Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin, Joseph Stalin, Enver Hoxha 5 Classics of Marxism Comintern (Stalinist-Hoxhaists) http://ciml.250x.com Georgian Section www.joseph-stalin.net SHMG Press Karl Marx Press of thè Georgian section of Comintern (SH) - Stalinist-Hoxhaists Movement of Georgia V. I. LENIN Opere complete XXI agosto 1914 - dicembre 1915 1966 - Editori Riuniti - Roma Traduzione di Kos sana Platone Proprietà letteraria riservata della S.pA. Editori Riuniti Via dei Frentani 4 e, Roma NOTA DELL’EDITORE II ventunesimo volume contiene le opere scrìtte da Lenin dal - V agosto 1914 al dicembre 1915. In queste opere Lenin inizia la sua battaglia contro la guerra imperialista e il socialsciovinismo internazio- nale , ed espone le basi della teorìa e della tattica del partito bolscevico sulle questioni della guerra, della pace e della rivoluzione. Un gruppo di opere (I compiti della socialdemocrazia rivoluzio- naria nella guerra europea, La guerra europea e il socialismo interna- zionale, La guerra e la socialdemocrazia russa. La sconfitta del proprio governo nella guerra imperialista, Il socialismo e la guerra ed altri) è dedicato principalmente a dare un giudizio sulla guerra e a definire i compiti del partito proletario e del movimento operaio internazionale. Una parte notevole del volume è costituita da scritti in cui Lenin smaschera il socialsciovinismo e il centrìsmo internazionale e analizza le cause del fallimento della II Internazionale. Fra questi sono: Il fallimento della II Internazionale, La lotta contro il socialsciovinismo, La situazione e i compiti dellTnternazionale socialista, I marxisti rivo- luzionari alla Conferenza socialista internazionale del 5-8 settembre 1915, ed altri. Una serie di articoli è diretta essenzialmente contro il socialscio~ vinismo in Russia: I Sudekum russi, Sotto la bandiera altrui. La situa- zione nella socialdemocrazia russa, La sconfitta della Russia e la crisi rivoluzionaria, Le due linee della rivoluzione, ed altri . Nell'articolo Sulla parola d’ordine degli itati Uniti d’Europa, scritto nell'agosto del 1915, Lenin formulò la sua tesi geniale sulla possibilità che il socialismo vinca inizialmente in alcuni paesi o addirittura in un solo paese. Fa parte di questo volume lo studio di Lenin Karl Marx, che offre un'esposizione concisa e nello stesso tempo esauriente della dottrina di Marx . Nel ventunesimo volume quattro sono i documenti che vengono pubblicati per la prima volta nelle Opere di Lenin , Negli articoli Alla Commissione internazionale socialista e Lettera al « Vorwarts » e alla « Arbeiter-Zeitung » di Vienna, Lenin denuncia la natura imperialistica della prima guerra mondiale e il tradimento degli interessi della classe operaia compiuto dai capi della II Internazionale . Gli scritti Quale « unità » ha proclamato Larin al congresso svedese? e Lettera del CC del POSDR alla redazione del « Nasce Slovo » sono diretti contro il liquìdatorismo e il socialscìovinismo in Russia . La traduzione italiana è stata condotta da Rossana Platone sul ventunesimo volume delle Opere di Lenin, IV edizione in lingua russa, edito a Mosca, Gospolitiedat, 1948. La traduzione dell'articolo su Karl Marx scritto da Lenin per il Dizionario enciclopedico Granat è invece di Paimiro Togliatti . agosto 1914 - dicembre 1915 I COMPITI DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RIVOLUZIONARIA NELLA GUERRA EUROPEA 1 La socialdemocrazia russa e la guerra europea Apprendiamo da fonti assolutamente degne di fede che recente- mente ha avuto luogo una conferenza di dirigenti del Partito operaio socialdemocratico russo sulla questione della guerra europea. Questa conferenza non aveva un carattere ufficiale in senso stretto, dato che il Comitato centrale del POSDR non poteva ancora riunirsi a causa degli arresti in massa e delle persecuzioni senza precedenti da parte del governo zarista. Ma sappiamo con assoluta certezza che questa conferenza ha espresso di fatto P opinione degli ambienti piu influenti del POSDR. In essa è stata approvata la seguente risoluzione, della quale ripor- tiamo il testo integrale come documento: Risoluzione di un gruppo di socialdemocratici 1) La guerra europea e mondiale presenta un ben definito carat- tere di guerra borghese, imperialista, dinastica. La lotta per i mercati e per la rapina dei paesi stranieri, la volontà di stroncare il movimento rivoluzionario del proletariato e della democrazia alPinterno dei singoli paesi, il tentativo d’ingannare, di dividere e di decimare i proletari di tutti i paesi aizzando gli schiavi salariati di una nazione contro quelli dell’altra a vantaggio della borghesia: questo è il solo contenuto reale, il solo reale significato della guerra, 2) Il comportamento dei capi del Partito socialdemocratico tede- sco, — il partito piu forte e piu influente della II Internazionale (1889-1914), — che hanno votato il bilancio di guerra e ripetono le frasi scioviniste e borghesi degli junker prussiani e della borghesia, 10 LENIN è un vero e proprio tradimento del socialismo. Il comportamento dei capi del Partito socialdemocratico tedesco non può essere giustificato in nessun caso, neppure supponendo che questo partito sia estremamente debole e si trovi nella necessità di sottomettersi temporaneamente alla volontà della maggioranza borghese della nazione. In realta questo par- tito fa oggi una politica nazional-liberale. 3) La stessa condanna merita il comportamento dei capi dei par- titi socialdemocratici belga e francese che hanno tradito il socialismo entrando in ministeri borghesi 2 . 4) Il tradimento del socialismo da parte della maggioranza dei capi della II Internazionale (1889-1914) significa il fallimento politico e ideologico di questa Internazionale. La causa fondamentale di questo fallimento sta nel predominio alPinterno di essa dell’ opportunismo piccolo-borghese, il cui carattere borghese e la cui pericolosità sono stati da tempo denunciati dai migliori rappresentanti del proletariato rivo- luzionario di tutti i paesi. Gli opportunisti avevano preparato da tempo il fallimento della II Internazionale; ripudiando la rivoluzione socialista e sostituendola col riformismo borghese; ripudiando la lotta di classe e la sua inevitabile trasformazione, in determinati momenti, in guerra civile, e predicando la collaborazione fra le classi; predicando lo scio- vinismo borghese sotto Paspetto del patriottismo e della difesa della patria e ignorando o negando la verità fondamentale del socialismo, esposta già nel Manifesto comunista , cioè che gli operai non hanno patria; limitandosi, nella lotta contro il militarismo, a un punto di vista sentimentale piccolo-borghese, invece di riconoscere la necessità della guerra rivoluzionaria dei proletari di tutti i paesi contro la borghesia di tutti i paesi; trasformando in feticcio il parlamentarismo borghese e la legalità borghese, che pure debbono essere utilizzati, dimenticando che nelle epoche di crisi sono indispensabili forme illegali di organiz- zazione. Uno degli organi internazionali dell’opportunismo, i Sozia - listische Monatshefte in Germania, che ha preso da molto tempo una posizione nazional-liberale, celebra oggi, assai giustamente, la sua vit- toria sul socialismo europeo. Il cosiddetto « centro » del Partito social- democratico tedesco e degli altri partiti socialdemocratici ha, in effetti, capitolato di fronte agli opportunisti. Compito della futura Interna- zionale dev’essere di sbarazzare definitivamente e decisamente il socia- lismo da questa corrente borghese. 5) Fra i sofismi borghesi e sciovinisti di cui si servono in parti- I COMPITI DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RIVOLUZIONARIA 11 colare, per ingannare le masse, i partiti e i governi borghesi delle due maggiori nazioni rivali del continente — la Germania e la Francia — e che gli opportunisti socialisti, scoperti o camuffati,, i quali vanno al rimorchio della borghesia, ripetono servilmente, bisogna in particolare rilevare e stigmatizzare i seguenti: quando i borghesi tedeschi affermano di difendere la patria, di lottare contro lo zarismo, di difendere la libertà dello sviluppo cultu- rale e nazionale, essi mentono perché gli junker prussiani, con Gu- glielmo alla testa, e la grande borghesia tedesca hanno sempre seguito una politica di difesa della monarchia zarista e non mancheranno, qua- lunque sia Pesito della guerra, di fare ogni sforzo per sostenerla; essi mentono perché in realtà la borghesia austriaca ha intrapreso una cam- pagna di rapina contro la Serbia, e quella tedesca opprime i danesi, i polacchi e i francesi nelPAlsazia-Lorena, conduce una guerra di aggres- sione contro il Belgio e la Francia per depredare paesi piu ricchi e piu liberi, e perciò li ha attaccati nel momento che le è sembrato piu favorevole per utilizzare gli ultimi perfezionamenti del suo mate- riale bellico, e alla vigilia delPattuazione del cosiddetto grande pro- gramma militare della Russia; quando i borghesi francesi si richiamano, esattamente nello stesso modo, alla difesa della patria ecc., anch’essi mentono, perché, in realtà, difendono i paesi piu arretrati dal punto di vista della tecnica capitali- stica e che si sviluppano piu lentamente, assoldando con i loro miliardi le bande centonere dello zarismo russo per una guerra d’aggressione, cioè di rapina delle terre tedesche e austriache. E i due gruppi di nazioni belligeranti non cedono affatto l’uno all’altro per la crudeltà e la barbarie con cui conducono la guerra. 6) Il compito della socialdemocrazia russa è, in particolare e in primo luogo, una lotta spietata e a fondo contro lo sciovinismo grande- russo e monarchico-zarista e contro la difesa, che ne fanno, ricorrendo a sofismi, liberali, o cadetti, una parte dei populisti e gli altri partiti borghesi russi. Dal punto di vista della classe operaia e delle masse lavoratrici di tutti i popoli della Russia, il male minore sarebbe la sconfitta della monarchia zarista e del suo esercito, che opprimono la Polonia., l’Ucraina e una serie di altri popoli della Russia e che rinfo- colano l’odio nazionale per rafforzare il giogo dei grandi russi sulle altre nazionalità e per consolidare il governo barbaro e reazionario della monarchia zarista. 12 LENIN 7) Le parole d'ordine della socialdemocrazia debbono essere at- tualmente: in primo luogo una larga propaganda, che si estenda nell'esercito e sul teatro delle operazioni militari, a favore della rivoluzione socialista e della necessità di rivolgere le armi non contro i propri fratelli, gli schiavi salariati degli altri paesi, ma contro i governi e i partiti rea- zionari e borghesi di tutti i paesi. Necessità assoluta di organizzare cellule e gruppi illegali negli eserciti di tutte le nazioni per fare tale propaganda in tutte le lingue. Lotta spietata contro lo sciovinismo e il « patriottismo » dei piccoli borghesi e dei borghesi di tutti i paesi, senza eccezione^ Contro i capi dell’attuale Internazionale, che hanno tradito il socialismo, fare assolutamente appello alla coscienza rivolu- zionaria delle masse operaie che sopportano tutto il peso della guerra e che, nella maggioranza dei casi, sono ostili all’opportunismo e allo sciovinismo; in secondo luogo, propaganda per la repubblica tedesca, polacca, russa, e insieme per la trasformazione di tutti gli Stati europei in Stati uniti repubblicani d'Europa 3 , come parola d’ordine "immediata; in terzo luogo, lotta soprattutto contro la monarchia zarista e lo sciovinismo grande-russo, panslavista, e propaganda per la rivoluzione in Russia, come pure per l’emancipazione e l’autodecisione dei popoli oppressi dalla Russia,, lanciando le parole d’ordine immediate: repub- blica democratica, confisca delle terre dei grandi proprietari fondiari, e giornata lavorativa di otto ore. Un gruppo di socialdemocratici , membri del POSDR Scritto non piu tardi del 24 agosto (6 settembre) 1914. L'introduzione La socialdemocrazìa russa e , la guerra europea è stata pubblicata per la prima volta nella 4 a edizione delle Opere di Lenin. Le tesi (la risoluzione), sono state pubblicate integralmente per la prima volta nel 1929, nella 2» e 3» edizione, v. XVIII. LA GUERRA EUROPEA E IL SOCIALISMO INTERNAZIONALE Al socialista, piu che gli orrori della guerra, — noi siamo sempre per la « santa guerra di tutti gli oppressi per la conquista delle loro patrie! » 4 , — pesano gli orrori del tradimento perpetrato dai capi del socialismo contemporaneo, gli orrori del fallimento dell'attuale Inter- nazionale. Non è forse un tradimento della socialdemocrazia il sorprendente cambiamento di fronte (dopo la dichiarazione di guerra della Ger- mania) dei socialisti tedeschi? Non sono un tradimento le frasi bu- giarde sulla lotta liberatrice contro lo zarismo, il silenzio sull’imperia- lismo tedesco, il silenzio sul saccheggio della Serbia, sugli interessi borghesi nella guerra contro l’Inghilterra, ecc. ecc.? Patrioti, sciovi- nisti, essi votano per i crediti di guerra!!’ Non commettono lo stesso tradimento i socialisti francesi e. bel- gi? Essi smascherano assai bene l’imperialismo tedesco, ma sono pur- troppo sorprendentemente ciechi dinanzi aH’imperialismo inglese, fran- cese e a quello particolarmente barbaro della Russia! Essi non vedono il fatto lampante che la borghesia francese, per decine e decine di anni, ha assoldato a suon di miliardi le bande centonere dello zarismo russo., che questo zarismo opprime la maggioranza allogena della Russia, sac- cheggia la Polonia, opprime gli operai e i contadini della Grande Russia, ecc. In un momento come questo un socialista si sente sollevato ve- dendo come V Avanti! ha detto, coraggiosamente e schiettamente, l’amara verità in faccia a Sìidekum 5 , al socialisti tedeschi, affermando che essi sono ini perialist i, cioè sciovinisti. Si prova un sollievo ancora maggiore quando si legge Tarticolo di Zibordi {Avanti! y 2 settembre), in cui viene smascherato non solo lo sciovinismo della borghesia tedesca 14 LENIN e austriaca (il che è vantaggioso dal punto di vista della borghesia it altana), ma anche di quella francese , in cui si afferma che la guerra è una guerra della borghesia di tutti i paesi!! La posizione del V Avanti! e l'articolo di Zibordi — [come pure la risoluzione votata da un gruppo di socialdemocratici rivoluzionari ( in una recente conferenza tenutasi in un paese scandinavo ) ] — ci dicono che cosa vi è di giusto e di non giusto nelle correnti affermazioni sul fallimento deirinternazionale. I borghesi e gli opportunisti (« riformisti di destra» 4 ) ripetono questa affermazione rallegrandosene, i socialisti la ripetono con amarezza ( Volksrecht di Zurigo, Bremer Burger-Zei- tung). In questa affermazione c'è una gran parte di verità!! La banca- rotta dei c api e. della maggioranza dei partiti d tìYa 1 1 u al e Interna- zionale è un fatto . (Confrontate il Vorwàrts, la Arbeiter-Zeitung di Vienna, 1’ Hamburger Echo con YHumanité , e l’appello dei socialisti belgi e francesi con la « risposta » del Vorstand tedesco 6 .) Le masse non si sono ancora pronunciate! ! ! Ma Zibordi ha mille volte ragione quando dice che non la « dot- trina è sbagliata », non il socialismo e un « rimedio errato »: « sempli- cemente non erano in dose bastante », « gli altri socialisti non sono “abbastanza socialistr » \ Nell'Internazionale europea dei nostri giorni ha fatto fallimento non il socialismo, ma il socialismo non bastante, cioè Y opportunismo e il riformismo . Proprio questa « tendenza », che esiste dappertutto , in tutti i paesi, ed è cosi ben rappresentata da Bissolati e soci in Italia, è fallita; proprio essa per anni ha insegnato a dimenticare la lotta di classe ecc. ecc. vedi la risoluzione 7 . Zibordi ha ragione quando vede la colpa principale dei socialisti europei nel fatto che essi « cercano nobilitare con postumi motivi la loro incapacità a prevenire, la loro necessità di partecipare al ma- cello », che il socialismo europeo « preferisce fingere di fare per amore ciò che è costretto a fare per forza », che i socialisti « solidarizzarono ciascuno con la propria nazione, col governo borghese della propria nazione... in una misura da formare una delusione per noi » (e per tutti i socialisti non opportunisti) « e un compiacimento per tutti i non socialisti d'Italia » 4 (e non d'Italia soltanto, ma di tutti i paesi: vedi per esempio il liberalismo russo). Ammessa pure la completa « incapacità » 4 , e impotenza dei socia- listi europei, la condotta dei loro capi è un tradimento e una bassezza; LA GUERRA EUROPEA E IL SOCIALISMO INTERNAZIONALE 15 gli operai sono andati al macello, ma i capi? Votano a favore , entrano nel ministeroUl Anche in caso di completa impotenza essi avrebbero dovuto votare contro , non entrare nel ministero, non pro- nunziare ignominie scioviniste, non solidarizzare con la propria « na- zione », non difendere la « propria » borghesia f ma al contrario avreb- bero dovuto denunciarne le nefandezze. Poiché la borghesia e gli imperialisti sono dappertutto , l’infame preparazione del macello è dappertutto: se lo zarismo russo (il piu reazionario di tutti) è particolarmente infame e barbaro, nondimeno l’imperialismo tedesco è monarchico: ha scopi dinastico-feudali, una borghesia rozza, meno libera che in Francia. I socialdemocratici russi hanno detto con ragione che per loro il male minore sarebbe la disfatta dello zarismo, che il loro nemico diretto è lo sciovinismo gran d e- russo , ma i socialisti (non opportunisti) di ogni paese dovevano vedere il loro nemico principale nel « proprio » ( « patrio » ) sciovinismo. Ma è poi vero che P« incapacità » 4 sia talmente assoluta? È cosi? Fucilare? 4 Heldentod B e morte infame?? In vantaggio di un'altra pa- tria ?? 4 Non sempre! ! Era possibile, era in ogni caso indispensabile pren- dere l'iniziativa. La propaganda illegale e la guerra civile sareb- bero più onorevoli , sarebbero più opportune per dei socialisti ( questo propagandano i socialisti russi). Per esempio, ci si culla nell'illusione che la guerra finirà, le cose s'aggiusteranno... No!! Perché il fallimento dell’attuale Internazionale (1889-1914) non sia il fallimento del socialismo, perché le masse non si allontanino, per evitare il dominio dell'anarchia e del sindacalismo (vergognoso [come] in Francia), bisogna guardare la verità in faccia. Chiunque vinca, l'Europa è minacciata da una intensificazione dello sciovinismo, del « revanscismo », ecc. Il militarismo tedesco o grande-russo suscita un contro-sciovinismo, ecc. ecc. È nostro dovere trarre la conclusione che l'opportunismo, il rifor- mismo, che è stato cosi solennemente proclamato in Italia ( e cosi ferma- mente stroncato dai compagni italiani ) , è pienamente fallito 9 . N.B. Menzionare : l’atteggiamento sprezzante, sdegnoso del- la Neue Zeit verso i socialisti italiani e VA vanti !: piccole conces- sioni all’opportunismo!!! « Giusto mezzo ». [Il cosiddetto « centro » = lacchè degli opportunisti.] Scritto alla fine di agosto- settembre 1914. Pubblicato per la prima volta nella Pravda , n. 174, 1° agosto 1929- LA GUERRA E LA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA Scritto prima del 28 settembre (11 ottobre) 1914. Pubblicato nel Sotsìal-'Demokrat , n. 33, 1° novembre 1914. La guerra europea, preparata durante decenni dai governi e dai partiti borghesi di tutti i paesi, è scoppiata, L'aumento degli arma- menti, Lestremo inasprimento della lotta per i mercati nella nuova fase imperalistica di sviluppo del capitalismo nei paesi piu avanzati, gli interessi dinastici delle monarchie piu arretrate dell'Europa orientale dovevano inevitabilmente condurre, e hanno condotto, a questa guerra. Conquistare territori 0 asservire nazioni straniere, mandare in rovina le nazioni concorrenti e depredarne le ricchezze, deviare Tattenzione delle masse lavoratrici dalla crisi politica interna in Russia, in Ger- mania, in Inghilterra e In altri paesi, scindere le masse lavoratrici, ab- bindolarle mediante l’inganno nazionalistico e distruggerne l’avanguardia allo scopo di indebolire il movimento rivoluzionario del proletariato, ecco lunico effettivo contenuto, il significato e la portata della guerra attuale. Alla socialdemocrazia incombe innanzi tutto il dovere di svelare il vero significato della guerra e di smascherare senza pietà le men- zogne, i sofismi e le frasi « patriottiche » propagate dalle classi domi- nanti, dai grandi proprietari fondiari a dalla borghesia in difesa della guerra. A capo di un gruppo di nazioni belligeranti sta la borghesia te- desca, la quale inganna la classe operaia e le masse lavoratrici affer- mando di condurre la guerra per la difesa della patria, della libertà e della civiltà, per la liberazione dei popoli oppressi dallo zarismo, per Tabbattimento dello zarismo reazionario. Ma, in realtà, proprio questa borghesia, servile dinanzi agli junker prussiani che hanno alla loro testa Guglielmo II, è sempre stata alleata fedele dello zarismo e nemica del movimento rivoluzionario degli operai e dei contadini 20 LENIN russi. In realtà, questa borghesia, indipendentemente dall'esito della guerra, farà tutti gli sforzi, assieme agli junker, per sostenere la mo- narchia zarista contro la rivoluzione in Russia. In realtà la borghesia tedesca ha intrapreso una brigantesca cairn pagna contro la Serbia per soggiogarla e soffocare la rivoluzione na- zionale degli slavi del sud, e nello stesso tempo ha diretto la parte principale delle sue forze militari contro paesi piu liberi, il Belgio e la Francia, allo scopo di saccheggiare questi concorrenti più ricchi. La borghesia tedesca, mentre diffondeva la leggenda di una sua guerra difensiva, sceglieva in realtà il momento ad essa più propizio per la guerra, utilizzando gli ultimi perfezionamenti a cui era giunta la sua tecnica militare e prevenendo l’impiego dei nuovi armamenti già pro- gettati e prestabiliti dalla Russia e dalla Francia. Alla testa- dell’altro gruppo di nazioni belligeranti stanno le bor- ghesie inglese e francese, le quali ingannano la classe operaia e le masse lavoratrici affermando che conducono la guerra per la patria, la libertà e la civiltà, contro il militarismo e il dispotismo della Germania. Ma in realtà già da molto tempo queste borghesie avevano assoldato coi loro miliardi l’esercito dello zarismo russo, della monarchia più reazio- naria e barbara dell’Europa, preparandolo all’aggressione contro la Germania. In realtà, lo scopo della lotta della borghesia inglese e della borghesia francese è la conquista delle colonie tedesche e la rovina della nazione concorrente che si distingue per il suo più rapido svi- luppo economico. E per questo nobile fine, le nazioni « democratiche » più « avanzate » aiutano il barbaro zarismo a opprimere maggiormente la Polonia, l’Ucraina, ecc., e a soffocare con maggior violenza la rivolu- zione russa. Nessuno dei due gruppi belligeranti la cede in nulla all’altro per le rapine, la ferocia e l’infinita crudeltà della guerra. Ma per ingan- nare -il proletariato e distogliere la sua attenzione dall’unica guerra effettivamente liberatrice, vale a dire dalla guerra civile contro la borghesia del « proprio » paese e dei paesi « stranieri », per questo alto scopo la borghesia di ogni paese tenta di esaltare, con frasi men- zognere sul patriottismo, il significato della « propria » guerra nazionale e vuole far credere che si sforza di vincere il nemico, non per spo- gliarlo e occuparne il territorio, ma per « liberare » tutti gli altri popoli, eccettuato il proprio. LA GUERRA E LA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 21 Ma con quanto più zelo il governo e la borghesia di tutti i paesi tentano di dividere i proletari aizzandoli gli uni contro gli altri, quanto più ferocemente si applica a tal nobile fine il regime dello stato d’as- sedio e della censura militare (che persino oggi, in tempo di guerra, è diretta più contro il nemico «interno» che contro quello esterno), tanto più improrogabile diviene il dovere del proletariato cosciente di difendere la sua unità di classe, il suo internazionalismo, le sue con- cezioni socialiste contro il baccanale dello sciovinismo della cricca bor- ghese « patriottica » di tutti i paesi. Sottrarsi a questo compito signi- ficherebbe, per gli operai coscienti, rinunciare a tutte le loro aspirazioni alla libertà e alla democrazia, per non parlare della rinuncia alle loro aspirazioni socialiste. Bisogna constatare con profonda amarezza che i partiti socialisti dei principali paesi europei non hanno adempiuto questo compito e che la condotta dei capi di questi partiti — particolarmente del partito tedesco — confina con l'aperto tradimento della causa del socialismo. In un momento che ha la più grande importanza storica mondiale, la maggioranza dei capi dell'attuale II Intemazionale socialista (1889- 1914) tenta di sostituire il nazionalismo al socialismo. Per il con- tegno di tali capi, i partiti operai di questi paesi non si sono opposti alla condotta criminale dei governi e hanno invitato la classe operaia a identificare la sua posizione con quella dei governi imperialisti. I capi dell’Internazionale hanno tradito il socialismo votando i crediti di guer- ra, ripetendo le parole d'ordine scioviniste («patriottiche») della bor- ghesia dei « loro » paesi, giustificando e difendendo la guerra, entrando nei ministeri borghesi dei paesi belligeranti, ecc. ecc. I più influenti capi socialisti e i più influenti organi della stampa socialista dell’Europa odierna si mettono da un punto di vista sciovinista borghese e liberale, e niente affatto socialista. La responsabilità di questo oltraggio al so- cialismo ricade innanzitutto sui socialdemocratici tedeschi, i quali erano il partito più forte e più influente della II Intemazionale. Ma non si possono nemmeno giustificare i socialisti francesi, i quali hanno accettato dei posti ministeriali nel governo di quella stessa borghesia che tradì la sua patria e si accordò con Bismarck per schiacciare la Comune. I socialdemocratici tedeschi e austriaci tentano di giustificare il loro appoggio alla guerra affermando che in questo modo appunto essi lottano contro lo zarismo russo. Noi, socialdemocratici russi, dichiariamo di considerare tale giustificazione come un puro sofisma. Nel nostro 22 LENIN paese il movimento rivoluzionario contro lo zarismo -ha avuto negli ultimi anni un’enorme estensione, e la classe operaia russa è sempre stata alla testa di questo movimento. Milioni di lavoratori hanno parte- cipato in questi ultimi anni agli scioperi politici che si sono svolti con la parola d'ordine del rovesciamento dello zarismo e con la rivendica- zione della repubblica democratica. Proprio alla vigilia della % guerra, il presidente della repubblica francese, Poincaré, durante la sua visita a Nicola II, potè vedere con i propri occhi nelle vie di Pietroburgo le barricate costruite dalle mani degli operai russi. Il proletariato russo non si arrestava dinanzi a nessun sacrificio pur di liberare l’umanità, dall’ignominia della monarchia zarista. Ma dobbiamo dire che se qualche cosa può, sotto certe condizioni, rinviare la fine dello zarismo, se qual- che cosa può aiutarlo nella lotta contro tutta la democrazia russa, ciò è appunto la guerra attuale che ha messo a servizio dei fini reazionari dello zarismo l’oro delle borghesie inglese, francese e russa. E se qual- che cosa può rendere piu difficile la lotta rivoluzionaria della classe operaia russa contro lo zarismo, ciò è proprio la condotta dei capi della socialdemocrazia tedesca e austriaca che la stampa sciovinista russa non cessa di presentarci come esempio. Anche se si ammette che l’insufficienza di forze della socialdemo- crazia tedesca era tale da costringerla a rinunziare a qualsiasi azione rivoluzionaria, anche in questo caso essa non doveva unirsi al campo sciovinista* né doveva far quei passi a proposito dei quali i socialisti italiani hanno giustamente dichiarato che i capi socialdemocratici tede- schi macchiano la bandiera dell’Internazionale proletaria. Il nostro partito, il Partito operaio socialdemocratico russo, ha già subito e subirà ancora immense perdite a causa della guerra. Tutta la nostra stampa legale è stata distrutta, la maggior parte dei sindacati sono stati sciolti, gran numero dei nostri compagni sono in carcere o depor- tati. Ma la nostra rappresentanza parlamentare — il gruppo .operaio so- cialdemocratico russo alla Duma — ha considerato come suo assoluto do- vere socialista non soltanto di non votare i crediti militari, ma di abban- donare l’aula delle sedute della Duma per esprimere ancor piu energica- mente la propria protesta e per bollare la politica dei governi europei come una politica imperialista. E benché l’oppressione del governo zarista si sia decuplicata, i nostri compagni operai pubblicano già in Russia i primi appelli illegali contro la guerra, compiendo cosi il loro dovere verso la democrazia e verso Tlnternazionale. LA GUERRA E LA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 23 Se i rappresentanti della socialdemocrazia rivoluzionaria, quali la minoranza della socialdemocrazia tedesca e i migliori socialdemocratici dei paesi neutrali, provano un cocente senso di vergogna per questo fal- limento della II Internazionale, se voci di socialisti contro lo sciovinismo della maggioranza dei partiti socialdemocratici si levano in Inghilterra e in Francia, se gli opportunisti, rappresentati per esempio dalla rivista tedesca Sozialistische Monatshefte , che da molto tempo avevano una posizionale nazional-liberale, festeggiano legittimamente la loro vittoria sul socialismo europeo, il servizio peggiore al proletariato lo rendono quegli individui che oscillano tra Topportunismo e la socialdemocrazia rivoluzionaria (come il « centro » nel Partito socialdemocratico tede- sco), che tentano di passare sotto silenzio o di coprire con frasi diplo- matiche il fallimento della II Internazionale. Bisogna, al contrario, riconoscere apertamente questo fallimento e comprenderne le cause, affinché sia possibile organizzare una nuova e piu salda unione socialista dei lavoratori di tutti i paesi. Gli opportunisti hanno sabotato le risoluzioni dei congressi di Stoc- carda 10 , Copenaghen 11 e Basilea 12 , le quali impegnavano i socialisti di tutti i paesi a lottare contro lo sciovinismo in ogni qualsiasi condizione, a rispondere con una più intensa propaganda per la guerra civile e per la rivoluzione sociale a ogni guerra iniziata dalla borghesia e dai governi- li fallimento della II Internazionale è il fallimento deH’opportunismo, che si è sviluppato sul terreno delle particolarità del periodo storico tra- scorso (periodo cosiddetto « pacifico ») e, in questi ultimi anni, ha do- minato di fatto nell’Internazionale. Da molto tempo gli opportunisti preparavano questo fallimento negando la rivoluzione socialista e sosti- tuendo ad essa il riformismo borghese; negando la lotta di classe e la necessità di trasformarla — in determinati momenti — in guerra civile e predicando la collaborazione di classe; predicando lo sciovinismo bor- ghese col nome di patriottismo e di difesa della patria; ignorando e negando una verità fondamentale del socialismo già enunciata nel Mani- festo comunista , e cioè che gli operai non hanno patria; attenendosi ad un punto di vista sentimentale piccolo-borghese nella lotta contro il militarismo, invece di riconoscere la necessità della guerra rivoluzio- naria dei proletari di tutti i paesi contro la borghesia di tutti i paesi; trasformando la necessaria utilizzazione del parlamentarismo borghese e della legalità borghese nel feticismo per questa legalità e dimenticando robbligatorietà delle forme illegali di agitazione e di organizzazione nei 24 LENIN periodi di crisi. Il « complemento » naturale dell'opportunismo — com- plemento che è anch'esso borghese e ostile al punto di vista proletario, cioè marxista ■ — è la corrente anarco-sindacalista che si è creata una fama non meno disonorante ripetendo con sussiego le parole d’ordine scioviniste durante la crisi attuale. Oggi non si possono adempiere i compiti del socialismo, non si può costituire un'effettiva unione internazionale dei lavoratori senza rom- pere decisamente con l'opportunismo e senza chiarire bene alle masse l'inevitabilità del fallimento di esso. Il compito della socialdemocrazia di ogni paese dev'essere prima di tutto la lotta contro lo sciovinismo nel proprio paese. In Russia, tutto il liberalismo borghese («cadetti» 13 e una parte dei populisti 14 ) in- clusi i socialisti-rivoluzionari 15 e i socialdemocratici di destra, sono ca- duti nello sciovinismo. (Particolarmente dev'essere denunciata l'attività sciovinista di uomini come E. Smirnov, P. Maslov e G. Plekhanov, attività sulla quale si è gettata, sfruttandola largamente, la stampa « pa- triottica » borghese.) Nella situazione attuale non si può stabilire, dal punto di vista del proletariato internazionale, la disfatta di quale dei due gruppi di na- zioni belligeranti sarebbe di minor danno per il socialismo. Ma per noi socialdemocratici russi non vi può esser dubbio che, dal punto di vista della classe operaia e delle masse lavoratrici di tutti i popoli della Rus- sia, il minor male sarebbe la sconfitta della monarchia zarista, del piu barbaro e reazionario dei governi, del governo che opprime il maggior numero di nazioni e la massa più grande della popolazione in Europa e in Asia. L'immediata parola d'ordiné politica dei socialdemocratici europei dev'essere la formazione degli Stati uniti repubblicani d’Europa; ma, a differenza della borghesia, la quale è sempre pronta a « promettere » tutto ciò che si vuole pur di trascinare il proletariato nella corrente generale dello sciovinismo, i socialdemocratici spiegheranno quanto sia assurda e menzognera questa parola d'ordine senza l'abbattimento rivo- luzionario delle monarchie tedesca, austriaca e russa. In Russia, data la grande arretratezza di questo paese, che non ha ancora portato a termine la sua rivoluzione borghese, i compiti dei so- cialdemocratici devono, come prima, consistere nelle tre condizioni fon- damentali di una trasformazione democratica conseguente; la repubblica LA GUERRA E LA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 25 democratica (con piena eguaglianza di diritti e autodecisione di tutte le nazioni), la confisca delle terre dei grandi proprietari e la gior- nata lavorativa di otto ore. Ma in tutti i paesi piu progrediti, la guerra rende attuale la parola d’ordine della rivoluzione socialista, la quale di- viene tanto più urgente quanto più il peso della guerra grava sulle spalle del proletariato e quanto più attiva sarà necessariamente la funzione del proletariato nella ricostruzione dell’Europa, dopo gli orrori della mo- derna barbarie « patriottica », nel quadro dei giganteschi progressi tec- nici del grande capitale. La borghesia ha fatto ricorso alle leggi dello stato di guerra per chiudere completamente la bocca al proletariato, e ciò pone assolutamente davanti a quest’ultimo il compito imprescindi- bile di creare forme illegali di agitazione e di organizzazione. Gli op- portunisti, a prezzo del tradimento dei loro principi, « proteggano » pure le loro organizzazioni legali. I socialdemocratici rivoluzionari ap- profittano dell’esperienza organizzativa e dei collegamenti della classe operaia per creare forme illegali di lotta per il socialismo, adatte al pe- riodo della crisi, e per unire le masse lavoratrici, non con la borghesia sciovinista del proprio paese, ma con gli operai di tutti i paesi. L’Inter- nazionale proletaria non è morta e non morirà. Le masse operaie, sor- montando tutti gli ostacoli, creeranno una nuova Internazionale. L’odier- no trionfo dellopportunismo non durerà a lungo. Quanto piu nume- rose saranno le vittime della guerra, tanto più palese sarà per le masse operaie il tradimento consumato ai loro danni dagli opportunisti, e tanto più evidente sarà la necessità di rivolgere le armi contro il governo e la borghesia di ogni paese. La trasformazione dell’attuale guerra imperialista in guerra civile è la sola giusta parola d’ordine proletaria additata dall’esperienza della Comune, formulata dalla risoluzione di Basilea (1912) e sgorgante da tutte le condizioni della guerra imperialista tra paesi borghesi altamente sviluppati. Per quanto grandi appaiano le difficoltà di questa trasfor- mazione in questo o quel momento, i socialisti, dall’istante in cui la guerra è divenuta un fatto, non desisteranno mai dal lavoro sistematico, perseverante, continuo per prepararla. Solo con questo mezzo il proletariato potrà liberarsi dal suo assog- gettamento alla borghesia sciovinista e, in una forma o nell’altra, più o meno rapidamente, compiere passi decisivi verso l’effettiva 'liberazione dei popoli e verso il socialismo. 26 LENIN Evviva la fratellanza internazionale degli operai contro lo sciovi- nismo e il patriottismo della borghesia di tutti i paesi! Evviva Tlnternazionale proletaria liberata. dairopportunismo! Il Comitato centrale del Partito operaio socialdemocratico russo LA SITUAZIONE E I COMPITI DELLTNTERNAZIONALE SOCIALISTA La cosa più penosa nella crisi attuale è la vittoria del nazionalismo borghese, dello sciovinismo sulla maggioranza dei rappresentanti uffi- ciali del socialismo europeo. Non per niente i giornali borghesi di tutti i paesi ora si beffano di loro, ora li elogiano con condiscendenza. E non vi è compito più importante per chi voglia restare socialista, che quello di chiarire le cause della crisi socialista e di analizzare i compiti deh lTnternazionale. Ce gente che ha paura di riconoscere questa verità, e cioè che la crisi, o più esattamente il fallimento della II Internazionale, è il falli- mento deiropportunismo. Essa si richiama, per esempio, allunanimità dei socialisti francesi, al preteso completo spostamento delle vecchie frazioni del socialismo sulla questione dell’atteggiamento verso la guerra, Ma questi riferimenti sono inesatti. La difesa della collaborazione delle classi, il ripudio dell’idea della rivoluzione socialista e dei metodi rivoluzionari di lotta, l’adattamento al nazionalismo borghese, il dimenticare il carattere storicamente tran- sitorio delle frontiere di una nazionalità o della patria, la trasformazione in feticcio della legalità borghese, la rinunzia al punto di vista di classe e alla lotta di -classe per paura di allontanare da sé le «; larghe masse della popolazione » (leggi: piccola borghesia): queste sono, indubbia- mente, le basi ideologiche dell opportunismo, Proprio su questo terreno è cresciuto l’attuale orientamento sciovinista, patriottico della maggior parte dei dirigenti della II Internazionale. La prevalenza di fatto, fra di loro, degli opportunisti è stata rilevata da tempo dalle più diverse parti, da diversi osservatori. La guerra ha soltanto rivelato con parti- colare rapidità e nettezza le reali proporzioni di questa prevalenza, Non 28 LENIN può sorprendere che una crisi cosi straordinariamente acuta abbia pro- vocato una serie di nuovi schieramenti nelle vecchie frazioni. Ma in generale questi nuovi schieramenti riguardano solo gli individui. Le tendenze in sena al socialismo sono rimaste quelle di prima. Non c’è piena unanimità fra i socialisti francesi. Lo stesso Vaillant, che segue la linea sciovinista insieme con Guesde, Plekhanov, Hervé, ecc. deve riconoscere che riceve lettere da socialisti francesi i quali protestano dicendo che la guerra è una guerra imperialista e che la bor- ghesia francese ne è responsabile non meno delle altre. Non bisogna dimenticare che queste voci sono soffocate non solo dall’opportunismo trionfante, ma anche dalla censura militare. Fra gli inglesi, il gruppo Hyndman (i socialdemocratici inglesi, il Partito socialista britannico) 16 è completamente caduto nello sciovinismo, come la maggioranza dei capi semiliberali delle Trade-Unions. Si oppongono allo sciovinismo MacDo- nald e Keir Hardie, del « Partito operaio indipendente » 17 opportunista. È veramente un’eccezione alla regola. Ma alcuni socialdemocratici rivo- luzionari, da molto tempo in lotta contro Hyndman, sono ora usciti dalle file del « Partito socialista britannico ». In Germania il quadro è chiaro: gli opportunisti hanno vinto, esultano, si trovano a loro agio. Il « centro », con Kautsky alla testa, è ruzzolato verso l’opportunismo e lo difende con sofismi particolarmente ipocriti, volgari e presuntuosi. Dalle file dei socialdemocratici rivoluzionari si fanno sentire le pro- teste di Mehring, di Pannekoek, di K. Liebknecht, di molte voci ano- nime in Germania e nella Svizzera tedesca. Anche in Italia i raggrup- pamenti sono chiari: gli ultraopportunisti, Bissolati e soci, sono per la « patria », per Guesde, Vaillant, Plekhanov, Hervé. I socialdemocratici rivoluzionari (« partito socialista »), con V Avanti! alla testa, lottano, con l’appoggio della stragrande maggioranza degli operai più progrediti, con- tro lo sciovinismo, e denunciano gli interessi borghesi celati sotto gli appelli alla guerra 1B . In Russia gli ultraopportunisti del campo dei li- quidatori hanno già fatto sentire la loro voce nelle conferenze e nella stampa per difendere Io sciovinismo. P. Maslov ed E. Smirnov difen- dono lo zarismo col pretesto di difendere la patria (la Germania, vedete un po’, minaccia di imporre « a noi », « con la forza della spada », dei trattati commerciali, mentre lo zarismo, certo non ha soffocato e non Soffoca, con la forza della spada, della frusta e della forca, la vita eco- nomica, politica e nazionale dei nove decimi della popolazione della Russia!), e giustificano l’entrata dei socialisti nei ministeri reazionari 29 SITUAZIONE E COMPITI DELL’iNTERNAZIONÀLE borghesi e il Voto a favore dei crediti di guerra oggi, a favore di nuovi armamenti domani!! Plekhanov, che copre di francofilia il suo sciovi- nismo russo, e Alexinski sono ruzzolati anche loro nel nazionalismo. Martov, giudicando dal Golos di Parigi, ha l’atteggiamento piu corretto in questa compagnia, dato che combatte e lo sciovinismo tedesco e quello francese e si leva sia contro il Vorivàrts che contro il signor Hyndman, e contro Maslov, ma ha paura, di dichiarare decisamente guerra airopportunismò internazionale e al suo « più influente » difen- sóre, il « centro » della socialdemocrazia tedesca. I tentativi di presen- tare il volontariato come l’attuazione dei compiti socialisti (cfr. la di- chiarazione del gruppo dei volontari russi a Parigi, socialdemocratici e socialisti-rivoluzionàri, come pure dei socialdemocratici polacchi, di Le- der ecc.) hanno trovato un difensore solo in Plekhanov. La maggior parte della sezione parigina del nostro partito ha condannato questi tentativi. I lettori possono vedere la posizione del CC del nostro partito daU'arti- colò di fondo di questo numero. Per quanto riguarda la stòria della for- ,mulàzione delle opinioni del nostro partito, dobbiamo, per evitare ma- lintesi, stabilirei seguenti fatti: un gruppo di membri del nostro partito, superando immense difficoltà per ristabilire i legami organizzativi spez- zati dalla guerra, ha inizialmente elaborato delle « tesi » e le ha fatte circolare fra i compagni dal 6 alP8 settembre (nuovo calendario). Poi, per tramite dei socialdemocratici svizzeri, le ha fatte avere a due mem- bri della Conferenza italo-svizzera di Lugano (27 settembre). Solo alla metà di ottobre si è riusciti a ristabilire legami e a formulare il punto di vista del Comitato centrale del partito. L'articolo di fondo di questo numero è la stesura definitiva delle « tesi ». Questa è, in breve, la situazione nella socialdemocrazia europea e russa. Il fallimento dell’Internazionale è evidente. La polemica di stampa fra socialisti francesi e tedeschi lo ha dimostrato definitivamente. Lo hanno riconosciuto non solo i socialdemocratici di sinistra (Mehring e la Bremer Butger-Zeitung ), ma anche gli organi moderati svizzeri (il Volksrecht). I tentativi di Kautsky di nascondere questo fallimento non sono che una vile scappatoia. E questa fallimento è precisamente il fal- limento dell’opportunismo, che si è rivelato prigioniero della borghesia. La posizione della borghesia è chiara. Non meno chiaro è che gli opportunisti ripetono ciecamente i suoi argomenti. A quanto è detto nell’articolo di fondo si potrebbe forse ancora aggiungere la semplice menzione dei discorsi dileggiatori della Neue Zeit } secondo la quale 30 LENIN Tinternazionalismo sta proprio nel fatto che gli operai di un paese spa- rino contro gli operai di un altro in nome della difesa della patria! La questione della patria, risponderemo agli opportunisti, non si può porre ignorando il carattere storico concreto della guerra attuale. È una guerra imperialistica, cioè una guerra dell’epoca del capitalismo sviluppatosi al massimo grado, dell’epoca della fine del capitalismo. La classe operaia deve inizialmente « costituirsi in nazione », dice il Mani- festo comunista , indicando cosi in quali limiti e a quali condizioni noi riconosciamo la nazionalità e la patria come forme necessarie del regime borghese e, di conseguenza, della patria borghese. Gli opportunisti tra- visano questa verità trasferendo ciò che è giusto per l’epoca del capi- talismo nascente all’epoca della fine del capitalismo. E a proposito di quest’epoca, dei compiti del proletariato nella lotta per l’abolizione non del feudalesimo, ma del capitalismo, il Manifesto comunista dice con chiarezza e precisione: « Gli operai non hanno patria ». Si capisce per- ché gli opportunisti abbiano paura di riconoscere questa verità del so- cialismo, abbiano perfino paura, nella maggior parte dei casi, di affron- tarla apertamente. Il movimento socialista non può vincere nei vecchi limiti della patria. Esso crea nuove forme superiori di convivenza umana, nelle quali le esigenze legittime e le aspirazioni progressive delle masse lavoratrici di ogni nazionalità saranno per la prima volta soddisfatte nell’unità internazionale, a condizione che vengano abolite le attuali fron- tiere nazionali. Ai tentativi della borghesia contemporanea di dividere e disunire gli operai richiamandosi ipocritamente alla « difesa della pa- tria », gli operai coscienti risponderanno con nuovi e ripetuti sforzi per stabilire l’unità degli operai delle diverse nazioni nella lotta per abbat- tere il dominio della borghesia di tutte le nazioni. La borghesia inganna le masse mascherando la rapina imperialista con la vecchia ideologia della « guerra nazionale ». Il proletariato sma- schera questo inganno proclamando la parola d’ordine della trasforma- zione della guerra imperialista in guerra civile. Proprio questa parola d’ordine è stata proposta dalle risoluzioni di Stoccarda e di Basilea che prevedevano appunto non una guerra in generale, ma la guerra attuale, e non parlavano della « difesa della patria », ma del dovere di « affret- tare il crollo del capitalismo », di utilizzare a questo scopo la crisi susci- tata dalla guerra, parlavano dell’esempio della Comune. La Comune è stata la trasformazione di una guerra tra popoli in guerra civile, Tale trasformazione, certo, non è facile e non si può attuare « per SITUAZIONE E COMPITI DELL’INTERNAZIONALE 31 desiderio » di qualche partito. Ma essa corrisponde proprio alle condi- zioni obiettive del capitalismo in generale, e dell’epoca della fine del capitalismo in particolare. E in questa direzione, solo in questa dire- zione, deve essere orientato il lavoro dei socialisti. Non votare i cre- diti militari, non incoraggiare lo sciovinismo del « proprio » paese (e dei paesi alleati), combattere in primo luogo contro lo sciovinismo della « propria » borghesia, senza limitarsi alle forme legali di lotta quando sia sopraggiunta una crisi e la borghesia stessa abbia eliminato la lega- lità che aveva creato: ecco la linea d'azione che porta alla guerra civile e che condurrà ad essa in questo o quel momento dell’incendio di tutta l'Europa. La guerra non scoppia per caso, non è un « peccato », come pen- sano i preti cristiani (che predicano il patriottismo, l’umanitarismo e la pace non peggio degli opportunisti), ma una tappa inevitabile del capi- talismo, una forma della vita capitalistica , legittima come la pace. Ai nostri giorni k guerra è una guerra di popoli. Da questa verità non con- segue che si debba seguire la corrente « popolare » dello sciovinismo, ma consegue che le contraddizioni di classe che lacerano i popoli conti- nuano a esistere e si manifesteranno anche in tempo di guerra, anche in guerra, anche in forma militare. Il rifiuto di prestare servizio militare, lo sciopero contro k guerra, ecc., sono una pura sciocchezza, un sogno misero e vile di una lotta disarmata contro la borghesia armata, l’illu- sione di distruggere il capitalismo senza un’accanita guerra civile, o una serie di tali guerre. La propaganda della lotta di classe è un dovere del socialista anche nell’esercito; il lavoro volto a trasformare la guerra tra i popoli in guerra civile è l’unico lavoro socialista nell’epoca del con- flitto imperialista armato delle borghesie di tutti i paesi. Abbasso i pii voti sentimentali e sciocchi sulla « pace a tutti i costi »! Leviamo la bandiera della guerra civile! L’imperialismo ha messo in giuoco le sorti della civiltà europea: se non vi sarà una serie di rivoluzioni vittoriose, a questa guerra ne seguiranno presto altre; la favola dell’« ultima guer- ra » è una favola vana e dannosa, è un « mito » piccolo-borghese (se- condo la giusta espressione del Golos). Se non è oggi, sarà domani, se non durante questa guerra, dopo la guerra, se non in questa guerra, nella prossima, la bandiera proletaria della guerra civile raccoglierà in- torno a sé non solo centinaia di migliaia di operai coscienti, ma anche milioni di semiproletari e di piccoli borghesi ora ingannati dallo scio- vinismo, e che gli orrori della guerra non solo spaventano e abbrutiscono, 1ENIN 32 ma illuminano, istruiscono, destano, organizzano, temprano e preparano alla guerra contro la borghesia del « proprio » paese e dei paesi « al- trui ». La II Internazionale è morta, vinta dall’opportunismo. Abbasso l'opportunismo e viva la III Internazionale, epurata non solo dei « tran- sfughi» (come si augura il Golos ), ma anche dell'opportunismo. Nell'ultimo terzo del secolo XIX e all’inizio del XX la II Interna- zionale ha compiuto la sua parte di utile lavoro preparatorio, di orga- nizzazione delle masse proletarie nel lungo periodo « pacifico » della piu crudele schiavitù capitalistica e del più rapido progresso capitali- stico. Alla III Internazionale spetta il compito di organizzare le forze del proletariato per l’assalto rivoluzionario, contro i governi capitalistici, per la guerra civile contro la borghesia di tutti i paesi, per il potere politico, per la vittoria del socialismo! Sotsid-Dentokrat , n, 33, 1° novembre 1914» LETTERA AL «VORWÀRTS» E ALL’« ARBEITER-ZEITUNG » DI VIENNA Egregi compagni, giorni fa, a proposito di una conferenza che ho tenuto a Zurigo sulla guerra e il socialismo, il Vorwàrts ha pubblicato un trafiletto che ne dà un'idea assolutamente falsa. Il trafiletto dà Firn- pressione che mi sarei limitato a polemizzare contro lo zarismo. In ef- fetti, convinto che il dovere dei socialisti di ogni paese sia di condurre una lotta implacabile contro lo sciovinismo e il patriottismo del loro paese (e non solo di quello nemico), ho attaccato duramente lo zarismo e ho parlato a questo proposito della libertà dell’Ucraina. Ma il senso dei miei ragionamenti viene completamente travisato se si passa sotto silenzio il fatto che ho parlato del fallimento della II Internazionale, delPopportunismo e contro la posizione della socialdemocrazia tedesca e austriaca. I nove decimi della mia relazione di due ore sono stati dedicati a questa critica. Vi sarei assai grato se poteste pubblicare questa precisazione nei Vorwàrts (oppure...) 19 Saluti socialdemocratici... Scritta fra il 29 ottobre e T8 novembre <11 e 21 novembre) 1914. Pubblicata per la prima volta nella Miscellanea di Lenin, XIV, 1930. 2 — 2436 KARL MARX 20 ( Breve saggio biografico ed esposizione del marxismo) Scritto nel luglio-novembre 1914. Pubblicato per la prima volta nel Dizionario enciclopedico Granal y VII edizione, voi. 28, 1915. Firmato: V. Ilin. PREFAZIONE L'articolo su Karl Marx, che esce ora in opuscolo, è stato da me scritto (a quanto ricordo) nel 1913 per il Dizionario Granat. Alla fine dell'articolo vi era una nota bibliografica abbastanza estesa delle opere su Marx, soprattutto in lingua straniera. Essa è stata omessa nella presente edizione. Inoltre la redazione del dizionario aveva da parte sua soppresso, a causa della censura, la fine dell'articolo su Marx, dedi- cata all'esposizione della sua tattica rivoluzionaria. Purtroppo non ho la possibilità di ricostruire qui questa parte finale, perché la brutta copia è rimasta fra le mie carte a Cracovia o in Svizzera. Ricordo soltanto che in questa fine dellarticolo io riportavo, fra l'altro, quel passo della lettera di Marx a Engels del 16-IV-1856 in cui Marx scriveva: « In Germania tutto dipenderà dalla possibilità di far appoggiare la rivo- luzione proletaria da una specie di seconda edizione della guerra con- tadina. Allora le cose andranno bene ». È questo che non hanno capito dal 1903 i nostri menscevichi, che sono ora giunti al pieno tradimento del socialismo, al passaggio dalla parte della borghesia. N. Lenin Mosca, 14-V-1918 Pubblicato nellopuscolo: N. Lenin, Karl Marx , Edizione Priboi, Mosca, 1918, Karl Marx nacque a Treviri, nella Prussia renana, il 5 maggio 1818; suo padre era un avvocato israelita, convertito al protestantesimo nel 1824; la famiglia era agiata, colta, ma non rivoluzionaria. Finito il liceo a Treviri, Marx frequentò prima l’Università di Bonn, poi quella di Berlino, e studiò le scienze giuridiche, ma soprattutto la storia e la filosofia. Si laureò nel 1841 con una dissertazione sulla filosofia di Epicuro. In quel tempo Marx era ancora, per le sue opinioni, un idea- lista hegeliano; a Berlino aderiva al circolo degli « hegeliani di sinistra » (Bruno Bauer e altri), i quali cercavano di trarre conclusioni ateistiche e rivoluzionarie dalla filosofia di Hegel. Finita l’università, Marx si trasferì a Bonn, volendo dedicarsi al- Pinsegnamento; ma la politica reazionaria del governo — che nel 1832 aveva privato della cattedra Ludwig Feuerbach, nel 1836 aveva negato allo stesso Feuerbach di ritornare alPuniversità e nel 1841 aveva tolto al giovane professore Bruno Bauer il diritto di insegnare a Bonn — lo costrinse a rinunziare alla carriera accademica. Lo sviluppo delle opi- nioni della sinistra hegeliana procedette in quel tempo molto rapida- mente in Germania; Ludwig Feuerbach incominciò specialmente dal 1836, a criticare la teologia e a volgersi verso il materialismo, che nel 1841 prese in lui completamente il sopravvento {L'essenza del cristia- nesimo); nel 1843 usci Paltro libro di Feuerbach: I principi fonda- mentali della filosofia dell' avvenire. « Bisogna aver provato direttamente Fazione liberatrice di questo libro, — scrisse in seguito Engels rife- rendosi a queste opere di Feuerbach. — In un momento diventammo tutti [cioè gli hegeliani di sinistra, compreso Marx] feuerbachiani » Jl . I radicali borghesi della Renania, che avevano punti di contatto con gli hegeliani di sinistra, fondarono verso quel tempo a Colonia un 40 LENIN giornale d’opposizione, la Rbeinische Zeitung (che cominciò a uscire il 1° gennaio 1842). Marx e Bruno Bauer furono assunti come principali collaboratori e nell’ottobre 1842 Marx divenne redattore-capo del gior- nale e si trasferì da Bonn a Colonia. Sotto la sua direzione l’indirizzo democratico-rivoluzionario del giornale divenne sempre piu spiccato; il governo sottopose dapprima il giornale a due e a tre revisioni della censura e in seguito (1° gennaio 1843) decise di sopprimerlo del tutto. Marx dovette allora lasciarne la direzione, ma neppure la sua uscita valse a salvare il giornale, che fu definitivamente soppresso nel marzo 1843. Fra i piu importanti articoli di Marx nella Rbeinische Zeitung , oltre a quelli citati piu avanti (cfr. la Bibliografia ), Engels segnala quello sulla situazione dei contadini viticoltori della valle della Mosella. Il lavoro giornalistico aveva mostrato a Marx come egli conoscesse insuf- ficientemente l’economia politica, e si mise allora a studiarla assidua- mente. Nel 1843 Marx si sposò a Kreuznach con Jenny von Westphalen, sua amica d’infanzia, con la quale si era fidanzato ancora studente. Sua moglie apparteneva a una famiglia di nobili reazionari prussiani: il fra- tello maggiore di Jenny fu ministro degli affari interni della Prussia in uno dei periodi di maggiore reazione, negli anni 1830-1858. Nell’au- tunno del 1843 Marx si recò a Parigi per pubblicare all’estero una rivista radicale insieme ad Arnold Ruge (1802-1880; hegeliano di sinistra, in carcere dal 1825 al 1830; emigrato nel 1848; diventato bismarckiano dopo il 1866-1870). Di questa rivista, Deutsch-franzÒsische Jabrbiicher f usci solo il primo fascicolo; la pubblicazione fu sospesa per le difficoltà della diffusione clandestina in Germania e per i dissensi tra Marx e Ruge. Negli articoli pubblicati su questa rivista Marx parla già come un rivoluzionario, assertore di una « critica inesorabile di tutto ciò che esiste », e in particolare della « critica delle armi » 2J , come un rivolu- zionario che fa appello alle masse e al proletariato . Nel settembre del 1844 arrivò a Parigi per qualche giorno Frie- drich Engels, che divenne da allora l’amico piu intimo di Marx. En- trambi parteciparono col più grande ardore alla vita, allora fervidissima, dei gruppi rivoluzionari parigini (una particolare importanza aveva la dottrina di Proudhon, col quale Marx fece risolutamente i conti nel suo libro Miseria della filosofia 23 , del 1847), ed elaborarono, in aspra lotta contro le varie scuole del socialismo piccolo-borghese, la teoria e la tat- tica del socialismo proletario rivoluzionario o comuniSmo (marxismo). KARL MARX 41 Si vedano le opere di Marx di questo periodo (1844-1848), nella Bi- litografia. Nel 1845 Marx, in seguito alle pressioni del governo prus- siano, fu bandito da Parigi come rivoluzionario pericoloso e si trasferì a Bruxelles. Nella primavera del 1847 Marx ed Engels aderirono alla « Lega dei comunisti », associazione segreta di propaganda; ebbero una parte eminente nel II Congresso da essa tenuto a Londra nel novembre 1847 e per incarico del congresso scrissero il celebre Manifesto del par- tito comunista, pubblicato nel febbraio 1848. In quest’opera vengono delineate con chiarezza e vivacità geniali la nuova concezione del mondo, il materialismo conseguente, esteso al campo della vita sociale, la dia- lettica, come la piu completa e profonda dottrina dell’evoluzione, e la teoria della lotta di classe e della funzione storica rivoluzionaria del pro- letariato, creatore di una nuova società, della società comunista. Quando scoppiò la rivoluzione del febbraio 1848, Marx fu espulso dal Belgio. Egli si recò nuovamente a Parigi e di qui, dopo la rivolu- zione di marzo, in Germania, e precisamente a Colonia; ivi fu pubbli- cata, dal 1° giugno 1848 al 19 maggio 1849, la Nette Rbeiniscbe Zei - tung y di cui Marx fu il direttore. La nuova teoria venne brillantemente confermata nel corso degli avvenimenti rivoluzionari degli anni 1848- 1849, come fu confermata in seguito da tutti i movimenti proletari e democratici di tutti i paesi del mondo. La controrivoluzione vittoriosa dapprima rinviò Marx a giudizio (fu assolto il 9 febbraio 1849), poi Io bandì dalla Germania (16 maggio 1849). Marx si recò prima a Parigi, ma, essendone stato nuovamente espulso dopo la dimostrazione del 13 giugno 1849, si trasferì a Londra dove abitò fino alla sua morte. Le condizioni della sua vita di emigrato, messe in luce specialmente dal suo carteggio con Engels (pubblicato nel 1913) 2 \ furono estrema- mente difficili. Il bisogno soffocava addirittura Marx e la sua famiglia; e se non fosse stato per l’aiuto finanziario costante e pieno di abnega- zione di Engels, Marx non solo non avrebbe potuto finire il Capitale , ma sarebbe anche senza dubbio perito sotto il peso della miseria. Inoltre le scuole e tendenze del socialismo piccolo-borghese e in generale non proletario allora predominanti costrinsero Marx a condurre una lotta incessante, senza quartiere, e talora a respingere gli attacchi personali piu selvaggi e fanatici ( Herr Vogt). Appartatosi dai circoli degli emi- grati, Marx elaborò, in una serie di lavori storici (cfr. la Bibliografia), la sua teoria materialistica, consacrando le sue forze soprattutto allo studio deireconomia politica, scienza ch’egli ha rivoluzionato (si veda 42 LENIN piu oltre La dottrina di Marx ) nelle sue opere Per la crìtica dell'econo- mia politica 26 (1859) e 11 Capitale 26 (voi. I, 1867). La ripresa dei movimenti democratici, alla fine degli anni cinquanta e negli anni sessanta, richiamò nuovamente Marx all'attività pratica. II 28 settembre 1864 fu fondata a Londra la celebre I Internazionale, o « Associazione internazionale degli operai ». Marx fu l’anima di essa, fu l’autore del suo primo Indirizzo 27 e di una grande quantità di risolu- zioni, dichiarazioni, manifesti. Unificando il movimento operaio dei di- versi paesi, cercando di convogliare in una sola corrente di attività co- mune le diverse forme di socialismo non proletario, premarxista (Maz- zini, Proudhon, Bakunin, il tradunionismo liberale inglese, gli sposta- menti a destra di Lassalle in Germania, ecc.), lottando contro le teorie di tutte queste sètte e scuole, Marx elaborò una tattica unica per la lotta proletaria della classe operaia nei diversi paesi. Dopo la caduta della Comune di Parigi (1871), che fu giudicata da Marx rivoluziona- riamente e in modo cosi profondo, cosi giusto, cosi brillante e cosi at- tivo (La guerra civile in Francia nel 1871) 28 , e dopo la scissione dell’In- ternazionale provocata dai bakunisti, l’esistenza dell’Intemazionale in Europa divenne impossibile. Dopo il Congresso dell’Internazionale al- l’Aia ( 1872) Marx fece trasportare il Consiglio generale a New York. La I Internazionale aveva finito il suo compito storico e cedette il posto a un periodo nel quale lo sviluppo del movimento operaio in tutti i paesi del mondo fu incomparabilmente piu potente, al periodo, cioè, del suo sviluppo in estensione , della creazione di partiti operai socialisti di massa sulla base dei singoli Stati nazionali. L’intenso lavoro dell’Internazionale, e ancor più l’intensa attività teorica, avevano definitivamente rovinato la salute di Marx. Egli conti- nuò la rielaborazione dell’economia politica e lavorò attorno alla conclu- sione del Capitale , raccogliendo una massa di nuovi materiali e studiando parecchie lingue (per esempio il russo); ma la malattia non gli concesse di condurre a termine il Capitale. Il 2 dicembre 1881 moriva sua moglie; il 14 marzo 1883 Marx si addormentava per sempre placidamente sulla sua poltrona. Fu seppellito assieme alla moglie nel cimitero di Highgate a Londra. Dei figli di Marx, alcuni morirono bambini a Londra, quando la famiglia viveva nella più profonda miseria. Le sue tre figlie sposarono dei socialisti inglesi e francesi: Eleonora Eveling, Laura Lafargue e Jenny Longuet; il figlio di quest’ultima è membro del Partito socialista francese. KARL MARX 43 LA DOTTRINA DI KARL MARX Il marxismo è il sistema delle concezioni e della dottrina di Marx. Marx è stato colui che hai continuato e ha genialmente perfezionato le tre più importanti correnti d’idee del secolo XIX, proprie dei tre paesi più progrediti dell’umanità: la filosofia classica tedesca, l’economia poli- tica inglese e il socialismo francese, in rapporto con le dottrine rivolu- zionarie francesi in generale. Anche gli avversari riconoscono la mera- vigliosa coerenza e organicità delle concezioni di Marx che costitui- scono nel loro assieme il materialismo moderno e il moderno socialismo scientifico, teoria e programma del movimento operaio di tutti i paesi del mondo civile. È perciò necessario far precedere l’esposizione del con- tenuto principale del marxismo — la dottrina economica — da un breve saggio sulla sua concezione del mondo in generale. Il materialismo filosofico A partire dagli anni 1844-1845, cioè fin da quando si vennero for- mando le sue concezioni, Marx fu un materialista, e più particolarmente un seguace di Ludwig Feuerbach, del quale, anche in seguito, vide i lati deboli esclusivamente nel fatto che il suo materialismo non era n« abbastanza conseguente né abbastanza completo. L’importanza storica universale di Feuerbach, che « faceva epoca », fu vista da Marx preci- samente nel distacco deciso dall’idealismo di Hegel e nella proclama- zione del materialismo, il quale, già « nel XVIII secolo, e specialmente il materialismo francese, non fu solo una lotta contro le istituzioni poli- tiche vigenti, ad esempio la religione e la teologia dell’epoca, ma, nella stessa misura... contro ogni metafisica , intesa nel senso di speculazione briaca in opposizione alla filosofia sobria » {La sacra famìglia nella Ere- dità letteraria). « Per Hegel — ha scritto Marx — il processo del pen- siero, che egli, sotto il nome di Idea, trasforma addirittura in soggetto indipendente è il demiurgo » (il creatore) « del reale... Per me, viceversa, l’elemento ideale non è altro che l’elemento materiale trasferito e tra- dotto nel cervello degli uomini'» (Poscritto alla II edizione tedesca del I volume del Capitale .) 29 . In piena conformità con questa filosofia ma- terialistica di Marx e facendone l’esposizione, Friedrich Engels scrive nell 'Antiduhrìng (cfr.), opera di cui Marx aveva- preso visione quando essa era ancora in manoscritto: « ...L’unità del mondo non consiste nel 44 LENIN suo essere... L'unità reale del mondo consiste nella sua materialità, e questa è dimostrata... da uno sviluppo lungo e laborioso della filosofia e delle scienze naturali » 30 ... « Il movimento è il modo di esistere della materia . Mai e in nessun luogo c’è stata e mai può esserci materia senza movimento » * l ... « movimento senza materia... » 32 « Ma se ci si chiede... che cosa siano allora il pensiero e la coscienza, e da dove essi traggano origine, si trova che essi sono prodotti del cervello umano e che l’uomo stesso è un prodotto della natura che si è sviluppato col e nel suo am- biente; da ciò si intende allora senz’altro che i prodotti del cervello umano, i quali in ultima analisi sono anch’essi prodotti naturali, non contraddicono il restante nesso della natura, ma invece vi corrispon- dono. » 33 « Hegel era un idealista, cioè per lui i pensieri della sua testa non erano le immagini riflesse » ( Abbilder , immagini riflesse; talvolta Engels parla di « riproduzioni ») « piu o meno astratte delle cose e dei fenomeni reali; ma, al contrario, le cose e il loro sviluppo erano per Hegel immagini riflesse delle “idee” esistenti già prima del mondo in qualche luogo » 3 \ Nella sua opera Ludwig Feuerbach — dove Friedrich Engels espone le opinioni sue e di Marx sulla filosofia di Feuerbach e che Fautore mandò alle stampe solo dopo aver riletto un vecchio mano- scritto suo e di Marx degli anni 1844-1845 su Hegel, Feuerbach e l’in- terpretazione materialistica della storia - Engels scriye: « Il grande pro- blema fondamentale di tutta la filosofia, e specialmente della filosofia moderna, è quello del rapporto del pensiero coll’essere... dello spirito colla natura... il problema di sapere se l’elemento primordiale è lo spirito o la natura... I filosofi si sono divisi in due grandi campi secondo il mo- do come rispondevano a tale quesito. I filosofi che affermavano la prio- rità dello spirito rispetto alla natura e quindi ammettevano in ultima istanza la creazione del mondo di un genere qualsiasi... formavano il cam- po dell’idealismo. Quelli che affermavano la priorità della natura apparte- nevano alla diverse scuole del materialismo » 35 . Qualsiasi altro uso dei concetti (filosofici) di idealismo e materialismo conduce soltanto alla con- fusione. Marx respinse decisamente non solo l’idealismo, che è sempre le- gato in qualche modo alla regione, ma anche le opinioni, oggi particolar- mente diffuse, di Hume e di Kant, l’agnosticismo, il criticismo, il positivi- smo di varie specie, considerando tali filosofie come « reazionarie », come concessioni all’idealismo, e, nel migliore dei casi, « un modo vergognoso di accettare il materialismo sottomano, pur rinnegandolo pubblicamen- te ». Si veda a questo proposito, oltre alle opere citate di Engels e KARL MARX 45 Marx, la lettera di quest’ultimo al primo in data 12 dicembre 1866, nella quale Marx, pur osservando che l’esposizione del noto naturalista T. Huxley e il suo riconoscimento che, « in quanto noi osserviamo e pensiamo realmente, non possiamo mai uscire dal campo del materiali- smo », sono «piu materialistici» del solito, lo rimprovera per aver lasciato aperte delle « fessure » all’agnosticismo e alle concezioni di Hume 36 . Occorre ricordare particolarmente la posizione di Marx circa i rapporti tra libertà e necessità: « La necessità è cieca fino a quando non se n’è presa coscienza. La libertà è la coscienza della necessità » (Engels, Antiduhrìng ), cioè il riconoscimento della oggettività delle leggi della natura e della trasformazione dialettica della necessità in libertà (e cosi pure della trasformazione dell’ignorata, ma conoscibile « cosa in sé » in « cosa per noi », dell’« essenza delle cose » in « fenomeno »). Marx ed Engels consideravano come difetto principale del « vecchio » materialismo, compreso quello di Feuerbach (e tanto piu del materiali- smo « volgare » di Biichner, Vogt, Moleschott): 1) il fatto che questo materialismo era « prevalentemente meccanico », giacché non prendeva in considerazione il moderno sviluppo della chimica e della biologia (ai nostri giorni bisognerebbe aggiungere ancora: della teoria elettrica della materia); 2) il fatto che il vecchio materialismo non era storico,* non era dialettico (era metafisico, cioè antidialettico), non applicava coerente- mente e completamente la dottrina dell’evoluzione; 3) il fatto che esso concepiva l’« essenza dell’uomo » in modo astratto e non come l’« in- sieme » di « tutti i rapporti sociali » (concretamente e storicamente de- terminati), e perciò si limitava a « spiegare » il mondo, mentre si tratta di « mutarlo »; esso cioè non comprendeva l’importanza dell’« attività rivoluzionaria pratica ». La dialettica Marx ed Engels consideravano la dialettica hegeliana come la piu completa, la piu profonda e la piu ricca dottrina dell’evoluzione, come la piu grande conquista della filosofia classica tedesca. Tutte le altre for- mulazioni del principio dello sviluppo, dell’evoluzione, essi le ritene- vano unilaterali, povere di contenuto, tali da deformare e mutilare il reale processo di sviluppo (spesso contrassegnato da salti, catastrofi, ri- voluzioni) nella natura e nella società. « Marx ed io siamo stati presso a poco i soli a salvare dalla filosofia idealistica tedesca » (dalla rovina 46 LENIN dell’idealismo, quello hegeliano compreso) « la dialettica cosciente e a trasferirla nella concezione materialistica della natura e della storia. » 37 « La natura è il banco di prova della dialettica e noi dobbiamo dire a lode delle moderne scienze naturali che esse hanno fornito a questo banco di prova un materiale estremamente ricco » (e questo è stato scritto prima della scoperta del radio, degli elettroni, della trasforma- zione degli elementi ecc.!) « che va accumulandosi giornalmente e che di conseguenza esse hanno dimostrato che, in ultima analisi, la natura procede dialetticamente e non metafisicamente. » 39 « La grande idea fondamentale — scrive Engels — che il mondo non deve essere concepito come un complesso di cose compiute, ma come un complesso di processi , in cui le cose in apparenza stabili, non meno dei loro riflessi intellettuali nella nostra testa, i concetti, attraversano un ininterrotto processo di origine e di decadenza... questa grande idea fondamentale è entrata cosi largamente, specie dopo Hegel, nella co- scienza comune, che in questa sua forma generale non trova quasi più contraddittori. Ma riconoscerla a parole, e applicarla concretamente nella realtà, in ogni campo che è oggetto di indagine, sono due cose di- verse. » 30 « Per la filosofia dialettica non vi è nulla di definitivo, di assoluto, di sacro; di tutte le cose e in tutte le cose essa mostra la caducità e null’altro esiste per essa all’infuori del processo ininterrotto del dive- nire e del perire, del? ascensione senza fine dal più basso al più alto, di cui essa stessa non è che il riflesso nel cervello pensante. » 40 Dunque, la dialettica è, secondo Marx, « la scienza delle leggi generali del movi- mento, cosi del mondo esterno come del pensiero umano ». Marx accolse e sviluppò questa parte rivoluzionaria della filosofia di Hegel. Il materialismo dialettico « non ha più bisogno di nessuna filosofia che stia al di sopra delle altre scienze » 41 . Della precedente filosofia rimane « la dottrina del pensiero e delle sue leggi, cioè la lo- gica formale e la dialettica » 42 . E la dialettica, nella concezione di Marx, e anche in quella di Hegel, contiene in sé quella che oggi chiamiamo teoria della conoscenza o gnoseologia, la quale pure deve considerare il proprio oggetto storicamente, studiando e generalizzando l’origine e lo sviluppo della conoscenza, il passaggio dalla tfow-conoscenza alla conoscenza. Ai giorni nostri ridea di sviluppo, di evoluzione, è entrata quasi generalmente nella coscienza sociale, ma non per tramite della filosofia KARL MARX 47 di Hegel, bensì per altre vie. Tuttavia quest’idea, come l’hanno for- mulata Marx ed Engels basandosi su Hegel, è molto più completa e ricca di contenuto dell’idea corrente di evoluzione. Uno sviluppo che sembra ripercorrere le fasi già percorse, ma le ripercorre in modo di- verso, a un livello più elevato {« negazione della negazione »); uno svi- luppo, per cosi dire, non rettilineo ma a spirale; uno sviluppo a salti, catastrofico, rivoluzionario; « l’interruzione della gradualità »; la trasfor- mazione della quantità in qualità; gli impulsi interni dello sviluppo, generati dalle contraddizioni, dagli urti tra le diverse forze e tendenze operanti sopra un dato corpo oppure entro i limiti di un dato fenomeno o nell’interno di una data società: l’interdipendenza e il legame più stret- to e indissolubile tra tutti i lati di ogni fenomeno (e la storia mette in lu- ce lati sempre nuovi), legame che genera un processo di movimento uni- co, universale, sottoposto a leggi: tali sono alcune caratteristiche della dialettica, dottrina dello sviluppo che è più ricca di contenuto delle dot- trine correnti. (Cfr. la lettera di Marx a Engels dell’8 gennaio 1868, nella quale sono derise le « tricotomie rigide » di Stein, che sarebbe assurdo confondere con la dialettica materialistica.) La concezione materialistica della storia Consapevole dell’ incoerenza, delPimperfezione, della unilateralità del vecchio materialismo, Marx si convinse della necessità di « mettere d’accordo la scienza della società con la base materialistica e di rico- struirla sopra di essa ». Se il materialismo in generale spiega la co- scienza con l’essere, e non viceversa, ciò vuol dire che, applicato alla vita sociale dell’umanità, il materialismo esige che si spieghi la coscienza sociale con l'essere sociale. « La tecnologia — scrive Marx (Il Capitale , voi. I) — svela il comportamento attivo dell’uomo verso la natura, l’immediato processo di produzione della sua vita, e con essi anche Pini- mediato processo di produzione dei suoi rapporti sociali vitali e delle idee dell’intelletto che ne scaturiscono » 43 . Una formulazione completa dei principi fondamentali del materialismo, esteso alla società umana e alla storia, è data da Marx nella sua prefazione all’opera Per la critica dell* economia politica con le parole seguenti: « Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, neces- sari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che cor- rispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze prò- 48 LENIN duttive materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il pròcesso sociale, politico e spi- rituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive mate- riali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espres- sione giuridica) dentro i quali tali forze per Tinnanzi si erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si conver- tono in loro catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapi- damente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgi- mento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giu- ridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideo- logiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. « Come non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se stesso, cosi non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esi- stente tra le forze produttive della società e i rapporti di produzione »... « A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e bor- ghese moderno, possono essere designati come epoche che marcano il progresso nella formazione economica della società. » 44 (Cfr. la breve formulazione di Marx nella lettera a Engels del 7 luglio 1866: « La no- stra teoria per cui V organizzazione del lavoro è determinata dai mezzi di produzione » 43 .) La scoperta della concezione materialistica della storia, o, più esat- tamente, l'applicazione coerente e l’estensione del materialismo al cam- po dei fenomeni sodali, eliminò i due prindpali difetti delle precedenti teorie storiche. In primo luogo queste, nel migliore dei casi, tenevano conto solo dei motivi ideologid dell'attività storica degli uo mini senza ricercare le cause che provocavano questi motivi, senza afferrare le leggi KARL MARX 49 oggettive dello sviluppo del sistema dei rapporti sociali, senza vedere che le radici di questi rapporti si trovano nel grado di sviluppo della produzione materiale. In secondo luogo, queste teorie trascuravano, per l’appunto, le azioni delle masse della popolazione, mentre il materiali- smo storico ha dato per primo la possibilità di indagare, con la preci- sione propria della storia naturale, le condizioni sociali della vita delle masse e i cambiamenti di queste condizioni. La « sociologia » e la sto- riografia premarxiste, nel migliore dei casi, davano un cumulo di fatti grezzi, frammentariamente raccolti, una esposizione di aspetti parziali del processo storico. Il marxismo ha aperto la via a uno studio univer- sale, completo, del processo di origine, di sviluppo e di decadenza delle formazioni economico-sociali, considerando Yinsieme di tutte le ten- denze contraddittorie, riconducendole alle condizioni esattamente deter- minabili di vita e di produzione delle varie classi della società, elimi- nando il soggettivo e l’arbitrario nella scelta di singole idee « direttive » o nella loro interpretazione, scoprendo nella condizione delle forze ma- teriali di produzione le radici di tutte le idee e di tutte le varie ten- denze senza eccezione alcuna. Gli uomini stessi creano la loro storia; ma da che cosa sono determinati i motivi degli uo min i, e precisamente delle masse umane? Da che cosa sono generati i conflitti delle idee e delle correnti antagonistiche? Qual è il nesso che unisce tutti questi conflitti di tutta la massa delle società umane? Quali sono le condi- zioni oggettive della produzione della vita materiale, che forma la base di tutta l’attività storica degli uomini? Qual è la legge di sviluppo di queste condizioni? A tutto ciò Marx volse la sua attenzione, e apri la via a uno studio scientifico della storia come processo unitario e sotto- posto a leggi, nonostante tutta la sua formidabile complessità e le sue contraddizioni. La lotta di classe Che in ogni determinata società le aspirazioni degli uni cozzino con le aspirazioni degli altri, che la vita sociale sia piena di contraddizioni, che la storia ci mostri la lotta dei popoli e delle società tra di loro e anche la lotta nel loro seno, che, oltre a ciò, la storia ci mostri un avvi- cendarsi di periodi di rivoluzione e di reazione, di pace e di guerre, di stagnazioni e di rapido progresso o decadenza, sono fatti universalmente noti. Il marxismo ha dato un filo conduttore, che permette di scoprire 50 LENIN una legge in questo labirinto e caos apparente: e precisamente la teoria della lotta di classe, Solo lo studio dell’assieme delle aspirazioni di tutti i membri di una determinata società, o di gruppi di società, permette di giungere a una determinazione scientifica del risultato di queste aspi- razioni.