Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin, Joseph Stalin, Enver Hoxha 5 Classics of Marxism Comintern (Stalinist-Hoxhaists) http://ciml.250x.com Georgian Section www.joseph-stalin.net SHMG Press Karl Marx Press of thè Georgian section of Comintern (SH) - Stalinist-Hoxhaists Movement of Georgia OPERE V. I. LENIN Opere complete XIV 1908 1963 - Editori Riuniti - Roma Traduzione di Felice Platone II edizione luglio 1969 Proprietà letteraria riservata della S. p. A. Editori Riuniti Viale Regina Margherita, 290 - 00198 Roma NOTA DELL’EDITORE La traduzione del presente volume è condotta sul XIV volume della quarta edizione delle Opere di Lenin , pubblicato a Mosca nel 1947 dall'Istituto Marx-Engels-Lenin . Questo volume comprende , oltre alle brevi tesi contro Bogdanov che sono intitolate Dieci domande al relatore, il testo completo della famosa opera di Lenin Materialismo ed empiriocriticismo. Materialismo ed empiriocriticismo fu scritto dal febbraio al set- tembre del 1908. Lenin , che in quel periodo risiedeva a Ginevra, si recò per un mese a Londra, nel maggio del 1908, per consultare al British Museum le pubblicazioni che non aveva potuto trovare a Gi- nevra. NelVottobre dello stesso anno il manoscritto fu inviato a Mo- sca, dove Vopera usci nel maggio del 1909 per i tipi della casa edi- trice Zveno. La correzione delle bozze fu fatta a Mosca dalla sorella di Lenin, A. I. Elizarova, ma una copia \ fu anche inviata a Lenin, che controllò accuratamente il testo e vi apportò delle correzioni, at- tenuando alcuni passi che potevano offrire alla censura zarista il pre- testo per vietare la pubblicazione dell’opera. Le numerose citazioni di autori stranieri sono state controllate sui testi originali anello stesso tempo però si è sempre tenuto conto della traduzione di Lenin per rispettarne lo spirito e cercare di rendere le sfumature della sua interpretazione . Le citazioni di autore italiano (Righi), tradotte da Lenin dalla traduzione tedesca, sono state ristabi- lite sul testo originale. 1908 DIECI DOMANDE AL RELATORE Scritto nel maggio-giugno 1908 Pubblicato per la prima volta nel 1925 nella Miscellanea dì Lenin, IH. 1. Riconosce il relatore che la filosofia del marxismo è il materia- lismo dialettico} Se no, perché non ha analizzato nemmeno una volta le innume- revoli dichiarazioni di Engels in proposito? Se si, perché allora i machisti chiamano « filosofia del marxismo » il loro «riesame» del materialismo dialettico? 2. Riconosce il relatore la divisione fondamentale dei sistemi filo- sofici in materialismo e idealismo , fatta da Engels, il quale inoltre ritiene che, tra l’uno e l’altro, in posizione oscillante sta, nella filo- sofia moderna, la linea di Hume, chiama questa linea « agnosticismo » e dichiara essere il kantismo una varietà deiragnosticismo? 3. Riconosce il relatore che alla base della teoria della conoscenza del materialismo dialettico vi è il riconoscimento del mondo esterno c il suo riflesso nella testa dell’uomo? 4. Riconosce il relatore che Targomentazione di Engels sulla tra sformazione delle «cose in sé» in «cose per noi» è giusta? 5. Riconosce il relatore che raffermazione di Engels, secondo cui « l’unità reale del mondo consiste nella sua materialità » ( Antiduhring , 2. ediz. 1886, p. 28, I parte, § 4, sulla schematizzazione del mondo) 3 è giusta? 6. Riconosce il relatore che raffermazione di Engels, secondo cui « materia senza movimento è altrettanto impensabile quanto movi- mento senza materia » (. Antiduhring , 2. ediz. 1886, p. 45, I parte, § 6. sulla filosofia della natura, cosmogonia, fisica e chimica)*, è giusta? 7. Riconosce il relatore che l’idea della causalità, della necessità, della esistenza di leggi, eco. è il riflesso nella testa dell’uomo delle 12 LENIN leggi della natura, del mondo reale? O Engels aveva torto affer- mandolo? ( Antidùhrìng , pp. 20-21, § 3, suirapriorismo e pp. 103-104, § 11, su libertà e necessità) . 8. Sa il relatore che Mach ha dichiarato di concordare con il capo della scuola immanentista, Schuppe, e gli ha addirittura dedicato il suo ultimo e principale scritto filosofico? Come spiega il relatore questa adesione di Mach alla filosofia manifestamente idealistica di Schuppe, sostenitore del pretismo c, in generale, reazionario palese in filosofia ? 9. Perché il relatore non ha parlato della « avventura > avuta con il suo compagno di ieri (nei Saggi), il menscevico Iusckcvic, il quale oggi ha definito Bogdanov (dopo Rakhmetov) idealista ? Sa il rela- tore che Petzoldt nel suo ultimo libro ha annoverato fra gli idealisti tutta una serie di discepoli di Mach? 10. Conferma il relatore il fatto che il machismo non ha nulla in comune con il bolscevismo? che Lenin ha protestato piu volte contro di esso 6 ? che i menscevichi Iusckevic e Valentinov sono degli empiriocriticisti « puri » ? MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO Note critiche su una filosofia reazionaria Scritto nel secondo semestre del 1908 Pubblicato nel' 1909, edizioni tZvcno». PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE Parecchi scrittori che vorrebbero essere marxisti hanno iniziato quest'anno, da noi, una vera e propria campagna contro la filosofia del marxismo. In meno di sei mesi sono venuti alla luce quattro vo- lumi dedicati, in principal modo e quasi interamente, ad attacchi contro il materialismo dialettico. Si tratta anzitutto dei Saggi intor- no alla [? si sarebbe dovuto dire: contro la] filosofia del marxismo , Pietroburgo, 1908, che sono una raccolta di articoli di Bazarov, Bog- danov, Lunaciarski, Berman, Helfond, Iusckevic, Suvorov; poi dei libri: Iusckevic, Materialismo e realismo critico ; Berman, La dialet- tica alla luce della moderna teoria della conoscenza ; Valentino v. Costruzioni filosofiche del marxismo . Tutte queste persone non possono ignorare che Marx ed Engels, decine di volte, hanno chiamato le loro concezioni filosofiche materia- lismo dialettico. E Tutte queste persone, unite — nonostante le nette differenze delle loro opinioni politiche — dalTostilità contro il ma- terialismo dialettico, pretendono ancora di essere marxisti in filoso- fia! La dialettica di Engels è « mistica », dice Berman. Le conce- zioni di Engels sono « invecchiate », lancia Bazarov di sfuggita, come se fosse cosa ovvia; il materialismo risulta confutato dai no- stri intrepidi guerrieri che si richiamano fieramente alla « teoria con- temporanea della conoscenza », alla « filosofia moderna » (o al « posi- tivismo moderno »), alla « filosofia delle scienze naturali contempo- ranea » o anche alla « filosofia delle scienze naturali del secolo XX ». Appoggiandosi a tutte queste dottrine sedicenti moderne i nostri distruttori del materialismo dialettico si spingono intrepi- i6 LENIN damente sino al fideismo 8 # aperto (come si vede nel modo piu chia- ro in Lunaciarski, ma tutt’altro che in lui solo!), ma ogni loro ardi- mento, ogni rispetto per le proprie opinioni cade di colpo allorché passano a definire in modo esplicito il loro atteggiamento verso Marx ed Engels. Nei fatti: abbandono completo del materialismo dialetti- co, cioè del marxismo. A parole: infiniti sotterfugi, tentativi di elu- dere l'essenza della questione, di mascherare la loro ritirata, di mette- re, al posto del materialismo in generale, un qualunque materialista; rifiuto categorico di esaminare direttamente le innumerevoli afferma- zioni materialistiche di Marx ed Engels. È, secondo la giusta espres- sione di un marxista, una vera e propria « rivolta in ginocchio >. È revisionismo filosofico tipico, poiché soltanto i revisionisti si sono gua- dagnati una cosi triste fama con il loro abbandono delle concezioni fondamentali del marxismo e con la paura o l'incapacità di « regolare i conti » in modo aperto, diretto, risoluto e chiaro con le concezioni abbandonate. Quando a qualche ortodosso è accaduto di pronun- ciarsi contro alcune concezioni invecchiate di Marx (per esempio Mehring contro alcune tesi storiche), ciò è stato sempre fatto in modo cosi preciso e circostanziato che nessuno ha mai trovato in tali scritti nulla di ambiguo. Del resto, nei Saggi dintorno » alla filosofia del marxismo c'è una frase che ha l'aspetto della verità. È una frase di Lunaciarski: «For- se noi — [cioè, evidentemente, tutti i collaboratori dei Saggi] — ci sbagliamo, ma cerchiamo * (p. 161). Che la prima metà della frase contenga una verità assoluta e la seconda una verità relativa, è ciò che mi sforzerò di dimostrare, nel modo più circostanziato, nel libro che sottopongo all'attenzione del lettore. Per il momento osservo soltanto che se i nostri filosofi non avessero parlato a nome del marxismo, ma a nome di alcuni « ricercatori » marxisti, avrebbero dimostrato maggior rispetto per sé e per il marxismo. Quanto a me, sono anch’io in filosofia uno che «cerca». E pre- cisamente: nelle presenti note mi sono posto il compito di cercare come si sono smarriti coloro che presentano in veste di marxismo qualche cosa di incredibilmente confuso, intricato e reazionario. Settembre 1908 L’Autore • Fideismo: dottrina che sostituisce la fede alla conoscenza o, in generale, che attribuisce una notevole importanza alla fede. PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE Questa edizione, salvo alcune correzioni nel testo, non differisce dalla precedente. Spero che, indipendentemente dalla polemica con i « machisti > russi, essa non sarà inutile, quale sussidio alla conoscen- za della filosofia del marxismo, del materialismo dialettico, come an- che delle conclusioni filosofiche tratte dalle più recenti scoperte delle scienze naturali. L'articolo del compagno V. I. Nievski, posto in ap- pendice 7 , fornisce i chiarimenti indispensabili sugli ultimi scritti di A. A. Bogdanov, dei quali non mi è stato possibile prendere cono- scenza. Il compagno V. I. Nievski, che non lavora soltanto in gene- rale come propagandista, ma che si occupa in particolare della scuo- la di partito, ha avuto tutta la possibilità di convincersi che A. A. Bogdanov diffonde, in veste di « cultura proletaria », concezioni bor- ghesi e reazionarie. 2 settembre 1920 N. Lenin IN LUOGO D'INTRODUZIONE Come alcuni « marxisti > confutavano il materialismo nel 1908 e come lo confutavano alcuni idealisti nel 1710 Chi ha qualche dimestichezza con la letteratura filosofica deve sapere che è difficile trovare anche un solo professore di filosofia (o di teologia) contemporaneo, il quale non si preoccupi, direttamente o indirettamente, di confutare il materialismo. Centinaia e migliaia di volte si è proclamato confutato il materialismo e si continua tut- tora a confutarlo per la centunesima, per la millesima ed una volta. Tutti i nostri revisionisti sono impegnati a confutare il materialismo, pur fingendo tuttavia di confutare soltanto il materialista Plekha- nov — e non il materialista ^Engels, né il materialista Feuerbach, né le concezioni materialistiche di J. Dietzgen — e, inoltre, di confutare il materialismo dal punto di vista del positivismo « moderno » e < con- temporaneo », delle scienze naturali, e cosi via. Senza ricorrere alle citazioni, che chi vuole può trovare a centinaia nei libri summen- zionati, ricorderò gli argomenti coi quali Bazarov, Bogdanov, Iusc- kevic, Valentinov, Cernpv * e altri machisti sconfiggono il materia- lismo. II termine « machisti » che è il più breve e il più semplice e che, inoltre, ha già acquistato diritto di cittadinanza nella letteratura russa, io Timpiegherò sempre nello stesso senso del termine « empi- riocriticisti ». Che Ernst Mach sia oggi il più popolare rappresen- tante dell’empiriocriticismo è cosa da tutti ammessa nella letteratura filosofica **, e le deviazioni di Bogdanov e di Iusckevic dal machi- • V. Cernov: Filoso} sfa i soziologhicesf^ie etiti di, Mosca» 1907. L'autore è un ardente seguace di Avenarius e un avversario del materialismo dialettico, quanto Bazarov e soci. •• Cfr. Dr. Richard Hònigswald: Ucber die Lehre Hume’s von der Reali tot der Aussendinge, Berlino, 1904, p. 26. 20 LENIN- smo « puro », come mostreremo in seguito, hanno un’importanza del tutto secondaria. I materialisti, ci si dice, ammettono qualcosa di impensabile e di inconoscibile, la c cosa in sé », la materia « fuori delPesperienza », fuori della nostra conoscenza. Essi cadono nel misticismo vero e pro- prio ammettendo resistenza di qualche cosa che sta al di là, oltre i li- miti dell’ « esperienza » e della conoscenza. I materialisti affermano, dicendo che la materia, agendo sugli organi dei nostri sensi, produce sensazioni, prendono come base P « ignoto », il nulla, poiché — si di- ce — loro stessi affermano che Punica fonte della conoscenza sono i nostri sensi. I materialisti cadono nel « kantismo » (è il caso di Plekha- nov che ammette l’esistenza delle « cose in sé », cioè di cose che esistono fuori della nostra coscienza), « duplicano » il mondo, predicano il « dualismo », poiché per loro oltre ai fenomeni c’è ancora la « cosa in sé », oltre i dati immediati dei sensi ancora qualche cosa d’altro, qual- che feticcio, un c idolo », un assoluto, una fonte di « metafisica », un doppione della religione (« la santa materia », come dice Bazarov). Tali sono gli argomenti dei machisti contro il materialismo, argo- menti che gli scrittori summenzionati ripetono e citano in vari modi. Per controllare se questi argomenti siano nuovi e se siano real- mente diretti soltanto contro un materialista russo < caduto nel kan- tismo », daremo citazioni particolareggiate delle opere di un vecchio idealista, di George Berkeley. Questo riferimento storico è tanto piu necessario nell’introduzione alle nostre note, in quanto dovremo in seguito richiamarci piu di una volta a Berkeley e alla sua tendenza filosofica, giacché i machisti danno un’idea inesatta sia dell’atteggia- mento di Mach verso Berkeley che dell’essenza dell’indirizzo filoso- fico di quest’ultimo. L’opera del vescovo George Berkeley, venuta alla luce nel 1710 col titolo: Trattato dei principi della conoscenza umana * incomin- cia col seguente ragionamento : « È evidente, per ognuno che esami- ni gli oggetti dell’umana conoscenza, ch’essi sono o idee [ ideas ] real- mente impresse nei sensi, o idee acquisite mediante l’osservazione delle passioni e delle operazioni della mente; o, infine, idee formate con l’aiuto della memoria e dell’immaginazione... Mediante la vista • George Berkeley: Treatise Conceming thè Principici of Human Knowledge , voi. I delle Opere , edite da A. C. Frascr, Oxford, 1S71, IN LUOGO D ? INTRODUZIONE 21 ho le idee della luce e dei colori con le loro diverse gradazioni e va- riazioni. Mediante il ta?to, percepisco il duro e il molle, il caldo e il freddo, il moto e la resistenza... L’odorato mi fornisce gli odori; il palato, i gusti; e l’udito, i suoni... E quando si osserva che diverse di queste idee si accompagnano l’una con l’altra, allora esse vengo- no contrassegnate con un sol nome e sono considerate come una sola cosa. Cosi, per esempio, essendo stato osservato che un certo colore, gusto, odore, figura e consistenza, vanno sempre insieme [ to go togcthcr\ y tutte queste idee sono considerate come una cosa distinta, espressa con il nome mela\ altre collezioni di idee [collections of ideas] costituiscono una pietra, un albero, un libro e simili cose sen- sibili...» (§ i). Tale è il contenuto del primo paragrafo deiropera di Berkeley. Dobbiamo ricordare che egli mette a base della sua filosofia < il duro, il molle, il caldo, il freddo, i colori, il gusto, gli odori », ecc. Per Ber- keley, le cose sono * collezioni di idee », e con quest’ultima espres- sione, egli intende, appunto, qualità o sensazioni come quelle che abbiamo elencato e non idee astratte. In seguito, Berkeley dice che, oltre tali « idee od oggetti di cono- scenza », esiste qualcosa che li percepisce, « mente, spirito, anima o io » (§ 2). È ovvio — conclude il filosofo — che le «■ idee » non posso- no esistere fuori dell’intelletto che le percepisce. Per convincersene, basta riflettere sul significato della parola « esistere ». « Io dico che esiste la tavola su cui scrivo, vale a dire la vedo e la sento; e se io fossi fuori del mio studio direi che essa esiste, intendendo con ciò che se io fossi nel mio studio la potrei percepire...». Cosi parla Berkeley nel § 3 della sua opera, e inizia senz’altro la polemica contro coloro che egli chiama materialisti (§§ 18, 19, ecc.). Non riesco a capire — egli dice — come si possa parlare dell’esistenza assoluta delle cose in- dipendentemente dal fatto che qualcuno le percepisca. Esistere vuol dire essere percepito ( their , cioè delle cose, esse is percipi — §3 — è una massima di Berkeley abitualmente citata nei manuali di storia della filosofia), c È invero una opinione stranamente dominante fra gli uomini che le cose, le montagne, i fiumi e, in una parola, tutti gli oggetti sensibili, abbiano un’esistenza naturale o reale distinta dal loro esser percepiti dall’intelletto » (§ 4). Quest’opinione — dice Ber- keley — cè una contraddizione evidente». « Poiché, che cosa sono gli oggetti prima ricordati se non le cose che noi percepiamo coi 22 LENIN sensi? e che cosa percepiamo noi oltre le nostre idee o sensazioni [ideas or sensations) ? e non è semplicemente assurdo credere che qualcuna di queste, o qualche loro combinazione, possa esistere sen- za essere percepita? * (§ 4). Airespressione : collezione d’idee, Berkeley sostituisce qui l’altra, per lui equivalente: < combinazione di sensazioni* e accusa i ma- terialisti di seguire l’« assurda * tendenza ad andare ancora oltre, a ricercare una qualche fonte di questo complesso... scusate, di que- sta combinazione di sensazioni. Nel § 5, i materialisti sono accusati di avere un debole per le astrazioni, giacché, secondo Berkeley, se- parare la sensazione dall’oggetto è una pura astrazione. « In realtà — egli dice alla fine del § 5, omesso nella seconda edizione — l'oggetto e la sensazione sono la stessa cosa [are thè same thing ] e non si può perciò separare Vuna dall* altra ». « Ma dite voi — scrive Berkeley — benché le idee stesse non esistano fuor della mente, ci possono tutta- via essere cose simili ad esse, di cui siano le copie o le immagini [ resemblances ], le quali esistano fuori della mente in una sostanza non pensante. Io rispondo che un’idea non può essere simile che a un’idea; un colore o una figura non possono essere simili a nient’ altro che a un altro colore o figura... Io chiedo : sono percepibili o no questi supposti originali, o cose esterne, di cui le nostre idee sono le copie 0 le rappresentazioni? Se lo sono, allora sono idee e abbiamp ragione noi; ma, se dite che non lo sono, io domando a chiunque se c’è senso di asserire che un colore è simile a qualcosa che è invisibile; che il duro o il molle è simile a qualcosa d’intangibile, e cosi via di segui- to » (5 8). Gli « argomenti » di Bazarov contro Plekhanov sul problema del- la possibilità dell’esistenza di oggetti fuori di noi, fuori della loro azione su di noi, non differiscono per nulla, come il lettore vede, dagli argomenti di Berkeley contro i materialisti che egli non nomina. Ber- keley considera l’idea deH'esistenza «della materia o della sostanza corporea » (§ 9) come una tale « contraddizione », un tale « assur- do » che non vale proprio la pena di perder tempo a confutarla. « Ma — egli dice — giacche il principio [tenet\ dell’esistenza della Mate- ria sembra cosi profondamente radicato nella mente dei filosofi e porta con sé tante malaugurate conseguenze, preferisco esser giudi- cato prolisso e tedioso piuttosto che omettere qualsiasi cosa che possa IN LUOGO D’INTRODUZIONE ^3 condurre alla completa scoperta ed estirpazione di questo pregiudi- zio » (§ 9)®. Vedremo ora a quali malaugurate conseguenze allude Berkeley. Finiamo prima con i suoi argomenti teorici contro i materialisti. Ne- gando resistenza « assoluta » degli oggetti, vale a dire l’esistenza del- le cose fuori della conoscenza umana, Berkeley espone direttamente le idee dei suoi avversari come se essi ammettessero la « cosa in sé ». Nel § 24, Berkeley sottolinea che l’opinione da lui confutata ammette « resistenza assoluta di oggetti sensibili in se stessi [objects in them- selves ] o fuori della mente » (p. 37 dell’edizione citata). Le due cor- renti fondamentali della filosofia sono qui tracciate con la nettezza la chiarezza e la franchezza che distinguono i filosofi classici dai moderni fabbricanti di « nuovi » sistemi. Il materialismo è l’ammis- sione degli « oggetti in sé », ossia fuori dell’intelletto; le idee e le sen- sazioni sono copie o riflessi di questi oggetti. Secondo la dottrina opposta (idealismo) gli oggetti non esistono «fuori dell’intelletto», gli oggetti sono « combinazioni di sensazioni ». Queste cose sono state scritte nel 1710, quattordici anni prima del- la nascita di Emanuele Kant. E i nostri machisti — sulla base di una filosofia sedicente « moderna » — hanno scoperto che l’ammissione della « cosa in sé » è il risultato della contaminazione o della perver- sione del materialismo ad opera del kantismo. Le « nuove » scoperte dei machisti sono il risultato della loro sconcertante ignoranza della storia delle correnti filosofiche fondamentali. L’altra loro idea c nuova » consiste in questo : che i concetti di « materia » o « sostanza » sono resti di vecchie concezioni non criti- che; Mach e Avenarius, vedete un po’, hanno fatto progredire il pensiero filosofico, hanno approfondito l’analisi e hanno eliminato questi « assoluti », queste « sostanze immutabili », ecc. Prendete Ber- keley per controllare simili affermazioni risalendo alla fonte e vedre- te che esse si riducono a presuntuose finzioni. Berkeley' afferma nel modo piu netto che la materia è una « non-entity » (non entità, § 68), che la materia è nulla (§ 80). « Voi potete, se vi piacerà — dice Ber- keley ironicamente ai materialisti — usare la parola ” materia ” nello stesso senso in cui gli altri uomini usano ” nulla ” » (p. 65 dell’edi- zione citata). Prima dunque si pensò — dice Berkeley — che i co- lori, gli odori, ecc., « esistessero realmente». Poi si rinunciò a questa credenza e si riconobbe che essi esistono soltanto in dipendenza delle *4 LENIN nostre sensazioni. Ma questa eliminazione dei vecchi concetti sba- gliati non è stata spinta fino in fondo: è rimasto il concetto di «so- stanza » (§ 73) e questo « pregiudizio » (p. 62) è stato definitivamente smascherato dal vescovo Berkeley nel 1710! Nel 1908, da noi, si tro- vano ancora dei tipi ameni i quali credono seriamente ad Avenarius, Petzoldt, Mach e soci quando questi dicono che soltanto il « moderno positivismo » e le « moderne scienze naturali » sono riusciti a elimi- nare questi concetti « metafisici ». Questi stessi tipi ameni (compreso Bogdanov) assicurano il letto* re che appunto la nuova filosofia ha messo in chiaro Terrore della « duplicazione del mondo » nella dottrina dei materialisti, perpetua- mente confutati, i quali parlano di un certo « riflesso » nella coscienza umana delle cose esistenti fuori di essa. A proposito di questa « du- plicazione», gli autori summenzionati hanno scritto un’infinità di parole commoventi. Ma — sia ignoranza o dimenticanza — hanno trascurato di aggiungere che queste nuove scoperte erano già state fatte nel 1710. « La nostra conoscenza di queste [cioè delle idee o cose] — scri- ve Berkeley — è stata molto oscura e confusa, e siamo stati indotti in errori molto pericolosi supponendo una doppia [ twofold ] esistenza degli oggetti sensibili, Tuna intelligìbile o nella mente, l’altra reale 0 fuori della mente » (cioè, fuori della coscienza) (§ 86). Berkeley se la ride di quest’opinione « assurda » che ammette la possibilità di pen- sare Timpensabile! L’origine di quest’* assurdo » è naturaltnente la distinzione delle « cose » c delle « idee » (§ 87), T« ammissione degli oggetti esterni». La stessa fonte genera, come ha scoperto Berkeley nel 1710 e come Bogdanov ha di nuovo scoperto nel 1908, la fede nei feticci e negli idoli. « L’esistenza della Materia, o dei corpi non per- cepiti — dice Berkeley — è stata non solo il principale punto d’ap- poggio degli atei c dei fatalisti, ma dallo stesso principio dipende parimenti l’idolatria in tutte le sue diverse forme » (§ 94). Ed eccoci giunti a quelle deduzioni « malaugurate » tratte dal- T« assurda» dottrina dell'esistenza del mondo esterno, che hanno obbligato il vescovo Berkeley non soltanto a confutare teoricamente questa dottrina, ma anche a perseguitarne ardentemente i seguaci come dei nemici. «...Sulle stesse fondamenta [della dottrina della materia o sostanza corporea] — egli dice — sono stati innalzati tutti gli empi sistemi deH'ateismo e deH'irreligione. Quanto amica sia sta- IN LUOGO D’iNTRODUZIONE 25 ta la sostanza materiale agli atei di tutti i tempi è inutile dire. Tutti i loro mostruosi sistemi dipendono cosi visibilmente e necessariamen- te da essa che, se si toglie questa pietra angolare, Finterò edificio deve crollare al suolo, in modo che piu non vai la pena di rivolgere una particolare considerazione alle assurdità di tutte le sciagurate sette di atei » (§ 92, p. 71 deH'edizione citata). « La materia, una volta bandita dalla natura, trascina con sé tante nozioni scettiche ed empie e un numero cosi incredibile di dispute e questioni imbarazzanti [il principio delF« economia del pensiero» scoperto da Mach dopo il 1870!, « la filosofia come pensiero del mon- do secondo il principio del minor consumo di forza»: Avenarius nel 1876!], le quali son state come tante spine nei fianchi dei teologi e dei filosofi, e hanno prodotto tanto lavoro sterile per l’umanità che, se gli argomenti che noi abbiamo portato contro di essa non sono rico- nosciuti adeguati alla dimostrazione (come evidentemente sembrano a me), son certo che tutti gli amici del sapere, della pace e della reli- gione hanno ragione di desiderare che lo siano » (§ 96). Ragionava a cuore aperto, ragionava ingenuamente, il vescovo Berkeley! Ai nostri giorni, le stesse idee sulFeliminazione «econo- mica » della « materia » dalla filosofia sono rivestite di una forma molto più astuta, e complicata da una terminologia « nuova », affinché gli ingenui le considerino come una filosofia «moderna»! Ma Berkeley non soltanto parlava con franchezza degli orienta- menti della sua filosofia, ma si sforzava anche di coprirne la nudità idealistica, di dipingerla libera da ogni assurdità e accettabile al «buon senso». Con la nostra filosofia — egli diceva difendendosi istintivamente dall’accusa di ciò che oggi si chiamerebbe idealismo soggettivo e solipsismo — «non ci vien tolta nessuna cosa che sia nella natura » (§ 34). La natura rimane, e rimane anche la differenza tra le cose reali e le chimere, soltanto « ambedue esistono egualmente nella mente». «Io non contesto resistenza di qualsiasi cosa che pos- siamo apprendere mediante i sensi o mediante la riflessione. Che le cose che io vedo con gli occhi e tocco con le mani esistano, esistano realmente, non lo metto minimamente in dubbio. La sola cosa di cui neghiamo resistenza è quella che i filosofi [il corsivo è di Berkeley] chiamano Materia o sostanza corporea. E facendo ciò, non si fa danno al resto dell’umanità, che, oso dire, non ne sentirà mai la mancanza... 26 LENIN L’ateo, invero, avrà bisogno del colore di un vuoto nome per soste- nere la sua empietà...». Questo pensiero è espresso in modo ancora piu chiaro nel § 37, dove Berkeley risponde all’accusa secondo la quale la sua filosofia distrugge la sostanza corporea : « ... Se la parola sostanza è presa nel senso volgare [ vulgar ], come una combinazione di qualità sensibili, quali estensione, solidità, peso e simili — noi non possiamo esser accusati di eliminarla; ma se è presa in un senso filosofico — come sostegno di accidenti o qualità fuori della mente — allora veramente riconosco che l’eliminiamo, se pure si può parlare di eliminare ciò che non è mai esistito, neppure nell’immaginazione». Il filosofo inglese Fraser, idealista e seguace del berkeleismo, il quale ha pubblicato e annotato le opere di Berkeley, non senza ra- gione chiama la dottrina di Berkeley un « realismo naturale » (p. X definizione citata). Questa curiosa terminologia deve assolutamente essere segnalata perché esprime effettivamente l’intenzione che Ber- keley aveva di farsi passare per realista. Molte volte, nel corso della nostra esposizione, incontreremo « moderni » « positivisti » che, in altra forma, con altro rivestimento verbale, ripeteranno la stessa manovra e la stessa falsificazione. Berkeley non nega resistenza delle cose reali, Berkeley non rompe con l’opinione dell’intero genere umano. Ber- Keley nega «soltanto» la dottrina dei filosofi, ossia la teoria della conoscenza che mette seriamente e risolutamente a base di tutti i suoi ragionamenti il riconoscimento del mondo esterno e il riflesso di questo mondo nella coscienza degli uomini. Berkeley non nega le scienze naturali che furono sempre e sono (il piu delle volte inconsciamente) fondate su questa teoria, sulla teoria materialistica della conoscenza: «Noi possiamo, dall’esperienza che abbiamo avuto [Berkeley: Filosofia dell’* esperienza pura»] * del corso e della suc- cessione delle idee nella nostra mente — leggiamo nel § 59 — ... trarre giuste conclusioni su quel che proveremmo [o vedremmo] se fossi- mo posti in circostanze molto diverse da quelle in cui ci troviamo attualmente. In ciò consiste la conoscenza della natura, la quale [ no- tate I] può conservare il suo ufficio e la sua certezza conformemente a ciò che è stato detto prima ». • Fraser, nella sua prefazione, insiste sul fatto che Berkeley, come Locke, « si tichiama unicamente all'esperienza» (p. 1x7). IN LUOGO D’iNTRODUZIONE 2 7 Consideriamo il mondo esterno, la natura, come « una combi- nazione di sensazioni » suscitate nel nostro intelletto dalla divinità. Ammettete questo, rinunciate a cercare fuori della coscienza, fuori deiruomo, le «basi» di queste sensazioni, ed io, nei limiti della mia teoria idealistica della conoscenza, riconoscerò tutta la scienza natu- rale, tutta l’importanza, tutta la certezza delle sue deduzioni. Ho bi- sogno precisamente di questi limiti e soltanto di essi per giustificare le mie illazioni in favore «della pace e della religione». Questo è il pensiero di Berkeley. In seguito, quando esamineremo l’atteggia- mento dei machisti verso le scienze naturali, incontreremo questo pensiero che esprime bene l’essenza della filosofia idealistica e il suo significato sociale. Notiamo fin d ora un’altra recentissima scoperta, che il positivi- sta moderno e realista critico del secolo XX, P. Iusckevic, ha preso in prestito dal vescovo Berkeley. Questa scoperta è « l’empiriosimbo- lismo». La «teoria preferita» di Berkeley — dice A. Fraser — è la teoria del « simbolismo naturale universale » (p. 190 dell’edizione citata), o del « simbolismo naturale » ( naturai simbolism). Se queste parole non si trovassero in un’edizione venuta alla luce nel 1871, il filosofo fideista inglese Fraser potrebbe esser sospettato di plagiare il matematico e fisico Poincaré, nostro contemporaneo, e il « marxi- sta » russo Iusckevic! La teoria di Berkeley che suscitò l’entusiasmo di Fraser è esposta dal vescovo nei termini seguenti: «La connessione delle idee [non dimenticate che, per Berkeley, le idee e le cose fanno tutt’uno] non implica il rapporto di causa c di effetto, ma solo quello di contrassegno o segno con la cosa signi- ficata* (§ 65). «È, quindi, evidente che quelle cose che dal punto di vista della nozione di una causa [under thè notion 0} a cause ] che coopera o concorre alla produzione degli effetti, sono del tutto inesplicabili e ci conducono a grandi assurdità, possono essere spie- gate in modo molto naturale... quando siano considerate soltanto co- me contrassegni o segni per la nostra informazione » (§ 66). Benin- teso, secondo Berkeley e Fraser, chi ci informa per mezzo di questi « empiriosimboli » non è altri che la divinità. Nella teoria di Ber- keley, l’importanza gnoseologica del simbolismo consiste nel fatto che esso deve sostituire la « dottrina » che « pretende di spiegare le cose per mezzo di cause corporee» (§ 66). 28 LENIN Eccoci di fronte a due tendenze filosofiche nella questione della causalità. L'una « pretende di spiegare le cose per mezzo di cause corporee > ed è manifestamente legata all’* assurda » « dottrina della materia» confutata dal vescovo Berkeley. L’altra riduce « la nozio- ne di causalità » alla nozione di « contrassegno o segno » da servire alla «nostra informazione» (per tramite di Dio). Ritroveremo que- ste due tendenze, adattate alla moda del secolo XX, quando analiz- zeremo l’atteggiamento del machismo e quello del materialismo dia- lettico verso tale questione. Inoltre, a proposito della questione della realtà, bisogna ancora osservare che Berkeley, rifiutando di riconoscere l’esistenza delle co- se fuori della coscienza, si sforza di trovare un criterio di distinzione tra il reale e il fittizio. Nel § 36 egli dice che le « idee », che l’intel- letto umano evoca a suo talento, «son deboli, fiacche e instabili ri- spetto ad altre che si percepiscono coi sensi, le quali, essendo impres- se su di essi secondo certe regole 0 leggi della natura, sono la prova evidente dell’azione di una Mente più potente e più saggia dell’intel- letto umano. Si è detto che queste ultime hanno in loro più realtà delle prime; con ciò si intende dire che sono più forti, più ordinate e distinte e che non sono finzioni della mente che le percepisce »... Altrove (§ 84), Berkeley tenta di connettere il concetto del reale alla percezione simultanea di sensazioni identiche da parte di molte per- sone. Come risolvere, per esempio, la questione: è reale una tra- sformazione di acqua in vino, di cui, poniamo, vien data notizia? « Se tutti quelli che erano presenti a tavola poterono vedere, odorare, gustare e bere il vino, e provarne gli effetti, per me non esiste alcun dubbio sulla sua realtà». E Fraser spiega: «La coscienza simulta- nea delle stesse idee sensibili , da parte di diverse persone, a differen- za della coscienza puramente individuale 0 personale di oggetti ed emozioni i mmaginati, viene considerata qui come una prova della realtà delle idee della prima specie». Ne risulta che non si può ritenere che Tidealismo soggettivo di Berkeley ignori la differenza che esiste tra la percezione individuale e la percezione collettiva. Al contrario, su questa differenza egli ten- ta di erigere il criterio della realtà. Deducendo le « idee » dall’azio- ne della divinità sull’intelletto umano, Berkeley si avvicina in que- sto modo all’idealismo obiettivo: il mondo non si presenta come una mia rappresentazione, ma come l’effetto di una causa spirituale su- IN LUOGO D’iNTRODUZIONE 2 9 prema, creatrice sia delle «leggi della naturai, che delle leggi della distinzione tra idee « più reali » e idee meno reali, ecc. In un’altra sua opera intitolata Tre dialoghi fra Hylas e Philo - nous (1713), dove Berkeley si sforza di esporre le sue concezioni in forma particolarmente popolare, egli illustra la differenza che esi- ste tra la sua dottrina e la dottrina materialistica nel modo seguente: « ... Come voi [i materialisti] affermo che, poiché riceviamo le idee dal di fuori, dobbiamo ammettere che al di fuori (di noi) ci sono delle Forze in un Essere distinto da noi stessi... Ma noi dissentiamo sulla specie di questo essere potente. Io affermo che è Spirito, voi Materia, o una non so quale (e, posso aggiungere, non sapete quale) terza natura» (p. 335 deH’edizione citata). Fraser commenta: «Questo è il nodo di tutta la questione. Se- condo i materialisti, i fenomeni sensibili sono dovuti a una sostanza materiale o una qualche ignota ” terza natura”; secondo Berkeley sono dovuti a una volontà razionale; secondo Hume e i positivisti, la loro origine è assolutamente sconosciuta e, come fatti, noi possia- mo soltanto generalizzarli per induzione, in base alla consuetudine ». Il berkeleiano inglese Fraser si avvicina qui, dal suo punto di vista conseguentemente idealistico, a quelle stesse « linee » fonda- mentali della filosofìa che sono caratterizzate con tanta chiarezza dal materialista Engels. Nella sua opera Ludwig Feuerbach , Engels di- vide i filosofi in « due grandi campi » : materialisti e idealisti. Engels — che considera le teorie di queste due correnti in forme molto piu sviluppate, più varie e più ricche di contenuto, di quelle esaminate da Fraser — scorge la differenza fondamentale tra Tuna e l’altra nel fatto che per i materialisti la natura ha la priorità sullo spirito e per gli idealisti viceversa. Fra gli uni e gli altri, Engels pone i seguaci di Hume e di Kant, che egli chiama agnostici^ in quanto essi nega- no la possibilità di conoscere il mondo, o almeno di conoscerlo com- pletamente. Nel suo Ludwig Feuerbach Engels impiega questo termine soltanto per i seguaci di Hume (quelli che Fraser chiama «positivisti» c che amano essi stessi chiamarsi tali); ma neirarticolo Sul materialismo storico , Engels tratta direttamente della concezio- ne « agnostica neo-kantiana » e considera il neo kantismo come una varietà deiragnosticismo • F. Engels: Ueber den historischen Matcrialismus t in Neuc Zeit t Anno XI» voi. I, (1892-1893), n. i, p. 18. La traduzione dall’inglese è dello stesso Engels. La 3 ° LENIN Non possiamo soffermarci qui su questo ragionamento perfetta- mente giusto e profondo di Engels (ragionamento che i machisti hanno la sfrontatezza di ignorare). Di ciò si parlerà più avanti in modo particolareggiato. Per ora ci limitiamo a segnalare questa ter- minologia marxista e questa coincidenza degli estremi: le concezioni del materialista conseguente e dell’idealista conseguente sulle prin- cipali correnti della filosofia. Per illustrare queste tendenze (sulle quali dovremo costantemente ritornare nel corso dell’esposizione), os- serviamo brevemente le concezioni dei maggiori filosofi del secolo XVIII che seguirono una via diversa da quella di Berkeley. Ecco i ragionamenti di Hume, nell’opera Ricerca sull intelletto umano , nel capitolo sulla filosofia scettica (cap. XII): «Appare evidente che gli uomini sono spinti, da un istinto naturale o preven- zione naturale, a credere nei loro sensi; e che, senza alcun ragiona- mento, o persino prima dell’uso della ragione, noi consideriamo sem- pre un universo esterno [external universe ], che non dipende dalla nostra percezione, ma che esisterebbe anche se noi ed ogni creatura sensibile fossimo assenti o annientati. Anche gli animali sono gui- dati da un’opinione simile e conservano questa fede negli oggetti esterni in tutti i loro pensieri, disegni e azioni... Ma questa univer- sale e originaria credenza di tutti gli uomini è presto distrutta dalla più tenue [slightest] filosofia, la quale c’insegna che soltanto un’im- magine o percezione può essere presente alla mente, e che i sensi sono soltanto i canali [inlets] attraverso i quali queste immagini sono trasportate, senza poter produrre alcun rapporto [inter cour se] immediato fra la mente e l’oggetto. La tavola che vediamo sembra più piccola quando noi ce ne allontaniamo, ma la tavola reale, che esiste indipendentemente da noi, non subisce alterazioni; perciò alla mente non era presente che la sua immagine [image]. Questi sono gli ovvii dettati della ragione e nessun uomo che rifletta ha mai dubi- tato che le esistenze [existences], cui alludiamo dicendo ” questa casa ” o ” quell’aibero ”, siano altro che percezioni della mente... Con quale argomento si può provare che le percezioni devono essere pro- dotte nella mente da oggetti esterni, da esse interamente differenti benché rassomigliami (se pur ciò è possibile), e non possono invece traduzione russa (raccolta Materialismo storico , Pietroburgo, 1908, p. 167), non c «atta f . IN LUOGO D’iNTRODUZIONE 31 essere determinate 0 dall’energia della mente stessa, 0 dall’azione di qualche spirito invisibile e sconosciuto, o da qualche altra causa a noi ancora piu ignota?... Come potrà essere risolta questa questio- ne? Con l’esperienza, certo, come tutte le altre questioni di simile natura. Ma qui l’esperienza tace, e non può non tacere. La mente ha sempre presente a sé soltanto delle percezioni, e non può ave- re alcuna esperienza della loro connessione con gli oggetti. L’ipo- tesi di una tale connessione è perciò senza alcun fondamento razio- nale. Ricorrere alla veracità dell’Essere Supremo per provare la ve- racità dei nostri sensi è, certo, compiere un giro vizioso... una volta posto in discussione il mondo esterno, ci riuscirebbe diffìcile trovare argomenti con cui provare l’esistenza di quell’Essere o di qualun- que dei suoi attributi » *. La stessa cosa dice Hume nel Trattato della natura umana (parte IV, sezione II: Dello scetticismo in relazione ai sensi). «Le nostre percezioni sono i nostri soli oggetti » (p. 281 della . traduzione fran- cese di Renouvier e Pillon, 1878). Hume chiama scetticismo il rifiu- to di spiegare le sensazioni per mezzo dell’azione degli oggetti, dello spirito, ecc., il rifiuto di ricondurre le percezioni, da una parte, al mondo esterno, dall’altra, alla divinità o a uno spirito ignoto. E l’autore della prefazione alla traduzione francese di Hume, F. Pillon, che in filosofia appartiene (come vedremo in seguito) a una tenden- za imparentata con quella di Mach, dice giustamente che per Hume il soggetto e l’oggetto si riducono a « gruppi di percezioni diver- se », a « elementi della coscienza, impressioni, idee, ecc. » e che si deve unicamente parlare « di un raggruppamento, di una combina- zione di questi elementi » **. Allo stesso modo l’humiano inglese Huxley, al quale si deve la giusta e precisa espressione di « agnosti- cismo», nel suo libro su Hume sottolinea che quest’ultimo, consi- derando le « sensazioni » come « stati primordiali e non scomponi- bili della coscienza », non è del tutto coerente allorquando si doman- da se l’origine delle sensazioni debba essere spiegata con l’azione degli oggetti sull’uomo o con la forza creatrice dell’intelletto. « Egli [Hume] ammette il realismo e Pidealismo come due ipotesi egual- * David Hume: An Enquiry Concerning Human Understanding. Essays and Treatises , voi. II, Londra, 1882, pp. 124-126. ** Psychologie de Hume , Tratte de la nature humaìne , ecc., traduz. di Ch. Re- nouvier c F. Pillon, Parigi, 1878, Introduzione, p. X. 3 2 LENIN mente probabili » *. Hume non va oltre le sensazioni. « I colori rosso e blu e il profumo di una rosa sono impressioni semplici... La rosa rossa ci dà una impressione complessa [ complex impressioni che può esser scomposta nelle impressioni semplici del colore rosso, del profumo di rosa, e in numerose altre » (ivi, pp. 64-65). Hume ammette sia la « posizione materialistica » che la « posizione ideali- stica > (p. 82): il « complesso di percezioni» può essere generato dall’* Io » fichtiano o può essere una « immagine o anche un simbo- lo » di qualche cosa di reale ( reai something). Cosi Huxley inter- preta Hume. Quanto ai materialisti, ecco il giudizio che il capo degli enciclo- pedisti, Diderot, dà di Berkeley: «Si chiamano idealisti i filosofi che, avendo coscienza soltanto della loro esistenza e deiresistenza delle sensazioni che si succedono in loro, non ammettono nient’altro. Stra- vagante sistema che, a mio avviso, può esser nato soltanto in un cie- co; sistema che, a vergogna deirintelletto umano e della filosofia, è il più difficile da confutare, quantunque sia il più assurdo » **. E Di- derot, quasi arrivando alle concezioni del materialismo contempora- neo (secondo le quali gli argomenti e i sillogismi, da soli, non sono sufficienti a confutare Tidealismo, poiché non sono gli argomenti teo- rici che occorrono qui), rileva la somiglianza esistente tra i postu- lati deindealista Berkeley e quelli del sensista Condillac. Secondo Diderot, Condillac avrebbe dovuto prefiggersi di confutare Berkeley, per evitare di trarre conclusioni tanto assurde dalla concezione che considera le sensazioni come unica fonte delle nostre conoscenze. Diderot, nella sua Conversazione con D’Alembert, espone le sue concezioni filosofiche nel modo seguente : « ... Supponete che il cla- vicembalo abbia sensibilità e memoria e ditemi se non ripeterà da solo le arie che voi avrete eseguito sui suoi tasti. Noi siamo strumenti dotati di sensibilità e di memoria: i nostri sensi sono altrettanti tasti toccati dalla natura che ci circonda e che si toccano spesso da soli: ecco, a mio avviso, tutto ciò che avviene in un clavicembalo organiz- zato, come voi e come me». D’Alembert risponde che un simile cla- vicembalo dovrebbe avere la facoltà di nutrirsi c di generare piccoli clavicembali. Senza dubbio, replica Diderot. Ma prendete un uovo. • Th. Huxley: Hume , Londra, 1879, p. 74. •• Oeuvres complètes de Diderot , edit. Assézat, Parigi, "1875, voi. I, p. 304. IN LUOGO D’iNTRODUZIONE 33 « È con esso che si abbattono tutte le scuole di teologia e tutti i tem- pli della terra. Che cose quest’uovo? Una massa insensibile prima che il germe vi sia introdotto. E dopo che il germe vi è stato intro- dotto, che cos’è? Una massa insensibile, perché questo germe non è, a sua volta, che un fluido inerte e rudimentale. In che modo questa massa passerà a un’altra organizzazione, alla sensibilità, alla vita? Per mezzo del calore. Chi produrrà il calore? Il movimento ». L’ani- male uscito dall’uovo possederà tutte le vostre emozioni, eseguirà tutte le vostre azioni. « Pretendereste voi, con Cartesio, che esso sia una pura macchina imitatrice? Ma i bambini si burlerebbero di voi e i filosofi vi risponderebbero che, se quella è una macchina, siete una macchina anche voi. Se ammettete che fra questi animali e voi esiste soltanto una differenza di organizzazione, dimostrerete di ave- re buon senso e ragionevolezza e avrete ragione, ma si concluderà contro di voi che da una materia inerte, organizzata in un certo mo- do, impregnata di una altra materia inerte, di calore e di movimento, si ottiene sensibilità, vita, memoria, coscienza, passioni e il pensie- ro ». Una delle due, — continua Diderot: — o ammettere che nel- l’uovo esiste un « elemento nascosto » introdottosi in esso non si sa come in un determinato stadio del suo sviluppo, elemento del quale si ignora se occupa dello spazio, se è materiale o appositamente creato — ma ciò non s’accorda col buon senso e conduce a contrad- dizioni e all’assurdo — ; oppure si deve fare « una semplice ipotesi che spiega tutto, cioè che la sensibilità è una proprietà generale della materia o un prodotto della sua organizzazione ». All’obiezione di D’Alembert che questa supposizione ammette una qualità la quale, in sostanza, non è compatibile con la materia, Diderot risponde: « Come fate a sapere che la sensibilità è essenzialmente incompa- tibile con la materia, se non conoscete l’essenza di checchessia, né della materia, né della sensibilità? Conoscete forse meglio la natura del movimento, la sua esistenza in un corpo, la sua trasmissione da un corpo all’altro?». D’Alembert: «Anche senza conoscere la natu- ra della sensibilità, né quella della materia, vedo che la sensibilità è una qualità semplice, una, indivisibile e incompatibile con un sog- getto o sostrato {suppót) divisibile». Diderot : «Guazzabuglio meta- fisico-teologico! Come? Non vedete forse che tutte le qualità, tutte le forme sensibili di cui la materia è rivestita, sono per loro essenza indivisibili? Non vi può essere un più o un meno d’impenetrabilità. 34 LENIN Può esistere la metà di un corpo rotondo, ma non può esistere la me- tà della rotondità »... « Siate fisico e riconoscete la produzione di un effetto quando lo vedete prodotto, anche se non potete spiegare il nesso tra causa ed effetto. Siate logico e non sostituite a una causa che esiste e che spiega tutto, un’altra causa che non è concepibile, il cui nesso con l’effetto è ancor meno concepibile e che genera un nu- mero infinito di difficoltà e non ne risolve nessuna ». D’ Alembert: «Ma se mi allontano da questa causa?». Diderot : «Vi è una sola sostanza nell’universo, nell’uomo, nell*animale. Un organetto è di legno, l’uomo è di carne. Il canarino è di carne, il musicista è di car- ne diversamente organizzata; l’uno e l’altro hanno la stessa origine, la stessa formazione, le stesse funzioni, lo stesso fine ». D f Alembert: «E come si stabilisce la corrispondenza dei suoni fra i vostri due clavicembali?» Diderot : «...Lo strumento sensibile, o l’animale, ha sperimen- tato che emettendo questo o quel suono, si produceva un dato effetto fuori di lui, che altri strumenti sensibili simili a lui, o altri ani- mali, si avvicinavano, si allontanavano, chiedevano, offrivano, feri- vano, accarezzavano, e tutti questi effetti, nella sua memoria e in quella degli altri, si sono legati alla formazione di quei suoni; e no- tate che nei rapporti fra gli uomini non vi sono che dei rumori e delle azioni. E per dare al mio sistema tutta la sua forza, notate an- che che esso è soggetto alla stessa difficoltà insormontabile prospet- tata da Berkeley per negare l’esistenza dei corpi. In un momento di delirio il clavicembalo sensibile ha creduto di essere l’unico clavi- cembalo esistente al mondo e che tutta l’armonia dell’universo si producesse in lui » *. Queste pagine furono scritte nel 1769. E con esse terminiamo il nostro breve riferimento Storico. Con questo « clavicembalo deli- rante» e con l’armonia dell’universo che ha origine nell’uomo avre- mo a che fare più d’una volta nel corso del nostro esame del « mo- derno positivismo». Per ora ci limitiamo a questa conclusione : i « moderni » machisti non hanno portato contro i materialisti nessun argomento — lette- ralmente nessuno — che non si trovi anche nelle opere del vescovo Berkeley. Op. cit., voi. II, pp. 114-1x8. IN LUOCO D’iNTRODUZIONE 35 Notiamo, come curiosità, che uno di questi machisti, Valentinov, sentendo confusamente la falsità della sua posizione, si è sforzato di « cancellare le tracce » della sua parentela con Berkeley e l’ha fatto in un modo abbastanza buffo. A pagina 150 del suo libro leggiamo: «Quando, a proposito di Mach, si richiama Berkeley, noi domandia- mo: di quale Berkeley si tratta? Del Berkeley che per tradizione viene considerato come solipsista, o del Berkeley che sostiene la pre- senza e la provvidenza diretta della divinità? E, generalmente par- lando [?], di Berkeley come vescovo filosofeggiarne, demolitore dello ateismo, o di Berkeley profonda mente analitica? In realtà, con Ber- keley solipsista e predicatore della metafisica religiosa, Mach non ha nulla in comune ». Valentinov, che non si rende ben conto delle ra- gioni per le quali è costretto a difendere l’idealista Berkeley, « profon- da mente analitica», contro il materialista Diderot, crea confusio- ne. Diderot ha nettamente contrapposto l’una all’altra le correnti filosofiche fondamentali; Valentinov le confonde e ci consola scher- zosamente: «Noi — scrive — non consideriamo come un delitto filo- sofico la ” parentela ” di Mach con le concezioni idealistiche di Ber- keley, posto che questa esista realmente » (p. 149). Confondere le due tendenze fondamentali, inconciliabili, della filosofia: perché do- vrebbe essere un «delitto»! Anzi, tutta la scienza di Mach e di Ave- narius si riduce a questo. E passiamo a esaminare questa scienza. CAPITOLO PRIMO LA TEORIA DELLA CONOSCENZA NELL’EMPIRIOCRITICISMO E NEL MATERIALISMO DIALETTICO. I i. Le sensazioni e i complessi di sensazioni . I postulati fondamentali della teoria della conoscenza di Mach e Avenarius sono esposti con franchezza, semplicità e chiarezza nelle prime opere filosofiche di questi autori. E noi prendiamo a esaminare queste opere, rinviando al seguito della nostra esposizione l’esame delle correzioni e delle modifiche apportate in seguito da questi scrittori. « Il compito della scienza — scriveva Mach nel 1872 — può esse- re soltanto il seguente: 1) Ricercare le leggi del nesso esistente tra le rappresentazioni (psicologia). 2) Scoprire le leggi del nesso esisten- te tra le sensazioni (fisica). 3) Spiegare le leggi del nesso esistente fra le sensazioni e le rappresentazioni (psicofisica) » *. Il che è asso- lutamente chiaro. Sono oggetto della fisica i nessi fra le sensazioni e non quelli fra le cose o i corpi dei quali le nostre sensazioni sono rimmagine. E nel 1883, nella sua Meccanica , Mach ripete lo stesso concetto: «Le sensazioni non sono i ” simboli delle cose ”. Piuttosto è la ” cosa ” un simbolo mentale per un complesso di sensazioni relativamente stabi- le. Non le cose (i corpi), ma i colori, i suoni, le pressioni, gli spazi, i tempi (ciò che noi chiamiamo ordinariamente sensazioni) sono i veri elementi dell’universo » ## . * E. Mach: Die Geschichte und die Wurzel des Satzes von der Erhaltung der Arbeit, Vortrag gehalten in der /{. BÓhm. Geseììschajt der Wissenschajtcn am 15 Novcmber 1871 , Praga, 1872, pp. 57-58. • # E. Mach: Die Mechani\ in ihrer Entwiekjlung historìseh-kjìtisch dar ge stelli, 3. ed., Lipsia, 1897, p. 473. 