Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin, Joseph Stalin, Enver Hoxha 5 Classics of Marxism Comintern (Stalinist-Hoxhaists) http://ciml.250x.com Georgian Section www.joseph-stalin.net SHMG Press Karl Marx Press of thè Georgian section of Comintern (SH) - Stalinist-Hoxhaists Movement of Georgia V. I. LENIN Opere complete XVII dicembre 1910 - aprile 1912 1966 - Editori Riuniti - Roma Traduzione di Ivo Sollrirti Proprietà letteraria riservata della S.p.A. Editori Riuniti Viale Regina Margherita, 290 - 00198 Roma NOTA DELL’EDITORE La traduzione del presente volume , che contiene le opere di Lenin scritte nel periodo che va dal dicembre 1910 all’aprile 1912 , è stata condotta sul diciassettesimo volume delle Opere di Lenin, pubblicato a Mosca dall'Istituto Marx-Engels-Lenin nel 1948 . In vari scrini compresi in questo volume Lenin mette in luce le radici ideologiche e la sostanza del liquidatorismo (della tendenza cioè a liquidare il partito illegale) e combatte il sistematico sabo- taggio svolto nei confronti del lavoro degli organi dirigenti del partito dai liquidatori. Nell’articolo La nuova frazione dei conciliatori o dei virtuosi vengono denunciate le oscillazioni e la mancanza di principi di chi voleva mantenere un atteggiamento conciliante verso il liquidatorismo, mentre in un’altra serie di articoli Lenin mette in luce la natura di classe del partito dei « cadetti », partito del liberalismo controrivoluzionario v Alle elezioni alla IV Duma sono dedicati gli scritti La campagna elettorale e la piattaforma elettorale, La campagna elettorale per la IV Duma e Questioni di principio della campagna elettorale. Una parte considerevole del volume è dedicata ai documenti ri- guardanti la Conferenza di Praga, che espulse dal partito i menscevi- chi e sancì l’esistenza autonoma del partito bolscevico. Nel volume è poi compreso il famoso articolo Alcune partico- larità dello sviluppo storico del marxismo. Vengono incluse per la prima volta nelle Opere due lettere al Collegio russo del CC del POSDR (1910-1911), nelle quali Lenin combatte i liquidatori, gli otzovisti, i b per iod isti e i trotskisti e indica la necessità di unire tutte le forze per ricostruire il partito . Viene inclusa per la prima volta nelle Opere la nota Rossore di vergogna di Iuduscka Trotski; i materiali relativi al convegno di giugno dei membri del CC nel 1911 : Lettera alla riunione dei membri del CC del POSDR all’estero, Schema del rapporto dei tre membri bolscevichi del CC alla riunione non ufficiale di nove membri del CC, Progetto di risoluzione sui poteri della riunione; gli articoli : II gruppo socialdemocratico alla II Duma, Un’agenzia della borghesia liberale; i documenti del convegno dei gruppi bolscevichi all estero: Progetto di risoluzione sul rapporto in merito alla situazione esistente nel partito, Risoluzione sulla Commis- sione di organizzazione russa per la convocazione di una conferenza; i documenti della Conferenza di Praga: i progetti di risoluzioni sui poteri della conferenza, sul momento attuale e sui compiti del partito t sui compiti dei socialdemocratici nella lotta contro la jame; la Piatta- forma elettorale del POSDR, la lettera Alla redazione della « Zvezdà » e T articolo Carte in tavola. dicembre 1910 - aprile 1912 LETTERA AL COLLEGIO RUSSO DEL CC DEL POSDR Nella vita all’estero del Partito operaio socialdemocratico russo si sono verificati in questi ultimissimi tempi fatti i quali attestano chiaramente che la « crisi di unificazione » del partito si approssima alla fine. Ritengo perciò mio dovere comunicarvi, a puro titolo di informazione, quale importanza abbiano gli ultimi avvenimenti, quale debba essere {in base a tutto l’andamento delle cose) l’epilogo immi- nente e quale posizione occupino i bolscevichi ortodossi. Nel n. 23 del Golos 2 , Martov, nell’articolo Dove starno giunti ?, si fa beffe della sessione plenaria 3 , del fatto che il collegio russo del CC in un anno non s’è riunito una sola volta e che non è stato fatto nulla per attuare le decisioni prese. Egli « dimentica » di aggiungere, naturalmente, che è stato precisamente il gruppo liquidatore dei si- gnori Potresov a sabotare il CC russo: il noto fatto del rifiuto di Mikhail, Roman e Iuri 4 e la loro dichiarazione che la stessa esistenza del CC sarebbe dannosa. Il CC in Russia è stato sabotato. Martov ne esulta. Che ne esultino pure i vperiodisti 5 , non c’è neanche bisogno di dirlo (questa esultanza si avverte già nel n. 1 della raccolta del Vperiod). Esultando, Martov si è troppo affrettato a chiacchierare. Nell’entusiasmo egli grida: « la loro legalità [quella dei bolscevichi o del “blocco bolscevico-polacco”] uccide». Con ciò vuol dire che, grazie al sabotaggio del CC da parte dei liquidatori, una legale via d’uscita di partito dalla situazione che si è creata non esiste. E per i liquidatori, naturalmente, ncn c’è niente di più piacevole di una situazione in cui il partito non ha una via d’uscita. Martov si è troppo affrettato. I bolscevichi hanno ancora nelle loro mani un mezzo arcilegale, appositamente previsto dalla sessione plenaria e pubblicato (a nome della sessione plenaria) nel n. 11 del* 10 LENIN l’organo centrale. Questo mezzo è la richiesta di restituzione del denaro, dato il palese mancato adempimento, da parte dei sostenitori del Golos e dei vperiodisti, della condizione di sciogliere le frazioni e di lottare contro il liquidatorismo e l’otzovismo. Poiché è stato pro- prio a queste condizioni , chiaramente precisate, che i bolscevichi hanno consegnato il loro denaro al CC E cosi il 5 dicembre (nuovo calendario) i bolscevichi, che alla sessione plenaria avevano sottoscritto le condizioni, hanno richiesto che venisse loro restituito il denaro 6 . Legittimamente questa richiesta porterà alla convocazione della sessione plenaria. E se, dice la risolu- zione della sessione plenaria, «non si riuscirà» (letteralmente!) a convocare la sessione plenaria nei tre mesi successivi al giorno della richiesta, verrà convocata una commissione di cinque membri del CC: tre fra i nazionali, un bolscevico e un menscevico. A questo punto i sostenitori del Golos si sono immediatamente traditi. Uno dei loro, Igor, membro delPUfficio estero del CC 7 , co- minciando a vederci chiaro nella politica dei liquidatori russi, ha di- chiarato di essere contrario alla sessione plenaria. Egli, dice, è per la commissione. Qui la violazione della legalità da parte dei sostenitori del Golos è evidente, poiché la sessione plenaria si può convocare anche prima che siano trascorsi i tre mesi. Dopo la richiesta non si può nemmeno sollevare la questione della commissione. Il calcolo del liquidatore Igor, che rende un vero servigio ai tra- ditori del partito, i signori Potresov e soci, è semplicissimo: la sessione plenaria è sovrana e quindi la sua convocazione apre la possibilità di una via d’uscita da tutta la crisi del partito. La commissione in- vece non è sovrana, non ha alcun diritto, tranne quello di esaminare il reclamo (reclamo che verrà o meno soddisfatto dai tre tedeschi). Quin- di, dopo aver sabotato il CC russo, i liquidatori (e i loro servi all’estero: i sostenitori del Golos) sabotano ora qualsiasi CC. Vedremo ancora se questo secondo sabotaggio riuscirà loro. I polacchi in seno all’Ufficio estero del CC votano per la sessione plenaria. Ora tutto dipende dai lettoni e dai bundisti, che non hanno ancora risposto. Il nostro rap- presentante nell’Ufficio ha presentato e distribuito una decisa prote- sta contro Igor (di cui, insieme alla dichiarazione di quest’ultimo, vie- ne qui acclusa copia). La questione è ora chiara. La lotta per la sessione plenaria è LETTERA AL COLLEGIO RUSSO 11 lotta per la legalità, lotta per il partito. La lotta dei sostenitori del Golos contro la sessione plenaria è lotta contro una via d'uscita di partito dalla crisi, contro la legalità. Plekhanov e i suoi amici *, che abbiamo informato di ogni passo, sono pienamente d'accordo con noi circa la necessità della sessione plenaria. Sono anch’essi per la sessione plenaria; il progetto di un nostro intervento comune in questo senso viene ora discusso, e nel prossimo futuro o scenderemo in campo con una dichiarazione assieme ai plekhanoviani, o apparirà un artìcolo sulla questione nell'organo centrale. Inoltre il 26 novembre (nuovo calendario) Trotski ha fatto pas- sare, nel cosiddetto club di partito viennese (circolo di trotskisti, di emigrati: marionette nelle mani di Trotski), una risoluzione che egli ha anche pubblicato in un foglio a parte. Ve lo accludo. Qui è stata apertamente dichiarata la guerra alla Rabociaia Ga - zieta , organo di stampa dei bolsceviche e dei plekhanoviani. Gli argo- menti non sono nuovi. La dichiarazione secondo cui oggi non esiste una « base di principio » per la lotta contro i sostenitori del Golos e i vperiodisti, è il nec plus ultra del comico e dell’ipocrisia. È a tutti noto che costoro non pensavano nemmeno di sciogliere le loro fra- zioni, che di fatto i seguaci del Golos appoggiano in tutto e per tutto i liquidatori, Potresov e soci, che i vperiodisti avevano organizzato (con mezzi di cui si conosce la provenienza) una scuola di frazione al- l'estero B , nella quale si insegnava il machismo, si insegnava che l'otzo- vismo è una « sfumatura legittima » (letteralmente dalla loro piatta- forma), ecc. ecc. L’invito di Trotski a un lavoro « concorde » del partito con i sostenitori del Golos e i vperiodisti è un'ipocrisia ripugnante e una vuota frase. È a tutti noto che per tutto un anno dopo la sessione plenaria costoro (col segreto appoggio di Trotski) hanno lavorato « concordi » contro il partito. In realtà per un anno intero hanno svolto insieme un lavoro di partito concorde solo i bolscevichi e i plekhanoviani, e nell’organo centrale, e nella Rabociaia Gazieta, e a Copenaghen 1£> , e nei giornali legali russi. Ma se non sono nuove le sortite di Trotski contro il blocco dei bolscevichi e dei plekhanoviani, è nuova la conclusione della sua riso- luzione: il club viennese (vale a dire Trotski) ha organizzato « un 12 LENIN fondo di tutto il partito per la preparazione e la convocazione di una conferenza del POSDR ». E questo è nuovo. È un passo palese verso la scissione. È una aperta violazione della legalità del partito e l’inizio di un’avventura di Trotski, che si romperà il collo. È evidente che si tratta di una scis- sione. Il passo di Trotski, il « fondo » di Trotski appoggiano esclusi- vamente i sostenitori del Golos e i vperiodisti. Di una partecipazione dei bolscevichi e dei plekhanoviani non è neanche il caso di parlare. I liquidatori (del Golos) appoggiarono Trotski già a Zurigo; ciò è comprensibile. È del tutto possibile e verosimile che Trotski riesca a im- possessarsi dei « noti » « fondi » dei vperiodisti. Di conseguenza, voi lo ca- pite, il carattere avventuristico della sua impresa non farà che accentuarsi. È chiaro che quest’impresa viola la legalità del partito, poiché del CC non si dice nemmeno una parola, e solo il Comitato centrale può con- vocare una conferenza. Ma non basta; Trotski, che nell’agosto scacciava di sua testa il rappresentante del CC russo presso la Pravda , abbando- nava cosi egli stesso ogni legalità, trasformando la Pravda da organo ap- poggiato da un rappresentante del CC in organo puramente frazionistico. Conclusione: la questione si è delineata, la situazione si è chiarita. I vperiodisti hanno raccolto i « noti » « fondi >> per la lotta contro il partito, per la difesa della « sfumatura legittima » (otzovismo). Nel- l’ultimo numero della Pravda (e nella sua relazione a Zurigo) Trotski civetta a tutto spiano con i vperiodisti. I liquidatori in Russia hanno sabotato il CC russo. I liquidatori alPestero vogliono sabotare la ses- sione plenaria all’estero, cioè ogni CC. Giovandosi di questa « viola- zione della legalità », Trotski si appresta alla scissione organizzativa, creando il « suo » fondo per la « sua » conferenza. Le parti sono state distribuite. I sostenitori del Golos difendono Potresov e soci come « sfumatura legittima ». I vperiodisti difendono lotzovismo come « sfumatura legittima ». Trotski vuol difendere « in maniera popolare » gli uni e gli altri e convocare la sua conferenza (forse col denaro dei vperiodisti). Alleanza a tre (Potresov + Trotski + Maximov) contro l’alleanza a due (bolscevichi 4* plekhanoviani). Lo schieramento è ultimato. La lotta è cominciata. Voi capite perché definisco il passo di Trotski un’avventura. Es- so è un’avventura in tutti i sensi. LETTERA AL COLLEGIO BUSSO 13 È un’avventura nel senso ideologico. Trotski raggruppa tutti i nemici del marxismo, riunendo Potresov e Maximov, che odiano il blocco « plekhanoviano-leninista » (come essi amano esprimersi). Tro- tski riunisce tutti coloro ai quali è caro e fa piacere lo sfacelo ideologico; tutti coloro che non hanno niente a che vedere con la difesa de] marxi- smo; tutti i filistei che non comprendono per che cosa si lotta e che non desiderano imparare, pensare, cercare di scoprire le radici ideolo- giche del dissenso. In questi nostri tempi di scompiglio, di sfacelo e di esitazioni, Trotski può agevolmente essere l’« eroe di un’ora », rac- cogliere attorno a sé tutto il bastardume. Ma il fallimento di questo ten- tativo sarà tanto più grandioso quanto più apertamente sarà stato fatto. È un’avventura nel senso politico e di partito. Vi sono oggi tutti i segni che lunificazione reale del partito socialdemocratico è possi- bile solo sul terreno di un sincero ed irrevocabile rifiuto del liquidato- rismo e dell’otzovismo. È chiaro che Potresov (e i sostenitori del Golos) e i vperiodisti non hanno ripudiato né l’uno né l’altro. Trotski li riu- nisce, ingannando fraudolentemente se stesso, ingannando il partito, in- gannando il proletariato. Di fatto Trotski non conseguirà nient’altro che il rafforzamento dei gruppi antipartito di Potresov e Maximov. Il fallimento di quest’avventura è inevitabile. Infine, è un’avventura organizzativa. Una conferenza col « fondo » di Trotski e senza il CC è la scissione. L’iniziativa resti a Trotski. La responsabilità ricada su di lui. Tre parole d’ordine esauriscono la sostanza dell’attuale situazione del partito: 1) Rafforzamento e ogni sorta di appoggio all’unione ed alla raccolta dei plekhanoviani e dei bolscevichi per la difesa del marxismo, per la resistenza allo sfacelo ideologico, per la lotta contro il liquidato- rismo e l’otzovismo. 2) Lotta per la sessione plenaria: per una via d’uscita legale dalla crisi del partito. 3) Lotta contro l’avventura * scissionistica e senza principi di Trotski, che riunisce Potresov e Maximov contro la socialdemocrazia. Scritta alla metà del dicembre 1910. Pubblicata per la prima volta nella Proletarskaia Revoliutsia % n. L 1941. LA SITUAZIONE NEL PARTITO La questione della nostra crisi di partito viene di nuovo posta in primo piano dalla stampa socialdemocratica all’estero, provocando dicerie, malintesi e incertezze in vaste cerehie del partito. È perciò necessario che Porgano centrale del partito faccia piena luce su que- sta questione. L'articolo di Martov nel n. 23 del Golos e l’intervento di Trotski, cui è stata data la forma di volantino a sé e in cui viene pubblicata la « risoluzione » del « club viennese » del 26 novembre 1910 , pongono davanti ai lettori la questione della crisi travisando completamente la sostanza della cosa. Dietro l’articolo di Martov e la risoluzione di Trotski si celano altresì determinati atti pratici, atti diretti contro il partito. ^L’articolo di Martov non è che la forma letteraria di cui viene rivestita la cam- pagna intrapresa dai sostenitori del Golos per sabotare il CC del no- stro partito. La risoluzione di Trotski, che invita le organizzazioni lo- cali a preparare una « conferenza di tutto il partito » all’insaputa del CC e contro di esso, è l’espressione di ciò che costituisce lo scopo dei sostenitori del Golos: distruggere gli organismi centrali , invisi ai liqui- datori , e } insieme ad essi , anche il partito come organizzazione. Non è sufficiente smascherarli questi atti antipartito; contro di essi bisogna lottare. I compagni che hanno a cuore il partito e l’opera volta a farlo rinascere devono pronunciarsi nel modo piu risoluto contro tutti coloro che, per considerazioni e interessi meramente di frazione e di circolo, mirano a distruggere il partilo. L'articolo di Martov Dove siamo giunti? è un mal dissimulato insulto alle decisioni della sessione plenaria e un’esultanza liquidatrice per gli insuccessi del partito. « Non si è riusciti nemmeno una volta a riunire in Russia il collegio del CC. numericamente esiguo »: cosi LA SITUAZIONE NEL PARTITO 15 scrive, e in corsivo, Martov, andando letteralmente in sollucchero per la soddisfazione che la conoscenza di un simile fatto causa a tutti i liquidatori. Purtroppo Martov ha ragione. Il CC russo non è riuscito a riu- nirsi. È però inutile che egli pensi di eludere la questione: chi ha sabotato il CC in Russia? Oltre agli ostacoli, frapposti dalla polizia, che ne hanno impedito la convocazione, ce n’è stato uno politico. Si tratta del noto rifiuto di Mikhail, Roman e Turi di intervenire alla seduta del CC, sia pure per la sola cooptazione; si tratta della dichia- razione degli stessi individui secondo cui essi « considerano dannosa la stessa esistenza del CC ». È incontestabile che il rifiuto di intervenire sia pure ad una sola seduta per la cooptazione, il rifiuto di intervenire su invito di persone che lavorano in mezzo ad un mucchio di ostacoli frapposti dalla poli- zia, è un sabotaggio del CC. È incontestabile che questo atto politico, accompagnato da una motivazione di principio , è stato compiuto da persone che fanno parte del gruppo dei collaboratori russi « piu in vista » del Golos (lettera dei 16 11 nel n. 19-20 del Golos), che fanno parte dei gruppi legali liquidatori del signor Potresov e soci. Tutti questi sono fatti. Il gruppo dei legalitari indipendenti , dei nemici della socialdemocrazia: ecco chi ha sabotato il CC in Russia. Se Axelrod assicura (nel n. 23 del Golos) che il « nomignolo » di liquidatore verrebbe impiegato « indiscriminatamente », se egli giun- ge persino a fare l’assurda affermazione che noi saremmo capaci di chiamare liquidatori individui personalmente stanchi o schiacciati dalla lotta per un tozzo di pane, se, dicendo una simile puerile sciocchezza, passa sotto silenzio proprio il gruppo o i gruppi di liquidatori che nelborgano centrale del partito vengono direttamente menzionati, la disonestà di simili scappatoie non ha bisogno di dimostrazioni. Se Martov e gli altri fingono di « disputare » sul Golos coi liquidatori in Russia, dichiarando il loro operato un\< imprudenza » (!!), «esor- tandoli» a pazientare ancora (Martov su Levitski nel n. 23), e nello stesso tempo lavorano in tutto e per tutto assieme a loro, creano, spalla a spalla, una particolare frazione all’estero per lottare contro il partito e per appoggiare i nemici del partito, i signori Potresov. ci troviamo di fronte ad una delle molte manifestazioni di ipocri- sia politica. Nessuna persona capace di pensare politicamente dirà che 16 LENIN il signor Miliukov lotta per davvero contro i viekhisti 12 allorché « di- sputa » con loro, li dichiara « imprudenti » e nello stesso tempo la- vora politicamente a braccetto con loro. Chiunque riconoscerà che il signor Miliukov dimostra con ciò la propria ipocrisia, senza mini- mamente confutare il fatto della sua solidarietà politica coi viekhisti. Nessuna persona capace di pensare politicamente dirà che il signor Stolvpin e il suo governo lottano per davvero contro i centoneri 13 allorché «disputano» con questi ultimi (nella Rossia ), li accusano di « imprudenza », ma nello stesso tempo lavorano a braccetto con, loro. Chiunque riconoscerà che il signor Stolypin e il governo dello zar attestano con ciò soltanto la loro ipocrisia, senza minimamente confutare il fatto della loro solidarietà politica coi Purisckevic. Ma se l’ipocrisia politica del Golos dev’essere evidente per tutti, V accenno di Martov secondo cui « la legalità uccide » i rappresentanti ufficiali del partito non può essere evidente per novecentonovantanove lettori su mille, poiché tale accenno è volutamente nebuloso. Dovere dell’organo centrale è di disperdere la nebbia che avvolge le cose del partito, perché tutti capiscano qual è il fondo del dissenso. Martov considera che, tranne una decisione del CC, non esiste nessuna via d’uscita dalla crisi che sia legale per il partito. Quindi, se i liquidatori russi sono riusciti a sabotare il CC in Russia (e se i liquidatori all'estero riusciranno a sabotare la convocazione del CC anche solo all' estero), la situazione diverrà legalmente senza vie di uscita. E Martov esulta in anticipo: il CC, dice, è definitivamente minato, non esiste via d’uscita legale, i liquidatori hanno partita vinta. Martov ha avuto un po’ troppa fretta. Ciò che il signor Potresov e gli altri nemici del partito hanno in mente gli è uscito troppo presto dalle labbra. Si, Martov. ha ragione! L’unica vìa d’uscita dalla crisi esistente nel partito può essere trovata dal Comitato centrale. Quindi, se, per gli ostacoli frapposti dalla polizia e quelli politici summenzionati, il CC non riuscirà a riunirsi in Russia, bisogna riunirlo all’estero. Que- sto Yunico mezzo per avvicinarsi a una via d’uscita dalla crisi. E i bolscevichi, una delle correnti del partito che all’ultima sessione ple- naria del CC hanno stipulato un accordo in merito al lavoro in comune di partito fuori dell’ambito delle frazioni, hanno fatto un passo per LA SITUAZIONE NEL PARTITO 17 giungere al piu presto all’unica via d'uscita dalla crisi del partito. I rappresentanti della corrente bolscevica hanno messo il denaro della frazione bolscevica a disposizione del partito alla condizione che, Contemporaneamente alla distruzione del loro centro di frazione, il centro bolscevico, fossero distrutti anche gli altri centri di frazione: quello dei menscevichi (il Golos) e quello degli otzovisti (« vperiodi- sti »). Questa condizione non è stata adempiuta . E non è tutto. Il Golos Solsial-Demokrata, organo dirigente della frazione menscevica, .ha notoriamente cominciato a proteggere e a coprire i nemici interni del partito contro cui la sessione plenaria del CC ci ha unanimemente incaricati di lottare nel piu risoluto dei modi in quanto esponenti di deviazioni dalla socialdemocrazia di carattere borghese e ostili al partito. In considerazione di questa palese violazione delle condizioni deH’accordo stipulato alla sessione plenaria tra tutte le correnti e i gruppi del partirò, in considerazione di questa politica, palesemente antipartito, di una delle parti contraenti, i bolscevichi hanno ritenuto necessario chiedere che venga loro restituito il denaro da essi condi- zionatamente consegnato al partito un anno fa. Il 5 dicembre essi hanno trasmesso la relativa dichiarazione al riguardo allTJfficio estero del Comitato centrale. Hanno in questo caso i bolscevichi agito bene o male? Lo stabilirà l’istanza prevista dalla sessione plenaria. La sostanza della cosa sta nel fatto che ora, dal momento che i rappresentanti della corrente bolscevica hanno trasmesso la loro richiesta, la convocazione della sessione plenaria del CC aU’estero non è piu soltanto una necessità per trovare una via d'uscita dalla crisi interna del partito; essa è una necessità imposta a tutte le correnti e gruppi che hanno stipulato rac- cordo del 6 gennaio dall’impegno che essi stessi hanno assunto al riguardo, dalla risoluzione da essi stessi approvata all’unanimità *. Non * Il fatto è che alla sessione plenaria è stato stipulato, e riconosciuto come legge del partito, come fonte della legalità del partito, un accordo tra il CC e determinati rappresentanti della corrente bolscevica sulla consegna condizionata del loro denaro al partito. Quest’accordo è stato pubblicato nell’organo centrale (n. 11), dove è stata altresì resa nota tutta la procedura prevista dalla sessione plenaria in relazione a quest’accordo. La cosa piu importante, prevista per il caso che i bolscevichi dichiarino che i sostenitori del Golos e i vperiodisti hanno violato le condizioni dell’unificazione, è la convocazione della sessione plenaria (all'estero). « Se, per questo o quel motivo — dice la deliberazione della sessione plenaria, pubblicata nel n. 11 dell’organo centrale — , nei tre mesi successivi alla presenta- zione della richiesta avanzata dai rappresentanti della corrente bolsc^itf^ imi j riuscirà a riunire la sessione plenaria, viene convocata » una 18 LENIN solo la convocazione della sessione plenaria del CC è divenuta una necessità del partito ; essa è divenuta un obbligo giuridico. Vediamo ancora una volta che — se si esclude la convocazione della sessione plenaria del CC — non ci può essere una via d'uscita legale dalla si- tuazione... Ed ecco che la politica dei sostenitori del Golos s’è improvvisa- mente rivelata per quello che è. In base alla chiara e non equivoca deliberazione del CC, all’Uf- ficio estero del CC, a quanto pare, non restava, data la richiesta dei bolscevichi, altro da fare che convocare la sessione plenaria, e soltanto se i tentativi di convocarla non fossero stati coronati dal successo, esso poteva, trascorsi tre mesi, ricorrere all’altro modo di risolvere il pro- blema previsto dal CC. Ma i sostenitori del Golos si sono comportati diversamente. Il 12 dicembre uno di costoro, Igorev, membro dell’Ufficio estero del CC, ha presentato una dichiarazione scritta nella quale fa sapere che egli è contrario alla convocazione della sessione plenaria , che è d’accordo soltanto per la commissione! È evidente qual è il succo della faccenda: la sessione plenaria è sovrana e, una volta riunita, può trovare una via d’uscita legale dalla crisi, dairimpossibile situazione esistente in Russia. La commissione invece non è sovrana, non ha nessun diritto (tranne quello di esaminare il reclamo dei bolscevichi circa il denaro), non può trovare nessuna via d’uscita legale dalla crisi. È andata come dice il proverbio: non scavare la fossa a un altro, altrimenti ci caschi dentro! Martov non ha fatto in tempo ad indicare gentilmente al partito la « fossa » della situazione, da lui ritenuta senza vie d’uscita in senso legale, nella quale i liquidatori sarebbero tanto lieti di veder precipi- tare il partito ufficiale, che già Igorev è andato a finirci dentrol I liquidatori russi hanno sabotato il CC in Russia. Ora i liquida- tori esteri sabotano la convocazione del CC anche all’estero. I liqui- datori esultano, pregustando la gioia suprema (per Stolypin e per i liquidatori): l’assenza di qualsiasi CC. Che felicità per i signori Po- tresov, per la frazione dei « vperiodisti »! Non ci soffermeremo qui sulle scappatoie di Igorev e sulla loro confutazione nella controdichiarazione del bolscevico membro dell’Uf- LA SITUAZIONE NEL PARTITO 19 fido estero del CC *. Rileveremo soltanto che Igorev è stato cosi pruden- te da dichiarare che avrebbe protestato contro la sessione plenaria anche se fosse stata convocata in base allo statuto comune (per farlo occorre Funanimità nelFUffirio estero del CC), e non in base a una delibera- zione speciale per il caso della richiesta. Igorev considera la convoca- zione della sessione plenaria qualcosa di « ingombrante », ecc. Si ca- pisce: per i liquidatori anche resistenza stessa del nostro partito ille- gale è troppo « ingombrante ». La sessione plenaria sarà prevalente- mente composta di emigrati: questo il secondo « argomento » di Igo- rev. Ma ciò non impedisce ai sostenitori del Golos di appoggiare con tutte le forze il progetto, interamente opera di emigrati , della convo- cazione di una conferenza di tutto il partito ad opera di Trotski, nono- stante e contro il Comitato centrale... Costoro, in ogni caso , hanno deciso di sabotare qualsiasi CC! Dobbiamo inoltre richiamare l'attenzione dei membri del par- tito su una questione più generale: quella della situazione esistente nel POSDR> Come ogni partito rivoluzionario, il nostro può esistere e svilupparsi alla sola condizione di un sia pure elementare desiderio dei rivoluzionari di aiutarsi reciprocamente nelFadempimento del la- voro comune. Se gli statuti e le decisioni del partito (la « legalità » del partito) servono non ad agevolare questo lavoro comune, ma a creare ostacoli che consentano di frenarlo dalFinterno dei più importanti collegi del partito, il lavoro del partito si trasforma in un'indegna commedia. In qualsiasi altro partito le difficoltà di convocare il CC susciterebbero improvvisamente decine di forme e vie per eludere le difficoltà frap- poste dalla polizia e ricercare sempre nuovi metodi di lavoro. Tra noi invece i frazionisti in seno al partito servono chi i signori Potresov, chi gli otzovisti e i semianarchici dichiarati che sono fuori del partito. In persone come Igorev, sostenitore del Golos , la « legalità » si tra- sforma in un mezzo per danneggiare il partito dal suo interno , per frenarne il lavoro, per aiutare i signori Potresov a distruggere il par- tito **. Una situazione del genere è inammissibile. E non le giovano le * Quest’ultimo compagno, con una lettera alla redazione dell’organo centrale, ci chiede di aiutarlo a rendere noti al partito i tentativi dei sostenitori del Golos di sabotare la sessione plenaria. ** E quando Martov si fa beffe degli organismi ufficiali del partito, dicendo: « la legalità li uccide », egli ha ragione nella misura in cui quelle forme « legali » 20 LENIN « risoluzioni benevole », delle quali a ragione si fa beffe lo stesso Martov. Per mutare la situazione in meglio occorre innanzi tutto ca- pirla. Occorre -capire perché sia assurdo, indegno, ridicolo escogitare risoluzioni benevole sul lavoro in comune con dei signori come Po- tresov e soci. Quando il partito capirà che qui si tratta di due poli- tiche inconciliabili, che qui è questione di socialdemocrazia e di libe- ralismo, il partito troverà rapidamente la via d’uscita. Sapremo allora dar vita a una « legalità » che non serva ai liquidatori per farne un mezzo per dare lo sgambetto al partito. Occorre riconoscere che si devono ringraziare il signor Potresov e i suoi amici, nonché il sostenitore del Golos Igorev e i suoi amici, per il modo in cui riescono a rendere piu facile al partito la compren- sione di questo fatto. L’intervento di Trotski, pur non avendo: esteriormente niente a che vedere con Pirrisione martoviana degli insuccessi del partito, col sabotaggio del CC da parte di quelli del Golos,. è di fatto collegato alluna é all’altro da un legame indissolubile, da un legame di « inte- resse ». Molti nel partito non comprendono ancora in che cosa con- sista questo legame. La risoluzione viennese del 26 novembre li aiu- terà probabilmente a capire il fondo della questione. La risoluzione si compone di tre parti: 1) di una dichiarazione di guerra alla Rabociaia Gazìeta (appello ad « opporle una decisa resi- stenza », come alle « nuove imprese frazionistiche di circolo », secon- do l’espressione di Trotski); 2) di una polemica contro la linea del «blocco» plekhanoviano-bolscevico; 3) della proclamazione che P« as- semblea del club viennese [cioè Trotski e il suo circolo] delibera di organizzare un fondo di tutto il partito per la preparazione e la convocazione di una conferenza del POSDR ». Non ci soffermeremo affatto sulla prima parte, Trotski ha per- fettamente ragione quando dice che la Rabociaia Gazìeta è un’« im- presa privata » e che « non è autorizzata a parlare a nome del partito nel suo complesso ». (cioè create in base allo statuto del partito o per decisione della sessione plenaria) di questi organismi — che consentono a Mikhail, Roman, luri, ai sostenitori del Golos (tramite Igorev), ecc. di frenare il lavoro — « uccidono » la fruttuosità del lavoro. LA SITUAZIONE NEL PARTITO 21 Trotski ha torto, però, di dimenticare che nemmeno lui e la sua Pravda ne sono autorizzati. Ha torto di eludere col silenzio — dicendo solo che la sessione plenaria ha riconosciuto utile il lavoro della Pravda — il fatto che la sessione plenaria ha designato un rappresentante del CC a far parte della redazione della Pravda. Il tacerlo quando si fa men- zione delle decisioni della sessione plenaria relativamente alla Pravda non si può definire altrimenti che un inganno degli operai. E questo inganno è tanto più voluto in quanto neWagosto Trotski ha allontanato dalla Pravda il rappresentante del CC. Dopo questo avvenimento, dopo la rottura dei rapporti tra la Pravda e il CC, il giornale di Trotski altro non è che un’« impresa privata », che per di più non ha saputo adempiere gli obblighi che si era assunti. Finché non si sarà nuovamente riunito il CC, nessuno , tranne il rappresentante del CC, che è stato designato dalla sessione plenaria e che ha dichiarato anti- partito la condotta di Trotski, potrà giudicare Patteggiamento della Pravda verso il CC. Ecco che cosa scaturisce dalla questione, cosi opportunamente sollevata da Trotski, di sapere chi « sia autorizzato a parlare a nome del partito nel suo complesso » Ma c'è di più. Nella misura in cui (e finché) il CC russo viene sabotato dai legalitari liquidatori indipendenti, nella misura in cui (e finché) il CC estero viene sabotato dai sostenitori del Golos, Punico organismo autorizzato a « parlare a nome del partito nel suo com- plesso » resta Porgano centrale. E a nome del partito nel suo complesso noi dichiariamo perciò che Trotski conduce una politica antipartito; che egli infrange la legalità del partito, imbocca la via dell 'avventura e della scissione quando nella sua risoluzione, senza dire una parola del CC (come se si fosse già accordato coi sostenitori del Golos per toglierlo di mezzo!), a nome di un gruppo estero proclama F« organizzazione di un fondo per la convocazione di una conferenza del POSDR ». Se gli sforzi dei li- quidatori per togliere di mezzo il CC fossero coronati dal successo, allora noi, come unico organismo autorizzato a parlare a nome del partito nel suo complesso, proclameremmo immediatamente che non parteciperemo minimamente al « fondo » e all’impresa di Trotski e che 22 LENIN considereremo di tutto il partito solo una conferenza convocata dall'or* gatto centrale , e non dal circolo di Trotski *. Ma, finché la questione del sabotaggio del CC non sarà stata definitivamente decisa dagli eventi, v’è motivo di sperare in un esito di partito pienamente legale. Chiamando i membri del partito a lottare risolutamente per questo esito legale di partito, passeremo a chiarire le « basi di principio » del dissenso, che i sostenitori del Golos e Trotski si affrettano ad approfondire sino alla scissione: i primi sabotando il CC, i secondi ignorando quest'ultimo e « organizzando un fondo » per la convo- cazione di una «conferenza del POSDR » (pochi scherzi!) da parte del circolo di Trotski. Nella sua risoluzione Trotski scrive che la lotta che conducono « leninisti e plekhanoviani » (con questa sostituzione delle persone alle correnti del bolscevismo e del menscevismo partitista Trotski vuole esprimere il suo disprezzo, ma esprime soltanto la sua incapa- cità -di capire) « è attualmente priva di qualsiasi base di principio ». È proprio a chiarire queste basi di principio che l'organo centrale chiama i socialdemocratici di tutta la Russia: affronteremo per Pap- punto questa interessante questione finché è in corso la « non inte- ressante » lotta per la convocazione della sessione plenaria! Trascriviamo integralmente i motivi per cui Trotski proclama priva di qualsiasi base di principio la lotta dell’organo centrale: « ... Fra tutte [il corsivo è di Trotski] le correnti del partito si è sal- damente radicata la convinzione che è necessario ricostituire l'organizzazio- ne illegale, unificare il lavoro legale e illegale, attuare una tattica socialdemo- cratica coerente, e queste direttive fondamentali sono state unanimemente tracciate dall'ultima sessione plenaria. « La difficoltà consiste ora, a un anno dalla sessione plenaria, non nel proclamare queste verità, ma nel tradurle in atto. E la via che porta a questo è il concorde lavoro in comune di tutte le parti del partito: “ Golos ”, “plekhanoviani”, “leninisti”, “vperiodisti”, elementi non frazionisti, poiché il partito è ormai spiritualmente uscito dal periodo delPinfanzia, e per tutti i suoi membri è tempo di prendere coscienza di sé e di agire in qualità di socialdemocratici rivoluzionari , di patrioti del proprio partito, senza ulteriori denominazioni frazionistiche. E questa collaborazione deve effettuarsi nel quadro di tutto il partito, e non attorno ad organi di frazione ». * Che sia effettivamente necessaria al piu presto possibile una conferenza di tutto il partito convocata dal CC è cosa su cui non può esservi disaccordo. LA SITUAZIONE NEL PARTITO 23 Ecco un esempio di come le buone parole vengono degradate a vuota frase, mascherando la piu grande menzogna, il piu grande inganno sia di quegli stessi che si inebriano di frasi, sia di tutto il partito. Perché è appunto un’aperta e flagrante menzogna affermare che fra tutte le correnti del partito si sia saldamente radicata la convin- zione che sia necessario ricostituire lorganizzazione illegale. Ogni nu- mero del Golos attesta che i suoi sostenitori considerano il gruppo del signor Potresov e soci una corrente del partito e che essi non solo lo « considerano » tale, ma prendono anche sistematicamente parte al suo « lavoro ». Non è ridicolo, non è vergognoso, oggi, a un anno dalla sessione plenaria, giocare a rimpiattino, ingannare se stessi e ingan- nare gli operai, cavarsela con scappatoie verbali, quando si tratta di « attuazione », e non di frasi? Si o no? Considera o no Trotski il signor Potresov e soci, chiara- mente nominati nell’organo centrale, « una corrente del partito »? Questo è appunto il problema delF« attuazione » delle decisioni della sessione plenaria, ed è già un anno che l’organo centrale ha posto questo problema chiaramente, recisamente, inequivocabilmente, in maniera tale che non fossero possibili scappatoie di sorta! Trotski cerca ancora una volta di cavarsela con il silenzio o la vuota frase, poiché gli occorre celare ai lettori e al partito la verità , e cioè che i gruppi del signor Potresov, dei 16 ecc. sono assoluta- mente indipendenti dal partito, sono completamente isolati come fra- zione, e non solo non ricostituiscono l’organizzazione illegale, ma ne sabotano la ricostituzione, non attuano nessuna tattica socialdemo- cratica. A Trotski occorre celare al partito la verità: i sostenitori del Golos rappresentano una frazione estera, altrettanto isolata dal partito e che è di fatto al servizio dei liquidatori russi. E i « vperiodisti »? Trotski sa perfettamente che anch’essi, dopo la sessione plenaria, hanno rafforzato e sviluppato la loro frazione con fondi non del partito, con una propria scuola di frazione, dove non si insegna affatto « una tattica socialdemocratica coerente », ma si dice che « l’otzovismo è una sfumatura legittima »; dove si insegnano concezioni otzovistiche sulla funzione della III Duma, concezioni espres- se nella piattaforma di frazioni del Vperiod. Trotski tace questa incontestabile verità perché per gli scopi 24 LENIN redi della sua politica la verità è insopportabile. E gli scopi reali si chiariscono sempre piu e diventano evidenti anche per i membri del partito meno lungimiranti. Questi scopi reali sono il blocco antipartito tra i Potresov e i vperiodisti, blocco che Trotski appoggia e organizza. L’approvazione delle risoluzioni di Trotski (del genere di quella « vien- nese ») da parte dei vperiodisti, il civettare della Pravda con costoro, le chiacchiere della Frauda secondo cui in Russia, alla base, operereb- bero solo i vperiodisti e i trotskisti, la pubblicità della Pravda alla scuola di frazione dei vperiodisti, il diretto appoggio di Trotski a questa scuola, tutti questi sono fatti che è impossibile nascondere a lungo. La verità è come Polio: viene sempre a galla. Il contenuto della politica di Trotski è il «lavoro concorde» della Pravda con le frazioni dei signori Potresov e dei vperiodisti. In questo blocco le parti sono state chiaramente distribuite: i signori Potresov continuano, al di fuori del partito, il loro lavoro legalitario, la loto demolizione della socialdemocrazia; « quelli del Golos » formano la sezione estera di questa frazione, mentre Trotski si assume la parte dell’ avvocato che assicura al pubblico ingenuo che « fra tutte le cor- renti del partito si è saldamente radicata » « una tattica socialde- mocratica coerente ». I vperiodisti accolgono codesto avvocato, che difende là libertà della loro scuola di frazione, dissimula la loro poli- tica con frasi ipocrite, trite e ritrite. Questo blocco appoggia natural- mente il « fondo » di Trotski e la conferenza antipartito da lui convo- cata, poiché sia i signori Potresov sia i vperiodisti ottengono dò che loro occorre: la libertà delle loro frazioni, la loro consacrazione, la dis- simulazione della loro attività, la difesa avvocatesca di quest’ultima da- vanti agli operai. Ed ecco che, proprio dal punto di vista delle « basi di principio », non possiamo non definire questo blocco come avventurismo nel senso piu predso della parola, Trotski non osa dire che vede i veri marxisti, i veri difensori della fedeltà ai principi del socialdemocratismo in Potresov, negli otzovisti. Proprio nel fatto che gli tocca permanente- mente sguisriare sta la sostanza della posizione delLavventuriero. Poiché tutti, nessuno escluso, vedono e sanno che i signori Potresov e gli otzovisti hanno sempre una propria linea (la linea antisocialdemocra- tica) e la attuano , mentre i diplomatici del Golos e del Vperiod non servono che di copertura. LA SITUAZIONE NEL PARTITO 25 Il motivo più profondo per cui il nuovo blocco è condannato al fallimento, per quanto possa esser grande il suo successo davanti agli elementi filistei, per quanti « fondi » possa raccogliere Trotski con l’aiuto delle « fonti » vperiodiste e potresoviane, sta nel fatto che questo blocco è senza principi . La teoria del marxismo, le « basi di principio » di tutta la nostra concezione del mondo, di tutto il nostro programma e di tutta la nostra tattica di partito sono state ora poste a uno dei primi posti della nostra vita di partito non a caso, ma inevitabilmente. Non a caso, ma inevitabilmente è avvenuto che, dopo l’insuccesso della rivoluzione, in tutte le classi della società, -tra le più larghe masse popolari s’è destato l’interesse per le basi profonde di tutta la concezione del mondo, comprese le questioni religiose e filosofiche, compresi i principi della nostra dottrina, della dottrina marxista nel suo complesso . Non a caso, ma inevitabilmente, le masse, attratte dalla rivoluzione a un’aspra lotta per le questioni tattiche, vogliono, in un periodo in cui mancano azioni aperte, acquisire cogni- zióni teoriche generali. Le basi del marxismo devono essere di nuovo spiegate a queste masse, la difesa della teoria del marxismo si pre- senta di nuovo all’ordine del giorno. Se Trotski proclama ravvicina- mento tra menscevichi partitisti e bolscevichi « politicamente vuoto di senso » e « inconsistente », ciò attesta soltanto la profondità della sua ignoranza, rivela soltanto la sua completa vacuità. Proprio le basi di principio del marxismo hanno trionfato nella lotta dei bolscevichi contro le idee non socialdemocratiche « vperiodiste », nella lotta dei menscevichi partitisti contro i signori Potresov e i sostenitori del Golos. Proprio quest’avvicinamento nella questione delle basi di prin- cipio del marxismo è stato la base reale del lavoro veramente concorde dei menscevichi partitisti coi bolscevichi per un anno intero dopo la sessione plenaria. Si tratta di un fatto, e non di parole, di promesse, di « risoluzioni benevole ». E quali che siano le divergenze tra men- scevismo e bolscevismo nel passato e in futuro (solo degli avven- turieri sono capaci di allettare la folla con promesse circa la scomparsa delle divergenze, la loro « liquidazione » con questa o quella risolu- zione), questo fatto storico non si può cancellare. Solo lo sviluppo interno delle stesse frazioni più importanti; solo la loro evoluzione ideale può essere il pegno della eliminazione di fatto delle frazioni, mediante il loro avvicinamento, mediante la loro messa alla prova in 26 LENIN un lavoro comune. E questo è cominciato dopo la sessione plenaria. Il lavoro concorde di Potresov con i vperiodisti e con Trotski non l’ab- biamo ancora visto; abbiamo visto soltanto la diplomazia di circolo, il giuoco con le parole, la solidarietà nelle scappatoie. Il lavoro concorde dei menscevichi partitisti coi bolscevichi il partito l’ha visto per un anno, e chiunque sia capace di apprezzare il marxismo, chiunque abbia a cuore le « basi di principio » della socialdemocrazia non dubi- terà un solo istante che i nove decimi degli operai di entrambe le frazioni saranno per questo avvicinamento. Il blocco di Trotski con Potresov e i vperiodisti è un’avventura proprio dal punto di vista delle « basi di principio ». Ciò non è meno vero dal punto di vista dei compiti politici di partito , compiti che sono stati effettivamente indicati dalla sessione plenaria all'unanimità , ma che non si riducono affatto alla frase banale: unificare il lavoro legale e illegale (anche i cadetti, infatti, « unificano » la legale Riec e il CC « cadetto » illegale), che Trotski sceglie appositamente per far piacere ai signori Potresov e ai vperiodisti, i quali non hanno niente contro le frasi vuote e le banalità. « La situazione storica del movimento socialdemocratico in un periodo di controrivoluzione borghese » — dice la risoluzione della sessione ple- naria — « genera inevitabilmente, come manifestazione dell’influenza bor- ghese sul proletariato, da un lato, la negazione del partito socialdemocratico illegale, la degradazione della sua funzione e importanza, i tentativi di restrin- gere i compiti programmatici e tattici e le parole d’ordine della socialde- mocrazia rivoluzionaria, ecc., e, dall’altro lato, la negazione del lavoro dei socialdemocratici alla Duma e dell’utilizzazione delle possibilità legali, l’inca- pacità di capire tanto l’uno che l’altra, l’incapacità di adattare la tattica socialdemocratica rivoluzionaria alle condizioni storiche particolari del mo- mento attuale, ecc. ». Dopo un anno di esperienza non si può sfuggire dal dare una ri- sposta diretta alla questione della reale importanza di queste indica- zioni. Non si può dimenticare che alla sessione plenaria tutti i nazionali (ai quali si associò allora Trotski, che si associa perennemente a qual- siasi maggioranza di qualsiasi momento) dichiararono per iscritto che « sarebbe sostanzialmente desiderabile chiamare liquidatorismo la cor- rente indicata nella risoluzione, contro la quale è necessario lottare ». Un anno di esperienza dopo la sessione plenaria ha mostrato nei fatti che proprio i gruppi di Potresov, proprio la frazione dei vpe- LA SITUAZIONE NEL PARTITO 27 riodisti incarnano precisamente questa influenza borghese sul proleta- riato. "[delusione di questo fatto evidente è appunto avventurismo, perché nessuno finora s’è ancora deciso a dire apertamente che quella dei Potresov e soci non è una linea del liquidatorismo, che il ricono- scimento delPotzovismo come « sfumatura legittima » corrisponde alla linea del partito. L’anno che ci separa dalla sessione plenaria non è per noi trascorso invano. La nostra esperienza si è arricchita. Abbiamo visto effettivamente il manifestarsi delle tendenze allora osservate. Ab- biamo visto le frazioni che hanno incarnato queste tendenze, e con parole sul « lavoro concorde » di queste frazioni antipartito in un pre- teso spirito « di partito » non si possono oggi piu ingannare strati di operai piu o meno larghi. Infine, e in terzo luogo, la politica di Trotski è un’avventura in senso organizzativo , giacché, come abbiamo già rilevato, essa infrange la legalità di partito e, organizzando una conferenza a nome di un solo gruppo estero (o a nome del blocco di due frazioni antipartito, i sostenitori del Golos e i vperiodisti), imbocca direttamente la via della scissione. Autorizzati a parlare a nome del partito nel suo com- plesso, noi abbiamo il dovere di difendere fino alla fine la legalità di partito. Ma non vogliamo assolutamente che i membri del partito, per essere ligi alle forme della « legalità », non vedano la sostanza della cosa. Al contrario, proprio sulla sostanza della cosa, che si riduce al blocco del Golos e dei vperiodisti, il quale salvaguarda la completa libertà dell’attività liquidatrice svolta dai signori Potresov, noi richia- miamo soprattutto l’attenzione dei socialdemocratici. Noi chiamiamo appunto tutti i socialdemocratici a una lotta riso- luta per la legalità di partito, alla lotta contro il blocco antipartito in nome delle basi di principio del marxismo e deH’epurazione della socialdemocrazia dal liberalismo e dall’anarchia. P.S. L’edizione in tiratura separata delParticolo qui pubblicato (cosa avvenuta in base al voto della maggioranza della redazione: i due rappresentanti della corrente bolscevica e il rappresentante dell’orga- nizzazione polacca) ha suscitato, da parte degli altri due membri della redazione — sostenitori del Golos — una protesta, pubblicata in vo- lantino a sé. In questo volantino gli autori non toccano il contenuto dell’articolo La situazione nel partito nella sua sostanza, ma accu- 28 LENIN sano la maggioranza della redazione: 1) di aver violato i loro diritti formali, i diritti cioè di due membri della redazione, 2) di aver compiuto una « delazione poliziesca ». Noi riteniamo che la cosa piu giusta — dato che la disputa avviene, non sul piano dei principi e della tattica, ma su quello degli intrighi organizzativi e degli attacchi personali — sia quella di portare tutto l’affare davanti al Comitato centrale. Crediamo che, anche senza aspettare la decisione del CC su questa questione, tutti i compagni che hanno un attaccamento al partito sapranno apprezzare al loro giusto valore i metodi di « pole- mica >> di due membri della redazione, Martov e Dan. Pubblicato il 23 o 24 dicembre 1910 (5 o 6 gennaio 1911) in tiratura separata dal h. 19 del Solùal-Demokrat. ALCUNE PARTICOLARITA* DELLO SVILUPPO STORICO DEL MARXISMO La nostra dottrina, diceva Engels parlando di se stesso e del suo celebre amico, non è un dogma, ma una guida per Razione. Questa classica formula sottolinea con forza e concisione meravigliose quel- l’aspetto del marxismo che a ogni istante viene perso di vista. E perden- dolo di vista, noi facciamo del marxismo una cosa unilaterale, deforme e morta; lo svuotiamo del suo vivo contenuto, scalziamo le sue basi teoriche fondamentali: la dialettica, la dottrina dell’evoluzione storica multiforme e piena di contraddizioni; indeboliamo il suo legame con i precisi compiti pratici dell’epoca, che possono cambiare a ogni nuova svolta della storia. E proprio nei nostri tempi, fra coloro che si interessano delle sorti del marxismo in Russia, s’incontrano molto spesso persone che perdo- no di vista .appunto questo aspetto del marxismo. Pertanto tutti si rendono conto che in questi ultimi anni in Russia si sono avute svolte repentine che hanno modificato con una rapidità sorprendente e in modo eccezionalmente brusco la situazione, la situazione sociale e politica che determina in modo diretto e immediato le condizioni dell’azione,- e quindi gli obiettivi di questa azione. Non parlo na- turalmente degli obiettivi generali e fondamentali, che non mutano con le svolte della storia se non si modificano i rapporti fondamen- tali tra le classi. È assolutamente chiaro che questo orientamento generale delPevoluzione economica (e non soltanto economica) della Russia, cosi come i rapporti fondamentali tra le diverse classi della società, non si è modificato, per esempio, nel corso di questi ultimi- sei anni. Ma durante questo periodo gli obiettivi dell’azione diretta e im- 30 LENIN mediata si sono radicalmente modificati, cosi come si è modificata la situazione sociale e politica concreta; e per conseguenza anche del marxismo, che è una dottrina viva, non potevano non essere messi in primo piano or Vuno or l'altro aspetto. Per spiegare meglio quest’idea, analizzeremo quali sono i cam- biamenti avvenuti nella situazione sociale e politica concreta in questi ultimi sei anni. Vi distingueremo nettamente due trienni: uno termina approssimativamente nell’estate del 1907, l’altro nell’estate del 1910. Il primo triennio è caratterizzato, dal punto di vista puramente teorico, da rapide trasformazioni nei tratti principali del regime politico della Russia, trasformazioni che si operavano inoltre in modo molto irre- golare, l’ampiezza delle oscillazioni essendo molto forte nei due sensi. La base sociale ed economica di questi cambiamenti della « sovrastrut- tura » è stata un’azione di massa aperta e imponente di tutte le classi della società russa, nei campi più diversi (alla Duma, fuori della Duma, nella stampa, nei sindacati, nelle riunioni, ecc.), quale raramente si osserva nella storia. Al contrario, il secondo triennio è caratterizzato — ripetiamo che ci limitiamo questa volta a trattare la questione dal punto di vista puramente teorico e « sociologico » — da un’evoluzione cosi lenta che quasi equivale alla stasi: nessun cambiamento piu o meno sensi- bile nel regime statale; nessuna o quasi nessuna azione aperta e varia delle classi sulla maggior parte delle « arene » ove queste azioni si svolgevano nel periodo precedente. L’analogia tra questi due periodi va ricercata nel fatto che l’evo- luzione della Russia rimaneva, sia nell’uno che nell’altro, la' stessa evoluzione capitalistica. La contraddizione tra questa evoluzione econo- mica e l’esistenza di tutto un insieme di istituti feudali, medioevali non fu soppressa; essa pure rimase la stessa e, invece di attenuarsi, piuttosto si accentuò, grazie a una certa infiltrazione ui elementi parzialmente borghesi in questi o quegli istituti. La differenza tra i due periodi va ricercata nel fatto che duran- te il primo periodo sul proscenio dell’azione storica si presentò il problema: a quale risultato avrebbero portato le trasformazioni ra- pide e ineguali menzionate piu sopra? La natura di queste trasforma- zioni non poteva non essere borghese, dato il carattere capitalistico del- LO SVILUPPO STORICO DEL MARXISMO 31 l'evoluzione in Russia. Ma vi è borghesia e borghesia. La media e la grande borghesia, che si attenevano a un liberalismo più o meno mo- derato, avevano paura, per la loro stessa posizione sociale, delle tra- sformazioni brusche e cercavano di mantenere in vita considerévoli residui dei vecchi istituti, tanto nel regime agrario quanto nella « so- vastruttura » politica. La piccola borghesia rurale, frammischiata ai contadini che vivono del « lavoro delle loro braccia », non poteva non aspirare a trasformazioni borghesi di un altro genere , che lasciano molto meno posto alle sopravvivenze medioevali di ogni sorta. Gli operai salariati, nella misura in cui consideravano in modo cosciente gli avve- nimenti che si svolgevano intorno a loro, non potevano non assumere un atteggiamento ben determinato di fronte al cozzo delle due diverse tendenze, le quali, ambedue, benché rimaste nel quadro del regime borghese, determinavano però forme assolutamente diverse di questo regime, un ritmo assolutamente differente del suo sviluppo, un'am- piezza diversa dei suoi effetti progressivi. Cosi il periodo triennale or ora trascorso ha messo in primo piano, non per caso ma per necessità, quelle questioni del marxismo che è d'uso chiamare questioni di tattica. Nulla di più errato dellopi- nione secondo la quale le discussioni e i dissensi su questi problemi sa- rebbero discussioni « da intellettuali », « lotta per l’influenza sul pro- letariato non ancora maturo », ed esprimerebbero un « adattamento degli intellettuali al proletariato », come credono i viekhisti di tutte le specie. AI contrario, appunto perché ha raggiunto la sua maturità, questa classe non ha potuto rimanere insensibile al cozzo tra due ten- denze distinte di tutta l'evoluzione borghese in Russia, e gli ideologi di questa classe dovevano necessariamente dare definizioni teoriche cor- rispondenti (direttamente o indirettamente, per mezzo di un’immagine diretta o rovesciata) a queste diverse tendenze. Nel secondo triennio il cozzo tra le diverse tendenze dell'evo- luzione borghese della Russia non era all'ordine del giorno, queste due tendenze essendo state schiacciate dai « bisonti », rigettate indietro, ricacciate in se stesse, soffocate per un certo periodo. I « bisonti » me- dioevali non hanno riempito soltanto il proscenio, ma anche il cuore dei più larghi strati della società borghese di un sentimento viekhista, 32 lentn cioè di abbattimento e di rinuncia. Non è stato il cozzo tra due metodi di riforma, ma la perdita della fiducia in qualsiasi riforma; lo spirito* di «sottomissione» e di «pentimento», la propensione per le teorie antisociali, la moda del misticismo, ecc.: ecco ciò che. è apparso alla superficie. E questo cambiamento straordinariamente brusco non fu né un caso, né unicamente il risultato di una pressione « esteriore ». Il periodo precedente aveva scosso cosi profondamente gli strati della popola- zione rimasti per generazioni, per secoli, al di fuori dei problemi politici, estranei a questi problemi, che la « revisione di tutti i valori », un nuovo esame dei problemi fondamentali, un nuovo interesse per la teoria, per l'abbiccì, per lo studio, partendo dai primi rudimenti, è sorto in modo naturale e inevitabile. Milioni di uomini, risvegliatisi a un tratto dal loro lungo sonno e posti immediatamente davanti ai più importanti problemi, non potevano mantenersi a lungo a questa altezza, non potevano fare a meno di una sosta, di un ritorno a que- stioni elementari, di una nuova preparazione che permettesse di « dige- rire » insegnamenti cosi ricchi di sostanza e di dare la possibilità a una massa incomparabilmente più larga di avanzare di nuovo, questa volta con passo piu fermo, più cosciente, più sicuro e misurato. La dialettica dello sviluppo storico fu tale che nel primo periodo il compito airordine del giorno fu quello di realizzare riforme immer diate in tutti i campi della vita del paese e, nel secondo, quello di elaborare l’esperienza acquisita, di farla assimilare da strati più larghi, di farla penetrare, se cosi è lecito esprimersi, nel sottosuolo, negli strati meno progrediti delle diverse classi. Appunto perché il marxismo non è un dogma morto, non è una dottrina compiuta, belile pronta, immutabile, ma una guida viva per l’azione, esso doveva necessariamente riflettere il cambiamento ecce- zionalmente brusco avvenuto nelle condizioni della vita sociale. La di- sgregazione profonda, la confusione, i tentennamenti di ogni genere, in una parola, una gravissima crisi interna del marxismo è stato il ri- flesso di questo cambiamento. L’azione vigorosa contro questa disgre- gazione, la lotta decisa e tenace per la difesa dei principi del marxismo è stata di nuovo posta aH’ordine del giorno. Strati estremamente larghi delle classi che non potevano evitare il marxismo nel formulare i loro LO SVILUPPO STORICO DEL MARXISMO 33 obiettivi, l’avevano assimilato, nel precedente periodo, in modo estre- mamente unilaterale, deformato; si erano impressi in mente questa o quella « parola d’ordine », questa o quella risposta alle questioni tat- tiche, senza comprendere i criteri marxisti di queste risposte. La « revi- sione di tutti i valori » nei diversi campi della vita sodale condusse alla « revisione » dei principi filosofici piu astratti e piu generali del marxi- smo. L’influenza della filosofia borghese, nelle sue svariate sfumatu- re idealistiche, si è fatta sentire nel contagio machista tra i marxisti. La ripetizione di « parole d’ordine », imparate a memoria ma non com- prese né meditate, ha portato alla larga diffusione della vuota frase, che in realtà sfociava in tendenze assolutamente non marxiste, in ten- denze piccolo-borghesi, quali l’« otzovismo » aperto o verecondo, o il riconoscimento deH’otzovismo come una « sfumatura legittima » del marxismo. D’altra parte lo spirito viekhista, lo spirito di rinuncia che si è impadronito degli strati più larghi della borghesia è penetrato anche nella tendenza che vorrebbe contenere la teoria e la pratica marxista nell’alveo « della moderazione e dell’ordine ». Del marxismo non è rimasta qui che la fraseologia, che ricopre i ragionamenti impregnati di spirito liberale sulla « gerarchia », sull’« egemonia », ecc. Certo, tra i compiti di quest’articolo non può essere compreso quello di esaminare questi ragionamenti. Basta segnalarli per poter illustrare ciò che è stato detto più sopra sulla gravità della crisi che sta attraversando il marxismo, sul nesso che la lega a tutta la situa- zione sociale ed economica del presente periodo. È impossibile voltare le spalle ai problemi sollevati da questa crisi. Nulla è più nefasto, contrario ai principi, che il tentativo di voler eludere questi problemi con vuote frasi. Nulla è più importante delPunione di tutti i marxisti che hanno coscienza della profondità della crisi e della necessità di combatterla per difendere le basi teoriche del marxismo e i suoi prin- cipi fondamentali, che da ogni parte vengono snaturati mediante la diffusione dell’influenza borghese sui vari « compagni di strada » del marxismo. Il triennio precedente ha fatto partecipare coscientemente alla vita sociale larghi strati, i quali in gran parte spesso cominciano sol- tanto ora a prendere veramente conoscenza del marxismo. La stampa 34 LENIN borghese crea a questo riguardo piu errori di prima e li diffonde piu largamente. In queste condizioni, la disgregazione in seno al marxismo diventa particolarmente pericolosa. Perciò, comprendere le ragioni che rendono questa disgregazione inevitabile in questo momento, e rag- grupparsi per una lotta conseguente contro di essa, è, nel significato proprio e preciso della parola, il compito che la nostra epoca impone ai marxisti. Zviezdà , n. 2, 23 dicembre 1910. Firmato: V. Ilin. ROSSORE DI VERGOGNA DI IUDUSCKA TROTSKI Alla sessione plenaria Iuduscka Trotski si faceva in quattro per combattere il liquidatorismo e rotzovismo. Giurava e spergiurava di essere partitista. Ricevette un sussidio. Dopo la sessione plenaria il CC si è indebolito, i vperiodisti si sono rafforzati: si sono provveduti di denaro. Si sono consolidati i liqui- datori, che nella Nascia Zarià t davanti a Stolypin, hanno sputato in faccia al partito illegale. Iuduscka ha allontanato dalla Pravda il rappresentante del CC e s’è messo a scrivere nel Vortoàrts degli articoli liquidatori. Nonostante una precisa decisione della commissione per le scuole, nominata dalla sessione plenaria, che ha stabilito che nessun insegnante del partito doveva andare alla scuola di frazione dei vperiodisti, Iuduscka Trotski c’è andato e ha esaminato insieme a costoro un piano di lezioni. Questo piano è stato ora pubblicato in volantino dal gruppo Vperiod. E questo Iuduscka si batte il petto e proclama con alte grida il suo partitismo, assicurando che non ha affatto strisciato davanti ai vperiodisti e ai liquidatori. Questo il rossore di vergogna di Iuduscka Trotski. Scritto all’inizio del 1911. Pubblicato per la prima volta nella Pravda, n. 21, 21 gennaio 1932. LA CARRIERA DI UN TERRORISTA RUSSO Questo il sottotitolo che il rappresentante del partito dei socia- listi-rivoluzionari signor Rubanovic ha dato al suo articolo sulla morte di Karaulov nel giornale socialista francese VHumanité. Carriera effet- tivamente istruttiva. Dopo il 1° marzo 1881 Karaulov giunso a Parigi e propose al capo della Volontà del popolo u di venire incaricato di ricostituire Tor- ganizzazione. Il redattore del Viestnik Narodnoi Voli , il futuro rinnegato Tikhomirov, gli diede pieni poteri. Karaulov ritornò in Russia assieme a Lopatin, Sukhomlin e altri. Nel 1884 viene arrestato a Kiev e condannato dal tribunale a quattro anni di prigione, mentre ai suoi colleghi viene inflitta la pena capitale o lergastolo. Come spiegare, secondo le parole del signor Rubanovic, questa « strana indulgenza »? Si dice — comunica il signor Rubanovic — che il presidente del tribunale militare fosse stato colpito dalla somi- glianza di Karaulov con un suo figlio, morto tragicamente. Però « esi- stono altre spiegazioni di questa strana indulgenza », aggiunge il signor Rubanovic, ma non dice quali siano queste altre spiegazioni *. In compenso la piu recente « carriera » di Karaulov non suscita dubbi di sorta. Nel 1905 egli parlò cosi apertamente contro i rivolu- zionari che gli elettori lo bocciarono alle elezioni sia per la I che per la II Duma. « Se davanti a me ci saranno due campi — disse Karaulov in un comizio (come comunicano le Birgevie Viedomosti) — e in uno ci saranno le truppe governative, neH’altro i rivoluzionari con la fami- gerata parola d’ordine della dittatura del proletariato, io, senza esita- * Si tratta, evidentemente, dei noti sospetti che Karaulov rendesse delle « deposizioni sincere ». LA CARRIERA DI UN TERRORISTA RUSSO 37 zione, andrò con le prime contro i secondi ». Non ce da stupirsi die Witte sia intercesso per riabilitare un tale individuo. Non c’è da stu- pirsi che Karaulov sia salito alla III Duma a uno dei primi posti tra i cadetti più abietti, più controrivoluzionari, con l’eterna fraseo- logia del codino sulle labbra. C’è da stupirsi che ci siano persone che possano considerarsi simpatizzanti della democrazia ed oggi, in occasione della morte di Karaulov, Io celebrino come « democratico », « combattente », ecc. C'è da stupirsi che il signor Rubanovic, rappresentante del partito dei socialisti-rivoluzionari, possa scrivere su un organo socialista fran- cese; « molto sarà perdonato all’ex socialista-rivoluzionario passato al campo dei moderati, avendo egli saputo toccare le corde migliori » (si tratta della seduta della Duma in cui le destre chiamarono Karaulov avanzo di galera ed egli rispose che ne era fiero). Per una frase ad effetto « perdonare » la carriera di un rinnegato: ciò è nello spirito dei socialisti-rivoluzionari. Rinnegati ce ne sono in tutti i partiti rivoluzionari, in tutti i paesi, e tra di essi si trovano sempre dei maestri nei gesti ad effetto. Ma che dei rivoluzionari, dei rappresentanti di partiti « rivoluzionari » dichiarino pubblicamente: <,< molto sarà perdonato » a un rinnegato per un’abile esclamazione, non avviene spesso. Per farlo occorre che in un partito sedicente « rivoluzionario » ci sia un’enorme percentuale di liberali con la bomba. Occorre che questi liberali, rimasti senza bomba, possano vivere tran- quilli in partiti « rivoluzionari » che non si curano minimamente di sal- vaguardare i principi rivoluzionari, i precetti rivoluzionari, l’onore e il dovere rivoluzionari. C’è anche un altro, più profondo insegnamento che scaturisce dalla « carriera di un terrorista russo ». È l’insegnamento della lotta di classe, l’illustrazione del fatto che oggi soltanto le classi rivoluzio- narie possono in Russia appoggiare i partiti rivoluzionari più o meno seri. Non solo Karaulov, ma la massa dell’intellettualità borghese, che non molto tempo fa era democratica e persino rivoluzionaria, si è ora allontanata dalla democrazia e dalla rivoluzione. E non è un caso, ma il risultato inevitabile dello sviluppo della coscienza di classe della borghesia russa, che ha visto coi propri occhi quanto sia prossimo il momento in cui il « campo » della monarchia e il campo della rivo- 38 LENIN luzione si ergeranno Turi contro l’altro, ha visto quale è la scelta che in tale occasione essa, la borghesia, deve fare. Chi vuole imparare dai grandi insegnamenti della rivoluzione russa deve capire che solo Io sviluppo della coscienza di classe del prole- tariato, solo Torganizzazione di questa classe, solo l’epurazione del suo partito dai « compagni di strada » piccolo-borghesi, dalla mancanza di principi, dalle esitazioni e dalla debolezza che sono loro proprie, possono portare di nuovo, e porteranno sicuramente di nuovo, a vittorie del popolo sulla monarchia dei Romanov. Sotsid-Dcmokrat , n. 19-20, 13 (26) gennaio 1911. L.N. TOLSTOI E LA SUA EPOCA L’epoca alla quale appartiene L. Tolstoi, e che è riflessa con tanto risalto sia nelle sue geniali opere artistiche, sia nella sua dottrina, è l’epoca che ha inizio dopo il 1861 e si conclude col 1905. L’attività letteraria di Tolstoi, è vero, è cominciata prima ed è finita dopo Tini- zio e la fine di questo periodo, ma L. Tolstoi, quale artista e quale pensatore, si è completamente formato proprio in quel periodo, il cui carattere transitorio ha generato tutti i tratti caratteristici di tutte le opere di Tolstoi e del « tolstoismo ». Per bocca di K. Levin, in Anna Karenina , L. Tolstoi espresse in modo estremamente brillante qual era il varco che la storia russa stava attraversando in quel mezzo secolo. «... I discorsi sul raccolto, sulPassunzione degli operai, ecc. che, Le- vin lo sapeva, si consideravano abitualmente molto volgari... oggi gli pare- vano molto importanti. “Ciò non era forse importante sotto il regime della servitù della gleba, o non lo è in Inghilterra. In entrambi i casi le condizio- ni stesse erano ben determinate; ma da noi oggi, quando tutto ciò sta crol- lando o è appena in via di formazione, il problema delle forme che pren- deranno queste condizioni è Punico problema importante”, pensava Levin » {Opere, voi. X, p. 137). « Da noi oggi tutto ciò sta crollando o è appena in via di for- mazione»: è difficile immaginarsi una caratterizzazione piu precisa del periodo 1861-1905. Quel che « sta crollando » è ben noto, o, almeno, pienamente conosciuto da ogni russo. È la servitù della gleba e tutto il « vecchio ordine » che le corrisponde. Quel che si sta appena for- mando è assolutamente sconosciuto, estraneo, incomprensibile per lar- ghe masse della popolazione. Per Tolstoi questo regime borghese che « si sta appena formando » è descritto in modo confuso, sotto Paspettcr 40 LENIN di uno spauracchio, l’Inghilterra. Spauracchio appunto, poiché Tolstoi respinge, per cosi dire in linea di principio, qualsiasi tentativo di spie- gare i caratteri fondamentali del regime sociale di questa « Inghilter- ra », il legame di questo regime con il dominio del capitale, con la fun- zione del denaro, con Papparire e lo sviluppo dello scambio. Come i populisti, egli non vuole vedere, chiude gli occhi, rifugge dal pensiero che in Russia « si stia formando » un regime che nulPaltro è se non un regime borghese. È vero che, se non l’« unico » problema « importante », almeno il piu importante dal punto, di vista dei prossimi obiettivi dell’attività politica e sociale in Russia per il periodo 1861-1905 (e anche per i nostri tempi), è stato quello di « come si sta formando » questo re- gime, il regime borghese, il quale assume aspetti cosi diversi in « In- ghilterra », in Germania, in America, in Francia, ecc. Ma per Tolstoi Pimpostazione precisa, concretamente storica del problema è qualcosa di assolutamente estraneo. Egli ragiona in modo astratto, ammette soltanto il punto di vista degli « eterni » principi della morale* delle eterne verità della religione, non rendendosi conto che questo punto di vista non è che il riflesso ideale del vecchio regime (« che sta crol- lando »), il regime della servitù della gleba, il regime di vita dei popoli orientali. In Lucerna (scritto nel 1857) Tolstoi dichiara che il riconosci- mento dei beni della « civiltà » è una « conoscenza imitfaginaria », la quale « distrugge nella natura umana i bisogni istintivi, sereni e pri- mitivi della bontà ». « In noi ce una sola, un’unica forza infallibile che ci guida — esclama Tolstoi — , lo Spirito Universale che ci pene- tra » {Opere, II, p. 125). Nella Schiavitù dei nostri tempi (scritto nel 1900), egli, ripetendo con impegno ancora maggiore questo richiamo allo spirito universale, dichiara che l’economia politica è una « sedicente scienza » poiché assume come « modello » la « piccola Inghilterra », la quale si trova nella « situazione piu eccezionale », invece di assumere come modello « la situazione degli uomini di tutto il mondo in tutto il periodo con- siderato dalla storia ». Quale sia questo « tutto il mondo », ce lo ri- vela l’articolo Progresso e definizione della cultura (1862). Tolstoi tenta di demolire l’idea degli « storici », secondo i quali il progresso è la « legge universale per l’umanità », richiamandosi a « tutto il co- L,N. TOLSTOI E LA SUA EPOCA 41 siddetto Oliente» (IV,. 162). «Non esiste una legge universale di movimento in avanti deirumanità — egli dichiara — , come appunto ci dimostrano gli immobili popoli orientali ». E il tolstoismo, nel suo contenuto storico reale, è precisamente l’ideologia del regime orientale, del regime asiatico. Ne conseguono l’ascetismo, Ja resistenza passiva al male, le note profonde di pes- simismo, la convinzione che « tutto è nulla, tutto è un nulla ma- teriale » ( Il significato della vita , p. 52), la fede nello «Spirito», « base di tutto » nei confronti del quale l’uomo non è che un « artiere » « a cui è affidata la missione della salvezza della sua anima », ecc. Tolstoi è fedele a questa ideologia anche nella Sonata a Kreutzer , quando dice; « L’emancipazione della donna non è nelle scuole e nelle corsie di ospedale, ma nella camera da letto », e in un articolo del 1862 in cui dichiara che le università preparano soltanto dei « libe- rali irritati, morbosi » che « non sono affatto necessari al popolo », che sono « inutilmente strappati dal precedente ambiente » e « non si trovano un posto nella vita », ecc. (IV, 136-137). Il pessimismo, la non resistenza, il richiamo allo « Spirito » sono un’ideologia che sorge inevitabilmente in un’epoca in cui tutto il vec- chio regime « sta crollando » e in cui le masse, educate in questo vecchio regime, avendo assorbito con il latte della madre i principi, le consuetudini, le tradizioni, le credenze di questo regime, non vedono e non possono vedere quale nuovo regime « si sta formando », quali forze sociali e come precisamente lo « stanno formando », quali forze sociali possono portare la salvezza dalle innumerevoli, particolarmente gravi calamità che sono proprie delle epoche di « demolizione ». Il periodo che va dal 1862 al 1904 è stato appunto un’epoca di demolizione in Russia, in cui irrevocabilmente, agli occhi di tutti, il vecchio crollava, e il nuovo stava solo formandosi; inoltre le forze sociali che lo creavano si mostrarono per la prima volta nell’azione, a un’ampiezza nazionale, in un atto di massa aperto, sui piu disparati terreni, soltanto nel 1905. E agli avvenimenti del 1905 in Russia, se- guirono avvenimenti analoghi in numerosi Stati dello stesso « Orien- te », alla cui immobilità Tolstoi si riferiva nel 1862. Il 1905 fu il principio della fine dell’immobilità « orientale ». E proprio per questo quell’anno portò con sé la fine del tolstoismo, la fine di tutta l’epoca che poteva e doveva generare la dottrina di Tolstoi, non come qualcosa 42 LENIN di individuale, non come un capriccio o mania di originalità, ma come ideologia di condizioni di esistenza in cui effettivamente vivevano mi- lioni e milioni di uomini durante un determinato periodo. La dottrina di Tolstoi è indubbiamente utopistica e, per il suo contenuto, reazionaria nel significato piu preciso e profondo del ter- mine, Ma non ne consegue affatto né che essa non fosse socialista né che in essa non vi fossero elementi di critica che potevano offrire un materiale prezioso per l’educazione delle classi d’avanguardia. C’è socialismo e socialismo. In tutti i paesi con modi di pro- duzione capitalistici c’è un socialismo che rispecchia l’ideologia della classe che deve sostituire la borghesia, e c’è il socialismo che corri- sponde all’ideologia della classe che la borghesia deve sostituire. Il so- cialismo feudale è, per esempio, un socialismo dell’ultimo tipo e il cui carattere molti anni or sono, più di sessantanni fa, venne da Marx esaminato insieme con altre forme di socialismo. Ancora. Gli elementi critici propri della dottrina utopistica di L. Tolstoi sono anch’essi propri di molti sistemi utopistici. Ma non bisogna dimenticare la profonda osservazione di Marx: l'importanza degli ele- menti critici del socialismo utopistico « è in ragione inversa dello sviluppo storico ». Quanto piu si sviluppa e assume un carattere pre- ciso l’attività delle forze sociali che « stanno formando » la nuova Russia e recano la salvezza dalle attuali calamità sociali, tanto più rapidamente il socialismo critico-utopistico « perde ogni valore pratico, ogni giusti- ficazione teorica >> I5 . Venticinque anni fa, gli elementi critici della dottrina di Tolstoi potevano talvolta recare, in pratica, un’utilità a qualche strato della popolazione, nonostante i tratti reazionari e utopistici del tolstoismo. Durante l’ultimo, diciamo, decennio non poteva essere cosi, perché lo sviluppo storico aveva fatto non pochi passi in avanti dagli anni ottanta alla fme del secolo scorso. E ai nostri giorni, dopo che parecchi degli avvenimenti ricordati più sopra hanno posto fine all’« immobilità » orientale; quando le idee dei « viekhisti », consapevolmente reaziona- rie, reazionarie nello stretto significato di classe, di interesse di classe, hanno avuto una larga diffusione tra la borghesia liberale; quando queste idee hanno contagiato persino una parte dei quasi marxisti, i quali, hanno creato la corrente « liquidatrice », ai nostri giorni tutti i L.N. T0LST01 E LA SUA EPOCA 43 tentativi di idealizzare la dottrina di Tolstoi, di giustificare o di atte- nuare la sua « non resistenza », il suo richiamo allo « Spirito », il suo invito air« autoperfezionamento morale », la sua dottrina della « co- scienza » e deir« amore universale », la sua predicazione deirascetismo e del quietismo, ecc. recano un danno che è il più immediato e il più profondo. Zviezdà , n. 6, 22 gennaio 1911. Firmato; V. Ilin IL MARXISMO E LA « NASCIA ZARIA » Nel n. 4 della Zviezdà è stato giustamente rilevato, nella rassegna della stampa, che il liquidatorismo, e, a questo connessa, la valuta- zione della questione deH’egemonia, interessano attualmente i circoli marxisti e che la polemica su quest’importante questione, se vuol esse- re proficua, dev’essere una polemica di principio, e « non già una polemica personale e malevola come quella della Nascia Zarìà ». Condividendo in pieno quest’opinione, passerò completamente sot- to silenzio le «trovate» di questa rivista relative al fatto che si potrebbe capire soltanto di chi e non dì che cosa si tratta (Nascia Zarìà , n. 11-12, p. 47). Prenderò addirittura un'annata della rivista — ciò tornerà molto a proposito in occasione del primo anniversario di quest’organo di stampa — e cercherò di vedere di che cosa si tratta. Il primo numero della Nascia Zarià usci nel gennaio 1910. Già nel secondo numeto, quello di febbraio, il signor Potresov proclamava che fra le « inerte » vi è anche la disputa tra machisti e marxisti e la questione del liquidatorismò. « Poiché, può forse esistere, chiedo al lettore — scriveva il signor Potresov — t nell’estate del 1909, non come un fantasma di un’immaginazione malata, ma come autentica realtà, una corrente liquidatrice, una corrente che liquidi ciò che non può piu essere liquidato, ciò che di fatto non esiste più come un tutto organizzato?» (p. 61). Con questo infelice tentativo di eludere la questione il signor Potresov ha fornito la migliore conferma, inattesa per la sua audacia da Erostrato, dell’idea che si era accinto a confutare. Egli, proprio nel gennaio e febbraio 1910, non poteva non sapere che il suo giu- dizio sulla situazione reale non sarebbe stato condiviso dai suoi avver- sari. È impossibile, dunque, tentare di cavarsela col dire che « non IL MARXISMO E LA « NASCfA ZARIA » 45 c’è », che « non si può giudicare quel che non ce ». La questione' non è di sapere se si faccia praticamente uguale a zero un decimo o un vente- simo, o un centesimo, o una qualsivoglia altra frazione. La questione è di sapere se c'è o no una corrente che consideri questa frazione una cosa inutile. La questione è di sapere se c’è o no una discordanza di principio sull’importanza della frazione, sull’atteggiamento da assumere nei suoi confronti, sulla possibilità di ingrandirla, ecc. Rispondendo infatti a questa precisa questione col dire che « non c’è », che è « zero », che « zero è per l’appunto zero », il signor Potresov ha espresso in pieno la corrente liquidatrice da lui negata. Nella sua «trovata» c’era- sol- tanto un eccesso di « malevolenza » ( secondo la giusta espressione della rassegna della stampa del n. 4 della Zviezdà ), c’era soltanto man- canza di sincerità, di chiarezza giornalistica. Ma proprio perché la questióne riguarda non le persone, ma la corrente, Mosca è accorsa in aiuto di Pietroburgo. Il moscovita Vozrozdenie , nel n. 5, del 30 marzo 1910, citando con simpatia il signor Potresov, scriveva: «Non c’è nulla da liquidare e, aggiungeremo noi da parte nostra, sognare la ricostituzione di questa gerarchia nel suo vecchio » ecc. « aspetto è semplicemente un’utopia dannosa, reazionaria» (p. 51). È del tutto evidente che si tratta precisamente non del vecchio aspetto , ma della vecchia sostanza. È altresì del tutto evidente che la questione della « liquidazione » è indissolubilmente legata alla que- stione della « ricostituzione ». Il Vozrozdenie ha fatto un piccolo passo avanti contro il signor Potresov, ha espresso la stessa idea in maniera un tantino pili chiara, più sincera, più onesta. Qui non si tratta delle persone, si tratta della corrente. Le persone possono distinguersi non per la sincerità, ma per la scaltrezza; le correnti invece si manifestano attraverso i casi, gli aspetti, le forme più diverse. Cosi, per esempio, il signor Bazarov era una volta un bolscevico e forse continua a considerarsi tale: al giorno d’oggi avvengono le cose più strane. Ma nel fascicolo di aprile della N ascia Zarià egli ha con- futato il signor Potresov con tanto successo, in maniera cosi felice (per Potresov) da dichiarare letteralmente «uno dei più grossi e futili malintesi» la «famigerata questione dell’egemonia » (p. 87). Notate: il signor Bazarov chiama tale questione « famigerata » — cioè già sollevata, già nota — nell’aprile 1910! Notiamo questo fatto: è estre- mamente importante. Notiamo che la dichiarazione del signor Bazarov 46 LENIN — il quale afferma che del T« egemonia non resterà nemmeno il ri- cordo » (p. 88) qualora la piccola borghesia delle città e delle cam- pagne « sia sufficientemente imbevuta di sentimenti radicali contro i privilegi politici », eco., « ma permeata di rigido spirito nazionali- stico » — rivela di fatto una totale incapacità di capire Tidea della egemonia e la rinuncia alla medesima. Proprio la lotta contro il « na- zionalismo », proprio la sua epurazione dai « sentimenti » presupposti da Bazarov costituisce il compito dell’« egemone ». I risultati immediati, diretti, del momento non determinano se questo compito sia stato o meno adempiuto. Ci sono dei periodi in cui i risultati della resi- stenza al nazionalismo, della resistenza allo spirito di palude, della re- sistenza al liquidatorismo, il quale, tra parentesi, è una manifestazione dell’influenza della borghesia sul proletariato come il nazionalismo, che talvolta s’impadronisce degli operai, si manifestano soltanto dopo anni, dopo lunghi anni talvolta. Avviene che per anni covi a malapena una piccola favilla, che la piccola borghesia considera, dichiara, proclama inesistente, liquidata, morta, ecc., e che di fatto vive, oppone resi- stenza allo scoramento e allo spirito di rinuncia, e si manifesta dopo un lungo periodo. L’opportunismo si aggrappa, sempre e dovunque, al- l’istante, al momento, non sapendo capire il nesso esistente tra lo « ieri » e il « domani ». Il marxismo esige la chiara consapevolezza di questo nesso, una consapevolezza non a parole, ma effettiva, e si trova perciò in una irreconciliabile contraddizione con la corrente liquida- trice in generale e con la negazione dell’egemonia in particolare. Dietro Pietroburgo c’è Mosca. Dietro il menscevico signor Potre- sov c’è l’ex bolscevico signor Bazarov. Dietro Bazarov c’è il signor V. Levitski, avversario piu schietto, piu onesto del signor Potresov. Nel fascicolo di luglio della N ascia Zanà il signor V. Levitski scrive: « Se la precedente [forma di raggruppamento degli operai coscienti] era l’egemone nella lotta nazionale generale per la libertà politica, la futura sarà il partito di classe [il corsivo è del signor Levitski] delle masse che entreranno nel loro movimento storico » (p. 103). In quest’unica frase viene espresso, concentrato, scolpito in ma- niera straordinariamente felice lo spirito che anima tutti gli scritti dei signori Levitski, Potresov, Bazarov, di tutto il Vozrozdenie , di tutta la Nascìa Zarià e di tutto il Dielo Gizni. La riportata citazione di V. Le- vitski potrebbe essere integrata, sostituita, sviluppata, chiarita con cen- IL MARXISMO E LA « NASCIA ZARIÀ » 47 tinaia di citazioni. Si tratta di una frase altrettanto « classica » quanto il celebre « il movimento è tutto, il fine ultimo è nulla » di Bernstein, o quanto il detto di Prokopovic (nel Credo 16 del 1899): agli operai la lotta economica, ai liberali la lotta politica. Il signor Levitski ha teoricamente torto quando contrappone l’ege- monia al partito di classe. Questa sola contrapposizione è sufficiente per dire: non il marxismo, ma il liberalismo costituisce il partito che di fatto segue la Nascia Zarià. Solo i teorici del liberalismo di tutto il mondo (ricordate anche solo Sombart e Brentano) intendono il partito operaio di classe come l’« intende » Levitski. Dal punto di vista del marxismo una classe che neghi Tidea deiregemonia o che non la comprenda non è, o non è ancora, una classe, ma una corporazione o una somma di diverse corporazioni. Ma, pur non essendo fedele al marxismo, il signor Levitski è pienamente fedele alla Nascia Zarià , cioè alla corrente liquidatrice. Egli ha detto una sacrosanta verità sulla sostanza di questa corrente. In passato (per i fautori di questa corrente) c’era P« egemonia », in futuro non ci sarà, non ci dev’essere; e oggi? Oggi c’è Yamorfo agglo- merato costituito dalla cerchia degli scrittori e degli amici-lettori della Nascia Zarià , del Dielo Gizni, e che ora , nell’anno 1911, è appunto impegnato a predicare la necessità, l’obbligatorietà, l’utilità, la regola- rità del passaggio dalla passata egemonia al futuro partito classista- brentanoviano (si potrebbe dire con uguale diritto: classista-struviano o izgoieviano). Che l’amorfismo, sia uno dei principi del liquidato- rismo è stato detto apertamente dai suoi avversari già nel 1908, un anno prima della Nascia Zarià. Se il signor Maievski, nel dicembre 1910, chiede che cos’è il liquidatorismo, si rivolga alla risposta data ufficialmente circa due anni fa. In questa risposta egli vedrà una caratterizzazione, la più precisa e completa, della Nascia Zarià , nata un anno dopo quel giudizio. Come è possibile? Fu possibile perché si trattava non delle persone, ma delia corrente che nel 1907 si profi- lava (cfr. anche solo la fine dell’opuscolo dello stesso signor Cerevanin sugli avvenimenti dell’estate del 1907 17 ), nel 1908 si manifestava chia- ramente, alla fine del 1908 veniva giudicata dai suoi avversari, e nel 1910 si creava un organo di stampa legale e degli organismi direttivi. Dire: in passato c’è stata l’egemonia, ma in futuro dev’esserci il « partito di classe », vuol dire mostrare all’evidenza il nesso del liqui- 48 LENIN datorismo con la rinuncia airegemonia e con la rottura di questa cor- rente col marxismo. Il marxismo dice: siccome in passato c’è stata P« egemonia », dalla somma delle professioni, delle specializzazioni, delle corporazioni è sorta dunque la classe, poiché è proprio la coscien- za dell’idea dell’egemonia, è proprio la sua incarnazione concreta a trasformare, attraverso la sua attività, una somma di corporazioni in classe. E una volta che si siano sviluppate in « classe », nessuna con- dizione esterna, nessuna difficoltà, nessuna riduzione dei tutto a una sua frazione, nessuna esultanza dei viekhisti, nessuna pusillanimità de- gli opportunisti è in grado di soffocare questo sviluppo. Se anche non lo si « vede » in superficie ( i signori Potresov non lo vedono, o fin- gono di non vederlo, perché non lo vogliono vedere), esso nondimeno è vivo, vive, conserva il « passato » anche nel presente, Io trasferisce nel futuro. Dato che l’egemonia è esistita in passato, i marxisti hanno dunque il dovere , a dispetto di ogni sorta di rinunciatari, di propu- gnarne l’idea oggi e in futuro. Questo compito ideale corrisponde in pieno alle condizioni materiali che dalle corporazioni hanno creato la classe. E una volta che si siano sviluppate in « classe », nessuna con- ne rafforzano la resistenza a tutte le « manifestazioni dell’influenza della borghesia ». Ma la rivista Nascia Zarià da un intero anno concentra precisa- mente in sé una manifestazione dell’influenza della borghesia sul pro- letariato. Non solo il liquidatorismo esiste come corrente tra persone che desiderano essere fautrici di questa classe. Esso rappresenta sol- tanto uno dei rigagnoli di quella vasta corrente « retrograda », comune ad alcune classi, che è propria di tutto il triennio 1908-1910 e che probabilmente lo sarà alcuni anni ancora. Nel presente articolo mi son dovuto limitare a una caratterizzazione di questo rigagnolo in base a citazioni prese dai nn. 2-7 della N ascia Zarià. In articoli successivi spero di soffermarmi sui nn. 10, 11 e 12 di questa rivista, nonché su una dimostrazione piu particolareggiata deU’idea che il rigagnolo del li- quidatorismo altro non è che una parte del torrente del viekhismo. Scritto nel gennaio 1911. Pubblicato per la prima volta nella Sovrementiaia Gizn (Baku) n. 3, 22 aprile 1911. Firmato: V. Ilin. I NOSTRI ABOLIZIONISTI (A proposito del signor Potresov e di V. Bazarov) Ci sono scritti il cui valore consiste interamente nel loro carat- tere di gesti alla Erostrato. Lo scritto piu dozzinale, del genere per esempio delle note Premesse di E. Bernstein, assume un eminente valore politico, diventa il manifesto di una corrente marxista che si allontana dal marxismo su tutta la linea. Un tale eminente valore, dato il loro carattere di gesti alla Erostrato, hanno indubbiamente Tarticolo del signor Potresov sulle « inezie », nel numero di febbraio della Nascia Zarià dell'anno scorso, e la risposta di V. Bazarov, nel fascicolo di aprile della stessa rivista. Naturalmente le questioni trattate da questi articoli sono di gran lunga meno profonde, meno ampie, non hanno la stessa importanza internazionale delle questioni sollevate (piu esatta- mente: avanzate seguendo le orme della borghesia) da Bernstein, ma per noi russi, nel periodo 1908-09-10-?, sono questioni di un'immensa, cardinale importanza. Perciò gli articoli del signor Potresov e di V. Ba- zarov non sono invecchiati, ed è necessario, doveroso parlarne. I Il signor Potresov, amatore delle parolette artificiose, ricercate, lambiccate, dedica il proprio articolo alP« odierno dramma delle no- stre tendenze politico-sociali ». In realtà egli non ha indicato e non poteva indicare assolutamente nulla di drammatico nell'evoluzione che il liberalismo, il populismo e il marxismo, di cui s'è messo a parlare, hanno subito dopo la rivoluzione. In compenso nei ragionamenti del signor Potresov il comico non si misura. « Proprio il liberalismo — egli scrive — presenta, come cor- rente, il quadro della massima decadenza e della massima impotenza. 50 LENIN Si prenda anche soltanto la spaccatura in via di approfondimento che se aperta tra il liberalismo pratico e il liberalismo teorizzante », tra r« empirismo » della Riec di Miliukov e le teorie dei viekhisti. Ma smettetela, gentilissimo amico! Una spaccatura sempre piu profonda se aperta tra ciò che voi e i semiliberali vostri simili dicevate e pensavate dei cadetti negli anni 1905, 1906 e 1907 e ciò che siete costretti ad ammettere, confondendovi e contraddicendovi, negli anni 1909 e 1910. La contraddizione tra l’« empirismo » dei pratici liberali e le teorie dei signori à la Struve s’era già chiaramente manifestata anche prima del 1905: ricordate come si smarriva, letteral- mente ad ogni suo tentativo di « teorizzare », YOsvobozdenie di allora. Se oggi cominciate a pensare che il liberalismo sarebbe « risultato » «lacerato» (si tratta ancora una volta di un cavillo verbale, di una frase vuota, giacché i viekhisti non hanno minimamente rotto i ponti con la Riec , né è avvenuta la rottura opposta, ma sono andati, e vanno, e andranno benissimo d’accordo), «sterile», «sospeso a mezz’aria», che altro non sarebbe se non la « parte della democrazia borghese » « meno stabile » (.tic!), un « discreto distributore di schede elettorali », ecc., le vostre grida sul « dramma » del liberalismo indicano soltanto la tragicommedia del fallimento delle vostre illusioni. Il liberalismo non è affatto « risultato » la parte meno stabile della democrazia bor- ghese attualmente, nel triennio 1908-1910, ma proprio nel triennio precedente. I « meno stabili » sono quegli pseudosocialisti che offrono al pubblico la salsa di senape dopo la cena. Il segno distintivo del precedente triennio, nella questione esaminata dal signor Potresov, era il liberalismo « sospeso a mezz’aria », « sterile » « distributore di sche- de elettorali », ecc. Allora riconoscere tale carattere del liberalismo era il compito politico del giorno, mettere in guardia le masse era il do- vere del momento non solo dei socialisti, ma anche dei democratici coerenti. Nel marzo 1906, non nel febbraio 1910, era importante avvertire che il liberalismo dei cadetti era sospeso a mezz’aria, che era sterile, che le condizioni oggettive riducevano i « discreti distributori di schede elettorali» a qualcosa d’insignificante, a una burletta, che le vittorie dei cadetti erano un volubile zigzag tra il costituzionalismo «serio» (leggi: il sedicente costituzionalismo) degli Scipov o dei Guckov e la lotta per la democrazia degli elementi che non erano sospesi a mezz’aria e non si limitavano alla contemplazione amorosa delle I NOSTRI ABOLIZIONISTI 51 schede elettorali. Ricordate, gentilissimo amico, chi diceva questa ve- rità sui liberali a tempo debito, nel marzo 1906 ia ? Il segno distintivo, il tratto originale del triennio (1908 1910) non è affatto la « sterilità » del liberalismo « sospeso a mezz’aria », ecc. Al contrario. Nell’impotenza di classe del liberalismo, nella sua paura della democrazia, nella sua angustia politica, nulla è mutato, ma quest’impotenza ha raggiunto l’apogeo allorché c’erano possibilità di dar prova di forza, allorché esistevano condizioni che davano ai liberali la completa preponderanza in una determinata arena dell’azione. Cosi, quando i cadetti ebbero la maggioranza, per esempio, nella I Du- ma, essi potevano utilizzare questa maggioranza per servire la demo- crazia o per ostacolare la sua causa, per dar man forte alla democrazia (fosse pure in una piccola cosa, nell’organizzazione, poniamo, dei comi- tati locali della terra) o per inferirle colpi alla schiena. Ma per quel periodo è caratteristico il fatto che i cadetti «erano sospesi a mezz’aria», che il « discreto distributore di schede elettorali » si dava a compilare mandati per la futura Duma ottobrista, e basta. Nel triennio successivo, invece, i cadetti, pur restando quello che sono, quello che sonò sempre stati, « sono sospesi a mezz’aria » meno che in passato. Voi, signor Potresov, assomigliate proprio all’eroe del- l’epos popolare che non del tutto a proposito grida i propri auguri e le proprie opinioni. I viekhisti del 1909 « sono sospesi a mezz’aria » meno del Muromtsev del 1906, poiché essi sono seriamente utili, ren- dono un concreto servizio a una classe che ha una grande forza nella economia nazionale della Russia, e precisamente ai proprietari terrieri e ai capitalisti. I viekhisti aiutano queste degnissime persone a racco- gliere un arsenale di armi per la lotta politico-ideologica contro la democrazia e il socialismo: opera, questa, che non può essere distrutta da nessuno scioglimento della Duma, e in generale da nessun perturba- mento politico sul terreno economieo-sociale esistente. Finché esiste la classe dei grandi proprietari fondiari feudali e dei capitalisti esiste- ranno anche i loro commessi nel campo della pubblicistica: gli Izgoiev, gli Struve, i Frank e soci. L’« opera » dei Muromtsev e dei cadetti della I Duma, invece, poteva in generale esser « distrutta » (poiché non avevano al loro attivo opere, ma soltanto parole, che non servi- vano, ma corrompevano il popolo) dallo scioglimento della Duma. I cadetti della III Duma sono lo stesso partito della I Duma, con 52 LENIN la stessa ideologia, la stessa politica, e, in misura considerevole, le stesse persone. Ed è proprio per questo che i cadetti della III Duma sono assai meno « sospesi a mezz aria » che nella L Non lo capite, egregio signor Potresov? Ben a torto vi siete messo a discorrere di « odierno dramma delle nostre tendenze politico-sociali »! Vi dirò per- sino, in tutta segretezza, che neanche in avvenire, probabilmente per un periodo di tempo abbastanza lungo, l’attività politica dei cadetti sarà « sterile », non solo grazie alla « vigorosa fecondità » reazionaria dei viekhisti, ma anche perché, fino a quando nella democrazia ci sa- ranno le carpe politiche, ci sarà di che vivere anche per i lucci del liberalismo. Finché nel socialismo sussisterà l’instabilità e nella de- mocrazia la fiacchezza che viene illustrata in modo molto evidente dalle figure a la Potresov, l’abilità degli « empirici » del liberalismo sarà sempre sufficiente per la cattura di queste carpe. Non affliggetevi, cadetti: c’è per voi di che vivere finché son vivi i Potresov! II Parlando del populismo, il signor Potresov se la cava peggio an- cora. I cadetti li chiama « ex democratici » e persino « ex liberali ». Della popolazione contadina egli dice: « una volta entrate nella vita politica le masse contadine » ( secondo il signor Potresov esse non sono ancora entrate in questa vita) « comincerebbe un capitolo della storia assolutamente nuovo — la storia della democrazia contadina — e si por- rebbe cosi fine al vecchio capitolo, quello degli intellettuali, dei po- pulisti ». Quindi, i cadetti sono gli ex democratici, mentre i contadini sono quelli futuri. Dove sono dunque quelli di oggi? Non c’è dunque stata una democrazia, una democrazia di massa, nella Russia degli anni 1905-1907? non c’è n*è dunque una nella Russia degli anni 1908-1910? 11 presente viene dissimulato da Potresov mediante varie frasi «elusive», che eludono il fondo della questione, giacché il franco e semplice riconoscimento dell’indubbio presente colpisce in pieno viso tutta la filosofia dei signori Potresov. Questo semplice e franco riconoscimento di un fatto storico oggi affatto incontestabile consiste nelPammettere che i cadetti non hanno mai rappresentato in Russia una democrazia r NOSTRI ABOLIZIONISTI 53 piu o meno di massa, non hanno mai condotto una politica demo- cratica, mentre la popolazione contadina — quella stessa « popolazione di milioni e milioni di contadini » di cui parla anche il signor Po- tresov — ha rappresentato e rappresenta questa democrazia borghese (con tutte le limitazioni di quest’ultima). Il signor Potresov sfugge a questo problema di fondo per salvare precisamente la filosofia liquida- trice. Non la salverete! Mentre cerca di eludere il passato e il presente della democrazia borghese, il signor Potresov piglia di nuovo un granchio parlando con sicurezza del futuro. Siete di nuovo in ritardo, gentilissimo amico! Voi stesso parlate di « possibili conseguenze della legge del 9 no- vembre »; voi stesso, dunque, ammettete la possibilità (puramente astratta, naturalmente) del suo successo. Ma con un simile successo il « capitolo nuovo della storia » può essere un capitolo non soltanto della storia della democrazia contadina , ma anche della stòria degli agrari contadini. Lo sviluppo dell’azienda contadina in Russia, e quindi anche del- l’agricoltura contadina e della politica contadina, non può procedere che capitalisticamente. In sostanza, il programma agrario populista, nella forma, per esempio, della celebre piattaforma dei 104 19 (I e II Duma), non solo non è in contrasto con questo sviluppo capitali- stico, ma, al contrario, significa la creazione delle condizioni per il piu ampio e piu rapido sviluppo capitalistico. L’odierno programma agrario significa, viceversa, lo sviluppo capitalistico piu lento, piu an- gusto, maggiormente gravato di tracce della servitù della gleba. Le condizioni oggettive, economico-storiche; non hanno ancora stabilito quale di questi programmi determinerà in ultima istanza la forma dei rapporti agrari borghesi nella nuova Russia. Questi i semplici fatti che i rappresentanti del liquidatorismo sono costretti a ingarbugliare. « Con tutti i mutamenti verificatisi — scrive il signor Potresov a proposito dei cambiamenti avvenuti nella democrazia intellettuale, populista — una cosa è rimasta immutata: nell’ideologia da intellettuali con sottofondo contadina le concrete masse contadine non hanno sinora [!] introdotto il proprio correttivo ». Si tratta di una frase meramente viekhista e interamente menzo- gnera. Nel 1905 sull’aperta scena storica vi erano i contadini più « con- 54 LENIN cretl » e piu comuni, le masse, che introdussero tutta una serie di « correttivi » nelT« ideologia da intellettuali » dei populisti e dei partiti populisti. Non tutti questi correttivi furono compresi dai populisti, ma le masse contadine li introdussero, Nel 1906 e 1907 i contadini piu « concreti » crearono i gruppi del lavoro e il progetto dei 104, in- troducendo con ciò una serie di correttivi , rilevati in parte persino dai populisti. È universalmente noto, per esempio, che i « concreti » con- tadini manifestarono le proprie aspirazioni imprenditrici e, invece del- l’« obstcina », approvarono il possésso fondiario individuale e coo- perativo. Mentre epurano il liberalismo dalla democrazia e lo trasformano sistematicamente in servo del sacco di denaro, i viekhisti assolvono a puntino il compito loro assegnato quando dichiarano il movimento de- gli anni 1905-1907 un movimento di intellettuali e assicurano che i concreti contadini non hanno introdotto il proprio correttivo nell’ideo- logia da intellettuali. La tragicommedia del liquidatorismo consiste appunto nel fatto che esso non nota come le sue affermazioni si siano trasformate in un semplice ritornello delle idee dei viekhisti. Ili Questa trasformazione diventa ancor più evidente quando il signor Potresov passa ai ragionamenti sul marxismo. L’intellettualità — egli scrive — « ha nascosto dietro di sé..., con la sua edificazione di cir- coli e partiti, il proletariato ». Non potrete negare il fatto che a questa idea è stata data dalla borghesia la più ampia diffusione, sia attraverso i Viekhi sia attraverso tutta la stampa liberale, che dalla borghesia essa è stata utilizzata contro il proletariato. Nello stesso articolo in cui avanzava quest’idea, Axelrod scriveva della « storia birbona », che avrebbe potuto fornire alla democrazìa borghese un capo proveniente dalla scuola del marxismo. Quella birbona che è la storia s’è servita della fossa che Axelrod minacciava gentilmente di scavare per i bolscevichi per metterci dentro lo stesso Axelrod! Se passerete ai fatti storici oggettivi, vedrete che tutti questi, tutto il periodo 1905-1907, magari le stesse elezioni della II Duma (per prendere come esempio un fatto non dei maggiori, ma dei più I NOSTRI ABOLIZIONISTI » semplici ) t hanno dimostrato irrevocabilmente che l’« edificazione di circoli e partiti » non « nasconde » il proletariato, ma s’è trasformata immediatamente in edificazione di partito e sindacale delle larghe masse del proletariato. Ma passiamo all’aspetto piu importante, al « nocciolo » dell’in- tervento alla Erostrato del signor Potresov. Egli afferma che il pen- siero marxista « si stordisce con l’oppio delle inezie » — la lotta con- tro il machismo e la lotta contro il liquidatorismo — , « discutendo di tutto ciò che capita, ma non però di ciò che è il nerbo di una tendenza politico-sociale come quella marxista, ma non però delle questioni del- l'economia e delle questioni della politica ». Quante ce ne sono, di queste questioni, esclama il signor Potresov. « Come procede lo svi- luppo economico della Russia, quali spostamenti di forze produce di soppiatto dalla reazione, che cosa succede nella campagna e nella città, quali mutamenti apporta questo sviluppo nella composizione sociale della classe operaia della Russia, ecc.? Dove sono le risposte o un accenno di risposta a queste domande, dov’è la scuola economica del marxismo russo? ». La risposta, e in ogni caso un accenno di risposta, è stata data da quella stessa « gerarchia » di cui il signor Potresov nega maligna- mente e ipocritamente l’esistenza. Lo sviluppo del regime statale russo negli ultimi tre secoli ci dimostra che esso è andato mutando il suo carattere di classe in una direzione determinata. La monarchia del secolo XVII, con la sua Duma dei boiari, non assomiglia alla monarchia nobiliare-burocratica del secolo XVIII. La monarchia della prima metà del secolo XIX non è quella che sarà^ poi la monarchia degli anni 1861-1904. Nel 1908-1910 si è nettamente delineato un nuovo periodo che segna un altro passo avanti nella stessa direzione, che si può chia- mare direzione della monarchia borghese. Sono strettamente legate con questo passo tanto la III Duma quanto la nostra attuale politica agra- ria. Il nuovo periodo non è quindi un fatto casuale, ma un momento originale nell’evoluzione capitalistica del paese. Pur senza risolvere i vecchi problemi, senz’essere in grado di risolverli, e quindi senza eliminarli , questo nuovo periodo richiede l’applicazione di nuovi me- todi di preparazione alla vecchia soluzione dei vecchi problemi. In ciò consiste l’originalità di questo periodo, triste, grigio, difficile, ma che è risultato inevitabile. Da questa originalità delle sue particolarità 56 LENIN economiche e politiche deriva l’originalità degli schieramenti ideologici in seno al marxismo, Coloro che ammettono i nuovi metodi di pre- parazione alla vecchia soluzione dei vecchi problemi si riconciliano sul terreno concreto comune, intorno al problema comune deirattuale pe- riodo, benché continui a dividerli la questione del modo in cui, du- rante il precedente periodo, si doveva in questo o quel momento applicare o spingere avanti la vecchia soluzione. Coloro che negano (o non comprendono) i nuovi metodi o il fatto che davanti a noi stanno vecchi problemi e che noi andiamo incontro alla loro vecchia solu- zione, abbandonano di fatto le posizioni del marxismo, sono di fatto prigionieri dei liberali (come Potresov, Levitski, ecc.) o degli idea- listi e dei sindacalisti (come V. Bazarov e altri). Trovandosi prigionieri di persone estranee e di idee altrui, sia Potresov che Bazarov, nonché i loro aderenti, inevitabilmente si con- fondono e vengono a trovarsi nella situazione piu comica, piu falsa. Battendosi il petto, il signor Potresov grida: « dov J è quest 'accenno e qual è questa risposta ? », Martov, pur conoscendo bene questa ri- sposta, si sforza di convincere il pubblico che essa ammetterebbe « la borghesia al potere»; metodo abituale dei liberali quello di giovarsi del temporaneo silenzio forzato dell’avversario! E poi con aria offesa ci chiedono: che cos’è il liquidatorismo? Ed eccovi appunto questo metodo, gentilissimi amici; quando persone che pretendono di appar- tenere al « tutto », approfittando del suo indebolimento, assicurano al pubblico che la «risposta» non c’è (mentre la «risposta» è stata data precisamente dal « tutto »), si ha già uno dei metodi del liquida- torismo (se non dell’apostasia). Il liquidatorismo è « un fantasma di un’immaginazione malata », scrive il signor Potresov, poiché non si può liquidare ciò « che non può più essere liquidato, ciò che di fatto non esiste più come un tutto organizzato ». Non ho la possibilità di far conoscere completamente al lettore la mia opinione su queste righe; per farlo approssimativamente gli chiederò: come si chiama una persona i cui prossimi compagni d’idee e colleghi accolgono le proposte del « tutto » (proprio in quanto «tutto») per loro vantaggiose e che il giorno dopo dichiara sulla stampa che il « tutto » non esiste? Su questo punto, punto e basta. I NOSTRI ABOLIZIONISTI 57 Si pone una questione di principio: può l’opinione della necessità della vecchia soluzione dei vecchi problemi venir mutata in correla- zione col grado di decadenza — o anche, se volete, con la sparizione — del « tutto »? Chiunque capisce che non può. Se le condizioni ogget- tive, se le caratteristiche economiche e politiche di fondo del periodo attuale esigono la vecchia soluzione, quanto piu profonda è la deca- denza, quanto meno è rimasto del « tutto », tanto piu ci si deve preoccupare, tanto piu ardentemente il pubblicista deve parlare della necessità di un « tutto ». Occorre, come già abbiamo rilevato, ammet- tere nuovi metodi di preparazione; ma chi deve applicarli? È chiaro che dev’essere il « tutto ». È chiaro che, per coloro che hanno com- preso il significato del periodo che si sta attraversando, le sue parti- colarità politiche fondamentali, i compiti del pubblicista sono diame- tralmente opposti a tutta la linea dei signori Potresov. Non è neanche il caso di osservare che a qualcuno possa venire in mente di negare seriamente il nesso esistente tra la « risposta » (alla questione dell’eco- nomia e della politica del momento attuale) da- me esposta sopra e l’antiliquidatorismo. Dairimpostazione generale di principio della questione passiamo a quella storia>concreta. Nel periodo 1908-1910 si è pienamente de- lineata la corrente del marxismo che predica la necessità della vecchia soluzione e fa valere una linea corrispondente. Si è delineata anche un’altra corrente, che in tutti e tre questi anni si è opposta all’accetta- zione della « vecchia soluzione » e alla creazione delle vecchie forme fondamentali del tutto. Sarebbe ridicolo negare questo fatto. Si è de- lineata anche una terza corrente, che in tutti e tre questi anni non è riuscita a capire le nuove forme di preparazione, l’importanza di una attività dall’interno della III Duma, ecc. Tali persone hanno trasfor- mato l’accettazione della vecchia soluzione in una frase, mandata a memoria ma non capita, ripetuta per abitudine, e non già applicata coscientemente, ponderatamente alla mutata situazione (mutata magari nel campo del lavoro alla Duma, ma certo non solo in questo campo). Il nesso esistente tra il liquidatorismo e il generale stato d’animo filisteo della «stanchezza» è evidente. Gli «stanchi» (specialmente coloro che sono stanchi per l’inoperosità ) non si curano di elaborare essi stessi una risposta precisa alla questione della valutazione eco- nomica e politica del momento attuale: nessuno di loro è d’accordo 58 LENIN con la valutazione data piu sopra e, formalmente, universalmente accet- tata come valutazione a nome del tutto, ma hanno tutti paura al solo pensiero di contrapporre ad essa una propria valutazione precisa, non fossaltro che quella dei collaboratori della liquidatrice Nascia Zarià , della Gizn , ecc. Gli « stanchi» ripetono: il vecchio non esiste, il vec- chio non è vitale, è incancrenito, ecc., ma non hanno alcuna intenzione di darsi la pena di fornire una risposta, una risposta puramente poli- tica, chiaramente formulata, alla doverosa domanda (doverosa per ogni pubblicista onesto): ma che cosa occorre al posto del vecchio? occorre forse restaurare ciò che « non può essere liquidato [cosi si pretende] in quanto già liquidato» (secondo Potresov)? Da tre anni sbraitano contro il vecchio, lo coprono d'ingiurie — specialmente da palcosce- nici sui quali è vietato l’accesso ai difensori del vecchio — e, abbrac- ciando teneramente gli Izgoiev *, esclamano: che inezie, che fantasma i discorsi sul liquidatorismo! A proposito di simili « stanchi », a proposito del signor Potresov e soci, non si può ripetere il celebre verso: « non hanno tradito, si sono stancati di portare la loro croce; lo spirito della collera e del dolore li ha abbandonati a metà strada » 20 . Quegli « stanchi » che accedono alla tribuna del pubblicista e da essa giustificano la loro « stanchezza » del vecchio, la loro mancanza di volontà di lavorare sul vecchio, sono precisamente delle persone che non solo « si sono stancate », ma hanno tradito. IV Tra le « inezie » il signor Potresov annovera anche la lotta filo- sofica dei materialisti, dei marxisti, contro i machisti, cioè contro gli idealisti. Il signor Potresov è profondamente indignato del « baccanale ["Arkadi Nikolaievic, amico mio, non parlare cosi bene! M ] di questi filosofanti » e, nominando poi tra i materialisti Plekhanov e me, ci caratterizza come « politici di ieri ». Di quest’espressione ho riso a lungo. Per la verità, qui la smargiassata è tanto evidente e spassosa che alla nostra lepre bisognerebbe dare un pezzetto dell’orecchio del- * Cfr. il suo articolo ( Kusskaìa Af ysl, 1910) sul viekhista Potresov. Da simili amplessi il signor Potresov non riuscirà mai a purificarsi. 1 NOSTRI ABOLIZIONISTI 59 l’orso. Plekhanov, ecc. « politici di ieri »! Il politico di oggi y evidente- mente, è Potresov coi suoi « prodi ». È un parlar cortese e franco. Quando ad Arkadi Nikolaievic capita, in via d’eccezione, di dire una parola senza arzigogoli é senza smancerie, si dà solennissimamente la zappa sui piedi. Ma fate un piccolo sforzo, Arkadi Nikolaievic,' cer- cate di riflettere : voi negate il liquidatorismo in quanto tendenza pò- litica che distingua, non il menscevismo dal bolscevismo, ma Potresov e soci da Plekhanov e dai bolscevichi presi assieme. E mentre lo negate, chiamate Plekhanov e il tal dei tali « politici di ieri », Ma guardate quanto siete maldestro: io e Plekhanov possiamo infatti esser chiamati politici di ieri precisamente nel senso che, per noi, l’orga- nizzazione di ieri, in quanto forma del movimento di ieri (di ieri per le sue basi), è obbligatoria anche oggi. Ci hanno divisi e continuano a dividerci da Plekhanov le questioni relative ai passi che in questo o in quel momento dovevano esser compiuti da questa organizzazione di ieri sulla base di questo movimento di ieri, ma ci riconcilia la lotta contro coloro che oggi negano precisamente le basi del movimento di ieri (compresa la questione delPegemonia, alla quale verrò subito), precisamente le basi delPorganizzazione di ieri. Ebbene, Arkadi Nikolaievic, continuate a non capire che cos’è il liquidatorismo? Continuate a pensare che ci abbia riconciliati con Plekhanov un qualche piano machiavellico o il maligno desiderio di sostituire al « superamento » del liquidatorismo la « lotta su due fronti »? Ma torniamo al « baccanale dei filosofanti ». « Sappiamo — scrive il signor Potresov — quale profonda im- pronta segnasse a suo tempo sulla creazione della socialdemocrazia tedesca la lotta di Engels contro Duhring e come le tesi apparente- mente piu astratte avessero 'di fatto un vivo valore concreto per il movimento della classe operaia tedesca »... Le tesi piu astratte avevano un vivo valore concreto! Ancora una frase e nient’altro che una frase. Provatevi a spiegare, se « sapete » farlo, quale « vivo valore concreto » aveva la tesi dì Engels secondo cui i ragionamenti filosofici di Diihring sullo spazio e sul tempo erano sbagliati! La vostra disgrazia sta appunto nel fatto che avete studiato a memoria come uno scolaretto: « la di- sputa di Engels contro Duhring aveva un grande valore », ma non avete ben considerato che cosa questo significhi, e perciò ripetete le 60 LENIN cose apprese in una forma sbagliata, mostruosamente sbagliata. Non si può dire che « le tesi piu astratte [di Engels contro Duhring] avessero di fatto un vivo valore concreto per il movimento della classe operaia tedesca ». Le tesi piu astratte di Engels avevano il valore di spiegare agli ideologi della classe operaia dove era l’errore delle deviazioni dal materialismo verso il positivismo e Tidealismo. E se voi aveste fornito una simile esposizione, cioè un’esposizione piu o meno precisa dal punto di vista filosofico, delle concezioni di Engels, invece di sonore, ma vuote frasi sulla « profonda impronta », sul « vivo valore con- creto delle tesi piu astratte », avreste visto d un tratto che il richiamo alla discussione di Engels con Duhring parla contro di voi. « ...Sappiamo — continua il signor Potresov — quale parte ab- bia avuto nella storia della formazione del marxismo russo la lotta contro la sociologia soggettiva... ». E quale parte abbiano avuto le dottrine positivistiche e idealisti- che di Lavrov e di Mikhailovski negli errori della sociologia soggetti- va 'non lo sapete? Eh, Arkadi Nikolaievic, ogni colpo vi va a vuoto. Se si fa un parallelo storico, occorre distinguere e indicare chiaramente ciò che è simile nei diversi avvenimenti, poiché altrimenti, invece di ottenere un confronto storico, si getteranno parole al vento. Se si fa il parallelo storico da voi assunto, occorre chiedersi: era forse possibile la « formazione » del marxismo russo senza che Beltov 31 spiegasse le basi del materialismo filosofico e il loro valore per la confutazione di Lavrov e di Mikhailovski? La risposta a questa domanda non può essere che una sola, e questa risposta — se si vuole trarre dal parallelo storico una conclusione applicabile alla discussione coi machisti — par- la contro il signor Potresov. «...Ma proprio perché sappiamo tutto questo» (naturalmente! abbiamo visto or ora che cosa ciò significhi quando il signor Potresov scrive: « sappiamo tutto questo »), « vogliamo appunto che finalmente venga stabilito un vivo nesso reale tra la disputa filosofica che ci occupa e la corrente politico-sociale marxista, i suoi compiti e interessi. E finché... », segue un richiamo alla lettera di Kautskv 22 , al fatto che il machismo è una Privatsacbe (affare privato), che la disputa su di esso è una «fata morgana », ecc. Il richiamo a Kautsky è un modello di apprezzamento da filisteo. Il fatto è, non già che Kautsky sia un uomo « senza principi », come I NOSTRI ABOLIZIONISTI 61 dice ironizzando (alla maniera di Izgoiev) il signor Potresov, ma che egli non sa come stanno le cose col machismo russo, e non pretende di saperlo. Nella sua lettera Kautsky riconosce in Plekhanov un cono- scitore del marxismo, esprime la convinzione che l’idealismo sia in- conciliabile col marxismo e l'opinione che il machismo non sia idea- lismo (o meglio: che non ogni machismo sia idealismo). Che su quest’ultimo punto egli si sbagli , e specialmente per ciò che riguarda jl machismo russo, è incontestabile. Il suo errore è pienamente scusa- bile, giacché il machismo nel suo complesso non l’ka studiato , e ha scritto una lettera privata con lo scopo evidente di mettere in guardia contro l’esagerazione delle divergenze. In tali condizioni, richiamarsi a Kautsky significa, per uno scrittore marxista russo , dar prova di pigrizia mentale puramente filistea e di viltà, nella lotta. Nel 1908. quando scrisse la sua lettera, Kautsky poteva sperare che il machismo, interpretato in un determinato modo, fosse « conciliabile » col mate- rialismo, ma richiamarsi a Kautsky su questa questione nella Russia del 1909-1910 significa accingersi alla conciliazione dei machisti russi coi materialisti. Forse che il signor Potresov o qualcun altro vi si accingono seriamente? Kautsky non è un uomo senza principi, mentre Potresov e soci, che vogliono proclamare il machismo un « affare privato », sono un modello di mancanza di principi in seno al marxismo russo attuale. Kautsky era pienamente sincero e non si scostava minimamente dai principi quando, nel 1908, senza leggere i machisti russi, consigliava loro di cercare la pace con Plekhanov come conoscitore del marxismo, come materialista, giacché Kautsky si è sempre dichiarato per il mate- rialismo e contro l’idealismo e tale si dichiarò anche in quella lettera. Ma nei signori Potresov e soci, che si nascondono dietro Kautsky nel 1909-1910, non c’è un solo grano di sincerità, una sola goccia di rispetto per i principi. Non vedete voi, signor Potresov, un vivo nesso reale tra la di- sputa filosofica e la corrente marxista? Consentitemi dunque, consen- tite a un politico di ieri di richiamare col massimo rispetto la vostra attenzione anche soltanto sulle circostanze e considerazioni seguenti: 1) La disputa su che cosa è il materialismo filosofico, sul perché sono sbagliate, e in che cosa sono pericolose e reazionarie le deviazioni da esso, è sempre collegata, mediante un « vivo nesso reale », alla « cor- 62 LENIN reme politico-sociale marxista », altrimenti quest ultima non sarebbe né marxista, né politico-sociale, né una corrente. Possono negare la « realtà » di questo nesso solo degli ottusi « politici realisti » del ri- formismo o dell’anarchia. 2) Data Ja ricchezza e la varietà del con- tenuto ideale del marxismo, non c’è nulla di sorprendente nel fatto che in Russia, come in altri paesi, i diversi periodi storici pongano particolarmente in primo piano ora l’uno, ora l’altro aspetto del mar- xismo. In Germania, prima del 1848 si poneva soprattutto in primo piano la formazione filosofica del marxismo; nel 1848, le idee politiche del marxismo; negli anni cinquanta e sessanta, la dottrina economica di Marx. In Russia prima della rivoluzione venne posta particolarmente in primo piano l’applicazione della dottrina economica di Marx alla nostra realtà; durante la rivoluzione, la politica marxista; dopo la rivoluzione, la filosofia marxista. Ciò non significa che in un determinato momento sia lecito ignorare uno degli aspetti del marxi- smo; ciò significa solo che il prevalere dell'interesse per questo o quello aspetto dipende non da desideri soggettivi, ma dal complesso delle con- dizioni storiche. 3) Non a caso un periodo di reazione sociale e po- litica, un periodo di « digestione » dei ricchi insegnamenti della rivo- luzione è il periodo in cui le questioni teoriche fondamentali per ogni tendenza viva , comprese le questioni filosofiche, vengono messe a uno dei primi posti. 4) Nelle correnti d’avanguardia del pensiero russo non c’è una grande tradizione filosofica come quella che per i francesi è legata agli enciclopedisti del secolo XVIII, per i tedeschi, all’epoca della filosofia classica da Kant a Hegel e Feuerbach. Quindi per la classe d'avanguardia della Russia una « disamina » filosofica era ap- punto necessaria, e non c’è nulla di strano nel fatto che questa « disa- mina », giunta in ritardo, sia sopravvenuta dopo che questa classe era arrivata alla piena maturità durante i recenti grandi avvenimenti per la sua funzione storica autonoma. 5 ) Questa « disamina » si pre- parava da tempo anche in altri paesi del mondo, nella misura in cui, per esempio, la nuova fisica aveva posto una serie di nuovi problemi con i quali il materialismo dialettico doveva « fare i conti ». Sotto questo rapporto la « nostra » ( secondo l’espressione di Potresov ) di- sputa filosofica non ha soltanto il significato noto, cioè russo. L’Eu- ropa ha fornito materiale per « rinfrescare » il pensiero filosofico, e la Russia, rimasta indietro durante il ristagno forzato degli anni 1908- I NOSTRI ABOLIZIONISTI 63 1910, si è gettata con particolare «avidità» su questo materiale. 6) Belousov ha recentemente definito la III Duma una Duma pia 23 . Sotto questo rapporto egli ha colto esattamente la particolarità di classe della III Duma e ha giustamente stigmatizzato la bacchettoneria dei cadetti. Non a caso, ma per necessità , tutta la nostra reazione in generale, e la reazione liberale ( viekhista, cadetta) in ^particolare, « s’è gettata in braccio » alla religione. Il solo bastone, il solo staffile non basta; Li bastone d’altronde è incrinato. I viekhisti aiutano la borghesia d’avan- guardia a provvedersi di un nuovissimo bastone ideologico, di un bastone spirituale. Il machismo, in quanto varietà delTidealismo, è oggettivamente uno strumento della reazione, un veicolo della reazione. La lotta contro il machismo « in basso » non è perciò casuale, ma inevitabile, in un periodo storico (gli anni 1908-1910) in cui «in alto » vediamo non solo la « Duma pia » degli ottobristi e dei Puriscke- vic, ma anche dei pii cadetti, una pia borghesia liberale. Il signor Potresov ha fatto una « riserva »: « per ora non tocca » la « costruzione di Dio » 24 . È precisamente in questo che il pubblicista senza principi e filisteo Potresov si distingue da Kautsky. Kautsky non sapeva nulla di nulla né della costruzione di Dio dei machisti, né dei pii viekhisti, e poteva quindi dire che non ogni machismo è idealismo. Potresov Io sa e, « non toccando » l’elemento più importante (più importante per chi considera la cosa dal punto di vista strettamente « pubblicistico »), agisce da ipocrita. Proclamando la lotta contro il machismo un « affare privato », il signor Potresov e i suoi diventano, nel significato « politico-sociale », complici dei viekhisti. V Passando dal signor Potresov a Bazarov, dobbiamo innanzi tutto rilevare che, replicando al primo sulla questione della disputa filoso- fica, abbiamo con ciò stesso risposto anche al secondo. Ce da aggiun- gere una sola cosa: l’indulgenza di V. Bazarov nei confronti del signor Potresov, la sua tendenza a trovare in lui « una parte di verità » sono pienamente comprensibili, giacché il signor Potresov (come tutti i liquidatori), pur distinguendosi verbalmente e formalmente dal ma- 64 LENIN chismo, cede in sostanza a quest’ultimo sull’essenziale. Il macbismo, come corrente e come gruppo con una propria « piattaforma », non osa chiedere null’altro se non che la sua rottura col marxismo venga sem- plicemente riconosciuta come un « affare privato »! Non a caso quindi Potresov e Bazarov si fanno reciprocamente l’occhiolino. Il gruppo dei pubblicisti liquidatori e il gruppo dei pubblicisti machisti sono effettivamente solidali nel desiderio di far si che in questi nostri tempi di sfacelo venga salvaguardata la « libertà di sfacelo » contro i fautori del marxismo, contro i difensori delle basi teoriche del marxismo. E questa solidarietà non si limita alle questioni filosofiche, come dimostra persino V. Bazarov col suo articolo. Dico « persino » perché proprio Bazarov si è sempre distinto per il suo atteggiamento sommamente ponderato nei confronti delle que- stioni serie della politica. Fatto questo che va menzionato per valutare il significato degli incredibili tentennamenti di questo individuo, e non solo per sottolineare l’attività utilissima svolta in passato da un pub- blicista che agogna agli allori di Erostrato. Degna di Erostrato è, per esempio, questa dichiarazione di Baza- rov: «Uno dei piu grossi e futili equivoci dei nostri giorni ritengo sia la famigerata questione dell ,u egemonia Tt ». È come se sui machisti del nostro ambiente incombesse una specie di fatalità: gli uhi salva- guardano la « libertà di sfacelo », dichiarando l’otzovismo una sfuma- tura legittima; gli altri, che comprendono l’assurdità e il danno del- l’otzovismo, tendono apertamente la mano ai liquidatori in politica. Proprio i liquidatori conducono, sia nella Nascià Zartà che nella Gizn e nel Movimento sodale 2 \ una guerra diretta e indiretta contro l’idea dell’egemonia. Constatiamo purtroppo che Bazarov se n’è andato nel loro campo. Quali sono in sostanza i suoi argomenti? Cinque anni fa l’ege- monia era un fatto. « Oggi, per motivi pienamente comprensibili, questa egemonia non solo è svanita, ma s’è anche trasformata nel suo totale opposto ». Dimostrazione: « ai giorni nostri il ripudio del mar- xismo è la condizione necessaria per la popolarità nei circoli democra- tici della società ». Esempio: Ciukovski. Si legge e non si crede ai propri occhi: Bazarov, che pur desidera essere un marxista, si trasforma in un ex uomo capace di prendere a braccetto i signori Potresov. I NOSTRI ABOLIZIONISTI 63 Non avete timor di dio, V. A. Bazarov. I Ciukovski e gli altri liberali, nonché la massa dei democratici trudovikt , hanno sempre « ripudiato » il marxismo, e tanto piu dal 1906 in poi e l’« ege- monia » non era un « fatto » nel 1906? Sporgetevi fuori dallo sgabuz- zino dei pubblicisti liberali, date un'occhiata non foss'altro che all’atteg- giamento dei deputati dei contadini alla III Duma nei confronti dei deputati operai. Un semplice confronto dei fatti indiscutibili rela- tivi alla loro condotta politica durante tre anni, persino un semplice confronto delle loro formule di passaggio all’ordine del giorno con le formule cadette — per non parlare poi di un confronto delle di- chiarazioni politiche alla Duma con le condizioni di vita di larghi strati della popolazione durante quel periodo — dimostra nella maniera più incontestabile che l’egemonia è tuttora un fatto. L’egemonia della classe operaia è la sua influenza politica (e dei suoi rappresentanti) sugli altri elementi della popolazione, nel senso dell'epurazione della loro democraticità (quando ce democraticità) dalle aggiunte non demo- cratiche, nel senso della lotta contro il « cadettismo » (chiamando con questo termine l’elemento di corruzione ideologica che è contenuto nei discorsi e nella politica dei liberali), ecc. Non c’è nulla di più caratte- ristico per il nostro tempo del fatto che Bazarov abbia potuto scrivere cose tanto inammissibili e che un gruppo di giornalisti, che si considerano anch’essi amici degli operai e fautori del marxismo, gli abbia battuto benevolmente sulla spalla! « Come Staranno le cose al momento della futura ripresa è assoluta- mente impossibile predirlo — assicura Bazarov ai lettori della rivista liqui- datrice — . Se la fisionomia spirituale della democrazia urbana e rurale sarà approssimativamente la stessa di cinque anni fa, l’egemonia del marxismo tornerà a essere un fatto... Ma non c’è assolutamente nulla di impossibile nell'ipotesi che la fisionomia della democrazia muti sostanzialmente. Imma giniamo, per esempio, che la piccola borghesia delle campagne e delle città russe sia sufficientemente imbevuta di sentimenti radicali contro i privilegi politici delle classi dominanti, sufficientemente compatta e attiva, ma per- meata di rigido spirito nazionalistico. Siccome i marxisti non possono scen- dere a compromessi di sorta con il nazionalismo o l’antisemitismo, è evidente che, nelle condizioni indicate, dell’egemonia non resterà nemmeno il ricordo ». Questo non solo non è vero, ma è mostruosamente assurdo. Se l'ostilità ai privilegi si combinerà in certi strati col nazionalismo, forse che spiegare come tale combinazione ostacoli l’eliminazione dei 66 LENIN privilegi non è compito dell’egemone? Può forse esservi lotta contro i privilegi non combinata con la lotta dei piccoli borghesi che soffrono per il nazionalismo contro i piccoli borghesi che ne traggono profitto? Ogni lotta di ogni piccola borghesia contro ogni sorta di privilegi porta sempre in sé le tracce della limitatezza, della mancanza di riso- lutezza piccolo-borghese, e la lotta contro queste caratteristiche è ap- punto compito dell’« egemone ». Bazarov ragiona da cadetto, da vie- khista. O piu esattamente: Bazarov se n’è andato nel campo dei Potresov e soci, che già da tempo ragionavano cosi. Ciò che non esiste in superficie non esiste affatto. Ciò che non vedono i Ciukovski e i Potresov non è reale. Ecco quali sono le premesse del ragionamento di Bazarov, che colpiscono in pieno viso il marxismo. Il marxismo ci insegna che le masse piccolo-borghesi, finché esiste il capitalismo, soffriranno inevitabilmente a causa dei privilegi antidemocratici (teoricamente tali privilegi « non esistono ne- cessariamente » se il capitalismo è puro , ma la sua purificazione durerà fino alla sua morte), soffriranno a causa dell’oppressione economica. Perciò, finché esiste il capitalismo, costante è il compito dell’« ege- mone » di spiegare la scaturigine di questi privilegi e di quest’oppres- sione, di rivelare le loro radici di classe, di dare l’esempio della lotta contro di essi, di denunziare la falsità dei metodi di lotta liberali, ecc. Cosi la pensano i marxisti. Cosi essi considerano i compiti del- l’« egemone » nel campo le cui condizioni di vita non consentono di accettare i privilegi, nel campo non solo dei proletari, ma anche delle masse semiproletarie e piccolo-borghesi. I Ciukovski invece pensano che, una volta eliminato, schiacciato, cacciato nell 'illegali t à questo campo, « l’egemonia è svanita », « la questione dell’egemonia è dive- nuta il piu futile equivoco ». Quando sento Bazarov dire queste cose ignominiose, a braccetto con i Potresov, i Levitski e soci, assicurare alla classe operaia che a essa occorre non l’egemonia, ma un partito di classe, quando vedo, d’altra parte, un Plekhanov, che ha sollevato (secondo la sprezzante espressione deH’ottimo Potresov) « strepito » ai minimi indizi di seri tentennamenti sulla questione dell’egemonia, mi dico: i bolscevichi sarebbero veramente i fanatici della lotta di frazione quali li dipingono i loro nemici se in tale situazione tentennassero un solo istante, se dubitassero anche un solo secondo che il loro dovere, il dovere di tutte I NOSTRI ABOLIZIONISTI 67 le tradizioni del bolscevismo, di tutto lo spirito della sua dottrina e della sua politica, è di tendere la mano a Plekhanov, di esprimergli una totale simpatia da compagni? Ci hanno divisi e ci dividono le questioni di sapere come in questo e quel momento si dovesse agire quali « egemoni », ma siamo compagni nel momento dello sfacelo, nella lotta contro coloro per i quali la questione dell'egemonia è « il piu futile equivoco », mentre i Potresov, i Bazarov, ecc., sono per noi degli estranei, non meno estranei dei Ciukovski. Ne prendano atto quei bonaccioni i quali trovano che la politica di riavvicinamento a Plekhanov è una politica « frazionistica », angu- sta; i quali desiderano « allargarla » sino a conciliarsi con i Potresov, i Bazarov, ecc ; i quali non vogliono in alcun modo capire perché noi consideriamo un simile « conciliatorismo » o una stupidità senza rime- dio, o un meschino intrigo, Mysl, nn, 2 e 3, gennaio e febbraio 1911. Firmato; V. Iiin, I CADETTI, 1 « DUE CAMPI » E IL « RAGIONEVOLE COMPROMESSO » La risposta data dalla Rtec all’ufficioso ministeriale sulla que- stione della « parola d'ordine » per le elezioni della IV Duma e dell’attuale schieramento politico rappresenta un fenomeno interessante e significativo. La Riec concorda con le Russkie Viedomosti nell’affermare che « le elezioni della IV Duma si svolgono unicamente tra due campi: i progressisti e le destre ». « Non si deve dare il voto ai partiti né ai singoli candidati, ma per il consolidamento del regime costituzionale in Russia o contro di esso ». (Quant e carina questa parola: « consoli- damento »!) «Il sen&o politico di questa parola d’ordine... è il rico- noscimento oggettivo del fatto incontestabile che il corso preso dal governo ha nuovamente riunito, tutta l’opposizione, alla sinistra e alla destra dei cadetti ». I cadetti saranno il « centro di questo gruppo politicamente eterogeneo », per cui, aderendovi, essi « rinunceranno altrettanto poco al loro programma e alla loro tattica precedenti quanto poco i socialdemocratici rinunciavano al loro programma e alla loro tattica aderendo alle associazioni precedenti l’ottobre » (editoriale, 21 gennaio). « Signori, possiamo rispondere a tutti gli organi ufficiosi e uffi- ciali, voi stessi ci avete riuniti e nessun altro... Oggi in Russia quanto più si va avanti tanto più le correnti politiche confluiscono in due grandi campi, per e contro la costituzione... Il nostro compito è oggi uno solo, di nuovo uno solo, come prima del 17 ottobre... » [ivi). Bisogna distinguere, nel valutare questi ragionamenti, il problema delle condizioni in cui avvengono le elezioni per la IV Duma da quello del significato politico-sociale dei mutamenti esaminati («parola d’ordine » e schieramenti). Le condizioni in cui avvengono le elezioni in generale, e nella provincia in particolare, costringeranno probabil- I CADETTI, I « DUE CAMPI » E IL « RAGIONEVOLE COMPROMESSO » 69 mente l’« opposizione » a valersi dell’indeterminato termine apartitico di « progressisti » 26 in misura ancor maggiore che in passato. Il rifiuto di legalizzare persino dei partiti come i cadetti porterà inevitabilmente a ciò, e le perplessità dell’ufficioso ministeriale a questo riguardo non sono altro, naturalmente, che ipocrisia. Nelle grandi città, come rico- noscono gli stessi cadetti nel medesimo editoriale, verranno presentati candidati indipendenti di « gruppi piu a sinistra », secondo l’espressione delle Russkie Viedomosti. Già si vede quindi che non si deve par- lare di due campi Inoltre, dell’esistenza di una curia operaia, distinta dalle attuali leggi elettorali, la Riec ha preferito tacere completamente. Infine, delle elezioni nelle campagne (contadine) bisognerà dire che persino la parola « progressisti » sarà ivi indubbiamente evitata, ma il « centro » reale dei gruppi « politicamente eterogenei » o politicamente indeterminati non sarà certamente rappresentato dai cadetti. A che cosa si riduce dunque il discorso sui due campi? Al fatto che ai cadetti torna utile, parlando dell’attuale situazione politica, limitare il proprio orizzonte ai soli elementi di cui si compone la mag- gioranza della III Duma. I signori cadetti si degnano appunto di rico- noscere come « campi » politici solo quella parte insignificante della popolazione che è rappresentata da questi elementi. Sinora la divisione fondamentale in questo modesto angoletto del 3 giugno è stata questa: destre, ottobristi, cadetti. (È noto che la fisionomia della III Duma era in ultima analisi determinata da due maggioranze: destre-ottobristi e ottobristi-cadetti). Ora si avrà (secondo quanto predicono le Russkie Viedomosti , con le quali è d’accordo la Riec) una divisione di questi tre elementi in due « campi »: destre e progressisti. Riconosciamo in pieno che alla bàse di queste predizioni liberali si trovano non solo i desideri dei liberali, ma anche determinati fatti oggettivi: i mutamenti avvenuti nella situazione politica e negli umori politici della borghesia russa. Sarebbe tuttavia inammissibile dimenti- care che di due- campi si può parlare solo limitando il proprio angolo visuale alla maggioranza della III Duma. £ inammissibile dimenticare che il significato reale di tutti questi discorsi si limita alla tendenza ad avvicinare, fondere, riunire i « campi » ottobrista e cadetto nel «campo» progressista (naturalmente con l’adesione tacitamente sottin- tesa di una parte piu o meno grande del campo ottobrista al campo 70 LENIN di destra). Quando i cadetti dicono: « ci >> avete riuniti, il « nostro » compito è di nuovo uno solo, ecc., queste parole: « noi », « ci », « nostro », indicano in realtà gli ottobristi e i cadetti, e nient’altro. Ma con che cosa « li » hanno riuniti? qual è il « loro » compito? qual è la « loro » parola d'ordine per le elezioni della IV Duma? Il « consolidamento della Costituzione », rispondono le Russkie Viedo - mosti e la Riec, Questa risposta è precisa solo in apparenza, ma in realtà non precisa assolutamente nulla, riducendosi allo stesso richia- mo, del tutto vuoto di senso, a una qualche « via di mezzo » tra gli ottobristi e i cadetti. Giacché sia Miliukov che Guckov sono d’accor- do sul fatto che « da noi, grazie a Dio, c’è una Costituzione », ma sognano di accordarsi per il « consolidamento » non di ciò che da « noi » c’è, ma di ciò che da noi non c’è. Un sogno, e per di piu non molto sensato, è anche l’idea che Miliukov e Guckov, i cadetti e gli ottobristi oggi, i « progressisti » domani, possano accordarsi nella de- terminazione di un contenuto desiderabile della Costituzione. Non si accorderebbero né sulle formule giuridiche che dovrebbero definire la Costituzione, né nel determinare quali interessi reali di quali classi reali questa Costituzione dovrebbe soddisfare e difendere. Perciò il significato effettivo di questa parola d’ordine generale si riduce al fatto che, essendo avvicinati da « un compito negativo , il compito della lotta contro l’avversario comune » (espressione della Riec nello stesso edi- toriale), gli ottobristi e i cadetti non possono determinare i loro com- piti positivi, non possono trovare, nei loro campi, le forze che posseg- gano la capacità di muoversi da un punto morto. Questa ammissione del fatto che si è veramente giunti ad un punto morto, che è necessario muoversi da esso, necessario tanto per gli ottobristi quanto per i cadetti, che gli uni e gli altri una volta che si siano mossi da esso, sono, considerati in se stessi, assolutamente impotenti, ha trovato espressione con particolare rilievo nel ragiona- mento della Riec sulla sola questione particolare del « ragionevole compromesso ». « E se, durante le discussioni alla Duma sulle fognature di Pietroburgo — leggiamo nell’editoriale della Riec del 20 gennaio — -, il sottofondo malsano della discussione si era un po’ occultato, se era risultato persino possibile per il centro [cioè per gli ottobristi] aderire al ragionevole compromesso proposto dal gruppo della libertà del po- I CADETTI, I « DUE CAMPI » E IL « RAGIONEVOLE COMPROMESSO » 71 polo e fatto proprio dall’autoamministrazione urbana, l’intervento di P.A. Stolypin ha brutalmente squarciato il velo [e voi vorreste, signori cadetti, che i problemi più scottanti restassero celati?] e messo in luce il vecchio retroscena, sempre identico, già da tempo divenuto odioso a tutti, della lotta politica dello Stato contro l’autoamministrazione », Là borghesia liberale nelle vesti dell’innocente, ma proprio in- nocente, personaggio che sogna « ragionevoli compromessi » su un terreno non politico, ma concreto, e i rappresentanti dei vecchi prin- cipi, dei principi « anticostituzionali » nella parte dei precettori politici che squarciano i veli, che mettono in luce il sottofondo di classe! Il ragionevole compromesso consiste — sospira il liberale — nel soddi- sfare ciò su cui si sono accordati i cadetti, gli ottobristi e i pezzi grossi senza partito del capitale (autoamministrazione urbana di Pie- troburgo). È assolutamente irragionevole che noi cediamo a voi; ragio- nevole è solo che voi cediate a noi. La piccola questione del risanamento di Pietroburgo, della riparti-' zione delle funzioni e dei diritti tra Tautoamministrazione e Lauto- crazia, ha fornito il pretesto per chiarire verità di non lieve importanza. Che cos’è più « ragionevole », infatti? I desideri, i sogni, le riven- dicazioni di tutta la borghesia o il potere, poniamo, del Consiglio della nobiltà unificata 27 ? Per la Riec, come per tutto il partito cadetto, il criterio di « ra- gionevolezza » del compromesso sta nel fatto che Labbiano approvato gli uomini d’affari, i maneggioni, i pezzi grossi, gli stessi ottobristi, gli stessi factotum dell’autoamministrazione urbana di Pietroburgo. Ma la realtà effettiva — per quanto possa essere abbellita con veli del tipo della frase: « da noi, grazie a Dio, ce una Costituzione » — frustra questi compromessi e squarcia abbastanza brutalmente questi veli. Conclusione: voi ci avete riuniti, dice la Riec all’ufficioso mini- steriale. Chi rappresenta questo « ci »? Gli ottobristi e i cadetti, a quanto risulta. Riuniti sulla base di che cosa? Sulla base del compito comune: il consolidamento della Costituzione. E che cosa si deve in- tendere per Costituzione e suo consolidamento? Un ragionevole com- promesso tra gli ottobristi e i cadetti. Qual è il criterio di ragione- volezza di simili compromessi? La loro approvazione da parte dei peg- giori rappresentanti del capitalismo russo, « dei Kolupaiev » ZB del tipo dei membri della Duma di Pietroburgo. E qual è il risultato pratico 72 LENIN di questi ragionevoli compromessi? Che P.A. Stolypin, o il Consiglio di Stato, o Tolmaciov 29 f ecc., li « frustrano brutalmente »... Oh, i poli* tic! pratici!... ...Ebbene, non ci sarà alle elezioni per la IV Duma un terzo campo, caratterizzato dalla consapevolezza di quanto sia irragionevole, ridicola, ingenua la politica cadetta del « ragionevole compromesso »? Che cosa ne pensate, signori della Riec e delle Russkie Vìedomosti ? Zviezdà , n. 8, 5 febbraio 1911 Firmato: V Ilin. IL CINQUANTENARIO DELL’ABOLIZIONE DELLA SERVITÙ DELLA GLEBA Il 19 febbraio si compiono cinquantanni dall’abolizione della ser- vitù della gleba in Russia. Dovunque ci si prepara a celebrare questo anniversario. Il governo dello zar prende tutte le misure perché nelle chiese e nelle scuole, nelle caserme e nelle pubbliche conferenze ven- gano esclusivamente predicate le concezioni centonere sulla cosiddetta « emancipazione » dei contadini. Da Pietroburgo si spediscono d’urgenza in tutta la Russia circolari in cui si ingiunge a tutte le istituzioni di ordinare, per la diffusione tra il popolo, nessun altro libro od opu- scolo che non siano editi dal «Club nazionale» 30 , cioè da uno dei partiti piu reazionari della III Duma. Gli zelanti governatori di alcune località sono già giunti al punto di sciogliere i comitati per la cele- brazione dell’anniversario della « riforma » contadina costituiti in con- trasto con le « direttive » della polizia { quelli degli zemstvo , per esem- pio), di scioglierli perché non sofio sufficientemente disposti ad attuare questa celebrazione come vuole il governo dei centoneri. Il governo non è tranquillo. Esso vede che, per quanto questo 0 quelLoperaio o