- E fonte delle aspirazioni contraddittorie sono la differente situa- zione e le diverse condizioni di vita delle classi nelle quali ogni società è divisa. « La storia di ogni società sinora esistita — scrive Marx nel Manifesto comunista (ed Engels aggiunge: ad eccezione della storia delle comunità primitive) — è storia di lotte di classe. Liberi e schiavi, pa- trizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressori e oppressi, stettero sempre in con- trasto fra di loro, sostennero una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese; una lotta che firn sempre o con una trasformazione rivo- luzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta... La moderna società borghese, sorta dalla rovina della società feudale, non ha eliminato i contrasti di classe. Essa ha soltanto posto nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta in luogo delle antiche. L’epoca nostra, lepoca della borghesia, si distingue tut- tavia perché ha semplificato i contrasti di classe. La società intera si va sempre più scindendo in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente opposte luna all’altra: borghesia e proletariato, » 4 ® Dal tempo della grande Rivoluzione francese, la storia europea ha posto in particolare evidenza, in tutta una serie di paesi, questo substrato reale degli avvenimenti: la lotta delle classi. E già durante la Restaurazione sorse in Francia un gruppo di storici (Thierry, Guizot, Mignet, Thiers) i quali, generalizzando gli avvenimenti, non poterono non vedere nella lotta delle classi la chiave della comprensione di tutta la storia di Fran- cia. Ma Tepoca più recente, l’epoca della vittoria completa della bor- ghesia, delle istituzioni rappresentative, di un largo (se non universale) diritto di voto, di una stampa quotidiana poco costosa e diffusa fra le masse, ecc., l’epoca dei potenti e sempre più vasti sindacati operai e sin- dacati di industriali ecc., ha mostrato con evidenza ancora maggiore (quantunque in forma tavolta molto unilaterale, « pacifica » e « costitu- zionale ») come la lotta delle classi sia il motore degli avvenimenti. Il seguente passo del Manifesto comunista di Marx ci mostra quali esi- genze di analisi oggettiva della situazione di ogni classe nella società contemporanea, in rapporto con l’analisi delle condizioni di sviluppo di ogni classe, Marx abbia posto alla scienza sociale: « Di tutte le classi KARL MARX 51 che oggi stanno di fronte alla borghesia, solo il proletariato è una classe veramente rivoluzionaria, Le altre classi decadono e periscono con la grande industria, mentre il proletariato ne è il prodotto più genuino. I ceti medi, il piccolo industriale, il piccolo negoziante, l’artigiano, il contadino, tutti costoro combattono la borghesia per salvare dalla rovina resistenza loro di ceti medi, Non sono dunque rivoluzionari, ma con- servatori. Ancor piu, essi sono reazionari, essi tentano di far girare al- l’indietro la ruota della storia. Se sono rivoluzionari, lo sono in vista della loro imminente caduta nelle condizioni del proletariato; cioè non difendono i loro interessi presenti, ma i loro interessi futuri, abbando- nano il loro proprio modo di vedere per adottare quello del proleta- riato » In una serie di lavori storici (cfr. la Bibliografia) Marx dette dei saggi brillanti e profondi di storiografia materialistica, di analisi della situazione di ogni singola classe, e talvolta di vari gruppi o strati che esistono in una classe, mostrando con molta chiarezza perché e co- me « ogni lotta di classe è una lotta politica ». Il passo da noi citato mostra quale intricato tessuto di rapporti sociali e di gradi transitori da una classe ad un’altra, dal passato all’avvenire, venga analizzato da Marx per calcolare i risultati dello sviluppo storico nel suo complesso. La teoria di Marx trova la conferma e l’applicazione più profonda, più universale e più particolareggiata nella sua dottrina economica. LA DOTTRINA ECONOMICA DI MARX « Fine ultimo al quale mira quest'opera — scrive Marx nella pre- fazione al Capitale — è di svelare la legge economica del movimento della società moderna » 118 ossia della società capitalistica, borghese. Lo studio dei rapporti di produzione di una società storicamente determinata, nella loro origine, nel loro sviluppo e nella loro decadenza: tale è il conte- nuto della dottrina economica di Marx. Nella società capitalistica do- mina la produzione delle merci : e perciò ranalisi fatta da Marx inco- mincia con Panatisi della merce. Il valore La merce è, in primo luogo, una cosa che soddisfa un qualsiasi bisogno dell’uomo; in secondo luogo, una cosa che si può scambiare 52 LENIN con un’altra. L’utilità di una cosa fa di essa un valore d'uso. Il valore di scambio (o semplicemente: valore) è, innanzitutto, il rapporto, la proporzione secondo la quale una certa quantità di valori d’uso di una specie viene scambiata con una certa quantità di valori d’uso di specie diversa. L’esperienza quotidiana ci dimostra che attraverso milioni e mi- liardi di tali scambi si stabiliscono continuamente dei rapporti di equi- valenza tra i valori d’uso più diversi e meno comparabili l’uno con l’altro. Che cosa hanno di comune queste cose diverse, continuamente trattate come equivalenti fra di loro in un determinato sistema di rap- porti sociali? Hanno questo in comune: che sono prodotti del lavoro. Scambiando dei prodotti, gli uomini stabiliscono dei rapporti di equi- valenza tra le più diverse specie di lavoro. La produzione delle merci è un sistema di rapporti sociali nel quale i singoli produttori creano pro- dotti di qualità diversa (divisione sociale del lavoro), e tutti questi pro- dotti sono fatti uguali l’uno all’altro mediante lo scambio. Per conse- guenza, quel che tutte le merci hanno di comune non è il lavoro con- creto di un determinato ramo della produzione, né il lavoro di una stessa specie, ma il lavoro umano astratto , il lavoro umano in generale. Tutta la forza-lavoro di una data società, rappresentata dalla somma del valore di tutte le merci, è una sola e stessa forza umana di* lavoro: miliardi di fatti di scambio lo dimostrano. E per conseguenza ogni sin- gola merce rappresenta soltanto una certa parte del tempo di lavoro socialmente necessario. La grandezza del valore è determinata dalla quan- tità di lavoro socialmente necessario, cioè dal tempo di lavoro social- mente necessario per la produzione di una data merce, di un dato valore d’uso. « Gli uomini equiparano l’un con l’altro i loro differenti lavori come lavoro umano, equiparando Vuno con l'altro , come valori , nello scambio, i loro prodotti eterogenei. Non sanno di far ciò, ma lo fan- no. » 49 II valore è un rapporto tra due persone, diceva un vecchio eco- nomista; avrebbe dovuto soltanto aggiungere: un rapporto dissimulato sotto un rivestimento di cose. Soltanto se ci si pone dal punto di vista dei rapporti sociali di produzione in una determinata formazione storica della società, e inoltre dei rapporti che si manifestano in uno scambio che si ripete miliardi di volte, si può comprendere che cos’è il valore. « Come valori, tutte le merci sono soltanto misure determinate di tempo di lavoro coagulato. » 50 Dopo avere analizzato particolareggiatamente il duplice carattere del lavoro incorporato nella merce, Marx passa all’ana- lisi delle forme del valore e all’analisi del denaro . Il compito principale KARL MARX 53 che qui Marx si assume è la ricerca dell’origine della forma monetaria del valore, lo studio del processo storico dello sviluppo dello scambio, cominciando dalle sue manifestazioni singole e occasionali (« forma sem- plice, singola, occasionale del valore »: una data quantità di merce che si scambia con una data quantità di un’altra merce) fino alla forma ge- nerale del valore, quando una serie di merci diverse si scambiano contro una determinata merce che rimane sempre la stessa, e fino alla forma monetaria del valore, in cui questa determinata merce, l’equivalente ge- nerale, è l’oro. Essendo il più alto prodotto dello sviluppo dello scambio e della produzione mercantile, il denaro nasconde e dissimula il carattere sociale dei lavori individuali, il legame sociale fra i produttori singoli, collegati dal mercato. Marx sottopone a un’analisi straordinariamente circostanziata le diverse funzioni del denaro; e anche qui (come in ge- nere nei primi capitoli del Capitale) è particolarmente importante notare inoltre che la forma di esposizione astratta e talvolta, in apparenza, puramente deduttiva, fornisce in realtà una documentazione immensa- mente ricca per la storia dello sviluppo dello scambio e della produzione mercantile. « Il denaro presuppone un certo livello dello scambio di merci. Le forme particolari del denaro, puro e semplice equivalente della merce, o mezzo di circolazione, o mezzo di pagamento, o tesoro e moneta mondiale, indicano di volta in volta, a secondo della diversa estensione e della relativa preponderanza dell’una o dell’altra funzione, gradi diversissimi del processo sociale di produzione » 51 ( il Capitale , voi. I). Il plusvalore A un certo grado di sviluppo della produzione mercantile, il de- naro si trasforma in capitale. La formula della circolazione delle merci era M (merce) — D (denaro) — M (merce), ossia: vendita di una merce per l’acquisto di un’altra. Al contrario, la formula generale del capitale è : D-M-D ossia: compra per la vendita (con profitto). Marx chiama plusvalore questo accrescimento del primitivo valore del denaro messo in circolazione. Il fatto di questo « aumento » del denaro nella circolazione capitalistica è noto a tutti. Precisamente questo « aumento » trasforma il denaro in capitale , che è un particolare rapporto sociale di produzione storicamente determinato. Il plusvalore non può scaturire dalla circolazione delle merci, perché questa conosce soltanto lo scambio 54 LENIN tra equivalenti; non può sorgere da un aumento dei prezzi perché i guadagni e le perdite reciproche del venditore e del compratore si compenserebbero, mentre qui si tratta appunto di fenomeni di massa, medi, sociali, e non di fenomeni individuali. Per ottenere il plusvalore « il possessore di denaro deve trovare sul mercato una merce il cui stesso /valore d’uso abbia la proprietà peculiare di essere fonte di va- lore »; una merce il cui processo d’uso sia, al tempo stesso, un pro- cesso di creazione di valore. Tale merce esiste. Essa è la forza-lavoro dell’uomo. Il suo uso è il lavoro, e il lavoro crea il valore. Il posses- sore di denaro compra la forza-lavoro al suo valore, valore che è deter- minato, come quello di qualsiasi altra merce, dal tempo di lavoro socialmente necessario per la sua produzione (vale a dire, dal costo del mantenimento deiroperaio e della sua famiglia). Avendo comprato la forza-lavoro, il possessore di denaro ha il diritto di consumarla, ossia di obbligarla a lavorare tutto il giorno, per esempio dodici ore. Ma in sei ore (tempo di lavoro « necessario ») l’operaio crea un prodotto che basta a coprire le spese del proprio mantenimento; mentre nelle sei ore rimanenti (tempo di lavoro « supplementare ») crea un prodotto « supplementare » non pagato dal capitalista, ossia il plusvalore. Perciò dal punto di vista del processo di produzione bisogna distinguere nel capitale due parti: il capitale costante, che viene impiegato per pro- curarsi i mezzi di produzione (macchine, strumenti di lavoro, materie prime, ecc.), e il cui valore (in una o più volte) passa, senza variare, nel prodotto finito; e il capitale variabile, che viene impiegato per pro- curarsi la forza-lavoro. Il valore di questa seconda parte del capitale non rimane invariato, ma aumenta durante il processo del lavoro, crean- do il plusvalore. Per esprimere il grado di sfruttamento della forza- lavoro da parte del capitale, bisogna dunque confrontare il plusvalore, non già con il capitale totale, ma soltanto con il capitale variabile. Il saggio del plusvalore, come Marx chiama questo rapporto, sarà, secondo il nostro esempio, di 6/6, ossia del 100 per cento. Premessa storica del sorgere del capitale, è, in primo luogo, l’ac- cumulazione di una determinata somma di denaro nelle mani di sin- gole persone, in un periodo in cui lo sviluppo della produzione mer- cantile in generale abbia già raggiunto un livello relativamente alto, e, in secondo luogo, l’esistenza di un operaio « libero » in due sensi, — li- bero da qualsiasi costrizione o limitazione nella vendita della forza-lavoro e libero perché privo di terra e di mezzi di produzione in generale, — KARL MARX 55 l’esistenza di un lavoratore privo di proprietà, di un « proletario », il quale non può esistere se non vendendo la propria forza-lavoro. L’aumento del plusvalore è possibile grazie a due metodi fonda- mentali: il prolungamento della giornata di lavoro («plusvalore asso- luto ») e la riduzione della giornata di lavoro necessaria (« plusvalore relativo »). Analizzando il primo metodo, Marx traccia un quadro grandioso delle lotte della classe operaia per la riduzione della giornata di lavoro, e dell’intervento del potere statale, prima per allungarla (secoli XIV-XVII) e poi per ridurla (legislazione di fabbrica nel secolo XIX). Dopo la pubblicazione del Capitale , la storia del movimento operaio di tutti i paesi civili del mondo ha fornito migliaia e migliaia di fatti nuovi che illustrano questo quadro. Analizzando la produzione del plusvalore relativo, Marx studia tre fasi storiche fondamentali nell’aumento della produttività del lavoro da parte del capitalismo: 1) cooperazione semplice; 2) divisione del lavoro e manifattura; 3) macchine e grande industria. Una conferma della profondità con la quale Marx ha messo in luce i tratti fondamen- tali e tipici dello sviluppo del capitalismo, è data tra l’altro dal fatto che l’indagine della cosiddetta produzione « artigiana » russa fornisce una ricchissima documentazione sulle prime due di queste tre fasi. E l'azione rivoluzionaria della grande industria meccanizzata, descritta da Marx nel 1867, è apparsa, nel corso del mezzo secolo trascorso da allora, in tutta una serie di paesi « nuovi » (Russia, Giappone e altri). Inoltre, straordinariamente importante e nuova è l’analisi fatta da Marx della accumulazione del capitale , ossia della trasformazione di parte del plusvalore in capitale, dell’impiego del plusvalore non già per i bisogni personali o per i capricci del capitalista, ma per una nuova produzione. Marx dimostrò l’errore di tutta la precedente economia politica classica (cominciando da Adam Smith) la quale supponeva che tutto il plusvalore, trasformandosi in capitale, passasse al capitale va- riabile. Esso si scompone in realtà in mezzi di produzione più il capitale variabile. Nel processo di sviluppo del capitalismo e della sua trasfor- mazione in socialismo, ha enorme importanza il fatto che la parte costi- tuita dal capitale costante (nella somma totale del capitale) aumenta più rapidamente della parte costituita dal capitale variabile, L'accumulazione del capitale, affrettando la eliminazione dell'ope- raio da parte della macchina, creando a un polo la ricchezza e al polo opposto la miseria, genera anche il cosiddetto « esercito del lavoro di 56 LENIN riserva », Y« eccedente relativo » di operai, ossia la « sovrappopolazione capitalistica », che assume forme straordinariamente varie, e che dà al capitale la possibilità di estendere la produzione con estrema rapidità. Questa possibilità, unita con il credito e con l’accumulazione del capi- tale sotto forma di mezzi di produzione, ci dà, fra Taltro, la chiave per comprendere le crisi di sovrapproduzione che sopravvengono pe- riodicamente nei paesi capitalistici, dapprincipio, in media, ogni dieci anni e, in seguito, a intervalli più lunghi e meno determinati. Bisogna distinguere l’accumulazione del capitale sulla base del capitalismo dalla cosiddetta accumulazione primitiva: dalla separazione violenta del lavo- ratore dai mezzi di produzione, dall’espulsione del contadino dalla terra, dal furto delle terre delle comunità, dal sistema coloniale, dai debiti statali, dal protezionismo doganale, ecc. L’« accumulazione pri- mitiva » crea a un polo il proletario « libero », e al polo opposto il proprietario del denaro, il capitalista. La « tendenza storica dell accumulazione capitalistica » è caratte- rizzata da Marx con le seguenti celebri parole: « L’espropriazione dei produttori immediati viene compiuta con il vandalismo più spietato e sotto la spinta delle passioni più infami, più sordide e meschinamente odiose. La proprietà privata acquistata col proprio lavoro (dal conta- dino e dall’artigiano ), fondata per cosi dire sull’unione intrinseca della singola e autonoma individualità lavoratrice e delle sue condizioni di lavoro , viene soppiantata dalla proprietà privata capitalistica che è fon- data sullo sfruttamento di lavoro che è sf lavoro altrui, ma, formal- mente, è libero... Ora, quello che deve essere espropriato non è più il lavoratore indipendente che lavora per sé, ma il capitalista che sfrutta molti operai. Questa espropriazione si compie attraverso il giuoco delle leggi immanenti della stessa produzione capitalistica , attraverso la cen- tralizzazione dei capitali . Ogni capitalista ne ammazza molti altri. Di pari passo con questa centralizzazione ossia con 1* espropriazione di molti capitalisti da parte di pochi , si sviluppano su scala sem- pre crescente la forma cooperativa del processo di lavoro, la consa- pevole applicazione tecnica della scienza, lo sfruttamento metodico della terra, la trasformazione dei mezzi di lavoro in mezzi di lavoro utilizza- bili solo collettivamente, l’economia di tutti i mezzi di produzione me- diante il loro uso come mezzi di produzione del lavoro sociale combi- nato, mentre tutti i popoli vengono via via intricati nella rete del mer- cato mondiale e cosi si sviluppa in misura sempre crescente il carattere KARL MARX 57 internazionale del regime capitalistico. Con la diminuzione costante del numero dei magnati del capitale che usurpano e monopolizzano tutti i vantaggi di questo processo di trasformazione, cresce la massa della miseria, della pressione, deirasservimento, della degenerazione, dello sfruttamento, ma cresce anche la ribellione della classe operaia che sempre piu s’ingrossa ed è disciplinata, unita e organizzata dallo stesso meccanismo del processo di produzione capitalistico. Il monopolio del capitale diventa un vincolo del modo di produzione , che è sbocciato in- sieme ad esso e sotto di esso. La centralizzazione dei mezzi di produ- zione e la socializzazione del lavoro raggiungono un punto in cui di- ventano incompatibili col loro involucro capitalistico. Ed esso viene spezzato. Suona V ultima ora della proprietà privata capitalistica. Gli espropriatoti vengono espropriati » 52 (Il Capitale , voi. I). Estremamente importante e nuova è inoltre Tanalisi che Marx fa, nel II volume del Capitale , della riproduzione del capitale sociale nel suo insieme. Anche qui Marx non considera un fenomeno indivi- duale, ma un fenomeno di massa; non una particella frazionaria dell’eco- nomia sociale, ma tutta questa economia nella sua totalità. Correg- gendo il sopraindicato errore dei classici, Marx divide tutta la pro- duzione sociale in due grandi sezioni: 1) produzione dei mezzi di pro- duzione e 2) produzione degli oggetti di consumo; e poi esamina minu- tamente, basandosi su esempi numerici, la circolazione di tutto il ca- pitale sociale nel suo complesso, tanto nella riproduzione semplice, che nell’accumulazione. Nel III volume del Capitale è risolto il problema della formazione del saggio medio di profitto in base alla legge del valore. Un grande progresso compiuto dalla scienza economica per merito di Marx consiste nel fatto che l’analisi viene condotta dal punto di vista dei fenomeni economici di massa, di tutto l’insieme delPeco- nomia sociale, e non dal punto di vista dei casi singoli o delle manife- stazioni esterne della concorrenza, a cui si limitano spesso l'economia politica volgare o la moderna « teoria dell’utilità marginale » . Marx comincia con l’analizzare l’origine del plusvalore, e soltanto in seguito esamina la sua scomposizione in profitto, interesse e rendita fondiaria. Il profitto è il rapporto tra il plusvalore e tutto il capitale impiegato in un’impresa. Il capitale a « struttura organica elevata » (in cui, cioè, il capitale costante supera il capitale variabile in misura superiore alla media sociale) dà un saggio di profitto inferiore alla media. Il capitale a « struttura organica bassa » dà un saggio di profitto superiore alla 58 LENIN media. La concorrenza fra i capitali, il loro libero passaggio da una branca all’altra riduranno in ambo i casi il saggio di profitto al saggio medio. La somma dei valori di tutte le merci di una determinata società coincide con La somma dei prezzi delle merci stesse, ma nelle singole imprese e nei singoli rami della produzione le merci, sotto la pressione della concorrenza, vengono vendute non al loro valore, ma secondo i prezzi di produzione , equivalenti al capitale impiegato piu il profitto medio. In tal modo, il fatto indiscutibile e generalmente noto del divario tra i prezzi e il valore, e della perequazione del profitto viene piena- mente spiegato da Marx sulla base della legge del valore, perché la somma dei valori di tutte le merci coincide con la somma dei prezzi. Ma la riduzione del valore (sociale) ai prezzi (individuali) non avviene semplicemente e direttamente, ma in modo molto complicato; poiché è ben naturale che in una società nella quale i produttori isolati di merci sono uniti l’uno all’ altro soltanto dal mercato^ le leggi non pos- sano manifestarsi se non come leggi medie, sociali, generali con devia- zioni individuali, in questa o queiraltra direzione, che si compensano reciprocamente. L’aumento della produttività del lavoro implica un piu rapido ac- crescimento del capitale costante rispetto al capitale variabile. Ma sic- come il plusvalore è in funzione del solo capitale variabile, si com- prende che il saggio del profitto (rapporto tra il plusvalore e tutto il capitale e non soltanto la sua parte variabile) abbia la tendenza a diminuire. Marx analizza minutamente questa tendenza e numerose cir- costanze che la mascherano o la ostacolano. Senza fermarci all’esposi- zione delle parti straordinariamente interessanti del III volume del Capitale consacrate al capitale usurario, commerciale e finanziario, pas- siamo alla parte più importante, alla teoria della rendita fondiaria. Il prezzo di produzione dei prodotti agricoli, a causa della limitatezza della superficie della terra che nei paesi capitalistici è interamente nelle mani di singoli proprietari, è determinato dai costi di produzione non in un terreno medio, ma nel terreno peggiore e non nelle condizioni medie, ma nelle peggiori condizioni di trasporto dei prodotti al mercato. La differenza tra questo prezzo e il prezzo di produzione nei terreni mi- gliori (o in migliori condizioni) costituisce la rendita differenziale . Ana- lizzandola minutamente, mostrandone la origine nella diversa fertilità dei diversi terreni, nelle differenti quantità di capitale investito nella KARL MARX 59 terra, Marx mise in piena luce (si vedano anche le Teorie sul plusvalore , in cui merita speciale attenzione la critica a Rodbertus) l'errore di Ri- cardo, il quale riteneva che la rendita differenziale provenisse soltanto dal passaggio progressivo da terreni migliori a terreni peggiori. Invece si producono anche passaggi in senso inverso; i terreni di una categoria si trasformano in terreni di un’altra categoria (grazie al progresso della tecnica agricola, allo sviluppo delle città, ecc.) e la famosa « legge della produttività decrescente del terreno » è un profondo errore che tende a scaricare sulla natura i difetti, la limitatezza e le contraddizioni del capitalismo. Inoltre, l’uguaglianza del profitto in tutti i rami dell’in- dustria e deireconomia nazionale in generale presuppone piena libertà di concorrenza, libertà per il capitale di trasferirsi da un ramo a un altro. Invece, la proprietà privata della terra crea il monopolio, che ostacola questa libertà. A causa di questo monopolio, i prodotti dell’agricoltura , la quale si distingue per una più bassa struttura del capitale e che, per conseguenza, dà un saggio di profitto individuale più elevato, non en- trano nel pieno e libero processo di livellamento del saggio del profitto; il proprietario della terra ottiene, in quanto monopolista, la possibilità di mantenere i prezzi al di sopra della media, e questo prezzo di mono- polio genera la rendita assoluta. La rendita differenziale non può es- sere soppressa in regime capitalistico; la rendita assoluta invece può essere soppressa, per esempio con la nazionalizzazione della terra, col passaggio della terra in proprietà dello Stato. Questo passaggio della terra allo Stato significherebbe la rovina del monopolio dei proprietari privati, una libertà di concorrenza più conseguente e più ampia per l’agricoltura. Ecco perché, osserva Marx, più di una volta, nella storia, i borghesi radicali hanno sostenuto questa rivendicazione borghese pro- gressiva della nazionalizzazione della terra, la quale spaventa però la maggioranza della borghesia, perché « tocca » troppo da vicino un altro monopolio, oggi particolarmente importante e « sensibile »: il mono- polio dei mezzi di produzione in generale. (Marx stesso ha esposto in forma mirabilmente popolare, concisa e chiara la sua teoria del profitto medio del capitale e della rendita fondiaria assoluta, nella lettera a Engels, in data 2 agosto 1862. Cfr. Carteggio , III volume, pp. 77-81. Cfr. anche la lettera del 9 agosto 1862, ivi, pp. 86-87 5a .) Per la storia della rendita fondiaria è inoltre importante ricordare l’analisi di Marx, che mostra la trasformazione della rendita in lavoro (quando il con- tadino crea un prodotto supplementare lavorando la terra del proprie- 60 LENIN tario) in rendita in prodotti o in natura (il contadino ricava dalla prò pria terra un prodotto supplementare, che dà al proprietario, in forma di una « costrizione extraeconomica » ) , quindi in rendita in denaro ( la stessa rendita in natura trasformata in denaro in seguito allo sviluppo della produzione mercantile: nella vecchia Russia Yobrok), e infine in rendita capitalisti ca, quando, in luogo del contadino, sorge ^imprendi- tore agricolo, che coltiva la terra con Paiuto di lavoro salariato. In rap- porto con questa analisi della « genesi della rendita fondiaria capitali- stica », devono essere segnalate una serie di acute osservazioni di Marx ( specialmente importanti per i paesi arretrati come la Russia) sulla evo- luzione del capitalismo nell* agricoltura. «c La trasformazione della ren- dita in natura in rendita in denaro non è soltanto necessariamente accom- pagnata, ma perfino preceduta, dalla formazione di una classe di gior- nalieri nullatenenti, che prestano la loro opera per denaro. Durante il periodo in cui questa classe si viene formando, quando essa appare an- cora soltanto sporadicamente, si sviluppa necessariamente presso i più agiati tra i contadini tributari di rendita la consuetudine di sfruttare gli operai agricoli per proprio conto, precisamente come nei tempi feu- dali i servi della gleba piu ricchi usavano impiegare servi per loro conto. Essi acquistano in tal modo gradualmente la possibilità di ac- cumulare un certo patrimonio e di trasformare se stessi in futuri capi- talisti. Fra i vecchi possessori del terreno, lavoranti in proprio, sorge cosi un vivaio di affittuari capitalisti, il cui sviluppo è condizionato dallo sviluppo generale della produzione capitalistica al di fuori della campagna vera e propria» 54 (Il Capitale , voi. Ili, parte II, p. 332)... « L'espropriazione e la cacciata d’una parte della popolazione rurale non solo mette a libera disposizione del capitale industriale , assieme agli operai , i loro mezzi di sussistenza... ma crea anche il mercato interno » 35 (Il Capitale , voi. I, parte II, p. 778) L'immiserimento e la rovina della popolazione rurale a sua volta ha la funzione di creare, per il capitale, l’ esercito di riserva del lavoro. In ogni paese capitalistico « una parte della popolazione rurale si trova quindi costantemente sul punto di passare fra il proletariato urbano o il proletariato delle mani- fatture [cioè non agricolo]... Questa fonte della sovrappopolazione rela- tiva fluisce dunque costantemente ... L'operaio agricolo viene perciò de- presso al minimo del salario e si trova sempre con un piede dentro la palude del pauperismo» 58 (Il Capitale , voi. I, parte II, p. 668). La proprietà privata del contadino sulla terra che egli stesso lavora è la KARL MARX 61 base della piccola produzione e la condizione del suo fiorire, del suo sviluppo sino alla sua forma classica. Ma questa piccola produzione è compatibile soltanto con un quadro ristretto e primitivo della produ- zione e della società. Nel regime capitalistico « lo sfruttamento dei con- tadini differisce dallo sfruttamento del proletariato industriale soltanto nella forma. Lo sfruttatore è il medesimo: il capitale . I singoli capita- listi sfruttano i contadini singoli coir ipoteca e coWusura, la classe capi- talista sfrutta la classe dei contadini coir imposta di Stato » 57 (Marx, Le lotte di classe in Francia). « Il piccolo appezzamento del contadino è soltanto il pretesto che permette al capitalista di cavare profitto, inte- resse e rendita dal terreno, lasciando airagricoltore la cura di vedere come può tirarne fuori il proprio salario» 50 {Il diciotto brumaio). Ordinariamente il contadino dà alla società capitalistica, vale a dire alla classe dei capitalisti, perfino parte del suo salario, cadendo sino « al livello del fittavolo irlandese , e tutto ciò sotto il pretesto di essere pro- prietario privato » 59 {Le lotte di classe in Francia ). In che cosa con- siste « una delle cause per cui il prezzo del grano è minore in paesi in cui predomina la proprietà parcellare che in paesi con un modo di produzione capitalistico »? {Il Capitale , voi. Ili, parte II, p. 340). Consiste nel fatto che il contadino dà gratuitamente alla società (cioè alla classe dei capitalisti ) una parte del sovrapprodotto. « Questo basso prezzo [del grano e di altri prodotti agricoli] è quindi un risultato, della povertà dei produttori, e niente affatto della produttività del loro lavoro » 60 {Il Capitale , voi. Ili, parte II, p. 340). La piccola proprietà terriera, forma normale della piccola produ- zione, in regime capitalista si degrada, perisce, va distrutta. « La pro- prietà parcellare esclude per la sua stessa natura: lo sviluppo delle forze sociali di produzione del lavoro, la concentrazione sociale dei capitali, l’allevamento del bestiame su larga scala ed una applicazione progressiva della scienza. « L’usura ed il sistema fiscale devono portare dovunque al suo im- poverimento. L’esborso del capitale per l’acquisto della terra sottrae questo capitale alla coltivazione. Un’illimitata dispersione dei mezzi di produzione e l’isolamento dei produttori stessi. » (La cooperazione, e cioè le associazioni di piccoli contadini, pur esercitando una funzione progressiva borghese di prim’ordine, attenua soltanto questa tendenza, ma non la sopprime; né si deve dimenticare che queste associazioni dànno molto ai contadini agiati e pochissimo, quasi nulla, alla massa 62 LENIN dei contadini poveri, e che, in seguito, queste stesse associazioni diven- gono sfruttatrici di lavoro salariato.) « Enorme sperpero di energia uma- na. Progressivo peggioramento delle condizioni di produzione e rincaro dei prezzi dei mezzi di produzione sono una legge necessaria della pro- prietà parcellare. » 61 Tanto nell’ agricoltura quanto nell’industria, il capitalismo trasforma il processo della produzione soltanto a prezzo « di un martirologio dei produttori ». « La dispersione degli operai ru- rali su estensioni d’una certa vastità spezza allo stesso tempo la loro forza di resistenza, mentre la concentrazione accresce la forza di resisten- za degli operai urbani. Come nell’industria urbana, così nell’agricoltura moderna, l’aumento della forza produttiva e la maggiore quantità di lavoro resa liquida vengono pagate con la devastazione e l’ ammorbamento della stessa forza-lavoro. E ogni progresso dell’agricoltura capitalistica costituisce un progresso non solo nell’arte di rapinare l'operaio , ma anche nell’arte di rapinare il suolo... La produzione capitalistica sviluppa quindi la tecnica e la combinazione del processo di produzione sociale solo minando al contempo le fonti da cui sgorga ogni ricchezza; la terra e l'operaio » 62 (Il Capitale , voi. I, fine del 13° capitolo). IL SOCIALISMO Risulta da quanto precede che Marx deduce l’inevitabile trasfor- mazione della società capitalistica in società socialista interamente ed esclusivamente dalla legge economica che regola il movimento della socie- tà contemporanea. La socializzazione del lavoro, — che, nel mezzo secolo trascorso dalla morte di Marx, si è manifestata in migliaia di forme e pro- cede sempre più rapidamente assumendo forme particolarmente evi- denti nello sviluppo della grande industria, dei cartelli, dei sindacati e dei trust capitalistici, come pure nel gigantesco sviluppo delle dimen- sioni e della potenza del capitale finanziario, — costituisce la base materiale principale dell’inevitabile avvento del socialismo. Motore in- tellettuale e morale, artefice fisico di tale trasformazione è il prole- tariato, educato dal capitalismo stesso, La sua lotta contro la borghesia, che si manifesta in forme diverse e sempre più ricche di contenuto, di- viene inevitabilmente una lotta politica diretta alla conquista del po- tere politico da parte del proletariato («dittatura del proletariato»). La socializzazione della produzione non può non portare al passaggio KARL MARX 63 dei mezzi di produzione in proprietà della società, alla « espropriazione degli espropriatori ». L'enorme aumento della produttività del lavoro, la riduzione della giornata lavorativa, la sostituzione del lavoro collettivo perfezionato alle vestigia, alle rovine della piccola produzione frazionata e primitiva: ecco le dirette conseguenze di questo passaggio. Il capitali- smo rompe definitivamente il legame dell’agricoltura con l'industria, ma al tempo stesso, nel suo più alto grado di sviluppo, prepara nuovi elementi per tale legame, per la unione della industria con l’agricoltura sulla base dell'applicazione cosciente della scienza e della coordinazione del lavoro collettivo, e per una nuova distribuzione della popolazione (che metterà un termine sia all’isolamento e all’arretratezza delle cam- pagne, separate dal resto del mondo, sia alla non naturale agglomera- zione di masse gigantesche nelle grandi città). Una nuova forma di fa- miglia, nuove condizioni nella situazione della donna e nell’educazione delle nuove generazioni, sono preparate dalle forme superiori del capi- talismo contemporaneo; il lavoro femminile e infantile, lo sfacelo della famiglia patriarcale per opera del capitalismo, assumono inevitabilmente nella società moderna le forme più spaventevoli, più catastrofiche e re- pugnanti. E, tuttavia, « la grande industria crea il nuovo fondamento economico per una forma superiore della famiglia e del rapporto fra i due sessi, con la parte decisiva che essa assegna alle donne, agli adole- scenti e ai bambini d'ambo i sessi nei processi di produzione social- mente organizzati al di là della sfera domestica. Naturalmente è altret- tanto sciocco ritenere assoluta la forma cristiano-germanica della fami- glia, quanto ritenere assoluta la forma romana antica o la greca antica, oppure quella orientale, che del resto formano fra di loro una serie storica progressiva. È altrettanto evidente che la composizione del per- sonale operaio combinato con individui d’ambo i sessi e delle età più differenti, benché nella sua forma spontanea e brutale, cioè capitalistica, dove l’operaio esiste in funzione del processo di produzione e non il processo di produzione per l’operaio, che è pestifera fonte di corruzione e schiavitù, non potrà viceversa non rovesciarsi, in circostanze corrispon- denti, in fonte di sviluppo di qualità umane» 63 (Il Capitale , voi. I, fine del 13° capitolo). Il sistema di fabbrica ci mostra « il germe del- F educazione dell avvenire, che collegherà, per tutti i bambini oltre una certa età, il lavoro produttivo con l’istruzione e la ginnastica , non solo come metodo per aumentare la produzione sociale, ma anche come unico metodo per produrre uomini di pieno e armonico sviluppo » 64 64 LENIN (ivi). Sullo stesso terreno storico non soltanto per spiegare il passato, ma per prevedere arditamente il futuro e per condurre una audace azione pratica diretta a realizzarlo, il socialismo di Marx pone pure i problemi della nazionalità e dello Stato. Le nazioni sono un inevitabile prodotto e una forma inevitabile delPepoca borghese dello sviluppo sociale. La classe operaia stessa non poteva irrobustirsi, maturarsi, costi- tuirsi, senza « costituirsi in nazione », senza essere « nazionale » (« ben- ché non nel senso della borghesia »). Ma lo sviluppo del capitalismo abbatte sempre più le barriere nazionali, sopprime il particolarismo na- zionale, e, in luogo degli antagonismi nazionali, pone quelli di classe. È perciò assolutamente vero che, nei paesi capitalistici sviluppati, « gli operai non hanno patria », e che « l’azione unita » degli operai, almeno nei paesi civili, è « una delle prime condizioni dell’emancipazione del proletariato » (Manifesto comunista). Lo Stato, che è violenza organiz- zata, è sorto come fatto inevitabile a un certo grado di sviluppo della società, allorché questa si divise in classi irreconciliabili e non avrebbe potuto continuare a esistere senza un « potere » che avesse l’appa- renza di essere al di sopra della società, e fino a un certo punto acqui- stasse una personalità indipendente da essa. Sorto dalle contraddizioni di classe, lo Stato diviene « lo Stato della classe più potente, econo- micamente dominante che, per mezzo suo, diventa anche politicamente dominante e cosi acquista un nuovo strumento per tener sottomessa e per sfruttare la classe oppressa. Come lo Stato antico fu anzitutto lo Stato di possessori di schiavi al fine di mantener sottomessi gli schiavi, cosi lo Stato feudale fu l’organo della nobiltà per mantenere sottomessi i contadini, servi o vincolati, e lo Stato rappresentativo moderno è lo strumento per lo sfruttamento del lavoro salariato da parte del capi- tale » 65 (Engels, V origine della famiglia , della proprietà privata e del- lo Stato , in cui sono esposte le opinioni sue e di Marx). Persino la forma più libera e progressiva dello Stato borghese, la repubblica demo- cratica, non elimina affatto questa realtà, ma ne cambia soltanto la for- ma (legame dello Stato con la borsa, corruzione diretta e indiretta dei funzionari statali e della stampa, e cosi via). Il socialismo, conducendo alla scomparsa delle classi, conduce, per ciò stesso, alla scomparsa dello Stato. « Il primo atto con cui lo Stato si presenta realmente come rappresentante di tutta la società, cioè la presa di possesso di tutti i mezzi di produzione in nome della società, è ad un tempo l’ultimo suo atto indipendente in quanto Stato. L’intervento di una forza statale nei KARL MARX 65 rapporti sociali diventa superflua successivamente in ogni campo e poi viene meno da sé stesso. Al posto del governo sulle persone appare l’amministrazione delle cose e la direzione dei processi produttivi. Lo Stato non viene ‘‘abolito’ 5 : esso si estingue » 60 (Engels, Antidiikring ) . « La società che riorganizza la produzione in base a una libera ed eguale associazione di produttori, relega l’intera macchina statale nel posto che da quel momento le spetta, cioè nel museo delle antichità accanto alla rocca per filare e all’ascia di bronzo » 67 (Engels, Origine della famiglia , della proprietà privata e dello Stato). Infine, circa il problema della posizione del socialismo di Marx verso i piccoli contadini che ancora esisteranno all’epoca delPespropria- zione degli espropriatori, è necessario rammentare una dichiarazione di Engels, che esprime il pensiero di Marx: « Allorché ci impadroniremo del potere statale, non penseremo ad espropriare violentemente (non importa se con o senza indennizzo) i piccoli contadini, ciò che saremo invece obbligati a fare con i grandi proprietari di terre. Il nostro com- pito nei confronti dei piccoli contadini consisterà prima di tutto nel fare si che la loro proprietà e produzione privata si trasformino in pro- prietà e produzione associata; non con mezzi violenti, ma con l’esempio e con l’offerta dell’aiuto sociale a tale scopo. E allora naturalmente pos- sederemo i mezzi sufficienti per mostrare al contadino tutti i vantaggi di tale trasformazione, vantaggi che debbono essergli illustrati fin d’ora » (Engels, La questione contadina in Francia e in Germania , ed. Alexeieva, p. 17; la traduzione russa contiene errori, cfr. l’originale in Neue Zeit ) . LA TATTICA DELLA LOTTA DI CLASSE DEL PROLETARIATO Messo in luce fin dal 1844-1845 uno dei difetti fondamentali del vecchio materialismo, quello cioè di non essere riuscito a comprendere le condizioni né ad apprezzare l’importanza dell’azione pratica rivolu- zionaria, Marx parallelamente ai lavori teorici, prestò durante tutta la sua vita una assidua attenzione ai problemi della tattica della lotta di classe del proletariato. Tutte le opere di Marx e specialmente il car- teggio fra lui ed Engels, pubblicato nel 1913 in quattro volumi, for- niscono un materiale immenso a questo riguardo. Questo materiale è ancora ben lungi dall’essere interamente raccolto, coordinato, studiato 66 LENIN ed elaborato. Perciò dobbiamo qui limitarci ad alcuni rilievi molto ge- nerali e concisi, facendo notare che il materialismo privo di questo lato era giustamente considerato da Marx come monco, unilaterale, privo di vita. Marx determinò il compito fondamentale della tattica del pro- letariato in rigoroso accordo con tutte le premesse della sua concezione materialistica dialettica del mondo. Soltanto la valutazione oggettiva di tutto l’insieme dei rapporti reciproci di tutte le classi di una data società, senza eccezione, e, per conseguenza, anche la considerazione del grado di sviluppo oggettivo di quella società e dei rapporti reciproci fra essa ed altre società, possono servire di base a una giusta tattica della classe d’avanguardia. Inoltre tutte le classi, e tutti i paesi devono essere considerati non in una situazione statica, ma dinamica, ossia non in stato di immobilità, ma in movimento (movimento le cui leggi derivano dalle condizioni economiche d’esistenza di ogni classe). A sua volta il movi- mento non deve essere considerato solo dal punto di vista del passato, ma anche da quello dell’avvenire, e non secondo il volgare intendimento degli « evoluzionisti », che scorgono soltanto le trasformazioni lente, ma dialetticamente: « Venti anni contano un giorno nei grandi sviluppi storici — scriveva Marx ad Engels — ma vi possono essere giorni che concentrano in sé venti anni » 68 ( Carteggio , voi. Ili, p. 127). Ad ogni grado di sviluppo e in ogni momento, la tattica del proletariato deve tener conto di questa inevitabile dialettica oggettiva della storia del genere umano: da un lato, utilizzando ai fini dello sviluppo della co- scienza, delle forze e delle capacità di lotta della classe d’avanguardia le epoche di stagnazione politica o di lento sviluppo, di sviluppo cosid- detto « pacifico »; e, daH’altro lato, orientando tutto questo lavoro nella direzione dello « scopo finale » del movimento di tale classe, e susci- tando in essa la capacità di risolvere praticamente i grandi problemi nelle giornate culminanti che « concentrano in sé venti anni ». A tale proposito hanno speciale importanza due giudizi di Marx, uno espresso nella Miseria della filosofia riguardante la lotta economica e le orga- nizzazioni economiche del proletariato, e Taltro nel Manifesto comu- nista e riguardante i suoi compiti politici. Il primo dice: « La grande industria raccoglie in un solo luogo una folla di persone, sconosciute le une alle altre. La concorrenza le divide quanto aH’interesse. Ma il mantenimento del salario, questo interesse comune che essi hanno con- tro il loro padrone, le unisce in uno stesso proposito di resistenza: coalizione... Le coalizioni, dapprima isolate; si costituiscono in gruppi KARL MARX 67 e, di fronte al capitale sempre unito, il mantenimento delPassociazione diviene per gli operai più necessario ancora di quello del salario... In questa lotta — vera guerra civile — si riuniscono e si sviluppano tutti gli elementi necessari a una battaglia che si prospetta nell'immediato futuro. Una volta giunta a questo punto, l'associazione acquista un ca- rattere politico » 69 . In queste parole vengono esposti il programma e la tattica delle lotte economiche e del movimento sindacale per alcuni decenni, per tutto il lungo periodo di preparazione delle forze del pro- letariato « per la futura battaglia ». A questo giudizio bisogna ravvi- cinare le numerose indicazioni che Marx ed Engels traggono dall’esem- pio del movimento operaio inglese, mostrando come la « prosperità » industriale determina i tentativi di « comprare gli operai » 70 ( Carteggio con Engels , I, 136) e di allontanarli dalla lotta; come questa prospe- rità, in generale, «demoralizza gli operai» 71 (II, 218); come il pro- letariato inglese « s’imborghesisce » e come « la più borghese di tutte le nazioni » (l’inglese) « vuole, a quanto pare, condurre le cose in modo da avere, al lato della borghesia, un’aristocrazia borghese e un prole- tariato pure borghese» 72 (II, 290); come nel proletariato scompare l’« energia rivoluzionaria» 73 (III, 124), come occorre attendere per un tempo più o meno lungo « la liberazione degli operai inglesi dalla loro apparente corruzione borghese » 74 (III, 127), come manca al mo- vimento operaio inglese «l’ardore dei cartisti» 75 (1866; III, 305), come i capi operai inglesi si formano secondo un tipo intermedio « fra il borghese radicale e l’operaio » 76 (a proposito di Holyoake; IV, 209); come a causa del monopolio dell’Inghilterra e finché tale monopolio esisterà, « con gli operai inglesi non ci sarà niente da fare » (IV, 433). La tattica della lotta economica in rapporto con lo sviluppo generale ( e con restio) del movimento operaio, è considerata qui in modo mira- bilmente vasto, universale, dialettico, veramente rivoluzionario. Circa la tattica della lotta politica, il Manifesto comunista enunciò in questo modo il principio fondamentale del marxismo: « i comunisti lottano per raggiungere gli scopi e gli interessi immediati della classe operaia, ma nel movimento presente rappresentano in pari tempo l’av- venire del movimento stesso » V In nome di questo principio, Marx nel 1848 appoggiò in Polonia il partito della « Rivoluzione agraria », « quello stesso partito che suscitò l’insurrezione di Cracovia nel 1846 ». In Germania, nel 1848-1849, Marx appoggiò la democrazia rivoluzio- naria estrema, e in seguito non ritirò mai quel che aveva detto allora 68 LENIN sulla tattica. Egli considerava la borghesia tedesca come un elemento « incline, fin dall'inizio, a tradire il popolo » (soltanto l'unione con i contadini avrebbe permesso alla borghesia di raggiungere pienamente i suoi obiettivi) « e a stringere un compromeso con i rappresentanti coro- nati dell’antica società ». Ecco l’analisi conclusiva data da Marx della posizione di classe della borghesia tedesca airepoca della rivoluzione democratica borghese: analisi che è, fra l'altro, un esempio di mate- rialismo, perché considera la società in movimento e, per di piu, non soltanto in quell'aspetto del movimento che è rivolto al passato... « senza fede in se stessa, senza fede nel popolo, brontolona contro chi sta in alto, tremante davanti a chi sta in basso... intimorita dalla tempesta mondiale; in nessuna direzione energica, in tutte le direzioni pronta al plagio... senza iniziativa... una vecchia maledetta, condannata a dirigere per il suo interesse senile i primi slanci di gioventù d'un popolo robu- sto e sano... » ( Nette Rheiniscbe Zeitung , 1848; cfr. Eredità letteraria , voi. Ili, p. 212). Circa venti anni dopo, in una lettera a Engels (III, 224) 7S , Marx scriveva che la causa dell’insuccesso della rivoluzione del 1848 consistette nel fatto che la borghesia aveva preferito la pace in schiavitù alla semplice prospettiva di una lotta per la libertà. Quando terminò il periodo delle rivoluzioni del 1848-1849, Marx insorse contro ogni tentativo di giocare con la rivoluzione (Schapper, Willich e la lotta contro di essi), esigendo che si sapesse lavorare nel nuovo pe- riodo, in cui si preparavano, in modo apparentemente « pacifico », nuove rivoluzioni. Il seguente apprezzamento di Marx sulla situazione in Germania nel 1856, nel piu fosco periodo della reazione, mostra come egli intendeva che fosse condotto tale lavoro: « In Germania tutto dipenderà dalla possibilità di appoggiare la rivoluzione proletaria con una specie di seconda edizione della guerra dei contadini » 70 ( Carteggio con Engels , voi. II, p. 108). Fino a quando la rivoluzione democratica (borghese) in Germania non era giunta a compimento, Marx, per quanto riguardava la tattica del proletariato socialista, rivolse tutta la sua atten- zione allo sviluppo dell’energia democratica dei contadini. Egli consi- derava che l’atteggiamento di Lassalle era, « oggettivamente, un tradi- mento di tutto il movimento operaio a favore dei prussiani» 80 (III, 210); tra l’altro, proprio perché Lassalle si mostrava troppo conciliante coi grandi proprietari fondiari e col nazionalismo prussiano. « È vile — scriveva Engels nel 1865, in uno scambio di vedute con Marx per la preparazione di una dichiarazione comune, destinata alla stampa — KARL MARX 69 in un paese prevalentemente agricolo aggredire, in nome del proletariato industriale, la sola borghesia, senza ricordare neppure con una parola il patriarcale sfruttamento a bastonate del proletariato agricolo per opera della grande nobiltà feudale» 01 (III, 217). Nel 1864-1870, quando l’epoca del compimento della rivoluzione democratica borghese in Ger- mania, lepoca della lotta delle classi sfruttatrici della Prussia e del- l’Austria per compiere in un modo o nell’altro questa rivoluzione dal- l’alto, giungeva alla fine, Marx non soltanto rimproverava Lassalle di civettare con Bismarck, ma correggeva anche Liebknecht, il quale ca- deva nell’« austrofilia » e nella difesa del particolarismo. Egli esigeva una tattica rivoluzionaria che lottasse con uguale implacabilità contro Bismarck e contro gli austrofili, una tattica non di sottomissione al « vincitore », al grande proprietario fondiario prussiano, ma volta alla ripresa immediata della lotta rivoluzionaria contro di esso e sul terreno creato dalle vittorie militari prussiane B2 . {Carteggio con Engels, III, 134, 136, 147, 179, 204, 210, 215, 418, 437, 440-441.) Nel famoso Indirizzo dell’Internazionale del 9 settembre 1870 Marx mise in guar- dia il proletariato francese contro un’insurrezione intempestiva; ma quando tuttavia essa avvenne (1871) egli salutò con entusiasmo Tinizia- tiva rivoluzionaria delle masse << che danno l’assalto al cielo » 83 (lettera di Marx a Kugelmann). La sconfitta dell’azione rivoluzionaria, in que- sta come in molte altre situazioni, era, secondo il materialismo dia- lettico di Marx, minor male, per l’andamento generale e per l’esito della lotta proletaria, che l’abbandono di una posizione conquistata e la resa senza lotta, perché una tale capitolazione avrebbe demoralizzato il pro- letariato e diminuita la sua capacità di combattere. Apprezzando ap- pieno l’uso dei mezzi legali di lotta durante i periodi di stasi politica e di dominio della legalità borghese, Marx nel 1877-1878, dopo la pro- clamazione delle leggi eccezionali 04 contro i socialisti, condannò aspra- mente « le frasi rivoluzionarie » di Most; ma non meno, se non piu aspramente, condannò l’opportunismo allora temporaneamente domi- nante nel partito socialdemocratico ufficiale, che non mostrò subito, coraggiosamente, rigidamente, lo spirito rivoluzionario e la volontà di passare alla lotta illegale in risposta alle leggi eccezionali {Carteggio di Marx ed Engels , IV, 397, 404, 418, 422, 424. Si vedano anche le let- tere a Sorge). BIBLIOGRAFIA Le opere e le lettere di Marx non sono finora state pubblicate in un’edizione completa. In russo se ne è tradotta una parte maggiore che in qualsiasi altra lingua. L’elenco che segue è stato compilato in ordine cronologico. Al 1841 risale la tesi di Marx sulla filosofia di Epicuro (che è entrata nell’edizione postuma del l'Eredità letteraria , di cui par* liamo piu in basso). In questa dissertazione Marx ha una posizione ancora totalmente idealistico-hegeliana. Al 1842 risalgono gli articoli di Marx pubblicati nella Rheinische Zeitung (di Colonia), in particolare la critica ai dibattiti sulla libertà di stampa al sesto Landtag renano, e inoltre quelli sulla legge relativa al furto della legna e in difesa della emancipazione della politica dalla teologia, ecc. (questi articoli sono com- presi in parte n eli* Eredità letteraria). Qui si notano già i segni di un trapasso di Marx dall’idealismo al materialismo e da un atteggiamento democratico-rivoluzionario al comuniSmo. Nel 1844 escono a Parigi, sotto la redazione di Marx e di Arnold Ruge, gli Annali franco-tedeschi , nei quali questo trapasso si compie definitivamente. Sono qui partico- larmente notevoli i saggi di Marx: Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione (pubblicato, oltre che neW Eredità letteraria , in opuscolo) e La questione ebraica (idem; pubblicato in opuscolo dalle edizioni « Znanie », «Biblioteca economica» n. 210). Nel 1845 Marx ed Engels pubblicano insieme (a Francoforte sul Meno) Fopiiscolo La sacra famiglia. Contro Bruno Batter e soci (oltre al YEredità letteraria , ve ne sono in russo due edizioni in opuscolo, nell’edizione « Novi Go- los », Pietroburgo, 1906, e « Viestnik Znania », Pietroburgo, 1907). Della primavera del 1845 sono le tesi di Marx su Feuerbach (pubblicate in appendice all’opuscolo di F. Engels: Ludwig Feuerbach ; esiste una traduzione russa). Nel 1845-1847 Marx scrisse una serie di articoli (la KARL MARX 71 maggior parte dei quali non è stata né raccolta, né ristampata, né tra- dotta in russo) nei giornali: Vorwàrts /, pubblicato a Parigi, Deutsche - Brùsseler Zeitung (1847), Das Westphàlische Dampfboot (Bielefeld, 1845-1848), Der Gesellschaftsspiegel (Elberfeld, 1846). Del 1847 è l'opera fondamentale di Marx contro Proudhon che viene pubblicata a Bruxelles e a Parigi: Miseria della filosofia . Risposta alla « Filosofia della miseria» del signor Proudhon. (In russo ve ne sono tre edizioni del « Novi Mir », una di G. Lvovic, una di Alexeieva, una del Prosvest - cenie y tutte degli anni 1905-1906). Nel 1848 fu pubblicato a Bruxelles il Discorso sulla libertà di scambio ( esiste una traduzione russa ) e poi, a Londra, in collaborazione con F. Engels, il famoso Manifesto del partito comunista , tradotto in quasi tutte le lingue d'Europa e in buona parte di quelle degli altri paesi del mondo (vi sono state otto edizioni della traduzione russa nel 1905-1906: quelle del « Molot », del « Ko- lokol », della Alexeieva, ecc. Per la maggior parte sequestrate, avevano titoli diversi: Manifesto comunista , Sul comuniSmo , Classi sociali e co- muniSmo , Capitalismo e comuniSmo , Filosofia della storia; la tradu- zione completa, e insieme la più precisa di questa, come di altre opere di Marx, si trova nelle edizioni estere curate per lo più dal gruppo «Emancipazione del lavoro» 85 ). Dal 1° giugno 1848 al 19 maggio 1849 usci a Colonia la Neue Rheinische Zeitung della quale Marx era di fatto il redattore-capo. I numerosi articoli scritti da Marx per questo giornale, che rimane fino ai nostri giorni il migliore, insuperato organo del proletariato rivoluzionario, non sono stati raccolti né ristampati in- tegralmente. I più importanti sono compresi nel l'Eredità letteraria . In opuscolo sono stati più volte pubblicati gli articoli di Marx Lavoro salariato e capitale , tratti da questo giornale (in russo, quattro edi- zioni: di Kozman presso « Molot », di Miagkov e di Lvovic, 1905-1906). E dallo stesso giornale: I liberali al timone 66 (edizione « Znanie », « Biblioteca economica», n. 272, Pietroburgo, 1906), Nel 1849 Marx pubblicò a Colonia, in opuscolo, Due processi politici (due discorsi pro- nunziati da Marx davanti alla Cofte d’Àssise per difendersi dall’accusa di reato di stampa e di istigazione alla resistenza annata contro il go- verno; cinque edizioni della traduzione russa nel 1905-1906: Alexeieva presso «Molot»; Miagkov presso «Znanie» e «Novi Mir»). Nel 1850 Marx pubblicò ad Amburgo sei numeri della rivista Neue Rhei- nische Zeitung. Gli articoli più importanti in essa pubblicati sono com- presi nell’ Eredità letteraria. Particolarmente notevoli sono gli articoli 72 LENIN eli Marx ristampati in opuscolo da Engels nel 1895: Le lotte di classe in Trancia dal 1848 al 1850 (traduzione russa, a cura di M. Malykh, Biblioteka, n. 59-60; ed anche nel volume Raccolta di opere storiche , tradotte da Bazarov c Stepanov, a cura di Skirmunt, Pietroburgo, 1906, vedi anche: Pensieri e opinioni sulla vita del XX secolo , Pietroburgo, 1912). Nel 1852 usci a New York l’opuscolo di Marx: Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte (traduzione russa nelle raccolte ora menzionate). Nello stesso anno escono a Londra le Rivelazioni sul processo dei co- munisti di Colonia (traduzione russa: il Processo dei comunardi di Co- lonia , n. 43 della «Biblioteca popolare scientifica », Pietroburgo 1906, 28 ottobre). Dall’agosto 1851 al 1862 Marx* collaborò regolarmente con il giornale Tribune eli New York ( The New York Daily Tribune), dove molti dei suoi articoli apparvero senza firma, come editoriali. Sono particolarmente degni di rilievo gli articoli: Rivoluzione e con- trorivoluzione in Germania , ristampati in traduzione tedesca dopo la morte di Marx ed Engels (traduzione russa in due raccolte, traduzione di Bazarov e Stepanov, e poi cinque edizioni in opuscolo separato negli anni 1905-1906: Alexeiexa, « Obstcestvennaia Polza », «Nòvi Mir », « Vseobstciaia Biblioteka » e « Molot »). Alcuni articoli di Marx pub- blicati sulla Tribune furono editi in opuscoli separati a Londra, per esempio l’articolo su Palmerston del 1856, Rivelazioni sulla storia di- plomatica del XVIII secolo (sulla permanente, interessata dipendenza dei ministri inglesi liberali dalla Russia) ecc. Dopo la morte di Marx, la figlia Eleonora Eveling pubblicò una serie di articoli, apparsi nella Tri- bune, sulla questione orientale, sotto il titolo: The Eastern Question (La questione orientale), Londra, 1897. Una parte di essi è stata tra- dotta in russo sotto il titolo: La guerra e la rivoluzione ; fascicolo I di: Marx ed Engels, Articoli inediti (1852, 1853 , 1854), Kharkov 1919 (Biblioteca « Nascia Mysl »), Dalla fine del 1854 e per tutto il 1855 Marx collaborò alla Neue Oder-Zeitung , e nel 1861-1862* al giornale viennese Die Presse. Questi articoli non sono stati raccolti e solo in parte sono apparsi sulla Neue Zeit , come pure molte lettere di Marx. Lo stesso si può dire degli articoli di Marx per il giornale Das Volk (Londra, 1859) sulla storia diplomatica della guerra d’Italia del 1859. * Engels, nel suo articolo su Marx pubblicato sul Handworletbucb der Staatswissenschaften, voi. 6, p. 603, e Bernstcin, in un articolo su Marx apparso nel?ll a edizione d ^Enciclopedia britannica del 1911, indicano per errore il 1853-1860. Vedi il carteggio fra Marx ed Engels pubblicato nel 1913. KARL MARX 73 Nel 1859 usd a Berlino l'opera di Marx: Per la critica delVeconomia politica (traduzioni russe: Mosca, 1896, a cura di Manuilov; e Pietro- burgo, 1907, di Rumiantsev). Nel 1860 usci a Londra l’opuscolo di Marx Herr Vogt (Il signor Vogt). Nel 1864, a Londra, apparve Ylndirizzo inaugurale dell’ Associa- zione internazionale degli operai , redatto da Marx (ne esiste una tradu- zione russa). Marx è Fautore di numerosi manifesti, appelli e risolu- zioni del Consiglio generale dellTnternazionale. Tutto questo materiale è lontano dall'essere stato elaborato o perfino raccolto. Il primo passo in questo senso è rappresentato dal libro di Gustav Jaeckh, L’Interna- zionale (traduzione russa, Pietroburgo, 1906, edizione « Znanie »), nel quale sono pubblicati, fra Faltro, alcune lettere di Marx e progetti di risoluzione da lui redatti. Fra i documenti dellTnternazionale scritti da Marx vi è Ylndirizzo del Consiglio generale a proposito della Comune di Parigi, uscito nel 1871 a Londra in opuscolo col titolo: La guerra civile in Francia (traduzione russa a cura di Lenin, edizione « Molot » e altre edizioni). Al periodo 1862-1874 risale la corrispondenza di Marx col membro dellTnternazionale Kugelmann (due edizioni in russo, una tradotta da A. Heuchbarg, l’altra a cura di Lenin). Nel 1867 ad Am- burgo usci l'opera principale di Marx, Il Capitale. Critica dell’economia politica , libro I. Il secondo e il terzo libro furono pubblicati da Engels dopo la morte di Marx, nel 1885 e nel 1894. Traduzione russa, libro I, cinque edizioni (due nella traduzione di Danielson, nel 1872 e nel 1898; due nella traduzione di E. A. Gurvic e di L.M. ZaJt, a cura di Struve; la prima edizione è del 1899, la seconda del 1905; e una edi- zione a cura di Bazarov e di Stepanov). I libri II e III sono usciti in una traduzione di Danielson (poco soddisfacente) e in un'altra tradu- zione (migliòre), a cura di Bazarov e Stepanov. Nel 1876 Marx prese parte alla compilazione de! libro di Engels, Antiduhring (Il rovescia- mento della scienza del signor Eugen Duhring), sia rileggendo il mano- scritto di tutta l'opera, che scrivendo interamente il capitolo dedicato alla storia delTeconomia politica. Poi, dopo la morte di Marx, furono pubblicate le seguenti sue opere: Critica del programma di Gotha (Pietroburgo, 1906; in tedesco nella Neue Zeit , 1890-91, n. 18). Salario , prezzo e profitto (conferenza tenuta il 26 giugno 1865. Neue Zeit , XVI/2, 1897-98, traduzione russa nell'edizione «Molot», 1906, e nell'edizione di Lvovic, 1905). Dall’eredità letteraria di K. Marx , F. Engels e F. Lassalle, tre volumi, Stoccarda, 1902 (traduzione russa a cura di Axelrod ed altri, due volu- mi, Pietroburgo, 1908. Il primo volume ancora redatto da E. Gurvic, Mosca, 1907. Le lettere di Lassalle a Marx furono pubblicate separata- mente e neil ’ Eredità letteraria ). Lettere ed estratti da lettere di J.Ph. Becker , J. Dietzgen t F. Engels, K. Marx e altri a Sorge e altri { due edi- zioni in russo, una a cura di Axelrod, Tatara, con prefazione di Lenin, a cura di Dauge). Teorie sul plusvalore , tre volumi in quattro parti, Stoc- carda, 1905-1910: manoscritto del quarto libro del Capitale edito da Kautsky (traduzione russa solo del primo volume, in tre edizioni: Pie- troburgo, 1906, a cura di Piekhanov; Kiev, 1906, a cura di Gelezanov; Kiev, 1907, a cura di Tuciapski). Nel 1913 uscirono a Stoccarda quat- tro grossi volumi del Carteggio fra K. Marx e F. Engels, che contengono 1386 lettere dèi periodo che va dal settembre 1844 al 10 gennaio 1883 e che offrono una quantità di documenti di grandissimo valore per lo studio della biografia e deile concezioni di K. Marx. Nel 1917 usci- rono due volumi di Marx ed Engels: Scritti del 1852-1862 (in tedesco). Per concludere questo elenco delle opere di Marx occorre rilevare che in esso non sono compresi alcuni degii articoli piu brevi e alcune lettere, che sono stati pubblicati per lo pili nella Neue Zeit e nel Vorwàrts e in altri periodici socialdemocratici in lingua tedesca; e anche l’elenco delle traduzioni di Marx in russo è senza dubbio incompleto, soprattutto quello degli opuscoli degli anni 1905*1906 . La letteratura su Marx e sul marxismo è straordinariamente vasta. Menzioneremo solo l’essenziale, suddividendo gli autori in tre categorie principali: i marxisti, che condividono sostanzialmente il punto di vi- sta di Marx; gli autori borghesi, sostanzialmente ostili al marxismo, e i revisionisti, die affermano di riconoscere questo o quel principio del marxismo, ma die in realtà sostituiscono al marxismo concezioni bor- ghesi. L’interpretazione populista di Marx dev’essere considerata una originale variante russa del revisionismo. W. Sombart, nel suo Em Beitrag tur Bibliograpkie des Marxismus ( Archiv fur Sozidwtssenschaft und Soxidpolitiky XX, n. 2, 1905, pp. 413-430) cita 300 titoli, in un elenco tutt’altro che completo. Per completarlo cfr. gl’indici della Neue Zeit per gli anni 1883-1907 e per gli anni successivi. Vedi inoltre: Josef Stammhammer, Bibliograpbie des Sozialismus und Kommunismus , voli. I-III, Jena (1893-1909). Per una bibliografìa più particolareggiata del marxismo, si può ancora indicare: Bibliograpbie der Soztaltvissenschaf- ten , Berlino, anno I, 1905 e sgg. Vedi anche N.À. Rubakin, Fra i libri KARL MARX 75 (voi. II, 2* ed.). Citiamo qui solo l’essenziale. Per quanto riguarda la biografia di Marx bisogna menzionare prima di tutto gli articoli di F. Engels nel V olkskalender edito da Bracke a Braunschweig nel 1878, e nel Handwórterbuch der Staatswissenschaften , voi. IV, pp. 600-603. W. Liebknecht, Karl Marx zum Gedàchtnis , Norimberga, 1896. La- fargue, K. Marx. Persònliche Erinnerungen. W. Liebknecht, Karl Marx , 2* ed. (in russo), Pietroburgo, 1906. P. Lafargue, I mìei ricordi su K . Marx, Odessa 1905 (cfr. l’originale nella Neue Zeit, IX, 1). In memo- ria di K. Marx, Pietroburgo, 1908, 410 pp.: raccolta di articoli di I. Nevzorov, N. Rozkov, V. Bazarov, I. Steklov, A. Finn-Enotaievski, P. Rumiantsev, K. Renner, G. Roland-Holst, V. Ilin, R. Luxemburg, G. Zinoviev, I. Kamenev, P. Orlovski ed M. Taganski. F. Mehring, Karl Marx. L’ampia biografia di Marx in lingua inglese, compilata dal socialista americano Spargo (Spargo, K. Marx , bis life and work, Lon- dra, 1911), è insoddisfacente. Per una rassegna generale dell’attività di Marx cfr. K. Kautsky, Die historische Leistung von K . Marx . Zum 25. Todestag des Meisters, Berlino, 1908. Traduzione russa: K. Marx e la sua importanza storica, Pietroburgo, 1908. Cfr. anche l’opuscolo popo- lare di Clara Zetkin, Karl Marx und sein Lebenswerk (1913). Ricordi su Marx: Annenkov nel Viestnik Jevropy, 1880, n. 4 (e Memorie, voi. Ili, Un decennio straordinario, Pietroburgo, 1882); Karl Schurtz nel Russkoie Bogatstvo, 1906, n. 12; M. Kovalevski nel Viestnik Je- vropy, 1909, nn. 6 e sgg. Sulla filosofia del marxismo e sul materialismo storico: la migliore esposizione si trova in G.V. Plekhanov, In 20 anni, Pietroburgo, 1909, 3 ed.; Dalla difesa all’attacco, Pietroburgo, 1910; I problemi fondamen- tali del marxismo, Pietroburgo, 1908; Critica dei nostri critici, Pietro- burgo, 1906; Lo sviluppo della concezione monistica della storia, Pietro- burgo, 1908; e altri scritti. Antonio Labriola, La concezione materiali- stica della storia, Pietroburgo, 1898. Dello stesso autore, Materialismo storico e filosofia , Pietroburgo, 1906. F. Mehring, Sul materialismo storico , Pietroburgo, 1906 (due edizioni presso: « Prosvestcenie » e presso « Molot »). Dello stesso autore, La leggenda di Lessing, Pietro- burgo, 1908 (« Znanie »). Cfr. anche S. Andler (non marxista), Il ma- nifesto comunista. Storia , introduzione , commento , Pietroburgo, 1906. Cfr. anche II materialismo storico, Pietroburgo, 1908: raccolta di arti- coli di Engels, Kautsky, Lafargue e diversi altri. L. Axelrod, Saggi filo- sofici . Risposta ai critici filosofici del materialismo storico , Pietroburgo, 76 LENIN 1906. Le poco felici deviazioni di Dietzgen dal marxismo hanno trovato una difesa particolare in E. Untermann, Die logischen Màngel des erige- ren Marxismus , Monaco, 1910 (753 pp.; opera voluminosa, ma non seria). Hugo Riekes, Die philosopbische Wurzel des Marxismus , in Zeitschrift fur die gesamte Staatswissenschajt , anno 62, 1906, n. 3, pp. 407-432: lavoro interessante di un avversario delle concezioni di Marx, che ne mostra la coerenza filosofica dal punto di vista del mate- rialismo. Benno Erdman, Die philosopbischen Voraussetzungen der ma - terialistischen Geschicbtsauffassung , in Jabrbucb fiir Gesetzgebung , Verwaltung und V olksioirtschaft (Schmollers Jahrbuch), 1907, n. 3, pp. 1-56: formulazione assai utile di alcune tesi fondamentali del mate- rialismo filosofico di Marx e raccolta delle obiezioni correnti avanzate dal punto di vista del kantismo e dell’agnosticismo in generale. R. Stammler (kantiano), Wirtschaft und Rechi nach der materialistischen Geschicbtsauffassung , 2 a ed., Lipsia, 1906. Woltmann (pure kantiano), II materialismo storico , traduzione russa, 1901. Vorlander (idem), Kant e Marx , Pietroburgo, 1909. Cfr. anche la polemica fra A. Bog- danov, V. Bazarov, ecc. (Saggi sulla filosofia del marxismo , Pietroburgo, 1908. A. Bogdanov, La caduta di un grande feticismo , Mosca, 1909, ed altri scritti) V. Ilin ( Materialismo ed empiriocriticismo , Mosca, 1909). Sul problema del materialismo storico e dell’etica: K. Kautsky, L'etica e la concezione materialistica della storia , Pietroburgo, 1906, e nume- rose altre opere di Kautsky. Inoltre, Boudin, Das theoretische System voti K. Marx , Stoccarda, 1909 (L.B. Boudin, Il sistema teorico di K. Marx alla luce della critica moderna , tradotto dall’inglese a cura di V. Zasulic, Pietroburgo, 1908). Hermann Gorter, Der historische Ma- terialìsmuSy 1909. Fra le opere degli avversari del marxismo, indiche- remo: Tugan-Baranovski, I fondamenti teorici del marxismo , Pietrobur- go, 1907. S. Prokopovic, Contributo alla critica di Marx y Pietroburgo, 1901. Hammacher, Das philosophisch-òkonomische System des Mar- xismus (Lipsia, 1910 e7 , 730 pp.; una raccolta di citazioni). W. Som- bart, Il socialismo e il movimento sociale nel XIX secolo , Pietroburgo. Max Adler (kantiano), Kausalitàt und t teleologie (Vienna, 1909 88 , in Marx-Studien) e Marx als Denker . È degno di attenzione il libro delPidealista hegeliano Giovanni Gentile, La filosofia di Marx (Pisa, 1899); l’autore rileva alcuni aspetti importanti della dialettica materialistica di Marx che di solito sfuggono all’attenzione dei kantiani, dei positivisti, ecc. Così pure Levy, Feuer- KARL MARX 77 back , su uno dei principali precursori filosofici di Marx. Un'utile rac- colta di citazioni tratte da una serie di opere di Marx si ha in Cernyscev, Promemoria del marxista , Pietroburgo («Dielo»), 1908. Sulla dot- trina economica di Marx: K. Kautsky,. La dottrina economica di Marx (numerose edizioni russe); dello stesso autore, La questione agraria-. Il programma di Erfurt e numerosi opuscoli; cfr. anche Bernstein, La dottrina economica di Marx. Il terzo libro del « Capitale » ( traduzione russa, 1905); Gabriel Deville, Il capitale (esposizione del primo vo- lume del Capitale ; traduzione russa, 1907). Rappresentante del cosid- detto revisionismo fra i marxisti sulla questione agraria è E. David, Il socialismo e V agricoltura (traduzione russa, Pietroburgo, 1902). Cfr. la critica del revisionismo in V. Uin, La questione agraria , I parte, Pie- troburgo, 1908. Cfr. anche V. Ilin, Lo sviluppo del capitalismo in Rus- sia, 2 a ed., Pietroburgo, 1908; e dello stesso autore, Studi e articoli eco- nomici, Pietroburgo, 1899. V. Ilin, Nuovi dati sulle leggi di sviluppo del capitalismo nell 9 agricoltura, fascicolo I, 1917. Una applicazione delle concezioni di Marx, sebbene con qualche deviazione, ai piu recenti dati sui rapporti agrari in Francia, in Compère-Morel, La question agraire et le socialisme en Trance , Parigi, 1912 (455 pp.). Un ulteriore sviluppo delle concezioni economiche di Marx applicate ai fenomeni piu recenti della vita economica si trova in Hilferding, Il capitale finanziario, Pietro- burgo, 1911 (la correzione di inesattezze sostanziali nelle opinioni del- ittore sulla teoria del valore si trova in Kautsky, Gold , Papier , und Ware — Oro, carta moneta e merci — in Neue Zeit, XXX/ 1, 1912, pp. 837, 886). V. Ilin, L’imperialismo, fase suprema del capitalismo , 1917. P. Maslov si allontana dal marxismo su questioni essenziali nella Questióne agraria (2 volumi) e nella Teoria dello sviluppo dell 9 econo- mia nazionale (Pietroburgo, 1910). Cfr. la critica di alcune di queste deviazioni in Kautsky, nella Neue Zeit, XXIX/ 1, 1911, l’articolo: Mal- tusiane simò e socialismo. Critica della dottrina economica di Marx dal punto di vista del- P« utilità marginale», largamente diffusa fra i professori borghesi: Bohm-Bawerk, Zum Abschluss des Marxschen Systems (Berlino, 1896, in Staatioissenschaftlìchen Arbeiten. Festgabe fiir K. Knies). Ne esiste una traduzione russa: Pietroburgo, 1897, La teoria di Marx e la sua critica . Dello stesso autore, Kapital und Kapitalzìns , 2 a ed., Innsbruck, 1900-1902, 2 volumi (Capitale e profitto , Pietroburgo, 1909). Cfr. inoltre: Riekes, Wert und Tauschwert (1899); von Bortkiewicz, Wert - 78 LENIN rechmtng und Preisrechnung im Marxschen System ( in Archiv fur So- zialwissenschaft , 1906-1907); Leo v. Buch, Uber die Elemente der po- litiscben òkonomie. I. Teit. Die Intensitàt der Arbeit, Wert und Preis der Waren (edito anche in russo). Analisi della critica di Bohm-Bawerk dal punto di vista marxista: Hilferding, Bòhm-Bawerks Marx-Kritik (in Marx-Studien , voi. I, Vienna, 1904), e articoli piu brevi nella Neue Zeit. Sulla questione delle due tendenze principali neirinterpretazione e nello sviluppo del marxismo, la tendenza « revisionista » e quella ra- dicale («ortodossa»), cfr. Ed. Bernstein, Le premesse del socialismo e i compiti della socialdemocrazia (edizione originale tedesca, Stoccarda, 1899; traduzione russa: Il materialismo storico , Pietroburgo, 1901, e Problemi sociali , Mosca, 1901); cfr. anche, dello stesso autore, Saggi di storia e teoria del socialismo , Pietroburgo, 1902. Risposta di K. Kautsky, Bernstein e il programma socialdemocratico (edizione originale tede- sca, Stoccarda, 1899. Traduzione russa: 4 edizioni, 1905-1906). Della letteratura marxista francese citiamo: Jules Guesde, Quatre ans de lutte des classes. E n gardeì e Ouestions d’hier et d’aujourd'hui (Parigi, 1911); P. Lafargue, Le déterminisme éconornique. La méthode historique de K. Marx (Parigi, 1909). Ant. Pannekoek, Ztoei Tendenze n in der Ar - beiter-Beivegung. Sulla teoria marxista dell* accumulazione del capitale, una nuova opera di Rosa Luxemburg, Die Akkumulation des Kapitals (Berlino, 1913), e l’analisi della sua errata interpretazione della teoria di Marx in Otto Bauer, Die Akkumulation des Kapitals (Neue Zeit , XXXI/ 1, 1913, pp. 831, 862); Eckstein nel Vorwàrts , 1913; e Pannekoek nella Bremer Biìrger-Zeitung , 1913. Dalla vecchia letteratura russa su Marx: B. Cicerin, I socialisti te- deschi nella Raccolta di scienze politiche di Bezobrazov, Pietroburgo, 1888, e Storia delle dottrine politiche , parte V, Mosca, 1902, p. 156. Risposta di Sieber, Gli economisti tedeschi attraverso gli occhiali del signor Cicerin nelle Opere , voi II, Pietroburgo, 1900. L. Slonimski, La dottrina economica di K. Marx , Pietroburgo, 1898. N. Sieber, David Ricardo e K. Marx nei loro studi economico - sociali , Pietroburgo, 1885; e Opere , 2 volumi, Pietroburgo, 1900. Recensione del Capitale di I. Kaufman (I.K.-n) nel Viestnik Jevropy , 1872, n. 5; notevole perché Marx, nella prefazione alla seconda edizione del Capitale y ha citato gli KARL MARX 79 argomenti di I. K-n, ritenendoli una giusta esposizione del suo metodo materialistico-dialettico. I populisti russi sul marxismo: N.K. Mikhailovski nel Russkoie Bogatstvo, 1894, n. 10; 1895, nn. 1 e 2 (ristampato nelle sue Opere), a proposito delle Note critiche di P. Struve (Pietroburgo, 1894); le quali sono state analizzate dal punto di vista marxista da K. Tulin (V. Ilin) in Materiali per una caratterizzazione del nostro sviluppo eco- nomico (Pietroburgo, 1895, distrutto dalla censura), ristampato in V. Ilin, In dodici anni , Pietroburgo, 1908. Inoltre, dalla letteratura populista: V.V. Le nostre tendenze , Pietroburgo, 1892. Dello stesso au- tore, Dagli anni settanta al 1900 , Pietroburgo, 1907. Nikolai-on, Saggi sulla nostra economia dopo la riforma , Pietroburgo, 1893. V. Cemov, Il marxismo e la questione agraria , Pietroburgo, 1906. Dello stesso au- tore, Studi filosofici e sociologici , Pietroburgo, 1907. Oltre i populisti, indichiamo ancora: N. Kareev, Studi vecchi e nuovi sul materialismo storico , Pietroburgo, 1896; 2 a ed. 1913 col ti- tolo: Critica del materialismo economico. Masarik, Le basi filosofiche e sociologiche del marxismo , Mosca, 1900. Croce, Il materialismo sto- rico e V economia marxista , Pietroburgo, 1902. Per un’esatta valutazione delle concezioni di Marx bisogna assolu- tamente prendere conoscenza delle opere del suo piu prossimo com- pagno e collaboratore, Friedrich Engels. Non si può capire il marxismo né farne un’esposizione completa senza tener conto di tutte le opere di Engels. Per la critica di Marx dal punto di vista dell’anarchismo confronta V. Cerkezov, Dottrine del marxismo , Pietroburgo, 1905, II parte; W. Tucker, Invece di un libro , Mosca, 1907. Il sindacalista Sorel, Studi sociali di economia moderna , Mosca, 1908. UNA VOCE TEDESCA SULLA GUERRA « ...In una notte l’aspetto del mondo è cambiato... ciascuno scarica la colpa sul vicino. Ciascuno è l’aggredito che agisce soltanto per legittima difesa. Tutti difendono, vedete un po’, soltanto i loro beni piu sacri, il foco- lare, la patria... L’orgoglio nazionale e la sete di dominio nazionale hanno trionfato... Perfino la grande, internazionale classe operaia,,, obbedisce al- l’ordine della nazione e si stermina reciprocamente sui campi di battaglia... La nostra civiltà ha fatto fallimento... Scrittori di fama europea non si vergo- gnano di comportarsi da sciovinisti furiosi e accecati... Abbiamo troppo creduto che la follia imperialistica potesse essere imbrigliata dalla paura della rovina economica... Abbiamo davanti a noi la pura lotta imperiali- stica per l’egemonia sulla terra. E nessuna traccia, in nessun posto, di grandi idee, tranne, forse, quella dell’abbattimento del minotauro russo... dello zar e dei suoi granduchi, che hanno consegnato al boia gli uomini migliori del loro paese... Ma non vediamo forse.,, la nobile Francia, rappresentante di tutte le tradizioni di libertà, divenuta alleata dello zar-boia? la Germania leale... venir meno alla sua parola e invadere l’infelice Belgio* neutrale?... Come andrà a finire? Se la miseria diventerà troppo grande, se la dispera- zione prenderà il sopravvento, se il fratello riconoscerà il fratello nella divisa nemica, forse accadranno ancora fatti del tutto inattesi, forse le armi si rivol- geranno contro coloro che incitano alla guerra, forse i popoli, ai quali è stato imposto l’odio, lo dimenticheranno, unendosi d’un tratto. Non vo- gliamo far profezie, ma se la guerra europea ci avvicinerà di un passo alla repubblica sociale europea; questa guerra non sarà poi stata tanto insen- sata quanto adesso pare. » DÌ chi è questa voce? Forse di un socialdemocratico tedesco? Ma via! Essi son diventati ora, con Kautsky alla testa, dei « poveri chiacchieroni controrivoluzionari » 89 , come Marx chiamava quei social- democratici tedeschi che, subito dopo la promulgazione della legge contro i socialisti, si comportavano « alla moda di oggi », come fanno Haase, Kautsky, Siidekum e soci. 82 LENIN No, la nostra citazione è presa da una rivista di democratici cri- stiani piccolo-borghesi, pubblicata a Zurigo da un gruppo di bravi preti (Nette Wege , Bldtter fiir religiose Arbeit y settembre 1914). Ecco a quale vergogna siamo giunti: dei filistei che credono in dio arrivano a dire che non sarebbe male rivolgere le armi contro « coloro che incitano alla guerra », mentre dei socialdemocratici « autorevoli » come Kautskv difendono « scientificamente » il piu spregevole sciovinismo o, come Plekhanov, dichiarano perniciosa « utopia » la propaganda della guerra civile contro la borghesia!! Si, se simili « socialdemocratici » sono in maggioranza e vogliono rappresentare 1*« Internazionale » ufficiale ( cioè l’associazione per la giustificazione internazionale dello sciovinismo nazionale), non è forse meglio rinunziare al nome di « socialdemocratici », che essi hanno spor- cato e avvilito, e tornare al vecchio nome marxista di comunisti? Kaut- sky minacciò di farlo quando gli opportunisti bernsteiniani sembravano prossimi alla conquista ufficiale del partito tedesco. Ciò che sulla sua bocca era una vuota minaccia, diventerà, forse, una realtà per altri. Sotsial’Demokrat , n. 34. 5 dicembre 1914. SCIOVINISMO MORTO E SOCIALISMO VIVO (Come ricostituire l’Internazionale?) Per Ja socialdemocrazia della Russia, perfino un po' più che per quella di tutto il mondo, la socialdemocrazia tedesca è stata nel corso degli ultimi decenni un modello. Si capisce quindi che non si può pren- dere posizione consapevolmente, cioè criticamente, o nei confronti del socialpatriottismo, o sciovinismo « socialista », oggi dominante, se non si chiarisce fino in fondo il proprio atteggiamento verso la socialdemo- crazia tedesca. Che cosa è stata? Che cos'è? Che cosa sarà? Alla prima domanda può dare risposta l'opuscolo di Kautsky, pub- blicato nel 1909 e tradotto in molte lingue europee. La via del potere , che è la più completa, e la più favorevole per i socialdemocratici tedeschi (nel senso delle speranze che essi davano), esposizione di idee sui compiti della nostra epoca, dovuta alla penna del più autorevole scrittore della II Internazionale. Ricordare un po' più particolareggia- tamente quest'opuscolo sarà tanto più utile quanto più spesso, oggi, si respingono vergognosamente le «parole dimenticate». La socialdemocrazia è un «partito rivoluzionario» (prima frase delLopuscolo ) non solo come è rivoluzionaria la macchina a vapore, ma « anche in un altro senso >>. Essa tende alla conquista del potere politico da parte del proletariato, alla dittatura del proletariato. Co- prendo di sarcasmi « coloro che dubitano della rivoluzione », Kautsky scriveva; « S'intende, in ogni movimento importante e in ogni insur- rezione dobbiamo tener conto della possibilità della sconfitta. Prima della lotta solo un imbecille può ritenersi assolutamente sicuro della vittoria ». Ma sarebbe un « vero tradimento della nostra causa » ri- fiutare di tener conto della possibilità della vittoria. Una rivoluzione dovuta alla guerra può avvenire sia durante che dopo di essa. Non si può determinare quando precisamente ['acutizzarsi delle contraddizioni 84 LENIN di classe porterà alla rivoluzione, ma « posso affermare con assoluta certezza che una rivoluzione apportata dalla guerra scoppierà o durante la guerra o subito dopo »: non c’è niente di piu banale della teoria del « pacifico sviluppo fino al socialismo ». « Niente è più errato dell’opi- nione secondo la quale la conoscenza della necessità economica segne- rebbe un indebolimento della volontà. » « La volontà, come desiderio di lotta, è determinata: 1) dal prezzo della lotta; 2) dal sentimento della forza e 3) dalla forza effettiva. » Quando si cercò d’interpretare in senso opportunistico (tra Labro nel Vorwàrts) la famosa introduzione di Engels alle Lotte di classe in Francia , Engels s’indignò e definì « ver- gognoso » che egli « facesse la figura del pacificò adoratore della lega- lità a tutti i costi ». « Abbiamo tutte le ragioni di credere che siamo ormai entrati in un periodo di lotte per il potere statale »; queste lotte possono durare decenni, noi non lo sappiamo, ma « con ogni probabilità nell’Europa occidentale produrranno, già in un prossimo futuro, un considerevole spostamento di potere a favore del proletariato, se non il suo dominio esclùsivo ». Gli elementi rivoluzionari aumentano: nel 1895 su 10 milioni di elettori tedeschi c’erano 6 milioni di proletari e 3 milioni e mezzo di persone interessate al mantenimento della pro- prietà privata. Nel 1907 il numero di questi ultimi era aumentato di 0,03 milioni, e quello dei primi di 1,6 milioni! E il « ritmo del movi- mento in avanti diventa d’un tratto assai rapido, quando giunge un’epo- ca di fermento rivoluzionario ». Le contraddizioni di classe non si atte- nuano, ma si acutizzano, il costo della vita aumenta, infuriano la con- correnza imperialistica e il militarismo. Si avvicina una « nuova èra di rivoluzioni ». Il pazzesco aumento delle imposte « avrebbe già da tempo portato alla guerra,, come sola alternativa alla rivoluzione... se proprio questa alternativa, la rivoluzione, non fosse ancora più vicina con la guerra che non con la pace armata ». « La minaccia della guerra mondiale si avvicina; e la guerra significa anche la rivoluzione. » Nel 1891 Engels poteva ancora temere una rivoluzione prematura in Ger- mania, ma da allora « la situazione è fortemente cambiata ». Il prole- tariato « non può più parlare di una rivoluzione prematura » ( il corsivo è di Kautsky). La piccola borghesia non dà affatto affidamento ed è sempre più ostile al proletariato, ma in un’epoca di crisi « può passare in massa dalla nostra parte». L’essenziale è che la socialdemocrazia « resti incrollabile, conseguente, intransigente ». È indubbio che siamo entrati in un periodo rivoluzionario. SCIOVINISMO MORTO E SOCIALISMO VIVO 85 Ecco che cosa scriveva Kautsky in tempi lontanissimi, ben cinque anni fa. Ecco che cos’era, o meglio che cosa prometteva di essere la socialdemocrazia tedesca. Ecco quale socialdemocrazia si poteva e si doveva rispettare. Guardate che cosa scrive adesso questo stesso Kautsky. Ecco i passi più importanti del suo articolo La socialdemocrazia nella guerra {Neue Zeity n. 1, 2 ottobre 1914); «Il nostro partito ha discusso assai più raramente come comportarsi durante la guerra, che come im- pedire la guerra... ». « Un governo non è mai cosi forte, i partiti non sono mai cosi deboli come all’inizio di una guerra. » « Il tempo di guerra è il meno favorevole per la calma discussione. » « La questione pratica è ora questa: la vittoria o la sconfitta del proprio paese. » Un accordo fra i partiti dei paesi belligeranti sulPazione contro la guerra? « Prati- camente niente di simile è mai stato sperimentato. Noi ne abbiamo sem- pre contestato la possibilità... » Il dissenso fra socialisti francesi e te- deschi « non è di principio » (gli uni e gli altri difendono la patria)... « I socialdemocratici di tutti i paesi hanno lo stesso diritto o lo stesso dovere di partecipare alla difesa della patria: nessuna nazione deve rimproverare un’altra per questo...» «L’Internazionale ha fatto falli- mento? » Il partito ha « rinunziato alla difesa diretta dei suoi principi di partito durante la guerra»? (Parole di Mehring nello stesso nu- mero.) Opinione errata... Tale pessimismo è del tutto infondato... Il dissenso non è di principio... L’unità dei principi rimane... L’insubordi- nazione alle leggi del tempo di guerra porterebbe « semplicemente alla proibizione della nostra stampa ». L’obbedienza a queste leggi « signi- fica tanto poco rinunzia alla difesa dei princìpi del partito, quanto lo significava l’attività della nostra stampa di partito sotto la spada di Damocle delle leggi eccezionali contro i socialisti ». Abbiamo riportato volutamente citazioni testuali, perché non è facile credere che si possano scrivere cose simili. Non è facile trovare nella nostra letteratura ( tranne forse la « letteratura » dei rinnegati dichiarati) tanta banalità soddisfatta di sé, una così vergognosa... elu- sione della verità, tanti vergognosi sotterfugi per nascondere il rinne- gamento più palese del socialismo in generale e di precise risoluzioni internazionali, approvate alPunanimità (per esempio a Stoccarda e so- prattutto a Basilea) proprio in previsione di una guerra europea, esatta- mente con i caratteri di quella attuale! Sarebbe mancanza di rispetto per il lettore se prendessimo « sul serio » gli argomenti di Kautsky e 86 LENIN ne tentassimo ufi’« analisi »; perché, se la guerra europea non ha molta somiglianza con un semplice « piccolo » pogrom antisemitico, gli argo- menti « socialisti » in difesa della partecipazione a questa guerra sono assolutamente simili agli argomenti « democratici » in difesa della par- tecipazione ai pogrom. Gli argomenti in difesa dei pogrom non si ana- lizzano: si additano soltanto per mettere i loro autori alla gogna da- vanti a tutti gli operai coscienti. Ma come è potuto accadere, chiederà il lettore, che la massima autorità della II Internazionale, lo scrittore che difendeva le opinioni esposte airinizio dell’articolo, sia sceso « più in basso di un rinne- gato »? Questo è incomprensibile, rispondiamo, solo per chi ritenga — forse inconsapevolmente — che in sostanza non sia successo niente di particolare, che non sia difficile « riconciliarsi e dimenticare », ecc., e questo è precisamente il punto di vista dei rinnegati. Ma chi ha pro- fessato seriamente e sinceramente le idee ■ socialite e ha condiviso le opinioni espresse alPinizio dell’articolo, non si stupirà che « il V orwarts sia morto » (espressione di L, Martov nel Golos di Parigi) e che anche Kautsky sia « morto ». Il crollo di singole persone non è una stranezza in un’epoca di grandi sconvolgimenti mondiali. Kautsky, nonostante i suoi immensi meriti, non è mai stato di quelli che, durante le grandi crisi, hanno subito assunto una combattiva posizione marxista (ricor- diamo le sue esitazioni a proposito del millerandismo 90 ). Ora stiamo attraversando precisamente una di queste epoche. « Per favore, sparate per primi, signori borghesi! », scriveva nel 1891 Engels, difendendo (del tutto giustamente) l'utilizzazione, da parte di noi rivo- luzionari, della legalità borghese nell’epoca del cosiddetto sviluppo paci- fico costituzionale. Il pensiero di Engels era assolutamente chiaro: noi operai coscienti spareremo per secondi; oggi è per noi più vantaggioso, per passare dalla scheda elettorale alle « fucilate » (cioè alla guerra civile), utilizzare il momento in cui la borghesia stessa violerà quella base legale che essa ha creato. E Kautsky esprimeva nel 1909 Popinione indiscussa di tutti i socialdemocratici rivoluzionari quando diceva che ora non vi può essere in Europa una rivoluzione prematura e che la guerra significa la rivoluzione. Ma l’epoca « pacifica » durata decenni non è passata senza lasciar traccia: essa ha generato inevitabilmente l’opportunismo in tutti i paesi, assicurandogli la supremazia fra i « capi » parlamentari, sindacali, dei giornali, ecc. Non c'è paese in Europa in cui non vi sia stata, in una SCIOVINISMO MORTO E SOCIALISMO VIVO 87 forma o nell’altra, una lunga e ostinata lotta contro l’opportunismo che tutta la borghesia appoggiava in mille modi per corrompere e inde- bolire il proletariato rivoluzionario. Lo stesso Kautsky scriveva quin- dici anni fa, all’inizio del « bernsteinismo » 91 che, se l’opportunismo si fosse trasformato da stato d’animo in corrente, la scissione si sarebbe posta all’ordine del giorno. E da noi, in Russia, la vecchia Iskra , che ha creato il partito socialdemocratico della classe operaia, scriveva nel n. 2, all’inizio del 1901, nell’articolo Sulla soglia del XX secolo , che la classe rivoluzionaria del XX secolo ha la sua Montagna e la sua Gironda (come la classe rivoluzionaria del XVIII secolo, la borghesia). La guerra europea denota una grandissima crisi storica, l’inizio di una nuova epoca. Come ogni crisi, la guerra ha esacerbato le contraddi- zioni nascoste nel fondo e le ha portate alla superficie, lacerando tutti i veli ipocriti, gettando a mare tutte le convenzioni, distruggendo le autorità putrefatte o in via di putrefazione. (In questo, sia detto fra parentesi, sta l’azione benefica e progressiva di tutte le crisi, incompren- sibile solo agli ottusi seguaci dell’« evoluzione pacifica».) La II In- ternazionale che è riuscita in 25 o 45 anni (secondo che si conti dal 1870 o dal 1889) a compiere un lavoro estremamente importante e utile di diffusione del socialismo e di organizzazione preparatoria, ini- ziale, elementare delle sue forze, ha compiuto la sua funzione storica ed è morta, vinta non tanto dai von Kluck, quanto dall’opportunismo. Lasciamo ora che i morti seppelliscano i morti. Lasciamo che i vacui intriganti (se non gli intriganti lacchè degli sciovinisti e degli opportu- nisti) «si affatichino» ora a ravvicinare Vandervelde e Sembat con Kautsky e Haase, come se ci trovassimo di fronte a Ivan Ivanyc che ha dato del « papero » a Ivan Nikiforyc 92 , e che ha bisogno di un’amiche- vole « spintarella » per riconciliarsi con ravversario. L’Internazionale non esiste per sedersi intorno a una stessa tavola per scrivere una riso- luzione ipocrita e lambiccata di gente per la quale è autentico interna- zionalismo il fatto che i socialisti tedeschi giustifichino l’appello della borghesia tedesca a sparare contro gli operai francesi, e che i socialisti francesi giustifichino l’appello della loro borghesia a sparare contro i tedeschi « in nome della difesa della patria »!!! L’Internazionale esiste per ravvicinare (dapprima ideologicamente, e poi, a suo tempo, anche organizzativamente) gli uomini capaci, nei nostri difficili giorni, di difendere l’internazionalismo socialista coi fatti, cioè di raccogliere le loro forze e di « sparare per secondi » contro i governi e le classi diri- 88 LENIN genti, ciascuno nella propria « patria ». È un’opera non facile, che ri- chiede una grande preparazione, grandi sacrifici, e che non potrà essere compiuta senza sconfitte. Ma proprio perché l’opera non è facile, biso- gna intraprenderla solo con coloro che vogliono attuarla, senza temere di rompere completamente con gli sciovinisti e coi difensori del social- sciovinismo. Fanno piu di tutti per una vera, e non ipocrita, ricostituzione di una Internazionale socialista, e non sciovinista, uomini come Pannekoek, il quale ha scritto neirarticolo II fallimento della Internazionale : « Se i capi si riuniscono e cercano di mettere una toppa alle divergenze, questo non avrà alcun significato ». Diciamo apertamente come stanno le cose: in ogni modo la guerra ci costringerà a farlo se non domani, dopodomani. Ci sono tre correnti nel socialismo internazionale: 1 ) gli sciovinisti che attuano conseguen- temente una politica opportunista; 2) i nemici conseguenti dell’oppor- tunismo che incominciano già a palesarsi in tutti i paesi (per lo più gli opportunisti li hanno battuti, ma « gli eserciti sconfitti imparano bene ») e che sono capaci di compiere un lavoro rivoluzionario orientato verso la guerra civile; 3) i confusi e gli esitanti che ora vanno al rimor- chio degli opportunisti e che danneggiano più di tutto il proletariato con i loro tentativi ipocriti di giustificare l’opportunismo in modo pseudo- scientifico e marxista (non si scherza!). Una parte di coloro che stanno naufragando, in questa terza corrente, può essere salvata e resa al so- cialismo, ma solo con una politica di netta rottura e scissione con la prima corrente, con tutti coloro che sono capaci di approvare il voto dei crediti di guerra, la « difesa della patria », la « sottomissione alle leggi del tempo di guerra», il rispetto della legalità, il rifiuto della guerra civile. Solo coloro che seguono questa politica costruiscono effettiva- mente l’Internazionale socialista. Noi, da parte nostra, avendo stabilito contatti con l’ufficio russo del Comitato centrale e con gli elementi dirigenti del movimento operaio di Pietroburgo, dopo aver avuto con loro uno scambio di idee ed esserci convinti di essere d’accordo sulle questioni fondamentali, possiamo dichiarare a nome del nostro partito, come redazione del suo organo centrale, che solo il lavoro condotto in questa direzione è un lavoro di partito e. socialdemocratico. La scissione della socialdemocrazia tedesca è una idea che, per il suo carattere « insolito », sembra spaventare oltremodo molta gente. Ma. la situazione oggettiva ci garantisce che o questo fatto insolito ac- SCIOVINISMO MORTO E SOCIALISMO VIVO 89 cadrà (Adler e Kautsky hanno ben dichiarato all’ultima riunione dell’Uf- ficio internazionale socialista 93 , nel luglio del 1914, che essi non cre- devano ai miracoli e perciò non credevano alla guerra europea!), op- pure saremo testimoni della penosa putrefazione di quella che una volta è stata la socialdemocrazia tedesca. A coloro che sono troppo abituati a «credere» alla (ex) socialdemocrazia tedesca, ricorderemo soltanto, per concludere, come uomini che per molti anni sono stati nostri avver- sari su tutta una serie di questioni, si avvicinino all'idea di una tale scissione; come L. Martov abbia scritto nel Golosi «Il Vonu'àrts è. morto »; « la socialdemocrazia, quando ha dichiarato di. rinunziare alla lotta di classe, avrebbe fatto meglio a riconoscere apertamente i fatti, a sciogliere temporaneamente la sua organizzazione, a sopprimere i . suoi organi di stampa »; come Plekhanov, secondo il resocónto del Golos , abbia detto in una conferenza: « Io sono un grande avversario della scissione, ma se per l’unità dell’organizzazione si sacrificano i princìpi, allora è meglio la scissione che un’unità fittizia ». Plekhanov ha detto questo a proposito dei radicali tedeschi: egli vede il fuscello negli occhi dei tedeschi e non vede la trave nei suoi. Questa è una sua caratteri- stica individuale, alla quale noi tutti ci siamo anche troppo abituati ne- gli ultimi dieci anni di radicalismo plekhanoviano nella teoria e di opportunismo nella pratica. Ma se perfino uomini con tali... caratteri- stiche individuali si mettono a parlare di scissione fra i tedeschi, allora si tratta proprio di un segno dei tempi. Sotsial-Demokrat , n. 35, 12 dicembre 1914. DELLA FIEREZZA NAZIONALE DEI GRANDI-RUSSI Quanto si parla, si discute e si grida oggi a proposito di nazionalità c di patria! I ministri liberali e radicali inglesi, una moltitudine di pub- blicisti «progressivi» francesi (che, a quanto risulta sono perfetta- mente d’accordo con i pubblicisti della reazione), una turba di scribac- chini ufficiali, cadetti e progressisti russi (e perfino alcuni populisti e «marxisti»): tutti esaltano in mille modi la libertà e l’indipendenza della « patria », la grandezza del principio dell’indipendenza nazionale, Non si riesce a distinguere dove finisca il panegirista venale del boia Nicola Romanov o dei carnefici dei negri e degli abitanti dell’India, e dove cominci il volgare filisteo, che segue « la corrente » per ottusità o per mancanza di carattere. Del resto poco importa saperlo. Ci tro- viamo dinanzi a una corrente ideologica larga e molto profonda, le cui origini sono in stretto rapporto con gli interessi dei signori proprie- tari fondiari e capitalisti delle nazioni dominanti. Per la propaganda delle idee utili a queste classi si spendono ogni anno decine e centinaia di milioni: il mulino è grande, riceve acqua da ogni parte, cominciando da Menscikov, lo sciovinista convinto, per finire con gli sciovinisti per opportunismo o per mancanza di carattere, Plekhanov e Maslov, Ruba- novic e Smirnov, Kropotkin e Burtsev. Proviamo dunque anche noi, socialdemocratici grandi-russi, a defi- nire il nostro atteggiamento nei confronti di questa corrente ideologica. Per noi, rappresentanti della nazione dominante dell’estremo oriente dell’Europa e di buona parte dell’Asia, sarebbe sconveniente dimenticare l’enorme importanza della questione nazionale, soprattutto in un paese che giustamente viene chiamato « prigione di popoli », in un momento in cui nelFestremo oriente dell’Europa e in Asia il capitalismo risve- glia alla vita e alla coscienza mólte nazioni « nuove », piccole e grandi; DELLA FIEREZZA NAZIONALE DEI GRANDI-RUSSI 91 in un momento in cui la monarchia degli zar ha chiamato sotto le armi milioni di grandi-russi e di « allogeni » per « risolvere » varie questioni nazionali secondo gli interessi del Consiglio della nobiltà unificata 94 e dei Guckov, dei Krestovnikov, dei Dolgorukov, dei Kutler, e dei Rodicev. Siamo noi, proletari grandi-russi coscienti, estranei alla fierezza nazionale? No di certo! Noi amiamo la nostra lingua e la nostra patria. Noi lavoriamo soprattutto per elevare le masse lavoratrici della nostra patria (cioè i nove decimi della sua popolazione) alla vita cosciente di democratici e di socialisti. Per noi è particolarmente penoso vedere e sentire a quali violenze, a quale oppressione, a quali umiliazioni è sottoposta la nostra bella patria da parte dei carnefici dello zar, dei nobili e dei capitalisti. Noi siamo fieri del fatto che queste violenze abbiano suscitato resistenza nel nostro ambiente, tra i grandi-russi; siamo fieri che da questo ambiente siano usciti i Radistcev, i deca- bristi 05 , i rivoluzionari raznocintsy degli anni settanta, che la classe operaia grande-russa abbia costituito; nel 1905, un possente partito ri- voluzionario di massa e che il mugik grande-russo abbia cominciato, verso la stessa epoca, a diventare un democratico, ad abbattere il pope e il grande proprietario fondiario. Noi ricordiamo che mezzo secolo fa il democratico grande-russo Cernyscevski, che consacrò la sua vita alla causa della rivoluzione, diceva: « Nazione miserabile, nazione di schiavi, dall’alto in basso, tutti schiavi » B6 . Gli schiavi grandi-russi (schiavi nei confronti della monarchia zarista), aperti o mascherati, non amano ri- cordare queste parole. E secondo noi questo era il linguaggio del vero amor di patria, di un amore che soffre della mancanza di spirito rivo- luzionario tra le masse della popolazione grande-russa. Questo spirito non esisteva allora. Oggi è ancora debole, ma esiste. Noi siamo pervasi da un sentimento di fierezza nazionale: la nazione grande-russa ha an - cb'essa creato una classe rivoluzionaria, ha anctiessa dimostrato di saper dare all’umanità dei grandi esempi di lotta per la libertà e per il socia- lismo, e non soltanto grandi pogrom, file di forche, camere di tortura, grandi carestie e un grande servilismo dinanzi ai pope, agli zar, ai grandi proprietari fondiari e ai capitalisti. Noi siamo pervasi da un sentimento di fierezza nazionale. Ed è proprio per questo che odiamo particolarmente il nostro passato di schiavitù (l’epoca in cui i grandi proprietari fondiari conducevano i mugik alla guerra per soffocare la libertà deirUngheria, della Polonia, 92 LENIN della Persia, della Cina) e il nostro presente di schiavi, in cui questi stessi grandi proprietari fondiari, secondati dai capitalisti, ci conducono alla guerra per schiacciare la Polonia e l'Ucraina, per soffocare il movi- mento democratico in Persia e in Cina, per accrescere la potenza della banda dei Romanov, dei Bobrinski, dei Purisckevic, che disonora la nostra dignità nazionale di grandi-russi. Nessuno è colpevole di essere nato schiavo. Ma lo schiavo al quale non solo sono estranee le aspira- zioni alla libertà, ma che giustifica e dipinge a colori rosei la sua schia- vitù (che chiama, per esempio, « difesa della patria » dei grandi-russi lo strangolamento della Polonia e dell’Ucraina), un tale schiavo è un lacchè e un bruto che desta un senso legittimo di sdegno, di disprezzo e di disgusto. «Un popolo che opprime altri popoli non può emancipare se stesso », dicevano Marx ed Engels, i piu grandi rappresentanti della de- mocrazia conseguente del secolo XIX, divenuti gli educatori del prole- tariato rivoluzionario. E noi, operai grandi-russi, pervasi da un senso di fierezzo nazionale, vogliamo ad ogni costo una Grande-Russia libera e indipendente, autonoma, democratica, repubblicana, una Grande-Rus- sia fiera, che stabilisca coi suoi vicini relazioni basate sul principio umano dell’uguaglianza, e non sul principio feudale dei privilegi, umi- liante per una grande nazione. E appunto perché la vogliamo tale, noi diciamo: non si può, nel XX secolo, in Europa ( anche se neirestremo oriente d'Europa), «difendere la patria» se non mettendo in opera tutti i mezzi rivoluzionari contro la monarchia, i grandi proprietari fon- diari e i capitalisti della propria patria, cioè contro i peggiori nemici del nostro paese. I grandi-russi non possono « difendere la patria » se non augurandosi in ogni guerra la disfatta dello zarismo, come minor male per i nove decimi della popolazione della Grande-Russia. Poiché lo zarismo non solo opprime economicamente e politicamente questi nove decimi della popolazione, ma li demoralizza, umilia, disonora, prostitui- sce, abituandoli ad opprimere altri popoli, abituandoli a celare il loro obbrobrio sotto una retorica ipocrita, falsamente patriottica. Ci si obietterà forse che, oltre lo zarismo e sotto la sua ala, è sorta e si è già affermata un'altra forza storica, il capitalismo grande-russo, che compie un'opera progressiva centralizzando e cementando economi- camente vaste regioni. Ma questa obiezione, lungi dal giustificare, ac- cusa ancor piu i nostri socialisti sciovinisti, che bisognerebbe chiamare; DELLA FIEREZZA NAZIONALE DEI GRANDI-RUSSI 93 socialisti zaristi di Purisckevic 87 (come Marx chiamava i lassalliani: regi socialisti prussiani). Ammettiamo persino che la storia dia ragione al capitalismo imperialista grande-russo contro cento e una piccole na- zioni. Questo non è impossibile, poiché tutta la storia del capitale è fatta di violenza e di rapine, è una storia scritta col sangue e col fango. Del resto noi non siamo affatto partigiani assoluti delle piccole nazioni. Noi siamo indiscutibilmente, a parità di tutte le altre condizioni , per la centralizzazione, contro l’ideale piccolo-borghese dei rapporti federativi. Tuttavia, anche in questo caso, non è affar nostro, non è affare dei democratici — senza parlare dei socialisti — aiutare i Romanov-Bo- brinski-Pu ri selce vie a schiacciare l’Ucraina, ecc. Bismarck ha compiuto, a modo suo, coi suoi metodi junkeriani, un’opera storica progressiva: ma sarebbe stato un bel « marxista » colui al quale fosse perciò venuto in mente di giustificare un aiuto dei socialisti a Bismarck! E Bismarck, inoltre, contribuì allo sviluppo economico unificando i tedeschi dispersi e oppressi da altri popoli. La prosperità economica ed il rapido sviluppo della Grande-Russia esigono invece che essa si liberi dalla violenza eser- citata dai grandi-russi sugli altri popoli. I nostri ammiratori dei Bi- smarck in sedicesimo « autenticamente russi » dimenticano questa dif- ferenza. In secondo luogo, se la storia decide la questione a favore del capitalismo imperialista grande-russo, ne risulterà che i compiti socia- listi del proletariato grande-russo, forza motrice principale della rivo- luzione comunista generata dal capitalismo, saranno molto piu grandi. Ora, per la rivoluzione proletaria è necessaria una lunga opera di edu- cazione degli operai nello spirito della più completa eguaglianza e fra- tellanza nazionale. Dal punto di vista, quindi, degli interessi del prole- tariato grande-russo s’impone una lunga opera di educazione delle masse nel senso della rivendicazione piu energica, più conseguente, più corag- giosa, più rivoluzionaria dell’eguaglianza completa delle nazionalità e dei-diritto aH’autodecisione di tutte le nazioni oppresse dai grandi-russi. La soddisfazione della giusta fierezza nazionale dei grandi-russi (non intesa in senso servile) coincide con l’interesse socialista dei proletari grandi-russi (e di tutti gli altri). Marx rimane il nostro modello. Dopo aver vissuto decine d’anni in Inghilterra, divenuto a metà inglese, Marx rivendicava la libertà e l’indipendenza nazionale dell’Irlanda, in nome degli interessi del movimento socialista degli operai inglesi. 