevismo, questo ha un’altro significato. Mi è capitato appunto il 25 aprile di gettare uno sguardo sulle tesi pub- blicate da un giornale che voleva definire la nostra posizione politica. Dopo aver letto, ho pensato: non ci sarà mica qui qualcuno del giornale dei comunisti di sinistra, il Kommunist y o della loro rivista, tanto si somigliano: ma mi sono dovuto ricredere, perché ho visto poi che erano le tesi di Isuv pubblicate sul Vperiod . ( Ilarità , applausi .) Ecco, compagni, quando ci vien fatto di osservare fenomeni poli- tici di questo genere, come la solidarietà dello Znamia Trudà con una 256 LENIN corrente particolare del bolscevismo o con certe tesi mensceviche for- mulate da quello stesso partito che ha svolto una politica di blocco con Kerenski, da quello stesso partito in seno al quale Tsereteli realizzava l’accordo con la borghesia; quando ci capita di subire attacchi che coin- cidono esattamente con quelli che ci vengono da parte di un gruppo di comunisti di sinistra e dalla nuova rivista, dobbiamo dire che qui ce qualcosa che non va. Qui c'è qualcosa che getta luce sul vero signi- ficato di questi attacchi; e su questi attacchi vale la pena di richiamare l'attenzione, se non altro perché qui abbiamo la possibilità di valutare i compiti principali del potere sovietico discutendo con gente con cui è interessante discutere perché abbiamo a che fare con la teoria marxista, analizziamo il significato degli avvenimenti della rivoluzione e c’è r indubbio desiderio di giungere alla verità. Qui il terreno fonda- mentale di discussione è dato in sostanza dalla dedizione al socialismo e dalla ferma decisione di stare dalla parte del proletariato, contro la borghesia, nonostante tutti gli errori che, secondo queste o quelle per- sone, tendenze o gruppi, può commettere il proletariato in lotta contro la borghesia. Se dico che è interessante discutere con loro, intendo, natu- ralmente, per discussione interessante non la polemica, ma il fatto che la questione tocca una controversia estremamente essenziale, fonda- mentale della vita contemporanea. Non è a caso che le discussioni con- vergano appunto in questa direzione. È qui che obiettivamente consi- ste ora il compito fondamentale, il compito della lotta rivoluzionaria del proletariato, dettata dalle condizioni in cui si trova la Russia e che deve essere adempiuto con tutti i mezzi, nonostante tutta la pletora delle piu diverse tendenze piccolo-borghesi e la necessità per il prole- tariato di dire a se stesso: su questo punto non bisogna cedere mini- mamente, poiché è in giuoco il destino della rivoluzione socialista, che ha cominciato col togliere il potere alla borghesia e ha continuato con lo spezzare ogni resistenza della borghesia, giacché esso deve risol- vere praticamente i problemi della disciplina, dell'organizzazione, della direzione dei lavoratori con rigorosa efficienza e conoscendo bene gli interessi della grande industria, altrimenti subirà una sconfitta. Qui è la vera, principale difficoltà della rivoluzione socialista. Appunto per- ciò è cosi, interessante, cosi importante, nel senso storico e politico della parola, discutere con i rappresentanti del gruppo dei comunisti di sinistra, nonostante che, se prendiamo le loro tesi e la loro teoria, SEDUTA DEL CEC 257 non vi scorgiamo, ripeto, — ed ora lo dimostrerò, — proprio nient’al- tro che quelle stesse oscillazioni piccoloborghesi. I compagni del gruppo dei comunisti di sinistra, qualunque sia il nome che si danno, mettono l’accento soprattutto sulle loro tesi. Suppongo che le loro idee siano note alla maggioranza dei presenti, perché nei circoli bolscevichi le abbiamo in sostanza discusse a partire dalPinizio di marzo, e anche chi non si interessa alla grande pubblicistica politica non può non averne sentito parlare e non averle discusse in relazione con i dibattiti che si sono svolti all’ultimo congresso dei soviet di tutta la Russia. Ebbene, noi troviamo anzitutto nelle loro tesi le stesse cose che troviamo in tutto il partito dei socialisti-rivoluzionari, che troviamo anche nel campo della destra, nel campo della borghesia, da Miliukov a Martov, ai quali le difficoltà in cui versa attualmente la Russia appaio- no particolarmente gravi, dal punto di vista della perdita della sua posizione di grande potenza, dal punto di vista della sua trasformazione da vecchia nazione, da vecchio Stato oppressore in Stato oppresso, da un punto di vista cioè che costringe ad affrontare, non piu sulla carta, ma nei fatti, la questione se i fardelli imposti dalla marcia verso il socia- lismo, dalla rivoluzione socialista ormai iniziata debbano essere sop- portati, se valga la pena che il paese affronti le situazioni piu penose per quanto riguarda la sua esistenza statale e la sua indipendenza na- zionale. Questo è il punto che divide più profondamente coloro per i quali la sovranità, l’indipendenza statale, che per tutta la borghesia è il su- premo ideale, il suo sancta sanctorum, è un limite invalicabile, in- frangere il quale significa negare il socialismo, e coloro i quali affer- mano che la rivoluzione socialista, nell’epoca in cui gli imperialisti hanno scatenato un furioso massacro per la spartizione del mondo, non può avvenire senza che molte nazioni, considerate prima come oppres- sive, non subiscano una durissima sconfitta. Ma, per quanto tutto ciò sia duro per l’umanità, i socialisti, i socialisti coscienti affronteranno tutte queste prove. Su questo terreno, dove è soprattutto inammissibile esitare, i so- cialisti-rivoluzionari di sinistra hanno soprattutto esitato, ed è appunto su questo terreno che noi vediamo soprattutto esitare i comunisti di sinistra. Ora, nelle loro tesi che, come sappiamo, hanno discusso con noi 9 — 2654 258 LENIN il 4 aprile lli e che hanno pubblicato il 20 aprile, essi ritornano ancora sulla questione della pace. Essi attribuiscono la massima importanza al giudizio sulla que- stione della pace e si sforzano di dimostrare che la pace è una manife- stazione della mentalità di una massa stanca e declassata. Quanto siano comiche le loro conclusioni lo si vede quando ripor- tano le loro cifre secondo cui 12 erano contrari e 28 favorevoli alla conclusione della pace na . Ma bisognerà forse, se si fanno delle cifre, se si ricorda il voto di un mese e mezzo fa, prendere cifre più vicine. Se si dà un’importanza politica a questa votazione, non bisognerà forse ricordare il voto del congresso dei soviet di tutta l’Ucraina 11 7 , prima di affermare che il Sud, ancora sano, era contro la pace, mentre il Nord stanco, declassato, industrialmente indebolito sarebbe stato invece per la pace? Non bisognerà forse ricordare il voto della maggioranza del gruppo bolscevico al congresso dei soviet di tutta la Russia, nel quale non si è trovato nemmeno un decimo dei membri che votasse contro la pace? Se si vogliono citare cifre e dar loro un significato poli- tico, bisogna allora prendere il voto politico nel suo complesso, e allora si vedrà subito che i partiti che hanno imparato a memoria certe pa- role d’ordine, e di queste parole d'ordine si sono fatti un feticcio, erano dalla parte della piccola borghesia, mentre la massa dei lavoratori e degli sfruttati, la massa degli operai, dei soldati e dei contadini, non respingeva la pace. Ed ora che, oltre a criticare questa posizione favo- revole alla pace, ci si viene a dire che essa sarebbe stata avanzata da masse stanche e declassate, — mentre noi constatiamo chiaramente che erano proprio degli intellettuali declassati ad essere contro la pace — ora che ci si offre quella valutazione degli avvenimenti che leggo sui giornali, questo ci dimostra che sul problema della conclusione della pace la maggioranza del nostro partito aveva assolutamente ragione, e noi — quando ci dicevano che il gioco non valeva la candela, che tutti gli imperialisti erano ormai uniti contro di noi, che comunque ci avreb- bero soffocato, spinto al disonore, ecc. ecc., — noi abbiamo tuttavia concluso la pace. Questa pace sembrava loro non solo vergognosa, ma anche illusoria. Ci dicevano che non avremmo ottenuto una tregua. Quando noi rispondevamo: non si può sapere che piega prenderanno le relazioni internazionali, ma sappiamo che i nostri nemici imperiali- stici si trovano in rissa tra loro, gli avvenimenti l’hanno confermato, e lo dovette riconoscere il gruppo dei comunisti di sinistra, nostri SEDUTA DEL CEC 259 avversari su alcune questioni ideologiche e di principio, pur restando nel complesso sulle posizioni del comuniSmo. Questa sola frase suona pieno riconoscimento della, giustezza della nostra tattica e assoluta condanna di quelle esitazioni sul problema della pace che soprattutto separarono da noi una certa ala dei nostri fautori, sia tutta l'ala raggruppata nel partito dei socialisti-rivoluzionari di sinistra, sia l’ala che era nel nostro partito, c’è e, si può dire quasi con certezza, ci resterà, e che proprio con le sue esitazioni rivela chiara- mente la fonte di questo esitare. Si, la pace che abbiamo accettato non è affatto stabile, la tregua che abbiamo ottenuto può essere rotta un giorno o Paltro sia da Occidente che da Oriente, non c’è dubbio; la nostra situazione internazionale è cosi critica che dobbiamo tendere tutte le forze per resistere il piu a lungo possibile, finché matura la rivoluzione in Occidente, che matura molto più lentamente di quello che noi ci aspettavamo e speravamo, ma che indubbiamente matura, che indubbiamente raccoglie e conquista sempre più materiale infiam- mabile. Se noi, come singolo reparto del proletariato mondiale, ci siamo spinti per primi in avanti, non è perché questo reparto sia più forte- mente organizzato. No, esso è peggiore, più debole, meno organizzato degli altri, ma sarebbe enormemente sciocco e pedantesco ragionare come fanno molti: certo, se avesse cominciato il più organizzato, se- guito da uno meno organizzato, e poi da un terzo ancora meno orga- nizzato, allora avremmo tutti ben volentieri parteggiato per la rivo- luzione socialista. Ma poiché le cose non sono andate come è scritto sui libri, poiché il reparto avanzato, si è visto, non è stato appoggiato dagli altri reparti, la nostra rivoluzione è condannata alla rovina. Invece noi diciamo: no, il nostro compito è quello di trasformare tutta Tor- ganizzazione, il nostro compito, proprio perché siamo soli, è di soste- nere la rivoluzione, conservare per essa almeno una fortezza del socia- lismo, per quanto debole e modesta essa sia, fintanto che maturerà la rivoluzione negli altri paesi, finché non arriveranno gli altri reparti. Ma aspettarsi dalla storia che muova i reparti socialisti dei vari paesi secondo una rigorosa gradualità e programmazione, significa non avere un’idea di che cosa è la rivoluzione, o voler rifiutare, per ottusità, ogni aiuto alla rivoluzione socialista. Dal momento in cui abbiamo capito e abbiamo dimostrato di avere una solida posizione in Russia ma di non avere forze sufficienti contro 9 * 260 LENIN Timperialismo internazionale, il nostro compito è uno solo, la nostra tattica deve essere una tattica di manovra, di attesa e di ritirata. So benissimo che queste parole' non possono pretendere di diventare po- polari, che se vengono presentate in maniera adeguata e vengono poste in relazione con la paiola « coalizione », si apre allora una vastissima possibilità per i confronti piu pungenti, per i rimproveri di ogni genere e per ogni tipo di sarcasmo; ma, per quanto i nostri avversari — i borghesi — da destra, e i nostri amici di ieri, da sinistra — i socialisti- rivoluzionari di sinistra — e i nostri, penso, amici di ieri, di oggi e di domani, i comunisti di sinistra, abbiano diretto su di questo gli strali della loro ironia e per quante prove abbiano dato delle loro esitazioni piccolo-borghesi, non possono confutare i fatti. Gli avveni- menti ci hanno dato ragione, noi abbiamo ottenuto una tregua solo perché in Occidente continua il massacro imperialistico, e in estremo oriente la rivalità imperialistica si accende sempre di piu: solo cosi si spiega resistenza della, repubblica sovietica, che per ora è un tenuis- simo giunco al quale ci teniamo aggrappati in questo momento politico. Certo non sarà un pezzo di carta, non sarà un trattato di pace a difenderci, né il fatto che noi non vogliamo combattere contro il Giappone — anche se questo saccheggia il nostro territorio senza curarsi di nessun trattato o formalità; — non ci difenderà, certo, un trattato di carta o lo « stato di pace », ci difenderà la rissa tra gli imperialisti, che continua, e la nostra fermezza, se sapremo vedere le cose dal punto di vista della rivoluzione internazionale, se non avremo dimenticato la fondamentale lezione marxista, cosi chiaramente con- fermata dalla rivoluzione russa; bisogna tener conto delle forze che si contano a decine di milioni; forze inferiori in politica non contano, la politica le scarta come grandezze insignificanti; se noi consideriamo sotto questo aspetto la rivoluzione internazionale, la cosa è chiaris- sima; un paese arretrato può facilmente cominciarla perché il suo avversario è marcio, perché la sua borghesia è disorganizzata, ma per continuarla, gli ci vuole mille volte piu circospezione, prudenza e fer- mezza. Nell’Europa occidentale le cose saranno diverse, là è infinita- mente piu difficile cominciare, ma, infinitamente più facile continuare. Né può essere altrimenti, perché là Torganizzazione e la compattezza del proletariato è infinitamente maggiore. Ma finché siamo soli, noi, calcolando le nostre forze, dobbiamo dirci: abbiamo ununica possi- bilità, finché non sarà scoppiata la rivoluzione europea, che ci libere- SEDUTA DEL CEC 261 rà da tutte le angustie, una sola possibilità, ed è che continui la lotta tra i giganti imperialisti internazionali; questa possibilità noi F abbiamo calcolata giustamente, l’abbiamo sfruttata per qualche settimana, ma può svanire domani. Da ciò la conclusione: continuare nella nostra politica estera quello che abbiamo cominciato a fare da marzo, il che si può formulare con queste parole: manovrare, ritirarsi, attendere. Quando in questo Kommunht di sinistra si incontrano le parole « poli- tica estera attiva », quando Pespressione: difesa della patria socialista viene messa tra virgolette, che dovrebbero essere ironiche, allora mi dico: questa gente non ha capito proprio nulla della situazione in cui si trova il proletariato occidentale. Anche se si fanno chiamare comunisti di sinistra, essi pencolano tuttavia verso le idee della piccola- borghesia oscillante, che vede nella rivoluzione qualcosa che assicuri un ordine fatto a propria misura. I rapporti internazionali ci dicono nel modo più chiaro: il russo che pensasse, con le sole forze russe, di porsi il compito di rovesciare Pimperialismo internazionale, sarebbe un uomo uscito di senno. E fino a che la rivoluzione non matura in Occidente, anche se matura ora più rapidamente di ieri, il nostro com- pito non può essere che questo: noi che siamo il reparto che si trova più avanti, nonostante la nostra debolezza, dobbiamo fare di tutto, sfruttare ogni occasione per mantenerci nelle posizioni conquistate. Tutte le altre considerazioni debbono essere subordinate al principio di sfruttare al massimo ogni possibilità per rinviare di alcune settimane il momento in cui l’imperialismo internazionale si coalizzerà contro di noi; se agiremo cosi, seguiremo una via che sarà approvata da tutti gli operai coscienti dei paesi europei, giacché essi sanno ciò che noi abbiamo imparato solo dopo il 1905, — ma che in Francia e in In- ghilterra hanno imparato da secoli, — e cioè che la rivoluzione cresce lentamente in una società libera dove la borghesia è unificata, sanno che a tali forze bisognerà contrapporre un centro di agitazione che faccia la propaganda nel vero senso della parola. Fino a quando non avremo al nostro fianco il proletariato tedesco, francese, inglese insorto, fino ad allora, per quanto ciò possa rattristarci, per quanto ciò possa essere contrario alle tradizioni rivoluzionarie, la tattica è una ed una sola: attendere, manovrare e ritirarsi. Quando si dice che non abbiamo una politica estera, internazio- nale, io rispondo: ogni altra politica finisce con l’avere, consapevol- mente o inconsapevolmente, una funzione di provocazione e col fare 262 LENIN della Russia uno strumento di alleanza con gli imperialisti del tipo di Ckhenkeli o di Semionov. E noi diciamo: meglio soffrire e subire, sopportare umiliazioni e imposizioni anche infinitamente maggiori, come nazione e come Stato, ma restare al proprio posto come reparto socialista, tagliato fuori dagli avvenimenti dalle file dell’esercito socialista e costretto ad attendere fino a che la rivoluzione socialista degli altri paesi non ci venga in aiuto. Ed essa ci verrà in aiuto. Lentamente, ma verrà. E la guerra che ora si combatte in Occidente rende le masse piu rivoluzionarie di prima e avvicina l’ora dell’insurrezione. Finora nella propaganda, si è sempre detto che la guerra imperia- listica è la piu criminale e la piu reazionaria delle guerre di conquista. Ma ora si conferma che sul fronte occidentale, dove centinaia di mi- gliaia e milioni di soldati francesi e tedeschi si massacrano a vicenda, la rivoluzione non può non maturare piu rapidamente di prima, anche se procede piu lentamente di quello che noi ci aspettavamo. Mi sono soffermato sulla questione della politica estera piu a lungo di quanto non intendessi, ma mi pare che proprio qui possiamo vedere chiaramente come in sostanza siano di fronte due linee fonda- mentali: la linea del proletariato, la quale dice che la rivoluzione socia- lista è piu preziosa di tutto e al di sopra di tutto, e che bisogna vedere se essa inizierà presto in Occidente o no; e l’altra linea, la linea bor- ghese, la quale dice che per essa la cosa piu preziosa e al di sopra di tutto è la posizione statale di grande potenza e l’indipendenza nazionale. Sulle questioni interne troviamo posizioni analoghe nel gruppo dei comunisti di sinistra, i quali ripetono i principali argomenti che ven- gono rivolti contro di noi dal campo della borghesia. Ad esempio, l’argomento fondamentale del gruppo dei comunisti di sinistra contro di noi è che si nota una deviazione bolscevica di destra, che minaccia di far imboccare alla rivoluzione la via del capitalismo di Stato. L’evoluzione nel senso del capitalismo di Stato; ecco il male, ecco il nemico contro il quale ci invitano a combattere. Ebbene, quando vedo che sul giornale dei comunisti di sinistra ci si richiama a siffatti nemici, mi domando; che cosa è successo a questa gente, come si può, per qualche citazione, dimenticare la realtà? La realtà dice che il capitalismo di Stato costituirebbe per noi un passo avanti. Se noi riuscissimo in poco tempo a realizzare in Russia il capitalismo di Stato, sarebbe una vittoria. Come hanno potuto non SEDUTA DEL CEC 263 accorgersi che il piccolo proprietario, il piccolo capitale è il nostro ne- mico? Come hanno potuto vedere il nemico principale nel capitalismo di Stato? Passando dal capitalismo al socialismo, essi non debbono dimenticare che il nostro nemico principale è la piccola-borghesia, con le sue abitudini, i suoi costumi, la sua posizione economica. Il piccolo proprietario teme soprattutto il capitalismo di Stato, perché egli ha un unico desiderio: arraffare, ottenere per sé quanto più è possibile, rovinare i grossi proprietari fondiari, i grossi sfruttatori e infliggere a loro il colpo di grazia. E in questo il piccolo proprietario ci appoggia volentieri. In questo caso è più rivoluzionario degli operai, perché ha in sé più rancore, più indignazione, in quanto si è sollevato ieri da una situazione peggiore e perciò, se si tratta di abbattere la borghesia, lo fa volentieri, ma non come un socialista, per cominciare, una volta infranta la resistenza della borghesia, la costruzione della economia socialista sulla base di una ferma disciplina del lavoro, nel quadro di una rigorosa organizzazione, a condizione di un giusto controllo e inventario, bensì allo scopo, dopo aver arraffato quanto più è possibile, di sfruttare per sé e ai propri fini i frutti della vittoria, non preoc- cupandosi minimamente degli interessi di tutto lo Stato e della classe dei lavoratori nel suo insieme. Che cos’è il capitalismo di Stato sotto il potere sovietico? In questo momento attuare il capitalismo di Stato significa applicare in pratica quell’inventario e quel controllo che le classi capitalistiche hanno già applicato. Abbiamo un esempio di capitalismo di Stato in Germania. Sappiamo che la Germania ha dimostrato di essere superiore a noi. Ma se voi riflettete un solo momento a che cosa significherebbe in Russia, nella Russia dei soviet, gettare le basi di un tale capitalismo di Stato, qualsiasi persona non uscita di senno e che non si sia riempita la testa di brandelli di verità libresche dovrebbe riconoscere che il capitalismo di Stato sarebbe per noi la salvezza. Ho detto che il capitalismo di Stato sarebbe per noi la salvezza; se lo avessimo in Russia, il passaggio al pieno socialismo sarebbe facile, sarebbe nelle nostre mani, perché il capitalismo di Stato è qual- cosa di centralizzato, di calcolato, di controllato e socializzato, ed è proprio questo che a noi manca; noi siamo minacciati dairelemento deirindif ferenti smo piccolo-borghese, ch’è stato preparato soprattutto da tutta la storia e dall’economia della Russia, e che appunto non ci 264 LENIN permette di fare quel passo avanti da cui dipende il successo del socialismo. Mi permetto di ricordarvi che ciò che dico del capitalismo di Stato ho avuto l’occasione di scriverlo poco prima della rivoluzione, ed è una stridente assurdità agitare lo spauracchio del capitalismo di Stato. Ricordo che nel mio opuscolo La catastrofe imminente 118 scri- vevo allora... (legge). Questo io scrivevo a proposito di uno Stato democratico-rivoluzio- nario, quale era lo Stato di Kerenski, Cernov, Tsereteli, Kisckin e consorti, contro uno Stato che si poneva su un terreno borghese e da esso non usciva e non poteva uscire; io dicevo allora che il capi- talismo di Stato è un passo verso il socialismo; scrivevo questo nel settembre 1917, ed ora, nelPaprile 1918, dopo che nell’ottobre il proletariato ha preso il potere, dimostrando le sue capacità, molte fabbriche e officine sono state confiscate, imprese e banche nazio- nalizzate, la resistenza annata della borghesia e dei sabotatori è stata spezzata; ora, quando ci si vuole spaventare con il capitalismo, la cosa è di una tale assurdità, è una escogitazione cosi funambolesca, da rima- nere meravigliati e da domandarsi: come fa la gente ad arrivare a questo punto? Hanno dimenticato un piccolissimo particolare, e cioè che in Russia abbiamo una massa di piccola borghesia, che vede con simpatia l’annientamento della grande borghesia di tutti i paesi, ma non ha simpatia per la socializzazione, l’inventario e il controllo; e in questo c’è un pericolo per la rivoluzione; ecco dove si crea l’unità delle forze sociali che ha portato e non poteva non portare alla rovina la grande rivoluzione francese e che sola può, se il proletariato russo si dimostra debole, portare alla rovina la rivoluzione russa. La pic- cola borghesia, noi lo vediamo, impregna tutta l’atmosfera sociale di tendenze piccolo-borghesi, di aspirazioni che si esprimono semplice- mente cosi: ho preso al ricco ciò che volevo e degli altri me ne infischio. Ecco dov’è il pericolo principale. Se i piccoli borghesi fossero subordinati ad altri elementi di classe, fossero subordinati al capita- lismo di Stato, l’operaio cosciente dovrebbe compiacersene altamente, perché il capitalismo di Stato in una democrazia come quella di Ke- renski sarebbe un passo verso il socialismo, ma col potere sovietico, sarebbe i tre quarti dei socialismo, perché di un organizzatore del- le imprese del capitalismo di Stato possiamo farne un nostro alleato. I comunisti di sinistra, invece, su questo punto la pensano diversa- SEDUTA DEL CEC 265 mente, considerano tutto ciò con disprezzo; e, quando noi abbiamo avuto la prima riunione con i comunisti di sinistra, il 4 aprile, — riunione che ha dimostrato, tra l’altro, che* questa questione, che ha una lunga storia ed è stata argomento di lunghe discussioni, è ormai cosa del passato, — io ho detto che, se abbiamo una esatta conce- zione dei nostri compiti, dobbiamo imparare il socialismo dagli orga- nizzatori dei trust. Queste parole hanno riempito di indignazione i comunisti di sinistra, e uno di essi — il compagno Osinski — ha dedicato tutto un suo articolo a confutare queste parole. Ecco a che cosa si riduce la sostanza dei suoi argomenti: noi dunque non vogliamo insegnare loro, ma imparare da loro. Noi, bolscevichi « di destra », vogliamo imparare dagli organizzatori dei trust, mentre i veri comunisti, i comu- nisti di sinistra, vogliono insegnare. Ma che cosa volete insegnare loro? Forse il socialismo? Insegnare il socialismo ai mercanti, ai procacciatori d’affari? {Applausi.) Si, fatelo pure se volete, ma noi non staremo ad aiutarvi, è tempo perso. Insegnare ad essi, a questi ingegneri, affaristi, mercanti non è proprio il caso. Non è il caso di insegnare loro il socialismo. Se avessimo una rivoluzione bor- ghese, non sarebbe il caso che noi imparassimo da loro, se non forse solo ad arraffare quanto piu è possibile, e basta, null'altro ci sarebbe da imparare. No, questa non è ancora la rivoluzione socialista. È ciò che è accaduto in Francia nel 1793, è ciò che avviene dove non c’è il socialismo, è solo un primo passo verso il socialismo. Bisogna rovesciare i grandi proprietari fondiari, bisogna rove- sciare la borghesia, e i bolscevichi hanno un milione di volte ragione di fronte alla storia, tutte le loro azioni saranno convalidate, tutta la loro lotta, la violenza contro i grandi proprietari fondiari e i capitalisti, Pespropriazione, la repressione della loro resistenza con la forza. Nel complesso, questo è stato un grandissimo compito storico, ma è stato solo un primo passo. E adesso il problema è: perché li abbiamo schiacciati? Per dire che ora, dopo averli schiacciati definitivamente, ci inchineremo davanti al loro capitalismo? No, adesso impareremo da loro, perché le nostre conoscenze non sono sufficienti, perché noi non abbiamo queste conoscenze. Noi abbiamo la conoscenza del socialismo, ma la scienza delPorganizzazlone su una scala di milioni di uomini, la scienza dell’organizzazione e della distribuzione dei prodotti, ecc., non Pabbiamo. Questo i vecchi dirigenti bolscevichi non ce Phanno 266 LENIN insegnato. Di ciò il partito dei bolsceviche in tutta la sua storia, non può vantarsi. È un corso che non abbiamo ancora seguito. E noi diciamo: sia pure costui un arcimalandrino, ma se ha orga- nizzato un trust, se è un commerciante che ha avuto a che fare con l’orga- nizzazione della produzione e la distribuzione dei prodotti per milioni e decine di milioni di persone, se possiede questa esperienza, noi dob- biamo imparare da lui. Se noi non impareremo questo da loro, noi non avremo il socialismo, e la rivoluzione rimarrà al livello a cui è giunta. Solo lo sviluppo del capitalismo di Stato, solo un’accurata organizzazione delPinventario e del controllo, solo una rigorosissima capacità organizzativa e disciplina del lavoro ci porteranno al socialismo. Ma senza di questo non ci sarà socialismo. (Applausi.) Non è proprio il caso di accingerci al ridicolo compito di inse- gnare agli organizzatori dei trust, non c’è nulla da insegnare loro. Quello che dobbiamo fare è espropriarli. In questo senso le cose pro- cedono senza nessuna difficoltà. (Applausi.) Questo l’abbiamo mostrato e dimostrato a sufficienza. Ad ogni delegazione operaia con cui mi è capitato di incontrarmi, quando veniva da me e si lamentava perché la fabbrica si era dovuta fermare, io dicevo: volete che la vostra fabbrica sia confiscata? Bene, i fogli dei decreti sono qui pronti, li firmeremo in un momento. (Applausi.) Ma dite: avete saputo prendere in mano la produzione, avete calcolato quello che producete, conoscete i legami tra la vostra produzione e il mercato russo e internazionale? E allora risultava che questo ancora non l’avevano imparato, e sui libri bolscevichi niente ancora è scritto a questo proposito, e nemmeno quelli menscevichi ne parlano. Le cose vanno meglio soprattutto dove gli operai applicano questo capitalismo di Stato: gli operai dell’industria del cuoio, tessile, zucche- riera, perché essi conoscono con lucidità proletaria il loro settore di produzione e vogliono conservarlo e farlo piu grande, perché in questo è soprattutto il socialismo. Essi dicono: io non posso ancora cavar- mela con questo compito, metterò al lavoro i capitalisti, offrirò loro in terzo dei posti e imparerò da loro. E quando leggo negli scritti dei comunisti di sinistra le parole ironiche: ancora non si sa chi utiliz- za e chi è utilizzato, la loro miopia mi appare addirittura curiosa. Certo, se dopo la presa del potere in ottobre e dopo la marcia trion- fale contro tutta la borghesia dall’ottobre all’aprile, noi possiamo avere SEDUTA DEL CEC 267 dei dubbi su chi utilizza e chi è utilizzato — se l’operaio utilizza gli organizzatori dei trust o l’affarista e lo sfruttatore utilizzano gli operai, — se fosse cosi, noi dovremmo fare le valigie e tornarcene al paesello, lasciando il posto ai Miliukov e ai Martov. Ma non è cosi. L’operaio cosciente non lo crederà, e il timore della piccola-borghesia è ridicolo; sanno che il socialismo comincia là dove comincia la più grande pro- duzione, e che questo i commercianti e gli affaristi l’hanno imparato per propria esperienza. E noi abbiamo detto; solo queste condizioni materiali, le con- dizioni della grande industria meccanica, con le sue imprese giganti che servono decine di milioni di persone, solo queste sono la base del socialismo, e imparare a far questo in un paese piccolo-borghese, con- tadino, è difficile ma possibile. La rivoluzione verrà a prezzo di una guerra civile, ma è una cosa tanto più difficile, quanto più pro- gredito, quanto più sviluppato è lo Stato; in Germania domina il capitalismo di Stato, perciò la rivoluzione in Germania sarà cento volte piu distruttrice e rovinosa che in un paese piccolo-borghese, e là ci saranno enormi difficoltà e caos e squilibri enormi. E perciò non c’è il minimo motivo di disperazione e di avvilimento nel fatto che la rivoluzione russa ha assolto all’inizio un compito facile, quello di spazzar via il grande proprietario fondiario e la borghesia, e si è poi trovato ora di fronte a un compito più difficile, al compito socialista di organizzare l’inventario e il controllo da parte di tutto il popolo, compi- to dal quale comincia veramente il socialismo, e al quale si accinge la maggioranza degli operai e dei lavoratori coscienti. SI, la maggioranza degli operai meglio organizzati, che sono passati per la scuola dei sindacati, è totalmente con noi. Le questioni che i signori del Vperìod cercano di mettere da un canto con aria sarcastica, le questioni del salario a cottimo e del sistema Taylor, sono state poste da questa maggioranza prima ancora che le ponessimo noi, nei Consigli dei sindacati, prima ancora che sorgesse il potere sovietico con i suoi soviet; essi si sono levati e si sono messi al lavoro per elaborare le nprme della disciplina del lavoro. Questa gente ha dimostrato che, nella sua modestia proletaria, conosceva bene la situazione del lavoro di fabbrica, ed ha afferrato l’essenza del socialismo meglio di coloro che si riempiono la bocca di frasi rivoluzionarie, e poi di fatto, scientemente o incosciente- mente, sono scesi al livello della piccola borghesia, la cui concezione 268 LENIN era: bisogna spremere il ricco, ma non è il caso di sottoporsi alPin- ventario e al controllo di una organizzazione; ciò è superfluo per i piccoli proprietari, essi non ne hanno bisogno. Invece proprio in questo e solo in questo sta la garanzia della stabilità e della vittoria della nostra rivoluzione. Compagni, non entrerò in ulteriori particolari e non farò altre citazioni dal Lievy Kommunist , ma dirò in due parole: ce da mettersi a urlare quando si sente qualcuno che arriva a dire che l’introdu- zione della disciplina del lavoro sarà un passo indietro. E debbo dire che vedo in queste parole un fatto cosi inaudito e reazionario, una tale minaccia per la rivoluzione, che se non sapessi che lo dice un gruppo senza influenza e che son cose che in ogni assemblea di operai coscienti vengono confutate e respinte, direi: la rivoluzione russa è perduta. I comunisti di sinistra scrivono: « L’introduzione della disciplina del lavoro, connessa con la restaurazione della direzione dei capita- listi nella produzione, non potrà aumentare sostanzialmente la produt- tività del lavoro, ma abbasserà invece l’iniziativa di classe, l’attività e la capacità organizzativa del proletariato. Essa minaccia l’asservi- mento della classe operaia... ». Ciò è falso; se fosse cosi, la nostra rivoluzione russa, con i suoi compiti socialisti, con la sua essenza socia- lista, sarebbe sull’orlo della rovina. Questo non è vero. Sono gli intellettuali piccolo-borghesi declassati che non comprendono che per il socialismo la cosa più difficile è assicurare la disciplina del lavoro; di questo i socialisti hanno scritto già molto tempo fa, a questo hanno pensato soprattutto nel lontano passato, a questo problema hanno rivolto la massima sollecitudine e il massimo studio, poiché capi- vano che cominciano le vere difficoltà per la rivoluzione socialista. E fino ad ora si sono avute varie rivoluzioni che hanno rovesciato implacabilmente la borghesia non meno energicamente di noi, ma quando siamo arrivati a creare il potere dei soviet, con ciò stesso ab- biamo dimostrato che effettuavamo il passaggio concreto dalla emanci- pazione economica alla autodisciplina nel lavoro, che il nostro potere doveva essere realmente il potere del lavoro. Quando ci si dice che la dittatura del proletariato è riconosciuta a parole, ma di fatto si scrivono solo delle frasi, ciò dimostra in realtà che non si ha un’idea della dittatura del proletariato, giacché non si tratta soltanto di rovesciare la borghesia o i grandi proprietari fondiari, — ciò è accaduto in tut- SEDUTA DEL CEC 269 te le rivoluzioni; — la nostra dittatura del proletariato significa assicurare l’ordine, la disciplina, la produttività del lavoro, l'inven- tario, il controllo, il potere proletario dei soviet, che è più stabile e più solido del precedente. Ecco ciò che voi non risolvete, ecco ciò che noi non abbiamo imparato, ecco ciò che occorre agli operai, ecco perché è bene mostrare loro uno specchio in cui tutti questi difetti sono chiaramente visibili. Io ritengo che questo è un compito utile, perché obbligherà tutte le persone ragionevoli, tutti gli operai e i contadini coscienti a indirizzare in questo senso tutte le loro forze principali. Si, rovesciando i grandi proprietari fondiari e la borghesia, noi abbiamo ripulito la strada, ma non abbiamo ancora costruito Tedi- ficio del socialismo. E sul terreno ripulito da una generazione, costan- temente nella storia appaiono nuove generazioni, purché il terreno produca, e il terreno produce borghesi quanti se ne vuole. E coloro che vedono la vittòria sui capitalisti come la vedono i piccoli proprietari, — « loro hanno arraffato, adesso lascia che arraffi io » — rappresen- tano ciascuno la fonte di una nuova generazione di borghesi. Quando ci dicono che l’introduzione della disciplina nel lavoro, legata alla reintegrazione dei dirigenti capitalisti, sarebbe una minaccia per la rivoluzione, io dico: questa gente non ha compreso proprio il carat- tere socialista della nostra rivoluzione e ripete proprio ciò che la accomuna facilmente con la piccola-borghesia, la quale ha paura della disciplina, dell’organizzazione, dell’inventario e del controllo come il diavolo dell’acqua santa. Se diranno: ma voi proponete di darci come dirigenti dei capi- talisti, da mettere insieme ai dirigenti operai. Si, si fa cosi perché essi hanno, nel campo dell'organizzazione pratica, delle conoscenze che noi non abbiamo. L’operaio cosciente non avrà mai paura di un tale dirigente, perché sa che il potere dei soviet è il suo potere, perché sa di volere imparare la pratica dell’organizzazione. Noi abbiamo organizzato sotto lo zar migliaia di persone e sotto Kerenski centinaia di migliaia di persone. Questo non è niente, questo in politica non conta. Era un lavoro preparatorio, un corso prepara- torio. Finché gli operai d’avanguardia non avranno imparato ad orga- nizzare decine di milioni di uomini, non saranno socialisti né creatori di una società socialista, e non possederanno le necessarie conoscenze in materia di organizzazione. Il cammino dell'organizzazione è lungo, e i compiti dell’edificazione socialista esigono un lavoro tenace e prò- 270 LENIN lungato e le relative conoscenze, che noi non abbiamo in misura sufficiente. Forse nemmeno la futura generazione, anche se più evoluta, potrà completare il passaggio al socialismo. Ricordate ciò che scrivevano i vecchi socialisti circa la futura rivoluzione socialista: è dubbio che si possa passare al socialismo senza andare a scuola dagli organizzatori dei trust, che si sono appunto occu- pati di questa produzione su vasta scala. A noi non occorre insegnare loro il socialismo, a noi occorre espropriarli, spezzare il loro sabo- taggio. Questi due compiti li abbiamo assolti. Bisogna obbligarli ad assoggettarsi al controllo operaio. E se i nostri critici tra 1 comunisti di sinistra ci hanno rimproverato che con la nostra tattica noi non andiamo verso il comuniSmo, ma marciamo all’indietro, Ì loro rim- proveri sono ridicoli: dimenticano che noi siamo rimasti indietro per quanto riguarda l’inventario e il controllo perché è stato assai difficile spezzare questa resistenza e porre al proprio servizio la borghesia e i suoi tecnici, e i suoi specialisti borghesi. Ebbene, le loro conoscenze, la loro esperienza e il loro lavoro ci sono necessari, senza di essi non possiamo conquistare realmente quella cultura che è stata creata dai vecchi rapporti sociali e che è rimasta la base materiale del socialismo. Se i comunisti di .sinistra non l’hanno notato, è perché essi non vedono la vita reale, ma mettono insieme le loro parole d’ordine contrappo- nendo un socialismo ideale al capitalismo di Stato. Noi invece dob- biamo dire agli operai: si, questo è un passo indietro, ma ci deve aiutare a trovare una via di uscita. Questa via d’uscita è una sola: organizzatevi fino all’ultimo uomo, organizzate l’inventario della pro- duzione, organizzate l’inventario e il controllo del consumo e fate in modo che noi non gettiamo via centinaia di milioni di banconote ancora fresche di stampa, e che non un biglietto da 100 rubli, finito in mani sbagliate, manchi di ritornare nelle casse dello Stato. Questo non si può ottenere con nessun impeto rivoluzionario, con nessuna misura repressiva contro la borghesia, ma si può fare soltanto con l’autodisciplina, solo con l’organizzazione del lavoro operaio e conta- dino, solo con l’intervento e il controllo. Tutto ciò ancora non l’abbiamo, e per questo abbiamo pagato come tributo una ricom- pensa più alta di quella pagata dagli organizzatori capitalisti. Noi non l’abbiamo ancora imparato, ma dobbiamo impararlo, perché questa è la via al socialismo, l’unica via: insegnare agli operai la maniera SEDUTA DEL CEC 271 pratica di dirigere imprese colossali, di organizzare la produzione e la distribuzione su vasta, vastissima scala. Compagni, so benissimo come sia facile parlare di inventario, di controllo, di disciplina e di autodisciplina, quando si ha una certa posizione pubblica. Se ne può trarre un vastissimo materiale per battute di spirito e dire; quando il vostro partito non era al potere, prometteva agli operai fiumi di latte e miele, tra rive di pan di Spagna, ma quando questa gente si è trovata al potere, ecco la solita trasforma- zione; ha cominciato a parlare d'inventario, di disciplina, di autodisci- plina, di controllo, e cosi via. So bene quale ottimo materiale sia questo per pubblicisti del tipo di Miliukov e di Martov. So bene che ricco materiale sia questo per gli uomini che si interessano soltanto di ricevere un tanto al rigo o di scrivere battute ad effetto e che sono inclini a sfruttare gli argomenti più insignifi- canti, accolti con scarsa simpatia dagli operai coscienti. Sul Lievy Kommunist ho trovato una recensione al mio libretto 119 di un cosi illustre pubblicista quale è Bukharin, una recensione del resto simpatica, ma tutto ciò che vi era di valido ha perso per me ogni valore quando ho letto la recensione fino in fondo; ho constatato che Bukharin non ha visto quello che bisognava vedere, e ciò è acca- duto perché egli ha scritto la sua recensione in aprile, ma ha scelto citazioni che in aprile erano già invecchiate, erano cose di ieri, e cioè che bisognava spezzare il vecchio Stato; questo noi Fabbiamo già fatto, questo era un obiettivo di, ieri, ora bisogna andare avan- ti e guardare non al passato ma al futuro e creare lo Stato della Comune, Egli ha parlato di ciò che già si è incarnato nelle organizza- zioni sovietiche, ma ha taciuto ciò che riguarda l’inventario, il con- trollo, la disciplina. Il modo di vedere di costoro, la loro mentali- tà coincide veramente con gli stati d’animo della piccola borghesia: toglier di mezzo il ricco, ma non introdurre il controllo; questo è il loro modo di .vedere; questo è dò che li attrae e che separa il prole- tario cosciente dalla piccola borghesia ed anche dai rivoluzionari più estremi* poiché il proletario dice: organizziamoci e tendiamo le nostre forze, altrimenti un certo kulak, il cui numero si conta a milioni, ci r farà la festa. È su questo che il proletario cosciente si distacca dal piccolo borghese; qui la rivoluzione si separa dalla piccola borghesia. E poiché costoro sono ciechi, di questo non parlano. 272 LENIN Mi permetto ancora di ricordarvi alcune cose da me scritte; io dicevo che gli uomini potranno fare a meno della violenza quando si saranno abituati ad agire in questo modo; naturalmente questa abitudine potrà essere il risultato solo di una lunga educazione. Quando i comunisti di sinistra sentono dire questo, si prendono la testa tra le mani e dicono: come abbiamo fatto a non accorger- cene? Bukharin, perché non avete criticato questa posizione? Noi abbiamo dimostrato la nostra forza quando si è trattato di schiacciare i grandi proprietari fondiari e la borghesia, ed ora dobbiamo mostrare la nostra forza neirautodisciplina e nell’organizzazione, perché dalle esperienze dei millenni passati è noto, e bisogna dirlo al popolo, che solo in questo è la forza del nostro potere sovietico, della nostra dittatura, della nostra autorità proletaria. Ma i piccoli borghesi sfug- gono a questa verità nascondendosi dietro lo scudo della fraseologia rivoluzionaria. Dobbiamo mostrare la nostra forza. Si, i piccoli padroni, i piccoli proprietari sono pronti ad aiutare noi proletari ad abbattere i grandi proprietari fondiari e i capitalisti. Essi non amano l’organizzazione, la disciplina, sono suoi nemici. E a questo punto noi dobbiamo con- durre la lotta piu decisa, piu implacabile contro questi proprietari privati, contro questi piccoli padroni, una lotta su scala diversa, e una lotta tanto piu difficile in quanto sembra erronea in linea di principio, mentre è solo qui che comincia il socialismo. E quando replico a coloro che dicono di essere dei socialisti e promettono mari e monti agli operai, dico che il comuniSmo non può presupporre l’attuale produttività del lavoro. La nostra produtti- vità è troppo bassa, questo è un fatto. Il capitalismo ci ha lasciato in eredità, soprattutto in un paese arretrato come il nostro, una somma di abitudini che fanno considerare tutto ciò che è statale, tutto ciò che riguarda il bene pubblico, come qualcosa da disprezzare e da danneggiare. Questa mentalità propria della massa piccolo-borghese si sente ad ogni passo. E in questo campo la lotta è molto difficile. Solo il proletariato organizzato può farvi fronte. Io ho scritto: « Fino all’avvento della fase “piu elevata" i socialisti reclamano dalla società e dallo Stato che sia esercitato il piu rigoroso controllo » 12 °. Questo io scrivevo prima della rivoluzione d’ottobre e su questo insisto ancora. Ora è venuto il momento in cui, schiacciata la borghesia, infranto SEDUTA DEL CE C 273 il sabotaggio, noi abbiamo la possibilità di accingerci a questo lavoro. Prima che si giungesse a questo, gli eroi del giorno, gli eroi della rivoluzione erano le guardie rosse, che hanno assolto la loro grande missione storica. Esse hanno preso le armi contro la volontà delle classi possidenti. Esse hanno compiuto questa' grande opera storica. Hanno preso le armi per spazzar via gli sfruttatori e trasformare le loro armi in strumenti di difesa degli operai, per vigilare sulla misura della produzione del lavoro e sulla misura del consumo. Questo non l'abbiamo ancora realizzato, ma è il nucleo c il fondamento del socialismo. Se c’c qualcuno a cui sembra un lavoro noioso e privo di interesse, è ai rappresentanti della pigrizia piccolo- borghese che lo sembra. Se la nostra rivoluzione si fermasse a questo punto, passerebbe egualmente alla storia non meno della rivoluzione del 1793. Ma ci si di- rebbe: quello accadeva nel XVIII secolo. Per il XVIII secolo era suffi- ciente, ma per il XX secolo è poco. L’inventario e il controllo, ecco ciò che è essenziale per un giusto funzionamento della società comunista. Questo lo scrivevo ancor prima del rivolgimento d'ottobre m , e ripeto che non ci si poteva accingere a quest'opera prima che gli Alexeiev, i Kornilov, i Kerenski fossero stati schiacciati. Ora la resistenza armata della borghesia è stata schiacciata. II nostro compito è di mettere tutti i sabotatori al lavoro, sotto il nostro controllo, sotto il controllo del potere del soviet, di creare organismi di direzione che organizzino in modo rigoroso l’inventario e il controllo. Il paese rischia la rovina perché dopo la guerra gli mancano le condizioni elementari per una esistenza normale. I nostri nemici marciano contro di noi, ci fanno paura solo perché non abbiamo ancora risolto il problema delPin- ventario e del controllo. Quando odo centinaia di migliaia di la- mentele, quando il paese è in preda alla carestia, quando si vede e si sa che queste lamentele sono giunte, che abbiamo il grano, ma non riusciamo a trasportarlo, e ci troviamo poi di fronte alla irri- sione e alle obiezioni dei comunisti di sinistra contro provvedimenti come il nostro decreto sulle ferrovie — che essi hanno ricordato due volte — diciamo che si tratta di sciocchezze. Nella riunione con i comunisti di sinistra del 4 aprile ho det- to: dateci un vostro progetto di decreto, dato che voi siete citta- dini della repubblica sovietica, membri delle istituzioni sovietiche, non siete critici dall'esterno, da dietro l’angolo, come i mercantucoli 274 LENIN e i sabotatori borghesi, che criticano per sfogare il loro livore. Voi, 10 ripeto, siete dirigenti di organizzazioni sovietiche; provatevi a darci un vostro progetto di decreto. Ma essi non possono darlo e non lo daranno mai, perché il nostro decreto sulle ferrovie è giusto, perché, instaurando la dittatura, esso incontra la simpatia di tutte le masse e di tutti i lavoratori coscienti delle ferrovie, e incontra invece Toppo» sizione di quegli alti funzionari che si riempiono le tasche a furia di bustarelle; perché tentenna di fronte ad esso solo chi tentenna tra 11 potere dei soviet e i suoi nemici, mentre il proletariato che ha impa- rato la disciplina alla scuola della grande industria, sa che non ci po- trà essere il socialismo finché la grande produzione non sarà orga- nizzata e finché non ci sarà una piu rigorosa disciplina. Questo prole- tariato è con noi sul problema delle ferrovie; esso scenderà in campo contro l’elemento piccolo-proprietario e mostrerà che la rivoluzione russa, che ha saputo riportare brillanti vittorie, saprà anche vincere la sua propria mancanza di organizzazione. E tra le parole d’ordine del 1° maggio, dal punto di vista dei compiti del momento, saprà apprezzare la parola d’ordine del CC che dice: « Abbiamo vinto il capitale, vinceremo anche la nostra mancanza di organizzazione ». E solo allora giungeremo alla piena vittoria del socialismo! (Fragorosi applausi. ) 2 CONCLUSIONI DEL DIBATTITO SUI COMPITI IMMEDIATI Debbo anzitutto dire qualcosa a proposito del discorso del com- pagno Bukharin: ho già rilevato nel mio primo discorso che noi siamo d’accordo con lui per i nove decimi, e perciò considero motivo di rincrescimento il fatto di non essere d’accordo con lui per l’altro decimo; per un decimo egli si trova nella condizione di dovere, per metà del suo discorso, polemizzare decisamente contro coloro che sono intervenuti a suo favore. E per quanto eccellenti siano le intenzioni sue e del suo gruppo, la falsità delle loro posizioni risulta evidente dal fatto che egli deve sempre perdere del tempo per giustificarsi e per precisare la sua posizione riguardo al capitalismo di Stato. Il compagno Bukharin ha assolutamente torto; e io ne parlerò sulla stampa, perché questa è una questione estremamente importante. Ora dirò due parole sui rimproveri che ci hanno rivolto i comunisti di sinistra perché in noi si noterebbe una deviazione verso il capitalismo di Stato; e qui il compagno Bukharin si sbaglia quando dice che sotto il potere dei soviet non ci può essere capitalismo di Stato. In tal modo egli si contraddice quando afferma che sotto il potere dei soviet non vi può essere capitalismo di Stato; questa è una palese assurdità. Tutta una serie di imprese e di officine che si trovano sotto il controllo del potere dei soviet e appartengono allo Stato sono già una prova del passaggio dal capitalismo al socialismo, e il com- pagno Bukharin non vuole soffermarsi concretamente su questo, ma ricorda invece che noi eravamo nella sinistra di Zimmerwald m e 276 LENIN scrivevamo contro di lui; ma quelli erano i tempi che Berta filava, e ricordare tutto questo ora, dopo sei mesi che esiste il potere dei soviet, e dopo l'esperienza che abbiamo fatto espropriando, confi- scando e nazionalizzando, dopo tutto questo ricordare quel che scrive- vamo nel 1915 è ridicolo... Ora non possiamo non porre la que- stione del capitalismo di Stato e del socialismo, della condotta che dobbiamo tenere in questo periodo di transizione, in cui sotto il potere sovietico coesistono un pezzo di capitalismo e un pezzo di socialismo. È una questione che il compagno Bukharin non vuole capire, e a me pare che non possiamo liquidarla di colpo, e il compagno Bu- kharin non propone di liquidarla, e non nega che questo capitalismo di Stato sia superiore ai residui di mentalità e di condizioni economiche di yita e di costume proprie della piccola proprietà che sono assai notevoli, cosa che il compagno Bukharin non ha confutato, e che d'altronde non si può confutare senza dimenticare la parola « mar- xista ». È ridicolo sostenere, come fa Ghe, che il proletariato in Europa è infetto, che il proletariato in Germania è corrotto 12 \ Questa è barbarie nazionale, è una concezione di una tale ottusità che non ne conosco l'eguale. Il proletariato d'Europa non è affatto piu infetto che in Russia, ma è piu difficile colà cominciare la rivoluzione perché il potere non è in mano di idioti come Romanov né di fanfaroni come Kerenski, ma vi sono dirigenti seri del capitalismo, che in Russia non c’erano. Passo infine a esaminare le principali obiezioni che sono pio- vute da ogni parte sul mio articolo e sul mio discorso. È stata qui presa di mira soprattutto la parola d’ordine; « razzia ciò che ti hanno razziato », parola d’ordine nella quale, per quanto io la esamini, non posso trovare nulla di erroneo, se opera sulla scena della storia. Se usiamo le parole; espropriazione degli espropriatori, è forse perché qui non si può fare a meno di parole latine? {Applausi.) E io penso che la storia ci darà pienamente ragione, e, ancor prima della storia, si schiereranno dalla nostra parte le masse lavora- trici; ma se la parola d'ordine « razzia ciò che ti hanno razziato » si è manifestata senza limitazione alcuna nell’attività di un soviet e se è apparso che, in una questione pratica e fondamentale come la care- stia e la disoccupazione, ci troviamo di fronte a grandissime diffi- coltà, è qui il momento di dire che dopo le parole: « razzia ciò che SEDUTA DEL CEC 277 ti hanno razziato » comincia la separazione tra la rivoluzione prole- taria che dice: conta quello che è stato tolto e non lasciarlo dilapidare, e quelli che cercano direttamente o indirettamente di riempirsi le tasche vengano fucilati come violatori della disciplina... E cosi, quando cominciano ad indignarsi contro tutto ciò, gridano che questa è dittatura, e cominciano a evocare a gran voce Napo- leone III e Giulio Cesare, dicono che la classe operaia non è se- ria, quando accusano Trotski, questo dimostra la confusione delle menti, lo stato d’animo politico che è proprio appunto della piccola borghesia, che ha protestato non contro la parola d'ordine « razzia ciò che ti è stato razziato » ma contro la parola d'ordine: conta e distribuisci giustamente. Non ci sarà carestia in Russia se terremo il conto del grano, se controlleremo i depositi di tutti i prodotti e se infliggeremo le pene piu severe contro ogni violazione debordine stabilito. Ecco dov’è il disaccordo. Ciò deriva dalla nostra situazione, in cui soltanto il proletariato avanza sul serio verso la rivoluzione socialista, mentre la piccola borghesia si accosta ad essa esitando, cosa che noi abbiamo sempre visto, di cui abbiamo sempre tenuto conto, e in questa esitazione essi sono contro di noi- Ma noi non esiteremo per questo, continueremo ad andare per la nostra strada, nella certezza che la metà del proletariato ci seguirà, perché i proletari sanno benissimo che i fabbricanti hanno rapinato quello che hanno rapinato solo perché i poveri non ne traessero profitto. Tutte queste sono sottigliezze verbali: la dittatura, Napoleone III, Giulio Cesare, ecc. Qui si può, a questo proposito, gettare polvere negli occhi, ma nelle singole località, in ogni fabbrica, in ogni vil- laggio si sa benissimo che noi in questo siamo indietro, nessuno conte- sterà questa parola d'ordine, tutti sanno che cosa significa. E sul fatto che noi rivolgeremo tutte le nostre forze a organizzare Tinventario, il controllo e una giusta distribuzione, anche su questo non vi possono essere dubbi. Bukharin ci ha detto: « Non voglio confondermi con coloro che mi abbracciano »; ma sono tanti che il compagno Bukharin non può liberarsene. Non ci dicono che cosa propongono, perché non sanno che cosa proporre. E voi sapete che cosa proporre? Io vi ho mosso dei rimproveri sia sulla stampa che nei miei discorsi. A proposito del decreto sulle ferrovie, abbiamo avuto il piacere di ricordare il 4 aprile, cui ha fatto riferimento la vostra rivista, e ho detto che se non siete 278 LENIN pienamente soddisfatti di questo decreto, dateci allora un nuovo decreto. Ma a questo non c’è il minimo accenno nel primo numero né nel secondo, di cui mi hanno fatto cortesemente avere le bozze; non c’è il minimo accenno nemmeno nel discorso del compagno Bukharin, ce bensì una completa coincidenza. E il compagno Bukharin e il com- pagno Martov montano su questo cavai lo — il decreto sulle ferrovie — e lo lanciano a briglia sciolta. Parlano della dittatura di Napo- leone III, di Giulio Cesare, fornendo il materiale per cento numeri che nessuno leggerà. Questo sì che tocca un po’ piu da vicino la questione. Ciò riguarda gli operai e le ferrovie. E senza ferrovie non solo non ci potrà essere il socialismo, ma tutti moriranno semplice- mente di fame come cani, mentre il grano sta poco lontano. Tutti lo sanno perfettamente. Perché non hanno risposto? Voi chiudete gli occhi. Voi gettate polvere negli occhi agli operai, voi — quelli del- la N ovaia Gizn e i menscevichi coscientemente, il compagno Bu- kharin per errore — nascondete agli operai la questione principale, quando parlate della edificazione. Che cosa si può edificare senza le ferrovie? E quando io vedo un commerciante che durante un qualche incontro o ricevimento di delegazioni mi dice che su questa o quella linea ferroviaria si nota un miglioramento, questo elogio per me vaie un milione di volte di piu che non venti risoluzioni di comunisti o di qualunque altro, e più di tutti i vari discorsi. E quando uomini pratici — ingegneri, commercianti, ecc. — di- cono che se questo potere riesce anche un poco, e per poco che sia, a rimettere in ordine le ferrovie, riconosceranno, che è un potere, questo apprezzamento è più importante di tutti. Giacché le ferrovie sono il punto nodale, sono una delle manifestazioni più evidenti del legame tra la città e la campagna, tra l’industria e l’agricoltura, su cui si fonda tutto il socialismo. Per creare questa unione, in vista di una attività pianificata nell’interesse di tutta la popolazione, ci vogliono le ferrovie. Tutte queste frasi sulla dittatura, ecc. ecc., in cui si trovano d’accordo i vari Martov e Karelin, tutte queste frasi che vengono ripetute fino alla noia dalla stampa cadetta, sono frasi inutili. Vi ho portato ad esempio le organizzazioni operaie che operano in questo senso, e il capitalismo di Stato di altre imprese, di altri settori dell’industria; nelle imprese dei lavoratori dei tabacchi e del cuoio vi è più capitalismo di Stato che in altre, vi è più ordine, vi è SEDUTA DEL CEC 279 una maggiore garanzia per il cammino verso il socialismo. E questo non si può nascondere, né si possono lanciare frasi assurde come fa Ghe, quando dice che con il fucile si può convincere chiunque. Questo è completamente assurdo e significa non capire a che cosa serve il fucile. Dopo di questo si può pensare che il fucile sia una cosa cattiva, a meno che cattiva non sia la testa dell’anarchico Ghe. (Ap- plausi.) Il fucile era una cosa ottima quando bisognava fucilare il capitalista che ci faceva la guerra, quando bisognava prendere in flagrante i ladri e fucilarli. Ma quando il compagno Bukharin dice che vi sonò persone che guadagnano 4.000 rubli e che bisogna met- terle al muro e fucilarle, non è giusto. Prima di tutto bisogna tro- varle. Infatti da noi non ci sono molti posti in cui si guadagnano 4.000 rubli. Si cerca di prendere gente da ogni parte, perché non abbiamo specialisti, ecco il nodo della questione, ecco perché bisogna attirare dalla nostra parte 1.000 specialisti di priirTordine nei loro settori, uomini che apprezzano il proprio lavoro, che amano la grande industria, perché sanno che porta a un piu alto livello tecnico. E quando qui ci si dice che il socialismo si può raggiungere senza met- tersi alla scuola della borghesia, io so una cosa, che questa mentalità è quella di un abitante dell’Africa centrale. Noi non immaginiamo altro socialismo che quello fondato sugli insegnamenti della grande civiltà capitalistica. Il socialismo senza posta, senza telegrafo, senza macchine è una frase assolutamente vuota. Ma è impossibile eliminare di colpo Tambiente borghese e le abitudini borghesi', poiché al socialismo è necessaria l’organizzazione sulla quale si fonda tutta la scienza e la tecnica moderna. Parlare a questo fine di fucili e la più grossa delle sciocchezze. Dipende dal livello organizzativo di tutto il popolo che tutta la popolazione paghi ^imposta sul reddito, che sia istituita l’obbligatorietà del lavoro, che ognuno sia registrato; finché non sarà registrato, bisogna che noi lo paghiamo. Quando Bukhann dice che c’è una mancanza di principi, è fuori strada. Marx proponeva di indennizzare la borghesia come classe. Egli scriveva questo dell’In- ghilterra, quando in Inghilterra non cera imperialismo, quando era possibile un passaggio pacifico al socialismo; questo non è affatto un ri- chiamo al socialismo precedente 12 V Si tratta ora non della borghesia, ma di attirare gli specialisti. Io ho citato un esempio, ma se ne possono fornire migliaia. Si tratta qui semplicemente di attirare al nostro lavoro uomini che si possono attrarre sia offrendo loro una paga elevata, sia 280 LENIN organizzandoli idealmente, giacché non negherete che è a loro che vengono pagati questi alti stipendi. Lo sappiamo dall'esempio che ho citato, dato che finora voi avete criticato solo il silenzio, e i socialisti-rivoluzionari di sinistra sanno benissimo che paghiamo alti stipendi, lo sanno i comunisti di sinistra e quelli della Novaia Gizn. Su questo punto essi non avanzano critiche. Ecco qual è la loro vera critica al potere dei soviet! Quando hanno osservato che ai loro ingegneri si cominciavano a pagare millecinquecento rubbli, essi hanno taciuto. Era molto piu utile pagare questi ingegneri. E, a questo propo- sito, niente Giulio Cesare, né dittatura. Anzi questo era educazione poli- tica delle masse popolari. Ma se dico che cominciamo a pagare da mille- cinquecento a duemila, questo è un passo indietro. E allora entrano in scena Giulio Cesare, Napoleone III, la pace di Brest, e chi piu ne ha ne metta. Ma dei vostri specialisti, dei vostri ingegneri, non una parola, silenzio completo. E quando si dice, e quando Bukharin dice, che questo non è trasgressione a un principio, io dico che qui c’è violazione del principio della Comune di Parigi. Il capitalismo di Stato non è una que- stione di denaro, ma di rapporti sociali. Se noi diamo stipendi di duemi- la rubli in base al decreto sulle ferrovie, questo è capitalismo di Stato. Se il compagno Bukharin resta fermo alla risoluzione di Zimmerwald del 1915, egli non uscirà fuori da questa teoria mal digerita. Uscitene, com- pagno Bukharin. Ora, il compagno Bukharin ha detto che io attacco l’elemento piccolo-borghese. Io non ho attaccato il contadino lavoratore, parlando dell’elemento piccolo-borghese. Lasciamo da parte i contadini lavoratori, perché qui non si tratta di loro. Ma tra i contadini vi è il contadino lavoratore e il contadino piccolo-borghese, che vive, come piccolo proprietario, del lavoro altrui; il contadino lavoratore è sfruttato dagli altri, ma vuole vivere del suo lavoro. Perciò, se qualcuno ha cominciato a prendersela con i contadini lavoratori, il compagno Karelin ha torto. I contadini poveri, che non guadagnano nulla dalla razzia di ciò che è stato razziato, sono con noi. Essi seguiranno le nostre parole d’ordine. Noi sappiamo benissimo e notiamo come nelle campagne si interpreti la parola d’or- dine: razzia ciò che ti è stato razziato. Ma se vanno laggiù a par- lare di dittatura e a dir frasi vuote sulla pace di Brest, ecc., i nostri contraddittori resteranno isolati e non troveranno appoggio. Il prole- tariato, la massa contadina rovinata e disperata per ciò che riguarda l’azienda individuale, sarà dalla nostra parte, perché comprende perfetta- SEDUTA DEL CEC 281 mente che con la semplice razzia non si può salvare la Russia. Noi tutti lo sappiamo benissimo e ciascuno lo vede e lo sente nel posto dove vive e lavora. A questo proposito noi ci muoviamo insieme con le esigenze eco- nomiche e lo stato d’animo delle masse lavoratrici. E perciò, quando gli intellettuali declassati comunisti di sinistra lanciano i loro fulmini contro di noi, dobbiamo esser certi che, per quanto essi ci insultino, questa parola d’ordine della rivoluzione socialista è la sola giusta e che le masse lavoratrici debbono comprenderla e utilizzarla per rafforzare e portare a termine la rivoluzione socialista. Questo è un argomento che non si può eludere in nessuna assemblea operaia; vi perseguiteranno con questo decreto, con questo argomento, e non pretendiamo di essere infallibili, molti nostri decreti sono cattivi. Correggeteli: voi disponete di varie riviste e di gruppi di publicisti, dite ciò che vi è di cattivo nel decreto sulle ferrovie. Noi vi abbiamo proposto di farlo alla riunione del 4 aprile: oggi siamo già al 29 aprile, sono passati venticinque giorni, e tutto il gruppo di illustri pubblicisti tace, perché non sanno che cosa dire. Sapete che il nostro decreto sulle ferrovie, nonostante tutti i suoi difetti, che noi del resto siamo disposti a correggere, ha affrontato l’es- senza stessa del problema; esso ha il suo appoggio in quella massa di operai che crede nella più vigorosa disciplina e che deve essere unita dal potere di un solo, designato e revocato dai soviet i quali esigono, nel la- voro, 1: esecuzione senza riserve dei compiti affidati, quando è necessario che la grande produzione funzioni come una macchina e che migliaia di persone siano dirette da una sola volontà, si sottomettano agli ordini di un solo dirigente sovietico {Applausi.) E ricordare a questo proposito Napoleone III e Giulio Cesare significa o perdere il senno, o perdersi ir- rimediabilmente nel labirinto delle pubblicazioni autorizzate che non fan- no altro che ingiuriare i bolscevichi. Il decreto sulle ferrovie, compagni, è un passo che dimostra che noi siamo sulla buona strada, che siamo finalmente usciti all’aperto. E ne] mio discorso io vi ho detto perché noi siamo arrivati a questo; noi non abbiamo discusso, al Consiglio dei commissari del popolo, su Napoleone il Grande e su Giulio Cesare, ma abbiamo cento volte discusso sul modo di mettere in sesto le ferrovie, e noi sappiamo ciò che si pensa sul posto, sappiamo, dal gran numero di colloqui avuti con le organizzazioni delle ferrovie, che l’elemento proletario, vedendo la gente morire di fame nella Russia centrale, 282 LENIN mentre il grano ce, ma è difficile trasportarlo per colpa del caos che c’è nei trasporti, è con noi, cerca la disciplina e si attende che sia creato ordine. Ma se vi sono degli esitanti, disorientati, animati da tendenze piccolo-borghesi, spaventati dal potere dei singoli, che cadono in preda all’isterismo e non marciano con noi, perché ciò accade? Forse perché ce un’ala destra, perché sono caduti in preda all’isterismo soprattutto i socialisti-rivoluzionari di sinistra? C’è una confusione completa in cui nessuno riesce a orientarsi; e per non fare discussioni inutili, noi diciamo: prendete la questione capitale e affrontatela concretamente. Quando qui ci si parla di conciliazione con la borghesia, come Ka- relin e Martov, si dicono sciocchezze. Vi ricordo l’autorevole opuscolo dì Kautsky, e come egli si immaginasse la vita il giorno dopo la rivoluzione sociale. Vi dirò alPincirca quello che egli scriveva: gli organizzatori dei trust non resteranno senza impiego. Questo scriveva un uomo il quale capiva che organizzare decine di milioni di uomini per la produzione e la distribuzione dei prodotti non è uno scherzo! Noi non abbiamo impa- rato a farlo e non abbiamo potuto impararlo da nessuna parte, ma gli organizzatori dei trust sanno che senza di ciò non vi sarà socialismo. Anche noi dobbiamo saperlo. E perciò tutte le frasi sulla conciliazione e l’intesa con la borghesia sono vuote chiacchiere. Voi non potrete confutare la tesi di Kautsky' secondo cui la grande produzione bisogna conoscerla per esperienza. SEI TESI SUI COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 1. La situazione intemazionale della repubblica sovietica è estrema- mente difficile e critica. Poiché gli interessi piu profondi e radicali del capitale internazionale e deirimperialismo spingono non solo all’at- tacco contro la Russia, ma a un accordo per la spartizione della Russia e per soffocare il potere dei soviet. Solo l’inasprimento del massacro imperialista dei popoli nell’Europa occidentale e la rivalità imperialistica tra il Giappone e l’America in Estremo oriente paralizza o trattiene queste ambizioni, e soltanto in parte e soltanto per un certo tempo, probabilmente breve. Perciò la tattica della repubblica sovietica deve essere obbligato- riamente, da un lato, quella di tendere al massimo tutte le forze per sollevare economicamente il paese il piu presto possibile, di aumentare la sua capacità difensiva, di creare un potente esercito socialista; dall’al- tro lato, nella politica internazionale, deve essere obbligatoriamente una tattica di manovra, di ritirata, di attesa del momento in cui maturerà definitivamente la rivoluzione proletaria internazionale, che va ora matu- rando piu rapidamente di prima in tutta una serie di paesi piu avanzati. 2. Nel campo della politica interna si pone ora all’ordine del giorno, secondo la risoluzione approvata dal Congresso dei soviet di tutta la Russia del 15 marzo 1918, il problema dell’organizzazione. Appunto que- sto compito, di organizzare in modo nuovo e superiore la produzione e la distribuzione dei prodotti sulla base della grande produzione mec- canizzata e socializzata, costituisce il contenuto principale — e la condi- zione principale della completa vittoria — della rivoluzione socialista, che è cominciata in Russia il 25 ottobre 1917. 3. Dal punto di vista puramente politico, il punto essenziale del momento è che il compito di convincere i lavoratori della Russia della 284 LENIN giustezza del programma della rivoluzione socialista e il compito di con- quistare la Russia ai lavoratori strappandola agli sfruttatori sono stati adempiuti nelle linee generali, e il compito principale che si pone ora all’ordine del giorno è: come governare la Russia. L’organizzazione di una buona amministrazione, l’applicazione costante dei decreti del potere sovietico: questo è il compito immediato dei soviet, questa è la condi- zione per la vittoria completa del tipo sovietico di Stato che però non basta decretare formalmente, non basta istituire ed estendere in tutto il paese, ma che bisogna ancora organizzare praticamente e verificare con un lavoro regolare e quotidiano di direzione. 4. Nel campo della edificazione economica del socialismo il punto cruciale del momento è che il nostro lavoro per organizzare l’inventario e il controllo popolare generale della produzione e della distribuzione dei prodotti e per introdurre la regolamentazione proletaria della produ- zione è rimasto molto indietro rispetto all’opera di espropriazione diretta degli espropri atori, dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti. Questo è il fatto fondamentale che determina i nostri compiti. Da esso deriva, da un lato, che la lotta contro la borghesia entra in una nuova fase, in cui, precisamente, il centro di gravità diviene l’organizzazione dell’inventario e del controllo. Solo per questa via pos- sono essere consolidate tutte le conquiste economiche strappate al capi- tale e tutte le misure di nazionalizzazione dei vari settori dell’economia nazionale, da noi realizzate dopo l’ottobre, e solo per questa via può essere preparato il successo finale della lotta contro la borghesia, cioè il pieno consolidamento del socialismo. Dal fatto fondamentale sopraindicato, d’altra parte, deriva la spie- gazione del perché il potere sovietico ha dovuto in certi casi fare un passo indietro e scendere al compromesso con le tendenze borghesi. Un passo indietro di questo genere, e un allontanamento dai principi della Comune di Parigi, è stata, ad esempio, l’introduzione di alti stipen- di per una serie di specialisti borghesi. Un compromesso di questo ge- nere è stato l’accordo con le cooperative borghesi circa i passi e i prov- vedimenti per una graduale partecipazione di tutta la popolazione alle cooperative. Finché il potere proletario non avrà messo completamente in piedi l’inventario e il controllo popolare, compromessi di questo genere saranno necessari, e il nostro compito — senza mai nascondere al popolo gli elementi negativi di tali compromessi — è di tendere tutte le forze per migliorare l’inventario e il controllo, come unico mezzo e SEI TESI 285 unica via per eliminare completamente qualsiasi compromesso di questo genere. Al momento attuale tali compromessi sono necessari, in quanto (dato il nostro ritardo per quanto riguarda l’inventario e il controllo) sono Tunico mezzo per assicurarci un piu lento, ma anche piu sicuro progresso. Quando Tinventario e il controllo sulla produzione e la distri- buzione dei prodotti saranno pienamente realizzati, la necessità di tali compromessi verrà a cadere. 5. Si pongono in particolare all’ordine del giorno le misure intese a rafforzare la disciplina del lavoro e ad aumentare la produttività del lavoro. I primi passi già compiuti in questa direzione, soprattutto dai sindacati, debbono essere con tutte le forze appoggiati, consolidati e rafforzati. Tra queste misure vanno annoverate, ad esempio, l’introdu- zione del salario a cottimo, l’impiego del sistema Taylor, per quel tanto che in esso vi è di scientifico e di progressivo, la decisione di pro- porzionare i salari al bilancio generale del lavoro di questa o quella fabbrica, o ai risultati dell’esercizio delle ferrovie, dei trasporti per via d’acqua, ecc, Si tratta parimenti di organizzare lemulazione tra le di- verse comuni di produzione e di consumo, di saper scegliere gli orga- nizzatori, ecc, 6. La dittatura del proletariato è assolutamente necessaria durante il periodo di transizione dal capitalismo al socialismo, e questa verità è stata pienamente confermata dall’esperienza fatta nel corso della nostra rivoluzione. Ma la dittatura presuppone un potere rivoluzionario real- mente fermo e implacabile nella repressione degli sfruttatori e dei fautori di disordini; invece il nostro potere è troppo clemente. L’obbedienza durante il lavoro, e l’obbedienza assoluta, agli ordini personali dei diri- genti sovietici, dittatori eletti o nominati dalle istituzioni sovietiche, inve- stiti di pieni poteri dittatoriali (come specifica per esempio, il decreto sulle ferrovie), è garantita in modo ancora molto, ma molto insuffi- ciente. Qui si manifesta l’influenza deH’elemento piccoloborghese, delle abitudini piccolo-borghesi, che sono in aperto contrasto con la disciplina proletaria e il socialismo. Tutto quel che c’è di cosciente nel proletariato deve essere gettato nella lotta contro questo elemento piccoloborghese, che si manifesta non solo direttamente (con l’appoggio fornito dalla borghesia e dai suoi complici, menscevichi, socialisti-rivoluzionari di destra ecc., ad ogni opposizione al potere proletario), ma anche indiret- tamente (con l’ondeggiamento storico che dimostrano nelle questioni politiche essenziali il partito piccolo-borghese dei socialisti-rivoluzionari 286 .LENIN di sinistra, nonché, nel nostro partito, la corrente dei « comunisti di sinistra », che si abbassa fino a giungere a metodi rivoluzionari piccolo- borghesi e imita i socialisti-rivoluzionari di sinistra). Una disciplina ferrea e una dittatura del proletariato attuata fino in fondo contro le oscillazioni piccolo-borghesi: questa è la parola d’or- dine generale del momento. Scritto tra il 30 aprile e il 3 maggio l?18 r Pubblicato nello stesso anno nell’opuscolo: N. Lenin, I compiti immediati del potere sovietico f Edizioni del CEC di tutta la Russia, PRINCIPI FONDAMENTALI DI POLITICA ECONOMICA E PARTICOLARMENTE BANCARIA I. Completare la nazionalizzazione dell’industria e degli scambi. IL Nazionalizzazione delle banche e passaggio graduale al socia- lismo. III. Raggruppamento obbligatorio della popolazione in cooperative di consumo. (+ Scambio delle merci) IV. Inventario e controllo della produzione e della distribuzione dei prodotti. V. Disciplina del lavoro. (+ Politica fiscale) Centralizzazione Misure per istituire i conti correnti obbligatori o il deposito obbli- gatorio del denaro nelle banche. Raggruppamento obbligatorio della popolazione nelle cooperative di consumo e misure per la sua attuazione. Condizioni di un accordo con le cooperative per il graduale pas- saggio del loro apparato al raggruppamento di tutta la popolazione nelle società cooperative. Obbligatorietà del lavoro, a cominciare dall’alto. Riconoscere come assolutamente necessarie e indifferibili le misure piu implacabili di lotta contro il caos, il disordine e l’inerzia, le misure piu decise e draconiane per elevare la disciplina e l'autodisciplina degli operai e dei contadini. Trasformare il controllo di Stato in un reale controllo creando gruppi volanti di controllori in tutti i settori della vita economica. Condizioni pratiche per far partecipare al lavoro gli intellettuali 288 LENIN borghesi e i sabotatori che esprimano il desiderio di lavorare con il potere sovietico. Tribunali industriali per l'inventario della produzione, delle scorte di prodotti e della produttività del lavoro. (Immediatamente e assolutamente). 1. Portare a termine la nazionalizzazione dell'industria. 2. Passare gradualmente al raggruppamento totale della popola- zione nelle cooperative di consumo e scambio dei prodotti. 3. Politica bancaria. 4. Disciplina del lavoro ecc. 5. Politica fiscale (finanze). 