contadino possa essere abbrutito, spaventato, non cosciente e ignorante, nondimeno il semplice ricordo del fatto che mezzo secolo fa venne proclamata l’abolizione della servitù della gleba non può non agitare, non turbare il popolo che, oppresso dalla Duma dei grandi prdprietari fondiari, dei signori, soffre più di prima il di- spotismo, la violenza e il giogo dei grandi proprietari feudali della loro polizia e dei loro funzionari. Negli Stati dell’Europa occidentale le ultime sopravvivenze della servitù della gleba furono distrutte dalle rivoluzioni del 1789 in Fran- cia, del 1848 nella maggioranza degli altri paesi In Russia nel 1861 il popolo, rimasto per centinaia di anni schiavo dei grandi proprietari 74 LENIN fondiari, non fu in grado di sollevarsi a una lotta per la libertà, vasta, aperta, cosciente. Le rivolte contadine di quel tempo rimasero « sommosse » isolate, frazionate, spontanee, e vennero agevolmente re- presse. L’abolizione della servitù della gleba venne attuata non dal popolo insorto, ma dal governo, che dopo la sconfitta subita nella guerra di Crimea s’era reso conto che era del tutto impossibile con- servare gli ordinamenti servili. I contadini vennero « emancipati » in Russia dagli stessi grandi proprietari fondiari, dal governo dello zar autocratico, che era il loro governo, e dai suoi funzionari. E questi « emancipatori » attuarono la cosa in maniera tale che i contadini giunsero « alla libertà » spogliati fino all’osso, uscirono dalla schiavitù dei grandi proprietari fondiari per venire asserviti dagli stessi grandi proprietari fondiari e dai loro so- printendenti. I magnanimi signori proprietari fondiari « emanciparono » i conta- dini russi in maniera tale che più di un quinto della terra contadina venne stralciata a favore di quegli stessi proprietari fondiari. I contadini, per le loro terre, bagnate del loro sudore e sangue, furono costretti a pa- gare un riscatto , cioè un tributo agli schiavisti di ieri. Questo tributo, di centinaia di milioni di rubli, venne pagato dai contadini, che si rovinarono sempre piu, ai feudali. I grandi proprietari fondiari non solo saccheggiarono la terra contadina a proprio vantaggio, non solo assegnarono ai contadini la terra peggiore, talvolta affatto inservibile, ma spessissimo architettarono insidie, cioè delimitarono la terra in modo tale che ai contadini non restassero ora i pascoli, ora i prati, ora il bosco, ora l’abbeveratoio. Nella maggioranza dei governatorati della Russia vera e propria i contadini restarono, anche dopo Pabolizione della servitù della gleba, nelle precedenti condizioni di asservimento senza scampo ai proprietari fondiari; restarono, anche dopo l’emancipa- zione, il ceto « inferiore », la mandria da cui spremere tributi, la plebe diseredata della quale si facevano ludibrio le autorità preposte dai pro- prietari fondiari, estorcendole imposte, fustigandola con le verghe, schiaffeggiandola, insolentendola. In nessun paese al mondo i contadini patirono, anche dopo l’« emancipazione », la rovina, la miseria, le umiliazioni e l’oltraggio che patirono in Russia. Ma l’abolizione della servitù della gleba scosse il popolo, .lo ri- CINQUANTENARIO DELL'ABOLIZIONE DELLA SERVITÙ DELLA GLEBA 75 svegliò dal sonno secolare, gli insegnò a cercarsi esso stesso una via d’uscita, a lottare esso stesso per la piena libertà. Dopo Pabolizione della servitù della gleba si svilupparono in Russia, sempre più rapidamente, le città, sorsero fabbriche e officine, si costruirono ferrovie. Alla Russia feudale subentrò la Russia capitali- stica. Al posto del contadino servo della gleba, sedentario, abbrutito, inchiodato al suo villaggio, che prestava fede ai preti, che temeva le « autorità », crebbe una nuova generazione di contadini che avevano lavorato nelle industrie fuori sede, nelle città, che avevano imparato qualcosa dall’amara esperienza della vita randagia e del lavoro sala- riato. Nelle grandi città, nelle fabbriche e nelle officine andò sempre più aumentando il numero degli operai. Pian piano cominciarono a costi- tuirsi associazioni di operai per la lotta comune contro i capitalisti e contro il governo. Conducendo questa lotta, la classe operaia russa aiutava milioni di contadini a sollevarsi, a drizzare la schiena, a scrol- larsi di dosso le abitudini di schiavi feudali. Nel 1861 i contadini non erano capaci che di « sommosse ». Du- rante i decenni che seguirono, i rivoluzionari russi, pur sforzandosi eroicamente di sollevare il popolo alla lotta, restavano isolati e peri- vano sotto i colpi dell’autocrazia. Verso il 1905 la classe operaia russa si rinvigorì e si sviluppò attraverso una lotta pluriennale a base di scioperi, attraverso il lavoro pluriennale di propaganda, agitazione, or- ganizzazione svolto dal partito socialdemocratico. Essa condusse tutto il popolo, condusse milioni di contadini alla rivoluzione . L’autocrazia zarista venne intaccata dalla rivoluzione del 1905. Da una folla di contadini schiacciati dalla schiavitù feudale di esecrata memoria questa rivoluzione ha creato, per la prima volta in Russia, un popolo che comincia a comprendere i propri diritti, a sentire la propria forza. La rivoluzione del 1905 ha mostrato per la prima volta al governo dello zar, ai grandi proprietari fondiari russi, alla borghesia russa che milioni e decine di milioni di persone stanno diventando dei cittadini , stanno diventando dei combattenti , non permettono che li si tratti come una mandria, come spregevole plebaglia. E la reale emancipazione delle masse dal giogo e dairarbitrio non è stata mai e in nessun luogo conseguita se non con la lotta autonoma, eroica, co- sciente di queste stesse masse. La rivoluzione del 1905 ha soltanto intaccato, non distrutto l’au- 76 LENIN locrazia. Questa si vendica ora del popolo. La Duma dei grandi pro- prietari fondiari opprime e schiaccia con forza ancora maggiore. Il malcontento e l’indignazione salgono di nuovo ovunque. Dopo il primo passo ci sarà il secondo. Dopo l'inizio ci sarà la continuazione della lotta Dopo la rivoluzione del 1905 si avvicina la nuova, la seconda rivoluzione Ad essa fa pensare, ad essa chiama ['anniversario della abolizione della servitù della gleba Ci occorre « un secondo 19 febbraio », piagnucolano i liberali. Non è vero Parlano cosi solo i codardi borghesi. Un secondo « 19 febbraio » è impossibile dopo il 1905. Non si può « emancipare dal- l’alto » un popolo che ha imparato (e impara , sull’esperienza della III Duma, della Duma dei grandi proprietari fondiari) a lottare dal basso. Non si può « emancipare dall’alto » un popolo alla cui testa è sceso in campo, sia pure una sola volta, il proletariato rivoluzionario. I centoneri lo sanno e perciò hanno paura dell’anniversario del 1861 « Il '61 — scriveva un fedele cane da guardia dei centoneri zaristi, Menscikov, nel Novoie Vremia — non ha saputo scongiurare il ’905 ». La Duma centonera e la rabbia del governo dello zar nel perse- guitare i suoi nemici non scongiurano, ma accelerano la nuova rivolu- zione. La dura esperienza degli anni 1908-1910 insegna al popolo la nuova lotta. Dopo gli scioperi dell’estate (1910) degli operai, sono cominciati neirinverno gli scioperi degli studenti. La nuova lotta si sviluppa forse piu lentamente di quanto vorremmo, ma si sviluppa fermamente, ineluttabilmente. Epurandosi dagli uomini di poca fede che hanno voltato le spalle alla rivoluzione e al partito illegale della classe operaia, la socialdemo- crazia rivoluzionaria stringe le proprie file e si unisce per le grandi battaglie che l'attendono. Rabocidia Gazteta , n. 3, S 121) febbraio 1911. PAUL SINGER Morto il 18 (31) gennaio 1911 Il 5 febbraio dell’anno in corso la socialdemocrazia tedesca ha dato sepoltura a Paul Singer, uno dei suoi più vecchi capi. All’appello del partito, tutta la popolazione operaia di Berlino -r- molte centinaia dì migliaia di persone — è intervenuta al corteo funebre, è andata a onorare la memoria di colui che dedicò tutte le sue forze, tutta la sua vita alla causa dell’emancipazione della classe operaia. Mai Berlino, coi suoi tre milioni di abitanti, aveva visto una tale massa di popolo: non meno di un milione di persone sono intervenute al corteo diretta- mente o come spettatori. Mai nessuno dei grandi di questo mondo era stato onorato con tali funerali. Si può ordinare a decine di migliaia di soldati di schierarsi per le vie per gli addii alla salma di un qualche re o di un generale resosi celebre per le sue stragi di nemici esterni e interni, ma non si può raccogliere la popolazione di una grande città se nei cuori dell’intera massa di milioni di lavoratori non c’è un’ardente devozione per il proprio capo, per la causa della lotta rivoluzionaria di questa stessa massa contro l’oppressione del governo e della borghesia. Paul Singer apparteneva egli stesso alla borghesia, era nato da una famiglia di commercianti, era stato abbastanza a lungo un ricco fabbricante. Aveva aderito, all’inizio della sua attività politica, alla democrazia borghese. Ma, a differenza della massa dei democratici e dei liberali borghesi che dimenticano assai presto il proprio amore per la libertà per la paura che incutono loro i successi del movimento operaio, Singer fu un democratico ardente, sincero, impavido, coerente fino in fondo. Le esitazioni, la viltà, i tradimenti della democrazia 78 LENIN borghese non lo allettavano, ma suscitavano la sua avversione, creavano in lui la convinzione sempre più salda che solo il partito della classe operaia rivoluzionaria è capace di portare a compimento la grande lotta per la libertà. Negli anni sessanta del secolo scorso, quando la borghesia liberale tedesca voltava vilmente le spalle alla rivoluzione che andava svilup* pandosi in Germania, venendo a patti col governo dei grandi proprie- tari fondiari, rassegnandosi all’onnipotenza regia, Singer si orientò ri- solutamente verso il socialismo. Nel 1870, quando tutta la borghesia era inebriata dalle vittorie sulla Francia, e larghe masse della popo- lazione si lasciavano sedurre dall’abbietta, selvaggia, « liberale » pre- dicazione del nazionalismo e dello sciovinismo, Singer firmava una protesta contro Pamputazione alla Francia delPAlsazia e Lorena. Nel 1878, quando la borghesia aiutava il ministro reazionario, il grande pro- prietario fondiario (« junker », come dicono i tedeschi) Bismarck a far passare le leggi eccezionali contro i socialisti, a sciogliere le asso- ciazioni operaie, a sopprimere i giornali operai, a scatenare migliaia di persecuzioni contro il proletariato cosciente, Singer entrò definitiva- mente nel partito socialdemocratico. E da allora la storia della vita di Singer è indissolubilmente le- gata alla storia del Partito socialdemocratico tedesco. Egli si diede senza riserve all’ardua opera dell’edificazione rivoluzionaria, diede al partito tutte le sue forze, tutte le sue ricchezze, tutte le sue non comuni doti di organizzatore, tutto il suo talento di pratico e dirigente. Singer apparteneva al novero di quei pochi, di quei rarissimi, si può dire, elementi di origine borghese che la lunga storia del liberalismo, la storia dei tradimenti, delle viltà, delle transazioni col governo, del servilismo dei politicanti borghesi non infiacchisce, non corrompe, ma tempra , trasforma in rivoluzionari fino al midollo. Sono rari tali elementi di origine borghese che aderiscono al socialismo, e solo in tali persone rare, provate da lunghi anni di lotta, il proletariato deve aver fiducia, se vuole forgiarsi un partito operaio capace di abbattere l’odierna schiavitù borghese. Singer fu nemico spietato dell’ opportu- nismo nelle file dei partito operaio tedesco e restò sino alla fine dei suoi giorni irremovibilmente fedele a una politica intransigente, social- democratica, rivoluzionaria. PAUL SINGER 79 Egli non fu né un teorico, né un pubblicista, né un brillante oratore; fu innanzi tutto e soprattutto un organizzatore pratico del partito illegale ai tempi delle leggi eccezionali , un consigliere munici- pale (a Berlino) e un parlamentare dopo l’abrogazione di queste leggi. E questo pratico, per il quale la maggior parte del tempo era dedicata a un minuto, prosaico lavoro « concreto », tecnico-parlamentare e di ogni altro genere, fu grande perché non si faceva un idolo delle cose minute, non cedeva alia tendenza, tanto comune e tanto meschina, a sottrarsi alla lotta recisa e di principio in nome di un preteso lavoro « concreto » o « positivo ». Al contrario, Singer, che consacrò tutta la vita a questo lavoro, ogni volta che sorse il problema del carattere fondamentale del partito rivoluzionario delia classe operaia, dei suoi fini ultimi, dei blocchi (unioni) con la borghesia, delle concessioni alla monarchia, ecc., fu sempre alla testa dei più fermi e più risoluti com- battenti contro tutte le manifestazioni di opportunismo. Ai tempi delie leggi eccezionali contro i socialisti, Singer, assieme a Engels, Liebknecht e Bebel, lottò su due fronti: e contro i « giovani », i semianarchici che negavano la lotta parlamentare, e contro i moderati « legalitari ad ogni costo ». In seguito Singer lottò con altrettanta risolutezza contro i revisionisti. Egli aveva meritato l’odio della borghesia, che l’ ha accompagnato nella tomba. I borghesi che lo odiavano (i liberali tedeschi e i nostri cadetti) osservano malignamente che con la sua morte discende nella tomba uno degli ultimi rappresentanti del periodo « eroico » della socialdemocrazia tedesca, cioè del periodo in cui nei capi era tanto forte, fresca, immediata la fede nella rivoluzione, la difesa di una politica rivoluzionaria fedele ai principi. A sostituire Singer — dicono questi liberali — vengono i moderati, meticolosi capi « revisionisti », persone di modeste pretese e di calcoli meschini. Non c’è che dire, lo sviluppo del partito operaio attira spesso molti opportunisti nelle sue file. Non v’ha alcun dubbio che attualmente gli elementi di ori- gine borghese recano assai più spesso al proletariato la propria pavi- dità, grettezza mentale o amore per la frase che non la fermezza delle convinzioni rivoluzionarie. Ma non esultino anzitempo i nemici! Sia in Germania che in altri paesi, la massa operaia si unisce sempre più in un esercito della rivoluzione , e quest’esercito spiegherà le proprie 80 LENIN forze in un futuro non lontano, poiché la rivoluzione si sviluppa sia in Germania che in altri paesi. Muoiono i vecchi capi rivoluzionari: cresce e si rafforza il gio- vane esercito del proletariato rivoluzionario. Rabociaìa Gazieta t n, 3 8 (21) febbraio 1911 ASTERISCHI Menscikov , Gromoboi, Izgoiev Il passo dei sessantasei industriali moscoviti 31 che rappresentano, secondo il calcolo di un giornale di Mosca, un capitale di mezzo mi- liardo di rubli ha dato il via ad una serie di articoli straordinaria- mente pregevoli e caratteristici pubblicati in diversi organi di stampa. Questi articoli, oltre a lumeggiare in maniera straordinariamente chiara la situazione del momento, forniscono un materiale interessante su molte questioni fondamentali e di principio concernenti l’intera evolu- zione della Russia nel secolo XX. Ecco il signor Menscikov, nel Novoie Vremia , il quale espone il punto di vista dei partiti di destra e del governo: « Come possono, tutti questi Riabuscinski, Morozov, ecc., non capire che, nel caso di una rivoluzione, saranno tutti impiccati, e nel caso migliore diventeranno poveri? ». « Quest’energica frase » il signor Menscikov la riporta, secondo le sue stesse parole { Novoie Vremia , n. 12549), «dalla lettera di uno studente di un istituto molto rivolu- zionario ». E da parte sua l’autore aggiunge: « Nonostante il minac- cioso avvertimento del 1905, le classi superiori della Russia, com- presa quella dei commercianti, si raccapezzano straordinariamente male sulla catastrofe che si avvicina ». « Si, signori Riabuscinski, Morozov e gli altri a loro simili! Malgrado il vostro flirt con la rivoluzione e tutti gli attestati di liberalismo che vi affrettate a mendicare, toccherà proprio a voi essere le prime vittime del rivolgimento che si prepara. Vi impiccheranno per primi, non per qualche delitto, ma per ciò che a voi sembra nobiltà d’animo, per il semplice possesso di ]uel mezzo miliardo di cui tanto vi vantate ». « La borghesia liberale, compresa la media nobiltà, la burocrazia e i commercianti, si avvicina spensiera- 82 LENIN tamente all’orlo dell’abisso rivoluzionario, assieme ai suoi titoli, gradi e capitali ». «Se gli istigatori liberali della rivolta, infine, vorranno aspettare che li si trascini sulla forca, si ricordino quanto fu tenero con loro il vecchio potere statale, come esso diede loro premuroso ascolto, come si prese cura di loro e quanto poco pretese dalle loro teste vuote. Confrontino, in quell’ora nera per loro, i benefici del regime radicale col vecchio regime patriarcale ». Questo scrive l’organo ufficioso non ufficiale del governo il 17 feb- braio, lo stesso giorno in cui l’ufficiosa ufficiale Rossia si fa in quat- tro per dimostrare, con l’aiuto del Golos Moskvy } che la « trovata » dei sessantasei « non può considerarsi espressione dell’opinione dei com- mercianti moscoviti ». « Il congresso della nobiltà è un’organizzazione, — scrive la Rossia , — mentre i sessantasei commercianti, che dicono di se stessi di aver agito come privati, non sono un’organizzazione ». Non conviene avere due ufficiosi! L’uno distrugge l’altro. L’uno dimostra che la «trovata» dei sessantasei non si può considerare l’espres- sione nemmeno di tutti i commercianti moscoviti. L’altro invece di- mostra che la « trovata » ha un valore assai vasto, essendo l’espressione dell’opinione non soltanto dei commercianti moscoviti e non soltanto dei commercianti, ma di tutta la borghesia liberale in generale. Il signor Mensrikov si mette, a nome del « vecchio potere statale », ad ammonire questa borghesia liberale: non è forse di te che noi abbia- mo cura? Non c’è probabilmente un solo paese in Europa dove, durante il secolo XIX, non sia echeggiato centinaia di volte quest’appello del « vecchio potere statale », nonché della nobiltà e della pubblicistica reazionaria, alla borghesia liberale, l’appello a « non istigare »... E mai gli appelli hanno giovato, anche se la « borghesia liberale » non solo non voleva « istigare », ma, al contrario, lottava contro gli « istiga- tori » con la stessa energia e sincerità con la quale i sessantasei com- mercianti condannano gli scioperi. Come sono impotenti le condanne, cosi lo è l’appello non appena si tratta di tutte le condizioni di vita della società, che costringono questa o quella classe a sentire l’insoppor- tabilità della situazione e a parlarne. Il signor Mènscikov esprime in ma- niera giusta gli interessi e il punto di vista del governo, agitando davanti alla borghesia liberale lo spauracchio della rivoluzione e rimproveran- ASTERISCHI 83 dole la sua leggerezza, I sessantasei commercianti esprimono in ma- niera giusta gli interessi e il punto di vista della borghesia liberale, rimproverando il governo e condannando gli « scioperanti ». Ma i reciproci rimproveri sono soltanto un sintomo, il quale attesta incon- trovertibilmente i grandi « difetti del meccanismo », il quale attesta che, nonostante il gran desiderio del « vecchio potere statale » di sod- disfare la borghesia, di fare un passo verso di essa, di crearle un posti- cino molto influente alla Duma, nonostante il piu grande e sincero desiderio della borghesia di installarsi, di andar d’accordo, di intendersi, di adattarsi, tuttavia ad « adattarsi » non riesce! Ecco dov’è la sostanza, dov’è il canovaccio, mentre i reciproci rimproveri non ne sono che i ricami. Nel Golos Moskvy il signor Gromoboi rivolge un avvertimento necessario al « governo » ( n. 38, del 17 febbraio, articolo Un avverti- mento necessario). « Nessuna manifestazione di potere “forte” — egli scrive — , nessun impulso volitivo daranno alla patria la tranquillità, finché non saranno accompagnati dalle riforme, tirate troppo per le lunghe». (Non scrive molto correttamente il signor Gromoboi, ma il senso del suo discorso è nondimeno chiarissimo). « E il fermento, come conseguenza di una crisi tirata per le lunghe, non può essere fatto valere, per il mancato pagamento delle cambiali, come “ force majeure v ». (Il confronto non calza, signor pubblicista dei commer- cianti ottobristi: in primo luogo, qui le cambiali non sono firmate; in secondo luogo, poi, se anche fossero firmate, dov’è il tribunale com- merciale al quale potreste rivolgervi e chi è Tufficiale giudiziario, ecc., che possa assicurarne la riscossione? Pensateci, signor Gromoboi, e vedrete che non solo il partito ottobrata, ma anche quello cadetto, sono i partiti delle cambiali a vuoto in politica). « In tal caso esso non farà che intensificarsi... alle agitazioni studentesche seguiranno molte cose già provate. Invertite la rotta della nave e vedrete il cammino per- corso ». « È stata frustrata la speranza riposta nei deboli, può risultare frustrata anche la speranza riposta nei forti.. Il potere non avrà nulla da offrire. I suoi calcoli circa la pacificazione possono andare in fumo in queste o quelle .elezioni ». (Il signor Gromoboi allude alle elezioni per la IV Duma). « Se le carovane dell’opposizione cominceranno ad attraversare i dirupi sui quali si levavano solo le nebbie del potere, se il potere, allontanati da sé gli elementi moderati, resterà isolato, 84 LENIN le elezioni si trasformeranno in una sua amara disfatta, e tutto Lordine sarà scosso per il fatto di non essere un ordine legale ». Menscikov rimprovera alla borghesia di « istigare » alla « rivolu- zione la borghesia rimprovera ai Menscikov di « portare a una intensificazione del fermento ». « Vecchia storia, eternamente nuova ». Nella cadetta Riec il rinnegato Izgoiev cerca, sullo stesso tema, di giungere ad alcune conclusioni sociologiche, non considerando quan- to sia incauto, per i cadetti in generale e per i rinnegati in particolare, accingersi a quest’impresa. NeH’articolo JJn confrontò (del 14 feb- braio!, egli paragona tra loro il congresso della nobiltà unificata e il passo compiuto dai sessantasei commercianti moscoviti. « La nobiltà unificata — egli scrive — s’è abbassata al livello dei Purisckevic, gli industriali moscoviti hanno parlato col linguaggio degli uomini di Stato ». In passato — continua il signor Izgoiev — « la nobiltà rese al popolo importanti servigi culturali », ma « deH’attività culturale si occupava soltanto una sua minoranza, mentre la maggioranza la perse- guitava ». « Ma questa, in generale, è la legge storica: opera progressi- vamente soltanto la minoranza di una data classe ». Molto, molto bene: « questa, in generale, è la legge storica ». Cosi scrive la cadetta Riec per bocca del signor Izgoiev. Tuttavia, osservando più da vicino, ci siamo accorti con stupore che le « leggi storiche generali » non estendono la loro azione oltre i limiti della nobiltà feudale e della borghesia liberale. Infatti. Ricordiamo i Viekhi , nei quali scriveva lo stesso signor Izgoiev e con I quali i cadetti pili in vista polemizzavano in modo “da toccare i particolari e da non sfiorare la cosa fondamentale, principale, essenziale. La cosa essenziale nei Viekhi , condivisa da tutti i cadetti ed enunciata mille volte dai signori Miliukov e soci, è che tutte le classi della Russia, tranne la nobiltà reazionaria e la borghesia liberale, si sono manifestate (nel primo decennio di questo secolo) con le azioni di una loro minoranza che, trascinata dai « capi » « intellettuali », incapace di elevarsi al punto di vista « statale », non ha resistito alF« euforia ». « Bisogna, infine, avere il coraggio di riconoscere — scriveva il signor Izgoiev nei Viekhi — che nelle nostre Dume la stragrande maggioranza dei de- putati, ad eccezione di una trentina o quarantina di cadetti e ottobristi, non ha rivelato di possedere le cognizioni che renderebbero possibile l’aècingersi a governare e a trasformare la Russia ». Questo viene detto, ASTERISCHI 85 come ognuno capisce, dei deputati contadini, dei trudovikt e dei de- putati operai. Quindi la « legge storica, in generale », è che « opera progressi- vamente soltanto la minoranza di una data classe ». Se opera una minoranza della borghesia, si tratta di una minoranza progressiva, suf- fragata dalla « legge storica generale ». « L’autorità morale si estende a tutta la classe, non appena la minoranza ottiene la possibilità di la- vorare », ci ammaestra il signor Izgoiev. Ma se opera la minoranza dei contadini o degli operai, ciò non corrisponde affatto alla « legge storica », non si tratta affatto di una « minoranza progressiva di una determinata classe », questa minoranza non ha affatto V« autorità mo- rale » per parlare a nome dellV intera » classe; niente di tutto questo; si tratta di una minoranza che 1*« intellettualità » ha disorientato, di una minoranza antistatale, antistorica, che non ha una base su cui poggiare e cosi via, come è prescritto nei Viekhi. Per i cadetti in generale e per i viekhisti in particolare è cosa arrischiata lasciarsi andare alle generalizzazioni, perché ogni loro passo in questa direzione mette inevitabilmente a nudo la piu completa parentela intrinseca tra i ragionamenti dei cadetti e quelli di Menscikov. La Rossia e la Zemstcina ragionano cosi: sessantasei commer- cianti sono una minoranza che non rappresenta affatto una classe, che non rivela né le cognizioni né la capacità per « governare e trasfor- mare la Russia ». e non si tratta assolutamente neanche di commer- cianti, ma di « intellettuali » traviati, ecc. Gli Izgoiev e i Miliukov ragionano cosi: per esempio, i trudovikt e i deputati operai sono nelle nostre Dume una minoranza che non rappresenta affatto le loro classi (cioè i nove decimi della popolazione), una minoranza che Y« intellettualità » ha disorientato, che non rivela né le cognizioni né la capacità per « governare e trasformare la Russia », ecc. Perché questa completa parentela intrinseca dei ragionamenti della Rossia e della Zemstcinà y da una parte, e della Riec e delle Russkie Viedomosti, dall'altra? Perché, nonostante la differenza esistente tra le classi da essi rappresentate, sia il primo che il secondo gruppo di giornali rappresentano classi ormai incapaci della benché minima azione storica progressiva sostanziale, autonoma, creativa, decisiva. Perché non solo il primo, ma anche il secondo gruppo di giornali, non solo i rea- 86 LENIN zionari, ma anche i liberali, rappresentano una classe che ha paura dell’autonomia storica degli altri, piu vasti strati, gruppi e masse della popolazione, delle altre, piu numerose, classi. Quale rinnegato « del marxismo », il signor Izgoiev scorgerà qui, probabilmente, una stridente contraddizione: ammettere, da un lato, lo sviluppo capitalistico della Russia, e quindi la tendenza immanente di questo sviluppo al piu completo e piu puro dominio della borghesia sia nella sfera economica che in quella politica, e dichiarare, dall’altro lato, la borghesia liberale ormai incapace di un’azióne storica autonoma, creativa! Questa « contraddizione » è la contraddizione della vita viva, e non già la contraddizione di un ragionamento sbagliato. L’inelutta- bilità del dominio borghese non significa in alcun modo che la bor- ghesia liberale sia capace delle manifestazioni di autonomia storica che potrebbero liberarla dalla « cattività » in cui la tengono i Purisckevic. In primo luogo, la storia non procede affatto su una via cosi semplice e piana per cui ogni trasformazione storicamente matura denoti per ciò stesso una sufficiente maturità e forza per la sua realizzazione ad opera di quella precisa classe alla quale essa è soprattutto utile. In secondo luogo, oltre la borghesia liberale c’è anche un’altra borghesia; per esempio i contadini, presi nella loro massa, altro non sono che una borghesia democratica. In terzo luogo, la storia d’Europa ci mostra che ci sono state riforme le quali, pur essendo borghesi per il loro contenuto sociale, sono state attuate da elementi che non provenivano affatto dalla borghesia. In quarto luogo, la storia della Russia nell’ulti- mo mezzo secolo ci rivela la stessa cosa... Quando gli ideologi e i capi del liberalismo cominciano a ragio- nare come ragionano i viekhisti, i Karaulov, i Maklakov, i Miliukov, significa che una serie di condizioni storiche ha suscitato in tutta la borghesia libérale un tale « slancio al rovescio », una tale paura del movimento in avanti, che questo movimento procederà a sua insaputa, al di sopra di essa, nonostante i suoi timori. E un alterco come la vicendevole accusa — mossa da Gromoboi a Menscikov e da Men- scikov a Gromoboi * — di « rafforzare il fermento » altro non è * Mossa dai commercianti liberali ai nobili e dai nobili ai commercianti liberali. ASTERISCHI 87 che un sintomo del fatto che questo movimento storico in avanti comincia ad essere avvertito da tutti,.. « L'attuale società — scrive nello stesso articolo il signor Iz- goiev — , edificata nel suo profondo sul principio della proprietà privata, è una società di classi e per ora non può essere altro. Un'altra classe si sforza sempre di occupare il posto della classe che cade ». Quant’è saggio! — pensa il signor Miliukov, leggendo simili ti- rate nella sua Riec — Fa nondimeno piacere avere un cadetto che a venticinque anni era socialdemocratico e a trentacinque è « rinsavito » e s’è pentito dei propri errori. È incauto per voi, signor Izgoiev, questo passatempo: il lasciarsi andare alle generalizzazioni. L’attuale società è una società di classi: molto bene.. Ma può forse esistere, in una società di classi, un partito al di fuori delle classi? Con ogni probabilità vi renderete conto che non può esistere. Perché dunque commettete lo sproposito di concionare sulla « società di classi » nell’organo di un partito che vede la propria gloria e il proprio merito nel fatto (ma, secondo coloro che riconoscono nell’attuale società una società di classi non soltanto a parole, non soltanto per far delle ciarle da corsivista, manifesta la propria ipocrisia o la propria miopia per il fatto) di proclamarsi un partito al di fuori delle classi? Quando volgete il viso dalla parte della nobiltà unificata e dei mercanti liberali di Mosca, voi gridate che l'attuale società è una so- cietà di classi. Quando Invece dovete, quando avvenimenti spiacevoli (ah, quanto terribilmente spiacevoli!) vi fanno volgere, sia pur per breve tempo, il viso dalla parte delle masse contadine o degli operai, voi cominciate a dare addosso alla gretta, morta, ossificata, immorale, materialistica, ateistica, antiscientifica « dottrina » della lotta di classe. Ahimè, per voi sarebbe meglio, signor Izgoiev, non abbandonarvi alle generalizzazioni sociologiche. Ah, non andare, Gritsia, a quella festa. «... Un’altra classe si sforza sempre di occupare il posto della classe che cade...... Non sempre, signor Izgoiev. Può avvenire che entrambe le classi, sia quella che cade che quella che « si sforza », siano già notevolmente imputridite, l’una piu, l’altra meno, naturalmente, ma pur sempre LENIN entrambe notevolmente imputridite. Può avvenire che, sentendo questa sua putrefazione, la classe che « si sforza » di progredire tema di fare un passo avanti, e se Io fa, si affretti immancabilmente a fare nello stesso tempo due passi indietro. Può esserci una borghesia liberale (in Germania e specialmente in Prussia, per esempio, è andata cosi) che tema di « occupare il posto » della classe che cade, facendo invece ogni sforzo per « dividere il posto », o meglio, per ottenere un posti- cino anche solo nella stanza della servitù, pur di non occupare il posto di chi # cade », pur di non far « cadere » chi cade. Questo può avve- nire, signor Izgoiev. Nelle epoche storiche in cui questo avviene, i liberali possono arrecare (e arrecano) il massimo pregiudizio a tutto lo sviluppo sociale se riesce loro di farsi passare per democratici, poiché la differenza tra gli uni e gli altri, tra i liberali e i democratici, sta appunto nel fatto che i primi temono di « occupare il posto », mentre i secondi non Io temono. Sia gli uni che gli altri attuano la trasformazione bor- ghese storicamente matura, ma i primi temono di attuarla, la frenano con la loro paura, gli altri — pur nutrendo spesso moltissime illusioni circa le conseguenze della trasformazione borghese — impegnano tutte le loro forze e tutta la loro anima nella sua attuazione. Per illustrare questi ragionamenti sociologici generali mi permet- terò di citare l’esempio di un liberale che non si sforza, ma teme di « occupare il posto » della classe che cade, e che perciò ( non importa se scientemente o no) inganna la popolazione nel peggiore dei modi definendosi « democratico ». Questo liberale è un membro della III Duma, il proprietario fondiario A. E. Berezovski, cadetto, il quale durante le discussioni agrarie (nel 1908) pronunciò alla Duma il se- guente discorso, approvato dal capo del partito signor Miliukov, che lo definì « eccellente ». Ricordare questo discorso, osiamo pensare, non è superfluo, data Timminenza delle elezioni. «... Secondo la mia profonda convinzione — diceva il signor Be- rezovski il 27 ottobre 1908 alla Duma, difendendo il progetto agra- rio — questo progetto è assai più utile anche per i proprietari della terra, e dico questo, signori, in quanto conosco l’agricoltura, occupan- domene io stesso da sempre e possedendo terra... Non bisogna appi- gliarsi al nudo fatto dell'alienazione forzata, indignarsene, dire che si tratta di violenza; bisogna invece esaminare a che cosa metta ASTERISCHI 89 capo questa proposta, avanzata, per esempio, da 42 membri della I Duma nel loro progetto. In essa era contenuto soltanto il riconosci- mento della necessità di sottoporre in primo luogo ad espropriazione le terre che non vengono sfruttate dagli stessi proprietari, che vengono lavorate con l’inventario dei contadini e che, infine, vengono date in affitto. In seguito il partito della libertà del popolo appoggiava la creazione di commissioni nelle singole località, le quali, dopo aver lavorato per un certo tempo, fors'anche per una serie di anni, dovevano chiarire quali terre dovessero subire l’espropriazione, quali non doves- sero subirla e quanta terra occorresse ai contadini perché fossero soddi- sfatti. Queste commissioni erano architettate in modo che in esse una metà dei componenti fosse costituita da contadini e una metà da non contadini, e mi pare che in questa situazione concreta generale delle singole località sarebbe stato chiarito, come si doveva, sia la quantità di terra che conveniva espropriare, sia la quantità di terra necessaria ai contadini, e finalmente i contadini stessi si sarebbero convinti in che misura potessero essere soddisfatte le loro giuste rivendicazioni e fino a che punto siano spesso ingiusti e infondati i loro desideri di ottenere molta terra. In seguito questo materiale sarebbe tornato alla Duma, che lo avrebbe rielaborato, poi sarebbe passato al Con- siglio di Stato e sarebbe infine giunto alla sanzione di Sua Maestà. Ecco, in sostanza, l’ordinamento del quale, chissà perché, s’è spaventato il governo, il quale ha sciolto la Duma e ci ha portati all’attuale stato di cose. Come risultato di questo lavoro pianificato si sarebbe avuto, indubbiamente, il soddisfacimento dei veri bisogni della popolazione, la pacificazione, legata a questo soddisfacimento, e la conservazione delle aziende ben coltivate, che mai il partito della libertà del popolo ha desiderato distruggere senza un’estrema necessità ». (Resoconti ste- nografici, p. 398). Se il signor Izgoiev, che appartiene allo stesso partito del signor Berezovski, nell’articolo Un confronto scrive: « La Russia è un paese democratico e non può sopportare nessuna oligarchia, né nuova né vecchia », ora ci è perfettamente chiaro il senso di tali discorsi. La Russia non è in alcun modo un paese democratico, e non potrà asso- lutamente mai diventarlo finché strati piu o meno larghi della popo- lazione considereranno democratico un partito come i cadetti. Questa è l’amara verità, mille volte più necessaria al popolo della dolce men- 90 LENIN zogna che dicono i rappresentanti dell’oligarchia liberale, irresoluta, senza carattere, senza principi, i signori cadetti. È tanto piu necessario rammentare quest’amara verità quanto più vengono posti all’ordine del giorno « alterchi » come quelli dei Menscikov coi sessantasei e con Gromoboi. Zviezdà , n. 11, 26 febbraio 1911. Firmato: V. Ilin. NEL COLLEGIO RUSSO DEL CC Riteniamo nostro dovere, dato che è possibile e probabile la convocazione del CC in Russia, di esporre le 'nostre idee su alcune importanti questioni che investono la nostra posizione di persone re- sponsabili davanti al partito. 1. Alla sessione plenaria del gennaio 1910 noi, come rappresen- tanti responsabili della corrente bolscevica, concludemmo un accordo col CC, pubblicato nel n. 11 dellorgano centrale. La nostra richiesta, presentata da tre compagni autorizzati che avevano una delega di Mesckovski 32 , costituisce formalmente una rescissione dell’accordo, essendo essa provocata dal mancato adempimento delle condizioni di questo accordo — indicate con precisione — da parte dei sostenitori del Golos e dei vperiodisti. Va da sé che noi, costretti a presentare questa richiesta dall’assenza di fatto di un CC e dall’inizio di una scis- sione all’estero, la ritireremo volentieri o consentiremo ad una revisione delPaccordo, se il Comitato centrale riuscirà a riunirsi, a riprendere l’attività di partito e ristabilire la linea del partito, venute meno per colpa delle suddette frazioni. 2. Questa linea del partito è stata chiaramente definita dalla sessione plenaria e invano quelli del Golos , Trotski e soci tentano di ingarbugliarla. Questa linea consiste nel riconoscere che tanto il liqui- datorismo che rotzovismo sono una teoria borghese che influisce sul proletariato in maniera esiziale. Entrambe queste correnti, dopo la sessione plenaria e violando le sue decisioni, si sono sviluppate e si sono organizzate nelle frazioni antipartito dei sostenitori di Potresov e del Golos , da una parte, e dei vperiodisti dall’altra. La via del par- tito, indicata dalla sessione plenaria, l’hanno imboccata, tra i mensce- 92 LENIN vichi, solo i cosiddetti partitisti o plekhanoviani, cioè coloro che hanno lottato e lottano risolutamente contro i sostenitori di Potresov e del Golos . 3. Perciò, come rappresentanti della corrente bolscevica, prote- stiamo risolutamente contro gli attacchi del Golos contro Innokenti perché quest’ultimo nell’estate scorsa si rifiutò di ammettere come candidati per la cooptazione i menscevichi che erano rimasti sostenitori del Golos o che non avevano pienamente dimostrato con le proprie azioni il loro partitismo. Procedendo cosi, Innokenti — principale rap- presentante di una corrente distinta dalla nostra nel bolscevismo — agiva in maniera giusta, è noi abbiamo prove scritte che egli, proprio come rappresentante di una speciale tendenza, in. presenza di testimoni della socialdemocrazia polacca, definiva nel modo indicato i principi del partitismo che uniscono tutti i bolscevichi. 4. Il tentativo dei sostenitori del Golos all'estero, a nome di una frazione estera, operante in maniera scissionistica, di proporre dei « propri » candidati per la cooptazione nel CC è una beffa scandalosa. Se alla sessione plenaria potevano esserci persone che credevano sin- ceramente nella promessa dei menscevichi di lottare contro i liquida- tori, a un anno di distanza è ormai perfettamente chiaro che in questa questione non si può credere a quelli del Golos. Noi protestiamo riso- lutamente contro il fatto che si mettano ai voti candidature della fra- zione estera dei liquidatori e chiediamo che si interpellino i plekha- noviani russi, che indubbìatnente possono fornire candidati tra i men- scevichi partitisti. 5. Oggi non solo i bolscevichi e i polacchi (neirorgano centrale), ma anche i plekhanoviani (cfr. la risoluzione dei plekhanoviani pari- gini) riconoscono che i passi dei sostenitori del Golos t dei vperiodisti e di Trotski sono passi scissionisti. Constatiamo che il primo deciso passo verso la scissione — dichiarazione sulla convocazione di una confe- renza e sul « fondo » per convocarla all’insaputa del CC — è stato fatto da Trotski il 27 novembre scorso; la nostra richiesta (5 di- cembre) è stata la risposta a cui ci ha costretto questo passo. La scuola vperiodìsta è diventata uno dei centri di questa scissione: Trotski vi ha preso parte nonostante una precisa deliberazione della commis- sione per le scuole di partito. Quelli del Golos ci hanno accusati sulla NEL COLLEGIO RUSSO DEL CC 93 stampa di « disorganizzare » questa scuola. Ritenendo nostro dovere disorganizzare le frazioni estere antipartito, chiediamo che si nomini una commissione d'inchiesta per indagare sui « fondi » di questa scuola e sull appoggio che ad essa dànno Trotski e quelli del « Golos ». Gridando contro le azioni espropriatrici, da noi definitivamente liqui- date alla sessione plenaria, quelli del Golos non solo ricattano, ma dissimulano con queste grida anche il loro appoggio morale (e non solo morale) ai trasgressori della risoluzione della sessione plenaria. 6. Il plekhanoviano Olghin ha rivelato che Dan ha fatto aperta- mente capire che quelli del Golos desiderano far ricadere sul CC in Russia l’eventualità (o inevitabilità) di un insuccesso dello stesso Comi tato centrale. Un tribunale del partito deve pronunciarsi su questo punto. Chi abbia seguito la politica dei sostenitori del Golos per un anno non dubiterà che essi hanno di fatto sabotato e frenato il CC. I candidati di Londra del Golos non solo sono vivi, ma svolgono un lavoro politico in uno spirito antipartito sia nelle associazioni operaie che sulla stampa. Non presentandosi alla riunione del CC, essi con- fermano cosi il proprio liquidatorismo. Abbiamo perciò il dovere di avvertire i compagni russi del CC, i quali operano in condizioni dispe- ratamente difficili (poiché sono tutti noti alla polizia), che li minaccia anche un nemico interno. Non si può fare a meno di una qualche base estera se non si vuol rischiare che una sola retata possa lasciar mano libera ai sostenitori di Potresov, che svolgono attività scissionistica. Non si può lasciar sussistere all'estero l’Ufficio estero del CC, che ora svolge una politica di aiuto ai vperiodisti, al Golos e a Trotski. Non si può prestar senz’altro fede alle promesse o alla « firma » di risoluzioni: se si vuol essere dei politici realisti ed evitare di lasciarsi illudere dalle sole formalità, bisogna esaminare le correnti politico- ideali che si sviluppano dal movimento operaio e dalle influenze con- trorivoluzionarie su di esso. Queste correnti sono sorte e si sono sviluppate a cominciare dal 1908, riavvicinando i plekhanoviani e i bolscevichi, creando il blocco dei fautori e dei dissimulatori dello sfacelo, dei sostenitori del Golos , dei vperiodisti e di Trotski. TI prossimo futuro del nostro partito (su questo non si possono chiudere gli occhi) sarà inevitabilmente determi- nato dalla lotta proprio su questa linea: non la volontà delle persone 94 LENIN e dei gruppi, ma le condizioni oggettive del periodo, indicate nella risoluzione della sessione plenaria, suscitano tale lotta. I rappresentanti della corrente bolscevica, che nel gennaio del- l’anno scorso hanno concluso un accordo col CC (in tre e per delega del quarto, Mesckovski) Scritta nei febbraio 1911. Pubblicata per la prima volta nella Miscellanea di Lenin, XVIII, 1931. A PROPOSITO DI UN ANNIVERSARIO Il cinquantenario della cosiddetta riforma contadina solleva molte questioni interessanti. Ne possiamo toccare qui soltanto alcune, econo- miche e storiche, lasciando per un'altra occasione i temi pubblicistici in senso più stretto. Dieci-quindici anni fa, quando vennero presentate per la prima volta al vasto pubblico le dispute tra populisti e marxisti, il loro dis- senso nella valutazione della cosiddetta riforma contadina balzò reitera- tamente a uno dei primi posti. Per i teorici del populismo — per il celebre signor V.V., per esempio, o per Nikolai-on — le basi della riforma contadina del 1861 rappresentavano qualcosa di diverso dal capitalismo e di ostile ad esso in linea di principio. Essi dicevano che il Regolamento del 19 febbraio legalizzava l'« assegnazione dei mezzi di produzione al produttore », sanzionava la « produzione popolare », a differenza di quella capitalistica. Nel Regolamento del 19 febbraio si scorgeva il pegno di un'evoluzione non capitalistica della Russia. A questa teoria i marxisti contrapponevano già allora una con- cezione diversa in linea di principio. Il Regolamento del 19 febbraio è uno degli episodi della sostituzione del modo di produzione borghese (capitalistico) a quello fondato sulla servitù (o feudale). Secondò que- sta concezione, nel Regolamento non c'è nessun altro elemento econo- mico-storico. L'« assegnazione dei mezzi di produzione al produttore » è una frase vuota da sentimentale, che dissimula il semplice fatto che i contadini, essendo piccoli produttori agricoli, si trasformavano da produttori a economia prevalentemente naturale in produttori di merci. Altra questione è lo stabilire quanto fortemente o debolmente fosse poi sviluppata questa produzione mercantile nell’azienda contadina delle varie località della Russia di quell’epoca. Ma non v’ha dubbio che il 96 LENIN contadino « emancipato » è proprio entrato nel campo della produ- zione mercantile, e in nessun'altra. « Lavoro libero » invece * di quello servile non significava, cosi, null'altro che lavoro libero dell’ope- raio salariato o del piccolo produttore indipendente nelle condizioni della produzione mercantile, cioè entro rapporti economico-sociali bor- ghesi. Il riscatto sottolinea con ancor maggior rilievo tale carattere della riforma, poiché dà un impulso all’economia monetaria, cioè aumenta la dipendenza del contadino dal mercato. I populisti vedevano neiremancipazione dei contadini con asse- gnazione di terra un principio non capitalistico, il « principio » su cui poggiava ciò che essi chiamavano « produzione popolare ». Nell’eman- cipazione dei contadini senza assegnazione di terra essi vedevano un principio capitalistico. I populisti (e specialmente il signor Nikolai-on) fondavano questa concezione sulla dottrina di Marx , richiamandosi al fatto che la liberazione del lavoratore dai mezzi di produzione è la condizione fondamentale del modo di produzione capitalistico. Feno- meno originale: il marxismo era, già all’inizio degli anni ottanta (se non prima), una forza cosi indiscutibile, di fatto dominante, tra le dot- trine sociali d’avanguardia dell’Europa occidentale, che in Russia le teorie ostili al marxismo non potevano a lungo scendere apertamente in campo contro il marxismo. Queste teorie sofisticavano, falsificavano (spesso inconsapevolmente) il marxismo, fingevano di porsi esse stesse sul terreno del marxismo e, « servendosi di Marx », cercavano di con- futare l’applicazione alla Russia della teoria di Marx! La teoria popu- lista del signor Nikolai-on pretendeva di essere definita « marxista » (anni ottanta-novanta), mentre più tardi la teoria borghese-liberale dei signori Struve, Tugan-Baranovski e soci cominciava da un « quasi » completo riconoscimento di Marx, sviluppando le proprie concezioni, facendo valere il proprio liberalismo sotto la veste dell’« ulteriore svi- luppo del marxismo. Su questo originale sviluppo delle teorie sociali russe dalla fine del secolo XIX (e fino all’attuale opportunismo, il liquidatorismo, che si aggrappa alla terminologia marxista per dissimu- lare il proprio contenuto antimarxista) dovremo probabilmente ripetu- tamente soffermarci. * Nella misura in cui tale sostituzione veniva realmente attuata; vedremo più sotto che questa sostituzione procedette in maniera assai più complessa di quanto non potesse sembrare a prima vista. A PROPOSITO DI UN ANNIVERSARIO 97 Quel che ci interessa oggi è la valutazione populista della « grande riforma ». È radicalmente sbagliata l’opinione che la tendenza a spogliare i contadini della loro terra nel 1861 fosse una tendenza capitalistica e la tendenza ad assegnar loro la terra una tendenza anticapitalistica, socialista (gli elementi migliori tra i populisti nel termine « produzione popolare » vedevano uno pseudonimo del socialismo imposto dalla cen- sura). Una tale opinione pecca di palese antistoricismo, commette Ter- rore di trasferire una formula « belTe pronta » di Marx (« formula » applicabile esclusivamente ad una produzione mercantile altamente svi- luppata) sul terreno della servitù della gleba. In realtà la spoliazione dei contadini nel 1861 significava, nella maggioranza dei casi, la crea- zione non delPoperaio in una produzione capitalistica, ma di un fittavolo asservito (cioè di fatto di un semiservo o addirittura di un quasi servo) della stessa terra dei « signori », dei grandi proprietari fondiari. In realtà i « nadiel » del 1861 significavano, nella maggioranza dei casi, la creazione non di un libero agricoltore indipendente, ma Yincatena- mento alla terra del fittavolo asservito, costretto di fatto a sobbarcarsi la stessa barstcina sotto forma di coltivazione col proprio inventario della terra del grande proprietario fondiario in cambio del pascolo, della pastura, dei prati, della terra arabile necessaria, ecc. Nella misura in cui il contadino si emancipava realmente, £ non solo nominalmente, dai rapporti feudali {loro sostanza: la « rendita in otrabotki », cioè il lavoro del contadino — al quale era stata asse- gnata della terra — per il grande proprietario fondiario), egli entrava nell’ambito dei rapporti sociali borghesi. Ma questa reale emancipa- zione dai rapporti servili procedette in maniera assai più complessa di quanto i populisti non pensassero. La lotta tra i fautori della spolia- zione e i fautori delT« assegnazione » esprimeva allora non di rado sol- tanto la lotta tra due campi feudali , una disputa volta a stabilire se per il grande proprietario fondiario fosse più vantaggioso avere un fittavolo (o contadino « soggetto a otrabotki ») affatto privo di terra o « con un nadiel », cioè incatenato al luogo in cui si trovava, legato a un palùio di terra dal quale non era possibile ricavare da vivere e che costringeva a cercare « occupazioni ausiliarie » (doè ad asservirsi al grande proprie- tario fondiario). E d’altra parte non v’ha dubbio che, quanto più terra avessero ricevuto i contadini con l’emancipazione, e quanto più a buon mercato. 98 LENIN tanto più rapidamente, ampiamente, liberamente, sarebbe proceduto lo sviluppo del capitalismo in Russia, tanto più rapidamente sarebbero scomparse le sopravvivenze dei rapporti servili e asservitori, tanto più considerevole sarebbe stato il mercato interno, tanto più garantito lo sviluppo delle città, deirindustria e del commercio. L’errore commesso dai populisti era quello di affrontare la que- stione in maniera utopistica, astratta, al di fuori d’ogni rapporto con la situazione storica concreta. Essi proclamavano jl nadiel base della piccola agricoltura indipendente: nella misura in cui ciò era vero, il contadino « a cui era stata assegnata la terra » diventava produttore di merci, veniva a trovarsi in condizioni borghesi. Ma di fatto il nadiel era troppo spesso cosi piccolo, cosi gravato di tributi eccessivi, cosi svan- taggioso per il contadino e «vantaggioso» per il grande proprietario fon- diario, che il contadino con un « nadiel » veniva inevitabilmente a trovarsi in una situazione di asservimento senza scampo, restava di fatto soggetto ai rapporti servili, soggiaceva alla stessa barstcina (sotto forma di affittanza in cambio di otraboiki, ecc.). Cosi nel populismo si celava una duplice tendenza, che i marxisti caratterizzarono immediatamente, parlando di concezioni populistico- liberali, di valutazione populistico-liberale, ecc. In quanto i populisti abbellivano la riforma del 1861, dimenticando che P« assegnazione » significava in realtà, in gran numero di casi, assicurare alle aziende dei grandi proprietari fondiari braccia a buon mercato e incatenate al luogo di residenza, lavoro asservito a buon mercato, essi si abbassavano ( spes- so senza averne coscienza) al punto di vista del liberalismo, al punto di vista del borghese liberale, o addirittura del grande proprietario fondiario liberale; essi diventavano oggettivamente difensori del tipo di evoluzione capitalistica che maggiormente e gravata di tradizioni feudali, che maggiormente è legata al passato servile, che più lenta- mente, più difficilmente si libera da esso. In quanto, invece, i populisti, senza abbandonarsi all’idealizza- zione della riforma del 1861, propugnavano ardentemente e sincera- mente i pagamenti minimi e i « nadiel » massimi, senza limitazioni di sorta , assieme alla massima autonomia culturale, giuridica, ecc. del con- tadino, essi erano dei democratici borghesi. Il loro unico difetto età che la loro democrazia era ben lungi dall’essere sempre coerente e risoluta, mentre poi il suo carattere borghese non era da loro ricono- A PROPOSITO DI UN ANNIVERSARIO 99 sciuto. Da noi, sia detto tra parentesi, persino a tutt’oggi i social-po- pulisti piu •« di sinistra » intendono spesso la parola « borghese », nella suindicata combinazione, come qualcosa del genere della... « politica », mentre in effetti il termine democrazia borghese è, dal punto di vista del marxismo, l’unica caratterizzazione scientifica esatta. Questa duplice tendenza, liberale e democratica, in seno al popu- lismo si era delineata con tutta chiarezza già all’epoca della riforma del 1861. Non possiamo soffermarci qui in maniera più particolareggiata sull’analisi di queste tendenze, e in particolare sul legame del socialismo utopistico con la seconda di esse, e ci limiteremo a un semplice accenno alla differenza delle tendenze politico-ideologiche, poniamo, tra Ka- velin, da una parte, e Cernyscevski dall’altra. Se si dà urto sguardo generale al mutamento subito da tutta la struttura dello Stato russo nel 1861, è necessario riconoscere che questo mutamento fu un passo sulla via della trasformazione della monarchia feudale in monarchia borghese. Ciò è vero dal punto di vista non solo economico, ma anche politico. Basta ricordare il carattere della riforma nel campo della giustizia, dell’amministrazione, dell’autoamministrazione locale e di tutte le altre riforme che seguirono la riforma contadina del 1861, per convincersi che questa tesi è giusta. Si può discutere per stabilire se questo « passo » fosse stato grande o piccolo, rapido o lento, ma la direzione in cui questo passo venne fatto è cosi chiara ed è stata a tal punto chiarita da tutti gli avvenimenti successivi che è ben dif- ficile ci possano essere su di essa due opinioni. E tanto piu è necessario sottolineare questa direzione quanto più spesso si è oggi costretti a sentire giudizi sconsiderati secondo cui dei « passi » sulla via della trasformazione in monarchia borghese verrebbero fatti dalla "Russia quasi esclusivamente in questi ultimissimi anni. Delle due suindicate tendenze del populismo, quella democratica, che poggia sulla coscienza e lo spirito d’iniziativa dei circoli estranei ai proprietari fondiari, ai funzionari e alla borghesia, era estremamente debole nel 1861. La cosa non giunse perciò oltre il più piccalo « passo » sulla via della trasformazione in monarchia borghese. Ma questa debole tendenza esisteva sin d’allora. Essa si manifestò anche in seguito, ora in maniera più forte, ora in maniera più debole, sia nejla sfera delle idee sociali; sia in quella del movimento sociale dell’intera epoca che segui la riforma. Questa tendenza se sviluppata a ogni successivo de- 100 LENIN ccnnio di quest'epoca, alimentata da ogni passo avanti nell’evoluzione economica del paese, e quindi anche dall’insieme delle condizioni so- ciali, giuridiche, culturali. Quarantaquattro anni dopo la riforma contadina sia l’una che l’altra tendenza, che nel 1861 si erano soltanto delineate, hanno trovato il modo di esprimersi in maniera abbastanza completa e aperta nei piu diversi .campi della vita sociale, nelle varie peripezie del movimento sociale, nell’attività delle larghe masse della popolazione e dei grandi partiti politici. Cadetti e trudovikt — intendendo ¥ uno e l 1 altro ter- mine nell’accezione piu vasta — sono i discendenti e gli eredi, gli espo- nenti diretti delle due*tendenze profilatesi già mezzo secolo fa. Il nesso esistente tra il 1861 e gli avvenimenti svoltisi quarantaquattro anni dopo è indubbio ed evidente. E la circostanza che nel corso di mezzo secolo le due tendenze sono rimaste intatte, si sono rafforzate, svilup- pate, perfezionate, attesta incontestabilmente la loro forza, attesta che le loro radici affondano in tutta la struttura economica della Russia. Lo scrittore del Novoie Vremìa Menscikov ha espresso questo nesso tra la riforma contadina e gli avvenimenti del recente passato nella seguente originale tirata: « Il ’61 non ha potuto scongiurare il ’90 5; perché dunque esaltare la grandezza di una riforma che ha fatto cosi miseramente naufragio? » { Novoie Vremìa , n. 12512, 11 gennaio. Una celebrazione inutile). Con queste parole Menscikov ha inavvertitamente toccato una que- stione storico-scientifica estremamente interessante, quella, in primo luogo, della correlazione tra riforma e rivoluzione in generale e, in se- condo luogo, del nesso, del rapporto di dipendenza, della parentela, esistente tra gli orientamenti, le correnti, le tendenze del 1861 e quelle degli anni 1905-1907. Il concetto di riforma è indubbiamente opposto al concetto di ri- voluzione; dimenticare questa opposizione, dimenticare il limite che divide i due concetti porta costantemente ai piu seri errori in tutte le argomentazioni storiche. Ma questa opposizione non è assoluta, questo limite non è un limite morto, ma un limite vivo, mobile, che bisogna saper determinare in ogni singolo caso concreto. La riforma del 1861 rimase una semplice riforma per l’estrema debolezza, mancanza di co- A PROPOSITO DI UN ANNIVERSARIO 101 scienza, dispersione degli elementi Sociali i cui interessi esigevano la trasformazione. Per questo tanto forti furono i tratti della servitù della gleba in questa riforma; per questo fu in essa tanto notevole la mostruosità bu- rocratica; per questo furono cosi smisurate le sventure da essa causate alle masse contadine. 1 nostri contadini hanno sofferto assai piu per Tinsufficiente sviluppo del capitalismo che per il capitalismo stesso. Ma questa riforma, rimasta tale a causa della debolezza di deter- minati elementi sociali, creò, nonostante tutti gli Ostacoli e impedimenti, le condizioni per Tulteriore sviluppo di questi elementi, condizioni che ampliarono la base sulla quale era insorta la vecchia contraddizione, ampliarono la sfera d’azione dei gruppi, strati, classi della popolazione che potevano coscientemente prender parte al « sorgere » di queste contraddizioni. Risultò quindi che i rappresentanti della tendenza demo- cratica coscientemente ostili al liberalismo nella riforma del 1861, che allora (e per molto tempo dopo) apparvero inconsistenti elementi iso- lati, furono di fatto incomparabilmente piu « consistenti », e ciò allorché maturarono le contraddizioni che nel 1861 erano in uno stato quasi em- brionale. Coloro che presero parte alla riforma del 1861 considerandola dal punto di vista riformistico risultarono piu « consistenti » dei rifor- misti liberali. La storia serberà per sempre un ricordo dei primi come uomini d’avanguardia dell’epoca, dei secondi come di persone irresolute, senza carattere, impotenti di fronte alle forze del vecchio e di ciò che ha fatto il suo tempo. Nelle loro teorie i populisti predicarono sempre per la Russia, a cominciare dal 1861 (e i loro precursori anche precedentemente, prima del 1861) e poi per piu di mezzo secolo, una via diversa , cioè non capi- talistica . La storia ha pienamente confutato questo loro errore; ha pie- namente dimostrato — e gli eventi degli anni 1905-1907, le azioni delle varie classi della società russa in questo periodo lo hanno confermato con particolare rilievo — che la Russia si sviluppa capitalisticamente e che non può esserci una via diversa del suo sviluppo. Ma sarebbe un cattivo marxista chi da questa storia di mezzo secolo non avesse a tutt’oggi imparato in che cosa consiste il reale significato di queste aspi, razioni di un cinquantennio, rivestite di un’ideologia sbagliata, ad at- tuare una via « diversa » per la patria» 102 LENIN Un confronto tra il 1861 e gli anni 1905-1907 mostra in maniera piu chiara della luce del sole che questo reale significato storico della ideologia populista consisteva nella contrapposizione di due vie di svi- luppo capitalistico', di una via che adattava la Russia nuova, capitalistica, alla vecchia, subordinava la prima alla seconda, rallentava il corso dello sviluppo, e di un’altra via, che sostituiva il nuovo al vecchio, eliminava completamente gli ostacoli al nuovo che avevano fatto il loro tempo, ac-, celerava il corso dello sviluppo. I programmi dei cadetti e dei trudovikt, in quanto programmi liberale e democratico — con tutta Tincoerenza, e talvolta la confusione e la mancanza di consapevolezza, di entrambi i programmi — , hanno espresso con rilievo questo sviluppo delle vie reali , che si trovano entrambe nel quadro del capitalismo e vengono costantemente tradotte in atto da piu di mezzo secolo. E il periodo attuale esige con particolare insistenza da noi che si comprendano chiaramente le condizioni delPuna e dell’altra via, che ci si faccia un’idea chiara delle due tendenze del 1861 e del loro ulte- riore sviluppo. Stiamo assistendo a un’ulteriore svolta dell’intera strut- tura dello Stato russo, a un nuovo passo avanti sulla via della sua tra- sformazione in monarchia borghese. Questo nuovo passo, altrettanto esitante, altrettanto vacillante, altrettanto infelice, altrettanto precario quanto in passato, pone davanti, a noi. i vecchi problemi. Quale di queste due vie dello sviluppo capitalistico della Russia determinerà de- finitivamente la sua struttura borghese? La storia non l’ba ancora deciso; le forze oggettive da cui dipende la decisione non si sono ancora pienamente manifestate. Non si può prevedere in anticipo quale sarà questa decisione prima di aver sperimentato tutti gli attriti, le collisioni, i conflitti che costituiscono la vita della società. Non si può prevedere in anticipo quale sarà la risultante delle due tendenze che si fanno sen- tire dal 1861. Ma si può — e si deve — ottenere la chiara coscienza dell’una e dell'altra tendenza, ottenere che i marxisti (e sta in questo uno dei loro compiti, come « egemoni » nel caos dello sfacelo, dello scompiglio, della poca fede e deU’entusiasmo per il successo del mo- mento) inseriscano la loro attività in questa risultante non sotto forma negativa (del tipo del liquidatorismo e in generale di ogni fiacco arran- care dietro questo o quello stato d’animo di scoramento), ma sotto A PROPOSITO DI UN ANNIVERSARIO 103 forma positiva, sotto forma di difesa degli interessi di tutta l’evoluzione nel suo insieme, dei suoi interessi di fondo e piu vitali. I rappresentanti della tendenza democratica marciano verso il loro scopo esitando costantemente e finendo per cadere in dipendenza del liberalismo. Reagire a queste esitazioni, distruggere questa dipendenza è uno dei compiti storici più importanti del marxismo in Russia. Mysl t n. 3, febbraio 1911. Firmato: V. Ilici. « RIFORMA CONTADINA » E RIVOLUZIONE PROLETARIA-CONT ADINA L’anniversario tanto temuto dalla monarchia dei signori Romanov, e per il quale tanto magnanimamente si sono inteneriti i liberali russi, è stato celebrato. Il governo dello zar lo ha festeggiato smerciando con zelo « tra il popolo » gli opuscoli celebrativi centoneri del « Club na- zionale », moltiplicando gli arresti di tutti i « sospetti », proibendo le riunioni nelle quali ci si potevano attendere discorsi che piu o meno assomigliassero a discorsi democratici, multando e soffocando i giornali, perseguitando i cinematografi « sovversivi ». I liberali hanno celebrato {'anniversario versando ancora una volta una lacrima sulla necessità di un « secondo 19 febbraio » ( Viestnik Ievropy ), esprimendo i loro sentimenti di sudditi fedeli (ritratto dello zar al primo post o nella Riec), parlando del loro sconforto civico, della precarietà della patria « Costituzione », della « rovinosa demolizione » dei « principi agrari tradizionali » ad opera della politica agraria di Sto- lypin, ecc. ecc. In un rescritto a Stolypin, Nicola II ha dichiarato che il corona- mento della «grande riforma» del 19 febbraio 1861 è proprio la politica agraria stolypiniana, cioè V abbandono della terra contadina allo sfruttamento e al saccheggio di un pugno di parassiti, di kulak, di con- tadini agiati e l’abbandono delle campagne in balia dei grandi pro- prietari fondiari feudali. E bisogna riconoscere che Nicola il Sanguinario, il primo proprie- tario fondiario della Russia, è piu vicino alla verità storica dei nostri magnanimi liberali. Il primo proprietario fondiario e il principale fautore della -servitù della gleba ha compreso — o meglio, ha imparato dagli ammaestramenti del Consiglio della nobiltà unificata — la verità della lotta di classe secondo cui le « riforme » attuate dai fautori della ser- vitù non possono non recare, in tutti i loro tratti, il marchio della « RIFORMA CONTADINA » E RIVOLUZIONE PROLETARIA-CONTADINA 105 servitù stessa, non possono non accompagnarsi a un regime di violenze d’ogni sorta. I nostri cadetti, e i nostri liberali in genere, temono il movimento rivoluzionario delle masse, che solo è capace di spazzar via dalla faccia della terra i proprietari fondiari feudali e la loro onnipo- tenza nello Stato russo; e questo timore impedisce loro di capire la verità secondo cui, finché i fautori della servitù non sono stati abbat- tuti, nessuna riforma — e specialmente nessuna riforma agraria — è possibile che non rechi il marchio della servitù, che non lo rechi per il suo carattere e modo di attuazione. Temere la rivoluzione, sognare una riforma e lagnarsi perché le « riforme » vengono di fatto attuate dai fautori della servitù e recano il marchio della servitù stessa, oltrepassa il limite della bassezza e della povertà di spirito. Ha assai più ragione e ammaestra assai meglio il popolo russo Nicola II, che « offre » chia- ramente questa scelta: « riforme » che rechino il marchio della servitù o rivoluzione popolare che abbatta i fautori della servitù. Il 19 febbraio 1861 fu una riforma che recava il marchio della servitù, riforma che i nostri liberali possono abbellire e rappresentare come una riforma « pacifica » solo perché il movimento rivoluzionario in Russia era allora estremamente debole, mentre tra le masse oppresse non esisteva ancora affatto una classe rivoluzionaria. Il decreto del 9 novembre 1906 e la legge del 14 giugno 1910 34 sono riforme che recano il marchio della servitù, con lo stesso contenuto borghese della riforma del ’61, ma i liberali non possono spacciarle per una riforma « pacifica », non possono tanto agevolmente mettersi ad abbellirle (ben- ché, per esempio nella Russkaia Mysl , comincino già a farlo), poiché si possono dimenticare i rivoluzionari isolati del 1861. ma non si può dimenticare la rivoluzione del 1905. Nel 1905 era nata in Russia una classe rivoluzionaria, il proletariato, che seppe portare al movimento rivoluzionario anche le masse contadine. E quando, in qualsiasi paese, è nata una classe rivoluzionaria, essa non può essere schiacciata da nes- suna persecuzione; essa può perire solo se perisce tutto il paese; essa può morire solo dopo aver vinto. Ricordiamo i tratti fondamentali della riforma contadina del *61. La famigerata « emancipazione » fu la più sfrontata spoliazione dei con- tadini, fu costituita da una serie di violenze e da un continuo oltraggio a loro danno. Con Y« emancipazione », nei governatorati delle terre nere 106 LENIN dalle terre contadine venne stralciato più di un quinto. In certi gover- natorati la parte stralciata, sottratta ai contadini, giunse a un terzo e persino ai due quinti delle loro terre. Con P« emancipazione », le terre contadine vennero delimitate da quelle dei grandi proprietari fondiari in modo tale che i contadini dovettero trasferirsi su « lotti sabbiosi », mentre le terre dei grandi proprietari fondiari s’incuneavano profonda- mente in quelle contadine perché ai generosi nobili riuscisse piu agevole asservire i contadini e cedere loro la terra a un prezzo da usurai. Con Y« emancipazione », i contadini vennero costretti a « riscattare » le loro stesse terre, e vennero scorticati facendo pagare loro la terra il doppio e il triplo del valore reale. L’intera « epoca delle riforme » degli anni sessanta lasciò in generale il contadino povero, abbrutito, ignorante, sog- getto ai proprietari fondiari feudali e nel campo della giustizia, e in quello dell’amministrazione, della scuola e dello zemstvo. La « grande riforma » fu una riforma che recava il marchio della servitù e non poteva essere diversa, giacché venne attuata dai feudali. Ma quale forza costrinse costoro ad accingersi a una riforma? La forza dello sviluppo economico, che trascinava la Russia sulla via del capita- lismo. I proprietari fondiari feudali non potevano ostacolare lo sviluppo dello scambio di merci tra la Russia e l’Europa, non potevano man-, tenere le vecchie forme di economia che si sfasciavano. La guerra di Crimea aveva mostrato la putrefazione e Pimpotenza della Russia feu- dale. Le « rivolte » contadine, moltiplicandosi di decennio in decennio prima dell’emancipazione, costrinsero il primo proprietario fondiario, .Alessandro II, a riconoscere che era meglio emancipare dall'alto che aspettare che si abbattesse dal basso. % La « riforma contadina » fu una riforma borghese attuata dai fau- tori della servitù. Fu un passo sulla via della trasformazione della Russia in monarchia borghese. II contenuto della riforma contadina era borghese, e questo contenuto risaltò con tanto più rilievo quanto meno vennero stralciate le terre contadine, quanto più completamente ven- nero separate da quelle dei grandi proprietari fondiari, quanto più basso fu l’ammontare del tributo dovuto ai feudali (cioè del « riscatto »); quanto più liberamente dall’influenza e dalla pressione di questi ultimi i contadini di questa o quella località si sistemarono. Nella misura in cui il contadino si sottrasse al potere del feudale egli cadde sotto il potere del denaro, si irretì nelle condizioni della produzione mercantile, « R I forma CONTADINA » E RIVOLUZIONE proletaria-contadina 107 risultò dipendente dal capitale nascente. E dopo il ’61 lo sviluppo del capitalismo in Russia procedette con tale rapidità che in alcuni decenni si compirono le trasformazioni che in certi vecchi paesi dell’Europa oc- cuparono interi secoli. La famigerata lotta tra i fautori della servitù e i liberali, tanto gonfiata e abbellita dai nostri storici liberali e populisti-liberali, fu una lotta in seno alle classi dominanti, in gran parte in seno ai grandi proprietari fondiari , una mera lotta per i limiti e le forme delle conces- sioni. I liberali, esattamente come i fautori della servitù, si collocavano sul terreno del riconoscimento della proprietà e del potere dei grandi proprietari fondiari, condannando con sdegno qualsiasi idea rivoluzio- naria sulla distruzione di questa proprietà, sul totale abbattimento di questo potere. Queste idee rivoluzionarie non potevano non agitare le menti dei contadini servi della gleba. E se secoli di schiavitù avevano tal- mente abbrutito e istupidito le masse contadine che al tempo della riforma queste non erano capaci che di insurrezioni, o piuttosto di « rivolte » frazionate, isolate, prive di qualsiasi barlume di coscienza politica, c’erano tuttavia già allora, in Russia, dei rivoluzionari che si schieravano dalla parte della popolazione contadina e comprendevano tutta la limitatezza, tutta la povertà della famigerata « riforma conta- dina », tutto il suo carattere di riforma che recava il marchio della ser- vitù. Alla testa di questi rivoluzionari, estremamente poco numerosi allora, si trovava N.G. Cernyscevski. Il 19 febbraio 1861 segna l’inizio della nuova Russia, della Russia borghese, che si sviluppava dall’epoca della servitù della gleba. I liberali degli anni sessanta e Cernyscevski sono i rappresentanti di due tendenze storiche, di due forze storiche, che da allora e fino ai nostri tempi deter- minano l’esito della lotta per una nuova Russia, Ecco perché nel giorno del cinquantesimo anniversario del 19 febbraio il proletariato cosciente deve con la massima chiarezza comprendere quale era la sostanza delle due tendenze e quale era la loro correlazione. I liberali volevano « emancipare » la Russia « dall’alto », senza di- struggere né la monarchia dello zar, né il possesso fondiario e il potere dei grandi proprietari fondiari, ma incitandoli solo a far « concessioni » allo spirito dei tempi I liberali erano e restano gli ideologi della bor- ghesia, che non può adattarsi al sistema della servitù, ma che teme la 108 LENIN rivoluzione, teme il movimento delle masse, il quale può abbattere la monarchia e distruggere il potere dei grandi proprietari fondiari. I li- berali si limitano perciò alla « lotta per le riforme », alla « lotta per i diritti », cioè alla divisione del potere tra i feudali e la borghesia. Con un simile rapporto di forze non si possono ottenere altre « riforme » se non quelle attuate dai feudali, altri « diritti » tranne quelli limitati dal- l'arbi trio di costoro. Cernyscevski era un socialista utopista, il quale sognava il passag- gio al socialismo attraverso la vecchia, semifeudale obstcina contadina, il quale non vedeva, e negli anni sessanta del secolo scorso non poteva vedere, che solo lo sviluppo del capitalismo e del proletariato è in grado di creare le condizioni materiali e la forza sociale per la realizzazione del socialismo. Ma Cernyscevski non era soltanto un socialista utopistico, era altresì un democratico rivoluzionario, sapeva influire su tutti gli avvenimenti politici della sua epoca in senso rivoluzionario, propu- gnando — attraverso gli ostacoli e le barriere della censura — l’idea della rivoluzione contadina, l’idea della lotta delle masse per il rove- sciamento di tutti i vecchi poteri. Egli definiva la « riforma contadina » del ’61, che i liberali dapprima abbellirono e poi persino esaltarono, una turpitudine , poiché ne vedeva chiaramente il carattere feudale, ve- deva chiaramente che i signori emancipatori liberali spogliavano i con- tadini fino all’osso. Cernyscevski definiva i liberali degli anni sessanta « chiacchieroni, janjaroni e insensati » 3 \ poiché vedeva chiaramente il loro timore della rivoluzione, la loro mancanza di carattere e il loro servilismo davanti ai detentori del potere. Durante il mezzo secolo trascorso dopo il 19 febbraio, queste due tendenze storiche si sono sviluppate, divergendo l’una dall’altra in ma- niera sempre piu chiara, precisa è risoluta. Si sono sviluppate le forze della borghesia monarchico-liberale, che predicava di accontentarsi dell’attività « culturale » e ha evitato accuratamente la clandestinità rivoluzionaria. Si sono sviluppate le forze della democrazia e del socialismo, che dapprima erano confusi assieme nelFideologia uto- pistica e nella lotta intellettualistica dei seguaci della « Volontà del popolo » e dei populisti rivoluzionari, ma che dagli anni novanta del secolo scorso hanno cominciato a differenziarsi via via che si passava dalla lotta rivoluzionaria dei terroristi e dei propagandisti isolati alla lotta delle stesse classi rivoluzionarie. « RIFORMA CONTADINA » E RIVOLUZIONE PROLETÀRI A-CÒNTADIN A 109 Il decennio che precede la rivoluzione, dal 1895 al 1904, ci mostra già le azioni aperte e lo sviluppo ininterrotto della massa proletaria, lo sviluppo della lotta mediante gli scioperi, lo sviluppo dell’ agitazione, dell’organizzazione del partito operaio socialdemocratico. Dietro l’avan- guardia socialista del proletariato sono cominciate a passare a una lotta di massa, specialmente dal 1902. anche le masse contadine democratico- rivoluzionarie. Nella rivoluzione del 1905 le due tendenze che nel ’61 appena si delineavano nella vita, che appena appena si profilavano nella lette- ratura, si sono sviluppate, sono cresciute, hanno trovato la loro espres- sione nel movimento delle masse , nella lotta dei partiti nei piu diversi campi, nella stampa, nei comizi, nei sindacati, negli scioperi, nell’insur- rezione, nelle Dume. La borghesia monarchico-liberale ha creato i partiti dei cadetti e degli ottobristi, che dapprima sono andati d’amore e d’accordo in un unico movimento liberale degli zemstvo (fino all’estate del 1905), poi si sono definiti come partiti distinti, si sono fatti (e si fanno) una forte concorrenza reciproca, mettendo avanti l’uno prevalentemente la pro- pria « fisionomia » liberale, l’altro prevalentemente quella monarchica, ma che sono sempre andati d’accordo nell’essenziale, nel biasimare i rivoluzionari, nello scagliare ingiurie contro l’insurrezione, di dicembre, nell’inchinarsi davanti alla foglia di fico « costituzionale » dell’asso- lutismo come davanti a una bandiera. Entrambi i partiti sono stati e sono sul terreno « rigidamente costituzionale », si teiigono cioè entro i limiti di attività che hanno potuto creare i centoneri dello zar e i feu- dali senza cedere il loro potere, senza lasciarsi sfuggire di mano il loro potere assoluto, senza sacrificare un solo copeco dei loro redditi schia- vistici « consacrati dai secoli », il minimo privilegio dei loro diritti « acquisiti ». Le tendenze democratica e socialista si sono separate da quella liberale e delimitate l’una dall’altra. Il proletariato si è organizzato ed è sceso in campo separatamente dalle masse contadine, stringendosi at- torno al proprio partito operaio socialdemocratico. Nella rivoluzione i contadini erano organizzati in maniera incomparabilmente piu debole; le loro azioni sono state molte e molte volte più frazionate, meno forti; la loro coscienza ha raggiunto un livello assai più basso, e le illusioni monarchiche (nonché quelle costituzionali, indissolubilmente legate alle 110 LENIN prime) hanno spesso paralizzato le loro energie, li hanno posti in con- dizioni di dipendenza dai liberali, e talvolta dai centoneri, hanno gene- rato vuote fantasticherie sulla « terra di Dio », invece di un attacco contro i proprietari terrieri nobili per distruggere completamente questa classe. Nondimeno, in generale, i contadini come massa hanno lottato precisamente contro i grandi proprietari fondiari, hanno agito in ma- niera rivoluzionaria, e in tutte le Dume — persino nella III, con la sua mostruosa rappresentanza a vantaggio dei fautori della servitù — hanno costituito i gruppi del lavoro che rappresentavano, nonostante le loro frequenti esitazioni, la vera democrazia. I cadetti e i trudovikt degli anni 1905-1907 hanno espresso nel movimento di massa e in forma politicamente compiuta la posizione e le tendenze della borghe- sia, quella monarchico-liberale da una parte e quella democratico-rivolu- zionaria dalPaltra. Il 1861 ha generato il 1905. Il carattere della «grande» riforma borghese che recava il marchio della servitù rese più difficile lo svi- luppo, condannò i contadini a migliaia dei peggiori e piu amari tor- menti, ma non mutò la direzione dello sviluppo, non scongiurò la rivo- luzione del 1905. La riforma del '61 prorogò la soluzione, aprendo una determinata valvola, dando un certo incremento al capitalismo, ma non eliminò Pineluttabile soluzione, che verso il 1905 esplose su un campo incomparabilmente più vasto, nell'assalto delle masse contro l'autocrazia dello zar e dei grandi proprietari fondiari feudali. La riforma, attuata dai fautori della servitù in un'epoca di totale arretratezza delle masse oppresse, generò la rivoluzione allorché in queste masse giunsero a maturazione gli elementi rivoluzionari. La III Duma e la politica agraria di Stolypin sono la seconda riforma borghese attuata dai fautori della servitù. Se il 19 febbraio del '61 fu il primo passo sulla via della trasformazione in monarchia borghese di un'autocrazia, il periodo 1908-1910 ci mostra un secondo e più serio passo sulla stessa via. Sono passati quasi quattro anni e mezzo dal tempo dell’emanazione del decreto del 9 novembre 1906, più di tre anni e mezzo dal 3 giugno 1907 e già oggi la borghesia non solo cadetta, ma in misura considerevole anche ottobrata si convince dell'« insuccesso » della « Costituzione » del 3 giugno e della politica agraria del 3 giugno. « Il più a destra dei cadetti » — come giustamente è stato recentemente definito il semiottobrista signor Maklakov — « RIFORMA CONTADINA » E RIVOLUZIONE PROLETARI A-CONTADINA 1 1 1 aveva il pieno diritto di dire il 25 febbraio alla Duma, a nome sia dei cadetti che degli ottobristi, che « sono attualmente scontenti quegli ele- menti del centro nel paese che maggiormente desiderano una pace stabile, che temono una nuova recrudescenza deirondata rivoluziona- ria ». La parola dordine comune è una sola: « Tutti dicono — ha con- tinuato il signor Maklakov — che, se procederemo sulla via per la quale ci si conduce, ‘ci sPfarà giùngere a una seconda rivoluzione ». La parola d’ordine comune della borghesia ottobrista e cadetta nella primavera del 1911 conferma che il giudizio sulla situazione che venne dato dal nostro partito nella risoluzione della conferenza di dicembre del 1908 era giusto. « I fattori fondamentali della vita economica e politica suscitati dalla rivoluzione del 1905 — dice questa risoluzio- ne — continuano ad operare, e in tale situazione economica e politica matura inevitabilmente una nuova crisi rivoluzionaria ». Il pennivendolo del governo centonero dello zar, Menscikov, di- chiarava recentemente nel Novoie V remìa che la riforma del 19 feb- braio « ha fatto miseramente naufragio », giacché « il ’61 non ha saputo scongiurare il ’905 ». Oggi gli avvocati e i parlamentari prez- zolati della borghesia liberale proclamano il naufragio delle « riforme » del 9 novembre 1906 e del 3 giugno 1907, poiché queste « riforme » conducono a una seconda rivoluzione. Entrambe le dichiarazioni, come tutta la storia del movimento liberale e rivoluzionario degli anni 1861-1905, forniscono il più inte- ressante materiale per chiarire Timportantissima questione del rapporto esistente tra riforma e rivoluzione, del ruolo dei riformisti e dei rivo- luzionari nella lotta sociale. Gli avversari della rivoluzione, gli uni con astio e digrignando i denti, gli altri con dolore e abbattimento, riconoscono che le « rifor- me » del *61 e del 1907-1910 sono fallite, dato che non scongiurano la rivoluzione. La socialdemocrazia, rappresentante deirunica classe rivo- luzionaria fino in fondo dei nostri giorni, a questo riconoscimento risponde: i rivoluzionari hanno svolto la piu grande funzione storica nella lotta sociale e in tutte le crisi della società anche quando queste crisi non portavano immediatamente che a riforme irresolute. I rivolu- zionari sono i capi delle forze sociali che creano tutte le trasformazioni; le riforme sono un prodotto marginale della lotta rivoluzionaria. 112 LENfN I rivoluzionari del '61 rimasero degli isolati e subirono, apparen- temente, una completa disfatta. Di fatto furono proprio essi i grandi protagonisti di quell'epoca, e, quanto più da questa ci allontaniamo, tanto più ci è chiara la loro grandezza, tanto più è evidente la grettezza e la povertà dei riformisti liberali di allóra. La classe rivoluzionaria degli anni 1905-1907, il proletariato socia- lista, subì, apparentemente, una completa disfatta. Sia i monarchici libe- rali che i liquidatori tra gli pseudomarxisti hanno assordato tutti gri- dando che esso si sarebbe spinto « troppo lontano », sarebbe giunto ad « eccessi », si sarebbe lasciato infatuare dalla « lotta di classe sponta- nea » e sedurre daH’esiziale idea dell'« egemonia del proletariato », ecc. ecc. Di fatto la « colpa » del proletariato è consistita unicamente nel non essersi spinto abbastanza lontano, ma questa « colpa » è giustificata dallo stato delle sue forze in quei tempi ed è riscattata dall'instancabile lavoro socialdemocratico-rivoluzionario anche sotto la peggiore reazione, dalla lotta inflessibile contro tutte le manifestazioni di riformismo e di opportunismo. Di fatto tutto ciò che è stato conquistato ai nemici, tutto ciò che è saldo nelle conquiste fatte, è conquistato e si mantiene soltanto nella misura in cui è forte e viva la lotta rivoluzionaria in tutti i campi del lavoro proletario. Di fatto solo il proletariato ha pro- pugnato sino in fondo una democraticità coerente,, smascherando tutta l'instabilità del liberalismo, strappando alla sua influenza le masse con- tadine, levandosi con eroico ardimento all’insurrezione armata. Nessuno è in grado di predire fino a che punto saranno attuate in Russia trasformazioni realmente democratiche nell'epoca delle sue rivoluzioni borghesi, ma non v’ha ombra di dubbio che solo la lotta rivoluzionaria del proletariato determinerà il grado e il successo delle trasformazioni. Tra le « riforme », nello spirito borghese, ma che recano il marchio della servitù, da una parte, e la rivoluzione democratica gui- data dal proletariato, dall'altra, possono esserci solo le esitazioni impo- tenti, senza carattere, senza idee, del liberalismo e del riformismo op- portunista. Dando uno sguardo generale alla storia della Russia dell'ultimo mezzo secolo, agli anni 1861 e 1905, possiamo soltanto ripetere con convinzione ancora maggiore le parole della nostra risoluzióne di par- * RIFORMA CONTADINA » E RIVOLUZIONE PROLET ARIA-CONTADINA 1 1 3 rito: « lo scopo della nostra lotta è, come prima, l'abbattimento dello zarismo, la conquista derpotere politico da parte del proletariato, che si appoggia sugli strati rivoluzionari delle masse contadine ed attua la rivoluzione democratico-borghese mediante la convocazione di una Assemblea costituente di tutto il popolo e l'instaurazione di una re- pubblica democratica ». Sotsial-Demokrat, n. 21-22, 19 marzo (1° aprile) 1911. I DEMOLITORI DEL PARTITO NELLA PARTE DI « DEMOLITORI DI LEGGENDE » Esattamente un anno fa l’organo centrale del nostro partito pub- blicava la seguente, importantissima lettera dell’Ufficio russo del CC all’Ufficio estero del CC: « ...Noi [ cioè V Ufficio russo del CC] ci siamo rivolti ai compagni Mikhail, Roman e Iuri proponendo loro di iniziare il lavoro, ma ne abbiamo ricevuto una risposta in cut dicono che essi non soltanto ritengono dannose le decisioni della sessione plenaria, ma considerano nociva la stessa esistenza del CC. Per questo motivo si rifiutano per - sino di presentarsi a una riunione per la cooptazione » 36 . La cosa era quanto mai chiara. Nelle persone di Mikhail, Roman e Iuri abbiamo a che fare con dei rinnegati dichiarati, che considerano la « diplomazia » e i cavilli nello spirito del Golos cosa superflua e dichiarano apertamente la propria rottura col nostro partito. Si sono scontrate due « tattiche »: luna — quella di Martov, Dan e soci consistente nel disgregare il « vecchio » partito dall’interno, nel man- tenere il vecchio partito in condizioni precarie, fino a quando si siano rafforzati i « socialdemocratici » di Stolypin, i liquidatori; l’altra — quella di Potresov, Levitski, Roman, Iuri e soci — la quale muove dalla tesi che il giuoco consistente nello scalzare il vecchio partito dall’interno non vale la candela e che bisogna giungere subito a un’aperta rottura col POSDR. La pubblicazione della dichiarazione dei signori Mikhail, Roman e Iuri ha terribilmente scombinato il giuoco dei loro amici e protettori del Golos Sotsial-'Demokrata. Ma non c’è stato niente da fare: Dan, Martov e soci hanno dovuto continuare a cancellare le tracce, « da una parte » solidarizzando coi tre suddetti rinnegati e, « dall’altra », « de- I DEMOLITORI DEL PARTITO 115 limitandosi » un tantino da essi. A Martov è bastato persino il coraggio, a dieci mesi dal giorno in cui i suoi tre amici avevano rinnegato sulla stampa il partito, per rimproverare (nel penultimo numero, n. 23 , del Golos) quei tre signori di « imprudenza »... Ma ecco che la ruota della « storia » (della storia del liquidato- rismo) ha fatto un altro giro. Una serie di circostanze — e soprattutto la resistenza al liquidatorismo da parte di alcuni gruppi socialdemo- cratici scesi apertamente sull’arena — ha indotto i signori Potresov, Levitski, Mikhail, Roman e soci a mitigare la loro baldanza e ad acco- starsi alla « saggia » e piu cauta « tattica » del cancellare le tracce à la Dan e Martov. Ciò ha reso possibile anche Tapparizione — ad un anno di distanza ! — di una « smentita » del succitato documento. Non occorre neanche dire che la .« smentita » apparsa nel Golos (sotto il reboante titolo: Una leggenda demolita) è falsa da cima a fondo. Risulta che i suddetti tre rinnegati si erano « ufficialmente » rifiutati di entrare nel CC, o anche soltanto di prender parte ad una riunione per la cooptazione, esclusivamente « per motivi personali ». E solo «in seguito, in una conversazione privata [suvvia, assolutamente «privata»], mettemmo a parte quest ultimo [cioè il rappresentante del CC] di una serie di considerazioni che ci costringevano [cioè co- stringevano Roman, Mikhail e Iuri] ad assumere un atteggiamento negativo nei confronti della proposta che ci era stata fatta ». Dunque, punto^ primo della « smentita »: la dichiarazione alla quale si riferisce l’organo centrale venne fatta solo « in una conversa- zione privata », dopo che l’uniforme ufficiale era stata deposta. Non è forse vero che questa « circostanza » straordinariamente « attenuante » muta radicalmente la cosa?... Ma che cosa dissero i signori Mikhail, Roman e Iuri, a quanto affermano essi stessi , in questa « conversazione privata »? Essi non dissero solo di notare che « la via dettata dalla sessione plenaria non rafforza , ma indebolisce la posizione del CC », che l’utilizzazione delle possibilità legali -raccomandata al partito dal CC « s'è ridotta e si riduce alla distruzione delle organizzazioni operaie legali », che già il primo passo fatto su questa via dal CC (pubblicazione della risoluzione sulla conferenza del partito ) « ha dato al governo il pretesto » per distrug- gere le organizzazioni operaie. Non è affatto ciò che affermava il rappresentante del Comitato centrale, secondo le cui parole i tre liqui- 116 LENIN datori compresi nel novero dei candidati di Londra « considerano l’in- tervento del CC nello spontaneo processo di raggruppamento delle forze socialdemocratiche nelle organizzazioni legali simile all’estrazione del feto dal seno materno al secondo mese di gravidanza », vero? Bella « smentita », non ce che dire! Inoltre essi non hanno detto in alcun modo, Dio ce ne scampi, che l’esistenza del CC è dannosa! Hanno soltanto espresso — in via asso- lutamente « privata », naturalmente — l’opinione che sarebbe assai meglio che, invece del CC, esistesse un « gruppo di iniziativa » nel quale « nessuno chiedesse il passaporto » (vale a dire il passaporto del partito ), come a suo tempo nessuno Io (cioè il « passaporto ») chiedeva nel gruppo dclVIskra e della Zana *. La principale accusa è stata « smen- tita » da Mikhail, Roman e Iuri quasi altrettanto felicemente quanto non molto tempo fa il loro collega Igorey « ha smentito » l’accusa, mossa contro di lui dai compagni menscevichi partitisti Plekhanov e A. Moskovski, di aver congiurato contro il CC e il partito,.. Occorre, vedete, non un CC, ma un « gruppo di iniziativa » come il « gruppo dell’ Iskra e della Zarià ». Il gruppo del Visiera e della Zana era, benin- teso, un gruppo socialdemocratico-rivoluzionario, mentre ai signori Mi- khail, Roman e Iuri occorre un gruppo di iniziativa liquidatore. Ma ora non è di questo che si tratta. Si tratta del fatto che i tre alleati di Martov e Dan proponevano — a quanto affermano essi stessi — di sostituire al CC un gruppo di iniziativa privato, nel quale nessuno potesse chiedere Todiato « passaporto » e dove in fatto di « liquida- zione » fosse loro lasciata mano libera. «Hanno smentito»!.,. Uno dei « punti centrali » della « smentita » di Roman, Mikhail e Iuri è anche il racconto di come il rappresentante del CC, invitandoli ad intervenire « anche solo a una riunione » del collegio, li allettasse col dire che egli (cioè il rappresentante del CC) e gli altri « bolscevichi russi » erano invasi dal desiderio di « emanciparsi dall'influenza diri- gente del circolo leninista ». Questa dichiarazione del bolscevico russo riferita dai tre liquidatori viene particolarmente assaporata dalla reda- zione del Golos , che spera di giustificare cosi qualcuno e qualche cosa. I signori del Golos si sono tuttavia manifestamente confusi e parlano contro loro stessi. Ma che dite, egregi redattori del Golos . Ammettiamo * Cfr. il Golos , supplemento al n. 24, p. 3. 1 DEMOLITORI DEL PARTITO 117 che il bolscevico presentatosi ai vostri amici a nome del CC fosse un avversario di quello che voi chiamate il « circolo leninista ». Tanto peggio per voi . Poiché, vedete, è stato proprio quello stesso bolscevi- co a scrivere la lettera sul ripudio del partito da parte dei vostri tre amici da noi pubblicata nel n. 12 dell’organo centrale. Se quel bolsce- vico non è fautore di quello che voi chiamate il « circolo leninista », tanto piu imparziale dev’essere ai vostri occhi la sua testimonianza. Ammettiamo che i membri del CC che vi hanno invitati fossero avver- sari del « circolo leninista » *: tanto maggiore dovrebbe essere, dal vo- stro stesso punto di vista, la colpa dei tre liquidatori che non sono voluti, nemmeno in tali condizioni a essi favorevoli, entrare nel CC. Che cosa è capitato ai signori del Golosi Di solito essi cancellano le tracce... piu abilmente. La ciambella vi è riuscita proprio male, signori! Peggio persino di una « smentita » dell’« Ufficio d’informazione » di Stolypin. Con la vostra « smentita » non avete avuto fortuna, signori del Golos f proprio come non ne avete avuta coi vostri ultimi fogli « faziosi ». Avete voluto « dimostrare troppo » — e cioè che i socialdemocratici sarebbero tutti partitisti — e perciò non avete dimostrato nulla. Riflet- tete un solo istante: ieri avete pubblicato il foglio dei 38 (quanti di questi 38 sono gli ipocriti e quanti sono gli ingannati?), nel quale pre- sentate i vostri avversari (il « circolo leninista ») come mostri tra i mostri, come una « banda », ecc. E il giorno dopo voi stessi (la reda- zione del Golos) pubblicate il foglio col « programma di riforme », nel quale dichiarate: tutto andrà benissimo se in tutti gli organismi centrali del partito si concederà (cioè si concederà al Golos ) la parità con que- sti mostri, con coloro che hanno compiuto una serie di « delitti », ecc. Ma quando dunque agite « per il bene del partito », e quando cercate di agire a vantaggio di voi stessi, signori? nel primo o nel secondo caso? Di questi... olezzanti fogli del Golos , come dei suoi supplementi, nei * A un altro dei « bolscevichi russi » membri del CC i signori del Golos muovono il seguente rimprovero: egli, vedete un po', ha frapposto * ostacoli alla cooptazione nel CC dei sostenitori del Go!os t dichiarando che i membri bolscevichi del CC... avrebbero consentito a che venissero cooptati solo dei candidati che avessero preventivamente sottoscritto una condanna del “liquidatorismo* ». Il membro del CC al quale si muove questo terribile rimprovero non può ora ri- spondere personalmente ai liquidatori 3? . Diremo perciò in suo favore: se ciò che voi dite di lui fosse vero, dal punto di vista del partito egli avrebbe avuto perfettamente ragione e avrebbe agito ispirandosi pienamente alla sessione plenaria. 118 I.ENIN quali «c tutto fa brodo », compresi gli otzovisti ginevrini, che si auto- definiscono « circolo ideologico dei bolscevicbi », non metterebbe conto parlare se non gettassero una cosi chiara luce sulla politica dei soste- nitori del Golos... Datevi da fare, signori « demolitori di leggende », datevi da fare! Una leggenda ci aiutate effettivamente a demolire: quella che in voi sia tuttora rimasto qualcosa in comune con la socialdemocrazia rivolu- zionaria. Sotsial-Demokrat, n, 21-22, 19 marzo (1° aprile) 1911. CADETTI E OTTOBRISTI La famigerata « crisi ministeriale » e Reiezione di un nuovo pre- sidente della Duma 38 hanno fornito ancora una volta del materiale sul problema della natura sociale e del valore politico dei partiti cadetto e ottobrista. La borghesia — con licenza parlando — liberale russa si è caratterizzata per la centesima ed ennesima volta. Dai giornali quoti- diani e dal precedente numero della Zviezdà il lettore sa già qual è questa caratterizzazione. Non sarà tuttavia superfluo trarre alcune con- clusioni, dato che la stampa cadetta, la più diffusa da noi, « dà addosso » volentieri agli ottobristi, ma si sofferma malvolentieri sul bilancio della propria condotta. Ricordiamo la condotta del partito della « libertà del popolo » du- rante le elezioni del nuovo presidente della Duma. Il 21 marzo la Riec si affretta a comunicare: « Il gruppo della libertà del popolo ha deciso di votare per M. Alexeienko, se verrà presentata la sua candi- datura alla carica di presidente della Duma. Se invece verrà presentata la candidatura di Rodzianko, il gruppo voterà contro ». I « democratici » costituzionali offrono i propri servigi agli ottobristi « di sinistra ». Ma non basta. L’editoriale dello stesso numero della Riec proclama che Alexeienko è « stimato da tutti » e si sforza di porsi dal punto di vista di tutta la Duma: se, vi si dice, le destre appoggeranno la candida- tura della maggioranza degli ottobristi (cioè la candidatura di Alexeien- ko), forse la Duma « ritroverà l’unanimità » con la quale alPinizio venne accolta la candidatura di Khomiakov. « Quest’unanimità dimostre- rebbe che tutta la Duma nel suo insieme comprende l’eccezionale im- portanza del momento ». Cosi ha scritto la Riec. « Tutta la Duma nel suo insieme », né più 120 LENtN né meno. Bisognerebbe ricordarsene un po’ più spesso quando avver- ranno le elezioni per la IV Duma! I cadetti sanno benissimo che le destre propugnano in linea di principio una Duma priva di diritti, che i nazionalisti giustificano e difendono Stolvpin e l’infrazione dell’articolo 87. Ciò nonostante, pur di ottenere che si voti per Alexeienko, i cadetti son pronti a dimen- ticare tutto e a dichiarare che « tutta la Duma nel suo insieme è una- nime », benché sappiano altrettanto bene che i deputati operai non si lasceranno allettare in nessun caso dall’« unanimità » della III Duma, come non si lasciarono allettare da essa per l’elezione di Khomiakov. La cosa è chiara: i deputati operai e i trudovikt non contano per i cadetti. Senza di essi, ma con le destre, con Markov 2° e Purisckevic, la III Duma è « tutta la Duma nel suo insieme ». Cosi stanno le cose per la « Riec ». E questo suo ragionamento traccia in maniera giusta la linea di demarcazione, che tanto spesso e da tanta gente è stata intesa a rovescio: si tratta della linea di demarcazione tra i feudali e la bor- ghesia (persino la più « liberale », cioè quella cadetta), da una parte, e i contadini e gli operai, cioè la democrazia, dall’altra. Senza la de- mocrazia, ma con le destre, noi siamo « tutta la Duma nel suo in- sieme», dicono i cadetti. Questo vuol dire che, pur pretendendo di chiamarsi democratici, i cadetti ingannano il popolo; vuol dire che per i cadetti i feudali e la borghesia sono « noi », mentre tutto il resto non conta. Una piccola questione come quella dell’elezione del nuovo presi- dente della Duma ha richiamato ancora una volta alla memoria la verità tutt’altro che insignificante che i cadetti non sono dei democra- tici, ma dei borghesi liberal-moderati che bramano l’« unanimità » di « tutta » la camera dei bisonti e degli ottobristi. La concorrenza con gli ottobristi: ecco il carattere della « lotta » cadetta contro di essi. I cadetti lottano contro gli ottobristi, è indubbio, ma essi lottano contro di essi non come rappresentanti di una classe, non come rappresentanti di più vasti strati della popolazione, non per spodestare il vecchio potere al quale si adattano gli ottobristi, ma come loro concorrenti , desiderosi di adattarsi allo stesso potere, di servire gli interessi della stessa classe, di proteggerli contro le esigenze di più vasti strati della popolazione (della democrazia in generale e della democrazia proletaria in partico- lare). Adattarsi allo stesso potere in maniera un po’ diversa: ecco a che CADETTI E OTTOBRISTI 121 cosa tendono i cadetti, in che cosa consiste il contenuto della loro poli- tica, della politica dei borghesi liberali. E questa concorrenza cogli ottobristi, questa lotta per occupare il loro posto conferisce un’« asprez- za » particolare alla lotta cadetta. Ciò spiega la particolare ostilità delle destre e degli ottobristi verso i cadetti, ostilità di tipo particolare: « quelli » (i democratici) le distruggono, « questi » (i cadetti) le spostano dal primo al secondo posto; la prima prospettiva provoca una guerra all’ultimo sangue, irreconciliabile in linea di principio; la seconda pro- voca una lotta per il posto , una competizione nell’intrigo, un’emulazione nei metodi atti a soddisfare la stessa maggioranza borghese-fondiaria 0 a cattivarsi la fiducia dello stesso vecchio potere. Il quadro della III Duma il giorno delle elezioni del nuovo pre- sidente ha mostrato in modo evidente questa differenza. Il cronista cadetto « degli ambienti parlamentari » continua a de- cantare Alexeienko nella Riec del 23 marzo: « un uomo del tutto indi- pendente » ( si tratta precisamente di un ottobrista che ha assaporato il 3 giugno!) «e con un profondo senso della propria dignità», eco Ecco la misura cadetta della rigida legalità: non appellarsi contro il 3 giugno e protestare contro il 14 marzo. Questo ci ricorda un pro- verbio americano: se ruberete un pezzo di pane vi metteranno in pri- gione, ma se ruberete una ferrovia vi faranno senatore. 11 signor Litovtsev, che dirige la rubrica della Riec , Negli ambienti parlamentari , scriveva il 23 marzo che per gli ottobristi di sinistra e i cadetti « una buona metà della giornata è trascorsa neirinquietudine: e se ad un tratto acconsentirà » (Rodzianko, che fingeva di rifiutare). E come potrebbe non esserci qui un'aspra lotta tra i cadetti ed 1 loro avversari, quando la questione si presenta sotto un aspetto cosi evidente, su un piano direttamente sentito da tutta la III Duma? « e se ad un tratto, Rodzianko acconsentirà »! Improvvisamente Rodzianko acconsente. Il quadro delle elezioni è risultato tale che le destre e i nazionalisti hanno riso allegramente, applaudendo con entusiasmo. Gli ottobristi « di sinistra » e i cadetti hanno taciuto ostinatamente, sistematicamente: avevano perduto la con- tesa sul campo che si erano scelto essi stessi; non potevano rallegrarsi; dovevano tacere. « Per protesta » i cadetti hanno votato per il nazio- nalista Volkonski. I democratici, e soltanto essi, hanno dichiarato con forza, esplicitamente e chiaramente che alle elezioni del nuovo presidente 122 LENIN della III Duma non avrebbero partecipato, che essi non si assumevano nessuna responsabilità per « tutta l’attività in blocco della III Duma» (parole di Voiloscnikov). Il giorno delle elezioni, all’86 a seduta della Duma, nella competi- zione fra i concorrenti hanno parlato soltanto il capo della III Duma, Rodzianko e Bulat, piu Voiloscnikov. Gli altri hanno taciuto. Voiloscnikov ha rilevato giustamente, a nome di tutti i suoi col- leghi di gruppo, che i cadetti, « per le particolarità della loro posizione politica, hanno sempre riposto ogni speranza nelle combinazioni parla- mentari », e li ha derisi qualificandoli liberali creduloni. La posizione politica dei cadetti e le sue particolarità dipendono dalla natura di classe di questo partito. Si tratta di un partito borghese-liberale antidemocratico. Appunto per questo essi « ripongono sempre ogni loro speranza nelle combinazioni parlamentari ». Ciò è vero in due sensi: in primo luogo, nel senso della contrapposizione di ciò che accade alla Duma a ciò che accade al di fuori della -Duma, in se- condo luogo, nel senso della « combinazione » degli elementi sociali, delle classi che rappresentano « tutta » la III Duma. Solo i deputati operai e i trudoviki , a proposito delle elezioni di Rodzianko, che significavano la vittoria dei nazionalisti, hanno fatto una dichiarazione che non mirava a combinazioni « parlamentari » e di- chiarazioni che caratterizzavano Latteggiamento della democrazia in ge- nerale e della democrazia proletaria in particolare verso tutta la III Duma, verso il 3 giugno, verso gli ottobristi e verso i cadetti nel loro insieme. Questa dichiarazione è un bell’augurio a Rodzianko e a tutta la « sua » maggioranza, un buon ammonimento air« opposizione » libe- rale, responsabile davanti alla III Duma e davanti agli uomini del 3 giugno, da parte dei partiti politici « responsabili » davanti a qualcun altro. Zviezdà, n. 16, 2 aprile lgll. Firmato: V. Tlin. IN MEMORIA DELLA COMUNE Quarantanni seno passati dalla proclamazione della Comune di Parigi. Con comizi e manifestazioni il proletariato francese ha com- memorato, come d’uso, gli artefici della rivoluzione del 18 marzo 1871. Negli ultimi giorni di maggio, esso andrà nuovamente a deporre corone sulle tombe dei comunardi fucilati, vittime dell’orribile « set- timana di maggio » e a giurare ancora una volta di combattere senza tregua fino al trionfo completo delle loro idee’, fino alla completa realizzazione dell'opera che ci hanno affidata. Perché il proletariato, e non solo il proletariato francese, ma di tutto il mondo, onora negli artefici della Comune di Parigi i suoi precursori? Qual è l’eredità della Comune? La Comune nacque spontaneamente. Nessuno l’aveva preparata coscientemente e metodicamente. Una guerra disgraziata con la Ger- mania, le sofferenze dell’assedio, la disoccupazione del proletariato, la rovina della piccola borghesia, l’indignazione delle masse contro le classi superiori e contro le autorità, che avevano dato prova di asso- luta inettitudine, un fermento confuso nella classe operaia che, mal- contenta della propria situazione, aspirava a un nuovo regime sociale, la composizione reazionaria dell’Assemblea nazionale, che suscitava timori per la sorte della Repubblica: tutti questi fattori e molti altri concorsero a spingere il popolo di Parigi alla rivoluzione del 18 marzo. Questa rivoluzione fece passare improvvisamente il potere nelle mani della guardia nazionale, della classe operaia e della piccola borghesia che si era unita agli operai. Fu un avvenimento senza precedenti nella storia. Fino allora, il potere era stato sempre generalmente nelle mani dei grandi proprietari 124 LENIN fondiari e dei capitalisti, cioè dei loro uomini di fiducia formanti il cosiddetto governo. Dopo la rivoluzione del 18 marzo, dopo la fuga da Parigi del governo del signor Thiers, delle sue truppe, della sua polizia e dei suoi funzionari, il popolo rimase padrone della situazione e il potere passò al proletariato. Ma, nella società attuale, il proleta- riato è economicamente asservito al capitale, non può dominare politi- camente senza spezzare le catene che lo avvincono al capitale. Ecco perché il movimento della Comune doveva inevitabilmente assumere un colore socialista, tendere cioè airabbattimento del dominio della borghesia, del dominio del capitale, e alla demolizione delle basi stesse del regime sociale dell’epoca. AlPinizio, il movimento, fu estremamente eterogeneo e confuso. Vi aderirono anche i patrioti con la speranza che la Comune avrebbe ripreso la guerra contro i tedeschi e l’avrebbe condotta a buon fine. Il movimento era anche sostenuto dai piccoli commercianti minac- ciati da rovina se il pagamento delle cambiali e degli affitti non fosse stato prorogato (ciò che il governo aveva rifiutato di fare e che invece la Comune accordò). Infine, nei primi tempi, il movimento ebbe, in parte, la simpatia dei repubblicani borghesi i quali temevano che TAs- semblea nazionale reazionaria (i «rurali», i rozzi e brutali grandi proprietari fondiari) restaurasse la monarchia. Ma la funzione princi- pale fu evidentemente assolta dagli operai (soprattutto dagli artigiani di Parigi), fra i quali, durante gli ultimi anni del secondo Impero, era stata svolta un’attiva propaganda socialista, e molti appartenevano anche allTnternazionale. Gli operai furono i soli a restare fino alla fine fedeli alla Comune. 1 repubblicani borghesi e i piccoli borghesi se ne staccarono presto; gli uni furono spaventati dal carattere proletario, rivoluzionario c socialista del movimento, gli altri si ritirarono quando videro il movi- mento destinato a una sicura disfatta. Soltanto i proletari francesi sostennero senza paura e senza stanchezza il loro governo Combatte- rono e morirono per la sua difesa, cioè per la causa deiremancipazione della classe operaia, per un avvenire migliore di tutti i lavoratori. Abbandonata dai suoi alleati della vigilia e priva di qualsiasi ap- poggio, la Comune era destinata alla disfatta. Tutta la borghesia fran- cese, tutti i grandi proprietari fondiari, tutti gli uomini della Borsa, tutti i fabbricanti, tutti i ladri grandi e piccoli, tutti gli sfruttatoti, IN MEMORIA della comune 125 si unirono contro di essa. Questa coalizione borghese, sostenuta da Bismarck (che liberò 100.000 prigionieri di guerra francesi per sotto- mettere Parigi rivoluzionaria), riuscì a sollevare i contadini ignoranti e la piccola borghesia provinciale contro il proletariato di Parigi e a chiuderne la metà in un cerchio di ferrò (l'altra metà era bloccata dall’armata tedesca). In qualche grande città della Francia (Marsiglia, Lione, Saint-Etienne, Digione, ecc.) gli operai tentarono anch’essi di prendere il potere, di proclamare la Comune e di correre in aiuto di Parigi, ma i loro tentativi ■fallirono rapidamente. E Parigi che, prima, aveva levato lo stendardo dell'insurrezione proletaria, ridotta alle sole sue forze, si trovò votata alla catastrofe inevitabile. Due condizioni, almeno, sono necessarie perché una rivoluzione sociale possa trionfare: il livello elevato delle forze produttive e la preparazione del proletariato. Nel 1871, queste due condizioni manca- vano. II capitalismo francese era ancora poco sviluppato, e la Francia era ancora un paese prevalentemente piccolo-borghese (di artigiani, contadini, piccoli commercianti, ecc.). D’altra parte, non esisteva un partito operaio, la classe operaia non era né preparata né lungamente addestrata e, nella sua massa, non aveva un’idea chiara dei suoi com- piti e dei mezzi per assolverli. Non esistevano né una buona organiz- zazione politica del proletariato, né grandi sindacati, né associazioni cooperative... Ma, soprattutto, la Comune non ebbe il tempo, la libertà di orien- tarsi, e di dar principio alla realizzazione del suo programma. Non aveva ancora potuto mettersi aH’opera, e già il governo che sedeva a Versailles, appoggiato da tutta la borghesia, apriva le ostilità contro Parigi. La Comune dovette, prima di tutto, pensare a difendersi. E fino ai suoi ultimi giorni, che vanno dal 21 al 28 maggio, essa non ebbe il tempo di pensare seriamente ad altro. Del resto, malgrado le condizioni cosi sfavorevoli, malgrado la brevità della sua esistenza, la Comune riuscì a adottare qualche misura che caratterizza sufficientemente il suo vero significato e i suoi scopi. Essa sostituì l'esercito permanente, strumento cieco delle classi do- minanti, con rarmamento generale del popolo, proclamò là separazione della Chiesa dallo Stato, soppresse il bilancio dei culti (cioè .lo sti- pendio statale ai preti), diede all'istruzione pubblica un carattere pura- mente laico, arrecando un grave colpo ai gendarmi- in sottana nera. 126 LENIN Nel campo puramente sociale, essa potè far poco; ma questo poco dimostra con sufficiente chiarezza il. suo carattere di governo del po- polo, di governo degli operai. Il lavoro notturno nelle panetterie fu proibito; il sistema delle multe, questo furto legalizzato a danno degli operai, fu abolito; infine, la Comune promulgò il famoso decreto in virtù del quale tutte le officine, fabbriche e opifici abbandonati o lasciati inattivi dai loro proprietari venivano rimessi a cooperative operaie per la ripresa della produzione. Per accentuare il suo carattere realmente democratico e proletario, la Comune decretò che lo stipendio di tutti i suoi funzionari e dei membri del governo non potesse sor- passare il salario normale degli operai e in nessun caso superare i 6000 franchi all’anno (meno di 200 rubli al mese). Tutte queste misure dimostrano abbastanza chiaramente che la Comune costituiva un pericolo mortale per il vecchio mondo fondato sull'asservimento e sullo sfruttamento. Perciò, finché la bandiera rossa del proletariato sventolava sul Palazzo comunale di Parigi, la borghe- sia non poteva dormire sonni tranquilli. E quando, infine, le forze governative organizzate riuscirono ad avere il sopravvento sulle forze male organizzate della rivoluzione, i generali bonapartisti, sconfitti dai tedeschi, ma valorosi contro i compatrioti vinti, questi Rennenkampf e Mòller-Zakomelski francesi compirono una carneficina quale Parigi non aveva mai visto. Circa 30.000 parigini furono massacrati dalla soldataglia scatenata, circa 45.000 furono arrestati; di questi, ultimi molti furono uccisi in seguito; a migliaia furono gettati in carcere e de- portati. In complesso, Parigi perdé circa 100.000 dei suoi figli, e fra essi i migliori operai di tutti i mestieri. La borghesia era soddisfatta. « Ora il socialismo è finito per molto tempo », diceva il suo capo, il mostriciattolo sanguinario Thiers, dopo il bagno di sangue che egli e i suoi generali avevano fatto subire al proletariato parigino. Ma i corvi borghesi gracchiavano a torto. Sei anni circa dopo lo schiacciamento della Comune, quando molti dei suoi combattenti gemevano ancora nella galera e nell’esilio, il movimento operaio rinasceva in Francia. La nuova generazione socialista, arricchita dall’esperienza dei suoi predecessori, e per nulla scoraggiata per la loro sconfitta, impugnava la bandiera caduta dalle mani dei combat- tenti della Comune e la portava avanti con mano ferma e coraggiosa al grido di «Evviva la rivoluzione sociale! Evviva la Comune! ». Due- IN MEMORIA DELLA COMUNE 127 quattro anni piu tardi il nuovo partito operaio e l'agitazione che esso scatenava nel paese obbligavano le classi dominanti a restituire la libertà ai comunardi rimasti nelle mani del governo. Il ricordo dei combattenti della Comune è venerato non solo dagli operai francesi, ma dal proletariato di tutti i paesi. Perché la Comune non combatte per una causa puramente locale o strettamente nazionale, ma per l'emancipazione di tutta l'umanità lavoratrice, di tutti i diseredati e di tutti gli offesi. Combattente avanzata della rivoluzione sociale, la Comune si è guadagnata le simpatie dovunque il proletariato soffre e combatte. Il quadro della sua vita e della sua morte, la visione del governo operaio che prese e conservò per oltre due mesi la capitale del mondo, lo spettacolo della lotta eroica del proletariato e delle sue sofferenze dopo la sconfitta, tutto questo ha rinvigorito il morale di milioni di operai, ha risvegliato le loro spe- ranze, ha conquistato le loro simpatie al socialismo. Il rombo dei cannoni di Parigi ha svegliato dal sonno profondo gli strati sociali piu arretrati del proletariato e ha dato ovunque nuovo impulso allo sviluppo della propaganda rivoluzionaria socialista. Ecco perché l'opera della Comune non è morta; essa rivive in ciascuno di noi. La causa della Comune è la causa della rivoluzione socialista, la causa dell'integrale emancipazione politica ed economica dei lavo- ratori, è la causa del proletariato mondiale. In questo senso essa è immortale. Kabociaia Gazieta, n. 4-5. 15 (28) aprile 1911. LA STRUTTURA SOCIALE DEL POTERE, LE PROSPETTIVE E IL LIQUIDATORISMO Le questioni elencate nel titolo, in ordine d’importan 2 a, occupano se non il primo, uno dei primi posti nel complesso di idee del mar* xista il quale desidera orientarsi nella realtà che lo circonda. Il periodo 1908-1910 rappresenta indubbiamente qualche cosa di originale. La struttura sociale della società e del potere è caratterizzata da muta- menti che bisogna mettere in chiaro, senza di che non si può fare neppure un passo in nessun campo dell'attività sociale. Dalla spiega- zione di questi mutamenti dipende la questione delle prospettive, intendendo per prospettive non certo le congetture su ciò che nessuno sa, ma quelle tendenze fondamentali dello sviluppo economico e poli- tico la cui risultante determina il prossimo avvenire del paese, e che definiscono i compiti, la direzione e il carattere dell'attività di ogni elemento sociale attivo e cosciente. Ma quest'ultima questione, la questione dei compiti, della direzione e del carattere dell'attività è legata nel modo piu stretto con quella del liquidatorismo. Non v'è perciò da meravigliarsi se i marxisti, fin dal 1908, quando divenne chiaro — o stava per divenir chiaro — che dinanzi a noi si apriva un periodo nuovo e originale della storia russa, posero all'ordine del giorno proprio le questioni concernenti la struttura sociale del potere, le prospettive e il liquidatorismo, e, mostrandole unite da un indissolubile legame, le sottoposero a una discussione metodica. Dopo, essi non si limitarono alla discussione — il che sarebbe stato solo fare della letteratura nel peggior senso della parola, e sarebbe stato possi- bile soltanto per un circolo di discussioni fra intellettuali incoscienti della loro responsabilità e incuranti della politica — , ma diedero ai risultati della discussione una formulazione precisa, tale che avrebbe LA STRUTTURA SOCIALE DEL POTERE 129 potuto servire di guida non soltanto per un iscritto a un determinato circolo letterario comunque legato a una certa categoria di intellet- tuali, ma per ogni rappresentante cosciente della classe che considera il marxismo come la propria ideologia. Alla fine del 1908 questo lavoro necessario era finito. Quali siano i risultati piu importanti di questo lavoro, Pho già detto nel n. 2 della nostra rivista. Mi permetto di citarne qualche riga per rendere piu chiaro il seguito dell’esposizione. « Lo sviluppo del regime statale russo negli ultimi tre secoli ci dimostra che esso è andato mutando il suo carattere di classe in una direzione determinata. La monarchia del secolo XVII, con la sua Duma dei boiari, non rassomiglia alla monarchia nobiliare-burocratica del secolo XVIII. La monarchia della prima metà del XIX secolo non è quella che sarà poi la monarchia degli anni 1861-1904. Nel 1908-1910 si è net- tamente delineato un nuovo periodo, che segna un altro passo avanti nella stessa direzione, che si può chiamare direzione della monarchia borghese. Sono strettamente legate con questo passo tanto la III Du- ma quanto la nostra attuale politica agraria. Il nuovo periodo non è quindi un fatto casuale, ma è un momento originale nelPevoluzione ca- pitalistica del paese. Pur senza risolvere i vecchi problemi, senz'essere in grado di risolverli, e quindi senza eliminarli , questo nuovo periodo richiede Papplicazione di nuovi metodi di preparazione alla vecchia soluzione dei vecchi problemi » (n. 2, p. 43). E qualche riga più* sotto: « Coloro che negano (o non comprendono),., che davanti a noi stanno vecchi problemi e che noi andiamo incontro alla loro vecchia soluzione, abbandonano di fatto le posizioni marxiste e sono di fatto prigionieri dei liberali (come Potresov, Levitski, ecc.) » (p. 44) a9 . Nessuno, probabilmente, qualunque sia il suo atteggiamento di fronte alle idee espresse in queste tesi, potrà negare il legame stret- tissimo e l’interdipendenza delle singole parti di questa valutazione dei presente periodo. Prendete, ad esempio, il decreto del 9 novembre 1906 (legge del 14 giugno 1910) 40 . È assolutamente indiscutibile che esp ha un carattere borghese chiaramente espresso, poiché rappresenta una svolta di principio nella politica agraria già da molto tempo condotta dagli « strati dirigenti » verso Vobstcina e verso il possesso fondiario comunitario. Ma neppure degli uomini senza principi e obbe- dienti al più leggero soffio di vento, neppure i cadetti sono ancora 130 LENIN riusciti ad affermare che questa svolta, in linea di principio, abbia risolto la questione, abbia già creato le nuove basi delleconomia capi- talistico-contadina, abbia già eliminato i vecchi problemi. Il nesso della legge del 14 giugno 1910 con il sistema delle elezioni alla ITI Duma e con la composizione sociale di questa è evidente: senza l’unione del potere centrale con i grandi proprietari fondiari feudali (impieghiamo questo termine comune a tutta Europa, non troppo preciso), e con gli alti strati della borghesia commerciale-industriale, questa legge non sarebbe stata possibile e non sarebbe stato possibile prendere tutta una serie di misure per la sua applicazione. Dunque, siamo giunti ad un momento peculiare di tutta l’evoluzione capitalistica del paese. Ma questo momento elimina forse la conservazione « del potere e dei redditi » — in senso sociologico — dei proprietari fondiari di tipo feudale? No, non 1’elimina. I mutamenti avvenuti in questo, come in tutti gli altri campi, non eliminano i caratteri fondamentali del vecchio regime, dei vecchi rapporti reciproci delle forze sociali. Il com- pito. fondamentale del militante politico cosciente è dunque di tener conto di questi nuovi cambiamenti, « utilizzarli », afferrarli — se cosi si può dire — e nello stesso tempo non abbandonarsi passiva- mente alla corrente, non gettar via il vecchio bagaglio, ma conservarne l’essenziale, non solo nella teoria, nel programma e nei principi della politica, ma nelle varie forme della propria attività. Quale atteggiamento hanno preso verso questa risposta alle « que- stioni maledette », verso questa aperta e chiara esposizione di opinioni ben determinate quei « capi ideologici » che si raggruppano intorno al Vozrozdenie , alla Gizn t al Dielo Gizni , alla Nascia Zarià , ecc., e cioè i signori Potresov e Martov, Dan e Axelrod, Levitski e Martynov? Essi si sono comportati non come uomini politici, non come « capi ideologici », non come pubblicisti responsabili, non come letterati aven- ti una funzione ben definita, ma come intellettuali da circolo, come franchi tiratori appartenenti a liberi gruppi della confraternita di co- loro che scrivono. E da persone le quali sanno apprezzare la moca e lo spirito dei tempi, che regnano nei salotti liberali, essi hanno in- dulgentemente sorriso di questa pretesa invecchiata, trapassata, stra- na, di dare risposte precise alle questioni maledette. Perché questa precisione, quando si può scrivere su ciò che piace, dove piace, quanto piace, come piace, quando i signori Miliukov e i signori Struve danno LA STRUTTURA SOCIALE DEL POTERE 131 esempi brillanti di tutti i vantaggi, convenienze e privilegi che si ottengono evitando le risposte dirette, l’esposizione precisa delle pro- prie opinioni, le precise professìons de foi , ecc., quando Ivan lo Smemorato (e specialmente quell’Ivan che non ama ricordare la passa- ta precisione) gode nei piu larghi circoli della « società » la fama di persona onorata e stimabile? Cosi, per tre anni consecutivi, questa compagnia letteraria non ha compiuto il benché minimo tentativo di contrapporre la sua risposta precisa alle « questioni maledette ». Traslati e vuote ipotesi quante ne volete, ma nessuna risposta diretta. Il tratto distintivo, caratte- ristico della suddetta compagnia era Tamore per l 'imprecisione, era, cioè, proprio il sintomo specifico, preciso e non ambiguo, il quale era considerato, fin da quando si dava una risposta aperta alle questioni maledette, come un elemento costitutivo della concezione del liqui- datorismo : Vagare senza direzione seguendo la corrente, intenerirsi per la propria imprecisione, « fare una croce » su ciò che è in con- trasto con l’imprecisione presente: ecco uno dei tratti fondamentali del liquidatorismo. Sempre e dappertutto, gli opportunisti si lasciano passivamente trascinare dalla corrente, si accontentano di risposte « caso per caso », da un congresso (sul l’alcool ismo) all’altro (sulle fabbriche) 4I , si accontentano della formazione ora di questa ora di quell’associazione (anche se affatto degna e utile: sindacale, di consumo, culturale, antialcoolica, ecc.). Il liquidatorismo è il complesso delle tendenze — proprie di ogni opportunismo in generale — che si manifestano in forma definita e concreta in uno dei periodi della storia russa, in una delle nostre correnti politico-sociali. Dei liquidatori la storia ha conservato soltanto due giudizi pre- cisi circa la succitata « risposta diretta » (alle domande maledette). Primo giudizio: bisognerebbe sostituire l’aggettivo borghese con l’ag- gettivo plutocratico. Questa sostituzione sarebbe completamente sba- gliata. Nel periodo 1861-1904, nei piu diversi campi della vita, consta- tiamo che l'influenza della plutocrazia aumenta e anche, non rara- mente, che essa è preponderante. Nel periodo 1908-1910 vediamo come, a differenza della « plutocrazia », la borghesia, conscia di essere una classe, istruita dagli insegnamenti che il triennio precedente aveva offerto alla sua autocoscienza di classe, crea un’ideologia fondamene talmente ostile al socialismo (e non al socialismo europeo» al socia- 132 LENIN lismo in generale, ma precisamente al socialismo russo) e alla demo- crazia. Non basta. La borghesia è organizzata su scala nazionale, e cioè appunto come una classe, una certa parte della quale è perma- nentemente rappresentata (e in modo influente) alla III Duma. Infine, anche nella politica agraria degli anni 1908-1910 vi è un sistema che implica un piano definito di regime agrario borghese. Fino ad oggi, certo, questo piano « non è stato varato », ma questo scacco è lo scacco di uno dei sistemi borghesi mentre la plutocrazia nella cam- pagna riporta un indubbio « successo »: in altre parole, la plutocra- zia rurale è certamente avvantaggiata dalla politica agraria degli anni 1908-1910, ma Tordinamento borghese, al quale si sacrificano tante vittime, non riesce ancora « a sentirsi in casa sua ». In una parola, la proposta del termine « plutocratico » è infelice da tutti i punti di vista, ed è talmente infelice che gli stessi liquidatori, a quanto pare, preferiscono dimenticarla. Altro giudizio: la risposta succitata non è giusta perché implica il seguente consiglio: « andate dove già una volta... » 42 siete stati messi in scacco. Questa breve, ma energica opinione è preziosa perché mette bene in rilievo il bilancio di tutte le manifestazioni letterarie dei liquidatori, cominciando dall’ Obstcestvennoie Dvigenie di Potre- sov, per finire col signor Levitski nella Nascia Zarià. Il contenuto di questo giudizio è puramente negativo; si limita a condannare la tendenza ad « andare là » senza dare nessuna indicazione positiva sul dove bisogna « andare ». Nuotate come si nuota, come « tutti » nuotano; non stiamo a teorizzare su dove ciò porta e deve portare, perché non ne vale proprio la pena, Ebbene, per quanto grande sia il desiderio degli opportunisti di non essere molestati da nessuna generalizzazione, di evitare i « poco piacevoli « discorsi sulla risposta categorica alle « questioni maledet- te », ciò è impossibile. Cacciate la natura dalla porta, ed essa rientrerà dalla finestra. L’ironia della storia ha voluto che quegli stessi liquidatori, che amano chiamarsi uomini « di avanguardia, immuni dal conservato- rismo », e che nel 1908 arricciavano sdegnosamente il naso dinanzi alle dimostrazioni della necessità di una categorica risposta, circa un arino e mezzo dopo y nell’estate del 1910, fossero costretti a tener conto di quelle dimostrazioni. E vi sono stati costretti dagli avvenimenti pro- dottisi nel loro proprio campo. Avevano completamente eluso la ri- LA STRUTTURA SOCIALE DEL POTERE 133 sposta categorica richiesta da qualche « ambiente pernicioso », sprege- vole, sopravvissuto a se stesso, senza vita, inutile, nefasto e, dopo un anno e mezzo, ecco sorgere improvvisamente, fra gli stessi liquidatori, una « corrente » che esige e dà arditamente una risposta categorica! La parte delP« ardito » fu interpretata, com’era prevedibile, da Iu. Larin, ma, questa volta, egli non fu più solo. Larin è, com’è noto, Yenfant terrible delPopportunismo. Si distingue per un enorme difetto dal punto di vista degli opportunisti, in quanto considera con serietà, sincerità e riflessione le tendenze che si manifestano fra loro e si studia di legarle in un tutto, di meditarle fino in fondo, di dare delle risposte categoriche e di trarne le conclusioni pratiche. Chi conosce il libro di Larin su un largo partito operaio — il libro è stato pubblicato tre 0 quattro anni fa — ricorda, certamente, che egli soffocò con i suoi caldi abbracci la famosa idea di un congresso operaio, lanciata da Axelrod. Nel marzo 1910 Larin cominciò a stampare una serie di articoli nel Vozrozdenie, specialmente sulla questione della struttura sociale del potere, sulle prospettive e sul liquidatorismo. A lui si unì Piletski. Entrambi, affrontando con l’ardore dei neofiti i problemi a cui, nel proprio campo, i liquidatori avevano inutilmente cercato una risposta categorica, picchiarono con tutta la loro energia. È inutile parlare del- l’esistenza della servitù della gleba nella Russia contemporanea; il potere è già rinato come potere borghese. « Tanto il “primo” quanto il “se- condo” elemento — dice Larin, mettendo in luce il famoso « terzo ele- mento » — possono dormire tranquillamente: Tottobre 1905 non è all’ordine del giorno » ( Vozrozdenie , n. 9-10, p. 20). « Se avessero abo- lito la Duma, Pavrebbero restaurata ancor piu rapidamente delPAustria postrivoluzionaria che abolì la Costituzione nel 1851 per riadottarla nel 1860, cioè, dopo nove anni e senza nessuna rivoluzione, obbedendo semplicemente agli interessi della parte più influente delle classi do- minanti, che aveva ricostruito la sua economia su una base capitali- stica. In seguito, la lotta fra i diversi strati delle classi dominanti, dopo il consolidamento di un regime sociale basato su rapporti borghesi, costrinse queste classi — da noi, come dappertutto — a estendere 1 limiti del diritto elettorale...» { Vozrozdenie , n. 9-10, p. 26). «Il processo di unificazione della Russia col mondo capitalistico... giunge a conclusione anche nel campo politico. Questa conclusione è l’impos- 134 LENIN sibilità di un movimento rivoluzionario di tutto il popolo come quello del 1905, nella fase che noi attraversiamo» (p. 27). « E poiché il potere non è dunque » (secondo le conclusioni di Larin) << ‘"quasi completamente’ nelle mani dei proprietari fondiari feudali, la lotta “dei capitalisti rurali e industriali” contro i feudali per il potere non può trasformarsi in una lotta di tutto il popolo contro il potere esistente » (n. 11, p. 9)... «Tracciare la propria linea tattica contando su di un prossimo “risveglio nazionale”, significherebbe votarsi ad un’inutile attesa » (ivi, p. 11). «Non si può tenere il piede in due staffe. Se nulla è cambiato nel carattere sociale del potere, anche i compiti e le forme di attività debbono restare invariati, e non c’è che da “lottare contro i liquidatori”. Chi vuole andar oltre, costruire il nuovo , sostituendo, prolungando e magnificando ciò che è vecchio ed è crollato e diventato inservibile, sia coerente e si renda ben conto delle condizioni in cui si costruisce » (ivi, p. 14). Non è dunque ingenuo questo Larin? Chiede che gli opportunisti siano « coerenti » e « non tengano il piede in due staffe! ». La redazione del V otrozdenie ha perduto la bussola. Nel n. 9-10 annuncia il dissenso con Larin, parla della « freschezza d’idee » (di Larin), ma — soggiunge — « gli articoli di Larin non ci hanno con- vinto ». Contro Larin, nel n. 11 della rivista, scende in campo — mani- festamente in nome della redazione — V. Mirov il quale riconosce che Larin e Piletski « impersonano una corrente determinata, la quale è ancora pòco approfondita teoricamente, ma parla un linguaggio molto chiaro » (e questo è il maggior difetto, dal punto di vista degli oppor- tunisti!). «Larin ha toccato di sfuggita — scrive il signor Mirov — e in modo del tutto inatteso » (rie! quest’irrequieto Larin, col suo « linguaggio molto chiaro » dà sempre dispiaceri ai suoi amici) « anche l’altra questione del liquidatorismo. A noi pare che non vi sia nessuno stretto legame tra le forme della struttura del partito e la natura del governo russo e ci riserviamo il diritto di parlarne a parte» (p. 22, 7 luglio 1910). A nome di questo « noi », Martov aveva già « parlato al singo- lare » nel n. 1 della Gizn (30 agosto 1910), affermando di « non poter far altro che schierarsi » (p. 4) con Mirov e con la redazione contro Larin. Cosicché, in questa discussione fra i liquidatori, L. Martov ha detto Tultima parola. LA STRUTTURA SOCIALE DEL POTERE 135 Esaminiamo dunque [‘ultima parola del liquidatorismo. Martov comincia, come sempre, con molta energia e... « abilità ». Esordisce dicendo che « subito dopo il colpo di Stato del 3 giugno, da noi si è cominciato a cercare accuratamente la borghesia al potere o borghesia dominante ». « Il regime del 3 giugno è il regime del do- minio della borghesia commerciale e industriale russa. Anche questo schema fu accettato dal soprammenzionato gruppo di scrittori mensce- vichi (Larin, Piletski) e dai suoi opposti, i bolscevichi ortodossi i quali nel 1908 » scrissero « sulla nascita di una monarchia borghese in Russia » Non è forse una perla di « abilità »? Larin rimprovera a Martov di tenere il piede in due staffe, riconoscendo francamente, senza fur- berie, che bisogna lottare contro i liquidatori se non si formula in modo nuovo la risposta alle questioni malette data dagli « ortodossi ». Ma Martov fa un’« abile » piroetta e si studia di assicurare i lettori (i quali, nell’agosto 1910, non avevano possibilità alcuna di sentire l’altra campana) che « questo schema » è « stato concordemente accettato » tanto da Larin quanto dagli « ortodossi »!! Questa è abilità alla Burenin o alla Menscikov 43 poiché un più impudente... oltraggio alla verità non è neppure immaginabile. « Di solito, nelle polemiche letterarie, si dimentica chi propria- mente “ha cominciato” » — dice, fra l’altro, Martov nello stesso gior- nale. Questo avviene, è vero, nelle polemiche fra letterati , quando non si tratta di elaborare una risposta precisa e categorica a domande maledette. Ma noi, appunto , non abbiamo a che fare né con dei let- terati , né con una « pura polemica letteraria », e Martov, che induce in errore i lettori della Gizn , lo sa magnificamente, sicuramente, inequivo- cabilmente. Egli sa benissimo che gli « ortodossi » hanno dato una risposta concreta e l’banno difesa. Sa benissimo che Larin lotta pro- prio contro questa risposta e la chiama « rigido stampo », « costru- zione di castelli in aria », ecc. Sa benissimo che egli stesso, i suoi col- leghi e tutti coloro che la pensano come lui hanno respinto la risposta precisa data dagli « ortodossi ». Sa benissimo « chi, propriamente, ha cominciato »; chi ha cominciato (ed ha finito) l’elaborazione di una risposta precisa e chi si è limitato a sorridere e a esprimere un dissenso, senza aver dato e senza dare nessuna risposta. Non si può immaginare manovra più rivoltante e più in mala 136 LENIN fede di questa di L. Martov! Larin, con la sua sincerità e con la sua onestà, ha dolorosamente colpito i diplomatici del liquidatorismo, rico- noscendo (sia pure dopo un anno e mezzo) che non si può eludere una risposta precisa. La verità salta agli occhi. E L. Martov tenta di in- gannare il lettore, presentando le cose come se Larin avesse « lo stesso schema » degli ortodossi, quantunque, in realtà, i due schemi siano contrapposti : dallo schema di Larin risulta la giustificazione del liquida- torismo, dallo schema degli « ortodossi » risulta la condanna del liqui- datorismo. Per nascondere la sua manovra, Martov strappa dallo « schema » una parolina snaturandone il contesto (sistema che Burenin e Mensci- kov hanno portato alla massima perfezione). Gli ortodossi, afferma Martov, hanno parlato della « nascita di una monarchia borghese in Russia », Larin scrive che non c'è neanche da parlare di feudalesimo in Russia dove esiste già un potere borghese: « per conseguenza », lo schema di Larin e quello degli ortodossi « sono eguali»!! Il giuoco di prestigio è finito. Il lettore che crede a Martov è mistificato. In verità lo « schema » o, meglio, la risposta degli ortodossi dice che in Russia il vecchio potere « fa ancora un passo sulla via della sua trasformazione in monarchia borghese », e precisamente su quella via dello sviluppo capitalistico che « conserverebbe il potere e le rendite dei proprietari fondiari precisamente di tipo feudale »; e che a causa di questa situazione i « fattori fondamentali della vita economica e po- litica, i quali hanno provocato » la prima crisi all’inizio del secolo XX, « continuano ad agire », Larin dice: il potere è già borghese, perciò soltanto i fautori dello « stampo rigido » parlano della « conservazione del potere » ai feuda- li, perciò i « fattori fondamentali » dell’ascesa precedente non conti- nuano piu ad agire, perciò bisogna creare qualche cosa di nuovo « in sostituzione di ciò che è vecchio e che è divenuto inservibile ». Gli « ortodossi » dicono: il potere fa ancora un passo sulla via della sMa trasformazione, non in un potere borghese in generale, ma in una monarchia borghese; cosicché il potere reale resta nelle mani dei feudali, i ■« fattori fondamentali » delle precedenti tendenze, del precedente tipo di evoluzione « continuano ad agire », e coloro che parlano di ciò che è « vecchio e divenuto inservibile » sono dei liqui- datori, prigionieri, di fatto, dei liberali. LA STRUTTURA SOCIALE DEL POTERE 137 Il carattere opposto dei due schemi, delle due risposte è chiaro. Abbiamo davanti a noi due differenti risposte complete , che portano a conclusioni differenti. Martov fa dei giuochi di prestigio alla Burenin, invocando il fatto che entrambe le risposte parlano della « nascita della monarchia bor- ghese ». Si potrebbe dunque a buon diritto affermare che entrambe le risposte ammettono la continuazione dello sviluppo capitalistico della Russia. Stilla base del riconoscimento generale (da parte di tutti i mar- xisti e di chiunque desideri esser marxista) dello sviluppo capitalistico, se ne discutono il livello, la forma, le condizioni. E Martov cambia le carte per spacciare come argomento della discussione ciò che è indi- scutibile. Sulla base del riconoscimento generale (da parte di tutti i marxisti e di chiunque desideri esser marxista) dell’evoluzione del vecchio potere sulla via della trasformazione in monarchia borghese si discute sul grado, la forma, le condizioni, il corso di questa trasforma- zione. E Martov cambia le carte (continuano ad agire i fattori di prima? è ammissibile la rinunzia alle vecchie forme? ecc.), per spacciare come argomento della discussione ciò che è indiscutibile. Che in Russia, nei secoli XIX e XX, il potere evolva in generale « sulla via della sua trasformazione in monarchia borghese », non è ne- gato da Larin, come non è stato finora negato da nessun uomo pensante che voglia essere marxista. La proposta di sostituire all’aggettivo: bor- ghese, la parola: plutocratico, è una valutazione falsa del grado di tra- sformazione, ma in linea di principio non giunge a contestare che la « via » effettiva, la via deH’evoluzione reale, consista proprio in questa trasformazione. Si provi dunque, Martov, a sostenere che la monarchia del 1861-1904 (e cioè, indubbiamente, una monarchia meno capitali- stica di quella contemporanea) non rappresenta, in rapporto all’epoca di Nicola I, all’epoca della servitù della gleba, uno dei passi « sulla via della sua trasformazione in monarchia borghese »! Martov non solo non tenta di sostenerlo, ma, al contrario, « si unisce » a V. Mirov, il quale, per rispondere a Larin, invoca precisa- mente il carattere borghese delle riforme di Witte e anche delle ri- forme degli anni sessanta! Il lettore giudichi ora l’« abilità » di Mirov e di Martov. Prima ripetono contro Larin gli argomenti che gli « ortodossi » impiegavano un anno e mezzo fa contro i piu prossimi amici, sostenitori e colleghi 138 LENIN di Martov e di Mirov, e poi affermano al lettore che lo « schema » di Larin e quello degli « ortodossi » sono uguali. Questo non è soltanto un esempio di letteratura in contrasto con la politica (poiché la politica esige delle risposte precise e catego- riche, mentre i letterati si limitano spesso ai discorsi approssimativi), ma è anche un esempio di letteratura che discende fino a commettere azioni alla Burenin. Alla sopraccitata affermazione di Larin che « se nulla è cambiato... non c’è che da lottare contro i liquidatori », Martov risponde: « Fino ad oggi pensavamo che i nostri compiti fossero determinati dalla struttura della società nella quale operiamo e che le forme della nostra attività fossero determinate, in primo luogo, da questi compiti e, in secondo luogo, dalle condizioni politiche. Perciò “la natura sociale del potere” non ha alcun rapporto diretto [il corsivo è di Martov] con la definizione dei nostri compiti e delle forme della nostra attività ». Questa non è una risposta, ma una frase vuota ed evasiva. Martov tenta nuovamente di ingarbugliare la questione, di portare la discus- sione fuori del suo terreno. Non si tratta di stabilire se la natura so- ciale del potere è legata direttamente o indirettamente con i compiti e con le forme di attività. Anche se questo legame fosse indiretto, la questione resterebbe immutata, una volta ammesso che il legame è stretto e indissolubile. E Martov non si decide a dire neppure una parola contro l’ammissione di un legame stretto e indissolubile. Il suo richiamo alle « condizioni politiche » è polvere negli occhi del lettore. Contrapporre « la natura sociale del potere » alle « condizioni politi- che » è insensato come contrapporre le soprascarpe alle galosce fabbri- cate dagli uomini. Le galosce sono appunto soprascarpe! E non esistono altr? galosce all’infuori di quelle fabbricate dagli uomini. Natura del potere significa appunto: condizioni politiche. E non esiste altra na- tura del potere, all’infuori di quella sociale. Il risultato è che Martov « ha parlato » intorno alla questione e ha evitato la risposta a Larin. L’ha evitata perché non aveva niente da rispondere. Larin ha perfettamente ragione quando dice che lopi- nione sul « carattere sociale del potere » (o, per essere piu precisi, sulla sua natura economica) è strettamente e indissolubilmente legata alle LA STRUTTURA SOCIALE DEL POTERE 139 idee « sui compiti e sulle forme di attività ». E tanto Larin quanto gli « ortodossi » hanno compreso e rispettato questo legame. Martov e i suoi soci non hanno opinioni coordinate. Ecco perché Martov è co- stretto a sfuggire e a limitarsi a cose generiche. Ascoltate che cosa dice più avanti: « Fra questi menscevichi [Martov cita, come esempio , Kogan, Obraxo- vatiie, 1907] si è manifestata, più o meno chiaramente, l’idea di una “in- tegrazione' 1 graduale e, per cosi dire, organica della classe operaia in quel “paese legale” *, il quale ha ricevuto un embrione di un regime costituzionale; l’idea di una graduale estensione dei privilegi del 3 giugno dalla borghesia [e non «plutocrazia»? eh?] a larghi circoli della democrazia. Se questa fosse effettivamente la base dei principi deirattuale “liquidatorismo” tra virgolette o del “legalitarismo” contemporaneo, avremmo davanti a noi l'ef- fettiva liquidazione delle nostre tradizioni, Peffettivo legalitarismo elevato a dignità di principio, un distacco, in linea di principio, da tutto il nostro passato. Contro questo liquida torismo avremmo dovuto condurre una lotta seria: siamo forse destinati a vedere dei riformisti striscianti in un rinnovato regime di Tolmaciov? ». E qui giunge l'osservazione di Martov: « Natural- mente [!!], io non sospetto che Larin abbia delle tendenze riformiste ». Questa lunga citazione ci è stata necessaria per mostrare al lettore la « maniera » di Martov in tutta la sua concretezza. Martov riconosce che il riformismo « si manifesta più o meno chiaramente » in Kogan (menscevico che collabora regolarmente con Martov in « lavori > di re- sponsabilità). Egli riconosce che se il riformismo fosse la base dei principi del liquidatorismo, questo sarebbe un « distacco dal passato ». Egli lancia una frase sonora, chiassosa, una frase ad effetto contro i « riformisti striscianti », ecc. E finisce... — indovinate! — affermando di « non sospettare » naturalmente che Larin abbia delle « tendenze » riformiste !! Questo è in tutto e per tutto un discorso degno di Eduard * Questo gallicismo che a me pare estremamence infelice non è forse com- prensibile per tutti i lettori. « Paese legale » è la traduzione letterale dell'espres- sione francese « pays légal » che designa le classi, i gruppi, i ceti della popola- zione i quali hanno una rappresentanza al parlamento e, a differenza delle masse popolari, hanno dei privilegi costituzionali. Per valutare le oscillazioni di Martov è caratteristico, fra l’altro-, questo fatto: egli non vuol ammettere che la Russia, negli anni 1908-1910, ha fatto « un altro passo sulla via della sua trasfor- mazione in monarchia borghese », ma riconosce che la borghesia (e non la « plu- tocrazia ») ha « ricevuto » il 3 giugno 1907 « un embrione di regime costituzionale ». Capisca chi può! 140 LENIN Bernstein, di Jean Jaurès o di Ramsay MacDonald, i quali « ricono- scono » tutti che in qualche elemento « estremo » « si manifesta »... al- cunché di cattivo: riformismo, liberalismo. Riconoscono tutti che, se il liberalismo fosse la « base dei principi » della loro politica, ciò sarebbe « un distacco dal passato ». Lanciano tutti delle frasi sonore, chias- sose, ad effetto contro i « liberali che strisciano », ecc. E finiscono tutti... affermando di « non sospettare » che nei Larin... pardon, nei piu sinceri, nei piu « destri » dei loro compagni, fautori, amici, col- leghi, collaboratori, esistano delle tendenze borghesi-liberali. Ma il nocciolo della questione sta proprio nel fatto che Larin, negli articoli citati, ha esposto un « sistema » di opinioni del più in- contestabile, del più genuino riformismo! Negarlo, vuol dire mettersi contro Pevidenza, vuol dire togliere ogni senso alla nozione di rifor- mismo. Ma se cominciate a « confutare » Larin, a « condannare » il riformismo « di principio », a lanciare delle frasi sonore contro gli individui « striscianti » e, in pari tempo, ad affermare risolutamente di non « sospettare » che Larin sia un riformista, non fate altro che smascherarvi completamente. Con ciò dimostrate pienamente che invocate la vostra « ostilità » di principio contro il « riformismo di principio », cosi come il bottegaio accompagna le sue dichiarazioni col giuramento: « Credete, quant e vero dio, costa di più a me ». Credete, quante vero dio, condanno il riformismo di principio, ma non « sospetto » che Larin sia un riformista (sono veramente nau- seanti questi sospettosi « ortodossi »!) e sono completamente d’accordo con lui nella pratica liquidatrice. . Tale è la « formula sviluppata » dell’attuale opportunismo russo. Ed ecco in che modo lo stesso Martov applica questa formula che gl’ingenui (o chi non capisce la profondità del nuovo raggruppamen- to) considerano tuttora come « sinceramente » non liquidatrice: « La tattica che si esprime nell’attività dei cosiddetti “liquidatori” — scrive Martov (pp. 9-10) — è una tattica che mette al centro il movimento operaio legale, che tende ad estenderlo in tutte le direzioni possibili e che cerca nelVinterno [sottolineato da Martov] di questo movimento operaio legale, e soltanto là » (notate: e soltanto là!) « gli elementi per la rinascita della vita del partito ». Cosi dice L. Martov. E questo è riformismo strisciante nel rin- novato regime di Tolmaciov. Ho preso dallo stesso Martov questa pa- LA STRUTTURA SOCIALE DEL POTERE 141 rola sottolineata, « strisciante », giacché è importante che egli, Martov, di fatto , nelle righe ora citate predichi proprio il riformismo strisciante. Accompagnate pure questo sermone con tutte le invettive e tutte le maledizioni contro il « riformismo di principio », il fatto non cambia. E invero quando si dice: « e soltanto là », quando si dice*. « al centro », Martov segue proprio (nella speciale situazione russa degli anni 1908- 1910) la linea riformista, e i giuramenti, le promesse, le assicurazioni sono buoni per i neonati in politica. « Le discussioni tra Marx e Willich-Schapper dopo il 1850 vertevano ap- punto sulla questione deirimportanza delle società segrete e della possibilità di dirigere, per mezzo di esse , la lotta politica... I blanquisti (in Francia, negli anni sessanta) “si preparavano v a questi avvenimenti (al crollo del bona- partismo), creando delle società segrete ed imbottigliando in esse degli operai isolati; ma la sezione francese dei marxisti... andava nelle organizzazioni ope- raie, le organizzava, lottava con tutti i mezzi per la legalità... ». Questi due esempi non fanno proprio al caso nostro. Fra Marx e Willich negli anni cinquanta, fra i blanquisti e i marxisti negli anni ses- santa, la discussione non verteva affatto sulla questione se si debbano cercare « gli elementi per la rinascita della vita del partito » « soltanto » nelle organizzazioni « pacifiche, tollerate » (Martov, p. 10, n. 1 della Gizn). Martov lo sa benissimo e invano tenta di ingannare il lettore. Am- bedue queste discussioni si svolsero non sulla « rinascita » del partito operaio, giacché non si poteva discutere allora sulla rinascita di ciò che fino a quel momento non era neppure esistito. Ambedue le discus- sioni vertevano invece sulla questione se, in generale, sia necessario un partito operaio basato sul movimento operaio, un partito dì classe. Ecco precisamente che cosa negavano tanto Willich quanto i blanquisti degli anni 60; Martov lo sa benissimo e tenta invano con discorsi su ciò che oggi è indiscutibile di nascondere ciò che oggi è discutibile. Non solo negli anni cinquanta e sessanta Marx non accettò mai il punto di vista che gli elementi della rinascita o per la rinascita della vita del partito debbano esser cercati « soltanto » nelle organizzazioni pacifiche e tollerate, ma anche alla fine degli anni settanta , quando il capitalismo e la monarchia borghese avevano raggiunto un grado di sviluppo im- mensamente piu elevato, Marx ed Engels mossero una guerra implaca- bile agli opportunisti tedeschi, i quali liquidavano il non lontano pas- sato della « vita del partito » tedesco, si dolevano degli « estremismi », 142 LENIN parlavano di forme « più civili » del movimento (« europeizzazione » nel linguaggio dei liquidatori russi contemporanei), sostenevano l’idea che bisogna « cercare gli elementi della rinascita », ecc. « soltanto » nelle organizzazioni pacifiche e tollerate. « Riassumo — scrive Martov. — Come fondamento teorico e giustifi- cazione politica di ciò che fanno presentemente i menscevichi restati fedeli al marxismo, è pienamente sufficiente il fatto che il regime contemporaneo rappresenta la contraddittoria combinazione interna dell’assolutismo con il costituzionalismo e che, al pari degli operai dei paesi “occidentali” più progrediti, la classe operaia russa è già matura per colpire questo regime nel tallone d’Achille delle sue contraddizioni ». Queste parole di Martov («pienamente sufficiente ») sono piena- mente sufficienti anche a noi per fare il nostro riassunto. Martov ritiene « pienamente sufficiente » ciò che i cadetti e una parte degli ottobristi ammettono. Appunto la Riec , nel gennaio 1911, ha posto la questione cosi come Martov proponeva di porla nell’agosto 1910: la combinazione contraddittoria del costituzionalismo con l’anticostituzionalismo; due campi: per la Costituzione e contro la Costituzione. Per Martov è « pie- namente sufficiente » ciò che è pienamente sufficiente per la Riec. Qui non c’è più neanche Tombra del marxismo. Qui il marxismo è stato completamente capovolto e sostituito con il liberalismo. In nessun caso per un marxista è « sufficiente » che da noi esista una « combinazione contraddittoria ». Il marxismo comincia dove comincia la coscienza, la comprensione dell’insufficienza di questa constatazione la quale racchiu- de in sé una goccia di verità e un barile di menzogna, maschera la profondità delle contraddizioni, imbelletta la realtà, respinge i soli mezzi possibili per uscire dalla situazione. « La combinazione contraddittoria » del vecchio regime con il co- stituzionalismo non esiste soltanto nella Russia contemporanea, ma an- che nella Germania e perfino nelPInghilterra contemporanee (la Camera dei lords; l’indipendenza della Corona dai rappresentanti del popolo nelle questioni di politica estera, ecc.). Domandiamo: qual è in realtà (e cioè indipendentemente dai buoni auguri e dai discorsi ben inten- zionati) la posizione deiruomo politico il quale dichiari « pienamente sufficiente », per un russo, ammettere ciò che è giusto sia in rapporto alla Germania che in rapporto all’Inghilterra? Un siffatto uomo politico ha. in realtà . una posizione liberale , cadetta. Neppure un democratico LA STRUTTURA SOCIALE DEL POTERE 143 borghese, per quanto poco coerente, non può avere e non ha da noi una posizione simile. Uultima parola di Martov, la sua formula conclu- siva che riassume tutta la discussione dei liquidatori, esprime con esau- riente completezza, con perfetta precisione, con ammirevole chiarezza opinioni liberali , presentate sotto una bandiera pseudomarxista. Quando i liberali — e non soltanto i cadetti, ma anche parte degli ottobristi — dicono: come fondamento teorico e giustificazione poli- tica è pienamente sufficiente ammettere la contraddizione interna deh l’unione del vecchio regime con il costituzionalismo, essi sono perfetta- mente fedeli a se stessi. Con queste parole, essi offrono una formula liberale effettivamente precisa, la formula della politica liberale degli anni 1908-1910 (se non degli anni 1906-1910). Il marxista manifesta il proprio marxismo solamente quando ed in quanto svela l'insufficien- za e la falsità di questa formula la quale trascura ciò che è specifico e che fa una distinzione di principio, fondamentale, tra le « contraddi- zioni » russe e quelle inglesi e tedesche. « È pienamente sufficiente ammettere che, da noi, il costituzionalismo è in contraddizione con molte cose », dice il liberale. « Quest’ammissione è assolutamente in- sufficiente — risponde il marxista. — È indispensabile ^renderci conto che non esiste una base necessaria, elementare, fondamentale, cardi- nale, essenziale, per il costituzionalismo in generale. L’errore fondamen- tale del liberalismo consiste nell’affermare che questa base esiste quando non esiste, e quest’errore spiega l’impotenza del liberalismo ed è spie- gato dall’impotenza deirottimismo borghese ». Traducendo in linguaggio economico questa antinomia politica si può formularla cosi: il liberale parte dalla premessa che la via dello sviluppo economico (capitalistico) sia già segnata, determinata, com- piuta, e che si tratti di sgomberare questa via dagli ostacoli e dalle con- traddizioni. Il marxista parte dalla premessa che questa data via di sviluppo capitalistico non porti fuori dal vicolo cieco nonostante certi indubbi progressi borghesi dell’evoluzione economica, come il 9 no- vembre 1906 (o il 14 giugno 1910), come la III Duma, ecc., e che vi sia un'altra via ancb'essa dì sviluppo capitalistico, via che porta sulla strada maestra, via che bisogna additare, che bisogna chiarire, preparare, far prevalere, introdurre nella vita, nonostante tutte le oscillazioni, tutta la sfiducia e lo scoraggiamento del liberalismo. Con Larin. Martov polemizza come se fosse molto « piu a sinistra » 144 LENIN E molti ingenui abboccano alPamo e dicono; certo, Potresov, Levit&ki, Larin sono dei liquidatori, certo appartengono all'estrema destra, sono i nostri Rouanet, ma Martov, eh, Martov, non è un liquidatore! Ma, di fatto, le frasi ad effetto di Martov contro Larin, contro i riformisti striscianti sono soltanto un orpello, poiché nelle conclusioni , nelle ultime parole, nel riassunto, Martov sostiene precisamente Larin. Martov non è affatto « piu a sinistra » di Larin; è semplicemente piu diplomatico, senza principi, e si nasconde più astutamente dietro gli stracci vario- pinti di parolette pseudo« marxiste ». La conclusione di Martov, secondo cui « è pienamente sufficiente » ammettere la combinazione contraddit- toria, è precisamente la conferma del liquida torismo (e del liberalismo) che Larin richiede. Ma Larin vuole giustificare questa conclusione, di- mostrarla, meditarla fino in fondo, farne un principio. E Martov dice a Larin, come Vollmar, Auer e le altre « vecchie volpi » dell’opportu- nismo dicevano al giovane opportunista Eduard Bernstein: « Caro Larin,.. pardon, caro Edo, tu sei un asino! Bisogna farlo ma non bisogna dirlo ». « Caro Larin, per noi e per voi è “pienamente sufficiente 1 ’ la pratica liquidatrice, è “pienamente sufficiente 1 l’ammissione liberale della contraddizione del vecchio regime con il costituzionalismo, ma — per amor di dio — non andate più avanti, non “ approfondite”, non cercate l’integrità e la chiarezza dei principi, non date apprezzamenti sul “momento attuale' 1 , altrimenti smaschererete noi e voi. Certe cose si fanno ma non si dicono ». Martov insegna a Larin ad essere opportunista. Non si può tenere il piede in due staffe, dice Larin a Martov, chiedendo la giustificazione e la spiegazione dei principi di quel liqui- datorismo che è caro ad entrambi. Ma allora, che razza di opportunista siete — risponde Martov — se non riuscite a tenere il piede in due staffe? Che razza di opportu- nista siete se pretendete di dare alla pratica una giustificazione di prin- cipio precisa, aperta e chiara? Un buon opportunista deve proprio tenere il piede in due staffe, difendere la « tattica-processo » (ricordate Martynov e Kricevski nel periodo del 1901), nuotare seguendo la cor- rente, cancellando le tracce, evitando ogni questione di principio. Bern- stein sa bene, oggi (dopo le lezioni di Vollmar, Auer ed altri), come essere revisionista senza proporre mutamenti all’ortodossa profession de foi di Erfurt 4 \ E noi e voi dobbiamo saper fare i liquidatori, senza LA STRUTTURA SOCIALE DEL POTERE 145 proporre nessuna modificazione della formale risposta ortodossa (1908) alle « questioni maledette » del momento attuale 45 . Per essere un buon opportunista, caro il mio Larin, bisogna essere strisciante nei fatti, in pratica, nel carattere del proprio lavoro, ma a parole, davanti al pub- blico, nei discorsi, nella stampa, non solo non si debbono cercare delle teorie che giustifichino lo strisciare , ma, al contrario, si deve gridare ancora piu forte contro coloro che strisciano ed affermare e giurare con ancora maggior vigore che noi non strisciamo. Larin ha taciuto. In fondo all’anima, egli, evidentemente, non può non riconoscere che Martov è un diplomatico piu abile, un opportunista piu sottile. - La formula conclusiva di Martov dev’essere esaminata ancora da un altro lato: è « pienamente sufficiente » riconoscere il carattere con- traddittorio della combinazione del vecchio regime con il costituziona- lismo. Comparate questa formula con la famosa formula di Levitski: « Non egemonia, ma partito di classe » (N ascia Zarià , n. 7). In questa formula Levitski (il Larin della Nascia Zarià) fu soltanto piu franco, piu sincero, piu conseguente nell’esprimere ciò che Potresov aveva con- fuso, velato, coperto con le sue reboanti parole, epurando e modificando, sotto Pinflusso degli ultimatum di Plekhanov, il suo articolo contro l’egemonia. La formula di Martov e quella di Levitski sono le due facce della stessa medaglia. Questa circostanza sarà spiegata, per quanto riguarda Martov, il quale finge di non capire i legami che corrono tra l’idea del- l’egemonia e la questione del liquidatorismo, in un prossimo articolo. P. S. Il presente articolo era già in tipografia, quando abbiamo ricevuto il n. 2 del Dielo Gizni con la fine dell’articolo Fianco destr , dietro front , di I. Larin. Il riformismo, del quale Martov « non so- spetta certo » l’esistenza in I. Larin, è esposto da quest’ultimo nella nuova rivista dei liquidatori con la chiarezza di prima. Limitiamoci per ora a citare Yessenza del programma riformista: « Uno stato di smarrimento e d’incertezza in cui non si sa neppure che cosa prevedere per l’indomani nc quali compiti porsi: ecco che cosa signi- ficano gli stati d’animo d’incertezza, d'attesa, di vaghe speranze in un possi- bile ripetersi della rivoluzione, e il quietarsi in un “si vedrà’’. Il compito attuale non consiste nella sterile attesa del bel tempo, ma nel far penetrare 146 LENIN in ampi circoli di dirigenti l’idea centrale che, nel nuovo periodo storico iniziatosi nella vita russa, la classe operaia deve organizzarsi non “per la rivoluzione”, non “in attesa della rivoluzione”, ma semplicemente per la salda e sistematica difesa dei propri interessi particolari in tutti i campi della vita; per unire e educare le proprie forze in questa attività multiforme e complessa; per educare e accumulare cosi una coscienza socialista in gene- rale; per acquistare, in particolare, la capacità di orientarsi — e difendersi! — nei complicati rapporti reciproci delle classi sociali della Russia durante il suo prossimo rinnovamento costituzionale, che seguirà allautoesaurimento della reazione feudale, inevitabile dal punto di vista economico » (p. 18). Questa tirata esprime esattamente tutto lo spirito e tutto il senso del « programma » di Larin e di tutti gli scritti liquidatori della N ascia Zarià , del Vozrozdeme , del Dielo Gizni , ecc., nonché dell’espressione di L. Martov « pienamente sufficiente » che noi abbiamo analizzata. Questa tirata esprime il piu completo ed il piu puro riformismo. Non possiamo ora soffermarci su di essa; non possiamo analizzarla qui parti- colareggiatamente come meriterebbe. Limitiamoci perciò a una breve os- servazione. I cadetti di sinistra, i socialisti senza partito, i democratici piccolo-borghesi (del genere dei socialisti popolari) e i riformisti — fra coloro che vogliono essere marxisti — predicano agli operai questo pro- gramma: raccogliete le vostre forze, educatevi, istruitevi, difendete semplicemente i vostri interessi, per sapere difendere voi stessi durante il prossimo rinnovamento costituzionale. Un simile programma mutila, restringe, castra i compiti politici della classe operaia negli anni 1908- 1911 cosi come «gli economisti » li castrarono negli anni 1896-1901, I vecchi economisti, ingannando se stessi e gli altri, solevano invocare il Belgio (la preponderanza del riformismo nel Belgio è stata recente- mente chiarita dagli eccellenti lavori di De Man e di De Brouckère sui quali ritorneremo); i neoeconomisti, cioè i liquidatori, amano invocare la conquista pacifica della Costituzione in Austria nel 1867- E tanto i vecchi economisti quanto i nostri liquidatori, citando casi, episodi della storia del movimento operaio e della democrazia dell’Europa, scelgono i momenti in cui gli operai, per una ragione o per l’altra, erano deboli, incoscienti, soggetti alla borghesia e li offrono come esempi per la Rus- sia. Economisti e liquidatori sono i veicoli dell’influenza borghese sul proletariato Mysli n. 4, marzo 1911. Firmato: V Tlin. NOTE POLEMICHE Nel n. 2 della Nascìa Zarià il signor B. Bogdanov, nell articolo Bilancio del congresso dell artigianato, cosi formula le sue conclusioni: « Tendenza a romperla con la vecchia clandestinità e ad entrare in un periodo di attività sociale e politica veramente aperta: ecco il nuovo che caratterizza anche il piu recente periodo del nostro movimento operaio » (p. 73). « In un momento in cui la vita sociale si inasprisce, alla vigilia delle elezioni suppletive a Mosca, delle elezioni generali per la IV Duma, si avverte con particolare acuità la mancanza dell’influenza della parte poli- ticamente organizzata del proletariato. Tutto il lavoro svolto negli ultimi anni dagli operai organizzati procede sulla via della rinascita di questa forza politica autonoma. E tutti i partecipanti a questo movimento — coscien- temente o involontariamente — divengono fiduciari del partito del prole- tariato che sta rinascendo. E il compito della sua parte organizzata non è tanto quello di forzare questo movimento, di dargli una forma precisa e di stabilirlo prematuramente, quanto quello di agire nella direzione del suo sviluppo, di conferirgli l’ampiezza piu grande possibile, attirandovi le piu vaste masse possibili e rompendo energicamente con l’inerzia della clande- stinità, con il suo ambiente che stordisce» (pp. 74-75). Finora simili strida sull’ambiente che « stordisce » e tali grida iste- riche e appelli a « rompere » con questo ambiente li avevamo uditi solo dai giornali del tipo del Novoie Vremia e magari dagli scritti di irosi rinnegati del liberalismo del tipo del signor Struve e soci. Finora la stampa politica piu o meno seria e onesta si era attenuta a una regola: quella di non attaccare da un determinato palcoscenico ciò che non si poteva difendere da quello stesso palcoscenico. Tuttavia è ormai il secondo anno che la compagnia dei liquidatori, alla quale appartengono i signori B. Bogdanov, Levitski, Potresov, ecc., « supera » con successo questo pregiudizio democratico invecchiato, scegliendo sistematicamen- 148 LENIN te, per i propri appelli a « rompere energicamente », ecc., proprio pal- coscenici, e soltanto quelli, sui quali ai liquidatori è assicurato, per questo problema, il monopolio. Non ci resta che registrare questa guerra « corazzata » contro l’« ambiente che stordisce » e inchiodare i belli- cosi alla gogna. I signori B. Bogdanov, Levitski, Potresov travisano la realtà quan- do si richiamano alla tendenza degli operai ad agire apertamente e traggono la loro conclusione sulla tendenza degli operai a -rompere con l f « ambiente che stordisce ». Per travisare contano sul fatto che noi, gli avversari del liquidatorismo, non possiamo raccontare i fatti, noti a questi signori B. Bogdanov e attestanti V indignazione degli operai che in vari congressi parlano apertamente contro gli intellettuali che propon- gono di « rompere ». AH’inizio di quest’anno gli operai tendono altret- tanto energicamente — sia detto a loro grande onore — a un’attività politica aperta quanto, per esempio, alPinizio del 1905, ma né allora né oggi essi sono insorti contro Y« ambiente che stordisce », hanno voluto e vogliono « rompere » con quest’ultimo. Della tendenza a « rompere energicamente » sarà giusto parlare solo come della tenden- za degli intellettuali che si trasformano in rinnegati. Voglia infatti il lettore riflettere bene sul seguente fatto. Un grup- po di letterati parla insistentemente — specialmente dal gennaio del- l’anno scorso — di « tendenza a romperla col vecchio » e « ad entrare in un periodo di attività politica veramente aperta ». Questo gruppo ha pubblicato, durante il solo periodo indicato, piu di 20 numeri delle sue riviste (Nascia Zarià , V ozrozdenie y Gizn, Dielo Gizni\ senza parlare dei singoli libri, opuscoli e articoli apparsi in giornali non aventi ca- rattere specificatamente liquidatore. Si domanda: ma come è potuto accadere che dei letterati che. hanno cosi energicamente lavorato nel campo della pubblicistica, e che parlano con tanta convinzione della ne- cessità di « romperla energicamente col passato » e di « entrare in un periodo di attività politica veramente aperta », non si siano finora essi stessi decisi, non abbiano avuto il coraggio, nell’ambito del loro grup- po , di « romperla energicamente » col « vecchio » e di « entrare in un periodo di attività politica veramente aperta », con un programma, una piattaforma, una tattica che « rompano energicamente » con l’« am- biente che stordisce »? Che commedia, che ipocrisia è mai questa? Parlare di « rinascita NOTE POLEMICHE 149 della forza politica », scagliarsi, inoltre, contro P« ambiente che stor- disce », chiedere la rottura col vecchio, predicare un’« attività politi- ca veramente aperta », e nello stesso tempo non mutare nessun pro- gramma, nessuna piattaforma, nessuna tattica, nessuna organizzazione di questo « vecchio »! Perché nei nostri legalitari, desiderosi di essere marxisti, non c’è nemmeno l’onestà politica che ce nei signori Pesce- khonov e negli altri pubblicisti del Russkoie Bogatstvo, che già molto prima (dagli anni 1905-1906) discorrevano sul tema dell’ambiente che stordisce e della necessità di « entrare in un periodo di lotta politica veramente aperta » e facevano quel che dicevano , di fatto « rompe- vano energicamente col vecchio » e agivano presentando realmente un programma, una piattaforma, una tattica, un’organizzazione « aperte »? L’onestà in politica è dovuta alla forza, l’ipocrisia è dovuta alla debolezza. I signori Pescekhonov e soci sono forti tra i populisti e quindi agiscono realmente « in modo aperto ». I signori B. Bogdanov, Levitski, Potresov e soci sono deboli tra i marxisti, incontrano a ogni passo una resistenza da parte degli operai coscienti, e quindi ricorrono all’ipocrisia, si nascondono, non osano agire apertamente presentando il programma e la tattica di un’« attività politica veramente aperta ». I signori Pescekhonov e soci sono tanto forti tra i populisti che trasportano la loro merce sotto la propria bandiera. I signori B. Bog- danov, Levitski, Potresov, Martov sono tanto deboli tra i marxisti che sono costretti a trasportare la propria merce sotto una bandiera altrui. In una rivistucola per intellettuali (la Nascia Zarià) essi fanno i bravi e gridano: niente « gerarchia », « rompere energicamente col vecchio », « entrare in un periodo di attività politica veramente aperta ». Ma da- vanti agli operai il nostro liquidatore agisce secondo il proverbio; « di fronte al valoroso ci si fa pecora ». Davanti agli operai i nostri eroi, che salutano con entusiasmo P« attività politica aperta », agiscono precisamente in maniera non aper- ta , senza proporre nessun programma, nessuna tattica, organizzazione aperti. Di qui la saggia diplomazia di colui che fa il «bilancio» del congresso deH’artigianato, il signor B. Bogdanov, che consiglia di « non forzare » il movimento verso un’attività politica veramente aperta, di non « dargli una forma precisa prematuramente ». Pare che il signor B. Bogdanov si sia provato a dar una forma precisa ai suoi piani liqui- datori davanti agli operai, ma che si sia scottato. L’intellettuale che si 150 LENIN trasforma in rinnegato ha incontrato resistenza tra gli operai, che anche nei loro errori procedono piu rettamente, esigono una risposta franca (« romperla col vecchio? ma parlate apertamente e onestamente del vostro nuovo»!). E il signor B. Bogdanov, come la volpe di Krylov, si consola: Tuva è acerba! Non bisogna dare una forma precisa pre- maturamente; rompere, si, col vecchio, ma rompere in modo che tra gli operai si possa sventolare la bandiera di questo vecchio; non aver fretta col nuovo Direte: questo significa tenere il piede in due staffe. Ma proprio in ciò consiste il fondo di ogni opportunismo. Proprio in ciò si mani- festa la natura dell’odierno intellettuale borghese che giuoca al marxi- smo. Il signor Struve giocò al marxismo negli anni 1894-1898. I signo- ri B. Bogdanov, Levitski, Potresov giocano al marxismo negli anni 1908-1911. Gli « economisti » di allora e i liquidatori dei nostri giorni sono i veicoli di una stessa e unica influenza borghese sul pro- letariato. Mysl, n. 4, marzo 1911. IL SIGNIFICATO DI UNA CRISI La famigerata crisi ministeriale e politica, della quale tanto hanno scritto e scrivono i giornali, solleva questioni piu profonde di quanto non pensino i liberali, che strepitano più che mai. Si dice: la crisi pone il problema della violazione della Costituzione. In effetti, però, la crisi pone il problema dell’idea sbagliata che gli ottobristi e i cadetti si fanno della Costituzione, del profondo errore in cui cadono a questo riguardo entrambi i partiti. Quanto più ampiamente quest’errore si diffonde, tanto più insistentemente è necessario chiarirlo. Quanto più i cadetti si sforzano, approfittando del trambusto suscitato dalle loro accuse contro l’ottobrismo, di far passare idee sbagliate sul preteso carattere « costituzionale » della crisi, idee comuni agli ottobristi e ai cadetti, tanto più è importante spiegare questa comunanza che ora si rivela. Ricorderemo i recenti ragionamenti della Riec e delle Russkie Vie- domosti sulla parola d'ordine delle elezioni per la IV Duma. Per la Costituzione o contro di essa: cosi si porrà e già si pone la questione, assicuravano i due principali organi cadetti. Vedete i ragionamenti degli ottobristi. Ecco un articolo caratte- ristico del signor Gromoboi nel Golos Moskvy (del 30 marzo): Il for- micaio messo a soqquadro. Il pubblicista ottobrista vuol convincere quei difensori del signor Stolypin, a suo avviso in buona fede, che * hanno paura di passare all’opposizione », dimostrando che « fanno dei passi sbagliati ». « Per i costituzionalisti — esclama il signor Gromoboi — il peccato di violazione della Costituzione è tanto grave che nessun 152 LENIN altro peso potrà bilanciarlo ». Che cosa si può dire sul merito della cosa? domanda il signor Gromoboi; è risponde: « Ancora una volta fucile a miccia, nazionalismo, impulsi volitivi, neces- sità di Stato? ahimè, tutto questo Tabbiamo già sentito; abbiamo sentito anche promesse che poi non si sono avverate ». La politica di Stolypin è stata per gli ottobristi un’allettante «promessa » (come per gli scrittori dei Viekhi , che avevano compreso più a fondo ed espresso con la massima chiarezza lo spirito del cadet- tismo). La « promessa », per ammissione degli ottobristi, non si è avverata. Che cosa ciò significa? In realtà la politica di Stolypin è stata non una promessa, ma la realtà politica ed economica dell ultimo quadriennio (se non deUultimo quinquennio) della vita russa. E il 3 giugno 1907 e il 9 novembre 1906 (4 giugno 1910) non sono state una promessa, ma una realtà. I rappresentanti della grande proprietà fondiaria nobiliare e delle alte sfere del capitale industriale e commerciale, organizzati su scala nazio- nale, hanno tradotto in pratica, attuato questa realtà. E se ora la voce del capitale ottobrista, moscovita (e quindi anche di tutta la Russia) dice; « non si è avverata », si tirano con ciò le somme di un determi- nato periodo della storia politica, di un determinato sistema di tenta- tivi di « avverare » le esigenze dell’epoca, le esigenze dello sviluppo capitalistico della Russia mediante la III Duma, mediante la politica agraria di Stolypin, ecc. Con tutto Timpegno, con tutto lo zelo, senza risparmiare la vita e neppure la borsa, il capitale ottobrista ha dato man forte a questi tentativi e ora è costretto ad ammettere: non si è avverata. Non si tratta dunque in alcun modo di una violazione delle pro- messe, non si tratta di una « violazione della Costituzione » . — poiché è ridicolo separare il 14 marzo 1911 dal 3 giugno 1907 — ma dell’inat- tuabilità delle esigenze dell’epoca mediante ciò che gli ottobristi e i cadetti chiamano « Costituzione ». Queste esigenze dei tempi sono inattuabili mediante la « Costi- tuzione » che ha dato la maggioranza ai cadetti (I e II Duma), me, diante la « Costituzione » che ha fatto degli ottobristi il partito decisivo (III Duma). E se ora gli ottobristi dicono: « non si è avverata », il IL SIGNIFICATO DI UNA CRISI 153 significato di quest'ammissione, il significato della crisi che ha strap- pato quest’ammissione, consiste nel profondo, reiterato, definitivo fal- limento delle illusioni costituzionali tanto del cadettismo che del- l’ottobrismo. La democrazia ha scosso il vecchio. I cadetti, biasimandola per i suoi « eccessi », promettevano di realizzare il nuovo mediante una « Co- stituzione » pacifica. La promessa non si è avverata. Il signor Stolypin ha cominciato a realizzare il nuovo in modo tale che le forme mutate potessero consolidare il vecchio, che l’organizzazione dei « bisonti » feu- dali e dei pilastri del capitale consolidasse il vecchio, che la proprietà fondiaria privata creasse, al posto del ì'obstcina, un nuovo strato di di- fensori del vecchio. Per anni e anni gli ottobristi hanno lavorato, assie- me al signor Stolypin, per adempiere questo compito, « senz’essere mi- nacciati » dalla democrazia, temporaneamente soffocata. La promessa non si è avverata. Si sono avverate le parole di coloro che parlavano della vanità e del danno delle illusioni costituzionali in periodi di rapidi e radicali mutamenti come quello dell’inizio del secolo XX in Russia. Il triennio della III Duma ottobrista, della «Costituzione» otto- brista, della « pacifica ed amorosa convivenza » degli ottobristi con Stolypin non è trascorso senza lasciar tracce: lo sviluppo economico del paese ha fatto un passo avanti, si sono sviluppati, hanno dilagato, hanno mostrato il loro viso (e si sono esauriti) i partiti politici « di destra », tutti i partiti « di destra ». La politica agraria della IH Duma se rivelata praticamente in gran numero di villaggi e remote località di provincia della Russia, ha dato una scossa a fermenti stagnanti da secoli, ha brutalmente messo in luce e inasprito le contraddizioni esistenti, ha reso insolente il kulak e illuminato i suoi antipodi. Non è passata invano la III Duma. Non sono passate invano nemmeno le prime due Dume, che avevano offerto tanti promettenti, buoni, innocenti e impotenti auspici. Sotto Pinvolucro della crisi «costituzionale» del 1911 si è palesato un fallimento delle illusioni costituzionali degli anni 1906-1910 incomparabilmente più pro- fondo che in passato. Tanto i cadetti che gli ottobristi s’erano accordati, in sostanza, per basare la loro politica su queste illusioni. Erano le illusioni della bor- ghesia liberale, le illusioni del centro: la differenza tra centro-« sinistra » 154 LENIN (cadetti) e centro-« destra » (ottobristi) è irrilevante, poiché l’uno e l’al- tro, in forza delle condizioni oggettive, erano condannati al fallimento. Il vecchio è stato scosso. Il nuovo non è stato realizzato né dal centro- sinistra, né dal centro-destra. Chi realizzerà, e in che modo, questo inesorabile nuovo, storicamente inevitabile? È una questione aperta. Il significato della crisi « costituzionale » sta nel fatto che i padroni della situazione, gli ottobristi, hanno ammesso che questa questione è di nuovo « aperta », avendo sottoscritto che la promessa « non si è avverata » nonostante le loro speranze che erano, sembrava, le speranze più « solide », mercantescamente solide, affaristicamente sensate, mosco- vitamente modeste. Il significato della crisi « costituzionale » sta nel fatto che tutta la limitatezza, tutta la povertà, tutta l’impotenza della parola d’ordine lanciata dai cadetti (chi è per la Costituzione, chi è contro di essa) si sono rivelate attraverso l’esperienza dei signori ot- tobristi. La democrazia dimostra l’insufficienza di questa parola d’ordine, e l’ottobrismo ha confermato queste dimostrazioni mediante l’esperienza di un altro periodo della storia russa. I cadetti non riusciranno a farla tornare indietro, alle ingenue illusioni costituzionali di un tempo. « Gli ottobristi ortodossi — scrive il signor Gromoboi — sono nervosi, dichiarano di abbandonare l’Ufficio, non sanno che cosa fare dei loro compagni di costituzionalismo. Vane agitazioni. Occorre che essi siano tranquilli, coscienti che la verità è dalla loro parte e che questa verità è cosi elementare, cosi universalmente riconosciuta che per difenderla non occorrono dei Copernico e dei Galilei. Occorre che essi svolgano tranquillamente la loro opera: riconoscere come illegittime le azioni illegittime e respingere senz’altro, senza scendere a compro- messi di sorta, una legge illegittima ». Illusione, signor Gromoboi! « Dei Copernico e dei Galilei » non si potrà fare a meno. La vostra promessa « non si è avverata »; sarà impossibile fare a meno di essi. « ...Osservando tutto questo formicaio messo a soqquadro, bruli- cante — una stampa compiacente, oratori compiacenti, deputati com- piacenti [completate, signor Gromoboi: una borghesia compiacente, ser- vile] — si può soltanto, avendo compassione di essi per umanità, ricor- dare con dolcezza che non si può più servire P.A. Stolypin; si può solo strisciare ». TL SIGNIFICATO DI UNA CRISI 155 Ma P. A. Stolypin non è una persona singola, ma un tipo; non un isolato, ma è « tutt’uno » col Consiglio della nobiltà unificata. I si- gnori ottobristi hanno tentato di mettersi d'accordo con lui in maniera nuova, con la Duma, con la «Costituzione», con una politica borghese di rovina del Vobstcina alla Tolmaciov, e se questo tentativo non è riuscito, ciò non è affatto dipeso da Stolypin. «... Ma tutta la forza dei rappresentanti popolari sta nel loro le- game col popolo, e se essi [gli ottobristi di destra], col fatto stesso di un tale appoggio [dell’appoggio dato a Stolypin e alla sua violazione della Costituzione], perdono la “faccia”, quale sarà poi il loro valore? ». A che cosa ci siamo ridotti! Gli ottobristi parlano di « legame col popolo » come « forza dei rappresentanti popolari »! È ridicolo, natu- ralmente! Ma la cosa non è piu ridicola dei discorsi dei cadetti sul « legame col popolo », alla I e alla II Duma, accanto ai discorsi degli stessi cadetti, poniamo, contro i comitati locali della terra. Tali parole, ridicole sulla bocca dei cadetti e degli ottobristi, in sé e per sé non sono affatto ridicole, ma degne di nota. Ancora una volta esse espri- mono — contro il volere di chi ora le pronuncia — il fallimento delle illusioni costituzionali come utile prodotto della crisi « costituzionale ». Zviezdà, n 18, 16 aprile 1911. Firmato: V. Ilin. Ci' IL CONGRESSO DEL PARTITO SOCIALDEMOCRATICO INGLESE Le feste di Pasqua (16 aprile nuovo calendario) sono state utiliz- zate da molti partiti socialisti europei per organizzare i loro congressi: quello francese, quello belga, quello olandese (la sua parte opportuni- sta), quello socialdemocratico inglese, quello « operaio indipendente » inglese. Su .alcune questioni discusse dai congressi di questi ultimi due partiti intendiamo richiamare l’attenzione del lettore. Il trentesimo congresso annuale del Partito socialdemocratico in- glese (SDP) si è tenuto a Coventry. La questione piu interessante è stata quella « degli armamenti e della politica estera ». È noto che, in questi ultimi anni, sia in Inghilterra che in Germania ci si arma con straordinaria intensità. La concorrenza di questi paesi sul mercato mon- diale s’inasprisce sempre piu. Un conflitto militare si avvicina in ma- t niera sempre piu minacciosa. La stampa sciovinistica borghese dei due paesi getta in pasto alle masse popolari milioni e milioni di articoli in- fuocati, che aizzano contro il « nemico », gridano che il pericolo di un’« invasione tedesca » o di un « attacco inglese » è imminente, che è necessario armarsi a ritmo accelerato. I socialisti dellTnghil terra e della Germania, nonché della Francia (che l’Inghilterra sarebbe particolar- mente lieta di coinvolgere nel conflitto per avere un esercito continen- tale e terrestre contro la Germania), dedicano molta attenzione alla guerra che minaccia i loro paesi, lottando con tutte le forze contro lo sciovinismo borghese e contro gli armamenti, sforzandosi in tutti i modi di spiegare agli strati piu arretrati del proletariato e della piccola bor- ghesia quali disastri porta con sé la guerra, che gioverebbe unicamente agli interessi della borghesia. Una deplorevole eccezione tra i socialisti è stata offerta da alcuni capi in vista del Partito socialdemocratico inglese, e tra questi Hyndman. IL CONGRESSO DEL PARTITO SOCIALDEMOCRATICO INGLESE 157 Quest’ultimo se lasciato spaventare dalle grida della stampa borghese britannica sul « pericolo tedesco » ed è giunto a sostenere che l’Inghil- terra si trova nella necessità di armarsi per la propria difesa, che all'In- ghilterra è necessaria una flotta forte, che Guglielmo è la parte at- taccante» Per la verità, Hvndman ha incontrato resistenza, e una forte resi- stenza, in seno allo stesso partito socialdemocratico. Una serie di riso- luzioni dei gruppi locali s’è decisamente pronunciata contro di lui. Il congresso — o, impiegando l’espressione inglese, che non cor- risponde come significato a quella russa, la « conferenza » — di Co- ventry ha dovuto decidere la questione controversa. Un punto di vista nettamente ostile a ogni sciovinismo veniva avanzato dalla risoluzione del gruppo di Hackney (circoscrizione nord-orientale di Londra). Nel suo resoconto del congresso la Just ice , organo centrale del partito socialdemocratico, riporta solo la fine di questa risoluzione (« lunga », si dice), la quale esige che si lotti risolutamente contro qualsiasi aumento degli armamenti, contro qualsiasi politica aggressiva coloniale e finan- ziaria. Zelda Kahan, che ha difeso questa risoluzione, ha sottolineato che proprio l’Inghilterra conduce da quarantanni una politica aggres- siva, che la Germania non avrebbe nulla da guadagnare dalla trasfor- mazione dell’Inghilterra in una sua provincia, che un pericolo simile non esiste. « La flotta inglese esiste per salvaguardare l’impero. Mai prima d’ora il partito socialdemocratico aveva commesso un errore cosi serio, cosi grave come oggi, quando si identifica il partirò con gli sciovinisti che minacciano la guerra; commettendo quest’errore ■ — diceva la Kahan — i socialdemocratici inglesi si sono posti fuori del movimento internazionale ». In difesa di Hyndman ha parlato tutto il CC («comitato esecu- tivo ») del partito, compreso — c’è da vergognarsi a dirlo — H. Quelch. L'« emendamento » da lui presentato diceva né più né meno che questo: « La conferenza considera oggi che lo scopo immediato è il manteni- mento di una flotta sufficiente [ adequate ] per la difesa nazionale»!... Accanto a ciò vengono ripetute, naturalmente, anche « le buone e vec- chie parole »: lotta contro la politica imperialistica, guerra contro il capitalismo, ecc. Ma tutto questo, s’intende, è avvelenato da un cuc- chiaio di pece : la frase borghesemente elusiva, e ad un tempo puramente borghese, sciovinistica, che riconosce la necessità di una flotta « suffi- 158 LENIN dente ». E questo nel 1911, quando il bilancio inglese per la marina ha mostrato in maniera piu chiara della luce del sole la tendenza a uno smisurato incremento; e ciò in un paese la cui flotta « difende e sal- vaguarda » F« impero », vale a dire anche l'India, dove quasi 300 mi- lioni di persone sono abbandonati alla rapina e alla violenza della buro- crazia inglese, dove gli uomini di Stato « illuminati » inglesi, del genere del liberale e « radicale » Morlev, deportano gli indigeni, li fustigano per delitti politici ! Con quali pietosi sofismi abbia dovuto operare Quelch si può vedere anche solo dai seguenti brani del suo discorso (in base al reso- conto della Justice , che difende Hyndman)!... «Se ammettiamo l'auto- nomia nazionale, dobbiamo avere una difesa nazionale, e questa difesa dev’essere sufficiente, altrimenti è inutile. Noi siamo nemici dell'impe- rialismo, poco importa se inglese o tedesco; le piccole nazionalità sog- gette al dominio della Prussia odiano il suo dispotismo, e le piccole nazioni da essa minacciate guardano alla flotta britannica e alla social- democrazia tedesca come alla loro unica speranza... ». Ecco con quale rapidità rotolano in basso le persone che sono finite sul piano inclinato dell’opportunismo' La flotta britannica, che contribuisce ad asservire l’India (nazionalità non tanto « piccola », in- vero), viene spacciata, accanto alla socialdemocrazia tedesca, per uno strumento di difesa della libertà dei popoli... Aveva ragione Z. Kahan, quando affermava che mai prima d’ora la socialdemocrazia inglese s'era coperta di tanta vergogna. Mai s’era manifestato tanto chiaramente il suo carattere settario, già da tempo rilevato e condannato da Engels 46 , quanto in questa facilità , persino di persone del genere di Quelch, nel passare a fianco degli sciovinisti. Nella votazione i suffragi si sono divisi a metà: 28 in favore del « comitato esecutivo » e 28 contro. Per riportare la loro triste vittoria, Hyndman e Quelch sono dovuti ricorrere alla votazione per gruppi. Quest’ultima ha dato loro 47 voti contro 33. Nel partito socialdemocratico vi sono state persone che hanno levato la piu risoluta voce di protesta contro lo sciovinismo esistente nelle sue file, vi è stata una fortissima minoranza per una lotta seria. Nel « Partito operaio indipendente » le cose vanno peggio: in esso l'opportunismo non è una cosa rara. I socialisti e gli operai debbono o no sostenere gli armamenti? Il problema viene discusso con tutta IL CONGRESSO DEL PARTITO SOCIALDEMOCRATICO INGLESE 139 tranquillità in articoli « di discussione » dell’organo ufficiale del partito The Labour Leader (n. 16, 21 aprile 1911). Il corrispondente londinese del V onu'àrts ha rilevato giustamente che la miglior critica della posizione del partito socialdemocratico è stata un articolo del Daily Mail , giornale ultrasciovinistico dove si esalta la saggezza dei capi socialdemocratici. « È confortante vedere — cosi comincia l’articolo del giornale sciovinistico inglese — che, per quanto possano essere assurde certe idee del partito socialdemocratico del nostro paese, per quanto possano essere impossibili certi suoi ideali, esiste perlomeno una questione., una questione di seria importanza, nella quale esso si lascia guidare dalla ragione e dal buon senso ». Un fatto veramente confortante del congresso del « Partito operaio indipendente » di Birmingham è stato che dalle sue file sono echeggia- te voci di protesta ferme e risolute contro la politica opportunista, politica di dipendenza dai liberali, condotta da questo partito in gene- rale e in particolare dal suo capo, Ramsav MacDonald. In risposta ai rimproveri Secondo cui i deputati operai parlano poco di socialismo alla Cameta dei comuni, R. MacDonald affermava, con virginale can- dore opportunista, che i « discorsi propagandistici » sono poco oppor- tuni in parlamento. « La grande funzione della Camera dei comuni — egli ha dichiarato — consiste nel trasformare in legislazione quel socia- lismo che noi predichiamo nel paese ». Della differenza esistente tra una riforma sociale borghese e il socialismo l’oratore s’è dimenticato! Egli è pronto ad attendersi il socialismo dal parlamento borghese... Léonard Hall ha rilevato nel suo discorso che « nel 1892 il parti- to operaio indipendente venne creato col precipuo scopo di screditare la politica della “Lega elettorale del lavoro" [“ Labour Electoral League"], che era una semplice ala del liberalismo, per lottare contro questa poli- tica e demolirla. Abbiamo sotterrato il cadavere [distruggendo questa Lega], ma lo spirito è evidentemente risorto nell’attuale “partito ope- raio”. Proprio la politica della Lega è stata svolta dal capo di questo partito nei suoi discorsi, lettere, libri » Un altro membro del partito operaio indipendente, il deputato George Lansbury, ha mosso un’aspra critica alla politica del gruppo « operaio » al parlamento per la sua dipendenza dai liberali, per la sua paura di « danneggiare » il governo liberale. « Piu di una volta — ha detto Lansbury — mi son sentito cosi confuso per la condotta dei de- 160 LENIN putati operai che ho pensato di rassegnare il mandato. I liberali si sfor- zano di tener costantemente impegnate le Camere con piccole questioni, e i deputati operai non sanno conquistarsi l’autonomia ». « Non conosco un caso — egli ha proseguito — in cui i liberali e i tories non abbia- no sollevato una qualche questione “impor tante'*, per rinviare la que- stione della miseria delle masse, della povertà. Io siedo alla Camera dei comuni e mi si affacciano alla mente gli esempi di operai, uomini e donne, che di giorno in giorno lavoravano fra i tuguri di Bow e Bromley [circoscrizioni di Londra, nelTEast End, quartieri della mi- seria] per mandarmi al parlamento. Essi hanno lavorato e mi hanno eletto perché pensavano che io non fossi simile ai liberali e ai tories. Essi mi hanno mandato perché sollevassi la questione della miseria, miseria, miseria... Io vi invito — diceva l’oratore, rivolto al congresso, — a costituire un forte partito alla Camera dei comuni, un partito a cui sia assolutamente estranea ogni arrendevolezza verso i liberali e i tories. Non dobbiamo risparmiare i liberali piu dei conservatori [to- ries], quando quelli agiscono male. Gli operai che faticano e stentano la vita non s’aspettano nulla né dai liberali né dai tories ; la loro unica speranza, la loro unica salvezza sono i loro stessi sforzi organizzati,.. Bisogna che dimostriamo agli operai dei tuguri londinesi che anche in parlamento siamo fedeli a ciò che diciamo fuori dal parlamento, e cioè che i liberali e i tories sono nemici del popolo e che il socialismo è la loro unica speranza ». Il discorso di Lansburv è stato interrotto da scrosci di applausi del congresso, che ha tributato all’oratore una vera ovazione quando ha finito di parlare. In Germania simili discorsi sono comuni. In Inghil- terra sono una novità. E quando cominciano a echeggiare questi discorsi, quando i delegati operai al congresso del « partito operaio indipen- dente » (molto spesso, purtroppo, indipendente dal socialismo, e dipen- dente dai liberali) li applaudono, siamo in diritto di concludere che lo spirito della lotta proletaria ha anche in Inghilterra la meglio sulla diplomazia dei parlamentari opportunisti del genere di MacDonald. (Questo MacDonald, sia detto tra parentesi, ha recentemente inviato ai riformisti italiani, in procinto di entrare nel ministero borghese, la espressione della sua completa simpatia e della sua avversione per la « arida teoria »). I discorsi di Hall, Lansbury e altri non hanno mutata la politica' IL CONGRESSO DEL PARTITO SOCIALDEMOCRATICO INGLESE 161 ■del « partito operaio indipendente ». Alla testa di questo partito è rimasto MacDonald, e la sua politica sarà opportunista come per il passato: le influenze borghesi sul proletariato sono forti, specialmente nei paesi democratici. Ma questi discorsi non passano senza lasciar traccia; essi scalzano l’influenza della borghesia e degli opportunisti. Quando gli inglesi avranno un giornale quotidiano (cosa a cui pensano con grande impegno entrambi i partiti), tali discorsi, e soltanto essi, troveranno accesso alla mente e al cuore degli operai. Oggi i liberali di tutti i paesi, compresa la Russia, esultano e ridono vedendo che nel movimento operaio inglese domina l’opportunismo. Ma « riderà bene chi riderà l’ultimo ». Zviezdà , n. 18, 16 aprile 1911. Firmato: V. Iiin. DIALOGO TRA UN LEGALITARIO E UN ANTILIQUIDATORE Legalitario. Mi sembra che l’estremo inasprimento, sulla stampa so- cialdemocratica, della lotta e delle dispute coi liquidatori abbia ecces- sivamente rinfocolato le passioni e alquanto offuscato il fondo del dissenso. Antiliquidatore. Non è forse Popposto? L’inasprimento della lotta non è forse stato provocato dalla profondità del dissenso ideologico? O siete passato anche voi al campo degli « esitanti » — altrimenti detti « conciliatori » — che si sfocano di colmare l’abisso con vuote frasi e chiassose banalità? Legalitario. Oh, no, non sono assolutamente propenso a « conci- liare ». Al contrario. Il mio pensiero è che i liquidatori sono scarsa- mente consapevoli e quindi scarsamente risoluti. Si trascinano tuttora a tentoni; si sviluppano, se cosi si può dire, spontaneamente; temono tuttora di approfondire i loro pensieri. Di qui la loro incoeren2a, confusione, instabilità, che gli avversari prendono per ipocrisia, per metodi di lotta truffaldini contro il partito illegale, ecc. Ne risulta una mischia, e il vasto pubblico, per il quale si svolge la disputa, cessa di capire di che cosa si tratti. Se tra i liquidatori ci fossero meno diplo- matici consumati ed essi avessero un po’ piu di fede in se stessi, dimo- strerebbero di aver ragione in maniera piu rapida e vi batterebbero su tutta la linea. Antiliquidatore . Il sogno è terribile, ma... sarebbe interessante sentire le vostre prove. Legalitario. I liquidatori, ne sono convinto, hanno ragione. Essi devono afferrare il nomignolo di legalitari che è stato lanciato contro DIALOGO TRA UN LEGALITARIO E UN ANTILIQUIDATORE 163 di loro. Lo afferreremo e faremo vedere che proprio i legalitari danno Tunica risposta giusta, dal punto di vista del marxismo, alle maledette questioni delTodierno movimento operaio in Russia. Ammettete o no che il periodo che stiamo attraversando rappresenta una tappa parti- colare dello sviluppo economico e politico della Russia? Antiliquidatore. Lo ammetto. Legalitario. Lo ammettete solo a parole, come le vostre famige- rate risoluzioni «di dicembre» {del 1908). A ben ponderarla, una tale ammissione significa che resistenza aperta, poniamo, di un gruppo socialdemocratico alla III Duma non è un fatto casuale, ma un ele- mento imprescindibile del « momento attuale ». L'insieme delle condi- zioni politiche del momento, Tinsieme delle condizioni del movimento operaio è tale che è possibile e necessario un gruppo socialdemocratico legale , aperto alla Duma, che è possibile e necessario un partito social- democratico operaio legale } aperto. Antiliquidatore. Non è forse arrischiato questo salto dal gruppo socialdemocratico alla Duma al partito socialdemocratico operaio? Legalitario. In nessun modo. Tutto si riduce al fatto che le forme d’esistenza della socialdemocrazia alla III Duma ci sono state date dalTesterno, non abbiamo avuto che da accettarle, da entrare, per cosi dire, in un edificio bell e pronto, mentre le forme d esistenza di un partito operaio legale dobbiamo trovarle noi stessi. Qui occorre inizia- tiva , lottare per forme nuove. Quelli che voi chiamate sprezzante- mente liquidatori hanno cominciato questa lotta, sono entrati in una nuova via, ma purtroppo con un solo piede. Purtroppo sono ancora ti- midi, si volgono a guardare indietro, si limitano a mezze misure. All’inizio di una nuova via ciò è inevitabile, ammettiamolo pure, ma dopo l’inizio verrà la continuazione. E l’esitazione dei primi passi spa- rirà, gli errori verranno corretti. Antiliquidatore. Benissimo. Non vorreste essere tanto cortese da spiegare quali siano questi errori e in che cosa consisterà la correzione? Legalitario. Lo farò con piacere. Non si può predire quale sarà precisamente il partito operaio legale di domani, ma non si può non vedere Torientamento generale dello sviluppo del movimento operaio. 164 LENIN Ammettendo questo orientamento come un dato di fatto, posso ardi- tamente tracciare il quadro del partito legale, premettendo che la realtà non sarà esattamente così, ma sarà di quel tipo . E per tracciar- vi questo quadro non ho assolutamente bisogno di abbandonarmi al- V« inventiva ». Mi occorre soltanto dare un'occhiata agli insegnamenti della vita, all'esperienza del lavoro nelle condizioni nuove, posteriori alla rivoluzione; mi basta tirare le somme di quest'esperienza, trascu- rare i particolari, afferrare il bandolo. Esiste una rappresentanza ope- raia legale alla Duma; esiste un gruppo socialdemocratico legale. Gli si dà addosso, gli si mettono gli sbirri alle calcagna, non gli si per- mette di riunirsi, gli si sottraggono gli elementi capaci, e domani forse lo si disperderà nelle prigioni e nei luoghi di deportazione: il partito legale non esclude affatto, come pensano i vostri miopi fautori, le persecuzioni giudiziarie e poliziesche. Ma nonostante le persecuzioni un gruppo legale esiste, esistono associazioni operaie legali, club, riviste e settimanali marxisti legali; si dà loro addosso ancor di piu, si sopprimono, si strozzano con le multe, un mese di attività redazio- nale dei loro redattori viene forse pagato con un mese e mezzo di prigione, le associazioni vengono continuamente sciolte, ma nondi- meno esistono. Riflettete su questo fatto. Una cosa è la mancanza di associazioni operaie legali, di una stampa marxista legale, di deputati socialdemocratici legali: così stavano le cose prima del 1905. Un'altra cosa è che tutto ciò esista, nonostante le continue persecuzioni, nono- stante le -continue soppressioni: così stanno le cose a partire dal 1907. In ciò sta appunto la novità della situazione. A questo « nuo- vo » bisogna appunto sapersi aggrappare, per estenderlo, rafforzarlo, consolidarlo. Antiliquidatore. Avete cominciato con la promessa di essere un legalitario piu ardito, più coerente di quelli che sono sinora scesi in campo, ma finora non fate che ripetere le parole che tutti i liqui- datori hanno già detto da tempo. Legalitario. Ho già detto che il quadro di un legalitarismo coe- rente, convinto, scaturisce di per sé da un'attenta considerazione del- l'esperienza della vita. Esistono già, infatti, tutti gli elementi singoli di un partito socialdemocratico operaio legale. Bisogna dire ad alta voce e francamente quello che è; bisogna riconoscere senza paura che DIALOGO TRA UN LEGALITARIO E UN ANTILIQUIDATORE 165 oggi o domani questi elementi dispersi si riuniranno assieme, dovran- no riunirsi assieme, e tale partito nascerà. Bisogna fondarlo e verrà fondato. Lo si perseguiterà, ma esisterà; dopo gli anni di assenza di un partito operaio legale giungeranno gli anni della sua esistenza mal- ferma, interrotta da persecuzioni su persecuzioni, ma dopo questi anni verranno quelli di un partito socialdemocratico legale puramente euro- peo in Russia. Gli anni delPesistenza di un partito socialdemocratico legale sono già giunti; esso è già più reale della vostra clandestinità, già distrutta al novantanove per cento. Per raggruppare definitiva- mente i legalitari, per rendere la loro attività più sicura, sistematica, coerente, bisogna non aver paura di dire quello che è, non aver paura di chiamare questa realtà col suo vero nome, non aver paura di lan- ciarne la parola dordine, di levarne alto il vessillo. Lasciate pure che i tribunali e la polizia ce lo strappino di mano, ce lo strappino di mano decine di volte; ma non si può distruggerlo, non si può strap- parcelo di mano per molto tempo, poiché esso generalizza ciò che esiste, che si sviluppa, che non può non svilupparsi. Antiliquidatore, Non divagate, non divagate. Altrimenti vi ricor* • derò il proverbio: canta bene, ma in qualche posto farà cilecca. Avete promesso di parlare francamente. Suvvia, un po’ più di franchezza, un po’ più di concretezza: che cosa ci sarà scritto sul vostro vessillo? Legalitario. È proprio questo il punto cui sono giunto. Noi orga- nizziamo un’associazione legale di appoggio al movimento operaio. Base di principio di quest’associazione è il marxismo. Suo scopo è la trasformazione delle condizioni di vita della società in base ai prin- cipi del marxismo, la distruzione delle classi, la distruzione dell’anar- chia della produzione, ecc. Scopo immediato del partito legale, cioè della nostra associazione, è la democratizzazione completa dell’ordi- namento dello Stato e della società, il contributo alla soluzione della questione agraria in senso democratico, sulla base delle concezioni marxiste; la più vasta legislazione operaia. Infine, i mezzi d’azione della nuova associazione sono tutti i mezzi legali di propaganda7 di agitazione e di organizzazione. Antiliquidatore. Non supporreste, per caso, che il nostro gover- no permetta la registrazione di tale società? Legalitario. Non preoccupatevi, non sono poi cosi ingenuo da sup- 166 LENIN porlo. Certo, la nostra associazione non sarà registrata, ma non si potrà considerarla illegale, e proprio in ciò consiste il nostro compito. In ogni governatorato un operaio dopo Taltro elaborerà lo statuto di questa associazione e lo sottoporrà alla sanzione delle autorità. Sarà una lotta coerente, inflessibile per la legalità. Gli organizzatori e i membri di tale associazione non potranno essere perseguiti per i punti « terribili » del programma del nostro attuale sedicente partito, poiché il POSDR è attualmente solo un sedicente partito, e i punti « terribili » del suo programma, come la repubblica, la dittatura del proletariato — per non parlare dei punti « terribili » di numerose risoluzioni sull’insurrezione armata, ecc. — non spaventano nessuno, non hanno nessun valore, non assolvono nessuna funzione, se si tra- scura la « funzione » di mandare in prigione persone che di fatto non hanno compiuto nulla di illegale. In questo sta appunto il succo, in questo consiste la tragicommedia dell’attuale situazione del partito. Il morto afferra il vivo. I « punti » delle varie risoluzioni e del vecchio programma del partito, frusti, respinti di fatto dalla vita, caduti in disuso, messi praticamente nel dimenticatoio, rendono un servizio solo ai nostri nemici, contribuiscono soltanto a soffocarci, senza recare nessun vantaggio, assolutamente nessun vantaggio, all’attuale movi- mento reale, all’ effettivo lavoro socialdemocratico che viene svolto oggi, sia alla III Duma, sia nelle riviste e nei giornali legali, sia nelle associazioni legali, sia nei congressi legali, ecc. ecc. Ecco perché per noi legalitari il fondo della questione non sta affatto nel liberarsi dalle più pericolose persecuzioni e pene (come saranno pronti a concludere i vostri fautori, addestrati, scusate l’espressione, a dar la caccia ai li- quidatori), ma nel valore di principio , in primo luogo, di un movi- mento operaio legale e, in secondo luogo, dell’utilizzazione delle con- traddizioni dell’odierno regime. Si, si, signor vecchio credente, i prin- cipi del marxismo non consistono affatto in una somma di parole imparate a memoria, in certe formule « ortodosse » obbligatorie una volta per sempre, ma nell’appoggio a un vasto movimento operaio, nell’appoggio all’organizzazione e allo spirito d’iniziativa delle masse. Siano pure « non precise » queste o quelle parole — so benissimo che voi e i vostri fautori vi specializzate nel « precisare » ciò che non è stato detto fino in fondo dal gruppo socialdemocratico alla Duma, da una rivista legale, ecc. — siano pure parole «non precise »: in DIALOGO TRA UN LEGALITARIO E UN ANTI LIQUIDATORE 167 compenso la causa sarà però portata avanti, piu larghi strati di operai saranno attirati nel movimento, sarà fatto un passo decisivo verso la generalizzazione delle azioni aperte. Ogni operaio cosciente denun- cerà il regime che lo opprime appunto per la contraddizione che è maggiormente propria di questo regime, che oggi lo caratterizza mag- giormente, la contraddizione tra il riconoscimento formale della legalità e il suo ripudio di fatto, tra P« ammissione » di un gruppo socialde- mocratico alla Duma e i tentativi di « non ammettere » un partito socialdemocratico, tra lammissione di associazioni operaie nelle di- chiarazioni ufficiali e la loro persecuzione nella pratica. Denunciare il regime che opprime il proletariato per le sue stesse contraddizioni: in questo consiste appunto X anima viva del marxismo, e non in formule irrigidite. Una delle principali, dirò meglio, una delle fondamentali cause dei successi della socialdemocrazia tedesca, sta appunto nel fatto che essa ha sempre saputo sacrificare la formula nell’interesse del mo- vimento. Dopo il 1871 essa ha saputo creare un partito nel cui pro- gramma c’era il riconoscimento dei soli mezzi « legali » di attività politica, ha saputo sviluppare il movimento socialdemocratico più forte del mondo, con un programma socialdemocratico che è assai più « legale » del nostro, poiché non ce né v’è mai stata inclusa la repubblica. Voi, invece, siete disposti a offrire al mondo l’esempio di un « perfetto » programma socialdemocratico « radicale » mentre manca , in perfetta maniera radicale, un’organizzazione socialdemocra- tica di massa, un movimento socialdemocratico di massa. Antiliquidatore. Finora del vostro piano esiste praticamente sol- tanto il « movimento di massa » dei documenti che vanno e vengono negli uffici per gli affari delle associazioni e unioni, cosa che avverrà se in ogni governatorato ogni operaio cosciente farà registrare e sottoporrà a sanzione il vostro progetto di un’« associazione » marxista legale. Siccome voi stesso dite che questa associazione non verrà per- messa, non verranno dunque iniziati alcun movimento aperto, né alcu- na associazione « aperta », in nessun luogo se non nella vostra fanta- sia legalitaria. Ma, prima di rispondervi particolareggiatamente, vorrei chiedervi ancora: pensate che questa «associazione» marxista legale debba esistere al posto del vecchio partito, cioè di quello attuale, oppure assieme ad esso? Legalitario. Giust appunto Avete toccato una questione molto 168 LENIN interessante! Proprio qui sta uno dei piu tristi errori dei capi ufficiali del liquidatorismo. Essi hanno paura di fare un grande passo avanti per una via che è indubbiamente quella giusta, e nello stesso tempo fanno una serie di passi estremamente rischiosi, affatto inutili per la causa, fuori strada e precisamente sulla strada dellopportunismo, Io invece direi: si può essere legalitari senza essere liquidatori. Si deve essere legalitari senza essere opportunisti. È necessario ammettere le forme legali del movimento, è necessario ammetterle non a metà, non a parole soltanto, ma sul serio e di fatto, cioè organizzare immediata- mente un partito operaio marxista legale, ma rinunciare alla rivolu- zione è un opportunismo inammissibile, e una simile rinuncia traspare in molti, moltissimi, se non nella maggioranza, dei nostri liquidatori. La rinuncia all'egemonia è un opportunismo che io condanno recisa- mente. Non abbiamo bisogno di rinunciare a nulla, non* abbiamo nulla da liquidare. II partito nuovo, legale, deve esistere assieme al vecchio, accanto ad esso. Si completeranno a vicenda. Sorridete? Ma qui non c’è nulla di ridicolo. Direte: « partita dop- pia ». Ma io vi chiedo: l’esistenza congiunta di una stampa legale e illegale non rappresenta forse un fenomeno del tutto analogo al mio piano, o meglio, alla conclusione che io traggo da tutti gli insegna- menti dell’esperienza odierna? Se prima del 1905 gli emigrati non po- tevano scrivere sulla stampa legale, se allora si sopprimevano gli orga- ni di stampa per aver pubblicato articoli di emigrati, anche se firmati con pseudonimi, non è forse caratteristico della nostra epoca contrad- dittoria il fatto che emigrati universalmente noti scrivono, firmando col proprio nome, sia sulla stampa illegale che su quella legale ? A questa « partita doppia » vi adattate! Non ne deriva nessun « scompi- glio ». Solo l’abitudine, nient’altro che l’abitudine vi impedisce di ca- pire che questa « partita doppia » è imposta da tutte le condizioni della nostra epoca, che occorre giungere a dominare le sue contrad- dizioni, saper scendere sul terreno — proprio sul terreno — sul quale si svolgono i maggiori avvenimenti del momento. La « combinazione del lavoro illegale con quello legale » voi tutti non l'ammettete che a parole. Ammettetela dunque nei fatti. Dopo aver detto A, non ab- biate paura di dire B. Una volta ammessa la tesi fondamentale nella tattica e nelForganizzazione in generale, non abbiate paura di ammet- terla nell organizzazione del partito. Ma fatela finita, una buona volta, dialogo tra un legalitario e un anti liquidatore 169 fatela recisamente» seriamente, sinceramente finita con quest'assurdo pregiudizio anarchico contro la legalità. Antiliquidatore . Ecco appunto qual è la vostra disgrazia: voi giocate alla legalità, « legalisteggiate », mentre i tedeschi si sono ap- poggiati a una legalità realmente esistente. L’esempio della stampa legale e illegale parla con particolare chiarezza contro di voi. Quando il socialdemocratico illegale ricorre alla stampa legale per scrivervi di ciò di cui è permesso scrivere, egli non giuoca alla legalità, ma real- mente si avvale di una legalità che, entro questi o quei limiti ristretti, realmente esiste. Mentre il vostro partito operaio, o associazione mar- xista, legale (cosi come il «partito operaio legale» dei liquidatori, dai quali voi sostanzialmente non vi distinguete assolutamente in nul- la) è una fantasia legalitaria, niente piu di una fantasia legalitaria, poi- ché voi stesso ammettete che nessuno permetterà tali organismi, che dì fatto queste pretese società « legali » non esisteranno legalmente. Come tra gli anarco-sindacalisti regna la « ginnastica rivoluzionaria », cosi tra voi si perviene a una « ginnastica legalitaria ». Se i cadetti hanno legalmente un partito legalmente inesistente, la causa di ciò sta non già nel fatto che i cadetti siano giunti a dominare la forma contraddittoria, ma nel fatto che il contenuto del loro lavoro non con- tiene in sé nulla di rivoluzionario, non contiene nessuna attività or- ganizzativa democratica tra le masse. II contenuto del loro lavoro è monarchico-liberale, e l’autocrazia può permettere, può tollerare una tale attività politica. Mentre l’attività dei marxisti in seno alla classe operaia l’autocrazia non può tollerarla, e sarebbe ingenuo cercare di giovare alla causa mediante un travestimento. E la vostra « asso- ciazione legale », cosi come il « partito operaio legale » dei liquidatori, è appunto un’associazione pseudonima , un giuoco alle maschere, poi- ché di fatto voi contate sui socialdemocratici. Le formulazioni nebu- lose, vaghe, che voi scegliete per la definizione dello scopo, della piat- taforma, della tattica della vostra « associazione » sono una copertura verbale, una difesa sulla carta, sono la medesima ginnastica legalita- ria. Parlare alla Duma, creare sindacati legali , agire ai congressi legali è un dovere per il nostro partito; negarlo è anarchia o nichilismo da intellettuali; è ammettendo tale genere di attività che si tiene conto delle nuove condizioni della nuova epoca. Ma per l’attività politica non può esservi ancora una legalità (tranne che per gli intellettuali 170 LENIN opportunisti), poiché le condizioni per una tale legalità non sono state conquistate, e quello di « introducisi di soppiatto » è un vano sogno. Verso il 1871 tale legalità si era pienamente creata in Germania, la trasformazione borghese del paese si era pienamente compiuta, le con* dizioni per un movimento rivoluzionario diretto erano pienamente svanite: in queste condizioni oggettive , e non nelTabilità dei social- democratici tedeschi, sta la ragione per cui si è potuto costituire un partito socialdemocratico veramente legale, e non un partito che gio- casse alla legalità, che si desse alla « ginnastica legalitaria ». Quello di copiare da tale partito legale questi o quei punti legali del programma, di una risoluzione, ecc., e di trapiantare tale « legalità » in Russia, è un sogno ingenuo, un vano passatempo, poiché non potete trapiantare in Russia l’avvenuta rivoluzione borghese tedesca, la sto- ria tedesca di una democraticità giunta alla sua piena realizzazione, la « rivoluzione dalPalto » tedesca degli anni sessanta, la legalità ef- fettiva tedesca. Ci sono dei paesi monarchici in cui esistono legal- mente dei partiti repubblicani. Quale sarà realmente la legalità russa allorché si saranno compiute in Russia delle rivoluzioni borghesi, al- lorché si sarà istituito da noi un ordinamento altrettanto borghese quanto in Europa? Lo vedremo dopo le future battaglie; essa sarà de- terminata dai risultati di queste battaglie. E il compito odierno della socialdemocrazia è quello di sapersi preparare e di saper preparare le masse alla rivoluzione nelle condizioni particolari dellepoca del regime del 3 giugno. Un partito legale della classe operaia, un partito operaio aperto in queste condizioni, è una frase vuota, dietro la quale si cela la lega- lizzazione... del gruppo degli opportunisti legalitari. Una simile lega- lizzazione dei « socialisti popolari » 47 è un fatto. Una simile legaliz- zazione del gruppo dei nostri giornalisti legali, liquidatori, è un fatto. Non a caso, ma necessariamente, non per un « errore » di questi o quei liquidatori, ma per la composizione sociale di tutti i gruppi intel- lettuali-liquidatori, attorno a questi ultimi gravitano e devono gravitare gli elementi opportunistici che alimentano le idee del ripudio della rivoluzione, della rinuncia aH’egemonia. Separare il legalitario da que- sta gente è possibile come pio desiderio ; di fatto essi sono insepa- rabili. Le condizioni oggettive deirepoca che stiamo attraversando sono tali che la legalizzazione dei « socialisti popolari », la legalizzazione DIALOGO TRA UN LEGALITARIO E UN ANTI LIQUIDATORE 171 del gruppo dei letterati liquidatori è possibile e inevitabile, mentre la legalizzazione del partito operaio non è che una frase. Il partito illegale della classe operaia esiste, e nemmeno il suo estremo, piu che estremo indebolimento e lo sfacelo della maggioranza delle sue organizzazioni che si verifica oggi potranno minare la sua esistenza. Circoli e gruppi fanno rinascere ininterrottamente la clande- stinità rivoluzionaria. Quale forza organizzata, quale tradizione ideale, quale partito è in grado di influire e realmente influirà sulle azioni aperte dei deputati operai alla Duma, dei sindacati operai, dei club operai, dei delegati operai ai vari congressi legali: il partito proletario rivoluzionario, il POSDR, oppure il gruppo opportunista dei lette- rati liquidatori? A ciò si riduce il problema. Ecco il contenuto reale della « lotta contro il liquidatorismo », il sottofondo oggettivo che in questo conflitto crea l’abisso che divide un avversario dall’altro. E nessun pio desiderio, nessuna distinzione verbale tra legalitarismo e liquidatorismo colmerà quest’abisso. Diskussionny Listok , n. 3, 29 aprile (12 maggio) 1911. Firmato: B, V. Kuprianov. « RAMMARICO » E « VERGOGNA » Tutte le crisi rivelano il contenuto dei fenomeni o processi, spaz- zano via ciò che è superficiale, secondario, esteriore, e mettono in luce le basi più profonde di ciò che avviene. Prendete, per esempio, una crisi tanto comune e semplice nel campo dei fenomeni economici qual è un qualsiasi sciopero. Nulla mette altrettanto in luce i rap- porti reali tra le classi, la natura reale dell’odierna società, l’assog- gettamento della stragrande massa della popolazione alla forza della fame, il ricorso della minoranza possidente alla violenza organizzata per sostenere il proprio dominio. Prendete le crisi commerciali e in- dustriali: nulla confuta con tanta evidenza qualsivoglia discorso degli apologeti e degli apostoli dell’« armonia degli interessi »; nulla mette tanto chiaramente in luce tutto il meccanismo dell’ordinamento odier- no, capitalistico, tutta l’« anarchia della produzione », tutto il frazio- nàmento dei produttori, tutta la guerra di ciascuno contro tutti e di tutti contro ciascuno. Prendete, infine, una crisi come la guerra: tutte le istituzioni politiche e sociali vengono sottoposte alla verifica e alla prova « del ferro e del fuoco ». La forza e la debolezza delle isti- tuzioni e degli ordinamenti di un popolo sono determinate dall’esito della guerra e dalle sue conseguenze. Il fondo dei rapporti internazio- nali in regime capitalista — l’aperta rapina del debole — si rivela con tutta chiarezza. Il significato della nostra famigerata crisi « parlamentare » sta anch’esso nel fatto che ha rivelato le contraddizioni profonde di tutto Tordinamento sociale e politico della Russia. Purtroppo la maggio- ranza delle comparse e dei protagonisti della crisi — in pane sciente- mente, in parte per stoltezza, o perché si abbandona all’andazzo e alla « RAMMARICO » E « VERGOGNA » 173 tradizione — non solo non si pongono lo scopo di spiegare la crisi, di indicarne le vere cause e il significato, ma, al contrario, la offu- scano con frasi, frasi e frasi. Il « gran giorno » della III Duma, il giorno delle discussioni con Stolypin, il 27 aprile, è stato il gran giorno della logorrea « parlamentare ». Ma, per quanto smodati siano stati i torrenti di frasi dello stesso Stolypin, dei suoi amici e dei suoi avversari; essi non sono tuttavia riusciti a sommergere la sostanza della cosa. E quanto piu gli organi della nostra stampa quotidiana stornano l'attenzione del lettore con la ripetizione di frasi liberali, con i parti- colari e le formalità giuridiche, tanto piu sarà opportuno dare ancora una volta uno sguardo d'insieme al quadro della crisi rivelatosi il 27 aprile. Motivo fondamentale del discorso di Stolypin è la difesa dei « di- ritti della Corona » da qualsiasi « menomazione ». « Il senso delTarti- colo 87 — ha detto Stolypin — definisce i diritti della Corona e non può essere menomato senza creare un precedente spiacevole ». Sto- lypin insorge contro la « denigrazione del diritto del potere supremo di applicare lart. 87 in circostanze eccezionali che siano sorte prima dello scioglimento delle Camere ». « Questo diritto è inoppugnabile » — ha dichiarato Stolypin — ; « esso è basato, poggia su condizioni di vitale importanza ». « Ogni altra interpretazione di questo diritto è inammissibile, violerebbe il senso e lo spirito della legge, ridurrebbe altresì a nulla il diritto del sovrano di ricorrere a decreti eccezionali ». Tutto questo è molto chiaro e non è una frase. La questione viene posta cinicamente, « realisticamente ». Corona e tentativi di menoma- zione... Se sorge una disputa per stabilire a chi spetti in ultima istanza di interpretare il senso del diritto, è la forza a decidere questa disputa. Tutto questo è molto chiaro e non è una frase. Sono stati, al contrario, mere frasi e giuochi di prestigio, un tessuto di finzioni giuridiche, i « focosi, ardenti, appassionati, con- vinti » rimproveri di Maklakov: « con grande rammarico e grande vergogna » (resoconto della Riec del 28 aprile, p. 4) ho udito, egli dice, alcuni richiami alla Corona. A nome di tutto il cosiddetto « centro costituzionale » (cioè a nome dei cadetti e degli ottobristi) Maklakov difende la consueta finzione della monarchia costituzionale. Ma la « difesa » cadetta o ottobrista-cadetta si riduce a una vuota frase. Che cosa c'entrano qui il rammarico e la vergogna, quando 174 LENIN è della forza che si tratta? La borghesia, che desidera avere la Costitu- zione, si rammarica perché la Corona non gliela dà e « se ne vergo- gna ». La Corona « si vergogna » al pensiero che si possa imporle una Costituzione, considerandola una « menomazione », « rammarican- dosi » di tutte le interpretazioni, quali che siano, di qualsivoglia legge che sia diretta a « menomare ». Due le parti. Due le interpretazioni del diritto. Rammarico e vergogna da entrambe le parti. La differenza è solo che una parte « si rammarica e si vergogna » soltanto ; l’altra parte invece non parla né di rammarico né di vergogna, ma dice che la menomazione è « inam- missibile ». Non è forse chiaro che « vergognarsi » veramente di tale stato di cose, vergognarsi della propria impotenza devono proprio i signori Maklakov, deve vergognarsi proprio tutta la nostra borghesia ca- detta e ottobrata? Investito di pieni poteri, il Consiglio della nobiltà unificata parla cinicamente della crisi da esso cinicamente creata, lancia la sua sfida, getta la spada sulla bilancia. E la bor- ghesia liberale, come un mercantucolo spaventato da un poliziotto, indietreggia vilmente, e indietreggiando borbotta: mi rammarico, mi vergogno... che mi trattiate con tanto disprezzo! « Dirò — dice Maklakov piaggiando — che sono più costitu- zionalista del presidente del Consiglio dei ministri » (immagino quanto deve aver riso tra sé e a casa sua Stolypin per queste parole: non si tratta di proclamarsi costituzionalisti, caro mio, ma di sapere chi ha la forza di stabilire se c’è una Costituzione e quale!), «ma che sono monarchico non meno di lui ». (Stolypin sorride ancor più soddisfatto: ecco, prima ha minacciato e poi chiede scusa! Via, è davvero un prode guerriero questo Maklakov). «Io ritengo che sia una follia istituire la monarchia là dove non può mettere salde radici, ma che sia ugual- mente una follia negarla là dove le sue radici storiche sono solide... ». Dopo aver prima minacciato e poi chiesto scusa, si mette ora ad addurre un argomento a vantaggio di Stolypin. Ah, che magnifico parlamentare del liberalismo! Ah, che impareggiabile capo del centro « costituzionale » ( lucus a non lucendo 48 : « costituzionale » in quanto manca la Costituzione), del centro ottobrista-cadetto! « Il presidente del Consiglio dei ministri — tuona il nostro tri- buno della “libertà del popolo’’ (leggi: della nostra storica schiavitù « RAMMARICO » E « VERGOGNA » 175 del popolo) — può ancora restare al potere; ve lo manterrà anche la paura di quella rivoluzione che i suoi stessi agenti creano [ voci da destra : “Vergogna 1 '; mormorii]... ve lo manterrà anche il pericolo di creare un precedente!! ». Racconto di come Ivan Ivanovic svergognò Ivan Nikiforyc e Ivan Nikiforyc svergognò Ivan Ivanovic i9 . È una vergogna non rispet- tare le norme abituali del costituzionalismo, dice Ivan Ivanovic a Ivan Nikiforyc. È una vergogna agitare lo spauracchio della rivoluzione che tu stesso temi, in cui non credi, che non appoggi, dice Ivan Niki- foryc a Ivan Ivanovic. Che ne pensate, lettore? Chi dei due contendenti ha maggior- mente « svergognato » Taltro? Il rappresentante del « centro costituzionale » Lvov 1° parla do- po Ghegheckori, il quale aveva spiegato, del tutto giustamente, che la stampa liberale ha torto di presentare la crisi come una crisi « costitu- zionale », che i cadetti, « per bocca dei loro oratori, hanno sostenuto la criminosa illusione di un centro costituzionale », che per la Costituzione manca ancora un qualsiasi movimento (Ghegheckori non è stato fe- lice solo quando, alla fine del suo discorso, ha accennato all’« anar- chia »: non è questa la parola che qui ci vorrebbe). In base al discorso di Lvov 1° si poteva credere per un po’ che persino certi grandi proprietari fondiari avessero capito qualcosa dalle spiegazioni di Ghegheckori. « Quanto è avvenuto — dice Lvov 1° — mostra effettivamente che da noi non c’è una Costituzione, non c’è parlamentarismo; da noi, anzi, non ci sono nemmeno leggi fonda- mentali e in generale manca qualsiasi regime organizzato» (eccovela tutta! Ma l’esistenza dei grandi proprietari fondiari non indica forse un loro regime organizzato? La vostra lingua è il vostro nemico, si- gnori del «centro costituzionale »), « e non c’è che arbitrio » (questo è appunto uno dei tratti principali, fondamentali del regime organiz- zato dei grandi proprietari fondiari) «e demagogia». Per demagogia il proprietario fondiario « progressista » Nikolai Nikolaievic Lvov 1° intende qualcosa di tanto, ma tanto spiacevole. Udite il seguito: « E di questa demagogia si servono coloro che sono al potere per aumentare la propria influenza e il loro potere. Di questa dema- gogia si serviranno altri, che di questo potere vogliono impadronir- 176 LENIN si... » (brrr... che aspirazione scandalosa, immorale! I borghesi libe- rali russi, naturalmente, sono lontani come il cielo e la terra da una simile aspirazione. Solo nel corrotto Occidente l’immorale borghesia tende a impadronirsi del potere, e ha persino dato vita a false dot- trine secondo cui solo il potere borghese garantirebbe una Costitu- zione borghese. Noi liberali russi siamo stati illuminati dalla predica- zione morale, idealistica, di Struve, Berdiaiev e soci; noi pensiamo perciò che il potere deve restare ai Tolmaciov, mentre le istruzioni sull’uso veramente costituzionale di questo potere devono scriverle i Maklakov), « ...per i quali la demagogia è uno strumento assai piu congeniale. Temete questa demagogia, poiché ad essa tutto verrà sacrificato: e la vostra dignità, e il vostro patrimonio, e il vostro onore, e i diritti civili della Russia » Parla bene il « progressista » Nikolai Nikolaievic Lvov 1°. Ri- guardo. al « patrimonio » egli parla persino abbastanza chiaro: se ieri, per esempio, un grande proprietario fondiario aveva 10.000 desiatine di terra e oggi gliène sono rimaste 50, significa che 9950 desiatine « sono state sacrificate » alla « demagogia ». Ciò è comprensibile. Non si tratta di frasi. Quanto però alla « dignità » e all’« onore », la cosa non è cosi chiara: vuol dire, il nostro progressista, che il grande pro- prietario fondiario può essere una persona « degna » e « onesta » solo possedendo 10.000 desiatine di terra e che diventerà obbligato- riamente indegno e disonesto se ne perderà 9950? Oppure Lvov 1° vuol dire che la dignità e l’onore verranno socrificati alla demagogia se non ci sarà un’equa valutazione, poniamo, tanto per fare un esem- pio, qualcosa come un 500 rubli la desiatina? Riguardo ai « diritti civili della Russia » il « progressista » Lvov 1° non l’ha proprio assolutamente imbroccata. Se ha detto la verità quando ha affermato che da noi non c’è né Costituzione, né parla- mentarismo, né leggi fondamentali, vuol dire che da noi non ci sono nemmeno diritti civili, e ciò che non c’è non si può nemmeno sacri- ficare. Se Lvov 1° ha detto la verità, vuol dire che i nostri diritti civili sono stati sacrificati al nostro « regime organizzato [dei grandi proprietari fondiari] ». Non avrà commesso un lapsus il nostro « pro- gressista »? Non avrà voluto dire che il nostro regime organizzato dei grandi proprietari fondiari sarà sacrificato ai diritti civili della Russia? Non avrà egli voluto definire demagogia proprio una simile, ipote- « RAMMARICÒ » tì 4 VERGOGNA » 177 tica piega degli eventi? Non avrà egli voluto dire — quando ammo- niva: « temete questa demagogia & — che la maggioranza della III Duma deve temere quest’ipotetica piega degli eventi? Racconto di come Ivan Ivanyc ha accusato di demagogia Ivan Nikiforyc e di come Ivan Nikiforyc ha ritorto l’accusa contro Ivan Ivanyc. Voi siete un demagogo, ha detto Ivan Ivanyc a Ivan Niki- foryc, poiché siete al potere e ve ne servite per aumentare la vostra influenza e il vostro potere, richiamandovi poi agli interessi nazionali della popolazione. No, il demagogo siete voi, ha detto Ivan Nikiforyc a Ivan Ivanyc, poiché gridate forte in luogo pubblico che da noi non ci sarebbe che arbitrio e che non ci sarebbe né una Costituzione, né leggi fondamentali, accennando poi, abbastanza inurbanamente, a un certo sacrificio del nostro patrimonio. Chi alla fine abbia convinto e chi sia stato convinto di demagogia, non si sa. Ma si sa che, quando due ladri si azzuffano, se ne ricava sempre qualche vantaggio. Zviezdà , n. 21, 7 maggio 1911. Firmato: V. Ilin. MATERIALI PER LA RIUNIONE DEI MEMBRI DEL CC DEL POSDR 50 28 maggio - 4 giugno (10-17 giugno) 1911 Pubblicati per la prima volta nella Miscellanea di Lemn, XXV, 1933. 1 LETTERA ALLA RIUNIONE DEI MEMBRI DEL CC DEL POSDR ALL'ESTERO II biglietto di Igorev del l u giugno 1911 mostra una volta ancora il nauseante giuoco che si conduce per sabotare la convocazione del CC, la politica della dilazione e del sabotaggio di questa convocazione che già da tempo, da mesi e mesi, Porgano centrale del nostro partito va smascherando. È completamente falsa l'affermazione di Igorev secondo cui Iudin e . Kostrov 51 costituirebbero ora l'Ufficio provvisorio o perlomeno una parte di esso. Mentre Makar e Lindov 52 (dopo Innokenti) hanno, per lunghi e lunghi mesi , lavorato per l'organizzazione dell'Ufficio, trovato fiduciari, organizzato una serie di giri per costituire l'istanza centrale, organizzato riunioni con fiduciari e candidati alla cooptazione (Makar con Katsap ed altri, con Miliutin ed altri), hanno avuto con* tatti con il centro del partito per il lavoro socialdemocratico alla Duma, coi circoli socialdemocratici delle capitali in occasione delle elezioni (Mosca), ecc. ecc. Nessun lavoro del genere è stato svolto né da Iudin né da Ko- strov. Nessuno di loro ha fatto un bel nulla , assolutamente nulla a tale scopo. Di una « cooptazione » di Iudin e di Kostrov nell'Ufficio nessun organismo ufficiale del partito all’estero (né l'organo centrale né l'Uf- ficio estero del CC) ha ricevuto la minima comunicazione formale. Dopo che Makar e Lindov sono stati arrestati, durante più di due mesi non s'è visto un solo biglietto, una sola lettera, nessuno ha sentito minimamente parlare di Iudin e di Kostrov, di un loro la- voro nell'Ufficio. Non solo nessuno ha riconosciuto in Iudin e Ko- strov l’Ufficio (come tutti e senza discussioni l’hanno riconosciuto in Makar e Lindov), ma gli stessi Iudin e Kostrov non hanno chiesto 182 LENIN nemmeno una copeca, non hanno nemmeno comunicato all’Ufficio estero del CC (come avevano fatto Makar e Lindov) di aver costituito PUfficio. Noi affermiamo che, stando cosi le cose, Igorev, accennando al fatto che Kostrov e Iudin costituiscono P« Ufficio », si fa beffe del partito, lo trae in inganno . E noi smaschereremo quest’inganno. Proseguiamo. Oggi, dopo Pesperienza di Inok, Makar e altri, dopo quel che Olghin ha rivelato 53 , ecc., qualsiasi tentativo di rico- stituire il CC in Russia coi vecchi membri londinesi del CC è da noi considerato un vero e proprio lavoro pér Stolypin. Mettiamo in guar- dia il partito contro coloro che tentano di fare abboccare alPamo i non informati, mandano i membri del CC — in condizioni impossi- bili, per assolvere un compito irrealizzabile — direttamente nelle fauci della polizia. Infine, per ciò che riguarda il « progetto » di convocare la ses- sione plenaria tra un mese , che Igorev non ha fatto conoscere all’Uf- ficio estero del CC, ma ha comunicato nel biglietto del 1° giugno 1911, richiamiamo l’attenzione del partito sul nuovo intrigo tramato dai li- quidatori per sabotare la convocazione del CC. Tra un mese è possibile non convocare il CC, ma solo un’« ac- colta » di membri del CC fittizi: ecco in che cosa consiste la sostanza di quest’intrigo dei sostenitori del Golosi I bolscevichi hanno perduto, nel lavoro centrale dopo la sessione plenaria, quattro membri del CC (Mesckovski + Innokenti + Makar + Lindov ) . I menscevichi non ne hanno perduto nessuno , giacché nessuno ha lavorato!! Ed ecco che ora i sostenitori del Golos hanno Pardire di pro- porre il termine di un mese , contando di far intervenire al CC dei signori del tipo di un « Piotr » 54 , che per ben diciotto mesi ( dopo la sessione plenaria) non una volta ha fatto la minima cosa per il la- voro, non una volta se presentato all’Ufficio. I sostenitori del Golos sanno che nel termine di un mese la « convocazione » dei bolscevichi che sono stati deportati per condanna del tribunale o con un prov- vedimento amministrativo non è possibile !! Hanno mandato il CC in Russia « perché ivi venisse arrestato »! Hanno aspettato che tutti i bolscevichi cadessero. Hanno preservato tutti i menscevichi che non lavoravano e fittizi. MATERIALI PER LA RIUNIONE DEI MEMBRI DEL CC 183 Vogliono fissare il termine di un mese perché membri fittizi del CC del tipo di Piotr possano essere fatti arrivare e i bolscevici che hanno lavorato non possano nemmeno essere avvisati. Invano si crede che questo giuoco che i liquidatori conducono per sabotare la convocazione della sessione plenaria non venga smasche- rato davanti al partito! Scritta tra il 19 e il 23 maggio (l°-5 giugno) 1911. 2 SCHEMA DEL RAPPORTO DEI TRE MEMBRI BOLSCEVICHI DEL CC ALLA RIUNIONE NON UFFICIALE DI NOVE MEMBRI DEL CC 1. Storia dei tentativi di ricostituzione del CC in Russia. Due periodi: a) gennaio 1910-agosto (o settembre) 1910. Due membri bolscevìchi del CC sono stati arrestati durante i loro tentativi di convocare il CC. Mólte volte sono state da essi in- dette riunioni del CC. Né Mikbail + Iuri + Roman, né alcun men- scevico in generale si sono presentati una sola volta. b) Fine del 1910-estate 1911. Un nuovo Ufficio è stato costituito da due membri bolscevìchi del CC. Nessun menscevico ba pteso minimamente parte al loro lavoro (rapporti coi fiduciari, col gruppo alla Duma, coi socialdemocratici moscoviti in occasione delle elezioni, ecc.)- Per «votare», un menscevico (Kostrov) si è presentato all’Uf- ficio una volta o due! I due bolscevìchi sono stati arrestati. Conclusione: tutti i bolscevìchi membri del CC sono stati presi a motivo del lavoro centrale e nello svolgimento di questo lavoro. Tra i menscevichi, una parte (Mikbail 4- Iuri + Roman) ha ri- fiutato ogni partecipazione, uno (Piotr) non vi ba preso minimamente parte per un anno e mezzo, uno (Kostrov) in un anno e mezzo s’è presentato alPUfficio due volte (nel 19111), senza prendere minima- mente parte al lavoro centrale. Dopo che i bolscevìchi erano stati arrestati, in due mesi e mezzo questo menscevico non ha mosso un solo passo, non ba scritto nemmeno una lettera in cui dicesse che stava ricostituendo il CC, MATERIALI PER LA RIUNIONE DEI MEMBRI DEL CC m Perciò la dichiarazione di Igorev secondo cui questo menscevico + un bundista costituiscono oggi {'Ufficio (formalmente non fatto co- noscere nemmeno all’Ufficio estero del CC e che nessuno ha ricono- sciuto!) viene da noi considerata una vera e propria beffa, 2. È possibile oggi ricostituire la sessione plenaria all’estero? Giuridicamente: ci sono nove persone su quindici. Formalmente esse possono a) proclamarsi sessione plenaria. Pur essendo formal- mente incontestabile, un tale passo è possibile, evidentemente , solo se si ha la maggioranza di un voto, cioè se lo decidono cinque, tra questi nove, contro quattro. Di fatto il valore di un tale passo, for- malmente ineccepibile, è insignificante; non v’ha dubbio che, stando così le cose, è impossibile che il CC possa assolvere una funzione. b) Formalmente è anche possibile che questi nove membri del CC facciano venire dalla Russia dei candidati che ne hanno il diritto. Che cosa significherà questo di fatto? I menscevichi possono « far venire » o i loro liquidatori (MikhàiI + Iuri + Roman, ecc.), che, dopo il noto passo di Mikhail + Iuri + Roman, nessuno dei partiti- sti onesti riconoscerà come membri del CC; oppure i due membri del CC che erano presenti alla sessione plenaria del gennaio 1910 e che dopo di allora, per un anno e mezzo, non hanno svolto nessun lavoro centrale. La data entro la quale si possono far venire non è stata fissata. I bolscevichi possono far venire ancora due loro candidati, a complemento dei tre bolscevichi . Per far venire questi candidati oc- corrono mesi e mesi di lavoro per mettersi in relazione coi deportati, organizzare le fughe, trovare i mezzi di sussistenza per le famiglie, ecc. ecc. È impossibile dire quanti mesi saranno necessari per questo « lavoro ». II valore reale per il partito di questo lavoro di durata indeter- minata per far venire dei candidati « formali » che attualmente non sono in grado di svolgere praticamente il lavoro centrale in Russia non sarà soltanto zero. Sarà peggio di zero, poiché nasconderà ai gruppi locali del partito la triste realtà — che esige un’energica ini- ziativa — del giuoco alla distribuzione dei posti dall’alto. Dopo un anno e mezzo di tentativi infelici di ricostituire il CC offrire ancora e ancora una volta al partito « antipasti » — domaci 186 LENIN « voi » avrete un CC — vorrebbe dire farsi beffe del partito stesso. Non abbiamo nessuna intenzione di partecipare a una simile beffa. 3. Non è neanche il caso di dire che i tentativi di riunire oggi i candidati in Russia, per ricostituire il CC laggiù, possono partire solo da fautori di Stolypin. La polizia conosce tutti i candidati e li tiene d’occhio, come ha dimostrato il fatto che Innokenti e Makar sono caduti per la seconda e la terza volta- Questo in primo luogo e soprat- tutto. In secondo luogo, poi, il vero scopo di tale convocazione — la cooptazione dei russi — è irrealizzabile oggi, poiché non ci sono i candidati (sono stati presi assieme a Makar l ultima volta) ed è impossibile l’unanimità, richiesta dallo statuto, nella cooptazione dei menscevichi , giacché nessun bolscevico (lo ha già dichiarato Inok a Sverckov) lascerà passare nessun liquidatore (o . sostenitore del « Golos »). 4. La situazione reale del partito è attualmente tale che alla peri- feria ci sono quasi dovunque gruppetti e cellule operaie di partito assolutamente irregolari dal punto di vista formale, estremamente pic- coli e minuscoli e che si riuniscono di tanto in tanto. Essi lottano dovunque contro i legalitari-liquidatori nei sindacati, club, ecc., ma non sono collegati tra loro, vedono la letteratura molto raramente. Tra gli operai hanno prestigio. Si riuniscono in questi gruppetti i bolscevichi -f- i plekhanovìanì e, in parte, quei « vperiodisti » che hanno letto la letteratura « vperiodista » o udito oratori vperiodisti, ma non sono stati ancora attirati nella loro frazione creata all’estero. Questa frazione antipartito ha indubbiamente una certa influen- za, seppure non grande, tra una parte degli operai di Pietroburgo. È pienamente dimostrato che essa non si sottomette a nessun CC e che ostacola il lavoro dei socialdemocratici nella misura delle proprie forze (sinora non ha ancora lanciato apertamente Linvito a partecipare alle elezioni per la IV Duma e continua a civettare con gli otzovisti). Una forza antipartito e antisocialdemocratica incomparabilmente più seria è rappresentata dalla frazione dei legalitari indipendenti (Ntf- scia Zarià + Dielo Gizni 4- Golos Sotsial-Demokrata). È pienamen- te dimostrato che costoro non si sottomettono a nessun CC e si fanno pubblicamente beffe delle sue decisioni. Essi non possono tradurre in atto le risoluzioni della sessione plenaria ( « non sminuire » il signi- MATERIALI PER LA RIUNIONE DEI MEMBRI DEL CC 187 ficato del partito illegale, eoe.) poiché non lo vogliono; essi non possono non seguire la linea opposta . Nessun socialdemocratico onesto può dubitare che i « legalitari indipendenti » conducono la preparazione delle elezioni per la IV Duma e condurranno queste elezioni all'insaputa del partito e contro di esso. Il compito dei partitisti è chiaro: non tollerare piu a lungo la minima dilazione, non differire di un sol giorno l’azione aperta contro i legalitari indipendenti, invitare apertamente e risolutamente i cir- coli operai di partito in Russia a cominciare a prepararsi alle elezioni e, nelle elezioni , a mettere in guardia gli operai contro* i « legalitari indipendenti », a lottare contro di essi, a far passare solo gli operai che hanno compreso il pericolo di questa corrente, solo gli operai pie- namente partitisti. Questo il compito del momento del nostro partito. Ogni devia- zione da questa impostazione di un problema realmente posto dalla vita (e dai legalitari indipendenti), ogni sorta di ripieghi, dilazioni, tentativi dei legalitari di ripetere il giuoco alle « promesse » e alle « as- sicurazioni » minacciano il partito del piu grave pericolo. 5. Nostra conclusione pratica: all’assemblea dei nove bisogna proporre di rivolgersi senz’altro e immediatamente al partito con un appello che esponga in maniera veritiera e completa il fallimento della convocazione del CC in Russia, inviti i circoli locali a dar prova di iniziativa e a creare le commissioni di organizzazione regionali, e in seguito un’analoga commissione centrale, e a lottare risolutamente apertamente, inflessibilmente contro i « legalitari indipendenti ». Quest’appello dev’essere sanzionato con un voto formale della sessione plenaria del CC solo nel caso che, non già cinque membri del CC su nove, ma la stragrande maggioranza dei nove consenta a di- chiararsi sessione plenaria e a imboccare la via di una lotta risoluta contro il gruppo (frazione) dei legalitari indipendenti. Va da sé che una simile lotta è incompatibile con la presenza di questi legalitari negli organismi centrali, che costoro hanno sabotato, frenato, indebo- lito e « mantenuto in condizioni precarie » per un anno e mezzo. Scritto tra i! 19 e il 28 maggio (1°-10 giugno) 1911. 3 PROGETTO DI RISOLUZIONE SUI POTERI DELLA RIUNIONE La riunione, constatando che tutti 1 membri del GC residenti al- l’estero sono stati invitati alla presente riunione, e che vi sono in- tervenuti tutti meno uno, si considera riunione dei membri del CC che si trovano all’estero e pone all’ordine del giorno, in connessione con la situazione generale del partito, il problema della ricostituzione del CC. Scritto il 28 maggio (10 giugno) 1911. PER UN BILANCIO DELLA SESSIONE DELLA DUMA V abbiamo fatto insieme » Nella « storica » seduta della Duma del 27 aprile il signor Teslen- ko ha tra l'altro replicato al signor Stolypin: « Il presidente del Consiglio dei ministri ha detto alla Duma: si, signori, vi verrò in aiuto nel piu breve tempo. Ma voi, probabilmente, agi- rete per questa legge da vecchi credenti in modo tale che prima delLinter- ruzione si dovrà respingerla e allóra, durante l’interruzione, essa verrà fatta passare. In ciò mi è persino sembrato di scorgere un certo qual tono fami- liare, un certo tono col quale quasi ci si volesse dire: ma Tho fatto insieme con voi. E scusatemi, signori, se involontariamente mi è venuta alla mente la scena del YIspettore generale in cui il capo della polizia urbana dice: “Ah! voi vi lagnate di me?! Ricordate, però, che questo e quest’altro l’ho fatto insieme con voi". E io, signori, suppongo che, probabilmente, coloro che prima contavano su quest aiuto, che probabilmente ci contano per ravvenire; penso che essi si siano dovuti sentire a disagio e abbiano probabil- mente pensato, ed è bene se l’hanno pensato:- che dagli amici ci guardi Iddio che dai nemici mi guardo io ». Il signor Teslenko,. come si rileva nel resoconto stenografico, si è guadagnato per queste tirate gli « applausi della sinistra », eviden- temente dalle file del gruppo della libertà del popolo. I cadetti vi avevano scorto una felice ironia contro gli ottobristi. Ma in questo caso, come in molti altri, essi applaudivano senz’aver riflettuto al senso profondo delle parole sfuggite al loro oratore. Essi applaudi- vano pensando che quelle parole colpissero solo gli ottobristi, com- promettessero soltanto questo loro concorrente particolarmente inviso. Essi non avevano compreso che la felice espressione del signor Teslen- ko, se se ne vuole esaminare seriamente il significato, era una verità che colpiva in pieno viso sia gli ottobristi che i cadetti. Su questa verità vale la pena di soffermarsi, perché concerne una delle piti 190 LENIN importanti questioni della storia politica della Russia degli ultimi cinque o sei anni; e quali anni! «L’ho fatto insieme con voi»: ben detto, signor Teslenko. Ma sarebbe forse piu giusto esprimersi diversamente: è stato ben ripe- tuto ciò che piu volte è stato detto nei « comizi » « di sinistra », verso i quali i signori cadetti assumono di solito un atteggiamento tanto sprezzante. « L’ho fatto insieme con voi »: queste parole non si riferi- scono affatto ai soli progetti di legge della III Duma, ai soli famige- rati « vermicelli » 55 . Esse si riferiscono a tutto ciò che « hanno fatto insieme », dalla fine del 1905, sia i signori Stolypin che tutta la bor- ghesia liberale o liberaleggiante russa. Non è soltanto « sembrato » all’oratore cadetto di scorgere un « tono familiare » nel signor Sto- lypin: questo tono è effettivamente caratteristico di tutti i discorsi di Stolypin, di tutta la politica degli Stolypin nei confronti della bor- ghesia (che tra l’altro costituisce, coi suoi deputati ottobristi e ca- detti, la maggioranza dei deputati della III Duma). Il tono familiare — che a ogni seria svolta degli avvenimenti si trasforma in tratto brutale e persino in violenza — è provocato dal fatto che non soltanto gli ottobristi, ma anche i cadetti, unicamente per il piacere di dire un’arguzia, esclusivamente per riscuotere applausi (e questo gli Stolypin lo sanno benissimo), lanciano frasi come: « Che dagli amici » (cioè dagli Stolypin) « ci guardi Iddio », « che dai nemici » (ossia, probabilmente, sia dalla reazione di destra che dalle... come dire per addolcire l’espressione?... « pretese » della sinistra) « mi guar- do io ». Se queste frasi non fossero soltanto frasi, la Russia si sarebbe già completamente e irrevocabilmente liberata « da questi amici ». Ma il succo della cosa sta precisamente nel fatto che i cadetti lanciano simili frasi solo nel fuoco degli interventi « di opposizione », e non si possono pronunciare discorsi di opposizione da una tribuna statale senza una qualche patina, sia pure leggerissima, di democraticità. Ed ecco saltar fuori le dichiarazioni democratiche, che è tanto utile con- frontare con le azioni degli stessi cadetti. Il ruolo storico della bor- ghesia che giuoca alla democraticità (o che ne minaccia il nemico di destra) consiste appunto nel fatto che a qualcuno degli strati popo- lari inferiori questo « giuoco » verbale rende talvolta un vero ser- vizio, suscitando un sincero e profondo pensiero democratico. PER UN BILANCIO DELLA SESSIONE DELLA DUMA 191 « Quando al piano di sopra si suona il violino, vien voglia di ballare ». Un proverbio latino dice: lìttera scripta manent , ciò che è scritto resta. Anche ciò che si è detto talvolta resta, anche se lo si è detto solo per pronunciare una bella frase ad effetto. Non ne deriva, naturalmente, che sia lecito prendere una frase ipocrita dei cadetti per moneta sonante, che sia lecito proclamarla o considerarla democraticità. Ne deriva, però, che di ogni frase ipo- crita dei cadetti ispirata alla democraticità bisogna servirsi, in primo luogo, per far vedere la discordanza, in chi parla, tra la parola e lazione e, in secondo luogo, per far vedere il vero, vitale, immediato valore della democraticità agli « strati inferiori » al cui orecchio giun- gono le frasi ad effetto degli oratori del Palazzo di Tauride. I surriportati ragionamenti del signor Teslenko sono ipocriti non perché il signor Teslenko facesse personalmente Pipocrita: egli ha po- tuto semplicemente lasciarsi trascinare dal torrente della sua oratoria di opposizione. Qui Pipocrisia sta nel fatto che le parole del rappre- sentante del partito dei cadetti divergono dalle azioni di questo par- tito in tutti i momenti seri della storia russa contemporanea. Ricordate gli avvenimenti dell’agosto 1905. Che cosa fece allora il predecessore del signor Stolypin? Predispose la Duma di Bulyghin e le elezioni per costituirla. Che cosa fecero il signor Teslenko e i suoi compagni di partito. Predisposero, nei limiti delle loro forze e in correlazione con la loro « specialità » di lavoro sociale, le stesse ele- zioni. « L’ho fatto insieme con voi », ha il diritto di dire il signor Bulyghin (nonché il signor Stolypin) al signor Teslenko. E il signor Teslenko « Pha fatto insieme » proprio perché aveva un qualche ti- more di restare senza quei suoi « amici » di cui oggi cosi maestosa- mente, con tanto cavalleresco ardimento dice: « Che dagli amici ci guardi Iddio... ». Ricordate gli avvenimenti di tre mesi dopo la promulgazione della legge sulla Duma di Bulyghin. Che cosa fece allora il predeces- sore del signor Stolypin? Si oppose, per esempio, al movimento dei postelegrafonici e alle numerose diramazioni di analoghi movimenti. Il signor Teslenko, o perlomeno il suo partito nelle persone del signor Struve, di Karaulov e altri, si oppose allo stesso movimento a modo suo. « L’ho fatto insieme con voi », ha il diritto di dire il signor Witte (nonché il signor Stolypin) ai signori Teslenko. Lo stesso 192 .LENIN avvenne il 1° maggio 1906 pei la festa del lavoro, un po’ piu tardi per i « comitati locali della terra nel 1907 sistematicamente e costante- mente nei confronti dei deputati operai e contadini alla II Duma, ecc, ecc. Nei Vìekhi il noto scrittore cadetto signor Izgoiev ha tirato le somme di questa pluriennale politica del suo partito scrivendo; « Bi- sogna, infine, avere il coraggio di riconoscere che nelle nostre Dume la stragrande maggioranza dei deputati, a eccezione di tre o quattro decine di cadetti e ottobristi, non ha rivelato di possedere le cognizioni con le quali sarebbe stato possibile accingersi a governare e a rico- struire la Russia », Il « coraggioso riconoscimento » del signor Izgoiev è coraggioso perché, gettando a mare tutte le apparenze e ogni diplomazia, l'autore si è lasciato sfuggire la verità .. « Nelle nostre Dume » i cadetti si sono effettivamente lasciati guidare da quelle « cognizioni » da grandi pro- prietari fondiari, borghesi, monarchico-liberali di cui non poteva es- sere soddisfatta « la stragrande maggioranza dei deputati », special- mente alla loro sinistra. E va poi da sé, naturalmente, che Stolvpin lottasse contro questi ultimi deputati appoggiandosi precisamente sulle « cognizioni » ( sugli interessi e sul punto di vista, per esprimerci in maniera piu giusta) « di tre o quattro decine di cadetti e ottobristi ». « L’ho fatto insieme con voi » r ho lottato contro l’incapacità, l’ine- sperienza, l’ignoranza dei contadini e degli operai, ha il diritto di dire il signor Stolypin a tutto il partito cadetto. La cosa piu importante in un bilancio della sessione della Duma dell’anno in corso è che l’eccessiva familiarità » di Stolypin con la maggioranza della III Duma — e per di più proprio con la sua mag- gioranza borghese, cadetto-ottobrista — è apparsa insopportabile per- sino a questa maggioranza infinitamente paziente, Il vecchio potere tratta familiarmente la borghesia, che sente molto bene la sua impor- tanza nelle nuove, attuali condizioni economiche e aspira all’au tono- mia, e persino al potere. L’episodio deH’articolo 87 ha rivelato questa familiarità in maniera cosi netta, offendendo qualcuno dei potenti di questo inondo in maniera cosi inurbana, che persino gli infinitamente pazienti hanno cominciato a brontolare. Ma oltre il brontolio non sono in grado di andare. Sono legati mani e piedi, e non possono perciò andare oltre. Sono legati perché, in tutti questi ultimi anni, nei mo- PER UN BILANCIO DELLA SESSIONE DELLA DUMA 193 menti piu importanti della storia russa, hanno voltato pavidamente le spalle al vasto movimento popolare, si sono tenuti ostilmente in di- sparte dalla democrazia — da una vera, viva, operante democrazia di massa — , Thanno aggredita alle spalle come ha fatto Stolypin, E, le- gati per questo motivo, ottobristi e cadetti subiscono ora il meritato castigo; in sostanza essi non hanno nulla da obiettare quando Stolypin, bistrattandoli familiarmente, dice loro: se io sono nemico della demo- crazia, anche voi, amici cari, ne avete avuto paura, « l’ho fatto insieme con voi ». Zviezdà , n. 24, 28 maggio 1911. Firmato: V. Uin. VECCHIE, MA SEMPRE NUOVE VERITÀ Gli incidenti che hanno determinato l'assenza di delegati operai al II Congresso dei medici di fabbrica a Mosca sono noti ai lettori dai giornali 56 . Non possiamo soffermarci qui ad esporre particolareggia- tamente questi incidenti e a lumeggiarne il significato. Rileveremo sol- tanto gli istruttivi ragionamenti della Riec del 14 aprile, cioè del giorno deirapertura del congresso, in un editoriale scritto la vigilia di questi incidenti. « Purtroppo, — scriveva Porgano del partito dei cadetti, — a questa partecipazione [alla partecipazione dei rappresentanti degli ope- rai] si frappongono degli impedimenti esterni. È ben nota quale sorte tocca a certi oratori troppo focosi. I rappresentanti degli operai vo- gliono quindi parlare delle difficoltà per loro di concentrarsi su que- stioni specifiche, dell’impossibilità di organizzare una giusta rappre- sentanza al congresso, degli impedimenti frapposti alle loro organiz- zazioni e di molte altre cose che ancora una volta sono lontane dal programma del congresso e la cui discussione distoglie dalle questioni poste all’ordine del giorno, portando a volte anche a conseguenze spiacevoli. L’atmosfera pesante spiega anche l’intolleranza di cui i rappresentanti degli operai hanno dato prova nei confronti degli ora- tori “borghesi", di tutti i provvedimenti del governo e dell’eventua- lità di una collaborazione coi rappresentanti di altri gruppi sociali ». Tutta questa tirata è un esempio caratteristico di sospiri impo- tenti, la cui impotenza trova una spiegazione non nella composizione casuale o in qualche altra particolarità di questo determinato partito liberale, di un determinato problema, ecc., ma in motivi assai più profondi: le condizioni oggettive nelle quali è posta la borghesia li- berale in generale nella Russia del secolo XX. La borghesia liberale VECCHIE, MA SEMPRE NUOVE VERITÀ 195 sospira dietro « ordinamenti » in cui potesse avere davanti a sé degli operai non inclini ad « arringare troppo focosamente », abbastanza « tolleranti » nei confronti della borghesia, delPidea della collabora- zione con la borghesia, « di tutti i provvedimenti del governo ». Essa sospira dietro ordinamenti in cui questi modesti operai « collaboranti » con essa potessero « concentrarsi sulle questioni specifiche » della po- litica sociale, accontentandosi modestamente di rammendare il gab- bano consunto della tutela borghese sul « fratello minore ». In una parola, i liberali russi sospirano dietro ordinamenti approssimativa- mente corrispondenti a quelli che vediamo oggi — a differenza della Prussia — in Inghilterra o in Francia. In Inghilterra e in Francia la borghesia domina sovrana e quasi (salvo piccole eccezioni) diretta- mente, mentre in Prussia la supremazia appartiene ai feudali, agli junker, al militarismo monarchico. In Inghilterra e in Francia la borghesia si avvale particolarmente spesso, liberamente e ampiamente, del metodo di attirare dalla sua parte elementi provenienti dal pro- letariato o traditori della sua causa (John Burns, Briarid) come t< col- laboratori » che tranquillamente « si concentrano su questioni specifi- che » e insegnano alla classe operaia la « tolleranza » verso il dominio del capitale. Non v’ha il minimo dubbio che gli ordinamenti inglesi e francesi sono assai più democratici di quelli prussiani, assai più favorevoli per la lotta della classe operaia, assai superiori per il grado di estinzione degli istituti del passato medioevale, che offuscano il principale e vero avversario della stessa classe operaia. Non v’ha perciò il minimo dub- bio che è neirinteresse degli operai russi appoggiare tutte le tendenze a ricostruire la nostra patria più secondo il tipo anglo-francese che non secondo il tipo prussiano. Ma non ci si può limitare, come si fa troppo spesso, a questa incontestabile conclusione. Per la questione controversa, o le questioni controverse (coi democratici di tendenze diverse), questo non è che il principio. L’appoggio delle aspirazioni è necessario, ma per sostenere ciò che è debole e vacillante bisogna farlo poggiare su qualcosa di più saldo, bisogna disperdere le illusioni che impediscono di vedere la debolezza, di comprenderne le cause. Chi rafforza tali illusioni, chi si associa ai sospiri impotenti degli impotenti, incoerenti, incostanti fau- tori della democrazia, non appoggia le aspirazioni alla democrazia 196 LENIN borghese, ma le indebolisce. In Inghilterra e in Francia la borghesia, a suo tempo, alla metà del secolo XVII o alla fine del secolo XVIII, non sospirava per P« intolleranza » del fratello minore, non faceva acide smorfie a proposito degli « oratori troppo focosi » che appar- tenevano al campo di questo fratello minbre, ma si faceva rappresen- tare dagli oratori (e non solo dagli oratori) più focosi, che suscita- vano un sentimento di disprezzo verso la predicazione della « tolle- ranza », verso i sospiri impotenti, verso le esitazioni e l’irresolutezza. E nel campo di questi focosi oratori vi erano uomini che per secoli e secoli erano rimasti dei luminari, dei maestri, nonostante tutta là limitatezza storica, e spesso l’ingenuità, della loro rappresentazione dei mezzi per liberarsi da tutti i mali. Anche la borghesia tedesca sospirava, come quella russa, perché il « fratello minore » aveva degli oratori « troppo focosi », e nella storia deH’umanità offerse un esempio di bassezza, di abiezione, di servilismo, ricompensato con i calci degli stivali dei « junker ». La differenza tra Luna e l’altra borghesia trova, naturalmente, una spie- gazione non nelle « qualità » di « razze » diverse, ma nel livello dello sviluppo economico e politico, che costrinse la borghesia ad aver paura del « fratello minore », la costrinse a esitare tra la condanna delle violenze del feudalesimo e la condanna dell’« intolleranza » degli operai,. Tutte queste sono vecchie verità, ma sono sempre nuove, e tali rimangono, quando ci tocca leggere, in una pubblicazione di persone che vogliono essere marxiste, righe come queste; « L’insuccesso degli anni 1905-1906 fu determinato non dagli “eccessi” delle sinistre, poiché questi stessi' “eccessi”, a loro volta, erano determinati dall’insieme di tutta una serie di cause, non dal “tradimento” della borghesia, che in Occidente aveva dovunque “tra- dito” nel momento corrispondente, ma dall’assenza di un partito bor- ghese ben definito che potesse porsi al timone del governo, al posto del decrepito potere della burocrazia, e che fosse economicamente forte e abbastanza democratico da avere l’appoggio del popolo ». E alcune righe piu sotto; « ... la debolezza della democrazia bor- ghese urbana, che sarebbe dovuta diventare il centro politico d’at- trazione per la popolazione contadina democratica... ». (Nascia Zarià, n. 3, p. 62, articolo del signor V. JLevitski). VECCHIE, MA SEMPRE NUOVE VERITÀ 197 Il signor V. Levitski ha ponderato maggiormente e fino in fondo la sua negazione delle idee dell '« egemonia »> («centro d’attrazione sarebbe dovuta diventare la democrazia borghese urbana », e non qual- cun altro) o dichiara fino in fondo le sue idee piu arditamente, in ma- niera piu precisa del signor Potresov, che ha ripulito il proprio articolo nel Movimento sociale sotto l’influenza degli ultimatum di Plekhanov. Il signor V. Levitski ragiona del tutto come un liberale. Egli è un liberale incoerente, per quante parole marxiste possa impiegare, e non ha la minima idea del fatto che « centro d’attrazione per la popo- lazione contadina democratica » sarebbe dovuta diventare una catego- ria sociale affatto diversa dalla democrazia borghese urbana. Egli di- mentica che questo « dovere » ju una realtà nel corso dei grandi periodi storici sia dell’Inghilterra, sia della Francia, sia della Russia; in questo ultimo paese poi questi periodi furono grandi come importanza, ma piccoli come durata, mentre nei primi due paesi la plebe democratica, ultrademocratica, « troppo focosa » riuniva per lo piu i diversi elementi degli « strati inferiori ». Il signor V. Levitski dimentica che questi « strati inferiori », anche nei brevi periodi in cui capitò loro di avere nella storia la funzione di «centro d'attrazione per la popolazione contadina democratica», in cui riuscì loro di strappare questa funzione dalle mani della bor- ghesia liberale, esercitarono un’influenza decisiva per quanto concerne il grado di democraticità che il paese consegui nei successivi decenni di cosiddetto sviluppo pacifico. Nei brevi periodi della loro egemonia questi « strati inferiori » educarono la propria borghesia, la riplasma- rono in modo tale che essa cercò in seguito, si, di retrocedere, ma non potè , in questo movimento all’indietro, spingersi più in là, poniamo, della seconda Camera in Francia o delle deroghe alla democrazia nelle elezioni, ecc. ecc. Ma quest’idea, confermata dall’esperienza storica di tutti i paesi europei, l’idea che nelle epoche delle trasformazioni borghesi (o, per meglio dire, delle rivoluzioni borghesi) la democrazia borghese di ogni paese prende questa o quella forma, assume questo o quell'aspetto, si educa in base a questa o a quella tradizione, ammette questo o quel minimo di democrazia a seconda del grado Atll'egemonia che, nei momenti decisivi della storia nazionale, passa, non alla borghesia, ma agli « strati inferiori », alla « plebe » del secolo XVIII, al projeta- 198 LENIN riato dei secoli XIX e XX, quest’idea è estranea al signor V.« Levitski. Quest’idea deiregemonia costituisce appunto una delle tesi di fondo del marxismo; la rottura con queste tesi (o persino l’indifferenza verso di esse) da parte dei liquidatori costituisce la piu profonda scaturigine di tutta una serie, di irreconciliabili divergenze di principio con gli av- versari del liquidatorismo. Ogni paese capitalistico attraversa un’epoca di rivoluzioni bor- ghesi in cui si instaura questo o quel grado di democraticità, questo o quell’assetto del costituzionalismo o del parlamentarismo, questo o quel grado di autonomia, indipendenza, amore della libertà e spirito d’ini- ziativa degli « strati inferiori » in generale e del proletariato in parti- colare, questa o quella tradizione in tutta la vita dello Stato e della società. Quale sarà questo grado di democraticità e questa tradizione? Nei momenti decìsivi l’egemonia apparterrà alla borghesia oppure al suo antipode, sarà la prima oppure il secondo (ancora una volta in tali momenti decisivi) a costituire il « centro d’attrazione per la popo- lazione contadina democratica » e per tutti i gruppi e strati democratici intermedi in generale? Ecco ciò che determinerà questo grado e questa tradizione. Il signor V. Levitski è un maestro in fatto di formulazioni bril- lanti che svelano di primo acchito, bruscamente e chiaramente, le basi ideologiche del liquidatorismo. Tale è la sua celebre formula: « non l’egemonia, ma un partito di classe», che, tradotta in lingua russa, si- gnifica: non il marxismo, ma il brentanismo (social-liberalismo). Altret- tanto celebri diventeranno, sicuramente, le due formule qui citate: « centro d’attrazione per la popolazione contadina democratica sarebbe dovuta diventare la democrazia borghese urbana » e « l’insuccesso fu determinato dall’assenza di un partito borghese ben definito ». Zvtezdà , n. 25, 11 giugno 1911. Firmato: V. Ilin. RISOLUZIONE DEL SECONDO GRUPPO PARIGINO DEL POSDR SULLA SITUAZIONE ESISTENTE NEL PARTITO Introduzione La sottoriportata risoluzione del secondo gruppo parigino del POSDR — questo gruppo si compone principalmente di bolscevichi e di un piccolo numero di « vperiodisti » e di « conciliatori » — delinea le tesi fondamentali della piattaforma di tutti i bolscevichi. In un periodo in cui la lotta interna di partito si inasprisce è cosa particolarmente impor- tante esporre le vedute sostanziali sulle questioni di fondo del pro- gramma, della tattica, deH’organizzazione. Uomini del tipo di Trotski, con le sue tronfie frasi sul POSDR e il suo servilismo davanti ai liqui- datori, che col POSDR non hanno niente in comune, sono ora la « ma- lattia dei tempi ». Essi vogliono far carriera mediante la predicazione piuttosto a buon mercato deir« accordo » — con tutti, poco importa chi, compresi il signor Potresov e gli otzovisti! — e nello stesso tempo serbano, se occorre, il completo silenzio sulle condizioni politiche di questo stupefacente preteso « accordo ». Di fatto essi sono predicatori della capitolazione davanti ai liquidatori, edificatori di un partito ope- raio di Stolypin. Tutti i bolscevichi devono ora unirsi piu strettamente, consolidare la loro frazione, definire con maggior precisione e chiarezza la linea di partito di questa frazione — a differenza delle frazioni che, in un modo o nell’altro, nascondono il loro « volto » — , raccogliere le forze disperse e muovere al combattimento per un Partito operaio socialde- mocratico russo epurato dai portatori deirinfluenza borghese sul pro- letariato. N. Lenin 200 LENIN I L’assemblea del secondo gruppo parigino del POSDR, dopo aver discusso la situazione esistente nel POSDR in generale e le ultime manifestazioni della lotta divampata all’estero tra i socialdemocratici e coloro che desiderano aggregarsi alla socialdemocrazia, ritiene innanzi tutto necessario rammentare la tesi di principio fondamentale unanimemente affermata dairultima (gennaio 1910) ses- sione plenaria del CC e che definisce il carattere del lavoro veramente socialdemocratico. Questa tesi fondamentale dice che « la negazione del partito socialdemocratico illegale, la degradazione della sua funzione e importanza, i tentativi di restringere i compiti programmatici e tattici e le parole d’ordine della socialdemocrazia rivoluzionaria » rappresen- tano una manifestazione dell'influenza borghese sul proletariato . Solo la coscienza del pericolo di questa deviazione, nonché di ogni corrente politico-ideologica « otzovistica » o che giustifichi l’otzovismo, solo un lavoro che superi di fatto queste deviazioni è un lavoro socialdemo- cratico. L’assemblea constata inoltre che la redazione estera del Golos So - tsial-Demokrata e il gruppo dei suoi fautori, nonostante l’indicata riso- luzione unanime della sessione plenaria, nonostante la solenne promessa dei rappresentanti del Golos alla sessione plenaria di rinunciare al liqui- datorismo e di lottare contro di esso, durante tutto l’anno e mezzo e piu trascorso dopo la sessione plenaria hanno attuato precisamente questa politica borghese del liquidatorismo, hanno sostenuto, giustifi- cato e difeso organi di stampa dei legalitari russi, indipendenti dalla socialdemocrazia e dal socialismo, come la Nascia Zarià , il Vozrozdenìe , il D telo Gizni y ecc. I collaboratori di questi organi di stampa, come piu di una volta ha riconosciuto a nome del partito il suo organo cen- trale, e come hanno riconosciuto anche i menscevichi pattuisti capeg- giati dal compagno Plekhanov, non hanno niente in comune col POSDR. Essi non solo degradano la funzione e l’importanza del partito social- democratico illegale, ma negano addirittura questo partito, denigrano, alla maniera dei rinnegati, la « clandestinità », negano il carattere rivo- luzionario dell’attività e i compiti rivoluzionari dell’odierno movimento operaio in Russia, ingannano gli operai diffondendo idee borghesi-libe- rali sul carattere « costituzionale » della crisi che matura, respingono RISOLUZIONE DEL SECONDO GRUPPO PARIGINO DEL POSDR 201 (e non solo restringono) antiche parole d'ordine del marxismo rivo- luzionario come il riconoscimento dz\Y egemonia della classe operaia nella lotta per il socialismo e per la rivoluzione democratica. Predi- cando e costruendo quello che essi chiamano partito operaio legale o «aperto», costoro sono in effetti gli edificatori di un partito « ope- raio » di Stolypin e i veicoli dell’influenza borghese sul proletariato poiché in realtà la loro predicazione ha un contenuto prettamente bor- ghese, e un partito operaio « aperto » sotto Stolypin altro non significa che l’aperta apostasia di coloro che ripudiano il compito della lotta rivoluzionaria delle masse contro l’autocrazia zarista, la III Duma e tutto lo stolypinismo. L’assemblea constata che l’Ufficio estero del CC, che doveva essere un organo tecnico del Comitato centrale, è caduto in tutto e per tutto sotto l’influenza dei liquidatori *. Non avendo, in un anno e mezzo, assolto nessuno degli incarichi affidatigli dal CC (per esempio l’unificazione dei gruppi esteri sulla base del riconoscimento e dell’attuazione delle decisioni della sessione plenaria, o l’aiuto da dare alle organizzazioni locali, oppure l’incarico di ottenere la soppressione del Golos e la cessazione dell’isolamento frazionistico del gruppo V period ), l’Ufficio estero ha aiutato aperta- mente i nemici della socialdemocrazia, i liquidatori. A derisione del partito, la maggioranza dell’Ufficio estero del CC ha sistematicamente sabotato , a cominciare dal dicembre scorso, la con- vocazione della sessione plenaria (statutariamente obbligatoria). L’Uf- ficio ha perduto sette settimane, dalla prima richiesta di convocare la sessione plenaria avanzata dai bolscevichi, unicamente per « votare » su tale questione. A coronamento di una votazione protrattasi per sette settimane l’Ufficio ha riconosciuto che la richiesta dei bolscevichi era « legale », ma nello stesso tempo ha praticamente sabotato la sessione plenaria, come l’ha sabotata una seconda volta alla fine di maggio. L'effettiva funzione di un tale Ufficio estero del Comitato centrale è consistita nel dare aiuto, dall’estero e daU’interno degli organismi centrali del partito, a capi dei legalitari e militanti del partito operaio di Stolypin come Mikhail, Iuri e Roman, che hanno dichiarato dam * 11 sostenitore del Golos Igorev (sufficientemente smascherato e bollato dal menscevico partitista Plekhanov) e il bundista Liber, che svolge un’aperta propa- ganda in difesa del signor Potresov e di altri militanti del partito operaio di Stolypin, sono ì dirigenti di questo Ufficio. 202 LENIN nosa la stessa esistenza del CC (nn. 12 e 21-22 del SotsiaUDemokrat , organo centrale del partito) 5? . L’assemblea constata che i liquidatori occupando cariche di partito ingannano addirittura il partito, poiché le decisioni della sessione plenaria parlano chiaramente e inequivoca- bilmente di ammissione a queste cariche di menscevichi i quali adem- piano onestamente la loro promessa di rinunciare al liquidatorismo e di lottare contro di esso *. L’assemblea trova perciò che la completa rottura dei bolscevichi con TUfficio estero del CC, in quanto organismo che si è posto fuori della legge e del partito, è stata assolutamente necessaria, e che la riunione dei membri del CC (cfr. il suo Comunicato') , che rappresen- tava la stragrande maggioranza delle organizzazioni, gruppi e circoli del partito realmente operanti in Russia, ha del tutto giustamente rico- nosciuto che « TUfficio ha imboccato la via di una politica frazionistica antipartito, violando con ciò le chiare e precise deliberazioni della ses- sione plenaria del 1910 L’assemblea delibera di rifiutare qualsiasi contatto con TUfficio estero del CC e di appoggiare le decisioni della riunione dei membri del CC, le quali hanno indicato una serie di necessari provvedimenti minimi per paralizzare l’attività dei liquidatori, che frena tutto il lavoro del partito, e per convocare una conferenza del partito e ricostituire, con le forze dei militanti locali, le organizzazioni e le cellule illegali del partito. L’assemblea invita tutti i compagni partitati della perife- ria ad accingersi immediatamente (in conformità con la decisione della riunione) alla preparazione della conferenza e alle elezioni per questa ultima, stabilendo a questo fine regolari contatti con la commissione di organizzazione 5B , con l’organo centrale e la Rabociaia Gazieta. II L’assemblea richiama l’attenzione degli operai socialdemocratici, senza distinzione di frazione, sul fatto che i capi esteri del gruppo * v Quanto a certi metodi di lotta dei liquidatori esteri contro il POSDR, come il ricatto politico e la pubblicazione di un'informazione riservata — cosa di cui s e occupato il signor Martov, con l’aiuto della redazione del Golos — , Tassem- blea bolla d’infamia simili scritti, che basta menzionare per attirare su di essi il disgusto delle persone per bene. RISOLUZIONE DEL SECONDO GRUPPO PARIGINO DEL POSDR 203 Vperiod e il direttore della Pravda , Trotski, conducono una politica di appoggio ai liquidatori e di alleanza con questi ultimi contro il partito e contro le sue decisioni. Questa politica deve tanto piu incontrare una risoluta resistenza in quanto, mentre danneggia profondamente gli interessi del proletariato, è profondamente in contrasto con Tattività di quei gruppi socialdemocratici illegali russi i quali, pur essendo legati alla Pravda e al Vperiod , mantengono un atteggiamento assolutamente leale nei confronti delle decisioni del partito e difendono dovunque, lot- tando tenacemente contro i liquidatori, il POSDR illegale col suo pro- gramma rivoluzionario. L'assemblea mette particolarmente in guardia gli operai social- democratici contro V inganno sistematicamente perpetrato dai sostenitori del Golos, che dipingono tutti i militanti del movimento legale come avversari del vecchio partito e fautori del nuovo partito « aperto » di Potresov. Cosi nell'ultimo foglio pubblicato dal Golos in data 25 giu- gno (con un comunicato sul « convegno » dei militanti del movimento legale) la redazione del Golos ha taciuto che il convegno ha respinto la proposta dei liquidatori di boicottare un giornale legale per il suo orientamento antiliquidatore 5t . Cosi la redazione del Golos ha taciuto che in quello stesso convegno sono state bocciate le risoluzioni aperta- mente legalitarie e palesemente da rinnegati che erano state presentate dai sostenitori del Golos. Persino un bundista, uno dei partecipanti al convegno, ha dovuto riconoscere in quella sede il carattere antipar- tito delle proposte dei seguaci di Potresov. Parecchi militanti del movimento legale si sono già messi sulla via di una lotta risoluta contro il partito « operaio » di Stolvpin. E con gli sforzi congiunti di tutti i partitisti il numero di tali militanti aumenterà indubbiamente. III In un periodo come questo, in cui la lotta dei socialdemocratici contro i veicoli deirinfluenza borghese sul proletariato si inasprisce, tutti gli elementi senza principi tendono sempre, nei loro sforzi, ad offuscare le grandi questioni di principio con il* sensazionale a buon mercato e il piccolo scandalo, che i sostenitori esteri del Golos amman- 204 LENIN niscono con tanto zelo all'uditorio, avido di cibo spirituale guasto, delle assemblee liquidatrici. In un periodo come questo il dovere dei marxisti rivoluzionari è piu che mai quello di ricordare a tutti le vecchie verità, dimenticate dai liquidatori e che costituiscono la base del nostro lavoro socialde- mocratico. L assemblea ricorda perciò a tutti i membri del POSDR il pro- gramma del nostro partito, programma che, in un’epoca in cui l’oppor- tunismo internazionale si rafforzava e stava maturando la sua lotta risoluta contro la socialdemocrazia rivoluzionaria, diede una formula- zione precisa, chiara, fermissima del fine ultimo del socialismo, realiz- zabile solo mediante la dittatura del proletariato, e degli scopi rivolu- zionari immediati della socialdemocrazia russa, l’abbattimento dello zarismo e la conquista della repubblica democratica. Tutta la predica- zione dei nostri legalitari e sostenitori del Golos dimostra che di fatto essi non solo non condividono, non traducono in atto il nostro pro- gramma, ma propugnano apertamente il riformismo — l’hanno ricono- sciuto anche i menscevichi partitisti (cfr. il Dnievnik Sotsial-Demokrata di Plekhanov e il n. 3 del Diskussionnì Listok) — e rinnegano aperta- mente gli scopi rivoluzionari immediati del POSDR. L’assemblea ricorda a tutti i membri del POSDR che, per essere veramente partitisti, non basta autodefinirsi tali, non basta far propa- ganda « ispirandosi » al programma del POSDR: è altresì necessario svolgere tutto il lavoro pratico in accordo con le decisioni tattiche del partito. Nella nostra epoca controrivoluzionaria, in un periodo di apo- stasia, rinuncia, sconforto — specialmente tra gli intellettuali borghesi — solo le decisioni tattiche formulano una valutazione del momento che stiamo attraversando, una valutazione della linea pratica di condotta dal punto di vista dei principi del marxismo rivoluzionario. Nel vero POSDR — e non in quello di cui sfruttano il nome i sostenitori del Golos per dissimulare il liquidatorismo — ■ non esiste altra definizione di partito dei compiti della socialdemocrazia nell’epoca che stiamo attra- versando tranne quella delle risoluzioni tattiche del dicembre 1908 . I liquidatori, e in parte anche i « vperiodisti », passano sotto silenzio queste risoluzioni o si limitano a fuggevoli osservazioni e esclamazioni contro di esse proprio perché in queste risoluzioni av- vertono la linea di lavoro che ripudia radicalmente le esitazioni sia RISOLUZIONE DHL SECONDO GRUPPO PARIGINO DEL POSDR 205 opportunistiche che semianarchiche, che leva il vessillo della rivolu- zione ad onta di tutte le correnti controrivoluzionarie d’ogni genere, che spiega le particolarità economiche e politiche del momento che stia- mo attraversando in quanto nuovo periodo nello sviluppo borghese della Russia, periodo che porta a una rivoluzione che deve risolvere i vecchi problemi. Fedele al partito è chi attua veramente la linea tattica del partito; e la tattica del partito, la tattica del POSDR, è quella e soltanto quella che è esposta nelle risoluzioni del dicembre 1908, che non solo è fedele alla bandiera rivoluzionaria, ma tiene anche conto delle nuove condizioni della nostra epoca. Diretta e im- mediata conseguenza, naturale continuazione e coronamento delle riso- luzioni del dicembre 1908, che condannano il liquidatorismo ed esigono l’incondizionato riconoscimento del lavoro alla Duma dei socialdemo- cratici, nonché l’utilizzazione delle possibilità legali, sono le risoluzioni della sessione plenaria del gennaio dell'anno scorso, dirette contro i veicoli dell'influenza borghese sul proletariato . In questo nostro tem- po di scompiglio e di sfacelo s’incontrano spesso persone che, richia- mandosi al grande principio dell’unità deiresercito proletario, giustifi- cano i tentativi senza principi o meschinamente diplomatici di un’« uni- ficazione» o di uh « riavvicinamento » coi veicoli deWinfluenza bor- ghese sul proletariato. L’assemblea condanna e respinge nel piu cate- gorico dei modi tutti i tentativi di questo genere, da chiunque essi provengano, e dichiara che la grande opera di unificazione e consolida- mento dell’esercito del proletariato rivoluzionario combattente non può essere assolta senza una completa delimitazione, senza una lotta implacabile contro coloro che si fanno veicoli dell’influenza borghese sul proletariato. Fedele al partito è chi realmente contribuisce a costruire un’orga- nizzazione che corrisponda ai principi socialdemocratici. Nel partito, nel POSDR, non sussiste altra determinazione di partito del carattere e dei compiti del lavoro organizzativo tranne quella che è stata data nella risoluzione sulla questione organizzativa del dicembre 1908, nella risoluzione della sessione plenaria del 1910 sulla stessa questione, nella lettera del CC pubblicata subito dopo questa sessione. Solo un contri- buto multilaterale alla ricostituzione e al consolidamento deU’organiz- zazione illegale è lavoro di partito , e solo un POSDR illegale può e deve circondarsi di una rete di organizzazioni legali, utilizzare tutte 206 LENIN le possibili organizzazioni legali, orientare , ispirandosi ai nostri prin- cipi rivoluzionari, tutto il lavoro di tali organizzazioni. Chi non svolge effettivamente un tale lavoro, chi prende parte alla campagna contro- rivoluzionaria in generale, e liberale in particolare, contro la « clande- stinità », contro il lavoro illegale, inganna gli operai quando parla della sua appartenenza al POSDR. Si avvicinano le elezioni per la IV Duma. Quanto piu acuta è la crisi nelle sfere dirigenti del partito all’estero, tanto più s’impone la necessità di un’iniziativa dei militanti socialdemocratici locali, tanto più rigorosamente essi debbono persistere e insistere affinché il lavoro per le elezioni sia realmente un lavoro di partito svolto da ogni gruppo, da ogni cellula, da ogni circolo di operai. Chi tuttora considera l’« otzo- vismo » una « corrente legittima nel nostro partito » pronuncia invano il nome del POSDR. Non si può condurre il lavoro di partito per le elezioni della IV Duma senza delimitarsi con la massima risolu- tezza da tali persone. Chi tuttora chiacchiera di elezioni per la IV Duma con le forze e i mezzi delle « organizzazioni legali », con le force e i mezzi di un « partito operaio aperto », chi non tiene inoltre veramente conto, non traduce in atto le decisioni del POSDR sull’or- ganizzazione illegale, sulla tattica esposta nelle risoluzioni del partito, pronuncia invano il nome del POSDR. Chi conduce il lavoro per le elezioni tenendo conto non delle decisioni del POSDR, ma degli articoli della Nascia Zarià , del Golos Sotsial-Demokrata , del Dielo Gizni, è costruttore di un partito « operaio » di Stolypin, e non del partito socialdemocratico rivoluzionario del proletariato. Nelle prossime elezioni per la IV Duma il nostro partito per- segue innanzi tutto gli obiettivi inerenti all’educazione socialista delle masse e a un’agitazione di massa in favore dell’attuazione di un rivol- gimento democratico-rivoluzionario con le forze del proletariato e della democrazia borghese rivoluzionaria (e innanzi tutto delle masse conta- dine rivoluzionarie). Nell’interesse di questa propaganda e agitazione il nostro partito deve organizzare l’intervento autonomo dei socialdemocratici nelle ele- zioni e la presentazione di propri candidati di partito non solo nella curia operaia, ma dovunque, tra tutti gli elettori delle città e delle campagne. Tutta l’agitazione del partito nelle elezioni dev’essere condotta su RISOLUZIONE DEL SECONDO GRUPPO PARIGINO DEL POSDR 207 due fronti e cioè: sia contro il governo e i partiti che lo appoggiano apertamente, sia contro il partito cadetto del liberalismo controrivo- luzionario. Candidati del partito possono essere solo persone che veramente realizzino integralmente la politica del POSDR, che siano fedeli non soltanto al suo programma, ma anche alle sue risoluzioni tattiche e che lottino contro il nuovo partito « operaio » di Stolypin. Sulla questione degli accordi elettorali devono restare in vigore le direttive di principio fondamentali del Congresso del partito di Londra e della conferenza del partito del luglio 1907 60 . Le elezioni per la IV Duma devono essere condotte dai gruppi operai del partito, nello spirito delle decisioni del partito e in stretta corrispondenza con queste decisioni. Scritta il 18 giugno (1° luglio) 1911. Pubblicata in volantino nel luglio 1911 e ristampata VII agosto dello stesso anno neìl'Informatsionni Biulleten della Commissione tecnica estera, n. 1. PREFAZIONE ALL'OPUSCOLO « DUE PARTITI » L’opuscolo di Kamenev è un compendio sistematico del materiale che si riferisce a quella lotta contro il liquidatorismo che nell’epoca della controrivoluzione è stata condotta dal bolscevismo, e sulle orme di quest’ultimo da tutto il POSDR. È del tutto naturale che Kamenev dedichi al chiarimento del dissenso di principio tra la socialdemocrazia e il liquidatorismo la maggior parte dello spazio, come su di essa si sono principalmente soffermati, dal 1908 al 1911, il Proletari e l’organo centrale del partito, il Sotsial-Demokrat. Kamenev ha pienamente dimostrato che il gruppo dei liquidatori è di fatto un partito a sé, estraneo al POSDR. Le sue dimostrazioni compendiano principalmente l’esperienza degli anni 1909-1911, espe- rienza che ha confermato la risoluzione del dicembre 1908. In questa risoluzione, proposta e fatta approvare, a nome del POSDR, dai bol- scevichi, già si dichiarava che i liquidatori si sforzano di «sostituire » al POSDR un’associazione legale « amorfa ». Oggi quest’associazione legale amorfa dei signori Potresov, Larin, Levitski e soci (con l’appen- dice costituita dal signor Martov e dai signori del Golos all’estero) si è già pienamente rivelata per quel che è. Si tratta di un gruppo di letterati, assolutamente estraneo al POSDR, che svolge una politica operaia non già socialdemocratica, ma liberale. Si tratta di militanti del partito « operaio » di Stolypin. 11 passaggio dal marxismo al liberalismo, e per di piu il passaggio piu rapido, piu « inatteso » talvolta, è un fatto specifico della Russia della fine del secolo XIX e dell’inizio del XX. Gli « economisti » e il Credo , il signor Struve e soci, i signori liquidatori: sono tutti questi gradini di un’unica scala, tappe di un’unica evoluzione, manifesta- zioni di un’identica tendenza. 11 partito operaio in Russia ha comin- PREFAZIONE ALL’OPUSCOLO « DUE PARTITI » 209 dato a costituirsi poco prima della rivoluzione del 1905 ; questo partito si riorganizza — in parte si organizza ex novo, su un piu solido fonda- mento — nell’epoca della controrivoluzione. L’intellettualità borghese,' attratta nella rivoluzione dalla coscienza del fatto che la Russia non ha ancora attraversato l’epoca dei rivolgimenti democratici, si schiera a fianco del proletariato gruppo dopo gruppo, e gruppo dopo gruppo si stacca nuovamente, convinta dall’esperienza che il marxismo è un far- dello troppo grave per le sue spalle, che il suo vero posto è fuori del partito socialdemocratico. Tali sono anche i nostri liquidatori, una parte dei quali parlano già con tutta chiarezza, francamente e aperta- mente, del nuovo partito da essi creato. L’otzovismo e il liquidatorismo, simili perché rappresentano en- trambi correnti non socialdemocratiche, borghesi, si distinguono sostan- zialmente per il diverso destino del loro sviluppo politica. L’otzovismo fu tempestivamente reso impotente dal bolscevismo e non è giunto ai tentativi di creare un proprio partito; è rimasto ora un insignificante gruppetto estero la cui attività se ridotta a dare aiuto ai liquidatori negli intrighi e nella lotta contro il POSDR. Il liquidatorismo, al con- trario, ha il proprio centro (nel senso politico, innanzi tutto, e poi in quello organizzativo) in Russia; esso ha creato un partito a sé y sia pure amorfo (a tuttoggi amorfo): ecco perché Kamenev ha dovuto par- lare così dettagliatamente del liquidatorismo e soltanto di sfuggita delPotzovismo. Tra i fautori del POSDR le persone .che possono difendere since- ramente il liquidatorismo non sono molte *. Ma non sono tuttora poche, purtroppo, le persone che sono sinceramente ostili al liquidato- rismo e non comprendono tuttavia le condizioni della lotta contro di esso. Certo, dicono costoro, il liquidatorismo è una corrente borghese * È ovvio che sarebbe ridicolo parlare della sincerità dei sostenitori del Golos esteri. Essi sono specialisti nel campo del ricatto e della calunnia, impiegati sotto la direzione dei signori Martov. La decisione di Kautsky, Mehring e della Zetkin di consegnare il denaro conteso non all’Ufficio estero del CC, ma alla commissione tecnica 61 (cfr. il foglio della Commissione di organizzazione del 1° agosto 1911) costituisce il pieno riconoscimento del fatto che il compagno Alexandrov e tutti i bolscevichi (solidali in pieno con Alexandrov) avevano ragione, costituisce un’aperta condanna delle sudice calunnie dei signori Martov, Dan, Martynov e Axelrod. Richiamiamo inoltre l’attenzione dei lettori sulla lettera del compagno Viktor, pubblicata nt\Y Appendice 6Z , che mostra a quali infami procedimenti si abbassino il signor Martov e i suoi complici nella lotta contro gli avversari politici. 