94 LENIN In quanto ai socialisti sciovinisti nostrani, Plekhanov, ecc. ecc., essi si riveleranno, nell'ipotesi da noi ultimamente esaminata, dei tradi- tori non solo della loro patria, la Grande-Russia libera e democratica, ma anche dei traditori della fratellanza proletaria di tutti i popoli della Russia, cioè della causa del socialismo. Sotsial-Demokrat , n. 35, 12 dicembre 1914. E ADESSO? (Sui compiti dei partiti operai nei confronti dell' opportunismo e del socialsciovinismo) L’immensa crisi 'provocata dalla guerra mondiale nel socialismo eu- ropeo, ha generato dapprima (come accade nei periodi di grande crisi) un immenso smarrimento, poi ha suscitato una serie di nuovi schiera- menti fra i rappresentanti di diverse tendenze, sfumature e opinioni del movimento socialista, e ha posto infine con particolare acutezza e insi* stenza il problema di quali siano esattamente i mutamenti nei principi della politica socialista che derivano dalla crisi e che la crisi esige. Que- sti tre-« stadi » sono stati attraversati anche dai socialisti della Russia, con particolare evidenza dalPagosto al dicembre 1914. Noi» tutti sap- piamo che inizialmente lo smarrimento fu grande, e che aumentò ancora per le persecuzioni dello zarismo, per il comportamento degli « euro- pei », per lo sconvolgimento della guerra. A Parigi e in Svizzera, dove vi era la maggior parte degli emigrati, dove si avevano più legami con la Russia e più libertà, i mesi di settembre e di ottobre furono il pe- riodo in cui nelle discussioni, nelle conferenze e sui giornali, nuove posizioni si affermarono con la massima ampiezza e completezza sulle questioni sollevate dalla guerra. Si può dire con sicurezza che non vi fu neppure una sfumatura di opinione di una qualsiasi tendenza (e fra- zione) del socialismo (e dello pseudosocialismo) in Russia che non tro- vasse espressione e che non fosse valutata. Tutti sentono che quindi è giunto il momento di formulare conclusioni precise, positive, capaci di servire di base per un’attività pratica sistematica, per la propaganda, l’agitazione, Torganizzazione; la situazione si è definita, tutti hanno espresso il loro parere; cerchiamo dunque infine di capire con chi si va e dove si va. Il 23 novembre, nuovo calendario, il giorno dopo la pubblicazione 96 LENIN a Pietrogrado del comunicato governativo sulParresto del gruppo par- lamentare operaio socialdemocratico russo, al Congresso del partito so- cialdemocratico svedese, a Stoccolma, accadde un incidente che pose definitivamente ed irrevocabilmente alPordine del giorno proprio le due questioni che abbiamo sottolineato 96 . I lettori troveranno qui di se- guito la descrizione di questo incidente, e precisamente la traduzione integrale, secondo il resoconto ufficiale della socialdemocrazia svedese, dei discorsi di Belenin (rappresentante del Comitato centrale) e di La- rin (rappresentante del Comitato d’organizzazione 93 ), e degli interventi sulla questione sollevata da Branting, Per la prima volta dall’inizio della guerra, al congresso dei socia- listi d’un paese neutrale, si sono incontrati un rappresentante del nostro partito, del suo Comitato centrale, e un rappresentante del Comitato d’organizzazione liquidatore. Quali sono stati i tratti distintivi dei loro interventi? Belenin prese una posizione netta sulle questioni gravi, dolorose, e perciò anche di grande importanza del movimento socialista contemporaneo, e, richiamandosi allargano centrale del partito, il Sol- sial'Demokrat , rivolse una decisa dichiarazione di guerra all’opportuni- smo, definì tradimento la condotta dei dirigenti socialdemocratici tede- schi (e di «molti altri»), Larin non prese alcuna posizione e passò completamente sotto silenzio la sostanza della questione, cavandosela con quelle frasi banali, vuote e putride, alle quali sono garantiti gli ap- plausi degli opportunisti e dei socialsciovinisti di tutti i paesi. In com- penso Belenin non disse niente del nostro atteggiamento verso gli altri partiti o gruppi socialdemocratici della Russia: la nostra posizione, insom- ma, è questa, e degli altri gruppi non parliamo, aspettiamo di vedere co- me prenderanno posizione. Larin, invece, spiegò la bandiera dell’« uni- tà », versò una lacrima sui « frutti amari della scissione in Russia », de- scrisse a colori vivaci il lavoro « di unificazione » del Comitato d’organiz- zazione che ha riunito Plekhanov, i caucasiani, i bundisti 10 °, i polacchi e cosi via. Parleremo a parte di ciò che poteva voler dire Larin (cfr, piu avanti la nota: Quale unità ha proclamato Larin?). Adesso c’interessa la questione di principio dell’unità. Dinanzi a noi ci sono due parole d'ordine. Una: guerra agli oppor- tunisti e ai socialsciovinisti, sono traditori. L’altra: unità, in Russia, in particolare con Plekhanov (che, sia detto’ fra parentesi, si comporta E ADESSO? 97 esattamente come Siidekum * fra i tedeschi, Hyndman fra gli inglesi, ecc.). Non è forse chiaro che Larin, avendo paura di chiamare le cose col loro nome, ha in sostanza preso posizione a favore degli opportu- nisti e dei socialsciovinisti? Ma esaminiamo in generale il significato della parola d’ordine del- P« unità » alla luce degli avvenimenti attuali. L'unità è l'arma piu potente del proletariato nella sua lotta per la rivoluzione socialista. Da questa indiscutibile verità deriva altrettanto indiscutibilmente che quan- do nel partito proletario penetrano in gran numero elementi piccolo- borghesi, che possono ostacolare la lotta per la rivoluzione socialista, l’unità con questi elementi è dannosa e nefasta per la causa del prole- tariato. Gli avvenimenti attuali hanno mostrato precisamente che, da un lato, erano maturate le condizioni oggettive di una guerra imperialistica (cioè corrispondente alla fase suprema, ultima del capitalismo) e che, dall'altro lato, i decenni della cosiddetta epoca pacifica hanno accu- mulato in tutti i paesi d'Europa una massa di letame piccolo-borghese, opportunista alV interno dei partiti socialisti. Già da una quindicina d’anni, dall’epoca del famoso « bemsteinismo » in Germania, — e in molti paesi anche prima, — il problema di questo elemento opportuni- sta, estraneo , nei partiti proletari è stato posto all’ordine del giorno e sarà difficile trovare un solo marxista noto che non abbia riconosciuto più volte e in varie occasioni che gli opportunisti in effetti sono un ele- mento non proletario, ostile alla rivoluzione socialista. Non c’è dubbio che questo elemento sociale sia aumentato con particolare rapidità negli ultimi anni: funzionari dei sindacati legali, parlamentari ed altri intellet- tuali comodamente e tranquillamente installati nel movimento di massa legale, alcuni strati di operai meglio retribuiti, piccoli impiegati, ecc. ecc. La guerra ha palesemente mostrato che in un momento di crisi (e l’epoca dell'imperialismo sarà inevitabilmente un’epoca con crisi d’ogni genere) la massa imponente degli opportunisti, appoggiata e, in parte, direttamente orientata dalla borghesia ( il che è particolarmente impor- tante!) passa dalla parte della borghesia, tradisce il socialismo, nuoce alla causa operaia, causa la sua rovina. In ogni crisi la borghesia aiuterà sempre gli opportunisti, cercherà di schiacciare — senza fermarsi da- * L’opuscoletto di Plekhanov Sulla guerra (Parigi, 1914), che abbiamo appena ricevuto, conferma con particolare evidenza quanto abbiamo detto nel testo. Ri- torneremo ancora su quest'opuscolo. 98 LENIN vanti a niente, ricorrendo ai provvedimenti militari più illegali, più cru- deli — la parte rivoluzionaria del proletariato. Gli opportunisti sono nemici borghesi della rivoluzione proletaria, che in tempo di pace com- piono alla chetichella la loro opera borghese installandosi nei partiti operai, ma nei periodi di crisi si rivelano subito alleati dichiarati di tutta la borghesia unita: dai conservatori ai borghesi più radicali e democratici, dai liberi pensatori ai borghesi religiosi e clericali. Chi non ha compreso questa verità dopo gli avvenimenti che abbiamo vis- suto, inganna irrimediabilmente se stesso e gli operai. In queste circo- stanze le diserzioni individuali sono inevitabili, ma bisogna ricordare che la loro portata è determinata dall'esistenza di uno strato e di una corrente di opportunisti piccolo-borghesi. I socialsciovinisti Hyndman, Vandervelde, Guesde, Plekhanov, Kautsky non avrebbero alcuna impor- tanza se i loro discorsi banali e senza nerbo in difesa del patriottismo borghese non fossero ripresi da interi strati sociali di opportunisti e da nugoli di giornali borghesi e di politici borghesi. Il tipo di partito socialista del periodo della II Intemazionale era quello di un partito che tollerava nelle sue file l’opportunismo, il quale si era andato sempre più rafforzando nei decenni del periodo « paci- fico », ma stava nascosto, si adattava agli operai rivoluzionari appro- priandosi la terminologia marxista, eludendo ogni netta divisione sulla base dei princìpi. Questo tipo è sorpassato. Se la guerra finirà nel 1915, nel 1916 si troveranno forse dei socialisti con la testa sulla spalle che vorranno ricominciare a ricostituire i partiti operai insieme con gli op- portunisti, pur sapendo per esperienza che, in una qualsiasi prossima crisi, essi saranno tutti quanti (oltre, per giunta, tutta la gente senza carattere e disorientata) dalla parte della borghesia, la quale troverà infallibilmente un pretesto per proibire che si parli di odio di classe e di lotta di classe? In Italia il partito era un'eccezione per il periodo della II Interna- zionale: gli opportunisti, con Bissolati alla testa, erano stati allontanati. I risultati durante la crisi furono eccellenti : gli uomini delle diverse tendenze non ingannavano gli operai, non li accecavano coi fiori ruti- lanti della retorica sulP« unità », ma seguivano ognuno la propria strada. Gli opportunisti (e i transfughi del partito operaio, del genere di Mus- solini) si esercitavano nel socialsciovinismo esaltando (come Plekhanov) l’« eroico Belgio » per mascherare la politica dell'Italia non eroica, ma borghese che aspirava al saccheggio dell’Ucraina e della Galizia... Scu- E ADESSO? 99 sate, volevo dire dell’Albania, della Tunisia ecc. ecc. E contro i transfughi i socialisti muovevano guerra alla guerra, preparavano la guerra civile. Noi non idealizziamo affatto il Partito socialista italiano, non garan- tiamo affatto che esso manterrà tutte le sue posizioni nel caso che l’Italia entri in guerra. Non parliamo ora delTavvenire, ma solo del presente di questo partito. E constatiamo il fatto indiscutibile che gli operai della maggior parte dei paesi europei sono stati ingannati dall’unità fittizia degli opportunisti e dei rivoluzionari e che l’Italia è una felice ecce- zione, un paese dove, in questo momento, non c’è un simile inganno. Ciò che, per la II Internazionale, è stata una felice eccezione, deve di- ventare e diventerà una regola per la III Internazionale. Il proletariato sarà sempre — finché esisterà il capitalismo — vicino alla piccola bor- ghesia. Non è intelligente rifiutare in certi casi un’alleanza temporanea con essa, ma Yunità con essa, l’unità con gli opportunisti ora può es- sere sostenuta solo dai nemici del proletariato oppure dagli sconfitti routiniers del periodo trascorso. L’unità della lotta proletaria per la rivoluzione socialista esige ora, dopo il 1914, una separazione assoluta dei partiti operai dai partiti degli opportunisti. Che cosa intendiamo esattamente per ppportunisti, è detto chiaramente nel Manifesto del Comitato centrale (n. 33, La guerra e la socialdemocrazia russa). Che cosa vediamo in Russia? È utile o dannosa al movimento ope- raio del nostro paese l’unità fra coloro che in un modo o nell’altro, piu 0 meno conseguentemente, lottano contro lo sciovinismo, sia quello di Purisckevic, sia quello dei cadetti, e coloro che fanno coro a questo scio- vinismo, come Maslov, Plekhanov, Smirnov? Fra coloro che si oppon- gono alla guerra e coloro che, come gli influenti autori del « documen- to » 101 (n. 34), dichiarano di non opporvisi? Solo coloro che vogliono chiudere gli occhi possono esitare a rispondere a questa domanda. Forse ci si obietterà che, nel Golos , Martov ha polemizzato con Plekhanov, e che con una serie di altri amici e partigiani del Comitato d’organizzazione si è battuto contro il socialsciovinismo. Non lo ne- ghiamo e nel n, 33 dell'organo centrale abbiamo apertamente espresso 1 nostri rallegramenti a Martov. Saremmo stati ben contenti se Martov non avesse dovuto «fare voltafaccia» (vedi la nota II voltafaccia di Martov ), avremmo assai desiderato che la linea decisamente antisci ovi- nista fosse divenuta la linea del Comitato d’organizzazione. Ma non si tratta dei nostri desideri né di quelli di chicchessia. Quali sono i fatti 100 LENIN obiettivi? Prima di tutto, il rappresentante ufficiale del Comitato d'or- ganizzazione, Larin, chissà perché, non dice niente del Golos , ma men- ziona il socialsciovinista Plekhanov, menziona Axelrod il quale ha scritto un articolo (sul Berner Tagwacht) che non dice una sola parola chiara. Ma a prescindere dalla sua posizione ufficiale, Larin è vicino, non solo geograficamente, al nucleo più influente dei liquidatori in Russia. In secondo luogo, prendiamo la stampa europea. In Francia e in Germania i giornali non parlano del Golos , ma parlano di Rubanovic, di Plekhanov e di Ckheidze. (L 'Hamburger Ecbo — uno degli organi più sciovinisti della stampa « socialdemocratica » sciovinista tedesca — nel numero del 12 dicembre definisce Ckheidze fautore di Maslov e di Plekhanov, cosa alla quale avevano alluso anche alcuni giornali in Russia. Si capi- sce che tutti gli amici dichiarati dei Sudekum apprezzino pienamente l'appoggio ideologico prestato ai Sudekum da Plekhanov.) In Russia milioni di copie dei giornali borghesi hanno diffuso « fra il popolo » la notizia della costituzione del gruppo Maslov-Plekhanov-Smirnov, e non hanno dato nessuna notizia suirorientamento del Golos. In terzo luogo, l'esperienza della stampa operaia legale dal 1912 al 1914 ha dimostrato pienamente che la fonte della forza e dell’influenza sociale della corrente liquidatrice non sta nella classe operaia, ma nel ceto degli intellettuali democratico-borghesi dal quale è uscito il nucleo principale degli scrit- tori legalitari. La mentalità nazionalsciovinista di questo ceto, come • ceto y è testimoniata da tutta la stampa della Russia, che concorda con le lettere di un operaio di Pietrogrado (nn. 33, 35 del Sotsial-Demokrat) e col « documento » (n. 34). È del tutto possibile che alPinterno di que- sto strato vi siano grandi spostamenti di posizione individuali, ma è del tutto improbabile che questo ceto, in quanto tale, non sia « patriot- tico » e opportunista. Questi sono i fatti oggettivi. Tenendone conto e ricordando che per tutti i partiti borghesi che desiderano influenzare gli operai è molto conveniente avere un'ala ostentatamente di sinistra (soprattutto se non è ufficiale), dobbiamo riconoscere che l'idea dell’unità col Comitato d'or- ganizzazione è un’illusione dannosa per la classe operaia. La politica del Comitato d'organizzazione che, nella lontana Sve- zia, il 23 novembre fa una dichiarazione sull'unità con Plekhanov e pronunzia i discorsi graditi al cuore di tutti i socialsciovinisti, mentre a Parigi e in Svizzera non dà nessun segno di vita, né dal 13 novembre (giorno in cui usci il Golos ) al 23 novembre, né dal 23 novembre fino E ADESSO? 101 ad oggi (23 dicembre), somiglia assai al peggior politicantismo. E la speranza che gli Otkliki , annunziati a Zurigo, prendessero un carattere ufficiale di partito, viene distrutta dalla netta dichiarazione del Berner Tagwacht (del 12 dicembre), nella quale si afferma che il giornale non avrà tale carattere... (A proposito: nel n. 52 del Golos, la redazione dichiara che mantenere ora la scissione dai liquidatori sarebbe il peggior « nazionalismo »; questa frase, priva di senso grammaticale, ha un solo senso politico, che la redazione del Golos preferisce Punita coi social- sciovinisti al ravvicinamento con coloro che hanno una atteggiamento intransigente verso il socialsciovinismo. La redazione del Golos ha fatto una cattiva scelta.) Per completare il quadro ci restano da dire due parole sull’organo socialista-rivoluzionario Mysl di Parigi che esalta anch'esso l’« unità », copre il socialsciovinismo del suo capo di partito Rubanovic (cfr. il SotsiaLDemokraty n. 34), difende gli opportunisti e i ministeriali belgo- francesi, tace sui motivi patriottici del discorso di Kerenski, uno dei trudovìkt russi piu di sinistra, e pubblica banalità piccolo-borghesi in- credibilmente trite sulla revisione del marxismo in senso populista e opportunista. Ciò che diceva dei socialisti-rivoluzionari la risoluzione della Conferenza d’estate del POSDR del 1913 102 viene pienamente e perfettamente confermato da questo comportamento della Mysl. Alcuni socialisti russi pensano, evidentemente, che l’internaziona- lismo consista nell’essere pronti ad accogliere a braccia aperte la risolu- zione che deve giustificare il socialnazionalismo di tutti i paesi e che Plekhanov e Siidekum, Kautsky ed Hervé, Guesde e Hyndman, Van- dervelde e Bissolati, ecc. si accingono a redigere. Noi ci permettiamo di pensare che l’internazionalismo consista solo nel condurre una politica internazionalista inequivocabile all’interno del proprio partito. Con gli opportunisti e i socialsciovinisti non si può condurre una politica del proletariato veramente internazionale, non si può predicare l’opposizione alla guerra né raccogliere le forze a questo scopo. Tacere o eludere que- sta verità amara, ma necessaria per ogni socialista, è dannoso e funesto per il movimento operaio. Sotsial-Vemokrat , n. 36, 9 gennaio 1915. QUALE « UNITÀ » HA PROCLAMATO LARIN AL CONGRESSO SVEDESE? 103 Nel discorso che abbiamo citato (n, 36), Larin poteva alludere solo al famigerato blocco « del 3 luglio » 104 , cioè alla alleanza conclusa a Bruxelles il 3 luglio 1914 fra il Comitato d’organizzazione, Trotski, Rosa Luxemburg, Alexinski, Plekhanov, i bundisti, i caucasiani, i li- tuani, la « lewica » 105 , l’opposizione polacca, ecc. Perché Larin si è li- mitato a un’allusione? È... strano. Pensiamo che se il Comitato d’orga- nizzazione è vivo e se è viva quest’alleanza, nascondere questa verità sia dannoso. Il Comitato centrale del nostro partito e il Comitato centrale dei socialdemocratici lettoni non hanno preso parte a questa alleanza. Il nostro Comitato centrale ha proposto 14 condizioni precise di unità che il Comitato d’organizzazione e il « blocco » non hanno accettato, limitandosi a una risoluzione diplomatica, evasiva, che non prometteva e non segnava di fatto nessuna svolta decisiva della precedente politica liquidatrice. Ecco la sostanza dei nostri 14 punti: 1) Le risoluzioni del dicembre 1908 e del gennaio 1910 sul liquidatorismo sono confermate senza ambiguità, cioè in modo che si riconosca l’incompatibilità fra l’ap- partenenza al partito socialdemocratico e gli interventi contro l’orga- nizzazione clandestina, contro la propaganda della stampa illegale, per un partito legale (o la lotta per esso), contro i comizi rivoluzionari ecc. (come hanno fatto la N ascia Zarià e la Nascia Rabociaia Gazici a) ; 2) idem a proposito degli interventi contro la parola d’ordine della repub- blica, ecc.; 3) idem per gl’interventi contro il blocco col partito non socialdemocratico della «lewica»; 4) in ogni località deve esistere un’unica organizzazione socialdemocratica, non divisa per nazionalità; 5) si respinge l’« autonomia nazionale culturale»; 6) gli operai sono chiamati a realizzare l’« unità dal basso »; può essere membro del par- LAR1N AL CONGRESSO SVEDESE 103 tito solo chi fa parte di una organizzazione illegale; nella stampa legale, per calcolare la maggioranza, si prendono i dati sulle sottoscrizioni dei gruppi operai a partire dal 1913; 7) è inammissibile l’esistenza di gior- nali concorrenti nella stessa città; la Nascia Rabociaia Gazieta viene sop- pressa; viene fondata una rivista di discussione; 8) si confermano le ri- soluzioni dei congressi del 1903 e del 1907 sul carattere borghese del partito socialista-rivoluzionario; gli accordi fra una parte del partito socialdemocratico e i socialisti-rivoluzionari sono inammissibili; 9) i gruppi esteri sono subordinati al Comitato centrale russo; 10) per il lavoro nei sindacati si conferma la risoluzione del Comitato cen- trale di Londra (gennaio 1908); sono indispensabili le cellule illegali; 11) sono inammissibili gli attacchi contro il «Consiglio delle assicura- zioni » 105 e gli altri enti assicurativi; la rivista Strakhovanie Rabocikh , come organo concorrente, viene soppressa; 12) i socialdemocratici cau- casiani confermano particolarmente i punti 4 e 5; 13) la frazione Ckheid- ze rinunzia all , « autonomia nazionale culturale » e riconosce le condi- zioni summenzionate; 14) circa le « calunnie » (Malinovski, X, ecc.) il Comitato di organizzazione e i suoi amici ritirano le accuse e le calunnie oppure mandano un loro rappresentante al prossimo congresso del no- stro partito per provare tutte le loro accuse. Non è difficile vedere che, senza queste condizioni, quali che siano le « promesse » verbali di staccarsi sempre più dal liquidatori-- smo (come al Plenum del 1910), assolutamente nulla potrebbe cam- biare; P« unità » sarebbe fittizia, sarebbe un riconoscimento della « parità di diritti » dei liquidatori. La profondissima crisi del socialismo generata dalla guerra mon- diale ha suscitato una grandissima tensione delle forze di tutti i gruppi socialdemocratici e la tendenza a riunirsi di tutti coloro che potevano avvicinarsi sulle questioni vitali deiratteggiamento verso la guerra. Il blocco « del 3 luglio » che Larin ha elogiato ( senza avere il coraggio di nominarlo apertamente) si è subito rivelato fittizio. Ancora una volta mettiamo in guardia contro un'« unità » fitti- zia, date le inconciliabili divergenze di fatto. Sotsial-Demokrat , n. 37, 1° febbraio 1915. I SODEKUM RUSSI La parola « Siidekum » ha assunto il significato di un nome co- mune per designare il tipo dell’opportunista e del socialsciovinista pieno di sé, in mala fede. È un buon segno che tutti parlino con di- sprezzo dei Sùdekum. Ma c’è un solo mezzo per non cadere noi stessi nello sciovinismo: contribuire, nella misura delle proprie forze, a sma- scherare i Siidekum russi. Alla loro testa si è posto definitivamente Plekhanov, col suo opu- scolo Sulla guerra . In tutti i suoi ragionamenti egli sostituisce la sofi- stica alla dialettica. In essi si accusa sofisticamente l’opportunismo te- desco per coprire l’opportunismo francese e russo. In conclusione non ne viene fuori una lotta contro l’opportunismo internazionale, ma un appoggio all’opportunismo. Si compiange sofisticamente la sorte del Belgio, tacendo della Galizia. Si confonde sofisticamentè l’epoca del- l’imperialismo (cioè l’epoca in cui, secondo l’opinione generale dei marxisti, sono già mature le condizioni oggettive della caduta del ca- pitalismo e in cui esistono masse di proletariato socialista) con l’epoca dei movimenti nazionali democratico-borghesi; l’epoca in cui la distru- zione delle patrie borghesi da parte della rivoluzione internazionale del proletariato è già matura, con l’epoca della loro nascita e del loro consolidamento. Si accusa sofisticamente la borghesia tedesca di aver violato la pace e si tace dei lunghi e tenaci preparativi di guerra con- tro la Germania da parte della borghesia della « Triplice Intesa » 10 L Si passa sofisticamente sotto silenzio la risoluzione di Basilea. Si sosti- tuisce sofisticamente il nazional-liberalismo alla socialdemocrazia: si motiva il desiderio di una vittoria dello zarismo adducendo gli interessi dello sviluppo economico della Russia, senza neppure sfiorare i pro- blemi delle nazionalità della Russia, dell’ostacolo costituito dallo zari- I SUDEKUM RUSSI 105 smo per lo sviluppo economico del paese, dell’incremento incompara- bilmente piu rapido e fecondo delle forze produttive in Germania, ecc. ecc. L’esame di tutti i sofismi di Plekhanov richiederebbe una se- rie di articoli, e resta da vedere se valga la pena di esaminare molte delle sue ridicole assurdità. Soffermiamoci su un solo pseudo-argomen- to. Engels scrisse a Marx nel 1870 che W. Liebknecht aveva torto di fare deirantibismarckismo 100 il suo unico principio direttivo. Plekha- nov si è rallegrato scoprendo questa citazione: da noi vale la stessa cosa per Pantizarismo! Ma cercate di sostituire la sofistica (cioè la facoltà di afferrare l’analogia esteriore di alcuni casi al di fuori del concatenamento degli avvenimenti) con la dialettica (cioè con lo stu- dio di tutta la situazione concreta di un avvenimento e del suo svi- luppo). L’unificazione della Germania era necessaria, e Marx lo ha sempre riconosciuto, sia prima del 1848, sia dopo. Engels, ancora nel 1859, invitava esplicitamente il popolo tedesco alla guerra per l’uni- ficazione 109 . Quando l’unificazione rivoluzionaria falli, Bismarck la fece in modo controrivoluzionario, da junker. L’antibismarckismo come prin- cipio unico era diventato un’assurdità, perché il compimento dell’unità necessaria era diventato un fatto. E in Russia? Il nostro valoroso Plekha- nov ha forse avuto il coraggio di proclamare in anticipo che per lo svi- luppo della Russia era indispensabile conquistare la Galizia, Costanti- nopoli, l’Armenia, la Persia ecc.? Ha il coraggio di dirlo adesso? Ha pensato al fatto che la Germania doveva passare dal frazionamento dei tedeschi (oppressi dalla Francia e dalla Russia nei primi due terzi del XIX secolo) alla loro unificazione, mentre in Russia i grandi-russi non hanno unito, ma piuttosto oppresso molte altre nazioni? Plekhanov, senza aver pensato a questo, maschera semplicemente il suo sciovinismo travisando il senso delle citazioni tratte dagli scritti di Engels del 1870, come Siidekum travisa quello che Engels scriveva nel 1891 sulla neces- sità, per i tedeschi, di lottare a morte contro le truppe alleate della Fran- cia e della Russia. La N ascia Zarià nei suoi nn. 7, 8 e 9, difende lo sciovinismo in un’altra lingua e in un’altra situazione. Il signor Cerevanin predice e si augura la « sconfitta della Germania », assicurando che « l’Euro- pa ( ! ! ) è insorta » contro di essa. Il signor A. Potresov rimprovera i socialdemocratici tedeschi per il loro « sbaglio » « peggiore di qualsiasi delitto » ecc., affermando che il militarismo tedesco ha commesso « pec- 106 LENIN cati particolari, smisurati », mentre « i sogni panslavisti di certi ambienti russi non minacciavano la pace d’Europa », ecc. Non significa forse far coro a Purisckevic e ai socialsciovinisti dipingere nella stampa legale la colpa « smisurata » della Germania e la necessità di sconfiggere questo paese? Del fatto che il militarismo russo ha peccati cento volte piu « smisurati » bisogna tacere sotto il giogo della censura zarista. Coloro che non vogliono essere sciovinisti non do- vrebbero forse, in questa situazione, perlomeno, non parlare della scon- fitta della Germania e dei suoi smisurati peccati? La N ascia Zarià non solo ha scelto la linea della « non resistenza alla guerra », ma porta acqua al mulino dello sciovinismo grande-russo, zarista-purisckevirìano, predicando con argomenti « socialdemocratici » la sconfitta della Germania e discolpando i panslavisti. E proprio i col- laboratori della Nascia Zarià , e non qualcun altro, negli anni 1912- 1914 hanno fatto fra gli operai una propaganda di massa per il liqui- datorismo. Prendiamo, infine, Axelrod che Martov, — come i collaboratori della Nascia Zarià , — copre, difende e discolpa con astio e goffagine. Le opinioni di Axelrod sono state esposte, col suo consenso, nei nn. 86 e 87 del Golos. Sono opinioni socialsdoviniste. Axelrod difende l’entrata dei socialisti francesi e belgi nei ministeri borghesi con i se- guenti argomenti: 1) « La necessità storica, alla quale oggi tanto volen- tieri ci si richiama a sproposito, per Marx non implicava affatto un at- teggiamento passivo nei confronti di un male concreto, in attesa della rivoluzione socialista ». Che cos’è questo garbuglio? Che c’entra? Tut- to ciò che accade nella storia, accade per necessità. Questo è 1* abbicci. Gli avversari del socialsciovinismo non si richiamano alla necessità sto- rica, bensì al carattere imperialista della guerra. Axelrod finge di non averlo capito, di non aver capito la valutazione del « male concreto » che ne deriva: il dominio borghese in tutti i paesi e P opportunità d’in- traprendere azioni rivoluzionarie che portino alla « rivoluzione socia- le ». « Passivi » sono i socialsciovinisti, che negano ciò. 2) Non si può « ignorare la questione: chi ha effettivamente iniziato » la guerra, « met- tendo in tal modo tutti i paesi militarmente aggrediti nella necessità di difendere la propria indipendenza ». E nella stessa pagina si am- mette che « gli imperialisti francesi tendevano, certamente, a provocare una guerra fra due o tre anni »! Nel frattempo, vedete un po’, il pro- letariato si sarebbe rafforzato e sarebbero aumentate le probabilità di I SUDEKUM RUSSI 107 mantenere la pace! Ma noi sappiamo che nel frattempo si sarebbe raf- forzato l'opportunismo caro al cuore di Axelrod, e maggiori sarebbero state le probabilità di un suo ancor piu vile tradimento del socialismo. Noi sappiamo che per decenni tre briganti ( la borghesia e i governi del- l'Inghilterra, della Russia e della Francia) si sono armati per rapinare la Germania. C'è forse da sorprendersi se altri due briganti hanno attac- cato prima che questi tre abbiano avuto il tempo di ricevere i nuovi coltelli che avevano ordinato? Non è forse un sofisma cercare di masche- rare con frasi sugli « iniziatori » della guerra l’eguale « colpevolezza » della borghesia di tutti i paesi, riconosciuta unanimemente e senza ri- serve da tutti i socialisti a Basilea? 3 ) « Rimproverare i socialisti belgi perché difendono il loro paese », « non è marxismo, ma cinismo ». Pro- prio cosi Marx qualificò Patteggiamento di Proudhon di fronte all'in- surrezione della Polonia ( 1863 ) uo . Marx parlò costantemente, dal 1848, del carattere storicamente progressivo dell'insurrezione della Polonia con- tro lo zarismo. Nessuno ha osato negarlo. Il problema nazionale non era stato risolto nell'Europa orientale, la guerra contro lo zarismo aveva un carattere democratico-borghese, e non imperialista: queste erano le condizioni concrete. Ciò è elementare. In questa guerra concreta, se si mantiene nei confronti della rivo- luzione socialista un atteggiamento negativo, o sarcastico, o indifferente (come fanno gli Axelrod), non si può aiutare il « paese « belga se non aiutando lo zarismo a soffocare l’Ucraina. È un fatto. Eluderlo, da parte di un socialista russo, è cinismo. Gridare a proposito del Belgio e ta- cere a proposito della Galizia, è cinismo. Che cosa dovevano dunque fare i socialisti belgi? Se non potevano compiere la rivoluzione sociale insieme coi socialisti francesi, ecc., dove- vano in quel momento sottomettersi alla maggioranza della nazione, e andare in guerra. Ma, pur sottomettendosi alla volontà della classe de- gli schiavisti, dovevano far ricadere su di essa la responsabilità, non votare i crediti, non mandare Vandervelde in viaggi ministeriali dagli sfruttatori, ma mandarlo (con i socialdemocratici rivoluzionari di tutti i paesi) fra gli organizzatori della propaganda rivoluzionaria illegale della « rivoluzione socialista » e della guerra civile; bisognava portare avanti questo lavoro anche nell’esercito (l’esperienza ha dimostrato che la « fratemizzazione » degli operai-soldati è possibile perfino nelle trin- cee degli eserciti belligeranti! ). Chiacchierare di dialettica e di marxismo ed essere incapaci di abbinare l’indispensabile subordinazione ( se è tem- 108 LENIN poraneamente indispensabile) alla maggioranza col lavoro rivoluzionario in tutte le circostanze, vuol dire deridere gli operai, farsi beffe del socia- lismo. « Cittadini del Belgio! Il nostro paese è stato colpito da una grande sciagura, causata dalla borghesia di tutti i paesi, Belgio compreso. Non volete abbattere questa borghesia, non avete fiducia in un appello ai socialisti della Germania? Noi siamo in minoranza; io mi sottometto a voi e vado in guerra, ma anche in guerra predicherò, preparerò la guerra civile dei proletari di tutti i paesi, perché al di fuori di essa non c’è salvezza per i contadini e gli operai del Belgio e degli altri paesi! » Per un discorso simile un deputato del Belgio, della Francia, ecc. sarebbe finito in prigione, e non su una poltrona ministeriale, ma sarebbe stato un socialista, e non un traditore, ed oggi nelle trincee i soldati-operai francesi e tedeschi parlerebbero di lui come del loro capo, e non come di un traditore della causa operaia. 4) « Finché esistono le patrie, finché la vita e il movimento del proletariato saranno rinserrati nel quadro di queste patrie come lo sono stati finora, e il proletariato non sentirà al di fuori di esse un altro, particolare, terreno internazio- nale, fino ad allora per la classe operaia esisterà il problema del patriot- tismo e dell’ autodifesa. » Le patrie borghesi esisteranno finché la rivo- luzione intemazionale del proletariato non le distruggerà. Il terreno per questa rivoluzione esiste già, come ha riconosciuto perfino Kautsky nel 1909, come è stato unanimemente riconosciuto a Basilea, e come è oggi dimostrato dal fatto che gli operai di tutti i paesi simpatizzano profondamente per coloro che non votano i crediti, che non temono la prigione e gli altri sacrifici connessi con ogni rivoluzione, in virtù della « necessità storica ». La frase di Axelrod non è che un sotterfugio per eludere l’attività rivoluzionaria, non è che la ripetizione degli argomenti della borghesia sciovinista. 5 ) Esattamente lo stesso senso hanno le sue parole secondo le quali Y atteggiamento dei tedeschi non è stato un tra- dimento, e la ragione del loro comportamento è « il vivo sentimento, la coscienza di un legame organico con quel pezzetto di terra, la patria, sulla quale vive e lavora il proletariato tedesco ». In realtà Patteggia- mento dei tedeschi, come quello di Guesde ecc., è indubbiamente un tradimento; è indegno mascherarlo e difenderlo. In realtà proprio le pa- trie borghesi distruggono, storpiano, spezzano, mutilano « il vivo le- game » dell’operaio tedesco con la terra tedesca, creando « un legame » dello schiavo con lo schiavista. In realtà solo la distruzione delle patrie borghesi può dare agli operai di tutti i paesi il « legame con la terra », I SUDEKUM RUSSI 109 la libertà di servirsi della lingua materna, un pezzo di pane e i beni della civiltà. Axelrod è semplicemente un apologeta della borghesia. 6) Predicare agli operai «la cautela nelPaccusare d’opportunismo» « marxisti provati come Guesde » ecc., vuol dire predicare agli operai il servilismo di fronte ai capi. Prendete esempio da tutta la vita di Guesde, diremo agli operai, fuorché dal suo palese tradimento del socia- lismo nel 1914. Forse si potranno trovare circostanze personali o d’al- tro genere che attenuino la sua colpa, ma non si tratta affatto della col- pevolezza degli individui , bensì del significato socialista degli avveni- menti . 1 ) Dire che è « formalmente » ammissibile entrare in un mini- stero perché nella risoluzione esiste un piccolo punto sui « casi straor- dinariamente importanti », significa ricorrere ai piu disonesti arzigogoli d’avvocato, perché il senso di questo piccolo punto è, evidentemente, di C07itribuire alla rivoluzione internazionale del proletariato, e non di opporvisi. 8) La dichiarazione di Axelrod: «la sconfitta della Russia, che non potrebbe frenare lo sviluppo organico del paese, aiuterebbe a liquidare il vecchio regime », è giusta di per sé, presa isolatamente, ma, presa in relazione alla giustificazione degli sciovinisti tedeschi, non è altro che un tentativo di entrare nelle grazie dei Sudekum. Riconoscere l’utilità della sconfitta della Russia senza accusare apertamente di tra- dimento i socialdemocratici tedeschi e austriaci, vuol dire in realtà aiutarli a giustificarsi, a cavarsela, a ingannare gli operai. L’articolo di Axelrod è un duplice inchino: uno verso i socialsciovinisti tedeschi, l’altro verso i francesi. Presi insieme, questi inchini costituiscono un mo- dello di socialsciovinismo « russo-bundista ». Giudichi ora il lettore sulla coerenza della redazione del Golos che, pubblicando questi rivoltanti ragionamenti di Axelrod, si limita ad espri- mere il suo disaccordo con « alcune sue tesi », e poi, nell’editoriale del n. 96, preconizza una « netta rottura con gli elementi del socialpa- triottismo attivo ». È possibile che la redazione del Golos sia tanto inge- nua o tanto disattenta da non vedere la verità, da non vedere che i ragionamenti di Axelrod sono da capo a fondo « elementi di socialpa- triottismo attivo » (poiché Fattività di uno scrittore sono i suoi scritti)? E i collaboratori della Nascia Zarià, i signori Cerevanin, A. Potresov e soci non sono forse elementi di socialpatriottismo attivo? Sotsial-Demokrat, n. 37, 1° febbraio 1915. ALLA REDAZIONE DEL « NASCE SLOVO » Berna, 9*11-1915 Egregi compagni, nella vostra lettera del 6 febbraio ci proponete un piano di lotta con- tro il « socialpatriottismo ufficiale » in occasione della progettata Con- ferenza di Londra dei socialisti dei « paesi alleati » della Triplice In- tesa m . Come certamente vedete dal nostro organo di stampa, il Sotsial- Demokrat , noi siamo del tutto favorevoli a questa lotta e la conducia- mo. Perciò siamo molto lieti del vostro appello e accettiamo con sod- disfazione la vostra proposta di discutere un piano d'azione comune. La conferenza, prevista a quanto si dice per il 15 febbraio (non abbiamo ricevuto neppure un documento in proposito), sarà forse rimandata al 25 febbraio o anche più tardi (giudicando da una lettera di Huysmans, che dà notizia di una riunione della commissione esecutiva per il 20 febbraio e di un piano di trattative personali di membri — del segretario — della commissione esecutiva con i socialisti della Francia, dellTnghilterra e della Russia). Può anche darsi che si progetti non una conferenza dei membri ufficiali delPUfficio internazionale sociali- sta, ma delle riunioni private di singoli socialisti « noti ». Perciò l’opposizione al « socialpatriottismo ufficiale » da un punto di vista « chiaro, rivoluzionario e internazionalista », di cui scrivete e con la quale noi concordiamo pienamente, deve essere preparata per tutte le possibili eventualità (sia nell’evenienza di una conferenza dei rappresentanti ufficiali dei partiti, sia nel caso duna riunione privata, in tutte le sue forme, per il 15 febbraio o per una data più lontana). Da parte nostra, rispondendo al desiderio da voi espresso, propo- niamo il seguente progetto di dichiarazione che esprime tale opposizione (perché venga letta e pubblicata). ALLA REDAZIONE DEL « NASCE SLOVO » 111 « I sottoscritti rappresentanti delle organizzazioni socialdemocra- tiche della Russia (dell'Inghilterra, ecc.) muovono dalla convinzione « che Fattuale guerra è una guerra imperialista non solo da parte della Germania e dell'Austria-Ungheria, ma anche da parte dell'Inghil- terra e della Francia (che operano in alleanza con lo zarismo), una guerra cioè dell'epoca dell'ultima fase di sviluppo del capitalismo, dell'epoca in cui gli Stati borghesi, nei limiti delle frontiere nazionali, hanno fatto il loro tempo; una guerra diretta esclusivamente alla conquista di co- lonie, al saccheggio dei paesi concorrenti e all'indebolimento del movi- mento proletario, ottenuto scagliando i proletari di un paese contro quelli di un altro. « È perciò dovere imprescindibile dei socialisti di tutti i paesi bel- ligeranti applicare subito e decisamente la risoluzione di Basilea, e pre- cisamente: « 1 ) rottura dei blocchi nazionali e del Burgf rieden 112 in tutti i paesi; « 2 ) chiamare gli operai di tutti i paesi belligeranti a un'energica lotta di classe, economica e politica, contro la borghesia del loro paese, che ammassa profitti favolosi sulle forniture belliche e si avvale del- l'appoggio delle autorità militari per tappare la bocca agli operai e per aggravare l'oppressione nei loro confronti; « 3 ) decisa condanna di qualsiasi voto di crediti militari; « 4 ) uscita dai ministeri borghesi del Belgio e della Francia e rico- noscimento del fatto che entrare nei ministeri e votare i crediti è un tradimento della causa del socialismo, come tutto il comportamento dei socialdemocratici tedeschi e austriaci; «5) tendere subito la mano agli elementi internazionalisti della socialdemocrazia tedesca che rifiutano di votare i crediti militari e for- mare con essi un comitato internazionale di agitazione per la- cessazione della guerra, non nello spirito dei pacifisti, dei cristiani e dei democra- tici piccolo-borghesi, ma in legame indissolubile con la propaganda e l'organizzazione di azioni rivoluzionarie di massa dei proletari di ogni paese contro i governi e la borghesia del loro paese; « 6) appoggiare tutti i tentativi di ravvicinamento e di fraterniz- zazione nell'esercito e nelle trincee fra i socialisti dei paesi belligeranti, nonostante i divieti delle autorità militari dell'Inghilterra, della Germa- nia, ecc.; 112 LENIN « 7) chiamare le donne socialiste dei paesi belligeranti a intensifi- care Pagitazione nel senso sopra indicato; « 8) chiamare tutto il proletariato internazionale ad appoggiare la lotta contro lo zarismo, e alla solidarietà con quei deputati socialde- mocratici della Russia che non solo hanno rifiutato di votare i crediti, ma non si sono fermati dinanzi al pericolo delle repressioni, portando avanti il loro lavoro socialista nello spirito della socialdemocrazia rivo- luzionaria internazionale. » Per quanto riguarda alcuni pubblicisti socialdemocratici russi che hanno preso posizione in difesa del socialpatriottismo ufficiale (come, per esempio, Plekhanov, Alexinski, Maslov ed altri), i sottoscritti de- clinano ogni responsabilità per le loro prese di posizione, protestano decisamente contro di loro e dichiarano che gli operai socialdemocratici della Russia, stando a tutti i dati, non condividono questo punto di vista. S’intende che il rappresentante ufficiale del nostro Comitato cen- trale all’Ufficio internazionale socialista, compagno Litvinov (indiriz- zo 113 . Gli mandiamo la vostra lettera e una copia della nostra risposta. Vi preghiamo di rivolgervi direttamente a lui per tutte le questioni ur- genti) deciderà personalmente le questioni relative a questo o quel- Pemendamento parziale, ai diversi passi nelle trattative, ecc.; noi pos- siamo soltanto dichiarare il nostro pieno accordo con questo com- pagno in tutte le questioni essenziali. Circa il Comitato d'organizzazione e il Bund, che hanno un rap- presentanza ufficiale all’Ufficio internazionale socialista, abbiamo mo- tivo di temere che essi siano per il « socialpatriottismo ufficiale » ( nel- la sua forma francofila, germanofila o in una forma che concilia le due tendenze). In ogni caso saremo assai lieti se vorrete comunicarci sia la vostra risposta (i vostri emendamenti, il vostro controprogetto di di- chiarazione, ecc.) sia la risposta di quelle organizzazioni (Comitato d'or- ganizzazione, Bund, ecc.) alle quali vi siete rivolti o vi rivolgerete. Saluti fraterni Lenin Il mio indirizzo: 114 Pubblicato per la prima volta nella Miscellanea dì Lenin, XVII, 1931. COME LA POLIZIA E I REAZIONARI PROTEGGONO L’UNITÀ DELLA SOCIALDEMOCRAZIA TEDESCA Un giornale socialdemocratico tedesco di Gotha, il Gothaer Volks- blatt , nel numero del 9 gennaio ha pubblicato un articolo intitolato: La politica del gruppo parlamentare socialdemocratico sotto la prote- zione della polizia. « I due primi giorni di applicazione della censura preventiva — scrive questo giornale, posto sotto la piacevole tutela delle autorità militari — dimostrano con tutta chiarezza che le autorità centrali si preoccupano particolarmente di chiudere la bocca a coloro che, alPin- terno delle nostre file, fanno critiche imbarazzanti alla politica del grup- po socialdemocratico. Lo scopo degli sforzi della censura è di mantenere “la pace’' all’interno del partito socialdemocratico, o, in altre parole, di difendere l’ 44 unita", “compatta’’ e possente socialdemocrazia tedesca. La socialdemocrazia tutelata dal governo: ecco l’avvenimento piu im- portante della politica interna della nostra “grande” epoca, l’epoca della rigenerazione della nazionalità tedesca. «Già da alcune settimane i politici del nostro gruppo socialdemocra- tico svolgono un’energica agitazione in difesa dei loro punti di vista. In diversi centri assai importanti del partito, essi hanno incontrato una forte opposizione. La loro propaganda non ha suscitato fra gli operai uno stato d’animo favorevole ai deputati che hanno votato i crediti mi- litari, ma uno stato d’animo contrario a costoro. E perciò le autorità militari hanno cercato di venire in loro aiuto, servendosi ora dei di- vieti della censura, ora sopprimendo la libertà di riunione. Da noi, a Gotha, il gruppo socialdemocratico è aiutato dalla censura militare, ad Amburgo dalla famosa proibizione di fare riunioni. » Riportando queste parole, il giornale socialdemocratico svizzero di Berna rileva che molti giornali socialdemocratici sono stati sottoposti 114 LENIN alla censura preventiva in Germania, e aggiunge da parte sua: « Sicché, ben presto piu niente potrà ostacolare l’unanimità della stampa tedesca. Se da qualche parte si cercherà di turbarla, la dittatura militare metterà fine a questi tentativi con rapidità e fermezza, su denunzia diretta o in- diretta dei ^socialdemocratici", fautori della pace nel partito ». I giornali socialdemocratici opportunisti, in effetti, denunziano di- rettamente e indirettamente i giornali radicali! I fatti dimostrano, quindi, che avevamo pienamente ragione quan- do scrivevamo, nel n. 36 del Sotsial-Demokrat : « Gli opportunisti sono nemici borghesi della rivoluzione proletaria... nei periodi di crisi si ri- velano subito alleati dichiarati di tutta la borghesia unita ». Ai nostri giorni l’unità, come parola d’ordine del partito socialdemocratico, signi- fica unità con gli opportunisti e sottomissione ad essi (o al loro blocco con la borghesia). È una parola d’ordine che aiuta, di fatto , la polizia e i reazionari, ed è funesta per il movimento operaio. A proposito, richiamiamo l’attenzione sulla pubblicazione dell’otti- mo opuscolo di Borchardt (in lingua tedesca): Prima e dopo il 4 ago- sto 1914 U5 , col sottotitolo: La socialdemocrazia tedesca ha rinnegato se stessa? Si, risponde l’autore, mostrando la stridente contraddizione fra le dichiarazioni del partito precedenti al 4 agosto e la politica « del 4 agosto ». Non ci fermeremo di fronte a nessun sacrificio nella guerra alla guerra, dicevano i socialdemocratici della Germania (e di altri paesi) prima del 4 agosto 1914. Ma il 28 settembre 1914 il membro del Co- mitato centrale Otto Braun adduceva come pretesto il capitale di 20 milioni investito nei giornali legali e gli 11.000 loro impiegati. Decine di migliaia di dirigenti, di funzionari e di operai privilegiati, corrotti dal legalitarismo, hanno disorganizzato l’immenso esercito del proleta- riato socialdemocratico. La lezione da ricavarne è di una chiarezza estrema: rottura defini- tiva con lo sciovinismo e con l’opportunismo. Invece i vacui chiacchie- roni socialisti-rivoluzionari (I. Gardenia e soci) nella vuota Mysl di Pa- rigi rinnegano il marxismo in favore delle idee piccolo-borghesi! Si è dimenticato l’abbiccì dell’economia politica e lo sviluppo mondiale del capitalismo, che genera una sola classe rivoluzionaria, il proletariato. Si è dimenticato il cartismo, il giugno 1848, la Comune di Parigi, l’ot- tobre e il dicembre 1905. Gli operai avanzano verso la loro rivoluzione mondiale attraverso sconfitte ed errori, insuccessi e debolezze, ma avan- zano verso la rivoluzione. Bisogna essere ciechi per non vedere nell’in- LA POLIZIA, I REAZIONÀRI E LA SOCIALDEMOCRAZIA TEDESCA 115 fluenza borghese e piccolo-borghese sul proletariato la causa essenziale, principale, fondamentale della vergogna e del crollo delhlnternazionale nel 1914. Invece i magniloquenti chiacchieroni, Gardenin e soci, vo- gliono curare il socialismo facendogli rinnegare completamente la sua unica base storico-sociale, la lotta di classe del proletariato, e dissol- vendo completamente il marxismo nell’acquetta dei filistei, degli intel- lettuali populisti. Invece di un lavoro tenace diretto alla rottura com- pleta del movimento rivoluzionario del proletariato con Topportunismo, essi propongono l’unione di questo movimento con gli opportunisti del tipo dei Ropscin e dei Cemov, che l’altro ieri erano dei liberali con una bomba in mano, ieri, come liberali, facevano i rinnegati, ed oggi conti- nuano a inebriarsi di melliflue frasi borghesi sul principio « del la- voro »!! I Gardenin non sono migliori dei Siidekum, i socialisti-rivolu- zionari non sono migliori dei liquidatori: non per niente gli uni e gli altri si sono abbracciati con tanto amore nel Sovremiennik, che at- tua specialmente il programma della fusione fra socialdemocratici e so- cialisti-rivoluzionari. Sotsial-Demokrat, n. 39, 3 marzo 1915. LA CONFERENZA DI LONDRA Riportiamo, in riassunto, una lettera del rappresentante del POSDR: «Londra, 14 febbraio 1915. Ieri notte ho ricevuto dal segretario della sezione britannica dell’Internazionale la comunicazione del luogo di riunione della conferenza, in risposta a una mia lettera nella quale comunicavo il mio indirizzo, senza sollecitare un invito. Ho deciso di andarvi pet cercare di leggere la nostra dichiarazione. Ho trovato per i socialisti-rivoluzionari, Rubanovic (dei socialsciovinisti ) , Cernov e Bo- brov della Mysl\ per il Comitato d'organizzazione, Maiski, delegato in- sieme con Martov; quest’ultimo non era venuto perché non aveva otte- nuto il visto d’ingresso. C’erano lì delegati dell’Inghilterra (con Keir Hardie come presidente, MacDonald e altri), 16 della Francia (Sembat, Vaillant e altri), 3 del Belgio (Vandervelde e altri). « Il presidente apre la conferenza comunicando che questa ha per scopo uno scambio di idee e non V adozione di risoluzioni. Uno dei francesi propone una mozione: perché non fissare ih una risoluzione le opinioni della maggioranza ? Tacitamente accettato. «All’ordine del giorno: 1) i diritti delle nazioni: Belgio, Polonia; 2) le colonie; 3) le garanzie di pace. Viene eletta una commissione per la verifica dei poteri (Rubanovic e altri). Si decide che un delegato di ogni paese presenti una breve comunicazione sull’atteggiamento verso la guerra. Prendo la parola e protesto contro il mancato invito del no- stro rappresentante ufficiale all’Ufficio intemazionale socialista (il com- pagno Maximovic, che già da molto tempo, da piu di un anno, rappre- senta il nostro partito all’Ufficio internazionale socialista, e che vive stabilmente a Londra)- Il presidente m’interrompe dicendo che sono stati invitati tutti coloro « dei quali si conoscevano i nomi », Protesto LA CONFERENZA DI LONDRA 117 nuovamente contro il fatto che dei rappresentami effettivi non siano stati informati. Poi mi richiamo al nostro Manifesto (cfr. il Sotsial- Demokrat, n. 33: La guerra e la socialdemocrazia russa) y che espone il nostro atteggiamento generale verso la guerra e che è stato mandato alPUfficio internazionale socialista. Prima di parlare delle condizioni di pace, bisogna precisare con quali mezzi cercheremo di ottenerla, e per farlo- bisogna stabilire se esiste una base socialdemocratica rivoluzionaria comune, e se ci stiamo consultando come sciovinisti, pacifisti o social- democratici. Leggo la nostra dichiarazione, ma il presidente non mi la- scia finire affermando che la mia posizione, come delegato, non è an- cora stata chiarita (!!) e che essi non si sono riuniti “per criticare i vari partiti” (!!!). Dichiaro che continuerò il mio discorso dopo la re- lazione della commissione per la verifica dei poteri». (Il testo della dichiarazione, che non ci hanno permesso di leggere, sarà pubblicato nel prossimo numero.) « Vaillant, Vandervelde, MacDonald, Rubanovic fanno delle brevi dichiarazioni sulla loro posizione generale. Poi, in base alla relazione della commissione per la verifica dei poteri, si propone a Maiski di decidere lui stesso se può rappresentare, da solo, il Comitato di orga- nizzazione; quanto a me, mi “si permette” di partecipare. Ringrazio la conferenza per la “cortesia” è voglio continuare a leggere la dichia- razione per chiarire se posso restare. Il presidente m'interrompe, non mi permette di porre “condizioni” alla conferenza. Allora chiedo il per- messo di comunicare per quali motivi io non parteciperò alla confe- renza. Rifiutato. Allora permettetemi di dichiarare che il POSDR non parteciperà alla conferenza, e quanto ai motivi lascio una dichiarazione scritta al presidente. Raccolgo le mie carte ed esco... « Il presidente del Comitato centrale della socialdemocrazia lettone (Berzin) rimette al presidente una nota, nella quale dice che si associa interamente alla nostra dichiarazione. » I delegati alla conferenza non hanno diritto di comunicare niente alla stampa, ma questo divieto, s’intende, non si riferisce all’abbandono della sala da parte del compagno Maximovic, e il Labour Leader, al quale collabora Keir Hardie, ha rilevato questo episodio e ha esposto, a grandi linee, il punto di vista di Maximovic. Dovremo tornare sulla Conferenza di Londra e sulle sue risolu- zioni nel prossimo numero, per mancanza di spazio. Per ora rileviamo 118 LENIN soltanto la completa inutilità delle sue risoluzioni, che non fanno che coprire il socialsciovinismo. Il quadro della rappresentanza russa: il Comitato centrale e i so- cialdemocratici lettoni sono decisamente e chiaramente contro il social- sciovinismo. Il Comitato d’organizzazione dei liquidatori è assente, o nella più completa confusione. Dei socialisti-rivoluzionari, il « partito » (Rubanovic) è per il socialsciovinismo, la Mysl (Bobrov e Cernov) ha un atteggiamento di opposizione che valuteremo quando conosceremo il contenuto della sua dichiarazione. Sotsid’Demokrat , n. 39, 3 marzo 1915. SOTTO LA BANDIERA ALTRUI 116 Scritto non prima del febbraio 1915. Pubblicato per la prima volta nella Raccolta , I, delle edizioni « Priliv », Mosca. Firmato: N. Konstantinov. Nel n. 1 del Nasce Dìelo (Pietrogrado, gennaio 1915) è stato pub- blicato un articolo programmatico assai caratteristico del signor A. Po- tresov: Sul limitare di due epoche . Come già un precedente articolo dello stesso autore, pubblicato qualche tempo fa in una rivista, questo articolo espone le idee fondamentali di tutta una corrente borghese del pensiero sociale in Russia, la corrente liquidatrice, sulle questioni più importanti e scottanti del nostro tempo, A dire il vero, non si tratta di articoli, ma del manifesto di una determinata tendenza, e chiunque li leggerà attentamente e rifletterà sul loro contenuto vedrà che solo considerazioni casuali, cioè estranee agli interessi puramente pubblici- stici, hanno impedito all’autore (e ai suoi amici, perché l’autore non è solo) di esprimere i suoi pensieri nella forma che sarebbe più appro- priata, quella della dichiarazione o del « credo ». L’idea principale di A. Potresov è che la democrazia moderna si trova sul limitare di due epoche, e la differenza fondamentale fra la vecchia epoca e la nuova sta nel passaggio dalla limitatezza nazionale all’internazionalismo. Per democrazia moderna A. Potresov intende la democrazia propria della fine del XIX e dell’inizio del XX secolo, che differisce dalla vecchia democrazia borghese, propria della fine del XVIII secolo e dei primi due terzi del XIX. A prima vista può sembrare che l’idea dell’autore sia assoluta- mente giusta; che ci troviamo di fronte a un avversario della tendenza nazional-liberale,, oggi dominante nella democrazia moderna; che Fau- tore sia un « internazionalista », e non un nazional-liberale. Infatti, la difesa dell’internazionalismo, il sostenere che la limita- tezza nazionale e l’esclusivismo nazionale sono caratteristiche di un’epo- ca ormai passata, non vuol forse dire rompere decisamente con Pepi- 122 LENIN demia del nazional-liberalismo, questa piaga della democrazia moderna o, piu esattamente, dei suoi rappresentanti ufficiali? A prima vista è non solo possibile, ma quasi inevitabile, che si ab- bia questa impressione. E invece è un errore profondo. L’autore fa pas- sare la sua merce sotto una bandiera altrui. Egli si è servito — consa- pevolmente o inconsapevolmente, questo poco importa nel nostro caso — di una piccola astuzia di guerra, ha innalzato la bandiera dell’« interna- zionalismo » per contrabbandare senza rischi, sotto questa bandiera, la merce nazional-liberale. Perché A. Potresov è indubbiamente un na- zional-liberale. Il nocciolo del suo articolo (e del suo programma, della sua piattaforma, del suo « credo ») sta proprio nell’impiego di questa piccola furberia di guerra, ingenua, se volete, nel far passare l’opportu- nismo sotto la bandiera deirinternazionalismo. Bisogna soffermarsi a chiarire questo punto nodale in ogni particolare, perché si tratta di una questione d’importanza immensa, primaria. E l’utilizzazione di una ban- diera altrui da parte di A. Potresov è tantp piu pericolosa in quanto egli si' nasconde non solo dietro al principio delP« internazionalismo », ma anche dietro al titolo di sostenitore della « metodologia marxista ». In altre parole, A. Potresov vuole essere un autentico seguace e rap- presentante del marxismo, mentre in realtà sostituisce al marxismo il nazional-liberalismo. A. Potresov vuole « correggere » Kautsky, accu- sandolo di fare l’« avvocato v>, cioè di difendere il liberalismo del co- lore ora dell’una ora dell’altra nazione, il liberalismo del colore di diverse nazioni. A. Potresov vuole contrapporre l’internazionalismo e il marxi- smo al nazional-liberalismo (perché è assolutamente indubbio e incon- testabile che oggi Kautsky è diventato un nazional-liberale). Ma in ef- fetti A. Potresov contrappone al nazional-liberalismo variopinto un na- zional-liberalismo monocolore. E invece il marxismo è ostile - — e, nel- l’attuale concreta situazione storica, è ostile sotto tutti i rapporti — a qualsiasi nazional-liberalismo. Che sia proprio cosi, e perché sia cosi, lo diremo adesso. I Il lettore capirà piu facilmente il perché delle disavventure di A. Potresov, che lo hanno portato a navigare sotto la bandiera nazional- liberale, se riuscirà a penetrare il senso del seguente passo del suo articolo: SOTTO LA BANDIERA ALTRUI 123 « ...Con tutta la passione che era loro propria (a Marx e ai suoi compagni) essi si mettevano con fervore alla ricerca di una soluzione del problema, per quanto esso fosse complesso; facevano la diagnosi del conflitto, cercavano di determinare il successo di quale campo avreb- be aperto più spazio alle possibilità che consideravano desiderabili, e in tal modo stabilivano la base sulla quale costruire la loro tattica » (p. 73, il corsivo nella citazione è nostro), « Il successo di quale campo è più desiderabile »: ecco che cosa bisogna stabilire, e per di più non da un punto di vista nazionale, ma internazionale; ecco la sostanza della metodologia marxista; ecco che cosa Kautsky non indica, trasformandosi in tal modo da « giudice » (da marxista) in « avvocato » (nazional-liberale). Questa è l'idea di A. Po- tresov. Egli stesso è profondamente convinto di non fare affatto P« av- vocato », sostenendo che il successo di una delle parti (e precisamente della sua parte) è più desiderabile, ma di lasciarsi guidare da conside- razioni veramente internazionaliste sui peccati « incommensurabili » dell’altra parte... E Potresov, Maslov, Plekhanov, ecc. si lasciano guidare da consi- derazioni veramente internazionaliste, giungendo alle stesse conclusioni del primo fra loro... È talmente ingenuo che... ma non anticipiamo, e finiamo prima di tutto Tanalisi della questione puramente storica. Marx ha determinato « il successo di quale campo è più deside- rabile », per esempio, durante la guerra d’Italia del 1859. A. Potresov si ferma proprio su questo esempio, « che ha per noi un interesse spe- cifico, in considerazione di alcune sue particolarità ». Anche noi, da par- te nostra, acconsentiamo ad assumere l’esempio scelto da A. Potresov. Napoleone III nel 1859 dichiarò la guerra all’ Austria dicendo che lo faceva per liberare l’Italia, ma in realtà per raggiungere i suoi scopi dinastici. « Dietro le spalle di Napoleone III, — scrive A, Potresov, — si disegnava la figura di Gorciakov, che aveva appena concluso un trat- tato segreto con l’imperatore dei francesi. » Ne vien fuori un groviglio di contraddizioni: da una parte la monarchia più reazionaria d’Europa, che opprime l’Italia, dall’altra parte i rappresentanti, Garibaldi com- preso, delPItalia rivoluzionaria che si sta liberando, i quali procedono fianco a fianco con P arcireazionario Napoleone III, ecc. « Non sarebbe stato più facile — scrive A. Potresov — allontanarsi dal peccato, di- cendo: “Tutti e due sono pessimi”? Però né Engels, né Marx, né 124 LENIN Lassalle si sono lasciati allettare dalla “semplicità” di tale soluzione, e si sono messi a indagare » (A. Potresov vuol dire: a studiare ed esa- minare) « la questione: quale sbocco del conflitto poteva offrire più possibilità di successo alla causa che era cara a tutti loro? » Marx ed Engels ritenevano, contrariamente a Lassalle, che la Prus- sia dovesse intervenire. Fra le loro considerazioni, a quanto Potresov stesso riconosce, vi era anche quella « che in seguito allo scontro con la coalizione nemica potesse sorgere in Germania un movimento nazio- nale che si sarebbe esteso, scavalcando i suoi numerosi potentati; e che si dovesse cercare quale fra le potenze del concerto europeo costituisse il male principale: se la monarchia reazionaria del Danubio o gli altri rappresentanti più in vista di questo concerto ». Per noi ha poca importanza, conclude Potresov, sapere se avesse ragione Marx o Lassalle; l’importante è che tutti erano d’accordo sulla necessità di determinare, da un punto di vista internazionale, a quale campo fosse preferibile che andasse la vittoria. Questo è l’esempio preso da A. Potresov, questo è il ragionamento del nostro autore. Se allora Marx ha saputo « soppesare i conflitti in- ternazionali » (l’espressione è di A. Potresov), nonostante il carattere estremamente reazionario dei governi di entrambe le parti belligeranti, anche oggi i marxisti sono tenuti a fare un analogo esame, conclude Potresov. Questa conclusione è puerilmente ingenua oppure grossolanamente sofistica, perché si riduce a questo: siccome Marx nel 1859 voleva risol- vere la questione: quale è la borghesia di cui si deve preferire il suc- cesso?, anche noi, dopo più di mezzo secolo, dobbiamo risolvere esat- tamente la stessa questione. A. Potresov non ha notato che per Marx la domanda posta nel 1859 (e in una serie di altri casi successivi), « il successo di quale cam- po è più desiderabile? », equivale alla domanda: « il successo di quale borghesia è più desiderabile? ». A. Potresov non ha notato che Marx si poneva la domanda in un momento in cui esistevano — e non solo esistevano, ma si ponevano in primo piano nel processo storico dei più importanti Stati d’Europa — movimenti borghesi incontestabilmente progressivi. Ai giorni nostri sarebbe ridicolo perfino pensare a una bor- ghesia progressiva, a un movimento borghese progressivo quando si parla, per esempio, di figure indubbiamente centrali e importanti del « concerto » europeo come l’Inghilterra e la Germania. La vecchia « de- SOTTO LA BANDIERA ALTRUI 125 mocrazia » borghese di queste potenze centrali e importanti è diventata reazionaria. Ma il signor A. Potresov lo ha « dimenticato » e ha sosti- tuito al punto di vista della democrazia moderna (non borghese) il punto di vista della vecchia pseudo-democrazia (borghese). Questo pas- saggio alle posizioni di un'altra classe, e per di piu di una classe vec- chia, superata, è opportunismo belle buono. Non si può neppure parlare di giustificare tale spostamento analizzando il contenuto oggettivo del processo storico nell'epoca passata e nella nuova. Proprio la borghesia — per esempio in Germania, ed anche in In- ghilterra — cerca di effettuare la sostituzione compiuta da A. Potre- sov, sostituire cioè all'epoca imperialista l'epoca dei movimenti bor- ghesi progressivi, di liberazione nazionale e di liberazione democratica. A. Potresov si trascina acriticamente al seguito della borghesia. E que- sto è tanto piu imperdonabile in quanto proprio Potresov, nell'esempio scelto da lui stesso, ha dovuto ammettere e indicare di che tipo fossero le considerazioni che guidavano Marx, Engels e Lassalle in quell'epoca da lungo tempo trascorsa *. Prima di tutto si trattava di considerazioni sul movimento nazio- nale (della Germania e dell'Italia), di fare in modo che esso si svilup- passe scavalcando i « rappresentanti del medioevo »; in secondo luogo erano considerazioni sul « male principale » costituito dalle monarchie reazionarie (austriaca, napoleonica, ecc.) nel concerto europeo. Queste considerazioni sono assolutamente chiare e indiscutibili. I marxisti non hanno mai negato il carattere progressivo dei movimenti borghesi di liberazione nazionale contro le forze feudali e assolutisti- che. A. Potresov non può ignorare che negli Stati centrali, cioè nei più importanti Stati belligeranti della nostra epoca non c'è e non poteva esserci niente di simile. Allora tanto in Italia quanto in Germania vi * Tra l’altro Potresov rifiuta di decidere se fosse Marx o Lassalle ad aver ragione nel valutare le condizioni della guerra del 1859. Noi pensiamo (malgrado Mehring) che avesse ragione Marx, e che Lassalle anche qui fosse un opportunista, proprio come quando civettava con Bismarck, Lassalle si adattava alla vittoria della Prussia e di Bismarck, alla mancanza di una forza sufficiente nei movimenti nazio- nali democratici dell’Italia e della Germania. In tal modo egli propendeva per una politica operaia nazional-liberale. Marx invece incoraggiava e sviluppava una poli-, tica autonoma, conseguentemente democratica, ostile alla viltà nazional-liberale ^in- tervento della Prussia contro Napoleone nel 1859 avrebbe stimolato il movimento popolare in Germania). Lassalle guardava piuttosto in alto che in basso, non poteva staccare gli occhi da Bismarck. Il « sucesso » di Bismarck non giustifica affatto Topportunismo di Lassalle. 