1. Portare a termine la nazionalizzazione di tutte le fabbriche, offi- cine, ferrovie, mezzi di produzione e di scambio. Lotta implacabile e incondizionata contro Patteggiamento sindacalistico e caotico verso le imprese nazionalizzate. Attuare metodicamente la centralizzazione della vita economica su scala nazionale. Esigere fermamente piani e preven- tivi, rapporti settimanali e un aumento effettivo della produttività del lavoro. Creare e sperimentare in pratica un apparato che diriga i settori nazionalizzati dell’industria. Scritto nell’aprile 1918. Pubblicato per la prima volta nel 1933, in Miscellanea di Lenin , XXI. SCHEMA DI PIANO PER I LAVORI TECNICO-SCIENTIFICI 125 All’ Accademia delle Scienze, che ha iniziato lo studio e la ricerca sistematica delle forze produttive naturali * della Russia bisogna im- mediatamente affidare, da parte del Consiglio superiore delleconomia, T incarico: di costituire una serie di commissioni formate di specialisti per redigere al piu presto un piano di riorganizzazione dell’industria e di sviluppo economico della Russia. In questo piano deve rientrare: Una dislocazione razionale dell’industria in Russia secondo la vici- nanza delle materie prime e la possibilità di ridurre al massimo le perdite di lavoro nel passaggio dalla lavorazione delle materie prime, attraverso tutti gli stadi successivi di trasformazione dei semilavorati, sino alla produzione del prodotto finito. La fusione e concentrazione razionale della produzione, dal punto di vista della grande industria più moderna e in particolare del trust, in poche grandi imprese. Assicurare al massimo alla attuale Repubblica sovietica russa (senza l’Ucraina e senza le regioni occupate dai tedeschi) la possibilità di rifor- nirsi autonomamente di tutti i principali tipi di materie prime e di in- dustria. Rivolgere particolare attenzione all’elettrificazione dell’industria e dei trasporti e all’ impiego delPelettricità in agricoltura. Sfruttare i com- bustibili di seconda qualità (torba, carbone di qualità inferiore) per * Bisogna affrettare in tutti i modi la pubblicazione di questi materiali, in- viare a questo proposito una nota al commissariato per Tistruzione pubblica, al sindacato dei tipografi e al commissariato del lavoro. 10 — 2654 290 LENIN ottenere energia elettrica con una spesa minima per la estrazione e il trasporto del combustibile. Forze idrauliche e motori a vento in generale applicati anche airagricoltura. Scritto nell'aprile 1918. Pubblicato per la prima volta sulla Pravda, n. 52. 4 marzo 1924. AL COMITATO CENTRALE DEL PARTITO COMUNISTA RUSSO Vi prego di porre all’qrdine del giorno l’espulsione dal partito di quei membri che, dovendo giudicare l’affare (2 -V- 1918) dei concus- sionari, convinti e confessi del loro crimine, si sono limitati ad inflig- gere una condanna di sei mesi di prigione 126 . Infliggere ai concussionari condanne di una mitezza irrisoria, invece di fucilarli, è un atto vergognoso per un comunista e un rivoluzionario. Compagni di questa fatta debbono essere perseguiti dal tribunale dell’opi- nione pubblica ed espulsi dal partito, perché il loro posto è accanto ai Kerenski e ai Martov, e non a fianco dei rivoluzionari comunisti. 4 -V - 1918 Lenin Pubblicato per la prima volta nel 1933 in Miscellanea di Lenin } XXI. SULL’INFANTILISMO « DI SINISTRA » E SULLO SPIRITO PICCOLO-BORGHESE Pubblicato sulla Pravda nn. 88, 89, 90, Firmato: N. Lenin. La pubblicazione da parte di un piccolo gruppo di « comunisti di sinistra » della loro rivista Kommunist (n. 1, 20 aprile 1918) e delle loro « tesi » offre un'eccellente conferma a quanto avevo detto neiropuscolo I compiti immediati del potere sovietico m . Non si sarebbe potuta desiderare una conferma più evidente — nella letteratura politica — di tutta l’ingenuità insita nella difesa del disordine piccolo-borghese che a volte si nasconde sotto le parole d’ordine di « sinistra ». È utile e neces- sario soffermarsi sui ragionamenti dei « comunisti di sinistra » perché sono caratteristici del momento che attraversiamo; chiariscono con stra- ordinaria evidenza, sotto l’aspetto negativo, il « nodo » di questo mo- mento; sono istruttivi, perché ci troviamo di fronte ai migliori tra coloro che non hanno compreso il momento attuale, a gente che sia per le loro conoscenze che per la loro lealtà sono molto, molto al di sopra dei rappresentanti comuni del medesimo errore, e cioè dei socialisti-rivolu- zionari di sinistra. I. Come fattore politico — o che pretende di svolgere una funzione politica — il gruppo dei « comunisti di sinistra » ci ha dato le sue « tesi sul momento attuale ». È questa una buona abitudine marxista quella di dare un’esposizione completa e armonica dei principi che sono alla base delle proprie concezioni e della propria tattica. E questa ottima abitudine marxista ha contribuito a denunciare l’errore dei nostri « sini- stri », giacché il loro solo tentativo di argomentare — e non di limitarsi 296 LENIN alle declamazioni — rivela l’inconsistenza delle loro argomentazioni stesse. Anzitutto salta agli occhi l’abbondanza di allusioni, di accenni, di insinuazioni a proposito della vecchia questione se fosse giusto o meno concludere la pace di Brest-Litovsk. I « sinistri » non hanno avuto il co- raggio di porre la questione in modo diretto e si dimenano comicamente, accumulando un argomento sull’altro, diffondendosi in varie considera- zioni, cercando tutti i « da una parte » e « dall’altra », diffondendosi a discorrere su questo e su quello, e su molte altre cose ancora, e sfor- zandosi di non vedere come si diano la zappa sui piedi. I « sinistri- » si preoccupano di mettere in rilievo i 12 voti che al congresso del partito si sono avuti contro la pace, di fronte ai 28 a favore, ma tacciono mode- stamente il fatto che nel gruppo bolscevico al congresso dei soviet essi hanno raccolto meno di un decimo dei voti su parecchie centinaia di votanti. Inventano la « teoria » secondo cui la pace sarebbe stata soste- nuta da elementi « stanchi e declassati », mentre contro la pace « erano gli operai e i contadini delle regioni del sud, economicamente piu vitali e meglio fornite di grano »... Come non ridere di queste affermazioni? Non una parola sul voto in favore della pace espresso dai congresso dei soviet di tutta l’Ucraina; non la minima parola sul carattere sociale e di classe del conglomerato politico tipicamente piccolo-borghese e declas- sato che era contro la pace (il partito socialista-rivoluzionario di sini- stra). È una maniera veramente infantile di nascondere il proprio fal- limento dietro buffe spiegazioni « scientifiche », di nascondere fatti la cui semplice elencazione mostrerebbe che sono stati appunto gli ele- menti intellettuali declassati « al vertice » del partito che si opponevano alla pace con parole d’ordine tratte dal frasario piccolo-borghese e che sono state precisamente le masye degli operai e dei contadini sfruttati che hanno voluto la pace. La semplice e chiara verità si fa tuttavia strada attraverso tutte le suddette dichiarazioni e insinuazioni dei « sinistri » a proposito della guerra e della pace. « La conclusione della pace — sono costretti a rico- noscere gli autori delle tesi — ha per ora indebolito la tendenza degli imperialisti a mettersi d’accordo sul piano internazionale » (i « sinistri » si esprimono in modo impreciso, ma non è qui il luogo di soffermarsi sulle inesattezze). « La conclusione della pace ha già portato ad un ina- sprimento della lotta tra le potenze imperialistiche ». Questo si che è un fatto. Ed è un fatto che ha un’importanza sull’infantilismo di sinistra 297 decisiva. Ecco perché gli avversari della conclusione della pace erano obiettivamente un giocattolo nelle mani degli imperialisti, erano caduti nella loro rete. Infatti, finché non scoppia una rivoluzione socialista internazionale, che abbracci piu paesi, e che sia cosi forte da vincere Y imperialismo internazionale , fino a quel momento il primo dovere dei socialisti che hanno vinto in un paese solo (e particolarmente arretrato) è di non accettare battaglia contro Ì giganti imperialistici, di cercare di evitarla, di attendere che la lotta degli imperialisti tra loro li renda ancora piu deboli, e avvicini ancor piu la rivoluzione negli altri paesi. Questa semplice verità i nostri « sinistri », non l’hanno capita né in gennaio, né in febbraio, né in marzo e hanno paura di ammetterla aper- tamente tuttora; ma essa si apre là strada attraverso tutti i loro con- fusi balbettamenti: « da una parte, non si può non riconoscere, dall’altra parte, bisogna ammettere ». « Nel corso della primavera e dell’estate prossime — scrivono i « sinistri » nelle loro tesi — deve cominciare il crollo del sistema impe- rialistico, crollo che, in caso di vittoria deH’imperialismo tedesco nel- l’attuale fase della guerra, può essere solamente differito e che si mani- festerà allora in forme ancora piu acute ». Qui la formulazione è ancor piu puerilmente imprecisa, nono- stante tutta la sua pretesa scientificità. È infatti da bambini « conce- pire » la scienza come se essa potesse determinare in quale anno, e se in primavera, in estate, in autunno o in inverno, « deve » « cominciare il crollo ». Sono tentativi ridicoli di sapere ciò che non si può sapere. Nessun politico serio dirà mai quando « deve cominciare » il crollo di questo o quel « sistema » (tanto più che il crollo del sistema è già cominciato, mentre qui si tratta di vedere il momento in cui avverrà l’esplosione nei singoli paesi). Attraverso l’impotenza infantile della formulazione si fa strada l’inconfutabile verità: l’esplosione delle rivoluzioni negli altri paesi più avanzati è piu vicina a noi ora, un mese dopo la « tregua », iniziatasi dal momento in cui si è conclusa la pace, di quanto non fosse un mese o un mese e mezzo fa. Dunque? Dunque avevamo pienamente ragione e sono stati ormai con- fortati dalla storia Ì fautori della pace, che cercavano di spiegare agli amanti delle frasi ad effetto che bisognava saper calcolare il rapporto di forze e non aiutare gli imperialisti facilitando loro lo scontro con il 298 LENIN socialismo quando questo è ancora debole e le possibilità di com- battere sono per il socialismo manifestamente non favorevoli. Ma i nostri comunisti di « sinistra » — che amano anche chiamarsi comunisti « proletari », giacché in- essi c'è assai poco di proletario e molto di piccolo-borghese — non sanno pensare al rapporta di forze, calcolare il rapporto di forze. In questo invece è il nucleo della tattica marxista, ed essi passano oltre a questo « nucleo » con frasi « orgoglio- se », del tipo della seguente: ....« Che nelle masse si sia radicata una passiva “psicologia di pace” è un fatto obiettivo del momento politico attuale »... Questa è proprio una perla! Dopo tre anni di una guerra tra le piu tormentose e reazionarie, il popolo ha ottenuto, grazie al potere dei soviet e alla sua tattica giusta, che nulla concede alla vuota fraseologia, una piccola, piccolissima tregua, ancora precaria e niente affatto com- pleta, e gli intellettualucoli di « sinistra », con l'aria compiaciuta e altera del Narciso innamorato di se stesso, dichiarano assai profondamente: « nelle masse (???) si è radicata (!!!) una passiva (!!!???) psicologia di pace ». Non avevo forse ragione quando dicevo al congresso del partito che il giornale o la rivista dei « sinistri » bisognava chiamarla non Rom- pi twist ma Scliakhtic ? 12 \ Può forse un comunista che appena comprenda le condizioni di vita e la psicologia dei lavoratori, delle masse lavoratrici e sfruttate, scivo- lare in basso fino ad assumere questa concezione del tipico intellettuale piccolo-borghese declassato, con lo stato d’animo del signorotto o del nobilotto che dichiara « passiva » la « psicologia di pace » e considera « attivo » il gesto di brandire una spada di cartone? E giacché appunto brandire una spada di cartone è ciò che fanno i nostri « sinistri » quando trascurano il fatto universalmente noto, e già più di una volta dimo- strato dalla guerra in Ucraina, che la gente esausta da tre anni di guerra non può combattere senza avere avuto un momento di respiro, che la guerra, se non vi sono le forze per organizzarla su scala nazionale, genera dappertutto la psicologia disgregatrice tipica del piccolo-proprietario, e non la ferrea disciplina proletaria. Noi vediamo ad ogni passo dalla rivista Kommunist che i nostri « sinistri » non hanno la minima idea di ciò che sia la ferrea disciplina proletaria e di ciò che si debba fare per attuarla, che essi sono completamente imbevuti della psicologia deirintellettuale piccolo-borghese declassato. sull’infantilismo di sinistra 299 IL Ma, forse, le frasi dei « sinistri » sulla guerra sono semplicemente l’espressione di una foga infantile, tra l’altro rivolta al passato e priva perciò di qualsiasi ombra di significato politico? Cosi qualcuno difende i nostri « sinistri », Ma ciò è falso. Se si pretende di assumere la dire- zione politica, bisogna saper riflettere sui compiti politici, mentre l’as- senza di tutto ciò trasforma i « sinistri » in propagandisti assolutamente privi di carattere dell’ondeggiamento politico, che obiettivamente ha un solo significato: con i loro ondeggiamenti i « sinistri » aiutano gli impe- rialisti, a provocare la repubblica sovietica russa a una battaglia mani- festamente per lei svantaggiosa, aiutano gli imperialisti a farci 'cadere in trappola. Ascoltate: « ... La rivoluzione operaia russa non può “salvarsi” abbando- nando il cammino della rivoluzione internazionale, evitando continua- mente il combattimento e ritirandosi di fronte all’attacco del capitale internazionale, facendo concessioni al “capitale patrio” ». « Da questo punto di vista sono necessari: una decisa politica internazionale di classe, che unisca la propaganda rivoluzionaria interna- zionale con le parole e i fatti, e il consolidamento del legame organico con il socialismo intemazionale (e non con la borghesia internazio- nale) »... Avremo modo di parlare in modo particolare degli attacchi qui contenuti circa la politica interna. Ma osservare quest’orgia di frasi — unito alla timidezza sul piano pratico — nel campo della politica estera. Quale tattica è obbligatoria per chiunque non voglia essere uno strumento della provocazione imperialistica e cadere in trappola in questo momento? A questa domanda qualsiasi politico deve dare una risposta chiara e franca. La risposta del nostro partito è nota: in questo momento } ritirarsi , evitare il combattimento. I nostri « sinistri » non si decidono a dire il contrario e sparano in aria: « una decisa politica internazionale di classe »! ! Questo significa ingannare le masse. Volete combattere ora, e allora ditelo apertamente. Non volete ritirarvi ora, e ditelo apertamente. Al- trimenti voi siete uno strumento della provocazione imperialistica: que- sta è la vostra funzione obiettiva. E la vostra « psicologia » soggettiva è la psicologia del piccolo-borghese infuriato, che strepita e fa il rodo- monte, ma che sente benissimo che il proletario ha ragione, battendo in 300 LENIN ritirata e cercando di compiere la ritirata in modo organizzato; che il proletario ha ragione quando fa i suoi calcoli e pensa che, siccome le forze ancora non ci sono, bisogna battere in ritirata (di fronte all'impe- rialismo occidentale e orientale) sia pure fino agli Urali, giacché questa è V unica possibilità di vincere che esista nel periodo in cui sta maturando la rivoluzione in Occidente, la rivoluzione che non « deve » (nonostante le chiacchiere dei « sinistri ») cominciare « in primavera o in estate », ma che ad ogni mese diventa piu vicina e piu probabile. I « sinistri » non hanno una « loro » politica; non osano dichia- rare che la ritirata non è ora necessaria. Tergiversano e sfuggono, gio- cando con le parole, insinuano che noi si voglia evitare « continuamen- te » il combattimento, invece di dire che si tratta di evitare il combat- timento in questo momento. Essi lanciano bolle di sapone; «propa- ganda rivoluzionaria internazionale coi fatti »!! Che cosa significa ciò? Può significare solo una delle due cose; o è una vanteria alla Nozdriov l29 , o una guerra offensiva con lo scopo di rovesciare l'imperia- lismo internazionale. Ma dire apertamente una tale assurdità non si può, e perciò i comunisti di « sinistra » debbono cercare di salvarsi dallo scherno da parte di qualsiasi proletario cosciente nascondendosi dietro le frasi più vuote e più reboanti; forse, pensano, il lettore disattento non noterà che questo appunto significa la frase: « propaganda rivolu- zionaria intemazionale con i fatti ». Lanciare frasi altisonanti è tipico degli intellettuali piccolo-bor- ghesi declassati. I proletari comunisti organizzati condanneranno cer- tamente questo « modo di fare » perlomeno mettendo in ridicolo ed escludendo da ogni posto di responsabilità i suoi fautori. Bisogna dire alle masse l’amara verità in modo semplice, chiaro e franco: è possibile e perfino probabile che il partito della guerra prenda ancora una volta il sopravvento in Germania (nel senso che passi subito all'offensiva con- tro di noi) e che la Germania, insieme con il Giappone, per un accordo formale o tacito, cerchino di farci a pezzi e strangolarci. La nostra tat- tica, se non vogliamo dar retta ai fanfaroni, è questa: aspettare, tirare le cose in lungo, evitare il combattimento, battere in ritirata. Se cacce- remo via i fanfaroni e « tenderemo le forze », creando una disciplina veramente ferrea, veramente proletaria, veramente comunista, avremo serie probabilità di guadagnare parecchi mesi. E allora, ritirandoci anche (nella peggiore delle peggiori ipotesi) fino agli Urali, faciliteremo al nostro alleato (il proletario internazionale) la possibilità di venirci in sull’infantilismo di sinistra 301 aiuto, la possibilità di « coprire » (per usare un linguaggio sportivo) la distanza che separa l’inizio delle esplosioni rivoluzionarie dalla rivo- luzione. Questa tattica, e solo questa tattica, può di fatto rafforzare il legame tra un reparto del socialismo internazionale, che si trova temporanea- mente isolato, e gli altri reparti, ma nel vostro caso, cari « comuni- sti di sinistra », non si ha altro, a dire il vero, che « il consolidamento del legame organico » di una frase altisonante con un’altra frase alti- sonante. Brutto, questo « legame organico »! E vi spiegherò, miei cari, perché vi è capitata questa disgrazia: perché voi studiate, imparate a memoria le parole d’ordine della rivo- luzione invece di rifletterci sopra e cercare di capirle. Per questo voi le parole « difesa della patria socialista » le mettete tra virgolette, che, evidentemente, dovrebbero significare un vostro tentativo di ironia, ma che di fatto dimostrano appunto la confusione che avete in testa. Voi siete abituati a considerare il « difensismo » come una cosa ignobile e ripugnante, l’avete imparato a memoria e ve lo siete ficcato in testa con tanto zelo che molti fra di voi sono arrivati all’assurdità di dire che la difesa della patria nel Yepoca imperialistica sarebbe una cosa inam- missibile. (In realtà essa è inammissibile soltanto in una guerra impe- rialistica, reazionaria, condotta dalla borghesia). Ma voi non avete riflet- tuto e non avete capito perché e quando il « difensismo » è una cosa ignobile. Ammettere la difesa della patria significa riconoscere la legittimità e giustezza di una guerra. Legittimità e giustezza da quale punto di vista? Solo dal punto di vista del proletariato socialista e della lotta per la sua emancipazione; non ammettiamo nessun altro punto di vista. Se è la classe degli sfruttatori che fa la guerra per rafforzare il proprio dominio di classe, la guerra è criminale e il « difensismo » in questa guerra è un’infamia e un tradimento del socialismo. Ma se la guerra la fa il proletariato, che ha vinto in casa propria la borghesia, e la fa per rafforzare e sviluppare il socialismo, allora la guerra è legittima e « sacra ». Noi siamo difensisti dal 25 ottobre 1917. L’ho detto con assoluta chiarezza piu di una volta e voi non vi siete mai decisi a contestarlo. Appunto allo scopo di « rafforzare il legame » con il socialismo interna- zionale è un dovere difendere la patria socialista. Distrugge il legame con il socialismo intemazionale chi eventualmente non prendesse sul 302 LENIN serio la difesa del paese in cui il proletariato ha già vinto. Quando era- vamo i rappresentanti di una classe oppressa non è vero che non abbiamo preso sul serio la difesa della patria nella guerra imperialistica: noi l’abbiamo respinta in linea di principio. Quando siamo diventati rappre- sentanti della classe al potere che cominciava ad organizzare il sociali- smo noi abbiamo chiesto e chiediamo a tutti un atteggiamento serio verso la difesa del paese. Avere un atteggiamento serio verso la difesa del paese significa prepararsi a fondo e calcolare rigorosamente il rap- porto di forze. Se le forze sono chiaramente poche, il mezzo princi- pale della difesa è la ritirata nel cuore del paese (chi volesse vedere in questa frase una formula di circostanza, adattata esclusivamente ai caso in questione, può leggere nel vecchio Clausewitz, uno dei grandi scrittori militari, il bilancio degli insegnamenti della storia a questo proposito). Ma nei « comunisti di sinistra » non vi è il minimo accenno che essi comprendano l’importanza che ha il problema del rapporto di forze. Quando eravamo per principio nemici del difensismo, avevamo il diritto di deridere coloro che volevano « salvare » la patria nel preteso interesse del socialismo. Da quando abbiamo avuto il diritto di essere difensisti proletari, tutta l’impostazione della questione muta radical- mente. Diventa nostro dovere calcolare nel modo piu attento le forze, soppesare nel modo piu accurato le possibilità che può avere il nostro alleato (il proletariato internazionale) di venirci in aiuto. L’interesse del capitale è di spezzare il nemico (il proletariato rivoluzionario) e di bat- terlo separatamente, finché gli operai di tutti i paesi non si sono ancora uniti (nell’azione, cioè cominciando la rivoluzione). Nostro interesse è di fare tutto il possibile, di sfruttare la benché minima occasione per rinviare la battaglia decisiva fino al momento (o a « dopo » il momento) in cui avverrà questa unione dei reparti rivoluzionari in un solo grande esercito internazionale. III. Passiamo ora alle disavventure dei nostri comunisti di « sinistra » nel campo della politica interna. È difficile trattenere il sorriso leggendo, nelle tesi sulla situazione attuale frasi come queste: « ...L’utilizzazione sistematica dei mezzi di produzione rimasti in- tatti è concepibile soltanto nell’ambito della socializzazione piti de- sull'infantilismo di' sinistra 303 risa... » « Non capitolazione di fronte alla borghesia e ai suoi lacchè in- tellettuali piccolo-borghesi, ma annientamento totale della borghesia e distruzione definitiva del sabotaggio ...» Cari « comunisti di sinistra », quanta decisione in queste parole... e quanta poca riflessione! Che cosa vuol dire: « la socializzazione piu decisa »? Si può essere decisi o indecisi sulla nazionalizzazione e sulla con- fisca. Ma nessuna « decisione », anche la maggiore al mondo, può essere sufficiente ad assicurare il passaggio dalla nazionalizzazione e dalla con- fisca alla socializzazione: questo è il punto. E qui sta il guaio per i nostri « sinistri »: essi con questa ingenua, infantile combinazione di paro- le: « la socializzazione... piu decisa » rivelano di non comprendere asso- lutamente qual è il nodo della questione, il nodo della situazione « at- tuale ». La disavventura dei « sinistri » è appunto che essi non hanno capito la vera essenza della « situazione attuale », del passaggio dalla confisca { per la quale un uomo politico deve dar prova soprattutto di decisione) alla socializzazione (per ['attuazione della quale si richiedono al rivoluzionario altre qualità). Ieri il nodo della situazione era nazionalizzare, confiscare, battere e annientare la borghesia, spezzare il sabotaggio con la maggiore deci- sione possibile. Oggi solo i ciechi non vedono che abbiamo nazionaliz- zato, confiscato, battuto e spezzato piu di quello che abbiamo fatto in tempo a calcolare . Ma la socializzazione si distingue dalla semplice con- fisca proprio perché la confisca si può attuare con la sola « decisione », senza saper giustamente calcolare e giustamente distribuire, mentre socia- lizzare senza saperlo fare non si può . Il nostro merito storico è stato quello di essere stati ieri (come lo saremo domani) decisi nelle confische, nelPannientare la borghesia, nello spezzare il sabotaggio. Ma scrivere oggi queste parole nelle « tesi sulla situazione attuale » significa rivolgersi verso il passato e non compren- dere il passaggio verso l’avvenire. ... « Spezzare definitivamente il sabotaggio » ... Hanno scoperto quel che bisogna fare! Ma i sabotatori li abbiamo « spezzati » a suffi- cienza. A noi manca tutta un’altra cosa: noi non sappiamo calcolare dove bisogna mettere questo o quel sabotatore, non sappiamo organizza- re le nostre forze per il controllo esercitato, ad esempio da un diri- gente o un controllore bolscevico su un centinaio di sabotatori che ven- gono a lavorare da noi. In questa situazione gridare frasi come « la 304 LENIN socializzazione piu decisa », « l’annientamento », « spezzare definitiva- mente » significa fare un buco nell’acqua. È tipico del rivoluzionario piccolo-borghese non rilevare che per fare il socialismo non basta annien- tare, spezzare, ecc.; tutto ciò basta al piccolo proprietario infuriato con- tro il grande, ma il rivoluzionario proletario non cadrebbe mai in un simile errore. Se le parole da noi citate provocano il sorriso, addirittura una risata omerica suscita la scoperta, fatta dai « comunisti di sinistra », che la repubblica sovietica, con la « deviazione bolscevica di destra », è minac- ciata dalla « evoluzione verso il capitalismo di Stato ». Adesso si, dav- vero, si può dire che ci hanno spaventato! E con quale zelo i « comu- nisti di sinistra » ripetono, nelle tesi e negli articoli, questa minacciosa scoperta... Non hanno pensato invece che il capitalismo di Stato rappresente- rebbe un passo avanti rispetto allo stato attuale delle cose nella nostra repubblica sovietica. Se, per esempio, fra sei mesi si instaurasse da noi il capitalismo di Stato, ciò sarebbe un enorme successo e rappresentereb- be la più sicura garanzia che tra un anno il socialismo sarebbe da noi definitivamente consolidato e reso invincibile. Mi immagino con quale nobile indignazione il « comunista di sini- stra » respingerà queste parole e quale « critica distruttiva » della « de- viazione bolscevica di destra » egli farà dinanzi agli operai. Come? Nella repubblica socialista sovietica il passaggio al capitalismo di Stato sarebbe un passo avanti? ... Non è questo tradire il socialismo? È proprio qui che sta la radice dell’errore economico dei « comuni- sti di sinistra ». Ed è perciò proprio su questo punto che bisogna soffer- marsi in modo più particolareggiato. In primo luogo i « comunisti di sinistra » non hanno capito quale sia propriamente il passaggio dal capitalismo al socialismo che ci dà il diritto e il motivo di chiamarci repubblica socialista sovietica. In secondo luogo essi rivelano il loro spirito piccolo-borghese ap- punto perché non vedono che l’elemento spontaneo piccolo-borghese è il nemico principale del socialismo nel nostro paese. In terzo luogo, agitando lo spauracchio del « capitalismo di Stato », .mostrano di non comprendere che cosa sia lo Stato sovietico e ciò che lo distingue dal punto di vista economico dallo Stato borghese. Esaminiamo questi tre punti. Non c’è stato ancora nessuno, a quanto pare, che, interrogato sul- sull’infantilismo di sinistra 305 l’economia della Russia, abbia negato il carattere transitorio di questa economia. Nessun comunista ha neppure negato, a quanto pare, che l’espressione « repubblica socialista sovietica » significa che il potere dei soviet è deciso a realizzare il passaggio al socialismo, ma non significa affatto che riconosca come socialisti i nuovi ordinamenti economici. Ma che cosa significa dunque la parola transizione? Non significa, quando la si applichi all’economia, che in quel determinato regime, vi sono elementi, particelle, frammenti e di capitalismo e di socialismo? Chiunque deve ammettere che è cosi. Ma non tutti, pur ammettendolo, si domandano sempre quali siano precisamente gli elementi che rappre- sentano i diversi tipi economico-sociali che sono presenti in Russia. Ma è appunto qui che è il nodo della questione. Enumeriamo questi elementi: 1) reconomia patriarcale, cioè in larga misura naturale, contadina; 2) la piccola produzióne mercantile (che comprende la maggioranza dei contadini che vendono il grano); 3) il capitalismo privato; 4) il capitalismo di Stato; 5) il socialismo. La Russia è cosi grande e cosi varia, che tutti questi differenti tipi economico-sociali vi si intrecciano strettamente. E proprio in dò sta il carattere originale della nostra situazione. Ma, d si domanda, quali sono gli elementi che predominano? È chiaro die in un paese dì piccoli contadini predomina e non può non pre- dominare Telemento piccolo-borghese; la maggioranza, anzi l’enorme maggioranza degli agricoltori sono piccoli produttori mercantili. L’involu- cro del capitalismo di Stato (monopolio del grano, imprenditori e com- mercianti controllati, cooperative borghesi) viene spezzato qua e là dagli speculatori , e l’oggetto prindpale della speculazione è il grano . La lotta prindpale si svolge appunto in questo settore. Tra chi si svolge questa lotta, se parliamo in termini di categorie economiche, come « il capitalismo di Stato »? Tra la 4* e la 5 a secondo l’ordine che ab- biamo or ora indicato? Certamente no. Non è il capitalismo di Stato che lotta qui con il sodalismo, ma la piccola borghesia più il capitalismo privato che lottano insieme, come una cosa sola, sia contro il capitalismo di Stato, sia contro il socialismo. La piccola borghesia si oppone a qualsiasi intervento, inventario e controllo statale, sia dello Stato capi- talistico, sia deilo Stato socialista. Questo è un dato di fatto asso- 306 LENIN lutamente inconfutabile, e la radice deirerrore economico dei « comunisti di sinistra » sta appunto nel non capirlo. Lo speculatore, il trafficante, il sabotatore del monopolio: ecco il nostro principale nemico « interno », il nemico delle iniziative economiche del potere sovietico. Se 125 anni fa il piccolo borghese francese, il più accanito e sincero rivoluzionario, era ancora scusabile quando voleva vincere gli speculatori mandandone al patibolo pochi « eletti » e lanciando dichiarazioni reboanti, oggi l’atteg- giamento puramente declamatorio che a questo proposito hanno certi socialisti-rivoluzionari di sinistra suscita in ogni rivoluzionario cosciente solo ripugnanza e disprezzo. Noi sappiamo benissimo che la base econo- mica della speculazione è lo strato dei piccoli proprietari, straordinaria- mente esteso in Russia, ed è il capitalismo privato che ha un suo agente in ogni piccolo borghese. Sappiamo che i milioni di tentacoli di questa idra piccolo-borghese afferrano qua e là anche certe categorie di operai, che, invece del monopolio di Stato , è la speculazione che penetra in tutti i pori della nostra vita economico-sociale. Chi non lo vede rivela, con la sua stessa cecità, di essere tuttora prigioniero dei pregiudizi piccolo-borghesi. E tale è appunto il caso dei nostri « comunisti di sinistra », che a parole (e nella loro intima con- vinzione) sono nemici implacabili della piccola borghesia, ma di fatto non fanno che aiutarla, che ascoltarla, che esprimere il suo punto di vista, combattendo — nell’aprile 1918! — contro ... « il capitalismo di Stato »! Fanno un buco nell’acqua! Il piccolo borghese ha la sua riserva di soldarelli, qualche migliaio di rubli, accumulati durante la guerra con mezzi « leciti » e soprattutto illeciti. Questo è il tipo economico caratteristico che costituisce la base della speculazione e del capitalismo privato. Il denaro è un attestato per ottenere ricchezza sociale, e i milioni e milioni di piccoli proprietari, tenendosi stretto questo attestato, lo nascondono allo « Stato », non credendo a nessun socialismo o comuniSmo e « attendendo con pazienza » che passi la bufèra proletaria. O noi sottoponiamo al nostro controllo e inventario questo piccolo borghese (lo potremo fare se organizzeremo i poveri, cioè la maggioranza della popolazione o di semi-proletari, intorno all’avanguardia proletaria cosciente), o esso rovescerà inevitabilmente e immancabilmente il nostro potere operaio, come fecero per la rivoluzione i Bonaparte e i Cavaignac, sorti appunto su questo terreno piccolo-pro- prietario. Cosi stanno le cose. Soltanto i socialisti-rivoluzionari di sinistra non vedono, dietro le frasi sui contadini « laboriosi », questa pura e sull'infantilismo di sinistra 307 semplice verità; ma chi prende sul serio i socialisti-rivoluzionari di sinistra che affogano nelle frasi vuote? Il piccolo borghese che tiene da parte il suo biglietto da mille è nemico del capitalismo di Stato, e questi biglietti da mille egli intende realizzarli assolutamente per sé, contro i poveri, contro qualsiasi con- trollo generale dello Stato, e la somma di questi biglietti da mille offre una base di parecchi miliardi alla speculazione che mina la nostra edifi- cazione socialista. Ammettiamo che un certo numero di operai producano in alcuni giorni una somma di valori espressa dalla cifra 1.000. Ammet- tiamo inoltre che 200 unità di questa somma si perdano da noi a causa della piccola speculazione, delle ruberie di ogni genere e della capacità dei piccoli proprietari di « sfuggire » ai decreti sovietici e alle disposi- zioni sovietiche. Ogni operaio cosciente dirà: se io potessi dare 300 su 1.000 per creare un maggiore ordine e una migliore organizzazione, pro- durrei volentieri 300 invece di 200, giacché sotto il potere sovietico sarà un compito facilissimo ridurre poi questo « tributo », poniamo, a cento o a cinquanta, una volta che saranno instaurati bordine e l'or- ganizzazione, una volta che sarà definitivamente spezzato il sabotaggio dei piccoli proprietari di qualsiasi monopolio dello Stato. Questo semplice esempio fatto di cifre — semplificato volutamente al massimo per esporre la cosa in forma popolare — spiega il rapporto che esiste attualmente tra capitalismo di Stato e socialismo. Gli operai hanno in mano il potere dello Stato, hanno la piu completa possibilità giuridica di « prendere » tutto il migliaio di rubli, cioè di non lasciare nemmeno una copeca che non sia destinata a scopi socialisti. Questa pos- sibilità giuridica, che si fonda sul passaggio effettivo del potere nelle mani degli operai, è un elemento del socialismo. Ma l'elemento piccolo-borghese e il capitalismo privato annullano per mille vie questa situazione giuridica, introducono di nascosto la speculazione, ostacolano l'adempimento dei decreti sovietici. Il capita- lismo di Stato rappresenterebbe un enorme passo avanti, anche se (ed ho citato appositamente quell’esempio in cifre per mostrare la cosa in modo netto) noi pagassimo di piu di quanto non paghiamo ora, giacché vale la pena pagare « per apprendere », giacché questo è utile agli operai, giacché la vittoria sul disordine, sullo sfacelo, sull'incuria è più importante di ogni altra cosa, giacché la continuazione dell'anar- chia piccolo-proprietaria è il più grande e più grave pericolo, che (se non lo vinceremo) ci porterà sicuramente alla rovina, mentre il paga- 308 LENIN mento di un tributo maggiore al capitalismo di Stato non solo non ci manderà in rovina, ma ci aprirà la via piu sicura al socialismo. La classe operaia, una volta che abbia imparato a difendere l’ordine statale contro lanarchismo piccolo-proprietario, una volta appreso a impostare la grande organizzazione della produzione su scala statale, sulle basi del capitalismo di Stato, avrà allora, — permettetemi l’espressione, — tutte le carte in mano, e il consolidamento del socialismo sarà assicurato. Il capitalismo di Stato è, dal punto di vista economico, incom- parabilmente superiore alla nostra economia attuale: questo in primo luogo. E, in secondo luogo, in esso non vi è nulla di temibile per il potere sovietico, poiché lo Stato sovietico è uno Stato nel quale è assicurato il potere degli operai e dei contadini poveri. I « comunisti di sini- stra » non hanno capito queste verità inconfutabili, che, certamente, non saranno mai capite da nessun « socialista-rivoluzionario di sinistra », incapace in generale di mettere insieme nel suo cervello qualche idea di economia politica, ma che debbono essere riconosciute da chiunque sia un marxista. Con un socialista-rivoluzionario di sinistra non vale la pena di mettersi a discutere: basta indicarlo a dito come un « esem- pio da respingere » di vuoto chiacchierone, ma con un « comunista di sinistra » bisogna discutere, giacché in questo caso Terrore è commesso da marxisti, e Tanalisi del loro errore aiuterà la classe operaia a trova- re il giusto cammino. IV Per chiarire ancor meglio la questione, citiamo anzitutto un esem- pio estremamente concreto di capitalismo di Stato. Tutti sanno qual è questo esempio: la Germania. Qui abbiamo T« ultima parola » della grande tecnica capitalistica moderna e dell 1 organizzazione sistematica al servizio ielVimperiasmo dei borghesi e degli junker. Cancellate le parole sottolineate, mettere al posto dello Stato militare, dello Stato degli junker, borghese e imperialista, un altro Stato , ma uno Stato di tipo sociale diverso, di diverso contenuto di classe, lo Stato sovietico , cioè proletario, e ottenere tutta la somma delle condizioni che dà il socialismo. Il socialismo è inconcepibile senza la tecnica del grande capita- sull’infantilismo di sinistra 309 lismo, costruita secondo l’ultima parola della scienza moderna, senza una organizzazione statale pianificata, che subordina decine di milioni di persone all’osservanza piu rigorosa di un’unica norma nella produ- zione e nella distribuzione dei prodotti. Noi marxisti questo lo abbiamo sempre detto; ma con gente che non ha capito neppure questo (gli anarchici e una buona metà dei socialisti-rivoluzionari di sinistra) è inutile perdere nemmeno due secondi a discutere. Il socialismo è egualmente inconcepibile senza il dominio del proletariato nello Stato: anche questo è elementare. E la storia (dalla quale nessuno, tranne forse gli alti papaveri menscevichi, si attendeva che senza intoppi, in tutta tranquillità, ci desse facilmente e sempli- cemente il socialismo « bell’e fatto ») ha seguito un cammino cosi ori- ginale che ha generato nel 1918 le due metà separate del socialismo, l’una accanto all’altra, proprio come due futuri pulcini sotto l’unica chioccia dell’imperialismo internazionale. La Germania e la Russia in- carnano nel 1918, nel modo più evidente, la realizzazione materiale, da una parte, delle condizioni economiche, produttive e sociali, e dall’altra, delle condizioni politiche del socialismo. Una rivoluzione proletaria vittoriosa in Germania spezzerebbe su- bito, con enorme facilità, il guscio dell’imperialismo (fatto purtroppo, del migliore acciaio e perciò capace di resistere agli sforzi di un qualsiasi pulcino)... assicurerebbe senz’altro, senza difficoltà oppure con diffi- coltà insignificanti, la vittoria del socialismo mondiale, a condizione naturalmente che la misura delle « difficoltà » sia presa su scala storica mondiale e non secondo il criterio di un gruppetto di filistei. Finché in Germania la rivoluzione ancora tarda a « nascere », il nostro compito è di metterci alla scuola del capitalismo di Stato tede- sco, di cercare di assimilarlo con tutte le forze , di non rinunciare ai metodi dittatoriali per affrettare questa assimilazione ancor più di quello che fece Pietro I, per quanto riguarda i costumi occidentali, con la Russia barbara, senza fermarsi di fronte ai mezzi barbari di lotta contro la barbarie. Se tra gli anarchici e i socialisti-rivoluzionari di sinistra (mi sono ricordato senza volerlo dei discorsi pronunciati da Karelin e Ghe al CEC) vi sono uomini capaci di fare ragionamenti di tipo narcisistico, secondo cui non toccherebbe a noi, rivoluzionari, « ap- prendere » dall’imperialismo tedesco, bisogna dire una cosa sola: una rivoluzione che prendesse sul serio uomini siffatti sarebbe condannata senza speranza (e del tutto meritatamente). 310 LENIN In Russia predomina attualmente il capitalismo piccolo-borghese, dal quale si parte una sola ed unica via che porta sia al grande capita- lismo di Stato, sia al socialismo, e questa via passa per la medesima tappa intermedia che si chiama «inventario e controllo popolare Sulla produzione e la distribuzione dei prodotti ». Chi non capisce questo, commette un imperdonabile errore economico, sia ignorando i fatti della realtà, non vedendo ciò che esiste, non sapendo vedere la verità in faccia, sia limitandosi a contrapporre astrattamente « capitalismo » a « socialismo », e non approfondendo i gradi reali e le forme' concrete che questo passaggio assume oggi nel nostro paese. Sia detto tra paren- tesi, questo è lo stesso errore teorico che ha fatto perdere la bussola ai migliori uomini del campo della Nova/a Gizn e del Vperiod : i peg- giori e i mediocri tra essi per la loro ottusità e mancanza di carattere si trascinano, spaventati, a rimorchio della borghesia; i migliori non hanno capito che i maestri del socialismo non hanno parlato invano di tutto un periodo di transizione dal capitalismo al socialismo e non invano hanno sottolineato le « lunghe doglie del parto » della nuova società; nuova società che tra l’altro è di nuovo un’astrazione, che non può incarnarsi nella realtà se non attraverso una serie di vari e imper- fetti tentativi concreti di creare questo o quello Stato socialista. Proprio perché è impossibile andare avanti, per uscire dalla attuale situazione economica della Russia, senza passare attraverso quello che è comune e al capitalismo di Stato e al socialismo (l’inventario e il controllo di tutto il popolo), spaventare gli altri e se stessi con « l’e- voluzione verso il capitalismo di Stato » { Kommunist , n. 1, p. 8, colonna 1) è una pura assurdità teorica. Ciò significa precisamente far deviare il proprio pensiero « lontano » dal cammino reale della « evoluzione », non comprendere quale è questo cammino; nella pra- tica poi ciò equivale a ri so spingerci indietro verso il capitalismo fondato sulla piccola proprietà. Affinché il lettore possa convincersi che Y« alto » apprezzamento che ho dato del capitalismo di Stato non è soltanto di oggi, ma l’avevo dato anche prima della presa del potere da parte del bolscevichi, mi permetto di fare la seguente citazione dal mio opuscolo La catastrofe imminente e come lottare contro di essa, scritto nel settembre 1917. « ... Ma provatevi un po’ a sostituire allo Stato degli junker e dei capitalisti, allo Stato dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, uno Stato democratico-rivoluzionario , uno Stato cioè che distrugga in sull'infantilismo di sinistra 311 modo rivoluzionario tutti i privilegi e non tema di attuare in modo rivoluzionario la democrazia piu completa! Vedrete che il capitalismo monopolistico di Stato, in uno Stato veramente democratico-rivoluzio- nario, significa inevitabilmente e immancabilmente un passo, e anche piu di un passo, verso il socialismo! « ...Perché il socialismo non è altro che il passo avanti che segue immediatamente il monopolio capitalistico di Stato. « ... II capitalismo monopolistico di Stato è la preparazione mate- riale piu completa del socialismo, è la sua anticamera , è cjuel gradino della scala storica che nessun gradino intermedio separa dal gradino chiamato socialismo » (pp. 27 e 28) 13 °. Notate che questo è stato scritto sotto Kerenski, che non si tratta- va qui né di dittatura del proletariato, né di Stato socialista, ma « demo- cratico-rivoluzionario ». Non è forse chiaro che quanto piti noi ci siamo elevati al di sopra di questo gradino politico, quanto piu pienamente siamo riusciti a incarnare nei soviet lo Stato socialista e la dittatura del proletariato, tanto meno ci è permesso di temere il « capitalismo di Stato »? Non è forse chiaro che in senso materiale , economico, pro- duttivo noi siamo ancora nella « anticamera » del socialismo, anzi an- cora non vi siamo? E che non si può entrare nella porta del socialismo se non attraverso questa « anticamera » che noi non abbiamo ancora raggiunto? Da qualsiasi parte si affronti la questione, la conclusione è una sola: il ragionamento dei « comunisti di sinistra » secondo cui noi saremmo minacciati dal « capitalismo di Stato » è un puro errore econo- mico e la prova manifesta che essi sono completamente prigionieri appunto delPideologia piccolo-borghese. V Ecco uri altro fatto estremamente istruttivo^ Quando noi discutemmo al CEC con il compagno Bukharin 131 , egli faceva notare tra Taltro: nella questione degli elevati stipendi dati agli specialisti «noi» (evidentemente: noi «comunisti di sinistra») siamo, « più a destra di Lenin », giacché non vediamo, in questo caso, nessuna deviazione dai principi, ricordando le parole di Marx che in certe condizioni potrebbe essere più opportuno per la classe operaia 312 LENIN « riscattarsi da questa banda » 132 (s’intende dalla banda dei capitalisti, cioè riscattare dalla borghesia la terra, le fabbriche, le officine e gli altri mezzi di produzione). Questo rilievo estremamente interessante rivela, in primo luogo, che Bukharin è di due teste al di sopra dei socialisti-rivoluzionari di sinistra e degli anarchici, che egli non si è invischiato senza speranza nelle frasi, ma, al contrario, cerca di pene- trare le concrete difficoltà. del passaggio — difficile e doloroso — dal capitalismo al socialismo. In secondo luogo questo rilievo rende ancora piu evidente Ter- rore di Bukharin. In effetti, riflettete sul pensiero di Marx. Si trattava dell’Inghilterra degli armi settanta del secolo scorso, del periodo culminante del capitalismo premonopolistico, del paese in cui allora c’era meno militarismo e burocrazia che in ogni altro, del paese in cui vi erano allora le maggiori possibilità di una vittoria « pa- cifica » del socialismo nel senso di un « riscatto » pagato alla borghe- sia da parte degli operai. E Marx diceva: in certe condizioni gli operai non si rifiuteranno di riscattarsi dalla borghesia. Marx non si era legato le mani — né le aveva legate ai futuri artefici della rivoluzione socialista — per quanto riguarda le forme, i procedimenti, i metodi della rivoluzione, comprendendo perfettamente che un gran quantità di nuovi problemi sarebbero allora sorti, che tutta la situazione sa- rebbe cambiata nel corso della rivoluzione e che essa sarebbe cam- biata spesso e notevolmente nel corso della rivoluzione. Ora non è forse evidente che nella Russia sovietica, dopo la presa del potere da parte del proletariato, dopo che la resistenza degli sfruttatori, opposta con le armi e con il sabotaggio, è stata schiacciata, si sono realizzate alcune condizioni del tipo di quelle che avrebbero potuto realizzarsi mezzo secolo fa in Inghilterra se essa avesse comin- ciato ad evolversi pacificamente verso il socialismo? Allora in Inghil- terra, la sottomissione del capitalismo agli operai avrebbe potuto esse- re assicurata dai seguenti fattori: 1) l’assoluta prevalenza degli operai, dei proletari, nella popolazione in seguito alla mancanza di contadini (nell’Inghilterra degli anni settanta certi indizi permettevano di sperare che il socialismo potesse mietere rapidi successi fra gli operai agricoli); 2) l’eccellente organizzazione del proletariato nei sindacati (Tlnghilterra era allora il primo paese del mondo sotto questo aspetto); 3) il livello culturale relativamente alto del proletariato, educato da un secolo di sull'infantilismo di sinistra 313 libertà politiche; 4) la vecchia abitudine dei capitalisti inglesi, mira- bilmente organizzati, — allora erano i capitalisti meglio organizzati di tutti i paesi del mondo (ora questo primato è passato alla Germania), — a risolvere con il compromesso le questioni politiche ed economiche. Ecco in virtù di quali circostanze potè allora affacciarsi l’idea della possibilità di una sottomissione pacifica dei capitalisti inglesi agli operai d'Inghilterra. Da noi questa sottomissione è attualmente assicurata da certe premesse fondamentali (la vittoria d’ottobre e l'annientamento tra l’ottobre e il febbraio della resistenza dei capitalisti opposta con le armi e con il sabotaggio). Da noi, invece della assoluta prevalenza degli operai, dei proletari, nella popolazione e del loro alto livello organizzativo, il fattore della vittoria è stato l'appoggio fornito ai pro- letari dai contadini poveri o che andavano rapidamente in rovina. Da noi, infine, non vi è né un livello culturale elevato, né l'abitudine al compromesso. Se si riflette a queste condizioni concrete, diverrà chiaro che possiamo e dobbiamo ora arrivare a unire i metodi della repressione implacabile * verso i capitalisti senza cultura, incapaci di muoversi verso un qualsiasi « capitalismo di Stato », incapaci di pensa- re a qualsiasi compromesso, e che continuano a minare con la specula- zione, la corruzione dei poveri, ecc. le iniziative sovietiche, con i me- todi del compromesso o del riscatto verso i capitalisti progrediti che sono favorevoli al « capitalismo di Stato », e capaci di attuarlo, utili per il proletariato come intelligenti ed esperti organizzatori delle piu grandi imprese, capaci di fornire effettivamente i prodotti a decine di milioni di persone. Bukharin è un economista marxista dotato di una eccellente cul- tura, perciò si è ricordato che Marx aveva profondamente ragione quan- do insegnava agli operai l'importanza di conservare l'organizzazione della grande produzione proprio al fine di rendere più facile il passag- gio al socialismo; e quando insegnava che era perfettamente ammissibile * Anche qui si tratta di guardare la verità in faccia: da noi l’implacabilità necessaria per il successo del socialismo è ancora poca, ed è poca non perché non ci sia decisione. Decisione ne abbiamo abbastanza. Ma non siamo capaci di arrestare abbastanza rapidamente un numero sufficiente di speculatori, di traffi- canti, di capitalisti violatori delle disposizioni sovietiche. Infatti questa « capa- cità » si crea soltanto organizzando Tinventario e il controllo! In secondo luogo non ce abbastanza fermezza nei tribunali che, invece di far fucilare i corrotti, li condannano a sei mesi di carcere. Ambedue questi nostri difetti, hanno una sola radice sociale: l’influenza dell’elemento piccolo-borghese, la sua inconsistenza interiore. 314 LENIN l’idea di pagar bene i capitalisti , di riscattarne i beni' se (in via di eccezione: l’Inghilterra era allora una eccezione) le circostanze sono tali da costringere i capitalisti a sottomettersi pacificamente e a passare al socialismo in modo civile e organizzato, sulla base del riscatto. Ma Bukharin è caduto in errore, poiché non ha riflettuto alle concrete caratteristiche originali della situazione attuale in Russia, — situazione appunto eccezionale — in cui,’ noi, proletariato di Russia, sia- mo più avanti di qualsiasi Inghilterra e di qualsiasi Germania per il no- stro regime politico, per la forza del potere politico degli operai, e allo stesso tempo siamo piu indietro del piu arretrato degli Stati dell’Euro- pa occidentale per l’organizzazione di un capitalismo di Stato ben ordi- nato, per il grado di cultura, per il livello di preparazione alla « instau- razione » del socialismo nel campo della produzione materiale. Non è chiaro che da questa situazione di tipo particolare deriva in questo momento, appunto la necessità di un tipo particolare di « riscatto » che gli operai debbono proporre ai capitalisti più colti, più dotati, più capaci dal punto di vista organizzativo i quali siano pronti a mettersi al servizio del potere sovietico e ad aiutare onestamente a organizzare la grande e grandissima produzione «di Stato »? Non è chiaro che in questa particolare situazione noi dobbiamo cercare di evitare una duplice serie di errori che è, ciascuna a suo modo, di tipo piccolo- borghese? Da un lato, sarebbe un errore irreparabile affermare che, una volta ammessa la sproporzione tra le nostre « forze » economiche e quelle politiche, « si deve dire » che non bisognava prendere il potere. Cosi ragionano gli « uomini nell’astuccio », i quali dimenticano che una « giusta proporzione » non ci sarà mai, e non ci può mai essere nell’evo- luzione della natura cosi come nell’evoluzione della società, e che solo attraverso una serie di tentativi, — ciascuno dei quali a sé preso sarà unilaterale, soffrirà di una certa sproporzione, — si creerà il sociali- smo completo, prodotto dalla collaborazione rivoluzionaria dei proleta- ri di tutti i paesi. Dall’altro lato sarebbe un errore evidente dar mano libera ai fanfa- roni e ai chiacchieroni, i quali si lasciano sedurre dal rivoluzionarismo « radioso », ma che non sono capaci di un lavoro rivoluzionario tenace, ragionato, ponderato, che tenga conto anche dei momenti di transizione piu difficili. Fortunatamente la storia dello sviluppo dei partiti rivoluzionari e della lotta che il bolscevismo ha condotto contro di essi ci ha lasciato in sull’infantilismo di sinistra 315 eredità alcuni tipi nettamente delineati, tra i quali i socialisti-rivolu- zionari di sinistra e gli anarchici rappresentano abbastanza chiaramente il tipo dei cattivi rivoluzionari. Essi levano ora alte grida, giungendo fino airisterismo, contro il « conciliatorismo » dei « bolscevici di destra ». Ma essi non sanno perché fosse un male il « conciliatorismo » e perché sia stato giustamente condannato dalla storia e da tutto il corso della rivoluzione. Il conciliatorismo dell’epoca di Kerenski consegnava il potere alla borghesia imperialistica, mentre la questione del potere -è la questione fondamentale di ogni rivoluzione. Il conciliatorismo di una parte dei bolscevkhi neirottobre-novembre 1917 o temeva la presa del potere da parte del proletariato, o voleva dividete il potere a metà non solo con « compagni di strada malsicuri », come i socialisti-rivoluzionari di sinistra, ma anche con i nemici, i seguaci di Cernov, i menscevichi, che inevitabilmente ci avrebbero ostacolato nei nostri compiti fondamentali: nello scioglimento dell' Assemblea costituente, neirannientamento impla- cabile dei Bogaievski, nella piena affermazione degli istituti sovietici, in ogni azione di confisca. Ora il potere è stato conquistato, mantenuta, rafforzato nelle mani di un solo partito, del partito del proletariato, senza nemmeno « com- pagni di strada malsicuri ». Parlare ora di conciliatorismo quando non si parla né si può nemmeno parlare di divisione del potere , di rinuncia alla dittatura del proletariato contro la borghesia, significa semplicemente ripetere come un pappagallo parole imparate a memoria ma non comprese. Parlare di « conciliatorismo » perché noi, trovan- doci in una posizione in cui possiamo e dobbiamo dirigere il paese, ci sforziamo di attirare a noi, senza risparmiare denaro, gli elementi piu colti tra quelli istruiti dal capitalismo, di prenderli al nostro servizio -per lottare contro la disgregazione piccolo-proprietaria, questo significa non riuscire ad avere alcuna idea dei compiti economici che presenta la costruzione del socialismo. E perciò — per quanto abbia fatto bene il compagno Bukharin a dichiarare che egli si è subito « vergognato » del « servizio » che gli avevano reso Karelin e Ghe al CEC — l’averli ai loro fianco nella lotta politica deve costituire per la corrente dei « comunisti di sini- stra » un fatto che li deve mettere seriamente in guardia. Ecco lo Znamia Trudà , organo dei socialisti-rivoluzionari di sinistra, 316 LENIN che dichiara fieramente nel suo numero del 25 aprile 1918: « Per quel che riguarda la sua piattaforma attuale, il nostro partito è solidale con un’altra tendenza del bolscevismo (Bukharin, Pokrovski, ecc.) ». Eccovi il menscevico V periodi dello stesso giorno che contiene, tra l’altro, la seguente « tesi » del ben noto menscevico Isuv: « Priva fin dall’inizio di un oarattère veramente proletario, la politica del potere dei soviet si inoltra sempre piu apertamente, negli ultimi tempi, sulla via della conciliazione con la borghesia e assume un carattere chiaramente antioperaio. Sotto la bandiera della nazionalizza- zione dell’ industria si persegue una politica di impianto di trust indu- striali; con il pretesto di ricostruire le forze produttive del paese, si cerca di abolire la giornata di otto ore, di introdurre il lavoro a cot- timo e il sistema Taylor, le liste nere e i fogli di via. Questa politica minaccia di togliere al proletariato le sue principali conquiste nel cam- po economico e di fame la vittima di uno sfruttamento illimitato da parte della borghesia ». Magnifico, non è vero? Gli amici di Kerenski, che hanno condotto insieme a lui una guer- ra imperialistica in nome dei trattati segreti che promettevano annessioni ai capitalisti russi, i colleghi di Tsereteli, che voleva disarmare gli ope- rai l’il giugno, i Liberdan, che coprivano il potere della borghesia con frasi altisonanti, sono loro che accusano il potere dei soviet di « conci- liazione con la borghesia », di « impiantare i trust » (cioè di impiantare «il capitalismo di Stato»!), di introdurre il sistema Taylor. Si, i bolscevichi dovrebbero offrire una medaglia a Isuv e affiggere la sua tesi in ogni club operaio, in ogni sindacato, come campione dei discorsi provocatori della borghesia. Ora gli operai conoscono bene, dappertutto conoscono bene, per esperienza, i Liberdan, gli Tsereteli, gli Isuv, e sarà per loro arciutile riflettere seriamente alle ragioni per cui tali lacchè della borghesia provocano gli operai incitandoli a resi- stere al sistema Taylor e all’« impianto dei trust ». Gli operai coscienti confronteranno attentamente la « tesi » di Isuv, amico dei signori Liberdan e Tsereteli, con la seguente tesi dei «comunisti di sinistra»: «L’introduzione della disciplina del lavoro legata alla reintegrazione di capitalisti alla direzione della produzione, mentre non può aumentare sostanzialmente la produttività del lavoro, diminuirà l’iniziativa di clas- SULL 'INFANTILISMO DI SINISTRA 317 se, l’attività e la capacità organizzativa del proletariato. Essa minaccia di asservire la classe operaia, susciterà il malcontento sia degli strati ar- retrati che delFavanguardia del proletariato. Per attuare questo sistema, dato l’odio che regna nei ceti proletari verso i ‘‘capitalisti sabotatori^, il partito comunista dovrebbe appoggiarsi sulla piccola borghesia contro gli operai e cosi suicidarsi come partito del proletariato » ( Kornmu - nist, n. 1, p. 8, colonna 2). Ecco la prova piu evidente che i « comunisti di sinistra », sono caduti in trappola, sono caduti nella provocazione di Isuv e di altri Giuda del capitalismo. Ecco una buona lezione per gli operai, i quali, sanno che proprio l’avanguardia del proletariato è favorevole all’intro- duzione della disciplina del lavoro, e che proprio la piccola borghesia, soprattutto, si agita per distruggere questa disciplina. Discorsi come la tesi avanzata dai « sinistri » rappresentano una gravissima vergo- gna e un completo abbandono del comuniSmo nei fatti, un pieno pas- saggio dalla parte proprio della piccola borghesia. « Legata alla reintegrazione dei capitalisti alla direzione », ecco con quali parole pensano di difendersi i « comunisti di sinistra ». È una difesa che non serve a nulla, poiché la « direzione » viene affidata ai capitalisti dal potere sovietico, in primo luogo, in presenza di commis- sari operai o di comitati operai che seguono ogni passo del dirigente, che imparano dalla sua esperienza dirigenziale, che hanno la possibi- lità non solo di protestare contro le disposizioni del dirigente, ma di sostituirlo attraverso gli organi del potere sovietico. In secondo luogo, la « direzione » viene affidata ai capitalisti per funzioni esecutive nel corso di un lavoro le cui condizioni sono definite appunto dal potere sovietico e da esso rivedute o abolite. In terzo luogo la « direzione » viene affidata ai capitalisti dal potere sovietico non in quanto capita- listi, ma in quanto tecnici specializzati o organizzatori con alti stipendi. E gli operai sanno benissimo che gli organizzatori di imprese real- mente grandi e grandissime, di trust o di altri enti, appartengono per il 99 per cento alla classe dei capitalisti, cosi come i migliori tec- nici; ma sono proprio loro che noi, partito proletario, dobbiamo assume- re come « dirigenti » nel processo del lavoro e dell’organizzazione della produzione, poiché altri uomini che abbiano diretta esperienza di questo lavoro non ce ne sono . Poiché gli operai, che sono usciti dall’età infan- tile in cui poteva colpirli la frase di « sinistra » o la rilassatezza piccolo- 318 LENIN borghese, marciano verso il socialismo appunto attraverso la direzione dei trust da parte dei capitalisti, attraverso la grande produzione mec- canica, attraverso le imprese che hanno un giro d’affari di vari milioni all’anno, e solo attraverso tale produzione e tali imprese. Gli operai non sono dei piccoli borghesi. Essi non temono il grande «capitalismo di Stato », anzi lo apprezzano in quanto è un’arma loro, proletaria , che il potere loro , sovietico , utilizza contro la disgregazione e lo sfacelo della piccola proprietà, Questo non lo capiscono soltanto gli intellettuali declassati e perciò piccolo-borghesi fino al midollo, uno dei quali è queU’Osinski del gruppo dei «comunisti di sinistra », che scrive sul loro giornale: « ... Ogni iniziativa nell’organizzazione e direzione dell’impresa apparterrà agli “organizzatori dei trust”, giacché noi non vogliamo insegnare loro, non farne dei semplici collaboratori, ma imparare da loro » ( Kommunisty n. 1, p. 14, col. 2). I tentativi di ironia contenuti in questa frase sono diretti con- tro le mie parole: « imparare il socialismo dagli organizzatori dei trust », Per Osinski questo è ridicolo. Egli vorrebbe fare degli organiz- zatori dei trust dei « semplici collaboratori ». Se l’avesse scritto un uomo dell’età di cui il poeta ha detto: « Quindici anni, non più di tan- to... » U3 ? allora non ci sarebbe stato niente da meravigliarsi. Ma ascol- tare questi discorsi da un marxista, che dovrebbe avere appreso che il socialismo è impossibile se non si utilizzano le conquiste della cultura e della tecnica raggiunte dal grande capitale, è piuttosto strano. Di mar- xista qui non c’è rimasto nulla. Sì, sono degni di chiamarsi comunisti solo coloro i quali com- prendono che non si può creare o instaurare il socialismo senza mettersi alla scuola degli organizzatori dei trust. Giacché il socialismo non è una invenzione, ma è l’assimilazione da parte dell’avanguardia proletaria che ha conquistato il potere, l’ assimilazione e l’applicazione di ciò che è stato creato dai trust. Noi, partito del proletariato, non possiamo- prendere da nessuna parte la capacità di organizzare la grande produ- zione sul tipo dei trust, come i trust, da nessuna parte se non dagli specialisti più qualificati del capitalismo. Noi non abbiamo nulla da insegnare loro, a meno che non ci vogliamo assumere il compito puerile di « insegnare » il socialismo a sull’infantilismo di sinistra 319 intellettuali borghesi: a questi non bisogna fare la lezione, ma espro- priarli (cosa che in Russia si fa con sufficiente « decisione »), bisogna spezzare il loro sabotaggio, bisogna sottometterli , come ceto o gruppo, al potere sovietico. Ma da loro noi, — se non siamo comunisti di età infantile e di infantile intelligenza, — da loro noi dobbiamo apprendere, e ce di che apprendere, giacché il partito del proletariato e l’avanguar- dia del proletariato non hanno esperienza di lavoro autonomo neirim- pianto di grandissime imprese che servono decine di milioni di persone. I migliori operai della Russia l’hanno capito. E hanno cominciato a imparare dagli organizzatori capitalisti, dagli ingegneri dirigenti, dai tecnici specialisti. Hanno cominciato con fermezza e cautela dal piu semplice, passando gradualmente al piu difficile. Se nella metallurgia e nella industria meccanica le cose vanno piu a rilento, è perché si tratta di un campo piu difficile. Ma gli operai tessili, del tabacco, del cuoio non hanno paura, come gli intellettuali piccolo-borghesi declas- sati, del « capitalismo di Stato », non hanno paura di « imparare dagli organizzatori dei trust ». Questi operai siedono accanto ai capitalisti nelle istituzioni dirigenti centrali, come la direzione centrale delPindu- stria del cuoio (Glavkoz) o delPindustria tessile (Centrotekstil), impa- rano da essi , impiantano trust, impiantano il « capitalismo di Stato », che con il potere sovietico è l’anticamera del socialismo, a condizione di una sicura vittoria del socialismo. Questo lavoro degli operai avanzati della Russia, insieme con il loro lavoro per introdurre la disciplina del lavoro, si è svolto e si svolge senza chiasso, oscuramente, senza trombe e tamburi, senza il fracasso necessario ad alcuni « sinistri », con enorme cautela e gradualità, tenen- do conto degli insegnamenti della "pratica. In questo difficile lavoro, lavoro per apprendere praticamente a costruire la grande produzione, è la garanzia che noi siamo sulla strada giusta, la garanzia che gli operai coscienti della Russia lottano contro la disgregazione e lo sfacelo pic- colo-proprietario, contro l’indisciplina piccolo-borghese *, la garanzia della vittoria del comuniSmo. * È estremamente caratteristico che gli autori delle tesi non accennino mini- mamente alTimportanza della dittatura del proletariato nel campo economico. Essi parlano soltanto « di capacità organizzativa », ecc. IVI a anche il piccolo borghese, che ha paura però della dittatura degli operai nei rapporti economici, la ri- conosce. Il rivoluzionario proletario non potrebbe mai « dimenticare », in un momento simile, questo «nodo» della rivoluzione proletaria diretto contro le basi economiche del capitalismo. 320 LENIN VI Come conclusione vorrei fare due osservazioni: Quando discutemmo con i « comunisti di sinistra » il 4 aprile 1918 (vedi il n. 1 del Kommunist , p. 4, nota), io ho posto loro nettamente la questione: provatevi a spiegare che cosa è che non vi soddisfa nel decreto sulle ferrovie, presentateci i vostri emendamenti. Questo è un vostro dovere, in quanto dirigenti sovietici del proletariato, altri- menti le vostre parole si riducono a una vuota frase. Il 20 aprile 1918 è uscito il n. 1 del Kommunist, ma in esso non c'era una sola parola sulle modifiche o le correzioni che si sarebbero dovute apportare, secondo i « comunisti di sinistra », al decreto sulle ferrovie. Con questo silenzio, i « comunisti di sinistra » si sono condannati da sé. Essi si sono limitati ad attacchi-insinuazioni contro il decreto sulle ferrovie (pagine 8 e 16 del n. 1), ma non hanno risposto nulla- di chiaro alla domanda: « Come modificare il decreto, se esso è sba- gliato? ». Ogni commento è superfluo. Una siffatta « critica » del decreto sulle ferrovie (che è un modello della nostra linea, linea di fermezza, linea di dittatura, linea di disciplina proletaria) gli operai coscienti la chiamano critica « alla Isuv », oppure vuota frase. Un’altra osservazione. Nel n. 1 del Kommunist è pubblicata una recensione del compagno Bukharin al mio opuscolo Stato e rivoluzione, assai lusinghiera nei miei riguardi. Ma per quanto io possa apprezzare il parere di uomini come Bukharin, debbo dire in coscienza che il carattere della recensione rivela un fatto melanconico e significativo: Bukharin guarda ai compiti della dittatura proletaria con lo sguardo rivolto al passato, non al futuro. Bukharin ha rilevato e sottolineato quello che vi può essere di comune, sulla questione dello Stato, al rivoluzionario proletario e a quello piccolo-borghese. Bukharin « non ha rilevato » proprio quello che distingue il primo dal secondo. Bukharin ha rilevato e sottolineato che il vecchio apparato statale deve essere « spezzato », « fatto saltare », che la borghesia va « defini- tivamente soffocata », ecc. Anche il piccolo-borghese infuriato può volere la stessa cosa. E ciò è già stato fatto nelle grandi linee dalla nostra rivoluzione tra l'ottobre 1917 e il febbraio 1918. sull’infantilismo di sinistra 321 Ma qualunque cosa possa volere anche il piu rivoluzionario dei piccoli borghesi, il mio libro parla anche di ciò che vuole il proletario cosciente, di ciò che ancora non ha fatto la nostra rivoluzione. Di questo compito, del compito deiravvenire, Bukharin non ha parlato. Dal canto mio ho tanto meno ragioni di non parlarne in quanto, in primo luogo, dal comunista bisogna attendersi una maggiore atten- zione ai compiti del domani che non a quelli deiroggi, e, in secondo luogo, il mio opuscolo è stato scritto prima che i bolscevichi prendes- sero il potere, quando ai bolscevichi non si poteva servire il volgare argomento piccolo-borghese: « Ebbene, dopo che avete conquistato il potere, naturalmente vi siete messi a parlare di disciplina »... « ... II socialismo si trasformerà in comuniSmo... perché gli uomini si abitueranno a osservare le condizioni elementari della convivenza so- ciale senza violenza e senza costrizione » (Stato e rivoluzione , pp. 77- 78 13 \ Di « condizioni elementari » si parlava, quindi, prima della presa del potere). « ...Soltanto allora la democrazia comincia a estinguersi ... » quan- do « gli uomini si abituano a poco a poco a osservare le regole elemen- tari della convivenza sociale, da tutti conosciute da secoli, ripetute da millenni in tutti i comandamenti, a osservarle senza violenza, senza co- strizione, senza quello speciale apparato di costrizione che si chiama Stato » (ivi, p. 84 135 ; di « comandamenti » si parlava prima della presa del potere). « ... La fase superiore di sviluppo del comuniSmo » (a ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue capacità) « presup- pone una produttività del lavoro diversa da quella attuale e non dell'at- tuale filisteo, capace, come i seminaristi di Pomialovski, di sperpe- rare “a destra e a sinistra” le ricchezze pubbliche e di pretendere I’im- possibile » (ivi, p. 91) l36 . << ... Fino all’avvento della fase “piu elevata" del comuniSmo, i socialisti reclamano dalla società e dallo Stato che sia esercitato il piu rigoroso controllo della misura del lavoro e della misura del con- 137 sumo... » . « ... Registrazione e controllo: ecco l’essenziale , ciò che è necessario per Ravviamento” e il funzionamento regolare della società comunista nella sua prima fase » (ivi, p. 95) 138 . E questo controllo va organiz- zato non solo sulla « infima minoranza di capitalisti, sui signori desi- ti— 2654 3 22 LENIN derosi di conservare le loro abitudini capitaliste », ma anche su quelli tra gli operai che sono « profondamente corrotti dal capitalismo » (ivi, p. 96) 139 e sui « parassiti, figli di papà, furfanti e simili guardiani delle traduzioni del capitalismo » 140 . È significativo che questo Bukharin non l’ha sottolineato. RISOLUZIONE DEL CC DEL PC(b) DI RUSSIA SULLA SITUAZIONE INTERNAZIONALE H1 Cedere all’ultimatum tedesco. Respingere l’ultimatum inglese. (Giacché la guerra contro la Germania minaccia direttamente di in- fliggerci perdite e calamità maggiori che non la guerra contro il Giappone). A causa dell 'alleanza politica manifesta tra la controrivoluzione ucraina e quella russa, decretare la legge marziale contro la borghesia. Indirizzare tutti gli sforzi per difendere la zona Ural-Kuznetsk, sia contro il Giappone che contro la Germania *. Condurre trattative con Mirbach allo scopo di chiarire se i tede- schi si impegnano a far concludere la pace alla Finlandia e all’Ucraina con la Russia, e affrettare in tutti i modi questa pace, pur riconoscendo che essa porterà a nuove annessioni. Approvato dal CC lunedi 6-V-1918 notte Pubblicato per la prima volta nel 1929 in Miscellanea di Lenin , XI. * Iniziare subito l’evacuazione generale verso gli Urali, e in particore dei documenti di Stato. DISPOSIZIONI FONDAMENTALI DEL DECRETO SULLA DITTATURA NEL SETTORE DEGLI APPROVVIGIONAMENTI 142 Modificare il progetto di risoluzione come, segue: 1) eliminare i riferimenti alla situazione internazionale; 2) aggiungere che dopo la pace con l’Ucraina ci resta appena il grano sufficiente a non morire di fame; 3) aggiungere che le decisioni del dittatore vengono controllate dal suo collegio, che ha diritto di appello, non sospensivo dell’esecu- zione, presso il Consiglio dei Commissari del popolo; 4) e che le decisioni, le quali per il loro carattere riguardano anche i dicasteri delle vie di comunicazione e il Consiglio superiore della economia nazionale, vengono prese previa consultazione con i relativi dicasteri; 5) formulare in maniera piu precisa dal punto di vista giuridico i nuovi diritti del commissario agli approvvigionamenti; 6) sottolineare con maggior forza l’idea fondamentale che, per salvarsi dalla fame, è necessario iniziare e portar avanti una lotta impla- cabile e terroristica contro la borghesia rurale e di qualsiasi altro genere che trattenga presso di sé le eccedenze di grano; 7) indicare con precisione che i possessori di grano, che hanno eccedenze di grano e non le consegnano alle stazioni e ai centri di raccolta e di insilaggio, sono dichiarati nemici del popolo e sono passi- bili di almeno dieci anni di prigione, della confisca di tutti i beni e della esclusione a vita dalla loro comunità; 8) inserire un’aggiunta sul dovere dei lavoratori non abbienti e sui contadini che non hanno eccedenze di unirsi per lottare senza pietà contro i kulak; DISPOSIZIONI FONDAMENTALI 325 9) definire con precisione i rapporti tra i comitati dei delegati e i comitati governatoriali di approvvigionamento e i diritti e i doveri dei primi in materia di rifornimenti alimentari. Scritto 1*8 maggio 1918. Pubblicato per la prima volta nel 1921 in Miscellanea di Lenin , XVIII. PROTESTA AL GOVERNO TEDESCO CONTRO L’OCCUPAZIONE DELLA CRIMEA 143 ll-V-1918 A proposito del messaggio radio del comandante in capo delle forze tedesche all’est. Il commissario del popolo agli affari esteri ritiene necessario espri- mere al governo tedesco la sua decisa protesta: 1) Non una sola volta e in nessun documento il governo tedesco ci ha comunicato che la nostra flotta avrebbe preso parte a combattimenti contro le forze tedesche in Ucraina. 2) Perciò il comunicato relativo trasmesso per radio 1’ 11-5-1918 è palesemente falso, e non trova conferma negli atti del governo tedesco. 3) Se una parte della flotta si è dichiarata parte della flotta ucrai- na, essa è però rimasta a Sebastopoli. 3 bis) Se la nostra flotta ha lasciato Sebastopoli, lo ha fatto solo dopo l’offensiva tedesca e l’attacco contro Sebastopoli; di conseguenza, in questo caso, il trattato di Brest è stato chiaramente violato dai tede- schi, e non da noi. 4) I fatti dimostrano, quindi, che noi restiamo fermamente sul terreno del trattato di Brest, mentre i tedeschi se ne sono allontanati, occupando tutta la Crimea. 5) Essi l’hanno occupato solo con truppe tedesche, allontanandone tutti gli ucraini. 6) Hanno occupato la Crimea dopo che il governo tedesco aveva dichiarato con estrema precisione, con un suo messaggio radio del mese di ... 1918 ,4 \ che considerava la Crimea come non facente parte del territorio dell’Ucraina. 7) L’amftasciatore di Germania Mirbach ha dichiarato al nostr» PROTESTA AL GOVERNO TEDESCO 327 commissario agli affari esteri che la Germania non aveva nuove pretese territoriali. 8) Se ora il governo tedesco ha assunto una diversa posizione e avanza rivendicazioni sulla Crimea o su una parte di essa, o su altri territori, noi riterremo assolutamente necessario fare piena luce su questo fatto, e dichiariamo ancora una volta ufficialmente che da parte nostra insistiamo per concludere una pace chiaramente formulata con la Finlandia, l’Ucraina e la Turchia, che combattono nonostante il trat- tato di pace di Brest-Litovsk. 9) Noi chiediamo ancora una volta insistentemente al governo tedesco di comunicarci se esso ritenga o no desiderabile la pace con TUcraina, la Finlandia e la Turchia e quali passi esso abbia intrapreso o intraprenderà a questo scopo. 10) Circa la questione della flotta del Mar Nero, siamo pronti a fornire nuovamente tutte le garanzie possibili che essa non interverrà nella guerra o che verrà disarmata (come l’ambasciatore Mirbach ci ha richiesto ufficialmente ieri, 10-5-1918), a patto che il governo tedesco ci comunichi le condizioni precise di una pace completa, cioè di una pace con la Finlandia, con l’Ucraina e la Turchia, e che questa pace venga conclusa, sul che noi insistiamo. 