38 LENIN Di questa paroletta: «elementi», che è frutto di dodici anni di « meditazioni », parleremo più avanti. Adesso dobbiamo rilevare che Mach riconosce qui direttamente che le cose o i corpi sono complessi di sensazioni e che egli contrappone nettamente la sua concezione filosofica alla teoria opposta secondo la quale le sensazioni sono « sim- boli» delle cose (sarebbe più esatto dire: immagini o riflessi delle cose). Quest’ultima teoria è il materialismo filosofico. Per esempio, il materialista Friedrich Engels, non ignoto collaboratore di Marx ed uno dei fondatori del marxismo, nelle sue opere parla costantemen- te, senza eccezioni, delle cose e delle loro immagini o riflessi mentali ( Geàan\enabbilder\ e queste immagini mentali, s'intende, non han- no altra origine che le sensazioni. Parrebbe che questo concetto fon- damentale della «filosofia marxista» debba esser conosciuto da tutti colorp che parlano di essa e, a più forte ragione, da chiunque si pre- senti pubblicamente a nome di questa filosofia. Ma, data l'estrema confusione generata dai nostri machisti, dobbiamo ripetere cose che tutti conoscono. Prendiamo la prima parte dell ’ Antidùhrmg e leg- giamo: «...Le cose e le loro immagini riflesse... » *. Oppure pren- diamo il primo paragrafo della parte dedicata alla filosofia: «Di do- ve il pensiero prende questi principi? [si tratta dei principi fonda- mentali di ogni conoscenza]. Da se stesso? No... queste forme il pensiero non può mai crearle né dedurle da se stesso, ma precisa- mente solo dal mondo esterno... i principi non sono il punto di par- tenza deirindagine [come avviene in Dùhring il quale vorrebbe es- sere materialista, ma non riesce mai ad applicare coerentemente il materialismo], ma invece il suo risultato finale; non vengono appli- cati alla natura e alla storia deiruomo, ma invece vengono astratti da esse; non già la natura e il regno deH’uomo si conformano ai principi, ma i principi, in tanto sono giusti, in quanto si accordano con la natura e con la storia. Questa è l'unica concezione materiali- stica deH'argomento e quella del signor Dùhring, ad essa contrappo- sta, è idealistica, sovverte completamente le cose e costruisce il mon- do reale partendo dal pensiero... » (ivi, p. 2i) n , E, ripetiamolo, Engels applica costantemente, senza eccezione, questa « unica concezione materialistica », denunciando implacabilmente ogni minima devia- * F. Engels: Herrn Eugen Duhrings Umwàizung der Wisscnschoft, 5. cd., Stoc- carda, 1904, p. 6 MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 39 zionc di Diihring dal materialismo Verso Tidealismo. Chiunque leg- ga con un briciolo d'attenzione YAnti diihring e il Ludwig Feuer- bach troverà decine di passi nei quali Engels parla delle cose e dei loro riflessi nel cervello deH’uomo, nella nostra coscienza, nel pen- siero, ecc. Engels non dice che le sensazioni o le rappresentazioni so- no « simboli » delle cose, poiché ai « simboli » il materialismo conse- guente deve qui sostituire le « immagini », le figure o i riflessi, come vedremo particolareggiatamente a suo luogo. Ma per ora non si tratta affatto dell’una o deiraltra formulazione del materialismo, ben- sì della contrapposizione del materialismo alFidealismo, della diffe- renza che esiste tra le due correnti fondamentali della filosofia. Bi- sogna procedere dagli oggetti alla sensazione e al pensiero? O dal pensiero e dalla sensazione agli oggetti? Engels segue la prima via, la via materialistica. Mach segue la seconda via, la via deiridealismo. Nessun sotterfugio, nessun sofisma (ne incontreremo ancora una grande quantità) può eliminare il fatto chiaro e indiscutibile che la dottrina di Ernst Mach, la dottrina delle cose considerate come com- plessi di sensazioni, è idealismo soggettivo, è una semplice rimastica- tura della dottrina di Berkeley. Se i corpi sono « complessi di sensa- zioni », come dice Mach, o « combinazioni di sensazioni », come diceva Berkeley, ne consegue inevitabilmente che tutto il mondo non è che una mia rappresentazione. Partendo da questa premessa, non si può ammettere resistenza di altri uomini all’infuori di se stessi: que- sto è il più puro solipsismo. Mach, Avenarius, Petzoldt e soci posso- no negarlo quanto vogliono, ma in realtà non possono disfarsi del solipsismo senza incorrere in stridenti assurdi logici. Per chiarire in modo ancor più evidente quest’elemento fondamentale della filo- sofia del machismo, facciamo ancora qualche altra citazione comple- mentare dalle opere di Mach. Ecco un esempio preso dall’ Analisi delle sensazioni : «Vediamo un corpo con una punta P. Quando tocchiamo P, la mettiamo a contatto con il nostro corpo, sentiamo una puntura. Pos- siamp vedere P senza sentire la puntura. Ma appena sentiamo la puntura, troveremo P sulla pelle. Cosicché, la punta visibile è il nu- cleo stabile e la puntura qualcosa di accidentale che può, secondo le circostanze, essere o non essere connesso col nucleo. Col frequente ripetersi di fenomeni analoghi, ci si abitua infine a considerare tutte le proprietà dei corpi come ” azioni ” emananti da questi nuclei stabili 40 LENIN c prodotte sul nostro Io per il tramite del nostro corpo, " azioni ” che noi chiamiamo ” sensazioni ” ... > (p. 20 ). In altre parole, gli uomini «si abituano» a mettersi dal punto di vista del materialismo e a considerare le sensazioni come risultati delazione dei corpi, delle cose, della natura sui nostri organi dei sensi. Quest’ « abitudine », cosi nociva ai filosofi idealisti (ma assimi- lata da tutto il genere umano e da tutta la scienza naturale!), spiace oltre misura a Mach, ed egli si accinge a distruggerla: « ... Ma, con ciò, questi nuclei perdono tutto il loro contenuto sen- sibile e diventano puri simboli del pensiero...». Vecchio ritornello, illustrissimo signor professore! Ripetizione te- stuale delle affermazioni di Berkeley per cui la materia è un puro simbolo astratto. In realtà, chi si aggira nell’astrazione pura è piutto- sto Ernst Mach, poiché se egli non riconosce che il « contenuto sensi- bile» è la realtà obiettiva, esistente indipendentemente da noi, non gli resta che 17o « puramente astratto », 17o immancabilmente scrit- to con la maiuscola e in corsivo, cioè « il clavicembalo delirante che immagina di essere l’unico esistente al mondo ». Se il « contenuto sen- sibile» delle nostre sensazioni non è il mondo esterno, vuol dire che nulla esiste aH’infuori di questo puro Io il quale si dà a vane gher- minelle «filosofiche». Sciocca e sterile occupazione! « ... Allora è vero che il mondo consiste soltanto nelle nostre sen- sazioni. Ma allora noi conosciamo soltanto le nostre sensazioni, e l’ipotesi di quei nuclei come pure della loro azione reciproca, da cui risulterebbero le sensazioni, diviene completamente oziosa e super- flua. Questa concezione può soltanto convenire a un realismo ambi- guo 0 a un criticismo ambiguo ». Abbiamo citato integralmente il sesto paragrafo delle « note anti- metafisiche» di Mach. È da cima a fondo un plagio di Berkeley. Non un argomento, non un barlume di pensiero, fuorché questo: «noi sentiamo soltanto le nostre sensazioni». Di qui discende una sola conclusione, e cioè che « il mondo consiste soltanto nelle mie sensazioni ». La parola « nostre » che Mach sostituisce alla parola « mie » è da lui usata illegittimamente. Con questa sola parola Mach rivela già quelli ambiguità » che egli rimprovera agli altri. Perché se l’« ipotesi» dell’esistenza del mondo esterno è «oziosa», se è oziosa l’ipotesi che l’ago esiste indipendentemente da me e che vi è un’azione reciproca tra il mio corpo e la punta dell’ago, se ammet- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 41 tcre tutto questo è davvero «ozioso e superfluo >, allora è innanzi- tutto ozioso e superfluo « ammettere » resistenza di altre persone. Soltanto YIo esiste e tutte le altre persone come tutto il mondo ester- no cadono nella categoria degli oziosi «nuclei». Da questo punto di vista, non è lecito parlare di «nostre» sensazioni, e se Mach ne parla, non fa che dimostrare la sua clamorosa ambiguità. Ciò dimo- stra soltanto che la sua filosofia è fatta di parole oziose e superflue alle quali Fautore stesso non presta fede. Ecco un esempio lampante di confusione e di ambiguità in Mach. Nel § 6 deirXI capitolo della stessa Analisi delle sensazioni , leggia- mo : « Se nel momento in cui provo una sensazione, io stesso o chiun- que altro potessimo osservare il mio cervello, con l’aiuto di tutti i possibili procedimenti fisici e chimici, si potrebbe determinare a quali processi in atto nelPorganismo sono legate le sensazioni di un dato genere... » (p. 198). Benissimo! Dunque, le nostre sensazioni sono legate a determi- nati processi che avvengono nel nostro organismo in generale e nel nostro cervello in particolare ? Sì, Mach fa questa « ammissione » nel modo piu netto, e sarebbe difficile non farla dal punto di vista delle scienze naturali. Ma, permettete, questa è ben la stessa « ammissio- ne » di quei « nuclei e della loro azione reciproca » che il nostro filo- sofo ha proclamato oziosa e superflua! I corpi, ci si dice, sono com- plessi di sensazioni; andare oltre — ci assicura Mach — e conside- rare le sensazioni come prodotti dell’azione dei corpi sui nostri orga- ni sensori, è metafisica, è un’ammissione oziosa e superflua, ecc.; pro- prio come Berkeley. Ma il cervello è un corpo. Dunque, anche il cervello non è nient’altro che un complesso di sensazioni. Ne risulta che per mezzo di un complesso di sensazioni, io (ma anche YIo non è altro che un complesso di sensazioni) sento dei complessi di sensazioni. Graziosa questa filosofia! Da principio si afferma che le sensazioni sono « i veri elementi del mondo » e si costruisce su que- sta base un berkeleismo « originale », ma poi s’insinuano alla cheti- chella opinioni opposte secondo le quali le sensazioni sono connesse a determinati processi che si producono nellorganismo. Ma questi « processi » non sono connessi a uno scambio di sostanze tra l’« orga- nismo » e il mondo esterno ? E questo scambio di sostanze potrebbe forse avvenire se le sensazioni di un dato organismo non dessero 42 LENIN all’organismo stesso una rappresentazione obiettivamente esatta di questo mondo esterno? Mach non affronta questioni cosi imbarazzanti. Egli mette assie- me meccanicamente frammenti della dottrina di Berkeley e opinioni tratte dalle scienze naturali le quali si schierano istintivamente con la teoria materialistica della conoscenza... «Talvolta si pone anche la questione seguente, — scrive egli nello stesso paragrafo : — la ” ma- teria ” (inorganica) non prova anch’essa delle sensazioni...?». Dun- que, la questione della sensibilità della materia organica non si pone neppure? Dunque, le sensazioni non sono qualcosa di primordiale, ma sono una delle proprietà della materia? Qui, Mach sorvola su rutti gli assurdi del berkeleismoL. «Tale questione — egli dice — è del tutto naturale quando si prendono come punto di partenza le nozioni fisiche correnti, largamente diffuse, secondo le quali la ma- teria è il reale dato immediatamente e indubbiamente, sul quale si erige tutto il mondo sia organico che inorganico...». Teniamo bene in mente questa ammissione di Mach, veramente preziosa, secondo la quale le nozioni fisiche abituali e largamente diffuse considerano la materia come la realtà immediata, e inoltre che soltanto una varietà di questa realtà (la materia organica) possiede la facoltà chiaramen- te espressa di sentire... « Ma in questo caso — continua Mach — in questo edificio [costituito di materia] la sensazione deve nascere d’im- provviso in qualche luogo, oppure deve esistere, fin dal principio, nelle fondamenta stesse dell’edificio. Dal nostro punto di vista, tale questione è fondamentalmente falsa. Per noi la materia non è il pri- mo dato. Questo dato primordiale è piuttosto rappresentato dagli elementi (che, in un certo senso determinato, si chiamano sensa- zioni)*,.. Cosicché le sensazioni sono i dati primordiali, benché siano « con- nesse» soltanto a determinati processi nella materia organica! E Mach, dicendo tale assurdità, ha l’aria di rimproverare al materiali- smo (alle « nozioni fisiche correnti e largamente diffuse ») di lascia- re insoluto il problema di sapere da dove « sorge » la sensazione. Ec- co un modello di « confutazione » del materialismo da parte dei fideisti e dei loro lacchè. Forse qualche altra concezione filosofica « ri- solve » un problema per la soluzione del quale non si sono ancora raccolti i dati in quantità sufficiente? Forse che lo stesso Mach, nello stesso paragrafo, non dice: «Fino a quando il problema [di stabilire MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 43 « fin dove si estende la sensazione nel mondo organico »] resterà in- soluto anche in un solo caso particolare, non sarà possibile venire a capo di questa questione»? La differenza tra il materialismo e il « machismo », di fronte a tale problema, si riduce quindi a quanto segue: il materialismo, in pieno accordo con le scienze naturali, considera come dato primor- diale la materia e come dato secondario la coscienza, il pensiero, la sensazione; poiché la sensibilità è connessa, in una forma chiaramen- te espressa, unicamente alle forme superiori della materia (materia organica), mentre « nelle fondamenta deiredificio stesso della mate- ria » si può soltanto supporre resistenza di una facoltà simile alla sensibilità. Tale è, per esempio, l’ipotesi del noto scienziato tedesco Ernst Haeckel, del biologo inglese Lloyd Morgan e di altri, per non parlare della citata congettura di Diderot. Il machismo abbraccia la concezione opposta, idealistica, e giunge subito a un nonsenso poiché, in primo luogo, considera la sensazione come dato primordiale, quan- tunque la sensazione sia connessa soltanto a determinati processi che si svolgono nella materia organizzata in un determinato modo, e, in secondo luogo, il suo postulato fondamentale che i corpi sono complessi di sensazioni è infirmato daH’ammissione dell’esistenza di altri esseri viventi e, in generale, di altri « complessi » oltre il dato grande Io. La paroletta « elemento », che molti ingenui scambiano (come vedremo) per una qualche innovazione o scoperta, in realtà imbro- glia soltanto la questione con un termine che non dice nulla e crea l’apparenza illusoria di una soluzione o d’un passo avanti. Apparen- za illusoria perché in realtà rimane da indagare, e poi ancora inda- gare, in che modo la materia che apparentemente è del tutto priva di sensibilità si lega a un’altra materia composta degli stessi atomi (o elettroni) e dotata nello stesso tempo di una ben chiara facoltà di sentire. Il materialismo pone nettamente questo problema ancora in- soluto e con ciò incita a risolverlo, incita a nuove ricerche sperimen- tali. Il machismo, che è una varietà d’idealismo confuso, complica la questione e conduce fuori strada col sotterfugio puramente ver- bale della parola « elemento ». Ecco un passo dell’opera filosofica riassuntiva e conclusiva di Mach che mostra tutta la falsità di questo sotterfugio idealistico. In Conoscenza ed errore leggiamo: «Mentre non ce nessuna difficoltà 44 LENIN a costruire [ aufzubauen] qualsiasi evento fisico , partendo dalle sen- sazioni, vale a dire dagli elementi psichici , non vi è nessuna possi- bilità d’immaginare [ist Ideine Mòglichl^eit abzusehen ] in che modo sarebbe possibile rappresentare \darstellen\ un qualunque evento psichico partendo dagli elementi dei quali si serve la fisica moderna, cioè dalle masse e dai movimenti (prendendo questi elementi in tutta la loro rigidità [Starrheit] che è lo stato adatto soltanto per questa scienza speciale) » *. Della rigidità delle nozioni di molti Scienziati moderni e delle loro vedute metafisiche (nel senso marxista della parola, cioè nel senso di antidialettiche) Engels parla piu volte con la piu grande precisione. Vedremo poi che, proprio a questo proposito, Mach va fuori strada perché non comprende o ignora il rapporto che corre fra il relativismo e la dialettica. Ma ora non si tratta di questo. Per noi è importante rilevare qui come l’ idealismo di Mach si manifesti chiaramente nonostante la terminologia che vorrebbe essere nuova, ma è soltanto confusa. Non c’è nessuna difficoltà, a quanto pare, a costruire qualsiasi elemento fisico con delle sensazioni, cioè con ele- menti psichici! Oh si, certamente, queste costruzioni non sono dif- ficili, perché sono costruzioni puramente verbali, scolastica vuota che serve a introdurre di soppiatto il fideismo. Dopo di che, non c’è da stupirsi se Mach dedica le sue opere agli immanentisti e se gli immanentisti, seguaci del piu reazionario idealismo filosofico, dimo- strano il loro entusiasmo per Mach. Il « moderno positivismo » di Ernst Mach è in ritardo soltanto di un paio di secoli: Berkeley ave- va già mostrato a sufficienza che non si può, « partendo dalle sensa- zioni, vale a dire dagli elementi psichici >, « costruire » nulla, fuor- ché il solipsismo. Per quanto riguarda il materialismo, al quale Mach oppone anche qui le sue concezioni, senza nominare direttamente e chiaramente il « nemico », abbiamo già visto con l’esempio di Dide- rot quali sono le vere concezioni dei materialisti. Queste concezioni non consistono nel dedurre la sensazione dal movimento della mate- ria o nel ridurre la sensazione al movimento della materia, ma nel considerare la sensazione come una delle proprietà della materia in movimento. In tale questione Engels si schierava con Diderot. Egli si separava dai materialisti «volgari», come Vogt, Btichner e Mole- E. Mach: Erfanntnis und Irrtum, 2 . ed., 1906, p„ 12, nota. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 45 schott, appunto perché, fra l*altro, essi andavano a perdersi nella con- cezione secondo la quale il cervello secerne il pensiero allo stesso mo- do in cui il fegato secerne la bile. Ma s'intende che Mach, il quale oppone costantemente le sue concezioni al materialismo, ignora, na- turalmente, tutti i grandi materialisti, Diderot, Feuerbach, Marx ed Engels, come li ignorano, del resto, tutti gli altri professori ufficiali della filosofia ufficiale. Per caratterizzare la originaria e fondamentale concezione di Ave- narius, prendiamo la sua prima opera filosofica indipendente, venuta alla luce nel 1876: La filosofìa come pensiero del mondo secondo il principio del minor consumo di forza (Prolegomeni ad una critica dell' esperienza pura). Bogdanov, nel suo Empiriomonismo (libro I, 2. edizione, 1905, p. 9, nota) dice: «L’idealismo filosofico è stato il punto di partenza per lo sviluppo delle concezioni di Mach, mentre per Avenarius, fin dal principio, è caratteristica la tinta realistica ». Bogdanov diceva questo perché credeva a Mach sulla parola (si veda 1 * Analisi delle sensazioni , p. 295). Ma egli ha avuto torto di credere a Mach, e la sua affermazione è diametralmente opposta alla verità. L’idealismo di Avenarius, al contrario, risulta con tale chiarezza nel- l’opera citata del 1876 che lo stesso Avenarius, nel 1891, fu costretto ad ammetterlo. Nella prefazione al Concetto umano del mondo, Ave- narius dice: «Chi ha letto la mia prima opera sistematica: La filoso- fia , ecc., supporrà a prima vista che io abbia tentato di trattare dei compiti di una critica dellesperienza pura anzitutto dal punto di vista idealistico...» (Der menschliche Weltbegriff , 1891, Vorwort, p. IX). « L’aver capito la sterilità dell’idealismo filosofico... mi ha reso dubbioso circa la giustezza del cammino da me seguito prima» (p. X). Questo punto di partenza idealistico di Avenarius è generalmen- te ammesso nella letteratura filosofica. Ricorderò, tra gli scrittori francesi, Couwelaert, il quale definisce il punto di vista filosofico dei Prolegomeni di Avenarius come «idealismo monistico»*; fra gli autori tedeschi citerò Tallievo di Avenarius, Rudolf Willy, il quale dice: «Avenarius, nella sua gioventù e soprattutto nella sua opera • F. Van Couwelaert: L’empiriocritictsme , nella Revue néo-scolastique, 1907, febbraio, p. 51. 4 6 LENIN del 1876, si trovava interamente sotto il fascino [ ganz im Barine ] del cosiddetto idealismo teorico-gnoseologico » *. Del resto, sarebbe ridicolo negare l’idealismo dei Prolegomeni di Avenarius quando egli stesso vi dice senza ambagi che « soltanto la sensazione può essere pensata come esistente » (p. io e 65 della se- conda edizione tedesca. Il corsivo nelle citazioni è sempre nostro). Con queste parole Avenarius stesso espone il contenuto del § ti6 del suo lavoro. Ecco il testo integrale di questo paragrafo: «Abbiamo ri- conosciuto che l’esistente [ das Setende ] è una sostanza dotata di sen- sibilità; tolta la sostanza [pensare che non v’è una sostanza e che non esiste un mondo esterno, è a quanto pare « piu economico », ri- chiede «un minor consumo di forza»!], ...rimane la sensazione: l’esistente dovrà quindi esser concepito come una sensazione, alla base della quale non v’è piu nulla di estraneo alla sensazione [nichts Empfindungsloses ] ». Dunque la sensazione esiste senza la « sostanza », cioè il pensiero esiste senza il cervello! Si trova davvero qualche filosofo capace di difendere questa filosofia senza cervello! Senza dubbio. Il professor Richard Avenarius è uno di questi. E su questa difesa dobbiamo fer- marci per un momento, sebbene per un uomo sano di mente sia dif- ficile prenderla sul serio. Ecco i ragionamenti di Avenarius, nei §§ 89- 90 della stessa opera: «...Cosi anche la tesi che il movimento suscita la sensazione ri- posa solamente su di un’esperienza apparente. Questa esperienza, che considera la percezione come atto singolo, consisterebbe nel fatto che la sensazione sarebbe generata in una sostanza di una certa specie (cervello), grazie a un movimento trasmesso (stimolo) e col concor- so di altre condizioni materiali (il sangue, per esempio). Ora, a par- te il fatto che questa generazione non è mai stata osservata in modo diretto \s.elbst\ y affinché quest’ipotetica esperienza fosse costruita in tutte le sue parti come un’esperienza reale, occorrerebbe almeno ave- re la prova empirica che la sensazione, che si pretende generata in una determinata sostanza per mezzo di un movimento trasmesso, non preesisteva già in questa sostanza in una forma qualsiasi; di modo che lapparizione della sensazione non potrebbe esser compre- * Rudolf Willy: Gegen die Schulweisheit. Etne Kritik, der Philosophìe , Monaco, 1905, p. 170. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 47 sa altrimenti che per mezzo di un atto creativo del movimento so- praggiunto. Dunque, soltanto la prova che, dove -ora si manifesta una sensazione, nessuna sensazione anche minima esisteva in prece- denza, soltanto questa prova potrebbe stabilire un fatto che, impli- cando un certo atto creativo, è in contraddizione con tutta la rima- nente esperienza e cambia completamente tutta la restante concezione della natura [Naturanschauung]. Ma nessuna esperienza dà, né può dare, questa prova; al contrario, resistenza di una sostanza as- solutamente sprovvista di sensibilità, e che acquisti questa facoltà suc- cessivamente, è soltanto un’ipotesi. E questa ipotesi complica e oscu- ra la nostra conoscenza, anziché semplificarla e chiarirla. « Se la pretesa esperienza della sensazione generata , per mezzo di un movimento trasmesso, nella sostanza che incomincerebbe a sen- tire da questo momento, si è dimostrata, a un esame più accurato, soltanto apparente, d’altronde, nel rimanente contenuto dell’espe- rienza vi sono ancora dati sufficienti per constatare l’origine, se non altro relativa, della sensazione dal movimento, e precisamente per constatare che la sensazione che esiste, ma è latente o minima o inac- cessibile, per qualche ragione, alla nostra coscienza, è liberata o po- tenziata o diviene accessibile alla coscienza in seguito al movimento trasmesso. Tuttavia anche questo frammento di ciò che rimane del contenuto dell’esperienza è soltanto apparenza. Se noi, per mezzo di un’osservazione ideale, seguissimo il movimento che si sviluppa da una sostanza in movimento A, trasmesso attraverso parecchi centri intermedi e raggiungente la sostanza B dotata di sensibilità, troverem- mo nel migliore dei casi che la sensibilità nella sostanza B si svi- luppa o si eleva simultaneamente alla ricezione del movimento so- praggiunto, ma non troveremmo che ciò è avvenuto in conseguenza del movimento... ». Abbiamo di proposito citato integralmente questa confutazione del materialismo da parte di Avenarius, perché il lettore possa vede- re a quali sofismi davvero meschini ricorre la « moderna » filosofia empiriocritica. Confrontiamo ora con i ragionamenti deH’idealista Avenarius il ragionamento materialistico ... di Bogdanov, non foss’al- tro che per punirlo di aver tradito il materialismo! In tempi molto, molto lontani, ben nove anni or sono, quando Bogdanov era per metà seguace del «r materialismo storico-naturali- stico» (seguace, in altri termini, della teoria materialistica della co- LENIN noscenza che la grande maggioranza degli scienziati del nostro tem- po segue istintivamente), quando Bogdanov era stato sviato soltanto a metà dal confusionario Ostwald, scriveva; «Dall’antichità fino ai nostri giorni, nella psicologia descrittiva si continuano a dividere i fatti della coscienza in tre gruppi : il campo delle sensazioni e delle rappresentazioni, il campo dei sentimenti, il campo degli impulsi... Appartengono al primo gruppo le immagini dei fenomeni del mon- do esterno o del mondo interno, prese a sé nella coscienza... Una tale immagine è chiamata ” sensazione ” quando è direttamente suscitata, attraverso gli organi dei sensi esterni, da fenomeni esterni corrispon- denti » *. Un po’ piu avanti leggiamo; «La sensazione... sorge nella coscienza come risultato di un eccitamento proveniente dall’ambien- te esterno e trasmesso dagli organi dei sensi esterni » (p. 222). O an- cora; «Le sensazioni costituiscono la base della vita della coscienza, il suo legame diretto col mondo esterno » (p. 240). « Ad ogni passo, nel processo della sensazione, avviene una trasformazione deirener- gia dello stimolo esterno in un fatto della coscienza » (p. 133). E per- fino nel 1905, quando Bogdanov era già riuscito, col benevolo aiuto di Ostwald e di Mach, ad abbandonare la concezione materialistica in filosofia per passare all’idealismo, egli scriveva (per distrazione!) neWEmpiriomonismo : « Com’è noto, l’energia dello stimolo esterno, trasformata nell’apparato terminale del nervo in una forma ” telegra- fica” di corrente nervosa, ancora poco studiata ma estranea a qual- siasi misticismo, raggiunge innanzi tutto i neuroni disposti nei co- siddetti centri ” inferiori”: ganglionari, cerebro-spinali, subcorticali» (voi. I, seconda edizione, 1905, p. 118). Per ogni scienziato non sviato dalla filosofia professorale, come per ogni materialista, la sensazione è realmente il legame diretto del- la coscienza col mondo esterno, è la trasformazione dell’energia dello stimolo esterno in un fatto della coscienza. Ogni uomo ha osservato milioni di volte questa trasformazione e continua a osservarla effet- tivamente a ogni passo. Il sofisma della filosofia idealistica consiste nel considerare la sensazione non come un legame tra la coscienza e il mondo esterno, ma come una barriera, un muro che separa la co- scienza dal mondo esterno; non come l’immagine di un fenomeno • A. Bogdanov: Osnovnyc elementy istoricesì^ovo vzghliada na prirodu , Pietro- burgo, 1899, p. 216. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 49 esterno corrispondente alla sensazione, ma come I’« unica realtà esi- stente ». Avenarius diede soltanto una forma lievemente modificata a questo vecchio sofisma che era già stato logorato dal vescovo Ber- keley. Poiché non conosciamo ancora tutte le condizioni dei nessi, osservati a ogni istante, fra le sensazioni e la materia organizzata in un determinato modo, ammettiamo soltanto resistenza della sensa- zione: ecco a che cosa si riduce il sofisma di Avenarius. Per completare la caratteristica dei postulati idealistici fondamen- tali deirempiriocriticismo, ricordiamo brevemente alcuni rappre- sentanti inglesi e francesi di questa corrente filosofica. A proposito dell’inglese Karl Pearson, Mach dichiara apertamente di essere « d’ac- cordo con le sue concezioni epistemologiche [erfenntnis^ritischen] in tutti i punti essenziali » (. Meccanica , edizione citata, p. IX). A sua volta K. Pearson si dichiara d’accordo con Mach *. Per Pearson le «cose reali* sono le « impressioni dei sensi* (sense impressioni ). Pearson dice che ogni ammissione dell’esistenza di cose al di fuori delle impressioni dei sensi è metafisica. Contro il materialismo Pear- son combatte nel modo più risoluto (senza conoscere né Feuerbach né Marx-Engels) e i suoi argomenti non differiscono da quelli esa- minati sopra. Ma Pearson è cosi alieno dal volersi spacciare per mate- rialista (specialità dei machisti russi), Pearson è cosi... imprudente che, senza escogitare « nuovi » appellativi per la sua filosofia, chiama puramente e semplicemente le sue concezioni, e quelle di Mach, con- cezioni « idealistiche * (p. 326, edizione citata)! La sua genealogia riallaccia Pearson direttamente a Berkeley e a Hume; d’altra parte la sua filosofia, come vedremo ripetutamente in seguito, si distingue da quella di Mach per una maggior coerenza e una maggiore pro- fondità. Coi fisici francesi, P. Duhem e Henri Poincaré, Mach esprime in modo particolare la sua solidarietà ** Nel capitolo sulla fisica moder- na avremo occasione di occuparci delle opinioni filosofiche — sin- golarmente confuse e incoerenti — di questi scrittori. Basti qui os- servare che, per Poincaré, le cose sono « gruppi di sensazioni > *** e che anche Duhem #### enuncia incidentalmente un’opinione analoga. • Karl Pearson; The Grommar of Science , 2. ed., Londra, 1900, p. 326. ## Analisi delle sensazioni , p. 4. Cfr. la prefazione a Erf^enntnis und Irrtum , 2. edizione. Henri Poincaré: La valeur de la Science , Parigi, 1905. * ### P. Duhem: La théorie physique, son objet et sa structure , 1906, pp. 6 e io. 5 ° LENIN Vediamo ora in che modo Mach e Avenarius, dopo avere ammes- so il carattere idealistico , delle loro concezioni originarie, le hanno corrette nelle loro opere posteriori. 2. « La scoperta degli elementi del mondo ». Questo il titolo che ha scelto per la sua opera su Mach il libero docente deirUniversità di Zurigo, Friedrich Adler, che è forse l’uni- co scrittore tedesco che vorrebbe completare Marx con il machi- smo * E bisogna rendere giustizia a questo ingenuo libero docen- te, poiché egli con la sua semplicità d’animo ha reso al machismo un cattivo servizio. Almeno la questione è da lui posta in modo chiaro e preciso: ha Mach realmente «scoperto gli elementi del mondo»? In questo caso, dunque, soltanto gli individui del tutto retrogradi e ignoranti possono ancora restare materialisti. Oppure questa scoper- ta è un ritorno di Mach ai vecchi errori della filosofia? Abbiamo visto che Màch nel 1872 e Avenarius nel 1876 si erano posti da un punto di vista puramente idealistico: per essi il mondo è una nostra sensazione. Nel 1883 apparve la Meccanica di Mach e nella prefazione alla prima edizione Mach cita proprio i Prolegome- ni di Avenarius e li saluta come « molto affini » ( sehr verwandte) al suo pensiero filosofico. Ecco il ragionamento sugli elementi con- tenuti in questa Meccanica : «Tutte le scienze naturali possono sol- tanto rappresentare [nachbilden und vorbilden \ i complessi di que- gli elementi che noi chiamiamo comunemente sensazioni. Si tratta dei nessi esistenti fra questi elementi... Il nesso tra A (calore) e B (fuoco) appartiene alla fisica , il nesso tra A e N (nervi) appar- tiene alla fisiologia. Né l’uno né l’altro legame esiste isolatamente , entrambi esistono insieme. Soltanto temporaneamente possiamo fare astrazione dall’uno o daH’altro. Infatti, persino i processi che sem- brano puramente meccanici sono sempre anche fisiologici » (cfr. p. 498 dell’ed. tedesca cit.). La stessa cosa è detta n c\Y Analisi delle sen- sazioni : « Laddove... a fianco o invece delle espressioni ” elemento ”, • Friedrich W. Adler: Die Entdeckung der Weltelemente (Zu E. Machs jo. Geburtstag ), Der Kampj , 1908, n. 5 (febbraio). Riportato in The international Socia - itst Re vie w, 1908, n. io (aprile). Un articolo di questo Adler è stato tradotto in russo nella raccolta II materialismo storico. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 51 ” complesso di elementi ”, si impiegano i termini ” sensazione ”, ” complesso di sensazioni ”, bisogna sempre tener presente che gli elementi sono sensazioni soltanto nella relazione indicata [e precisa- mente: nella relazione A.B.C. con K.L.M., cioè in relazione coi « complessi, che si chiamano abitualmente corpi », col « complesso che noi chiamiamo il nostro corpo»], in questo rapporto , in questa dipendenza funzionale. In un’altra dipendenza funzionale essi sono nello stesso tempo oggetti fisici » (trad. russa pp. 23 e 17). « Il colore è un oggetto fisico, quando, per esempio, lo studiamo nella sua di- pendenza dalla sorgente luminosa che lo rischiara (altri colori, ca- lore, spazio, ecc.). Ma se noi lo studiamo nella sua dipendenza dalla retina (elementi KX.M. ...) davanti a noi abbiamo un oggetto psico- logico , una sensazione » (ivi, p. 24). Dunque la scoperta degli elementi del mondo consiste nel fatto che: 1) tutto ciò che esiste viene dichiarato sensazione; 2) le sensazioni sono chiamate elementi; 3) gli elementi si dividono in fisico e psichico: quest’ultimo di- pende dai nervi deH’uomo e in generale dall’organismo umano; il primo invece non ne dipende; 4) i nessi degli elementi fisici e psichici’ sono dichiarati inesi- stenti se separati l’uno dall’altro; essi esistono soltanto congiunti; 5) soltanto temporaneamente si può fare astrazione dall’uno o dall’altro nesso; 6) la « nuovg » teoria si dichiara priva di « unilateralità »*. Qui in realtà non c’è unilateralità, ma c’è la piu incoerente con- fusione di opposti punti di vista filosofici. Se voi vi basate soltanto sulle sensazioni, non correggete con la paroletta « elemento » l’« uni- lateralità» del vostro idealismo, ma confondete soltanto la questio- ne, sfuggite vilmente alla vostra stessa teoria. A parole voi eliminate il contrasto tra il fisico e lo psichico **, tra il materialismo (il quale considera primordiale la natura, la materia) e l’idealismo (il quale con- * Mach nel Y Aitatisi delle sensazioni: «Questi elementi si chiamano comune- mente sensazioni. Ma poiché questo termine implica già una teoria unilaterale, noi preferiamo parlare semplicemente di elementi» (pp. 27-28). ## « Il contrasto tra 17 o e il mondo, sensazione o fenomeno e la cosa, allora sparisce, e tutto si riduce unicamente al nesso degli clementi * ( Analisi delle sensa- zioni, p. 21). 5 * LENIN sidera primordiale lo spirito, la coscienza, la sensazione), nei fatti voi ricostituite immediatamente questo contrasto, lo ricostituite di soppiatto ritrattando il vostro postulato fondamentale! Poiché se gli elementi sono sensazioni, voi non avete il diritto di accettare, fosse anche per un solo secondo, resistenza degli « elementi » al di fuori della loro dipendenza dai miei nervi, dalla mia coscienza. Ma se voi ammettete degli oggetti fisici che siano indipendenti dai miei nervi e dalle mie sensazioni, e che generino la sensazione soltanto agendo sulla mia retina, allora voi abbandonate vergognosamente il vostro idealismo « unilaterale » e adottate il punto di vista del materia- lismo «unilaterale». Se il colore è una sensazione soltanto in quanto dipende dalla retina (come vi costringono a riconoscere le scienze naturali), allora i raggi della luce producono la sensazione del colore, in quanto cadono sulla retina. Ciò significa che al di fuori di noi, indipendentemente da noi e dalla nostra coscienza, esiste un movimento della materia, diciamo, onde dell’etere di una determi- nata lunghezza e di una determinata velocità che, agendo sulla re- tina, producono neiruomo la sensazione di un determinato colore. Questo è precisamente il modo con cui vedono le cose le scienze na- turali. Esse spiegano le varie sensazioni di questo o quel colore con la differente lunghezza delle onde luminose, esistenti al di fuori della retina umana, al di fuori delPuomo, indipendentemente da esso. Pro- prio questo è materialismo: la materia, agendo sui nostri organi sensori, produce la sensazione. La sensazione dipende dal cervello, dai nervi, dalla retina, ecc. ecc., cioè dalla materia organizzata in un modo determinato. L’esistenza della materia non dipende dalle sensazioni. La materia è primordiale. La sensazione, il pensiero, la coscienza sono il prodotto più elevato della materie) organizzata in un determinato modo. Tali le concezioni del materialismo in ge- nerale e di Marx ed Engels in particolare. Mach e Avenarius introdu- cono di contrabbando il materialismo per mezzo della paroletta « ele- mento ». che dovrebbe liberare la loro teoria dalla « unilateralità » deiridealismo soggettivo, dovrebbe permettere di affermare che lele- mento psichico è dipendente dalla retina, dai nervi, ccc., e che Telemento fisico è indipendente dalPorganismo umano. In realtà la manovra compiuta con la paroletta «elemento » è un meschino sofi- sma, poiché ogni materialista, leggendo Mach e Avenarius, pone su- bito la domanda: cosa sono gli «elementi»? Sarebbe infatti puerile MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 51 pensare che inventando una nuova paroletta sia possibile sbarazzarsi delle tendenze filosofiche fondamentali. O P« elemento» è una sen- sazione, come sostengono tutti gli empiriocriticisti, e Mach e Avena- rius e Petzoldt ecc., e allora, signori, la vostra filosofia è idealismo che si sforza invano di rivestire la nudità del suo solipsismo con Porpello di una terminologia più « obiettiva ». Oppure Pc elemento » non è una sensazione, e allora la vostra paroletta « nuova » non ha il minimo significato e voi fate molto rumore per nulla. Prendete per esempio Petzoldt, l’ultima parola dell’empiriocritici- smo, secondo il giudizio del primo c più eminente empiriocriticista russo V. Lesevic * **. Dopo aver definito gli elementi come sensazio- ni, egli, nel secondo volume dell’opera citata, dichiara: «Nella tesi: ” le sensazioni sono gli elementi del mondo ” bisogna guardarsi dal prendere la parola ” sensazione ” come indicante qualcosa di soltan- to soggettivo e perciò etereo, che trasforma in illusione [ verfliichti - gendes ) il quadro abituale del mondo » ***. La lingua batte dove il dente duole! Petzoldt sente che il mondo « svanisce » (verfìiichtigt sich) o si trasforma in illusione, se si consi- derano le sensazioni quali elementi del mondo. E il bravo Petzoldt pensa di aggiustare la cosa facendo delle riserve: non bisogna consi- derare le sensazioni soltanto come qualcosa di soggettivo! Non è questo un sofisma ridicolo? Forse cambiano le cose se noi « pren- diamo» le sensazioni per sensazioni, oppure se tentiamo di allargare il significato di questa parola? Forse per ciò sparisce il fatto che le sensazioni sono connesse nell’uomo coi nervi, con la retina, col cer- vello, ecc., funzionanti normalmente, che il mondo esterno esiste in- dipendentemente dalle nostre sensazioni? Se non volete cavarvi d’impaccio con dei sotterfugi, se volete seriamente « guardarvi » dal soggettivismo e dal solipsismo, allora dovete anzitutto guardarvi dai fondamentali postulati idealistici della vostra filosofia; dovete cambiare la linea idealistica della vostra filosofia (dalla sensazione al mondo esterno) con quella materialistica (dal mondo esterno alla sensazio- * Joseph Petzoldt: Einfiihrung in die Philosophie der reinen Erfahrung , voi. I, Lipsia, 1900» p. 113: «Elementi si chiamano le sensazioni, cioè nel senso ordinario della parola le percezioni f Wahrnehmungen) semplici non scomponibili». ** V. Lesevic: Sto takoe nautenaia filosofia , (invece di scientifica leggi di moda, professorale, eclettica), Pietroburgo, 1891, pp. 229 c 247. •** Petzoldt, voi. II, Lipsia, 1904, p. 329. 54 LENltf ne); dovete buttar via il vuoto e confuso abbellimento vertale, « ele- mento >, e dire semplicemente: il colore è il risultato delazione di un oggetto fisico sulla retina, cioè la sensazione è il risultato delazio- ne della materia sui nostri organi dei sensi. Prendiamo ancora Avenarius. Sulla questione degli « elementi » i chiarimenti piu preziosi ce li fornisce il suo ultimo lavoro (e forse il piu importante per comprendere la sua filosofia): Osservazioni sul concetto delloggetto della psicologia *. L'autore dà qui, tra l’altro, una tabella estremamente «evidente» (voi. XVIII, p. 410), che noi riproduciamo nella sua parte essenziale: A. Elementi, complessi di elementi I Cose, 0 ciò che è materiale: cose corporee II Pensieri, 0 ciò che è mentale: cose incorporee, reminiscenze e (Gedankjenhaftcs) fantasie Confrontate a ciò quello che Mach dice dopo tutte le sue spiega- zioni sugli «elementi» ( Analisi delle sensazioni , p. 33): «Non i corpi provocano le sensazioni, ma i complessi di elementi (complessi di sensazioni) formano i corpi ». Eccovi la « scoperta degli elementi del mondo » che supera l’unilateralità deiridealismo e del materiali- smo! Da principio ci si assicura che gli « elementi » sono qualcosa di nuovo, fisico e psichico nello stesso tempo, ma poi di soppiatto si introduce una piccola correzione: invece della brutale distinzione materialistica tra la materia (cose, corpi) e lo psichico (sensazioni, reminiscenze, fantasie) ci offrono la dottrina del « positivismo mo- derno » sugli elementi materiali e gli elementi mentali. Non ha gua- dagnato molto Adler (Fritz) con la «scoperta degli elementi dei- mondo » ! Bogdanov, polemizzando con Plekhanov, scriveva nel 1906: « ...Io non posso considerarmi machista in filosofia. Nella concezione filo- sofica generale io ho preso da Mach una sola cosa: l’idea della neu- tralità degli elementi dell’esperienza nei confronti del ” fisico ” e dello ” psichico ”, e della dipendenza di queste caratteristiche soltan- * R. Avenarius: Bemertyngen zum Bcgrifi des Gcgenstandes der PsychologU in Vierteljahrsscb'tft jiir wissentchalthche Phtiosophxc . voi. XVIII (1894) e XIX (1895). MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 55 to dai nessi deiresperienza » ( Empiriomonismo , L. Ili, Pietroburgo, 1906, p. XLI). È come se un uomo religioso dicesse: non posso con- siderarmi un credente, poiché dai credenti ho preso « una sola cosa » : la fede in Dio. « La sola cosa » presa a Mach da Bogdanov è Y errore fondamentale del machismo, la falsità fondamentale di tutta questa filosofia. Le deviazioni dall’empiriocri deismo da parte di Bogdanov, alle quali lo stesso Bogdanov attribuisce una grande importanza, so- no di fatto una cosa di importanza secondaria e non escono dai limiti di differenze di dettaglio, particolari, individuali, tra diversi empi- riocriticisti che sono approvati da Mach e che approvano Mach (ma di ciò dettagliatamente piu' avanti). Perciò quando Bogdanov si la- menta di essere confuso con i machisti, egli manifesta soltanto la sua incomprensione delle radicali differenze tra il materialismo e ciò che è comune a lui, Bogdanov, e a tutti gli altri machisti. L’importante non è di sapere come Bogdanov abbia sviluppato, corretto o peggio- rato il machismo. L’importante è che egli ha abbandonato il punto di vista materialistico condannandosi inevitabilmente alla confusio- ne e alle aberrazioni idealistiche. Nel 1899, come abbiamo visto, Bogdanov aveva una giusta posi- zione quando scriveva : « L’immagine di un uomo che mi sta davanti e che è direttamente percepito dalla mia vista, è una sensazione > Bogdanov non si è dato la pena di darci la critica di questo suo vec- chio punto di vista. Egli ha ciecamente creduto a Mach sulla parola e ha cominciato a ripetere dopo di lui che gli « eleménti » dell’espe- rienza sono neutrali nei confronti del fisico e dello psichico. « Come è stato chiarito dalla moderna filosofia positivista, gli elementi del- l’esperienza psichica — ha scritto Bogdanov nel libro I dell 9 Empi- riomonismo (2. edizione, p. 90) — sono identici agli elementi di qual- siasi esperienza in generale, come sono identici agli elementi dei- resperienza fisica». Oppure nel 1906 (L. Ili, p. XX): «Per ciò che ri- guarda ” l’idealismo ”, si può forse parlare di idealismo soltanto per- ché gli elementi dell’ ” esperienza fisica ” sono considerati identici agli elementi della ” esperienza psichica ” o alle sensazioni elementari quando ciò è semplicemente un fatto indubitabile? ». Ecco dov’è la vera fonte di tutte le disavventure filosofiche di • Bogdanov: Osnovnye elemcnty i st orice skjovo vzghltada na prirodu, p. 216 (cfr. citazione precedente). 56 LENIN Bogdanov, fonte comune a lui e a tutti i machisti. Si può e si deve parlare di idealismo quando si identificano le sensazioni con gli « ele- menti deiresperienza fisica » (cioè col fisico, col mondo esterno, con la materia), perché questo non è altro che berkeleismo. Qui non c’è neppure l'ombra né della filosofia moderna, né di quella positivistica, né alcun fatto indubitabile, qui c’è semplicemente un sofisma idea- lista vecchio e stravecchio. E se si chiedesse a Bogdanov come egli può dimostrare questo «fatto indubitabile» secondo il quale la sen- sazione e il fisico sono identici, non si sentirebbe nessun altro argo- mento all’infuori deireterno ritornello degli idealisti: io sento soltan- to le mie sensazioni; «la testimonianza dell’autocoscienza» (die Aussage des Selbstbewusstseins in Avenarius, Prolegomeni , p. 56 del- la 2. edizione tedesca, § 93); oppure: «nella nostra esperienza» (la quale dice che « noi siamo sostanza senziente ») « la sensazione ci è data con più certezza che la sostanzialità » (ivi, p. 55, § 91), ecc. ecc. ecc. Bogdanov, prestando fede a Mach, ha preso per « fatto indu- bitabile » un sotterfugio filosofico reazionario, poiché in realtà non è stato addotto e non può esser addotto un solo fatto che confuti la con- cezione che considera la sensazione come immagine del mondo ester- no; concezione che Bogdanov faceva propria nel 1899 ed è condivisa ancora oggi dalle scienze naturali. Nelle sue divagazioni filosofiche il fisico Mach è andato a finire molto lontano dalle « scienze naturali contemporanee»; circostanza importante, che Bogdanov non ha saputo cogliere, e sulla quale dovremo parlare ancora a lungo in seguito. Una delle circostanze che ha aiutato Bogdanov a saltare cosi pre- sto dal materialismo degli scienziati al confuso idealismo di Mach, è (oltre all’influenza di Ostwald) la dottrina di Avenarius della serie dipendente e indipendente deiresperienza. Lo stesso Bogdanov nel libro I dtWEmpiriomonismo spiega la cosa nel modo seguente : « In quanto i dati dell’esperienza appaiono dipendenti dallo stato di un determinato sistema nervoso , essi formano il mondo psichico di una data persona; in quanto tali dati sono considerati al di fuori di que- sta dipendenza, abbiamo dinanzi il mondo fisico. Per questo Avena- rius indica questi due campi dell’esperienza come serie dipendente e serie indipendente dell' esperienza » (p. 18). Il guaio è appunto che questa dottrina della « serie » indipenden- te (indipendente dalla sensazione umana) porta a introdurre di sop- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 57 piatto il materialismo, e ciò è illegittimo, arbitrario, eclettico dal punto di vista di una filosofìa che afferma che i corpi sono comples- si di sensazioni, che le sensazioni sono « identiche » agli « elementi » del mondo fisico. Perché una volta che voi avete ammesso che la sorgente luminosa e le onde luminose esistono indipendentemente dall’uomo e dalla coscienza umana, e che il colore dipende datazio- ne di queste onde sulla retina, voi avrete di fatto adottato il punto di vista materialistico e avrete distrutto dalle fondamenta tutti i « fatti indubitabili » deiridealismo, insieme a tutti i « complessi di sensazioni », a tutti gli elementi scoperti dal positivismo moderno e simili nonsensi. Il guaio è appunto che Bogdanov (come tutti gli altri machisti russi) non si è addentrato nelle concezioni idealistiche originarie di Mach e Avenarius, non si è reso conto dei loro fondamentali postu- lati idealistici e perciò non ha scorto tutto ciò che vi era d’illegittimo e di eclettico nel loro ulteriore tentativo d’introdurre di soppiatto il materialismo. Eppure ridealismo originario di Mach e Avenarius è generalmente riconosciuto nella letteratura filosofica, cosi come si ri- conosce che in seguito Tempiriocriticismo ha cercato di orientarsi verso il materialismo. Lo scrittore francese Couwelaert, da noi citato sopra, vede nei Prolegomeni di Avenarius l’« idealismo monisti- co », nella Critica delVesperienza pura (1888-1890) il «realismo asso- luto» e nel Concetto umano del mondo (1891) il tentativo di «spie- gare » questo passaggio. Notiamo che il termine realismo è qui usa- to in contrapposizione all’idealismo. Seguendo Engels, uso in questo senso soltanto la parola materialismo e considero questa terminolo- gia come la sola corretta, specialmente tenendo conto che la parola « realismo » è stata logorata dai positivisti e da altri confusionari oscillanti tra il materialismo e l’idealismo. Intanto è sufficiente rile- vare che il Couwelaert constata il fatto indiscutibile che nei Prolego- meni (1876), per Avenarius la sensazione è considerata come la sola realtà, e la « sostanza » — conformemente al principio dell’« econo- mia del pensiero » — è eliminata, mentre nella Critica delVesperienza pura l’esperienza fisica viene considerata come la serie indipendente , e l’esperienza psichica, e di conseguenza anche le sensazioni, come la serie dipendente. L’allievo di Avenarius, Rudolph Willy, ammette egualmente che Avenarius, che era «completamente» idealista nel 1876, in se- 5 » LENIN guito portò questa dottrina ad una « conciliazione » ( Ausgleich ) col « realismo ingenuo » (opera citata, ivi); cioè con quel punto di vista materialistico, spontaneo e inconscio, proprio deirumanità in- tera, che riconosce l’esistenza del mondo esterno indipendentemente dalla nostra coscienza* Oskar Ewald, autore del libro Avenarius come fondatore del - l empiriocriticismo , dice che questa filosofia unisce in sé in modo contraddittorio elementi (elementi non nel senso machista, ma nel senso corrente della parola) idealistici e «realistici» (bisognava dire: materialistici). Per esempio «quella assoluta [la considerazione] eter- nerebbe il realismo ingenuo, mentre quella relativa dichiarerebbe stabilmente instaurato idealismo esclusivo » *. Avenarius chiama considerazione assoluta ciò che corrisponde in Mach ai rapporti degli « elementi » al di fuori del nostro corpo e considerazione relativa ciò che in Mach corrisponde ai rapporti degli « elementi » dipendenti dal nostro corpo. Particolarmente interessante a questo proposito ci pare Topinione di Wundt, il quale si pone — come la maggioranza degli scrittori surricordati — dal puntp di vista dell’idealismo confuso, ma che for- se ha analizzato l’empiriocriticismo con più attenzione di ogni altro. P. Iusckevic esprime su ciò la seguente opinione: «È curioso che Wundt consideri l’empiriocriticismo come la forma piu scientifica dell’ultimo tipo di materialismo » cioè quel tipo di materialisti che vedono nello spirito una funzione dei processi corporei (e che Wundt — aggiungiamo noi — chiama intermediario tra lo spinozismo e il materialismo assoluto) ***. Effettivamente, questa opinione di W. Wundt è molto curiosa. Ma ciò che qui è più « curioso > è Patteggiamento del signor Iuscke- vic nei confronti di quei libri e articoli di filosofia dei quali tratta. È questo un esempio tipico deiratteggiamento dei nostri machisti. Il Petruscka 1 * di Gogol leggeva e trovava curioso che le lettere si combinino sempre in parole. Il signor Iusckevic ha letto Wundt e ha trovato « curioso v che Wundt abbia accusato Avenarius di mate- • Oskar Ewald: Richard Avenarius als Begriinder des Empiriokriùzismus , Ber- lino. 1905, p. 66. ** P. Iusckevic: Materialism i fyiticcsk} realism , Pietroburgo, 1908, p. 15. ••• W. Wundt: Uebcr naiven und kritischcn Realtsmus in Philosophische Studi en, voi. Xlil, 1897, p. 334. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 59 rialismo. Se Wundt ha torto perché non confutarlo? Se egli ha ra- gione, perché non spiegare la contrapposizione tra materialismo ed empiriocriticismo? Il signor Iusckevic trova «curioso» ciò che dice l’idealista Wundt, ma questo discepolo di Mach ritiene una pena del tutto inutile (certamente in base al principio dell’« economia del pen- siero») chiarire questa questione... La realtà è che, informando il lettore dell'accusa di materialismo lanciata da Wundt contro Avenarius e tacendo che Wundt considera certi aspetti deH’empiriocriticismo come materialismo e certi altri co- me idealismo, e che giudica artificiali i legami tra gli uni e gli altri, Iusckevic ha completamente deformato i fatti. O questo gentiluomo non comprende assolutamente ciò che legge, oppure si è lasciato guidare dal desiderio di lodare se stesso attraverso Wundt: vedete? i professori ufficiali ci considerano non come dei confusionari qualsia- si, ma come dei materialisti. Il ricordato studio di Wundt costituisce un grosso volume (più di 300 pagine) dedicato alla più minuziosa analisi prima della scuola immanentista e poi degli empiriocriticisti. Perché Wundt ha riunito queste due scuole? Perché egli le considera strettamente imparenta- te; e questa opinione, condivisa da Mach, Avenarius, Petzoldt e dagli immanentisti, è completamente giusta, come vedremo più avanti. Nella prima parte del suo scritto Wundt considera gli immanentisti come idealisti, soggettivisti, partigiani del fideismo. Ed è ancora, co- me vedremo in seguito, un’opinione assolutamente giusta, quan- tunque Wundt l’abbia appesantita con l’inutile zavorra dell’erudi- zione professorale, con sottigliezze e riserve inutili che si spiegano col fatto che lo stesso Wundt è idealista e fideista. Egli rimprovera gli immanentisti non perché idealisti e partigiani del fideismo, ma perché deducono falsamente, secondo il suo parere, questi gran- di principi. La seconda e la terza parte dello studio di Wundt sono dedicate aH'empiriocriticismo. Egli mostra in modo del tutto chiaro come certi postulati teorici molto importanti deirempiriocriticismo (il suo modo di comprendere l’« esperienza » e la « coordinazione fon- damentale », della quale parleremo in seguito) siano identici a quelli della filosofia immanentista {die empirio fraise he in Uebereinstim - mung mit der immanenten Philosophie annimmt , p. 382 dello studio di Wundt). Altri postulati teorici di Avenarius sono presi a prestito dal materialismo e nel suo assieme rempiriocriticismo è un « miscu - 6o LENIN glio variopinto » ( buntc Mischung , p. 57), nel quale « le differenti parti costitutive in sé sono assolutamente eterogenee {an sich einander vóllig heterogen sind , p. 56). Fra questi brandelli materialistici del miscuglio di Avenarius e Mach, Wundt considera principalmente la dottrina del primo sulla « serie vitale indipendente ». Se voi prendete come punto di partenza il « sistema C » (Avenarius, grande amatore del giuoco scientifico dei termini nuovi, designa cosi il cervello umano 0 in generale il si- stema nervoso), se lo psichico è per voi la funzione del cervello, que- sto «sistema C* — dice Wundt (p. 64 dello studio citato) — è una « sostanza metafisica » e la vostra dottrina è materialismo. Bisogna dire che molti idealisti e tutti gli agnostici (kantiani e humiani com- presi) considerano i materialisti come metafisici, perché riconoscere resistenza del mondo esterno indipendentemente dalla coscienza del- Tuomo è, secondo loro, un oltrepassare i limiti deiresperienza. Di questa terminologia e della sua completa falsità dal punto di vista del marxismo parleremo a suo tempo. Ora è importante osservare che appunto l’ipotesi della serie « indipendente » è per Avenarius (come pure per Mach, che esprime la stessa idea con altre parole) presa a prestito dal materialismo , come riconoscono in comune i filosofi dei vari partiti, cioè delle varie tendenze in filosofia. Se voi prendete come punto di partenza il fatto che tutto ciò che esiste è sensazione oppure che i corpi sono complessi di sensazioni, allora voi non potete, senza distruggere tutti i vostri postulati fondamentali, tutta la « vo- stra » filosofia, giungere alla conclusione che indipendentemente dalla nostra coscienza esiste il fisico e che le sensazioni sono una funzione della materia organizzata in un modo determinato. Mach e Avena- rius riuniscono nella loro filosofia i postulati fondamentali dell’idea- lismo e certe conclusioni materialistiche, appunto perché la loro teoria è un esempio di quel « misero minestrone eclettico » 13 del quale En- gels parla con giusto disprezzo *. Nell’ultima opera filosofica di Mach, Conoscenza ed errore , 2. edi- zione, 1906, questo eclettismo salta particolarmente agli occhi. Ab- * Prefazione al Ludwig Feuerbach , datata febbraio 1888. Queste parole di Engels si riferiscono alla filosofia professorale tedesca in generale. I machisti che vogliono essere marxisti, ma che sono incapaci di cogliere il senso e il contenuto di questa idea di Engels, si nascondono talvolta dietro questa meschina riserva; «Engels non conosceva ancora Mach » (Fritz Adler). Su che cosa si basa questa opinione? Forse MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 6l biamo già visto che Mach qui dichiara : « non ce nessuna difficoltà a costruire ogni specie di elemento fisico partendo dalle sensazioni, cioè dagli elementi psichici»; e nello stesso libro leggiamo: «I rapporti che stanno al di là dell’t/ \~ Umgrenzung , cioè al di là dei limiti fisici del nostro corpo, p. 8] costituiscono la fisica nel senso piu largo della parola * (p. 323, § 4). « Per ottenere questi rapporti nella loro purezza [rein erhalten] è necessario escludere nei limiti del possibile l’influenza dell’osservatore, cioè degli elementi situati all’interno deb l’U » (ivi). Benissimo. Benissimo. Dapprima la cinciallegra si ripro- metteva d’incendiare il mare, cioè di costruire gli elementi fisici par- tendo da elementi psichici, e poi si è visto che gli elementi fisici sono situati fuori dai limiti degli elementi psichici « situati nel nostro corpo»! Misteri della filosofia! Ancora un esempio: «Non esiste un gas perfetto [ideale, voli - {ommenes], un liquido perfetto, un corpo perfettamente elastico; il fisico sa che le sue finzioni corrispondono soltanto approssimativa- mente ai fatti, che li semplificano arbitrariamente; egli conosce questa divergenza che non può esser eliminata » (p. 418, § 30). Di quale divergenza ( Abweichung ) si tratta qui? Divergenza di che cosa e da che cosa? Di quella del pensiero (teoria fisica) dai fatti? E che cosa sono i pensieri e le idee? Le idee sono «tracce di sensa- zioni» (p. 9). E che cosa sono i fatti? I fatti sono « complessi di sen- sazioni»; e cosi la divergenza fra le tracce di sensazioni e i complessi di sensazioni non può esser eliminata. Che cosa significa ciò? Significa che Mach dimentica la sua teo- ria e, cominciando a parlare delle differenti questioni della fisica, ra- giona con semplicità, senza sotterfugi idealistici, cioè materialistica- mente. Tutti i «complessi di sensazioni» e tutta questa saggezza alla Berkeley spariscono. La teoria dei fisici risulta come un riflesso dei corpi, dei liquidi e dei gas esistenti al di fuori di noi e indipenden- temente dal nostro corpo, e questo riflesso ha, naturalmente, un valore approssimativo, senza che si possa tuttavia qualificare come « ar- bitraria» questa approssimazione o semplificazione. In realtà : la sen- sul facto che Engels non cita Mach c Avenarius ? Questa opinione non ha altra base e questa base è cattiva, perché Engels non faceva mai il nome di nessuno degli eclettici. E per ciò che riguarda Avenarius, che dal 1876 pubblicava la sua rivista trimestrale di filosofia « scientifica », è quasi impossibile che Engels non lo cono- scesse. 62 LENIN sazione è qui considerata da Mach proprio come essa è considerata da tutta la scienza naturale, non « purificata » dagli allievi di Berkeley e di Hume, cioè come un 'immagine del mondo esterno. La teoria propria di Mach è l’idealismo soggettivo, ma quando occorre un momento di obiettività, Mach, senza tante cerimonie, introduce nei suoi ragionamenti dei postulati della teoria contraria, cioè della teoria materialistica della conoscenza. Eduard von Hartmann, idealista con- seguente e reazionario conseguente in filosofia, che simpatizza con la lotta dei machisti contro il materialismo , si avvicina molto alla realtà, quando dice che la posizione filosofica di Mach è un « miscu- glio [ Nichtunterscheidung ] di realismo ingenuo e di illusionismo as- soluto * *. È vero. La dottrina che afferma che i corpi sono complessi di sensazioni, ecc., è illusionismo assoluto, cioè solipsismo, poiché da questo punto di vista tutto il mondo non è altro che una mia illu- sione. I ragionamenti di Mach che abbiamo citato, come pure tutta una serie di altri suoi ragionamenti sparsi, sono ciò che viene chia- mato «realismo ingenuo», cioè la teoria materialistica della cono- scenza presa a prestito dagli scienziati in modo istintivo e inconsa- pevole. Avenarius e i professori che seguono le sue orme cercano di co- prire questa confusione aiutandosi con la teoria della «coordinazione fondamentale ». Passeremo ora ad analizzare questa teoria, ma prima facciamola finita con l’accusa di materialismo lanciata contro Avena- rius. Il signor Iusckevic, al quale Tapprezzamento di Wundt, che non ha capito, è apparso curioso, non ha avuto la curiosità di cono- scere lui stesso, o non si è degnato d'informarne il lettore, il modo con cui gli allievi e i continuatori immediati di Avenarius hanno reagito a questa accusa. Eppure ciò è necessario per chiarire la que- stione se ci interessiamo deH’atteggiamento della filosofia di Marx, cioè del materialismo, verso la filosofia dell’empiriocriticismo. E poi, se il machismo è un intreccio, un miscuglio di materialismo e di idea- lismo, è importante sapere in qual senso si è orientata — se è pos- sibile esprimersi cosi — questa corrente quando gli idealisti ufficiali hanno cominciato a respingerla a causa delle sue concessioni al ma- terialismo. • Eduard von Hartmann: Die W eitanschatmng der moderne n Physif^, Lipsia, 1902, p. 219. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 63 A Wundt hanno, tra gli altri, risposto due dei più puri e orto- dossi allievi di Avenarius, J. Petzoldt e Fr. Carstanjen. Petzoldt ha respinto con nobile sdegno l’accusa di materialismo, disonorante per ogni professore tedesco, e si è richiamato... a che cosa pensate voi si sia richiamato?... ai Prolegomeni di Avenarius, dove si dice che anche la nozione stessa della sostanza è stata distrutta! Teoria comoda alla quale si possono riallacciare e le opere idealistiche pure e i postulati materialistici arbitrariamente ammessi! La Critica dell'esperienza pura di Avenarius non è certo in contraddizione con questa teoria — cioè col materialismo — ha scritto Petzoldt — ma essa non è neppure in contraddizione con la dottrina spiritualistica diametralmente oppo- sta* ** . Magnifica difesa! È proprio ciò che Engels chiamava emisero minestrone eclettico». Bogdanov, che non vuol riconoscersi machista e che vuole essere considerato un marxista (in filosofia), segue Pet- zoldt. Egli asserisce che « Pempiriocriticismo non deve preoccuparsi né del materialismo né dello spiritualismo né di alcuna metafisica in generale *** **** , che la «verità... non si trova nel ” giusto mezzo” tra le due tendenze nemiche (materialismo e spiritualismo), ma all’in- fuori di esse » ***. In realtà ciò che Bogdanov prende per verità, è sol- tanto confusione, instabilità tra il materialismo e l’idealismo. Rispondendo a Wundt, Carstanjen ha scritto che egli respinge «ogni tentativo d’introdurre di soppiatto [ Vnterschiebung \ il princi- pio materialistico », c che è assolutamente estraneo alla critica dell’espe- rienza pura » ## * # . « L empiriocriticismo è scetticismo xar'fijoxnv (per eccellenza) per ciò che concerne il contenuto delle nozioni». Questa tendenza a sottolineare con enfasi la neutralità della dottrina di Mach, contiene un briciolo di verità: le correzioni apportate da Mach e Avenarius al loro idealismo iniziale si riducono interamente a mezze concessioni fatte al materialismo. Invece del punto di vista conseguente di Berkeley: il mondo esterno non è altro che la mia sensazione, si ha talvolta il punto di vista di Hume: rifiuto di inte- * J. Petzoldt: EinUihrung in die Philosophic der rethen Erjahrung , voi. I, PP- 351 * 352 . ** Empiriomonìsmo . L. 1 . 2. edizione, p. 21. *** Ivi. p. 93. **** Fr. Carstanjen: Der Empiriokriùzismus , zugUtch etne Eru/iderung auf W . Wundts Aufsdtze, Vierteljahrsschr. fur wiss. Phil. , 22. annata (1898), pp. 73 e 213. 6 4 LENIN ress armi della questione se esiste qualcosa al di là delle mie sensa- zioni. E questo punto di vista dell’agnosticismo condanna inevitabil- mente ad oscillare tra il materialismo e l’idealismo. 3. La coordinazione fondamentale e il « realismo ingenuo ». La dottrina di Avènarius sulla coordinazione fondamentale è stata da lui esposta nel Concetto umano del mondo e nelle Osservazioni. Queste ultime sono state scritte più tardi e Avènarius sottolinea qui che espone, invero in modo un po’ diverso, le stesse cose esposte nella Critica dell esperienza pura e nel Concetto umano del mondo ( Be - merl{ . l \ 1894, p. 137 della rivista citata). L’essenza di questa dottrina è nella tesi «sulla coordinazione [cioè il rapporto reciproco] indisso- lubile [ unauflòsliche ] del nostro Io [des lek ] e dell* ambiente » (p. 146). «In termini filosofici — continua Avènarius — si può dire: ” 17 o e il non lo”*. Tanto l’uno che l’altro, tanto il nostro Io che l’ambiente, noi « li troviamo sempre assieme > (immer ein Zusammen - Vorgefundenes). « Nessuna descrizione completa di ciò che è dato [o che è stato trovato: des Vorgefundenen ] può contenere T” am- biente” senza un Io [ohne ein Ich] di cui questo è l’ambiente, al- meno senza quellVo che descrive ciò che è stato trovato» (o che è dato: das Vorgefundene , p. 146). L 7 o è chiamato termine centrale della coordinazione e l’ambiente contro-termine (Gegenglied) (Vedi Der menschliche Weltbegrif} y 2. ediz., 1905, pp. 83-84, § 148 e se- guenti). Avènarius crede di riconoscere con questa dottrina tutto il valore di ciò che si chiama realismo ingenuo , cioè della concezione corrente, non filosofica, ingenua, comune a tutta la gente che non si preoc- cupa di domandarsi se esistono essi stessi e se esiste l’ambiente, il mondo esterno. Mach, esprimendo la sua solidarietà con Avènarius, si sforza pure di presentarsi come difensore del « realismo ingenuo » ( Analisi delle sensazioni , p. 39). 