126 LENIN erano dei movimenti popolari di liberazione nazionale che duravano da decenni. Allora non era la borghesia occidentale a sostenere con le sue finanze determinate altre potenze, ma al contrario queste potenze erano effettivamente il « male principale ». A. Potresov non può non sapere — e lui stesso lo riconosce in questo articolo — che nella nostra epoca non un'unica potenza tra queste altre è, o può essere, il « male prin- cipale ». La borghesia (per esempio quella tedesca, ma certo non essa sol- tanto) rinfocola per scopi interessati l’ideologia dei movimenti nazio- nali cercando di trasferirla nell’epoca delPimperialismo, cioè in un’epo- ca completamente diversa. Dietro alla borghesia, come sempre, si trasci- nano gli opportunisti, abbandonando il punto di vista della democrazia moderna per adottare il punto di vista della vecchia democrazia (bor- ghese). Proprio in questo sta il difetto fondamentale di tutti gli arti- coli, di tutto Patteggiamento e di tutta la linea di A. Potresov e dei suoi accoliti liquidatori. Marx ed Engels nell’epoca della vecchia democrazia (borghese) si ponevano il problema: il successo di quale borghesia è più desiderabile?, mirando a che un movimento modestamente liberale si sviluppasse in un movimento impetuosamente democratico. A. Po- tresov nell’epoca della democrazia moderna (non borghese) predica il nazional-liberalismo borghese, mentre né in Inghilterra, né in Germa- nia, né in Francia non c’è neppure da parlare di movimenti progressivi borghesi: né modestamente liberali, né impetuosamente democratici. Marx ed Engels andavano più avanti della loro epoca, l’epoca dei mo- vimenti progressivi nazionali borghesi, spingendoli oltre, preoccupan- dosi di farli sviluppare « scavalcando » i rappresentanti del medioevo. A. Potresov, come tutti i socialsciovinisti, si trova indietro rispetto alla sua epoca di democrazia moderna, riprendendo il punto di vista da lungo tempo superato, morto e perciò intrinsecamente falso, della vecchia democrazia (borghese). Perciò il seguente appello di A. Potresov alla democrazia è somma- mente confuso e ultrareazionario: « ...Non indietreggiare, ma vai avanti. Non verso Tindividualismo, ma verso la coscienza intemazionale in tutta la sua integrità e in tutta la sua forza. Avanti, cioè, e in un certo senso anche indietro; indietro verso Engels, Marx, Lassalle, verso il loro metodo di valutazione dei conflitti intemazionali, verso il loro modo di includere e di utilizzare SOTTO LA BANDIERA ALTRUI 127 anche l’azione internazionale degli Stati nell’ambito generale della de- mocrazia ». A. Potresov trascina indietro la democrazia moderna, non « in un certo senso », ma in tutti i sensi: la riporta alle parole d’ordine e al- l’ideologia della vecchia democrazia borghese, alla dipendenza delle mas- se dalla borghesia... Il metodo di Marx consiste prima di tutto nel con- siderare il contenuto oggettivo del processo storico in un determinato momento concreto, in una data situazione, nel comprendere prima di tutto quale movimento, e di quale classe, è la molla fondamentale del progresso possibile in una situazione concreta. Allora, nel 1859, il con- tenuto oggettivo del processo storico nell’Europa continentale non era Timperialismo, ma erano i movimenti borghesi di liberazione nazionale. La molla principale era il movimento della borghesia contro le forze feudali e assolutistiche. Ma il saggio A. Potresov, 55 anni dopo, quando i magnati del capitale finanziario della borghesia decrepita sono divenuti simili ai feudatari reazionari e ne hanno occupato il posto, vuol valu- tare i conflitti internazionali dal punto di vista della borghesia , e non della nuova classe *. A. Potresov non ha riflettuto sul valore della verità che egli ha espresso con queste parole. Ammettiamo che due paesi siano in guerra fra loro nell’epoca dei movimenti borghesi di liberazione nazionale, A quale paese augurare il successo dal punto di vista della democrazia mo- derna? Naturalmente a quello il cui successo darà piu impulso e svi- lupperà piu impetuosamente il movimento di liberazione della borghe- sia, scalzerà di piu il feudalesimo. Ammettiamo, poi, che l’elemento determinante della situazione storica oggettiva sia cambiato e che al po- sto del capitale del periodo di liberazione nazionale vi sia il capitale fi- nanziario internazionale, reazionario e imperialista. Il primo dei due paesi possiede, mettiamo, i tre quarti dell’Africa e il secondo un quarto. Il contenuto oggettivo della loro guerra è una nuova spartizione del- l’Africa. A quale parte augurare il successo? La domanda, posta nella sua forma precedente, è assurda, perché non ci sono piu i precedenti cri- teri di valutazione: non c’è né il pluriennale sviluppo del movimento * « In realtà, — scrive A. Potresov, — proprio in questo periodo di pretesa stagnazione, all’in terno di ogni paese si sono svolti vasti processi molecolari, e la situazione internazionale è a poco a poco degenerata perché il suo elemento determi- nante è diventato sempre piu palesemente la politica di conquiste coloniali, la poli- tica deirimperialismo guerrafondaio. » 128 LENIN di liberazione borghese, né il pluriennale processo di decadenza del feudalesimo, Non è compito della democrazia moderna di aiutare né il primo paese a consolidare il suo « diritto » sui tre quarti dell’Africa, né di aiutare il secondo ad appropriarsi questi tre quarti (anche se la sua economia si sviluppa più rapidamente di quella del primo). La democrazia moderna resterà fedele a se stessa solo se non si alleerà a nessuna borghesia imperialista, se dichiarerà che « tutte e due sono pessime », se in ogni paese augurerà la sconfitta della borghesia imperialista. Ogni altra soluzione sarà, in pratica, nazional-liberale, non avrà niente a che fare col vero internazionalismo. Il lettore non si lasci ingannare dalla terminologia reboante di A. Potresov, con la quale egli cerca di coprire il suo passaggio alle po- sizioni della borghesia. Quando A. Potresov esclama: « Non verso Pin- dividualismo, ma verso la coscienza internazionale in tutta la sua inte- grità e in tutta la sua forza », egli intende contrapporre il suo punto di vista a quello di Kautsky. Quando egli definisce « individualismo » l’opinione di Kautsky (e dei suoi simili) egli vuol dire che Kautsky rifiuta di domandarsi « il successo di quale parte sia più desiderabile », e che questi giustifica il nazional-liberalismo degli operai in ogni paese « individuale». Invece noi — A. Potresov, Cerevanin, Maslov, Plekha- nov, ecc. — facciamo appello alla « coscienza internazionale in tutta la sua integrità e la sua forza », perché noi siamo per il nazional-liberali- smo di un determinato colore, non certo dal punto di vista di uno Stato preso individualmente (o di una nazione individualmente presa), ma da un punto di vista autenticamente internazionale... Questo ragionamento sarebbe ridicolo, se non fosse cosi... vergognoso. Sia A. Potresov e soci, sia Kautsky si trascinano al rimorchio della borghesia, tradendo la posizione della classe che pretendono di rap- presentare. II A. Potresov ha intitolato il suo articolo: Sul limitare di due epoche. È indiscutibile che noi viviamo sul limitare di due epoche, e gli avve- nimenti storici di grandissima importanza che si svolgono dinanzi a noi possono essere compresi soltanto analizzando, in primo luogo, le condi- zioni oggettive del passaggio da un’epoca all’altra. Si tratta di grandi SOTTO LA BANDIERA ALTRUI 129 epoche storiche; in ogni epoca ci sono e ci saranno movimenti parziali, singoli, ora in avanti, ora indietro; vi sono e vi saranno diverse devia- zioni dal tipo medio e dal ritmo medio del movimento. Non possiamo sapere con quale rapidità, né con quale successo, si svilupperanno sin- goli movimenti storici di una determinata epoca. Ma possiamo sapere e sappiamo quale classe sta al centro di questa o quell’epoca e ne deter- mina il contenuto fondamentale, la direzione principale del suo svi- luppo, le particolarità essenziali della situazione storica, ecc. Solo su questa base, cioè tenendo conto in primo luogo dei principali carat- teri peculiari delle varie « epoche » ( e non dei singoli episodi della sto- ria di singoli paesi), possiamo costruire giustamente la nostra tattica; e solo la conoscenza dei lineamenti principali di una data epoca può essere la base che permette di tener conto delle caratteristiche piu parti- colari di questo o quel paese. Proprio in questo sta il sofisma principale di A. Potresov e di Kautsky (il cui articolo è stato pubblicato nello stesso numero del Nasce Dielo) o l’errore storico capitale di entrambi, che li porta a con- clusioni nazional-liberali, e non marxiste. Il fatto è che l’esempio assunto da A. Potresov e che presenta, per lui, un « interesse specifico », l’esempio della campagna d’Italia del 1859, e tutta una serie di esempi storici analoghi , assunti da Kautsky, non si riferiscono « in nessun modo a quelle epoche storiche », « sul limitare » delle quali noi viviamo. Chiamiamo epoca moderna (o terza) l’epoca nella quale entriamo (o siamo entrati, ma che si trova nel suo stadio iniziale). Chiamiamo epoca di ieri (o seconda) quella dalla quale siamo appena usciti. Allora bisognerebbe chiamare epoca delTaltroieri (o prima) l’epoca dalla quale A. Potresov e Kautsky prendono i loro esempi. Il rivoltante sofisma, l’intollerabile falsità dei ragionamenti di A. Potresov e di Kautsky stanno proprio nel fatto che essi sostitui- scono alle condizioni dell’epoca moderna (terza) le condizioni del- l’epoca dell’altroieri (prima). Spieghiamoci. La consueta divisione corrente delle epoche storiche, riportata più volte nella letteratura marxista, spesso ripetuta da Kautsky e adottata da A. Potresov nel suo articolo, è la seguente: 1) 1789-1871; 2) 1871- 1914 ; 3) 1914-?. S’intende che qui i limiti, come in generale tutti i limiti nella natura e nella società sono convenzionali e mobili, relativi, e non assoluti. E noi prendiamo solo in modo approssimativo i fatti 130 LENIN storici piu salienti e rilevanti, come pietre miliari dei grandi movimenti storici. La prima epoca, che va dalla grande Rivoluzione francese alla guerra franco-prussiana, è Tepoca dell'ascesa della borghesia, della sua completa vittoria. È la linea ascendente della borghesia, è l’epoca dei movimenti democratici borghesi in generale e dei movimenti nazionali borghesi in particolare, l’epoca della rapida demolizione delle istituzioni feudali e assolutiste ormai superate. La seconda epoca è quella del completo dominio della borghesia e della sua decadenza, l’epoca del passaggio dalla borghesia progressiva al capitale finanziario reazionario e ultrareazionario. È l’epoca in cui una nuova classe prepara e raccoglie lentamente le sue forze, la democrazia moderna. La terza epoca, appena incominciata, pone la borghesia nella stessa « situazione » in cui erano i feudatari durante la prima epoca. È l’epoca dell’imperialismo e degli sconvolgimenti imperialisti, o derivanti dall’imperialismo. Proprio Kautsky ha tracciato con la massima precisione in una se- rie di articoli e nel suo opuscolo La via del potere (uscito nel 1909) i lineamenti fondamentali della terza epoca ai suoi inizi, ha rilevato la differenza radicale di quest’epoca dalla seconda (quella di ieri), ha ri- conosciuto che i compiti immediati erano cambiati, come pure le con- dizioni e le forme di lotta della democrazia contemporanea, e che que- sto cambiamento derivava dal mutamento delle condizioni storiche og- gettive. Oggi Kautsky brucia ciò che prima venerava, fa voltafaccia nel modo piu inverosimile, più indecente, più spudorato. Nell’opuscolo ci- tato, egli parla senza ambagi dei segni che preannunziano, ravvicinarsi della guerra, e precisamente di quella guerra che nel 1914 è divenuta un fatto. Basterebbe un semplice confronto di alcuni passi di quest'opu- scolo con ciò che Kautsky scrive oggi per dimostrare con assoluta evi- denza che egli ha tradito le sue convinzioni e le sue più solenni di- chiarazioni. E Kautsky in questo non è affatto un caso unico (e per di più non è affatto un caso solo tedesco), ma è il rappresentante ti- pico di tutto uno strato superiore della democrazia moderna, che al mo- mento della crisi si è schierato dalla parte della borghesia. Tutti gli esempi storici presi da A. Potresov e da Kautsky si rife- riscono alla prima epoca. Al tempo delle guerre del 1855, 1859, 1864, 1866, 1870, e anche del 1877 (russo-turca) e del 1896-1897 (guerra greco-turca e i moti in Armenia), il contenuto oggettivo fondamentale degli avvenimenti storici consisteva in movimenti di carattere borghese nazionale o in « convulsioni » della società borghese che si liberava SOTTO LA BANDIERA ALTRUI 131 dalle varie forme di feudalesimo. Per diversi paesi progrediti, non si poteva neanche parlare di una qualsiasi azione di una democrazia real- mente autonoma e corrispondente a una epoca di avanzata maturità e di decadenza della borghesia. La classe principale che al tempo di quel- le guerre, e partecipando a quelle guerre, seguiva una linea ascendente e che sola poteva agire con forza schiacciante contro le istituzioni feu- dali e assolutiste, era la borghesia. In diversi paesi, questa borghesia, rappresentata da diversi strati di possidenti produttori di merci, era, in diversa misura, progressiva e qualche volta (per esempio una parte della borghesia italiana del 1859) perfino rivoluzionaria; ma la caratteristica generale dell'epoca era appunto la tendenza progressiva della borghe- sia, e cioè la sua lotta non ancora definita, non ancora conclusa contro il feudalesimo. È del tutto naturale che elementi della democrazia mo- derna — e Marx, come loro rappresentante — ispirandosi al principio incontestabile dell'appoggio alla borghesia progressiva (alla borghesia capace di lottare) contro il feudalesimo, dovessero allora risolvere que- sto problema: « il successo di quale parte » cioè di quale borghesia è preferibile? Il movimento popolare nei principali paesi coinvolti nella guerra aveva allora un carattere democratico generale, cioè democratico borghese, per il suo contenuto economico e di classe. È del tutto natu- rale che allora non si potesse neppure porre un'altra domanda, fuorché questa: il successo di quale borghesia, in quale concorso di circostanze, con la disfatta di quali forze reazionarie (feudali e assolutiste, che fre- navano l’ascesa della borghesia) promette piu « spazio » alla democra- zia moderna? Inoltre Marx, come è stato costretto a riconoscere perfino A. Po- tresov, quando « soppesava » i conflitti intemazionali sulla base dei movimenti borghesi nazionali e di liberazione, s’ispirava a considerazio- ni miranti a determinare il successo di quale parte fosse più suscettibile di favorire lo « sviluppo » (p. 74 dell’articolo di A. Potresov) dei movimenti democratici nazionali e popolari in generale. Ciò vuol dire che di fronte ai conflitti militari nati sul terreno dell'ascesa della bor- ghesia verso il potere nelle singole nazioni, Marx, come nel 1848, si preoccupava più di tutto dell’estensione e dell’accentuazione dei movi- menti democratico-borghesi con la partecipazione di masse sempre più larghe e più « plebee », della piccola borghesia in generale, dei contadini in particolare, e infine delle classi non abbienti. Proprio questa atten- zione di Marx all’estensione della base sociale del movimento, al suo 132 LENIN sviluppo, distingueva radicalmente la tattica conseguentemente demo- cratica di Marx dalla tattica inconseguente di Lassalle, incline all’allean- za coi nazional-liberali. Anche nella terza epoca i conflitti internazionali sono rimasti per la loro forma, uguali ai conflitti della prima epoca, ma il loro contenuto sociale e di classe è cambiato radicalmente. La situazione storica obiet- tiva è oggi completamente diversa. Invece della lotta antifeudale del capitale, che si sviluppa e pro- cede verso la liberazione nazionale, si accende la lotta del capitale finan- ziario più reazionario, sorpassato e sopravvissuto a se stesso, in deca- denza, contro le forze nuove. La forma borghese nazionale dello Stato che, nella prima epoca, favoriva lo sviluppo delle forze produttive del- l’umanità che si liberava dal feudalesimo, è oggi, nella terza epoca, uni ostacolo aH’ulteriore sviluppo delle forze produttive. La borghesia, che era la classe più avanzata, la classe ascendente, è divenuta una classe che tramonta, decade, una classe intrinsecamente morta, reazionaria. Ascen- de oggi — su larga scala storica — una classe completamente diversa. A. Potresov e Kaiitsky hanno abbandonato il punto di vista di questa classe e sono andati indietro, ripetendo le menzogne borghesi secondo cui il contenuto oggettivo del processo storico sarebbe ancora oggi il movimento progressivo della borghesia contro il feudalesimo. In realtà oggi non si può parlare, per la democrazia moderna , di andare al rimorchio della borghesia reazionaria , imperialista, di qualunque « co- lore » essa sia. Nella prima epoca, obiettivamente, il problema storico era: come la borghesia progressiva doveva « utilizzare », nella sua lotta contro i rappresentanti principali del feudalesimo morente, i conflitti interna- zionali per il massimo vantaggio di tutta la democrazia borghese mon- diale in generale. Allora, nella prima epoca, più di mezzo secolo fa, èra naturale e inevitabile che la borghesia, asservita dal feudalesimo, augu- rasse la sconfitta al « suo » oppressore feudale; d’altronde il numero di queste principali cittadelle feudali, cruciali, d’importanza europea, era assai limitato. E Marx « soppesava » in quale paese, in una determinata situazione concreta, la vittoria del movimento borghese di liberazione sarebbe stata più efficace per minare le cittadelle feudali europee. Adesso, nella terza epoca, non ci sono più affatto cittadelle feudali d’importanza europea. Certo, la democrazia moderna ha il compito di « utilizzare » i conflitti internazionali, ma quest’utilizzazione dev’essere SOTTO LA BANDIERA ALTRUI 133 precisamente internazionale — malgrado A. Potresov e Kautsky — e dev’essere diretta non contro i singoli capitali finanziari nazionali, ma contro il capitale finanziario internazionale. E a utilizzare i conflitti non deve essere la classe che cinquanta o cento anni fa era ascendente. Allora si trattava della « azione internazionale » (l’espressione è di A. Potresov) della democrazia borghese piu avanzata; ora un compito dello stesso genere è storicamente maturato ed è stato posto dalla si- tuazione oggettiva di fronte a una classe completamente diversa. Ili Potresov caratterizza in maniera assai incompleta la seconda epoca o « l’arco di quarantacinque anni » (1870-1914), secondo la sua espres- sione. Della stessa incompiutezza soffre la caratterizzazione di quest’epo- ca nell’opera di Trotski, pubblicata in tedesco, benché questi non sia d’accordo con le conclusioni pratiche di A. Potresov (il che va a tutto vantaggio del primo); del resto a questi due autori resta indubbiamente oscura la ragione per cui essi sono in un certo senso vicini. A proposito dell’epoca che abbiamo chiamato seconda, o di ieri, A. Potresov scrive: « La limitazione dell’attività e della lotta alle questioni particolari e la gradualità che penetra dappertutto, questi segni di un’epoca, che certuni hanno eretto a principio, sono diventati per altri un fatto abi- tuale e, in quanto tale, un elemento della loro mentalità, una sfuma- tura della loro ideologia» (p. 71). «La sua (di quest’epoca) capacità di progredire regolarmente e cautamente aveva un’altra faccia, in pri- mo luogo nella sua palese incapacità di agire nei momenti in cui la gradualità veniva turbata o quando si svolgevano avvenimenti catastro- fici di ogni genere; e, in secondo luogo, nell’isolamento dell’azione na- zionale, dell’ambiente nazionale » (p. 72) ... « Né rivoluzione, né guer- re » (p. 70) ... « La democrazia assumeva tanto piu un carattere nazio- nale, quanto piu si prolungava il periodo della sua “guerra di posizione”, quanto più a lungo restava sulla scena quella fase della storia europea che... non ha conosciuto nel cuore dell’Europa conflitti internazionali, e, quindi, non ha vissuto fermenti che dilagassero oltre le frontiere degli Stati nazionali, non ha sentito acutamente interessi di portata europea o mondiale. » (pp. 75-76). Il difetto principale di questa definizione, come pure della corri- 134 LENIN spondente definizione della stessa epoca data da Trotski, sta nel ri- fiuto di vedere e di riconoscere le profonde contraddizioni interne della democrazia moderna, che si è sviluppata sulla base sopra descritta. Si ha l'impressione che la democrazia moderna di quel? epoca sia restata un tutto unico, che, in complesso, si compenetrava dell’idea della gra- dualità, assumeva un carattere nazionale, si disabituava alle perturba- zioni della gradualità e alle catastrofi, s'immeschiniva, si copriva di muffa. In realtà non poteva essere cosi, perché, accanto alle tendenze men- zionate agivano indiscutibilmente altre tendenze contrarie; la « vita » delle masse operaie s'intemazionalizzava (attrazione verso le città e li- vellamento delle condizioni di vita nelle grandi città del mondo intero, internazionalizzazione del capitale, mescolanza di popolazione urbana e rurale, locale e allogena nelle grandi fabbriche, ecc.); le contraddizioni di classe si inasprivano; i sindacati padronali premevano più pesante- mente sui sindacati operai; sorgevano forme di lotta più aspre e pesanti come, per esempio, gli scioperi di massa; aumentava il costo della vita; l'oppressione del capitale finanziario diventava intollerabile, ecc. ecc. In realtà non è stato cosi: lo sapevamo assai bene. Nessuno, lette- ralmente nessuno dei grandi paesi capitalistici d'Europa è stato rispar- miato in quell'epoca dalla lotta fra le due tendenze contrarie all'interno della democrazia moderna. Questa lotta, in ciascuno dei grandi paesi, nonostante il generale carattere « pacifico », « stagnante », sonnolento dell'epoca, assumeva talvolta le forme più tumultuose, che giungevano fino alle scissioni. Queste correnti contrastanti si sono espresse in tutti, senza eccezione, i campi della vita, e a proposito di tutte le questioni della democrazia moderna: atteggiamento verso la borghesia, alleanze coi liberali, voto dei crediti, atteggiamento verso la politica coloniale, le riforme, il carattere della lotta economica, la neutralità dei sinda- cati, ecc. « L'idea della gradualità che penetrava dappertutto » non era af- fatto la tendenza integralmente dominante di tutta la democrazia mo- derna, come parrebbe leggendo Potresov e Trotski. No, questa gradua- lità si è cristallizzata in una corrente determinata che non di rado, nel- l'Europa di questo periodo, ha generato singole frazioni, talvolta addi- rittura partiti distinti della democrazia moderna. Questa tendenza ha avuto i suoi capi, i suoi organi di stampa, la sua politica, la sua parti- colare — e organizzata in modo particolare — influenza sulle masse della SOTTO LA BANDIERA ALTRUI 135 popolazione. E non basta. Essa si appoggiava sempre piu, e infine, se cosi si può dire, « si accomodò » definitivamente sugli interessi di un determinato ceto sociale all* interno della democrazia moderna. « L’idea di gradualità che penetrava dappertutto » attirò natural- mente nelle file della democrazia moderna una serie di compagni di strada piccolo-borghesi; poi, sorsero particolarità piccolo-borghesi nella vita e, di conseguenza, anche nell’« orientamento » politico di un certo strato di parlamentari, di giornalisti, di funzionari dei sindacati; si for- mò, più o meno netta e delimitata, una specie di burocrazia e di ari- stocrazia della classe operaia. Prendete, per esempio, il possesso delle colonie, l’ampliamento dei possedimenti coloniali. Indubbiamente fu questa una delle caratteristi- che dell’epoca ora descritta e della maggior parte dei grandi Stati. Che cosa significava dal punto di vista economico? Una quantità di sovrap- profitti e di privilegi particolari per la borghesia, e anche, indubbia- mente, la possibilità per una piccola minoranza di piccoli borghesi di ricevere le briciole di queste « fette di torta »; e in seguito la stessa pos- sibilità anche per gli impiegati meglio piazzati, per i funzionari del mo- vimento operaio, ecc. Che un’infima minoranza della classe operaia inglese, per esempio, abbia « goduto » delle briciole dei profitti colo- niali, dei privilegi, è un fatto innegabile, riconosciuto e indicato già da Marx ed Engels. Ma quello che era allora un fenomeno esclusivamente inglese è diventato un fenomeno generale per tutti i grandi paesi capi- talistici d’Europa di mano in mano che tutti questi paesi s’impossessa- vano di vaste colonie, e in generale di mano in mano che il periodo imperialista del capitalismo si sviluppava e cresceva. In una parola, « l’idea della gradualità che penetra dappertutto » della seconda epoca (o di ieri) non ha solo creato una certa « incapacità di agire quando la gradualità veniva turbata », come pensa A. Potresov, non ha solo generato certe tendenze « possibiliste », come suppone Trotski: essa ha creato tutta una tendenza opportunista che si appoggia a un determinato ceto sociale, all’interno della democrazia moderna, ceto legato alla borghesia del suo « colore » nazionale dai molteplici fili de- gli interessi economici, sociali e politici comuni, una tendenza palese- mente, apertamente, ben consapevolmente e sistematicamente ostile ad ogni idea di « perturbazioni della gradualità ». La radice di molti errori tattici ed organizzativi di Trotski (per non parlare di A. Potresov) sta proprio nel suo timore, o rifiuto, o 136 LENIN incapacità di riconoscere la piena « maturità » della tendenza opportu- nista, e il suo strettissimo, indissolubile legame coi nazional-liberali (o col socialnazionalismo) dei nostri giorni. In pratica negare questa « ma- turità » e questo legame indissolubile porta perlomeno al completo di- sorientamento e all’impotenza di fronte al flagello socialnazionalistico (o nazional-liberale) dominante. Il legame fra opportunismo e socialnazionalismo è negato, in gene- rale sia da A. Potresov, sia da Martov, Axelrod, VI. Kosovski (giunti a un punto tale da parlare in difesa del voto nazional-liberale per i crediti militari da parte dei democratici tedeschi), sia da Trotski. Il loro « argomento » principale è che non c’è piena corrisponden- za fra la vecchia divisione della democrazia « secondo l'opportunismo » e la sua attuale divisione « secondo il socialnazionalismo ». Questo ar- gomento, in primo luogo, è inesatto di fatto, come ora dimostreremo, e, in secondo luogo, è assolutamente unilaterale, incompleto e inconsi- stente, in linea di principio, dal punto di vista marxista. Persone e grup- pi possono passare da un campo all'altro: questo è non soltanto possi- bile, ma perfino inevitabile ogni volta che vi sia una grande « scossa » sociale; il carattere di una determinata corrente non ne risulta affatto cambiato; non cambia neppure il legame ideologico di determinate cor- renti, non cambia il loro significato di classe. Queste considerazioni — potrebbe sembrare — sono cosi universalmente note e indiscutibili che è perfino imbarazzante insistervi troppo. Eppure gli autori da noi nominati hanno dimenticato proprio queste considerazioni. Il signifi- cato fondamentale di classe — o, se volete, il contenuto soci ale-econo- mico — dell’opportunismo sta nel fatto che certi elementi della demo- crazia moderna sono passati (di fatto, cioè anche se non ne hanno avuto coscienza) dalla parte della borghesia su molte questioni. L'op- portunismo è una politica operaia liberale. A chi avesse paura della apparenza « frazionistica » di queste espressioni, consigliamo di pren- dersi la pena di studiare i pareri di Marx, Engels e Kautslcy ( « autorità » particolarmente comoda per gli avversari del « frazionismo », non è vero?) magari solo suH’opportunismo inglese. Non può esservi dub- bio che il risultato di tale studio sarà il riconoscimento della radicale e sostanziale coincidenza fra opportunismo e politica operaia liberale. Il significato di classe fondamentale del socialnazionalismo dei nostri giorni è assolutamente lo stesso. L 'idea fondamentale dell’opportuni- smo è l'alleanza o il ravvicinamento (talvolta l’accordo, il blocco, ecc.) SOTTO LA BANDIERA ALTRUI 137 fra la borghesia e il suo antipode. L’idea fondamentale del socialnazio- nalismo è esattamente la stessa. La parentela politico-ideologica, il le- game, perfino l’identità fra opportunismo e socialnazionalismo non su- scitano alcun dubbio. Ma, s’intende, non dobbiamo basarci sulle per- sole né sui gruppi, ma proprio sull’analisi del contenuto di classe delle correnti sociali e sull’esame politico e ideologico dei loro principi fon- damentali, essenziali. Affrontando lo stesso tema da un Iato un po’ differente, porremo la domanda: da dove proviene il socialnazionalismo? Come si è svi- luppato ed è cresciuto? Che cosa gli ha dato importanza e forza? Chi non ha saputo dare risposta a queste domande, non ha affatto compreso il socialnazionalismo e, beninteso, è assolutamente incapace di « distin- guersi ideologicamente » da esso, anche se giura e spergiura di essere pronto a tale « distinzione ideologica ». La risposta a questa domanda può essere una sola: il socialnaziona- lismo è sorto dall’opportunismo, ed è proprio quest’ultimo che gli ha dato forza. Come è potuto il socialnazionalismo nascere « ad un tratto »? Esattamente come nasce « ad un tratto » un bambino, se sono passati nove mesi dal suo concepimento. Ognuna delle numerose manifesta- zioni deH’opportunismo nel corso di tutta la seconda epoca (o epoca di ieri) in tutti i paesi d’Europa era uno dei ruscelli che « d’un tratto » si sono fusi tutti insieme, ora, nel grande, anche se poco profondo (e aggiungiamo fra parentesi: torbido e sporco) fiume socialnazionalista. Nove mesi dopo il suo concepimento il bambino deve staccarsi dalla madre; molti decenni dopo il concepimento da parte dell’opportuni- smo, il suo frutto maturo, il socialnazionalismo, dovrà in un termine piu o meno breve (in confronto ai decenni) staccarsi dalla democra- zia moderna. Per quanto la brava gente gridi, si arrabbi, s’infuri per queste idee e per questi discorsi, questo è inevitabile, perché deriva da tutto lo sviluppo sociale della democrazia moderna e dalla situazione oggettiva della terza epoca. Ma la non completa coincidenza tra la divisione « secondo l’oppor- tunismo » e la divisione « secondo il socialnazionalismo », proverebbe forse che tra le due manifestazioni non esiste un legame sostanziale? In primo luogo, non lo proverebbe, cosi come, alla fine del secolo XVIII, il passaggio di singoli individui della borghesia ora dalla parte dei feudatari, ora dalla parte del popolo non prova che « non esistes- sero legami » tra lo sviluppo della borghesia e la grande Rivoluzione 138 LENIN francese del 1789. In secondo luogo, in complesso — e qui si tratta appunto del complesso — questa coincidenza esiste: prendete non un paese, ma una serie di paesi, dieci paesi europei per esempio: la Ger- mania, l' Inghilterra , la Francia , il Belgio , la Russia, l’Italia, la Svezia, la Svizzera, l’Olanda e la Bulgaria. Solo i tre paesi in corsivo presentano qualche eccezione; negli altri paesi le correnti dei nemici risoluti del- l’opportunismo hanno precisamente generato le correnti ostili al social- nazionalismo. Paragonate i famosi Quaderni mensili e i loro nemici in Germania, il Nasce Dielo e i suoi nemici in Russia, il partito di Bisso- lati e i suoi nemici in Italia, i sostenitori di Greulich e di Grimm in Svizzera, di Branting e di Hòglund in Svezia, di Troelstra e di Pan- nekoek e Gorter in Olanda, e infine gli obstcedeltsi e i tesniaki in Bul- garia U7 . In complesso, la concidenza della vecchia divisione con la nuo- va è un fatto, e la piena coincidenza non esiste neanche nei più sem- plici fenomeni della natura; non c’è perfetta coincidenza tra il Volga, dopo che la Kama vi si è gettata e il Volga prima che la Kama vi si getti, e non c'è perfetta somiglianza tra il bambino e i genitori. L’In- ghilterra è solo apparentemente un’eccezione: infatti, prima della guer- ra, esistevano due correnti principali intorno a due giornali quotidiani , il che è indice obiettivo evidentissimo del carattere di massa delle due correnti: il Daily Citizen degli opportunisti e il Daily Herald dei nemici dell’opportunismo. I due giornali sono stati trascinati dall’ondata del nazionalismo, ma un’opposizione è sorta per opera di meno di un de- cimo dei seguaci della prima corrente e di tre settimi circa della seconda. Il metodo usuale di paragonare puramente il Partito socialista britannico col Partito operaio indipendente non è giusto, perché non tiene conto che di fatto quest’ultimo fa blocco coi fabiani 110 e col Partito laburi- sta lltì . Fanno dunque eccezione due paesi su dieci; ma anche qui Pecce- zione non è assoluta, giacché non si tratta di un cambiamento di posi- zione delle correnti, ma solo di un’ondata che ha trascinato (per ra- gióni cosi chiare che è inutile soffermarvisi) quasi tutti i nemici del- l’opportunismo. Questo attesta indiscutibilmente la forza dell’ondata, ma non contesta affatto la coincidenza fra la vecchia e la nuova di- visione. Ci dicono: la divisione « secondo l’opportunismo » è superata; ha senso solo la divisione in fautori dell’internazionalismo e fautori della limitatezza nazionale. È un’idea radicalmente errata. La nozione di « fau- tore dell’internazionalismo » è priva di ogni contenuto e di ogni senso, SOTTO LA BANDIERA ALTRUI 139 se non viene sviluppata concretamente ; ed ogni passo di questo sviluppo concreto sarà una enumerazione di caratteri di ostilità verso I’opportu- nismo, Nella pratica ciò è ancora più giusto. Un fattore dell'internaziona- lismo che non sia un avversario conseguente e deciso dell’opportunismo, è un miraggio, e niente di più. Può darsi che certe persone di questo tipo si ritengano sinceramente « internazionalisti » ; ma gli uomini si giu- dicano dal loro atteggiamento politico, e non da quello che essi pensano di sé: Patteggiamento politico di questi « internazionalisti », che non sono avversari conseguenti e decisi dell’opportunismo, sarà sempre di aiuto o di appoggio alla corrente nazionalista. D’altra parte anche i na- zionalisti si chiamano « internazionalisti » (Kautsky, Lensch, Haenisch, Vandervelde, Hyndman ed altri), e non solo si chiamano cosi, ma rico- noscono pienamente il ravvicinamento, l’accordo, la fusione internazio- nale di persone che la pensano come loro. Gli opportunisti non sono contro l’« internazionalismo », sono semplicemente per l’approvazione internazionale dell’opportunismo e l’accordo internazionale degli op- portunisti. LA CONFERENZA DELLE SEZIONI ESTERE DEL PARTITO OPERAIO SOCIALDEMOCRATICO RUSSO 120 Giorni addietro ha terminato i suoi lavori la conferenza delle se- zioni estere del POSDR, che si è tenuta in Svizzera. Oltre all’aver esa- minato questioni che concernono puramente l’emigrazione, e delle quali cercheremo di parlare, sia pur brevemente, nei prossimi numeri del- l’organo centrale, la conferenza ha elaborato risoluzioni su una que- stione importante e di grande attualità, la questione della guerra. Pub- blichiamo subito queste risoluzioni con la speranza che siano profitte- voli a tutti quei socialdemocratici che cercano seriamente di giungere a un lavoro vivo, uscendo dal presente caos di opinioni il quale, in sostanza, si riduce al riconoscimento, a parole, deirinternazionalismo e alla tendenza, di fatto, a riconciliarsi ad ogni costo, in un modo o nel- l’altro, col socialsciovinismo. Aggiungiamo che, riguardo alla parola dor- dine degli « Stati uniti d’Europa », il dibattito ha avuto un carattere politico unilaterale e si è deciso di soprassedere in attesa che il lato economico della questione sia discusso sulla stampa. LE RISOLUZIONI DELLA CONFERENZA Restando sul terreno del manifesto del Comitato centrale pubbli- cato nel n. 33, al fine di meglio coordinare la propaganda, la confe renza afferma le tesi seguenti: Il carattere della guerra La guerra attuale ha un carattere imperialista. Essa è stata gene- rata dalle condizioni dell’epoca nella quale il capitalismo ha raggiunto 142 LENIN la fase suprema del suo sviluppo; nella quale non soltanto Pesporta- zione delle merci, ma anche Pesportazione di capitali ha la massima importanza sostanziale; nella quale la monopolizzazione della produ- zione e Pinternazionalizzazione della vita economica hanno raggiunto considerevoli dimensioni; nella quale la politica coloniale ha portato alla spartizione di quasi tutto il globo terrestre; nella quale le forze produttive del capitalismo mondiale hanno superato la limitata cornice delle divisioni statali-nazionali; nella quale sono pienamente maturate le condizioni oggettive per la realizzazione del socialismo. La parola d'ordine della « difesa della patria » Il contenuto reale della presente guerra è la lotta fra l’Inghilterra, la Francia e la Germania per la ripartizione delle colonie e per il saccheggio dei paesi concorrenti e l’aspirazione dello zarismo e delle classi dominanti della Russia a impadronirsi della Persia, della Mon- golia, della Turchia asiatica, di Costantinopoli, della Galizia, ecc. L’ele- mento nazionale della guerra austro-serba ha un’importanza assoluta- mente secondaria e non cambia il carattere imperialistico generale della guerra. Tutta la storia economica e diplomatica degli ultimi decenni di- mostra che i due gruppi di nazioni belligeranti hanno appunto prepa- rato sistematicamente una guerra di questo genere. La questione: quale è stato il gruppo che ha sferrato il primo colpo Inilitare o che ha dichiarato per primo la guerra, non ha nessuna importanza nella deter- minazione della tattica dei socialisti. Le frasi sulla difesa della patria, sulla resistenza all’invasione nemica, sulla guerra di difesa, ecc., sono, da ambo le parti, tutti raggiri per ingannare il popolo. Le guerre effettivamente nazionali, che si svolsero specialmente tra il 1789 ed il 1871, avevano come base una lunga successione di movimenti nazionali di massa, di lotte contro l’assolutismo e il feuda- lesimo, per rabbattimento del giogo nazionale e la creazione di Stati su base nazionale, i quali erano la premessa dello sviluppo capitalistico. L’ideologia nazionale, sorta in quel periodo, lasciò tracce profonde nelle masse della piccola borghesia e in una parte del proletariato. Di questo fatto si valgono oggi, in un’epoca assolutamente diversa, vale a dire nell’epoca delTimperialismo, i sofisti della borghesia e i traditori del socialismo che si mettono al loro rimorchio per dividere gli operai CONFERENZA DELLE SEZIONI ESTERE DEL POSDR 143 e distoglierli dai loro obiettivi di classe e dalla lotta rivoluzionaria contro la borghesia. Le parole del Manifesto comunista'. « Gli operai non hanno pa- tria », sono piu vere che mai. Soltanto la lotta internazionale del pro- letariato contro la borghesia può difendere le conquiste proletarie ed aprire alle masse oppresse la via di un migliore avvenire. Le parole d'ordine della socialdemocrazia rivoluzionaria « La trasformazione dell’attuale guerra imperialista in guerra ci- vile è la sola giusta parola d’ordine proletaria additata dall’esperienza della Comune, formulata dalla risoluzione di Basilea (1912) e sgor- gante da tutte le condizioni della guerra imperialista tra paesi bor- ghesi altamente sviluppati. » La guerra civile, alla quale fa appello la socialdemocrazia rivolu- zionaria nel presente periodo, è la lotta del proletariato, con le armi in pugno, contro la borghesia per la espropriazione della classe dei capitalisti nei paesi capitalistici piu progrediti, per la rivoluzione de- mocratica in Russia (repubblica democratica, giornata lavorativa di otto ore, confisca delle terre dei grandi proprietari), per la repubblica nei paesi monarchici arretrati in generale, ecc. Le terribili calamità che la guerra ha portato alle masse non pos- sono non generare stati d’animo e movimenti rivoluzionari, e la pa- rola d’ordine della guerra civile deve servire per generalizzarli e di- rigerli. Nell’attuale momento l’organizzazione della classe operaia è gra- vemente colpita. Ma nondimeno la crisi rivoluzionaria va maturando. Dopo la guerra le classi dominanti in tutti i paesi intensificheranno an- cor piu i loro sforzi per far retrocedere di molti decenni il movimento di liberazione del proletariato. Compito della socialdemocrazia rivolu- zionaria, sia nel caso di un ritmo accelerato dello sviluppo rivoluzio- nario, come nel caso di una crisi prolungata, sarà di non desistere dal lavoro continuo, quotidiano, di non sdegnare nessuno dei precedenti metodi della lotta di classe. Sarà suo compito orientare l’azione parla- mentare e la lotta economica contro l’opportunismo e in direzione della lotta rivoluzionaria delle masse. 144 LENIN Come primi passi sulla via della trasformazione dell’attuale guerra imperialista in guerra civile, bisogna indicare: 1) il rifiuto assoluto di votare i crediti di guerra e l’uscita dai ministeri borghesi; 2) la rot- tura completa con la politica della « pace civile » ( bloc national , Bur gf rieden) ; 3) la creazione di organizzazioni illegali in quei paesi nei quali il governo e la borghesia, proclamando lo stato d’assedio, aboliscono le libertà costituzionali; 4) l’appoggio alla fraternizzazione dei soldati delle nazioni belligeranti nelle trincee e, in generale, sui tea- tri della guerra; 5) l’appoggio ad ogni specie di attività rivoluzionaria di massa del proletariato in generale. V opportunismo e il fallimento della II Internazionale Il fallimento della II Internazionale è il fallimento dell’opportu- nismo socialista, il quale si è sviluppato come prodotto del precedente periodo « pacifico » di sviluppo del movimento operaio. Tale periodo insegnò alla classe operaia quegli importanti mezzi di lotta che sono lutilizzazione del parlamentarismo e di tutte le possibilità legali, la creazione di organizzazioni di massa politiche ed economiche, di una stampa operaia e larga diffusione, ecc. D’altro lato, questo periodo generò la tendenza alla negazione della lotta di classe, alla predicazione della pace sociale, alla negazione della rivoluzione socialista, alla nega- zione, per principio, dell’organizzazione illegale, al riconoscimento del patriottismo borghese, ecc. Certi strati della classe operaia (la buro- crazia nel movimento operaio e l’aristocrazia operaia, alle quali toccò una particella dei profitti derivati dallo sfruttamento delle colonie e dalla posizione privilegiata delle loro « patrie » sul mercato mondiale) e anche gli occasionali compagni di strada piccolo-borghesi, membri dei partiti socialisti, rappresentarono l’appoggio sociale principale di queste tendenze e furono i veicoli dell’influenza borghese sul prole- tariato. La disastrosa influenza dell’opportunismo si è manifestata con par- ticolare evidenza nella politica della maggioranza dei partiti socialde- mocratici ufficiali della II Internazionale durante la guerra. L’appro- vazione dei crediti militari, la partecipazione ai ministeri, la politica della « pace civile », la rinuncia alle organizzazioni illegali nel momento in cui la legalità era abolita, rivelano il sabotaggio delle risoluzioni piu importanti dell’ Internazionale e l’aperto tradimento del socialismo. CONFERENZA DELLE SEZIONI ESTERE DEL POSDR 145 La III Internazionale La crisi generata dalla guerra ha svelato l’effettiva natura dell’op- portunismo, mostrandolo nella sua funzione di diretto sostenitore della borghesia contro il proletariato. Il cosiddetto « centro » socialdemo- cratico, con Kautsky alla testa, in realtà è ruzzolato in pieno nell’oppor- tunismo, nascondendolo dietro frasi ipocrite, particolarmente perni- ciose, e spacciando l’imperialismo per marxismo. L’esperienza mostra che, per esempio in Germania, soltanto con la risoluta violazione della volontà della maggioranza degli strati superiori del partito, è stato pos- sibile intervenire in difesa del punto di vista socialista. Sarebbe un’il- lusione pericolosa sperare nella ricostituzione di una Intemazionale ef- fettivamente socialista senza una completa separazione organizzativa dall’opportunismo. Il Partito operaio socialdemocratico russo deve appoggiare qual- siasi azione internazionale e rivoluzionaria di massa del proletariato e sforzarsi di riunire tutti gli elementi an ti sciovinisti dell’Internazionale. Il pacifismo e la parola bordine della pace Il pacifismo e la propaganda astratta della pace sono una delle forme di mistificazione della classe operaia. In regime capitalistico, e specialmente nella fase imperialista, le guerre sono inevitabili. D’altra parte i socialdemocratici non possono negare l’importanza positiva delle guerre rivoluzionarie, cioè delle guerre non imperialiste, come, per esempio, le guerre condotte dal 1789 al 1871 per l’abolizione dell’op- pressione nazionale e per metter fine al frazionamento feudale con la creazione di Stati capitalistici nazionali, oppure delle possibili guerre per la difesa delle conquiste del proletariato vittorioso nella lotta con- tro la borghesia. Oggi la propaganda della pace, se non è accompagnata dall’appello all’azione rivoluzionaria delle masse, può soltanto seminare illusioni, corrompere il proletariato inculcandogli la fiducia nellumanitarismo della borghesia e facendo di esso un trastullo nelle mani della diplo- mazia segreta delle nazioni belligeranti. In particolare è un grave errore pensare alla possibilità della cosiddetta pace democratica senza una se- rie di rivoluzioni. 146 LENIN La sconfitta della monarchia zarista In ogni paese la lotta contro il governo che conduce la guerra imperialista non deve arrestarsi dinanzi alla possibilità della sconfitta del proprio paese, come risultato di questa agitazione rivoluzionaria. La sconfitta deiresercito di un governo determina un indebolimento di quest’ultimo, aiuta la liberazione dei popoli da esso asserviti e facilita la guerra civile contro le classi dirigenti. Questa situazione è particolarmente vera per quanto concerne la Russia. La vittoria della Russia determinerebbe un rafforzamento della reazione mondiale, un inasprimento della reazione nell’interno del paese e sarebbe seguita dal completo asservimento dei popoli nei territori già occupati. Perciò una sconfitta della Russia costituirebbe in ogni condizione il minor male. I rapporti con gli altri partiti e gruppi La guerra, scatenando il baccanale dello sciovinismo, ha smasche- rato la sottomissione a quest’ultimo degli intellettuali democratici (po- pulisti), del partito dei socialisti-rivoluzionari, la completa instabilità della loro corrente d’opposizione, che fa capo alla Mysl y e del nucleo fondamentale dei liquidatori ( Nascia Zarià ), appoggiato da Plekhanov. In realtà, anche il Comitato di organizzazione è dalla parte dello sciovi- nismo, a cominciare da Larin e Martov, che appoggiano lo sciovinismo in modo mascherato, fino ad Axelrod, che difende per principio le idee del patriottismo, e al Bund, in cui predomina lo sciovinismo germa- nofilo. Il blocco di Bruxelles (3 luglio 1914) si è complessivamente di- sgregato. E gli elementi che si raggruppano attorno al Nasce Slouo oscillano tra una platonica simpatia per Tintemazionalismo e la ten- denza a unirsi ad ogni costo alla Nascia Zarià e al Comitato- di organiz- zazione. E parimente oscilla la frazione socialdemocratica di Ckheidze, la quale, mentre espelle Mankov, seguace di Plekhanov, vale a dire uno sciovinista, desidera nello stesso tempo nascondere ad ogni costo lo scio- vinismo di Plekhanov, della Nascia Zarià , di Axelrod, del Bund, ecc. Il compito del Partito operaio socialdemocratico russo consiste neirulteriore rafforzamento dell’unità proletaria, realizzata in primo luogo, nel periodo 1912-1914, dalla Pravda y e nella ricostituzione delle organizzazioni di partito socialdemocratiche, organizzazioni della classe CONFERENZA DELLE SEZIONI ESTERE DEL POSDR 147 operaia, sulla base di una netta separazione organizzativa dai socialscio- vinisti. Sono ammissibili soltanto accordi temporanei con quei social- democratici che sono per la decisa rottura organizzativa con il Comi- tato d’organizzazione, la Nascici Zarià e il Bund. Scritto non piu tardi del 19 febbraio (4 marzo) 1915. Pubblicato nel Sotsial-Demokrat , n. 40, 29 marzo 1915. LETTERA DEL COMITATO CENTRALE DEL POSDR ALLA REDAZIONE DEL « NASCE SLOVO » 121 Cari compagni, siamo assolutamente d’accordo con voi, che con- siderate l’unione di tutti i veri socialdemocratici internazionalisti come uno dei compiti piu vitali nel momento attuale... Prima di rispondere alla vostra proposta pratica, riteniamo necessario chiarire apertamente alcune questioni preliminari, per sapere se esista fra noi un’autentica concordanza sull’essenziale. Avete perfettamente ragione di sdegnarvi per- ché Alexinski, Plekhanov, ecc. scrivono sulla stampa straniera facendo passare la loro voce per « la voce del proletariato russo o di suoi gruppi influenti ». Contro questo bisogna lottare. Ma per lottare biso- gna trovare la radice del male. Non c’è dubbio che non c’è mai stata e non c’è degenerazione maggiore che il cosiddetto sistema di rappre- sentanza delle famigerate « correnti » estere E qui non abbiamo il diritto di prendercela con gli stranieri. Ricordiamo il passato recente. Non è forse a quella stessa Conferenza di Bruxelles (del 3 luglio 1914) che fu permesso ad Alexinski e a Plekhanov (e non a loro soltanto) di figurare come « corrente »? Ci si può sorprendere, dopo questo, se ancora adesso gli stranieri li prendono per rappresentanti di « cor- renti »? Contro questo male non si farà niente con questa o quella dichiarazione. È necessaria una lunga lotta. Perché essa abbia successo bisogna dirci una volta per sempre che noi riconosciamo solo le orga- nizzazioni legate da anni alle masse operaie, delegate da solidi comitati, ecc., e che noi bolliamo come inganno ai danni degli operai il sistema grazie al quale una mezza dozzina d’intellettuali, che hanno pubbli- cato due o tre numeri di un giornale o di una rivista, si dichiarano « corrente » e pretendono la « parità di diritti » col partito. Siamo d’accordo su questo, cari compagni? E ora, sugli internazionalisti. In un recente articolo di fondo del LETTERA DEL CC DEL PQSDR AL « NASCE SLOVO » 149 vostro giornale, elencate le organizzazioni che, a parer vostro, hanno un punto di vista internazionalista. Nel novero di queste organizza- zioni, a uno dei primi posti, è citato... il Bund. Vorremmo sapere quali motivi reali avete per annoverare il Bund tra gli internazionalisti. La risoluzione del suo Comitato centrale non contiene una sola parola precisa sui grandi problemi del socialismo. Vi spira un eclettismo asso- lutamente privo di principi. L'organo di stampa del Bund {Y Informai sionni Listok) ha indubbiamente una posizione di sciovinismo germa- nofilo, oppure offre una «sintesi» di sciovinismo francese e tedesco. Non per niente un articolo di Kosovski ha ornato le pagine della Neue Zeitj rivista che (speriamo che in questo siate d’accordo con noi) appar- tiene oggi al novero dei più indecenti organi di stampa cosiddetti « so- cialisti », Noi siamo con tutto il cuore per l’unione degli internazionalisti. Vorremmo molto che ce ne fossero di più. Ma non si può ingannare se stessi, non si possono annoverare fra gli internazionalisti uomini e or- ganizzazioni che, quanto a internazionalismo, sono notoriamente delle « anime morte ». Che cosa bisogna intendere per internazionalismo? Si possono, per esempio, considerare internazionalisti i sostenitori della ricostituzione dell’Internazionale in base al principio di una reciproca « amnistia »? Il rappresentante più eminente della teoria delT« amnistia » è, come vi è noto, Kautsky. Nello stesso senso è intervenuto Victor Adler. Noi ri- teniamo che i difensori dell’amnistia siano gli avversari più pericolosi dell’internazionalismo. Un’Intemazionale ricostituita sui principi del- T« amnistia », abbasserebbe il socialismo di tutta una testa. Qualsiasi concessione, qualsiasi accordo con Kautsky e soci è assolutamente inam- missibile. La lotta più decisa contro la teoria delP« amnistia » è una conditio sine qua non dell’internazionalismo. È inutile parlare d’inter- nazionalismo se non si vuole e non si è pronti a rompere fino in fondo coi sostenitori dell’« amnistia ». E ci yien fatto di chiederci: esiste fra noi accordo su questa questione fondamentale? Nel vostro giornale una volta sembra essere balenato un atteggiamento negativo verso la politica dell’« amnistia ». Ma convenite che prima di intraprendere ini- ziative pratiche abbiamo il diritto di pregarvi di esprimerci particola- reggiatamente la vostra opinione su questo problema. In relazione a ciò si pone il problema dell’atteggiamento verso il Comitato d’organizzazione. Nella nostra prima lettera abbiamo ritenuto 150 LENIN necessario dirvi francamente che esistono serie ragioni per dubitare del- rintemazionalismo di questo comitato. Voi non avete cercato di farci cambiare opinione. Vi chiediamo di nuovo: quali dati avete per ritenere che il Comitato d’organizzazione abbia un punto di vista internaziona- lista? Non si può seriamente negare che la posizione di P.B. Axelrod, esposta in diversi suoi interventi sulla stampa, sia palesemente scio- vinista (quasi plekhanoviana ) . Ma Axelrod è indubbiamente il rap- presentante più in vista del Comitato d'organizzazione, del quale do- vete poi considerare le dichiarazioni ufficiali. Il suo resoconto della Conferenza di Copenaghen 122 ha un tono tale che ha indotto i più accesi sciovinisti tedeschi a ripubblicarlo. Gli interventi della « segre- teria estera » del Comitato d’organizzazione sono dello stesso genere. Nel migliore dei casi non dicono niente di preciso. D’altro canto barin ha fatto ufficialmente, a nome del Comitato d’organizzazione, e non a nome di chissà quale segreteria estera, dichiarazioni volte a difendere 10 sciovinismo. Dove sta qui l’internazionalismo? E non è forse chiaro che il Comitato d'organizzazione condivide interamente il punto di vista dell’« amnistia » reciproca? E poi, che garanzie ci sono che il Comitato d'organizzazione rap- presenti qualche forza in Russia? Ora, dopo l’intervento della Nascia Zarià , questa domanda è particolarmente legittima. Per anni il gruppo della Nascia Zarià ha seguito una sua linea, ha creato un giornale quotidiano, ha condotto un’agitazione di massa ispirandosi a questa linea. E il Comitato d'organizzazione? Noi tutti riconosciamo che la questione non si risolverà secondo 11 rapporto di forze esistente nei gruppi esteri, a Zurigo, a Parigi, ecc., ma secondo l’influenza esercitata tra gli operai di Pietrogrado e di tutta la Russia. Dobbiamo tenerlo presente in ogni nostro passo. Queste sono le considerazioni che volevamo esporvi. Saremo assai lieti di ricevere da voi una risposta chiara e dettagliata a tutti questi problemi. Allora si potrà pensare al seguito. Scritto il 10 (23) marzo 1915. Pubblicato per la prima volta nella Miscellanea di Lenin , XVII, 1931. CHE COSA HA DIMOSTRATO IL PROCESSO CONTRO IL GRUPPO PARLAMENTARE OPERAIO SOCIALDEMOCRATICO RUSSO? 123 È finito il processo zarista contro cinque membri del gruppo ope- raio socialdemocratico russo e altri sei socialdemocratici, arrestati il 4 novembre 1914, durante una conferenza nei dintorni di Pietrogrado. Tutti sono stati condannati alla deportazione. I giornali legali hanno pubblicato resoconti del processo dai quali la censura ha tagliato tutti i passi sgradevoli per lo zarismo e per i nazionalisti. Il regolamento dei conti con i « nemici interni » è stato rapido, e sulla superficie della vita sociale non si vede e non si sente nuovamente niente, tranne gli urli furiosi della moltitudine degli sciovinisti borghesi e del pugno di social- sciovinisti che fanno loro coro. Che cosa ha dunque dimostrato il processo contro il gruppo ope- raio socialdemocratico russo? Prima di tutto ha dimostrato Pinsufficiente fermezza, al processo, di questo reparto d’avanguardia della socialdemocrazia rivoluzionaria russa. Gli accusati si proponevano d’impedire al procuratore di sco- prire i nomi dei membri del Comitato centrale in Russia e dei rap- presentanti del partito che avevano determinati rapporti con le orga- nizzazioni operaie. Ci sono riusciti. A questo scopo anche in avve- nire bisogna adottare davanti al tribunale il metodo da lungo tempo e ufficialmente raccomandato dal partito: il rifiuto di deporre. Ma cer- care di dimostrare la propria solidarietà col socialpatriota signor Ior- danski, come ha fatto Rosenfeld, o il proprio disaccordo col Comi- tato centrale, è un procedimento sbagliato, inammissibile dal punto di vista di un socialdemocratico rivoluzionario. Osserviamo che, secondo il resoconto del Dìen (n. 40) — non c’è un resoconto ufficiale e completo del processo — il compagno Petrovski ha dichiarato: «Nello stesso periodo (in novembre) ho 152 LENIN ricevuto la risoluzione del Comitato centrale... e, inoltre, mi sono state presentate le risoluzioni degli operai di sette località sull’atteggia- mento degli operai verso la guerra, che concordavano con l'atteggia- mento del Comitato centrale ». Questa dichiarazione fa onore a Petrovski. Lo sciovinismo era as- sai forte dappertutto. Non per niente nel diario di Petrovski c’è una frase la quale dice che perfino il radicale Ckheidze parla con entusia- smo della guerra « liberatrice ». I deputati del gruppo operaio social- democratico russo si sono opposti a questo sciovinismo quando erano liberi, ma era loro compito respingerlo anche al processo. La cadetta Rìec « ringrazia » servilmente il tribunale zarista di aver « dissipato la leggenda » secondo la quale i deputati socialdemo- cratici volevano la sconfitta delle truppe zariste. Approfittando del fatto che i socialdemocratici in Russia sono legati mani e piedi, i ca- detti fingono di prender sul serio rimmaginario « conflitto » fra par- tito e gruppo, affermando che gli accusati hanno fatto le loro deposi- zioni non certo per timore del tribunale. Che innocenti fanciulli! Sem- brano ignorare che nella prima fase del processo sui deputati pendeva la minaccia del tribunale militare e della pena di morte. I nostri compagni dovevano rifiutarsi di deporre sulla questione deirorganizzazione illegale e, comprendendo l’importanza storica mon- diale del momento, dovevano servirsi deiroccasione offerta dal processo a porte aperte per esporre chiaramente le opinioni socialdemocratiche, contrarie non solo allo zarismo in generale, ma anche al socialsciovini- smo di ogni sfumatura. La stampa governativa e borghese si scagli pure furiosamente contro il gruppo operaio socialdemocratico russo, i socialisti-rivoluzionari, i li- quidatori e i socialsciovinisti « colgano » pure con malignità le manifesta- zioni di debolezza o di preteso « disaccordo col Comitato centrale » (debbono pur lottare contro di noi in qualche modo, visto che non possono lottare sul terreno dei princìpi); il partito del proletariato rivoluzionario è abbastanza forte per criticare francamente se stesso, per chiamare senza ambagi errore un errore e debolezza una debolezza. Gli operai coscienti della Russia hanno creato un partito ed espresso un reparto d’avanguardia che, durante la guerra mondiale e il falli- mento internazionale dell’opportunismo, hanno dimostrato più di chiun- que altro la capacità di compiere il loro dovere di socialdemocratici rivoluzionari internazionalisti. La via che abbiamo seguito ha subito la IL PROCESSO AL GRUPPO PARLAMENTARE DEL POSDR 153 prova della crisi più grande ed è risultata, ancora una volta, l’unica via giusta: seguiamola ancora più decisamente, con più fermezza, for- miamo nuovi reparti d’avanguardia, otteniamo che essi non solo com- piano lo stesso lavoro, ma lo portino a termine in modo più giusto. In secondo luogo, il processo ha presentato un quadro, ancora mai visto nel socialismo internazionale, deH’utilizzazione del parlamentari- smo da parte della socialdemocrazia rivoluzionaria. L’esempio di que- sta utilizzazione agirà meglio di qualsiasi discorso sulla mente e sul cuore delle masse proletarie, confuterà in modo più convincente di qualsiasi argomento le tesi degli opportunisti legalitari e dei parolai dell’anarchismo. Il resoconto sul lavoro illegale di Muranov e gli appunti di Petrovski resteranno a lungo un esempio di quel lavoro dei deputati, che dovevamo accuratamente nascondere, e sul significato del quale rifletteranno ora, sempre più attentamente, tutti gli operai coscienti della Russia. In un’epoca nella quale quasi tutti i deputati « socialisti » (scusate per la profanazione di questa parola!) d’Europa sono risultati sciovinisti e servi degli sciovinisti, nella quale il famige- rato « europeismo » che seduceva i nostri liberali e liquidatori si è rivelato sciocca abitudine a una legalità servile, in Russia si è trovato un partito operaio, i deputati del quale non brillavano per la retorica, né per i loro « agganci » nei salotti borghesi e intellettuali, né per la loro abilità di avvocati e parlamentari « europei », ma per i loro legami con le masse operaie, per il loro lavoro devoto fra queste masse, per l’adempimento delle funzioni modeste, grigie, penose, ingrate e parti- colarmente pericolose del propagandista e dell’organizzatore clandestino. Salire più in alto, verso il titolo di deputato o di ministro influente nella « società », questo era, di fatto , il senso del parlamentarismo « so- cialista » « europeo» (leggi; del parlamentarismo servile). Scendere in basso, aiutare a illuminare e ad unire gli sfruttati e gli oppressi, ecco la parola d’ordine che scaturisce dagli esempi di Muranov e di Pe- trovski. E questa parola d’ordine avrà una portata storica mondiale. Non un solo operaio capace di pensare, in nessun paese del mondo, si di- chiarerà soddisfatto, come prima, della legalità del parlamentarismo borghese, dopo che questa legalità, in tutti i paesi avanzati, è stata abolita con un tratto di penna e ha portato soltanto alla più stretta alleanza di fatto fra opportunisti e borghesia. Chi sogna 1*« unità » fra gli operai socialdemocratici rivoluzionari e i legalitari socialdemocra- 154 LENIN tici « europei » di ieri e di oggi , non ha imparato niente e ha dimen- ticato tutto, è di fatto un alleato della borghesia e un nemico del proletariato. Chi finora non ha compreso perché e a che scopo il gruppo operaio socialdemocratico russo si sia staccato dal gruppo socialdemo- cratico che si conformava al legalitarismo e airopportunismo, lo ap- prenda ora in base al resoconto del processo sul lavoro di Muranov e di Petrovski. Questo lavoro è stato compiuto non solo da questi due deputati, e soltanto degli inguaribili ingenui possono sognare di con- ciliare un tale lavoro con un « atteggiamento benevolo, tollerante » verso la Nascia Zarià o la Sievernaia Rabociaia Gazieta , verso il So- vremiennik , il Comitato d'organizzazione o il Bund. Il governo spera forse di spaventare gli operai mandando in Si- beria i membri del gruppo operaio socialdemocratico russo? Si sbaglia. Gli operai non si spaventeranno, ma capiranno meglio i loro compiti, i compiti del partito operaio, diversi da quelli dei liquidatori e dei socialsciovinisti. Gli operai impareranno ad eleggere alla Duma solo uomini come i membri del gruppo operaio socialdemocratico russo, perché compiano tra le masse lo stesso lavoro, ancora piu vasto e nello stesso tempo ancora piu clandestino . Il governo pensa di uccidere il « parlamentarismo illegale » in Russia? Esso non farà che rafforzare il legame del proletariato esclusivamente con questo parlamentarismo. In terzo luogo, ed è questa la cosa piu importante, il processo contro il gruppo operaio socialdemocratico russo ha fornito, per la pri- ma volta, una documentazione oggettiva diffusa in Russia apertamente, in milioni di copie, sulla questione importantissima, fondamentale, es- senziale dell’atteggiamento delle diverse classi della società russa verso la guerra. Non bastano forse le ciarle intellettuali mortalmente noiose sulla compatibilità della « difesa della patria » con Tintemazionalismo «di principio» (leggi: verbale o ipocrita)? Non è forse tempo di guardare ai fatti che si riferiscono alle classi , cioè a milioni di uomini della vita, e non a decine di eroi della frase? Sono passati più di sei mesi dall’inizio della guerra. La stampa legale e illegale di tutte le tendenze si è pronunziata, si sono precisate le posizioni di tutti i gruppi dei partiti alla Duma: questo è l’unico indice obiettivo, assai insufficiente, sui nostri raggruppamenti di classe. Il processo al gruppo operaio socialdemocratico russo e i commenti della stampa hanno fatto un bilancio di tutto questo materiale. Il pro- cesso ha dimostrato che i rappresentanti d’avanguardia del proletariato IL PROCESSO AL GRUPPO PARLAMENTARE DEL POSDR 155 in Russia non solo sono contrari in generale allo sciovinismo, ma con- dividono in particolare esattamente la posizione del nostro organo cen- trale. I deputati sono stati arrestati il 4 novembre 1914. Dunque, essi hanno fatto il loro lavoro per piu di due mesi. Con chi e come? Quali correnti della classe operaia hanno rappresentato ed espresso? La ri- sposta ci è data dal fatto che le « tesi » e il SotsiaUDemokrat sono ser- viti da materiale per la conferenza e che il Comitato di Pietrogrado del nostro partito ha diffuso piu volte volantini dello stesso contenuto. Alla conferenza non c’era altro materiale. I deputati non intendevano parlare alla conferenza di altre correnti della classe operaia, perché non vi erano altre correnti. Forse i membri del gruppo operaio socialdemocratico russo espri- mevano solo l’opinione di una minoranza di operai? Non abbiamo il diritto di fare questa supposizione perché in due anni e mezzo, dalla primavera del 1912 all’autunno del 1914, i quattro quinti degli operai coscienti della Russia si sono uniti intorno alla Pravda , con la quale questi deputati, nel loro lavoro, erano pienamente solidali dal punto di vista ideale. È un fatto. Se fra gli operai vi fosse stata una pro- testa di qualche importarla contro la posizione del Comitato centrale, questa protesta non avrebbe potuto non trovare espressione in uno o piu progetti di risoluzione. Il processo non ha rivelato niente di si- mile, benché abbia « rivelato », si può dire, molte cose sul lavoro del gruppo operaio socialdemocratico russo. Le correzioni scritte da Petrovski di suo pugno non denotano neppure l’ombra di una simile protesta. I fatti dicono che già nei primi mesi dopo l’inizio della guerra l’avanguardia cosciente degli operai della Russia si è riunita di fatto intorno al Comitato centrale e al nostro organo centrale. Per quanto sgradevole possa essere questo fatto per questa o quella « frazione », esso è incontestabile. Le parole citate nell’atto d’accusa: « Bisogna rivolgere le armi non contro i nostri fratelli, gli schiavi salariati degli altri paesi, ma contro i governi e i partiti reazionari e borghesi di tutti i paesi », queste parole, grazie al processo, diffonderanno ed hanno già diffuso in Russia l’appello aH’internazionalismo proletario, alla rivo- luzione proletaria. La parola d’ordine di classe dell’avanguardia degli operai russi è ora giunta, grazie al processo, fino alle piu larghe masse. Lo sciovinismo generale della borghesia e di una parte della pic- cola borghesia, i tentennamenti dell’altra parte e questo appello della 156 LENIN classe operaia; ecco il quadro reale, oggettivo, delle nostre divisioni politiche. È con questo quadro reale, e non coi pii desideri degli intel- lettuali e dei fondatori di gruppetti che bisogna confrontare le proprie « opinioni », le speranze, le parole d’ordine. I giornali pravdisti e il lavoro « di tipo muranoviano » hanno rea- lizzato l’unità dei quattro quinti degli operai coscienti della Russia. Circa quarantamila operai compravano la Pravda , molti di piu la legge- vano. La guerra, la prigione, la Siberia, i lavori forzati riducano pure questo numero di cinque o dieci volte; distruggere questo strato della società è impossibile. Esso vive. È come penetrato di spirito rivolu- zionario e di antisciovinismo. Esso solo si leva fra le masse popolari, nel cuore stesso delle masse, come propagandista deirinternazionalismo dei lavoratori, degli sfruttati, degli oppressi. Esso solo ha resistito nello sfacelo generale. Esso solo conduce i ceti semiproletari dal socialscio- vinismo dei cadetti, dei trudoviki, di Plekhanov, della Nascia Zarìà , verso il socialismo. La sua esistenza, le sue idee, il suo lavoro, il suo appello alla « fratellanza degli schiavi salariati degli altri paesi » sono stati rivelati a tutta la Russia dal processo contro il gruppo operaio socialdemocratico russo. Con questo strato della società bisogna lavorare; bisogna difen- dere la sua unità contro i socialsciovinisti; solo per questa via il movi- mento operaio della Russia può svilupparsi in direzione della rivolu- zione sociale e non di un modello nazional-liberale « europeo ». Sotsìal-Demokrat , n. 40, 29 marzo 1915. A PROPOSITO DELLA CONFERENZA DI LONDRA La dichiarazione del compagno Maximovic, rappresentante del Comitato centràle del POSDR, da noi pubblicata, esprime pienamente il punto di vista del partito su quésta conferenza. La stampa borghese francese ne ha svelato assai-bene il significato di strumento o manovra della borghesìa anglo-francese. Le parti sono state cosi divise: Le Ternps e UEcbo de Paris hanno attaccato Ì socialisti francesi per le loro pre- tese concessioni eccessive airintèrnazionalismo; Questi attacchi erano solo una manovra per preparare il terreno al famoso intervento in par- lamento del primo ministro Viviani, d’ispirazione patriottico-annessio- nista. D’altra parte, il Journal des Débats ha scoperto le carte dichia- rando: si trattava essenzialmente di fare ih modo che i socialisti in- glesi, con Keir Hardie alla testa, finora contrari alla guerra e all’arruo- IamentO; si pronunziassero per la guerra fino alla vittoria sulla Ger- mania. Questo è statò ottenuto. Questo è l’importante. È il risultato politico del passaggio dei socialisti inglesi e francesi dalla parte della borghesia anglo-francese. Mentre le frasi sull’internazionalismo, il so- cialismo, il referendum, ecc., sono soltanto frasi, vane parole Senza al- cun significato! Non c’è dubbio che i reazionari intelligenti della borghesia fran- cese hanno detto la pufa verità. La borghesia anglo-francese e la bor- ghesia russa fanno la guerra per rovinare e rapinare la Germania. l’Au- stria e la Turchia. Hanno bisogno dì arruolatori, hanno bisogno che i socialisti consentano a far la guerra fino alla vittoria sulla Germania: il resto è un cumulo di chiacchiere vane e sterili, è prostituzione delle grandi parole di socialismo, internazionalismo, ecc. Nei fatti, seguire la borghesia e aiutarla a saccheggiare altri paesi, e a parole pascere le masse d’ipocriti riconoscimenti « del socialismo e dellTnternazionale »: 158 LENIN è proprio questo il peccato capitale deH’opportunismo, la causa fon- damentale del fallimento della II Internazionale. Perciò il compito degli avversari dei socialsciovinisti alla Confe- renza di Londra era chiaro: uscire da questa conferenza in nome di chiari principi antisciovinisti, senza cadere nella germanofilia. Perché i germanofili sono nemici decisi della Conferenza di Londra proprio per motivi sciovinistici , e non per altri motivi!! Il compagno Maximo- vie ha assolto questo compito parlando chiaramente del tradimento dei socialisti tedeschi. I bundisti e i sostenitori del Comitato d’organizzazione non pos- sono assolutamente capire questa cosa tanto semplice e chiara. I primi sono dei germanofili del tipo di Kosovski, che giustifica esplicitamente il voto dei socialdemocratici tedeschi per i crediti militari (cfr. Yhtfor- matsionni Listok del Bund, n. 7, gennaio 1915, p. 7, inizio del pa- ragrafo V). La redazione di questo bollettino non ha detto una parola per esprimere il suo dissenso da Kosovski (mentre esprime particolar- mente il suo disaccordo col difensore del patriottismo russo, Borisov). Nel manifesto del Comitato centrale del Bund ( ibidem , p. 3) non c’è una parola chiara contro il socialsciovinismo! I sostenitori del Comitato d’organizzazione sono per la concilia- zione dello sciovinismo germanofilo con quello francofilo. Questo si vede dalle dichiarazioni di Axelrod (nn. 86 e 87 del Golos e n, 1 delle Izvestia della segreteria estera del Comitato d’organizzazione del 22 febbraio 1915). Quando la redazione del Nasce Slovo ci. ha proposto un’azione comune contro il « socialsciovinismo ufficiale », noi abbiamo risposto apertamente , allegando un nostro progetto di dichiarazione e richiamandoci all’intervento decisivo del compagno Maximovic, secon- do il quale gli stessi Comitato d’organizzazione c Bund erano dalla parte del 50cialpatriottismo ufficiale. Perché il Nasce Slovo inganna se stesso e gli altri, tacendo questo nel suo articolo di fondo del n. 32? Perché non dice che nel nostro progetto di dichiarazione si parlava anche del tradimento dei socialde- mocratici tedeschi? La dichiarazione del Nasce Slovo ha omesso questo importantissimo punto « fondamentale »; né noi, né il compagno Ma- ximovic potevamo accettare questa dichiarazione, e non l’abbiamo accettata. Per questo non siamo riusciti ad avere unità d’azione col Comitato d’organizzazione. Perché dunque il Nasce Slovo inganna se stesso e gli altri, affermando che esiste una base per l’unità d’azione?? A PROPOSITO DELLA CONFERENZA DI LONDRA 159 I] « socialpatriottismo ufficiale » è il maggior male del socialismo contemporaneo. Per lottare contro questo male (e non per conciliarsi con esso, non per una reciproca « amnistia » internazionale su questo punto) si debbono preparare e raccogliere tutte le forze, Kautskv ed altri hanno presentante un programma ben definito di « amnistia » e di pace col socialsciovinismo. Noi abbiamo cercato di presentare un programma definito di lotta contro di esso (cfr. particolarmente il n. 33 del Sotsial-Demokrat e le risoluzioni pubblicate). Resta da au- gurarsi che il Nasce Slovo finisca di ondeggiare fra una « simpatia pla- tonica per Tinternazionalismo » e la pace col socialsciovinismo, e passi a una posizione più definita. Sotsial-Demokrat , n. 40, 29 marzo 1915. PER ILLUSTRARE LA PAROLA D'ORDINE DELLA GUERRA CIVILE L'8 gennaio (nuovo calendario) da Berlino veniva comunicato ai giornali svizzeri: « Negli ultimi tempi i giornali hanno più volte pub- blicato notizie di pacifici tentativi di ravvicinamento fra le trincee te- desche e francesi. La T'dgliche Rundschau comunica che un ordine del- Tesercito del 29 dicembre proibisce la fraternizzazione e in generale ogni avvicinamento col nemico nelle trincee; la violazione di quest'or- dine sarà punita come alto tradimento ». Dunque, la fraternizzazione e i tentativi di avvicinamento sono un fatto. Il comando militare della Germania se ne preoccupa, dunque gli attribuisce un serio significato. Il giornale operaio inglese Labour leader del 7 gennaio 1915 riporta una serie di citazioni tratte da gior- nali borghesi inglesi che attestano casi di fraternizzazione fra soldati in- glesi e tedeschi, che hanno organizzato per Natale un « armistizio di quarantotto ore », si sono amichevolmente incontrati a metà strada fra le due trincee, ecc. Il comando militare britannico ha proibito la fra- ternizzazione con un ordine speciale. E intanto sulla stampa gli oppor- tunisti socialisti e i loro difensori (o servi? ) cercavano (come Kautsky) di persuadere gli operai — con aria di sufficienza e con la tranquilla consapevolezza che la censura militare li avrebbe proietti da ogni smem- t ita — che gli accordi fra i socialisti dei paesi belligeranti per un'azione contro la guerra erano impossibili (espressione letterale di Kautsky nella Nette Zeit)\ ! Immaginate che Hyndman, Guesde, Vandervelde, Plekhanov, Kautsky, ecc., invece di dedicarsi, come fanno adesso, alla complicità con là borghesia, avessero costituito un comitato internazionale di agi- tazione per. la « fraternizzazione e i tentativi di ravvicinamento » fra i socialisti dei paesi belligeranti, sia « nelle trincee », sia nell'esercito in LA PAROLA D’ORDINE DELLA GUERRA CIVILE 161 generale. Quali sarebbero stati i risultati dopo alcuni 'mesi, se adesso, a sei mesi dalPinizio della guerra, contro la volontà di tutti i papaveri, i capi e le stelle di prima grandezza, che hanno tradito il socialismo, si sviluppa dappertutto l’opposizione contro coloro che hanno votato i crediti e contro i cacciatori di poltrone ministeriali, mentre il co- mando militare minaccia la pena di morte per la « fraternizzazione »! « Praticamente la questione è una sola: la vittoria o la sconfitta del proprio paese », scriveva il servo degli opportunisti Kautsky, al- Tunisono con Guesde, Plekhanov e soci. Si, se si dimentica il socia- lismo e la lotta di classe, questo è vero. Ma se non si dimentica il socialismo, questo è falso: c’è un’altra questione pratica. Perire nella guerra fra gli schiavisti, restando uno schiavo cieco e impotente, o perire compiendo dei « tentativi di fraternizzazione » fra gli schiavi per rovesciare la schiavitù? Ecco qual è, in realtà , la questione « pratica ». Sotsial-Demokrat, n. 40, 29 marzo 1915. I SOFISMI DEI SOCIALSCIOVINISTI Il Nasce Dielo (1915, n. 1), edito a Pietrogrado dai liquidatori, pubblica una traduzione dell’opuscolo di Kautsky: V internazionalismo e la guerra, Il signor A, Potresov dichiara a questo proposito il suo disaccordo con Kautsky che, a suo parere, si comporta ora da « avvo- cato » (cioè difensore del socialsciovinismo tedesco, senza riconoscere la legittimità della varietà franco-russa di questa tendenza), ora da « giu- dice » (cioè da marxista, che cerca di applicare imparzialmente il me- todo di Marx). In realtà sia il signor A. Potresov sia Kautsky tradiscono sostan- zialmente il marxismo, difendendo con palesi sofismi la politica operaia nazional-liberale, Il signor A. Potresov distoglie ['attenzione dei lettori dal fatto essenziale, discutendo con Kautsky dei particolari. Secondo lui la « soluzione » della questione dell’atteggiamento verso la guerra da parte della «democrazia» anglo-francese (Fautore intende parlare della democrazia operaia) è « in complesso una buona soluzione » (p, 69) «esse (queste democrazie) hanno agito correttamente», ben- ché la loro soluzione « coincida con la soluzione nazionale... in virtù di un caso fortunato » piuttosto che per volontà cosciente. Il senso di queste parole è chiaro: il signor A. Potresov difende lo sciovinismo russo nascondendosi dietro gli anglo-francesi, giustifi- cando la tattica patriottica dei socialisti della Triplice Intesa. Il signor A. Potresov discute con Kautsky non come un marxista con uno scio- vinista, ma come uno sciovinista russo con uno sciovinista tedesco. È un procedimento trito e ritrito, e c’è solo da rilevare che il signor A. Potresov cerca in ogni modo di dissimulare e di imbrogliare il senso chiaro e semplice dei suoi discorsi. Le questioni sostanziali sono quelle sulle quali il signor A. Po- I SOFISMI DEI SOCIAL SCIOVINISTI 163 tresov e Kautsky sono d'accordo. Sono d’accordo, per esempio, sul fatto che « Tinternazionalismo del proletariato moderno è compatibile con la difesa della patria » (K. Kautsky, p. 34 dell’edizione tedesca del suo opuscolo). Il signor A. Potresov parla della situazione particolare di uno Stato « che ha subito una disfatta ». Kautsky: « Non c’è niente che il popolo tema quanto un’invasione straniera... Se la popolazione non vede la causa della guerra nel proprio governo, ma nella perfidia di uno Stato vicino — e quale Stato non cercherà, con l’aiuto della stampa, ecc., d’inculcare nella massa della popolazione questa convinzione! — allora... tutta la popolazione si leverà unanimemente a difendere le frontiere dal nemico... La folla scatenata ucciderebbe essa stessa coloro che ten- tassero di impedire l’invio delle truppe alla frontiera » (K. Kautsky, p. 33, da un articolo del 1911). Ecco una difesa pseudomarxista della tesi fondamentale di tutti i socialsciovinisti. Kautsky stesso vedeva benissimo, fin dal 1911, che il governo (e la borghesia) avrebbero ingannato « il popolo, la popolazione, la folla », scaricando la colpa sulla « perfidia » di un altro paese. Si tratta di ve- dere se l’appoggio a un tale inganno — poco importa se mediante il voto dei crediti, i discorsi, gli articoli, ecc. — sia compatibile con l’in- ternazionalismo e il socialismo, o se equivalga a una politica operaia nazional-liberale. Kautsky agisce come il piu sfrontato degli « avvocati », come l’ultimo dei sofisti, sostituendo a questo problema quello di sta- bilire se sia ragionevole per dei « singoli » « impedire l’invio di trup- pe », contro la volontà della maggioranza della popolazione, ingannata dal suo governo. Non è di questo che si discute. Non è questo l’essen- ziale. Bisogna far cambiar parere ai piccoli borghesi ingannati, spie- gar loro l’inganno; talvolta, andando con loro alla guerra, bisogna sa- per aspettare che l’esperienza della guerra cambi loro la testa. Non di questo si tratta, ma di vedere se sia ammissibile per dei socialisti par- tecipare aH’inganno del « popolo » da parte della borghesia. Kautsky e A. Potresov giustificano questo inganno, perché sanno benissimo che la responsabilità della guerra imperialista del 1914 ricade in egual mi- sura sulla « perfidia » dei governi e della borghesia di tutte le « gran- di » potenze: dell’Inghilterra, della Francia, della Germania e della Russia. È quello che dice chiaramente, per esempio, la risoluzione di Basilea del 1912. Che il « popolo », cioè la massa dei piccoli borghesi e una parte degli operai ingannati creda alla favola borghese della « perfidia » del 164 LENIN nemico, è fuor di dubbio. Ma il compito della socialdemocrazia è di lottare contro l'inganno, e non di alimentarlo. Molto prima della guerra tutti i socialdemocratici di ogni paese dicevano, e a Basilea lo hanno confermato, che ognuna delle grandi potenze tende in realtà a raffor- zare e ad estendere il suo dominio sulle colonie, a opprimere le pic- cole nazioni ecc. La guerra si fa per la spartizione delle colonie e per la rapina delle terre straniere; dei ladri litigano, ed è una cinica men- zogna borghese prendere a pretesto la sconfitta di uno di loro, in un determinato momento, per spacciare l'interesse dei ladri per l'interesse del popolo o della patria. Al « popolo » che soffre a causa della guerra, dobbiamo dire la verità: è impossibile difendersi dalle sciagure della guerra senza rovesciare il governo e la borghesia di ciascuno dei paesi belligeranti. Difendere il Belgio soffocando la Galizia o l'Ungheria non vuol dire « difendere la patria », Ma Marx stesso, pur condannando le guerre, per esempio quelle dal 1854 al 1876, si schierò dalla parte di una delle potenze bellige- ranti, quando la guerra, nonostante la volontà dei socialisti, divenne un fatto. Questo è il contenuto e l'« argomento » principale dell'opuscolo di Kautsky. Questa è anche la posizione del signor A. Potresov, per il quale l'» il crollo del capitalismo, seguire Y esempio della Comune e del- l’ottobre-dicembre 1905. Il fatto che i partiti attuali non adempiono questo dovere costituisce appunto il loro tradimento, la loro morte politica, il ripudio della loro funzione e il loro passaggio dalla parte della borghesia. IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 193 III Ma come è potuto avvenire che i capi e i rappresentanti più noti della II Internazionale abbiano tradito il socialismo? Su questa questione ci intratterremo minutamente più avanti, dopo aver analizzato, innanzitutto, i tentativi di giustificare « teoricamente » questo tradi- mento. Proviamo a illustrare le teorie principali del socialsciovinismo, di cui si possono considerare come rappresentanti Plekhanov (che ripete di preferenza gli argomenti degli sciovinisti anglo-francesi, di Hyndman e dei suoi nuovi seguaci) e Kautsky (il quale presenta degli argomenti molto più « sottili », che hanno le apparenze di una solidità teorica incomparabilmente maggiore). La più primitiva è forse la teoria deir« aggressore ». Siamo aggre- diti, ci difendiamo; gli interessi del proletariato esigono che si resista ai violatori della pace europea. Questa è la ripetizione delle dichiarazioni di tutti i governi e delle declamazioni di tutta la stampa borghese e gialla del mondo intero. Plekhanov abbellisce perfino questa banalità trita e ritrita col suo abituale gesuitico richiamo alla « dialettica ». Per valutare la situazione concreta bisogna, prima di tutto, trovare l’aggres- sore e punirlo, rinviando tutte le altre questioni a una nuova situazione (cfr. Popuscolo di Plekhanov Sulla guerra , Parigi, 1914, e la ripeti- zione da parte di Axelrod degli stessi argomenti nei nn. 86 e 87 del Golos). Nel nobile lavoro di sostituzione della dialettica con la sofi- stica, Plekhanov ha battutto il record. Il sofista afferra uno degli « ar- gomenti »; già Hegel aveva detto giustamente che si possono trovar degli « argomenti » per qualsiasi cosa al mondo. La dialettica esige Tana- lisi di tutti gli aspetti di un dato fenomeno sociale nel suo svolgersi, esige che si riconducano le manifestazioni esterne, apparenti, alle forze motrici fondamentali, allo sviluppo delle forze produttive e alla lotta di piasse. Plekhanov afferra una citazione della stampa socialdemocratica tedesca: gli stessi tedeschi hanno riconosciuto, prima della guerra, Patteggia- mento aggressivo della Germania e dell’Austria... e basta. Sul fatto che i socialisti russi hanno ripetutamente smascherato i piani di con- quista dello zarismo a spese della Galizia, dell’Armenia, ecc., Plekhanov tace. In lui non si trova neppur l’ombra di un tentativo di accennare alla storia economica e diplomatica, anche solo dei tre ultimi decenni, e questa storia dimostra incontestabilmente che Passe principale della politica di tutti e due i gruppi di potenze attualmente belligeranti, 196 LENIN consiste appunto nelle conquiste coloniali, nel depredare terre straniere e nel soppiantare e rovinare il concorrente più fortunato *. Applicati alle guerre, i principi fondamentali della dialettica, che Plekhanov. ha cosi sfrontatamente falsificato per compiacere la borghe- sia, consistono in questo: « la guerra è semplicemente la continuazione della politica con altri mezzi» (e precisamente con mezzi violenti). Questa definizione è dovuta a Clausewitz **, una dei maggiori scrittori * È estremamente istruttivo il libro del pacifista inglese Brailsford, il quale non è alienò dall'atteggiarsi addirittura a socialista: La guerra dell'acciaio e dèWoro (Londra, 1914; il libro porta la data del marzo 1914!). L'autore rico- nosce con tutta chiarezza che, in generale, le questioni nazionali vengono in seconda linea e sono già risolte (p. 35), che oggi non si tratta di esse, che « il problema tipico della diplomazia attuale » (p. 36) è la ferrovia di Bagdad, la fornitura delle sue rotaie, le miniere del Marocco, ecc, L’autore giustamente considera come uno « dei piu istruttivi incidenti della recente storia della diplo- mazia europea» la lotta dei patrioti francesi e degli imperialisti inglesi contro 1 tentativi di Caillaux (1911-1913) di conciliarsi con la Germania sulla base di un accordo per la divisione delle sfere di influenza coloniali e deH’ammis- sione dei tìtoli tedeschi alla Borsa di Parigi. Le borghesie inglese e francese spezzarono tale accordo (pp. 38-40). Lo scopo dell’imperialismo è l’esportazione di capitali nei paesi piu deboli (p. 74). I profitti del capitale esportato ammonta- rono in Inghilterra, nel 1899, a 90-100 milioni di lire sterline (Giffens), a 140 milioni nel 1909 (Paish); e Lloyd George in un recente discorso — aggiungiamo da parte nostra — calcolava questi profitti a 200 milioni di sterline, pari circa a 2 miliardi di rubli. Luridi maneggi e corruzione della aristocrazia turca, impieghi per i figli di papà in India e in Egitto, ecco di che si tratta (pp. 85-87). Soltanto un’infima minoranza guadagna lautamente sugli armamenti e sulle guerre, ma essa è sostenuta dalla società e dal mondo finanziario, mentre al seguito dei partigiani della pace vi è una popolazione frazionata (p. 93). Il pacifista che oggi chiacchiera di pace e di disarmo, domani risulta iscritto a un partito che dipende compieta- mente dai fornitori di armi (p. 161). Se piu forte sì dimostrerà la Triplice Intesa, essa s’impossesserà del Marocco e dividerà la Persia; se più forte invece sarà la Triplice Alleanza allora questa procederà alla occupazione di Trìpoli, alla sottomissione della Turchìa e si rafforzerà nella Bosnia (p. 167). Londra e Parigi, nel marzo 1906, diedero dei miliardi alla Russia aiutando cosi lo zarismo a repri- mere il movimento di liberazione (pp. 225-228). L’Inghilterra aiuta ora la Russia a strangolare la Persia (p. 229). La Russia ha attizzato la guerra balcanica (p. 230), Tutto ciò non è nuovo, non è vero? Tutto ciò è universalmente noto ed "è stato ripetuto mille volte nei giornali socialdemocratici di tutto il mondo. Alla vigilia della guerra, il borghese britannico vede tutto questo nel modo più chiaro. Ma che assurdità indecenti, che insopportabili ipocrisie, che inzuc- cherate menzogne sono, di fronte a questi fatti, cosi semplici e così noti, le teorie di Plekhanov e di Potresov sulla colpevolezza della Germania, o quelle di Kautsky sulle « prospettive » del disarmo e della pace duratura in regime capitalistico! ** Karl von Clausewitz, Sulla guerra (Opere, voi. I, p. 28; voi. Ili, pp. 139-140): «Tutti sanno che le guerre scaturiscono soltanto dai rapporti politici fra i governi e fra i popoli, ma abitualmente le cose vengono presentate IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 197 di storia militare, le cui idee erano state fecondate da Hegel. E questa fu sempre precisamente l’opinione di Marx e di Engels, i quali consi- deravano ogni guerra come la continuazione della politica degli Stati in- teressati e delle diverse classi all’interno di questi Stati, in un dato momento. Il rozzo sciovinismo di Plekhanov riposa sulla stessa precisa posi- zione teorica dello sciovinismo di Kautsky, piu raffinato, conciliante e dolcificato, che spiega il passaggio dei socialisti di tutti i paesi dalla parte dei « propri » capitalisti con il seguente ragionamento: Difendere la patria è diritto e dovere di tutti; il vero internazionalismo consiste nel riconoscere tale diritto ai socialisti di tutte le nazioni, comprese quelle che sono in guerra contro la mia... (cfr. Neue Zeit , 2 ottobre 1914, e altri scritti dello stesso autore). Questo ragionamento che non ha l’eguale è una derisione còsi infinitamente volgare del socialismo, che il miglior modo di rispondervi sarebbe di far coniare una medaglia con l’effigie di Guglielmo II e di Nicola II su una faccia e quella di Kautsky e di Plekhanov sull’altra. Come vedete, il vero internazionalismo consiste nel giustificare che i lavoratori francesi sparino su quelli tedeschi e i tedeschi su quelli francesi in nome della « difesa della patria »! Ma, a ben guardare, le premesse teoriche del ragionamento di Kautsky risultano identiche all’opinione derisa da Clausewitz circa ottan- tanni fa: con l’inizio della guerra cessano i rapporti politici storica- mente esistenti fra i popoli e le classi e sopravviene una situazione asso- lutamente diversa! Ci sono « semplicemente» aggressori e difensori; si respingono «semplicemente» i «nemici della patria»! L’oppressione di tutta una serie di nazioni, che abbracciano piu della metà della popo- lazione del globo, da parte dei popoli delle grandi potenze imperialiste, la concorrenza fra le borghesie di questi paesi per la spartizione del bottino, lo sforzo del capitale per scindere e soffocare il movimento operaio: tutto questo sparisce di colpo daH’orizzonte di Plekhanov e di Kautsky, sebbene essi stessi, per decenni, prima della guerra, abbiano appunto descritto una simile « politica ». in modo da far credere che, all’inizio della guerra, questi rapporti cessino e sorga una situazione assolutamente diversa, sottoposta soltanto a leggi sue proprie. Noi al contrario, affermiamo che la guerra non è altro che la continuazione dei rapporti politici con l’intervento di altri mezzi ». 198 LENIN I falsi richiami a Marx e a Engels costituiscono inoltre l’argo- mento « trionfale » di questi due capi del socialsciovinismo: Plekhanov rammenta la guerra nazionale della Prussia nel 1813 e della Germania nel 1870 e Kautsky dimostra, con aria di grande scienziato, che Marx risolse il problema di sapere per quale delle parti (vale a dire per quale delle borghesie) sarebbe stata più desiderabile la vittoria nelle guerre del 1854-1855, 1859, 1870-1871, e che lo stesso fecero i marxisti nelle guerre del 1876-1877 e del 1897. È il metodo di tutti i sofisti d’ogni tempo: prendere esempi che evidentemente si riferiscono a casi fondamentalmente diversi. Le guerre precedenti che ci vengono indicate, erano la « continuazione della politica » dei movimenti nazio- nali borghesi, durati molti anni e diretti contro il giogo straniero, contro il giogo di un’altra nazione, e contro l’assolutismo (turco e russo). Non c’era allora, e non poteva esserci, nessun altro problema fuorché quello di sapere se fosse preferibile il successo dell’una piuttosto che del- l'altra borghesia: a guerre di questi tipo i marxisti potevano a priori chiamare i popoli, attizzando l'odio nazionale cosi come Marx, nel 1848 e posteriormente, chiamò alla guerra contro la Russia; cosi come Engels, nel 1859, attizzò l’odio nazionale dei tedeschi contro i loro oppressori: Napoleone III e lo zarismo russo *. Paragonare « la continuazione della politica » di lotta contro il feudalesimo e Tassolutismo, della politica di liberazione della borghesia, con « la continuazione della politica » della borghesia decrepita, cioè imperialista, cioè predatrice di tutto il mondo, e reazionaria, che, in unione coi feudatari, schiaccia il proletariato, è come paragonare un arscin con un pud è come paragonare « i rappresentanti della borghe- sia » Robespierre, Garibaldi, Geliabov, con i « rappresentanti della bor- * A proposito, il signor Gardenin nella Gizn, chiama « sciovinismo rivolu- zionario» — ma pur sempre sciovinismo — 1* atteggiamento di Marx, che nel 1848 era per la guerra rivoluzionaria contro quei popoli europei che, nei fatti, si dimostravano controrivoluzionari, e precisamente « gli slavi e in particolare i russi ». Un simile rimprovero contro Marx è soltanto una nuova prova del- lopportunismo (o — anzi, e -r - dell'assoluta mancanza di serietà) di questo socialista-rivoluzionario di « sinistra ». Noi marxisti siamo sempre stati e siamo per la guerra rivoluzionaria contro i popoli controrivoluzionari. Se il socialismo, per esempio, trionfasse in America o in Europa nel 1920, e il Giappone e la Cina, supponiamo, muovessero allora contro di noi — anche se da principio soltanto diplomaticamente — i loro Bismarck, noi saremmo per la guerra offensiva rivoluzionaria contro quei paesi. Anche questo vi riesce strano, signor Gardenin? Voi siete un rivoluzionario della specie di Ropscin! IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 199 ghesia » Millerand, Salandra, Guckov. Non si può essere marxisti senza nutrire il piu profondo rispetto per i grandi rivoluzionari borghesi che avevano in tutto il mondo il diritto storico di parlare a nome della « patria » borghese, la quale elevò alla vita civile, attraverso la lotta contro il feudalesimo, decine di milioni di uomini delle nuove nazioni. E non si può essere marxisti senza nutrire disprezzo per la sofistica di Plekhanov e di Kautsky, che parlano di « difesa della patria » a pro- posito dello schiacciamento del Belgio ad opera degli imperialisti tede- schi, o a proposito degli accordi fra gli imperialisti d’Inghilterra, di Francia, di Russia e d’Italia per depredare l’Austria e la Turchia. Ancora una teoria « marxista » del socialsciovinismo: il socialismo si basa sul rapido sviluppo del capitalismo; la vittoria del mio paese affretterà lo sviluppo del capitalismo, e per conseguenza anche l’avvento del socialismo; la sconfitta del mio paese frenerà il suo sviluppo eco- nomico, e per conseguenza anche l’avvento del socialismo. Da noi, questa teoria struvista è svolta da Plekhanov; fra i tedeschi da Lensch ed altri. Kautsky polemizza contro questa volgare teoria, contro Lensch che la difende apertamente, nonché contro Cunow che la sostiene co- pertamente; ma polemizza unicamente per giungere alla conciliazione tra i socialsciovinisti di tutti i paesi in base a una teoria sciovinista piu sottile e piu gesuitica. Non è il caso d’intrattenersi a lungo sull’analisi di questa teoria grossolana. Le Note critiche di Struve sono apparse nel 1894 e per vent’anni i socialdemocratici russi hanno imparato a conoscere esatta- mente questa « maniera » dei borghesi russi colti di presentare le loro opinioni e i loro desideri sotto il manto del « marxismo », epurato dal suo spirito rivoluzionario. La struvismo, come dimostrano in modo parti colarmente chiaro gli ultimi avvenimenti, non è soltanto russo, ma è, al contrario, la tendenza internazionale dei teorici della borghesia ad uccidere il marxismo « con dolcezza », a soffocarlo con abbracci, per mezzo di uno pseudoriconoscimento di « tutti » i lati e gli elementi « ve- ramente scientifici » del marxismo, esclusi i Iati « d’agitazione », « de- magogici », « utopisti blanquisti ». In altre parole: prendere dal marxi- smo tutto ciò che è accettabile per la borghesia liberale, fino alla lotta per le riforme, fino alla lotta di classe (senza dittatura del proletariato), fino al riconoscimento « generico » degli « ideali socialisti », fino alla sostituzione del capitalismo con un « nuovo regime », e rifiutare « sol- tanto » l’anima del marxismo, « soltanto » il suo carattere rivoluzionario. 