11) Noi non ci rifiutiamo affatto di far rientrare la flotta a Seba- stopoli, se questo porto — conformemente alla dichiarazione fatta da Mirbach il 10-5-1918 nel corso di un colloquio con il commissario del popolo agli affari esteri — non verrà annesso sotto questa o quella forma e non verrà occupato dalla Germania, e se sarà realizzata una precisa e completa pace con i tedeschi in quanto parte integrante delle armate finlandesi, ucraine e turche. Pubblicato per la prima volta dal manoscritto. TESI SULLA SITUAZIONE POLITICA ATTUALE H5 I Sulla stampa bolscevica è già stato più volte rilevato, ed è sta- to ammesso in risoluzioni ufficiali degli organi supremi del potere sovietico, che la situazione internazionale della repubblica sovietica, accerchiata dalle potenze imperialistiche, è estremamente precaria. Negli ultimi giorni, cioè nella prima decade del mese di maggio del 1918, la situazione politica è divenuta straordinariamente grave per cause sia esterne che interne; In primo luogo si è accentuato l’intervento diretto delle truppe controrivoluzionarie (di Semionov e altri) con l'aiuto dei giapponesi in Estremo oriente, e in relazione con ciò vari sintomi hanno indicato la possibilità che tutta la coalizione imperialistica antitedesca trovi Taccordo su un programma consistente nel presentare un ultimatum alla Russia: o la Russia fa la guerra alla Germania, o verrà invasa dai giapponesi, che saranno da noi appoggiati. In secondo luogo, nella politica tedesca in generale ha preso il sopravvento, dopo Brest-Litovsk, il partito della guerra, che da un momento all'altro potrebbe prendere il sopravvento anche per quanto riguarda una immediata offensiva generale contro la Russia; potrebbe cioè respingere completamente l’altra politica dei circoli borghesi impe- rialistici della Germania, che aspirano a nuove annessioni in Russia, ma per un certo tempo alla pace con essa, e non a una offensiva ge- nerale contro di essa. In terzo luogo, la restaurazione della monarchia in Ucraina, ap- poggiata dai borghesi e dai grandi proprietari fondiari, sostenuta dagli TESI SULLA SITUAZIONE POLITICA ATTUALE 329 elementi cadetti e ottobristi della borghesia di tutta la Russia e aiutata dalle truppe tedesche, non poteva non inasprire la lotta contro la contro- rivoluzione nel nostro paese, non poteva non dare le ali a nuovi piani, non dare coraggio alla nostra controrivoluzione. In quarto luogo, si è estremamente aggravato il caos alimentare che ha portato in molte località a una vera e propria carestia in seguito al fatto che Rostov sul Don è rimasta tagliata fuori da noi, nonché a causa degli sforzi compiuti dalla piccola borghesia e dai capitalisti in generale per sabotare il monopolio del grano, mentre d'altra parte la classe dominante, cioè il proletariato, non ha rintuzzato con suffi- ciente fermezza, disciplina e implacabilità queste tendenze, questi sforzi e questi tentativi. II La politica estera del potere sovietico non deve essere minima- mente mutata. La nostra preparazione militare non è ancora terminata, e perciò la parola d’ordine generale resta quella di prima: manovrare, ritirarsi, attendere, continuando con tutte le forze questa preparazione. Senza respingere minimamente, in generale, accordi militari con una delle coalizioni imperialistiche contro l’altra nei casi in cui questo accordo, senza toccare le basi del potere sovietico, possa rafforzarne la posizione e paralizzare Pattaoco che qualsiasi potenza imperialistica intenda condurre contro di esso, noi non possiamo giungere in questo momento ad un accordo militare con la coalizione anglo-francese. Giac- ché ciò che ha una reale importanza per quest’ultima è l’allontanamento di truppe tedesche dall’occidente, cioè un’avanzata di molti corpi d’ar- mata giapponesi entro il territorio della Russia europea, e questa condi- zione è inammissibile, rappresentando essa il crollo completo del potere sovietico. Se la coalizione anglo-francese ci avesse presentato un ultima- tum di questo genere, avremmo risposto con un rifiuto, giacché il pericolo di un’avanzata giapponese può essere bloccato con minori difficoltà (o ritardato per più lungo tempo) che non il pericolo di un’occupazione tedesca di Pietrogrado, di Mosca e di gran parte della Russia europea. 330 LENIN III Per definire i compiti* della politica estera del potere sovietico nel momento attuale, è necessaria una estrema cautela, circospezione e sangue freddo, per non fornire un aiuto agli elementi estremisti del partito della guerra in Giappone o in Germania con qualche atto affrettato e irriflessivo. Il fatto è che in ambedue questi paesi gli elementi estremisti del partito della guerra vogliono un’offensiva generale e immediata contro la Russia, allo scopo di occuparne tutto il territorio e di rovesciare il potere dei soviet. Questi elementi estremisti possono prendere il soprav- vento da un momento all’altro. Ma, d’altro canto, è indubitabile che in Germania la maggioranza della borghesia imperialistica è contraria a una siffatta politica, prefe- rendo in questo momento una pace annessionistica con la Russia alla continuazione della guerra, perché considera che una tale guerra distrar- rebbe forze dall’occidente, aumenterebbe la precarietà, già sensibile anche senza di questo, della situazione interna della Germania, rende- rebbe piu difficile l’approvvigionamento di materie prime dalle località insorte o colpite dalla distruzione delle ferrovie, dall’insufficienza delle semine, ecc. ecc. Inoltre la tendenza del Giappone a scatenare l’offensiva contro la Russia è frenata, in primo luogo, dal pericolo di moti e insurrezioni in Cina; in secondo luogo da un certo antagonismo dell’America, che teme un rafforzamento del Giappone e spera con la pace di ottenere piu facilmente materie prime dalla Russia, È perfettamente possibile, s’intende, che sia in Giappone che in Germania prendano il sopravvento da un momento all’altro gli elementi estremisti del partito della guerra. Garanzie contro di questo non ve ne possono essere finché non scoppia la rivoluzione in Germania. La borghesia americana può accordarsi con quella giapponese, e la giap- ponese con la tedesca. Perciò è nostro assoluto dovere intensificare al massimo la preparazione militare. Ma finché, tuttavia, rimane qualche possibilità di mantenere la pace o di concludere, a prezzo di certe nuove annessioni o nuove perdite, la pace con la Finlandia, l’Ucraina e la Turchia, noi non dobbiamo assolutamente compiere un solo passo che possa fornire un aiuto agli elementi estremisti del partito bellicista delle potenze imperialistiche. TESI SULLA SITUAZIONE POLITICA ATTUALE 331 IV Sia che si tratti di intensificare la preparazione militare, sia invece che si tratti di lottare contro la carestia, il compito che balza in primo piano è quello dell’organizzazione. Non si può nemmeno parlare lontanamente di una seria prepa- razione militare senza superare le difficoltà alimentari, senza assicurare alla popolazione i dovuti rifornimenti di grano, senza instaurare bordine piu rigoroso nei trasporti ferroviari, senza creare nelle masse della popolazione lavoratrice (e non solo nei suoi strati superiori) una disci- plina veramente ferrea. Ed è appunto in questo campo che noi soprat- tutto siamo rimasti indietro. È appunto di una assoluta incomprensione di questa verità che peccano soprattutto gli elementi socialisti-rivoluzionari di sinistra e anarchici, che a gran voce esigono comitati « insurrezionali » e gridano: « alle armi », ecc. Queste grida e questi clamori sono il colmo dell’ottu- sità e rappresentano la piu deplorevole, disprezzabile e ripugnante delle frasi, giacché è ridicolo parlare di « insurrezione » e di « comitati insur- rezionali » quando il potere centrale dei soviet cerca di convincere con tutte le forze la popolazione a imparare a usare le armi e a rifornir- sene; quando da noi ci sono molte piu armi di quanto non siamo in grado di inventariare e distribuire; quando proprio lo sfacelo e l’assenza di disciplina ci impediscono di utilizzare le armi che abbiamo c ci costringono a perdere tempo prezioso per la preparazione. Se si vuole intensificare la preparazione militare per una guerra seria ci vuole non slancio sentimentale, non grida, non lancio di parole d’ordine di combattimento, ma un lavoro lungo, intenso, tenacissimo e disciplinato su una scala di massa. Bisogna dare una risposta implaca- bile agli elementi socialisti-rivoluzionari di sinistra c anarchici che non vogliono capire tutto questo, e impedire loro di contagiare con il loro isterismo certi elementi del nostro partito comunista proletario. V Contro la borghesia, che negli ultimi giorni ha rialzato la testa in seguito alle circostanze sopra indicate, è necessario condurre una lotta implacabile, instaurare la legge marziale, sopprimere i giornali, arrestare 332 LENIN i caporioni, ecc. ecc. Queste misure sono tanto necessarie quanto è neces- saria una campagna militare contro la borghesia rurale che non con- segna le eccedenze di grano e vuol far fallire il monopolio dei cereali. Senza la disciplina ferrea del proletariato non ci si può salvare né dalla controrivoluzione né dalla carestia. In particolare bisogna tenere presente che la borghesia negli ultimi giorni ha utilizzato contro il potere proletario, con arte inimitabile e con l’abilità di un virtuoso, uno strumento come la diffusione del pani- co. E alcuni dei nostri compagni, soprattutto fra quelli che cedono piu facilmente di fronte alla frase rivoluzionaria dei socialisti-rivolu- zionari di sinistra e degli anarchici, si sono lasciati trascinare e sono caduti in uno stato di panico o non hanno saputo mantenersi entro il limite che separa il legittimo e necessario avvertimento contro i pericoli imminenti dalla diffusione del panico. È necessario tenere ben fisse in mente le particolarità fondamentali di tutta la situazione economica e politica attuale della Russia, in virtù delle quali nessuno slancio inconsulto può servire alla causa. È neces- sario comprendere bene e far comprendere a tutti gli operai questa verità, che soltanto un lavoro costante e paziente volto a creare e a ristabilire una ferrea disciplina proletaria, unita a una repressione impla- cabile dei teppisti, dei kulak e degli elementi disorganizzatori, può sal- vare il potere dei soviet in questo momento, nel momento in cui siamo di fronte ad una delle svolte piu difficili e più pericolose divenuta inevitabile a causa del ritardo della rivoluzione in Occidente. Scritto il 12 o 13 marzo 1918. Pubblicato per la prima volta nel 1929 in Miscellanea di Lenin, XI. RAPPORTO SULLA POLITICA ESTERA ALLA SEDUTA COMUNE DEL CEC DI TUTTA LA RUSSIA E DEL SOVIET DI MOSCA M6 14 maggio 1918 Compagni, permettetemi di informarvi sulla situazione attuale nel campo della politica estera. Compagni, negli ultimi giorni la nostra situa- zione internazionale si è sotto molti aspetti complicata per il fatto che si è aggravata la situazione generale. Sulla base di questo aggravamento, la provocazione, la diffusione artificiosa del panico da parte della stampa borghese e della stampa socialista che le fa eco, compie di nuovo il suo oscuro e sporco tentativo di restaurare il kornilovismo. Attirerò anzitutto la vostra attenzione su ciò che caratterizza fonda- mentalmente la situazione internazionale della repubblica sovietica, per passare poi alle forme giuridiche esteriori che definiscono questa situa- zione e tratteggiare su questa base le nuove difficoltà che sorgono o, meglio, indicare quel punto di svolta al quale siamo giunti e che è stato alla base dell’aggravarsi della situazione politica. Compagni, voi sapete, e l’esperienza di due rivoluzioni russe ve l’ha confermato con particolare evidenza, che le radici più profonde sia della politica interna sia della politica estera del nostro Stato sono determinate da interessi economici, dalla situazione delle classi domi- nanti del nostro Stato. Queste tesi, che sono alla base di tutta la concezione del mondo dei marxisti e che sono state confermatela noi, rivoluzionari russi, dalla grande esperienza delle due rivoluzioni russe, non bisogna mai perderle di vista nemmeno per un istante, per non confondersi nel labirinto delle sottigliezze diplomatiche, labirinto a volte creato addirittura ad arte e reso più confuso da uomini, classi, partiti e gruppi che amano o sono costretti a pescare nel torbido. Adesso è il momento in cui, nonostante la situazione internazionale creatasi, hanno cercato di pescare nel torbido anche i nostri contro- rivoluzionari: i cadetti, la borghesia e i grandi proprietari fondiari, 334 LENIN nonché i loro servitori più diretti, i 'socialisti-rivoluzionari di destra e i menscevichi. Questa situazione è caratterizzata, nelle sue linee generali, dal fatto che la Repubblica socialista sovietica di Russia — per ragioni di carattere economico e politico che vi sono ben note, essendo state più di una volta descritte sulla stampa, a causa cioè di un diverso ritmo di sviluppo, di un terreno di sviluppo diverso che in Occidente — rimane per ora un’oasi in mezzo al mare tempestoso del banditismo imperialistico. E il fattore economico fondamentale in Occidente è che questa guerra imperialistica, che ha rovinato ed esaurito l’umanità, ha generato conflitti cosi complicati, cosi acuti, cosi intricati che conti- nuamente, ad ogni passo, nasce una situazione in cui la soluzione in favore della guerra o della pace, in favore di questo o quel raggruppa- mento, è appesa a un filo. Proprio una tale situazione è quella che noi abbiamo vissuto negli ultimi giorni. Contraddizioni, conflitti, una lotta, una rissa sfrenata, — trasformatasi in una guerra tra le potenze imperia- listiche, la cui stessa politica ha reso impossibile arrestare il conflitto in virtù delle condizioni economiche di sviluppo del capitalismo nel corso di tutta una serie di decenni, — hanno fatto si che gli stessi im- perialisti sono ormai impotenti ad arrestare questa guerra. Ecco ciò che ha creato le contraddizioni fondamentali, che ha complicato e im- brogliato la situazione. In virtù di queste contraddizioni è avvenuto che l’alleanza gene- rale degli imperialisti di tutti i paesi, fondata sull’alleanza economica capitalistica, alleanza generale naturale e inevitabile in difesa del capi- tale, che non conosce patria, ha dimostrato attraverso molti tra i più importanti e grandiosi episodi della storia mondiale, che il capitale, al di sopra degli interessi della patria, del popolo e di qualsiasi altra cosa, pone la difesa dell’alleanza dei capitalisti di tutti i paesi contro i lavo- ratori. Questa alleanza non è la forza motrice della politica. Certo, essa rimane come per il passato la tendenza economica fon- damentale del regime capitalistico, che deve in definitiva manifestarsi forza irrefrenabile, Una eccezione a questa tendenza fondamentale del capitalismo è che la guerra imperialistica ha diviso in gruppi, in gruppi ostili, in coalizioni ostili le potenze imperialistiche che attualmente si erano divise tra loro, si può dire, tutta la terra senza eccezioni. Questa ostilità, questa lotta, questa stretta mortale dimostra, a certe condi- zioni, che l’alleanza degli imperialisti di tutti i paesi è in questo caso RAPPORTO SULLA POLITICA ESTERA 335 impossibile. Siamo in presenza di una situazione in cui le onde tem- pestose della reazione imperialistica, del massacro imperialistico dei popoli, si rovesciano centro la piccola isola della repubblica socialista sovietica e sembrano pronte a sommergerla da un momento all’altro, ma risulta invece che si infrangono continuamente l’una dopo l’altra, Le contraddizioni fondamentali tra le potenze imperialistiche hanno portato ad una lotta cosi implacabile che, pur riconoscendo che essa non ha via d’uscita, nessuno dei due gruppi è in grado di strapparsi di propria volontà dalle ferree spire di questa guerra. La guerra ha in tal modo determinato due contraddizioni principali, che a loro volta hanno determinato la situazione internazionale della repubblica socia- lista dei soviet nel momento attuale. La prima è la lotta che ha raggiunto un grado estremo di asprezza tra la Germania e l’Inghilterra sul fronte occidentale. Abbiamo sentito piu di una volta i rappresentanti ora del- l’uno ora dell’altro dei due campi in lotta promettere e assicurare al proprio popolo e agli altri popoli che, ecco, ancora un ultimo sforzo, e il nemico sarebbe stato sconfitto, la patria salvata e gli interessi della cultura e della guerra liberatrice garantiti per sempre. Quanto piu a lungo si trascina questa lotta inaudita, tanto piu si allontana Tesito di questa guerra senza fine, L’asprezza di questa lotta rende estremamente difficile c quasi impossibile l’alleanza delle maggiori potenze impe- rialistiche contro la repubblica dei soviet, che in appena sei mesi di esistenza si è conquistata la calorosa simpatia e l’appoggio piu completo di tutti gli operai piu coscienti di tutti i paesi del mondo. La seconda contraddizione che caratterizza la situazione interna- zionale della Russia è la rivalità tra il Giappone e l’America. Lo svi- luppo economico di questi paesi ha preparato nel corso di alcune decine di anni un’enorme quantità di materiale infiammabile che rende inevi- tabile una lotta a morte tra queste potenze per il dominio dell’Oceano Pacifico e delle sue coste. Tutta la storia economica e diplomatica del- l’Estremo oriente rende assolutamente indubitabile che sul terreno del capitalismo è impossibile evitare l’aspro conflitto che va maturando tra il Giappone e TAmerica. Questa contraddizione, temporaneamente mascherata dall’alleanza tra il Giappone e America contro la Germania, frena l’offensiva deirimperialismo giapponese contro la i Russia. La campagna iniziata contro la repubblica dei soviet (lo sbarco a Vladi- vostok, l’appoggio alle bande di Semionov) segna il passo, giacché mi- naccia di trasformare il conflitto nascosto tra Giappone e America in 336 LENIN una guerra aperta. Certo, è pienamente possibile, e non dobbiamo di- menticarlo, che i diversi raggruppamenti di potenze imperialistiche, per quanto solidi possano apparire, vengano sciolti in pochi giorni, se lo esigono gli interessi della sacra proprietà privata, dei sacri diritti sulle concessioni, ecc. e, forse, basterà una piccolissima scintilla per far sal- tare in aria l’attuale divisione in gruppi di potenze, e allora le contrad- dizioni che abbiamo indicato non potranno piu servirci come difesa. Ma ora la situazione che abbiamo descritto dimostra perché la nostra isola socialista può conservarsi in mezzo allo scatenarsi- della tempesta, e, al tempo stesso, spiega perché questa situazione è cosi instabile e a volte sembra, con grande gioia della borghesia e panico della piccola borghesia, che le onde stiano per sommergerla da un momento all’altro. L’involucro esteriore, l’espressione esteriore di questa situazione sono il trattato di Brest, da un lato, e le regole e le leggi riguardanti i paesi neutrali, dall’altro. Voi sapete quanto valgano i trattati o quanto valgano le leggi di fronte allo scatenarsi dei conflitti internazionali: non sono più che dei pezzi di carta. È ormai abitudine citare e ricordare queste parole come esempio del cinismo della politica estera delFimperialismo, ma il cinismo non sta in queste parole, bensì nella guerra imperialistica, guerra impla- cabile, crudelmente e dolorosamente implacabile, nella quale tutti i trat- tati di pace e tutte le leggi di neutralità sono state, sono e saranno cal- pestate, finché esisterà il capitalismo. Ecco perché quando affrontiamo la questione che è per noi la più importante, e cioè la questione della pace di Brest-Litovsk, della possibilità che essa venga violata e delle conseguenze che derivano per noi da una tale situazione, se vogliamo stare saldamente sulle nostre gambe socialiste e non vogliamo farci abbattere dalle manovre, dal- le provocazioni dei controrivoluzionari, quali che siano le etichette socialiste sotto le quali essi si nascondono, non dobbiamo dimenticare per un solo istante la base economica di tutti i trattati di pace, com- preso quello di Brest-Litovsk, la base economica di qualsiasi neutralità, compresa la nostra. Non dobbiamo dimenticare, da un lato, qual è la situazione su scala internazionale, la situazione neirimperialismo inter- nazionale rispetto a quella classe che cresce e che presto o tardi, sia pure più tardi di quel che noi vogliamo e aspettiamo, sarà comunque RAPPORTO SULLA POLITICA ESTERA 337 l’erede del capitalismo e trionferà sul capitalismo di tutto il mondo. Dairaltro lato, però, non dobbiamo dimenticare i rapporti reciproci che esistono tra i paesi imperialistici, i rapporti tra i gruppi economici imperialistici. Chiarita questa situazione, compagni, io penso che comprenderemo senza fatica quale importanza abbiano quei dettagli, quei particolari, a volte perfino quelle minuzie diplomatiche che hanno soprattutto richiamato la nostra attenzione negli ultimi giorni e che ci sono rimasti impressi nella memoria. Si capisce che la instabilità della situazione internazionale rappresenta un motivo di panico. Questo panico è diffuso dai cadetti, dai socialisti-rivoluzionari di destra e dai menscevichi, che appoggiano gli interessi di chi vuole, di chi si sforza di seminare il panico. Senza chiudere affatto gli occhi su tutto il pericolo e la tragi- cità della situazione, analizzando i rapporti economici esistenti su scala internazionale, dobbiamo dire: si, la questione della guerra e della pace è appesa a un filo, sia in occidente che in estremo oriente, perché esistono due tendenze: una che rende inevitabile l’alleanza di tutti gli imperialisti, l’altra che pone alcuni imperialisti contro altri; due ten- denze nessuna delle quali poggia su un saldo fondamento. Si, ora il Giappone non può decidersi ad attaccare a fondo, sebbene esso, avendo a disposizione un esercito di milioni di uomini, potrebbero occupare una Russia manifestamente debole. Quando ciò avverrà io non lo so, e nessuno lo può sapere. La forma dell’ultimatum minaccia la guerra contro i popoli alleati e un trattato con la Germania, ma tutto ciò può cambiare in pochi giorni. Può sempre cambiare, perché la borghesia americana, oggi ostile al Giappone, può domani accordarsi con esso, perché la borghesia giappo- nese può domani accordarsi con quella tedesca. Esse hanno degli inte- ressi fondamentali, relativi alla spartizione del globo, gli interessi dei grandi proprietari fondiari e del capitale, l’interesse di assicurare, secondo la loro espressione, la loro dignità nazionale e i loro interessi nazionali. Questo linguaggio è abbastanza noto a chi ha non so dire se la fortuna o l’abitudine di leggere giornali come quelli dei socialisti- rivoluzionari. E tutti sanno, quando spesso ci si parla di dignità nazio- nale, tutti sappiamo benissimo, dopo l’esperienza del 1914, quali atti di rapina imperialistica si nascondono sotto queste parole. Si capisce perché in virtù di questo rapporto, la situazione in estremo oriente appaia alquanto instabile. Dobbiamo dire una cosa: bisogna indivi- 338 LENIN duare chiaramente queste contraddizioni degli interessi capitalistici, bisogna sapere che la saldezza di cui dà prova la repubblica sovietica le attira la simpatia sempre crescente delle masse sterminate dei lavo- ratori, di tutta la popolazione lavoratrice e sfruttata di tutti i paesi. E, al tempo stesso, da un momento all’altro, da un giorno airaltro, bisogna essere preparati e aspettarsi cambiamenti della politica interna- zionale in favore della politica dei partiti della guerra estremisti. La situazione della coalizione tedesca è per noi chiara. La maggio- ranza dei partiti borghesi della Germania è attualmente favorevole al rispetto della pace di Brest, ma sarebbe certo molto contenta di « mi- gliorarla » e di ottenere qualche altra annessione a spese della Russia. Ciò che li induce a vedere le cose da questo punto di vista sono consi- derazioni politiche e militari fatte dal punto di vista degli interessi na- zionali tedeschi, come essi dicono, cioè degli interessi imperialistici; ciò li spinge a preferire la pace in oriente, per avere le mani libere in occidente, dove già piu volte Timperialismo tedesco ha promesso una vittoria fulminea e dove, ad ogni settimana o ad ogni mese che pas- sa, si vede chiaramente che, quanti piu successi parziali essi ottengo- no, tanto piu questa vittoria si allontana all’infinito. D’altro lato, ab- biamo un partito della guerra, che piu di una volta si è manifestato, durante il trattato di Brest, e che, naturalmente, esiste in tutte le potenze imperialistiche, un partito della guerra che dice a se stesso: bisogna usare la forza immediatamente, senza tener conto delle ulte- riori conseguenze. Questa è la voce del partito estremista della guerra, voce nota nella storia della Germania, a cominciare da quando nella storia iniziarono le vittorie militari vertiginose, e nota dal 1866 quando, ad esempio, il partito estremista della guerra della Germania consegui la vittoria sull’Austria e trasformò questa vittoria in una completa disfatta. Tutti questi urti, questi conflitti sono inevitabili, e fanno si che ora da questo punto di vista tutto sia appeso a un filo, e che, da un lato, la maggioranza borghese e imperialistica del governo tedesco, le classi possidenti tedesche, i capitalisti tedeschi preferiscano mante- nersi sul terreno del trattato di Brest, senza rinunciare affatto, ripeto, a cercare di migliorarlo. E, dall’altro lato, da un momento all’altro, da un giorno all’altro bisogna essere preparati, bisogna aspettarsi dei muta- menti di politica neH’interesse del partito estremista della guerra. Si comprende quindi Testabilità della situazione internazionale, si capisce quindi come sia facile su questo terreno creare questa o quella RAPPORTO SULLA POLITICA ESTERA 339 situazione nel partito, si capisce quale circospezione, prudenza, auto- controllo e sangue freddo debba avere il potere sovietico per poter definire chiaramente il suo compito. Oscilli pure la borghesia russa dal- l’orientamento filofrancese all’orientamento filotedesco. Questa è una cosa che le piace fare. I borghesi hanno visto in varie località quale ottima garanzia può fornire l’appoggio del tedesco contro il mugik che si prende la terra e contro l’operaio che costruisce le fondamenta del socialismo. Nel passato per lungo tempo, per alcuni anni, essi hanno chiamato traditori della patria chi condannava la guerra imperialistica e cercava di aprire gli occhi alla gente su questa guerra; ed ora sono pronti a cambiare in poche settimane la loro fede politica e a passare dall’alleanza con i predoni inglesi all’allenza con i predoni tedeschi contro il potere dei soviet. Oscilli pure la borghesia di tutte le sfu- mature, a cominciare dai socialisti-rivoluzionari di destra e dai mensce- vichi per finire con i socialisti-rivoluzionari di sinistra. È normale che essa faccia cosi. Semini pure il panico, poiché c essa in preda al panico. Si agiti pure, senza saper trovare altra strada e ondeggiando tra questo e quelli orientamento e una vuota fraseologia, incapace com’è di com- prendere che una rivoluzione, quando raggiunge grandi proporzioni, deve, per mettere salde radici, sperimentare i raggruppamenti piu di- versi e i piu diversi passaggi da una fase all’altra. Noi, rivoluzionari russi, abbiamo la fortuna di avere avuto dinanzi ai nostri occhi, nel corso del ventesimo secolo, Pesperienza di due rivoluzioni, ciascuna delle quali ci ha fornito una enorme quantità di esperienze, che si sono impresse nella vita stessa del popolo, su come si prepara un movimento rivoluzionario e se esso è serio e profondo, sulla posizione che in questo movimento assumono le diverse classi, sul cammino che è a volte una lunga evoluzione, un cammino difficile e tormentoso attraverso cui si prepara la maturazione delle nuove classi. Ricordate ciò che è costato ai soviet, creati da uno slancio spon- taneo nel 1905, ciò che è costato loro nel 1917 rimettersi all’opera; e poi, quando dovettero sopportare tutti i tormenti della politica di conci- liazione con la borghesia e con i peggiori nemici della classe operaia che si erano camuffati e parlavano di difesa della rivoluzione, della ban- diera rossa, e che commisero il peggiore dei delitti nel giugno 1917; ora, quando abbiamo con noi la maggioranza della classe operaia, ricor- date quanto ci è costato, dopo la grande rivoluzione del 1905, venir fuori con i soviet della classe operaia e contadina. Ricordate tutto que- 340 LENIN sto e pensate alle enormi proporzioni che ha assunto la lotta contro Pim- perialismo internazionale, pensate a come è stato difficile il passaggio per arrivare a questa situazione, a ciò che ha provato la repubblica russa quando si è trovata alla testa di tutti gli altri reparti delPesercito socialista. So bene che vi sono dei saggi, che si considerano molto intel- ligenti e si chiamano addirittura socialisti, i quali assicurano che non si sarebbe dovuto prendere il potere finché la rivoluzione non fosse scoppiata in tutti i paesi. Costoro non sospettano che, parlando cosi, essi si allontanano dalla rivoluzione e passano dalla parte della bor- ghesia. Attendere che le classi lavoratrici compiano la rivoluzione su scala internazionale, significa immobilizzare tutti nell’attesa. Questa è una assurdità. Tutti conoscono le difficoltà della rivoluzione. Iniziatasi con un brillante successo in un paese, essa attraverserà forse periodi tormentosi, giacché potrà trionfare definitivamente soltanto su scala mondiale e soltanto grazie agli sforzi comuni degli operai di tutti i paesi. II nostro compito è di essere cauti e prudenti, dobbiamo mano- vrare e retrocedere finché non giungeranno i rinforzi. Il passaggio a questa tattica è inevitabile, per quanto la irridano coloro che si dicono rivoluzionari, ma che non capiscono nulla di rivoluzione. Terminata l’esposizione delle tesi generali, passo a parlare di ciò che negli ultimi giorni ha creato uno stato di allarme e di panico e ha permesso ai controrivoluzionari di riprendere la loro opera volta a minare il potere dei soviet. Ho già detto che la forma giuridica esteriore, l’involucro giuri- dico di tutti i rapporti internazionali che ha la repubblica socialista so- vietica è, da un lato, il trattato di Brest-Litovsk e, dall’altro, la legge generale e la norma che definiscono la situazione di un paese neutrale tra gli altri paesi belligeranti: appunto questa situazione ha determinato le difficoltà che sono sorte negli ultimi tempi. Dal trattato di Brest- Litovsk avrebbe dovuto derivare naturalmente la conclusione di ima pace completa con la Finlandia, con l’Ucraina e con la Turchia, e invece con ciascuno di questi paesi siamo ancora in guerra, e ciò è il risultato non dello sviluppo interno del paese, ma della influenza delle classi dominanti di quei paesi. Su questo terreno vi era una sola via d’uscita temporanea, e cioè una tregua provvisoria, che si è ottenuta con la firma del trattato di Brest, quella tregua a proposito della quale sono state dette tante parole vuote e inutili, per cui essa sarebbe stata impos- RAPPORTO SULLA POLITICA ESTERA 341 sibile, ma che si è invece dimostrata possibile e che in due mesi ha dato i suoi risultati, che si è fatta sentire nella maggioranza dei soldati russi, che ha dato loro la possibilità di riflettere e di comprendere, tornando ai loro villaggi, ciò che vi era accaduto, di sfruttare le con- quiste della rivoluzione, di sfruttare per sé la terra, di guardarsi intorno e di raccogliere nuove forze per i nuovi sacrifici che li aspettavano. È chiaro che questa tregua provvisoria sembrava prossima alla fine quando la situazione si è aggravata sia in Finlandia che in Ucraina e in Turchia, quando invece di una pace completa abbiamo ottenuto solo un rinvio dell’acuto problema economico: guerra o pace? E dovrem- mo ora riprendere la guerra, nonostante tutte le intenzioni pacifiche del potere sovietico e la ferma decisione di rinunciare alla cosiddetta posizione di grande potenza, cioè al diritto di concludere trattati segreti, di nasconderli al popolo, con l’aiuto dei Cernov, dei Tsereteli, e dei Kerenski, e di sottoscrivere accordi segreti di rapina e di condurre una guerra di rapina, imperialistica? Tuttavia, invece di una pace com- pleta, abbiamo ottenuto soltanto un breve rinvio del solito acuto problema della guerra e della pace. Ecco da che cosa nasce la presente situazione, e ancora una volta, voi vedete chiaramente che la soluzione finale dipende dal risultato delle oscillazioni tra i due gruppi ostili, tra i paesi imperialistici: il conflitto nippo-americano in estremo oriente e anglo-tedesco in Europa occidentale. Si capisce che queste contraddizioni si sono aggravate per via della conquista dell’Ucraina, e per via della situazione che gli im- perialisti tedeschi, soprattutto il principale partito della guerra, si erano spesso dipinti come rosea e facile, e che invece ha creato incredibili difficoltà proprio a questo partito estremo della guerra tedesca, e ora ha ridato temporaneamente le ali alla speranza dei cadetti, menscevichi e socialisti-rivoluzionari di destra della Russia che s’infiammano per ciò che reca all’Ucraina Skoropadski c sperano che presto la stessa cosa avvenga anche in Russia. Questi signori si sbagliano: le loro speranze si dissiperanno come fumo perché... {applausi fragorosi) perché, io dico, anche questo principale partito della guerra tedesco, che si era troppo abituato a puntare solamente sulla forza della spada, perfino esso, in questo caso, si è trovato privo dell'appoggio della maggioranza degli imperialisti, dei circoli borghesi imperialistici, che si sono resi conto delle inaudite difficoltà che comportava la conquista dell’Ucraina, la 342 LENIN lotta per assoggettare un intero popolo e la necessità, cui si sarebbero trovati costretti, di ricorrere a un terribile colpo di Stato. Tali inaudite difficoltà ha creato questo principale partito della guerra in Germania, quando questo partito estremista, che aveva pro- messo al suo popolo e agli operai grandiose vittorie sul fronte occi- dentale, si è trovato di fronte a nuove e incredibili difficoltà econo- miche e politiche e ha dovuto distrarre forze militari per svolgere compiti che, anch’essi, alTinizio sembravano facili, e si è trovato di fronte al trattato con i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari di destra ucraini, che avevano firmato il trattato di pace. Il partito estremo della guerra tedesco si era immaginato: noi muoveremo grandi forze e otterremo il grano; ma poi risultò che bisognava effettuare un colpo di Stato. La cosa fu facile, perché i menscevichi ucraini vi si adattarono molto facilmente. Ma poi risultò che il colpo di Stato creava nuove enormi difficoltà, perché bisognava battersi ad ogni passo per ottenere il grano e le materie prime, senza i quali la Germania non può sussistere e che costavano troppi sforzi e troppi sacrifici per ottenerli con la forza delle armi in un paese occupato. Ecco la situazione che si è creata in Ucraina e che doveva infondere tante speranze alla controrivoluzione in Russia. È chiaro che in questa lotta la Russia, che non ha potuto ancora ricostituire il suo esercito, ha dovuto e deve sopportare ancora nuovi danni. E i trattati di pace hanno portato con sé nuove dure condizioni, nuovi tributi di guerra aperti o mascherati. È rimasta non chiarita una questio- ne: con quale criterio si vogliono definire i confini dell’Ucraina. La Rada, che aveva firmato il trattato, è stata sciolta. Al suo posto è stato rimesso un hetman grande proprietario fondiario. E sulla base di questa indeterminatezza è nata tutta una serie di problemi che dimostrano che la questione della guerra e della pace resta al punto di prima. Gli armi- stizi parziali esistenti tra le truppe russe e quelle tedesche non mu- tano in nulla la situazione generale. La questione resta sospesa in aria. Lo stesso accade per quanto riguarda la Georgia, dove siamo di fronte a una lunga lotta controrivoluzionaria dei menscevichi del Cau- caso, una lunga lotta condotta da controrivoluzionari che si dicono socialdemocratici. Ma dopo che la vittoria del potere dei soviet e delle masse lavoratrici, estesasi a tutta la Russia, ha cominciato a propa- garsi anche alle regioni periferiche non russe, dopo che è cominciato a RAPPORTO SULLA POLITICA ESTERA 343 diventare evidente e indubitabile che la vittoria del potere dei soviet, come hanno ammesso i rappresentanti controrivoluzionari dei cosacchi del Don, non poteva essere impedita, dopo che sono cominciate le esita- zioni per i menscevichi al potere nel Caucaso, e Ghegheckori e Gior- dania, ravvedutisi un po’ tardi, hanno cominciato a chiedersi se non valesse la pena di cercare un linguaggio comune con i bolsceviche dopo l’intervento di Tsereteli, che con l’aiuto delle truppe turche ha mar- ciato contro i bolscevichi, essi raccoglieranno ciò che ha raccolto la Rada. {Applausi.) Ma ricordate che questi affaristi della Rada caucasica ricevono l’appoggio delle truppe tedesche cosi come l’ha ricevuto la Rada ucraina, ed è chiaro che per la repubblica sovietica della Russia ciò porterà nuove difficoltà, l’inevitabilità di una nuova guerra, nuovi pericoli e nuove incertezze. Vi sono persone che, a proposito di questa incertezza, di questa difficoltà creata da una situazione incerta, — ed effettivamente una situazione cosi incerta è peggio di qualsiasi situazione chiara, — dicono che questa incertezza può essere facilmente eliminata, basta soltanto esigere esplicitamente dai tedeschi il rispetto del trattato di Brest-Litovsk. Mi è capitato di ascoltare queste persone ingenue che si consi- derano di sinistra, ma che in realtà esprimono soltanto l’angustia della nostra piccola borghesia... H7 . Essi dimenticano che prima bisogna vincere, e poi si può esigere qualcosa. Se non avete vinto, il nemico ha la possibilità di trascinare in lungo la risposta e perfino di non rispondere affatto alle richieste. Questa è la legge della guerra imperialistica. Voi ne siete insoddisfatti. Sappiate difendere la vostra patria. Per il socialismo, per la classe operaia, lavoratrice, che ha diritto alla difesa della patria. Dirò ancora soltanto che alla frontiera del Caucaso, questa situa- zione incerta si è creata a causa delle esitazioni assolutamente imper- donabili del governo di Ghegheckori, che dapprima ha dichiarato di non riconoscere la pace di Brest, e poi ha dichiarato l’indipendenza, senza dirci su quale territorio questa si estenda. Noi abbiamo chiesto loro con numerosi radiogrammi: vogliate comunicarci qual è il territorio che voi pretendete. Pretendere l’indipendenza è un vostro diritto, ma è d’obbligo, se parlate di indipendenza, dire qual è il territorio che voi rappresentate. Ciò avveniva una settimana fa. Abbiamo spedito un 344 LENIN gran numero di telegrammi ma non abbiamo avuto nessuna risposta. Su questo giuoca Pimperialismo tedesco. La Germania e la Turchia, Stato satellite, hanno potuto perciò continuare ad avanzare, senza mai rispondere, senza mostrare di accorgersi di nulla e dichiarando: noi pren- diamo tutto quello che possiamo prendere, noi non violiamo la pace di Brest, perché l’esercito della Transcaucasia non la riconosce, perché il Caucaso è indipendente. Da chi è indipendente il governo Ghegheckori? Dalla repubblica sovietica è indipendente, ma dall’imperialismo tedesco è alquanto dipen- dente.. e ciò è naturale. [Applausi.) Ecco, compagni, la situazione che si è creata: un estremo aggra- varsi dei rapporti durante gli ultimi giorni; ecco la situazione che ci ha fornito unicamente una nuova e abbastanza evidente conferma di quanto sia giusta la tattica che il nostro partito, il partito comunista bolscevico della Russia, ha perseguito nella sua grandissima maggio- ranza e alla quale è rimasto saldamente fedele nel corso degli ultimi mesi. Noi abbiamo dinanzi la grande esperienza della rivoluzione e da questa esperienza abbiamo imparato che bisogna condurre una tattica di offensiva ad oltranza quando le condizioni obiettive lo permettono, quando l’esperienza del conciliatorismo ha mostrato che le masse sono indignate, e l’offensiva sarà Pespressione di questo rivolgimento degli animi. Ma ora ci tocca ricorrere a una tattica di attesa, ora dobbiamo cercare di riprendere lentamente le forze, dato che le circostanze obiet- tive non ci offrono la possibilità di lanciare un appello a una controf- fensiva generale ad oltranza. Chi non vuole chiudere gli occhi, chi non è cieco, sa che non facciamo altro che ripetere ora ciò che abbiamo già detto in precedenza e che abbiamo sempre detto, e cioè che non dimentichiamo la debo- lezza della classe operaia russa rispetto agli altri reparti del proleta- riato internazionale. Non la nostra volontà, ma le circostanze storiche, l’eredità del regime zarista, la debolezza della borghesia russa, ecco ciò che ha fatto si che questo reparto si sia trovato avanti agli altri re- parti del proletariato intemazionale, e non perché noi Pabbiamo voluto, ma perché cosi hanno voluto le circostanze. Ma noi dobbiamo restare al nostro posto, fino a che non arriverà il nostro alleato, il proletariato internazionale, che verrà, inevitabilmente verrà, ma che avanza con una lentezza incredibilmente maggiore rispetto a ciò che noi RAPPORTO SULLA POLITICA ESTERA 345 attendevamo e volevamo. Se 'vediamo che questo proletariato avanza troppo lentamente a causa delle circostanze obiettive, dobbiamo conti- nuare la nostra tattica di attesa, che mira a sfruttare i conflitti e le contraddizioni esistenti tra gli imperialismi, a raccogliere lentamente le forze, a conservare questa isola che è il potere sovietico in mezzo al mare tempestoso deirimperialismo, a conservare questa oasi alla quale sono già rivolti gli sguardi degli operai e dei lavoratori di tutti i paesi. Ecco perché noi diciamo a noi stessi che se il partito estremista della guerra può da un momento all’altro vincere qualsiasi coalizione impe- rialistica e creare inaspettatamente una nuova coalizione imperialistica contro di noi, noi in ogni caso non faciliteremo quest’opera. Se essi marciano contro di noi, — si, noi ora siamo difensisti, — noi faremo tutto ciò che dipende da noi, tutto ciò che una tattica diplomatica può fare, faremo di tutto per ritardare questo momento, faremo di tutto perché la breve e incerta tregua che abbiamo ottenuto in marzo divenga piu lunga, poiché siamo fermamente convinti di avere con noi decine di milioni di operai e contadini consapevoli di acquistare, ad ogni setti- mana e tanto piu ad ogni mese di tregua, una nuova forza, di raffor- zare il potere dei soviet, di fame qualcosa di saldo e incrollabile, di portare un nuovo spirito e di creare, dopo la rovina e la stanchezza di una guerra reazionaria distruttrice, le condizioni per affrontare con fermezza e decisione l’ultima e decisiva battaglia quando una forza esterna si scaglierà contro la repubblica socialista dei soviet. Noi siamo difensisti dal 25 ottobre .1917, noi ci siamo conquistati il diritto di difendere la patria. Noi difendiamo non i trattati segreti, — questi li abbiamo denunciati, li abbiamo rivelati a tutto il mondo, — noi difendiamo la patria dagli imperialisti. Noi la difendiamo, e noi vinceremo. Noi non difendiamo i privilegi di una grande potenza: della Russia non è rimasto altro che la Grande Russia; non difendiamo inte- ressi nazionali, ma affermiamo che gli interessi del socialismo, gli inte- ressi del socialismo mondiale sono al di sopra degli interessi nazionali, al di sopra degli interessi dello Stato. Noi siamo per la difesa della patria socialista. Questo non si ottiene con le dichiarazioni, ma soltanto con il rove- sciamento della borghesia, nel proprio paese, con una guerra implacabile e mortale iniziata qui, e noi sappiamo che vinceremo. Questa è una piccola isola, in mezzo al circostante mondo imperialistico della guerra, ma su questo isolotto noi abbiamo mostrato e dimostrato quello che 346 LENIN può fare la classe operaia. Tutti lo sanno e lo hanno riconosciuto. Noi abbiamo dimostrato di avere il diritto di difendere la patria, noi siamo difensisti e consideriamo questa difesa con tutta la serietà che ci ha insegnato una guerra di quattro anni, con tutta la serietà e la prudenza che è compresa da ogni operaio, da ogni contadino che ha visto il sol- dato e sa che cosa questi ha sofferto in questi quattro anni di guerra; con quella prudenza che solo i rivoluzionari a parole, e non nei fatti, possono non capire e schernire o prendere alla leggera. Proprio perché siamo fautori della difesa della patria, diciamo a noi stessi: per la di- fesa è necessario un esercito forte e compatto, forti retrovie, e per un esercito forte e compatto è necessaria in primo luogo una sicura orga- nizzazione dei vettovagliamenti. Per questo è necessario che la dittatura del proletariato si esprima non solo nel potere centrale, — questo è il primo passo, e solo il primo passo, — ma la dittatura deve esserci in tutta la Russia: questo è il secondo passo, e solo il secondo passo, che però noi non abbiamo ancora compiuto pienamente. Ci è necessaria, ci è indispensabile la disciplina proletaria, una vera dittatura proletaria, in cui il fermo e ferreo potere degli operai coscienti si senta in ogni angolo remoto del nostro paese, in cui nessun kulak, nessun riccone o sabotatore del monopolio del grano resti impunito, ma venga trovato e colpito dalla ferrea mano punitrice dei disciplinati dittatori della clas- se operaia, dei dittatori proletari. (Applausi.) E diciamo a noi stessi: noi consideriamo la difesa della patria con prudenza; tutto ciò che può darci la nostra diplomazia per allontanare il momento della guerra, per prolungare la tregua, dobbiamo farlo, noi promettiamo agli operai e ai contadini di fare tutto per la pace. E lo faremo. E i signori borghesi e i loro servitori, i quali pensano che anche da noi, come in Ucraina, dove il colpo di Stato è avvenuto cosi facilmente, si possano trovare dei nuovi Skoropadski, non dimenti- chino che se al partito della guerra in Germania è costata tanta fatica riuscire a realizzare il colpo di Stato in Ucraina, nella Russia sovietica esso incontrerà una resistenza sufficiente. Si, questo è chiaro per tutti, questa linea di condotta è stata mantenuta dal potere sovietico, che ha sopportato tutti i sacrifici per rafforzare la posizione delle masse lavo- ratrici nel paese. La situazione, per quanto riguarda la pace con la Finlandia, si può definire con queste parole: forte Ino e Murmansk. Forte Ino, che rappresenta la difesa di Pietrogrado, fa parte, per la sua posizione terri- RAPPORTO SULLA POLITICA ESTERA 347 toriale, dello Stato finlandese. Concludendo la pace con il governo ope- raio della Filandia, noi, rapppresentanti della Russia socialista, abbiamo riconosciuto il pieno diritto della Finlandia su tutto il territorio, ma, per comune accordo dei due governi, forte Ino è rimasto alla Russia, « per la difesa degli interessi comuni delle repubbliche socialiste », com’è detto nell’accordo che è stato concluso 14fl . È chiaro perché le no- stre truppe hanno firmato questa pace con la Finlandia, hanno firmato queste condizioni. Si capisce che la Finlandia borghese e controrivo- luzionaria non poteva non sollevarsi contro questo accordo. Si capisce che la borghesia controrivoluzionaria della Finlandia abbia manifestato delle pretese su questo punto fortificato. Si capisce che a causa di questo la questione si è resa acuta piu di una volta e continua a rima- nere acuta. Tutto è appeso ad un filo. È chiaro che complicazioni maggiori ha suscitato la questione di Murmansk, oggetto delle pretese degli anglo-francesi, perché avevano investito decine di milioni nella costruzione del porto per assicurarsi le retrovie nella loro guerra impe- rialistica contro la Germania. Essi rispettano cosi bene la neutralità che si impadroniscono di tutto ciò che è difficile difendere. E motivo sufficiente per i loro atti di rapina è che essi hanno una corazzata, e noi non abbiamo nulla che possa respingerla. Si capisce che la questione non poteva non aggravarsi a causa di questo. Vi è un involucro esterno, vi sono espressioni giuridiche, create dalla situazione internazionale del- la repubblica sovietica, le quali sostengono che sul territorio neutrale non può entrare una forza annata di nessuno Stato belligerante senza essere disarmata. Gli inglesi hanno sbarcato a Murmansk le loro forze armate e noi non abbiamo potuto impedirlo con la forza militare. E come risultato ci presentano delle richieste che hanno quasi il carattere di ulti- matum, in questi termini: se voi non potete salvaguardare la vostra neutralità, noi faremo la guerra sul vostro territorio. Ma è già stato creato un esercito operaio e contadino, che nei distretti e nei governatorati ha unito la popolazione contadina la quale è tornata alla sua terra, strappata ai grandi proprietari fondiari, ed ha perciò qualcosa da difendere; un esercito che ha cominciato a edificare il potere dei soviet e che diverrà un'avanguardia se la Russia sarà invasa. Perché, se la Russia sarà invasa, noi andremo incontro al nemico come un solo uomo. II tempo a mia disposizione è finito, e mi perìnetto di terminare leggendo un telegramma che abbiamo ricevuto per radio dairambasciatore della repubblica sovietica a Berlino, compagno Ioffe. 348 LENIN Questo telegramma vi darà, attraverso le parole del nostro ambasciatore, la conferma, da un lato, che io ho esposto in modo esatto la situazione dei rapporti internazionali, e, dall’altro lato, che la nostra politica estera, la politica estera della repubblica sovietica, è una politica seria, di preparazione alla difesa della patria, una politica prudente, che non permette la minima azione che possa aiutare i partiti estremi delle potenze imperialistiche dell’Occidente e dell’Oriente. Questa politica ha un fondamento serio e non si pasce di illusioni. Resta sempre la possi- bilità che da un giorno all’altro si rovesci su di noi un esercito, e noi, operai e contadini, diciamo a noi stessi e a tutto il mondo, e sapremo dimostrarlo, che ci leveremo come un sol uomo per difendere la repub- blica dei soviet; per questo io spero che la lettura di questo telegramma sia una conclusione adatta del mio "discorso e ci mostri in quale spirito lavorino i rappresentanti della repubblica sovietica all’estero a vantaggio dei soviet, di tutte le istituzioni sovietiche e della repubblica dei soviet. « Gli ultimi radiogrammi ricevuti annunciano oggi che la Commissione tedesca per i prigionieri di guerra partirà venerdì 10 maggio. Abbiamo già ricevuto una nota dal governo tedesco con la proposta di creare una com- missione speciale per esaminare tutte le questioni giuridiche relative ai nostri beni in Ucraina e Finlandia. Ho consentito alla costituzione di tale commissione e vi ho chiesto di inviare a questo scopo dei plenipotenziari adatti, militari e giuristi. Ho avuto oggi un colloquio a proposito delle avanzate ulteriori, della richiesta di evacuare Fort Ino e dell’atteggiamento dei russi verso la Germania. Ho ricevuto questa risposta: il comando su- premo germanico dichiara che non vi saranno piu ulteriori avanzate, che il compito della Germania in Ucraina e in Finlandia è terminato, che la Ger- mania acconsente a collaborare a nostre trattative di pace con Kiev e Helsing- fors, e che si metterà in comunicazione a questo proposito con i governi indicati. La questione di Fort Ino al momento dei colloqui di pace con la Finlandia: per trattato i forti debbono essere distrutti; la Germania ritiene che per la delimitazione delle frontiere si può prendere come base il nostro trattato con i rossi; i bianchi non hanno dato ancora risposta. Il governo tedesco dichiara ufficialmente: la Germania resta saldamente fedele al trattato di Brest, desidera vivere in pace con noi, non ha nessun piano aggressivo e non effettuerà nessuna offensiva contro di noi. La Germania dichiara di equiparare i cittadini russi agli altri cittadini neutri, cosi come io avevo richiesto ». Resoconto giornalistico pubblicato sulla Pravda , nn. 93-94. del 15 e 16 maggio 1918 e sulle ìzvestia del CEC , n. 95, 15 maggio 1918. RAPPORTO SULLA SITUAZIONE ATTUALE ALLA CONFERENZA REGIONALE DI MOSCA DEL PC (b) DI RUSSIA 149 15 maggio 1918 Breve resoconto giornalistico Lenin esamina dapprima le concezioni « di sinistra » in politica estera e rileva Penorme significato propagandistico delle trattative di Brest, dato che il proletariato occidentale ha la possibilità di sapere e comprendere molte cose, e cioè chi sono i bolsceviche quale è la situazione da noi dopo la rivoluzione, ecc. Adesso la salvezza sta non nella rottura aperta del trattato di Brest, ma nella capacità di mano- vrare tra le complicate situazioni internazionali che si sono create grazie alla contrapposizione degli interessi dei singoli paesi imperia- listici. Bisogna tener conto dei rapporti esistenti tra il Giappone e l’America, la Germania e lTnghilterra, dei dissensi nei partiti capita- listico e militaristico della Germania, ecc. ecc. Nella politica interna è necessaria una disciplina proletaria, la lotta contro i kulak nelle cam- pagne, la cura dei rifornimenti di grano, la piena dittatura nel campo degli approvvigionamenti e la dittatura della classe operaia del paese. Rispondendo ai « sinistri » sulla questione del capitalismo di Stato, Lenin spiega che esso non è pericoloso per noi, poiché nel tormentato periodo di transizione dal capitalismo al socialismo che stiamo attra- versando, la preoccupazione principale è quella di salvaguardare l’indu- stria, e solo organizzandola su vasta scala, cosa che in questo momento è possibile solo con il capitalismo di Stato, si può mettere in piedi la produzione e tenere un preciso inventario di ciò che viene prodotto e consumato. Condizione indispensabile a questo fine è il controllo operaio. Come esempio, Lenin indica i lavoratori del cuoio, la loro solida organizzazione, il controllo operaio nelle imprese private. Pravda , n. 95, 17 maggio 1918. RAPPORTO AL CONGRESSO DEI RAPPRESENTANTI DELLE SEZIONI FINANZIARIE DEI SOVIET DI TUTTA LA RUSSIA 150 18 maggio 1918 La situazione finanziaria del paese è critica. Il compito di trasfor- mare in senso socialista il paese crea tutta una serie di difficoltà che a volte paiono insuperabili, ma io penso che, per quanto difficile sia il nostro lavoro, che incontra ad ogni passo la resistenza della piccola borghesia, degli speculatori e delle classi possidenti, noi dobbiamo eseguirlo. Voi, uomini pratici, uomini d’esperienza, sapete meglio di chiun- que altro quali difficoltà si debbano superare per passare dalle proposte e dai decreti di carattere generale alla vita di tutti i giorni. Abbiamo dinanzi a noi un lavoro gigantesco, giacché la resistenza delle classi abbienti sarà disperata, ma quanto più difficile sarà il nostro lavoro, più fecondi saranno i suoi risultati quando saremo riusciti a vincere la borghesia e a sottometterla al controllo del potere dei soviet. I nostri compiti sono tali che per essi vale la pena di dedicare i nostri sforzi e di dare lultima e decisiva battaglia alla borghesia, poiché dalla realiz- zazione di questi compiti dipende il successo della trasformazione socia- lista del paese. I compiti finanziari fondamentali che ha indicato il potere dei soviet esigono un’immediata applicazione pratica, e la nostra conferenza contribuirà a far si che le trasformazioni da noi previste non rimangano semplici dichiarazioni. Noi dobbiamo a qualunque costo realizzare riforme finanziarie solide, ma bisogna ricordare che qualsiasi riforma radicale da parte nostra è destinata all’insuccesso se non avremo successo nella politica finanziaria. A nome del Consiglio dei commissari del popolo sottopongo alla vostra attenzione i compiti che sono emersi nel corso di numerose riu- RAPPORTO AL CONGRESSO DELLE SEZIONI FINANZIARIE DEI SOVIET 351 nioni e vi prego di studiarli nei particolari perché possano essere appli- cati praticamente nella realtà. I compiti sono i seguenti: Centralizzazione finanziaria È indispensabile per noi una centralizzazione finanziaria, è neces- saria la concentrazione delle nostre forze; se non applichiamo questi principi non riusciremo ad attuare le trasformazioni economiche, grazie alle quali ogni cittadino avrà il suo pezzo di pane e la possibilità di soddisfare le sue esigenze culturali. In questo momento la necessità della centralizzazione penetra già nella coscienza delle masse popolari; se questa svolta avviene lentamente, sarà tuttavia piu profonda e piu estesa; se si osservano tendenze al decentramento, si tratta di una malattia del periodo di transizione, di una malattia di crescenza; essa è del tutto naturale, poiché il centralismo zarista e borghese ha inculcato nelle masse popolari odio e ripugnanza verso ogni potere centrale. Io considero il centralismo come il mezzo per assicurare un certo minimo necessario alle masse lavoratrici. Io sono fautore della piu larga autonomia delle organizzazioni sovietiche locali, ma al tempo stesso ritengo che se vogliamo che il nostro lavoro per una trasfor- mazione cosciente del paese sia fruttuoso, è indispensabile una politica finanziaria unica e rigorosamente determinata e l’esecuzione delle dispo- sizioni daH’alto al basso. Noi ci attendiamo da voi un decreto sulla centralizzazione finan- ziaria del paese. Imposta sul reddito e sui beni Il secondo compito che è di fronte a noi è la giusta organizza- zione di una imposta progressiva sul reddito e sui beni. Voi sapete che tutti i socialisti sono contro le imposte indirette, perché l’unica imposta giusta dal punto di vista socialista è l’imposta progressiva sul reddito e sui beni. Non mi nascondo che istituendo una tale imposta bisognerà affrontare enormi difficoltà; la resistenza delle classi abbienti sarà disperata. Ora la borghesia sfugge alle imposte con la corruzione e le sue relazioni; noi dobbiamo chiuderle tutte le scappatoie. Noi abbiamo molti progetti in questo campo, abbiamo ripulito il terreno per le 352 LENIN fondamenta, ma non abbiamo ancora costruito le fondamenta di questo edificio. Ora è venuto il momento di farlo. La questione dell’imposta sul reddito è tale che per applicarla non bastano i decreti, ma ci vogliono metodi pratici ed esperienza. Noi riteniamo che sia necessario passare alla esazione mensile del- Pimposta sul reddito. La percentuale della popolazione che ha un red- dito proveniente dalP erario va aumentando; bisogna prendere delle misure affinché Pimposta sul reddito venga prelevata da queste persone mediante trattenute sullo stipendio. L’imposta sul reddito deve essere prelevata da tutti 1 redditi e i salari senza eccezione; la pratica di ricorrere al torchio, come si è fatto finora, può essere giustificata come misura temporanea e deve cedere il passo all’imposta progressiva sul reddito e sui beni con termini di esazione molto frequenti. Questa misura io vi pregherei di elaborarla dettagliatamente, prati- camente, e di definire con esattezza i programmi che potremmo in brevissimo tempo trasformare in decreti e direttive. A proposito dei contributi forzosi, Lenin dice: io sono contrario ai contributi in generale; per annientare la borghesia, il proletariato non poteva fare a meno di imporle dei contributi; è una misura opportuna in un periodo di transizione, ma ora questo periodo di transizione è finito e Timposizione sulle classi possidenti deve cedere il passo ad una unica imposta centrale di Stato. È indubbio che la borghesia cercherà in tutti i modi di eludere le nostre leggi, di ricorrere ai più meschini sotterfugi. Noi lotteremo contro di questo, per sradicare definitivamente ciò che resta della borghesia. Lavoro obbligatorio Il terzo compito della nostra politica finanziaria consiste nelTintro- durre il lavoro obbligatorio e la registrazione delle classi possidenti. Il vecchio capitalismo, fondato sulla libera concorrenza, è stato eliminato definitivamente da questa guerra ed ha lasciato il posto al capitalismo di Stato monopolistico. I paesi avanzati dell’ Occidente, l’InghilteiTa e la Germania, sono passati con la guerra a un rigorosis- simo inventario e controllo di tutta la produzione, hanno istituito il lavoro- obbligatorio per le classi non abbienti, creando una gran quan- RAPPORTO AL CONGRESSO DELLE SEZIONI FINANZIARIE DEI SOVIET 353 tità di scappatoie per la borghesia. Noi dobbiamo utilizzare le espe- rienze di questi paesi, ma cominciare con l’introdurre il lavoro obbli- gatorio soprattutto non per i poveri, che hanno già sacrificato abba- stanza sull’altare della guerra, ma per gli abbienti, che con la guerra si sono arricchiti. È all’ordine del giorno l’introduzione di imposte di lavoro, e di libretti di lavoro e di reddito anzitutto per la borghesia affinché risulti chiaramente la parte di lavoro che ciascuno dei suoi componenti fornisce a vantaggio del paese. Il controllo deve essere esercitato dai soviet locali. Nei riguardi dei poveri questa misura è per ora perfettamente superflua, perché essi debbono 'già lavorare abbastanza, e inoltre i sindacati prendono tutte le misure per elevare la produttività del lavoro e per instaurare la disciplina del lavoro. II censimento pro-capite della popolazione possidente, una legge che costringa i ricchi ad avere libretti di lavoro, di imposta e di bilan- cio, ecco il problema che noi dobbiamo risolvere in primo luogo. Questo problema va elaborato praticamente e concretamente. Questa misura darà la possibilità di trasferire il peso delle imposte sui ricchi, come esige la giustizia. Nuovi segni monetari Il quarto compito del momento è la sostituzione delle vecchie banconote con le nuove. I soldi, i biglietti di banca — tutto ciò che si chiama ora denaro — sono cambiali rilasciate a spese del benessere pubblico, hanno un effetto disgregatore e sono pericolosi perché la borghesia, conservando riserve di questi biglietti, conserva il potere economico. Per indebolire la portata di questo fenomeno, dobbiamo intrapren- dere un rigorosissimo censimento delle banconote esistenti per sosti- tuire completamente la vecchia moneta con la nuova. È indubbio che nel corso dell’attuazione di questa misura dovremo affrontare enormi difficoltà economiche e politiche; sarà necessario un accurato lavoro preparatorio: bisognerà preparare alcuni miliardi di moneta nuova, creare in ogni regione, in ogni rione di grandi città casse di rispar- mio, ma non ci fermeremo di fronte a queste difficoltà. Noi fisseremo un termine, il piu breve possibile, entro il quale ciascuno dovrà pre- sentare una dichiarazione sulla somma di denaro in suo possesso e 12—2654 354 LENIN ricevere in cambio la nuova moneta; se la somma risulterà piccola, egli riceverà in cambio una somma eguale, rublo per rublo; se invece essa supererà una norma fissata, ne riceverà soltanto una parte. Questa misura incontrerà indubbiamente una fortissima opposizione non solo da parte della borghesia, ma anche da parte dei kulak nelle campagne, che si sono arricchiti durante la guerra e hanno sotterrato bottiglie piene di migliaia di banconote. Ci troveremo petto a petto con il nemico di classe. La lotta sarà dura, ma sarà una lotta feconda. Nessuno di noi ha il minimo dubbio che dobbiamo assumerci tutto il peso di questa lotta, perché essa è necessaria e inevitabile. Per attuare questa misura è necessario un enorme lavoro di preparazione: bisogna stabilire un tipo di foglio per la dichiarazione, sviluppare la propaganda in ogni località, fissare un termine per il cambio della vecchia moneta con la nuova, ecc. Ma noi faremo tutto questo. Sarà l’ultima decisiva battaglia contro la borghesia, che ci darà la possibilità di pagare un tributo tem- poraneo al capitale straniero, finché suonerà l’ora della rivoluzione so- ciale in Occidente, e di attuare le necessarie riforme nel paese. In conclusione Lenin, a nome del Consiglio dei commissari del popolo, rivolge al congresso l’augurio di un proficuo e fecondo lavoro. (// discorso di Lenin è stato più volte interrotto da fragorosi applausi .) Resoconto giornalistico pubblicato sulle Izvestia del CEC , n. 99, 19 maggio 1918. LETTERA ALLA CONFERENZA DEI RAPPRESENTANTI DELLE IMPRESE NAZIONALIZZATE 151 18 maggio 1918 Dopo aver ascoltato la relazione dei compagni della delegazione operaia inviati alla conferenza delle grandi officine metallurgiche, e tenendo presente la risoluzione della conferenza, posso dire che, a mio parere, il Consiglio dei commissari del popolo sarà senz’altro una- nime nel dichiararsi a favore di una immediata nazionalizzazione, se la conferenza si accingerà con la massima energia ad assicurare una or- ganizzazione sistematica e armonica dei lavori e ad aumentarne la pro- duttività. È auspicabile perciò che la conferenza: 1) elegga subito un Consi- glio provvisorio per preparare l’unificazione di officine; 2) dia facoltà al Comitato centrale del sindacato metallurgici, d’accordo con il Con- siglio superiore dell’economia nazionale, di modificare, di completare la composizione di questo consiglio provvisorio per trasformarlo in una Direzione di un’unica unione (o di una unica associazione) di tutte le officine nazionalizzate; 3) approvi o legalizzi, attraverso una risolu- zione, un regolamento interno sul tipo delle norme di Briansk 152 al fine di creare una severa disciplina del lavoro; 4) designi i candidati fra gli specialisti, ingegneri e organizzatori della grande produzione destinati a far parte della Direzione, oppure incarichi il Consiglio superiore, del- l’economia nazionale di trovare e nominare tali candidati; 5) è auspica- bile che gli operai delle officine meglio organizzate o piu esperti nella direzione della grande produzione vengano inviati (dal Consiglio prov- visorio o dal Comitato centrale del sindacato metallurgici) nelle offi- cine piu deboli per aiutarle ad organizzare bene il lavoro; 6) stabilito un rigoroso inventario e controllo su tutti i materiali per elevare la produttività del lavoro, bisogna raggiungere e si può raggiungere una enorme economia di materie prime e di lavoro. 12 * 356 LENIN Ritengo che, se la conferenza e gli organismi che essa eleggerà svol- geranno un energico lavoro, la nazionalizzazione potrà essere discussa e approvata dal Consiglio dei commissari del popolo nei prossimi giorni. Izvestia del CEC, n. 99, 19 maggio 1918. ABBOZZO DI TELEGRAMMA AGLI OPERAI DI PIETROGRADO 153 21 maggio 1918 Conservare il potere sovietico, mantenere e consolidare la vittoria dei lavoratori e degli sfruttati sui grandi proprietari fondiari e i capi- talisti si può soltanto con il piu rigoroso e ferreo potere degli operai coscienti. Solo questo potere può attirare e raccogliere intorno a sé tutti i lavoratori, tutti i poveri. Compagni operai! Ricordatevi che la situazione della rivoluzione è critica. Ricordate che solo voi potete salvare la rivoluzione; solo voi e nessun altro. Decine di migliaia di operai scelti, avanzati, devoti al socialismo, incapaci di lasciarsi corrompere o di dilapidare i beni dello Stato, capaci di creare una forza ferrea contro i kulak, gli speculatori, e trafficanti, i concussionari, i disorganizzatori: ecco ciò che è indispensabile. Ecco ciò che è indispensabile assolutamente e improrogabilmente. Senza di ciò, la disoccupazione e la rovina della rivoluzione sono inevitabili. La forza degli operai e la loro salvezza sta nelPorganizzazione. Tutti lo sanno. Adesso è necessaria una organizzazione degli operai di tipo particolare, l’organizzazione di un ferreo potere degli operai per trionfare sulla borghesia. Compagni operai! La causa della rivoluzione, la salvezza della rivoluzione è nelle vostre mani. Il tempo stringe: dopo un mese di maggio straordinariamente difficile verranno i mesi ancora più duri di giugno e di luglio, e forse ancora una parte di agosto. Petrogradskaia Pravda , n. 103, 22 maggio 1918. SULLA CARESTIA Lettera agli operai di Pietrogrado Compagni, è stato da me in questi giorni un vostro delegato, un compagno di partito, operaio delle officine Putilov. Questo compagno mi ha descritto nei particolari il quadro estremamente duro della fame a Pietrogrado. Noi tutti sappiamo che in tutta una serie di governatorati industriali il problema degli approvvigionamenti è ugual- mente acuto, e una carestia ugualmente tormentosa batte alla porta degli operai e dei poveri in generale. Ma accanto a questo osserviamo lo sfrenarsi della speculazione sul grano e sugli altri prodotti alimentari. La carestia non deriva dal fatto che non c'è grano in Russia, ma dal fatto che la borghesia e tutti i ricchi scatenano Tultima, decisiva battaglia contro il dominio dei lavoratori, contro lo Stato dei lavoratori, contro il potere dei soviet nella questione più importante e più acuta, la questione del grano. La borghesia e tutti i ricchi, compresi i ricchi delle campagne, i kulak, sabotano il monopolio del grano, disorganizzano la distribuzione statale del grano che intende fornire il grano a tutta la popolazione e in primo luogo agli operai, ai lavoratori, agli indigenti. La borghesia sabota i prezzi fissi, specula sul grano, impone prezzi di cento, duecento e piu rubli per pud di grano, viola il monopolio del grano e la giusta distri- buzione dei cereali, con le mance, la corruzione, appoggiando subdola- mente tutto ciò che danneggia il potere degli operai, tendente a realiz- zare il primo, fondamentale, essenziale principio del socialismo: « chi non lavora non mangia ». « Chi non lavora non mangia » è un principio chiaro per tutti i lavoratori, Su questo concordano tutti gli operai, tutti i contadini poveri SULLA CARESTIA 359 e anche i contadini medi, tutti coloro che hanno conosciuto il bisogno, tutti coloro che hanno vissuto del loro lavoro. I nove decimi della popolazione della Russia concordano con questa verità. In questa sem- plice, semplicissima ed evidentissima verità è la base del socialismo, la fonte inestinguibile della sua forza, la garanzia indistruttibile della sua definitiva vittoria. Ma il fatto è che una cosa è sottoscrivere e concordare con questa verità, giurare di condividerla, riconoscerla a parole, e altra cosa è saperla metterla in pratica. Quando centinaia di migliaia e milioni di uomini sono tormentati dalla fame (a Pietrogrado, nelle province non agricole, a Mosca) in un paese in cui milioni e milioni di pud di grano vengono nascosti dai ricchi, dai kulak e dagli speculatori, — in un paese che si chiama repubblica socialista dei soviet, — allora ogni operaio e contadino cosciente ha motivo per una seria e profonda riflessione. « Chi non lavora non mangia »: come mettere questo principio in pratica? È chiaro come la luce del sole che per metterlo in pratica è indispensabile, in primo luogo, il monopolio statale dei cereali, cioè il di- vieto assoluto di qualsiasi commercio privato del grano, la consegna obbligatoria di ogni eccedenza di cereali allo Stato a un prezzo fisso, il divieto assoluto per chiunque di trattenere e nascondere le eccedenze di cereali. In secondo luogo, è a tal fine indispensabile il piu rigoroso censimento di tutte le eccedenze di grano e una organizzazione che curi in modo giusto, irreprensibile, il trasporto del grano dai luoghi dov'è in eccedenza ai luoghi dove manca, costituendo scorte per i consumi, la trasformazione, le semine. In terzo luogo, a tal fine è indispensabile una ripartizione del grano tra tutti i cittadini dello Stato che sia esatta, giusta, che non conceda alcun privilegio e vantaggio ai ricchi e che si effettui sotto il controllo dello Stato operaio, proletario. Basta riflettere appena un poco a queste condizioni necessarie per vincere la carestia, per comprendere tutto l’abisso di stupidità delle ridicole e vuote affermazioni degli anarchici e deiranarchismo, che negano la necessità di un potere statale (implacabile verso la borghesia, implacabile verso i disorganizzatori del potere) per il periodo di transi- zione dal capitalismo al comuniSmo, per evitare ai lavoratori di rica- dere sotto qualsiasi giogo o qualsiasi oppressione. Proprio ora che la nostra rivoluzione è giunta ad affrontare da vicino, in modo concreto, pratico — e in ciò è il suo incalcolabile merito — i problemi della realizzazione del socialismo, proprio ora, e proprio sul problema prin- 360 LENIN cipale, sul problema del grano, risulta in modo lampante la necessità di un ferreo potere rivoluzionario, della dittatura del proletariato, della organizzazione dell’ammasso delle derrate alimentari, del loro trasporto e distribuzione su scala di massa, nazionale, tenendo conto delle esi- genze di decine e centinaia di milioni di uomini, prevedendo le condi- zioni e i risultati della produzione per un anno e per molti anni a venire (poiché capitano annate di scarso raccolto, si rendono necessari lavori di bonifica per aumentare la raccolta dei cereali, lavori che richiedono molti anni, ecc.). Romanov e Kerenski hanno lasciato in eredità alla classe operaia un paese incredibilmente rovinato dalla loro criminosa e durissima guerra di rapina, un paese saccheggiato dagli imperialisti russi e stra- nieri. Il grano basta per tutti solo a condizione che si effettui il più rigoroso inventario di ogni pud, solo a condizione che si ripartisca in modo assolutamente equo ogni libbra di pane. Anche il pane per le macchine, cioè il combustibile, è estremamente insufficiente: si ferme- ranno ferrovie e fabbriche, la disoccupazione e la fame porteranno tutto il popolo alla rovina se non si fanno tutti gli sforzi per economiz- zare nel modo più rigoroso i consumi e per realizzare una giusta distri- buzione. La catastrofe pesa su noi, ci minaccia da molto, molto vicino. Dopo un maggio straordinariamente duro verranno un giugno, un luglio e un agosto ancora più duri. Da noi c'è per legge il monopolio statale dei cereali, ma di fatto la borghesia lo sabota ad ogni passo. Il ricco campagnolo, il kulak, la sanguisuga che aveva depredato tutto il circondario per decine di anni, preferisce continuare a vivere con la speculazione, con la distillazione clandestina: questo infatti è cosi vantaggioso per le sue tasche, mentre la colpa per la carestia egli la fa ricadere sul potere dei soviet. E pro- prio cosi agiscono i difensori politici del kulak, i cadetti, i socialisti- rivoluzionari di destra, i menscevichi, che « lavorano » apertamente o segretamente contro il monopolio dei cereali e contro il potere dei soviet. Il partito degli uomini privi di carattere, cioè i socialisti-rivolu- zionari di sinistra, si dimostra senza carattere anche in questo caso: si lascia impressionare dai clamori e dalle grida interessate della borghesia, strilla contro il monopolio del grano, « protesta » contro la dittatura nel campo degli approvvigionamenti, si lascia spaventare dalla borghesia, teme la lotta contro il kulak e si agita istericamente, consigliando di aumentare i prezzi fissi, di permettere il commercio privato e cosi via. SULLA CARESTIA 361 Questo partito di uomini senza carattere esprime in politica qual- cosa di simile a ciò che accade nella vita, quando il kulak sobilla i conta- dini poveri contro i soviet, li corrompe, dà, per esempio, a qualche con- tadino povero un pud di grano non a sei ma a tre rubli, affinché questo poveraccio corrotto « approfitti » anche lui della speculazione, « se la cavi » anche lui con la vendita speculativa di questo pud di grano a 150 rubli e si trasformi anche lui in uno che protesta a gran voce contro i soviet che proibiscono il commercio privato del grano. Chiunque sia capace di pensare, che abbia una minima capacità di pensare, vede chiaramente su quale linea si svolge la lotta: o gli operai avanzati e coscienti vinceranno, dopo aver raccolto intorno a sé la massa della popolazione povera, instaurato un ordine ferreo, un potere rigoroso e implacabile, una vera dittatura del prole- tariato, e costringeranno cosi il kulak a sottomettersi, realizzando una giusta ripartizione del grano e del combustibile su scala di tutto lo Stato; ovvero la borghesia, con l’aiuto dei kulak, con l’appoggio indiretto di uomini confusi e senza carattere (anarchici e socialisti-rivoluzionari di sinistra), spazzerà via il potere dei soviet e porterà avanti un Kornilov russo-tedesco o russo-giapponese, che darà al popolo una giornata lavo- rativa di sedici ore, cinquanta grammi di grano alla settimana, fucila- zioni in massa di operai, torture nelle prigioni come in Finlandia e come in Ucraina. O cosi, o cosi. Non c’è via di mezzo. La situazione del paese è giunta agli estremi. Chiunque rifletta alla vita politica, non può non accorgersi che i cadetti, insieme con i socialisti-rivoluzionari di destra e i menscevichi, cercano di trovare un accordo per vedere se un Kornilov russo-tedesco sia « preferibile », a un Kornilov russo-giapponese, se un Kornilov coro- nato sia migliore e piu sicuro per schiacciare la rivoluzione di un Kor- nilov repubblicano. È ora che tutti gli operai coscienti e avanzati si mettano d’accordo. È ora che essi si scuotano e capiscano che ogni minuto di ritardo minac- cia la rovina del paese e la rovina della rivoluzione. Le mezze misure non servono. Le lamentele non porteranno a nulla. I tentativi di ottenere grano o combustibile « al dettaglio », « per sé », cioè per la « propria » fabbrica, per la « propria » impresa, non fanno 362 LENIN che aggravare la disorganizzazione, che favorire gli speculatori nella loro opera egoista, sudicia e tenebrosa. Ed ecco perché mi permetto di rivolgervi questa lettera, com- pagni operai di Pietrogrado, Pietrogrado non è la Russia. Gli operai di Pietrogrado sono una piccola parte degli operai della Russia. Ma essi sono uno dei reparti migliori, piu avanzati, più coscienti, più rivoluzio- nari, più saldi* meno propensi alla vuota frase, alla disperazione senza carattere, a lasciarsi spaventare dalla borghesia, della classe operaia e di tutti ì lavoratori della Russia. E nei momenti critici della vita dei popoli è avvenuto più di una volta che reparti avanzati, anche poco numerosi, delle classi d’avanguardia hanno trascinato dietro di sé tutti, hanno infiammato le masse con il fuoco deirentusiasmo rivoluzionario, hanno compiuto grandiose imprese