1 machisti russi, tutti, senza ecce- zione, hanno prestato fede a Mach e ad Avènarius, hanno creduto cioè che questa fosse veramente una difesa del « realismo ingenuo » : si ammette 17 o, si ammette l’ambiente, cosa volete di più? Per poter capire dove realmente si trovi in questo caso il più alto grado di ingenuità, bisogna incominciare da un punto di partenza MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 65 un po’ lontano. Ecco una conversazione popolare di un certo filosofo col lettore: « Lettore : Deve esistere un sistema di cose (come ritiene la filo- sofia consueta) ed è dalle cose che deve essere generata la coscienza. « Autore \ Tu parli in questo momento come un filosofo di pro- fessione... e non dal punto di vista del buon senso e della coscienza reale... « Pensaci bene prima di rispondere e dimmi : può una cosa arrivare in te e apparire in te e per te se non attraverso e insieme alla co- scienza di questa stessa cosa...? a Lettore : A pensarci bene, debbo darti ragione. € Autore: Ora sei tu veramente a parlare, dal profondo della tua anima. Non sforzarti d’uscire fuori di te stesso per abbracciare [o af- ferrare] qualcosa in maniera diversa da quella con cui puoi farlo, e cioè come coscienza e [corsivo delittore] cosa, come cosa e co- scienza; o piu precisamente: come nessuna delle due, ma come la cosa che solo a posteriori viene scomposta nell’una e nell’altra, in ciò che è assolutamente soggettivo-oggettivo e oggettivo-soggettivo ». Eccovi tutta l’essenza della coordinazione fondamentale dell’em- piriocriticismo, difesa moderna del « realismo ingenuo », da parte del moderno positivismo! L’idea della coordinazione « indissolubile » è esposta qui con tutta chiarezza, e precisamente partendo dal punto di vista che tale è la vera difesa della comune opinione degli uomini, non deformata dalla saggezza dei « filosofi di professione ». Ora, la conversazione riportata è presa da un’opera apparsa nel 1801 e do- vuta ad un rappresentante classico dell’ idealismo soggettivo , Johann Gottlieb Fichte *. Nella dottrina di Mach e Avenarius, della quale ci stiamo occu- pando, non c’è altro che una parafrasi dell’idealismo soggettivo. La loro pretesa di mettersi al disopra del materialismo e dell’idealismo e di avere risolto la contraddizione fra la concezione che procede dal- l’oggetto alla coscienza e la concezione opposta non è che una vuota pretesa di rimodernizzare la dottrina di Fichte. Anche Fichte s’im- maginava di aver legato indissolubilmente l’« Io » e l’« ambiente », la coscienza e l’oggetto, e di aver « risolto » la questione ricordando * Johann Gottlieb Fichte: Sonnenkjarer Bericht an das gróssere Publikum iiber das eigentlichc Wesen der neuesten Philosophie. Ein Vcrsuch , den Leser zum Verstehen zu zwingen , Berlino, 1801, pp. 178-180. 66 LENIN che l’uomo non può uscire fuori di se stesso. In altre parole viene ripetuto l’argomento di Berkeley : Io non percepisco che le mie sensa- zioni e non ho diritto di presupporre « oggetti in sé » al di fuori della mia sensazione. Il modo differente di esprimersi di Berkeley nel 1710, di Fichte nel 1801 e di Avenarius negli anni 1891-94 non cambia assolutamente la sostanza delle cose, cioè la linea filosofica fondamentale deiridealismo soggettivo. Il mondo è la mia sensa- zione; il non /a è « posto » (creato, prodotto) dal nostro Io; l’oggetto è indissolubilmente legato alla coscienza; la coordinazione indissolu- bile tra il nostro Io e l’ambiente è la coordinazione fondamentale del- l’empiriocriticismo; è sempre lo stesso postulato, lo stesso vecchio rot- tame presentato sotto un’insegna un po’ ripulita o riverniciata. Il richiamo al c realismo ingenuo », che si pretende difendere con una tale filosofia, non è che un sofisma delia piu bassa lega. Il « realismo ingenuo » di ogni persona sana di mente, che non è mai stata in un manicomio o a scuola dai filosofi idealisti, consiste nel riconoscere resistenza delle cose, dell’ambiente, dell’universo, indi- pendentemente dalla nostra sensazione, dalla nostra coscienza, dal nostro lo e dall’uomo in generale. Questa stessa esperienza (nel senso umano della parola e non in quello machista), che ha creato in noi la ferma convinzione che esistono indipendentemente da noi altre persone e non semplici complessi delle mie sensazioni dell’alto, del basso, del giallo, del solido, ecc., questa stessa esperienza crea in noi la convinzione che oggetti, universo e ambiente esistono indipenden- temente da noi. Le nostre sensazioni, la nostra coscienza, sono sol- tanto 1* immagine del mondo esterno ed è ovvio che l’immagine non può esistere senza l’oggetto che essa rappresenta, mentre l’oggetto può esistere indipendentemente da chi lo immagina. Il materialismo mette consapevolmente alla base della sua teoria della conoscenza la convin- zione « ingenua » dell’umanità. Questa valutazione della « coordinazione fondamentale j> non è forse il risultato di un partito preso del materialismo contro il ma- chismo? Niente affatto. I filosofi-specialisti, ai quali è estranea ogni inclinazione verso il materialismo, e che anzi lo detestano, e che se- guono questo o quel sistema deiridealismo, sono unanimi nel dichia- rare che la coordinazione fondamentale di Avenarius e compagni è idealismo soggettivo. Per esempio, Wundt, il cui curioso giudizio non è stato compreso dal signor Iusckevic, dice esplicitamente che la teo- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 67 ria di Avenarius, secondo la quale sarebbe impossibile una descri- zione completa di ciò che ci è dato o è trovato da noi, senza un qualche Io y senza qualcuno che osservi o qualcuno che descriva, non è altro che una « illegittima confusione del contenuto dell’esperienza reale con la riflessione su di essa ». Le scienze naturali — dice Wundt — astraggono completamente da ogni osservatore. « E una tale astra- zione è a sua volta possibile soltanto perché aggiungere mentalmente [hinzudenf^en] al contenuto deiresperienza l’individuo che speri- menta, come fa la filosofia empiriocriticista d’accordo con la filosofia immanentista, è in generale un assunto empiricamente infondato che risulta dalla illegittima confusione del contenuto deiresperienza reale con la riflessione su di essa » (articolo citato, p. 382). Gli immanen- tisti (Schuppe, Rehmke, Leclair, Schubert-Soldern) che, come vedre- mo in seguito, sottolineano essi stessi la loro calda simpatia per Avena- rius, prendono per punto di partenza proprio questa idea del nesso « indissolubile » tra il soggetto e l’oggetto. Prima di analizzare Ave- narius, W. Wundt ha ampiamente dimostrato che la filosofia imma- nentistica è soltanto una « modifica » del berkeleismo, e che, per quanto gli immanentisti rinneghino Berkeley, di fatto le differenze verbali non devono nasconderci il « contenuto piu profondo di queste dottrine filosofiche» (cioè di quelle di Berkeley e di Fichte)*. Lo scrittore inglese Norman Smith, analizzando la filosofia del- l’esperienza pura di Avenarius, giunge agli stessi risultati in modo ancor piu preciso e categorico: « La maggior parte dei lettori del Concetto umano del mondo di Avenarius converranno probabilmente che, per quanto convin- cente come critica [delFidealismo], essa è assolutamente illusoria nei suoi risultati positivi. Fino a quando cerchiamo di interpretare la sua teoria deiresperienza cosi come essa viene presentata, vale a dire come una teoria veramente realistica [genuinely realistici essa sfug- ge a ogni chiara esposizione: tutto il suo significato sembra esaurirsi nella negazione del soggettivismo che essa confuta. Soltanto quando traduciamo i termini tecnici di Avenarius in una lingua più fami- liare, scopriamo la vera fonte di questa mistificazione. Avenarius ha stornato l’attenzione dai difetti della sua posizione dirigendo il suo • Articolo citato, § C : La filosofia immanentistica e l'idealismo di Berkeley, pp. 373, 375. Cfr. pp. 386 c 407. Sull* inevitabilità del solipsismo da questo punto di vista, vedi p. 381. 68 LENIN attacco principale proprio contro quel punto debole [cioè contro l’idealismo], che è fatale alla sua teoria * *. «La genericità del ter- mine ” esperienza” rende un grande servizio ad Avenarius durante tutta la discussione. Questo termine [experience] si riferisce talvolta a colui che fa resperimento, talvolta a ciò che è sperimentato; que- st’ultimo significato è sottolineato quando si tratta della natura del nostro Io [of thè self}- Questi due significati del termine ” espe- rienza ” coincidono in pratica con la sua importante distinzione tra considerazione assoluta e considerazione relativa [ho indicato sopra il significato di questa distinzione in Avenarius]; e questi due punti di vista non sono realmente armonizzati nella sua filosofia. Poiché quando egli ammette come legittima l’esigenza che l’esperienza sia idealmente completata dal pensiero [la descrizione completa dell’am- biente è idealmente completata dal pensiero dellVo che osserva], fa un’ammissione che non è in grado di accordare con la propria affer- mazione secondo cui niente esisterebbe al di fuori dei rapporti con il nostro lo [ to thè self ]. Il complemento ideale della realtà data, che si ottiene dalla scomposizione dei corpi materiali in elementi, inac- cessibili ai nostri sensi [si tratta degli elementi materiali scoperti dalle scienze naturali, vale a dire degli atomi, degli elettroni, ecc. e non degli elementi escogitati da Mach e Avenarius], oppure descrivendo la terra nei tempi in cui l’essere umano non esisteva su di essa, que- sto complemento ideale, non è, in senso rigoroso, un complemento dell’esperienza, ma un complemento di ciò che è sperimentato. Ciò completa soltanto uno dei due aspetti che Avenarius ha dichiarato inseparabili. Noi siamo cosi portati a ciò che non solo non fu mai sperimentato [non è stato oggetto di esperienza, has not been expe- rìenced ], ma anche a ciò che mai e in nessun modo può essere speri- mentato da esseri simili a noi. È appunto qui che Tambiguità del termine esperienza viene in aiuto ad Avenarius. Egli conclude che il pensiero è una forma tanto vera [genuine] dell’esperienza quanto la percezione dei sensi, e ritorna cosi al vecchio e logoro [tìmeworn] argomento deiridealismo soggettivo, e cioè che il pensiero e la realtà sono inseparabili, perché la realtà può essere percepita soltanto dal pensiero, e il pensiero presuppone l’esistenza di colui che pensa. • Norman Smith: Avenanui philosophy of pure experience in Mind , voi. XV, 1906, pp. 27-28. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 69 Dunque, in definitiva, i risultati finali della speculazione positiva di Avenarius non ci offrono una qualche ricostituzione originale e profonda del realismo, ma soltanto la restaurazione, nella sua forma più grossolana [crude st J, della nota posizione dell'idealismo sogget- tivo » (p. 29). La mistificazione di Avenarius, che ripete interamente Terrore di Fichte, è qui perfettamente smascherata. La famosa eliminazione dei contrasti fra il materialismo (Smith ha torto di dire: il realismo) e Tidealismo, per mezzo della paroletta « esperienza », si è di colpo dimostrata un mito, appena siamo passati a questioni concrete e de- terminate. Tale è, ad esempio, la questione della esistenza della terra prima dell’uomo, prima di qualsiasi essere sensibile. Parleremo ora di ciò più dettagliatamente. Notiamo intanto che a smascherare Ave- narius e il suo fittizio « realismo » è non solo N. Smith, avversario della sua teoria, ma anche W. Schuppe, filosofo immanentista che ha salutato calorosamente Tapparizione del Concetto umano del mondo come una conferma del realismo ingenuo *. Il fatto è che W. Schuppe è completamente d’accordo con un tale « realismo », cioè con una tale mistificazione del materialismo presentata da Avenarius. A un simile « realismo » — scrive egli ad Avenarius — mi sono sempre richiamato con lo stesso diritto di voi, hochverehrter Herr Kollege [onorevolissimo collega], dato che contro di me, immanentista, hanno lanciato Taccusa di idealista soggettivo. « La mia concezione del pen- siero... si accorda magnificamente [vertràgt sich vortrefflich\ y onore- volissimo collega, con la vostra teoria dell* ” esperienza pura ” » (p. 384). « Il legame e Tìndissolubilità dei due termini della coordinazio- ne» sono dati soltanto dal nostro Io (das lek, cioè l’astratta auto- coscienza fichtiana, il pensiero staccato dal cervello). « Ciò che voi volevate eliminare lo presupponete tacitamente », scrive (p. 388) Schuppe ad Avenarius. Ed è difficile dire chi dei due smaschera più efficacemente il mistificatore Avenarius, se Smith con la sua confu- tazione chiara e diretta, oppure Schuppe col suo giudizio cosi entu- siasta dell’opera conclusiva di Avenarius. Il bacio di Wilhelm Schup- pe in filosofia non vale di più del bacio di Pietro Struve o del signor Menscikov 1 * in politica. • Vedi lettera aperta di W. Schiippe a R. Avenarius in Vicrtjschr. f. wìss. Philos ., voi. 17, 1893, pp. 364-388. 7o LENIN Nello stesso modo, O. Ewald, che loda Mach per non aver ceduto al materialismo, dice della coordinazione fondamentale: «Se la corre- lazione fra il termine centrale e il controtermine si proclama una necessità gnoseologica che non si può aggirare, ciò significa porsi, per quanto suirinsegna figuri in maiuscole sgargianti il nome ” empirio- criticismo ”, da un punto di vista che non si differenzia in niente daH’idealismo assoluto». (Il termine «idealismo assoluto» è inesatto; bisognava dire: idealismo soggettivo, dato che l’idealismo assoluto di Hegel si concilia con resistenza della terra, della natura, del mondo fisico senza l’uomo, poiché la natura è considerata solo come l’« es- sere altro » dell’idea assoluta). « Se al contrario non ci si attiene a questa coordinazione e si lascia ai controtermini la loro indipendenza, affiorano subito tutte le possibilità metafisiche, specialmente dalla parte del realismo trascendentale » (op. cit., pp. 56-57). Il signor Friedlànder, che si nasconde dietro lo pseudonimo di Ewald, chiama il materialismo metafisica e realismo trascendentale. Difendendo egli stesso una delle varietà dell’idealismo, è compieta- mente d’accordo con gli adepti di Mach e di Kant, per i quali il materialismo è metafisica: «la metafisica più primitiva da cima a fondo » (p. 134). Per ciò che riguarda l’essenza « trascendentale » e metafisica del materialismo, Bazarov e tutti i machisti russi sono d’accordo con l’autore e noi dovremo più avanti parlare di ciò in modo particolare. Per il momento è importante osservare come in realtà la vuota pretesa accademica di sorpassare l’idealismo e il mate- rialismo svanisce appena la questione è posta con inesorabile intransi- genza. « Lasciare ai controtermini la loro indipendenza » significa (se si traduce lo stile pretenzioso e lambiccato di Avenarius nel sem- plice linguaggio umano) considerare la natura, il mondo esterno come indipendenti dalla coscienza e dalla sensazione dell’uomo, e questo è materialismo. Edificare una teoria della conoscenza sul po- stulato del legame indissolubile dell’oggetto con le sensazioni del- l’uomo («complessi di sensazioni» = corpi; «elementi del mondo» che sono identici nello psichico e nel fisico; coordinazione di Avena- rius, ecc.) significa scivolare inevitabilmente neH’idealismo. Questa la semplice e inevitabile verità che con un po’ di attenzione si può facilmente scoprire sotto il guazzabuglio della lambiccata termino- logia pseudoscientifica di Avenarius, Schuppe, Ewald e di altri, che MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO a bella posta confonde la questione e allontana il largo pubblico dalla filosofia. La « riconciliazione » della teoria di Avenarius col « realismo in- genuo » ha infine seminato il dubbio anche tra i suoi allievi. R. Willy dice, per esempio, che la comune asserzione secondo la quale Avena- rius sarebbe arrivato al «realismo ingenuo» deve essere accettata cum grano salis. « Come dogma il realismo ingenuo non sarebbe altro che la fede nelle cose in sé, esistenti al di fuori delTuomo [aus- serpersónliche ], nella loro forma sensibile-tangibile»*. In altri ter- mini: Tunica teoria della conoscenza che si accorda realmente e non in modo fittizio col « realismo ingenuo » é, secondo Willy, il mate- rialismo! Willy però, naturalmente, ripudia il materialismo. Ma egli è obbligato a riconoscere che Avenarius ricostituisce nel Concetto umano del mondo l’unità dell’« esperienza », l’unità del P«/o» e del- l’ambiente « con l’aiuto di diverse concezioni ausiliarie e intermedia- rie complesse e talvolta assolutamente artificiali » (p. 171). Il Concetto umano del mondo , essendo una reazione contro l’idealismo origina- rio di Avenarius, « porta interamente il carattere di una conciliazione [eines Ausgleìches ] tra il realismo ingenuo del buon senso e l’ideali- smo gnoseologico della filosofia accademica. Ma io non oserei affer- mare che una simile conciliazione possa ristabilire l’unità e l’integrità dell’esperienza complessiva » (p. 170). (Willy parla anche di Grund - erfahrung , cioè dell’esperienza fondamentale; ancora una nuova paroletta!). Preziosa ammissione! L’« esperienza » di Avenarius non è riu- scita a conciliare l’idealismo e il materialismo. Willy rinuncia, a quanto pare, alla filosofia accademica dell’esperienza per sostituire ad essa la filosofia tre volte piu confusa delTesperienza « fondamen- tale »... 4. Esisteva la natura prima dell uomo? Abbiamo già visto che questa questione è particolarmente scottante per la filosofia di Mach e Avenarius. Le scienze naturali affermano con sicurezza che la terra esisteva in condizioni tali che né l’uomo né in generale qualsiasi altro essere vivente esisteva e poteva esistere su R. Willy: Gegen die Schulweishcìt> p. 170. 72 LENIN di essa. La materia organica è un fenomeno ulteriore, frutto di un lunghissimo sviluppo. Non vi era dunque materia dotata di sensi- bilità, non vi erano né « complessi di sensazioni », né un lo « indisso- lubilmente» legato, secondo la teoria di Avenarius, alPambiente. La materia è primordiale, il pensiero, la coscienza, la sensazione sono il prodotto di uno sviluppo molto elevato. Questa è la teoria materia- listica della conoscenza, sulla quale poggiano istintivamente le scien- ze naturali. Si domanda: hanno i più noti rappresentanti dell’empiriocritici- smo notato questa contraddizione fra la loro teoria e le scienze natu- rali? L’hanno notata e hanno posto apertamente la questione: con quali ragionamenti si può eliminare questa contraddizione? Tre modi di trattare tale questione, quello dello stesso R. Avenarius e quelli dei suoi allievi J. Petzoldt e R. Willy, presentano un particolare inte- resse dal punto di vista del materialismo. Avenarius cerca di eliminare la contraddizione con le scienze na- turali per mezzo della teoria del termine centrale « potenziale » della coordinazione. La coordinazione consiste, come sappiamo, nel legame «indissolubile» tra 17 o e l’ambiente. Per eliminare l’assurdità evi- dente di questa teoria, si introduce l’idea del termine centrale « po- tenziale ». Come spiegare, per esempio, lo sviluppo dell’uomo dal- rembrione? Sussiste l’ambiente (= controtermine) se il «termine centrale» è rappresentato da un embrione? Il sistema embrionale C — risponde Avenarius — è « il termine centrale potenziale nei con- fronti del futuro ambiente individuale» ( Osservazioni , p. 140 del- l’articoio citato). Il termine centrale potenziale non è mai eguale a zero, anche quando i genitori (elterliche Bestandteile) non esistono ancora, ma esistono soltanto le « parti costitutive dell’ambiente »... suscettibili di diventare genitori (p. 141). E cosi la coordinazione è indissolubile. L’empiriocriticista è obbli- gato ad affermare ciò, allo scopo di salvare le basi della sua filosofia: le sensazioni e i loro complessi. L’uomo è il termine centrale di que- sta coordinazione. E quando Tuomo non esisteva, quando esso non era ancora nato, il termine centrale non era ciononostante eguale a zero, era solo un termine centrale potenziale\ Non si può che mera- vigliarsi che vi sia della gente capace di prendere sul serio un filosofo che vi offre simili ragionamenti! Persino Wundt, che dichiara di non essere affatto nemico di ogni metafisica (cioè di ogni fideismo), è MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 73 costretto a riconoscere che vi è qui un « annebbiamento mistico della concezione dell’esperienza » per opera della paroletta « potenziale > che annulla qualsiasi coordinazione (op. cit., p. 379). Ma si può di fatto parlare seriamente di una coordinazione, la cui indissolubilità consiste nel fatto che uno dei suoi termini è po- tenziale? Questo non è forse misticismo, non è forse la soglia stessa del fideismo? Se si può concepire un termine centrale potenziale nei ri- guardi dell’ambiente futuro, perché non concepirlo nei riguardi del- l’ambiente passato , cioè dopo la morte dell’uomo? Voi direte: Avena- rius non ha dedotto tale conclusione dalla sua teoria. Si, per questo però la sua teoria assurda e reazionaria non è diventata migliore, ma soltanto piu pusillanime. Nel 1894 Avenarius non esponeva sino in fondo la sua teoria, oppure temeva di esporla, di portarla fino alle sue ultime conseguenze. Ma ecco che, come vedremo più avanti, R. Schubert-Soldern nel 1896 si basa appunto su questa teoria, proprio per trarre conclusioni teologiche, che provocarono nel 1906 Yappro - vazione di Mach il quale disse : Schubert-Soldern segue « una via molto prossima » (al machismo) ( Analisi delle sensazioni , p. 4). Engels aveva pienamente ragione di attaccare Dùhring, ateo dichiarato, pel fatto che egli lasciava in modo inconseguente degli spiragli aperti al fideismo nella sua filosofia. Engels, molto giustamente, accusò di ciò a più riprese il materialista Dùhring che, almeno nel 1860-1870, non arrivava ancora a conclusioni teologiche. E vi è da noi gente che vorrebbe passare per marxista e diffonde tra le masse una filosofia che porta diritto al fideismo. « ... Si potrebbe credere — scrive nella stessa pagina Avenarius — che proprio dal punto di vista deirempiriocritìcismo le scienze na- turali non hanno diritto di porre la questione riguardo a quei perio- di del nostro ambiente attuale che hanno preceduto nel tempo l’esi- stenza dcH’uomo» (p. 144). E risponde; «Colui che pone questa questione non può evitare di aggiungere mentalmente se stesso [sich hinzuzuden\en , cioè immaginare se stesso come presente] ». « Infat- ti — continua Avenarius — ciò che vuole lo scienziato [anche se non se ne rende esattamente conto] si riduce in sostanza solo a que- sto: come si dovrebbe configurare la terra... prima delPapparizione degli esseri viventi o delPuomo se io mi aggiungo mentalmente co- me spettatore, press’a poco come se noi dalla nostra terra potessimo 74 LENIN osservare con l’aiuto di strumenti perfezionati la storia di un altro pianeta o anche di un altro sistema solare». L’oggetto non può esistere indipendentemente dalla nostra co- scienza. « Noi vi aggiungiamo sempre mentalmente noi stessi come intelletto che cerca di conoscere l’oggetto». Questa teoria della necessità di « aggiungere mentalmente » la coscienza umana ad ogni cosa, alla natura anteriore all’uomo, è espo- sta qui nel primo capoverso con le parole del « positivista moderno » R. Avenarius, e nel secondo capoverso con le parole dell’idealista soggettivo, J. G. Fichte*. La sofistica di questa teoria è cosi evidente che si è un po’ impacciati a esaminarla. Se noi « aggiungiamo men- talmente » noi stessi, la nostra presenza sarà immaginaria , mentre l’esistenza della terra prima dell’uomo è reale . Infatti l’uomo non ha potuto y per esempio, osservare come spettatore la terra incandescen- te, e «pensare» la sua presenza sulla terra incandescente è oscuran- tismo esattamente allo stesso modo che se mi mettessi a difendere l’esistenza dell’inferno con l’argomento: se io mi « aggiungessi men- talmente » in qualità di osservatore, potrei osservare l’inferno. La « conciliazione » dell’empiriocriticimo con le scienze naturali consiste in ciò, che Avenarius acconsente graziosamente ad « aggiungere men- talmente » qualche cosa, la cui possibilità è esclusa dalle scienze na- turali. Nessun uomo appena istruito e sano di mente mette in dub- bio che la terra esisteva quando in essa non vi poteva essere vita, sensazione, « termine centrale », e di conseguenza tutta la teoria di Mach e Avenarius, secondo la quale la terra è un complesso di sen- sazioni (« i corpi sono complessi di sensazioni »), oppure un « com- plesso di elementi nei quali il fisico e lo psichico sono identici », op- pure un «controtermine il cui termine centrale non può mai essere eguale a zero », è oscurantismo filosofico , è riduzione all’assurdo del- l’idealismo soggettivo. J. Petzoldt si è accorto dell'assurdità nella quale è caduto Avena- rius e ne ha avuto vergogna. Nella sua Introduzione alla filosofia del- l'esperienza pura (voi. II) egli dedica un intiero paragrafo (il 65) alla « questione della realtà dei periodi precedenti [o anteriori : fruhere] della terra». • J. G. Fichte: Rezenston des Acnesidemus , 1794, in Sam diche Wcr^c. voi. I. p. 19- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 75 «Nella dottrina di Avenarius — dice Petzoldt — 17 o [das Ich ] ha una funzione diversa che in quella di Schuppe [notiamo che Petzoldt dichiara esplicitamente e a piu riprese: la nostra filosofia è opera di tre persone: Avenarius, Mach e Schuppe], ma è tuttavia ancora una funzione troppo rilevante per la sua teoria » (Petzoldt è stato senza dubbio influenzato dal modo con cui Schuppe ha sma- scherato Avenarius mostrando come nella sua teoria di fatto tutto rimanga interamente nelTambito dell’/o; Petzoldt vorrebbe rettifi- care). Petzoldt continua: «Avenarius una volta ha detto: ” Noi pos- siamo naturalmente immaginare un luogo dove l’uomo non abbia mai messo piede, ma perché si possa pensare [corsivo di Avenarius] un tale ambiente, bisogna che ci sia ciò che noi designiamo con lo [Ich'Bezeichnetes], un Io a cui [corsivo di Avenarius] appartiene questo pensiero ” » (V ierteljahrsschrift jiir wìssenschaftliche Philoso - phie, voi. 18, 1894, p. 146, note). Petzoldt replica: « L'importante, dal punto di vista gnoseologico, non è di chieder- ci se possiamo in generale concepire un tal posto, ma se abbiamo il diritto di pensarlo come esistente oppure come esistito indipenden- temente da un pensiero individuale qualunque». Quel che è giusto è giusto. Gli uomini possono pensare e « ag- giungere mentalmente » ogni specie di inferni, ogni specie di dia- voli. Lunaciarski si è perfino « aggiunto mentalmente»... diciamo per esprimerci delicatamente, delle concezioni religiose 36 ; ma il com- pito della teoria della conoscenza consiste appunto nel mostrare Tir- realtà e il carattere fantastico e reazionario di tali aggiunte mentali. «...Che un sistema C [cioè il cervello] sia indispensabile per il pensiero è ovvio per Avenarius e per la filosofia che io difendo »... Non è vero. La teoria di Avenarius del 1876 è una teoria del pen- siero senza il cervello. E la sua teoria del 1891-1894, come ora vedre- mo, non è esente dallo stesso elemento di assurdità idealistica. «...Ma è questo sistema C una condizione d 'esistenza [corsivo di Petzoldt], mettiamo, del periodo secondario \Se\unddrzeii\ della terra? ». E Petzoldt, citando il ragionamento, già ricordato, di Ave- narius su ciò che vogliono propriamente le scienze naturali e come noi possiamo « aggiungere mentalmente» l’osservatore, replica: « No, noi vogliamo sapere se abbiamo diritto di pensare che la terra esisteva in quelTepoca lontana cosi come esisteva ieri o un mi- ?6 LENIN nuto fa. Oppure bisognerà di fatto affermare resistenza della terra soltanto alla condizione, come vuole Willy y che noi abbiamo almeno il diritto di pensare che assieme alla terra esiste in un dato momento un qualunque sistema C, sia pure al più basso grado del suo svi- luppo? » (ritorneremo subito su questa idea di Willy). « Avcnarius evita questa strana conclusione di Willy con l’argo- mento che la persona che si interroga non può togliersi mentalmente [sich tvegdenken , cioè pensarsi assente] oppure non può evitare di aggiungersi mentalmente [sick hinzuzudenken: vedi il Concetto umano del mondo y p. 130, prima edizione tedesca]. Ma in questo modo Avenarius fa dell 7 o individuale della persona che pone la que- stione, oppure del pensiero di questo /o, la condizione non di un semplice atto del pensiero sulla terra ancora inabitata, ma la condi- zione del nostro diritto di pensare che la terra esisteva in quel tempo. «Queste false vie si possono facilmente evitare se non si accor- da a questo Io una cosi grande importanza teorica. L'unica cosa che la teoria della conoscenza deve esigere, tenendo conto di queste o quelle nozioni su ciò che è lontano da noi nel tempo e nello spazio, è che lo si possa concepire e che il suo significato sia determinato in modo univoco [ eindeutig ]; tutto il resto riguarda le scienze speciali» (voi. II, p. 325). Petzoldt ha ribattezzato la legge della causalità legge della deter- minazione univoca e ha introdotto nella sua teoria, come vedremo in seguito, l 'apriorismo di questa legge. Questa significa che dall’i- dealismo soggettivo e dal solipsismo di Avenarius (« che accorda un’importanza esagerata al nostro Io », come si dice nel gergo pro- fessorale!) Petzoldt si salva con l’aiuto delle idee kantiane. L’insuffi- cienza del fattore oggettivo nella dottrina di Avenarius, l’impossibilità di conciliarla con le esigenze delle scienze naturali, che dichia- rano la terra (oggetto) esistente molto tempo prima deH’apparizione degli esseri viventi (soggetto), hanno obbligato Petzoldt ad afferrarsi alla causalità (determinazione univoca). La terra esisteva perché la sua esistenza anteriore all’uomo è causalmente legata all’attuale esi- stenza della terra. In primo luogo da dove è venuta la causalità? A priori, dice Petzoldt. In secondo luogo, non sono forse legate alla causalità anche le idee di inferno, di diavoli, e di ciò che Lunaciar- ski si è « aggiunto mentalmente » ? In terzo luogo, la teoria dei « com- plessi di sensazioni » risulta in tutti Ì casi distrutta da Petzoldt. Pet- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 77 zoldt non ha risolto la contraddizione che egli ha constatato in Ave- narius, ma è caduto in una confusione ancora piu grande, poiché la soluzione può essere soltanto una: riconoscere che il mondo esterno riflesso nella nostra coscienza esiste indipendentemente dalla nostra coscienza. Soltanto questa soluzione materialistica è compatibile ef- fettivamente con le scienze naturali e soltanto essa respinge la solu- zione idealistica della questione della causalità proposta da Petzoldt e Mach, della quale parleremo separatamente. Il terzo empiriocriticista, R. Willy, si è occupato per la prima volta di questa difficoltà della filosofia di Avenarius nel 1896, nel- l’articolo : Der Empirio f ri ti zi s mus ah einzig wìssenschaftlicher Stand - pun\t (L' empiriocriticismo come unica concezione scientifica). Che posizione prendere nei confronti dell’universo anteriore all’uomo?, si chiede Willy* •• , e risponde dapprima seguendo Avenarius: «Noi ci trasportiamo mentalmente nel passato ». Ma poi egli dice che non è per niente obbligatorio concepire l'esperienza come esperienza uma- na. « Poiché, una volta che prendiamo la vita degli animali in con- nessione con l’esperienza generale, noi dobbiamo considerare il mondo degli animali, sia pure il mondo dei piu miseri vermi, semplice- mente come composto da altri uomini [ Mitmenschen ] primitivi » (pp. 73-74). Dunque prima dell’uomo la terra era l’« esperienza » del ver- me, che faceva funzione di « termine centrale » per salvare la « coor- dinazione» di Avenarius e la filosofia di Avenarius! Nessuna mera- vigilia se, dopo di ciò, Petzoldt abbia tentato di svincolarsi da un tale ragionamento, che non solo è una perla di assurdità (al verme si attribuisce una concezione della terra conforme alle teorie dei geo- logi), ma non offre inoltre alcun soccorso al nostro filosofo, poiché la terra esisteva non soltanto prima dell’uomo, ma anche prima di tutti gli esseri viventi in generale. Willy ritornò un’altra volta su questo argomento nel 1905. Que- sta volta il verme era scomparso * # . La « legge della determinazione univoca » di Petzoldt, naturalmente, non soddisfaceva Willy, che non ci vedeva altro che « formalismo logico ». La questione del mondo anteriore all’uomo, cosi come impostata da Petzoldt, non ci ricon- duce forse — dice l’autore — « di nuovo alla cosa in sé del cosid- • V. schr. ftìr u/iss . Philosophic , voi. XX, 1896, p. 72. •• R. Willy: Cegen die Schulweisheit , 1905, pp. 173-178. 7 « LENIN detto senso comune?» (cioè al materialismo: che orrore, infatti!). Cosa significano milioni di anni senza vita? «Non è già anche il tempo una cosa in sé? Naturalmente, no*! Ma allora, se le cose stanno cosi, vuol dire che le cose esistenti al di fuori dell’uomo sono soltanto rappresentazioni, particelle di fantasie create con l’aiuto di alcuni frammenti che troviamo intorno a noi. E, infatti, perché no? 11 filosofo deve forse temere il torrente della vita?... Io dico a me stesso: getta le saccenterie dei sistemi e cogli il momento [ergreife den Augenblicì(\ y quel momento che vivi e che solo procura la feli- cita» (pp. 177-178). Benissimo, benissimo. O il materialismo, o il solipsismo: ecco dunque a che cosa è arrivato, malgrado le frasi sonore, R. Willy analizzando la questione della natura anteriore airuomo. Tiriamo le somme. Abbiamo letto il parere di tre profeti dell’em- piriocriticismo che si sono travagliati, sudando sette camicie, per con- ciliare la loro filosofia con le scienze naturali, per tappare le falle del solipsismo. Avenarius ha ripetuto l’argomento di Fichte e ha sosti- tuito al mondo reale un mondo immaginario. Petzoldt si è un po’ allontanato dall’idealismo di Fichte e si è avvicinato a quello di Kant. Willy, fatto fiasco col suo « verme », ha lasciato correre e inavverti- tamente si è lasciata scappare la verità: o il materialismo o il solipsi- smo, o addirittura il riconoscimento che nulla esiste all’infuori del momento presente. Ci resta solo da mostrare al lettore come hanno compreso ed esposto la questione i machisti nostri compatrioti. Ecco ciò che dice Bazarov nei Saggi « intorno ■» alla filosofia del marxismo (p. ti): « A noi ora non resta che discendere, guidati dal nostro fedele vademecum [si tratta di Plekhanov], nell’ultimo e più terribile giro- ne deirinferno solipsista, in quel girone dove tutto l'idealismo sog- gettivo è — secondo Plekhanov — minacciato dalla necessità di rap- presentarsi il mondo come lo contemplarono gli ittiosauri e gli archeopterigi. ” Trasportiamoci mentalmente — scrive egli, Plekha- nov — all’epoca in cui sulla terra esistevano soltanto i lontani avi dell’uomo, per esempio nell’epoca secondaria. Si chiede: che ne era allora dello spazio, del tempo, della causalità? Di chi, questi, erano allora forme soggettive? Forme soggettive degli ittiosauri? E quale • Nc riparleremo specialmente discutendo coi machisti. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 79 spirito dettava allora le sue leggi alla natura? Lo spirito degli ar- cheopterigi? A queste domande la filosofia di Kant non può dare nessuna risposta. Ed essa deve essere scartata come assolutamente inconciliabile con la scienza contemporanea ” (L. Feuerbach , p. 117)». Qui Bazarov interrompe la citazione di Plekhanov, proprio pri- ma di una frase che è, come vedremo, molto importante: «L’idea- lismo dice: senza soggetto non ce l’oggetto. La storia della terra di- mostra che l’oggetto esisteva molto tempo prima che apparisse il soggetto, cioè molto tempo prima che apparissero organismi dotati di un minimo di coscienza... La storia dell'evoluzione dimostra la verità del materialismo ». Continuiamo la citazione di Bazarov: «...Ma la cosa in sé di Plekhanov ci dà essa la risposta cercata? Ricordiamoci che noi non possiamo, nemmeno secondo Plekhanov, avere una qualche idea delle cose quali sono in sé; noi conosciamo solo le loro manifestazioni, soltanto i risultati della loro azione sui nostri organi dei sensi. "Oltre questa azione esse non hanno nes- suna forma” (L. Feuerbach , p. 112). Quali organi dei sensi esiste- vano all’epoca degli ittiosauri? Evidentemente soltanto gli organi sensori degli ittiosauri e dei loro simili. Solo le rappresentazioni de- gli ittiosauri erano allora le vere, reali manifestazioni delle cose in sé. Quindi il paleontologo, se vuole rimanere sul terreno ” reale ”, deve, anche secondo Plekhanov, scrivere la storia dell’epoca seconda- ria sotto forma di contemplazione del mondo da parte degli ittio- sauri. E quindi non facciamo neanche qui un passo in avanti in con- fronto al solipsismo». Tale è, nella sua integrità (ci scusiamo col lettore per la lunghez- za di questa citazione, ma era impossibile fare altrimenti), il ragiona- mento di un machista, ragionamento che meriterebbe di essere eter- nato come classico esempio di confusione. Bazarov ritiene di aver preso Plekhanov con le mani nel sacco. Se le cose in sé, dice egli, non hanno alcuna forma oltre l’azione sui nostri organi dei sensi, significa che esse non esistevano nell’epoca secondaria altrimenti che come « forma » degli organi dei sensi degli ittiosauri. E questo sarebbe il ragionamento di un materialista?! Se la « forma » è il risultato dell’azione della « cosa in sé » sugli organi dei sensi, ciò significa forse che le cose non esistono indipendente- mente da qualsiasi organo dei sensi? 8o LENIN Ma ammettiamo per un istante (per quanto improbabile sia que- st’ipotesi) che Bazarov « non abbia veramente compreso » le parole di Plekhanov, che queste gli siano apparse confuse. Ammettiamo che sia cosi. Domandiamo : Bazarov si esercita forse in giochi di pre- stigio contro Plekhanov (che poi i machisti proclamano unico rap- presentante del materialismo!) oppure intende chiarire una questio- ne riguardante il materialismo ? Se Plekhanov vi è apparso confuso o contraddittorio, ecc., perché non prendete altri materialisti? Per- ché non ne conoscete? Ma l’ignoranza non è un argomento. Se in realtà Bazarov non sa che il postulato fondamentale del ma- terialismo è Pammissione del mondo esterno, dell’esistenza delle cose al di fuori della nostra coscienza e indipendentemente da essa, allora in effetti siamo in presenza di un caso di estrema ignoranza veramente eccezionale. Ricordiamo al lettore che Berkeley nel 1710 rimproverava ai materialisti di ammettere gli «oggetti in sé» esi- stenti indipendentemente dalla nostra coscienza che li riflette. Na- turalmente ognuno è libero di mettersi dalla parte di Berkeley e di non importa chi contro i materialisti. Ciò è incontestabile, ma è al- trettanto incontestabile che parlare di materialisti e mutilare o igno- rare il postulato fondamentale di tutto il materialismo, significa in- trodurre nella questione una confusione imperdonabile. È giusto, come ha detto Plekhanov, che per Tidealismo non c’è oggetto senza il soggetto e che per il materialismo l’oggetto esiste indipendentemente dal soggetto che lo riflette piu o meno giusta- mente nella sua coscienza? Se non è giusto, ogni persona che abbia un po’ di rispetto per il marxismo avrebbe dovuto indicare questo errore di Plekhanov e prendere, per ciò che riguarda il materialismo e la natura anteriore all’uomo, non Plekhanov ma qualcun altro, per esempio Marx, Engels, Feuerbach. Se invece è giusto, 0 comun- que se voi non siete in grado di trovare qui l'errore, il vostro tenta- tivo di imbrogliare le carte, di confondere nella testa del lettore la pili elementare concezione del materialismo nella sua distinzione dal- l’idealismo, è un atto di disonestà intellettuale. E per quei marxisti che s’interessano a questa questione indipen- dentemente da ogni paroletta pronunciata da Plekhanov, citeremo Feuerbach il quale, come si sa (può darsi come non sa Bazarov) fu materialista e grazie al quale Marx ed Engels, come noto, arrivaro- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 81 no dall’idealismo di Hegel alla loro filosofia materialistica. Nella sua replica a R. Haym, Feuerbach scrive: « La natura, che non è oggetto dell’uomo o della coscienza, è per la filosofia speculativa o almeno per l’idealismo una cosa in sé kan- tiana [riparleremo dettagliatamente della confusione che i nostri machisti fanno tra la cosa in sé kantiana e la cosa in sé materialisti- ca], un’astrazione priva di ogni realtà, ma è appunto la natura che porta l’idealismo al fallimento. Le scienze naturali, almeno nel loro stato attuale, ci portano necessariamente a un punto in cui non esi- stevano ancora le condizioni dell’esistenza umana, in cui la natura, cioè la terra, non era ancora un oggetto di osservazione per l’occhio e la coscienza umana, in cui la natura era per conseguenza un’entità assolutamente non umana [absolut unmenschliches Wesen], Al che l’idealismo può replicare: ma questa natura è una natura pensata da te [von dir gcdachte\ Certo, ma ciò non vuol dire che questa na- tura non sia realmente esistita, in un certo periodo di tempo, come dalla circostanza che Socrate e Platone non esistono per me se io non li penso, non discende che Socrate e Platone non siano realmen- te esistiti una volta senza di me » # . Ecco come ragionava Feuerbach a proposito del materialismo e deH’idealismo dal punto di vista della natura anteriore all’uomo. Feuerbach, che conosceva bene i vecchi sofismi idealistici, ha confu- tato il sofisma di Avenarius (« aggiungere mentalmente un osserva- tore ») senza conoscere il « moderno positivismo ». Ora Bazarov non offre assolutamente nulla oltre la ripetizione di questo sofisma degli idealisti: «Se io fossi stato là [sulla terra nell’epoca anteriore al- l’uomo] avrei visto il mondo cosi e cosi» (Saggi « intorno » alla filo- sofia del marxismo , p. 29). In altre parole: se io faccio questa suppo- sizione manifestamente assurda e contraria alle scienze naturali (che l’uomo possa essere stato osservatore nell’epoca anteriore all’uomo), metto a posto la mia filosofia! Da ciò si può giudicare quale sia la competenza oppure l’onestà intellettuale di Bazarov, il quale non accenna neppure alle « diffi- coltà » intorno alle quali si sono affannaci Avenarius, Petzoldt e Wil- • L. Feuerbach: SHmtliche Werk^e, herausg. von Boltn und JodI , voi. VII, Stoc- carda, 1903, § 510; oppure Karl Grun: L. feucrbach in seinem Briejwechscl und Nachlass, sowie in sciner phìlosophischcn Charah}erentwick}ung , voi. I, Lipsia, 1874, pp. 423-435- 82 LENIN ly, e, dopo aver messo tutto alla rinfusa, presenta al lettore un im- broglio cosi inverosimile che infine non si vede più la differenza tra il materialismo e il solipsismo! L’idealismo viene presentato come «realismo» e il materialismo si vede attribuire la negazione dell’esi- stenza delle cose che si trovano al di fuori della loro azione sugli organi dei sensi! Cosi, o Feuerbach non conosceva la elementare dif- ferenza tra il materialismo e l’idealismo o Bazarov e compagni tra- sformano in modo assolutamente nuovo le verità elementari della filosofìa. Oppure prendete ancora Valentinov. Guardate questo filosofo che è, naturalmente, entusiasta di Bazarov: i. «Berkeley è il progenito- re della teoria correlativista della relatività del soggetto e dell’ogget- to (p. 148)». Questo non sarebbe l'idealismo di Berkeley, oh no! Sarebbe una « profonda analisi ». 2. « I postulati fondamentali della teoria sono formulati da Avenarius nel modo più realistico se si fa astrazione dalle forme [!] della sua interpretazione [soltanto inter- pretazione!] idealistica abituale» (p, 148). I bambini, come si vede, si lasciano incantare dalle parole! 3. « La concezione di Avenarius sul punto di partenza della conoscenza è la seguente: ogni individuo si trova in un determinato ambiente o, per dirla altrimenti, l'indivi- duo e l'ambiente sono dati come termini connessi e inseparabili [!] di una sola coordinazione» (p. 148). Magnifico! Questo non sarebbe idealismo; Valentinov e Bazarov si sarebbero elevati al disopra del materialismo e dell’idealismo : questa «indissolubilità» dell'oggetto dal soggetto sarebbe la cosa più « realistica », 4. « È giusta l'afferma- zione contraria, che non esiste un controtermine tale che non corri- sponda al termine centrale, all’individuo? Evidentemente [!] non è giusta.,. Nell’epoca arcaica le foreste verdeggiavano... e l’uomo non esisteva ancora» (p. 148). Dunque indissolubilità significherebbe che è possibile separare! Non è forse «evidente»? 5. «Dal punto di vista della teoria della conoscenza, la questione dell’oggetto in sé re- sta pertanto assurda » (p. 148). Altro che! Quando non esistevano ancora organismi dotati di sensazioni, le cose sarebbero state già, ciononostante, « complessi di elementi» identici alle sensazioni! 6. « La scuola immanentista rappresentata da Schubert-Soldern e da Schup- pe ha espresso queste [!] idee in forma impropria e si è cacciata nel vicolo cieco del solipsismo» (p. 149), Ma in se stesse «queste idee» non porterebbero al solipsismo e l’empiriocriticismo non sarebbe af- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 83 fatto una variante della teoria reazionaria degli immanentisti, i quali mentirebbero quando dichiarano la loro simpatia per Avenarius! Questa non è filosofia, signori machisti, ma miscuglio incoerente di parole. 5. L'uomo pensa col cervello ? A questa questione Bazarov risponde decisamente in modo affer- mativo. Egli scrive: «Se la tesi di Plekhanov che ”la coscienza è uno stato interno della materia ” fosse espressa in una forma piu soddisfacente, per esempio : ” ogni processo psichico è funzione di un processo cerebrale ”, né Mach né Avenarius lo contesterebbero ». {Saggi « intorno » alla filosofia del marxismo y p. 29). Per i sorci non c’è belva più forte del gatto. Per i machisti russi non c’è materialista più forte di Plekhanov. Ma che sia veramente stato Plekhanov il solo e il primo a formulare questa tesi materiali- stica che la coscienza è uno stato interno della materia? E se la for- mulazione che Plekhanov dà del materialismo non è piaciuta a Ba- zarov, perché prendere in considerazione Plekhanov e non Engels o Feuerbach? Perché i machisti hanno paura di confessare la verità. Essi lotta- no contro il materialismo fingendo di lottare contro Plekhanov: pro- cedimento vile e senza principi. Ma passiamo airempiriocriticismo. Avenarius « non contestereb- be » che il pensiero è una funzione del cervello. Queste parole di Bazarov racchiudono in sé proprio il contrario della verità. Avena- rius non solo contesta la tesi materialistica, ma costruisce un’intera « teoria » per confutare proprio questa tesi. « Il nostro cervello — di- ce Avenarius nel Concetto umano del mondo — non è la dimora, la sede, il creatore, lo strumento o Porgano, il portatore o il substrato, ecc., del pensiero » (p. 76, citata con approvazione da Mach nella sua Analisi delle sensazioni , p. 22 nota). « Il pensiero non è l’abitante o il sovrano del cervello, esso non ne è la metà o una parte, ecc., ma esso non è neppure un prodotto o una funzione fisiologica, o un qualunque stato del cervello» (ivi). Avenarius si esprime non meno decisa- mente nelle sue Osservazioni: «le rappresentazioni» «non sono fun- zioni (fisiologiche, psichiche, psico-fisiche) del cervello» (§ 115, p. 419, 8 4 LENIN articolo citato). Le sensazioni non sono « funzioni psichiche del cer- vello » (§ 116). Cosi, secondo Avenarius, il cervello non è lorgano del pensiero, il pensiero non è una funzione del cervello. Consultiamo Engels e troveremo subito formulazioni nettamente materialistiche, diametral- mente opposte a queste. « Pensiero e coscienza — dice Engels nel- X Antidiihring — sono prodotti del cervello umano » (p. 22 della 5, edizione tedesca) 1T . Questa stessa idea è ripetuta a piu riprese nella stessa opera. Nel Ludwig Feuerbach leggiamo la seguente esposizio- ne dei punti di vista di Feuerbach e di quelli di Engels: «il mondo materiale [ stofflich ] , percepibile dai sensi, e a cui noi stessi apparte- niamo, è il solo mondo reale... la nostra coscienza e il nostro pensie- ro, per quanto appaiano soprasensibili, sono il prodotto [ Erzeugnis ] di un organo materiale, corporeo, il cervello. La materia non è un prodotto dello spirito, ma lo spirito stesso non è altro che il piu alto prodotto della materia. Questo, naturalmente, è materialismo puro » (4. edizione tedesca, p. 18) 1B . Oppure a p. 4: il riflesso dei processi della natura « nel cervello pensante », tee. tee. Avenarius respinge questo punto di vista materialistico, chiaman- do il « pensiero del cervello » « feticismo delle scienze naturali » {Con- cetto umano del mondo , 2, edizione tedesca, p. 70). Quindi, per ciò che riguarda la sua netta contraddizione, su questo punto, con le scienze naturali, Avenarius non si fa la minima illusione. Egli am- mette — come lo ammettono Mach e tutti gli immanentisti — che le scienze naturali si pongono spontaneamente, istintivamente dal punto di vista materialistico. Egli ammette e dichiara apertamente di essere in assoluto disaccordo con la « psicologia dominante » {Osser- vazioniy p. 150 e molte altre). Questa psicologia dominante opera una « introiezione » inammissibile — ecco una nuova paroletta partorita con dolore dal nostro filosofo — , cioè inculca il pensiero nel cervello, ossia le sensazioni in noi. Queste « due parole » (in noi, in uns) — dice Avenarius nello stesso punto — contengono la premessa {An- nahme) contestata daircmpiriocriticismo, « Questa inserzione [ Hin - einverlegung ] delle coste viste, ecc., neiruomo è ciò che noi chia- miamo introiezione » (p. 153, § 45). L’introiezione si distacca « in linea di principio » dalla « conce- zione naturale del mondo» {naturlicher Weltbegriff) dicendo: «in me» invece di dire «davanti a me» {vor mir y p, 154) e «facendo MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 85 della parte integrante dell’ambiente (reale) una parte integrante del pensiero (ideale) » (ivi). « Dall’ameccanico | nuova parola al po- sto di ” psichico ”] che si manifesta liberamente e chiaramente nel dato [oppure in ciò che troviamo, im Vorgefundenen ] l’introiezione fa qualcosa che si nasconde misteriosamente [una cosa latitante, dice «con espressione nuova» Avenarius] nel sistema nervoso centrale» (> vi )- Abbiamo qui quella stessa mistificazione che abbiamo osservato nella famigerata difesa del « realismo ingenuo » da parte degli ein- piriocriticisti e degli immanentisti. Avenarius segue il consiglio del- l’intrigante di Turgheniev 19 : bisogna soprattutto gridare contro quei vizi che riconosci in te stesso. Avenarius si sforza di apparire come uno che combatte l’idealismo: abitualmente si deduce Tidealismo fi- losofico dall’introiezione, si trasforma il mondo esterno in sensazio- ni, in rappresentazioni, ecc. Ma io difendo il « realismo ingenuo », l’identica realtà di tutto ciò che è dato, dell’«/o» e dell’ambiente, sen- za introdurre il mondo esteriore nel cervello dell’uomo. Qui il sofisma è assolutamente identico a quello che abbiamo os- servato nell’esempio della famigerata coordinazione. Distraendo l’at- tenzione del lettore con attacchi all’idealismo, Avenarius difende in realtà, con una terminologia appena modificata, lo stesso idealismo: il pensiero non è una funzione del cervello, il cervello non è l’organo del pensiero, le sensazioni non sono una funzione rei sistema nervo- so; no, le sensazioni sono « elementi » psichici in una combinazione determinata e fisici in un’altra (quantunque elementi « identici »). Con una nuova terminologia confusa, con nuove parolette ricercate, che pretendono esprimere una nuova « teoria », Avenarius non fa che segnare il passo e ritornare al suo postulato idealistico fonda- mentale. E se i nostri machisti russi (per esempio Bogdanov) non hanno scorto la « mistificazione » e hanno visto nella « nuova » difesa del- l’idealismo una confutazione di quest’ultimo, i filosofi di professione hanno dato nella loro analisi deH’empiriocriticismo un sensato apprez- zamento dell’essenza delle idee di Avenarius quali sono in realtà, quando vengono spogliate della loro pretenziosa terminologia. Nel 1903 Bogdanov (// pensiero autoritario , articolo pubblicato nella raccolta Psicologia della società , p. 119 e sgg.) scriveva: « Richard Avenarius ha dato il quadro filosofico piu completo e 86 LENIN piu armonioso dello sviluppo del dualismo di spirito e corpo. L’es- senza della sua ” teoria dell’introiezione ” consiste in ciò che segue » (noi non osserviamo direttamente che i corpi fìsici e non possiamo che aigomentare su ipotesi intorno alle esperienze altrui, cioè sui fatti psichici degli altri uomini). « ... L’ipotesi viene complicata dal fatto che le esperienze di un altro uomo sono situate nel suo corpo, intro- dotte (introiettate) nel suo organismo. Questa è già un’ipotesi super- flua e conduce inoltre a numerosissime contraddizioni. Avenarius rileva sistematicamente queste contraddizioni sviluppando una serie successiva di momenti storici nello sviluppo del dualismo e poi del- l’idealismo filosofico; ma qui non abbiamo nessuna ragione di seguire Avenarius... La introiezione serve di spiegazione del dualismo di spi- rito e corpo». Bogdanov abbocca all’amo della filosofia professorale e crede vera- mente che l’« introiezione » sia diretta contro l’idealismo. Bogdanov ha creduto sulla parola alla valutazione dell’introiezione data dallo stesso Avenarius, senza scorgere il pungiglione diretto contro il mate- rialismo. L’introiezione nega che il pensiero sia una funzione del cervello, che le sensazioni siano funzioni del sistema nervoso cen- trale dell'uomo, nega cioè, per confutare il materialismo, le verità piu elementari della fisiologia. Il « dualismo » è cosi confutato con l’aiuto di argomenti idealistici (malgrado tutta la collera diplomati- ca di Avenarius contro l’idealismo), poiché la sensibilità e il pensiero ci appaiono non come fattori secondari, non come derivati della ma- teria, ma come primordiali II dualismo è qui confutato da Avenarius solo nella misura in cui egli «confuta» resistenza delPoggetto sen- za il soggetto, della materia senza il pensiero, del mondo esterno in- dipendente dalle nostre sensazioni; cioè è confutato dal punto di vista idealistico . L’assurda negazione del fatto che l’immagine visiva di un albero è una funzione della retina, dei nervi e del cervello, è necessaria ad Avenarius per rafforzare la sua teoria dei legami « in- dissolubili » dell’esperienza « completa » che include e il nostro « lo » e l’albero, cioè l’ambiente. La dottrina dell’introiezione non è altro che confusione, la quale introduce tutte le assurdità idealistiche ed è in contraddizione con le scienze naturali, che affermano inesorabilmente che il pensiero è una funzione del cervello, che le sensazioni, cioè le immagini del mondo esterno esistono in noi , generate dall’azione delle cose sui nostri or- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 8? gani dei sensi. L’eliminazione materialistica del « dualismo di spiri- to e corpo» (cioè il monismo materialistico) consiste in ciò: lo spi- rito non esiste indipendentemente dal corpo, lo spirito è secondario, è una funzione del cervello, un’immagine del mondo esterno, L’eli- minazione idealistica del « dualismo di spirito e corpo » (cioè il mo- nismo idealistico) consiste in ciò: lo spirito non è una funzione del corpo, lo spirito è di conseguenza primordiale, l’« ambiente » e P« Io » esistono soltanto nel legame indissolubile degli stessi « complessi di elementi ». Oltre a queste due maniere, diametralmente opposte, di eliminare il « dualismo di spirito e corpo », non ce ne può essere una terza, se non si tien conto dell’eclettismo, cioè della confusione in- coerente dell’idealismo e del materialismo. Questa confusione di Ave- narius è apparsa a Bogdanov e compagni una « verità al di fuori del materialismo e dell’idealismo». Ma i filosofi di professione non sono cosi ingenui e creduli come i machisti russi. È vero che ognuno di questi signori professori di ruo- lo difende il « proprio » sistema di confutazione del materialismo o, per lo meno, di « conciliazione » del materialismo con l’idealismo, ma nei confronti dei concorrenti essi smascherano senza cerimonie i frammenti incoerenti di materialismo e di idealismo che si trovano in tutti i possibili « moderni » e « originali » sistemi. Se alcuni gio- vani intellettuali hanno abboccato all’amo di Avenarius, non è stato possibile metter nel sacco quella vecchia volpe di Wundt. L’idealista Wundt ha strappato in modo abbastanza sgarbato la maschera allo smorfioso Avenarius lodandolo per la tendenza antimaterialistica del » la dottrina dell’introiezione. « Se l’empiriocriticismo — ha scritto Wundt — rimprovera al materialismo volgare di esprimere, attraverso espressioni come: il cervello ” ha ” oppure ” produce ” il pensiero, un rapporto che, in generale, non può essere constatato attraverso l’osservazione e la de- scrizione dei fatti [per W, Wundt deve essere evidentemente un «fatto» che l’uomo pensi senza l’aiuto del cervello!]... il rimprovero è indubbiamente fondato » (articolo cit., pp. 47-48). Altro che! Gli idealisti marceranno sempre contro i materialisti con gli equivoci Avenarius e Mach! Dispiace solo — aggiunge Wundt — che questa teoria dell’introiezione « non sia per nulla legata alla dottrina della serie vitale indipendente, alla quale solo piu tardi è sta- ta aggiunta dal di fuori, in modo piuttosto artificiale » (p. 365). LENIN L’introiezione, dice O. Ewald, « non è altro che una finzione ne- cessaria allempiriocriticismo per coprire i suoi errori » (op. cit., p. 44). «Noi osserviamo una strana contraddizione: da una parte Teli- minazione dell’introiezione e la ricostituzione della concezione na- turale del mondo devono restituire al mondo la sua vivente realtà; dall’altra parte l’empiriocriticismo attraverso la coordinazione fonda- mentale conduce alla teoria puramente idealistica della correlazione assoluta del controtermine e del termine centrale. Avenarius si ag- gira cosi in un circolo vizioso. Egli è partito in guerra contro l’ideali- smo e ha deposto le armi davanti airidealismo alla vigilia d'iniziare la lotta aperta. Voleva liberare il mondo degli oggetti dal giogo del soggetto e ha nuovamente ancorato questo mondo al soggetto. Ciò che la sua critica annienta veramente è la caricatura deiridealismo e non la sua vera espressione gnoseologica » (op. cit., pp. 64-65). « La massima di Avenarius, sovente citata — dice Norman Smith — secondo la quale il cervello non è né la sede, né Porgano, né il portatore del pensiero, è una negazione dei soli termini che noi ab- biamo per determinare i rapporti dell'uno e dellaltro » (op. cit., p. 30). Non fa meraviglia che la teoria deirintroiezione approvata da Wundt incontri la simpatia dello spiritualista dichiarato James Ward*, che conduce una lotta sistematica contro il «naturalismo e Pagnosticismo » e particolarmente contro T. Huxley, non perché costui fosse un materialista insufficientemente preciso e deciso, come Engels gli rimproverava, ma perché sotto il suo agnosticismo si dis- simulava in definitiva il materialismo. Notiamo che il machista inglese Pearson ottiene — ignorando qualsiasi sotterfugio filosofico, senza ammettere né l’introiezione né la coordinazione o la « scoperta degli elementi del mondo » — gli stessi inevitabili risultati del machismo, quando venga liberato dai suoi « veli », cioè l'idealismo soggettivo puro. Pearson non conosce nessun « elemento ». « Le impressioni dei sensi » (seme impressìons) sono la sua prima ed ultima parola. Egli non ha il benché minimo dubbio che l’uomo pensi col cervello. E la contraddizione fra que- sta tesi (la sola corrispondente alla scienza) e il punto di partenza della sua filosofia resta nuda e ovvia. Combattendo la concezione # James Ward: Naturalism and A gnosticismi 3. cd., Londra, 1906, voi. II, pp. 171*172. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 89 della materia come qualcosa che esista indipendentemente dalle no- stre impressioni sensibili (cap. VII della sua Grammatica della scien- za) Pearson esce dai gangheri. Ripetendo tutti gli argomenti di Ber- keley egli dichiara che la materia non è nulla. Ma quando si tratta dei rapporti tra il cervello e il pensiero, Pearson dichiara decisamen- te: «Dalla volontà e dalla coscienza, legate a un meccanismo mate- riale, noi non possiamo dedurre nulla che assomigli alla volontà e alla coscienza senza questo meccanismo » *, Egli formula perfino la seguente tesi che riassume le sue ricerche in questo campo: «La co- scienza non ha alcun senso al di là dei limiti del sistema nervoso si- mile al nostro: è illogico affermare che tutta la materia è cosciente [è logico però supporre che tutta la materia possiede una facoltà es- senzialmente simile alla sensazione: la facoltà di riflettere il mondo esterno], ma è ancor piu illogico affermare che la coscienza o la volontà esistono al di fuori della materia» (ivi, p. 75, tesi 2). La confusione di Pearson è evidente! La materia non è fatta che di gruppi di percezioni dei sensi; questo il suo postulato, la sua filoso- fia. Dunque, la sensazione e il pensiero sono primordiali e la materia secondaria. No. La coscienza non esiste senza materia e nemmeno, pare, senza sistema nervoso! Cioè la coscienza e la sensazione sono secondarie. L'acqua poggia sulla terra, la terra sulla balena, la balena sull'acqua. Gli « elementi » di Mach e la coordinazione e la introie- zione di Avenarius non eliminano affatto questa confusione; tutto ciò non serve che ad annebbiare la questione, fino a disperderne le tracce, attraverso il gergo dell'erudizione filosofica. Un altro gergo simile, del quale sarà sufficiente dire un paio di parole, è la terminologia speciale di Avenarius, che ha creato una quantità infinita di vari « notali », « securali », « fidenziali », ecc. ecc. Nella maggior parte dei casi i nostri machisti russi tacciono pudica- mente di questo guazzabuglio professorale; solo di rado essi lanciano contro il lettore (per stordirlo) qualche « esistenziale », ecc. Ma se gli ingenui prendono queste parolette per una biomeccanica speciale, i filosofi tedeschi, che pur tanto amano le parole « erudite », si bur- lano di Avenarius. Dire: «notale» ( notus = conosciuto) oppure dire che io conosco una tal cosa, è assolutamente la stessa cosa, dice Wundt nel paragrafo intitolato Carattere scolastico del sistema empir iocritico. * The Grommar of Science , 2. ed., Londra, 1900, p. 58. 9 ° LENIN E infatti si tratta del più puro scolasticismo che non lascia filtra- re un raggio di luce. Uno dei più devoti discepoli di Avenarius, R. Willy, ha avuto il coraggio di confessarlo apertamente: « Avenarius — dice egli — ha sognato una biomeccanica, ma arrivare a com- prendere la vita del cervello si può soltanto attraverso la scoperta di fatti e non con procedimenti simili a quelli che tenta di impiegare Avenarius. La biomeccanica di Avenarius non si basa decisamente su nessuna osservazione nuova; la sua caratteristica principale è la costruzione puramente schematica dei concetti e tali costruzioni, che non hanno nemmeno il carattere di ipotesi che aprano certe prospet- tive, altro non sono che semplici schemi speculativi [blosse Spe\u - lierschablonen ] che come una muraglia ci nascondono l’orizzonte lontano » *. I machisti russi rassomiglieranno presto ad amanti della moda che vanno in estasi per un cappellino già da lungo tempo abbandonato dai filosofi borghesi d’Europa. 6. Del solipsismo di Mach e di Avenarius . Abbiamo già visto che l’idealismo soggettivo è il punto di par- tenza e il postulato fondamentale della filosofia empiriocritica. Il mondo è la nostra sensazione: tale è il postulato fondamentale che la paroletta « elementi » e le teorie della « serie indipendente », della « coordinazione » e della « introiezione » possono annebbiare, ma non cambiare. L’assurdità di questa filosofia consiste nel fatto che essa porta al solipsismo, a riconoscere la esistenza del solo individuo filosofante. Ma i nostri machisti russi assicurano il lettore che « l’ac- cusa d’idealismo e persino di solipsismo » lanciata contro Mach è « soggettivismo estremo ». Questo dice Bogdanov nella prefazione della Analisi delle sensazioni , p. XI, e tutta la compagnia machista lo ripete in tutti i toni. Ora, dopo aver esaminato gli espedienti di cui si servono Mach e Avenarius per mascherare il loro solipsismo, noi dobbiamo aggiun- * R. Willy: Gcgen die Schulweisheit , p. 169. Certo il pedante Petzoldt non farà tali ammissioni. Egli rimastica lo scolasticismo < biologico » di Avenarius con la fatuità del filisteo (voi. 1, capitolo II). MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 91 gere una cosa : il « soggettivismo estremo » delle asserzioni è intera- mente dalla parte di Bogdanov e compagni, dato che nella lettera- tura filosofica gli scrittori delle piu diverse tendenze hanno già da molto tempo scoperto il peccato capitale del machismo sotto tutti i suoi travestimenti. Limitiamoci a una semplice enumerazione delle opinioni che dimostrano sufficientemente il « soggettivismo » del- l 'ignoranza dei nostri machisti. Notiamo anche che i filosofi di profes- sione simpatizzano quasi tutti con le differenti varietà* deiridealismo ; ai loro occhi l’idealismo non è come per noi marxisti un rimprovero, ma essi, constatando la reale tendenza filosofica di Mach, contrappon- gono un sistema idealistico a un altro sistema, pure idealistico, che a loro sembra più conseguente. O. Ewald, nel suo libro dedicato all’analisi della dottrina di Ave- narius, scrive: «il creatore deirempirìocriticismo », volens nolens si condanna al solipsismo (op. cit., pp. 61-62). Hans Kleinpeter, allievo di Mach, nella prefazione a Er\enntnis und Irrtum , sottolinea la sua solidarietà con lui in questo modo par- ticolare: «Mach ci offre per l’appunto un esempio di compatibilità deiridealismo gnoseologico con le esigenze delle scienze naturali [per gli eclettici tutto è «compatibile» con tutto!], esempio che mostra che queste ultime possono benissimo partire dal solipsismo senza ar- restarvisi» ( Archiv fùr systematische Philosophie , voi. VI, 1900, p. 87). E. Lucka, a proposito de\V Analisi delle sensazioni, di Mach : « Se si lasciano da parte i malintesi [Missverstàndnissi r]... Mach si mette sul terreno dell’idealismo puro... Non si arriva a comprendere in qual modo Mach neghi di essere un discepolo di Berkeley » ( Kantstudien , voi Vili, 1903, pp. 416-417). W. Jerusalem, kantiano dei più reazionari, col quale Mach si dichiara solidale nella stessa prefazione (« affinità di idee più stretta », più di quanto Mach pensasse prima, Vorwort a Er^enntnis und Irr- tum, 1906, p. X): «Il fenomenalismo conseguente conduce al solip- sismo», e perciò bisogna bene prendere qualcosa in prestito da Kant! (Vedi Der Ipriti se he Idealismus und die reine Logif^, 1905, p. 26). R. Hònigswald: «...per gli immanentisti e gli empiriocriticisti Talternativa è: o il solipsismo o la metafisica alla Fichte, Schelling o Hegel» (Vber die Lehre Humes von der Realitàt der Aussendinge , 1904, p. 68). Il fisico inglese Oliver Lodge, nel suo libro volto a demolire il 92 LENIN materialista Haeckel, parla incidentalmente, come di una cosa gene- ralmente conosciuta, dei « solipsisti del genere di Pearson e Mach » (Sir Oliver Lodge, La vie et la matière , Parigi, 1907, p. 15). La rivista Nature , organo dei naturalisti inglesi, ha espresso per bocca dello studioso di geometria E. T. Dixon un’opinione ben de- finita sul machista Pearson, opinione che merita di essere citata, non perché nuova, ma perché i machisti russi hanno ingenuamente scam- biato la confusione filosofica di Mach per una « filosofia delle scienze naturali » (Bogdanov, p. XII e altre della prefazione del \ y Analisi del- le sensazioni ). «Tutta l’opera di Pearson — ha scritto Dixon — è basata sulla tesi che, poiché noi non possiamo conoscere niente direttamente all’infuori delle nostre percezioni sensibili [sense-impressions], le co- se di cui noi parliamo abitualmente come di cose oggettive ed esterne non sono altro che gruppi di percezioni sensibili e sequenze di tali gruppi. Ma il professor Pearson ammette resistenza di altre coscien- ze oltre la sua; egli la ammette non soltanto in modo tacito indiriz- zandosi a loro col suo libro, ma anche esplicitamente in molti punti del suo libro ». Dall’osservazione del movimento dei corpi degli altri uomini, Pearson deduce per analogia l’esistenza della coscienza altrui, e dal momento che la coscienza altrui è cosa reale, si deve ammette- re anche l’esistenza di altre persone all’infuori di me! «Naturalmente noi non potremmo confutare in questo modo un idealista conseguen- te il quale affermasse che non solo gli oggetti esterni, ma anche le coscienze altrui non sono reali ed esistono solo nella sua immagina- zione; ma ammettere la realtà delle coscienze altrui significa ammet- tere la realtà di quei mezzi, grazie ai quali noi perveniamo alla con- clusione dell’esistenza di esse coscienze, cioè... la realtà dell’aspetto esterno dei corpi umani». La sola via d’uscita da questo vicolo cieco è data dall’ammettere l’« ipotesi » che alle nostre percezioni sensibili corrisponda una realtà obiettiva al di fuori di noi. Quest’ipotesi ci dà una spiegazione soddisfacente delle nostre percezioni sensibili. « Non posso seriamente dubitare che anche il professor Pearson cre- da ad essa come ogni altra persona. Solo che, se egli dovesse ricono- scere ciò esplicitamente, dovrebbe allora rifare di nuovo quasi ogni pagina della sua Grammatica della Scienza » *. 'Nature, 21 luglio 1892, p. 269. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 93 La filosofia idealistica che ha mandato in estasi Mach non suscita che deirironia presso gli scienziati capaci di pensare. Ecco infine il parere del fisico tedesco L. Boltzmann. I machisti forse diranno, come ha detto Fr. Adler, che questo fisico appartiene alla vecchia scuola. Ma ora si tratta non delle teorie della fisica, ma di una questione filosofica capitale. Contro le persone « sedotte dai nuovi dogmi gnoseologici » Boltzmann scrive: «La sfiducia verso le nozioni che noi possiamo unicamente dedurre dalle percezioni dirette dei sensi ha condotto a un estremo diametralmente opposto alla vecchia fede ingenua. Si dice: a noi sono date soltanto le per- cezioni sensibili e non abbiamo diritto di fare un passo in piu. Ma se chi dice questo fosse conseguente, dovrebbe porre un'ulteriore do- manda: le nostre percezioni sensibili di ieri ci sono esse pure date? Direttamente ci è data solo una percezione sensibile, o soltanto un pensiero, e precisamente soltanto quello che pensiamo in questo mo- mento. Dunque, se si vuol essere conseguenti, bisogna negare non solo resistenza di altre persone al di fuori del mio Io, ma anche l’esi- stenza di tutte le idee del passato » *. Questo fisico tratta a ragione il cosiddetto « nuovo » punto di vi- sta « fenomenologico » di Mach e compagni come una vecchia assur- dità dell’idealismo filosofico soggettivo. No, la cecità « soggettiva » è di quelle persone le quali « non hanno visto » che il solipsismo è l’errore fondamentale di Mach. • Ludwig Boltzmann: Populàre Schriften , Lipsia, 1905, p. 132; cfr. pp. 168, 177, 187 e altre. CAPITOLO SECONDO LA TEORIA DELLA CONOSCENZA NELL’EMPIRIOCRITICISMO E NEL MATERIALISMO DIALETTICO. II i. La « cosa in sé>> ovvero V. Cernov confuta Friedrich Engels. Sulla « cosa in sé > i nostri machisti hanno scritto tanto che se si dovesse raccogliere tutto verrebbe fuori una montagna di carta stam- pata. La « cosa in sé » è la vera bète noire di Bogdanov e di Valen- tinov, di Bazarov e di Cernov, di Berman e di Iusckevic. Non ci sono parole « forti » che costoro non scaglino al suo indirizzo, non ci sono beffe di cui non la ricoprano. Ma contro chi combattono, a causa di questa digraziata «cosa in sé»? Qui i filosofi russi che pro- fessano il machismo cominciano a dividersi secondo i partiti politici. Tutti quei machisti che vorrebbero essere marxisti combattono con- tro la « cosa in sé » di Plekhanov, accusando Plekhanov di confu- sione, di essersi sperduto nel kantismo c di essersi allontanato da Engels. (Della prima accusa parleremo nel quarto capitolo, della seconda parleremo subito). Il machista signor V. Cernov, populista e nemico giurato del marxismo, scende in campo per la « cosa in sé », direttamente contro Engels . È spiacevole confessarlo, ma non sarebbe giusto nascondere il fatto che questa volta la sua aperta ostilità contro il marxismo ha fatto del signor Viktor Cernov un avversario culturale che, in quan- to a principi, è più forte dei nostri compagni di partito ed oppositori in filosofia. Perché solo la cattiva coscienza (o forse anche, per giun- ta l’ignoranza del materialismo?) ha fatto si che i machisti che vor- rebbero passare per marxisti abbiano messo diplomaticamente da par- te Engels, abbiano completamente ignorato Feuerbach e abbiano esclusivamente girato intorno a Plekhanov. Questo è veramente un girare intorno alle questioni, una contesa noiosa e meschina, un ca- 96 LENIN villare con un discepolo di Engels sottraendosi vilmente all’analisi diretta delle concezioni del maestro. E poiché il compito di queste rapide note è quello di mostrare il carattere reazionario del machi- smo e la giustezza del materialismo di Marx e di Engels, lasceremo da parte il chiasso che intorno a Plekhanov fanno i machisti che vor- rebbero essere marxisti e ci volgeremo direttamente a Engels confu- tato daH’empiriocriticista sig. V. Cernov. Nei suoi Studi filosofici e sociologici (Mosca, 1907, raccolta di articoli scritti, salvo pochissi- me eccezioni, prima del 1900), l’articolo intitolato 11 marxismo c la filosofia trascendentale comincia immediatamente con un tentativo di opporre Marx a Engels e con l’accusare quest’ultimo di « materia- lismo ingenuamente dogmatico », del « piu rozzo dogmatismo mate- rialistico» (p. 29 e p. 32). Il sig. V. Cernov dichiara esempio «suffi- ciente » il ragionamento di Engels contro la cosa in sé kantiana e i lineamenti della filosofia di Hume. Cominceremo dunque da questo ragionamento. Nel suo Ludwig Feuerbach Engels dichiara che le fondamentali correnti filosofiche sono il materialismo e l’idealismo. Il materiali- smo ritiene la natura elemento primordiale, lo spirito elemento se- condario e mette al primo posto l’essere, al secondo il pensiero. L’i- dealismo procede all’inverso. Engels attribuisce valore fondamentale a questa differenza radicale dei « due grandi campi » nei quali si di- vidono i filosofi delle «diverse scuole»: dell’idealismo e del materia- lismo, accusando senz’altro di « confusione » chi usa in un senso diverso le espressioni idealismo e materialismo. « Il problema supremo di tutta la filosofia », « il grande proble- ma fondamentale di tutta la filosofia, e specialmente della filosofia moderna » — dice Engels — è « quello del rapporto del pensiero con l’essere, dello spirito con la natura». Dopo aver diviso i filosofi, dal punto di vista di questo problema fondamentale, in « due grandi campi », Engels indica che « c’è un altro aspetto » del fondamentale problema filosofico, cioè: «quale relazione passa fra le nostre idee sul mondo che ci circonda e questo mondo stesso? È in grado il nostro pensiero di conoscere il mondo reale; possiamo noi nelle no- stre rappresentazioni e nei nostri concetti del mondo reale avere una immagine fedele della realtà?»*. # Fr. Engels: L. Feuerbach , 4. ed. ted., p. 15. Cernov traduce Spiegelbild: € immagine speculare », accusando Plekhanov di aver reso la teorìa di Engels « in MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 97 «L’immensa maggioranza dei filosofi risponde a tale questione in modo affermativo » dice Engels, includendo in questa immensa maggioranza non soltanto tutti i materialisti, ma anche gli idealisti più conseguenti, per esempio l’idealista assoluto Hegel, il quale rite- neva che il mondo reale fosse la realizzazione di una qualche « idea assoluta » precostituita ab aeterno , per cui lo spirito umano, allorché concepisce rettamente il mondo reale, in esso e per mezzo di esso concepisce F« idea assoluta ». « Esiste però anche * (cioè accanto ai materialisti e agli idealisti conseguenti) « una schiera di altri filosofi i quali contestano la possi- bilità di una conoscenza del mondo, o almeno di una conoscenza esauriente di esso. Tra i moderni appartengono a questa schiera Hu- me e Kant, che hanno avuto una parte molto importante nello svol- gimento della filosofia»... 30 Il sig. V. Cerno v, riportate queste parole di Engels, si lancia nella lotta. Alla parola «Kant» egli fa seguire l’annotazione: « Nel 1888 era piuttosto singolare dare il nome di ” moderni ” a filosofi quali Kant e in particolare Hume. In quell’epoca sarebbe stato più naturale sentire i nomi di Cohen, Lange, Riehl, Laas, Lieb- mann, Góring e cosi via. Ma Engels, evidentemente, non era forte in filosofia ” moderna ” » (p. 33, nota 2). Il sig. V. Cernov è fedele a se stesso. Tanto nei problemi econo- mici che nei problemi filosofici somiglia all’eroe di Turgheniev, Vo roscilov a , e col semplice rinvio a nomi « di dotti » annienta ora Pigno- rante Kautsky # , ora Pignorante Engels! Il guaio è che tutte le autorità citate dal sig. Cernov sono quegli stessi neokantiani , dei quali Engels in quella stessa pagina del suo Ludwig Feuerbach par- la come di teorici reazionari che tentavano di rianimare il cadavere delle dottrine di Kant e Hume già da lungo tempo confutate. Il bravo sig. Cernov non ha capito che Engels col suo ragionamento confuta proprio questi professori confusionari autorevoli (per il ma- chismo)! Dopo aver menzionato il fatto che già Hegel adduceva argomenti « decisivi » contro Hume e Kant e che Feuerbach aveva completato un modo notevolmente fiacco » parlando in russo semplicemente di < riflesso » c non di « riflesso speculare ». Questo è un cavillo: Spiegelbild si adopera in tedesco anche semplicemente per Abbild. * Vedi llin. La questione agraria , parte I, Pietroburgo, 1908, p. 195“ 9 8 LENIN questi argomenti con osservazioni piu argute che profonde, Engels prosegue : « La confutazione piu decisiva di questa ubbia filosofica [o inven- zione, Schrullen ], come del resto di tutte le altre, è data dalla pra- tica, particolarmente dallesperimento e dall’industria. Se possiamo dimostrare che la nostra comprensione di un dato processo naturale è giusta, creandolo noi stessi, producendolo dalle sue condizioni e, quel che più conta, facendolo servire ai nostri fini, TinafTerrabile [o incomprensibile, unfassbaren ; questa importante parola è omessa sia nella traduzione di Plekhanov che in quella del sig. V. Cernov] ” cosa in sé ” di Kant è finita. Le sostanze chimiche che si formano negli organismi animali e vegetali restarono ” cose in sé ” fino a che la chimica organica non si mise a prepararle l’una dopo l’altra; quando ciò avvenne, la ” cosa in sé ” si trasformò in una cosa per noi, come per esempio l’alizarina, materia colorante della robbia, che non ricaviamo più dalle radici della robbia coltivata nei campi, ma molto più a buon mercato e in modo più semplice dal catrame di car- bone > (p. 16 dell’ed. cit.) Il sig. V. Cernov, citando questo ragionamento, esce definitiva- mente dai gangheri e annienta completamente il povero Engels. Udi- te: «Che sia possibile ottenere l’alizarina dal catrame di carbone ” più a buon mercato e in modo più semplice ” è cosa di cui, dav- vero, nessun neokantiano si stupirebbe. Ma che insieme con l’aliza- rina si possa dal catrame di carbone ricavare parimenti a buon mer- cato la confutazione della ” cosa in sé ”, questa è, in verità, una cosa che apparirà come una scoperta notevole e inaudita e non per i soli neokantiani ». « Engels, evidentemente, avendo appreso che, secondo Kant, la ” cosa in sé ” è inconoscibile, trasformò questo teorema nel suo inver- so e concluse che tutto ciò che è ignoto è cosa in sé...» (p. 33). Ascoltate, sig. machista : se volete mentire, cercate di farlo con mi- sura! Qui voi invece travisate, sotto gli occhi dei lettori, la citazione stessa di Engels, che volete « demolire » senza neanche aver com- preso di che cosa si tratti! In primo luogo è inesatto che Engels « ricavi la confutazione della cosa in sé ». Engels ha detto nettamente e chiaramente che egli con- futava la cosa in sé inafferrabile (o inconoscibile) di Kant. Il sig. Cernov imbroglia la concezione materialistica di Engels sull’esisten- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 99 za delle cose indipendentemente dalla nostra coscienza. In secondo luogo, se il teorema di Kant dice che la cosa in sé è inconoscibile, il teorema « inverso* sarà: « Pinconoscibile » è cosa in sé e il sig. Cer- nov ha sostituito l’inconoscibile con Yignoto, senza comprendere che con questa sostituzione egli ancora una volta imbrogliava e svisava la concezione materialistica di Engels! Il sig. V. Cernov è talmente sviato da quei reazionari della filoso- fia ufficiale da lui presi per guida, che si mette a rumoreggiare e a gridare contro Engels senza aver capito assolutamente niente del- l’esempio citato. Tentiamo di spiegare a questo rappresentante del machismo di che cosa si tratti. Engels dice nettamente e chiaramente che egli si oppone a Hume e a Kant insieme. Ma intanto in Hume non si parla di queste «cose in sé inconoscibili ». Che cosa ce dunque di comune tra questi due filosofi? Il fatto che essi separano in linea di principio i «fenomeni» da ciò che si manifesta in questi fenomeni, la sensazione dal sentito, la cosa per noi dalla «cosa in sé»; del resto Hume non vuol saper niente della «cosa in sé»: ritiene filosoficamente inammissibile per- fino il pensarla, la ritiene « metafisica » (come dicono i seguaci di Hume e i kantiani); Kant invece ammette resistenza della « cosa in sé», ma dichiara che essa è «inconoscibile», diversa in linea di prin- cipio dai fenomeni, appartenente in linea di pfincipio a un altro campo, a quello del « trascendente » ( Jenseits ) inaccessibile alla co- noscenza, ma aperto alla fede. In che cosa consistono le obiezioni di Engels? Ieri noi non sape- vamo che nel catrame di carbone ci fosse l’alizarina. Oggi lo sap- piamo. Ci si chiede: esisteva anche ieri l’alizarina nel catrame di carbone? Certamente. Ogni dubbio in proposito sarebbe uno scherno alle scienze naturali moderne. Ma se è cosi, ne discendono tre importanti conclusioni gnoseo- logiche: i. Le cose esistono indipendentemente dalla nostra coscienza, in- dipendentemente dalla nostra sensazione, fuori di noi, perché non c'è dubbio che l'alizarina esisteva ieri nel catrame di carbone e allo stesso modo è altrettanto indubbio che ieri non sapevamo niente di questa esistenza e non ricevevamo nessuna sensazione da questa a- lizarina. 100 LENIN 2. Non vi è né vi può assolutamente essere differenza di prin- cipio tra il fenomeno e la cosa in sé. La differenza è semplice- mente fra ciò che è noto e ciò che non è ancora noto, mentre le fan- tasie filosofiche sui limiti specifici tra l’uno e l’altro, sul fatto che la cosa in sé si trova « al di là * dei fenomeni (Kant) o sul fatto che si possa e si debba erigere una barriera filosofica che ci separi dal pro- blema del mondo ancora ignoto in questa o quella sua parte, ma che esiste fuori di noi (Hume): tutto ciò non è che vuoto nonsenso, Schrulìe , ubbia, invenzione. 3. Nella teoria della conoscenza, come in tutti i campi della scien- za, occorre ragionare dialetticamente, cioè non presupporre che la nostra coscienza sia belle fatta e invariabile, ma esaminare in qual modo dalla non conoscenza si passa alla conoscenza , in qual modo una conoscenza incompleta, imprecisa diventa più completa e più precisa. Se vi mettete dal punto di vista che lo sviluppo della conoscenza umana muove dalla non conoscenza, vedrete che milioni di esempi tanto semplici come la scoperta dell’alizarina nel catrame di carbo- ne, milioni di osservazioni tratte non solo dalla storia della scienza e della’ tecnica, ma dalla vita quotidiana di tutti e di ciascuno, dimo- strano all’uomo la trasformazione delle « cose in sé » in « cose per noi », la comparsa dei « fenomeni » allorché i nostri organi dei sensi avvertono un urto proveniente dall’esterno, da questo o da quell’og- getto, e la scomparsa dei « fenomeni » allorché questo o quell’ostacolo elimina la possibilità dell’azione di un oggetto, del quale tuttavia co- nosciamo l’esistenza, sui nostri organi dei sensi. L’unica e inevitabile conclusione che si deve trarre da ciò — conclusione alla quale arri- vano tutti gli uomini nella vivente pratica umana e che il materia- lismo mette consapevolmente a base della sua gnoseologia — è che fuori di noi e indipendentemente da noi esistono oggetti, cose, corpi e che le nostre sensazioni sono immagini del mondo esterno. L’oppo- sta teoria di Mach (i corpi sono complessi di sensazioni) è un pietoso assurdo idealistico. Ma il sig. Cernov ha rivelato ancora una volta, con la sua « analisi » di Engels, le sue qualità vorosciloviane : il sem- plice esempio dato da Engels gli è sembrato « singolare e ingenuo ». Egli ritiene filosofia solo le fantasie pseudodottrinali; incapace com’è di distinguere tra l’eclettismo professorale e la conseguente teoria ma- terialistica della conoscenza. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO IOI Non è possibile né necessario esaminare tutti gli ulteriori ragio- namenti del sig. Cernov: non sono che sempre lo stesso pretenzioso assurdo (quale l’affermazione che l’atomo è per i materialisti una cosa in sé!). Notiamo solo un argomento pertinente al nostro tema (e che, come sembra, ha sviato qualcuno); e cioè che Marx si diffe- renzierebbe da Engels. Si tratta della seconda tesi di Marx su Feuer- bach e della traduzione di Plekhanov della parola Diesseitigheit. Ecco questa seconda tesi: « La questione se al pensiero umano appartenga una verità og- gettiva non è una questione teorica, ma pratica. È nell’attività pra- tica che l’uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere terreno del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non- realtà di un pensiero che si isoli dalla pratica è una questione pura- mente scolastica » In Plekhanov, invece di « dimostrare il carattere terreno del pen- siero » (traduzione letterale), ce : dimostrare che il pensiero « non si ferma al di qua dei fenomeni». E il sig. V. Cernov grida: «La con- traddizione fra Engels e Marx è eliminata con una straordinaria sem- plicità », « ne risulta che Marx, analogamente a Engels, affermerebbe la conoscibilità delle cose in sé e la trascendenza del pensiero » (op. cit., 34, nota). È un bel guaio avere a che fare con questo Voroscilov, ogni frase del quale è un abisso di confusione! È ignoranza, sig. Viktor Cer- nov, non sapere che tutti i materialisti sono per la conoscibilità delle cose in sé. È ignoranza, sig. Viktor Cernov, o sconfinata leggerezza sorvolare sulla prima frase della tesi senza rendersi conto che « veri- tà oggettiva» (gegenstàndliche Wahrheit) del pensiero non significa altro che resistenza di oggetti (« cose in sé ») veracemente riflessi dal pensiero. È analfabetismo, signor Viktor Cernov, affermare che dalla esposizione di Plekhanov (Plekhanov ha dato un’esposizione e non una traduzione) « discenderebbe » che Marx avrebbe difeso la tra - scendenza del pensiero. Perché solo i seguaci di Hume e i kantiani fermano « al di qua dei fenomeni » il pensiero umano. Per tutti i materialisti, fra i quali i materialisti del XVII secolo, sterminati dal vescovo Berkeley (vedi Introduzione ), i « fenomeni » sono « cose per noi » o copie degli « stessi oggetti in sé ». Certo, la libera esposizione di Plekhanov non è obbligatoria per chi voglia conoscere Marx stes- 102 LENIN so, ma è invece obbligatorio riflettere sui ragionamenti di Marx e non galoppare alla Voroscilov. È interessante notare che mentre in gente che si dice socialista non si trova la buona volontà o la capacità di afferrare l’esatto signi- ficato delle Tesi di Marx, alle volte invece scrittori borghesi, specia- listi di filosofia, dimostrano uno scrupolo maggiore. Conosco uno di questi scrittori che ha studiato la filosofia di Feuerbach e in rela- zione con essa ha esaminato le Tesi di Marx. Questo scrittore è Albert Lévy, che ha dedicato il terzo capitolo della seconda parte del suo libro su Feuerbach all’esame dell’influenza di Feuerbach su Marx # . Senza fermarci a vedere se Lévy interpreta sempre correttamente Feuerbach e come critica Marx dal solito punto di vista borghese, citeremo soltanto la valutazione che Albert Lévy ci dà del contenuto filosofico delle celebri Tesi di Marx. A proposito della prima tesi A. Lévy dice: «Marx ammette da una parte, con tutto il precedente materialismo e con Feuerbach, che alle nostre rappresentazioni delle cose corrispondano oggetti reali e distinti [indipendenti, distincts ] fuori di noi »... Come il lettore vede, ad Albert Lévy fin dal principio è chiara la posizione fondamentale non solo del materialismo marxista, ma di ogni materialismo, « di tutto » il materialismo « precedente » : il riconoscimento di oggetti reali fuori di noi, ai quali oggetti « corri- spondono » le nostre rappresentazioni. Questo abbicci di tutto il materialismo in generale, è ignoto soltanto ai machisti russi. Lévy prosegue : « D’altra parte Marx si rammarica che il materialismo abbia la- sciato all’idealismo la cura di apprezzare l’importanza delle forze attive » (cioè della pratica umana). « Secondo Marx, queste forze at- tive bisogna strapparle airidealismo per ricondurle nel sistema mate- rialistico; ma, naturalmente, bisogna dare a queste forze quel carat- tere reale e sensibile che Tidealismo non poteva loro riconoscere. Il pensiero di Marx è dunque il seguente: come alle nostre rappresen- tazioni corrispondono oggetti reali fuori* di noi, cosi alla nostra atti- vità fenomenica corrisponde una attività reale fuori di noi, un’attivi- * Albert Lévy: La phtlo sophie de Feuerbach et son influence sur la lìttérature allemande, Parigi, 1904, pp. 249-338: influenza di Feuerbach su Marx; pp. 290-298: analisi delle Tesi . MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO I0 3 tà delle cose; in questo senso l’umanità partecipa dell’assoluto non solo per mezzo della conoscenza teorica, ma anche per mezzo del- l’attività pratica; e tutta l’attività umana in questo modo acquista quella dignità, quella abilità che le permette di andare di pari passo con la teoria: l’attività rivoluzionaria acquista da ora in poi un si- gnificato metafisico... ». A. Lévy è un professore. E nessun professore che si rispetti può rinunciare a trattare i materialisti da metafisici. Per i professori idea- listi, seguaci di Hume e di Kant, ogni materialismo è « metafisica », perché dietro al fenomeno (ciò che appare, cosa per noi) vede il reale fuori di noi; perciò Lévy quanto alla sostanza ha ragione quan- do dice che per Marx all’« attività fenomenica » dell’umanità corri- sponde « un’attività delle cose », che cioè la pratica dell’umanità ha un significato non soltanto fenomenico (nel senso che la parola ha per Hume e per Kant), ma obiettivamente reale. Il criterio della pratica, come mostreremo nei particolari a suo tempo (§ 6), ha un signifi- cato assolutamente diverso in Mach e in Marx. « L’umanità parte- cipa dell’assoluto»; ciò significa che la conoscenza umana riflette la verità assoluta (v. oltre, al § 5), che la pratica umana, fornendo la prova della giustezza delle nostre rappresentazioni, conferma in esse ciò che corrisponde alla verità assoluta. A. Lévy prosegue: « ... Arrivato a questo punto Marx urta naturalmente nelle obie- zioni della critica. Egli ha ammesso l’esistenza delle cose in sé, delle quali la nostra teoria è la traduzione umana; ma non può sottrarsi alla consueta obiezione: che cosa dunque vi garantisce la fedeltà del- la traduzione? Che cosa prova che il pensiero umano vi dia una ve- rità obiettiva? A questa obiezione Marx risponde nella seconda te- si » (p. 291). Il lettore vede che A. Lévy non dubita neppure per un istante che Marx ammetta l’esistenza delle cose in sé! 2. Del « transcensus », ovvero V . Bazar ov « rielabora » Engels. Ma i machisti russi che vorrebbero essere marxisti, mentre hanno diplomaticamente sorvolato su una delle piu esplicite e precise di- chiarazioni di Engels, hanno invece « rielaborato » completamente al- la maniera di Cernov urialtra sua dichiarazione. Per quanto noioso LENIN IO4 e faticoso possa essere il compito di correggere le alterazioni e le de- formazioni di significato nelle citazioni, pure non può sottrarvisi chi vuol parlare dei machisti russi. Ecco come Bazarov rielabora Engels. Nell’articolo Sul materialismo storico * cosi parla Engels degli a- gnostici inglesi (filosofi della corrente di Hume): « ... Il nostro agnostico ammette pure che tutto il nostro sapere è fondato sulle comunicazioni [Mitteilungen] che riceviamo attraverso i sensi... ». Perciò — notiamo per i nostri machisti — l’agnostico (seguace di Hume) parte anch’esso dalle sensazioni e non ammette nessun’altra fonte di conoscenza. L’agnostico è un « positivista * puro, questo per norma dei seguaci del «positivismo moderno»! « ... Ma — si affretta ad aggiungere [l’agnostico] — come possia- mo sapere se i nostri sensi ci forniscono delle immagini [ Abbilder ] fedeli degli oggetti percepiti per mezzo di essi? E continua infor- mandoci che quando egli parla degli oggetti e delle loro proprietà, non intende in realtà questi oggetti e queste proprietà di cui non può sapere niente di sicuro, ma semplicemente le impressioni che essi hanno prodotto sui suoi sensi... » Quali sono le due linee delle tendenze filosofiche che qui Engels contrappone? Una linea afferma che i sensi ci dànno immagini fe- deli delle cose, che noi conosciamo queste cose stesse y che il mondo esterno agisce sui nostri organi dei sensi. Questo è il materialismo col quale non è d’accordo l’agnostico. Qual è dunque Yessenza della sua linea? È il fatto che esso non va al di là delle sensazioni, il fatto che esso si arresta al di qua dei fenomeni , rifiutandosi di vedere checches- sia di « certo » oltre i limiti delle sensazioni. Di queste cose stesse (cioè delle cose in sé, degli « oggetti per se stessi », come dicevano i materialisti contro i quali combatteva Berkeley) noi non possiamo sa- pere niente di certo: tale è la dichiarazione assolutamente precisa deU’agnostico. Vale a dire, nella discussione di cui parla Engels, il materialista afferma l’esistenza e la conoscibilità delle cose in sé. * Prefazione alla traduzione inglese dell 'Evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza , tradotta in tedesco dallo stesso Engels in Nette Zeit , XI, 1 (1892-1893, n. 1), pp. 15 e sgg. La traduzione russa, l'unica se non erro, fa parte della raccolta Materialismo storico , pp. 162 e sgg. La citazione è riportata da Bazarov nei Saggt «’ intorno » alla filosofia del marxismo. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO I0 5 L agnostico non ammette neanche l'idea delle cose in sé, dichiarando che su di esse non possiamo sapere niente di certo. Chiediamo: in che cosa si differenzia il punto di vista dell’agno- stico esposto da Engels dal punto di vista di Mach? Nella «nuova» paroletta «elemento»? Ma, come sappiamo, è una pura e semplice puerilità pensare che la nomenclatura abbia la capacità di modificare un indirizzo filosofico, che le sensazioni, una volta che siano chia- mate «elementi» cessino di essere sensazioni! O nella «nuova» idea che gli stessi e medesimi elementi costituiscono il fatto fisico in un determinato rapporto, e il fatto psichico nell’altro? Non avete notato che anche l’agnostico di cui parla Engels, sostituisce le « impressio- ni » a «queste cose stesse»? Vale a dire che nella sostanza anche l’agnostico distingue le « impressioni » fisiche dalle psichiche! Anco- ra una volta la differenza consiste esclusivamente nella nomencla- tura. Quando Mach dice: i corpi sono complessi di sensazioni, Mach è un berkeleiano. Quando Mach « rettifica»: gli «elementi» (le sen- sazioni) possono essere fisici in un determinato rapporto, e psichici nell’altro, Mach è un agnostico, è un seguace di Hume. Mach nella sua filosofia non esce da queste due linee e occorre una estrema inge- nuità per credere sulla parola a questo confusionario quando dice di aver effettivamente « oltrepassato » sia il materialismo che l’idea- lismo. Deliberatamente Engels non fa nomi nella sua esposizione, poi- ché egli critica non i vari esponenti della corrente humiana (i filo- sofi di professione sono molto propensi a chiamare sistemi originali le minuscole modifiche che l’uno o l’altro di essi apporta nella termi- nologia o nell*argomentazione), ma tutto l’indirizzo humiano. Engels non critica i particolari, ma il fondo; egli analizza i punti fon- damentali in cui tutti i seguaci di Hume si allontanano dal materia- lismo e, perciò cadono sotto la sua critica tanto Mill quanto Huxley e Mach. Se diciamo che la materia è una possibilità costante di sen- sazioni (secondo John Stuart Mill) o che la materia rappresenta com- plessi piu o meno stabili di « elementi »-sensazioni (secondo E. Mach), restiamo nei limiti deH’agnosticismo o della dottrina di Hume; que- sti due punti di vista o, piu esattamente, queste due formulazioni sono comprese nell’esposizione dell’agnosticismo fatta da Engels: l’agnostico non oltrepassa le sensazioni, dichiarando che non può sapere niente di certo sulla loro fonte o sul loro originale, ecc. E se ioó LENIN Mach attribuisce un grande valore alla sua divergenza da Mill sul presente problema, ciò è precisamente perché Mach cade sotto la defi- nizione che Engels dà dei professori cattedratici, di essere cioè dei Flohknacker™'. voi avete schiacciato delle pulci, signori, con le vo- stre insignificanti correzioni e col cambiare nomenclatura invece di abbandonare il vostro punto di vista fondamentalmente equivoco! In che modo dunque il materialista Engels — al principio del suo articolo Engels contrappone apertamente e decisamente il suo materialismo airagnosticismo — confuta l’argomento che si è esposto? « ... Non ve dubbio che è difficile poter confutare solo con degli argomenti una tale maniera di ragionare. Ma prima di argomentare gli uomini hanno agito. ” In principio era l’azione ”. E l’attività umana aveva risolto la difficoltà molto tempo prima che l’ingegnosità umana l’avesse inventata. The prooj of thè pudding is in thè eating [la dimostrazione del budino, ovvero la prova, verifica del budino è nel fatto che lo si mangia]. Nel momento che facciamo uso di questi oggetti secondo le qualità che in essi percepiamo, sottoponia- mo a una prova infallibile l’esattezza o Tinesattezza delle percezioni dei nostri sensi. Se queste percezioni erano false, anche il nostro giu- dizio circa l’uso dell’oggetto deve esser falso; di conseguenza il no- stro tentativo di usarlo deve fallire. Ma se riusciamo a raggiungere il nostro scopo, se troviamo che l’oggetto corrisponde all’idea che ne abbiamo, che esso serve allo scopo a cui lo abbiamo destinato, questa è la prova positiva che entro questi limiti le nostre percezioni del- l’oggetto e delle sue qualità concordano con la realtà esistente fuori di noi... Cosi la teoria materialistica, la teoria secondo la quale gli og- getti si riflettono nel pensiero, viene qui esposta con perfetta chiarez- za: le cose esistono fuori di noi. Le nostre percezioni e le nostre rap- presentazioni sono loro immagini. La verifica di queste immagini, la discriminazione delle vere e delle false è data dalla pratica. Ma ascoltiamo che cosa Engels dice un po’ più oltre (Bazarov chiude qui la sua citazione di Engels, o piuttosto di Plekhanov, perché eviden- temente trova superfluo fare i conti con Engels stesso). «...Quando invece il nostro tentativo non riesce, non ci mettia- mo molto, d’abitudine, a scoprire le cause del nostro insuccesso; tro- viamo che la percezione che ha servito di base al nostro tentativo o era per se stessa incompleta o superficiale, o era collegata in modo MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO IO7 non giustificato dalla realtà coi dati di altre percezioni [qui la tra- duzione russa di Sul materialismo storico non è fedele]. Nella misu- ra in cui avremo preso cura di educare e di utilizzare correttamente i nostri sensi, e di mantenere la nostra azione nei limiti prescritti da percezioni correttamente ottenute e correttamente utilizzate, trovere- mo che il successo delle nostre azioni dimostra che le nostre perce- zioni sono conformi \U ebereinstimmung] alla natura oggettiva [gè- gestcindlich ] degli oggetti percepiti. Finora non abbiamo un solo esempio che le nostre percezioni sensorie, scientificamente controlla- te, determinino nel nostro cervello idee sul mondo esterno le quali siano per loro natura in contrasto con la realtà o che vi sia un’incom- patibilità immanente fra il mondo esterno e le percezioni sensorie che noi ne abbiamo. « Ma ecco farsi avanti l’agnostico neokantiano, il quale ora ci dice...» 26 . Rimandiamo a un’altra volta l’analisi degli argomenti dei neo- kantiani. Notiamo che un uomo che abbia almeno un minimo di fa- miliarità con la questione, 0 che sia almeno un po’ attento, non può non capire che Engels espone qui precisamente quel materialismo contro cui dovunque e sempre lottano tutti i machisti. E osservate ora il procedimento con cui Bazarov manipola Engels: « Qui Engels, in effetti — scrive Bazarov a proposito del fram- mento di citazione che noi abbiamo riportato — si oppone al l’ideali- smo kantiano... ». È falso. Bazarov confonde le cose. Nel passo da lui citato, e ci- tato da noi in modo piu completo, non c'è neppure una sillaba che si riferisca al kantismo o all’idealismo. Se Bazarov avesse letto real- mente tutto l’articolo di Engels, non avrebbe potuto non vedere che in Engels il discorso cade sul neokantismo e su tutto l’indirizzo di Kant solo nel passo successivo , là dove noi abbiamo interrotto la no- stra citazione. E se Bazarov avesse letto attentamente e avesse riflet- tuto sul passo che egli stesso ha citato, non avrebbe potuto non ac- corgersi che negli argomenti delPagnostico che qui Engels confuta, non ce assolutamente niente né di idealistico, né di kantiano, per- ché l’idealismo comincia solo allorché il filosofo afferma che le cose sono le nostre sensazioni; il kantismo comincia allorché il filosofo dice: la cosa in sé esiste, ma non è conoscibile. Bazarov ha confuso il kantismo con la dottrina di Hume e li ha confusi perché, essendo egli io8 LENIN stesso un mezzo berkeleiano e un mezzo humiano della setta machi- sta, non comprende (come sarà più oltre mostrato dettagliatamente) le differenze tra Topposizione humiana e ['opposizione materialisti- ca al kantismo. « ...Ma, ahimè! — prosegue Bazarov — la sua argomentazione è diretta contro la filosofia di Plekhanov nella stessa misura che con- tro la filosofia di Kant. Nella scuola di Plekhanov-Orthodox, come ha già notato Bogdanov, regna un fatale malinteso circa la coscienza. A Plekhanov, come anche a ogni idealista, sembra che ogni dato sensibile, cioè cosciente, sia ” soggettivo ”, che partire solamente dal dato di fatto significa essere solipsista, che l’esistenza reale può tro- varsi solamente oltre i limiti di ogni dato immediato... ». Questo è completamente nello spirito di Cernov e dell’assicura- zione che egli ci dà che Liebknecht era un autentico populista russo. Se Plekhanov è un idealista in quanto si allontana da Engels, perché voi che pretendete di essere seguace di Engels non siete materialista? Ma questa è semplicemente una misera mistificazione, compagno Bazarov! Con la paroletta di Mach « dato immediato » voi comin- ciate a confondere le differenze tra agnosticismo, idealismo e mate- rialismo. Sappiate dunque che « dato immediato », « dato di fatto » sono una confusione dei machisti, degli immanentisti e degli altri reazionari in filosofia, sono una mascherata nella quale l’agnostico (e alle volte, come in Mach, anche l’idealista) si traveste da materiali- sta. Per il materialista il « dato di fatto » è il mondo esterno, di cui le nostre sensazioni sono l’immagine. Per l’idealista il « dato di fat- to » è la sensazione, per cui il mondo esterno viene proclamato come « un complesso di sensazioni ». Per l’agnostico il « dato immediato » è del pari la sensazione, ma l’agnostico non va oltre , né verso l’am- missione materialista della realtà del mondo esterno, né verso Tammissione idealistica del mondo come nostra sensazione. Perciò la vostra espressione: « resistenza reale [secondo Plekhanov] può trovarsi solo oltre i limiti di ogni dato immediato » è un nonsenso che inelut- tabilmente discende dalla vostra posizione di machista. Ma se voi siete in diritto di prendere la posizione che vi piace, ivi compresa una posizione machista, non siete in diritto di travisare Engels se parlate di lui. Ma dalle parole di Engels si vede con la chiarezza più assoluta che per il materialista l’esistenza reale è oltre i limiti delle « percezioni sensibili », delle impressioni e delle rappresenta- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 109 zioni dell’uomo; per l’agnostico non è possibile invece andare oltre i limiti di queste percezioni. Bazarov ha creduto sulla parola a Mach, ad Avenarius e a Schuppe quando essi dicono che il dato « imme- diato » (o di fatto) unifica 17o che percepisce e l’ambiente che è per- cepito nella famosa coordinazione « indissolubile », e si sforza, in modo che il lettore non se ne accorga, di attribuire nascostamente questo assurdo al materialista Engels! « ... Il passo di Engels che abbiamo citato sopra sembrerebbe scrit- to intenzionalmente per dissipare nella forma piu popolare e acces- sibile a tutti questo malinteso idealistico...». Non invano Bazarov è stato alla scuola di Avenarius! Egli con- tinua la sua mistificazione: sotto l’apparenza di combattere contro l’idealismo (di cui Engels qui non parla affatto) introduce di con- trabbando la « coordinazione » idealistica. Non ce male, compagno Bazarov! «...L’agnostico chiede: da dove sappiamo che i nostri sensi sog- gettivi ci forniscono una rappresentazione esatta delle cose?,..». Voi confondete le cose, compagno Bazarov! Engels non dice lui stesso e neppure attribuisce al suo avversario, l’agnostico, un assurdo quale è quello dei sensi « soggettivi » . Non ci sono altri sensi che i sensi umani, cioè « soggettivi », poiché noi ragioniamo dal punto di vista dell’uomo e non da quello del lupo mannaro. Voi ricominciate ad attribuire a Engels di soppiatto il machismo: l’agnostico ritiene che i sensi, o piu precisamente le sensazioni, sono solo soggettivi (per l’agnostico non è cosi!), noi invece con Avenarius «abbiamo coordi- nato » l’oggetto col soggetto in un legame indissolubile. Non ce ma- le, compagno Bazarov! «Ma che cosa voi chiamate "esatto”? — obietta Engels — . E- satto è ciò che è confermato dalla nostra pratica, quindi, nella misura in cui le nostre percezioni sensibili sono confermate dall’esperienza, esse non sono ” soggettive ”, cioè non sono arbitrarie o illusorie, ma esatte, e reali come tali...». Voi confondete le cose, compagno Bazarov! La questione dell’esi- stenza delle cose fuori delle nostre sensazioni, percezioni, rappresen- tazioni, voi la sostituite con la questione del criterio dell’esattezza delle nostre rappresentazioni di «queste stesse» cose, o piu precisa- mente: voi offuscate la prima questione con la seconda. Ma Engels dice chiaramente e nettamente che dall’agnostico lo distingue non Ilo LENIN solamente il dubbio deiragnostico sull'esattezza delle rappresenta- zioni, ma anche i dubbi deiragnostico sulla possibilità di parlare delle cose stesse , sulla possibilità di una conoscenza « sicura » della loro esistenza. Perché Bazarov ha dovuto far ricorso a questa falsifi- cazione? Per rendere oscura, confusa la questione, che è fondamentale per il materialismo (e per Engels come materialista), delPesistenza delle cose fuori della nostra coscienza, le quali suscitano le sensazioni con la loro azione sugli organi dei sensi. È impossibile essere mate- rialista senza risolvere affermativamente questa questione, ma è possi- bile essere materialista professando vedute diverse sulla questione del criterio delPesattezza delle immagini che i sensi ci forniscono. E Bazarov confonde ancora di piu le cose quando attribuisce a Engels, nella discussione con l’agnostico, l’assurda e insipiente for- mulazione secondo cui le nostre percezioni sensibili sarebbero confer- mate dall’« esperienza Engels non ha usato e non poteva usare qui questa parola perché sapeva che all’esperienza rimandano sia l’ideali- sta Berkeley, che l’agnostico Hume e il materialista Diderot. « ... Nei limiti in cui nella pratica noi abbiamo da fare con le cose, le rappresentazioni delle cose e delle loro proprietà coincidono con la realtà effettiva esistente fuori di noi . "Coincidere”: è alquanto diverso dall’essere un "geroglifico". Coincidono: significa che, nei limiti dati, la rappresentazione sensibile è appunto [corsivo di Baza- rov] la realtà esistente fuori di noi... >. La fine corona l’opera! Engels viene manipolato a gusto di Mach e arrostito e servito in salsa machista. Purché non vada di traverso ai nostri molto onorevoli cuochi. « La rappresentazione sensibile è appunto la realtà esistente fuori di noi»!! In effetti questa è appunto quell’assurdità fondamentale, quella confusione fondamentale e quella falsità del machismo da cui prende l’abbrivio tutto il restante guazzabuglio di parole di questa filosofia, e per cui Mach con Avenarius si ebbero i baci degli imma- nentisti, questi reazionari dichiarati e predicatori di clericalismo. Per quanto abbia tergiversato, per quanto abbia giocato d’astuzia, per quanto abbia agito diplomaticamente, girando intorno a tutti i punti delicati, tuttavia alla fin fine Bazarov si è tradito e ha rivelato tutta la sua natura di machista! Dire: «la rappresentazione sensibile è ap- punto la realtà esistente fuori di noi » significa ritornare alla filosofia di Hume o addirittura alla filosofia di Berkeley, che si nascondeva MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO III nella nebbia della « coordinazione ». È una menzogna idealistica e un sotterfugio da agnostico, compagno Bazarov, poiché la rappre- sentazione sensibile non è la realtà esistente fuori di noi, ma solo r immagine di questa realtà. Volete appigliarvi alla duplicità di signi- ficato della parola russa sovpadat *? Volete costringere il lettore poco versato a credere che qui « sovpadat » vuol dire «essere lo stesso» e non «corrispondere»? Ma questo vuol dire costruire tutta la con' trapazione machista di Engels sulla deformazione del senso della citazione e nient’altro. Prendete l’originale tedesco e vi troverete le parole « stimmen mit> 9 cioè «corrispondono a», «si accordano con»: quest’ultima è la traduzione letterale perché Stimine significa voce. Le parole « stimmen mit » non possono significare sovpadat nei senso di tesse- re lo stesso ». Anche al lettore che non conosca il tedesco, ma che legga Engels con una briciola di attenzione, è assolutamente chiaro, e non può non esser chiaro, che Engels sempre, in tutto il corso del suo ragionamento, considera la « rappresentazione sensibile » come im- magine (. Abbild ) della realtà esistente fuori di noi, che conseguente- mente la parola « sovpadat » si può impiegare in russo esclusiva- mente nel senso di corrispondenza, di accordo, ecc. Attribuire a En- gels l’idea che « la rappresentazione sensibile è appunto la realtà esi- stente fuori di noi », è una tale perla di deformazione machista, d’interpolazione deH’agnosticismo e dell’idealismo nel materialismo, che è impossibile non riconoscere che Bazarov ha battuto ogni record! Ci si chiede come della gente sana di mente possa affermare, se ha senno e buona memoria, che «la rappresentazione sensibile [non importa entro quali limiti] è appunto la realtà esistente fuori di noi ». La terra è una realtà esistente fuori di noi. Ma essa non può essere la stessa cosa rispetto alla nostra rappresentazione sensibile, né essere in coordinazione indissolubile con essa, né essere un « com- plesso di elementi » sotto altra connessione, identici con la sensa- zione, perché la terra esisteva già quando non cerano né l’uomo, né gli organi dei sensi, né la materia organizzata in una forma tanto superiore da poter chiaramente avvertire in essa una qualsiasi capa- cità di sentire. Il fatto è che per dissimulare tutta l’assurdità idealistica di questa affermazione si adoperano quelle teorie lambiccate della « coordi- nazione », dell’c introiezione », degli elementi del mondo da poco 1 12 LENIN scoperti: teorie che noi abbiamo analizzato nel primo capitolo. La formula che Bazarov tira fuori inavvertitamente e con imprudenza è eccellente perché rivela con chiarezza l’assurdità stridente che altri- menti bisognerebbe disseppellire dal mucchio delle frottole profes- sorali pseudodottrinali e semiscientifiche. Lode a voi, compagno Bazarov! Vi erigeremo un monumento perfino da vivo; da una parte scriveremo il vostro detto e dall’altra queste parole: al machista russo che ha sepolto il machismo tra i marxisti russi! Parleremo a parte, in seguito, dei due punti toccati da Bazarov nel passo citato, e cioè del criterio della pratica negli agnostici (com- presi i machisti) e nei materialisti e della differenza fra la teoria del- l’immagine (o riflesso) e la teoria' dei simboli (o geroglifici). Per il momento continuiamo ancora a citare Bazarov: «...Ma che cosa si trova al di là di questi limiti? Di questo, En- gels non dice neanche una parola. Mai egli manifesta il desiderio di compiere quel " transcensus”, quella sortita oltre i limiti del mondo dato sensibilmente che è alla base della teoria di Plekhanov sulla conoscenza... ». Al di là di «questi» limiti: quali? Al di là dei limiti di quella « coordinazione » di Mach e di Avenarius che fonderebbe indissolu- bilmente 17o e l’ambiente, il soggetto e l’oggetto? La questione stessa, com’è posta da Bazarov, è priva di senso. Ma se egli avesse impo- stato la questione in modo ragionevole, si sarebbe accorto chiara- mente che il mondo esterno è posto « oltre i limiti » delle sensazioni, delle percezioni, delle rappresentazioni dell’uomo. Ma la paroletta « transcensus » tradisce pur sempre Bazarov. È una «scappatoia» ca- ratteristica di tipo kantiano e humiano elevare in lìnea dì principio una parete divisoria tra il fenomeno e la cosa in sé. Passare dal fe- nomeno o. se volete, dalla nostra sensazione, percezione, tee., alla cosa che esiste fuori della percezione è un transcensus , dice Kant, e noi ammettiamo questo transcensus non attraverso la conoscenza, ma attraverso la fede. Noi non ammettiamo affatto il transcensus , obiet- ta Hume. E i kantiani, come i seguaci di Hume, chiamano i mate- rialisti realisti trascendentali , « metafisici » che compiono il passaggio illegittimo (latinamente transcensus) da un campo a un altro in li- nea di principio diverso. Negli odierni professori di filosofia che se- MATERIALISMO ED EMPIR lOCfclT ICISMO "3 guono l’indirizzo reazionario di Kant e di Humc, potete incontrare (prendete sia pure i nomi citati da Voroscilov-Cernov), ripetute infi- nitamente, in mille modi, queste accuse di « spirito metafisico » e di « transcensus » rivolte al materialismo. Bazarov ha preso in prestito tanto questa paroletta quanto il procedimento del suo pensiero dai professori reazionari e se ne vale in nome del « positivismo moder- no >! Ma la questione è che la stessa idea del « transcensus », cioè di una parete divisoria in linea di principio tra il fenomeno e la cosa in sé, è un’idea assurda degli agnostici (ivi compresi gli humiani e i kantiani) e degli idealisti. Noi abbiamo già spiegato tutto questo con l’esempio di Engels sull’alizarina e lo spiegheremo ancora con le pa- role di Feuerbach e di J. Dietzgen. Ma prima finiamola con la « ma- nipolazione » di Engels fatta da Bazarov: « ... In un passo del suo Antidùhring y Engels dice che P ” esisten- za ” al di fuori del mondo sensibile è una ” offene Frage ”, cioè una questione per la soluzione della quale, e anche per la sua sola impostazione, non abbiamo nessun dato ». Questo argomento viene ripetuto da Bazarov sulle orme del ma* chista tedesco Friedrich Adler. E quest’ultimo esempio è forse ancor più significativo della « rappresentazione sensibile » che « è appunto la realtà esistente fuori di noi ». A p. 31 della quinta edizione tede- sca del YAntidiihring, Engels dice: « L’unità del mondo non consiste nel suo essere, sebbene il suo essere sia un presupposto della sua unità, poiché esso deve anzitutto pur essere, prima di poter essere uno. Invero l’essere è in generale una questione aperta [offene Frage ] a partire da quel limite oltre il quale cessa il nostro orizzonte visivo. L’unità reale del mondo consi- ste nella sua materialità, e questa è dimostrata non da alcune frasi cabalistiche, ma da uno sviluppo lungo e laborioso della filosofia e delle scienze naturali » “. Osservate ora questo nuovo pasticcio del nostro cuoco. Engels par- la dell’esistenza oltre i limiti che segnano la fine del nostro orizzon- te, cioè per esempio dell’esistenza di esseri umani su Marte, ecc. È chiaro che una tale esistenza è realmente un problema aperto. Men- tre Bazarov, non riportando la citazione integralmente proprio a ra- gion veduta, espone il pensiero di Engels come se il problema aperto fosse quello «.dell'esistenza al di fuori del mondo sensibile » !! È il colmo dell’insensatezza che qui vengano attribuite a Engels quelle u 4 LENIN concezioni dei professori di filosofia a cui Bazarov è abituato a pre- star fede sulla parola e che J. Dietzgen giustamente chiamava lacchè diplomati del clericalismo o del fideismo. In effetti il fideismo affer- ma positivamente che esiste qualche cosa « al di fuori del mondo sen- sibile». I materialisti, d’accordo con le scienze naturali, lo negano recisamente. Stanno nel giusto mezzo i professori, kantiani, humianì (compresi i machisti), ecc., i quali « conciliano » e «hanno trovato la verità fuori dell’idealismo e del materialismo»; per costoro questa è una questione aperta. Se Engels avesse mai detto qualcosa di simi- le, ci sarebbe da vergognarsi a chiamarsi marxista. Ma basta! Una mezza pagina di citazioni di Bazarov è un tale cumulo di confusioni che siamo costretti a limitarci a quanto si è detto, rinunciando a seguire ulteriormente tutte le oscillazioni del pensiero machista. 3. L. Feuerbach e /. Dietzgen sulla cosa in sé. Per mostrare quale sia il grado di assurdità delle affermazioni dei nostri machisti, secondo cui i materialisti Marx ed Engels ne- gherebbero resistenza delle cose in sé (cioè delle cose fuori delle nostre sensazioni, rappresentazioni, ecc.) e la loro conoscibilità e che ammetterebbero una qualsiasi parete divisoria in linea di princi- pio tra il fenomeno e la cosa in sé, riprodurremo ancora qualche cita- zione tratta da Feuerbach. Tutta la disgrazia dei nostri machisti sta nel fatto che essi si son messi a parlare con le parole dei professori reazionari sul materialismo dialettico, non conoscendo né la dialet- tica né il materialismo. «L'odierno spiritualismo filosofico che si qualifica idealismo — dice Feuerbach — fa al materialismo il seguente rimprovero, che, se- condo la sua opinione, lo annienterebbe : il materialismo sarebbe dog- matismo, cioè partirebbe dal mondo sensibile [sinnlichen] come ve- rità obiettiva, incontestata \ausgemachte\ lo riterrebbe mondo in sé [an sich] y cioè esistente senza di noi, mentre invece, in effetti, il mon- do sarebbe solamente un prodotto dello spirito» ( Sàmtliche Werke , X voi. t866, p. 185). Non è forse chiaro tutto questo? 