200 LENIN Il marxismo è la teoria del movimento di liberazione del proleta- riato. È perciò evidente che gli operai coscienti debbono rivolgere la maggior attenzione al processo di sostituzione dello struvismo al marxi- smo. Le forze motrici di questo processo sono molteplici e diverse. Rileviamo soltanto le tre principali, 1 ) Lo sviluppo della scienza forni- sce elementi sempre piu numerosi, comprovanti che Marx ha ragione. Contro di lui conviene perciò lottare ipocritamente, senza mettersi apertamente contro le basi del marxismo, ma con uno pseudoriconosci- mento di esso, castrandone il contenuto con dei sofismi e trasforman- dolo in una « santa icone » inoffensiva per la borghesia. 2 ) Lo sviluppo delPopportunismo nei partiti socialdemocratici favorisce tale « rielabo- razione » del marxismo, che viene adattato in modo da giustificare qualsiasi concessione all’opportunismo. 3) Il periodo dell’imperialismo è il periodo della spartizione del mondo fra le « grandi » potenze pri- vilegiate che opprimono tutte le altre. Qualche briciola del bottino deri- vante da questi privilegi e da questa oppressione va, indubbiamente, a certi strati della piccola borghesia, nonché dell’aristocrazia e anche della burocrazia della classe operaia. Questi strati, che sono un’infima mino- ranza del proletariato e delle masse lavoratrici, gravitano intorno allo « struvismo » perché questo offre una giustificazione alla loro alleanza con la borghesia della « propria » nazione contro le masse oppresse di tutte le nazioni. Dovremo ritornare su questo argomento più avanti, quando tratteremo delle cause del fallimento dell’Internazionale, IV La più sottile teoria del socialsciovinismo, quella più ingegno- samente pseudoscientifica e pseudointernazionalista, è la teoria del- l’« ultraimperialismo », escogitata da Kautskv. Eccone Lenunciazione più chiara, precisa e recente, data dall’autore stesso: « Il regresso del movimento protezionista in Inghilterra, la riduzione delle tariffe doganali in America, la tendenza al disarmo, la rapida diminu- zione, negli ultimi anni precedenti la guerra, dell’esportazione di capitali dalla Francia e dalla Germania, e, finalmente, il rafforzamento dei legami internazionali fra le diverse cricche del capitale finanziario, mi hanno spinto a chiedermi se l’attuale politica imperialista non possa essere soppiantata da una nuova politica ultraimperialista, la quale, al posto della lotta fra i vari capitali finanziari nazionali instauri lo sfruttamento comune del mondo da IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 201 parte del capitale finanziario internazionale riunito. In ogni caso, una simile nuova fase del capitalismo è pensabile. £ anche realizzabile? Per pro- nunciarsi, non si hanno ancora premesse sufficienti » ( Neue Zeit, n. 5, 30 aprile 1915, p. 144.) « ... A questo riguardo può esser decisivo lo svolgimento e l’esito della guerra attuale. Essa può soffocare completamente i deboli germi delTultraimpe- rialismo facendo divampare al piu alto grado Iodio nazionale anche fra i magnati del capitale finanziario, intensificando la gara degli armamenti, ren- dendo inevitabile una seconda guerra mondiale. Allora, la previsione che io ho formulato nel mio opuscolo La via del potere si avvererà in proporzioni terribili, si accelererà Tinasprimento delle contraddizioni di classe, ma anche la rovina (letteralmente: « il rovescio, Abwirtschaftung », la bancarotta) morale del capitalismo... » (Bisogna notare che con queste espressioni ri- cercate Kautsky intende semplicemente l’« ostilità degli strati interposti fra il proletariato e il capitale finanziario », ossia, ostilità « degli intellettuali, dei piccoli borghesi e anche dei piccoli capitalisti contro il capitalismo ».) « ... Ma la guerra può anche avere un esito differente. Essa può condurre al rafforzamento dei deboli germi deH’uItraimperialismo. I suoi insegnamenti » notate questo!) «possono affrettare un tale sviluppo, che in tempo di pace si sarebbe dovuto attendere lungamente. Se si arrivasse a un accordo fra le nazioni, al disarmo e a una pace duratura, allora potrebbero sparire le peggiori cause che, prima della guerra, determinavano un crescente processo di rovina morale del capitalismo. » Naturalmente, la nuova fase del capitalismo porterà presto con sé « nuove sciagure » per il proletariato, « fors 'anche peggiori », ma, « temporaneamente », « l’ultrairaperialismo » « potrà creare un’èra di nuove speranze e di attese nell’orbita del capitali- smo » (ibid., p. 145). In qual modo si deduce da questa « teoria » la giustificazione del sodalsdovinismo? In un modo abbastanza strano per un « teorico e precisamente nel modo seguente. I socialdemocratici di sinistra in Germania affermano che l’impe- rialismo e le guerre da esso generate non sono un caso, ma il prodotto necessario del capitalismo, che ha condotto al dominio del capitale finanziario. Perciò il passaggio alla lotta rivoluzionaria delle masse è necessario, giacché l’epoca dello sviluppo relativamente pacifico del capi- talismo è chiusa. I socialdemocratici di « destra » dichiarano brutal- mente: se l’imperialismo è « inevitabile », dobbiamo essere imperialisti anche noi. Kautsky, in funzione di « centro », concilia: « L’estrema sinistra » — scrive nel suo opuscolo Stato nazionale , Stato imperialista e unione di Stati (Norimberga, 1915) — vuole « contrapporre » all’inevitabile imperialismo il socialismo, vale a dire « non soltanto la prò- 202 LENIN paganda del socialismo che per mezzo secolo abbiamo contrapposto a tutte le forme del dominio capitalista, ma l’immediata attuazione del socialismo. Questo sembra molto radicale, ma in realtà è suscettibile di trascinare nel campo imperialista chiunque non creda all’immediata realizzazione pratica del socialismo» (p. 17; il corsivo è nostro). Kautsky, parlando dell’immediata attuazione del socialismo, « fa » un giuoco di bussolotti, grazie al fatto che in Germania, specialmente in regime di censura militare, non si può parlare di azioni rivoluzio- narie. Kautsky sa perfettamente che i socialdemocratici di sinistra esi- gono dal partito l 'immediata propaganda e preparazione di azioni rivo- luzionarie e niente affatto « l’immediata attuazione pratica del so- cialismo ». I socialdemocratici di sinistra deducono la necessità di azioni rivo- luzionarie dalla necessità dell’imperialismo. La « teoria deH’ultraimpe- rialismo » serve a Kautsky per giustificare gli opportunisti e per pre- sentare le cose come se essi non fossero passati dalla parte della bor- ghesia, ma, semplicemente, « non credessero » al socialismo immediato, aspettando una nuova « èra » di disarmo e di pace duratura che « può essere » dinanzi a noi. La « teoria » si riduce a questo, e soltanto a questo: con la speranza di una nuova èra pacifica del capitalismo, Kautsky giustifica l’unione degli opportunisti e dei partiti socialdemo- cratici ufficiali con la borghesia e la loro rinuncia alla tattica rivoluzio- naria (ossia proletaria) nella presente èra tempestosa , malgrado le so- lenni dichiarazioni della risoluzione di Basilea! Notate che, a questo proposito, Kautsky non soltanto non afferma che la nuova fase nasce, e deve nascere, da date -circostanze e condi- zioni, ma, al contrario, afferma nettamente non poter ancora risolvere nemmeno il problema della « realizzabilità » della nuova fase. E infatti si dia uno sguardo alle « tendenze » alla nuova èra indicata da Kautsky. Colpisce il fatto che l’autore conta tra i fatti economici « la tendenza al disarmo »! Ciò significa non voler vedere i fatti innegabili, assoluta- mente inconciliabili con la teoria dell’attenuazione delle contraddizioni, nascondendosi all’ombra di innocue fantasticherie e chiacchiere piccolo- borghesi. L’« ultraimperialismo » di Kautsky — questa espressione, a proposito, non esprime affatto quel che l’autore vuol dire — significa un’enorme attenuazione delle contraddizioni del capitalismo. Kautsky ci parla del « regresso del protezionismo in Inghilterra e in America ». Ma dov’è la sia pur minima tendenza verso una nuova èra? In America, IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 203 il protezionismo, portato 'all’estremo, è poi stato attenuato, ma esso ri- mane, come rimangono, a favore dell’Inghilterra, i privilegi e le tariffe preferenziali delle sue colonie. Ricordiamo su che cosa è basata la sosti- tuzione della moderna epoca imperialista alla precedente epoca « paci- fica » del capitalismo: sul fatto che la libera concorrenza ha ceduto il posto alle unioni monopolistiche dei capitalisti e che tutto il globo è stato ripartito. È chiaro che questi due fatti (é fattori) hanno effetti- vamente un significato mondiale: il libero commercio e la concorrenza pacifica erano possibili e necessari finché il capitale poteva ampliare senza ostacoli le sue colonie e conquistare in Africa e altrove delle terre non ancora occupate, fino a quando la concentrazione del capitale era ancora debole e inoltre non esistevano imprese monopolistiche, im- prese cosi grandi da dominare completamente un dato ramo dell’in- dustria. Il sorgere e lo svilupparsi di tali imprese monopolistiche (ve- rosimilmente, questo processo non si è arrestato né in Inghilterra né in America; è difficile che lo stesso Kautsky si decida a negare che la guerra lo ha anzi accelerato e accentuato) rendono impossibile la passata libera concorrenza, poiché lè minano il terreno sotto i piedi, mentre la spartizione del globo costringe a passare dall’espansione paci- fica alla lotta armata per una nuova divisione delle colonie’ e delle sfere d’influenza. Sarebbe ridicolo pensare che l’attenuazione del pro- tezionismo in due paesi possa portare una modificazione qualsiasi. Ancora: la diminuzione nell’esportazione del capitale da due paesi per alcuni anni. Questi due paesi, la Francia e la Germania, avevano all’estero, per esempio, secondo la statistica di Harms del 1912, circa 35 miliardi di marchi ciascuno (circa 17 miliardi di rubli) e la sola Inghilterra due volte tanto *. L’aumento dell’esportazione di capitale non è mai stato e non poteva essere uniforme in regime capitalista. Kautsky non può neppure provarsi a dire che l’accumulazione del capi- tale è diminuita, o che la capacità del mercato interno si è seriamente modificata, per esempio, in seguito a un considerevole miglioramento della situazione delle masse. In tali condizioni, se durante qualche anno * Cfr. Bernhard Harms, Probleme der Weltwirtschaft (Problemi delleco nomia mondiale), Jena, 1912; George Paish, Great Britain’s Capital Invest- ment* in thè Colonie* , ecc. (Gli investimenti del capitale inglese nelle colonie), in Journal of thè Royal Statisi. Soc. (Giornale della Società Reale di Statistica), voi. LXXIV, 1910-1911, p. 167. Lloyd George, in un suo discorso al principio del 1915, calcolava i capitali inglesi all’estero a 4 miliardi di lire sterline cioè circa 80 miliardi di marchi. 204 LENIN l’esportazione di capitali da due paesi è diminuita, non è assolutamente impossibile dedurne che siamo all’inizio di una nuova èra. « Il rafforzamento dei legami internazionali fra le diverse cricche del capitale finanziario. » Questa è l’unica tendenza certa e generale, non limitata ad alcuni anni né a due paesi, ma estesa a tutto il mondo, a tutto il capitalismo. Ma perché da essa deve derivare la tendenza al disarmo e non all’armamento, come è avvenuto finora? Prendiamo una qualsiasi delle ditte mondiali produttrici di cannoni (e, in generale, produttrici di materiale bellico), come, per esempio, l’Armstrong. Poco tempo fa la rivista inglese The Economist (1° maggio 1915) informava che i profitti di questa ditta erano saliti da 606 mila sterline (circa 6 milioni di rubli) nel 1905-1906 a 856 mila nel 1913, e a 940 mila (9 milioni di rubli) nel 1914. I legami del capitale finanziario in questo campo sono grandissimi e aumentano continuamente: i capitalisti tede- schi « partecipano » agli affari della ditta inglese; le ditte inglesi co- struiscono sottomarini per l’Austria, ecc. Il capitale, intrecciatosi interna- zionalmente, va facendo degli eccellenti affari sugli armamenti e sulle guerre. Dedurre, dall’unione e dall’intreccio dei diversi capitali nazio- nali in un tutto internazionale unico, la tendenza economica al disarmo, significa sostituire al reale inasprimento delle contraddizioni di classe il pio desiderio piccolo-borghese dello smussamento di queste contrad- dizioni. V Kautsky parla degli « insegnamenti » della guerra con uno spirito assolutamente da filisteo, dando a questi insegnamenti un significato di orrore morale di fronte alle calamità della guerra. Ecco, per esempio, il suo ragionamento nell’opuscolo Lo Stato nazionale , ecc. « È fuor di dubbio, e non c’è bisogno di dimostrare, che esistono degli strati realmente interessati alla pace universale e al disarmo. I piccoli bor- ghesi, i piccoli contadini, e persino molti capitalisti e intellettuali, non sono legati airimperialismo da interessi più forti dei danni che questi strati sof- frono a causa della guerra e degli armamenti » (p. 21). Questo è stato scritto nel febbraio del 1915! I fatti dimostrano che tutte le classi possidenti, compresi i piccoli borghesi e gli « in- tellettuali », si uniscono contagiosamente agli imperialisti, e Kautsky, proprio come un uomo che viva sotto una campana di vetro, con aria IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 205 estremamente soddisfatta, respinge la realtà dei fatti con delle parole dolciastre. Egli giudica gli interessi della piccola borghesia non dalla condotta di questa, ma dalle parole di alcuni piccoli borghesi, sebbene tali parole siano continuamente smentite dai loro atti. È proprio come se volessimo giudicare in generale gli « interessi » della borghesia non dai suoi affari, ma dagli amorevoli discorsi dei preti borghesi, i quali proclamano e giurano che l’attuale struttura sociale è basata sugli ideali del cristianesimo. Kautsky trasforma il marxismo in modo da togliergli ogni contenuto e lascia soltanto la parola « interesse » in un senso soprannaturale, spiritualistico, poiché con questa parola intende non l’economia reale, ma il pio desiderio di un benessere generale. Il marxismo giudica gli « interessi » in base alle contraddizioni di classe e alla lotta di classe che si manifestano in milioni di fatti nella vita quotidiana. La piccola borghesia sogna e chiacchiera di una atte- nuazione delle contraddizioni e avanza degli « argomenti » per dimo- strare che il loro inasprimento porta a « conseguenze dannose ». L’im- perialismo è la subordinazione di tutti gli strati delle classi abbienti al capitale finanziario e la spartizione del mondo fra cinque o sei « grandi » potenze, la maggioranza delle quali partecipa ora alla guerra. La sparti- zione del mondo fra le grandi potenze significa che, in esse, tutti gli strati abbienti sono interessati al possesso di colonie e di sfere d’in- fluenza, all’asservimento di nazioni straniere, ai posticini più o meno redditizi e ai privilegi connessi all’appartenenza ad una « grande » po- tenza, ad una nazione che ne asservisce altre*. Non si può vivere all’antica, in una situazione relativamente tran- quilla, civile, pacifica, in cui il capitalismo evolva placidamente e si estenda gradualmente a nuovi paesi; perché un’altra epoca si è aperta. * E. Schultze informa che, nel 1915, la somma mondiale dei titoli era calco- lata in 732 miliardi di franchi, compresi i prestiti statali e comunali, i depositi e le azioni delle società industriali e commerciali ecc. Di questa somma, 130 miliardi spettavano airinghilterra, 115 agli Stati Uniti d’America, 100 alla Francia e 75 alla Germania; per conseguenza, a queste quattro grandi potenze, 420 miliardi, cioè più che la metà della somma totale. Da ciò si può giudicare quanto siano rilevanti i vantaggi e i privilegi delle nazioni avanzate, delle grandi potenze che superano gli altri popoli, li soggiogano e li depredano. (Dr. Ernst Schultze, Das Franzósische Kapital in Russland [Il capitale francese in Russia], Berlino, 1915, nella rivista F ir, atiz- Archi v t anno 32, p. 127). La « difesa della patria » è, per le grandi potenze, la difesa del diritto al bottino derivante dal saccheggio delle altre nazioni. In Russia, com’è noto, Timperialismo capitalista è più debole; ma in cambio è più forte Timperialismo feudale-militare. 206 LENIN Il capitale finanziario elimina ed eliminerà un dato paese dal numero delle grandi potenze, s’impadronirà delle sue colonie e delle sue sfere d'influenza (come minaccia di fare la Germania, che ha iniziato la guerra contro l’Inghilterra), toglierà alla piccola borghesia di questo paese e i suoi privilegi di « grande potenza » e le sue entrate supple- mentari. Questo è un fatto dimostrato dalla guerra. Ad essa ha portato in realtà quell’inasprimento delle contraddizioni che tutti, compreso lo stesso Kautsky nel suo opuscolo La via del potere , hanno da molto tempo riconosciuto. Ebbene, quando la lotta armata per i privilegi da grande potenza è diventata un fatto, Kautsky incomincia a persuadere i capitalisti e la piccola borghesia che la guerra è una cosa orrenda, e il disarmo è in- vece una cosa buona, proprio alla stessa maniera e con gli stessi risultati del prete che dal pulpito persuade i capitalisti che l'amore del prossimo è voluto da dio, che esso è un’inclinazione dell'anima e la legge morale della civiltà. Ciò che Kautsky chiama tendenze economiche verso r« ultraimperialismo », non è diverso, in realtà, dal Y invito piccolo- borghese a non fare del male, rivolto ai finanzieri. Esportazione di capitale? Ma di capitale se ne esporta maggior- mente nei paesi indipendenti, per esempio negli Stati Uniti d’America, che non nelle colonie. Occupazione delle colonie? Ma esse sono già tutte occupate e quasi tutte tendono a liberarsi: « L’India può cessare d'essere un possedimento inglese, ma essa non cadrà mai, come impero, sotto un altro dominio straniero » (p. 49 dell'opuscolo citato). « Ogni sforzo di uno Stato industriale capitalista tendente a procurarsi un impero coloniale che basti a renderlo indipendente dall'estero per il rifornimento delle materie prime, provocherebbe l’unione contro di esso di tutti gli altri Stati capitalistici, lo trascinerebbe in guerre intermina- bili, estenuanti, senza farlo avvicinare alla sua meta. Questa politica sa- rebbe la più sicura via verso la bancarotta di tutta la vita economica di quello Stato » (pp. 72-73). Non è forse un ragionamento da filisteo per convincere i finanzieri a rinunciare all' imperialismo? Agitare davanti ai capitalisti lo spauracchio del fallimento è come consigliare i borsisti a non giuocare in Borsa perché « molti perdono a quel modo tutti i loro averi ». La bancarotta del capitalista o della nazione concorrente è un guadagno per il capitale, che si concentra ancor più; perciò, quanto più è acuta e « serrata » la concorrenza economica, ossia la spinta economica al fallimento, tanto IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 207 piu fortemente le si aggiunge, nei capitalisti, la tendenza a spingere con la guerra il rivale alla bancarotta. Quanto minore è il numero dei paesi nei quali è ancora possibile esportare il capitale cosi vantaggiosa- mente come nelle colonie e negli Stati soggetti del genere della Turchia — poiché in questi casi i finanzieri ricavano dei profitti tre volte mag- giori che non con l'esportazione del capitale in paesi liberi, indipendenti e civili, come, ad esempio, gli Stati Uniti d'America — tanto più aspra è la lotta per la sottomissione e la spartizione della Turchia, della Cina, ecc. Cosi dice la teoria economica dell'epoca del capitale finanziario e del- l'imperialismo. Cosi’ dicono i fatti. Ma Kautsky riduce tutto ad una volgare « morale » piccolo-borghese: non vale la pena di eccitarsi troppo, e tanto meno di battersi per la spartizione della Turchia o per l'occupazione dell'India, perché, « in ogni caso, non sarà per molto tempo», e sarebbe meglio sviluppare il capitalismo pacificamente... È ovvio che sarebbe ancor meglio sviluppare il capitalismo ed estendere il mercato per mezzo di un aumento dei salari: questo è del tutto « pen- sabile », e inculcare questo spirito ai finanzieri sarebbe il tema più adatto per le prediche dei preti... Quel buon Kautsky ha quasi con- vinto, persuaso i finanzieri tedeschi che non vai la pena di battersi con lTnghilterra per le colonie, perché, in ogni caso, queste colonie si libe- reranno molto presto!... Le importazioni e le esportazioni dellTnghilterra in Egitto, fra il 1872 e il 1912, sono aumentate meno delle esportazioni e delle importa- zioni complessive dellTnghilterra. Ecco la morale che ne trae il « marxi- sta » Kautsky: « Non abbiamo nessuna base per supporre che senza la conquista militare dell’Egitto, sotto l'influenza del semplice peso dei fattori economici, il commercio vi si sarebbe sviluppato meno » (p. 72). « La tendenza del capitale all’espansione » « può essere soddisfatta meglio che in ogni altro modo , non con i metodi violenti dell’impe- rialismo ma con i metodi della democrazia pacifica » (p. 70). Ecco un’analisi notevolmente seria, scientifica, «marxista»! Kautsky ha « corretto » magnificamente questa storia insensata, ha « dimo- strato » che gli inglesi non avevano affatto bisogno di togliere l’Egitto ai francesi e che per i finanzieri tedeschi non valeva proprio la pena incominciare la guerra, organizzare la campagna turca e prendere altre misure per cacciare gli inglesi dall'Egitto! Tutto questo non è altro che un malinteso: gli inglesi non hanno ancora capito che il « meglio » è di rinunziare alla violenza contro l’Egitto e passare (per favorire lo 208 LENIN sviluppo dell’esportazione del capitale alla maniera di Kautsky) alla « democrazia pacifica »... « Certo, era un’illusione dei liberisti borghesi credere che il libero scambio elimini gli antagonismi economici generati dal capitalismo. Né il libero scambio, né la democrazia possono eliminarli, Ma noi siamo inte- ressati sotto tutti i rapporti a che tali antagonismi siano superati con forme di lotta che impongano alle masse lavoratrici le minori sofferenze e i minori sacrifici » (p. 73)... « Soccorrimi, signore! Signore pietà! Che cos’è un filisteo? », si. domandava Lassalle. E rispondeva con le celebri parole del poeta: « Il filisteo è un intestino vuoto, gonfio di paura e di speranza nella miseri- cordia di dio » 126 . Kautsky è riuscito a prostituire il marxismo in modo inaudito e a trasformarsi in un prete vero e proprio. Il prete esorta i capi- talisti a passare alla democrazia pacifica e dà a questa predica il no- me di dialettica: se al principio v’era il libero scambio, poi il mono- polio e in seguito l’imperialismo, perché non potrebbe venire l’« ultraim- perialismo » e di nuovo il libero scambio? Il prete consola le masse oppresse col quadro lusinghiero di questo « ultraimperialismo », pur non osando dire se esso è « realizzabile »! Feuerbach mostrava giusta- mente a coloro che difendevano la religione adducendo che essa consola Tuomo, il carattere reazionario della consolazione: chi consola lo schiavo, invece di spingerlo alla ribellione contro la schiavitù, aiuta ,i proprietari di schiavi. ’ Ogni e qualsiasi classe dominante ha bisogno, per conservare il suo dominio, di due funzioni sociali; quella del boia e quella del prete. Il boia deve soffocare l’indignazione e la protesta degli oppressi; il prete deve consolare gli oppressi, far loro intrawedere le prospettive (cosa particolarmente comoda a farsi se non ci si occupa della « attuabilità » di tali prospettive...) di un’attenuazione della miseria e dei sacrifici, entro il quadro del dominio di classe, e, con ciò stesso, riconciliarli con questo dominio, allontanarli dalle azioni rivoluzionarie, attenuarne lo stato d’animo rivoluzionario, spezzarne la decisione rivoluzionaria. Kautsky ha trasformato il marxismo nella più disgustante e idiota teoria controrivoluzionaria, nella più sporca bigotteria. Nel 1909, nell’opuscolo La via del potere , Kautsky constatava — senza essere confutato e senza poter essere confutato da nessuno — IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 209 l’inasprimento delle contraddizioni del capitalismo, l’approssimarsi di un periodo di . guerre e di rivoluzioni, di un nuovo « periodo rivoluzio- nario ». Egli dichiarava che la rivoluzione non poteva essere « prema- tura », e affermava essere « un vero tradimento della nostra causa » il rifiuto di contare sulla possibilità di una insurrezione vittoriosa, quan- tunque, prima della lotta, non si possa escludere anche la possibilità della sconfitta. La guerra è scoppiata. Le contraddizioni si sono inasprite ancora di più. Le sofferenze delle masse hanno preso proporzioni gigantesche. La guerra si prolunga e il suo campo d’azione si estende sempre. Kautsky scrive un opuscolo dopo l’altro, segue umilmente gli ordini del censore, non cita i dati sulle rapine territoriali e sugli orrori della guerra, sugli scandalosi profitti dei fornitori di materiale bellico, sul rincaro dei prezzi dei generi di consumo, sulla « schiavitù militare » degli operai mobilitati, ma, in cambio, consola e conforta il proletariato; lo consola con gli esempi delle guerre del tempo in cui la borghesia era rivoluzionaria o progressiva e in cui « lo stesso Marx » desiderava la vittoria delPuna o dell’altra borghesia; lo consola con delle filze e delle colonne di cifre dimostranti là « possibilità » di un capitalismo sen2a colonie e senza rapina, senza guerre e senza armamenti, attestanti i vantaggi di una « democrazia pacifica ». Non osando negare Taggra- vamento delle sofferenze delle masse e il sorgere nella realtà, sotto i nostri occhi, di una situazione rivoluzionaria (non se ne può parlare! La censura non lo permette...), Kautsky si inchina servilmente dinanzi alla borghesia ed agli opportunisti, tracciando le « prospettive ( senza garantire la « realizzabilità ») di queste forme di lotta, in una nuova fase, in cui vi saranno « meno sacrifici e meno sofferenze »... Franz Mehring e Rosa Luxemburg hanno perfettamente ragione di dare a Kautsky, per questo, il nome di prostituta ( Màdchen fùr alle). Nell’agosto 1905 vi era effettivamente, in Russia, una situazione rivoluzionaria. Lo zar, per « consolare » le masse in fermento, promise la Duma di Bulyghin ,27 . Il regime legislativo consultivo di Bulyghin si può* chiamare « ultrassolutismo », se si può chiamare « ultra imperiali- smo » la rinunzia dei finanzieri agli armamenti e il loro accordo reci- proco per una « pace duratura ». Ammettiamo, per un istante, che domani centinaia dei maggiori finanzieri del mondo, « legati » fra di loro in centinaia di gigantesche imprese, promettano ai popoli di favo- 210 LENIN rire il disarmo dopo la guerra (ammettiamo questo per un istante al fine di trarre le deduzioni politiche dalla sciocca teoria di Kautsky). Ebbene, anche in questo caso sarebbe un aperto tradimento sconsigliare al pro- letariato l’azione rivoluzionaria, senza la quale tutte le promesse, tutte le buone prospettive, non sarebbero che chimere. Alla classe dei capitalisti la guerra non ha soltanto recato dei gi- ganteschi profitti e delle eccellenti prospettive di nuove rapine (Turchia, Cina, ecc.), nuove ordinazioni che ammontano a miliardi, nuovi prestiti a piu alto interesse. Questo è poco. Essa ha recato alla classe dei capi- talisti dei vantaggi politici ancora maggiori, dividendo e corrompendo il proletariato. Kautsky coopera a questa corruzione, sanziona questa scis- sione intemazionale dei proletari in lotta in nome dell'unione con gli opportunisti della « propria » nazione, con i Siidekum! E vi sono delle persone le quali non comprendono che la parola d’ordine deH’unità dei vecchi partiti significa l’« unità » del proletariato nazionale con la propria borghesia nazionale e la scissione del proletariato delle diverse nazioni... VI Le righe che precedono erano già scritte quando è venuto alla luce il n. 9 della Neue Zeit (28 maggio), con le considerazioni conclusive di Kautsky sul « fallimento della socialdemocrazia » ( paragrafo 7 della sua replica a Cunow). Tutti i vecchi sofismi — oltre ad uno nuovo — a difesa del socialsciovinismo, Kautsky li ha riuniti e riassunti nel modo seguente: « Non è affatto vero che la guerra sia puramente imperialista; che, al suo scoppio, l’alternativa fosse imperialismo o socialismo, e che i partiti socialisti e le masse proletarie tedesche e francesi, e per molti rispetti anche quelle inglesi, si siano gettate a capofitto nelle braccia delTimperialismo, al primo appello di un pugno di parlamentari, tradendo cosi il socialismo e provocando in tal modo un fallimento che non ha esempi nella storia ». Un nuovo sofisma e un nuovo inganno per gli operai: vedete, la guerra non è « puramente » imperialista! Riguardo al carattere e al significato della guerra attuale, Kautsky tentenna in modo stupefacente; inoltre questo capo partito evita sempre le dichiarazioni precise e formali dei Congressi di Basilea e Chemnitz con la stessa cura con cui il ladro evita il luogo del suo ultimo furto. IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 211 Nell’opuscolo Lo Stato nazionale ecc., scritto nel febbraio 1915, Kautsky assicurava che la guerra « in ultima analisi è pur sempre imperialistica » (p. 64). Ora pone una nuova riserva: essa non è puramente imperia- listica... Ma allora che cosa diamine è? Veniamo a sapere che essa è anche... nazionale! Ecco con quale pseudodialettica alla Plekhanov egli è giunto a questa vergognosa con- clusione: « La guerra attuale è figlia non soltanto deirimperialismo, ma anche della rivoluzione russa ». Egli, Kautsky, aveva previsto fin dal 1904 che la rivoluzione russa avrebbe generato un panslavismo di nuovo genere, che « una Russia democratica farebbe inevitabilmente divampare, con nuova violenza, l’aspirazione degli slavi deirAustria e della Turchia all’indipendenza nazionale... Allora anche la questione polacca diverrebbe nuovamente acuta... L’Austria andrebbe in frantumi, perché con la bancarotta dello zarismo si spezzerebbe quel cerchio di ferro che adesso tiene stretti insieme gli elementi tendenti a staccarsi gli uni dagli altri ». (Lo stesso Kautsky riprende oggi quest’ultima citazione da un suo articolo del 1904.) « ...La rivoluzione russa... ha dato una nuova spinta potente alle aspirazioni nazionali in Oriente, aggiungendo ai problemi europei quelli asiatici. Durante la guerra attuale , tutti questi problemi si impongono impetuosamente ed acquistano un’im- portanza doppiamente decisiva per lo stato d’animo delle masse popolari , comprese quelle proletarie , mentre fra le classi al potere dominano le ten- denze imperialiste » (p. 273; il corsivo è nostro). Eccovi un altro esempio di prostituzione del marxismo! Poiché « una Russia democratica » farebbe divampare l’aspirazione delle na- zioni dell’Europa orientale alla libertà (questo è indiscutibile), perciò la guerra attuale, che non libera alcuna nazione e che, indipendentemente dal suo esito, ne asservirà parecchie, non è « puramente » imperialista. Poiché « la bancarotta dello zarismo » significherebbe lo smembramento dell’Austria, data la struttura nazionale antidemocratica di questo Stato, perciò il rafforzamento temporaneo dello zarismo controrivoluzionario, depredando l’Austria e opprimendo ancora di più le nazioni dell’Au- stria, darebbe alla « guerra attuale » un carattere non puramente impe- rialista, ma, in una certa misura, nazionale. Poiché « le classi al potere » imbottiscono il cranio dei piccoli borghesi ottusi e dei contadini arre- trati con delle storielle sugli scopi nazionali della guerra imperialista, perciò l’uomo di scienza, l’autorità in fatto di « marxismo », il rappre- sentante della II Internazionale, ha il diritto di fare accettare alle masse questo inganno per mezzo della « formula »: nelle classi al potere vi 212 LENIN sono le tendenze imperialiste, nel « popolo » e nelle masse proletarie le tendenze « nazionali ». La dialettica si trasforma nella sofistica più vile, più abietta! L’elemento nazionale, nella guerra attuale, è rappresentato sola- mente dalla guerra della Serbia contro l’Austria (ciò che, fra Labro, è stato rilevato anche dalla risoluzione della Conferenza di Berna del nostro partito). Solo in Serbia e tra i serbi abbiamo già da parecchi anni un movimento di liberazione nazionale al quale partecipa una « massa popolare » di parecchi milioni e la cui « continuazione » è la guerra della Serbia contro l’Austria. Se questa guerra fosse isolata, vale a dire non collegata con la guerra europea e con gli avidi scopi di rapina dell’Inghil- terra, della Russia, ecc., tutti i socialisti avrebbero l'obbligo di deside- rare il successo della borghesia serba. Questa è l’unica deduzione giusta e assolutamente indispensabile, derivante dal fattore nazionale della guerra attuale. Ma il sofista Kautsky, che è oggi al servizio dei borghesi, dei generali e dei clericali austriaci, si astiene precisamente da questa deduzione! Ancora. La dialettica di Marx, la quale rappresenta l’ultima parola del metodo evoluzionista scientifico, proscrive appunto l’esame isolato, vale a dire unilaterale e mostruosamente deformato d’un oggetto. Il fattore nazionale della guerra serbo-austriaca non ha e non può avere alcuna seria importanza nella guerra europea. Se vincerà la Germania, essa si annetterà il Belgio, ancora una parte della Polonia e, forse anche, parte della Francia, ecc. Se vincerà la Russia, essa si annetterà la Galizia, un’altra parte della Polonia, l’Armenia, ecc. Se la guerra sarà « pari e patta », sussisterà la vecchia oppressione nazionale. Per la Serbia, ossia per questa centesima parte dei partecipanti alla guerra odierna, la guerra è la « continuazione della politica » del movimento di liberazione borghese. Per il resto (99 per cento) la guerra è la continuazione della politica imperialista, ossia della politica di una borghesia, giunta allo stato di senescenza, la quale è capace di violentare le nazionalità e non di liberarle. La Triplice Intesa, « liberando » la Serbia, vende all’im- perialismo italiano gli interessi della libertà serba in compenso del suo aiuto per la spoliazione deirAustria. Tutto ciò è universalmente noto, e tutto ciò è sfrontatamente de- formato da Kautsky per giustificare gli opportunisti. Non esistono e non possono esistere dei fenomeni « puri », sia nella natura che nella società. Precisamente questo insegna la dialettica di Marx, mostrandoci che lo IL FALLIMENTO DELLA li INTERNAZIONALE 213 stesso concetto della purezza è una certa limitazione e unilateralità del- l’umano intelletto, incapace di abbracciare completamente un oggetto in tutta la sua complessità. Nel mondo non esiste e non può esistere un capitalismo « puro », poiché in esso vi è sempre un miscuglio di feuda- lesimo, di piccola borghesia, oppure di qualcos’altro ancora. Perciò, ram- mentare che la guerra non è « puramente » imperialista quando si tratta di un vergognoso inganno delle « masse popolari » da parte degli imperialisti, i quali nascondono deliberatamente i loro scopi di pura rapina con una fraseologia « nazionale », significa essere un pedante in- finitamente ottuso oppure un frodatore e un imbroglione. Tutta la sostanza della questione sta nel fatto che Kautsky dà il suo appoggio all’inganno del popolo per opera degli imperialisti, quando dice che, « per le masse popolari, comprese quelle proletarie », i problemi nazio- nali « hanno avuto un’importanza decisiva », mentre tra le classi domi- nanti l’hanno le «tendenze imperialiste» (p. 273), e quando «raf- forza » questo riferimento pseudodialettico invocando la « realtà infi- nitamente varia» (p. 274). Senza dubbio, la realtà è infinitamente varia... Questa è una santa verità! Ma è altrettanto indubbio che in questa infinita varietà ci sono due correnti fondamentali decisive: il con- tenuto oggettivo della guerra, che è la « continuazione della politica » dell’imperialismo, vale a dire la spoliazione delle nazioni straniere per opera della decrepita borghesia delle «grandi potenze» (e dei loro governi ) ; e l’ideologia « soggettiva » predominante, che consiste nelle frasi « nazionali », diffuse per ingannare le masse. Abbiamo già analizzato il vecchio sofisma di Kautsky, da lui nuovamente ripetuto, che i « sinistri » presentavano le cose come se « allo scoppio della guerra » si presentasse l’alternativa: imperialismo o socialismo. Questa è una spudorata deformazione, perché Kautsky sa benissimo che i socialdemocratici di sinistra ponevano un’altra alterna- tiva: adesione del partito alla rapina e all’inganno perpetrati dall’impe- rialismo, oppure propaganda e preparazione delle azioni rivoluzionarie. Kautsky sa pure che soltanto la censura tedesca impedisce ai « sinistri » di smentire le false storielle da lui diffuse per rendere un servizio ai Sùdekum. Riguardo ai rapporti fra le « masse proletarie » e « un pugno di parlamentari », Kautsky solleva una delle piu banali obiezioni. « Lasciamo da parte i tedeschi per non difenderci da noi stessi; ma chi oserebbe affermare seriamente che degli uomini come Vaillant e Guesde, 214 LENIN Hyndman e Plekhanov, da un giorno all’altro siano diventati imperialisti e traditori del socialismo? Ma lasciamo da parte i parlamentari e le “istanze..." (Kautsky allude chiaramente alla rivista di Rosa Luxemburg e di Franz Mehring, V Internazionale, la quale tratta con il meritato disprezzo la politica delle istanze, cioè delle alte sfere ufficiali della socialdemocrazia tedesca, del suo Comitato centrale, del Vorstand , del suo gruppo parlamentare, ecc.) « ...ma chi può affermare che, per quattro milioni di proletari tedeschi coscienti, sia stato sufficiente il solo ordine di un manipolo di parlamentari per fare una svolta a destra in ventiquattro ore e prendere posizione contro i loro precedenti scopi? Se fosse vero, questo, certo, dimostrerebbe con evidenza lo spaventoso fallimento non soltanto del nostro partito, ma anche della massa (il corsivo è di Kautsky). Se la massa fosse un tal gregge di pecore senza carattere, potremmo lasciarci seppellire » (p. 274). L’autorevolissimo uomo politico e di scienza Karl Kautsky si è già seppellito da se stesso con la sua condotta e con il campionario delle sue pietose contorsioni. Chi non lo comprende, o almeno non lo sente, è perduto, senza speranza, per il socialismo. E appunto perciò, il solo tono veramente adatto è proprio quello adottato nell * Internazionale da Mehring, da Rosa Luxemburg e dai loro aderenti, che trattano Kautsky e soci come i piu spregevoli soggetti. Basta pensare a questo: nei confronti della guerra, potevano pro- nunciarsi con una certa libertà (vale a dire senza essere immediata- mente presi e condotti in caserma, senza cadere in immediato pericolo di fucilazione) esclusivamente il « manipolo di parlamentari » e un pic- colo gruppo di funzionari, di giornalisti, ecc. (I parlamentari avevano il diritto di votare liberamente, potevano benissimo votare contro: per questo neppure in Russia si era bastonati, maltrattati e nemmeno arre- stati.) Ed ora Kautsky riversa nobilmente sulle masse il tradimento e la mancanza di carattere di quello strato sociale di cui lo stesso Kautsky aveva denunciato decine di volte, durante parecchi anni, i legami con la tattica e l’ideologia dell’opportunismo. La regola più elementare e fon- damentale di una analisi scientifica in generale, e della dialettica marxi- sta in particolare, esige dallo scrittore l’esame del legame esistente tra la lotta che avviene oggi fra le correnti del socialismo — la corrente che parla di tradimento, che grida al tradimento, che dà F allarme su di esso e la corrente che non vede questo tradimento — e la lotta che si è svolta precedentemente durante interi decenni. Kautsky non osa neppure par- larne e non vuole neanche porre il problema delle correnti e delle tendenze. Fino a questo momento esistevano delle correnti ed ora non IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 215 ve ne sono piu! Oggi esistono soltanto i nomi reboanti delle « autorità », che gli animali servili mettono sempre in evidenza. È particolarmente comodo citarci reciprocamente e coprire amichevolmente i propri « pec- catucci » secondo la regola: una mano lava l’altra. « Ma che opportu- nismo è mai questo, — ha esclamato L. Martov, in una conferenza te- nuta a Berna (cfr. n. 36 del Sotsial-Demokrat) , — quando... Guesde, Plekhanov, Kautsky! » « Bisogna essere piu cauti nell’accusare di oppor- tunismo uomini come Guesde», ha scritto Axelrod ( Golos , nn. 86 e 87). E Kautsky ripete a Berlino: «Non voglio difendere me stesso, ma... Vaillant, Guesde, Hyndman e Plekhanov! ». Il cuculo loda il gallo per esserne lodato. Nell’ardore del suo zelo servile, Kautsky è giunto fino a baciar la mano a Hyndman, che egli, appena un giorno prima, aveva presentato come un sostenitore delFimperialismo. Eppure già da molti anni , nella stessa Neue Zeit e in decine di giornali socialdemocratici di tutto il mondo, si era parlato delFimperialismo di Hyndman! Se Kautsky si fosse occupato coscienziosamente della biografia politica delle persone da lui nominate, si sarebbe dovuto domandare: non esistono, in questa biografia, caratteristiche e fatti che hanno preparato il passaggio all’im- perialismo non « in un sol giorno » ma nel corso di un decennio? Vaillant non era stato progioniero dei jauressisti, e Plekhanov dei men- scevichi e dei liquidatori? Non saltava agli occhi di tutti la tendenza di Guesde nel suo giornale Socialismo , che era un modello di mancanza di coraggio e di energia, di incapacità a prendere una posizione indi- pendente di fronte a qualsiasi problema importante? E Kautsky (aggiun- geremo questo per coloro che mettono anche lui, del tutto giustamente, insieme a Hyndman e a Plekhanov), all’inizio della lotta contro il revi- sionismo di Bernstein ecc., non si era dimostrato senza carattere nella questione del millerandismo? Ma noi non scorgiamo neppure la piu tenue ombra di interesse per un esame scientifico della biografia di questi capi. Non c’è nem- meno il tentativo di vedere se oggi questi capi si difendono con argomenti propri o ripetono gli argomenti degli opportunisti e della borghesia. La notevole importanza politica della condotta di questi capi deriva dalla loro propria influenza o dal fatto che essi hanno solida- rizzato con una tendenza estranea, veramente « influente » e sostenuta dalle istanze militari, e precisamente con una tendenza borghese? Kautsky non tenta nemmeno di esaminare la questione; egli si preoccupa 216 LENIN soltanto di gettar polvere negli occhi alle masse, di assordarle col suono di nomi autorevoli e di impedir loro di porre chiaramente la questione controversa e di esaminarla in ogni suo aspetto *. « ...una massa di quattro milioni, per ordine di un manipolo di parlamentari, ha compiuto una svolta a dest'ra... » Qui ogni parola è una menzogna. Nell’organizzazione del partito tedesco, non vi erano quattro milioni, ma un milione di iscritti; e la volontà collettiva di questa organizzazione di massa (come di ogni altra organizzazione) era espressa soltanto dal suo unico centro politico, dal « manipolo » che ha tradito il socialismo. Questo manipolo è stato in- terrogato, invitato a votare: esso poteva votare, scrivere articoli, ecc. Alle masse non si è domandato nulla. Non soltanto non si è loro per- messo di votare, esse sono state divise e perseguitate « per ordine » non già del manipolo dei parlamentari ma deirautorità militare. L’orga- nizzazione militare era una realtà, in essa non vi sono stati tradimenti di capi: essa ha proceduto alla leva individuale della « massa » presen- tandole Pultimatum: o il servizio militare (come ti consigliano i tuoi capi) o la fucilazione. La massa non poteva agire in modo organizzato, perché la sua organizzazione, creata precedentemente, incarnata dal « ma- nipolo » dei Legien, dei Kautsky, degli Scheidemann, l’aveva tradita, e per creare un’organizzazione nuova occorre del tempo, occorre la deci- sione di sbarazzarsi della vecchia organizzazione, decrepita, putrefatta. Kautsky si sforza di battere i suoi avversari di sinistra attribuendo loro delle assurdità; essi porrebbero il problema in questo modo: « in risposta » alla guerra, le « masse », « in 24 ore », avrebbero dovuto tar la rivoluzione, instaurare il « socialismo » contro l’imperialismo; altri- menti le « masse » avrebbero dato prova « di mancanza di carattere e di tradimento ». Ma queste sono semplicemente sciocchezze con le * Il richiamo di Kautsky a Vaillant e a Guesde, a Hyndman e a Plekha- nov è caratteristico anche da un altro punto di vista. Gli imperialisti dichiarati del genere di Lensch e di Haenisch (per non parlare degli opportunisti) si ri- chiamano precisamente a Hyndman e a Plekhanov per giustificare la loro poli- tica. Ma essi hanno il diritto di richiamarsi a costoro, e dicono la verità quando affermano che di fatto si tratta della medesima politica. Kautsky parla con disprezzo di Lensch e di Haenisch, di questi radicali passati aH’imperialismo. Kautsky ringrazia dio di non rassomigliare a questi affaristi, di non esser d’ac- cordo con loro, di esser rimasto — non ridete! — un rivoluzionario... ma, in realtà, la posizione di Kautsky e la stessa. Lo sciovinista ipocrita Kautsky, con le sue frasi dolciastre, è molto piu disgustoso degli sciovinisti confessi David e Heine, Lensch e Haenisch. IL FALLIMENTO DELLA JI INTERNAZIONALE 217 quali gli ignoranti autori di libercoli borghesi e polizieschi « battevano » finora i rivoluzionari; e ora Kautsky se ne vanta. Gli avversari di si- nistra di Kautsky sanno benissimo che la rivoluzione non si può « fare », che le rivoluzioni sorgono dalle crisi e dai rivolgimenti storici obietti- vamente maturi (indipendentemente dalla volontà dei partiti e delle classi), che le masse, senza organizzazione, sono prive di una volontà comune, che la lotta contro la potente organizzazione terroristica e mili- tare degli Stati centralizzati è cosa lunga e difficile. Le masse, nel momento critico, non potevano far nulla di fronte al tradimento dei loro capi, mentre il « manipolo » di questi capi aveva la piena possibilità e il dovere di votare contro i crediti, di prendere posizione contro « la pace civile » e contro la giustificazione della guerra, di pronunciarsi per la disfatta dei propri governi, di organizzare un apparato internazionale per la propaganda della fraternizzazione nelle trincee, di organizzare la stampa illegale * che affermasse la necessità di passare alle azioni rivo- luzionarie, ecc. Kautsky sa benissimo che i « sinistri » tedeschi si riferiscono ap- punto a queste azioni, o, meglio, ad azioni simili, e che essi non possono parlarne direttamente, apertamente, a causa della censura militare. Il desiderio di difendere a qualunque costo gli opportunisti spinge Kautsky a una bassezza senza precedenti, quando, mettendosi al sicuro dietro le spalle dei censori militari, attribuisce ai socialdemocratici di sinistra delle stupidità evidenti, nella certezza che i censori impediranno che egli sia smascherato. VII Un'importante questione scientifica e politica, che Kautsky ha scientemente eluso per mezzo di sotterfugi d'ogni genere, procu- # * Tra l’altro. Per questo non era affatto necessario sospendere la pubbli- cazione di tutti i giornali socialdemocratici in risposta al divieto di scrivere sulla lotta di classe e sull’odio di classe. Accettare la condizione di non scri- vere su questi argomenti, come ha fatto il Vorwiiris, è stata una bassezza e una vigliaccheria. Il Vorwàrts , facendo questo, è morto politicamente. L. Martov ha avuto ragione di affermarlo. Si sarebbero potuti conservare i giornali legali, di- chiarando che non erano organi di partito, né socialdemocratici p ma soltanto dei giornali tecnici, non politici, destinati a soddisfare le esigenze tecniche di una parte degli operai. Perché non dovrebbe essere possibile una stampa socialdemo- cratica illegale con una presa di posizione nei confronti della guerra, e una stampa operaia legale senza tale presa di posizione , che non dicesse delle menzogne, pur ta- cendo la verità? 218 LENIN rando cosi un gran piacere agli opportunisti, è la seguente: come è stato possibile che i piu noti rappresentanti della II Internazionale abbiano tradito il socialismo? Questa questione non dobbiamo porla — è ovvio — nel senso che si debba fare una biografia di alcuni individui autorevoli. Spetterà ai loro futuri biografi esaminare la cosa da questo punto di vista, ma il movimento socialista non è ora affatto interessato a tali biografie. È in- vece interessato allo studio delPorigine storica, delle condizioni, del significato e della forza della tendenza socialsciovinista. 1) Donde pro- viene il socialsciovinismo? 2) che cosa gli ha dato forza? 3) come dev’essere combattuto? Soltanto una simile impostazione del problema è seria; e ridurre il problema a una semplice questione di « persona- lità » è, in pratica, una semplice astuzia, un sotterfugio da sofista. Per rispondere alla prima domanda, bisogna esaminare, in primo luogo, se il contenuto ideologico-politico del socialsciovinismo non sia connesso a qualche altra precedente corrente del socialismo, e, in secon- do luogo, quale rapporto esiste — dal punto di vista delle divisioni politi- che effettive — tra l’attuale divisione dei socialisti in avversari e difenso- ri del socialsciovinismo e le divisioni storiche che esistevano in passato. Per socialsciovinismo intendiamo l’accettazione dell’idea della difesa della patria nell’attuale guerra imperialista, la giustificazione dell’al- leanza dei socialisti con la borghesia e con il governo del « loro » paese durante questa guerra, la rinunzia a propagandare e ad appoggiare le azioni rivoluzionarie del proletariato contro la « propria » borghesia, ecc. È ben chiaro che il contenuto politico-ideologico fondamentale del so- cialsciovinismo coincide pienamente con le basi dell’opportunismo. Sono un'unica, una stessa corrente. L’opportunismo, nella situazione della guerra del 1914-1915, produce appunto il socialsciovinismo. L’idea fon- damentale dell’opportunismo è la collaborazione delle classi. La guerra la sviluppa fino in fondo, aggiungendo inoltre ai fattori e agli stimoli abituali di questa idea tutta una serie di nuovi elementi, costringendo, con speciali minacce e con la violenza, la massa, disorganizzata e di- spersa, a collaborare con la borghesia. Questo fatto aumenta, natural- mente, la cerchia dei sostenitori deH’opportunismo e spiega pienamente il fatto che molti radicali della vigilia passano in questo campo. L’opportunismo consiste nel sacrificare gli interessi fondamentali delle masse agli interessi temporanei d’un’infima minoranza di operai, oppure, in altri termini, nell’alleanza di una parte degli operai con la IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 219 borghesia, contro la massa del proletariato. La guerra rende tale alleanza particolarmente evidente e coercitiva. L’opportunismo è stato generato, nel corso di decenni, dalle particolarità di un determinato periodo di svi- luppo del capitalismo, in cui uno strato di operai privilegiati, che aveva un’esistenza relativamente tranquilla e civile, veniva « imborghesito », riceveva qualche briciola dei profitti del proprio capitale nazionale e ve- niva staccato dalla miseria, dalla sofferenza e dallo stato d’animo rivolu- zionario delle masse misere e rovinate. La guerra imperialista è la diretta continuazione e la conferma di un tale stato di cose, perché è una guerra per i privilegi delle grandi potenze, per la ripartizione delle colonie tra queste grandi potenze e per il loro dominio sulle altre nazioni. Per lo «strato superiore» della piccola borghesia o della aristocrazia (e burocra- zia) della classe operaia, si tratta di difendere e di consolidare la propria posizione privilegiata: ecco il naturale proseguimento delle illusioni op- portunistiche piccolo-borghesi e della tattica corrispondente durante la guerra; ecco la base economica del socialimperialismo odierno *. E, natu- ralmente, la forza dell’abitudine, la consuetudine di una evoluzione rela- tivamente « pacifica », i pregiudizi nazionali, la paura dei rivolgimenti re- * Alcuni esempi per mostrare quanta importanza attribuiscano gli impe- rialisti e i borghesi ai privilegi nazionali e di « grande potenza » per dividere gli operai e allontanarli dal socialismo. L’imperialista inglese Lucas, nel suo libro La grande Roma e la grande Brìtannia (Oxford, 1912), riconosce che nel- l’odierno Impero britannico gli uomini di colore non hanno parità di diritti (pp. 96-97) e osserva: «Nel nostro Impero, quando gli operai bianchi lavorano insieme con quelli di colore, non si comportano da compagni e ne diventano presto gli aguzzini » (p. 98). Erwin Belger, ex segretario dell’Unione imperiale contro i socialdemocratici, neiropuscolo La socialdemocrazia dopo la guerra (1915) loda l’atteggiamento dei socialdemocratici, dichiarando che essi devono diventare un «partito puramente operaio» (p. 43), «nazionale», il «partito operaio tedesco » (p. 45), senza idee « utopistiche internazionaliste », « rivolu- zionarie » (p. 44). L’imperialista tedesco Sartorius von Waltershausen, nella sua opera L'investimento dei capitali all'estero (1907), biasima i socialdemocratici del suo paese perché si disinteressano del « bene nazionale » (p, 438), consistente nella conquista delle colonie, e loda gli operai inglesi per il loro « realismo », ad esempio, per la loro lotta contro Timmigrazione. Il diplomatico tedesco Ruedorffer, nel suo libro sulle basi della politica mondiale, sottolinea il fatto ben noto che l’internazionalizzazione del capitale non elimina per nulla la lotta acuta dei capitali nazionali per il potere, per le zone di influenza, per la « mag- gioranza delle azioni» (p. 161) e osserva che gli operai vengono fascinati in questa aspra lotta (p. 175). Il libro porta la data dell’ottobre 1913 e l’autore parla con piena chiarezza degli « interessi del capitale» (p. 157) come causa delle guerre odierne, e dice che il problema delle « tendenze nazionali » resta « il punto centrale» del socialismo (p. 176), che i governi non hanno nulla da temere dalle manifestazioni internazionali dei socialdemocratici (p. 177), i quali, in realtà, 220 LENIN pentirli e la sfiducia in essi sono le circostanze complementari che hanno rafforzato l’opportunismo e Pipocrita e codarda conciliazione con esso, sia pure soltanto temporanea, sia pure soltanto per cause e ragioni parti- colari. La guerra ha modificato Popportunismo sviluppatosi attraverso decenni, lo ha elevato a un grado superiore, ha aumentato il numero e la varietà delle sue sfumature, ha ingrossato le file dei suoi seguaci, ha arricchito i suoi argomenti con un mucchio di nuovi sofismi, ha inca- nalato, per cosi dire, la corrente principale delPopportunismo in molti nuovi ruscelli e ruscelletti; ma la corrente principale non è scomparsa. Al contrario. Il socialsciovinismo è Popportunismo maturato a tal punto che questa piaga borghese non può più esistere come prima nelPinterno dei partiti socialisti. Coloro che non vogliono vedere il più stretto, indissolubile legame fra il socialsciovinismo e Popportunismo, invocano fatti e «casi» singoli: che un certo opportunista è divenuto un internazionalista; che un certo radicale è diventato uno sciovinista. Ma un simile argomento è tutt’altro che serio quando si tratta dello sviluppo delle correnti. In primo luogo, la base economica dello sciovinismo e delPopportunismo nel movimento operaio è la medesima: Palleanza degli strati superiori, poco numerosi, del proletariato e della piccola borghesia, che ricevono le briciole dei privilegi del « loro » capitale nazionale contro le masse proletarie e contro le masse lavoratrici oppresse in generale. In secondo luogo, il contenuto ideologicopolitico delle due correnti è il medesimo. In terzo luogo, la vecchia divisione dei socialisti, propria del periodo della II Internazionale (1889-1914), in tendenza opportunista e in tendenza rivoluzionaria, corrisponde in complesso alla nuova divisione in scio- vinisti e internazionalisti. Per convincersi della veridicità di quest’ultima affermazione, bi- sogna tener presente la regola che nella scienza sociale ( come pure nella scienza in generale) si studiano fenomeni di massa e non casi singoli. Prendiamo dieci paesi europei: la Germania, l’Inghilterra, la Russia, l’Italia, l’Olanda, la Svezia, la Bulgaria, la Svizzera, la Francia, il Belgio. Nei primi otto paesi, la nuova divisione dei socialisti (rispetto all’ inter- di ventano sempre piu nazionali (p. 103, 110, 176). Il socialismo internazionale vincerà se riuscirà a strappare gli operai airinfluenza della nazionalità, poiché con la sola violenza non si ottiene nulla; ma sarà battuto se il sentimento nazionale prenderà if sopravvento (p. 173-174). IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 221 nazionalismo) corrisponde alla vecchia (rispetto airopportunismo); in Germania la fortezza dell’opportunismo, la rivista Quaderni mensili socialisti ( Sozialistische Monatshefte) ) è divenuta il fortilizio dello sciovinismo. Le idee dell’internazionalismo sono sostenute dai socialde- mocratici di estrema sinistra. In Inghilterra, nel Partito socialista britannico, secondo gli ultimi calcoli, gli internazionalisti sono circa i tre settimi (66 voti per la risoluzione internazionalista e 84 contro, secondo gli ultimi computi) e nel blocco degli opportunisti (Partito laburista + fabiani + Partito operaio indipendente) gli internazio- nalisti sono meno di un settimo * in Russia il nucleo fondamentale degli opportunisti — la liquidatrice Nascia Zarià — è diventato il nu- cleo principale dello sciovinismo. Plekhanov e Alexinski sono piu rumo- rosi, ma noi sappiamo, anche solo per l’esperienza del quinquennio 1910-1914, che essi sono incapaci di svolgere una propaganda siste- matica tra le masse in Russia. Il nucleo fondamentale degli internazio- nalisti era costituito, in Russia, dalla corrente che faceva capo alla Pravda e dal gruppo parlamentare operaio socialdemocratico della Rus- sia, rappresentante degli operai d’avanguardia che ricostituirono il par- tito nel gennaio 1912. In Italia, il partito di Bissolati e compagni, puramente opportuni- sta, è diventato sciovinista, L’internazionalismo è rappresentato dal partito operaio. Le masse degli operai sono per questo partito; gli opportunisti, i parlamentari c i piccoli borghesi sono per lo sciovinismo. In Italia per parecchi mesi è stato possibile fare la scelta liberamente e la scelta non è stata fatta a caso, ma in base alle differenze, nella posizione di classe, tra massa proletaria e strati piccolo-borghesi. In Olanda, il partito opportunista di Troelstra si concilia, in generale, con lo sciovinismo (non bisogna lasciarsi ingannare dal fatto che, in Olanda, i piccoli borghesi come i grossi borghesi odiano parti- colarmente la Germania, che ha la possibilità prima degli altri di « in- ghiottirli ») . Gli internazionalisti conseguenti, sinceri, entusiasti, co- scienti, sono raggruppati nel partito marxista che ha alla testa Gorter * Di solito si confronta unicamente ii Partito operaio indipendente con il Partito socialista britannico. È un errore. Non bisogna considerare le forme dell’organizzazione, ma la sostanza delle cose. Prendete i quotidiani: ve n’erano due, uno ( Daily Herald) del Partito socialista britannico, e l’altro ( Daily Citizen) del blocco degli opportunisti. I quotidiani esprimono l’effettivo lavoro di propa- ganda, agitazione, organizzazione. 222 LENIN e Pannekoek. In Svezia, il capo opportunista Branting s'indigna per l’accusa di tradimento mossa ai socialisti tedeschi, mentre il capo della sinistra, Hòglund, dichiara che taluni dei suoi seguaci pensano che si tratta proprio di un tradimento (cfr. il n. 36 del SotsiaLDemokrat) . In Bulgaria, gli avversari dell’opportunismo, i tesniaki , accusano pub- blicamente, nel loro organo (Novo Vreme ), i socialdemocratici tedeschi « di fare delle porcherie ». In Svizzera, i partigiani deiropportunista Greulich sono propensi ad approvare i socialdemocratici tedeschi (cfr. il loro organo zurighese II diritto del popolo ), mentre i seguaci di R. Grimm, molto più radicali, hanno fatto del giornale di Berna ( Berner Tagwacht) l’organo dei socialisti tedeschi di sinistra. Fanno eccezione soltanto due paesi su dieci: la Francia e il Belgio, ma anche in questi paesi, per essere esatti, si nota non l’inesistenza degli interna- zionalisti, ma (in parte pei cause pienamente comprensibili) la loro straordinaria debolezza e oppressione; non si deve dimenticare che lo stesso Vaillant ha riconosciuto ne\VH umani té di aver ricevuto dai suoi lettori lettere di tendenza internazionalista; ed egli non ne pubblica integralmente nemmeno unal Se si esaminano le correnti e le tendenze nel loro insieme, non si può non riconoscere che l’ala opportunista del socialismo europeo è appunto quella che ha tradito il socialismo ed è andata verso lo sciovinismo. Dove ha essa attinto la sua forza, la sua apparente onni- potenza nei partiti ufficiali? Kautsky, che sa porre molto bene i pro- blemi storici, specialmente quando si tratta dell’antica Roma e di altre simili materie non troppo vicine alla vita, oggi, quando lui stesso è in causa, finge ipocritamente di non comprendere. Ma la cosa è più chiara del sole. Gli opportunisti e gli sciovinisti hanno tratto una forza gigantesca dall’unione con la borghesia, con i governi, con gli stati maggiori. Da noi, in Russia, molto spesso si dimentica questo e si considerano le cose come se gli opportunisti costituissero una parte dei partiti socialisti, come se in questi partiti vi fossero e vi fossero sempre state due ali estreme, come se tutto consistesse nell’evi- tare P« estremismo », ecc., ecc.: cosi si scrive in tutte le pubblicazioni dei filistei. In realtà l’appartenenza formale degli opportunisti ai partiti operai non esclude affatto che essi siano obiettivamente un distaccamento po- litico della borghesia, i propagatori della sua influenza, i suoi agenti oel movimento operaio. Quando il tristamente famoso opportunista IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 223 Sùdekum dimostrò con evidenza questa verità sociale, di classe, molta brava gente s’indignò. I socialisti francesi e Plekhanov puntarono Pin- dice contro Siidekum. Eppure, se Vandervelde, Sembat e Plekhanov si fossero guardati allo specchio, avrebbero visto precisamente Siidekum con una fisionomia nazionale un pochino diversa. I membri del Comi- tato centrale tedesco (Vorstand) che lodano Kautsky e ne sono lodati, si sono affrettati a dichiarare — prudentemente, modestamente, corte- semente (senza nominare Siidekum) — che essi « non sono d’accordo » con la linea di Siidekum. Questo è ridicolo, perché in realtà, nella politica pratica del Partito socialdemocratico tedesco, Siidekum, da solo, nel momento decisivo, si è dimostrato piu forte di cento Haase e Kautsky (cosi come la Nascia Zarià , da sola, si è mostrata piu forte di tutte le correnti del blocco di Bruxelles, le quali temevano di scindersi da essa). Perché? Appunto perché alle spalle di Siidekum vi è la borghesia, il governo e lo stato maggiore d’una grande potenza, che appoggiano in mille modi la politica di Sùdekum, mentre ostacolano con tutti i mezzi, fino alla prigione e alla fucilazione, la politica dei suoi opposi- tori. La voce di Siidekum è diffusa dalla stampa borghese, da giornali che tirano milioni di copie (e cosi pure le voci di Vandervelde, di Sembat e di Plekhanov), mentre la voce dei suoi oppositori non può farsi sentire nella stampa legale, perché nel mondo c’è la censura militare! Tutti consentono che l’opportunismo non è un fatto casuale, non è un peccato, non è un errore o un tradimento di singole persone, ma il prodotto sociale di tutto un periodo storico. Ma non tutti riflettono sul significato di questa verità. L’opportunismo è il frutto del legalitarismo. Nel periodo 1889-1914, i partiti operai dovevano utilizzare la legalità borghese. Al sopraggiungere della crisi, si sarebbe dovuto passare al lavoro illegale (e ciò non era possibile senza la massima energia e risolutezza congiunte a tutta una serie di astuzie di guerra). Per impedirlo è bastato un solo Sùdekum, perché alle sue spalle — storicamente e filosoficamente parlando — vi è tutto il « vecchio mondo », perché egli, Sùdekum — in linguaggio politico-pratico — ha sempre rivelato e rivelerà sempre alla borghesia i piani di guerra del suo nemico di classe. È un fatto che tutto il Partito socialdemocratico tedesco (e questo vale anche per i francesi, ecc.) fa soltanto ciò che piace a Sùdekum 224 LENIN o che può essere tollerato da Sudekum. E, legalmente, non si può fare altro. Tutto ciò che si fa di onesto , di effettivamente socialista, nel Par- tito socialdemocratico tedesco viene fatto contro i suoi organi centrali, all'insaputa del suo Comitato centrale e del suo organo centrale, infran- gendo la disciplina organizzativa di partito, con un'attività frazionistica, in nome di nuovi centri anonimi di un nuovo partito, come per esempio, è anonimo Pappello dei tedeschi di « sinistra » 128 pubblicato sul Berner Tagwacht del 31 maggio di quest'anno. Di fatto si sviluppa, si rafforza, si organizza il nuovo partito effettivamente operaio, effet- tivamente socialdemocratico rivoluzionario e non già il vecchio e putre- fatto partito nazional-liberale dei Legien, Sudekum, Kautsky, Haase, Scheidemann e soci *. Perciò, l'opportunista Monitor ha involontariamente divulgato sul conservatore Annuario prussiano una profonda verità storica, quando ha affermato che per gli opportunisti {leggi: per la borghesia ) sarebbe dannoso se l'attuale socialdemocrazia facesse una svolta a destra , per- ché in questo caso gli operai si allontanerebbero da essa. Gli oppor- tunisti (e la borghesia) hanno appunto bisogno dell’odierno partito, che unisce l’ala destra e la sinistra, rappresentato ufficialmente da Kautsky, il quale sa conciliare cosi bene tutto e tutti con delle frasi levigate e « del tutto marxiste ». A parole, socialismo e rivoluziona- rismo per il popolo, per le masse, per gli operai; in pratica, siidekumi- smo, cioè alleanza con la borghesia nel momento di ogni crisi impor- tante. Diciamo; ogni crisi , perché, non solo in caso di guerra, ma anche in caso di ogni sciopero politico importante, tanto la « feudale » Ger- mania, quanto la « libera e parlamentare » Inghilterra o la Francia * È estremamente caratteristico quel che è avvenuto prima della storica votazione del 4 agosto. Il partito ufficiale ha gettato su questo il velo dell’ipo- crisia d’ufficio; la maggioranza ha deciso, e tutti, come un sol uomo, hanno votato « in favore ». Ma Strbbel, nella rivista Die Internationale , ha mascherato quest’ipocrisia e ha raccontato la verità. Nel gruppo parlamentare socialdemo- cratico vi erano due frazioni che erano arrivate con un ultimatum già pronto, cioè con una decisione di frazione, cioè di scissione. Una delle frazioni, quella degli opportunisti, forte di circa 30 persone, aveva deciso di votare a qua- lunque costo a favore ; l’altra, quella di sinistra, comprendente circa 15 persone, aveva deciso, benché meno risolutamente, di votare contro. Quando il « centro » o « palude », che non aveva una posizione netta, votò con gli opportunisti, la sinistra si senti battuta in pieno e... si sottomise. L’« unità » della socialdemocrazia tedesca è tutta una ipocrisia, la quale nasconde l'inevitabile sottomissione effettiva agli ultimatum degli opportunisti. IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 225 proclamano immediatamente , con un nome o con un altro, lo stato d’assedio. Nessuno che abbia il cervello sano e una buona memoria può dubitarne. Da questo scaturisce la risposta alla domanda posta sopra; come si lotta contro il socialsciovinismo? Il socialsdovinismo è Popportu- nismo talmente maturato, talmente rafforzato e divenuto cosi insolente nel lungo periodo del capitalismo relativamente « pacifico », cosi defi- nito ideologicamente e politicamente, cosi strettamente congiunto alla borghesia e ai governi, che non si può tollerare la permanenza di tale corrente alVinterno dei partiti operai socialdemocratici. Se si può an- cora sopportare una suola debole e sottile quando si deve camminare sui marciapiedi moderni di una piccola città di provincia, non si può fare a meno di suole doppie e bene chiodate quando si va in montagna. Il socialismo europeo è uscito dallo stadio relativamente pacifico e dagli angusti confini nazionali. Con la guerra del 1914-1915, esso è giunto allo stadio dell’azione rivoluzionaria, e la completa rottura con l’oppor- tunismo e la sua esclusione dai partiti operai sono assolutamente mature. S’intende che da questa definizione dei compiti che stanno davanti al socialismo, nel nuovo periodo del suo sviluppo mondiale, non si deduce ancora immediatamente ed esattamente con quale rapidità e in quali forme si svolgerà precisamente nei diversi paesi il processo della scissione dei partiti operai socialdemocratici rivoluzionari da quelli opportunisti piccolo-borghesi. Ma da essa scaturisce la necessità di ren- dersi conto chiaramente che tale scissione è inevitabile e di orientare appunto in questo senso tutta la politica dei partiti operai. La guerra del 1914-1915 è una cosi grande svolta nella storia, che i rapporti con Popportunismo non possono rimanere quali erano per il passato. Non si può far si che non sia stato ciò che è stato: non si può cancellare dalla coscienza degli operai, né dalla esperienza della borghesia, né dalle conquiste politiche della nostra epoca in generale, il fatto che gli oppor- tunisti, nel momento della crisi, sono stati il nucleo di quegli elementi dei partiti operai che sono passati dalla parte della borghesia. L’oppor- turfismo, se lo consideriamo su scala europea, è restato giovane, per cosi dire, fino allo scoppio della guerra. Con la guerra esso è giunto definitivamente alla virilità e non è possibile renderlo nuovamente « innocente » e giovane. Si è formato tutto uno strato sociale di parla- mentari, di giornalisti, di burocrati del movimento operaio, di impie- & — 2436 226 LENIN gati privilegiati e di alcune categorie proletarie, che si è fuso e adattato alla propria borghesia nazionale, la quale ha ben saputo apprezzarlo e « adattarselo ». Non si può far girare airindietro né arrestare la ruota della storia: si può e si deve andare avanti intrepidamente, pas- sare dalle organizzazioni legali operaie esistenti, prigioniere delPoppor- tunismo, alle organizzazioni rivoluzionarie della classe operaia, capaci di non limitarsi alla legalità, capaci di proteggersi dal tradimento op- portunista, a un'organizzazione del proletariato che conduca la « lotta per il potere », la lotta per l’abbattimento della borghesia. Da ciò si vede, tra Taltro, come considerino falsamente le cose coloro che offuscano la coscienza propria e quella degli operai col pro- blema dell’atteggiamento da tenere verso le autorità più in vista della II Internazionale, come Guesde, Plekhanov, Kautsky ecc. In realtà, un tale problema non esiste: se costoro non comprenderanno i nuovi compiti, dovranno mettersi in disparte o cader prigionieri degli oppor- tunisti, come è avvenuto nel momento attuale. Se essi si libereranno dalla « prigionia », non troveranno probabilmente ostacoli politici al loro ritorno nel campo dei rivoluzionari. In ogni caso è assurdo sosti- tuire il problema della lotta delle correnti e del succedersi delle fasi del movimento operaio con il problema della funzione di singole persone. Vili Le organizzazioni legali di massa della classe operaia sono forse il principale contrassegno che distingue i partiti socialisti del periodo della II Intemazionale. Nel partito tedesco esse erano le più forti, e in esse la guerra del 1914-1915 ha prodotto la svolta più repentina, ha posto la questione nel modo più acuto. È chiaro che il passaggio alle azioni rivoluzionarie significava lo scioglimento delle organizzazioni le- gali da parte della polizia, e il vecchio partito, a cominciare da Legien sino a Kautsky compreso, ha sacrificato gli scopi rivoluzionari del pro- letariato alla conservazione delle attuali organizzazioni legali. Per quanto si voglia negarlo, il fatto esiste. Il diritto del proletariato alla rivo- luzione è stato venduto per il piatto di lenticchie della vigente legge poliziesca, che autorizza le organizzazioni. Prendete l’opuscolo di Karl Legien, capo dei sindacati socialde- mocratici della Germania: Perché i funzionari dei sindacati devono partecipare di piu alla vita di partito? (Berlino, 1915), £ il rapporto IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 227 tenuto dall’autore il 27 gennaio 1915 in una riunione di funzionari del movimento sindacale. Legien ha letto, durante il suo rapporto, ed ha poi pubblicato neiropuscolo, un documento molto interessante, che la censura militare non avrebbe mai lasciato passare in nessun altro modo. Questo documento — il cosiddetto Materiale per i relatori del rione di Niederbarnim (sobborgo di Berlino) — è un’esposizione delle opi- nioni dei socialdemocratici tedeschi di sinistra, la loro protesta contro il partito. I socialdemocratici rivoluzionari — dice questo documento — non prevedevano e non potevano prevedere un fatto, e cioè « che tutta la forza organizzata del partito socialdemocratico tedesco e dei sindacati sarebbe passata dalla parte del governo che conduce la guerra, che tutta quella forza sarebbe stata rivolta a soffocare l’energia rivoluzio- naria delle masse» (p. 34 dell'opuscolo di Legien). È la verità incontestabile. Ed è vera anche Paffermazione seguente dello stesso documento: « Il voto del 4 agosto del gruppo socialdemocratico ha significato che un’opinione diversa, anche se profondamente radicata nelle masse, avrebbe potuto aprirsi la strada soltanto sottraendosi alla direzione del partito rico- nosciuto, e contro la volontà delle istanze del partito, soltanto a condizione di superare la resistenza del partito e dei sindacati » ( ibid .). È la verità incontestabile. « Se la frazione socialdemocratica avesse compiuto il proprio dovere il 4 agosto, la forma esterna dell’organizzazione sarebbe stata probabilmente distrutta, ma ne sarebbe rimasto lo spirito, quello spirito che aveva animato il partito nel periodo delle leggi eccezionali e che lo aveva aiutato a superare tutte le difficoltà » {ibid.). Legien nota nel suo opuscolo che il gruppo dei « capi » che egli aveva radunato perché ascoltassero il suo rapporto, coloro che si chia- mavano dirigenti, funzionari delle organizzazioni sindacali, sghignazza- vano ascoltandolo. Per loro era ridicola l’idea che, nel momento della crisi, si possono e si devono creare delle organizzazioni rivoluzionarie illegali (come ai tempi delle leggi eccezionali). E Legien, da fedelis- simo cane da guardia della borghesia, si batteva il petto ed esclamava; «Questa è indiscutibilmente un’idea anarchica: distruggere le orga- nizzazioni e chiamare le masse a decidere. Per me, non esiste ombra di dubbio che questa sia un’idea anarchica ». 