210 LENIN tra i socialdemocratici, ma perché non lottare contro di esso nelle file di un unico partito, come lottano contro il bernsteinismo i tedeschi? Perché non tentare un « accordo » coi liquidatori? Ma i nostri « conciliatori » non comprendono una cosa molto im- portante e molto semplice: i liquidatori non sono soltanto degli oppor- tunisti (come Bernstein e soci); oltre a ciò, essi costruiscono un partito a sé, hanno proclamato loro parola d'ordine l'inesistenza del POSDR, non tengono minimamente conto delle sue decisioni. Ecco in che cosa consiste il divario dall'« Europa » alla quale possono richiamarsi solo persone che non hanno ben ponderato la questione o non conoscono le condizioni russe. In Europa nessun opportunista che avesse fatto contro il proprio partito, contro le sue decisioni la decima parte di ciò che hanno fatto e fanno i signori Potresov, Igorev, Ber, Martov, Dan e soci verrebbe tollerato un solo mese nelle file del partito. In Euro- pa i partiti sono legali, e si vede subito se una persona appartiene o no alPorganizzazione, si sottomette o no a quest ultima. Da noi il partito è illegale. Non si può « vedere » né si può dire apertamente (se non si vuol essere collaboratori della polizia politica) che X, Y, Z appartengono o meno all’organizzazione. Ma che i signori Potresov e soci non appartengano all'organizzazione e se ne infischino di tutte le sue decisioni — esattamente come i sostenitori del Golos — è un fatto. Come dunque ci si può « accordare » coi signori Potre- sov, che hanno dimostrato che per loro il partito non esiste} coi signori Martov e Dan, che hanno dimostrato la stessa cosà? Su che cosa ci si può conciliare coi liquidatori, tranne che sulla distruzione del POSDR? Si provino i conciliatori a indicare le condizioni di un accordo coi liquidatori, i mezzi per controllare il rispetto delle condizioni, i fatti che dimostrino questo rispetto. Non si possono indicare né le prime né i secondi, né i terzi. E non v'ha dubbio, perciò, che i discorsi in merito a una « conciliazione » sono discorsi vuoti e insensati. Questi discorsi non giovano che agli intrighi dei circoli esteri (del genere dei circoli dei vperiodisti, del Golos , dei trotskisti), che hanno dimostrato in pieno che se ne infischiano delle decisioni del partito e non limitano in alcun modo la loro « libertà » di fornire un appoggio ai liquidatori. Ma in Russia i circoli operai illegali si sono delimitati, e di giorno in giorno si delimitano sempre più dai liquidatori, costruendo, lenta- mente e a fatica, un POSDR rivoluzionario. Aiutare questi circoli, PREFAZIONE AU’OPUSCOLO « DUE PARTITI » 211 tradurre in atto le decisioni del POSDR, rifiutarsi di giocare alla con- ciliazione con le nullità estere (i sostenitori del Golos sono il piu forte dei gruppi esteri, e sono una mera nullità): ecco il compito dei fautori del partito operaio socialdemocratico. Il partitismo è lotta per il par- tito. I discorsi sulla « conciliazione » coi liquidatori, che costruiscono un partito non socialdemocratico, sono un tradimento del dovere di partito. N. Lenin 2 agosto 1911. P.S. Occorre aggiungere che l’analisi delle « accuse » contro il centro bolscevico che viene fatta nell ’ Appendice rappresenta k nostra opinione collettiva ed è stata elaborata sulla base di materiali e docu- menti che sono a disposizione del centro stesso, nonché sulla base di informazioni fornite da compagni che vi appartengono e vi hanno con* . dotto queste o quelle attività. Pubblicata nell’agosto 1911, nell’opuscolo di Kamenev Due partiti , Parigi, a cura della redazione della Rabociaia Gazieta. IL RIFORMISMO NELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA L’enorme progresso del capitalismo negli ultimi decenni e la ra- pida ascesa del movimento operaio ini tutti i paesi civili hanno portato a una grande svolta neU’atteggiamento della borghesia verso il pro- letariato. Invece della lotta aperta, diretta, di principio contro tutte le tesi fondamentali del socialismo in nome della completa inviolabilità della proprietà privata e della libera concorrenza, la borghesia dell’Euro- pa e dell’ America, impersonata dai suoi ideologi e dai suoi uomini poli- tici, interviene sempre più di frequente in difesa delle cosiddette riforme sociali, contrapponendole all’idea della rivoluzione sociale. Non il liberalismo contro il socialismo, ma il riformismo contro la rivolu- zione socialista: ecco la formula della borghesia contemporanea « pro- gredita », colta. E quanto più elevato è lo sviluppo del capitalismo in un dato paese, quanto più netto è il dominio della borghesia, quanto più grande è la libertà politica, tanto più vasto è il campo in cui viene adottata la « nuovissima » parola d’ordine borghese: le riforme in con - trapposto alla rivoluzione, un rattoppamento parziale del regime che sta morendo, nell’intento di dividere e indebolire la classe operaia, nel- l’intento di conservare il potere della borghesia, in contrapposto al- l’abbattimento rivoluzionario di questo potere. Dal punto di vista dello sviluppo mondiale del socialismo, nella svolta indicata non si può non vedere un grande passo in avanti. Dap- prima il socialismo lottava per la propria esistenza, e gli stava di fronte la borghesia la quale aveva fede nelle proprie forze e difendeva ardi- tamente e conseguentemente il liberalismo come sistema organico di concezioni economiche e politiche. Il socialismo si è sviluppato; esso ha già affermato in tutto il mondo civile il proprio diritto al resistenza; esso lotta ora per il potere , e la borghesia, che infracidisce e vede IL RIFORMISMO NELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 213 l’inevitabilità della sua rovina, tende tutte le sue forze per riuscire a dilazionare a prezzo di concessioni parziali e ipocrite questa sua rovina, a conservare il potere nelle proprie mani anche nelle nuove condizioni. L’acutizzarsi della lotta del riformismo contro la socialdemocrazia rivoluzionaria all'interno del movimento operaio è un risultato asso- lutamente inevitabile dei suaccennati cambiamenti in tutta la situazione economica e politica di tutti i paesi civili del mondo. Il movimento operaio, sviluppandosi, attira inevitabilmente nelle sue file un certo numero di elementi piccolo-borghesi, schiavi dell’ideologia borghese, dal- la quale si liberano con difficoltà e nella quale sempre cadono e rica- dono. Non è neanche possibile raffigurarci la rivoluzione sociale del proletariato senza questa lotta, senza una chiara delimitazione di prin- cipio della « Montagna » socialista e della « Gironda » socialista prima di questa rivoluzione, senza la rottura completa tra gli elementi oppor- tunisti, piccolo-borghesi, e gli elementi proletari, rivoluzionari della nuova forza storica durante questa rivoluzione. In Russia le cose non mutano nella loro essenza, ma si compli- cano, si offuscano, si modificano perché siamo piu arretrati dell'Europa (e persino della parte progredita dell’Asia ), e stiamo ancora attraver- sando l’epoca delle rivoluzioni borghesi. Perciò il riformismo russo si distingue per il suo carattere particolarmente ostinato; esso rappresenta una malattia, per cosi dire, molto più maligna, che nuoce assai più alla causa del proletariato e della rivoluzione. Da noi il riformismo fluisce contemporaneamente da due fonti. Prima di tutto, la Russia è un paese molto più piccolo-borghese dei paesi dell’Europa occiden- tale. Perciò da noi compaiono molto spesso persone, gruppi, correnti che si distinguono per il loro atteggiamento contraddittorio, incerto, tentennante verso il socialismo fora un « amore ardente », ora un vile tradimento), proprio di ogni piccola borghesia. In secondo luogo, da noi gli strati della piccola borghesia si scoraggiano più facilmente e più rapidamente e cadono in uno stato d’animo da rinnegati a ogni insuc- cesso di una delle fasi della nostra rivoluzione borghese, rinunziano più prontamente al compito di un completo rivolgimento democratico, atto a liberare la Russia intera da tutti i resti del medioevo e della servitù della gleba. Non ci soffermeremo a lungo sulla prima fonte. Ricordiamo sol- tanto che non si trova probabilmente neanche un paese al mondo dove 214 LENIN avvengano dei « voltafaccia » cosi rapidi dalla simpatia per il socia- lismo alla simpatia per il liberalismo controrivoluzionario, come è suc- cesso nel caso dei nostri signori Struve, Izgoiev, Karaulov, ecc. ecc. Eppure, questi signori non sono un’eccezione, non sono delle persone isolate, ma i rappresentanti di correnti largamente diffuse! Le anime beate, che sono numerosissime fuori delle file della socialdemo- crazia, ma che non sono neanche poche neirinterno di essa e che amano tener delle prediche contro la polemica « soverchia », la « pas- sione per le scissioni », ecc., dimostrano di non comprendere affatto le condizioni storiche che generano in Russia la « soverchia » « pas- sione » per gli sbalzi dal socialismo al liberalismo. Passiamo alla seconda fonte del riformismo in Russia. La rivoluzione borghese da noi non è stata condotta a termine. L’autocrazia tenta di risolvere in modo nuovo i compiti che la rivolu- zione borghese le ha lasciato in eredità e che tutto l’andamento ogget- tivo dello sviluppo economico le impone, ma si trova nell impossibi- lità di risolverli. Né il nuovo passo verso la trasformazione del vecchio zarismo in una monarchia borghese rinnovata, né l’organizzazione su scala nazionale dei nobili e degli strati superiori della borghesia (III Duma), né la politica agraria borghese condotta dagli zemskie nacialniki — tutte queste misure « estreme », tutti questi « ultimi » sforzi dello zarismo sull y ultima arena rimastagli, l’arena dell’adattamento allo svi- luppo borghese — possono essere sufficienti. Neanche cosi va! La Russia « rinnovantesi » in tal modo non soltanto non è in grado di rag- giungere i giapponesi, ma comincia a restare indietro, a quanto pare, persino alla Cina. La crisi rivoluzionaria sul terreno dei compiti demo- cratico-borghesi non portati à termine, resta inevitabile. Essa matura di nuovo; noi le andiamo di nuovo incontro, con un passo nuovo, non come nel passato, non con quel ritmo, non soltanto nelle vecchie forme, ma vi andiamo indubbiamente. I compiti del proletariato derivano da una tale situazione con esattezza assoluta, infallibile. Il proletariato, come unica classe con- seguentemente rivoluzionaria della società contemporanea, dev’essere il dirigente, Tegemone nella lotta di tutto il popolo per il completo rivolgimento democratico, nella lotta di tutti i lavoratori e gli sfrut- tati contro gli oppressori e gli sfruttatori. Il proletariato è rivoluzio- nario in quanto riconosce e mette in pratica l'idea delregemonia. Il IL RIFORMISMO NELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 215 proletario che ha riconosciuto questo compito è uno schiavo insorta contro la schiavitù. Il proletario che non riconosce l’idea dell’egemo- nia della propria classe o che rinnega quest’idea è uno schiavo che non capisce la sua situazione di schiavo; nel miglior dei casi è uno schiavo che lotta per migliorare la sua situazione di schiavo, ma non per abbat- tere la schiavitù. È quindi comprensibile che la famigerata formula di uno dei giovani caporioni del nostro riformismo, il signor Levitski della Nascia Zarià , il quale ha dichiarato che la socialdemocrazia russa dev essere « non egemonia, ma partito di classe », è una formula del rifor- mismo più conseguente. Ma non basta. Questa è la formula d’un totale ripudio. Dire: « non egemonia, ma partito di classe », si- gnifica passare dalla parte della borghesia, dalla parte del liberale il quale dice allo schiavo della nostra epoca, airoperaio salariato: lotta per migliorare la tua situazione di schiavo, ma considera come utopia nociva l’idea dell’abbattimento della schiavitù! Confrontate la famosa formula di Bernstein: « Il movimento è tutto, il fine è nulla » con la formula di Levitski, e vedrete che queste sono varianti della mede- sima idea. In entrambi i casi ciò significa riconoscere unicamente le riforme e negare la rivoluzione. La formula di Bernstein è più vasta, poiché allude alla rivoluzione socialista (Io scopo finale della social- democrazia, come partito della società borghese). La formula di Le- vitski è più ristretta, poiché, rinunciando alla rivoluzione in generale, mira particolarmente a rinunziare a ciò che soprattutto odiavano i li- berali negli anni 1905-1907, e precisamente al fatto che il proleta- riato ha strappato dalle mani dei liberali la direzione delle masse po- polari (e specialmente contadine) nella lotta per un rivolgimento de- mocratico completo. Predicare agli operai che a loro occorre « non l’egemonia, ma un partito di classe » significa tradire la causa del proletariato, met- tendola nelle mani dei liberali, significa predicare la sostituzione della politica operaia socialdemocratica con la politica operaia liberale . Ma la rinunzia all’idea delFegemonia è l’aspetto più grossolano del riformismo nella socialdemocrazia russa, e perciò non tutti i liqui- datori osano esprimere apertamente i loro pensieri in forma cosi pre- cisa. Alcuni di essi (del genere del signor Martov) tentano persino. 216 LENIN beffandosi della verità, di negare il legame tra la rinunzia all’egemonia e il liquidatorismo. Un tentativo piu « sottile » di « giustificare » le opinioni riformi- ste è il seguente ragionamento: la rivoluzione borghese in Russia è stata portata a termine; dopo il 1905, non può aver luogo una se- conda rivoluzione borghese, una seconda lotta nazionale generale per un rivolgimento democratico; perciò una crisi non rivoluzionaria, ma « costituzionale » si prospetta per -la Russia, e la classe operaia non deve preoccuparsi di altro che di difendere i propri diritti e i pro- pri interessi sul terreno di questa « crisi costituzionale ». Cosi ragiona il liquidatore Iu. Larin nel Dìelo Gìzni (e prima nel Vozrozdenie). « L’ottobre 1905 non è all’ordine del giorno — scriveva il si- gnor Larin — . Dopo aver soppresso là Duma, la si restaurerebbe an- cor piu presto di quel che abbia fatto l’Austria postrivoluzionaria, la quale ha abrogato la Costituzione del 1851 per riconoscerla di nuovo nel 1860, dopo nove anni, senza bisogno di nessuna rivoluzione [no- tate questo!], in forza semplicemente degli interessi della parte piu influente delle classi dominanti, la quale aveva ricostruito su base capitalistica la propria economia ». « Nello stadio che noi attraversiamo, un movimento rivoluzionario di tutta la nazione , come ha avuto luogo nel 1905, è impossibile ». Tutti questi ragionamenti del signor Larin non sono altro che una parafrasi ampliata delle parole del signor Dan, pronunciate alla Conferenza del POSDR nel dicembre 1908. Contro la risoluzione, la quale diceva che « i fattori fondamentali della vita economica e politica i quali hanno portato alla rivoluzione del 1905 continuano ad agire », che sta maturando una nuova crisi, precisamente rivoluzio- naria e non « costituzionale », contro questa risoluzione il redattore del Golos dei liquidatori ha esclamato: « Essi », (ossia il POSDR), « vogliono spingersi per forza là dove già una volta sono stati battuti ». « Spingersi » di nuovo verso la rivoluzione, lavorare instancabil- mente, anche in una situazione cambiata, propagandando la rivolu- zione, preparando le forze della classe operaia per la rivoluzione: ecco qual è il delitto fondamentale del POSDR, ecco qual è la colpa del proletariato rivoluzionario dal punto di vista dei riformisti. Non hanno ragione di « spingersi là dove già una volta sono stati battuti »: IL RIFORMISMO NELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 217 ecco la saggezza dei rinnegati e di coloro che si perdono danimo dopo ogni sconfitta. Ma il proletariato rivoluzionario dei paesi piu vecchi e piu « esperti » della Russia, ha saputo per due, per tre, per quattro volte « spingersi là dove già una volta era stato battuto », ha saputo (come in Francia), per quattro volte , dal 1789 al 1871, compiere le rivolu- zioni, sollevarsi sempre di nuovo alla lotta dopo le piu gravi sconfitte e conquistarsi la repubblica, nella quale si trova faccia a faccia col suo ultimo nemico: la borghesia avanzata; la repubblica, che può es- sere la sola forma di Stato corrispondente alle condizioni della lotta finale per la vittoria del socialismo. Tale è la differenza tra i socialisti e i liberali, cioè i sostenitori della borghesia. I socialisti insegnano che la rivoluzione è inevitabile e che il proletariato deve approfittare di tutte le contraddizioni della vita sociale, di tutte le debolezze dei suoi nemici e degli strati inter- medi per preparare la nuova lotta rivoluzionaria, per ripetere la rivo- luzione su un’arena piu vasta, con una popolazione piu evoluta. La borghesia e i liberali insegnano che le rivoluzioni non sono necessa- rie e sono nocive agli operai, i quali non devono « spingersi » verso la rivoluzione, ma devono, come bravi bambocci, lavorare modestamente per le riforme. Ed è per questo che i riformisti — schiavi delle idee borghesi — citano costantemente , per stornare gli operai russi dal socialismo, ap- punto l'esempio dell'Austria (ed anche della Prussia) degli anni ses- santa. Perché questi esempi sono da loro prediletti? Iu. Larin ha spif- ferato il segreto: perché in questi paesi, dopo P« insuccesso » della rivoluzione del 1848, la riorganizzazione borghese del paese venne compiuta « senza nessuna rivoluzione ». Ecco dove sta il nocciolo della questione! Ecco che cosa riempie di gioia i cuori. Dunque, è possibile una trasformazione borghese senza la rivoluzione!! E se le cose stanno in questo modo, perché noi, russi, dovremmo darci la pena di pensare alla rivoluzione? Perché non la- sciare che anche i nostri grandi proprietari fondiari e i nostri industriali compiano « senza nessuna rivoluzione », la trasformazione borghese della Russia? È a cagione della sua debolezza che il proletariato della Prussia e deir Austria non ha potuto impedire agli agrari e alla borghesia 218 LENIN di compiere la trasformazione a discapito degl’interessi degli operai, nella forma meno vantaggiosa per gli operai, conservando e la monar- chia, e i privilegi della nobiltà, e la privazione dei diritti della popo- lazione rurale, c una gran quantità di altre vestigia del medioevo. I riformisti russi — dopo che il nostro proletariato nel 1905 ha manifestato una forza mai vista ancora in nessuna rivoluzione borghese dell’Occidente — ricorrono agli esempi di debolezza della classe ope- raia in altri paesi, di quaranta o cinquantanni or sono, per giustifi- care il proprio rinnegamento, per « motivare » la propria propaganda rinnegatrice! II riferimento all’Austria e alla Prussia degli anni sessanta, pre- diletto dai nostri riformisti, è l’esempio che meglio dimostra la defi- cienza teorica delle loro argomentazioni e, in pratica, il loro pas- saggio politico dalla parte della borghesia. In realtà, se l’Austria ha ristabilito la Costituzione abolita dopo la sconfitta della rivoluzione del 1848, se in Prussia è cominciata l’« èra della crisi » negli anni sessanta, che cosa dimostra tutto que- sto? Anzitutto, che la trasformazione borghese di questi paesi non venne portata a termine, Dire che nella Russia il potere si è già tra- sformato in potere borghese (come sostiene Larin), che del carattere feudale del potere da noi ora non sia neanche piu il caso di parlare (cfr. lo stesso Larin), e nello stesso tempo citare l’Austria e la Prus- sia significa darsi la zappa sui piedi! Parlando in generale, sarebbe ridicolo negare che la trasformazione borghese in Russia non è ancora stata portata a termine; perfino la politica dei partiti borghesi dei ca- detti e degli ottobristi ce lo prova in modo chiaro e lampante, e Larin stesso (còme vedremo in seguito) rinuncia alla propria posizione. È fuori dubbio che la monarchia fa ancora un passo sulla via dell'adat- tamento allo sviluppo borghese, come già abbiamo detto e come ha riconosciuto la risoluzione del partito (dicembre 1908); ma è ancor più fuori dubbio che perfino questo adattamento, perfino la rea- zione borghese, e la III Duma, e la legge agraria del 9 novembre 1906 (14 giugno 1910) non risolvono il problema della trasformazione borghese della Russia. Proseguiamo. Perché le « crisi » degli anni sessanta in Austria e in Prussia risultarono crisi « costituzionali » e non rivoluzionarie? Perché una serie di circostanze particolari aveva alleggerito la situazione IL RIFORMISMO NELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 219 difficile della monarchia (la * rivoluzione dall'alto » in Germania, la sua unità raggiunta «col ferro e col sangue»), perché il proletariato di questi paesi era ancora in quel tempo molto, estremamente debole e poco sviluppato, -mentre la borghesia liberale si distingueva per es- sere altrettanto vile, codarda e traditrice che i cadetti russi. Per illustrare il giudizio sulla situazione dato dai socialdemocra- tici tedeschi — da quelli tra di essi che hanno vissuto questo periodo — riportiamo alcuni pareri di Bebel, che ha pubblicato l'anno scorso la prima parte delle sue Memorie. Del 1862, anno della crisi «costitu- zionale » in Prussia, Bismarck raccontava, come si venne a sapere piu tardi, che il re si trovava allora in uno stato d’animo molto de- presso e si doleva con lui, Bismarck, affermando che su entrambi pesava la minaccia del patibolo. E Bismarck rimproverava il codardo e lo persuadeva a non temere la lotta. « Questi avvenimenti dimostrano — dice Bebel in proposito — che cosa avrebbero potuto raggiungere i liberali se avessero saputo sfruttare la situazione. Ma essi temevano già gli operai che li segui- vano. Le parole di Bismarck: "Se mi spingono agli estremi, io solle- verò l’Acheronte" [cioè solleverò il basso ceto, le masse a un movi- mento popolare], suscitarono fra i liberali un’immensa paura ». Il capo dei socialdemocratici tedeschi, mezzo secolo dopo la crisi « costituzionale » che, « senza nessuna rivoluzione », aveva trasfor- mato definitivamente il suo paese in una monarchia borghese degli junker, accenna alla situazione rivoluzionaria di quell’epoca, non sfrut- tata dai liberali per la paura che questi avevano degli operai. I capi dei riformisti russi dicono agli operai russi: se la borghesia tedesca è stata cosi codarda da impaurirsi davanti all’impaurito re, perché non do- vremmo noi pure tentar di ripetere quest’eccellente tattica della bor- ghesia tedesca ? Bebel accusa la borghesia — per la paura, propria degli sfruttatori, che essa ha del movimento popolare — di non aver « usu- fruito » della crisi « costituzionale » a vantaggio della rivoluzione. Barin e soci accusano gli operai russi di aver aspirato all’egemonia (cioè ad attirare le masse nella rivoluzione malgrado i liberali) e li consi- gliano di organizzarsi, « non per la rivoluzione », ma « per la difesa dei propri interessi neH’imminente rinnovamento costituzionale della Russia ». I liquidatori offrono agli operai russi i fracidi punti di vista del fracido liberalismo tedesco, facendoli passare per punti di vista 220 LENIN « socialdemocratici »! Via, come non chiamare simili socialdemocratici socialdemocratici stolypiniani? Definendo la crisi « costituzionale » degli anni sessanta in Prussia, Bebel non si limita a indicare che, temendo gli operai, la borghesia temeva la lotta contro la monarchia. Egli parla anche di ciò che av- veniva allora neirambiente operaio. « L'insostenibile situazione poli- tica — egli dice — la quale diventava sempre piu chiara per gli ope- rai, si rifletteva, naturalmente, sul loro stato d’animo. Tutti esigevano dei cambiamenti. Ma siccome non si avevano degli elementi che sapes- sero dirigere, che fossero perfettamente coscienti, che vedessero in modo ben chiaro lo scopo al quale bisognava tendere e nei quali si avesse fiducia, siccome non esisteva una forte organizzazione che unisse le forze, il fervore se ne andò in fumo [ verpuffte ]. Mai un movimento, ottimo nella sua essenza [in Kern vortreffliche ], ebbe una fine più inconcludente. Tutte le riunioni erano affollatissime, e chi parlava più aspramente diventava l’eroe della giornata. Questo stato d’animo dominava particolarmente nella Società di educazione operaia di Lipsia ». Ad una riunione che ebbe luogo T8 maggio 1866 a Lipsia ed alla quale parteciparono 5000 persone, venne approvata alPuna- nimità la risoluzione di Liebknecht e di Bebel che richiedeva la convo- cazione del parlamento sulla base del suffragio universale, diretto, eguale e a scrutinio segreto, sostenuto daH’armamento generale del popolo, ed esprimeva la « speranza che il popolo tedesco eleggerà a deputati soltanto le persone che ricusano qualsiasi potere centrale ereditario ». La risoluzione di Liebknecht e di Bebel aveva perciò un carattere repubblicano e rivoluzionario ben definito. Dunque, il capo dei socialdemocratici tedeschi , durante la crisi «costituzionale», fa approvare nelle riunioni di massa risoluzioni di carattere repubblicano e rivoluzionario. Mezzo secolo più tardi, ram- mentando la sua gioventù, narrando alla nuova generazione avveni- menti lontani, egli sottolinea soprattutto il proprio rincrescimento che non ci fosse stato un numero sufficiente di dirigenti i quali fos- sero abbastanza coscienti e comprendessero i compiti rivoluzionari ( cioè non esisteva un partito socialdemocratico rivoluzionario che ca- pisse il compito deir egemonia) , che non ci fosse stata una forte or- ganizzazione, che lo slancio rivoluzionario «fosse stato vano». E i capi dei riformisti russi, con la profonda penetrazione delle persone IL RIFORMISMO NELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 22 1 di poco senno, citano l’Austria e la Prussia degli anni sessanta per dimostrare che è possibile, vedete, fare a meno « di qualsiasi rivolu- zione »! E queste animucce filistee, che cedono all’intossicazione con- trorivoluzionaria, idealmente schiave del liberalismo, osano ancora di- sonorare il nome del POSDR! S’intende che tra i riformisti che si staccano dal socialismo vi sono persone le quali sostituiscono l’opportunismo schietto di Larin con raggiri diplomatici sulle questioni di principio piu importanti del movimento operaio. Costoro confondono la sostanza delle cose, ingorgano le dispute ideologiche, le insozzano come ha fatto, ad esem- pio, il signor Martov, il quale ha tentato di affermare nella stampa legale (ossia difesa da Stolypin contro l’intervento aperto dei membri del POSDR) che Larin e « i bolscevici ortodossi, nelle risoluzioni del 1908 », avrebbero dato uno « schema » identico. Questa è una sem- plice falsificazione della verità, degna dun autore di scritti sconci. Quello stesso Martov, fingendo di essere in polemica con Larin, di- chiarò nella stampa che « egli, naturalmente, non sospetta Larin di seguire tendenze riformiste ». Martov non sospetta di riformismo La- rin, il quale espone idee prettamente riformiste!! Ecco un modello dei sotterfugi dei diplomatici del riformismo *. Quello stesso Martov, che alcuni sempliciotti prendono per un rivoluzionario piu a « sinistra », piu sicuro di Larin, ha riassunto nel modo seguente i propri « dis- sensi » con Larin; « Riassumo. Per dare una base teorica e una giustificazione politica a ciò che ora stanno facendo i menscevichi rimasti fedeli al marxismo, è del tutto sufficiente il fatto che il regime attuale rappresenta un’unione interna- mente contraddittoria dell’assolutismo e del costituzionalismo, e che la classe operaia russa è matura per colpire questo regime nel tallone di Achille di queste contraddizioni, come fanno gli operai dei paesi piu progrediti del- l’Occidente ». Per quanto Martov cerchi di scantonare, già il primo tentativo di venire a un riassunto ha fatto si che tutti i raggiri crollassero da soli. Le parole da noi riferite sono la completa negazione del socialismo e la sua sostituzione col liberalismo. È « del tutto sufficiente», dichia- * Cfr. le giuste osservazioni sul riformismo di Larin e sui sotterfugi di Martov fatte dal menscevico-partitista Dnevnitski nel n. 3 del Discussionni Listok (supplemento dell’organo centrale del nostro partito). 222 LENIN ra Martov, quel che è sufficiente soltanto per i liberali, soltanto per la borghesia. Il proletario che trova « del tutto sufficiente » ricono- scere la contraddizione dell’unione delPassolutismo col costituziona- lismo, si trova sul terreno della politica operaia liberale. Egli non è un socialista, egli non ha capito i compiti della sua classe , che consistono nel sollevare contro l’assolutismo, in tutte le sue forme, le masse del popolo, le masse dei lavoratori e degli sfruttati per un intervento autonomo nel destino storico del paese, malgrado le oscillazioni o la resistenza della borghesia. E l’azione storica autonoma delle masse che si liberano dall’egemonia della borghesia, trasforma la crisi « costitu- zionale » in rivoluzione. La borghesia (particolarmente dopo il 1905) ha paura della rivoluzione e la odia; il proletariato educa le masse popolari nello spirito di devozione all’idea della rivoluzione, ne spiega i compiti, prepara le masse a sempre nuove battaglie rivoluzionarie. Comincerà la rivoluzione, quando, in quale situazione? Ciò non dipen- de dalla volontà di questa o quella classe; ma del lavoro rivolu- zionario tra le masse non si perderanno mai le tracce. Solamente un tale lavoro è un’attività che prepara le masse alla vittoria del socialismo. Queste verità semplici, elementari del socialismo sono dimenticate dai signori Larin e Martov. Il primo di essi, esprimendo il parere del gruppo dei liquidatori russi che ha rotto definitivamente con il POSDR, non ha soggezione di dichiarare apertamente, fino in fondo, il proprio riformismo. Ecco le sue parole tolte dal Dielo Gizni (1911, n. 2), che meritano di essere ricordate da chiunque abbia a cuore i principi della socialdemocrazia: « Lo stato di confusione c di incertezza, proprio delle persone che non sanno semplicemente cosa porterà loro l’indomani né quali compiti devono porsi: ecco che cosa significano lo stato d’animo di attesa indefinita, le vaghe speranze non si sa se nella ripresa della rivoluzione o nel “si vedrà”. Il com- pito immediato consiste non nello starsene con le mani in mano, ma nel far penetrare in vasti circoli l’idea dominante che nel nuovo periodo storico ini- ziatosi nella vita russa la classe operaia deve organizzarsi non '"per la rivolu- zione”, non in “in attesa della rivoluzione”, ma semplicemente e puramente... [notate questo: semplicemente e pur amente..."] per difendere fermamente e sistematicamente i propri interessi specifici in tutti i campi della vita, per raccogliere ed istruire le proprie forze a mezzo di quest’attività multilaterale e complessa, per educare e accumulare in questo fnodo la coscienza sociali- sta, in generale; e in particolare per sapere orientarsi [capire] — e farsi valere! — nei complessi rapporti reciproci delle classi sociali in Russia, IL RIFORMISMO NELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 223 durante il suo imminente rinnovamento costituzionale, dopo che la reazione feudale si sarà inevitabilmente esaurita dal punto di vista economico ». Ecco: questo è un riformista perfetto, franco, un riformista pre- suntuoso della piu bell’acqua. Guerra all’idea della rivoluzione, alla «speranza» nella rivoluzione (al riformista queste «speranze» sem- brano vaghe , poiché non capisce la profondità delle contraddizioni economiche e politiche odierne); guerra ad ogni attività che consista nell’organizzazione delle forze e nella preparazione delle menti per la rivoluzione; guerra nella stampa legale difesa da Stolvpin contro l’in- tervento diretto dei socialdemocratici rivoluzionari; guerra a nome del gruppo dei legalitari che si sono definitivamente staccati dal POSDR: ecco il programma e la tattica del partito operaio stolypiniano che i signori Potresov, Levitski, Larin e soci stanno creando. Il programma effettivo, la tattica effettiva di questi uomini sono espresse esattamente nel brano citato a differenza delle loro ipocrite affermazioni ufficiali che essi « pure sono socialdemocratici », che essi « pure » appartengono all’« Internazionale intransigente ». Queste asserzioni non sono che belle parole. E questo programma, che sostituisce completamente al socialismo la politica operaia liberale, è la loro opera, è la loro sostanza sociale reale. Guardate ancora in quali contraddizioni ridicole si sono impigliati i riformisti. Se la rivoluzione borghese in Russia è finita (come ha detto Larin), allora viene il turno della rivoluzione socialista. Questo è evidente come la luce del sole per chiunque si schieri tra i socialisti non soltanto per ingannare gli operai con un appellativo popolare. Allora noi dobbiamo organizzarci proprio « per la rivoluzione » (so- cialista), proprio « nell’attesa » di essa, proprio per la « speranza » (« speranza ^-certezza non confusa, ma fondata su dati precisi e in sviluppo della scienza) nella rivoluzione socialista. Ma proprio in ciò sta il nocciolo della questione: per il riformista le chiacchiere sulla rivoluzione borghese portata a termine (come per Martov il ciarlare del tallone di Achille, ecc.) non sono che ima co- pertura verbale della negazione di ogni rivoluzione. Egli rinnega la ri- voluzione democratica borghese, con la scusa ch’essa è stata condotta a termine o con la scusa che è « del tutto sufficiente » riconoscere le contraddizioni tra l'assolutismo ed il costituzionalismo; e rinnega la rivoluzione socialista con la scusa che, « per ora », dobbiamo organiz- 224 LEK IN zarci « semplicemente e puramente » per partecipare « all’imminente rinnovamento costituzionale della Russia »! Ma se voi, rispettabile cadetto camuffato con penne socialiste, riconoscete inevitabile « ['imminente rinnovamento costituzionale » della Russia, allora vi date la zappa sui piedi riconoscendo con ciò che la rivoluzione democratica borghese da noi non è ancora stata con- dotta a termine. Voi rivelate ancora una volta la vostra natura bor- ghese parlando dell’inevitabile « autoesaurimento della reazione feu- dale » e vilipendendo l’idea proletaria della demolizione , non soltanto della reazione feudale, ma di tutte le vestigia del feudalesimo per mez- zo d’un movimento rivoluzionario popolare. Malgrado la predica liberale dei nostri eroi del partito operaio stolypiniano, il proletariato russo farà compenetrare sempre e costan- temente tutto il suo lavoro duro, difficile, quotidiano, minuzioso, invi- sibile, al quale è stato condannato dall’epoca della controrivoluzione, da uno spirito di fedeltà alla rivoluzione democratica e alla rivoluzione socialista; esso si organizzerà e raccoglierà le sue forze per la rivolu- zione, opporrà un’accanita resistenza ai traditori e ai rinnegati e sarà guidato non da una « vaga speranza », ma dalla fiducia scientifica- mente fondata che la rivoluzione si ripeterà. Sotsial-Demokrat, n. 23, 14 (1°) settembre 1911. DAL CAMPO DEL PARTITO « OPERAIO » DI STOLYPIN (Dedicato ai nostri «pacificatori» e «conciliatori») La corrispondenza del compagno K . 63 merita di essere conside- rata con la massima attenzione da tutti coloro che hanno caro il no- stro partito. È difficile figurarsi un migliore smascheramento della po- litica dei sostenitori del Golos (e della loro diplomazia), una migliore confutazione delle concezioni e delle speranze dei nostri ,« pacificatori e conciliatori ». È un’eccezione il caso descritto dal compagno K.? No, è il caso tipico dei militanti del partito operaio di Stolypin, poiché sappiamo benissimo che parecchi letterati della Nascia Zarià , del Dielo Gizni , ecc., e non da un solo anno , diffondono sistematicamente proprio queste idee liquidatrici. Non sempre questi liquidatori capitano tra operai fedeli al partito, rarissimamente il partito riceve, sui loro vergognosi interventi, le informazioni precise di cui dobbiamo essere grati al compagno K., ma la predicazione del gruppo dei legalitari indipendenti viene sempre e dovunque svolta proprio in tale spirito. Impossibile dubitare di que- sto fatto, una volta che si abbiano sotto gli occhi riviste del tipo della Nascia Zarià e del Dielo Gizni . Solo dei difensori particolarmente pu- sillanimi e particolarmente abietti dei liquidatori hanno interesse ad occultarlo. Confrontate con esso i metodi impiegati da gente del tipo di Tro- tski, la quale grida che vuole la « conciliazione » e si dichiara nemica del liquidatorismo. Gridare con una certa forza di non essere « né bolsce- viche né menscevichi, ma socialdemocratici rivoluzionari », giurare e spergiurare di essere nemici del liquidatorismo, di difendere a spada tratta il POSDR illegale, inveire a più non posso contro coloro che smascherano i liquidatori signori Potresov e soci, dire che gli antiliqui- datori « gonfiano » la questione, non dire una parola contro i ben noti 8 — 2260 226 LENIN liquidatóri signori Potresov Martov, Levitski, Dan, Larin, ecc.: que- sti metodi sono conosciuti fin troppo bene. Il reale significato di simili metodi è evidente. La vuota frase serve a coprire i veri liquidatori e a imbastire ogni sorta di tentativi per intralciare il lavoro degli antiliquidatori. Una politica del tutto si- mile veniva seguita da quelli del Raboceie Dielo , noti nella storia del POSDR per la loro mancanza di principi; essi giuravano e spergiuravano di non essere economisti, di essere in tutto e per tutto per la lotta poli- tica, ma di fatto coprivano la Rabociaia Mysl e gli economisti, orien- tando tutta la loro lotta contro coloro che li smascheravano e confu- tavano. È chiaro quindi che Trotski e i « trotskisti e i conciliatori » a lui simili sono più dannosi di qualsiasi liquidatore, poiché i liquidatori convinti espongono apertamente le loro concezioni, e gli operai pos- sono agevolmente comprendere la loro erroneità, mentre i signori Tro- tski ingannano gli operai, dissimulano il male, fanno si che sia impossi- bile scoprirlo e guarirne. Chiunque appoggi il gruppetto di Trotski ap- poggia la politica della menzogna e dell’inganno degli operai, la poli- tica della dissimulazione del liquidatorismo. Completa libertà d’azione per il signor Potresov e soci in Russia, occultamento delle loro azioni con la vuota frase « rivoluzionaria » all’estero : ecco la sostanza della politica del « trotskismo ». È chiaro quindi che, inoltre, qualsiasi « conciliazione » con i so- stenitori del Golos che eludesse la questione del centro liquidatore in Russia, cioè dei militanti della fascia Zarià e del Dielo Gizni , altro non sarebbe che una continuazione dello stesso inganno degli operai, dello stesso occultamento del male. I sostenitori del Golos hanno pienamente dimostrato sin dal tempo della sessione plenaria del gennaio 1910 che possono « firmare » qualsiasi risoluzione, senza che questo « limiti » minimamente la « libertà » della loro azione liquidatrice. All’estero si firmano risoluzioni le quali affermano che qualsiasi degradazione del- l’importanza del partito illegale è una manifestazione dell’influenza bor- ghese sul proletariato, mentre in Russia si aiutano i signori Potresov, Larin, Levitski, che non solo non prendono parte al lavoro illegale, ma se ne fanno beffe e demoliscono il partito illegale. Oggi Trotski, assieme coi bundisti del tipo dèi signor Liber (li- quidatore estremista, che ha difeso il signor Potresov in pubbliche DAL CAMPO DEL PARTITO « OPERAIO » DI STOLYPIN 227 conferenze e che adesso, per nascondere questo fatto, fomenta intri- ghi e litigi), assieme coi lettoni del tipo di Schwarz, ecc., va precisa- mente architettando un simile « accordo » coi sostenitori del Golos. Nessuno dunque s’inganni a questo riguardo; il loro accordo sarà un accordo per coprire i liquidatori, P.S. Queste righe erano già state composte quando è apparsa sulla stampa la notizia di un « accordo » tra i sostenitori del Golos , Trotski, il bundista e il liquidatore lettone. Le nostre parole sono state piena- mente confermate; si tratta di un accordo per coprire i liquidatori in Russia, di un accordo tra i tirapiedi del signor Potresov e soci. Sotsial-Demokrat , n. 23, 14 (1°) settembre 1911. NOTA DELLA REDAZIONE DEL « SOTSIAL-DEMOKRAT » ALLA DICHIARAZIONE DELLA COMMISSIONE PER LA CONVOCAZIONE DELLA SESSIONE PLENARIA DEL CC DEL POSDR “ Già da tempo, fin dal dicembre 1910, la redazione dell’organo centrale aveva avvertito il partito che i sostenitori del « Golos » sabo- tavano la sessione plenaria 65 . Ora il fatto è palese: costoro hanno sabotato dapprima la sessione plenaria russa, poi quella estera. La sessione plenaria russa è stata sabotata dai signori Mikhail, Iuri e Roman. Con la loro « ingegnosa smentita » costoro non hanno fatto che confermare il fatto che erano stati invitati a una seduta del CC, invitati non foss’altro che per la cooptazione, erano stati invitati non dai cattivi bolscevichi « frazionisti », « leninisti », ma dai conci- liatori , e tutti questi signori si erano nondimeno rifiutati. È stato ap- punto il loro rifiuto a far fallire il CC russo, giacché tutti i membri bol- scevichi del CC della sessione plenaria che si erano recati in Russia (e vi si erano recati tutti i pratici) sono stati « prelevati» prima che riuscissero a convocare l’organismo al completo, dopo il rifiuto di que- sti tre. Per quante frasi, assicurazioni, giuramenti possano ora pronun- ciare i sostenitori del Golos , per quanto possano sforzarsi di divagare e di imbrogliare la questione con le ingiurie, gli intrighi, il ricatto, il fatto resta un fatto. La « trinità » dei principali capi dei legalitari, Mikhail + Iuri + Roman, i più prossimi colleghi dei signori Potresov e degli altri eroi del partito operaio di Stolypin, hanno fatto fallire il CC in Russia. Oggi i sostenitori del Golos hanno fatto fallire il CC anche alTe- stero. I bolscevichi ne avevano chiesto la convocazione nel dicembre scorso; il liquidatore Ufficio estero del CC si era rifiutato , richiaman- dosi all’Ufficio russo (il richiamo era artificioso, poiché la sessione plenaria estera non escludeva quella russa)* NOTA DELLA REDAZIONE DEL « SOTSIAL-DEMOKRAT » 229 La seconda volta, dopo gli arresti, i bolscevichi hanno chiesto la convocazione della sessione plenaria estera nell 'aprile-maggio di quest'anno. Secondo rifiuto deIPl7///rio estero , che si è richiamato al fatto che la metà dell’« Ufficio russo » era rimasta intatta . Da allora sono trascorsi quattro o cinque mesi e l’artificiosità dei richiami dell’Ufficio estero è stata pienamente smascherata : non una sola lettera dalla « metà » dell’« Ufficio », non un solo suo passo, non un solo segno di vita per tre mesiìì I Liber, gli Igorev e gli Schwarz hanno ingannato il partito: richiamandosi a un inesistente Ufficio in Russia, si sono rifiutati di convocare il CC all’estero, E la riunione di giugno dei membri del CC ha dimostrato che nove membri del CC si trovavano all’estero. Chi è capace di pensare, senza lasciarsi stordire dalle grida, dalle ingiurie, dagli intrighi, dal ricatto, non può non vedere che il CC è stato definitivamente frustrato dai sostenitori del Golos. Costoro hanno fatto tutto ciò che potevano per distruggere il partito. Il partito farà di tutto per distruggerli. SotsM-Demokrat, n. 23, 14 (1°) settembre 1911, STOLYPIN E LA RIVOLUZIONE L’uccisione del capo-impiccatore Stòlypin ha coinciso col momento in cui tutta una serie di indizi testimoniava la fine della prima fase nella storia della controrivoluzione russa. L'avvenimento del 1° set- tembre, di per sé poco importante, pone perciò nuovamente all'ordine del giorno una questione della massima importanza: il contenuto e la funzione della nostra controrivoluzione. Tra il coro dei reazionari che incensano servilmente Stòlypin o rovistano nella storia degli intri- ghi della banda dei centoneri che comanda in Russia, tra il coro dei liberali che tentennano il capo di fronte allo sparo « assurdo e insen- sato » ( ai liberali appartengono pure naturalmente gli ex socialdemo- cratici del Dielo Gìzni , che impiegano la frusta espressione citata tra virgolette), si sentono singole note aventi un contenuto di principio veramente serio. Si fa il tentativo di considerare il « periodo stoly- piniano » della storia russa come un qualcosa di organico. Stòlypin fu per quasi cinque anni, dal 1906 sino al 1911, il capo del governo della controrivoluzione. Fu un periodo veramente originale e ricco di avvenimenti istruttivi. Dal lato esteriore esso può essere ca- ratterizzato come il periodo della preparazione e della realizzazione del colpo di Stato del 3 giugno 1907. Fu precisamente nell’estate del 1906, quando Stòlypin si presentò davanti alla I Duma come ministro degli interni, che incominciò la preparazione di questo periodo, che ha ormai già dato tutti i suoi frutti in tutti i campi della nostra vita sociale. Ci si domanda: su quali forze sociali si appoggiavano gli autori di questo colpo di Stato o da quali forze erano diretti? Quale era il contenuto economico e sociale del periodo del « 3 giugno »? La « carriera » personale di Stòlypin fornisce un materiale istruttivo e illustrazioni interessanti su questa questione. STOLYPIN E LA RIVOLUZIONE 231 Proprietario fondiario e rappresentante della nobiltà, nel 1902. sotto Pieve, Stolypin diventa governatore; si « copre di gloria » agli occhi dello zar e della sua camarilla centonera sferrando una repres- sione feroce contro i contadini, torturandoli (nel governatorato di Sa- ratov); organizza bande di centoneri e pogrom nel 1905 (il pogrom di Balasciov); diventa ministro degli interni nel 1906 e presiden- te del Consiglio dei ministri dopo lo scioglimento della I Duma. Tale è, a grandi tratti, la biografia politica di Stolypin. E questa bio- grafia del capo del governo controrivoluzionario è nello stesso tempo quella della classe che ha compiuto la nostra controrivoluzione e della quale Stolypin non era che il fiduciario e il commesso. Questa classe è la preclara nobiltà russa, con a capo il primo fra i nobili e il piu grande proprietario fondiario, Nicola Romanov. Questa classe è for- mata dai 30 mila proprietari terrieri feudali che possiedono 70 milioni di desiatine di terra nella Russia europea, cioè tanta quanta ne pos- siedono 10 milioni di famiglie contadine. 1 latifondi nelle mani di questa classe costituiscono la base dello sfruttamento feudale che, sotto forme e nomi diversi ( otrabotki , asservimento, ecc.), regna nel tradi- zionale centro russo del paese. La « penuria di terra » del contadino russo (per usare l’espressione favorita dei liberali e dei populisti) non è che l’altra faccia dell 'abbondanza ài terra di questa classe. La que- stione agraria che si trovava al centro della nostra rivoluzione del 1905, si riduceva al problema: continuerà o no ad esistere la grande proprietà fondiaria? In tal caso i contadini, miserabili, stremati, affamati, abbrutiti e oppressi, continuerebbero inevitabilmente a costituire la massa della popolazione; oppure la massa della popolazione saprà conquistarsi con- dizioni di vita piu o meno umane, piu o meno simili alle libere con- dizioni dt vita europee? Ma ciò è irrealizzabile senza la distruzione rivo- luzionaria della grande proprietà fondiaria, e della monarchia indisso- lubilmente legata ad essa. La biografia politica di Stolvpin è il riflesso e l’espressione fedele delle condizioni di vita della monarchia zarista. Nella situazione in cui si trovava la monarchia durante la rivoluzione, Stolypin non po- teva agire altrimenti di come agi. La monarchia non poteva agire altri- menti quando apparve con piena chiarezza — e apparve attraverso l’esperienza, prima della Duma, nel 1905, e durante la Duma, nel 1906 — che la stragrande la schiacciante maggioranza della popolazione 232 LENIN aveva acquistato coscienza dell'impossibilità di conciliare i suoi interessi con la conservazione della classe dei grandi proprietari fondiari e aspi- rava al suo annientamento. Non c'è nulla di piu superficiale e di piu falso che le asserzioni degli scrittori cadetti, affermanti che gli attacchi contro la monarchia erano da noi la manifestazione di un rivoluzio- narismo « da intellettuali ». Al contrario, le condizioni obiettive erano tali che la lotta dei contadini contro la grande proprietà fondiaria poneva inevitabilmente la questione della vita o della morte della nostra monarchia dei grandi proprietari fondiari. Lo zarismo fu costretto a condurre una lotta a morte, fu costretto a cercare altri mezzi di difesa, oltre a una burocrazia completamente fiaccata e un esercito indebolito dalle sconfitte militari e dalla disgregazione interna. In questa situa- zione, l'unica cosa che rimaneva da fare alla monarchia zarista era organizzare gli elementi centoneri. della popolazione e scatenare dei pogrom. L'indignazione altamente morale con la quale i nostri liberali parlano dei pogrom non può non produrre in ogni rivoluzionario l’impressione di un qualcosa di profondamente misero e codardo, spe- cie quando questa condanna altamente morale è unita all'idea che trattare e mettersi d’accordo con i fautori dei pogrom è cosa perfetta- mente ammissibile. La monarchia non poteva non difendersi contro la rivoluzione, e la monarchia russa dei Romanov, semiasiatica e feudale, non poteva ricorrere a mezzi che non fossero i più ignobili, i più ripu- gnanti, i più vilmente feroci: non condanne altamente morali, ma un sostegno multilaterale e illimitato alla rivoluzione, l'organizzazione della rivoluzione per V abbattimento, di questa monarchia è l'unico mezzo degno, ragionevole, per ogni socialista e ogni democratico, di com- battere i pogrom. II fautore dei pogrom, Stolvpin, si preparò alle funzioni minir steriali precisamente nell'unico modo con cui potevano prepararsi i go- vernatori zaristi: torturando i contadini, organizzando pogrom, masche- rando abilmente questa « pratica » asiatica con del lucido e delle frasi, delle pose e dei gesti all'« europea ». E i capi della nostra borghesia liberale, che pronunziano condan- ne altamente morali contro i pogrom, sono entrati in trattative con i fautori dei pogrom, riconoscendo loro non soltanto il diritto all'esisten- za, ma anche la loro egemonia nell'organizzazione della nuova Russia e nella sua amministrazione! L’uccisione di Stolypin ha dato appiglio a STOLYPIN E LA RIVOLUZIONE 233 tutta una serie di rivelazioni e confessioni interessanti riferentisi a questa questione. Ecco, per esempio, le lettere di Witte e di Guckov a proposito delle trattative intavolate dal primo con « personalità politi- che » (leggi; coi capi della borghesia monarchico-liberale moderata) sulla composizione del ministero dopo il 17 ottobre 1905. Alle tratta- tive con Witte — queste trattative probabilmente durarono molto, poiché Guckov parla nelle sue lettere di « sfibranti giornate di tratta- tive prolungate» — presero parte Scipov, Trubetskoi, Urusov, M. Stakhovic, cioè i futuri esponenti sia del partito cadetto, che del par- tito del « rinnovamento pacifico » e del partito ottobrata. Si dice che non si fosse venuti a un accordo a causa di Durnovo, che i « liberali » non volevano vedere al posto di ministro degli interni, mentre Witte poneva la questione in forma di ultimatum. In questa occasione Urusov, il luminare dei cadetti alla I Duma, fu un « ardente difen- sore della candidatura di Durnovo ». Quando il principe Obolenski pose la candidatura di Stolypin « gli uni approvarono, gli altri dichia- rarono di non conoscerlo ». « Mi ricordo perfettamente — scrive Guckov — che nessuno diede i cattivi giudizi di cui parla il conte Witte nelle sue lettere ». Oggi la stampa cadetta, volendo sottolineare la sua « democra- ticità » (non si scherza!), soprattutto, forse, in vista delle elezioni alla prima curia di Pietroburgo, dove il cadetto lotta contro lottobrista, tenta di punzecchiare Guckov a proposito delle trattative allora con- dotte. « Quante volte i signori ottobristi, con Guckov alla testa — scrive la Riec del 28 settembre —, per far piacere alle autorità diventavano colleghi dei seguaci del signor Durnovo! Quante volte, lo sguardo rivolto verso le autorità, essi voltavano le spalle all’opinione pubblica! ». L’edi- toriale delle Russkie Viedomosti della stessa data ripete in toni diversi, rivolto agli ottobristi, lo stesso rimprovero dei cadetti. Permettete però, signori cadetti: quale diritto avete voi di rim- proverare gli ottobristi, se a quelle stesse trattative presero parte anche i vostri uomini, che giunsero persino a difendere Durnovo? Oltre a Urusov, nel novembre 1905, tutti i cadetti non erano forse nella posizione di persone « con lo sguardo rivolto verso le autorità » e « le spalle voltate alPopinione pubblica »? Bisticci di amanti; non è una lotta di principio, ma una concorrenza fra partiti egualmente senza principi: ecco ciò che si deve dire a proposito dei rimproveri 234 LENIN che i cadetti fanno oggi agli ottobristi per ciò che concerne le « trat- tative » della fine del 1905. Un alterco di questo genere non serve che a mascherare il fatto veramente importante e storicamente indi- scutibile che tutte le sfumature della borghesia liberale, dagli ottobristi ai cadetti, avevano « lo sguardo rivolto verso le autorità » e voltava- no « le spalle » alla democrazia dall’istante in cui la nostra rivoluzione aveva assunto un carattere veramente popolare, era cioè diventata de- mocratica per la composizione dei suoi partecipanti attivi. Il periodo stolypiniano della controrivoluzione russa è precisamente caratteriz- zato dal fatto che la borghesia liberale voltava le spalle alla democra- zia, che Stolypin poteva cosi rivolgersi , in cerca di aiuto, simpatia, con- siglio, ora all’uno, ora all'altro rappresentante di questa borghesia. Se non ci fosse stata una situazione simile, Stolypin non avrebbe potuto realizzare l’egemonia del Consiglio della nobiltà unificata sulla borghe- sia di spirito controrivoluzionario, con l’aiuto, la simpatia, l’appoggio attivo o passivo di questa borghesia. Questo lato della questione merita un’attenzione speciale, poiché è appunto ciò che la nostra stampa liberale e gli organi della politica operaia liberale, quale il Dielo Gizni, perdono di vista o forse trascu- rano intenzionalmente. Stolypin non è soltanto il rappresentante della dittatura dei grandi proprietari fondiari feudali. Limitarsi a una tale caratterizzazione equivale a non aver capito nulla della particolarità e del significato del « periodo stolypiniano ». Stolypin è il ministro di un’epoca in cui in tutta la borghesia liberale, compresi i cadetti, domi- nava uno stato d’animo controrivoluzionario; in cui i feudali potevano appoggiarsi e si appoggiavano su questo slato d’animo, potevano rivol- gersi e si rivolgevano con « offerte » (la loro mano e il loro cuore) ai capi di questa borghesia, potevano vedere persino tra i capi piu « a sinistra » una « opposizione di Sua Maestà », potevano citare e cita- vano la svolta dei capi ideologici del liberalismo verso di loro, verso la reazione, verso la lotta contro la democrazia e la vile diffamazione della democrazia. Stolypin era il ministro di un’epoca in cui i grandi proprietari fondiari feudali, abbandonate tutte le illusioni e tutte le speranze romantiche nello « spirito patriarcale » del mugik , si misero a condurre energicamente, a un ritmo rapidissimo, una politica borghese nei riguardi della vita rurale contadina, cercandosi degli alleati tra i nuovi elementi borghesi della Russia in generale e della Russia rurale STOLYPIN £ LA RIVOLUZIONE 235 in particolare. Stolypin tentava di versare il vino nuovo nelle botti vecchie, di trasformare la vecchia autocrazia in una monarchia bor- ghese; e il fallimento della politica stolypiniana è il fallimento dello zarismo su quest ultima via, Yultìma concepibile per lo zarismo. La mo- narchia dei grandi proprietari fondiari di Alessandro III aveva tenta- to di appoggiarsi sulle campagne « patriarcali » e sulla « patriarca- li » in generale della vita russa; la rivoluzione batté definitivamente questa politica. La monarchia dei grandi proprietari fondiari di Nicola II tentò, dopo la rivoluzione, di appoggiarsi sullo spirito controrivolu- zionario della borghesia e sulla politica agraria borghese, condotta da questi stessi grandi proprietari fondiari; il fallimento di questi tentativi, del quale oggi nemmeno i cadetti, nemmeno gli ottobristi possono du- bitare, è il fallimento àà\' ultima politica possibile per lo zarismo. Sotto Stolypin la dittatura del proprietario fondiario feudale non era diretta contro tutto il popolo, compreso tutto il « terzo ceto », tutta la borghesia. No, questa dittatura fu posta nelle migliori condi- zioni quando la borghesia ottobrista la serviva non per paura ma per convinzione; quando i grandi proprietari fondiari e la borghesia pos- sedevano un’istituzione rappresentativa dove il loro blocco aveva una maggioranza assicurata, ciò che permetteva loro di trattare e di nego- ziare con la Corona; quando i signori Struve e altri partigiani dei Viekhi , in preda all’isteria, gettavano fango sulla rivoluzione e creavano un’ideologia fatta per rallegrare il cuore di Antonio di Volinia; quando il signor Miliukov proclamava l’opposizione cadetta un’« opposizione di Sua Maestà» (Sua Maestà, l’epigono feudale). E ciò nondimeno, no- nostante queste condizioni molto favorevoli per i Romanov, nonostan- te queste condizioni, le piu favorevoli che si possano immaginare dal punto di vista dei rapporti delle forze sociali nella Russia capitalista del XX secolo, nonostante tutto ciò, la politica di Stolypin ha fatto fallimento; Stolypin è stato ucciso nel momento in cui bussa alla porta un nuovo seppellitore — piu precisamente, il seppellitore che sta raccogliendo nuove forze — dell’autocrazia zarista. L’epoca della I Duma caratterizza con rilievo particolare Patteg- giamento di Stolypin verso i capi della borghesia, e viceversa. « Il pe- riodo dal maggio al luglio 1906 — scrive la Riec — fu decisivo nella 236 LENIN carriera di Stolypin ». Quale fu dunque il centro di gravità di quel periodo? « Il centro di gravità di quel periodo — dichiara l’organo uffi- ciale del partito cadetto — non risiedette certamente negli interventi alla Duma». Confessione veramente preziosa, nevvero? Quante lance allora spezzate nelle dispute coi cadetti per decidere se si poteva vedere il « centro di gravità » di queirepoca negli « interventi alla Duma »! Quante ingiurie, quante altezzose lezioni dottrinali conteneva la stam- pa cadetta di quel tempo contro i socialdemocratici che affermavano nel- la primavera e nell’estate 1906 che il centro di gravità di quel tempo non risiedeva negli interventi alla Duma! Quanti rimproveri vennero rivolti allora dalla Riec e dalla Duma a tutta la « società » russa perché essa sognava una « Convenzione » e non si entusiasmava abbastanza per le vittorie cadette sull’arena « parlamentare » della I Duma! Cinque anni sono passati. Si deve dare un giudizio generale sul periodo della I Duma, e i cadetti, con la stessa facilità con cui si cambiano i guanti, procla- mano che << il centro di gravità di quel periodo non risiedette certamente negli interventi alla Duma ». Certamente no, signori! Quale fu dunque il centro di gravità? « ...Dietro le quinte — leggiamo nella Riec — si svolgeva un’aspra lotta tra i rappresentanti di due correnti. L’una raccomandava di cercare un accordo con la rappresentanza nazionale, senza indietreg- giare neppure davanti alla costituzione di un “ministero cadetto”. L’al- tra esigeva un gesto brusco, lo scioglimento della Duma e la modifi- cazione della legge elettorale. Questo programma era sostenuto dal Consiglio della nobiltà unificata che si appoggiava su potenti aderen- ze »... « Stolypin esitò per qualche tempo. Vi sono dati comprovanti ch’egli propose due volte a Muromtsev, per mezzo di Krigianovski, di esaminare la possibilità di un ministero cadetto con la partecipazione di Stolypin come ministro degli interni. Ma non v’è dubbio che nello stesso tempo Stolypin si teneva in contatto con il Consiglio della no- biltà unificata ». Così scrivono la storia i capi dei liberali, signori istruiti, dotti, eruditi! Risulta che il « centro di gravità » non risiedeva negli inter- venti, ma nella lotta tra due correnti nell’interno della camarilla zarista centonera! Chi conduceva la politica di un « assalto » immediato e STOLYPIN E LA RIVOLUZIONE 237 senza dilazioni era il Consiglio della nobiltà unificata, cioè non singole persone, non Nicola Romanov, non « una corrente » nelle « alte sfere », ma una classe determinata. I cadetti vedevano chiaramente, nettamente i loro avversari di destra. Ma ciò che era a sinistra dei cadetti spariva dal loro campo visuale. Le « alte sfere », il Consiglio della nobiltà unificata e i cadetti: ecco chi faceva la storia; il popolino, naturalmente , non vi partecipava! A una classe determinata (la nobiltà) si opponeva il partito della « libertà del popolo » che stava al di sopra delle classi, e le alte sfere (cioè lo zar piccolo padre) esitavano. È possibile immaginarsi una cecità di classe piu interessata? un maggior snaturamento della storia e oblio delle verità elementari della scienza storica? un garbuglio, una confusione di classi, partiti e perso- nalità più miserabili? Non vi è peggior cieco di colui che non vuole veder la democrazia e le sue forze. Il centro di gravità dell’epoca della I Duma non risiedeva evi- dentemente negli interventi alla Duma. Risiedeva nella lotta delle classi fuori della Duma, nella lotta dei grandi proprietari fondiari feudali e della loro monarchia contro la massa del popolo, contro gli operai e i contadini. Appunto in quel periodo il movimento rivoluzionario delle masse cominciò di nuovo a salire: gli scioperi in generale, gli scioperi politici, le rivolte contadine e gli ammutinamenti nella primavera e nell’estate del 1906 dilagarono minacciosamente. Ecco perché , signori storici cadetti, le « alte sfere » esitavano: la lotta delle correnti in seno alla banda zarista doveva decidere se era possibile fare il colpo di Stato immediatamente , data la forza della rivoluzione, oppure se bisognava aspettare ancora, menare ancora la borghesia per il naso. La I Duma convinse pienamente i grandi proprietari fondiari (Romanov, Stolypin e soci) che non poteva esistere la pace tra di loro e le masse contadine e operaie. E questa loro persuasione corri- spondeva alla realtà oggettiva. Rimaneva da decidere una questione secondaria: quando e come, di colpo o poco per volta, modificare la legge elettorale. La borghesia esitava, ma tutta la sua condotta — per- sino quella della borghesia cadetta — dimostrava che essa temeva cento volte più la rivoluzione che non la reazione. Per questo i proprietari fondiari si degnarono di invitare i capi della borghesia (Muromtsev, Heiden, Guckov e soci) a riunioni per vedere se era possibile 238 LENIN formare insieme un ministero. E la borghesia, tutta , compresi i cadetti, andò a consultare lo zar, i fautori dei pogrom, i capi centoneri sui mezzi per combattere la rivoluzione; ma la borghesia, a cominciare dalla fine del 1905, non mandò mai nessuno dei suoi partiti dai capi della rivoluzione per consigliarsi sul come abbattere l’autocrazia e la monarchia. Ecco la lezione fondamentale del periodo « stolypiniano » della storia russa. Lo zarismo invitava la borghesia a riunioni quando la rivoluzione appariva ancora una forza, e a poco a poco respingeva, a colpi di stivale da soldato, tutti i capi della borghesia, prima Mu- romtsev e Miliukov, poi Heiden e Lvov, e infine Guckov quando la rivoluzione cessò di esercitare una pressione dal basso. La differenza tra i Miliukov, i Lvov e i Guckov è assolutamente insignificante; si tratta dell’ordine di avvicendamento in cui questi capi della borghesia porgevano la guancia ai... « baci » di Romanov-Purisckevic-Stolypin e ricevevano questi... « baci ». Stolypin è uscito dalla scena precisamente nel momento in cui la monarchia dei centoneri aveva ricavato tutto il profitto possibile dallo stato d'animo controrivoluzionario di tutta la borghesia russa. Oggi questa borghesia, ripudiata, sputacchiata, che aveva insozzato se stessa rinnegando la democrazia, la lotta delle masse, la rivoluzione, è smar- rita e perplessa davanti ai sintomi della nuova rivoluzione che sale. Stolypin ha dato al popolo russo una lezione eccellente: marciare verso la libertà, abbattendo la monarchia zarista, sotto la guida del proleta- riato, oppure farsi schiavo dei Purisckevic, dei Markov, dei Tolmaciov, sotto la guida ideologica e politica dei Miliukov e dei Guckov. Sotsial-Demokrat, n. 24, 18 (311 ottobre 1911. LA NUOVA FRAZIONE DEI CONCILIATORI O DEI VIRTUOSI UInformatsionni Biulleten della commissione tecnica estera (n. 1, 11 agosto 1911) e il foglio A tutti i membri del POSDR , uscito quasi contemporaneamente, pure a Parigi, e firmato « Un gruppo di bolsce- vichi partitisti », rappresentano, come contenuto, identiche prese di posizione contro il « bolscevismo ufficiale » o, secondo un’altra espres- sione, contro i « bolscevici leninisti ». Questi scritti sono molto stizzosi — vi si trovano piti esclamazioni e declamazioni stizzose che contenuto — ma su di essi bisogna nondimeno soffermarsi, poiché vi vengono trattate le piu importanti questioni del nostro partito. E sarà per me tanto piu naturale accingermi a dare un giudizio sulla nuova frazione dato che io, in primo luogo, ho precisamente scritto sulle stesse questioni, e precisamente a nome di tutti i bolscevichi, esatta- mente un anno e mezzo fa (cfr. Diskussionni Lisiok , n. 2 86 ) e che, in secondo luogo, sono pienamente cosciente della mia responsabilità per il « bolscevismo ufficiale », In quanto al termine « leninisti », si tratta semplicemente di un infelice ricorso alle parole pungenti — qui si tratta, dicono, solo dei fautori di una persona! — ma in realtà tutti sanno benissimo che il problema non è quello di stabilire chi condivida le mie opinioni personali su questi o quegli aspetti del bolscevismo. Gli autori del foglio, che si firmano « bolscevichi partitisti », si definiscono anche « bolscevichi non frazionisti », precisando che « qui » (cioè a Parigi) vengono, in modo « abbastanza infelice », chiamati conciliatori. In realtà proprio tale denominazione, invalsa già da piu di quindici mesi, e non solo a Parigi, non ‘solo aH’estero, ma anche in Russia, è la sola a rendere giustamente l’idea del contenuto politico della nuova frazione, come il lettore si convincerà dall’esposizione ulteriore. 240 LENIN Il conciliatorismo è una somma di stati d’animo, tendenze, con- cezioni indissolubilmente legati all’intima essenza del compito storico posto al POSDR nel periodo della controrivoluzione degli anni 1908- 1911. Ecco perché in questo periodo tutta una serie di socialdemocratici è « incappata » nel conciliatorismo, partendo dalle premesse piu sva- riate. Piu coerentemente di ogni altro ha espresso il conciliatorismo Trotski, che è stato pressoché il solo a tentare di dare a questa ten- denza un fondamento teorico. Questo fondamento è: le frazioni e il frazionismo sono stati una lotta deirintellettualità « per esercitare una influenza sul proletariato immaturo ». Il proletariato maturerà e il frazionismo sparirà da sé. Non il mutamento verificatosi nei rapporti tra le classi, non l’evoluzione delle idee di fondo delle due principali frazioni è alla base del processo di fusione delle frazioni, ma esso di- pende dall’osservanza o meno degli accordi fra tutte le frazioni « degli intellettuali ». Trotski predica appunto con ostinazione — e già da tempo, oscillando in quest’opera ora maggiormente verso i bolscevichi, ora maggiormente verso i menscevichi — tale accordo (o compro- messo) fra tutte le frazioni, nessuna esclusa. La concezione opposta (cfr. nn. 2 e 3 del Diskussionnì Listok * 7 ) afferma che le frazioni sono generate dal rapporto esistente tra le classi nella rivoluzione russa. Solo i bolscevichi e i menscevichi hanno formulato risposte alle questioni poste al proletariato dalla realtà ogget- tiva degli anni 1905-1907. Perciò solo l’evoluzione interna di queste frazioni, delle frazioni « forti », — forti per la profondità delle loro radici, forti per la corrispondenza delle loro idee a determinati aspetti della realtà oggettiva, — solo l’evoluzione interna proprio di queste frazioni è in grado di assicurare una loro reale fusione, cioè la creazione in Russia di un partito del socialismo proletario, marxista, in tutto e per tutto veramente unico. Di qui una conclusione pratica: solo il riavvi- cinamento nel lavoro di queste due frazioni forti, e solo nella misura in cui esse si epureranno dalle correnti non socialdemocratiche del liquidatorismo e delPotzovismo, è una politica veramente di partito, capace di realizzare veramente l’unità, attraverso una via difficile, accidentata, tutt’ altro che istantaneamente, ma realmente, a differenza del mucchio di promesse ciarlatanesche circa una facile, agevole, istan- tanea fusione di « tutte » le frazioni. Queste due concezioni si erano già delineate prima della sessione LA NUOVA FRAZIONE DEI CONCILIATORI 241 plenaria, quando io, nel corso di conversazioni, avevo avanzato la parola d’ordine: « Ravvicinamento delle due frazioni forti, e non pia- gnistei sullo scioglimento delle frazioni », parola d’ordine di cui il Golos Sotsial'Demokrata ha informato il pubblico subito dopo la sessione plenaria. Queste due concezioni le avevo esposte apertamente, con precisione e sistematicamente , nel maggio 1910 , cioè un anno e mezzo fa, e per di piu da una tribuna « di tutto il partito », nel Diskus- sionnì Lìstok (n. 2). Se i «conciliatori», coi quali abbiamo disputato su questi temi a cominciare dal novembre 1909, non si sono finora accinti una sola volta a rispondere a quest’articolo, norì hanno in ge- nerale tentato una sola volta di esaminare questo problema con una qualche sistematicità, di esporre in qualche modo, apertamente ed in- tegralmente, le loro vedute, la colpa ricade interamente su di loro. Essi definiscono la loro presa di posizione frazionistica, in un foglio e a nome di un gruppo a sé, «pubblica risposta»; questa pubblica ri- sposta di persone che sono rimaste mute per piu di un anno non è una risposta alla questione: da quanto tempo è stata sollevata, da quanto tempo è stata discussa, da quanto tempo è stata decisa in due direzioni diverse in linea di principio? Questa risposta è il piu irrimediabile guazzabuglio, la piu scandalosa confusione di due risposte inconciliabili. Non c’è una sola tesi formulata dagli autori del foglio che non debba essere immediatamente respinta. Non c’è una sola tesi di questi sedi- centi bolscevichi (di fatto trotskisti incoerenti) in cui non riecheggino gli errori di Trotski. Date, infatti, un’occhiata alle idee fondamentali del foglio. Chi sono i suoi autori? Essi dicono di essere bolscevichi che « non condividono le concezioni organizzative del bolscevismo ufficiale ». Qualcosa come un.’« opposizione » sulla sola questione organizzativa, vero? Leggete la frase che segue: « ... proprio le questioni organizza- tive, le questioni dell’edificazione e della ricostituzione del partito, vengono poste, oggi come un anno e mezzo fa, in primo piano ». Ciò è assolutamente falso ed è appunto Terrore di principio di Trotski che io avevo denunciato un anno e mezzo fa. Alla sessione plenaria la questione organizzativa potè parere una questione di primo piano soltanto perché e in quanto la rinuncia di tutte le correnti al liquida- torismo venne presa per una realtà in seguito al fatto che sia i so- stenitori del Golos che i vperiodistl « avevano firmato », « consolando » 242 LENIN il partito, una risoluzione contro il liquidatorismo e contro l’otzovismo. L’errore di Trotski consisteva appunto nel continuare a spacciare que- st^ 'apparenza per una realtà dopo che la N ascia Zarià, a cominciare dal febbraio 1910, ha definitivamente issato la bandiera del liquidatorismo, mentre i vperiodisti, nella famigerata scuola di N, issavano quella della difesa delTotzovismo fl8 . Alla sessione plenaria l’accettazione dell’appa- renza come realtà potè essere il risultato di un autoinganno. Dopo la sessione plenaria, a cominciare dalla primavera del 1910, Trotski ha ingannato gli operai coi massimo disprezzo dei principi e la piu grande incoscienza, assicurando che gli ostacoli all’unificazione erano princi- palmente {se non unicamente) di carattere organizzativo. Quest’inganno viene continuato nel 1911 dai conciliatori parigini, poiché dire oggi che le questioni organizzative sono in primo piano significa farsi beffe della verità. Oggi infatti la questione che si pone in primo piano non è affatto la questione organizzativa, ma quella dell’intero programma, dell’intera tattica, dell’intero carattere del partito, o meglio dei due partiti, il partito operaio socialdemocratico e il partito operaio stolypi- niano dei signori Potresov, Smimov, Larin, Levitski e soci. I conci- liatori parigini, dopo la sessione plenaria, hanno esattamente dormito per un anno e mezzo, e in questo periodo tutta la lotta contro i liqui- datori si è spostata, sia per noi che per i menscevichi partitisti, dalle questioni organizzative alle questioni dell 'esistenza di un partito operaio socialdemocratico , e non liberale. Discutere oggi, poniamo, coi signori della N ascia Zarià di questioni organizzative, del rapporto esistente fra organizzazione legale e organizzazione illegale, significherebbe reci- tare una commedia, poiché questi signori possono ammettere piena- mente una organizzazione « illegale » come il Golos , che fa il giuoco dei liquidatori! È stato detto già da tempo che un’organizzazione ille- gale che sia al servizio del liberalismo monarchico viene ammessa e c’è fra i nostri cadetti. I conciliatori si autodefiniscono bolscevichi per ripetere, un anno e mezzo dopo, gli errori di Trotski denunciati dai bolscevichi (e per giunta dichiarando specificamente che ciò vien fatto a nome di tutto il bolscevismo!). Ebbene, non si tratta forse di un abuso delle denominazioni di partito entrate nell’uso? Non siamo forse in dovere, dopo di ciò, di dichiarare a chiunque che i conciliatori non sono assolutamente bolscevichi, che essi non hanno niente a che vedere col bolscevismo, che sono semplicemente dei trotskisti incoerenti? LA NUOVA FRAZIONE DEI CONCILIATORI 243 Leggete un po' piu avanti: « Si può non essere d'accordo sul modo in cui il bolscevismo ufficiale e la maggioranza della redazione del- l’organo centrale hanno inteso il compito della lotta contro il liqui- datorismo » ... Si può forse seriamente affermare che il « compito della lotta contro il liquidatorismo » sia un compito organizzativo? Gli stessi conciliatori dichiarano di dissentire dai bolscevichi non solo sulle questioni organizzative! In che cosa dissentono dunque? Silenzio. La loro « pubblica risposta » continua ad essere la risposta di persone mute... o forse noncuranti?... In un anno e mezzo essi non si sono accinti una sola volta a correggere il « bolscevismo ufficiale » o a esporre il loro modo di intendere il compito della lotta contro il liqui- datorismo] Mentre il bolscevismo ufficiale conduce questa lotta esatta- mente da tre anni, dall'agosto 1908. Confrontando queste date uni- versalmente note, cerchiamo involontariamente una spiegazione dello strano « mutismo » dei conciliatori, e questa ricerca richiama involonta- riamente alla memoria Trotski e Ionov fl9 , che hanno assicurato di essere anctiessi contro i liquidatori, ma di intendere diversamente il compito della lotta contro di essi. Non è ridicolo, compagni? A tre anni dall'inizio della lotta ci venite a dichiarare di intenderla diversamente. Tale diverso modo di intendere assomiglia, come s'assomigliano due gocce d'acqua, a una totale incomprensione! Proseguiamo. Il nocciolo dell’odierna crisi del partito si riduce indubbiamente a questa questione: completa separazione del nostro partito, del POSDR, dai liquidatori (quelli del Golos compresi) o con- tinuazione della politica dell'accordo con questi ultimi. È difficile che si possa trovare anche un solo socialdemocratico più o meno al corrente della cosa il quale voglia negare che la sostanza di tutta l’odierna situa- zione del partito stia in questa questione. Ma quale risposta danno ad essa i conciliatori? « Ci si dice — essi scrivono nel foglio — che con ciò [appog- giando la conferenza] violiamo le forme di partito e provochiamo la scissione. Non lo crediamo [$ìc\]. Ma se cosi fosse, non ne avremmo paura ». (Segue un accenno al sabotaggio della sessione plenaria da parte delFUfficio estero del CC, al fatto che « nel CC si svolge un giuoco d'azzardo », che « le forme di partito hanno cominciato a colmarsi di un contenuto frazionistico », ecc.). Questa risposta può essere senz’altro definita un esempio « classi- 244 JLENIN co » di impotenza ideologica e politica! Si rifletta un po’: è stata solle- vata, dicono, l’accusa di provocare la scissione. Ed ecco che la nuova frazione, pretendendo di insegnare la strada al partito, dichiara per iscritto e pubblicamente: « non lo crediamo » (cioè non credete che la scissione c’è e ci sarà?), « ma »... ma « non ne avremmo paura ». Si può scommettere che .nella storia dei partiti politici è im- possibile trovare un simile esempio di confusione. Se « non credete » che la scissione ce e ci sarà, spiegatene dunque il perché! spiegate perché si può lavorare coi liquidatori! dite apertamente che con questi si può — e quindi si deve — lavorare. I nostri conciliatori non solo non lo dicono, ma dicono il con- trario. In un articolo redazionale del n. 1 del Biulleten (una nota avver- te addirittura che a quest’articolo era contrario un bolscevico, fautore della piattaforma bolscevica, cioè della risoluzione del secondo gruppo parigino) leggiamo: «... È un fatto che il lavoro in comune coi liquidatori in Russia è impossibile », e un po’ prima era stato riconosciuto che tra i soste- nitori del Golos e j liquidatori « diventa sempre piu difficile tracciare persino la piu tenue linea divisoria ». Capisca chi può! Da un lato si dichiara nel modo più ufficiale, a nome della commissione tecnica (nella quale i conciliatori e i polacchi, che ora li appoggiano, costituiscono la maggioranza contro di noi bol- scevichi), che il lavoro in comune è impossibile. In russo questo si chiama precisamente dichiarare la scissione. La parola scissione non ha alcun altro senso. Dall’altro lato lo stesso n. 1 del Biulleten proclama che la commissione tecnica è stata creata « non per la scissione, ma allo scopo di scongiurarla », e gli stessi conciliatori scrivono che « non lo credono » (che la scissione c’è e ci sarà). Si può immaginare una confusione più grande? Se il lavoro in comune è impossibile, ciò è spiegabile per dei socialdemocratici; ciò può essere giustificato, agli occhi dei socialdemo- cratici, o da una scandalosa infrazione delle decisioni e degli impegni di partito da parte di un dato gruppo di persone (e allora è inevitabile la scissione da questo gruppo), o da un radicale dissenso di principio che indirizza tutto il lavoro di una data corrente lontano dalla socialdemo- crazia (e allora è inevitabile la scissione da tutta una corrente). Ci troviamo di fronte, com’è noto, a entrambi questi casi: con la corrente J A NUOVA FRAZIONE DEI CONCILIATORI 245 dei liquidatori la sessione plenaria del 1910 ha dichiarato che è im- possibile lavorare, e dal gruppo del Golos , che è venuto meno a tutti gli impegni ed è passato definitivamente ai liquidatori, ci si scinde attualmente. Chi consapevolmente dice: « il lavoro in comune è impossibile », chi ha piu o meno ponderato questa dichiarazione e compreso le basi di principio, dovrebbe inevitabilmente richiamare tutta l’attenzione e tendere ogni sforzo a chiarire queste basi davanti alle più vaste masse e a liberarle al più presto e il più completamente possibile dai vani e dannosi tentativi di continuare a ogni costo a tenere contatti con coloro coi quali è impossibile lavorare. Ma chi fa questa dichiarazione e nello stesso tempo aggiunge: « non crediamo » che ci sarà la scis- sione, « ma non ne avremmo paura », con questo confuso e pavido linguaggio rivela di aver paura di se stesso, di aver paura del passo fatto, di aver paura della situazione venutasi a creare! È appunto questa l’impressione che non può non produrre il foglio dei conciliatori, che di qualcosa vogliono giustificarsi, davanti a qualcuno passar per « buoni » e a qualcun altro strizzano l’occhio... Vedremo subito quale significato abbia la loro strizzata d’occhi al Vperiod e alla Pravda. Dobbiamo prima concludere sul modo in cui costoro intendono « il bilancio del periodo trascorso dal tempo della sessione plenaria », bi- lancio fatto dalla riunione dei membri del Comitato centrale. È infatti necessario capire questo bilancio, capire perché esso era diventato inevitabile: altrimenti la nostra partecipazione agli avveni- menti sarà Spontanea, impotente, casuale. Esaminate dunque il modo d' intenderlo dei conciliatori. Come rispondono essi alla domanda: per- ché dalla sessione plenaria, dalle sue decisioni, prevalentemente unifi- catrici, è scaturita la scissione tra Ufficio estero del CC (= liquidatori) e gli antiliquidatori? La risposta dei nostri trotskisti incoerenti a que- sta domanda è stata semplicemente copiata da Trotski e Ionov, e io devo ripetere quanto dicevo l’anno scorso contro questi conciliatori coerenti. Risposta dei conciliatori: la colpa è del frazionismo, del frazio- nismo dei menscevichi, dei vperiodisti, della Pravda — enumeriamo i gruppi frazionistici nell’ordine dato dal foglio — e, per finire, dei « rappresentanti ufficiali del bolscevismo », i quali, « hanno superato tutti questi gruppi in fatto di tendenze frazionistiche ». Gli autori de- 246 LENIN finiscono chiaramente e sicuramente non frazionisti solamente se stessi, i conciliatori parigini. Tutti hanno dei difetti: noi siamo virtuosi. I conciliatori non citano nessuno dei motivi ideali che hanno determinato il fenomeno in esame. Non indicano alcun’altra particolarità, orga- nizzativa o d’altro genere, dei gruppi che questo fenomeno hanno de- terminato. Nulla, assolutamente nulla, forniscono a spiegazione , tranne il richiamo: frazionismo = difetti, non-frazionismo = virtù. La diffe- renza tra i conciliatori di Parigi e Trotski sta unicamente nel fatto che i primi considerano Trotski frazionista e loro stessi no, mentre il secondo pensa il contrario. Non posso fare a meno di ammettere che questa impostazione del problema, dove a spiegazione dei fenomeni politici si citano uni- camente i difetti degli uni e la virtù degli altri, mi ricorda sempre quelle fisionomie ostentatamente dignitose alla cui vista viene invo- lontariamente da pensare: « Non v’ha dubbio che questo è un ribaldo ». Riflettete al seguente confronto: i nostri conciliatori non sono frazionisti, sono virtuosi. Noi bolscevichi abbiamo superato tutti i gruppi in fatto di tendenze frazionistiche, ossia abbiamo piu difetti. Perciò la frazione virtuosa ha appoggiato quella che ha più difetti, la bolscevica, nella lotta contro l’Ufficio estero del CC! ! Il conto non toma, compagni! V’ingarbugliate sempre più a ogni dichiarazione che fate. Vi rendete ridicoli, scambiandovi con Trotski — come se gio- caste alla palla — reciproche accuse di frazionismo: non vorrete dun- que prendervi la pena di riflettere su che cosa è una frazione? Pro- vatevi a dame la definizione, e vi prediciamo che vi ingarbuglierete ancora di più, poiché anche voi siete una frazione, una frazione esi- tante, senza principi, che non ha capito che cosa sia avvenuto alla ses- sione plenaria e dopo di essa. La frazione è un’organizzazione in seno al partito, unita non dal luogo di lavoro, non dalla lingua o da altre condizioni oggettive, ma da una speciale piattaforma di opinioni sulle questioni del partito. Gli autori del foglio sono una frazione, poiché il foglio è la loro piatta- forma (molto cattiva, è vero, ma ci sono delle frazioni con piattaforme sbagliate). Essi sono una frazione, poiché, come ogni altra organizza- zione, sono legati da una disciplina interna: il loro rappresentante nella commissione tecnica e nella commissione di organizzazione viene LA NUOVA FRAZIONE DEI CONCILIATORI 247 designato dal loro gruppo a maggioranza di voti, il quale gruppo com- pila poi e pubblica un foglio-piattaforma, eccetera . Questi i fatti og- gettivi che bollano di ipocrisia le grida contro il frazionismo. Sia Trotski che i « trotskisti incoerenti » assicurano di non costituire una frazione, poiché ... l’« unico » scopo del loro raggruppamento (in fra- zione) è la distruzione delle frazioni, la predicazione della loro fu- sione, ecc., ma tutte le assicurazioni del genere altro non sono che una vanteria e un vile giuoco a rimpiattino, per la semplice ragione che il fatto dell’esistenza di una frazione non viene intaccato dallo scopo, qualunque esso sia (anche se arcivirtuoso), che essa si propone. Ogni frazione è convinta che la sua piattaforma e la sua politica siano la via migliore verso la distruzione delle frazioni, poiché nessuno ritiene che l’esistenza di frazioni sia l’ideale. L’unica differenza è che le fra- zioni con una piattaforma chiara, coerente, organica difendono aper- tamente questa loro piattaforma, mentre le frazioni senza principi si nascondono dietro a grida a buon mercato circa la loro virtù, il loro non-frazionismo. Qual è la causa dell’esistenza delle frazioni nel POSDR? Il fatto che esse sono la continuazione della scissione degli anni 1903-1905; sono il risultato della debolezza delle organizzazioni locali, incapaci di impedire la trasformazione di gruppi di letterati che esprimono nuove correnti, piu o meno importanti, in nuove « frazioni », cioè in organizzazioni che pongono la disciplina interna in primo piano. Qual è il pegno della distruzione delle frazioni? Solo il completo supera- mento della scissione dei tempi della rivoluzione (ed esclusivamente l’epurazione delle due principali frazioni dal liquidatorismo e dall’otzo- vismo porta a questo risultato), la creazione di un’organizzazione pro- letaria tanto forte da poter costringere la minoranza a sottomettersi alla maggioranza. Finché una simile organizzazione non esiste, solo un accordo fra tutte le frazioni potrebbe accelerare il processo della loro scomparsa. È chiaro quindi sia il inerito ideologico della sessione ple- naria, sia il suo errore conciliatore : il merito consiste nell’aver re- spinto le idee del liquidatorismo e dell’otzovismo; l’errore nell’essersi accordati con persone e gruppi senza distinzione, senza che le loro promesse (« avevano firmato la risoluzione ») corrispondessero ai loro atti. Il riavvicinamento ideologico sul terreno della lotta contro il li- quidatorismo e l’otzovismo procede, nonostante tutti gli ostacoli e le 248 LENIN difficoltà. L errore conciliatore della sessione plenaria * ha portato, del tutto inevitabilmente, al fallimento delle sue decisioni conciliatrici, cioè al fallimento dell 'alleanza coi sostenitori del Golos. La rottura dei bolscevichi (e poi anche della riunione dei membri del CC) con TUfficio estero del CC è stata la correzione dell’errore conciliatore del- la sessione plenaria: il riavvicinamento delle frazioni che lottano con- tro il liquidatorismo e l’otzovismo andrà oltre le forme della sessione plenaria, poiché queste forme non corrispondevano al contenuto. Tutto il conciliatorismo in generale e il conciliatorismo della sessione ple- naria hanno fatto fallimento, poiché il contenuto del lavoro separava i liquidatori dai socialdemocratici, e nessuna forma, nessuna diplo- mazia e giuoco dei conciliatori ha potuto far cessare questo processo di separazione. Da questo, e solo da questo punto di vista, da me sviluppato nel maggio 1910, tutto ciò che è avvenuto dopo la sessione plenaria di- viene comprensibile, inevitabile, scaturendo non dai « difetti » degli uni e dalla « virtù » degli altri, ma dal corso oggettivo degli eventi, che isola la corrente liquidatrice ed elimina i gruppi e gruppetti in- termedi. Per occultare questo indiscutibile fatto polìtico del completo fal- limento del conciliatorismo, i conciliatori sono costretti a giungere all’aperto travisamento dei fatti, Ascoltate: « La politica frazionistica dei bolscevichi leninisti ha recato tanto piu danno in quanto essi ave- vano la maggioranza nei piu importanti organismi del partito, per cui la loro politica frazionistica ha fornito una giustificazione al particola- rismo organizzativo delle altre correnti, armandole contro gli orga- nismi ufficiali del partito ». Questa tirata altro non è che una codarda e tardiva « giustifica- zione »... del liquidatorismo, poiché proprio i rappresentanti di questa corrente si sono sempre richiamati al « frazionismo » dei bolscevichi. Questa giustificazione giunge in ritardo, poiché il dovere di ogni vero uomo di partito {a differenza di chi si serve della parola d’ordine della fedeltà al partito a scopi reclamistici) era quello di intervenire allorché questo « frazionismo » era agli inizi, e non un anno e mezzo dopo! I conciliatori difensori del liquidatorismo non potevano inter- * Cfr. D ìiku ss tonni Listok, n. 2. LA NUOVA FRAZIONE DEI CONCILIATORI 249 venire e non sono intervenuti prima perché non disponevano di fatti. Essi approfittano dellattuale « periodo dei torbidi » per tirar fuori le frasi inconsistenti dei liquidatori. Ma i fatti parlano chiaro e in modo inequivocabile: subito dopo la sessione plenaria, nel febbraio 1910, il signor Potresov issava la bandiera del liquidato- rismo. Immediatamente, nel febbraio o marzo, tradivano il partito i signori Mikhail, Roman e Iuri. Immediatamente i sostenitori del Golos iniziavano l’agitazione a favore del loro giornale (cfr. in pro- posito il Dnievnik di Plekhanov deWtndomani della sessione plenaria) e ne riprendevano le pubblicazioni. Immediatamente i vperiodisti co- minciavano ad organizzare la loro « scuola », Il primo passo frazio- nistico dei bolscevici è invece la fondazione della Rabociaia Gazieta , nel settembre 1910, dopo la rottura di Trotski coi rappresentanti del CC. Perché i conciliatori hanno avuto bisogno di travisare fatti uni- versalmente noti? Per strizzare l’occhio ai .liquidatori, per cattivarsene la benevolenza. Da una parte « il lavoro in comune coi liquidatori è impossibile ». Dall’altra li « giustifica » il frazionismo dei bolscevichi! ! A qualunque socialdemocratico non contaminato dalla diplomazia este- ra domandiamo: quale fiducia politica meritano persone che s’impa- stoiano in tali contraddizioni? Hanno meritato i baci di cui li ha pubblicamente gratificati il Golos , e basta. I conciliatori chiamano « frazionismo » la nostra inesorabilità nella polemica {per la qual cosa ci hanno mille e mille volte verbal- mente biasimati nelle riunioni comuni a Parigi) e l’inesorabilità nella denuncia dei liquidatori (essi erano contrari alla denuncia di Mikhail, Iuri e Roman). I conciliatori hanno costantemente difeso e coperto i liquidatori, pur non osando , nemmeno una volta, prenderne aperta- mente le difese né nel Diskussionnì Listok , né in un solo appello stam- pato, pubblico. Ancora oggi gettano la loro impotenza e la loro viltà sotto le ruote del partito, che ha cominciato a delimitarsi risoluta- mente dai liquidatori. I liquidatori dicono: il liquidatorismo non esi- ste, l’hanno «gonfiato» i bolscevichi (cfr. la risoluzione dei liqui- datori caucasiani 70 e i discorsi di Trotski). I conciliatori dicono: coi liquidatori non è possibile lavorare, ma,., ma li « giustifica » il frazio- nismo dei bolscevichi. Non è forse chiaro che il vero senso di questa ridicola contraddizione di giudizi soggettivi è uno e uno solo: la co- 250 LENIN darda difesa del liquidatorismo, il desiderio di dare lo sgambetto ai bolscevichi e di appoggiare i liquidatori? Ma questo è ancora ben lungi dall’essere tutto. Il peggiore e più maligno travisamento dei fatti è Taffermazione che noi avremmo avuto la « maggioranza » « nei piu importanti organismi del partito ». Que- sta scandalosa menzogna non ha che uno scopo: dissimulare il falli- mento politico del conciliatorismo. Poiché, in realtà, dopo la sessione plenaria i bolscevichi non avevano la maggioranza in nessun « orga- nismo più importante del partito », ma l’avevano precisamente i con- ciliatori. Si trovi dunque una persona che si provi a contestare i se- guenti fatti. Dopo la sessione plenaria « gli organismi più importanti del partito» erano soltanto tre: 1) l’Ufficio del CC in Russia: pre- valentemente di conciliatori *; 2) l’Ufficio estero del CC: dal gen- naio 1910 al novembre 1910 i bolscevichi vi sono stati rappresentati da un conciliatore; siccome si ponevano ufficialmente dal punto di vista conciliatore sia il bundista che il lettone, la maggioranza, a un- dici mesi dalla sessione plenaria, era dunque conciliatrice; 3) la reda- zione dell’organo centrale: in essa due « bolscevichi frazionisti » si contrapponevano a due sostenitori del Golos ; non c } era dunque maggio- ranza senza il polacco. Perché i conciliatori hanno avuto bisogno di una patente men- zogna? Ma appunto per nascondere la testa sotto l’ala, per dissimu- lare il fallimento politico del conciliatorismo. Il conciliatorismo ha dominato alla sessione plenaria, ha avuto la maggioranza in tutti gli organismi centrali più importanti del partito dopo la sessione plenaria e in un anno e mezzo ha subito un completo fallimento: esso non ha « conciliato » nessuno, non ha creato assolutamente nulla in nessun luogo, ha oscillato impotente da una parte all’altra, meritandosi in pieno, per questo, i baci dei sostenitori dei Golos. E soprattutto il completo fallimento ha colpito i conciliatori in Russia: è tanto più importante sottolinearlo quanto più sono fervidi i richiami demagogici dei conciliatori parigini alla Russia. La Russia è conciliatrice, all’opposto dell’estero: questo il motivo fondamentale * Naturalmente c’è conciliatore e conciliatore. E non tutti — ne siamo ben lontani gli ex membri dell’Ufficio russo possono (e vogliono) assumersi la responsabilità di tutti gli spropositi dei conciliatori parigini, semplici scagnozzi di Trotski. LA NUOVA FRAZIONE DEI CONCILIATORI 25] dei conciliatori. Confrontate queste parole coi fatti e comprenderete che si tratta della demagogia piu vuota e piu a buon mercato. I fatti dicono che nell’Ufficio russo del CC per piu di un anno dopo la ses- sione plenaria ci sono stati solo i conciliatori, che solo essi hanno te- nuto rapporti sulla sessione plenaria, si sono ufficialmente consultati coi legalitari, solo essi hanno designato fiduciari e li hanno inviati nei vari organismi, solo essi hanno disposto di tutto il denaro che veniva inviato senza obiezioni dall’Ufficio estero del CC, solo essi hanno con- dotto trattative coi letterati « russi » che promettevano bene in fatto di confusione (cioè in fatto di conciliatorismo), ecc. E il risultato? Il risultato è zero. Non un solo foglio, non una sola presa di posizione, non un solo organo di stampa, non una sola « concilia- zione ». I bolscevichi « frazionisti », invece (per non parlare di ciò di cui parla apertamente soltanto il signor Martov fornendo un aiuto alla polizia politica), hanno ali estero la Rabociaia Gazieta , che già era solida dopo due numeri. Conciliatorismo = a zero, a vane parole, a pii desideri (e a sgambetti al bolscevismo in base a questi desideri « conciliatori »); il bolscevismo « ufficiale » ha dimostrato coi fatti di prevalere in pieno proprio in Russia. Che cos’è dunque questo? un caso? il risultato degli arresti? ma gli arresti hanno potuto « risparmiare » i liquidatori, che non lavorano nel partito, mentre bolscevichi e conciliatori sono stati da essi fal- ciati allo stesso modo. No, questo non è né un caso, né è dovuto alla fortuna o al suc- cesso delle persone. È il risultato del fallimento di una tendenza poli- tica, sbagliata nei suoi punti di partenza. Nel conciliatorismo è sba- gliata la base: l’aspirazione a costruire l’unità del partito del prole- tariato sull’unione di tutte le frazioni, comprese quelle antisocialiste, non proletarie; sbagliata è la mancanza di principi della sua progetto- mania « unificatrice », che porta alla confusione; sbagliate sono le frasi contro le « frazioni » (mentre si crea di fatto una nuova fra- zione), frasi impotenti a sciogliere le frazioni antipartito e che inde- boliscono la frazione dei bolscevichi, che ha condotto i nove decimi della lotta contro il liquidatorismo e lotzovismo. Esempi di progettomania « unificatrice » senza principi ci ven- gono abbondantemente forniti da Trotski. Ricordate anche solo (prendo 252 LENIN uno degli esempi piu recenti) come questi ha elogiato la parigina Ra- bociaia Gizn , diretta in parti uguali dai conciliatori e dai sostenitori del Golos parigini. Ecco una cosa entusiasmante!» scriveva Trotski, « né il bolscevico, né il menscevico, ma il socialdemocratico rivolu- zionario ». Il povero eroe della frase non si è accorto di un’inezia: rivoluzionario è soltanto il socialdemocratico che ha compreso il danno dello pseudosocialdemocratismo antirivoluzionario in un determinato paese e in un determinato periodo, cioè il danno del liquidatorismo e dell’otzovismo nella Russia degli anni 1908-1911, che sa lottare con- tro simili correnti non socialdemocratiche. Baciando la Rabociaia Gizn — che non conduce alcuna lotta contro i socialdemocratici non rivo- luzionari in Russia — Trotski non ha fatto che smascherare il piano dei liquidatori, che egli serve fedelmente: parità nell’organo centrale significa cessazione della lotta contro i liquidatori; i liquidatori hanno di fatto piena libertà di lotta contro il partito, mentre il partito dev'es- sere legato mani e piedi dalla « parità » nelPorgano centrale (e nel CC) fra i sostenitori del Golos e il partito- La vittoria dei liquidatori sa- rebbe allora pienamente assicurata, e solo dei lacchè dei liquidatori potevano varare o difendere un simile piano. Esempi di progettomania « unificatrice » senza principi, che pro- mette pace e felicità senza una lunga, ostinata, accanita lotta contro i liquidatori, li abbiamo visti alla sessione plenaria in Ionov, Inno- kentiev e altri conciliatori. Abbiamo visto un esempio analogo nel foglio dei nostri conciliatori, che giustificano il liquidatorismo addu* cendo il « frazionismo » del bolscevismo. Altro esempio ancora: i loro discorsi sulP« isolamento » dei bolscevicbi « dalle altre correnti (V perioda Pravda ) che sono sul terreno del partito socialdemocratico illegale ». Il corsivo di questa ammirevole tirata è nostro. In questa tira- ta — come il sole in una gocciolina d’acqua ■ — si è riflesso tutto il disprezzo del conciliatorismo per i principi, base della loro impotenza politica. In primo luogo, rappresentano forse delle correnti socialdemo- cratiche la Pravda e il Vperiod? No, non le rappresentano, poiché il Vperiod rappresenta una corrente non socialdemocratica (rotzovismo e il machismo), mentre la Pravda rappresenta un gruppetto che non ha dato risposte autonome e compiute su nessuna questione di principio LA NUOVA FRAZIONE DEI CONCILIATORI 253 importante della rivoluzione e della Controrivoluzione. E. si può chia- mare corrente solo una somma di idee politiche che si siano ben defi- nite in tutte le questioni piu importanti sia della rivoluzione (poiché ne siamo troppo poco lontani e ne dipendiamo sotto tutti i rapporti), sia della controrivoluzione, e che, oltre a ciò, abbiano dimostrato il loro diritto all’esistenza, come corrente, per essersi diffuse tra larghi strati della classe operaia. Sia il menscevismo che il bolscevismo sono correnti socialdemocratiche: è stato dimostrato dalFesperienza della ri- voluzione, dalla storia di otto anni dèi movimento operaio. Di grup- petti che non rappresentavano nessuna corrente ce n’è stata una ca- terva in questo periodo, come ce n’ erano stati molti anche prima. Con- fondere una corrente con Tjruppetli significa condannarsi, nella poli- tica del partito, al metodo degli intrighi. Poiché il sorgere di gruppetti senza principi, la loro effimera esistenza, i loro conati di dire la «loro parola », le loro reciproche « relazioni » come potenze particolari sono appunto la base del metodo degli intrighi vigente all’estero, dal quale non c’è e non può esserci salvezza se non in una severa, ferma fedeltà ai principi, messa alla prova dalFesperienza della lunga storia del mo- vimento operaio. In secondo luogo — e qui osserviamo di primo acchito la pra- tica trasformazione della mancanza di principi dei conciliatori in me- todo degli intrighi — il foglio dei parigini dice un’aperta e mani- festa menzogna quando dichiara che « Fotzovismo non trova piu fau- tori e difensori aperti nel nostro partito », È una menzogna, come tutti sanno. Questa menzogna viene documentatamente confutata dal n. 3 del Vperiod (màggio 1911), dove si dice apertamente che Fotzo- vismo è « una corrente ' pienamente legittima nel nostro partito » (p. 78), O i nostri sapientissimi conciliatori vorranno affermare che. una simile dichiarazione non è una difesa dell’otzovismo? Il fatto è che, quando delle persone non possono giustificare in linea di principio il loro avvicinamento a. questo o a quel gruppetto, non resta loro che la politica delle piccole bugie, della piccola adula- zione, dei cenni furtivi e delle strizzate d’occhio, ossia di ciò che, sommato, ci dà appunto il concetto di metodo degli intrighi. Il Vpe- riod loda i conciliatori, i conciliatori lodano il Vperiod e tranquilliz- zano, ingannandolo, il partito riguardo all’otzovismo. E come risultato si hanno i traffici e le compravendite di posti e posticini coi difensori 254 LENIN dell’otzovismo, coi violatori di tutte le decisioni della sessione ple- naria. Di soppiatto si aiutano i liquidatori, di soppiatto si aiutano gli otzovisti: ecco il destino del conciliatorismo, ecco in che cosa consiste l'impotente e meschino metodo degli intrighi. In terzo luogo. « Il lavoro in comune coi liquidatori in Russia è impossibile ». Questa verità hanno dovuto riconoscerla anche i con- ciliatori. Si domanda: riconoscono questa verità i gruppetti del Vperiod e della Pravda ? Non solo non la riconoscono, ma dichiarano aperta- mente il contrario , chiedono apertamente il « lavoro in comune » coi liquidatori, e lo conducono apertamente (cfr. anche solo il secondo resoconto della scuola vperiodista). Ci si domanda: c’è anche solo un’ombra di fedeltà ai principi e di onestà nella proclamazione del riawicinamento con gruppi che dànno risposte addirittura opposte ai problemi fondamentali? poiché la questione del liquidatorismo viene dichiarata una delle questioni fondamentali da un'esplicita e unanime risoluzione della sessione plenaria. È chiaro che non c’è, che ci tro- viamo di fronte a un abisso ideologico, e che i tentativi di costruire su di esso un ponte, un ponte diplomatico, indipendentemente dalle migliori intenzioni di Ivan Ivanyc e di Ivan Nikiforovic, condannano inevitabilmente questi ultimi al metodo degli intrighi. E finché non ci mostreranno e dimostreranno, sulla base di dati attendibili e passando in rassegna le questioni piu importanti, che il Vperiod e la Pravda rappresentano delle correnti socialdemocratiche (e a un anno e mezzo dalla sessione plenaria nessuno ha mai anche solo tentato di dimostrarlo, cosa del resto impossibile), sino ad allora non cesseremo di spiegare agli operai tutto il danno dei sotterfugi senza principi, da intriganti, cui si riduce il riawicinamento con il Vperiod e la Pravda predicato dai conciliatori. L 'isolamento da questi gruppi non socialdemocratici e senza principi che aiutano i liquidatori è il primo dovere dei socialdemocratici rivoluzionari. Rivolgersi agli operai russi legati al Vperiod e alla Pravda trascurando questi grup- petti e contro di essi: questa la politica che il bolscevismo ha seguito, segue e seguirà attraverso tutti gli ostacoli. Ho detto che il conciliatorismo ha subito, già in un anno e mezzo di suo dominio negli organismi centrali del partito, un completo falli- mento politicot A ciò si risponde abitualmente: si, ma perché voi LA NUOVA FRAZIONE DEI CONCILIATORI 255 frazionisti ci avete ostacolati (cfr. la lettera dei conciliatori — ma non bolscevichi — Gherman e Arkadi sulla Pravda , n. 20). Ma il fallimento politico di questa tendenza e del suo gruppetto sta appunto nel fatto che tutto li « ostacola », tutto si volge loro contro, poiché hanno valutato in maniera sbagliata questo « tutto », si sono assunti come base le vuote parole, i sospiri, il rammarico, il piagnisteo. Mentre noi, signori, siamo stati aiutati da tutto e da tutti , e in ciò sta il pegno del nostro successo. Ci hanno aiutato i signori Potresov, Larin, Levitski, poiché non hanno potuto aprir bocca senza confermare i nostri giudizi sul liquidatorismo. Ci hanno aiutato i signori Martov e Dan, poiché hanno costretto tutti a convenire che i sostenitori del Golos e i liquidatori sono tutt’uno. Ci ha aiutato Plekhanov, nella stessa misura in cui ha smascherato i liquidatori, indicato le « scap- patoie per i liquidatori » lasciate ( dai conciliatori) nelle risoluzioni della sessione plenaria, deriso i punti « tronfi » e « integralistici » (fatti passare dai conciliatori contro di noi ) di queste risoluzioni. Ci hanno aiutato i conciliatori russi, che « hanno invitato » Mikhail, Iuri e Roman con uscitacce ingiuriose contro Lenin (cfr. Golos), confer- mando cosi che il rifiuto dei liquidatori non dipendeva dalle perfidie dei « frazionisti ». Ma perché, egregi conciliatori, le cose sono andate in modo che tutti vi ostacolassero, nonostante la nostra virtù, mentre noi siamo stati aiutati da tutti, nonostante i nostri difetti frazionistici? Perché la politica del vostro gruppetto si reggeva soltanto sulla frase, spesso molto benevola e bene intenzionata, ma vuota. Mentre ci si avvicina veramente all’unità soltanto se si riavvicinano le frazioni forti , forti per la loro coerenza ideologica e per l’influenza che eserci- tano sulle masse , verificata dall’esperienza della rivoluzione. Le vostre esclamazioni contro il frazionismo restano a tutt’oggi una frase, poiché voi stessi siete una frazione , e per di piu una delle peggiori, delle piu instabili frazioni senza principi. È una frase la vostra reboante, chiassosa dichiarazione { neWInformatsionni Biulleten): « neanche un centesimo alle frazioni ». Se lo diceste sul serio, potreste forse spendere « centesimi » per la pubblicazione del foglio-piattaforma di un nuovo gruppetto? Se lo diceste sul serio, potreste forse tacere vedendo gli organi frazionistici « Rabociaia Gazieta » e Dnievnik Sot- siaUDemokraiaì potreste forse non chiederne pubblicamente la sop- 2: 56 LENIN pressione? * Se lo chiedeste, se poneste sul serio una simile condi- zione, vi si riderebbe dietro. E se voi, rendendovene perfettamente conto, vi accontentate di languidi sospiri, ciò non dimostra forse an- cora una volta che il vostro conciliatorismo è campato in aria? Il disarmo delle frazioni è possibile solo sul terreno della reci- procità: altrimenti è una parola d’ordine reazionaria, profondamente nociva al proletariato, una parola d’ordine demagogica, poiché agevola unicamente la lotta implacabile dei liquidatori contro il partito. Chi avanza ora questa parola d’ordine, dopo che la sessione plenaria non ha potuto applicarla, dopo che la fusione (delle frazioni) è stata sabo- tata dalle frazioni del Golos e del Vperiod 7 chi fa questo, senza nemmeno tentare, senza avere il coraggio di ripetere la condizione della reciprocità, di porla con chiarezza, di definire i mezzi di controllo del suo reale adempimento, si ubriaca semplicemente al suono di dolci parole. Bolsceviche serrate le file; siete voi l’unico sostegno di una lotta coerente e risoluta contro il iiquidatorismo e l'otzovismo. Conducete la politica del riavvicinamento al menscevismo ariti- liquidatore, che ha retto alla prova dei fatti ed è stato confermato dall’esperienza; ecco la nostra parola d’ordine, ecco una politica che non promette i fiumi di latte e miele della « pace generale », irrea- lizzabile in un periodo di sfacelo e di disgregazione, ma che fa effet- tivamente progredire il riavvicinamento nel lavoro delle correnti che rappresentano tutto ciò che c’è di forte, di sano, di vitale nel movi- mento proletario. La funzione dei conciliatori nel periodo della controrivoluzione può essere caratterizzata dal quadro che segue. I bolscevichi sospin- gono con grande fatica verso la cima di una ripida montagna il carro del nostro partito. Il Go/óJ-liquidatore lo tira con tutte le forze all’in- dietro, ai piedi della montagna. Sul carro siede un conciliatore. Ha un'aria carezzevole, tanto carezzevole; il suo volto è dolce, dolcissimo, proprio come quello di un Gesù Cristo. Tutto il suo aspetto è quello della virtù incarnata. E, abbassando modestamente gli occhi, levando * Giustizia esige che si dica che i conciliatori parigini i quali hanno ora pubbli- cato il proprio foglio erano contrari alla fondazione della Kabociaia Gazata e abbandonarono la prima riunione alla quale li aveva invitati la sua redazione. Ci rammarichiamo che non ci abbiano aiutato (a smascherare la vacuità del concilia- torismo) con una presa di posizione aperta contro la Kabociaia Gazi età. LA NUOVA FRAZIONE DET CONCILIATORI 25 7 in alto le braccia, il conciliatore esclama: «Ti ringrazio, o Signore, di non essere simile a questi — e qui accenna col capo verso i bolsce- vichi e i menscevichi — perfidi frazionisti, che impediscono a chiunque il movimento* in avanti ». E il carro va avanti un pochino, e sul carro siede il conciliatore. Quando i bolscevichi frazionisti hanno demolito il conciliatore Ufficio estero del CC, ripulendo con ciò il terreno per la costruzione di una nuova casa per il blocco (o perlomeno un’alleanza temporanea) delle frazioni partitiste , in questa casa sono entrati (in- veendo contro i bolscevichi frazionisti) i conciliatori e hanno asperso la nuova dimora... con l’acqua santa di melliflui discorsi Sul non- frazionismo! Che ne sarebbe stato dell’opera storicamente memorabile della vecchia ìskra , se questa, invece di condurre una coerente, intransigente campagna di principio contro l’economismo e lo « struvismo », avesse mirato a un qualche blocco, all’allenza o « fusione » di tutti i gruppi e gruppetti che all’estero non erano allora meno numerosi di oggi? E tra l’ altro le differenze tra la nostra epoca e l’epoca della vecchia ìskra aumentano di molte volte il danno del conciliatorismo senza principi e parolaio. Prima differenza: ci siamo spinti assai piu avanti nello sviluppo del capitalismo e della borghesia, e la lotta di classe in Russia è dive- nuta assai piu chiara. Per la politica operaia liberale dei signori Potre- sov, Levitski,. Larin e soci esiste ormai (e perla prima volta in. Russia) un certo terreno oggettivo. Il liberalismo alla Stolypin dei cadetti e il partito operaio di Stolypin si stanno ormai costituendo. Tanto piu sono concretamente pericolose le frasi e gli intrighi coi gruppetti esteri che appoggiano i liquidatori. Seconda differenza: lo sviluppo del proletariato, della sua con- sapevolezza e della sua coesione di classe ha raggiunto un grado incom- parabilmente piu alto. Tanto piu è pericoloso V artificioso appoggio dei conciliatori a effimeri gruppetti esteri ( Vperìod , Pravda , ecc.) che non hanno dato e non possono dar vita ad alcuna corrente in seno alla socialdemocrazia. Terza differenza: all’epoca dell' ìskra esistevano organizzazioni il- legali di economisti in Russia che era necessario distruggere, smem- 258 LENIN brare per unire contro di esse i socialdemocratici rivoluzionari. Oggi non vi sono organizzazioni illegali parallele, si tratta soltanto di lottare contro gruppi legali già isolati. E questo processo di isolamento — sono costretti ad ammetterlo persino i conciliatori — costoro lo frenano col loro giuoco politico con le frazioni estere che non desi- derano e non sono capaci di lavorare per una simile delimitazione. Il bolscevismo ha « superato » la malattia otzovista, la vuota frase rivoluzionaria, il giuoco all’« estremismo », lo sbandamento dal socialdemocratismo verso sinistra. Gli otzovisti sono scesi in campo come frazione quando non era più possibile « richiamare » i socialde- mocratici dalla Duma. Il bolscevismo supererà anche la malattia « conciliatrice », lo sbandamento in direzione del liquidatorismo (poiché, di fatto , i conci- liatori sono sempre stati dei balocchi nelle mani dei liquidatori). Anche i conciliatori sono giunti disperatamente in ritardo, essendo scesi in campo come frazione quando, dopo un anno e mezzo di dominio del conciliatorismo a partire dalla sessione plenaria, si erano ormai esauriti e non c’era più nulla da conciliare. P.S. Il presente articolo fu scritto più di un mese fa. Esso critica la « teoria » dei conciliatori. Quanto alla loro « pratica », che ha tro- vato espressione nella disperata, assurda, inutile, vergognosa zizzania seminata a piene mani nel n. 2 del Binile ten dei conciliatori e dei polacchi, non mette conto spendere una sola parola Sotsial Demokrat , n. 24, 18 (31) ottobre 1911. Firmato: N. Lenin LA CAMPAGNA ELETTORALE E LA PIATTAFORMA ELETTORALE Sono in vista per l'anno prossimo le elezioni per la IV Duma. La socialdemocrazia deve aprire immediatamente la campagna eletto- rale. In considerazione di queste imminenti elezioni già si nota della « animazione » in seno a tutti i partiti. La prima fase del periodo della controrivoluzione s'è manifestamente conclusa: le dimostrazioni, il movimento studentesco, la fame nelle campagne e — ultima in ordi- ne di tempo, ma non per importanza! — Fondata di scioperi dell'anno passato, tutto questo indica chiaramente l'inizio di una svolta, l'inizio di una nuova fase del periodo della controrivoluzione. Sono alPordine del giorno una propaganda, un'agitazione e un'organizzazione intensi- ficate, e in tale lavoro l'« appiglio » naturale, inevitabile, d'attualità è dato dalle imminenti elezioni. (Notiamo tra parentesi che coloro i quali, alla maniera del gruppetto dei « vperiodisti » tra i socialdemo- cratici, sono tuttora titubanti a proposito di queste verità elementari, pienamente confermate dalla vita, dall'esperienza, dal partito, coloro i quali ritengono che P« otzovismo » sia una « sfumatura legittima » [ Vperiod , n. 3, maggio 1911 , p. 78 ], cancellano semplicemente se stessi dal novero delle tendenze o correnti piu o meno serie della socialdemocrazia). Innanzi tutto alcune osservazioni sull'organizzazione, l'imposta- zione, la direzione della campagna elettorale. Per cominciarla imme- diatamente è necessaria un'immediata azione, fatta di spirito d’inizia- tiva, delle cellule illegali del POSDR da un capo all'altro del paese, in ogni sorta di organizzazioni legali e semilegali, in tutte le grandi fabbriche e officine, tra tutti gli strati e gruppi della popolazione. Bisogna guardare in faccia Tamara realtà. In numerosi luoghi non 260 LENIN esistono affatto organizzazioni di partito pienamente formate. Esiste un'avanguardia operaia fedele alla socialdemocrazia. Esistono persone singole, minuscoli gruppi. Perciò Piniziativa di costituire le cellule (pa- rola che esprime egregiamente Pidea che le condizioni esterne ci im-. pongono gruppi, circoli e organizzazioni non grandi, molto flessibili) dev'essere il primo compito di tutti i socialdemocratici, fossero anche solo due o tre, capaci di « ingranarsi », di stringere in qualche modo questi o quei legami, di avviare il lavoro magari il piu modesto, ma sistematico. Nell’attuale situazione del nostro partito non c'è nulla di piu peri- coloso della tattica dell’« aspettare » il tempo in cui si costituisca un in- fluente centro russo. Tutti i socialdemocratici sanno che il lavoro volto a crearlo viene svolto , che a questo scopo è stato fatto tutto il possibile da parte di coloro cui incombeva innanzi tutto tale obbligo, ma tutti i -socialdemocratici devono anche sapere che le difficoltà frapposte dalla polizia sono enormi — non ci si può perdere d’animo al primo, secondo e terzo- insuccesso! — , tutti devono sapere che, quando tale centro si sarà costituito, gli ci vorrà molto tempo per creare una salda rete di legami con tutte le località, gli ci vorrà un bel po' anche solo per organizzare la direzione politica generale. Differire la creazione di cellule locali di iniziativa del POSDR, strettamente di partito, illegali, che comincino immediatamente il lavoro preparatorio per le elezioni, che compiano immediatamente tutti i passi possibili per lo sviluppo della propaganda e dell’agitazione (tipografie illegali, volantini, organi di stampa legali, piccoli gruppi di membri del partito socialdemocra- tico «legali», ecc. ecc.), differire quest’opera vorrebbe dire compro- mettere il lavoro. Per la socialdemocrazia, che nelle elezioni vede principalmente un'occasione per illuminare politicamente il popolo, il problema fonda- mentale è naturalmente quello del contenuto politico-ideologico di tutta la propaganda e agitazione connesse alle elezioni. Si tratta appunto della piattaforma elettorale. Per ogni partito piu o meno degno di questo nome, la piattaforma è qualcosa di stabilito già molto tempo prima delle elezioni, che non viene appositamente escogitato « per le elezioni », ma che scaturisce inevitabilmente da tutta Vazione del partito, da tutta l’impostazione del suo lavoro, da tutto il suo orienta- mento in un dato periodo storico. E per il POSDR la piattaforma è LA CAMPAGNA ELETTORALE 261 già stabilita, già esiste, è naturalmente ed inevitabilmente determinata dai principi del partito e dalla tattica che il partito ha già fissato, già attuato e segue in tutto quel periodo della vita politica del popolo di cui le elezioni, sotto un dato rapporto, fanno sempre il « bilancio ». La piattaforma del POSDR è il bilancio del lavoro che il marxismo rivoluzionario e gli strati di operai d’avanguardia rimastigli fedeli hanno svolto nel periodo 1908-1911, nel periodo di orgia della controrivolu- zione, nel periodo del regime « stolypiniano » del « 3 giugno ». Tre sono le voci fondamentali di questo bilancio: 1) il program- ma del partito; 2) la sua tattica; 3) il suo giudizio sulle correnti politico-ideali attualmente dominanti, o piu diffuse, o piu dannose per la democrazia e per il socialismo. Senza programma, un. partito, come organismo politico piu o meno completo, capace di seguire un'unica linea nonostante tutte le svolte degli avvenimenti, è impossibile. Senza una linea tattica fondata sulla valutazione del momento politico che si sta attraversando, e che dia risposte precise alle « maledette que- stioni » dell’oggi, è possibile un circolo di teorici, ma non un’entità politica operante. Senza un giudizio sulle correnti politico-ideali « atti- ve », attuali o « di moda », il programma e la tattica possono dege- nerare in « punti » morti, la cui attuazione, la cui applicazione alle mille e mille questioni pratiche minute ed estremamente concrete è inconcepibile, se non si comprende la sostanza delle questioni, se non se ne afferrano i nessi. In quanto alle correnti politico-ideali caratteristiche del periodo 1908-1911, e particolarmente importanti per comprendere i compiti della socialdemocrazia, balzano qui al primo posto il « viekhismo », quale ideologia della borghesia liberale controrivoluzionaria (ideologia pienamente corrispondente alla politica del partito cadetto, checché ne dicano i suoi diplomatici), e il liquidatorismo , quale manifestazione delle stesse influenze decadenti e borghesi sulPambiente che si trova a contatto col movimento operaio. Tornare indietro dalla democrazia, alla larga dal movimento delle masse, alla larga dalla rivoluzione: questo il leitmotiv delle correnti del pensiero politico imperanti nella « società ». Alla larga dal partito illegale, dai problemi delPegemonia del proletariato nella lotta di liberazione, dai problemi della difesa della rivoluzione: questo il leitmotiv del « viekhismo » tra i marxisti, annidatosi negli organi di stampa biascia Zarià e Dielo Glint . Checché 262 LENIN possano dire i gretti praticisti o coloro che volgono con aria stanca le spalle alla difficile lotta per il marxismo rivoluzionario in questa no- stra difficile epoca, non c’è una sola questione « pratica », una sola questione inerente al lavoro illegale e legale dei socialdemocratici in qualsiasi campo del loro lavoro alla quale il propagandista e l’agita- tore possano dare una risposta precisa e completa senza comprendere completamente il fondo e il significato delle suddette « correnti di pen- siero » del periodo di Stolypin. Molto spesso è utile, e talvolta anche necessario, coronare la piattaforma elettorale della socialdemocrazia formulando una concisa parola d’ordine generale, un motto elettorale che presenti le questioni di fondo della pratica politica immediata, che fornisca il piu comodo, il piu immediato appiglio e il materiale per sviluppare una predica- zione socialista multilaterale. Per la nostra epoca tale motto, tale paro- la d’ordine generale potrebbe essere costituita solo dai tre punti se- guenti: 1) repubblica, 2) confisca di tutta la terra dei grandi proprie- tari fondiari, 3) giornata lavorativa di otto ore. Il primo punto contiene la quintessenza delle rivendicazioni di libertà politica. Limitarsi a quest’ultimo termine per esprimere la no- stra posizione di partito sulle questioni di questo tipo, o a qualche altro termine come le « democratizzazioni », ecc., sarebbe sbagliato, per la semplice ragione che nella propaganda e agitazione dobbiamo tener conto dell’esperienza della rivoluzione. Scioglimento di due Dume, organizzazione di pogrom, appoggio alle bande centonere e impunità per i loro eroi, imprese « alla Liakhov » in Persia 71 , colpo di Stato del 3 giugno, vari altri « piccoli coups d’état » sullo stesso terreno (articolo 87, ecc.); questo Pe lenco, tutt’altro che completo, delle im- prese della nostra monarchia dei Romanov-Purisckevic-Stolypin e soci. Possono verificarsi — e ciò è avvenuto — condizioni storiche in cui una monarchia si trovi nella necessità di far buon viso a serie riforme democratiche del tipo, per esempio, del suffragio universale. La mo- narchia in genere non è un istituto uniforme ed immutabile, ma molto flessibile e capace di adattarsi ai diversi rapporti di dominio esistenti tra le classi. Ma voler trarre, partendo da queste indiscutibili consi- derazioni astratte, conclusioni in merito alla concreta monarchia russa del secolo XX significherebbe farsi beffe delle esigenze della critica storica e tradire la causa della democrazia LA CAMPAGNA ELETTORALE 263 La nostra situazione e la storia del nostro potere statale — spe- cialmente nelPukimo decennio — ci mostrano in modo evidente che proprio la monarchia zarista è il centro di quella banda di grandi proprietari fondiari centoneri (primo tra essi: Romanov) che ha fatto della Russia uno spauracchio non solo per l’Europa, ma oggi anche per l’Asia, banda che ha ora spinto l’arbitrio, le rapine e le malversa- zioni dei funzionari, le violenze sistematiche sul « popolo semplice », le vessazioni e le torture nei confronti degli avversari politici, ecc., a dimensioni assolutamente eccezionali. Dato questo volto concreto , data questa base economica e fisionomia politica concreta della nostra mo- narchia, voler porre al centro della lotta per la libertà politica la riven- dicazione, per esempio, del suffragio universale sarebbe non tanto op- portunismo quanto una semplice assurdità. Se si tratta di scegliere il punto centrale delle rivendicazioni, quale parola d’ordine generale della campagna elettorale, bisogna disporre le varie rivendicazioni democra- tiche secondo una prospettiva e una proporzionalità piu o meno vero- simili; non si può, infatti, senza muovere al riso le persone istruite e generare confusione nelle menti incolte, cercare di ottenere che Pu- risckevic ammetta un atteggiamento rispettoso verso le donne e la sconvenienza dei discorsi « osceni », Iliodoro la tolleranza, Gurko e Reinbot ammettano il disinteresse e l’onestà, Tolmaciov e Dumbadze 72 la legalità e un regime di diritto e Nicola Romanov ammetta le riforme democratiche! Si ponga la questione dal punto di vista, diciamo, storico gene- rale. È indiscutibile (per tutti, tranne che per Larin e un pugno di liquidatori) che in Russia la rivoluzione borghese non è stata porrata a termine. La Russia -si avvicina a una crisi rivoluzionaria. Noi dob- biamo dimostrare la necessità della rivoluzione, predicarne la legitti- mità e l’« utilità ». Se è cosi, bisogna condurre l’agitazione per la libertà politica in modo da porre la questione in tutta la sua ampiezza, da indicare il fine da raggiungere al movimento vittorioso, e non a quello che si ferma a metà strada (come nel 1905), bisogna formulare una parola d’ordine capace di suscitare l’entusiasmo nella massa di coloro che hanno profondamente sofferto a motivo della vita russa, che si sono consunti per la vergogna di essere russi, che aspirano a una Russia veramente libera, veramente rinnovata. Si ponga la que- stione dal punto di vista pratico-propagandistico. Non si può non spie- 264 LENIN gare, persino al contadino più arretrato, che lo Stato dev’essere retto da una « Duma » eletta più liberamente e con un suffragio più uni- versale della prima. Ma come fare perché la « Duma » non possa venire sciolta? Non lo si può ottenere senz’aver demolito la monarchia de- gli zar. Probabilmente si obietterà: avanzare la parola d’ordine della re- pubblica come motto di tutta la campagna elettorale significa esclu- dere la possibilità di condurla legalmente, significa assumere un atteg- giamento poco serio verso il riconoscimento dell’ importanza e neces- sità del lavoro legale. Una simile obiezione sarebbe un sofisma degno dei liquidatori. Non si può parlare legalmente di repubblica (se non dalla tribuna della Duma, dalla quale si può e si deve, restando in pieno sul terreno della legalità, condurre una propaganda repubbli- cana), ma si può scrivere e parlare in difesa della democrazia in modo da non indulgere minimamente alle idee della conciliabilità della demo- crazia con la monarchia, in modo da confutare e mettere in ridicolo i monarchici liberali e i populisti, in modo che il lettore e l’ascoltatore chiariscano a se stessi il nesso che appunto esiste tra la monarchia come tale e Tillegalità e l’arbitrio in Russia. Oh, l’uomo russo è passato attraverso la scuola plurisecolare della schiavitù: sa ben leg- gere tra le righe e completare ciò che un oratore ha detto. « Non dire: non posso; di’ piuttosto: non voglio »: ecco come si deve rispondere ai militanti legali della socialdemocrazia che eventualmente si richia- mino alT« impossibilità » di porre la rivendicazione della repubblica al centro della nostra propaganda e agitazione. Sull’importanza della rivendicazione della confisca di tutta la terra dei grandi proprietari non credo sia necessario soffermarsi in maniera particolare. In un periodo in cui nelle campagne russe mai tacciono i gemiti suscitati dalla « riforma » di Stolypin, in cui si sta svolgendo, nelle forme più accanite, la lotta tra i « nuovi grandi proprietari » e gli strazniki , e la massa della popolazione, in cui sale — su testimo- nianza degli elementi più conservatori e più ostili alla rivoluzione — una collera mai vista prima d’ora, in un simile periodo, al centro di tutta la piattaforma elettorale democratica deve esserci la suddetta rivendicazione. Notiamo soltanto che proprio questa rivendicazione se- para la democrazia proletaria coerente non solo dal liberalismo da grande proprietario fondiario dei cadetti, ma anche da quei-, discorsi LA CAMPAGNA ELETTORALE 265 burocratico-intellettualistici a proposito di « norme », « norme di con- sumo », « norme di produzione », « ripartizione egualitaria » e altret- tali bubbole che sono tanto care ai populisti e di cui ridono tutti i contadini di buon senso. Non serve a nulla dirci « quanta terra occorre al nostro contadino »: al popolo russo occorre confiscare tutta la terra dei grandi proprietari per togliersi di' dosso il fardello dell’oppressione feudale che domina in tutta la vita economica e politica del paese. Senza questa misura la Russia non sarà mai libera, il contadino russo non sarà mai piu o meno satollo e istruito. Ancor meno necessari sono i commenti al terzo punto: giornata lavorativa di otto ore. La controrivoluzione strappa rabbiosamente agli cfperai le conquiste del 1905, e tanto piu vigorosa diviene nell’ambiente operaio la lotta per il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita; il primo di questi miglioramenti è la giornata lavorativa di otto ore. ■ Riassumendo, si può esprimere il fondo e il nerbo vitale della piattaforma elettorale socialdemocratica in due parole: per la rivo- luzione ! Non molto tempo prima di morire Leone Tolstoi diceva, e lo diceva col rammarico caratteristico dei peggiori aspetti del « tolstoi- smo », che il popolo russo « ha imparato a fare la rivoluzione » con straordinaria rapidità. Noi ci rammarichiamo soltanto che questa scien- za, senza di cui può restar schiavo dei Purisckevic per secoli e secoli, il popolo russo non l’abbia imparata fino in fondo. Ma è un fatto che il proletariato russo, nella sua aspirazione alla completa trasformazione socialista della società, ha dato al popolo russo in generale e ai con- tadini russi in particolare lezioni insostituibili nel campo di questa scienza. Né le forche di Stolypin, né gli sforzi dei « viekhisti » faranno in alcun modo dimenticare queste lezioni. La lezione è stata data. La lezione viene assimilata. La lezione verrà ripetuta. Il programma del POSDR, il nostro vecchio programma della so- cialdemocrazia rivoluzionaria, è la base della nostra piattaforma elet- torale. Esso fornisce la formulazione esatta dei nostri compiti socialisti, del fine ultimo del socialismo, e inoltre una formulazione che punta particolarmente contro l'opportunismo e il riformismo. In un’epoca in cui il riformismo, in tutti I paesi, e anche da noi, solleva la testa’ e in cui, d’altra parte, si moltiplicano i sintomi i quali indicano che 266 LENIN nei paesi piu progrediti il periodo del cosiddetto « parlamentarismo pacifico » s’approssima alla fine e comincia quello del fermento rivo* luzionario delle masse, in un'epoca siffatta il nostro vecchio program- ma acquista un significato ancora maggiore (se è possibile in questo caso il comparativo). Per la Russia il programma del POSDR pone al partito un obiettivo immediato*. « rovesciamento dell’autocrazia dello zar e sua sostituzione con la repubblica democratica » Sezioni spe- ciali del programma, dedicate alle questioni delPamministrazione sta- tale, alle finanze, alla legislazione operaia, alla questione agraria, forni- scono un materiale orientativo preciso e definito per tutto il multi- forme lavoro di qualsiasi propagandista e agitatore, per la concretizza- zione della nostra piattaforma elettorale negli interventi in presenza di questo o quell’uditorio, su questo o quel motivo, su questo o quel tema. La tattica del POSDR nel periodo 1908-1911 è definita dalle risoluzioni del dicembre 1908. Confermate dalla sessione plenaria del gennaio 1910, consolidate dall esperienza di tutto il periodo « stoly- piniano », queste risoluzioni danno una valutazione precisa del mo- mento politico e dei compiti che ne scaturiscono. La vecchia auto- crazia resta come in passato il nemico principale, si manifesta come in passato l’ineluttabilità di una crisi rivoluzionaria, alla quale la Russia si sta di nuovo avvicinando. Ma la situazione non è piu quella di prima; l’autocrazia ha fatto « un passo avanti sulla via della trasforma- zione in monarchia borghese » e si sforza di consolidare la grande pro- prietà fondiaria feudale con una politica agraria nuova, borghese; essa promuove alleanze tra i feudali e la borghesia nell’attuale Duma gial- lo-nera; utilizza il diffuso stato d’animo controrivoluzionario (= « vie- khista ») esistente in seno alla borghesia liberale. Il capitalismo ha fatto alcuni passi avanti, gli antagonismi di classe si sono inaspriti, la scissione tra gli elementi democratici e il liberalismo « viekhista » dei cadetti è divenuta più netta, l’attività della socialdemocrazia abbraccia nuovi campi (Duma e « possibilità legali »), rendendo possibile, nono- stante la controrivoluzione, un ampliamento della sfera d’azione della propaganda e dell’agitazione persino nelle condizioni di un grave « sba- raglio » delle organizzazioni illegali. 1 vecchi compiti rivoluzionari, i vecchi, provati metodi della lotta di massa rivoluzionaria: ecco che LA CAMPAGNA ELETTORALE 267 cosa difende il nostro partito in questo periodo di disgregazione e di sfacelo, in cui bisogna sovente « cominciare da principio », in cui bisogna svolgere un lavoro di preparazione non solo alla vecchia ma- niera, ma anche in maniera nuova, con metodi nuovi, in una situa zione mutata, raccogliendo le forze per un periodo di nuove battaglie. Sotstal-Demokrat , n. 24. 