storiche. Eravamo in quarantamila alle Putilov, — mi diceva il delegato degli operai di Pietrogrado, — ma la maggioranza erano operai « tem- poranei », non proletari, gente debole e malsicura. Ora ne sono rimasti quindicimila, ma sono proletari sperimentati e temprati nella lotta. Ecco, proprio questa avanguardia della rivoluzione — a Pietro- grado è in tutto il paese — deve lanciare l’appello, sollevarsi in massa, capire che la salvezza del paese è nelle sue mani, che ad essa si richiede non minore eroismo che nel gennaio e nell’ottobre del 1905, nel feb- braio e nell’ottobre del 1917, che bisogna organizzare una grande « crociata » contro gli speculatori sul grano, i kulak, i vampiri, i disor- ganizzatori, i concussionari, una grande « crociata » contro i violatori debordine statale più rigoroso nel campo della raccolta, del trasporto e della distribuzione del pane per gli uomini e del pane per le macchine. Solo lo slancio di tutta la massa degli operai avanzati è in grado di salvare il paese e la rivoluzione. Ci vogliono decine di migliaia di uomini d’avanguardia, di proletari temprati, tanto coscienti da poter spiegare le cose a milioni di poveri in tutti gli angoli del paese e di mettersi alla testa di questi milioni; tanto saldi da poter respingere e allontanare da sé senza pietà e fucilare chiunque si « lasci sedurre » — come accade — dalle tentazioni della speculazione e si trasformi da combattente per la causa del popolo in saccheggiatore; tanto decisi e devoti alla rivoluzione da sopportare in modo organizzato tutto il peso della crociata lanciata in tutti gli angoli del paese per restaurare l’ordine, per rafforzare tutti gli organi locali del potere sovietico, per vigilare localmente su ogni pud di grano, su ogni pud di combustibile. SULLA CARESTIA 363 Far ciò è più difficile che dar prova di eroismo per qualche giorno, senza lasciare i luoghi abituali, senza partire per una spedizione, limi- tandosi a uno scatto, alPinsurrezione contro il mostro-idiota Romanov o lo sciocco e fanfarone Kerenski. L’eroismo del lavoro organizzativo tenace e prolungato su scala di tutto lo Stato è incomparabilmente più difficile, e quindi incomparabilmente più alto dell’eroismo dell’insur- rezione. Ma ciò che ha costituito la forza dei partiti operai e della classe operaia è stato sempre il fatto che esso guarda arditamente, aper- tamente, direttamente in faccia i pericoli, non teme di conoscerli, valuta giustamente le forze che stanno nel « suo » campo e in quello « altrui », nel campo degli sfruttatori. La rivoluzione avanza, cresce e si sviluppa. Crescono anche i compiti che dobbiamo affrontare. Cresce l’ampiezza e la profondità della lotta. La giusta distribuzione del grano e del com- bustibile, l’aumento della loro produzione, il più rigoroso inventario e controllo di essi da parte degli operai e su scala di tutto lo Stato, questa è la vera e fondamentale premessa del socialismo. Questo non è più un compito « rivoluzionario in generale », ma un compito propriamente comunista , proprio il compito su cui i lavoratori e i poveri devono dare al capitalismo la battaglia decisiva. A questa battaglia vale, la pena di consacrare tutte le proprie forze: grandi sono le sue difficoltà, ma grande è anche il compito di distruggere il giogo e l’oppressione, per il quale lottiamo. Quando il popolo è affamato, quando la disoccupazione imperversa in modo sempre più minaccioso, chiunque nasconde un pud di grano in più, chiunque priva lo Stato di un pud di combustibile, è il peggiore dei criminali. In un momento come questo — e ciò vale sempre per una società veramente comunista — ogni pud di grano o di combustibile è vera- mente una cosa sacra, assai più di quelle di cui i popi imbottiscono la testa degli idioti, promettendo il regno celeste a ricompensa della schia- vitù terrestre. Ma per toglier di mezzo ogni residuo di « sacralità » pretesca da questa che è veramente una cosa sacra, bisogna possederla praticamente , bisogna riuscire a realizzare di fatto una sua giusta ripar- tizione, bisogna ammassare senza eccezione, fino all’ultimo, tutte le ecce- denze di grano e farne delle riserve statali, bisogna ripulire tutto il paese dalle eccedenze di grano nascoste o abbandonate, bisogna riuscire ad ottenere, con ferma mano operaia, che si faccia il massimo sforzo per aumentare la produzione di combustibile e per economizzarlo al 364 LENIN massimo, per instaurare il massimo ordine nel suo trasporto e consumo. È necessaria una « crociata » di massa degli operai avanzati verso ogni centro di produzione del grano e di combustibile, verso ogni cen- tro importante di trasporto e di distribuzione, per aumentare l’energia nel lavoro, per decuplicarne l'energia, per fornire aiuto agli organi locali del potere sovietico nell’ inventario e nel controllo, per annientare con le armi la speculazione, la concussione, l’incuria. Questo compito non è nuovo. A dire il vero, la storia non propone nuovi compiti, essa non fa che aumentare le proporzioni e l’ampiezza dei vecchi compiti a misura che aumenta l’ampiezza della rivoluzione, che crescono le sue difficoltà, che cresce la grandezza della sua missione storica. Uno dei meriti piu grandi e indistruttibili del rivolgimento d’otto- bre, della rivoluzione sovietica, è che l’operaio avanzato è « andato al popolo » come dirigente dei poveri, come capo delle masse lavoratrici delle campagne, come costruttore dello Stato del lavoro . Pietrogrado ha dato alla campagna migliaia e migliaia dei suoi migliori operai, cosi come li hanno dati altri centri proletari. I reparti dei combattenti con- tro Kaledin e Dutov, i reparti di approvvigionamento non sono una novità. Il problema è soltanto che la imminenza della catastrofe, la gra- vità della situazione, costringe a fare dieci volte piu di prima. L’operaio, divenuto guida avanzata dei poveri, non è diventato un santo. Egli ha condotto avanti il popolo, ma anch’egli si è contagiato dalle malattie proprie della piccola borghesia in disgregazione. Quanto piu rari erano i reparti composti degli operai piu organizzati, più coscienti, più decisi e disciplinati, tanto più facilmente questi reparti si disgregavano, tanto più spesso accadeva che l’elemento piccolo-proprie- tario del passato riuscisse ad avere il sopravvento sulla coscienza proleta- rio-comunista dell’avvenire. Avendo dato inizio alla rivoluzione comunista, la classe operaia non può di colpo disfarsi delle debolezze e dei vizi ereditati dalla so- cietà dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, dalla società degli sfruttatori e dei vampiri, dalla società fondata sul sordido interesse e sul lucro personale di pochi e sulla miseria dei più. Ma la classe operaia può vincere — e f certo , immancabilmente in definitiva vincerà, — il vecchio mondo, i suoi vizi e le sue debolezze se contro il nemico scen- deranno in campo sempre nuovi reparti operai, sempre più numerosi, sempre più educati dall’esperienza, sempre più temprati dalle difficoltà della lotta. SULLA CARESTIA 365 Cosi, proprio cosi, stanno le cose oggi in Russia. Se agiremo iso- latamente e in ordine sparso non potremo vincere la carestia e la disoc- cupazione. Ci vuole una « crociata » di massa condotta dagli operai avanzati in tutti gli angoli del nostro immenso paese. Ci vogliono dieci volte piu numerosi reparti di ferro del proletariato cosciente e infini- tamente devoto al comuniSmo. Allora potremo vincere la fame e la disoccupazione. Allora innalzeremo la rivoluzione fino alla soglia stessa del socialismo. Allora saremo capaci di condurre anche una vittoriosa guerra di difesa cotro i briganti imperialisti. N. Lenin 22 maggio 1918 Pravda , n. 101, 24 maggio 1918. DISCORSO PRONUNCIATO AL CONGRESSO DEI COMMISSARI AL LAVORO 154 22 maggio J918 Compagni, permettetemi innanzitutto di salutare, a nome del Con- siglio dei commissari del popolo, il Congresso dei commissari al lavoro. (Fragorosi applausi.) Nella seduta di ieri del Consiglio dei commissari del popolo, il compagno Scliapnikov ha riferito che il vostro congresso ha aderito alla risoluzione dei sindacati riguardante la disciplina del lavoro e le norme della produttività. Compagni, io penso che con questa decisione avete compiuto un enorme passo avanti, che riguarda non solo la pro- duttività del lavoro e le condizioni della produzione, ma che ha una eccezionale importanza di principio dal punto di vista della situazione attuale in generale. Voi avete un legame pratico, costante, e non casuale, con tutte le larghe masse degli operai, e sapete che la nostra rivolu- zione attraversa uno dei momenti piu importanti e più critici del suo sviluppo. Voi sapete benissimo che i nostri nemici, gli imperialisti occidentali, ci attendono al varco e, forse, verrà il momento in cui lanceranno le loro orde contro di noi. Adesso poi a questi nemici esterni si unisce un pericoloso nemico interno: la disgregazione, il caos e la disorga- nizzazione, accentuate dalla borghesia in generale e dalla piccola bor- ghesia in particolare, nonché dai vari servitori e tirapiedi della borghesia. Voi sapete, compagni, che dopo una dolorosissima guerra, nella quale ci ha spinto il regime zarista e i conciliatori, con Kerenski alla testa, ci sono rimaste direttamente in eredità la disgregazione e lo sfacelo piu completo. Ora giunge il momento più critico, in cui la fame e la disoccupazione bussano alla porta di un numero sempre maggiore di operai, in cui centinaia di migliaia di uomini soffrono i tormenti della fame, in cui la situazione è aggravata dal fatto che non c’è grano, ma ci AL CONGRESSO DEI COMMISSARI AL LAVORO 367 potrebbe essere, in cui sappiamo che una giusta distribuzione del grano dipende da un suo efficiente e regolare trasporto. Insufficienza di combustibile, dopo che la zona ricca di combustibile è rimasta tagliata da noi, condizioni catastrofiche delle ferrovie, minacciate forse dal- l’arresto completo del traffico: ecco le situazioni che creano difficoltà alla rivoluzione, ecco le situazioni che riempiono di esultanza il cuore dei kornilovisti di tutte le specie e di tutti i colori. Adesso giorno per giorno, forse ora per ora, costoro studiano come sfruttare le diffi- coltà della repubblica sovietica e del potere proletario per portare sul trono un nuovo Kornilov; c’è dissenso tra loro sulla nazionalità che dovrà avere questo Kornilov, ma comunque deve essere tale che faccia comodo alla borghesia, sia esso un Kornilov coronato o un Kornilov repubblicano. Gli operai ormai sanno di che si tratta, e dopo ciò che ha passato la rivoluzione russa, dopo Kerenski, ciò non li meraviglia affatto. Ma la forza dell’organizzazione operaia, della rivoluzione operaia consiste nel riuscire a rendersi esattamente conto della situazione, senza chiudere gli occhi dinanzi alla verità. Abbiamo detto che la guerra, date le sue proporzioni e le inaudite sofferenze che provoca, minaccia di rovina completa la cultura europea. L’unica salvezza può essere soltanto il passaggio del potere nelle mani degli operai che organizzino un ordine ferreo. Il nostro proletariato della Russia, per l’andamento della rivoluzione russa e a causa di una particolare situazione storica, dopo il 1905 si è trovato per un certo tempo di gran lunga piu avanti rispetto agli altri eserciti internazionali del proletariato. Ora stiamo attraversando quella fase in cui la rivo- luzione va maturando in tutti i paesi dell’Europa occidentale, in cui la situazione per gli eserciti operai della Germania appare assolutamente senza via d’uscita. Sappiamo che là, in Occidente, ai lavoratori si oppone non il regime putrefatto di un Romanov o di vuoti fanfaroni, ma una borghesia organizzata fino all’ultimo uomre, secondo l'intervento del precedente oratore. E se lo stesso oratore, che SEDUTA COMUNE DEL CEC, DEL SOVIET DI MOSCA E DEI SINDACATI 397 non vuole calmarsi e che non ha la parola, ma che ne fa uso, grida che questa è una menzogna, perché Kolokolnikov non ha mai detto questo, 10 allora, prendendone atto, vi propongo di ripetere questa smentita in modo chiaro e distinto e in maniera che tutti possano sentirlo. Mi per- metto di ricordarvi la risoluzione della conferenza, che fu proposta dal ben noto Martov e che a proposito del potere sovietico dice, pur con altre parole e altri giri di frase, esattamente la stessa cosa. [Rumori, grida.) Si, ridete pure, ma questo resta un fatto, che i rappresentanti dei menscevichi, a proposito del rendiconto sull’organizzazione degli ap- provvigionamenti, chiamano il potere sovietico non potere proletario, ma organizzazione incapace. Nel momento in cui la rivolta dei controrivoluzionari collegata alla carestia e allo sfruttamento di essa è diventata cosa airordine del giorno, nessuna smentita e nessuna manovra furbesca servono a nulla, e il fatto resta dinanzi a noi. Dinanzi a noi c’è la politica esposta benis- simo da Cerevanin, e da Groman, e da Kolokolnikov sulla detta questio- ne. Dinanzi a noi c’è la recrudescenza della guerra civile, c’è la contro- rivoluzione che rialza la testa, ed io sono certo che il 99 per cento degli operai e dei contadini russi hanno tratto le loro conclusioni da questi avvenimenti, — non tutti ne sono ancora informati, — le traggono e le trarranno, perché queste conclusioni sono le seguenti: soltanto col- pendo a fondo la controrivoluzione, soltanto continuando la politica socialista nella questione della carestia, nella lotta contro la carestia, noi vinceremo e la carestia e i controrivoluzionari, che di questa care- stia si servono. Compagni, giungiamo ora precisamente al momento in cui il po- tere sovietico, dopo una lunga e dura lotta contro i forti e pericolosi nemici controrivoluzionari, li ha vinti nel corso di battaglie aperte e, avendo vinto anche la resistenza militare degli sfruttatori e l’opposizione di tutti i sabotatori, si è accinta con tutte le forze al lavoro di organiz- zazione. E tutta la difficoltà della lotta contro la carestia, tutto il gigan- tesco peso di questo compito si spiega appunto con il fatto che noi qui siamo passati a fondo e direttamente ad affrontare il problema dell or- ganizzazione. La vittoria dell’insurrezione è stata senza confronto piu facile. La vittoria sulla controrivoluzione è un milione di volte piu facile che non 11 successo nel campo dell’organizzazione, soprattutto là dove noi abbia- mo operato in modo che il proletario insorto, il piccolo proletario, 398 LENIN larghi strati della piccola borghesia potessero andare in larga misura insieme, che esistessero ancora molti elementi comuni a tutti i demo- cratici, a tutti i lavoratori. Noi siamo passati ora da questo problema ad un altro. La tremenda carestia ci costringe con la forza a passare a un compito puramente comunista. Qui noi ci siamo trovati di fronte alla realizzazione di un compito rivoluzionario socialista, qui ci siamo trovati di fronte a straordinarie difficoltà. Noi queste difficoltà non le temiamo, noi le conosciamo, né abbiamo mai detto che fosse facile passare dal capitalismo al socia- lismo. È tutta un’epoca di accanitissima guerra civile, di iniziative dolo- rose, in cui ad un reparto del proletariato insorto di un paese verrà in aiuto il proletariato di un altro paese per correggere gli errori mediante sforzi comuni. Qui stanno di fronte a noi problemi di or- ganizzazione che abbracciano i prodotti di largo consumo, che ab- bracciano le radici piu profonde della speculazione, gli strati piu alti del mondo borghese e dello sfruttamento capitalistico che non si possono togliere facilmente di mezzo con il solo slancio delle masse. Qui sono di fronte a noi piccole e piccolissime radici, profondamente sparse in tutti i paesi, di questo sfruttamento borghese, rappresentate dai piccoli proprietari e da tutto quel sistema di vita, di abitudini e di stati d’animo da piccoli proprietari, da piccoli produttori; per cui ci tro- viamo di fronte il piccolo speculatore, il disagio di fronte al nuovo regime di vita, la sfiducia verso di esso, la disperazione. Giacché è un fatto che moltissimi rappresentanti delle masse la- voratrici sono caduti in preda alla disperazione non appena hanno visto e sentito le straordinarie difficoltà imposteci dalla rivoluzione. Noi non abbiamo paura di questo. Non c’è stata mai , in nessuna parte, nessuna rivoluzione senza che certi strati non siano stati presi dalla disperazione. Se la massa esprime da sé una certa avanguardia disciplinata, se l’avanguardia sa che questa dittatura, che questo potere dotato di fer- mezza Paiuterà ad attirare dietro di sé tutti i poveri, — si tratta di un processo lungo, di una lotta difficile, — questo è l’inizio della rivolu- zione socialista nel senso pieno del termine. Quando vediamo che gli operai uniti, la massa dei poveri marcia contro i ricchi, gli speculatori, contro la massa di coloro ai quali uno strato incosciente o cosciente di intellettuali ripete parole d’ordine proprie degli speculatori, come fanno ora Cerevanin e Groman, quando gli operai, disorientati, parlano di libera vendita del grano e del libero trasporto delle merci, noi rispon- SEDUTA COMUNE DEL CEC, DEL SOVIET DI MOSCA E DEI SINDACATI 399 diamo che ciò significa fare il giuoco dei kulak! Noi non andremo per questa strada. Noi diciamo: nostro sostegno saranno i lavoratori insieme ai quali abbiamo ottenuto la vittoria d’ottobre, e solo con la propria classe, solo instaurando la disciplina proletaria tra tutti gli strati del popolo lavoratore assolveremo il compito storico che ci troviamo di fronte. Dobbiamo affrontare difficoltà gigantesche, raccogliere tutte le eccedenze e tutte le scorte, distribuire e organizzare razionalmente il rifornimento per decine di milioni di uomini, impostare un lavoro asso- lutamente regolare, in modo che si svolga come un orologio, vincere 10 sfacelo fomentato dagli speculatori e dagli sfiduciati che seminano 11 panico. Questo lavoro di organizzazione sono capaci di svolgerlo sol- tanto gli operai coscienti, che affrontano decisamente le difficoltà pra- tiche. A questo scopo vale la pena di dedicare tutte le forze e di ingaggiare una lotta decisiva e finale. E questa battaglia noi la vin- ceremo. {Applausi. ) Compagni, gli ultimi decreti riguardanti i provvedimenti del po- tere sovietico 163 ci mostrano che la via della dittatura proletaria è per ogni socialista, che si sia dato seriamente questo nome, chiaramente e indubbiamente una via di difficili prove. Gli ultimi decreti hanno posto la questione piu vitale, quella del pane. Essi hanno tutti tre idee direttrici: l’idea di centralizzare, ovvero di unire tutti insieme in unico lavoro generale sotto la direzione di un centro; di dar prova di serietà e di vincere ogni avvilimento, di re- spingere i singoli servizi dei borsaneristi di ogni risma, di fondere tutte le forze proletarie, poiché nella lotta contro la carestia noi troviamo sostegno in quelle stesse classi oppresse e vediamo la via duscita solo nella loro energica lotta contro gli sfruttatori, nella unione di tutti i loro sforzi. Si, ci fanno notare come ad ogni passo il monopolio dei cereali vada in rovina a causa del mercato nero e della speculazione. Sempre più spesso ci tocca di sentire da parte di intellettuali: ma non è forse vero che gli uomini della borsa nera rendono loro un servizio e li sfa- mano tutti? Si, ma gli uomini della borsa nera nutrono alla maniera dei kulak, fanno esattamente tutto ciò che bisogna fare per rafforzare, man- tenere e perpetuare il potere del kulak, perché chi ha il potere lo esten- da con i suoi profitti a quelli che gli sono intorno attraverso certe persone. Ma noi affermiamo che, se le forze di coloro che attualmente 400 LENIN sono colpevoli in gran parte soltanto di non avere fiducia, se le loro forze si unissero, la lotta sarebbe notevolmente più facile. Se da qualche parte è mai esistito un rivoluzionario che sperasse di arrivare al regime socialista senza difficoltà, allora potremmo dire che un tale rivoluzio- nario, un tale socialista non vale un soldo bucato. Noi sappiamo invece che il passaggio dal capitalismo al socialismo è una battaglia estremamente difficile. Ma siamo pronti a sopportare migliaia di difficoltà e ad effettuare migliaia di tentativi, e dopo mille tentativi passeremo al milleunesimo. Noi chiamiamo ora tutte le orga- nizzazioni sovietiche ad una nuova vita creativa, a uno slancio rinno- vato. Noi contiamo di superare le nuove difficoltà facendo partecipare alla lotta nuovi strati, organizzando i poveri delle campagne. Ed è qui che io arrivo al secondo compito fondamentale. Ho detto che la nostra prima idea è l'idea della centralizzazione, che penetra in tutti i nostri decreti. Solo raccogliendo tutto il grano nei sacchi comuni potremo vincere la fame, ed anche cosi di grano ne avre- mo solo appena a sufficienza. L'eccedenza di grano che c'era prima in Russia non esiste piu, e bisogna che il comuniSmo penetri profonda- mente nella coscienza di ciascuno, che tutti guardino all'eccedenza del grano come a un bene di tutto il popolo, che sia profonda in tutti la coscienza degli interessi dei lavoratori. E affinché tutto questo sia rag- giunto è indispensabile solo quel metodo che è proposto dal potere sovietico. Quando ci parlano di altri metodi, rispondiamo come abbiamo ri- sposto alla seduta del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia 163 , quando ci parlavano di altre vie, abbiamo risposto: andate da Skoropad- ski, dalla borghesia. Insegnate loro metodi come l’aumento dei prezzi del grano, come il blocco con i kulak, là troverete orecchie disposte ad ascoltarvi. Ma il potere dei soviet dirà una cosa sola: le difficoltà sono smisurate, reagite ad ogni difficoltà rafforzando sempre di più l'orga- nizzazione e la disciplina. Difficoltà di questo genere non si superano in un mese. Nella storia dei popoli vi sono stati decenni spesi per superare minori difficoltà, e questi decenni sono passati alla storia come i più grandi e i più fecondi. Voi non riuscirete mai a seminare tra di noi 1 avvilimento per via degli insuccessi avuti nei primi sei mesi o nel primo anno di quella che è la più grande delle rivoluzioni. Noi continueremo a batterci per la nostra vecchia parola d’ordine della centralizzazione, della unificazione, della disciplina proletaria estesa a tutta la Russia. SEDUTA COMUNE DEL CEC, DEL SOVIET DI MOSCA E DEI SINDACATI 401 Quando ci verranno a dire, come fa Groman nel suo rapporto: « i vostri reparti che vanno a raccogliere il grano, si disgregano e si tra- sformano anch’essi in distillatori clandestini e in saccheggiatori » noi diremo: sappiamo benissimo che questo spesso accade, in questi casi noi non lo nascondiamo, non abbelliamo le cose, non facciamo di fronte a questo gesti di noncuranza pronunciando per esempio frasi e propositi. di sinistra. Si, la classe operaia non è separata da una muraglia cinese dalla vecchia società borghese. E quando scoppia la rivoluzione, le cose non avvengono come quando muore un individuo, e si porta via il cadavere. Quando muore la vecchia società, non si può seppellirne il cadavere e chiuderlo in una tomba. Esso si decompone in mezzo a noi, questo cadavere si putrefa e contamina noi stessi. Non c’è stata e non ci può essere nessuna altra grande rivoluzione al mondo che si svolga altrimenti. Proprio ciò contro cui noi dobbiamo lottare per conservare e sviluppare i germi del nuovo in un’atmosfera impregnata dei miasmi di un cadavere in decomposizione, quella stam- pa e quegli ambienti politici, quel gioco dei partiti politici, dai cadetti ai menscevichi, che si nutrono di questi miasmi del cadavere in decompo- sizione, è appunto ciò che essi si apprestano a metterci come bastoni fra le ruote. Non si può mai generare in altro modo la rivoluzione socia- lista, se non in una atmosfera di decomposizione del capitalismo e di tormentosa lotta con esso, nessun paese passerà dal capitalismo al so- cialismo in altro modo. E perciò noi diciamo: la nostra prima parola d’ordine è la centralizzazione, la nostra seconda parola d’ordine è l’unio- ne degli operai. Operai, unitevi e unitevi! Questa è cosa vecchia, non fa effetto, non appare nuova, non promette quei successi ciarlataneschi con cui cercano di ingannarvi uomini come Kerenski, che raddoppiò i prezzi nell’agosto 1917, come li hanno raddoppiati e decuplicati i borghesi tedeschi, gente che vi promette immediati e subitanei successi, purché diate ancora nuovi vantaggi ai kulak. Certo, non andremo per questa strada, anzi diciamo: il nostro secondo mezzo, è un mezzo vec- chio, ma al tempo stesso eterno: unitevi! (Applausi.) Siamo in una situazione difficile; la repubblica dei soviet attra- versa forse una delle sue fasi più critiche. Nuovi strati di operai vengono in nostro aiuto. Non abbiamo polizia, da noi non ci sarà una casta mili- tare particolare, da noi non c’è altro apparato che l’unione cosciente de- gli operai. Essi trarranno la Russia fuori da questa situazione disperata ed enormemente difficile. (Applausi.) L’unione degli operai, l’organiz- 402 LENIN zazione degli affamati dei distretti non agricoli colpiti dalla carestia: noi li chiamiamo in aiuto, ad essi fa appello il nostro Commissariato agli approvvigionamenti, ad essi noi diciamo: andiamo alla crociata per il pane, alla crociata contro gli speculatori, contro i kulak, per il ristabi- limento debordine. Centinaia di anni fa la crociata era una campagna in cui alla forza fisica si aggiungeva la fede in ciò che la gente era costretta, con le tor- ture, a considerare sacro. Noi invece vogliamo e pensiamo, siamo con- vinti, sappiamo che la rivoluzione d’ottobre ha fatto si che gli operai avanzati e i contadini poveri avanzati considerano come cosa sacra la conservazione del proprio potere sui grandi proprietari e sui capitalisti. (Applausi. ) Essi sanno che non basta la forza fisica per agire sulla mas- sa della popolazione. Noi abbiamo bisogno della forza fisica perché co- struiamo una dittatura, costruiamo la violenza contro gli sfruttatori, e noi respingiamo con disprezzo dalle nostre file chiunque non lo com- prende, per non perdere il fiato a discutere sulla forma del socia- lismo. (Applausi.) Ma noi diciamo: abbiamo di fronte a noi un nuovo compito storico. Dobbiamo far comprendere a questa nuova classe storica che ci occor- rono reparti di agitatori tratti dalla classe operaia. Ci occorrono operai provenienti dai vari distretti delle province non produttrici. Ci occorre che essi vengano di là come propagandisti coscienti del potere sovietico, e che bandiscano la nostra guerra per gli approvvigionamenti, la nostra guerra contro i kulak, la nostra guerra contro i disordini, che la santi- fichino e la legittimino e rendano possibile Tattuazione delia propa- ganda socialista, che spieghino nelle campagne quella differenza tra ricco e povero che è facilmente comprensibile per ogni contadino e che costi- tuisce la fonte più profonda della nostra forza, la fonte che è difficile rendere più forte e sviluppare nella sua piena potenza perché da noi ci sono numerosi sfruttatori, che assoggettano a sé le masse con i me- todi più diversi, a cominciare dalla corruzione dei poveri, in modo che i rappresentanti dei poveri guadagnino con la distillazione clandestina o si diano alla speculazione guadagnando qualche rublo per ogni rublo di merce venduta. Ecco con quali mezzi agiscono i kulak e la borghesia sulle masse delle campagne! Noi non possiamo farne colpa ai poveri, perché sappiamo che per decenni, per millenni essi sono stati in schiavitù, hanno subito il regime feudale e vissuto sotto quegli ordinamenti rimasti in Russia dopo la ser- SEDUTA COMUNE DEL CEC, DEL SOVIET DI MOSCA E DEI SINDACATI 403 vitu della gleba. Noi dobbiamo avvicinarci ad essi non solo con le armi dirette contro i kulak, ma con la propaganda attuata dagli operai co- scienti, che vi portino la forza della loro organizzazione. Riunitevi, rap- presentanti dei poveri, — ecco la nostra terza parola d’ordine. E que- sto non è un giuoco con i kulak né una assurda misura di aumento dei prezzi. Se noi raddoppiamo i prezzi essi diranno: ci aumentano i prezzi, sono affamati, aspettiamo e li aumenteranno ancora. Questa è una strada già battuta, la strada della compiacenza verso i kulak e gli speculatori, è facile imboccarla e dipingere un quadro al- lettante. Gli intellettuali che si dicono socialisti sono pronti a dipin- gerci simili quadri, e di questi intellettuali ce ne sono quanti ne vuoi. Noi invece vi diciamo: chi vuole seguire il potere dei soviet, chi Io ap- prezza e lo considera il potere dei lavoratori, il potere della classe sfrut- tata, noi lo invitiamo a seguire un’altra via. Questo è un nuovo compito storico, e perciò è una cosa difficile. Assolverlo significa sollevare un nuovo strato sociale, dare una nuova forma di organizzazione a quei rappresentanti dei lavoratori e degli sfruttati, che, nella loro maggioranza, sono piu colpiti dall’arretratezza, meno uniti e che quindi debbono ancora unirsi. In tutto il mondo i reparti avanzati degli operai delle città, e gli operai delle industrie si sono uniti, si sono uniti in modo compatto. Ma quasi da nessuna parte del mondo vi seno stati ancora tentativi siste- matici, disinteressati e generosi di riunire coloro che nelle campagne, nel- la piccola produzione agricola, nei luoghi piu remoti, vivono nell’ignoran- za, abbrutiti dal complesso delle loro condizioni di vita. Qui abbiamo di- nanzi a noi un compito che fonde in un unico obiettivo non solo la lotta contro la fame, ma anche la lotta per gettare le basi profonde e storiche del regime socialista. Qui abbiamo dinanzi a noi una tale bat- taglia per il socialismo per la quale vale la pena di dedicare tutte le forze e di puntare tutto perché questa è la battaglia per il socialismo. ( Applausi . ) Considereremo i lavoratori come i nostri partigiani in questa bat- taglia. Su questa via ci attendono conquiste durevoli, e non solo dure- voli, ma indistruttibili. Ecco la nostra terza parola d’ordine essenziale! Ecco quali sono le tre parole d’ordine fondamentali: la centraliz- zazione del sistema degli approvvigionamenti, l’unione del proletariato, l’organizzazione dei contadini poveri. E il nostro appello, Pappello del nostro Commissariato all’alimentazione rivolto a tutti i sindacati, a tutti 404 LENIN i comitati di fabbrica dice: la vostra vita è dura, compagni, aiutateci dunque, unite ai nostri i vostri sforzi, perseguite ogni violazione dell'or- dine, ogni infrazione al monopolio del grano. Questo è un compito difficile; ma al tempo stesso, e ancora e ancora una volta, per la cente- sima e millesima volta, agite contro gli uomini del mercato nero, gli speculatori e i kulak, e noi vinceremo, perché la maggioranza degli ope- rai è spinta su questa via da tutto il corso della loro vita e da tutte le dure lezioni rappresentate dai nostri insuccessi e dalle nostre prove nel campo degli approvvigionamenti alimentari. Essi sanno che se nei tempi in cui la Russia non soffriva ancora affatto per l'insufficienza di grano, se allora le deficienze degli organismi preposti agli approvvigionamenti erano compensate dalle iniziative individuali isolate, d'ora in poi non sarà piu cosi. Solo gli sforzi comuni, solo l'unione di tutti coloro che piu di tutti gli altri soffrono nelle città e nelle province affamate ci saranno di aiuto: e questa è la via che ci invita a seguire il potere sovie- tico: l'unione degli operai, dei loro reparti avanzati, della propaganda nelle singole località, per la guerra per il pane contro i kulak. Non lontano da Mosca, nei governatorati adiacenti, di Kursk, di Oriol, di Tambov, noi abbiamo ancora, secondo i calcoli prudenti degli specialisti, circa dieci miliardi di pud di eccedenze di grano. Noi siamo ben lontani dal poter raccogliere e concentrare queste eccedenze nei depositi statali. Accingiamoci, dunque, a quest'opera, raddoppiando gli sforzi. Che in ogni officine, in cui temporaneamente prenda il sopravvento la dispe- razione, in cui la gente attanagliata dalla fame sia pronta ad agitarsi e a lasciarsi abbindolare dalle parole d'ordine ciarlatanesche di uomini che vogliono ritornare ai metodi di Kerenski, all'aumento dei prezzi fissi, si faccia avanti l’operaio cosciente e dica: vediamo che ce gente che non ha più fiducia nel potere sovietico; venite nel nostro reparto di agitatori combattivi, non fatevi impressionare se vi sono stati tanti casi in cui questi reparti si sono disgregati e dissolti. Ciascuno di questi esempi vi servirà a dimostrare non che la classe operaia è incapace, ma che la classe operaia non si è ancora completamente liberata dei difetti della vecchia società di rapina e non se ne potrà liberare immediatamente. Uniamo dunque i nostri sforzi, creiamo decine di reparti, rendiamo unitaria la loro azione e riusciremo a farla finita con questi difetti. Com- pagni, permettetemi a conclusione del mio discorso di mostrarvi alcuni SEDUTA COMUNE DEL CEC, DEL SOVIET DI MOSCA E DEI SINDACATI 405 telegrammi ricevuti sia dal Consiglio dei commissari del popolo, sia in particolare, dal nostro Commissariato alPalimentazione. Compagni, a proposito della crisi alimentare, della tormentosa ca- restia che colpisce tutte le città, dobbiamo osservare, come dice il pro- verbio, che « la buona fama va a piedi e la cattiva va a cavallo ». Voglio farvi conoscere dei documenti ricevuti da organi e istituti del potere so- vietico dopo l’emanazione del decreto del 13 marzo sulla dittatura nel settore alimentare, in cui si dice che noi contiamo, come prima, solo sul proletariato. I telegrammi ci informano che nelle varie località si è già iniziata la crociata contro i kulak, che si è cominciato ad organizzare i poveri delle campagne, cosi come noi abbiamo invitato a fare. Ne sono una prova i telegrammi che abbiamo ricevuto. Suonino pure tutte le loro trombe, seminino il panico con le loro campane i Cernov e i Groman, che invitano a distruggere e a toglier di mezzo il potere dei soviet! Chi è occupato nel proprio lavoro non sarà minimamente turbato da questi tentativi di seminare il panico: egli si atterrà ai fatti, vedrà che il lavoro procede e che nuove file si uniscono e che* tali file esistono. Si va creando una nuova forma di lotta contro i kulak, l’alleanza dei poveri che bisogna aiutare, che bisogna unire. Noi dobbiamo for- nire il nostro appoggio, quando ci propongono di fissare dei premi per il trasporto del grano. Noi siamo d’accordo a dare questo premio ai poveri, e abbiamo già cominciato a farlo. Ai kulak, ai criminali, che fanno soffrire la fame alla popolazione, a decine di milioni di persone, ad essi noi riserviamo la violenza. Ai poveri delle campagne noi diamo tutti i premi che si vuole, poiché essi ne hanno diritto. I contadini po- veri hanno avuto per la prima volta accesso ai beni della vita, e noi vediamo che la vita è stata per essi piu avara che per gli operai. A que- sti poveri delle campagne noi daremo tutti i premi possibili, li aiutere- mo, se essi ci aiuteranno a organizzare la raccolta del grano, a ottenere il grano dai kulak, e noi non dobbiamo risparmiare nessun mezzo per- ché questo divenga in Russia una realtà. Noi abbiamo già imboccato questa via. Tutta Pesperienza degli operai coscienti e i nuovi reparti che si formeranno svilupperanno que- sta azione sempre di più. Compagni, il nostro lavoro è andato avanti e va avanti. Noi non ci attendiamo successi inebrianti, ma il successo ci sarà. Noi sappia- mo che comincia ora un periodo di nuove distruzioni, uno dei 406 LENIN periodi piu difficili, piu duri della rivoluzione. Non ci meraviglia affatto che la controrivoluzione rialzi la testa, che aumenti continuamente il numero degli esitanti, dei disperati nelle nostre file. Noi diciamo: smet- tetela di esitare, abbandonate questo vostro stato d'animo di dispera- zione, di cui vuole approfittare la borghesia, giacché è nel suo interesse seminare il panico; mettetevi al lavoro, noi, con i nostri decreti sugli approvvigionamenti alimentari, con il nostro Piano che si appoggia sui poveri, siamo sull’unica via giusta. Di fronte ai nuovi compiti storici noi vi esortiamo a battervi ancora una volta con nuovo slancio. Questo compito è di una inaudita difficolta, ma, ripeto ancora una volta, è un compito straordinariamente fecondo. Noi qui lottiamo per gettare le basi della ripartizione comunista, per creare effettivamente basi solide alla società comunista. Al lavoro tutti insieme. Vinceremo la fame e con- quisteremo il socialismo. {Applausi.) 2 CONCLUSIONI SUL RAPPORTO 4 giugno 1918 Compagni, i discorsi degli oratori delle varie correnti ci hanno mo- strato, a mio avviso, ciò che c era da aspettarsi. Nonostante la differenza esistente tra i bolscevichi e alcuni partiti e gruppi, ci siamo convinti che Tenorme slancio presente nelle masse unisce nella lotta contro la fame, unisce e rende compatte non solo le organizzazioni bolsceviche. E noi non dubitiamo che, quanto piu avanti andrà la lotta contro la fame e quanto più si smaschererà la controrivo* luzione che si nasconde dietro i cecoslovacchi e le altre bande, tanto piu accentuata si farà la divisione tra i partigiani dei bolscevichi, gli operai e contadini lavoratori, e quei nemici, qualunque nome essi si diano, con le cui conclusioni noi polemizziamo. Questi nemici portano avariti, come nel passato, gli stessi vecchi, consunti argomenti sulla pace di Brest e sulla guerra civile, come se dopo che sono già passati tre mesi dalla pace di Brest, gli avvenimenti non abbiano dato ragione in modo convin- cente a chi diceva che solo la tattica dei comunisti avrebbe dato al popolo la pace e lo avrebbe reso libero per il lavoro di organizzazione 0 di unione, per preparare nuove e grandiose guerre che dovranno svol- gersi ormai in tutt'altra situazione. Gli avvenimenti dimostrano piena- mente che il proletariato europeo, che allora non poteva ancora venirci in aiuto, ogni mese di piu, si può dire ora senza esagerazione, ogni mese di più si avvicina a una situazione in cui la insurrezione verrà ritenuta e diverrà di fatto inevitabile. Gli avvenimenti hanno pienamente dimo- strato che avevamo una sola scelta, che si chiama pace imposta con la violenza, pace di rapina. Ogni uomo pensante ha capito che al terzo Congresso dei soviet 1 socialisti-rivoluzionari di destra hanno presentato una risoluzione con- trorivoluzionaria; ogni uomo pensante deve sentire la stessa cosa di 408 LENIN fronte alla risoluzione dei menscevichi che tuttora gridano: abbasso la pace di Brest, facendo le viste di non sapere in pratica che cosi facendo essi vogliono trascinarci in una guerra con la borghesia tedesca per tra- mite dei rivoltosi cecoslovacchi 164 e degli agenti prezzolati proprio a questo scopo. Non vale la pena di soffermarsi sulle accuse rivolte ai comunisti di essere essi i responsabili della carestia. È successo esattamente lo stesso durante la rivoluzione d’ottobre. Nessun socialista o anarchico, chiamatelo come volete, sano di mente può avere il coraggio di dire di fronte a qualsiasi assemblea che si può arrivare al socialismo senza guerra civile. Voi potete rileggere tutte le pubblicazioni di tutti i partiti e gruppi socialisti responsabili che volete e non troverete nessun socialista serio e responsabile che affermi una tale assurdità, secondo cui il sociali- smo potrà sorgere un bel giorno senza guerra civile e i grandi pro- prietari fondiari e i capitalisti cederanno volontariamente i loro privi- legi. Questa è una ingenuità che confina con la idiozia. Ed ora, dopo che la borghesia e i suoi fautori hanno subito una serie di sconfitte, ci tocca ascoltare riconoscimenti come ad esempio, quello di Bogaievski, il quale, avendo sul Don il miglior terreno per la controrivoluzione che vi fosse in Russia, ha ammesso pure che la maggioranza del popolo è contro di loro; perciò, senza le baionette straniere, nessun lavoro di scavo, di sa- botaggio della borghesia potrà aiutarli. E qui si scagliano contro i bol- scevichi accusandoli di avere la colpa della guerra civile. Ciò significa passare dalla parte della borghesia controrivoluzionaria, quali che siano le parole d’ordine sotto le quali lo si voglia dissimulare. L’abbiamo detto prima della rivoluzione e lo diciamo ora che, quan- do il capitale internazionale impone la guerra all’ordine del giorno della storia, quando muoiono centinaia di migliaia di uomini, quando la guer- ra trasforma i costumi e abitua la gente a risolvere i problemi con la forza militare, pensare in un’epoca come questa che si possa uscire dalla guerra non trasformandola in guerra civile, è cosa più che strana. E ciò che sta maturando in Austria, in Italia, in Germania, dimostra che la guerra civile avrà colà un carattere ancora più violento, sarà an- cora più aspra. Non c’è altra via per il socialismo. Per quel che riguarda i provvedimenti in campo alimentare, mi è stato detto che non mi sono soffermato particolareggiatamente su tali provvedimenti. Ma questo non rientrava affatto nel mio compito. Il SEDUTA COMUNE DEL CEC, DEL SOVIET DI MOSCA E DEI SINDACATI 409 rapporto sugli approvvigionamenti alimentari è stato fatto dai miei com- pagni, che hanno lavorato specificamente su questo problema e ci hanno lavorato non per mesi, ma per anni, studiandolo non solo negli uffici ministeriali di Pietroburgo e di Mosca, ma sul posto, e si sono occupati praticamente dello studio della questione: come raccogliere il grano, co- me attrezzare i centri di raccolta, ecc. Questi rapporti sono stati tenuti al Comitato esecutivo centrale e al Soviet di Mosca, e là ci sono i dati e i documenti sul problema. Per quel che riguarda poi la critica sui fatti concreti e le indicazioni pratiche, esse non rientravano nel mio com- pito. Io dovevo tracciare in linea di principio il compito che è di fronte a noi, e io non ho udito qui nessuna critica meritevole di attenzione e nessuna osservazione intelligente, che meriti di essere giudicata su que- sto piano, cioè in linea di principio. Dirò in conclusione, compagni, che sono certo che questa sarà l’opinione della grandissima maggioranza, perché il compito della nostra assemblea non è di approvare una deter- minata risoluzione, anche se ciò naturalmente è importante, poiché mo- strerà come il proletariato sappia unire le proprie forze, ma ciò è poco, infinitamente poco: ora noi dobbiamo risolvere compiti pratici. Sappiamo, e soprattutto lo sanno i compagni operai, che ad ogni momento della vita pratica, in ogni officina, in ogni assemblea, in ogni casuale capannello per la strada si pone sempre e si porrà in modo sem- pre più acuto il problema della fame. E perciò il nostro compito prin- cipale è di far si che questa assemblea, in cui noi siamo riuniti insieme ai rappresentanti del CEC, del Soviet di Mosca e dei sindacati serva da punto di partenza per una svolta in tutto il nostro lavoro pratico. Tutto il resto deve essere subordinato al successo del nostro lavoro di pro- paganda, di agitazione, di organizzazione, alla necessità di porre assolu- tamente in primo piano la lotta contro la fame, unita ad una guerra pro- letaria e implacabilmente decisa contro i kulak e gli speculatori. Il nostro Commissariato airalimentazione si è già rivolto ai comi- tati di fabbrica e di officina, ai sindacati e a quei grossi centri proletari nei quali dobbiamo agire direttamente, ai legami stretti e numerosi che uniscono gli operai di Mosca alle centinaia di migliaia di operai delle fabbriche e delle officine di tutte le grandi zone industriali. Tanto più noi dobbiamo utilizzare tutto questo. La situazione è critica. La fame non è solo una minaccia, è una realtà. Bisogna che ogni operaio, ogni funzionario di partito si ponga 410 LENIN subito praticamente il compito di mutare l'Indirizzo fondamentale della propria attività. Tutti alle officine, tutti alle masse, tutti debbono mettersi subito al lavoro pratico, che ci darà un gran numero di indicazioni pratiche, mol- to più ricche di nuovi metodi, e insieme ci indicherà e porrà in primo piano forze nuove. Con queste nuove forze noi spiegheremo largamente la nostra attività e siamo fermamente convinti che i prossimi tre mesi, pure essendo molto più difficili dei precedenti, serviranno a temprare le nostre forze e ci porteranno alla piena vittoria sulla carestia e facilite- ranno l’attuazione dijutti i piani del potere sovietico. ( Applausi .) 3 PROGETTO DI RISOLUZIONE SUL RAPPORTO PER LA LOTTA ALLA CARESTIA 165 4 giugno 1918 La seduta comune attira l’attenzione di tutti gli operai e i conta- dini lavoratori sul fatto che la carestia sopravvenuta in molte località del paese esige da noi le misure piu decise ed energiche per combattere tale calamità. I nemici del potere sovietico, i grandi proprietari fondiari, i capi- talisti, i kulak con i loro numerosi tirapiedi vogliono sfruttare la cala- mità per organizzare moti, per aggravare lo sfacelo e il disordine, per rovesciare il potere dei soviet, per restaurare Lamico regime di asser- vimento, della schiavitù dei lavoratori, per restaurare il potere dei proprietari fondiari e dei capitalisti, come è stato fatto in Ucraina. Solo un’estrema tensione di tutte le forze della classe operaia e di tutti i contadini lavoratori può salvare il paese dalla fame e garantire le conquiste della rivoluzione dagli attacchi delle classi sfruttatrici. La seduta comune riconosce che la ferma politica di lotta contro la carestia perseguita dal potere sovietico è assolutamente giusta ed è l’unica giusta. Solo un ferreo regime rivoluzionario in tutti i campi della vita, particolarmente nei trasporti ferroviari, marittimi e fluviali, solo la ferrea disciplina dei lavoratori, solo il loro aiuto pieno di abnegazione ai reparti degli agitatori e dei combattenti contro la borghesia, contro i kulak; solo l’organizzazione autonoma dei poveri delle campagne pos- sono salvare il paese e la rivoluzione. La seduta comune chiama tutti gli operai e i contadini a svolgere un tale lavoro fraterno, unito, capace di vincere lo sfacelo, il disordine e le azioni condotte in modo disperso. DISCORSO AL CONGRESSO DEGLI INSEGNANTI INTERNAZIONALISTI DI TUTTA LA RUSSIA 166 5 giugno 1918 Breve resoconto giornalistico (Il congresso saluta Lenin con applausi fragorosi.) Lenin rivolge il suo saluto al congresso a nome del Consiglio dei commissari del popolo e afferma che il corpo insegnante che prima era stato assai lento a mettersi al lavoro a fianco del potere sovietico, si persuade ora sempre di piu che questo lavoro in comune è necessario. Una simile trasformazione da nemici a fautori del potere sovietico è ormai molto frequente anche in altri strati della società. L’esercito degli insegnanti deve porsi i giganteschi compiti t del- l’educazione socialista. Bisogna liberare la vita, il sapere dalla sottomis- sione al capitale, dal giogo della borghesia. Non ci si può chiudere strettamente nei limiti dell’attività pedagogica. Gli insegnanti debbono fondersi con la massa dei lavoratori in lotta. Il compito della nuova pedagogia è di legare l’attività pedagogica con il compito dell’organizza- zione socialista della società. Bisogna dire che la massa fondamentale degl’intellettuali della vecchia Russia è costituita da avversari diretti del potere dei soviet, e non v’è dubbio che non sarà facile superare le difficoltà che ne derivano. Il fermento comincia solo ora nella larga massa degli inse- gnanti, e gli insegnanti veramente legati al popolo non debbono limi- tarsi all’organizzazione dell’Unione degli insegnanti di tutta la Russia, ma andare fiduciosamente tra le masse per fare la propaganda. Questa via porta alla lotta in comune del proletariato e degli insegnanti per la vittoria del socialismo. ( Lenin lascia la sala tra gli applausi di tutta V assemblea.) Pubblicato il 6 giugno 1918 sulle Izveuia dei CEC, n. 114. TELEGRAMMA A I. V. STALIN Tsaritsyn . Ai Commissari del popolo Stalin e Scliapnìkov. Ho ricevuto terzo dispaccio e nota di Stalin 167 . Prendiamo tutte le misure. Tsiurupa dice che il denaro sarà senz'altro spedito domani, e oggi stesso sarà dato ordine di caricare le merci. Inviate i treni con tripla scorta. Arrestate e inviate qui sabotatori e violatori debordine. Il Presidente del Consiglio dei commissari del popolo Lenin Scritto non piu tardi dell'11 giugno 1918. Pubblicato ]a prima volta nel 1931 in Miscellanea di Lenin, XVIII. SUI REPARTI DI APPROVVIGIONAMENTO ALIMENTARE Discorso alle assemblee operaie di Mosca , 20 giugno 1918 Breve resoconto giornalistico Dalle visite che ho fatto ai quartieri operai di Mosca, ho tratto la ferma convinzione che in tutte le masse operaie è penetrata l’idea che è necessario creare reparti di approvvigionamento alimentare. Solo i tipo- grafi hanno un atteggiamento « diffidente », perché di solito vivono meglio degli altri operai, a spese della borghesia che avvelena i poveri con le menzogne dei .suoi giornali. L’atteggiamento consapevole della larga massa degli operai verso una questione fondamentale della ri- voluzione russa, quale è la lotta contro la carestia, mi fa ritenere che la Russia socialista supererà felicemente tutti i temporanei insuc- cessi e lo sfacelo lasciato dall’antico regime. Anche se non ci riuscirà di finirla rapidamente con i cecoslovacchi, cosa che è assai poco pro- babile, tuttavia le grandi scorte di grano nascoste dai kulak nei gover- natorati di Voronez, Oriol e Tambov ci daranno la possibilità di superare gli ultimi due difficili mesi prima del nuovo raccolto. Il problema degli approvvigionamenti è il problema più dolente della nostra rivoluzione. Tutti gli operai senza eccezione debbono capire che la lotta per il pane è cosa loro. I reparti di approvvigionamento alimentare si porranno come obiet- tivo solo di aiutare a raccogliere le eccedenze di grano giacenti presso i kulak, e non (come dicono i nostri nemici cercando di spaventare fin d’ora le campagne) di effettuare nelle campagne stesse man bassa di tutto... In cambio del grano, saranno senz’altro forniti prodotti delle manifatture, filo, utensili di uso domestico e attrezzi agricoli. Si farà in modo che teppisti e banditi, che cercano sempre di pescare nel torbido, non possano infiltrarsi nei reparti inviati nelle campagne; meglio inviare meno gente ma che sia all’altezza del compito, SUI REPARTI DI APPROVVIGIONAMENTO 415 È vero, ci sono stati casi in cui nei reparti si sono inseriti operai dalla coscienza poco salda e dallo spirito debole, che i kulak hanno corrotto con la vodka fabbricata clandestinamente, Ma a questo fatto si è già rivolta attenzione... È indispensabile avere dati precisi su ogni operaio che va nei reparti, e sul suo passato. È indispensabile infor- marsi presso il comitato di fabbrica, il sindacato, nonché le cellule di partito su chi è la persona a cui la classe operaia affida un compito cosi importante. In molte officine i compagni di partito non vogliono accettare dai reparti i « senza partito ». Sbagliano assolutamente. La persona « senza partito », ma assolutamente onesta, a cui non si può rimproverare nulla, può essere un compagno assai prezioso nella crociata degli affamati per il pane. È a questi reparti di uomini coscienti che il Consiglio dei com- missari del popolo fornirà il piu largo aiuto, sia in denaro e in merci che in armi. La cosa importante è solo che gli operai si dedichino attivamente e al piu presto a questa missione vitale; la lotta contro la carestia!... Biednotà, n. 69, 21 giugno 1918. DISCORSO AL COMIZIO NEL CLUB DI SOKOLNIKI 21 giugno 1918 Breve resoconto giornalistico Il nostro partito si è dato l’obiettivo di organizzare oggi a Mosca il maggior numero possibile di comizi per attirare Tattenzione della classe operaia sulla situazione in cui si trova il potere dei soviet e sugli sforzi che esso deve compiere per superare la situazione creatasi. Voi sapete che negli ultimi mesi, e addirittura settimane, la con- trorivoluzione ha rialzato la testa. I socialisti-rivoluzionari di destra e i menscevichi accusano il potere sovietico di aver tradito e tradire la Russia consegnandola all’imperialismo tedesco. Tuttavia noi abbiamo ben visto ciò che è accaduto e accade nel Caucaso, dove i menscevichi caucasiani hanno fatto alleanza con l’im- perialismo turco, e in Ucraina, dove i socialisti di destra ucraini hanno stretto alleanza con l’imperialismo tedesco. Non solo, compagni, ma là tutte le conquiste del potere sovietico sono state ridotte a zero, si arrestano e si fucilano gli operai, sono state abolite tutte le loro conquiste, là hanno insediato al potere Skoropadski. Certo, tutte queste azioni non possono guadagnar loro la simpatia della classe operaia. Ecco perché la controrivoluzione in questo momento punta sulla stanchezza del popolo russo, sulla carestia. Essa compie gli ul- timi tentativi di rovesciare il potere sovietico. Ora si sono attaccati ai cecoslovacchi, che, va detto, non sono affatto contro il potere sovietico. Chi è contro il potere sovietico non sono i cecoslovacchi, ma i loro ufficiali controrivoluzionàri. Con l'aiuto di questi l'imperialismo cerca di trascinare la Russia nel massacro mon- diale che continua. Ed è caratteristico che, non appena in una zona qualsiasi il po DISCORSO AL COMIZIO NEL CLUB DI SOKOLNIKI All tere passa nelle mani dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari di destra, subito avviene che essi ci vogliono regalare un qualche Sko- ropadski. E non appena le masse si rendono conto di dove le hanno portate i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari di destra, li privano immediatamente del loro appoggio. Li abbandonano. Allora essi come ultima speranza ricorrono alla speculazione sulla carestia, e quando anche questo fallisce, non rifug- gono da mezzi come Passassimo a tradimento. Sapete che è stato ucciso un vecchio militante, che aveva pagato con pene e privazioni la fedeltà alle sue idee, il compagno Volodarski l68 . Certo, forse riusciranno a uccidere ancora altri attivisti del potere so- vietico, ma ciò non farà che rafforzare questo potere tra le masse, e ci spingerà a difendere ancora piu saldamente le nostre conquiste. In questo periodo due circostanze rendono la situazione della repubblica sovietica particolarmente difficile: la carestia e la situa- zione internazionale. La situazione internazionale è difficile perché Pimperialismo tede- sco, francese e inglese, aspetta il momento per scagliarsi nuovamente contro la repubblica dei soviet. II compito del nostro partito è quello di rovesciare il giogo del capitalismo; questo rovesciamento può av- venire soltanto con la rivoluzione internazionale. Ma, compagni, dob- biamo renderci conto che le rivoluzioni non si fanno su ordinazione. Noi ci rendiamo conto che la situazione della repubblica russa è stata tale per cui la classe operaia russa è riuscita per prima a rovesciare il giogo del capitale e della borghesia, e ci rendiamo conto che ci è riuscita non perché sia più sviluppata o più ricca di forza ideale, ma perché il nostro paese è più arretrato. Il capitalismo sarà rovesciato definitivamente quando in questo slancio saranno uniti almeno più paesi, e noi sappiamo che in tutti i paesi, nonostante tutta la severità della censura, siamo riusciti a far si che in tutte le assemblee quando si fa il nome del partito comunista e della repubblica russa ciò suscita esplosioni di entusiasmo. ( Applausi fragorosi. ) E finché laggiù, in occidente, continua il massacro mondiale, noi diciamo di essere al sicuro; a qualsiasi conseguenza porti la guerra, inevitabilmente provocherà la rivoluzione, che sarà ed è il nostro alleato. Avendo caratterizzata la difficile situazione della Russia dei so- 14 — 2654 418 LENIN viet, circondata dai nemici alaterno, sottoposta agli attacchi- della controrivoluzione all’interno, Lenin passa a parlare del problema della carestia. La nostra rivoluzione fa tremare le classi imperialistiche, le quali si rendono ben conto che la loro esistenza dipende dal fatto che il capitale riesca a mantenersi o meno, e perciò noi dobbiamo rimanere e marciare, la mano nella mano, con quella classe con cui abbiamo riportato i successi della rivoluzione d’ottobre. Nella lotta contro la fame noi marciamo con questa stessa classe. Ora per un mese, un mese e mezzo o due mesi — i piu difficili — bisogna dedicare a questo tutte le nostre forze, tutta la nostra energia. Nella vita dei popoli vi sono stati momenti in cui il potere statale è passato nelle mani della classe operaia, ma questa non è stata mai in grado di mantenerlo. Noi invece possiamo farlo, perché da noi c’è il potere dei soviet, che unisce la classe operaia che si è accinta a com- piere la sua missione. Per quanto difficile sia la nostra situazione, per quanti complotti tramino i socialisti-rivoluzionari di destra insieme con i cecoslovacchi, noi sappiamo che il grano c’è anche nei governatorati disposti intorno al centro. E questo grano va preso, mantenendo e rafforzando l’alleanza della classe operaia con i contadini poveri. I reparti di soldati dell’esercito rosso partono dal centro con le migliori intenzioni, ma a volte, giunti sul posto, cedono alla tentazione e si danno al bere e al saccheggio. La colpa è della guerra, che per quattro anni ha gettato gli uomini nelle trincee e li ha costretti a im- bestialirsi e ad uccidersi l’un l’altro. Questo abbrutimento avviene in tutti i paesi. Vérrà il tempo in cui gli uomini cesseranno di essere delle belve e prenderanno sembianze umane. Noi lanciamo agli operai l’appello a dare tutte le loro forze. Quando leggo la notizia che nel distretto di Usman del gover- natorato di Tambov un reparto di approvvigionamento che ha requi- sito seimila pud di grano ne dà tremila ai contadini poveri, io dico: anche se mi dimostrassero che finora in Russia vi è solo un reparto di questo genere, io direi comunque che il potere dei soviet compie la sua opera. Perché in nessun altro Stato vi è un reparto di questo genere! {Applausi.) La borghesia conosce bene quali sono i suoi interessi e fa tutto il possibile per garantirli. Essa si rende conto che se i contadini, per DISCORSO AL COMIZIO NEL CLUB DI SOKOLNIKI 419 la prima volta dopo molti secoli, riceveranno quest’autunno i frutti del loro lavoro sotto forma di raccolti e assicureranno il fabbisogno delle classi lavoratrici della città, crolleranno tutte le speranze di restau- razione della borghesia e il potere dei soviet si consoliderà. È appunto per questo che la borghesia ora si agita da tutte le parti. È necessario tendere tutte le forze per combattere i contadini ric- chi, gli speculatori e la borghesia delle città. Uno dei mali piu gravi di cui soffre la nostra rivoluzione è la timidezza dei nostri operai, che sono ancora convinti che lo Stato può essere governato solo da una « élite »... di saccheggiatori. Ma in ogni fabbrica, in ogni officina vi sono lavoratori capaci. An- che se sono senza partito, voi dovete raggrupparli e unirli, e lo Stato farà tutto il possibile per garantire il loro difficile lavoro. (Applausi fragorosi . ) Izvestia del CEC t nn. 127-128, 22 e 23 giugno 1918, Pravda , n. 126, 23 giugno 1918 14* TELEGRAMMA SULL’ORGANIZZAZIONE DEI REPARTI DI APPROVVIGIONAMENTO ALIMENTARE 169 Dato che è troppo tardi perché il delegato del G>mmissariato agli approvvigionamenti arrivi al congresso prego di comunicare al congresso quanto segue: i membri del congresso fautori del potere sovietico debbono ricordare, in primo luogo, che il monopolio del grano si attua contemporaneamente al monopolio sulle manifatture e sugli altri più importanti prodotti di consumo; in secondo luogo, che la richiesta di abolizione del monopolio del grano è un atto politico degli strati controrivoluzionari che cercano di strappare dalle mani del proletariato rivoluzionario il sistema di regolazione monopolistica dei prezzi, in quanto uno dei principali mezzi per il passaggio graduale dallo scambio di merci capitalistico allo scambio di prodotti socia- lista. Spiegate al congresso che per la lotta contro la carestia l’aboli- zione del monopolio non solo è inopportuna, ma dannosa, come mostra l’esempio dell’Ucraina, dove Skoropadski ha abolito il monopolio del grano, e, come risultato, dopo pochi giorni, la speculazione sul grano ha raggiunto proporzioni cosi inaudite che il proletariato ucraino soffre ora la fame assai più di quando c’era il monopolio. Mostrate che Punico mezzo efficace per aumentare le razioni di pane è la decisione del Consiglio dei commissari del popolo di requi- sire forzosamente il grano dei kulak e di distribuirlo ai poveri delle città e delle campagne. A questo scopo è necessario che i poveri en- trino il più rapidamente e risolutamente possibile nelle file dell’eser- cito di approvvigionamento creato dal Commissariato del popolo agli approvvigionamenti. Proponete al congresso di iniziare subito l’agitazione per far en- trare gli operai nell’esercito di approvvigionamento presso il soviet dei deputati di Penza, attenendosi alle norme seguenti: 1) ogni fab- sull'organizzazione dei reparti di approvvigionamento 421 brica fornirà un uomo ogni venticinque operai; 2) Piscrizione di co- loro che desiderano entrare nell'esercito di approvvigionamento è ef- fettuata dal comitato di fabbrica che redige un elenco nominale dei mobilitati in due copie: una verrà consegnata al Commissariato del popolo agli approvvigionamenti, e l'altra resta al comitato; 3) sulla lista il comitato di fabbrica o l’organizzazione sindacale, o un organo del soviet o rappresentanti responsabili delle istituzioni sovietiche, debbono rendersi garanti di ogni candidato, della sua onestà personale e della sua disciplina rivoluzionaria. La scelta dei membri dell’esercito di approvvigionamento deve essere fatta in modo che non vi sia la minima macchia sul nome di chi andrà nelle campagne a lottare contro la cricca dei rapaci kulak per salvare dalla fame la massa di milioni di lavoratori. Compagni operai, solo a questa condizione sarà evidente per tutti che la requisizione del grano dei kulak non è un atto di rapina, ma un dovere rivoluzionario verso le masse operaie e contadine che lot- tano per il socialismo! 4) In ogni fabbrica i mobilitati eleggono un loro rappresentante che prende tutte le misure organizzative per iscrivere di fatto i can- didati proposti dalla fabbrica nei ruoli dell’esercito di approvvigiona- mento da parte del commissariato del popolo; 5) gli iscritti nell’eser- cito ricevono il loro salario precedente, nonché viveri ed equipaggia- mento dal giorno in cui entrano di fatto nell’esercito; 6) gli iscritti si impegnano ad eseguire rigorosamente le direttive che saranno loro date dal Commissariato del popolo agli approvvigionamenti al mo- mento della partenza dei reparti per i luoghi di destinazione, e obbe- discono ai commissari di questi reparti. Sono certo che se a capo dei reparti di requisizione alimentare saranno posti socialisti convinti e devoti alla rivoluzione d’ottobre, essi sapranno organizzare i comitati dei contadini poveri ed insieme con loro potranno togliere il grano ai kulak senza nemmeno ricorrere alla forza armata. Il presidente del Consiglio dei commissari del popolo Lenin 27 giugno 1918 Pubblicato nel luglio 1918 nella rivista 'Notìzie del Commissariato del popolo agli approvvigionamenti, nn, 10-11. IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA E D’OFFICINA DI MOSCA 170 27 giugno - 2 luglio 1918 Brevi resoconti pubblicati il 28 giugno 1918 nei giornali Pravda , n. 130 e Izveslia del CEC, n. 132. Pubblicato integralmente nel 1918 nel volume: Verbali della IV Conferenza dei comitati di fabbrica e d’officina e dei sindacati di Mosca, Edizioni del Consiglio centrale dei sindacati di tutta la Russia. 1 RAPPORTO SULLA SITUAZIONE ATTUALE 27 giugno 1918 Compagni, voi tutti, certo, sapete che sul nostro paese si è abbat- tuta in questo momento la più grave calamità, la fame, la carestia. Ma, prima di indicare le misure di lotta contro questa calamità, che proprio ora è andata aggravandosi sempre di più, dobbiamo anzitutto domandarci quali siano state le cause fondamentali che hanno provo- cato questa calamità. Se ci poniamo questa domanda, dobbiamo dire a noi stessi e ricordare bene che questa calamità si è abbattuta ora non solo sulla Russia, ma su tutti i paesi, anche i più progrediti, avan- zati e civili. In Russia nel corso degli ultimi decenni e soprattutto ora, durante la rivoluzione, è avvenuto più di una volta che la carestia abbia colpito intere regioni del nostro paese agricolo, là dove il giogo degli zar, - dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti aveva oppresso e rovi- nato la schiacciante maggioranza dei contadini russi. Ma la stessa calamità dilaga anche nei paesi dell’Europa occidentale. Molti di questi paesi avevano ormai dimenticato, non da decenni, ma da secoli, che cosa fosse la fame, tanto si era sviluppata la loro agricoltura e tanto erano assicurate le importazioni di enormi quantità di grano a quei paesi europei la cui produzione interna era insufficiente. Tuttavia ora, nel ventesimo secolo, — con il sempre maggiore progresso della tec- nica, con le meravigliose invenzioni, con Tenorme impiego delle mac- chine, dell’elettricità, di nuovi motori a combustione interna nell’agri- coltura, — con tutto ciò vediamo che in tutti i paesi europei senza eccezione si è abbattuta sui popoli la stessa calamità: la carestia. Come se con la civiltà, la cultura, i paesi ritornassero di nuovo alla barbarie primitiva, tornassero di nuovo a uno stato in cui i costumi divengono selvaggi, gli uomini feroci nella lotta per un pezzo di pane. Da che 426 LENIN cosa è provocato questo ritorno alla barbarie in tutta una serie di paesi europei, anzi nella loro maggioranza? Noi tutti sappiamo che ciò è stato provocato dalla guerra imperialistica, che ormai da quattro anni dilania l’umanità, che è costata ai popoli già più, molto di più di dieci milioni di giovani vite, da una guerra che è stata provocata dai capi- talisti avidi e che si combatte per vedere quale massimo predone, l’in- glese o il tedesco, dovrà dominare il mondo, possedere colonie, oppri- mere i piccoli popoli. Questa guerra che ha abbracciato quasi tutto il globo terrestre, che ha spezzato non meno di dieci milioni di vite, senza contare i milioni di storpi, mutilati e malati, questa guerra che, oltre a tutto, ha strappato al lavoro produttivo milioni di forze tra le più sane e le più produttive, — questa guerra ha fatto si che l’umanità si trovi ora in uno stato di completa barbarie. Si è avverato ciò che avevano previsto numerosi scrittori di orientamento socialista come la peggiore, la più dolorosa e terribile fine del capitalismo. Quegli scrittori avevano detto: la società capitalistica, fondata sulla proprietà privata della terra, delle fabbriche, delle officine e degli strumenti di produzione arraffati da una cricca di capitalisti, di monopolisti, si trasformerà in società socia- lista, l’unica capace di porre fine alla guerra, poiché il mondo « civile », « progredito » del capitalismo, si avvia a un disastro senza precedenti, che è capace di far crollare e senz’altro farà crollare tutte le fondamenta della vita civile. Non solo in Russia, ripeto, ma anche nei paesi più progrediti e avanzati, come la Germania, dove la produttività del la- voro è incomparabilmente superiore, che può fornire al mondo una enorme quantità di mezzi tecnici e, potendo ancora collegarsi libera- mente con lontani paesi, può fornire alla popolazione prodotti ali- mentari, noi vediamo che c’è la carestia, incomparabilmente meglio organizzata, diluita su un più lungo periodo di tempo che in Russia, ma una carestia ancora più gravosa, ancora più tormentosa. Il capita- lismo ha condotto a un disastro cosi grave e doloroso che adesso è completamente chiaro per tutti che la guerra attuale non può aver fine senza una serie di durissime e sanguinosissime rivoluzioni delle quali la rivoluzione russa è stata solo la prima, è stata solo l’inizio. Avete appreso ora la notizia, ad esempio, che a Vienna per la seconda volta è sorto un consiglio dei deputati operai, per la seconda volta uno sciopero generale di massa abbraccia quasi tutta la popola- zione lavoratrice 171 . Apprendiamo come in città, che finora sono state IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI Di FABBRICA 427 un modello di ordine, di cultura e di civiltà capitalistica, come Berlino, è diventato pericoloso uscire di notte per le strade, perché, nonostante le più feroci misure di repressione e la sorveglianza più rigorosa, la guerra e la fame hanno portato anche li gli uomini ad uno stato di assoluta barbarie, li hanno ridotti a un tale stato di anarchia, a un tale stato di esasperazione, che non solo la speculazione, ma il vero e proprio saccheggio, la vera e propria guerra per un pezzo di pane vengono posti ora all’ordine del giorno in tutti gli Stati civili e pro- grediti, Compagni, se per questo noi oggi osserviamo, nella nostra patria, la situazione grave e dolorosa che si è creata a causa della carestia, dobbiamo spiegare a quei ciechi e ignoranti, che sono pochi, ma che tuttavia ancora ci sono, le cause principali, di fondo, della carestia. Da noi si possono ancora incontrare persone che la pensano cosi: sotto lo zar comunque il pane c’era, è venuta la rivoluzione e il pane non c’è. Ed è comprensibile che, forse, per qualche vecchietta di campagna tutta l’evoluzione storica degli ultimi dieci anni si riduca effettiva- mente a questo, che prima il pane c’era e ora non c’è. Questo è com- prensibile, perché la carestia è una tale calamità che respinge, relega tutti gli altri problemi in secondo piano, pone sé sola al vertice e subordina a sé tutto il resto. Ma è chiaro che il nostro compito, il compito degli operai coscienti è quello di spiegare alle più vaste masse, di spiegare a tutti i rappresentanti delle masse lavoratrici e della città e della campagna, unò per uno, qual è la causa di fondo della carestia, poiché, se non l’avremo spiegato, non potremo creare né in noi stessi, né nei rappresentanti delle masse lavoratrici un giusto atteggiamento, non potremo creare una giusta comprensione del male, non potremo creare quella ferma decisione, quello stato d’animo risoluto, che sono necessari per lottare contro questa calamità. Invece, se ricordiamo che questa calamità è stata provocata dalla guerra imperialistica, che ora anche i paesi più ricchi sono colpiti da una carestia senza precedenti e la stragrande maggioranza delle masse lavoratrici soffre in modo incredibile, se ricordiamo che questa guerra imperialistica costringe ormai da quattro anni gli operai di vari paesi a versare il loro sangue per il vantaggio, per l’egoismo dei capitalisti, se ricordiamo che, quanto più a lungo dura questa guerra, tanto più difficile diviene trovare una via d’uscita, allora capiremo quali forze gigantesche, smisurate debbono essere infuse al movimento. 