228 LENIN « Giusto! », gridavano in coro ( ibid ., p. 37) i servi della borghesia che si chiamano capi delle organizzazioni socialdemocratiche della classe operaia. Quadro molto istruttivo. La gente è talmente corrotta e istupidita dalla legalità borghese, che non può neppure comprendere l'idea della necessità di altre organizzazioni, illegali , per dirigere la lotta rivolu- zionaria. La gente è giunta a immaginarsi che i sindacati legali, esistenti per autorizzazione della polizia, siano il limite oltre il quale non si può andare, come se conservare tali sindacati come organizzazioni dirigenti , nel periodo della crisi, fosse cosa anche soltanto pensabile. Eccovi la dialettica vivente dell'opportunismo: il semplice sviluppo dei sindacati legali, la semplice abitudine da filistei ottusi, ma scrupolosi, di limitarsi a tenere i registri dell'ordinaria amministrazione, han fatto si che, nel momento della crisi, questi piccoli borghesi coscienziosi abbiano tradito, venduto, soffocato l'energia rivoluzionaria delle masse. E non è cosa accidentale. Passare all'organizzazione rivoluzionaria è necessario: lo esige la mutata situazione storica, lo esige il periodo delle azioni rivo- luzionarie del proletariato, ma questo passaggio è possibile solo se si scavalcano i vecchi capi che soffocano l'energia rivoluzionaria, se si scavalca il vecchio partito, distruggendolo. Ma i piccoli borghesi controrivoluzionari, beninteso, gridano: « Anarchia », proprio come l'opportunista Eduard David gridava al- l'« anarchia» per attaccare Karl Liebknecht. Evidentemente in Germania son rimasti socialisti onesti soltanto i capi che gli opportunisti accu- sano di anarchismo... Prendiamo resercito moderno. Ecco uno dei buoni modelli di organizzazione. E questa organizzazione è buona soltanto perché è flessibile e, nel tempo stesso, atta a dare un’unica volontà a milioni di uomini. Oggi questi milioni di uomini stanno a casa propria nei diversi punti del paese. Domani si decreta la mobilitazione ed eccoli raccolti nei punti fissati. Oggi, essi stanno nelle trincee e vi restano talvolta per dei mesi. Domani, ordinati diversamente, andranno all’as- salto. Oggi fanno miracoli riparandosi dalle pallottole e dalle bombe. Domani faranno miracoli nella battaglia in campo aperto. Oggi i loro distaccamenti avanzati piazzano delle mine sotto terra, domani faranno decine di chilometri allo scoperto, seguendo le indicazioni degli avia- tori. Questa si chiama organizzazione: milioni di uomini, animati da una sola volontà, in nome di un solo scopo, cambiano la forma del IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 229 proprio collegamento e della propria azione, cambiano il luogo e i metodi della loro attività, cambiano gli strumenti e ‘le armi in conformità delle mutate condizioni e delle esigenze della guerra. Lo stesso si può dire della lotta della classe operaia contro la borghesia. Oggi non c’è una situazione rivoluzionaria, mancano le condizioni per mettere in movimento le masse, per elevarne l’attività; oggi ti mettono in mano la scheda elettorale: prendila, sappi organiz- zarti per battere con essa i tuoi nemici e non mandare al parlamento, ai posti comodi, della gente che si aggrappa alla poltrona per la paura del carcere. Domani ti tolgono la scheda elettorale, ti danno in mano un fucile e un magnifico cannone a tiro rapido, costruito secondo l’ul- tima parola della tecnica: prendi queste armi di distruzione e di morte, non ascoltare i piagnucoloni sentimentali che hanno paura della guerra; al mondo sono rimaste ancora troppe cose che devono essere distrutte col ferro e col fuoco per la liberazione della classe operaia, e se nelle masse sale l’ira e la disperazione, se una situazione rivoluzionaria si presenta, preparati a creare nuove organizzazioni e metti in moto gli strumenti tanto utili di distruzione e di morte contro il tuo governo e la tua borghesia. Certo, non è cosa facile. È cosa che esige difficili azioni prepara- torie. È cosa che esige duri sacrifici. Si tratta di imparare una nuova forma di organizzazione e di lotta, e la scienza non si acquista senza errori e senza sconfitte. Questa forma della lotta di classe sta alla parteci- pazione alle elezioni come l’assalto sta alle manovre, alle marce o all’im- mobilità nelle trincee. Questa forma di lotta, nella storia, si trova molto raramente all’ordine del giorno, ma, in cambio, la sua importanza e le sue conseguenze si protraggono per decenni. I giorni nei quali tali metodi possono e devono esser messi all’ordine del giorno della lotta valgono ventanni di altri periodi storici. ... Confrontate K. Kautsky con K. Legien: « Finché il partito era piccolo — scrive Kautsky — ogni protesta contro la guerra aveva l’efficacia propagandistica di un'azione ardita... la condotta dei compagni russi e serbi, in questi ultimi tempi, ha ottenuto il riconosci- mento generale. Quanto piu il partito diventa forte, tanto piu, nei motivi delle sue decisioni, le considerazioni propagandistiche si intrecciano con la valutazione delle conseguenze pratiche, tanto più diviene difficile tenere nel debito conto i motivi delTuna e dell’altra specie, e, d’altronde, non si possono trascurare né gli uni né gli altri. Perciò, quanto più ci rafforziamo, 230 LENIN tanto piu facilmente sorgono tra noi dissensi in ogni situazione nuova, com- plicata » {L'internazionalismo e la guerra , p. 30). Questi ragionamenti di Kautsky differiscono dai ragionamenti di Legien soltanto per la viltà e l’ipocrisia. In sostanza, Kautsky sostiene e giustifica la vile rinuncia di Legien all’attività rivoluzionaria, ma lo fa in sordina, senza pronunziarsi definitivamente, cavandosela con accenni, limitandosi a inchinarsi sia davanti a Legien che davanti alla condotta rivoluzionaria dei russi. Noi russi siamo abituati a trovare un simile atteggiamento verso i rivoluzionari soltanto nei liberali; i liberali sono sempre pronti a riconoscere il « coraggio » dei rivoluzionari, ma nello stesso tempo non rinunciano a nessun costo alla loro tattica arcioppor- tunistica. I rivoluzionari che si rispettano non accetteranno « le espres- sioni di riconoscimento » di Kautsky e respingeranno con sdegno un tal modo di porre la questione. Se non v’era una situazione rivoluzionaria, se non era necessario far propaganda per azioni rivoluzionarie, la con- dotta dei russi e dei serbi era sbagliata , la loro tattica non era giusta. I paladini come Legien e Kautsky abbiano almeno il coraggio della propria opinione, lo dicano apertamente. Se invece la tattica dei socialisti russi e serbi merita il « ricono- scimento », è inammissibile e delittuoso giustificare la tattica opposta dei partiti « forti », dei partiti tedesco e francese, ecc. Sotto l’espres- sione deliberatamente oscura « conseguenze pratiche », Kautsky ha na- scosto questa semplice verità: che i partiti grandi e forti si sono spa- ventati dello scioglimento delle loro organizzazioni, della confisca dei loro fondi, dell’arresto dei loro capi da parte del governo; ciò significa che Kautsky giustifica il tradimento fatto al socialismo in considerazione delle spiacevoli « conseguenze pratiche » della tattica rivoluzionaria. Non è una prostituzione del marxismo? Ci avrebbero arrestati, ha dichiarato, a quanto si dice, in una riunione operaia a Berlino, uno dei deputati socialdemocratici che ha votato il 4 agosto per i crediti di guerra. E gli operai gli hanno gri- dato in risposta: « E che cosa ci sarebbe stato di male? ». Se non v’era altro segnale per suscitare nelle masse operaie tede- sche e francesi lo spirito rivoluzionario e l’idea della necessità di prepa- rare azioni rivoluzionarie, l’arresto di un deputato per un discorso coraggioso avrebbe avuto lutile ufficio di grido d’allarme per unire nell’azione rivoluzionaria i proletari dei diversi paesi. Tale unificazione IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 231 non è facile; tanto maggiore, dunque, per i deputati, che, stando in alto, vedono tutta la politica, era l’obbligo di prendere Vinìzìativa. Non soltanto in caso di guerra, ma incondizionatamente, ad ogni inasprimento della situazione politica, per non parlare di una qualsiasi azione rivoluzionaria delle masse, il governo del più libero dei paesi borghesi minaccerà sempre lo scioglimento delle organizzazioni legali, la confisca dei fondi, Tarresto dei capi ed altre « conseguenze prati- che » dello stesso genere. Come fare? Giustificare, su questa base, gli opportunisti, come fa Kautsky? Ma questo significa sanzionare la tra- sformazione dei partiti socialdemocratici in partiti operai nazional- liberali. Per un socialista, la conclusione può essere una sola: il legalita- rismo puro, il legalitarismo esclusivo dei partiti « europei » ha fatto il suo tempo e, in seguito allo sviluppo del capitalismo nella fase pre- imperialista, si è trasformato nella base della politica operaia borghese. È necessario completarlo colla creazione della base illegale, dell'orga- nizzazione illegale, dell’attività socialdemocratica illegale, senza cedere però neppure una delle posizioni legali. In che modo , precisamente, si possa far questo, lo mostrerà l’esperienza, purché vi sia la volontà di mettersi su questa via, purché vi sia la coscienza della necessità di farlo. I socialdemocratici rivoluzionari della Russia del 1912-1914 han- no dimostrato che si può adempiere questo compito. Il deputato operaio Muranov, che al processo si è comportato meglio di ogni altro e che lo zarismo ha relegato in Siberia, ha dimostrato chiaramente che, oltre al parlamentarismo ministeriabile ( a cominciare da Henderson, Sembat, Vandervelde sino a Sudekum e Scbeidemann, che sono tutti compieta- mente « ministeriabili » quantunque non li lascino andare oltre l’anti- camera!), esiste anche un parlamentarismo illegale e rivoluzionario. Che i Kosovski e i Potresov vadano pure in visibilio per il servile parlamentarismo « europeo » e si accomodino con esso; noi non ci stancheremo di ripetere agli operai che un tale legalitarismo, una tale socialdemocrazia, la socialdemocrazia dei Legien, dei Kautsky, degli Scheidemann non merita altro che disprezzo. IX Tiriamo le somme. Il fallimento della II Internazionale si è manifestato col massimo 232 LENIN rilievo nel vergognosissimo tradimento delle proprie convinzioni e delle proprie solenni risoluzioni di Stoccarda e di Basilea, perpetrato dalla maggioranza dei partiti socialdemocratici ufficiali d'Europa. Ma questo fallimento, che esprime la vittoria completa dell’opportunismo, la tra- sformazione dei partiti socialdemocratici in partiti operai nazional-libe- rali, è soltanto il risultato di tutto il periodo storico della II Interna- zionale: la fine del secolo XIX e l’inizio del secolo XX. Le condizioni obiettive di questo periodo di transizione tra la fine delle rivoluzioni borghesi e nazionali nell’Europa occidentale e l’inizio delle rivoluzioni socialiste, hanno generato e nutrito l’opportunismo. In certi paesi d’Eu- ropa notiamo in questo periodo una scissione nel movimento operaio e socialista, che, in generale, avviene precisamente sulla linea dell’op- portunismo (Inghilterra, Italia, Olanda, Bulgaria, Russia); in altri paesi notiamo una lotta di tendenze lunga e ostinata secondo la stessa linea (Germania, Francia, Belgio, Svezia, Svizzera). La crisi generata dalla grande guerra ha strappato i veli, ha spazzato via le convenzioni, ha aperto l’ascesso maturato già da un pezzo e ha mostrato l’opportuni- smo nella sua vera funzione di alleato della borghesia. La completa separazione organizzativa di questo elemento dai partiti operai è di- ventata una necessità. Il periodo dell’imperialismo non ammette che coesistano in un solo partito l’avanguardia del proletariato rivoluzio- nario e l’aristocrazia semi-piccolo-borghese della classe operaia, la quale profitta delle briciole dei privilegi derivanti dalla posizione di « grande potenza » della « propria » nazione. La vecchia teoria che considerava Topportunismo come una « sfumatura legittima » di un partito unico, alieno dall’« estremismo », si è oggi trasformata nel più grande inganno per gli operai e nel più grande ostacolo per il movimento operaio. L’opportunismo aperto, che respinge senz’altro lontano da sé la massa operaia, non è temibile e dannoso quanto la teoria del giusto mezzo, che giustifica la pratica opportunistica con parole marxiste, che prova con una serie di sofismi l’intempestività delle azioni rivoluzionarie, ecc. Il rappresentante più in vista di questa teoria, che è al tempo stesso l’autorità più in vista della II Intemazionale, Kautsky, si è rivelato un ipocrita di prim’ordine, un virtuoso della prostituzione del marxismo. Nel partito tedesco, che ha milioni di iscritti, non vi sono ormai social- democratici anche solo mediocremente onesti, coscienti e rivoluzionari, che non voltino le spalle con indignazione a una tale « autorità » caloro- samente difesa dai Sùdekum e dagli Scheidemann. IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 233 Le masse proletarie, dopo che i nove decimi — probabilmente — del vecchio strato dirigente si sono staccati da esse per passare alla borghesia, sono rimaste divise e impotenti davanti airubriacatura scio- vinista, sotto il giogo dello stato di guerra e della censura militare. Ma la situazione rivoluzionaria obiettiva creata dalla guerra, che sempre piu si estende e si approfondisce, genera inevitabilmente uno stato d’animo rivoluzionario, tempra ed educa tutti i proletari migliori e piu coscienti. Non soltanto è possibile, ma diviene sempre piu probabile, che nello stato d’animo delle maSse si produca un cambiamento simile a quello avvenuto in Russia all’inizio del 1905, quando, in seguito alla « gaponiade » l29 , in pochi mesi, e anzi in poche settimane, sorse dagli strati proletari arretrati un esercito di milioni di uomini che segui l’avanguardia rivoluzionaria del proletariato. Non si può sapere se lo scoppio di un potente movimento rivoluzionario avverrà subito dopo questa guerra, durante la medesima, ecc.; ma in ogni caso soltanto un’azione in questo senso merita il nome di azione socialista. La parola d’ordine che generalizza e dirige quest’azione, che aiuta l’unifi- cazione e la coesione di coloro che vogliono cooperare alla lotta rivo- luzionaria del proletariato contro il proprio governo e contro la propria borghesia, è la parola d’ordine della guerra civile. In Russia, la separazione completa degli elementi proletari social- democratici rivoluzionari dagli elementi opportunisti piccolo-borghesi è stata preparata da tutta la storia del movimento operaio. Chi rinuncia a questa storia e, declamando contro lo spirito di « frazionismo », si priva della possibilità di comprendere l’effettivo processo di sviluppo del partito proletario in Russia, formatosi in una lotta di molti anni contro le diverse forme dell’opportunismo, rende al movimento operaio il peggiore dei servizi. Di tutte le « grandi » potenze che prendono parte alla guerra attuale, soltanto la Russia ha vissuto una rivoluzione in questi ultimi tempi; il contenuto borghese di questa rivoluzione, grazie alla funzione decisiva del proletariato, non poteva non deter- minare la scissione tra le correnti borghesi e proletarie del movimento operaio. Nel corso di quasi tutto il ventennio ( 1894-1914) in cui la socialdemocrazia russa è esistita come organizzazione legata al movi- mento operaio di massa (e non soltanto nella forma della corrente ideologica del 1883-1894), si è svolta la lotta fra le correnti proletarie rivoluzionarie e piccolo-borghesi opportuni te. L’« economismo » del periodo 1894-1902 fu senza dubbio una delle correnti di quest'ultima 234 LENIN specie. Tutta la serie degli argomenti e delle caratteristiche della sua ideologia — come la deformazione « struvista » del marxismo, il richia- marsi alle « masse » per giustificare l’opportunismo, ecc. — ricorda in modo sorprendente l’odierno banale marxismo di Kautsky, Cunow, Plekhanov, ecc. Sarebbe un compito molto utile ricordare alla genera- zione attuale della socialdemocrazia la vecchia Rabociaia Mysl e il Raboceie Dielo, in parallelo con il Kautsky di oggi. Il « menscevismo » del periodo successivo (1903-1908) fu l’erede diretto, non soltanto ideologico ma anche organizzativo, delP« econo- mismo ». Durante la rivoluzione russa, esso segui una tattica la quale, obiettivamente, significava la subordinazione del proletariato alla bor-- ghesia liberale ed esprimeva le tendenze opportunistiche piccolo-borghesi. Quando, nel periodo successivo (1908-1914), la corrente principale della tendenza menscevica generò il liquidatorismo, il significato di classe di questa tendenza divenne talmente evidente, che i rappresen- tanti migliori del menscevismo protestarono sempre contro la politica del gruppo della Nascia Zarià. E questo gruppo — l’unico che negli ultimi cinque-sei anni abbia condotto fra le masse un’azione sistematica contro il partito rivoluzionario marxista delle classe operaia — durante la guerra del 1914-1915 si è dimostrato socialsciovinistaX E questo in un paese in cui domina l’autocrazia, in cui la rivoluzione borghese è ben lontana dall’esser compiuta, in cui il 43 per cento della popolazione opprime la maggioranza appartenente alle nazionalità « allogene ». Il tipo di sviluppo ^europeo», in cui certi strati della piccola borghesia — specialmente intellettuali — e un’infima parte dell’aristocrazia ope- raia possono « profittare » dei privilegi derivanti alla « propria » nazione dalla sua qualità di « grande potenza », non poteva non avere ripercus- sioni anche in Russia. Alla tattica internazionalista, vale a dire effettivamente e coeren- temente rivoluzionaria, la classe operaia e il Partito operaio socialde- mocratico russo sono stati preparati da tutta la loro storia. P.S. Questo articolo era già stampato in tipografia quando i gior- nali hanno pubblicato il « manifesto » di Kautsky e di Haase, d’ac- cordo con Bernstein, i quali, vedendo che le masse vanno a sinistra, sono pronti a « riconciliarsi » con i socialisti di sinistra, a patto di conser- vate, beninteso, la « pace » coi Siidekum. Màdchen fiir alle , in verità! IL PACIFISMO INGLESE E L’AVVERSIONE INGLESE PER LA TEORIA In Inghilterra la libertà politica è stata finora incoirip arabilmente piu ampia che negli altri paesi d’Europa. Qui la borghesia è piu di ogni altra abituata a dirigere e capace di dirigere. I rapporti fra le classi sono piu sviluppati e, sotto molti aspetti, piu chiari che negli, altri Stati. L’assenza del servizio militare obbligatorio rende il popolo piu libero nel suo atteggiamento verso la guerra, nel senso che ciascuno è libero di rifiutarsi di entrare nell’esercito, e perciò il governo (in Inghilterra il governo costituisce il tipo piu puro di comitato per la gestione degli affari della borghesia) è costretto a compiere ogni sforzo per suscitare l’entusiasmo « popolare » verso la guerra, e non potrebbe assolutamente raggiungere questo scopo senza una trasformazione radi- cale delle leggi, se la massa proletaria non fosse completamente disor- ganizzata e demoralizzata per il passaggio di una minoranza degli operai, i meglio piazzati, i piu qualificati, uniti nei sindacati, dalla parte della politica liberale, cioè borghese. Le Trade-Unions inglesi riuniscono circa un quinto degli operai salariati. I capi di queste Trade-Unions sono per la maggior parte liberali, e Marx già da molto tempo li aveva definiti agenti della borghesia. Tutte queste particolarità dell’Inghilterra da una parte ci aiutano a capire più facilmente la sostanza del socialscio vinismo contempo- raneo, che è uguale nei paesi autocratici e in quelli democratici, nei paesi militaristi e in quelli che non conoscono il servizio militare; dal- l’altro lato, esse ci aiutano a valutare, in base ai fatti, il significato della tendenza alla conciliazione col socialsciovinismo che si esprime, per esempio, nelPesaltazione della parola d’ordine della pace, ecc. L’espressione più compiuta dell’opportunismo e della politica ope- raia liberale si ha, indubbiamente, nella « Fabian Society ». Il lettore dia un’occhiata alla corrispondenza di Marx ed Engels con Sorge (ci 236 LENIN sono due edizioni della traduzione russa I3 °). Ci troverà una 1 rillante definizione di questa società, formulata da Engels, che tratta i signori Sidney Webb e soci come una banda di farabutti borghesi che vogliono corrompere gli operai, esercitare su di loro un’influenza controrivolu- zionaria. Si può garantire che nessun capo responsabile e influente della II Internazionale ha mai tentato di confutare questo giudizio di En- gels, e neppure di dubitare della sua giustezza. Confrontate ora / fatti, lasciando da parte per un momento le teo- rie . Vedrete che durante la guerra il comportamento dei fabiani (cfr., per esempio, il loro settimanale The New Statesman) e quello del par- tito socialdemocratico tedesco, Kautsky compreso, è stato assoluta- mente identico. La stessa difesa, diretta o indiretta, dei social- sciovinismo; la stessa tendenza a combinare questa difesa con tutte le possibili frasi mellifue, umanitarie, e di pseudosinistra sulla pace, sul disarmo, ecc. ecc. Il fatto è evidente, e la conclusione che se ne deve trarre — per quanto possa essere sgradevole per diverse persone — è inevitabil- mente e indiscutibilmente la seguente; in pratica i dirigenti dell'attuale Partito socialdemocratico tedesco, Kautsky compreso, sono agenti della borghesia esattamente come i fabiani, cosi definiti da Engels molto tempo fa. Il fatto che i fabiani non riconoscano il marxismo e Kautsky e soci lo « riconoscano », non cambia proprio niente nella sostanza della questione, nella politica effettiva, dimostrando soltanto che in alcuni pubblicisti, uomini politici, ecc. il marxismo s’è trasformato in struvismo. La loro ipocrisia non è un vizio personale, essi possono essere in certi casi dei virtuosissimi padri di famiglia; la loro ipocrisia è conseguenza della falsità obiettiva della loro posizione sociale, poi- ché essi pretendono di rappresentare il proletariato rivoluzionario, mentre di fatto sono degli agenti che diffondono fra il proletariato idee borghesi, scioviniste. I fabiani sono piu sinceri e piu onesti di Kautsky e soci, perché non hanno promesso di schierarsi per la rivoluzione, ma politicamente gli uni e gli altri sono una cosa sola . Dato che in Inghilterra la libertà politica è « antica » e la vita politica in generale, la borghesia in par- ticolare, sono evolute, in questo paese le diverse sfumature delle opi- nioni borghesi hanno trovato rapidamente, facilmente, liberamente nuo- va espressione in nuove organizzazioni politiche. Una di queste orga- nizzazioni è l'« Unione del controllo democratico » (Union of Demo- IL PACIFISMO INGLESE 237 cratic Control). Segretario e amministratore di questa organizzazione è E.D. Morel, collaboratore permanente dell’organo centrale del « Par- tito operaio indipendente » il giornale Labour leader . Questo perso- naggio è stato per alcuni anni uh candidato del partito liberale nella circoscrizione di Birkenhead. Quando Morel, poco dopo l’inizio della guerra, si pronunziò contro di essa, il comitato dell’associazione liberale di Birkenhead gli fece sapere, con una lettera del 2 ottobre 1914, che da allora in poi la sua candidatura sarebbe stata inaccettabile per i liberali, cioè lo espulse semplicemente dal partito. Morel rispose con una lettera del 14 ottobre, che poi pubblicò in opuscolo col titolo The outbreak of thè ivar (Lo scoppio della guerra). In questo opuscolo, come in una serie di altri articoli, Morel smaschera il suo governo, dimostrando la falsità di chi afferma che la causa della guerra sarebbe stata la violazione della neutralità del Belgio, che lo scopo della guerra sarebbe la distruzione deH’imperialismo prussiano, ecc, ecc. More! difende il programma dell’« Unione del controllo democratico », che comprende la pace, il disarmo, il diritto, per tutte le regioni, di decidere la propria sorte con un plebiscito e il controllo democratico sulla politica estera. Da tutto questo si vede che Morel, come individuo, merita indub- biamente riconoscenza per la sua sincera simpatia per la democrazia, per il suo passaggio dalla borghesia sciovinista alla borghesia pacifista. Quando Morel dimostra coi fatti che il suo governo ha imbrogliato il popolo dichiarando che non esistevano accordi segreti, mentre in realtà questi accordi esistevano; che la borghesia inglese fin dal 1887 consi- derava, con assoluta chiarezza, inevitabile la violazione della neutralità del Belgio in caso di guerra fra la Germania e la Francia e respingeva decisamente l’idea di una sua ingerenza (allora la Germania non era ancora un concorrente pericoloso!); che i militaristi francesi del tipo del colonnello Boucher, in una serie di libri scritti prima della guerra, confessavano del tutto apertamente i piani di guerra offensiva della Francia e della Russia contro la Germania; che nel 1911 una nota auto- rità militare dell’Inghilterra, il colonnello Repington, ammetteva sulla stampa che l’aumento degli armamenti in Russia dopo il 1905 costi- tuiva una minaccia per la Germania; quando Morel dimostra tutto questo, dobbiamo riconoscere di trovarci di fronte a un borghese ecce- zionalmente onesto e coraggioso, che non teme di rompere col suo partito. 238 LENIN Ma chiunque concorderà subito nel dire che egli è pur sempre un borghese, le cui frasi sulla pace e sul disarmo restano vuote frasi per- ché senza Fazione rivoluzionaria del proletariato non si può neppure parlare di pace democratica né di disarmo. E Morel, che si è appena allontanato dai liberali sulla questione della guerra in atto, resta un liberale per tutti gli altri problemi economici e politici. Perché dunque, quando in Germania Kautsky copre di espressioni marxiste queste stesse frasi borghesi sulla pace e sul disarmo, si vede in questo un merito di Kautsky, e non la sua ipocrisia? Solo lo stesso sviluppo dei rapporti politici e la mancanza di libertà politica in Germania impediscono che vi si formi, presto e facilmente come in Inghilterra, una lega borghese per la pace e il disarmo, col programma di Kautsky. Ammettiamo la verità, e cioè che le posizioni di Kautsky sono quelle di un pacifista borghese e non quelle di un socialdemocratico ri- voluzionario. Stiamo vivendo avvenimenti cosi gravi, che è necessario avere il coraggio di riconoscere la verità, « senza badare alle persone ». Gli inglesi, data la loro avversione per le teorie astratte e l'orgo- glio che nutrono per il proprio spirito pratico, non di rado pongono i problemi politici più esplicitamente , aiutando in tal modo i socialisti degli altri paesi a scoprire il contenuto reale sotto la copertura delle chiacchiere d’ogni genere (comprese quelle « marxiste »). Da questo punto di vista è istruttivo l’opuscolo 11 socialismo e la guerra , uscito prima della guerra nelle edizioni del giornale sciovinista Clarion. L’opu- scolo contiene un « manifesto » contro la guerra del socialista ameri- cano Upton Sinclair, e la risposta dello sciovinista Robert Blatchford che da molto tempo condivide le posizioni imperialiste di Hyndman. Sinclair è un socialista per sentimento, senza formazione teòrica. Egli pone la questione « semplicemente »: è sdegnato per la guerra imminente e cerca salvezza nel socialismo. « Ci dicono — scrive Sinclair — che il movimento socialista è ancora troppo debole, che dobbiamo aspettarne l’evoluzione. Ma l’evo- luzione avviene nel cuore degli uomini; noi siamo gli strumenti del- l’evoluzione, e se non lotteremo non ci sarà nessuna evoluzione. Ci di- cono che il nostro movimento » (contro la guerra) « sarà schiacciato; ma io mi dichiaro profondamente convinto che la repressione di qual- siasi rivolta che avesse lo scopo d’impedire la guerra per motivi alta- mente umani, sarebbe la più grande vittoria mai riportata dal socia- IL PACIFISMO INGLESE 239 lismo; essa scuoterebbe la coscienza del mondo civile e scuoterebbe gli operai di tutto il mondo, come null’altro li ha scossi finora nella storia. Non siamo troppo paurosi circa il nostro movimento, non diamo troppa importanza al numero e all’apparenza esteriore della forza. Mille uo- mini con una fede ardente e pieni di decisione sono piu forti di un milione di uomini, divenuti cauti e rispettabili. E non c‘è pericolo piu grande per il movimento socialista che quello di diventare un’istitu- zione fossilizzata. » Come vedete è un avvertimento ingenuo, privo di un pensiero teorico ma profondamente giusto, contro l’avvilimento del socialismo, è un appello alla lotta rivoluzionaria. Che cosa risponde Blatchford a Sinclair? È vero, egli dice, che la guerra è provocata dagli interessi capita- listici e militaristici. Ed io, non meno di ogni altro socialista, aspiro alla pace ed alla vittoria del socialismo sul capitalismo. Ma Sinclair, « con le sue belle frasi retoriche » non potrà convincermi, non riuscirà a eliminare i fatti. « I fatti, amico Sinclair, sono ostinati; e il pericolo tedesco è un fatto. » Né noi, né i socialisti tedeschi siamo in grado d’impedire la guerra. Sinclair sopravvaluta enormemente le nostre forze. Noi non siamo uniti, non abbiamo denaro, né armi, « né disciplina ». Non ci resta da far altro che aiutare il governo britannico ad accrescere la sua flotta, perché non c’è né può esservi altra garanzia di pace. Nell’Europa continentale gli sciovinisti non hanno mai preso po- sizione cosi francamente, né prima né dopo l’inizio della guerra. In Germania, invece della franchezza regnano l’ipocrisia di Kautsky e il giuoco dei sofismi; lo stesso si dica di Plekhanov. Proprio per questo è istruttivo dare un’occhiata alla situazione di un paese piu evoluto. Qui non s’inganna nessuno coi sofismi o con la caricatura del marxismo. I problemi sono posti con più franchezza e con più verità. Impariamo dagli inglesi « avanzati ». Sinclair, col suo appello, è ingenuo, benché questo appello sia in sostanza profondamente giusto; è ingenuo perché ignora lo sviluppo di mezzo secolo di socialismo di massa, la lotta delle correnti al suo in- terno, ignora le condizioni che consentono lo sviluppo delle azioni rivo- luzionarie quando esistano una situazione obiettivamente rivoluziona- ria e un’organizzazione rivoluzionaria. Non si può sostituire a questo il « sentimento ». Non si può eludere con la retorica la lotta dura e 240 LENIN spietata delle possenti correnti del socialismo, quella opportunista e quella rivoluzionaria. Blatchford parla chiaro e tradisce l’argomento segreto dei kautskia- ni e soci, che hanno paura di dire la verità. Siamo ancora deboli, ecco tutto, dice Blatchford. Ma con la sua franchezza egli smaschera e scopre subito il suo opportunismo, il suo sciovinismo. Che egli serva la bor- ghesia e gli opportunisti, lo si vede subito. Mentre riconosce la « debo- lezza » del socialismo, egli stesso V indebolisce con la propaganda di una politica antisocialista, borghese. Come Sinclair, ma in senso opposto, — come vile, e non come combattente, come traditore, e non come « folle audace — anch'egli ignora le condizioni necessarie per creare una situazione rivoluzionaria. Ma per le sue conclusioni pratiche, per la sua politica (rinunzia alle azioni rivoluzionarie, alla loro propaganda e alla loro preparazione) Blatchford, un volgare sciovinista, è del tutto simile a Plekhanov e a Kautsky. Le parole marxiste ai nostri giorni servono a coprire il totale rin- negamento del marxismo; per essere marxisti bisogna smascherare la « ipocrisia marxista » dei capi della II Internazionale, bisogna guar- dare senza timore la lotta delle due correnti airintemo del socialismo, riflettere fino in fondo sui problemi posti da questa lotta. Ecco la conclusione che si può trarre dalla situazione esistente in Inghilterra, la quale ci mostra il contenuto marxista della questione senza parole marxiste. Scritto nel giugno 1915. Pubblicato per la prima volta nella Pravda , n. 169, 27 luglio 1924. COME CONCILIARE ^ASSERVIMENTO ALLA REAZIONE COL GIUOCO ALLA DEMOCRAZIA? La raccolta dei cadetti Che cosa si aspetta la Russia dalla guerra ( Pietrogrado, 1915) è una pubblicazione assai utile per conoscere la politica degli intellettuali liberali. È abbastanza noto quali sciovinisti siano diventati i nostri cadetti e i nostri liberali; il presente numero della nostra rivista dedica a questo problema un apposito articolo. Ma questa pubblicazione, una raccolta di articoli di diversi cadetti su vari temi relativi alla guerra, mostra con particolare evidenza la funzione non solo del partito costituzionale democratico, ma anche quella degli intellettuali liberali in generale, nella politica imperialistica attuale. La funzione specifica di questi intellettuali e di questo partito è di coprire la reazione e l’imperialismo con frasi, assicurazioni, sofismi, scappatoie democratiche d’ogni genere. L’articolo principale della rac- colta Le acquisizioni territoriali della Russia } è del capo dei cadetti, signor Miliukov. Era impossibile non esporvi la natura dell’attuale guerra condotta dalla Russia; l’aspirazione ad occupare la Galizia, a strappare all’Austria e alla Germania una parte della Polonia, alla Tur- chia Costantinopoli, gli stretti, l’Armenia. Per dare al tutto una coper- tura democratica si tirano fuori frasi sugli « slavi », sugli interessi delle « piccole nazionalità », sulla « minaccia alla pace europea » da parte della Germania. Solo di sfuggita, quasi inavvertitamente, il signor Mi- liukov dice la verità in una frase: « Già da tempo un partito politico russo tende al ricongiungimento della Galizia orientale, trovando l’appoggio di un partito politico della Galizia, quello dei cosiddetti moscofili » (49). Proprio cosi! Il « par- tito russo » è il partito piu reazionario, quello dei Purisckevic e soci, il partito dei feudatari, capeggiato dallo zarismo. Questo « partito » — lo zarismo, i Purisckevic, ecc. — da molto tempo intriga in Galizia, in 242 LENIN Armenia, ecc. senza risparmiare milioni per corrompere i « moscofili », senza arrestarsi di fronte a nessun delitto per il nobile scopo del « ricon- giungimento ». La guerra è « la continuazione della politica » di q u e- s t o partito. La guerra ha avuto il merito di spazzar via tutte le con- venzioni, di strappare tutti i veli, di mostrare chiaramente al popolo tutta la verità: il mantenimento della monarchia zarista significa la necessità di sacrificare milioni di vite (e miliardi appartenenti al po- polo) per asservire altri popoli. Infatti il partito cadetto ha appog- giato proprio questa politica, proprio questa politica ha servito. Verità spiacevole per l’intellettuale liberale che si ritiene umani- tario, amante della libertà, democratico e si sdegna per la « calunnia » secondo la quale egli sarebbe un servo dei Purisckevic. Ma la guerra ha dimostrato che questa « calunnia » è la più palese delle verità. Date un’occhiata agli altri articoli della raccolta: « ... Il nostro avvenire può essere felice e luminoso solo se la po- litica internazionale si fonderà su basi di giustizia. La fiducia nella vita, nel suo valore sarà nello stesso tempo un trionfo della pace» (215) ...«La donna russa, e con lei tutta l’umanità pensante»... spera che « quando si concluderà la pace, tutti gli Stati belligeranti... firmeranno subito un accordo in base al quale in avvenire tutti i malintesi interna- zionali »... (ecco la parola giusta! Si trattava solo di « malintesi » fra gli Stati, niente di piu!)... «dovranno essere risolti per mezzo d’arbi- trato» (216)... « La donna russa, rappresentante del popolo, porterà nel popolo le idee dell’amore cristiano e della fraternità dei popoli » (216)... (Qui la censura ha tagliato ancora una riga e mezza, probabilmente extra- « umanitaria », qualcosa del tipo di libertà, eguaglianza, fraternità...) ... « coloro che sanno che l’autore di queste righe meno di chiunque altro può essere sospettato di nazionalismo, non hanno bisogno di esser convinti che le idee qui sviluppate non hanno niente a che fare con qualsiasi esclusivismo nazionale» (83)... «Solo adesso ci siamo real- mente resi conto, abbiamo sentito che nelle guerre attuali non ci mi- naccia la perdita delle colonie, benché preziose, né Pinsuccesso nella liberazione di altri popoli, ma lo sfacelo dello Stato stesso»... (147), Leggete e comprendete come si fa! Imparate come un partito pseudodemocratico fa la sua politica, cioè come si porta dietro le masse\ Per servire la classe dei Purisckevic, bisogna aiutarla nei momenti decisivi della storia (nei momenti della realizzazione degli scopi di l'asservimento alla reazione e la democrazia 243 questa classe per mezzo della guerra), oppure « non opporsi alla guer- ra ». E nello stesso tempo bisogna consolare « il popolo », « la massa », « la democrazia » con belle parole: giustizia, pace, liberazione nazionale, arbitrato nei conflitti internazionali, fraternità dei popoli, libertà, ri- forme, democrazia, suffragio universale, e cosi via. Inoltre si è tenuti a battersi il petto, a giurare e spergiurare che « noi » « possiamo essere sospettati di nazionalismo meno di chiunque altro », che le « nostre » idee si distinguono perché « non hanno niente a che fare con qualsiasi esclusivismo nazionale », che lottiamo solo contro « lo sfacelo dello Stato »! Ecco come « si fa ». Ecco come fanno la politica gli intellettuali liberali... Esattamente allo stesso modo, in sostanza, ma in un altro am- biente e in forma leggermente diversa, si comportano i politici operai liberali, incominciando dalla Nascia Zarià che insegna al popolo e al proletariato a « non opporsi alla guerra », continuando col Nasce Dielo che solidarizza con le idee dei signori Potresov e soci (n. 2, p. 19) e Plekhanov (n. 2, p. 103), e riporta senza alcuna riserva, i pensieri ana- loghi di Axelrod (n. 2, pp. 107-110), e continuando ancora con Sem- kovski che lotta contro lo « sfacelo » nel Nasce Slovo e nelle Izvestia del Comitato ^organizzazione , per finire con la frazione di Ckheidze, col Comitato di organizzazione e col Bund che si levano come una mura- glia contro la « scissione » (col gruppo del Nasce Dielo). E sono tutti per la fraternità degli operai, per la pace, per Pinternazionalismo, per qualunque cosa, sono disposti a firmare tutto quello che volete, a rin- negare milioni di volte il « nazionalismo », ad una sola « piccola » con- dizione: non rompere Y« unità » col solo reale gruppo politico russo (di tutta questa compagnia) che nella sua rivista e nei giornali ha in- segnato e insegna agli operai Popportunismo, il nazionalismo, la non resistenza alla guerra. Ecco come « si fa ». Scritto nel giugno 1915. Pubblicato per la prima volta nel gennaio 1925 nel numero speciale della rivista Sputnik Kommunista, Sulla via di Lenin. Firmato: N. Lenin L’OPERA PRINCIPALE DELL'OPPORTUNISMO TEDESCO SULLA GUERRA Il libro di Eduard David La socialdemocrazia nella guerra mon- diale (Berlino, ed. del Vorwarts, 1915) offre un buon riassunto dei fatti e degli argomenti relativi alla tattica del partito socialdemocratico tede- sco ufficiale nell'attuale guerra. Per coloro che seguono la letteratura opportunista e in generale la letteratura socialdemocratica tedesca, nel libro non c’è niente di nuovo. Tuttavia il libro è assai utile, e non sol- tanto come promemoria. Chi voglia seriamente riflettere al fallimento di portata storica mondiale della socialdemocrazia tedesca, chi voglia realmente comprendere come e perché la socialdemocrazia, da partito d'avanguardia, sia « improvvisamente » ( in apparenza improvvisamen- te) divenuta il partito dei servi della borghesia tedesca e degli junker , chi voglia attentamente penetrare il senso dei sofismi correnti che ser- vono a giustificare e a coprire questo fallimento, non troverà noioso il noioso libro di E. David. In sostanza David ha una certa coerenza d’idee e la convinzione di un politico operaio liberale, che manca com- pletamente, per esempio, a quell’ipocrita « banderuola » di Kautsky. David, opportunista fino al midollo delle ossa, vecchio collabora- tore del Nasce Dìelo tedesco (i Quaderni mensili socialisti ) , è autore di un grosso volume sulla questione agraria che non contiene neppure un granello di socialismo né di marxismo. Che un simile personaggio, il quale ha dedicato tutta la vita alla corruzione borghese del movi- mento operaio, sia potuto divenire uno dei molti capi del partito (non meno opportunisti), che sia potuto diventare deputato e perfino mem- bro della direzione ( Vorstand ) del gruppo parlamentare della socialde- mocrazia tedesca, basta questo a indurre a serie riflessioni sulla durata, la profondità e la forza del processo di putrefazione nella socialdemo- crazia tedesca. l’opera principale dell’opportunismo tedesco 245 Il libro di David non ha nessun valore scientifico, perché l’autore non può o non vuole neppure porsi la questione del modo in cui le classi principali della società moderna abbiano preparato, coltivato, crea- to nel corso di decenni il loro- attuale atteggiamento verso la guerra, seguendo una determinata politica, che ha le sue radici in determinati interessi di classe. A David è assolutamente estraneo persino il pen- siero che sen 2 a tale analisi non si può neppure parlare di atteggiamento marxista verso la guerra, e che solo questa analisi può essere la base dello studio dell 'ideologia delle varie classi nei confronti della guerra. David è l’ avvocato della politica operaia liberale che adatta tutte le sue tesi e tutti i suoi argomenti allo scopo d’influire sull’uditorio ope- raio , di nascondergli i punti deboli della sua posizione, di rendere accet- tabile agli operai la tattica liberale, di soffocare gli istinti rivoluzionari del proletariato con la maggior quantità possibile di esempi autorevoli sulla « tattica dei socialisti negli Stati occidentali» (titolo del VII ca- pitolo del libro di David), ecc. ecc. Perciò, tutto l’interesse ideologico del libro di David si riduce a questo: esso permette di analizzare come la borghesia deve parlare agli operai per influenzarli. La posizione di E. David, da questo punto di vista (l’unico giusto), si riduce alla sua tesi: « il significato del nostro voto» (per i crediti militari) = « non per la guerra, ma contro la disfatta» (p. 3, indice e molti passi del libro). È il leitmotiv di tutto il libro di David. Ad esso sono « adattati » anche gli esempi dell’atteg- giamento di Marx, Engels, Lassalle verso la guerre nazionali della Ger- mania (cap. II), e i dati sulla « gigantesca politica di conquiste delle potenze della Triplice Intesa » (cap. IV), e la storia diplomatica della guerra (cap. V), ridotta a esaltare la Germania in base allo scambio ridicolmente futile e privo di serietà, di telegrammi ufficiali alla vigilia della guerra, ecc. In un apposito capitolo (il VI), V entità del pericolo , si riportano considerazioni e dati sulla superiorità delle forze della Tri- plice Intesa, sul carattere reazionario dello zarismo, ecc. David, s’in- tende, è interamente per la pace. La prefazione del suo libro, datata 1° maggio 1915, finisce con la parola d’ordine: «Pace sulla terra! ». David, s’intende, è internazionalista: la socialdemocrazia tedesca, ve- dete, « non ha tradito lo spirito dell’Internazionale » (p. 8), « ha lot- tato contro i semi velenosi dell’odio fra i popoli» (p. 8), «fin dal primo giorno di guerra essa si è dichiarata in linea di principio pronta 246 LENIN a fare la pace, purché fosse certa la sicurezza del suo paese » (p, 8). Il libro di David mostra con particolare evidenza che i borghesi liberali (e i loro agenti nel movimento operaio, cioè gli opportunisti) sono pronti, per influenzare gli operai e le masse in generale, a dichia- rare infinite volte il loro internazionalismo, ad accettare la parola d'or- dine della pace, a respingere gli scopi di conquista della guerra, a con- dannare lo sciovinismo, ecc. ecc. Tutto ciò che volete, tranne le azioni rivoluzionarie contro il proprio governo; tutto ciò che volete, pur di essere « contro la disfatta ». E in effetti questa ideologia, parlando in linguaggio matematico, è proprio necessaria e sufficiente per ingannare gli operai: non si può proporre loro di meno, perché non si possono trascinare le masse senza prometter loro una giusta pace, senza spa- ventarle col pericolo di un’invasione, senza giurare fedeltà all’interna- zionalismo; non occorre proporre di piu, perché il di più — cioè la conquista di colonie, l'annessione di terre straniere, la rapina dei paesi sconfitti, la conclusione di trattati commerciali vantaggiosi, ecc. - — sarà attuato non dalla borghesia liberale direttamente, ma dalla cricca im- perialista e militarista, dal governo di guerra, dopo la guerra. Le parti sono ben distribuite: il governo e la cricca militare, ap- poggiandosi sui miliardari e su tutta la borghesia « degli affari », fanno la guerra, mentre i liberali consolano e imbrogliano le masse con l’ideo- logia nazionaldifensista della guerra, con le promesse di una pace demo- cratica, ecc. L’ideologia dei borghesi liberali, umanitari, pacifisti è pro- prio l’ideologia di E. David, come pure degli opportunisti russi del Comitato d’organizzazione, che lottano contro il disfattismo, contro lo sfacelo della Russia, per la parola d’ordine della pace, ecc. L’altra tattica, fedele ai principi, non liberale, incomincia solo dove incomincia la rottura decisa con ogni specie di giustificazione per chi partecipa alla guerra, dove si segue effettivamente una politica che pro- paganda e prepara le azioni rivoluzionarie contro il proprio governo durante la guerra e ne utilizza le difficoltà. David s’ avvicina a questo confine, al vero confine tra politica borghese e politica proletaria, ma vi si avvicina solo per evitare un tema sgradevole. Egli menziona di- verse volte il manifesto di Basilea, ma evita con cura tutti i suoi passi rivoluzionari, ricorda come Vaillant, a Basilea, invitasse « allo scio- pero militare e alla rivoluzione sociale» (p. 119), ma solo per difen- dere se stesso con l’esempio dello sciovinista Vaillant, e non per citare l’opera principale dell’opportunismo tedesco 247 e analizzare le indicazioni rivoluzionarie della stessa risoluzione del Con- gresso di Basilea. David riporta una parte abbastanza rilevante del manifesto del no- stro Comitato centrale, fra cui la sua parola d’ordine principale, la tra- sformazione della guerra imperialistica in guerra civile, ma solo per dichiarare « follia » e « volgare travisamento delle decisioni dell’Inter- nazionale » (pp. 169, 172) questa tattica «russa». Questo, vedete, è l’herveismo (p. 176): nel libro di Hervé «si trova tutta la teoria di Lenin, della Luxemburg, di Radek, di Pannekoek ecc. ». Non c’è forse dell’« herveismo », carissimo David, nei passi rivoluzionari della riso- luzione di Basilea e del Manifesto comunista ? Sentir ricordare il Ma- nifesto è per il signor David sgradevole come per Semkovski vedere il titolo della nostra rivista, che lo ricorda. La tesi del Manifesto comu- nista secondo la quale « gli operai non hanno patria » è stata, secondo David, «da molto tempo confutata» (p. 176 ed altre). Sul problema della nazionalità, David nell’intero capitolo conclusivo riporta le piu banali assurdità borghesi sulla « legge biologica della differenziazio- ne » ( ! ! ) , ecc. Internazionale non significa antinazionale, noi siamo per il diritto delle nazioni all’autodecisione, siamo contro la violenza ai danni delle nazioni deboli, afferma David, senza capire (o, più esattamente, fin- gendo di non capire) che proprio giustificare la partecipazione alla guer- ra imperialistica, lanciare in questa guerra la parola d’ordine « contro la disfatta », vuol dire essere non solo un uomo politico antisocialista, ma anche antinazionale. Perché l’attuale guerra imperialistica è una guerra di grandi potenze (che opprimono una serie di altre nazioni), al fine di opprimere nuove nazioni. Si può essere « nazionali » in una guerra imperialistica, solo essendo un uomo politico socialista, cioè ri- conoscendo il diritto delle nazioni oppresse alla liberazione, alla sepa- razione dalle grandi potenze che le opprimono. Nell’epoca dell’imperia- lismo non può esserci altra salvezza per la maggioranza delle nazioni del mondo, fuorché l’azione rivoluzionaria del proletariato delle grandi potenze, che superi i limiti delle nazionalità, li spezzi, che rovesci la borghesia internazionale. Senza questo rovesciamento le grandi potenze continueranno a esistere, cioè continuerà a esistere l’oppressione dei nove decimi delle nazioni di tutto il mondo. Invece questo rovescia- mento accelererà enormemente la caduta di tutte le barriere nazionali 248 LENIN d’ogni genere, senza ridurre, ma anzi aumentando di milioni di volte la « differenziazione » dellumanità, nel senso della ricchezza e della varietà della vita spirituale e delle correnti, aspirazioni e sfumature ideali. Scritto nel giugno-luglio 1913. Pubblicato per la prima volta nella Pravdj , n. 169, 27 luglio 1924. LA SCONFITTA DEL PROPRIO GOVERNO NELLA GUERRA IMPERIALISTICA Una classe rivoluzionaria non può, durante una guerra reazionaria, non augurarsi la sconfitta del proprio governo. Questo è un assioma contestato soltanto dai fautori coscienti o da- gli impotenti accoliti dei scoiai sciovinisti. Al primo gruppo appartiene, ad esempio, Semkovski del Comitato d’organizzazione (vedere il n. 2 delle sue Izvestìa). Fra i secondi troviamo Trotski, Bukvoied e, per la Germania, Kautsky. Il desiderio della sconfitta della Russia — scrive Trotski — è una « immotivata e ingiustificata concessione alla meto- dologia politica del socialpatriottismo, che sostituisce alla lotta rivo- luzionaria contro la guerra e contro le condizioni che l’hanno generata un orientamento, in una simile situazione estremamente arbitrario, ver- so la linea del minor male » (Nasce Slovo n. 105); Ecco un saggio delle frasi ampollose con le quali Trotski giustifica sempre Topportunismo. La « lotta rivoluzionaria contro la guerra » è una semplice frase senza contenuto — una di quelle frasi in cui sono maestri gli eroi della II Internazionale — se parlando di questa lotta non s’intende parlare di azioni rivoluzionarie contro il proprio governo anche in tempo di guerra. Per capirlo basta rifletterci un po’. E le azioni rivoluzionarie contro il proprio governo in tempo di guerra, in- negabilmente, incontestabilmente, significano non soltanto augurarsi la disfatta di questo governo, ma portare alla disfatta un contributo effet- tivo (per il « lettore perspicace »; non si tratta affatto di « far saltare dei ponti », di organizzare ammutinamenti militari votati all’insuccesso, e, in generale, di aiutare il governo a schiacciare i rivoluzionari). Trotski, cercando di cavarsela con delle frasi, prende lucciole per lanterne. Pare a lui che augurando la disfatta della Russia si voglia la vittoria della Germania (Bukvoied e Semkovski esprimono più fran- 250 LENIN camente questo « pensiero » o, meglio, questa povertà di pensiero che hanno in comune con Trotski). E in questo Trotski vede « la metodo- logia del socialpatriottismo »! Allo scopo di aiutare la gente che non ha il dono di pensare, la risoluzione di Berna (n. 40 del Sotsial-Demo - krat) spiega: in tutti i paesi imperialisti il proletariato deve oggi augu- rarsi la disfatta del proprio governo. Bukvoied e Trotski hanno prefe- rito passar sopra a questa verità, e Semkovski (opportunista, il quale piu di ogni altro rende servizio alla classe operaia ripetendo con in- genua franchezza le sagge lezioni della borghesia) ha « spifferato gen- tilmente »: questo è un nonsenso poiché la vittoria deve per forza toc- care o alla Germania o alla Russia (n. 2 delle Izvestìa ). Prendete l’esempio della Comune. La Germania ha sconfitto la Francia; Bismarck e Thiers hanno sconfitto gli operai! Se Bukvoied e Trotski avessero riflettuto, si sarebbero accorti di condividere, circa la guerra, il punto di vista dei governi e della borghesia , cioè di essersi resi schiavi della « metodologia politica del socialpatriottismo », per servirci del linguaggio ricercato di Trotski. La rivoluzione in tempo di guerra è la guerra civile; la trasfor- mazione della guerra dei governi in guerra civile è facilitata da una parte dai rovesci militari (dalla « sconfitta ») di questi governi; d’altra parte è praticamente impossibile tendere realmente a questa trasformazione senza concorrere, in pari tempo, alla disfatta. La « parola d’ordine » della disfatta è respinta dagli sciovinisti (compresi il Comitato di organizzazione e la frazione di Ckheidze) pre- cisamente perché è V unica e sola parola d’ordine che sia un appello con- seguente all’azione rivoluzionaria contro il proprio governo durante la guerra. E senza questa azione, i milioni di frasi rrrivoluzionarissime sul- la lotta contro « la guerra, le condizioni, ecc. » non valgono un soldo bucato. Chi volesse seriamente confutare la « parola d’ordine » della di- sfatta del proprio governo nella guerra imperialista dovrebbe dimo- strare una di queste tre cose: 1) che la guerra del 1914-1915 non è reazionaria; 2) che la rivoluzione in connessione con questa guerra è impossibile; 3) che sono impossibili il coordinamento e la cooperazione dei movimenti rivoluzionari in tutti i paesi belligeranti. Quest'ultimo argomento è particolarmente importante per la Russia, paese piu arre- trato di tutti gli altri e in cui una rivoluzione socialista immediata è impossibile. Precisamente per questo motivo i socialdemocratici russi LA SCONFITTA DEL PROPRIO GOVERNO 251 hanno dovuto, per primi, far valere « in teoria e in pratica » la « parola d’ordine » della disfatta. E il governo zarista aveva completamente ra- gione di affermare che l’agitazione del gruppo parlamentare del POSDR è Vurtico esempio nell’Internazionale, non soltanto di un’opposizione parlamentare, ma di un’agitazione veramente rivoluzionaria fra le mas- se contro il loro governo; che questa agitazione indeboliva la « potenza militare » della Russia e concorreva alla sua disfatta. È un fatto. Volerlo negare non è dar prova di intelligenza. Gli avversari della parola d’ordine della disfatta hanno sempli- cemente paura di se stessi, perché non osano guardare in faccia l’evi- dentissimo fatto del legame indissolubile esistente tra l’agitazione rivo- luzionaria contro il governo e la cooperazione alla sua disfatta. È possibile la coordinazione e la cooperazione reciproca del mo- vimento russo, rivoluzionario nel senso democratico borghese, e del movimento socialista in Occidente? Nessuno dei socialisti che si sono pronunciati pubblicamente nelPultimo decennio ha messo in dubbio tale possibilità, e il movimento prodottosi in seno al proletariato au- striaco dopo il 17 ottobre 1905 l’ha provato coi fatti. Domandate a un qualsiasi socialdemocratico che si dica interna- zionalista se ha simpatia per un’intesa fra i socialdemocratici dei vari paesi belligeranti per una comune azione rivoluzionaria contro tutti i governi belligeranti. Molti risponderanno che una simile intesa è im- possibile, come ha risposto Kautsky (Nette Zett , 2 ottobre 1914) pro- vando pienamente in tal modo il suo socialsciovinismo. Questa è una menzogna evidente, lampante, che fa a pugni con fatti generalmente noti e col manifesto di Basilea. D’altra parte, se questa fosse la ve- rità, gli opportunisti avrebbero ragione in molte cose ! Molti risponderanno che hanno simpatia per una simile intesa. E noi diremo allora: se questa simpatia non è ipocrita, è ridicolo pen- sare che in guerra e per una guerra bisogna accordarsi « secondo tutte le formalità »; elezioni di rappresentanti, colloqui, firme di patti, de- terminazione del giorno e dell’ora! Soltanto i Semkovski possono pen- sare a questo modo. Una intesa sulle azioni rivoluzionarie, e anche in un solo paese, — per non parlare di parecchi paesi, — è realizzabile soltanto con V esempio di azioni rivoluzionarie importanti, con P inizio e lo sviluppo di queste azioni. Orbene, tale inizio, a sua volta, è im- possibile se non si vuole la disfatta e se non si coopera ad essa. La trasformazione della guerra imperialista in guerra civile non può essere 252 LENIN «fatta», cosi come non possono esser «fatte» le rivoluzioni: essa si sviluppa da numerosi fenomeni, aspetti, tratti, particolarità multiformi, risultanti dalla guerra imperialista. E questo sviluppo è impossibile senza una serie di insuccessi e di rovesci militari di quei governi che subiscono i colpi delle loro classi oppresse. Rinunciare alla parola d’ordine della sconfitta vuol dire trasfor- mare il proprio spirito rivoluzionario in vuota fraseologia oppure in perfetta ipocrisia. E con che cosa dunque ci si propone di sostituire la « parola d’or- dine » della disfatta? Con la parola d’ordine: « né vittoria né sconfit- ta » (Semkovski nel n. 2 delle Izvestia, come pure tutto il Comitato d'organizzazione nel n. 1). Ma questo non è altro che parafrasare la parola d’ordine della « difesa della patria »! Questo significa precisa- mente porre la questione sul piano della guerra dei governi (i quali, secondo il contenuto di questa parola d’ordine, devono restare nella vecchia situazione, « mantenere le loro posizioni » ) e non sul piano della lotta delle classi oppresse contro i loro governi! Questo significa giu- stificare lo sciovinismo in tutte le nazioni imperialistiche le cui bor- ghesie sono sempre pronte a dire — e dicono al popolo — che esse combattono « soltanto » « contro la sconfitta ». « Il significato del no stro voto del 4 agosto è questo: non per la guerra, ma contro la disfatta », scrive nel suo libro E. David, capo degli opportunisti. I membri del Comitato d’organizzazione, compresi Bukvoied e Trotski, difendendo la parola d’ordine « né vittoria né sconfitta », si mettono completamente sul terreno di David! Questa parola d’ordine, se vi si riflette, significa la « pace civile », l’abbandono della lotta di classe da parte della classe oppressa in tutti i paesi belligeranti, poiché la lotta di classe è impossibile senza asse- stare colpi alla « propria » borghesia, al « proprio » governo. E, durante la guerra, assestare colpi al « proprio » governo è ( ne prenda nota Buk- voied) tradire lo Stato, è cooperare alla sconfitta del proprio paese. Chi accetta la parola d’ordine « né vittoria né sconfitta », può dire solo ipocritamente di essere per la lotta di classe e per la « rottura della pace civile », ma di fatto tradisce la politica proletaria indipendente, imponendo al proletariato di tutti i paesi in guerra un compito perfet- tamente borghese : difendere dalla sconfitta i diversi governi imperialisti. L’unica politica di rottura — non a parole — della « pace civile », di riconoscimento della lotta di dasse, è la politica per la quale il prole- LA SCONFITTA DEL PROPRIO GOVERNO 2 53 tariato approfitta delle difficoltà del proprio governo e della propria borghesia al fine di abbatterli . Ma non si può ottenere questo, non si può tendere a questo senza augurarsi la disfatta del proprio governo, senza cooperare a tale disfatta. Quando, prima della guerra, i socialdemocratici italiani hanno po- sto il problema dello sciopero di massa, la borghesia ha risposto asso- lutamente in modo giusto dal s u o punto di vista: questo sarà un tra- dimento dello Stato e noi vi tratteremo come si trattano i traditori. Questo è vero, come è vero che la fraternizzazione nelle trincee è un tradimento contro Io Stato. Chi nei suoi scritti si pronuncia, come Buk- voied, contro il « tradimento » dello Stato o, come Semkovski, contro la « disgregazione della Russia », prende una posizione borghese e non proletaria. Il proletariato non può né vibrare un colpo di classe al suo governo, né tendere (di fatto) la mano al suo fratello, al proletariato del paese « straniero » in guerra contro di « noi », senza perpetrare « un tradimento dello Stato », senza cooperare alla disfatta, senza con- tribuire al crollo della « sua » « grande » potenza imperialista. Chi sostiene la parola d'ordine « né vittoria né sconfitta » è, con- sapevolmente o no, uno sciovinista, è, nel migliore dei casi, un piccolo borghese pacifista, ma è, in ogni caso, un nemico della politica prole- taria, un fautore dei governi attuali, delle attuali classi dominanti. Esaminiamo ancora la questione da un altro lato. La guerra non può non suscitare nelle masse sentimenti impetuosi che rompono la sonnolenza psichica abituale. La tattica rivoluzionaria è impossibile se non è in corrispondenza con questi sentimenti nuovi, impetuosi. Quali sono le principali correnti di questi sentimenti impetuosi? Esse sono: 1) Lo spavento e la disperazione. Di qui un rafforzamento della religione. Le chiese si riempiono di nuovo e i reazionari ne gon- golano. « Dove si soffre, vi è la religione », dice l’arrireazionario Bar- rès, E ha ragione. 2 ) L'odio contro il « nemico », sentimento attiz- zato dalla borghesia (piu che dai preti) e vantaggioso soltanto per essa , economicamente e politicamente. 3 ) L'odio contro il pro- prio governo e contro la propria borghesia, sentimento di tutti gli ope- rai coscienti i quali, da una parte, comprendono che la guerra è « la con- tinuazione della politica » deH'imperialismo e rispondono alla guerra con la « continuazione » del loro odio contro il nemico di classe, e, d'altra parte, comprendono che la « guerra alla guerra » è una frase banale se non si fa la rivoluzione contro il proprio governo. Non è pos- 254 LENIN sibile suscitare Podio contro il proprio governo e contro la propria borghesia senza desiderarne la disfatta, come non è possibile essere un sincero avversario della « pace civile », vale a dire della « pace di clas- se », se non si suscita Podio contro il proprio governo e la propria borghesia! I fautori della parola d'ordine « né vittoria né sconfitta » si tro- vano in realtà a fianco della borghesia e degli opportunisti, perché « non credono » alla possibilità di azioni rivoluzionarie internazionali della classe operaia contro i propri governi, perché non desiderano contri- buire allo sviluppo di simili azioni, compito indiscutibilmente difficile, ma il solo che sia degno del proletariato, il solo compito socialista. Pre- cisamente il proletariato della piu arretrata fra le grandi potenze belli- geranti, soprattutto in seguito al tradimento vergognoso dei socialdemo- cratici tedeschi e francesi, è dovuto scendere in campo, per il tramite del suo partito, con una tattica rivoluzionaria, la quale tattica è asso- lutamente impossibile se non si « concorre alla disfatta » del proprio governo, ma è la sola tattica che porti alla rivoluzione europea, a una pace socialista duratura; la sola che possa liberare l’umanità dagli or- rori, dalle calamità, dalla crudeltà, dalla barbarie che oggi regnano. Sotsial-Demokrat , n. 43, 26 luglio 1915. LA SITUAZIONE NELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA Il n. 2 delle Izvestia del Comitato d'organizzazione e il n. 2 del Nasce Dìelo illuminano questa situazione nel modo piu edificante e piu chiaro. Queste due pubblicazioni, ciascuna a modo suo, tenendo conto della differenza del loro luogo di pubblicazione e della loro destina- zione politica, seguono con passo fermo la vita del consolidamento del socialsciovinismo. Il Nasce Dielo non solo non dà notizia di nessuna divergenza o sfumatura d'opinione in seno alla redazione, non solo non accetta le benché minime osservazioni contro il « potresovismo », ma, al contra- rio, in un'apposita nota «della redazione» (p. 19) si dichiara soli- dale col potresovismo, dichiara che l'« internazionalismo » esige precisa- mente che ci si « orienti nella situazione internazionale » nel senso di stabilire il successo di quale borghesia è preferibile per il proletariato nella guerra attuale. Questo vuol dire che sulle questioni fondamentali ed essenziali tutta la redazione è socialsciovinista. E per di piu la reda- zione, divergendo da Kautsky solo per le sfumature del socialsciovini- smo, esalta come « brillante », « esauriente », « prezioso dal punto di vista teorico » l'opuscolo di Kautsky interamente dedicato alla giusti- ficazione internazionale del socialsciovinismo. Chi non voglia chiudere gli occhi, non può non vedere che la redazione del Nasce Dielo in tal modo legittima, prima di tutto, lo sciovinismo russo, e si dimostra pronta, in secondo luogo, all'« amnistia » e alla conciliazione col social- sciovinismo internazionale. Nella rubrica In Russia e all'estero si espongono le opinioni di Plekhanov e di Axelrod, fra i quali la redazione (assai giustamente) non fa nessuna differenza. In una nota speciale, scritta di nuovo a 256 LENIN nome della redazione (p. 103), si dichiara che le opinioni di Plekhanov « coincidono per molti aspetti con le opinioni del Nasce Dielo ». Il quadro è assolutamente chiaro. La « corrente » dei legalitari che è rappresentata dal Nasce Dielo e che, grazie a migliaia di legami con la borghesia liberale, fu la sola corrente reale di tutto il « blocco di Bruxelles » in Russia dal 1910 al 1915, ha pienamente compiuto e consolidato la sua evoluzione in senso opportunista, completando feli- cemente il liquidatorismo col socialsciovinismo. Il vero programma del gruppo che nel gennaio del 1912 fu espulso dal nostro partito iai , s’è arricchito di un altro punto, estremamente importante: la diffusione fra la classe operaia di idee che si riconducono alla necessità di man- tenere e rafforzare, foss’anche a prezzo della guerra, i vantaggi e i pri- vilegi di grande potenza dei proprietari fondiari e della borghesia grande russa. Nascondere questa realtà politica con frasi « di sinistra » e con un’ideologia- pseudosocialdemocratica: è questo il vero senso politico dell’attività legale della frazione Ckheidze e di quella illegale del Co- mitato d’organizzazione. Dal punto di vista ideologico la parola d’or- dine: «né vittorie, né sconfitte», e dal punto di vista pratico la lotta contro lo « scissionismo » che pervade decisamente tutti gli articoli del n. 2 delle Izvestia , soprattutto quelli di Martov, Ionov e Masci- nadze. Ecco il programma pratico e assolutamente giusto (dal punto di vista degli opportunisti) di « pace » col Nasce Dielo e con Plekhanov. Leggete la lettera dell’« ex rivoluzionario » signor Àlexinski nel n. 143 della Riec (del 27 maggio 1915) sulla « difesa del paese » come « compito della democrazia », e vedrete che questo paggio ze- lante dell’attuale sciovinista Plekhanov accetta pienamente la parola d’ordine: « né vittorie, né sconfitte ». È veramente la parola d’ordine comune di Plekhanov, del Nasce Dielo , di Axelrod e di Kosovski, di Martov e di Semkovski, fra i quali certamente (oh, certamente!) reste- ranno « legittime sfumature » e « parziali divergenze ». Tutta questa confraternita, quanto all’essenziale dal punto di vista ideologico, si ac- contenta di riconoscere come terreno comune, la parola d’ordine « né vittorie, né sconfitte» (osserviamo tra parentesi: di chi? È chiaro; dei governi attuali , delle attuali classi dirigenti!), Dal punto di vista poli- tico-pratico si accontentano della parola d’ordine dell’« unità », che vuol dire unità col Nasce Dielo f cioè, in realtà, essi accettano piena- mente che in Russia il Nasce Dielo -, con l’aiuto della frazione Ckheidze, la situazione nella socialdemocrazia russa 257 svolga come prima una seria politica e un serio lavoro (borghesemente « serio ») fra le masse, mentre all’estero e neH’illegalità il Comitato d’organizzazione e soci si permetteranno di fare piccole riserve « di sinistra », di pronunziare frasi pseudorivoluzionarie, ecc. ecc. Non fac- ciamoci illusioni: il blocco di Bruxelles, che si è subito disgregato di- mostrando in tal modo di non contenere altro che ipocrisia, proprio per questo è molto adatto a coprire una situazione politicamente marcia. Nel luglio 1914 esso è servito a coprire la Nascia Zarìà e la Sievernaia Rabociaia Gazìeta per mezzo di risoluzioni quasi di sinistra che non impegnavano a niente. Nel luglio 1915 non ci sono ancora « incontri d’amici » né « verbali », ma gli « attori » principali sono già d’accordo in linea di massima per mascherare insieme il socialsciovinismo del Nasce Dielo , di Plekhanov e di Axelrod con belle frasi, anch’esse quasi di sinistra. Un anno è passato, un anno grande e difficile della storia europea. Si è visto che il bubbone della politica operaia nazional-libe- rale ha soffocato la maggioranza dei partiti socialdemocratici d’Europa, che esso è giunto a piena maturazione nel liquidatorismo, mentre gli « amici », come i musicisti del Quartetto di Krylov, hanno semplice- mente cambiato posto e hanno di nuovo intonato un coro con le loro voci false: unità, unità... (col Nasce Dielo)\ L’esempio del Nasce Slovo di Parigi è particolarmente istruttivo per i veri fautori dell’« unità ». Il n. 2 delle Izvestia del Comitato d’organizzazione ha dato un colpo mortale al Nasce Slovo ed ora la sua morte (politica o « fisica », non importa) è solo una questione di tempo. Le Izvestia del Comitato d’organizzazione, nel n. 2, hanno « uc- ciso » il Nasce Slovo con la semplice dichiarazione che Martov (che è risultato essere membro della segreteria del Comitato d’organizza- zione; evidentemente è stato cooptato « all’unanimità » da Semkovski e da Axelrod, forse perché ha accettato di non ripetere piu frasi scon- siderate sulla «morte» del Vorwàrts) e «una buona metà dei colla- boratori del Nasce Slovo , organicamente aderenti al Comitato d’orga- nizzazione », constatano il proprio errore. Solo per « ingenuità » (Mar- tov nella parte dell’ ingénu, non c’è male) essi avevano ritenuto il Na- sce Slovo « organo comune degli internazionalisti russi », mentre in realtà il Nasce Slovo si è rivelato un giornale « scissionista » e « fra- zionista » (Semkovski aggiunge da parte sua « anarco-sindacalista ») che « cerca di giustificarsi davanti al Sotsial-Demokrat di Lenin ». 9— 2436 258 LENIN Hanno preso posizione dinanzi al pubblico tre parti del Nasce Slovo , unitesi senza successo per sette o otto mesi: 1) due membri di sinistra della redazione (n. 107 del Nasce Slovo), che simpatizzano sin- ceramente per l’internazionalismo e tendono ad avvicinarsi al Sotsial- Demokrat (vedi la risoluzione di saluto indirizzata loro dalla sezione parigina del nostro partito nel n. 122 del Nasce Slovo ) ; 2) Martov e « quelli del Comitato d’organizzazione » (« una buona metà »); 3) Trotski che, come sempre, in linea di principio non concorda in niente coi socialsciovinisti, ma in pratica è d’accordo con loro in tutto (gra- zie, soprattutto, alla « felice mediazione » — si dice cosi, credo, in lin- guaggio diplomatico — della frazione Ckheidze). Di fronte ai sinceri fautori dell’unità sorge una domanda: perché il Nasce Slovo ha subito uno scacco e si è scisso? Di solito le scissioni si spiegano col misantropico « spirito scissionista » dei malvagi « lenini- sti » (articoli di Semkovski nel n. 2 delle Izvestia , di Axelrod nel Na- sce Slovo , ecc. ecc.). Ma questa gente malvagia non faceva parte del Nasce Slovo e per questa semplice ragione non poteva far scissioni o andarsene. Di che si tratta allora? Di un caso? O del fatto che l’unità degli operai socialdemocratici con i propagatori dell’influenza borghese (di fatto, agenti della borghesia liberale e sciovinista) del Nasce Dielo è im- possibile e dannosa? I fautori dell’« unità » riflettano su questo punto. Nella socialdemocrazia europea si sono pronunziati per l’« unità », in una situazione e in forme un po’ diverse, Kautsky e Haase, come pure Bemstein stesso. Avendo fiutato che le masse vanno a sinistra, queste « autorità » propongono la pace ai socialdemocratici di sinistra, alla tacita condizione che si faccia la pace con i Sudekum. Rinnegare a parole la « politica del 4 agosto », risanare la scissione fra la politica operaia nazional-liberale e quella socialdemocratica con qualche frase sulla « pace » (la parola d’ordine della pace è quello che ci vuole a que- sto scopo) che non impegna a niente (e sotto alcuni aspetti non è svan- taggioso neppure per Hindenburg e per Joffre), con una condanna pla- tonica delle annessioni, ecc. È questo, all’incirca, il programma di Kautsky e di Bemstein verso il quale propenderebbero anche i social- sciovinisti francesi, come si vede da alcune note dell’ Humanité. Gli inglesi dell’« Independent labour party », certo, saranno degli entusiasti sostenitori di questa amnistia del socialsciovinismo, mascherata da una LA SITUAZIONE NELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 259 serie d’inchini verso la sinistra. S’intende che dio stesso ha ordinato agli uomini del Comitato d’organizzazione e a Trotski di aggrapparsi ora alle falde di Kautsky e di Bernstein. Secondo noi questa svolta a sinistra del capo degli opportunisti e del capo degli sciovinisti ipocriti nel campo « radicale » è una comme- dia che mira a salvare quanto vi è di putrido nella socialdemocrazia con un inchino a sinistra, per rafforzare di fatto la politica operaia nazio- nal-liberale al prezzo d’insignificanti concessioni verbali alle « sinistre ». La situazione oggettiva in Europa è tale che fra le masse aumen- tano la delusione, il malcontento, la protesta, lo sdegno, lo stato d’ani- mo rivoluzionario, capace a un certo stadio del suo sviluppo di tra- sformarsi con inverosimile rapidità in azione. In realtà la questione si pone oggi cosi, e solo cosi: favorire la crescita e lo sviluppo delle azioni rivoluzionarie contro la propria borghesia e il proprio governo, o frenare, soffocare, neutralizzare lo stato d’animo rivoluzionario. Per ottenere questo secondo scopo i borghesi liberali e gli opportunisti ac- consentiranno (e dal punto di vista dei loro interessi, devono acconsen- tire) a dire tutte le parole di sinistra possibili, a fare un monte di pro- messe di disarmo, di pace, di rinunzia alle annessioni, di riforme d’ogni genere, di tutto quel che si vuole, pur di evitare la rottura delle masse con i loro capi opportunisti e il passaggio ad azioni rivoluzionarie sem- pre piu serie. Non credete a nessun programma magniloquente, diremo alle mas- se; contate sulle vostre azioni rivoluzionarie di massa contro il vostro governo e la vostra borghesia, cercate di sviluppare queste azioni; al di fuori della guerra civile per il socialismo non c’è salvezza dal ritorno alla barbarie, non c’è possibilità di progresso in Europa. PS. Il presente articolo era già stato composto quando abbiamo ricevuto la raccolta del signor Plekhanov, dell’« ex rivoluzionario » G. Alexinski e soci: La guerra. È una collezione di sofismi e di men- zogne dei socialsciovinisti che fanno passare la guerra di rapina, estre- mamente reazionaria, dello zarismo, per una guerra « giusta », « difen- siva », ecc.! Raccomandiamo questo vergognoso florilegio di servilismo di fronte allo zarismo a tutti coloro che vogliono seriamente capire le cause del fallimento della II Internazionale. È interessante osservare, fra l’altro, che questi socialsciovinisti dichiarati sono pienamente sod- disfatti di Ckheidze e di tutta la sua frazione. Di questa frazione sono contenti e il Comitato d’organizzazione, e Trotski, e Plekhanov, e Ale- 9 * LÈNIN 260 xinski e soci: è naturale, perché la frazione Ckheidze ha dimostrato per anni la sua capacità di coprire gli opportunisti e di servirli. A proposito del gruppo operaio socialdemocratico russo, mandato in Siberia, i signori Plekhanov e Alexinski mentono spudoratamente. Probabilmente non è piu lontano il momento in cui potremo smentire i mentitori con dei documenti. Sotsial-Demokrat , n. 43, 26 luglio 1915. PER UNA VALUTAZIONE DELLA PAROLA D’ORDINE DELLA « PACE » Il Giornale operaio di Vienna, organo centrale dei socialdemocra- tici austriaci, riporta nel numero del 27 giugno 1915 una dichiara- zione edificante di un giornale governativo della Germania (la Nord- deutsche Allgemeine Zeitung). Si tratta di un articolo di uno dei più noti (e più vili) opportunisti del partito « socialdemocratico » della Germania, Quarck, che dice fra Paltro: « Noi socialdemocratici tedeschi e i nostri compagni austriaci dichiariamo continuamente di essere sempre pronti a metterci in con- tatto (con i socialdemocratici inglesi e francesi) per intavolare tratta- tive di pace. Il governo imperiale tedesco lo sa e non ci ostacola mini- mamente ». A proposito di queste parole un giornale nazional-liberale tede- sco (la Nationalliberale Korrespondenz) ha scritto che esse consentono una duplice interpretazione. La prima: che il governo non ostacola le « azioni politiche internazionali » dei socialdemocratici nella misura in cui esse non escono dai limiti della legalità e non sono « pericolose per lo Stato ». Questo è perfettamente comprensibile dal punto di vista della « libertà politica ». La seconda interpretazione è che il governo della Germania « ap- provi almeno tacitamente la propaganda internazionale socialdemocra- tica per la pace e la consideri addirittura un mezzo adatto per creare le basi di un esame preliminare delle possibilità di pace ». Il giornale nazional-liberale, s’intende, considera impossibile la seconda interpretazione, e il giornale governativo si associa ad esso uf- ficialmente, dichiarando per giunta che « il governo non ha niente a che fare con la propaganda internazionale di pace e che non autorizzerà a questo scopo né intermediari socialdemocratici, né altri ». 262 LENIN Commedia edificante, non è vero? Chi crederà che il governo della Germania, che ha impedito al Vorwàrts di parlare della lotta di classe, che ha instaurato la legge marziale contro le assemblee popolari e una vera e propria « schiavitù militare » per i proletari, chi crederà che questo governo per liberalismo « non oppone ostacoli » ai signori Quarck e Sudekum? Che esso non ha rapporti costanti con questi signori? Non è forse mille volte più verosimile che Quarck abbia detto inavvertitamente la verità (cioè che i socialdemocratici tedeschi hanno incominciato la loro propaganda di pace per un accordo diretto o in- diretto col loro governo) e che « sia stato ufficialmente smentito » pro- prio per nascondere la verità? È una lezione per quegli amatori delle belle frasi i quali, come Trotski (vedi il n. 105 del Nasce Slovo ), difendono contro di noi la parola d'ordine della pace, affermando, tra l’altro, che « tutte le sini- stre » si unirebbero « efficacemente » proprio intorno a questa parola d’ordine!! Il governo degli junker ha ora dimostrato la giustezza della nostra risoluzione di Berna (n, 40 del Sotsial-Demokrat ), la quale af- fermava che la propaganda di pace « non accompagnata da un appello all’azione rivoluzionaria delle masse » può soltanto « seminare illusio- ni » e « fare del proletariato un trastullo nelle mani della diplomazia segreta dei paesi belligeranti ». Ciò viene confermato alla lettera! La storia diplomatica dimostrerà fra qualche anno che è esistito , e non solo in Germania, un accordo diretto o indiretto fra gli opportu- nisti e i governi sulle chiacchiere in favore della pace. La diplomazia nasconde queste cose, ma la verità viene sempre a galla. Quando le forze di sinistra hanno incominciato ad unirsi intorno alla parola d’ordine della pace, si poteva anche incoraggiarle, se in tal modo si compiva un primo passo di protesta contro gli sciovinisti, come l’ignorante operaio russo che esprimeva nella « gaponiade » una timida protesta contro lo zar. Ma visto che le sinistre si limitano an- cora adesso a questa parola d'ordine ( le parole d’ordine sono opera dei politici coscienti), dimostrano di essere delle sinistre ben fiacche, nelle loro risoluzioni non c'è neppure un granello di « efficacia », sono un trastullo nelle mani dei Siidekum, Quarck, Sembat, Hyndman, Joffre e Hindenburg. Chi non capisce questo neppure adesso che la parola d’ordine della pace ( « non accompagnata dall’appello all’azione rivoluzionaria delle VALUTAZIONE DELLA PAROLA D 'ORDINE DELLA «PACE» 263 masse») è stata prostituita dalla Conferenza di Vienna 132 , da Bern- stein + Kautsky e soci e dagli Scheidemann (il «Vorstand» tede- sco = Comitato centrale), partecipa semplicemente, senza averne co- scienza, airinganno socialsciovinista del popolo. Scritto nel luglio-agosto 1915. Pubblicato per la prima volta nella Prole tarskaia Re voli ut sia, n. 5 (28), 1924. LA QUESTIONE DELLA PACE La questione della pace, come programma attuale dei socialisti, e la questione connessa delle condizioni di pace, interessano tutti. Non si può non esprimere la propria riconoscenza al Berner Tagivacht perché in esso troviamo dei tentativi di porre questo problema non dal solito punto di vista nazionalista piccolo-borghese, ma da un punto di vista effettivamente proletario, internazionalista. È stata ottima la nota della redazione nel n, 73 ( Friedenssebnsucht ) secondo la quale i socialde- mocratici tedeschi che vogliono la pace debbono rompere (sich los- sagen) con la politica del governo degli junker, Ottimo è stato l’inter- vento del compagno A.P. (nn. 73 e 75) contro «le arie d'importanza dei retori impotenti » (Wichtigtuerei machtloser Schònredner) che cer- cano invano di risolvere il problema della pace da un punto di vista piccolo-borghese. Vediamo come debbono porre questo problema i socialisti. La parola d’ordine della pace si può porre o in relazione a deter- minate condizioni di pace o senza alcuna condizione, come lotta non per una pace determinata, ma per la pace in generale (Frieden ohne weiteres). È chiaro che in quest’ultimo caso ci troviamo di fronte a una parola d’ordine che non solo non è socialista, ma è assolutamente priva di contenuto, di senso. Assolutamente tutti sono per la pace in generale, compresi Kitchener, Joffre, Hindenburg e Nicola il Sangui- nario, perché ognuno di loro desidera la fine della guerra: il fatto è che ognuno pone delle condizioni di pace imperialistiche (cioè di rapina, di oppressione di altri popoli) a vantaggio della «sua» nazione. Le parole d’ordine debbono essere lanciate per spiegare alle masse, nella propaganda e nell’agitazione, l’inconciliabile differenza fra socialismo e capitalismo (imperialismo) e non per conciliare due classi nemiche e LA QUESTIONE DELLA PACE 265 due politiche nemiche mediante una paroletta che « unisca » le cose più disparate. Continuiamo. È possibile unire i socialisti di diversi paesi intorno a determinate condizioni di pace? Se si, fra queste condizioni ci deve assolutamente essere il riconoscimento del diritto alla autodecisione per tutte le nazioni e il rifiuto di ogni « annessione », cioè di ogni viola- zione di questo diritto. Ma riconoscere questo diritto solo ad alcune na- zioni, vuol dire difendere i privilegi di determinate nazioni, cioè essere nazionalisti e imperialisti, e non socialisti. Se invece si riconosce questo diritto a tutte le nazioni, non si può prendere, per esempio, il solo Bel- gio, ma bisogna prendere tutti i popoli oppressi sia in Europa ( gli irlan- desi in Inghilterra, gli italiani a Nizza, i danesi ecc. in Germania, il 57% della popolazione della Russia, ecc,) sia fuori d'Europa cioè tutte le colonie, che il compagno A.P. ha ricordato molto a proposito. L’In- ghilterra, la Francia e la Germania hanno insieme una popolazione di circa 150 milioni di abitanti e nelle colonie opprimono una popolazione di oltre 400 milioni d’abitanti!! La guerra imperialistica (cioè la guerra fatta per gli interessi dei capitalisti) è tale non solo perché la si fa per opprimere nuove nazioni, per spartirsi le colonie, ma anche perché è fatta principalmente da nazioni avanzate che opprimono molti altri popoli, che opprimono la maggior parte della popolazione della terra. I socialdemocratici tedeschi che giustificano la conquista del Bel- gio o Faccettano, in effetti non sono dei socialdemocratici, ma degli imperialisti e dei nazionalisti, perché difendono il « diritto » della bor- ghesia tedesca (e in parte anche degli operai tedeschi) a opprimere i belgi, gli alsaziani, i danesi, i polacchi, i negri dell’Africa, ecc. Non sono dei socialisti, ma dei servi della borghesia che aiutano nella rapina di altre nazioni. Ma anche i socialisti belgi che avanzano una sola rivendica- zione: liberare e indennizzare il Belgio, difendono in realtà una riven- dicazione della borghesia belga che vuole rapinare come prima i quin- dici milioni di abitanti del Congo e ottenere concessioni e privilegi in altri paesi. I borghesi belgi hanno investito all’estero circa tre miliardi di franchi; conservare i profitti derivanti da questi miliardi con ogni genere d’imbrogli e di furberie: ecco qual è in realtà P« interesse nazio- nale » dell’« eroico Belgio ». Lo stesso vale, e in misura assai maggiore, per la Russia, l’Inghilterra, la Francia, il Giappone. Quindi, se la rivendicazione della libertà delle nazioni non è una frase menzognera che copre l’imperialismo e il nazionalismo di alcuni 266 LENIN paesi, essa dev’essere estesa a tutti i popoli e a tutte le colonie. Ma una tale rivendicazione è palesemente priva di contenuto senza una serie di rivoluzioni in tutti i paesi avanzati. Più ancora: essa è irrealizzabile senza la vittoria della rivoluzione socialista . Questo vuol forse dire che i socialisti possono restare indifferenti di fronte all’esigenza di pace, presente fra masse sempre più larghe? Niente affatto. Una cosa sono le parole d’ordine dell’avanguardia co- sciente degli operai, un’altra cosa le rivendicazioni spontanee delle masse. L’aspirazione alla pace è uno dei sintomi più importanti della delusione che incomincia a farsi strada nei confronti delle menzogne borghesi sugli scopi « di liberazione » della guerra, sulla « difesa della patria », e sugli altri inganni della classe dei capitalisti ai danni della plebe. I socialisti debbono considerare con la massima attenzione questo sintomo. Bisogna compiere ogni sforzo per utilizzare lo stato d’animo delle masse favorevole alla pace. Ma come utilizzarlo? Riconoscere e ripetere la parola d'ordine della pace vorrebbe dire incoraggiare le « arie d’importanza dei retori impotenti» (e più spesso, peggio ancora: ipo- criti). Vorrebbe dire ingannare il popolo dandogli l’illusione che gli attuali governi, le attuali classi dirigenti sono capaci , senza esser state «istruite» (o meglio, messe da parte) da una serie di rivoluzioni, di fare una pace che soddisfi in qualche modo la democrazia e la classe operaia. Non c’è niente di più dannoso di questo inganno. Non c’è niente che getti più polvere negli occhi degli operai quanto inculcare in loro l’idea errata che la contraddizione fra capitalismo e socialismo non sia profonda , non c’è niente che mascheri di più la schiavitù capitalistica. No, dobbiamo utilizzare lo stato d’animo favorevole alla pace per spie- gare alle masse che i benefici che essi si aspettano dalla pace sono impos- sibili senza una serie di rivoluzioni. La fine delle guerre, la pace fra i popoli, la fine delle rapine e delle violenze: proprio questo è il nostro ideale, ma solo dei sofisti borghesi possono servirsene per allettare le masse, staccando questo ideale dalla propaganda immediata, diretta di azioni rivoluzionarie. Il terreno per tale propaganda esiste; per svolgerla occorre soltanto rompere con gli alleati della borghesia, con gli opportunisti che ostacolano direttamente (arrivando fino alla delazione) e indirettamente il lavoro rivoluzionario. Allo stesso modo anche la parola d’ordine dell’autodecisione delle nazioni dev’essere posta in relazione all’epoca imperialistica del capita- lismo. Noi non siamo per lo status quo, non siamo per l’utopia piccolo- LA QUESTIONE DELLA PACE 267 borghese del rifiuto delle grandi guerre. Siamo per la lotta rivoluzio- naria contro Pimperialismo, cioè contro il capitalismo. L'imperialismo sta proprio nella tendenza delle nazioni che ne opprimono altre a esten- dere e a consolidare questa oppressione, a rispartire le colonie. Perciò il centro della questione dell'autodecisione delle nazioni, nella nostra epoca, sta proprio nell’atteggiamento dei socialisti delle nazioni che op- primono. Il socialista di un paese oppressore ( Inghilterra, Francia, Ger- mania, Giappone, Russia, Stati Uniti, ecc. ) che non riconosca e non di- fenda il diritto delle nazioni oppresse all'autodecisione (cioè alla libera separazione), in effetti non è un socialista, ma uno sciovinista. Solo questo punto di vista porta a una lotta conseguente, senza ipocrisia, contro l'imperialismo, porta a un'impostazione proletaria, e non piccolo-borghese (nella nostra epoca) della questione nazionale. Solo questo punto di vista permette di attuare conseguentemente il principio della lotta contro l'oppressione delle nazioni, elimina la sfi- ducia fra i proletari dei paesi oppressori e di quelli oppressi, porta a una lotta solidale, internazionale per la rivoluzione socialista (cioè per il solo regime che realizzi la completa parità di diritti delle nazioni) e non per l’utopia piccolo-borghese della libertà di tutti i piccoli Stati in generale durante il capitalismo. È proprio questo il punto di vista del nostro partito, cioè dei socialdemocratici della Russia, uniti intorno al Comitato centrale. Pro- prio questo era il punto di vista di Marx, che insegnava al proletariato che un popolo che ne opprime altri non può essere libero. Da questo punto di vista Marx rivendicava la separazione dell'Irlanda dall'Inghil- terra, dal punto di vista degli interessi del movimento di liberazione degli operai inglesi (e non solo degli irlandesi). Se i socialisti inglesi non riconoscono e non difendono il diritto alla separazione dell'Irlanda, i francesi quello di Nizza italiana, i te- deschi quello dell’Alsazia-Lorena, dello Schleswig danese, della Polo- nia, i russi quello della Polonia, della Finlandia, dell'Ucraina, eco., i polacchi quello dell’Ucraina, se tutti i socialisti delle « grandi » po- tenze, cioè delle potenze che compiono grandi rapine, non difendono questo stesso diritto per le colonie, è perché — e non solo perché — essi sono in effetti degli imperialisti, e non dei socialisti. Ed è ridicolo illudersi che uomini che non difendono il « diritto alPautodecisione » delle nazioni oppresse, quando appartengono essi stessi a paesi oppres- sori, siano capaci di condurre una politica socialista. 268 LENIN Invece di lasciare agli ipocriti retori la possibilità di ingannare il popolo con belle frasi e promesse sulla possibilità di una pace demo- cratica, i socialisti debbono spiegare alle masse l'impossibilità di una pace poco o tanto democratica, senza una serie di rivoluzioni e senza una lotta rivoluzionaria in ogni paese contro il proprio governo. In- vece di permettere ai politicanti borghesi d’imbrogliare i popoli con belle frasi sulla libertà delle nazioni, i socialisti debbono spiegare alle masse delle nazioni che opprimono che per esse non c'è speranza di liberazione se aiuteranno a opprimere altre nazioni, se non ricono- sceranno e non difenderanno il diritto di queste nazioni all'autode- cisione, cioè alla libera separazione. Questa è la politica socialista, e non imperialista, generale per tutti i paesi, sulla questione della pace e sulla questione nazionale. Questa politica, è vero, è per la maggior parte incompatibile con le leggi sull'alto tradimento, ma è incom- patibile con queste leggi anche la risoluzione di Basilea, cosi vergogno- samente tradita da quasi tutti i socialisti dei paesi oppressori. Bisogna scegliere: per il socialismo o per la sottomissione alle leggi dei signori Joffre e Hindenburg, per la lotta rivoluzionaria o per il servilismo di fronte all'imperialismo. Non c'è via di mezzo. E gli ipocriti (oppure ottusi) inventori della politica della «linea di mezzo » arrecano il maggior danno al proletariato.- Scritto nel luglio-agosto 1915. Firmato: Lenin. Pubblicato per la prima volta, senza firma, nella Proletarskaia Revolìutsia , n. 5 (28), 1924. IL SOCIALISMO E LA GUERRA (L’atteggiamento del POSDR verso la guerra) 133 Scritto nel luglio-agosto 1915. Pubblicato in opuscolo nell’autunno del 1915 nelle edizioni della redazione del Sotsial-Demokrat , Ginevra. PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE (ESTERA) La guerra continua già da un anno. Fin dall’inizio, il nostro par- tito ha definito il suo atteggiamento verso di essa nel manifesto del Comitato centrale, scritto nel settembre del 1914 e pubblicato il 1° no- vembre 1914 nel n. 33 dell’organo centrale del nostro partito, il Sotsial-Demokrat (dopo che i membri del Comitato centrale ed i rap- presentanti responsabili del nostro partito in Russia, ai quali era stato inviato, l’avevano approvato). Inoltre, nel n. 40 (29 marzo 1913) sono state pubblicate le risoluzioni della Conferenza di Berna che contengono un’esposizione piu precisa dei nostri principi e della nostra tattica. Attualmente, in Russia, si sviluppa fra le masse, in modo evi- dente, uno stato d'animo rivoluzionario. Negli altri paesi si osservano ovunque i sintomi di un fenomeno analogo, benché la maggior parte dei partiti socialdemocratici ufficiali, che si sono messi ciascuno dalla parte del proprio governo e della propria borghesia, si adoperino per soffocare le tendenze rivoluzionarie del proletariato. Un simile stato di cose rende particolarmente urgente la pubblicazione di un opusco- lo che faccia il bilancio della tattica dei socialdemocratici nei confronti della guerra. Ristampando integralmente i sopra indicati documenti di partito, li accompagniamo con brevi spiegazioni, sforzandoci di ren- derci conto di tutte le principali ragioni che militano a favore della tattica borghese e di quella proletaria, esposte nelle pubblicazioni e nelle riunioni di partito. PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE II presente opuscolo è stato scritto nell’estate del 1915, prima della Conferenza di Zimmerwald 134 . È stampato anche in tedesco e in francese ed è stato ripubblicato integralmente in norvegese, nell’orga- no della gioventù socialdemocratica norvegese. L’edizione tedesca di questo opuscolo è stata introdotta in Germania illegalmente ed ille- galmente diffusa a Berlino, Lipsia, Brema ed altre città, dai seguaci della sinistra zimmerwaldiana e dal gruppo di Karl Liebknecht. L’edi- fcione francese è stata stampata illegalmente a Parigi e diffusa dagli zimmerwaldiani francesi. L’edizione russa è giunta in numero assai limi- tato di copie e, a Mosca, è stata copiata a mano da operai. Ripubblichiamo ora integralmente l’opuscolo come documento. Il lettore dovrà sempre tener presente che esso è stato scritto nell’agosto del 1915. Bisogna particolarmente ricordarsene quando si parla della Russia:, la Russia era allora ancora zarista, era la Russia dei Romanov... Pubblicata nell’edizione dell’opuscolo del 1918 . Capitolo I I PRINCÌPI DEL SOCIALISMO E LA GUERRA DEL 1914-15 La posizione dei socialisti di fronte alle guerre I socialisti hanno sempre condannato le guerre fra i popoli co- me cosa barbara e bestiale. Ma il nostro atteggiamento di fronte alla guerra è fondamentalmente diverso da quello dei pacifisti borghesi (fautori e predicatori della pace) e degli anarchici. Dai primi ci di- stinguiamo in quanto comprendiamo l'inevitabile legame delle guerre con la lotta delle classi neirintemo di ogni paese, comprendiamo l'im- possibilità di distruggere le guerre senza distruggere le classi ed edifi- care il socialismo, come' pure in quanto riconosciamo pienamente la legittimità, il carattere progressivo e la necessità delle guerre civili, cioè delle guerre della classe oppressa contro quella che opprime, degli schiavi contro i padroni di schiavi, dei servi della gleba contro i pro- prietari fondiari, degli operai salariati contro la borghesia. E dai paci- fisti e dagli anarchici noi marxisti ci distinguiamo in quanto riconoscia- mo la necessità dell'esame storico (dal punto di vista del materialismo dialettico di Marx) di ogni singola guerra. Nella storia sono piu volte avvenute delle guerre che, nonostante tutti gli orrori, le brutalità, le niserie ed i tormenti inevitabilmente, connessi con ogni guerra, sono state progressive; che, cioè, sono state utili all'evoluzione dell'umanità, contribuendo a distruggere istituzioni particolarmente nocive e reazio- narie (per esempio l'autocrazia o la servitù della gleba), i piu barbari dispotismi dell'Europa (quello turco e quello russo). Perciò bisogna prendere in esame le particolarità storiche proprie di questa guerra. Tipi storici di guerre nei tempi moderni La grande Rivoluzione francese ha iniziato una nuova epoca nella storia dell'umanità. Da allora fino alla Comune di Parigi, dal 274 LENIN 1789 al 1871, un particolare tipo di guerra è costituito dalle guerre a carattere borghese progressivo, di liberazione nazionale. In altre parole, il principale contenuto ed il significato storico di queste guerre è stato l’abbattimento e la distruzione dell’assolutismo e del feudalesimo, lo abbattimento dell’oppressione straniera. Esse sono state, perciò, guerre progressive e tutti gli onesti democratici rivoluzionari, nonché tutti i socialisti, durante tali guerre, simpatizzarono sempre per il successo di quel paese (cioè di quella borghesia) che contribuiva ad abbattere 0 a minare i pilastri piu pericolosi del feudalesimo, dell’assolutismo e dell’oppressione di popoli stranieri. Per esempio, nelle guerre rivolu- zionarie della Francia c’era anche un elemento di rapina e di con- quista di terre straniere da parte dei francesi, ma ciò non cambia affatto il significato storico fondamentale di quelle guerre, le quali distruggevano e scuotevano il feudalesimo e l’assolutismo in tutta la vecchia Europa feudale. Nella guerra franco-prussiana, la Germania depredò la Francia; ma ciò non cambia il significato storico fonda- mentale di quella guerra, che ha liberato il popolo tedesco, cioè un popolo di decine di milioni di uomini, dal frazionamento feudale e dall’oppressione di due despoti: lo zar russo -e Napoleone III. Differenza fra guerra di aggressione e guerra dì difesa Il periodo 1789-1871 ha lasciato tracce e ricordi rivoluzionari profondi. Fino all’abolizione del feudalesimo, dell’assolutismo e dell’op- pressione straniera, non si poteva nemmeno parlare di uno sviluppo della lotta proletaria per il socialismo. Quando parlavano di legit- timità della guerra « difensiva », a proposito delle guerre di tale epoca, 1 socialisti avevano presenti appunto sempre quegli scopi, cioè la rivo- luzione contro il medioevo e contro la servitù della gleba. Per guerra « difensiva » i socialisti hanno sempre inteso una guerra « giusta » in questo senso (una volta W. Liebknecht si espresse appunto cosi). Soltanto in questo senso i socialisti hanno riconosciuto e «riconoscono oggi la legittimità, il carattere progressivo e giusto della « difesa della patria» o della guerra «difensiva». Per esempio, se domani il Ma- rocco dichiarasse guerra alla Francia, l’India all’Inghilterra, la Persia o la Cina alla Russia, ecc., queste sarebbero delle guerre « giuste », delle guerre « difensive » indipendentemente da chi avesse attaccato per primo, ed ogni socialista simpatizzerebbe per la vittoria degli Stati IL SOCIALISMO E LA GUERRA 275 oppressi, soggetti e privi di diritti, contro le « grandi » potenze schia- vista che opprimono e depredano. Ma immaginate che un padrone di cento schiavi guerreggi con un altro che ne possiede duecento per una piu « giusta » ripartizione degli schiavi stessi. È chiaro che, in un simile caso, la qualifica di guerra « difensiva » o di « difesa della patria » costituirebbe una fal- sificazione storica e, in pratica, solo un inganno del popolo semplice, della piccola borghesia, della gente ignorante, da parte degli astuti padroni di schiavi. È proprio cosi che la borghesia imperialista del nostro tempo inganna i popoli, servendosi dell’ideologia « nazionale » e del concetto di difesa della patria nelPattuale guerra fra i padroni di schiavi, per il consolidamento ed il rafforzamento della schiavitù. La guerra attuale è una guerra imperialista Quasi tutti riconoscono che la guerra attuale è imperialista, ma i piu deformano questo concetto o lo applicano unilateralmente o cercano di far credere alla possibilità che questa guerra abbia un si- gnificato borghese-progressivo di liberazione nazionale. L’imperialismo è il piu alto grado di sviluppo del capitalismo, ed è stato raggiunto soltanto nel XX secolo. Per il capitalismo, sono divenuti angusti i vecchi Stati nazionali, senza la cui formazione esso non avrebbe po- tuto abbattere il feudalesimo. Il capitalismo ha sviluppato a tal punto la concentrazione, che interi rami delPindustria sono nelle mani di sin- dacati, di trust, di associazioni di capitalisti miliardari, e quasi tutto il globo è diviso tra questi « signori del capitale », o in forma di colo- nie o mediante la rete dello sfruttamento finanziario che lega con mille fili i paesi stranieri. Il libero commercio e la concorrenza sono stati sostituiti dalla tendenza al monopolio, dall’usurpazione di terre per impiegarvi dei capitali, per esportare materie prime, ecc. Da liberatore delle nazioni quale era nella lotta contro il feudalesimo, il capitalismo, nella fase imperialista, è divenuto il maggiore oppressore delle nazioni. Da progressivo, il capitalismo è divenuto reazionario; ha sviluppato a tal punto le forze produttive, che l’umanità deve o passare al so- cialismo o sopportare per anni, e magari per decenni, la lotta armata tra le « grandi » potenze per la conservazione artificiosa del capita- lismo mediante le colonie, i monopoli, i privilegi e le oppressioni nazionali di ogni specie. 