18 (31) ottobre 1911. DAL CAMPO DEL PARTITO « OPERAIO » DI STOLYPIN I numeri 6, 7 e 8 della Nascia Zarià sono dedicati soprattutto alla campagna elettorale e alla piattaforma elettorale. Negli articoli su questo tema il fondo delle concezioni dei liquidatori viene dissimulato con una straordinaria quantità di frasi smodatamente tronfie, lambic- cate, enfatiche sulla « mobilitazione combattiva del proletariato », sulla « vasta e aperta mobilitazione delle masse », sulle « organizzazioni po- litiche di massa di operai dotati di spirito d’iniziativa », sui « collettivi autonomi », sugli « operai coscienti », ecc. Iuri Ciatski è giunto per- sino a dire che la piattaforma non dev’essere soltanto « pensata », ma anche « profondamente sentita »... Queste frasi, che mandano certa- mente in estasi gli studenti e le studentesse liceali, stordiscono il let- tore e P« immergono nella nebbia », nella quale riesce poi facile eser- citare il contrabbando. Ecco, per esempio, il signor Iuri Ciatski decantare il valore della piattaforma e l’importanza di una piattaforma unica. « La più grande importanza — egli scrive — viene da noi attribuita alla sanzione [della piattaforma] da parte del gruppo socialdemocratico alla Duma, alla condizione imprescindibile, tuttavia, che quest’ultimo, sanzionando una piattaforma impostagli dai circoli esteri, non proceda lungo la linea della minor resistenza ». È stampato proprio cosi. E non si tratta di un organo centonero che dia addosso al « giudeo » e all’emigrato, ma di un organo « social- democratico »! Come devono essere caduti in basso questi signori per mettersi a gridare contro l’estero, invece di spiegare la differenza di principio tra la loro piattaforma e la piattaforma dei « circoli esteri »! i Iuri Ciatski è inoltre cosi maldestro da spifferarci a nome di quale circolo egli faccia valere la propria linea liquidatrice: « elemento DAL CAMPO DEL PARTITO « OPERAIO » DI STOLYPIN 269 di una possibile centralizzazione — egli scrive — è un gruppo di militanti socialdemocratici [??] strettamente legati al movimento ope- raio legale [tramite la Nascia Zarìà , eh?] e che acquistano una sempre maggiore stabilità...» (e una fisionomia sempre piu liberale) «...ci riferiamo in particolare a Pietroburgo... ». Sarebbe il caso di parlar franco, signori! È indegno e sciocco giocare a rimpiattino: come « elemento di centralizzazione », ossia come organismo centrale (del liquidatorismo), viene da voi considerato — e legittimamente — il gruppetto dei collaboratori della Nascia Zarìà di Pietroburgo. È impossibile nascondere la lesina in un sacco. L. Martov cerca di nascondere la lesina riportando succintamente, quali punti basilari della piattaforma elettorale, le tesi legali del pro- gramma socialdemocratico. Dice inoltre delle belle parole: che non bisogna « rinunciare » a nulla, non bisogna « mutilare » nulla. Questo a p. 48 dèi n. 7-8. Ma a p. J4, nel capoverso conclusivo, leggiamo: «Tutta la campagna elettorale dev’essere da noi [? dalla Nascia Zarìà e dal Dielo Gizni , evidentemente] condotta sotto la bandiera [jz'c!] della lotta del proletariato per la libertà della propria autodeci- sione politica, della lotta per il diritto di avere un proprio partito di classe e di sviluppare liberamente la propria attività, per la parte- cipazione alla vita politica come forza organizzata autonoma. A questo principio devono essere subordinati sia il contenuto dell’agitazione elet- torale sìa i metodi della tattica elettorale e del lavoro preelettorale organizzato ». Magnifica esposizione di una piattaforma operaia liberale ! L’ope- raio socialdemocratico « conduce la campagna sotto la bandiera » della lotta per la libertà di tutto il popolo , per la repubblica democratica. L’operaio liberale lotta « per il diritto di avere un proprio partito di classe » (alla Brentano, in senso social-liberale). Subordinare tutto a tale principio significa precisamente tradire la causa della democrazia. Anche i borghesi liberali e gli abili uomini daffari del governo vogliono per l’appunto soltanto che gli operai lottino per la libertà « della pro- pria autodecisione politica», e non per la libertà di tutto il paese. Martov ha parafrasato la formula di Levitski: « Non l’egemonia, ma un partito di classe »! Martov ci ha offerto la parola d’ordine del più puro « neo- economismo », Gli economisti dicevano: agli operai la lotta econo- mica, ai liberali quella politica. I neoeconomisti* i liquidatori, dicono: 270 LENIN subordinare tutto il contenuto dell’agitazione elettorale al principio: lotta degli operai per il diritto di avere un proprio partito di classe. Capisce Martov il senso delle sue parole? Capisce egli che esse significano la rinuncia del proletariato alla rivoluzione? « Signori libe- rali, nel 1905 noi sollevammo contro di voi, portandole alla rivolu- zione, le masse in generale e i contadini in particolare, lottammo per la libertà nonostante che i liberali, giunti a una semilibertà, tentassero di arrestare il movimento; d’ora in poi non ci lasceremo “infatuare” e lotte- remo per la libertà di un nostro partito di classe ». I « viekhisti », i liberali controrivoluzionari (cfr. in particolare gli scritti di Izgoiev) non esigono nient’altro dagli operai. I liberali non negano il diritto degli operai di avere un proprio partito di classe. Essi negano il « diritto » del proletariato, l’unica classe rivoluzionaria fino in fondo, di sollevare gli strati inferiori alla lotta nonostante i liberali e persino contro i liberali. Dopo aver promesso di non « fare rinunce » e di « non mutilare », Martov ha precisamente mutilato la piattaforma socialdemocratica a tal punto che essa può soddisfare in pieno Larin. Potresov, Prokopovic, Izgoiev. Guardate come Martov critica la risoluzione tattica del partito (del dicembre 1908). È una « formula infelice », egli dice a propo- sito del « passo avanti sulla via della trasformazione in monarchia bor- ghese », poiché « in essa sparisce la realtà del passo indietro verso la spartizione del potere tra gli alfieri dell’assolutismo e la nobiltà fon- diaria », « non contiene il momento dello scontro decisivo tra le classi », evidentemente dei borghesi liberali coi grandi proprietari fondiari feudali! Del fatto che negli anni 1905-1907 i borghesi liberali ebbero paura di uno « scontro decisivo » coi feudali, preferendo « scontrarsi decisamente» con gli operai e i contadini, Martov tace (come ne tacciono i liberali che accusano gli operai di « eccessi »). Martov vede il « passo indietro » dell’autocrazia verso i grandi proprietari fondiari feudali (nella risoluzione del partito viene esattamente indicato questo passo: « conservare ai grandi proprietari fondiari feudali il loro potere e i loro redditi »), ma non vede il « passo indietro », fatto dai borghesi liberali, dalla democrazia verso l’« ordine », verso la monarchia, verso il riavvicinamento ai grandi proprietari fondiari. Martov non vede il nesso esistente fra il « passo avanti sulla via » che porta alla monarchia DAL CAMPO DEL PARTITO « OPERAIO » DI STOLyPIN 27J borghese e il controrivoluzionarismo, il viekhismo della borghesia libe- rale. Non lo vede perché è egli stesso un « viekhista tra i marxisti ». Sognando alla maniera liberale uno « scontro decisivo » dei borghesi liberali coi feudali, egli getta a mare la realtà storica dello scontro rivoluzionario degli operai e dei contadini coi feudali, nonostante le esitazioni dei liberali, nonostante il passaggio di questi al partito del- lordine. Anche qui il risultato è sempre Io stesso: la risoluzione del par- tito viene respinta da Martov dal punto di vista di una politica ope- raia liberale , senza contrapporle, purtroppo, nessuna risoluzione tattica sua (benché Martov sia costretto a riconoscere la necessità di basare la tattica sulla valutazione del « senso storico del periodo del 3 giugno »! ). È perciò comprensibile che Martov scriva: «...aspirazione del partito operaio dev essere... quella di indurre le classi possidenti a fare questo o quel passo in direzione della democratizzazione della legislazione e dell’estensione delle garanzie costituzionali... ». Qualsiasi liberale considera pienamente legittima l’aspirazione degli operai ad « indurre le classi possidenti » a questi o quei passi; la condizione del liberale è che gli operai non osino indurre i nullatenenti a « passi » che non piacciano ai liberali. Tutta la politica dei liberali inglesi, che hanno cosi profondamente corrotto gli operai del loro paese, si riduce a consentire agli operai di « indurre le classi possidenti » e a non per- mettere loro di conquistarsi l’egemonia nel movimento popolare generale. Pienamente comprensibile è anche l’odio di Ciatski, Martov e Dan verso la tattica del «blocco di sinistra ». Con questa espressione essi intendono non il « blocco di sinistra » alle elezioni, ma la tattica generale stabilita dal congresso di Londra: strappare i contadini (e i piccoli borghesi in generale) all’influenza dei cadetti; costringere i gruppi populisti a scegliere tra i cadetti e i socialdemocratici. Rifiutare questa tattica significa rinnegare la democrazia : solo dei socialdemo- cratici alla Stolvpin possono non vedere questo oggi , dopo il « periodo stolvpiniano », dopo le gesta del « liberalismo stolypiniano dei ca- detti » (parola d’ordine londinese di Miliukov: «opposizione di Sua Maestà »! ), dopo i « Viekhi ». Non c’è da farsi illusioni: di piattaforme elettorali ne abbiamo 272 LENIN due; è un fatto. Non ci si può liberare da questo fatto con frasi, geremiadi, pii desideri. Una è quella suesposta, fondata sulle decisioni del partito. L'altra è quella di Potresov e Larin, sviluppata e com- pletata da Levitski, Iuri Ciatski e soci e rimessa a nuovo da Martov. Quest’ultima piattaforma, che si pretende socialdemocratica , è in realtà la piattaforma della polìtica operaia liberale. Chi non ha capito la differenza, rinconciliabile differenza di que- ste due piattaforme della politica operaia, non può condurre cosciente- mente la campagna elettorale. Lo aspettano a ogni passo delusioni, « malintesi », comici o tragici errori. Sotsial-Demokrat , n. 24, 18 01) ottobre 1911, IL RISULTATO La polemica tra Witte e Guckov è stata zelantemente assecon- data, ai fini deiragitazione elettorale, sia dalla Riec che dalle Russkie Viedomosti. Il carattere della polemica si vede chiaramente dalla se- guente tirata della Riec: « Quanto spesso i signori ottobristi, sotto la guida di Guckov, sono risultati, per compiacere le autorità, colleghi degli adepti del signor Durnovo! Quanto spesso essi, volgendo lo sguardo alle autorità, hanno voltato le spalle airopinione pubblica! ». Questo vien detto a proposito del fatto che Witte, nelLottobre- novembre 1905, si era consultato, a proposito della composizione del ministero, coi signori Urusov, Trubetskoi, Guckov, M. Stakhovic, nel- la quale occasione gli ultimi tre si erano risolutamente opposti alla candidatura di Durnovo a ministro degli affari interni. Rimproverando gli ottobristi, i signori cadetti rivelano, tuttavia, una sorprendente labilità di memoria per quanto riguarda il loro pro- prio passato. « Gli ottobristi sono risultati colleghi degli adepti di Durnovo ». È giusto. E ciò dimostra, indubbiamente, che sarebbe ridi- colo parlare di democraticità degli ottobristi. Ma questi non preten- dono di essere democratici. I cadetti, invece, si autodefiniscono « demo- cratici costituzionali ». Ma questi « democratici », nella persona di Urusov, per esempio, che nelle consultazioni con Witte difendeva la candidatura di Durnovo, non sono forse risultati « colleghi degli adepti di Durnovo »? Nelle prime due Dume i cadetti, come partito, non si sono forse mostrati « con lo sguardo rivolto alle autorità e le spalle voltate all’opinione pubblica»? Non si possono dimenticare o travisare fatti universalmente noti. 274 LENIN Si ricordi la storia dei comitati locali della terra alla I Duma. I ca- detti furono contrari proprio « per compiacere le autorità ». Senza dubbio su questo punto (uno dei problemi politici piu importanti per il periodo della I Duma) i cadetti « volsero lo sguardo alle autorità » e « voltarono le spalle all’opinione pubblica ». Poiché i trudoviki e i deputati operai, che rappresentavano i nove decimi della popolazione della Russia, erano allora per i comitati locali della terra. Per decine di volte si è osservato su altre questioni un analogo schieramento dei partiti sia alla I che alla II Duma. È difficile immaginare come i cadetti potrebbero contestare que- sti fatti. Si può forse affermare che essi non si differenziassero dai trudoviki e dai deputati operai nelle prime due Dume, che non an- dassero, inoltre, a braccetto con gli Heiden, gli ottobristi e le autorità? Che i trudoviki e i deputati operai, dato il sistema elettorale, non rappresentassero la stragrande maggioranza della popolazione? O vor- ranno forse, i nostri « democratici », chiamare opinione pubblica l’opi- nione della « società colta » (dal punto di vista dei diplomi ufficiali), e non quella della maggioranza della popolazione? A voler valutare storicamente il periodo in cui Stolypin è stato primo ministro, cioè il quinquennio 1906-1911, è impossibile negare che sia gli ottobristi che i cadetti non sono stati democratici. Ma poi- ché soltanto i cadetti pretendono questo titolo, proprio qui l’autoingan* no dei cadetti e il loro inganno dell’« opinione pubblica », dell’opi- nione delle masse, è particolarmente sensibile, particolarmente dannoso. Non vogliamo dire, naturalmente, che gli ottobristi e i cadetti costituiscano « un’unica massa reazionaria », che gli ottobristi non siano meno liberali dei cadetti. Vogliamo dir loro che una cosa è il libera- lismo e un’altra la democrazia. È naturale che i liberali considerino come « opinione pubblica » l’opinione della borghesia, e non l’opi- nione dei contadini e degli operai. Il democratico non può porsi da un tale punto di vista e, quali che siano le illusioni che talvolta nutre circa gli interessi e le aspirazioni delle masse, egli crede nelle masse, nell'azione delle masse, nella legittimità degli stati d’animo delle masse, nelPopportunità dei loro metodi di lotta. Questa differenza tra il liberalismo e la democrazia si deve tan- to piu insistentemente ricordare quanto piu si abusa della denomina- zione di democratico. In tutti i paesi borghesi le elezioni servono ai IL RISULTATO 275 partiti borghesi a fini reclamistici, Per la classe operaia le ele 2 ioni e la lotta elettorale devono servire ai fini dell’educazione politica, del chiarimento della vera natura dei partiti. I partiti politici non si pos- sono giudicare in base ai loro nomi, dichiarazioni, programmi; si de- vono giudicare in base ai loro atti. Ma la polemica tra Witte e Guckov, dopo aver toccato la que- stione dell’inizio della carriera ministeriale di Srolvpin (Guckov attesta, tra Taltro, che contro la candidatura di Stolypin nessuno degli « uo- mini politici» sollevò obiezioni nell’autunno del 1905), solleva altre questioni ancora, assai piu importanti e interessanti. La prima volta che venne avanzata (autunno del 1905) la candi- datura di Stolypin al posto di ministro degli affari interni, essa venne proposta durante un incontro di Witte coi rappresentanti della bor- ghesia liberale. Persino all’epoca della 1 Duma Stolypin, in qualità di ministro degli affari interni, « propose due volte a Muromtsev, at- traverso Krvgianovski, di esaminare la possibilità di un ministero ca- detto »; cosi scrive la Riec in un articolo redazionale del 6 settembre, aggiungendo l’espressione cautamente ambigua: « Esistono indizi » che cosi procedette Stolypin. Basterà ricordare che, in risposta a simili « indizi », i cadetti allora se la cavarono con il silenzio o l’ingiuria. Ora citano essi stessi questi indizi, confermando cosi, evidentemente, la loro esattezza. Proseguiamo. Dopo lo scioglimento della I Duma, quando Sto- lypin divenne primo ministro, a Heiden, Lvov e M. Stakhovic venne fatta l’esplicita proposta di entrare nel ministero. Dopo il fallimento di questa « combinazione », « durante il primo intervallo tra una Duma e l’altra Stolypin allacciò strette relazioni politiche con Guckov », e que- ste relazioni sono continuate, come noto, fino al 1911. E che cosa vediamo dunque in conclusione? La candidatura di Stolypin al posto di ministro viene esaminata coi rappresentanti della borghesia, e nel corso della sua carriera ministeriale, dal 1906 al 1911, Stolypin fa « proposte » a tutti, gli uni dopo gli altri, i rappresentanti della borghesia, stringendo o tentando di stringere relazioni politiche dapprima coi cadetti, poi coi rinnovatori pacifici 73 e infine cogli ottobristi. Dapprima « si propone » Stolypin come candidato a mini- stro agli « uomini politici », cioè ai capi della borghesia, e poi lo stesso Stolypin, già come ministro, fa « proposte » ai Muromtsev, agli 276 LENIN Heiden, ai Guckov. Stolypin termina la sua carriera (è noto che le dimissioni di Stolypin erano già state decise) allorché si esaurisce la gamma di ogni sorta di partiti e sfumature della borghesia cui si po- tevano far « proposte ». La conclusione che scaturisce da questi fatti è chiara. Se i cadetti e gli ottobristi litigano ora tra loro per stabilire chi di loro si sia comportato più servilmente nelle trattative a proposito dei ministri o coi ministri, Urusov o Guckov, Muromtsev o Heiden, Miliukov o Stakhovic, ecc., simili litigi sono piccola cosa e servono solo a distrarre l’attenzione del pubblico da una questione politica seria. E questa questione seria si riduce in modo evidente a quella di capire le con- dizioni e il significato di quel periodo particolare della storia del regime statale russo nel quale i ministri sono stati costretti a fare sistematiche « proposte » ai capi della borghesia, .nel quale i mi- nistri hanno potuto trovare un sia pur minimo terreno comune con questi capi, un terreno comune per condurre e rinnovare le trattative. Poco importa sapere chi si sia comportato peggio in tutto ciò, Tizio op- pure Caio: Timportante è che, in primo luogo, la vecchia classe dei gran- di proprietari fondiari non ha potuto più comandare senza far « propo- ste » ai capi della borghesia, e che, in secondo luogo, si è trovato un terreno comune per le trattative tra il selvaggio grande proprietario fondiario e il borghese, e questo terreno comune è stato lo spirito controrivoluzionario. Stolypin non è semplicemente il ministro dei grandi proprietari fondiari sopravvissuti al 1905; no, è nello stesso tempo il ministro del periodo degli stati d’animo controrivoluzionari della borghesia, alla quale i grandi proprietari fondiari dovevano fare proposte, e la cosa è stata loro possibile per la comune ostilità al « 1905 ». Questi stati d’animo della borghesia — anche se si parla ora soltanto dei cadetti, il più a sinistra dei partiti « liberali » — si sono espressi e nella pre- dicazione dei Viekhi, che hanno vituperato la democrazia e il movi- mento delle masse, e nella parola d’ordine « londinese » di Miliukov, e nei numerosi discorsi estremisti di Karaulov, e nel discorso sulla questione agraria di Berezovski 2°, ecc. Proprio quest’aspetto della questione sono troppo propensi a di- menticare tutta la stampa liberale e tutti i nostri liberali, compresi i politici operai liberali. Tuttavia è proprio questo l’aspetto più im- IL RISULTATO 277 portante della questione, ‘che ci spiega la particolarità storica delle condizioni in cui i grandi proprietari fondiari divennero governatori e ministri nel secolo XIX o all’inizio del XX e dopo il 1905. Litigando con Guckov la cadetta Riec scrive (30 settembre): « La società russa ricorda bene lo stato di servizio dellottobrismo ». Oh, si! La società liberale ricorda bene il piccolo alterco dei « suoi uomini », degli Urusov e dei Miliukov con gli Heiden, i Lvov, i Guckov. Ma la democrazia russa in generale — e la democrazia ope- raia in particolare — ricorda bene lo « stato di servizio » di tutta la borghesia liberale, cadetti compresi; ricorda bene come la grande svolta del 1905 abbia costretto i grandi proprietari fondiari e la loro bu- rocrazia a cercarsi un appoggio nella borghesia, mentre questa bor- ghesia ha sfruttato la propria posizione con straordinaria dignità. Essa ha pienamente convenuto coi grandi proprietari fondiari che i comitati locali della terra non erano necessari ed erano dannosi; non è stata d’accordo con loro su una questione straordinariamente importante, veramente di principio: Durnovo oppure Stolypin?! Zviezdà, n. 26, 23 ottobre 1911, Firmato: VF. I DUE CENTRI L’inizio dell’ultima sessione della III Duma ha posto immedia- tamente la questione del bilancio di attività di questa istituzione. Uno dei più importanti risultati possiamo formularlo con le parole della Rìec. « Abbiamo — scriveva recentemente il suo editorialista — una serie di votazioni che riproducono di fatto il dominio alla Duma del “centro-sinistra'’... La reale attività della Duma, che investe i bisogni e le esigenze più profonde della vita, procede, sin dall’inizio della quarta sessione, invariabilmente e sistematicamente lungo la rotta del centro-sinistra, che naturalmente non esiste ». E, come cogliendo sul fatto lo « stesso » primo ministro, il gior- nale esclama esultante: « Il signor Kokovtsov non s’è fatto scrupolo [nel suo primo intervento] di dichiarare per tre volte di essere piena- mente solidale con gli argomenti di Stepanov [cadetto] ». Fatto incontestabile: il « centro-sinistra » esiste. Si pone solo un quesito: resistenza di questo fatto è una prova di « vita » o di ristagno? Alla III Duma ci sono state sin dall’inizio due maggioranze. Già sul finire del 1907, prima dell’inizio dei « lavori » di questa Duma, i marxisti ponevano al centro della loro valutazione del momento e della III Duma il riconoscimento di « due maggioranze » e la caratte- rizzazione deH’una e dell’altra. La prima maggioranza era quella centonera-ottobrista di destra, la seconda quella ottobrista-cadetta. La legge elettorale per la III Duma era appunto congegnata in modo da ottenere queste due maggioranze. È inutile che i nostri liberali fingano di non vederlo. Non il caso o un qualche astuto calcolo di singole persone, ma I DUE CENTRI 279 l’intero corso della lotta di classe degli anni 1905-1907 ha fatto si che fosse inevitabile per il governo mettersi precisamente su questa via. Gli avvenimenti hanno mostrato che è impossibile « riporre le proprie speranze » nella massa della popolazione. In principio, prima degli « avvenimenti », l’illusione di una « politica popolare » statale poteva ancora reggersi; gli avvenimenti l’hanno distrutta. È stato necessario riporre esplicitamente, crudamente, cinicamente le speranze nella sola classe al comando, quella dei Purisckevic e dei Markov, e nelle simpatie o paura della borghesia. In alcuni settori della borghesia prevaleva la tendenza all’appoggio sistematico (ottobristi), in altri la simpatia per il cosiddetto ordine o la paura (cadetti ); questa differenza non ha avuto un peso apprezzabile. La summenzionata svolta in tutto il sistema politico russo si pro- filava già nelle conversazioni che, a cominciare dalla fine del 1905, venivano intavolate da Witte, Trepov, Stolypin con Urusov, Trubetskoi, Guckov, Muromtsev, Miliukov. Essa si precisava definitivamente e as- sumeva le forme di istituzione statale alla III Duma, con le sue due maggioranze. Superfluo dire perché all’attuale regime politico sia necessaria la prima maggioranza. Ma di solito si dimentica che anche la seconda maggioranza, quella ottobrisfa-cadetta, gli è indispensabile: senza la « controparte borghese » il governo non potrebbe essere ciò che è; senza un’intesa con la borghesia esso non sarebbe in grado di esi- stere; senza i tentativi di conciliare i Purisckevic e i Markov con il regime borghese e lo sviluppo borghese della Russia non potrebbero vivere né il ministero delle finanze, né tutti i ministeri presi assieme. E se oggi il « centro-sinistra » risulta insoddisfatto, nonostante la sua modestia, ciò attesta, naturalmente, che tutta la borghesia si va sempre piu convincendo della vanità dei suoi sacrifici sull’altare dei Purisckevic. Ma « i bisogni e le esigenze piu profonde della vita » possono trovar soddisfazione non da questi sospiri e lamenti del « centro- sinistra », ma solo a condizione che tutta la democrazia si renda conto dei motivi deH’impotenza e della pietosa situazione del centro. Poiché tutto il centro, compreso il centro-sinistra, è sul terreno della contro- rivoluzione: si lamentano dei Purisckevic, ma non vogliono e non possono farne a meno. Ecco perché il loro destino è amaro; ecco perché 280 LENIN non c’è una sola vittoria, nemmeno una vittoria parziale, conseguita da questo centro-sinistra. Il « centro-sinistra » di cui parla la Riec è la morte, non la vita, poiché tutto questo centro nei momenti decisivi della storia russa ha avuto paura della democrazia e le ha voltato le spalle. E la causa della democrazia è la causa vitale, la causa piu vitale in Russia. I bisogni e le esigenze piu profonde della vita si aprono un varco in campi che sono lontani dal « centro-sinistra », il quale impegna interamente l’attenzione dei cadetti. Il lettore ponderato non ha potuto naturalmente non notare, leggendo per esempio i resoconti della Duma sulle discussioni a proposito dell ’Okbrana, che l’impostazione del problema nei discorsi di Pokrovski 2°, e specialmente di Ghegheckori, è lontana come il cielo dalla terra, come la vita dalla morte, dalla impostazione del problema da parte di Rodicev e della sua compagnia. Zviezdà, n. 28, 5 novembre 1911. IL VECCHIO E IL NUOVO ( Dalle note di un lettore di giornali) . Basta prendere in mano i giornali e subito l’atmosfera della « vecchia » Russia ti avvolge da tutte le parti. Ecco il pogrom di Àrmavir. Si tratta di un massacro perpetrato sotto gli occhi e col consenso delle autorità, di un tranello da queste teso, di un « mas- sacro dell’intellettualità russa nel senso largo della parola » (sono pa- role della parte civile), « ispirato e ordinato da qualcuno ». Vecchia, ma sempre nuova realtà della vita russa: amara derisione delle illu- sioni « costituzionali ». Amara, ma utile derisione! Poiché è chiaro — e per la giovane generazione della Russia diventa sempre piu chiaro — che qui nes- suna condanna, nessuna risoluzione serve a nulla. Qui si tratta di tutto il sistema politico nel suo complesso; qui la verità storica si fa strada attraverso le brume della fantastica illusione che sia possibile versare il vino nuovo nei vecchi otri. Fame... Vendita del bestiame, vendita delle ragazze, folle di men- dicanti, tifo, morte d’inedia. « La popolazione non ha che un privi- legio : morire in silenzio e senza attrarre l’attenzione », scrive un cor- rispondente. « Gli zemtsy , a parlar schietto, sono spaventati di essersi venuti a trovare, con le loro tenute, in mezzo a gente affamata, irritata, che ha perduto ogni fiducia in una qualche via d’uscita » (dal governa- torato di Kazan). L’odierno zemstvo parrebbe un’istituzione fidata, eppure tra esso e il governo si discute per l’ammontare dei mutui. Si chiedono 6 mi- lioni di rubli (governatorato di Kazan): l’erario dà un milione. Si sono chiesti 600 mila rubli (Samara): ne sono stati concessi 25 mila. Come una volta! 282 LENIN Nel distretto di Kholm, governatorato di Pskov, all’assemblea dello zemstvo si sono pronunciati contro l’agronomia dello zemstvo — per i soli proprietari di kbutor\ — persino gli zemskie nacialmkt . Nel Kuban se tenuto un congresso degli ataman dei villaggi cosacchi: tutti, nessuno escluso, si sono pronunciati contro il progetto, approvato dalla III Duma, di assegnare i nadiel in proprietà. A Tsaritsyn il congresso distrettuale ha deliberato di non deferire al tribunale uno starosta che aveva torturato una donna (« al fine di scoprire un delinquente »). L’ufficio del governatorato ha annullato la decisione. Presso Pietroburgo gli operai hanno chiuso in un sacco il diret- tore di fabbrica signor Iakovlev e l’hanno trascinato sulle sponde della Neva. Le guardie li hanno dispersi. Diciotto sono stati arrestati. Difficile meravigliarsi che persino il giornale Riec sia costretto a constatare, di fronte a tali bozzetti di vita vissuta, un « grande avvi- limento sociale ». E il signor Kondurusckin, nelle sue lettere da Samara sulla carestia, si lamenta*: «essa, questa società russa, a me sembra molle come la gomma e la pasta. La si può strapazzare e comprimere con la parola e con l’azione. Ma appena t’allontani, tutto ritorna esat- tamente come prima » « Egli, questo borghesuccio e intellettuale russo, ricco e povero, è tran- quillo. Cosi, quando la gente comincia a “gonfiare’' per la fame, egli si rallegra, si entusiasma sino alle lacrime. Gli è assolutamente necessario correre in aiuto con gli occhi umidi, con “nobili” sentimenti. Gli si presenta cosi una magnifica occasione d'aver cura della propria anima. Senza senti- menti, invece, senza lacrime, né il lavoro è lavoro, né l’aiuto è aiuto. Poiché egli, senza le lacrime, né riterrà importante la cosa, né si muoverà dal posto. No, devi prima commuoverlo, farlo piangere e indurlo a soffiarsi il naso nel lindo fazzolettino Mentre il calcolo rigoroso, la sana e ponderata coscienza della necessità statale sono cose noiose se manca la tenerezza ». Si, si, predicare la « rigorosità » nel mondo della « pasta » e della « gomma » è tutt’altro che inutile. Il nostro liberale non s’accorge però qual è la parte da cui egli muove per predicare: « sana e ponderata coscienza della necessità statale ». Questo non l’avete forse copiato da Menscikov, signor Kondurusckin? Poiché proprio sul terreno della * In preda aH’« angoscia per il generale disagio russo ». IL VECCHIO E IL NUOVO 283 « pasta » e della « gomma », proprio e unicamente sul terreno della tenerezza e della lacrimosità sono possibili simili discorsi sulla neces- sità statale. Proprio perché ci sono gli uomini di pasta si sentono sicuri di sé gli araldi della « sana e ponderata necessità statale ». « La società russa è molle come la gomma », dice alla vecchia maniera il signor Kondurusckin. Cè società e società. Ci fu un tempo in cui la parola « società » abbracciava tutto, comprendeva tutto, espri- meva i vari elementi che si destavano alla coscienza in seno alla popo- lazione o semplicemente in seno alla cosiddetta gente « colta ». Ma è proprio sotto questo rapporto che in Russia le cose non stanno piu come una volta. Quando si poteva parlare solo di società, i suoi uomini migliori predicavano l’esigenza di una dura lotta, e non la « sana e ponderata coscienza della necessità statale ». Ma oggi non si può parlare di « società » in generale. Nella vec- chia Russia si sono rivelate le differenziazioni delle forze nuove. Le vecchie calamità, che, sotto forma di carestia, ecc., avanzano sulla Russia alla vecchia maniera, aggravando le vecchie questioni, richie- dono che si analizzi come si sono manifestate queste forze nuove nel primo decennio del secolo XX. La « società » è molle e lacrimosa perché la classe verso la quale essa gravita, e appartiene per nove decimi, è impotente e irresoluta. La predicazione « del calcolo rigoroso, della sana e ponderata coscien- za della necessità statale » non è che una giustificazione del dominio delle « autorità » su questa società fiacca. Ma il decennio trascorso ha rivelato elementi della popolazione che non appartengono alla « società », che non si distinguono per la tene- rezza e la lacrimosità... In Russia tutto è « alla vecchia maniera » in alto, ma in basso ce qualcosa di nuovo. Chi dall’« angoscia per il generale disagio russo » sarà aiutato a vedere, a cercare, a trovare questo « nuovo », saldo, non lacrimoso, non fatto di pasta, saprà trovare la strada che porta alla liberazione dal « vecchio ». Ma quegli in cui le geremiadi su quest’angoscia si mescolano a discorsi sulla « sana e ponderata coscienza della necessità statale », quasi certamente resterà per tutta la vita una parte costitutiva del- la « pasta » che si lascia « strapazzare e comprimere ». Sono proprio 284 LENIN le persone di tale stampo che, in nome di una « sana e ponderata » necessità statale, vengono « strapazzate e compresse »; ed è quello che si meritano. Se, su cento persone sottoposte ad una simile operazione, una appartenente alla « società » si solidificherà, il risultato sarà stato utile. Senza delimitazione non vi sarà nulla di buono. Zuiezda, n. 28, 5 novembre 1911. Firmato; Y.F. DISCORSO AI FUNERALI DI PAUL E LAURA LAFARGUE (3 dicembre 1911) Compagni, prendo la parola per esprimere, a nome del POSDR, il senti- mento di profondo dolore suscitato in noi dalla morte di Paul e Laura Lafargue. Già nel periodo di preparazione della rivoluzione russa gli operai coscienti e tutti i socialdemocratici di Russia avevano imparato a stimare profondamente Lafargue, quale uno dei piu capaci e acuti divulgatori delle idee del marxismo, cosi brillantemente confermate dall’esperienza della lotta delle classi nella rivoluzione e controrivolu- zione russa. Sotto la bandiera di queste idee ha serrato le sue file il reparto d’avanguardia degli operai russi, che, con la sua lotta di massa organizzata, ha inferto un colpo all’assolutismo e ha difeso e difende la causa del socialismo, la causa della rivoluzione, la causa della demo- crazia, nonostante tutti i tradimenti, le incertezze e le oscillazioni della borghesia liberale. Nella persona di Lafargue si univano — nella mente degli operai socialdemocratici russi — due epoche: l’epoca in cui la gioventù rivo- luzionaria di Francia, assieme agli operai francesi, in nome delle idee repubblicane moveva all’attacco contro l’impero e l’epoca in cui il proletariato francese, sotto la guida dei marxisti, conduceva una lotta di classe coerente contro Finterò regime borghese, preparandosi alPulti- ma lotta contro la borghesia, per il socialismo. A noi socialdemocratici russi, che proviamo tutto il peso di un assolutismo permeato di barbarie asiatica e che abbiamo avuto la for- tuna di attingere nelle opere di Lafargue e dei suoi amici la cono- scenza diretta dell’esperienza rivoluzionaria e del pensiero rivoluzio- nario degli operai europei, a noi in particolare è dato oggi di vedere 286 LENIN in modo evidente con quanta rapidità s'avvicini il momento del trionfo della causa alla cui difesa Lafargue consacrò la propria vita. La rivolu- zione russa ha aperto Tepoca delle rivoluzioni democratiche in tutta l’Asia, e 800 milioni di uomini entrano ora a far parte del movimento democratico di tutto il mondo civile. E in Europa si moltiplicano sempre piu i sintomi della fine dell’epoca del dominio del cosiddetto parlamentarismo borghese pacifico, per lasciare il posto all’epoca delle battaglie rivoluzionarie del proletariato che, organizzato e educato nel- lo spirito delle idee del marxismo, abbatterà il domino della borghesia e instaurerà il regime comunista. Solstal-Demokrat , n. 25, 8 (2P dicembre 1911 HYNDMAN SU MARX Hanno visto recentemente la luce le voluminose memorie di uno dei fondatori e capi del « partito socialdemocratico » inglese, Henrv Mayers Hyndman. Il libro, di quasi cinquecento pagine, s’intitola: Ricordi di una vita avventurosa * , e contiene, vivacemente esposti, i ricordi dell’attività politica delittore e delle persone « celebri » da lui conosciute. Il libro di Hyndman fornisce molti dati interessanti per una caratterizzazione del socialismo inglese e per la valutazione di alcuni importantissimi problemi di tutto il movimento operaio in- temazionale. Pensiamo perciò che non sia fuori luogo dedicare alcuni articoletti a questo libro, soprattutto perché le Russkie Viedomosti (del 14 ot- tobre), dei cadetti di destra, sono « intervenute » con un articolo del liberale Dioneo, il quale ci fornisce un notevole esempio di come i liberali lumeggiano o, per meglio dire, oscurano questi problemi. Cominceremo coi ricordi di Hyndman su Marx. H. Hyndman lo conobbe solo nel 1880 ed era ancora, a quanto pare, assai poco al corrente della sua dottrina e del socialismo in generale. È perfetta- mente consono alla situazione inglese il fatto che Hyndman, nato nel 1842, fosse stato fino allora un « democratico » di colore indefinito, con legami e simpatie nel partito conservatore (tory). Al socialismo egli si volse dopo aver letto il Capitale (in traduzione francese), du- rante uno dei suoi numerosi viaggi in America tra il 1874 e il 1880. Recandosi, in compagnia di Karl Hirsch, a far conoscenza con Marx, Hyndman lo confrontava mentalmente con... Mazzini! * The Record of an Adventurous Life , by Henry Mayers Hyndman, London (Macmillan and C°). 1911. 288 LENIN Su quale terreno Hyndman stabilisse questi confronti si può ve- dere dal fatto che l’influenza di Mazzini su chi gli stava vicino è da lui definita «personale ed etico-individuale», mentre l’influenza di Marx vien detta « quasi esclusivamente intellettuale e scientifica ». Hyndman s’avvicinava a Marx come a un « grande genio analitico », dal quale si sforzava di imparare; in Mazzini lo attirava il carattere, « P elevato modo di pensare e di condursi ». Marx era, « indiscutibil- mente, una mente più forte». Nel 1880 Hyndman capiva indiscutibil- mente molto male (neanche oggi, del resto, l’ha perfettamente capita; ma di ciò dirò più avanti) la differenza tra un democratico borghese e un socialista. « Quando vidi Marx, — scrive Hyndman, — la mia prima impressione fu: un vecchio forte, irsuto, indomito, pronto, per non dire anelante, a scendere in conflitto e propenso a una certa diffidenza, come avesse dovuto sostenere all’istante un attacco. Ma egli mi salutò amabilmente e altrettanto amabili furono le sue prime parole. Io dissi che era per me una grande soddisfazione e un onore stringere la mano dell’autore del Capitale ; rispose che aveva letto con piacere i miei articoli sull’India * e che ne aveva parlato in termini lusinghieri nelle sue corrispondenze per i giornali ». « Quando Marx parlava con violenta indignazione della politica del par- tito liberale, specialmente nei confronti delPIrlanda, i piccoli, profondi occhi del vecchio combattente fiammeggiavano, le pesanti sopracciglia si aggrot- tavano, il largo e grosso naso e il volto si muovevano, e dalle sue labbra si riversava un torrente di ardenti, tempestose accuse, che mi mostravano e tutta la passionalità del suo temperamento, e la sua ottima conoscenza della lingua inglese. Cera un singolare contrasto tra il suo modo di parlare quando era cosi profondamente agitato dall’ira e tutto il suo aspetto quando esponeva le sue concezioni sugli avvenimenti economici di un dato periodo. Senza sforzo visibile egli lasciava la parte del profeta e del vigoroso tribuno per quella del pacato filosofo, e io sentivo ad un tratto che sarebbero passati lunghi anni prima che potessi cessare di sentirmi davanti a lui, nel campo di queste ultime questioni, come un discepolo davanti al maestro. Quando lessi il Capitale e specialmente le sue opere minori, sulla Co- mune di Parigi e sul “18 brumaio'* mi colpi il fatto che egli sapesse unire la più precisa e fredda indagine delle cause economiche e delle conseguenze sociali alPodio più ardente verso le classi e persino verso singoli individui, * Prima della sua recente svolta verso lo sciovinismo Hyndman era stato un acerrimo nemico dell’imperialismo inglese, e dal 1878 aveva svolto una nobile campagna di denunce contro le infami violenze, gli eccessi, i saccheggi, gli oltraggi (compresa la fustigazione dei « delinquenti » politici) con cui da gran tempo sperano resi celebri gli inglesi di tutti i partiti in India, compreso lo scrittore « colto » e « radicale » John Morlev. HYNDMAN SU MARX 289 come > ad esempio, Napoleone III e Thiers, che, secondo Ja sua stessa teoria, altro non erano che mosche sulle ruote del carro di Juggernaut dello sviluppo capitalistico. Non bisogna dimenticare che Marx era ebreo, e a me sembrava che egli riunisse in sé, nel suo carattere, nella sua persona — con la sua fronte imponente, le folte sopracciglia spioventi, gli occhi ardenti, scintillanti, il grosso naso sensuale e la bocca vivace, col suo volto coperto da ogni parte di arruffati peli — la giusta ira dei grandi profeti della sua razza e la fredda mente analitica di Spinoza e dei dotti ebrei. Era un’insolita combinazione di attitudini diverse, quale non avevo mai incontrato in nes- sun altro. Quando Hirsch e io lasciammo Marx, e mi trovavo sotto la profonda impressione della personalità di questo grand’uomo, Hirsch mi chiese che cosa pensassi di lui. “Penso, — risposi, — che è TAristotele del XIX secolo' 5 . E tuttavia, detto questo, notai subito che una tale definizione non abbrac- ciava tutto T “oggetto 55 . Si consideri innanzi tutto che è impossibile figu- rarsi un Marx che unisca le funzioni di cortigiano di Alessandro il Mace- done a profonde opere scientifiche che esercitano una cosi vigorosa influenza su una serie di generazioni. Inoltre Marx non si staccò mai tanto comple- tamente — nonostante ciò che molte volte s’è detto di lui — dagli interessi umani immediati da considerare i fatti e le loro condizioni sotto il freddo, arido profilo che è caratteristico del piu grande filosofo deirantichità. Non può esservi alcun dubbio che in Marx l’odio per il sistema di sfruttamento e di schiavitù salariata che lo circondava era non soltanto intellettuale e filosofico, ma anche appassionatamente personale. Ricordo che una volta dissi a Marx che, invecchiando, sarei diventato, a mio avviso, più tollerante. “Più tollerante? — risponde Marx — più tolle- rante?” Era chiaro che lui non sarebbe diventato più tollerante. Io penso che proprio questo profondo odio di Marx per lo stato di cose esistente e la sua critica demolitrice dei propri avversari abbia impedito a molte delle persone colte della classe agiata di apprezzare tutto il valore delle sue grandi opere, e abbia trasformato, ai loro occhi, in eroi dei semidotti e logomachi di terzo piano del genere di Bòhm-Bawerk per il solo fatto di aver travisato Marx e cercato di “confutarlo”. Ci siamo ora abituati, specialmente in Inghilterra, a batterci sempre con grossi bottoni molli all’estremità dei fioretti. I furibondi attacchi di Marx a spada sguainata contro i propri avversari sembrano sconvenienti ai nostri dotti duellanti signorilmente ipo- criti, ed essi non -sono in grado di concepire che un polemista cosi spietato e un cosi furente nemico dei capitalisti fosse in realtà il più profondo pensatore della nostra epoca ». Nel 1880 Marx era pressoché sconosciuto al pubblico inglese. La sua salute a quel tempo s’era già sensibilmente indebolita, gli studi assidui (sino a sedici ore e più di lavoro mentale al giorno!) avevano minato il suo organismo, i medici gli avevano proibito di lavorare di 290 LENIN sera, e io approfittai — racconta Hyndman — delle sue ore di ozio per conversare con lui tra la fine del 1880 e Pinizio del 1881. « Il nostro modo di conversare era abbastanza originale; Marx aveva l’abitudine, quando s’infervorava nella discussione, di andare rapidamente avanti e indietro per la stanza, come se passeggiasse sul ponte di una nave. Io avevo preso, durante i miei lunghi viaggi (in America, in Australia, ece.), l’analoga abitudine di camminare avanti e indietro quando avevo la testa particolarmente occupata in qualche cosa. E cosi si poteva osservare una scena come questa: maestro e discepolo che camminavano per due o tre ore in lungo e in largo per la stanza attorno a un tavolo, discutendo delle questioni del presente e del passato ». Quale fosse la posizione di Marx sulle diverse questioni da lui discusse con Hyndman quest’ultimo non lo dice con una qualche pre- cisione per nessuna di esse. Da quanto è stato esposto sin qui si vede che Hyndman concentra principalmente e quasi esclusivamente l’atten- zione sul lato aneddotico : ciò corrisponde in pieno al restante con- tenuto del suo libro. L’autobiografia di Hyndman è la biografia di un filisteo borghese inglese, il quale, essendo il migliore tra i migliori della sua classe, si apre in fin dei conti la strada verso il socialismo, pur senza staccarsi mai completamente dalle tradizioni borghesi, dalle con- cezioni e dai pregiudizi borghesi. Ripetendo contro Marx ed Engels i rimproveri dei filistei se- condo cui essi sarebbero stati gli « autocrati » di un’Intemazionale « sedicente democratica », secondo cui essi non capivano la pratica, non conoscevano gli uomini, ecc., Hyndman nemmeno una volta si prova a valutare uno solo di questi rimproveri sulla base di una espo- sizione precisa, concreta della situazione nei momenti corrispondenti. Ne vien fuori l’aneddoto, non l’analisi storica di un marxista. Marx ed Engels lottarono contro l’unificazione socialdemocratica tedesca (coi lassalliani), mentre l’unificazione era necessaria! È tutto ciò che Hynd- man sa dire. Sul fatto che Marx ed Engels avessero in linea di principio mille volte ragione contro Lassalle e i lassalliani Hyndman non dice una parola. Egli non pone nemmeno questo problema. In quanto a chiedersi se, all’epoca dell’ Internazionale, la « democrazia » (organizzativa) non fosse stata una copertura delle sètte borghesi, che sabotavano l’edificazione di una socialdemocrazia proletaria, Hyndman nemmeno ci pensa. HYNDMÀN SU MARX 291 Anche la storia della rottura tra Hyndman e Marx è quindi stata raccontata in modo che, tranne il pettegolezzo (nello spirito dei vari signori Dioneo), non ne vien fuori assolutamente nulla. Engels, vedete, era un uomo « cavilloso, diffidente, geloso »: la moglie di Marx avreb- be detto alla moglie di Hyndman che Engels era il « cattivo genio » (!!) di Marx; Engels, che Hyndman non aveva neanche mai incontrato (nonostante ciò che ha scritto il signor Dioneo sulle Russkie Vitdo • mosti), era incline, « nei confronti di coloro che aiutava (col suo de- naro; Engels era molto ricco, Marx molto povero), a ricavare Tintero valore di scambio dei suoi soldarelli »; Engels avrebbe appunto messo la discordia tra Marx e Hyndman, temendo che quest’ultimo, che era allora un uomo ricco, potesse soppiantarlo come amico ricco presso Marx!! Ai signori liberali fa naturalmente piacere trascrivere precisamente irripetibili volgarità di questo genere. Quanto a prendere conoscenza anche solo di quelle lettere a Sorge (di Marx e di Engels ) 74 cui accenna lo stesso Hyndman, e a cercare di raccapezzarsi dove . occorre, questo, beninteso, non è affatto negli interessi degli scribacchini liberali! Non passa loro nemmeno per la testa! E nondimeno la lettura di queste lettere, il loro confronto con le « memorie » di Hyndman, risolve il problema di colpo. Nel 1881 Hyndman pubblicava l’opuscolo L’Inghilterra per tutti , dove egli passava al socialismo, pur restando un democratico borghese molto, ma molto confuso. L opuscolo era stato scritto per la « Fede- razione democratica » (non socialista), sorta in quel tempo, in seno alla quale si trovavano numerosi elementi antisocialisti. Ed ecco Hynd- man, dopo aver parafrasato e trascritto il Capitale in due capitoli del suo opuscolo, senza menzionare Marx , parlare genericamente nell’in- troduzione di un certo « grande pensatore e originale scrittore » al quale egli doveva molto, ecc. Appunto per questo Engels « mise la discordia » tra me e Marx, racconta Hyndman, che riporta poi una lettera di Marx a lui (dell’8 dicembre 1880) 75 , dove Marx, a quanto riferisce Hyndman, scrive che lui, Hyndman, « non condivide le idee del mio [di Marx] partito per ciò che riguarda ringhilterra ». È chiaro in che cosa consistesse la divergenza, non capita, non notata, non valutata da Hyndman: nel fatto che Hyndman era allora (come scrive apertamente lo stesso Marx a Sorge il 15 dicembre 1881) io* 292 LENIN uno « scrittore piccolo-borghese dall’anima bella », un « mezzo bor- ghese e mezzo proletario » n . È chiaro che, se un uomo il quale fa conoscenza con Marx, si avvicina a lui, si autodefinisce suo disce- polo# fonda poi una federazione « democratica » e scrive per quest’ul- tima un opuscolo dove travisa il marxismo e tace di Marx, lo stesso Marx non può lasciar passare questo fatto senza una « violenta » pro- testa. Ed evidentemente la protesta ci fu, poiché Marx, nella stessa lettera a Sorge, riporta brani di lettere di scuse di Hyndman, il quale si giustificava col dire che « gli inglesi non amano imparare dagli stra- nieri», che « il nome di Marx è tanto inviso» ( ! ! ), ecc. ( Lo stesso Hynd- man ci dice di aver distrutto quasi tutte le lettere di Marx n lui, talché è inutile aspettarsi di poter scoprire la verità da quella parte). Ottime scuse, non ce che dire! Ed ecco che, quando il problema delle divergenze di quei tempi tra Hyndman e Marx viene in chiaro con assoluta precisione, quando persino Finterò libro odierno di Hynd- man dimostra che nelle sue idee c’è molto di filisteo e di borghese (con quali argomenti, per esempio, Hyndman sostiene la pena di morte per i criminali! ), si adducono, per spiegare la rottura con Marx, gli « intrighi » di Engels, che per quarantanni segui la. stessa linea di principio di Marx. E foss’anche. tutto il resto del libro di Hyndman. una botte colma di miele, basterebbe quest’unico cucchiaio di pece a trasformarlo in fiele... Le divergenze di quei tempi tra Marx e Hyndman si rivelano in maniera ultracaratteristica in ciò che quest’ultimo ci fa sapere del giudizio di Marx su Henry George. Questo giudizio è noto dalla lettera di Marx a Sorge del 20 aprile 1881. Hyndman davanti a Marx difen- deva H. George con argomenti come questo: « George — egli di- ceva — insegnerà di più col suo inculcare l’errore di quanto non inse- gneranno gli altri esponendo pienamente la verità ». « Marx — scrive Hyndman — non vuole neanche sentir parlare dell’ammissibilità di simili argomenti. La diffusione dell’errore non ha mai potuto essere utile al popolo: tale era la sua opinione. "Lasciar passare un errore senza confutarlo significa incoraggiare la disonestà intellettuale. Contro i dieci che andranno oltre George ce ne saranno forse cento che si attarderanno sulle sue opinioni, è questo è un peri- colo troppo grande perché lo si debba rischiare' ». Cosi diceva Marx! Ma Hyndman ci fa sapere che, da una parte, egli difende tuttora HYNDMAtf SU MARX 293 la sua precedente opinione su George e che, dalFaltra, George era un monello con una candela da due soldi che faceva il buffone accanto a un uomo che aveva una torcia elettrica, È un magnifico paragone, ma... ma è stato un rischio per Hynd- man portarlo accanto al suo meschino pettegolezzo sul conto di Engels. Zviczda, n. 31, 26 novembre 1911. Firmato: V Uin. IL MANIFESTO DEL PARTITO OPERAIO LIBERALE I È proprio questo il titolo che si attaglia all’articolo di N. R-kov pubblicato nel n. 9-10 della N ascia Zarià . Per quanto possa riuscire penoso per i marxisti il perdere nella persona di N. R-kov un uomo che negli anni delPascesa servi il par- tito operaio con devozione ed energia, gli interessi della causa devono essere al di sopra di qualsiasi relazione personale o di frazione, di qual- siasi « buon » ricordo. Gli interessi della causa inducono a riconoscere che il manifesto del nuovo liquidatore è di grande utilità per la fran- chezza, la chiarezza e la compiutezza delle sue concezioni. N. R-kov autorizza e induce a porre la questione importantissima e basilare dei « due partiti » d di fuori di qualsiasi elemento « di conflitto », su un terreno puramente ideologico, in misura notevole persino al di fuori della divisione in bolscevichi e menscevichi. Dopo R-kov non si può parlare del liquidatorismo soltanto come prima , poiché la questione è stata definitivamente da lui posta su un terreno piu elevato. E dopo R-kov non si può parlare soltanto di liquidatorismo, poiché ci tro- viamo di fronte al progetto di azioni pratiche immediate il piu com- pleto che ci si possa immaginare. N. R-kov comincia con Tesporre il compito oggettivo fonda- mentale in Russia »; passa poi alla Valutazione della rivoluzione; esa- mina più avanti il momento attuale, parlando con chiarezza e preci- sione di ogni classe, e conclude col descrivere, in modo del tutto chiaro, Finterà fisionomia della nuova « associazione politica operaia legale » che è necessario, dice, fondare immediatamente e « realizzare praticamente ». In una parola, R-kov comincia dall'inizio e giunge eoe- IL MANIFESTO DEL PARTITO OPERAIO LIBERALE 295 rentemente alla fine, come deve appunto procedere una persona che abbia più o meno coscienza di essere politicamente responsabile per i propri discorsi e le proprie azioni. E bisogna dare a R-kov ciò che gli spetta: agendo dal principio alla fine nel più coerente dei modi, egli sostituisce al marxismo il liberalismo. Considerate il punto di partenza dei suoi ragionamenti. Egli ri-* tiene « assolutamente indubbio e indiscutibile » che « il compito og- gettivo fondamentale della Russia nel momento attuale è quello di compiere definitivamente la sostituzione di una gestione economica grossolanamente predatoria, semifeudale, con un capitalismo civile ». Quel che per lui può essere discusso è se la Russia abbia o no rag- giunto una situazione in cui, « benché non sia esclusa la possibilità di tempeste sociali, queste tempeste in un futuro non lontano non siano necessarie, inevitabili ». Riteniamo assolutamente indubbio e indiscutibile che questo è un modo di porre la questione puramente liberale. I liberali si limi- tano a porsi la domanda: vi sarà o no un « capitalismo civile », vi saranno o no « tempeste »? Il marxista non ammette che ci si limiti a ciò; egli esige che si esamini quali classi , o strati di classi , seguono, nella società borghese che si sta emancipando, questa o quella linea, concretamente determinata, di tale emancipazione, la linea di crea- zione, per esempio, di queste o quelle forme politiche del cosiddetto « capitalismo civile ». I marxisti, sia durante le « tempeste » che du- rante la palese assenza di tempesta, seguono la linea, distinta in linea di principio dal liberalismo, della creazione di forme di vita veramente democratiche, e non « civili » in generale. Noi tutti tendiamo a un «capitalismo civile», dicono, volendosi far passare per un partito al di sopra delle classi, i liberali. Noi non dobbiamo considerare come « civiltà » ciò di cui chiacchierano i liberali, dicono agli operai e a tutta la democrazia i marxisti. Un travisamento ancor più notevole e tipicamente « professora- le » del marxismo ci viene offerto da R-kov quando egli critica gli « osservatori superficiali » ai quali « sembra che la nostra rivoluzione non sia riuscita ». « Gli intellettuali deboli di nervi — scrive R-kov — si sono sempre e dovunque abbandonati ai piagnistei e ai lamenti, e poi alla prostrazione morale, alPapostasia, al misticismo ». « Ma l’os- servatore ponderato » sa che « nei furori della reazione si esprimono 296 XENIN spesso i più profondi mutamenti sociali », che « in un periodo di rea- zione si costituiscono e maturano nuovi gruppi e forze sociali ». Così ragiona R-kov. Egli ha saputo porre la questione delT« apo- stasia » in maniera cosi filistea (pur servendosi di termini dotti) che il nesso tra gli stati d'animo controrivoluzionari in Russia e la situa- zione e gli interessi di determinate classi è sparito completamente. Non un solo viekhista, cioè un liberale controrivoluzionario dei più ac- caniti, contesterà che in tempo di reazione maturino nuove forze; non un solo collaboratore dei cinque volumi dei liquidatori 77 , cui i migliori dei menscevichi hanno voltato le spalle, si rifiuterà di sotto- scriverlo. Il volto concreto e il carattere di classe della nostra contro- rivoluzione si sono volatilizzati nel nostro storico; sono rimaste le frasi banali e vuote sulla debolezza di nervi di alcuni intellettuali e sul ponderato spirito di osservazione degli altri. La questione più impor- tante per il marxista: come la nostra rivoluzione abbia rivelato i di- versi metodi d'azione e le diverse tendenze delle varie classi e perché ciò abbia provocato l'atteggiamento di « apostasia » delle altre classi borghesi nei confronti della lotta per la « civiltà », è stata trascu- rata da R-kov. Passiamo alla cosa più importante: la valutazione del momento attuale da parte di R-kov, la quale si basa sulla valutazione della situa- zione di tutte le classi. Cominciando dai « rappresentanti della nostra grande proprietà fondiaria »,-l’autore dice: « Non molto tempo fa essi erano [erano!] in gran parte degli autentici signori feudali, dei tipici proprietari fondiari nobili. Oggi di questi ultimi mohicani non ne sono rimasti molti. Essi si raggruppano ancora in piccola schiera attorno ai signori Purisckevic e Markov 2° e, impotenti [!!], schizzano saliva in- tossicata dal veleno della disperazione... La maggioranza dei nostri grandi proprietari fondiari — nobili e non nobili — , rappresentata alla Duma dai nazionalisti e dagli ottobristi di destra, si trasforma gra- dualmente e ineluttabilmente in borghesia agricola ». Questa la « valutazione del momento attuale » che R-kov offre. Inutile dire che questa valutazione è una derisione della realtà. In effetti la « schiera che si raggruppa attorno ai signori Purisckevic e Markov 2° » non è impotente, ma onnipotente. Proprio il suo potere e i suoi redditi sono garantiti dalle attuali istituzioni sociali e poli- tiche della Russia; proprio essa costituisce l'elemento che determina IL MANIFESTO DEL PARTITO OPERAIO LIBERALE 297 interamente Torientamento delPattività e il carattere della cosiddetta burocrazia, dal basso all’alto. Tutto questo è a tal punto universal- mente noto, i fatti del dominio in Russia proprio di questa schiera sono cosi vistosi e comuni che ci vuole Tautocompiacimento veramente infinito dei liberali per dimenticarli. L’errore di R-kov consiste nel fatto che egli ha esagerato fino al ridicolo la « trasformazione » del- l’economia feudale in economia borghese; questo in primo luogo; e, in secondo luogo, ha dimenticato un’« inezia » — quell’« inezia », ap- punto, che distingue il marxista dal liberale — e cioè: la complessità e irregolarità del processo di adattamento della sovrastruttura politica alla trasformazione dell’economia. Per chiarire questi due errori di R-kov basta indicare l’esempio della Prussia, dove a tutt oggi, nono- stante l’assai piu alto grado di sviluppo del capitalismo in generale, e la trasformazione della vecchia economia signorile in economia bor- ghese in particolare, gli Oldenburg e gli Heidebrand restano onnipo- tenti, detengono il potere statale, riempiono, per cosi dire, del loro contenuto sociale tutta la monarchia prussiana, tutta la burocrazia prussiana! A tutt’oggi in Prussia, a sessantatré anni dal 1848, nono- stante lo sviluppo incomparabilmente rapido del capitalismo, la legge elettorale per il Landtag è restata tale da assicurare l’onnipotenza dei Purisckevic prussiani. E R-kov, a sei anni dal 1905, descrive per la Russia l’idillio arcadico dell*« impotenza » dei Purisckevic! Ma il fatto è appunto che la descrizione dell’idillio arcadico — ]’« ineluttabilità » della trasformazione dei Purisckevic e il « trionfo di un progressismo borghese assai moderato » — è il motivo fonda- mentale di tutti i ragionamenti di R-kov. Prendete il suo ragionamento sulla politica agraria attuale. « Questa politica è l’illustrazione piu chiara e ampia che possa esistere » della trasformazione {dell’econo- mia feudale in borghese), dichiara R-kov. Viene eliminata la cerespo- lositsa , mentre « l’eliminazione della scarsità di terra nei venti gover- natorati agricoli delle terre nere non presenta grandi difficoltà e costi- tuisce uno dei prossimi compiti immediati del momento, che verrà appunto risolto, con ogni verosimiglianza, attraverso un compromesso tra i vari gruppi della borghesia ». « Questo compromesso sulla questione agraria, che si profila come inevitabile, ha già ora una serie di precedenti... ». 298 LENIN Eccovi un esempio completo del metodo impiegato da R-kov nei suoi ragionamenti politici. Egli comincia col tagliar fuori gli estremi (senza dati di sorta, fondandosi unicamente sulla propria faciloneria liberale!), continua col dire che il compromesso tra i vari gruppi della borghesia è facile e verosimile e termina con raffermare che un si- mile compromesso è « inevitabile ». Con un simile metodo si sarebbe potuta dimostrare l’inverosimiglianza e non necessità di « tempeste » sia nella Francia del 1788 che nella Cina del 1910. Certo, il compro- messo tra i vari gruppi della borghesia è facile, se si assume che Mai- kov 2° venga tagliato fuori non nella sola fantasia facilona di R-kov. Ma assumere ciò significa precisamente far proprio il punto di vista del liberale, che ha paura di far le cose senza i Markov 2° e pensa che tutti ne. avranno sempre paura. Certo, il compromesso è « inevitabile », se (primo « se ») non vi fossero i Markov; se (secondo « se ») gli operai e i contadini rovinati dormissero politicamente come macigni. Ma fare una simile supposi- zione, assumere il secondo « se », non significa forse ancora una volta scambiare ciò che è desiderabile (per il liberale) con la realtà? II Non essendo inclini a prendere i desideri o le congetture liberali per realtà, noi siamo giunti a una conclusione diversa: è indubbio che l’attuale politica agraria è di carattere borghese proprio perché a diri- gere questa politica borghese sono i Purisckevic, i quali restano pa- droni della situazione, e proprio per questo si ottiene un acuirsi delle contraddizioni cosi profondo che la verosimiglianza di un compro- messo, almeno per il prossimo, futuro, va considerata addirittura ec- cezionale. L’altro processo sociale importante — continua R-kov nella sua analisi — è il processo di consolidamento della grande borghesia indu- striale e commerciale. Parlando giustamente delle « reciproche conces- sioni » tra i cadetti e gli ottobristi, l’autore conclude: « Non bisogna farsi illusioni: si prepara il trionfo di un “progressismo” borghese as- sai moderato ». Dove questo trionfo? su chi? Alle elezioni per la IV Duma, IL MANIFESTO DEL PARTITO OPERAIO LIBERALE 299 delle quali R-kov teste parlava? Se si, sarà un « trionfo » nei limiti angusti tracciati dalla legge elettorale del 3 giugno 1907. Ma ne sca- turisce inevitabilmente il dilemma: o questo « trionfo », non avendo creato nessuna ondata, non muterà assolutamente nulla nel dominio di fatto dei Purisckevic, oppure esprimerà indirettamente un'ascesa democratica, che non può non portare a un aspro conflitto coi suddetti « limiti angusti » e col dominio dei Purisckevic. In entrambi i casi, dal trionfo della moderazione in elezioni co- strette entro limiti moderati non si ottiene il minimo trionfo della moderazione nella vita. Ma il fatto è, appunto, che R-kov è già ca- duto in un « cretinismo parlamentare » che gli permette di confon- dere le elezioni alla maniera del 3 giugno con la vita! Ma per dimo- strare al lettore questo fatto incredibile bisogna citare R-kov per esteso: « Ma questo trionfo è tanto più verosimile in quanto la massa della piccola borghesia urbana, che, alla maniera dei filistei, si perde d’animo intrawedendo lo spettro del “pugno di mosche”', tende impotente la mano a un progressismo moderato. La popolazione contadina, poi, è troppo debole alle elezioni, date le particolarità del nostro sistema elettorale, il quale dà ai proprietari terrieri, predominanti nel collegio dei grandi elettori del gover- natorato, la possibilità di scegliere come deputati dei contadini degli elemen- ti “di destra”. Tale è il quadro dei mutamenti sociali operatisi oggi in Russia, trascurando per il momento la classe operaia. Esso è lungi dalla stasi, o dal movimento aH’indietro. La nuova Russia borghese, indubbiamente, si raf- forza e va avanti. Sanzione politica del futuro dominio di una borghesia industriale e commerciale moderatamente progressista, accanto ad una bor- ghesia agricola conservatrice [Inghilterra, e basta!], è la Duma, fondata sulle norme elettorali stabilite il 3 giugno 1907. [Omettiamo il confronto con la Francia e la Prussia, di cui più avanti]. Riassumendo, cosi, quanto finora s’è detto, bisogna riconoscere che esistono tutte le premesse di un lento movimento in avanti — estremamente doloroso per le masse, ma tuttavia indiscutibile — del regime sociale e politico borghese in Russia. La possibilità di tempeste e perturbazioni non è, beninteso, esclusa, ma essa non si trasforma in necessità, in ineluttabilità, come era avvenuto prima della rivoluzione ». Filosofia profondamente saggia, non c’è che dire. Trascurando la popolazione contadina, perché « è debole alle elezioni », e « tra- scurando » la classe operaia solo « per il momento », è ovvio che la possibilità di tempeste è del tutto esclusa! Ma se ne deduce che, ad osservare la Russia alla liberale, non vi si può scorgere altro che il « progressismo » liberale. Toglietevi gli occhiali liberali e il quadro 300 IENIN sarà un altro. Siccome nella vita i contadini hanno una funzione che non corrisponde affatto al sistema elettorale del 3 giugno, la « debo- lezza alle elezioni » inasprisce la contraddizione fra tutte le masse con- tadine e r.intero sistema, e non apre affatto la porta al « progressismo moderato ». Siccome la classe operaia non si può « trascurare » né in un paese capitalistico in generale, né, in particolare, nella Russia che ha vissuto i primi dieci anni del secolo XX, il ragionamento di R-kov non è valido. Siccome da noi domina (sia in seno alla III Duma che su di essa) il regime dei Purisckevic, temperato dal brontolamento dei Guckov e dei Miliukov, le frasi sul « futuro dominio » di una bor- ghesia moderatamente progressista altro non sono che un soporifero liberale. Siccome i Guckov e i Miliukov, per la loro posizione di classe, non sono in grado di contrapporre al dominio dei Purisckevic nient’altro che il brontolamento, il conflitto tra la nuova Russia bor- ghese e i Purisckevic è inevitabile e le sue forze motrici sono coloro che R-kov, sulle orme dei liberali, ha « trascurato ». Proprio perché i Miliukov e i Guckov si fanno « concessioni reciproche » per com- piacere i Purisckevic, sugli operai ricade sempre piu recisamente il compito di salvaguardare la democrazia dal liberalismo. N. R-kov non ha compreso né le condizioni che fanno sorgere tempeste in Russia, né il compito testé indicato, doveroso anche in caso di palese man- canza di tempesta. 11 democratico volgare può ridurre l’intera questione al fatto che vi sia o non vi sia tempesta. Per il marxista si pone innanzi tutto la questione di quella linea di delimitazione politica delle classi che resta la stessa sia in caso di tempesta che senza tempesta. Se R-kov dichiara che « gli operai devono assumersi il compito dell'egemonia politica nella lotta per il regime democratico », ciò è una vera e pro- pria stranezza dopo tutto quello che egli ha scritto nel suo manifesto. Ciò significa: R-kov riceve dalla borghesia un avallo in cui si rico- nosce legemonia agli operai, ma ne rilascia poi uno alla borghesia in cui dichiara che gli operai rinunciano ai compiti che costituiscono il contenuto delhegemonia! R-kov ha ridotto a zero questo contenuto, dopodiché ripete ingenuamente una vuota parola. R-kov ci dà dapprima una valutazione del momento attuale dalla quale si vede che per lui V egemonia dei liberali è un fatto compiuto, irrevocabile e inconfu- IL MANIFESTO DEL PARTITO OPERAIO LIBERALE 301 tabile, dopodiché ci assicura di riconoscere Pegemonia della classe operaia! L’importanza della Duma è « reale » — argomenta R-kov — « non meno dell’importanza del corpo legislativo francese negli ultimi anni del secondo impero o dell’importanza di quella media proporzionale tra il Reichstag tedesco e il Landtag prussiano che caratterizza la Prussia degli anni ottanta del secolo scorso ». Un simile confronto è un modello di giuoco ai paralleli storici tanto è privo di serietà. Nella Francia degli anni sessanta l’epoca del- le rivoluzioni borghesi era già da tempo completamente conclusa, bus- sava già alla porta il corpo a corpo tra il proletariato e la borghesia, esprimendo il bonapartismo un bordeggiamento del potere tra queste due classi. È ridicolo confrontare tutto questo con la Russia attuale. La III Duma somiglia piuttosto alla Chambre ìntrouvable 70 del 1815! Anche nella Prussia degli anni ottanta scorgiamo un’epoca di pieno coronamento della rivoluzione borghese, che ha condotto a termine la sua opera nel 1870: tutta la borghesia, compresa la piccola bor- ghesia urbana e contadina, è soddisfatta e reazionaria. È forse- balenata alla mente di R-kov l'idea di un confronto tra la funzione dei deputati della democrazia e del proletariato nel corpo legislativo e nel Reichstag e la funzione di questi deputati nella III Du- ma? Un tale confronto è possibile, ma esso parla precisamente con- tro R-kov, poiché Patteggiamento di Ghegbeckori, e in parte anche di Petrov 3°, sta a dimostrare una forza tale, una tale fiducia in se stessi e disposizione alla lotta delle classi che essi rappresentano, che il « compromesso » coi Purisckevic appare non sólo inverosìmile, ma decisamente escluso. Ili Era necessario soffermarsi in maniera particolarmente dettagliata sulla valutazione della funzione delle classi che R-kov offre, poiché proprio qui sono le radici ideologiche del nostro assoluto dissenso. Le conclusioni pratiche alle quali, con coraggio e franchezza non comuni, giunge R-kov — bisogna pur dargli ciò che gli spetta — sono so- prattutto interessanti in quanto spingono all’assurdo la « teoria» del- l’autore. Egli ha mille volte ragione, naturalmente, quando stabilisce 302 LENIN un nesso tra la questione della possibilità di un’organizzazione politica legale degli operai e la valutazione del momento attuale, la valutazione dei mutamenti di fondo operatisi nell’ordinamento politico. Ma il guaio è appunto che, invece di tali mutamenti nella vita , egli non ci può of- frire che bei sillogismi professorali: il passaggio a un « capitalismo civile » « presuppone » la necessità di un’organizzazione politica le- gale degli operai. È facile scrivere sulla carta una cosa del genere, ma nella vita il regime politico russo non si « incivilirà » per questo di un ette. « Il progressismo, sia pure il più moderato, dovrà naturalmente ampliare i troppo angusti limiti attuali ». Il progressismo dei cadetti alla IV Duma — risponderemo noi — non dovrà e non potrà « ampliare » nulla, finché elementi decisamente non cadetti non si muoveranno in maniera decisamente diversa da quella parlamentare. « Senza una tale organizzazione — dice R-kov, riferendosi a un'organizzazione politica degli operai legale e vasta — la lotta assu- merebbe inevitabilmente un carattere anarchico, dannoso non soltanto per la classe operaia, ma anche per la borghesia civile ». Non ci soffermeremo sull’ultima parte della frase, per non gua- stare la « perla » con commenti. Ma la prima è storicamente falsa: nella Germania degli anni 1878-1890 non ci fu anarchia, benché non esistesse un’organizzazione politica « legale e vasta ». R-kov ha mille volte ragione, inoltre, quando formula un piano concreto di « organizzazione » politica operaia legale e propone di cominciare dalla fondazione di una « associazione politica di difesa degli interessi della classe operaia »; ha ragione nel senso che soltanto dei vacui chiacchieroni possono discorrere per mesi e anni della pos- sibilità di un partito « legale », senza muovere un passo semplice e naturale in questa direzione. R-kov comincia dal principio e giunge sino alla fine, come un uomo d’azione e non un parolaio. Ma la sua « azione » è un’azione liberale ; la « bandiera » che egli « spiega » (p. 35 dell’articolo citato) è la bandiera della politica ope- raia liberale. Non c’è bisogno che nel programma dell’associazione fon- data da R-kov vi sia l’« instaurazione di una nuova società sulla base della proprietà sociale dei mezzi di produzione », ecc. Difatti il rico- noscimento di questo grande principio non impedì ad una parte dei socialdemocratici tedeschi degli anni sessanta di condurre una « poli- IL MANIFESTO DEL PARTITO OPERAIO LIBERALE 303 tica operaia per il re di Prussia », non impedisce a Ramsay MacDonald (capo del partito operaio inglese « indipendente » dal socialismo) di condurre una politica operaia liberale. E R-kov, parlando dei compiti politici di una determinata epoca imminente, la nostra, ci ha dato pre- cisamente un’esposizione dei principi liberali. La « bandiera » che « spiega » R-kov è stata già da tempo spiegata dai signori Prokopovic, Potresov, Larin, ecc., e, quanto piu questa bandiera viene « spiegata », tanto piu diventa chiaro per chiunque che ci troviamo di fronte a un logoro, sporco straccio liberale. « Non ce qui un solo grano di utopia », assicura R-kov. Biso- gnerà rispondere all’autore parafrasando un noto detto: come uto- pista sei grande, ma la tua utopia è piccola. Sarebbe infatti forse poco serio voler rispondere a una cosa manifestamente poco seria altrimenti che con uno scherzo. Considerare non utopistica la fonda- zione di una società operaia politica legale in un’epoca in cui si sop- primono sindacati assolutamente pacifici, moderati, non politici! For- mulare dall’a alla zeta un giudizio liberale sulla funzione delle classi e assicurare che non si tratta di una caduta nel regime del rinnovato tolmacevismo 79 ! « Qui non si predica nessuna violenza — assicura premurosamente il buon R-kov — , non c’è né una parola, né un pen- siero sulla necessità di un rivolgimento violento, poiché anche nella realtà questa necessità può appunto non esservi. Se qualcuno, acce- cato dalla follia reazionaria, avesse l’idea di accusare i membri di tale "associazione’' di tendere a un rivolgimento violento, tutto il peso di una simile accusa, insensata, infondata, giuridicamente nulla, rica- drebbe sul capo dell’accusatore »! È eloquente nello scrivere N. R-kov! Esattamente come il signor P.B. Struve, nel 1901, scagliava fulmini altrettanto terribili «sul capo » dei persecutori dello zemstvo B0 . Quadro: N. R-kov dimostra ai Dumbadze i quali lo accusano che, siccome ora egli non ha alcun « pensiero », la gravità delle accuse giuridicamente nulle ricadrà sul capo degli stessi Dumbadze. Si, si, da noi non ce ancora un parla- mento, ma di cretinismo parlamentare ce n’è a iosa. È evidente che dalla nuova associazione i membri del tipo del marxista Ghegheckori o persino del non marxista ma democratico onesto Petrov 3° verrebbero espulsi immediatamente sin dalla prima assemblea generale... qualora 304 LENIN ì convenuti non venissero per errore dispersi e messi al fresco prima ancora di poter aprire la seduta. I « liquidatori » della Nascia Zarià si sono rallegrati per l’ arrivo tra loro di R-kov. Estasiati com erano, essi hanno sottovalutato Tar- dore degli abbracci coi quali si rivolge loro il neoliquidatore N. R-kov. Ma questi abbracci sono cosi ardenti e così forti che si può scommet- tere che il liquidatorismo ne sarà soffocato, come il congresso operaio è stato soffocato dagli ardenti abbracci di lu. Larin. lu Larin ha perpe- trato quest’incruento assassinio per soffocamento per il semplice fatto che, dopo il suo opuscolo, la gente ha cominciato — precisamente per la paura di uscirne svergognata — a guardarsi dal difendere l’idea di un congresso operaio. Dopo il nuovo « manifesto » del liquidatorismo pubblicato nella Nascia Zarià da R-kov la gente comincerà a guardarsi — precisamente per la paura di uscirne svergognata — dal difendere l’idea di un partito liquidatore legale. Ma in quest’idea — bisognerà pure, prima di finire, essere d’ac- cordo in qualche cosa con R-kov! — c’è un «grano » di non-utopia. Toglietevi, amico caro, gli occhiali professorali e vedrete che l’« as- sociazione » che vi accingete a « realizzare praticamente » (dopo che il peso delle vostre esortazioni « sarà ricaduto sul capo » dei Mym- retsov 8I ) e stata già realizzata da due anni . E voi vi ci trovate già dentro! Questa « associazione di difesa degli interessi della classe ope- raia » è appunto la rivista (come collettivo ideologico, e non come entità tipografica ) Nascia Zarià. Una organizzazione legale e vasta de- gli operai è utopistica, ma riviste « legali » e franche degli intellet- tuali opportunisti non sono affatto utopistiche, sono ben lungi dal- l’essere utopistiche. Che, a modo loro, esse difendano gli interessi della classe operaia è incontestabile, ma chiunque non abbia cessato di essere marxista vede chiaramente che la loro « associazione » è una associazione di difesa liberale degli interessi della classe operaia intesi alla maniera dei liberali. Zviezàò t n. 32, 3 dicembre 1911. Firmato; V. Ilin. IL GRUPPO SOCIALDEMOCRATICO ALLA II DUMA 62 Esposizione di tutto l'affare Sono ormai trascorsi quattro anni dacché l'intero gruppo social- democratico alla II Duma, vittima di un ignobile complotto, venne deferito al tribunale e gettato in carcere alla stregua di una banda di pericolosi criminali. Il proletariato russo comprese benissimo che l'accusa contro i suoi rappresentanti si basava su un falso; ma quelli erano i tempi dell'imperversare della reazione; il verdetto, inoltre, era stato- emesso a porte chiuse, per cui non si avevano sufficienti prove del crimine perpetrato dallo zarismo. Solo di recente i fatti irrefutabili ammessi dall'agente della polizia politica Brodski hanno fatto piena luce sulle odiose macchinazioni delle nostre autorità. Ecco come si svolsero i fatti: Nonostante il diritto elettorale molto ristretto, il proletariato russo aveva inviato alla II Duma cinquantacinque socialdemocratici. Questo gruppo socialdemocratico era non solo numeroso, ma as- sai qualificato sotto il profilo ideologico. Figlio della rivoluzione, esso ne portava l'impronta, e i suoi interventi, nei quali si facevanQ ancora sentire gli echi della grande lotta che aveva coinvolto tutto il paese, sottoponevano a una critica profonda e ben motivata non solo i pro- getti di legge presentati all'esame della Duma, ma anche tutto il si- stema di amministrazione zarista e capitalista nel suo insieme. Armato dell'arme invincibile del socialismo moderno, questo grup- po socialdemocratico era, tra tutti i gruppi di sinistra, il piu rivolu- zionario, il piu coerente e il piu permeato di una coscienza di classe. Esso trascinava questi gruppi dietro di sé e dava alla Duma la propria impronta rivoluzionaria. Le nostre autorità lo consideravano l'ultimo focolaio della rivoluzione, il suo ultimo simbolo, la prova vivente della potente influenza della socialdemocrazia sulle masse proletarie, per cui esso costituiva una costante minaccia per la reazione, l'ultimo ostacolo 306 LENIN alla sua marcia trionfale. Perciò il governo riteneva necessario non solo liberarsi di una Duma eccessivamente rivoluzionaria, ma limitare altresì al minimo il diritto di voto del proletariato e delle masse con- tadine di sentimenti democratici e impedire che in futuro potesse es- sere eletta un’altra Duma del genere. Il mezzo migliore per realiz- zare questo colpo di Stato era quello di liberarsi del gruppo socialista, dopo averlo compromesso agli occhi del paese: recidere il capo e uc- cidere in tal modo tutto il corpo. Tuttavia per farlo era necessario un pretesto: la possibilità, per esempio, di accusare il gruppo di qualche grave delitto politico. L’in- ventiva della polizia politica contribuì rapidamente a trovare un tale pretesto. Si decise di compromettere il gruppo parlamentare socialista, accusandolo di essere in stretto contatto con l’organizzazione socialde- mocratica di lotta e con quella militare. A questo scopo il generale Gherasimov, capo della polizia politica (tutti questi dati vengono presi dal 1° numero del giornale L* Avvenire [L* Avenir], che esce sotto la direzione di Burtsev a Parigi, 50, boulevard Saint-Jacques), proponeva al proprio agente Brodsld di entrare nelle suddette organizzazioni. Questi riusci a penetrarvi come membro di base; successivamente ne divenne segretario. A alcuni membri dell’organizzazione militare venne l’idea di inviare al gruppo parlamentare socialista una delegazione di soldati. La polizia politica decise di sfruttare questo fatto ai propri fini, e Brodski, che aveva saputo conquistarsi la fiducia dell’organiz- zazione militare, si accinse all'attuazione di questo piano. Vennero scelti alcuni militari, si compilò un mandato contenente le rivendica- zioni dei soldati e, senza nemmeno preavvisare il gruppo socialista, si fissò il giorno in cui la delegazione doveva recarsi presso il gruppo nella sua sede ufficiale Poiché i soldati non potevano recarvisi in uni- forme militare, furono costretti a mettersi altri vestiti e ciò venne fatto nell’appartamento di un agente della polizia politica, dove indossarono abiti da essa comprati e preparati appositamente. In base all’igno- bile piano di Gherasimov, Brodski doveva giungere alla sede del gruppo socialista contemporaneamente ai soldati e portarvi dei do- cumenti rivoluzionari, per compromettere cosi ancora di più i nostri deputati. Si era inoltre stabilito che Brodski sarebbe stato arrestato assieme agli altri, ma che poi, con l’aiuto della polizia politica, la quale doveva lasciargli la possibilità di compiere una finta fuga, egli IL GRUPPO SOCIALDEMOCRATICO ALLA II DUMA 307 avrebbe riconquistato la libertà. Ma Brodski giunse in ritardo, e quan- do volle entrare coi documenti compromettenti nella sede del gruppo, all'interno era già cominciata la perquisizione, e non fu lasciato passare. Questa fu la messinscena, preparata con la massima cura dalla polizia politica e che diede alla reazione la possibilità non solo di con- dannare e mandare in galera i rappresentanti del proletariato, ma di sciogliere altresì la II Duma e di compiere il suo colpo di Stato del 3 (16) giugno 1907. Infatti il governo, nel suo manifesto dello stesso giorno (che, come tutti i manifesti dello zar, colpisce per la sua impu- dente ipocrisia), dichiarava di essere costretto a sciogliere la Duma, poiché, invece di appoggiare ed aiutare il governo nel suo sforzo di ripristinare la calma nel paese, la Duma aveva invece agito contro tutte le proposte e le intenzioni del governo e fra l'altro non aveva voluto avallare con la sua firma le misure repressive contro gli ele- menti rivoluzionari del paese. E non basta (cito letteralmente il testo): « è stata compiuta un’azione inaudita negli annali della storia. L’auto- rità giudiziaria ha scoperto un complotto di tutto un settore della Duma contro lo Stato e il potere dello zar. Ma quando il nostro governo ha chiesto il temporaneo allontanamento, fino alla conclusione del pro- cesso, dei cinquantacinque deputati accusati di questo crimine e l’ar- resto dei maggiori responsabili, la Duma non ha accolto immediata- mente la legittima richiesta delle autorità, che non consentiva alcuna dilazione ». Tra l’altro, le prove del crimine dello zar erano note non solo al governo e ai suoi prossimi amici. I nostri cari democratici costitu- zionali, che chiacchierano senza posa di legalità, giustizia, verità, ecc. ecc., che hanno ornato il loro partito dell’enfatico nome di « partito della libertà del popolo », da quattro anni erano anche loro al cor- rente degli ignobili particolari, tenuti segreti, di questo sporco affare. Per quattro lunghi anni costoro, in veste di testimoni indifferenti, hanno visto come, in spregio a ogni diritto, i nostri deputati siano stati condannati, abbiano sofferto nelle carceri, e alcuni di essi siano morti e impazziti, e hanno... cautamente taciuto. Tuttavia essi avevano tutta la possibilità di parlare, poiché avevano deputati alla Duma e di- sponevano di molti giornali quotidiani. Stretti tra la reazione e la rivo- luzione, hanno avuto soprattutto paura della rivoluzione. Per questo hanno civettato col governo e l’hanno per quattro lunghi anni coperto ?08 LENIN col loro silenzio, trasformandosi cosi in complici del suo crimine. Solo di recente (seduta della Duma del 17 ottobre), durante la discussione di un'interpellanza sulla polizia politica, uno di essi, il deputato Te- slenko, si è finalmente deciso a rivelare il segreto custodito con tanta cura. Ecco una parte del suo intervento (il testo viene letteralmente riportato in base al resoconto stenografico): « Quando si parlò di in- tentare un procedimento a cinquantatré membri a3 della II Duma, ven- ne costituita in seno a quest’ultima .una commissione. A questa com- missione vennero presentati tutti i documenti che avrebbero dovuto dimostrare che questi deputati avevano ordito un complotto al fine di istituire in Russia, mediante un'insurrezione armata, la repubblica. La commissione della II Duma — io ne ero il relatore — giunse alla convinzione, aH’unanime convinzione, che si trattava non di un com- plotto ordito dai socialdemocratici contro lo Stato, ma di un com- plotto ordito dalla sezione pietroburghese della polizia politica contro la II Duma. Quando la relazione della commissione, elaborata in base ai. dòcu menti, era pronta, alla vigilia del giorno in cui questi dati do- vevano esser fatti conoscere da questa tribuna, la Duma venne sciolta e non tu possibile parlare, in questa sede, di ciò che era stato sco- perto. Quando comincio il processo, e gli imputati, questi cinquan- tanè membri della Duma, chiesero che la causa non fosse discussa a porte chiuse e che Topinione pubblica sapesse che i criminali non erano loro, ma si trovavano nella sezione di Pietroburgo della polizia poli- tica. le porte vennero chiuse, e la società non lo seppe mai ». Questi i fatti. Da quattro anni i nostri deputati languono, in ca- tene, nelle ripugnanti prigioni russe, la cui durezza e crudeltà vi sono certamente note. Molti vi sono già morti. Uno dei deputati è uscito di senno, molti altri hanno la salute ormai minata dalle insopportabili condizioni di vita e possono morire da un giorno all'altro. Il proletariato russo non può piu star tranquillamente a vedere come i suoi rappre- sentanti, il cui unico crimine consiste nel fatto di aver saputo lot- tare inflessibilmente per i suoi interessi, muoiono nelle prigioni za- riste. Tanto meno può star tranquillamente a vedere in quanto i, fatti, divenuti di pubblica ragione grazie all’annmissione dì Brodski, dal punto di vista giuridico rendono perfettamente legittima la richiesta di revi- sione del processo, E in Russia è già cominciata una campagna per la liberazione dei nostri deputati. IL GRUPPO SOCIALDEMOCRATICO ALLA II PUMA 309 Il giornale operaio Zviezdà t che esce a Pietroburgo, dedica a questa questione gran parte del suo numero del 29 ottobre. Esso ri- volge un appello alla stampa, ai deputati liberali e ai deputati della sinistra, alle associazioni e unioni, e soprattutto al proletariato. «Non c’è e non pub esservi tranquillità, equilibrio spirituale — esclama il giornale — là dove ognuno deve udire a ogni ora e a ogni minuto questo scandaloso sferragliare di catene di persone murate, private della libertà e di tutti i diritti civili e politici solo perché hanno avuto il coraggio, al cospetto di tutto il paese, di fare il proprio dovere di uomini e di cittadini. La coscienza pubblica non può e non deve essere tranquilla dopo la scoperta deH’orribile verità. Quali che siano le dif- ficoltà, bisogna superarle ed esigere la revisione del processo contro i deputati socialdemocratici della II Duma!... Ma deve in primo luogo dire la sua possente parola il proletariato: sono infatti i suoi rappre- sentanti a essere stati condannati ingiustamente e a languire ora nel- le prigioni ». Cominciando questa lotta, il proletariato russo si rivolge ai so- cialisti di tutti i paesi invitandoli ad appoggiarlo e a dichiarare, assie- me ad esso, vigorosamente a tutto il mondo la propria indignazione per la ferocia e le infamie del nostro assolutismo, oggi dominante, il quale, coprendosi con la maschera di una trista ipocrisia, supera ad- dirittura la barbarie e la rozzezza dei governi asiatici. In Francia il compagno Charles Dumas ha già iniziato una cam- pagna, e in un articolo pubblicato nel giornale V Avenir ha proposto di appoggiare energicamente il proletariato russo in quest'ora difficile. Seguano quest’esempio i socialisti di tutti i paesi: esprimano essi, nei parlamenti, sulla loro stampa, nelle loro assemblee popolari, dovun- que, il proprio sdegno ed esigano la revisione del processo del gruppo socialdemocratico alla II Duma. # Pubblicato in tedesco, francese e inglese nel Bulle t in Pèriodique du Bureau Socialiste International , n. 8, dicembre 1911, Pubblicato per la prima volta in russo nella Proletarskaia Revoliutsia, n. 4, 1940. Firmato; N. Lenin. PAROLE D’ORDINE E IMPOSTAZIONE DEL LAVORO SOCIALDEMOCRATICO ALLA DUMA E FUORI DELLA DUMA L'interpellanza presentata dal gruppo socialdemocratico alla III Duma suirignobile provocazione degli agenti della polizia politica che montarono il processo contro i deputati socialdemocratici alla II Du- ma u indica evidentemente una certa svolta sia in tutta la nostra at- tività di partito, sia nella situazione della democrazia in generale, sia nello stato d’animo delle masse operaie. È forse la prima volta che dalla tribuna della III Duma si sente risuonare una protesta cosi risoluta, rivoluzionaria per il tono e per il contenuto, contro i « padroni del 3 giugno », protesta appoggiata da tutta l'opposizione, compresa la più moderata «.opposizione di Sua Maestà », monarchico-liberale, viekhista, cioè il partito dei cadetti, com- presi persino i « progressisti ». È forse la prima volta, nel periodo degli anni duri, dal 1908 in poi, che il paese vede, sente, avverte fisi- camente come, in connessione con la protesta rivoluzionaria dei depu- tati del proletariato rivoluzionario alla Duma nera, la massa operaia si muova, cresca il fermento nei quartieri operai della capitale, gli ope- rai organizzino comizi (di nuovo comizi!) con discorsi socialdemo- cratici rivoluzionari (comizi alle officine Putilov, in quella dei cavi, ecc.), si diffondano voci e dicerie di uno sciopero di massa politico (cfr. la notizia da Pietroburgo dell'ottobrista Golos Moskvy del 19 no- vembre). Senza dubbio di interventi dei deputati socialdemocratici alla III Duma se n’erano avuti piu di una volta anche prima: i nostri compagni del gruppo socialdemocratico hanno più di una volta adem- piuto molto bene il loro dovere, parlando apertamente, chiaramente, recisamente, dalla tribuna del « parlamento » giallo-nero dei Purisckevic, di bancarotta della monarchia, di repubblica, di una seconda rivolu- PAROLE D’ORDINE E IMPOSTAZIONE DEL LAVORO SOCIALDEMOCRATICO 3 1 1 zione. Questo merito dei deputati socialdemocratici alla III Duma va -tanto piu puntualmente sottolineato quanto piu spesso si fanno seti' tire gli abbietti discorsi opportunistici degli pseudosocialdemocratici del Golos SotsìaUDemokrata o del Dielo Gizni , dispiaciuti di tali interventi. Ma una simile combinazione di sintomi politici di una svolta — associazione di tutta Popposizione ai socialdemocratici, dichiara- zione sulla monarchico-liberale, « leale », « responsabile » e pusilla- nime Riec a proposito della situazione esplosiva, fermento tra le masse in connessione con Pinterpellanza alla Duma, notizie sulla stampa con- trollata dalla censura circa P« irrequietezza » delle campagne — una simile combinazione non c’era ancora stata. Dopo le dimostrazioni del- l’anno scorso degli operai della « Muromtsev » e della « Tolstoi », do- po gli scioperi del 1910 e del 1911, dopo la « storia » degli studenti dell’anno scorso, il fenomeno indicato rinsalda indubbiamente ancor più la convinzione che il primo periodo della controrivoluzione russa, il periodo del completo ristagno, della morta quiete, delle forche e dei suicidi, dell’orgia della reazione e dell’orgia di ogni sorta di apo- stasia, specialmente liberale, è finito. È cominciato un secondo pe- riodo nella storia della controrivoluzione: il periodo in cui il totale abbattimento e la paura, non di rado « selvaggia », stanno passando, in cui negli strati più diversi e più larghi si rinsalda la coscienza, o, se non la coscienza, almeno la sensazione che « cosi non può andare avanti », che un « cambiamento » è necessario, indispensabile, inevi- tabile, in cui comincia a manifestarsi la tendenza, ancora semistintiva, molto spesso indefinita, ad appoggiare la protesta e la lotta. Sarebbe naturalmente indice di leggerezza sopravvalutare il valore di questi sintomi e immaginarsi che la ripresa sia cominciata. Non siamo ancora a ciò. Nella controrivoluzione non si avvertono più i tratti che contrassegnano il suo primo periodo, ma essa è ancora impe- rante, si crede invincibile. All’ordine del giorno vi è ancora, per espri- merci con le parole della risoluzione del dicembre 1908 del POSDR, il « lungo compito dell’educazione, istruzione e organizzazione » del proletariato. Ma l’inizio di una svolta ci costringe a soffermarci con particolare attenzione suU’atteggiamento del partito socialdemocratico verso gli altri partiti e sui compiti immediati del movimento operaio. L’« opposizione di Sua Maestà », compresi i cadetti e i progres- 312 LENIN sisti, sembra aver riconosciuto per un istante l'egemonia dei social- democratici, abbandonando, sulle orme dei deputati operai, la Duma dei grandi proprietari fondiari e degli ottobristi, la Duma creata dalla monarchia terrorista-centonera di Nicola Romanov, abbandonando la Duma durante le vergognose manovre di una maggioranza che aveva paura di dare pubblicità all’affare della provocazione. Che significa ciò? I cadetti hanno cessato di essere un partito controrivoluzionario, o non lo sono mai stati, come affermano i so- cialdemocratici opportunisti? Dobbiamo forse porci come compito quel- lo di « appoggiare » i cadetti e pensare alla parola d’ordine di un’« op- posizione nazionale »? Da tempo immemorabile, si può dire, gli avversari della social- democrazia rivoluzionaria hanno messo in circolazione il metodo di portare all'assurdo le sue concezioni e di tratteggiare, per comodità polemica, un marxismo caricaturale. Così nella seconda metà degli anni novanta del secolo scorso, quando in Russia la socialdemocrazia come movimento di massa stava nascendo, i populisti tratteggiavano un mar- xismo caricaturale sotto forma di « scioperismo ». E l’ironia della sto- ria faceva si che vi fossero in realtà dei marxisti caricaturali, gli « eco- nomisti ». L’onore e il buon nome dei socialdemocratici non potevano essere salvati che attraverso una lotta implacabile contro P« econo- mismo ». Cosi, dopo la rivoluzióne del 1905, quando il bolscevismo, come applicazione del marxismo rivoluzionario alle condizioni parti- colari deH’.epoca, riportava una grande vittoria nel movimento operaio, vittoria che oggi viene riconosciuta anche dai suoi nemici, i nostri avversari tratteggiavano un bolscevismo caricaturale sotto forma di « boicottiselo », « combattentismo », ecc. E di nuovo l’ironia della storia faceva si che vi fossero in realtà dei bolscevichi caricaturali, i « vperiodisti ». Queste lezioni della storia devono mettere in guardia contro il travisamento caricaturale delle concezioni dei socialdemocratici rivo- luzionari circa i cadetti fcfr., per esempio, V perìodi n. 2). I cadetti sono indubbiamente un partito controrivoluzionario: possono negarlo soltanto persone affatto ignoranti o in malafede; spiegare questo do- vunque, compresa la tribuna della Duma, è un dovere imprescindibile dei socialdemocratici. Ma i cadetti sono il partito dei liberali contro- rivoluzionari, e questa loro natura liberale, come viene sottolineato PAROLE D ORDINE E IMPOSTAZIONE DEL LAVORO SOCIALDEMOCRATICO 3 1 3 anche nella risoluzione sui partiti non proletari approvata al congresso di Londra (1907) del POSDR, ci impone di « utilizzare » la loro posi- zione particolare, i conflitti e gli attriti particolari da essi suscitati, di utilizzare, per esempio, la loro falsa democraticità per predicare una democraticità vera, coerente, senza riserve. Poiché è sorto nel paese un liberalismo controrivoluzionario, la democrazia in generale e la democrazia proletaria in particolare non possono non separararsi da esso; non devono dimenticare un solo istan- te il limite esistente tra il primo e le seconde. Ma non ne consegue in alcun modo che sia lecito confondere, poniamo, il liberalismo con- trorivoluzionario col feudalesimo controrivoluzionario, che sia lecito ignorare i loro conflitti, estraniarsene, trascurarli. Il liberalismo con- trorivoluzionario, proprio perché controrivoluzionario, non potrà ma, avere la funzione di egemone in una rivoluzione vittoriosa; ma proprio perché è liberalismo, perverrà inevitabilmente a una situazione di « conflitto » con la Corona, col feudalesimo, con la borghesia non li- berale, riflettendo talvolta indirettamente nella sua condotta gli stati d'animo « di sinistra », democratici, del paese, o l’inizio di una ri- presa, ecc. Ricordiamo la storia di Francia; già durante la grande rivolu- zione il liberalismo borghese aveva rivelato il suo spirito controrivo- luzionario: cfr., per esempio, a questo proposito, il bellissimo libro di Cunow sulla pubblicistica rivoluzionaria della Francia. Tuttavia, non soltanto dopo la grande rivoluzione borghese, ma persino dopo la ri- voluzione del 1848, quando Io spirito controrivoluzionario dei liberali giunse a farli sparare contro gli operai, questi liberali verso la fine del secondo impero, nel 1868-1870, espressero con la loro opposizione un mutamento degli stati d’animo e Tinizio di una ripresa democra- tica, rivoluzionaria, repubblicana. Se i cadetti ora giocano, come dicono per stuzzicarli gli ottobri- sti, aIP« allineamento a sinistra », questo è uno dei segni e uno dei risultati del fatto che il paese « si sposta a sinistra », che nel grembo materno si agita, preparandosi a uscire di nuovo alla luce del sole, la democrazia rivoluzionaria. Il grembo della Russia dei Romanov e dei Purisckevic è appunto tale che non può non partorire la demo- crazia rivoluzionaria! Quale conclusione pratica se ne deve trarre? La conclusione che 314 LENIN bisogna seguire con la massima attenzione lo sviluppo di questa nuova democrazia rivoluzionaria. Proprio perché essa è nuova, perché nasce dopo il 1905 e dopo la controrivoluzione, e non prima di questa, essa si svilupperà probabilmente in modo nuovo , e per sapersi avvicinare a questo nuovo, per sapere influire su di esso, per saperlo aiutare a svilupparsi con successo, bisogna non limitarsi ai vecchi metodi, bi- sogna cercarne anche dei nuovi, bisogna mescolarsi tra la folla, ta- stando il polso alla vita, bisogna insinuarsi talvolta non solo tra la folla, ma persino nel salotto liberale. Il giornaletto del signor Burtsev, per esempio, L'Avvenire, asso- miglia molto a un salotto liberale: in esso si propugna alla liberale la parola d’ordine stupidamente liberale, cadetto-ottobrista, della « re- visione dell’ordinanza del 3 giugno», si chiacchiera volentieri di sbirri, di polizia, di provocatori, di Burtsev, di bombe. Nondimeno, quando il signor Martov si è affrettato a introdurvisi, lo si sarebbe potuto rimproverare unicamente per la fretta inopportuna, se ... se non vi si fosse comportato da liberale. Poiché si può giustificare — e talvolta persino lodare — il socialdemocratico che parla in un salotto liberale solo allorché parla come socialdemocratico. Ma il signor Martov ha portato nel salotto liberale l’assurdità liberale di una certa « soli- darietà », stabilita « durante le elezioni », « nella lotta per la stessa libertà delle elezioni e dell’agitazione elettorale» {U Avvertire, n. 5)1! Nella nuova situazione si sviluppa, in modo nuovo, la nuova de- mocrazia; bisogna imparare ad accostarlesi: è indiscutibile. Ma bisogna farlo per difendere e predicare le parole d’ordine della vera demo- crazia, e non per bisbigliare assieme ad essa alla liberale. Alla nuova democrazia la socialdemocrazia deve predicare le sole tre parole d’or- dine che sono degne della nostra grande causa, che corrispondono alle condizioni reali della conquista della libertà in Russia; queste parole d’ordine sono: repubblica; giornata lavorativa di otto ore; confisca di tutta la terra dei grandi proprietari fondiari. Questo è l’unico giusto programma nazionale di lotta per una Russia libera. Chi non ha capito questo programma non è ancora un democratico. Chi, pur autodefinendosi democratico, nega questo pro- gramma ha capito fin troppo bene la necessità di ingannare il popolo per realizzare i propri fini antidemocratici (cioè controrivoluzionari). Perché la lotta per la giornata lavorativa di otto ore è una con- PAROLE D’ORDINE E IMPOSTAZIONE DEL LAVORO SOCIALDEMOCRATICO 315 dizione reale per conseguire la libertà in Russia? Perché l’esperienza ha mostrato l’impossibilità della libertà senza una lotta piena di abne- gazione del proletariato, e una simile lotta è indissolubilmente legata al miglioramento delle condizioni di vita degli operai. Il modello di questi miglioramenti, la loro bandiera è appunto la giornata lavorativa di otto ore. Perché la lotta per la confisca di tutte le terre dei grandi proprie- tari è una condizione reale per il conseguimento della libertà in Rus- sia? Perché senza radicali misure di aiuto ai milioni di contadini che i Purisckevic, i Romanov ed i Markov hanno condotto a una rovina senza precedenti, alle sofferenze e alla morte d’inedia, qualsiasi di- scorso sulla democrazia, sulla « libertà del popolo », è assurdo, pro- fondamente menzognero. E senza la confisca delle terre dei grandi pro- prietari a vantaggio dei contadini non è neanche il caso di parlare di una qualche seria misura di aiuto al contadino di una qualche seria decisione di farla finita con la Russia dei « mugiki », cioè con la Rus- sia feudale, e di creare una Russia di liberi agricoltori, una Russia democratica borghese. Perché la lotta per la repubblica è una condizione reale per il conseguimento della libertà in Russia? Perché l’esperienza, la grande, indimenticabile esperienza di uno dei più grandi decenni della storia russa, e precisamente del primo decennio del secolo XX, ci dice con indiscutibile chiarezza ed evidenza che la nostra monarchia è incon- ciliabile con qualsivoglia elementare garanzia di libertà politica. La storia della Russia, la multisecolare storia dello zarismo ha fatto si che da noi, all’inizio del secolo XX, non vi sia e non possa esservi altra monarchia aU'infuori di una monarchia dei pogrom e dei cen- toneri. La monarchia russa, nella presente situazione sociale, nella pre- sente situazione delle classi, non può fare altro che organizzare bande di assassini, colpire a tradimento i nostri deputati liberali e demo- cratici o incendiare le case dove si sono riuniti dei democratici. La monarchia russa non può fare altro che rispondere alle dimostrazioni del popolo per la libertà con l’organizzare reparti di uomini che affer- rano per i piedi i bambini ebrei e sfracellano loro la testa sulle pie- tre, di uomini che violentano le donne ebree e georgiane e sventrano i vecchi. Gli stolti liberali chiacchierano di monarchia costituzionale sul 316 LENIN tipo di quella inglese. Ma se in un paese civile come l’Inghilterra, che non conobbe mai ne il giogo mongolo, né l’oppressione della buro- crazia, né l’orgia del militarismo, se in un paese come questo fu neces- sario tagliar la testa a un brigante coronato per insegnare ai re ad essere dei monarchi « costituzionali’ », in Russia bisogna tagliar la testa almeno a un centinaio di Romanov per togliere ai loro discendenti I'abi cudine di organizzare asssssinii centoneri e massacri di ebrei. Se la socialdemocrazia ha imparato qualcosa dalla prima rivolu- zione russa, deve ora ottenere che in nessuno dei nostri discorsi, in nessun volantino venga avanzata • — avendo essa dimostrato la prò" pria insufficienza, la propria indeterminatezza — la parola d’ordine; « Abbasso l’autocrazia », ma venga esclusivamente avanzata la parola d’ordine: « Abbasso la monarchia zarista, evviva la repubblica ». E non ci si dica che la parola d’ordine della repubblica non cor- risponde allo stadio di sviluppo politico degli operai e dei contadini. Dieci o dodici anni fa non solo c’erano dei « populisti» che non osa- vano nemmeno pensare alla parola d’ordine « Abbasso l'autocrazia », ma cerano persino dei socialdemocratici — i cosiddetti « economi- sti » — che insorgevano contro l’opportunità di questa parola d’or- dine. Ma negli anni 1903-1904 la parola d’ordine «Abbasso l’auto- crazia » divenne un « noto detto popolare »! Non può esservi ombra di dubbio che una sistematica, accanita propaganda repubblicana tro- verà oggi in Russia il terreno piu favorevole, poiché le masse piu vaste e in particolare le masse contadine > stanno gravemente e seria- mente meditando sul significato dello scioglimento di due Dume, sul nesso esistente tra il potere zarista, la III Duma dei signori e la ro- vina delle campagne ad opera dei Markov e soci. Nessuno potrà oggi determinare la rapidità con cui il seme della propaganda repubblicana gettato nel terreno crescerà; ma non è questo il problema; il pro- blema è che la semina sia fatta bene, in maniera veramente demo- cratica. Esaminando la questione delle parole d’ordine delPimminente campagna elettorale per la IV Duma e delle parole d’ordine di tutto il nostro lavoro al dì fuori della Duma, non si può non trattare deirimportantissimo e infelicissimo intervento del deputato socialde- mocratico Kuznetsov alla III Duma. Nel sesto anniversario della prima vittoria della rivoluzione russa, il 17 ottobre. Kuznetsov è interve- PAROLE D*ORDINE E IMPOSTAZIONE DEL LAVORO SOCIALDEMOCRATICO 3l7 nuto alla Duma sul progetto di assicurazione per gli operai. In gene- rale egli ha parlato — bisogna dargli ciò che gli spetta — molto bene; ha difeso energicamente gli interessi del proletariato; ha detto senz’esi- tazione la verità in faccia non solo alla maggioranza della Duma nera» ma anche ai cadetti. Pur riconoscendo pienamente questo merito di Kuznetsov, bisogna altresì rilevare senz’ambagi il suo errore. « lo credo — ha detto Kuznetsov — che gli operai, ascoltando attentamente le discussioni che hanno, avuto luogo sia durante Tesarne di questi problemi nel loro insieme, sia durante l'esame dei singoli articoli del presente progetto di legge, siano giunti alla conclusione che uggì, in questo momento, la loro parola d'ordine immediata debba es- sere: ‘"Abbasso la Duma del 3 giugno, evviva il suffragio universale'. Perché? Lo dirò: ma perché gli interessi della classe operaia pos- sono essere giustamente risolti solo quando e nei casi in cui la classe operaia stessa, mediante il suffragio universale, mandi nell'istituzione legislativa un numera sufficiente di suoi deputati; soltanto questi possono risolvere giustamente i problemi dell’assicurazione per la classe operaia ». Qui a Kuznetsov è successa una disgrazia che egli certamente non si aspettava, ma che noi avevamo predetto da tempo; questa di- sgrazia è la coincidenza degli errori commessi dai liquidatori e dagli otzovisti. Formulando dalla tribuna della Duma una parola d’ordine ispi- rata dalle riviste liquidatrici Nasci# Zarìà e Dìelo Gizni , Kuznetsov non ha notato che la prima (e la piu sostanziale) parte di questa pa- rola d’ordine («Abbasso la III Duma») ripete integrai metile^ la pa- rola d’ordine avanzata apertamente tre anni fa dagli otzovisti e da allora difesa * — copertamente e di nascosto - — solo dai « vperiodisti », cioè dagli otzovisti pusillanimi. Tre anni fa il Proletari , n. 38, del l ù 04) novembre 1908, a pro- posito di questa parola d’ordine, avanzata! dagli otzovisti, scriveva: « In quali condizioni potrebbe acquistare importanza una parola d ordine come Abbasso Tautocrazia''? Ammettiamo di trovarci di fron- te a una Duma liberale, riformatrice, fautrice dell’accordo nelTepoca della più acuta crisi rivoluzionaria, già maturata in aperta guerra ci- vile. È pienamente possibile che in tale momento possa aversi come parola d’ordine “Abbasso la Duma”, cioè abbasso le trattative pacifiche 318 LENIN con lo zar, abbasso l’illusoria istituzione di “pace”, chiamiamo all at- tacco diretto. Ammettiamo, al contrario, di trovarci di fronte ad una Duma arcireazionaria, eletta sulla base di un sistema elettorale che ha fatto il suo tempo, e all’assenza di una crisi acutamente rivoluzionaria nel paese; la parola d’ordine “Abbasso la Duma” potrebbe allora di- ventare la parola d’ordine della lotta per una riforma elettorale. Noi non scorgiamo qui da noi nulla di simile né al primo, né al secon- do caso » *. Nel supplemento al n. 44 del Proletari (del 4 [17] aprile 1909) veniva citata una risoluzione degli otzovisti di Pietroburgo che stabiliva di « iniziare una vasta agitazione tra le masse per la parola d’ordine: “Abbasso la III Duma” ». Contro questa proposta il Proletari ivi scri- veva; « Questa parola d’ordine, che per qualche tempo ha attratto alcuni operai antiotzovisti, è sbagliata. O è la parola d’ordine cadetta di una riforma elettorale rimanendo intatta l’autocrazia » (è risultato che ciò venne scritto all’inizio del 1909 proprio contro l’impostazione del .problema data da Kuznetsov alla fine del 1911!), « ...oppure è la ripetizione del trito motto dell’epoca in cui le Dume liberali face- vano schermo allo zarismo controrivoluzionario, cercando di impedire al popolo di vedere il suo vero nemico » 86 . È chiaro quindi in che consiste l’errore di Kuznetsov. Egli ha avanzato, quale parola d’ordine generalizzata, la parola d’ordine ca- detta della riforma elettorale, che non ha alcun senso se si manten- gono tutte le altre delizie della monarchia dei Romanov, del Consiglio di Stato, dell’onnipotenza dei funzionari, delle organizzazioni terrori- ste-centonere della banda zarista, ecc. Kuznetsov avrebbe dovuto dire — supponendo che si affronti la questione esattamente come ha fatto lui e presupponendo invariato il tono generale del suo discorso — pressappoco quanto segue: « Proprio sull’esempio del progetto di legge sulle assicurazioni gli operai si convinceranno ancora una volta che né gli interessi im- mediati della loro classe, né i diritti e i bisogni di tutto il popolo pos- sono essere difesi senza trasformazioni come il suffragio universale, la piena libertà di associazione, di stampa, ecc. Ma non è forse chiaro * Più avanti il Proletari propugnava la parola d’ordine « Abbasso l’autocrazia »; come abbiamo già dimostrato, questa parola d’ordine dev’essere oggi sostituita dalla parola d’ordine: « Abbasso la monarchia zarista, evviva la repubblica » B5 . parole d’ordine e impostazione del lavoro socialdemocratico 319 che non c’è motivo di aspettarsi Tattuazione di simili trasformazioni finché resterà immutato Fattuale regime politico della Russia? finché potrà essere annullata qualsiasi decisione di qualsiasi Duma? finché resterà nello Stato anche un solo potere non elettivo? ». Sappiamo perfettamente che dalla tribuna della III Duma i de- putati socialdemocratici sono riusciti — e in questo consiste il loro merito — a fare dichiarazioni repubblicane assai più franche e chiare. I deputati possono del tutto legalmente far propaganda repubblicana dalla Duma ed essi devono farla. Con il nostro esempio di correzione del discorso di Kuznetsov vogliamo soltanto illustrare come egli avreb- be potuto evitare un errore, pur mantenendo il tono generale del di- scorso, pur rilevando e sottolineando lenorme importanza di trasfor- mazioni assolutamente necessarie come il suffragio universale, la li- bertà di associazione, ecc. Della repubblica ogni socialdemocratico che tenga un qualunque discorso politico deve sempre parlare. Ma della repubblica bisogna saper parlare: non se ne può parlare allo stesso modo nel comizio di fabbrica, nel villaggio cosacco, nelFassemblea studentesca e nell’isbà contadina, dalla tribuna della III Duma e dalle colonne di un organo di stampa all’estero. L’arte di ogni propagandista e di ogni agitatore sta appunto nel saper influire nel modo migliore su un determinato uditorio, rendendo per esso una data verità quanto più possibile con- vincente, facilmente assimilabile, in modo cioè che essa s’imprima in modo chiaro e saldo nella mente. Non dimentichiamo un solo istante la cosa più importante: in Russia si sta svegliando a una nuova vita e a una nuova lotta una nuova democrazia. Il dovere degli operai coscienti — di questa avan- guardia della rivoluzione russa e di questi dirigenti delle masse popo- lari nella lotta per la libertà — è di spiegare gli obiettivi di una de- mocrazia coerente: repubblica, giornata lavorativa di otto ore, confi- sca di tutte le terre dei grandi proprietari. Sotsid-Dcmokrat, n. 25, 8 (21) dicembre 1911. UN'AGENZIA DELLA BORGHESIA LIBERALE Il presente numero era già stato quasi completamente stampato quando abbiamo ricevuto il n. 9 de L'Avvenire , Abbiamo definito questo giornale un salotto liberale. Risulta che questo salotto è talvol- ta frequentato dai fiduciari della borghesia liberale russa, per cer- care di tenere a briglia i rivoluzionari. Uno di costoro ha scritto l'edi- toriale del n, 9, che saluta la decisione dei cadetti di bloccare con gli ottobristi! { «Vorremmo — scrivono i liberali con la bomba — che si esprimessero nello stesso spirito, ispirandosi agli stessi principi... tutti i partiti di sinistra, non esclusi quelli socialisti e rivoluzionari!! ». Vorremmo vedere che un liberale controrivoluzionario non lo vo- lesse! Bisogna però che il pubblico sappia qual è il succo di queste parole: quando l'editorialista de L'Avvenire dice « noi socialisti », « noi rivoluzionari », bisogna leggere « noi liberali ». Ci giungono ora i giornali con la notizia dell'espulsione di Voi- loscnikov per quindici sedute B7 . I cadetti sono stati favorevoli al- l’espulsione per cinque sedute!! Viva il blocco ottobrista-cadetto favo- revole all’espulsione dei democratici e dei socialdemocratici per dieci sedute!! Sotsial-Demokrat , n. 25, 8 (21) dicembre 1911* LA SOLUZIONE DELLA CRISI DEL PARTITO Due anni fa sulla stampa socialdemocratica si potevano trovare discorsi su una « crisi di unificazione » del partito fl *, La disorganiz- zazione e lo sfacelo del periodo controrivoluzionario avevano deter- minato nuovi schieramenti e scissioni, un nuovo inasprimento della lotta all’estero, e non poche persone di poca fede o deboli di nervi si erano perse d’animo constatando la grave situazione interna de) par- tito operaio socialdemocratico. Ora, con la creazione della commis- sione di organizzazione russa ", comincia in maniera evidente, se non la fine della crisi, perlomeno, in ogni caso, una nuova e risoluta svolta verso il meglio nello sviluppo del partito. Sarà perciò opportuno ten- tare di dare uno sguardo d’insieme alla tappa percorsa dairevoluzione interna del partito e alle prospettive del prossimo futuro. La rivoluzione ha lasciato dietro di sé un POSDR sotto forma di tre singole, autonome, organizzazioni socialdemocratiche nazionali e di due frazioni russe in senso stretto. L’esperienza degli eventi, gran- diosi per la loro ricchezza, degli anni 1905, 1906 e 1907 ha dimo- strato che queste frazioni affondano le loro radici nelle tendenze di sviluppo del proletariato, nelle sue condizioni di vita in questa epoca di rivoluzione borghese. La controrivoluzione ci ha gettati di nuovo ai piedi dell’alto monte che già avevamo scalato. Il proletariato ha dovuto riorganizzare le proprie file e raccogliere in maniera nuova le sue forze in una situazione in cui imperavano le forche di Stolypin e le geremiadi viekhiste. La nuova situazione ha determinato un nuovo schieramento delle 'tendenze in seno al partito socialdemocratico. Dalle due nuove fra- zioni hanno cominciato a separarsi — sotto la grave oppressione di questi tempi calamitosi — gli elementi socialdemocratici meno sta- 11-2260 322 LENIN bili, ogni sorta di compagni di strada borghesi del proletariato. Due tendenze hanno più di ogni altra rispecchiato questa fuga dalla social- democrazia: il liquidatorismo e lotzovismo. Esse hanno poi inevita- bilmente determinato la tendenza al ravvicinamento dei nuclei fon- damentali delle due frazioni rimaste fedeli al marxismo. Tale era la situazione dalla quale scaturì la sessione plenaria del gennaio 1910, il punto di partenza di ciò che è stato positivo e di ciò che è stato ne- gativo, dei passi avanti e dei barcollamenti all’indietro nell'ulteriore sviluppo del partito socialdemocratico. Molti non hanno a tutt’oggi ben compreso l’indiscutibile merito ideologico dell’opera compiuta dalla sessione plenaria e l’enorme sba- glio « conciliatore » da essa commesso. Ma non comprendendoli non si può comprendere assolutamente nulla neppure dell’attuale situazione del partito. Dobbiamo perciò soffermarci ancora una volta a chiarire il punto di partenza della crisi attuale. La seguente citazione dall’articolo di un « conciliatore », scrìtto prima della stessa sessione plenaria e pubblicato subito dopò que- st’ultima, può giovare a questo chiarimento più di lunghi ragiona- menti o di citazioni dai più diretti e più numerosi « documenti ». Uno dei capi del « conciliatorismo » dominante alla sessione plenaria, il compagno Ionov, bundista, nell’articolo È possibile l’unita del par- tito? , pubblicato nel n. 1 del Diskussionni Listok (19 marzo 1910; a p. 6 vi è la nota redazionale: « L’articolo è stato scritto prima della sessione plenaria »), scriveva quanto segue: « Per quanto l’otzovismo e il liquidatorismo possano essere dì per se stessi nocivi per il partito, la loro benefica influenza sulle frazioni sembra essere fuori dubbio. La patologia conosce due specie di ascessi: quelli mali- gni e quelli benigni. L’ascesso benigno si considera una malattia utile per l’organismo. Nel processo di suppurazione esso attira a sé da tutto lòrga- nismo ogni sorta di elementi nocivi e contribuisce cosi al suo risanamento. Io credo che analoga funzione abbiano avuto il liquidatorismo in rapporto al menscevismo e rotzovismo-ultimatismo in rapporto al bolscevismo ». Ecco l’apprezzamento dato da un « conciliatore » durante la ses- sione plenaria e che tratteggia esattamente la mentalità e le idee del conciliatorismo che trionfò alla sessione plenaria. Nella citazione ri- portata è esatta, mille volte esatta l’idea fondamentale, e proprio per- ché essa è esatta i bolscevichi (che ancora prima della sessione pie- LA SOLUZIONE DELLA CRISI DEL PARTITO 323 naria avevano pienamente ingaggiato la lotta sia contro il liquidato- rismo che contro l’otzovismo) non poterono rompere coi conciliatori alla sessione plenaria. Non lo poterono perché sull'idea fondamentale esisteva l’accordo; il dissenso verteva sulla forma di tradurla in atto; la forma verrà subordinata al contenuto, pensayano i bolsceviche ed è risultato che essi avevano ragione, benché questo « adattamento della forma al contenuto » abbia sottratto al partito, per l’errore dei conci- liatori, due anni di vita quasi « per niente ». In che cosa consisteva quest’errore? I conciliatori, invece di le- gittimare quelle e soltanto quelle tendenze che si epurano (e solo nella misura in cui si epurano) dagli « ascessi », hanno legittimato tutto e tutti in base alla nuda promessa di epurarsi. Sia i vperiodisti, sia i sostenitori del Golos , sia Trotski hanno « sottoscritto » la risoluzione contro l’otzovismo e il liquidatorismo — ossia hanno promesso di « epurarsi » — , e basta. I conciliatori hanno « creduto » alla promessa e confuso il partito con dei gruppetti, per loro stessa ammissione, non di partito, « suppurativi ». Era una puerilità, dal punto di vista della politica pratica, e, da un più profondo punto di vista, mancanza di idee, mancanza di principi, intrigo: chi fosse stato seriamente con- vinto, infatti, che il liquidatorismo e l’otzovismo-ultimatisrno erano degli ascessi non avrebbe potuto non capire che gli ascessi, maturando, devono attirare dall’organismo gli elementi nocivi, devono espellerli dall’organismo stesso, e non avrebbe potuto contribuire ad avvele- nare l’organismo con tentativi di farvi rientrare gli elementi tossici « in suppurazione ». L’anno che ha seguito la sessione plenaria ha effettivamente sma- scherato la mancanza di idee dei conciliatori. Di fatto per tutto que- st’anno il lavoro di partito (epurazione, risanamento dagli ascessi) è stato svolto dai bolscevichi e dai plekhanoviani. Questo fatto è dimo- strato sia dal Sotsial-Demokrat che dalla Rabociaia Gazieta (dopo la cacciata del rappresentante del CC. da parte di Trotski). Dimostrano questo fatto anche alcune pubblicazioni legali del 1910’che tutti cono- scono 90 . Qui non vi sono parole, ma precisamente fatti: il lavoro in comune negli organi di stampa dirigenti del partito. In questo anno (1910) sia quelli del Golos , sia i « vperiodisti », sia Trotski si sono di fatto allontanati dal partito per passare precisa- mente al liquidatorismo e aH’otzovismo-ultimatismo, Gli « ascessi be- 324 LENIN nigni » sono rimasti ascessi, i quali non si sono comportati benigna- mente in quanto gli « clementi nocivi » non sono stati da essi eli- minati dall’organismo del partito, ma hanno continuato ad infettarlo, a mantenerlo in stato morboso, a renderlo inetto al lavoro di partito. Questo lavoro di partito (in una pubblicistica aperta a tutti) è stato svolto dai bolscevichi e dai plekhanoviani, nonostante le risoluzioni « conciliatrici » e i collegi creati dalla sessione plenaria, contro il Golos e i vperiodisti, e non assieme a essi (poiché era impossibile lavorare assieme con i liquidatori e con gli otzovisti-ultimatisti). E il lavoro in Russia? In un anno nemmeno una riunione del CC! Perché? Perché i membri russi del CC (conciliatori che erano ben degni degli abbracci della Voce dei liquidatori 91 ) hanno ininter- rottamente « invitato » i liquidatori, ma in un anno, in un anno e tre mesi, non sono riusciti a « ospitarli » una sola volta! L’istituto della « traduzione forzata » al CC non era stato purtroppo previsto alla sessione plenaria del nostri buoni conciliatori. Ne è precisamente risultata quella situazione assurda, vergognosa per il partito, che alla sessione plenaria i bolscevichi avevano predetto, lottando contro la dabbenaggine e l’ingenuità dei conciliatori: il lavoro russo è fermo, il partito è impastoiato, mentre dalle pagine della Nascia Zana e del Vperiod si riversa un nauseabondo torrente di attacchi liberali e anar- chici contro il partito! Mikhail, Roman e Iuri da una parte, gli otzo- visti e i costruttori di Dio dall’altra rovinano con tutte le forze il la- voro socialdemocratico, mentre i membri conciliatori del CC « invi- tano » i liquidatori e li «aspettano»! Con la «richiesta» del 5 dicembre 1910 i bolscevichi dichiara- rono apertamente e formalmente di rompere l’accordo con tutte le altre frazioni. Il sabotaggio della « pace » conclusa alla sessione ple- naria, il suo sabotaggio da parte del Golos } del Vperiod , di TrOtski era divenuto un fatto definitivamente riconosciuto. Circa sei mesi (fino al giugno scorso) erano passati in tentativi di convocare una sessione plenaria all’estero, che in base all’accordo era obbligatoria nel termine di non più di tre mesi. I liquidatori { Go - /oj-bundisti-Schv/arz) sabotano anche la sessione plenaria all’estero. Al- lora il blocco di tre gruppi, bolscevichi, polacchi, e « conciliatori ». fa l’ultimo tentativo di salvare le cose: si convochi una conferenza, si costituisca una commissione di organizzazione russa. I bolscevichi han- LA SOLUZIONE DELLA CRISI DEL PARTITO 3 25 no come in passato la minoranza: dal gennaio 1910 al giugno scorso il predominio è nelle mani dei liquidatori (nell’Ufficio estero del CC, rappresentanti del Golos , un bundista, Schwarz; in Russia, i « concilia- tori » che « invitano » i liquidatori); dal giugno al 1° novembre di que- st’anno (termine stabilito dal collegio arbitrale dei depositari 92 ) il pre- dominio l’hanno i conciliatori, ai quali sono passati i polacchi, La questione si presentava cosi: sia il denaro che l’invio di fi- duciari erano nelle mani di Tvszka e di Mark (capo dei conciliatori parigini); ai bolscevichi era solo garantito che ci si sarebbe messi d’ac- cordo per inviare al lavoro anche loro. Le divergenze suscitate dalla sessione plenaria si riducevano a quest’ultimo punto, che non era pos- sibile eludere: lavorare a tutta forza, senza « aspettare » nessuno, senza « invitare » nessuno (chi vuole e può lavorare da socialdemocratico non ha bisogno di inviti!), o continuare i mercanteggiamenti e le com- pravendite con Trotski. il Vperiod , ecc.? I bolscevichi hanno scelto la prima via, cosa che hanno anche dichiarato apertamente, esplicita- mente già alla riunione dei membri del CC a Parigi. Tyszka e soci hanno scelto (imponendola sia alla commissione tecnica che alla com- missione di organizzazione estera) la seconda via, che si è ridotta — com’è stato particolareggiatamente dimostrato nell’articolo polemico del n. 24 del Sotsial-Demokrat 93 — ad un vuoto e pietoso intrigo. II risultato è ora sotto gli occhi di tutti. Entro il 1° novembre la commissione di organizzazione russa è stata costituita. Di fatto Lavevano creata i bolscevichi e i menscevichi parti tisti russi. LV unione delle due frazioni forti » (forti per la loro saldezza ideologica, per il loro lavoro di epurazione dagli « ascessi »), contro la quale tanto si erano infuriate le teste deboli alla sessione plenaria e dopo di essa (cfr. Golos , Vperiod , Otkliki Bunda , Pravda , ecc.), è risultata un fatto compiuto. In organizzazioni socialdemocratiche esemplari e d’avan- guardia per la Russia del 1910 e 1911, come quelle di Baku e di Kiev quest’unione, con grandissima gioia dei bolscevichi, s’è pres- soché trasformata in fusione completa, in un unico organismo di so- cialdemocratici parti tisti. Il rimpianto per il mancato scioglimento di « tutte » le frazioni è risultato, dopo la verifica effettuata attraverso due anni d’esperienza, una meschina frase di teste vuote prese in giro dai signori Potresov e dai signori otzovisti. L’« unione delle due frazioni forti » è andata avanti 326 LENIN ed è giunta — tramite i collettivi d’avanguardia summenzionati — de- cisamente alla completa fusione in un unico partito. Le esitazioni dei menscevichi partitisti esteri non sono più in grado di mutare questo fatto compiuto. I due anni che hanno seguito la sessione plenaria, che a molte persone di poca fede o ai dilettanti di socialdemocrazia, i quali non vogliono capire la terribile difficoltà del compito, sembrano anni di intrighi inutili, inconcludenti, assurdi, di sfacelo e di disorganizzazione, sono stati anni in cui si è rimesso in carreggiata il partito socialdemo- cratico dopo averlo tirato fuori dalla palude dei barcollamenti liqui- datori e otzovisti. Il 1910 ci ha portato il lavoro in comune dei bol- scevichi e dei menscevichi partitisti in tutti gli organi di stampa diri- genti (ufficiali e non ufficiali, legali e Illegali) del partito; è stato il primo passo verso l’« unione delle due frazioni forti », il passo verso la preparazione ideologica, verso la raccolta delle forze sotto una sola bandiera, antiliquidatrice e antiotzovistica. Il 1911 ci ha portato il secondo passo; la creazione della commissione di organizzazione russa. La presidenza di un menscevico partitista nella sua prima riunione è un fatto significativo; il secondo passo, la creazione di un centro russo praticamente operante, ora è stato compiuto. La locomotiva è stata rialzata e posta sui binari. Per la prima volta dopo quattro anni di disorganizzazione e di sfacelo si è riunito — nonostante le incredibili persecuzioni della po- lizia e gli inauditi « sgambetti » dei sostenitori del Golos , dei vperio- disti, dei conciliatori, dei polacchi e tutti quanti 95 — un centro social- democratico russo. Per la prima volta è uscito in Russia un foglio di questo centro rivolto al partito fl6 . Per la prima volta il lavoro per ricostituire le organizzazioni locali illegali ha abbracciato (in tre mesi, dal luglio alPottobre) sistematicamente e organicamente le due capi- tali, la regione del Volga, gli Urali, il Caucaso, Kiev, Iekaterinoslav, Rostov, Nikolaiev, poiché la commissione di organizzazione russa si è riunita dopo che erano state toccate tutte queste località, poiché la sua prima riunione ha avuto luogo contemporaneamente alla ricostitu- zione del comitato di Pietroburgo e aU’organizzazione da parte sua di una serie di comizi operai, alle risoluzioni dei rioni moscoviti per il partito, ecc, Sarebbe naturalmente un’imperdonabile ingenuità abbandonarsi LA SOLUZIONE DELLA CRISI DEL PARTITO 327 ad un ottimismo facilone; incombono ancora gigantesche difficoltà; le persecuzioni poliziesche si sono decuplicate dopo la pubblicazione del primo foglio russo del centro socialdemocratico; si possono pre- vedere mesi lunghi e difficili, nuovi arresti, nuove interruzioni nel lavoro. Ma il piu importante è stato fatto. La bandiera è stata innal- zata; i circoli operai si protendono in tutta la Russia verso di essa, e nessun attacco controrivoluzionario potrà farla cadere! Come hanno risposto a questo gigantesco passo avanti del lavoro russo i « conciliatori » esteri, nonché Tyszka e Leder? Con un’ultima recrudescenza di miseri intrighi: il « processo di suppurazione », cosi profeticamente predetto alla vigilia della sessione plenaria da Ionov, è spiacevole, non c’è che dire. Ma chi non capisce che questo pro- cesso poco allettante risana la socialdemocrazia è inutile che si ac- cinga al lavoro rivoluzionario! La commissione tecnica e la commis- sione di organizzazione estere si rifiutano di sottomettersi alla com- missione di organizzazione russa. I bolscevichi naturalmente si al- lontanano con disprezzo dagli intriganti esteri. Cominciano allora le esitazioni: all’inizio di novembre ai relitti della commissione d’orga- nizzazione estera (due polacchi piu un conciliatore) viene consegnato un rapporto sulla convocazione della commissione russa. Il rapporto descrive tutto il lavoro in maniera cosi circostanziata che gli avver- sari dei bolscevichi, i conciliatori, lodati dal Golos, sono costretti a riconoscere la commissione russa. Viene la risoluzione della commis- sione estera del 13 novembre: « ispirarsi alle decisioni della commis- sione russa ». Dei denari in possesso della commissione estera i quat- tro quinti vengono trasmessi alla cassa della commissione russa, ossia gli stessi polacchi, gli stessi conciliatori non sono in grado di mettere in dubbio la serietà dell’impostazione di tutta la faccenda. Ciò nonostante, dopo qualche giorno ancora sia la commissione tecnica che la commissione d’organizzazione estera si rifiutano nuova- mente di sottomettersi alla commissione d’organizzazione russa!! Dov’è la chiave di questo giuoco? La redazione dellorgano centrale ha in mano un documento 97 che verrà presentato alla conferenza e dal quale risulta che Tyszka conduce un’agitazione per la non partecipazione alla commissione russa, per la non partecipazione alla conferenza. 328 LENIN Ci si può figurare un più ignobile intrigante? La commissione tecnica e la commissione d’organizzazione estera si sono impegnate a contribuire alla convocazione della conferenza e alla creazióne della commissione d’organizzazione russa; si sono arcivantati di invitare « tutti », e non hanno invitato nessuno (benché, essendo in maggio- ranza, avessero il diritto di invitare e di porre qualsiasi condizione); non hanno trovato nessun attivista, tranne i bolscevichi e i mensce- vichi partitisti; sono stati pienamente sconfitti sull’arena scelta da loro stessi, e sono giunti a fare degli « sgambetti » a quella stessa com- missione d’organizzazione russa alla quale, in segno di buona volontà, avevano ceduto, come a un centro avente pieni poteri, i quattro quinti dei loro mezzi per la conferenza!! Si, un ascesso è una cosa spiacevole, specialmente « nel processo di suppurazione ». Perché ai teorici dell’unione di tutti i gruppetti esteri, senza eccezione, altro non sia rimasto che l’intrigo è stato già dimostrato nel n. 24 dell’organo centrale. E oggi gli operai socialdemo- cratici russi faranno agevolmente la loro scelta: o difendere la loro commissione russa e la loro conferenza, oppure permettere a Tyszka, Leder e soci di ostacolarla con intrighi. Gli intriganti, è un fatto, si sono rovinati da sé — Tyszka e Leder erano già entrati nella storia del POSDR con gli assi di quadri in mano — e non riusciranno, a ostacolare la conferenza, a far saltare la commissione d’organizza- zione russa. E i liquidatori? Per tutto un anno e mezzo, dal gennaio 1910 al giugno scorso, quando avevano la maggioranza nell’Ufficio estero del CG e fedeli « amici » nei conciliatori dell’Ufficio russo del CC, non hanno fatto nulla, assolutamente nulla per il lavoro russo! Quando avevano la maggioranza, il lavoro era fermo. Quando invece i bolsce- vichi hanno demolito il liquidatore Ufficio estero del CC e si sono accinti alla convocazione di una conferenza, i liquidatori hanno co- minciato a muoversi. E mette veramente conto osservare in che cosa s ’è espresso questo « moto ». I bundisti, che rendono costantemente i piu preziosi servigi ai liquidatori, e che non molto tempo fa sole- vano approfittare dell'attuale « periodo dei torbidi » (tra i lettoni, per esempio, non si sa quale sarà l’esito della lotta tra le due cor- renti, la liquidatrice e la partitista), si sono procurati da qualche parte un caucasiano e tutta la compagnia è partita per la città di Z. per LÀ soluzione della crisi del partito 329 strappare una firma in calce alle risoluzioni compilate da Trotski e Dan nel Café Bubenberg (Berna, agosto 1911). Ma l’organizzazione dirigente lettone non l’hanno trovata, la firma non Phanno ottenuta e non hanno potuto preparare nessun documento firmato dalla ditta con il reboante nome « commissione d’organizzazione delle tre più forti organizzazioni ». Questi i fatti *. Sappiano gli operai russi come i bundisti cercano di condurre Pazione di sabotaggio della commissione d’organizzazione in Russia! Ma pensate un po’: mentre coloro che lavorano per la conferenza si recano negli Urali, nella regione del Volga, a Pietroburgo, Mosca, Kiev, lekaterinoslav, Rostov, Tiflis, Baku, i bundisti «si procurano» un « caucasiano » (evidentemente fra quegli assistenti che hanno in mano il « timbro » del Comitato regionale del Caucaso e che nel dicembre 1908 mandarono come rappresentanti alla conferenza del POSDR Dan e Axelrod!) e vanno a «strappare una firma» ai lettoni. Poco è mancato che questa banda di intriganti, al servizio dei liquidatori e assolutamente estranei a qualsiasi lavoro in Russia, scendessero effetti- vamente in campo come «commissione d’organizzazione di tre orga- nizzazioni », compresi i due « più forti » padroni del timbro! O vor- ranno forse, i signori bundisti e il caucasiano, rivelare al partito in quali organizzazioni russe siano stati, e quando precisamente, dove abbiano rimesso in piedi il lavoro, dove abbiano tenuto relazioni? Provatevici un po’, amici cari, raccontate! E i maestri esteri della diplomazia, col piglio altezzoso dei cono- scitori, trinciano giudizi: « non ci si può isolare », « bisogna avviare trattative col Bund e col Comitato regionale del Caucaso ». O commedianti! Imparino, riflettendo sul significato della storia del partito di questi due anni, coloro che oggi sono esitanti, rammaricando l’« iso- lamento » dei bolscevichi. Oh!, noi ci sentiamo meglio che mai per tale isolamento, avendo tagliato fuori le intriganti collezioni estere * Oltre agli impavidi bundisti, si sono precipitati a sabotare le risoluzioni anche i vperiodisti. Di questo gruppetto — assolutamente non otzovistico, Dio ci scampi! — si è precipitato un .noto otzovista ", che è « volato » a Kiev, a Mosca, a NiznJ, si è « conciliato » coi conciliatori e se ne ripartito senza ottenete nulla. Si racconta che il gruppetto Vperiod accusi dell’insuccesso il cattivo dio escogitato da Lunaciarskì e che abbia unanimemente deliberato di inventare un dio un tantino migliore. 330 LENIN di nullità e contribuito alla coesione degli operai socialdemocratici russi di Pietroburgo, di Mosca, degli Urali, della regione del Volga, del Caucaso e del Sud! Chi si lagna per Tisolamento non ha capito assolutamente nulla né della grande opera ideologica della sessione plenaria, né del suo errore conciliatore. Un anno e mezzo dopo la sessione plenaria s'aveva l’apparenza dell’unità all’estero e un ristagno completo del lavoro socialdemocratico in Russia. Sei o tre mesi del 1911 han fatto sì che il massimo isolamento apparente dei bolscevichi mettesse in moto per la prima volta il lavoro socialdemocratico russo, ridesse vita per la prima volta a un centro socialdemocratico russo. Chi non è ancora riuscito a capire che gli « ascessi » come il liquidatorismo e lotzovismo sono ideologicamente putridi e letali sarà ora perfettamente ammaestrato dalla storia della zizzania irtipotente e del misero intrigo cui si sono abbandonati i gruppetti del Golos e del Vperiod , trascinandosi dietro — nella loro caduta — tutti co- lorò che si sono provati a difenderli. Al lavoro, dunque, compagni socialdemocratici partitisti! Scuo- tetevi di dosso le ultime vestigia dei legami con le correnti non so- cialdemocratiche e coi gruppetti che, nonostante le decisioni del par- tito, le hanno alimentate. Stringetevi attorno alla commissione di or- ganizzazione russa, aiutatela a convocare la conferenza e a rafforzare il lavoro nelle varie località. Il POSDR ha superato una grave malat- tia: la crisi sta finendo. Viva il Partito operaio socialdemocratico russo, unito, illegale, rivoluzionario! Sotsial Demokrat, n. 25, 8 (21) dicembre 1911. DAL CAMPO DEL PARTITO « OPERAIO » DI STOLYPIN II piu grosso avvenimento in questo campo è l’articolo di N. R-kov nel n. 9-10 della liquidatrice Nascia Zarià. È un autentico Credo o manifesto del partito operaio liberale. Cominciando dal principio, dalla valutazione della rivoluzione e della funzione di tutte le classi, e giungendo con notevole coerenza sino alla fine, al progetto di un partito operaio f?) legale, R-kov sostituisce, in tutti i suoi ragiona- menti, il marxismo col liberalismo. Qual è il compito oggettivo che sta davanti alla Russia? Portare a compimento la sostituzione delPeconomia semifeudale con un « ca- pitalismo civile ». Ciò s’intona non al marxismo, ma allo struvismo o al liberalismo, poiché il marxista discerne classi che hanno un modo diverso, ottobrista, cadetto, populista, proletario, d’intendere ciò che è il capitalismo « civile ». Qual è il nocciolo della questione nella valutazione della rivo- luzione? R-kov condanna il piagnisteo e Tapostasia di chi grida all’« in- successo » della rivoluzione e contrappone loro... la grande verità pro- fessorale che anche in tempo di « reazione » maturano nuove forze sociali. È chiaro che una simile risposta di R-kov mette in luce il fondo della questione proprio nel modo in cui torna utile ai liberali controrivoluzionari, i quali ammettono in pieno la verità nuovamente scoperta da R-kov. Tutto sta nello stabilire quali classi, nella rivolu- luzione, sono state capaci di condurre una lotta diretta, di massa, rivo- luzionaria e quali classi hanno tradito questa lotta, schierandosi diret- tamente o indirettamente dalla parte della controrivoluzione. R-kov ha nascosto il fondo della questione, preparando cosi l’occultamento della differenza tra democrazia rivoluzionaria e opposizione « progres- sista » monarchico-liberale. Sul problema della funzione della classe dei grandi proprietari fondiari R-kov è di colpo giunto felicemente a dire cose assurde. Non 332 L]ENIN molto tempo fa, dice, i rappresentanti di questa classe « erano » degli autentici signori feudali; oggi « essi si raggruppano ancora in piccola schiera attorno ai Purisckevic e Markov 2° e, impotenti [!!], schizzano saliva intossicata dal veleno della- disperazione ». La maggioranza dei grandi proprietari fondiari nobili « si trasforma gradualmente e ine- luttabilmente in borghesia agricola ». In realtà, come ognuno sa, i Markov 2° e i Purisckevic sono da noi otf«/potenti, e nella Duma, e ancor piu nel Consiglio di Stato, e ancor piu nella banda zarista centonera, e ancor più nell’amministra- zione della Russia. Proprio « il loro potere e i loro redditi » (risolu- zione del 1908 della conferenza di dicembre) vengono assicurati dal passo avanti sulla via di tale trasformazione dello zarismo in monar- chia borghese. La trasformazione dell’azienda dei signori feudali in azienda borghese non elimina affatto immediatamente il potere poli- tico di questi centoneri: ciò è chiaro anche dal punto di vista dell’ab- biccì del marxismo; ciò si vede anche solo dall’esperienza della Prus- sia, dopo una « trasformazione » sessantennale (a cominciare dal 1848). In R-kov vìen fuori che in Russia non c’è né assolutismo, né monar- chia! R-kov applica il metodo liberale scolastico; la benigna ampu- tazione (sulla carta) degli estremi sociali sta ad « attestare » l'« inevi- tabilità del compromesso ». L’attuale politica agraria denota, secondo R-kov, un « compro- messo... che si profila come inevitabile [!] »; tra chi? «Tra i vari gruppi della borghesia ». Ma quale forza sociale — chiederemo noi al nostro « marxista » — costringerà al compromesso i Purisckevic, che hanno nelle mani tutto il potere? R-kov non risponde a questa domanda; ma poiché non molto lontano si trova in lui un accenno al processo di consolidamento della grande borghesia commerciale e industriale, al « futuro dominio » di una borghesia « moderatamente progressista », non è possibile che una conclusione: R-kov conta che la borghesia moderatamente progressista sottragga pacificamente il potere ai Purisckevic e ai Romanov. Sembra inverosimile, ma è un fatto. Proprio questo, che è la più volgare delle utopie liberali, sta alla base delle concezioni di R-kov, che si vanta di non far posto a « un solo grano di utopia ». Tra i li- quidatori estremi, che, da Larin a Cerevanin, Dan e Martov, offrono tutti, in forme e con frasi lievemente diverse, proprio quest'idea fon - DAL CAMPO DEL PARTITO « OPERAIO » DI STOLYPIN 333 c lamentale della conquista pacifica del potere da parte della bor- ghesia (ciò che piu conta: dietro pressione « dal basso »), e N, R-kov non v’è di fatto alcuna differenza. Ma nella vita, e non nell’utopia liberale, noi vediamo il domi- nio dei Purisckevic, temperato dal brontolio dei Guckov e dei Miliu- kov. Gli ottobristi e i cadetti « moderatamente progressisti » perpe- tuano, non minano questo dominio. La contraddizione tra questo do- minio e lo sviluppo borghese, indubbiamente avanzante, della Russia diviene sempre piti acuta (e non piu debole, come pensano i teorici del- T« inevitabile compromesso »). Forza motrice che determini la solu- zione di questa contraddizione possono essere soltanto le masse, cioè il proletariato, che si porta dietro la popolazione contadina. L’ex bolscevico, e ora liquidatore, respinge queste masse estre- mamente alla leggeva, come se le forche di Stolypin e il torrente delle ingiurie viekhiste le avessero eliminate non solo dall’arena poli- tica aperta, non solo dalle pagine delle pubblicazioni liberali, ma anche dalla vita. La popolazione contadina è debole alle elezioni — dice il nostro liberale nella sua « analisi » — , mentre la classe operaia viene da lui convenzionalmente «trascurata»!! R-kov se accinto a dimostrare che una rivoluzione in Russia (una «tempesta»), se anche è possibile, non è necessaria, «Trascu- rando », sia pure convenzionalmente, sia pure « per il momento », sia pure in caso di « debolezza alle elezioni », la classe operaia e la popolazione contadina, la rivoluzione è naturalmente impossibile, e non solo non necessaria! Ma in virtù della faciloneria liberale non sparirà dalla vita né l’onnipotenza di Purisckevic e di Romanov, né la resistenza crescente in seno a un proletariato in via di maturazione e a una popolazione contadina affamata e martoriata. Il fatto è che la linea del marxista, cioè del socialdemocratico rivoluzionario, che in ogni circostanza, nelle forme piu diverse — sia parlando ad un co- mizio, sia dalla tribuna della III Duma, sia in un Soviet di deputati Operai, sia nella piu pacifica, nella piu legale società operaia — pro- pugna l’esigenza di sostenere questa resistenza, di rafforzarla, di svi- lupparla, orientarla giustamente verso la completa vittoria, questa linea è stata da N f R-kov dovunque sostituita, nei suoi ragionamenti, con la linea del liberale, che non vuol vedere ciò che è stato cacciato nella clandestinità; che altro non vuole guardare che i Purisckevic in 334 LENIN via di « trasformarsi » in « civili junker » o i Miliukov « modera- tamente progressisti ». Questa è appunto la specifica cecità che è caratteristica della fa- scia Zarià e di tutto il partito operaio di Stolypin. In indissolubile legame con questa concezione, resa cieca dai. paraocchi liberali, è il concentrarsi esclusivo dell’attenzione sulla legalizzazione del partito operaio. Se « il compromesso è inevitabile », contro l’inevitabile lot- tar non vale, e alla classe operaia — cosi come alle altre classi in un ordinamento borghese che si è pienamente imposto — non resta che intrecciarsi un modesto nido filisteo in un angoletto di quest’ordina- mento. Questo il reale significato della predicazione dei legalitari, per quanto essa possa venir dissimulata con frasi « rivoluzionarie » da Martov, spalleggiato in questo ruolo dai signori Potresov, Iuri, Ciatski, Larin, Dan e soci. In R-kov questo reale significato di una legale « associazione di difesa degli interessi della classe operaia » è più chiaro della luce del sole. È chiaro che le « autorità » non autorizzeranno una simile asso- ciazione, non ne permetteranno l’« esistenza di fatto » persino nel caso in cui vi abbiano l’egemonia i Prokopovic. Solo dei ciechi libe- rali possono non vederlo. Ma una associazione di intellettuali che, sotto l’etichetta del socialismo, contrabbandano la predicazione libe- rale tra le masse operaie è già stata di fatto realizzata. Questa « asso- ciazione » è appunto la cerchia dei collaboratori della Nascia Zarià e del Dìelo Gizni\ la loro « bandiera », la bandiera ideologica del li- beralismo, viene « spiegata » da N. R-kov quando questi assicura che senza un’organizzazione legale la lotta assumerebbe inevitabilmente (M) un carattere anarchico, che le vecchie parole d’ordine si sono tra- sformate in parole morte, che la tattica non può essere ridotta a una « rissa », che nella nuova « associazione » non v’è « nemmeno un pensiero [!] sulla necessità di un rivolgimento violento », ecc. Questa predicazione liberale, da rinnegati, degli intellettuali è appunto una realtà, mentre l’associazione operaia legale è una vuota frase. L’asso- ciazione di difesa liberale degli interessi della classe operaia intesi alla liberale è una realtà, è appunto la Nascia Zarià , e un'« organizza- zione politica legale e vasta » degli operai nella Russia odierna è un’in- nocente, vacua, falsa fantasticheria liberale. Organizzare sindacati legali — pur rendendosi conto che oggi DAL CAMPO DEL PARTITO « OPERAIO » DI STOLYPIN 335 essi non possono divenire né vasti, né « politici », né saldi — è opera utile. Predicare cose da liberali circa una associazione operaia politica senza pensare alla violenza è opera vacua e nociva. Per concludere, due curiosità. Prima curiosità. « Se qualcuno — scrive R-kov — , acciecato dalla follia reazionaria, avesse ridea di accusare i membri di tale associazione di tendere a un rivolgimento violento, tutto il peso di una simile accusa, insensata, infondata* giu- ridicamente nulla, ricadrebbe sul capo dell’accusatore ». Quadro: sul capo di Stceglovitov e soci ricade il peso di accuse giuridicamente nulle, e con questo «peso» li schiaccia N. R-kov, e non Rodicev... Seconda curiosità. Gli operai — scrive R-kov — « devono assu- mersi il compito dell’egemonia politica nella lotta per il regime demo- cratico ». R-kov riconosce l’egemonia dopo averla interamente svuotata del contenuto . Operai, dice R-kov, voi non dovete lottare contro l’« inevitabile » compromesso, ma dovete autodefinirvi egemoni. Ma essere egemoni significa precisamente spiegare il carattere fittizio del- l’idea dell« inevitabilità » del compromesso e lottare per la linea della resistenza proletaria e proletario-contadina ai compromessi non de- mocratici della borghesia. N. R-kov reca lo stesso contributo alla causa della lotta contro i liquidatori che Iu. Larin recò alla causa della lotta contro l’idea sba- gliata di un congresso operaio. N. R-kov e Iu. Larin hanno avuto l’ardire di mostrarsi... a nudo. R-kov è un onesto liquidatore. Con la sua intrepidezza egli indurrà a pensare alle radici ideologiche del liquidatorismo, e confermerà ancora una volta la giustezza delle riso- luzioni del POSDR del dicembre 1908, poiché pone sistematica- mente (e risolve sempre in maniera sbagliata) proprio quei problemi che in queste risoluzioni sono stati esaminati e risolti in maniera giusta. R-kov farà apparire particolarmente meschini, agli occhi degli operai, quei diplomatici del* liquidatorismo che, come i redattori della N ascia Zarià (o del Golosi, tergiversano e cavillano, ammucchiano riserve su riserve, respingendo la responsabilità di « questi o quei brani » deH’articolo di R-kov o della « concretizzazione » del suo pianoi Come se si trattasse di questi o quei brani, ecc., e non di una linea unica, organica, continua: la linea della politica operaia liberale! Sotsial-Demobar , n. 25, S (21) dicembre 1911. SULLA DIPLOMAZIA DI TROTSKI E SU UNA PIATTAFORMA UNITARIA DEI PARTITATI Il processo di estinzione dei gruppetti esteri che cercano dì fon- dare la loro esistenza sul giuoco diplomatico con le correnti non social- democratiche del liquidatorismo e deirotzovismo viene Validamente illustrato dal n. 22, uscito recentemente dopo lunga interruzione^ del giornale di Trotski, la Pravda . Il giornale è uscito il 29 novembre nuovo calendario, quasi un mese dopo la pubblicazione del comunicato della commissione di Or- ganizzazione russa. Del comunicato Trotski non dice nemmeno una parola! Per Trotski questa commissione non esiste. Egli si autodefinisce partitista in base al fatto che per lui il centro russo del partito, creato dalla stragrande maggioranza delle organizzazioni socialdemocratiche russe, è uguale a zero! O forse, compagni, Trotski e il suo gruppetto estero sono invece essi stessi uno zero per le organizzazioni socialde- mocratiche russe? Trotski stampa in grassetto, con la massima evidenza, la sua as- sicurazione * — ma come giurarci poi sopra? — che il suo giornale « non è frazionista, ma partitista ». Date un’occhiata un tantino piu attenta al contenuto del n. 22 e vedrete subito la facile .meccanica* del giuoco con le frazioni non di partito dei vperiodisti e dei- liquidatori* Ecco la corrispondenza da Pietroburgo firmata S.V. e che recla- mizza il gruppo Vperiod. S.V. rimprovera a Trotski di non aver pub- blicato la risoluzione dei pietroburghes'i contro la campagna per la petizione, inviatagli molto tempo fa. Trotski, accusato dai vperiodisti di * angusto frazionismo» (che nera ingratitudine ! ) t tergiversa e ca- villa. richiamandosi al fatto che il suo giornale è povero ed esce di rado, Il giuoco è cucito con filo bianco: noi diamo a voi e voi date SULLA DIPLOMAZIA DI TROTSKI 337 a noi; noi (Trotski) taceremo sulla lotta dei partitisti contro gli otzo- visti e contribuiremo, invece, a reclamizzare il Vperiod , ma voi (S.V.) permettete un po’ ai liquidatori la « campagna per la petizione », Difesa diplomatica di entrambe le frazioni non di partito: non è forse 'questo vero partitismo? Ecco un editoriale frasaiuolo sotto un titolo altisonante: Avariti! « Operai coscienti! — vi leggiamo — voi non avete ora parola d’or- dine piu importante» (ma guarda un po’!) «ed universale» (s’è im- brogliato il poveraccio) « della libertà sindacale, di riunione e di scio- pero ». « La socialdemocrazia — leggiamo piu avanti — chiama il proletariato alla lotta per la repubblica. Ma perché la lotta per la repubblica non sia la nuda [ ! ! ] parola d'ordine di pochi eletti è necessario che voi, operai coscienti, insegniate alle masse a compren- dere, in base all’esperienza, la necessità della libertà di associazione e a lottare per questa vitale rivendicazione di classe ». La frase rivoluzionaria serve a dissimulare e a giustificare la fal- sità del liquidatorismo, ottundendo cosi la coscienza degli operai. Per- ché la parola d'ordine della repubblica sarebbe una nuda parola d’or- dine per pochi, quando la repubblica significa impossibilità di sciogliere la Duma? libertà di associazione e di stampa? libertà dei contadini dalle violenze e dal saccheggio dei Markov, dei Romanov, dei Puri- sckevic? Non è forse chiaro che è precisamente l’opposto? che « nuda » é assurda, quale parola d’ordine « universale », è la parola d’ordine della « libertà sindacale », qualora non sia collegata a quella della re- pubblica? È assurdo rivendicare dalla monarchia zarista la « libertà sinda- cale » senza spiegare alle masse l’inconciliabilità di tale libertà con lo zarismo e la necessità della repubblica per una tale libertà. La pre- sentazione alla Duma dei progetti di legge sulla libertà sindacale, le interpellanze e i discorsi su simili temi, a noi socialdemocratici devono appunto servire come pretesto e materiale per l’agitazione in favore della repubblica. « Gli operai coscienti devono insegnare alle masse a comprendere in base all’esperienza la necessità della libertà di associazione »! Vec- chia canzone del vecchio opportunismo russo, già trita e ritrita dagli « economisti »! V esperienza delle masse è che i ministri sopprimono i loro sindacati, mentre governatori e gendarmi impiegano ogni giorno 338 LENIN la violenza: questa è l’autentica esperienza delle masse. Esaltare, in contrapposizione alla repubblica, la parola d’ordine della « libertà sin- dacale » è una frase da intellettuale opportunista, staccato dalle masse. È la frase di un intellettuale che s’immagina che l’« esperienza » di una «petizione» (appoggiata da 1300 firme) o di un progetto di legge messo a dormire sia qualcosa che educhi le « masse ». In realtà le educa un’altra esperienza, viva e non cartacea, le illumina l’agita- zione degli operai coscienti proprio per la repubblica, unica parola d’ordine universale nel senso della democraticità politica. Trotski sa benissimo che i liquidatori, nelle pubblicazioni legali, uniscono precisamente la parola d’ordine « libertà di associazione » alla parola d’ordine: abbasso il partito illegale, abbasso la lotta per la repubblica. Il compito di Trotski consiste appunto nel dissimulare il liquidatorismo gettando polvere negli occhi agli operai. Con Trotski non si può discutere sulla sostanza, dato che egli non ha idee. Si può e si deve discutere con i liquidatori e gli otzovisti con- vinti, ma con un uomo che giuoca a nascondere gli errori sia degli uni che degli altri non si discute: lo si smaschera come... diplomatico della peggiore lega, Bisogna invece discutere con gli autori delle tesi per una piat- taforma andate a finire nel n. 22 della Pravda, Il loro errore deriva o dal fatto che non conoscono le risoluzioni di dicembre (del 1908) del POSDR, o dal fatto che non si sono completamente liberati da certe oscillazioni di pensiero liquidatrici e « vperiodiste ». La prima tesi dice che il regime del 3 giugno è « di fatto il do- minio illimitato dei proprietari fondiari nobili di tipo feudale », rile- vando inoltre che essi « dissimulano il carattere burocratico-autocra- tico del loro dominio dietro la maschera pseudocostituzionale di una Duma priva di fatto di ogni diritto ». Se la Duma dei grandi proprietari fondiari è « priva di fatto di ogni diritto » — e ciò è esatto — , come il dominio dei proprietari fondiari può essere « illimitato »? Gli autori dimenticano che il carattere di classe della monarchia zarista non elimina in alcun modo Tenorme indipendenza e autonomia del potere zarista e della « burocrazia », da Nicola II all’ultimo gen- darme. Quest’errore — dimenticare l’autocrazia e la monarchia, ri- SULLA DIPLOMAZIA DI TROTSKI 339 durre direttamente quest'ultima al « puro » dominio delle classi su- periori — l’hanno commesso gli otzovisti nel 1908 e 1909 (cfr. il Proletari , supplemento al n. 44) l0 °, l’ha commesso Larin nel 1910, lo commettono alcuni singoli scrittori (per esempio M. Alexandrov), lo commette N. R-kov, ora passato ai liquidatori. Nelle risoluzioni di dicembre (del 1908) viene appunto data quelTanalisi del dominio dei feudali, appoggiati dalla borghesia, che ta- glia quest’errore alle radici. La seconda tesi consiste in un richiamo al programma minimo del POSDR, dove si assegna « un posto particolarmente eminente » a molte rivendicazioni del genere della libertà di associazione e della confisca delle terre dei grandi proprietari, ma non si menziona la repubblica. Pensiamo che ciò sia sbagliato. Pur riconoscendo in pieno l’incondi- zionata necessità di un’agitazione per la libertà di associazione, pen- siamo che la parola d’ordine della repubblica vada collocata nel posto più eminente. Terza tesi: « Necessità di nuove azioni rivoluzionarie delle larghe masse popolari », senza di che è impossibile attuare le nostre riven- dicazioni. Quest’ultima cosa è più che giusta, ma è solo la metà della verità. I marxisti non possono limitarsi a un richiamo alla « necessità » di nuove azioni delle masse; devono innanzi tutto mostrare quali cause determinino (se lo determinano) l’approssimarsi di una nuova crisi ri- voluzionaria, Senza una tale crisi le « azioni » — esse sono, se volete, sempre « necessarie »! — sono impossibili. Gli autori hanno le migliori intenzioni rivoluzionarie, ma nel loro modo di pensare c'è una certa lacuna. Le risoluzioni di dicembre (del 1908) non deducono cosi semplicemente la « necessità » di nuove azioni, ma in compenso lo fanno in maniera più giusta. . Quarta tesi: « Possibilità di questa nuova azione rivoluzionaria delle masse in un futuro più o meno prossimo e critica spietata... della funzione controrivoluzionaria della borghesia », ecc. La critica è sempre necessaria, indipendentemente dalla « possi- bilità di azioni », persino quando le azioni delle masse sono manife- stamente impossibili. Collegare la possibilità di azioni e la critica si- gnifica confondere la linea del marxismo, sempre obbligatoria, con una delle specie (particolarmente alta) di lotta. Questo è il primo 340 LENIN errore. E il secondo è che « non ci si vanta partendo per il campo di battaglia, ma quando se ne torna »: non serve a nulla parlare della possibilità di azioni, bisogna dimostrarla coi fatti. Nella piattaforma è sufficiente rilevare l’inizio dell’ascesa e sottolineare l’importanza del- l’agitazione e della preparazione dell’azione delle masse. Se in un fu- turo prossimo o non prossimo si avranno queste azioni ce lo diranno gli avvéniménti. La quinta tesi è eccellente, poiché sottolinea l’enorme importanza della Duma come tribuna di agitazione. Non sappiamo chi siano gli autori del foglio. Ma se sono i vperio- disti russi (come si potrebbe pensare in base a certi indizi), bisogna caldamente congratularsi con loro per essersi liberati di un errore del gruppetto Vperiod. In tali vperiodisti è presente la coscienza di par- tito, poiché danno una risposta diretta, chiara, ad una delle questioni « nevralgiche ». Il gruppo Vperiod inganna invece il partito con la massima incoscienza, poiché a tutt’oggi, nel dicembre 1911 , difende e copre l’otzovismo, non dà una risposta diretta alla questione della partecipazione alla IV Duma. Riconoscere come socialdemocratico un tale gruppo significa farsi beffe della socialdemocrazia. Sotsiat-Demokrat, n, 25, 8 (21) dicembre 1911. LE CONCLUSIONI DEL COLLEGIO ARBITRALE DEI « DEPOSITARI » Alla sessione plenaria del CC del gennaio 1910 i rappresentanti della frazione bolscevica (unanimemente riconosciuti come rappresentan- ti di questa frazione da tutti i membri della sessione plenaria) avevano concluso, com’è noto, un accordo con tutte le altre frazioni del nostro partito. Quest’accordo fu pubblicato nel n. 11 dell’organo centrale e stabiliva che i bolscevichi avrebbero sciolto la loro frazione e conse- gnato il loro patrimonio al CC a condizione che venissero sciolte tutte le altre frazioni e che queste seguissero una linea di partito, cioè anti- liquidatrice e antiotzovistica. Nel caso che queste condizioni fossero state violate, l’accordo, approvato dal CC, prevedeva la restituzione del denaro ai bolscevichi (cfr. la risoluzione pubblicata nel n. 11 del- Porgano centrale). I fatti a tutti noti della violazione di questo accordo da parte delle altre frazioni costringevano i bolscevichi un anno fa, il 5 dicem- bre 1910, ad avanzare una richiesta, cioè una dichiarazione circa la rescissione dell’accordo, e a esigere che venisse loro restituito il denaro. L’esame di questa richiesta veniva deferito al collegio arbitrale dei « depositari » (Kautsky, Mehring e la Zetkin), il quale deliberava: innanzi tutto, prima del 1° novembre 1911, consegnare una parte del denaro quale acconto per le spese alla commissione tecnica e alla com- missione di organizzazione estera, costituite di rappresentanti dei bol- scevichi, dei conciliatori e dei polacchi. Nell’ottobre scorso due dei giudici arbitrali, Mehring e Kautsky, rinunciarono al loro incarico. Il terzo giudice non aveva il diritto, dopo questo fatto, di restare l’unico giudice e, dopo qualche esitazione, ri- nunciava anche lui all’incarico. 