428 LENIN La guerra dura ormai da quasi quattro anni, la Russia è uscita dalla guerra, e, poiché ne è uscita da sola, si è trovata in mez20 a due orde rapaci di imperialisti, ciascuna delle quali vuol dilaniarla e op- primerla sfruttando la circostanza che essa è temporaneamente sen- z'armi e senza difesa. La guerra dura ormai da quattro anni, i predoni imperialisti tedeschi hanno ottenuto una serie di vittorie e continuano ad ingannare ancora i loro operai, una parte dei quali, corrotta dalla borghesia, è passata dalla sua parte e ripete la sorda e cruenta men- zogna della difesa della patria, mentre in realtà i soldati tedeschi difen- dono gli interessi egoistici e di rapina dei capitalisti tedeschi, i quali promettono loro che la Germania porterà la pace, darà il benessere, mentre noi vediamo in realtà che le vittorie della Germania, quanto piu grandi diventano, tanto più rivelano la sua situazione disperata. La Germania si è vantata, al tempo della pace di Brest-Litovsk, — quando ha concluso questa pace imposta con la forza, pace da sfrut- tatori, fondata sulla violenza, sull’oppressione dei popoli, — i capita- listi tedeschi si sono vantati che avrebbero dato pane e pace agli operai. E adesso in Germania si diminuisce la razione di pane. La campagna di approvvigionamento nella ricca Ucraina si è dimostrata, per gene- rale ammissione, un fallimento, e in Austria si è arrivati di nuovo alle rivolte di affamati, alle rivolte di masse di popolo, perché, quanto più vittorie continua ad ottenere la Germania, tanto più diviene chiaro a tutti, perfino a molti rappresentanti della grande borghesia tedesca, che la guerra non ha via d’uscita, che, anche se potranno resistere sul fronte occidentale, i tedeschi non si avvicineranno affatto per questo alla fine della guerra, ma si avrà ancora un altro paese asservito, che i reparti tedeschi dovranno occupare per portare poi più avanti la guerra; si avrà pure la demoralizzazione e la disgregazione deU’eserdto tedesco, che si trasforma e si trasformerà in una banda di saccheggia- tori, di gente che usa violenza contro gli altri popoli, contro i popoli disarmati, estorcendone gli ultimi resti di viveri e di materie prime, tra la fortissima resistenza della popolazione. Quanto più la Germania avanza verso i confini dell’Europa, tanto più diviene chiaro che essa si trova di fronte l’Inghilterra e l’America, paesi che sono molto più sviluppati, che dispongono di grandi forze produttive, che trovano il tempo di inviare in Europa decine di migliaia di forze nuove, tra le migliori, al fine di trasformare tutte le macchine, fabbriche e officine in strumenti di distruzione. La guerra ricomincia, cioè si estende ogni IV CONFERENZA. DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA 429 anno, anzi, ogni mese di piu. Da questa guerra non ce altra via d’uscita se non la rivoluzione, la guerra civile, se non trasformare la guerra tra capitalisti per i profitti, per la spartizione del bottino, per lo strangolamento dei piccoli popoli, in una guerra degli oppressi contro gli oppressori, l’unica guerra che accompagna sempre nella storia le rivoluzioni, non solo le grandi, ma quelle che abbiano almeno una qualche importanza, l’unica guerra che sia la sola legittima e giusta, guerra sacra dal punto di vista degli interessi dei lavoratori, degli op- pressi, delle masse sfruttate. (Applausi.) Senza una tale guerra non si può uscire dalla schiavitù capitalistica. Noi abbiamo un’idea chiara delle nuove calamità che la guerra civile arreca a un paese. Queste saranno tanto piu gravi quanto piu civile è il paese. Immaginiamoci un paese dotato di macchine, di ferrovie, in cui la guerra civile inter- rompa le comunicazioni tra le varie regioni del paese. Immaginatevi in che situazione si troveranno le regioni abituate da decine di anni a vivere degli scambi dell’industria, e capirete che qualsiasi guerra civile porta con sé altre e nuove gravi calamità, che sono appunto quelle che avevano previsto i massimi pensatori socialisti. Gli imperialisti vo- tano la classe operaia alla rovina, ai tormenti e alla morte per estin- zione. Di fronte alla nuova società socialista, per quanto gravi e dolo- rosi siano questi tormenti di tutta l’umanità, diviene ogni giorno piu chiaro che questi imperialisti non porranno fine alla guerra che essi hanno cominciato, ma vi porranno fine altre classi, la classe operala, la quale in tutti i paesi si mette sempre piu in movimento, piena di insofferenza e indignazione che, indipendentemente dai sentimenti e dagli stati d'animo personali, con la forza stessa delle cose la spinge a rovesciare la dominazione dei capitalisti. Noi, qui in Russia, dove gli effetti della carestia si fanno particolarmente sentire, dobbiamo attraversare un periodo quale mai la rivoluzione ha dovuto affrontare, senza poter contare sull’aiuto immediato dei compagni dell’Europa occidentale. Tutta la difficoltà della rivoluzione russa consiste nel fatto che per la classe operaia rivoluzionaria russa è stato molto piu facile cominciare, rispetto alle altre classi dell’Europa occidentale, ma per noi è piu difficile continuare. Là, nei paesi dell’Europa occidentale, è più difficile cominciare la rivoluzione, perché contro il proletariato rivoluzionario sta una civiltà più elevata e razionale, e la classe operaia si trova in uno stato di raffinata schiavitù. In questo momento, anche a motivo della nostra situazione inter- 430 LENIN nazionale, dobbiamo attraversare un periodo incredibilmente difficile, e noi, rappresentanti delle masse lavoratrici, operai, operai coscienti, in tutta la nostra agitazione e propaganda, in ogni discorso, in ogni appello, in ogni conversazione nelle fabbriche, in ogni colloquio con i contadini, dobbiamo spiegare loro che la calamità che ci ha colpito è una calamità intemazionale da cui non c’è altra via di uscita se non la rivoluzione internazionale. Se a noi è toccato di vivere un periodo cosi tormentoso, in cui siamo rimasti temporaneamente soli, tutte le nostre forze debbono essere rivolte a superare questo difficile periodo con fermezza, sapendo che noi, in definitiva, non siamo soli, che i mali che sopportiamo colpiscono ogni paese europeo e che nessuno di questi paesi potrà trovare la via d’uscita da questo stato di cose senza una serie di rivoluzioni. In Russia siamo stati colpiti da una carestia aggravata da una pace imposta con la violenza, che ha strappato alla Russia i governatorati più ricchi di grano, più fertili; e aggravata inoltre dal fatto che siamo arrivati alla fine della vecchia campagna di approvvigionamento. Fino al nuovo raccolto, che si distinguerà indubbiamente per la sua abbon- danza, restano ancora alcune settimane, che rappresentano perciò il periodo di transizione più difficile; ma questo periodo di transizione, già difficile di per sé, si è aggravato perché in Russia le classi sfrut- tatrici spodestate dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti com- piono tutti gli sforzi nel sempre rinnovato tentativo di conquistare il potere. Questa è una delle ragioni principali per cui proprio i gover- natorati cerealicoli siberiani si trovano ora tagliati fuori dal resto del paese, dove noi ci troviamo, in seguito alla rivolta dei cecoslovacchi. E noi sappiamo bene quali forze muovano questa rivolta, sappiamo bene che i soldati cecoslovacchi dichiarano ai rappresentanti delle nostre truppe e dei nostri operai e dei nostri contadini che essi non vogliono combattere contro la Russia e contro il potere sovietico russo, che essi vogliono solo aprirsi la strada fino alla frontiera con le armi alla mano, ma alla loro testa si trovano quegli stessi generali, grandi proprietari fondiari, capitalisti di ieri, pagati dagli anglo-francesi, che hanno l’appoggio dei so dal tradi tori russi passati dalla parte della bor- ghesia. (Applausi.) Tutta questa bella compagnia approfitta della carestia per com- piere un nuovo tentativo di rimettere al potere i grandi proprietari fondiari e i capitalisti. Compagni, l’esperienza della nostra rivoluzione IV CONFERENZA DEf SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA 431 ha confermato le parole che hanno sempre distinto i rappresentanti del socialismo scientifico, Marx e i suoi seguaci, dai socialisti utopisti, dai socialisti piccolo-borghesi, dai socialisti intellettuali, dai socialisti sognatori. Gli intellettuali sognatori, i socialisti piccolo-borghesi pen- savano, e forse pensano, sognano, che il socialismo riesca ad affermarsi mediante la convinzione: la maggioranza del popolo si convincerà, e, quando sarà convinta, la minoranza obbedirà, la maggioranza voterà a favore, e il socialismo sarà instaurato. (Applausi.) No, il mondo non è cosi bello: gli sfruttatori, i feroci proprietari fondiari, la classe capi- talistica non si lasceranno convincere. La rivoluzione socialista con- ferma ciò che tutti hanno visto: la resistenza accanitissima degli sfrut- tatori. Quanto piu forte è la pressione delle classi oppresse, quanto piu esse sono vicine a rovesciare ogni oppressione, ogni sfruttamento,- quanto più decisa si fa l’iniziativa, Tiniziativa autonoma dei contadini e degli operai oppressi, tanto piu furiosa diviene la resistenza degli sfruttatori. E noi attraversiamo il periodo piu duro, più doloroso del pas- saggio dal capitalismo al socialismo, un periodo che inevitabilmente in tutti i paesi sarà lungo, molto lungo, perché, ripeto, ad ogni suc- cesso della classe oppressa gli oppressori rispondono con nuovi e reiterati tentativi di resistere, di rovesciare il potere della classe ope- raia. La rivolta dei cecoslovacchi, chiaramente appoggiata dall’impe- rialismo anglo-francese, la cui politica è di rovesciare il potere dei soviet, dimostra quanto costi questa resistenza. Vediamo come questa rivolta venga rafforzata, naturalmente, dalla carestia. È chiaro che le larghe masse dei lavoratori comprendono anche molti individui, — voi lo sapete molto bene, ciascuno di voi in fabbrica lo nota, — che non sono e non possono essere socialisti illuminati, perché sono co- stretti a lavorare come forzati nella fabbrica e a loro non lesta né tempo, né possibilità di diventare dei socialisti. È chiaro che questa gente vede con simpatia che nella fabbrica gli operai progrediscono, hanno la possibilità di cominciare ad imparare a dirigere da sé le imprese, compito difficile, grave, nel quale gli errori sono inevitabili, ma che è pure Tunico compito con il quale gli operai possono final- mente realizzare la loro costante aspirazione che le macchine, le fab- briche, le officine, la migliore tecnica moderna, le migliori conquiste dell’umanità servano non allo sfruttamento, ma a migliorare la vita, ad alleviare la vita dell’enorme maggioranza. Ma quando vedono i 432 LENIN predoni imperialisti da occidente, da nord e da oriente, approfittare del fatto che la Russia è indifesa per cercare di annientarla, e intanto non sanno che cosa farà il movimento operaio negli altri paesi, si capisce che si lascino andare alla disperazione. Non potrebbe essere altrimenti. Sarebbe ridicolo aspettarsi e assurdo pensare che dalla società capitalistica, fondata sullo sfruttamento, possa ad un tratto nascere una piena coscienza della necessità del socialismo e una sua chiara comprensione. Questo non è possibile. Questa coscienza si sviluppa soltanto alla fine e solo mediante la lotta che si deve affron- tare in questo periodo, cosi tormentoso, in cui una rivoluzione si è trovata più avanti delle altre, e le altre non Pannano, e in cui regna la carestia. È naturale che alcuni strati di lavoratori vengano inevi- tabilmente presi dalla disperazione, dal malcontento, da uno stato d’animo di disinteresse e di rassegnazione per qualunque cosa accada. E si capisce che i controrivoluzionari, i grandi proprietari e i capita- listi e i loro complici e reggicoda approfittano di questo momento per rinnovare il loro attacco al potere socialista. Noi vediamo quali sono stati i risultati di ciò in tutte le città in cui non c’era l'appoggio delle baionette straniere. Noi sappiamo che si è riusciti a vincere il potere sovietico solo quando certa gente che aveva tanto gridato alla difesa della patria e proclamato il suo patriot- tismo, ha mostrato la propria natura capitalistica e si è messa a far mercato oggi con le baionette tedesche per massacrare i bolscevichi ucraini, e domani con le baionette turche per scatenare l'offensiva contro i bolscevichi, e dopodomani con le baionette cecoslovacche per rovesciare il potere sovietico e massacrare i bolscevichi a Samara. Solo l’aiuto straniero, solo l’aiuto delle baionette straniere, solo ven- dendo la Russia alle baionette giapponesi, tedesche, turche, i conci- liatori del capitalismo e i grandi proprietari fondiari sono riusciti ad ottenere finora qualche ombra di successo. Ma noi sappiamo che quando una rivolta di questo genere, nata dalla carestia e dalla dispe- razione delle masse, scoppia in una regione in cui non si possono chia- mare in aiuto le baionette straniere, come a Saratov, a Kozlov, a Tambov, il potere dei grandi proprietari fondiari, dei capitalisti e dei loro amici che si nascondono dietro le bellissime parole d’ordine dell’ Assemblea costituente, ha potuto misurare la durata della sua esi- stenza a giorni, se non a ore. Quanto più le truppe sovietiche erano lontane dal centro in cui temporaneamente la controrivoluzione aveva IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA 43 3 preso il sopravvento, tanto piu decisa è stata l’azione degli operai delle città, tanto maggiore è stata l’iniziativa autonoma di questi operai e contadini, per andare in aiuto di Saratov, di Penza e di Kozlov per rovesciare immediatamente il potere della controrivoluzione che vi si era installato. Compagni, se voi considerate questi avvenimenti dal punto di vista di tutto ciò che avviene nella storia mondiale, se voi ricordate che il vostro compito — il nostro compito comune — è di chiarire a noi stessi e di cercare di chiarire alle masse che queste gravissime calamità si sono rovesciate su di noi non a caso, ma a causa della guerra imperialistica, in primo luogo, e poi a causa della furiosa resi- stenza dei grandi proprietari fondiari, dei capitalisti e degli sfruttatori, se noi ci chiariremo bene tutto questo, si può essere certi che questa esatta coscienza, nonostante tutte le difficoltà, riuscirà a penetrare sempre piu nelle larghe masse, e noi riusciremo ad organizzare la disciplina, a vincere Tindisciplina nelle nostre fabbriche e ad aiutare il popolo a sopportare questo periodo particolarmente duro e tormen- toso, che durerà forse uno o due mesi, quelle settimane, cioè, che ci rimangono fino al nuovo raccolto. Voi sapete che da noi in Russia la situazione, in seguito alla rivolta controrivoluzionaria dei cecoslovacchi, che ci ha tagliato fuori dalla Siberia, al continuo stato di agitazione del sud e alla guerra, è divenuta particolarmente difficile, ma è chiaro che quanto piu dif- ficile è la situazione del paese colpito dalla carestia, tanto più decise, tanto più ferme debbono essere le nostre misure di lotta contro que- sta carestia. La misura principale di lotta è l’instaurazione del mono- polio del grano. A questo proposito, voi tutti, sapete benissimo, e lo vedete per esperienza intorno a voi, come i kulak, i ricconi si scaglino ad ogni passo contro il monopolio del grano. Ciò si capisce, pèrche là dove è stato temporaneamente distrutto il monopolio del grano, come ha fatto Skoropadski a Kiev, è avvenuto che la speculazione ha raggiunto proporzioni mai viste e i prezzi del grano arrivano a due- cento rubli al pud. Si capisce che quando non c’è il prodotto senza il quale non si può vivere, ogni possessore di tale prodotto può di- ventare ricco, i prezzi raggiungono proporzioni inaudite. È chiaro che il terrore, il panico dinanzi alla morte per fame fanno si che i prezzi balzino ad altezze mai viste, e a Kiev si è dovuto pensare se non era il caso di ritornare al monopolio. Di recente da noi, ancora prima dei 434 LENIN bolsceviche il governo, nonostante che la Russia fosse assai ricca di grano, aveva dovuto convincersi della necessità del monopolio del grano. Contro di esso può schierarsi solo chi è assolutamente ignorante o si è venduto senz’altro al sacco di denari. {Applausi. ) Ma, compagni, quando parliamo del monopolio del grano, dob- biamo pensare alle enormi difficoltà di realizzazione che si racchiudono in questa parola. £ facile dire: monopolio del grano. Ma bisogna pen- sare a ciò che questo significa. Questo significa che tutte le eccedenze di grano appartengono allo Stato: che nemmeno un pud di grano che non sia necessario all’azienda del contadino, che non sia indispensabile per il mantenimento della sua famiglia e del suo bestiame, che non sia indispensabile per la semina, che ogni pud di grano in più debba essere passato nelle mani dello Stato. Come fare questo? Bisogna che lo Stato stabilisca i prezzi, bisogna che ogni pud di grano in più sia trovato e portato all’ammasso. E dove può il contadino, la cui coscienza è stata abbrutita da secoli, che è stato depredato e bat- tuto fino all’ebetudine dai proprietari fondiari e dai capitalisti che non gfli hanno mai permesso di mangiare a sazietà, dove e come egli può, in poche settimane o in pochi mesi, prender coscienza di quello che è il monopolio del grano? Dove decine di milioni di uomini, cui 10 Stato ha finora elargito solo l’oppressione, solo la violenza, scio 11 banditismo e il saccheggio dei funzionari, dove e come questi con- tadini sperduti nelle più remote campagne e qui condannati alla rovina, possono apprendere e comprendere ciò che è il potere operaio e con- tadino, il potere nelle mani dei poveri; e che il grano, che è superfluo, se non passa nelle mani dello Stato, se resta nella mani del proprie- tario, fa di chi lo trattiene un delinquente, imo sfruttatore, respon- sabile della fame tormentosa degli operai di Pietrogrado, di Mosca, ecc.? Come può saperlo, se finora è stato tenuto nell’ignoranza, se la sua unica preoccupazione nelle campagne era quella di vendere il grano; come e dove può acquistare questa coscienza? Non c’è affatto da meravigliarsi che tutta la difficoltà di questo compito ci appaia nel momento in cui poniamo la questione in modo più vicino alla realtà, la esaminiamo più attentamente: allora ci accorgeremo di tutta la incredibile difficoltà di un compito come quello di attuare il mo- nopolio del grano in un paese in cui la maggioranza dei contadini è stata tenuta nella più oscura ignoranza dallo zarismo e dai grandi pro- prietari fondiari, in un paese in cui i contadini per la prima volta, IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA 435 dopo molti secoli, hanno seminato il grano su una terra propria. (Applausi.) Ma quanto piu grande è questa difficoltà, quanto piu grande essa appare a considerarla con attenzione e con riflessione, tanto piu chia- ramente dobbiamo dire ciò che abbiamo sempre affermato, e cioè che l’emancipazione degli operai deve essere opera degli operai stessi. Noi abbiamo sempre detto: la liberazione dei lavoratori dall’oppressione non può essere portata dall’esterno; debbono essi stessi, con la loro lotta,. con il loro movimento, con la loro agitazione, imparare a risol- vere il nuovo compito storico, e quanto piu questo nuovo compito storico è difficile, quanto piu è grande, quanto piu è gravido di respon- sabilità, tanto piu numerosi debbono essere i milioni di uomini che bisogna far partecipare in modo autonomo alla soluzione di questi com- piti. Per vendere il grano a un mercante qualsiasi, a un commerciante qualsiasi, non occorre nessuna coscienza, nessuna organizzazione. Per far questo bisogna vivere cosi come ha prescritto la borghesia: bisogna essere soltanto un docile schiavo, pensare e ammettere che il mondo è magnifico cosi come lo ha fatto la borghesia. Ma per vincere questo caos capitalistico, per realizzare il monopolio del grano, per riuscire a far si che ogni eccedenza, che ogni pud di grano in piu sia dato allo Stato, occorre un lungo e difficilissimo lavoro di organizzazione, com- piuto non da organizzatori e da agitatori, ma dalle masse stesse. Questi uomini ci sono nella campagna russa; la maggioranza dei contadini appartiene al novero dei contadini poveri e poverissimi, che non possono vendere le eccedenze di grano e trasformarsi in banditi che tengono il grano, forse centinaia di pud di grano a casa propria, quando gli altri muoiono di fame, Adesso la situazione è tale che ogni contadino, che si possa chiamare contadino lavoratore — alcuni amano molto questa parola, ma se chiamerete contadino lavoratore chi ha raccolto centinaia di pud di grano con il proprio lavoro ed anche senza usare lavoro salariato, ed ora vede che, forse, se terrà per sé queste centinaia di pud potrà venderli non a 6 rubli, bensì agli speculatori o all* operaio di città sfinito, esausto dalla fame, che è arrivato con la famiglia affamata, che gli darà duecento rubli a pud, — un contadino di questo genere, che nasconde centinaia di pud, che li tiene per sé per aumentare il prezzo e ricavare fino a cento rubli a pud, si tra- sforma in uno sfruttatore, è peggio di un bandito. Come fare in una simile situazione, su chi possiamo appoggiarci nella nostra lotta? Noi 436 LENIN sappiamo che la rivoluzione sovietica e il potere dei soviet si distin- guono dalle altre rivoluzioni e da ogni altro potere non solo perché hanno rovesciato il potere dei grandi proprietari fondiari e dei capi- talisti, non solo perché hanno distrutto lo Stato feudale autocratico, ma oltre a questo le masse si sono ribellate contro i funzionari di ogni specie, hanno fondato un nuovo Stato, nel quale il potere deve appar- tenere agli operai e ai contadini, e non solo deve, ma già gli appartiene. In questo Stato non c’è polizia e non ci sono burocrati, non c'è nem- meno un esercito permanente che per lunghi anni sia stato raccolto in caserme, sia stato separato dal popolo e istruito a sparare sul popolo. Noi armiamo gli operai e i contadini, che debbono imparare Tarte militate* Vi sono reparti che si lasciano andare alla tentazione, ai vizi, ai delitti, perché non c'è ima muraglia cinese che li separi dal mondo dell'oppressione, dal mondo della fame in cui chi è sazio vuole con- tinuare ad ingrassare sulla propria sazietà. Noi vediamo perciò che certi reparti, di lavoratori coscienti, .che partono da Pietroburgo e da Mosca* spesso, giunti nelle località, si disgregano, si trasformano in delinquenti. E vediamo che la borghesia applaude e riempie le colonne della sua stampa venale con tutto ciò che può spaventare il popolo: guardate i vostri reparti, che disordine, quanto erano migliori i reparti dei capitalisti privati! Ringrazio sentitamente, signori borghesi! No, voi non riuscirete a spaventarci! Voi sapete molto bene che le miserie e i mali del mondo capitalistico non potranno essere guariti d'un tratto. E noi sappiamo che la guarigione avviene solo nella lotta, che, se mettiamo in ri- lievo ogni caso di questo genere, non è per farci cattivo sangue o per alimentare le menzogne controrivoluzionarie dei menscevichi e dei cadetti, ma per educare le più larghe masse popolari. Se i nostri reparti non eseguono la loro missione, bisogna organizzare reparti più coscienti e piu forti tra gli operai fedeli alla loro classe, i quali sono molto di più di quelli che sono caduti vittime della corruzione. Bisogna organiz- zarli, bisogna educarli. Bisogna unire intorno ad ogni operaio cosciente i lavoratori sfruttati e affamati che non hanno ancora raggiunto lo stesso grado di coscienza. Bisogna sollevare i poveri delle campagne, educarli, mostrare loro che il potere dei soviet li fornirà di tutto l’aiuto possibile, purché sia realizzato il monopolio del grano. Ed ora che noi siamo giunti ad affrontare questo compito, che il potere dei soviet ha chiaramente posto questi problemi e ha detto: IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA 437 compagni operai, organizzatevi, formate reparti di approvvigionamento, combattete ogni caso in cui questi reparti non si mostrino all’altezza del loro compito, organizzatevi meglio e correggete i vostri, errori, unite intorno a voi i poveri delle campagne. I kulak sanno che la loro ultima ora è vicina quando l’ avversario non si limita a predicare, a dir parole è frasi, ma opera organizzando i poveri delle campagne. Se noi riusciremo ad organizzarli, otterremo la vittoria sui kulak. I kulak sanno che a questo punto giunge il momento decisivo, quello dell’ul- tima, piu accanita battaglia per il socialismo. Sembra che questa sia solo una lotta per il pane; in realtà è ima lotta per il socialismo. Se gli operai impareranno a risolvere in modo autonomo tali compiti, — per- ché nessuno verrà loro in aiuto, — se impareranno ad unire intorno a sé i poveri delle campagne, allora avremo la vittoria e il pane e una giusta ripartizione del pane, e perfino una giusta ripartizione del lavoro, perché, ripartendolo giustamente, noi domineremo tutti i set- tori del lavoro, tutti i settori dell’industria. Proprio prevedendo ciò i kulak hanno cercato piu volte di cor- rompere i poveri. Sanno che il grano va venduto allo Stato a 6 rubli; allora lo vendono al vicino, a un contadino caduto in miseria, per 3 rubli e gli dicono: « Puoi andare dagli speculatori e venderglielo a 40 rubli; i nostri interessi sono gli stessi; noi dobbiamo stare insieme contro lo Stato che ci deruba; ci vogliono dare 6 rubli a pud, e tu prendi tre pud e puoi tirarci fuori, diciamo, un sessanta rubli; e quanti ne tiro fuori io è cosa che non tr deve riguardare, è affar mio ». £ su questo terreno, lo so, che spesso si arriva perfino allo scon- tro armato con i contadini, e di questo gioiscono malignamente i ne- mici del potere sovietico e fanno ogni sforzo per rovesciarlo. Ma noi diciamo: ciò avviene perché sono andati reparti non abbastanza co- scienti, ma quanto piu coscienti sono stati questi reparti, tanto più spesso si sono verificati casi, — e si sono osservati più di una volta, — in cui il grano è stato consegnato senza che sia stata impiegata la violenza, perché gli operai coscienti sanno bene che essi non sono dei bravacci, che la loro forza principale è dovuta al fatto che essi sono rappresentanti della massa dei poveri organizzata, educata, mentre nelle campagne vi è una massa di gente tenuta nell’ignoranza, di poveri che non hanno avuto un’educazione. Se li si sa avvicinare, se si sa parlare loro non con il linguaggio dei libri ma in modo semplice, se si sa spiegare in modo umano che a Pietrogrado, a Mosca, in decine di 438 LENIN distretti si soffre la fame e decine di migliaia di contadini e di operai russi sono perfino colpiti dal tifo, dovuto alla fame, e dalla morte, che i ricchi hanno ingiustamente trattenuto il grano, hanno specu- lato sulla fame del popolo, allora si riuscirà ad organizzare la popo- lazione povera, a far si che le eccedenze di grano siano raccolte e che ciò avvenga non con la violenza, ma grazie all'organizzazione dei poveri delle campagne. Più volte mi è capitato di ascoltare dei rapporti contro i kulak svolti da compagni che sono andati nelle province con i reparti di approvvigionamento e hanno combattuto la controrivoluzione. Mi permetto di citare un esempio che mi è rimasto particolarmente im- presso nella memoria, perché mi è capitato di ascoltare ieri ciò che è avvenuto nel distretto di Elets. Qui, grazie all'organizzazione del soviet e grazie al fatto che vi erano operai e contadini poveri coscienti in numero sufficiente, si è riusciti a rafforzare il potere della popola- zione povera. Quando sono venuti per la prima volta da me i rappre- sentanti del distretto di Elets per farmi il rapporto, io non ho creduto loro, ho pensato die avessero esagerato: ma i compagni inviati appo- sitamente da Mosca negli altri governatorati mi hanno confermato che non si poteva far altro che approvare il loro metodo di lavoro, e che in Russia vi sono distretti in cui i soviet locali si sono dimostrati all'altezza del compito, riuscendo ad allontanare completamente dai soviet i kulak e gli sfruttatori e ad organizzare i lavoratori, a organiz- zare la popolazione povera. Chi usa la sua ricchezza per ingrassare ancor più, stia lontano dal potere dei soviet! {Applausi.) Cacciati i kulak, sono andati alla città di Elets, città commer- ciale, e qui non hanno aspettato il decreto per attuare il monopolio del grano, ma si sono ricordati che i soviet sono il potere, un potere vicino al popolo, e che chiunque sia veramente un rivoluzionario, un socialista, un vero partigiano dei lavoratori, deve agire rapidamente e risolutamente. Hanno organizzato tutti gli operai e i contadini poveri e hanno costituito un tal numero di reparti che si sono potute effet- tuare le requisizioni per tutta Elets; hanno fatto entrare nelle case solo i dirigenti responsabili dei reparti, sui quali si aveva piena fiducia; non hanno fatto entrare nessuna persona in cui non avessero piena fiducia, sapendo che spesso la gente vacilla, sapendo che niente diso- nora tanto il potere sovietico quanto questi casi di saccheggio da parte di rappresentanti e di servitori indegni del potere sovietico. Cosi sono riusciti a raccogliere enormi eccedenze di grano, si che non è IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA 439 rimasta una sola casa, nella città commerciale di Elets, in cui la bor- ghesia potesse trarre vantaggio dalla speculazione. Certo, so che far questo in una piccola città è molto piu facile che in una città come Mosca, ma non bisogna nemmeno dimenticare che una forza proletaria come ce a Mosca non può esserci in nessuna città di provincia. Ecco, per esempio, a Tambov, poco tempo fa la controrivoluzione ha avuto il sopravvento per qualche ora; ha perfino fatto uscire un numero di un giornale menscevico e socialista-rivoluzionario di destra, che ha fatto appello all’Assemblea costituente, al rovesciamento del potere dei soviet e ha dichiarato che la vittoria del nuovo potere sarebbe stata durevole; finché non sono arrivati dal distretto i soldati rossi e i contadini e in un giorno non hanno spazzato via questo nuovo potere « durevole », che avrebbe voluto appoggiarsi sull’ Assemblea costituente. (Applausi.) Lo stesso, compagni, è avvenuto in altri distretti del governa- torato di Tambov, governatorato che ha una enorme estensione. I distretti piu a nord di questo governatorato appartengono alla fascia delle terre non agricole, mentre i distretti meridionali sono straordi- nariamente fertili e il raccolto vi è molto abbondante. Qui vi sono molti contadini che hanno eccedenze d'i grano, e bisogna perciò saper agire con particolare energia, con coscienza particolarmente salda e chiara, per appoggiarsi ai contadini poveri, e vincere i kulak. Qui i kulak sono ostili ad ogni potere operaio e contadino, qui bisogna contare sull’aiuto degli operai di Pietrogrado e di Mosca, che ogni volta, fondandosi sull'arma della loro organizzazione, cacciano i kulak dai soviet, organizzano i contadini poveri e, insieme con i contadini del luogo, fanno esperienza della lotta per il monopolio statale del grano, esperienza di organizzazione dei poveri delle campagne e dei lavoratori delle città, di quella organizzazione cioè che ci darà l’ultima e definitiva vittoria. Mi sono permesso, compagni, di descrivervi qui, con questi esempi, la situazione nel campo degli approvvigionamenti alimentari, perché mi sembra che una caratterizzazione della lotta per il pane, dal punto di vista dei lavoratori, contro i kulak è importante per noi, per gli operai, per il proletariato cosciente, non sulla base delle cifre, dei dati relativi al numero dei milioni di pud che si pos- sono ottenere. Questo compito lo debbo lasciare allo specialista degli approvvigionamenti; io debbo dire che se si riuscisse ad ottenere le ecce- 440 LENIN denze di grano da quei governatorati che sono vicini alla fascia non agricola di Mosca e dalla fertile Siberia, anche in queste difficili setti- mane che ci sono rimaste fino al nuovo raccolto noi troveremmo grano a sufficienza per salvare i governatorati non agricoli dalla morte per fame. A questo scopo bisogna organizzare un numero ancora maggiore di operai avanzati e coscienti. Questa è la lezione fondamentale di tutte le rivoluzioni passate ed è la rivoluzione fondamentale anche della nostra rivoluzione. Quanto maggiore sarà l'organizzazione, quanto piu largamente essa si manifesterà, quanto piu gli operai delle fab- briche e delle officine sapranno capire che la forza è solo nella orga- nizzazione loro e dei poveri delle campagne, tanto piu sicuro sarà il successo della lotta contro la carestia e della lotta per il socialismo, giacché, lo ripeto, il nostro compito non è quello di inventare un nuovo potere, ma di risvegliare, educare, organizzare per una azione autonoma ogni rappresentante della popolazione povera delle cam- pagne, fino al villaggio piu sperduto. Non è difficile spiegare ad alcuni operai coscienti delle città, di Pietrogrado o di Mosca, anche nel villaggio piu sperduto, come sia ingiusto trattenere il grano, specularci sopra, trasformarlo in materia di distillazione clandestina, quando centinaia di migliaia di persone muoiono a Mosca. Per riuscire a far questo, gli operai di Pietrogrado, di Mosca, voi compagni, in parti- colare, rappresentanti dei comitati di fabbrica, rappresentanti delle piu diverse categorie, fabbriche e officine, dovete soltanto fissarvi bene in mente che nessuno verrà in vostro aiuto, che da un’altra classe non vi verranno alleati, ma nemici, che il potere dei soviet non ha al suo servizio una intellettualità devota. L'intellettualità pone la sua esperienza e le sue conoscenze — ì piu alti beni dell'uomo — al servizio degli sfruttatori, e si serve di tutti i mezzi per ostacolare la nostra vittoria sugli sfruttatori; essa potrà far si che centinaia di migliaia di uomini muoiano di fame, ma non spezzerà la resistenza dei lavoratori. Noi non abbiamo altro che la classe con la quale siamo riusciti a fare la rivoluzione, con la quale supereremo le enormi diffi- coltà che ci stanno di fronte, il periodo piu difficile: il proletariato delle fabbriche e delle officine, delle città e delle campagne, che parla un solo linguaggio, comprensibile a tutti i suoi membri, che nella città e nella campagna saprà vincere i nemici di ogni specie, i kulak e i ricchi. Ma per far ciò bisogna ricordare come spesso gli operai dimen- IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA 441 tichino un principio fondamentale della rivoluzione socialista: per fare la rivoluzione socialista, per portarla a termine, per strappare il po- polo alPoppressione, non bisogna distruggere subito le classi, bisogna che gli operai piu coscienti e organizzati prendano il potere nelle proprie mani. Gli operai debbono diventare la classe dominante nello Stato. Ecco la verità che la gran parte di voi ha già letto nel Mani- festo comunista di Marx ed Engels, che è stato scritto più di settan- tanni fa e che è stato riprodotto in tutte le lingue di tutti i paesi. Dap- pertutto si è scoperta la verità: per vincere i capitalisti bisogna che gli operai di fabbrica e di officina, gli operai organizzati delle città, divengano la classe dominante nel periodo della lotta contro lo sfrut- tamento, finché ancora dominano le tenebre; finché ancora la gente non crede nei nuovi ordinamenti. Quando voi vi riunite nei vostri comitati di fabbrica, per risolvere i vostri problemi, ricordatevi che la rivoluzione non potrà mantenere nessuna delle sue conquiste se voi nei vostri comitati di fabbrica e di officina vi occuperete soltanto degli interessi tecnici o puramente finanziari degli operai. È accaduto più di una volta che gli operai, le classi oppresse siano riuscite a pren- dere il potere nelle proprie mani, ma non è mai accaduto, nemmeno una volta, che siano riuscite a mantenerlo. A questo scopo è necessario che gli operai possiedano non solo la capacità di sollevarsi in una lotta eroica e di rovesciare lo sfruttamento, ma anche di organizzarsi, di disciplinarsi, di controllarsi, la capacità di ragionare quando intorno tutto vacilla e sembra cadere, quando ti attaccano, quando nascono e e si espandono un'infinità di voci assurde: ecco, in questo momento i comitati di fabbrica e di officina, che sono strettissimamente legati con masse di milioni e milioni di uomini, hanno il compito di su- prema importanza statale di diventare, in primo luogo, organo di dire- zione della vita dello Stato. Questo è il problema statale di fondo del potere sovietico: come riuscire ad assicurare una giusta distribuzione del pane. Se ad Elets si è riusciti a mettere a posto la borghesia locale, .a Mosca ciò è più difficile, tuttavia qui l’organizzazione è senza con- fronto maggiore, e qui potete più facilmente scegliere decine di migliaia di uomini onesti che i vostri partiti, i vostri sindacati forniranno e potranno garantire, che saranno in grado di dirigere i reparti e di dar pieno affidamento che resteranno disinteressati e fedeli al- l’ideale, nonostante tutte le difficoltà, nonostante tutte le tenta- zioni, da un lato, e i tormenti della fame, dall’altro, Un’altra classe 442 LENIN che possa sobbarcarsi a questo cómpito, che sia capace di dirigere il popolo, che spesso cade nella disperazione, un’altra classe simile, al- ì’infuori del proletariato di fabbrica delle città, non esiste. I vostri comitati di fabbrica e di officina debbono cessare di essere soltanto comitati di fabbrica, per diventare le cellule fondamentali dello Stato della classe dominante. (Applausi.) Dal vostro spirito di organizzazione, dalla vostra compattezza, dalla vostra energia dipende se noi possiamo superare questo difficile periodo di transizione come deve superarlo il potere dei soviet. Mettetevi all’opera voi stessi, mettetevi all’opera da ogni parte, smascherate ogni giorno gli abusi, correggete con la vostra stessa esperienza ogni errore compiuto, — e molti se ne com- piono ora, perché la classe operaia non è ancora esperta, ma la cosa importante è che si metta all’opera essa stessa, ed essa stessa corregga gli errori. Se opereremo cosi, se ogni comitato capirà che esso rap- presenta l’elemento dirigente della piu grande rivoluzione del mondo, allora noi conquisteremo il socialismo per il mondo intero! (Applausi che si trasformano in una fragorosa ovazione.) 2 DISCORSO DI CHIUSURA DEL DIBATTITO SULLA SITUAZIONE ATTUALE 28 giugno 1918 Compagni, permettetemi anzitutto di soffermarmi su alcuni con- cetti espressi dal co-relatore Paderin che mi ha mosso delle obiezioni. Secondo Io stenogramma egli ha detto: « Dobbiamo fare tutto il pos- sibile perché il proletariato inglese e tedesco, in primo luogo, abbia la possibilità di entrare in azione contro i suoi oppressori; e che cosa bisogna fare per questo? Forse che dobbiamo aiutare questi oppres- sori? Alimentando l’ostilità in mezzo a noi, rovinando, indebolendo il paese, noi rafforziamo illimitatamente le posizioni degli imperialisti inglesi, francesi e tedeschi, che, in ultima analisi, si uniranno tra loro per soffocare la classe operaia della Russia ». Ecco dei ragionamenti che dimostrano fino a qual punto non siano stati sempre saldi i men- scevichi nella loro lotta e nella loro opposizione contro la guerra im- perialistica, perché questo ragionamento che io ho letto si può capire solo in bocca a un uomo che si sia chiamato difensista e che passi interamente sulle posizioni dell’imperialismo. (Applausi.) Di un uomo che giustifichi la guerra imperialista, ripetendo le astute frasi della borghesia secondo cui gli operai in questa guerra difendono la loro patria. Se infatti ci si pone da questo punto di vista, secondo cui gli operai non debbono rovinare, indebolire il paese in questa guerra, ciò significa esortare gli operai a difendere la patria nella guerra impe- rialistica, mentre voi sapete ciò che ha fatto il governo bolscevico, che ha ritenuto suo primo dovere pubblicare, denunciare, offrire al pubblico ludibrio i trattati segreti. Voi sapete che, in seguito ai trattati segreti gli alleati hanno fatto la guerra e che il governo Kerenski, che esisteva con l’aiuto e con l’appoggio dei menscevichi e dei socialisti- rivoluzionari di destra, non solo non ha annullato, ma non ha nem- meno pubblicato i trattati segreti; sapete che il popolo russo ha fatto 444 LENIN la guerra a causa dei trattati segreti con i quali si prometteva ai grandi proprietari fondiari e ai capitalisti russi, in caso di vittoria, l'occupa- zione di Costantinopoli, gli Stretti, Lvov, la Galizia e l'Armenia. In tal modo, se noi ci poniamo dal punto di vista della classe operaia, se siamo contro la guerra, come avremmo potuto tollerare questi trat- tati segreti? Finché tolleravamo i trattati segreti, finché tolleravamo che da noi ci fosse il potere della borghesia, noi rafforzavamo negli operai tedeschi la convinzione sciovinistica che in Russia non vi fossero operai coscienti, che in Russia tutti fossero per l’ imperialismo, che la Russia facesse la guerra al fine di saccheggiare l’Austria e la Tur- chia. Al contrario, per indebolire gli imperialisti tedeschi, per strap- pare loro gli operai tedeschi, il governo operaio e contadino ha fatto quanto non è stato mai fatto da nessun governo al mondo, perché, quando questi trattati segreti sono stati pubblicati e denunciati di fronte a tutto il mondo, perfino gli sciovinisti tedeschi, perfino i di- fensisti tedeschi, perfino quegli operai che seguono il loro governo hanno dovuto riconoscere nel loro giornale Avanti , che è il loro organo centrale, che questo è un atto di un governo socialista, un atto vera- mente rivoluzionario. Hanno dovuto riconoscerlo perché nessuno di tutti i governi imperialistici coinvolti nella guerra lo ha fatto, e solo ed unico il nostro governo ha strappato i trattati segreti. Certo, nell’animo di ogni operaio tedesco, per quanto esso sia abbrutito, avvilito, corrotto dagli imperialisti, si agita un pensiero: ma il nostro governo non ha forse anche lui' dei trattati segreti? ( Una voce: « Parlateci della flotta del Mar Nero! ») Va bene, ne parlerò, anche se non riguarda il nostro tema. In ogni operaio tedesco si agita il pensiero: se Poperaio russo è arrivato a denunciare i trattati segreti, il governo tedesco non ha anche lui dei trattati segreti? Quando si è arrivati ai trattati di Brest-Li.tovsk, quando tutto il mondo ha ascoltato le rivelazioni del compagno Trotski, questo nostro atteggiamento non ha forse fatto si che in un paese ostile, che si trovava a combattere una terribile guerra imperialistica contro altri governi, la nostra politica abbia sollevato non l’indignazione, bensì il favore delle masse popo- lari? L’unico governo di questo genere è stato il nostro, la nostra rivoluzione ha fatto si che durante la guerra in un paese nemico sia sorto un enorme movimento rivoluzionario, suscitato soltanto dal fatto che noi abbiamo denunciato i trattati segreti, che abbiamo detto: noi non ci fermeremo dinanzi a nessun pericolo. Se noi affermiamo, — e IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA 445 non a parole, ma con i fatti, — che solo la rivoluzione internazionale può salvare i popoli dalla guerra internazionale, dal massacro imperia- listico, noi nella nostra rivoluzione dobbiamo muoverci verso questo fine, senza guardare a nessuna difficoltà, a nessun pericolo. E quando noi abbiamo imboccato questa via, per la prima volta al mondo durante la guerra nel paese più imperialistico, e più disciplinato, in Germania, è scoppiato in gennaio uno sciopero di massa. Certo, vi è gente che pensa che la rivoluzione possa nascere in un paese straniero su ordi- nazione, in base ad un accordo. Uomini simili o sono dei pazzi o dei provocatori. Negli ultimi dodici anni noi abbiamo vissuto due rivo- luzioni. E sappiamo che non si possono fare né su ordinazione, né in base ad un accordo, che esse maturano e scoppiano allorché decine di milioni di uomini giungono alla conclusione che cosi non si può più vivere. Noi sappiamo quali e quante difficoltà sia costata la nascita della rivoluzione nel 1905 e nel 1917, e non ci siamo mai aspettati che d’un colpo, ad una voce, la rivoluzione si diffondesse anche negli altri paesi; ma se essa comincia a nascere in Germania e in Austria, questo è il grande merito della rivoluzione russa d’ottobre. (Applausi,) Oggi noi leggiamo sui nostri giornali che a Vienna, dove la razione di pane è ancora più bassa che da noi, dove non si può trovare un rimedio nel saccheggio dell’ Ucraina, dove la popolazione dice di non aver mai dovuto sopportare una carestia così terribile, ha fatto la sua apparizione il Consiglio dei deputati operai. A Vienna già scop- piano di nuovo scioperi generali. E noi diciamo a noi stessi: ecco il secondo passo, ecco la se- conda prova che gli operai russi, quando hanno strappato i trattati segreti imperialistici, quando hanno cacciato la loro borghesia, hanno compiuto un atto coerente di operai internazionalisti coscienti, hanno aiutato a progredire la rivoluzione in Germania e in Austria, come finora non l'aveva mai fatto nessuna rivoluzione al mondo, in uno Stato nemico, che si trovava in guerra e in condizioni di estrema ostilità. Predire quando la rivoluzione si svilupperà, promettere che essa avverrà domani, significherebbe ingannarvi. Ricordate, soprattutto quelli di voi che hanno vissuto tutte e due le rivoluzioni russe: chi di voi avrebbe potuto giurare nel novembre 1904 che due mesi dopo cen- tomila operai di Pietroburgo avrebbero marciato sul Palazzo d'in- verno e scatenato una grande rivoluzione? 446 LENIN Ricordate: come avremmo potuto noi giurare nel dicembre del 1916 che due mesi dopo, in pochi giorni, sarebbe stata rovesciata la monarchia zarista? Noi, nel nostro paese, dove abbiamo vissuto due rivoluzioni, sappiamo e vediamo che non si può predire il corso della ri- voluzione, né si può evocarla. Si può soltanto lavorare a favore della rivoluzione. Se si lavora conseguentemente, se si lavora disinteressa- tamente, se questo lavoro è legato agli interessi delle masse oppresse, che costituiscono la maggioranza, allora la rivoluzione verrà, da dove, come, in che momento, per quale occasione, non si può dire. Perciò in nessun caso noi ci permetteremo di ingannare le masse dicendo: gli operai tedeschi ci aiuteranno domani, rovesceranno il loro Kaiser dopodomani. Dire questo non si può^ La nostra situazione è tanto più difficile in quanto la rivoluzione russa si trova più avanti rispetto alle altre rivoluzioni; ma che noi non siamo soli lo dimostrano le notizie che ci giungono quasi ogni giorno e da cui appare che in favore dei bolscevichi si dichiarano tutti i migliori socialdemocratici tedeschi, che per i bolscevichi si dichiara apertamente sulla stampa tedesca Clara Zetkin, e poi Franz Mehring, che ora, in una serie di articoli, dimostra agli operai tedeschi come solo i bolscevichi abbiano nettamente compreso il socialismo; e di recente, al Landtag del Wurttemberg, il socialdemocratico Hoschka ha decisamente affermato di vedere solo nei bolscevichi un esempio di coerenza e di politica veramente rivoluzionaria. Voi pensate che queste cose non trovino un’eco fra decine, centinaia, migliaia di operai tede- schi die cominceranno a raccogliersi intorno ad esse? Quando in Ger- mania e in Austria si arrivano a formare i Consigli di deputati operai e a scatenare un secondo sciopero di massa, allora dobbiamo dire, senza nessuna esagerazione e senza farci più grandi di quello che non siamo, che questo significa che è giunto il momento della rivoluzione. Noi affermiamo con assoluta decisione: la nostra politica e la nostra via sono state giuste, noi abbiamo aiutato gli operai austriaci e tedeschi a sentirsi non dei nemici pronti a soffocare gli operai russi per gli interessi del Kaiser, per gli interessi dei capitalisti tedeschi, noi li ab- biamo aiutati a sentirsi fratelli degli operai russi, pronti a compiere la stessa opera rivoluzionaria. [Applausi.) Io vorrei ancora far rilevare un punto del discorso di Paderin die a mio parere merita tanto più attenzione in quanto coincide in parte con il pensiero dell’oratore che mi ha preceduto m ... Ecco il IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA 447 punto: « Noi vediamo che ora una guerra civile si combatte all'in- terno della classe operaia. Possiamo noi tollerarlo? ». Ecco, vedete, la guerra civile è intesa come guerra in seno alla classe operaia, o, come ha detto Poratore precedente, guerra con i contadini. Ma noi sappiamo benissimo che sia Puna che Paltra cosa è falsa. La guerra civile è in Russia guerra degli operai e dei contadini poveri contro i grandi pro- prietari fondiari e i capitalisti. Questa guerra si prolunga, si trascina, perché i grandi proprietari e i capitalisti russi sono stati vinti in ottobre e in novembre con relativamente poche vittime, sono stati vinti dallo slancio delle masse popolari in condizioni in cui fu subito chiaro per loro che il popolo non poteva appoggiarli; tanto che perfino sul Don, dove piu numerosi sono i cosacchi ricchi che vivono dello sfrutta- mento del lavoro salariato, dove maggiori erano le speranze della controrivoluzione, perfino laggiù Bogaievski, capo della rivolta contro- rivoluzionaria, dovette riconoscere e riconobbe pubblicamente: « La nostra causa è perduta, perché perfino da noi la stragrande maggioranza della popolazione è per i bolscevichi ». {Applausi.) Ecco come stavano le cose, ecco come i grandi proprietari e i capitalisti hanno perduto, in ottobre e in novembre, al loro gioco, al loro gioco controrivoluzionario. Ecco come è finita la loro avventura, quando hanno cercato di formare una guardia bianca contro la rivoluzione operaia e contadina raccogliendo junker, ufficiali, figli di proprietari fondiari e di capi- talisti. Ed ora non sapete forse, — leggete i giornali di oggi, — che l'avventura cecoslovacca è alimentata dai soldi dei capitalisti anglo- francesi in , che assoldano truppe per trascinarci di nuovo alla guerra; non avete letto cosa hanno detto i cecoslovacchi a Samara: noi ci uniremo a Dutov, a Semionov e costringeremo gli operai della Russia e il popolo russo a combattere di nuovo contro la Germania insieme con l’Inghilterra e la Francia, rimetteremo in vigore quegli stessi trat- tati segreti e vi getteremo ancora, forse, per altri quattro anni, in questa guerra imperialistica, alleati con la borghesia. Invece noi fac- ciamo ora la guerra contro la nostra borghesia e contro la borghesia degli altri paesi, e solo perché facciamo questa guerra ci siamo attirati la simpatia e l’appoggio degli operai degli altri paesi. Se l’operaio di un paese in guerra vede che in un altro paese belligerante si crea uno stretto legame tra gli operai e la borghesia, questo divide gli operai per nazioni, li fonde con la loro borghesia; questo è il piu 44S LENIN grave dei mali, è il crollo della rivoluzione socialista, il crollo e la rovina di tutta l’Internazionale. {Applausi.) Nel 1914 l’Internazionale è caduta perché gli operai di tutti i paesi si sono uniti con la loro borghesia nazionale e si sono divisi tra loro; ora questa scissione giunge alla fine. Avete forse letto poco tempo fa che in Inghilterra il maestro e sindacalista scozzese Maclean è stato per la seconda volta gettato in prigione, per cinque anni (la prima volta era stato incarcerato per un anno e mezzo), per aver sma- scherato la guerra e il carattere criminale delPimperialismo inglese. Quando fu liberato, in Inghilterra c’era già il rappresentante del go- verno sovietico, Litvinov, che ha subito nominato Maclean console, rap- presentante in Inghilterra della Repubblica federativa sovietica russa, e gli operai scozzesi hanno risposto con entusiasmo a questa nomina. Il governo inglese ha aperto per una seconda volta Tistruttoria contro Maclean, non solo come insegnante elementare scozzese, ma anche come console della Repubblica federativa sovietica. Maclean è in pri- gione perché ha parlato apertamente come rappresentante del nostro governo, e noi non abbi ama mai visto quest’uomo, egli non ha mai appartenuto al nostro partito, ma è il capo amato degli operai scoz- zesi, e noi ci siamo uniti a lui, gli operai russi e scozzesi si sono uniti contro il governo inglese, nonostante che esso corrompa i cecoslovacchi e conduca una politica furiosamente tendente a trascinare in guerra la repubblica russa. Ecco le prove che in tutti i paesi, indipendente- mente dalla posizione che essi hanno nella guerra, — sia in Germania, che combatte contro di noi, sia in Inghilterra, che vuole assicurarsi Bagdad e strangolare definitivamente la Turchia, — gli operai si strin- gono intorno ai bolscevichi russi, alla rivoluzione bolscevica russa. Quando qui Foratore, le cui parole ho citato, diceva che la guerra civile è condotta da operai e contadini contro operai e contadini, noi sappiamo benissimo che non è vero. Una cosa è la classe operaia, un’altra cosa sono i gruppetti, i piccoli strati superficiali di classe operaia. La classe operaia tedesca è stata dal 1871 al 1914, per quasi mezzo secolo, un modello di organizzazione socialista per tutto il mondo. Sappiamo che aveva un partito di milioni di uomini, che aveva creato sindacati con due, tre, quattro milioni di membri, e tut- tavia nel corso di questo mezzo secolo centinaia di migliaia di operai tedeschi erano rimasti ancora uniti in un sindacato clericale, guidato dai parroci, e pronti a difendere il parroco» la Chiesa, il loro Kaiser. IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA 449 Ma chi rappresentava effettivamente la classe operaia: il gigantesco partito socialdemocratico tedesco con i suoi sindacati» o qualche cen- tinaio di migliaia di operai clericali? Una cosa è la classe operaia» che unisce la stragrande maggioranza degli operai coscienti» avanzati, pen- santi, e un’altra cosa una fabbrica, un’officina, una località, alcuni gruppi di operai che continuano a restare dalla parte della borghesia. La classe operaia della Russia nella sua enorme, schiacciante mag- gioranza, — come dimostrano le elezioni ai soviet, ai comitati di fab- brica e di officina, alle conferenze, — è al 99 per cento dalla parte del potere sovietico (applausi), perché sa che questo potere fa la guerra alla borghesia, ai kulak, e non ai contadini e agli operai. Ben altra cosa è se si trova un minuscolo gruppo di operai che continuano a restare in uno stato di servile dipendenza dalla borghesia. Noi fac- ciamo guerra non a loro, ma alla borghesia, e tanto peggio per quei piccoli gruppi che ancora restano alleati con la borghesia. ( Applausi ) Ce una domanda che mi è stata posta per iscritto, e che suona cosi: « Perché escono ancora i giornali controrivoluzionari? ». Una delle ragioni è che vi sono anche tra gli operai tipografi elementi cor- rotti dalla borghesia. (Rumori, grida : « Non è vero ».) Potete gridare quanto volete, ma non mi impedirete di dire la verità, che tutti gli operai conoscono e che ho appena cominciato a spiegare. Quando l’operaio tiene molto al suo salario personale nella stampa borghese, quando dice: io voglio conservare il mio alto salario personale che mi viene dato perché aiuto la borghesia a vendere il suo veleno, ad avvelenare il popolo, allora io dico: questi operai si sono venduti alla borghesia, né piu né meno (applausi), non nel senso che qualcuno di essi sia stato assoldato come persona singola, ma nel senso in cui tutti i marxisti hanno condannato gli operai inglesi che avevano fatto alleanza con i loro capitalisti. Voi tutti che avete letto la stampa sin- dacale, sapete anche, per esempio, che in Inghilterra vi sono sindacati che non sono solo operai, ma che sono organizzati tra gli operai e i capitalisti dello stesso settore, allo scopo di elevare i prezzi, di sot- trarre il denaro a tutti gli altri. Tutti i marxisti, tutti i socialisti di ogni paese indicano a dito siffatti esempi, e, a cominciare da Marx ed Engels, hanno parlato di operai corrotti dalla borghesia per man- canza di coscienza e per i loro interessi strettamente corporativi. Essi hanno venduto il loro diritto di primogenitura, il diritto alla rivo- luzione socialista, alleandosi con i loro capitalisti contro la stragrande 15—2654 450 LENIN maggioranza degli operai e dei lavoratori oppressi del proprio paese, della loro stessa classe. La stessa cosa accade da noi. Quando da noi si trovano singoli gruppi di operai i quali dicono; che cosa importa a noi se quello che noi componiamo è oppio, veleno, che porta con sé la menzogna e la provocazione? Io ricevo il mio alto salario, degli altri me ne infischio. Tali operai noi li bolleremo, di tali operai noi abbiamo sempre detto in tutta la nostra stampa, e lo abbiamo detto apertamente, che si sono allontanati dalla classe operaia e passano dalla parte della borghesia. (Applausi.) Compagni! Passerò ora ad esaminare le domande che mi sóno state poste, ma prima, per non dimenticarmene, risponderò a quella sulla flotta del Mar Nero 174 , che mi è stata posta con Pintenzione di confonderci. Vi dirò che là operava il compagno Raskolnikov, che è assai ben conosciuto dagli operai di Mosca e di Pietrogrado per il suo lavoro di agitatore, di funzionario di partito. Il compagno Raskolnikov stesso verrà qui a raccontarvi come egli abbia condotto Pagitazione perché la flotta fosse distrutta prima che su di essa mettessero le mani le truppe tedesche per impiegarla contro Novorossiisk. Ecco come sono andate le cose con la flotta del Mar Nero, e i commissari del po- polo — Stalin, Scliapnikov e Raskolnikov — giungeranno presto a Mosca e vi diranno come sono andate le cose. Vedrete che la nostra politica era Punica, che essa, come la politica che ci portò alla pace di Brest, ci ha dato molte dolorose difficoltà, ma ha dato la possi- bilità al potere sovietico e alla rivoluzione operaia e socialista in Rus- sia di continuare a tenere alta la propria bandiera dinanzi agli operai di tutti i paesi. Se ora in Germania cresce ogni giorno di più il numero degli operai che gettano via i vecchi pregiudizi antibolsce- vichi e comprendono la giustezza della nostra politica, ciò è merito di quella tàttica che noi abbiamo condotto a partire dal trattato di Brest-Litovsk. Tra le domande che mi sono state poste, mi soffermerò su due che riguardano il trasporto del grano. Alcuni operai ci dicono: perché proibite ai singoli operai di procurarsi il grano, quando essi lo traspor- tano per la propria famiglia? La risposta è semplice: pensate a che cosa accadrebbe se migliaia di pud, necessari per una certa località, per una certa fabbrica, per un certo distretto, per un dato quartiere, fossero trasportati da migliaia di uomini uno per uno. Se lasciassimo fare cosi, andremmo incontro al crollo completo delle organizzazioni di IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA 451 approvvigionamento. Noi non vogliamo affatto mettere sotto accusa l’in- dividuo esausto dalla fame che va da solo in cerca del pane e se lo procura in qualunque modo, ma diciamo: noi esistiamo come governo operaio e contadino non per legittimare e favorire il crollo e la disgre- gazione. Per questo non c’è bisogno di un governo. C’è bisogno di esso per unire, per organizzare, per rendere compatti e coscienti gli individui nella lotta contro Tincoscienza. Non si può accusare chi per incoscienza getta via tutto, chiude gli occhi su tutto, per cavarsela con qualsiasi mezzo, — per procurarsi il pane, — ma si può accusare chi è un uomo di partito e, facendo propaganda per il monopolio del grano, invece non fa abbastanza perché Tazione sia cosciente e compatta. Si, la lotta contro i trafficanti del mercato nero, contro chi trasporta sin- golarmente il grano, è una lotta difficile, perché è una lotta contro ignoranza, contro Pincoscienza, contro la mancanza di organizzazione delle larghe masse, ma a questa lotta noi non rinunceremo mai. Ogni volta che vedremo la gente ricorrere ai sistemi di approvvigionamento individuali, non ci stancheremo di richiamare questa gente ai me- todi socialisti e proletari di lotta contro la carestia: uniamoci insieme e sostituiamo con nuove forze i reparti di approvvigionamento malati, sostituiamoli con uomini freschi, più forti, più onesti, più coscienti, piu esperti e riusciremo a trasportare la stessa quantità di grano, le stesse migliaia di pud che duecento persone trasportano separatamente, recando quindici pud ciascuno, facendo aumentare i prezzi e raffor- zando la speculazione. Noi invece riuniremo queste duecento persone, creeremo un esercito operaio forte e compatto. Se non riusciremo a crearlo subito, rinnoveremo i nostri sforzi; faremo in modo che in ogni fabbrica, in ogni officina gli operai coscienti diano più forze, più per- sone sicure per la lotta contro la speculazione, e siamo certi che la coscienza, la disciplina e lo spirito di organizzazione degli operai in fin dei conti vinceranno tutte le difficili prove. E quando la gente si sarà convinta per propria esperienza che non si possono salvare cen- tinaia di migliaia di affamati con il piccolo traffico individuale, ve- dremo che la causa dell’organizzazione e della coscienza vincerà, che noi organizzeremo, mediante l’unione delle forze, la lotta contro la fame e riusciremo ad attuare ima giusta ripartizione del grano. Qui mi si domanda: perché non si è introdotto il monopolio per altri prodotti dell'industria, altrettanto necessari quanto il grano? A questo rispondo: il potere sovietico prende tutte le misure per realiz- 15* 452 LENIN zarlo. Sapete che esiste la tendenza a organizzare, a unire le fabbriche tessili, la produzione tessile, sapete che in questa organizzazione, nella maggioranza dei centri dirigenti, vi sono degli operai, sapete che il potere dei soviet si accinge a nazionalizzare tutti i settori dell’industria, sapete che le difficoltà che sorgono su questa via sono enormi, che ci vogliono molte forze per far ciò in modo ben organizzato. Noi affron- tiamo questo compito non come lo affrontano i governi che si fondano sulla burocrazia. Cosi è facile dirigere: questo deve prendere quattro- cento rubli, quest’altro di piu, mille rubli, noi ordiniamo e loro deb- bono eseguire Cosi amministrano tutti i paesi borghesi che si ser- vono di alti funzionari con stipendi elevati, o assumono i figli stes- si della borghesia e affidano loro l’amministrazione della cosa pub- blica. La repubblica dei soviet non può amministrare cosi. Non ha funzionari per amministrare e dirigere l’opera di unificazione di tutte le fabbriche tessili, fare l’inventario, introdurre il monopolio su tutti gli articoli di prima necessità e realizzarne la giusta distribuzione. A questo scopo noi facciamo appello a quegli stessi operai, ai rappre- sentanti dei sindacati dei tessili e diciamo loro: voi dovete costituire la maggioranza del collegio dirigente del Centrotextil e voi la costi- tuirete come costituite là maggioranza nei collegi dirigenti del Con- siglio superiore deH’economia. Compagni operai, mettetevi voi stessi all’opera per assolvere questo importantissimo compito statale; sap- piamo che è più difficile di quanto non sia affidarlo a funzionari pra- tici, ma sappiamo che non ce altra via. È necessario dare il potere nelle mani della classe operaia e insegnare agli operai avanzati, nono- stante tutte le difficoltà, che essi con la propria esperienza, con i propri sforzi, con le loro mani debbono imparare come si fa a ripartire tutti i beni, tutti i prodotti nell’interesse dei lavoratori. {Applausi.) Ecco perché, per introdurre il monopolio statale, per stabilire prezzi fissi, il potere dei soviet fa tutto ciò che può fare nella situazione attuale, tramite gli operai, insieme con gli operai, dà loro la maggio- ranza in ogni organismo di direzione,- in ogni singolo centro, sia esso il Consiglio superiore dell'economia, o l’Unione delle officine metal- lurgiche o quella degli zuccherifici, nazionalizzati in alcune settimane. Questa via è una via difficile, ma, ripeto, senza difficoltà non si può far si che gli operai, in precedenza abituati e indotti dalla borghesia per centinaia di anni ad eseguire soltanto in modo servile i suoi ordini, assumano una diversa posizione e sentano che il potete siamo noi. Il IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA 453 padrone dell'industria, il padrone del grano, il padrone di tutti i pro- dotti del paese, siamo noi. Quando questa coscienza sarà penetrata profondamente nella classe operaia, quando questa con la propria espe- rienza, con il proprio lavoro avrà decuplicato le sue forze, solo allora tutte le difficoltà della rivoluzione socialista saranno superate. Termino rivolgendo ancora una volta un appello alla conferenza dei comitati di fabbrica e d’officina, affinché a Mosca, dove le difficoltà sono particolarmente gravi, perché Mosca è un immenso centro di commercio e di speculazione, ma dove sono anche forze tali che non esistono in nessuna piccola città, le organizzazioni operaie, i comitati di fabbrica, ricordino e tengano bene presenti gli insegnamenti che ci ven- gono dagli avvenimenti attuali, dall’attuale carestia che ha colpito i la- voratori della Russia. Solo nuove — nuove e piu ampie — organizza- zioni di operai coscienti ed avanzati, possono salvare la rivoluzione e impedire che tornino al potere i grandi proprietari fondiari e i capita- listi. Questi operai sono ora in maggioranza, ma questo non basta; bisogna che essi si dedichino di piu all’attività statale. A Mosca vi è una gran quantità di casi in cui gli speculatori approfittano della carestia e si ingrassano con la carestia, violano il monopolio del grano, in cui i ricchi hanno tutto ciò che vogliono. Ma a Mosca vi sono anche ottomila membri del partito comunista, a Mosca i sindacati pos- sono fornire venti-trentamila membri sui quali si può contare, che saranno portavoce sicuri, inflessibili della politica proletaria. Uniteli insieme, create centinaia di migliaia di reparti, dedicatevi all’opera di approvvigionamento, alle perquisizioni di tutta la popolazione ricca, e voi otterrete ciò di cui avete bisogno. {Applausi.) Vi ho già detto un’altra volta il successo ottenuto a questo pro- posito nella città di Elets, ma fare la stessa cosa a Mosca è piu difficile. Ho detto che Elets è la città meglio organizzata, vi sono molte città che lo sono molto di meno, e che questa è un’opera difficile, perché non si tratta qui che manchino le armi, — ce ne sono quante se ne vuole, — la difficoltà sta nel portare a posti di direzione, di respon- sabilità, centinaia e migliaia di operai, indubbiamente fidati, capaci di comprendere che essi compiono non un’opera personale, locale, ma un’opera che riguarda rutta la Russia, che sono capaci di stare e resi- stere al loro posto come rappresentanti di tutta una classe e di orga- nizzare il lavoro secondo un piano ben delineato, ed eseguire ciò che è stato prescritto, ciò che decide il soviet di Mosca, o le organizzazioni 454 LENIN di tutto il proletariato di Mosca. Tutta la difficoltà sta nell’organizzare il proletariato, e far si che esso sia piu cosciente di quanto non fosse prima. Osservate le elezioni di Pietrogrado 175 e vedrete come, nono- stante che vi infuri una carestia ancora* maggiore che a Mosca, nono- stante che le calamità abbiano colpito la popolazione con durezza ancora maggiore, si accresce la lealtà verso la rivoluzione operaia, si accresce lo spirito di organizzazione, la compattezza, e vi direte allora che, insieme con le calamità che si sono riversate su di noi, cresce la decisione della classe operaia di vincere tutte queste diffi- coltà. Mettetevi su questa via, intensificate i vostri sforzi, fate muo- vere nuovi reparti di migliaia di uomini su questa vìa, per risolvere il problema degli approvvigionamenti, e noi insieme con voi, fidando sul vostro appoggio, vinceremo la carestia e realizzeremo una giusta ripartizione dei prodotti. (Applausi.) 3 RISOLUZIONE SULLA SITUAZIONE ATTUALE La IV Conferenza dei comitati di fabbrica e di officina di Mosca, appoggiando completamente la politica alimentare del potere dei soviet, approva in particolare (e insiste sulla necessità per tutti gli operai di sostenerla) la politica mirante ad unire i contadini poveri. L'emancipazione degli operai può essere opera solo degli operai stessi, e solo uniti in una strettissima alleanza gli operai delle città e i contadini poveri possono riuscire a vincere la resistenza della bor- ghesia e dei kulak, a prendere nelle proprie mani tutte le eccedenze di grano e a distribuirle giustamente tra coloro che ne abbisognano sia nelle città che nelle campagne. La conferenza invita tutti i comitati di fabbrica e di officina a fare ogni sforzo per organizzare le piu vaste masse di operai nei reparti di approvvigionamento alimentare e a mobilitarli, sotto la direzione dei compagni più sicuri, per un attivo e totale appoggio della politica alimentare del governo operaio e contadino. DISCORSO AL COMIZIO NEL QUARTIERE SIMONOVSKI 28 giugno 1918 Breve resoconto giornalistico (Gli operai accolgono Lenin con fragorosi applausi.) Lenin parla della necessità della guerra civile ed esorta il proletariato di Mosca a organizzarsi saldamente per combattere sia le forze controrivoluzio- narie, sia la carestia e la disgregazione dello Stato. Lenin tocca di sfuggita gli avvenimenti di Saratov e di Tambov e fa notare che dovunque sono avvenute delle rivolte ispirate dai par- titi menscevico e socialista-rivoluzionario di destra, la classe operaia ha perso rapidamente le illusioni nutrite verso le ideologie di questi partiti e con altrettanta rapidità ha spazzato via gli usurpatori del po- tere operaio e contadino Abbiamo ricevuto un telegramma in cui ci si chiedeva aiuto, ma i nostri reparti non hanno fatto in tempo ad arrivare a metà strada, che gli stessi operai che avevano chiesto aiuto ci hanno comunicato di nuovo che la necessità di un aiuto immediato era superata, poiché gli usurpatori erano stati vinti con le forze locali. Cosi è avvenuto a Sa- ratov, a Tambov e in altre città. Lenin afferma che la guerra è in generale contraria .alle aspira- zioni dei partiti comunisti. Ma la guerra che viene preconizzata oggi è una guerra santa, è una guerra “ civile, condotta dalla classe operaia contro i suoi sfruttatori. Senza fatica, senza spendere un’enorme energia noi non potremo imboccare la via del socialismo. Per lottare con successo per gli ideali della classe operaia è necessario organizzarsi. L'organizzazione è neces- saria anche per poter consolidare tutte le conquiste ottenute a prezzo di gravi perdite e di grandi sforzi. AL COMIZIO NEL QUARTIERE SIMONOVSKI 457 È piu difficile mantenere il potere che conquistarlo; e vediamo infatti dagli esempi della storia che spesso la classe operaia ha preso il potere nelle proprie mani, ma non ha potuto conservarlo solo per- ché non disponeva di organizzazioni sufficientemente forti. — Il popolo è stanco, — continua Lenin, — e lo si può certa- mente spingere a commettere qualsiasi follia, perfino ad accogliere Skoropadski, poiché nella sua massa il popolo è arretrato. Ora ci minaccia la fame, ma noi sappiamo che il grano c’è a sufficienza, anche senza la Siberia, il Caucaso, l’Ucraina. Il grano c’è in sufficiente quantità fino al nuovo raccolto nei governatorati che circondano la capitale, ma è tutto tenuto nascosto dai kulak. È ne- cessario organizzare i contadini poveri per prendere questo grano con il loro aiuto. È necessaria una lotta implacabile contro la speculazione e gli speculatori, a fatti e a parole. Solo la classe operaia, resa compatta dall’organizzazione, potrà spiegare alla gente semplice la necessità di lottare contro i kulak. Il popolo russo deve sapere che i contadini poveri hanno un potentissimo alleato nel proletariato organizzato delle città. La classe operaia e i contadini non debbono sperare troppo negli intellettuali poiché molti intellettuali, che si accostano a noi, tuttavia aspettano la nostra caduta. Lenin termina il suo discorso con un appello all’organizzazione, alla lotta degli operai e contadini contro i kulak, i grandi proprietari fondiari e la borghesia. (Il discorso di Lenin è coperto dai fragorosi applausi di tutta V assemblea.) Izvestìa del CEC, n. 133, 29 giugno 1918. PAROLE PROFETICHE Ai miracoli, grazie a Dio, non ci si crede piu. Le profezie mira- colose sono una leggenda. Ma la profezia scientifica è un fatto. Ai nostri giorni, quando intorno a noi ci si può imbattere spesso in un vergognoso avvilimento o addirittura nella disperazione, è utile ricor- dare una profezia scientifica che si è avverata. Friedrich Engels ebbe Poccasione di scrivere nel 1887 a propo- sito di una futura guerra mondiale nella prefazione all’opuscolo di Si- gismund Borkheim: Promemoria per i patriottardi tedeschi del 1806- 1807 (Zur Erinnerung fùr die deutschen Mordspatrioten 1806-1807). (Questo opuscolo costituisce il fascicolo XXIV della « Biblioteca social- democratica », pubblicata nel 1888 a Gottinga - Zurigo.) Ecco come Engels, oltre trentanni fa, esprimeva il suo giudizio sulla sicura guerra mondiale: ...«E infine non è possibile altra guerra per la Pru ssi a-Germ arda che una guerra mondiale, e in verità una guerra mondiale di una am- piezza e di una violenza finora mai viste. Da otto a dieci milioni di soldati si sgozzeranno tra loro e cosi facendo devasteranno tutta l’Eu- ropa in modo tale come non ha fatto mai finora uno stuolo di caval- lette. Le distruzioni della guerra dei trentanni concentrate in tre o quattro anni e allargate a tutto il continente; carestia, epidemie, il generale imbarbarimento, provocato dall’acuto bisogno, sia degli eser- citi che delle masse popolari; la disperata confusione del nostro mecca- nismo artificiale del commercio, dell’industria e del credito, che sfocia nella bancarotta generale; un tal crollo dei vecchi Stati e della loro tradizionale saggezza statale che le corone rotoleranno a dozzine sul lastrico e non si troverà nessuno che le raccolga; l’assoluta impossi- bilità di prevedere come tutto ciò finirà e chi uscirà vincitore dalla PAROLE PROFETICHE 459 lotta; soltanto un risultato assolutamente certo: l’esaurimento generale e la creazione delle condizioni per la vittoria definitiva della classe operaia. « Questa è la prospettiva se il sistema, portato all estremo, di superarsi a vicenda negli armamenti darà alla fine i suoi frutti ine- vitabili. Ecco dove, signori principi e uomini di Stato la vostra saggezza ha portato la vecchia Europa. E se non vi resta altro che aprire Pultima vostra grande danza di guerra, noi non ci metteremo a piangere (uns kann er recht sein). La guerra forse ci potrà anche respingere momen- taneamente in secondo piano, ci potrà anche togliere alcune posizioni già conquistate. Ma se voi scatenerete le forze che poi non sarete piu in grado di padroneggiare, vada pure come vuole: alla fine della tragedia voi sarete rovinati e la vittoria del proletariato sarà o già raggiunta o comunque (doch) inevitabile. Londra, 15 dicembre 1887 Friedrich Engels » 176 Che geniale profezia! E come è infinitamente ricca di pensiero ogni frase di questa analisi di classe scientificamente esatta, chiara e concisa! E quanto servirebbe a quelli che ora si abbandonano a un vergognoso scetticismo, alPavvilimento, alla disperazione, se... se la gente abituata a fare il lacchè davanti alla borghesia o che si lascia spaventare da essa, sapesse pensare, fosse capace di pensare! Qualcosa di ciò che predisse Engels non si è realizzato: sarebbe ben strano che il mondo e il capitalismo non fossero cambiati affatto in trentanni di sviluppo imperialistico furiosamente rapido! Ma la cosa piu sorprendente è che tante cose predette da Engels si siano avverate « come era scritto ». Giacché Engels ha fornito un'analisi di classe irreprensibilmente precisa, e le classi e i loro rapporti sono rimasti quelli di prima. ...« La guerra forse ci potrà anche respingere momentaneamente in secondo piano »... Le cose sono andate appunto cosi, ma ancora più in là è ancora peggio: una parte dei socialsciovinisti e dei loro « semi- avversari » senza caràttere « respinti indietro », i kautskiani, si sono messi ad esaltare il loro movimento alPindietro e si sono trasformati in veri e propri traditori del socialismo. ...« La guerra ci potrà anche togliere alcune posizioni già con- quistate »... Tutta una serie di posizioni « legali » sono state strappate 460 LENIN alla classe operaia. D'altro canto, le prove l’hanno temprata ed essa rice- ve lezioni dure, ma utili di organizzazione illegale, di lotta illegale, con cui prepara le sue forze all'assai to rivoluzionario. ...« Le corone rotoleranno a dozzine »... Alcune corone sono già rotolate, e tra esse una che vale una dozzina delle altre: la corona del- l'autocrate di tutte le Russie, Nicola Romano v. ...« L'assoluta impossibilità di prevedere come tutto ciò finirà »... Dopo quattro anni di guerra questa assoluta impossibilità è, se ci è permesso dire, ancora più assoluta. ...« La disperata confusione del nostro meccanismo artificiale del commercio, dell'industria e del credito »... Alla fine del quarto anno di guerra questo si è avverato completamente in uno degli Stati più grandi e più arretrati trascinato dai capitalisti in guerra, in Russia. Ma la crescente carestia in Germania e in Austria, la deficienza di vestiario, di materie prime, l’usura dei mezzi di produzione non dimostrano forse che la stessa situazione minaccia con enorme rapidità anche gli altri paesi? Engels delinea le conseguenze causate soltanto da una guerra « ester- na »; egli non parla della guerra interna, cioè della guerra civile, senza la quale non è avvenuta nessuna grande rivoluzione nella storia, senza la quale nessun marxista serio ha mai pensato che potesse avvenire un passaggio dal capitalismo al socialismo. E se la guerra esterna può ancora durare per qualche tempo, senza provocare una « disperata confusione » nel « meccanismo artificiale » del capitalismo, è chiaro però che una guerra civile non è assolutamente concepibile senza una tale conseguenza. Quale stupidità, quale debolezza di carattere, — per non definirla servilismo interessato verso la borghesia. — rivelano coloro che, pur continuando a chiamarsi « socialisti », come fanno i nostri della N ovaia Gixn y menscevichi, socialisti-rivoluzionari di destra, ecc., indicano con rabbia le manifestazioni di questa « disperata confusione », dandone la colpa al proletariato rivoluzionario, al potere dei soviet, all'« uto- pismo del passaggio al socialismo ». La « confusione », lo sfacelo ( raz - rucha, secondo l’ottima espressione russa), è provocato dalla guerra. Non vi può essere una guerra dura senza sfacelo. Non vi può essere guerra civile, condizione necessaria che accompagna la rivoluziono so- cialista, senza sfacelo. Respingere la rivoluzione, il socialismo « a PAROLE PROFETICHE 461 causa » dello sfacelo significa soltanto manifestare la propria mancanza di principi e passare di fatto dalla parte della borghesia. ...« La carestia, le epidemie, il generale imbarbarimento, provocato dall’acuto bisogno, sia degli eserciti che delle masse popolari »... Con quanta semplicità e chiarezza Engels trae questa conclusione indiscutibile, evidente per chiunque sia appena capace di riflettere un poco alle conseguenze obiettive di una guerra dura e tormentosa di molti anni. E quale sorprendente mancanza di intelligenza rivelano quei numerosi « socialdemocratici », pseudo « socialisti », che non vo- gliono e non sanno riflettere a questa semplicissima considerazione. È concepibile una guerra prolungata senza imbarbarimento sia degli eserciti che delle masse popolari? Certamente no. Per alcuni anni, se non per un’intera generazione, questa conseguenza di una guerra pluriennale è indubbiamente inevitabile. E i nostri « uomini nell’astuccio », i nostri omuncoli deH’intellettualità borghese, che si chiamano « socialdemocratici » e « socialisti », fanno coro alla borghe- sia, imputando alla rivoluzione le manifestazioni di imbarbarimento o l’inevitabile crudeltà dei mezzi di lotta contro i casi particolarmente acuti di imbarbarimento, nonostante sia chiaro come il sole che questo imbarbarimento è opera della guerra imperialistica e che nessuna rivo- luzione è in grado di liberarsi da tali conseguenze della guerra senza una lunga lotta e una serie di dure misure di repressione. Sono pronti ad ammettere « teoricamente » la rivoluzione del proletariato e delle altre classi oppresse, i nostri scrittori dolciastri della N ovaia Gizn, del Vperiod o del Dielo Naroda, purché questa rivoluzione cada dal cielo, e non nasca e cresca sulla terra, bagnata dal sangue di quattro anni di massacro imperialista dei popoli, tra milioni e milioni di uomini esausti, torturati, abbrutiti da questo massacro. Hanno sentito dire e ammesso « teoricamente » che la rivoluzione va paragonata a un parto doloroso, ma, quando si è arrivati all’atto pratico, si sono vergognosamente impauriti e i loro lamenti di vili animucce si sono trasformati in cori di accompagnamento dei feroci attacchi della borghesia contro la insurrezione del proletariato. Pren- diamo la descrizione del parto nella letteratura, quelle descrizioni in cui lo scopo dell’autore era di ricostruire esattamente tutto il dolore, tutti i tormenti, tutti gli orrori di questo atto, come in La jote de vivre di Émile Zola o le Memorie di un medico di Veresaev. La nascita di 462 LENIN un uomo è legata ad un atto che trasforma la donna in un pezzo di carne esausto, torturato, reso folle dal dolore, sanguinoso, semivivo. Ma chi darebbe il nome di uomo a quell' « individuo » che vedesse soltanto questo nell’amore, nelle sue conseguenze, nella trasformazione della donna in madre? Chi per questo motivo rinuncerebbe alLamore e alla procreazione? I parti possono essere facili e possono essere difficili. Marx ed Engels, fondatori del socialismo scientifico hanno sempre parlato delle lunghe doglie del parto , inevitabilmente legate al passaggio dal capi- talismo al socialismo. Ed Engels, analizzando le conseguenze della guerra mondiale, descrive in modo semplice e chiaro il fatto evidente e indiscutibile che la rivoluzione che segue la guerra, legata alla guerra (anzi ancora di più — aggiungiamo noi — che scoppia durante la guerra, costretta a crescere e a mantenersi mentre intorno infuria la guerra mondiale) rappresenta il caso di un parto particolarmente do- loroso. Con chiara coscienza di questo fatto, Engels parla con particolare cautela della nascita del socialismo dalla società capitalistica che finisce in una guerra mondiale. « Soltanto un risultato (di una guerra mondiale), — egli dice, — è assolutamente certo: l’esaurimento generale e la creazione delle condizioni per la vittoria definitiva della classe operaia ». Questo pensiero è espresso ancora più chiaramente alla fine della prefazione che noi esaminiamo: ...