11 mondo in sé è il mondo che esiste senza di noi . Questo materialismo di Feuerbach, come quello MATERTALTSMO ED EMPIRIOCRITICISMO ”5 del sec. XVII che fu confutato dal vescovo Berkeley, consiste nell’am- mettere degli « oggetti in sé », esistenti fuori della nostra coscienza. L’« an sich » (ciò che è in se stesso o l’« in sé ») di Feuerbach è netta- mente contrapposto all’« an sich » di Kant: ricordatevi la citazione di Feuerbach riportata sopra, che accusava Kant del fatto che per lui la « cosa in sé » è un’« astrazione senza realtà ». Per Feuerbach la « cosa in sé » è « astrazione con una realtà », cioè un mondo esistente fuori di noi, perfettamente conoscibile, che in linea di principio non differisce in niente dal « fenomeno ». Feuerbach spiega con molta arguzia ed evidenza come sia assur- do ammettere un qualsiasi « transccnsus » dal mondo dei fenomeni al mondo in sé, una specie di abisso invalicabile creato dai preti e da essi preso in prestito dai nostri professori di filosofia. Ecco una di queste spiegazioni : « Certo i prodotti della fantasia sono anch'essi prodotti della na- tura, perché anche la forza della fantasia, analogamente a tutte le altre forze umane, è in ultima analisi [zuletzt\ y per il suo fonda- mento e per la sua origine, una forza della natura, ma cionondimeno l’uomo è un essere che si differenzia dal sole, dalla luna e dalle stelle, dalla pietra, dagli animali e dalle piante, in una parola, da tutti que- gli esseri [Wesen] che egli designa col termine comune di natura, e, conseguentemente, le rappresentazioni [Bilder] umane del sole, della luna e delle stelle e di tutti gli altri esseri della natura \Naturwescn\ sebbene anche queste rappresentazioni siano prodotti della natura, pure sono prodotti diversi dai loro oggetti esistenti nella natura » ( Werke , voi. VII, Stoccarda, 1903, p. 516). Gli oggetti delle nostre rappresentazioni si differenziano dalle nostre rappresentazioni, la cosa in sé si differenzia dalla cosa per noi, perché quest’ultima è solo una parte o un aspetto della prima, cosi come l’uomo stesso è solo una piccola parte della natura riflessa nelle sue rappresentazioni. « ... Il mio nervo gustativo è, cosi come il sale, un prodotto della natura, ma da ciò non segue che il gusto del sale immediatamente come tale sia una qualità oggettiva di esso, che il sale sia tale in sé e per sé [an und fiir sich] quale esso è f ist j solo nella sua qualità di oggetto della sensazione, che la sensazione del sale sulla lingua sia una qualità del sale, quale viene pensato da noi senza la sensa- zione \des ohne Empfindung gedachten Salzes] »... E qualche pagi- n6 LENIN na prima si dice: «Il salato, come gusto, è l’espressione soggettiva di una qualità obiettiva del sale» (p. 514). La sensazione è il risultato dell’azione obiettiva di una cosa in sé, esistente obiettivamente fuori di noi, sui nostri organi dei sensi: tale è la teoria di Feuerbach. La sensazione è una immagine soggettiva del mondo obiettivo, del mondo an und fur sich . «...Cosi anche l’uomo è un essere della natura [Naturwesen], analogamente al sole, alla stella, alla pianta, all’animale, alla pietra, ma cionondimeno si differenzia dalla natura e, conseguentemente, la natura nella testa e nel cuore dell’uomo si differenzia dalla natura al di fuori della testa e del cuore dell’uomo». « ... L’uomo è il solo oggetto nel quale, per ammissione degli stessi idealisti, è realizzata l’esigenza ” dell’identità del soggetto e dell’og- getto perché l’uomo è l’oggetto la cui eguaglianza e la cui unità col mio essere è fuori di ogni dubbio... Un uomo non è forse per un altro uomo, e perfino per quello che gli sta piu vicino, un oggetto della fantasia, un oggetto della rappresentazione? Non comprende forse ognuno l’altro uomo secondo il suo pensiero e alla sua maniera [in und nach seinem E se perfino tra uomo e uomo, fra pensiero e pensiero c’è una differenza che è impossibile ignorare, quanto piu grande deve essere la differenza tra gli essere in sé [Wesen an sich\ non pensanti, non umani, non identici col nostro stesso esse- re in sé e quegli stessi esseri, quali noi li pensiamo, li rappresentiamo e li comprendiamo? » (p. 518, ivi). Ogni differenziazione misteriosa, sottile, ingegnosa tra il feno- meno e la cosa in sé è un’assoluta assurdità filosofica. In effetti ogni uomo ha osservato milioni di volte la trasformazione semplice ed evi- dente della «cosa in sé» in fenomeno, in «cosa per noi». Questa trasformazione non è altro che la conoscenza, La « dottrina » del ma- chismo secondo cui, poiché noi conosciamo solo le sensazioni, non possiamo sapere niente su\Y esistenza di qualche cosa oltre i limiti delle sensazioni, è un vecchio sofisma della filosofia idealistica e agno- stica, che viene servito con una nuova salsa. Joseph Dietzgen è un materialista dialettico. Mostreremo piu in là che il suo modo di esprimersi è spesso impreciso, che spesso cade in confusioni, alle quali si sono attaccate varie persone di scarso inge- gno (tra cui Eugen Dietzgen) e naturalmente i nostri machisti. Ma, o non si sono dati cura di analizzare i tratti fondamentali della sua MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 7 I filosofia, di separare chiaramente il materialismo dagli elementi estra- nei, o non hanno saputo farlo. « ...Prendiamo il mondo come ” cosa in sé ” — dice Dietzgen nella sua opera Essenza del lavoro mentale (ed. ted., 1903, p. 65) — ; è facile comprendere che il ” mondo in sé ” e il mondo come ci appare , i feno- meni del mondo, non differiscono l’uno dall’altro piu di quanto il tutto non differisce dalla parte ». « Il fenomeno non si differenzia da ciò che si manifesta, né piu né meno di quanto dieci miglia di stra- da si differenziano da tutta la strada» (pp. 71-72). Qui non c’è, né ci può essere nessuna differenza in linea di principio, nessun « transcen - sus », nessuna « incompatibilità innata ». Ma certo una differenza esi- ste ed è il passaggio oltre i limiti delle percezioni sensibili verso Y esi- stenza delle cose fuori di noi. «Noi apprendiamo \erfahren , sperimentiamo] — dice Dietzgen nelle Incursioni di un socialista nel campo della teoria della cono- scenza (ed. ted., 1903, Kleinere philosoph . Schriften> p. 199) — che ogni esperienza è una parte di ciò che, per dirla con Kant, oltrepassa i limiti di ogni esperienza». «Per la conoscenza che abbia acquistato consapevolezza della sua natura, ogni particella, sia pure una picco- la particella di polvere o di pietra o di legno, è qualcosa che non si può conoscere fino in fondo [U nauskenntliches\ cioè ogni particella è un materiale inesauribile per l’umana capacità di conoscere; conse- guentemente è qualche cosa che va oltre i limiti dell’esperienza » (p. 199). Osservate: per dirla con Kant , cioè accettando, per fini esclusi- vamente di volgarizzazione, per fini polemici, la terminologia erro- nea e confusa di Kant, Dietzgen ammette il passaggio « oltre i limiti dell’esperienza ». Questo è un bell’esempio di ciò a cui si aggrappano i machisti nel loro passaggio dal materialismo all’agnosticismo: noi, essi dicono, non vogliamo andare « oltre i limiti dell’esperienza », per noi « la rappresentazione sensibile non è altro che la realtà esi- stente fuori di noi ». «Una mistica malsana [afferma Dietzgen precisamente contro questa filosofia] differenzia in maniera non scientifica la verità asso- luta da quella relativa. Essa, della cosa quale appare e della ”co$a in sé ”, cioè del fenomeno e della verità, fa due categorie foto coelo [completamente, in tutto e per tutto, in linea di principio] differenti ii8 LENIN tra loro e che non possono essere riportate a nessuna categoria comu- ne » (p. 200). Giudicate ora quale informazione e quanto acume dimostri Bog- danov, il machista russo che non vuol riconoscersi machista e vuol essere considerato un marxista in filosofia. «Il giusto mezzo tra il panpsichismo e il panmaterialismo [Em- piriomonismo , libro II, 2. ed., 1907, pp. 40-41] è rappresentato dai ma- terialisti in cui domina una sfumatura più critica, che si rifiutano di ammettere l’inconoscibilità assoluta della ” cosa in sé ”, ma nello stesso tempo ammettono che essa in linea di principio [corsivo di Bogdanov] sia diversa dal ” fenomeno ” e che perciò solo ” confusa- mente possa esser conosciuta ” nel fenomeno, che essa in quanto al suo contenuto (cioè evidentemente in quanto agli ” elementi ” che non sono, in quanto tali, dell’esperienza) è sempre fuori dell’espe- rienza, ma pure entro quei limiti che si è soliti chiamare forme del- l’esperienza, cioè tempo, spazio e causalità. Tale è press’a poco il punto di vista dei materialisti francesi del secolo XVIII e, tra i filosofi contemporanei, di Engels e del suo seguace russo Beltov » *\ Questo è da cima a fondo un intreccio di confusioni. 1. I materiali- sti del secolo XVII, coi quali disputa Berkeley, ammettono che gli « oggetti in se stessi » sono incondizionatamente conoscibili, poiché le nostre rappresentazioni, le idee, non sono che copie o riflessi di questi oggetti, esistenti « fuori delPintelletto » (vedi Introduzione). 2. Contro la differenza « in linea di principio» tra la cosa in sé e il fe- nomeno disputa decisamente Feuerbach e con lui J. Dietzgen, men- tre Engels nel breve esempio della trasformazione delle « cose in sé » in «cose per noi» confuta questa opinione. 3. Finalmente che i ma- terialisti ritengano che le cose in sé « siano sempre conoscibili solo confusamente nel fenomeno», è semplicemente un assurdo, come abbiamo visto nella confutazione dell’agnosticismo fatta da Engels; la causa della deformazione del materialismo fatta da Bogdanov sta nella sua incomprensione del rapporto fra la verità assoluta e la verità relativa (di cui tratteremo più in là). Per ciò che concerne la cosa in sé « al di fuori dell’esperienza » e gli « elementi dell’esperienza » : è proprio qui che comincia la confusione machista della quale abbia- mo già parlato a sufficienza. Ripetere le incredibili confusioni che i professori reazionari attri- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO n 9 buiscono ai materialisti, rinnegare Engels nel 1907, tentare nel 1908 di «manipolare» Engels in senso agnostico: questa è la filosofia del «positivismo moderno» dei machisti russi! 4. Esiste una verità obiettiva? Bogdanov afferma : « Il marxismo implica secondo me la nega- zione dell’obiettività assoluta di ogni e qualsiasi verità, la negazione di tutte le verità eterne » ( Empiriomonismo, libro III, pp. IV e V). Che cosa significa: obiettività assoluta ? «La verità eterna» è «una verità obiettiva nel senso assoluto della parola », continua Bogdanov, il quale consente ad ammettere una « verità obiettiva soltanto nei li- miti di un epoca determinata». Qui sono manifestamente confuse due questioni: 1. Esiste una verità obiettiva, ossia, possono le rappresentazioni mentali deiruomo avere un contenuto indipendente dal soggetto, indipendente sia dal- l’uomo che dal genere umano? 2. Se si, le rappresentazioni umane che esprimono una verità obiettiva possono esprimere senz’altro que- sta verità integralmente, incondizionatamente, assolutamente, o pos- sono soltanto esprimerla in modo relativo approssimativo? Quest’ul- tima questione è la questione del rapporto tra la verità assoluta e la verità relativa. Alla seconda questione Bogdanov risponde chiaramente, franca- mente e nettamente negando la minima ammissione della verità asso- luta e accusando Engels di eclettismo per averla ammessa. Di questa scoperta deH’eclettismo di Engels da parte di A. Bogdanov, riparle- remo in seguito in modo circostanziato. Fermiamoci per ora sulla prima questione che Bogdanov, senza dirlo espressamente, risolve pure in modo negativo, perché si può negare l’esistenza di un ele- mento di relatività in questa o quella rappresentazione umana senza negare la verità obiettiva, ma non si può negare la verità assoluta senza negare l’esistenza della verità obiettiva. « ... Non esiste un criterio della verità obiettiva, nel senso in cui l’intende Beltov, — scrive un po’ piu avanti Bogdanov (p. IX); — la verità è una forma ideologica, una forma organizzatrice dell’espe- rienza umana...». Il « senso in cui l’intende Beltov » non centra per nulla, giacché 120 LENIN qui si tratta di uno dei problemi fondamentali della filosofia e niente affatto di Beltov, né del criterio della verità, del quale bisogna par- lare a parte senza confondere questa questione con quella dtìVesi- sterna della verità obiettiva. La risposta negativa di Bogdanov a quest’ultima questione è chiara: se la verità è soltanto una fórma ideologica, vuol dire che non può esserci una verità indipendente dal soggetto, dalPumanità, giacché noi, come Bogdanov, non conoscia- mo altra ideologia airinfuori dell’ideologia umana. Ancora piu chia- ra è la risposta negativa di Bogdanov nella seconda metà della sua frase: se la verità è una forma dell’esperienza umana, vuol dire che non può esservi una verità indipendente dalPumanità, non può esser- vi una verità obiettiva. La negazione della verità obiettiva da parte di Bogdanov è agno- sticismo e soggettivismo. L’assurdità di questa negazione risulta evi- dente anche soltanto dall’esempio già citato di una verità storico-na- turale. Le scienze naturali non permettono di porre in dubbio che la loro affermazione dell’esistenza della terra prima dell’uomo sia una verità. Ciò è compatibilissimo con la teoria materialistica della cono- scenza: l’esistenza di ciò che è riflesso, indipendentemente da ciò che riflette (o l’indipendenza del mondo esterno dalla coscienza), è il po- stulato fondamentale del materialismo. L’affermazione delle scienze naturali che la terra esisteva prima della comparsa dell’uomo è una verità obiettiva. E quest’asserzione delle scienze naturali è incompa- tibile con la filosofìa dei « machisti » e con la loro teoria della verità: se la verità è una forma organizzatrice dell’esperienza umana, l’as- serzione dell’esistenza della terra al di fuori di ogni esperienza uma- na non può essere vera. Ma non è tutto. Se la verità non è che una forma organizzatrice dell’esperienza umana, vuol dire che anche la dottrina cattolica, per esempio, è una verità. È infatti fuori di ogni dubbio che il cattolice- simo è « una forma organizzatrice dell’esperienza umana ». Lo stesso Bogdanov si è reso conto di questa stridente falsità della sua teoria, cd è estremamente interessante vedere come ha tentato di trarsi dal pantano nel quale è caduto. «La base dell’obiettività — leggiamo nel primo libro dell y Em- piriomonismo — deve trovarsi nella sfera dell’esperienza collettiva. Chiamiamo obiettivi quei dati dell’esperienza la cui importanza vi- tale è uguale per noi e per gli altri uomini, quei dati sui quali non MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO I2T solo fondiamo, senza contraddizione, la nostra attività, ma sui quali, secondo la nostra convinzione, devono anche basarsi gli altri uomini, per non cadere in contraddizione. Il carattere obiettivo del mondo fi- sico consiste nel fatto che esso esiste non solo per me individualmen- te, ma per tutti, [è falso! esiste indipendentemente da «tutti»] o che esso, secondo la mia convinzione, ha per tutti lo stesso significato de- terminato che ha per me. L’obiettività della serie fisica è il suo signi- ficato generale » (p. 25. Il corsivo è di Bogdanov). « L’obiettività dei corpi fisici, coi quali veniamo a contatto nella nostra esperienza, è stabilita in ultima analisi sulla base del controllo reciproco e della concordanza del giudizio di diversi uomini. In generale, il mondo fisico è l’esperienza socialmente coordinata, socialmente armoniz- zata, in una parola, l'esperienza socialmente organizzata > (p. 36. Il corsivo è di Bogdanov). Non ripeteremo che questa è una definizione idealistica, radical- mente falsa; che il mondo fisico esiste indipendentemente dagli uo- mini e dall’esperienza umana; che il mondo fisico esisteva in epoche nelle quali non poteva esservi nessuna « socialità », nessuna « orga- nizzazione » dell’esperienza umana, ecc. Vogliamo ora smascherare la filosofia machista da un altro punto di vista: l’obiettività è definita in modo da includere in questa definizione la dottrina religiosa, che ha anch’essa, indiscutibilmente, « un significato generale », ecc. Ascol- tiamo ancora Bogdanov: «Rammentiamo ancora una volta al lettore che l’esperienza ” obiettiva ” e l’esperienza ” sociale ” non sono af- fatto la stessa cosa... L’esperienza sociale è lungi dall’essere tutta so- cialmente organizzata e reca sempre in sé contraddizioni di vario genere, cosicché alcune delle sue parti non si accordano con altre; diavoletti e spiriti folletti possono esistere nella sfera dell’esperienza sociale di un dato popolo o di un dato gruppo del popolo (per esem- pio, i contadini), ma questa non è una buona ragione per includerli nell’esperienza socialmente organizzata od obiettiva, perche non si armonizzano con la rimanente esperienza collettiva e non s’inte- grano nelle sue forme organizzatrici, per esempio nella catena della causalità » (p. 45). Ci fa indubbiamente piacere che lo stesso Bogdanov « non' in- cluda » nell’esperienza obiettiva l’esperienza sociale dei diavoletti e degli spiriti folletti, ecc. Ma questa piccola e ben intenzionata corre- zione, in senso antifideistico, non corregge affatto l’errore fonda- 122 LENIN mentale di tutta la posizione di Bogdanov. La sua definizione del- l’obiettività e del mondo fisico è assolutamente insostenibile, perché la dottrina religiosa ha un « significato generale » piu vasto della scienza : la maggior parte del genere umano segue ancora oggi la pri- ma. Il cattolicesimo è « socialmente organizzato, armonizzato, coor- dinato > dal suo sviluppo secolare; esso « sì integra » incontestabil- mente nella « catena della causalità » perché le religioni non sono sorte senza una causa, non si mantengono affatto tra le masse popo- lari, nelle condizioni del nostro tempo, per un caso, e i professori di filosofia si conformano ad esse in modo del tutto «legittimo». Se questa esperienza sodale-religiosa, che è senza dubbio altamente or- ganizzata e ha un significato generale innegabile, « non è in armo- nia » con la « esperienza » scientifica, vuol dire che tra le due esiste una differenza radicale, di principio, che Bogdanov ha cancellato ne- gando la verità obiettiva. E per quanto Bogdanov si « corregga » di- cendo che il fideismo o Toscurantismo clericale non è in armonia con la scienza, rimane pur sempre il fatto indubitabile che la negazione della verità obiettiva da parte di Bogdanov è in completa « armonia » col fideismo. Il fideismo contemporaneo non respinge affatto la scien- za, ne respinge soltanto le « pretese eccessive », e precisamente la pretesa alla verità obiettiva. Se (come pensano i materialisti) la verità obiettiva esiste, se soltanto le scienze naturali, riflettendo il mondo esterno nell’« esperienza » umana, sono in grado di darci la verità obiet- tiva, ogni fideismo viene respinto senza riserve. Ma se la verità obiettiva non esiste, se la verità (compresa la verità scientifica) è sol- tanto una forma organizzatrice delPesperienza umana, si ammette, con ciò, il postulato fondamentale de\Y oscurantismo clericale , si spa- lanca ad esso la porta, si prepara il posto alle « forme organizzatrici » deH*esperienza religiosa. Vien fatto di domandarsi se questa negazione della verità obiet- tiva appartiene personalmente a Bogdanov, che non vuole ricono- scersi come machista, o se discende dai principi della dottrina di Mach e di Avenarius. Si può rispondere a tale domanda soltanto in quest’ultimo senso. Se al mondo esiste soltanto la sensazione (Avena- rius, 1876), se i corpi sono complessi di sensazioni (Mach, Analisi delle sensazioni)) è chiaro che abbiamo davanti a noi un soggettivi- smo filosofico il quale conduce inevitabilmente alla negazione della verità obiettiva. E se alle sensazioni si dà il nome di «elementi», MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 123 che in un loro nesso danno il mondo fisico e in un altro lo psichico, con ciò si confonde solamente e non si respinge il punto di partenza fondamentale deirempiriocriticismo. Avenarius e Mach riconoscono la sensazione come la fonte delle nostre conoscenze. Essi si mettono dunque dal punto di vista delTempirismo (ogni conoscenza proviene dalle sensazioni). Ma questo punto di vista, anziché eliminare la dif- ferenza tra le due correnti filosofiche fondamentali, idealismo e ma- terialismo, porta invece a questa differenza, qualunque sia il « nuo- vo » rivestimento verbale (« elementi ») col quale la si ricopre. Sia il solipsista, cioè l’idealista soggettivo, che il materialista, possono rico- noscere le sensazioni come fonte delle nostre conoscenze. Sia Berke- ley che Diderot discendono da Locke. Il primo postulato della teoria della conoscenza sta indubbiamente nel fatto che l’unica fonte delle nostre conoscenze sono le sensazioni. Ammesso questo primo postu- lato, Mach crea confusione intorno al secondo postulato importante, il postulato della realtà obiettiva che è data all’uomo dalle sue sen- sazioni, ovvero costituisce la fonte delle sensazioni umane. Se si parte dalle sensazioni si può procedere secondo la linea del soggetti- vismo la quale conduce al solipsismo (« i corpi sono complessi o combinazioni di sensazioni »), o si può procedere secondo la linea deH’oggettivismo, la quale conduce al materialismo (le sensazioni sono immagini degli oggetti, del mondo esterno). Per la prima con- cezione — l’agnosticismo o, spingendosi un po’ piu oltre, l’idealismo soggettivo — la verità obiettiva non può esistere. Per la seconda con- cezione, e cioè per il materialismo, è essenziale il riconoscimento della verità obiettiva. Questo vecchio problema filosofico delle due tendenze o, meglio, delle due possibili conclusioni che discendono dai postulati dell’empirismo e del sensismo, non è né risolta, né elimi- nata, né superata da Mach; ma soltanto confusa dalle sue elucubra- zioni con la parola « elementi » e cosi via. La negazione della verità obiettiva da parte di Bogdanov è il risultato inevitabile di tutto il machismo, e non una deviazione da esso. Engels, nel suo Ludwig Feuerbach , definisce Hume e Kant filo- sofi « i quali contestano la possibilità di una conoscenza del mondo, o almeno di una conoscenza esauriente di esso ». Engels mette per conseguenza in primo piano ciò che Hume e Kant hanno di comu- ne e non ciò che li separa. Inoltre Engels indica che « l’essenziale per la confutazione di questa concezione fdi Hume e di Kant], è già 124 LENIN stato detto da Hegel* (pp. 15-16 della 4. edizione tedesca)”. A que- sto proposito, non mi pare senza interesse notare che Hegel, dopo aver affermato che il materialismo è un « sistema coerente di empi- rismo », scriveva: «Per l’empirismo, in generale, l'esteriore [ das Àus- serliche ] è il vero; e anche se si ammette qualcosa di soprasensibile, tuttavia si nega la possibilità di conoscerlo [soli doch eine Er\enntnis desselben (d> A. des U ebcrsinnlichen) nicht stattfinden fónnen] e si afferma la necessità di attenersi esclusivamente a ciò che appartiene alla percezione [das der Wahrnehmung Angehòrìge]. Tuttavia, que- sto principio, nel suo sviluppo conseguente [ Durchfùhrung ], ha por- tato a ciò che in seguito si è chiamato materialismo. Per quest'ultimo, la materia è, come tale, ciò che è veramente obiettivo f das wahrhaft Objective ] *. Ogni conoscenza proviene dairesperienza, dalle sensazioni, dalle percezioni. È vero. Ma la realtà obiettiva — domandiamo — « appar- tiene essa alle percezioni*, vale a dire è essa la fonte delle percezioni? Se rispondete affermativamente siete materialista. Se rispondete nega- tivamente non siete coerente e giungerete immancabilmente al sogget- tivismo, all’agnosticismo, sia che neghiate la conoscibilità della cosa in sé, Pobietti vita del tempo, dello spazio, della causalità (come Kant), sia che non ammettiate neppure ridea della cosa in sé (come Hume). La incoerenza del vostro empirismo, della vostra filosofia dell’esperienza consisterà in questo caso del negare il contenuto obiet- tivo dell'esperienza, la verità obiettiva della conoscenza sperimentale. Coloro che seguono l’indirizzo di Kant e di Hume (compresi fra questi ultimi Mach e Avenarius nella misura in cui non sono puri berkeleiani) chiamano « metafisici * noi, i materialisti, perché rico- nosciamo la realtà obiettiva, che è per noi un dato dell’esperienza, perché riconosciamo che la fonte delle nostre sensazioni è obiettiva, indipendente dall’uomo. Con Engels noi materialisti chiamiamo agnostici i seguaci di Kant e di Hume, perché negano la realtà obiet- tiva come fonte delle nostre sensazioni. La parola agnostico deriva dal greco: a> in greco, significa non\ gnosis significa conoscenza. L’agnostico dice: non so se esiste una realtà obiettiva riflessa dalle nostre sensazioni e affermo che è impossibile saperlo (si veda sopra • Hegel: Enzyf{Iopàdte der philosophischen Wissenschajten im Grundrtsse, Werf^e, voi. VI, 1843, § 83. Cfr. p. 122, MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO I2 5 in che modo Engels espone la posizione degli agnostici). Di qui la negazione della verità obiettiva da parte degli agnostici, e l’indulgenza piccolo-borghese, filistea, pusillanime verso le credenze nei dia- voli, negli spiriti folletti, nei santi cattolici e simili. Mach e Avena- rius, usando pretenziosamente una terminologia « nuova », un pun- to di vista sedicente «nuovo», non fanno in realtà che ripetere, con varie confusioni e deformazioni, la risposta delPagnostico : da una parte i corpi sono complessi di sensazioni (puro soggettivismo, puro berkeleismo), dall’altra parte, se le sensazioni vengono ribattezzate col nome di «elementi» se ne può concepire l’esistenza indipenden- temente dai nostri organi dei sensi! I machisti amano proclamare, a questo proposito, che essi sono filosofi che accordano piena fiducia alla testimonianza dei nostri or- gani dei sensi, che essi considerano il mondo realmente quale esso ci appare, pieno di suoni, di colori, ecc., mentre per i materialisti, il mondo sarebbe morto, privo di suoni, di colori, ecc., e differirebbe da quello che appare a noi, e cosi via. J. Petzoldt, per esempio, si esercita in questo genere di declamazioni nella sua Introduzione ab la filosofia dell esperienza pura e nel suo II problema del mondo dal punto di vista del positivismo (1906). Al seguito di Petzoldt, perora il signor Viktor Cernov, preso d’entusiasmo per quest’idea « nuova ». I machisti, in realtà, sono soggettivisti e agnostici, poiché non hanno una sufficiente fiducia nella testimonianza dei nostri organi dei sensi e seguono il sensismo in modo incoerente. Essi non riconoscono la realtà obiettiva indipendente dall’uomo, come fonte delle nostre sen- sazioni. Essi non vedono nelle sensazioni l’esatta riproduzione di questa realtà obiettiva, entrando cosi in contraddizione diretta con le scienze naturali ed aprendo la porta al fideismo. Al contrario, per il materialista, il mondo è piu ricco, piu vivo, piu vario di quanto non sembri, giacché ogni progresso della scienza ne scopre nuovi aspetti, Per il materialista le nostre sensazioni sono l’immagine dell’unica e ultima realtà obiettiva, ultima non perché sia conosciuta a fondo, ma perché non c’è e non può esserci altra realtà airinfuori di quella. Questa concezione chiude irrevocabilmente la porta non soltanto a qualsiasi fideismo, ma anche alla scolastica professorale che, non ve- dendo la fonte delle nostre sensazioni nella realtà obiettiva, « dedu- ce », attraverso laboriose costruzioni verbali, il concetto della obietti- vità, come « significato generale », « socialmente organizzato », ecc. 126 LENIN ecc., senza potere, e spesso senza volere, separare la verità obiettiva dalle credenze nei diavoli e negli spiriti folletti. I machisti alzano sdegnosamente le spalle ricordando le « anti- quate » concezioni dei « dogmatici », i materialisti, i quali si aggrap- pano al concetto di materia che sarebbe stato confutato dalla « scienza moderna » e dal « positivismo moderno ». Parleremo poi in parti- colare delle nuove teorie fisiche relative alla struttura della materia. Ma non è affatto lecito confondere, come fanno i « machisti », le dot- trine relative all’una o all’altra struttura della materia con le cate- gorie gnoseologiche, confondere la questione delle nuove proprietà di nuovi aspetti della materia (degli elettroni, per esempio) con la vecchia questione della teoria della conoscenza, delle fonti della no- stra conoscenza, dell’esistenza della verità obiettiva, ecc. Ci si dice che Mach c ha scoperto gli elementi del mondo » : il rosso, il verde, il duro, il molle, il sonoro, il lungo, ecc. Noi domandiamo: la realtà obiettiva è data o non è data all’uomo quando egli vede il rosso o sente il duro, e cosi via? Attorno a questo vecchio e stravecchio pro- blema filosofico Mach ha fatto della confusione. Se la realtà obiettiva non è data, scivolate inevitabilmente, assieme a Mach, verso il sog- gettivismo e l’agnosticismo, cadete meritatamente nelle braccia degli immanentisti e cioè dei Menscikov della filosofia. Se è data occorre un concetto filosofico per questa realtà obiettiva, e questo concetto che è stato elaborato da molto, moltissimo tempo, è il concetto di materia. La materia è una categoria filosofica che serve a designare la realtà obiettiva che è data all’uomo dalle sue sensazioni, che è copiata, fotografata, riflessa dalle nostre sensazioni, ma esiste indipen- dentemente da esse. Perciò dire che questo concetto può « invecchia- re», non è altro che un balbettio puerile , un’insensata ripetizione de- gli argomenti della filosofia reazionaria di moda. È forse potuta in- vecchiare la lotta tra l’idealismo e il materialismo in duemila anni di sviluppo della filosofia? La lotta fra le tendenze o gli indirizzi filo- sofici di Platone e di Democrito è forse invecchiata? E la lotta tra la religione e la scienza? Tra la negazione e il riconoscimento della realtà obiettiva? La lotta tra gli assertori e gli avversari della cono- scenza soprasensibile? La questione deH’ammettere o del negare il concetto di materia è per l’uomo una questione di fiducia nella testimonianza dei propri organi dei sensi, è la questione delle fonti della nostra conoscenza, MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO I2 7 questione posta e dibattuta fin dalle origini della filosofia, questione che può essere travestita in mille modi dai clown in cattedra, ma che non può invecchiare, come non può invecchiare la questione se la vista, il tatto, l'udito e l’odorato siano la fonte della conoscenza uma- na. Considerare le nostre sensazioni come le immagini del mondo esterno, riconoscere la verità obiettiva, affermare la teoria materialisti- ca della conoscenza, è sempre la stessa cosa. Per illustrare quest'af- fermazione e perché il lettore possa vedere quanto è elementare la questione, mi limiterò a una citazione di Feuerbach e a due citazioni prese da manuali di filosofia. « Quanto è banale — scriveva L. Feuerbach — negare che la sen- sazione è il vangelo, l'annunzio [Ve rkjindung] di un salvatore obiet- tivo! » *. Terminologia singolare, mostruosa, come vedete, ma indi- rizzo filosofico assolutamente chiaro: la sensazione rivela all’uomo la verità obiettiva. « La mia sensazione è soggettiva, ma la sua base o causa [ Grund ] è obiettiva» (p. 195). Paragonate questa afferma- zione col passo da noi precedentemente citato in cui Feuerbach dice che il materialismo prende come punto di partenza il mondo sensi- bile, da esso considerato come ultima ( ausgemachte ) verità obiettiva. Il sensismo — leggiamo nel Dizionario delle scienze filosofiche di Francie ** *** — è una dottrina che deduce tutte le nostre idee « dal- l’esperienza dei sensi e riduce ogni conoscenza alla sensazione ». Il sensismo può essere soggettivo (scetticismo e berkeleismo), morale (epicureismo), e obiettivo. « Il sensismo obiettivo è il materialismo, giacché, per i materialisti, la materia o i corpi sono i soli oggetti che possano colpire i nostri sensi [atteindre nos sens] ». « Quando il sensismo — dice Schwegler nella sua Storia della Filosofia — affermò che la verità 0 l’essere può essere conosciuto sol- tanto per mezzo dei sensi, non rimase altro [alla filosofia francese della fine del secolo XVIII] che formulare obiettivamente questa proposizione, ed ecco davanti a noi la tesi materialistica: soltanto ciò che è sensibile esiste, non ce altra esistenza fuorché l’esistenza ma- teriale » Ecco le verità elementari che trovano posto perfino nei manuali scolastici e che i nostri machisti hanno dimenticato. * Feuerbach, Sàmthche Wer^e, voi. X, 1866. pp. 194-195- •* Dìctionnaire des Sciences philosophitjues, Parigi, 1875. *** Dr. Albert Schwegler, Gesehichte der Phlosophie im Umriss, 15. ed., p. 194. 128 LENIN 5. La verità assoluta e la verità relativa, ovvero l'eclettismo di Engels scoperto da A. Bogdanov. Bogdanov fece la sua scoperta nd 1906, nella prefazione al libro III deWEmpiriomonismo. « NeWAntiduhring — scrive Bogdanov — Engels si pronuncia quasi nello stesso senso della definizione che io ho dato ora della relatività della verità » (p. V) — vale a dire nel senso della negazione di tutte le verità eterne, della « negazione del- l’obiettività assoluta di qualunque verità ». « Nella sua indecisione Engels ha il torto di riconoscere, malgrado tutta la sua ironia, non so quali ’’ verità eterne”, sia pure meschine » (p. Vili). «Soltanto l’incoerenza ammette qui riserve eclettiche come quelle di Engels...» (p. IX). Diamo un esempio del modo come Bogdanov confuta l’eclet- tismo di Engels. « Napoleone mori il 5 maggio 1821 », dice Engels nell’ Antidùhring (capitolo sulle « verità eterne »), spiegando a Dùh- ring di quali banalità (Plattheiten) debbano accontentarsi coloro che pretendono di scoprire verità eterne nelle scienze storiche. Ed ecco la replica di Bogdanov a Engels: «Che razza di ” verità ” è questa? E che cos’ha di ” eterno”? La constatazione di un rapporto isolato, che forse non ha piu nessuna importanza reale per la nostra generazione, non può servire come punto di partenza per una qual- siasi attività e non conduce a nulla» (p. IX). E a pagina Vili: «For- se che le Plattheiten si possono chiamare W ahrheiten ? Forse che le ” banalità ” sono verità? La verità è una forma viva, organizzatrice dell’esperienza, essa ci conduce ad una qualche mèta nella nostra attività, ci dà un punto d’appoggio nella lotta per la vita ». Da queste due citazioni risulta in modo abbastanza chiaro che, invece di confutare Engels, Bogdanov ci offre declamazioni . Se non puoi affermare che la proposizione : « Napoleone mori il 5 maggio 1821 », è errata o inesatta, riconosci che è una verità. Se non affermi che si potrà confutarla nell’avvenire, riconosci che questa verità è eterna. Invece, chiamare obiezioni frasi come questa: la verità è una « forma viva, organizzatrice dell’esperienza », significa spacciare per filosofia una semplice accozzaglia di parole. La terra ha avuto la storia che è esposta nella geologia o è stata creata in sette giorni? È forse lecito eludere questa domanda con frasi sulla verità « viva » (cosa vuol dire?) la quale «conduce» a una qualche mèta, ecc.? Forse che la conoscenza della storia della terra e del genere umano MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO I2 9 « non ha un’importanza reale? ». Eh via, queste sono soltanto ampol- lose sciocchezze con le quali Bogdanov copre la sua ritirata . Infatti è una ritirata l’accingersi a dimostrare che l’ammissione di verità eterne da parte di Engels è eclettismo e nello stesso tempo sbaraz- zarsi della questione soltanto con parole reboanti, lasciando inconfu- tata l’affermazione che Napoleone mori effettivamente il 5 maggio 1821 e che è assurdo credere che questa verità possa essere confutata in avvenire. L’esempio scelto da Engels è elementarissimo e ognuno può facil- mente trovare decine di esempi simili di verità eterne e assolute delle quali è lecito dubitare soltanto ai pazzi (come dice Engels adducen- do un altro esempio simile: «Parigi si trova in Francia»). Perché Engels parla qui di « banalità »? Perché egli confuta e prende in giro il materialista dogmatico e metafisico Dùhring che era incapace di applicare la dialettica alla questione del rapporto tra la verità asso- luta e la verità relativa. Essere materialisti vuol dire ammettere la verità obiettiva che ci è rivelata dagli organi dei sensi. Ammettere la verità obiettiva, e cioè la verità indipendente dall’uomo e dal genere umano, vuol dire ammettere, in un modo o nell’altro, la verità asso- luta. E questo « in un modo o nell’altro » separa il materialista me- tafisico Diihring dal materialista dialettico Engels. A proposito delle più complesse questioni della scienza in generale e della scienza sto- rica in particolare, Dùhring prodigava a destra e a sinistra le parole: verità ultima, definitiva, eterna. Engels lo prendeva in giro: certo, le verità eterne esistono, diceva, ma non è prova di intelligenza l’impie- gare parole grosse (gewaltige Worte) a proposito di cose semplici. Per far progredire il materialismo, bisogna smettere il giuoco banale con la parola « verità eterna » e bisogna saper porre e risolvere dialettica- mente la questione della correlazione tra la verità assoluta e la verità relativa. Tale fu, trenta anni or sono, l’oggetto della lotta tra Dùhring e Engels. E Bogdanov, che è riuscito a « non accorgersi » della spie- gazione data da Engels — nello stesso capitolo — del problema della verità assoluta e della verità relativa, Bogdanov che ha avuto l’ar- dire di accusare Engels di «eclettismo» per aver ammesso una tesi che è elementare per tutti i materialisti, Bogdanov non ha fatto che dimostrare ancora una volta la sua completa ignoranza del materia- lismo e della dialettica. « ... Ci troviamo di fronte alla questione — scrive Engels al prin- J 3° LENIN cipio del capitolo indicato (Libro I, Capitolo IX) dell ’ Antidùhring — di sapere se e quali prodotti delKumano conoscere, possano avere in generale valore sovrano e diritto [ Anspruch ] incondizionato alla verità » (p. 79 della 5. edizione tedesca) " Engels risolve la questione nel modo seguente: « La sovranità del pensiero si realizza in una serie di uomini che pensano in un modo assolutamente privo di sovranità; la conoscenza che ha incondizionata pretesa di verità si realizza in una serie di relativi errori; né l’uno né l’altra [né la conoscenza assolutamente ve- ra, né la sovranità del pensiero] possono realizzarsi altrimenti che mediante una durata infinita della vita deH’umanità. « Abbiamo qui la stessa contraddizione che si aveva già sopra, tra il carattere, rappresentato necessariamente come assoluto, del pensie- ro umano e il suo realizzarsi in singoli individui il cui pensiero è limitato, contraddizione che può risolversi solo nel progredire infi- nito, nella successione delle generazioni umane che, almeno per noi, è praticamente infinita. In questo senso il pensiero umano è nella stessa misura sovrano e non sovrano e la sua capacità conoscitiva è, nella stessa misura, limitata ed illimitata. Sovrano e illimitato per la sua disposizione [o la sua struttura, Anlage ], la sua vocazione, la sua possibilità, la sua mèta finale nella storia; non sovrano e limitato nella sua espressione singola e nella sua realtà di ogni momento (p. 81) * « Lo stesso si ha per le verità eterne > *\ Questo ragionamento è di straordinaria importanza per la que- stione del relativismo , per il principio della relatività delle nostre co- noscenze che tutti i machisti mettono in rilievo. Tutti i machisti affermano con insistenza di essere relativisti; ma i machisti russi che ripetono le parole dei tedeschi temono di porre, o non sanno porre in modo chiaro e diretto, la questione dei rapporti tra il rela- tivismo e la dialettica. Per Bogdanov (come per tutti i machisti), il riconoscimento della relatività delle nostre conoscenze esclude qual- siasi ammissione della verità assoluta. Per Engels, la verità assoluta risulta dalle verità relative. Bogdanov è relativista, Engels è dialet- • Cfr. V. Cernov, op. dt„ pp. 64 c sgg. Il signor Cernov, machista, prende in lutto e per tutto la posizione di Bogdanov che non vuole riconoscersi machista. La differenza i che Bogdanov si sforza di mascherare il suo disaccordo con Engels, pre- sentandolo come fortuito, ecc„ mentre Cernov sente che si tratta delia Iona contro il materialismo e la dialettica. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 131 tico. Ed ecco ancora un altro ragionamento di Engels, non meno im- portante, preso dallo stesso capitolo dell’ Antidiihring. «Verità ed errore, come tutte le determinazioni del pensiero che si muovono su un piano di opposizioni antitetiche, hanno validità assoluta solo in un campo estremamente limitato; cosa questa che appunto abbiamo visto e che anche il sig. Diihring dovrebbe sapere, se avesse una qualche familiarità con i primi elementi della dialettica che trattano precisamente della insufficienza di tutte le opposizioni antitetiche. Non appena applichiamo l’antitesi verità-errore al di fuo- ri di quel ristretto campo che abbiamo indicato sopra, essa diventa relativa e conseguentemente inutilizzabile per l’esatta maniera di esprimersi della scienza; e se poi cerchiamo di applicarla come asso- lutamente valida al di fuori di quel campo, piu che mai andiamo incontro al fallimento; i due termini dell’antitesi si cambiano rispet- tivamente nel loro contrario, la verità diventa errore e l’errore veri- tà » (p. 86) Segue l’esempio della legge di Bovle (il volume di un gas è inversamente proporzionale alla pressione). Il « granello di verità » contenuto in questa legge rappresenta una verità assoluta soltanto entro certi limiti. La legge di Boyle è soltanto una verità « approssimativa ». Cosicché il pensiero umano, per sua natura, è capace di darci, e ci dà effettivamente, la verità assoluta che è formata dalla somma delle verità relative. Ogni passo nello sviluppo della scienza aggiun- ge nuovi granelli a questa somma di verità assoluta, ma i limiti della verità di ogni tesi scientifica sono relativi giacché vengono ora allar- gati, ora ristretti col progredire della conoscenza. «Noi — dice J. Dietzgen nelle sue Incursioni — possiamo vedere, udire, sentire, toc- care e, senza dubbio, possiamo anche prender conoscenza della verità assoluta, ma essa non entra integralmente [geht nicht auf] nella co- noscenza » (p. 195)- « È ovvio che l’immagine non esaurisce l’oggetto e che il pittore resta indietro al suo modello... Come può un quadro "coincidere” col modello? In modo approssimativo, si (p. 197)... Possiamo conoscere la natura o le sue diverse parti solo relativamen- te; giacché ognuna di queste parti, sebbene non sia che un frammento relativo della natura, ha tuttavia la proprietà dell’assoluto, l’essenza di un tutto della natura in sé [des Naturganzen an sich ] che la cono- scenza non può esaurire... Come sappiamo noi che dietro i fenomeni della natura, dietro le verità relative, c’è una natura universale, illi- 132 LENIN mitata, assoluta che non si manifesta completamente alicorno?... Donde proviene questa conoscenza? Essa ci è innata. Essa ci è data assieme alla coscienza > (p. 198). Quest’ultima asserzione è una delle inesattezze di Dietzgen che costrinsero Marx a rilevare in una delle sue lettere a Kugelmann la confusione delle concezioni di Dietzgen **. Soltanto appigliandosi a simili inesattezze, si può parlare di una filo- sofia particolare di Dietzgen diversa dal materialismo dialettico. Ma Dietzgen stesso si corregge nella stessa pagina : «Se io dico che la consapevolezza della verità infinita, assoluta ci è innata, che essa è la sola ed unica conoscenza a priori che noi possediamo, cionondi- meno anche l’esperienza conferma questa consapevolezza innata > (p. 198). Da tutte queste affermazioni di Engels e Dietzgen risulta chiara- mente che, per il materialismo dialettico, non esiste una linea di se- parazione insormontabile tra la verità relativa e la verità assoluta. Bogdanov non l’ha capito per niente, giacché ha potuto scrivere: « Es- sa [la concezione del mondo del vecchio materialismo] vuol essere la conoscenza obiettiva incondizionata dell 1 essenza delle cose [il cor- sivo è di Bogdanov] e non è compatibile con il carattere storicamente condizionato di ogni ideologia > ( EmpiriomonÌsmo> libro III, p. IV). Dal punto di vista del materialismo moderno, cioè del marxismo, i limiti di approssimazione delle nostre conoscenze alla verità obietti- va, assoluta sono storicamente relativi, ma resistenza di questa verità è incontestabile , come è incontestabile il fatto che noi ci avviciniamo ad essa. I contorni del quadro sono storicamente condizionati, ma è incondizionato il fatto che questo quadro rappresenta un modello obiettivamente esistente. Storicamente condizionati sono Tepoca e le condizioni in cui abbiamo progredito nella nostra conoscenza della natura delle cose fino a scoprire l’alizarina nel catrame e gli elettroni neiratomo, ma ciò che non è per nulla condizionato è che ogni sco- perta di questo genere è un passo avanti della « conoscenza obiettiva assoluta In una parola, ogni ideologia è storicamente condizionata, ma è incondizionato il fatto che ad ogni ideologia scientifica (a diffe- renza, per esempio, deH’ideologia religiosa), corrisponde una verità obiettiva, una natura assoluta. Voi direte che questa distinzione tra la verità assoluta e la verità relativa è indeterminata. Vi rispondo che essa è appunto c indeterminata » quanto basta per impedire che la scienza sia trasformata in un dogma nel peggior senso della parola, MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO *33 in un qualche cosa di morto, di rigido, ossificato; ma nello stesso tempo, essa è « determinata » appunto quanto basta per distinguersi nel modo più deciso e inequivocabile dal fideismo, dallagnosticismo, dall’idealismo filosofico e dalla sofistica dei seguaci di Hume e di Kant. Ce qui un limite che voi non avete notato, e, non avendolo notato, siete scivolati nel pantano della filosofia reazionaria. È il li- mite tra il materialismo dialettico e il relativismo. Noi siamo relativisti, affermano Mach, Avenarius e Petzoldt. Noi siamo relativisti, fanno eco il signor Cernov e alcuni machisti russi che vorrebbero passare per marxisti. Si, signor Cernov e compagni machisti, questo è appunto il vostro errore. Infatti, mettere il rela- tivismo alla base della teoria della conoscenza, significa condannarsi inevitabilmente allo scetticismo assoluto, airagnosticismo e alla sofi- stica, o al soggettivismo. Il relativismo, come base della teoria della conoscenza è non solo il riconoscimento della relatività delle nostre conoscenze, ma anche la negazione delPesistenza di ogni misura, di ogni modello obiettivo e indipendente dalPuomo al quale si avvicini la nostra conoscenza relativa. Dal punito di vista del relativismo puro si può giustificare ogni specie di sofisma; si può ammettere che è « relativa » l’affermazione che Napoleone è o non è morto il 5 mag- gio 1821; si può dichiarare che è una semplice « comodità» per l’uo- mo e per il genere umano Pammettere, a fianco dell’ideologia scien- tifica (« comoda » da un certo punto di vista), un’ideologia religiosa (molto « comoda » da un altro punto di vista), ecc. La dialettica, come già spiegava Hegel, comprende in sé gli ele- menti del relativismo, della negazione, dello scetticismo, ma non si riduce al relativismo. La dialettica materialistica di Marx e di Engels contiene in sé incontestabilmente il relativismo, ma non si riduce ad esso, ammette cioè la relatività di tutte le nostre conoscenze, non nel senso della negazione della verità obiettiva, ma nel senso della rela- tività storica dei limiti dell’approssimazione delle nostre conoscenze a questa verità. Bogdanov scrive in corsivo: « // marxismo conseguente non am- mette un tale dogmatismo e una tale statica , come verità eterne» ( Empiriomonismoy libro III, p. IX). Questa è confusione. Se il mon- do è (come pensano i marxisti) materia in perpetuo movimento e sviluppo, la quale è riflessa dalla coscienza umana in via di sviluppo, che c’entra qui la «statica»? Non si tratta affatto di un’essenza im- 134 LENIN mutabile delle cose, e neppure di una coscienza immutabile, ma della corrispondenza tra la natura riflessa dalla coscienza e la coscienza che riflette la natura. In questa questione — e soltanto in questa — il termine « dogmatismo » ha un senso filosofico particolarmente ca- ratteristico: questa è la paroletta che gli idealisti e gli agnostici im- piegano di preferenza contro i materialisti, come abbiamo già visto con l’esempio di Feuerbach, materialista abbastanza «vecchio». Tut- te le obiezioni sollevate contro il materialismo dal punto di vista del- lo strombazzato « positivismo moderno » non sono che detriti vecchi e stravecchi. 6. Il criterio della pratica nella teoria della conoscenza . Abbiamo visto che Marx nel 1845 e Engels nel 1888 e nel 1892 hanno messo a base della teoria materialistica della conoscenza il criterio della pratica. «La disputa sulla realtà o non-realtà di un pensiero che si isoli dalla pratica è una questione puramente scolasti- ca», dice Marx nella seconda tesi su Feuerbach 87 . La migliore con- futazione dell’agnosticismo di Kant e di Hume, e di tutte le altre ubbie [ Schrullen ] filosofiche è la pratica, ripete Engels. « Il successo delle nostre azioni dimostra raccordo [la corrispondenza, Ueberein - stimmung] delle nostre percezioni con la natura oggettiva delle cose percepite», risponde Engels agli agnostici 88 . Confrontate con queste idee il ragionamento di Mach relativo al criterio della pratica. «Nel pensiero corrente e nel linguaggio co- mune si è soliti opporre Yapparenza alla realtà . Se teniamo davanti a noi, nell’aria, una matita, la vediamo rettilinea. Se Timmergiamo obli- quamente nell’acqua, vediamo che ha la figura di una linea spezza- ta. In quest’ultimo caso si dice che ” la matita sembra una linea spez- zata, ma in realtà è rettilinea Ma su che cosa ci basiamo per dire che un fatto è reale e per abbassarne un altro al livello di apparen- za?... Quando noi commettiamo l’errore naturale di attenderci che in circostanze straordinarie avvengano tuttavia fenomeni ordinari, la nostra attesa è naturalmente delusa. Ma la colpa non è dei fatti. In questi casi parlare di apparenza ha senso solo dal punto di vista pra- tico, ma non ha nessun senso dal punto di vista scientifico. Allo stes- so modo non ha nessun senso dal punto di vista scientifico la que- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO *35 stionc spesso dibattuta se l’universo abbia un’esistenza reale 0 sia soltanto una nostra illusione, nulla piu di un sogno. Il piu assurdo dei sogni è un fatto come tutti gli altri ». ( Analisi delle sensazioni , pp. 18-19). fi vero: non soltanto un sogno assurdo, ma anche una filosofia assurda è un fatto. È impossibile dubitarne dopo aver fatto conoscen- za con la filosofia di Ernst Mach. Come l’ultimo dei sofisti, egli con- fonde l’indagine storico-scientifica e psicologica degli errori umani, di tutti i possibili sogni « assurdi » degli uomini, come la credenza nei diavoli, nei folletti, ecc. con la discriminazione gnoseologica del vero e dell’« assurdo ». Proprio come se un economista dicesse che la teoria di Senior *, secondo la quale tutto il profitto del capitalista è il prodotto dell’« ultima ora » di lavoro dell’operaio, e la teoria di Marx sono entrambe un fatto, e che, dal punto di vista scientifico, non ha senso il domandarsi quale di queste due teorie esprime la verità obiettiva e quale esprime i pregiudizi della borghesia e la vena- lità dei suoi professori. Il conciatore J. Dietzgen vedeva nella teoria della conoscenza scientifica, cioè materialistica, « un’arme universale contro la fede religiosa » (Kleinere philosophische Schriften , p. 55); ma per il professore di ruolo Ernst Mach, la distinzione fra la teoria materialistica della conoscenza e la teoria soggettivo-idealistica « non ha nessun senso dal punto di vista scientifico »! La scienza non prende partito nella battaglia del materialismo contro l’idealismo e la reli- gione: questa è l’idea preferita non solo di Mach, ma di tutti i pro- fessori borghesi contemporanei, « servitori diplomati che... istupidi- scono il popolo attraverso un idealismo lambiccato », come giusta- mente dice lo stesso J. Dietzgen (op. cit-, p. 53). E Mach ci dà par l’appunto un esempio di questo lambiccato idea- lismo professorale quando esclude dai confini della scienza, dai con- fini della teoria della conoscenza, il criterio della pratica che distin- gue per tutti e per ciascuno l’illusione dalla realtà. La pratica uma- na dimostra che la teoria materialistica della conoscenza è giusta — dicevano Marx ed Engels, chiamando « scolastica » e « ubbie filoso- fiche» i tentativi di risolvere la questione gnoseologica fondamentale lasciando da parte la pratica. Ma per Mach, al contrario, la pratica e la teoria della conoscenza sono due cose completamente diverse; esse possono stare l’una a fianco dell’altra senza che l’una condizioni l’altra. «La conoscenza — dice Mach nel suo ultimo lavoro, Co- 136 LENIN noscenza ed errore — è... un’esperienza psichica, biologicamente uti- le [fórderndes] » (p. 115 della 2. ed. tedesca). «Soltanto il successo è in grado di distinguere la conoscenza dall’errore > (p. 116). «Il concetto è una ipotesi fisica di lavoro » (p. 143). I nostri machisti russi, che vorrebbero passare per marxisti, con stupefacente ingenui- tà considerano simili frasi di Mach come la dimostrazione di un suo avvicinamento al marxismo. Ma qui Mach si avvicina al marxismo come Bismarck si avvicinava al movimento operaio o il vescovo Eu- logio* 0 alla democrazia. In Mach simili tesi stanno accanto alla sua teoria idealistica della conoscenza, ma non determinano la scelta di un orientamento gnoseologico definito. La conoscenza può essere bio- logicamente utile, utile alla pratica umana, alla conservazione della vita, alla conservazione della specie, solo quando riflette una verità obiettiva, indipendente dalTuomo. Per il materialista, il «successo» della pratica umana dimostra la corrispondenza delle nostre idee con la natura obiettiva delle cose che noi percepiamo. Per il solipsista, il « successo » è tutto ciò che mi occorre nella pratica 9 la quale può es- sere considerata indipendentemente dalla teoria della conoscenza. Se includiamo nei fondamenti della teoria della conoscenza il criterio della pratica, otteniamo inevitabilmente il materialismo, dice il mar- xista. La pratica può anche essere materialistica, ma per ciò che ri- guarda la teoria è un’altra cosa — dice Mach. « Nella pratica — egli scrive nc\V Analisi delle sensazioni — ci è impossibile fare a meno del concetto dellVo quando eseguiamo una azione qualunque, cosi come non possiamo fare a meno del concetto di corpo quando allunghiamo il braccio per afferrare una cosa qual- siasi. Fisiologicamente, noi restiamo costantemente egoisti e materia- listi, così come costantemente vediamo il levarsi del sole. Ma in teo- ria, non dobbiamo affatto attenerci a questa concezione » (pp. 284- l85 \ L’egoismo c’entra qui come i cavoli a merenda, poiché esso è una categoria del tutto estranea alla gnoseologia. Anche il movi- mento apparente del sole attorno alla terra non c entra per nulla, poiché la pratica che ci serve di criterio nella teoria della conoscenza, deve abbracciare anche la pratica delle osservazioni astronomiche, le scoperte, ecc. Resta il prezioso riconoscimento di Mach che gli uo- mini, nella loro pratica, si orientano interamente ed esclusivamente secondo la teoria materialistica della conoscenza; mentre il tentativo MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 137 di eluderla « nel campo teorico » esprime soltanto il pedantismo sco- lastico e il lambiccato idealismo di Mach. L’esempio seguente, preso dalla storia della filosofia classica tede- sca, dice sino a che punto siano vecchi questi sforzi di tagliar fuori la pratica, come cosa della quale non si deve tener conto in gnoseolo- gia, per sgombrare il campo airagnosticismo e alPidealismo. Sulla strada che porta da Kant a Fichte, si incontra qui G. E. Schulze (det- to Schulze-Enesidemo nella storia della filosofia). Egli difende aper- tamente la linea dello scetticismo in filosofia e si dichiara seguace di Hume (e, fra gli antichi, di Pirrone e di Sesto). Egli nega risoluta- mente ogni cosa in se e la possibilità della conoscenza obiettiva, esige risolutamente che non si vada oltre P« esperienza », oltre le sensa- zioni, e prevede nello stesso tempo anche le obiezioni dell’altro campo: « Poiché lo scettico, quando partecipa alla vita quotidiana, rico- nosce l'indubbia realtà delle cose obiettive, agisce in conformità e am- mette il criterio della verità, la sua condotta è quindi la migliore e piu evidente confutazione del suo scetticismo » *. * Simili argomenti — risponde Schulze indignato — sono soltanto buoni per la pleba- glia [Po bel] » (p. 254), « perché il mio scetticismo non si estende alla pratica della vita, ma rimane nei limiti della filosofia » (p. 255). Allo stesso modo, anche l’idealista soggettivo Fichte spera di tro- vare un posto, nei limiti della filosofia idealistica, « per questo reali- smo che s’impone [sich aufdringt \ a noi tutti e anche all’idealista piu deciso, quando si passa all’azione, realismo che ammette l’esistenza degli oggetti fuori di noi e in modo assolutamente indipendente da noi » ( Wer{e , I, 455). Non si è molto allontanato da Schulze e da Fichte il positivismo moderno di Mach! Notiamo come una curiosità che per Bazarov non c’è nessuno al mondo, all’infuori di Plekhanov, che si sia occupato di tale questione: per il topo non ce belva piu forte del gatto. Baza- rov prende in giro « la filosofia del salto vitale di Plekhanov » (Saggi, p. 69), il quale infatti ha scritto con espressione veramente infelice che la «fede» nell’esistenza del mondo esterno sarebbe «un salto vitale n inevitabile in filosofia» (Note al Ludwig Feuerbach , p. in). La paro- la « fede », benché messa fra virgolette e ripetuta dopo Hume, indica * G. E. Schulze, Aenesidemus oder itbcr die Putidamente dcr von dem Herrn Professor Reinhold in Jena gelieferten Elemcntarphilosophie, 1792, p. 253. i 3 8 LENIN indiscutibilmente in Plekhanov una confusione di termini. Ma che c’entra Plekhanov? Perché Bazarov non ha scelto un altro materia- lista, mettiamo Feuerbach? Soltanto perché non lo conosce? Ma l’i- gnoranza non è un argomento. Anche Feuerbach, come Marx ed Engels, fa, nelle questioni fondamentali della teoria della conoscenza, un « salto > verso la pratica, un salto inammissibile per Schulze, Fichte e Mach. Feuerbach, facendo la critica dell’idealismo, ne espone l’essenza con una citazione molto espressiva di Fichte che colpisce a meraviglia tutto il machismo. «Tu supponi — scriveva Fichte — che le cose siano reali, che esse esistano fuori di te, per la sola ragione che tu le vedi, le odi, le tocchi. Ma il vedere, il toccare, l’udire sono sol- tanto sensazioni... Tu non percepisci le cose, ma soltanto le tue sen- sazioni » (Feuerbach, Wcr\e t voi. X, p. 185). E Feuerbach replica che l’essere umano non è un Io astratto, ma è un uomo o una donna e la questione se il mondo è una mia sensazione può essere ridotta a quest’altra: un altro uomo è soltanto una mia sensazione, oppure i nostri rapporti pratici dimostrano il contrario? «L’errore capitale deiridealismo consiste appunto nel porre e risolvere le questioni del- l’obiettività e della soggettività, della realtà o della non realtà del mondo, soltanto dal punto di vista teorico» (ivi, p. 189). Feuer- bach mette a base della teoria della conoscenza tutto il complesso della pratica umana. Certo — egli dice — in pratica anche gli ideali- sti riconoscono la realtà e del nostro Io e del Tu estraneo. Secondo gli idealisti «questo punto di vista è valido soltanto per la vita, e non per la speculazione. Ma una speculazione che è in contraddizio- ne con la vita e considera il punto di vista della morte, dell’anima separata dal corpo come il punto di vista della verità, una simile spe- culazione è essa stessa una speculazione morta, falsa » (p. 192). Pri- ma di sentire respiriamo e non possiamo esistere senza aria, senza cibo, senza bevanda. « Allora vuol dire che la questione dell’idealità o della realtà del- l'universo, è una questione di cibo e di bevanda? — esclama indi- gnato l’idealista. — Che bassezza! Quale infrazione della buona usan- za blaterare