342 LENIN La frazione bolscevica, che il 5 dicembre 1910 aveva rescisso Taccordo con le altre frazioni, è venuta così a trovarsi, dal 2 novem- bre, fuori dei rapporti concordatari con gli ex depositari. Perciò è entrata in possesso della propria tipografia e sta per entrare in pos- sesso del restante patrimonio di frazione. Va da sé che, una volta liberata dal « vincolo » che la legava ai gruppi esteri dei liquidatori, otzovisti e semplici intriganti, la fra- zione bolscevica impegnerà tutte le sue forze — come ha già dimo- strato il lavoro dei suoi membri per la creazione della commissione di organizzazione russa — a raggruppare tutti gli elementi partitisti attorno alla commissione e alla conferenza generale del partito da essa convocata. I rappresentanti della frazione bolscevica che stipularono l’ac- cordo alla sessione plenaria del gennaio 1910 1GI . P.S. La presente dichiarazione era già stata consegnata alla re- dazione dell’organo centrale quando abbiamo letto il foglio del cosid- detto Ufficio estero del CC con la lettera del 18 novembre di due ex giudici arbitrali. Chi vogliono ingannare Igorev e Liber spacciandosi per l’Ufficio, quando i lettoni e persino Tyszka ne sono usciti? Per* che non dicono che al 18 novembre erano già trascorse due setti- mane e mezzo dacché il collegio arbitrale aveva cessato di esistere e che quindi quella lettera non ha e non può avere nessun valore? O forse prima del 1° novembre i signori Igorev e Martov non ricono- scevano il collegio arbitrale? Ditelo, dunque, e dimostratelo, egregi signori! Riconoscete forse il collegio arbitrale dopo il 1° novembre? Prima del 1° novembre il collegio arbitrale, da tutti riconosciuto, vi aveva condannati , poiché non era stato dato un solo centesimo né a voi, né a Trotski, nonostante le vostre preghiere,, richieste e « pro- teste ». Questi signori, legalmente condannati da un collegio arbitrale da tutti riconosciuto, cercano ora di farsi scudo deH’opinione perso- nale degli ex giudici arbitrali, che non impegna nessuno. Dal 1° novembre il collegio arbitrale non esiste piu, e noi tutti siamo ritor- nati, sotto questo aspetto, alla situazione esistente prima della ses- sione plenaria. Se un ex depositario continuasse a tenersi il denaro dei bolsceviche commetterebbe un’azione illegale. LE CONCLUSIONI DEL COLLEGIO ARBITRALE 343 Ma il fatto è proprio che i signori Igorev e Liber corrono dietro alla « sensazione », mentre hanno paura di esporre la storia dell’arbi- trato in base a documenti precisi, Se non imbrogli, non vendi: ecco il loro motto. Sutsìal-Demokrat , n. 23, 8 (21) dicembre 1911. LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LA IV DUMA I. Questioni di principio fondamentali . Il partito cadetto, che, fra i cosiddetti partiti di opposizione, è nella situazione migliore nel senso di un’esistenza aperta, ha fatto teste un passo estremamente importante per la definizione della sua politica nella . campagna elettorale. La politica cadetta, come ci atte- stano le fonti a noi piu accessibili e che simpatizzano per i cadetti è stata definita come segue: 1) I cadetti presentano propri candidati là dove la loro elezione è sicura. 2) Là dove non si può contare su una maggioranza assoluta dei voti a favore del candidato cadetto, essi appoggiano quel candidato progressista , senza distinzione di partito, che può' raccogliete il maggior numero di voti. 3) Nel caso in Cui il candidato dell’ opposizione non abbia al- cuna probabilità di riuscire ed esista un pericolo centonero, l'appoggio al candidato ottobrista viene ammesso solo se quest’ultimo sia un au- tentico costituzionalista, cosa che, per quanto possa stupire, talvolta avviene. 4) I cadetti non stringono nessun accordo elettorale né con gli ottobristi di destra, né con i nazionalisti e i monarchici. In generale, pur senza dimenticare gli interessi' del partito, essi non sacrificano loro i superiori interessi dell’opposizione nel senso piu ampio della parola. Questa la politica cadetta. La democrazia operaia deve assumere verso di essa un atteggiamento sommamente oculato, afferrando la Sua effettiva sostanza di classe e il suo vero significato, dissimulati dalle consuete frasi convenzionali. Queste frasi, sui « superiori inte- LA campagna elettorale PER LA IV DUMA 345 ressi dell’opposizione », ecc., saltano subito agli occhi leggendo le de- cisioni cadette. E la sostanza della cosa è che la politica Cadetta si è oggi pienamente e definitivamente precisata come politica del blocco cadetto-ottobrista; sostanza che bisogna capire, trarre nettamente fuori dalla scorza delle solite frasi fatte liberali. 1) Non una sola parola sui blocchi con elementi di sinistra, coi democratici. 2) Sono vietati i blocchi coi soli ottobristi di destra; si tratta di una minoranza insignificante degli ottobristi, di quelli « a viso aperto ». 3) La frase sui « superiori interessi dell’opposizione nel senso piu ampio della parola » può di fatto significare una sola cosa: l’autorizzazione di fatto (e la raccomandazione!), come regola generale, dei blocchi con gli ottobristi. Queste tre conclusioni circa Yefjettiva politica dei cadetti de- vono essere saldamente assimilate. Qual è il loro significato? Il « centro-sinistra » del liberalismo borghese ha definito la sua politica come politica di blocco col centro- destra del, con licenza parlando, liberalismo borghese, ha dichiarato apertamente la sua ostilità verso i centoneri ed espresso la sua ostilità verso le sinistre, verso la democrazia, non parlando di nessun blocco coi trudovikì , con gli elementi di sinistra senza partito e coi candi- dati operai. Quanto dicevamo nel n. 28 della Zviezdà , nell’articolo I due cen- tri, è stato pienamente confermato. In Russia ci sono tre forze politiche e, quindi, tre linee politiche fondamentali,: i centoneri (interessi di classe dei grandi proprietari fondiari feudaii) e, con loro e sopra di loro, la « burocrazia »; indi la borghesia monarchico-liberale: « centro »-sinistra (cadetti) e « cen- tro »-destra (ottobristi); infine la democrazia borghese ( trudovikì , po- pulisti, elementi di sinistra senza partito) e proletaria. La giustezza proprio di questa divisione, e di essa soltanto, è stata confermata da tutta l’esperienza del primo decennio del secolo XX, e questo decennio è stato straordinariamente importante e ricco di avvenimenti. Naturalmente tutti i limiti, sia nella natura che nella società, sono mobili, sono in certa misura convenzionali, mutevoli, e non cosa morta. Le forme di transizione e le oscillazioni dei partiti e dei gruppi che si trovano « sul limite » delle divisioni fondamentali sono inevitabili, 346 LENIN ma il fondo della cosa, generato dai rapporti delle forze di classe della Russia deirinizio del secolo XX, è determinato precisamente dalla suin- dicata divisione « tripartita ». La confusione del liberalismo borghese (capeggiato dai cadetti) con la democrazia borghese ha recato non poco danno al movimento di emancipazione russo, e bisogna fare ogni sforzo perché l’esperienza del grande decennio (1900-1910) aiuti tutta la de- mocrazia a rendersi definitivamente conto che una simile confusione è errata ed esiziale. Davanti alla democrazia operaia della nostra epoca stanno perciò due compiti, indissolubilmente legati l’uno all’altro: in primo luogo, un’organizzazione politica autonoma della classe degli operai salariati, separata da tutti gli imprenditori, grandi e piccoli, anche i piu democratici, e subordinata a tutto il movimento interna- zionale, mondiale, di questa classe; e, in secondo luogo, sviluppo e consolidamento delle forze della democrazia russa (alla cui testa si trovano inevitabilmente gli operai, cosi come alla testa del liberalismo borghese si trovano inevitabilmente elementi sociali del tipo dei ca- detti). Quest’ultimo compito non può essere assolto senza spiegare instancabilmente alle più larghe masse le radici sociali e il significato politico del limite tra il liberalismo borghese (cadetti) e la democrazia borghese ( trudoviki , ecc.). La borghesia liberale non può e non vuole fare a meno dei Markov e dei Purisckevic, dei quali essa tende soltanto a moderare il dominio. La democrazia borghese e gli operai non possono non tendere, con maggiore o minore coerenza e consapevolezza, a distruggere tutte le basi economiche e politiche di questo dominio. Questo il contenuto fondamentale della campagna elettorale per la IV Duma dal punto di vista della democrazia operaia. Proprio questo contenuto dev’essere posto in primo piano in contrapposizione alla politica cadetta, che ingarbuglia intenzionalmente tutte le que- stioni di principio fondamentali mediante frasi generiche sul « pro- gressivismo » e sull’« opposizione ». Il blocco ottobrista-cadetto non è una novità. I marxisti l’ave- vano previsto da tempo, indicando, già negli anni 1905-1907, la pa- rentela intima, di classe, delle due parti costitutive di questo blocco. Alla III Duma si determinarono subito due maggioranze, e già alla fine del 1907 i marxisti fecero di questa conclusione la pietra angolare della loro politica. Il quinquennio della III Duma ha confermato que- LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LA IV DUMA 347 sta conclusione. A grandi linee la seguente *: destre 160 ottobristi 124 liberali 127 democrazia 29 T otale 440 composizione di questa Duma è la 284 * prima maggióranza 251 • seconda maggioranza La III Duma si è costantemente appoggiata a queste due maggio- ranze, che sono state gli elementi costitutivi indispensabili di tutto il sistema del 3 giugno: la prima maggioranza è la completa conserva- zione del « vecchio » al potere; la seconda significa « un passo avanti sulla via » che porta alla monarchia borghese. La prima è necessaria al sistema del 3 giugno per mantenere « il potere e i redditi » ai Mar- kov, ai Purisckevic e soci, la seconda per moderare questo dominio e per muoversi in avanti alla maniera borghese (secondo la formula: un passo avanti e due indietro). L'esperienza ha ora mostrato chia- ramente che tale movimento in avanti equivale alla stasi, e non si ottiene la « moderazione » dai Purisckevic. Un'intera serie di votazioni alla III Duma sono state votazioni della « seconda maggioranza »; recentemente la Riec lo ammetteva chia- ramente, dicendo che « una serie di votazioni » all’inizio dellultima sessione « riproducono di fatto il dominio alla Duma del centro-sini- stra » (leggi; del blocco ottobrista-cadetto). Tali votazioni sono state possibili solo perché anche la seconda maggioranza, come la prima, è sul terreno della controrivoluzione: basta ricordare i Viekhi , o i pii discorsi di Karaulov, oppure le parole d’ordine « londinesi », per illu- strare questo fatto. Ma dove sono i risultati di queste « vittorie » della seconda mag- gioranza? Dove sono i fatti che confermino la scoperta, veramente sorprendente, del partito cadetto che tra gli ottobristi ci sono degli * Il calcolo vien fatto in base ai dati del Vrontuano ufficiale per il 1910 (parte II). Destra — vera e propria destra — , 51; nazionalisti, 89; oitobrisii di destra, 11; metà dei senza partito, 9; liberal-progrcssisti, 39; cadeiti. 52; tutti i gruppi nazionali, 27; l’altra metà dei senza partito, 9; democrazia-/fWori£/, 14; e socialdemocratici, 15. 348 LENIN « autentici costituzionalisti »? Non attesta forse, questa scoperta, un grandissimo avvilimento, nella coscienza dei cadetti, del concetto di « autentico costituzionalismo »? Il primo e fondamentale problema è, nella campagna elettorale, quello del suo contenuto politico, della linea ideologica che vi si espri- me. La decisione del partito cadetto indica ancora una volta la sua natura antidemocratica, poiché il contenuto della campagna elettorale dei cadetti si riduce a un ulteriore avvilimento del concetto di « costi- tuzionalismo » nella coscienza delle masse. Insegnare al popolo che tra gli ottobristi « di sinistra » possono esserci degli autentici costituziona- listi: ecco che cosa vuol fare il partito cadetto, ecco il senso della sua politica elettorale. II compito della democrazia è un altro: non avvilire il concetto di costituzionalismo, ma spiegare quanto è illusorio sinché il potere e i redditi resteranno ai Markov e soci. Il contenuto della campagna elettorale dei democratici operai è determinato dal compito di Spie- gare la differenza tra liberalismo e democrazia, di raggruppare le forze di questultima, di serrare le file degli operai salariati in tutto il mondo. I cadetti si allontanano ancora di piu dalla democrazia con le decisioni della loro conferenza. Nostro compito è di raccogliere le forze contro ogni medioevo e in contrapposizione ai blocchi ottobri- bristi-cadetti. II. Funzione dei grandi elettori operai nella campagna elettorale La campagna elettorale per le elezioni alla IV Duma è aperta. L’ha aperta il governo con le sue circolari in merito all'appoggio del partito « nazionale », con le sue « misure » circa il censo dei candidati governativi e reliminazione dei candidati dell'opposizione in generale e della democrazia in particolare. Ha aperto la campagna elettorale anche la stampa d’opposizione. L’ha aperta anche il partito cadetto, con le sue decisioni sul blocco con gli ottobristi « di sinistra ». La democrazia operaia deve perciò immediatamente rivolgere, la massima attenzione al problema delle elezioni e prima di tutto, non dif- LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LA IV DUMA 349 ferendo la cosa nemmeno di una settimana, discutere sistematicamente la propria tattica, preparare tutti i fautori della democrazia all’adem- pimento della loro importante e responsabile funzione. Nel presente articolo intendiamo soffermarci sulla funzione dei grandi elettori operai. Naturalmente, come sempre, si pone anche qui in primo piano il contenuto del lavoro, cioè la linea politico-ideologica della campagna. Educare e organizzare la classe operaia, unirla in un partito autonomo solidale con quelli dell’Europa occidentale, chiarirle i suoi fini storici di trasformazione delle condizioni fondamentali dell’eco- nomia mercantile e del capitalismo, delimitare fermamente il suo par- tito da tutte le tendenze della democrazia -borghese, sia pure «di si- nistra», populiste, ecc.: questo il compito fondamentale. Questo compito è identico per la democrazia operaia di tutti i paesi, e proprio per questo la sua applicazione all’epoca attuale in un solo paese, in Russia, esige che si tenga conto — in nome di questo compito comune — dei compiti particolari, concreti, del nostro tempo. Tra questi compiti della democrazia operaia russa se ne pongono ora in primo piano — per le condizioni oggettive — due, strettamente legati tra loro. Essi sono i seguenti: in primo luogo, la chiara co- scienza del nesso esistente tra la corrente liquidatrice (rappresentata, com’è noto, dalla Nascia Zarià e dal Dielo Gizni) e una corrente con- trorivoluzionaria borghese largamente diffusa, il « viekhismo ». È ne- cessario aver chiara coscienza del danno dell’influenza borghese sul proletariato, per superare questa stessa influenza e per determinare gli scopi urgenti, immediati, che investono la Stessa esistenza della de- mocrazia operaia, scopi negati dai liquidatori. In secondo luogo, si tratta -del compito di organizzare la democrazia dì sinistra, delimi- tando chiaramente la democrazia (borghese) dal liberalismo borghese. Senza di ciò l’egemonia della democrazia operaia, una delle condizioni necessarie per qualsiasi passo avanti sulla via del movimento di eman- cipazione in generale, è irrealizzabile. Confondere il liberalismo (partito dei cadetti) con la democrazia ( trudoviki , « populisti » sinistreggianti) è in linea di. principio radical- mente sbagliato e porta in pratica a tradire gli interessi della demo- crazia. Ai grandi elettori operai spetta il compito di difendere il giusto modo d’intendere il movimento di emancipazione, di spiegare la so- stanza di classe dei partiti (non lasciandosi ingannare dalle « insegne », 350 LENIN dalle parole altisonanti e dai nomi ad effetto), di dividere chiaramente le destre (dai centoneri agli ottobristi), i liberali borghesi (i cadetti e tutti i loro simili) e la democrazia (democratici borghesi sono i trudo- vìki e le correnti ad essi affini; i marxisti, poi, costituiscono, la demo- crazia proletaria). I grandi elettori operai, nel sistema elettorale basato sulla legge del 3 giugno 1907, hanno una funzione particolare nelle assemblee elettorali di governatorato. Ottenere che tutti questi grandi elettori siano dei fedeli, sicuri rappresentanti della democrazia operaia: ecco il compito pratico immediato. In sei governatorati, com’è noto, all’insieme dei grandi elettori operai è assicurato un deputato alla Duma per ogni governatorato. Questi governatorati sono: Pietroburgo, Mosca, Vladimir, Iekateri- noslav, Kostromà e Kharkov. Ma questo deputato viene eletto dal- l’assemblea elettorale di governatorato nel suo insieme , ossia quasi sempre dai grandi elettori di destra: proprietari fondiari e grandi bor- ghesi, ottobristi. Per garantire che vengano eletti deputati dei demo- cratici operai bisogna ottenere che tutti i grandi elettori operai, senza eccezione, appartengano alla democrazia operaia e siano fermamente schierati in favore di un determinato candidato del loro ambiente. Basta un solo « transfuga » o un solo grande elettore liberale « di destra » perché gli ottobristi facciano passare proprio lui, a dispetto della maggioranza dei grandi elettori operai! Ma non solo in questi sei governatorati vi sono grandi elettori operai in seno alle assemblee elettorali di governatorato. Complessi- vamente vi sono 112 grandi elettori operai in 44 governatorati (su 53). Qual è la funzione di questi grandi elettori? In primo luogo essi devono sempre seguire una linea ideologica, organizzando la demo- crazia (specialmente contadina), sottraendola all’influenza dei liberali. Qui il campo d’azione è estremamente importante. In secondo luogo i grandi elettori operai possono le devono sforzarsi di farlo) essere eletti dividendo i voti della destra dai liberali. Spieghiamo quest’ultimo compito con un esempio. Il governato- rato di Viatka ha alla III Duma due deputati socialdemocratici: Astra- khantsev e Putiatin. Tuttavia nel governatorato di Viatka non v’è, in base alla legge, nessun deputalo della curia operaia. Nell’assemblea elettorale del governatorato dì Viatka i grandi elettori sono 109, dei La CAMPAGNA ELETTORALE PER LA TV DUMA 351 quali 4 operai. In che modo i quattro operai (su 109) hanno man- dato due dei loro alla Duma? Indubbiamente nell’assemblea eletto- rale del governatorato i voti - erano divisi e i liberali non potevano sconfiggere la destra senza l’aiuto degli operai. Costretti a bloccare con questi, hanno dovuto dividersi con loro i posti, e hanno mandato alla Duma due socialdemocratici. L’insieme dei deputati alla Duma del governatorato di Viatka è risultato il seguente: 1 progressista, 3 ca- detti, 2 trudovìki , 2 socialdemocratici, ossia 4 liberali e 4 democra- tici. In questo governatorato gli operai avrebbero potuto conquistarsi anche tre posti, se fossero riusciti a dividere i grandi elettori demo- cratici da quelli liberali in modo da ottenere la maggioranza dei primi sui secondi. Supponiamo che, su 109 grandi elettori, 54 fossero di destra (50 dei 53 grandi elettori dei proprietari fondiari e 4 dei 17 grandi elettori del primo congresso degli elettori urbani). Supponiamo inoltre che, degli altri 55, i liberali fossero 20 (3 proprietari fondiari, 13 cittadini della prima categoria e 4 cittadini della seconda categoria), e i democratici 35 (23 grandi elettori contadini, 8 cittadini della se- conda categoria e 4 operai). In tali condizioni i democratici avrebbero dovuto ottenere 5 posti su 8, e gli operai avrebbero potuto conquistarsi 3 posti grazie alla fiducia in loro riposta dalla democrazia contadina. Nel governatorato di Ufà tutti i posti di deputato sono stati con- quistati dai liberali (comprendendo anche i musulmani). Di demo- cratici nemmeno uno. Tuttavia i 3 grandi elettori operai di quel go- vernatorato, data la presenza di 30 grandi elettori dei contadini, avreb- bero indubbiamente potuto, sapendo meglio organizzare la democra- zia, conquistare un posto sia ài trudovìki che a se stessi. Del governatorato di Perm ci sono alla III Duma 6 liberali e 3 democratici, dei quali solo uno socialdemocratico. Tuttavia il numero dei grandi elettori contadini è qui di 26: fra di essi i liberali,, che avevano la maggioranza nell’assemblea elettorale del governatorato, hanno eletto un trudovik , il che significa che si può considerare la curia contadina interamente truci ovika (se ci fosse stato tra i contadini un solo transfuga dal. campo dei democratici a quello dei liberali, i liberali avrebbero eletto il transfuga! ). Lo stesso vale per la curia della seconda categoria (13 grandi elettori), poiché anche in questa i libe- rali hanno eletto un trudovik. Complessivamente, dunque, il numero dei democratici tra i grandi elettori si può considerare di 26 + 134-5 352 LENIN operai = 44. I grandi elettori sono 120 in tutto, dei quali 59 eletti dai proprietari fondiari e 17 eletti dai cittadini della prima categoria. Anche se tutti, tranne i democratici, eranq liberali, il loro numero era di 76, cioè meno dei due terzi. È più probabile, naturalmente, che una parte dei grandi elettori fosse di destra. I liberali, dunque, si -sono conquistati i due terzi dei posti alla Duma, pur non disponendo dei due terzi dei grandi elettori. Di qui scaturisce la conclusione inevita- bile che la democrazia, se fosse stata piu cosciente e meglio organiz- zata (e di questo devono preoccuparsi innanzi tutto gli operai!), non si sarebbe lasciata sopraffare dai liberali. Il socialdemocratico Iegorov è stato eletto per il governatorato di Perni dal congresso generale dei grandi elettori, cioè dai liberali; ciò significa che i liberali avevano bi- sogno deiraiuto degli operai, e questi hanno commesso un vero e pro- prio errore, hanno danneggiato apertamente gli interessi della demo- crazia, dando quest'aiuto senza ottenere una parte proporzionale dei seggi per la democrazia. Citiamo questi calcoli sottolineando il loro valore di esempio, di chiarimento, poiché non disponiamo di dati precisi sugli schiera- menti di partito tra i grandi elettori in generale e tra i grandi elettori di ciascuna curia in particolare. Nella realtà le cose sono più complesse, più varie, di quanto non risulti dai dati da noi citati a titolo d’esem- pio. Ma gli operai devono afferrare i rapporti fondamentali delle forze nella nostra « intricata meccanica » delle elezioni in base al sistema del 3 giugno, e una volta afferrato l’essenziale, sapranno districarsi anche nei particolari. Due sono le curie più democratiche (naturalmente dopo la curia operaia, che può e deve essere completamente marxista, completamente antiliquidatrice), e cioè la curia contadina e quella della seconda cate- goria urbana. Di esse la prima è più democratica della seconda, nono- stante che nelle campagne le elezioni avvengano con un’assenza di li- bertà incomparabilmente maggiore, e le condizioni per l'agitazione e l’organizzazione siano molto peggiori tra i contadini che non tra gli abitanti delle città. Di fatto il secondo congresso degli elettori urbani ha eletto i suoi deputati alla III Duma in 28 governatorati. Vi sono stati eletti 16 elementi di destra, 10 liberali e 2 democratici (Rozanov nel governa- torato di Saratov e Petrov 3° in quello di Perm), Deputati dei conta- LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LA IV DUMA 3 53 dini se ne hanno in tutti i 53 governatorati: sono stati eletti 23 ele- menti di destra, 17 liberali, 5 democratici e 8 senza partito. Dividendo i senza partito a metà tra la destra e Topposizione, otteniamo i seguenti dati comparativi: Deputati della III Duma: della curia della se* della curia conda categoria urbana contadina di destra . . di opposizione 16 27 12 = 43 per cento 26 = 49 per cento La curia della seconda categoria urbana ha eletto il 43 per cento di deputati di opposizione, quella contadina il 49 per cento. Se si considera che i deputati contadini della 111 Duma hanno presentato, com’è noto, un progetto di legge agraria che per il suo contenuto è piu democratico di quello cadetto, e che inoltre hanno sottoscritto que- sto progetto di legge anche i contadini senza partito e di destra , risul- terà chiaro che nella realtà la democraticità della curia contadina su- pera la democraticità della curia della seconda categoria urbana in mi- sura ancora maggiore di quanto non risulti dai nostri dati. Gli operai in generale e i grandi elettori operai in particolare de- vono dunque rivolgere la massima attenzione proprio alla curia con- tadina e ai grandi elettori contadini. Come organizzatori della demo- crazia, devono agire innanzi tutto tra i contadini, poi tra i cittadini della seconda categoria. In entrambe queste curie la confusione tra liberali e democratici è particolarmente forte, si osserva con particolare fre- quenza, viene coltivata con particolare zelo dai cadetti, i quali — sfrut- tando la loro esperienza « parlamentare » di « uomini d affari » e il loro nome « democratico » (« democratici costituzionali », « partito del- la libertà del popolo »), che dissimula la loro sostanza antidemocratica , viekhista, controrivoluzionaria — ingannano addirittura le persone po- liticamente arretrate. Il compito politico-ideale' degli operai nel momento che sta attra- versando il movimento di emancipazione russo consiste neU’organiz- zazione della democrazia. A questo compito dev'essere subordinata l'attività tecnico-elettorale. Di qui l'attenzione principale alla curia contadina, poi a quella della seconda categoria urbana. Nell’assemblea elettorale di governatorato il primo compito del grande elettore ope- raio è il raggruppamento dei democratici. Per avanzare la propria 12 — 2260 354 LENIN candidatura bisogna avere tre voti: è necessario trovare due demo- cratici tra i contadini, e in caso estremo convincere due liberali, i quali non rischiano nulla presentando la candidatura di un operaio. Nelle assemblee elettorali di governatorato i democratici devono bloccare coi liberali contro la destra. Se tale blocco non può costituirsi immediata- mente (nella maggioranza dei casi le cose vanno evidentemente proprio in questo modo perché i grandi elettori non si conoscono l’un l’altro), i democratici devono dapprima bocciare, assieme ai liberali, gli ele- menti di destra, e assieme agli elementi di destra , i liberali . Allora né gli uni né gli altri potranno essere eletti (a condizione che né gli ele- menti di destra, né i liberali abbiano la maggioranza assoluta da soli; se manca questa condizione, i democratici non riusciranno ad andare alla Duma). In base all’art, 119 del regolamento elettorale si avrà al- lora un’interruzione dei lavori. I democratici, dopo aver conteggiato i risultati delle votazioni, bloccheranno coi liberali, disponendo ormai di dati precisi e sforzandosi di ottenere una ripartizione proporzionale dei seggi. È necessario inoltre che ì liberali eleggano dapprima il de- mocratico, e non viceversa , poiché tutta la storia e tutta, l’esperienza dell’Europa dimostra che i liberali ingannano spesso i democratici, men- tre i democratici non ingannano mai i liberali. Sapendo quali curie votano per i democratici, sapendo dividere i democratici dai liberali, i grandi elettori operai possono avere in 44 governatorati una funzione immensa sia nell’organizzazione della de- mocrazia in generale, sia nell’attività volta a mandare alla Duma un numero elevato di democratici operai e di democratici borghesi (tru- doviki). Ora i primi sono 15, i secondi 14. Con una giusta tattica degli operai si può ottenere, in caso favorevole, di raddoppiare il numero de- gli uni e degli altri. Ai liberali è assicurato alla IV Duma un forte gruppo — un centinaio di deputati e piu — di « opposizione » « respon- sabile » (di tipo londinese), capace di bloccare con gli ottobristi. Biso- gna sforzarsi di ottenere che l’opposizione veramente democratica, e non viekhista, costituisca un gruppo di alcune decine di membri, ed è pos- sibile ottenerlo. La legge dà agli operai il diritto di eleggere grandi elettori in 44 governatorati. In ogni fabbrica gli operai coscienti devono immediata- mente prender conoscenza della legge, riflettere sui loro compiti e LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LA IV DUMA 355 sulla loro situazione, preoccupandosi che i loro grandi elettori siano degli autentici democratici operai, e non dei liquidatori. I 110 grandi elettori operai, qualora vengano scelti proprio cosi, coscienziosamente, con cura, in maniera sistematica, possono riuscire di immensa utilità sia neiropera di unificazione della classe operaia, che in tutta Europa tende a grandi fini, d’importanza mondiale, sia nelFopera di organizzazione della democrazia in Russia. II tempo non attende. Ad ogni operaio spetta un compito diffi- cile, ma che sarà tre volte ricompensato. III. Le masse contadine e i grandi elettori contadini nella campagna elettorale Nel precedente articolo ( Zviezdà , n. 34) abbiamo parlato della funzione dei grandi elettori operai nella campagna elettorale. Il risul- tato dei nostri ragionamenti era che il compito principale della democra- zia operaia è duplice; unione della classe degli operai salariati e sviluppo della sua coscienza, della capacità di capire i suoi grandi fini storici, e poi organizzazione della democrazia. Passiamo all’esame della questione della democrazia non prole- taria, cioè borghese. Qual è il suo principale sostegno di classe in Russia? in che cosa consistono le sue particolarità? qual è il suo compito immediato? e quale la sua funzione nelle elezioni? Il principale sostegno di classe della democrazia borghese in Rus- sia sono i contadini. La situazione della loro grande massa è cosi dura, il giogo a cui li sottopone la grande proprietà fondiaria è cosi gre- ve, le loro condizioni economiche sono cosi disperatamente cattive, la loro mancanza di diritti è così straordinariamente grande che gli stati d’animo e le aspirazioni democratiche nascono in quest’ambiente con indefinibile, spontanea ineluttabilità. Una via d’uscita da questa situazione come quella immaginata dalla borghesia liberale (con alla testa il partito cadetto) — e cioè: divisione del potere coi Purisckevic, dominio congiunto dei Purisckevic e dei Guckov (o Miliukov) sulle masse — , una via d’uscita come questa per milioni di contadini è impossibile . Ecco perché proprio la situazione di classe delle masse contadine, da una parte, e della grande borghesia, dall’altra, genera 356 LENIN inevitabilmente una profonda differenza tra la democrazia e il libe- ralismo. Di solito non esiste una netta determinazione dell'uno e deiraltro orientamento politico, una piena consapevolezza, ma che i contadini gravitino verso la democrazia e la borghesia verso il liberalismo mo- narchico è un fatto, dimostrato definitivamente in Russia dal primo decennio del secolo XX, cosi ricco di avvenimenti. Non solo nel movi- mento di emancipazione del 1905, non solo in queste prime Dume la massa contadina si è mostrata democratica, ma persino nella III Duma, una Duma di signori, quarantatré deputati contadini, compresi quelli di destra e i senza partito, hanno presentato un progetto agrario piu democratico di quello cadetto. In generale la questione agraria è la questione principale delle odierne masse contadine russe. Nella Russia europea meno di 30.000 grandi proprietari posseggono 70 milioni di desiatine di terra, e una estensione di terra quasi uguale si trova nelle mani di 10 milioni di aziende contadine povere. Da una parte una media di 2.300 desia- tine per azienda, dall’altra una media di sette. Il risultato economico, dato l’attuale livello di sviluppo storico della Russia, non poteva essere che la più vasta diffusione di ogni sorta di aziende fondate sulle «otrabotki», cioè di sopravvivenze della vecchia barstcina. Asservimento dei contadini, miseria che da gran tempo non si vede più in nessun luogo d’Europa, e carestie medioevali: ecco le conseguenze di tutto questo. La borghesia cadetta vuol risolvere la questione agraria alla libe- rale, conservando la grande proprietà fondiaria, riscattandone una parte in base a un’« equa valutazione », dando la prevalenza ai grandi proprietari fondiari sui contadini negli organismi che attuano la « ri- forma ». I contadini non possono non propendere per una soluzione democratica della questione agraria. Questa soluzione democratica non intacca e non può intaccare in alcun modo — persino col totale pas- saggio di tutta la terra ai contadini senza riscatto — le basi della società capitalistica, del potere del denaro, della produzione mercan- tile, del dominio del mercato. Per i contadini la cosa si profila in gran parte in maniera abbastanza nebulosa, e i populisti hanno creato tutta un’ideologia, tutta una dottrina che presenta questa nebulosità come qualcosa di « socialista », mentre non v’è nulla di socialista nemmeno nel rivolgimento agrario più radicale. LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LA IV DUMA 357 Ma quanto piu vasto e forte diviene il movimento contadino, tanto minore è, nella pratica, l’importanza di questa nebulosità, tanto piu si manifesta il contenuto reale, democratico, delle aspirazioni e rivendicazioni agrarie contadine. E in questo campo, e ancor piu nel campo delle questioni politiche, ciò che piu conta è la funzione della democrazia operaia, la sua lotta contro la subordinazione dei con- tadini alla direzione liberale. Non sarà esagerato dire che tutti i successi della democrazia russa in generale — sia nel passato che nel futuro — sono indissolubilmente connessi al passaggio della direzione politica delle masse contadine dai liberali alla democrazia operaia. Senza un tale passaggio è impossibile qualsiasi serio successo della democrazia in Russia. Com’è noto, la legge elettorale del 3 giugno 1907 ha soprattutto « demolito » proprio i diritti elettorali dei contadini. Basti ricordare che il numero dei grandi elettori dei proprietari fondiari è stato au- mentato da questa legge da 1.952 a 2.594, cioè del 32,9%, mentre il numero dei grandi elettori dei contadini e dei cosacchi è stato abbas- sato a meno della metà: da 2.659 a 1.168, cioè del 56,1%. Inoltre, in base alla legge del 3 giugno i deputati della curia contadina (deno- minazione ufficiale: « dei congressi dei fiduciari delle volost ») vengono eletti non dai soli grandi elettori contadini, come in passato, ma dalle assemblee elettorali di governatorato nel loro insieme, cioè da una maggioranza di grandi proprietari fondiari e di grandi capitalisti. Stando cosi le cose, i democratici contadini ( trudoviki ) possono assicurarsi posti alla Duma alla sola condizione che tutti , senz’eccezione, i grandi elettori dei contadini siano dei trudoviki. In tal caso i proprie- tari fondiari di destra saranno costretti a eleggere, della curia conta- dina, dei trudoviki , come, della curia operaia, erano stati costretti a eleggere dei socialdemocratici. Naturalmente, però, la coesione, l’orga- nizzazione, la coscienza dei contadini sono a un livello assai piu basso di quanto lo siano quelle degli operai. In questo campo vi è un angolo ancora poco sfruttato per un serio e fertile lavoro di educazione poli- tica. Proprio a questo campo dev’essere appunto e soprattutto rivolta l’attenzione di tutti i democratici e di tutti i marxisti che « vanno fra le altre classi della popolazione » 102 , e non al campo delle strizzate d’occhio e della civetteria rivolte ai liberali controrivoluzionari (ca- detti), il campo prediletto dai liquidatori della Nascia Zar'tà } ecc. m LENIN Abbiamo già notato la volta scorsa che la curia contadina nelle elezioni della III Duma è stata la piu democratica delle curie non proletarie. Dalla curia contadina sono stati mandati alla III Duma 26 deputati di opposizione su 53, cioè il 49%, mentre dalla curia della seconda categoria urbana (dal « secondo congresso degli elettori urbani ») ne sono stati mandati solo 12 su 28, cioè il 43%. Di demo- cratici alla III Duma ne sono stati mandati, dalla curia contadina, 5 su 53, cioè il 10%, mentre dalla curia della seconda categoria urbana ne sono stati mandati 2 su 28, cioè il 7%. È interessante esaminare da quanti governatorati, e con quale com- posizione di deputati per ciascun governatorato, nel suo insieme, siano stati mandati alla III Duma rappresentanti dell’opposizione dalla curia contadina. Su 53 governatorati che inviano obbligatoriamente alla Duma un deputato ciascuno dalla curia contadina, 23 hanno inviato degli elementi di destra (compresi gli ottobristi), 17 governatorati dei liberali {cadetti, progressisti e musulmani) e solo cinque dei democra- tici (trudoviki). Da 8 governatorati sono stati mandati dei contadini senza partito. Esaminando la questione piu da vicino vediamo che nessun gover- natorato in cui predominano i deputati di destra ha mandato alla III Duma un democratico dalla curia contadina. I democratici ( trudoviki ) sono stati eletti esclusivamente nei governatorati in cui non v’è al- cun deputato di destra. Questi cinque governatorati, Arcangelo, Viatka, Perm, Stavropol e Tomsk, hanno eletto complessivamente alla III Duma 15 liberali, 8 trudoviki e 3 socialdemocratici. È difficile dubitare che, con una più elevata consapevolezza e una migliore organizzazione dei contadini e degli operai, in questi governatorati si riuscirebbe ad aumentare il numero dei democratici a spese dei liberali. Qui non sarà forse fuori luogo notare che abbiamo calcolato com- plessivamente 24 governatorati in cui i deputati di opposizione preval- gono nella III Duma su quelli di destra; in 18 di questi 24 gover- natorati sono stati mandati alla Duma soltanto deputati di opposi- zione. Questi 24 governatorati hanno inviato alla Duma 9 deputati di destra, 2 senza partito, 55 liberali, 14 trudoviki e 8 socialdemocra- tici. Come il lettore può vedere, esiste un campo d’azione abbastanza vasto per un aumento del numero dei deputati democratici a spese LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LA IV DUMA 359 di quelli liberali e per sottrarre in generale la piccola borghesia e i contadini all’influenza dei liberali. Non è privo d’interesse notare, inoltre, che, tra i 17 governato- rati che dalla curia contadina hanno inviato alla Duma dei liberali, in 10 i deputati di destra prevalgono su quelli d’opposizione. Bisogna supporre che, tra i grandi elettori contadini di questi governatorati, come regola generale, non vi fossero assolutamente elementi di destra , poiché altrimenti sarebbero stati appunto essi ad essere eletti dalla maggioranza di destra delle assemblee elettorali di governatorato. Nelle elezioni i compiti della democrazia operaia nei confronti delle masse contadine sono chiari. Nell’ambiente contadino che si sta proleta- rizzando bisogna portare una predicazione puramente classista. Bisogna contribuire aU’unione dei contadini alle elezioni, affinché, anche sulla base della legge elettorale del 3 giugno, essi possano costituirsi una propria — il piu possibile solida — rappresentanza alla IV Duma, nonostante gli ostacoli frapposti sia dai partigiani dell’antico regime, sia dai liberali. Bisogna sforzarsi di consolidare l’egemonia della demo- crazia operaia e spiegare tutto il danno delle oscillazioni della demo- crazia contadina dalla parte del liberalismo. IV. Conclusioni che si desumono dalla pratica delle elezioni della III Duma Per definire concretamente i compiti della democrazia operaia durante la campagna elettorale riteniamo utile esaminare il più parti- colareggiatamente possibile i dati sulle elezioni della III Duma relativa- mente ad alcuni singoli governatorati. Un tale esame gioverà, in primo luogo, a capire più chiaramente e ad assimilare più saldamente il com- plesso e ingarbugliato sistema elettorale del 3 giugno e darà, in se- condo luogo, a tutti gli attivisti della campagna elettorale un'idea la più concreta della loro situazione quali democratici e dell'* ambiente » in cui devono operare. Lo studio dei dati relativi a ciascun governatorato da parte dei democratici del posto completerà i nostri materiali, li correggerà, e interesserà immediatamente tutti coloro che si rendono conto del loro dovere di partecipare alle elezioni per illuminare politi- camente gli operai salariati e per organizzare la democrazia, 360 LENIN Prendiamo magari come esempio il governatorato di Kazan. Lo rappresentano alla III Duma 10 deputati, divisi a metà tra la destra e l'opposizione: 5 elementi di destra (4 ottobristi e 1 nazionalista) e 5 liberali (1 progressista, 2 cadetti e 2 musulmani). Non vi sono né trudovikt, né socialdemocratici. Nondimeno i dati relativi al governatorato di Kazan sono tali da indurci a riconoscere che ivi la democrazia ha delle probabilità di successo abbastanza serie. Gli elementi di destra sono stati eletti: uno dal congresso dei proprietari fondiari (Sazonov), 3 ottobristi dal pri- mo e dal secondo congresso degli elettori urbani (compreso uno dei controrivoluzionari piu accaniti, il signor Kapustin, eletto dal secon- do congresso degli elettori urbani) e un ottobrata dal congresso gene- rale dei grandi elettori. I liberali sono stati eletti: uno dal congresso dei proprietari fondiari, uno dai contadini (il cadetto Lunin) e tre dal congresso generale dei grandi elettori. A giudicare dal fatto che al congresso generale dei grandi elet- tori sono stati eletti tre liberali e un elemento di destra, i liberali dovevano essere in maggioranza nelPassemblea elettorale del governa- torato, ma questa maggioranza non era salda: altrimenti non avrebbero fatto passare nessun elemento di destra al congresso generale dei gran- di elettori. Ma la scarsa solidità della maggioranza liberale è indicata evidentemente anche dalla circostanza che tra i proprietari fondiari sono stati eletti un progressista e un elemento di destra: quest’ultimo non avrebbe dovuto essere eletto se la maggioranza liberale fosse stata salda. La composizione dei grandi elettori del governatorato di Kazan secondo le curie si presenta come segue: totale 117; dei quali 33 provenienti dai contadini, 50 dai proprietari fondiari, 18 dal primo, 14 dal secondo congresso degli elettori urbani e 2 dagli operai. Quindi i proprietari fondiari e i cittadini della prima curia costituiscono assie- me la maggioranza (50 + 18 = 68 su 117); è noto che in base alla legge del 3 giugno in tutti i governatorati viene assicurata o una maggio- ranza come questa, o un'altra ancor piu « sicura », cioè di soli pro- prietari fondiari {solo la curia dei proprietari fondiari può avere la maggioranza assoluta dei grandi elettori nell'assemblea elettorale di governatorato). I liberali si sono conquistati la metà dei posti alla Duma grazie LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LA IV DUMA 361 al fatto che tra i proprietari fondiari essi sono evidentemente molto fortemente rappresentati. Nella curia cittadina devono, viceversa, do- minare pressoché incontrastati gli elementi di destra: non ammet- tendolo sarebbe difficile spiegarsi come mai, con una maggioranza libe- rale neirassemblea elettorale del governatorato, in entrambi i congressi urbani siano riusciti a passare elementi di destra. I cadetti sono stati costretti a farli passare. Data la già rilevata scarsa solidità della mag- gioranza liberale tra i grandi elettori, si apre per la democrazia operaia un campo d’azione favorevole: la possibilità di approfittare delle di- scordie tra i proprietari fondiari e i capitalisti per organizzare le forze della democrazia in generale e per mandare alla Duma socialdemocratici e trudovikì in particolare. Se, per esempio, tra i grandi elettori ci fossero 57 elementi di destra e altrettanti liberali, piu tre democratici (tra cui due operai socialdemocratici e un contadino trudovik ), basterebbe anche questo gruppo di tre per mandare un socialdemocratico alla Duma, senza poi parlare di quel fruttuoso compito del concentramento democratico delle forze che si presenterebbe a questo gruppo di 3 essendo i grandi elettori dei contadini 33. Abbiamo preso un gruppo di 3 come mi- nimo indispensabile per legge {art. 125 del regolamento elettorale) per la presentazione scritta di candidati: i candidati che, in base a questa presentazione, abbiano ricevuto meno di tre voti non vengono ammessi al ballottaggio. È ovvio che questo gruppo di tre, richiesto dalla legge, potrebbe ottenersi attraverso l’unione a un democratico dei liberali, purché, naturalmente, questi ultimi non « progrediscano » (in direzione del « viekhismo ») sino al punto da preferire un ottobrista a un socialdemocratico persino nell’assemblea elettorale di gover- natorato. Quando le forze della destra e dei liberali siano uguali, è suffi- ciente anche un solo democratico, che, votando assieme alla destra contro i liberali e assieme ai liberali contro la destra, non farebbe andare nessuno alla Duma, otterrebbe cosi (in base allart. 119 del regolamento elettorale) un’interruzione dei lavori — la cui durata, in base all’articolo indicato, viene determinata dalla stessa assemblea, ma non può superare le dodici ore — e potrebbe poi organizzare un accordo tra liberali e democratici a condizione che questi ultimi ven- gano mandati alla Duma. 362 LENIN L’esempio del governatorato di Kazan può servire a illustrare le due possibili linee della politica operaia nelle elezioni per la IV Duma de quindi anche della politica operaia in generale, poiché la po- litica seguita nelle elezioni non è che l’applicazione a un caso parti- colare della politica generale). Prima linea: votare, come regola gene- rale, per il candidato più progressivo, senza nessun altra più precisa determinazione. Seconda linea: organizzare la democrazia, sfruttando a questo scopo l’antagonismo esistente tra la destra e i liberali. Il si- gnificato ideologico della prima linea è la passiva sottomissione alla egemonia dei cadetti; risultato pratico di questa linea in caso di suc- cesso: aumento della maggioranza cadetto-ottobrista alla IV Duma a spese della maggioranza ottobrista di destra (con una possibile ridu- zione della minoranza democratica). Significato ideologico della secon- da linea: lotta contro l’egemonia dei cadetti sui contadini e sulla de- mocrazia borghese in generale; risultato pratico di questa linea in caso di successo: aumento e coesione, consolidamento del gruppo dei demo- cratici alla IV Duma. La prima linea si ridurrebbe in pratica alla linea della politica operaia liberale. La seconda è la politica operaia marxista. A un più particolareggiato chiarimento del significato dell’una e dell’altra linea dovremo ancora ritornare più di una volta. Zviezdà, nn. 33, 34, 36 e 1 (37), 10, 17, 31 dicembre 1911 c 6 gennaio 1912. Firmato; William Frei e W. Frei. VECCHIO E NUOVO L’articolo di Nik. Nikolin pubblicato nel n. 29 della Zviezdà , sotto il titolo caratteristico di Nuovo nel vecchio , solleva una serie di problemi straordinariamente interessanti e importanti. Una discus- sione su questi problemi è indubbiamente desiderabile al fine di chia- rire la linea di condotta precisa, chiara e definita dei fautori della democrazia operaia russa. Il principale difetto delParticolo di Nik. Nikolin è l’estrema in- determinatezza di molte sue tesi. Se l’autore dice, senza spiegare le sue parole, che lui, « forse, in molte cose andrebbe d’accordo » con me, io, per parte mia, devo dire che in Nik. Nikolin non vi sono tesi che suscitino disaccordo, poiché non vi sono, in generale, tesi espresse sino in fondo. N. Nikolin, per esempio, insorge risolutamente contro gli uo- mini che suppongono che « la nostra odierna situazione... è approssi- mativamente la stessa che all’inizio di questo secolo ». Egli parla di codesta opinione come se questi uomini volessero negare il nuovo nel vecchio. Va da sé che costoro hanno torto, se lo negano. Va da sé che N. Nikolin ha mille volte ragione quando afferma che nel vecchio c’è del nuovo, di cui bisogna tener conto, che occorre saper utilizzare. Ma quale sia precisamente questo nuovo, come si debba precisamente tenerne conto, ecc., Nikolin non lo dice, mentre, d’altra parte, dalla sua citazione non si vede che cosa precisamente intendano i suoi av- versari col termine « approssimativamente ». Qualora si tenesse conto del nuovo nel vecchio come ne tennero conto i marxisti russi esatta- mente tre anni fa, valutando la situazione politica venutasi a creare dopo il triennio di tempesta e impeto (cioè dopo gli anni 1905-1907), a mio avviso non sarebbe sbagliato dire: « la nostra odierna situazione 364 LENIN è approssimativamente la stessa che all’inizio del nostro secolo ». Se invece tale tesi viene formulata senza una preventiva, precisa, chiara, definita valutazione del momento attuale e dei compiti odierni, essa è naturalmente sbagliata. Vecchi problemi, vecchi metodi per risolverli, nuovi procedimenti per prepararsi alla soluzione: ecco come si potrebbe, a mio avviso, esprimere approssimativamente la risposta data tre anni fa. La parteci- pazione alla III Duma, che con tanto calore e tanto giustamente viene difesa da Nik. Nikolin, appare, dal punto di vista di questa risposta, assolutamente necessaria. La « corrente » che nega questa partecipazione o che a tutt’oggi esita a pronunciarsi apertamente, chiaramente, senz’ambagi di sorta per la partecipazione alla III Duma, invano si appropria il nome di democrazia operaia. Di fatto questa corrente è estranea alla democrazia operaia, essendo una « sfumatura legittima » di una cerchia d’idee anarchica, e non già marxista-. Prendiamo la questione della * sovrastruttura ». « Prima poteva sembrare — scrive Nik. Nikolin — che la burocrazia fosse l'unico e piu importante nemico “di tutta la Russia”; oggi nessuno piu lo crede... Noi sappiamo abbastanza bene che i Markov, i Krestovnikov, i Vol- konski, i Purisckevic, i Guckov, i Khomiakov, gli Avdakov, ecc., sono tutti rappresentanti di quell’ambiente sociale da cui la burocrazia at- tinge le proprie forze e riceve i motivi della propria attività ». È del tutto giusto ed è cosa eccellente che Nik. Nikolin sottolinei qui il legame esistente tra la « burocrazia » e le alte sfere della bor- ghesia industriale e commerciale. Possono negare questo legame, negare il carattere borghese dell’attuale politica agraria, negare in generale il « passo avanti sulla via della trasformazione in monarchia borghese », solo coloro che non hanno minimamente riflettuto al nuovo che è stato apportato dal primo decennio del secolo XX, che non capiscono asso- lutamente l’interdipendenza dei rapporti economici e politici in -Russia e il significato della III Duma. Ma non basta riconoscere questo legame, bisogna indicarne con precisione il carattere concreto. Un passo avanti sulla via della tra- sformazione in qualcosa di nuovo non elimina in alcun modo, poniamo, il vecchio regime « burocratico », con la sua immensa autonomia e indipendenza, con la sua « originalità » alla Reinbor-Tolmaciov, con la mancanza di controllo finanziario su di esso. Pur « attingendo le fot- VECCHIO E NUOVO 365 ze » dall’appoggio delle alte sfere della borghesia, la burocrazia viene re- clutata non fra queste ultime, ma fra la vecchia, vecchissima nobiltà terriera e militare, non solo anteriore alla rivoluzione (al 1905), ma anteriore alla riforma (al 1861 ). Pur « ricevendo i motivi della sua atti- vità » in gran parte dalle alte sfere della borghesia, la burocrazia con- ferisce all’attività borghese un orientamento e un volto puramente feu- dale, esclusivamente feudale. Poiché, se ve una differenza tra la natura borghese dello junker prussiano e quella del farmer americano (benché siano indubbiamente entrambi borghesi), non è meno evidente e meno grande la differenza tra la natura borghese dello junker prussiano e la « natura borghese » di Markov e Purisckevic. In confronto con questi ultimi lo junker prussiano è pur sempre un « europeo »! Il fatto di dimenticare l’immensa autonomia e indipendenza della « burocrazia » è il principale, fondamentale e fatale errore commesso, per esempio, da M. Alexandrov, nel suo noto opuscolo, mentre N. R-kov, nel n. 9-10 della liquidatrtce Nascia Zarià , spinge quest’errore sino all’as- surdo. Solo nella risposta summenzionata, data tre anni fa, è stato definito con precisione quanto del vecchio è rimasto nel campo del cosiddetto regime « burocratico » e quale mutamento, o, meglio, cam- biamento di forma, sia stato precisamente introdotto dal « nuovo ». Pur non negando minimamente la « ricerca di vie e mezzi di- versi », pur attribuendo un’enorme importanza all’esame, reiteratamen- te ripetuto, delle risposte esplicite alle questioni maledette, non posso tuttavia non protestare contro il contrabbando che viene, per esempio, praticato dai liquidatori all’insegna delle « ricerche ». È evidente che le divergenze tra il « ricercatore » N. R*kov e i « ricercatori » Potresov, Iegiov, Ciatski sono divergenze che riguardano i particolari di una po- litica operaia liberale. Tutti questi « ricercatori » si muovono appunto sul terreno di una politica operaia liberale, e non marxista! Una cosa è « cercare le vie » e discuterle, dal punto di vista del marxismo, nei libri, nelle riviste, ecc., e un’altra intervenire con risposte ben definite in organi di stampa praticamente dirigenti. Prendiamo la questione del « romanticismo ». Condannando il romanticismo come « cosa vecchia » che ha fatto irrimediabilmente il suo tempo, Nik. Nikolin cita un esempio: « al liberale sembrava di scen- dere in campo nella parte del difensore di tutti gli oppressi, al socia- 366 LENIN lista che alle sue spalle stesse tutta la Russia che pensa e che lavora ». L’esempio si riferisce all’incapacità di capire la lotta di classe, e natu- ralmente Nikolin avrebbe pienamente ragione se dicesse che un simile « socialista » — evidentemente un populista — nella realtà non è af- fatto un socialista, ma un democratico che ammanta la sua democra- ticità con una fraseologia pseudosocialista. Ma, parlando del roman- ticismo, non si può trascurare l’accezione di questo termine che do- mina nella stampa piu diffusa, e precisamente in quella liberale, l’acce- zione viekhista, cioè controrivoluzionaria. Non si può non insorgere contro questa accezione. Non si può non scorgere il « nuovo », consi- stente nel fatto che il liberalismo ha creato in Russia una tendenza viekhista liberale che i signori Miliukov ripudiano in maniera pura- mente verbale, puramente diplomatica, conducendo di fatto una poli- tica viekhista. Di qui scaturisce appunto una conclusione pratica di primaria importanza: la linea di demarcazione tra il liberalismo e la democrazia dev’essere tracciata in maniera piu chiara, sulla base della « nuova » esperienza dei primi dieci anni del secolo XX. « Confondere l’opposi- zione liberale con la reazione » è naturalmente un assurdo, ma questa conclusione (tratta da Nikolin) è decisamente insufficiente senza la conclusione da me teste esposta. In generale, proprio nelle conclusioni di Nik. Nikolin si è espres- so il suo .peccato capitale di indeterminatezza e reticenza. Prendete la sua prima conclusione: « è ugualmente dannoso tanto un insensato fanatismo per i vecchi metodi d’azione quanto un atteggiamento reci- samente negativo nei loro confronti ». Questa conclusione, a mio av- viso, non è dialettica, ma eclettica. Ciò che è insensato è insensato e perciò è anche incondizionatamente nocivo; inutile persino parlarne. Per conferire a questa parte della conclusione un valore vivo, dialettico, bisognerebbe dire pressappoco cosi: il tentativo di giustificare il ri- fiuto di partecipare alla III o alla IV Duma richiamandosi ai vec- chi metodi d’azione sarebbe il piu grande degli errori, una frase vuota, un appello privo di senso, anche se, o, meglio, proprio perché, è necessaria un’attitudine nettamente positiva nei confronti di questi metodi. VECCHIO E NUOVO 367 Non avendo la possibilità di soffermarmi piu a lungo su questo problema, ho cosi indicato, di sfuggita, come si dovrebbe, a mio avviso, correggere la seconda parte della conclusione da me citata. Zviezdà , n. 33, 10 dicembre 1911. Firmato: V. Ilin. CONVEGNO DEI GRUPPI BOLSCEVICHI ALL’ESTERO 103 14-17 {27-30) dicembre 1911 1 Progetto di risoluzione sul rapporto in merito alla situazione esistente nel partito L ’ organizzazione delle forze socialdemocratiche partitiste alVestero e i compiti dei bolscevichi Lo stato delle organizzazioni socialdemocratiche all’estero è oggi estremamente anormale. A cominciare dal 1908, quando l’editoria socialdemocratica ha co- minciato a trasferirsi sempre più all’estero, e fino alla sessione ple- naria, è esistita all'estero, in tutti gli organismi centrali più impor- tanti, a motivo della completa separazione dal partito dei gruppi men- scevichi, una completa scissione organizzativa. La sessione plenaria (gennaio 1910) ha fatto il tentativo di creare l’unità sulla base di una linea, unanimemente da essa affermata, anti- liquidatrice e antiotzovista; veniva inoltre rivolto un invito partico- larmente energico all’instaurazione di una completa unità all’estero. Nella realtà, tuttavia, non avendo i liquidatori e gli otzovisti ottemperato alle condizioni stabilite dalla sessione plenaria, dopo que- sta l’unificazione dei gruppi esteri non è stata conseguita in nessun luogo. Si è ottenuto, al contrario, uno sfacelo ancora maggiore, poiché di fatto i vperiodisti si sono separati dai bolscevichi, i plekhanoviani dai menscevichi. I gruppi paralleli — « primi » e « secondi », o men- scevichi e bolscevichi — hanno continuato ad esistere secondo la tra- dizione, senza, in realtà, minimamente unificare gli elementi in qualche CONVEGNO DEI GRUPPI BOLSCEVICA ALL'ESTERO 369 modo solidali e capaci di condurre un lavoro socialdemocratico in comune. Attualmente esistono di fatto all'estero gruppi frazionisticamente separati — legati tra loro in maniera puramente formale, e spesso senza nessun legame — di bolscevichi, di « conciliatori », di vperio- disti, di sostenitori del Golos e di « plekhanoviani », completamente indipendenti l’uno dall’altro, che seguono linee ideologiche diverse e hanno legami particolari con questi o quegli elementi socialdemocratici in Russia. La costituzione della commissione d’organizzazione in Russia, con le forze dei bolscevichi e dei menscevichi partitisti, e il fatto che questo collegio della commissione si sia energicamente accinto alla convocazione di una conferenza generale di partito del POSDR ha determinato una recisa svolta nella storia del partito e indica l’unica via, possibile e dettata dalla vita, per uscire dallo stato di disorganizza- zione e di sfacelo. Dopo la sessione plenaria hanno di fatto svolto un lavoro vera- mente socialdemocratico — particolarmente affiatato durante il 1910 — soltanto i bolscevichi e i menscevichi partitisti. I sostenitori del Golos altro non rappresentano che una sezione estera del gruppo liquidatore russo del Dielo Gizni e della Nascia Zarià , postosi al di fuori del partito, mentre il gruppo estero Vperiod , continuando a coprire l’otzo- vismo e a svolgere, tramite il suo leader Lunaciarski, propaganda re- ligiosa, svolge un lavoro assolutamente non socialdemocratico. Oggi la commissione d'organizzazione russa, creata dai bolscevichi e dai menscevichi partitisti, e appoggiata in Russia da quasi tutte le organizzazioni socialdemocratiche locali, è di fatto Runico centro, e pienamente competente, del lavoro di partito socialdemocratico, Unendosi in un'unica organizzazione socialdemocratica estera dei bolscevichi, il convegno fa ricadere la responsabilità del perdurare della scissione all’estero su quei gruppi che non vogliono appoggiare il cen- tro russo, la commissione d’organizzazione russa, o che continuano il « giuoco all’accordo » tra coloro che hanno perduto il contatto con la Russia, appoggiando cosi i non socialdemocratici che si sono staccati dal lavoro russo. L’organizzazione bolscevica all'estero farà come in passato ogni sforzo per attirare, senza distinzione di correnti, tutti i socialdemocra- 370 LENIN tici pronti ad appoggiare la commissione d’organizzazione russa e a seguire una linea di partito, cioè antiliquidatrice e antiotzovista (non- ché antideistica), [affinché] si associno a questa linea e si fondano in un’unica organizzazione di partito. Lottare contro le correnti liquidatrice e otzovista, lottare contro la disgregazione ad opera dei gruppi esteri senza principi, contribuire alTunione di tutti i veri partitisi socialdemocratici e in particolare dei partitisti menscevichi, appoggiare la commissione d’organizzazione russa: questo il compito pratico dell’organizzazione di partito estera. Gli organi di stampa che debbono appoggiare i partitisti riteniamo siano ad un tempo l’organo centrale e la Rabociaia Gaxìeta y poiché nulla può giustificare l’allontanamento dei partitisti menscevichi (esteri), e negli organi di stampa indicati non ve alcuna deroga alla linea che corrisponde alle decisioni del partito. Scritto nella prima metà di dicembre del 1911. Pubblicato per la prima volta nella Miscellanea di Lenin , XXV, 1933. CONVEGNO DEI GRUPPI BOLSCEVICHI ALL’ESTERO 371 2 Risoluzione sulla commissione di organizzazione russa per la convocazione di una conferenza 104 Il convegno constata che il partito riconosce già da tempo, da non meno di due anni, la piu urgente necessità di convocare una confe- renza del partito. Ora finalmente è stato fatto, nonostante tutti gli ostacoli, un passo decisivo per tradurre in atto questo progetto. In Russia è stata costituita la commissione d’organizzazione, appoggia- ta da tutte le organizzazioni locali (quelle di Kiev, Baku, Tiflis, Iekaterinoslav, Iekaterinburg, Pietroburgo, Mosca, Nikolaiev, Saratov, Kazan, Vilna, Dvinsk, Nizni Novgorod, Sormovo, Samara, Tiumen, Rostov, ecc.). Il convegno si felicita per la costituzione della commissione di organizzazione russa e dichiara che è dovere di ogni membro del par- tito appoggiarla con tutte le forze. Scritta nella prima metà del dicembre 1911. Pubblicata il 12 gennaio 1912 nel Comunicato del Comitato dell’organizzazione estera. QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE I Le elezioni della IV Duma non sono più tanto lontane e la questione della campagna elettorale si pone naturalmente all’ordine del giorno. Inutile dire che qualsiasi esitazione sulla necessità o meno, dal punto di vista del marxismo, di partecipare alle elezioni è asso- lutamente inammissibile: non già entro i limiti del marxismo e del partito operaio, ma solo fuori dei limiti sia del primo che del secondo possono essere riconosciute « legittime » sfumature di idee che abbia- no un atteggiamento negativo o vago, o anche solo di indifferenza, nei confronti di tale partecipazione. Ripetere questa verità elemen- tare, già dimostrata molti anni fa (a cominciare dalla fine del 1907) e confermata dall’esperienza, potrà magari sembrare fuori luogo, ma bisogna tuttavia ripeterla, poiché il peggior male è oggi per noi lo sfacelo e lo sbandamento. E questo sbandamento e sfacelo sono ali- mentati non solo da coloro che dànno risposte poco chiare o ambigue alle questioni elementari, ma anche da coloro che, per diplomazia, per mancanza di principi, ecc., difendono la mancanza di chiarezza e l’ambiguità. Le elezioni della Duma costringono naturalmente tutti i marxisti, tutti coloro che partecipano al movimento operaio a tendere le forze per il lavoro più energico, tenace, ricco di iniziative in tutti i campi di questo movimento. Le risposte alle questioni inerenti al contenuto e all’orientamento programmatico e di principio, politico, organizza- tivo di questo lavoro che sono state elaborate nel corso degli ultimi anni devono ora trovare immediata applicazione pratica nel campo specifico dell’attività « elettorale ». QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 373 Parliamo a bella posta delle risposte già elaborate. Sarebbe infatti ridicolo pensare che oggi, ad alcuni mesi e magari anche a un anno dalle elezioni, si potesse riuscire a « trovare » delle risposte, se esse non fossero state ancora trovate, ponderate, provate dallesperienza di alcuni anni di attività. Si tratta infatti delle risposte a tutte le « questioni maledette », concernenti sia la concezione generale, sia la valutazione del precedente periodo della storia russa, straordinaria- mente ricco di avvenimenti, sia la valutazione del periodo che stiamo attraversando (definitosi nei suoi tratti fondamentali non più tardi che dal 1908), sia i problemi politici e organizzativi, risolti, in un modo o neiraltro, da ogni partecipante al movimento operaio nel corso, diciamo, degli ultimi quattro anni. Applicare a un determinato settore specifico del lavoro, alle elezioni della IV Duma, le risposte e i metodi di attività elaborati: ecco di che cosa precisamente si può ora unicamente trattare; dire che « nel corso della campagna eletto- rale, cioè in uno dei settori di attività, possono essere elaborate le risposte alle questioni concernenti tutti i settori di attività, concernenti non solo ìl 1912, ma tutto il periodo, a cominciare dal 1908 », vorrebbe dire pascersi di illusioni o coprire, giustificare lo sbandamento e lo sfa- celo imperanti. Si tratta innanzi tutto della risposta alle questioni programmati che. Che cosa ci ha dato, sotto questo rapporto, l’ultimo quadriennio della vita russa? Tutti dovranno riconoscere che esso non ci ha dato nessun tentativo di revisione, o correzione, o ulteriore elaborazione della parte teorica del vecchio programma dei marxisti. Il fatto caratteristico del « momento attuale » — sotto molti aspetti sarebbe piu giusto chiamarlo momento «di stasi » o « di putrefazione» — è la sprezzante noncuranza verso il programma e la tendenza a mutilarlo e ridurlo in tutti i modi, senza il più piccolo tentativo di aperta, riso- luta revisione. Il « revisionismo », nel suo specifico significato di evira- zione borghese delle verità marxiste, è caratteristico dell'epoca che stiamo attraversando, non quale revisionismo combattivo, che issi il « vessillo della rivolta » (magari come faceva Bernstein in Germania circa dieci anni fa, e Struve quindici anni fa in Russia, o un pò* più tardi Prokopovic), ma quale vile, dissimulata rinuncia, giustificata spes- so da considerazioni « pratiche », il più delle volte pseudopratiche. Gli eredi e continuatori dell’* opera » di Struve e Prokopovic, i si- 374 LENIN gnori Potresov, Maslov, Levitski e soci, hanno « partecipato » allo sbandamento imperante e l’hanno appoggiato (come d’altronde hanno fatto Iusckevic, Bogdanov, Lunaciarski, ecc.) per lo piu mediante mo- desti e non sistematici tentativi di gettare a mare il « vecchio » mar- xismo e di sostituirlo con una « nuova » dottrina borghese. Non a caso, non per un capriccio di « gruppi », nell’ultimo quadriennio le que- stioni teoriche sono state sospinte in uno dei primi posti. Hanno anno- verato queste questioni, sia pure in questa o in quella loro parte, tra le « inezie » solo coloro che ripudiano pavidamente il vecchio. E oggi, se si parla della difesa del programma e della concezione generale del marxismo in connessione con la campagna elettorale, nel « corso » della campagna elettorale, ecc., se se ne parla non soltanto per adempiere un dovere « burocratico » e per non dir nulla, bisogna considerare non le parole, le promesse, le assicurazioni, ma proprio 1* esperienza del quadriennio trascorso. Ancora* una volta esso ci ha rivelato coi fatti tutta una serie di « infidi compagni di strada » del marxismo tra i nostri intellettuali (che spesso vogliono essere marxisti), ci ha inse- gnato a diffidare di tali compagni di strada, ha aumentato, nelle menti degli operai che pensano, il valore della teoria marxista e del pro- gramma marxista nella loro integrità. Esiste una serie di problemi nei quali il programma si avvicina alla tattica e trapassa in questa. Va da sé che durante la campagna elettorale questi problemi acquistano un valore pratico immediato assai mag- giore. Su questi problemi lo spirito dell’abiura e dello sbandamento si è manifestato con forza incomparabilmente maggiore. I vecchi com- piti vengono meno, dicevano alcuni, poiché in Russia il potere è già divenuto, in sostanza, borghese. D’ora in avanti, dichiaravano altri, lo sviluppo della Russia può procedere come quello tedesco o austriaco dopo il 1848, senza nessun « salto ». L’idea dell’egemonia della classe operaia è invecchiata, dicevano altri ancora, i marxisti devono tendere « non all’egemonia, ma a un partito di classe », ecc. Inutile dire che nessuna, letteralmente nemmeno una questione di tattica può essere risolta, può essere in qualche modo lumeggiata in- tegralmente, completamente, coerentemente senza esaminare queste idee, giustamente chiamate « liquidatrici » e indissolubilmente legate a una vasta corrente dell’opinione pubblica borghese che volta le spalle alla democrazia. Chi abbia più o meno osservato la vita pratica sa che QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 375 lo sbandamento nel campo di queste questioni è cento volte piu forte di quanto non appaia dalla pubblicistica. E, certo, non potrebbe nean- che essere altrimenti negli anni che seguono gli avvenimenti della fine del 1905 e del 1906-1907. Ma quanto piu questo sfacelo è « natu- rale » ( nell’ambiente borghese), tanto piu incalzante e urgente per i marxisti è il compito di lottare in tutti i modi e tenacemente contro di esso. in periodi come l'ultimo quadriennio in Russia, lo sfacelo e l'abiura sono stati propri di tutti i paesi: è anche avvenuto che non restassero nemmeno gruppi, ma soltanto singole persone che per dieci anni e pai hanno saputo, in tale situazione, « tener alto il vessillo », conser- vare le idee della continuità e applicare poi queste idee in una situa- zione politico-sociale profondamente mutata. In Russia le cose non vanno ancora tanto male, poiché ci sono rimasti in « retaggio » e un programma e risposte precise alle questioni tattiche e organizzative fondamentali del « momento ». Respingendo questa risposta, la cor- rente liquidatrice non è in grado di contrapporle nulla, assolutamente nulla che assomigli a una risposta precisa e chiara. La campagna elettorale è l’applicazione di una soluzione ben de- finita delle questioni politiche a una complessa attività propagandistica, di. agitazione, organizzativa. Non ci si può accingere a questa campagna senz’avere una soluzione ben definita. E la risposta precisa che dal 1908 fu data dal marxismo è stata pienamente convalidata dalPespe- rienza di. quattro anni. Il contenuto nuovo, borghese, della politica agraria del governo; l’organizzazione dei grandi proprietari fondiari e della borghesia alla III Duma; la condotta dello stesso partito cadetto, il piu « a sinistra » dei partiti borghesi, cosi chiaramente lu- meggiata dal viaggio « londinese », e tutt’altro che da questo soltanto; le correnti ideologiche di tipo « viekhista », che hanno avuto enormi successi nella società « colta », tutto questo ha mostrato chiaramente che i vecchi problemi non sono stati risolti, ma che la via per risolverli passa per una situazione nuova, piu borghese, contrassegnata da una sistematica conversione della borghesia dalla democrazia a un\< oppo- sizione » responsabile, di partito, « leale », ecc. Situazione nuova, nuo- vi metodi per prepararsi alla vecchia soluzione dei vecchi problemi; grande chiarezza della scissione tra democrazia e borghesia liberale and- 376 LENIN democratica: ecco i tratti fondamentali della risposta precisa dei mar- xisti alle attuali questioni politiche di fondo. In indissolubile legame con la concezione generale dei marxisti, con la loro valutazione del senso e del significato politico del pe- riodo « del 3 giugno », è la risposta alle questioni organizzative. Con- servazione del vecchio alla base e suo adattamento — ogni sorta di cosiddette « possibilità »: associazioni legali, sindacati, ecc. — alla nuova situazione. Cellule e rete di queste « possibilità » attorno ad esse, collegate ad esse, da esse dirette. Maggiore flessibilità delle « cel- lule », applicazione da parte loro di forme meno rigide, che non siano in tutto simili alle vecchie, e utilizzazione obbligatoria non solo della tribuna della Duma, ma anche di ogni sorta di « possibilità » analoghe. Senza legare in alcun modo le mani con qualche norma uniforme, con determinate forme obbligatorie, lasciando ampio spazio airelaborazione di procedimenti e metodi di combinazione adeguati, questa risposta è incrollabilmente « ferma » sul terreno dei princìpi, contrappone anzi allo sbandamento, airabiura, allo smarrimento imperanti non solo una proclamazione verbale di fedeltà al vecchio, ma anche un principio orga- nizzativo fondamentale che consente di tradurre in atto la fermezza ideologica. Coloro che, anche se numericamente pochi, hanno « accu- mulato una riserva » si uniscono e difendono sistematicamente la « ge- rarchia »: il suo spirito, naturalmente, i suoi princìpi, le sue tradizioni, e non le sue forme. Il liquidatorismo, invece, cede le armi davanti all’amorfismo im- perante (tutt’ altro che tra noi soltanto, tutt’altro che nella sola classe operaia, ma ancor più fortemente nelle altre classi e partiti), abban- dona il lavoro basato sul vecchio, trasformando la ricérca del « nuovo » in legittimazione dello sbandamento. Nella vasta corrente ideale della società borghese volta contro la democrazia in generale, contro il movi- mento delle masse in particolare, e specialmente contro le recenti forme di organizzazione e di direzione di questo movimento, il liqui- datorismo tra i marxisti non è che un ruscelletto. Queste le tesi generali del marxismo, questo il suo atteggia- mento verso i compiti e i problemi odierni, elaborato, ripetiamo, non da ieri, e che, col suo intero contenuto — ideologico, programmatico, tattico, organizzativo — , dev’essere ora trasformato in « campagna elettorale », QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 377 II Passiamo all’esame della posizione sulla campagna elettorale as- sunta dal principale organo di stampa della corrente liquidatrice, la Nascia Zarià. Nulla è piu contrario allo spirito del marxismo della vuota frase. E ciò che innanzi tutto colpisce spiacevolmente nei nn. 6 e 7-8 della Nascia Zarià è per l’appunto l’incredibile imperversare della frase alla Tartarin. Una campagna cosi comune per i marxisti di tutti i paesi come quella elettorale, campagna che anche in Russia si è già svolta su vasta scala ben due volte, è stata trasformata dai Tartarin del nostro liquidatorismo in qualcosa di ornato di tali e tante parole magnilo- quenti che proprio non se ne può più. Nel suo articolo È tempo di cominciare il signor Iuri Ciatski co- mincia l’esposizione delle vedute dei liquidatori e, in sostanza, la finisce da vero padrone, lasciando al signor L. Martov gli abbellimenti, il ritocco, l’ornamento letterario. Ecco un piccolo esempio degli scritti di Iuri-Tartarin: « ... È difficile poter contare con sicurezza che la campagna elettorale verrà, sotto l’aspetto organizzativo, condotta in maniera perfettamente centra- lizzata, benché sia necessario tendere a ciò attraverso tutte le vie di cui dicevamo, ... consolidando organizzativamente i risultati deH’unificazione poli- tica degli operai socialdemocratici nel corso della campagna politica... ». Abbiate timor di dio, carissimo concorrente di Trotski! Via!, a che prò stordire il lettore in generale, e l'operaio in particolare, con questo guazzabuglio di parole sui risultati delPunificazione politica nel corso della campagna politica?! Sul consolidamento di questi risul- tati?! Questo, vedete, è un guazzabuglio di parole, un darsi delle arie ripetendo gravemente una cosa semplicissima. Il « consolidamento » organizzativo è necessario sempre, sia prima che dopo le elezioni. Chiamando le elezioni una campagna politica e soffermandovi « per darvi tono», ancora sulla «serie [!] di campagne politiche nazio- nali [!] » voi, col chiasso e lo scoppiettio delle parole, occultate la questione veramente essenziale, vitale, pratica: come organizzarsi. Sono necessarie le « cellule » e, attorno ad esse, una rete di precarie asso- ciazioni più o meno legali? si o no? Se si, tutto questo è necessario sia prima che dopo le elezioni; le elezioni sono uno dei lavori, uno 378 LENIN tra i tanti. Se non s’è svolto un lavoro sistematico già da gran tempo , voi non « consoliderete » nulla nel corso della campagna elettorale. Chiunque sia impegnato nel lavoro pratico capisce che queste sono inezie. Qui con le frasi sonore si dissimula l'assenza di una risposta precisa alla questione fondamentale : come ci si deve organizzare per ogni attività, e non solo per quella elettorale? Parlare, a proposito delle elezioni, di « mobilitazione combattiva del proletariato v> ( sic ! p. 49), di «vasta e aperta mobilitazione delle masse operaie » (54), ecc., vuol dire non solo non avere alcun senso della misura, ma danneggiare apertamente il modesto, necessariamente modesto, lavoro, coltivando un gusto delle frasi vuote, della stessa , identica qualità di quello degli « otzovisti », degli « ultimatisti », ecc. Gli uni finiscono per dirci che col boicottaggio bisogna particolarmente sottolineare che lo «spirito» non è morto (ma Io «spirito» del la- voro deve permeare di sé tutti i suoi campi, compreso quello eletto- rale); gli urloni del liquidatorismo finiscono col dirci che le elezioni ci daranno tutto, sia la « mobilitazione combattiva » (che faccia ci vuole, però, per un sedicente « marxista » russo, per lasciarsi uscire dalla penna simili cose!) che il «consolidamento organizzativo dei risultati dellunificazione politica nel corso della campagna politica »! Sappiamo tutti benissimo che le elezioni del 1912 non ci daranno né possono darci (se non sopraggiungeranno condizioni che mutino radicalmente la situazione del 1908 e del 1911) una «mobilitazione delle masse» né « vasta .», né « palese ». Ci daranno la modesta possibilità di un lavoro non vasto e non molto palese, e questa possibilità va utilizzata* evitando però di imitare le tronfie frasi di Trotski. Il chiasso sulle organizzazioni « legali » quando si parla delle ele- zioni è decisamente una stoltezza: mettetevi a far meglio in ma- niera non molto legale, colleghi operai, diremo noi; sarà piu giusto, più opportuno, più ragionevole, piu utile per influire su strati più vasti , delle chacchiere sull’esistenza « legale ». In tempi come i nostri possono gridare e vantarsi: « ma io posso render tutto legale», solo persone o completamente sciocche o del tutto sventate. « ... Il partito [di classe] comparita soltanto come prodotto della creatività organizzativa di un’avanguardia operaia dotata di spirito di iniziativa» (p. 411. Uff! Abbiate pietà! Si sa che nel mondo hanno costituito e xaf- QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 379 forzato per decenni il partito sia gli operai d’avanguardia, sia gli « in- tellettuali » veramente marxisti, passati in tutto e per tutto dalla parte degli operai. Anche da noi non può essere diversamente, e non serve a nulla questo metter paura al lettore operaio russo con pompose scioc- chezze sulla «creatività» {quando occorre compitare l’abbiccì e racco- gliere per le fondamenta le piccole, modeste pietruzze), sull’avan- guardia « dotata di spirito d’iniziativa », ecc. Anche il signor Martov si lascia trascinare da Ciatski-Tartarin e giunge a parlare di « elementi autocoscienti della classe operaia » (n. 7-8, p. 42) che devono rimpiaz- zare l’« autoliquidazione » del vecchio personale (ivi), E ancora non basta; « Dotati di spirito d’iniziativa », « autoco- scienti », «creativi», «mobilitazione combattiva», «il piu vasto», « il piu palese »... Come può la gente non essere nauseata di questa — mi servo di un’espressione di Stcedrin — libidine parolaia? Ma il fatto è che si è costretti a operare con frasi ricercate, lam- biccate, che assordano e stordiscono l’operaio (e ancor piu l’intellet- tuale, poiché gli operai ridono dello stile a la Iuri Ciatski e ne sono maggiormente «attratti» i liceali) quando per le questioni semplici, chiare, a portata di mano manca in chi scrive una risposta semplice, diretta, chiara. Sulla questione della piattaforma elettorale noi possia- mo illustrare in modo particolarmente lampante questa verità: il pen- siero poco chiaro si trasforma in frasi poco chiare, ampollose, ma- gniloquenti. Ili Dell’importanza della piattaforma elettorale il signor Iuri Ciatski parla anche con grande, grandissimo patos. La piattaforma è « una delle questioni piu importanti ». Benissimo! « Gli operai socialdemo- cratici devono sentirla [!!] profondamente [la piattaforma], ponde- rarla, considerarla loro propria » (il corsivo è di furi Ciatski). Che gli operai debbano ponderare la piattaforma è giusto. Anche agli intellettuali che scrivono su riviste pseudomarxiste non farebbe male ponderare la piattaforma. Ma che cosa significhi « sentire » la piattaforma è ben difficile capirlo, Forse i signori Nevedomski e Luna- ciarski scriveranno, nel prossimo numero della Nascia Zarià, « sentiti » 380 l.enin articoli sul « modo di sentire » la piattaforma elettorale da parte della avanguardia, dotata di spirito d’iniziativa, delle masse autocoscienti mobilitate? O vi va forse la seguente perla deirarticolo del signor F. Dan? « ... la tattica elettorale muta senso e contenuto politico a seconda di chi è il suo creatore e alfiere: un collettivo autonomo dell’avanguar- dia socialdemocratica operaia, con le sue forze proletarie e intellettuali, oppure questi o quei gruppetti di intellettuali, magari '‘socialdemocra- tici 1 ’, ma che non sono stati espressi da tale collettivo, non operano sotto il suo controllo e la sua spinta... ». Chi potrebbe infatti dubitare che Potresov e Dan non siano in alcun modo un « gruppetto di in- tellettuali », ma persone « espresse da un collettivo autonomo dell’avan- guardia » ed «operanti sotto il suo controllo»?! O i Tartarin del liquidatorismo! Hanno ponderato la piattaforma Iuri Ciatski, L. Martov e F. Dan? « È una vergogna doverlo ammettere, ma sarebbe un peccato tenerlo celato — scrive il primo di essi — : da noi è capitato anche che la piattaforma dicesse una cosa e che nei discorsi e negli scritti pre- elettorali se ne dicesse un’altra, che ciascuno andasse per proprio conto». Quello che è vero, è vero. « Da noi » ciò è capitato molto spesso. Iuri Ciatski, per esempio, dopo le sentite parole sulla sentita piattaforma si mette a pronunciare, lunghi, lunghissimi e non meno sentiti discorsi sull’importanza e necessità di un'unica piattaforma. Con sentite parole viene a bella posta dissimulata la semplice questione: è possibile una piattaforma unica quando manca l’unità nelle concezioni politiche? E se l’unità delle concezioni esiste, a che prò sprecare parole e sfondare una porta aperta? La piattaforma, infatti, è una esposizione di concezioni! Ma Iuri Ciatski, dopo aver parlato, girando attorno senza en- trare nel fondo della questione, di piattaforma « unica », molto malde- stramente ci spiffera il suo « segreto ». « Noi diamo la massima im- portanza — egli scrive — alla sanzione [della piattaforma] da parte del gruppo socialdemocratico alla Duma, alPimprescindibile condizio- ne, però, che quest’ultimo non segua la linea della minor resistenza, sanzionando una piattaforma impostagli dai circoli esteri... » ( 50 ). In altre parole: der Kdtiig absolut , wenn er unseren Willen tut , QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 381 il re è assoluto, se fa il nostro volere. È desiderabile una piattaforma unica, se non sarà sanzionata la piattaforma « imposta dai circoli esteri ». Di piattaforme ne esistono dunque due! La prima è quella contro la quale voi inveite definendola piattaforma « imposta dal- l’estero » (terminologia degna di un Purisckevic! pensate un pò*: Iuri Ciatski, nella rivista di Potresov, scrive, all'unisono con Martov e Dan, sulle imposizioni dall'estero! Bisogna essere caduti bene in basso per aizzare con simili procedimenti le persone arretrate cóntro l’« este- ro»!). L’altra piattaforma è evidentemente quella che viene, non dal- l’estero, ma dal collettivo autonomo delle organizzazioni vaste e le- gali della massa mobilitata. In parole piu semplici e senza arzigogoli: « altri elementi di una possibile centralizzazione sono i gruppi di mili- tanti socialdemocratici [?] strettamente legati al movimento operaio legale e che acquistano una sempre maggiore stabilità e prestigio nel corso delle campagne politiche che conducono. Ci riferiamo in parti- colare a Pietroburgo e alla sua funzione dirigente nelle campagne poli- tiche dell’ultimo anno ». Cosi scrive Iuri Ciatski. Era facile indovinarlo: il « gruppo » dei liquidatori pietroburghesi, a tutti ben noto attraverso la rivista del signor Potresov, eccovi P« elemento di centralizzazione ». È chiaro, chiarissimo, carissimo Iuri Ciatski! La piattaforma dev'essere unica, ma ... tale che non « sia imposta dai circoli esteri » e soddisfi il « gruppo » dei liquidatori pietrobur- ghesi... È davvero un ardente fautore dell'« unità » questo Iuri Ciatski. IV Diamo un’occhiata alle « tesi fondamentali della piattaforma » di L. Martov... Alla sua base egli pone — com era naturalmente dove- roso — il programma. Qua e là questo programma viene appunto riferito da Martov con parole sue proprie. Non è chiara una cosa: Martov propugna precisamente quel programma da lui esposto nel n. 7-8 della Nascia Zarià ? Evidentemente questo frammento del vec- chio programma è accettabile sia per Larin, sia per Levitski, sia per .Prokopovic. Oppure Martov accetta tutto il vecchio programma? Giustizia vuole che si noti che un breve brano dell’articolo di 382 LENIN Martov accenna a quest’ultima possibilità; si tratta precisamente di un brano a p. 48, dove si dice che talvolta occorre « non dir tutto in forma chiara » (questo è vero), ma che non bisogna fare rinunce . « Nessuno ci costringerà » « a mutilare il contenuto delle nostre riven- dicazioni ». Sono ottime parole, alle quali purtroppo, però, non corri- spondono i fatti , poiché sappiamo benissimo, per esempio, che Larin, «non sospettato [da Martov] di riformismo», mutila e fa rinunce. Dovremo convincerci molto presto che anche Martov, in quello stesso suo articolo, pur promettendo di « non mutilare » e di « non fare rinunce », di fatto mutila e fa rinunce. La situazione di fatto è dunque tale che, sulla questione del pro- gramma come parte fondamentale e base della piattaforma, esistono non una, ma due piattaforme: una senza mutilazioni e rinunce, Paltra con mutilazioni e rinunce il cui orientamento è chiaramente indicato dal carattere della predicazione di Larin, Levitski e Potresov. Viene poi la questione della tattica. Il significato storico del periodo del 3 giugno dev'essere valutato, e su questa valutazione de- vono basarsi tutte le definizioni dei. nostri compiti, tutte le nostre « enunciazioni » su qualsivoglia questione generale e particolare della politica attuale. Martov è costretto a riconoscere anche lui — nono- stante i motteggi sulla « valutazione del momento attuale », consueti tra i liquidatori e caratteristici del liquidatorismo — che questa que- stione è una questione cardinale. Ma ecco che, in riferimento alla « vecchia », precisa risposta a questa questione, Martov dichiara: « Si è cercato di definire il senso storico del periodo del “3 giugno” con una formula infelice, poiché essa può, parlando di un “passo avanti sulla via che porta alla trasformazione [« lungo la via della trasformazione » sareb- be la citazione precisa] in monarchia borghese”, indurre in errore... ». Una formula « infelice »... Quanta moderazione! Ma i colleghi di Martov non hanno forse visto da tempo in questa formula la negazione, in linea di principio, deirunico punto di vista che sembra loro giusto? F. Dan non ha forse detto da tempo: « si vuol insistere nel ritornare là dove si è stati una volta sconfitti »? Di che cosa si tratta? C’è o non c’è un radicale dissenso sulla questione del signi- ficato storico del periodo del 3 giugno? QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 383 Ascoltate ancora: « ... In tale formulazione sparisce la realtà del passo indietro compiuto verso la spartizione del potere tra gli alfieri dell’assolutismo e la nobiltà fondiaria. Da quanto s’è detto sopra deriva che le uniche forme nelle quali, dopo gli avvenimenti del 1905, poteva appunto compiersi questa spartizione hanno creato le condizioni favorevoli per la mobilitazione e l’organizzazione delle forze sociali la cui missione storica è di lavorare alla creazione di una “monarchja borghese”... » Queste forze sociali sono, secondo Martov, la borghesia, alla quale il periodo del 3 giugno « ha concesso il diritto di essere un’opposi- zione legale o tollerata ». Esaminate il ragionamento di Martov. Alla « formula infelice » egli sembra rimproverare unicamente di dimenticare il passo indietro compiuto dal potere. In primo luogo, ciò è praticamente inesatto. Martov non se la cava troppo bene con la « formula » del 1908: non appena comincia a parlarne, emerge subito la sua strana incapacità (o cattiva volontà?) di riportare esattamente la « formula » stessa, a lui ben nota. Nella « formula » si parla apertamente e con preci- sione della conservazione, nelle mani dei grandi proprietari fondiari feudali (e non dei grandi proprietari fondiari borghesi, come bisogne- rebbe dire secondo Larin), « del loro potere e dei loro redditi »! Quin- di, se si vuole definire questa spartizione del potere un « passo in- dietro », questo passo indietro non solo non sparisce nella nostra formula, ma vi viene al contrario constatato nel piu preciso dei modi. In secondo luogo, ed è ciò che più conta , parlando del passo indietro compiuto dal potere, Martov dissimula, occulta con ciò stesso il passo indietro compiuto dalla borghesia liberale. Ecco qual è il nocciolo della questione! Ecco qua J è il fondo del ragionamento, occultato da Martov. Il passo indietro compiuto dalla borghesia liberale consiste nel viekhismo di questa borghesia, nel suo ripudio della democrazia, nel suo avvicinamento ai « partiti debordine », nel suo appoggio (diretto e indiretto, ideologico e politico) ai tentativi del vecchio regime di mantenersi al prezzo di minimi « passi avanti sulla via della trasfor- mazione in monarchia borghese ». La monarchia borghese non solo non può costituirsi, ma nemmeno cominciare a costituirsi senza la borghesia liberale controrivoluzionaria ( viekhista ). Martov lo « dimen- 384 LENIN tica » innanzi tutto e soprattutto per il semplice motivo che è egli stesso un « viekhista »... tra i marxisti. Nella valutazione del periodo del 3 giugno il liberale richiama l’attenzione sul fatto che il potere ha compiuto un « passo indietro », verso i Purisckevic: se questo stesso potere, pur conservando le stesse caratteristiche fondamentali del regime (e delle vessazioni con- tro la democrazia), avesse compiuto un « passo » verso di lui, verso il liberale, questo lo soddisferebbe in pieno. Con i Viekhi , con la po- litica viekhista (la «Londra» di Miliukov) ho dimostrato che io, liberale, sono un sincero, serio, implacabile nemico della democrazia « antistatale », apostatica, puerile, criminale, « ladresca », immorale, a tea, come appunto già si dice nei Viekhi . E nonostante ciò, il potere viene divìso non con me, ma con Purisckevic! Ecco il senso della politica liberale nel periodo del 3 giugno; ecco il senso del « libera- lismo alla Stolypin » dei signori Struve e Miliukov. Io penso a .te con tutta l’anima, dice il liberale, volgendo lo sguardo al potere, e a mè tu preferisci Purisckevic! Il punto di vista della democrazia proletaria sul periodo del 3 giugno è, invece, in linea di principio radicalmente diverso. Il « passo in- dietro » verso i Purisckevic è stato compiuto dal potere in una fase di sviluppo diversa, assai piu alta di quella precedente. Anche negli anni ottanta ci fu un « passo indietro » verso la nobiltà, ma fu un passo indietro nella fase posteriore alla riforma, ormai notevolmente lontana dai tempi di Nicola I, in cui il grande proprietario fondiario nobile comandava senza la « plutocrazia », senza le ferrovie, senza il terzo elemento in via di sviluppo. Cosi avviene anche oggi; il « passo indietro» verso i Purisckevic si compie sulla base di una politica agraria borghese, sulla base di una partecipazione organizzata e solida della borghesia alla rappresentanza: si tratta deiregemonia di Purisc- kevic nella svolta generale, sia di Purisckevic, sia di Miliukov, contro la democrazia, contro il movimento delle masse, contro i cosiddetti « eccessi », contro la cosiddetta « rivoluzione da intellettuali » ( Viekhi ), ecc. Compito del liberale è di « spaventare » Purisckevic in modo che questi « si restringa », lasci un po’ piu di posto al liberalismo, ma facendo si che non sia poi possibile eliminare completamente dalla faccia della terra tutte le basi economiche e politiche dei Purisckevic. QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 385 Compito del democratico in generale, e del rappresentante della demo- crazia operaia in particolare, del marxista, è di sfruttare l'aspro con- flitto per far scendere sull'arena gli strati inferiori proprio perché avvenga tale eliminazione. Se si muove dal compito di trasformare la Russia in generale, il senso storico del periodo del 3 giugno consiste precisamente nel fatto che questo nuovo passo sulla via della trasfor- mazione in monarchia borghese è un passo verso una maggiore deli- mitazione delle classi sotto tutti i rapporti e, in particolare, verso una maggiore delimitazione del liberalismo '(opposizione «responsabile» ai Purisckevic) dalla democrazia (eliminazione di tutte le basi dei Pu- risckevic). È chiaro quindi che Martov, il quale sembra criticare soltanto la « formulazione infelice », fornisce di fatto la piattaforma di una poli- tica operaia liberale. Egli vede il « passo indietro » verso i Purisckevic compiuto dal vecchio potere, e non vede il passo indietro verso il vecchio potere compiuto dalla borghesia liberale. Egli vede che gli avvenimenti del 1905 hanno creato condizioni favorevoli per la « mobi- litazione e organizzazione » dei borghesi liberali contro i Purisckevic e accanto ai Purisckevic, ma non vede che questi avvenimenti hanno creato « condizioni favorevoli » per la mobilitazione e organizzazione della borghesia liberale - viekhista, controrivoluzionaria, contro la de- mocrazia, contro il movimento delle masse. Dai brani citati di Martov scaturisce, perciò, inevitabilmente che gli operai devono « appoggiare » i liberali nella loro lotta contro i Purisckevic, devono lasciare loro l'egemonia, e non scaturisce affatto che gli operai debbano, nonostante il viekhismo dei liberali, nonostante l’aspirazione dei Miliukov a se- dersi accanto ai Purisckevic, portare gli strati inferiori al lavoro per la completa eliminazione delle piu profonde radici (e delle cime più alte) del regime dei Purisckevic. È quindi chiaro, inoltre, perché Martov può e deve concordare con Larin sull’essenziale, discordando da lui solo nei particolari, solo nei procedimenti volti a formulare i compiti della politica operaia liberale. Da noi ce già una monarchia borghese, dice Larin; da noi ci sono ormai dei grandi proprietari fondiari non « feudali », ma agrari, cioè borghesi, degli imprenditori agricoli. Da noi, perciò i « salti » storici non sono all'ordine del giorno; da noi dev’esserci « non l’egemonia, ma un partito di classe» (Levitski); da noi il compito è I J— 2260 386 LENIN di aopoggiare i liberali costituzionalisti, conservando la nostra auto- nomia *. Da noi non c’è ancora una monarchia borghese, obietta Mar- tov, ma per noi è « del tutto sufficiente » sapere che la combinazione dellassolutismo col costituzionalismo è contraddittoria e che dobbiamo « afferrare il vecchio regime per il tallone d’Achille delle contraddi- zioni ». Entrambi i contendenti non vedono il nesso esistente tra la monarchia borghese, che è già nata o sta nascendo, e lo spirito con- trorivoluzionario della borghesia liberale; per entrambi sparisce aaila scena Inattività delT« egemone » che determina non solo l’ampiezza, ma anche il tipo della trasformazione borghese della Russia; per en- trambi — lo dicano o no — la classe operaia * viene organizzata » nella nuova Russia borghese, e non organizza essa stessa questa nuova Russia trascinandosi dietro la democrazia, capace di negare tutte le basi del regime dei Purisckevic. V Non è privo d’interesse il fatto che gli ulteriori ragionamenti di Martov parlino con evidenza ancor maggiore contro di lui. « ... Cosi — continua Martov — i Borboni, restaurati nel 1815, non crearono una monarchia borghese, ma furono costretti a rivestire il dominio proprio e della nobilita che si trovava dietro di loro di forme politiche che accelerarono l’ organizzazione della classe borghese e le consentirono di tra- sformarsi in una forza capace di creare la monarchia borghese del 1830... ». Benissimo. Prima dei Borboni del 1815, prima del 1789 la mo- narchia in Francia era feudale, patriarcale. Dopo il 1830 la monarchia fu borghese. E che cosa era dunque la monarchia di cui s’è messo a parlare (a proprio danno) Martov, cioè la monarchia degli anni 1815-1830? È chiaro che era « un passo avanti sulla via della trasfor- mazione in monarchia borghese ». L’esempio di Martov parla magni- ficamente contro di lui! Proseguiamo. In Francia la borghesia liberale cominciò a manifestare la propria ostilità contro la democrazia coerente già nel movimento degli anni 1789-1793. Compito della democrazia non era affatto la creazione di una monarchia borghese, come Martov Farci valete nell' imminente rinnovamento costituzionale », ha scritto Larin. QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 387 sa benissimo. E la democrazia francese, e prima di tutto la classe operaia, nonostante le esitazioni, i tradimenti, gli stati d’animo con- trorivoluzionari della borghesia liberale, creò, dopo una lunga serie di dure « campagne », quel regime politico che si consolidò a cominciare dal 1871. Airinizio deirepoca delle rivoluzioni borghesi la borghesia francese liberale era monarchica; alla fine del lungo periodo delle rivo- luzioni borghesi — dato che s'era andata accentuando la decisione e l'autonomia delle azioni del proletariato e degli elementi borghesi democratici (inclini ai « blocchi di sinistra », sia detto non per far rabbia a L. Martov!) — tutta la borghesia francese si era trasformata in borghesia repubblicana, rieducata, istruita in modo nuovo, rinno- vata. In Prussia, e in Germania in generale, il grande proprietario fondiario non si lasciò sfuggire dalle mani l'egemonia per tutto il periodo delle rivoluzioni borghesi e « educò » la borghesia a propria immagine e somiglianza. In Francia, nel corso dell'ottantennio delle rivoluzioni borghesi, l'egemonia se l'era conquistata per ben quattro volte il proletariato, alleato in vari modi con gli elementi della piccola borghesia inclini ai « blocchi di sinistra », e il risultato fu che la borghe- sia dovette creare un regime politico più vantaggioso per il suo antipode. Ce borghesia e borghesia. Le rivoluzioni borghesi ci rivelano una enorme varietà di combinazioni dei vari gruppi, strati, elementi sia della stessa borghesia che della classe operaia. Voler « estrarre » una risposta ai problemi concreti della rivoluzione borghese russa del primo decennio del secolo XX dal « concetto generale » di rivoluzione borghese nel senso più stretto della parola vuol dire abbassare il marxismo al punto da trasformarlo in liberalismo. « Cosi — continua Martov — , dopo la repressione della rivoluzione del 1848, il potere prussiano si trovò costretto a proclamare la Costituzione e a istituire una rappresentanza legislativa organizzata nell’interesse della proprietà fondiaria; e sul terreno di questi miseri rudimenti di regime parla- mentare-costituzionale si organizzava politicamente la borghesia, la quale tuttavia non è ancora riuscita tuttora a ultimare la trasformazione dello Stato in una “monarchia borghese". La summenzionata formulazione ha cosi il difetto di non contenere il momento dello scontro decisivo delle classi, senza il quale la tendenza ogget- tiva che si manifesta in atti del tipo di quello del 3 giugno non può tradursi in atto ». Davvero, magnifico, no? Martov è decisamente un virtuoso nel 13 * 388 LENIN rivestire di frasi di tipo marxista e rivoluzionario di grande effetto i ragionamenti, le teorie, le piattaforme riformistiche! A proposito di quella stessa « formula » che viene criticata da Martov, F. Dan si scagliava contro coloro che vogliono « insistere nel ritornare là dove si è stati una volta sconfitti ». lu. Larin scriveva che la classe operaia deve organizzarsi, non in « attesa della rivoluzione », ma più semplice- mente « per una difesa ferma e sistematica dei suoi particolari in- teressi ». Ed ora Martov fa una scoperta: la formula ha il difetto di non contenere il momento dello scontro decisivo delle classi. Un vero incanto! Ma in questa frase di Martov oltre airelemento comico c’è anche qualcos’altro. Martov si è espresso con un’ambiguità da virtuoso. Egli non ha detto di quali classi si tratti. In precedenza si trattava dei proprietari fondiari e della borghesia. Si può supporre che Martov parli ora di uno scontro decisivo solo tra i proprietari fondiari e la bor- ghesia. Soltanto dal punto di vista di una tale supposizione si possono « prendere sul serio » le surriportate parole di Martov. Però, una tale supposizione lo denuncia con particolare evidenza come predicatore o difensore di una politica operaia liberale. ’ La nostra formula « non contiene il momento dello scontro deci- sivo » tra le classi dei proprietari fondiari e della borghesia! Ma scu- sate: nella nostra formula si parla apertamente, chiaramente, con pre- cisione di « piccoli dissensi » tra queste classi. Dal nostro punto di vista i dissensi tra queste classi sono piccoli. Grande importanza ce l’ha lo scontro non di queste classi, ma di altre classi, delle quali nella « formula » si parla più avanti altrettanto apertamente e altrettanto chiaramente. La questione sta dunque in questi termini. Chi si ponga dal punto di vista marxista non può attendersi la liberazione della Russia dal « periodo del 3 giugno » da nient’altro che non sia uno « scontro decisivo delle classi ». Bisogna chiarire a se stessi il senso storico del « periodo del 3 giugno » per sapere quali classi dell’odierna Russia possono e debbono (nel senso di una necessità oggettiva, e non di un dovere soggettivo) giungere a uno scontro decisivo. Martov pensa, a quanto pare — come pensano tutti i liquidatori — , che sia immi- nente in Russia uno scontro decisivo tra- la nobiltà fondiaria e la bor- ghesia liberale. (Noteremo tra parentesi che, se nel progetto di piatta- QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 389 forma della Nascia Zarià e del Dido Gizni verrà espressa apertamente quest’opinione, i liquidatori renderanno un grande servigio al movi- mento operaio, chiarendo agli operai la sostanza della disputa; se invece nella piattaforma di questi organi di stampa non verrà espressa apertamente quest’opinione, vorrà dire che la piattaforma verrà scritta per dissimulare le proprie opinioni, che la piattaforma sarà in contrasto col reale contenuto ideologico della predicazione di queste due riviste). Noi pensiamo * — - e nella nostra « formula » ciò è detto aperta- mente — che non sia imminente uno scontro decisivo tra la proprietà fondiaria nobiliare di vecchio tipo e la borghesia liberale della Russia; scontri tra queste classi sono inevitabili, ma sotto forma di « piccoli dissensi » che « non decidono » nulla nei destini della Russia, che non possono apportare nessun decisivo, serio mutamento in meglio *. Uno scontro veramente decisivo è imminente tra altre classi: uno scontro sul terreno ed entro i limiti della società borghese, cioè della produzione mercantile e del capitalismo. Su che cosa si fonda una tale opinione? Sia su considerazioni teoriche che sull’esperienza degli anni 1905-1907. In quel triennio la Russia fece l’esperienza di uno scontro tra le classi cosi aspro da occupare uno dei primi posti nella storia mondiale degli aspri scontri tra le classi. Nondimeno, anche in quel triennio, nell’ambito di una società borghese che non fruiva allora delle più elementari condizioni e garanzie della libertà borghese, lo scontro tra la pro- prietà fondiaria nobiliare e la borghesia liberale, tra quest’ultima e il vecchio potere non fu né aspro, né decisivo. Aspri e decisivi — più o meno aspri e decisivi — furono invece gli scontri tra i contadini e i grandi proprietari fondiari, tra gli operai e i capitalisti. * Da ciò non consegue, naturalmente, che la borghesia liberale e la proprietà fondiaria nobiliare costituiscano un’« unica massa reazionaria », che i conflitti tra la prima e la seconda non abbiano nessuna importarla politica, che essi non possano fornire motivi al movimento democratico, che sia lecito ignorare questi conflitti. Giungere a simili conclusioni vorrebbe dire portare una tesi giusta al- l'assurdo, vorrebbe dire essere incapaci di comprendere entro quali limiti questa tesi sia giusta. È noto infatti che la «somma giustizia», spinta all'assurdo, se non si comprendono i limiti e le condizioni del giusto e deH'ingiusto, si trasforma in « somma ingiustizia »: summum ius stimma tritura. Ricorderemo questo fatto della storia del marxismo russo: al celebre congresso di Londra venne dato proprio quel giudizio sui partiti borghesi-liberali in Russia (e in primo luogo del partito cadetto) esposto nel testo, e venne inoltre riconosciuta la necessità di « utilizzare Fattività di questi partiti neirinteressc dell’educazione politica del popolo ». 13-2260 390 LENIN Come si spiega questo fatto? In primo luogo, la borghesia libe- rale è legata alla proprietà fondiaria nobiliare da legami economici troppo stretti, i loro interessi sono troppo intrecciati gli uni con gli altri, per cui alla prima appare scevra di pericoli e desiderabile solo la riforma della seconda, e non la sua distruzione. Val meglio la rifor- ma piu lenta, persino impercettibilmente lenta, della distruzione: così ragiona la stragrande maggioranza dei borghesi liberali, e, data l’attuale situazione economica e politica della Russia, questa classe non può ragionare diversamente. Inoltre, se si prende, per esempio, il movimento a base di scioperi, risulterà che in quel triennio la Russia lo sviluppò ad un livello mai visto in nessuno dei paesi piu progrediti, piu capitalistici del mondo. Di qui V inevitabilità del ragionamento della borghesia liberale secondo cui vai meglio la riforma piu lenta, impercettibilmente lenta, delle condizioni di lavoro invecchiate che una risoluta rottura col vecchio; meglio conservare il vecchio che rompere risolutamente con esso. La situazione economica delle masse contadine e degli operai, al contrario, ha reso per loro impossibile un simile ragionamento; la situazione economica ha suscitato qui scontri veramente aspri, veramente decisivi. Sarebbe errato pensare, come pensano i populisti delle masse contadine, come pensa Trotski degli operai, che questi scontri escano dai limiti della società borghese. Ma non v’ha il minimo dubbio che tutto il vecchio, l’antico, il preborghese può essere (con un determinato esito degli scontri) interamente eliminato, completamente distrutto da questi scontri e soltanto da essi. I grandi proprietari fondiari russi, da Purisckevic a Dolgorukov, hanno educato e educano la nostra borghesia liberale nello spirito di un servilismo, di un’inerzia, di una paura dei cambiamenti mai visti sinora nella storia. I contadini russi — data Fattuale situazione econo- mica e politica della Russia — rappresentano uno strato borghese della popolazione, e da questo strato l’epoca degli « scontri », l’epoca delle rivoluzioni borghesi (nel senso storico-metodologico della parola) sta educando , a condizione che gli operai partecipino come guida, una borghesia che non si distingua per le suindicate piacevoli qualità. Riu- scirà in quest’intento? A questa domanda si potrà dare una risposta solo allorché Tepoca delle rivoluzioni borghesi in Russia sarà conclusa. Sino ad allora tutte le tendenze progressive del pensiero politico della QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 391 Russia si divideranno inevitabilmente in due tipi fondamentali, a se- conda che esse gravitino verso Pegemonia del liberalismo, che tende a riorganizzare, a rinnovare la Russia in maniera inoffensiva per i Pu- risckevic, oppure verso Pegemonia della classe operaia, che ha al suo seguito i migliori elementi delle masse contadine. Ho detto « gravitano » perché non si può pensare che tutte le tendenze progressiste abbiano acquisito una tale consapevolezza da riu- scire a comprendere le radici di classe di questa o quella politica. Ma i marxisti non possono essere marxisti se non sono riusciti a scoprire queste radici, se non hanno compreso che anche la difesa degli interessi particolari della classe operaia e la sua preparazione alla sua futura funzione nella Russia borghese si muovono inevitabilmente, spinte dal rapporto oggettivo delle forze sociali, lungo gli stessi due alvei prin- cipali: procedere sulle orme del liberalismo (che procede sulle orme dei Purisckevic o al loro fianco) o portare avanti gli elementi demo- cratici nonostante le esitazioni, i tradimenti, il viekhismo del liberalismo. VI Siamo cosi entrati nel vivo della questione dei famigerati « bloc- chi di sinistra ». Iuri Ciatski e F. Dan, lo si può dire senza tema di esagerare, sputano fuoco e fiamme contro i blocchi di sinistra; nel secondo di questi uomini politici ciò è tanto piu naturale in quanto deve pure coprire in qualche modo il suo tradimento della causa degli operai e la scissione deirorganizzazione degli operai a Pietroburgo, nella primavera del 1907, per far blocco coi cadetti! Ma la questione dei blocchi di sinistra è un'interessante e importante questione di principio, qualora si parli non solo e persino non tanto degli accordi elettorali (con l’attuale legge elettorale il « blocco di sinistra » è stato praticamente applicato molto di rado), ma del carattere e del contenuto generale di tutta la propaganda e agitazione elettorale. « Costringere » la massa democratica piu numerosa del paese (i contadini e gli strati della piccola borghesia non agricola ad essi apparentati) a « fare una scelta tra i cadetti e i marxisti »; seguire la linea delle « azioni con- giunte » degli operai e della democrazia contadina sia contro il vecchio regime che contro Testante borghesia liberale controrivoluzionaria; 392 LENIN ecco qual è la base e la sostanza della tattica dei « blocchi di sinistra », consacrata sia dal corso degli eventi del 1905 (movimento operaio e contadino), sia dalle votazioni dei gruppi « del lavoro » e operaio nelle prime due Dume, sia dairatteggiamento della stampa dei vari partiti verso le questioni di fondo della democrazia, sia, persino, dalla posizione del « gruppo contadino» della III Duma (con l’abbondanza degli elementi di destra esistente in questo gruppo!) sulla questione agraria. È noto che il progetto agrario dei 43 contadini della III Duma 105 è assai piu democratico del progetto cadetto, liberale, come hanno riconosciuto gli stessi cadetti! È indubbio che è proprio in questo senso, quello dei principi generali, che i «blocchi di sinistra» vengono respinti dai liquidatori. È ugualmente indubbio che la loro rinuncia ai blocchi di sinistra , è un tradimento della causa della democrazia. Non c’è stato nessun mo- vimento di emancipazione borghese che non abbia fornito esempi e modelli della tattica dei « blocchi di sinistra », senza dire che tutti i momenti vittoriosi di questi movimenti sono connessi sempre ai successi di questa tattica, al fatto che la lotta si era messa su questo cammino, nonostante le esitazioni e i tradimenti del liberalismo. Pro- prio la « tattica dei blocchi di sinistra », proprio l’alleanza della « plebe » urbana ( = proletariato odierno) con le masse contadine der mocratiche conferì ampiezza e forza alla rivoluzione inglese del se- colo XVII, a quella francese del XVIII. Di questo Marx ed Engels hanno parlato molte volte non solo nel 1848, ma anche assai piu tardi. Per non riportare citazioni già molte volte riportate, ricorderemo la corrispondenza tra Marx e Lassalle nel 1859. A proposito della tragedia di Lassalle Sickingen Marx scriveva che il conflitto introdotto nel dramma « è non solo tragico, ma è precisamente lo stesso tragico con- flitto che ha portato al completo naufragio il partito rivoluzionario degli anni 1848 e 1849 ». E Marx, tracciando già per sommi capi tutta la linea delle future divergenze tra làssalliani e eisenachiani, rimpro- verava a Lassalle di cadere in errore, « in quanto pone l’opposi- zione luterano-cavalleresca al di sopra di quella miinzeriano-plebea » 10fl . Non c’interessa qui di sapere se fosse o non fosse giusto il rim- provero di Marx: noi crediamo che fosse giusto, benché Lassalle si fosse difeso energicamente da tale rimprovero. Importante è il fatto che il porre l’opposizione « luterano-cavalleresca » (dei liberali grandi QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 393 proprietari fondiari, traducendo nella lingua russa dell’inizio del se- colo XX) al di sopra di quella « munzeriano-plebea » (prolet aria-conta- dina, nella stessa traduzione) veniva, sia da Marx che da Engels, con- siderato un patente errore, veniva considerato assolutamente inammissi- bile per un socialdemocratico! Inveendo e bestemmiando contro la tattica dei blocchi di sinistra, i liquidatori cercano di coprire col rumore delle parole la questione di principio fondamentale, che qui si pone, della obbligatorietà, per ogni partito operaio in ogni movimento democratico-borghese, dei « blocchi di sinistra ». Non essendo in grado di porre la questione in linea di principio, essi cadono in strane contraddizioni, dandosi la zappa sui piedi. Esempio: quello stesso L. Martov che teme il « blocco di sini- stra » come la peste, formulando il programma agrario nelle « tesi generali della piattaforma », scrive; « come per il passato, la cosa piu giusta, meno dolorosa e piu utile per lo sviluppo civile resta la con- fisca delle terre dei grandi proprietari fondiari per trasferirle al po- polo ». Senz’awedersene egli è giunto a parlare — orrore! — di na- zionalizzazione! Questo in primo luogo. E, in secondo luogo, quando ha enunciato un’idea giusta, Martov ha enunciato (a dispetto del suo collega Cerevanin: cfr. il suo libro viekhista del 1908 sulla Situazione attuale ), l’idea del blocco di sinistra , poiché il programma agrario da lui proposto è un programma di azioni di un blocco di sinistra sia contro il vecchio regime che contro i partiti liberali del genere dei cadettiW « Caccia la natura dalla porta e la vedrai rientrare dalla finestra »!! Il programma agrario formulato da L. Martov è tale da riunire attorno a sé (da riunire di fatto, cioè da far convergere, indipenden- temente da qualsiasi « accordo ») sia gli operai, sia i contadini tru- doviki , coi loro capi ideologici rappresentati dai populisti. Tale pro- gramma divide , al contrario, sia gli operai che i contadini trudoviki , presi assieme, dai cadetti (e dalla borghesia liberale in genere). Se, in aggiunta a questa conclusione politica assolutamente incontestabile, prenderete in considerazione il fatto che la questione agraria (la questione di una trasformazione agraria democratica) è al centro delle questioni del nostro movimento di emancipazione, vedrete che Martov è stato costretto a formulare una tattica di « blocchi di sinistra » sulla questione cruciale della nostra epoca! Come e perché al nostro avversario dei « blocchi di sinistra » è 394 LENIN capitata una tale disgrazia? Molto semplicemente. Egli doveva scegliere: o rompere apertamente e chiaramente col vecchio programma, e questo non ha osato farlo; egli non ha ancora « raggiunto » gli arditi (in fatto di apostasia) Cerevanin e Larin. Oppure parafrasare, sia pure in maniera approssimativa, il vecchio programma, e da questo scaturi- scono inevitabilmente i « blocchi di sinistra ». Tale è ormai Tamaro destino dei nostri liquidatori. VII Ci è rimasto ancora da accennare a due punti importanti dell’arti- colo di Martov. « Aspirazione del partito operaio — egli scrive — dev’essere, al manifestarsi di ogni simile conflitto in seno al sistema del 3 giugno » {si trattava dei conflitti e attriti che disgregano e mina- no questo sistema), « quella di indurre le classi possidenti a fare questo o quel passo in direzione della democratizzazione della legislazione e delPestensione delle garanzie costituzionali e, ciò che proprio per noi ha il piu grande valore, delPestensione della sfera della libera organiz- zazione delle forze popolari » (p. 30, Nascia Zarià , n. 7-8). La formulazione qui data da Martov è molto felice. Ma è appunto la formulazione dei compiti e della linea di una politica operaia libe- rale. « Indurre le classi possidenti a fare un passo », « estendere la sfera della libera organizzazione del lavoro »: queste frasi di Martov vengono pari pari ripetute da tutti i borghesi liberali piu o meno colti, più o meno permeati di spirito « europeo », del mondo intero. La distinzione tra la politica operaia liberale e la politica operaia mar- xista comincia solo là, dove e allorché vediamo chiarire agli operai Pin- sufficienza, Pinadeguatezza, Pinganno della formulazione liberale testé citata. Indurre le classi nullatenenti a fare un passo verso la modifica- zione di quella stessa « sfera » che i liberali promettono di « esten- dere », verso la sua sostituzione con una « sfera » diversa in linea di prin- cipio: ecco come bisogna (approssimativamente) definire i compiti e le aspirazioni del partito operaio, se non si vuol costruire un partito operaio liberale. Come curiosità rileveremo che L. Martov, a proposito della sua formulazione, osserva egli stesso in nota al passo citato: « Naturai- QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 395 mente questa formulazione non mancherà di provocare accuse di op- portunismo e di legalitarismo ad ogni costo ». E con che cosa pensate che egli confuti queste accuse? Col richiamarsi alParticolo di N. Rozkov pubblicato nel n. 171 della Obskaia Gizn. Di questo articolo Martov riporta cinque righe, formulate in maniera estremamente infelice ed incomprensibile, dove si parla di « associazioni politiche legali ». Non abbiamo letto quest’articolo. Ammettiamo che Rozkov sia per un « par- tito legale ». Ma che centra tutto questo, dal momento che si tratta della formulazione di una politica operaia liberale data da Martov ? Da quando mai per giustificare un proprio errore ci si può richiamare a un altro errore di un altro scrittore? Ma con la massima evidenza, nella maniera migliore, Finterò spi- rito dell'articolo di Martov viene espresso dalla seguente tirata del capoverso conclusivo del suo paragrafo conclusivo: « Tutta la campagna elettorale dev’essere da noi condotta sotto la ban- diera della lotta del proletariato per la libertà della propria autodecisione politica, della lotta per il diritto di avere un proprio partito di classe e di sviluppare liberamente la propria attività, per la partecipazione alla vita politica in qualità di forza organizzata autonoma. A questo principio [udite!] devono essere subordinati sia il contenuto dell’agitazione elettorale, sia i metodi della tattica elettorale e del lavoro preelettorale organizzato ». Ecco le parole che esprimono esattamente il « principio », che definiscono il «contenuto» di tutta l’agitazione elettorale (e di tutta la politica) dei liquidatori! Le belle parole « non mutilare nulla, non fare alcuna rinuncia », con le quali Martov consolava il lettore mar- xista, risultano essere soltanto parole, vuote parole, data una simile formulazione del « principio ». E il principio risulta essere il principio della politica operaia liberale: ecco la sostanza della cosa. Il borghese liberale dice agli operai: avete ragione di lottare, dovete lottare per la libertà della vostra autodecisione politica, per il diritto di avere un vostro partito di classe, per sviluppare liberamente la vostra attività, per partecipare alla vita politica come forza organiz- zata autonoma. Sono appunto questi principi della borghesia liberale, colta, radicale — per servirci del termine inglese o francese — che Martov offre agli operai sotto l'etichetta del marxismo. Il marxista dice agli operai: per lottare veramente e con succes- so per la libertà della « vostra » autodecisione politica dovete lot- 396 LENIN tare per la libertà dell’autodecisione politica di tutto il popolo, indi- candogli le forme coerentemente democratiche della sua vita statale, strappando le masse e gli strati arretrati dei lavoratori alPinfluenza dei liberali. Perché il vostro partito sia veramente in grado di compren- dere i compiti della classe, perché la sua attività sia effettivamente classista, e non corporativa, bisogna che esso non solo partecipi alla vita politica, ma orienti — a dispetto di tutte le esitazioni dei libe- rali — la vita politica e l’iniziativa di vasti strati della popolazione su un'arena più alta di quella indicata dai liberali, verso fini più im- portanti, più radicali. Chi gli assegna un « autonomo » angoletto di « attività » su un’arena i cui limiti, la cui forma e il cui aspetto sono determinati o ammessi dai liberali, non comprende i compiti della classe. I compiti della classe sono compresi solo da chi orienta l’atten- zione (e la coscienza, e l’attività pratica, ecc.) verso una trasformazione, non limitata dalle norme del liberalismo, di questa stessa arena, di tutta la sua forma, di tutto il suo aspetto. In che cosa consiste la differenza tra le due formulazioni? Ma proprio nel fatto, fra V altro, che la prima esclude l’idea delP« egemo- nia » della classe operaia, mentre la seconda definisce intenzionalmente proprio quest’idea; la prima è una variante attuale, nuovissima, del vecchio economismo (« agli operai la lotta economica, ai liberali quella politica »), la seconda si sforza di estirpare dalle menti ogni terreno su cui possa allignare sia il vecchio economismo che il neoeconomismo. Resta ora da porre la questione conclusiva: in che cosa consiste la differenza tra Levitski e Martov? Il primo è un liquidatore della giovane leva, della nuova generazione, libero dalle tradizioni e .dai ri- cordi del vecchio. Egli va diritto allo scopo, con l’entusiasmo e la franchezza che distinguono i giovani: « non l’egemonia, ma un partito di classe »! Martov invece « è pratico del mondo », è stato una volta seguace della vecchia Iskra , in lui si mescolano le vecchie tradizioni, non ancora completamente svanite*, e il nuovo liquidatorismo, non ancora del tutto imbaldanzito; per questo giura e spergiura con zelo: « non mutilare nulla, non fare alcuna rinuncia », ma poi, dopo lunghi, * O meglio: il contenuto di queste tradizioni, il loro nucleo ideale in Martov è già completamente svanito, ma le parole sono rimaste, è rimasta l’abitudine alla « insegna decorosa » dell’« internazionalista intransigente ». QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 397 lunghissimi ragionamenti elusivi, si lascia scappare che il « principio » di tutta l’agitazione elettorale dev’essere quello liquidatore. E tutta la questione si riduce precisamente al « principio » della campagna elettorale. Prosvestcenie, nn. 1 e 2, dicembre 1911 e gennaio 1912. Firmato: K. Tulin. PRIME RIVELAZIONI SULLE TRATTATIVE DEL PARTITO CADETTO COI MINISTRI Coloro che, sei e cinque anni e mezzo fa, davano Vallatine per le trattative dei cadetti coi ministri in generale e sui portafogli mini- steriali in particolare, non possono non provare oggi un senso di pro- fonda soddisfazione. La verità storica si prende ciò che le spetta e viene talvolta a galla dalla parte da cui meno ce lo si potrebbe aspet- tare. Oggi le rivelazioni sono cominciate e, nonostante tutti gli sforzi degli individui (e dei partiti) « interessati » a soffocarle, non si arre- stano. Si può affermare con tutta sicurezza che esse confermeranno e ribadiranno in pieno la giustezza dei nostri attacchi di allora contro i cadetti. Il via alle rivelazioni è stato dato da Witte con la sua polemica contro Guckov. Lo scopo della mossa di Witte e il carattere del suo intervento sono i più abietti; intrigo della peggior lega, desiderio di dare uno sgambetto e di accostarsi a un portafoglio: ecco i suoi mo- venti. Ma è noto che quando due ladri si azzuffano ne vien fuori sempre qualche vantaggio per le persone oneste, e se i ladri che si azzuffano sono tre, il vantaggio senza dubbio aumenta. Nella lettera di Witte il momento più importante è stato natural- mente quello in cui egli, volente o nolente, ha dovuto stabilire alcuni fatti, dando la possibilità (e determinando la necessità) di verificarli interrogando tutti gli interessati. I principali fatti che si desumono dalla lettera di Witte sono i seguenti: 1 ) Airincontro con Witte presero parte Scipov, Guckov, Urusov, E. Trubetskoi e M. Stakhovic, cioè esponenti dei partiti: cadetto, del rinnovamento pacifico e ottobrista. 2) « Alla prima seduta delPincontro tra il conte Witte [citiamo PRIME RIVELAZIONI SULLE TRATTATIVE DEI CADETTI 399 dalla sua lettera] e i summenzionati uomini politici si raggiunse un accordo di principio su tutte le questioni importanti, ad eccezione di quella relativa alla designazione del ministro degli interni ». 3) « Il conte Witte insistette per la designazione di Durnovo, mentre i suddetti uomini politici, ad eccezione del principe Urusov, si pronunciarono contro questa designazione. Allora il principe Uru-* sov esortò, a quell'incontro, i suoi colleghi a consentire, date le difficoltà del momento e l'impossibilità di indugiare, alla designazione di Durnovo e per parte sua, per dare Pesempio, dichiarò di essere pronto ad accettare il posto di sottosegretario di Durnovo nel ministero... Nella seduta successiva Scipov, Guckov e il principe Trubetskoi dichiararono di non poter entrare in un ministero in cui fosse presente Durnovo... ». 4) Venne avanzata la candidatura di Stolypin, ma su di essa non si giunse all'accordo: alcuni erano favorevoli, altri contrari. Si domanda: quali correzioni ha apportato Guckov a quest'espo- sizione? Egli ha confermato che « ardente fautore della candidatura di Durnovo fu il principe Urusov, in seguito membro della I Du- ma ». Witte, secondo le parole di Guckov, era esitante e a un certo punto si dichiarò disposto a rinunciare a Durnovo, poiché erano in preparazione rivelazioni sulla stampa e tonanti articoli contro di lui. « Tutto l'episodio qui descritto — ha aggiunto Guckov — aveva luogo all'indomani del manifesto del 17 ottobre, allorché imperversava la piu vasta, la piu sfrenata, direi, libertà di stampa ». Le trattative andarono per le lunghe: Guckov parla di « sfibranti giornate di interminabili trattative ». Di Stolypin, dice, « nessuno diede il giudizio negativo di cui scrive il conte Witte ». Caratterizzando quella situazione in generale, Guckov osserva: « Ora son venuti fuori molti “salvatori" della patria... Ma dov'erano allora?... Allora molti di essi non avevano ancora deciso da quale parte della barricata schierarsi ». Questi i punti essenziali delle rivelazioni di Witte e di Guckov; trascuriamo, naturalmente, le inezie. La verità storica viene a galla con estrema precisione: 1) In quel delicatissimo momento della storia russa non esisteva nessuna seria differenza tra i cadetti e gli ottobristì\ 2) «molti» (degli uomini politici borghesi, e, a giudicare dalla «di- screta » allusione di Guckov, probabilmente anche dei ministri ) « allora non avevano ancora deciso da quale parte della barricata schierarsi ». Ma è un fatto che quelli che s'incontrarono allora, e non una sola 400 LENIN volta, erano uomini di una « parte della barricata » ben definita. A quegli incontri ministri, ottobristi, cadetti si trovavano da una sola parte della barricata. La verità storica non ammette né dubbi, né ma- nipolazioni: quelli furono incontri, trattative tra il governo e la bor- ghesia controrivoluzionaria, liberale. Ora guardate quale è la condotta dei cadetti. Dopo le rivelazioni di Witte e di Guckov (le loro lettere sono state pubblicate rispetti- vamente a Pietroburgo il 26 e a Mosca il 27 ottobre vecchio calen- dario) i cadetti mantengono il più assoluto silenzio sulla loro parteci- pazione, limitandosi a « stuzzicare » Guckov. Sia la Riec del 28 set- tembre che le Russkie Vieàomosti dello stesso giorno « stuzzicano » per l’appunto Guckov, dicendo che egli fu poi collega degli adepti di Durnovo, ma non pubblicano né rettifiche , né confutazioni per quanto concerne i fatti storici. Il terzo ladro spera di passare inosser- vato dietro la disputa tra Witte e Guckov. Allora gli ottobristi cominciano a « vendicarsi » sia di Witte che dei cadetti. Nel Golos Moskvy del 14 ottobre (due settimane di rico- gnizioni per gli ottobristi, di pusillanime e vile silenzio per i cadetti!) compare un’« informazione » sotto il titolo L'alleanza del conte Witte e di P. N. Durnovo coi cadetti . Le nuove rivelazioni si riducono a quanto segue: 1) E. Trubetskoi era allora membro del partito ca- detto. 2) « Non volendo indurre il conte Witte in qualche errore, il principe Trubetskoi si ritenne in dovere di prevenirlo che di tutte le sue trattative con gli uomini politici » (si capisce che i democratici operai e contadini non vengono annoverati tra gli « uomini politici » né dagli ottobristi, né dai cadetti: nell’ottobre 1905 gli operai e i contadini erano, evidentemente, «uomini» estranei alla vita politica!) « egli, il principe Trubetskoi, avrebbe informato l’Ufficio del proprio partito, che si riuniva giornalmente per discutere gli affari correnti nell’appartamento del professor Petragitski ». 3 ) Contro la candidatura di Stolypin insorse con particolare calore il signor Petrunkevic, il quale riteneva «che in caso estremo [jìc/ 1 bisognasse consigliare al conte Witte di designare ministro degli interni piuttosto Durnovo che Sto- lypin. Gli altri esponenti del partito cadetto furono pienamente d’ac- cordo con l’opinione espressa da Petrunkevic, e il principe Trubetskoi venne incaricato di riferire al conte Witte la conclusione degli uomini politici riuniti nell’appartamento di Petragitski ». L’indomani mattina PRIME RIVELAZIONI SULLE TRATTATIVE DEI CADETTI 401 Trubetskoi si recò dal conte Witte e gli riferì con precisione il giudizio del partito cadetto sui due candidati. Ha confermato E. Trubetsoki ciò che gli viene attribuito? L'ha confermato in pieno, definendo la notizia del Golos Moskvy « del tutto esatta », sia al corrispondente del Novoie Vremìa (numero del 15 ot- tobre) che al corrispondente della «Riec» (numero del 19 ottobre), « Non va bene , forse , la parola “ufficio” » — ha detto Trubetskoi — , «si sarebbe dovuto dire; i dirigenti del partito» (cadetto); un'al- tra « rettifica », anch'essa non essenziale, di Trubetskoi riguarda il fatto che egli si recò da Witte « probabilmente non lmdomani mat- tina, ma dopo due o tre gioì ni ». Infine al corrispondente della Riec Trubetskoi ha detto; « Ci sarebbe da replicare a un'affermazione di Guckov. Egli ha detto che gli uomini politici non entrarono nel ministero solo a mo- tivo di Durnovo. Non è del tutto cosi [non è del tutto cosi!] per quanto riguarda me e, se non sbaglio, Scipov. Io e Scipov ci dichia- rammo d'accordo di entrarvi a condizione che venisse preventivamente elaborato il programma, ma Witte ci esortò ad entrare nel ministe- ro senza porre questa condizione, In questo sta appunto la diffe- renza tra noi e Guckov, che, a quanto ricordo, non pose tale con- dizione ». Si esprime con cautela su questo punto il signor Trubetskoi; « non è del tutto cosi », « a quanto ricordo »! Il signor Petrunkevic interviene sulla Riec il 19 ottobre, a tre settimane dalle prime rivelazioni!! E vedete come vi interviene. Comincia con un lungo ragionamento (27 righe) in cui dice che non si può fare assegnamento sulla memoria, dal momento che solo Scipov metteva per iscritto i suoi ricordi, A che prò questo ragionamento? Volete far conoscere subito e completamente la verità? Niente di piu agevole che fare il nome di tutti gli interessati è interpellarli. Se poi non volete far conoscere la verità sul vostro partito, è inutile giocare a rimpiattino e invocare Scipov. Viene poi un ragionamento di 27 righe sull’ inclinazione degli otto- bristi per i « serpenti di mare ». Perché questo ragionamento, dal momento che il Golos Moskvy ha fatto il nome della persona che ha confermato l’inf orinazione? Il signor Petrunkevic mira palesemente a seppellire una questione semplice e chiara sotto un mucchio di pattume letterario e diplomatico. Questo metodo non è onesto . 402 LENIN Seguono 20 righe di parole pungenti all’indirizzo del signor Tru- betskoi: è un « ricordo personale » — non esistono altri ricordi tranne quelli personali! — , il principe « non ne aveva fatto parola con nessu- no »: il corsivo è di Petrunkevic, che con ciò rimprovera apertamente Trubetskoi per l’indiscrezione. Invece di rispondere francamente alla questione sollevata, i cadetti cominciano a rimproverarsi l’un l’altro di indiscrezione! Che senso può avere un simile procedimento tranne quello di tradire la stizza dei cadetti per le rivelazioni? Esso palesa i loro tentativi di mettere a tacere la cosa (via, principe, dicono, non continuate a essere indiscreto!). Dopo 74 righe di premessa segue finalmente una confutazione di merito: 1) l’Ufficio del partito cadetto si trovava a Mosca e non poteva perciò riunirsi presso Petragitski; 2) Petragitski « non era allora fra coloro che dirigevano gli affari del partito »; 3) « alcuni membri [dell’Ufficio del partito cadetto] che si trovavano a Pietroburgo non erano autorizzati ad avviare nessuna trattativa, e tanto meno ad allearsi col conte Witte, con Durnovo o con chiunque altro »; 4) «fui per- sonalmente [il signor Petrunkevic] da Petragitski una sola [il corsivo è del signor Petrunkevic] volta, e quella volta si parlò naturalmente dell’eventualità della candidatura del principe E. Trubetskoi a ministro della pubblica istruzione, ma tutti i presenti espressero la convinzione che il principe potesse occupare il posto propostogli alla sola condi- zione che tutto il ministero avesse un chiaro e preciso programma, pienamente corrispondente alle condizioni del momento, e per di piu fosse un ministero al quale la “società” [si ricordi che cosa intendono per « società » tutti i contendenti: gli operai e i contadini non sono « società »] potesse accordare la sua fiducia. Può darsi benissimo che si valutassero inoltre le doti personali e politiche dei singoli candidati, compresi Durnovo e Stolypin, ma né la mia memoria ha conservato traccia di un fervente discorso che convincesse i presenti, né l’ha con- servata la memoria di questi ultimi, ai cui ricordi mi sono rivolto ». Ecco tutta la « confutazione » di merito del signor Petrunkevic, che in 48 righe aggiunge un’altra serie di parole pungenti all’indirizzo di Trubetskoi, dicendo che la memoria l’ha tradito, che il partito ca- detto non concluse un’alleanza con Durnovo « e non permise al mem- bro del proprio partito principe Trubetskoi di entrare in un ministero che il partito non poteva appoggiare ». PRIME RIVELAZIONI SULLE TRATTATIVE DEI CADETTI 403 Nulla di nuovo viene aggiunto dalle lettere di Trubetskoi e di Petrunkevic sulla Riec del 27 ottobre: il primo insiste nel dire che proprio Petrunkevic « consigliava di preferire Dumovo a Stolypin »; il secondo nega questo fatto. Conclusione? Il signor Petrunkevic ha dichiarato che alcuni dei membri del- l’Ufficio che si trovavano a Pietroburgo non erano stati autorizzati a intavolare nessuna trattativa , ma, contro la sua volontà, egli conferma il fatto delle trattative. « All’incontro con Petragitski — scrive lo stesso signor Petrunkevic ( Riec del 27 ottobre) — discutemmo la can- didatura del principe Trubetskoi ». Dunque le trattative ci furono. Se il « partito », come scrive lo stesso signor Petrunkevic, « non permise » qualcosa a Trubetskoi, vuol dire che le trattative vennero condotte a nome del partito [ Il signor Petrunkevic si dà la zappa sui piedi con notevole abilità. Non ci furono trattative, ma... ma ci fu un « incontro sulla candida- tura ». Non ci furono sedute dell’Ufficio del partito, ma... ma ci fu una decisione del partito. Tali misere scappatoie caratterizzano coloro che cercano di nascondersi. Che cosa ci sarebbe di più facile, infatti, del fare i nomi di tutti i partecipanti all’incontro? del riportare la decisione precisa dell’« Ufficio », o del partito, o dei dirigenti? del- l 'esporre il programma, da loro definito chiaro e preciso, che i cadetti esigevano (si dice) dal ministero Witte? Ma il guaio dei nostri libe- rali sta proprio nel fatto che essi non possono dire la verità, che essi la temono , che essa li rovina. Sono appunto le piccole, miserevoli tergiversazioni, scappatoie, scuse a rendere difficile (almeno per il lettore disattento) il chiari- mento di una questione storica di grande importanza, quella dell’atteg- giamento dei liberali verso il governo nell’ottobre 1905. Perché la verità rovina i cadetti? Perché il fatto delle tratta- tive, la situazione e le condizioni in cui avvennero confutano la favola della « democraticità » dei cadetti e dimostrano che il loro liberalismo è controrivoluzionario. Poteva forse, in generale, un partito veramente democratico in- tavolare trattative con un uomo come Witte in un periodo come Totto bre del 1905? No, non poteva; per simili trattative era indispensabile l’esistenza di un certo terreno comune, e precisamente il terreno co- 404 LENIM mune delle aspirazioni, degli stati d'animo, delle velleità controrivo- luzionarie *. Non cera motivo di condurre trattative con Witte tranne che per far cessare il movimento democratico, di massa, Proseguiamo. Anche ammettendo per un istante che i cadetti in- tavolassero trattative per scopi non antidemocratici, avrebbe potuto un partito democratico tacere di queste trattative davanti al popolo quando vennero interrotte? In nessun modo. Proprio qui si manifesta la differenza tra il liberalismo controrivoluzionario e la democrazia che non merita una simile caratterizzazione. Il liberale vuole che la libertà si estenda, ma in maniera tale che la democrazia non ne esca rafforzata, che le trattative e il riavvicinamento col vecchio potere con- tinuino, si rafforzino, si consolidino; perciò il liberale non può , una volta interrotte le trattative, parlarne pubblicamente, poiché, facen- dolo, renderà piu difficile la loro ripresa, « si consegnerà » nelle mani della democrazia, romperà col potere, e di rompere con quest'ultimo il liberale non è appunto in grado. Il democratico, al contrario, se venisse a trovarsi nella necessità di trattare con Witte e vedesse l'ina- nità delle trattative, le renderebbe immediatamente di pubblica ra- gione, svergognando cosi i signori Witte, smascherando il loro giuoco, contribuendo all’ulteriore sviluppo della democrazia. Considerate inoltre la questione del programma del ministero é della composizione di quest'ultimo. Della seconda parlano tutti i par- tecipanti all’incontro e ne parlano con precisione, chiaramente: i tali e tali altri ^portafogli erano stati offerti al tale e tal altro. Del primo invece, cioè del programma, non una parola chiara e precisa! Quali fossero i pretendenti ai portafogli lo ricordano bene e lo dicono sia Trubetskoi che Petrunkevic. Quale fosse il « programma » nessuno di loro lo diceW È forse un caso? No di certo. Ciò è il risultato (e una indubbia testimonianza) del fatto che per i signori liberali i « pro- grammi » erano all'ultimo posto, erano una vacua insegna, « lettera- tura » — in effetti Witte non poteva avere nessun altro programma * Cfr. il magnifico chiarimento di questo terreno comune dato, in base agli articoli dello stesso signor Miliukov {Un anno di lotta), neirarticolo di Iu. K. Dalla storia del liberalismo , raccolta I bagliori , Pietroburgo, 1907. « Le dimissioni del conte Witte equivalgono alla perdita deirultìma probabilità di mettersi d’accor- do », scriveva il signor Miliukov il 18 aprile 1906, riconoscendo con ciò stesso, in maniera del lutto chiara e precisa, che ci furono accordi > ci furono probabilità e che valeva la pena di ripetere i tentativi di accordarsi. PRIME RIVELAZIONI SULLE TRATTATIVE DEI CADETTI 405 tranne quello di rafforzare il potere e di indebolire la democrazia, e a dispetto di qualsiasi promessa, impegno e dichiarazione egli non avreb- be seguito che tale politica — , mentre la questione « vitale » era per loro la spartizione dei portafogli. Solo per questo Witte poteva, per esempio, trascurare affatto il programma (secondo le parole di Witte, c'era persino un pieno accordo di principio!), ma su chi fosse meglio (o peggio?), se Durnovo o Stolvpin, a proposito di questa discussione tutti ricordano, tutti parlano, tutti rinviano ora ai discorsi, ora agli argomenti di questo o quel personaggio. Non si può nascondere una lesina in un sacco. Persino dai racconti intenzionalmente abbelliti di tre o quattro persone la verità storica si fa strada con sufficiente precisione. Tutta la borghesia liberale di Russia, da Guckov a Miliukov — che senza dubbio è politicamente responsabile per Trubetskoi — , subito dopo il 17 ottobre si volse dalla democrazia a Witte. E questo non è un. caso, non è un tradimento di queste o quelle singole persone, ma il passaggio di una classe alla posizione controrivoluzionaria che corrisponde ai suoi interessi economici. Solo da questa posi- zione i cadetti potevano trattare con Witte attraverso Trubetskoi nel 1905, con Trepov attraverso Muromtsev nel 1906, ecc. Senza capire la differenza tra liberalismo controrivoluzionario e democrazia non si può capir nulla né della storia di quest’ultima, né dei suoi compiti. Prosvesicettie , n. ì, dicembre 1911. Firmato: P, TRE INTERPELLANZE I resoconti stenografici della Duma — persino della III Duma — rappresentano un materiale politico notevolmente interessante e istrut- tivo. Non sarà esagerato dire che il supplemento della Rossia , la quale compera a un prezzo intimo i suoi collaboratori, è più prezioso di tutti i giornali liberali, poiché i giornali liberali abbelliscono i liberali, smus- sano gli angoli acuti quando parlano delFimpostazione dei problemi data dalla « destra », da un lato, e di quella data dai rappresentanti delle autentiche masse della popolazione, dall’altro, e introducono sem- pre e immancabilmente il falso nella valutazione di fondo della nostra « politica interna ». E proprio nell’ impostazione delle questioni relative a questo tema, proprio nella valutazione della sostanza del problema è il centro di gravità di tutti gli attuali problemi economico-sociali e politici. Cercheremo, nella misura del possibile, di chiarire quanto sopra in base alle discussioni su tre interpellanze: sulla polizia politica, sulla carestia, sul regolamento « provvisorio » del 1881 107 . La prima seduta della sessione della Duma in corso si è aperta con un discorso del presidente ottobrista su Stolypin. Interessante in quest’occasione è stato il fatto che, a sentire il capo degli ottobristi, « sua [di Stolypin] indefessa preoccupazione è stato il costante, anche se cauto e prudente, avanzamento sulla via dello sviluppo della vita politica e sociale della Russia ». Carino, no? Stolypin nelle vesti del « progressista »! Perché sussistendo, tutto questo sistema di governo, la struttura dello Stato e la conservazione della classe di cui Stolypin ha fatto la politica, non può esservi un « progresso » diverso da quello presente, attuale, che non soddisfa nemmeno gli ottobristi? Su ciò probabilmente si è soffermato il pensiero di più di un lettore demo TRE INTERPELLANZE 407 erratico del discorso di Rodzianko. Purtroppo nessuno dei deputati alla Duma che erano presenti quando il discorso è stato pronunciato *, e che si auto annovera va no nei ranghi della democrazia, ha voluto soffermarsi a spiegare le radici di classe della forma di « progresso » alla Stolypin. E l’occasione propizia per farlo non è mancata, quando si è di- scusso sulla polizia politica. Stolypin « credeva nell’onorevole A.I. Guckov — tuonava Mar- kov 2° — e nei suoi non meno onorevoli amici del centro della Duma. È stato punito con la morte per la sua credulità. La calma che ci è toccata in sorte è la calma della tomba. Altra calma non esiste [ voci da sinistra : «Giusto»]. La rivoluzione è in ascesa... Non c’è calma, e la rivoluzione avanza. Contro la rivoluzione occorre battersi, battersi a viso aperto, petto a petto [ilarità a sinistra ], bisogna im- piccare questi furfanti, fanatici e mascalzoni. Ecco che cosa ho da dire contro l’urgenza di questa interpellanza ». Cosi è stato impostato il problema dal rappresentante dei grandi proprietari fondiari. Dopo Markov 2° ha parlato — già sul merito dell’interpellanza — Rodicev. Come sempre, il suo discorso è stato bellissimo. Ma l’imposta- zione di quésto grande oratore liberale è incredibilmente debole. Frasi liberali, frasi e nient’altro. « Quando il Comitato centrale [degli otto- bristi] — esclama il signor Rodicev — dichiara, rivolto all’opposi- zione, che quest’ultima tende all’assassinio dei propri avversari poli- tici, si tratta di una spudorata menzogna. E io sono pronto a perdo- narvi questa menzogna, se giurerete di farla finita con la serpe che s’è impadronita del potere russo, di farla finita con la spiocrazia » (cfr. p. 23 del resoconto stenografico della Rossia ; a p. 24, poi, vien fuori di nuovo il « giuramento »). * Da un discorso di Markov 2° veniamo a sapere che i deputati operai non erano presenti. « Voi — diceva Markov 2° rivolgendosi a loro — avete espresso apertamente il vostro atteggiamento... quando avete immediatamente abbandonato i vostri banchi... Ve ne siete andati... Per questo vostro gesto io, se non vi stimo, vi comprendo». Molto spesso alla Duma Markov 2° si comporta da perfetto teppista. Ma nelle sue parole ora citate, come in moltissime dichiarazioni dei suoi colleghi, si scorge una franca impostazione del problema dal punto di vista di una classe ben definita. Questa franchezza è sempre e dappertutto cento volte piu utile, per Io sviluppo della coscienza politica delle masse, delle frasi banali dei liberali, che pretendono di porsi « al di sopra delle classi ». 