« Alla fine della tragedia voi (capitalisti e grandi proprietari fon- diari, re e uomini di Stato della borghesia) sarete rovinati e la vittoria del proletariato sarà o già raggiunta o comunque inevitabile ». I parti ♦difficili aumentano notevolmente il pericolo di una ma- lattia mortale o di un esito mortale. Ma se i singoli individui muoiono di parto, la nuova società, nata dal vecchio regime, non. può morire* e la sua nascita sarà soltanto più dolorosa, più lunga, la sua crescita e il suo sviluppo più lenti. La fine della guerra non è ancora venuta. Ma l’esaurimento gene- rale è già iniziato. Dei due risultati immediati della guerra, previsti da Engels in modo condizionato (o la vittoria già raggiunta della classe operaia, o la creazione di condizioni che la rendono inevitabile, nono- stante tutte le difficoltà ), di queste due condizioni sono presenti oggi, alla metà del 1918, runa e Valtra . In un paese capitalistico tra i meno sviluppati la vittoria della PAROLE PROFETICHE 463 classe operaia è già stata raggiunta . Negli altri, con uno sforzo inau- dito, tra sofferenze inaudite, si creano le condizioni che rendono questa vittoria « comunque inevitabile ». Che gracchino pure le cornacchie « socialiste », che schizzi di rabbia e si agiti furiosa la borghesia. Solo chi chiuda gli occhi per non vedere e si otturi le orecchie per non sentire, può non accorgersi che in tutto il mondo per la vecchia società capitalistica, gravida del socialismo, sono cominciati i dolori del parto. Al nostro paese, che il corso degli avvenimenti ha temporaneamente posto all’avanguardia della rivoluzione socialista, toccano ora i dolori particolarmente tor- mentosi della prima fase del parto iniziatosi. Noi abbiamo tutte le ragioni di guardare con fermezza e fiducia assoluta al futuro, che ci prepara nuovi alleati, nuove vittorie delia rivoluzione socialista tra i paesi più avanzati. Abbiamo il diritto di essere fieri e di conside- rarci felici di essere stati i primi ad abbattere, in un angolo del globo terrestre, quella belva feroce, il capitalismo, che ha inondato la terra di sangue, ha portato l’umanità alla fame e all’abbrutimento, e che perirà immancabilmente e assai presto, per quanto mostruosa- mente feroci siano le manifestazioni della sua agonia. 29 giugno 1918 Vravda, n. 233, 2 luglio 1918 Firmato; N, Lenin, DISCORSO AL COMIZIO DEL MANEGGIO ALEXEIEVSKI 2 luglio 1918 Breve resoconto giornalistico Lenin rileva che anche l’esercito, come ogni altro mezzo di pfo- duzione, era prima uno strumento di oppressione nelle mani della classe degli sfruttatori. Ora invece ih Russia l’uno e l’altro divengono stru- menti di lotta negli interessi dei lavoratori. Questa svolta non si è prodotta facilmente, lo sanno bene i soldati del vecchio esercito zarista che ricordano la disciplina cui era inca- tenato quell’esercito. Quindi Lenin cita un caso del recente passato, quando egli, in Finlandia, ha sentito una vecchia contadina dire che mentre prima l’uomo col fucile non le permetteva di raccogliere legna nel bosco, ora invece, al contrario, non la minaccia, ma anzi la pro- tegge. Per quanto i borghesi e i loro fautori ci abbiano coperto di fango, — dice Lenin, — per quanti complotti abbiano organizzato le guardie bianche, dal momento in cui la coscienza che l’esercito è ora divenuto una difesa dei lavoratori è penetrata nell’animo anche di masse cosi arretrate, sfruttate, il potere dei soviet è saldo. Lenin rileva poi che la carestia continua a rafforzare gli specu- latori e i capitalisti. Ora accade la stessa cosa, sicché il nuovo esercito dovrà forse avere a che fare, in una guerra civile, anche con questa gente che specula sulla fame. Il vecchio mondo, i rappresentanti di una società ormai sorpassata si sforzino pure di aiutare gli affamati alla vecchia maniera, il nuovo mondo lo farà, nonostante loro, alla nuova maniera. Noi vinceremo, — dice Lenin, — se le avanguardie dei lavoratori, l’esercito rosso ricorderanno di rappresentare e difendere gli interessi di tutto il socialismo internazionale. Poi Lenin ricorda AL COMIZIO DEL MANEGGIO ALEXEIEVSKI 465 che noi non siamo soli: ne sono un esempio gli avvenimenti d’Austria, e quanto fanno i nostri compagni d’idea che, sebbene sottoposti ora alla repressione, compiono il loro dovere in tutti i paesi d’Europa. Pravda, n. 135, 4 luglio 1918. DISCORSO AL GRUPPO COMUNISTA DEL V CONGRESSO DEI SOVIET 3 luglio 1918 Breve resoconto giornalìstico Affrontando la questione della situazione internazionale della Rus- sia, Lenin rileva che la nostra posizione continua ad essere pericolosa: il nemico esterno non solo minaccia di attaccare, ma ha già invaso alcune parti della Russia. Questa situazione precaria, instabile continuerà, probabilmente, fino a quando gli sforzi della classe operaia di tutto il mondo non avranno rovesciato il capitale. È indispensabile sfruttare il momento attuale come tregua per consolidare il potere dei soviet. Parlando del massacro mondiale, Lenin osserva che la vittoria delle armi tedesche rende impossibili le condizioni di pace tra i paesi impe- rialistici. I capitalisti anglo-francesi non possono rassegnarsi a lasciare alla Germania un cosi enorme bottino. Inoltre, dopo una serie di of- fensive in Francia, dove la Germania ha perduto centinaia di migliaia di soldati, s’è creato un certo equilibrio di forze e le baionette te- desche non rappresentano più una diretta minaccia. Inoltre, gli im- perialisti dellTntesa contano sullo sfacelo, sulla situazione catastrofica che s’è venuta a creare in Austria-Ungheria. Da questo stato generale di cose si trae una sola conclusione: la guerra non ha via d’uscita. In questo sta la garanzia del fatto che la nostra rivoluzione socialista ha una seria probabilità di resistere fino al momento in cui scoppierà la rivoluzione mondiale: ne è garanzia la guerra, alla quale potranno mettere fine soltanto le masse operaie. Il nostro compito è di mantenere il potere dei soviet, cosa che noi fac- ciamo, manovrando e ritirandoci. Affrontare la battaglia aperta in que- AL GRUPPO COMUNISTA DEL V CONGRESSO DEI SOVIET 467 sto momento significherebbe peggiorare la situazione della rivoluzione mondiale. Dopo aver descritto la situazione in cui l’economia del paese è stata lasciata dai vari partiti di destra che erano prima al potere, Lenin mette in rilievo tutta la difficoltà della ricostruzione economica orga- nizzata su nuove basi. Nella lotta contro la fame, noi abbiamo due nemici: i ricchi e lo sfacelo. In questa lotta è indispensabile che il contadino povero creda nella fraterna alleanza con l’operaio. Egli non crederà alle parole, ma crederà ai fatti. E la nostra sola speranza in questo momento è riposta jieH’alleanza degli operai coscienti delle città con i poveri delle cam- pagne. La lotta per il diritto di ciascuno al pane e per il diritto a una giusta ripartizione è un grande compito. Nella capacità di distribuire equamente stanno le basi del socialismo che noi ora creiamo. Di questo siamo responsabili non solo verso i nostri fratelli, ma anche verso gli operai di tutto il mondo. Essi debbono rendersi conto che il socialismo non è qualcosa di impossibile, ma è un regime operaio solido al quale debbono tendere gli sforzi del proletariato di tutto il mondo. Pravda, n. 135, 4 luglio 1918. V CONGRESSO DEI SOVIET DEI DEPUTATI OPERAI, CONTADINI E SOLDATI DI TUTTA LA RUSSIA 177 4-10 luglio 1918 Resoconto giornalistico pubblicato il 6 luglio 1918 sulle Izvestia del CEC, n. 139. 1 RAPPORTO DEL CONSIGLIO DEI COMMISSARI DEL POPOLO 5 luglio 1918 Compagni, permettetemi, nonostante che il discorso di chi mi ha preceduto sia stato qua e là estremamente infiammato 17 ', di presentarvi il mio rapporto a nome del Consiglio dei commissari del popolo nel so- lito ordine, affrontando le questioni di principio essenziali cosi come esse lo meritano, e senza lasciarmi andare alla polemica, come deside- rerebbe tanto Foratore precedente e dalla quale, certo, non ho l’inten- zione di sottrarmi completamente. Sapete, compagni, che dopo l’ultimo congresso il fattore principale che ha determinato la nostra situazione, modificato la nostra politica e determinato la nostra tattica e i nostri rapporti con certi altri partiti della Russia, è stato il trattato di Brest- Litovsk. Ricorderete che alTultimo congresso ci sono stati lanciati molti rimproveri, si sono accumulate contro di noi tante accuse e tante voci si sono levate a dirci che la famosa tregua non sarebbe stata di aiuto alla Russia, che l’alleanza dell’imperialismo internazionale era stata comun- que conclusa e che praticamente la ritirata che noi effettuiamo non potrà portare a nulla. Ora, questo fattore essenziale ha determinato tutta la situazione anche degli Stati capitalistici e su questo fattore, natural- mente, bisogna soffermarci. Io penso, compagni, che, passati tre mesi e mezzo diviene incontestabile che, nonostante i rimproveri e le accuse, noi avevamo ragione. Possiamo dire che il proletariato e i contadini, che non sfruttano gli altri e non si arricchiscono con la fame del popolo, sono tutti con noi senza riserve e, in ogni caso, sono contro quei folli che li vogliono trascinare in guerra e vogliono strappare il trattato di Brest. (Rumori). Nove decimi sono con noi e, quanto più chiaramente si delinea la situazione, tanto più è indiscutibile che ora, quando i partiti impe- rialisti dell’Europa occidentale, i due principali gruppi imperialistici si trovano impegnati in un duello mortale tra loro, quando ogni mese, 472 LENIN ogni settimana, ogni giorno di piu si spingono versò l’abisso i cui contorni noi vediamo chiaramente, in questo momento è per noi parti- colarmente chiara la giustezza della nostra tattica: questo lo sanno e lo sentono benissimo coloro che hanno vissuto la guerra, che hanno visto la guerra, che parlano della guerra in modo serio. Per noi è particolar- mente chiaro che, finché ciascuno dei gruppi è piu forte di noi, che fin- ché non è avvenuta la svolta fondamentale che permetterà agli operai e al popolo lavoratore della Russia di sfruttare i risultati della rivolu- zione, di rimettersi dal colpo subito e di drizzarsi in tutta la loro statura, in modo da creare un nuovo esercito, organizzato e disciplinato, costi- tuito su nuove basi, affinché noi possiamo non a parole ma nei fatti... {applausi rumorosi a sinistra , una voce da destra : « Kerenski! »), fin- ché questa svolta non è ancora avvenuta noi dobbiamo aspettare. Per- ciò, quanto piu profondamente penetreremo nelle masse popolari, quan- to piu ci avvicineremo agli operai delle fabbriche e delle officine, al popolo lavoratore, ai contadini che non sfruttano il lavoro salariato, che non difendono gli interessi dei kulak speculatori, che non nascondo- no il loro grano, che non temono la dittatura nel campo degli approvvi- gionamenti, tanto più, possiamo dirlo con certezza, noi incontreremo, ed ora, possiamo dirlo con piena convinzione, abbiamo già incontrato, piena simpatia e approvazione. Si, contro questi nemici, contro gli im- perialisti, il popolo ora non vuole e non può combattere, e non com- batterà, per quanti sforzi facciano alcuni, per incoscienza o per amore della frase, per spingerlo a questa guerra, e quali che siano le parole dietro le quali essi si nascondano. Si, compagni, chiunque ora diretta- mente o indirettamente, in modo aperto o nascosto, spinge alla guerra, chi grida contro il nodo scorsoio di Brest, non si accorge che la corda al collo agli operai e ai contadini della Russia la mettono i signori Kerenski, i grandi proprietari fondiari, i capitalisti, i kulak... ( Una voce : « Mirbach! » Rumori.) Per quanto gridino in tutte le riunioni, la loro causa è perduta nel popolo! (Applausi. Rumori.) Non mi meraviglio affatto che nella situazione in cui si è trovata questa gente non resti loro che rispondere con grida, con eccessi di iste- rismo, con insulti e urla selvagge (applausi), quando non vi sono altri argomenti... ( Una voce : « Gli argomenti ci sono! » Rumori.) Il 99 per cento dei soldati russi sanno quali sofferenze indicibili sia costato venire a capo della guerra. Sanno che per riorganizzare la guerra su una nuova base economica e socialista ( voci : « Mirbach non lo per- V CONGRESSO DEI SOVIET 473 metterà! ») ci vogliono degli sforzi inauditi, bisognava mettere fine a una guerra di rapina. Sapendo che le forze deirimperialismo continuano furiosamente a lottare, trovandosi ormai, a tre mesi dal nostro precedere te congresso, ancora più vicino all’abisso, essi non andranno a combatte- re. Dopo aver fatto il nostro dovere verso tutti i popoli, comprendendo l’importanza della dichiarazione di pace e rendendo partecipi di questa importanza, attraverso la nostra delegazione a Brest-Litovsk, capeggiata dal compagno Trotski, gli operai di tutti i paesi, quando noi abbiamo proposto apertamente una pace onesta e democratica, questa proposta è stata fatta cadere dalla livida borghesia di tutti i paesi. La nostra posizione non può essere che quella di aspettare, e il popolo aspet- terà finché questi gruppi furiosi di imperialisti, che ancora sono forti, non cadranno in quell’abisso al quale si stanno ora avvicinando, come tutti vedono... (applausi), lo vedono tutti quelli che non chiudono gli occhi apposta. In questi tre mesi e mezzo, in cui il folle partito dei- rimperialismo ha voluto continuare la guerra, questo abisso si è fatto in- dubbiamente più vicino. Noi sappiamo, sentiamo, constatiamo, che ora non siamo pronti alla guerra: lo dicono i soldati, i combattenti, che hanno fatto realmente la guerra. E le grida che ci esortano a spez- zare ora il cappio di Brest, vengono dai menscevichi, dai socialisti- rivoluzionari di destra e dai partigiani di Kerenski, i cadetti. Voi sapete dove sono rimasti i reggicoda dei socialisti- rivoluzionari di destra, dei cadetti. In questo campo i discorsi dei socialisti-rivoluzionari di sinistra, che ailch’essi propendono per la guerra, saranno accolti da un subisso di applausi. I socialisti-rivoluzionari di sinistra, come hanno indicato gli oratori precedenti, si sono trovati in una posizione assai scomoda: han- no sbagliato porta. (Applausi.) Sappiamo che la grande rivoluzione nasce dal più profondo della folla stessa del popolo, che per essa ci vogliono mesi ed anni. E noi non ci meravigliamo che il partito dei socialisti-rivoluzionari di sinistra abbia avuto, durante la rivoluzione, incredibili esitazioni. Trotski ha parlato qui di queste esitazioni, e a me resta da aggiungere che il 26 ottobre, quando invitammo i compagni socialisti-rivoluzionari di sinistra a far parte del governo, essi rifiutarono; e quando Krasnov era alle porte di Pietrogrado, essi non erano con noi, e, di conseguenza, essi non aiutarono noi, ma Krasnov. Noi non ci meravigliamo di queste esitazioni: si, questo partito ne ha avute moltissime, ma, compagni, c’è un limite a tutto. 474 LENIN Noi sappiamo che la rivoluzione è una cosa che si apprende con l’esperienza e con la pratica, che una rivoluzione diviene tale solo quando decine di milioni di uomini, in uno slancio unanime, si sollevano come una sola persona. (Applausi, che coprono la voce di Lenin , grida : « Viva i soviet! ») Questa lotta che ci eleva a una nuova vita, è stata iniziata dal 115 milioni di uomini: a questa lotta grandiosa bisogna guar- dare con la piu profonda serietà. (Applausi fragorosi.) In ottobre, quando è stato fondato il potere dei soviet, il 26 ottobre 1917, quando... (rumori, grida , applausi) il nostro partito e i suoi rappresentanti nel CEC proposero al partito dei socialisti-rivoluzionari di sinistra di en- trare nel governo esso rifiutò. Nel momento in cui i socialisti*rivo- luzionari di sinistra, si rifiutavano di entrare nel nostro governo, essi non erano con noi, ma contro di noi. ( Rumori sui banchi dei socia- listi-rivoluzionari di sinistra.) Mi spiace molto di aver dovuto dire qualcosa che non vi è piaciuto. (,4 destra.il rumore aumenta.) Ma che farci? Se il generale cosacco Krasnov... (/ rumori e le grida non gli per- mettono di continuare). Quando il 26 ottobre voi avete esitato, non sapendo che cosa volevate, e vi siete rifiutati di venire con noi... (Rumori che durano qualche minuto.) La verità scotta! Vi ricorderò che coloro che esitavano, coloro che non sanno che cosa vogliono, che si rifiutano di venire con noi, danno ascolto agli altri, che raccontano loro delle favole. Io vi dicevo che un soldato che è stato in guerra... (Rumori, applausi.) Quando ha parlato il precedente oratore, Tenorme maggioran- za del congresso non gli ha impedito di parlare. Ma questo si capisce, e se questa gente preferisce lasciare il congresso, la porta è aperta! (Rumori ed eccitazione sui banchi di destra.) E cosi, compagni, tutto il corso degli avvenimenti ha dimostrato che noi avevamo ragione quando abbiamo voluto concludere la pace di Brest-Litovsk. E quelli che nel precedente congresso dei soviet hanno cercato di diffondere scherzi di cattivo gusto a proposito della tregua, hanno imparato e hanno visto che noi siamo riusciti a ottenere, anche se con incredibile fatica, una tregua, e durante questa tregua i nostri operai e contadini hanno compiuto un enorme passo in avanti verso la costruzione del socialismo, e, al contrario, le potenze deiroccidente hanno fatto un enorme passo avanti verso l’abisso nel quale l’impe- rialismo cadrà tanto piu rapidamente quanto più dura questa guerra. E perciò solo il disorientamento più completo può spiegare la con- dotta di coloro che, prendendo a motivo la difficoltà della nostra situa- V CONGRESSO DEI SOVIET 475 zione, attaccano la nostra tàttica. Ripeto che basta guardare gli ultimi tre mesi e mezzo. Ricorderò a coloro che erano presenti a quel congres- so le parole che vi furono dette, e propongo a chi non c’era di rileggersi il verbale o gli articoli di giornale riguardanti il congresso, per convin- cersi che la nostra tattica è stata pienamente giustificata dagli avveni- menti. Tra le vittorie della rivoluzione d'ottobre e le vittorie della rivo- luzione socialista internazionale non vi può essere una barrièra: esplosio- ni rivoluzionarie debbono cominciare anche in altri paesi. Per affrettarle, noi abbiamo fatto, nel periodo di Brest, tutto il possibile. Chi ha vissuto le rivoluzioni del 1905, del 1917, chi vi ha riflettuto e le ha consi- derate seriamente, sa che queste rivoluzioni sono nate nel nostro paese con incredibile fatica. Due mesi prima del gennaio 1905 e del febbraio 1917 nessun rivo- luzionario, per quanto ricco di esperienza e di sapere, nessuno, pur buon conoscitore della vita del popolo, avrebbe potuto prevedere che un’esplosione di questo genere sarebbe avvenuta in Russia. Gettare grida qua e là e lanciare alle masse popolari appelli che equivalgono a rom- pere la pace e a gettarsi nella guerra, è una politica di gente che è caduta in preda alla confusione, che ha perso completamente la testa. E per dare una prova di questa confusione, porterò come esempio le parole di un uomo sulla sincerità del quale né io né nessun altro sol- leva il minimo dubbio; le parole della compagna Spiridonova, tratte dal discorso che è stato pubblicato sul Golos Trudovovo Krestìanslva e che non è stato smentito. In questo discorso del 30 giugno, la com- pagna Spiridonova ha introdotto tre righe, con l’aria di non dire nulla di sttaordinario, in cui però si affermava che i tedeschi ci avrebbero imposto, con un ultimatum, di mandare loro due miliardi di manufatti. Il partito che spinge i suoi rappresentanti più sinceri a tal punto da farli cadere nel fango di cosi ributtanti menzogne, un tale partito è definitivamente perduto. Gli operai e i contadini non possono ignorare gli incredibili sforzi e le sofferenze che c’è costata la firma del trattato di Brest-Litovsk. Davvero ce bisogno ancora di storielle e invenzioni, alle quali ricorrono perfino gli uomini più sinceri di quel partito per dipingere gli orrori di questa pace? Ma noi sappiamo dov’è la verità, verità che conosce anche il popolo, e da essa noi ci faremo guidare mentre essi si agitano con le loro grida isteriche. Da questo punto di vista una tale condotta piena di confusione è peggio di qualsiasi provo- cazione; soprattutto se consideriamo l’insieme dei partiti esistenti in 476 LENIN Russia, il che richiede un atteggiamento scientifico verso la rivolu- zione. Non bisogna mai dimenticare di considerare nel loro complesso i rapporti di tutti i partiti. Le singole persone, i singoli gruppi si possono sbagliare, possono non saper trovare, non saper spiegare il loro proprio comportamento, ma se noi prendiamo tutti i partiti della Russia e ci mettiamo a considerare i loro rapporti reciproci, non vi può essere errore. Guardate che cosa dicono ora i socialisti-rivoluzionari di destra, Kerenski, Savinkov e tutti gli altri, quando ascoltano gli appelli dei socialisti-rivoluzionari di sinistra... applaudono ora freneti- camente. Sono felici di trascinare la Russia in guerra ora, quando ciò serve a Miliukov. E parlare adesso cosi del cappio di Brest, significa gettare al collo del contadino russo il cappio del grande proprietario fondiario. E quando qui ci parlano della lotta contro i bolscevichi, come l’oratore precedente ha parlato della disputa con i bolscevichi, io rispon- do: no, compagni, questa non è una disputa, è una rottura vera- mente irrevocabile, una rottura tra chi sopporta le difficoltà della situa- zione, dicendo al popolo la verità, ma senza lasciarsi ubriacare dai clamori, e chi si inebria di questi clamori e senza volerlo fa un lavoro che spetta ad altri, il lavoro dei provocatori. (Applausi.) Termino la prima parte del mio rapporto. In tre mesi e mezzo di furiosa guerra imperialistica, gli Stati imperialistici si sono avvicinati a quell’abisso nel quale vorrebbero spingere il popolo. A noi questa belva macchiata di sangue ha strappato tanti brandelli di carne viva. I nostri nemici si avvicinano cosi rapidamente a queU’abisso, che, se anche avessero a disposizione piu di tre mesi e mezzo e se il massacro imperialistico ci infliggesse di nuovo le stesse perdite, perirebbero loro, non noi, perché la rapidità con cui viene meno la loro resistenza li porta rapidamente verso la rovina. Mentre da noi, in questi tre mesi e mezzo, nonostante le enormi difficoltà, di cui noi parliamo aperta- mente di fronte a tutto il popolo, nonostante tutto ciò, vediamo svilup- parsi gli embrioni sani di un organismo sano, e nell’industria e dapper- tutto procede e si sviluppa un minuto lavoro di costruzione, forse senza dar tanto nell’occhio e senza fare tanto rumore. È un lavoro che ha dato i suoi ottimi risultati, e noi, se avremo ancora tre mesi, ancora sei mesi, ancora un inverno in cui poter svolgere un tale lavoro, sapremo andare avanti, mentre la belva imperialistica dell’Europa occidentale, stanca, non riuscirà a sostenere una tale competizione, perché nel suo seno maturano forze che finora non hanno ancora fiducia in se stesse, V CONGRESSO DEI SOVIET 477 ma che porteranno l’ imperialismo alla rovina. E ciò che là è comin- ciato, cominciato in modo profondo, non potrà essere modificato in tre mesi e mezzo. Di questo modesto lavoro di costruzione, di crea* zione si parla troppo poco, e io penso che su di esso dobbiamo soffer- marci piu a lungo. Io dal canto mio, non posso nasconderlo, se non altro in virtù del fatto che sono costretto a prendere in considera- zione gli attacchi decoratore che mi ha preceduto. Ricorderò la riso- luzione del Comitato esecutivo centrale del 29 aprile 1918 i:9 . Allora feci un rapporto in cui ebbi occasione di parlare dei compiti immediati del potere sovietico I8 °, e dove sottolineavo che, nonostante la inaudita difficoltà della nostra situazione, da noi, all’interno del paese, il lavoro costruttivo doveva essere posto in primo piano. A questo proposito, senza farci delle illusioni, noi dobbiamo dire che a questo lavoro, con tutte le sue difficoltà, noi dobbiamo dedicare tutte le nostre forze. L’esperienza, di cui io posso farvi partecipi, dimo- stra che a questo riguardo noi abbiamo fatto indubbiamente grandi passi in avanti. È vero che se ci si limita ai risultati esteriori, come fa la borghesia, appigliandosi a singoli casi di nostri errori, è dif- ficile parlare di successi, ma noi vediamo la cosa in modo assoluta- mente diversa. La borghesia prende l’amministrazione della flotta fluviale ed enumera le volte che abbiamo dovuto riorganizzarla, si illumina di una gioia maligna e dice che il potere dei soviet non può farcela. A questo io rispondo: si, noi abbiamo riorganizzato parecchie volte la nostra direzione della flotta fluviale, come quella delle ferrovie, ed ora ci accingiamo a una grande riorganizzazione del Consiglio del- l’economia nazionale. Il significato della rivoluzione è tutto qui: nel fatto che il socialismo è passato dal campo del dogma, di cui possono parlare soltanto coloro che non comprendono assolutamente nulla, dal campo dei libri, dei programmi a quello del lavoro pratico. Ed ecco ora che gli operai e i contadini fanno con le proprie mani il socialismo. Anche per la Russia, ne sono certo, sono passati irrevocabilmente i tempi in cui si discuteva sui libri dei programmi socialisti. Adesso del socialismo si può parlare solo sulla base dell’esperienza. E il significa- to della rivoluzione è appunto nel fatto che per la prima volta essa ha spazzato via il vecchio apparato della burocrazia borghese, del sistema di amministrazione borghese, e ha creato condizioni tali per cui gli operai e i contadini si mettono essi stessi all 'opera, incredibilmente difficile, le cui difficoltà sarebbe ridicolo nascondersi, giacché i capita- 478 LENIN listi e i grandi proprietari fondiari hanno per secoli oppresso e perse- guitato decine di milioni di uomini per il solo fatto di aver accarezzato il pensiero di amministrare da sé la loro terra. Ed ora in poche setti- mane, in pochi mesi, in uno stato di disperato, tremendo sfacelo, dopo che la guerra ha ricoperto di ferite tutto il corpo della Russia, si che il popolo assomiglia a un uomo battuto a sangue e lasciato semivivo, — quando gli zar, i proprietari fondiari e i capitalisti ci hanno lasciato in eredità il piu tremendo degli sfaceli, — nuove classi, gli operai e quei contadini che non sfruttano gli operai salariati e non si arricchiscono speculando sul grano, debbono accingersi al nuovo compito, alla costru- zione di una nuova società. Si, questo compito è incredibilmente diffi- cile e straordinariamente fecondo. Ogni mese di questo lavoro e di questa esperienza vale dieci anni, se non venti, della nostra storia, Si, noi non abbiamo nessuna paura di riconoscere di fronte a voi ciò che si vede quando si prende conoscenza dei nostri decreti, e cioè che ci tocca continuamente rifarli; noi non abbiamo creato ancora nulla già bello e pronto, noi non conosciamo ancora un socialismo tale che si possa esporre in paragrafi. Se ora a questo congresso noi possiamo proporre una Costituzione sovietica 181 è solo perché i soviet sono stati creati e sperimentati in tutti gli angoli del paese, perché voi l’avete creata, l’avete sperimentata in tutti gli angoli del paese; appena sei mesi dopo la rivoluzione d’ottobre, quasi un anno dopo il I Congresso dei soviet di tutta la- Russia; noi abbiamo potuto trascrivere ciò che già esiste nella pratica. Nel campo dell’economia, là dove, il socialismo comincia appena a costruirsi, dove si deve formare una nuova disciplina, non abbiamo ancora queste esperienze, le acquistiamo nel corso di modificazioni e trasformazioni. Questo è il nostro compito principale. Noi diciamo: da ogni nuovo ordine sociale si richiedono nuovi rapporti tra gli uomini una nuova disciplina. C’è stato un tempo in cui senza la disciplina del servaggio non si poteva condurre un’economìa, quando c’era una sola disciplina, quella del bastone; c’è stato il tempo del dominio dei capita- listi, in cui la forza della disciplina era data dalla fame. Adesso invece da quando vi è stata la rivoluzione sovietica, da quando è cominciata la rivoluzione socialista, la disciplina dev’essere creata su basi assoluta- mente nuove, la disciplina deve fondarsi sulla fiducia nella capacità organizzativa degli operai e dei contadini poveri, sul mutuo aiuto, sul mutuo rispetto, sull’indipendenza e l’iniziativa nella lotta. Chiunque V CONGRESSO DEI SOVIET 479 ricorre ai vecchi metodi capitalistici, chiunque nel momento del bisogno e della fame ragiona alla vecchia maniera, alla maniera capitalistica: se io, per esempio, vendo il mio grano per conto mio, ne trarrò maggior profitto, se io, dico, vado a cercare il grano per conto mio, lo troverò più facilmente; chiunque ragiona cosi, sceglie la via più facile, ma non arriverà al socialismo. È semplice, è facile restare legati ai vecchi, ormai abituali rapporti capitalistici, ma noi desideriamo imboccare una nuova strada. Essa esige da noi, da tutto il popolo un alto grado di conoscenza, di capacità orga- nizzativa, richiede più tempo, provoca grossi errori. Ma noi diciamo a noi stessi: solo chi non fa nulla di pratico non sbaglia. Se il periodo di cui io vi espongo gli avvenimenti comprende, dal punto di vista dell'assemblea, esperienze in cui si incontrano spesso correzioni, modificazioni, ritorni all'antico, non è però in questo che consiste il compito principale, il contenuto essenziale, il valore essen- ziale del periodo trascorso. Il vecchio apparato di amministrazione costi- tuito da burocrati, ai quali bastava dar bordine di aumentare gli stipendi, è scomparso. Noi abbiamo ora a che fare con organizzazioni operaie che prendono nelle loro mani la gestione dell’economia. Abbiamo a che fare con il proletariato delle ferrovie, che era in condizioni peggiori degli altri, e che ha il diritto di esigere che la sua situazione sia miglio- rata; domani sarà il proletariato dei trasporti fluviali ad avanzare le sue rivendicazioni, dopodomani il contadino medio, del quale parlerò più a lungo, che spesso si sente in condizioni peggiori dell’operaio al quale noi dedichiamo la massima attenzione, neirinteresse del quale sono emanati tutti i decreti, cosa che non ha assolutamente capito l'oratore precedente; tutto questo crea incredibili difficoltà, ma sono le diffi- coltà con le quali gli operai e i contadini poveri organizzano per la prima volta dopo secoli tutta l'economia della Russia con le loro proprie mani. Ecco dunque che bisogna cercare i mezzi per soddisfare le giuste rivendicazioni, modificare i decreti, riorganizzare le amministrazioni. Ma accanto agli esempi e ai casi di insuccessi, di fallimenti, — casi che vengono colti al volo dalla stampa borghese e che, certo, sono nume- rosi, — noi otteniamo dei successi, poiché proprio attraverso gl’insucces. si e gli errori parziali noi apprendiamo dall’esperienza a costruire l’edi- ficio del socialismo. E quando vediamo avanzare da tutte le parti nuove rivendicazioni, diciamo: cosi dev’essere, questo è il socialismo, quando ciascuno desidera migliorare la propria posizione, quando tutti 480 LENIN vogliono godere dei beni della vita. Ma il paese è povero, il paese è misero, e soddisfare tutte le rivendicazioni è impossibile per ora, e perciò è cosi difficile costruire il nuovo edificio mentre dura ancora lo sfacelo. Ma sbaglia profondamente chi pensa che il socialismo si possa costruire in un periodo di pace e di calma: dappertutto verrà costruito in un periodo di sfacelo, in un periodo di fame, cosi dev’essere, e, quando vediamo i rappresentanti di siffatte idee, allora diciamo a noi stessi: oon migliaia, decine di migliaia, centinaia di migliaia di mani gli operai e i contadini lavoratori si sono messi a costruire il nuovo edificio del socialismo. Ora cominciano le più profonde trasformazioni nelle campagne, dove i kulak sono in agitazione e cercano di ostacolare i contadini lavoratori, che non sfruttano il lavoro altrui e non si arric- chiscono speculando sul pane, e qui il compito è diverso. Nelle città bisogna organizzare le officine, l’industria metallurgica e, dopo lo sfa- celo della guerra, distribuire la produzione, ripartire le materie prime, i mezzi tecnici: l’attuazione di questo compito è molto difficile. Là l’operaio impara a far tutto questo e crea gli organi dell’amministrazione centrale, mentre noi dobbiamo trasformare il Consiglio superiore del- l’economia, poiché le vecchie leggi, create all’inizio dell’anno, sono già in- vecchiate, il movimento operaio va avanti, il vecchio controllo operaio è già invecchiato, e i sindacati si trasformano in embrioni degli organi di direzione di tutta l’industria. {Applausi.) In questo campo è già stato fatto molto, ma tuttavia non possiamo vantarci di aver conse- guito un brillante successo. Sappiamo che in questo campo gli elementi borghesi, i capitalisti, i grandi proprietari fondiari, i kulak, hanno ancora la possibilità di svolgere per lungo tempo la loro opera di agita- zione, dicendo che, come sempre, il tale decreto promulgato non è stato applicato, l’altro è appena stato emanato e già viene sottoposto a modi- fiche; e la speculazione, vedete, rimane ora tale e quale come era sotto il capitalismo. Si, noi non conosciamo una ricetta da ciarlatani buona per ogni uso che possa distruggere d’un colpo la speculazione. Le abitudini del regime capitalistico sono troppo forti, rieducare un popolo educato per secoli in queste abitudini è cosa difficile e che richiede molto tempo. Ma noi diciamo: il nostro mezzo di lotta è l’orga- nizzazione, noi dobbiamo tutto organizzare, tutto prendere nelle nostre mani, controllare ad ogni passo i kulak, gli speculatori, dichiarare loro guerra implacabile e non concedere loro respiro, controllando ogni loro passo* V CONGRESSO DEI SOVIET 481 Sappiamo per esperienza che la modifica dei decreti è necessaria poiché si incontrano nuove difficoltà dalle quali la modifica trae nuo- vi motivi. E se nella questione degli approvvigionamenti siamo giunti ora ad organizzare i contadini poveri e se ora quelli che prima erano nostri compagni, i socialisti-rivoluzionari di sinistra, affermano con piena sincerità, di cui non bisogna dubitare, che le nostre strade si sono di- vise, noi rispondiamo loro con fermezza: tanto peggio per voi, poiché ciò significa che voi vi siete allontanati dal socialismo. (Applausi.) Compagni! La questione degli approvvigionamenti è quella essen- ziale, è la questione alla quale noi soprattutto dedichiamo attenzione nel nostro lavoro. Una gran quantità di piccoli provvedimenti, che non si vedono a guardare superficialmente, ma che sono stati presi dal Con- siglio dei commissari del popolo, come il miglioramento dei trasporti fluviali e ferroviari, l'epurazione delle intendenze, la lotta contro la spe- culazione, tutto ciò era diretto ad affrontare e risolvere la questione de- gli approvvigionamenti. Non solo il nostro paese, ma anche tutti i paesi più evoluti, che prima della guerra non conoscevano che cosa fosse la fame, si trovano ora tutti nella più disastrosa situazione che gli impe- rialisti hanno creato lottando per il predominio di questo o quel gruppo. Decine di milioni di uomini in occidente soffrono i tormenti della fame. È appunto ciò che rende inevitabile la rivoluzione sociale, poiché la rivoluzione sociale nasce non dai programmi, ma dal fatto che decine di milioni di persone dicono: « Non vogliamo vivere soffrendo la fame, preferiamo morire per la rivoluzione ». {Applausi). Una terribile calamità — la carestia — si è abbattuta su di noi, e quanto più grave è la nostra situazione, quanto più acuta la crisi alimentare, tanto più si rafforza la lotta dei capitalisti contro il potere dei soviet. Voi sapete che rammutinamento dei cecoslovacchi è opera di uomini comperati dagli imperialisti anglo-francesi. Capita continua- mente di sentire che ora qui, ora là scoppia una rivolta contro i soviet. Le rivolte dei kulak si estendono a sempre nuove regioni. Sul Don Krasnov, che gli operai russi lasciarono magnanimamente in libertà a Pietrogrado, quando egli si presentò e consegnò la sua spada, giacché i pregiudizi degli intellettuali sono ancora forti e gli intellettuali prote- stavano contro la pena di morte, fu liberato a causa dei pregiudizi degli intellettuali contro la pena di morte, Ed ora io vorrei vedere il tribu- nale popolare, il tribunale operaio o contadino che non fucilerebbe Krasnov, come egli fucila gli operai e i contadini. Ci dicono che, se chi 16—2654 482 LENIN fucila è la commissione Dzerginski, va bene; ma se il tribunale di- ce apertamente di fronte a tutto il popolo: questo è un controrivolu- zionario e merita la fucilazione, allora va male. Gente che è arri- vata a una tale ipocrisia è morta politicamente. {Applausi.) No, il rivo- luzionario che non voglia fare l’ipocrita, non può respingere la pena di morte. Non c’è stata mai una rivoluzione o una guerra civile senza fucilazione. La nostra situazione alimentare è divenuta ormai quasi catastrofica. Siamo giunti a una fase che è la più difficile della nostra rivoluzione. Abbiamo di fronte a noi il periodo più duro: non c’è stato fino ad ora un periodo più difficile nella Russia operaia e contadina, ed è appunto il periodo che rimane fino al nuovo raccolto. Io, che ho esperienza di tante divergenze di partito, di tante dispute e controversie rivoluzionarie, non mi meraviglio che in un periodo cosi difficile aumenti il numero delle persone che cadono in preda all’isterismo e gridano: « io me ne vado dai soviet », ricordando i decreti che aboli- vano la pena di morte. Ma non è un buon rivoluzionario colui che nel momento in cui la lotta si fa aspra si ferma dinanzi all’intangibilità della legge. Le leggi in un’epoca di transizione hanno un valore provvisorio. E se la legge ostacola lo sviluppo della rivoluzione, va abolita o modificata. Compagni, quanto più si abbatte su di noi la carestia, tanto più diventa chiaro che contro questa tremenda calamità sono necessarie anche tre- mende misure di lotta. Il socialismo, ripeto, ha cessato di essere un dogma, come ha cessato forse, anche, di essere un programma. Il nostro partito ancora non ha fino a questo momento redatto un nuovo pro- gramma, e il vecchio già non serve più. Distribuire il pane con giustizia ed equità: ecco qual e la base del socialismo oggi. [Applausi.) La guerra ci ha lasciato in eredità lo sfacelo; grazie agli sforzi di Kerenski e dei grandi proprietari-kulak, che dicevano « dopo di noi il diluvio! », il paese è stato ridotto a uno stato tale che si sente dire: tanto peggio, tanto meglio. La guerra ci ha lasciato tali calamità che noi ora, sulla questione del pane, mettiamo alla prova l’essenza stessa di tutto il regime socialista e dobbiamo prendere in pugno questa questione è risolverla praticamente. Qui noi ci diciamo: come affrontiamo il pro- blema del pane, alla vecchia maniera, capitalistica, quando i contadini, approfittando dell’occasione, si arricchiscono di migliaia di rubli specu- lando sul pane, e continuando a chiamarsi contadini lavoratori e, a volte perfino socialisti-rivoluzionari di sinistra? {Applausi.) Essi ragionano V CONGRESSO DEI SOVIET 483 cosi; se il popolo ha fame, vuol dire che i prezzi del grano aumentano; se la fame tocca le città, vuol dire che io mi riempirò la borsa, e se la fame si estenderà ancor piu, vuol dire che io spremerò altre migliaia di rubli. Ma io so benissimo che la colpa di questo ragionamento non è delle singole persone. Tutto il sordido retaggio lasciato dalla vecchia società dei grandi proprietari e dei capitalisti ha insegnato alla gente a pensare, a ragionare e a vivere cosi, e modificare la vita di decine di milioni di persone è terribilmente difficile: a questo fine occorre un lungo e tenace lavoro, e questo lavoro noi lo abbiamo appena comin- ciato. Non c’è mai venuto in mente di accusare chi, essendo tormentato dalla fame e non vedendo i vantaggi dell’organizzazione socialista di distribuzione del pane, cerca in tutti i modi di cavarsela da solo, infi- schiandosene di tutto il resto. Ma diciamo: quando prendono la pa- rola i rappresentanti dei partiti, quando trattiamo con uomini apparte- nenti a un determinato partito, quando siamo di fronte a gruppi impor- tanti del popolo, allora esigiamo che essi guardino a tutto questo non dal punto di vista dell’uomo esausto, sfinito ed affamato, Su cui nes- suno pensa di levare la mano, ma dal punto di vista della costruzione della nuova società. Ripeto, non si riuscirà mai a costruire il socialismo in un momento in cui tutto sia calmo e tranquillo, non si riuscirà mai a realizzare il socialismo senza una furiosa resistenza dei grandi proprietari fondiari e dei grandi capitalisti. Quanto più difficile è la situazione tanto più essi si fregano le mani dalla gioia; tanto più essi si sollevano e si ribellano; e quanto più difficile è la situazione, quanto più numerosi si fanno da noi i sabotatori, tanto più volentieri essi si lanciano nelle avventure come quelle dei cecoslovacchi e di Krasnov. E noi diciamo: tutto ciò dobbiamo superarlo, ma non alla ecchia manièra, per quanto sia difficile spingere il carro in salita e non farlo andare alTindietro, discendendo la china. Noi sappiamo benissimo che non è passata una settimana e nemmeno un giorno senza che al Consiglio dei commis- sari del popolo ci occupassimo della questione degli approvvigiona- menti: abbiamo emanato migliaia di proposte, di disposizioni, di decreti e abbiamo posto continuamente all’ordine del giorno il problema della lotta contro la fame. Si dice: non c’è nessun bisogno di prezzi speciali, di tasse, di monopoli sul grano. Traffica come ti pare. I ricchi si arric- chiscono ancora di più, e, quanto ai poveri, se muoiono, in fondo sono sempre morti di fame. Ma un socialista non può ragionare cosi: 16 * 484 LENIN in questo momento in cui la salita è diventata piu ripida e il carro deve superare l’erta piu difficile, la questione del socialismo ha cessato di essere una questione di dissensi tra i partiti, ed è divenuta una questione di vita o di morte: terrete duro nella lotta contro i kulak, alleati con i contadini che non speculano sul grano, terrete duro ora, quando bisogna combattere, quando c’è da affrontare il lavoro piu duro? Ci hanno parlato dei comitati dei poveri 182 . Per chi ha conosciuto in pratica i tormenti della fame, è chiaro che per spezzare e schiacciare senza pietà i kulak, sono necessarie le misure più dure e implacabili. Quando abbiamo deciso di organizzare le associazioni di contadini poveri, lo abbiamo fatto con la piena coscienza di tutta la gravità e la crudeltà di questa misura, poiché solo l’alleanza delle città e dei contadini poveri e di coloro che hanno le scorte ma non specu- lano, di coloro che vogliono superare decisamente le difficoltà e far si che le eccedenze di grano vadano allo Stato e vengano distribuite tra i lavoratori, solo una tale alleanza è l’unico mezzo per vincere questa lotta. E questa lotta deve condursi con programmi e discorsi; in questa lotta contro la fame si deve vedere chi, nonostante tutte le prove da sopportare, marcia per la via diritta verso il socialismo e chi si lascia ingannare dai sotterfugi dei kulak. E se nel partito dei socialisti-rivoluzionari di sinistra si trovano persone come l’oratrice che mi ha preceduto, una delle più sincere e perciò spesso propense a cedere all’impulso e a cambiare idea, che diranno: noi non possiamo lavorare con i bolscevichi, noi ce ne andiamo, — non staremo a rimpiangerla per un solo istante. Quei sociali- sti che se ne vanno nel momento in cui decine e centinaia di migliaia di persone muoiono di fame, mentre altri possiedono cosi ingenti ecce- denze di grano che non hanno venduto prima dell’agosto dell’anno scorso, quando hanno raddoppiato i prezzi fissi del grano, provvedi- mento contro cui si è sollevata tutta la parte democratica; chi sa che il popolo soffre gli indicibili tormenti della fame, ma non vuole ven- dere il grano al prezzo cui lo vendono i contadini medi, questi sono nemici del popolo, vogliono mandare in rovina la rivoluzione e favo- riscono la violenza, questi sono amici dei capitalisti! Guerra a loro e guerra implacabile! (Applausi di tutta la sala. Applaude anche una parte considerevole dei socialisti-rivoluzionari di sinistra). Ha mille volte torto e sbaglia mille volte chi si lascia anche per un solo momento attrarre dalle parole altrui e dice, come dicono a volte alcuni socialisti- V CONGRESSO DEI SOVIET 485 rivoluzionari di sinistra incauti o irriflessivi, che questa è una lotta contro i contadini! No, questa è una lotta contro una infima minoranza di kulak delle campagne, è una lotta per salvare il socialismo e distri- buire equamente il grano in Russia. ( Voci : « E le merci? ».) Noi lotte- remo in alleanza con la stragrande maggioranza dei contadini. In questa lotta vinceremo, e allora ogni operaio europeo vedrà che cosa è real- mente il socialismo. In questa lotta ci aiuterà chiunque, pur non sapendo forse scienti- ficamente che cosa è il socialismo, tuttavia ha lavorato per tutta la vita e sa di essersi dovuto sempre procurare il pane a caro prezzo: egli ci capirà. Un uomo come questo sarà con noi. Ai kulak, che hanno le eccedenze di grano e che son capaci di nasconderle nel momento in cui il popolo è colpito maggiormente dalla calamità, nel momento in cui tutte le conquiste della rivoluzione sono in giuoco, in cui gli Skoro- padski di tutte le sfumature e di tutte le regioni occupate e non occu- pate tendono il collo per vedere se per caso non possono rovesciare, con la carestia, il potere operaio e contadino e far tornare i grandi pro- prietari fondiari, a questi kulak bisogna dichiarare in questo momento una guerra senza pietà: questo è il nostro primo dovere sociale. Chiun- que in questo difficilissimo momento, pieno di prove difficilissime per il popolo affamato e per la rivoluzione socialista, se ne lava le mani e ripete le storielle della borghesia, è un cattivo socialista. È falso, è mille volte falso che questa sia una lotta contro i conta- dini! L'ho letto centinaia di volte sulle pagine dei giornali cadetti e non mi meraviglia quando là si grida che gli operai si sono scissi dai conta- dini. Quando là si scrive istericamente: « Contadini, riprendetevi, riflet- tete e abbandonate i bolscevichi ». Quando io sento e leggo queste cose, non mi meraviglio. Sono cose che stanno bene sui giornali dove sono scritte. Là servono al padrone cui sono destinate a servire, ma io non vorrei essere nella pelle di un socialista che fosse caduto cosi in basso da pronunciare tali discorsi! { Applausi fragorosi.) Compagni, sap- piamo benissimo quali incredibili difficoltà si debbano superare per risolvere la questione degli approvvigionamenti. Qui ci sono i pregiu- dizi piu profondi, qui gli interessi più radicati, gli interessi dei kulak. C'è la divisione, l’inerzia, la dispersione delle campagne, l’ignoranza, tutte cose che in molti casi si uniscono contro di noi. E noi diciamo: nonostante queste difficoltà, non si può rinunciare; non si scherza con la fame, e le masse popolari, se non le aiutiamo a risolvere il problema 486 LENIN della fame, sono capaci, spinte dalla fame, di gettarsi perfino nelle braccia di Skoropadski. Non è vero che questa sia una lotta contro i contadini! Chi lo dice è il peggiore dei criminali, la sorte peggiore capiterebbe a colui che si facesse istericamente indurre a pronunciare tali discorsi. No, noi non lottiamo, non solo, contro i contadini poveri, ma nemmeno contro i contadini medi. I contadini medi dispongono in tutta la Russia di eccedenze di grano insignificanti. I contadini medi hanno vissuto per decine di anni prima della rivoluzione in condizioni peggiori di quelle in cui vive l’operaio. Prima della rivoluzione essi hanno conosciuto solo il bisogno e l’oppressione. Con questi contadini medi noi vogliamo cercare una via d’intesa. La rivoluzione socialista porta l’uguaglianza per tutte le masse lavoratrici; sarebbe ingiusto che un operaio della città ricevesse di piu di un contadino medio, che non sfrutta il lavoro altrui con il sistema salariale o la speculazione. Il con- tadino vive e conosce il bisogno e l’oppressione piu dell’operaio, vive ancor peggio di lui. Egli non ha organizzazione né sindacati che si occupino di migliorarne le condizioni. Perfino nei sindacati operai ci tocca convocare decine di riunioni per equipaggiare il salario tra le varie categorie. E tuttavia non riusciamo a farlo. Ogni operaio ragionevole sa che per questo è necessario un lungo periodo. Forse che trovate poche rimostranze, pochi reclami al Commissariato del lavoro? Voi vedrete che ogni categoria leva la testa, non vuole vivere alla vecchia maniera; noi non vogliamo vivere come schiavi! Noi vogliamo in un paese povero, in un paese misero, curare quelle ferite che gli sono state inferte. Dobbiamo sforzarci di mantenere in qualche modo in piedi l’eco- nomia, che è quasi completamente in sfacelo. Noi possiamo farlo solo mediante l’organizzazione. Per organizzare i contadini, noi abbiamo emanato il decreto sui comitati dei poveri. Contro questo decreto pos- sono levarsi solo i nemici del socialismo. Noi abbiamo detto che rite- niamo giusto abbassare i prezzi sui prodotti manufatti. Noi prenderemo sotto controllo, nazionalizzeremo decisamente tutto, {Applausi.) E que- sto ci darà la possibilità di regolare la distribuzione dei prodotti del- l’industria. Noi abbiamo detto: abbassate della metà i prezzi sui manufatti per i poveri, per i contadini poveri, e del 25 per cento per i contadini medi. Forse questa impostazione non è giusta. Noi non pretendiamo di aver risolto la questione in modo giusto. Noi non raffermiamo. Per risolvere la questione, andatela a risolverla insieme. (Applausi.) Se si V CONGRESSO DEI SOVIET 487 sta seduti in una direzione centrale e si vuol lottare contro la specu- lazione, arrestare i delinquenti, che fanno di nascosto i propri affari, cosi non si risolve la questione. Solo quando il Commissariato agli approvvigionamenti, insieme con il Commissariato all’agricoltura, avrà nazionalizzato tutti i prodotti, avrà stabilito i prezzi, — solo allora noi ci avvicineremo davvero al socia- lismo. Ad esso si avvicinano solo i lavoratori della città, i contadini poveri, tutti coloro che lavorano, che non arraffano agli altri, non sfruttano il lavoro altrui, né in forma di salario, né in forma di specu- lazione, poiché chi prende 100 e piu rubli per il grano, non è meno speculatore di chi impiega operai salariati; forse egli è uno speculatore ancora peggiore, ancora più nocivo. In sei mesi di gestione sovietica incredibilmente difficili siamo riusciti ad organizzare i contadini poveri: peccato che non ci siamo riusciti in una mezza settimana, ecco la nostra colpa! Se ci rimproverassero d'aver emanato con sei mesi di ritardo il decreto sull’organizzazione dei contadini poveri e sulla dittatura nel set- tore degli approvvigionamenti, noi saremmo lieti di questo rimprovero. Noi diciamo: soltanto ora, che ci siamo inoltrati su questa strada, il socialismo ha cessato di essere una semplice frase ed è diventato un fatto vivo. Forse il decreto non è felice, forse i prezzi da noi fissati non sono esatti. Ma da dove li possiamo trarre? Solo dalla nostra espe- rienza. Quante volte abbiamo modificato le tabelle salariali dei ferrovie- ri, nonostante che essi abbiano un sindacato, mentre i contadini poveri non hanno sindacati. Su, controlliamo insieme se sono giuste le tabelle indicate nel decreto sui contadini poveri, secondo cui per i contadini poveri i prezzi si riducono della metà, e per i medi di un quarto, men- tre dal ricco devi prendere tutto: sono tabelle giuste o no? Se ci sarà battaglia, raffronteremo senza la minima esitazione, con decreti coraggiosi. Sarà una vera battaglia per il socialismo, non per un dogma, non per un programma, non per un partito, non per un gruppo, ma per il socialismo vivo, per distribuire il pane a centi- naia di migliaia di affamati, milioni di persone delle regioni più avanzate della Russia, per prendere il grano dov’è e distribuirlo equa- mente. Ripeto: qui non abbiamo il minimo dubbio che il 99 per cento dei contadini, quando sapranno la verità, quando riceveranno il decreto, lo verificheranno, lo controlleranno, ci diranno come bisogna corregger- lo, e noi lo correggeremo, modificheremo le tariffe, — quando essi si accingeranno a compiere questo lavoro, quando affronteranno le diffi- 488 LENIN colta pratiche, questi contadini saranno con noi e diranno che noi met- tiamo in luce il sano istinto di ogni uomo del lavoro, e qui e solo qui si risolve il problema vero, profondo, vitale del socialismo. Noi fisse- remo prezzi giusti per le merci, instaureremo il monopolio sul grano, sui manufatti, su tutti i prodotti, e allora il popolo dirà, si, la divisione del lavoro, la ripartizione del grano, dei prodotti, che ci dà il socia- lismo è meglio di quanto c’era prima. Questo il popolo comincia a dirlo. Noi sappiamo superare gii ostacoli insieme a innumerevoli dif- ficoltà, a innumerevoli errori, mentre si hanno casi, che non nascon- diamo affatto, ma mettiamo in luce, alla berlina, casi in cui nostri reparti si lasciano andare essi stessi alla speculazione, scivolando per quella china per cui lo spingono tutte le abitudini, tutti i sistemi tradi- zionali dei capitalisti: si, questi casi accadono dappertutto, noi sappia- mo che non si possono modificare gli uomini d’un colpo, che non si può istillare d’un colpo la fede nel socialismo a decine di milioni di uomini. Da dove prenderanno questa fede? Dalla propria testa? No, dal- la propria esperienza. Accanto a tutto questo, c’è chi comincia a dire che si può ottenere il grano anche non con la speculazione, che ci si può salvare dalla carestia solo mediante l’alleanza degli operai delle città, delle fabbriche, delle industrie con i poveri delle campagne, poiché solo i poveri delle campagne non speculano sul grano. Si, il contadino medio, quando vedrà i nostri decreti, quando li leggerà lui stesso, quando li confronterà con le frasi e le menzogne dei socialisti-rivoluzionari di destra e dei difensori dei kulak, dirà: se stabiliscono il prezzo per i poveri e un’altro per i medi e prendono gratis il grano ai kulak, fanno bene, agiscono giustamente. Forse non dirà che agiscono da socia- listi, forse non conosce questa parola, ma egli è il nostro piu fido alleato, poiché non specula sul grano; capirà e sarà d’accordo che spe- culare sul grano, nel momento in cui la rivoluzione socialista corre il massimo pericolo, è il peggiore dei crimini contro il popolo. Il grano non può essere ripartito in base a un decreto. Ma quando, dopo un lungo, tenace lavoro per organizzare l’alleanza degli operai delle città, delle fabbriche con i contadini poveri, con i contadini lavo- ratori che non hanno a salario nessun operaio e non sono dediti alla speculazione, noi avremo realizzato questo compito, allora nessun grido isterico contro il nostro partito riuscirà a spezzare questa alleanza. {Ap- plausi. ) Quando noi promettevamo ai contadini la socializzazione della V CONGRESSO DEI SOVIET 489 terra, facevamo una concessione, poiché capivamo che non si po- teva operare subito la nazionalizzazione. Sappiamo che forse è stato un errore aver introdotto la vostra socializzazione della terra nel- la nostra legge del 26 ottobre 183 . È stata una concessione fatta ai socialisti-rivoluzionari di sinistra, che si rifiutavano di partecipare al potere e dicevano che sarebbero rimasti solo se fosse stata adottata questa legge. La Spiridonova ha mille volte torto, quando vi riferisce fatti isolati, quando vi dice che era venuta da me quasi a umiliarsi e a pregare. Compagni, molti sono venuti da me e sanno che questo non può essere vero, che non posso aver tenuto un tale atteggiamento verso un compagno. Deve essere cattivo questo partito se i suoi migliori rap- presentanti si abbassano fino a raccontare simili storielle. (Rumori.) Conservo la lettera della compagna Spiridonova, — che spesso si è rivolta a me per lettera, — questa lettera io domani la troverò e ve la consegnerò. Ella scrive: « Perché non volete dare due milioni per le comuni agricole? ». E questo nello stesso giorno in cui il commissario del popolo all’agricoltura Sereda, la cui attività ella non comprende, ha presentato un rapporto proponendo di assegnare 10 milioni alle comuni agricole. (Applausi prolungati.) Voi l’avete sentito quando ha parlato la compagna Spiridonova, ma è proprio cattivo quel partito in cui anche gli uomini più sinceri si abbassano, nella loro propaganda, a raccontare tali storielle. Io ripeto: com’è cattivo il partito i cui migliori, i più sinceri rappresentanti, arrivano a raccontare queste storielle a propo- sito del potere dei soviet! Tanto peggio per loro! Ogni contadino che verrà al Commissariato dell’agricoltura leggerà che sono stati assegnati 10 milioni per le comuni agricole, vedrà con i propri occhi, controllerà con le proprie orecchie più che con i discorsi degli altri, capirà che questa gente è arrivata a raccontare delle fandonie e si allontanerà da questo partito. (Applausi.) A conclusione del mio discorso dirò una sola cosa. Davanti a noi, fino al nuovo raccolto, fino al trasporto di questo raccolto nelle zone affamate, di Pietrogrado e di Mosca, sta un difficile periodo, un duro periodo per la rivoluzione russa. Solo la più stretta alleanza degli operai delle città con i poveri delle campagne, con la massa dei lavoratori delle campagne che non specula sul grano, può salvare la rivoluzione. Il congresso ci dimostra che l’alleanza di tutti i lavoratori, nono- stante tutto si rafforza, si allarga e cresce non solo in Russia, ma in rutto il mondo. 490 LENIN Quello che si sa airestero della nostra rivoluzione è cosa da ridere, è terribilmente poco. Là c'è la censura militare che non lascia passare nulla, ce lo dicono i compagni che vengono dall'estero. Ma, nono- stante tutto, anche solo per istinto, gli operai europei si schierano dalla parte del governo bolscevico. E sempre piu si moltiplicano le voci che dimostrano che la simpatia per la rivoluzione socialista in Europa cresce in quei paesi in cui continua la guerra imperialistica. Dai socialisti tede- schi e dalle altre persone i cui nomi sono conosciuti da ogni operaio e contadino cosciente, come Clara Zetkin e Franz Mehring, il governo bolscevico riceve espressioni di riconoscenza, di simpatia e di appoggio. In Italia il vecchio .segretario del partito, Lazzari, che a Zimmerwald guardava i bolscevichi con diffidenza, è ora in prigione per aver espresso la sua simpatia verso di noi. La rivoluzione è capita sempre di piu. In Francia quei compagni e operai che alla conferenza di Zimmerwald guardavano con estrema diffidenza i bolscevichi hanno in questi giorni lanciato un appello a nome del Comitato per le relazioni internazionali m , nel quale si pro- nunciano calorosamente in favore del governo bolscevico e contro le avventure di altri partiti di qualunque genere. Perciò, compagni, per quanto difficile e duro sia il periodo che dovremo attraversare, siamo tenuti a dire tutta la verità e ad aprire gli occhi su tutto questo, giacché solo il popolo con la sua iniziativa e la sua organizzazione, trovando sempre nuovi mezzi per difendere la rivoluzione socialista, potrà esserci di aiuto. Ma noi diciamo: non c'è dubbio, compagni, che se procederemo per quella via che abbiamo scel- to e che è stata confermata dagli avvenimenti, se marceremo con fermez- za e tenacia per questa via, se non ci abbandoneremo né alle frasi, né alle illusioni, né all’inganno, né all'isterismo, che ci allontanerebbero dalla giusta via, noi abbiamo le piu grandi possibilità di resistere e di dare un solido contributo alla vittoria del socialismo in Russia, e cosi anche alla vittoria della rivoluzione socialista mondiale! ( Applausi fragorosi e prolungati che si trasformano in ovazione. ) 2 DISCORSO CONCLUSIVO SUL RAPPORTO 5 luglio 1918 Tutte le obiezioni mosse dall’opposizione al mio rapporto partono dalla questione del trattato di Brest-Litovsk. Ma una tale impostazione del problema potrebbe essere ritenuta efficace solo se essa portasse a risultati pratici. Ma tutti i loro discorsi a tale proposito non hanno, non possono avere dei risultati. {Applausi.) Se fosse accaduto che il partito dei socialisti-rivoluzionari di sini- stra avesse ottenuto la maggioranza, esso non strillerebbe su tale que- stione come strilla ora. Bisogna parlare delle reali conquiste ottenute dalla repubblica dei soviet sulla via verso il socialismo, e noi possiamo affermare — e nessuno degli oratori lo ha negato — che a questo riguar- do dal tempo dell’ultimo congresso sono stati ottenuti grandi successi. I rappresentanti dell’opposizione non hanno neppure contestato che chiunque sia fautore della rottura del trattato di Brest agisce in favore della restaurazione del potere dei grandi proprietari fondiari e dei capi- talisti, forti dell’appoggio dell’imperialismo anglo-francese. Quando ho detto che anche i cecoslovacchi mirano a questa rottura per 10-15 mi- lioni, nessuno l’ha smentito. Ma è forse possibile contestare che i ceco- slovacchi, che si nascondono dietro la parola d’ordine dell’Assemblea costituente, hanno in realtà lo scopo di trascinarci nella guerra? I socialisti-rivoluzionari di sinistra hanno detto che non si può creare un esercito in breve tempo, ma ciò dipende dalla rapidità con cui noi regoleremo il problema del combustibile, da come si organizzano i contadini, da come andrà il raccolto. I vostri appelli a creare reparti partigiani che lottino contro l’eser- cito regolare imperialistico appaiono ridicoli ad ogni soldato. Quando ci costringono a ritornare sul problema della pace di Brest, noi diciamo: « Questa pace sarà violata se voi rovescerete il potere dei 492 LENIN soviet, ma questo non avverrà! ». (Applausi.) Solo allora, se sarà rotta la pace di Brest, voi riuscirete a trascinare le masse lavoratrici nella guerra per la gioia dei grandi proprietari fondiari, dei capitalisti e delle guardie bianche, corrotte dai milioni degli imperialisti anglo-francesi. La rottura della pace di Brest ora si appoggerebbe di fatto su forze ostili alle classi lavoratrici. Tutti i dissensi sulla pace di Brest non si possono considerare utili a qualcosa. Si tratta soltanto di isterismo dei socialisti- rivoluzionari di sinistra. Quando qui si è affermato che i bolscevichi farebbero delle con- cessioni e che nei loro rendiconti non avrebbero detto nulla di pratico, io ricordo le parole dette qui da un socialista-rivoluzionario, mi sem- bra, massimalista, secondo cui nel Consiglio superiore dell’economia nazionale si passa dal controllo alla direzione della produzione. Non è questa una dichiarazione che contiene qualcosa di pratico? Che cosa fanno dunque gli operai, che con le loro forze, attraverso i sinda- cati, hanno cominciato ad imparare dai padroni come si dirigono le industrie? Voi dite che imparare a dirigere non serve a nulla, mentre noi nel Consiglio superiore dell’economia nazionale risolviamo ogni gior- no migliaia di casi e di conflitti, che dimostrano che l’operaio ha impa- rato molto e, traendone delle conclusioni, noi arriviamo a constatare che gli operai cominciano a imparare lentamente, è vero, commettendo errori, ma una cosa è dire una frase, e un’altra è vedere, un mese dopo l’altro, come a poco a poco l’operaio entra nella sua parte, comin- cia a perdere la sua timidezza e comincia a sentirsi un dirigente. Che faccia tutto bene, si può discutere, ma egli fa il suo lavoro, come il contadino nella comune agricola. Il tempo dimostra che l’operaio do- veva imparare a dirigere l’industria, e tutto il resto è vuotissima frase, che non vale un soldo. Se, dopo sei mesi di potere sovietico, siamo arrivati al punto che ora il controllo è già quasi invecchiato, questo è già un enorme passo avanti. Qui si è gridato che segniamo il passo e arretriamo. Niente di tutto questo. Voi potete convincere di questo Ì kulak, ma non il sem- plice operaio; questi capisce quando noi diciamo: dateci uomini migliori di quelli che ci avete mandato, fate in modo che essi siano meglio istruiti di voi. Perciò, quando qui ci rinfacciano a gran voce le conces- sioni, abbiate la compiacenza di domandare a qualsiasi operaio e contadino che cosa preferiscono: pagare il debito che i tedeschi ci hanno imposto con le concessioni, oppure fare la guerra? Quando V CONGRESSO DEI SOVIET 493 abbiamo concluso la pace di Brest, abbiamo detto degli imperialisti: finché costoro non saranno vinti dalla rivoluzione socialista internazio- nale, non possiamo difenderci in altro modo che ritirandoci. Questo è sgradevole, ma è un fatto, — ed è meglio che noi diciamo al popolo queste parole, finché non abbiamo formato un esercito, che si può for- mare non in decine di anni, ma in qualche anno, se sarà organizzata una giusta distribuzione del grano, in modo che Tesercìto abbia una riserva di grano, raccolta, messa da parte. In quale distretto, in quale gover- natorato i socialisti-rivoluzionari di sinistra hanno fatto qualcosa di simile? Da nessuna parte! Finché questo non sarà fatto, noi diciamo che tutte le vostre grida non sono altro che vuotissime frasi, mentre noi, quando facciamo dei passi avanti nella gestione operaia, realiz- ziamo un progresso. Qui hanno citato in modo inesatto le mie parole. Io ho detto che è cattivo il partito in cui uomini sinceri sono costretti ad abbassarsi fino a pronunciare simili frasi. Il fatto che abbiamo dato un miliardo al nostro Commissariato agli approvvigionamenti, non è forse un passo avanti? Molte cose non sono ancora ben regolate e, se voi volete, potrete regolarle meglio. Non so però per mezzo di chi. Per caso forse con i vecchi funzionari? Da noi sono gli operai e i contadini dei soviet che imparano a farlo (applausi), ed è per questo che l’acquisto dei manufatti e gli investi- menti operano come devono. Centinaia di volte abbiamo discusso nel Consiglio dei commissari del popolo la questione: attraverso chi dob- biamo comprare i manufatti, come effettuare il controllo, come facili- tare la sua piu rapida diffusione? E noi sappiamo che di settimana in settimana abbiamo elaborato con successo misure di lotta contro la speculazione, per cogliere sul fatto gli speculatori, e che gli operai diven- gono in questo campo di mese in mese piu sicuri e rigorosi, e questo nostro successo non può essere negato da nessuno. Noi- andiamo avanti, non segniamo il passo. Il 28 giugno abbiamo nazionalizzato 185 beni che forse ammontano ad alcune centinaia di migliaia di rubli, e voi ancora protestate e ripetete nuovamente le parole degli intellettuali borghesi. II socialismo è un’opera che non si compie in pochi mesi. Noi non segniamo il passo, ma continuiamo a progredire verso il socia- lismo, e dopo il trattato di Brest ci siamo avvicinati ancor piu ad esso. Gli operai hanno fatto esperienza da una serie di errori, hanno coscienza delle loro responsabilità, della difficoltà della lotta, mentre i contadini hanno fatto esperienza per quanto riguarda la socializzazione della 494 LENIN terra, e, senza dubbio, i contadini piu esperti e piu ragionevoli dicono: all’inizio della primavera abbiamo preso noi stessi la terra, e in autunno prenderemo nelle nostre mani tutta la questione della distribuzione della terra. È un fatto che noi diamo ai contadini i manufatti al 50 per cento, cioè a metà prezzo, e chi altro li darebbe ai contadini poveri a questo prezzo? Noi andremo al socialismo attraverso la via che fornisce il grano, i manufatti, gli attrezzi, non agli speculatori, ma in primo luogo ai contadini poveri. Questo è il socialismo. {Applausi.) Dopo sei mesi di rivoluzione socialista coloro che ragionano sulla base dei libri non capiscono nulla. Noi siamo arrivati a una situazione in cui ogni passo concreto nella distribuzione del grano e nello scambio dei manu- fatti con il grano, è da noi realizzato in modo tale che abbia- no a guadagnare i contadini poveri, e non i ricchi speculatori. Noi non siamo una repubblica borghese, perché per questo non c’è bisogno dei soviet. Bisogna che dalla distribuzione del grano e dei manufatti traggano vantaggio i poveri, e questo non si è provata a farlo nessuna repubblica al mondo: noi ci proviamo ora. {Applausi.) Noi compiamo un’opera nobile, abbiamo un’esperienza, e facciamo di tutto perché i poveri si organizzino. I casi di saccheggio e di banditismo vanno quasi scomparendo, per un caso di questo genere ve ne sono dieci in cui i contadini poveri e medi affermano: bisogna liberarsi del kulak e del grande proprietario! Dall’epoca della pace di Brest abbiamo fatto enormi passi avanti nell’educazione dei contadini, che ora non sono più dei novizi nella lotta per il socialismo. SCAMBIO DI TELEGRAMMI CON STALIN 1 7 luglio, ore 1 di notte Tsaritsyn. AI Commissario del popolo Stalin Oggi verso le 3 del pomeriggio un socialista-rivoluzionario di sini- stra ha ucciso con una bomba Mirbach. Questo assassinio fa chiaramente il giuoco dei monarchici ossia dei capitalisti anglo-francesi. I socialisti- rivoluzionari di sinistra, rifiutandosi di consegnare l'assassino, hanno arrestato Dzerginski e Latsis e hanno dato inizio a una rivolta contro di noi. Noi li liquideremo senza pietà stanotte stessa e diremo al popolo tutta la verità: ne abbiamo fin sopra i capelli della guerra. Abbiamo in ostaggio centinaia di socialisti-rivoluzionari di sinistra. È indispensa- bile schiacciare dappertutto senza pietà questi miserabili ed isterici avventurieri, che sono divenuti un'arma nelle mani dei controrivoluzio- nari. Chiunque è contro la guerra sarà con noi. Riguardo a Baku la cosa piu importante è che voi siate costante- mente in contatto con Sciaumian e che Sciaumian conosca le proposte fatte dai tedeschi all’ambasciatore Ioffe a Berlino, secondo cui i tedeschi acconsentirebbero ad arrestare l’offensiva dei turchi su Baku se noi garantissimo ai tedeschi una parte del petrolio. Naturalménte noi accon- sentiremo. Siate dunque implacabili contro i socialisti-rivoluzionari di sinistra e teneteci piu spesso informati. Lenin 496 LENIN 2 7 luglio, ore 3 di notte Spedisco oggi stesso a Baku un corriere con una lettera. Tutto sarà fatto. Per quanto riguarda gli isterici, siate certi che la mano non ci tremerà. Con i nemici tratteremo da nemici. Stalin Pubblicato per la prima volta il 21. gennaio 1936 sulla Pravda, n. 21 INTERVISTA ALLE « IZVESTIA » SULLA RIVOLTA DEI SOCIALISTI-RIVOLUZIONARI «DI SINISTRA» Breve riassunto La rivoluzione porta con straordinaria coerenza alla sua conclusio- ne logica ogni situazione, smaschera senza pietà tutta la vacuità e la delittuosità di ogni tattica sbagliata. I socialisti-rivoluzionari di sinistra, sedotti dalle frasi reboanti, è già qualche mese che gridano: « Abbasso Brest-Litovsk, viva l’insurre- zione contro i tedeschi! ». Abbiamo loro risposto che nelle condizioni attuali, nell’attuale periodo storico, il popolo russo non può e non vuole combattere. Chiudendo gli occhi di fronte alla realtà, essi hanno continuato con folle ostinazione a seguire la loro linea, non accorgendosi di stac- carsi sempre più dalle masse popolari, e tentando a qualunque costo, anche con la violenza, di imporre a queste masse la loro volontà, la volontà del loro Comitato centrale, di cui erano entrati a far parte av- venturieri criminali, intellettuali isterici ecc. E a mano a mano che essi si staccavano dal popolo, hanno comin- ciato sempre più ad attirarsi le simpatie della borghesia, che sperava di realizzare per mezzo loro i propri disegni. II criminale atto terroristico e la rivolta hanno aperto compieta- mente gli occhi alle larghe masse del popolo che ora si accorgono in quale abisso getterebbe la Russia popolare dei soviet la tattica crimi- nosa degli avventurieri socialisti-rivoluzionari di sinistra. Nel giorno della rivolta è capitato a me personalmente e a molti compagni di udire espressioni di estrema indignazione contro i socialisti- rivoluzionari di sinistra da parte degli strati anche più arretrati del popolo. 