con tutte le forze dall'alto delle cattedre di filosofia e di teologia contro il materialismo nel senso scientifico, per poi praticare a tavola il materialismo nella forma più volgare con tutto il cuore e con tutta l’anima » (p. 195). E Feuerbach esclama che mette- re sullo stesso piano la sensazione soggettiva e il mondo obiettivo MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 139 « significa mettere il segno d eguaglianza tra la polluzione e la pro- creazione » (p. 198). L’osservazione non è delle più delicate, ma colpisce nel vivo quei filosofi i quali insegnano che la realtà che esiste fuori di noi non è altro che la rappresentazione dei nostri sensi. Il punto di vista della vita, della pratica, dev’essere il punto di vista primo e fondamentale della teoria della conoscenza. Ed essa conduce infallibilmente al materialismo rigettando dalla sua strada le interminabili elucubrazioni della scolastica professorale. Certo, non si deve dimenticare che il criterio della pratica, in sostanza, non può mai confermare o confutare completamente una rappresentazione umana qualunque essa sia. Anche questo criterio è talmente « inde- terminato » da non permettere alle conoscenze dell’uomo di trasfor- marsi in un «assoluto»; ma nello stesso tempo è abbastanza deter- minato per permettere una lotta implacabile contro tutte le varietà deiridealismo e deiragnosticismo. Se ciò che la nostra pratica con- ferma è la verità obiettiva, unica, finale, ne deriva l’ammissione che l’unica via che conduce a questa verità è la via della scienza che si mette dal punto di vista del materialismo. Bogdanov consente, per esempio, a riconoscere nella teoria della circolazione del denaro di Marx una verità obiettiva soltanto « per la nostra epoca » e chiama « dogmatismo » l’attribuire a questa teoria un carattere di verità « o- biettiva super-storica » ( Empiriomonismo y Libro III, p. VII). Questa è di nuovo confusione. Nessuna circostanza futura potrà modificare la concordanza di questa teoria con la pratica per la stessa semplice ragione per la quale la verità: Napoleone è morto il 5 maggio 1821, è una verità eterna. Ma poiché il criterio della pratica — cioè lo svi- luppo di tutti i paesi capitalistici in questi ultimi decenni — dimo- stra la verità obiettiva di tutta la teoria economica e sociale di Marx in generale, e non dell’una o dell’altra sua parte, dell 'una o dell’altra sua formula, ecc., è chiaro che parlare qui di « dogmatismo » dei marxisti significa fare un’imperdonabile concessione aH’economia bor- ghese. Dall’opinione, accettata dai marxisti, che la teoria di Marx è una verità obiettiva, si può trarre una sola deduzione, ed è la se- guente: per la via tracciata dalla teoria di Marx ci avvicineremo sem- pre più alla verità obiettiva (senza mai esaurirla); per qualsiasi altra via giungeremo invece soltanto alla confusione e alla menzogna. CAPITOLO TERZO LA TEORIA DELLA CONOSCENZA NELL'EMPIRIOCRITICISMO E NEL MATERIALISMO DIALETTICO. Ili i. Che cosè la materia ? Che cosè l’esperienza? La prima di queste domande è costantemente posta dagli idealisti e dagli agnostici, compresi i machisti, ai materialisti; la seconda dai materialisti ai machisti. Vediamo di mettere le cose in chiaro. Avenarius dice a proposito della questione della materia: «Entro r ” esperienza completa”, purificata, non ce nulla di "fì- sico ” — ’’ materia ” nel senso metafisico assoluto — , perché in que- sto senso la "materia” non è che un’astrazione: essa sarebbe la som- ma dei controtermini, fatta astrazione da ogni termine centrale. Come nella coordinazione fondamentale, " esperienza completa ", il contro termine non è concepibile [unden\bar] senza un termine cen- trale, cosi anche la " materia ” nel concetto metafisico assoluto è un completo nonsenso [Unding] » ( Bemer\ungen y p. 2 della rivista citata, § 119). Da questo gergo incomprensibile risulta una cosa sola: Avena- rius chiama assoluta o metafisica la materia o il fisico, perché secon- do la sua teoria della coordinazione fondamentale (o anche, in termini nuovi, dell’« esperienza completa ») il controtermine è inse- parabile dal termine centrale, l’ambiente è inseparabile dalP/o, il non-lo è inseparabile dall’/o (come diceva J. G. Fichte). Abbiamo già detto a suo tempo che questa teoria altro non è che idealismo soggettivo travestito, e che il carattere degli attacchi di Avenarius contro la materia è perfettamente chiaro: l’idealista nega l’esistenza del fisico indipendentemente dallo psichico e respinge perciò la con- cezione elaborata dalla filosofia per tale esistenza. Che la materia sia il « fisico » (vale a dire ciò che è piu noto e più direttamente dato 142 LENIN alPuomo, c della cui esistenza nessuno dubita alPinfuori dei rico- verati al manicomio), Avenarius non lo nega, Egli chiede soltanto che si accetti la « sua » teoria del nesso indissolubile tra Pambiente e Ylo. Mach esprime questa stessa idea in modo piu semplice, senza ar- zigogoli filosofici: «Ciò che noi chiamiamo materia è soltanto un certo rapporto regolare tra gli dementi (sensazioni) » {Analisi delle sensazioni , p. 265). Con questa affermazione, Mach ritiene di opera- re una « rivoluzione radicale » nelle concezioni correnti. In realtà, si tratta del vecchio idealismo soggettivo, la nudità del quale è coperta dalla paroletta « elementi ». Infine il machista inglese Pearson, nemico acerrimo del materia- lismo, dice: «Non si può muovere nessuna obiezione scientifica alla nostra classificazione di certi gruppi piu o meno permanenti di per- cezioni sensibili in una categoria unica che chiamiamo materia — in tal modo noi ci avviciniamo molto alla definizione di John Stuart Mill della materia come "possibilità permanente di sensazioni" — , ma questa definizione della materia ci allontana completamente da quella secondo cui la materia è la cosa in movimento » ( The Gram- mar of Science , 1900, 2. ed., p. 249). Qui manca la foglia di fico degli « clementi », e Pidealista tende francamente la mano alPagnostico. Come il lettore vede, tutti questi ragionamenti dei fondatori del- Pcmpiriocriticismo si aggirano interamente ed esclusivamente intor- no al vecchissimo problema gnoseologico dei rapporti tra il pensiero c Tessere, tra la sensazione e il mondo fisico. Occorreva Pincommen- surabile ingenuità dei machisti russi per vedere qui qualche cosa che abbia un qualunque rapporto con « la moderna scienza naturale » o con «il positivismo moderno». Tutti i filosofi citati sostituiscono — chi apertamente, chi di soppiatto — alla linea filosofica fondamen- tale del materialismo (dalPessere al pensiero, dalla materia alla sensazione) la linea opposta delPidealismo. La loro negazione della materia non è che la soluzione, nota da tempo immemorabile, del problema gnoseologico mediante la negazione della fonte esterna, obiettiva delle nostre sensazioni, mediante la negazione della realtà obiettiva corrispondente alle nostre sensazioni. Al contrario, Paccet- tazione della linea filosofica negata dagli idealisti e dagli agnostici è espressa nelle definizioni: la materia è ciò che, agendo sugli organi MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO H3 dei nostri sensi, produce la sensazione; la materia è la realtà obiet- tiva che ci è data nella sensazione, ecc. Bogdanov, fingendo di discutere soltanto con Beltov, e tacendo vilmente di Engels, si indigna di simili definizioni le quali, a quel che sembra, sono « pure ripetizioni » ( Empirtomonismo , III, p. XVI) della « formula » (di Engels> dimentica di aggiungere il nostro « marxi- sta *) secondo la quale la materia è, per una tendenza filosofica, Tele- mento primordiale e lo spirito l’elemento secondario, mentre l’altra tendenza sostiene il contrario. Tutti i machisti russi ripetono esta- siati la « confutazione » di Bogdanov! E, tuttavia, un istante di riflessione potrebbe far capire a questa gente che non si possono, in so- stanza, definire i due concetti ultimi della gnoseologia se non si indi- ca quale dei due si considera come primordiale. Che cosa significa dare una «definizione»? Significa innanzitutto comprendere un da- to concetto in un altro piu vasto. Per esempio, quando io definisco: l’asino è un animale, comprendo il concetto « asino » in un concetto piu vasto. Domandiamo se tra i concetti, con i quali può operare la teoria della conoscenza, esistono concetti piu vasti di : essere e pensie- ro, materia e sensazione, fisico e psichico. No. Questi sono per am- piezza i concetti-limite, i concetti piu vasti oltre i quali la gnoseo- logia in sostanza non è finora andata (se non si tiene conto delle modificazioni sempre possibili della terminologia). Soltanto la ciar- lataneria o la estrema miseria intellettuale possono esigere per queste due « serie » di concetti, estremamente vasti, « definizioni » che non siano altro che « semplici ripetizioni »: l’uno o l’altro concetto è consi- derato come primordiale. Prendete i tre succitati ragionamenti intor- no alla materia. A che cosa si riducono? Si riducono al fatto che que- sti filosofi procedono dallo psichico o dallVo al fisico o all’ambiente, come da termine centrale a controtermine — o dalla sensazione al- la materia — o dalla percezione sensibile alla materia. In sostanza potevano Avenarius, Mach e Pearson « definire » le concezioni fon- damentali altrimenti che indicando la loro tendenza filosofica? Po- tevano essi definire diversamente, in una qualsiasi altra maniera, 17o, la sensazione, la percezione dei sensi? Basta porre chiaramente la questione per comprendere quale enorme assurdità dicono i machisti quando esigono dai materialisti una definizione della materia che non si riduca a ripetere che la materia, la natura. Tessere, il fisico so- 144 LENIN no l’elemento primordiale e lo spirito, la coscienza, le sensazioni, lo psichico sono l’elemento secondario. Il genio di Marx e di Engels si è manifestato fra labro anche nel loro disdegno del giuoco pedantesco delle paroline nuove, dei termini eruditi, degli « ismi » sottili. Essi parlarono un linguaggio sem- plice e chiaro: in filosofia vi sono l’indirizzo materialistico e l’indi- rizzo idealistico e fra l’uno e l’altro le diverse sfumature dell’agnosti- cismo. I laboriosi tentativi di trovare un punto di vista « nuovo » in filosofia attestano una povertà di spirito simile a quella dei tentativi di creare una « nuova » teoria del valore, una « nuova * teoria della rendita, ecc. Carstanjen, allievo di Avenarius, riferisce che quest’ultimo disse nel corso di una conversazione privata : « Non conosco né il fisico né lo psichico, ma soltanto il terzo». Ad uno scrittore il quale osser* vava che Avenarius non aveva dato il concetto di questo terzo, Pet- zoldt rispondeva: «Noi sappiamo bene perché egli non ha potuto formulare questo concetto: perché il terzo non ha un controtermine [Gegenbegriff: concetto correlativo]... La domanda: che cosa è il terzo? non è posta in modo logico» ( Einfùhrung in die Philosophie der reinen Erfahrung , II, 329). Petzoldt comprende che il concetto ultimo non può essere definito. Ma egli non comprende che invocare il « terzo » è un semplice sotterfugio perché ognuno di noi sa che cosa sono il fisico e lo psichico, ma nessuno sa oggi che cosa sia il «terzo». Con questo sotterfugio Avenarius ha soltanto cercato di far perdere le tracce affermando in realtà che YIo (termine centrale) è l’elemento primordiale e la natura (lambiente) è l’elemento se- condario (controtermine). Certo, anche l’opposizione tra la materia e la coscienza ha un si- gnificato assoluto soltanto in un campo molto limitato e, nel caso nostro, esclusivamente nei limiti della questione gnoseologica fonda- mentale: che cosa è primario e che cosa è secondario? Oltre questi limiti, la relatività di questa opposizione è indubbia. Vediamo ora come la filosofia empiriocritica adopera la parola «esperienza». Nel primo paragrafo della Critica dell* esperienza pu- ra troviamo la seguente « ammissione » : « una qualunque parte del nostro ambiente è in tali rapporti con gli individui umani che, quan- do essa è data, gli individui dicono a proposito della loro esperienza: Imparo questo e questo altro per mezzo deH’esperienza; questo o MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO M5 quest 'altro sono la mia esperienza, o provengono dall’esperienza, o dipendono dall’esperienza » (p. i della trad. russa). Cosicché si conti- nua a definire l’esperienza ricorrendo sempre agli stessi concetti: l'Io e l’ambiente; la «dottrina» del loro legame «indissolubile» viene lasciata, per il momento, tra le quinte. Continuiamo. « Concezione sintetica delPesperienza pura»: «precisamente dell’esperienza come asserzione condizionata in tutta la sua integrità soltanto dalle parti dell’ambiente » (pp. 1-2). Se si ammette che l’ambiente esiste indi- pendentemente dalle « asserzioni » e dai « giudizi » dell’uomo, diviene possibile l’interpretazione materialistica dell’esperienza! «Concezione analitica dell’esperienza pura » : « precisamente come asserzione alla quale non è mescolato nulla che non sia a sua volta esperienza e che, per conseguenza, rappresenta di per sé niente altro che esperienza » (p. 2). L'esperienza è esperienza. E si trova della gente che scambia per profondità di pensiero questo pasticcio pseudoscientifico! È necessario aggiungere ancora che nel II volume della Critica dell'esperienza pura , Avenarius considera l’« esperienza » come un « caso speciale » dello psichico , la divide in sachhajte Werte (valori materiali) e in gedanfonhafte Werte (valori mentali); e dice che l’« esperienza in senso largo » comprende anche questi ultimi valori e che l’« esperienza completa » si identifica con la coordinazione fonda- mentale (cfr. Bemerhjungen). In una parola: « ce ne per tutti i gusti ». L’« esperienza » abbraccia tanto l’indirizzo materialistico quanto Tin- dirizzo idealistico in filosofia e consacra la confusione dell’uno con l’altro. Ma mentre i nostri machisti prendono fiduciosamente l’« espe- rienza pura » come oro colato, altri autori di diverse tendenze filoso- fiche rilevano tutti allo stesso modo l’abuso che Avenarius fa di que- sto concetto. « Avenarius — scrive A. Riehl — non definisce in modo determinato che cosa sia l’esperienza pura, e la sua asserzione: ”La esperienza pura - è una esperienza alla quale non è mescolato nulla che non sia a sua volta esperienza ”, si muove manifestamente in un circolo vizioso » {Sys temati se he Philosophie , Lipsia, 1907, p. 102). In Avenarius, scrive Wundt, esperienza pura significa ora una qualsiasi fantasia, ora un giudizio con carattere di « materialità » ( Philosophi - sche Studien y XIII voi., pp. 92-93). Avenarius stiracchia il concetto di esperienza (p. 382). « Dall’esatta definizione dei termini esperienza e esperienza pura — scrive Couwelaert — dipende il senso di tutta questa filosofia. Avenarius non dà questa definizione esatta » ( Revut 146 LENIN néo-scolasticjtie> 1907, febbraio, p. 61). « L’indeterminatezza del ter- mine "esperienza” rende preziosi servigi ad Avenarius, che fini- sce per ritornare all’ormai adusato argomento dell’idealismo soggetti- vo» (che egli finge di combattere) — dice Norman Smith ( Mind , voi. XV, p. 29). « Io affermo apertamente che il senso interno, l’anima della mia filosofia consiste in ciò: che l’uomo non ha nulla, in generale, salvo l’esperienza, e che egli giunge a tutto ciò a cui giunge, soltanto attra- verso resperienza... ». Ecco un filosòfo fervente assertore dell’espe- rienza pura, non è vero? L’autore di queste parole è l’idealista sog- gettivo J. G. Fichte ( Sonnenklarer Bericht ecc., p. 12). La storia della filosofia c’insegna che l’interpretazione del concetto di esperienza se- para i materialisti e gli idealisti classici. La filosofia professorale di tutte le sfumature copre oggi la sua essenza reazionaria col manto delle declamazioni intorno alla «esperienza». Tutti gli immanentisti si richiamano all’esperienza. Nella prefazione alla 2. edizione di Conoscenza ed errore , Mach loda il libro del prof. W. Jerusalem nel quale leggiamo: «11 riconoscimento di un essere primo, divino, non contraddice a nessuna esperienza » ( Der kritische Idealismus ecc., P- 222). Non c’è che da compiangere xoloro i quali, prestando fede ad Ave- narius e C., hanno creduto alla possibilità di eliminare, per mezzo della paroletta « esperienza », la « invecchiata » distinzione tra ma- terialismo e idealismo. Quando Valentinov e Iusckevic accusano Bog- danov, che ha deviato leggermente dalla pura dottrina machista, di abusare della parola esperienza, questi signori manifestano qui sol- tanto la loro ignoranza. In questo caso, Bogdanov è « innocente ». Egli non ha fatto che copiare servilmente la confusione di Mach e di Avenarius. Quando egli dice: «La coscienza e l’esperienza psichica diretta sono concetti identici » {Empiriomonismo> L, II, p. 53), op- pure: la materia « non è l’esperienza», ma «l’ignoto dal quale nasce tutto ciò che è noto» ( Empiriomonismo , L. Ili, p. XIII), egli inter- preta l’esper ienza idealisticamente . E, certo, egli non è il primo * né •Esercizi di questo genere sono da molto tempo coltivati in Inghilterra dal compagno Belfort Bax. Un critico francese del suo libro The Roots of Reality , gli diceva recentemente non senza malizia: « L’esperienza è soltanto una parola che sostituisca la parola coscienza»; siate dunque francamente idealista! {Revue de phìlo • sophie, 1907, n. io, p. 399). MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO M7 Tultimo a creare sistemetti idealistici speculando sulla paroletta « espe- rienza ». Quando egli obietta ai filosofi reazionari che i tentativi di uscire dai limiti dell’esperienza conducono in realtà soltanto « a vuo- te astrazioni ed a immagini contraddittorie i cui elementi sono cio- nonostante tutti attinti dall’esperienza » (libro I, p. 48 ), egli oppone alle vuote astrazioni della coscienza umana ciò che esiste fuori del- l’uomo e indipendentemente dalla sua coscienza; interpreta cioè l’esperienza materialisticamente. Proprio nello stesso modo, anche Mach, che parte dal punto di vista dell’idealismo (i corpi sono complessi di sensazioni o «elemen- ti »), devia spesso verso l’interpretazione materialistica della parola « esperienza ». «Non bisogna filosofare deducendo da noi stessi [nicht aus uns herausphilosophieren ] », scrive nella Meccanica (3. ed. tede- sca, 1897, p. 14), «ma prendere dall’esperienza». Qui, l’esperienza viene centrapposta al filosofare deducendo da noi stessi; essa vie- ne cioè considerata come un qualcosa di obiettivo, che l’uomo ri- ceve dairesterno; viene interpretata materialisticamente. Ancora un esempio: «Ciò che noi osserviamo nella natura s’imprime nelle no- stre rappresentazioni, anche se non è compreso e non è analizzato da noi, e queste rappresentazioni, in seguito, nei loro tratti piu generali e stabili \star\sten |, imitano [ nachahmen ] i processi della natura. Questa esperienza è per noi un tesoro | Schatz] che abbiamo sempre sottomano... » (ivi, p. 27). Qui la natura è considerata come pri- mordiale, la sensazione e l’esperienza come derivate. Se Mach si at- tenesse coerentemente a questo punto di vista nelle questioni fonda- mentali della gnoseologia, egli risparmierebbe al genere umano molti sciocchi «complessi» idealistici. Terzo esempio; «Io stretto legame fra il pensiero e l’esperienza crea la scienza naturale moderna. L’espe- rienza genera un pensiero. Quest’ultimo si elabora ulteriormente, si adegua nuovamente all’esperienza» e cosi di seguito (Er^enntnis und Irrtum , p. 200). Qui la « filosofia » speciale di Mach è gettata a mare e l’autore si mette istintivamente dal punto dì vista degli scien- ziati che considerano l’esperienza materialisticamente. Tiriamo le somme: la parola «esperienza» sulla quale i machisti costruiscono i loro sistemi, per molto, moltissimo tempo è servita a mascherare i sistemi idealistici, e ora Avenarius e C. se ne servono per passare ecletticamente dall’idealismo al materialismo e viceversa. 148 LENIN Le diverse « definizioni » di questo concetto esprimono soltanto le due tendenze fondamentali della filosofia, che Engels ha cosi bril- lantemente messo in luce. 2. L'errore di Plekhanov intorno al concetto di « esperienza ». Plekhanov a pp. X-XI della sua prefazione al Ludwig Feuerbach (edizione del 1905) dice: « Uno scrittore tedesco osserva che per rempiriocriticismo V espe- rienza è soltanto un oggetto di indagine e non un mezzo di conoscen- za. Se cosi è, la contrapposizione delFempiriocriticismo al materialismo non ha piu senso, e i ragionamenti intorno al tema se l’empirio- criticismo è destinato a sostituire il materialismo si dimostrano com- pletamente vuoti e oziosi ». Questa è, dal principio alla fine, soltanto confusione. F. Carstanjen, uno dei più « ortodossi » discepoli di Avenarius, nel suo articolo sull’empirioticismo (risposta a Wundt), dice che « per la Critica dell' esperienza pura l’esperienza è soltanto oggetto di inda- gine e non mezzo di conoscenza » *. Secondo Plekhanov ne conse- gue che la contrapposizione delle opinioni di F. Carstanjen al mate- rialismo è priva di senso! F. Carstanjen parafrasa quasi letteralmente Avenarius il quale nelle sue Osservazioni contrappone risolutamente il suo concetto di esperienza come ciò che è dato, ciò che troviamo (das Vorgefunde - ne), al concetto di esperienza come « mezzo di conoscenza », « nel senso delle teorie della conoscenza predominanti, che in sostanza so- no assolutamente metafisiche » (op. cit., p. 401). Dopo Avenarius, Petzoldt ripete la stessa cosa nella sua Introduzione alla filosofia del- l'esperienza pura (voi. I, p. 170). Ne consegue, secondo Plekhanov, che la contrapposizione delle opinioni di Carstanjen, di Avenarius e c ui Petzoldt al materialismo è priva di senso. O Plekhanov non « ha letto fino in fondo » Carstanjen e C., o egli ha avuto di seconda ma- no questo riferimento a « uno scrittore tedesco ». Che cosa significa questa affermazione degli empiriocriticisti più rappresentativi, non compresa da Plekhanov? Carstanjen vuol dire Vierteljahsschrift fiir Wissenschaj diche Philosophie, anno 22, 1898, p. 45. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 149 che Avcnarius nella sua Critica dell esperienza pura considera l’espe- rienza, e cioè ogni specie di « giudizi umani », come oggetto di in- dagine. Avenarius non indaga qui — dice Carstanjen (a p. 50 del- l’articolo citato) — se questi giudizi siano reali o se si riferiscano, per esempio, a delle visioni ; egli non fa che raggruppare, sistematizzare e classificare formalmente tutti i possibili giudizi umani, sia idealistici che materialistici (p. 53) senza penetrare l’essenza della questione. Carstanjen ha assolutamente ragione di chiamare questa concezione: «scetticismo per eccellenza» (p. 213). Nel suo articolo, Carstanjen difende, tra l’altro, il suo caro maestro dall’accusa disonorante (per un professore tedesco) di materialismo, che gli era stata lanciata da Wundt. Noi materialisti? per carità! — questo è il senso della repli- ca di Carstanjen. Se noi parliamo dell'« esperienza », non ne parlia- mo affatto nel senso abituale, corrente della parola, il quale conduce o potrebbe condurre al materialismo, ma nel senso di una indagine da parte nostra di tutto ciò che gli uomini « esprimono » come espe- rienza. Carstanjen e Avenarius ritengono materialistica l’opinione che considera l’esperienza come un mezzo di conoscenza (e questa è forse l’opinione piu diffusa, ma tuttavia falsa, come abbiamo visto dall’esempio di Fichte). Avenarius ripudia la « metafisica dominan- te » la quale, senza tener conto delle teorie dell’introiezione e della coordinazione, si ostina a considerare il cervello come organo del pen- siero. Per dato o trovato da noi ( das Vorgefundene ), Avenarius in- tende appunto l’indissolubile legame dell’/o e dell’ambiente; * ciò che conduce a una confusa interpretazione idealistica dell’« esperienza ». Dunque, con la parola « esperienza » si possono indubbiamente coprire sia l’indirizzo filosofico materialistico che l’indirizzo ideali- stico come pure l’indirizzo di Hume e quello di Kant, ma né la de- finizione dell’esperienza come oggetto di indagine *, né la sua defi- nizione come mezzo di conoscenza, sono ancora decisive a questo riguardo. In modo particolare le osservazioni di Carstanjen contro Wundt non hanno proprio nulla a che fare con la contrapposizione dell’empiriocriticismo al materialismo. • A Plekhanov c forse sembrato che Carstanjen avesse detto: « L’oggetto della conoscenza indipendente dalla conoscenza» e non invece: « oggetto di indagine»? Allora questo sarebbe effettivamente materialismo. Ma né Carstanjen, né in gene- rale chiunque altro che conosca lempiriocriticismo non ha detto e non poteva dire una cosa simile. 150 LENIN Rileviamo come una curiosità il fatto che Bogdanov e Valenti- nov, rispondendo in proposito a Plekhanov, non si sono dimostrati meglio informati. Bogdanov dice : « Ciò non è del tutto chiaro, — (L. Ili, p. XI). — È compito degli empiriocriticisti analizzare questa for- mula e accettarne o non accettarne la condizione ». Posizione vantag- giosa: io non sono un machista e non ho nessun obbligo di capire in che senso un Avenarius o un Carstanjen parlano dell’esperienza! Bogdanov vuol bensì servirsi del machismo (e della confusione che il machismo crea con 1*« esperienza ») ma non vuole prenderne la responsabilità. Il «puro» empiriocriticista Valentinov ha trascritto la nota di Ple- khanov e ballato pubblicamente il can-can ironizzando sul fatto che Plekhanov non ha nominato lo scrittore citato e non ha spiegato la sostanza della questione (pp. 108-109, °P- cit.). Ma questo filosofo empiriocriticista che confessa di aver riletto « per tre volte se non di piu » la nota di Plekhanov (senza nulla comprenderne, beninteso), non risponde una parola per quanto riguarda l’essenza della questio- ne! Ah, questi machisti! 3. Della causalità e della necessità nella natura. La questione della causalità è di particolare importanza per de- finire rrhdirizzo filosofico dell’uno o dell’altro modernissimo « ismo». Dobbiamo perciò fermarci su tale questione in modo un po’ partico- lareggiato. Incominciamo con l’esporre questo punto della teoria materiali- stica della conoscenza. L. Feuerbach ha esposto le sue opinioni in modo particolarmente chiaro nella già menzionata risposta a R. Haym. «”La natura e l’intelletto umano — dice Haym — divorziano completamente in lui [in Feuerbach] e fra l’una e l’altro si apre un abisso, insuperabile per entrambe le parti Haym giustifica questo rimprovero col § 48 della mia Essenza della religione , in cui si dice che ” la natura può esser compresa soltanto per mezzo della natura stessa, che la necessità della natura non è una necessità umana o logica, metafisica o matematica; che soltanto la natura è l’ente al ‘quale non si può né si deve applicare nessuna misura urna- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 151 na, sebbene noi compariamo e designiamo i suoi fenomeni per ren- derla a noi comprensibile, e applichiamo ad essa espressioni e con- cetti umani come, ad esempio, l’ordine, il fine, la legge, e siamo costretti a ciò appunto dalla natura del nostro linguaggio Che cosa vuol dire questo? Vuol forse dire che non c’è nessun ordine nella natura, in modo che, per esempio, all’autunno potrebbe succedere Testate, alla primavera Tinverno, 0 all’inverno l’autunno? Che nella natura non vi sono finalità, in modo, per esempio, che nessuna coor- dinazione esista fra i polmoni e l’aria, la luce e l’occhio, il suono e l’orecchio? Che nella natura non c’è ordine, in modo che, per esem- pio, la terra percorra ora un’orbita ellittica, ora un’orbita circolare, compiendo ora in un anno, ora in un quarto d’ora la sua rivoluzio- ne intorno al sole? Che assurdo! Che cosa volevo dunque dire in quel passo? Nient’altro che stabilire una differenza tra ciò che è della natura e ciò che è dell’uomo; in questo passo non si dice che nella natura non c’è nulla di reale che corrisponde alle parole e alle idee di ordine, di finalità, di legge; in questo passo si nega soltanto l’iden- tità del pensiero e dell’essere, si nega che l’ordine, ecc., esista nella natura esattamente come nella testa o nella sensibilità dell’uomo. Ordine, finalità, legge non sono altro che parole con le quali Tuomo traduce nel suo linguaggio, per comprenderle, le opere della natura; queste parole non sono prive di senso, cioè di contenuto oggettivo \nicht sinn- d . h. gegenstand siose Worte\ ; tuttavia bisogna distin- guere l’originale dalla traduzione. L’ordine, la finalità, la legge, esprimono, nel senso che hanno per Tuomo, qualche cosa di arbi- trario. « Dal carattere fortuito debordine, della finalità e delle leggi della natura, il teismo trae espressamente la conclusione della loro origine arbitraria, la conclusione delTesistenza di un ente, diverso dalla na- tura, che apporta l’ordine, la finalità, la regolarità nella natura, in sé ian sich\ caotica f dissolute] ed indifferente a ogni determinazione. L’intelletto dei teisti... è in contraddizione con la natura, è assoluta- mente privo di ogni comprensione dell’essenza della natura. L’intel- letto dei teisti divide la natura in due esseri: uno materiale, l’altro formale o spirituale » (Werke^ VII voi., pp. 518-520). Dunque Feuerbach ammette nella natura la legge obiettiva e la causalità obiettiva, che sono riflesse soltanto con un’esattezza appros- simativa nelle idee umane di ordine, di legge, ecc. In Feuerbach, 152 LENIN Tammissione di una legge obiettiva nella natura è indissolubilmente legata con l’ammissione della realtà obiettiva del mondo esterno, de- gli oggetti, dei corpi, delle cose riflessi nella nostra coscienza. La concezione di Feuerbach è coerentemente materialistica. E ogni altra concezione o, piu esattamente, ogni altro indirizzo filosofico nella questione della causalità, la negazione della legge obiettiva, della causalità obiettiva e della necessità obiettiva nella natura, Feuerbach li attribuisce a buon diritto alla tendenza del fideismo. Giacche, in realtà, è chiaro che l’indirizzo soggettivistico nella questione della causalità che attribuisce lorigine debordine e della necessità della natura non al mondo esterno obiettivo, ma alla coscienza, all’intel- letto, alla logica, ecc., non soltanto separa Pintelletto umano dalla natura e non soltanto li oppone l’uno all’altra, ma fa della natura una parte dell’intelletto, invece di considerare l’intelletto come una parte della natura. L’indirizzo soggettivistico nella questione della causa- lità è idealismo filosofico (varietà del quale sono le teorie della cau- salità dì Hume e di Kant), e cioè un fideismo più o meno attenuato, diluito. Il riconoscimento della legge obiettiva della natura, e del ri- flesso approssimativamente fedele di questa legge nella testa dell’uo- mo, è materialismo. Per quanto riguarda Engels, egli non ebbe occasione, se non erro, di contrapporre, in modo speciale, sulla questione della causalità, il suo punto di vista materialistico alle altre tendenze. Egli non aveva nessun bisogno di far questo dal momento che si era separato da tutti gli agnostici nel modo più netto, sul terreno della questione capitale della realtà obiettiva del mondo esterno in generale. Ma, per chi ha letto un po’ attentamente le sue opere filosofiche, dev’esser chiaro che Engels non ammetteva neppur l’ombra di un dubbio sussisten- za della legge obiettiva, della causalità e della necessità della natura. Limitiamoci a qualche esempio. Fin dal primo paragrafo dclYAnti- duhring Engels dice: «Ma per conoscere questi particolari [le par- ticolarità del quadro complessivo dei fenomeni universali] dobbiamo enuclearli dal loro nesso naturale \naturlich] o storico ed esaminar^ ciascuno per sé, nella sua natura, nelle sue cause, nei suoi effetti particolari » (pp. 5-6). È chiaro che questi rapporti naturali, questi rapporti tra i fenomeni della natura hanno un’esistenza obiettiva. Engels sottolinea in modo particolare la concezione dialettica di causa ed effetto: «Causa ed effetto sono concetti che hanno validità MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 153 come tali solo se li applichiamo a un caso singolo, ma che, nella misura in cui consideriamo questo fatto singolo nella sua connes- sione generale con la totalità del mondo, si confondono e si dis- solvono nella visione della universale azione reciproca, in cui cause ed effetti si scambiano continuamente la loro posizione, ciò che ora o qui è effetto, là o poi diventa causa e viceversa » (p. 8). Per con- seguenza, il concetto umano della causa e deireffetto semplifica sempre alquanto il rapporto obiettivo dei fenomeni della natura, poiché la riflette soltanto in modo approssimativo, isolando artifi- cialmente questo o quell’aspetto di un processo universale unico. Se constatiamo che le leggi del pensiero corrispondono alle leggi del- la natura, ciò diviene del tutto comprensibile — dice Engels — ove si consideri che il pensiero e la coscienza sono « prodotti del cervello umano e che l’uomo stesso è un prodotto della natura ». È ovvio che « i prodotti del cervello umano, i quali in ultima analisi sono anch’essi prodotti naturali, non contraddicono il restante nesso della natura f Naturzusammenhang ), ma invece vi corrispondono» (p. 22)**. L’esistenza di un nesso naturale obiettivo dei fenomeni dell’universo è fuori dubbio. Engels parla costantemente delle « leggi della natu- ra », delle « necessità della natura » (N dturnotwendig\eiten) e non ritiene necessario illustrare in modo particolare le tesi del materiali- smo note a tutti. Anche nel Ludwig Feuerbach leggiamo che « le leggi generali del movimento, tanto del mondo esterno quanto del pensiero uma- no, fsonol due serie di leggi, identiche nella sostanza, differenti pe- rò nell’espressione, in quanto il pensiero umano le può applicare in modo consapevole, mentre nella natura e sinora per la maggior parte anche nella storia umana esse si impongono in modo incosciente, nella forma di necessità esteriore, in mezzo a una serie infinita di apparenti casualità » (p. 38). Ed Engels accusa la vecchia filosofia della natura di aver posto in luogo «dei nessi reali [dei fenomeni della natura] ancora sconosciuti, dei nessi ideali, fantastici» (p. 42)" Il riconoscimento delle leggi obiettive, della causalità e della necessi- tà nella natura è del tutto chiaro in Engels, il quale sottolinea anche il carattere relativo dei riflessi approssimativi nostri (cioè umani) di queste leggi in questo o in quel concetto. Passiamo ora a }. Dietzgen. Dobbiamo anzitutto rilevare una del- le innumerevoli deformazioni della questione da parte dei nostri ma- «54 LENIN chisti. Uno degli autori dei Saggi « intorno » alla filosofia del marxi- smo , il signor Helfond, ci dichiara: «I punti fondamentali della concezione di Dietzgcn possono essere riassunti nelle seguenti tesi: ...9) la dipendenza causale, che noi attribuiamo alle cose, in realtà non è contenuta nelle cose stesse» (p. 248). Questa è una sciocchezza da cima a fondo. Il signor Helfond, le cui concezioni personali sono una vera e propria insalata di materialismo e di agnosticismo, ha spu- doratamente falsato il pensiero di J. Dietzgen. Certo, in Dietzgen si possono trovare numerosi errori, confusioni, imprecisioni tali da ral- legrare i machisti e che costringono ogni materialista a riconoscere che Dietzgen è un filosofo non del tutto conseguente. Ma soltanto gli Helfond, soltanto i machisti russi sono capaci di attribuire al materia- lista Dietzgen la negazione diretta della concezione materialistica della causalità. « La conoscenza scientifica obiettiva — scrive J. Dietzgen nella sua opera Essenza del lavoro mentale dell'uomo (edizione tedesca del 1903) — ricerca le cause non nella fede, o nella speculazione, ma neiresperienza, nell’induzione, non a priori , ma a posteriori . Le scienze naturali ricercano le cause non fuori dei fenomeni, non dietro i fenomeni, ma in essi o attraverso di essi » (pp. 94-95). « Le cause sono prodotti della facoltà di pensare. Certo, non sono pro- dotti puri di questa facoltà: esse sono generate dall’unione di questa facoltà con i dati dei sensi. Questi materiali forniti dai sensi conferi- scono alla causa generata in questo modo la sua esistenza obiettiva. Come esigiamo dalla verità che essa sia la verità di un fenomeno obiettivo, cosi esigiamo dalla causa che essa sia reale, che sia la causa di un effetto obiettivamente dato » (pp. 98-99). « La causa di una cosa è la sua connessione » (p. 100). Si vede dunque che il signor Helfond ha fatto un’affermazione direttamente opposta alla realtà . La concezione materialistica del mondo esposta da ). Dietzgen riconosce che « la dipendenza causa- le » è contenuta « nelle cose stesse ». Il signor Helfond, per preparare l’insalata machista, ha dovuto confondere, nella questione della cau- salità. l’indirizzo materialistico e l’indirizzo idealistico. Passiamo a questo secondo indirizzo. Una chiara esposizione dei punti di partenza della filosofia di Ave- narius in relazione a questo problema, la troviamo nella sua prima opera La filosofia come pensiero del mondo secondo il principio del MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 155 minor consumo di forza. Al § 81 leggiamo: «Poiché non sentiamo [non conosciamo sperimentalmente: erfahren ] la forza come qual- che cosa che genera il movimento, ignoriamo anche la necessità di un qualsiasi movimento... Tutto ciò che sentiamo [erfahren] è che l’una segue l’altra». Questa è la concezione di Hume nella forma piu pura: la sensazione, l’esperienza non ci parlano di nessu- na necessità. Un filosofo il quale afferma (sulla base del principio dell*« economia del pensiero ») che esiste soltanto la sensazione, non poteva giungere a una conclusione diversa. « Nella misura in cui la rappresentazione della causalità — leggiamo oltre — esige una for- za e una necessità 0 una costrizione come parti costitutive integranti, per determinare l’effetto, essa scompare insieme con esse » (§ 82). « La necessità esprime dunque un determinato grado di probabilità nell’at- tesa dell’effetto » (§ 83, tesi). Questo è esplicito soggettivismo nel problema della causalità. E, se si ha un po’ di coerenza, non si può giungere a nessun’altra con- clusione una volta che non si riconosce la realtà obiettiva come fonte delle nostre sensazioni. Prendiamo Mach. In un capitolo speciale, Causalità e spiega- zione ( Wdrmelehre , 2. ed., 1900, pp. 432-439) leggiamo: «La cri- tica di Hume [del concetto di causalità] resta valida con tutta la sua forza ». Kant e Hume risolvono in modi diversi il problema del- la causalità (degli altri filosofi Mach non tiene conto!); «noi ci as- sociamo » alla soluzione di Hume. « Oltre la necessità logica [sotto- lineato da Mach] non esiste nessun altra necessità, per esempio la necessità fisica ». Questa è appunto la concezione che Feuerbach com- batteva cosi risolutamente. A Mach non passa neppure per la testa di negare la sua parentela con Hume. Soltanto i machisti russi pote- vano giungere fino ad affermare la « compatibilità » dell’agnosticismo di Hume col materialismo di Marx e di Engels. Nella Mecca - nica di Mach leggiamo: «Nella natura non esiste né causa né effet- to» (p. 474, 3. edizione, 1897): «Ho spiegato ripetute volte che tutte le forme della legge della causalità discendono da istinti [ Trieben ] soggettivi; per la natura non vi è necessità alcuna di corrispondervi» (P- 495 )- Bisogna notare qui che i nostri machisti russi, con stupefacente ingenuità, sostituiscono alla questione della tendenza materialistica o idealistica di tutti i ragionamenti relativi alla legge della causalità, i 5 6 LENIN la questione dell’uno o deiraltro modo di formulare questa leg- ge. Essi hanno prestato fede ai professori empiriocriticisti tedeschi, secondo i quali dire: «correlazione funzionale», costituisce una scoperta del « positivismo moderno » e libera dal « feticismo » di espres- sioni come: «necessità», «legge», ecc. Certo, queste sono sciocchez- ze pure e semplici e Wundt aveva ragione di ridere di questo cam- biamento di parole (pp. 383 e 388 dell’articolo citato, pubblicato in Philosophische Studien ) che non cambia per nulla la sostanza della questione. Mach stesso parla di « tutte le forme » della legge della causalità e in Conoscenza ed errore (2. edizione, p. 278) fa l’ovvia ri- serva che il concetto di funzione può esprimere piu esattamente la « dipendenza degli elementi » solo quando si ha la possibilità di esprimere i risultati delle ricerche in grandezze misurabili ; ma ciò si è ottenuto soltanto in parte, perfino in una scienza come la chi- mica. Bisogna credere, dal punto di vista dei nostri machisti, tanto fiduciosi nelle scoperte professorali, che Feuerbach (per non parlare di Engels) non sapeva che i concetti di ordine, di legge, ecc., in cer- te condizioni, possono essere matematicamente espressi con deter- minati rapporti funzionali! La questione effettivamente importante della teoria della cono- scenza, la questione che distingue le tendenze filosofiche, non sta nel sapere quale grado di precisione è stato raggiunto dalle nostre de- scrizioni dei nessi di causalità e se queste descrizioni possono esser espresse in formule matematiche precise, ma sta nel sapere se la fonte della nostra conoscenza di questi nessi è la legge obiettiva della na- tura, oppure sono le proprietà del nostro intelletto, la capacità ad esso inerente di conoscere certe verità a priori, ecc. Ecco che cosa divide irrevocabilmente i materialisti Feuerbach, Marx ed Engels dagli agnostici (humiani) Avenarius e Mach. In certi passi delle sue opere Mach, che si avrebbe torto di accu- sare di eccessiva coerenza, « dimentica » spesso il suo accordo con Hume e la sua teoria soggettivistica della causalità, per ragionare « sem- plicemente » come scienziato, e cioè da un punto di vista materiali- stico istintivo. Per esempio, nella Meccanica leggiamo: «L’uniformità che la natura ci fa conoscere nei suoi fenomeni» (p. 182 della tra- duzione francese). Se troviamo l’uniformità nei fenomeni della na- tura, vuol dire che questa uniformità ha un’esistenza obiettiva fuori del nostro intelletto? No. Sulla stessa questione delPuniformità della MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO *57 natura, Mach dice cose di questo genere: «La forza che ci spinge a completare col pensiero fatti che abbiamo osservato soltanto a metà, è l’associazione. Essa viene di molto rafforzata dalla ripetizione. Ci sem- bra allora una forza indipendente dalla nostra volontà e dai singoli fatti isolati, la quale sospinge e i pensieri e [corsivo» di Mach] i fatti, man- tenendoli concordi gli uni con gli altri, come legge dominante per gli uni e gli altri. Il fatto che noi ci crediamo capaci di fare previsio- ni servendoci di questa legge dimostra soltanto [!] che il nostro ambiente è sufficientemente uniforme, ma non dimostra affatto la necessità dell’avverarsi delle nostre previsioni» ( Wàrmelehre y p. 383). Ne consegue che si può e si deve cercare una qualche altra neces- sità all’infuori dell’uniformità dell’ambiente, cioè della natura! Dove cercarla? Questo è il segreto della filosofia idealistica, che teme di riconoscere nella facoltà conoscitiva dell’uomo un semplice riflesso della natura. Nella sua ultima opera, Conoscenza ed errore, Mach definisce le leggi della natura perfino come una « limitazione del- l’attesa » ! (2. edizione, p. 450 e sgg.). Il solipsismo prende il so- pravvento. Vediamo qual è la posizione degli altri scrittori appartenenti a questa stessa tendenza filosofica. L’inglese Pearson si esprime con la precisione che gli è propria: «Le leggi della scienza sono pro- dotti dello spirito umano piuttosto che fattori del mondo esterno » (The Grammar of Science y 2. ed., p. 36), « Coloro che, poeti o mate- rialisti, rendono omaggio alla natura come sovrana [ so cerei gn] del- l’uomo, dimenticano troppo spesso che l’ordine e la complessità dei fenomeni che suscitano la loro ammirazione sono il prodotto della facoltà conoscitiva dell’uomo, non meno di quanto lo sono i loro ri- cordi e pensieri» (p. 185). «Il carattere ampio della legge della na- tura deve la sua esistenza all’ingegnosità dell’intelletto umano» (ivi). « L'uomo è il creatore delle leggi della natura », proclama il § 4 del terzo capitolo. « Ha molto piu senso l’affermazione che l’uomo detta le leggi alla natura, che non l’affermazione contraria, secondo la quale la natura detta le sue leggi all’uomo», quantunque — l’ono- revolissimo professore lo ammette con amarezza — quest’ultima opi- nione (materialistica) sia « disgraziatamente troppo diffusa ai nostri giorni » (p. 87). Nel capitolo IV, dedicato alla causalità, la tesi di Pearson è formulata al § 1 1 : «La necessità appartiene al mondo dei concetti e soltanto inconsciamente e illogicamente è trasferita al i 5 8 LENIN mondo delle percezioni ». Bisogna notare che, per Pearson, le per- cezioni o le impressioni dei sensi « sono appunto » la realtà esistente fuori di noi. « Nell’uniformità con la quale si ripetono certe serie di percezioni (la routine delle percezioni), non vi è nessuna necessità in- terna, ma è una condizione necessaria all’esistenza degli esseri pensanti che ci sia questa routine di percezioni. La necessità è dunque nella natura deiressere pensante e non nelle percezioni stesse; essa è il prodotto della nostra facoltà percettiva » (p. 139). In questo modo, il nostro machista, col quale lo « stesso» E. Mach si dichiara più di una volta solidale, arriva felicemente al puro idealismo kantiano: l’uomo detta le leggi alla natura e non la na- tura all’uomo! Non si tratta di ripetere, dopo Kant, la teoria del- l’apriorismo — che caratterizza non l’indirizzo idealistico della filo- sofia, ma una formula particolare di questo indirizzo — , si tratta bensì del fatto che l’intelletto, il pensiero, la coscienza sono qui pri- mordiali e la natura secondaria. L’intelletto non è una particella del- la natura, uno dei suoi prodotti supremi, il riflesso dei suoi processi; ma la natura è una particella dell’intelletto, il quale in tal modo si estende di per se stesso dall’intelletto umano, comune, semplice, noto a tutti, all’intelletto misterioso, divino, «smisurato», come diceva J. Dietzgen. La formula kantiano-machista : «L’uomo detta le leggi alla natura » è una formula del fideismo. Se i nostri machisti spa- lancano gli occhi leggendo in Engels che la caratteristica fondamen- tale del materialismo è il riconoscimento della priorità della natura e non dello spirito, ciò dimostra soltanto fino a che punto essi siano incapaci di distinguere le correnti filosofiche effettivamente impor- tanti dal giuoco professorale dell’erudizione e delle parolette erudite. J. Petzoldt, che nella sua opera in due volumi espone e svolge le idee di Avenarius, può servirci come ottimo esempio di scolastica reazionaria del machismo. « Ancora ai nostri giorni, egli afferma, ben centocinquant’anni dopo Hume, la sostanzialità e la causalità paralizzano il coraggio del pensatore » ( Introduzione alla filosofia dell esperienza pura , voi. I, p. 31), S’intende che i solipsisti, i quali hanno scoperto la sensazione senza materia organica, il pensiero sen- za cervello, la natura senza leggi obiettive, sono più « coraggiosi » di voi tutti! « Anche l’ultima delle definizioni di causalità, quella non ancora ricordata della necessità dell’accadere, o necessità della na- tura, ha in se qualche cosa di vago e di mistico » : l’idea del « fetici- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO *59 smo>, dell’« antropomorfismo », (pp. 32 e 34). Poveri mistici Feuer- bach, Marx ed Engels! Essi che parlavano continuamente della necessità della natura e consideravano i partigiani dell’indirizzo hu- miano come dei teorici reazionari... Petzoldt è superiore a qualsiasi «antropomorfismo». Egli ha scoperto la grande «legge dell'identi- tà », che elimina qualsiasi oscurità, qualsiasi traccia di « feticismo », ecc. ecc. Esempio: il parallelogramma delle forze (p. 35). Non lo si può «dimostrare»; bisogna ammetterlo come «fatto deH’esperien- za ». Non si può ammettere che un corpo il quale riceve impulsi identici si muova in modi diversi. « Non possiamo ammettere una tale indeterminatezza e un tale arbitrio nella natura; dobbiamo esi- gere da essa determinatezza e regolarità » (p. 35). Sia pure. Noi esi- giamo dalla natura regolarità. La borghesia esige dai suoi professori spirito reazionario. « Il nostro pensiero esige dalla natura determi- natezza e la natura si sottomette sempre a questa esigenza; vedremo anche che, ili un certo senso, essa è costretta a sottomettervisi » (p. 36). Perché un corpo che riceve un impulso secondo la linea A B si muove verso C e non D 0 F, ecc.? « Perché la natura non sceglie un’altra direzione fra le innume- revoli direzioni possibili?» (p. 37). Perché vi sarebbe allora «molte- plicità », mentre la grande scoperta empioricriticista di Joseph Pet- zoldt esige il senso unico . E gli empiriocriticisti riempiono decine di pagine con un simile indicibile guazzabuglio! « ... Abbiamo ripetutamente fatto osservare che la nostra tesi trae la sua forza non da una somma ai singole esperienze, ma che al con- trario noi ne esigiamo il riconoscimento \seine Geltung ] da parte della natura. Essa, infatti, ancor prima di divenire una legge, è per noi un principio che applichiamo alla realtà, cioè un postulato. Esso è valido per cosi dire a priori, indipendentemente da ogni esperienza singola. Certo a una filosofia dell’esperienza pura si addirebbe ben poco insegnare verità aprioristiche, ricadendo cosi nella più sterile metafisica. Il suo a priori potrebbe essere sempre soltanto un a priori i6o LENIN logico e non psicologico e metafisico» (p. 40). Certo, certo, basta dire che l’a priori è logico, perché questa idea perda tutto il suo ca- rattere reazionario e ascenda alle vette del «positivismo moderno»! Non può esservi, ci insegna ancora Petzoldt, determinatezza in senso unico dei fenomeni psichici: la funzione della fantasia, la im- portanza dei grandi inventori, ecc., costituiscono delle eccezioni, men- tre la legge della natura, o la legge dello spirito, non tollera « nessu- na eccezione » (p. 65). Abbiamo davanti a noi un metafisico puro e semplice, il quale non ha nessuna idea della relatività della distinzio- ne fra casuale e necessario. Forse — continua Petzoldt — mi si rimanderà alla spiegazione degli avvenimenti storici e dell’evoluzione del carattere nelle opere di poesia? «Se osserviamo con attenzione, vediamo che manca il senso unico. In qualsiasi avvenimento storico e in qualsiasi dram- ma potremmo immaginare gli attori agire in modo diverso pure nelle stesse condizioni psichiche» (p. 73). «...Questo senso unico non solo manca di fatto nel campo psichico, ma abbiamo anche il diritto di esigere [corsivo di Petzoldt] che esso sia assente dalla realtà. In questo modo... la nostra dottrina assurge al rango di un postulato,... cioè di un fatto che riconosciamo come condizione ne- cessaria di una esperienza molto anteriore, in quanto suo a priori lo- gico » (corsivo di Petzoldt; p. 76). E Petzoldt continua a operare con questo « a priori logico » nei due volumi della sua Introduzione e nel suo libercolo II problema dell universo dal punto di vista positivistico *, pubblicato nel 1906. Abbiamo qui un secondo esempio di un empiriocriticista notissimo, il quale scivola inavvertitamente nel kantismo e predica le dottrine più reazionarie con qualche piccolo ritocco di forma. E non è effetto del caso, perché la dottrina della causalità di Mach e Avenarius è, nei suoi principi stessi, una menzogna idealistica, qualunque siano le frasi altisonanti sul « positivismo », con le quali la si riveste. La diffe- renza che esiste fra la teoria humiana della causalità e quella kan- tiana è una differenza secondaria fra agnostici che sono d’accordo neHessenziale : nella negazione delle leggi obiettive della natura, • J. Petzoldt: Das Wcìtproblem von positivistischem Stand punite aus , Lipsia, 1906, p. 130. «Può anche esservi un a priori logico dal punto di vista empìrico: la causalità è un a priori logico per la costanza sperimentale [ erjahrungsmàssig ] del nostro ambiente ». MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO l 6 l con la quale negazione si condannano inevitabilmente a conclusioni idealistiche. Un empiriocriticista un po’ piu «coscienzioso» di Pet- zoldt, Rudolf Willy, il quale arrossisce della sua parentela coi se- guaci deirimmanentismo, respinge, per esempio, tutta la teoria del « senso unico » di Petzoldt, in quanto essa non genera altro che « formalismo logico ». Ma Willy, ripudiando Petzoldt, migliora forse la propria posizione? In nessun modo. Poiché egli respinge l’agnosti- cismo kantiano unicamente a vantaggio dell’agnosticismo humiano: « Già da molto tempo (dal tempo di Hume) — egli scrive — noi sappiamo che la ” necessità ” è una caratteristica [Mer{mal] pura- mente logica (non "trascendentale”), o, come preferirei dire (e come ho già detto), puramente linguistica [sprachlich] » (R. Willy: Gegen dìe Schulweìsheit , Monaco, 1905, p. 91; cfr. pp. 173, 175). L’agnostico chiama « trascendentale » la nostra concezione mate- rialistica della necessità, perché, secondo la stessa « saggezza scola- stica » humiana e kantiana, che Willy non respinge ma soltanto rimette a nuovo, ogni riconoscimento della realtà obiettiva, dataci dal- Pesperienza, è un « tran scénsiti » illegittimo. Tra gli scrittori francesi appartenenti alla tendenza filosofica del- la quale ci occupiamo, uno che inclina continuamente verso l’agno- sticismo è Henri Poincaré, grande fisico e mediocre filosofo, i cui errori, naturalmente, vengono proclamati da P. Iusckevic come l’ul- tima parola del positivismo moderno, « moderno » fino al punto che si è dovuto perfino ricorrere a un nuovo «ismo»: empiriosimboli- smo. Per Poincaré (delle cui concezioni tratteremo nel capitolo dedi- cato alla fisica moderna), le leggi della natura sono simboli, conven- zioni create dall’uomo per « comodità ». «L’unica realtà obiettiva esistente è l’armonia interna del mondo », e Poincaré chiama obiettivo ciò che è universalmente valido, ciò che è ammesso dalla maggior parte o dalla totalità degli uomini *; in altri termini, Poincaré, come tutti i machisti, sopprime, in modo puramente soggettivo, la verità obiettiva, e per quanto riguarda l’« armonia », alla domanda se essa esìste fuori di noi , risponde categoricamente: «Certamente no». È del tutto evidente che i nuovi termini non cambiano in nulla il vec- chio indirizzo filosofico dell’agnosticismo, poiché l'essenza della teo- ria « originale » di Poincaré si riduce, in fondo, alla negazione (seb- Hcnri Poincarc: La valeur de la Science , Parigi, 1905, pp. 7-9- IÓ2 LENIN bene egli sia assai poco coerente) della realtà obiettiva e delle leggi obiettive della natura. È perciò del tutto naturale che i kantiani tedeschi, contrariamente ai machisti russi che scambiano le nuove formulazioni di vecchi errori per scoperte recentissime, abbiano salu- tato simili opinioni come un passaggio dalla loro parte, dalla parte deiragnosticismo, nella questione filosofica essenziale. (cioè con chiacchiere sulla variabilità dei concetti) ( Antiduhring , 5. edizione tedesca, p. 41) Non vi pare tutto questo tanto chiaro che perfino i signori Iu- sckevic potrebbero comprendere l’essenza della questione? Engels oppone a Dùhring la tesi della realtà generalmente ammessa e ov- via per ogni materialista, cioè della realtà obiettiva del tempo, di- cendo che i ragionamenti intorno alle variazioni dei concetti di tempo e di spazio non esonerano dal riconoscimento diretto o dalla di- retta negazione di questa tesi. Non si tratta di far negare ad Engels la necessità o l’importanza scientifica delle ricerche sui cambiamenti e sullo sviluppo dei nostri concetti di tempo e di spazio; si tratta di risolvere in modo coerente il problema gnoseologico, il problema, cioè, della fonte e del valore di ogni conoscenza umana in generale. Un filosofo idealista, che abbia almeno un po’ di buon senso — ed Engels parlando degli idealisti alludeva agli idealisti geniali e coeren- ti della filosofia classica — non stenterà ad ammettere che le nostre concezioni del tempo e dello spazio evolvono, e non cesserà di essere idealista pensando, ad esempio, che le concezioni di tempo e di spa- zio, nel loro sviluppo, si avvicinano all’idea assoluta dell’uno e del- l’altro, ecc. Ma non si può sostenere coerentemente in filosofia una MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 173 concezione ostile a ogni fideismo e ad ogni idealismo, se non si am- mette nettamente e risolutamente che i nostri concetti di tempo e di spazio riflettono nel loro sviluppo il tempo e lo spazio obiettiva- mente reali e si avvicinano anche qui, come in generale, alla verità obiettiva. «Le forme fondamentali di tutto l’essere sono spazio e tempo — spiega Engels a Diihring — e un essere fuori del tempo è un assurdo altrettanto grande quanto un essere fuori dello spazio » ( iv 0- Perché, nella prima metà di questa proposizione, Engels è costret- to a ripetere quasi testualmente Feuerbach e, nella seconda metà, a ricordare la lotta contro le enormi assurdità del teismo, condotta cosi felicemente da Feuerbach? Perché Diihring, come si vede nello stes- so capitolo di Engels, non riusciva a tenere le fila della sua filosofia, senza poggiare ora sulla « causa finale » del mondo, ora sull’« im- pulso primo » (altra espressione del concetto di Dio, dice Engels). Diihring voleva probabilmente essere materialista e ateo, non meno sinceramente di quanto i nostri machisti vorrebbero essere marxisti, ma non seppe svolgere in modo coerente una concezione filosofica che togliesse effettivamente ogni base agli assurdi delPidealismo e del teismo. E poiché non riconosceva 0, almeno, non riconosceva chia- ramente e nettamente la realtà obiettiva del tempo e dello spazio (Diihring vacillò e fece della confusione su questo punto), egli sci- volò, non per caso, ma fatalmente, lungo un piano inclinato, fino alle « cause finali » e agli « impulsi primi », perché si era privato del criterio obiettivo che impedisce di oltrepassare i confini del tempo e dello spazio. Se il tempo e lo spazio sono soltanto concetti, allora l’umanità che li ha creati ha il diritto di uscire dai loro confini e i professori borghesi hanno il diritto di ricevere degli stipendi dai go- verni reazionari per difendere la legittimità di questo sconfinamento, per difendere direttamente o indirettamente l’« assurdità» medioevale. Engels dimostrò a Dùhring che la negazione della realtà obietti- va del tempo e dello spazio in teoria è confusione filosofica e, in pra- tica, è capitolazione o impotenza di fronte al fideismo. Considerate ora la « dottrina » del « positivismo moderno » a que- sto proposito. In Mach leggiamo: «Spazio e tempo sono sistemi ordinati [o armonizzati, wohlgeordnete ] di serie di sensazioni» ( Mec- canica , 3. ediz. tedesca, p. 498). Questa è un’evidente assurdità idea- 174 LENIN listica che discende inevitabilmente dalja dottrina secondo la quale i corpi sono complessi di sensazioni. Non è Puomo, con le sue sen- sazioni, che esiste nello spazio e nel tempo; ma sono lo spazio e il tempo che esistono nelPuomo, dipendono dalPuomo, sono creati dal- Puomo: ecco quali sono le conclusioni di Mach. Mach sente di scivo- lare verso l’idealismo e « resiste » moltiplicando le riserve e affogan- do la questione, come faceva Diihring, in interminabili ragionamenti (si veda in particolar modo Conoscenza ed errore) intorno alla va- riabilità, alla relatività, ecc., dei nostri concetti di tempo e di spazio, ecc. Ma questo non lo salva e non lo può salvare, perché non si può effettivamente superare Pidealismo nella questione in esame se non riconoscendo la realtà obiettiva dello spazio e del tempo. E Mach non vuole riconoscerla a nessun costo. Egli costruisce una teoria gnoseologica del tempo e dello spazio sul principio del relativismo e se ne accontenta. Questa costruzione non può condurlo ad altro che