276 LENIN La guerra tra i maggiori schiavisti per la conservazione e il rafforza- mento della schiavitù Per chiarire il significato delPimperialismo, citiamo dei dati pre- cisi sulla spartizione del mondo tra le cosiddette « grandi potenze » (le potenze, cioè, cui arride la fortuna nella grande rapina). Ripartizione del mondo tra le « grandi » potenze schiavisi e Colonie Metropoli Totale 1876 1914 1914 Kmq* abif * Kmq* abit.* Kmq* abit * Kmq* abit * Grandi potenze Inghilterra 22,5 251,9 33,5 393,5 0,3 46,5 33,8 440,0 Russia 17,0 15,9 17,4 33,2 5,4 136,2 22,8 169,4 Francia 0,9 6,0 10,6 55,5 0,5 39,6 11,1 95,1 Germania 2,9 12,3 0,5 64,9 3,4 77,2 Giappone 0,3 19,2 0,4 53,0 0,7 72,2 Stati Uniti d’America 0,3 9,7 9,4 97,0 9,7 106,7 Sei « grandi » potenze 40,4 273,8 65,0 523,4 16,5 437,2 8U 960,6 Colonie appartenenti '■ - a non grandi potenze (ma al Belgio, Olanda e altri Stati) Tre paesi « semi-colo- 9,9 45,3 9,9 45,3 niali » (Turchia, Cina, Persia) 14,5 361,2 Totale 105,9 1367,1 Rimanenti Stati e paesi 28,0 289,9 Tutto il globo (senza le regioni polari) 133,9 1657,0 * In milioni. Da ciò si vede come i popoli i quali, negli anni 1789-1871 lotta- rono, per lo piu, alla testa degli altri per la libertà, si siano trasfor- mati, dopo il 1876, sul terreno di un capitalismo altamente sviluppato e « ipermaturo », in oppressori e asservitori della maggioranza della IL SOCIALISMO £ LA GUERRA 277 popolazione e delle nazioni di tutto il globo terrestre. Dal 1876 al 1914, sei « grandi » potenze depredarono 25 milioni di chilometri quadrati, cioè una superficie due volte e mezzo Tintera Europa! Sei potenze tengono soggetti piu di mezzo miliardo (523 milioni ) di uo- mini nelle colonie. Per ogni 4 abitanti delle « grandi » potenze si contano cinque abitanti delle « loro » colonie. È noto a tutti che le colonie sono conquistate col ferro e col fuoco, che nelle colonie la popolazione è trattata bestialmente, sfruttata in mille modi (per mezzo dell’esportazione del capitale, delle concessioni, ecc., con la frode nella vendita delle merci, con la sottomissione ai poteri della nazione « do- minante » e cosi via). La borghesia anglo-francese inganna il popolo, affermando di condurre la guerra per la libertà dei popoli e del Belgio: in realtà, essa conduce la guerra per conservare le colonie che sfrutta senza misura. Gli imperialisti tedeschi avrebbero subito liberato il Belgio ecc., se gli inglesi e i francesi avessero « cristianamente » diviso con loro le proprie colonie. L’originalità della situazione sta nel fatto che, in questa guerra, i destini delle colonie vengono decisi dalla lotta armata sul continente. Dal punto di vista della giustizia borghese e della libertà nazionale (o del diritto delle nazioni all’esistenza) la Germania avrebbe indubbiamente ragione contro l’Inghilterra e la Francia, poiché essa è « sprovvista » di colonie, mentre i suoi nemici opprimono nazioni in numero incomparabilmente maggiore; sotto la sua alleata, l’Austria, gli slavi oppressi godono indubbiamente una li- bertà maggiore che non in quella vera « prigione di popoli » che è la Russia zarista. Ma la stessa Germania si batte non per liberare ma per opprimere le nazioni. Non è compito dei socialisti aiutare il brigante più giovane e più forte (la Germania) a depredare i bri- ganti più vecchi e più nutriti. I socialisti devono servirsi della lotta tra i briganti per abbatterli tutti. A tal fine, i socialisti devono dire al popolo la verità, e precisamente che questa guerra è ima guerra di schiavisti per il rafforzamento della schiavitù, per tre motivi; questa guerra tende: in primo luogo a rafforzare la schiavitù delle colonie con una più « giusta » ripartizione e con un ulteriore e più « concorde » sfruttamento di esse; in secondo luogo, a consolidare l’oppressione sulle nazionalità allogene nelle « grandi » potenze stesse, perché sia l’Austria, sia la Russia (la Russia molto più e molto peggio dell’Austria) si reggono soltanto con tale oppressione e la rafforzano con la guerra; in terzo luogo, a consolidare e prolungare la schiavitù salariata, poiché 278 LENIN il proletariato è diviso e schiacciato ed i capitalisti ne approfittano, arricchendosi con la guerra, inculcando i pregiudizi nazionali e raf- forzando la reazione, la quale ha alzato la testa in tutti i paesi, perfino in quelli più liberi e repubblicani. « La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi » (e precisamente con mezzi violenti ) Questa celebre espressione appartiene ad uno dei piu profondi scrittori di problemi militari, Clausewitz 133 . Giustamente i marxisti hanno sempre ritenuto questa tesi come la base teorica per intendere il significato di ogni guerra concreta. Marx ed Engels hanno sempre considerato le varie guerre precisamente da questo punto di vista. Applicate questa teoria alla guerra attuale. Vedrete che, nel corso di decenni, di quasi mezzo secolo, i governi e le classi dominanti in Inghilterra, in Francia, in Germania, in Italia, in Austria, in Russia hanno condotto una politica di depredazione delle colonie, di oppres- sione di altre nazioni, di soffocamento del movimento operaio. Appunto tale politica — e soltanto essa — ha la sua continuazione nella pre- sente guerra. In particolare, sia in Austria che in Russia, la politica, tanto in tempo di pace quanto in tempo di guerra, consiste nell’asser- vimento delle nazioni e non nella loro liberazione. Al contrario, in Cina, in Persia, in India e in altri paesi soggetti, si è sviluppata, nel corso degli ultimi decenni, una politica di risveglio alla vita nazionale di decine e centinaia di milioni di uomini, di liberazione dalloppres- sione delle « grandi » potenze reazionarie. Su questo terreno storico, una guerra può essere anche oggi borghese-progressiva, di liberazione nazionale. Basta ricordare che la guerra attuale è la continuazione della politica delle « grandi » potenze e delle classi fondamentali nell’in- terno di esse, per vedere subito la stridente antistoricità, la falsità e l’ipocrisia dell’opinione secondo la quale l’idea della « difesa della patria » sarebbe giustificabile in questa guerra. L'esempio del Belgio I socialsciovinisti della Triplice (ora quadruplice) Intesa (in Rus- sia, Plekhanov e soci) amano riferirsi soprattutto airesempio del Belgio. IL SOCIALISMO E LA GUERRA 279 Ma questo esempio parla contro di loro. Gli imperialisti tedeschi han- no spudoratamente violato la neutralità del Belgio; come hanno fatto sempre ed ovunque gli Stati belligeranti, che, in caso di necessità, hanno calpestato tutti i trattati e gli impegni. Ammettiamo che tutti gli Stati interessati al rispetto dei trattati internazionali abbiano dichia- rato guerra alla Germania reclamando la liberazione del Belgio ed il risarcimento dei danni da esso subiti. In questo caso, la simpatia dei socialisti sarebbe, naturalmente, dalla parte dei nemici della Germania. Ma sta di fatto che la « Triplice » (e quadruplice) Intesa fa la guerra non per il Belgio: ciò è ben noto, e soltanto gli ipocriti lo nascondono. L’Inghilterra depreda le colonie della Germania e la Turchia; la Rus- sia depreda la Galizia e la Turchia; la Francia mira ad ottenere FAI- sazia-Lorena e perfino la riva sinistra del Reno; con l’Italia è con- cluso un patto per la divisione del bottino (Albania, Asia Minore); con la Bulgaria e la Romania è pure avviato un mercato per la di- visione del bottino. Sulla base dell’attuale guerra, con i governi attuali, è impossibile aiutare il Belgio, se non contribuendo a soffocare l’Au- stria o la Turchia ecc.! Che cosa centra in questo la «difesa della patria »? In questo appunto consiste la caratteristica della guerra im- perialista, della guerra fra governi borghesi reazionari, storicamente superati, guerra condotta per l’oppressione di altre nazioni. Chi giu- stifica la partecipazione all’attuale guerra, perpetua l’oppressione im- perialista delle nazioni. Chi consiglia di sfruttare le attuali difficoltà dei governi ai fini della lotta per la rivoluzione sociale, difende real- mente la libertà di tutte le nazioni raggiungibile solo col socialismo. Perché combatte la Russia? In Russia, l’imperialismo capitalista di tipo nuovissimo si è piena- mente rivelato nella politica dello zarismo verso la Persia, la Manciù- ria, la Mongolia; ma in generale in Russia predomina l’imperialismo militare e feudale. In nessuna parte del mondo esiste una simile op- pressione della maggioranza della popolazione del paese come in Russia: i grandi-russi rappresentano solo il 43 per cento della popolazione e cioè meno della metà, e tutti gli altri, in quanto allogeni, sono privi di diritti. Dei 170 milioni di abitanti della Russia circa 100 milioni sono oppressi e privi di diritti. Lo zarismo conduce la guerra per im- padronirsi della Galizia e per soffocare definitivamente la libertà degli 280 LENIN ucraini, per impadronirsi dell' Armenia, di Costantinopoli, eco. Lo za- rismo vede nella guerra un mezzo per distrarre l’attenzione dal cre- scente malcontento nell’interno del paese e per schiacciare il cre- scente movimento rivoluzionario. Attualmente, su due grandi-russi si contano in Russia da due a tre « allogeni » privi di diritti: per mezzo della guerra, lo zarismo si sforza di aumentare il numero delle nazioni oppresse dalla Russia, di consolidare la loro schiavitù, e con ciò di stroncare la lotta per la libertà dei grandi-russi stessi. La possibi- lità di opprimere e depredare popoli stranieri stabilizza il ristagno economico, perché, anziché lo sviluppo delle forze produttive, è lo sfruttamento semifeudale degli «allogeni» che rappresenta, non di rado, la fonte del profitto. In tal modo, nei confronti della Russia, la guerra si distingue per il carattere spiccatamente reazionario e illiberale. Che cos’è il socialsciovinismo? Il socialsciovinismo consiste nel sostenere l’idea della « difesa della patria » nella guerra attuale. Da questa idea deriva, inoltre, la rinuncia alla lotta dì classe in tempo di guerra, l’approvazione dei crediti di guera, ecc. In realtà, i socialsciovinistì conducono una poli- tica borghese antiproletaria, perché in realtà essi sostengono non la « difesa della patria » nel senso di una lotta contro Poppressione stra- niera, ma il « diritto » di determinate « grandi » potenze a depredare colonie e opprimere popoli stranieri. I socialsciovinistì rinnovano ai danni del popolo l’inganno borghese, come se la guerra si facesse per la difesa della libertà e per l’esistenza delle nazioni, e passano cosi dalla parte della borghesia contro il proletariato. Sono da annoverare tra i socialsciovinistì sia coloro che giustificano e mettono in buona luce i governi e la borghesia di uno dei gruppi di potenze belligeranti, sia coloro che, come Kautsky, riconoscono ai socialisti di tutte le potenze belligeranti lo stesso diritto di « difendere la patria ». Il so- cialsciovinismo, rappresentando in realtà la difesa dei privilegi, del predominio, dei saccheggi, delle violenze della « propria» (o in gene- rale di qualsiasi) borghesia imperialista, costituisce il completo tradi- mento di tutte le convinzioni socialiste e delle decisioni del Congresso socialista intemazionale di Basilea. IL SOCIALISMO E LA GUERRA 281 II manifesto di Basilea Il manifesto sulla guerra, accettato airunanimità a Basilea nel 1912, si riferisce proprio alla guerra fra PInghilterra e la Germania ed i loro rispettivi alleati attuali, che scoppiò poi nell'anno 1914. Il manifesto dichiara apertamente che nessun interesse del popolo può giustificare una simile guerra, condotta « per i profitti dei capitalisti ed a vantaggio delle dinastie », sul terreno della politica imperialista di rapina delle grandi potenze. Il manifesto dichiara apertamente che la guerra è pericolosa «per i governi» (tutti, senza eccezione), rileva il loro timore di una « rivoluzione proletaria », cita con la massima precisione P esempio della Comune del 1871 e delPottobre-dicembre del 1905, cioè V esempio della rivoluzione e della guerra civile. In tal modo il manifesto di Basilea fissa, proprio per questa guerra, la tat- tica della lotta rivoluzionaria degli operai su scala internazionale contro i propri governi, la tattica della rivoluzione proletaria. Il manifesto di Basilea ripete le parole della risoluzione di Stoccarda, e cioè che, in caso di guerra, i socialisti devono sfruttare la « crisi economica e poli- tica » che ne deriva, per « affrettare l'eliminazione del dominio di classe capitalistico », cioè sfruttare le difficoltà che la guerra crea ai governi e Pindignazione delle masse, ai fini della rivoluzione socialista. La politica dei socialsciovinisti, la giustificazione che essi fanno’ della guerra con argomenti « di libertà » borghese, Pammissione della « difesa della patria », la votazione dei crediti, la partecipazione ai ministeri, ecc. ecc., è un aperto tradimento del socialismo che si spiega solo, come vedremo piu avanti, con la vittoria delPopportunismo e della politica operaia nazional-liberale nel seno della maggioranza dei partiti europei. Falsi richiami a Marx e a Engels I socialsciovinisti russi, con Plekhanov alla testa, si richiamano alla tattica di Marx nella guerra del 1870; i tedeschi sul tipo di Lensch, di David e soci, si richiamano alla dichiarazione di Engels del 1891 sul- Pobbligo per i socialisti tedeschi di difendere la patria in caso di guerra contro la Russia e la Francia unite; infine, i socialsciovinisti tipo Kautsky, che desiderano conciliare e legalizzare lo sciovinismo intemazionale, si richiamano al fatto che Marx ed Engels, pur con- 282 LENIN dannando le guerre, si posero, nondimeno, continuamente dal 1854- 1855 fino al 1870-1871 e 1876-1877, dalla parte di un determinato Stato belligerante, una volta che la guerra era scoppiata. Tutte queste citazioni rappresentano di per sé una ripugnante defor- mazione a profitto della borghesia e degli opportunisti, delle teorie di Marx ed Engels, precisamente come gli scritti degli anarchici Guil- laume e soci rappresentano una deformazione delle teorie di Marx ed Engels, fatta per giustificare l’anarchismo. La guerra del 1870-1871, finché Napoleone III non fu vinto, era storicamente progressiva pei la Germania; poiché Napoleone, insieme allo zar, oppresse per lunghi anni la Germania, mantenendovi il frazionamento feudale. Ma non appena la guerra fini con la rapina a danno della Francia (annessione deirAlsazia-Lorena), Marx ed Engels condannarono decisamente i te- deschi. Inoltre, al principio di quella guerra, Marx ed Engels avevano approvato il rifiuto di Bebel e di Liebknecht di votare per i crediti di guerra, e avevano consigliato i socialdemocratici a non fondersi con la borghesia e a difendere gli interessi di classe indipendenti del pro- letariato. Trasferire il giudizio dato su quella guerra, borghese-progres- sista e di liberazione nazionale, all’attuale guerra imperialista, è farsi beffa della verità. Lo stesso si deve dire, ed a maggior ragione, della guerra del 1854-1855 e di tutte le guerre del XIX secolo, quando non c’erano né l’imperialismo attuale né le condizioni obiettive già ma- ture del socialismo, né partiti socialisti di massa in tutti i paesi belli- geranti, quando cioè mancavano precisamente quelle condizioni dalle quali il manifesto di Basilea aveva dedotto la tattica della « rivoluzione proletaria » in rapporto alla guerra fra le grandi potenze. Chi si richiama adesso all’atteggiamento di Marx verso le guerre del periodo progressivo della borghesia e dimentica le parole di Marx: « gli operai non hanno patria » — parole che si riferiscono precisa- mente all’epoca della borghesia reazionaria, superata, all’epoca della rivoluzione socialista — deforma spudoratamente Marx e sostituisce al punto di vista socialista il punto di vista borghese. Il fallimento della II Internazionale I socialisti di tutto il mondo hanno solennemente dichiarato, nel 1912 a Basilea, di considerare la guerra europea che sì avvicinava come un’azione « delittuosa », la piu reazionaria azione di tutti i go- IL SOCIALISMO E LA GUERRA 283 verni, la quale dovrà affrettare il crollo del capitalismo, provocando inevitabilmente la rivoluzione contro di esso. È scoppiata la guerra, è venuta la crisi. Invece della tattica rivoluzionaria, la maggioranza dei partiti socialdemocratici ha adottato una tattica reazionaria, po- nendosi dalla parte dei rispettivi governi e delle rispettive borghesie. Questo tradimento del socialismo ha provocato il fallimento della II Internazionale ( 1889-1914), e noi dobbiamo renderci conto delle cause di questo fallimento, vedere che cosa ha dato vita e vigore al social- sciovinismo. Il socialsciovinismo è il pieno sviluppo dell opportunismo In tutto il periodo della II Internazionale si è svolta ovunque, in seno ai partiti socialdemocratici, una lotta fra l’ala rivoluzionaria e l’ala opportunista. In diversi paesi è avvenuta una scissione di questo genere (Inghilterra, Italia, Olanda, Bulgaria). Nessun marxista ha mai dubitato del fatto che l’opportunismo esprime la politica borghese nel movimento operaio, esprime gli interessi della piccola borghesia e l’unio- ne di un’infima parte di operai imborghesiti con la propria borghesia, contro gli interessi della massa dei proletari, della massa degli oppressi. Le condizioni obiettive della fine del secolo XIX hanno parti- colarmente rafforzato l’opportunismo trasformando l’utilizzazione della legalità borghese in un atteggiamento servile dinanzi ad essa, creando un piccolo strato di burocrazia e di aristocrazia della classe operaia, attirando nelle file dei partiti socialdemocratici molti « compagni di strada » piccolo-borghesi. La guerra ha accelerato questo sviluppo, trasformando l’oppor- tunismo in socialsciovinismo, rendendo palese l’unione segreta degli opportunisti con la borghesia. Nel tempo stesso, le autorità militari hanno proclamato dovunque lo stato d’assedio, mettendo il bavaglio alla massa operaia, i cui vecchi capi sono quasi tutti passati alla borghesia. La base economica dell’opportunismo e del socialsciovinismo è identica: gli interessi di un gruppo piccolissimo di operai privilegiati e di piccoli borghesi che difendono la propria situazione privilegiata, il proprio « diritto » alle briciole dei profitti ottenuti dalla « loro » borghesia nazionale col depredamento di altre nazioni, con i vantaggi della posizione di grande potenza, ecc. 284 LENIN Il contenuto ideologico e politico deiropportunismo e del social- sciovinismo è identico: la collaborazione delle classi invece della lotta di classe, la rinuncia ai mezzi rivoluzionari di lotta, l’aiuto al « pro- prio » governo nelle situazioni difficili, invece di utilizzare le sue diffi- coltà nell’interesse della rivoluzione. Se consideriamo tutti i paesi euro- pei nel loro complesso, se rivolgiamo Pattenzione non a singole persone (fossero anche le piu autorevoli), risulterà che proprio la corrente opportunista è divenuta il sostegno principale del socialsciovinismo, mentre dal campo dei rivoluzionari si leva, quasi dovunque, una pro- testa piu o meno conseguente contro di esso. E se si considera, per esempio, il raggruppamento delle tendenze al Congresso internazionale socialista di Stoccarda del 1907, vediamo che il marxismo intema- zionale era contro Pimperialismo, mentre l’opportunismo internazionale già allora era in suo favore. L’unità con gli opportunisti significa unione degli operai con la « propria » borghesia nazionale e divisione della classe operaia internazionale rivoluzionaria Nel periodo passato, prima della guerra, Popportunismo era con- siderato, non di rado, una « deviazione », un’« ala estrema », ma pur sempre una parte integrante, legittima del partito socialdemocratico. La guerra ha dimostrato l’impossibilità di un simile atteggiamento per il futuro. L'opportunismo è « maturato », ha spinto fino in fondo la sua funzione di emissario della borghesia nel movimento operaio. L’unità con gli opportunisti è divenuta una mera impostura, e ne vediamo l’esempio nel partito socialdemocratico tedesco. In tutte le questioni importanti (per esempio, nella votazione del 4 agosto), gli opportunisti si presentano con un proprio ultimatum ed ottengono soddisfazione, grazie ai loro molteplici legami con la borghesia, alla loro maggioranza fra i dirigenti dei sindacati, ecc. L y unità con gli op- portunisti significa oggi in pratica la sottomissione della classe operaia alla « propria » borghesia nazionale, l’unione con essa per assoggettare altre nazioni e per lottare in favore dei privilegi di grande potenza, significa dunque la divisione del proletariato rivoluzionario di tutti i paesi. Per quanto, in singoli casi, la lotta contro gli opportunisti, che predominano in tante organizzazioni, sia difficile, per quanto sia vario IL SOCIALISMO E LA GUERRA 285 nei diversi paesi il processo di epurazione dei partiti operai dagli opportunisti, questo processo è inevitabile e vantaggioso. Il socialismo riformista muore; il socialismo che rinasce « sarà rivoluzionario, in- transigente, insurrezionale », secondo la giusta espressione del socia- lista francese Paul Golay. Il « kautskismo » Kautsky, la maggiore autorità della II Internazionale, rappresen- ta un esempio estremamente tipico e chiaro del modo in cui il ricono- scimento verbale del marxismo ha condotto in pratica alla sua tra- sformazione in « struvismo » 130 od in « brentanismo » 137 . Lo vediamo anche nel caso di Plekhanov. Con evidenti sofismi si priva il marxismo della sua viva anima rivoluzionaria; del marxismo di ammette tutto, tranne i mezzi rivoluzionari di lotta, la loro propaganda e prepara- zione, l'educazione delle masse appunto in questa direzione. Kautsky « concilia », senza preoccuparsi delPideoIogia, il pensiero fondamen- tale del socialsciovinismo, il riconoscimento della difesa della patria nella guerra attuale, con una concessione diplomatica, formale, agli uomini della sinistra, consistente nell'as tenersi dal votare i crediti di guerra, nelPaffermare a parole il suo atteggiamento d'opposizione, ecc. Kautsky, che nel 1909 aveva scritto tutta un'opera sull'approssimarsi dell'epoca delle rivoluzioni e sul nesso esistente tra la guerra e la rivoluzione, Kautsky che nel 1912 ha firmato il manifesto di Basilea sull'utilizzazione rivoluzionaria della futura guerra, giustifica ora in tutti i modi e mette in buona luce il socialsciovinismo, e, al pari di Plekhanov, si unisce alla borghesia, per schernire ogni proposito di rivoluzione, ogni passo verso un'immediata lotta rivoluzionaria. La classe operaia non può assolvere la sua funzione rivoluzionaria mondiale senza condurre una lotta spietata contro questo tradimento, contro questa mancanza di carattere, contro questo servilismo dinanzi all'opportunismo e contro questo inaudito avvilimento teorico del mar- xismo. Il kautskismo non è un caso, ma il prodotto sociale delle con- traddizioni della II Internazionale, del connubio tra la fedeltà verbale al marxismo e la sottomissione alPopportunismo nei fatti. Nei diversi paesi, quest’inganno fondamentale del kautskismo si manifesta in varie forme. In Olanda, Roland-Holst, pur negando l'idea della difesa della patria, difende l'unità degli’ opportunisti con il partito. 286 LENIN In Russia, Trotski, pur negando anch’egli quest’idea, sostiene l’unità con il gruppo opportunista e sciovinista della Nascia Zarià. In Ro- mania, Rakovski, dichiarando guerra all’opportunismo, quale colpevole del fallimento dell’Internazionale, è pronto nello stesso tempo a rico- noscere la legittimità dell’idea della difesa della patria. Tutte queste sono manifestazioni di quel male che i marxisti olandesi (Gorter, Pannekoek) hanno chiamato « radicalismo passivo » e che porta a sostituire il mar- xismo rivoluzionario con l’eclettismo della teoria e col servilismo e con l’impotenza dinanzi agli opportunisti, nella pratica. La parola d'ordine dei marxisti è la parola d'ordine della socialdemocrazia rivoluzionaria La guerra ha indubbiamente generato la. crisi più acuta ed ha aggravato in modo inverosimile la miseria delle masse. Il carattere rea- zionario di questa guerra, l’impudente menzogna della borghesia di tutti i paesi, che maschera i propri scopi di rapina con un’ideologia « nazionale », tutto .ciò, sul terreno di una situazione obiettivamente rivoluzionaria, crea inevitabilmente nelle masse degli stati d’animo ri- voluzionari. È nostro dovere contribuire a rendere coscienti questi stati d’animo, approfondirli e precisarli. Questo compito è espresso in modo giusto soltanto dalla parola d’ordine di trasformare la guerra imperialista in guerra civile; ed ogni lotta di classe conseguente in tempo di guerra, ogni tattica di « azione di massa » seriamente applicata, conduce inevitabilmente a questo. È impossibile sapere se un forte movimento rivoluzionario scoppierà in seguito alla prima o alla seconda guerra imperialistica fra le grandi potenze, durante o dopo di essa, ma in ogni caso è nostro preciso dovere lavorare sistematicamente e con perseveranza proprio in questa direzione. Il manifesto di Basilea si richiama direttamente aH’esempio della Comune di Parigi, cioè alla trasformazione della guerra tra i governi in guerra civile. Mezzo secolo fa il proletariato era troppo debole, le condizioni obiettive del socialismo non erano ancora maturate, il colle- gamento e la collaborazione dei movimenti rivoluzionari in tutti i paesi belligeranti non poteva esistere. La simpatia di una parte degli operai di Parigi per le « ideologie nazionali » (tradizione del 1792) era una loro debolezza piccolo-borghese, rilevata a suo tempo da Marx: fu questa una delle ragioni della sconfitta della Comune. A distanza di mezzo IL SOCIALISMO E LA GUERRA 287 secolo, le condizioni che indebolirono la rivoluzione di allora non esi- stono più, e attualmente sarebbe imperdonabile per un socialista tolle- rare la rinuncia ad agire precisamente nello spirito dei comunardi parigini. L'esempio della fraternizzazione nelle trincee I giornali borghesi di tutti i paesi belligeranti hanno citato casi di fraternizzazione fra i soldati delle nazioni belligeranti, persino nelle trincee. E gli ordini draconiani delle autorità militari (Germania, In- ghilterra) contro simili fraternizzazioni, dimostrano che i governi e la borghesia vi hanno attribuito una grande importanza. Se nonostante il completo dominio deiropportunismo negli alti ranghi dei partiti socialdemocratici dell’Europa occidentale e nonostante l’appoggio dato al socialsciovinismo da tutta la stampa socialdemocratica e da tutte le autorità della II Internazionale, sono stati possibili dei casi di fraternizzazione, questo dimostra quali possibilità vi sarebbero di abbreviare Fattuale guerra schiavista, delittuosa e reazionaria, e di organizzare un movimento rivoluzionario internazionale, con un siste- matico lavoro in questa direzione, compiuto anche solo dai socialisti di sinistra di tutti i paesi belligeranti. L'importanza dell* organizzazione illegale Gli anarchici più in vista, in tutto il mondo, non meno degli opportunisti si sono macchiati, in questa guerra, di socialsciovinismo (alla maniera di Plekhanov e di Kautsky). Uno dei risultati utili di questa guerra sarà indubbiamente che essa eliminerà tanto l’opportu- nismo quanto Fanarchismo. Senza rinunciare, in nessun caso ed in nessuna circostanza, ad utilizzare ogni minima possibilità legale per Forganizzazione delle masse e la propaganda del socialismo, i partiti socialdemocratici devono rom- perla con il loro asservimento alla legalità. « Per favore sparate per primi, signori borghesi », scrisse Engels, alludendo appunto alla guerra civile ed alla necessità che la legalità fosse violata da noi dopo che essa era stata violata dalla borghesia. La crisi ha dimostrato che la borghesia viola la legalità in tutti i paesi, persino nei più liberi, e che è impossi- bile condurre le masse alla rivoluzione senza creare un’organizzazione 288 LENIN illegale per la propaganda, lo studio, la valutazione, la preparazione dei mezzi rivoluzionari di lotta. In Germania, per esempio, tutto ciò che di onesto fanno i socialisti, si fa contro il basso opportunismo e contro il « kautskismo » ipocrita, e si fa precisamente in modo illegale. In Inghilterra si pronunciano condanne alla galera per dei manifestini invitanti a non entrare nell’esercito. Considerare compatibile con l’appartenenza al partito socialdemo- cratico la negazione dei metodi illegali di propaganda e la derisione di questi metodi nella stampa legale, è un tradimento del socialismo. Sulla sconfitta del « proprio » governo nella guerra imperialista I sostenitori della vittoria del proprio governo nella guerra attuale, nonché i sostenitori della parola d’ordine « né vittoria né sconfitta », hanno un punto di vista egualmente socialsciovinista, La classe rivolu- zionaria, nella guerra reazionaria, non può non desiderare la disfatta del proprio governo, non può non vedere il legame esistente fra gli insuccessi militari del governo e la maggior facilità di abbatterlo. Soltanto il borghese, il quale crede e desidera che la guerra iniziatasi tra i governi termini assolutamente come una guerra tra governi, trova « ridicola » od « assurda » l’idea che i socialisti di tutti i paesi belli- geranti manifestino e augurino la sconfitta a tutti i « propri » governi. Al contrario, proprio una simile azione corrisponderebbe ai segreti pensieri di ogni operaio cosciente e si accorderebbe con la linea della nostra attività diretta a trasformare la guerra imperialista in guerra civile. Indubbiamente, la seria agitazione contro la guerra di una parte dei socialisti inglesi, tedeschi, russi ha « indebolito la potenza militare » dei rispettivi governi; ma tale agitazione è stata un merito di questi so- cialisti. I socialisti devono spiegare alle- masse che per esse non c’è sal- vezza senza l’abbattimento rivoluzionario dei « propri » governi, e che le difficoltà di questi governi nell’attuale guerra devono essere sfruttate appunto a questo fine. Sul pacifismo e sulla parola d'ordine della pace Lo stato d’animo delle masse a favore della pace esprime spesso un principio di protesta, di indignazione e di coscienza del carattere IL SOCIALISMO E LA GUERRA 289 reazionario della guerra. Sfruttare questo stato d’animo è dovere di tutti i socialdemocratici, Essi prenderanno vivissima parte a tutti i movimenti ed a tutte le dimostrazioni su questo terreno, ma non inganneranno il popolo ammettendo che, senza movimento rivoluzionario, sia possi- bile la pace senza annessioni, senza oppressioni di nazioni, senza rapina, senza germi di nuove guerre fra i governi attuali, fra le classi attual- mente dominanti. Ingannando in tal modo il popolo si favorirebbe la diplomazia segreta dei governi belligeranti ed i loro piani controri- voluzionari. Chi vuole la pace democratica e duratura deve essere per la guerra civile contro i governi e contro la borghesia. Il diritto delle nazioni all* autodecisione Il piu frequente inganno fatto al popolo dalla borghesia nell'attuale guerra consiste nel mascherare i propri scopi di rapina con un’ideologia di « liberazione nazionale ». Gli inglesi promettono la libertà al Belgio, i tedeschi alla Polonia, ecc... In realtà, come abbiamo visto, questa è una guerra fra gli oppressori della maggior parte delle nazioni del mondo per rafforzare ed estendere quest'oppressione. I socialisti non possono raggiungere il loro alto obiettivo senza lottare contro ogni oppressione nazionale. Indubbiamente, essi devono perciò esigere che i partiti socialdemocratici dei paesi oppressori (in modo particolare delle cosiddette « grandi » potenze) riconoscano e di- fendano il diritto di autodecisione delle nazioni oppresse , precisamente nel significato politico della parola, e cioè il diritto dalla separazione politica. Il socialista di una grande potenza o di una nazione che possiede delle colonie, il quale non difenda questo diritto, è uno sciovinista. La difesa di questo diritto non solo non favorisce la formazione di piccoli Stati, ma, al contrario, conduce alla formazione più libera, più audace e perciò più larga e più diffusa di grandissimi Stati ed unioni fra gli Stati, più vantaggiosi per le masse e meglio rispondenti allo sviluppo economico. I socialisti delle nazioni oppresse , da parte loro, devono lottare incondizionatamente per la completa unità (anche organizzativa) tra gli operai delle nazioni oppresse e di quelle che opprimono. L'idea di una separazione legale di una nazione dall’ altra — la cosiddetta « autonomia culturale nazionale » di Bauer e Renner — è un’idea reazionaria. 10 — 2431 » 290 LENIN L’imperialismo è un’epoca di crescente oppressione delle nazioni di tutto il mondo da parte di un pugno di « grandi » potenze, e perciò la lotta per la rivoluzione socialista internazionale contro l’imperiali- smo è impossibile senza il riconoscimento del diritto delle nazioni all’autodecisione. « Non può essere libero un popolo che opprime altri popoli » (Marx ed Engels). Non può essere socialista un proletariato che si dimostri conciliante con la minima violenza della « sua » nazione su altre nazioni. Capitolo II LE CLASSI E I PARTITI IN RUSSIA La borghesia e la guerra Il governo russo non è rimasto indietro ai suoi confratelli europei, da questo punto di vista: al pari di essi, ha saputo realizzare l’inganno del i socialisti-rivoluzionari, la Nascia Zarià , la frazione Ckheidze, il Comitato di organizzazione, il signor Plekhanov e simili. 9) Se in Russia trionfas- sero i rivoluzionari sciovinisti, noi saremmo contro la difesa della loro «patria» in questa guerra. La nostra parola d’ordine è: contro gli sciovinisti, anche se rivoluzionari e repubblicani; contro di essi e per L unione del proletariato internazionale per la rivoluzione socialista. 10) Alla domanda se è possibile che il proletariato abbia una funzione diri- gente nella rivoluzione borghese russa, rispondiamo: si, è possibile se la piccola borghesia, al momento decisivo, oscilla verso sinistra e se essa è spinta verso sinistra, non soltanto dalla nostra propaganda, ma anche da fattori obiettivi, economici, finanziari (il peso della guerra), militari, politici, ecc. 11) Alla domanda: che cosa farebbe il partito del proletariato se la rivoluzione lo portasse al potere durante la guerra presente, rispondiamo: noi proporremmo la pace a tutti i belligeranti a condizione che sia data la libertà a tutte le colonie e a i tutti i popoli dipendenti, oppressi e privati dei loro diritti. Con i governi attuali, né la Germania, né la Francia, né l’Inghilterra accetterebbero questa condi- zione. E allora noi dovremmo preparare e condurre la guerra rivoluzio- naria, ossia dovremmo non soltanto realizzare completamente, con le misure piu derise, tutto il nostro programma minimo, ma spingere anche, sistematicamente, airinsurrezione tutti i popoli fino ad ora oppressi dai grandi-russi e tutte le colonie e i paesi soggetti dell 1 Asia (India, Cina, Persia e altri), come pure, e in primo luogo, spingere il proletariato socialista d’Europa a insorgere contro i suoi governi mal- grado i suoi socialsciovinisti. Non vi è nessun dubbio che la vittoria del proletariato in Russia creerebbe delle condizioni straordinariamente favorevoli per lo sviluppo della rivoluzione in Asia e in Europa, come ha dimostrato persino il 1905. La solidarietà internazionale del proleta- ALCUNE TESI 371 riato rivoluzionario è un fatto, malgrado la lurida schiuma dell’oppor- tunisino e del socialsciovinismo. Presentate queste tesi per uno scambio di opinioni con i compagni, svilupperemo le nostre idee nei prossimi numeri dell’organo centrale. Sotsial-Demokrat , n. 47, 13 ottobre 1915. IL PROLETARIATO RIVOLUZIONARIO E IL DIRITTO DI AUTODECISIONE DELLE NAZIONI Il manifesto di Zimmerwald, come la maggior parte dei programmi e delle risoluzioni tattiche dei partiti socialdemocratici, proclama « il diritto delle nazioni all’autodecisione ». Il compagno Parabellum (nei nn. 252-253 della Berner Tagwacht) dichiara « illusoria » la « lotta per l’inesistente diritto di autodecisione » e ad essa contrappone la « lotta rivoluzionaria di massa del proletariato contro il capitalismo », assicu- rando nello stesso tempo che « noi siamo contro le annessioni » (questa affermazione è ripetuta cinque volte nell’articolo di Parabellum) e contro ogni specie di violenza ai danni delle nazioni. Gli argomenti' di Parabellum si riducono a questo: oggi tutti i problemi nazionali (Alsazia-Lorena, Armenia, ecc.) sono in sostanza problemi dell’imperialismo; il capitale ha superato i limiti degli Stati nazionali; non è possibile « girare all’indietro la ruota della storia » verso l’ideale ormai sorpassato degli Stati nazionali, ecc. Vediamo un po’ se i ragionamenti di Parabellum sono giusti. Innanzi tutto proprio Parabellum guarda indietro invece di guar- dare avanti, quando, scendendo in campo contro l’accettazione del- P« ideale dello Stato nazionale » da parte della classe operaia, volge i propri sguardi all’Inghilterra, alla Francia, all’Italia, alla Germania, cioè ai paesi in cui il movimento di liberazione nazionale appartiene al pas- sato, e non all’Oriente, all’Asia, all’Africa, alle colonie dove questo movi* mento appartiene al presente e all’avvenire. Basta nominare l’India, la Cina, la Persia, l’Egitto. Proseguiamo. Imperialismo significa superamento dei limiti degli Stati nazionali da parte del capitale, significa estensione e aggrava- mento dell’oppressione nazionale su una nuova base storica. Di qui, mal- grado le opinioni di Parabellum, deriva precisamente che noi dobbiamo IL PROLETARIATO E IL DIRITTO DI AUTODECISIONE 373 legare la lotta rivoluzionaria per il socialismo al programma rivoluzio- nario nella questione nazionale. Dal ragionamento di Parabellum risulta che egli, in nome della rivoluzione socialista, respinge sdegnosamente il programma rivoluzio- nario coerente nel campo democratico. Questo non è giusto. Il proleta- riato non può vincere se non attraverso la democrazia, cioè realizzando completamente la democrazia e presentando, ad ogni passo della sua lotta, rivendicazioni democratiche nella formulazione piu recisa. È assur- do contrapporre la rivoluzione socialista e la lotta rivoluzionaria contro il capitalismo ad una delle questioni della democrazia, nel nostro caso alla questione nazionale. Dobbiamo unire la lotta rivoluzionaria contro il capitalismo al programma rivoluzionario e alla tattica rivoluzionaria per tutte le rivendicazioni democratiche: repubblica, milizia, elezione dei funzionari da parte del popolo, parità di diritti per le donne, autode- cisione dei popoli, ecc. Finché esiste il capitalismo, tutte queste rivendi- cazioni sono realizzabili soltanto in via d'eccezione e sempre in forma incompleta, snaturata. Appoggiandoci alla democrazia già attuata, rive- lando che essa è incompleta in regime capitalista, noi rivendichiamo l'abbattimento del capitalismo, l'espropriazione della borghesia, come base indispensabile per l'eliminazione della miseria delle masse e per l'in- troduzione completa e generale di tutte le trasformazioni democratiche. Alcune di queste trasformazioni saranno iniziate prima dell'abbatti- mento della borghesia, altre nel corso di questo abbattimento, altre an- cora dopo di esso. La rivoluzione sociale non è un'unica battaglia, ma tutto un periodo di battaglie per tutte le questioni concernenti le tra- sformazioni economiche e democratiche, le quali saranno portate a com- pimento soltanto con l'espropriazione della borghesia. Precisamente in nome di questo scopo finale, dobbiamo dare una formulazione coeren- temente rivoluzionaria ad ogni nostra rivendicazione democratica. È per- fettamente possibile che gli operai di un determinato paese abbattano la borghesia prima dell'attuazione completa anche di una sola riforma democratica fondamentale. Ma è assolutamente inconcepibile che il proletariato, come classe storica, possa vincere la borghesia se a questo non si sarà preparato attraverso l’educazione nello spirito del democra- tismo piu coerente e piu decisamente rivoluzionario. L'imperialismo è l’oppressione sempre maggiore dei popoli del mon- do da parte di un pugno di grandi potenze, è un periodo di guerre tra queste potenze per l'estensione e il consolidamento dell’oppressione delle 374 LENIN nazioni, è un periodo di inganno delle masse popolari da parte dei social- patrioti ipocriti, di coloro i quali — col pretesto della « libertà dei popoli », del « diritto delle nazioni all’autodecisione » e della « difesa della patria » — giustificano e difendono l’oppressione della maggio- ranza dei popoli del mondo da parte delle grandi potenze. Perciò, nel programma dei socialdemocratici, il punto centrale dev’essere precisamente quella divisione delle nazioni in dominanti e oppresse, che rappresenta l'essenza dell’imperialismo e alla quale sfug- gono mentendo i socialsciovinisti e Kautsky. Questa divisione non è sostanziale dal punto di vista del pacifismo borghese o dell’utopia piccolo-borghese della concorrenza pacifica tra nazioni indipendenti in regime capitalista, ma essa è indiscutibilmente sostanziale dal punto di vista della lotta rivoluzionaria contro l’imperialismo. E da questa divisione deve scaturire la nostra definizione — coerentemente demo- cratica, rivoluzionaria e corrispondente al compito generale della lotta immediata per il socialismo — del « diritto delle nazioni all’autodeci- sione ». In nome di questo diritto, lottando per il suo riconoscimento non ipocrita, i socialdemocratici delle nazioni dominanti debbono riven- dicare la libertà di separazione per le nazioni oppresse, perché altrimenti il riconoscimento dell’eguaglianza di diritti delle nazioni e della solida- rietà internazionale degli operai sarebbe in pratica soltanto una parola vuota, soltanto un’ipocrisia. E i socialdemocratici delle nazioni oppresse debbono considerare come fatto di primaria importanza l’unità e la fusione degli operai dei popoli oppressi cogli operai delle nazioni domi- nanti, poiché altrimenti questi socialdemocratici diverranno involonta- riamente degli alleati dell’una o dell’altra borghesia nazionale, che tra- disce sempre gli interessi del popolo e della democrazia che è sempre pronta, a sua volta, ad annettere e ad opprimere altre nazioni. Come esempio istruttivo può servire l’impostazione che ricevè la questione nazionale verso la fine del decennio 1860-1870. I democratici piccolo-borghesi, estranei a ogni idea di lotta di classe e di rivoluzione socialista, avevano immaginato l’utopia della concorrenza pacifica, in regime capitalista, tra nazioni libere e aventi eguali diritti. I proudho- niani « negavano » addirittura la questione nazionale e il diritto di auto- decisione delle nazioni dal punto di vista dei compiti immediati della rivoluzione sociale. Marx scherniva il proudhonismo francese, mostrava la sua affinità con lo sciovinismo francese. (« Tutta l’Europa può e deve restare tranquillamente seduta sul suo deretano, fino a quando IL PROLETARIATO E IL DIRITTO DI AUTODECISIONE 375 i signori non aboliranno in Francia la miseria »... « Per negazione delle nazionalità, essi, a quanto pare, intendono inconsapevolmente l’assorbi- mento di nazionalità da parte della nazione francese modello ».) Marx chiedeva la separazione dell* Irlanda dall’Inghilterra, « anche se dopo la separazione si dovesse giungere alla federazione » e lo chiedeva non dal punto di vista dell’utopia piccolo-borghese del capitalismo pacifico, non per motivi di « giustizia verso PIrlanda » 147 , ma dal punto di vista degli interessi della lotta rivoluzionaria del proletariato della nazione dominante, cioè inglese , contro il capitalismo. La libertà di questa nazione era ostacolata e mutilata dal fatto che essa opprimeva un’altra nazione. L’internazionalismo del proletariato inglese sarebbe stato una frase ipocrita se il proletariato inglese non avesse chiesto la separazione dell’Irlanda. Marx, che non è mai stato fautore dei piccoli Stati, né del frazionamento statale in generale, né del principio federativo, conside- rava la separazione della nazione oppressa come un passo verso la fede- razione e, conseguentemente, non verso il frazionamento, ma verso il centralismo politico ed economico, verso il centralismo sulla base della democrazia. Dal punto di vista di Parabellum, Marx conduceva, verosi- milmente, una « lotta illusoria », quando promuoveva la rivendicazione della separazione dell’Irlanda. Ma in pratica soltanto tale rivendicazione era un programma rivoluzionario coerente, essa soltanto era rispon- dente all’internazionalismo, essa soltanto difendeva il principio del cen- tralismo in una forma non imperialistica. L’imperialismo dei nostri giorni ha portato a questo, che l’oppres- sione delle nazioni da parte delle grandi potenze è diventata un fenomeno generale. Precisamente il punto di vista della lotta contro il socialscio- vinismo delle grandi potenze — che oggi conducono la guerra imperia- listica per consolidare l’oppressione dei popoli e che opprimono la mag- gioranza dei popoli del mondo e la maggioranza della popolazione della terra — precisamente questo punto di vista deve essere decisivo, essen- ziale, fondamentale nel programma nazionale dei socialdemocratici. Osservate invece le tendenze attuali del pensiero socialdemocratico su questo problema. Gli utopisti piccolo-borghesi, che sognano l’egua- glianza e la pace tra le nazioni in regime capitalista, hanno ceduto il posto ai socialimperialisti. Parabellum combattendo contro i primi com- batte contro i mulini a vento, e fa, senza volerlo, il giuoco dei secondi. Qual è il programma dei socialsciovinisti nella questione nazionale? Essi o negano del tutto il diritto all’autodecisione adducendo argo- 376 LENIN menti del genere di quelli di Parabellum (Cunow, Parvus, gli opportu- nisti russi Semkovski, Libman ed altri), oppure riconoscono questo diritto in modo manifestamente ipocrita, non applicandolo precisamente a quelle nazioni che sono oppresse dalla loro nazione o dall’alleato mili- tare di quest ultima (Plekhanov, Hyndman, tutti i patrioti francofili, Scheidemann, ecc.). Kautsky dà la formulazione piu suggestiva, e perciò piu pericolosa per il proletariato, della menzogna socialsciovinista. A parole è favorevole all’autodecisione delle nazioni, a parole è favorevole a ciò che il partito socialdemocratico « die Selbstàndigkeit der Nationen allseitig (!!) und riickhaltslos (??) achte und fordere » * (Nette Zeit, n. 33, II, p. 241, 21 maggio 1915). Ma in pratica adatta il programma nazionale al socialsciovinismo imperante, lo snatura e lo mutila, non definisce con precisione i doveri dei socialisti delle nazioni dominanti e falsifica addirittura il principio democratico dicendo che esigere P« in- dipendenza statale » (staatliche Selbstàndigkeit) per ogni nazione signi- ficherebbe «esigere troppo» (« zu viel », Neue Zeit> n. 33, II, 77, 16 aprile 1915). Basta, se non vi dispiace, con l’« autonomia nazionale»!! E precisamente la questione principale — la questione che la borghesia imperialista vieta di toccare, la questione delle frontiere dello Stato edificato sull’oppressione delle nazioni — è elusa da Kautsky, il quale, per far piacere a questa borghesia, elimina dal programma precisamente ciò che vi è di essenziale! La borghesia è pronta a promettere qualsiasi « parità di diritti delle nazioni » e qualsiasi « autonomia nazionale » purché il proletariato rimanga nel quadro della legalità e si sottometta « pacificamente » ad essa per quanto concerne le frontiere dello Stato! Kautsky formula il programma nazionale della socialdemocrazia in modo riformista e non rivoluzionario. Il Parteivorstand , Kautsky, Plekhanov e soci sottoscrivono a due mani il programma nazionale del compagno Parabellum, o piuttosto la sua assicurazione: « noi siamo contro le annessioni », precisamente perché questo programma non smaschera i socialpatrioti imperanti. Que- sto programma lo sottoscriverebbero anche i pacifisti borghesi. L’eccel- lente programma generale di Parabellum (« lotta rivoluzionaria di massa contro il capitalismo ») gli serve — come ai proudhoniani nel decennio * «rispetti e rivendichi dappertutto [!!] e incondizionatamente [??] l’indi- pendenza delle nazioni». ( n.d.t .) IL PROLETARIATO E IL DIRITTO DI AUTODECISIONE 377 1860-1870 — non per elaborare, corrispondentemente ad esso, secondo il suo spirito, un programma intransigente e altrettanto rivoluzionario sulla questione nazionale, ma per sgombrare il terreno, in questo cam- po, ai socialpatrioti. Nella nostra epoca imperialista, la maggioranza dei socialisti del mondo appartiene alle nazioni che opprimono altre nazioni e che tendono ad estendere questa oppressione. Perciò la nostra « lotta contro le annessioni » resterà senza contenuto, non sarà affatto temibile per i socialpatrioti, se non dichiareremo: il socialista di una nazione dominante, il quale, sia in tempo di pace che in tempo di guerra, non svolge la propaganda per la libertà delle nazioni oppresse di separarsi, non è un socialista, un internazionalista, ma uno sciovinista! Il socia- lista di una nazione dominante che non svolge questa propaganda mal- grado i divieti dei governi, vale a dire nella stampa libera, cioè nella stampa illegale, è un fautore ipocrita deir eguaglianza delle nazioni! Alla Russia, la quale non ha ancora compiuto la sua rivoluzione democratica borghese, Parabellum ha dedicato una sola frase: « Selbst das wirtschaftlich sehr zuriickgebliebene Russland hat in der Haltung der polnischen, lettischen, armenischen Bourgeoisie gezeigt, dass nicht nur die militàrische Bewachung es ist, die die Volker in diesem "Zuchthaus der Volker 0 zusammenhàlt, sondern Bediirfnisse der kapitalistischen Expansion, fiir die das ungeheure Territorium ein glanzender Boden der Entwicklung ist » *. Questo non è un « punto di vista socialdemocratico », ma borghese liberale, non internazionalista, ma grande-russo-sciovinista. Evidente- mente, Parabellum, il quale lotta cosi bene contro i socialpatrioti tede- schi, non è troppo al corrente di quest’altro sciovinismo! Per fare di questa frase di Parabellum una tesi socialdemocratica, e per dedurre da questa frase conclusioni socialdemocratiche, bisogna rifarla e comple- tarla nel modo seguente: La Russia è una prigione di popoli non soltanto a causa del carat- tere militare-feudale dello zarismo, non soltanto per il fatto che la bor- ghesia grande-russa appoggia lo zarismo, ma anche perché le borghesie polacca, ecc. hanno sacrificato la libertà delle nazioni e la democrazia * « Persino la Russia, molto arretrata economicamente, ha mostrato, attra- verso l'atteggiamento della borghesia polacca, lettone, armena, che i popoli sono tenuti in questa “prigione dei popoli” non soltanto dalla sorveglianza militare, ma anche dalle esigenze dell’espansione capitalistica alla quale l’immenso terri- torio offre una magnifica base di sviluppo. » ( n.d.t .) 378 LENIN in generale agli interessi dell’espansione capitalistica. Il proletariato del- la Russia non può fare a meno di marciare alla testa del popolo per la rivoluzione democratica vittoriosa (questo è il suo compito immediato) né può fare a meno di combattere assieme ai suoi fratelli, ai proletari d'Europa, per la rivoluzione socialista senza chiedere anche ora piena e « riickhaltlose » * libertà di separazione dalla Russia per tutte le nazioni oppresse dallo zarismo. Noi rivendichiamo questo, non indi- pendentemente dalla nostra lotta per il socialismo, ma perché quest’ul- tima lotta resta una parola vuota se non è legata indissolubilmente al- Pimpostazione rivoluzionaria di tutte le questioni democratiche, com- presa quella nazionale. Noi esigiamo la libertà di autodecisione, cioè Pindipendenza, cioè la libertà di separazione delle nazioni oppresse, non perché sogniamo il frazionamento economico o l’ideale dei piccoli Stati, ma, viceversa, perché desideriamo dei grandi Stati e Pavvicina- mento, persino la fusione, tra le nazioni su una base veramente demo- cratica, veramente internazionalista, inconcepibile senza la libertà di separazione. Come Marx nel 1869 chiedeva la separazione dell’Irlanda non per il frazionamento, ma per un’ulteriore libera unione tra PIrlanda e l’Inghilterra, non per « giustizia verso PIrlanda » ma in nome degli interessi della lotta rivoluzionaria del proletariato inglese, cosi anche noi consideriamo la rinuncia dei socialisti della Russia alla rivendicazione della libertà di autodecisione delle nazioni nel senso da noi indicato, come un aperto tradimento della democrazia, dell’internazionalismo e del socialismo. * « incondizionata ». Scritto in tedesco non prima del 16 (29) ottobre 1915. Pubblicato per la prima volta nella Miscellanea di Lenin, VI, 1927. A PROPOSITO DI DUE LINEE DELLA RIVOLUZIONE Nel n. 3 del Prizyv il signor Plekhanov tenta di porre la questione teorica fondamentale della futura rivoluzione in Russia. Egli prende una citazione di Marx dove è detto che la rivoluzione del 1789 in Fran- cia segui una linea ascendente e quella del 1848 una linea discendente. Nel primo caso il potere passò gradualmente dal partito piu moderato a quello piu radicale (costituzionali, girondini, giacobini); nel secondo caso avvenne il contrario (proletariato, democratici piccolo-borghesi, repubblicani borghesi, Naponeone III). « È desiderabile — conclude il nostro autore — indirizzare la rivoluzione russa su una linea ascen- dente », vale a dire che il potere cominci a passare prima ai cadetti e agli ottobristi, poi ai trudovtki e in seguito ai socialisti. Da questo ragionamento si deduce, evidentemente, che in Russia sono irragione- voli le sinistre che non vogliono sostenere i cadetti e anzi tempo li discreditano. Questo ragionamento « teorico » del signor Plekhanov è ancora uno dei tanti esempi di sostituzione del marxismo con il liberalismo. Il signor Plekhanov riduce la questione alla seguente domanda: erano « giuste » oppure errate le « concezioni strategiche » degli elementi avan- zati? Marx ha ragionato diversamente. Egli ha rilevato un fatto: la rivo- luzione nei due casi si è sviluppata diversamente, ma non ha cercato nelle « concezioni strategiche » la spiegazione di questa differenza. E, dal punto di vista marxista, è ridicolo cercarla nelle concezioni. Bisogna cercarla nei differenti rapporti fra le classi. Lo stesso Marx ha scritto che nel 1789 la borghesia francese si uni con le masse contadine e che nel 1848 la democrazia piccolo-borghese tradì il proletariato. Il signor Plekhanov conosce questa opinione di Marx, ma non ne parla allo scopo di travestire Marx « alla Struve ». Nel 1789 in Francia si trattava di 380 LENIN abbattere l’assolutismo e la nobiltà. La borghesia, in quello stadio dello sviluppo economico e politico, credeva nelParmonia degli interessi, non aveva timori per la solidità del proprio potere e si alleò con le masse contadine. Questa alleanza assicurò la completa vittoria della rivolu- zione. Nel 1848 si trattava dell’abbattimento della borghesia da parte del proletariato. Il proletariato non riuscì ad attirare a sé la piccola borghesia, il cui tradimento condusse alla sconfitta della rivoluzione. La linea ascendente nel 1789 rappresentava la forma della rivoluzione con la quale la massa del popolo vinse l’assolutismo. La linea discendente nel 1848 fu la forma che assunse la rivoluzione quando il tradimento, consumato dalle masse piccolo-borghesi ai danni del proletariato, con- dusse alla sconfitta della rivoluzione stessa. Il signor Plekhanov, rìducendo le questioni alle « concezioni stra- tegiche » e non ai rapporti fra le classi, ha sostituito al marxismo un volgare idealismo. L’esperienza della rivoluzione russa del 1905 e del periodo contro- rivoluzionario che la seguì, ci dice che da noi si osservano due linee di sviluppo rivoluzionario, inteso come lotta fra due classi, fra il proleta- riato e la borghesia liberale, per la direzione delle masse. Il proleta- riato svolse un’azione rivoluzionaria e trascinò a sé le masse contadine democratiche per rovesciare la monarchia e i grandi proprietari fondiari. E che le masse contadine abbiano manifestato una tendenza rivoluzio- naria nel senso democratico, lo attestano su scala di massa tutti i grandi avvenimenti politici: le rivolte contadine nel 1905-1906, il fermento nelle file dell’esercito in quegli stessi anni, l’« Unione contadina » del 1905, la I e la II Duma in cui i contadini trudoviki intervennero non soltanto in modo « piu radicale dei cadetti », ma anche in modo piu rivoluzionario degli intellettuali socialisti-rivoluzionari e trudoviki. Sfor- tunatamente queste cose vengono spesso dimenticate, ma sono un fatto. E nella III e nella IV Duma i contadini trudoviki hanno dimostrato, nonostante tutte le loro debolezze, che l’orientamento delle masse rurali era contro i grandi proprietari fondiari. La prima linea della rivoluzione democratica borghese russa, de- sunta dai fatti e non dalle chiacchiere « strategiche », consiste in ciò: il proletariato ha lottato decisamente e le masse contadine lo hanno se- guito tentennando. Queste due classi hanno marciato contro la monar- chia e contro i grandi proprietari fondiari. Ma l’insufficienza di forza e di decisione di queste classi ha causato la sconfitta (quantunque sia stata DUE LINEE DELLA RIVOLUZIONE 381 parzialmente aperta una breccia nell’assolutismo). L’atteggiamento della borghesia liberale è stato la seconda linea. Noi bolscevichi abbiamo sempre detto, specialmente dalla primavera del 1906, che i cadetti e gli ottobristi impersonavano questa linea, come forza unica. Il decennio 1905-1915 ha confermato la nostra opinione. Nei momenti decisivi della lotta, i cadetti, assieme agli ottobristi, hanno tradito la democrazia e « sono andati » ad aiutare lo zarismo e i grandi proprietari fondiari. La linea «liberale» della rivoluzione russa consi- steva nello « smorzare » e nello spezzare la lotta delle masse in nome della conciliazione della borghesia con la monarchia. La situazione inter- nazionale della rivoluzione russa e la forza del proletariato russo avevano reso inevitabile questa condotta dei liberali. I bolscevichi hanno coscientemente aiutato il proletariato a seguire la prima linea, a lottare con indomita audacia, a trascinare dietro a sé le masse contadine. I menscevichi scivolavano continuamente sulla se- conda linea, corrompevano il proletariato adattando il suo movimento ai liberali, cominciando con l’invito di partecipare alla Duma di Buly- ghin (agosto 1905) e terminando con il gabinetto dei cadetti del 1906 e con il blocco coi cadetti contro la democrazia nel 1907. (Dal punto di vista del signor Plekhanov — sia detto tra parentesi — « le giuste concezioni strategiche » dei cadetti e dei menscevichi hanno allora subito una sconfitta. Perché? Perché le masse non hanno ascoltato i saggi con- sigli del signor Plekhanov e dei cadetti diffusi cento volte più largamente dei consigli dei bolscevichi?) Soltanto due correnti, la bolscevica e la menscevica, e soltanto esse, si sono manifestate nella politica delle 1 masse , negli anni 1904- 1908, come pure più tardi, negli anni 1908-1914. Perché? Perché soltanto esse avevano delle solide radici di classe: la prima, proletarie; la seconda, liberali borghesi. Oggi andiamo nuovamente verso la rivoluzione. Questo lo vedono tutti. Lo stesso Khvostov parla di uno stato d’animo tra le masse con- tadine che ricorda gli anni 1905-1906. E davanti a noi stanno nuova- mente le stesse due linee della rivoluzione, gli stessi rapporti di classe mutati soltanto d’aspetto dalla modificata situazione internazionale. Nel 1905 tutta la borghesia europea era per lo zarismo e lo aiutava, chi con dei miliardi (i francesi), chi preparando un esercito controrivoluzio- nario (i tedeschi). Nel 1914 è scoppiata la guerra europea; la borghesia, temporaneamente, ha vinto dappertutto il proletariato, travolgendolo 382 LENIN nel torbido torrente del nazionalismo e dello sciovinismo. In Russia le masse popolari piccolo-borghesi, e principalmente le masse contadine, costituiscono come prima la maggioranza della popolazione. Esse sono oppresse in primo luogo dai grandi proprietari fondiari. Politicamente una parte di esse dorme» l’altra parte tentenna fra lo sciovinismo (« vit- toria sulla Germania », « difesa della patria ») e la rivoluzione. I rap- presentanti politici di queste masse — (e di queste oscillazioni — sono, da un lato, i populisti ( trudovikt e socialisti-rivoluzionari) e dall’altra i socialdemocratici opportunisti (il Nasce Dielo „ Plekhanov, la frazione Ckheidze, il Comitato di organizzazione) i quali dal 1910 sono ruzzolati decisamente sulla via della politica operaia liberale, cadendo, verso il 1915, nel socialsciovinismo dei signori Potresov, Cerevanin, Levitski, Maslov, o giungendo fino alla rivendicazione dell’« unità » con costoro. Da tale situazione di fatto scaturisce con evidenza il compito del proletariato: lotta rivoluzionaria indomita, audace contro la monarchia (parola d’ordine della Conferenza del gennaio 1912: le « tre colonne »), lotta che trascini tutte le masse democratiche, vale a dire, principal- mente, le masse contadine. E, contemporaneamente, lotta spietata con- tro lo sciovinismo, lotta per la rivoluzione socialista in Europa in unione col proletariato europeo. Le oscillazioni della piccola borghesia non sono casuali, ma inevitabili, e sono il risultato della sua situazione di classe. La crisi scatenata dalla guerra ha rafforzato i fattori economici e poli- tici che spingono la piccola borghesia — compresi i contadini — verso sinistra. In ciò sta la base obiettiva della piena possibilità che in Russia trionfi la rivoluzione democratica. Che nell’Europa occidentale siano pienamente maturate le condizioni obiettive per la rivoluzione socia- lista, non ci occorre dimostrare qui; lo hanno riconosciuto prima della guerra tutti i socialisti piti influenti di tutti i paesi piu progrediti. Chiarire i rapporti fra le classi nella prossima rivoluzione è il com- pito principale del partito rivoluzionario. A questo compito si sottrae il Comitato di organizzazione il quale, mentre rimane in Russia il fedele alleato del Nasce Dielo , all’estero non fa altro che lanciare delle frasi di « sinistra » senza significato. Trotski adempie questo compito, in modo sbagliato, sul Nasce Slovo , ripetendo la sua « originale » teoria del 1905 senza volersi domandare in forza di quali cause la vita è scorsa per ben dieci anni lasciando da parte questa eccellente teoria. L’originale teoria di Trotski prende dai bolscevichi l’appello alla lotta rivoluzionaria decisiva del proletariato e alla conquista del potere DUE LINEE DELLA RIVOLUZIONE 383 politico da parte del proletariato, e dai menscevichi la « negazione » della funzione dei contadini. I contadini — sostiene Trotski — si sono differenziati, divisi in vari strati; la loro possibile funzione rivoluzio- naria diminuisce sempre piu; in Russia non è possibile una rivoluzione « nazionale »; « noi viviamo nell’epoca dell’imperialismo » e « l’impe- rialismo non oppone la nazione borghese al vecchio regime, ma il prole- tariato alla nazione borghese ». Ecco un esempio spassoso del modo di giocare con la parola impe- rialismo! Se in Russia il proletariato è già in opposizione alla « nazione borghese », vuol dire che la Russia è direttamente di fronte alla rivolu- zione socialistaW Quindi è errata la parola d’ordine «confisca delle terre dei grandi proprietari » (parola d’ordine formulata dalla Conferenza del gennaio 1912 e ripetuta da Trotski nel 1915), e allora occorre parlare non già del governo « operaio rivoluzionario », ma bensì del governo « operaio socialista »!! Fino a che punto arrivi la confusione di Trotski, risulta da una sua frase: la risolutezza del proletariato trascinerà anche le « masse popolari non proletarie » (!) (n. 217)!! Trotski non ha pen- sato che se il proletariato trascinerà le masse rurali non proletarie alla confisca delle terre dei grandi proprietari e abbatterà la monarchia, questo sarà appunto il compimento della « rivoluzione borghese nazio- nale » in Russia, questo sarà appunto la dittatura democratica rivoluzio- naria del proletariato e dei contadini! Tutto il decennio — il grande decennio — 1905-1915 ha provato l’esistenza di due, e soltanto di due, linee classiste della rivoluzione russa. La divisione in strati delle masse contadine ha rafforzato in seno ad esse la lotta di classe, ha destato parecchi elementi dal sonno politico, ha avvicinato il proletariato rurale (sulla cui particolare organizzazione i bolscevichi insistettero fin dal 1906, facendo includere questa rivendica- zione nella risoluzione del Congresso menscevico di Stoccolma) a quello urbano. Ma l’antagonismo tra le « masse contadine » e i Markov, Ro- manov e Khvostov si è rafforzato, è aumentato, si è acutizzato. Questa è una verità talmente evidente che nemmeno mille frasi in decine di articoli parigini di Trotski la possono « confutare ». Praticamente Trotski appoggia gli uomini politici operai liberali in Russia, i quali comprendono la « negazione » della funzione delle masse contadine nel senso che non si vogliono sollevare i contadini per la rivoluzione! Ed è questa, oggi, la questione centrale. Il proletariato lotta e lot- terà senza riserve per la conquista del potere, per la repubblica, per la 384 LENIN confisca delle terre, ossia per attivare le masse contadine, per utiliz- zarne sino in fondo la forza rivoluzionaria, per la partecipazione delle « masse popolari non proletarie » alla liberazione della Russia borghese dair« imperialismo » feudale-militare (ossia dallo zarismo). E questa liberazione della Russia borghese dallo zarismo, dalla proprietà fondiaria e dal potere dei grandi proprietari fondiari, sarà immediatamente utiliz- zata dal proletariato, non per aiutare i contadini agiati nella loro lotta contro gli operai agricoli, bensì per effettuare, in unione col proletariato europeo, la rivoluzione socialista. Sotstat-Demokrat , n. 48, 20 novembre 1915. AL LIMITE ESTREMO La trasformazione di certi socialdemocratici radicali e marxisti rivo- luzionari in socialsciovinisti è un fenomeno comune a tutti i paesi bel- ligeranti. Il torrente dello sciovinismo è così impetuoso, tumultuoso e possente che trascina con sé dappertutto una serie di socialdemocratici di sinistra senza carattere o che hanno fatto il loro tempo. Parvus, che già durante la rivoluzione russa si era mostrato un avventuriero, ora nella sua rivistucola Die Glocke (La campana) è sceso... al limite estremo. Difende gli opportunisti tedeschi con un’aria d’incredibile impudenza e sufficienza. Ha bruciato tutto quello che aveva adorato, ha « dimenti- cato » la lotta delle correnti rivoluzionaria e opportunista e la loro storia nella socialdemocrazia intemazionale. Con la disinvoltura di uno scribac- chino sicuro delPapprovazione della borghesia, egli batte sulla spalla di Marx, « correggendolo » senza ombra di critica coscienziosa e atten- ta. Quanto a un certo Engels, egli lo tratta con aperto disprezzo. Difende i pacifisti e gli internazionalisti in Inghilterra, i nazionalisti e i patriot- tardi in Germania. Tratta da sciovinisti e da servi della borghesia i social- patrioti inglesi, esaltando i socialpatrioti tedeschi come socialdemocratici rivoluzionari e sbaciucchiandosi con Lensch, Haenich e Grunwald. Lecca i piedi a Hindenburg, assicurando ai lettori che « lo stato maggiore generale tedesco si è pronunziato per la rivoluzione russa », e pubbli- cando inni abietti a questa « incarnazione » dell’anima popolare tedesca, al suo « possente sentimento rivoluzionario ». Promette alla Germania il passaggio indolore al socialismo attraverso l’unione dei conservatori con una parte dei socialisti e attraverso le « tessere del pane ». Come un miserabile vigliacco concede una mezza approvazione alla Conferenza di Zimmerwald, fingendo di non aver notato nel suo manifesto i passi ri- 13 — 2436 3S6 LENIN volti contro tutte le sfumature del sochilsciovinismo, da quello di Parvus e Plekhanov a quello di Kolb e di Kautsky. Nei sei numeri della sua rivistucola non c'è neppure un pensiero onesto, non un solo argomento serio, non un articolo sincero. È tutta una cloaca di sciovinismo tedesco mascherata da un'insegna grossolana- mente dipinta: in nome degli interessi della rivoluzione russa! È del tutto naturale che questa cloaca sia lodata dagli opportunisti: Kolb e la V olksstimme di Chemnitz. Il signor Parvus ha una testa talmente dura che dichiara pubblica- mente la sua « missione » di « servire da collegamento ideologico fra il proletariato armato tedesco e il proletariato rivoluzionario russo ». Ba- sta offrire questa frase buffonesca alla derisione degli operai russi, Se il Prizyv dei signori Plekhanov, Bunakov e soci ha pienamente meritato l'approvazione degli sciovinisti e di Khvostov in Russia, la Campana del signor Parvus è Porgano dei rinnegati e degli sporchi lacchè in Germania* Non si può non rilevare, a questo proposito, ancora un aspetto utile della guerra attuale. Essa non solo uccide « col cannone a tiro ra- pido » l’opportunismo e l'anarchismo, ma smaschera a meraviglia anche gli avventurieri e i voltagabbana del socialismo. Per il proletariato è som- mamente vantaggioso che la storia abbia incominciato a compiere que- sta ripulitura preventiva del movimento proletario alla vigilia della rivo- luzione socialista, e non durante il suo svolgimento. Sotsial-Demokràt , n. 48, 20 novembre 1915. AL SEGRETARIO DELLA « LEGA PER LA PROPAGANDA SOCIALISTA » 142 Cari compagni, siamo stati molto contenti di ricevere il vostro gior- naletto. II vostro appello ai membri del partito socialista a lottare per una nuova Internazionale, per l'autentico socialismo rivoluzionario inse- gnatoci da Marx e da Engels, contro Topportunismo, in particolare con- tro coloro che sono per la partecipazione della classe operaia a una guerra difensiva, coincide pienamente con la posizione che il nostro partito (il Partito operaio socialdemocratico russo, il Comitato centrale) ha preso sin dall'inizio della guerra e che ha sempre mantenuto da oltre dieci anni. Vi inviamo i nostri piu sinceri saluti e i migliori auguri di successo nella nostra lotta per un vero internazionalismo. Nella nostra stampa e nella nostra propaganda noi non concordiamo su una serie di punti col vostro programma. Riteniamo assolutamente ne- cessario indicarvi in breve queste divergenze, per prendere immediata- mente dei provvedimenti seri al fine di concordare in tutti i paesi la lotta internazionale dei socialisti rivoluzionari che non accettano compromessi, in particolare dei marxisti. Noi critichiamo con la massima severità la vecchia II Internazionale (1889-1914), dichiariamo che essa è morta e non merita di essere rico- stituita sulla vecchia base. Ma non diciamo mai nella nostra stampa che finora si sia dato troppo posto alle cosiddette « rivendicazioni immedia- te » né che questo possa portare alla svirilizzazione del socialismo. Affer- miamo e dimostriamo che tutti i partiti borghesi, tutti i partiti, tranne il partito rivoluzionario della classe operaia, mentono e sono ipocriti quando parlano di riforme. Cerchiamo di aiutare la classe operaia a ottenere un miglioramento reale (economico e politico), sia pur mi- nimo, della sua situazione, e aggiungiamo sempre che nessuna riforma 13 * 3S8 LENIN può essere stabile, autentica e seria se non è sostenuta dai metodi rivo- luzionari di lotta delle masse. Insegniamo continuamente che un partito socialista che non unisca questa lotta per le riforme ai metodi rivolu- zionari del movimento operaio può trasformarsi in una setta, può stac- carsi dalle masse, e questo è il pericolo più serio per il successo del vero socialismo rivoluzionario. Noi difendiamo sempre nella nostra stampa la democrazia interna del partito. Ma non ci pronunziamo mai contro la centralizzazione del partito. Siamo per il centralismo democratico. Diciamo che la centraliz- zazione del movimento operaio tedesco non è il suo punto debole, ma il suo lato forte e positivo. La tara dell’attuale Partito socialdemocratico tedesco non è la centralizzazione, ma la prevalenza degli opportunisti che debbono essere espulsi dal partito, soprattutto ora che si sono com- portati da traditori durante la guerra. Se in ogni crisi un piccolo gruppo (per esempio il nostro Comitato centrale è un piccolo gruppo) potesse orientare larghe masse verso la rivoluzione , sarebbe un gran bene. In qualsiasi crisi le masse non possono agire spontaneamente, hanno biso- gno dell’aiuto dei piccoli gruppi delle istituzioni centrali dèi partiti. Fin dalFinizio di questa guerra, dal settembre del 1914, il nostro Comi- tato centrale ha fatto appello alle masse affinché non credessero alle frasi menzognere sulla « guerra difensiva » e rompessero con gli oppor- tunisti e coi cosiddetti « //«go-socialisti » (cosi chiamiamo i « sociali* sti » che adesso sono per la guerra difensiva). Pensiamo che queste ini- ziative centraliste del nostro Comitato centrale siano state utili e neces- sarie. Siamo d’accordo con voi nel ritenere che dobbiamo essere contro le unioni corporative e per i sindacati industriali, cioè per grandi sin- dacati centralizzati e per una partecipazione più attiva di tutti i mem- bri del partito alla lotta economica e a tutte le organizzazioni sindacali e cooperative della classe operaia. Ma consideriamo borghesi uomini come il signor Legien in Germania e il signor Gompers negli USA e riteniamo la loro politica non socialista, ma nazionalista borghese. I signori Legien, Gompers e i loro simili non sono i rappresentanti della classe operaia: essi rappresentano soltanto l’aristocrazia e la burocrazia della classe operaia. Siamo interamente d’accordo con voi quando, parlando dell’azione politica, rivendicate « l’azione di massa » degli operai. I socialisti inter- nazionalisti rivoluzionari tedeschi rivendicano la stessa cosa. Nella no- ALLA « LEGA PER LA PROPAGANDA SOCIALISTA » 389 stra stampa ci sforziamo di definire con più precisione che cosa si debba intendere per azioni politiche di massa, come, per esempio, gli scio- peri politici (assai frequenti in Russia), le dimostrazioni di strada e la guerra civile che attualmente è preparata dalla guerra imperialistica fra lè nazioni. Noi non predichiamo lunità all’interno dei partiti socialisti attuali (che predominano nella II Internazionale). Al contrario insistiamo per la rottura con gli opportunisti. La guerra è la migliore lezione dei fatti. In tutti i paesi gli opportunisti, i loro leader, le loro riviste e i loro giornali più influenti sono per la guerra, in altre parole essi sono vera- mente uniti con la « loro » borghesia nazionale (la classe media, i ca- pitalisti) contro le masse proletarie. Voi dite che anche in America ci sono socialisti che si sono pronunziati a favore della guerra difensiva. Siamo convinti che l'alleanza con questa gente sia un delitto. Tale al- leanza è un’alleanza con la classe media e i capitalisti della propria nazione e una rottura con la classe operaia rivoluzionaria internazionale. Noi invece siamo per la rottura con gli opportunisti nazionalisti e per l’alleanza con i marxisti rivoluzionari internazionali e i partiti della clas- se operaia. Nella nostra stampa non facciamo mai obiezioni contro Funifica- zione del Partito socialista col Partito socialista operaio ii9 (SP and SLP) in America. Ci richiamiamo sempre alle lettere di Marx e di En- gels ( soprattutto a Sorge, membro attivo del movimento socialista ame- ricano), dove essi condannano entrambi il carattere settario del SLP 150 . Siamo pienamente d'accordo con la vostra critica della vecchia In- ternazionale. Abbiamo partecipato alla Conferenza di Zimmervvald (in Svizzera, dal 5 all’8 settembre 1915). Vi abbiamo formato Vaia sinistra e proposto la nostra risoluzione e un progetto di manifesto. Abbiamo appena pubblicato questi documenti in tedesco, e ve li mando (con la traduzione tedesca del nostro opuscolo II socialismo e la guerra) con la speranza che nella vostra Lega ci siano dei compagni che sanno il tedesco. Se poteste aiutarci a pubblicare queste cose in inglese (ciò è possibile solo in America, dopo di che le manderemmo in Inghilterra), accetteremmo volentieri il vostro aiuto. Nella nostra lotta per il vero internazionalismo e contro il « jingo- socialismo » noi, nella nostra stampa, denunziamo sempre i capi oppor- tunisti dell’SP d'America, favorevoli alla limitazione della immigra- zione degli operai cinesi e giapponesi ( soprattutto dopo il Congresso di 13 * — 243(5 390 LENIN Stoccarda del 1907 e nonostante le sue decisioni). Pensiamo che non si possa essere internazionalisti e nello stesso tempo pronunziarsi per simili limitazioni. Affermiamo che se i socialisti americani, e soprattutto i socialisti inglesi, che appartengono a nazioni dirigenti e che opprimono non sono contro ogni limitazione dell’immigrazione e contro il pos- sesso di colonie ( le isole Hawai ) , se non sono per la completa indipen- denza delle colonie, essi sono in realtà dei « jingo- socialisti ». Concludendo io rinnovo ancora una volta i migliori saluti e auguri alla vostra Lega. Saremmo assai lieti di ricevere anche in seguito da voi delle informazioni e di unire la nostra lotta alla vostra contro l’op- portunismo, per il vero internazionalismo. Il vostro N, Lenin NB: In Russia ci sono due partiti socialdemocratici. Il nostro (il « Comitato centrale ») è contro l’opportunismo. L’altro (« il Comitato d'organizzazione ») è un partito opportunista. Noi siamo contro l’al- leanza con esso. Potete scriverci al nostro indirizzo ufficiale (Biblioteca russa. Per il Comitato centrale, via Hugo de Sanger, 7, Ginevra , Svizzera). Ma è meglio scrivere al mio indirizzo personale: VI, Ulianov , Seidenweg, 4-A, III, Berna, Svizzera. Scritto in inglese prima del 9 (22) novembre 1913. Pubblicato per la prima volta nella Miscellanea di Lenin, II, 1924. COME SI MASCHERA LA POLITICA SOCIALSCIOVINISTA CON FRASI INTERNAZIONALISTE Qual è il rapporto tra i fatti politici e la letteratura politica? Tra gli avvenimenti politici e le parole d’ordine politiche? Tra la realtà e l’ideologia politica? La questione riveste ora un’importanza vitale per la comprensione di tutta la crisi delPlnternazionale, perché ogni cri- si, perfino ogni svolta nello sviluppo, porta inevitabilmente a un’incom- patibilità tra la vecchia forma e il nuovo contenuto. Non staremo a par- lare del fatto che la società borghese produce continuamente uomini po- litici che amano dirsi al di fuori delle classi, e opportunisti che amano dirsi, socialisti e che ingannano sistematicamente e scientemente le masse con le parole piu ampollose, piu « di sinistra ». Ma in un’epoca di crisi, anche fra coloro che vi partecipano in buona fede, si osserva ad ogni istante un divario fra le parole e i fatti. E il grande valore progressivo di tutte le crisi, anche delle piu penose, difficili e dolorose sta proprio nel fatto che esse smascherano e spazzano via con ammirevole rapidità, forza ed evidenza le parole putride, anche se in buona fede, le istituzioni putride, fossero anche basate sulle migliori intenzioni. Nella vita della socialdemocrazia russa il fatto piu importante so- no ora le elezioni degli operai di Pietrogrado al Comitato di mobili- tazione industriale. Per la prima volta durante la guerra solo queste ele- zioni hanno veramente attirato le masse proletarie a discutere e a deci- dere dei problemi fondamentali della politica contemporanea, ci hanno mostrato un quadro autentico di quello che accade nella socialdemocra- zia come partito di massa. È risultato che esistono due correnti, e solo due: una internazionalista rivoluzionaria, effettivamente proletaria, or- ganizzata dal nostro partito, che è contro la difesa . L’altra « difensista » o socialsciovinista, è formata dal blocco di quelli del Nasce Dielo (cioè il nucleo principale dei liquidatori), dei plekhanovisti, dei populisti e 13 ** 392 LENIN dei senza partito; e questo blocco è sostenuto da tutta la stampa bor- ghese e da tutti i centoneri della Russia, il che dimostra il contenuto borghese, e non proletario della sua politica. Questi sono i fatti. Questa è la realtà. Ma le parole d’ordine e l'ideologia? Il Raboceie Utro di Pietrogrado (n. 2 del 22 ottobre), la raccolta del Comitato d'organizzazione ( L'Internazionale e la guerra , n. 1 del 30 novembre 1915) e gli ultimi numeri del Nasce Slovo dàn- no una risposta sulla quale deve riflettere, e ancora riflettere, chiunque s'interessi di politica diversamente da come il Petruscka di Gogol s’in- teressava di lettura. Vediamo dunque il contenuto e il significato di questa ideologia. Il Raboceie Utro di Pietrogrado è il documento piu importante. È qui che hanno sede i capi del liquidatorismo e del socialsciovinismo insieme col delatore signor Gvozdev. Questi uomini conoscono perfettamente tutto ciò che ha preceduto le elezioni del 27 settembre e ciò che è suc- cesso a queste elezioni. Questi uomini potevano gettare un velo sul loro blocco coi plekhanovisti, i populisti e i senza partito, e lo hanno fatto, non hanno detto una parola né sul significato di questo blocco, né sul rapporto numerico dei suoi diversi elementi. Per loro era vantag- gioso nascondere questa « piccolezza » ( il signor Gvozdev e i suoi amici del Raboceie Utro avevano indubbiamente dei dati a questo proposito), e l'hanno nascosta. Ma inventare un terzo gruppo, oltre ai 90 e agli 81, non si poteva; mentire sul posto, a Pietrogrado, davanti agli operai, inventando questo « terzo » gruppo sul quale un « anonimo di Co- penaghen » 151 racconta delle favole sulle pagine della stampa tedesca e del Nasce Slovo , era impossibile, perché chi non ha perso il senno non mente, se sa che la menzogna sarà inevitabilmente smascherata subito. Perciò il Raboceie Utro pubblica un articolo di K. Oranski (una vecchia conoscenza!), Due posizioni , che analizza in modo assai parti- colareggiato le posizioni del gruppo dei 90 e del gruppo degli 81, senza dire una parola della terza posizione. A proposito, la censura ha muti- lato il n. 2 del Raboceie Utro quasi interamente; le fasce bianche sono quasi di più delle righe rimaste, ma sono stati risparmiati proprio solo quei due articoli, — le Due posizioni e un articolo che travisa in senso liberale la storia del 1905 — nei quali s’insultano i bolscevichi chia- mandoli « anarchici » e boicottatoti. Per il governo zarista è vantag- gioso che queste cose si saivano e si pubblichino. Non per caso questi COME SI MASCHERA LA POLITICA SOCIALSCIOVINISTA 393 discorsi godono dappertutto del monopolio della legalità, dalla Russia dispotica alla Francia repubblicana! Con quali argomenti il Raboceie Utro sostiene la sua posizione di « difensismo » o « socialsciovinismo »? Solo con delle scappatoie, solo con delle frasi internazionaliste!! La nostra posizione, dicono, non è affatto « nazionale », non è affatto « difensista », noi esprimiamo sol- tanto «ciò che non è affatto espresso dalla prima posizione» (cioè dal gruppo dei 90): un « atteggiamento non indifferente verso la situa- zione del paese », verso la sua « salvezza » « dalla sconfitta e dalla ro- vina ». La nostra posizione era « effettivamente internazionale », in- dicava le vie e i mezzi della « liberazione » del paese, noi « giudicavamo nello stesso modo (!! come quelli della prima posizione) l’origine della guerra e la sua natura politico-sociale »; « ponevamo nello stesso modo (!! come quelli della prima posizione) il problema generale dell'orga- nizzazione intemazionale e del lavoro internazionale del proletariato » (non si scherza!) « e della democrazia durante la guerra in tutti i pe- riodi di sviluppo del conflitto mondiale, senza eccezione ». Abbiamo dichiarato nelle nostre direttive che « nell’attuale situazione politico- sociale la classe operaia non può assumersi nessuna responsabilità per la difesa del paese », « ci siamo risolutamente schierati, prima di tutto, in difesa dei compiti internazionali della, democrazia », « abbiamo ver- sato il nostro obolo alla corrente viva delle aspirazioni che hanno per tappe Copenaghen e Zimmerwald » (ecco come siamo!). Siamo per la parola d’ordine della « pace senza annessioni » (il corsivo è del Rabo- ceie Utro). «Abbiamo contrapposto all’astrattezza e alPanarchismo co- smopolita della prima corrente il realismo e l’internazionalismo della nostra posizione, della nostra tattica. » Tutte perle, non è vero? Ma fra queste perle, oltre all’ignoranza e alle menzogne degne di un Repetilov 152 c’è una diplomazia assoluta- mente lucida e giusta , dal punto di vista della borghesia. Per influire sugli operai i borghesi si debbono mascherare da socialisti, da social- democratici, da internazionalisti, ecc., altrimenti non avrebbero alcuna influenza. E il Raboceie Utro si traveste, si trucca, s’imbelletta, si ador- na, civetta, non si ferma di fronte a niente! Siamo pronti a firmare magari cento volte il manifesto di Zimmerwald (uno schiaffo per quei partecipanti alla Conferenza di Zimmerwald che hanno firmato il mani- festo senza battersi contro la sua timidezza e senza fare riserve! ) e qual- siasi risoluzione sulla natura imperialistica della guerra, e qualunque 394 LENIN giuramento d‘« internazionalismo » e di « spirito rivoluzionario » (« li- berazione del paese » nella stampa sottoposta a censura = rivoluzione nella stampa illegale), purché... purché non c’impediscano d’invitare gli operai a partecipare ai comitati di mobilitazione industriale, cioè a parte- cipare tatticamente alla guerra di rapina, reazionaria (« difensiva »). Solo questo è un fatto, le altre son chiacchiere. Questo è l’essen- ziale, le altre son frasi. Solo questo occorre alla polizia, alla monarchia zarista, a Khvostov e alla borghesia. I borghesi intelligenti nei paesi più intelligenti si mostrano tolleranti verso le parole internazionaliste è so- cialiste, purché si prenda parte alla difesa: ricordate i commenti dei giornali reazionari francesi alla Conferenza di Londra dei socialisti della « Triplice Intesa ». I signori socialisti, sapete, hanno una specie di « tic » — scriveva uno di questi giornali — una specie di malattia ner- vosa, che fa loro ripetere involontariamente un gesto, un movimento muscolare, una parola. Cosi i « nostri » socialisti non possono parlare di niente senza ripetere le parolette: siamo internazionalisti, siamo per la rivoluzione sociale. Non c’è pericolo! È solo un « tic», e per « noi » l’importante è che essi siano per la difesa della patria. Così ragionavano i borghesi intelligenti francesi e inglesi: se la partecipazione alla guerra di rapina viene difesa con delle frasi sulla democrazia, il socialismo, ecc., non è forse meglio per i governi rapaci, per la borghesia imperialista? Per un signore non è forse vantaggioso avere un servo che giuri e spergiuri dinanzi al popolo che il suo signore dedica tutta la vita agli interessi e all’amore del popolo? Il Raboceie Utro giura su Zimmerwald e a parole si distingue dai plekhanovisti dichiarando (n. 2) di non essere «d’accordo su molte cose » con loro, ma di fatto concorda con loro sull'essenziale, di fatto entra insieme con loro, insieme con la propria borghesia, nelle istitu- zioni « difensive » della borghesia sciovinista. Il Comitato d’organizzazione non solo giura su Zimmerwald, ma « firma » e sottoscrive nella forma dovuta, non solo si distingue dai plekhanovisti, ma mette perfino avanti un certo anonimo A.M. che, nascondendosi dietro il suo anonimato come dietro un portone, scrive: « Noi che aderiamo » (? forse A.M. rappresenta ben due « aderenti »? ) « al blocco d’agosto, riteniamo necessario dichiarare che l’organizzazione del Prizyv è andata assai oltre i limiti del tollerabile nel nostro partito, a nostro modo di vedere, e i membri del gruppo di collaborazione col Prizyv non debbono trovar posto nelle file delle organizzazioni del bloc- COME SI MASCHERA LA POLITICA SOCIÀLSCIOVINISTÀ 395 co d'agosto » 153 . Sono proprio coraggiosi questi « aderenti » A.M., ti dicono in faccia la verità nuda e cruda! Dei cinque membri che compongono la « segreteria estera » del Comitato d’organizzazione che ha edito la raccolta citata, non uno ha saputo mostrare un simile coraggio! Ne risulta che i cinque segretari sono contro la rottura con Plekhanov (ancora non molto tempo fa P, Axelrod dichiarava che il menscevico Plekhanov gli era più vicino dei bolscevichi internazionalisti), ma temendo gli operai e non volen- dosi guastare la « reputazione », preferiscono tacere a questo proposito mettendo avanti; però, uno o due anonimi aderenti perché facciano mo- stra d’internazionalismo innocuo e a buon mercato,,. Da una parte alcuni segretari, A. Martynov, L. Martov, Astrov, polemizzano col Nasce Dielo , e Martov si pronunzia perfino, a titolo personale, contro la partecipazione ai comitati di mobilitazione indu- striale. Dall’altra parte il bundista Ionov che si considera più « di sini- stra » di Kosovski — il quale riflette l’effettiva politica del Bund — e che perciò i bundisti mettono avanti volentieri per mascherare il loro nazionalismo, predica l'« ulteriore sviluppo della vecchia tattica » (quella della II Internazionale, che l’ha portata al fallimento) « e non certo la sua liquidazione ». La redazione pubblica delle piccole riserve equi- voche, diplomaticamente elusive, che non dicono niente, sull’articolo di Ionov, senza fare obiezioni contro la sua sostanza , contro la difesa di quanto vi era di marcio e di opportunista nella « vecchia tattica ». Gli anonimi A.M., « che aderiscono » al blocco d’agosto, difendono aper- tamente la Nascia Zarià , Benché, essi dicono, essa si sia « allontanata » dalla posizione internazionalista, tuttavia « ha respinto (?) la politica del Burgfrieden 112 per la Russia, ha riconosciuto la necessità di rista- bilire subito i legami internazionali e, per quanto ci è noto» (a noi anonimi « aderenti » A.M.) « ha approvato l’espulsione di Mankov dalla frazione della Duma ». Magnifica difesa! Anche i populisti piccolo-bor- ghesi sono per il ristabilimento dei legami, anche Kerenski è contro Mankov; ma dire, a proposito di uomini che si sono pronunziati per la « non resistenza alla guerra », che essi hanno respinto la politica della pace civile {Burgfrieden) , significa ingannare gli operai con vane parole. La redazione della raccolta del Comitato d’organizzazione ha pub- blicato collettivamente un articolo intitolato: Tendenza pericolosa. Ecco un modello di scaltrezza politica! Da una parte reboanti frasi di sinistra 396 LENIN contro gli autori degli appelli difensisti (i socialsciovinisti di Mosca e di Pietrogrado) . Dall’altra parte «è difficile giudicare da quali am- bienti del partito siano uscite queste due dichiarazioni »! In effetti sono uscite, senza ombra di dubbio, « dagli ambienti » del Nasce Dielo , ben- ché i collaboratori di questa rivista legale, certo, non possano essere im- putati di aver redatto una dichiarazione illegale.,. Gli uomini del Comi- tato d’organizzazione hanno sostituito alla questione delle radici ideo- logiche di queste dichiarazioni, della piena identità di queste radici con la corrente del liquidatorismo, del socialsciovinismo, del Nasce Dielo, la questione assurda, cavillosa e inutile per tutti, fuorché per la poli- zia, di sapere quale dei membri di questo o quel circolo sia personal- mente l'autore delle dichiarazioni. Da una parte la redazione lancia tuo- ni e fulmini: stringiamo le file, internazionalisti del blocco d'agosto, per una «piu energica opposizione alle tendenze difensiste » (p, 129), per una «lotta implacabile» (p. 126); e dall'altro lato, proprio accanto, questa frase da baro: « La linea del gruppo della Duma, appoggiata dal Comitato d’organizzazione non ha incontrato » (finora) « un'opposizione aperta » (p. 129)!! Ma questa linea, come ben sanno gli autori, consiste nella man- canza di una linea e nella difesa mascherata del Nasce Dielo e del Ra- boceie Utro... Prendete l'articolo piu « di sinistra » e piu « di principio » della raccolta, scritto da Martov. Basta riportare una frase dell'autore, che esprime il suo pensiero fondamentale, per capire quale sia la sua fedeltà ai principi. « Va da sé che se la crisi attuale portasse alla vittoria della rivoluzione democratica, alla repubblica, il carattere della guerra cam- bierebbe radicalmente» (p. 116). È una falsità assoluta e stridente. Martov non poteva ignorare che la rivoluzione democratica e la repub- blica sono una rivoluzione e una repubblica democratico-borghesi. Il carattere della guerra fra le grandi potenze borghesi e imperialiste non cambierebbe di un filo se in una di queste potenze l'imperialismo mili- tarista-assolutista-feudale fosse rapidamente spazzato via, perché non per questo Timperialismo puramente borghese sparirebbe, ma anzi si rafforzerebbe . Perciò la nostra rivista, nel n. 47, tesi 9, ha dichiarato che il partito del proletariato della Russia non difenderà in questa guerra nemmeno la patria dei repubblicani e dei rivoluzionari, finché essi saranno sciovinisti come Plekhanov, i populisti, Kautsky, i colla- boratori del Nasce Dielo , Ckheidze, il Comitato d'organizzazione, ecc. COME SI MASCHERA LA POLITICA SOCIALSCIOVINISTA 397 E Martov non si salva affatto con la frase elusiva contenuta nella nota di p. 118, dove, contrariamente a quanto egli afferma a p. 116, dice di « dubitare » che la democrazia borghese possa condurre la lotta « contro l’imperialismo internazionale » (certo che non può); « dubita » che la borghesia trasformi la repubblica del 1793 in una repubblica di Gambetta e di Clemenceau. La fondamentale falsità teorica rimane: nel 1793 la classe avanzata della rivoluzione borghese in Francia combat- teva contro le monarchie prerivoluzionarie d’Europa. Invece la Russia del 1915 non fa la guerra contro paesi meno avanzati, ma anzi contro paesi piu avanzati, che sono alla vigilia della rivoluzione socialista. Quindi nella guerra del 1914-1915 solo il proletariato che compie vit- toriosamente la rivoluzione socialista può avere la funzione che eser- citarono i giacobini nel 1793. Quindi nella guerra attuale il proleta- riato russo potrebbe « difendere la patria », potrebbe ritenere che « il carattere della guerra sia radicalmente mutato », solo se la rivoluzione portasse al potere precisamente il partito del proletariato e permettesse a questo partito d’indirizzare tutta la forza dello slancio rivoluzionario e dell’apparato statale verso la realizzazione immediata di un’alleanza col proletariato socialista della Germania e dell’Europa ( Sotsial-De- mokrat , n. 47, tesi 11 ), Martov termina il suo articolo, che fa deirequilibrismo con frasi d’effetto, con un appello spettacolare alla « socialdemocrazia russa » « a prendere fin dall’inizio della crisi politica una posizione chiaramente internazionalista rivoluzionaria ». Il lettore che voglia controllare se dietro questa vistosa insegna non si nasconda del marciume, si ponga questa domanda: che cosa significa in generale prendere una posizione politica? 