498 LENIN Una povera vecchia analfabeta diceva indignata, a proposito del- Tassassinio di Mirbach: « Ah, maledetti, cosi ci hanno spinto alla guerra! ». Tutti e subito hanno capito chiaramente e valutato che dopo Tat- to terroristico dei socialisti-rivoluzionari di sinistra, la Russia si è tro- vata a un passo dalla guerra. È appunto cosi che le masse popolari hanno giudicato Tazione dei socialisti-rivoluzionari di sinistra. Ci provocano alla guerra con i tedeschi, quando noi non possiamo e non vogliamo combattere. Questo grossolano disprezzo della volontà po- polare, questa violenta provocazione alla guerra, le masse popolari non la perdoneranno ai socialisti-rivoluzionari di sinistra. E se qualcuno si è rallegrato delTazione compiuta dai socialisti-ri- voluzionari di sinistra e si è malignamente fregato le mani, non sono altro che le guardie bianche e i lacchè della borghesia imperialistica. Invece gli operai e le masse contadine si sono strette ancor più forte, ancor più da vicino, in questi giorni, al partito dei comunisti bolscevichi, espressione vera della volontà delle masse popolari. live stia del CEC, n. 141, 8 luglio 1918. AGLI OPERAI DI PIETROGRADO Cari compagni! approfitto del viaggio a Pietrogrado del compagno Kaiurov, mio vecchio amico, ben noto agli operai di Pietrogrado, per scrivervi qualche riga. Il compagno Kaiurov è stato nel governatorato di Simbirsk, ha visto di persona come si comportano i kulak con i poveri e con il no- stro potere. Egli ha capito perfettamente una cosa della quale non può minimamente dubitare nessun marxista, cosi come nessuh operaio co- sciente; e cioè che i kulak odiano il potere dei soviet, il potere degli operai e lo rovesceranno senza fallo , se gli operai non faranno subito ogni sforzo per prevenire l’attacco dei kulak contro i soviet, per dare un colpo decisivo ai kulak prima che essi riescano ad unirsi. Gli operai coscienti possono in questo momento realizzare questo compito, possono unire intorno a sé i contadini poveri, possono vincere i kulak e annientarli, se i reparti avanzati degli operai capiranno qual è il loro dovere, tenderanno tutte le loro forze, organizzando una campagna di massa nelle zone rurali. Nessuno lo può fare tranne che gli operai di Pietrogrado, poiché di operai coscienti come quelli di Pietrogrado non ce ne sono altri in Russia. Restare a Pietrogrado, morire di fame, vagare presso le officine vuote, cullarsi nel sogno assurdo di restaurare l’industria di Pietrogrado o di difendere la capitale, è sciocco e criminale . È la rovina di tutta la nostra rivoluzione. Gli operai di Pietrogrado debbono farla finita con queste sciocchezze, cacciar via gli imbecilli che le difendono e a decine di migliaia andare negli Urali, nella zona del Volga, a sud, dove c’è molto grano, dove possono nutrire sé e la famiglia, dove debbono aiu- tare i contadini poveri ad organizzarsi, dove l’operaio di Pietrogrado è indispensabile come organizzatore, dirigente, capo. 500 LENIN Kaiurov vi racconterà le sue impressioni personali e persuaderà, ne sono certo, tutti' gli esitanti. La rivoluzione è in pericolo. La può salvare solo una campagna di massa degli operai di Pietrogrado. Armi e denaro glie ne daremo quanto ne vogliono. Con saluti comunisti 12-VII-1918 Leniti Pubblicato per la prima volta nel 1924 nella rivista Proletarskaia Revolìutsia n. 3 (26). DICHIARAZIONE ALLA SEDUTA DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRALE DEI SOVIET DI TUTTA LA RUSSIA 18 luglio 1918 Compagni, la nostra repubblica dei soviet non può lamentarsi per la mancanza di crisi politiche e di rapidi mutamenti politici. Per quanto semplici, per quanto elementarmente semplici siano tutte le forze im- perialistiche che non possono, certo, sentirsi tranquille accanto alla re- pubblica socialista sovietica, tuttavia in un momento come quello che noi attraversiamo, se la guerra continua come prima, è chiaro che le forze dirigenti, e la combinazione dei due gruppi imperialistici con- tinuano a provocare crisi politiche e fenomeni simili. A proposito di un avvenimento di questo genere, simile cioè a una crisi politica, o vera e propria crisi, io vi debbo dare delle informazioni. Ieri, 14 luglio, alle 11 della sera, il Commissario del popolo per gli affari esteri ha ricevuto la visita del dott. Ritzler, facente funzione di rappresentante diplomatico tedesco, che gli ha comunicato il con- tenuto di un telegramma appena ricevuto da Berlino con il quale il governo tedesco lo incarica di chiedere il consenso del governo russo per Tammissione di un battaglione di soldati tedeschi in uniforme destinati alla protezione dellambasciata tedesca e per il trasporto piu rapido pos- sibile di questi soldati a Mosca. Si aggiungeva che il governo tedesco era ben lungi dall’avere qual- siasi intenzione di occupare il paese. Il Commissario del popolo agli affari esteri, d'accordo con il presi- dente del Consiglio dei commissari del popolo, ha risposto che le mas- se popolari della Russia desiderano la pace, che il governo russo è pron- to a fornire all’ambasciata, al consolato e alle commissioni tedesche una guardia del tutto sufficiente e sicura composta delle sue stesse truppe, ma non può in alcun caso acconsentire a fare entrare a Mosca reparti 502 LENIN militari stranieri, e spera fermamente che il governo tedesco, ispirato dallo stesso desiderio di pace, non vorrà insistere nella sua richiesta. Effettivamente la richiesta rivolta al governo russo è in assoluto contrasto con la dichiarazione del Cancelliere imperiale al Reichstag, secondo cui il disgraziato assassinio del conte Mirbach non porterà ad un aggravamento dei rapporti tra i due paesi. Contrasta anche con il desiderio, a noi ben noto, dei circoli dirigenti industriali e commerciali della Germania di stabilire e sviluppare con reciproco vantaggio stretti rapporti economici tra i due paesi e con le trattative che proseguono felicemente. Ne sono una prova appunto le numerose dichiarazioni fatte al nostro rappresentante a Berlino sulla situazione politica e sui rapporti con la Russia. Abbiamo ancora tutte le ragioni di sperare che questo inatteso in- cidente potrà essere felicemente risolto, ma ogni volta che nei nostri rapporti internazionali si crea una tensione, noi riteniamo necessario riferire i fatti apertamente e porre le questioni in modo diretto. Ritengo perciò mio dovere fare la seguente dichiarazione gover- nativa: « Il governo della repubblica sovietica sapeva benissimo, conclu- dendo la pace di Brest-Litovsk, quale duro compito toccava agli operai e ai contadini della Russia in virtù della situazione internazionale allora creatasi. La volontà della schiacciante maggioranza al IV Congresso dei soviet era pienamente chiara: le classi lavoratrici esigevano la pace, avendo bisogno di un periodo di respiro per lavorare e organizzare l’eco- nomia socialista, per raccogliere e consolidare le forze, esaurite da una guerra rovinosa. « Adempiendo la volontà del congresso dei soviet, il governo ha eseguito rigorosamente le dure condizioni della pace di Brest, e negli ultimi tempi hanno fatto progressi già abbastanza notevoli le nostre trattative con il governo tedesco per definire con la massima precisione l’ammontare delle somme che noi dobbiamo versare e stabilire le for- malità del versamento, che noi abbiamo deciso di effettuare entro i termini più brevi possibile. « Ma, pur eseguendo nel modo più preciso le condizioni di Brest è rispettando la volontà degli operai e dei contadini di avere la pace, il governo della repubblica sovietica non ha mai perso di vista che vi sono dei limiti oltre i quali anche le più pacifiche masse lavoratrici sarebbero DICHIARAZIONE ALLA SEDUTA DEL CEC 503 costrette a levarsi e si leveranno, come un sol uomo, per difendere il proprio paese con le armi. « L’avventura insensata e criminale dei socialisti-rivoluzionari di si- nistra ci ha portati a un passo dalla guerra. I nostri rapporti con il go- verno tedesco, pur contro la nostra volontà, non potevano non aggra- varsi. Riconoscendo legittimo il desiderio del governo tedesco di raf- forzare la protezione della propria ambasciata, noi abbiamo fatto e facciamo molto per soddisfare questo desiderio. « Ma quando c’è stata comunicate la richiesta del governo tedesco, che non riveste ancora il carattere di esigenza assoluta, che noi lascias- simo entrare a Mosca un battaglione di truppe tedesche in uniforme, abbiamo allora risposto, — e ripetiamo ora questa risposta di fronte all’organo supremo del potere sovietico degli operai e dei contadini, dinanzi al Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia, — che noi non possiamo in nessun caso e a nessuna condizione soddisfare una simile richiesta, poiché ciò sarebbe obiettivamente l’inizio dell’occupa- zione della Russia da parte di forze straniere. « A un tale passo noi saremmo costretti a rispondere come rispon- diamo all’ammutinamento dei cecoslovacchi, alle operazioni militari de- gli inglesi nel nord, e cioè: rafforzando la mobilitazione, facendo ap- pello a tutti gli operai e i contadini adulti, uno per uno, perché oppon- gano una resistenza armata e distruggano, in caso di una temporanea necessità di ritirarsi, tutte le vie di comunicazione senza alcuna ecce- zione, i depositi e in particolare i prodotti alimentari, perché non cadano nelle mani del nemico. La guerra diventerebbe allora per noi una necessità fatale, ma assoluta e incondizionata, e questa guerra ri- voluzionaria gli operai e i contadini della Russia la combatteranno, stret- ti intorno al potere dei soviet, fino all’ultimo respiro. « La politica interna del potere sovietico, rigorosamente conforme alle decisioni del V Congresso dei soviet, rimane, cosi come la politica estera, immutata. L’avventura criminale dei socialisti-rivoluzionari di sinistra, che si sono rivelati ausiliari delle guardie bianche, dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, apparirà, ora che le nubi si accu- mulano e si fa piu forte il pericolo di guerra, ancora piu criminale agli occhi del popolo, e noi attueremo e appoggeremo completamente e in tutti i modi la punizione implacabile dei traditori, condannati irrevo- cabilmente dalla volontà del V Congresso dei soviet. Se la guerra, no- nostante tutti i nostri sforzi, diverrà un fatto, noi non potremo nutrire 504 LENIN la minima fiducia nella banda dei traditori socialisti-rivoluzionari di sinistra, che sono capaci di sabotare la volontà dei soviet, di arrivare fino al tradimento militare e simili. Noi trarremo nuove forze per la guerra dalla repressione implacabile degli elementi della controrivoluzio- ne, sia di quelli irrazionali e avventuristici (socialisti-rivoluzionari di si- nistra), sia di quelli coscientemente classisti (grandi proprietari fondiari, capitalisti, kulak). « Noi ci rivolgiamo agli operai e ai contadini di tutta la Russia: tri- plicate la vigilanza, la prudenza e Pautocontrollo, compagni! Tutti deb- bono dare la vita, se è necessario, per la difesa del potere sovietico, per la difesa degli interessi dei lavoratori, degli sfruttati, dei poveri, per la difesa del socialismo! ». Resoconti giornalistici pubblicati il 16 luglio 1918 nella Pravda n. 146 e nelle Izvestia del CEC, n. 148. DISCORSO AL COMIZIO DEL DISTRETTO DI LEFORTOVO 19 luglio 1918 La situazione della repubblica sovietica si è aggravata per due ra- gioni: una internazionale, Paltra interna. Non abbiamo mai nascosto agli operai e ai contadini tutto il peso di una pace vergognosa, Nonostante questo peso, il IV Congresso dei soviet ha ritenuto necessario firmare questa pace, per dare la possibilità agli operai e ai contadini russi di riprendere fiato e di rafforzarsi. Il partito dei socialisti-rivoluzionari di sinistra si è assunto la responsabilità dell’uccisione di Mirbach e ha gettato la Russia a un passo dalla rovina. Vi sono degli indizi che il governo tedesco sia propenso a fare del- le concessioni e, forse, rinunci all’invio di un battaglione di soldati tedeschi a Mosca. Il governo sovietico ha respinto categoricamente questa richiesta del governo tedesco, anche se questo avesse dovuto provocare la guerra. L’avventura dei socialisti-rivoluzionari di sinistra ha portato ad un estremo aggravamento della situazione del potere sovietico, ma, d’altro canto, ha fatto si che la migliore parte di essi, — gli elementi lavora- tori, — ripudino ora il partito dei socialisti-rivoluzionari di sinistra. Insieme con l’aggravarsi dei rapporti con la Germania, si sono ag- gravati i rapporti con l’altra coalizione. La rivolta dei cecoslovacchi è opera di quest’ultima. Ne è una prova il fatto che gli ufficiali che aiutano i cecoslovacchi sono sostenuti da denaro francese. Lenin afferma poi che la guerra genera la rivoluzione e, quanto piu essa si trascina, tanto piu la situazione dei paesi belligeranti diviene senza via d’uscita, tanto più essa li avvicina alla rivoluzione. In Germa- nia c in Austria si è di nuovo riversata un’ondata di scioperi. Tutti j predoni imperialistici si gettano sulla Russia e vogliono farla a pezzi, poiché sanno che ogni mese di esistenza della Russia socialista prepara 506 LENIN la loro rovina. Su di noi è ricaduto il grandissimo onore e l’enorme difficoltà di essere il primo reparto socialista nella lotta contro l’impe- rialismo mondiale. Il nostro compito è di riuscire a resistere. In seguito Lenin affronta il problema della carestia, sulla quale speculano le guardie bianche, per rovesciare il potere dei soviet. Monar- chici, kulak, ricchi svolgono una furiosa opera di agitazione sfruttando la carestia. Essi non si limitano solo alPagitazione, ma corrompono i contadini poveri, spingendoli alla speculazione e alla lotta contro gli operai. Due classi sono in lotta: il proletariato e i kulak, i capitalisti, Una di queste classi deve vincere, l’altra deve essere disfatta. La nostra rivoluzione socialista chiama gli operai coscienti ad allearsi con la mag- gioranza dei contadini poveri e medi per lottare contro i kulak, per in- staurare l’ordine piu rigoroso nell’interesse degli operai. Noi abbiamo nelle nostre mani il solo mezzo per salvarci dalla carestia, Palleanza de- gli operai con i contadini poveri per lottare e strappare il grano ai kulak e agli speculatori. Guardate in faccia il pericolo! Abbiamo nemici dappertutto, abbiamo anche nuovi alleati, il proletariato di quei paesi dove ancora dura la guerra. Abbiamo alleati anche all’interno: l’enorme massa dei contadini poveri, che marcerà in file compatte con il proleta- riato delle città. Pravda n. 151, 2 1 luglio 1918. A ZINOVIEV, A LASCEVIC E ALLA STASOVA È necessario far partire un maximum di operai da Pietrogrado: 1) Alcune decine di « capi » (à la Kaiurov), 2) Migliala di « elementi di base ». Altrimenti noi saremo perduti , poiché le cose con i cecoslovacchi vanno terribilmente male. In una tale situazione è sciocco « starsene » tra le « comodità » di Pietrogrado e « dispiacersi » di mandar via forze di là: anche se la mag- gioranza dei bolscevichi nel soviet dei deputati di Pietrogrado cadrà dal 98 per cento (avete il 98 per cento?) al 51 per cento, che danno! Noi non periremo, anche (anche!) se nel soviet dei deputati di Pietrogrado ci sarà il 49 per cento di gente non nostra (se e quando ancora questo sarà possibile). Ma periremo certamente per opera dei cecoslovacchi, se non faremo sforzi disperati per creare centinaia e mi- gliaia di operai dirigenti in modo da trasformare una massa gelatinosa in qualcosa di solido. Questa non è esagerazione, ma un calcolo esatto. Voi sarete responsabili della rovina, se farete gli avari e risparmierete «per Pietrogrado». Saluti! vostro Lenin. P.S. Rispondete! 20-VII-1918 Pubblicato per la prima volta nel 1942 in Miscellanea di, Lenin , XXXIV* RAPPORTO ALLA CONFERENZA DEI COMITATI DI FABBRICA DEL GOVERNATORATO DI MOSCA 23 luglio 1918 Resoconto giornalistico (Al suo ingresso nella sala della conferenza , Lenin è accolto da ap- plausi fragorosi che durano alcuni minuti.) Gli ultimi giorni sono stati contrassegnati da un estremo aggravamento della situazione della repub- blica sovietica, provocato sia dalla situazione internazionale del paese, sia dai complotti controrivoluzionari e dalla crisi alimentare ad essi di- rettamente legata. Permettetemi di soffermarmi sulla situazione internazionale. La rivoluzione russa è solo uno dei reparti dell’esercito socialista interna- zionale, dal cui intervento dipende il successo nel trionfo della rivolu- zione da noi compiuta. È questo un fatto che nessuno di noi dimentica. Esattamente allo stesso modo noi teniamo conto del fatto che la fun- zione di primo piano del proletariato di Russia nel movimento operaio mondiale si spiega non con lo sviluppo economico del paese, ma pro- prio al contrario: con l’arretratezza della Russia, con l’incapacità della cosiddetta borghesia nazionale di risolvere gli enormi problemi connes- si con la guerra cosi come la sua liquidazione, si è spinto il proletariato a conquistare il potere politico e ad attuare la sua dittatura di classe. Cosciente del suo isolamento rivoluzionario, il proletariato russo vede chiaramente che condizione necessaria e presupposto fondamenta- le della sua vittoria è l’intervento unitario degli operai di tutto il mondo o di alcuni paesi avanzati dal punto di vista capitalistico. Ma il prole- tariato russo sa perfettamente che in ogni paese ha degli amici sia aperti che nascosti. Così, non c’è un solo paese in cui le prigioni non si siano riempite di internazionalisti, simpatizzanti con la Russia sovietica; non c’è un paese in cui il pensiero socialista-rivoluzionario non abbia tro- ALLA CONFERENZA DEI COMITATI DI FABBRICA 509 vato la sua espressione nella stampa legale o illegale. Perciò, conoscendo i nostri veri amici, respingiamo ogni accordo con i menscevichi che hanno appoggiato Kerenski e la sua offensiva. Su quest’ultima que- stione è assai caratteristica la lettera della internazionalista Rosa Lu- xemburg (una lettera breve, ma di valore chiaramente internazionale) pubblicata sul giornale inglese Workers* Dreadnought a proposito del- l’offensiva di giugno. Rosa Luxemburg trova che il carattere internazio- nale della grande rivoluzione russa ha subito un grave colpo da'lToffensi- va intrapresa da Kerenski e dalla sanzione con cui il primo Congresso dei soviet di tutta la Russia Pha consacrata e approvata. Questa offensiva della Russia rivoluzionaria ha ritardato lo sviluppo della rivoluzione in occidente, e solo la dittatura del proletariato, il passaggio al proletariato di tutto il potere ha portato alla rottura di tutti i trattati segreti, allo smascheramento del loro carattere imperialistico di rapina, e, di conse- guenza, ad affrettare la liberazione delle forze rivoluzionarie in Europa. La stessa possente influenza nel risvegliare e liberare le energie prole- tarie in occidente Pha avuta anche il nqstro appello a tutti i popoli per la conclusione di una pace democratica senza annessioni e inden- nità 187 . Tutti questi atti rivoluzionari hanno aperto gli occhi, agli ope- rai di tutto il mondo, e i gruppi borghesi e socialtraditori, per quan- ti sforzi facciano, non riusciranno a oscurarne l’autocoscienza di classe ormai risvegliata. L’accoglienza' riservata a Kerenski dagli operai inglesi lo ha confermato con sufficiente chiarezza. Il fascino della rivoluzione russa si è espresso nella più grandiosa manifestazione cui gli operai tede- schi abbiano dato vita in tutto il periodo della guerra, allorché hanno risposto alle trattative di Brest con un gigantesco sciopero a Berlino e in altri centri industriali. Questa azione compiuta dal proletariato in un paese stordito dall’ebbrezza del nazionalismo e intossicato dal veleno dello sciovinismo è un fatto di primaria importanza e rappresenta un momento di svolta nei sentimenti del proletariato tedesco. Non si sa come si svilupperà ora il movimento rivoluzionario in Germania. La sola cosa indiscutibile è la presenza colà di un’enorme forza rivoluzionaria, che dovrà manifestarsi prima o poi con ferrea ne- cessità. E a torto si accusano gli operai tedeschi di non fare la rivolu- zione. Con lo stesso diritto si potevano accusare anche gli operai russi di non aver fabbricato la rivoluzione per dieci anni, dal 1907 al 1917. Ma è chiaro che non è cosi. Le rivoluzioni non si fanno su ordinazione, non si possono indire preventivamente per questo o quel momento, ben- 510 LENIN si maturano nel processo dello sviluppo storico e scoppiano in un mo- mento determinato da un complesso di cause interne ed esterne. Ora questo momento è vicino e verrà inevitabilmente e senza fallo. Per noi è stato piu facile cominciare la rivoluzione, ma è estremamente dif- ficile continuarla e condurla a termine. Terribilmente difficile è invece fare la rivoluzione in un paese cosi altamente sviluppato, con una borghesia perfettamente organizzata, come la Germania, ma tanto piu facile sarà condurre vittoriosamente a termine la rivoluzione socialista dopo che essa scoppierà e divamperà nei paesi capitalistici avanzati dell’Europa. A torto ci si accusa di aver concluso la pace di Brest-Litovsk, — pa- ce estremamente umiliante, dura e imposta con la violenza, — e si vede in questo atto un abbandono completo dei nostri ideali e un atteggia- mento favorevole all’imperialismo tedesco. Ed è caratteristico che que- sta accusa venga dai circoli borghesi e dagli elementi social-conciliatori, che ora in Ucraina, in Finlandia e nel Caucaso (menscevichi) accolgono a braccia aperte gli junker tedeschi. La stessa accusa ci viene gettata addosso anche dagli scervellati socialisti-rivoluzionari di sinistra. Noi abbiamo assoluta coscienza di tutta la gravità del trattato di Brest-Li- tovsk. Sappiamo anche perfettamente che in virtù di questo trattato im- postoci con la forza ci tocca pagare alla Germania circa 6 miliardi di rubli (secondo i calcoli della nostra delegazione economica che tratta a Berlino). La situazione è indubbiamente difficile, ma la via d’uscita potrà e dovrà essere trovata grazie agli sforzi comuni del proletariato e dei contadini poveri. E non è il folle tentativo dei socialisti-rivoluzio- nari di sinistra di trascinarci nella guerra con l’assassinio di Mirbach il mezzo adatto per sfuggire al trattato di Brest. Al contrario, questa av- ventura ha fatto il giuoco in Germania dei partiti della guerra, la cui posizione deve naturalmente indebolirsi a mano a mano che il disfatti- smo si accresce non solo tra gli operai tedeschi, ma anche in seno alla borghesia. Giacché ora, dopo la pace di Brest-Litovsk, è per tutti chiaro ed evidente che la Germania conduce una guerra di rapina, con evidenti scopi imperialistici. La situazione alimentare della Russia sovietica, circondata da tutti i lati dai predoni imperialistici, appoggiati dai controrivoluzionari sem- pre all’erta all’interno del paese, è straordinariamente difficile. La classe operaia deve prestare attenzione alla lotta contro la care- stia, che costituisce il mezzo migliore, per la borghesia, con cui lottare ALLA CONFERENZA DEI COMITATI DI FABBRICA 511 contro la dittatura proletaria. Ma una cosa dobbiamo prendere co- me base: per superare la carestia noi respingiamo categoricamente i metodi borghesi di lotta che consistono nell’affamare le masse a van- taggio dei ricchi e degli sfruttatori; noi impiegheremo metodi di lotta puramente socialisti. Questi ultimi consistono nell’istituire, a favore degli operai, il monopolio del grano e nel fissare i prezzi. La borghesia e i suoi lacchè social-conciliatori predicano il libero commercio e l’abolizione dei prezzi fissi. Ma il libero commercio ha già dato i suoi risultati in tutta una serie di città. Subito dopo la restaura- zione della borghesia i prezzi del grano sono aumentati di parecchie volte, e di conseguenza il prodotto stesso è scomparso dal mercato: lo hanno nascosto i kulak, nella speranza di un ulteriore aumento dei prezzi. La carestia è il più terribile nemico del proletariato e della Russia sovietica. Ma nella battaglia contro di essa il proletariato si scontra con la borghesia nella campagna, che non ha nessun interesse a eli- minare la carestia, ma al contrario trae da essa i suoi vantaggi di grup- po e di classe. Il proletariato deve tenerne conto, e, alleandosi con i contadini poveri affamati, condurre una lotta a oltranza e implacabile con i kulak delle campagne. Allo stesso scopo deve essere continuata anche l’organizzazione, già iniziata, dai reparti dì approvvigionamento, a capo dei quali bisogna mettere comunisti onesti, che godano della fi- ducia delle organizzazioni dì partito e sindacali. Solo allora il problema degli approvvigionamenti sarà avviato a soluzione, e la causa della ri- voluzione sarà salva. Pubblicato il 24 luglio 1918 sui giornali Pravda n. 153 e Izvestia del CEC, n. 155. COLLOQUIO TELEFONICO CON I. V. STALIN 24 luglio 1918 Tsaritsyn. A Stalin. Parla Lenin. Potete trasmettere a Baku il telegramma che ho appena ricevuto per radio da Tasckent 1Bfl : Per quanto riguarda gli approvvigionamenti alimentari, debbo dire che oggi non è stato distribuito assolutamente niente né a Pietrogrado né a Mosca. La situazione è molto brutta. Comunicatemi se potete pren- dere provvedimenti straordinari, giacché non possiamo ricevere alcun- ché da nessun’altra parte se non da voi. A Iaroslavl la rivolta dei bian- chi è stata schiacciata 189 . Simbirsk è stata occupata dai bianchi o dai cecoslovacchi. Attendo una risposta. Risposta di Stalin L’altro ieri notte è stato spedito tutto ciò che era possibile. Abbiamo ritrasmesso il radiogramma a Baku. Vi sono molte scorte di grano nel Caucaso settentrionale ma non c’è possibile spedirle al nord perché le strade sono interrotte. Non si può pensare di spedire il grano prima che le comunicazioni non siano state ristabilite. Abbiamo mandato una spedizione nei gover- natorati di Samara e di Saratov, ma non riusciremo a farvi giungere il grano nei prossimi giorni. Speriamo di ripristinare la linea entro una decina di giorni. Tenete duro in qualche modo, distribuite la carne e il pesce, che possiamo inviarvi in abbondanza. Tra una settimana le cose andranno meglio. Stalin COLLOQUIO TELEFONICO CON STALIN 5 13 T sarti syn. A Stalin. Mandate pesce, carne, ortaggi, insomma tutti i prodotti che potete e quanti piu è possibile. Lenin Pubblicato per la prima volta nel 1931 in Miscellanea di Lenin , XVIII, DISCORSO AL COMIZIO DEL DISTRETTO DI KHAMOVNIKI 26 luglio 1918 Breve resoconto giornalistico ( Vanivo di Lenin è salutato da una fragorosa ovazione.) Nel suo discorso sul tema: « Ciò che darà al popolo lavoratore la Costituzione sovietica », Lenin rileva che la Costituzione sovietica, creata, come i soviet, in un periodo di lotta rivoluzionaria, è la prima costituzione che ha proclamato il potere dei lavoratori come potere statale, che ha privato dei diritti gli sfruttatori, nemici della costruzione di una nuova vita. Questa è la sua sostanziale differenza dalle costituzioni degli altri Stati ed è la garanzia della vittoria sul capitale. Ponendo in rilievo una serie di tesi principali della Dichiarazione dei diritti del popolo lavoratore e sfruttato, Lenin osserva che ora i lavoratori di tutti i paesi vedranno che la Costituzione sovietica — leg- ge fondamentale della Repubblica socialista federativa della Russia — riflette gli ideali del proletariato di tutto il mondo. L'ora della resa dei .conti con la borghesia di tutti i paesi si avvicina! Nell’Europa occi- dentale lo sdegno si fa sempre piu forte! Nostro compito è di superare tutti gli ostacoli che incontreremo sulla nostra strada per quanto diffi- cili essi siano, e mantenere il potere dei soviet fino a quando la classe operaia di tutti i paesi insorgerà e innalzerà la gloriosa bandiera della repubblica socialista mondiale! ( Applausi fragorosi). Pr&vda, n. 157, 28 luglio 1918. PER TELEFONO. A ZINOVIEV, SMOLNY, PIETROGRADO Ho appena ricevuto la notizia che Alexeiev, nel Kuban, marcia su di noi con quasi 60 mila uomini, realizzando il piano di offensiva comune dei cecoslovacchi, degli inglesi e dei cosacchi di Alexeiev. Tenuto conto di questo e della dichiarazione degli operai di Pietrogrado, venuti qui, Kaiurov, Ciugurin e altri, che Pietrogrado potrebbe dare dieci volte di più se non vi fosse Popposizione dei rappresentanti pietrogradesi del Comitato centrale 19 °, insisto categoricamente e in forma ultimativa affinché cessi qualsiasi opposizione, e da Pietrogrado siano inviati operai in numero dieci volte maggiore. Perché questo è quanto esige il CC del partito. Vi avverto in forma categorica che la situazione della repubblica è grave e che i pietrogradesi, ostacolando l’invio degli operai da Pietro- grado al fronte cecoslovacco, si renderanno responsabili della eventuale rovina di tutto. Lenin NB: Questa lettera mi deve essere rimandata con Panno tazione deìYora in cui è stata consegnata a Pietrogrado allo Smolny* Lenin Scritto il 27 luglio 1918. Pubblicato per la prima volta nel 1942 in Miscellanea di Lenin } XXXIV. 17 * NOTE 1 Con l’articolo Sulla frase rivoluzionaria Lenin iniziò la sua campagna di stampa in favore della conclusione della pace con la Germania. 2 II decreto del Consiglio dei commissari del popolo suirEsercito rosso operaio e contadino, datato il 15 (28) gennaio 1918, fu pubblicato il 19 gennaio (1° feb- braio) 1918, con la firma di Lenin, 3 Si tratta del voto sul problema della pace espresso nelle riunioni del CC del POSDR (b) dell’ll (24) gennaio 1918 e del 17 febbraio 1918. Alla prima riunione solo due membri del CC, contro undici, votarono per la « guerra rivo- luzionaria »; nella seconda riunione questultima tesi non ebbe nessun voto: tre membri del CC, favorevoli alla continuazione della guerra, si astennero. 4 La legge sulla socializzazione della terra fu approvata il 18 (31) gennaio 1918 dal III Congresso dei soviet di tutta la Russia che si tenne dal 10 al 18 (23-31) gennaio 1918; la legge fu pubblicata il 19 febbraio 1918. 5 La Conferenza democratica di tutta la Russia si svolse a Pietrogrado dal 14 al 22 settembre (27 settembre-5 ottobre) 1917. Essa era stata convocata dai menscevichi e dai socialisti-rivoluzionari per indebolire lo slancio del movimento rivoluzionario, Vi presero parte i rappresentanti dei partiti socialisti, dei soviet conciliatori, dei sindacati, degli zemstvo , dei circoli commerciali e industriali . e delle unità militari. I menscevichi e i socialisti-rivoluzionari erano in maggio- ranza. L’esame della questione fondamentale, l’organizzazione del potere, si ridusse quasi completamente a una battaglia sul problema se si dovesse o no realizzare una coalizione con i partiti borghesi. Dopo parecchie votazioni la Conferenza si pronunciò per la costituzione di un governo senza la partecipazione dei cadetti. Ma, allorché si giunse ad esaminare la composizione del « preparlamento » (Con- siglio provvisorio della repubblica), menscevichi e socialisti-rivoluzionari fecero passare l’idea della coalizione in forma mascherata. Mediante il preparlamento uscito dalla Conferenza democratica, questi due partiti pensavano di evitare la rivoluzione,- facendo abbandonare al paese la via della rivoluzione sovietica per imboccare la via del parlamentarismo di tipo borghese. Nel CC del partito bolsce- vico si decise di boicottare il preparlamento: solo Kamenev e Zinoviev si pronun- ciarono in senso contrario. 6 Si tratta di Zinoviev e Kamenev, che si dichiararono contrari all’insurre- zione armata nell’ottobre 1917. 7 Menscevichi raccolti intorno al giornale Novy Lue , organo del Comitato centrale unificato dei menscevichi. Il giornale si pubblicò a Pietrogrado dal 1° 520 LENLN (14) dicembre 1917, sotto la direzione di Dan, Martov, e Martynov; fu sop- presso nel giugno 1918 per la sua azione controrivoluzionaria. 8 I socialisti-rivoluzionari di destra raccolti intorno al giornale Dielo Naroda (La causa del popolo) organo del partito socialista-rivoluzionario. Il giornale si pubblicò con interruzioni e sotto titoli differenti dal marzo 1917 al marzo 1919, a Pietrogrado, poi a Samara e a Mosca. 9 II gruppo menscevico costituitosi intorno al giornale Novaia Gizn (Vita nuova), che si pubblicò a Pietrogrado a partire dall’aprile 1917, raccoglieva alcuni seguaci di Martov che si dicevano internazionalisti e intellettuali di tendenza semimenscevica. Nell’ottobre 1917 si schierarono, come tutti i menscevichi, con- tro l’insurrezione armata; dopo l’ottobre, assunsero una posizione ostile verso il potere sovietico, ad eccezione di alcuni che si unirono ai bolscevichi. La Novaia Gizn fu soppressa nel luglio 1918. 10 I bolscevichi « di sinistra » o « comunisti di sinistra », con alla testa Bukharin, Radek, Piatakov, erano contrari alla conclusione della pace di Brest- Litovsk, ma furono isolati e battuti per opera di Lenin. 11 II decreto La patria socialista è in pericolo fu approvato dal Consiglio dei commissari del popolo il .21 febbraio 1918- e pubblicato il giorno dopo sulla Pravda e le Izvestia. Esso era stato redatto da Lenin dopo la rottura delle trat- tative di pace a Brest-Litovsk e la ripresa dell’offensiva da parte dei tedeschi. Il 28 gennaio (10 febbraio) Trotski, che dirigeva la delegazione sovietica a Brest, venendo meno alle direttive di Lenin, respinse lultimatum tedesco, dichiarando che la Russia sovietica non avrebbe firmato la pace ma avrebbe smobilitato Peser- cito rifiutandosi di continuare la guerra. Questo atto metteva la repubblica sovie- tica praticamente in balia dell’invasore tedesco. Il 16 febbraio infatti il comando tedesco notificava ufficialmente la rottura delle trattative di pace e il 18 scatenava l’offensiva su tutto il fronte. Le truppe tedesche si impadronirono di parecchie città sovietiche e giunsero a minacciare Pietrogrado. Il 23 febbraio i reparti del nuovo Esercito rosso fermarono l’offensiva tedesca a Narva e a Pskov. 11 Quando il comando tedesco comunicò che le trattative di pace erano rotte e le operazioni militari sarebbero state riprese il 18 febbraio, Lenin convocò una riunione del CC che si tenne la seta del 17 febbraio e propose di riprendere immediatamente le trattative di pace. La proposta di Lenin fu respinta con sei voti contro cinque. Il 18 febbraio, giorno in cui riprese l’offensiva tedesca, il CC si riunì di nuovo e, durante la riunione, Trotski e Bukharin continuarono a difen- dere la loro linea e soltanto la sera, davanti alla netta presa di posizione di Leniti e dopo gli interventi di Stalin e di Sverdlov in favore della pace, si approvò la proposta di Lenin di inviare per radio un messaggio al governo tedesco in cui si diceva di accettare la pace alle condizioni proposte a Brest-Litovsk. Il testo del radiogramma fu subito redatto da Lenin, approvato dal CC e Spedito a Berlino nella notte dal 18 al 19 febbraio. 13 Qui il manoscritto si interrompe. u Vedi il presente volume, pp. 9-19. 15 Si allude all’atteggiamento assunto dai « comunisti di sinistra » alla riunione dei CC del 22 febbraio 1918, contro l’acquisto dì armi e di viveri dalle potenze dell’Intesa, armi e viveri che dovevano servire alla difesa contro i tedeschi. Lenin non era presente alla riunione ma inviò una breve* dichiarazione di voto a favore dell’acquisto. Il CC approvò con sei voti contro cinque una risoluzione in cui si riconosceva la necessità di equipaggiare l’esercito con tutti i mezzi, com- NOTE 521 preso l’acquisto presso i paesi capitalistici. In seguito a questa decisione Bukharin presentò le dimissioni dal CC e dalla redazione della Pravda. 16 I.P. Kaliaev era un socialista-rivoluzionario che il 4 (17) febbraio 1905 uccise con una bomba il granduca S.A. Romanov, governatore generale di Mosca e zio di Nicola II. 17 La risposta tedesca al radiogramma del governo sovietico inviato nella notte tra il 18 e 19 febbraio pervenne a Pietrogrado solo il 23 febbraio, alle 10,30 del mattino. Le nuove condizioni di pace erano molto più dure. I tedeschi pretendevano infatti la Polonia, la Lituania e una parte della Bielorussia, ma esigevano per di piu il ritiro delle guardie rosse dall’Estonia, dalla Lettonia e dalla Finlandia, la consegna alla Turchia delle città di Kars e Batun, la restau- razione della Rada borghese in Ucraina, che sarebbe divenuta cosi un vassallo della Germania. La repubblica sovietica doveva impegnarsi inoltre a pagare ai tedeschi un pesante tributo. 10 Vedi il presente volume, pp. 9-19 e pp. 24-27. 19 Le Tesi sulla conclusione immediata di una pace separata e annessionistica furono scritte da Lenin il 7 (20) gennaio 1918, ma furono pubblicate sulla Pravda soltanto il 24 febbraio, dopo che il CC aveva approvato la proposta di Lenin di concludere la pace (vedi Opere , voi. 26, pp. 421-429). 20 La riunione comune dei gruppi bolscevico e. socialista-rivoluzionario « di sinistra » del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia, convocata per esami- nare l’accettazione delle nuove condizioni di pace tedesche, si tenne la sera del 23 febbraio. Lenin parlò in favore della conclusione della pace mentre i trotskisti si opposero. In questa seduta non fu approvata nessuna risoluzione sulla que- stione della pace. 21 La seduta del CEC di tutta la Russia dedicata alla questione della pace con la Germania, sulla base delle nuove condizioni, si apri alle 3 del mattino del 24 febbraio 1918 sotto la presidenza di Sverdlov. Dopo il rapporto di Lenin, menscevichi, socialisti-rivoluzionari di destra e di sinistra e comunisti anarchici presero la parola per opporsi alla conclusione della pace. L’assemblea, con 116 voti contro 85 e 26 astensioni, approvò la risoluzione proposta dai bolscevichi che accettava le condizioni di pace tedesche. La maggioranza dei « comunisti di sini- stra » non prese parte alla votazione, avendo abbandonato la sala. I capi dei « comunisti di sinistra » votarono contro la conclusione della pace. 22 L’articolo incompiuto Dov'è Verrore? è dedicato all’analisi della dichia- razione dei capi « comunisti di sinistra » presentata al CC dopo la risoluzione del 23 febbraio 1918 che accettava le condizioni di pace tedesche. Lenin inten- deva includervi un brano di queste dichiarazioni, ma il testo sul quale Lenin aveva segnato il brano da riprodurre non si è conservato. 23 Vedi nella presente edizione, Opere, voi. 26, pp. 421-429. 24 A questo punto il manoscritto si interrompe. 25 Lenin allude a un questionario inviato telegraficamente a tutti i soviet di governatorato e di distretto e ai comitati contadini locali perché esprimessero il loro punto di vista sulle nuove condizioni di pace. II questionario fu inviato il 25 febbraio dal Consiglio dei commissari del popolo e dal CEC di tutta la Russia. Le risposte che, cominciarono ad arrivare fin dal giorno dopo e che furono pubblicate dalle Izvestia fino al 9 marzo, erano in maggioranza favorevoli alla conclusione della pace. 26 II primo e i due ultimi paragrafi di questo documento sono stati scritti da I. Sverdlov. 522 LENIN 27 Si tratta della .riunione comune dei gruppi bolscevico e socialista-rivolu- zionario di sinistra del CEC dei soviet di tutta la Russia, tenuta il 23 febbraio 1918. 20 L’eventualità di evacuare il governo da Pietrogrado a Mosca, a causa del- l’offensiva tedesca, fu esaminata dal Consiglio dei commissari del popolo il 26 febbraio 1918. A questa riunione Lenin presentò il progetto qui riportato. La decisione di trasferire la capitale a Mosca fu presa al IV Congresso straordinario dei soviet di tutta la Russia nel marzo 1918. 29 L’Ufficio regionale di Mosca del POSDR (b) raggruppava nel 1917 e all'ini- zio del 1918 l’organizzazione del partito della regione industriale centrale, di cui facevano parte i governatorati di Mosca, Iaroslavl, Tver, Kostroma, Vladimir, Voronez, Smolensk, Nizni-Novgorod, Tuia, Riazan, Tambov, Kaluga e Oriol. Nel periodo in cui si discuteva la necessità di concludere la pace di Brest-Litovsk, la direzione dell’Ufficio regionale di Mosca era in mano ai « comunisti di sinistra » (Bukharin, Ossinski, Lomov, Stukov, Sapronov, Mantsev, Iakovleva, eccj. La risoluzione di cui parla qui Lenin fu adottata nel corso di una riunione ristretta dell'Ufficio, dopo che il CC aveva accettato le nuove condizioni di pace. 30 Vedi, nella presente edizione, Opere, voi. 26, pp. 421-429. 31 Si tratta della votazione sul problema della pace con la Germania alla riunione del CC allargato del 21 gennaio (3 febbraio) 1918. A questa riunione i « comunisti di sinistra » Obolenski (Ossinski) e Stukov votarono contro ogni trattativa e trattato con grimperialisti, mentre la maggioranza dei « comunisti di sinistra » assunse al momento del voto una posizione ambigua; pur ammet- tendo la possibilità « in generale » di concludere la pace tra Stati socialisti e impe- rialisti, votò tuttavia contro la firma immediata della pace con la Germania. 32 Redatto da Lenin allorché la delegazione sovietica a Brest-Litovsk l’ebbe informato per telegrafo che la Germania rifiutava di cessare le operazioni militari prima della firma del trattato, di ■ pace. Un telegramma di contenuto analogo fu pubblicato, a firma di Lenin, nella Pravda, n. 39, del 2 marzo 1918. 33 II 24 febbraio 1918 il soviet dei deputati operai e soldati di Pietrogrado approvò una risoluzione in cui si appoggiava la decisione del CEC dì concludere la pace. Al tempo stesso il soviet di Pietrogrado decideva di « prendere tutte le misure necessarie per organizzare i convogli destinati al fronte ». 34 II 3 marzo 1918 ebbe luogo a Mosca una seduta del soviet dei deputati operai e soldati della capitale con la partecipazione dei Comitati di fabbrica e d’officina, dei sindacati, dei soviet distrettuali, di funzionari responsabili, ecc. La maggioranza si dichiarò favorevole alla firma della pace. II 4 marzo la que- stione della pace fu dibattuta a una riunione del CC del POSDR (b); con 10 voti contro 7 fu approvata una risoluzione favorevole alla firma della pace. La Conferenza del POSDR (b) della città di Mosca si tenne nella notte tra il 4 e 5 marzo 1918. La conferenza, cui parteciparono, oltre i delegati, anche numerosi operai dei vari distretti della capitale, approvò a maggioranza una riso- luzione che appoggiava la posizione del CC del partito sulla questione della pace. 35 II VII Congresso del PC (b) della Russia si tenne a Pietrogrado dal 6 all’8 marzo 1918. Vi parteciparono 46 delegati con voto deliberativo e 58 con voto consultivo, in rappresentanza di oltre 170 mila iscritti al partito. Il partito contava allora almeno 300 mila membri: ma numerose organizzazioni non ave- vano avuto la possibilità di inviare i loro delegati, sia perché il congresso era stato convocato in brevissimo tempo, sia perché i tedeschi occupavano allora alcune regioni della Russia. 11 Congresso era stato convocato d’urgenza per prendere NOTE 523 una decisione definitiva sul problema della pace. Lenin svolse il rapporto sulla guerra e la pace. Le tesi dei seguaci di Trotski e dei « comunisti di sinistra » furono difese da Bukharin. Il Congresso approvò con 30 voti, contro 13 e 4 astensioni la risoluzione presentata da Lenin sulla pace di Brest-Litovsk, respin- gendo le tesi di Trotski e di Bukharin. II Congresso discusse anche la revisione del programma del partito e il muta- mento della denominazione del partito: Lenin fece un rapporto su ambedue le questioni, e, su sua proposta, il congresso decise di cambiare il nome di Partito operaio socialdemocratico della Russia (bolscevico) in Partito comunista (bolsce- vico) della Russia. Il Congresso nominò pure una commissione incaricata di elabo- rare in forma definitiva il nuovo programma del partito; di questa commissione facava parte Lenin, il cui progetto fu preso dal Congresso come base per il programma del partito. 36 II 18 aprile 1917 iMihukov, ministro degli esteri del Governo provvisorio', indirizzò alle potenze alleate una nota nella quale dichiarava che il suo governo avrebbe rispettato tutti i trattati firmati dallo zar e si impegnava a continuare la guerra imperialistica. Il 20 aprile i soldati della guarnigione di Pietrogrado, venuti a conoscenza della nota di Miliukov, uscirono per le strade al grido di:. « Tutto il potere ai soviet! », « Abbasso la guerra! ». Il 21 aprile gli operai di Pietrogrado, rispondendo aH’appelIo del partito bolscevico, organizzarono una manifestazione, cui parteciparono oltre 100 mila persone che richiedevano a gran voce la pace. Questa manifestazione dell’aprile affrettò la trasformazione della rivoluzione democratico-borghese in rivoluzione socialista. Dopo questa manife- stazione la borghesia cercò di salvare il suo potere dando vita a un governo « di coalizione » con la partecipazione dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari. 37 Lenin allude alla manifestazione del 3-4 (16-17) luglio 1917 a Pietrogrado. Il 3 (16) luglio nel quartiere di Vyborg, scoppiarono manifestazioni spontanee contro il Governo provvisorio per iniziativa del 1° reggimento mitraglieri, cui si associarono altri reparti militari e gli operai delle fabbriche. La manifestazione sembrava dovesse trasformarsi in una vera e propria insurrezione armata contro il Governo provvisorio. Il partito bolscevico era allora contrario alla insurre- zione, ritenendo che la crisi rivoluzionaria non fosse ancora matura e che l’eser- cito e le province non fossero ancora pronte ad appoggiare l’insurrezione nella capitale. Alla seduta del CC convocata il 3 luglio alle 4 del pomeriggio, insieme con il comitato di Pietrogrado e l’organizzazione militare del POSDR (b), si decise di non scatenare l'insurrezione. La stessa decisione fu presa dalla II Conferenza bolscevica di Pietrogrado, che era allora riunita. I delegati della conferenza si recarono ancl^e nelle fabbriche e nei quartieri per evitare la manifestazione, che tuttavia non fu possibile arrestare. Allora, tenendo conto dello stato d’animo delle masse, il CC, il Comitato di Pietrogrado e l’organizzazione militare decisero nella serata del 3 luglio di partecipare alla manifestazione per darle un carattere organizzato e pacifico. Lenin, che in quel momento non si trovava a Pietrogrado, messo al corrente degli avvenimenti, arrivò nella capitale il mattino del 4 luglio. Piu di 500 mila persone parteciparono alla manifestazione del 4 (17) luglio che si svolse all’insegna della parola d’ordine bolscevica: «Tutto il potere ai soviet! ». Reparti di junker (allievi ufficiali) e di ufficiali furono scagliati contro gli operai e i soldati che manifestavano pacificamente e aprirono il fuoco contro di essi. Il Governo provvisorio, che era appoggiato dal CEC dominato dai menscevichi e dai socialisti-rivoluzionari, richiamò dal fronte reparti militari di orientamento reazionario per schiacciare il movimento delle masse. Il CC bolscevico decise nella notte del 4 luglio di porre fine alla manifestazione. Nella tarda notte Lenin si 524 LENIN recò alla redazione della Pravda per esaminare il numero che doveva uscire il giorno seguente; mezz’ora dopo che egli si era allontanato, la redazione fu deva- stata da una squadra di junker e di cosacchi. Dopo aver represso sanguinosamente la manifestazione, il governo iniziò le rappresaglie centro il partito bolscevico. I giornali bolscevici Pravda e Soldatskaia Pravda furono proibiti, e cominciarono arresti in massa, perquisizioni e pogrom. I reparti della guarnigione di Pietro- grado furono allontanati dalla capitale e inviati al fronte. Dopo le giornate di luglio il potere passò interamente nelle mani del Governo provvisorio, ormai decisamente controrivoluzionario, che esautorò i soviet. Ebbe cosi fine il « dualismo del potere » e terminò il periodo pacifico della rivoluzione. II partito bolscevico doveva ora cominciare a preparare l’insurrezione armata pel rovesciare il Governo provvisorio. 36 II complotto controrivoluzionario organizzato nell’agosto 1917 dalla bor- ghesia e dai grandi proprietari fondiari e diretto dal generale zarista Kornilov, che il 25 agosto ritirò le sue truppe dal fronte per lanciarle contro Pietrogrado. Rispondendo all’appello dei bolsceviche le masse popolari si sollevarono, gli operai di Pietrogrado presero le armi e formarono reparti della Guardia rossa. Il tenta- tivo controrivoluzionario fu sventato rapidamente e Kornilov fu arrestato. 39 Si allude alla posizione presa da Kamenev, Zinoviev, Rykov e altri, che nei giorni immediatamente seguenti la rivoluzione d’ottobre chiesero si formasse un « governo socialista: omogeneo », con la partecipazione dei partiti menscevico e socialista-rivoluzionario di fatto ostili alla rivoluzione (cfr., nella presente edizione Opere, voi. 26, pp. 250-251 e 285-290). 40 Cfr., nella presente edizione, voi. 24, pp. 269-271. La Conferenza d’aprile (o VII Conferenza) del POSDR (b) si tenne a Pietrogrado dal 24 al 29 aprile (7-12 maggio) 1917. Vi presero parre 153 delegati con voto deliberativo e 18 delegati con voto consultivo, in rappresentanza di 80 mila membri del partito. Era la prima conferenza legale dei bolscevichi ed ebbe l'importanza di un con- gresso del partito. La conferenza prese come base di discussione le Tesi d'aprile di Lenin, definì la linea del partito sui problemi fondamentali della rivoluzione e orientò il partito verso la lotta per trasformare la rivoluzione democratico- borghese in rivoluzione socialista. 41 Kaledin era un generale russo che diresse la controrivoluzione monar- chica e organizzò la guerra civile contro il potere dei soviet nella regione del Don tra la fine del 1917 e Tinizio del 1918. Sconfitto, nel febbraio 1918, si uccise. 42 II decreto sul controllo operaio della produzione (regolamento sul con- trollo operaio) fu approvato dal CEC di tutta la Russia il 14 (27) novembre 1917 e pubblicato nelle Izvestia, n. 227 del 16 novembre 1917. Il decreto fu redatto sulla base del Progetto di regolamento del controllo operaio scritto da Lenin alla fine dell’ottobre 1917 e pubblicato con alcune modifiche il 3 (16) novembre 1917 suìia Pravda , n. 178 (vedi Opere, voi. 26, pp. 257-258). 43 Si tratta del giuramento di fedeltà allo zar prestato dai membri della III Duma di Stato, il giorno della sua apertura, 1° (14) novembre 1917. I deputati che si rifiutavano di prestare giuramento venivano considerati dimissionari e privati così del diritto di servirsi della Duma come di una tribuna per mobilitare il prole- tariato alla lotta rivoluzionaria: perciò i deputati socialdemocratici prestarono giuramento insieme con tutti gli aLtii. 44 M. Hoffmann fu il generale tedesco che rappresentò la Germania a Brest- NOTE 525 Litovsk nella seconda fase delle trattative di pace, tra la fine del dicembre 1917 e il 28 gennaio (10 febbraio) 1918. 45 Lenin sembra alludere al periodo compreso tra rinizio dell’offensiva tede- sca (18 febbraio) e l’arrivo della delegazione sovietica a Brest-Litovsk (28 febbraio 1918). L’offensiva tedesca durò in realtà 14 giorni, dal 18 febbraio al 3 marzo, giorno in cui fu firmato il trattato di pace. 46 La rivoluzione scoppiò in Finlandia verso la metà del gennaio 1918 nella regione industriale del sud e si estese a varie città importanti come Helsingfors, Vyborg, ecc. La rivoluzione era stata preceduta da uno sciopero politico generale iniziato il 31 ottobre (13 novembre), e durato una settimana, diretto dal Consi- glio operaio rivoluzionario centrale. Il 15 (28) gennaio 1918 la Guardia rossa finlandese occupò la capitale della Finlandia Helsingfors, dove il 16 (29) gennaio fu formato un governo rivoluzionario, il Consiglio dei rappresentanti (o commis- sari) del popolo di Finlandia. Il governo borghese di Svinhufvud chiese aiuto alla borghesia di Svezia e di Germania e, rifugiatosi ne! nord del paese dove aveva organizzato reparti di kulak e guardie bianche, scatenò alla fine del mese dì gennaio un’offensiva verso il sud, con l'appoggio di tedeschi, svedesi e uffi- ciali russi bianchi. Nel maggio, dopo tre mesi di un’aspra guerra civile, la rivo- luzione operaia finlandese fu schiacciata con l’aiuto di un corpo di spedizione tedesco di 20 mila uomini, che era sbarcato in Finlandia.' 47 Si tratta della risoluzione dell’Ufficio regionale di Mosca del POSDR (b), provvisoriamente dominato dai « comunisti di sinistra », che era stata approvata in una riunione ristretta dell’Ufficio stesso il 24 febbraio 1918. (Vedi l’articolo di Lenin Strano e mostruoso, nel presente volume, pp. 54-61). 48 Lenin allude a un colloquio avuto nel febbraio 1918 con il rappresentante della missione militare francese in Russia, conte di Lubersac. 49 Si tratta dell’appello del Commissario del popolo alla guerra per la mobi- litazione generale volontaria, dopo la totale smobilitazione dell’esercito russo in base al trattato di pace con la Germania. 50 Secondo gli accordi armistiziali conclusi il 2 (15) dicembre 1917 a Brest- Litovsk tra il governo sovietico e le potenze della Quadruplice alleanza (Germa- nia, Austria-Ungheria, Bulgaria, Turchia), ciascuna delle parti contraenti poteva riprendere le operazioni militari con un preavviso di sette giorni. Violando gli accordi, i tedeschi comunicarono che avrebbero ripreso le operazioni il 16 febbraio, cioè solo due giorni dopo. 51 Cfr. nella presente edizione voi. 21, p. 370. 52 Con il trattato di Brest-Litovsk, firmato il 3 marzo 1918, il governo tedesco faceva obbligo alla repubblica sovietica di concludere la pace con la Rada contro- rivoluzionaria deH’Ucraina, costituita a Kiev nell’aprile 1917 dal blocco dei partiti nazionalisti borghesi e piccolo-borghesi ucraini, sotto la direzione di V. Vihnicenko. Durante le trattative di pace tra la repubblica sovietica e i tedeschi, la Rada inviò una delegazione a Brest-Litovsk. La lotta tra la Rada e il governo sovietico dell’Ucraina, costituito nel dicembre 1917, terminò con il rovesciamento della Rada. Il 27 gennaio (9 febbraio), dopo l’instaurazione del potere sovietico a Kiev, la Rada, all’insaputa della delegazione sovietica, concluse con i tedeschi una pace separata, con la quale cedeva alla Germania il grano, il carbone e altre materie prime dell’Ucraina, in cambio di un aiuto militare contro il potere dei soviet. Il potere della Rada fu cosi restaurato con il concorso delle baionette degli imperialisti tedeschi, che facevano dell’Ucraina praticamente una colonia. Le trattative di pace tra il governo sovietico e la Rada, imposte dal trattato 526 LENIN di Brest-Litovsk, non ebbero luogo. Il 29 aprile 1918 la Rada fu sciolta dalle stesse forze di occupazione tedesche e sostituita dal governo di un monarchico, 10 helman Skoropadski. Le trattative di pace tra la repubblica sovietica e il governo Skoropadski si aprirono il 23 maggio e un armistizio fu firmato il 14 giugno 1918. 53 Mancano alcune parole nello stenogramma. 54 II 12 marzo era la data fissata per la convocazione del IV Congresso straor- dinario dei soviet di tutta la Russia, che doveva risolvere la questione della ratì- fica del trattato di pace. 55 La risoluzione sulla guerra e la pace approvata dal VII Congresso del partito non fu pubblicata allora per decisione del congresso stesso. Apparve il 1° gennaio 1919 sul giornale Kommunar (Il Comunardo) che si pubblicò a Mosca a cura del CC del PCR(b) dal 9 ottobre 1918 al 5 marzo 1919. 56 Durante la discussione e il voto sulla risoluzione presentata da Lenin sulla guerra e la pace, Trotski e i « comunisti di sinistra », presentarono al congresso alcuni « emendamenti » che vietavano al governo sovietico di firmare la pace con la Rada ucraina e con il governo borghese della Finlandia. Lenin si oppose a questi tentativi miranti a privare il CC della sua libertà di manovra, e gli « emen- damenti » furono respinti a maggioranza. ST Zinoviev intervenne al congresso contro la proposta di Lenin di non pub- blicare la risolifeione sulla guerra c la pace. L'emendamento di Zinoviev fu respinto e la proposta di Lenin approvata a maggioranza. 58 II problema della revisione del programma del partito era stato posto da Lenin fin dal 1917 nelle sue Test d'aprile (vedi Opere, voi. 24, p. 14). Lenin redasse per la VII Conferenza (Conferenza d’aprile) del POSDR(b) un pro- getto di modifiche al programma che apportava numerose correzioni al pro- gramma del 1903. Su proposta di Lenin la conferenza’ incaricò il CC di presen- tate entro due mesi il progetto di programma per il VI Congresso del partito. 11 VI Congresso del POSDR (b) (fine luglio-inizio agosto 1917) non prese una decisione sul programma del partito, ma confermò la decisione della Conferenza d’aprile circa la necessità di una revisione del programma e incaricò il CC di organizzare in proposito un'ampia discussione, che di fatto si svolse in seno al partito nell’estate e nell'autunno 1917. Il CC dopo aver esaminato piu volte la questione del programma, istituì nella riunione del 5 (18) ottobre 1917, una spe- ciale commissione, diretta da Lenin, incaricata di rivedere il programma per il congresso del partito che doveva essere convocato nell'autunno dello stesso anno. Infine, una decisione del CC in data 24 gennaio (6 febbraio) 1918, affidava l’ela- borazione del progetto di programma a una nuova commissione sempre diretta da Lenin, il quale tracciò 1 "Abbozzo del progetto di programma che completava il progetto del 1917 e che fu distribuito ai delegati al VII Congresso come elemento di discussione. Non di meno il congresso non discusse il programma nei parti- colari e affidò l’elaborazione di un progetto definitivo a una speciale commis- sione, di cui Lenin faceva parte, approvando la risoluzione proposta da Lenin che indicava le tesi fondamentali per la revisione del programma. Il programma del partito fu approvato nella sua forma definitiva solo aH'VIII Congresso, nel marzo 1919. 59 La necessità di cambiare la denominazione del partito era stata posta da Lenin fin dal 1914, all’inizio della prima guerra mondiale (vedi Opere , voi. 21, pp. 81-82), e da lui ribadita nelle Tesi d'aprile, nell’opuscolo I compiti del prole- tariato nella nostra rivoluzione e in vari altri scritti e discorsi de! 1917 (vedi NOTE 527 Opere , voi. 24, pp. 9-15, 49-83, 140-141, 145 e voi. 25, pp. 427-429). La decisione di cambiare la denominazione del partito fu presa soltanto al VII Congresso. 60 Lenin cita la lettera di Engels a Bebel del 18-28 marzo 1875 sul pro- gramma di Gotha. 61 Si tratta delle raccolte: Testi per la revisione del programma del partito , a cura di Lenin, Pietrogrado, 1917 (vedi Opere , voi. 24, pp. 467-491) e Testi per la revisione del programma del partito , Mosca, 1917. Lenin criticò le tendenze opportuniste presenti nella seconda raccolta nell’articolo Per una revisione del programma del partito (vedi Opere , voi. 26, pp. 135-164). 62 Lenin cita l’introduzione all’opuscolo di Borkheim In memoria dei patriot- tardi tedeschi del 1806-1S07, scritta da Engels il 15 dicembre 1887, 63 Cfr. nella presente edizione, voi. 24, pp. 471-475. 64 II Congresso del partito socialdemocratico tedesco, svoltosi a Chemnitz dal 15 al 21 settembre 1912, approvò una risoluzione « suIFimperialismo », nella quale la politica degli Stati imperialistici era definita « una politica svergognata di saccheggio e di conquista » e in cui si invitava il partito a « lottare con la massima energia contro l’imperialismo ». Il Congresso socialista internazionale di Basilea (2 4-25 novembre 1912) era stato convocato come congresso straordinario, data la minaccia di guerra che pendeva sull’Europa. Il congresso approvò un manifesto contro la guerra immi- nente, della quale sottolineava il carattere imperialistico, e faceva appello ai socia- listi di tutti i paesi a lottare contro di essa. Durante la prima guerra mondiale i capi della seconda Internazionale viola- rono apertamente le risoluzioni dei congressi socialisti internazionali e in parti- colare quelle approvate a Chemnitz e a Basilea, assumendo una posizione social- sciovinista. La critica della posizione socialsciovinistica dei dirigenti della II Inter- nazionale si trova nelle Opere di Lenin // fallimento della II Internazionale , Il socialismo e la guerra (vedi Opere , voi. 2L pp. 183-234, 269-310). 65 Cfr. nella presente edizione, voi. 25, pp. 361-463. 66 Cfr. nel presente volume, pp. 133*138. 67 Cfr. nella presente edizione, voi, 26, pp. 156-160. 66 Cfr. nel presente volume, pp. 101-102. 69 II decreto sulla nazionalizzazione delle banche fu approvato dal CEC di tutta la Russia il 14 (27) dicembre 1917, e pubblicato nelle Izvestia del CEC il 15 (28) dicembre 1917. 70 La pubblicazione del decreto sulla terra, in lingua straniera, fu iniziata ai primi del 1918. Il decreto fu pubblicato in inglese a Pietrogrado nel feb- braio 1918. 71 Cfr. nel presente volume pp. 122-123. 72 Lenin, costretto alla clandestinità, non aveva partecipato al VI Congresso. Si tratta evidentemente di un colloquio con Hòglund, dirigente del partito social- democratico di sinistra svedese, che era venuto nella Russia sovietica per una conferenza preliminare in vista della costituzione dell'Internazionale comunista, nel febbraio-marzo 1918. 73 I. Larin propose al VII Congresso di inserire la parola « operaio » nella denominazione del partito. Il suo emendamento fu respinto. 74 Vedi K. Marx-F. Engels. Manifesto del Partito comunista , Roma, Editori Riuniti, 1962, pp. 72-73. 528 LENIN 75 L’oratore precedente era stato R. Pelsce, che aveva proposto al congresso di togliere dal programma del partito ogni riferimento all’utilizzazione delle forme di lotta parlamentare. L’emendamento fu respinto. 76 Dopo gli interventi di Lenin, l’emendamento di Bukharin fu respinto dal congresso. 77 Al momento di eleggere il Comitato centrale, al VII Congresso del partito, i «comunisti di sinistra», con Bukharin alla testa, dichiararono che si rifiutavano di entrare nel CC' perché in disaccordo con la politica del partito. Dietro le insi- stenze di Lenin, il congresso elesse egualmente i loro rappresentanti al CC, ma i «comunisti di sinistra» mantennero le loro posizioni, rifiutandosi di lavorare nel CC, nonostante le decisioni e le proposte formali rinnovate piu volte dal CC. Vedi qui, a p. 180, la Nota sull'atteggiamento dei « comunisti di sinistra ». 78 Cfr, nella presente edizione, voi. 24, p. 481. 79 Cfr. nota precedente e voi. 26, p. 155. 80 Cfr. nella presente edizione, voi. 26, pp. 89-90. 01 In tedesco nel testo: alimentazione collettiva. 02 L’articolo 11 compito principale dei nostri giorni è l’opera SulVinfantilismo di sinistra e sullo spirito piccolo-borghese (vedi il presente volume, pp. 293-322) furono riuniti e pubblicati in opuscolo nel maggio 1918. 03 Sono versi del poema di Nekrasov Chi è che vive bene in Russia. 04 II IV Congresso straordinario dei soviet di tutta la Russia si svolse a Mosca dal 14 al 16 marzo 1918. Era stato convocato per risolvere la questione della ratifica della pace di Brest-Litovsk. Alla vigilia dell’apertura, il 13 marzo, si tenne una riunione del gruppo bolscevico al congresso, in cui Lenin presentò un rapporto sul trattato di Brest-Litovsk {vedi Miscellanea di Lenin . XI. 1931. pp. 77-70). Il voto preliminare in seno al gruppo vede i seguenti risultati: in favore della risoluzione di Lenin sulla ratifica del trattato di Brest-Litovsk, 453 voti; contro, 36 voti; astenuti, 8. Secondo il resoconto stenografico, il IV Congresso straordinario dei soviet comprendeva 1.232 delegati con voto deliberativo, di cui 795 bolsceviche e 283 socialisti-rivoluzionari « di sinistra » e altri. Il congresso esaminò le questioni seguenti: ratifica dei trattato di pace; trasferimento della capitale; elezioni. Il rapporto sulla ratifica del trattato di pace fu presentato da Lenin; a nome dei socialisti-rivoluzionari « di sinistra » V. Kamkov presentò un co-rapporto contrario alla ratifica. A scrutinio nominale il congresso approvò la risoluzione di Lenin sulla ratifica del trattato di pace. 784 delegati votarono per la ratifica, 261 vota- rono contro, 115 si astennero; tra questi ultimi, i «comunisti di sinistra», che in una dichiarazione a parte avevano esposto le ragioni della loro astensione. 11 congresso approvò la risoluzione redatta da Lenin sul trasferimento della capitale a Mosca e nominò un nuovo Comitato esecutivo centrale di 200 membri. 05 II progetto di risoluzione relativo al messaggio di Wilson fu letto al IV Congresso straordinario dei soviet da I. Sverdlov e approvato dal congresso. La risoluzione rappresentava una risposta al messaggio del presidente degli Stati Uniti, W. Wilson, che aveva cercato di impedire alla Russia sovietica di firmare la pace con la Germania. 86 Lenin allude a un intervento dell'ufficiale Dubasov alla riunione del soviet di Pietrogrado del 22 settembre (5 ottobre) 1917 durante la discussione del rapporto sulla Conferenza democratica. 07 Lenin si riferisce drappello lanciato dal soviet di Pietrogrado Ai popoli NOTE 529 di tutto il mondo pubblicato sui giornali della capitale il 15 marzo 1917. Nel suo discorso, sulla guerra al I Congresso dei soviet di tutta la Russia, Lenin aveva rilevato il carattere ambiguo di questo appello, dovuto ai menscevichi e ai socia- listi-rivoluzionari (vedi Opere, voi. 25, pp. 22-34). 88 II primo appello di cui qui si parla è l’ Appello ai soldati di tutti i paesi belligeranti, redatto da Lenin a nome del CC del partito bolscevico, del Comi- tato di Pietroburgo e della redazione della Pravda e pubblicato sulla Pravda il 4 maggio 1917. L'Appello tracciava il programma politico capace di trovare una via d’uscita alla guerra imperialistica, e cioè la lotta rivoluzionaria per portare il proletariato al potere mediante il rovesciamento dei governi borghesi di tutti i paesi (vedi Opere, voi. 24, pp. 185-187). 89 La prima stesura dell'articolo I compiti immediati del potere sovietico fu dettata da Lenin allo stenografo il 28 marzo 1918 (l’inizio e la fine del pro- getto non sono stati ritrovati). Non soddisfatto di questo abbozzo stenografico, Lenin scrisse subito dopo le Tesi sui compiti del potere .. sovietico nel momento attuale, che è il titolo che porta il manoscritto dell’opera di Lenin I compili imme- diati del potere sovietico (vedi il presente volume, pp. 211-248). 90 L’inizio di queste note non è stato ritrovato. 91 Cfr. nel presente volume p. 178. 92 Si tratta della polemica con i menscevichi a proposito della funzione dei sindacati svoltasi al I Congresso dei sindacati della Russia, che si riunì a Pietro- grado dal 4 al 14 (20-27) gennaio 1918. 93 II progetto iniziale del decreto sui tribunali rivoluzionari fu sottoposto all’approvazione del Consiglio dei commissari del popolo dal Commissariato del popolo alla giustizia il 30 marzo 1918. Esaminato il progetto, il Consiglio dei commissari del popolo decise, su proposta di Lenin, di rivederlo completamente. II progetto fu rielaborato secondo le indicazioni di Lenin, approvato alla riunione del Consiglio dei commissari del popolo del 4 maggio e pubblicato il 17 maggio 1918. 94 Liberdan : con questo termine venivano ironicamente accomunati i capi menscevichi Liber e Dan e i loro seguaci, dopo che sul giornale bolscevico di Mosca Sotsial-Demokrat del 25 agosto (7 settembre 1917) apparve un articolo di Demian Biedny cosi intitolato. 95 Le Tesi sulla politica bancaria furono approvate a una riunione del perso- nale delle banche, cui partecipò Lenin, nel marzo-aprile 1918. Lenin scrisse le tesi sotto forma di verbale, riportando i risultati delle votazioni sui diversi punti e le riserve avanzate dai partecipanti. 96 II decreto sulla nazionalizzazione delle banche fu approvato dal CEC il 14 (27) dicembre 1917. 97 II comizio al maneggio Alexeievski si tenne a Mosca il 7 aprile 1918 per protestare contro il governo menscevico delia Georgia che aveva fatto sparare con- tro gli operai durante un comizio a Tiflis il 10 (23) febbraio 1918, giorno della convocazione della Dieta transcaucasica. Il discorso di Lenin non fu pubblicato nei giornali della capitale. La Pravda del 9 aprile (27 marzo) 1918, ne diede una breve informazione. Il discorso fu trasmesso per radio e pubblicato sulle Izvestia del soviet di Saratov. 98 Si tratta delle truppe giapponesi che sbarcarono il 5 aprile 1918 a Vladi- vostok. Questo sbarco segnò l’inizio dell’intervento armato dell’Intesa in Estre- mo oriente. 530 . LENIN 99 S. Sciaumian fu nel 1917-1918 Commissario straordinario per il Caucaso e presidente del Consiglio dei commissari del popolo di Baku. Accanitamente per- seguitato dal governo controrivoluzionario menscevico della Transcaucasia, fu oggetto di un attentato nel febbraio 1918. Nell'agosto dello stesso anno fu arrestato dalle truppe di intervento inglesi c fucilato il 20 settembre 1918 tra i 2.6 commissari di Baku. JD0 Dopo lo sbarco giapponese il CEC dei soviet della Siberia (Centrosibir) dichiarò lo stato di guerra e cominciò a organizzare l’Esercito rosso. Tuttavia ancora qua e là si sperava in una soluzione pacifica del conflitto. Contro queste illusioni Lenin mette in guardia con questo telegramma. Il titolo è dellTstituto di marxi- smo e leninismo presso il CC del PCUS. 101 Nell’aprile del 1918 tutti i giornali annunciarono che il generale Kornilov era stato fucilato dai propri soldati. Fu poi accertato che Kornliov era stato ucciso il 13 aprile 1918 nel corso di un combattimento con i reparti dell’Esercito rosso presso Ekaterinodar. 102 11 manoscritto dell’opera di Lenin 1 compiti immediati del potere sovietico è intitolato: Tesi del potere sovietico nel momento attuale. Le Tesi di Lenin furono esaminate dal CC del partito in una riunione del 26 aprile 1918. Il CC le approvò e decise di pubblicarle sotto forma di articoli sulla Frauda e le lzvestia del CEC, nonché in opuscolo. Nella stessa seduta il CC incaricò Lenin di presèntare un rapporto su «I compiti immediati del potere sovietico» al CEC dei soviet di tutta la Russia e di preparare un riassunto delle Tesi sotto forma di risoluzione (vedi il presente volume, pp. 283-286). 103 Cfr. nel presente volume p. 178. 104 Bogaevski fu uno dei capi della controrivoluzione e degli organizzatori della guerra civile contro il potere sovietico nella regione del Don. Sconfitto, si arrese nella primavera del 1918. 105 Per decreto del Consiglio dei commissari del popolo in data 18 novem- bre (1. dicembre) 1917; lo stipendio massimo mensile dei commissari del popolo era fissato in 500 rubli. Su richiesta del Commissariato del popolo al lavoro, il Consiglio decise poco dopo che gli scienziati e i tecnici altamente qualificati potessero ricevere stipendi più elevati. II decreto sulle cooperative di consumo fu approvato dal Consiglio dei commissari del popolo il 10 aprile, ratificato dal CEC TU aprile 1918 e pubbli- cato a firma di V. Ulianov (Lenin), presidente del Consiglio dei commissari del popolo sulla Frauda del 13 aprile e le lzvestia del CEC del 16 aprile 1918. Lenin portò una serie di modifiche al progetto di decreto e i punti TI, 12 e 13 furono redatti integralmente da lui. 107 Si tratta della Decisione sulla disciplina del lavoro adottata dal Consiglio dei sindacati di tutta la Russia, pubblicata sulla rivista Narodrtoe Kboziaistvo (Eco- nomia nazionale), n. 2, aprile 1918. 108 Cfr. nel presente volume p. 178. 109 Si tratta del decreto del Consiglio dei commissari del popolo Sulla centra- lizzazione della direzione , la tutela delle vie di comunicazione e il loro migliore eseteizio. Il decreto fu approvato dal Consiglio il 23 marzo 1918 e pubblicato il 26 marzo con la firma di Lenin. Il progetto di decreto era stato redatto da una speciale commissione secondo le indicazioni di Lenin, il quale apportò una serie di emendamenti e di aggiunte al progetto e ne redasse il testo definitivo. 110 Cfr. F. Engels, Antìduhring . Berlino, 1938, p. 351. NOTE 531 111 La seduta del CEC del 29 aprile 1918 in cui Lenin svolge il rapporto Sui compili immediati del potere sovietico ebbe luogo al Museo politecnico, e vi assistettero i funzionari del partito e dei soviet di Mosca. Dopo la lettura del rapporto e il discorso di chiusura di Lenin, le tesi esposte da Lenin furono appro- vate dal CEC e la redazione definitiva fu affidata al Presidium del CEC e al relatore. Lenin riassunse in sei tesi i punti principali che egli aveva sviluppato nel suo articolo 1 compiti immediati del potere sovietico e nel suo rapporto omonimo. Queste tesi furono approvate all’unanimità, con alcune modifiche secon- darie, alla riunione del CC del 3 maggio 1918. 112 Cfr. nel presente volume pp. 211*248. 153 Cfr. nel presente volume pp. 178-179. 114 Cfr. nella presente edizione, voi. 21, pp. 365-366. 115 Le Tesi sulla situazione attuale presentate dai «comunisti di sinistra» furono esaminate nel corso di una riunione comune dei membri del CC e del gruppo dei « comunisti di sinistra » il 4 aprile 1918. Lenin analizzò nei partico- lari e criticò queste Tesi nel suo articolo su Sull'infantilismo di « sinistra » e sullo spirito piccolo-borghese (nel presente volume, pp. 293-322). 116 Si tratta del voto preliminare sulla questione della ratifica del trattato di pace, al VII Congresso del partito. 117 II II Congresso dei soviet deirUcraina si tenne a Ekaterinoslav (oggi Dniepropetrovsk), dal 17 al 20 marzo 1918. Vi presero parte 964 delegati, di cui 428 boiscevichi, 414 socialisti-rivoluzionari « di sinistra ». 82 senza partito e 40 di varia appartenenza. Il congresso proclamò l’indipendenza della Repubblica sovietica dell'Ucraina e invitò gli operai e i contadini ucraini a opporre una tenace resistenza agli occupanti tedeschi, I « comunisti di sinistra » presentarono al congresso una proposta di tipo scissionistico che chiedeva di condannare la pace di Brest-Litovsk conclusa dal governo sovietico. Ma, con 408 voti contro 308, il congresso approvò la risoluzione bolscevica sulla guerra e la pace e con 420 voti contro 290 respinse la proposta di denunciare il trattato di pace di Brest- Litovsk. 118 Cfr. nella presente edizione, voi. 25, pp. 305-347. 119 Lenin allude al libro Stato e rivoluzione , di cui era stata pubblicata una recensione nella rivista Kommunist, organo dei « comunisti di sinistra ». Lenin chiama ironicamente la rivista «Il comunista di sinistra» ( Levy Kommunist). ' 12 ° Cfr. nella presente edizione, voi. 25, p. 441. 121 Ivi, p, 444. 122 Con l’espressione « sinistra dì Zimmerwald » si indica il gruppo di sinistra organizzato da Lenin alla prima conferenza dei socialisti internazionalisti che si tenne a Zimmerwald, in Svizzera, nel settembre 1915. Lenin definì questa confe- renza il « primo passo » nell’organizzazione di un movimento internazionale con- tro la guerra. I boiscevichi, sotto la guida di Lenin, furono il solo gruppo della sinistra di Zimmerwald ad assumere una posizione pienamente conseguente contro la guerra. Per la critica verso gli altri gruppi della sinistra di Zimmerwald vedi Opere , voi. 22, pp. 304-318 e 319-358; voi. 23, pp. 92-102. 123 Si tratta dell’intervento dell’anarchico A. Ghe alla riunione del CEC del 29 aprile 1918 dopo il rapporto di Lenin su I compiti immediati del potere sovietico. 124 Si allude al discorso di Marx a un comizio tenuto ad Amsterdam nel 1872 (cfr, K, Marx-F. Engels, Opere scelte , Roma, Editori Riuniti, pp. 935-937). 125 Questo schema di un piano di lavori scientifici e tecnici fu redatto da 532 LENIN Lenin in seguito alla proposta presentata al governo sovietico dall’Accademia delle Scienze verso la fine di marzo del 1918, di riunire gli scienziati per lo studio delle ricchezze naturali del paese. La proposta dell’Accademia fu esaminata dal Consiglio dei commissari del popolo il 18 aprile 1918 e sostanzialmente approvata. 126 II 2 maggio 1918 il Tribunale rivoluzionario di Mosca che doveva giu- dicare 4 funzionari implicati in casi di concussione inflisse loro pene assai miti, condannandoli a 6 mesi di carcere. 127 Cfr. nel presente volume pp. 211-248. 128 Cfr. nel presente volume p. 90. 129 Nozdrev è un personaggio delle Anime morte di Gogol, grossolano e sfacciato. 130 Cfr. nella presente edizione voi. 25, pp. 340-341. 131 Cfr. nel presente volume, pp. 279-280. 132 Cfr. F. Engels, La questione contadina in Francia e in Germania , in K. Marx-F, Engels, Ausgewàblte Scbrijten in zwet Bànden , B. II, Berlino, 1958, p, 411. 133 Parole di un epigramma di Pusckin. 134 Cfr. nella presente edizione voi. 25, pp. 428-429. 135 Ivi , p. 434. 136 Ivi t p. 441. 137 Ivi. 138 Ivi , p. 444. 139 Ivi, p. 445. 140 Ivi 141 La risoluzione sulla situazione internazionale, approvata dal CC nella notte del 6 maggio 1918, si era resa necessaria in seguito all’aggravarsi dei rap- porti con la Germania, la quale pretendeva la consegna del Forte Ino, che alla frontiera finlandese proteggeva Kronstadt e gli accessi a Pietrogrado, al governo borghese della Finlandia, nonché a causa dello sbarco delle truppe inglesi a Murmansk e di quelle giapponesi in Estremo oriente, nell'aprile 1918. 142 Questo testo fu proposto da Lenin e approvato dal Consiglio dei com- missari del popolo 1*8 maggio 1918 in una riunione in cui si discusse un rap- porto del Commissario del popolo agli approvvigionamenti, A. Tsiurupa, sulla situazione alimentare, e un decreto che attribuiva i pieni poteri straordinari al Commissario agli approvvigionamenti. Si tratta di una direttiva destinata alla Com- missione nominata dal Consiglio dei commissari del popolo per modificare il decreto, che fu successivamente approvato il 9 maggio. 143 La protesta contro l’occupazione della Crimea fu redatta da Lenin in una situazione particolarmente critica. Nella primavera del 1918 gli imperialisti tede- schi occuparono l’Ucraina, fecero irruzione in Crimea e si avvicinarono a Seba- stopoli, dove si trovava concentrata la flotta del Mar Nero. Per salvare la flotta, il governo sovietico la trasferì il 29 aprile a Novorossiisk. Una parte delle navi che non aveva obbedito all’ordine di salpare rimase a Sebastopoli. Dieci giorni dopo l’arrivo della flotta a Novorossiisk, il comando tedesco presentò un ulti- matum nel quale esigeva il ritorno della flotta a Sebastopoli, minacciando altri- menti di continuare l’offensiva lungo le coste del Mar Nero. Contemporanea- mente i tedeschi annunciavano che il ritiro della flotta da Sebastopoli era da essi considerato come una rottura del trattato di Brest-Litovsk. Appunto in risposta NOTE 533 alla dichiarazione del comando tedesco Lenin scrisse la Protesta qui riprodotta. Il titolo è dell’Istituto del marxismo-leninismo presso il CC del PCUS. 144 Si tratta del radiogramma del governo tedesco in data 30 marzo 1918 in cui venivano definite le frontiere dell’Ucraina occupate dai tedeschi. Il governo tedesco dichiarava che l’Ucraina comprendeva nove province, compresa la Tauride, ma non la Crimea. Quindi l’occupazione della Crimea da parte tedesca era in contrasto con la dichiarazione ufficiale dello stesso governo germanico. 145 Questo progetto di tesi sulla situazione politica attuale fu redatto da Lenin il 10 maggio 1918 e discusso il giorno stesso in una seduta del CC del PCR(b). Le tesi furono approvate nella loro forma definitiva dal CC il 13 maggio 1918. Lo stesso giorno, per incarico del CC, Lenin svolse un rapporto sulla base di queste tesi alla Conferenza del partito della città di Mosca, che approvò a maggioranza le Tesi di Lenin sotto forma di risoluzione. Le Test furono sviluppate piu ampiamente da Lenin il 14 maggio in un rapporto sulla politica estera a una riunione comune del CEC e del soviet di Mosca (v. nel presente voi. pp. 333-348). Il 14 maggio le tesi di Lenin furono approvate dalla Conferenza della circo- scrizione di Mosca, il 15 maggio dalla Conferenza della regione di Mosca del PCR(b) sulla base del rapporto di Lenin (vedi il presente voi. p. 349). J4fl Lenin aveva redatto un piano per il suo rapporto sulla politica estera alla seduta comune del GEC e del soviet di Mosca (vedi Miscellanea di Lenin , XI, 1931). Durante la riunione il rapporto di Lenin fu violentemente attaccato dai menscevichi e dai socialisti-rivoluzionari. Al posto di Lenin, che non potè assistere alla fine della riunione, il discorso di chiusura lo pronunciò Sverdlov, che rispose agli attacchi dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi. La con- ferenza approvò a schiacciante maggioranza la risoluzione bolscevica, favorevole alla politica del potere dei soviet. La risoluzione sottolineava la necessità di orga- nizzare un potente esercito sovietico e di rafforzare la dittatura sulla borghesia. 147 È omessa una frase indecifrabile nello stenogramma. 148 II 22 dicembre 1917 (4 gennaio 1918), il governo sovietico riconobbe la Finlandia come Stato indipendente. Verso la metà di febbraio del 1918, il go- verno rivoluzionario della Repubblica socialista di Finlandia propose al governo sovietico di concludere un patto di amicizia. Fu nominata una commissione di conciliazione russo-finlandese per estendere il progetto di trattato. Il progetto proposto dalla commissione fu esaminato nel corso di parecchie riunioni del Con- siglio dei commissari del popolo. Lenin vi apportò numerosi emendamenti (vedi Miscellanea di Lenin , XXI, 1933). Il trattato con la Finlandia rivoluzionaria fu pubblicato il 10 marzo 1918. 149 La Conferenza regionale di Mosca del PCR(b) si svolse dal 14 al 17 maggio 1918. Il rapporto sulla situazione attuale fu presentato da Lenin. I « co- munisti di sinistra » criticarono la posizione del CC sulla politica estera. Con una maggioranza di 42 voti contro 9, la conferenza approvò la risoluzione redatta sulla base delie tesi di Lenin sulla situazione politica attuale (vedi il presente volume, pp. 328-332). 150 II I Congresso dei rappresentanti delle sezioni finanziarie dei soviet, delle regioni, dei governatorati e dei distretti della Russia, si tenne a Mosca dal 17 al 21 maggio 1918, con la partecipazione di 230 delegati. Il congresso approvò la proposta di Lenin di istituire un’imposta sul reddito e sul patrimonio, proposta che si trasformò nel decreto del Consiglio dei commissari del popolo del 17 giugno 1918, che modificava e completava il decreto del 24 novembre 1917 sulla esazione delle imposte dirette. 234 LENIN lsl La Conferenza dei rappresentanti delle imprese nazionalizzate si svolse a Mosca dal 12 al 18 maggio 1918. Vi parteciparono i delegati delle officine metallurgiche. La conferenza era stata convocata per esaminare i problemi connessi con la nazionalizzazione delle imprese piu grandi (le officine di Sormovo, Ko- lomna, Briansk, ecc.). Essa approvò una risoluzione sulla nazionalizzazione delle officine metallurgiche ed elaborò un regolamento concernente la direzione delle imprese nazionalizzate, Su indicazione di Lenin, la conferenza nominò un Consiglio provvisorio (dipendente dal Consiglio superiore dell’economia nazionale) com- posto dai rappresentanti di ogni impresa, per preparare Tunificazione delle officine metallurgiche dì Stato. 