alTidealismo soggettivo, come abbiamo già spiegato parlando della verità assoluta e relativa. Nel resistere alle inevitabili conclusioni idealistiche che discen- dono dalle sue premesse, Mach se la prende con Kant e sostiene Porigine del concetto di spazio dalPesperienza ( Conoscenza ed errore , 2. ediz. tedesca, pp. 350 e 385). Ma se nell’esperienza non ci vien data la realtà obiettiva (come insegna Mach), questa obiezione a Kant non elimina per nulla la posizione agnostica comune sia a Kant che a Mach. Se noi prendiamo il concetto di spazio dall’espe- rienza che non riflette la realtà obiettiva esterna, la teoria di Mach rimane idealistica. L’esistenza della natura nel tempo , misurato in milioni di anni, prima della comparsa dell’uomo e dell’esperienza umana, dimostra l’assurdità di questa teoria idealistica. « Sotto l’aspetto fisiologico — scrive Mach — il tempo e lo spazio sono sistemi di sensazioni di orientamento, le quali, assieme alle sen- sazioni degli organi dei sensi, determinano lo sviluppo f Auslósung] di reazioni di adattamento biologicamente razionali. Sotto l’aspetto fisico, il tempo e lo spazio sono rapporti di dipendenza fra gli ele- menti fisici » (ivi, p. 434). Il relativista Mach si limita ad esaminare il concetto di tempo sotto aspetti diversi! E segna il passo anche lui come Duhring. Se gli « ele- menti » sono sensazioni, l’interdipendenza degli elementi fisici non può esistere fuori dell’uomo, anteriormente aH’uomo, anteriormente alla MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO T 75 materia organica. Se le sensazioni di tempo e di spazio possono dare al- l’uomo un orientamento biologicamente razionale, ciò avviene esclusi- vamente a condizione che esse riflettano la realtà obiettiva esterna all’uomo: l’uomo non potrebbe adattarsi biologicamente all’ambien- te, se le sue sensazioni non gli dessero una rappresentazione obietti- vamente giusta dell’ambiente stesso. La teoria dello spazio e del tem- po è indissolubilmente legata alla soluzione della questione gnoseolo- gica fondamentale: o le nostre sensazioni sono di per sé immagini dei corpi e delle cose, o i corpi sono complessi delle nostre sensazio- ni. Mach non fa che brancolare tra queste due soluzioni. La fìsica contemporanea, egli dice, conserva l’idea di Newton del tempo e dello spazio assoluti (pp. 442-444), del tempo e dello spazio come tali. Questa concezione « ci » sembra assurda, continua Mach, senza sospettare, evidentemente, l’esistenza dei materialisti e della teoria materialistica della conoscenza. Ma questa concezione, in pra- tica, era innocua ( unschàdlich , p. 442) e perciò per molto tempo non è stata sottoposta a critica. Questa ingenua osservazione sull’innocuità della concezione ma- terialistica si rivolge contro Mach! In primo luogo, è falso che «per molto tempo» gli idealisti non abbiano criticato questa concezione; Mach ignora semplicemente la lotta che si è svolta intorno a questo problema fra le teorie idealistica e materialistica della conoscenza; egli evita di esporre chiaramente e nettamente le due concezioni. In secondo luogo, col riconoscere « innocue > le opinioni materialistiche da lui contestate, Mach, in sostanza, riconosce con ciò che esse sono giuste. Infatti, come avrebbe potuto un errore rimanere innocuo nel corso di secoli? Che cosa è avvenuto di quel criterio della pratica col quale Mach si provava a civettare? La concezione materialistica della realtà obiettiva del tempo e dello spazio può essere « inoffensi- va » soltanto perché le scienze naturali non vanno oltre i limiti del tempo e dello spazio, oltre i limiti del mondo materiale, lasciando quest’occupazione ai professori di filosofia reazionaria. Una simile « innocuità » è l’equivalente dell’esattezza. « Nociva » è la concezione idealistica di Mach relativa allo spazio e al tempo, poiché, in primo luogo, essa spalanca la porta al fidei- smo, e, in secondo luogo, induce lo stesso Mach a conclusioni rea- zionarie. Per esempio, Mach scriveva nel 1872; «Non è necessario immaginare gli elementi chimici nello spazio a tre dimensioni » 176 LENIN ( Erhaltung der Arbeit y p, 29, ripetuto a p. 55). Procedere a questo modo significa « imporsi una restrizione inutile. Non è affatto neces- sario pensare cose puramente mentali [das bloss Gedachte ] nello spazio e cioè in rapporto al visibile e al sensibile, cosi come non è affatto necessario pensarle come aventi una determinata intensità di suono > (p. 27). « Se finora non si è riusciti a formulare una teoria sod- disfacente dell’elettricità, ciò dipende forse daH’aver voluto spiegare i fenomeni elettrici con processi molecolari in uno spazio a tre di- mensioni > (p. 30). Secondo quel machismo chiaro e inequivocabile che Mach so- steneva apertamente nel 1872, il ragionamento è assolutamente in- contestabile: se le molecole, gli atomi, in un parola gli elementi chi- mici, non possono essere percepiti dai sensi, vuol dire che essi sono « cose puramente mentali » ( das bloss Gedachte). E se cosi è, se lo spazio e il tempo non hanno un valore obiettivo reale, è chiaro che nulla ci obbliga a immaginare gli atomi come situati nello spaziol La fisica e la chimica «si limitino» pure allo spazio a tre dimensioni nel quale si muove la materia! Tuttavia, per spiegare l’elettricità si pos- sono cercare i suoi elementi in uno spazio non a tre dimensioni! È comprensibile che i nostri machisti abbiano cura di tacere que- sto assurdo di Mach, benché egli lo ripeta nel 1906 ( Conoscenza ed errore , 2. ediz., p. 418), perché, se ne parlassero, dovrebbero porre nettamente la questione della concezione idealistica e materialistica dello spazio, senza sotterfugi e senza tentare di « conciliare » queste posizioni antagonistiche. È anche comprensibile perché fin dagli anni 1870-1880, in un periodo in cui Mach era affatto sconosciuto e si vedeva persino rifiutare i suoi articoli dai « fisici ortodossi », uno dei capi della scuola immanentista, Anton vón Leclair, si sia energi- camente impadronito appunto di questo argomento di Mach, come di un’eccellente abiura del materialismo e come di un riconosci- mento deirìdealismo! Perché, a quel tempo, Leclair non aveva anco- ra escogitato o non aveva ancora preso in prestito da Schuppe o da Schubert-Soldern o da J. Rehmke il « nuovo » nome di « scuola im- manentista » e si presentava semplicemente come idealista critico *. Questo difensore non equivoco del fideismo — che predica aperta- * Anton von Leclair: Der Rcalìsmus der modernen Naturwissenschajt im Lichtc ter von Berkeley und Kant angebahnten Erf^enntnìskritit^, Praga, 1879. materialismo ed empiriocriticismo 177 mente il fideismo in tutte le sue opere filosofiche — proclamò subito Mach, per questi suoi ragionamenti, grande filosofo « rivoluzionario nel miglior senso della parola » (p. 252), e aveva perfettamente ragio- ne. Il ragionamento di Mach mostra il suo passaggio dal campo della scienza al campo del fideismo. Nel 1872 come nel 1906, le scienze naturali hanno cercato, continuano a cercare e trovano — o almeno intravedono — Tatomo di elettricità, Telettrone, nello spazio a tre dimensioni. Per le scienze naturali è fuori questione che la materia oggetto delle loro ricerche non esiste se non nello spazio a tre dimen- sioni e che per conseguenza anche le particelle di questa materia, quantunque siano cosi piccole da essere invisibili, esistono « incondi- zionatamente » nello stesso spazio a tre dimensioni. Nel corso dei trenta e piu anni che sono passati dal 1872 e che sono segnati dai progressi prodigiosi, vertiginosi, compiuti dalla scienza nel campo della struttura della materia, la concezione materialistica dello spa- zio e del tempo ha continuato a restare « innocua » e cioè a restare, come nel passato, in accordo con le scienze naturali, mentre la con- cezione opposta di Mach e soci è stata un « dannoso » abbandono di posizioni al fideismo. Nella sua Meccanica , Mach difende quei matematici che studiano le questioni degli spazi immaginari a n dimensioni, li difende dal- Taccusa secondo la quale essi sarebbero colpevoli di aver tratto dedu- zioni « mostruose » dalle loro ricerche. La difesa è indiscutibilmente giusta, ma osservate quale posizione gnoseologica prende Mach nel fare questa difesa. La matematica pili recente — dice Mach — ha posto la questione utilissima e importantissima dello spazio a n dimensioni, come spazio immaginario, ma soltanto lo spazio a tre dimensioni rimane un « caso reale » (ein wirklicher Fall) (3. ediz., pp. 483-485). È perciò a torto che « molti teologi, i quali si trovano in difficoltà non sapendo dove collocare Tinferno», e anche gli spiri- tisti, vorrebbero approfittare ai loro fini della quarta dimensione ( ivi )- Benissimo! Mach non vuole andare in compagnia dei teologi e degli spiritisti. Ma in che cosa si distingue da essi nella sua teoria della conoscenza ? In questo: che soltanto lo spazio a tre dimensioni è reale\ Che razza di difesa è questa contro i teologi e compagnia se non riconoscete la realtà obiettiva dello spazio e del tempo? Sta di fatto che voi utilizzate il metodo di plagiare tacitamente i ma- i 7 8 LENIN tcrialisti quando volete distinguervi dagli spiritisti. Infatti i mate- rialisti, i quali riconoscono il mondo reale, la materia percepita dai nostri sensi, come una realtà obiettiva , hanno il diritto di concludere da questa premessa che qualunque escogitazione Umana — qualun- que sia il suo fine — la quale esca dai limiti del tempo e dello spa- zio è irreale. Invece voi, signori machisti, negate la « realtà s> del mondo obiettivo, lottando contro il materialismo, e di soppiatto Tin- troducete di nuovo quando bisogna lottare contro Tidealismo coe- rente sino in fondo, franco e intrepido! Se nel concetto relativo del tempo e dello spazio non c'è nulla all’infuori della relatività, se non c’è una realtà obiettiva (cioè indipendente dall’uomo e dal genere umano) che si riflette in questi concetti relativi, perché il genere umano, perché la maggioranza degli uomini non avrebbe il diritto di concepire degli esseri fuori del tempo e dello spazio? Se Mach ha il diritto di cercare Tatomo di elettricità o l’atomo in generale fuori dello spazio a tre dimensioni, perché la maggioranza del genere umano non dovrebbe avere il diritto di cercare gli atomi o i principi della morale fuori dello spazio a tre dimensioni? « Non è ancora esistito un ostetrico — scrive Mach nello stesso passo — il quale abbia provocato i parti mediante la quarta dimen- sione ». Ottimo argomento, ma soltanto per coloro che vedono nel cri- terio della pratica la conferma della verità obiettiva , della realtà obiettiva del nostro mondo sensibile. Se le nostre sensazioni ci danno un’immagine obiettivamente giusta del mondo esterno, che esiste indipendentemente da noi, questo argomento che si riferisce all’oste- trico, come in generale a tutta la pratica umana, è un argomento valido. Ma allora tutto il machismo, come tendenza filosofica, non è più valido. « Io spero — continua Mach, riferendosi alla sua opera del 1872 — che nessuno sosterrà qualche storia di spettri [die Kosten einer Spuf^geschichte bestreiten\ approfittando di ciò che io dissi e scrissi a questo proposito ». Non si può sperare che Napoleone non sia morto il 5 maggio 1821. Non si può sperare che il machismo non venga utilizzato per € storie di spettri * quando esso è già stato utilizzato e continua a essere utilizzato dai seguaci deirimmanentismo! E non soltanto dai seguaci deirimmanentismo, come vedremo più materialismo ed empiriocriticismo 179 avanti. L’idealismo filosofico è soltanto una storia di spettri dissimu- lata, mascherata. E guardate i rappresentanti francesi e inglesi del- Pempiriocriticismo, meno affettati dei rappresentanti tedeschi di que- sta tendenza. Poincaré dice che i concetti di spazio c di tempo sono relativi e che per conseguenza (per i non materialisti è proprio una « conseguenza ») « non è la natura che ce li dà [o ce li impone, im- pose ], ma siamo noi che li attribuiamo alla natura perché li trovia- mo utili » (op. cit., p. 6). Non giustifica forse ciò l’entusiasmo dei kantiani tedeschi? Non conferma forse tutto questo l’asserzione di Engels che le dottrine filosofiche coerenti debbono considerare come primordiale o la natura o il pensiero dell’uomo? Ben definite sono le idee del machista inglese Karl Pearson. « Noi non possiamo affermare — egli dice — che lo spazio e il tempo hanno un’esistenza reale; essi non si trovano nelle cose, ma nel no- stro modo [ our mode ] di percepirle * (op. cit., p. 184). Questo è idealismo franco e dichiarato. « A somiglianza dello spazio, il tem- po è uno dei mezzi [letteralmente, piani, planes ] coi quali questa grande macchina per classificare, che è la capacità conoscitiva del- l’uomo, mette in ordine [arranges] il suo materiale > (ivi). La conclu- sione di K. Pearson, da lui esposta, come d’abitudine, in tesi chiare e precise, suona : « Lo spazio e il tempo non sono realtà del mondo dei fenomeni [phenomenal world ], ma modi [ modes ] di percepire le cose. Essi non sono né infiniti, né infinitamente divisibili, poiché sono, per la loro essenza [essentially], limitati dal contenuto delle nostre percezioni» (p. 191, conclusioni del capitolo V sullo spazio e e il tempo). Pearson, coscienzioso e onesto nemico del materialismo, col qua le — ripetiamo — Mach si è ripetutamente dichiarato pienamente d’accordo e che a sua volta si dichiara pienamente d’accordo con Mach, non crea un'etichetta speciale per la sua filosofia e, senza la minima circonlocuzione, nomina i clàssici dai quali deriva la sua filosofia: Hume e Kant! (p. 192). E se in Russia si sono trovati degli ingenui i quali hanno credu- to che il machismo desse una « nuova » soluzione al problema dello spazio e del tempo, nella letteratura inglese, per contro, gli scien- ziati da una parte e i filosofi idealisti dall’altra hanno preso posi- zione, immediatamente e nel modo più netto, nei confronti del ma- chista Karl Pearson. Ecco, per esempio, il giudizio del biologo Lloyd i8o LENIN Morgan: «La scienza naturale, come tale, considera il mondo dei fenomeni come esterno rispetto airintelletto deirosservatore, come indipendente da esso », mentre il professor Pearson assume « una posizione idealistica»* •• . «La scienza naturale, in quanto scienza, ha pienamente ragione, secondo me, di trattare il tempo e lo spazio come categorie puramente obiettive, e io penso che il biologo ha ra- gione di considerare la disposizione degli organismi nello spazio, e il geologo la loro disposizione nel tempo, senza fermarsi a spiegare al lettore che infine si tratta soltanto di percezioni dei sensi, di perce- zioni dei sensi accumulate, di date forme di percezioni... Tutto ciò può esser vero, ma è fuor di posto in fisica e in biologia » (p. 304). Lloyd Morgan è un rappresentante di quell’agnosticismo che Engels chia- mava « materialismo che si vergogna » e, per quanto « conciliativa » sia la Tendenza di questa filosofia, è risultato tuttavia impossibile « conciliare » le opinioni di Pearson con la scienza naturale. In Pear- son si ha « prima l’intelletto nello spazio e poi lo spazio neirintel- letto » dice un altro critico ## . « Non vi può esser dubbio — rispon- deva Ryle, un difensore di K. Pearson — che la dottrina della natura dello spazio e del tempo legata al nome di Kant è la piu im- portante conquista positiva fatta dalla teoria idealistica della cono- scenza umana, dairepoca del vescovo Berkeley. E uno dei tratti piu notevoli della Grammatica della scienza sta in questo: che noi tro- viamo qui, forse per la prima volta neiropera di uno scienziato in- glese, il pieno riconoscimento della fondamentale veridicità della dottrina di Kant e una breve, ma chiara esposizione di questa dot- trina... » ***. E cosi, in Inghilterra, né fra gli stessi machisti, né tra i loro avver- sari nel campo delle scienze naturali, né tra i loro partigiani nel campo dei filosofi specializzati, esiste neppure Vombra di un dubbio sul carattere idealistico della dottrina di Mach per quanto riguarda il problema del tempo e dello spazio. Di ciò «non si sono accorti» sol- tanto alcuni scrittori russi che vorrebbero essere marxisti. « Molte particolari opinioni di Engels — scrive per esempio V. Ba- • Naturai scienee, voi. I, 1892, p. 300. •• J. M. Bentley su Pearson in The philosophical revie w (47), voi. VI, 1897, settembre, p. 523. R. J. Rylc su Pearson in Naturai Science , agosto 1892, p, 454. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 181 zarov nei Saggi , p. 67 — , ad esempio la sua concezione dello spa- zio e del tempo "puri”, sono ormai invecchiate». Ma si capisce! Le concezioni del materialista Engels sono invec- chiate, e le concezioni dell’idealista Pearson e deiridealista confuso Mach sono le piu nuove di tutte! E soprattutto curioso in questa faccenda è che Bazarov non dubita neppure che non sia lecito met- tere la concezione del tempo e dello spazio, cioè il riconoscimento 0 la negazione della loro realtà obiettiva, fra le « concezioni parti • colavi » in contrapposto al « punto di partenza della concezione del mondo » del quale egli parla subito dopo. Eccovi un modello lumi- noso di quel «minestrone eclettico da accattone» del quale pai lava Engels a proposito della filosofia tedesca degli anni 1880-1890. Infatti, contrapporre il « punto di partenza » della concezione materialistica del mondo di Marx e di Engels alla loro « concezione particolare » della realtà obiettiva del tempo e dello spazio, è un assurdo cosi stri- dente che equivarrebbe a contrapporre il « punto di partenza » della teoria economica di Marx alla sua « concezione particolare » sul plus- valore. Staccare la dottrina di Engels della realtà obiettiva del tempo e dello spazio dalla sua dottrina della trasformazione delle « cose in sé » in « cose per noi », dal suo riconoscimento della verità obiettiva e assoluta, cioè della realtà obiettiva che ci è data dalle sensazioni — dal suo riconoscimento della regolarità, della causalità, della necessi- tà obiettive della natura — significa trasformare in minestrone una filosofia che forma un tutto unico. In tal modo Bazarov, come tutti 1 machisti, è andato fuori strada ed ha confuso la variabilità dei con- cetti umani di tempo e di spazio, il loro carattere esclusivamente relativo con l'immutabilità del fatto che Tuomo e la natura esi- stono soltanto nel tempo e nello spazio, mentre le sostanze fuori del tempo e dello spazio create dall’oscurantismo clericale e appoggiate daH’immaginazione della massa ignorante e oppressa del genere uma- no, sono fantasie malate, ubbie deiridealismo filosofico, prodotti in- servibili di un regime sociale inetto. Può invecchiare e invecchia ogni giorno la dottrina scientifica della struttura della materia, della com- posizione chimica degli alimenti, dell atomo e deirdettrone, ma non può invecchiare la verità che Tuomo non può alimentarsi con idee e generare figli col solo amore platonico. E la filosofia che nega la realtà obiettiva del tempo e dello spazio è assurda, intimamente fra- dicia e falsa come la negazione di queste ultime verità. Gli artifici 182 LENIN degli idealisti e degli agnostici sono anch’essi, in tutto e per tutto, ipocriti come la predicazione deiramor platonico da parte dei farisei. Per illustrare questa distinzione tra la relatività dei nostri concetti di tempo e di spazio e la contrapposizione assoluta , nei limiti della gnoseologia, degli indirizzi materialistico e idealistico nella questio- ne in esame, cito un altro passo caratteristico, preso da un « empi- riocriticista » molto vecchio e molto puro, cioè Thumiano Schulze- Enesidemo il quale, nel 1792, scriveva: « Se dalla configurazione delle rappresentazioni e delle idee si fan- no deduzioni circa la configurazione delle ” cose fuori di noi ” », allora, « lo spazio e il tempo sono qualche cosa di effettivamente reale ed esistente fuori di noi, poiché l’esistenza dei corpi può esser pensata soltanto in uno spazio esistente \vorhandenen\ e l’esistenza delle modificazioni soltanto in un tempo esistente» (op. cit., p. 100). Proprio cosi! Respingendo risolutamente il materialismo e anche la minima concessione al materialismo, il seguace di Hume, Schulze, nel 1792, descrive il rapporto tra la questione dello spazio e del tem- po e la questione della realtà obiettiva fuori di noi, appunto come lo descrive il materialista Engels nel 1894 (rultima prefazione di Engels all ’ Antiduhring è del 23 maggio 1894). Questo non vuol dire che in cento anni le nostre idee di tempo e di spazio non siano cam- biate e che non si sia raccolto un nuovo e immenso materiale sullo sviluppo di queste idee (materiale che viene citato per una pseudo- confutazione di Engels, sia dai Voroscilov-Cernov che dai Voroscilov- Valentinov); questo vuol dire che la relazione tra materialismo e agnosticismo come tendenze filosofiche fondamentali non poteva cam- biare, quali che siano i « nuovi » appellativi coi quali si pavoneggiano i nostri machisti. Anche Bogdanov non aggiunge proprio nulla alla vecchia filo sofia deH’idealismo e dell’agnosticismo, fuorché i « nuovi » appella- tivi. Quando egli ripete i ragionamenti di Hering e di Mach relativi alla differenza tra spazio fisiologico e spazio geometrico, ossia tra spazio delle percezioni sensibili e spazio astratto ( Empiriomonismo ì voi. 1, p. 26), egli ripete interamente Terrore di Diihring. Una cosa è la questione del modo esatto col quale l’uomo, mediante i vari organi dei sensi, percepisce lo spazio, e del modo col quale, attraverso un lungo processo storico, sulla base di queste percezioni, si elabora- no i concetti astratti di spazio; e una cosa del tutto diversa è la que- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO :8 3 stionc di sapere se a queste percezioni e a questi concetti propri del genere umano corrisponde una realtà obiettiva indipendente dall'u- manità. Quest’ultima questione, quantunque sia l’unica questione fi- losofica, Bogdanov « non l’ha scorta » sotto l’involucro delle ricerche particolari riguardanti la prima questione e perciò non ha saputo contrapporre chiaramente il materialismo di Engels alla confusio- ne di Mach. Il tempo, come lo spazio, « è una forma di concordanza sociale deiresperienza di diversi uomini» (ivi, p. 34); la loro «obiettività» sta nel loro « significato generale » (ivi). Ciò è completamente falso. Anche la religione, che esprime la concordanza sociale dell’esperienza di una gran parte del genere umano, ha un significato generale. Ma la dottrina della religione, per esempio, sul passato della terra e sulla creazione del mondo, non cor* risponde a nessuna realtà obiettiva. Alla dottrina scientifica la quale insegna che la terra esisteva prima di qualsiasi forma sociale, prima del genere umano, prima della materia organica, che essa è esistita per un tempo determinato , in uno spazio determinato rispetto agli altri pianeti, a questa dottrina (quantunque anch’essa sia relativa a ogni grado dello sviluppo della scienza, come è relativo ogni grado di sviluppo della religione) corrisponde una realtà obiettiva. Da quel che dice Bogdanov risulta che le varie forme di tempo e di spazio si adeguano aH’esperienza degli uomini e alla loro capacità cono- scitiva. In realtà avviene precisamente l’opposto: la nostra «esperien- za» e la nostra conoscenza si adeguano sempre più al tempo e allo spazio obiettivo e li riflettono in modo sempre più esatto e profondo. 6. Libertà e necessità. A p. 140-141 dei Saggi, A. Lunaciarski cita il ragionamento di Engels neWAntiduhring su questo problema e si associa pienamente alla definizione, « ammirevole per chiarezza e precisione », che En- gels ha dato della questione nella «meravigliosa pagina»* corri- spondente deH’opera citata. * Lunaciarski dice: «...Meravigliosa pagina di n economia religiosa **. Dico cosi a rischio di far sorridere il lettore '* non religioso ” ». Quali che fossero le vostre buone intenzioni, compagno Lunaciarski, il vostro civettare con la religione non fa sorridere, è nauseante! LENIN Effettivamente, qui ce molto di meraviglioso. E soprattutto è « meraviglioso » che né Lunaciarski né il mucchio degli altri machi- sti che vorrebbero essere marxisti « abbiano avvertito » l’importanza gnoseologica del ragionamento di Engels sulla libertà e la necessità. Per leggere hanno letto e per di più hanno copiato, ma non hanno capito di che si tratta. Engels dice: «Hegel fu il primo a rappresentare in modo giusto il rapporto di libertà e necessità. Per lui la libertà è il riconoscimento della necessità. ” Cieca è la necessità solo nella misura in cui non vie- ne compresa La libertà non consiste nel sognare l’indipendenza dalle leggi della natura, ma nella conoscenza di queste leggi e nella possibilità, legata a questa conoscenza, di farle agire secondo un pia- no per un fine determinato. Ciò vale in riferimento tanto alle leggi della natura esterna, quanto a quelle che regolano l’esistenza fisica e spirituale deH’uomo stesso: due classi di leggi che possiamo sepa- rare Tuna dall’altra tutt’al più nell’idea, ma non nella realtà. Libertà del volere non significa altro perciò che la capacità di poter deci- dere con cognizione di causa. Quindi quanto piti libero è il giudi- zio deiruomo per quel che concerne un determinato punto con- troverso, tanto maggiore sarà la necessità con cui sarà determinato il contenuto di questo giudizio... La libertà consiste dunque nel domi- nio di noi stessi e della natura esterna, fondato sulla conoscenza delle necessità naturali f Naturnotwendigfeiten]...» (pp. m e 113 della 5. ediz. tedesca) w . » Esaminiamo le premesse gnoseologiche sulle quali è basato tutto questo ragionamento. In primo luogo, Engels riconosce, fin dal principio del suo ragio- namento, le leggi della natura, le leggi della natura esterna, la ne- cessità della natura, vale a dire tutto ciò che Mach, Avenarius, Pet- zoldt e soci affermano essere « metafisica ». Se Lunaciarski avesse davvero voluto riflettere sui « meravigliosi » ragionamenti di Engels, non avrebbe potuto non scorgere la differenza fondamentale che esi- ste fra la teoria materialistica della conoscenza e l’agnosticismo e l’idealismo, i quali negano che la natura sia sottoposta a leggi, 0 affermano che esse sono soltanto « logiche », ecc. ecc. In secondo luogo, Engels non si occupa di escogitare « defini- zioni » della libertà e della necessità, quelle definizioni scolastiche che sono la maggiore occupazione dei professori reazionari (del ge- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 185 nere di Avenarius) e dei loro discepoli (del genere di Bogdanov). Engels prende la conoscenza e la volontà deiruomo da una parte, la necessità della natura dall’altra e, invece di formulare qualsiasi defi- nizione, dice semplicemente che la necessità della natura è primor- diale e la volontà e la coscienza delPuomo sono secondarie. Queste ultime devono, inevitabilmente e necessariamente, adeguarsi alla pri- ma; Engels ritiene che quest’affermazione è evidente a tal punto che non spreca molte parole per spiegare la sua concezione. Soltanto i machisti russi potevano rammaricarsi della definizione generale che Engels ha dato del materialismo (la natura è primordiale, la coscien- za secondaria: ricordate «la perplessità » di Bogdanov a questo pro- posito!) e, nello stesso tempo, trovare «meravigliosa» e «mirabil- mente precisa » una delle applicazioni particolari , da parte dello stesso Engels, di questa definizione generale e fondamentale! In terzo luogo, Engels non dubita della esistenza della « necessi- tà cieca ». Egli riconosce l’esistenza di una necessità non cono- sciuta dall’uomo. Questo è piu chiaro della luce del sole, come si vede dal passo citato. E invece, in che modo può l’uomo, dal pun- to di vista dei machisti, conoscere l’esistenza di ciò che egli non conosce ? Conoscere l’esistenza di una necessità sconosciuta? Forse che questo non è « misticismo », non è « metafisica », non è un rico- noscimento di « feticci » e di « idoli », non è la « inconoscibile cosa in sé kantiana»? Se i machisti riflettessero, non potrebbero non avver- tire la completa identità dei ragionamenti di Engels sulla conoscibi- lità della natura obiettiva delle cose e sulla trasformazione della « cosa in sé » in « cosa per noi » da una parte, e dei suoi ragiona- menti sulla necessità cieca, sconosciuta, dall’altra parte. Lo sviluppo della coscienza in ogni singolo individuo umano e lo sviluppo delle conoscenze collettive di tutto il genere umano, ci mostrano a ogni passo la trasformazione della sconosciuta « cosa in se » nella « cosa per noi » conosciuta, la trasformazione della necessità cieca, scono- sciuta, della « necessità in sé » nella « necessità per noi » conosciuta. Dal punto di vista gnoseologico non esiste proprio nessuna differenza fra l’una e l’altra trasformazione, poiché, in entrambi i casi, la con- cezione fondamentale è una sola, e precisamente quella materiali- stica, il riconoscimento della realtà obiettiva del mondo esterno e delle leggi della natura esterna; inoltre, sia questo mondo che queste leggi sono pienamente conoscibili per l’uomo, ma non possono essere i86 LENIN mai da lui conosciuti sino in fondo. Noi non conosciamo la neces- sità della natura nei fenomeni atmosferici e pertanto siamo inevita- bilmente schiavi di questi fenomeni. Ma se non conosciamo questa necessità, noi ne conosciamo resistenza. Donde ci viene questa cono- scenza? Dalla stessa fonte dalla quale sappiamo che le cose esistono fuori della nostra conoscenza e indipendentemente da essa, e cioè dallo sviluppo delle nostre conoscenze che mostra milioni di volte a ogni uomo che la non-conoscenza è sostituita dalla conoscenza quando l’oggetto agisce sui nostri organi dei sensi e, inversamente, la conoscenza si trasforma in non-conoscenza quando cessa la possi- bilità di tale azione. In quarto luogo, Engels applica in modo evidente, nel ragiona- mento citato, il metodo del « salto vitale » in filosofia, cioè fa un salto dalla teoria alla pratica. Nessuno di quei sapienti (e sciocchi) pro- fessori di filosofia, sulle orme dei quali procedono i nostri machisti, si permetterà mai simili salti, disonorevoli per i rappresentanti della «scienza pura». Per essi, una cosa è la teoria della conoscenza nella quale bisogna cucinare le parole delle « definizioni », piu o meno ingegnosamente, mentre la pratica è tutt’altra cosa. Per Engels tutta la viva pratica umana irrompe nella teoria stessa della conoscenza e dà il criterio obiettivo della verità: finché non conosciamo una legge della natura, essa, esistendo e agendo al di là e al di fuori della nostra conoscenza, ci rende schiavi della « necessità cieca ». Dal momento che conosciamo questa legge, la quale agisce (come ha ripetuto Marx migliaia di volte) indipendentemente dalla nostra volontà e dalla no- stra coscienza, noi siamo i dominatori della natura. Il dominio sulla natura, che si manifesta nella pratica del genere umano, è il risultato del riflesso, obiettivamente esatto, dei fenomeni e dei processi della natura nella mente deiruomo, e dimostra che questo riflesso (nei limiti dì ciò che ci indica la pratica) è una verità obiettiva, assoluta, eterna. Che cosa ne risulta in conclusione? Ogni passo nel ragionamento di Engels, quasi letteralmente ogni periodo, ogni proposizione, sono interamente ed esclusivamente impostati sulla gnoseologia del mate- rialismo dialettico, su postulati che colpiscono in pieno tutto Tassur- do machista dei corpi come complessi di sensazioni, degli « elemen- ti », della « coincidenza delle rappresentazioni sensibili con la realtà esistente fuori di noi » e cosi via. Senza minimamente preoccuparsi MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 187 di questo, i machisti rigettano il materialismo, ripetono (à la Ber- man) logore banalità sulla dialettica e nello stesso tempo accolgono a braccia aperte una delle applicazioni del materialismo dialettico! Essi hanno attinto la loro filosofia da una eclettica brodaglia da men- dicanti e continuano a offrirla al lettore. Essi prendono un pezzetto di agnosticismo e un po’ di idealismo da Mach, vi aggiungono un pezzetto di materialismo dialettico da Marx e balbettano che questo minestrone è uno sviluppo del marxismo. Essi pensano che se Mach, Avenarius, Petzoldt e tutte le altre loro autorità non hanno la mini- ma idea della soluzione che Hegel e Marx hanno dato al problema (della libertà e della necessità), questo è un puro caso : ecco, è avve- nuto semplicemente che non hanno letto la tal paginetta del tal libro, ma non è affatto il caso di dire che queste « autorità » erano e sono rimaste Grassamente ignoranti del progresso effettivo della fi- losofia del secolo XIX, erano e sono rimaste oscurantiste in filosofia, Eccovi un ragionamento di uno di questi oscurantisti, il profes- sore emerito di filosofia all'Università di Vienna, Ernst Mach: «La giustezza della posizione del ” determinismo M o dell’ ” in- determinismo ” non può essere dimostrata. Soltanto una scienza per- fetta, o una scienza chiaramente impossibile, potrebbe risolvere que- sto problema. Qui si tratta di premesse che s'introducono [ man heranbringi\ nell'esame delle cose; a seconda che si attribuisca ai precedenti successi o insuccessi delle ricerche un peso soggettivo f subjektives Gewicht- ] piu o meno considerevole. Ma durante la ricer- ca ogni pensatore è necessariamente determinista in teoria» ( Cono- scenza ed errore , 2. cdiz. tedesca, pp. 282-283). Non è forse oscurantismo separare accuratamente la teoria pura dalla pratica? Limitare il determinismo al campo delle «ricerche» e, nel campo della morale, dell’attività sociale e in tutti gli altri cam- pi, a eccezione della « ricerca », abbandonare la questione a un ap- prezzamento « soggettivo » ? Nel mio studio — dice lo scienziato pedante — io sono determinista, ma non vale neanche la pena di parlare di un filosofo che si preoccupi di costruire sulla base del de* terminismo una concezione completa del mondo, la quale abbrac- ci la teoria e la pratica. Per questo Mach dice banalità perché la questione teorica dei rapporti tra la libertà e la necessità non è affatto chiara per lui. «...Ogni nuova scoperta svela le insufficienze della nostra cono- i88 LENIN scenza e mette in luce un residuo di dipendenze non avvertite pri- ma...» (p. 283). Benissimo! Questo «residuo» non è poi la «cosa in sé» che la nostra coscienza riflette sempre piu profondamente? Nien- te di simile: «...In questo modo, anche colui che in teoria sostiene un determinismo estremo, in pratica deve inevitabilmente restare indeterminista... » (p. 283). Ecco dunque una ripartizione in via ami- chevole*: la teoria ai professori, la pratica ai teologi! Oppure: in teoria l’obiettivismo (cioè, materialismo « che si vergogna »), in pratica il « metodo soggettivo in sociologia ». Che gli ideologi russi della piccola borghesia, i populisti da Lesevic a Cernov, simpatiz- zino per questa insulsa filosofia, è cosa che non stupisce. Ma è ben triste che uomini, i quali vorrebbero essere marxisti, siano sedotti da simili sciocchezze e nascondano pudicamente le conclusioni partico- larmente assurde di Mach. Ma nella questione della volontà, Mach non si limita alla con- fusione e a un agnosticismo equivoco, e va molto piu in là... « La nostra sensazione di fame — leggiamo nella Meccanica — non si distingue in sostanza dall’azione dell’acido solforico sullo zinco; la nostra volontà non si distingue poi tanto dalla pressione della pietra sulla superficie sulla quale poggia... In questo mode [cioè con una si- mile concezione] noi ci sentiremo di nuovo piu vicini alla natura senza aver bisogno di disgregare l’uomo in una nuvola di polvere di moleco- le, per noi incomprensibile, o di scomporre la natura in un sistema di esseri spettrali \Spu\gestalten\ » ( Meccanica , 3. edizione, p. 436). Dunque, non ce bisogno del materialismo (degli « atomi nebulosi » o elettroni: vale a dire del riconoscimento della realtà obiettiva del mondo materiale), non c’è bisogno di un idealismo che riconosca il mondo come una « altra esistenza » dello spirito, ma è possibile un idealismo che riconosca il mondo come volontàì Noi siamo superiori non soltanto al materialismo, ma anche all’idealismo di « un qua- lunque » Hegel, ma non siamo alieni dal civettare con l’idealismo d’ispirazione schopenhaueriana! I nostri machisti, che prendono Paria dellfinnocente offeso ogni volta che si ricorda la parentela di Mach con l’idealismo filosofico, anche questa volta preferiscono tacere su • Mach scrive nella Meccanica : « Le opinioni religiose di ogni uomo restano un affare rigorosamente privato , finché questi non tenta d’imporle al altri uomini né di applicarle a questioni che appartengono a un altro campo » (p. 434 della tra- duzione francese). MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 189 questo punto particolarmente delicato. Eppure è difficile trovare nel- le pubblicazioni filosofiche un’esposizione delle concezioni di Mach, nella quale non si rilevi la sua propensione per la Willensmetaphy - si ", vale a dire per Tidealismo volontaristico. Ciò è stato rilevato da J. Baumann *, e il machista H. Kleinpeter, che ha polemizzato con lui, non ha confutato questo punto e ha affermato che Mach, s’in- tende, « è più vicino a Kant e a Berkeley che non alPempirismo me- tafisico [cioè al materialismo spontaneo; ivi, voi. VI, p. 87] domi- nante nelle scienze naturali ». Ciò è stato rilevato anche da E. Becher, il quale osserva che, se Mach in certi punti riconosce la metafisica volontaristica, in altri punti la rinnega e che questa è soltanto una prova dell’arbitrarietà della sua terminologia; in realtà la parentela di Mach con la metafisica volontaristica è indubbia **. Anche Lucka riconosce che la « fenomenologia » (cioè agnosticismo) è una mistura di questa metafisica (cioè idealismo) ***. A sua volta W. Wundt rile^ va la stessa cosa ****. Anche il manuale di storia della filosofia mo- derna di Uebenveg-Heinze constata che Mach è un fenomenalista «non estraneo all’idealismo volontaristico » *****. In una parola, l’eclettismo di Mach e la sua propensione per l'idea- lismo sono chiari per tutti, eccettuati i machisti russi. • Archi V fiir sysiematischc Phìlosophie . 1898, voi. IL p. 63, articolo sulle con- cezioni filosòfiche di Mach. # * Ench Becher, The phtlosoptucal idem oj E. Mach, in Philosophìcal revteu', voi. XIV. 5, 1905, pp. 536. 5 46. 547> 548- ** # E. Lucka. Das Erkenntmsproblem und Machs * Andy se der Empftndurtgen *. in Kantfiudtcn , voi, Vili, 1903, p. 400. ***• Sysiematischc Phtlosophic, Lipsia, 1907, p. 131. ***** Grundriss der Geschichte der Philosophie. voi. IV. 9. cdiz.. Berlino, 1903. p. 250 CAPITOLO QUARTO I FILOSOFI IDEALISTI COMMILITONI E SUCCESSORI DELL’EMPIRIOCRITICISMO Abbiamo fin qui esaminato l’empiriocriticismo preso isolatamen- te. Ora bisogna considerarlo nel suo sviluppo storico, nei suoi lega- mi e rapporti con le altre tendenze filosofiche. In primo piano si pone qui la questione dei rapporti di Mach e Avenarius con Kant. i. La critica del dantismo da sinistra e da destra . Tanto Mach che Avenarius sono entrati nell’arena filosofica tra il 1870 e il 1880, in un’epoca in cui la parola d’ordine in voga nell’am- biente professorale tedesco era: «ritorniamo a Kant!». Ed entrambi i fondatori dell’empiriocriticismo, nel loro sviluppo filosofico, partono appunto da Kant. « Io devo riconoscere con la piu grande gratitu- dine — scrive Mach — che il suo [di Kant] idealismo critico è stato il punto di partenza di tutto il mio pensiero critico. Ma non mi è sta- to possibile rimanergli fedele. Ben presto mi sono riavvicinato alle idee di Berkeley » e poi « sono arrivato a concezioni affini a quelle di Hume... Anche ora devo considerare Berkeley e Hume come pen- satori molto piu conseguenti di Kant * (Analisi delle sensazioni , p. 292). Dunque, Mach riconosce in modo molto preciso di essere arrivato a Berkeley e a Hume dopo aver preso le mosse da Kant. Vediamo Avenarius. Già nella prefazione dei suoi Prolegomeni alla critica dell'espe- rienza pura (1876) Avenarius nota che le parole «critica dell’espe- rienza pura » indicano il suo atteggiamento verso la Critica della ragion pura di Kant « e, beninteso, un atteggiamento di antagonr- 192 LENIN smo» verso Kant (p. IV, ediz. 1876). In che consiste questo antago- nismo tra Avenarius e Kant? Nel fatto che Kant non ha, secondo Avenarius, « purificato» abbastanza « l’esperienza ». È di questa « pu- rificazione dell’esperienza » che Avenarius tratta nei suoi Prolego- meni (§§ 56, 72 e molti altri). Da che cosa Avenarius « purifica » la dottrina di Kant sull’esperienza? In primo luogo dall’apriorismo. «La questione — dice egli al § 56 — della necessità di eliminare, come superflui, dal contenuto dell’esperienza i "concetti a priori della ragione " e creare così una esperienza pura per eccellenza è posta qui, per quanto mi consta, per la prima volta ». Noi abbiamo già visto che Avenarius ha « purificato » così il kantismo dall’am- missione della necessità e della causalità. In secondo luogo, egli purifica il kantismo dall’ipotesi di sostanza (§ 95), cioè della cosa in sé, la quale, secondo Avenarius, « non è data nei fatti deiresperienza reale, ma è introdotta in essa dal pen- siero ». Vedremo ora che questa definizione del suo indirizzo filosofico data da Avenarius coincide completamente con la definizione di Mach, dalla quale non si distingue che per il suo stile manierato. Ma bisogna dapprima notare che Avenarius dice apertamente il falso quando afferma di aver posto per la prima volta nel 1876 la questio- ne della « purificazione dell’esperienza », cioè della purificazione del- la dottrina di Kant dalPapriorismo e dall’ipotesi della cosa in sé. In realtà lo sviluppo della filosofia classica tedesca suscitò, subito dopo Kant, una critica del kantismo orientata appunto in quella stessa di- rezione in cui Tha condotta Avenarius. Questa corrente, nella filo- sofia classica tedesca, è rappresentata da Schulze-Enesidemo, che è sostenitore dell’agnosticismo di Hume, e da J. G* Fichte, sostenitore del berkeleismo, cioè deiridealismo soggettivo. Nel 1792 Schulze- Enesidemo criticava Kant appunto per aver ammesso l’apriorismo (op. cit., pp. 56, 141 e molte altre) e la cosa in sé. Noi scettici 0 seguaci di Hume — diceva Schulze — respingiamo la cosa in sé, in quanto « esce dai limiti di ogni esperienza » (p. 57). Noi respingiamo la co- noscenza obiettiva (p. 25); noi neghiamo che lo spazio e il tempo esi- stano realmente fuori di noi (p. 100); noi neghiamo che nell’esperien- za vi siano necessità (p. 112), causalità, forza, ecc. (p. 113). A essi non si può attribuire una « realtà fuori delle nostre rappresentazioni » (p. 114). Kant dimostra «dogmaticamente» Papriorismo, dicendo che MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 193 se noi non possiamo pensare diversamente, vuol dire che esiste una legge aprioristica del pensiero. « Questo argomento — risponde Schul- ze a Kant — è da lungo tempo adoperato in filosofia per dimostrare la natura obiettiva di ciò che sta fuori delle nostre rappresentazioni » (p. 141). Ragionando in questo modo si può attribuire la causalità alle cose in sé (p. 142). « L’esperienza non c’insegna mai \wir erfah - ren niemals ] che l’azione delle cose obiettive su di noi produce le rap- presentazioni » e Kant non ha assolutamente provato che « questo qualcosa, che si trova fuori della nostra ragione, deve essere conside- rato come una cosa in sé differente dalla nostra sensazione [Gemiti]. La sensazione può essere pensata come unica base di tutta la nostra conoscenza» (p. 265). La critica della ragion pura di Kant «fonda i suoi ragionamenti sul presupposto che ogni conoscenza comincia con l’azione delle cose obiettive sulla nostra sensibilità [Gemitt\ ed essa stessa contesta in seguito la verità e la realtà di questo presup- posto » (p. 2 66). Kant non ha confutato in nessun punto l’idealista Berkeley (pp. 268-272). Da qui si vede che l’humiano Schulze respinge la dottrina di Kant sulla cosa in sé come una concessione inconseguente al materialismo, cioè alPaffermazione « dogmatica » che la realtà obiettiva ci è data nella sensazione -o, in altri termini, che le nostre rappresentazioni sono generate dall’azione delle cose obiettive (indipendenti dalla no- stra coscienza) sui nostri organi dei sensi. L’agnostico Schulze rim- provera l’agnostico Kant pel fatto che l’ipotesi della cosa in sé è in contraddizione con l’agnosticismo e conduce al materialismo. L’idea- lista soggettivo Fichte critica lui pure Kant — ma in modo più de- ciso — dicendo che l’ammissione da parte di Kant della cosa in sé, indipendentemente dal nostro lo è « realismo » ( Wer{e , I, p. 483) e che Kant non distingue « nettamente » tra « realismo » e « ideali- smo ». Fichte vede un’incoerenza flagrante di Kant e dei kantiani nelPammissione della cosa in sé come «base della realtà obiettiva» (p. 480), cadendo cosi in contraddizione con l’idealismo critico. « Per voi — esclamava Fichte rivolto agli interpreti realisti di Kant — la terra poggia sul grande elefante e il grande elefante poggia sulla terra. La vostra cosa in sé, che non è che un pensiero, dovrebbe agire suir/o! » (p. 483). E cosi Avenarius si sbaglia profondamente quando immagina di essere lui a intraprendere «per la prima volta» la «purificazione ! 94 LENIN dell’esperienza » di Kant daH’apriorismo e dalla cosa in sé e di creare con ciò un «nuovo» indirizzo in filosofia. In realtà egli ha conti- nuato il vecchio indirizzo di Hume e di Berkeley, di Schulze-Ene- sidemo e di Fichte. Avenarius ha creduto di « purificare l’esperienza in generale»; in realtà egli non ha fatto altro che purificare ragno - sticismo dal dantismo. Egli non ha lottato contro l’agnosticismo di Kant (l’agnosticismo è la negazione della realtà obiettiva che ci è data nella sensazione), ma per un agnosticismo piu puro , per elimi- nare l’ipotesi di Kant, che contraddice 1 agnosticismo, secondo la quale esisterebbe la cosa in sé, sia pure inconoscibile, noumenica, appartenente all’al di là, esisterebbero la necessità e la causalità, sia pure a priori, date nel pensiero e non nella realtà obiettiva. Egli ha lottato contro Kant non di sinistra , come hanno fatto i materia- listi, ma da destra , come hanno fatto gli scettici e gli idealisti. Egli immaginava di andare avanti, mentre in realtà andava indietro verso quel programma di critica a Kant che Kuno Fischer, parlando di Schulze-Enesidemo, definì giustamente con le parole: « La critica della ragion pura, meno la ragion pura [cioè meno l’apriorismo] è scettici- smo. La critica della ragion pura meno la cosa in sé è idealismo alla Berkeley * ( Storia della filosofia moderna , ediz. ted., 1869, voi, V, p. 115). Siamo ora arrivati a uno dei piu curiosi episodi di tutta la nostra « machiade », di tutta la campagna dei machisti russi contro Engels e Marx. La piu recente scoperta di Bogdanov e Bazarov, Iusckevic e Valentinov, che essi strombazzano in mille solfe, è che Plekhanov fa un «tentativo infelice di conciliare Engels e Kant mediante il com- promesso di una cosa in sé che sia conoscibile appena un po’ » (Saggi, p. 67 e molte altre). Questa scoperta dei nostri machisti ci spalanca dinanzi l’abisso veramente insondabile della piu ingarbugliata con- fusione e della piu mostruosa incomprensione sia di Kant che di tutto il processo di sviluppo della filosofia classica tedesca. La principale caratteristica della filosofia di Kant è la concilia- zione del materialismo con l’idealismo, un compromesso fra Puno e l’altro, una combinazione in un unico sistema delle due tendenze differenti e opposte della filosofia. Quando ammette che alle nostre rappresentazioni corrisponde qualcosa fuori di noi, una certa cosa in sé, Kant è un materialista. Quando dichiara questa cosa in sé inconoscibile, trascendente — nell’al di là — Kant si comporta come MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO lì 5 idealista. In quanto Kant riconosce nellesperienza e nelle sensazioni la sorgente unica delle nostre conoscenze, orienta la sua filosofia ver- so il sensismo e attraverso il sensismo, in determinate condizioni, verso il materialismo. In quanto Kant riconosce Tapriorismo dello spa- zio, del tempo, della causalità, ecc., orienta la sua filosofia verso l’idea- lismo. Per questa posizione equivoca di Kant i materialisti conse- guenti e gli idealisti conseguenti (compresi gli agnostici « puri », gli humiani) hanno condotto contro di lui una lotta senza quartiere. I materialisti hanno condannato Kant per il suo idealismo, respingen- do i tratti idealistici del suo sistema, dimostrando la conoscibilità, Tal df qua della cosa in sé, la mancanza di una differenza di principio tra la cosa in sé e i fenomeni, la necessità di dedurre la causalità, ecc., non dalle leggi a priori del pensiero, ma dalla realtà obiettiva. Gli agnostici e gli idealisti hanno condannato Kant per l’ammissione della cosa in sé come una concessione al materialismo, al « realismo » o al « realismo ingenuo»; gli agnostici oltre alla cosa in sé hanno respinto anche Tapriorismo e gli idealisti hanno richiesto che le forme a priori delPintuizione non fossero le sole logicamente dedotte dal pensiero puro, ma che si deducesse l’universo in generale (allargando il pen- siero umano fino all’/o astratto o fino all*« idea assoluta », oppure fino alla volontà universale, ecc. ecc.). Ora i nostri machisti, « senza accor- gersi » di aver preso per maestri coloro che criticavano Kant dal punto di vista dello scetticismo e deiridealismo, si sono messi a lacerarsi i vestiti e a coprirsi la testa di cenere quando hanno visto apparire individui mostruosi che criticano Kant da un punto di vista diame- tralmente oppostOy che ripudiano nel sistema di Kant anche il piu piccolo elemento di agnosticismo (scetticismo) e d’idealismo, che dimo- strano che la cosa in sé ha una realtà obiettiva assolutamente conosci- bile, che essa è situata al di qua, che non si differenzia in linea di principio dal fenomeno, che si trasforma in fenomeno a ogni passo dello sviluppo della coscienza individuale deiruomo e della coscienza collettiva delPumanità. Aiuto! — si sono messi a gridare — è una confusione illecita di materialismo e kantismo! Quando leggo le affermazioni dei nostri machisti che pretendono criticare Kant in modo più coerente e deciso di certi materialisti su- perati, mi sembra sempre che Purisckevic M si sia insinuato nelle no- stre file e gridi: ho criticato i cadetti in modo molto più conseguente e deciso di voi, signori marxisti! Senza dubbio, signor Purisckevic, 196 LENIN le persone coerenti in politica possono criticare i cadetti e li criti- cheranno sempre da punti di vista diametralmente opposti; però non bisogna dimenticare che voi avete criticato i cadetti perché sono troppo democratici, mentre noi li abbiamo criticati perché non sono suf- ficientemente democratici. I machisti criticano Kant perché troppo materialista, mentre noi lo critichiamo perché non è sufficientemente materialista. I machisti criticano Kant da destra, noi da sinistra. L’humiano Schulze e l’idealista soggettivo Fichte forniscono, nella storia della filosofia classica tedesca, esempi di critica del primo genere. Come abbiamo già visto, essi si sforzano di eliminare gli elementi «realistici» del kantismo. E cosi come Kant fu criticato da Schulze e Fichte, i neo kantiani tedeschi della seconda metà del XIX secolo sono stati criticati dagli empiriocriticisti della tendenza di Hume e dagli idealisti soggettivi della tendenza immanentista. Si è visto riap- parire quello stesso indirizzo di Hume e di Berkeley con un frasario leggermente aggiornato. Mach e Avenarius hanno criticato Kant non perché non era stato abbastanza realista e perché concepiva la cosa in sé in modo insufficientemente materialistico, ma perché egli ha ammesso la sua esistenza; non perché aveva rinunciato a dedurre la causalità e la necessità della natura dalla realtà obiettiva, ma per- ché ha in generale ammesso una causalità e necessità qualunque (salvo forse la causalità e la necessità puramente « logiche »). Gli im- manentisti hanno marciato di pari passo con gli empiriocriticisti e criticato essi pure Kant dal punto di vista di Hume e Berkeley. Per esempio Leclair, nel 1879, nella stessa opera in cui faceva l’elogio di Mach come filosofo eminente, rimproverava Kant per aver manife- stato, con la sua concezione della « cosa in sé », questo « residuo f Residuum] nominale del realismo volgare», la sua «incoerenza e la sua compiacenza [ Konnivenz ] nei riguardi del realismo» ( Der Reai. der mod. Nat., tee., p. 9). Per essere « piu sferzante » Leclair chiama il materialismo, realismo volgare. « A nostro avviso — ha scritto Leclair — egli elementi costitutivi della teoria di Kant che tendono al realismus vulgaris devono esser eliminati come incoeren- ze e prodotti ibridi [zwitterhafte] dal punto di vista deiridealismo » (p. 41). « Le incoerenze e le contraddizioni » nella dottrina di Kant provengono dalla « mescolanza f V erquic\itng\ del criticismo ideali- stico e dei residui non superati della dogmatica realistica» (p. 170). Leclair chiama dogmatica realistica il materialismo. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 197 Un altro immanentista, Johann Rehmke, ha criticato Kant per essersi separato realisticamente da Berkeley con la cosa in sé (Johann Rehmke: Die Welt als Wahrnehmung und Begriff , Berlino, 1880, p. 9). « L’attività filosofica di Kant ebbe in realtà un carattere essen- zialmente polemico: attraverso la cosa in sé, egli si volse contro il razionalismo tedesco [cioè contro il vecchio fideismo del XVIII se- colo], e attraverso l’intuizione pura contro l’empirismo inglese» (p. 25). « Io paragonerei la cosa in sé di Kant a una trappola mobile tesa sopra un fossato; la cosa ha un’aria innocente e innoffensiva, ma quando vi s’incappa si rotola improvvisamente nell’abisso del mondo in sé » (p. 27). Ecco perché gl’immanentisti, commilitoni di Mach e Avenarius, non amano Kant; Kant qua e là si avvicina all’abisso del materialismo! Ed ecco alcuni esempi di critica a Kant da sinistra. Feuerbach critica Kant non per il suo « realismo », ma per il suo idealtsmo y chiamando il suo sistema «idealismo fondato sull’empirismo» (Wer {e, II, 296). Ecco un ragionamento particolarmente importante di Feuerbach su Kant. « Kant dice: se noi consideriamo gli oggetti dei nostri sensi come semplici fenomeni — come è giusto — riconosciamo con ciò stesso che una cosa in sé è alla base dei fenomeni, benché non sap- piamo quale sia la sua natura, ma conosciamo soltanto il suo feno- meno, cioè il modo in cui questo qualche cosa di sconosciuto agisce [ affiziert ] sui nostri sensi. Ne consegue che il nostro intelletto, ammet- tendo l’esistenza dei fenomeni, riconosce implicitamente l’esistenza di cose in sé; e in questa misura noi possiamo dire che non solo è permesso, ma che è inevitabile rappresentarsi tali essenze che sono alla base dei fenomeni, le quali sono quindi semplici essenze intel- lettive ». Dopo aver scelto questo passo di Kant dove la cosa in sé è considerata semplicemente come cosa del pensiero, come essenza intellettiva e non come realtà, Feuerbach concentra su questo punto tutta la sua critica. « ...Cosi — dice egli — gli oggetti dei sensi sono per l’intelletto soltanto fenomeni e non verità... Ma guardate un po’: le essenze intellettive non sono oggetti reali per rintelletto! La filo- sofia di Kant è una contraddizione fra il soggetto e l’oggetto, fra l’es- senza e l’esistenza, il pensiero e l’essere. L’essenza è attribuita qui aH’intelletto, l’esistenza ai sensi. L’esistenza sprovvista di essenza [cioè l’esistenza dei fenomeni senza realtà oggettiva] è soltanto 198 LENIN fenomeno: queste sono le cose sensibili; l’essenza senza esistenza è soltanto pensiero: queste sono le essenze intellettive» i nou- meni ; essi vengono pensati» ma manca loro l’esistenza — almeno l’esistenza per noi — , l’oggettività; sono le cose in sé, le cose vere; però non sono cose reali... Quale contraddizione: separare la verità dalla realtà, la realtà dalla verità! » ( Wer\e , II, pp. 302-303). Feuer- bach critica Kant non perché ammette le cose in sé, ma perché non ammette la loro realtà, cioè la realtà obiettiva, perché le considera solo come pensiero, come « essenze intellettive » e non come « essen- ze dotate di esistenza », cioè esistenti realmente, effettivamente. Feuer- bach critica Kant perché si allontana dal materialismo. «La filosofia di Kant — scrive Feuerbach il 26 marzo 1858 a Bolin — porta con fatale necessità aH’idealismo di Fichte oppure al sensismo»; la prima conseguenza «appartiene al passato», la secon- da «al presente e al futuro» (Grùn, op. cit., voi. II, p. 49). Abbiamo già visto che Feuerbach difende il sensismo oggettivista, cioè il ma- terialismo. La nuova svolta da Kant verso l’agnosticismo e l’ideali- smo, verso Hume e Berkeley, è indubbiamente reazionaria anche dal punto di vista di Feuerbach. E il suo fervente seguace Albrecht Rau, erede dei meriti di Feuerbach e nello stesso tempo dei suoi difetti — difetti superati da Marx e da Engels — ha criticato Kant intera- mente nello spirito del suo maestro: «La filosofia di Kant è un’anfi- bologia [un equivoco]; essa è nello stesso tempo materialistica e idealistica ed è in questa sua duplice natura che bisogna cercare la chiave della sua essenza. In qualità di materialista o empirista Kant non può non riconoscere un’esistenza [ Wesenheit ] alle cose fuori di noi. Ma in qualità d’idealista egli non può disfarsi del pregiudizio che l’anima è qualcosa di assolutamente differente dalle cose sensibi- li. Esistono dunque le cose reali, ed esiste uno spirito umano che le concepisce. In quale modo questo spirito può afferrare queste cose, che sono assolutamente differenti da esso? Kant usa il seguente sot- terfugio: lo spirito possiede certe conoscenze a priori grazie alle quali le cose devono apparirgli cosi come gli appaiono. Di conse- guenza il fatto che noi concepiamo le cose cosi come le concepiamo è una nostra 'creazione. Poiché lo spirito che vive in noi non è che lo spirito di Dio e, allo stesso modo che Dio ha creato il mondo dal nulla, lo spirito umano crea dagli oggetti qualche cosa di diverso da quel che sono in se stessi. In questo modo Kant garantisce l’esisten- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 199 za alle cose reali, come ” cose in sé Ma l’anima c necessaria per Kant, poiché l’immortalità è per lui un postulato morale. La "cosa in sé”, signori — dice Rau rivolgendosi ai neo-kantiani in generale, e in particolare al confusionario A. Lange, falsificatore della Storia del materialismo — è ciò che separa l’idealismo di Kant dall’ideali- smo di Berkeley: è il ponte fra l’idealismo e il materialismo. Questa è la mia critica della filosofia di Kant e chi può la confuti pure... Per il materialista la distinzione delle conoscenze a priori dalla ” co- sa in sé” è assolutamente superflua: egli non interrompe in nessuna parte il concatenamento costante della natura, giacché non conside- ra la materia e lo spirito come cose radicalmente distinte fra di loro, bensì non vede in esse che due aspetti differenti di una medesima cosa e perciò non ha bisogno di nessun espediente particolare per av- vicinare lo spirito alle cose»*. Piu tardi Engels, come abbiamo visto, muove a Kant il rimpro- vero di essere agnostico, e non di allontanarsi dall’agnosticismo con- seguente. L’allievo di Engels, Lafargue, nel 1900 polemizzava contro i kantiani (fra i quali si trovava allora Charles Rappoport) nel modo seguente : « ... All’inizio del secolo XIX la nostra borghesia, avendo termi- nato la sua opera di distruzione rivoluzionaria, rinnegò la sua filo- sofia volterriana e libera pensatrice; rinasceva la moda del catto- lirismo che il maestro decoratore Chateaubriand abbelliva [peintur- lurait I con immagini romantiche, e Sébastien Mercier importava l’idealismo di Kant per dare il colpo di grazia al materialismo degli enciclopedisti, di cui Robespierre aveva ghigliottinato i propagan- disti. « Alla fine del secolo XIX, che nella storia porterà il nome di se- colo della borghesia, gli intellettuali hanno cercato di schiacciare, sotto il peso della filosofia kantiana, il materialismo di Marx ed En- gels. Il movimento reazionario è cominciato in Germania, non spiac- cia ai socialisti integralisti, che vorrebbero attribuirne tutto l’onore al loro capo Malon. Ma in realtà Malon era stato alla scuola di Hòch- berg, di Bernstein e di altri discepoli di Duhring, che a Zurigo inco- minciavano a riformare il marxismo [Lafargue allude a un certo movimento di idee in seno al socialismo tedesco nel periodo 1875- . # Albrccht Rau, Ludwig Feuerbach’s Philosophic , die Nuturforschung und die phtloiophischc Lipsia, 1882, pp. 87-89. 