408 I-ENIN Fa effetto, un effetto « terribile »! Rodicev è pronto a. perdo- nare agli ottobristi, se « giureranno » di farla finita! Le sparate grosse, signor chiacchierone: non solo gli ottobristi, ma neanche voi , cadetti, per quanti « giuramenti » possiate fare, non potete farla finita con nessun male serio. Con le frasi sui « giuramenti » per una questione tanto seria voi offuscale la coscienza politica delle masse, invece di illuminarla; riempite le teste col rumore delle parole, invece di spie- gare con calma, di esporre con precisione, chiaramente perché questa « serpe » si sia impadronita, abbia potuto, abbia dovuto impadronirsi di tale potere. Non spiegandolo, temendo di affrontare direttamente e franca- mente il fondo e la sostanza della questione, il signor Rodicev si di- stingue appunto dagli ottobristi non per il modo di porre la questione, non in linea di principio, ma soltanto per lo slancio oratorio. Se si considera il suo discorso con un po’ più di attenzione, se si pensa ad esso sia pure solo di sfuggita, si vede che egli fa proprio, in sostanza, il punto di vista degli ottobristi; solo per questo egli può promettere loro il « perdono », se « giureranno ». Tutti questi perdoni, tutti questi giuramenti non sono che una commedia recitata dai libe- rali, i quali hanno paura di una democrazia più o meno coerente. Di qui l’impostazione del problema che vediamo in Rodicev, nelle sue parole sulla « provincia », in difesa di Lopukhin, ecc. Nelle posizioni degli ottobristi e dei liberali non vi sono differenze di sostanza. Considerate, invece, il discorso di Pokrovski 2°. Egli comincia dicendo che l’interpellanza sua e dei suoi colleghi è « sostanzialmente del tutto diversa » dall’interpellanza degli ottobristi. E anche se in quell’interpellanza ci sono dei punti decisamente infelici, la menzione di questa diversità sostanziale era giusta. « Non siamo turbati per il fatto che turba voi — ha detto Pokrovski 2° — , e cioè che la polizia politica sia esiziale per il governo; ci turba il fatto che la polizia politica, la quale viene incoraggiata dal governo col vostro concorso, che questa polizia segreta, ripeto, porta alla rovina il paese.., ». E Pokrovski 2° si sforza di chiarire — non di declamare, ma di chiarire — perché la polizia politica è utile al potere, quali sono le radici sociali di una tale istituzione (radici sociali che non vengono intaccate dai «giuramenti» e dai «perdoni»), «Il governo — ha detto Pokrovski 2° — essendo divenuto completamente estraneo alla TRE INTERPELLANZE 409 società, non trovando nella società appoggio alcuno, giacché era dive- nuto nemico della democrazia e non aveva in sé che i miseri relitti della classe della nobiltà in via di estinzione doveva [il corsivo è nostro] trincerarsi, separarsi e isolarsi dalla società, e cosi ha creato la polizia politica... E cosi, via via che si sviluppa un vasto movimento sociale, via via che sempre piu vasti strati della democrazia sono conquistati da que- sto movimento, cresce l’importanza e l’influenza della polizia politica ». Pokrovski 2° ha sentito evidentemente egli stesso che la parola « società » qui non andava, e perciò si è affrettato a sostituirla con la parola giusta : democrazia. Egli ha fatto comunque — e questo è il suo grande merito — il tentativo di spiegare qual è il significato della polizia politica, cercando di chiarire le sue radici di classe, i suoi legami con l'intero regime statale. Anche se si trascura lo sfrenato e scipito amore della vuota frase del signor Rodicev, non è forse evidente che Pimpostazione del pro- blema data da Pokrovski 2° e da Ghegheckori e quella data dai Ro- dicev sono lontane come il cielo e la terra? E intanto nelPimpostazione dei deputati operai Paspetto essenziale è stato la coerente applica- zione della democrazia e della sola democrazia. Il chiarimento della profonda differenza esistente tra la vera democrazia e il liberalismo cadetto (il liberalismo della «società»), il quale pronuncia invano il nome della democrazia, è in generale uno dei piu importanti compiti alla III Duma dopo il periodo 1906-1911, e in particolare nell’immi- nenza delle elezioni per' la IV Duma. Passiamo alla seconda interpellanza, quella sulla carestia. Ha par- lato per primo il signor Dziubinski e ha parlato come peggio non avrebbe potuto. Non che nel suo discorso non vi siano stati fatti veri, no, egli ha raccolto fatti assolutamente veri, e li ha esposti in ma- niera semplice, chiara, veritiera. Non che non abbia manifestato simpatia verso gli affamati, no, tale simpatia egli l’ha indubbiamente mani- festata. Non che abbia trascurato di criticare il governo, poiché egli Pha criticato dal principio alla fine. Ma egli ha parlato non come un democratico, bensì come un funzionario liberale, e in ciò sta Perrore di fondo del suo discorso, Perrore di fondo di tutta la posizione degli « intellettuali » del gruppo del lavoro, che emerge ancor piu chiara- mente, per esempio, negli atti della I e della II Duma. Dziùbinskj 410 LENIN si è distinto dai cadetti solo in quanto non ci sono state in lui quelle note controrivoluzionarie che ogni persona attenta rileverà costantemente nei cadetti; per la sua impostazione del problema Dziubinski non è andato oltre il punto di vista del funzionario liberale. Ecco perché il suo discorso è cosi illimitatamente debole, cosi mortal- mente noioso, cosi povero, specialmente in confronto al discorso del contadino Petrov 3°, suo collega di partito, nel quale si sente (come in quasi tutti i contadini « trudoviki » sia della I che della II Duma) il democratico autentico, convinto, « legato alla terra ». Guardate come comincia il signor Dziubinski. Parlando della ca- restia egli annette la principale importanza... a che cosa secondo voi? ...allo statuto per l'approvvigionamento: «Norme provvisorie del 12 giugno 1900 »!! Voi sentite improvvisamente che quest'uomo, questo politico ha attinto le sue piu vive impressioni sulla carestia non dalla propria esperienza, non dall'osservazione della vita delle masse, non da un’idea chiara di questa vita, ma da un manuale di diritto poli- ziesco, prendendo, s’intende, il più recente e miglior manuale del pro- fessore più liberale, del più liberale che si possa trovare. Il signor Dziubinski critica le norme del 12 giugno 1900. E sen- tite come le critica: « Sin quasi dal tempo della pubblicazione delle norme del 12 giugno 1900 queste ultime sono state ritenute insod- disfacenti sia dallo stesso governo che dalla stessa società... ». Le ha ritenute insoddisfacenti lo stesso governo: compito della democrazia, dunque, è di correggere le norme del 12 giugno 1900, perché le possa « ritenere soddisfacenti » lo stesso governo! Ci si sente cosi tra- sportati col pensiero nella provincia russa, all'intemo di un ufficio di provincia. Ce tanfo. L’aria sa di cancelleria. Sono presenti il gover- natore, il procuratore, il colonnello dei gendarmi, un membro perma- nente, due zemtsy liberali. Uno zemets liberale dimostra che bisogna presentare un'istanza per correggere le norme del 12 giugno 1900, giacché «sono state ritenute insoddisfacenti dallo stesso governo»... Ma scusate, signor Dziubinski! A che ci serve, a che serve alla demo- crazia avere una Duma, se poi trasferiremo in essa il linguaggio e la maniera, il modo di pensare « politico » e il modo di porre le questioni che erano ammissibili (se erano ammissibili) trent’anni fa in un ufficio di provincia, in un accogliente « cantuccio » piccolo-borghese: lo stu- TRE INTERPELLANZE 411 dio di un ingegnere, di un avvocato, di un professore, di uno zemets liberale? Per questo non è necessaria nessuna Duma! Il proverbio dice: « dimmi con chi vai e ti dirò chi sei ». Quando si leggono i resoconti stenografici della Duma, vien voglia di para- frasare questo proverbio, all’indirizzo di questo o quel deputato, come segue: « dimmi a chi ti rivolgi quando sali sulla tribuna della Duma e ti dirò chi sei ». Il signor Rodicev, per esempio, si rivolge sempre, come tutti i cadetti, al governo e agli ottobristi. Il signor Rodicev, come tutti i cadetti, li invita a « giurare » e a questa condizione è disposto a « per- donarli ». In sostanza questa geniale frase di Rodicev (senza volerlo egli è giunto a dire la verità) esprime egregiamente tutto lo spirito della posizione politica cadetta in generale, in tutte le Dume, in tutte le più importanti prese di posizione del partito cadetto, sia in parla- mento, sia sulla stampa, sia nell’anticamera di un ministro. « Sono pronto a perdonarvi la menzogna, se giurerete di farla finita con la serpe che s’è impadronita del potere russo »: queste parole vanno in- cise sul monumento che sarebbe ormai tempo di erigere al signor Rodicev. Ma il signor Dziubinski non è un cadetto; egli non appartiene agli uomini politicamente analfabeti che considerano i cadetti un partito democratico; egli si definisce un trudovik , un populista. E manca a tal punto di intuito democratico da continuare, salendo alla tribuna della Duma, a rivolgersi ai funzionari. Manca a tal punto di intuito da rivolgersi — e ciò è possibile in Russia proprio dalla Duma, e sinora quasi soltanto dalla Duma — non ai milioni di contadini che soffrono la fame, ma alle poche centinaia di funzionari che conoscono le norme del 12 giugno 1900. « Le norme del 12 giugno — dice il signor Dziubinski — avevano un valore puramente politico; esse miravano a eliminare le organizza- zioni sociali dello zemstvo e a trasferire il soccorso in viveri alla popo- lazione completamente nelle mani del governo ». « Le norme del 12 giugno avevano un valore puramente politi- co... ». Che linguaggio è mai questo? Che odore di vecchiume ne pro- mana! Venticinque o trentanni fa, negli anni ottanta del secolo scorso, di infausta memoria, le Russkie Viedomosti impiegavano appunto un simile linguaggio criticando il governo dal punto di vista dello zemstvo. 412 LENIN Svegliatevi, signor Dziubinski! Avete dormito tutto il primo decennio del secolo XX. Nel tempo in cui vi siete compiaciuto di riposare la vecchia Russia è morta, ed è nata una nuova Russia. Non si può parlare con questa nuova Russia un linguaggio che rimproveri al governo il valore « puramente politico » delle sue norme. Questo è un linguaggio, con tutte le sue buone intenzioni, la sua cerimoniosità e accurata benevolenza, assai piu reazionario di quello dei reazionari della III Duma. È il linguaggio della gente — o del funzionario pro- vinciale disgustato di ogni politica — che considera la « politica » come una specie di ossessione e sogna una campagna di soccorso « sen- za politica ». Con la Russia di oggi si può parlare solo invitando a passare da una politica a un’altra, dalla politica di una classe a quella di un’altra o di altre classi, da un regime politico a un altro: questo è l’abbiccì non solo della democrazia, ma persino del piu gretto libe- ralismo, se si prende sul serio il significato di questi termini politici. L’intero discorso di Dziubinski si ispira alle stesse idee del suo inizio. Egli parla delle circolari relative all’esazione delle imposte, del- la spirale tributaria, delle tariffe privilegiate dei falciatori e dei recluta- toti, dice che le sementi vengono date dopo le semine, che i mutui devono essere garantiti da una vacca — poiché al governo torna piu utile che si nutra il bestiame che non gli uomini — , che i contadini pre- feriscono la concessione di 75.000 rubli al 12% da una banca privata alle lungaggini di un prestito senza interessi di 70.000 rubli concesso dall’erario; per finire egli cita lettere molto istruttive dalla provincia che descrivono una miseria spaventosa. Ma in tutto questo discorso, arcipie- no di buone intenzioni, non c’è la minima scintilla di sentimento demo- cratico, la piu piccola traccia della capacità di capire i compiti di una « politica » democratica. Dal discorso scaturisce indubbiamente — ed è ciò che voleva dimostrare il benintenzionato signor Dziubinski — che i nostri ordinamenti sono marci, ma è doloroso constatare che l’oratore non s’accorge nemmeno come da esso « discende » altresì la morale marcia del marcio funzionario liberale. Subito dopo Dziubinski ha parlato il conte Tolstoi, deputato del governatorato di Ufà; egli è molto lontano dai irudovtkt > ma ha par- lato esattamente come Dziubinski: « Gran parte del popolo semplice soffre perché il governo, ispirato da certe considerazioni politiche, estrania sistematicamente lo zemstvo dall’opera di soccorso agli affa- TRE INTERPELLAN2E 413 mati... ». I discorsi di D2iubinski e del conte Tolstoi potevano essere pronunciati anche venti e quindici anni fa. In questi discorsi vive ancora la vecchia Russia, fortunatamente ormai morta, nella quale non c’erano classi che si rendessero o cominciassero a rendersi conto della diversità della « politica » dei vari elementi della popola2Ìone, che avessero imparato o cominciassero ad imparare a lottare apertamente e direttamente per i loro contrastanti interessi, la Russia del « popolo semplice » in basso e dello zemets liberale in alto, che aveva di fronte un funzionario per lo piu illiberale. Sia il « popolo semplice » che lo zemets liberale temevano allora piu del fuoco « certe considera 2 Ìoni politiche ». Voltate un paio di pagine del resoconto stenografico. Avrete davan- ti a voi discorsi che non potevano esser pronunciati in Russia né quindi- ci, né venti, né addirittura sette anni fa, qualora vengano considerati nel loro insieme. Duello di Markov 2° e Petrov 3°: persone numerate, quasi a farlo apposta, per indicare che ci troviamo di fronte a tipici rappresentanti delle rispettive classi come tanti altri. Markov 2° attacca alla vecchia maniera; Petrov 3° si difende e passa dalla difesa alPattac- co in maniera diversa dalla vecchia. Markov 2°: « ... gli attacchi gratuiti e non assolutamente susci- tati dalla situazione concreta si spiegano certamente col fatto che, qual- siasi cosa il governo russo faccia, il nostro popolo deve per for2a tumul- tuare »... « nei governatorati occidentali... la gente lavora duramente sulla terra e fa ciò che da voi, sul Volga, non si vuole fare» (a chi si rivolga l’oratore con le parole: « da voi, sul Volga », non si riesce a capire, poiché prima di lui aveva parlato soltanto il trudovik Kropo- tov, del governatorato di Viatka; evidentemente « da voi, sul Volga » si riferiva non ai deputati della Duma, non a qualcosa che era o era stato presente alla Duma, ma a qualcos’altro), «poiché sul Volga ci sono troppi poltroni, e questo non va dimenticato... Noi sappiamo che da voi sono molti, tra gli affamati, coloro che bisognerebbe davvero costringere a un po’ di digiuno per indurli a lavorare, e a smettere di stare in ozio». Petrov 3°, benché non sia del Volga, ma del governatorato di Perm, risponde: « Ricordo ancora una volta, signori, che, se Markov 2° non è un poltrone, deve allora ricordare gli anni 1905 e 1906, dopo i quali i signori grandi proprietari fondiari ricevettero milioni e mi- 414 LENIN lioni di sussidi dall'erario. Che cosa ciò significa? Dovevate prima ricordacene, e non avevate il diritto di lanciare una sfida ai contadini ». Markov 2° (dal suo posto): «Calma, caro mio». Come si comportano villanamente questi « secondi » e « terzi », nevvero? Quale sfrenatezza in confronto al linguaggio garbato, decoroso, statale con cui i Dziubinski hanno- dimostrato ai capi della nobiltà l’imperfezione delle norme per Tapprovvigionamento del 1850... scu- sate, del 190Ò! Come se dal decoroso studio di un « uomo politico » come si deve fossimo improvvisamente capitati in una piazza, in una strada, in un parapiglia, in una baraonda. Che indecenza, che ma- niere esagitate! Vedremo subito come abbia ristabilito P« ordine », non crediate il presidente, no, ma un uomo politico come si deve, il membro del partito democratico-costituzionale signor Scingarev. Ma vediamo prima fino alla fine questo quadro di costumi. Petrov 3°: « ... Si dice che, se fornirete loro i mezzi per nutrirsi, li porteranno all osteria. Ciò è falso, signori. Da chi dipende il pre- venirlo? Oggi, la popolazione di molti governatorati non chiede forse che si chiudano le osterie, ma non lo si fa? Probabilmente è vero che una certa parte della popolazione si ubriaca. Ma bisogna che Markov 2° e gli altri guardino se stessi, guardino quanto voi, signori nobili, spre- cate nel bere. Probabilmente, se faremo le parti, risulterà che voi spre- cate nel bere infinitamente più dei contadini... Finché la terra che deve appartenere ai contadini si trova nelle mani di gente come i Markov, i Purisckevic e compagnia, è ovvio che le carestie continue- ranno senza interruzione. E questi signori diranno che ci sono carestie perché i contadini sono poltroni ». Markov 2° (dal suo posto): « I nostri non soffrono la fame ». Petrov 3°: « Io penso, signori, che il problema di fondo, quello del modo di eliminare ogni carestia, sia precisamente quello di togliere la terra dalle mani di coloro che non la lavorano, di questi signori "non poltroni", e di darla a chi la lavora, e finché voi non gliela darete — e so benissimo che non gliela darete — i contadini soffriranno la fame. È chiaro, è ovvio che la guerra che ci fu nel 1905, questa guerra è inevitabile; siete voi che portate a ciò, perché Tuomo che ha fame è come una belva, e, sotto questo rapporto, siete voi che incitate TRE INTERPELLANZE 415 la popolazione a fare la rivoluzione e a prendersi con la forza ciò che le appartiene di diritto ». Se il presidente della III Duma fosse stato Muromtsev, avrebbe indubbiamente interrotto l’oratore; alla I Duma egli era solito tron- care simili discorsi inopportuni. In mancanza di Muromtsev, è sta- to l’oratore successivo, Scingarev, a ristabilire l’« ordine ». Egli ha apertamente svergognato Markov 2° per le sue « note da baraccone » e ha fatto a Petrov 3° una lezione sul modo in cui si deve polemizzare coi Markov. Viscnievski, compagno di gruppo di Markov — ha detto il signor Scingarev — , « ha parlato con sincerità » e si è detto favorevole all’accoglimento dell’interpellanza. Egli, Scingarev, « spera che il go- verno sarà più ragionevole del discorso del deputato Markov... un rap- presentante del popolo russo ha il dovere di dire a tali signori: ver- gognatevi ». Rodicev e Scingarev hanno svergognato una volta per tutte Mar- kov, mentre Scingarev, con la sua polemica esemplare contro Markov, ha completamente annientato il « terzo ». L’ultima delle interpellanze cui sono dedicate queste note è stata quella sulle norme «provvisorie» del 14 agosto 1881, cioè sul cele- bre regolamento della polizia politica, costantemente riconfermato nel corso di trent anni e che è la vera Costituzione russa. I principali di- scorsi sono stati pronunciati da Teslenko e Miliukov, e l’episodio con- clusivo di questa interpellanza è stata T« espulsione di Jellinek », ossia l’espulsione per quindici sedute di Teslenko per aver citato Jellinek 108 , nonostante Teslenko avesse dichiarato che le sue parole « non avevano il senso che, a quanto pare, vogliono adesso loro attribuir coloro che vogliono votare » per l’espulsione. Senza entrare più particolareggiatamente nel merito di questo in- teressante episodio, noteremo soltanto che, persino su questo problema — politicamente cosi semplice e chiaro — del regolamento del 14 agosto 1881, il capo del partito dei cadetti, signor Miliukov, ha saputo mani- festare in tutto il suo « splendore » il carattere angusto e falso, spe- cificatamente cadetto, dell 'impostazione del problema. « Signori — ha esclamato Miliukov — , non c’è questione più scottante di quella che noi abbiamo posto, poiché si tratta della contraddizione di fondo, 416 LENIN basilare, della realtà russa [si può definire contraddizione della realtà russa una contraddizione tra un documento e la realtà russa?], della contraddizione tra la forma esistente dell'ordinamento statale e i pro- cedimenti deiramministrazione statale... ». Non è vero, signor Miliukov. Proprio il regolamento del 14 ago- sto 1881, proprio la sua trentennale esistenza, proprio la sua «pecu- liare » « natura giuridica » sta a dimostrare che tra la « forma esi- stente dell'ordinamento statale » e i procedimenti deH'amministrazione esiste la più completa corrispondenza, e non già una « contraddizione ». Scorgendovi una contraddizione, cercando di stabilire un abisso tra « ordinamento » e « amministrazione », il signor Miliukov abbassa con ciò la sua critica del male dal livello della lotta democratica a quello dei pii desideri liberali. Creando a parole, artatamente, un abisso tra ciò che nella realtà è indissolubilmente legato, Miliukov appoggia pro- prio le finzioni giuridiche e giuridico-statali che agevolano la giustifi- cazione del male, che nascondono le sue radici reali. Con ciò Miliukov si pone precisamente sul terreno dell’ ottobrismo , che, anch'esso, non nega il male, ma si sforza di eliminare le contraddizioni formali senza eliminare l'onnipotenza reale della burocrazia dal basso all'alto e viceversa. Da vero cadetto, Miliukov non solo non s'accorge di essersi, come « democratico », irrimediabilmente ingarbugliato, di ragionare da otto- brista, ma si sente addirittura orgoglioso della sua impostazione « sta- tale » del problema. Subito dopo le parole citate del suo discorso leggiamo: «...Questa contraddizione, signori, è cosi evidente che persino nelle vostre file [il signor Miliukov si rivolge naturalmente solo al «partito dirigente della III Duma », gli ottobristi] non una sola volta ma abbastanza spesso vi si è accennato, ma molto raramente si è giunti alla sostanza, a quella radice, a quella causa prima di cui parliamo oggi. A che cosa avete ridotto, di solito, questa questione della con- traddizione tra ordinamento e amministrazione? Vi siete richiamati al fatto che i vizi deiramministrazione non si possono distruggere di colpo...» [richiamo giusto, se... se non si vuol eliminare l'intera « amministrazione », cosa cui non giungono nemmeno i cadetti] « ... vi siete richiamati al fatto che l’amministrazione locale non applica le direttive centrali, le direttive del centro; il massimo a cui vi siete TRE INTERPELLANZE 417 decisi è stato di accusare il centro di non dare le direttive necessarie. Voi avete sempre posto questa questione come una questione di fatto; noi la poniamo come questione di diritto ». Vi date bellamente la zappa sui piedi, signor Miliukov! Gli otto- bristi hanno ragione , hanno pienamente e completamente ragione quan- do rilevano lo stretto, indissolubile, strettissimo, indissolubilissimo le- game esistente tra il centro e Pamministrazione locale. Da ciò bisogna trarre una conclusione democratica, poiché voler negare questo legame — dopo tutto ciò che la Russia sa di Tolmaciov, di Dumbadze, di Reinbot, di Uiodoro, degli assassini di Herzenstein 109 , ecc. — sarebbe ridicolo. E voi, nella vostra irresolutezza, ne traete un'ingenua « que- stione di diritto ». Ma chi definirà l'estensione di questo diritto? Come giungerete qui a un « accordo »? Che cos'è il diritto politico se non la formulazione, la registrazione dei rapporti di forza? Voi copiate le vostre definizioni del diritto dai manuali delPEuropa occidentale, che hanno registrato ciò che è avvenuto a coronamento di tutto un periodo di lunghe battaglie in Occidente, a coronamento dei rapporti di forza stabilitisi (prima dei movimenti, diversi in linea di principio, della classe operaia) tra i vari elementi della borghesia occidentale, delle masse contadine occidentali, dei proprietari fondiari feudali occidentali, del potere, ecc. In Russia questo periodo è appena cominciato, la questione da noi si presenta — tale è l'attuale situazione storica — proprio come questione « di fatto », e voi indietreggiate di fronte a un’impostazione aperta e chiara, nascondete la testa sotto Pala, calzate il berretto magico delle finzioni « del diritto », Il vostro punto di vi- sta è quello del funzionario liberale, e non quello del democratico. Prosvestcenie , n. X, dicembre 1911. Firmato: « Un Pietroburghese ». LA FAME E LA DUMA NERA Ancora non molto tempo fa, sotto l’impressione del raccolto del- l’anno passato, i pennivendoli vaticinavano con fierezza buone conse- guenze del « nuovo corso agrario », mentre sulle loro orme alcuni in- genui proclamavano un imminente rivolgimento nella nostra agricoltura, una sua ripresa in tutta la Russia. Oggi, proprio nel quinto anniversario del decreto del 9 novembre 1906, la fame e la carestia, che hanno colpito quasi la metà della Russia, attestano, nel piu evidente e inoppugnabile dei modi, quanta consapevole menzogna o infantile incapacità di comprendere si celasse in queste speranze nella politica agraria di Stolypin. Anche secondo i calcoli governativi, la cui precisione e « mode- stia » sono state dimostrate dalle precedenti carestie, la piaga della fame ha colpito 20 governatorati; 20 milioni di abitanti « hanno di- ritto di ricevere soccorsi alimentari », cioè gonfiano per la fame e rovinano la propria azienda. Kokovtsov non sarebbe ministro delle finanze e capo di un gover- no controrivoluzionario se non cercasse di « tirar su il morale »: la carestia, vedete un po’, non esiste, ma si tratta unicamente di una « cattiva annata »; la fame « non porta alle malattie », ma al contrario ne è un « antidoto »; i racconti circa la piaga degli affamati sono una mera invenzione giornalistica: ne dànno un’eloquente dimostrazione i governatori; al contrario, « le condizioni economiche delle località col- pite dalla cattiva annata non sono affatto cosi cattive »; « l’idea di nu- trire gratuitamente la popolazione è nociva »; infine i provvedimenti presi dal governo sono « sufficienti e tempestivi ». Il capo del governo costituzionale ha dimenticato di menzionare inoltre una sua geniale invenzione per la lotta contro la fame; dare LA FAME E LA DUMA NERA 419 carta bianca ai poliziotti per l'organizzazione dei « soccorsi agli affamati ». Oggi il « soccorso pubblico » è stato sottratto persino alle asso- ciazioni liberali legali; e il procuratore di Saratov, che detiene il mono- polio del soccorso agli affamati, ha potuto liberamente bersi nelle bet- tole i sussidi che gli erano stati affidati a questo scopo. I feudali di destra sono, naturalmente, estasiati del « discorso circostanziato e, per cosi dire, esauriente del signor presidente del Consiglio dei ministri » (deputato Viscnievski, seduta del 9 novembre); i servizievoli ottobristi si sono naturalmente affrettati ad attestare, nella loro formula di passaggio all'ordine del giorno, che « il governo si è tempestivamente preoccupato di adottare provvedimenti per lottare contro le conseguenze della carestia»; ed uno dei loro capi (non un semplice mortale! ) ha dissertato profondamente sulla « libera circola- zione del pesce in conserva allo scopo di assicurare alla popolazione un cibo adeguato ». II tifo petecchiale, lo scorbuto, l'alimentazione a base di rifiuti strappati ai cani o di pane fatto con cenere e letame, che è stato esibito alle sedute della Duma, tutto questo non esiste per gli otto- bristi. Per loro la parola di un ministro è legge. E i cadetti? Persino in una questione come questa essi, invece di valutare onestamente l’ignobile condotta del governo, non hanno trovato nulla di meglio che « trarre », per bocca del loro oratore Ku- tler, « conclusioni rassicuranti dall’ampio discorso del presidente del Consiglio dei ministri » (seduta de! 9 novembre); e nella loro formula di passaggio all’ordine del giorno hanno delicatamente definito l’ope- rato del governo solo «poco [!] sistematico, insufficiente e tutt 'altro che sempre [!] tempestivo...». La questione dei metodi per prestare un soccorso alimentare e della sua organizzazione, come rilevava giustamente nel suo discorso il deputato socialdemocratico compagno Belousov, è solo un aspetto della cosa. Non meno importante è la questione fondamentale che si presenta ogni volta in cui si viene a parlare della fame: la questione delle cause delle carestie e dei provvedimenti atti a lottare contro di esse. Per i feudali di destra la soluzione è «semplicissima»: bisogna costringere i contadini « poltroni » a lavorare ancora di più, e allora 420 LENIN « sapranno bastare a se stessi ». Il bisonte di Kursk, Markov 2°, trova « mostruoso » che « su 365 giorni il contadino lavori per 55-70 giorni e per 300 non faccia nulla » e, standosene sdraiato sulla stufa, « pretenda i viveri dallo Stato », I semifeudali presenti tra i nazionalisti e gli ottobristi guardano « piu a. fondo »: sentendo il dovere di incensare le autorità, essi ten- tano ancora di convincere che « la questione della fame verrà radical- mente risolta quando la terra passerà dalle mani dei deboli e degli ubriaconi nelle mani dei forti e dei sobri », « quando verrà attuata la riforma prevista dal defunto P. A. Stolypin, quando la posta puntata sui forti sarà stata vinta» (discorso di Kelepovski alla seduta della Duma del 9 novembre). Ma i meno miopi tra coloro che ancora non molto tempo fa di- fendevano il decreto del 9 novembre cominciano già a sentire che su questa « grande riforma » spira P alito della morte. Il deputato di Sa- ratov N. Lvov, che era ed è « favorevole alla legge del 9 novembre », comunica alla Duma le seguenti impressioni, tratte « dal contatto con la realtà »: « Come tutto ciò che voi dite qui alla Duma è terribilmente lontano dairimmediato bisogno urgente che potete vedere coi vostri occhi ». « Occorre una grande cautela e bisogna salvare quella popo- lazione che certuni vorrebbero trascurare. Grazie alla legge del 9 no- vembre in alcuni governatorati, compreso quello di Saratov, è com- parsa molta gente nuova, il prezzo della terra è aumentato e la situazione della popolazione piu povera è divenuta estremamente grave. Fra i contadini cresce un odio terribile e la maledizione della povertà, contro di cui bisognerebbe prendere qualche provvedimento... Puntare sui forti non vuole affatto dire che si debbano mandare in rovina i piu poveri e lasciarli morire nella miseria », eco. ecc. In una parola, le impressioni « tratte dal contatto con la realtà » cominciano ad aprire gli occhi a questo grande proprietario fondiario, « che era favorevole alla legge del 9 novembre ». Un dubbio incomparabilmente piu profondo circa gli effetti mira- colistici della « riforma agraria » di Stolypin è stato insinuato dalla carestia di quest’anno nelPanimo dei contadini di destra; e la proposta .del contadino di destra Andreiciuk « che il governo presenti al piu presto alla Duma un progetto di legge per stabilire il limite massimo dell’estensione delle terre della grande proprietà fondiaria », proposta LA FAME E LA DUMA NERA 421 appoggiata da tutti i contadini di destra e persino dai preti di cam- pagna, mostra meglio di ogni altra cosa come i contadini, anche se di destra, intendano la « lotta contro la fame ». La « sentita » esigenza contadina di Andreiciuk attesta ancora una volta (ricordiamo la dichiarazione dei contadini di destra e di sinistra sull’assegnazione di terra ai contadini con poca terra attraverso l’alie- nazione forzata delle terre dei grandi proprietari, nonché gli inter- venti dei contadini nelle discussioni sul decreto del- 9 novembre, ecc.) quanto la necessità di una rivoluzione agraria si faccia strada nella coscienza degli stessi contadini di destra, quanto la lotta contro la fame venga da essi concepita in indissolubile connessione con la lotta « per la terra ». Una vera lotta contro le carestie è impossibile senza eliminare il fenomeno dei contadini con poca terra, senza allentare l’oppressione fiscale sui contadini, senza elevare il loro livello civile, senza modifi- care risolutamente la loro condizione giuridica, senza confiscare la terra dei grandi proprietari fondiari, senza rivoluzione , E in questo senso la carestia di quest’anno è una nuova cam- pana a morte per tutto l’odierno regime, per tutta la monarchia del 3 giugno. Rabociata Gazteta, n. 7, 22 dicembre 1911 (4 gennaio 1912Y VI CONFERENZA DEL POSDR (CONFERENZA DI PRAGA) 5-17 (18-30) gennaio 1912 1 PROGETTO DI RISOLUZIONE SUI POTERI DELLA CONFERENZA Considerando 1 ) che la disgregazione e lo sfacelo della maggioranza delle organiz- zazioni del partito, provocati da una vasta ondata di stati d'animo con- trorivoluzionari e dalle accanite persecuzioni messe in opera dallo zarismo, hanno determinato, essendo mancato per lunghi anni il centro pratico del partito, il Comitato centrale, una situazione di straordi- naria gravità nel Partito operaio socialdemocratico russo; 2) che oggi, in connessione col ravvivarsi del movimento operaio, si osserva dovunque un’accentuata tendenza degli operai d’avanguardia a ricostituire le organizzazioni illegali del partito e che, su questo terreno, si è manifestato un enorme ed efficace spirito d’iniziativa da parte della maggioranza delle organizzazioni locali del POSDR per la rinascita del partito e la convocazione di una conferenza generale del partito; 3) che i piu urgenti compiti pratici del movimento operaio e del- la lotta rivoluzionaria contro lo zarismo ( direzione della lotta econo- mica, dell'agitazione politica e dei comizi proletari, elezioni per la IV Duma, ecc.) rendono assolutamente necessarie misure immedia- te e molto energiche per ricostituire un centro del partito compe- tente e strettamente collegato con le organizzazioni locali; 4) che, dopo piu di tre anni dall’ultima conferenza del POSDR e piu di due anni di reiterati tentativi di convocare un’assemblea di rappresentanti di tutte le organizzazioni del partito, si è oggi final- mente riusciti a raccogliere venti organizzazioni russe attorno alla com- missione di organizzazione russa che ha convocato la presente confe- 426 LENIN renza, commissione che già alcuni mesi fa ne ha informato tutti i socialdemocratici, invitando assolutamente tutte, nessuna esclusa, le organizzazioni del nostro partito, dando così a tutte le organizzazioni la possibilità di partecipare alla conferenza; 5) che alla presente conferenza, nonostante il suo ritardo ed una serie di gravi retate, sono rappresentate, con qualche eccezione insigni- ficante, tutte le organizzazioni che operano in Russia, la conferenza si costituisce in conferenza generale del POSDR, che, in qualità di organo supremo del partito, ha il dovere di creare gli organismi centrali competenti. Scritto non piu tardi del 5 (18) gennaio 1912. Pubblicato per la prima volta sulla Pravda , n, 18, 18 gennaio 1937. 2 PROGETTO DI RISOLUZIONE SUL MOMENTO POLITICO E SUI COMPITI DEL PARTITO La conferenza conferma innanzi tutto la risoluzione « sul momento politico e sui compiti del partito » approvata dalla conferenza del POSDR del dicembre 1908. Essa richiama l’attenzione sulla particolare importanza di questa risoluzione, le cui tesi relative al significato sto- rico e alla sostanza di classe di tutto il regime del 3 giugno, da una parte, e all’acutizzarsi della crisi rivoluzionaria, dall’altra, sono pie- namente confermate dagli avvenimenti di questi ultimi tre anni. Di questi avvenimenti la conferenza sottolinea in particolare quarì to segue: a) La politica agraria dello zarismo, alla quale hanno legato i propri interessi controrivoluzionari sia i partiti governativi dei grandi proprietari fondiari e della grossa borghesia che il liberalismo contro- rivoluzionario, non solo non ha portato alla creazione di rapporti bor- ghesi piu o meno stabili nelle campagne, ma non ha salvato i conta- dini dalle carestie di massa, che significano un estremo peggioramento nella situazione della popolazione e un’enorme perdita di forze pro- duttive. b) Pur restando impotente sul terreno della concorrenza mon- diale tra gli attuali Stati capitalistici e pur essendo sempre piu re- spinta in secondo piano in Europa, l’autocrazia, con i suoi alleati, -la no- biltà centonera e la borghesia industriale che si sta consolidando, si sforza ora di soddisfare i comuni interessi predatori mediante una bruta- le politica « nazionalista » ai danni delle regioni piu progredite (Finlan- dia, Polonia, Territorio nord-occidentale) e mediante conquiste colo- niali ai danni dei popoli dell’Asia che conducono una lotta rivoluzio- naria per la libertà (Persia, Mongolia). c ) L’incipiente ripresa economica viene in gran parte paralizzata dal completo dissesto della situazione economica dei contadini, dalla 428 LENIN politica finanziaria di rapina dell’autocrazia e dalla completa disgrega- zione dell'apparato burocratico, mentre il crescente carovita acuisce la miseria della classe operaia e delle larghe masse della popolazione. d) Nel quinquennio d'esistenza della III Duma le larghe masse della popolazione si convincono quindi sempre piu della sua mancanza di volontà, incapacità e impotenza a far qualcosa per migliorare la situazione delle larghe masse del popolo, e del carattere antipopolare dei partiti che in essa dominano. e) In vasti circoli della democrazia, c anzitutto tra il proleta- riato, si nota un inizio di ripresa politica. Gli scioperi operai del 1910 e 1911, l'inizio di dimostrazioni di strada e di comizi proletari, l'inizio di un movimento in seno alla democrazia borghese urbana (scioperi degli studenti), ecc., tutti questi sono altrettanti indizi dell'accentuarsi degli stati d'animo rivoluzionari delle masse contro il regime del 3 giugno. Partendo da tutti questi dati, la conferenza conferma i compiti del partito particolareggiatamente indicati nella risoluzione della con- ferenza del dicembre 1908 e richiama .l'attenzione dei compagni 1) sul fatto che all’ordine del giorno si trova innanzi tutto un lungo lavoro di educazione socialista, di organizzazione e di raggrup- pamento delle masse coscienti del proletariato; 2) sulla necessità di un piu intenso lavoro volto a ricostituire un'organizzazione illegale del POSDR che si avvalga, in misura ancor più vasta che in passato, di ogni sorta di possibilità legali, che sia capace di dirigere la lotta economica del proletariato e possa guidare le sue sempre piu frequenti azioni politiche; 3) sulla necessità di impostare e ampliare una sistematica agita- zione politica e di sostenere in ogni modo il nascente movimento delle masse e il suo ampliamento sotto la bandiera delle parole d'ordine del partito, pienamente realizzabili. Fra l'altro, e in contrapposizione alla propaganda estesamente dif- fusa della mutilazione delle parole d ordine e dell'adattamento alla « legalità » esistente, dev'èssere particolarmente portata avanti la pro- paganda repubblicana contro la politica della monarchia zarista. Scritto nella prima metà del gennaio 1912. Pubblicato per la prima volta nella Proletarskaia Revoliufsia, n. 1, L941. 3 PROGETTO DI RISOLUZIONE SUI COMPITI DEI SOCIALDEMOCRATICI NELLA LOTTA CONTRO LA FAME Considerando 1) che la carestia che ha colpito in Russia 20 milioni di contadini rivela ancora una volta qual è la situazione assolutamente insopporta- bile, inconcepibile in qualsiasi Stato civile del mondo, in cui vivono le masse contadine, oppresse dallo zarismo e dalla classe dei proprietari fondiari feudali; 2) che Fattuale carestia conferma una volta di piu l’insuccesso della politica agraria governativa e l’impossibilità di assicurare alla Russia uno sviluppo borghese piu o meno normale, qualora la sua poli- tica in generale e la sua politica agraria in particolare continui a essere diretta dalla classe dei proprietari fondiari feudali, che sotto forma di partiti di destra spadroneggiano sia alla III Duma che nel Con- siglio di Stato e nelle sfere di corte di Nicola II; 3) che i partiti centoneri (capeggiati dai signori Markov, ecc.), con le loro dichiarazioni alla Duma e col voler far ricadere la respon- sabilità sui « contadini poltroni », hanno spinto l’impudenza della cricca dello zar e dei grandi proprietari fondiari che saccheggia la Russia a tal punto che persino gli ignoranti aprono gli occhi e persino gli indif- ferenti cominciano ad agitarsi; 4) che gli ostacoli frapposti dal governo all’opera di soccorso agli affamati e i cavilli polizieschi nei confronti degli zemstvo , di coloro che raccolgono sottoscrizioni e organizzano comitati per dar da man- giare agli affamati, ecc. suscitano il più vasto malcontento persino nella borghesia e voci di protesta persino in seno a una borghesia cosi arretrata e controrivoluzionaria come quella ottobrista; 5) che la borghesia monarchico-liberale, pur contribuendo con la 4)0 LENIN sud stampa a informare la società sulla carestia e sulla condotta del governo, ha d’altro canto assunto alla III Duma, nella persona del cadetto Kutler, un atteggiamento di cosi moderata opposizione che non può in nessun caso soddisfare la democrazia, cosi come non si può assolutamente accettare l'impostazione filantropica del soccorso agli affamati data dalla maggioranza dei liberali; 6) che in seno alla classe operaia, nonostante il peggioramento della sua situazione economica dovuta all’aumento del numero degli affamati e dei disoccupati, si osserva una tendenza spontanea alle sotto- scrizioni in favore degli affamati e ad altre forme di aiuto, e che questa tendenza, naturale in ogni democratico, per non parlare poi dei socia- listi, dev’essere appoggiata ed orientata nello spirito della lotta di classe da pane di tutti i socialdemocratici, la conferenza stabilisce che a) è necessario tendere tutte le forze per estendere la propaganda e l’agitazione tra le larghe masse della popolazione e specialmente tra quelle contadine, spiegando il nesso esistente tra la fame, lo zarismo e tutta la sua polìtica; diffondendo nelle campagne, ai fini dell’agita- zione, i discorsi alla Duma non solo dei socialdemocratici e dei tru- dovikì , ma anche di amici dello zar come Markov 2°, e popola rizzando le rivendicazioni politiche della socialdemocrazia, e innanzi tutto quelle del rovesciamento della monarchia zarista e dell’instaurazione della repubblica democratica, seguite da quella della confisca delle terre dei grandi proprietari fondiari; b) appoggiare la tendenza degli operai ad aiutare, nella misura del possibile, gli affamati, consigliando di far pervenire i versamenti esclusivamente al gruppo socialdemocratico alla Duma, alla stampa operaia e alle associazioni culturali e d’altro genere degli operai, ecc. e costituendo speciali nuclei di socialdemocratici e di democratici in seno ai gruppi, comitati o commissioni per l’aiuto agli affamati; c ) sforzarsi di far sfociare il fermento democratico suscitato dalla carestia in dimostrazioni, comizi, riunioni clandestine e altre forme di inizio della lotta rivoluzionaria delle masse contro lo zarismo. Scritto nella prima metà del gennaio 1912. Pubblicato per la prima volta nella Frauda, n. 18, 18 gennaio 1937. 4 PROGETTO DI RISOLUZIONE SUL LIQUIDATORI SMO E SUL GRUPPO DEI LIQUIDATORI Sul liquìdatoristno e sul gruppo dei liquidatori Considerando 1 ) che il Partito operaio socialdemocratico russo conduce già da circa quattro anni una lotta risoluta contro la corrente liquidatrice, definita alla conferenza del partito del dicembre 1908, come « tentativi di una certa parte degli intellettuali del partito di liquidare l’organizzazione esistente del POSDR e di sostituirla con un’unione amorfa nel quadro di una legalità ad ogni costo, anche se quest’ultima dovesse essere pagata al prezzo di un’aperta rinuncia al programma, alla tattica e alle tradizioni del partito»; 2) che la sessione plenaria del CC del gennaio 1910, continuando la lotta contro questa corrente, l’ha unanimemente definita una « mani- festazione dell’influenza della borghesia sul proletariato » e ha posto come condizione dell’effettiva unità del partito e della fusione delle vecchie frazioni dei bolscevichi e dei menscevichi la completa rottura col liquidatorismo e il definitivo superamento di questa deviazione borghese dal socialismo; 3) che, nonostante tutte le decisioni del partito e l’impegno as- sunto dai rappresentanti del menscevismo alla sessione plenaria del gennaio 1910, una loro parte, che si raggruppa attorno alle rivistucole Nascia Zarià e Dielo Gizni, si è rifiutata di contribuire a ricostituire il CC (rifiuto di Mikhail, Iuri e Roman non solo di entrare nel CC nella primavera del 1910, ma persino di intervenire sia pure a una sola riunione per la cooptazione dei nuovi membri); 4) che le summenzionate pubblicazioni, proprio dopo la sessione 432 LENIN plenaria del 1910, si sono voltate decisamente e su tutta la linea verso il liquidatorismo, non solo « sminuendo » (nonostante la decisione della sessione plenaria) T« importanza del partito illegale», ma negandolo apertamente, dichiarandolo già liquidato, dichiarando un’« utopia rea- zionaria » la ricostituzione del partito illegale, coprendolo di derisione e di ingiurie dalle colonne di riviste permesse dalla censura, invitando gli operai a considerare «già morte», ecc. le cellule del partito e la sua gerarchia; 5) che gli esigui gruppetti locali di liquidatori, formati principal- mente dai rappresentanti di intellettuali, continuando il loro lavoro volto a demolire il partito, non solo hanno declinato l’invito, ripetuto nel 1911, di contribuire alla ricostituzione del partito illegale e alla convocazione di una conferenza, ma, strettisi in gruppetti assolutamente autonomi, hanno condotto un’aperta agitazione tra gli operai contro il partito illegale e una lotta aperta contro la sua ricostituzione, persino là dove avevano la prevalenza i menscevichi partitisti (per esempio a Iekaterinoslav, Baku, Kiev, ecc.), la conferenza dichiara che, con la sua condotta, il suddetto grup- po si è posto definitivamente fuori del partito. La conferenza invita tutti i partitisti, senza distinzione di cor- renti e di sfumature, a lottare contro il liquidatorismo, a spiegare tutto il danno che esso arreca alla causa dell’emancipazione della classe ope- raia e a fare ogni sforzo per ricostituire e consolidare il Partito operaio socialdemocratico russo illegale. Scritto nella prima metà del gennaio 1912. Pubblicato per prima volta nella II e III edmone delle Opere di Lenin, voi. XV, 1929-1930. 5 RISOLUZIONI DELLA CONFERENZA Sulla commissione di organizzazione russa per la convocazione di una conferenza Ascoltata ed esaminata la relazione del rappresentante della com- missione di organizzazione russa sull’attività da questa svolta per la convocazione di una conferenza generale del partito, la conferenza ritiene suo dovere rilevare l’immensa importanza del lavoro svolto dalla commissione per unire tutte le organizzazioni di partito russe senza distinzione di frazione e per ricostituire il nostro partito come organizzazione di tutta la Russia. L’attività della commissione, nella quale hanno concordemente la- vorato bolscevichi e menscevichi partitisti russi, tanto più merita ap- provazione in quanto la commissione stessa ha dovuto svolgere il suo lavoro in condizioni rese straordinariamente difficili dalla polizia e da tutta una serie di ostacoli e difficoltà determinati dalla situazione in- terna del partito. Sui poteri della conferenza Considerando 1 ) che la disgregazione e lo sfacelo della maggioranza delle organiz- zazioni del partito, provocati da una vasta ondata di stati d’animo controrivoluzionari e dalle accanite persecuzioni messe in opera dallo zarismo, hanno determinato, nel periodo 1908-1911, essendo mancato per lunghi anni il centro pratico del partito, il Comitato centrale, una situazione di straordinaria gravità nel POSDR; 2) che oggi, in connessione col ravvivarsi del movimento operaio, si osserva dovunque un’accentuata tendenza degli operai d’avanguardia 434 JJGNIN a ricostituire le organizzazioni illegali del partito e a impostare un sistematico lavoro socialdemocratico legale ed illegale, e che, su questo terreno, si è manifestato un enorme e accentuato spirito d'iniziativa da parte della maggioranza delle organizzazioni locali del POSDR per la rinascita del partito e la convocazione di una conferenza generale del partito; 3) che i piu urgenti compiti pratici del movimento operàio e della lotta rivoluzionaria contro lo ^arismo (direzione della lotta eco- nomica, dell’agitazione politica generale, dei comizi proletari, della campagna elettorale per la IV Duma, ecc.) rendono assolutamente necessarie misure immediate e molto energiche per ricostituire un cen- tro pratico del partito competente e strettamente collegato con le orga- nizzazioni locali; 4) che, dopo piu di tre anni dallultima conferenza del POSDR e piu di due anni di tentativi di convocare un'assemblea di rappresen- tanti di tutte le organizzazioni del partito, si è oggi finalmente riusciti a raccogliere più di venti organizzazioni russe (Pietroburgo, ^ Mosca, Saratov, Kazan, Samara, Nizni, Sormovo, Rostov, Iekaterinoslav,' Kiev, Nikolaiev, Lugansk, Baku, gruppo di Tiflis, gruppo di Vilna, gruppo di Dvinsk, Iekaterinburg, Ufà, Tiumen, una serie di località della re- gione centrale, ecc.) attorno alla commissione di organizzazione russa che ha convocato la presente conferenza, commissione che già alcuni mesi fa ne ha informato tutti i socialdemocratici, invitando assoluta- mente tutte, nessuna esclusa, le organizzazioni del nostro partito, dan- do cosi a tutte le organizzazioni la possibilità di partecipare alla conferenza; 5) che alla presente conferenza, nonostante una serie di gravi retate poliziesche, sono rappresentate, con qualche eccezione insigni- ficante, tutte le organizzazioni del partito che operano in Russia; 6) che alla conferenza sono stati invitati e hanno espresso la propria adesione i gruppi socialdemocratici dei militanti del movimento operaio legale, di una serie di grandi città della Russia (Pietroburgo, Mosca, Caucaso), la conferenza si costituisce in conferenza generale del POSDR, organo supremo del partito. VI CONFERENZA DEL POSDR 435 Sull’assenza di delegati dei centri nazionali alla conferenza generale del partito Pur considerando straordinariamente importante l’unità degli operai socialdemocratici di tutte le nazionalità della Russia e ritenendo assolutamente necessario stabilire Punita coi « nazionali » delle varie località e rinsaldare il legame delle organizzazioni nazionali col centro per tutta la Russia, la conferenza è tuttavia costretta a constatare quan- to segue: 1) L’esperienza ha definitivamente dimostrato l’inammissibilità di una situazione in seno al partito per cui i « nazionali », che operano in maniera del tutto indipendente dalle organizzazioni russe, hanno attuato una federazione del peggior tipo e — spesso indipendente- mente dalla loro volontà — hanno posto le più importanti organizza- zioni russe in una situazione in cui, senza i centri nazionali, che pra- ticamente non prendono assolutamente parte al lavoro russo, il POSDR non ha potuto tradurre in atto le iniziative di partito più necessarie e più importanti. 2) Uno dei centri nazionali (il Bund) in quest’ultimo anno ha dato apertamente man forte ai liquidatori e s’è sforzato di organizzare la scissione del POSDR, mentre gli altri (i centri dei lettoni e della socialdemocrazia polacca) nel momento decisivo si sono estraniati dalla lotta contro i demolitori del partito: i liquidatori. 3) Gli elementi partitisti delle organizzazioni nazionali e in pri- mo luogo tutti gli operai partitisti, nella misura in cui giungono sino a loro notizie della vita delle organizzazioni russe , si pronunciano riso- lutamente per l’unità con le organizzazioni socialdemocratiche illegali russe, per l’appoggio alla commissione d’organizzazione russa e per la lotta contro il liquidatorismo. 4) I CC di tutte e tre le organizzazioni nazionali sono stati in- vitati tre volte a una conferenza del partito (dalla commissione d’orga- nizzazione estera, da quella russa e dai delegati alla conferenza) ed è stata loro assicurata la piena possibilità di inviare propri delegati. Considerando tutto ciò e ritenendo impossibile differire il lavoro del POSDR perché i centri nazionali non vogliono inviare propri de- legati a una conferenza generale del partito, la conferenza fa ricadere interamente la responsabilità per l’assenza dei « nazionali » sui loro 436 LENIN centri e incarica il CC del POSDR di perseguire indefessamente Punita e l’instaurazione di rapporti normali con le organizzazioni nazionali che fanno parte del POSDR. La conferenza esprime la propria certezza che, nonostante tutti gli ostacoli, gli operai socialdemocratici di tutte le nazionalità della Russia lotteranno compatti e fianco a fianco per la causa proletaria e contro tutti i nemici della classe operaia. Sulle relazioni delle organizzazioni locali A proposito delle relazioni delle organizzazioni locali qui ascoltate la conferenza constata: 1) nelle località periferiche viene svolto dovunque, tra gli operai socialdemocratici, un energico lavoro per rafforzare le organizzazioni e i gruppi socialdemocratici illegali; 2) dovunque si riconosce la necessità di combinare il lavoro so- cialdemocratico illegale e quello legale, dovunque i socialdemocratici riconoscono che le nostre organizzazioni di partito illegali devono avere, come punti d’appoggio per il lavoro tra le masse, ogni sorta di associa- zioni operaie legali. Ma per il lavoro socialdemocratico pratico nei sindacati, nelle cooperative, nei circoli, ecc., per la diffusione delle pubblicazioni marxiste, per l’utilizzazione degli interventi dei so- cialdemocratici alla Duma, ecc., è stato fatto tuttavia ancora troppo poco e in questo campo è assolutamente necessario ravvivare l’energia dei gruppi socialdemocratici illegali; 3) in tutte le località periferiche, senza alcuna eccezione, il la- voro di partito viene svolto congiuntamente e in modo concorde so- prattutto dai bolscevichi e dai menscevichi partitisti, nonché dai vperio- disti russi, dove esistono, e da tutti gli altri socialdemocratici che riconoscono la necessità del POSDR illegale; tutto il lavoro viene inol- tre svolto ispirandosi alla difesa del partito e alla lotta contro il liquidatorismo. La conferenza esprime la certezza che, in connessione con l’inizio della ripresa che si nota nel movimento operaio, verrà continuato l’ener- gico lavoro volto a rinsaldare le vecchie forme organizzative e a crearne VI CONFERENZA DEL POSDR 437 delle nuove, sufficientemente flessibili, che gioveranno, nella nuova situazione, alla lotta del partito socialdemocratico per i vecchi scopi e metodi rivoluzionari. Sul momento politico e sui compiti del partito La conferenza conferma innanzi tutto 1 la risoluzione’ sul regime del 3 giugno e sui compiti del partito approvata dalla conferenza del partito del dicembre 1908. Essa richiama l’attenzione sulla particolare importanza di questa risoluzione, le cui tesi relative al significato sto- rico e alla sostanza di classe di tutto il regime del 3 giugno, da una parte, e alFacutizzarsi della crisi rivoluzionaria, dalPaltra, sono state pienamente confermate dagli avvenimenti di questi ultimi tre anni. Di questi avvenimenti la conferenza sottolinea in particolare quam to segue: a) La politica agraria dello zarismo, alla quale hanno legato i propri interessi controrivoluzionari sia i partiti governativi dei grandi proprietari fondiari e della grossa borghesia sia, di fatto, il liberalismo controrivoluzionario, non. solo non ha portato alla creazione di rapporti borghesi piu o meno stabili nelle campagne, ma non ha salvato i con- tadini dalle carestie di massa, che indicano un estremo peggioramento nella situazione della popolazione e un enorme sperpero di forze pro- duttive del paese. b) Pur restando impotente sul terreno della concorrenza mondiale tra gli attuali Stati capitalistici e pur essendo sempre piu respinto in secondo piano in Europa, lo zarismo, Con i suoi alleati, la nobiltà centonera e la borghesia industriale che si sta consolidando, si sforza ora di soddisfare i comuni interessi predatori mediante una brutale politica « nazionalista » ai danni delle regioni periferiche, di tutte le nazionalità oppresse, delle regioni piu progredite (Finlandia, Polonia, Territorio nord-occidentale), in particolare, e mediante conquiste colo- niali ai danni dei popoli dell’Asia che conducono una lotta rivoluzio- naria per la libertà (Persia, Cina). c ) La ripresa economica viene in gran parte paralizzata dal com- pleto dissesto della situazione economica dei contadini, dalla politica 438 LENIN finanziaria di rapina dell’autocrazia e dalla disgregazione dell’apparato burocratico, mentre il crescente carovita acuisce la miseria della classe operaia e delle larghe masse della popolazione. d) Nel quinquennio desistenza della III Duma le larghe masse della popolazione si convincono quindi sempre piu della sua mancanza di volontà, incapacità e impotenza a far qualcosa per migliorare la situazione delle larghe masse del popolo e del carattere antipopolare dei partiti che in essa dominano. e) In vasti circoli della democrazia, e anzitutto tra il proletariato, si nota un inizio di ripresa politica. Gli scioperi operai del 1910 e 1911, l’inizio di dimostrazioni di strada e di comizi proletari, l’inizio di un movimento in seno alla democrazia borghese urbana (scioperi degli studenti), ecc., tutte queste sono altrettante manifestazioni del- l’accentuarsi degli stati d’animo rivoluzionari delle masse contro il regime del 3 giugno. Partendo da tutti questi dati, la conferenza conferma i compiti del partito particolareggiatamente indicati nella risoluzione della con- ferenza di dicembre del 1908, rilevando in special modo che il com- pito della conquista del potere da parte del proletariato, alla testa delle masse contadine, resta come in passato quello di un rivolgi- mento democratico in Russia. La conferenza richiama in special modo l’attenzione dei compagni 1) sul fatto che all’ordine del giorno si trova innanzi tutto un lungo lavoro di educazione socialista, di organizzazione e di raggrup- pamento delle masse d’avanguardia del proletariato; 2) sulla necessità di un piu intenso lavoro volto a ricostituire un’organizzazione illegale del POSDR che si avvalga, in misura ancor più vasta che in passato, di ogni sorta di possibilità legali, che sia capace di dirigere la lotta economica del proletariato e che possa guidare le sue sempre più frequenti azioni politiche; 3) sulla necessità di impostare e ampliare una sistematica agita- zione politica e di sostenere in ogni modo il nascente movimento delle masse e il suo ampliamento sotto la bandiera delle parole d’ordine del partito, pienamente realizzabili. Fra l’altro, e in contrapposizione alla propaganda estesamente diffusa della mutilazione delle parole d’ordine e della limitazione del lavoro nel quadro della « legalità » esistente, VI CONFERENZA DEL POSDR 439 dev’essere particolarmente portata avanti la propaganda repubblicana contro la politica della monarchia zarista. Sulle elezioni per la IV Duma I La conferenza ritiene assolutamente necessaria la partecipazione del POSDR all’imminente campagna elettorale per la IV Duma, la presentazione da parte del nostro partito di candidati propri e la costituzione alla IV Duma di un gruppo socialdemocratico subordi- nato, come parte, al nostro partito nel suo insieme. Il compito fondamentale del partito nelle elezioni, nonché del futuro gruppo socialdemocratico alla stessa Duma — compito al quale devono essere subordinati tutti gli altri — è quello della propaganda e organizzazione socialista di classe della classe operaia. Le principali' parole d'ordine elettorali del nostro partito alle im-. minenti elezioni devono essere: 1) repubblica democratica 2) giornata lavorativa di otto ore 3) confisca di tutte le terre dei grandi proprietari fondiari In tutta la nostra agitazione preelettorale è necessario spiegare nel modo piu chiaro possibile queste rivendicazioni in base alPespe- rienza della III Duma e di tutta Pattività del governo sia nel campo delPamministrazione centrale che in quello delPamministrazione locale. In indissolubile connessione con le tre rivendicazioni suindicate devono essere propagandate tutte le altre rivendicazioni del program- ma minimo socialdemocratico, e cioè: suffragio universale, libertà di associazione, elezione dei giudici e dei funzionari da parte del popolo, assicurazione degli operai da parte dello Stato, sostituzione delPeser- cito permanente colParmamento del popolo, ecc. II La linea tattica generale del POSDR alle elezioni dev’essere la seguente: il partito deve condurre una guerra implacabile contro la 440 LENIN monarchia zarista e i partiti dei grandi proprietàri fondiari e dei capi- talisti che la sostengono, smascherando inoltre indefessamente le con- cezioni controrivoluzionarie dei liberali borghesi (capeggiati dal -partito dei cadetti) e la loro falsa democraticità. Nella lotta preelettorale dev'essere dedicata una particolare atten- zione alla delimitazione della posizione del partito del proletariato da quella di tutti i partiti non proletari e alla spiegazione sia del fondo piccolo-borghese dello pseudosocialismo dei gruppi democratici (spe- cialmente di quelli trudoviki , populisti e socialisti- rivoluzionari) sia del danno per la causa della democrazia derivante dalle loro esitazioni nei problemi della lotta rivoluzionaria coerente e di massa. Per quanto concerne gli accordi elettorali, il partito, restando sul terreno delle decisioni del congresso di Londra: 1) deve, nella curia operaia, presentare dovunque propri candidati e non ammettere nessun accordo con altri partiti o gruppi (liquidatori); *2) considerando la grande importanza per l'agitazione del fatto stesso di presentare proprie candidature socialdemocratiche, è necessa- rio aver cura che, sia nei secondi congressi degli elettori urbani, come, per quanto è possibile, nella curia contadina, il partito abbia candidati suoi propri; 3) nei ballottaggi (art, 106 del regolamento elettorale) per l'ele- zione dei grandi elettori per il secondo congresso degli elettori urbani deve ammettere che si concludano accordi con la democrazia borghese contro i liberali e successivamente anche coi liberali contro tutti i par- titi governativi. Una delle forme di accordo può essere la compilazione di liste comuni di grandi elettori per una o piu città, proporzional- mente al numero dei voti conseguiti alle elezioni di primo grado; 4) nelle cinque città (Pietroburgo, Mosca, Riga, Odessa, Kiev) nelle quali si effettuano elezioni dirette con ballottaggio si’ devono presentare alle elezioni di primo grado proprie candidature socialdemo- cratiche per la seconda categoria degli elettori urbani. Qui, in caso di ballottaggio, data l’assenza di un aperto pericolo centonero, sono am- missibili accordi solo coi gruppi democratici contro i liberali; 5) nessun accordo elettorale può implicare la presentazione di una piattaforma comune; gli accordi non devono né vincolare i can- VI CONFERENZA PEL FOSDR 441 didati socialdemocratici con qualsivoglia impegno politico, né frenare i socialdemocratici nella loro opera di critica risoluta nei confronti dello spirito controrivoluzionario dei liberali e dell’irresolutezza e incoerenza dei democratici borghesi: 6) nella seconda fase delle elezioni (assemblee distrettuali dei de- legati, assemblee dei grandi elettori di governatorato, ecc. ) è necessario, dovunque se ne presenti la necessità, per bocciare la lista ottobrista- centonera o governativa in generale, concludere accordi sulla riparti- zione dei seggi innanzi tutto con la democrazia borghese ( trudoviki , socialisti popolari, ecc.) e in secondo luogo anche con i liberali (ca- detti), i senza partito, i progressisti, ecc. Ili Tutti i socialdemocratici devono iniziare immediatamente la pre- parazione per la campagna elettorale e rivolgere a questo scopo una particolare attenzione a quanto segue: 1) è necessario costituire subito cellule socialdemocratiche ille- gali dovunque, affinché esse si occupino senza indugio della prepara- zione della campagna elettorale socialdemocratica; 2) rivolgere la dovuta attenzione al consolidamento e allamplia- mento della stampa operaia legale; 3) tutto il lavoro elettorale dev’essere svolto in stretta unione coi sindacati operai e con tutte le altre organizzazioni operaie, te- nendo tuttavia presente che nella scelta delle forme di partecipazione di queste organizzazioni è necessario tener conto che esse sono legali; 4) rivolgere un’attenzione particolare alla preparazione organiz- zativa e propagandistica delle elezioni per la curia operaia nei sei go- vernatorati in cui è assicurata Pelezione di un deputato alla Duma da parte di questa curia (governatorati di Pietroburgo, Mosca, Vladimir, Kostromà, Kharkov e Iekaterinoslav). Tutti i grandi elettori operai senza eccezione — sia qui che negli altri governatorati — devono essere dei socialdemocratici partitisti; 5) le assemblee dei delegati degli operai devono, uniformandosi alla decisione delle organizzazioni del partito illegali, stabilire chi 442 LENIN dovrà precisamente essere eletto alla Duma tra gli operai e impegnare tutti i grandi elettori, sotto pena di essere boicottati e giudicati per tradimento, a ritirare la propria candidatura a vantaggio del candidato del partito; 6) in vista di persecuzioni governative, deirarresto di candidati socialdemocratici, ecc., è necessario svolgere un lavoro particolarmente fermo, sistematico e prudente allo scopo di paralizzare con tutti i mezzi, adeguandosi rapidamente ai vari metodi della tattica poliziesca, tutti i raggiri e le violenze del governo zarista e far eleggere dei socialdemocratici alla IV Duma e poi, e in generale, consolidare il gruppo dei deputati socialdemocratici in questa Duma; 7) i candidati del partito socialdemocratico vengono confermati e le direttive concernenti le elezioni vengono date dalle organizzazioni e dai gruppi illegali locali del partito, sotto il controllo generale e la direzione del CC del partito; 8) se, nonostante tutti gli sforzi, non si riuscirà, prima delle ele- zioni per la IV Duma, a riunire il congresso del partito o una nuo- va conferenza, la conferenza dà mandato al CC, o alPorganismo che verrà designato da quest’ultimo, di dare direttive concrete sulle que- stioni concernenti la condotta della campagna elettorale nelle singole località o per quanto riguarda le condizioni particolari che si possono presentare, ecc. Sul gruppo socialdemocratico alla Duma La conferenza riconosce che il gruppo socialdemocratico alla Duma ha utilizzato la tribuna della Duma in base alla linea definita dalla conferenza di dicembre (dol 1908) del partito e che deve rimanere la linea direttrice per il lavoro del partito alla Duma. In particolare la conferenza sottolinea, come corrispondente ai compiti del proletariato, quel tratto caratteristico dell’attività del grup- po per cui esso si è sforzato, difendendo nel modo piu energico gli interessi degli operai e tutti i provvedimenti suscettibili di migliorare la loro situazione (per esempio i progetti di legge sul lavoro), di lumeggiare tutti i problemi particolari dal punto di vista dei problemi VI CONFERENZA DEL POSDR 443 generali del movimento di emancipazione diretto dal proletariato, indi- cando nel movimento delle masse l’unica via che porta alla liberazione della Russia dalle calamità e dalla vergogna alle quali l’ha condotta lo zarismo. La conferenza saluta l’inizio di azioni aperte degli operai in con- nessione con il coraggioso atteggiamento del gruppo parlamentare social- democratico, che ha levato nella Duma nera il vessillo dei deputati socialdemocratici della II Duma e smascherato al cospetto degli ope- rai di tutto il mondo tutte le sporche provocazioni della banda zarista centonera che organizzò il colpo di Stato del 1907, e invita tutti gli operai coscienti della Russia ad appoggiare nella maniera piu completa le suddette azioni dei socialdemocratici alla III Duma e la campagna di comizi proletari iniziata dagli operai di Pietroburgo. La conferenza riconosce che, in considerazione dell’imminente cam- pagna elettorale per la IV Duma, il gruppo parlamentare socialde- mocratico deve preoccuparsi ancor piu di spiegare al popolo l’essenza di classe di tutti i partiti non proletari (e in particolare di denunciare la sostanza controrivoluzionaria e proditoria del partito cadetto), ispi- randosi in ciò alla risoluzione del congresso di Londra (1907), con- fermata in tutte le sue parti essenziali dall esperienza della controri- voluzione. Inoltre le parole d’ordine centrali, che devono unificare le azioni del gruppo socialdemocratico, orientare il carattere dei suoi la- vori, concentrare nei punti più importanti tutte le rivendicazioni e ri- forme parziali, devono essere le tre seguenti: I) repubblica demo- cratica; 2) giornata lavorativa di otto ore; 3) confisca di tutta la terra dei grandi proprietari fondiari a vantaggio dei contadini. Sul carattere e sulle forme organizzative del lavoro di partito Constatando che l’esperienza degli ultimi tre anni ha incondi- zionatamente confermato le tesi fondamentali della risoluzione sulla questione organizzativa approvata dalla conferenza di dicembre (1908) e ritenendo che, sulla base dell’incipiente ripresa del movimento ope- raio, divenga possibile un ulteriore sviluppo delle forme organizzative del lavoro di partito lungo la stessa via — cioè sulla via della creazione 444 •LENIN di cellule socialdemocratiche illegali circondate da una rete, quanto piu fitta possibile, di ogni sorta di associazioni operaie legali — la conferenza ritiene che: 1 ) è necessaria la piu attiva partecipazione delle organizzazioni di partito illegali alla direzione della lotta economica (scioperi, comi- tati di sciopero, ecc.) e allo stabilimento di una collaborazione in que- sto campo delle cellule di partito illegali con i sindacati, e in particolare con le cellule socialdemocratiche nei sindacati, nonché coi singoli atti- visti del movimento sindacale; 2) è desiderabile — tenendo tuttavia conto delle condizioni lo- cali — stabilire un collegamento tra le cellule socialdemocratiche nei sindacati, organizzate in base al principio professionale , e le cellule del partito, organizzate in base al principio territoriale ; 3) è necessaria la massima iniziativa possibile neirimpostare il lavoro socialdemocratico nelle associazioni legali: sindacati, sale di let- tura, biblioteche, associazioni operaie ricreative di vario genere; oc- corre diffondere gli organi di stampa sindacali e orientare la stampa sindacale nello spirito del marxismo, utilizzare discorsi dei socialdemo- cratici alla Duma, preparare i conferenzieri legali operai, creare (in connessione con le elezioni per la IV Duma) comitati elettorali, ope- rai e d’altro genere, di rione, di strada, ecc,, svolgere un’agitazione socialdemocratica in connessione con le elezioni per gli organismi di autoamministrazione cittadina, ecc.; 4) sono necessari energici sforzi volti a consolidare e ad aumen- tare di numero le cellule di partito illegali, a trovare nuove forme organizzative di queste cellule, le piu flessibili possibili, a creare e consolidare le istanze dirigenti di partito illegali in ogni città e a pro- pagandare forme di organizzazione illegale di massa come gli « uffici di collocamento », le assemblee di partito di fabbrica, ecc.; 5) è desiderabile impegnare i circoli di propaganda nel lavoro pratico quotidiano: diffusione delle pubblicazioni socialdemocratiche illegali e marxiste legali, ecc.; 6) è necessario tener presente che una sistematica agitazione socialdemocratica attraverso la stampa e la diffusione particolarmente regolare di un giornale di partito che esca regolarmente e spesso pos- VI conferenza del posdr 445 sono avere grande importanza anche per stabilire legami organiz- zativi sia tra le cellule illegali che tra le cellule socialdemocratiche in seno alle associazioni operaie legali. Sui compiti dei socialdemocratici nella lotta contro la fame 1) La carestia che ha colpito in Russia 20 milioni di contadini rivela ancora una volta qual è la situazione, soffocante, assolutamente insopportabile, inconcepibile in qualsiasi Stato civile del mondo, in cui vivono le masse dei contadini poveri, oppressi dallo zarismo e dalla classe dei proprietari fondiari feudali; 2) Fattuale carestia conferma una volta di piu l’insuccesso della politica agraria governativa e l’impossibilità di assicurare alla Russia uno sviluppo borghese più o meno normale, qualora la sua politica in generale e la sua politica agiaria in particolare continui a essere diretta dalla classe dei proprietari fondiari feudali, che, attraverso i partiti di destra, spadroneggiano sia nella Duma del 3 giugno, sia nel Consiglio di Stato, sia nelle sfere di corte di Nicola II; 3) i partiti centoneri (capeggiati dai signori Markov, ecc.), con le loro dichiarazioni alla Duma e col voler far ricadere la responsabilità sui « contadini poltroni », hanno spinto l’impudenza della cricca dello zar e dei grandi proprietari fondiari che saccheggia la Russia a tal punto che persino gli ignoranti aprono gli occhi e persino gli indiffe- renti cominciano ad agitarsi; 4) gli ostacoli frapposti dal governo all’opera di soccorso agli affamati e i cavilli polizieschi nei confronti degli zemstvo , di coloro che raccolgono sottoscrizioni e organizzano comitati per dar da man- giare agli affamati, ecc., suscitano il più vasto malcontento persino in seno agli zemstvo e alla borghesia urbana; 5) la borghesia monarchico-liberale, pur contribuendo con la sua stampa a informare la società sulla carestia e sulla condotta del go- verno, è d’altro canto scesa in campo, attraverso il gruppo cadetto alla III Duma, come un’opposizione cosi moderata che la sua condotta non può in nessun caso soddisfare la democrazia, còme non si può 446 LENIN assolutamente accettare l’impostazione filantropica della questione del soccorso agli affamati data dalla maggioranza liberale; 6) in seno alla classe operaia, nonostante il peggioramento della sua situazione economica dovuta all'aumento del numero degli affa- mati e dei disoccupati, si osserva una tendenza spontanea alle sotto- scrizioni in favore degli affamati e ad altre forme di aiuto. Questa tendenza, naturale in ogni democratico, per non parlare poi dei socia- listi, dev essere appoggiata ed orientata nello spirito della lotta di classe da parte di tutti i socialdemocratici. Considerando tutto questo, la conferenza stabilisce che è necessario: a) tendere tutte le forze socialdemocratiche per estendere la pro- paganda e Pagitazione tra larghe masse della popolazione e soprattutto fra quelle contadine, spiegando il nesso esistente tra la fame, lo zarismo e tutta la sua politica, diffondendo nelle campagne, ai fini delPagita- zione, i discorsi alla Duma non solo dei socialdemocratici e dei tru - dovikt , ma anche di amici dello zar come Markov 2°, e popolarizzando le rivendicazioni politiche della socialdemocrazia: rovesciamento della monarchia zarista, instaurazione della repubblica democratica, confisca della terra dei grandi proprietari fondiari; b) appoggiare la tendenza degli operai ad aiutare, nella misura del possibile, gli affamati, consigliando di far pervenire i versamenti esclusivamente al gruppo socialdemocratico alla Duma, alla stampa ope- raia e alle associazioni culturali e d’altro genere degli operai, ecc., e costi- tuendo speciali nuclei di socialdemocratici e di democratici in seno ai gruppi, comitati e commissioni per Paiuto agli affamati; c) sforzarsi di far sfociare il fermento democratico suscitato dalla carestia in dimostrazioni, comizi, riunioni clandestine e altre forme di lotta delle masse contro lo zarismo. Sull atteggiamento verso il progetto di legge presentato alla Duma per rassicurazione statale degli operai I 1. La parte delle ricchezze prodotte che l’operaio salariato riceve sotto forma di salario è cosi insignificante da bastare appena a soddi- VI CONFERENZA DEL POSDR 447 sfare i suoi bisogni vitali piu impellenti; il proletario è pertanto privato di ogni possibilità di far risparmi sul proprio salario per il caso che venga a perdere la capacità lavorativa per una mutilazione, una malattia, la vecchiaia, l’invalidità, nonché per l’eventualità della disoccupazione, indissolubilmente legata al modo di produzione capi- talistico. L’assicurazione degli operai in tutti questi casi è perciò una riforma imperiosamente dettata daH’intero corso dello sviluppo ca- pitalistico. 2. La miglior forma di assicurazione degli operai è un’assicura- zione statale fondata sui seguenti principi: a) essa deve garantire gli operai in tutti i casi in cui essi perdano la capacità lavorativa (mutila- zione, malattia, vecchiaia, invalidità; per le operaie, inoltre, gravidanza e parto; indennizzo alle vedove e agli orfani qualora muoia chi pro- curava loro da vivere) o nel caso che perdano il salario perché disoc- cupati; b) l’assicurazione deve abbracciare tutti i salariati e le loro famiglie; c) tutti gli assicurati devono essere compensati in base al principio del risarcimento òAY intero salario, e tutte le spese per l’assi- curazione devono ricadere sugli imprenditori e sullo Stato; d) tutti i tipi di assicurazione devono essere gestiti da enti assicurativi unici, organizzati in base al sistema territoriale e al principio della completa autoamministrazione degli assicurati. 3. Con tutte queste esigenze di fondo di un’assicurazione razio- nalmente organizzata contrasta radicalmente il progetto di legge gover- nativo accolto dalla Duma: esso a) riguarda soltanto due tipi di assi- curazione: assicurazione per infortunio e per malattia; b) abbraccia solo una parte esigua (un sesto, facendo i calcoli piu favorevoli) del proletariato russo, lasciando senza assicurazione intere regioni (la Si- beria e, nella redazione governativa, anche il Caucaso) e intere cate- gorie di operai che avrebbero particolarmente bisogno dell’assicurazione (operai agricoli, edili, ferroviari, postelegrafonici, commessi, ecc.); c) stabilisce rimunerazioni di fame (massimo indennizzo in caso di mutilazione permanente : due terzi del salario, calcolato per giunta su una base inferiore al salario reale), facendo inoltre ricadere sulle spalle degli operai gran parte delle spese assicurative: si propone che rassicu- razione sia a spese degli operai non solo per le malattie, ma anche per le « piccole » — in pratica piu frequenti — mutilazioni. Questo nuovo 448 LENIN regolamento rappresenta un peggioramento anche in rapporto alla legge vigente, che imponeva l’erogazione dell’indennizzo per le mutilazioni ai soli imprenditori; d) priva gli istituti assicurativi di ogni autono- mia, abbandonandoli al controllo incrociato dei funzionari (uffici sta- tali e « Consiglio per gli affari assicurativi »), della gendarmeria, della polizia (ai quali tutti, oltre al controllo generale, viene attribuito in sostanza il diritto di dirigere l’attività di questi istituti, di influire sui loro organici, ecc.) e dei padroni (esclusiva composizione padronale delle compagnie assicurative antinfortunistiche; base di fabbrica per le casse malattia; influenza, statutariamente garantita, degli imprenditori su di esse, ecc.). 4. Solo una simile legge, che si fa beffe nel modo più grossola- no dei più vitali interessi degli operai, poteva tuttavia nascere neH’attua- le momento di sfrenata reazione, in questo periodo di dominio delia controrivoluzione, a coronamento delle pluriennali trattative preliminari e dell’accordo tra il governo e i rappresentanti del capitale. Condizione necessaria per attuare una riforma assicurativa che corrisponda real- mente agli interessi del proletariato è il definitivo abbattimento dello zarismo e la conquista di condizioni che consentano la libera lotta di classe del proletariato. II Partendo da tutto questo, la conferenza stabilisce che: 1) Compito urgente sia delle organizzazioni di partito illegali che dei compagni che lavorano nelle organizzazioni legali ( sindacati, circoli, cooperative, ecc.) è lo sviluppo della, più vasta agitazione contro il progetto assicurativo presentato alla Duma, il quale investe gli interessi di tutto il proletariato russo come classe e lede nel modo più brutale questi interessi. 2) La conferenza ritiene necessario sottolineare che tutta l'agita- zione socialdemocratica a proposito del progetto di legge sulle assicu- razioni dev’essere collegata con la situazione di classe del proletariato neirodierna società capitalistica, con la critica delle illusioni borghesi diffuse dai socialriformatori e in generale coi nostri compiti socialisti VX CONFERENZA BEL PO SOR 449 fondamentali; d’altro lato, in quest’agitazione il carattere della « rifor- ma » promossa dalla Duma dev’essere collegato col momento politico che stiamo attraversando e in generale coi nostri compiti e parole d’or- dine democratico-rivoluzionari. 3) Approvando in pieno il voto del gruppo socialdemocratico alla Duma contro il progetto di legge ivi discusso, la conferenza richiama l’attenzione dei compagni sulPimmenso e prezioso materiale fornito dalle discussioni su questo problema per chiarire l’atteggiamento delle varie classi verso le riforme operaie; la conferenza sottolinea in parti- colare le tendenze palesemente ostili agli operai, chiaramente emerse nei dibattiti, dei rappresentanti ottobristi del capitale arretrato, nonché gli interventi ipocriti del partito cadetto, ammantati di frasi socialrifor- matrici sulla « pace sociale »; alla Duma i cadetti si sono in sostanza pronunciati contro l’autonomia della classe operaia, lottando con astio contro gli emendamenti fondamentali al progetto presentati dal gruppo socialdemocratico alla Duma. 4) La conferenza mette in guardia nel modo piu risoluto gli ope- rai contro ogni sorta di tentativi di ridurre e snaturare completamente l’agitazione socialdemocratica, restringendola nei limiti di ciò che è legalmente ammesso in questo perioda di dominio della controrivolu- zione; la conferenza sottolinea che, al contrario, momento fondamentale di quest’agitazione dev’essere la spiegazione alle larghe masse del pro- letariato della verità, secondo cui senza una nuova ascesa rivoluzionaria non è possibile nessun miglioramento reale della situazione dell’operaio; che chiunque voglia ottenere una vera riforma operaia deve lottare innanzi tutto per una nuova rivoluzione vittoriosa. 5) Nel caso che, nonostante la protesta del proletariato cosciente, il progetto di legge discusso alla Duma entri in vigore, la conferenza invita i compagni a utilizzare le nuove forme organizzative da esso approntate (casse malattia degli operai) per svolgere anche in questi nuclei organizzativi un’energica propaganda delle idee socialdemocrati- che e per trasformare cosi anche questa legge, escogitata ai fini di un nuovo asservimento e oppressione del proletariato, in strumento di sviluppo della sua coscienza di classe, di consolidamento della sua orga- nizzazione, di intensificazione della sua lotta per la completa libertà politica e il socialismo. 450 LENIN Sulla « campagna per la petizione » 111 1. Scorgendo il suo principale nemico nel movimento operaio, la controrivoluzione, impersonata dal governo e dalla III Duma, lo perseguita in tutte le sue forme, infrangendo sistematicamente persino le « possibilità legali » rimaste alla classe operaia dopo la rivoluzione. 2. Questo regime pone costantemente le larghe masse operaie davanti a questo fatto: persino i loro diritti elementari (e in primo luogo la libertà di associazione) non possono essere realizzati senza il completo rovesciamento della monarchia zarista. 3. La petizione dei liquidatori pietroburghesi, messa in circola- zione nell’inverno del 1910 da un loro gruppo, e l’agitazione con la quale essi l’hanno accompagnata hanno strappato la rivendicazione della libertà di associazione da tutto Tinsieme delle rivendicazioni rivoluzio- narie della classe operaia. Invece di mostrare agli operai che per con- quistare la completa libertà di associazione in Russia è necessaria la lotta rivoluzionaria delle masse per le rivendicazioni fondamentali della democrazia, i liquidatori sono andati di fatto predicando la cosiddetta « lotta per il diritto », cioè la lotta liberale per il « rinnovamento » del regime del 3 giugno mediante miglioramenti parziali. 4. La suddetta campagna, per le condizioni concrete della vita politica russa e la situazione delle masse operaie, si è trasformata nella firma puramente formale e morta apposta su un pezzo di carta, non ha avuto nessuna risonanza e non ha suscitato interesse politico tra le masse. 5. La sorte di questa campagna ha chiaramente confermato che l’intera iniziativa era sbagliata e avulsa dalla massa operaia: la petizione ha raccolto complessivamente 1.300 firme; senza dire poi che in tutte le organizzazioni del partito, senza distinzione di frazione e di corrente , la campagna per la petizione non ha avuto assolutamente nessun appoggio, e nemmeno il nostro gruppo socialdemocratico alla Duma ha ritenuto possibile prendervi parte. 6. La campagna dei comizi operai in relazione con la sorte dei deputati della II Duma e le dimostrazioni di operai in alcune città il 9 gennaio 1912 hanno dimostrato che l’iniziativa delle masse ope- raie è orientata in un senso affatto diverso da quello rappresentato VI CONFERENZA DEL POSDR 451 da mezzi del tipo di una campagna per la petizione e procede sotto un vessillo affatto diverso da quello dei « diritti parziali ». Partendo da tutto ciò che s’è detto sin qui, la conferenza 1 ) invita tutti ì socialdemocratici a spiegare agli operai tutta la necessità per il proletariato della libertà di associazione; è tuttavia necessario porre costantemente questa rivendicazione in indissolubile legame con le nostre rivendicazioni politiche generali e con l’agita- zione rivoluzionaria tra le masse;- 2) pur riconoscendo che, in determinate condizioni, una petizione operaia di massa può essere una forma di protesta molto utile, ritiene che in Russia, nell’epoca che si sta attraversando, la petizione è uno dei mezzi meno adatti dell’agi fazione socialdemocratica. Sul liquidatoriswo e sul gruppo dei liquidatori Considerando 1 ) che il POSDR conduce già da circa quattro anni una lotta risoluta contro la corrente liquidatrice, definita alla conferenza del partito del dicembre 1908, come « tentativi di una certa parte degli intellettuali del partito di liquidare l’organizzazione esistente del POSDR e di sostituirla con una unione amorfa nel quadro di una legalità ad ogni costo, anche se quest ultima dovesse essere pagata al prezzo di un’aperta rinuncia al programma, alla tattica e alle tradizioni del partito »; 2) che la sessione plenaria del CC del gennaio 1910, continuando la lotta contro questa corrente, l’ha unanimemente definita una mani- festazione dell’influenza della borghesia sul proletariato e ha posto come condizione dell’effettiva unità del partito e della fusione delle vecchie frazioni dei bolscevichi e dei menscevichi la completa rottura col liquidatorismo e il definitivo superamento di questa deviazione borghese dal socialismo; 3 ) che, nonostante tutte le decisioni del partito e l’impegno assunto dai rappresentanti di tutte le frazioni alla sessione plenaria del gennaio 1910, una parte dei socialdemocratici, che si raggruppa at- torno alle riviste Nascia Zarià e Dielo Gizni, si è schierata aperta- 452 LENIN mente in difesa di una corrente riconosciuta da tutto il partito, come un prodotto delPinfluenza borghese sul proletariato; 4) che M-l, Iuri e Roman, ex membri del CC, non solo si sono rifiutati di entrare nel CC nella primavera del 1910, ma si sono per- sino rifiutati di intervenire sia pure a una sola riunione per la coopta- zione dei nuovi membri e hanno apertamente dichiarato di conside- rare « dannosa » la stessa esistenza del CC del partito; 5) che le summenzionate principali pubblicazioni dei liquidatori, la N ascia laria e il Dielo Gizni , proprio dopo la sessione plenaria del 1910 si sono voltate decisamente e su tutta la linea verso il liquidato- rismo, non solo «sminuendo» (nonostante le decisioni della sessione plenaria ) « Pimportanza del partito illegale », ma negandolo aperta- mente, dichiarando il partito un « cadavere », dichiarando il partito già liquidato, dichiarando un’« utopia reazionaria » la ricostituzione del partito illegale, -coprendo il partito illegale di calunnie e di ingiurie dalle colonne di riviste legali, invitando gli operai a considerare le cellule del partito e la sua gerarchia come « già morte », eoe.; 6) che, mentre in tutta la Russia i partitisti, senza distinzione di frazioni, si sono uniti nellopera urgente della convocazione di una conferenza del partito, i liquidatori, separatisi in gruppetti assolu- tamente autonomi, nelle località periferiche si sono scissi persino là dove hanno la prevalenza i menscevichi partitisti ( Iekaterinoslav, Kiev), e hanno rinunciato definitivamente a ogni legame di partito con le organizzazioni locali del POSDR, la conferenza dichiara che, con la sua condotta, il gruppo della N ascia Zarià e del Dielo Gizni si è posto definitivamente fuori del partito. La conferenza invita tutti i partitisti, senza distinzione di correnti e di sfumature, a lottare contro il liquida tori sm o, a. spiegare tutto il danno che esso arreca alla causa dell'emancipazione della classe ope- raia e a fare ogni sforzo per ricostituire e consolidare il POSDR illegale. SulVorgano centrale Avendo ascoltato e discusso la relazione del rappresentante del- l'organo centrale, la conferenza, mentre ne approva la linea di principio, VI CONFERENZA DEL POSDR 453 esprime l’augurio che nell’organo centrale si accordi maggiore attenzione agli articoli di carattere propagandistico e che questi vengano scritti in maniera più popolare e accessibile agli operai. Sulla « Rabociaia Gazieta » Riconoscendo che la Rabociaia Gazieta s’è schierata risolutamente e coerentemente in difesa del partito e dello spirito del partito e ri- scuote il pieno consenso dei nostri militanti delle località periferiche, senza distinzione di frazione, la conferenza 1 ) invita tutti i compagni delle località periferiche a sostenere in tutti i modi la Rabociaia Gazieta\ 2 ) riconosce la Rabociaia Gazieta come organo ufficiale del Comi- tato centrale del partito. « Sul giornale « Pravda » La conferenza annulla raccordo con la redazione della Pravda concluso dalla sessione plenaria del CC del gennaio 1910. Emendamenti allo statuto organizzativo del partito Al § 2 si aggiunge: È ammessa la cooptazione, in conformità con le decisioni della conferenza di dicembre (1908). Il § 8 viene soppresso e al suo posto si inserisce: Il CC convoca il piu spesso possibile conferenze di rappresentanti di tutte le organizzazioni del partito. Il § 9, terzo capoverso, concernente la rappresentanza al congres- so, viene modificato come segue: Le norme relative alla rappresentanza ai futuri congressi del par- 454 LENIN tito vengono fissate dal CC dopo accordi preliminari con le organiz- zazioni locali. Sul denaro che si trova nelle mani di un ex depositario e sui resoconti finanziari Prendendo atto della dichiarazione dei rappresentanti delegati dai bolscevichi coi quali la sessione plenaria del CC del gennaio 1910 con- cluse un accordo sul trasferimento condizionato, da parte dei bolsce- vichi, dei loro mezzi di frazione nelle casse del CC, la conferenza 1) riconosce che i rappresentanti dei bolscevichi, data la viola- zione deiraccordo da parte dei liquidatori e la rinuncia dei depositari alla loro funzione di giudici arbitrali, hanno formalmente tutti i diritti di disporre sia dei mezzi che si trovano a loro disposizione, sia di quelli che si trovano nelle mani dell’ex depositario, compagna Zetkin; 2) dopo la dichiarazione fatta dai rappresentanti dei bolscevichi la conferenza ritiene che le somme detenute dalla compagna Zetkin appartengano incondizionatamente al partito, impersonato dal CC eletto dalla conferenza stessa, e 3) dà mandato al CC di prèndere tutte le misure per ottenere immediatamente dalla compagna Zetkin la restituzione del denaro del partito. La commissione di revisione, esaminati i resoconti finanziari e le pezze d’appoggio della redazione della Rabociaia Gazieta , confermata ora dalla conferenza come organo del CC, nonché del gruppo di bol- scevichi ai quali la sessione plenaria del CC aveva affidato i fondi per le pubblicazioni socialdemocratiche, li ha trovati esatti e propone alla conferenza di approvarli. Sulla « Croce rossa » La conferenza propone a tutti i compagni delle località periferiche di fare ogni sforzo per ricostituire la « Croce rossa », tanto necessaria per soccorrere i detenuti e i deportati. VI CONFERENZA DEL POSDR 455 Sull’organizzazione del partito all’estero La conferenza riconosce che l’esistenza all’estero di un’unica orga- nizzazione del partito che svolga un lavoro di sostegno del partito sotto il controllo e la guida del CC è assolutalliente necessaria. La conferenza riconosce che il comitato d’organizzazione estero è una delle organizzazioni del partito all’estero e invita tutti gli ele- menti di partito che, senza distinzione di frazione e di corrente, si schierano col partito illegale e conducono una lotta irreconciliabile contro le correnti antipartito (liquidatorismo) a stringersi attorno al CC al fine di contribuire al lavoro di partito in Russia e di dar vita ad un’unica organizzazione estera. Tutti i gruppi esteri senza eccezione possono comunicare con le organizzazioni russe solo attraverso il CC. La conferenza riconosce che i gruppi esteri che non si sottomet- tono al centro russo del lavoro socialdemocratico, cioè al CC, e che creano disorganizzazione attraverso rapporti con la Russia all’insaputa del CC non possono usufruire del nome del POSDR. Sull’attacco del governo russo alla Persia Il Partito operaio socialdemocratico di Russia protesta contro la po- litica brigantesca della banda zarista, che ha deciso di soffocare la libertà del popolo persiano e non si arresta davanti agli atti piu barbari e ignobili. La conferenza constata che l’alleanza tra il governo russo e il governo dellTnghilterra, reclamizzata e sostenuta in tutti i modi dai liberali russi, è diretta innanzi tutto contro il movimento rivoluzionario della democrazia asiatica e rende il governo liberale inglese complice delle sanguinose atrocità dello zarismo. La conferenza esprime la sua piena simpatia alla lotta del popolo persiano, e in particolare alla lotta del partito socialdemocratico per- siano che ha sopportato tanti sacrifici nella lotta contro gli aggressori zaristi. 456 LENIN Sulla rivoluzione cinese La conferenza, data la campagna dei giornali governativi e li- berali {Riec), che — nell’interesse dei capitalisti russi — vanno pre- dicando l’idea di strappare alla Cina, approfittando del movimento rivoluzionario in atto in questo paese, le regioni confinanti con la Russia, constata Timportanza mondiale della lotta rivoluzionaria del po- polo cinese, che porta alla liberazione dell’Asia e mina il dominio della borghesia europea, saluta i rivoluzionari repubblicani della Cina, si fa interprete del profondo entusiasmo e della piena simpatia con cui il proletariato della Russia segue i successi del popolo rivoluzionario cinese e stigmatizza la condotta del liberalismo russo che appoggia la politica di conquiste dello zarismo. Sulla politica dello zarismo verso la Finlandia La conferenza del POSDR, riunitasi per la prima volta dopo l’ema- nazione, da parte dello zarismo russo e della Duma della controrivo- luzione, di leggi che distruggono il diritto e la libertà del popolo finlandese, esprime la propria completa solidarietà col partito social- democratico fratello finlandese, sottolinea Punità dei compiti degli operai della Finlandia e della Russia nella lotta contro il governo con- trorivoluzionario e la borghesia controrivoluzionaria russi, che concul- cano i diritti del popolo, ed esprime la sua ferma convinzione che solo con gli sforzi congiunti degli operai della Russia e della Finlandia si può ottenere il rovesciamento dello zarismo e la libertà dei popoli russo e finlandese. Saluto alla socialdemocrazia tedesca Per incarico della conferenza, all’organo centrale della socialde- mocrazia tedesca è stato inviato il seguente telegramma: Il Partito operaio socialdemocratico russo, tramite la commissio- VI -CONFERENZA DEL POSDR 457 ne di organizzazione russa e l’organo centrale del partito, invia un caloroso saluto al partito fratello, la socialdemocrazia tedesca, che ha ripor- tato alle elezioni una splendida vittoria su tutto il mondo borghese Mì _ Viva la socialdemocrazia in ter nazionale , viva la socialdemocrazia tede se al Scritte nel gennaio 1912. Pubblicate nel febbraio 1912 nell'opuscolo La conferenza generale del Partito operaio socialdemocratico russo , Edizioni del CC, Parigi. L’ORGANO DELLA POLITICA OPERAIA DEI LIBERALI Ho sotto gli occhi tre numeri del settimanale pietroburghese Givoie Dielo , che ha iniziato le pubblicazioni nel gennaio delTannO in corso. Propongo ai lettori di penetrare nel contenuto della sua pre- dicazione. . Il piu importante problema politico del giorno sono le elezioni per la IV Duma. A questo problema è dedicato un articolo di Martov nel n. 2. La parola d’ordine da lui lanciata suona: « Bisogna sforzarsi di sloggiare la reazione dalle sue posizioni alla Duma ». E Dan di rincalzo nel n. 3: « Il miglior mezzo per indebolire la svia [del Consiglio di Stato] esiziale influenza è di strappare la Duma dalle mani della reazione », È una parola d’ordine chiara. E naturalmente ogni operaio co- sciente vedrà agevolmente che è una parola d’ordine non marxista, non proletaria, e persino non democratica, ma liberale . Essa è la parola dordine della politica operaia liberale. Ecco la difesa di questa parola d’ordine da parte di Martov: « È realizzabile questo compito con Fattuale legge elettorale? Indubbiamen- te si. È vero che questa legge assicura in anticipo, in una parte no- tevole [?] delle assemblee di governatorato, una maggioranza di grandi elettori dei proprietari fondiari e della prima curia urbana [capi- talistica].., ». La difesa di una cattiva causa ha indotto Martov a un’afferma- zione palesemente falsa. Non in una « parte notevole » delle assemblee di governatorato, ma assolutamente in tutte le assemblee (nella Russia europea) i grandi elettori dei proprietari fondiari più la prima curia urbana hanno una maggioranza assoluta. Ma non basta. In 28 governa- l'organo della politica operaia dei liberali 459 torati su 53 i grandi elettori dei proprietari fondiari costituiscono da soli la maggioranza assoluta delle assemblee di governatorato. E questi 28 governatorati forniscono 255 deputati della Duma su un totale di 442, cioè ancora una volta la maggioranza assoluta! Per difendere la parola d’ordine liberale dello « sloggiamene del- la reazione dalle sue posizioni alla Duma » Martov ha dovuto comin- ciare con un abbellimento liberale dei proprietari fondiari russi. Come inizio non c’è male! « Ma — continua Martov — le passate elezioni hanno mostrato che sia tra i proprietari fondiari che tra la grande borghesia urbana ci sono elementi ostili alla reazione centonera, nazionalista e ottobrista ». Certo. Persino una parte dei grandi elettori dei proprietari fon- diari appartiene all’opposizione, è formata di cadetti. Ma quale con- clusione ne deriva? Solo questa: che non è possibile spostare la mag- gioranza di una Duma eletta in base alla legge del 3 giugno 1907 oltre un’opposizione « liberale » dei grandi proprietari fondiari . È il grande proprietario fondiario a decidere. Questo fatto, che Martov ha cercato di eludere, resta un fatto. Solo il passaggio del grande pro- prietario fondiario airopposizione è dunque in grado di dare la preva- lenza al l’« opposizione » ( dei grandi proprietari fondiari). Ma proprio qui sta il nocciolo della questione: è possibile affermare, senza tra- sformarsi in liberali, che « lopposiziGne liberale [ dei grandi proprie- tari fondiari ] sia in grado di sloggiare la reazione dalle sue posizioni alla Duma »? Non bisogna, in primo luogo, nascondersi che il grande proprie- tario fondiario è favorito dalla nostra legge elettorale. Non bisogna, in secondo luogo, dimenticare che l’« opposizione » dei grandi proprie- tari fondiari è contrassegnata da tutti i tratti caratteristici del cosiddetto « ottobrismo di sinistra » (col quale i cadetti, alla loro ultima confe- renza, hanno ammesso i blocchi! Non a caso Martov non ne fa parola). Solo dei ridicoli uomini politici liberali possono parlare, alludendo a una possibile vittoria degli « ottobristi di sinistra », della possibilità di « strappare la Duma dalle mani della reazione » o di « sloggiare la reazione dalla sue posizioni alla Duma ». Compito della democrazia operaia è di sfruttare i conflitti tra i liberali e l’attuale maggioranza della Duma per rafforzare la demo- 460 LENIN crazia alla Duma, e non per sostenere ['illusione liberale che sia possi- bile « strappare la Duma dalle mani della reazione ». Nel nostro autore le cose si presentano in maniera ancora peggiore quando egli passa alla questione di principio ; quale importanza avrebbe la vittoria di « “ tutta Topposizione" sulla maggioranza ottobrista-cento- nera alla Duma ». « Gli operai — argomenta Martov — sono interessati a che in uno Stato di classi il potere passi dalle mani del selvaggio grande proprietario fondiario in quelle del piu civile borghese ». Ottimo ragionamento! Solo che si dimentica una piccola... vera- mente piccola inezia: i «borghesi» russi «piu civili», i liberali, i cadetti, « sono interessati a che » il potere del selvaggio grande pro- prietario fondiario non venga minato . I liberali « sono interessati a » dividere il potere con lui, senza minarne il potere e senza dare al- cun’arma in mano alla democrazia. Ecco il nocciolo della questione! È inutile che vi mettiate a spie- gare con aria d’importanza vacue banalità eludendo una questione seria. « Rafforzando la loro rappresentanza alla Duma, i cadetti e i pro- gressisti — dice Martov — non andranno ancora al potere, ma se ne agevoleranno Taccesso ». Certo. Certo. Ma perché, dunque, i cadetti e i progressisti tedeschi, pur avendo molte volte, a cominciare dal 1848, « rafforzato la loro rappresentanza » al parlamento, non si sono aperti a tutt’oggi « l’accesso al potere »? Perché da sessantaquattro anni hanno lasciato e lasciano ancora il potere nelle mani dello junker? Perché i cadetti russi, pur avendo « rafforzato la loro rappresentanza alla Duma » alla I e alla II, non « si sono agevolati Taccesso al po- tere »? Martov riconosce il marxismo solo nella misura in cui esso è accettabile per qualsiasi liberale colto. Gli operai sono interessati al passaggio del potere dalle mani del grande proprietario fondiario in quelle del piu civile borghese: tutti i liberali del mondo sottoscri- veranno una simile « concezione » degli « interessi dell'operaio ». Ma questo non è ancora marxismo. Il marxismo dice anche: 1) i liberali sono interessati a insediarsi accanto al grande proprietario fondiario, senza minarne il potere; 2) i liberali sono interessati a dividersi il potere col grande proprietario fondiario in modo tale che non tocchi assolutamente nulla né all’operaio, né alla democrazia; 3) il potere l’organo della politica operaia dei liberali 461 « sfugge » veramente di mano al grande proprietario fondiario e « pas- sa nelle mani » del liberale sólo allorché vince la democrazia nono- stante il liberale. Le prove? Tutta la storia della Francia e la storia piu recente della Cina: il potere non sarebbe mai passato, neppure temporaneamente, al liberale Yuan Sci-kai se non avesse vinto la demo- crazia cinese nonostante Yuan Sci-kai. Ma, se la piatta verità secondo cui il liberale è migliore del centonero costituisce tutto il « marxismo » accettabile per i signori Struve, Izgoiev e soci, la dialettica della lotta di classe è un libro dai sette sigilli sia per il liberale che per Martov. Riassumendo: proprio perché in Russia il potere « passi » vera- mente dalle mani del grande proprietario fondiario in quelle del bor- ghese non bisogna ingannare e indebolire la democrazia in generale e gli operai in particolare con la falsa parola d ordine « strappare la Duma dalle mani della reazione ». Da noi il compito pratico delle elezioni non è affatto quello di « sloggiare la reazione dalle sue posi- zioni alla Duma », ma quello di rafforzare la democrazia in generale e la democrazia operaia in particolare. Questo compito verrà talvolta a cozzare col « compito » di aumentare il numero dei liberali: per noi è piu importante — ed è piu utile per il proletariato — avere cinque democratici in piu che cinquanta liberali in piu. Quindi la seguente conclusione, che a Martov non piace, benché egli sembri riconoscere che i cadetti sono liberali, e non democratici: 1) nelle cinque grandi città sono ammissibili, nei ballottaggi, accordi coi soli democratici contro i liberali m ; 2) in tutti i ballottaggi e in tutti gli accordi stipulati nella seconda fase ci si deve innanzi tutto accordare coi democratici contro i liberali e solo in seguito coi liberali contro le destre. Zviezdà, n. 11 (47), 19 febbraio 1912. Firmato: F. L-ko. CONTRO L’UNIFICAZIONE COI LIQUIDATORI Nel n. 7 del giornale liquidatore Givoie Dielo viene pubblicato l’articolo redazionale Per l'unificazione, contro la scissione . Questo articolo tratta una questione senza dubbio straordinariamente interes- sante e importante alla quale riflette ogni operaio che pensa. Rite- niamo nostro dovere esprimere, sia pure in maniera incompleta, sia pure brevemente, la nostra opinione sui punti dei quali il Givoie Dielo informa i suoi lettori in maniera chiaramente, evidentemente sbagliata. Il Givoie Dielo, in base alle notizie dei giornali Golos Zemli , Russkoie Slavo e Kievskaia Mysl — notizie che « non divergono dalle informazioni in possesso del Givoie Dielo — , stabilisce che si è tenuta allestero una conferenza generale del partito, la quale avrebbe « impo- sto a tutti marxisti della Russia una determinata tattica nella campagna elettorale » e dichiarato tra l’altro fuori del partito (il corsivo è del Givoie Dielo) il gruppo della Nascia Zarià e del Dielo Gizni. A questo proposito il Givoie Dielo (infiorando il suo articolo con le solite ca- lunnie e insinuazioni all’indirizzo degli antiliquidatori) fa ogni sforzo, in primo luogo, per screditare la conferenza e, in secondo luogo, per difendere la « Nascia Zarià e soci », dicendo che essi non possono esse- re posti « fuori », che i « pubblicisti » di questa tendenza « rispondono con una sprezzante alzata di spalle a una simile impostazione », ecc. Noteremo innanzi tutto che Finterò contenuto dell’articolo del Givoie Dielo, tutto il suo tono isterico, tutte le grida « per l’unifica- zione » attestano di per se stessi come i liquidatori siano stati toccati sul vivo e con quanto poco successa essi si sforzino di dissimulare il fondo della cosa. Passeremo appunto a questo fondo della cosa. Non possiamo, s’intende, né difendere la conferenza, né comple- tare o correggere le notizie riportate nei suddetti giornali (ai quali va CONTRO l/UNIFICAZIONE COI LIQUIDATORI 463 ora aggiunto il Golos Moskvy). Ciò poi non rientra nel nostro com- pito. E basterà riportare letteralmente anche una sola frase del Givoie Dielo : « Noi chiediamo — esclamano i liquidatori — : chi li ha eletti [i delegati alla conferenza], chi li ha autorizzati a parlare e a decidere a nome dei marxisti di Mosca, di Pietroburgo, ecc.? ». Sarebbe, cosa del tutto naturale, se lo « chiedessero », per esempio, il signor Purisc- kevic o il signor Zamyslovski. Ma se i liquidatori lo chiedono al pub- blico dalle colonne del Givoie Dielo , con questa sola domanda scoprono cosi bene la loro natura Iiquidatrice, si smascherano cosi egregiamente che non abbiamo che da mostrare a dito i metodi dei liquidatori e far punto e basta. Affrontiamo le questioni qui sollevate, ripetiamo, unicamente perché è nostro dovere rispondere a tutte le voci della stampa e ri- levare ciò che si riferisce alla campagna elettorale operaia. Bisogna che i lettori sappiano la verità. Se i liquidatori dicono: « Per Punifi- cazione, contro la scissione », è nostro dovere mettere in luce la men- zogna che si nasconde in questa frase. Primo: non ce bisogno di giocare a rimpiattino e di parlare di « unificazione » in generale, quando si tratta, in sostanza, solo dell’ unificazione coi liquidatori. Perché il Givoie Dielo si nasconde? perché non dice apertamente se condivide o non condivide il punto di vista della Nasciti Zarià e del Dielo Cimi} Secondo: è prematuro parlare di scissione finché non esistono due collettivi politici organizzati, compatti, che operino nello stesso ambiente. Di questa sostanza della cosa deve parlare il Givoie Dielo, e gri- dare e inveire è un inutile passatempo. Quella dell'unificazione coi liquidatori non è una questione nuo- va, ma molto vecchia. Piu di due anni fa, nel gennaio 1910, venne fatto il tentativo piu deciso, pili formale, di addivenire a una tale uni- ficazione, tentativo convalidato anche da un accordo e da una deci- sione unanime. Il tentativo falli: lo riconoscono tutti , compresi i liqui- datori (cfr. Nascia Zarià , 1911, n. 11, p. 130). Perché falli? Su questa questione coloro che s’interessano seriamente della cosa devono sapersi raccapezzare da soli in base ai documenti. Ne riporteremo solo pochi, ma decisivi. Il signor Ionov, noto partecipante al tentativo di unificazione coi 464 LENIN liquidatori e « unificatore » o « conciliatore » egli stesso, scriveva pro- prio al tempo di questo tentativo: « Per quanto Potzovismo e il liquidatorismo possano essere di per se stessi nocivi per il partito, la loro benefica azione sulle frazioni [si tratta delle frazioni dei menscevichi e dei bolscevichi] sembra es- sere fuori dubbio. La patologia conosce due specie di ascessi: quelli maligni e quelli benigni. L'ascesso benigno si considera una malattia utile per l’organismo. Nel processo di suppurazione esso attira a sé da tutto l’organismo ogni sorta di elementi nocivi e contribuisce cosi al suo risanamento. Io credo che analoga funzione abbiano avuto il liquidatorismo nei confronti del menscevismo e rotzovismo-ultimatismo nei confronti del bolscevismo ». Ecco uno dei documenti il quale conferma che condizione della unificazione coi liquidatori era stata dichiarata la loro completa rinun- cia al liquidatorismo. Ciò avveniva nel gennaio 1910. Nel febbraio 1910, nel n. 2 della Nascia Zarià , il signor Potresov scriveva letteral- mente quanto segue: « Può forse esistere nell’estate del 1909, non come un fantasma in una mente malata, ma come un’autentica realtà, una corrente liqui- datrice, che liquidi ciò che non è piu suscettibile di essere liquidato, ciò che non esiste più come un tutto organizzato? » (Nascia Zarià , 1910, n. 2, p. 61). Tutti i pratici sanno che i liquidatori agivano praticamente pro- prio secondo la linea direttrice indicata dal signor Potresov. Un altro noto organo di stampa dei liquidatori, il V ozrozdenie , al quale collabora- vano gli stessi signori Martov, Larin, Levitski e soci, scriveva il 30 mar- zo 1910 a nome della redazione, citando con simpatia le parole del si- gnor Potresov ora riportate: « Non c'è nulla da liquidare, e noi [cioè la redazione del V ozrozdenie] aggiungeremo da parte nostra che sognare la ricostituzione di questa gerarchia nella sua vecchia forma clande- stina è semplicemente un’utopia dannosa, reazionaria... ». (V ozrozdenie , 1910, n. 5, p. 51). Ci sono state altre persone e altre tendenze, oltre la nostra, che hanno valutato queste dichiarazioni come una rottura dei liquidatori con il vecchio, precedente collettivo politico? Si di certo. Prove: 1) L'arti- colo del signor Izgoiev nella Russkaia Mysl del 1910, n. 8: Un viekhista tra i marxisti. Il signor Izgoiev valuta sempre ciò che avviene tra i CONTRO L'UNIFICAZIONE COI LIQUIDATORI 465 marxisti da un punto di vista coerentemente « viekhista ». « La rispo- sta [del signor Potresov alle questioni del movimento operaio] con- corda perfettamente — scriveva il signor Izgoiev — con ciò che è stato scritto nei Viekhi , da lui denigrati, con ciò che dicono i pubblicisti della Russkaia Mysl » {Russkaia Mysl y 1910, n. 8, p. 67). 2) nel maggio 1910 il menscevico Plekhanov scriveva a proposito delle parole del signor Potresov da noi riportate: « È tuttavia indubbio che un uomo per il quale il nostro partito non esiste , non esiste a sua volta per il nostro partito [il corsivo è di Plekhanov]. Ora tutti i Suoi membri dovranno dire che il signor Potresov non è per loro un compagno, e alcuni di essi, forse, cesseranno di accusarmi di non averlo piu considerato tale da molto tempo ». È un fatto. Qui non gioveranno né scappatoie, né scuse. Già nel 1910 i liquidatori avevano rotto con il precedente collettivo poli- tico. Nessuno storico della vita politica russa potrà eludere questo fatto, se non vorrà scostarsi dalla verità. E nel 1911 i signori Levitski, Martov, Dan, Larin, Ciatski e soci hanno ripetuto piu di una volta, dichiarazioni di contenuto del tutto « potresoviano ». Ricorderemo soltanto come nel Dielo Gizni (del 1911, n. 6, p. 15) Larin insegnasse agli operai che « mettere insieme in ogni città un paio di centinaia di persone... per costituire un circolo » non è difficile, ma è un’impresa « farsesca »! Secondo la nostra profonda convinzione, di qui, da un’esperienza di più di due anni, scaturisce inevitabilmente la conclusione che coi liquidatori non è possibile nessuna unificazione. Qui non è neanche possibile alcun accordo. Qui gli accordi sono inconcepibili , giacché si tratta dell’esistenza o meno di ciò che i liquidatori hanno sprezzan- temente battezzato « gerarchia ». E nessuna ingiuria del Givofe Dielo — organo degli stessi liquidatori della stessa tendenza — può mu- tare qualche cosa. 1 liquidatori sono fuori... e ciò è un fatto definitivo. Questo fatto significa appunto la scissione, forse ci si obietterà. No. Si chiama scissione il costituirsi di due collettivi politici al posto di uno. Oggi, nel marzo 1912, chi osservi la nostra vita politica, munito del miglior telescopio, e guardi da Pietroburgo, da Mosca, da Kiev, da New York, da dove voglia, è in grado di vedere un solo collettivo politico organizzato, compatto, che le ingiurie dei liquidatori possono soltanto rafforzare in mezzo agli operai. 466 LENIN Il guaio dei liquidatori sta appunto nel fatto che col vecchio essi hanno effettivamente liquidato i propri rapporti, mentre non han- no creato il nuovo. Quando lo creeranno, vedremo e, da buoni osser- vatori politici, ne informeremo i lettori. Ma per ora il fatto resta un fatto: non c’è un altro collettivo politico compatto, e quindi non c’è neanche scissione. Da gran tempo i liquidatori promettono di creare un’associazione politica « legale », ma le promesse non sono fatti. E lo « stesso » signor Levitski, il piu prossimo adepto di Potresov e di Martov, scriveva con rammarico nell’editoriale del n. 11 della Nascia Zarià (del 1911) che « non vediamo alcun tentativo di una qualche importanza di orga- nizzare un’associazione politica r il corsivo è del signor Levitski] le- gale ». Di questo il signor Levitski accusa sia la « massa » che i « diri- genti ». Ma ora si tratta non di formulare accuse, ma di stabilire un fatto. Se il signor Levitski e i suoi amici creeranno un’associazione politica legale, se essa condurrà effettivamente una politica operaia marxista (e non liberale), allora... allora vedremo. Dovete però affret- tarvi, egregi signori; alle elezioni manca poco tempo e sono necessari sforzi erculei per recuperare in pochi mesi (o per rifare in maniera del tutto opposta a quanto è stato fatto prima) ciò che si è trascurato per anni, I liquidatori si sono tagliata la testa da soli. E chi s’è tagliata la testa, non piange per 1 capelli. Chi osserva la vita politica russa può trovare un solo collettivo politico nel campo che c’interessa. Attorno ad esso ci sono singole persone e piccoli gruppi non organizzati, che non sanno nemmeno ri- spondere in maniera completa alle più urgenti questioni politiche. In altre parole, aH’intorno c’è solo sfacelo. E, come in ogni sfacèlo, ci sono sia gli esitanti, sia persone che sperano (invano, ahimè!) di indurre i liquidatori a rompere realmente col liquidatorismo. Ma solo dei politici disperati possono tentare di nutrirsi di speranze durante i sei mesi che si e no mancano alle elezioni. Prendete anche solo la questione delle parole d’ordine della cam- pagna elettorale, della tattica, degli accordi. Ce per essa una sola risposta, definita, chiara, precisa, completa, nota sin d’ora a tutti gli operai d’avanguardia da un capo all’altro della Russia. Altra risposta CONTRO L'UNIPICÀZIONE COI LIQUIDATORI 467 non ce. Ancora una volta, signori liquidatori; chi s’è tagliata Ja testa, non piange per i capelli. P.S. Fra coloro i quali « sperano » che i liquidatori si correg- gano vi è, alquanto pare, anche Trotski, che nel Givoie Dielo parafrasa in maniera popolare il principio contenuto nelle decisioni del dicembre 1908 sulla sostanza del regime del 3 giugno. Saremo molto lieti se Trotski riuscirà a convincere anche solo, per esempio, Larin e Martov, talché si mettano tutti d’accordo su una risposta definita, precisa, chiara alla questione della sostanza della nostra attuale « Costituzione ». Costoro strepitano parlando dell’utilità dell’« unificazione », del danno del « sistema dei circoli », ma non riescono a elaborare un’opinione « unificata » del « loro » stesso circolo né sulle questioni di principio, né sulle questioni pratiche di tutto il nostro lavoro! In compenso si dà campo libero alla vuota frase: « La socialdemocrazia — scrive Trotski — sa tracciare i propri grandi compiti sulla superficie interna della scatola cranica non soltanto sotto l’aspetto di formule... ». Scrive bene Trotski, non peggio di Potresov e di Nievedomski! Prosvestcenie , n. 3-4, febbraio-marzo 1912. Firmato; M.B, I PARTITI POLITICI NEI CINQUE ANNI DELLA III DUMA I Nell’ Annuario della « Riec » per il 1912 — questa piccola enciclo- pedia politica del liberalismo — vi è un articolo del signor Miliukov: I partiti politici alla Duma durante cinque anni. Quest’articolo, dovuto alla penna dell’eminente storico, capo riconosciuto del liberalismo, merita tanto maggiore attenzione in quanto è dedicato, si può dire, al piu importante tema preelettorale. Bilancio politico dell’attività dei partiti, problemi inerenti alla loro importanza, generalizzazioni scienti- fiche sul rapporto delle forze sociali, parole d’ordine dell’imminente campagna elettorale: tutto questo viene spontaneo alla penna, quando si è assunto tale tema; di tutto questo ha dovuto trattare anche il signor Miliukov, per quanto si sia sforzato di limitarsi a una semplice esposizione dei fatti relativi alla « storia esteriore » della Duma. Ne è risultato un quadro interessante, che illustra un vecchio, ma sempre nuovo soggetto: come si prospetta la vita politica russa agli occhi di un liberale? « Il partito della libertà del popolo, che alla I Duma dominava numericamente e alla II moralmente — scrive il signor Miliukov — , è rappresentato alla III Duma solo da 56-53 deputati. Dalla posizione di maggioranza dirigente esso è passato a quella di opposizione, pur avendo conservato, nelle file delFopposizione, una importanza predo- minante sia per il suo numero che per la qualità dei suoi membri e per la severa disciplina di gruppo nei suoi discorsi e nelle votazioni ». In un articolo sui partiti politici il capo di un partito dichiara il proprio partito « predominante » per la « qualità dei suoi membri ». Non c’è male. La pubblicità potrebbe però essere un po’ più fine... Ed è poi vero che i cadetti si siano distinti per una severa disciplina di gruppo? Non è vero, giacché tutti ricordano, per esempio, i ripe- I PARTITI POLITICI NEI CINQUE ANNI DELLA III DUMA 469 tuti Interventi del signor Maklakov, che si è staccato dal partito ca- detto per spostarsi a destra. Il signor Miliukov ha agito con poca accor- tezza: se a reclamizzare le « qualità » del proprio partito non si corrono rischi, dato che si tratta di una valutazione del tutto soggettiva, i fatti tuttavia confutano subito la pubblicità per ciò che riguarda la disci- plina di gruppo. È caratteristico il fatto che proprio l’ala destra dei cadetti, sia alla Duma — nella persona di Maklakov — , sia sulla stampa — nelle persone del signor Struve e soci della Russkaia Mysl — si è staccata, violando non solo la disciplina severa, ma qualsiasi disciplina del partito cadetto. « Alla sua sinistra — continua il signor Miliukov — il gruppo della libertà del popolo non aveva che 14 trudoviki e 15 socialde- mocratici. Il gruppo dei trudoviki aveva conservato solo l’ombra deh l’importanza che aveva avuto nelle prime due Dume. Il gruppo so- cialdemocratico, assai meglio organizzato, ha dedicato di tanto in tanto i suoi interventi all’aspra denuncia delle “contraddizioni di classe", ma non ha potuto, in sostanza, seguire una tattica diversa da quella seguita dall’opposizione “borghese” ». Questo è tutto, letteralmente tutto ciò che l’eminente storico fa sapere dei partiti piu a sinistra dei cadetti nelle venti pagine del suo articolo. Eppure questo è dedicato ai partiti politici alla Duma: in esso vengono esaminati nel piu particolareggiato dei modi i minimi spostamenti verificatisi tra i grandi proprietari fondiari, sono men- zionati i vari « gruppi moderati di destra » o « ottobristi di destra », sono esaminati i vari passi di questi gruppi. Perché dunque i trudoviki e i socialdemocratici vi sono ridotti a zero? perché dipingerli cosi come fa il signor Miliukov vuol chiaramente dire ridurli a zero. L'unica risposta possibile a questa domanda è la seguente: perché questi partiti riescono particolarmente antipatici al signor Miliukov e persino la piu semplice constatazione di fatti universalmente noti, rife- rentisi a questi partiti, è in contrasto con gli interessi del liberalismo. In realtà il signor Miliukov sa benissimo quali alterazioni nella com- posizione dei grandi elettori abbiano ridotto i trudoviki all’« ombra della loro importanza di un tempo » alle Dume. Quelle stesse alte- razioni, operate dal signor Krygianovski e dagli altri eroi del 3 giugno 1907, hanno fatto saltare la maggioranza dei cadetti. Ma que- sto giustifica forse l’ignoranza, e peggio ancora il travisamento dei 470 LENiN fatti relativi a partiti rappresentati molto debolmente alla Duma dei grandi proprietari fondiari? I trudoviki sono davvero molto debol- mente rappresentati alla III Duma, ma la loro importanza in questi cinque anni è stata grande, poiché hanno rappresentato milioni e mi- lioni di contadini. Gli interessi dei grandi proprietari fondiari hanno costretto a ridurre proprio la rappresentanza contadina. Si domanda: quali interessi costringono i liberali a trascurare i trudoviki ? Oppure prendete la stizzosa sortita del signor Miliukov contro i socialdemocratici. Non sa egli forse che la differenza fra la « tattica » di questi ultimi e la tattica dei cadetti non consiste soltanto nella diffe- renza esistente tra l’opposizione proletaria e quella borghese, ma anche nella differenza esistente tra la democrazia e il liberalismo? Natural- mente il signor Miliukov lo sa benissimo e, in base ad esempi tratti dalla storia recente di tutti i paesi europei, sarebbe in grado di chiarire le differenze esistenti tra democratici e liberali. La sostanza sta intera- mente nel fatto che, non appena si tratta della Russia, il liberale russo non vuol vedere la propria differenza dai democratici russi. Al liberale russo torna utile presentarsi davanti al lettore russo come rappresen- tante di tutta l’« opposizione democratica » in generale. Ma la verità non ha niente a che vedere con questa utilità. In effetti ognuno sa che i socialdemocratici hanno seguito alla III Duma una tattica affatto diversa da quella dell’opposizione bor- ghese in generale c dell’opposizione cadetta (liberale) in particolare. Se il signor Miliukov avesse tentato di porre davanti al lettore deter- minate questioni concrete di politica, si può giurare che non ne avrebbe trovata nessuna sulla quale i socialdemocratici non abbiano seguito una tattica diversa in linea di principio. Assunto il tema dei partiti politici alla III Duma, il signor Miliukov ha travisato l’aspetto più importante e di fondo: i tre gruppi di partiti politici fondamentali — partiti di governo (da Purisckevic a Guckov), partiti del liberalismo (cadetti, nazionalisti e progressisti), partiti democratici (trudoviki [de- mocrazia borghese] e democrazia operaia) — hanno seguito tre tattiche diverse. Le prime due generalizzazioni sono chiare per il signor Miliu- kov; egli vede benissimo la sostanza che apparenta, da una parte, Purisckevic e Guckov e, dalPaltra, tutti i liberali. Ma la differenza tra questi ultimi e i democratici egli non la vede perché non vuol vederla. 1 PARTITI POLITICI NEI CINQUE ANNI DELLA 111 DUMA 471 II Lo stesso si ripete per la questione della base di classe dei vari partiti. Guardando a destra il signor Miliukov vede e mette in luce questa base, guardando a sinistra diventa improvvisamente cieco. « Già la stessa legge del 3 giugno — egli scrive — è stata dettata dalla nobiltà unificata. L’ala destra della maggioranza della Duma si è ap- punto assunta la difesa degli interessi dei nobili, L’ala sinistra di questa maggioranza vi ha aggiunto la difesa degli interessi della grande bor- ghesia urbana ». Non è forse istruttivo tutto questo? Quando il ca- detto guarda a destra, fissa con forza i limiti delle « contraddizioni di classe»: qui i nobili, qui i grossi borghesi. Non appena lo sguardo del liberale si volge a sinistra, immediatamente le parole « contrad- dizioni di classe » vengono poste tra virgolette. Le differenze di classe spariscono: i liberali rappresentano sia i contadini, sia gli operai, sia la democrazia urbana come « opposizione democratica » in generale! No, signori, questa non è storia scientifica, non è politica seria, ma politicantismo e pubblicità. I liberali non rappresentano né i contadini, né gli operai, ma soltanto una parte della borghesia: urbana, terriera, ecc. I fatti della storia della III Duma sono cosi universalmente noti che neanche il signor Miliukov può negare i frequenti voti in comune di ottobristi e liberali: non solo contro (contro il governo), ma anche per determinati provvedimenti positivi. Questi fatti, di conserva con la storia generale delkottobrismo e del cadettismo (fusi nel 1904-1905, fino al 17 ottobre), dimostrano , per chiunque tenga in qualche modo conto della realtà storica, che ottobristi e cadetti sono le due ali di una sola classe , le due ali del centro borghese, oscillante tra il go- verno e i grandi proprietari fondiari, da una parte, e la democrazia (operai e contadini), dall’altra. Questa conclusione fondamentale che si desume dalla storia dei « partiti politici alla III Duma » il signor Miliukov non la vede unicamente perché non gli torna utile vederla. La III Duma ha ribadito , da un nuovo Iato, in una situazione nuova, quella divisione fondamentale delle forze e dei partiti politici russi che, profilatasi a cominciare dalla metà del secolo XIX, si andò sempre piu definendo negli anni 1861-1904, affiorò e si consolidò sull’arena aperta della lotta delle masse dal 1905 al 1907, restando 472 LENIN tale e quale anche dal 1908 al 1912. Perché questa divisione resta a, tutt’oggi valida? Perché non sono ancora stati risolti i problemi ogget- tivi dello sviluppo storico della Russia che costituiscono il contenuto delle riforme e dei rivolgimenti democratici dovunque e in ogni tempo, dalla Francia del 1789 alla Cina del 1911. Su questo terreno sono inevitabili tanto l’accanita resistenza della « burocrazia » e dei grandi proprietari fondiari quanto le oscillazioni del- la borghesia, per la quale le riforme sono necessarie, ma che teme ven- gano utilizzate dalla democrazia in generale e dagli operai in parti- colare. Questo timore s’è manifestato con particolare chiarezza — nel campo della politica alla Duma — tra i cadetti della I e della II Duma e tra gli ottobristi della III, cioè proprio quando questi par- titi hanno costituito la maggioranza « dirigente ». I cadetti lottano contro gli ottobristi mantenendosi sulla stessa posizione di princi- pio di questi ultimi; essi sono piu in concorrenza che in lotta con loro e con loro dividono un posticino al potere accanto ai grandi pro- prietari fondiari: di qui queirapparente asprezza del conflitto tra i detentori del potere e i cadetti, quali piu prossimi concorrenti. Ignorando la differenza tra democrazia e liberalismo, il signor Miliukov esamina, con straordinaria abbondanza di particolari, di det- tagli, con piacere, si può dire, gli spostamenti verificatisi tra i grandi proprietari fondiari: destra, destra moderata, nazionalisti in generale, nazionalisti indipendenti, ottobristi. di destra, semplicemente ottobristi, ottobristi di sinistra. Le divisioni e spostamenti che avvengono in que- sti limiti non hanno la piu piccola seria importanza: essi sono tutt’al piu legati alla sostituzione di un qualche Tverdoonto con un qualche Ugrium-Burceiev 114 nell’amministrazione, a un mutamento di persone, alla vittoria di determinati circoli o consorterie. Tutto ciò che in qualche modo conta nella linea politica resta qui assolutamente immutato. « Saranno in lotta [nelle elezioni per la IV Duma] due cam- pi », ripete il signor Miliukov, come non si stanca di ripetere la stampa cadetta. Non è vero, egregi signori. Sono e saranno in lotta tre campi principali: quello governativo, quello liberale e la democrazia operaia, come centro di attrazione di tutta la democrazia in generale. La divi- sione in due campi è un tranello della politica liberale, che talvolta, purtroppo, sconcerta qualcuno dei fautori della classe operaia. Solo I PARTITI POLITICI NEI CINQUE ANNI DELLA III DUMA 473 comprendendo Pineluttabilità della divisione in tre campi fondamentali la classe operaia può fare una politica operaia sua — e non una poli- tica operaia liberale — , sfruttando i conflitti tra il primo e il secondo campo, ma senza lasciarsi un solo istante ingannare dalla fraseologia pseudodemocratica dei liberali. E non solo senza lasciarsi ingannare, ma non lasciando ingannare nemmeno i contadini, principale sostegno della democrazìa borghese: questi i compiti degli operai. Questa inoltre la conclusione che si deve trarre dalla storia dei partiti politici alla III Duma. Zviezdà , n. 14 (30), 4 marzo 1912. Firmato: K.T. RAPPORTO ALL’UFFICIO INTERNAZIONALE SOCIALISTA SULLA CONFERENZA DEL POSDR 315 Questi ultimi anni sono stati per il POSDR anni di esitazioni e di disorganizzazione. Nel corso di tre anni il partito non ha potuto convocare né una conferenza, né un congresso, e negli ultimi due anni il GC non ha potuto svolgere nessuna attività. Il partito, è vero, ha continuato ad esistere, ma sotto forma di gruppi singoli in tutte le città piu o meno importanti, gruppi che, mancando il Comitato cen- trale, hanno vissuto ciascuno una propria vita piuttosto isolata. Recentemente, sotto l’influenza di un nuovo risveglio del prole- tariato russo, il partito ha cominciato nuovamente a rafforzarsi, e in questi ultimissimi tempi abbiamo avuto finalmente la possibilità di convocare una conferenza (ciò che dal 1908 non era stato piu possi- bile fare) alla quale erano rappresentate le organizzazioni delle due capitali, del Nord-Ovest e del Sud, del Caucaso e della zona industriale centrale. In complesso venti organizzazioni, cioè quasi tutte le orga- nizzazioni, sia mensceviche che bolsceviche, esistenti attualmente in Russia, si erano strettamente collegate alla commissione di organizza- zione che ha convocato questa conferenza. Nel corso delle sue ventitré sedute la conferenza, che si è attri- buita i diritti e i doveri di supremo organo del partito, ha discusso tutte le questioni all’ordine del giorno, tra cui una serie di questio- ni straordinariamente importanti. Cosi essa ha fornito una valutazione profonda e molto completa dell’attuale situazione politica e della po- litica del partito, valutazione in piena corrispondenza con le risoluzioni della conferenza del 1908 e con le decisioni della sessione plenaria del x 50 5 sopravvento ora le correnti liquidatrici, ora quelle antiliquidatrici. In quanto ai polacchi, nel 1903 si schierarono a fianco dei menscevichi, nel 1905 a fianco dei bolscevichi e nel 1912 hanno fatto, senza riu- scirvi, un tentativo di « conciliazione » coi liquidatori. L’autore si sforza di dissimulare pudicamente quest’ultimo insuc- cesso con la frase seguente: « All’inizio ha preso parte a questa con- ferenza anche un rappresentante della socialdemocrazia di Polonia e Lituania ». Ma perché solo all' inizia? Basterà leggere il comunicato ufficiale del Bund su questa conferenza per trovare la spiegazione di questa pudica reticenza. Proprio qui sta scritto nero su bianco: il rap- presentante dei polacchi ha abbandonato la conferenza e presentato una dichiarazione scritta sul perché era divenuto per lui impossibile colla- borare con la conferenza: in essa s erano manifestati lo spirito della parzialità e una deviazione verso i liquidatori. Certo, accumulare frasi vuote, che non dicono nulla, sull’« unità » (coi liquidatori?), come ama fare l’autore, è notevolmente più facile che studiare la vera natura della tendenza dei liquidatori, il loro rifiuto di contribuire alla ricostituzione del partito, il loro lavoro volto a de- molire il CC del partito. Ed è ancor più facile pronunciare frasi vuote se viene inoltre taciuto un fatto come il rifiuto del rappresentante dei polacchi di lavorare in comune, non con i bolscevichi o i leninisti, Dio ci scampi!, ma con i bundisti e i lettoni, perché tale lavoro sarebbe stato infruttuoso. Ma qual è propriamente l'origine del Iiquidatorismo e perché la conferenza del 1912 è stata costretta a dichiararsi organo supremo del partito e a espellere i liquidatori? Là controrivoluzione in Russia aveva portato una forte disgrega- zione nelle file del nostro partito. Sul proletariato si erano scatenate le più inaudite e feroci repressioni. Nelle file della borghesia l’aposta- sia aveva assunto le più vaste proporzioni, I compagni di strada bor- ghesi, che naturalmente s’erano schierati a fianco del proletariato in quanto egemone della rivoluzione borghese nel 1905, avevano comin- ciato a voltare le spalle al partito socialdemocratico. Questa rottura è avvenuta seguendo due direzioni: quella del Iiquidatorismo e quella AzVi'otzovismo. Il nucleo del primo era formato dalla maggioranza dei pubblicisti menscevichi (Potresov, Levitski, Larin, Martov, Dan, Martynov e altri). Essi dichiaravano il partito illegale ormai liquidato 506 LENIN e ogni tentativo di ricostituirle un’utopia reazionaria. Loro parola d’or- dine era quella di un partito operaio legale. Va da sé che, date le condizioni politiche esistenti in Russia, dove persino il partito dei liberali — il partito cadetto — non è stato legalizzato, la costituzione di un partito operaio socialdemocratico legale doveva restare un sem- plice pio desiderio. I liquidatori ripudiavano il partito illegale, ma senza adempiere l’impegno di fondarne uno legale. E alla fin fine tutto si ridusse al fatto che negli organi di stampa legale ci si faceva beffe della « clandestinità », la si seppelliva, alPunisono coi liberali, e si celebravano le idee di una politica operaia liberale. Non aveva forse Plekhanov perfettamente ragione di confrontare la liquidatrice N ascia Zarìà coi Sozialistische Monatshefte tedeschi? Il menscevico Plekhanov (dei bolscevichi, s’intende, non è neanche il caso di parlare) dichiarava al liquidatorismo una lotta spietata, si rifiutava di collaborare a tutti i loro organi di stampa e rompeva con Martov e Axelrod. « Un uomo per il quale il nostro partito non esiste — scriveva Plekhanov sull’or- gano centrale del partito a proposito di Potresov — a sua volta non esiste per il partito ». Già nel dicembre 1908 la conferenza del par- tito condannò recisamente il liquidatorismo, che essa caratterizzò come « tentativi ad opera di una certa parte degli intellettuali del partito di liquidare lorganizzazione esistente del POSDR e di sostituirla [no- tate bene questo! J con un’unione amorfa nel quadro di una legalità ad ogni costo ». Va da sé che la necessità di utilizzare tutte le possi- bilità legali non solo non viene ripudiata dal POSDR, ma viene, al contrario, propugnata nel modo piu risoluto. Tuttavia un partito legale, palese in Russia è impossibile, e solo degli intellettuali opportunisti possono parlare di qualcosa di simile. Il tipo della nostra organizza- zione di partito può essere paragonato — solo in modo approssimativo, naturalmente — con l’organizzazione tedesca durante le leggi eccezio- nali contro i socialisti: gruppo parlamentare legale, ogni sorta di asso- ciazioni operaie legali, come condizione necessaria, e tuttavia organiz * zazione illegale del partito come base. Gli « otzovisti » volevano richiamare il gruppo socialdemocratico dalla III Duma, avanzando come parola d’ordine il boicottaggio di quest’ultima. A fianco degli otzovisti si schierava una parte dei bol- scevichi, alla quale Lenin e altri dichiaravano una guerra spietata. Gli otzovisti e i loro difensori costituivano il gruppo Vperiod , i cui pub- L’ANONIMO DEL « VORWARTS » 507 blicisti (Maximov, Lunaciarski, Bogdanov, Alexinski) predicavano le più varie forme di filosofia idealistica — sotto il nome altisonante di « filosofia proletaria » — c l’unione della religione col socialismo. L’influenza di questo gruppo è stata sempre molto insignificante, e esso ha stentato la sua misera esistenza solo grazie all’accordo con ogni sorta di gruppi esteri staccati dalla Russia e impotenti. Gruppi di questo genere, inevitabili in ogni scissione, oscillano ora da una parte, ora dall’altra, si abbandonano a ogni sorta di politicantismo, ma non rappresentano nessuna tendenza e la loro attività si manifesta innanzi tutto nei piccoli intrighi: a questi gruppi appartiene anche la Pravda di Trotski. Per ogni marxista è naturalmente chiaro che sia il liquidatorismo che l'otzovismo sono correnti piccolo-borghesi che attirano a sé i com- pagni di strada borghesi del partito socialdemocratico. La « pace » o « conciliazione » con queste correnti era esclusa in partenza. Il partito socialdemocratico doveva o andare in rovina esso stesso, o liberarsi completamente da queste correnti. Che questa conclusione teorica era giusta fu dimostrato dall’espe- rienza del tentativo di conciliazione del gennaio 1910, quando l’ultima sessione plenaria del CC proclamò unanimemente } con l'adesione dei li- quidatori e degli otzovisti , la tesi che sia luna che l’altra corrente non erano socialdemocratiche. La cosa non andò al di là dei pii desideri: tanto i liquidatori quanto gli otzovisti, è vero, «sottoscrissero» la relativa risoluzione, ma continuarono con tutte le forze a svolgere la loro propaganda antipartito e conservarono la loro organizzazione a sé. Nel corso di tutto il 1910 si osservò un inasprimento sempre cre- scente della lotta contro ambedue le correnti. Le parole di Plekhanov, citate più sopra, risalgono al maggio 1910, e nel maggio Lenin, a nome di tutti i bolscevichi, dichiarò che, dopo tutte le violazioni della riso- luzione di gennaio commesse dai liquidatori, non era neanche il caso di parlare di una conciliazione con questi ultimi ,2 \ Il tentativo di ricostituire il CC in Russia andava fallito per il rifiuto dei liquidatori di cooperare. Come ultimo mezzo per salvare P« unità » non restava altro che la convocazione del CC aH’estero. Questo tentativo veniva fatto nel maggio 1911. Dei quindici membri del CC nove si trovavano all’estero; alla seduta se ne presentarono otto... y e i due liquidatori — il sostenitore del Golos Igorev e il bun- 508 LENIN dista (Ber) — se ne allontanarono immediatamente e demolirono cosi definitivamente il CC del partito. Il rifiuto dei liquidatori di partecipare al CC equivalevi a una loro completa rottura e allo sfacelo del CC. AlFestero restava allora un altro organismo centrale: il cosiddetto Ufficio estero del CC. I bol- scevichi ne erano usciti quando il Comitato centrale si era disgregato. In esso restavano i polacchi, i lettoni, i bundisti e i sostenitori del Golos ( = liquidatori esteri), cioè — come può accertarsene il lettore che conosca ['articolo del Vorwàrts — gli stessi elementi costitutivi della famigerata conferenza del Bund, poiché il Comitato regionale transcaucasico aveva ceduto i propri mandati a quelli del Golos già nel 1908. Ma vediamo ora un pochino che cosa hanno fatto queste « piu vecchie e piu forti organizzazioni russe », come dice la novissima scoperta del nostro anonimo. Esse si sono dimostrate incapaci di uni - ficarsi e hanno addirittura sciolto ^Ufficio estero'. Già nell’autunno del 1911 questo Ufficio pubblicava la dichiarazione di autoscioglimento e Plekhanov gli dedicava nel suo Dnievnik le seguenti righe d’addio: «Memoria imperitura! Questo organismo del partito, che era dive- nuto uno strumento nelle mani di signori che si sforzavano di liqui- dare il partito e che perciò minacciava di danneggiare gravemente la causa della socialdemocrazia russa, poteva rendere al proletariato rivoluzionario solo un servizio: morire in tempo ». ( Dnievnik SotsìaU Demokrata, 2° Supplemento al n. 15, p. 1). Questa valutazione data da Plekhanov, del quale non si può assolutamente dire che sia un so- stenitore della conferenza, rivela a sufficienza quanto sia ridicola l’ipo- crisia dì chi grida nll’« usurpazione » e ad altre cose del genere! Restava ancora aperta una sola via per realizzare l’unità del par- tito: la convocazione di una conferenza delle organizzazioni russe. Le organizzazioni nazionali (polacchi, lettoni, bundisti), dato il loro com- pleto distacco dal lavoro russo, non potevano fare assolutamente nulla per questa conferenza. Il 26 novembre 1910 era apparso un appello di Trotski per la convocazione di una conferenza. Lo avevano appoggiato (a parole) i « vperiodisti » e i sostenitori del Golos ( = liquidatori esteri). Ma, com’era da prevedersi, data l’impotenza di questi gruppi, tutti i loro sforzi non approdarono a nulla. Nel giugno 1911 apparve un appello dei bolsceviche dei «conci- L'ANONIMO DEL « VORWARTS » .509 liatori » (detti anche « bolscevichi partitisi ») e dei polacchi. Il lavoro cominciò con l’invito a una delle piu forti organizzazioni di allora: quella di Kiev. Nell’ottobre 1911 nasceva la «commissione di orga- nizzazione russa [cioè operante in Russia, creata dalle organizzazioni russe] per la convocazione di una conferenza ». Questa commissione era opera delle organizzazioni di Kiev, Iekaterinoslav, Tiflis, Baku e Iekaterinburg, alle quali si affiancarono ben presto altre venti organiz- zazioni. L’adesione dei rappresentanti delle organizzazioni russe rivelò subito una decisa prevalenza dei bolscevichi {i cosiddetti « leninisti ») e dei menscevichi partitisi. Inde ira dei gruppetti esteri, che erano stati « sconfessati » essendo risultati privi di fautori in Russia. Nel gennaio 1912 la commissione di organizzazione russa riuniva finalmente la conferenza, alla quale erano state invitate tutte senza eccezione le organizzazioni russe. Non si sono presentati né i liquida- tori, né i « nazionali » (polacchi, lettoni, Bund) e tutti i gruppetti esteri esitanti. La conferenza, essendosi convinta che le organizzazioni russe erano rappresentate con la massima completezza consentita in condi- zioni di una gravità senza precedenti nella situazione del partito; avendo constatato che senza un’istanza centrale in Russia il partito sarebbe an- dato in rovina, mentre all’estero si sarebbe accentuato sempre piu lo sfacelo e che le imminenti elezioni per la IV Duma esigevano un’imme- diata ricostituzione del partito, dovette proclamarsi organo supremo del partito ed eleggere il CC, dichiarando i liquidatori fuori del partito. Questo il corso e l’esito di una lotta di molti anni. Riusciranno i liquidatori a costituire un partito « legale >>, oppure imbastiranno un partito fittizio sulla base di un qualche marcio compromesso? La rispo- sta ce la darà il futuro. Esistono dati palesi, suscettibili di verifica, sulla forza dei liqui- datori e dei partitisti, fautori della conferenza, nella stessa Russia? Sì. In Russia esistono due — e soltanto due — organi di stampa politici per tutto il paese ai quali collaborano pubblicisti marxisti e i membri del gruppo alla Duma. Questi organi di stampa rappresentano delle « correnti », ma non come le rappresentano i fogli esteri; rigurgitanti di ingiurie, bensì con un’attività pubblicistica palese, seria nel corso di parecchi anni. Naturalménte essi non sono organi del partito; essi sono strettamente legali e si tengono entro i limiti fissati dal regime vigente in Russia. Tuttavia tutte le sfumature di una qualche importanza 510 LENIN del pensiero teorico della socialdemocrazia trovano in essi un’espressione in tutto e per tutto assolutamente giusta. Oltre le due « correnti » — liquidatorismo e antiliquidatorismo (fautori della conferenza) • — nessun’altra è rappresentata, poiché non esiste assolutamente nessun’ala tra « corrente » più o meno seria. Tutti questi gruppi — come quello della Pravda , del V period , dei « bolscevichi partitisti » (o « concilia- tori », animati di spirito conciliatore), ecc. — sono uguali a zero. Le concezioni dei liquidatori trovano espressione in Russia in una pub- blicazione mensile; la Nascia Zarià (esiste dal 1910), e in un settima- nale: il Givoie Dielo (l’ultimo numero è il n. 8). Le concezioni dei partitisti (bolscevichi e menscevichi partitisti) trovano espressione nel mensile Prosvestcenie (esiste dal 1911: prima c’era la Mysl) e nel giornale Zviezdà (l’ultimo numero è il n. 53). Non c’è nulla di più sbagliato, dell’idea che i partitisti socialdemocratici respingano il lavoro « legale »: al contrario, anche in questo campo essi sono più forti dei liquidatori. L’unica organizzazione per tutta la Russia, palese e in- discussa, di socialdemocratici legali è il gruppo socialdemocratico alla Duma. Esso è strettamente legale e non ha nessun rapporto diretto col partito. Ma tutti i suoi membri sono noti ed è noto altresì quale tendenza rappresenti ciascuno di essi. Nel liquidatore Givoie Dielo figurano come collaboratori perma- nenti due membri del gruppo alla Duma: Astrakhantsev e Kuznetsov *. Nell’antiliquidatrice Zviezdà troviamo otto membri della Duma: Vo- ronin, Voiloscnikov, legorov, Zakharov, Pokrovski, Predkaln, Poletaiev e Surkov. Due deputati alla Duma, Ckheidze e Ghegheckori, non colla- borano né all’uno, né all’altra. Uno (Sciurkanov) è collaboratore di en- trambi gli organi di stampa. Il rapporto è di due a otto! Questi sono dati veramente indi- scutìbili, suscettibili di verifica, palesi, che consentono di farsi un’idea del rapporto di forze tra liquidatori e antiliquidatori. In queste con- dizioni non mette conto spendere parole a proposito deH’affermazione millantatrice dell’anonimo autore secondo cui la schiacciante maggio- ranza sarebbe per i liquidatori, ecc. Queste frasi à la Tartarino di Tara- * Fino a poco tempo fa ce n’era anche un terzo: Belousov. Ora questo liquidatore estremista — il Bissolati russo — è uscito dal gruppo socialdemocratico. Quest’ulrimo mette pubblicamente in guardia tutti gli elettori ed esige le sue di- missioni dalla Duma. Piccolo esempio di dove possa talvolta portare il liquida- torismo coerente! L’ANONIMO DEL « VORWARTS » 511 scona ricordano troppo bene Trotski * perché se ne possa discutere seriamente. La lotta in seno al POSDR assume talora forme molto esaspe- rate. Non può essere diversamente nelle condizioni deiremigrazione; non è avvenuto diversamente in nessun altro paese condannato alla controrivoluzione e all’emigrazione. « Condannare » queste forme di lotta con frasi altisonanti, elu- derle, accontentarsi di ragionamenti melliflui e filistei sulP« utilità del- Punità » non è che un indice di leggerezza. Chi intenda studiare seria- mente la storia del POSDR nei duri anni 1908-1911 ha a propria disposizione una gran numero di pubblicazioni illegali e un numero ancora maggiore di pubblicazioni legali. Esse contengono materiali quanto mai istruttivi sul carattere delle correnti, sulPimportanza di principio delle divergenze, sulle radici della lotta, sulle circostanze e condizioni del suo sviluppo, ecc. Nessun partito socialdemocratico al mondo si è formato — spe- cialmente nell’epoca delle rivoluzioni borghesi — senza una lotta aspra e una serie di scissioni dai compagni di strada borghesi del proleta- riato. Nel corso di un’aspra lotta contro tali compagni di strada si costituisce, a cominciare dal 1898, si sviluppa, si rafforza e si tempra, nonostante tutti gli ostacoli, esattamente nello stesso modo anche il Partito operaio socialdemocratico russo. * Durante il Congresso di Copenaghen Trotski pubblicò sul Vorwàrts un articolo anonimo pieno di attacchi cosi vergognosi contro il POSDR che non solo Lenin, ma anche Plekhanov e Warski, membri della delegazione russa, furono costretti a inviare alla Direzione una protesta scritta. LETTERA A HUYSMANS, SEGRETARIO DELL'UFFICIO INTERNAZIONALE SOCIALISTA 117 Caro compagno, circa la risoluzione approvata da alcuni gruppi esteri e dai mem- bri della redazione di due giornali, pure esteri, che dicono di appar- tenere al POSDR, io, rappresentante del CC del POSDR, dichiaro quanto segue: 1. Mentre nel corso di alcuni anni non si era riusciti né a con- vocare una conferenza delle organizzazioni russe, né a costituire o ricostituire un CC che potesse unificare queste organizzazioni, la con- ferenza del partito testé conclusasi ha saputo unificare ventitré orga- nizzazioni del partito che lavorano in Russia. Tutte le relazioni su questa conferenza, già ascoltate dalla mag- gioranza delle organizzazioni russe di partito, hanno avuto dovunque un caloroso consenso, e tutte queste organizzazioni hanno dichiarato che appoggeranno il Comitato centrale eletto dalla conferenza, mentre nel numero della Rahociaia Qazìela (organo del CC del partito) del 30 marzo 1912 abbiamo già potuto pubblicare una serie di risoluzioni approvate da organizzazioni di Pietroburgo (rione Isola Vasilievski), Mosca, Kiev, Samara, Nikolaiev, risoluzioni che esprimono un caloroso consenso alla conferenza e promettono appoggio ad essa e al Comitato centrale. (Dopo l'uscita di quel numero abbiamo ricevuto un’altra risoluzione analoga da Tiflis). Non possiamo pertanto attribuire la minima importanza alle proteste di piccoli gruppi esteri che non si appoggiano a nessuna organizzazione in Russia. 