1) Formulare a nome dell’organizzazione (magari dei cinque segretari), in una serie di risoluzioni, una valutazione del momento e della tattica; 2) proporre una parola d’ordine di lotta per il momento considerato; 3) collegare l’una e l’altra a W azione delle masse proletarie e della loro avanguardia cosciente. Martov e Axelrod, capi ideali dei « cinque », non solo non fanno né la prima, né la seconda, né la terza cosa, ma di fatto in tutti e tre questi campi appoggiano i socialsciovi - nistiy li coprono! In sedici mesi di guerra i cinque segretari all’estero non hanno preso nessuna posizione « chiara », né, in generale, nessuna posizione tattico-programmatica. Martov oscilla ora a sinistra ora a de- stra; Axelrod pende solo a sinistra (cfr. soprattutto il suo opuscolo in tedesco). Niente di chiaro, niente di definito, niente di organizzato, nes- 398 LENIN suna posizione! « La parola d’ordine centrale di combattimento del momento — scrive Martov a titolo personale — per il proletariato russo dev’essere ^Assemblea costituente popolare per la liquidazione dello zarismo e della guerra. » È una parola d’ordine che non serve a niente, né centrale, né di combattimento, perché vi manca l’essenziale, il con- tenuto sociale di classe, politicamente definito, della nozione di questa duplice « liquidazione ». È una frase democratico-borghese volgare, e non una parola d’ordine centrale, né combattiva, né proletaria. Infine, quanto all’essenziale — il legame con le masse in Russia — Martov e soci non solo non danno niente, ma danno un risultato nega- tivo. Perché dietro a loro non c’è niente. Le elezioni hanno dimostrato che vi sono delle masse solo dietro al blocco della borghesia e del Raboceìe Utro , e il riferimento al Comitato d’organizzazione e alla fra- zione Ckheidze non è che una falsa copertura di questo blocco bor- ghese. Sotsial-Detnokrat, n. 49, 21 dicembre 1913. L 'OPPORTUNI SMO E IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE È istruttivo confrontare gli atteggiamenti delle diverse classi e dei diversi partiti nei riguardi del fallimento dellTntern azionale, rivelato dalla guerra del 1914-1915. Da una parte la borghesia loda e porta al cielo i socialisti che si pronunciano per la « difesa della patria », cioè per la guerra e per l'aiuto alla borghesia. Dall’altra parte i rappresen- tanti piu sinceri o meno diplomatici della borghesia si rallegrano del fallimento dellTnternazionale, del fallimento delle « illusioni » del so- cialismo. Fra i socialisti « che difendono la patria » ritroviamo le stesse due sfumature: gli « estremisti », come i tedeschi W. Kclb e W. Heine, riconoscono il fallimento dell’Internazionale imputandolo alle « illusioni rivoluzionarie » e tendono a ricostituire una Internazionale ancora più opportunista. Ma in pratica essi si ricongiungono eoi socialisti « difen- sori della patria » « moderati » e cauti del tipo di Kautsky, Renaudel, Vandervelde, che negano ostinatamente il fallimento dell’Internazionale, lo considerano solo una sospensione temporanea, difendono la vitalità e il diritto all’esistenza della II Internazionale. I socialdemocratici ri- voluzionari dei vari paesi riconoscono il fallimento della II Internazio- nale e la necessità di costituire la terza. Per decidere chi ha ragione prendiamo un documento storico che si riferisce proprio alla guerra attuale e che è stato firmato all’unani- mità, e per di piu ufficialmente, da tutti i partiti socialisti del mondo. Questo documento è il manifesto di Basilea del 1912. È degno di nota che in teoria nessun socialista ha il coraggio di negare la necessità di una valutazione storica concreta di ogni guerra in particolare. Ma oggi, tranne i pochi socialdemocratici « di sinistra », nessuno ha il coraggio di rinnegare apertamente, francamente, senza ambagi il manifesto di Basilea, di dichiararlo errato, di analizzarlo coscienziosamente, confron- 400 LENIN tando le sue tesi con il comportamento dei socialisti dall’inizio della guerra. Perché questo? Perché il manifesto di Basilea smaschera spieta- tamente tutta la falsità dei ragionamenti e del comportamento della maggioranza dei socialisti ufficiali. Questo manifesto non dice una pa- rola né sulla «difesa della patria », né sulla distinzione fra guerra of- fensiva e guerra difensiva!! Non una parola sulla questione attorno alla quale parlano, gridano e strepitano più di tutti i capi ufficiali della so- cialdemocrazia della Germania e della Quadruplice Intesa. Il manifesto di Basilea dà un giudizio assolutamente chiaro, esatto, preciso, dei con- creti conflitti d’interessi che nel 1912 spingevano alla guerra e vi hanno di fatto portato nel 1914. Il manifesto afferma che questi conflitti sorgono sul terreno delP« imperialismo capitalistico »: fra l’Austria e la Russia per il « predominio nei Balcani », tra l’Inghilterra, la Fran- cia e la Germania per la loro (di tutte) « politica di conquista nell’Asia minore », fra l’Austria e l’Italia per l’aspirazione di ciascuna a « com- prendere l’Albania nella propria sfera d’influenza, » a sottometterla al proprio « dominio », fra l’Inghilterra e la Germania per il reciproco « antagonismo », e poi per gli « attentati dello zarismo contro l’Arme- nia, Costantinopoli, e cosi via ». È chiaro che tutto ciò si riferisce ap- punto alla guerra attuale. Il carattere puramente imperialistico, reaziona- rio, schiavistico, di conquista di questa guerra è riconosciuto con la mas- sima chiarezza nel manifesto, il quale ne trae anche le inevitabili dedu- zioni: la guerra non può essere « giustificata col minimo pretesto di un qualunque interesse dei popoli »; si prepara la guerra « per il profitto dei capitalisti e l’orgoglio delle dinastie »; per gli operai sarà « un delitto sparare gli uni sugli altri ». Queste tesi contengono tutto l’essenziale, tutto ciò che è neces- sario per comprendere la differenza radicale tra due grandi epoche sto- riche. L’una, l’epoca 1789-1871, quando per lo più le guerre in Europa erano indubbiamente connesse a un « interesse popolare » importantis- simo, e precisamente ai potenti movimenti borghesi progressivi di libe- razione nazionale, che trascinavano milioni di uomini alla distruzione del feudalesimo, dell’assolutismo, del giogo straniero. Su questo ter- reno, e solo su di esso, si è sviluppata la concezione della « difesa della patria », della difesa della nazione borghese che si è liberata dal me- dioevo. Solo in questo senso i socialisti ammettevano la « difesa della patria ». E ora non si può nón riconoscere in questo senso , per esem- L'OPPORTUNISMO e IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 401 pio, la difesa della Persia e della- Cina dalla Russia o dall’Inghilterra, della Turchia dalla Germania o dalla Russia, dell’Albania dall'Austria o dall’Italia, e cosi via. La guerra del 1914*1915, come è detto chiaramente nel manifesto di Basilea, appartiene a un’epoca storica completamente diversa, ha un carattere completamente diverso. È una guerra fra predoni per la spar- tizione del bottino, per l’asservimento di altri paesi. La vittoria della Russia, dell’Inghilterra, della Francia porterà con sé il soffocamento del- l’Armenia, dell’Asia minore, ecc.: questo è detto nel manifesto di Ba- silea. La vittoria della Germania porterà con sé il soffocamento del- l’Asia minore, della Serbia, dell’Albania ecc. Questo è detto nello stesso documento, e tutti i socialisti lo hanno riconosciuto! Tutti i discorsi sulla guerra difensiva o sulla difesa della patria da parte delle grandi po- tenze (leggi: dei grandi predoni) che fanno la guerra per il dominio del mondo, per i mercati e le « sfere d’influenza », per l’asservimento dei popoli, sono menzogneri, privi di senso e ipocriti. Non c’è da sor- prendersi se i « socialisti » che ammettono la difesa della patria hanno paura di ricordare e di citare con precisione il manifesto di Basilea per- ché esso smaschera la loro ipocrisia. Il manifesto di Basilea dimostra che i socialisti che ammettono la « difesa della patria » nella guerra del 1914-1915, sono socialisti soltanto a parole, nei fatti sono sciovi- nisti. Sono socialsciovinisti. Dal riconoscimento che una guerra è legata agli interessi di libe- razione nazionale deriva una tattica dei socialisti. Dal riconoscimento che una guerra è imperialistica, di conquista, di rapina, deriva un’altra tattica. E il manifesto di Basilea ha tracciato con chiarezza quest’altra tattica. La guerra provocherà una « crisi economica e politica », dice il manifesto. Bisogna « utilizzare » questa crisi per « accelerare la caduta del dominio di classe del capitale »: in queste parole si riconosce che la rivoluzione sociale è matura , che essa è possibile e avanza in relazione con la guerra. Le « classi dominanti » temono la « rivoluzione proletaria », dice il manifesto richiamandosi apertamente all’esempio della Comune e delTanno 1905, cioè ad esempi di rivoluzioni, di scioperi, di guerra civile. Mentono coloro che dicono che i socialisti « non hanno esami- nato », « non hanno risolto » il problema dell’atteggiamento verso la guerra. Il manifesto di Basilea ha deciso questa tattica: la tattica delle azioni rivoluzionarie del proletariato e della guerra civile. Sarebbe errato pensare che il manifesto di Basilea sia una vana 402 LENIN declamazione, un discorso di burocrati, una minaccia priva di serietà. Cosi son pronti a dire coloro che il manifesto smaschera! Ma questo è falso! Il manifesto di Basilea è una sintesi dell’immenso materiale di agitazione e di propaganda di tutta l’epoca della II Internazionale, dal 1889 al 1914. Questo manifesto riassume , senza esagerazione, milioni e milioni di proclami, di articoli, di libri, di discorsi dei socialisti di tutti i paesi. Dichiarare che questo manifesto è un errore significa dichiarare errata tutta la II Internazionale, tutto il lavoro di decenni e decenni dei partiti socialdemocratici. Respingere il manifesto di Basilea significa re- spingere tutta la storia del socialismo. Il manifesto di Basilea non dice niente di particolare , niente di straordinario. Esso ripete soltanto l’af- fermazione di cui si sono serviti i socialisti per condurre dietro di sé le masse : il lavoro « pacifico » è preparazione alla rivoluzione proletaria. Il manifesto di Basilea ha ripetuto ciò che Guesde ha chiamato al con- gresso del 1899, deridendo il ministerialismo dei socialisti in caso di una guerra per i mercati, « brigandages capitalistes » ( En garde!, pp. 175-176), o ciò che Kautsky ha detto nel 1909, nella Via del po- tere, quando indicava la fine delT« epoca pacifica » e l’avvento di un’epo- ca di guerre e di rivoluzioni e di lotta del proletariato per il potere. Il manifesto di Basilea dimostra in modo inconfutabile che i so- cialisti che hanno votato i crediti, che sono entrati nei ministeri, che hanno ammesso la difesa della patria negli anni 1914-1915, hanno tra- dito completamente il socialismo. Il tradimento è un fatto incontesta- bile. Solo gli ipocriti possono negarlo. La questione è solo di sapere come spiegarlo. Sarebbe assurdo, antiscientifico, ridicolo ridurre il problema alle persone , richiamarsi a Kautsky, Guesde, Plekhanov ( « perfino » que- sti uomini!). Sarebbe una pietosa scappatoia. Una spiegazione seria ri- chiede ranalisi del significato economico di una determinata politica, poi l’analisi delle sue idee fondamentali, infine lo studio della storia delle tendenze all’interno del socialismo. Qual è il contenuto economico della « difesa della patria », nella guerra del 1914-1915? La risposta è già stata data nel manifesto di Basilea. Tutte le grandi potenze fanno la guerra a scopo di rapina, per la spartizione del mondo, per i mercati, per l’asservimento dei popoli. Alla borghesia questo porta un aumento dei profitti. Al piccolo strato della burocrazia e dell’aristocrazia operaia, nonché alla piccola borghesia (gli intellettuali, ecc.) che ha «aderito» al movimento operaio, la L’OPPORTUNISMO E IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 403 guerra promette le briciole di questi profitti. La base economica del « so- cial sciovinismo » ( questo termine è piu preciso di quello di socialpa- triottismo, che abbellisce il male) e dell'opportunismo è la stessa: l’al- leanza dello strato insignificante delle « élites » del movimento operaio con la « loro » borghesia nazionale contro la massa del proletariato. L’alleanza dei servi della borghesia con la borghesia contro la classe sfruttata dalla borghesia. Il socialsciovinismo è opportunismo compiuto. Il contenuto politico del socialsciovinismo e dell’opportunismo è 10 stesso: la collaborazione delle classi, il rinnegamento della dittatura del proletariato, la rinunzia alle azioni rivoluzionarie, il servilismo di fronte alla legalità borghese, la mancanza di fiducia nel proletariato, la fiducia nella borghesia. Le stesse idee politiche. Lo stesso con- tenuto politico della tattica. Il socialsciovinismo è il prolungamento diretto e il compimento del millerandismo, del bemsteinismo, della politica operaia liberale inglese, e la loro somma, la loro conclusione, 11 loro risultato. In tutta l’epoca 1889-1914 vediamo nel socialismo due tenden- ze fondamentali, quella opportunista e quella rivoluzionaria. Due tendenze esistono anche ora sulla questione dell’atteggiamento verso il socialismo. Lasciate stare il metodo dei mentitori borghesi e oppor- tunisti che si riferiscono alle persone ; considerate le tendenze in tutta una serie di paesi. Prendiamo dieci paesi europei: la Germania, l’Inghil- terra, la Russia, l’Italia, l’Olanda, la Svezia, la Bulgaria, la Svizzera, il Belgio, la Francia. Nei primi otto paesi la divisione in tendenza oppor- tunista e rivoluzionaria corrisponde alla divisione in socialsciovinisti e internazionalisti rivoluzionari. I nuclei fondamentali del socialsciovinismo — in senso sodale, politico — sono i Sozialistische Monatshefte e soci in Germania; i fabiani e il Partito laburista in Inghilterra (il Partito operaio indipendente ha fatto blocco con loro, e in questo blocco l’in- fluenza del socialsciovinismo è assai maggiore che nel Partito socialista britannico, nel quale vi sono drca i 3/7 d’internazionalisti: 66 e 84); la Nascia Zarià e il Comitato d’organizzazione (e il Nasce Dieló) in Russia; il partito di Bissolati in Italia; il partito di Troelstra in Olanda; Branting e soci in Svezia; i « sciroki » in Bulgaria; Greulich e i « suoi » uomini in Svizzera. Proprio fra i socialdemocratici rivoluzionari in tutti questi paesi si è già levata una protesta piu o meno derisa contro il sodalscio vinismo. Eccezione: due paesi su dieci, ma anche in questi paesi grintemazionalisti sono deboli , ma esistono; i fatti sono poco noti 404 LENIN (Vaillant ha riconosciuto che riceve delle lettere d'internazionalisti, ma non le ha pubblicate) piuttosto che inesistenti. Il socialsciovinismo è opportunismo compiuto. È indiscutibile. L'unione con la borghesia era un’occulta unione ideologica. È diventata un aperto connubio. La forza del socialsciovinismo proviene appunto dalFunione con la borghesia e con gli stati maggiori. Mente chi dice (e Kautsky è del numero) che le « masse » del proletariato si sono orien- tate verso lo sciovinismo: le masse non sono siate interrogate in nessun lungo (eccettuata, forse, l’Italia, — nove mesi di discussione prima della dichiarazione di guerra! — e in Italia le masse erano contro il partito di Bissolati), Le masse sono state assordate, abbrutite, divise, schiac- ciate dallo stato di guerra. Solo i capi hanno votato liberamente, hanno votato per la borghesia contro il proletariato! È ridicolo e grottesco considerare l’opportunismo un fenomeno interno del partito. Tutti i marxisti, sia in Germania sia in Francia ecc, hanno sempre detto e dimostrato che P opportunismo è una manifestazione dell’influenza della borghesia sul proletariato, è una politica operaia borghese, è l’alleanza di una parte insignificante di elementi vicini al proletariato con la borghesia. E l’opportunismo, maturatosi per decenni nelle condizioni del capitalismo « pacifico », è giunto a completa maturazione nel 1914- 1915, al punto di allearsi apertamente con la borghesia. L’unità con l’opportunismo è l’unità del proletariato con la sua borghesia nazio- nale, cioè la subordinazione ad essa, la divisione della classe operaia rivoluzionaria intemazionale. Ciò non significa che l’immediata scis- sione con gli opportunisti sia desiderabile o anche solo possibile in tutti i paesi: significa che la scissione è storicamente matura, è diven- tata inevitabile e progressiva, necessaria per la lotta rivoluzionaria del proletariato; che la storia, passando dal capitalismo « pacifico » all’im- perialismo, ha compiuto una svolta verso questa scissione. Volente m ducunt fata, nolentem trahunt. La borghesia di tutti i paesi, e quella dei paesi belligeranti in primo luogo, si è unita daH’inizio della guerra nei tessere le lodi dei socialisti che ammettono la « difesa della patria », cioè la difesa degli interessi di rapina della borghesia nella guerra imperialista contro il proletariato. Vedete come questo interesse fondamentale ed essenziale della borghesia internazionale si faccia strada, trovi espressione all* in- terno dei partiti socialisti, alVinterno del movimento operaio. L’esempio della Germania è particolarmente istruttivo perché in questo paese L’oPPORTUNI S MO E IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 405 l’epoca della II Internazionale ha creato il partito piu forte, ma negli altri paesi vediamo assolutamente e completamente la stessa cosa che in Germania, con alcune insignificanti differenze di forma, d’appa- renza, d’aspetto esteriore. NelP aprile del 1915 la rivista conservatrice tedesca Preussische Jahrbucher ha pubblicato un articolo di un socialdemocratico , membro del partito socialdemocratico, che si nascondeva sotto lo pseudonimo di Monitor. E questo opportunista s’è lasciato sfuggire la verità, ha detto apertamente in che cosa consiste il nocciolo della politica di tutta la borghesia mondiale nei confronti del movimento operaio del XX secolo. Non è piu possibile sbarazzarsi di questo movimento né schiacciarlo con la forza brutale. Bisogna corromperlo dalPinterno, comprando il suo strato superiore. Proprio cosi ha agito già da decenni la borghesia anglo- francese, comprando i dirigenti delle Trade-Unions, i Millerand, i Briand e soci. Proprio cosi agisce ora anche la borghesia tedesca. Il par- tito socialdemocratico — dice Monitor in faccia alla borghesia (e, in sostanza, a nome della borghesia) — si comporta durante la guerra « irreprensibilmente » (cioè serve irreprensibilmente la borghesia contro il proletariato). Il « processo di degenerazione » del partito socialde- mocratico in partito operaio nazional-liberale va avanti a meraviglia. Ma sarebbe pericoloso per la borghesia se questo partito s i spostasse a destra : « esso deve conservare il carattere di un partito operaio con ideali socialisti, perché il giorno in cui vi rinun- zierà, sorgerà un nuovo partito che riprenderà il programma al quale il vecchio partito precedente avrà rinunziato e gli darà una formulazione ancora piu radicale » ( Preussische Jahrbiicher , 1915, n. 4, 50-51). In queste parole è espresso apertamente ciò che la borghesia ha fatto sempre e dappertutto di nascosto. Alle masse occorrono parole « radicali » perché le masse possano crederci. Gli opportunisti sono pronti a ripetere ipocritamente queste parole. Dei partiti come i partiti socialdemocratici della II Internazionale sono loro utili, necessari, perché hanno assicurato la difesa della borghesia da parte dei socialisti durante la crisi del 19144915! I fabiani e i capi liberali delle Trade-Unions in Inghilterra, gli opportunisti e i jauressisti in Francia seguono esatta- mente la stessa politica del tedesco Monitor. Monitor è un opportunista franco, o cinico. Guardate l’altra variante, l’opportunista mascherato, o « onesto ». (Engels una volta ha detto giustamente che gli opportu- 406 LENIN nisti « onesti » sono i piu pericolosi per il movimento operaio.) Kautsky ne è un esempio. Nel n. 9 della Neue Zeri del 26-11-1915, egli scrive che la mag- gioranza del partito ufficiale viola il suo programma (Kautsky stesso ha difeso la politica di questa maggioranza per un anno intero dopo Tinizio della guerra e ha giustificato la menzogna della « difesa della patria»!), «L’opposizione contro la maggioranza aumenta» (p. 272). («Die Opposition gegen die Mehrheit im Wachsen ist ».) Le masse sono « di opposizione » {« oppositionnel »). « Nach dem Kriege »... (nur nach dem Kriege?) ...« werden die Klassengegensatze sich so verschàrfen, dass der Radikalismus in den Massen die Oberhand gewinnt » (p. 272) ...Es « droht uns nach dem Kriege » (nur nach dem Kriege?) « die Flucht der radikalen Elemente aus der Partei u. ihr Zustrom zu einer Richtung antiparlamentarischer » (?? soli heissen: ausserparlamenta- rischer») «Massenaktionen»... «So zerfàllt unsere Partei in zwei Extre- me die nichts Gemeinsames haben. » * Kautsky vuole rappresentare il « giusto mezzo » vuole conciliare questi « due estremi » che « non hanno niente in comune fra di loro »!! Egli riconosce adesso (sedici mesi dopo l’inizio della guerra) che le masse sono rivoluzionarie. E, condannando subito le azioni rivoluzionarie definendole « Abenteuer » « in den Strasse n » ** (p. 272), Kautsky vuole «conciliare» le masse rivoluzionarie con i capi opportunisti che « non hanno niente in comune » con loro, e conci- liarle come ? Con delle parole! Con le parole « di sinistra » della mino- ranza « di sinistra » del Reichstag!! La minoranza condanni pure, come Kautsky, le azioni rivoluzionarie, le qualifichi pure avventure , ma nutra le masse con parole di sinistra, e allora nel partito ci sarà l’unità e la pace... coi Sudekum, i Legien, i David, i Monitor!! Ma questo è esattamente lo stesso programma di Monitor, il pro- gramma della borghesia; solo che è espresso con una « voce buona », « con frasi dolci »!! Questo programma l’ha attuato anche Wurm quan- * «Dopo la guerra»... (solo dopo la guerra? )..,« le contraddizioni di classe si acutizzeranno a tal punto che fra le masse prevarrà il radicalismo» (p. 272 ) ...«Siamo minacciati dopo la guerra» (solo dopo la guerra?) «dalla fuga degli elementi radicali dal partito e dalla loro unione coi fautori delle azioni antiparla- mentari » (?? si dovrebbe dire: extraparlamentari) ...«di massa»... «Cosi il nostro partito si scinderà in due campi estremi che non hanno niente in comune fra di loro.» ( n.d.t .) ** «Avventure dì strada.» (n.d.t.) L’OPPORTUNISMO e IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 407 do, a una riunione del gruppo socialdemocratico al Reichstag, il 18-3- 1915, er « warnte die Fraktion den Bogen zu iiberspannen; in den Arbeitermassen wachse die Opposition gegen die Fraktionstaktik; es gelte, beim marxistischen Zentrum zu verharren ». (S. 67 Klassenkampf gegen den Krieg ! Material zum « Fall Liebknecht ». Als manuskript gedruckt *.) Osservate che qui, a nome di tutto il « centro marxista » (Kautsky compreso), si riconosce che le masse sono rivoluzionarie! E questo il 18 marzo 1915!! Otto mesi e mezzo d o p o , il 26 novembre 1915, Kautsky propone di nuovo di calmare le masse rivoluzionarie con dei discorsi di sinistra!! L'opportunismo di Kautsky si distingue dall'opportunismo di Mo- nitor solo per le parole, per le sfumature, solo per il modo di raggiungere uno stesso scopo: mantenere l’influenza degli opportunisti (cioè della borghesia) sulle masse, mantenere la subordinazione del proletariato agli opportunisti (cioè alla borghesia)!! Pannekoek e Gorter assai giusta- mente hanno definito la posizione di Kautsky « radicalismo passivo » (verbiage, come dicono i francesi, che hanno appreso benissimo questa variante del rivoluzionarismo sui loro modelli «nazionali»!!). Ma io preferirei definirlo opportunismo mascherato, timido, ipocrita, dolciastro. In sostanza le due tendenze della socialdemocrazia non si distin- guono ora per le parole né per le frasi. Quando si tratta di conciliare la « difesa della patria » (cioè la difesa delle rapine della borghesia) con frasi sul socialismo, l'internazionalismo, la libertà dei popoli, ecc., Van- dervelde, Renaudel, Sembat, Hyndman, Henderson, Lloyd George non la cedono a Legien, Siidekum, Kautsky e Haase! La vera differenza inco- mincia proprio dal completo rifiuto della difesa della patria in questa guerra, dal riconoscimento delle azioni rivoluzionarie in collegamento con questa guerra, durante e dopo di essa. E in questa questione, l’unica que- stione seria, Tunica concreta, Kautsky e Kolb e Heine sono una cosa sola. Confrontate i fabiani in Inghilterra e i kautskiani in Germania. I primi sono quasi dei liberali, che non hanno mai riconosciuto il mar- xismo. Engels scriveva dei fabiani il 18 gennaio 1893: « ...una banda di carrieristi, abbastanza ragionevoli per capire che il rivolgimento sociale * Egli « avvertiva la frazione di non tirare troppo la corda; che fra le masse operaie aumentava l’opposizione contro la tattica del gruppo parlamentare; che bisognava stringersi al centro marxista » (p. 67 , La lotta di classe contro la guerra ! Documenti sull\< Affare Liebknecht ». (Copia poligrafata.) (n.d.t.) 408 LENIN è inevitabile, ma che non vogliono in nessun caso affidare questo lavoro gigantesco esclusivamente al proletariato immaturo... il loro principio fondamentale è la paura di fronte alla rivoluzione »... E Vii novembre 1893: « Dei borghesi boriosi che hanno la bontà di abbassarsi fino al proletariato per liberarlo dall’alto, se solo esso volesse capire che una tale massa grezza e incolta non può liberarsi da sola e non può ottenere niente senza la benevolenza di questi intelligenti avvocati, letterati, e femminucce sentimentali... » 15 \ Come sono lontani da costoro i kaut- skiani in « teoria »! Ma in pratica, nel loro atteggiamento verso la guerra, le loro posizioni coincidono completamenteì Prova evidente del fatto che tutto il marxismo è evaporato dai kautskiani, che si è trasfor- mato in lettera morta, in chiacchiere ipocrite. Gli esempi seguenti ci permettono di vedere con quali palesi sofismi i kautskiani hanno confutato, dopo l’inizio della guerra, la tattica delle azioni rivoluzionarie del proletariato, unanimemente accettata dai socia- listi a Basilea. Kautsky ha tirato fuori la teoria dell’* ultraimperiali- smo ». Egli intendeva con questa espressione la sostituzione « della lotta fra i capitali finanziari nazionali con lo sfruttamento in comune del mondo da parte del capitale finanziario unito sul piano intemazionale » (Neue Zeit , n. 5, 30-4-1915, p. 144). E Kautsky stesso aggiungeva: « È realizzabile questa nuova fase del capitalismo? Non ci sono ancora premesse sufficienti per risolvere questo problema »!! In base al fatto che è « pensabile » una nuova fase che il suo stesso inventore non si azzarda neppure a dichiarare « realizzabile », si negano i compiti rivo- luzionari del proletariato adesso che è palesemente incominciata una fase di crisi e di guerra! E colui che nega le azioni rivoluzionarie è la stessa autorità della II Internazionale che nel 1909 ha scritto un intero libro, La via del potere , tradotto in quasi tutte le principali lingue europee e che dimostrava il legame fra la guerra imminente e la rivolu- zione, dimostrava che « la rivoluzione non poteva essere pre- matura »!! Nel 1909 Kautsky dimostra che Tepoca del capitalismo « pari- fico » è passata, che è imminente un’epoca di guerre e di rivoluzioni. Nel 1912 il manifesto di Basilea mette proprio questa idea alla base di tutta la tattica dei partiti socialisti del mondo. Nel 1914 incomincia la guerra, incomincia la « crisi economica e politica » prevista a Stoccarda e a Basilea. E Kautsky inventa delle « obiezioni » teoriche contro la tattica rivoluzionaria! L’OPPORTUNISMO e IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 409 P.B. Axelrod sviluppa le stesse idee con una terminologia un po’ piu « di sinistra »: egli scrive nella libera Svizzera e vuole influire sugli operai russi rivoluzionari ( Die Krise und die Aufgaben der inter- nationalen Soziddemokratie, Ziirich, 1915). Qui troviamo una scoperta gradevole per gli opportunisti e i borghesi di tutto il mondo, e cioè che « das Internationalisierungsproblem der Arbeiterbewegung ist mit der Frage der Revolutionisierung unserer Kampfsformen und Methoden nicht identisch » (p. 37) e che « der Schwerpunkt des Internationalisie- rungsproblems der proletarischen Befreiungsbewegung liegt in der weite- ren Entwicklung u. Internationalisierung eben jener Alltagspraxis » (p. 40)... « beispielsweise miissen die Arbeiterschutz-u. Versicherungs- gesetzgebung... zum Objekt ihrer (der Arbeiter) internationalen Aktion u. Organisationen werden » (p. 39) *, S'intende, non solo i Stidekum, i Legien, gli Hyndman e i Vander- velde, ma anche i Lloyd George, i Nauman e i Briand approvano piena- mente questo « internazionalismo »! Axelrod difende l’« internaziona- lismo » di Kautsky senza riportare e senza analizzare neppure uno dei suoi argomenti in favore della difesa della patria. Axelrod — come i socialsciovinisti francofili — ha persino paura di ricordare ciò che il manifesto di Basilea dice proprio a proposito della tattica rivoluzionaria. Per Tavvenire, — un avvenire indeterminato, incerto, — Axelrod è pronto a lanciare le frasi più di sinistra, più rrrivoluzionarie sul modo in cui la futura Internazionale (den Regierungen im Falle der Kriegs- gefahr) entgegentreten wird « mit der Entfachung eines revolutionaren Sturmes und... durch die Einleitung der sozialistischen Revolution » (p. 14)**. Non si scherza!! Ma quando si tratta di applicare proprio adesso, nella crisi attuale, la tattica rivoluzionaria, Axelrod risponde ganz à la Kautsky***: la tattica delle «revolutionaren Massenaktionen.., hatte noch eine gewisse Berechtigung, wenn wir unmittelbar am Vora- * « il problema dell’internazionalizzazione del movimento operaio non è identico a quello della rivoluzionalizza 2 Ìone delle nostre forme e dei nostri metodi di lotta » (p. 37) e « il centro di gravità del problema dell’intemaziona- lizzazione del movimento proletario di liberazione sta nell’ulteriore sviluppo e neirinternazionalizzazione proprio di quella pratica quotidiana » (p, 40). ...«per esempio , la legislazione sulla protezione del lavoro e sulle assicurazioni deve... divenire l'oggetto delle loro (degli operai) azioni e organizzazioni internazionali » (p. 39). ( n.d.t .) ** Agirà (contro i governi in caso di pericolo di guerra) « sollevando una tempesta rivoluzionaria e... introducendo la rivoluzione socialista» (p. 14), {n.d.t.) *** Tutto alla Kautsky. (n.d.t.) 410 LENIN bend der sozialen Revolution stànden, ahnlich wie es etwa in Russland seit den Studentendemonstrationen des J. 1901 der Fall war, die das Herannahen entscheidender Kampfe gegen den Absolutismus ankùn- digten » * (pp. 40-41), e quindi lancia fulmini contro le « Utopien », contro il « Bakunismus », proprio nello spirito di Kolb, di Heine, di Sudekum e di Legien!! Ma l’esempio della Russia smaschera Axelrod con particolare evidenza. Dal 1901 al 1905 sono passati quattro anni e nel 1901 nessuno poteva garantire che la rivoluzione in Russia (la prima rivoluzione contro l’assolutismo) sarebbe scoppiata quattro anni dopo. Assolutamente la stessa è la situazione dell’Europa nei confronti della rivoluzione socialista. Nessuno può garantire che la prima rivo- luzione di questo genere avverrà fra quattro anni. Ma che una situazione rivoluzionaria esista , è un fatto previsto nel 1912 e accaduto nel 1914. Ed è anche incontestabile che le dimostrazioni degli operai e dei cittadi- ni affamati in Russia e in Germania nel 1914 « das Herannahen entschei- dender Kampfe ankùndigen » **. È dovere immediato e assoluto dei so- cialisti appoggiare e sviluppare queste dimostrazioni e le « azioni rivolu- zionarie di massa » di ogni genere (scioperi economici e politici, movi- mento nell’esercito fino all’insurrezione e alla guerra civile), dar loro delle parole d’ordine chiare, creare un’organizzazione e una stampa ille- gale, senza di che è impossibile chiamare le masse alla rivoluzione, aiutar- le a prenderne coscienza, organizzarle per la sua attuazione. Proprio cosi agirono i socialdemocratici in Russia nel 1901, «am Vorabend»*** della rivoluzione borghese (che è incominciata nel 1905, ma non è ancora finita nemmeno nel 1915). Proprio cosi debbono agire i socialdemocratici in Eu- ropa nel 1914-1915 « am Vorabend » der sozialistischen Revolution.**** Le rivoluzioni non nascono mai pronte, non escono dalla testa di Giove, non scoppiano in un sol colpo. Sono sempre precedute da un processo di fermenti, di crisi, di movimenti, di rivolte, di inizio di rivoluzione, e questo inizio non sempre si sviluppa fino alla fine (per esempio se la classe rivoluzionaria è debole). Axelrod inventa dei sotterfugi per di- * La tattica delle «azioni rivoluzionarie dì massa... avrebbe ancora qualche giustificazione se ci trovassimo all'immediata vigilia della rivoluzione sociale, come accadde, per esempio, in Russia, dove le manifestazioni studentesche del 1901 annunziarono l'approssimarsi di battaglie decisive contro l'assolutismo». (n.d.t.) ** « Annunziano ravvicinarsi di battaglie decisive. » (n.d.t.) *** « Alla vigilia. » ( n.d.t .) **** « All a v igjii a della rivoluzione socialista. » (n.d.t.) L’OPPORTUNISMO E IL FALLIMENTO DELLA II INTERNAZIONALE 411 stogliere i socialdemocratici dal loro dovere di favorire lo sviluppo dei movimenti rivoluzionari già in corso, in una situazione rivoluzionaria già esistente. Axelrod difende la tattica di David e dei fabiani masche- rando soltanto il suo opportunismo con frasi di sinistra. « Den Weltkrieg in einen Biirgerkrieg umwandeln zu wollen, wàre Wahnsinn gewesen » *, scrive il capo degli opportunisti E. David ( Die Soztal-Demokratie im Weltkrieg , Berlin, 1915, p. 172), repli- cando al manifesto del Comitato centrale del POSDR pubblicato il 1° no- vembre 1914 che lanciava questa parola d’ordine e che aggiungeva: « Wie gross die Schwierigkeiten dieser Umwandlung zur gegebenen Zeit auch sein mogen — die Sozialisten werden niemals ablehnen, die Vorar- beiten in der bezeichneten Richtung systematisck, unbeugsam und energisch auszufùhren, falls der Krieg zur Tatsache geworden ist » (zitiert bei David, p. 171)**. Osserviamo che un mese prima che uscisse il libro di David (1° maggio 1915} il nostro partito aveva pubblicato (n. 40 del Sotsial-Demokrat , 29 marzo) delle risoluzioni sulla guerra: i « passi » sistematici « sulla via della trasformazione della guerra impe- rialistica in guerra civile » vi erano definiti in questo modo: 1) rifiuto di votare i crediti militari, ecc,; 2) rottura del « Burgfrieden »; 3) crea- zione di un’organizzazione illegale; 4) appoggio alla fratemizzazione dei soldati nelle trincee; 5) appoggio ad ogni genere di azione di massa rivoluzionaria del proletariato in generale. Oh, coraggioso David! Nel 1912 egli non trovava «folle» il richiamo all’esempio della Comune di Parigi. Nel 1914 fa coro alla borghesia : « follia » ! ! Plekhanov, tipico rappresentante dei socialsciovinisti della « Qua- druplice Intesa », ha dato un giudizio della tattica rivoluzionaria asso* Iutamente conforme a quello di David. Egli ha definito l’idea di ... 153 ... precisamente di « Vorabend » della rivoluzione sociale, a partire dal quale possono passare quattro o piu anni prima delle « entscheidende Kàmpfe »***. Sono proprio dei germi, magari deboli, ma pur sempre dei germi della « rivoluzione proletaria » della quale parlava il manifesto * « Sarebbe stato follia voler trasformare la guerra mondiale in guerra ci* vile.» ( ft.d.t .) ** •« Per quanto possano sembrar grandi le difficoltà di questa trasforma- zione in questo o quel momento, i socialisti non rinunzieranno mai a un lavoro di preparazione instancabile, sistematico , tenace in questa direzione, una volta che la guerra è diventata un fatto» (citato da David, p. 171). (n.d.f.) *** « Battaglie decisive. » (n.d.t.) 412 LENIN di Basilea e che non diventerà mai possente in. un sol colpo, ma attra- verserà inevitabilmente gli stadi dei germi relativamente deboli. Appoggio, sviluppo, estensione, acutizzazione delle azioni rivolu- zionarie di massa e del movimento rivoluzionario. Creazione di un’orga- nizzazione illegale per la propaganda e l’agitazione in questa direzione, per aiutare le masse a prender coscienza del movimento e dei suoi com- piti, dei suoi mezzi e dei suoi scopi. A questi due punti si riduce inevi- tabilmente ogni programma pratico di azione della socialdemocrazia durante questa guerra. Tutto il resto non sono che chiacchiare opportu- niste, controrivoluzionarie, di qualunque trasvestimento di sinistra, pseudo-marxista, pacifista esse si adornino. E se ci obietteranno, come di solito fanno i routiniers della II Intemazionale: oh, questi procedimenti « russi »!! ( Die russische Taktik - Kap. Vili bei David), noi risponderemo semplicemente richiamandoci ai fatti. A Berlino il 30 ottobre 1915, alcune centinaia (einige hundert) di donne hanno manifestato davanti al Parteivorstand e hanno dichia- rato per mezzo di una loro delegazione; « Die Verbreitung von un zen - s ier t e n Flugblàttern un d Drukschriften und die Abhaltung nic h t genehmigter Versammlungen wàre bei dem grossen Organisationsapparat heute leichter móglich als zur Zeit des Sozialistengesetzes. Es fehlt nicht an Mitteln und Wegen, sondem offensichtlich an dem Willen » * (il corsivo è mio). ( Berner Tagwacht , n. 271). Si vede che queste lavoratrici berlinesi sono state traviate dal mani- festo « bakunista » e « avventurista », « settario » (siehe Kolb & C.**) e «folle» lanciato dal Comitato centrale del partito russo il 1° novembre. * « Diffondere opuscoli e volantini illegali e fare riunioni non autorizzate sarebbe più facile adesso che esiste un grande apparato organizzativo che non al tempo della legge eccezionale contro i socialisti. Non c’è mancanza di denaro né di mezzi, quello che manca, evidentemente, è la volontà.» (n.d.t.) ** Cfr. Kolb e C. Scritto alla fine del 1915. Pubblicato per la prima volta nella Prole tarskaia Revoliutsia, n. 5 (28), 1924. NOTE 1 I compiti della socialdemocrazia rivoluzionaria nella guerra europea : tesi sulla guerra scritte da Lenin non più tardi del 24 agosto (6 settembre) 1914, quando egli giunse a Berna da Poronin (Galizia). Queste tesi furono discusse alla conferenza del gruppo bolscevico di Berna tra il 24 e il 26 agosto (6-8 settembre); furono approvate e inviate, come risoluzione del gruppo, alle altre sezioni bolsce- viche all'estero. Per motivi di vigilanza la copia trascritta dalla Krupskaia porta l’annotazione: « Copia di un appello pubblicato in Danimarca ». Le. tesi furono inviate clandestinamente in Russia per essere discusse dai membri del Comitato centrale del partito ivi residenti, dalle organizzazioni del partito e dal gruppo bolscevico alla Duma. Quando apprese che le tesi erano state approvate in Russia, Lenin le rimaneggiò per farne un manifesto del Comitato centrale del POSDR: La guerra e la socialdemocrazia russa . i È. Vandervelde in Belgio, J. Guesde, M. Sembat e A. Thomas in Francia erano entrati nei ministeri borghesi. 3 Cfr. l’articolo di Lenin Sulla parola d'ordine degli Stati uniti d'Europa e la Nota della redazione del Sotsial-Demokrat a proposito del manifesto del Comitato centrale del POSDR sulla guerra (cfr. presente Voi., pp. 311-31.5). 4 In italiano nel testo. 6 Sudekum y Albert: socialdemocratico tedesco; durante la prima guerra mon- diale (1914-1918) fu un socialsciov mista accanito. Il suo nome venne usato per indicare i socialsciovinisti per antonomasia. 6 Lenin si riferisce qui all’appello al popolo tedesco, redatto dalle delega- zioni francese e belga dell’Ufficio socialista internazionale e pubblicato il 6 set- tembre 1914 su lYHumanité. Vi si accusavano il governo tedesco per i suoi piani di invasione e i soldati tedeschi per le crudeltà commesse nelle regioni già occupate. 1a presidenza (ted. Vorstand ) del Partito socialdemocratico di Germania protestò contro questo appello il 10 settembre sul Vorwarts. Di qui una polemica di stampa tra tedeschi e francesi. 7 Risoluzione di un gruppo di bolscevichi adottata alla Conferenza di Berna del 24-26 agosto (6-8 settembre) del 1914 (cfr. il presente voi,, pp. 9-12). 8 Heldentod : morte eroica. B II manoscritto finisce qui. Le due frasi successive sono annotazioni a margine, J0 II Congresso di Stoccarda della li Internazionale ebbe luogo dal 18 al 24 agosto 1907. Il POSDR vi fu rappresentato da 37 delegati fra i quali i boi- 416 NOTE scevichi Lenin, Litvinov, Lunaciarski e altri. Lenin partecipò ai lavori della commissione che preparò la risoluzione; II militarismo e i conflitti internazionali. Insieme con Rosa Luxemburg, egli apportò al progetto di risoluzione di Bebel 10 storico emendamento sul dovere dei socialisti di utilizzare la crisi aperta dalla guerra per sollevare le masse e rovesciare il capitalismo. Questo emendamento fu approvato dal congresso. (Sul congresso cfr., nella presente edizione, voi. 13, 11 congresso socialista internazionale di Stoccarda , pp. 68-84), 11 II Congresso di Copenaghen della II Internazionale ebbe luogo dal 28 agosto al 3 settembre 1910. -Il POSDR vi era rappresentato da Lenin, Plekhanov, Lunaciarski, la Kollontai, I. Pokrovski. Lenin fece parte della commissione sulle cooperative. La risoluzione sulla Lolla contro il militarismo e la guerra , approvata dal congresso, confermò quella del Congresso di Stoccarda sul Militarismo e i conflitti internazionali e formulò le rivendicazioni che i deputati socialisti dove- vano difendere nei parlamenti dei rispettivi paesi: 1) arbitrato internazionale obbligatorio per tutti i conflitti fra gli Stati; 2) disarmo generale; 3) abolizione della diplomazia segreta; 4) autonomia di tutti i popoli e protezione dei popoli contro le aggressioni militari e le persecuzioni, 12 II Congresso di Basilea della II Internazionale si tenne il 24 e 25 no- vembre 1912. Fu un congresso straordinario, convocato in connessione con la guerra balcanica e il pericolo incombente di una guerra europea. Approvò un manifesto nel quale si sottolineava il carattere imperialista della guerra mondiale imminente e si chiamavano i socialisti di tutti i paesi a lottare attivamente contro la guerra, 13 Cadetti: « Partito democratico costituzionale », principale partito borghese in Russia, attorno al quale si raccoglieva la borghesia liberale monarchica, costi- tuitosi nell’ottobre del 1905. Autodefinendosi partito della « libertà del popolo », i cadetti cercavano di attrarre dalla loro parte le masse contadine, Fin dall'inizio della guerra del 1914-1918 propugnarono la « guerra fino in fondo ». 14 Populisti: il populismo fu una corrente piccolo-borghese del movimento rivoluzionario russo, sorta negli anni sessanta-settanta del XIX secolo, I populisti volevano abolire l’autocrazia e trasferire ai contadini le terre dei grandi proprie- tari fondiari. Consideravano i contadini la principale forza rivoluzionaria e la comunità rurale l’embrione del socialismo, 15 Socialisti-rivoluzionari : partito piccolo-borghese sorto tra la fine del 1901 e Tinizio del 1902 dall’unione di diversi gruppi e circoli populisti. 16 II Partito socialista britannico (British Socialist Party) fu fondato nel 1911 a Manchester, dopo la fusione del partito socialdemocratico con gli altri gruppi socialisti. Durante la guerra mondiale (1914-1918) nel partito si manifestarono due tendenze: l’una apertamente sciovinista, con Hyndman, l’altra internazionalista, con D. MacLean. NeH’aprile del 1916 avvenne la scissione. Hyndman e i . suoi sostenitori furono messi in minoranza e uscirono dal partito. Da allora alla testa del partito vi furono elementi internazionalisti. Il Partito socialista britannico ebbe una funzione determinante nella formazione del Partito comunista inglese, fondato nel 1920. La maggioranza delle^ organizzazioni locali del 'Partito socialista britannico aderì al Partito comunista inglese. 17 Partito operaio indipendente (Independent Labour Party) fu fondato nel 1893. Alla sua testa vi* furono James Keir Hardie, R. MacDonald, ecc. Durante la guerra del 1914-1918 il Partito operaio indipendente pubblicò dapprima un manifesto contro la guerra (13 agosto 1914); poi, nel febbraio 1915, alla Con- NOTE 417 fetenza di Londra dei socialisti dei paesi deirintesa, grindipendenti si associarono alla risoluzione socialsciovinista approvata dalla conferenza. 18 Partito socialista italiano , fondato nel 1892. Durante la prima guerra mon- diale ebbe una posizione antimperialista. I suoi rappresentanti presero parte alle Conferenze mondiali degli internazionalisti di Zimmerwald (1915) e di Kienthal (1916), aderendo alla maggioranza centrista, La sua parola d’ordine durante la guerra fu: «non aderire e non sabotare». Sotto l’influenza della spinta rivoluzionaria nel paese e della Rivoluzione d’ottobre in Russia l'ala sinistra del PSI, formatasi durante la guerra, si rafforzò. Nell’ottobre del 1919 il Congresso di Bologna decise di aderire all’Internazionale comunista, ma non volle rompere con i riformisti. Nel gennaio del 1921, al Congresso di Livorno, i delegati della sinistra abban- donarono il congresso e costituirono il Partito comunista italiano. 19 Note sulla conferenza di Lenin erano state pubblicate sul n. 308 del Vorwàrts del 10 novembre e sul n. 309 della Arbeiter Zeitung di Vienna del 7 novembre 1914. In seguito alla lettera di Lenin la redazione del Vorwàrts pubblicò un trafiletto, informando che Lenin nella sua conferenza aveva criticato la posizione della socialdemocrazia tedesca e austriaca ed espresso un giudizio sul fallimento della II Internazionale. 20 Lenin incominciò a scrivere l’articolo Karl Marx, destinato al Dizionario encitlopedico Granai, nella primavera del 1914 a Poronin (Galizia) e lo terminò nel novembre dello stesso anno a Berna. L’articolo, firmato V. Ilin, fu parzial- mente pubblicato nel dizionario nel 1915. A causa della censura la redazione soppresse due capitoli. -Il testo integrale fu pubblicato per la prima volta nel 1925. 21 F. Engels, Ludovico Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca , in K. Marx-F, Engels, Opere scelte , Roma, 1966, pp. 1112-1113. 22 Espressione usata da Marx nella Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico. 23 K. Marx, Miseria della filosofia, Roma, Edizioni Rinascita, 1950. 24 Carteggio Marx-Engels, Roma, Edizioni Rinascita, 6 voli., 1950-53. 25 K. Marx, Per la critica dell'economia politica , Roma, Editori Riuniti, 1957. 26 K. Marx, Il capitale, Roma, Editori Riuniti, .1964-1965. 27 K- Marx-F. Engels, Opere scelte, cit., pp. 751-767. 28 K. Marx-F. Engels, op. cit., pp. 887-932. 29 K. Marx, Il capitale, cit., v, I, p. 44. 30 F. Engels, Antiduhring, Roma, Edizioni Rinascita, 1951 (II ediz.), pp. 52-53. 31 Ivi , p. 70. 32 Ibidem. 33 Ivi, p. 45. 34 Ivi , p. 31. 35 F. Engels, Ludovico Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, in K. Marx-F. Engels, op. cit., pp. 1114-1115. 38 Carteggio > cit., IV, p. 456. 37 F, Engels, Antiduhring, cit., p. 15. 38 Ivi, p. 29. 39 F. Engels, Ludovico Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, in K. Matx-F. Engels, op. cit., p, 1133. 418 NOTE « Ivi , p. 1107. 41 F. Engels, Antidiibring , cit., p. 32. 42 Ibidem . 43 K. Marx, Il capitale, cit., v. I, p. 414 in nota. 44 K. Marx, Per la critica dell’economia politica , cit., p. 11. 45 Carteggio , cit., IV, p. 428. 48 K. Marx, F. Engels, Manifesto del partito comunista, XII ediz., Roma, Editori Riuniti, 1964, pp. 55-56. 47 Ivi, pp. 72-73. 48 K. Marx, Il capitale, cit., v. I, p. 33. 49 Ivi, p. 106. 50 Ivi, p. 72. 51 Ivi, p. 202. 52 Ivi, pp. 824-826. 53 Carteggio, cit., voi. IV, pp. 114-119 e 123-125. 54 K. Marx, Il capitale, cit., v. Ili, p. 911. 55 Ivi, v. I, p. 810. 56 Ivi, p. 703. 57 K. Marx, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 , Roma, Editori Riuniti, 1962, p. 295. 59 K. Marx, // 18 brumaio di Luigi Bonaparte, Roma, Editori Riuniti, 1963, p. 214. 59 K. Marx, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, cit., p. 258. 60 K. Marx, Il capitale , cit., v. Ili, p. 919. 61 Ivi, p. 920. 82 Ivi, v. I, pp. 552-553. 63 Ivi, pp. 536-537. 64 Ivi, p. 530. 65 F. Engels, L'origine della famiglia , della proprietà privata e dello Stato, Roma, Editori Riuniti, 1963, p. 202. 66 F. Engels, Antidiibring, cit., p. 305- 87 F. Engels, L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, cit., p. 204. 88 Carteggio, cit., voi. IV, p. 176. 89 K. Marx, Miseria della filosofia, cit., pp. 138-139. 70 Carteggio , cit., voi. I, p. 170. Queste brevi citazioni dal Carteggio sono state tradotte seguendo il testo di Lenin, 71 Ivi, voi. Ili, p. 129. 72 Ivi, voi. Ili, p. 238. 73 Ivi, voi. IV, p. 172. 74 Ivi, voi. IV, p. 176. 75 Ivi , voi. IV, p. 398. 76 Ivi, voi. V, p. 430. 77 K. Marx, F. Engels, Manifesto del partito comunista , cit., p. 111. NOTE 419 78 Carteggio , cit.„ voi. IV, p. 292. 79 Ivi, voi. II , p. 423. 80 ivi , voi. IV, p. 274. 81 Ivi , voi. IV, p. 282. 82 Ivi , voi. IV, pp. 183, 186, 198, 236, 265, 274 280-281. 83 K. Marx, Lettere a Kugelmann , Roma, Edizioni Rinascita, 1950, pp. 139-140. 04 Leggi emanate da Bismarck nel 1878 contro la socialdemocrazia tedesca. Furono abrogate nel 1890 grazie all’opposizione della classe operaia tedesca. 85 II gruppo « emancipazione del lavoro », primo gruppo marxista russo, fon- dato da G. Plekhanov a Ginevra nel 1883. II gruppo aveva lo scopo di propa- gare in Russia il socialismo scientifico, di criticare il populismo e di analizzare gli avvenimenti russi alla luce del marxismo. Pubblicò in russo le principali opere di Marx e di Engels. 86 È il titolo di una raccolta di articoli di Marx pubblicata in Russia. 87 La data esatta è 1909. 88 La data esatta è 1904. 89 Cfr. la lettera di Marx a Sorge del 19 settembre 1879. 90 Miller andismo\ corrente opportunista che prende nome dal «socialista» Millerand, il quale nel 1899 entrò in un governo borghese reazionario ed aiutò la borghesia ad attuare la sua politica. La questione della partecipazione dei socialisti a un governo borghese fu discussa nel 1900, al Congresso di Parigi della II Internazionale. Il congresso approvò la risoluzione conciliatrice proposta da Kautskv, che condannava la partecipazione dei socialisti a un governo borghese, ma Tammetteva in circostanze « eccezionali ». 91 Bernsteinismo , corrente della socialdemocrazia internazionale, ostile al mar- xismo, sorta in Germania alla fine del XIX secolo e cosi chiamata dal nome del revisionista tedesco Eduard Bernstein. I sostenitori di Bernstein in Russia erano i « marxisti legali », gli « econo- misti », i bundisti e i menscevichi. 92 Ivan Ivanyc e Ivan Nikiforyc: personaggi del racconto di Gogol Come Ivan Ivano vie litigò con Ivan Nikiforovic. 93 Ufficio socialista internazionale , organo esecutivo della II Internazionale, creato per decisione del Congresso di Parigi nel 1900; dal 1905 Lenin ne fece parte come rappresentante del POSDR. 94 Consiglio della nobiltà unificata : organizzazione controrivoluzionaria dei grandi proprietari fondiari, fondata nel 1906. Esercitava una grande influenza sulla politica del governo zarista. 95 Decabristi, rivoluzionari russi di origine nobile; organizzarono un’insurre- zione armata contro l’autocrazia nel dicembre 1825. 96 Citazione dal romanzo di Cernyscevski, Prologo. 97 Purisckevic, reazionario di estrema destra, fondatore dell’Unione del po- polo russo che sorse nel 1905 e organizzò le bande armate dei centoneri. 98 Al congresso del Partito socialdemocratico svedese, a Stoccolma, il 23 no- vembre 1914, il rappresentante del CC del POSDR, portando il suo saluto al congresso, parlò del socialsciovinismo dei capi della socialdemocrazia tedesca, degli altri partiti europei e del loro tradimento della causa del proletariato. Branting, capo dell’ala destra della socialdemocrazia svedese, propose di espri- mere il rincrescimento del congresso per quei passi del discorso che bollavano 420 NOTE il comportamento della, socialdemocrazia tedesca. Hòglund, che dirigeva l'ala sinistra della socialdemocrazia svedese, si pronunziò contro la proposta di Bran- ting che fu tuttavia approvata dal congresso. 89 Comitato d’organizzazione, centro dirigente dei menscevichi, costituito nel 1912 alla Conferenza d’agosto dei menscevichi liquidatori e di tutti i gruppi e le correnti antileniniste; funzionò fino all’elezione del Comitato centrale del partito menscevico, nell’agosto del 1917. 100 Bund (Unione generale degli operai ebrei della Lettonia, Polonia e Rus- sia): venne organizzato nel 1897, al congresso costitutivo dei gruppi socialdemo- cratici ebraici che si tenne a Vienna. I bundisti seguivano una politica menscevica e opportunista. 101 II «documento» è la risposta dei liquidatori di Pietroburgo (Potresov, Maslov, Cerevanin, ecc.) a un telegramma di Vandervelde nel quale quest’ultimo invitava i socialdemocratici russi a non opporsi alla guerra. Nella loro risposta i liquidatori russi approvavano la partecipazione dei socialisti belgi, francesi e in- glesi ai governi borghesi e dichiaravano che, nella loro attività in Russia, non si sarebbero opposti alla guerra, 102 Cioè la risoluzione Sui populisti , redatta da Lenin e approvata dalla riu- nione allargata del Comitato centrale del POSDR che si tenne dal 23 settembre al 1° ottobre (6*4 ottobre) 1913 nel villaggio di Poronin (poco lontano da Craco- via). Per motivi di clandestinità questa assemblea fu chiamata conferenza « d’esta- te » o « d’agosto ». La risoluzione è pubblicata nella presente edizione, voi. 19. 103 Lenin scrisse questo articolo dopo l’intervento del menscevico I. Larin al congresso del Partito socialdemocratico svedese, il 23 novembre 1914, a Stoc- colma. Le 14 condizioni di unità citate da Lenin sono estratte dal Rapporto del CC del POSDR e istruzioni alla delegazione del CC alla Conferenza di Bruxelles (cfr., nella presente edizione, voi. 20). 104 II Blocco del 3 luglio (blocco di Bruxelles) si formò alla conferenza « d’unificazione » di Bruxelles (16*18 luglio 1914), convocata dal Comitato ese- cutivo dell’Ufficio socialista internazionale per uno scambio d’idee a proposito di un’eventuale riunificazione del POSDR. A questa conferenza erano rappre- sentati: il Comitato centrale del POSDR (bolscevichi); il Comitato d’organizza- zione (menscevichi) e le organizzazioni che vi aderivano; il comitato regionale del Caucaso e il gruppo « Borbà » (trotskisti); il gruppo socialdemocratico alla Duma (menscevichi); il gruppo «Edinstva» di Plekhanov; il gruppo «Vperiod»; il Bund; i socialdemocratici del territorio lettone; i socialdemocratici della Lituania; i socialdemocratici polacchi; l’opposizione socialdemocratica polacca; il Partito socialista polacco (« Lewica) ». Benché la conferenza dovesse limitarsi a uno scambio di opinioni e non pren- dere decisioni vincolanti, la risoluzione di Kautsky sull’unificazione del POSDR fu messa ai voti. I bolscevichi e i socialdemocratici lettoni rifiutarono di parte- cipare alla votazione su questa risoluzione, che fu approvata a maggioranza. 105 Leioìca (sinistra): ala sinistra del Partito socialista polacco, partito nazio- nalista piccolo-borghese. La « Lewica » si costituì in frazione autonoma nel 1906, dopo la scissione del PSP. Sulle questioni di tattica la «Lewica» era vicina ai menscevichi liquidatori russi e lottava con loro contro i bolscevichi. Durante la prima guerra mondiale prese una posizione internazionalista e si avvicinò al Partito socialdemocratico polacco, con il quale si fuse nel dicembre 1918 per formare il Partito operaio comunista della Polonia. 100 Sì tratta della lotta dei menscevichi contro il Consiglio delle assicura- NOTE 421 zioni, organismo legale, eletto nel marzo 1914 dagli operai di Pietroburgo, Vi. entrarono operai della lista proposta dai bolscevichi {« pravdisti »). I menscevichi chiamavano gli operai a non sottomettersi alle decisioni del Consiglio delle assicurazioni. 107 Triplice Intesa, o Intesa: alleanza militare e politica fra Inghilterra, Fran- cia e Russia, conclusa nel 1907. 108 Cfr. la lettera di Engels a Marx del 15 agosto 1870, nel Carteggio Marx - Engels, Roma, Edizioni Rinascita, 1953, voi, VI, p. 130. io® Accenno all'opera di Engels Po e Reno. Cfr. trad. it., Roma, Edizioni Rinascita, 1953. 110 Cfr. Karl Marx, Miseria della filosofia, Roma, Edizioni Rinascita, 1949. 111 La Conferenza di Londra dei socialisti dei paesi dell'Intesa ebbe luogo il 14 febbraio 1915. Vi si riunirono i rappresentanti dei socialsciovinisti e dei gruppi pacifisti dei partiti socialisti d'Inghilterra, Francia e Belgio e, per la Russia, i rappresentanti dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari. 112 Burgf rieden: pace civile. Espressione usata in Germania durante la prima guerra mondiale come corrispettivo del francese Union sacrée. 113 L'indirizzo di Litvinov non è riportato nel manoscritto. 114 Nel manoscritto l’indirizzo non è indicato. 115 II 4 agosto 1914 il gruppo socialdemocratico al Reichstag votò i crediti di guerra chiesti da Guglielmo II. 116 L'articolo Sotto la bandiera altrui fu modificato dalla redazione della Raccolta delle « Priliv », raccolta che usci nel marzo 1917. 117 Obstcedeltsi : frazione opportunista e socialsciovinista del Partito socialde- mocratico bulgaro, che pubblicava la rivista Obstco Deio (La causa comune); noti anche come socialisti « larghi » (sciroki). Teasniaki (« stretti »): Partito operaio socialdemocratico della Bulgaria, fon- dato nel 1903 da D. Blagoev dopo la scissione del partito socialdemocratico, Nel 1914-1918 i « tesniaki » lottarono contro la guerra imperialista. 118 fabiani, membri della «società dei fabiani», riformista e ultra-opportu- nista, fondata in Inghilterra da un gruppo d'intellettuali borghesi nel 1884. La società prendeva nome dal generale romano Fabio Temporeggiatore, celebre per la sua tattica attesista. Secondo l'espressione di Lenin la società dei fabiani era « l'espressione piu compiuta dell'opportunismo e della politica operaia liberale ». 119 Partito laburista (Labour Party), fondato nel 1900 dall'unificazione dei sindacati, delle organizzazioni e dei gruppi socialisti al fine d'inviare rappresentanti operai al parlamento (« Comitato di rappresentanza operaia »). Nel 1906 il comitato prese il nome di Partito laburista. 130 La Conferenza delle sezioni estere del POSDR si tenne a Berna dal 27 feb- braio' al 4 marzo 1915. Vi parteciparono i rappresentanti bolscevichi delle sezioni di Parigi, Zurigo, Ginevra, Berna e Losanna. Lenin rappresentò il CC e l'organo centrale del Partito (il Sotsial-Demokrat) e fu relatore sul punto piu importante dell'ordine del giorno: « La guerra e i compiti del partito ». La conferenza approvò le risoluzioni scritte da Lenin. 121 II titolo è dell'Istituto di marxismo-leninismo. 122 La Conferenza di Copenaghen dei socialisti dei paesi neutrali (Svezia, Norvegia, Danimarca e Olanda) si tenne il 17 e il 18 gennaio 1915 allo scopo di ricostituire la II Internazionale. La conferenza decise di rivolgersi ai governi 14- — 2436 422 NOTE dei paesi neutrali, per mezzo dei parlamentari socialisti, e di proporre loro una azione di mediazione fra le potenze belligeranti per la cessazione della guerra. 123 II processo del governo zarista contro il gruppo bolscevico alla IV Duma ebbe luogo dal 10 al 13 (23-26) febbraio 1915. Alla conferenza tenutasi a Ozerkf, presso Pietrogrado, dal 2 al 4 (15-17) novembre 1914 per discutere del- Tatteggiamento verso la guerra, parteciparono i membri del gruppo socialdemo- cratico alla Duma e alcuni delegati delle organizzazioni socialdemocratiche di Pietrogrado, Ivanovo-Voznessensk, Riga, Kharkov, ecc. Arrestati il 5 (18) no- vembre, i deputati bolscevichi A. Badaev, G. Petrovski, M. Muranov, F. Samoilov e N. Sciagov furono accusati di alto tradimento. 134 La rivista dei menscevichi-liquidatori, Nascia Zarià, 125 La Conferenza socialista internazionale femminile sull’atteggiamento da adottare dei confronti della guerra, si tenne a Berna dal 26 al 28 marzo 1915. Fu convocata per iniziativa delle organizzazioni femminili collegate al CC del POSDR, con la partecipazione di Clara Zetkin, dirigente del movimento intema- zionale femminile. Un resoconto della conferenza fu pubblicato il 1° giugno 1915 in un supplemento del n. 42 del Sotsial-Demokrat, 126 La citazione è presa da Goethe. 137 La Duma di Bùlygbin , « istituzione rappresentativa consultiva » che il go- verno promise di riunire nel 1905. Il progetto di legge e il regolamento elettorale furono elaborati da una commissione sotto la presidenza di Bulyghin, ministro degli interni, e pubblicati il 6 (19) agosto 1905. I bolscevichi boicottarono attiva- mente la Duma di Bulyghin. Il governo non riuscì a convocarla. Essa fu spazzata via dallo sciopero politico generale d’ottobre. 128 Si tratta dell’appello scritto da K. Liebknecht: Il nemico principale è nel proprio paese. 119 Gaponiade : termine derivato dal nome del prete Gapon, agente della poli- zia zarista. Gapon costituì in un rione operaio di Pietroburgo società operaie sotto la tutela della polizia. Contribuì alPeccidiq degli operai del 9 gennaio 1905 che aveva lo scopo di soffocare nel sangue il movimento operaio. 150 Le due edizioni sono le seguenti: 1) Lettere di J. Becker , J. Dietzgen , F. Engels, K. Marx , ecc. a F. Sorge e ad altri 7 con una prefazione di N. Lenin, Pietroburgo, edizione P.G. Dauge, 1907. 2) Lettere di K. Marx, F. Engels ed altri a FA. Sorge, ecc. A cura di P. Axelrod, Pietroburgo, Edizioni della biblioteca del «Bene pubblico», 1908. 131 II gruppo dei menscevichi-liquidatori, espulsi dal POSDR alla Conferenza di Praga nel gennaio 1912. 133 La Conferenza di Vienna dei socialisti della Germania e dell’Austria ebbe luogo nell'aprile 1915. La risoluzione adottata dalla conferenza approvava le posi- zioni dei socialsciovinisti tedeschi e austriaci. 133 L’opuscolo II socialismo e la guerra fu pubblicato in tedesco nel set- tembre 1915 e distribuito ai delegati alla Conferenza di Zimmenvald. 134 Conferenza di Zimmerwald: conferenza internazionale socialista che ebbe luogo dal 5 all’8 settembre 1915. Vi parteciparono 38 delegati di 11 paesi europei. Al termine della conferenza, l’ala sinistra degli internazionalisti, che si era stretta intorno a Lenin, elesse il suo Ufficio, organizzò la pubblicazione di un bollettino e di un giornale teorico e svolse un grande lavoro di organizzazione. L’« Ufficio » fu il germe della III Intemazionale. 135 Karl von Clausewitz (1780-1851), generale prussiano, adoperò tale espres- sione nella sua opera Vom Kriege (sulla guerra), scritta tra il 1830 e il 1840. NOTE 423 136 Struvismo : tendenza che prende nome da P. Struve, capo del « marxismo legale » in Russia e sostenitore della collaborazione fra le classi. 137 Brentanismo : tendenza dell’economista tedesco L. Brentano, il quale cer- cava di dimostrare la possibilità di realizzare l’eguaglianza sociale nel quadro del capitalismo. 138 La Conferenza socialista internazionale della gioventù si tenne a Berna dal 4 al 6 aprile 1915. L’Ufficio internazionale della gioventù socialista, eletto alla conferenza, incominciò a pubblicare la rivista ]ugend~Internationale t alla quale collaborarono Lenin e Liebknecht. 139 Tribunisli: gruppo di sinistra del Partito operaio socialdemocratico olan- dese, che pubblicò dal 1907 il giornale De Tribune. Nel 1909 i tribunisti furono espulsi dal POSO e organizzarono un partito autonomo (il Partito socialdemo- cratico d’OIanda). Rappresentavano l’ala sinistra del movimento operaio in Olanda, pur non essendo un partito rivoluzionario conseguente. 140 Marxismo e liquidatorismo: pubblicato a Pietrogrado nel 1914 con il sottotitolo Raccolta di articoli sulle questioni fondamentali del movimento operaio attuale. Cfr., nella presente edizione, voi, 20, ]41 La lettera indirizzata il 2 settembre 1915 da K. Liebknecht alla Confe- renza socialista internazionale di Zimmerwald. Liebknecht invitava i delegati a lottare contro la guerra imperialista e a rompere con i socialsciovinisti. 142 ILP : Independent Labour Party (cfr. nota 17). 143 Ottobristi: membri dell’« Unione del 17 ottobre», costituitasi nel 1905 in seguito al manifesto imperiale che, appunto in quella data, annunciava la convoca- zione della Duma. L’« Unione », che propugnava una monarchia costituzionale, rappresentava grinteressi del grande capitalismo industriale e agrario. Gli ottobristi appoggiavano incondizionatamente la politica interna ed estera del governo zarista. 144 II 3 giugno 1907 il governo zarista sciolse la II Duma e promulgò una nuova legge elettorale che aumentava notevolmente la rappresentanza dei grandi proprietari fondiari e della borghesia e riduceva radicalmente il già esiguo numero dei rappresentanti operai, contadini, e delle nazionalità non russe. La III Duma, eletta in base a questa legge e riunitasi il 1° novembre 1907, fu una Duma ottobrista-centonera. II colpo di Stato del 3 giugno segnò l’inizio della reazione di Stolypin, periodo noto come « regime del 3 giugno ». 145 La Conferenza dei socialisti popolari e dei socialisti-rivoluzionari della Russia ebbe luogo nel luglio 1915 a Pietrogrado e discusse l’atteggiamento da tenere verso la guerra. La risoluzione approvata dalla conferenza chiamava a parte- cipare attivamente alla guerra a fianco dello zarismo. 146 I comitati di mobilitazione industriale furono formati in Russia dalla grande borghesia imperialista nel 1915. Furono costituiti « gruppi operai » presso questi comitati, al fine di aumentare la produttività del lavoro neH’industria bellica. I menscevichi parteciparono attivamente a questa impresa pseudopatriottica. I bolscevichi boicottarono i comitati, con l’appoggio della maggioranza degli operai. 147 Cfr. le lettere di Marx ad Engels del 20 giugno 1866 e del 2 novem- bre 1867. 148 La lettera Al segretario della «Lega per ■ la propaganda socialista» è la risposta di Lenin a un giornaletto della Lega uscito in America e che egli aveva ricevuto nel novembre del 1915. 140 Partito socialista d’America (SP): partito riformista, opportunista, fon- dato nel 1901. Durante la prima guerra mondiale l’ala destra del partito approvò la guerra imperialista. La sinistra, costituitasi sotto l’infiuenza della Rivoluzione 14 * 424 NOTE d’ottobre, si schierò contro la guerra. Nel 1921 la sinistra, già separatasi dal Partito socialista d’America, costituì il nucleo principale del Partito comunista degli Stati Uniti d’America, Il Partito socialista operaio d’America (SLP) fu costituito nel 1876 dalla fusione del Partito operaio socialdemocratico e di un certo numero di gruppi so- cialisti degli Stati Uniti. 180 Cfr. le Lettere di J. Becker, ]. Dietzgen, F. Engels, K. Marx, ecc. a F. Sorge ed altri, con prefazione di N. Lenin. Pietroburgo, Edizione P.G. Dau- ge, 1907. 151 L'anonimo di Copenaghen : Trot6kÌ, che nel 1910 pubblicò nel Vorwarts, organo della socialdemocrazia tedesca, un articolo anonimo sulla situazione del POSDR. Durante il Congresso di Copenaghen, della II Internazionale, Lenin, Ple- khanov e il rappresentante della socialdemocrazia polacca denunciarono di fronte alla direzione del Partito socialdemocratico tedesco le calunnie contenute nell’arti- colo di Trotski. 153 Repetilov : personaggio della commedia di Griboiedov Che disgrazia l’in- gegno! 153 II blocco d’agosto fu formato nel 1912 da Trotski, che riunì tutti i gruppi e le correnti ostili al leninismo. Creato da elementi disparati, il blocco cominciò a disgregarsi nella stessa conferenza costitutiva, che non riuscì a eleggere il Comitato centrale e si limitò a rafforzare il Comitato d’organizzazione. 154 Cfr. le lettere di Engels a F. Sorge del 18 gennaio e dell’ll novembre 1893. 155 La pagina finisce qui. All’inizio della pagina seguente del manoscritto mancano alcune parole. CRONACA BIOGRAFICA (agosto 1914 - dicembre 191 5) 1914 23 agosto (5 seti.) 24-26 agosto (6-8 settembre) fine agosto-settembre agosto - 1° (14) novembre 14 (27) settembre prima del 27 settembre (IO ottobre) 27 settembre (10 ottobre) 28 settembre (11 ottobre) settembre-ottobre Lenin giunge a Berna (Svizzera) da Poronin (Galizia). Alla conferenza dei bolscevichi a Berna, Lenin presenta un rapporto sull’atteggiamento verso la guerra. Le sue tesi sulla guerra sono approvate dalla conferenza come risolu- zione di un gruppo di socialdemocratici. Scrive un abbozzo dell’articolo La guerra europea e il so- cialismo internazionale , che è restato incompiuto. Lenin manda le tesi sulla guerra alle varie sezioni dei bolscevichi all’estero, le fa pervenire in Russia perché siano discusse dai membri del Comitato centrale del POSDR residenti in Russia, dalle organizzazioni del partito e gruppo parlamentare alla Duma. Continua a lavorare sull'articolo Karl Marx, per il Di- zionario enciclopedico della società Granai, Le tesi di Lenin sulla guerra vengono discusse alla con- ferenza socialista italo-svizzera di Lugano. Molte idee delle tesi sono riprese dalla risoluzione, appro- vata dalla conferenza. A Berna Lenin fa una conferenza sulla guerra. A Berna prende la parola sulla relazione del bundista V. Kosovski: La guerra e la socialdemocrazia. A Losanna Lenin prende la parola sulla relazione di Pie* khanov, Sull atteggiamento dei socialisti verso la guerra, criticando lo sciovinismo di Plekhanow Lavora all’opuscolo La guerra europea e il socialismo euro- peo ; raccoglie materiale, prende appunti da libri, articoli e note della stampa russa e straniera, accompagnandoli con 428 CRONACA BIOGRAFICA lo (14) ottobre 2 (15) ottobre 3 (16) ottobre 4 (17) ottobre 13 (26) ottobre non prima del 14 (27) ottobre 19 ottobre ( 1 0 novembre) 4 (17) novembre non più tardi del 5 ( 18) novembre 8 (21) novembre 3 (16) dicembre 25 dicembre (7 gennaio 1915) settembre 1914 maggio 1915 sue osservazioni, prepara un riassunto e un piano del- l’opera . L’opuscolo non fu scritto. A Losanna fa una conferenza sul tema II proletariato e la guerra. A Ginevra fa una conferenza sul tema La guerra europea e il socialismo . Ritorna a Berna, apprende che i membri del Comitato centrale residenti in Russia hanno approvato le sue tesi sulla guerra. Decide di riprendere la pubblicazione dell organo centrale del POSDR, il Sotsial-Demokrat) dà alla sezione bolscevica di Ginevra indicazioni pratiche per la pubblicazione del giornale. A Clarens, presso Montreux (Svizzera), fa una conferenza sulla guerra. A Zurigo fa una conferenza sul tema La guerra e la socialdemocrazia. Dopo un’interruzione di un anno ricomincia la pubblica- zione del Sotsial-Demokrat sotto la direzione di Lenin. Manda il manoscritto del suo articolo Karl Marx in Russia, alla casa editrice del Dizionario enciclopedico Granai. Manda il manifesto del Comitato centrale del POSDR, La guerra e la socialdemocrazia , ai giornali socialdemocratici francesi, inglesi e tedeschi. Incarica la sezione bolscevica di Ginevra di organizzare una conferenza di Inessa Armand in francese, sul tema Le diverse correnti fra i socialisti russi nei confronti della guerra. A Berna, critica il rapporto di Martov La guerra e la crisi del socialismo. In una lettera scritta a nome dell’Ufficio estero del Co- mitato centrale del POSDR, Lenin condanna duramente le azioni separatiste del gruppo antipartito « baugista » di Bukharin e di Piatakov, che progettava di pubblicare un suo giornale senza una decisione del Comitato centrale. Lavora alla biblioteca di Berna, intorno alle opere di Feuerbach, di Hegel, di Aristotele e di altri filosofi: nei quaderni, che chiamerà Quaderni filosofici , trascrive brani, compila riassunti, scrive appunti sulla dialettica materia- listica. CRONACA BIOGRAFICA 429 1915 27 gennaio (9 febbraio) 10 (23) febbraio 14-19 febbraio (27 febbràio 4 marzo) 13-15 (26-28) marzo 22-24 marzo (4-6 aprile) non prima del 14 (27) aprile prima del 19 aprile (2 maggio) 22 aprile (5 maggio) prima del 9 (22) maggio 12 (25) maggio prima del 24 maggio (6 giugno) Scrive una lettera alla redazione del Nasce Slovo e un progetto di dichiarazione del Comitato centrale del POSDR per la Conferenza di Londra dei socialisti dei paesi del- l’Intesa. Manda una copia del progetto di dichiarazione al rappresentante del Comitato centrale presso l’Ufficio so- cialista internazionale, M.M. Litvinov, perché lo legga alla conferenza. A Berna interviene a un comizio di protesta unitario dei socialdemocratici e dei membri dei sindacati contro l’arre- sto, avvenuto in Russia, dei deputati bolscevichi alla Duma. Dirige la Conferenza delle sezioni estere del POSDR a Berna; presenta un rapporto sulla questione principale all’ordine del giorno della conferenza La guerra e i compiti del partito , e scrive risoluzioni che sono approvate dalla conferenza. Dirige il lavoro della delegazione del Comitato centrale del POSDR alla Conferenza internazionale femminile socialista di Berna. Dirige il lavoro della delegazione del Comitato centrale del POSDR alla Conferenza internazionale socialista della gioventù, a Berna. Redige uno schema di rapporto sul Primo maggio e la guerra. Dà alla sezione parigina dei bolscevichi direttive per la organizzazione di un circolo di socialdemocratici interna- zionalisti, al fine di lottare contro i socialsciovinisti. Approva il piano di edizione di una rivista socialista in- ternazionale fatto dai socialisti olandesi; dà indicazioni pra- tiche per l’organizzazione della pubblicazione in lingue straniere di opuscoli diretti contro il socialsciovinismo internazionale. Prende parte alla preparazione della pubblicazione della rivista Kommunist. È invitato dal comitato estero della socialdemocrazia lettone a rappresentare la socialdemocrazia lettone alla conferenza dei partiti socialisti dei paesi neutrali. Si trasferisce da Berna al piccolo villaggio di montagna di Sòrenberg (Svizzera). 430 CRONACA BIOGRAFICA luglio-agosto 7 (20) agosto prima del 20 agosto (2 settembre) Si mette in relazione, per corrispondenza, con gl’interna- zionalisti, i socialdemocratici di sinistra di diversi paesi al fine di unirli per la prossima Conferenza socialista interna- zionale; incarica le sezioni bolsceviche di stabilire legami con gli elementi internazionalisti in diversi paesi. Li inca- rica di curare la traduzione e la pubblicazione dei princi- pali documenti del partito: il manifesto del Comitato cen- trale del POSDR sulla guerra, la risoluzione della Confe- renza di Berna, ecc. Manda in Scandinavia il Progetto di dichiarazione della sinistra di Zimmerwald perché venga tradotto in svedese e in norvegese e trasmesso ai socialdemocratici della Svezia e della Norvegia. Riceve il mandato per la Conferenza di Zimmerwald dal partito socialdemocratico lettone. Organizza la pubblicazione dell opuscolo II socialismo e la guerra in tedesco. Scrive il Progetto di risoluzione della sinistra di Zim- merwald. 20-22 agosto (24 settembre) 22 agosto (4 settembre) 23-26 agosto (3-8 settembre ) tra il 23 e il 26 agosto (3 e 8 settembre) fra il 18 e il 23 settembre (1° e 6 ottobre) settembre 2 (Ù) novembre 1913 Arriva a Zimmerwald per partecipare ai lavori della Con- ferenza socialista internazionale. Dirige una riunione privata dei socialdemocratici di sinistra delegati alla Conferenza socialista di Zimmerwald, vi pre- senta un rapporto sul carattere della guerra e sulla tattica della socialdemocrazia internazionale. Partecipa ai lavori della Conferenza di, Zimmerwald, ne organizza e ne riunisce l’ala sinistra. Esce l’opuscolo di Lenin II socialismo e la guerra , in te- desco. L’opuscolo viene distribuito ai delegati alla Confe- renza di Zimmerwald. Lenin ritorna da Sorenberg a Berna. Elabora un piano di pubblicazione di una serie di volantini contro la guerra; rivede l’opuscolo della Kollontai A chi serve la guerra ?\ manda in Scandinavia alla Kollontai 500 copie dell’edizione tedesca dell’opuscolo II socialismo e la guerra e l’incarica di provvedere alla pubblicazione del- l’opuscolo in lingua inglese in America. È invitato a . una riunione della direzione del Partito socialdemocratico svizzero il 20 novembre 1915. Scrive il libro Nuovi dati sulle leggi di sviluppo del capi- talismo nell agricoltura. Fascicolo I. Il capitalismo e l’agri- coltura negli Stati Uniti d’America. INDICI INDICE DEI GIORNALI E DELLE RIVISTE Arbeiter-Zeitung (Il giornale operaio): quotidiano, organo centrale della socialde- mocrazia austriaca. Si pubblicò a Vienna dal 1889; soppresso nel 1934, riprese le pubblicazioni nel 1945 come organo centrale del Partito socialista austriaco. Avanti!', organo ufficiale del Partito socialista italiano. Il primo numero usci a Milano il 25 dicembre 1896 sotto la direzione di Leonida Bissolati. Allo scoppio della guerra mondiale era diretto da Mussolini che nell’ottobre del 1914 passò apertamente allo sciovinismo piu sfrenato e fu espulso dal partito. Dairottobre del '14 fino al 1923 fu diretto da Giacinto Menotti Serrati. Dal 1926 si stampò in Francia. Dopo il luglio del '43 clandestino a Roma. Dal giugno del '44 ha ripreso le pubblicazioni regolari a Roma. Bemer Tagwacht (La sentinella di Berna): organo del partito socialdemocratico svizzero, fondato nel 1893 a Berna. All’inizio della guerra mondiale pubblicò articoli di Karl Liebknecht, Franz Mehring e altri socialdemocratici di sini- stra. Dal 1917 il giornale appoggiò apertamente i socialsciovinisti. Clarion (La tromba): giornale socialista che si pubblicò a Londra dal 1891 al 1934. Negli anni della prima guerra mondiale ebbe una posizione sciovinista. Daily Citizen [The] (Il cittadino quotidiano): organo quotidiano del blocco oppor- tunista che comprendeva il Partito laburista, i fabiani e il Partito operaio indipendente inglese; si pubblicò a Londra dal 1912 al 1915. Daily tìerald [T6hbji. Xyno>«ecTBeHHbiii pcaaKTOp B. Koazclhoì t TcxHHMeCKHii pcaaKTop T. lOpoea nofliincaHO K ncuaTH 25/X 197 4 r. fl>opMaT 60x86/,.. ByM. Ji. ncM, ji. 27,12. ji. 27,34. UNA. 20324, 3aikhoì 4 Toproium. MocitBa, M-54. BajiOBaa, 28