152 II Regolamento di Briansk è il regolamento interno provvisorio delle Officine metallurgiche di Briansk, a Begitsa (ora « Krasnv Profìntern ») pubblicato il 9 maggio 1918. e firmato dal comitato di fabbrica e dal direttore deH'officina. Il regolamento istituiva una nuova disciplina del lavoro all’interno dell’officina. Nel settembre 1918 fu sostituito da un regolamento piu particolareggiato. !53 L'abbozzo di telegramma agli operai di Pietrogrado fu inserito nel testo deH’appello inviato, a nome del presidente del Consiglio dei commissari del popolo e del Commissario del popolo agli approvvigionamenti, al Comitato di partito di Pietrogrado con la propósta: « Pubblicare l’appello in tutte le fabbriche e officine e prendere misure per organizzare l’iscrizione immediata nei reparti di approvvigionamento ». |M II II Congresso dei commissari del lavoro ebbe luogo a Mosca nel maggio 1918. Vi parteciparono i rappresentanti dei commissariati del lavoro delle regioni, governatorati e distretti, delle camere del lavoro, delle casse di assistenza malattie, del Consiglio centrale dei sindacati e di altre organizzazioni, per un totale di 600 persone. II congresso discusse i rapporti del Commissariato del popolo al lavoro sullaumento della produttività e il miglioramento della disciplina e sulle condizioni dell’industria. Lenin pronunciò un discorso sull’aumento della produt- tività e sul miglioramento della disciplina. II congresso approvò una risoluzione sulla disciplina con cui si decideva di istituire uffici locali per regolare i salari e il lavoro e adottò anche una serie di disposizioni legislative per la prote- zione del .lavoro, 155 II progetto per l’istituzione di una Accademia socialista di scienze sociali fu redatto da Lenin a quanto pare durante una seduta del Consiglio dei commis- sari del popolo il 25 maggio 1918, in occasione di un rapporto presentato da M. Pokrovski suH’Accademia socialista e adottato dal Consiglio dei commissari del popolo. Il regolamento dell’Accademia socialista di scienze sociali elaborato secondo le indicazioni di Lenin fu discusso il 7 giugno 1918 in una riunione del Consiglio dei commissari del popolo, che, dopo averlo approvato, nominò una commissione incaricata di elaborare nei dettagli gli statuti dell’Accademia. Lenin scrisse delle direttive per questa commissione che furono anch’esse approvate dal Consiglio dei commissari del popolo. iss Le j €S { su i momento « attuale » furono approvate dal CC del PCR(b) il 26 maggio 1918. In base a queste tesi il Consiglio dei commissari del popolo prese il 28 maggio 1918 una decisione in materia di approvvigionamento, inca- ricando il Commissariato del popolo agli approvvigionamenti di lanciare un appello agli operai e ai contadini invitandoli ad organizzare reparti armati per il reperi- mento e la requisizione del grano. 157 II I Congresso dei Consigli dell’economia di tutta la Russia si svolse dal 26 maggio al 4 giugno 1918. Vi parteciparono 104 delegati con voto deliberativo e 148 con voto consultivo. Il 70 per cento dei delegati erano bolscevichi. IL NOTE 535 Congresso era stato convocato per risolvere il problema di organizzare l'economia nazionale in una situazione in cui la guerra civile andava sempre più esten- dendosi. I rappresentanti dei « comunisti di sinistra », nonché i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari « di destra », si schierarono contro il piano di Lenin, mi- rante ad organizzare l’economia nazionale, e contro la centralizzazione della ge- stione economica. Ciò nonostante il congresso approvò a maggioranza le risoluzioni bolsceviche e riconobbe la necessiti di una nazionalizzazione generale, estesa non solo ai settori fondamentali dell’industria, ma anche alle grandi imprese com- merciali private. Il congresso approvò lo statuto amministrativo delle imprese nazionalizzate, una risoluzione sullo scambio delle merci tra citta e campagna, un progetto di riorganizzazione del Consiglio superiore dell’economia nazionale e alcuni provvedimenti per rafforzare la disciplina del lavoro ed elevarne il rendimento. 159 Questo appello fu scritto da Lenin in seguito alla decisione del Consiglio dei commissari del popolo (29 maggio 1918), di proibire l’accantonamento auto- nomo di scorte di grano da parte delle singole organizzazioni. Questa decisione rispondeva alla richiesta avanzata dalle organizzazioni di poter costituire propri depositi di grano. Questo indirizzo fu pubblicato con alcune modifiche formali nel giugno 1918, come « decisione del Consiglio dei commissari del popolo sul problema delle scorte indipendenti ». 159 Prodput : Direzione degli approvvigionamenti del Commissariato del po- polo alle vie di comunicazione. Prodvod : Commissione degli approvvigionamenti presso la Divisione centrale dei trasporti marittimi e fluviali. Prodmetal : Commis- sione degli approvvigionamenti presso la Direzione dell’industria metallifera. Prod- rezina-. Commissione degli approvvigionamenti presso la Direzione centrale del- l’industria della gomma. Ifi0 La riunione comune del CEC, del Soviet di Mosca e dei sindacati ebbe luogo il 4 giugno 1918 nella Sala del Teatro Bolscioi e fu aperta da I. Sverdlov. L’unica questione all’ordine del giorno era la lotta contro la carestia. Il rapporto fu presentato da Lenin. I socialisti-rivoluzionari di «destra» e di «sinistra» e i menscevichi attaccarono violentemente la politica del governo sovietico in materia di approvvigionamenti. Nonostante la resistenza delle opposizioni, il pro- getto di risoluzione sulla lotta contro la carestia presentato da Lenin fu preso come base della risoluzione che poi venne approvata. 161 Lenin cita la Introduzione all’opuscolo di Borkheim Promemoria per i patriottardi tedeschi del 1806-1807 , Gottinga, 1888, scritta da Engels il 15 dicembre 1887. (Cfr. K. Marx-F. Engels, Werke, voi. 21.) 162 Si tratta del decreto del CEC « Sulla attribuzione dei pieni poteri straor- dinari al Commissario del popolo agli approvvigionamenti per lottare contro la borghesia rurale che nasconde le scorte di grano e le utilizza a fini speculativi », firmato il 13 maggio 1918 (Decreto sulla dittatura alimentare), e del decreto « Sulla riorganizzazione del Commissariato del popolo agli approvvigionamenti e degli organismi di approvvigionamento locali », approvato dal CEC il 27 maggio 1918. I decreti prevedevano la centralizzazione degli approvvigionamenti per quanto riguardava le scorte e i depositi nonché la ripartizione dei compiti e il controllo dell’attività dei comitati di approvvigionamento locali. 163 Cfr., nel presente volurqe, pp. 333-348. 164 Si tratta del moto controrivoluzionario del corpo d’armata cecoslovacco provocato dagli imperialisti dell’Intesa e favorito da menscevichi e socialisti- rivoluzionari. Il corpo d’armata cecoslovacco era stato formato in Russia prima della rivoluzione d’ottobre con i prigionieri dell’esercito austro-ungarico, Dopo 536 LENIN l’instaurazione del potere sovietico, gli imperialisti dell’Intesa e la controrivo- luzione russa si servirono degli ufficiali reazionari di questo corpo per com- battere la repubblica sovietica. Le operazioni cominciarono nel maggio 1918 negli Urali e in Siberia. Con l’aiuto del corpo d’armata cecoslovacco la controri- voluzione riuscì ad impadronirsi degli Urali, della regione del Volga, della Siberia e dell’Estremo oriente. La regione del Volga fu liberata nell’ottobre 1918 dal- l’Esercito rosso e la ribellione del corpo d’armata cecoslovacco fu definitivamente liquidata alla fine del 1919. 165 II progetto servi di base alla risoluzione approvata alla seduta comune del CEC, del soviet di Mosca e dei sindacati del 4 giugno 1918. 166 II Congresso degli insegnanti internazionalisti si svolse a Mosca dal 2 al 6 giugno 1918. Vi parteciparono 121 delegati con voto deliberativo. Il con- gresso unificò i vari gruppi di insegnanti rivoluzionari del potere sovietico. Lenin pronunciò il suo discorso alla quarta seduta. 167 Si tratta dei telegrammi spediti da Stalin da Tsaritsyn il 9 e 10 giugno 1918. A causa delle difficoltà alimentari nella regione industriale centrale Stalin era stato inviato il 29 maggio 1918 a Tsaritsyn per organizzare la raccolta e la spedizione del grano e di altri prodotti alimentari verso il centro. In questi telegrammi Stalin chiedeva che fosse posta a disposizione del Comitato regionale straordinario per gli approvvigionamenti la somma di 75 milioni di rubli e merci varie per 35 milioni. Stalin informava Lenin che i treni carichi di viveri restavano nelle stazioni per la negligenza degli impiegati. 169 V. Volodarski fu assassinato.il 20 giugno 1918 dai socialisti-rivoluzionari di destra il giorno delle elezioni al soviet di Pietrogrado, 169 II telegramma sulEorganizzazione dei reparti di approvvigionamento fu spedito il 27 giugno 1918 a Penza al II Congresso dei soviet di quel governatorato. 170 La IV Conferenza dei sindacati e dei comitati di fabbrica di Mosca si svolse dal 27 giugno al 2 luglio 1918. Le principali questioni all’ordine del giorno erano: il problema alimentare, collegato con la situazione generale, l’istruzione militare e la mobilitazione generale, la disciplina del lavoro ecc. Nonostante la forte opposizione dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari, la Conferenza ap- provò su tutte le questioni le risoluzioni proposte dalla frazione comunista. Dopo aver ascoltato il rapporto di Lenin sulla situazione, la conferenza prese come base il progetto di risoluzione redatto da Lenin (vedi, nel presente volume, p. 455). 171 Si tratta degli scioperi che scoppiarono nel gennaio 1918 in Austria in concomitanza con le trattative di Brest-Litovsk, Gli scioperi, si svolsero sotto la parola d’ordine della conclusione immediata di una pace generale alle condizioni proposte dalla Russia sovietica, con il suffragio universale, la giusta ripartizione dei prodotti, ecc. A Vienna, a Budapest e in altre città durante gli scioperi e per influenza della rivoluzione d’ottobre furono creati Consigli operai e Consigli di delegati dei soldati. Il movimento fu schiacciato e i Consigli soppressi, anche a causa dell’ atteggiamento dei socialdemocratici austriaci. 172 L’oratore precedente era V. Tikhomirov, presidente nel 1918 dellTJnione delle cooperative di Bogorodsk. Fu delegato dal soviet dei deputati operai di. Bogorodsk alla IV Conferenza dei comitati di fabbrica e dei sindacati di Mosca. 173 Lenin allude all’articolo I milioni francesi pubblicato il 28 giugno 1918 nell’organo del gruppo comunista cecoslovacco a Mosca Prukopnik Svobody (Lo stendardo della libertà) e riprodotto il giorno stesso sulla Frauda e parzialmente sulle Izvestia del CEC. NOTE 537 174 La flotta del Mar Nero trasferita da Sebastopoli a Novorossiisk al mo- mento in cui gli invasori tedeschi avevano occupato la Crimea, fu affondata a Novorossiisk il 18 giugno 1918 per ordine di Lenin. Non potendo salvare la flotta e non volendo lasciarla in mano ai tedeschi, che avevano posto un ulti- matum esigendone il trasferimento a Sebastopoli, il governo sovietico diede l’or- dine di affondarla. 175 Si tratta delle elezioni al soviet di Pietrogrado svoltesi nel giugno 1918. I menscevichi e i socialisti-rivoluzionari scatenarono una lotta furiosa contro i bolscevichi, con la speranza di sfruttare contro di loro la grave situazione alimen- tare in cui si trovavano gli operai di Pietrogrado. Ciò nonostante le elezioni diedero la maggioranza ai comunisti. Il 27 giugno 1918 si riunì il nuovo 'soviet che comprendeva 405 bolscevichi, 75 socialisti-rivoluzionari di sinistra, 59 men- scevichi e socialisti-rivoluzionari di destra e 43 senza partito. * 76 Vedi nota 161. 177 II V Congresso dei soviet di tutta la Russia si ■ apri il 4 luglio 1918. Vi partecipavano 1.164 delegati di cui: 773 bolscevichi, 353 socialisti-rivoluzionari di sinistra, 17 massimalisti, 4 anarchici, 4 socialisti-democratici internazionalisti, I socialista-rivoluzionario di destra, ecc. L’ordine del giorno del congresso era il seguente: rendiconto del CEC di tutta la Russia e del Consiglio dei commissari del popolo; problema degli approvvigionamenti; organizzazione dell’Esercito rosso; Costituzione della Repubblica federativa sovietica della Russia; elezione del CEC dei soviet. Il rapporto di attività del Consiglio dei commissari del popolo fu presentato da Lenin; quello del CEC da Sverdlov. I socialisti-rivoluzionari di sinistra assun- sero un atteggiamento fortemente ostile verso tutte le proposte dei bolscevichi. Dopo i rapporti, il congresso approvò una risoluzione in cui si appoggiava la politica estera e interna del governo sovietico e in particolare le misure adottate in materia di approvvigionamenti e per l’organizzazione dei contadini poveri. I lavori del congresso furono interrotti il 6 luglio dalla rivolta controrivo- luzionaria dei socialisti-rivoluzionari di sinistra. I lavori ripresero il 9 luglio e il congresso discusse i rapporti sulla situazione alimentare e sulla formazione del- l’Esercito rosso. Il congresso approvò il progetto di Costituzione sovietica e lo affidò al Presidium del CEC appena eletto per la stesura definitiva e la pubbli- cazione. Il congresso concluse i suoi lavori il 10 luglio 1918. 178 L’oratore precedente era stata M. Spiridonova, rappresentante dei socia- listi-rivoluzionari di sinistra, che aveva presentato un secondo. rapporto sull’attività della sezione contadina del CEC in polemica con i bolscevichi. 179 Cfr., nel presente volume, pp. 283-286. 180 Ivi, pp. 249-282. 181 II progetto di Costituzione (legge fondamentale) della Repubblica socia- lista federativa sovietica della Russia era stato redatto da una speciale commissione nominata dal CEC il 1° aprile 1918. La commissione doveva assumere come base dei suoi lavori la Dichiarazione dei diritti del popolo lavoratore^ e sfruttato , redatta da Lenin e la risoluzione adottata dal III Congresso dei soviet di tutta la Russia Sulle istituzioni federative della repubblica russa. Il progetto delle Dispo- sizioni generali della Costituzione della Repubblica federativa socialista sovietica di Russia fu esaminato e approvato dalla commissione del CEC il 19 aprile 1918. II 3 luglio il progetto fu discusso da una Commissione del GC del partito pre- sieduta da Lenin. Il progetto fu poi proposto al V Congresso dei soviet e qui approvato airùnanimità. La Costituzione della RSFSR fu pubblicata il 19 luglio 1918 ed entrò in vigore da questa data. 538 LENIN 1,2 I comitati dei contadini poveri furono istituiti da un decreto del GEC TU giugno 1918. Avevano competenza nei seguenti settori: ripartizione del grano, degli articoli di prima necessità e del materiale agricolo; collaborazione con gli organi locali di approvvigionamento, per aiutarli a requisire le eccedenze di grano presso i kulak e i ricchi. Il decreto stabiliva vari vantaggi in favore dei poveri nella ripartizione del grano e del materiale agricolo. I comitati dei contadini poveri costituirono il punto di appoggio della dittatura del proletariato nelle campagne ed ebbero una grande importanza nella lotta contro i kulak, per la ripartizione delle terre confiscate, neirapprovvigionamento dei centri operai e dell'Esercito rosso. Per decisione del VI Congresso straordinario dei soviet (no- vembre 1918), i comitati dei contadini poveri si fusero con i soviet rurali. 183 Cfr., nella presente edizione, voi. 26, pp. 239-243. ' 9A II Comitato per la ripresa delle relazioni internazionali fu costituito a Parigi nel gennaio 1916 dai rappresentanti francesi alla Conferenza socialista in- ternazionale di Zimmerwald (settembre 1915). Il comitato svolgeva la propaganda contro la guerra imperialista, pubblicò vari opuscoli e volantini che denunciavano le mire annessionistiche degli imperialisti e il tradimento degli interessi della classe operaia compiuto dai socialsciovinisti. Sotto l’influenza della rivoluzione russa d'ottobre e dello sviluppo del movimento operaio francese, il comitato divenne il centro degli elementi rivoluzionari internazionalisti. Nel 1920 aderì al partito comunista francese che andava formandosi. L'appello di cui parla Lenin fu pubblicato nella Pravda del 29 giugno 1918. 185 II decreto del Consiglio dei commissari del popolo sulla nazionalizzazione delle maggiori imprese dell’industria estrattiva, metallurgica, tessile, elettrica, delle segherie e di altri settori dell'industria, approvato il 28 giugno 1918, fu pub- blicato il 30 giugno. 186 La Conferenza dei comitati di fabbrica del governatorato di Mosca si svolse il 23-24 luglio 1918. Vi parteciparono 500 delegati rappresentanti oltre 700 mila operai organizzati. Dopo l’intervento di Lenin sulla situazione politica, la Conferenza approvò la risoluzione che era stata presa dalla IV Conferenza dei comitati di fabbrica e dei sindacati di Mosca (27 giugno-21 luglio 1918). 197 Cfr. nella presente edizione voi, 26, pp. 231-238. l0B II testo del telegramma non è stato ritrovato. 189 La rivolta delle guardie bianche a Iaroslavl cominciò il 6 luglio 1918. Era stata preparata dalla « Unione per la difesa della patria e della libertà », or- ganizzazione controrivoluzionaria capeggiata dal socialista-rivoluzionario di destra B. Savinkov. Come le altre sommosse controrivoluzionarie che scoppiarono in quel l’epoca nella Russia sovietica, anche quella di Iaroslavl ebbe tra i suoi pro- motori agenti del servizio segreto anglo-francese, oltre a menscevichi e socialisti- rivoluzionari . L’organizzazione delle sommosse faceva parte di un piano generale dì intervento anglo-francese in Russia. Il capo della missione inglese a Mosca, Lockhart, e l’ambasciatore di Francia, Noulens, furono i principali ispiratori e or- ganizzatori delle sommosse nel 1919, le finanziarono e le rifornirono di armi. Alla testa delle guardie bianche di Iaroslavl, oltre Savinkov, vi era un ex colon- nello dell’esercito zarista, Perkhurov, che ricevette direttamente da Noulens i fondi per organizzare la sommossa. La rivolta di Iaroslavl fu schiacciata il 21 luglio 1918 da reparti dell’Esercito rosso. 190 Si tratta del gruppo capeggiato da ZinOviev, CRONACA BIOGRAFICA febbraio - luglio 1918 1918 21 febbraio 22 febbraio 23 febbraio notte dal 23 &l 24 febbraio 24 febbraio Esce sulla Pravda l’articolo di Lenin Sulla frase rivoluzio- naria. Lenin presiede la seduta del Consiglio dei commissari de] popolo, in cui si discute il modo di utilizzare l’aiuto tec- nico e militare dell’Inghilterra, della Francia e di altri paesi per far fronte all’offensiva tedesca. Lenin redige il progetto di decreto del Consiglio dei com- missari del popolo La patria socialista è in pericolo ! Lenin scrive l’articolo La scabbia, pubblicato lo stesso giorno dalla Pravda. Informa per telefono il Commissario alle poste e telegrafi -a Mosca dell’avanzata dei tedeschi. Presiede alla seduta del Consiglio dei commissari del po- polo in cui si discute la nomina di una commissione straor- dinaria per la evacuazione di Pietrogrado. Lenin partecipa a una riunione del CC del partito in cui vota in favore dell’accettazione immediata delle proposte di pace del governo tedesco nonché della preparazione della guerra rivoluzionaria. Sulla Pravda (edizione della sera), esce l’articolo di Lenin Pace o guerra? Alla seduta comune dei gruppi comunista e socialista-rivo- luzionario « di sinistra » del CEC di tutta la Russia Lenin pronuncia un discorso sulla necessità di accettare le con- dizioni di pace tedesche. Invia un telegramma al comando del fronte del Don con Lordine di prendere Rostov im- mediatamente. Lenin presenta un rapporto sulle condizioni di pace tede- sche al CEC di tutta la Russia. La Pravda pubblica gli articoli di Lenin Una pace disgra- ziata e Tesi sulla conclusione immediata di una pace sepa- rata e annessionistica. Lenin partecipa a una seduta del CC in cui presenta una 542 CRONACA BIOGRAFICA notte dal 24 al 25 febbraio 25 febbraio 26 febbraio 27 febbraio 28 febbraio 1° marzo 2 marzo 4 marzo 5 marzo 6-8 marzo proposta circa la composizione della delegazione inviata a Brest-Litovsk per trattare la pace. Il CC accetta la pro- posta di Lenin. Redige la Nota sulla necessità di firmare la pace con la Germania. In collaborazione con Sverdlov scrive un pro- getto di indirizzo dell’Ufficio di organizzazione del GC del POSDR{b) ai membri del partito sulla posizione del CC sul problema di una pace separata e annessionista. Presiede una seduta del Consiglio dei commissari del po- polo in cui si esamina la situazione della repubblica sovie- tica dopo l’occupazione tedesca di Pskov. Dirige la seduta del Consiglio dei commissari del popolo in cui si discute il problema del trattato tra la repubblica sovietica e la repubblica socialista di Finlandia; scrive un progetto di decreto e apporta alcune correzioni allo schema del trattato. La Pravda pubblica l’articolo Una lezione dura ma necessaria . Lenin stende il progetto di decreto del Consiglio dei com- missari del popolo sulla evacuazione del governo da Pie- trogrado a Mosca. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del popolo in cui si discute il trattato commerciale fra la repubblica russa e quella di Finlandia. Stende il progetto di decreto. Redige le direttive del Consiglio dei commissari del po- polo alla commissione di conciliazione russo-finlandese: ottenere tutti i diritti politici per i cittadini dei due paesi per i finlandesi nella RSFSR e per i sovietici in Finlandia. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del popolo. La Pravda pubblica la prima parte dell'articolo Strano e mostruoso. La Pravda pubblica la fine dell’articolo Strano e mostruoso e l’articolo Su un terreno pratico . Lenin stende il progetto di ordinanza a tutti i soviet per- ché si preparino alla difesa nella eventualità di una rot- tura delle trattative di pace con la Germania. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del popolo in cui si esaminano i problemi seguenti: riorganizzazione dell’amministrazione dei trasporti fluviali (scrive un pro- getto di decreto in proposito), controllo di Stato, eva- cuazione delle istituzioni statali. Scrive l’articolo Una lezione seria e una seria responsa- bilità. VII Congresso del partito comunista (bolscevico) di Rus- sia. Lenin è eletto alla presidenza e dirige i lavori del congresso. CRONACA BIOGRAFICA 543 7 marzo 8 marzo 9 marzo 10-11 marzo 11 marzo 12 marzo 13 marzo 14 marzo 14-16 marzo 14 marzo 13 marzo 18 marzo Presenta alla seconda seduta del congresso il rapporto po- litico del CC (rapporto sulla guerra e la pace). Alla quarta seduta del congresso, pronuncia il discorso di chiusura sulla guerra e la pace. Il congresso approva il rapporto di Lenin nonché la risoluzione sulla guerra e la pace da lui proposta. Alla quinta seduta del congresso, Lenin presenta un rap- porto sulla revisione del programma e il cambiamento di denominazione del partito. Il congresso approva la risolu- zione presentata da Lenin e decide di mutare il nome del POSDR(b) in quello di Partito comunista (bolscevico) di Russia. Lenin è eletto a far parte della commissione di revisione del programma e poi membro del CC del partito. Il Kommunist pubblica V Abbozzo di progetto di program- ma del partito scritto da Lenin. Lenin presiede la seduta del Consiglio dei commissari del popolo in cui si discute l’evacuazione delle industrie da Pietrogrado e la nazionalizzazione del petrolio. Con gli altri membri del governo Lenin lascia Pietrogrado per Mosca. Scrive l’articolo 11 compito principale dei nostri giorni. Pronuncia discorsi sulla situazione a una riunione del So- viet di Mosca e al comizio del maneggio di Alexeievski. A una riunione del gruppo bolscevico del IV Congresso straordinario dei soviet parla sulla necessità di ratificare la pace di Brest-Litovsk. Pronuncia un discorso alla Conferenza dei socialdemocra- tici internazionalisti di Germania, Austria, Ungheria, Po- lonia, Boemia e altri paesi, riunita a Mosca. IV Congresso straordinario dei soviet di tutta la Russia. Lenin viene eletto alla presidenza e dirìge i lavori del congresso, Il IV Congresso approva il progetto di risoluzione pre- sentato da Lenin sull’indirizzo del presidente Wilson. Lenin presenta un rapporto sulla ratifica del trattato di pace. Lenin pronuncia il discorso di chiusura sulla ratifica del trattato di pace al IV Congresso straordinario dei soviet che approva la risoluzione da lui presentata. Lenin presiede alla seduta del Consiglio dei commissari del popolo in cui si discutono i seguenti problemi: sosti- tuzione dei socialisti-rivoluzionari « di sinistra » e dei « co- munisti di sinistra» che si sono dimessi dal governo: 544 CRONACA BIOGRAFICA 19 marzo 23 marzo 24 marzo 25 mano 26 mano 27 marzo 28 marzo 29 mano 30 mano marzo-aprile 1° aprile divieto della stampa borghese a Mosca. Lenin propone di centralizzare l’amministrazione delle ferrovie. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del popolo in cui si discute, tra l’altro, Tistituzione del Consiglio su- periore della guerra. Presiede alla seduta del Consiglio dei commissari del po- polo in cui si discutono i problemi seguenti: istituzione del controllo di Stato su tutte le forme di assicurazione (scrive alcune osservazioni sul progetto di decreto), centralizza- zione dell’amministrazione delle ferrovie (interviene a fa- vore del decreto). Il Consiglio dei commissari del popolo nomina una commissione, presieduta da Lenin, incaricata di risolvere il problema della costruzione di linee ferro- viarie a scartamento ridotto per il rifornimento di grano a Mosca. Presiede la seduta della commissione istituita il giorno precedente, in cui si discute, tra l’altro, il programma co- toniero, il lavoro di irrigazione del Turkestan, ecc. Partecipa alla riunione del Presidium del Consiglio supe- riore dell’economia nazionale in cui si esamina il problema della cooperazione. A una riunione del gruppo bolscevico, del Soviet di Mosca presenta un rapporto dedicato al problema organizzativo. Presiede alla seduta del Consiglio dei commissari del po- polo in cui si discute: l’istituzione del controllo sulla spesa di tutte le sezioni del Consiglio superiore dell’economia nazionale (scrive il progetto di decreto); la situazione dei trasporti fluviali (scrive il progetto di decreto); lo scambio delle merci fra città e campagna. Partecipa a una riunione del Presidium dell’economia na- zionale; interviene nella discussione sul servizio del lavoro obbligatorio e la disciplina del lavoro. Detta a una stenografa la prima stesura dell’articolo ì compiti immediati del potere sovietico. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del popolo in cui si esamina il progetto di statuto provvisorio della direzione della flotta del Baltico. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del popolo in cui si discute l’isti tuzione dei tribunali rivoluzionari; corregge il progetto di decreto e stende il progetto di decisione del CCP. Scrive le Tesi sulla politica bancaria. Firma la decisione del Consiglio dei commissari del po- polo di creare un Consiglio superiore di guerra incaricato CRONACA BIOGRAFICA 545 2 aprile 3 aprile 5 aprile 6 aprile 7 aprile 8 aprile 940 aprile 11 aprile 12 aprile di dirigere la difesa del paese e di organizzare le forze armate. Partecipa a una riunione del Presidium del Consiglio su- periore dell’economia nazionale in cui si esamina la que- stione della disciplina del lavoro. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del po- polo in cui si discute l’apertura di trattative di pace con la Rada ucraina a causa dell’offensiva dei tedeschi su Kharkov. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del popolo dedicata ai seguenti problemi: proclamazione della repub- blica sovietica di Ucraina; radiotelecomunicazioni; pro- tezione della flotta da guerra in caso di offensiva tedesca. Dopo lo sbarco giapponese a Vladivostok, invia un tele- gramma al CEC dei soviet . della Siberia per l’organÌ2Za- zione della difesa. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del popolo in cui si discute la procedura per inviare nelle province commissari nominati dalle amministrazioni; apporta cor- rezioni e aggiunte al progetto di decreto. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del po- pòlo che discute la nomina di una commissione per i pro- blemi dei prigionieri di guerra (redige il progetto di decreto) e la centralizzazione dell’amministrazione delle poste e telegrafi. Interviene al comizio del maneggio .Alexeievski. Invia un telegramma al soviet di Vladivostok avverten- dolo che l’offensiva giapponese è inevitabile e che c ne- cessario preparare rapidamente e seriamente là difesa. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del popolo dedicata ai problemi dell’organizzazione dell’esercito e della bandiera nazionale della RSFSR. Alle riunioni del Consiglio dei commissari del popolo in' terviene sul problema della cooperazione e apporta emen- damenti al progetto di decretò sulle cooperative di consumo, Partecipa a una riunione comune del Consiglio superiore dell’economia nazionale con i rappresentanti del Consi- glio centrale dei sindacati e del Consiglio centrale del.sin- dacato metallurgici in cui si discute la nazionalizzazione dell’industria metallurgica. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del popolo in cui si discute l’assegnazione di crediti per la lotta con- tro la disoccupazione, il controllo di Stato e la proposta dell’Accademia delle scienze di fare un censimento delle ricchezze naturali della Russia. 546 CRONACA. BIOGRAFICA 13 aprile 14 aprile 13 aprile 16 aprile 16 o 17 aprite 17 aprile 18 aprile 19 aprile 20 aprile 22 aprile Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del po- polo, in cui si discute, tra l’altro, il problema della difesa di Murmansk. La Pravda pubblica un decreto del Consiglio dei commis- sari del popolo firmato da Lenin, da Lunaciarski e da Stalin, che ordina la rimozione dei monumenti eretti in onore degli zar e dei loro servitori e di organizzare un concorso per monumenti dedicati alla rivoluzione d’ottobre. In una lettera al Commissariato del popolo alla giustizia, Lenin invita i membri della direzione a uno scambio di vedute per organizzare la pubblicazione di una raccolta di leggi e ordinanze, affinché i tribunali agiscano in modo piu rapido e implacabile contro la borghesia e i dilapi- datori dei fondi statali. Alla seduta del Consiglio dei commissari del popolo re- dige e firma il decreto sullo statuto dell’amministrazione delle poste e telegrafi della repubblica sovietica. Riceve una delegazione del Congresso dei rappresentanti dell’industria zuccheriera e si intrattiene con essa sulle misure da prendere per rimettere in funzione le raffinerie. Alla seduta del Consiglio dei commissari del popolo firma l’ordinanza diretta ai soviet di Kursk, di Oriol e di altri governatorati sul disarmo delle truppe ucraine e tedesche che passano in territorio sovietico; redige il progetto di decreto sulle sovvenzioni destinate a stimolare i contadini a seminare la barbabietola. Lenin pronuncia un discorso sulle questioni finanziarie al Comitato esecutivo centrale. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del popolo che discute la registrazione delle azioni, obbligazioni e altri Valori che forniscono interesse, e il divieto di fondare so- cietà per azioni. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del po- polo in cui si discute l’istituzione di una Commissione per l’evacuazione generale, il finanziamento dell’industria car- bonifera, ecc. Alla seduta del Consiglio dei commissari discute e cor- regge il progetto di decreto suU’organizzazione dell’Alto comitato della Torba. Firma il decreto sulla nazionalizza zi one del commercio estero. Presiede la seduta del CCP dedicata all’elettrifica- zione dell’ industria di Mosca e di Pietrogrado con la costruzione di centrali idroelettriche sul Volkov e ITmatra, Scrive il telegramma di saluto al congresso dei soviet di Turkestan. Presiede la seduta del CCP in cui si discutono i problemi della difesa della frontiera orientale del gover- CRONACA BIOGRAFICA 547 22 o 2} aprile 23 aprile 24 aprile 26 aprile 27 aprile 28 aprile 29 aprile 30 aprile aprile 1° maggio natorato di Karkov contro una offensiva dei tedeschi e delle truppe della Rada ucraina. Lenin pronuncia un discorso sulla situazione della repub- blica sovietica a una Conferenza di operai di Mosca. Presiede la seduta del Consiglio dei commissari del po- polo e discute il problema dei rifornimenti all’agricoltura di mezzi tecnici e di metalli; apporta delle aggiunte al progetto di decreto. Pronuncia un discorso sulla situazione al soviet di Mosca. Riceve una delegazione di operai della fabbrica darmi di Tsaritsyn che richiedono la statalizzazione della fabbrica. Presiede alla seduta del CCP dedicata ai problemi dei prigionieri di guerra, all'abolizione dell’eredità, agli emen- damenti al decreto sui rifornimenti all’agricoltura di mac- chine e di metalli. Partecipa a una riunione del CC in cui presenta le Tesi Sui compiti immediati del potere sovietico . Il CC approva le Tesi e incarica Lenin di presentare un rapporto sulla questione al GEC di tutta la Russia. Presiede una seduta del CCP in cui si discute l'organiz- zazione dell’aiuto ai disoccupati, la costituzione della Dire- zione centrale degli archivi e biblioteche e sull’assistenza ai mutilati di guerra. Partecipa a una riunione della delegazione destinata a discutere il trattato di pace con la Repubblica popolare ucraina. Presiede una seduta del CCP in cui si discutono i pro- blemi della costruzione di centrali elettriche e di ferrovie. La Pravda e le Izvestia pubblicano l'articolo di Lenin J compiti immediati del potere sovietico. Lenin svolge un rapporto sui compiti del potere sovietico alla riunione del CEC di tutta la Russia. Presiede la seduta del CCP in cui si esamina la situazione delle istituzioni governative nelle regioni occupate dai te- deschi nonché la ricostruzione della flotta. Scrive i Principi fondamentali di politica economica e par- ticolarmente bancaria , Partecipa alla discussione sulla politica bancaria in una riunione con i dirigenti del Commissariato del popolo alle finanze della banca di Stato. Stende Io schema di piano dei lavori tecnico-scientifici. Parla al comizio del 1° maggio sulla Piazza Rossa e a una assemblea dei mitraglieri lettoni e del personale del Cremlino; assiste a una sfilata militare. 548 CRONACA BIOGRAFICA 2 maggio 3 maggio 4 maggio 5 maggio 6 maggio S maggio .9 maggio Scrive a Stalin, presidente della delegazione che tratta la pace con la repubblica ucraina, a Kursk, ordinando che le truppe sovietiche non passino sul territorio dell’Ucraina e che vengano disarmati i reparti della Rada passati in territorio sovietico. Presiede la seduta del CCP in cui si discute la nazionaliz- zazione della industria Zuccheriera. Apporta emendamenti al progetto di decreto. Presiede la seduta del CCP dedicata al finanziamento dei lavori per la centrale del fiume Svir, dell’estrazione della torba nella regione del nord, ecc. Il GC del partito approva il progetto di risoluzione del. Comitato esecutivo centrale, Sei tesi sui compiti immediati del potere sovietico , redatto da Lenin. Scrive una lettera al CC in cui chiede di porre all’ordine del giorno l’espulsione dal partito dei giudici che hanno inflitto condanne troppo miti in un processo per con- cussione. Presiede una seduta del CCP in cui si discute sullo stesso argomento e su altri. Scrive Tarticolo Sull’infantilismo di sinistra e sullo spirito piccolo-borghese , Scrive un telegramma a Voronez in due copie, una per Orgionikidze, a Rostov, e l’altra a Briansk circa la con- clusione di un armistizio sul fronte tedesco-ucraino. Partecipa a una riunione del CC in cui si esamina la si- tuazione internazionale della Russia sovietica e scrive un progetto di risoluzione sull’argomento. Redige un progetto di radiogramma per la delegazione di pace, a Kursk sul colpo di Stato effettuato in Ucraina da Skoropadski con l’aiuto delle truppe tedesche e sull’occu- pazione di Rostov sul Don da parte dei tedeschi. Firma un telegramma alla delegazione di pace a Kursk perché inizi trattative con il governo Skoropadski per la cessazione delle operazioni militari. Ordina al Commissa- rio del popolo agli affari esteri, Cicerin, di inviare una de- legazione a Kiev per iniziare trattative a questo proposito. Presiede una seduta del CCP in cui si discutono i pro- blemi seguenti: la situazione alimentare (scrive le dispo- sizioni fondamentali del decreto nel settore degli ap- provvigionamenti); la concussione (apporta emendamenti al progetto di decreto); la proclamazione dello stato d’as- sedio nel Kuban in seguito all’offensiva delle truppe con- trorivoluzionarie ucraine e dei tedeschi. Prescrive al Commissariato del popolo alla giustizia di pre- sentare al CCP un progetto di legge sull^ repressione della concussione. Presiede la seduta del CCP dedicata ai seguenti problemi: dittatura nel campo degli approvvigionamenti; comitato CRONACA BIOGRAFICA 549 10 maggio 11 maggio 13 maggio 14 maggio 15 maggio 16 maggio degli edifici pubblici; mobilitazione degli operai per re- care aiuto ai contadini poveri in lotta contro i kulak (scrive il progetto di decreto). Firma un telegramma circolare a tutti i soviet principali e a tutti i comitati di approvvigionamento sulla situazione alimentare di Pietrogrado, che si è fatta disastrosa, e sulla necessità di un aiuto immediato, Partecipa a una riunione del CEC in cui si discute e si approva il decreto sulla dittatura nel settore degli approvvigionamenti proposto dal CCP. In un’intervista con gli operai delle officine Putilov, dà istruzioni per la creazione di un esercito operaio di 20 mila uomini che lotti contro la borghesia rurale e i concussionari. Presiede la seduta del CCP in cui si esaminano le se- guenti questioni: lavoro del comitato incaricato del pro- blema dei prigionieri; provvedimenti per lo sviluppo del- l’economia della Siberia, ecc. ecc. Approva e firma la decisione del CCP riguardante lo stan- ziamento eccezionale di 100 mila rubli per i contadini poveri vittime di un incendio nel governatorato di Nizni- Novgorod, per l’acquisto di sementi e attrezzi agricoli. Scrive la protesta indirizzata al governo tedesco contro l’occupazione della Crimea. Presiede la seduta del CCP in cui si discute l’organizzazione dell’economia siberiana, il censimento professionale a Mosca, ecc. Firma i decreti del CCP per la nazionalizzazione delle miniere di carbone in Siberia, e di altre imprese dell’in- dustria estrattiva e di trasformazione. Partecipa a una riunione del CC del partito in cui vengono approvate le sue Tesi sulla situazione politica. Alla Conferenza del partito della città di Mosca presenta un rapporto sullo stesso argomento. Scrive la prefazione al suo opuscolo Karl Marx. Svolge un rapporto sulla politica estera a una riunione comune del CEC e del Soviet di Mosca. A una riunione del gruppo bolscevico del CEC e del Soviet di Mosca presenta un rapporto sulla politica estera e interna. Svolge un rapporto sulla situazione del momento alla Con- ferenza del partito della regione di Mosca, Presiede la seduta del CCP in cui si discute la nazionaliz- zazione delle banche russe con depositi di fondi stranieri, la possibilità di concludere accordi con i capitalisti dei paesi che non riconoscono il potere dei soviet. Dà ordine al Consiglio superiore di guerra di inviare par- lamentari sul fronte sud-orientale (fronte del Don) per concludere un armistizio e tracciare la linea di demarca- 530 CRONACA BIOGRAFICA 17 maggio 18 maggio 20 maggio 21 maggio 22 maggio 2) maggio zione su questo fronte. Presiede una seduta del CCP dedicata al problema della gestione deirindustria pe- trolifera. Firma il decreto del CCP sulPorganizzazione dei lavori di irrigazione nel Turkestan. Scrive la prefazione al suo opuscolo 11 compito principale dei nostri giorni. Presiede la seduta del CCP che esamina i seguenti pro- blemi: ispezione del lavoro; prestito urgente alla regione mineraria di Vykisa; istituzione di un Alto comitato del petrolio. Presenta un rapporto sui problemi della politica finan- ziaria a una seduta del Congresso dei rappresentanti delle sezioni finanziarie dei soviet. Riceve i membri di una delegazione operaia eletta a una conferenza delle piu grandi imprese metallurgiche; indi- rizza una lettera alla conferenza sui preparativi e le mi- sure per la nazionalizzazione e sulla situazione nelle fab- briche. Presiede la seduta del CCP dedicata tra l’altro, al controllo sovietico e alla distribuzione del carbone. Assiste a una riunione del CEC in cui si discute un rap- porto di Sverdlov sui compiti dei soviet nelle campagne. Presiede la seduta del CCP in cui si esaminano le conven- zioni con l’Austria, la Bulgaria e la Turchia sul tratta- mento e lo scambio dei prigionieri di guerra, e la creazione di scorte di combustibile per le ferrovie. Redige e completa il progetto di appello agli operai di Pietrogrado per invitarli a iscriversi nei reparti di ap- provvigionamento. Presiede la seduta del CCP che discute i problemi della distribuzione del carbone, l’organizzazione delITstituto del- le scienze agricole, dell’industria automobilistica, ecc. Scrive una lettera Sulla carestia , agli operai di Pietrogrado. Pronuncia un discorso al II Congresso dei commissari del lavoro di tutta la Russia sulla disciplina del lavoro e l’au- mento della produttività. Presiede la seduta del CCP che discute i problemi del Tribunale rivoluzionario straordinario, rassegnazione di 100 mila rubli e rinvio di 10 mila pud di grano a Baku per garantire i rifornimenti di petrolio. Partecipa a una riunione del Presidium del Consiglio del- l’economia nazionale che discute la convocazione del I Con- gresso dei consigli della economia nazionale di tutta la Russia; presenta proposte sul modo di amministrare le imprese nazionalizzate. Presiede la seduta del CCP in cui si esamina, tra l’aitro, CRONACA BIOGRAFICA 551 24 maggio 25 maggio 26 maggio 27 maggio 28 maggio 29 maggio maggio 31 maggio il problema dei reclami contro i metodi burocratici di la- voro negli apparati dei commissariati del popolo. Presiede la seduta del CCP in cui si esamina il problema dei combustibili; redige un progetto di decreto sull’elaborazione di norme per accrescere la produzione di combustibile e per fame economia. Presiede la seduta del CCP in cui si discute la situazione dei trasporti automobilistici e la formazione di una Acca- demia delle scienze sociali; redige i progetti di decreto relativi. Scrive e sottopone all’approvazione del CC del partito le sue Tesi sul momento « attuale » (sulla situazione ali- mentare e la lotta contro la carestia). Reca il saluto del CCP al I Congresso dei consigli dell eco- nomia nazionale della Russia. Invia un telegramma di saluto al III Congresso straordina- rio dei soviet della repubblica del Kuban-Mar Nero, a Ekaterinodar nonché al congresso dei combattenti. Presiede alla seduta del CCP dedicata ai problemi seguenti: misure urgenti per fornire viveri ai ferrovieri e norme per l’attribuzione delle concessioni. Ordina al comandante della flotta del Mar Nero di affon- dare tutte le navi, compresi i mercantili che si trovano a Novorossiisk per evitare che cadano nelle mani dei tedeschi. Firma un appello del CCP agli operai e i contadini per l’or- ganizzazione di reparti armati destinati a lottare contro gli accaparratori e i kulak.' Dirige la seduta del CCP che esamina il progetto di decreto redatto da Lenin sul divieto dell’approvvigionamento indi- viduale di grano; rivolge in tale occasione un appello ai ferrovieri, marinai e operai metallurgici. Firma un appello del CCP ai cosacchi lavoratori del Don e del Kuban. Firma l’appello del CCP agli operai e ai contadini per la lotta per il grano contro i complotti controrivoluzionari. Firma il decreto del CEC dei soviet di tutta la Russia sulla riorganizzazione del Commissariato del popolo agli approv- vigionamenti e degli organismi locali addetti agli approvvi- gionamenti. Presiede la seduta del CCP in cui si discute la procedura di cassazione delle sentenze dei tribunali rivoluzionari e lo stanziamento di fondi per l'erezione di un monumento a Karl Marx. Presiede la seduta del CCP e propone di lanciare un nuovo appello alla popolazione a causa dell aggravata situazione internazionale della repubblica sovietica. 552 CRONACA BIOGRAFICA fine maggio 1° giugno 2 giugno 3 giugno (al piu tardi) 3 giugno 4 giugno- 5 giugno 6 giugno Il CCP incarica una commissione sotto la direzione di Lenin di redigere il testo dell’appello. Ha un colloquio telefonico con il presidente del Soviet di Samara, V. Kuibyscev, a proposito dell’offensiva dell’ata- man Dutov su Oremburg. Presiede la seduta del CCP in cui si esaminano i problemi relativi al rifornimento di metalli alla Siberia e di macchine alla regione degli Urali. Nonché un decreto supplementare sugli approvvigionamenti individuali. Assiste al Teatro d’Arte alla rappresentazione del Villaggio di Stepanlikovo . In un messaggio telefonico al soviet di Pietrogrado Lenin chiede che si inviino a Mosca migliori quadri dell’organiz- zazione di approvvigionamento perché siano inclusi nei re- parti di approvvigionamento. Dirige i lavori della commissione eletta dal I Congresso dei consigli deireconomia nazionale e incaricata di redigere lo Statuto delle imprese nazionalizzate. Insieme con Sverdlov, invia alle autorità locali le istru- zioni del CEC e del CCP circa il comportamento da tenere in caso di attacco contro la repubblica sovietica. Alla seduta del CCP presenta progetti di decreto sul finan- ziamento della fabbricazione di macchine agricole, sulla crea- zione di riserve individuali e sulla revisione dei prezzi di calmiere. Svolge il rapporto e il discorso di chiusura del dibattito sul problema della lotta contro la carestia a una riunione comune del CEC, del soviet di Mosca e dei sindacati e propone un progetto di risoluzione. A nome del CCP saluta il Congresso degli insegnanti in- ternazionalisti della Russia. Presiede la seduta del CCP in cui si discute la centralizza- zione delle banche, le tariffe salariali e gli strumenti di lotta contro l’aumento dei tassi di remunerazione. Presiede la seduta del CCP che discute l’assegnazione di fondi per le regioni minerarie e le officine degli Urali, ecc. Riceve i rappresentanti del Soviet di Vyscni Volociok e di- scute con loro suH’andamento della carestia nel loro di- stretto e sulPorganizzazione di reparti di approvvigiona- mento; incarica il CCP agli approvvigionamenti di fornire loro urgentemente aiuto. A una riunione del CCP emana le direttive per la commissione che si occupa dell’Accade- mìa socialista delle scienze sociali; stila un progetto di de- creto del CCP sulla organizzazione delle biblioteche. In un telegramma al soviet di Arcangelo, mette in guardia CRONACA BIOGRAFICA 553 8 giugno 9-11 giugno 10 giugno 11 giugno 12 giugno 14 giugno 15 giugno 17 giugno 18 giugno contro il pericolo di un intervento inglese a Murraansk e Arcangelo. A una riunione del CCP corregge e completa il progetto di decreto sull’organizzazione e il vettovagliamento dei con- tadini poveri. Scambia telegrammi con Stalin sull’invio di fondi e merci a Tsaritsyn e suIPinvio immediato di convogli di viveri verso il centro. Presiede la seduta del CCP in cui si esaminano le seguenti questioni: redazione di un manifesto alla popolazione sulla ribellione cecoslovacca; utilizzazione di ingegneri per il la- voro economico e amministrativo. Riceve una delegazione di operai delle officine Malstev (governatorato di OrioI); scrive al Commissario del popolo agli approvvigionamenti circa la disastrosa situazione ali- mentare in cui si trovano quegli operai ed esige misure d’urgenza per recar loro aiuto. Riceve i rappresentanti dell’officina di Briansk fOriol) che gli espongono la situazione alimentare dell’impresa e li in- dirizza al Commissariato del popolo agli approvvigiona- menti, chiedendo a quest’ultimo di aiutarli d’urgenza. Presiede la seduta del CCP che discute la liquidazione del Consiglio nazionale cecoslovacco a causa della sommossa armata dei reggimenti cecoslovacchi, l’attribuzione di fondi per lo sviluppo dell’allevamento. Presiede una seduta del CCP in cui si discute la remune- razione del lavoro degli impiegati, degli operai delle ammi- nistrazioni sovietiche, ecc. Scrive al soviet di Pietrogrado ordinando di inviare piu reparti negli Urali, piu operai per il lavoro di agitazione e propaganda. Alla seduta del CCP redige un progetto di decreto sui trasporti ferroviari. Riceve un . telegramma di Stalin in cui lo si informa che i cosacchi hanno occupato una importante località a 40 verste da Tsaritsyn e gli si chiede un aiuto militare urgente. Presiede la seduta del CCP in cui si discute il finanzia- mento della direzione generale dei cuoi e pellami e l’asse- gnazione di fondi alla direzione centrale dei tessili per l’ac- quisto di lino. Presiede la seduta del CCP che esamina l’aumento del soldo per i combattenti deH’Esercito rosso, l’istituzione di un organismo per gli scambi con l’Ucraina, ecc. Chiede per telegramma a Sciaumian a Baku, di prendere tutte le misure per inviare rapidamente il petrolio nella re- gione del Volga. 554 CRONACA BIOGRAFICA 20 giugno 21 giugno 22 giugno 26 giugno 27 giugno 21 o 28 giugno 28 giugno Presiede la seduta del CCP in cui si discute sui seguenti * problemi : un prestito per finanziare i lavori concernenti l’estrazione idraulica del petrolio; stipendi per gli inse- gnanti, l’organizzazione dell’istruzione pubblica. Parla sui reparti di approvvigionamento in riunioni operaie a Mosca. Presiede una seduta del CCP in cui si discutono ì seguenti problemi: istituzione di un Collegio superiore dei trasporti; controllo della attività delle organizzazioni idrotecniche del fronte nord; nazionalizzazione dell’industria petrolifera. Parla sulla lotta contro la carestia e la controrivoluzione in comizi al club di Sokolniki e nel distretto di Presnia. Presiede una seduta del CCP che discute: l’estensione al territorio del Mar Bianco dei pieni poteri al Commissario straordinario del territorio di Murmansk; l’apertura di crediti per la regione dell’Ovest, organizzata in unità economica. Presiede la seduta del CCP che discute i seguenti problemi: la ferrovia del Semirecie; le norme pet gli stipendi dei maestri, l’acquisto di tessuti. Il CCP nomina una commis- sione presieduta da Lenin per studiare il bilancio. La Frauda annuncia l’uscita dei libri di Lenin: La que- stione agraria in Russia alla fine del XIX secolo , Karl Marx, Presiede la seduta del CCP che discute i problemi della flotta del Mar Nero e l’unificazione della politica finanziaria. In una lettera indirizzata ai membri del CC del partito di Pietrogrado protesta vigorosamente perché Zinoviev e altri hanno trattenuto gli operai che volevano' compiere rappre- saglie dopo l’assassinio di Volodarski. In un telegramma al II Congresso dei soviet del governa- torato di Penza, raccomanda di organizzare un esercito di approvvigionamento composto di operai e contadini poveri incaricati di fare applicare il monopolio sul grano e di re- quisire il grano dei kulak. Viene eletto delegato al V Congresso dei soviet dal soviet di Pietrogrado. Presiede la seduta del CCP in cui si esaminano i problemi seguenti: biblioteche, situazione degli alloggi a Mosca e dintorni, organizzazione della statistica di Stato. Alla IV Conferenza dei sindacati e dei comitati di fabbrica e di officina di Mosca, Lenin presenta un rapporto e pro- nuncia il discorso di chiusura del dibattito sulla situazione attuale. La risoluzione da lui redatta in appoggio al potere sovietico in materia di approvvigionamenti è approvata. Parla in tre comizi: alle officine Amo (quartiere Simo- novski), alle officine già Michelson e al Parco sovietico, del distretto Rogovski, CRONACA BIOGRAFICA 555 29 giugno 1° luglio 2 luglio 3 luglio 3 luglio 6 luglio 8 luglio Il luglio Presiede la seduta del CGP in cui sì discutono i provvedi- menti per intensificare l’attività della direzione centrale dei tessili; il progetto di costituzione della RSFSR e la na- zionalizzazione delle principali imprese industriali. Viene eletto delegato al V Congresso dei soviet dal Con- gresso regionale dei soviet della regione di Mosca. Presiede la seduta del CCP in cui si discute l’acquisto e la distribuzione di tessuti, ecc. Corregge e firma un telegramma a tutti i capi dei reparti di requisizione sulle linee ferroviarie in cui si ordina di restaurare la più ferrea disciplina nei reparti. Presiede la seduta del CCP in cui si discute l'evacuazione degli impianti industriali, i problemi deirindustria della gomma, ecc. Parla a un comizio di mobilitati per il fronte al maneggio Alexeievski. Le Izvestia annunciano la pubblicazione dei li- bri: I compiti immediati del potere sovietico e la Lotta per il grano . Alla riunione del CCP avanza proposte per fornire mac- chine agricole ai contadini. Parla sulla situazione interna ed estera della Russia sovie- tica a una riunione del gruppo comunista al V Congresso dei soviet di tutta la Russia, A nome del CCP svolge un rapporto e tiene il discorso di chiusura al V Congresso dei soviet. Invia un messaggio per telefono a tutti i comitati distret- tuali del partito, a tutti i soviet di distretto, a tutti i co- mandi deìrEsercito rosso circa la provocazione dei socia- listi-rivoluzionari « di sinistra » che hanno assassinato l’am- basciatore di Germania Mirbach; ordina di mobilitare tutte le forze per la cattura immediata dei criminali. Invia un telegramma a tutti i soviet di distretto del gover- natorato di Mosca invitandoli a prendere misure imme- diate per liquidar# le bande dei socialisti-rivoluzionari « di sinistra ». Le Izvestia pubblicano un’intervista di Lenin sulla som- mossa dei socialisti-rivoluzionari « di sinistra ». Lenin presiede una seduta del CCP in cui si esaminano i problemi delle officine industriali. In un telegramma al commissario di Voronez informa que- st’ultimo che la sommossa dei socialisti-rivoluzionari « di sinistra » è stata liquidata e dà istruzioni circa le opera- zioni militari sul fronte cecoslovacco e quello del Kubam Presiede la seduta del CCP in cui si discutono i seguenti problemi: approvazione del bilancio per il periodo g«n- 556 CRONACA BIOGRAFICA 12 luglio 13 luglio 15 luglio 16 luglio 18 luglio 19 luglio naio-giugno 1918; creazione di un commissariato del popolo alla sanità pubblica, ecc, In una lettera Agli operai di Pietro grado li invita a una massiccia offensiva nelle campagne per organizzare i con- tadini poveri e lottare contro i kulak. Presiede la seduta del CCP in cui si discute lo svolgimento dell 'inchiesta subissassimo di Mirbach, il controllo sui tra- sporti fluviali. In una nota al Commissariato del popolo alla marina Lenin chiede che siano prese tutte le misure necessarie per affrettare il trasferimento delle navi da guerra nel Mar Caspio. Presiede la seduta del CCP in cui si esaminano i seguenti problemi; unificazione dei sistemi di protezione delle fer* rovie; situazione degli alloggi a Mosca; apertura di crediti per i cantieri del Volkov. Alla riunione del CEC di tutta la Russia, Lenin, a nome del governo sovietico, si pronuncia categoricamente contro la proposta del governo tedesco di far giungere un batta- glione di soldati tedeschi a Mosca per proteggere l’amba- sciata di Germania. Presiede la seduta del CCP in cui si discutono i problemi seguenti: nazionalizzazione delle industrie tessili; aumento degli stipendi dei commissari del popolo; istituzione di una commissione straordinaria per combattere la controrivolu- zione sul fronte cecoslovacco, ecc. Le Izvestia del CEC pubblicano un appello di Lenin, ap- provato dal CEC, agli operai, contadini e soldati dell’Eser- cito rosso, a proposito della sommossa dei socialisti-rivolu- zionari « di sinistra » nel quale si prospetta la necessità di raddoppiare la vigilanza, la prudenza e il sangue freddo. In un telegramma al Presidente del CCP della repubblica del Turkestan, Lenin Tinforma circa le misure prese per ve- nire in aiuto al Turkestan e le operazioni intraprese per schiacciare la ribellione dei cecoslovacchi. Presiede la seduta del CCP in cui vengono esaminate le se- guenti questioni: inclusione della provincia di Kasan nella circoscrizione militare del Volga; tutela delle biblioteche e dei depositi di libri della RSFSR, ecc. Presiede la seduta del CCP e discute i seguenti problemi: il monopolio sui tessuti; apertura di crediti per mettere sul piede di guerra i distretti di Arcangelo e la flottiglia dell’Artico, ecc. Riceve una delegazione del Congresso dei profughi bielo- russi che lo informano sulla situazione del popolo bie- lorusso. Presiede la seduta del CCP che esamina i problemi se- guenti: centralizzazione delle attività radiotecniche; crea- CRONACA BIOGRAFICA 557 20 luglio 22 luglio 2 1 luglio 24 luglio 26 luglio 27 luglio zione dì scorte di merci per l’esportazione; creazione di milizie popolari e registrazione degli elementi parassitari della popolazione. Parla sulla situazione internazionale e interna in un comi- zio nel distretto di Leportovo. In una nota a Zinoviev, Lascevic e Stasova, esige rinvio immediato di centinaia e migliaia di operai da Pietrogrado al fronte cecoslovacco. In un telegramma a Sciaumian propone, a nome del CCP e del CEC di tutta la Russia, che il soviet di Baku si impegni decisamente nella lotta contro gli agenti del ca- pitale straniero. Presiede la seduta del CCP in cui si discute il progetto di decreto sulla lotta contro la speculazione, la denuncia della convenzione letteraria tra la Russia e la Germania, ecc. Svolge un rapporto sulla situazione politica alla Conferenza dei comitati di officina del governatorato di Mosca. Telefona a Stalin chiedendogli di prendere eccezionali mi- sure per inviare viveri a Mosca e a Pietrogrado. Riceve i dirigenti dell’Unione centrale delle cooperative, discute con loro sullo stato in cui si trovano le cooperative di consumo e sulla possibilità delle cooperative di parteci- pare nel modo più largo possibile alla creazione di scorte di grano. Parla al comizio del distretto di Khamovniki. Scrive una lettera a Clara Zetkin in cui la informa sulla lotta ai controrivoluzionari ed esprime la certezza nella vittoria della rivoluzione d’ottobre. In una nota al presidente del soviet di Pietrogrado esige che la frazione di Pietrogrado del CC ponga fine alla sua opposizione e invii il maggior numero possibile di operai sul fronte cecoslovacco. INDICI INDICE DEI GIORNALI E DELLE RIVISTE Biednotà (I poveri); quotidiano pubblicato dal CC del PCR(b) dal 1918 al 1931. Dìelo Naroda (La causa del popolo): organo del partito socialista-rivoluzionario. Si pubblicò, con varie interruzioni e sottotitoli differenti, dal marzo 1917 al marzo 1919, prima a Pietrogrado, poi a Samara e a Mosca. Gìzn (La vita): giornale di tendenza anarchico-borghese, che apparve a Mosca dal 23 aprile al 6 luglio 1918. Fu soppresso insieme agli altri giornali con- xrorivoluzionari. Golos Trudovogo Krestianstva (La voce del contadino lavoratore): quotidiano che si pubblicò a Pietrogrado dalla fine di novembre 1917, come organo del CEC del Soviet dei deputati contadini della Russia (prima del 9 [22] dicembre aveva il titolo di Izvestia del Congresso contadino della Russia); dal 20 gennaio (2 febbraio) 1918 diventò lorgano della sezione contadina del CC. Fino al 10 luglio 1918 la direzione del giornale fu nelle mani dei socia- listi-rivoluzionari di .sinistra. Il 6 novembre 1918 il giornale divenne Tergano del Commissariato del popolo alTagricoltura e si pubblicò fino al 31 mag- gio 1919. Kommunist (Il Comunista): rivista pubblicata nel 1915 a Ginevra dalla redazione del giornale Sotsial-demokrat. Ne usci un solo numero doppio con i tre arti- coli di Lenin: Il crollo della II Internazionale , La voce onesta di un socia- lista francese e Imperialismo e socialismo in Italia (vedi Opere, voi. 21, pp. 183-234, 319-326, 327-335). In seno alla redazione Lenin si trovò a com- battere le posizioni di Bukharin e Piatakov, per cui si interruppe la pubbli- cazione della rivista, e, a partire dalTottobre 1916, la redazione del Sotsial- demokrat pubblicò una propria ^rassegna del Sotsial-demokrat. Kommunist (Il Comunista): quotidiano, organo della frazione dei «comunisti di sinistra »; si pubblicò a Pietrogrado nel marzo del 1918, come « organo del Comitato di Pietroburgo e del Comitato della regione di Pietroburgo del POSDR ». Il giornale fu soppresso per decisione della Conferenza del par- tito della città di Pietrogrado, il 20 marzo 1918. La Conferenza deliberò che la politica del comitato di ■ Pietrogrado, espressa dal giornale frazionista Kommunist , era profondamente erronea e che in nessun caso poteva rap- presentare la politica dell’organizzazione di Pietrogrado del partito comu- nista. La Conferenza sostituì il Kommunist con la Petrogradskaia Pravda (La 562 INDICE DEI GIORNALI E DELLE RIVISTE verità di Pietrogrado), come organo dell organizzazione di partito di Pie- trogrado. Kommunist (Il Comunista): settimanale organo della frazione dei « comunisti di sinistra », ne uscirono quattro numeri, a Mosca, dal 20 aprile al giugno 1918. Nasc Vìekh (Nostro secolo): è uno^dei titoli sotto cui‘ usci il giornale Riec, or- gano centrale del partito cadetto. Novaia Gizn (Vita nuova): organo di un gruppo menscevico, si pubblicò a Pie- trogrado dall’aprile 1917. NelPottobre 1917 prese posizione contro Tinsurre- zione armata e dopo l’ottobre adottò una posizione ostile verso il potere sovietico, mentre alcuni dei suoi collaboratori se ne staccarono per schierarsi con i bolsceviche Fu soppresso nel 1918 insieme ad altri giornali contro- rivoluzionari. Novy Lue (Il nuovo raggio): organo del Comitato centrale unificato dei mensce- vichi, che si pubblicò a Pietrogrado a partire dal 1° (14) dicembre 1917, sotto la direzione di Dan, Martov e Martynov, e fu soppresso nel giugno 1918 per la sua agitazione controrivoluzionaria. Prósvestcenie (Dedicazione): rivista mensile, politica e letteraria, bolscevica, che si pubblicò legalmente a Pietroburgo dal dicembre 1911 al giugno 1914, Fondata per iniziativa di Lenin in sostituzione della rivista bolscevica Mysl (Il pensiero) che si pubblicava a Mosca ed era stata proibita dal governo zarista. Lenin dirigeva la rivista dalPestero, rivedeva gli articoli ed era in corrispondenza regolare con i membri del comitato di redazione, che com- prendeva Saveliev, Olminsk, Elizarova e altri. Gorki dirigeva la rubrica let- teraria e artistica. La rivista raggiunse i 5.000 esemplari. Alla vigilia della prima guerra mondiale fu proibita dal governo zarista. Riapparve nell’au- tunno 1917 ma con un solo numero doppio che pubblicò gli articoli di Lenin I bolscevichi conserveranno il potere statale? e A proposito della re- visione del programma del partito. Riec (La parola): giornale quotidiano, organo centrale del partito dei cadetti. Si pubblicava a Pietrogrado fin dal febbraio 1906. Fu soppresso il 26 ottobre (8 novembre) 1917, dal Comitato militare rivoluzionario del soviet di Pie- trogrado. Dalla fine di ottobre 1917 alPagosto del 1918 apparve sotto altri titoli. Spartak (Spartaco): rivista settimanale dell’Ufficio della regione di Mosca, del Comitato di Mosca e (a partire dal n. 2), del Comitato della circoscrizione di Mosca del POSDR(b). Usci saltuariamente a Mosca dal 20 maggio (2 giugno) al 29 ottobre (11 novembre) 1917. The Workers * Dreadnought (La corazzata operaia): era l'organo della Federazione socialista operaia d’Inghilterra. Si pubblicò a Londra dal marzo 1914 al giugno 1924. Vorwàrts (Avanti): quotidiano, organo centrale della socialdemocrazia tedesca, cominciò le sue pubblicazioni nel 1876 sotto la direzione di W. Liebknechr. Durante la guerra mondiale del 1914-1918 prese una posizione socialsciovi- nistica e, dopo la rivoluzione d’ottobre, nettamente antisovietica. Si pub- blicò a Berlino fino al 1933. Lenin allude alParticolo Gli accordi segreti svelati apparso nel Vorwàrts del 28 novembre 1917, INDICE DEI GIORNALI E DELLE RIVISTE 56 3 Vperiod (Avanti): quotidiano menscevico, organo dei comitati di Mosca e della regione centrale del POSDR (menscevico); poi organo del CC menscevico dal 2 aprile 1918, Alla fine di aprile 1918 fu soppresso come organo con- trorivoluzionario. Znamìa Trudà (La bandiera del lavoro): quotidiano dei socialisti-rivoluzionari di sinistra. Il primo numero usci il 23 agosto (5 settembre) 1917 come organo del Comitato di Pietrogrado del partito socialista-rivoluzionario. Diventò or- gano centrale dei socialisti-rivoluzionari di sinistra dopo il loro I Congresso panrusso. Fu soppresso il 6 luglio 1918 quando scoppiò la sommossa dei socialisti-rivoluzionari di sinistra contro il potere sovietico. INDICE DEI NOMI Alessandro I, 168. Alexeiev M.V., 49, 255, 273, 515. Avxentiev N.D., 74. Bielorussov A.S., 234. Bogaievski M.P., 216, 220, 243, 315, 408, 447. Borkheim S., 458. Bubnov A.S., 96. Bukharin N.I., 66-68, 94, 95, 97, 99, 100, 112, 124, 129, 130, 180, 271, 272, 275-280, 311-316, 320-322. Caio Giulio Cesare, 277, 278, 280, 281. Cavaignac L.E., 235, 306. Cerevanin N., 396-398. Cernov V.M., 158, 159, 162, 164, 166, 169, 171, 176, 215, 235, 252, 264, 315, 341, 405. Cernyscevski N.G., 246. Cicerin G.V., 41. Ciugurin I.D., 515. Ckhenkeli A.I., 252, 262. Clausewitz C, 302. Dan F.I., 198, 316. Dobroliulov N.A., 246. Dutov A.I., 201, 209, 220, 241, 364, 447. Dzerginski F.E., 482, 495. Engels F., 109, 111, 390, 441, 449, 458, 459-462. Ghe A.I., 276, 279, 309, 315. Ghegheckori E.P., 220, 221, 237, 241, 243, 255, 343, 344. Giordania N.N., 343. Gots A.R., 220, 234, 237, 241, 243. Groman V.G., 396-398, 401, 405. Guglielmo II, 14, 26, 38, 69, 446, 448. Gukovski I.E., 204. Hindenburg P., 69. Hoffmann M., 88, 91, 92, 99. Hoschka F., 446. Iakovleva V.N., 180. Ioffe A.A., 40, 41, 347, 495. Isuv IA., 255, 316, 317, 320. Kaiurov V.N., 499, 500, 507, 515. Kaledin A.M., 49, 76, 77, 209, 364. Kaliaev I.P., 25, 26. Kamkov B.D., 170, 171, 173-176. Karakhan L.M., 40. Karelin V.A., 278, 280, 2'82, 309, 315. Karpov vedi Lenin V.I. Kautsky K., 129, 282. Kerenski A.F., 16, '25, 26, 31, 49, 51, 74, 75, 77, 81, 82, 85, 145-147, 154, 156, 159, 161, 162, 164, 166, 170, 176, 201, 202, 215, 217, 220, 229, 231, 234, 241, 252, 255, 256, 264, 269, 273, 276, 291, 311, 315, 316, 341, 360, 363, 366, 367, 394, 395, 401, 404, 443, 472, 473, 476, 482, 509. Kisckin N.M., 215, 264. Kolokolnikov P.N., 396, 397. Kornilov L.G., 49, 73, 74, 81, 85, 154, 201, 207, 209, 227, 229, 231, 234, 566 INDICE DEI NOMI 235, 237, 241, 243, 255, 273, 361, 367. Krasnov P.N., 75, 220, 255, 473, 474, 481, 483. Krassin L.B., 41. Krylenko N.V., 31, 95, 171, 172. Larin I., pseud. di M.A. Lurie, 127. Lascevic M.M.-, 507. Latsis M.I., 495. Lazzari C., 490, Lenin V.I., 28, 30, 40-44, 64, 171, 196, 198, 201, 203, 291, 311, 349, 352, 354, 365, 385, 412, 413, 418, 421, 456, 457 , 464 , 466 , 467, 474, 495, 500, 505-508, 512-515. Liber M.I., 198, 316. Liebknecht K, 14, 46, 47, 50, 52, 81, 88, 163. Litvinov M.M., 448. Lomov A., pseud. di G.I. Oppokov, 42, 67, 68, 95, 131. Luxemburg R., 509. Maclean J., 448. Malkin B.F., 44. Martov L., 170, 175, 198, 234, 235, 246, 253, 254, 257, 267, 271, 278, 282, 291, 397. Marx K, 118, 235, 237, 279, 311-313, 431, 441, 449, 462. Mehring F., 446, 490. Mgheladze I.V., 126. Miliukov P.N., 253, 254, 257, 267, ■ 271, 476. Mirbach \V., 323, 326, 327, 472, 495, 498, 502, 505, 510. Napoleon I, 38, 59, 60, 69, 90, 91, 160, 165, 166, 168, 175, 176, 280, 281. Napoleone III, 277, 278, 281, 306. Nicola II (Romanov), 51, 84, 145, 147, 156, 162, 174, 202, 276, 360, 363, 367, 460. Nozdriov, 300. Obolenski V.V, (Osinski N.), 67, 180, 265, 318. Paderin A.N., 443, 446. Pelsce L.A., 128. Petliura S.V., 94. Petrovski G.I., 41. Piatakov G.L., 42. Pietro I, 309. Podvoiski N.I., 95. Pokrovski M.N., 68, 316. Pomialovski N.G., 321. Radek K., 40, 66, 96, 99, 105. Raskolnikov F.F., 450, Rasputin G.E., 84. Riabuscinski P.P., 172. Riazanov D.B., 84. Riezler K., 501. Savinkov B.V., 220, 221, 237, 476. Scheidemann Ph., 246. Sciaumian S.G., 202, 495. Scliapnikov A.G., 366, 413, 450. Semionov G.M., 262, 328, 335, 447. Sereda S.P., 489. Skoropadski P.P., 341, 346, 383, 400, 416, 417, 420, 433, 457, 485, 486, Smirnov V.M., 42, 112, 180. Sokolnikov G.I., 41, 112. Spiridonova M.A., 44, 475, 489. Stalin I.V., 385, 413, 450, 495, 496, 512, 513. Stasova E.D., 507. Steinberg I.S., 50. Stolypin P.A., 37, 47, 86; 174. Stukov I.N., 67, Taylor F.W., 231, 267, 285, 316. Trotski L.D., 38, 41, 42, 97-99, 103, 104, 277, 444, 473. Tsereteli I.G., 158, 159, 164, 169, 171, 176, 215, 235, 252, 256, 264, 316, 341, 343. Tsiurupa A.D., 413. Turgheniev I.S., 246, Uritski M.S., 42, 67, 68, 96, 99, 100, 131. Veresaev V., 461. Vinnicenko V.K., 97, 131, 159, 176. Volodarski V., 417. Wilson W., 151. Zetkin C., 446, 490. Zinoviev G.E., 40, 41, 107, 507, 515. Zola E., 461. INDICE DEL VOLUME Nota dell* editore febbraio - luglio 1918 SULLA FRASE RIVOLUZIONARIA LA PATRIA SOCIALISTA È IN PERICOLO! SUPPLEMENTO AL DECRETO DEL CONSIGLIO DEI COMMISSARI DEL POPOLO: « LA PATRIA SOCIALISTA È IN PERICOLO! » LA SCABBIA PACE 0 GUERRA? DISCORSO ALLA SEDUTA COMUNE DEI GRUPPI BOLSCEVICO E SOCIALISTA-RIVOLUZIONARIO « DI SINISTRA » DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRALE DEI SOVIET DI TUTTA LA RUSSIA RAPPORTO ALLA SEDUTA DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRA- LE DI TUTTA LA RUSSIA DOV’È L’ERRORE? UNA PACE DISGRAZIATA INTERVENTI ALLA RIUNIONE DEL -COMITATO CENTRALE DEL posdr(b) NOTA SULLA NECESSITÀ DI FIRMARE LA PACE LA POSIZIONE DEL CC DEL POSDR(b) SULLA QUESTIONE DELLA PACE SEPARATA E ANNESSIONISTICA UNA LEZIONE DURA MA NECESSARIA PROGETTO DI DECRETO DEL CONSIGLIO DEI COMMISSARI DEL POPOLO SULL’EVACUAZIONE DEL GOVERNO 570 INDICE DEL VOLUME STRANO E MOSTRUOSO 54 SU UN TERRENO PRATICO 62 PROGETTO DI ORDINE DEL GIORNO A TUTTI I SOVIET DEI DEPUTATI 64 UNA LEZIONE SERIA E UNA SERIA RESPONSABILITÀ 65 VII CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA (BOLSCEVICO) DEL- LA RUSSIA 71 1. Rapporto sulla guerra e la pace 73 2. Discorso conclusivo al dibattito sulla guerra e la pace 94 3. Risoluzione sulla guerra e la pace 101 4. Interventi contro gli emendamenti di Trotski alla risoluzione sulla guerra e la pace 103 5. Intervento contro l’emendamento di Radek alla riso- luzione sulla guerra e la pace 105 6. Aggiunta alla risoluzione sulla guerra e la pace 106 7- Intervento contro Temendamento. di Zinoviev all’ag- giunta alla risoluzione sulla guerra e la pace 107 8. Proposta riguardante la risoluzione sulla guerra e la pace 108 9. Rapporto sulla revisione del programma e il cambia- mento della denominazione del partito 109 10. Risoluzione sul cambiamento della denominazione del partito e sulle modifiche al programma 122 11. Proposta sulla revisione del programma del partito 124 12. Intervento sulla proposta di Mghejadze di far par- tecipare alla elaborazione del programma le più impor- tanti organizzazioni del partito 126 13. Intervento contro l’emendamento di Larin sulla de- nominazione del partito 127 14. Intervento contro Temendamento di Pelsce alla ri- soluzione sul programma del partito 128 15. Interventi contro gli emendamenti di Bukharin alla risoluzione sul programma del partito 129 INDICE DEL VOLUME 571 16. Discorso sull’elezione del Comitato centrale 131 17. Risoluzione sul rifiuto dei «comunisti di sinistra» ad entrare nel Comitato centrale 132 18. Appunti per il progetto di programma 133 IL COMPITO PRINCIPALE DEI NOSTRI GIORNI 139 DISCORSO AL SOVIET DI MOSCA DEI DEPUTATI OPERAI, CON- TADINI E SOLDATI ROSSI 144 IV CONGRESSO STRAORDINARIO DEI SOVIET Di TUTTA LA RUSSIA 149 1. Progetto di risoluzione sul messaggio di Wilson 151 2. Rapporto sulla ratifica del trattato di pace 152 3. Discorso di chiusura sul rapporto per la ratifica del trattato di pace 169 4. Risoluzione sulla ratifica del trattato di Brest-Litovsk 178 NOTA SULL’ATTEGGIAMENTO DEI « COMUNISTI DI SINISTRA » 180 PRIMA STESURA DELL’ARTICOLO « I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO » 181 Capitolo x 181 Capitolo xi 187 Capitolo xii 191 Capitolo xm 194 A PROPOSITO DEL DECRETO SUI TRIBUNALI RIVOLUZIONARI 196 A. Ai membri del collegio del Commissariato alla giustizia e per conoscenza al presidente del Comitato esecutivo, p. 196 - B, Progetto di decreto del Consiglio dei commissari del popolo, p. 196. PREFAZIONE ALLA RACCOLTA « CONTRO CORRENTE » 198 TESI SULLA POLITICA BANCARIA 199 DISCORSO AL COMIZIO DEL MANEGGIO ALEXEIEVSKI 201 DIRETTIVE AL SOVIET DI VLADIVOSTOK 203 DISCORSO SULLA QUESTIONE FINANZIARIA ALLA SEDUTA DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRALE DI TUTTA LA RUSSIA 204 572 INDICE DEL VOLUME DISCORSO AL SOVIET DI MOSCA DEI DEPUTATI OPERAI, CON- TADINI E SOLDATI ROSSI 206 I COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 211 La situazione internazionale della Repubblica sovietica russa e i compiti fondamentali della rivoluzione socialista, p. 213 - La parola d'ordine generale del momento, p. 216 - La nuova fase della lotta contro la borghesia, p. 218 - L'importanza della bat- taglia per Tinventario e il controllo popolare, p. 226 - L'aumen- to della produttività del lavoro, p. 229 - L'organizzazione del- l’emulazione, p. 232 - «Buona organizzazione» e dittatura, p. 235 - Lo sviluppo dell’organizzazione sovietica, p. 243 - Con- clusione, p. 246. SEDUTA DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRALE DI TUTTA LA Russia 249 1. Rapporto sui compiti immediati del potere sovietico 251 2. Conclusioni del dibattito sui compiti immediati 275 SEI TESI SUI COMPITI IMMEDIATI DEL POTERE SOVIETICO 283 PRINCIPI FONDAMENTALI DI POLITICA ECONOMICA E PARTI- COLARMENTE BANCARIA 287 SCHEMA DI PIANO PER I LAVORI TECNICO-SCIENTIFICI 289 AL COMITATO CENTRALE DEL PARTITO COMUNISTA RUSSO 291 SULL’INFANTILISMO DI SINISTRA e SULLO SPIRITO PICCOLO- BORGHESE 293 i. 295 il. 299 in. 302 iv. 308 v. 311 vi. 320 RISOLUZIONE DEL CC DEL PC(b) DI RUSSIA SULLA SITUAZIONE INTERNAZIONALE 323 DISPOSIZIONI FONDAMENTALI DEL DECRETO SULLA DITTA- TURA NEL SETTORE DEGLI APPROVVIGIONAMENTI 324 PROTESTA AL GOVERNO TEDESCO CONTRO L’OCCUPAZIONE DELLA CRIMEA 326 INDICE DEL VOLUME 573 TESI SULLA SITUAZIONE POLITICA ATTUALE 3 28 i. 328 n. 329 in. 330 iv. 331 v. 331 RAPPORTO SULLA POLITICA ESTERA ALLA SEDUTA COMUNE DEL CEC DI TUTTA LA RUSSIA E DEL SOVIET DI MOSCA 333 RAPPORTO SULLA SITUAZIONE ATTUALE ALLA CONFERENZA REGIONALE DI MOSCA DEL PC(b) DI RUSSIA 349 RAPPORTO AL CONGRESSO DEI RAPPRESENTANTI DELLE SE- ZIONI FINANZIARIE DEI SOVIET DI TUTTA LA RUSSIA 350 Centralizzazione finanziaria, p. 351 - Imposta sul reddito e sui beni, p. 351 - Lavoro obbligatorio, p. 352 ■ Nuovi segni mone- tari, p. 353. LETTERA ALLA CONFERENZA DEI RAPPRESENTANTI DELLE IM- PRESE NAZIONALIZZATE 355 ABBOZZO DI TELEGRAMMA AGLI OPERAI DI PIETROGRADO 357 SULLA CARESTIA 358 DISCORSO PRONUNCIATO AL CONGRESSO DEI COMMISSARI AL LAVORO 366 SULLA ACCADEMIA SOCIALISTA DELLE SCIENZE SOCIALI 371 i. Progetto di decreto del Consiglio dei commissari del popolo 371 il. Direttive alla commissione 372 TESI SUL MOMENTO « ATTUALE » 373 DISCORSO AL I CONGRESSO DEI CONSIGLI DELL’ECONOMIA NAZIONALE 375 APPELLO AI LAVORATORI DELLE FERROVIE, DEI TRASPORTI PER VIA D’ACQUA E AI METALLURGICI 383 NOMINA DI I. V. STALIN ALLA DIREZIONE DEGLI APPROVVI- GIONAMENTI NEL SUD DELLA RUSSIA 385 574 INDICE DEL VOLUME SEDUTA COMUNE DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRALE DI TUTTA LA RUSSIA, DEL SOVIET DEI DEPUTATI OPERAI, CON- TADINI E SOLDATI ROSSI DI MOSCA E DEI SINDACATI 387 1. Rapporto sulla lotta contro la carestia 389 2 . Conclusioni sul rapporto 407 3. Progetto di risoluzione sul rapporto per la lotta alla carestia 411 DISCORSO AL CONGRESSO DEGLI INSEGNANTI INTERNAZIONA- LISTI DI TUTTA LA RUSSIA 412 TELEGRAMMA A I, V. STALIN 413 SUI REPARTI DI APPROVVIGIONAMENTO ALIMENTARE 414 DISCORSO AL COMIZIO NEL CLUB DI SOKOLNIKI 416 TELEGRAMMA SULL’ORGANIZZAZIONE DEI REPARTI DI APPROV- VIGIONAMENTO ALIMENTARE 420 IV CONFERENZA DEI SINDACATI E DEI COMITATI DI FABBRICA e d’officina di mosca 423 1. Rapporto sulla situazione attuale 425 2 . Discorso di chiusura del dibattito sulla situazione attuale 443 3. Risoluzione sulla situazione attuale 455 DISCORSO AL COMIZIO NEL QUARTIERE SIMONOVSKI 456 PAROLE PROFETICHE 458 DISCORSO AL COMIZIO DEL MANEGGIO ALEXEIEVSKI 464 DISCORSO AL GRUPPO COMUNISTA DEL V CONGRESSO DEI SOVIET 466 V CONGRESSO DEI SOVIET DEI DEPUTATI OPERAI, CONTADINI E SOLDATI DI TUTTA LA RUSSIA 469 1. Rapporto del Consiglio dei commissari del popolo 471 2 . Discorso conclusivo sul rapporto 491 SCAMBIO DI TELEGRAMMI CON STALIN 495 INTERVISTA ALLE « IZVESTIA » SULLA RIVOLTA DEI SOCIA- LISTI-RIVOLUZIONARI « DI SINISTRA » 497 INDICE DEL VOLUME 575 AGLI OPERAI DI PIETROGRADO 499 DICHIARAZIONE ALLA SEDUTA DEL COMITATO ESECUTIVO CENTRALE DEI SOVIET DI TUTTA LA RUSSIA 501 DISCORSO AL COMIZIO DEL DISTRETTO DI LEFORTOVO 505 A ZINOVIEV, A LASCEVIC E ALLA STASSOVA 507 RAPPORTO ALLA CONFERENZA DEI COMITATI DI FABBRICA DEL GOVERNATORATO DI MOSCA 508 COLLOQUIO TELEFONICO CON I. V. STALIN 512 DISCORSO AL COMIZIO DEL DISTRETTO DI KHAMOVNIKI 514 PER TELEFONO. A ZINOVIEV, SMOLNY, PIETROGRADO 515 Note 517 Cronaca biografica 539 Indice dei giornali e delle riviste 561 Indice dei nomi 565 Finito di stampare nel marzo 1970 per conto degli Editori Riuniti S, p. A. Roma - Viale Regina Margherita, 290 dalla Tipo-litografra E. Chiovini - Roma B. H. J1EHHH Coq«HeHHH r t. 27 (na umaAbsmcKOM X3buce) 3aKasHoe Ha^anne „ 10102-41 1 ^ 014 (01)-75 6e3 XyAomecTBeHHbiA pe^aKiop B . KoAeanoe TexHHHecKHft pe^airrop JI. I lojinKoea IloAnHCaHo h nenaTH 3/1 II 1975 r. opMaT 60X86Vi«’ ByM. ji . 18. rien. ji . 3 3,48. y*i.-H3A. ji . 29,60. Hsa- Na 21371. 3aKaa Nq 2654. L[eHa 1 p. 24 k. THpaJK 5100 3K3. H3AaiejibCTBo «nporpecc* FocyAapcTBeHHoro HoMHTeTa CoBeTa MHHHdpoB CCCP no A^aM HSAaTe/ibCPB, noAHrpacJjHH h khhjkhoA toptobah. MocKBa, T- 21 , 3 y 6 oBCHHft éyAbBap, 21 OpAeHa TpyAOBoro KpacHOro 3HaMeHH nepBaa 06pa3uoBaH THnorpattJHJi HMeHH A. A. ^KA^HOBa CoroanOAHrpa^npoMa npn É ocyAapCTBeHHOM KoMHTere CoBera Mhhhptpob CCCP no AeAaM HSA&TBAbCTB, nojiHrpa(J)HH h hhhjkhoA topfobah. MocKBa, M-64, BaAOBaa, 28