2. Questa conferenza dei membri del partito che lavorano in Russia, la quale ha suscitato la protesta di tutti questi piccoli gruppi esteri, si è specialmente occupata deU’ attività disorganizzativa dei grup- LETTERA A HUYSMÀNS 513 pi esteri e delio scompiglio che spesso questi gruppi hanno portato nel lavoro di partito in Russia. Questi gruppi, che non sono legati a nes- suna organizzazione in Russia, approfittando di non dover rispondere assolutamente davanti a nessuno, si permettono di parlare a nome del partito. Questa malattia, che già da tempo corrode il nostro partito, è la conseguenza del regime politico della Russia, che da una parte condanna il nostro partito a un’esistenza clandestina e dall’altra co- stringe gran numero di militanti del partito a emigrare e a restare all’estero. La conferenza ha severamente condannato l’attività disorganizza- trice di questi gruppi, che vivono tutti all’estero e non rivestono asso- lutamente nessuna responsabilità. Per il partito non sono perciò inat- tesi tutti gli attacchi mediante i quali questi gruppi cercano di scredi- tare la conferenza che ha condannato la loro condotta. 3. Tra coloro che hanno firmato la risoluzione troviamo il gruppo del Golos Sotsial-Demokrata, Questa firma ci dice moltissimo e ci spiega il vero significato di tutta questa campagna ostile sollevata con- tro la conferenza dalla stampa liquidatrice e borghese in Russia e per- sino da certi organi della stampa estera. Il fatto è che, nella risoluzione che fa il bilancio della lotta delle varie correnti nel nostro partito negli ultimi quattro anni, la conferenza si è espressa in special modo contro la corrente rappresen- tata dal Golos SotsiaUDemokrata. Per far luce su questa questione nella maniera piu completa ritengo utile riportare qui questa riso- luzione. Eccola: « Considerando « 1) che il POSDR conduce già da circa quattro anni una lotta risoluta contro la corrente liquidatrice, che alla conferenza del partito del dicembre 1908 venne definita come « "tentativi di una certa parte degli intellettuali del partito di liquidare l’organizzazione esistente del POSDR e di sostituirla con una unione amorfa nel quadro di una legalità ad ogni costo, anche se quest’ultima dovesse essere pagata al prezzo di un’aperta rinuncia al programma, alla tattica e alle tradizioni del partito”; «2) che la sessione plenaria del CC del gennaio 1910, conti- nuando la lotta contro questa corrente, l’ha unanimemente definita una 514 LENIN manifestazione dell’influenza della borghesia sul proletariato e ha posto come condizione dell’effettiva unità del partito e della fusione delle vecchie frazioni dei bolscevichi e dei menscevichi la completa rottura col liquidatorismo e il definitivo superamento di questa deviazione borghese dal socialismo; « 3) che, nonostante tutte le decisioni del partito e malgrado l’im- pegno assunto dai rappresentanti di tutte le frazioni alla sessione ple- naria del 1910, una parte dei socialdemocratici, che si raggruppa attor- no alle riviste N ascia Zarià e Dielo Gixni , si è schierata apertamente in difesa di una corrente riconosciuta da tutto il partito come un pro- dotto deH’influenza borghese sul proletariato; « 4) che M-l, Iuri e Roman, ex membri del CC, non solo si sono rifiutati di entrare nel CC nella primavera del 1910, ma si sono per- sino rifiutati di intervenire sia pur a una sola riunione per la coopta- zione di nuovi membri ed hanno apertamente dichiarato di considerare “dannosa” la stessa esistenza del CC del partito; « 5) che le summenzionate principali pubblicazioni dei liquida- tori, la Nascici Zarià e il Dielo Gixni , proprio dopo la sessione plenaria del 1910 si sono voltate decisamente e su tutta la linea verso il liqui- datorismo, non solo “sminuendo” (nonostante le decisioni della sessione plenaria) “l’importanza del partito illegale”, ma negandolo apertamente, dichiarando il partito un “cadavere**, dichiarando il partito già liquidato, dichiarando un* “utopia reazionaria” la ricostituzione del partito illegale, coprendo il partito illegale di calunnie e di ingiurie dalle colonne di riviste legali, invitando gli operai a considerare “già morte", le cellule del partito e la sua gerarchia, ecc.; « 6) che, mentre in tutta la Russia i partitisti, senza distinzione di frazioni, si sono uniti neir opera urgente della convocazione di una conferenza del partito, i liquidatori, separatisi in gruppetti assoluta- mente autonomi, nelle località periferiche si sono scissi, persino là dove hanno la prevalenza i menscevichi partitisti (Iekaterinoslav, Kiev), e hanno rinunciato definitivamente a ogni legame di partito con le orga- nizzazioni locali del POSDR, « la conferenza dichiara che, con la sua condotta, il gruppo della Nascici Zarià e del Dielo Gixni si è posto definitivamente fuori dei- partito. LETTERA A HUYSMANS 515 « La conferenza invita tutti i partitisti, senza distinzione di cor- renti e di sfumature, a Iettare contro il liquidatorismo, a spiegare tutto il danno che esso arreca alla causa dell'emancipazione della classe ope- raia e a fare ogni sforzo per ricostituire e consolidare il POSDR illegale ». 4. Dopo tutto questo è perfettamente chiaro che qui non si tratta affatto di «usurpazione», di «scissione», ecc. e che non è assoluta- mente questa la causa dell’irritazione dei liquidatori. La conferenza del POSDR si è espressa contro una corrente che di fatto aveva già da tempo rotto completamente con ogni lavoro di partito, che con tutte le forze si opponeva alla ricostituzione del CC e aveva trasformato l'ultimo organismo di partito che ancora restava (l’Ufficio estero del CC) in « uno strumento nelle mani di signori che si sforzavano di liquidare il partito » (parole del compagno Plekhanov, che non è un fautore della conferenza). 5. In quanto alle organizzazioni nazionali, devo constatare che il POSDR esistette come POSDR fino al 1906 (o, piu esattamente, fino al 1907), cioè fino a quando le organizzazioni nazionali facevano parte del nostro partito (il Bund usci dal partito nel 1903 e vi rientrò anch'esso nel 1907). Data l'assenza alla conferenza di queste organiz- zazioni, la conferenza stessa ha dato mandato al CC di intavolare con loro trattative per il ripristino di normali rapporti. Scritta nella seconda metà del marzo 1912. Pubblicata il 12 aprile ”1912, nella circolare n. 7 dell’Ufficio internazionale socialista. Firmato: N. Lenin, IL BLOCCO DEI CADETTI COI PROGRESSISTI E IL SUO SIGNIFICATO Già alcuni giorni fa i giornali hanno dato notizia di un convegno, tenutosi a Mosca il 18 marzo, tra i « progressisti senza partito » da una parte, e i cadetti dall’altra. Un editoriale ufficioso dell’ufficiosa Riec (del 21 marzo) confer- ma il fatto del convegno e ne dà una valutazione. In questa valuta- zione, a volerle dedicare un minimo di attenzione, è agevole distinguere il fondo della cosa, zelantemente dissimulato dalla patina superficiale che serve a mantenere le apparenze. E il fondo è che tanto i progressisti quanto i cadetti, pur essendo gruppi di opposizione, « appartengono a quel settore dell’opposizione che viene caratterizzato col nome di “responsabile” ». Cosi la Riec. I cadetti non possono dunque non riconoscere che in seno all’opposi- zione esistono due « settori *: uno che merita il nome di « responsa- bile » e uno che questo nome non merita. Questo riconoscimento dei cadetti ci porta d’un tratto al punto centrale della questione. Parlando di opposizione « responsabile » — caratterizzata ancora piu spesso e ancor meglio dalle celebri parole d’ordine « londinesi » di Miliukov sull’opposizione seguita dal genitivo — , i cadetti distin- guono se stessi e i gruppi loro simili dalla democrazia, cioè dai tru- cio viki e dagli operai. In effetti per opposizione « responsabile » si intende il centro borghese monarchico-liberale, che si trova a metà strada tra la democrazia, da una parte, e l’assolutismo assieme alla proprietà fondiaria feudale, dall’altra. Questo centro monarchico-liberale borghese, che teme ancor piu la democrazia coerente della cosiddetta « reazione » è apparso già da gran tempo sull’arena politica russa. Esso ha già vissuto una storia cosi lunga ed istruttiva che ingannarsi IL BLOCCO DEI CADETTI COI PROGRESSISTI 517 sulla sua vera natura — e ancor più tacere o scusarsi con l’ignoranza — sarebbe assolutamente inammissibile. Questo centro si profilò con tutta chiarezza all’epoca delPaboli- zione della servitù della gleba. Nell'intervallo di quasi mezzo secolo che divide quest’epoca dal 1905 la borghesia monarchico-liberale si sviluppò e divenne un’entità abbastanza definita sia negli zemstvo , sia nella rappresentanza urbana, sia nella scuola, sia sulla stampa. La crisi del vecchio regime nel 1905 e l’azione aperta di tutte le classi in Russia hanno definitivamente precisato e consolidato in partiti il centro borghese monarchico-liberale con la sua ala destra (ottobristi) e sinistra (cadetti). Il distacco di questo centro dalla democrazia è stato il più netto e se compiuto in tutti i Campi della vita sociale, in tutte le « brusche svolte » degli anni 1905*1907, benché non tutti i demo- cratici, e persino non tutti i democratici operai, abbiano compreso la sostanza e il significato di questo distacco. La borghesia russa è legata da migliaia di fili economici sia alla vecchia proprietà fondiaria feudale, sia alla vecchia burocrazia. Inoltre la classe operaia della Russia s’è mostrata sufficientemente autonoma e capace di farsi valere e, ancor più, capace di guidare la democrazia a dispetto del liberalismo. Ecco perché la nostra borghesia è diventata monarchico-liberale e antidemocratica, antipopolare. Ecco perché essa ha più paura della democrazia che della reazione; ecco perché è costan- temente esitante, si destreggia, tradisce la prima a vantaggio della seconda; ecco perché è diventata controrivoluzionaria dopo il 1905 e ha ottenuto un « posticino » nel sistema del 3 giugno. Se gli ottobristi sono divenuti un partito di governo {col permesso e sotto il controllo dei Purisckevic), i cadetti sono divenuti un’opposizione tollerabile. La decisione della conferenza cadetta di ammettere i blocchi con gli ottobristi «di sinistra» (non ridete!) e l’attuale unione «non formale » tra cadetti e « progressisti senza partito » altro non sono che anelli di un’unica lunga catena, tappe successive della concentrazione del centro borghese monarchico-liberale. Ma prima delle elezioni l’opposizione non può non drappeggiarsi in paludamenti « democratici ». Preparandosi a strappar voti non solo al- la grossa e media borghesia, ma anche alla piccola borghesia democra- tica, ai commessi, ecc., il cadetto è costretto a sottolineare che egli è 17 - 2*60 518 LENIN membro del « partito della libertà del popolo », che è un « democratico costituzionale »; non si scherza! Il partito cadetto, pur essendo di fatto il partito del liberalismo monarchico moderato, prima delle elezioni e per le elezioni si traveste con un abito democratico, getta un velo sulla sua intesa con i « progressisti senza partito » e gli ottobristi « di sinistra ». Quindi le numerose smancerie e- astuzie diplomatiche della Riec , le sue magniloquenti dichiarazioni Secondo cui « il partito della libertà del popolo non si conformerà alle circostanze », ecc. ecc. Va da sé che tutto questo è semplicemente ridicolo, Tutta la storia del partito cadetto è un continuo farsi beffe del suo programma, un continuo « confor* marsi » alle circostanze nel peggior senso del termine. « In altre condi- zioni politiche, qualora il partito della libertà del popolo potesse Svi- luppare — scrive la Riec — in un organismo legislativo tutto il pro- prio programma, i cosiddetti “progressisti” sarebbero naturalmente suoi avversari, quali sono appunto stati nei momenti più gravi del recente passato ». Che il periodo della li Duma sia stato un momento molto grave i signori cadetti non vorranno certo contestarlo. Tuttavia non solo i progressisti, ma anche elementi assai più a destra furono allora non avversari, ma alleati dei cadetti contro la democrazia. E in seguito, alla HI Duma, i democratici hanno fatto dichiarazioni che andavano assai più in là di qualsivoglia punto del programma cadetto, per cui il partito dei cadetti « avrebbe potuto » benissimo « sviluppare tutto il suo programma » persino in un « organismo legislativo » come la III Duma! Se non l'ha fatto, la colpa non è in alcun modo delle « condi- zioni politiche » — non dire: non posso; di' piuttosto: non voglio! — ma del completo allontanamento dei cadetti dalla democrazia. I cadetti avrebbero potuto benissimo sviluppare tutto il loro programma, ma il loro allontanamento dalla democrazia, la loro svolta a destra non ha loro permesso di farlo. I ragionamenti delleditorialista della Riec sul blocco coi pro- gressisti sono uno dei molti esempi della facilità con cui i pochi ca- detti « di sinistra » vengono menaci per il naso dai capi di questo par- tito, tipo Miliukov, ecc. I cadetti di sinistra vengono da questi ultimi nutriti di frasi, i Koliubakin vengono tenuti buoni con parole ad IL BLOCCO DEI CADETTI COI PROGRESSISTI 519 effetto sulla « democrazia », mentre di fatto essi svolgono in tutto e per tutto la loro politica in uno spirito antidemocratico, nello spirito dell’intesa e della fusione con i progressisti e gli ottobristi di sinistra. Tra i cadetti la « divisione del lavoro » è esattamente la stessa che tra tutti i parlamentari borghesi dell’Europa occidentale: davanti al popolo parlino pure di « libertà » i Koliubakin e gli altri « cadetti di sinistra », ma in parlamento, nella politica concreta, il partito cadetto va perfetta- mente d’accordo coi liberali più moderati. « Il nuovo gruppo — scrivono i liquidatori a proposito dei pro- gressisti — non fa che consolidare, rafforzare l’amorfismo politico, la confusione politica in cui permane l’elettore borghese e che appunto condiziona tutta V impotenza politica della borghesia russa ». L’impotenza politica della borghesia russa non deriva in alcun modo dalT« amorfismo » deH’« elettore borghese » — così possono pensarla solo gli illusionisti cadetti di sinistra — ma dalle condizioni economiche, che fanno della borghesia una nemica degli operai e una schiava dei Purisckevic, schiava che non va oltre il brontolio e i pii desideri. I parlamentari cadetti di sinistra, partano essi da una teoria idea- listica della politica o dal volgare timore di perdere il voto di un elet- tore radicalizzato e irritato dai Purisckevic, possono lottare contro il partito ufficiale cadetto con argomenti come quello secondo cui è tempo di rinsavire, di rammentarsi del proprio programma, di insor- gere contro Tamorfismo, il filisteismo, la mancanza di principi, ecc., nello spirito delle consuete frasi democratico-borghesi. 1 marxisti lottano contro i cadetti di tutte le tinte partendo da una teoria materialistica della politica, spiegando gli interessi di classe di tutta la borghesia, che la spingono verso un programma monarchico- liberale, verso un’intesa con i progressisti e gli ottobristi <' di sinistra ». La nostra conclusione sarà perciò non di fare appello alla « saggezza » cadetta, alla « memoria » cadetta, ai « principi » cadetti, ma di spiegare al popolo perché il liberalismo diventa controrivoluzionario e rompe con la democrazia. Non esclameremo: ma rinsaviranno una buona volta i cadetti, si rammenteranno del loro programma? Diremo: compren- deranno una buona volta i democratici quanto sia profonda la loro diffe- renza dai liberali controrivoluzionari, dai cadetti? Comprenderanno una. 17* 520 LENIN buona volta coloro i cui interessi economici non sono legati né alla proprietà fondiaria feudale, né ai posticini e agli emolumenti della burocrazia, dell'avvocatura, ecc., che neirinteresse della vera libertà del popolo bisogna marciare con la democrazia operaia contro le destre e contro il partito dei cadetti? Zvtczdà , n. 23 (59), 29 marzo 1912. Firmato: B.K. UNA CATTIVA DIFESA DELLA POLITICA OPERAIA LIBERALE Nel n. 8 del Givoie Dielo Martov risponde al mio articolo sul n. 11 della Zviezdà : L'organo della politica operaia liberale. La que- stione riguarda la linea fondamentale degli operai nella campagna eletto- rale e merita perciò un’attenzione particolare. Ho definito il Givoie Dielo organo di stampa della politica ope- raia liberale , motivando quest’affermazione come segue: 1) La parola d’ordine di Martov e Dan di sloggiare la reazione dalle sue posizioni alla Duma , di strappare la Duma dalle mani della reazione non è una parola d’ordine democratica, ma liberale. La lotta contro la « reazione » in Russia non solo non si limita a strappare la Duma dalle mani della reazione, ma non si concentra nemmeno su quest'azione. 2) Parlando della realizzabilità dello scopo da lui posto, Martov aveva cominciato con l’abbellire la nostra legge elettorale. Egli aveva dichiarato che « in una parte notevole delle assemblèe di governatorato la maggioranza dei grandi elettori dei proprietari fondiari e della prima curia urbana » era assicurata. Io ho ricordato i fatti: questa maggioranza è assicurata in tutte le assemblee di governatorato: in 28 governatorati su 53 la maggioranza (nelle assemblee di governatorato) appartiene ai proprie- tari fondiari da soli t e questi governatorati mandano alla Duma 255 deputati su 440. 3) Parlando di sloggiare la reazione dalle sue posi- zioni alla Duma, Martov aveva dimenticato che non è possibile sposta- re la Duma piu in là di un’opposizione liberale dei grandi proprietari fondiari. La parola d’ordine di Martov e di Dan è quella di strappare il grande proprietario fondiario dalle mani della reazione. 4) Dicendo che gli operai sono interessati al passaggio del potere al « borghese civile », Martov « aveva dimenticato » di menzionare una sola cosa. 17* — 2260 522 LENIN E precisamente che i liberali sono interessati a dividersi il potere coi Purisckevic in modo tale da non fornire « alcun’arma » alla democra- zia! 5) Dicendo che i cadetti, rafforzandosi alla Duma, « si agevolano Decesso al potere », Martov aveva dimenticato l’esperienza del 1905 e del 1906 in Russia, del 1789 e degli anni successivi in Francia, del 1911 in Cina. Quest’esperienza dice: il potere passa al liberale (o più a sinistra) solo allorché vince la democrazia nonostante il libe- rale. 6) Martov riconosce dunque il marxismo solo nella misura in cui è accettabile per qualsiasi liberale colto. Che cosa risponde Martov su questi sei punti? Assolutamente nul- la. Silenzio assoluto. A che prò iniziare una polemica, se avevate deciso di tacere? Martov, eludendo col silenzio tutti i miei argomenti, tenta di « cogliermi in fallo » nella seguente mia frase: ^ « Da noi il compito pratico delle elezioni non è affato quello di “slog- giare la reazione dalle sue posizioni alla Duma”, ma quello di rafforzare la democrazia in generale e la democrazia operaia in particolare. Questo compito verrà talvolta a cozzare col “compito” di aumentare il numero dei liberali: per noi è più importante — ed è più utile per il proletariato « — avere cinque democratici in più* che cinquanta liberali in più». Riportando questa frase, Martov, pieno di gioia (eccolo, sembra dire, il «fautore della reazione»!), esclama: «Invito i lettori a ri- flettere su questa frase ». Appoggio con tutto il cuore questa proposta di riflettere , Martov comincia a riflettere e... riflette sino a un sillogismo co- me questo. Il ballottaggio è ora consentito dalla legge in ogni luogo. Dunque « ci può essere un solo caso » in cui, bocciando cinquanta liberali, possiamo far passare cinque democratici. E questo è il « caso » della vendita dei voti dei democratici ai centoneri in cambio di seggi alla Duma. E Martov esulta e salta di gioia per ben cinquanta righe: l’ho dunque colto, dice, il favoreggiatore dei centoneri; senza dire che, co- * NeH’ariicolo c*è un errore di stampa: forti invece di in piu. A Martov non dovrebbe riuscire difficile notare ebe è assurdo contrappore i democratici « forti » ai liberali « in piu » (cioè in aggiunta). Ma la disputa non verte su di ciò. UNA CATTIVA DIFESA 523 gliendo F.L-ko, ho « ferito » anche W, Frei, che, egli dice, « tende dalla stessa parte ». Martov ritiene davvero molto ingenui i suoi lettori! E come è stato incauto, per un autore che scrive sema pensare , invitare i lettori a rifletterei La mia frase, che è tanto dispiaciuta a Martov, pone, per coloro che sanno riflettere, due questioni; 1} sono effettivamente piu utili per gli operai cinque democratici che cinquanta liberali alla Duma? 2) può presentarsi praticamente il caso in cui questi compiti « vengano a cozzare »? La prima questione è stata completamente elusa dal riflessivo Martov. Molto male. Voi, signori liquidatori, eludete voi stessi la po- litica pur di poterci accusare di avere un debole per l'aritmetica. Cinquanta liberali alla Duma daranno al popolo un mucchio di discorsi pseudodemocratici , coi quali lo corromperanno, e un paio di « riforme » che, in primo luogo, si limiteranno ai lavabi e, in secondo luogo, si impantaneranno nel Consiglio di Stato, e cosi via . Cinque democratici daranno al popolo, dalla tribuna della Duma, la spiegazione di. una serie di verità della democrazia (e agli operai anche di verità del socia- lismo). Che cosa è piu utile per il proletariato? Seconda questione. Ha forse ragione Martov di dire che il compito di far passare cinque democratici (« in piu », cioè in aggiunta a quelli attuali) può venire a cozzare col compito di far passare cinquanta libe- rali solo nel caso da lui indicato? Poiché Martov, dopo l’invito a ri- flettere, ha dichiarato apertamente: « ci può essere un solo caso ». Se Martov ha ragione, allora il lettore deve accusare me, F. L*ko, o di indicare un caso impossibile, o del segreto desiderio di vendere ai centoneri i voti dei democratici in cambio di seggi alla Duma (in confi- denza aggiungerò; del segreto e sciocco desiderio: un Purisckevic che compra i voti degli amici di Petrov 3° e di Voiloscnikov. in cambio dell’elezione di Voiloscnikov alla IV Duma, scrive con straordinaria verosimiglianza il « riflessivo » Martov), Se può esservi un altro caso di conflitto tra i due compiti, allora Martov ha torto. Dunque: è possibile un caso diverso di un simile conflitto? Senza 524 LENIN alcun dubbio : il caso in cui al ballottaggio i democratici, senza accordarsi coi liberali, lottino sia contro le destre che contro i liberali. Ecco tutto *. Il riflessivo Martov, come tutti i liquidatori, è prigioniero dell’idea dei due campi e non nota la lotta di un terzo campo sia contro il primo che contro il secondo! Subito dopo la mia frase che ha tanto indignato Martov io dicevo: « Quindi la seguente conclusione [« quindi »„ carissimo Martov!], che a Martov non piace, benché egli sembri riconoscere che i cadetti sono liberali e non democratici: 1) nelle cinque grandi città sono ammissibili, nei ballottaggi, accordi coi soli democratici contro i liberali; 2) in tutti i ballottaggi e in tutti gli accordi stipulati nella seconda fase ci si deve innanzi tutto accordare coi democratici contro i liberali e solo in seguito coi liberali contro le destre ». Martov ha accennato solo al secondo punto, dichiarando che io mento poiché su di esso Martov è d’accordo (vedremo se sono d’accordo tutti i liquidatori!), mentre sul primo punto egli ha taciuto ! Ancora una volta: o si tace, oppure si polemizza. Ballottaggio nelle cinque città. Linea generale: coi democratici contro i liberali. Gli accordi coi liberali sono vietati (poiché l’esperienza ha dimostrato che nel complesso qui il pericolo centonero non esiste). Siete per o contro tale divieto? Ditelo chiaramente. Proseguiamo. Quale può essere il risultato pratico in questi ballot- tàggi? I voti possono dividersi in parti quasi uguali tra i tre campi. Decide la maggioranza relativa. Prendiamo il caso piu semplice: su 100 voti 33 alla destra, 33 ai liberali, 34 ai democratici. Viene eletto il democratico. Se il socialdemocratico ha un voto in meno e ne ha uno in piu il candidato nero, può riuscire a passare quest’ultimo. Due linee della politica operaia: quella liberale : temi soprattutto che passi il candidato nero e dà l’egemonia, senza combattere, al liberale! Quella marxista : non lasciarti spaventare dalle grida liberali sul peri- colo centonero e affronta arditamente la lotta « triangolare » (secondo * Mi viene in mente un’idea «terribile»: l’articolo di Martov non. sarà per caso interamente costruito su M'ignorcmza del fatto ché, in base alla nostra legge, il ballottaggio rappresenta nuove elezioni, e non la lotta tra due candidati? Bisognerà allora, prima di « lottare contro la reazione » alle elezioni, lottare contro l’ignoranza della legge elettorale! UNA CATTIVA DTFESA 525 l’espressione inglese). Come regola generale, il pericolo nero non ce, e se per eccezione passerà talvolta un candidato nero, in compenso in qualche posto passerà un democraticoL.. Per imparare a nuotare bisogna scendere in acqua. Non ce al mondo una lotta nella quale siano note in anticipo tutte le possibilità di suc- cesso. Se si lasceranno spaventare dalle grida dei liberali sul pericolo centonero, gli operai non impareranno mai a condurre una lotta « trian- golare ». In ogni parte del mondo il campo della reazione e il campo dei liberali si sono raggruppati prima e si sono organizzati (naturalmente favoriti da leggi reazionarie) meglio degli operai. Ovunque nel mondo i liberali ribadiscono agli operai proprio i discorsi che vengono ripetuti da Martov. Ci è rimasto da fare un ultimo passo per mostrare al « riflessivo » Martov quale significato ha la parola « pensare ». Durante i ballottaggi nelle cinque città gli accordi coi liberali sono vietati. Negli altri ballottaggi non sono vietati. Significa forse che ver- ranno conclusi sempre ? Niente affatto, non vi pare? Se non vi sono accordi , i voti non possono forse dividersi, a ogni ballottaggio, in parti quasi uguali tra i tre campi? Senza dubbio, se realmente « si riflette »! Di qui la conclusione. Due linee della politica operaia. Politica operaia liberale; il paese va a sinistra; «perciò »... temete soprattutto il pericolo centonero; parola d’ordine: sloggiare la reazione dalle sue posizioni alla Duma; e dalle posizioni alla Duma possono sloggiarla solo i liberali; perciò non « minacciare » i liberali, non « estor- cere » loro posti — si addice forse a un operaio « civile » l’estorsione ai danni di persone a modo come i liberali? — , cioè scendere a qualsiasi compromesso negli accordi coi liberali, evitando la lotta « triangolare » Politica operaia marxista: il paese va a sinistra; perciò non credete alle chiacchiere liberali sul pericolo centonero; negli accordi coi liberali minacciateli ed estorcete loro posti alla Duma a piu non posso; e perché le vostre minacce siano serie non temete, compagni operai, la lotta « triangolare »; affrontate arditamente tale lotta, smascherando davanti al popolo lo spirito controrivoluzionario dei liberali; certo, non c’è lotta senza possibilità di sconfitta: in qualche luogo passerà il candidato nero, ma in compenso passerà in qualche altro posto un democratico ; meglio che alla Duma vi siano in piu cinque democratici che cinquanta liberali; 526 LENIN come regola generale, i neri non passeranno, poiché i Purisckevic sono troppo ben conosciuti, e i liberali spaventano a bella posta il popolo agitando lo spauracchio del pericolo centonero allo scopo di assicurarsi l’egemonia (benché i Maklakov siano pressoché altrettanto neri) e di stornare da sé il pericolo « di sinistra ». Conclusione. Martov non ha risposto nulla su nessuno dei sei punti sulla politica operaia liberale da me sollevati. La questione del divieto dei blocchi coi liberali nelle cinque città è stata da lui « occultata ». Alle elezioni triangolari nei ballottaggi egli — benché avesse promesso di rifletterci su — non ha pensato. In compenso ha fatto due cose: 1) ha difeso i liberali dalle « minacce » e 2) ha convinto gli amici di Voiloscnikov di cospirazione con Purisckevic per la vendita di voti a quest’ultimo in cambio deirinvio, ad opera sua, dei Voiloscnikov alla IV Duma! Zviezdà, n, 24 (60), 1° aprile 1912. Firmato: F, L-ko, IL BALLOTTAGGIO IN RUSSIA E I COMPITI DELLA CLASSE OPERAIA Diventano sempre più frequenti gli esempi attestanti quanto sia diffuso Terrore circa i ballottaggi secondo la nostra legge elettorale. Nel n. 1-2 della Nascia Zarià Dan scriveva che la nostra tattica nei ballottaggi è identica a quella europea occidentale. Nel n. 8 del Givoie Dielo Martov si richiamava apertamente agli « operai tedeschi » come esempio per i russi della tattica durante i ballottaggi. Recentissimamente Trotski ha scritto sui ballottaggi una apposita nota intimamente per- meata dello stesso errore. L’errore si ripete tanto spesso che involontariamente vien fatto di pensare: non ci sarà in certi circoli la «generale inclinazione» a un errore tecnico dovuto allo scarso desiderio di capire i compiti della democrazia operaia nella lotta contro i cadetti? In Russia, in base alla legge del 3 giugno 1907, non ci sono ballot- taggi di tipo tedesco, non ci sono in generale « ballottaggi » nel senso proprio della parola, ma soltanto elezioni integrative o nuove elezioni. Tra Ì tedeschi nel ballottaggio la votazione avviene solo per i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti alle elezioni primarie. In Germania il ballottaggio decide unicamente quale dei due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti debba essere eletto. Nulla di simile da noi. Nei ballottaggi, secondo la nostra legge, si può presentare qualsiasi numero di candidati e qualsiasi candidato. A rigor di termine, non si tratta di ballottaggio, ma di nuove elezioni o ripetizione delle elezioni. Perciò tutti i richiami allesempio tedesco sono completamente fuori luogo! L’articolo fondamentale della nostra legge sui ballottaggi è Parti* 528 LENIN colo 106 del Regolamento delle elezioni . Esso dice: « Vengono ricono- sciuti come delegati dei congressi preliminari, nonché come grandi elettori dei congressi elettorali, coloro ai quali sia andata piu della metà dei voti dei partecipanti al congresso... ». Qui viene chiaramente espressa la richiesta della maggioranza assoluta alle elezioni primarie. Inoltre nello stesso articolo è detto che, se non viene raggiunta la maggioranza assoluta dei voti, « si effettuano elezioni integrative per i grandi elettori mancanti » (cioè per il numero complessivo, meno gli eletti a maggioranza assoluta). Chi si considera eletto alle « elezioni integrative »? « Si conside- rano eletti — dice la fine dello stesso articolo — coloro che abbiano ottenuto la maggioranza relativa dei voti ». Lo stesso vien detto nella legge del 3 giugno 1907 relativamente ai ballottaggi nelle elezioni dirette , cioè nelle città di Pietroburgo, Mosca, Odessa, Kiev, Riga. Però, invece dell’espressione « maggioranza rela- tiva dei voti », l’art. 140 parla di « maggior numero di voti ». Infine, anche per le elezioni dei membri della Duma da parte delle assemblee elettorali di governatorato si stabiliscono dei ballottaggi — qualora i candidati non abbiano ottenuto « piu della metà dei voti », cioè la mag- gioranza assoluta — nei quali « si considerano eletti coloro che abbiano ottenuto la maggioranza relativa dei voti » (art. 350). Dunque: nulla di simile ai ballottaggi tedeschi è previsto dalla nostra legge elettorale. Non può esservi nulla di piu sbagliato del ri- chiamarsi allesempio, alla condotta degli operai tedeschi. Neiredizione ufficiale del Regolamento delle elezioni per la Duma , a cura del mini- stero degli interni, Pietroburgo, 1912, al punto 14 dei chiarimenti all’articolo 106 si dice: «Alle elezioni integrative possono essere am- messi anche coloro che non hanno partecipato alle elezioni primarie ». È evidente che qui si tratta non solo di nuovi elettori, ma anche di nuovi candidati. Dal punto di vista della legge è consentita la pre- sentazione al ballottaggio di un candidato che non sia stato presentato alle elezioni primarie. Si domanda: quali conclusioni politiche in rapporto alla tattica elettorale scaturiscono da questa particolarità del regolamento elettorale del 3 giugno? La prima, piu importante e più generale conclusione è la seguente: la nostra legge lascia nei ballottaggi un piu vasto campo per gli accordi IL BALLOTTAGGIO IN RUSSIA 529 elettorali che non quella tedesca. In Germania si può trattare solo della scelta del minor male : coloro che sono stati sconfitti alle elezioni pri- marie non si possono porre altro compito (dove per sconfitti bisogna intendere coloro che non sono stati ammessi al ballottaggio). In Russia, invece, se alle elezioni primarie non ci sono stati vincitori, non ci sono, a rigore, nemmeno sconfitti, poiché ognuno può ancora, attraverso i più svariati accordi con questi o quegli alleati, tentare la sorte in una nuova battaglia. In particolare, in Germania il candidato operaio non può, nei bal- lottaggi, utilizzare per sé, cioè direttamente, la lotta tra i partiti bor- ghesi di destra e quelli di opposizione: egli può appoggiare l'opposizione dei liberali contro il candidato di destra, se gli uni e l’altro hanno pres- soché le stesse forze, ma non può vincere egli stesso in caso di parità di forze del suo avversario liberale e del suo avversario reazionario. In Russia ciò è possibile. Quindi la seconda conclusione. Nei ballottaggi la legge elettorale russa lascia un campo piu vasto per la lotta contro i liberali di Quella tedesca. In Russia, come nella maggioranza dei paesi dell'Europa occi- dentale, predominano alle elezioni due frazioni (o gruppi di partiti) delle classi possidenti dominanti: i « conservatori » e i liberali, i cento- neri e r« opposizione ». Gli operai lottano sia contro gli uni che contro gli altri. Gli strati popolari arretrati, invece, destandosi dapprima alla lotta contro il feudalesimo e l'assolutismo, non avendo all'inizio co- scienza del compito di lottare contro il capitale, si accodano di solito per un periodo abbastanza lungo ai liberali. Perciò i partiti operai, rafforzando la loro influenza, si conquistano non di rado più seguaci tra i liberali che non tra le destre. Di qui le consuete grida ipocrite dei « cadetti » di tutti i paesi secondo cui i partiti operai fanno il giuoco della reazione, indeboliscono le « forze generali del progresso », eccetera, eccetera. In Germania nel ballottaggio il candidato operaio può scendere in lotta contro il liberale solo allorché la destra, essendo stata vinta alle elezioni primarie, viene affatto esclusa dal ballottaggio. In Russia nel ballottaggio il candidato operaio può — e quindi deve — scendere in lotta contro il liberale in tutti i casi in cut il candidato di destra ha ottenuto alle elezioni primarie meno voti del liberale. In altre parole: nei ballottaggi tedeschi l’operaio può lottare contro il liberale unicamente 530 LENIN « da solo a solo »; da noi, invece, anche nei ballottaggi è possibile la « lotta triangolare », una lotta, cioè, alla quale prendano parte candidati sia di destra, sia liberali, sia operai. Nei ballottaggi, dunque, in Russia possono presentarsi più casi in cui le masse operaie risultino interessate alla presentazione di un proprio candidato. Ed eccoci alla terza conclusione. In Russia, date le attuali divi- sioni politiche, nei ballottaggi si apre un campo abbastanza vasto al cosiddetto blocco di sinistra in tutte le curie e in tutte le fasi in cui i liberali sono piu forti dei neri (annoverando naturalmente tra i neri tutti gli elementi di destra, sia i nazionalisti che gli ottobristi, cioè tutti i partiti governativi senza eccezione). Una volta che i liberali siano risultati alle elezioni primarie piu forti dei neri, e i candidati operai piu deboli dei liberali, è obbligatoria — sia dal punto di vista dei compiti politici dell’organizzazione della democrazia in generale, sia dal punto di vista della possibilità di mandare candidati operai alla Duma — l’unio- ne degli operai con la democrazia borghese (populisti, trudoviki , ecc.) contro i liberali. Si daranno spesso simili casi? Nelle assemblee elettorali di governatorato non molto spesso; qui prevarranno, senza dubbio, i casi in cui i liberali sono più deboli dei neri e in cui sarà perciò necessario il blocco generale delle opposizioni per battere i neri. Nella curia contadina le divisioni politiche sono meno definite e precise che in qualsiasi altro luogo; qui l’oppressione poliziesca raggiunge il massimo; la necessità per il delegato, per il grande elettore e persino per il candidato alla Duma di « nascondere » il suo vero « volto » è qui particolarmente forte; i candidati operai, cioè appartenenti al partito, non sono molti. In questa curia il compito politico è indubbiamente quello di organizzare la democrazia, di lottare contro l’influenza e i pregiudizi della borghesia monarchico-liberale. In quanto poi ai ballot- taggi, è difficile trarre conclusioni precise sulla frequenza di questi o quei casi, nonché, addirittura, sull’entità (concreta) del numero dei ballottaggi in generale. Nella curia dei proprietari fondiari e nella prima curia urbana il peso della democrazia in generale, e della democrazia operaia in parti- colare, è troppo insignificante perché metta conto parlarne. Resta la seconda curia urbana. Gli elettori operai o vicini agli IL BALLOTTAGGTO IN RUSSIA 531 operai non sono qui pochi: commessi, inquilini appartenenti agli operai, pensionati, ecc. Qui ce qualcosa di simile alla stampa politica e qualcosa del genere delle assemblee. In una parola, questo è il principale terreno per i ballottaggi con la partecipazione degli stessi elettori. Ma come si presentano le cose sotto il profilo dello schieramento di partito degli elettori? Una risposta abbastanza precisa, se pure indiretta, a questa do- manda viene fornita dai dati sulla composizione di partito dei grandi elettori della seconda curia urbana per la III Duma. In base ai dati conclusivi della cadetta Riec (1907, n. 241), relativi a 4897 grandi elettori dei 51 governatorati della Russia europea su un totale di 5161, i 533 grandi elettori della seconda curia urbana si dividevano in partiti come segue: appartenenti all’opposizione 405 (100 «di sinistra», 209 cadetti e 96 progressisti), appartenenti alle destre 101 (17 moderati, 19 ottobristi e 65 di destra), 21 senza partito e 6 di cui non si sa a che partito appartenessero. I tre principali gruppi di partiti che scende- ranno in lotta nelle attuali elezioni si distinguono chiaramente: 100 de- mocratici, 305 liberali, 101 elementi di destra. I liberali sono più di tre volte più forti delle destre, che hanno forze quasi eguali a quelle dei democratici. È chiaro che, come regola generale , non è neanche il caso di parlare per questa curia di un qualche pericolo di destra. È chiaro, inoltre, che il principale compito della de- mocrazia operaia è proprio la lotta contro i 'liberali; attualmente, dato l’indubbio spostamento generale del paese verso sinistra, riconosciuto sia dai liberali, sia dagli ottobristi, sia dai Purisckevic. tale lotta si pone in maniera particolare in primo piano. Naturalmente nella prima fase i candidati operai devono scendere in lotta unicamente in maniera auto- noma, con liste proprie. Nella seconda fase invece, nei ballottaggi, la cosa si riduce, nella maggioranze dei cesi , a una lotta dei democratici contro il liberali. Per Condurre questa lotta, i marxisti devono unirsi nei ballottaggi a tutti i democratici (cioè anche alla democrazia borghese: populisti, tru- doviki , ecc.) contro i liberali. Tutta la condotta della famigerata « oppo- sizione responsabile », cioè dei cadetti, alla III Duma, tutta la politica e la tattica della borghesia monarchico-liberale, nonché l’attuale movi- mento tra i commessi, offrono un terreno particolarmente favorevole per questa lotta dei democratici, organizzati dagli operai, contro i libe- 532 LENIN rali, cioè contro il partito cadetto. Poiché la seconda curia urbana è la più importante curia in cui avvengano ballottaggi, la principale linea degli operai sarà appunto questa: coi democratici contro la destra e liberali. In definitiva noi giungiamo alla conclusione che i liquidatori e i loro fautori commettono relativamente ai ballottaggi un errore sia « tecnico » che politico. « Tecnicamente » essi sbagliano in quanto con- fondono i ballottaggi tedeschi con le elezioni « integrative » o nuove elezioni russe. Politicamente essi sbagliano, scivolano nella politica operaia liberale, quando se la cavano con frasi generiche sull’appoggio dell’opposizione contro le destre. In realtà, sia il compito generale dei marxisti nella Russia attuale — organizzare gli operai come reparto di avanguardia della democrazia tanto contro la destra quanto contro il liberalismo controrivoluzionario — , sia le particolarità della nostra situa- zione nella più importante curia « ballottabile », inducono a formulare un’altra parola d’ordine. Soprattutto e innanzi tutto, durante i ballot- taggi nella seconda curia urbana, il più spesso possibile insieme con tutti i democratici contro i liberali e contro le destre; solo subordinatamente si dovranno affrontare i ballottaggi in un blocco generale delle opposi- zioni contro le destre. Zviezdà, n. 25 (61). 3 aprile 1912. Firmato: M.Sc. LIBERALISMO E DEMOCRAZIA I La conferenza dei trudoviki , della quale abbiamo già parlato e sulla quale si sono avute informazioni in alcuni giornali (tra Taltro nella Riec del 28 marzo), riveste un'importanza particolare dal punto di vista dello schieramento dei partiti nella campagna elettorale per la IV Duma. Dopo il blocco dei liberali moderati (cadetti e « progressisti senza partito ») e dopo le decisioni della democrazia operaia in merito alla tattica elettorale, mancava solo che si « pronunciassero » i trudoviki perché il quadro fosse completo. Ora tutte le classi della società russa, attraverso tutti i partiti politici più o meno seri e che meritino più o meno d'essere presi in considerazione, hanno definito la propria posizione nella campagna elettorale. E se per i partiti borghesi, specialmente per quelli che si sono « solidamente » installati nell'edificio del regime del 3 giugno, le ele- zioni sono principalmente un periodo di intensificata pubblicità, per la democrazìa operaia, per i marxisti, compito principale della campagna elettorale è di spiegare al popolo qual è la natura dei vari partiti politici, da chi sono composti e che cosa propugnano, da quali interessi reali, profondi sia guidato questo o quel partito, quali classi della società si nascondano dietro questa o quella insegna. Muovendo da questo compito, saremo ripetutamente costretti a soffermarci sulla conferenza dei trudoviki e dovremo, nell’interesse della classe operaia, dedicare una particolare attenzione proprio alla questione di principio testé indicata. Sia i partiti centoneri di destra che i liberali (cadetti) si limitano a passare sotto silenzio questo problema, oppure ne snaturano in mille modi l'impostazione e la soluzione; questo vien fatto, naturalmente non per insipienza o cattiva intenzione di singoli individui, ma perché gli interessi di classe dei grandi proprietari fondiari e della 534 LENIN borghesia li costringono a travisare la natura dei partiti contadini e operai. Per parte loro i trudoviki , partito contadino per eccellenza, non sono interessati a passar sotto silenzio la questione, poniamo, di che cosa distingua il liberalismo dalla democrazia, ma la risolvono in maniera sbagliata. Muovendo dal punto di vista del contadino, cioè del piccolo agricoltore, non è d'altronde possibile risolverla in maniera giusta; solo muovendo dal punto di vista dell’operaio salariato la questione è stata risolta’, ce lo dimostra non solo la teoria^ la scienza, ma anche {'espe- rienza di tutti i paesi europei, tutta la storia, economica e politica dei partiti europei, specie nel corso del secolo XIX. Vedete anche solo che cosa i liberali dicono dei trudoviki e i trudoviki di se stessi. La liberale Riec, il più importante organo di stampa del partito cadetto, dice che i trudoviki hanno sofferto più di tutti per la modifica della legge elettorale del 3 giugno 1907, che la loro tattica « non può distinguersi sensibilmente », dalla tattica dei cadetti, in quanto i cadetti, vedete un po', possono « ripetere » e ri- petono quasi tutto ciò che vien detto dai trudoviki. « Infine, gli accordi elettorali coi trudoviki possono esser forse necessari — scrive la Riec — solo in singole località, assai poco numerose del resto ». Riflettete a questa valutazione e vedrete che si. tratta della valu- tazione del borghese liberale, che la legge del 3 giugno ha privato della supremazia (assicuratagli dalla legge delFll dicembre 1905), dandogli però nello stesso tempo un non trascurabile posticino all' opposizione, al sicuro dalla democrazia. Voi siete poco importanti per noi, signori trudoviki , e non vi teniamo in seria considerazione: ecco il vero senso della dichiarazione della Riec. Perché poco importanti? Perché la legge del 3 giugno vi ha indeboliti alle elezioni. Per ogni democratico, e in particolare per ogni operaio, sono im- portanti non i partiti che godono del monopolio o di un privilegio in base a una determinata legge elettorale, ma quelli che rappresentano larghe masse della popolazione, e in particolare della popolazione lavo- ratrice e sfruttata. Ma la legge del 3 giugno ha posto il borghese liberale al sicuro proprio da queste masse, e per lui esse sono quindi poco importanti. Agli avvocati e ai giornalisti liberali occorrono seggi alla Duma, ai borghesi liberali occorre una spartizione del potere coi Pu- risckevic: ecco che cosa occorre loro, mentre lo sviluppo di un pensiero LIBERALISMO E DEMOCRAZIA 535 autonomo delle masse contadine, lo sviluppo di una loro iniziativa come classe, per il liberale non solo non sono necessari, ma addirittura peri- colosi. Al liberale occorre relettore, ai liberali occorre* una folla che abbia fiducia in loro e li segua (per costringere i Purisckevic a far loro un po’ di posto), ma dell’autonomia politica della folla il liberale ha paura. Perché mai egli non ha paura dei trudovikt, che, come partito « autonomo » particolarmente vicino alle masse contadine, cioè alla stra- grande maggioranza della popolazione, rappresentano non il liberalismo, ma la democrazia borghese? Proprio perché i trudovikt sono dei demo- cratici insufficientemente autonomi nei confronti dei liberali, dei demo- cratici che non sanno lottare contro i liberali per conquistare le masse! Non ci si può non soffermare cento e cento volte su questa importan- tissima questione dell’attuale politica russa, se si considera la politica seriemente, onestamente, dal punto di vista dei principi, e non nel senso ciarlatanesco (ossia liberale) di una caccia ai seggi. Finché compito storico dell’epoca resterà in Russia la sua trasformazione politica in senso democratico, il nocciolo del problema di questa trasformazione consisterà unicamente e inevitabilmente nel far si che masse molto larghe, le piu larghe possibili, della popolazione divengano cosciente- mente democratiche, cioè avversarie assolutamente sicure, coerenti, risolute di qualsiasi grettezza, limitatezza, irresolutezza, viltà del libera- lismo. E non è ancora un operaio cosciente quell’operaio che non ha capito che non si può essere combattenti coerenti per la distruzione della schiavitù salariata senza far proprio e tradurre in atto questo compito politico del nostro tempo. Quando i liberali, i cadetti, dicono che la loro « tattica » non si distingue «sensibilmente» da quella dei trudovikt , dànno prova della più patente ignoranza o mentono vergognosamente. Ogni pagina della storia politica della Russia delhultimo decennio contiene centinaia e migliaia di confutazioni di questa menzogna. La più recente storia della Russia ci mostra, in base alla nostra esperienza russa, che la differenza tra il liberalismo e la democrazia è incomparabilmente più profonda di qual- siasi questione di « tattica », poiché è venuta costantemente e senza eccezione a galla negli ultimi, diciamo, otto anni, nonostante che il corso degli eventi abbia determinato più di una volta i più bruschi mutamenti di « tattica »; questa differenza è incomparabilmente più profonda di 536 LENIN qualsiasi « programma », poiché i programmi esprimono unicamente ciò che pensano gli elementi d'avanguardia di una classe sui suoi compiti e sulla sua situazione. Non le opinioni degli uomini d'avanguardia, ma le azioni di masse di milioni di uomini ci hanno mostrato la radicale diffe- renza esistente nell'attuale situazione economica e politica della bor- ghesia liberale, da un lato, e della popolazione contadina democratico- borghese, daE’altro. Di qui la radicale differenza di interessi di classe nei confronti delle « forze che comandano*» nell’odierna Russia. Di qui la radicale differenza in tutti i punti di partenza e in tutto il vasto campo deE’attività politica: Tanto al liberale quanto al trudovik può sembrare di essere poli- ticamente sullo stesso terreno, in quanto sono entrambi « contro Pu- risckevic ». Ma scostatevi un pochino da queste opinioni degli uomini politici e considerate un po’ piu da vicino la situazione di classe delle masse, e vedrete che, nella vita , la borghesia liberale’ partecipa ai privilegi politici dei Purisckevic e che se disputano lo fanno solo per stabilire se i Purisckevic debbano dispórre dei due terzi di questi pri- vilegi e i Miliukov di un solo terzo, o viceversa. Considerate la « vita », considerate la situazione economica degli attuali contadini russi come strato di piccoli imprenditori agricoli, e vedrete che non si tratta mini- mamente di privilegi politici, che la parola « vita » va presa tra virgo- lette, poiché l’esistenza stessa dei Purisckevic significa morte d'inedia di un milione di tali piccoli imprenditori. Nell’odierna Russia ci sono due borghesie. La prima è costituita dallo strato molto esiguo di capitalisti maturi e non maturi che, attra- verso l’ottobrista e il cadetto, sono di fatto occupati a dividersi coi Purisckevic l’attuale potere politico, gli attuali privilegi politici. La parola « attuali » va intesa in senso piuttosto ampio, includendovi, per esempio, sia i privilegi salvaguardati oggi dalla legge del 3 giugno 1907, sia quelli salvaguardati ieri dalla legge dell’ 11 dicembre 1905. L’altra borghesia è costituita dallo strato molto vasto di piccoli e, in parte, medi imprenditori, e principalmente di contadini, compieta- mente immaturi, ma che si sforzano energicamente di maturare, i quali devono di fatto risolvere il problema, non già dei privilegi nell’attuale periodo nella vita storica della Russia, ma di non morir di fame a causa dei Purisckevic. E questo è appunto il problema delle basi stesse del LIBERALISMO E DEMOCRAZIA 337 potere dei Purisckevic in generale, delle scaturigini di qualsiasi potere dei Purisckevic. Tutta la storia dell’emancipazione politica della Russia è la storia della lotta tra la prima e la seconda tendenza borghese. Il senso di migliaia dì belle parole sulla libertà e l’uguaglianza, sulla ripartizione « egualitaria » della terra e sul « populismo » si riduce interamente alla lotta tra queste tendenze borghesi. A coronamento della lotta si otterrà inevitabilmente una Russia completamente borghese tinta interamente o principalmente di uno di questi due « colori ». E non sì venga a dire che questa lotta è cosa che non riguarda minimamente l’operaio sala- riato; al contrario, se questi è cosciente, interviene nel modo piu ener- gico, cercando di ottenere che il contadino si muova sulle sue orme, e non su quelle del liberale. A questo appunto si riducono i problemi che la conferenza dei trudoviki non poteva evitare di affrontare. Di questi problemi parle- remo particolareggiatamente nei prossimi articoli. Ora trarremo invece brevemente le conclusioni di quanto si è detto. La questione dei tru - doviki e dei cadetti è una delle maggiori questioni dell’emancipazione politica della Russia nel suo complesso. Nulla di piu banale del ridurla a quella della « forza » di questi o quei partiti nel sistema del 3 giugno, dell’« avvedutezza » di questi o quegli accordi alle elezioni in base à questo sistema. Al contrario, la questione particolare degli accordi, dei ballottaggi ecc. può essere giustamente risolta dal punto di vista dell’operaio salariato solo nel caso in cui si siano comprese le radici di classe dell’uno e dell’altro partito, dei democratici borghesi ( trudo- viki ) e del liberalismo borghese (cadetti, «progressisti», ecc.). II La conferenza dei trudoviki ha posto tutta una serie di questioni politiche molto interessanti e istruttive. Abbiamo attualmente un magni- fico commento alle sue decisioni; Tarticolo del signor V. Vodovozov sul Programma elettorale del gruppo del lavoro nel n. 13 del settima- nale pietroburghese Zaprosy Gizni , che è strettamente legato coi signori Kovalevski e Blank. Il commento del signor Vodovozov è' « magnifico ». naturalmente non dal nostro punto di vista, ma perché riporta fede!- 538 LENIN mente le opinioni e le aspirazioni dei trudoviki . Chiunque s’interessi dell’importanza delle forze sociali democratiche della Russia deve pre- stare la massima attenzione all’articolo del signor Vodovozov. « Il gruppo del lavoro — egli scrive — muove dalla convinzione che nell’attuale momento storico gli interessi delle masse contadine, della classe operaia e dell’intellettualità lavoratrice non solo non sono in contrasto tra loro, ma sono pressoché identici; perciò un unico partito sarebbe pienamente in grado di servire, gli interessi di queste tre classi sociali. Ma, in forza delle condizioni storiche, la classe operaia ha trovato il suo rappresentante nel par- tito socialdemocratico, per cui il gruppo del lavoro doveva naturalmente risultare prevalentemente il rappresentante politico delle masse contadine. E tale è stato ». Qui emerge subito un errore fondamentale, condiviso da tutti i populisti, compresi quelli piu « a sinistra ». Essi muovono da una « con- vinzione » che è in contrasto con tutte le verità della scienza economica e con tutta l’esperienza dei paesi che hanno attraversato epoche simili a quella attuale della Russia. Essi continuano ad attenersi a queste « convinzioni » anche quando l’esperienza della storia russa li costringe a rendersi conto che anche sul nostro terreno esse sono confutate dal corso degli eventi. La seconda frase distrugge nei trudoviki la prima. Se un unico partito fosse in grado di servire gli interessi sia della classe operaia che delle masse contadine, di dove sarebbe venuto fuori il partito a sé della classe operaia? E se questo s’è formato e consolidato in un periodo particolarmente importante, particolarmente critico della storia russa ( 1905 ), se i trudoviki devono essi stessi riconoscere che la classe operata « ha trovato » il proprio partito « in forza delle condizioni storiche », vuol dire che le « convinzioni » dei trudoviki sono confutate dalla « for- za delle condizioni storiche ». Se i trudoviki sono risultati il partito delle masse contadine, mentre secondo le loro convinzioni non dovrebbero essere un partito soltanto contadino, vuol dire che le loro convinzioni sono sbagliate, sono una illusione. E questa illusione è appunto identica all’illusione di tutti i partiti democratico-borghesi dell’Europa nel periodo della lotta contro il feudalesimo e l’assolutismo, nei quali, in questa o quella forma, predo- minava l’idea dei « partiti al di fuori delle classi », ma la « forza delle condizioni storiche » confutava invariabilmente quest'idea, distruggeva LIBERALISMO E DEMOCRAZIA 539 quest'illusione. I tentativi o gli sforzi di unire le diverse classi in un «unico partito» sono appunto propri della democrazia borghese nel- l’epoca in cui essa doveva vedere il suo principale nemico alle proprie spalle, e non davanti a sé; nei grandi proprietari fondiari, e non nel proletariato. La pretesa di « unire » le diverse classi avvicina i trudovikt ai cadetti: anch’essi vogliono essere un partito al di sopra delle classi , anch’essi assicurano che « gli interessi » della classe operaia, delle masse contadine e dell’intellettualità lavoratrice « sono pressoché identici ». Per intellettualità lavoratrice essi intendono i signori Maklakov!! L’ope- raio cosciente lotterà sempre contro qualsiasi idea di partiti al di sopra delle classi, contro qualsiasi tentativo di occultare l’abisso di classe esistente tra gli operai salariati e il piccolo imprenditore. Ma se i trudovikt assomigliano ai cadetti perché sia gli uni che gli altri condividono i pregiudizi borghesi sulla possibilità di fondere le diverse classi, si differenziano da loro perché il corso degli eventi trascina l’uno e l’altro partito, nonostante i loro desideri e talvolta nono- stante la coscienza di loro singoli membri, verso classi diverse. La storia ha insegnato ai trudovikt a essere piu vicino alla verità, a dire di essere un partito contadino. I cadetti continuano a definirsi democratici, pur essendo di fatto dei liberali controrivoluzionari. Purtroppo quest’ultima verità è ben lontana dallessere chiaramente intesa dai trudovikt , tanto lontana dall’essere intesa con chiarezza che nelle decisioni ufficiali della loro conferenza manca qualsiasi caratterizza- zione dei cadetti. In queste decisioni si parla unicamente di accordi « in primo luogo coi socialdemocratici e quindi coi cadetti ». Non è suffi- ciente. La questione degli accordi elettorali può essere risolta in maniera giusta, coerente, aderente ai principi solo se si spiega esaurientemente la natura dei partiti che si accordano, in che cosa consista la loro discor- danza di fondo e la loro momentanea identità di interessi. Di ciò si parla soltanto nel commento del signor Vodovozov. La Riec , segnalando ed esaminando il suo articolo, ha cercato di nascondere completamente ai lettori proprio questi punti. Noi pensiamo che su di essi ci si debba attentamente soffermare. « II gruppo del lavoro — scrive il signor Vodovozov — ha perfet- tamente compreso che l’attuale regime russo è il regime deH’assolutismo e dell’arbitrio, per cui ha assunto un atteggiamento di recisa condanna 540 LENIN verso tutti i discorsi con cui il partito cadetto voleva annunziare urbi et orbi 1'esistenza in Russia di un regime costituzionale e ha assunto un atteggiamento negativo Verso le accoglienze solenni riservate ai rappre- sentanti dei parlamenti inglese e francese per dar risalto al costituzio- nalismo russo. Per il gruppo del lavoro non v’era alcun dubbio che solo un rivolgimento radicale e profondo in tutto il regime politico e sociale avrebbe potuto portare la Russia sulla via di uno sviluppo giusto e sano; per questo essa ha assunto un atteggiamento favorevole verso tutte le manifestazioni di una tale convinzione nella nostra vita sociale. Proprio questa convinzione ha creato un abisso profondo tra essa e il partito dei cadetti... » e un po' più avanti viene ripetuta la stessa idea dell’« evoluzionismo pacifico dei cadetti e della loro tattica, creata da quest’evoluzionismo », « che ha sempre allontanato i trudoviki più dai cadetti che dai socialdemocratici ». È comprensibile perché la cadetta Riec dovesse preoccuparsi di nascondere questo ragionamento ai suoi lettori. Qui è chiaramente espresso il desiderio di tracciare una linea di demarcazione tra demo- crazia e liberalismo. Questa senza dubbio esiste, ma il signor Vodo- vozov, benché parli di « abisso profondo », la intende in maniera troppo superficiale. Ne consegue che per lui la differenza riguarda propriamente la tattica e la valutazione del momento politico: i trudoviki sono per un rivolgimento radicale, mentre i cadetti sono evoluzionisti pacifici; i trudoviki ritengono che da noi esista un regime assolutistico e i cadetti che vi sia, grazie a dio, la Costituzione. Una simile differenza non è possibile che tra l’ala destra e l’ala sinistra di una medesima classe! Si limita a ciò la differenza tra trudoviki e cadetti? Lo stesso signor Vodovozov non ha forse riconosciuto che i trudoviki sono il partito delle masse contadine? Nella posizione di classe dei contadini anche solo nei confronti di Purisckevic e del suo regime non ce forse qualcosa che la distingua dalla posizione della borghesia liberale? Se non c’è, allora la differenza tra trudoviki e cadetti è superfi- ciale anche dal punto di vista dell’atteggiamento verso il feudalesimo e l’assolutismo. Se c’è, bisogna porre in primo piano proprio la diffe- renza degli interessi di classe , e non la differenza delle « opinioni » sull’assolutismo e sulla Costituzione o sulla evoluzione pacifica. I trudoviki vogliono essere più radicali dei cadetti. Molto bene. Ma il loro radicalismo sarebbe più coerente e più profondo, se com- LIBERALISMO E DEMOCRAZIA 541 prendessero chiaramente la natura di classe della borghesia monarchico- liberale, se nella loro piattaforma parlassero apertamente del liberalismo controrivoluzionario dei cadetti. È perciò inutile che il signor Vodovozov « si giustifichi » richia- mandosi a ostacoli esterni, a causa dei quali i trudoviki « hanno dovuto elaborare una risoluzione in cui i punti piu importanti sono stati dissi- mulati dietro il richiamo, non del tutto chiaro per la maggioranza dei lettori, a una '‘piattaforma del gruppo del lavoro” poco accessibile a questi lettori ». In primo luogo, i trudoviki non erano obbligati a limi- tarsi a un'arena circondata da questi ostacoli; limitandosi a tale arena, essi, esattamente come i nostri liquidatori, rivelano la scarsa profondità della loro differenza dai cadetti. In secondo luogo, qualunque fosse l’arena , esisteva la piu completa possibilità di definire la natura di classe del liberalismo cadetto e il suo spirito controrivoluzionario. Vediamo, dunque, che le esitazioni dei trudoviki tra i cadetti e i socialdemocratici non sono casuali, ma scaturiscono dalle condizioni profondissime ed essenziali in cui sono costrette a vivere le masse contadine. Il fatto di vivere appartate e di essere estranee alla lotta diretta tra il borghese e il proletario alimenta le illusioni sulla possibilità di un partito al di fuori o al di sopra delle classi. I comuni pregiudizi borghesi, che caratterizzano Pimprenditore grande e piccolo, avvicinano i trudoviki ai cadetti. Quindi l’insufficiente coerenza dei trudoviki quali democratici borghesi, persino nella loro lotta contro le basi del potere dei Purisckevic. Compito degli operai coscienti è di contribuire alla coesione di una democrazia contadina quanto meno possibile dipendente dai liberali e soggetta alla loro influenza e quanto piu possibile coerente e risoluta. La situazione delle enormi masse contadine è tale che le aspirazioni a un « rivolgimento radicale e profondo », formulate dal signor Vodovozov, hanno radici straordinariamente salde, ampiamente ramificate e pro- fondamente affondate nel terreno. Zviezdà, nn. 27 (63) e 32 (68), 8 e V) aprile 1912. Firmato: P.P. NOTE 1 II collegio russo del CC (« composizione ristretta del CC », « collegio del CC operante in Russia»), confermato dalla sessione plenaria del CC dei POSDR nell’agosto 1908, esistette fino al 1910. Nella sua prima composizione erano rap- presentati (un esponente per ogni corrente) i bolsce vichi, i menscevichi, i social- democratici polacchi, i socialdemocratici lettoni e il Bund. Nel 1910, in base allo statuto del CC approvato alla seduta plenaria di gennaio, il numero dei componenti il collegio russo del CC venne portato a sette; dovevano comporlo: quattro membri del CC eletti al V Congresso (Congresso di Londra) e tre rappresentanti delle organizzazioni nazionali. Tuttavia dopo, la ses- sione plenaria di gennaio non fu possibile organizzarne l’attività; i menscevichi liquidatori rifiutarono di prendervi parte. 1 membri conciliatori del CC (Nogbin, Goldenberg, Leiteisen e altri) non seguirono la direttiva di Lenin di far entrare nel collegio i menscevichi partitisti al posto dei liquidatori. Nel 1910 e all'inizio del 1911 tutti i membri bolscevichi dei CC che operavano in Russia vennero arrestati. La lettera al collegio russo del CC del POSDR viene pubblicata in base ad una copia rinvenuta negli archivi del dipartimento di polizia. 2 Golos-. si tratta del Golos Sotsial-Demokrata. 3 La sessione plenaria del CC del POSDR nota col nome di sessione ple- naria «di unificazione» si tenne a Parigi dal 3 al 23 gennaio (15 gennaio-5 feb braio) 1910. Era stata convocata contro il parere di Lenin, grazie alTazione di occulti alleati di Trotski: Zinoviev, Kamenev, Rykov. Vi int ervennero, oltre ai bolscevichi, i rappresentanti di tutte le frazioni e i raggruppamenti frazionistici, nonché quelli delle organizzazioni socialdemocratiche nazionali. In contrasto col piano di Lfcnin, che prevedeva l’avvicinamento ai menscevichi partitisti (plekha- noviani che erano favorevoli alla conservazione e al rafforzamento del partito il- legale) per la lotta contro i liquidatori, i conciliatori — trotskisti dissimulati — chie- sero lo scioglimento di tutte le frazioni e l’unificazione tra i bolscevichi, i liquidatori e i trotskisti. Alla sessione plenaria prevalsero gli elementi conciliatori. Lenin risultò in minoranza. Solo dietro insistenza di Lenin la sessione plenaria approvò una decisione di condanna del liquidatorismo e dell’otzovismo. Nonostante l’opposi- zione di Lenin, la sessione plenaria decise la soppressione dell’organo bolscevico Proletari , lo scioglimento del centro bolscevico e la trasmissione al CC del suo patrimonio, mentre i beni mobili venivano affidati agli esponenti della socialde- mocrazia internazionale Franz Mehring, Clara Zetkin e Karl Kautsky (i « deposi- 546 NOTE tari»). Lenin riuscì ad ottenere che nella deliberazione della sessione plenaria venisse inclusa la condizione che, contemporaneamente alla liquidazione del centro bolscevico, venissero eliminati anche i centri frazionistici dei sostenitori del Golos e dei « vperiodisti ». La sessione plenaria decise di accordare aiuti finanziari alla Pravda viennese di Trotski, che Zinoviev e Kamenev, agenti di Trotski, cercarono di trasformare in organo del CC. A comporre gli organismi centrali vennero eletti, nonostante la protesta di Lenin, anche dei menscevichi liquidatori. Sulla lotta di Lenin alla sessione ple- naria contro i liquidatori, i trotskisti e i conciliatori cfr., nella presente edizione, voi. 16, pp. 181-242. 4 Mikbaìl , Roman e luri : menscevichi liquidatori, membri candidati del CC del POSDR eletti al V Congresso del POSDR (Congresso di Londra). 5 Vperiodisti ^gruppo « Vpenod »): gruppo antipartito formato di otzoyisti, ultimatisti,- costruttori di dio ed empiriomonisti (fautori della filosofia idealistica reazionaria di Mach e Avenarius); venne organizzato nel dicembre 1909 per inizia- tiva di A. Bogdanov e G. Alexinski aveva un organo di stampa dello stesso nome (Vperiod). Nel 1912 i « vperiodisti » e i menscevichi liquidatori si unirono contro i bolscevichi in un unico blocco antipartito (blocco di agosto), organizzato da Trotski. Non godendo dell’appoggio degli operai, il gruppo praticamente si di- sgregò già nel 1913. 11 suo scioglimento definitivo avvenne nel 1917, dopo la rivoluzione di febbraio. 6 Si tratta della dichiarazione (accordo) dei bolscevichi sottoscritta e resa pubblica alla sessione del POSDR (« di unificazione ») del gennaio 1910. Cfr.. nel presente volume, pp. 340-343. 7 L 'Ufficio estero del CC del POSDR venne costituito dalla sessione plenaria del Comitato centrale delPagosto 1908 come organismo di tutto il partito all’estero; era subordinato al collegio russo del CC e rispondeva del suo operato di fronte ad esso. Subito dopo la sessione plenaria del CC del gennaio 1910 in seno all’Ufficio si costituì una maggioranza liquidatrice e l'Ufficio divenne un centro di raccolta delle forze antipartito. La sua tattica costrinse i bolscevichi leninisti a richiamare nel maggio 1911 il loro rappresentante Alexandrov (N.S. Semascko). Un po' piu tardi anche la socialdemocrazia polacca e quella lettone richiamarono i loro rappre- sentami. Nel gennaio 1912 l’Ufficio estero del GC si autoliquidò. • Si tratta dei menscevichi partìttsti che in quel periodo collaboravano coi bolscevichi nel Sotsial-Demokrat t organo centrale, nelle bolsceviche Zviezdà c Rabociaia Gazieta e nei comitati locali. Nel 1911 i menscevichi partitisti entra- rono a far parte della commissione d'organizzazione russa per la convocazione di una conferenza di tutto il partito. 9 Scuola di frazione all'estero: centro frazionistico di otzovisti, ultimatisti e costruttori di dio, uniti per lottare contro il bolscevismo; venne fondata nelPisola di Capri da A. Bogdanov (Maximov), G. Alexinski e A. Lunaciarski nel 1909; era appoggiata anche da Gorki. Nascondendosi dietro l’insegna del partito, i seguaci di Bogdanov riuscirono a ottenere da alcune organizzazioni socialdemocratiche locali l'invio alla scuola di tredici allievi. La scuola esistette per circa quattro mesi (dall’agosto al dicembre 1909). Nel novembre si ebbe una scissione tra gli allievi, parecchi dei quali inviarono una lettera alla redazione del Proletari prote- stando contro l'atteggiamento antipartito degli insegnanti; furono perciò espulsi dalla scuola. Verso la fine dello stesso mese, su invito di Lenin, si recarono a Parigi dove seguirono un ciclo di lezioni, due delle quali tenute da Lenin. Gli NOTE 547 allievi rimasti a Capri, d’accordo coi loro insegnanti, costituirono (nel dicem- bre 1909) il gruppo Vperiod. In una riunione allargata del Proletari la scuola venne definita « nuovo centro di una frazione che si stacca dai bolscevichi ». 10 I bolscevichi e Plekhanov, che facevano parte della delegazione del POSDR al Congresso internazionale socialista di Copenaghen (28 agosto - 3 settembre 1910), consegnarono una protesta alla Direzione del Partito socialdemocratico tedesco per un calunnioso articolo anonimo sulla situazione della socialdemocrazia russa (ne era autore Trotski) pubblicato nel VorwàrtS. n Lettera dei 16: lettera aperta dei menscevichi liquidatori, pubblicata in risposta a un articolo di Plekhanov, apparso nel n. 9 del Dnicvnik Sotsial-De • mokrata (agosto 1909), contro i liquidatori e il loro capo, Potresov (cfr. nella presente edizione, voi 16, pp. 144-151). 12 Viekhisti: da Viekbi (Pietre miliari), raccolta pubblicata a Mosca nel 1909 e contenente articoli di Strnve e altri rappresentanti della borghesia liberale contro- rivoluzionaria. In questi articoli i viekhisti gettavano fango sul movimento rivo- luzionario del 1905 ed esprimevano la loro riconoscenza allo zar per aver egli « con le sue baionette e le sue prigioni » salvato la borghesia dalla « furia del popolo ». Lenin chiamò la raccolta un’« enciclopedia dell’ spostasi a liberale ». 13 Centoneri-, bande armare al servizio dello zarismo, create durante la rivo- luzione del 1905 dalla polizia e da organizzazioni monarchiche. Il termine equi- valeva a « ultrareazionari », 14 Volontà del popolo : associazione segreta populista che venne organizzata nel 1879 per la lotta rivoluzionaria contro l’autocrazia zarista. Subito dopo l’ucci- sione, ad opera di suoi aderenti, dello zar Alessandro II (avvenuta il 1° f 1 3 ] mar- zo 1881) i principali suoi aderenti vennero arrestati ed essa cessò di esistere come gruppo rivoluzionano. 15 Cfr. Manifesto del partito comunista, Roma, Edizioni Rinascita, 1953 t p. Ì38. 16 « Credo »: nome dato al manifesto pubblicato da un gruppo di « econo- misti » (Prokopovicv Kuskova e altri, divenuti in seguito cadetti). Lenin denunciò la posizione del gruppo nel suo scritto Protesta dei socialdemocratici russi (cfr., nella presente edizione, voi. 4, pp. 167-181). 17 Alla fine del suo opuscolo, Il Congresso di Londra del 1907, Cerevanin criticava, secondo il suo modo di vedere liquidatore, la risoluzione del V Con- gresso del POSDR sul congresso operaio e sulle organizzazioni operaie apartitiche. 18 Cfr., nella presente edizione, voi. 10, pp. 189-262. 19 Piattaforma dei 104 : progetto di legge agraria presentato dai deputati trudoviki alla I e II Duma. Esso si ispirava ai principi populisti deH’egualitarismo nel godimento della terra: costituire un fondo agrario nazionale unico con le terre del demanio, dell’appannaggio, dello zar, dei monasteri, nonché delle terre in proprietà privata qualora sorpassassero le dimensioni della norma di lavoro stabilita; per queste terre alienate era previsto un indennizzo. L’attuazione della riforma avrebbe dovuto venire affidata a comitati contadini locali. (SuH’iirgomento cfr., nella presente edizione, voi. 12, pp. 179-180 e voi. 13, pp. 252-253). 20 Citazione della commedia in versi di N.A. Nekrasov La caccia all’orso. 21 N, Beltov: pseudonimo sotto il quale nel 1895 Plekhanov pubblicò il volume Sulla questione dello sviluppo della concezione monistica della storia. 54S NOTE 22 La lettera di Kautsky era stata scritta in risposta al « compagno Bendia- nidze », un operaio che nel 1909 era giunto dalla Russia a Zurigo e di là si era rivolto a Kautsky pregandolo di esporgli la sua opinione sulle dispute filosofiche sorte allora tra i socialdemocratici russi. La lettera, in data 26 marzo 1909, venne pubblicata per la prima volta da F. Adler nel n. 10 (luglio 1909) della rivista Der Ketmpf , organo teorico della socialdemocrazia austriaca. 23 Alla seduta del 25 ottobre 1910 della III Duma, durante la discussione della, relazione della commissione per la pubblica istruzione, il deputato socialde- mocratico Belousov, in un discorso sul problema dei sussidi alle scuole parrocchiali, aveva detto: « Se la I Duma si poteva definire, come infatti è stato definita, Duma della collera popolare, e la II della disperazione popolare, questa si può definire Duma pia ». 24 I costruttori di dio si ponevano il compito di scoprire il contenuto religioso del socialismo, per adempiere il quale occorreva liberarsi dal «frusto manto del grigio materialismo » (Lunaciarski). 35 II movimento sociale in Russia all'inizio del XX secolo : raccolta di articoli menscevica. Invece dei cinque volumi previsti ne uscirono quattro, curati da L. Martov, P. Maslov, A.N. Potresov e Plekhanov. Plekhanov, che faceva parte della prima redazione, ne usci alla fine del 1908 essendosi opposto alTinclu&ione nel primo volume degli articoli liquidatori di Potresov. 26 Progressisti: schieramento politico della borghesia monarchico-liberale russa che nelle elezioni cercava di riunire sotto la bandiera dell’« apartiticità » elementi di diversi partiti e gruppi borghesi e di grandi proprietari fondiari. Nella III Duma costituirono il loro gruppo. Nel 1912, durante le elezioni della IV 1 Duma fecero blocco con i cadetti e nel novembre di quell’anno si costituirono in un partito autonomo. 27 Consiglio della nobiltà unificata : organizzazione dei grandi proprietari fondiari costituitasi nel maggio 1906 e che esercitava una notevole influenza sulla politica del governo. All epoca della III Duma un numero considerevole dei suoi membri entrò a far parte del Consiglio di Stato e delle istanze dirigenti delle organizzazioni centonere. 28 Kolupaiev : personaggio di un racconto di Saltykov-Stcedrìn. In questo racconto Razuiev e Kolupaiev sono i tipici rappresentanti della nascente borghesia russa; entrambi sono divenuti proverbiali e stanno a indicare la rapace voracità capitalistica. ' 2 ? Tolmaciov I.N.: governatore di Odessa, estremo centonero. 30 Club nazionale: schieramento politico sorto nel 1910, che riuniva i piu ricchi grandi proprietari fondiari nobili specialmente dei governatorati periferici nei quali si trovavano le tenute di tipo feudale. Alle circolari del ministero della % pubblica istruzione in data 21 gennaio 1911 erano allegati tre opuscoli editi da tale club. 31 Nelle Russkie Viedomostì dell’ll (24) febbraio 1911 sessantasei industriali moscoviti, rappresentanti del grande capitale, avevano preso posizione contro le persecuzioni, degli studenti in quanto colpivano la gioventù borghese e pre- giudicavano la preparazione di specialisti per l’industria. 31 Mesckoviski; membro del CC del POSDR, bolscevico conciliatore. 33 Seguono le firme di Lenin e di altri due membri del CC. NOTE 549 34 II decreto Sull’ integrazione di alcune disposizioni della legge concernenti il possesso fondiario contadino e il godimento della terra , emanato il 9 (22) no- vembre 1906, e la legge del 14 (27) giugno 1910 Sulla modifica e sull’integra' zione di alcune disposizioni sul possesso fondiario contadino stabilivano le norme per l’uscita dei contadini daWobstcina e per il passaggio in loro proprietà della terra dei nadiei 35 Parole di Volghin, protagonista del romanzo di Cernyscevski Prologo. 36 Cfr., nella presente edizione, voi. 16, p. 150. 37 II membro del CC è I.F. Dubrovinski, che era stato arrestato nel giu- gno 1910. 38 Nel marzo 1911 il Consiglio di Stato aveva respinto il progetto di legge, presentalo da Stolypin, sull’istituzione degli zemstvo nei governatorati occidentali e Stolypin aveva dato le dimissioni, che furono respinte da Nicola II. Egli ottenne allora che la Duma e il Consiglio di Stato venissero mandati in congedo per tre giorni e varò la legge in base all’articolo 87 che accordava al governo il diritto di emanare leggi durante il periodo di sospensione dei lavori degli istituti. legi- slativi « se circostanze eccezionali ne suscitavano le necessità », ciò che provocò le dimissioni da presidente della Duma di Guckov e l’elezione di un nuovo presi- dente, l’ottobrista di destra Rodzianko. 39 Cfr., nel presente volume, pp. 55-56. 40 Cfr. nota 34. 41 Si tratta del primo congresso per la lotra contro l’alcoolismo (tenutosi a Pietroburgo alla fine del 1909) e di quello dei medici di fabbrica e dei rappre- sentanti dell’industria (tenutosi a Mosca nella primavera del 1909). 42 Parole del menscevico Dan che alla conferenza del 1908, prendendo posi- zione contro ogni forma di lotta rivoluzionaria, aveva detto testualmente: « I bolscevichi propongono di andare là dove una volta sono già stati sconfìtti ». 43 Abilità olla Burentn e alla Menscìkov : metodo disonesto di polemica, proprio di Burenin e Menscikov, collaboratori del Novoie V remia , giornale mo narchico-centonero. 44 Profession de foi di Erfurt: programma della socialdemocrazia tedesca approvato nel 1891 a Erfurt. 45 Riferimento alla risoluzione Sul momento attuale e sui compiti del partito approvata alla V Conferenza del POSDR in cui si dichiarava guerra al liquìda- torismo. 40 Nelle sue lettere a Sorge. 47 i Socialisti popolari : partito legale piccolo-borghese che si era costituito nel 1906, staccandosi dall’ala destra del partito socialista-rivoluzionario. 49 Lucus a non lucendo : espressione di Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.) letteralmente «bosco deriva da non risplendere.» esempio della cosiddetta « etimo- logia inversa ». In questo caso si tratta di una falsa etimologia, fondata sul- l’apparente identità di radici delle parole « lucus » (bosco) e « lucere » (risplende- re), da cui si conclude che la parola «bosco» deve derivare dall’opposto «ri- splendere ». Lenin, partendo ironicamente dalla falsa etimologia varroniana impiega la parola « costituzionale » come se derivasse da una parola il cui sènso fosse l’opposto della parola Costituzione », 55 0 NOTE 49 Allusione ironica a una novella di Gogol, intitolata Racconto di come Ivan Ivanovic litigò con Ivan Nikiforovic. 30 La riunione dei membri del CC del POSDR residenti aWestero y orga- nizzata per iniziativa di Lenin, si tenne a Parigi dal IO al 17 giugno 1911. Lo scopo della riunione era di elaborare le misure per l’immediata convoca- zione della sessione plenaria del CC del POSDR e di una conferenza del partito In quel periodo tutti i membri bolscevichi del CC ebe lavoravano in Russia erano stati arrestati e l’Ufficio estero del Comitato centrale si rifiutava di convocare la sessione all’estero. L’invito alla riunione era stato inviato il 27 maggio 1911 a nome dei bolscevichi e dei rappresentanti della socialdemocrazia polacca. Nella riunione si decise di convocare la sessione plenaria all’estero e vennero costituite la commissione d’organizzazione che doveva occuparsi di convocarla e la commissione tecnica per la cura delle pubblicazioni e del loro trasporto in Russia. 51 hidìn e Kostrou: membri del CC del POSDR, menscevichi liquidatori. 53 Makar e Lindo tr. membri del CC del POSDR, bolscevichi conciliatori, che erano stati arrestati alla fine del marzo 1911. 33 Sulle rivelazioni di Volghìn (menscevico parti tista) cfr., nel presente vo- lume, p. 93. 54 Piotr\ membro del CC del POSDR, uno dei capi dei menscevichi liqui- datori georgiani. 55 Vermicelli: termine usato dal presidente della Duma Khomiakov per indi- care i piccoli progetti di legge ed entrato nel linguaggio politico di quei tempi. 58 I delegati operai che avrebbero dovuto partecipare al II Congresso dei medici di fabbrica e di officina e dei rappresentanti deirindustria di tutta la Russia vennero arrestati il 13 (26) aprile 1911, alla vigilia dell’apertura del congresso. 97 Cfr., nella presente edizione, voi. 16, p, 150 e il presente volume, pp. 114-118. G8 La commissione d } organizzazione estera venne costituita nella riunione dei membri del CC del POSDR del giugno 1911 per preparare la convocazione di una conferenza del partito. Era composta di bolscevichi, conciliatori e rappre- sentanti della socialdemocrazia polacca. Le altre frazioni .{menscevichi partitisi. « vperiodisti », ecc.) non vi parteciparono. La commissione inviò in Russia tre fiduciari, tra i quali G.K. Ordgionikìdze, che dovevano svolgere il lavoro prepa- ratorio per la convocazione della conferenza e costituire la commissione di orga- nizzazione russa. Nella commissione estera sin dal principio ebbero la maggio- ranza i conciliatori e i rappresentanti della socialdemocrazia polacca, i quali appoggiavano i conciliatori. Nel novembre 1911 la commissione estera si rifiutò di sottomettersi alle decisioni della già costituita commissione russa e i membri bolscevichi ne uscirono. In seguito la maggioranza conciliatrice di questa com- missione assunse un atteggiamento di lotta aperta contro la commissione russa. In una Lettera aperta alla redazione , pubblicata nel dicembre 1911 ( Sotsial-De - mokrat , n. 5) Ordgionikìdze denunciò le azioni antipartito della commissione estera. 59 Si tratta della Zviezdà , giornale legale bolscevico, 80 11 Congresso dì Londra (V Congresso del POSDR) si tenne dal 30 aprile NOTE 55 1 al 19 marzo (13 maggio - 1° giugno 1907). In una sua risoluzione si stabiliva che le azioni congiunte coi partiti populisti « dovevano escludere ogni possibilità di deviazioni dal programma e dalla tattica socialdemocratica, servendo unicamente ai fini dell’attacco comune sia contro la reazione, sia contro la tattica di tradimento della borghesia liberale ». La terza conferenza del POSDR (seconda conferenza per tutta la Russia) si tenne dal 21 al 23 luglio (3*5 agosto). Nella sua risoluzione sulla partecipazione alle elezioni della Duma ribadiva che « nella campagna elettorale e nella stessa Duma la socialdemocrazia deve diffondere e rafforzare nella coscienza delle masse popolari l’idea del socialismo e le parole d’ordine rivoluzionarie, e condurre un’energica lotta sia contro la reazione, sia contro l’egemonia dei cadetti nel movimento di emancipazione in generale, e alla Duma in particolare ». 61 La commissione tecnica estera venne costituita dalla riunione dei membri del CC del giugno 1911, quale organismo provvisorio, che doveva funzionare fino alla convocazione della sessione plenaria. La commissione era composta di un rappresentante dei bolsce vichi, uno dei conciliatori e uno della socialdemocrazia polacca. La sua maggioranza conciliatrice sabotò i provvedimenti organizzativi dei bolscevichi rifiutando di sottomettersi alla commissione d’organizzazione russa, cessando l’invio dei mezzi per la pubblicazione dell’organo centrale, intervenendo sulla stampa con attacchi contro Lenin e i bolscevichi. Il 1° novembre 1911 il rappresentante dei bolscevichi abbandonò la commissione e i bolscevichi cessarono ogni rapporto con essa. 61 Lettera del compagno Viktor ; lettera del bolscevico V.K. Taratuta di cui il Comitato di Mosca del POSDR esaminò il caso in seguito alle voci diffuse sulla sua attività di p|ovocatore. Il Comitato di Mosca riconobbe che le accuse mossegli erano prive di qualsiasi fondamento. 03 Nella corrispondenza del compagno K. si comunicava che un noto liqui- datore di Pietroburgo aveva parlato in una riunione di operai partitisti del rione Vyborg proponendo che, invece di ricostituire l’organi zzazion e del partito, ve- nissero creati dei « gruppi di iniziativa » per un’attività educativa legale. Il di- scorso era stato accolto dall’unanime disapprovazione, e la proposta del liquidatore non aveva ottenuto nessun voto. 6 * Si tratta di una nota alla dichiarazione della commissione nominata dalla riunione dei membri del CC del giugno 1911 per preparare la convocazione della sessione plenaria del Comitato centrale. Nella dichiarazione erano citati fatti attestanti Fattività disorganizzatrice dei liquidatori volta a far fallire la prepara- zione della sessione. 05 Cfr., nel presente volume, pp. 14-28. 06 Cfr., nella presente edizione, voi. 16, pp. 193-242. 67 Ivi, pp. 195-199 e 359-361. 60 Si tratta della scuola di Capri (cfr. nota 9). 09 Ionov t uno dei capi del Bund. 70 Nella cosiddetta « conferenza delle organizzazioni socialdemocratiche della Transcaucasia », ma in realtà conferenza dei caucasiani liquidatori, era stata appro- vata una risoluzione Sul lìquidatorismo. 11 carattere antipartito della « conferenza » venne denunciato da una corrispondenza, pubblicata nel Sotsial-Demokrat t n. 24, 18 (31) ottobre 1911. 71 Liakhov V,P.; colonnello dell’esercito zarista che aveva comandato le 552 NOTE truppe russe che nel 1908 schiacciarono il movimento rivoluzionario in Persia. 73 Iliodoro ; nome monacale del cosacco del Don S.M. Trufanov, entrato nel monastero del villaggio di Pociaiev nell’Ucraina orientale e trasferito poi a Tsariisin, dove, protetto dal vescovo, svolse una vasta predicazione demagogica di estrema destra, aizzando i numerosi piccoli borghesi urbani che si erano raccolti intorno a lui contro gli ebrei, gli intellettuali, i « ricchi » e persino contro Famministrazione e la polizia, per cui venne piu tardi arrestato (1917). Abiurò poi le sue precedenti convinzioni e, privato della dignità monacale, si sposò e fuggi in Norvegia. Nel 1917 pubblicò un libro, San Diavolo , nel quale smasche- rava il suo ex amico Rasputin. Gurko V.L: sottosegretario agli affari interni nel 1906, che dopo lo sciogli- mento della T Duma diresse la campagna dei soccorsi agli affamati e fu coinvolto nello scandalo Lidval. Accusato di malversazione venne processato e condannato alla perdita del posto. Nel 1912 fu nominato membro del Consiglio di Stato quale rappresentante dello zemstvo del governatorato di Tver. Reinbot A.A.: generale zarista governatore di Mosca negli anni 1906 e 1907. I] 30 Ottobre i!907 un socialista-rivoluzionario attentò alla sua vita. Sfruttando la sua carica impose una sottoscrizione per opere benefiche, ma si appropriò poi delle somme raccolte. Venne per questo destituito e tradotto in giudizio, dove fu condannato a un anno di reclusione. Presto però venne graziato e alFinizio della prima guerra mondiale venne nominato comandante di una divisione. Tolmaeìov A. A.: cfr. la nota 29. Dumbadze I.A.: dal 1906 governatore di Yalta, dove si comportò come un satrapo, facendosi giuoco di tutte le leggi, espellendo per via amministrativa i corrispondenti dei giornali che non gli erano graditi. Le sue violenze contro pacifici cittadini suscitarono le proteste degli stessi ottobristi, che nel 1908 pre- sentarono contro di lui un’interpellanza alla III Duma. 73 Rinnovatori pacifici : partito che esprimeva gli interessi della grande borghesia industriale e commerciale e- dei grandi proprietari fondiari. Venne fondato nel giugno 1906. Era formato da ex ottobristi di sinistra ed ex cadetti di destra. Il suo programma era molto vicino a quello iniziale degli ottobristi. Nella III Duma i « rinnovatori pacifici » entrarono nel gruppo dei progressisti. 74 Si tratta delle lettere di Marx a Sorge del 20 giugno e del 15 dicem- bre 1881, citate piu avanti. 75 H.M. Hvndman, The Record of an Adventurous Life , Londra, 1911, p. 283. 75 Cfr. Briefe und Auszuge aus Briefen von Job. Phil. Becker . Jos, Vietzgen, Friedrich Engels , Karl Marx u.A. an F.A, Sorge und Andere , Stoccarda, 1921, pp. 179-182. 77 Cfr. nota 25. 78 Chambre introuvable : cosi Luigi XVIII chiamò la Camera dei deputati eletta dopo la restaurazione borbonica nelFagosto 1815. Era talmente reazionaria che il re, temendo una nuova esplosione rivoluzionaria, fu costretto a scioglierla. 76 Cfr. nota 29. 80 Riferimento alla prefazione di Struve (firmata R.N.S.) al promemoria di Witte L'autocrazia e ló « zemstvo », prefazione che fu criticata da Lenin, Cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp. 23-67. NOTE 553 01 Mymretsov : personaggio del racconto di Gleb Uspenski La garitta , tipo di poliziotto grossolano e ignorante di una cittadina di provincia della Russia zarista. 01 L’articolo II gruppo socialdemocratico alla li Duma venne dapprima pubblicato dal comitato esecutivo deirUfficio internazionale socialista in appen- dice alla circolare n. 21 e poi nel Bollettino dell’Ufficio stesso. Dopo la sua pubblicazione si intensificò la campagna di agitazione all’estero per la liberazione dei deputati socialdemocratici russi: ,J Al processo intentato al gruppo socialdemocratico alla II Duma tutti i cinquantacinque imputati vennero condannati. Presto due di essi morirono. Per questo alla seduta della Duma del 17 (30) ottobre 1911 si parlò di cinquan- tatré deputati. 84 L’interpellanza venne discussa il 15 (28) novembre 1911 e, successiva- mente, in tre altre sedute a porte chiuse; venne poi passata in commissione dove fu respinta. 15 Cfr., nella presente edizione, voi. 15, articolo: Valutazione del momento attuale. 06 Ivi t articolo; Una caricatura del bolscevismo. 07 L’espulsione di Voiloscnikov ebbe luogo per il suo discorso sul regola- mento per il servizio militare, pronunciato alla seduta della Duma del 2 (15) di- cembre 1911. 80 Cfr., nella presente edizione, voi. 16, pp. 193-242. 88 La commissione di organizzazione russa per la convocazione della confe- renza del partito venne costituita alla fine del settembre 1911 a una riunione di rappresentanti delle organizzazioni di partito locali. La riunione, apertasi a Baku e presieduta da Ordgionikidze, fiduciario dell’analoga commissione costi- tuita all’estero, si spostò a Tiflis per sfuggire all’arresto. Vi presero parte i rappresentanti delle organizzazioni di Baku, Tiflis, Iekaterinburg, Kiev e Iekate- rinoslav. In essa vennero ascoltate le relazioni sull'attività locale, sui rapporti della commissione russa con quella estera, sulle elezioni alla conferenza, sulla rappresentanza delle organizzazioni legali e di quelle nazionali. La riunione approvò poi un appello alle organizzazioni locali che venne pubblicato in un foglio a se insieme con le risoluzioni approvate. 80 Si tratta della Zviezdà e della Mysl, pubblicazioni bolsceviche alle quali collaboravano anche i menscevichi partitisti. 91 L’organo di stampa dei liquidatori era il Golos Sotstal-Demokrata (La voce del socialdemocratico) che qui viene ironicamente chiamato La voce dei li- quidatori. 93 Per maggiori particolari cfr., nel presente volume, l’articolo a pp. 341-343, 93 Cfr., nel presente volume, pp. 239-258. 94 Le organizzazioni di Baku e di Kiev avevano svolto un’attività quasi ininterrotta negli anni della reazione. Nella lotta contro i liquidatori si .era ivi attuata l’unione tra i bolscevichi e i menscevichi partitisti. L’organizzazione di Baku aveva appoggiato la decisione di convocare una conferenza del partito per tutta la Russia e aveva partecipato attivamente alla costituzione della commissione d’organizzazione russa. Quella di Kiev era statala prima ad appoggiare la riunione di giugno dei membri del CC e Tidea di nominare una commissione d’organizza- 554 NOTE zione russa per la convocazione della conferenza del partito. Aveva anche desi- gnato un membro del suo comitato per affiancarlo al rappresentante della com- missione di organizzazione estera. 95 In italiano nel testo. 9fi Si tratta del foglio pubblicato nell’autunno del 1911 della commissione d'organizzazione russa. 97 II documento è la lettera di Ordgionikidze alla redazione del SotsialDe- mokrat , pubblicata nel n. 25, 8 (21) dicembre 1911, e firmata N. ## Si tratta di Bruxelles, dove si- trovava il comitato estero della socialde- mocrazia lettone. 99 II noto otzovista era Stanislav Volski. l0() Gli otzovisti di Pietroburgo avevano presentato una loro risoluzione a una seduta allargata del comitato della città tenutasi prima della conferenza gene- rale del partito deiraprile 1908, risoluzione pubblicata nel supplemento del Proletari del 4 (17) aprile 1909. Quello stesso supplemento recava un articolo di Lenin che forniva una particolareggiata critica del documento (cfr., nella pre- sente edizione, voi. 15, articolo cit.). 101 Seguono le firme di Lenin e di altri. 101 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, p. 432. 105 II convegno dei gruppi bolscevici all’estero si tenne a Parigi. Era staro convocato su iniziativa del gruppo parigino di sostegno del giornale bolscevico Rabociaia Cazìeta , e aveva lo scopo di riunire le organizzazioni estere dei bolsce- vichi e di studiare il modo in cui cooperare alla convocazione di una conferenza del partito per tutta la Russia, Vi parteciparono undici delegati con voto delibe- rativo, rappresentanti i gruppi di Parigi, Nancy, Zurigo, Davos, Ginevra, Liegi, Berna e Berlino. Lenin fece una relazione sulla situazione esistente nel partito e scrisse il progetto di risoluzione su tale questione, che fu preso come base per una risoluzione comune approvata poi dal convegno. Il Comunicato e le risoluzioni del convegno vennero pubblicati in un foglio a sé che recava la data del 12 gennaio 1912 (30 dicembre 1911). 104 La risoluzione venne approvata il 17 (30) dicembre 1911, airultima seduta del convegno, 105 II progetto agrario dei 43 contadini (deputati senza partito e di destra) venne presentato alla III Duma il 10 (23) maggio 1908. Esso prevedeva l’aliena- zione forzata, al prezzo medio di mercato, delle terre dei proprietari fondiari non coltivate dagli stessi proprietari. Per l’attuazione della riforma agraria si propo- neva di creare commissioni della terra locali, elette a suffragio universale. Sull’argo- mento, cfr., nella presente edizione, voi. 13, pp. 430433. ,#8 Citazione della lettera di Marx a Lassalle del 19 aprile 1859. Quando Lenin scrisse il suo articolo la lettera di Marx non era ancora stata pubblicata, ed egli si servi degli estratti citati da Lassalle nella sua lettera di risposta a Marx ed Engels del 27 maggio dello stesso anno, lettera che era stata pubblicata da Franz Mehring nel 1902 nel voi. IV del suo Dal legato letterario ( Ans dem literarischen Nacblass von Karl Marx , Friedrich Engels und Ferdinand Lassali ? . Herausgegeben von Franz Mehring. IV: Briefe von Ferdinand Lassalle ati Karl Marx und Friedrich Engels. Stoccarda, Verlag von J.H.W Dietz Nachf., 1902, pp. 153-171). Cfr. anche K. Marx-F, Engels, Ausgewàblte Briefe, Berlino, 1953, pp. 138-139. NOTE 555 107 Le tre interpellanze vennero discusse nelle sedute del 15 e del 17 otto- bre 1911. Quella sul Regolamento « provvisorio » del 1881 venne presentata da cinquantaquattro membri del gruppo cadetto « sulla proroga della validità del Re- golamento e sulle misure atte a salvaguardare il regime politico e l’ordine pubblico, sancito da Sua Maestà il 14 agosto 1881 ». 506 Jellinek : studioso tedesco di giurisprudenza. 10 * Herzenstein, M.Ia.: economista e uomo politico cadetto, deputato di Mo- sca alla I Duma; partecipò attivamente all’elaborazione del programma del partito cadetto. Venne assassinato da un centonero a Terioki (governatorato di Pietroburgo). 110 Alla IV Conferenza del POSDR ( Conferenza di Praga) erano rappresen- tate piu di venti organizzazioni del partito ed essa aveva formalmente l’importanza di un congresso. Di ventitré sedute, cinque furono interamente dedicate alla di- scussione dei rapporti dei rappresentanti delle organizzazioni locali. La conferenza nominò il Comitato centrale, decise di espellere dal partito ì menscevichi e pose fine allunione formale dei bolscevichi e dei menscevichi in un solo partito, gettando così le basi di un partito di nuovo tipo, il partito del leninismo, il partito bolscevico. 111 « Campagna per la petizione »: i liquidatori e Trotski avevano sollevato un gran chiasso per la « petizione » redatta dai liquidatori di Pietroburgo nel dicem- bre 1910, petizione che chiedeva la libertà di associazione, di riunione, di sciopero e che si sarebbe dovuta inviare alla III Duma. La Campagna non ebbe alcuna ri- sonanza fra le masse operaie. 113 La campagna elettorale per le elezioni del Reichstag si era conclusa il 25 gen- naio 1912 con una grande affermazione della socialdemocrazia tedesca, che era riu- scita a mandare al parlamento 1 10 deputati ottenendo 4.500.000 voti. Il saluto del POSDR venne pubblicato sul Vorwàrts il 27 gennaio 1912. 1,3 Le cinque grandi città nelle quali, secondo la legge elettorale, vi erano elezioni dirette con ballottaggio erano: Pietroburgo, Mosca, Riga, Kiev e Odessa. 114 Tverdoonto: conte, personaggio di Staltykov-Stcedrin nei saggi All’estero ; rappresenta il tipo deH’« amministratore errante » a riposo. Ugrium-Burceiev. personaggio dello stesso autore nel romanzo satirico Storia dt una città , che in chiave satirica rappresenta il conte Arakceiev, onnipotente favorito dello zar Alessandro I. 115 II rapporto alTUfficto internazionale socialista , in quanto informazione uffi- ciale sull’awenuta conferenza del POSDR, venne inviato da C. Huysmans, segre- tario dell’Ufficio, a tutti i partiti socialisti. L’informazione era accompagnata da una circolare in cui si chiedeva che l'informazione stessa venisse pubblicata dai partiti socialisti nei loro organi di stampa. Il Vorwàrts , però, pubblicandola la fece seguire da un commento calunnioso di Trotski. Cfr. in merito, nel presente volume, pp. 499-511. 114 La piattaforma elettorale del POSDR fu scritta a Parigi e venne pubblicata in Russia in un foglio a sé che venne diffuso in diciotto località, compresi i più importanti centri operai. La piattaforma venne poi pubblicata in un supplemento al n. 26 del Sotsial-Demokrat. 117 Khodtnka: disastro avvenuto il 18 maggio 1896 a Khodinskoie Polie (alla periferia di Mosca) durante i festeggiamenti per l’incoronazione di Nicola II. Il go- vernatore di Mosca, granduca Serghei Alexandrovic, zio dello zar, aveva predisposto per quel giorno una distribuzione di doni alla popolazione. Nel grande spiazzo di circa nove chilometri quadrati non era stata presa nessuna misura atta a garantire 556 NOTE lmcolumità della gente. A un certo momento, per il grande affollamento vi fu un pigia pigia che provocò la morte di circa duemila persone, e alcune decine di migliaia furono i feriti. -La Khodinka , descritta da Gorki nella Vita di Klim Samghin , entrò nella storia come la prima pagina sanguinosa del regno di Nicola II. 1,1 La legge del 4 marzo 1906 — norme provvisorie relative alle associazioni, organizzazioni e riunioni — f pur consentendo la costituzione di associazioni, ecc., poneva una serie di limitazioni che di fatto la riducevano a zero. Infatti al ministro degli interni era data la facoltà non solo di sopprimere a suo arbitrio associazioni e organizzazioni, ma anche di rifiutarne le registrazione. 119 L’articolo Carte in tavola , scritto a Parigi, era destinato al giornale bolsce- vico Zviezdà, ma non venne pubblicato. L’articolo era accompagnato da una lettera alla redazione, indicata come poscritto. 120 L’opuscolo Vademecum dell elettore {La nostra legge elettorale) usci a Pietroburgo nel 1912. Lenin, attribuendo una grande importanza a questo opu- scolo, ne compilò t redasse il materiale In una sua lettera alla Zviezdà (cfr., nella presente edizione, voi. 35, p. 13) egli raccomandava alla redazione di pubblicare una « cosa ampia e completa », la quale « si dimostrerà utile dando buone di- rettive per le elezioni ». 121 Nel febbraio 1912 il menscevico liquidatore Belousov, deputato del go- vernatorato di Trkutsk alla ITI Duma, aveva presentato una lettera di dimissioni dal gruppo socialdemocratico, di cui faceva parte. Quando Lenin scrisse il suo articolo era aH'oscuro della corrispondenza intercorsa tra lo stesso Belousov e il comitato della Borsa di Irkutsk, nella quale il deputato liquidatore esprimeva a quel comi- tato la sua gratitudine « per l'appoggio e la fiducia » dimostratigli. Pubblicando l'articolo di Lenin, la redazione della Zviezdà informò i lettori del contenuto di questa corrispondenza. 122 Partiti « giusti », in russo « pravie partii »: l’aggettivo « pravi » significa ad un tempo « giusto » e « di destra ». 12J L’opuscolo venne scritto in risposta a un articolo calunnioso di Trotski (pubblicato senza firma nell’organo centrale della socialdemocrazia tedesca) contro la Conferenza di Praga e le sue decisioni. 124 Si tratta della risoluzione antipartito e calunniosa approvata il 12 mar- zo 1912 al convegno, tenutosi a Parigi, dei rappresentanti del comitato estero del Bund, del gruppo « Vperiod », del Golos Sotsial-Demokrata , della Pravda viennese, dei menscevichi partitisi e dei conciliatori. Pubblicata in un foglio a sé, era stata riprodotta nella Pravda viennese e nel n. 4 deìl'Informatsionni Listok del Bund. 125 La V Conferenza del POSDR, comunemente chiamata conferenza del di- cembre 1908. si tenne a Parigi dal 3 al 6 gennaio 1909 (21-24 dicembre 1908). 128 Cfr., nella presente edizione, voi. 16, pp. 193-242. 127 L’Ufficio internazionale socialista, inviando questa lettera a tutti i paniti socialisti, chiedeva loro di pubblicarla sulla loro stampa. CRONACA BIOGRAFICA dicembre 1910 - aprile 1912 1910 Metà dicembre 5 (18) gennaio 22 o 2} febbraio (7 o 8 marzo) febbraio 8 (21) maggio inizio di maggio 14 (27) maggio 28 maggio • 4 giugno (10-17 giugno ) 18 giugno ( l 0 luglio) 18 * Lenin, che si trova a Parigi, scrive una lettera al collegio russo del GC del POSDR sulla situazione esistente nel partito. 1911 Tiene a Parigi una conferenza su Tolstoi. In una lettera alla redazione della Zviezdà denuncia la tattica ricattatoria dei liquidatori ed esige una lotta riso- luta e coerente contro di essi. Scrive una lettera al collegio russo del GC sulle attività scissionistiche dei sostenitori del Golos (liquidatori), dei vperiodisti e di Trotski. Lenin e la Krupskaia si recano per una giornata a Fon- tainebleau (dipartimento della Seine-et-Mame). Lenin comunica a Gorki che il n. 5 della Mysl è stato se- questrato e che la rivista è stata soppressa dal governo; gli chiede inoltre di adoperarsi per trovare un editore disposto a pubblicare una nuova rivista a Pietroburgo. Invia una lettera ai membri del CC del POSDR residenti all estero, invitandoli a intervenire a una riunione per di- scutere sulla convocazione di una sessione plenaria del CC. Dirige i lavori della riunione dei membri del CC all’estero, convocata a Parigi dietro sua iniziativa allo scopo di pre- disporre una rapida convocazione della sessione plenaria del CC e di una conferenza generale del partito. Prende parte allasseinblea del secondo gruppo parigino degli amici del POSDR, presentandovi un progetto di ri- soluzione sulla situazione esistente nel partito. La risolu- 560 CRONACA BIOGRAFICA luglio primavera ed estate , non oltre il 17 (30) agosto 2 (15) settembre 9-10 (22-23) settembre lOdl (23-24) settembre 12 (25) settembre 13 (26) settembre 15 (28) settembre 19 settembre (2 ottobre) 15 (31) ottobre 19 ottobre (lo novembre) non oltre il 14 (27) dicembre zione viene approvata e nel luglio viene pubblicata sotto forma di volantino. Dà istruzioni a Saveliev, nominato redattore della rivista bolscevica legale Prosvestcenie e si accorda con lui per la propria partecipazione alla redazione della rivista dal- l’estero. Lenin e la Krupskaia vivono a Longjumeau, non lontano da Parigi, ove Lenin dirige l’organizzazione di una scuola di partito* Lenin tiene in questa scuola un corso di lezioni sull’eco- nomia politica (trenta lezioni), sulla questione agraria (dieci lezioni) e sulla teorìa e la pratica del socialismo (cinque lezioni). In una lettera a Gorki lo invita a continuare la sua colla- borazione alla Zviezdà. Andando a Zurìgo si ferma a Lucerna e sale sulla vetta del monte Pilatus. Prende parte a Zurìgo a una seduta dell’Ufficio interna- zionale socialista e interviene in difesa di Rosa Luxemburg che ha preso posizione contro Topportunismo dei social- democratici tedeschi. Sempre a Zurigo, in un'assemblea del gruppo locale del POSDR, tiene una relazione sulla situazione esìstente nel partito. Nella stessa città tiene una conferenza sul tema Stolypin e la rivoluzione . Parla sullo stesso tema a Berna* Sempre sullo stesso tema tiene una conferenza a Ginevra. Ripete la conferenza a Parigi. Chiede, in una lettera al rappresentante del partito so- cialdemocratico ceco in seno all’Ufficio internazionale so- cialista, se è possibile tenere una conferenza del POSDR a Praga, pregandolo anche di adoperarsi per la sua orga- nizzazione. Si prepara al convegno dei gruppi bolscevichi all estero: lavora alle tesi del rapporto sulla situazione esistente nel partito e scrive il progetto di risoluzione su L’organizza- zione delle forze socialdemocratiche partitiste all’estero e i compiti dei bolscevichi. 14-17 (27-30) dicembre 24 (27) dicembre 13 (28) dicembre 16-17 (29-30) dicembre 22 dicembre (4 gennaio) fine dell’anno 3-17 (18-30) gennaio 5 (18) gennaio 6 (19) gennaio 7 (20) gennaio CRONACA BIOGRAFICA 561 Dirige a Parigi i lavori del convegno dei gruppi bolsce- vichi all’estero. Apre i lavori del convegno con un discorso di saluto ed interviene con un rapporto sulla situazione esistente nel partito. Dirige le discussioni del convegno e pronuncia il discorso conclusivo sul suo rapporto. Partecipa alle discussioni per l’elaborazione del testo defi- nitivo della risoluzione. Su sua proposta il convegno elegge il comitato d’organizzazione estero, che viene incaricato di elaborare uno statuto. Interviene nelle discussioni sulla questione dell'appoggio da darsi alla commissione d’organizzazione russa e del- l’imminente conferenza del partito. Il convegno approva la risoluzione proposta da Lenin. Scrive uno schema di rapporto sulla situazione politica. 1912 Lenin dirige i lavori della Conferenza di Praga; pronuncia il discorso d’apertura e tiene una relazione sul momento politico e i compiti del partito; presiede le sedute; scrive i progetti delle risoluzioni sui poteri della conferenza, sul momento politico e i compiti dei partito, sul liquidatori- smo e sul gruppo dei liquidatori, sui compiti dei socialde- mocratici nella lotta contro la fame, sulla campagna per la petizione; compila un progetto di emendamenti allo statuto organizzativo del partito. Interviene alla conferenza con un discorso sulla natura della conferenza stessa. Alla terza seduta della conferenza prende appunti sulle re- lazioni delle organizzazioni locali. Pronuncia alla quinta seduta della conferenza un discorso sull’attività svolta dall’organo centrale e tiene una rela- zione sulTattività dell’Ufficio internazionale socialista; ri- sponde alle domande dei delegati e interviene nei dibattiti sulla risoluzione in merito ai rapporti delle organizzazioni locali. Alla sesta seduta della conferenza interviene due volte nei dibattiti sulla sua relazione riguardante l’attività del- l’Ufficio internazionale socialista. %2 8 (21) gennaio tra il 9 e il 13 (22-26) gennaio 10 (23) gennaio 11 (24) gennaio 12 (25) gennaio tra il 12 e il 17 (25-30) gennaio 19 gennaio (lo febbraio) fine di gennaio tra la fine di gennaio e il principio di febbraio 28 febbraio (12 marzo) febbraio 12-13 (25-26) marzo CRONACA BIOGRAFICA Allottava seduta interviene nelle discussioni sulla qye- stione dei compiti della socialdemocrazia nella lotta contro la fame. Il suo progetto di risoluzione su questo problema viene approvato dalla conferenza. Per incarico della conferenza redige un telegramma di saluto alla socialdemocrazia tedesca in occasione del suo successo alle elezioni al Reichstag. Il telegramma viene pubblicato il 7 gennaio sul Vortvàrts. All’undicesima seduta della conferenza interviene nella di' scussione sulla questione del lavoro del partito all'estero. Alla dodicesima seduta interviene sulla questione orga- nizzativa. Il suo progetto di risoluzione sul momento politico e i compiti del partito viene approvato dalla conferenza (quin- dicesima seduta)» La Conferenza di Praga elegge Lenin a membro del CC e della redazione dell'organo centrale e a rappresentante del partito nell'Ufficio intemazionale socialista. Lenin s’incontra a Lipsia coi deputati socialdemocratici alla Duma e li informa delle decisioni della Conferenza di Praga. Da Lipsia si reca a Berlino per ritirare dagli ex « depo- sitari », conformemente alla decisione della Conferenza di Praga, i denari appartenenti al partito. Informa Gorki per lettera dell’av venuta conferenza del POSDR e lo prega di scrivere un manifestino per il Primo maggio da pubblicarsi in Russia. Scrive una lettera al gruppo degli amici del POSDR di Berna sui lavori della Conferenza di Praga, sulla sua com- posizione, sui rapporti dei delegati delle organizzazioni lo- cali alla conferenza, denuncia i tentativi dei liquidatori di convocare una loro conferenza. Il rapporto di Lenin all’Ufficio internazionale socialista sulla conferenza del POSDR viene inoltrato dal segretario dell'Ufficio ai partiti socialisti unitamente alla circolare n. 4, del 18 marzo, perché venga pubblicata sulla stampa di partito. In una lettera alla redazione della Zviezdà Lenin chiede che gli siano inviati libri sulla legge elettorale del 3 giu- gno 1907 e altri materiali necessari per compilare Topu- CRONACA BIOGRAFICA 563 15 (28) marzo seconda metà di marzo non oltre il 30 marzo (12 aprile) non oltre il 9 (22) aprile aprile scolo Vademecum dell elettore, chiede inoltre informazioni sull’uscita di un quotidiano operaio. In una lettera a Orgionikidze gli indica la necessità di rafforzare i contatti fra le organizzazioni locali e il centro estero e insiste sull’urgenza di recarsi presso le varie orga- nizzazioni per informarle sulla Conferenza di Praga. Lenin e la Krupskaia scrivono a Orgionikidze. Lenin sotto- linea la necessità di una lotta accanita e sistematica per smascherare i liquidatori. In un’assemblea tenutasi a Parigi e organizzata dal comi- tato d’organizzazione estero Lenin tiene un discorso sulla Conferenza di Praga. Invia una dichiarazione a Huysmans, segretario dell’Ufficio internazionale socialista, in merito aH’atteggiamento ostile dei gruppi esteri dei liquidatori e degli otzovisti verso le decisioni della Conferenza di Praga, dichiarazione che viene inviata a tutti i partiti socialisti perché venga pub- blicata sulla stampa di partito. Redige il Vademecum dell'elettore e invia il materiale re- datto alla redazione della Zviezdà. Dirige il lavoro preparatorio per la pubblicazione del giornale bolscevico legale Frauda INDICI INDICE DEI GIORNALI E DELLE RIVISTE Birgevte Viedomosti (Notizie della Borsa): quotidiano fondato a Pietroburgo nel 1880. Dal novembre 1902 ebbe due edizioni al giorno. Fu soppresso nel novembre 1917. Budustceie (V Avenir): giornale liberale che si pubblicò a Parigi in lingua russa dal 1911 ài 1914. Daily Mail (Posta quotidiana): giornale dell’estrema destra del partito conservatore che si pubblica a Londra dal 1896. Dielo Gizni (La causa della vita): rivista legale dei menscevichi liquidatori che si pubblicò a Pietroburgo dal gennaio al dicembre 1911. Dnievnik Sotsud-Demokrata (Diario del socialdemocratico): rivista edita da Ple- khanov, che usci saltuariamente, con grandi intervalli, dal marzo 1905 all’apri- le 1912 a Ginevra. Ne uscirono 16 numeri. Nel 1916 ne usci ancora un numero a Pietrogrado. Givoie Dielo (La causa della vita): giornale legale dei menscevichi liquidatori che si pubblicò a Pietroburgo dal gennaio all’aprile 1912. Giztt (La vita): rivista legale dei menscevichi liquidatori che si pubblicò a Mosca nell’agosto e settembre 1910. Golos Moskvy (La voce di Mosca): quotidiano degli ottobristi, partito controri- voluzionario della grande borghesia industriale e dei grandi proprietari fon- diari. Uscf a Mosca dal dicembre 1906 al giugno 1915. Golos Sotsial-Demokrala (La voce del socialdemocratico): giornale pubblicato all’estero dai menscevichi liquidatori; usci prima a Ginevra e poi a Parigi dal febbraio 1908 al dicembre 1911. Golos Zemli (La voce della terra): giornale liberale che si pubblicò a Pietro- burgo nel 1912. Uumanité (U): quotidiano francese fondato da Jaurès nel 1904. Dal 1920, organo centrale del Partito comunista francese. Informatsionnì Biulieten (Bollettino d’informazione): pubblicazione della commis- 568 INDICE DEI GIORNALI E DELLE RIVISTE sione tecnica estera, organo frazionistico dei conciliatori, che si pubblicò a Parigi dall'agosto all’ottobre 1911. Iskra (La scintilla): primo giornale illegale marxista russo, fondato da Lenin nel 1900. Si pubblicò a Lipsia, poi a Monaco e in seguito (dall’aprile 1902) a Londra e a Ginevra (dal 1903 X Nel novembre di quell’anno passò nelle mani dei menscevichi. Cessò le pubblicazioni nel 1905. Justice : quotidiano, organo centrale della federazione socialdemocratica e dal 1911 giornale del Partito socialista britannico. Usci a Londra dal 1884 al 1925. Kievskaia Mysl (Il pensiero di Kiev): quotidiano di tendenze democratiche bor- ghesi che si pubblicò a Kiev dal 1906 al 1918. Vi collaborarono i menscevichi. Labour Leader (The) (Il capo operaio): quotidiano, organo di stampa del Partito operaio indipendente di Inghilterra fondato nel 1890. Si pubblicò a Man- chester, Londra e si pubblica tuttora a Glasgow. Mysl (Il pensiero): rivista legale bolscevica che trattava temi filosofici, sociali ed economici. Si pubblicò a Mosca nel 1910 e 1911. Nascia Zarià (La nostra aurora): rivista mensile legale dei menscevichi liquidatori che si pubblicò a Pietroburgo dal 1910 al 1914. Novoie V remia (Tempi nuovi): giornale che sì pubblicò a Pietroburgo dal 1868 al 1917. Dapprima liberalmoderato, divenne poi, a cominciare dal 1876, Porgano di stampa della nobiltà e dell’alta burocrazia. Dal 1905 giornale centonero. Obskaia Ziztt (La vita delTOb): giornale dì tendenze mensceviche liquidatriri die si pubblicò a Novonikolaìevsk (attualmente Novosibirsk) dal 1909 al 1912. Osvobozdenie (L’emancipazione): rivista quindicinale della borghesia monarchico- liberale che si pubblicò all'estero dal 1902 al 1905, sotto la direzione di Piotr Struve. Nel gennaio 1904 divenne l'organo del gruppo « Unione per la liberazione», nucleo del futuro partito cadetto. Otkliki Bunda (L’eco del Bund): rivista del comitato estero del Bund che uscì saltuariamente a Ginevra dal 1909 al 1911. Pravda [di Vienna] (La verità): giornale menscevico liquidatore, editò a Vienna; organo frazionistico di Trotski. SÌ pubblicò dal 1908 al 1912. Proletari (Il proletario): giornale illegale bolscevico che si pubblicò a Vyborg, Ginevra e Parigi dal 1906 al 1909. Di fatto era l’organo centrale dei bolsceviche Posvestcenie (L’istruzione): rivista legale bolscevica che trattava problemi teoria. Si pubblicò a Pietroburgo dal 1911 al 1914 e nel 1917. Raboceie Dielo (La causa operaia): rivista degli « economisti », organo di stampa non periodico dell’* Unione dei socialdemocratici russi all’estero »; si pubblicò a Ginevra dal 1899 al 1902. Rabociaìa Gazieta (Il giornale operaio): organo di stampa popolare dei bolscevichi INDICE DEI GIORNALI E DELLE RIVISTE 569 che si pubblicò a Parigi dal 30 ottobre 1910 al 30 luglio 1912; ne uscirono 9 numeri. Vi collaborarono i menscevichi partitisti. Lenin ne fu il fondatore e il direttore. La conferenza di Praga del POSDR (gennaio 1912) lo dichiarò organo ufficiale del CC bolscevico. Rabociaia Gizn (Vita operaia): giornale mensile, organo di stampa dei menscevichi sostenitori del Golos e dei conciliatori. Usci a Parigi dal febbraio aUTapri- le 1911. Rabociaia Mysl (Il pensiero operaio): giornale degli «economisti». Si pubblicò dall'ottobre 1897 al dicembre 1902 prima a Pietroburgo e poi a Berlino, Varsavia e Ginevra. Ne uscirono complessivamente 16 numeri. Riec (Il discorso): quotidiano, organo centrale del partito cadetto, che si pubblicò a Pietroburgo dal febbraio 1906 al 26 ottobre 1917. Rossia (Russia): giornale centonero della polizia; dal 1906 organo ufficiale del ministero degli interni. Si pubblicò a Pietroburgo dal 1905 al 1914. Russkaia Mysl (Il pensiero russo): mensile liberale che si pubblicò a Mosca dal 1880 alla metà del 1918. Dopo la rivoluzione del 1905 organo di stampa dell'ala destra del partito cadetto Russkie Vìedomosti (Notizie russe): quotidiano fondato a Mosca nel 1863 da professori liberali delFuniversità moscovita e da personalità dello zemstvo. Dal 1905 organo di stampa dei cadetti di destra. Venne soppresso dopo la rivoluzione di ottobre. Russkoie Bogatstvo (La ricchezza russa); mensile pubblicato a Pietroburgo dal 1876 alla metà del 1918. Dall’inizio degli anni novanta organo di stampa dei populisti liberali, dal 1906 giornale del partito « socialista popolare ». Russkoie Slovo (La parola russa): giornale liberale che si pubblicò a Mosca dal 1895 al 1917. Sozialistiscbe Monatshefte. Internationale Revue des Sozialismus (Quaderni men- sili socialisti. Rivista intemazionale del socialismo): principale organo di stampa degli opportunisti in seno alla socialdemocrazia tedesca e dell'oppor- tunismo internazionale. Si pubblicò a Berlino dal 1897 al 1933. Viestnik levropy (Il messaggero d’Europa): rivista mensile che usci a Pietroburgo dal 1866 all'estate del 1918. Essa propugnava le concezioni della borghesia liberale russa; a cominciare dagli anni novanta condusse una lotta sistematica contro il marxismo. Viestnik Norodnoi Voli (11 messaggero della Volontà del popolo): usci a Ginevra fra il 1883 e il 1886, quale organo di stampa del partito della « Volontà del popolo ». Ne apparvero cinque numeri. Vorwàrts (Avanti): quotidiano, organo centrale della socialdemocrazia tedesca, che si pubblicò a Berlino dal 1891 al 1933- Dopo la morte di Engels diventò uno dei principali strumenti dell*opportunismo nel movimento operaio. Vozrozdenie (Rinascita): rivista dei menscevichi liquidatori che si pubblicò a Mosca dal dicembre 1908 al luglio 1910. 570 INDICE DEI GIORNALI E DELLE RIVISTE Vperiod (Avanti): raccolta di articoli che usci a Ginevra nel 1910 e 1911. Era l’organo di stampa del gruppo antipartito « Vperiod ». Zaprocy Gizni (Le esigenze della vita): rivista dei cadetti, dei socialisti popolari e dei menscevichi liquidatori. Usci a Petroburgo dal 1909 al 1912. Zarià (L’aurora): rivista teorica marxista, pubblicata a Stoccarda sotto la direzione di Lenin e Plekhanov negli anni 1901 e 1902. Ne uscirono 4 numeri. Zemstcina : (Il ceto contadino): quotidiano centonero, organo di stampa dei de- putati d’estrema destra della Duma che si pubblicò a Pietroburgo dal 1909 al 1917. Zviezdà (La stella): giornale bolscevico legale che si pubblicò a Pietroburgo dal 16 dicembre 1910 al 22 aprile 1912 (dapprima settimanale, dal gennaio 1912 usci due volte alla settimana e dal marzo tre volte). La Zviezdà preparò la pubblicazione della Pravda e venne soppressa dal governo il giorno in cui usd il primo numero di questo giornale. INDICE DEI NOMI Alessandro il Macedone» 289. Alessandro II, 106. Alessandro III, 235. Alexandrov M.S., pseud. di M.S. Olmin- ski, 209 n., 339, 365. Alexeienko M.M., 119-121. Alexinski G.A., 507. Andreiciuk M.S.» 420, 421. Antonio di Volinia, 235. Arkadi, pseud. di F.I. Kalinin, 255. Astrakhantsev E.P., 350, 510. Auer I., 144. Avdakov N.S., 364. Axelrod P.B., 15, 54, 130, 133, 209 n., 329, 506. Bazarov V.A., 45, 46 , 49, 56, 63^7. Bebel A., 79, 219, 220. Belousov T.O., 63, 419, 489-493, 510 n. Beltov N. vedi Plekhanov G.V. Ber vedi Liber M.I. Berdiaiev N.A., 176. Berezovski A.E., 88, 89, 276. Bernstein E., 47, 49, 139, 140, 144, 210, 215, 373. Bismarck O. von, 78, 125, 219. Bissolati L., 510 n. Blank R.M., 537. Bogdanov A. (Maximov), 12, 13, 374,. 507. Bogdanov B.O, 147-150. BòhmiBaiwerk E., 289. Brentano L., 47, 269. Bri and A., 195. Brodski B.B., 305-308. Brouckère L. de, 146. Bulat A.A., 122. Bulyghin A.G., 191. Burenin V.P., 135-138. Burns J., 195. Burtsev V.L., 306, 314. Cerevanin N., 47, 332, 393, 394. Cemyscevski N.G., 99, 107, 108. Ciatski I. (Iuri), 9, 15, 20 n., 114-116, 184, 185, 201, 228, 249, 255, 268, 271, 272, 324, 334, 365, 377, 379- 381, 391, 431, 452, 465, 487, 514. Ciukovski K.I., 64-67. Ckheidze N.S., 510. Copernico N., 154. Cunow H., 313. Dan F.I., 28, 93, 114-16, 130, 209 n., 210, 216, 226, 255, 271, 329, 332, 334, 380-382, 388, 391, 458, 465, 505, 521, 527. Dioneo, pseud. di I.V. Scklovski, 287, 292. Dnevnitski P.N., 221 n. Dolgorukov Pav. Dm. 390. Duhring E., 59, 60. Dumas Ch., 309. Dumbadze IA, 263 , 303 , 417. Durnovo P.N., 233, 273, 277, 399-403, 405. Dziubinski V.I., 409-414. Engels F., 29, 59, 60, 79, 141, 158, 290-293, 392, 393. 574 INDICE DEI NOMI Erostrato di Efeso, 44, 49, 55, 64. F. L-ko vedi Lenin V.I. Feuerbach L., 62. Frank S.L., 51. Frei W. vedi Lenin V.I. Galilei G., 154. George H., 292, 293. Ghegheckori E.P., 175, 280, 301, 303, 409, 510. Gherasimov A.V., 306. Gherman, pseud. di K. Ch. Daniscevski, 255. Gromoboi, pseud. di A.V. Bobristcev- Puskin, 83, 86, 90, 151, 152, 154. Guckov A.I., 50, 70, 233, 237, 238, 273, 275-277, 279, 300, 333, 355, 364, 398-401, 405, 407, 470. Guglielmo II, 157. Gurko V.I., 263. Hall L., 159, 160. Hegel G.W.F., 62. Heiden P.A., 237, 238, 274-277. Herzenstein M.Ia., 417. Heydebrand, 297. Hirsch K., 287, 289. Huysmans C., 512. Hyndman H.M., 156-158, 287, 288, 290- 293. legiov V. pseud. di S.O. Zederbaum. 365, 487. Iegorov N.M., 352, 510. Igorev (Igor), pseud. di B.I, Goldman, 10, 18-20, 116, 181, 182, 185, 201, 210, 229, 342, 343, 507. Iliodoro, pseud. di S.M. Trufanov, 263, 417, 478. Innokenti (Inok, Innokentiev), pseud. di I.F. Dubrovinski, 92, 181, 182, 186, 252. lonov, pseud. di F.M. Koighen, 243, 245, 252, 463. Isuv I.A. (M-l, Mikhail), 9, 15, 20 n., 114, 116, 184, 185, 201, 228, 249. 255, 324, 431, 452, 514. ludin, pseud. di IL. Eisenstadt, 181, 182. luduscka , 35. Iuri vedi Ciatski I. Iusekevic P.S., 374. Ivan Ivanovky 175, 177, 254. Ivan Nikijoryc , 175, 177, 254. Izgoiev A.S., 51, 58, 61, 84-89, 192, 214, 270, 461, 464, 465. Jakovlev, 282. Jaurcs J., 140. Jellinek G., 415. Kahan Z., 157, 158. Kamenev L.B., 208, 209, 211 n. Kant I., 62 Kapustin M.Ia., 360. Karaulov V.A., 36, 37, 86, 191, 214, 276, 347. Katsap, pseud. di A. A. Poliakov, 181. Kautsky K., 60, 61, 63, 209 n., 341. Kavelin K.D., 99. Kelepovski S.I., 420. Khomiakov N A., 119, 120, 364. Khvostov A.N., 478. Kogan V.L., 139. Kokovtsov V.N., 278, 418. Koliubakin A.M., 518, 519. Kolupaiev , 71. Kondurusckin, S.S., 282, 283. Kostrov, pseud. di N.N. Giordania, 181, 182, 184. Kovalevski M.M., 537. Krestovnikov, 364. Kricevski B.N., 144. Kropotov A. E., 413. Krygianovski S/E., 236, 275, 469. Krylov IA., 150. Kutler N.N., 419, 430. Kuznetsov G.S., 316-319, 510. Lafargue L., 285. Lafargue P., 285, 286. Lansbury G., 159, 160. Larin Iu., pseud. di M.A. Lurie, 133- 140, 143 146, 208, 216-218, 221-223, 226, 242, 255, 256, 263, 270, 272, 303, 304, 332, 334, 339, 381-383, 385, 386 n., 388, 394, 464, 465, 467, 487, 505. Lassai le F., 290, 392. INDICE DEI NOMI 575 Lavrov P.L., 60. Leder V., 327, 328. Lenin V.I. (FX-ko, W. Frei), pseud. di V.I. Ulianov, 199, 211, 255, 475, 506, 507, 511 n., 523. Leviti K., 39. Levitski V., pseud. di V.O. Zederbaum, 15, 46, 47, 56, 66, 114, 115, 129, 130, 132, 144, 145, 147-150, 196-198, 208, 215, 223, 226, 242, 255, 257, 269, 272, 374, 381, 382, 385, 396, 464-466, 485, 487, 505. Liakhov V.P., 262. Liber M.I. (Ber), 201 n., 210, 226, 229, 342, 343, 508. Liebknecht W. f 79, 220. Lindov G.D., pseud. di G.D. Leiteisen, 181, 182. Litovtsev S., pseud. di S.L. Poliakov, 121 . Lopatin G.A., 36. Lopukhin A. A., 408. Lunaciarski A.V., 329 n., 369, 374, 379, 507. Lunin A.L,. 360. Lvov N.N., 175, 176, 238, 275, 277, 421. M-l vedi Isuv I.A. MacDonaid R., 140, 159-161, 303. Maievski I., 47. Makar, pseud. di VP. Nogin, 181, 182, 186. Makarov A.A., 478. Maklakov V,A., 86, 110, 111, 173, 174, 176, 469, 526, 539. Man H. de, 146. Mank, pseud. di A.I. Liubimov, 325. Markov {Markov 2°), 120, 238, 279, 296, 298, 315, 316, 332, 337, 342, 346-348, 364, 365, 407, 413415, 420, 429, 430, 445, 446, 477. Martov L., pseud. di I.O. Zederbaum, 9, 14-16, 18, 20, 28, 56, 114-116, 130, 134-146, 149, 202 n., 208, 209 n., 210, 215, 221-223, 226, 251, 255, 269-272, 314, 332, 334, 377, 379- 383, 385-388, 393, 396, 458461, 464- 467, 484, 487, 505, 506, 521-527. Martynov A., 130, 144, 209 n., 505. Marx K., 42, 62, 96, 97. 141, 287-292, 392, 393. Maslov P.P., 374. Maximov vedi Bogdanov A. Mazzini G., 287, 288. Mehring F., 209 n., 341. Menscikov M.O., 76, 81, 82, 84-86, 90, 100, 111, 135, 136, 28 2. Mesckovski, pseud. di I.P. Goldenberg, 91, 94, 182. Mikbail vedi Isuv IA. Mikhailovski N.K., 60. Miliukov P.N., 16, 50, 70, 84-88, 130, 235, 238, 271, 276, 277, 279, 300, 333, 334, 355, 366, 384, 385, 404 n., 405, 415417, 468-472, 516, 518, 536. Miliutin V.P., 181. Mirov V., pseud. di V.K. Ikov, 134, 137, 138. Mòller-Zakomelski A.L., 126. Morley J., 158, 288 n. Morozov, 81. Moskovski A., 116. Muromtsev S.A., 51, 236-238, 275, 276, 279, 405, 415. Mymreisov, 30 4. Napoleone III, 289. Nicola I, 137, 384. Nicola II, 104, 105, 231, 235, 237, 238, 262, 263, 312, 333, 338, 429, 445, 476478, 494, Nievedomski M., 379, 467. Nikolai-on, pseud. di N.F. Danielson, 95, 96. Nikolin N., 363, 366. Obolenski A.D., 233. Oldenburg, 297. Olghin V., pseud. di V.P. Fomin, 93, 182. Pescekhonov A.V., 149. Petragitski L.I., 400, 402, 403. Petrov K.M. (Petrov 3°), 301, 303, 352, 410, 413415, 523. Petrunkevic LI., 400404. Piletski I.A., 133-135. Piotr, pseud. di N.V. RamiscviJi, 182- 184. 576 INDICE DEI NOMI Plekhanov G.V., 11. 58-61. 66, 67, 116, 145, 197, 200, 201 n„ 204, 249, 255, 465, 501, 504, 506-508, 511 n., 515. Pieve V.K., 231. Pokrovski I P. ( Pokrovski 2°), 280, 408, 409, 510. Poletaiev N.G., 510. Potresov A.N., 9-13, 15, 16, 18-20, 23-27, 44-46, 48-64, 66, 67, 91-93, 114, 115, 129, 130, 132, 144, 145, 147-150, 197, 199, 201 n„ 203, 208, 210, 223, 225-228, 242, 249, 257, 270, 272, 303, 325, 334, 365, 374, 380- 382, 464-467, 487, 505, 506. Predkaln A.I., 510. Prokopovic S.N., 47, 270, 303, 373. 381. Purisckevic VAI,, 16, 63, 84, 86, 120, 238, 262, 263, 265, 279, 296-301, 310, 313, 315, 332-334, 337, 346, 347, 355, 364, 365, 381, 384-386, 390, 391, 414, 463, 470, 477, 497, 517, 519, 522, 523, 526, 531, 534- 537, 540, 541. Putiatin V.P., 350. Quelch H„ 157, 158. R-kov N., vedi Rozkov N. Rasputin G.E., 478. Reimbot A.A., 263, 364, 417. Rennenkampf P.K., 126. Riabuscinsld, 81. Rodicev FI., 280, 335, 407, 409, 411, 415. Rodzianko M.V., 119, 121, 122, 407. Roman, pseud. di KM. Ietmolaiev, 9, 15, 20 n.. 114-116, 184, 185, 201, 228, 249, 255, 324, 431, 452. Romanov (famiglia), 38, 104, 232, 235 237, 313, 315, 316, 318, 332, 337! 477 , 478. Rouanet G., 144. Rozanov N.S., 352. Rozkov (R-kov N.), 294-304, 331-335, 339, 365, 395. Rubanovic I.A., 36, 37. S.V. (Volski S.A.), 336, 337. Saltykov-Stcedrin M.E., 379. Sazonov N.D., 360. Schapper K., 141. Schwarz, pseud. di K.J. Elias, 227, 229, 324, 325. Scingarev A.I., 414, 415. Scipov D.N., 50, 233, 398, 399, 401. Sciurkanov V.I., 510. Singer P„ 77-79. Smirnov I., pseud. di E.L. Gurievic, 242. Sombart W., 47. Sorge FA, 291, 292. Spinoza B., 289. Stakhovic M.A, 233, 273, 275, 276, 398. Stceglovitov I.G., 335. Stepanov, 278. Stolypin P.A., 16, 18, 35, 71, 72, 104, 110, 114, 117, 120, 151-155, 173, 174, 182, 186, 189-193, 199, 201, 203 , 206-208, 221, 223 , 225 , 228, 230-238, 257, 262, 264, 265 , 271, 274-277, 279, 321, 333, 334, 384, 399, 400, 402, 403, 405-407 , 418, 420, 478. Struve P.B., 50, 51, 96, 130, 147, 150, 176, 191, 208, 214, 235, 303, 373, 384, 461, 469. Sukhomlin VI., 36. Surkov P.I., 510. Sverckov DI'., 186. Tartarmo di Tarascona, 377, 379, 380, 510, 511. Teslenko N.V., 189-191, 308, 415 Thiers A., 124, 126, 289. Tikhomirov L.A., 36. Tolmaciov I.N., 72, 139, 140, 155, 176, 238, 263 , 364, 417, 478. Tolstoi A.P., 412, 413. Tolstoi LAI., 34-43, 265. Trepov DI’., 279, 405. Trotski L.D., 11-14, 19-27, 35, 91-93, 199, 209, 225-227, 240-243, 245-247, 249, 250 n„ 251, 252, 323-325, 329, 336338, 342, 377, 378, 390, 467, 507, 508, 511, 527. INDICE DEI NOMI 577 Trubetskoi E.N., 233, 273, 279, 398- 405. Tugan-B arano vski M.-I., 96. Tverdoonto, 412. Tyszka L. f 325, 327, 328, 342. Ugrium-Burciaiev , 472. Ulianov V I. vedi Lenin V.I. Urusov S.D., 233, 273, 276, 277, 279, 398, 399. V.V. (Vorontsov V.P.), 95. Viktor, pseud. di V.K. Taratuta, 209 n. Viscnievski A.P., 415, 419. Vodovozov V.V., 537-541 Voiloscnikov A.A., 122, 320, 510, 523, 526. Volkonski NS., 121, 364. Vollmar G. von, 144. Voronin SA., 510. Warski A., 511 n. Willich A., 141. Witte S.Iu., 37, 137, 191, 233, 273, 275, 279, 398-405. Yuan Sci*kai, 461. Zakharov M.V., 510. Zamyslovski G.G., 463. Zetkin C, 209 n., 341, 454. GLOSSARIO Barstcina : Cerespolositza : Desiatimi : Khutor: Nadiel : Obstcina Otrabotku: Starosta ; lavoro obbligatorio gratuito che il contadino eseguiva sulle terre signorili al tempo della servitù della gleba. sistema fondiario basato sulla proprietà contadina di di- versi lotti sparsi e incastrati in mezzo alla tenuta del grande proprietario fondiario e che favoriva la sopravvi- venza di forme della servitù della gleba. unità di superficie corrispondente a poco piu di un ettaro- piccola proprietà terriera posta fuori dell’abitato e costi- tuita da un appezzamento di terra con casa e accessori. lotto di terra che la famiglia contadina aveva ricevuto in godimento all’epoca del feudalesimo, destinato a fornirle la sussistenza necessaria, in modo che potesse poi eseguire gratuitamente sull’azienda signorile le prestazioni in lavoro previste dal sistema (cfr. barstcina). Questo lotto, con la riforma del 1861 , venne assegnato alla famiglia stessa, ma senza il diritto di alienarlo e dopo averne stralciato una parte considerevole a favore dei proprietari fondiari. (letteralmente comunità): organizzazione contadina di vil- laggio a carattere amministrativo e di ceto, per i cui membri vigeva, per ciò che concerneva il fisco, il prin- cipio della responsabilità collettiva; i membri del Yobstcina 1 inoltre, possedevano la terra in comune, senza alcun di- ritto di proprietà sugli appezzamenti coltivati. lavoro per il grande proprietario fondiario dopo l’aboli- zione della servitù della gleba; poteva essere convertito nel versamento di una quota parte dei prodotti della terra o assumere la forma di vere e proprie prestazioni gra- tuite per la terra ceduta ai contadini, per l’uso del pa- scolo, delle strade, dei boschi, ecc. carica elettiva che comportava funzioni amministrative e poliziesche nelle località rurali. GLOSSARIO 579 Strazniki : Trudovikt: Volost : Zemskie nacialniki : Zemstvo: Zemtsy : membri di speciali nuclei di polizia istituiti nelle località rurali della Russia zarista col compito precipuo di lottare contro le rivolte contadine; dopo la rivoluzione del 1905 questi nuclei vennero creati in quasi tutti i governatorati. appartenenti al « gruppo del lavoro »; raggruppamento di tendenze democratiche borghesi, costituito nell'aprile 1906 dai deputati contadini alla I Duma e che esistette in tutte c quattro le legislature della Duma. circoscrizione territoriale rurale, la più piccola unità ammi- nistrativa della Russia zarista. funzionari locali con ampi poteri amministrativi e giudi* ziari; venivano designati su proposta del governatore dopo l’approvazione del ministro degli interni. istituto di autoamministrazione locale a cui potevano acce- dere i soli elementi provenienti dalla nobiltà e dalla borghesia. funzionari dello zemstvo o anche fautori di questo istituto. INDICE DEL VOLUME Nota delVeiitore dicembre 1910 - aprile 1912 LETTERA AL COLLEGIO RUSSO DEL CC DEL POSDR LA SITUAZIONE NEL PARTITO ALCUNE PARTICOLARITÀ DELLO SVILUPPO STORICO DEL MAR- XISMO ROSSORE DI VERGOGNA DI IUDUSCKA TROTSKI LA CARRIERA DI UN TERRORISTA RUSSO L.N. TOLSTOI E LA SUA EPOCA IL MARXISMO E LA « NASCIA ZARIÀ » I NOSTRI ABOLIZIONISTI I. IL III. IV. V. I CADETTI, I « DUE CAMPI » E IL « RAGIONEVOLE COM- PROMESSO » IL CINQUANTENARIO DELL’ABOLIZIONE DELLA SERVITÙ DELLA GLEBA PAUL SINGER 582 INDICE DEL VOLUME ASTERISCHI 81 NEL COLLEGIO RUSSO DEL C.C 91 A PROPOSITO DI UN ANNIVERSARIO 95 « RIFORMA CONTADINA » E RIVOLUZIONE PROLETARI A-CON- T ADINA 104 I DEMOLITORI DEL PARTITO NELLA PARTE DI « DEMOLITORI DI LEGGENDE » 114 CADETTI E OTTOBRISTI 119 IN MEMORIA DELLA COMUNE 123 LA STRUTTURA SOCIALE DEL POTERE, LE PROSPETTIVE E IL LIQUIDATORISMO 128 NOTE POLEMICHE 147 IL SIGNIFICATO DI UNA CRISI 151 IL CONGRESSO DEL PARTITO SOCIALDEMOCRATICO INGLESE 156 DIALOGO TRA UN LEGALITARIO E UN ANTILIQUIDATORE 162 « RAMMARICO » E « VERGOGNA » 172 MATERIALI PER LA RIUNIONE DEI MEMBRI DEL CC DEL POSDR 179 1. Lettera alla riunione dei membri del CC del POSDR all’estero 181 2. Schema del rapporto dei tre membri bolscevichi del OC alla riunione non ufficiale di nove membri del CC 184 3. Progetto di risoluzione sui poteri della riunione 188 PER UN BILANCIO DELLA SESSIONE DELLA DUMA 189 VECCHIE, MA SEMPRE NUOVE VERITÀ 194 RISOLUZIONE DEL SECONDO GRUPPO PARIGINO DEL POSDR SULLA SITUAZIONE ESISTENTE NEL PARTITO 199 Introduzione 199 i- 200 INDICE DEL VOLUME 583 ir. 202 in. 203 PREFAZIONE ALL’OPUSCOLO « DUE PARTITI .» 208 IL RIFORMISMO NELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 212 DAL CAMPO DEL PARTITO « OPERAIO » DI STOLYPIN 225 NOTA DELLA REDAZIONE DEL « SOTS1AL-DEMOKRAT » ALLA DICHIARAZIONE DELLA COMMISSIONE PER LA CONVOCAZIONE DELLA SESSIONE PLENARIA DEL CC DEL POSDR 228 STOLYPIN E LA RIVOLUZIONE 230 LA NUOVA FRAZIONE DEI CONCILIATORI O DEI VIRTUOSI 239 LA CAMPAGNA ELETTORALE E LA PIATTAFORMA ELETTORALE 259 DAL CAMPO DEL PARTITO « OPERAIO » DI STOLYPIN 268 IL RISULTATO 273 I DUE CENTRI 278 IL VECCHIO E IL NUOVO 281 DISCORSO AI FUNERALI DI PAUL E LAURA LAFARGUE 285 HYNDMAN SU MARX 287 IL MANIFESTO DEL PARTITO OPERAIO LIBERALE 294 i. 294 il. 298 hi. 301 IL GRUPPO SOCIALDEMOCRATICO ALLA II DUMA 305 PAROLE D’ORDINE E IMPOSTAZIONE DEL LAVORO SOCIALDE- MOCRATICO ALLA DUMA E FUORI DELLA DUMA 310 UN’AGENZIA DELLA BORGHESIA LIBERALE 320 LA SOLUZIONE DELLA CRISI DEI PARTITO 321 DAL CAMPO DEL PARTITO «OPERAIO» DI STOLYPIN 331 584 INDICE DEL VOLUME SULLA DIPLOMAZIA DI TROTSKI E SU UNA PIATTAFORMA UNI- TARIA DEI PARTITISTI 336 LE CONCLUSIONI DEL COLLEGIO ARBITRALE DEI « DEPOSI- TARI * 341 LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LA IV DUMA 344 I. Questioni di principio fondamentali, p. 344 • II. Funzione dei grandi elettori operai nella campagna elettorale, p. 348 III. Le masse contadine e i grandi elettori contadini nella cam- pagna elettorale, p. 355 - IV. Conclusioni che si desumono dalla pratica delle elezioni della III Duma, p. 359. VECCHIO E NUOVO 363 CONVEGNO DEI GRUPPI BOLSCEVICHI ALL’ESTERO 368 1. Progetto di risoluzione sul rapporto in inerito alla situazione esistente nel partito 368 2. Risoluzione sulla commissione di organizzazione russa per la convocazione di una conferenza 371 QUESTIONI DI PRINCIPIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE 372 i. 372 Il 377 in. 379 IV. 381 v. 386 vi. 391 vii. 394 PRIME RIVELAZIONI SULLE TRATTATIVE DEL PARTITO CADETTO COI MINISTRI 398 TRE INTERPELLANZE 406 LA FAME E LA DUMA NERA 418 VI CONFERENZA DEL POSDR (CONFERENZA DI PRAGA) 423 1. Progetto di risoluzione sui poteri della conferenza 425 INDICE DEL VOLUME 585 2. Progetto di risoluzione sul momento politico e sui compiti del partito 427 3. Progetto di risoluzione sui compiti dei socialdemo- cratici nella lotta contro la fame 429 4. Progetto di risoluzione sul liquidatorismo e sul grup- po dei liquidatori 431 5. Risoluzioni della conferenza 433 l’organo della politica operaia dei liberali 458 CONTRO L’UNIFICAZIONE COI LIQUIDATORI 462 I PARTITI POLITICI NEI CINQUE ANNI DELLA III DUMA 468 i 468 il. 471 RAPPORTO ALL’UFFICIO INTERNAZIONALE SOCIALISTA SULLA CONFERENZA DEL POSDR 474 PIATTAFORMA ELETTORALE DEL POSDR 476 ALLA REDAZIONE DELLA « ZVIEZDÀ » 483 CARTE IN TAVOLA 484 LE DIMISSIONI DEL DEPUTATO BELOUSOV DAL GRUPPO SO- CIALDEMOCRATICO ALLA DUMA 489 LA FAME 494 I CONTADINI E LE ELEZIONI PER LA IV DUMA 496 L’ANONIMO DEL VORWARTS E LA SITUAZIONE NEL POSDR 499 Prefazione 501 LETTERA A HUYSMANS, SEGRETARIO DELL’UFFICIO INTERNA- ZIONALE SOCIALISTA 512 IL BLOCCO DEI CADETTI COI PROGRESSISTI E IL SUO SIGNI- FICATO 516 UNA CATTIVA DIFESA DELLA POLITICA OPERAIA LIBERALE 521 ,586 INDICE DEL VOLUME IL BALLOTTAGGIO IN RUSSIA E I COMPITI DELLA CLASSE OPERAIA 527 LIBERALISMO E DEMOCRAZIA 533 I. 533 II. 537 Note 543 Cronaca biografica 557 Indice dei giornali e delle riviste 567 Indice dei nomi 571 Glossario 579 Finito di stampare nell’ aprile 1970 per conto degli Editori Riuniti S. p. A. Roma - Viale Regina Margherita, 290 dalla Tipo-litografia L. Chiovini - Roma B. H. J1EHHH COHHHEHHfl, T. 17 Ha umCUlbRHCKOM R3UKe 3aKa3Hoe H3jiaHHe „ 10102-083 „ 11 0Ì4(01 M5 XyflOmecTBeHHbift pejjaKTop B. KoA2aHoe TexKti^ecKHfl pejiaKTop T. fOposa nounucaHo k ne^aTM 25/X 1974 r. OopiwaT 60X86 1 /,, EyM. ji. 13 Va- nen. ji. 35,28. yH,-M3fl. JI. 34,75. H3H. JVi 20327. 3awa3 2260 IJeHa 1 p. 39 k. Tnpam 5100 HaflaTeJibCTBo «Ilporpecc* rocynapcTneHHoro KOMHTeTa CoeeTa Mhhhctpob CCGP no aejiaM HaaaTejibCTB, noJiMrpa