200 LENIN 1880J : bisogna aspettarsi che Jaurès, Fournicre e i nostri intellettuali ci servano un po’ di Kant non appena si saranno familiarizzati con la sua terminologia... Rappoport si sbaglia quando afferma che per Marx ” esiste l’identità dell’idea e della realtà *\ Innanzitutto noi non ci serviamo mai di una simile fraseologica metafisica. Un’idea è tanto reale quanto l’oggetto di cui è il riflesso-mentale... « Per ricreare [recréer ] un poco i compagni che debbono mettersi al corrente della filosofia borghese, esporrò in che cosa consiste que- sto famoso problema che ha. tanto preoccupato i cervelli degli spiri- tualisti. « Un operaio che mangia salame e che riceve cento soldi al gior- no sa benissimo di essere derubato dal padrone e di nutrirsi di carne di maiale; che il padrone è un ladro e che il salame è gradevole al palato e nutriente per il corpo. Niente affatto — dice il sofista bor- ghese, si chiami esso Pirrone, Hume 0 Kant — l’opinione dell’ope- raio al riguardo è personale, pertanto soggettiva: egli potrebbe con altrettanta ragione pensare che il padrone è il suo benefattore e che il salame è fatto di cuoio tritato, poiché egli non può conoscere la cosa in sé... « Il problema è mal posto e in questo sta la sua difficoltà... Per conoscere un oggetto l’uomo deve prima verificare se i suoi sensi non l’ingannano... I chimici sono andati oltre, sono penetrati airinterno dei corpi, li hanno analizzati, li hanno decomposti nei loro elementi, poi hanno fatto l’operazione inversa, cioè la sintesi; li hanno ricomposti nei loro elementi: dal momento che l’uomo può con questi elementi produrre cose per il suo uso, egli può — come dice Engels — pensare di conoscere i corpi in sé. Il Dio dei cristiani, se esistesse e se avesse creato l’universo, non potrebbe fare di piu » *. Ci siamo permessi di riportare questa lunga citazione per dimo strare come Lafargue intendeva Engels e come criticava Kant da sinistra, non per quei lati della dottrina di Kant che la distinguono- da quella di Hume, ma per quelli che sono comuni a Kant e a Hu- me, non per l’ammissione della cosa in sé, ma per la concezione in sufficientemente materialistica # di essa. Infine anche K. Kautsky nella sua Etica critica Kant da un pun • Paul Lafarguci Le maténalisme de Marx et Vidèalìsmc de Kant, in Le sona. Uste , 25 febbraio 1900. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 201 to di vista diametralmente opposto a quello di Hume e Berkeley. « Per la mia facoltà visiva — scrive egli contro la gnoseologia di Kant — io vedo il verde, il rosso, il bianco. Ma il fatto che il verde è qualcosa di diverso dal rosso attesta qualcosa esistente fuori di me, la realtà delle differenze tra le cose... I rapporti e le differenze delle cose stesse che mi sono indicate da rappresentazioni isolate nello spa- zio e nel tempo... sono rapporti e differenze reali del mondo esterno; essi non sono condizionati dal carattere della mia facoltà di conosce- re... in questo caso [se la dottrina di Kant dell’idealità del tempo e dello spazio fosse vera] noi non potremmo sapere niente del mondo esterno, non potremmo nemmeno sapere che esso esiste » (pp. 33-34 della traduzione russa). E cosi, tutta la scuola di Feuerbach, di Marx ed Engels si è al- lontanata da Kant verso sinistra, verso la negazione completa di ogni idealismo e di ogni agnosticismo. Ma i nostri machisti hanno seguito la corrente reazionaria in filosofia, hanno seguito Mach e Avenarius, che hanno criticato Kant dal punto di vista di Berkeley e di Hume. Naturalmente ogni cittadino, e particolarmente ogni intellettuale, ha il sacro diritto di seguire qualunque ideologo rea zionario. Ma se individui che hanno rotto in modo radicale con gli stessi fondamenti del marxismo in filosofia incominciano poi a far piroette, a creare confusione, a dimenarsi assicurando che essi « pu- re » sono marxisti in filosofia, che sono « quasi » d’accordo con Marx e che lo hanno soltanto un pochino « completato », allora lo spetta- colo diventa disgustoso. 2. Come /'« empirio simbolista » l use /(evie si è burlato dell * « empirio - criticata » Cernov . « Certo, è ridicolo — scrive il signor P. Iusckevìc — vedere come il signor Cernov s’ingegna di fare dell’agnostico positivista comtiano e spenceriano Mikhailovski il precursore di Mach e Avenarius» (op. cit., p. 73). Innanzitutto è ridicola qui la prodigiosa ignoranza del signor Iusckevic. Come tutti i Voroscilov, egli dissimula quest’ignoranza sotto un cumulo di termini dotti e di nomi. Il passo citato è conte- nuto nel paragrafo dedicato all’atteggiamento dei machisti verso il 202 LENIN marxismo. Nell’affrontare questo argomento il signor Iusckevic igno- ra che per Engels (come per tutti gli altri materialisti) tanto i seguaci di Hume che i seguaci di Kant sono ugualmente agnostici. Perciò opporre lagnosticismo in generale alla dottrina di Mach, quando Mach stesso si considera seguace di Hume, significa semplicemente essere analfabeta in filosofia. Le parole « positivismo agnostico * sono ugualmente assurde, poiché anche i seguaci di Hume si qualificano appunto positivisti. Il signor Iusckevic, che ha preso per maestro Petzoldt, avrebbe dovuto sapere che Petzoldt considera l’empiriocri- ticismo come positivismo. E infine è ugualmente assurdo mettere insieme i nomi di Auguste Comte e di Herbert Spencer, poiché il marxismo respinge non ciò che distingue un positivista da un altro, ma ciò che essi hanno in comune, ciò che fa di un filosofo un positi- vista invece di un materialista. Il nostro Voroscilov ha bisogno di questa ridda di parole per « stordire * il lettore, intontirlo col frastuono verbale, attirare la sua attenzione su vuote sciocchezze e distrarlo cosi dalla sostanza della questione. Ora la sostanza della questione è il disaccordo radicale del materialismo da tutta la larga corrente del positivismo, che abbrac- cia e A. Comte, e H. Spencer, e Mikhailovski, e una serie di neo- kantiani, e Mach e Avenarius. La sostanza della questione è stata esposta da Engels in modo perfettamente chiaro nel suo L. Feuer - back , quando classificava tutti i kantiani e gli humiani dell’epoca (cioè del 1880-1890) fra i pietosi eclettici e gli spulciatori ( Floh kna- cker\ letteralmente, schiacciatore di pulci), ecc.* 1 . A chi possono e devono esser applicate queste caratteristiche? I nostri Voroscilov non hanno voluto pensarci. E siccome essi non sanno pensare, faremo noi per loro un raffronto edificante. Parlando nel 1888 e nel 1892 dei kantiani e degli humiani in generale, Engels non ha citato nessun nome. L’unico riferimento a una pubblicazione è quello adopera di Starcke su Feuerbach che Engels analizza. ? Engels sapeva far grazia agli operai tedeschi, mentre ì Voroscilov non risparmiano il lettore russo. È necessario notare che la combinazione, fondamentalmente eclet- tica, di Kant con Hume oppure di Hume con Berkeley, è possibile, per cosi dire, in proporzioni diverse, a seconda che si sottolinei so- prattutto l’uno 0 l’altro elemento del miscuglio. In precedenza abbia- mo visto, per esempio, che il seguace di Mach, H. Kleinpeter, è il solo machista ad ammettere apertamente che lui e Mach sono solip- sisti (cioè berkeleiani conseguenti). Al contrario, molti discepoli e seguaci di Mach e Avenarius — Petzoldt, Willy, Pearson, lempirio- criticista russo Lesevic, il francese Henri Delacroix * e altri — sotto- * Bibliothèque du congrès International de phtlosophic, voi. IV, Henri Delacroix: David Hume et la phìlosophie critique. L’autore pone fra i seguaci di Hume Avena- 204 LENIN lineano quanto vi è di humiano nelle concezioni di Mach e Avena- rius. Citiamo ancora l’esempio di uno scienziato particolarmente eminente che in filosofia combinò, egli pure, Hume con Berkeley, ma accentuando gli elementi materialistici di questa mistura. Si trat- ta del celebre scienziato inglese T. Huxley, che ha lanciato il ter- mine « agnostico » e al quale soprattutto pensava Engels quando parlava deiragnosticismo inglese. Nel 1892 Engels chiamò questo tipo di agnostici «materialisti che si vergognano > M . Lo spirituali- sta inglese James Ward, attaccando nel suo libro Naturalismo c agno- sticismo principalmente il « capo scientifico dell’agnosticismo » Hux- ley (voi. II, p. 229), conferma il giudizio di Engels quando dice: « Nel caso di Huxley la tendenza a riconoscere il primato dell’aspet- to fisico [della «serie degli elementi» secondo Mach] è espressa so- vente in modo cosi netto che è quasi impossibile parlare qui di paral- lelismo. Malgrado che Huxley respinga energicamente il titolo di materialista come un affronto al suo agnosticismo immacolato, co- nosco pochi altri scrittori che piu di lui meritino a volte questo ti- tolo» (voi. II, p. 30-31). E James Ward cita, in appoggio alla sua tesi, le seguenti dichiarazioni di Huxley: «Tutti coloro che cono- scono la storia della scienza converranno che i suoi progressi signi- ficarono in tutti i tempi e ora piu che mai l’estensione del dominio di ciò che noi chiamiamo materia e causalità e la conseguente scomparsa progressiva da tutti i campi del pensiero umano di ciò che noi chiamiamo spirito e spontaneità». Oppure: «È di per sé poco importante che noi esprimiamo i fenomeni della materia nei termini dello spirito o i fenomeni dello spirito nei termini della ma- teria: l’una e l’altra formulazione sono vere in un certo senso rela- tivo [«complessi di elementi relativamente stabili», secondo Mach]. Ma dal punto di vista del progresso scientifico la terminologia mate- rialistica è, sotto tutti gli aspetti, preferibile. Poiché essa lega il pen- siero agli altri fenomeni dell’universo... Mentre la terminologia con- traria o spiritualistica è estremamente sterile [utterly barren ] e non conduce che all’oscurità e alla confusione delle idee. Non è possibile dubitare che più la scienza progredirà, più largamente e più conse- guentemente tutti i fenomeni della natura saranno espressi con for- mule o con simboli materialistici » (voi. I, p. 17-19). rius c gii immanentisti in Germania, C. H. Renouvier e la sua scuola ( leggiamo : « Bisogna considerare come un fatto solidamente acqui- sito la distinguibilità di tutte le mie esperienze psichiche in due grandi gruppi fondamentali: azioni imposte e azioni arbitrarie. Tutte le impressioni di un mondo esterno appartengono al primo » (p. 47). « Che si possano dare più teorie circa una medesima categoria di fatti... è cosa tanto familiare al fìsico quanto incompatibile con le premesse di una teoria assoluta della conoscenza. Anche quest ulti- ma è legata al carattere volitivo del nostro pensiero: anche in essa si esprime l’indipendenza della nostra volontà dalle circostanze ester- ne » (p. 50). 2l8 LENIN Giudicate ora la temerarietà delle dichiarazioni di Bogdanov, se- condo le quali nella filosofia di Mach « non vi sarebbe assolutamente posto per il libero arbitrio », quando Mach stesso raccomanda un tipo come Kleinpeter! Abbiamo già visto che quest’ultimo non na- sconde né il proprio idealismo, né quello di Mach. Nel 1898-1899 Kleinpeter scriveva: «Hertz manifesta la stessa concezione sogget- tivistica [di Mach] sulla natura dei nostri concetti Se Mach e Hertz [esamineremo piu avanti in particolare con quanta fondatez- za Kleinpeter coinvolge nella faccenda il celebre fisico] hanno, dal punto di vista deH’idealismo, il merito di aver sottolineato l’origine soggettiva non di qualcuno, ma di tutti i nostri concetti e della loro connessione; essi hanno, dal punto di vista dell’empirismo, il merito non minore di riconoscere che è l’esperienza, come istanza del tutto indipendente dal pensiero, che decide dell’esattezza dei concetti » (Archiv fiir systematische Philosophie , voi. V, 1898-1899, pp. 169-170). Nel 1900 Kleinpeter scriveva: Kant e Berkeley, malgrado tutte le differenze che li separano da Mach, « sarebbero in ogni caso piu vicini a quest’ultimo che non l’empirismo metafisico dominante nel- le scienze naturali [cioè il materialismo! il signor professore evita di chiamare il diavolo con il suo nome!], che costituisce l’oggetto principale degli attacchi di Mach» (ivi, voi. VI, p. 87). Nel 1903 egli scriveva: «Il punto di partenza di Berkeley e di Mach è irre- futabile »... « Mach corona l’opera di Kant » ( Kantstudien y voi. Vili, I 9 ° 3 » PP* 3 X 4 > 274). Nella prefazione alla traduzione russa AtM' Analisi delle sensa- zioni Mach nomina anche T. Ziehen, « che segue, se non la stessa, una via molto vicina». Prendiamo il libro del prof. T. Ziehen: Teo- ria psicofisiologica della conoscenza (Theodor Ziehen: Psychophysio - logische Er\enntnistheorie , Jena, 1898) e vediamo che l’autore, già nella prefazione, invoca Mach, Avenarius, Schuppe, ecc. Altro allievo quindi riconosciuto dal maestro. La « moderna » teoria di Ziehen è che solo la « folla » può credere che le « cose reali suscitano le nostre sensazioni » (p. 3) e che « non vi può essere, sulla soglia della teoria della conoscenza, altra iscrizione che le parole di Berkeley : ” gli og- getti esterni esistono non in se stessi, ma nel nostro intelletto ” » (p. 5). «Le sensazioni e le rappresentazioni ci sono date. Le une c le altre le comprendiamo sotto il termine di processi psichici o psichico. Il non-psichico è un’espressione priva di contenuto » (p. 100). Le leggi MATERIALISMO £D EMPIRIOCRITICISMO 2I 9 della natura non sono rapporti fra corpi materiali, ma « tra sensa- zioni ridotte» (p. 1O4: in questo « nuovo» concetto delle «sensazioni ridotte» sta tutta l’originalità del berkeleismo di Ziehen!). Già nel 1904, nel II volume della sua Introduzione (pp. 298-301), Petzoldt rinnegava Ziehen come idealista. Nel 1906, la sua lista degli idealisti o psicomonisti portava già il nome di Gonidi us, Kleinpeter, Ziehen, Verworn ( Das W eltproblem ecc., p. 137, nota). Vedete dun- que che tutti questi signori professori cadono in «malintesi» inter- pretando le «concezioni di Mach e Avenarius» (ivi). Poveri Mach e Avenarius! Non li hanno calunniati soltanto i loro nemici accusandoli di idealismo e « persino » (come si è espresso Bogdanov) di solipsismo, ma anche gli amici, gli allievi, i continua- tori, i professori-specialisti hanno capito a rovescio, in senso ideali- stico, i loro maestri. Se lempiriocriticismo si trasforma in idealismo, ciò non prova assolutamente la falsità profonda dei suoi confusi po- stulati fondamentali presi da Berkeley. Dio ce ne liberi! Non è che un piccolo «malinteso» alla Nozdriov-Petzoldt® 7 . Ma quel che è piu comico, è che Petzoldt, questo guardiano della purezza e dell’innocenza, ha prima « completato» Mach e Avenarius con T« a priori logico » e poi li ha associati a Wilhelm Schuppe, cori- feo del fideismo. Se Petzoldt avesse conosciuto i seguaci inglesi di Mach, avrebbe dovuto allargare di molto la lista dei machisti caduti (per un «ma- linteso ») nell’idealismo. Abbiamo già accennato a Karl Pearson come a un idealista conseguente molto lodato da Mach. Ecco altri giu- dizi di due « calunniatori » che si esprimono allo stesso modo su Pear- son: «Il professor Pearson si limita a farsi eco di una dottrina enun- ciata per la prima volta dal veramente grande Berkeley » (Howard V. Knox in Mind , voi. VI, 1897, p. 205). « Il signor Pearson è, indub- biamente, un idealista nel senso piu stretto della parola » (Georges Rodier, in Revue philosophique, 1888, II, voi. 26, p. 200). L’idealista inglese William Clifford, che Mach considera « vicinissimo» alla sua filosofia ( Analisi delle sensazioni , p. 8), dev’essere considerato piutto- sto maestro che allievo di Mach, poiché i lavori filosofici di Clifford sono stati pubblicati tra il 1870 e il 1880. Il «malinteso» è creato qui direttamente da Mach, che « non ha rilevato » nel 1901 l’idealismo nella dottrina di Clifford secondo la quale il mondo è una « sostanza spirituale » (mind-stuff\ un « oggetto sociale », un’« esperienza alta- 220 LENIN mente organizzata », ecc. *. Notiamo, per caratterizzare la ciarlata- neria dei machisti tedeschi, che Kleinpeter nel 1905 fa di questo idea- lista uno dei fondatori della « gnoseologia del naturalismo contempo- raneo »! A p. 284 dell’ Analisi delle sensazioni Mach cita il filosofo ameri- cano P. Carus che « si avvicina » (al buddismo e al machismo). Carus, che si qualifica « ammiratore e amico personale » di Mach, redi- ge a Chicago la rivista filosofica Monist e la rivistucola di propa- ganda religiosa The open court (La libera tribuna). «La scienza è rivelazione divina », dice una nota redazionale di questa rivistucola popolare. « Noi pensiamo che la scienza può riformare la Chiesa, con- servando tutto ciò che la religione ha di vero, di sano e di buono ». Collaboratore assiduo del Monist , Mach vi ha pubblicato capitoli del- le sue recenti opere. Carus migliora un « pochino » Mach nella dire- zione di Kant, dichiarando che Mach è un « idealista 0, direi, un sog- gettivista », ma che lui, Carus, è pure convinto che, malgrado le divergenze parziali, « io e Mach pensiamo allo stesso modo » ** « 11 nostro monismo — dichiara Carus — non è né materialistico, né spi- ritualistico, né agnostico; esso è semplicemente coerenza... esso prende l’esperienza per base e si serve come metodo delle forme sistematiz- zate dei rapporti delTesperienza » (plagio evidente deWEmpiriomoni- smo di A. Bogdanov!). Il motto di Carus è: «Non agnosticismo ma scienza positiva; non misticismo ma pensiero chiaro, non su- pernaturalismo né materialismo ma concezione monìstica del mon- do; non un dogma ma religione; non credo ma fede pura \not creed, but jaith ] ». NelTapplicare questo motto Carus predica una «nuova teologia », una « teologia scientifica » o teonomia , che nega la lettera della Bibbia, ma insiste sul fatto che « ogni verità è divina e Dio si rivela nelle scienze naturali come nella storia » ***. Bisogna notare che nel suo libro succitato sulla gnoseologia del naturalismo contem- poraneo, Kleinpeter raccomanda Carus accanto a Ostwald, ad Ave- • William Kingdon Clifford: Lectures and essays, 3. ed., Londra, 1901, voi. Il, PP- 55, 65, 69. «Su questo punto sono completamente per Berkeley contro Spencer» (p. 58). «L’oggetto è una serie di cambiamenti nella mia coscienza e hon qualcosa fuori di essa » (p. 52). •• The Momsty voi. XVI, luglio 1906. P. Carus: Prof. Mach's Phtlosophy t pp. 320, 345. 333- Si tratta della risposta a un articolo di Kleinpeter pubblicato sulla stessa rivista. Ivi, voi. XIII, p. 24; articolo di Carus; La teologia come scienza. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 22 narius e agli immanentisti (pp. 151-152). Quando Haeckel pubblicò le sue tesi per un’alleanza dei monisti, Carus si pronunciò cate- goricamente contro: in primo luogo Haeckel ha il torto di rin- negare l’apriorismo che è « pienamente compatibile con la filoso- fia scientifica»; in secondo luogo, Carus si leva contro la dottrina determinista di Haeckel, che « esclude la possibilità del libero arbi- trio»; in terzo luogo, Haeckel commette Pc errore di sottolineare la concezione unilaterale dello scienziato contro il conservatorismo tra- dizionale delle Chiese. Egli interviene perciò come nemico delle Chie- se esistenti invece di rallegrarsi del loro sviluppo superiore in nuove e piu giuste interpretazioni dei loro dogmi» (ivi, voi. XVI, 1906 p. 122). Carus stesso ammette che « numerosi liberi pensatori mi consi- derano reazionario e mi biasimano perché non unisco la mia voce al coro dei loro attacchi contro tutte le religioni, in quanto super- stizioni » (p. 355). È del tutto evidente che siamo in presenza di un capo di quella congrega di avventurieri letterari americani che si dedica ad ine- betire il popolo con l’oppio della religione. Anche Mach e Kleinpeter sono entrati a farne parte, evidentemente a causa di un piccolo « ma- linteso ». 5. L’« empiriomonismo » di A. Bogdanov. « Personalmente — scrive di sé Bogdanov — non conosco finora, da quanto è stato pubblicato, che un solo empiriomonista : un certo A. Bogdanov; ma d’altra parte lo conosco molto bene e posso garan- tire che le sue concezioni soddisfano pienamente la formula sacra- mentale della priorità della natura sullo spirito. Egli vede, precisa- mente, in tutto ciò che esiste una catena ininterrotta di sviluppo, i cui anelli inferiori si perdono nel caos degli elementi, mentre gli anelli superiori, che noi conosciamo, rappresentano V esperienza de- gli uomini [corsivo di Bogdanov], l’esperienza psichica e, più in alto ancora, l’esperienza fisica; quest’esperienza e la conoscenza che ne deriva corrispondono a ciò che viene chiamato comunemente ” spi- rito ” » (Emp., Ili, XII). Bogdanov schernisce qui, come formula « sacramentale », la tesi 222 LENIN a noi nota di Engels, eludendola però con diplomazia! Non siamo in disaccordo con Engels, no, no, assolutamente... Ma considerate piu attentamente il riassunto fatto dallo stesso Bog- danov del suo famigerato « empiriomonismo » e della sua « sostitu- zione ». Il mondo fisico viene chiamato esperienza degli uomini e si dichiara che l’esperienza fisica sta « più in alto » di quella psichica nella catena dello sviluppo. Clamorosa assurdità! Assurdità proprio identi- ca a quella di ogni filosofia idealistica. È veramente comico come Bogdanov cerchi di far passare per materialismo un «sistema» si- mile; la natura, sappiatelo, è per me primordiale e lo spirito seconda- rio. Se s’interpreta cosi la definizione di Engels, allora anche Hegel è materialista, poiché anche lui pone prima l’esperienza psichica (sot- to il nome di idea assoluta) e poi il mondo fisico, la natura, situati «piu in alto» e infine la conoscenza umana, che attraverso la na- tura concepisce l’idea assoluta. Nessun idealista negherà la priorità della natura, presa in questo senso, poiché di fatto non è priorità, la natura non viene considerata come dato immediato , come punto di partenza della gnoseologia. In realtà, ve ancora un lungo cammino da percorrere attraverso l'astrazione dello « psichico » per giungere alla natura. Che queste astrazioni si chiamino idea assoluta, lo uni- versale, volontà universale ecc. ecc., è cosa di poca importanza. Con ciò si distinguono le varietà dell’idealismo, il cui numero è infinito. È essenziale all’idealismo prendere lo psichico come punto di par- tenza, dal quale viene dedotta la natura, e solo dopo dedurre dalla natura l’ordinaria coscienza umana. Questo elemento « psichico » primordiale è perciò sempre una astrazione morta che maschera una teologia diluita. Tutti sanno, per esempio, che cosa è Videa umana, ma l’idea senza l’uomo e anteriore all’uomo, l’idea nell’astratto, l’idea assoluta è un’invenzione teologica dell’idealista Hegel. Tutti sanno che cos’è la sensazione umana, ma la sensazione senza l’uomo, ante- riore all’uomo è una assurdità, un’astrazione morta, un sotterfugio idealistico. Ricorre precisamente a un sotterfugio idealistico Bogdanov quando stabilisce la scala seguente: 1) li caos degli « elementi » (noi sappiamo che la paroletta ele- menti non fa che nascondere la nozione umana di sensazioni). 2) L’esperienza psichica degli uomini. 3) L’esperienza fisica degli uomini. 4) «La conoscenza che essa genera». MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 22 3 Non vi possono essere sensazioni (umane) senza Tuomo. Dunque il primo gradino è una morta astrazione idealistica. Concretamente, davanti a noi stanno non le sensazioni umane che tutti conoscono e hanno in comune, ma sensazioni immaginate non si sa come, sen- sazioni di nessuno , sensazioni in generale , sensazioni divine, allo stesso modo in cui Hegel ha divinizzato la comune idea umana, una volta staccata dall’uomo e dal cervello umano. Via dunque il primo gradino. Il secondo gradino deve pure essere eliminato, poiché nessun uo- mo e neppure le scienze naturali conoscono lo psichico anteriore al fisico (in Bogdanov il secondo gradino sta prima del terzo). Il mon- do fisico esisteva prima che lo psichico potesse apparire come il piu alto prodotto delle forme superiori della materia organica. Anche il secondo gradino di Bogdanov è una morta astrazione, pensiero sen- za cervello, ragione umana staccata dairuomo. Solo scartando questi due primi gradini potremo avere un qua- dro del mondo che corrisponde realmente alle scienze naturali e al materialismo. E precisamente 1) il mondo fisico esiste indipenden- temente dalla coscienza dell’uomo ed esisteva molto prima deiruo- mo, prima di qualsiasi «esperienza umana»; 2) lo psichico, la co- scienza, ecc., è il piu alto prodotto della materia (cioè del fisico), è una funzione di quella particella particolarmente complessa della materia che si chiama cervello umano. « Il campo della sostituzione — scrive Bogdanov — coincide con quello dei fenomeni fisici; ai fenomeni psichici non si deve sostituire nulla, poiché sono complessi immediati » (XXXIX). Questo è idealismo bello e buono, poiché lo psichico, cioè la co- scienza, la rappresentazione, la sensazione, ecc., è considerato come immediato , mentre il fisico è dedotto da esso, gli è sostituito. Il mondo è il non-Io creato dal nostro Io , diceva Fichte. Il mondo è Tidea assoluta, diceva Hegel. Il mondo è volontà, diceva Schopen- hauer. Il mondo è concetto e rappresentazione, dice Timmanentista Rehmke. L’essere è coscienza, dice Timmanentista Schuppe. Il fisico è il sostituto dello psichico, dice Bogdanov. Bisogna esser ciechi per non veder la medesima sostanza idealistica in tutti questi diversi giri di parole. « Domandiamoci — scrive Bogdanov nel primo libro dell 'Empi- riomonismo, pp. 128-129 — che cose un essere "vivente”, per esem- 224 LENIN pio, un "uomo"». E risponde: « ’’ Uomo" è innanzitutto un de- terminato complesso di "sensazioni immediate"». Notate: « innanzi- tutto »! a Poi , nell’ulteriore sviluppo dell’esperienza, l”’uomo " divie- ne per sé e per gli altri un corpo fisico come tutti gli altri». « Complesso » di assurdità da cima a fondo, buono solo per dedur- re l’immortalità dell’anima, oppure l’idea di Dio, ecc. L’uomo è in- nanzitutto un complesso di sensazioni immediate e un corpo fisico nell'ulteriore sviluppo ! Esistono quindi «sensazioni immediate» senza corpo fisico, anteriori al corpo fisico. Peccato che questa ma- gnifica filosofia non sia ancora capitata nei nostri seminari: là sa- prebbero apprezzare tutti i suoi pregi. « ... Abbiamo ammesso che la stessa " natura fisica ’’ è un derivato [corsivo di Bogdanov] dei complessi immediati (ai quali apparten- gono anche le coordinazioni " psichiche ’’), che essa è il riflesso di questi complessi in altri complessi a essi analoghi, ma di tipo piu complesso (neH’esperienza socialmente organizzata degli esseri vi- venti) » (p. 146). Una filosofia la quale insegna che la stessa natura fisica è* un derivato, è filosofia clericale pura e semplice. E questo suo carattere non è per niente modificato dal fatto che personalmente Bogdanov respinge con ardore qualsiasi religione. Anche Dùhring era ateo; egli proponeva perfino di proibire la religione nel suo regime « socia- litario ». Ma ciononostante Engels aveva assolutamente ragione quan- do diceva che il « sistema » di Diihring non può sussistere in defi- nitiva senza la religione. La stessa cosa avviene con Bogdanov, con questa differenza sostanziale, che il passo citato non contiene una con- traddizione fortuita, ma l’essenza del suo « empiriomonismo » e di tutta la sua «sostituzione». Se la natura è derivata, va da sé che essa non può derivare che da qualcosa di pili grande, pili ricco, piu vasto, più potente della natura, da qualcosa che esiste, poiché per « creare » la natura bisogna esistere indipendentemente da essa. Dunque qual- cosa esiste fuori della natura e per di piu questo qualcosa crea la natura. Nel linguaggio comune questo qualcosa si chiama Dio. I fi- losofi idealisti hanno sempre cercato di modificare questo termine, di renderlo più astratto, più nebuloso e allo stesso tempo (per ren- derlo più verosimile) più vicino allo « psichico », come « complesso immediato », dato immediato che non ha bisogno di essere provato. L’idea assoluta, lo spirito universale, la volontà universale, « sostìtu- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 225 zione universale » dello psichico al fisico, è sempre la stessa idea, pre- sentata in formule differenti. Ogni uomo conosce, e le scienze natu- rali ne fanno oggetto d’indagine, l’idea, lo spirito, la volontà, lo psichico, come funzioni del cervello umano in attività normale; stac- care queste funzioni dalla materia organizzata in modo determinato, trasformarle in funzioni universali, in una astrazione generale, « so- stituire » questa astrazione a tutta la natura fisica, è una stravaganza della filosofia idealistica: significa voler schernire le scienze naturali. Il materialismo dice che F« esperienza socialmente organizzata degli esseri viventi » è un derivato della natura fisica, è il risultato di un suo lungo sviluppo, sviluppo da uno stato iniziale della natura fisica in cui non esisteva e non poteva esistere né società, né organiz- zazione, né esperienza, né esseri viventi. L’idealismo afferma che la natura fisica è un derivato dell’esperienza degli esseri viventi e, nel dire questo, l’idealismo eguaglia (se non sottomette) la natura a Dio. Poiché Dio è, indubbiamente, un derivato dell’esperienza socialmen- te organizzata degli esseri viventi. In qualunque senso rigirate la filosofia di Bogdanov, essa non contiene assolutamente altro che con- fusione reazionaria. Bogdanov ritiene che parlare di organizzazione sociale dell’espe- rienza sia fare del « socialismo gnoseologico » (libro III, p. XXXIV). Ragionamento da matti. Se s’intendesse cosi il socialismo, i gesuiti sarebbero ardenti partigiani del «socialismo gnoseologico >, poiché il punto di partenza della loro gnoseologia è la divinità, intesa come « esperienza socialmente organizzata ». Il cattolicesimo è senza dub- bio esperienza socialmente organizzata; soltanto invece di rispecchia- re la verità obiettiva (negata da Bogdanov e riflessa dalla scienza), rispecchia lo sfruttamento dell’ignoranza popolare da parte di deter- minate classi della società. Ma perché disturbare i gesuiti! Troviamo integralmente il «so- cialismo gnoseologico » di Bogdanov presso gli immanentisti tanto cari a Mach. Leclair considera la natura come coscienza del «genere umano » {per Realìsmus , ecc., p. 55), non del singolo individuo. Tale socialismo gnoseologico alla Fichte i filosofi borghesi ve lo ser- viranno a sazietà. Anche Schuppe sottolinea das generiche, das gat~ tungsmàssige Moment des Bewusstseins (pp. 379-380 nel V. f. w. Ph. y voi. XVII), cioè il momento generico, conforme al genere, della coscienza. Pensare che l’idealismo filosofico sparisca perché alla co- 226 LENIN scienza dell’individuo si sostituisce la coscienza dell’umanità, oppure all’esperienza di una persona l’esperienza socialmente organizzata, equivale a pensare che il capitalismo dovrebbe sparire quando una società per azioni si sostituisce a un capitalista. I nostri machisti russi, Iusckevic e Valentinov, hanno ripetuto, dopo il materialista Rakhmetov, che Bogdanov è idealista (copren- do per questo Rakhmetov di ingiurie volgari). Ma essi non sono stati capaci di riflettere sulla provenienza di questo idealismo. Se- condo loro Bogdanov è un caso particolare, individuale, fortuito. È falso. Bogdanov può personalmente credere di avere inventato un sistema « originale », ma basta paragonarlo ai suddetti allievi di Mach per rendersi conto della falsità di queU’opinione. La differen- za che esiste tra Bogdanov e Cornelius è molto minore della diffe- renza tra Cornelius e Carus. La differenza che esiste tra Bogdanov e Carus è minore (per quanto concerne il sistema filosofico, natu- ralmente, e non il grado di coscienza delle conclusioni reazionarie) di quella tra Carus e Ziehen, ecc. Bogdanov è soltanto una delle ma- nifestazioni dell’* esperienza socialmente organizzata » che attesta lo sviluppo del machismo in senso idealistico. Bogdanov (natural- mente trattiamo qui soltanto di Bogdanov come filosofo) non avrebbe potuto venire alla luce se nella dottrina del suo maestro Mach non ci fossero stati « elementi »... di berkeleismo. E non potrei concepire per Bogdanov un « castigo piu terribile » di tradurre il suo Empirio- monìsmo , mettiamo, in tedesco, e darlo per la recensione a Leclair e Schubert-Soldern, Cornelius e Kleinpeter, Carus e Pillon (il fran- cese collaboratore e allievo di Renouvier). Questi commilitoni dichia- rati di Mach, e in parte suoi discepoli diretti, direbbero di piu con le loro lodi alla teoria della « sostituzione » che con tutti i loro ra- gionamenti. Del resto, è dubbio se sia giusto considerare la filosofia di Bogda- nov come un sistema immutabile e finito. In nove anni, dal 1899 al 1908, le fluttuazioni della filosofia di Bogdanov sono passate attra- verso quattro stadi. Egli fu dapprima materialista « naturalista-sto- rico » (cioè semicosciente e istintivamente fedele allo spirito delle scienze naturali). I suoi Elementi fondamentali della concezione sto- rica della natura recano tracce evidenti di questa fase. La seconda fase fu quella dcll’« energetica » di Ostwald, in voga verso il perio- do 1895-1900, cioè la fase dell’agnosticismo confuso che si smarrisce MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 227 qua e là nell’idealismo. Da Ostwald (la copertina del Corso dt filoso- fia naturale di Ostwald reca: «Dedicato a E. Mach») Bogdanov passò poi a Mach, cioè ne adottò i postulati fondamentali dell’ideali- smo soggettivo, incoerente e confuso come tutta la filosofia di Mach. Quarta fase: tentativo di disfarsi di alcune contraddizioni del machi- smo e di creare una parvenza di idealismo oggettivo. La «teoria della sostituzione generale » mostra che Bogdanov ha descritto, dal suo punto di partenza, un arco di circa 180 0 . È questa fase piu lontana 0 più vicina delle precedenti al materialismo dialettico? Se Bogda- nov segna il passo, è ovvio che se ne è allontanato. Se continua a pro- cedere sullo stesso arco sul quale ha camminato per nove anni, si è avvicinato: deve fare ora solamente un passo serio per ritornare al materialismo e precisamente rigettare universalmente la sua sostitu- zione universale, dato che la sua sostituzione universale raccoglie, in un codino cinese, tutti i peccati dell’idealismo equivoco, tutte le de- bolezze delTidealismo soggettivo conseguente, come {si licet parva componere magnisi, se è consentito paragonare le piccole cose alle grandi) l’« idea assoluta» di Hegel riunisce insieme tutte ie contrad- dizioni delhidealismo di Kant e tutte le debolezze della dottrina di Fichte. A Feuerbach restava da compiere soltanto un serio passo per ritornare al materialismo: rigettare universalmente, eliminare asso- lutamente l’idea assoluta, questa « sostituzione » hegeliana dello « psi- chico » alla natura fisica. Feuerbach tagliò il codino cinese dell'idea- lismo filosofico, cioè prese a fondamento la natura senza nessuna « sostituzione ». Chi vivrà vedrà se il codino cinese dell’idealismo machista cresce- rà ancora a lungo. 6. La « teoria dei simboli » (0 dei geroglifici) e la critica di Helmholtz. Per completare quanto abbiamo detto intorno agli idealisti quali commilitoni e successori dell’empiriocriticismo, sarà opportuno rile- vare il carattere della critica machista di alcune tesi filosofiche trattate nella nostra letteratura. Per esempio, i nostri machisti, che vorreb- bero essere marxisti, si sono gettati con una gioia particolare sui « gero- glifici » di Plekhanov, cioè sulla teoria secondo la quale le sensa- zioni e le rappresentazioni deH'uomo non sono né copie delle cose 228 LENIN reali e dei processi della natura, ne la loro immagine riflessa, ma segni convenzionali, simboli, geroglifici, ecc. Bazarov deride questo materialismo a base di geroglifici, e bisogna osservare che egli avreb- be ragione se respingesse il materialismo geroglifico in favore del materialismo non geroglifico. Ma anche qui Bazarov adopera di nuovo un metodo da giocoliere, e sotto la bandiera della critica del « geroglifismo », fa passare di contrabbando la sua abiura del mate- rialismo. Engels non parla né di simboli né di geroglifici, ma di copie, di fotografie, di immagini, di riflessi delle cose. Invece di rile- vare Terrore che Plekhanov ha commesso allontanandosi dalle formu- lazioni del materialismo date da Engels, Bazarov, per mezzo delTer- rore di Plekhanov, nasconde al lettore la verità di Engels. Per spiegare sia Terrore di Plekhanov che la confusione di Baza- rov, prendiamo un grande rappresentante della « teoria dei simboli » (sostituire la parola simbolo con la parola geroglifico non cambia la questione), Helmholtz, e vediamo come lo criticavano da un lato i materialisti e dall’altro gli idealisti in combutta con i machisti. Helmholtz, grandissima autorità nelle scienze naturali, fu, come la stragrande maggioranza degli scienziati, incoerente in filosofia. Egli propendeva per il kantismo ma, nella sua gnoseologia, non si attenne coerentemente nemmeno a questa concezione. Ecco, per esempio, un ragionamento intorno alla corrispondenza degli oggetti e dei concetti, preso dalla sua Ottica fisiologica : « Io ho... designato le sensazioni come simboli dei rapporti del mondo esterno e ho ne- gato qualsiasi loro analogia con le cose che designano * (p. 579 della traduzione francese; p. 442 delToriginale tedesco). Questo è agnosti- cismo; ma più avanti, nella stessa pagina, leggiamo: «I nostri con- cetti e le nostre rappresentazioni sono azioni che gli oggetti che noi vediamo e ci rappresentiamo esercitano sul nostro sistema nervoso e sulla nostra coscienza ». Questo è materialismo. Ma Helmholtz non ha un’idea chiara del rapporto fra la verità assoluta e la verità relativa, come si vede nei suoi ragionamenti ulteriori. Per esempio, un po’ più avanti, Helmholtz dice: «Per conseguenza, penso che non ha nessun senso parlare di una verità delle nostre rappresenta- zioni, che non sia verità pratica. Le rappresentazioni che ci formiamo delle cose non possono essere altro che simboli, segni dati natu- ralmente per gli oggetti, segni che noi impariamo a usare per rego- lare i nostri movimenti e le nostre azioni. Quando noi abbiamo im- materialismo ed empiriocriticismo 229 parato a decifrare in modo corretto questi simboli, siamo in grado, col loro aiuto, di orientare le nostre azioni in modo da ottenere il risultato voluto...». È falso: Helmholtz scivola qui nel soggettivi- smo, nella negazione della realtà obiettiva e della verità obiettiva. Ed egli giunge a una falsità flagrante quando termina la frase con le parole: «un’idea e Poggetto da essa rappresentato sono due cose che appartengono evidentemente a due mondi del tutto diversi,..». Soltanto i kantiani separano in questo modo Pidea dalla realtà, la coscienza dalla natura. Tuttavia, un po’ piu avanti leggiamo: « Per quanto riguarda in primo luogo le qualità degli oggetti ester- ni, è sufficiente riflettere un poco per vedere che tutte le qualità che noi possiamo attribuire ad essi designano esclusivamente azioni che gli oggetti esterni esercitano o sui nostri sensi o su altri oggetti della natura » (p. 581 della traduzione francese; p. 445 delPoriginale tede- sco; io traduco dalla versione francese). Qui Helmholtz passa di nuo- vo alla concezione materialistica. Helmholtz era un kantiano incoe- rente il quale talora riconosceva le leggi aprioristiche del pensiero, talora si orientava verso la « realtà trascendente » del tempo e dello spazio (cioè verso una concezione materialistica di entrambi), talora deduceva le sensazioni delPuomo dagli oggetti esterni agenti sui no- stri organi dei sensi, talora affermava che le sensazioni sono soltanto simboli, vale a dire segni arbitrari separati dal mondo « assolutamente diverso» delle cose da essi designate (cfr. Victor Heyfelder: Ueber den Begriff der Erfahrung bei Helmholtz , Berlino, 1897). Ecco come Helmholtz espone le sue concezioni in un discorso sui «fatti nella percezione» pronunciato nel 1878 («grande avvenimento nel campo del realismo», come lo chiama Leclair): «Le nostre sen- sazioni sono appunto azioni suscitate nei nostri organi da cause ester- ne e il modo con il quale si manifesta quest’azione dipende, eviden- temente, in grande misura dal carattere dell’apparato sul quale si esercita l’azione. In quanto la qualità della nostra sensazione ci in- forma delle proprietà dell’azione esterna che l’ha originata, noi pos- siamo considerarla come un segno \Zeichen\ y ma non come un’/'m- magine di quest’azione. Infatti, dall’immagine si esige una certa rassomiglianza con l’oggetto che essa raffigura... Ma dal segno non si esige nessuna rassomiglianza con ciò di cui esso è il segno» {Vor- trdge und Reden y 1884, p. 226, voi. II). Se le sensazioni non sono im- magini delle cose, ma soltanto segni o simboli che non hanno « nes- 2 3 0 LENIN suna somiglianza » con esse, il postulato materialistico da cui è partito Helmholtz è compromesso; sull’esistenza degli oggetti esterni si stende l’ombra del dubbio, poiché i segni o simboli sono pienamente possibili anche se si riferiscono a oggetti fittizi, e ognuno conosce esempi di simili segni o simboli. Sulle orme di Kant, Helmholtz ten- ta di tracciare, in linea di principio, una specie di confine tra il « fe- nomeno» e la «cosa in sé». Egli nutre una prevenzione insormonta- bile contro il materialismo diretto, chiaro, aperto. Ma egli stesso dice un po’ piu avanti: «Non vedo come si potrebbe confutare un siste- ma di idealismo soggettivo spinto aH’estremo che volesse conside- rare la vita come un sogno. Si può affermare che esso è inverosimile, insoddisfacente al massimo grado, e io mi associerei, a questo propo- sito, alle piu risolute negazioni, ma un tale sistema sarebbe svolto in modo coerente... L’ipotesi realistica, per contro, si fida del giudizio [o della testimonianza: Aussage] dell’auto-osservazione comune, se- condo la quale i cambiamenti delle percezioni dovuti ad azioni deter- minate non hanno alcun nesso psichico con l’impulso della volontà che precede. Quest’ipotesi considera tutto ciò che è confermato dalle percezioni quotidiane, il mondo materiale fuori di noi, come esisten- te indipendentemente dalle nostre rappresentazioni » (pp. 242-243). « Non c’è dubbio che l’ipotesi realistica è la più semplice che noi possiamo fare, controllata e confermata in campi di applicazione straordinariamente vasti, rigorosamente determinata nelle singole sue parti e perciò al più alto grado utilizzabile e feconda come base per l’azione » (p. 243). Anche l’agnosticismo di Helmholtz rasso- miglia al « materialismo che si vergogna », con la differenza che invece delle cadute di Huxley nel berkeleismo, si hanno qui cadute nel kantismo. Perciò Albrecht Rau, seguace di Feuerbach, critica risolutamente la teoria dei simboli di Helmholtz come un abbandono incoerente del « realismo ». Il concetto fondamentale di Helmholtz — dice Rau — è il postulato realistico secondo il quale « noi conosciamo, per mezzo dei nostri sensi, le proprietà obiettive delle cose » *. La teoria dei simboli non si accorda con questa concezione (interamente ma- terialistica, come abbiamo visto) perché essa implica una certa sfi- ducia nella sensibilità, nelle indicazioni dei nostri organi dei sensi. È indiscutibile che l’immagine non può mai essere interamente ugua- * Albrecht Rau: Empfinden und Denari, Giessen, 1896, p. 304. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 231 le al modello, ma una cosa è l’immagine e altra cosa è il simbolo, il segno convenzionale . L’immagine presuppone necessariamente e ine- vitabilmente la realtà obiettiva di ciò che essa « riflette ». 11 « segno convenzionale », il simbolo, il geroglifico sono nozioni che compor- tano un elemento di agnosticismo del tutto superfluo. E perciò A. Rau ha assolutamente ragione di dire che Helmholtz, con la sua teoria dei simboli, paga un tributo al kantismo. « Se Helmholtz — dice Rau — restasse fedele alla sua concezione realistica, se egli si attenesse coerentemente al principio secondo il quale le proprietà dei corpi esprimono tanto le relazioni dei corpi tra di loro che le loro relazioni con noi» è evidente che non avrebbe bisogno di tutta questa teoria dei simboli; allora, potrebbe dire brevemente e chiaramente: ” Le sensazioni originate in noi dalle cose sono immagini dell’essenza di queste cose ” » (ivi, p. 320). Questa è la critica che un materialista fa di Helmholtz. Egli respinge il materialismo dei geroglifici e dei simboli, ossia il semi- materialismo di Helmholtz in nome del materialismo coerente di Feuerbach. Anche l’idealista Leclair (che rappresenta la « scuola immanen- tista » cara alla mente e al cuore di Mach) accusa Helmholtz di in- coerenza e di esitazione tra il materialismo e lo spiritualismo ( Der Realismus ecc., p. 154). Ma, per Leclair, la teoria dei simboli non è insufficientemente materialistica, ma troppo materialistica. « Helm- holtz suppone — scrive Leclair — che le percezioni della nostra coscienza forniscano punti d’appoggio sufficienti per conoscere la con- catenazione nel tempo e l’identità o la non-identità delle cause tra- scendenti. Secondo Helmholtz ciò è sufficiente per presupporre un ordine retto da leggi nel campo del trascendente » (p. 33, cioè nel campo della realtà obiettiva). E Leclair tuona contro questo «pregiu- dizio dogmatico di Helmholtz». «Il Dio di Berkeley — egli escla- ma — come causa ipotetica del corso delle idee, retto da leggi natu - rally nel nostro spirito, è in grado di soddisfare la nostra esigenza di una spiegazione causale, almeno quanto un mondo di cose ester- ne > (p. 34). « L’applicazione coerente della teoria dei simboli... non può dare alcun risultato senza una buona dose di realismo volgare » (p. 35, cioè di materialismo). In questo modo, un « idealista critico », nel 1879, rimproverava Helmholtz per il suo materialismo. Vent’anni dopo, Kleinpeter, al- 2 3 2 LENIN licvo di Mach, lodato dal maestro, confutava per mezzo della « mo- derna » filosofia di Mach, le idee « invecchiate » di Helmholtz, nel modo seguente, in un articolo intitolato Sulla concezione fondamen- tale della • fisica in Ernst Mach e Heinrich Hertz *. Per ora, lasciamo da parte Hertz (il quale, in sostanza, era incoerente quanto Helm- holtz) e vediamo il confronto tra Mach e Helmholtz, stabilito da Kleinpeter. Dopo aver citato parecchi passi dei due scrittori e sottoli- neato con forza particolare la nota affermazione di Mach che i corpi sono simboli mentali per complessi di sensazioni, ecc., Kleinpeter dice: « Se noi seguiamo lo svolgimento delle idee di Helmholtz, incon- triamo i seguenti postulati fondamentali: « i) Esistono oggetti appartenenti al mondo esterno. « 2) Un cambiamento di questi oggetti non è concepibile senza l’azione di una qualche causa (pensata come reale). « 3) ” La causa, secondo il significato originario della parola, è ciò che rimane o è immutato dietro i fenomeni che mutano e cioè: la materia e la legge della sua azione, la forza” f Helmholtz citato da Kleinpeter]. « 4) È possibile dedurre tutti i fenomeni dalle loro cause in mo- do logicamente rigoroso e inequivocabile. « 5) Il raggiungimento di questo scopo equivale al possesso della verità obiettiva, il raggiungimento [Erlangung] della quale appare in tal modo concepibile » (p. 163 ). Indignato per questi postulati, per la loro contraddizione, per l’im- _ postazione di problemi insolubili, Kleinpeter osserva che Helmholtz non si attiene rigorosamente a tali concezioni e adopera talvolta « giri di frase che ricordano un po’ il senso puramente logico che Mach dava alle parole», come materia, forza, causa, ecc. « Non è difficile trovare l’origine dell’insoddisfazione nella quale ci lascia Helmholtz, se ricordiamo le parole cosi belle e chiare di Mach. Tutto il ragionamento di Helmholtz pecca per un’inter- pretazione errata delle parole: massa, forza, ecc. Infatti questi sono soltanto concetti, prodotti della nostra immaginazione e non sono affatto realtà esistenti fuori del pensiero. Noi non siamo assoluta- • Archtv fiir Philosophie , II, Systematische Philosophie , voi. V, 1899, particolar- mente a pp. 163-164. MATER IALJSMO KD EMPIRIOCRITICISMO 2 33 mente in grado di conoscere una cosa del genere. Dalle osservazioni dei nostri sensi, in generale, non siamo in grado — a causa della loro imperfezione — di trarre anche una sola deduzione di unico signi- ficato. Noi non potremmo mai affermare che, per esempio, attraverso la lettura di una certa scala f durch Ablesen einer S!{ala\ otteniamo un unico numero determinato; entro determinati limiti sono sempre possibili infiniti numeri i quali si accordano tutti egualmente bene con i fatti sottoposti a osservazione. E non possiamo in alcun modo conoscere .addirittura qualcosa di reale che si trovi fuori di noi. Ma supponiamo che ciò sia possibile e che noi conosciamo delle realtà; in questo caso non avremmo il diritto di applicare ad esse le leggi della logica, che sono le nostre leggi e sono soltanto applicabili ai nostri concetti, ai nostri [il corsivo è dappertutto di Kleinpeter] prodotti del pensiero. Tra i fatti non ce nesso logico, ma soltanto sem- plice successione; giudizi apodittici sono qui inconcepibili. Per con- seguenza non è giusto dire che un fatto è la causa di un altro; e uni- tamente a quest’affermazione cade tutta la deduzione di Helmholtz costruita su questo concetto. Infine, è impossibile raggiungere la ve- rità obiettiva, cioè esistente indipendentemente da ogni soggetto, ed è impossibile non soltanto a causa delle proprietà dei nostri sensi, ma anche perché noi, in quanto uomini [ wir als Menschen\ in ge- nerale non potremo mai avere nessuna idea di ciò che esiste in modo assolutamente indipendente da noi » (p. 164). Come il lettore vede, il nostro allievo di Mach, ripetendo le espres- sioni favorite del suo maestro e quelle di Bogdanov, che non vuol riconoscere di essere machista, respinge in blocco tutta la filosofia di Helmholtz, e la respinge da un punto di vista idealistico. La teoria dei simboli, in particolare, non è nemmeno trattata a parte dalPidea- lista il quale la giudica come una deviazione accidentale e senza importanza dal materialismo. Quanto a Helmholtz, Kleinpeter lo sceglie come rappresentante «delle concezioni tradizionali in fisica», « concezioni alle quali ancora oggi si attiene la maggioranza dei fisici » (p. 160). In conclusione, abbiamo che Plekhanov ha commesso un errore evidente nella sua esposizione del materialismo e che Bazarov, in- vece, ha completamente confuso la questione mettendo in un sol mucchio materialismo e idealismo, contrapponendo alla « teoria dei simboli » o « materialismo dei geroglifici » l’assurdo idealistico se- *34 LENIN condo il quale « la rappresentazione dei sensi è appunto la realtà esi- stente fuori di noi ». Partendo dal seguace di Kant, Helmholtz, come anche da Kant stesso, i materialisti sono andati a sinistra, i machisti a destra. 7. La duplice critica di Duhring. Rileviamo ancora un tratto caratteristico nell’inverosimile defor- mazione del materialismo da parte dei machisti. Valentinov vuol battere i marxisti confrontandoli con Biichner — il quale avrebbe moltissimi punti di contatto con Plekhanov — quantunque Engels avesse tenuto a definire nettamente la fondamentale differenza tra lui e Biichner. Bogdanov, affrontando la stessa questione da un altro lato, sembra difendere il « materialismo degli scienziati » del quale « si parla, di solito, con un certo disprezzo » ( Empiriomonismo , L. Ili, p. X). Sia Valentinov che Bogdanov fanno una confusione imper- donabile. Marx ed Engels « parlarono sempre con disprezzo » dei cat- tivi socialisti, ma da ciò risulta soltanto che il loro spirito era quello del vero socialismo scientifico e non delle migrazioni dal sociali- smo aile concezioni borghesi. Marx ed Engels hanno sempre con- dannato i! cattivo materialismo (e, in principal modo, il materia- lismo antidialettico), ma lo condannavano dal punto di vista del materialismo dialettico, del materialismo piu elevato, piu sviluppato, e non dal punto di vista delThumismo e del berkeleismo. Marx, En- gels e Dietzgen parlavano dei cattivi materialisti per fare i conti con loro e per correggere i loro errori; mentre degli humiani e ber- keleiani — Mach e Avenarius — non avrebbero neppure parlato, limitandosi a qualche osservazione ancora piu sprezzante sulla loro corrente nel suo insieme. Perciò gli infiniti versacci e le smorfie dei nostri machisti nei riguardi di Holbach e soci, di Biichner e soci e cosi via, servono soltanto a gettar polvere negli occhi del pubblico, a nascondere l’abbandono dei principi stessi del materialismo in gene- rale da parte di tutto il machismo e la paura di fare i conti diretta- mente e francamente con Engels. Eppure sarebbe difficile esprimere la propria opinione sul mate- rialismo francese del secolo XVIII, e su Biichner, Vogt e Moleschott, piu chiaramente di quanto abbia fatto Engels alla fine del II capitolo MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 235 del suo Ludwig Feuerbach . Non si può non capire Engels, a meno che non lo si voglia snaturare . Marx ed io siamo materialisti, dice Engels in questo capitolo, mettendo in chiaro la differenza fonda- mentale che esiste tra tutte le scuole del materialismo e Yintero cam- po degli idealisti, e tutti i kantiani e i seguaci di Hume in generale. Ed Engels rimprovera a Feuerbach una certa pusillanimità , una certa leggerezza, che gli fece abbandonare, in qualche caso, il materialismo in generale, a causa degli errori di questa o quella scuola di materia- listi. Feuerbach «non doveva però [durfte nich\ — dice Engels — scambiare col materialismo la dottrina dei predicatori ambulanti » (Buchner e soci) (p. 21). Soltanto menti guastate dalla lettura dei professori reazionari tedeschi e dalla fede nelle loro dottrine potevano non capire il carattere di tali rimproveri rivolti da Engels a Feuerbach. Engels dice con una chiarezza lampante che Buchner e soci « non andarono menomamente al di là di questi limiti dei loro maestri » M , cioè dei materialisti del secolo XVIII, che non hanno fatto neppure un passo avanti . Questo e soltanto questo Engels rimprovera a Bùch- ner e soci; egli non rimprovera ad essi d'essere stati materialisti, come pensano gli ignoranti, ma di non aver fatto progredire il mate- rialismo: «e in realtà V ulteriore svolgimento della teoria [del mate- rialismo] non era assolutamente affar /oro». Soltanto questo Engels rimprovera a Buchner e soci. E nello stesso luogo, Engels enumera, punto per punto , le tre «ristrettezze» ( Beschranktheiten ) fondamen- tali dei materialisti francesi del secolo XVIII, ristrettezze delle quali Marx ed Engels si sbarazzarono, ma delle quali Buchnei 1 e soci non seppero sbarazzarsi. Prima ristrettezza: la concezione dei vecchi ma- terialisti era « meccanicistica » nel senso che essi applicavano esclusi- vamente « i criteri della meccanica a processi che sono di natura or- ganica e chimica » (p. 19). Vedremo nel capitolo seguente come Fin- comprensione di queste parole di Engels abbia avuto per effetto che certuni, attraverso la fisica moderna, siano andati a cadere nell’ideali- smo. Engels non respinge il materialismo meccanicistico per le accuse che gli muovono i fisici della « moderna » tendenza idealistica (e an- che machista). Seconda ristrettezza: il carattere metafisico delle con- cezioni dei vecchi materialisti, che consiste nel loro « modo di filo- sofare antidialettico ». I nostri machisti, che. come abbiamo visto, non hanno capito un bel niente del modo come Engels applica la dialet- tica alla gnoseologia (la verità assoluta e la verità relativa, per esenv 2^6 LENIN pio), condividono interamente con Bùchner e soci questa ristrettezza. Terza ristrettezza: la conservazione dell’idealismo «in alto», nel campo della scienza sociale; l’incomprensione del materialismo storico. Dopo aver enumerato e spiegato queste tre « ristrettezze » con una chiarezza che esaurisce la questione (pp. 19-21)", Engels ag- giunge subito: Bùchner e soci non andarono al di là « di questi lìmi - ti » (ùber diese Schranken). Esclusivamente per queste tre cose, esclusivamente in questi li- miti, Engels respinge sia il materialismo del secolo XVIII che la dottrina di Bùchner e soci. Su tutte le altre questioni, più elementari, del materialismo (snaturate dai machisti) non cè e non può esserci nessuna differenza tra Marx ed Engels da una parte e tutti questi vecchi materialisti dall’altra. Soltanto i machisti russi hanno portato la confusione in tale questione del tutto chiara. Infatti per i loro maestri e compagni d’idee delPEuropa occidentale, la divergenza ra- dicale tra l’indirizzo di Mach e soci e l’indirizzo dei materialisti in generale è del tutto evidente. I nostri machisti hanno avuto biso- gno di aggrovigliare la questione per presentare la loro rottura col marxismo e il loro passaggio al campo della filosofia borghese come « piccole correzioni » al marxismo! Prendete Dùhring. È difficile immaginare qualche cosa di più sprezzante dei giudizi che Engels ha dato di lui. Ma guardate come quello stesso Dùhring, oltre che da Engels , era in pari tempo criticato da Lcclair, il quale esaltava «la filosofia rivoluzionaria» di Mach. Por Leclair, Dùhring rappresenta l'estrema sinistra » del materiali- smo, « la quale afferma senza ambagi che la sensazione, come in ge- nerale ogni manifestazione della coscienza e della intelligenza, è una secrezione, una funzione, la più alta fioritura, un effetto comples- sivo, ecc., dell’organismo animale» ( Der Realismus ecc., 1879, P p. 23-24). Forse per questo Engels criticava Dùhring? No. Su questo pun- to egli era completamente d'accordo con Dùhring, come con qual- siasi altro materialista. Egli lo criticava da un punto di vista dia- metralmente opposto, lo criticava perché il suo materialismo non era coerente, per le sue fantasie idealistiche che lasciavano uno spira- glio aperto al fideismo. «La natura stessa lavora entro tessere dotato di rappresenta- zioni, e anche fuori di esso, a produrre, secondo una legge, conce- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 237 zioni coerenti e a creare le conoscenze necessarie suirandamento delle cose ». Leclair cita queste parole di Duhring e attacca furiosamente questa concezione del materialismo, « la piu grossolana metafisica » di questo materialismo, 1*« illusione », ecc. ecc. (pp. 160 e 161-163). Forse per questo Engels criticava Duhring? No. Engels derideva ogni specie di enfasi, ma per quanto riguarda il riconoscimento delle leggi obiettive della natura, riflesse dalla coscienza, egli era compieta- mente d'accordo con Diihring, come con qualsiasi altro materialista. «Il pensiero è la forma suprema di tutta la rimanente realtà...». «Il postulato fondamentale della filosofia è l’indipendenza e la di- stinzione del mondo reale materiale dal gruppo dei fenomeni della coscienza che nascono in questo mondo e lo concepiscono». Leclair cita queste parole di Duhring insieme a parecchi attacchi dello stesso Duhring contro Kant, ecc. e lo accusa per questo di cadere nella «metafisica» (p. 218-222), di riconoscere il «dogma metafisico», ecc. Forse per questo Engels criticava Duhring? No. Engels era com- pletamente d’accordo con Duhring, come con qualsiasi altro mate- rialista, nel riconoscere che il mondo esiste indipendentemente dalla coscienza e che ogni deviazione dei kantiani, degli humiani, dei ber- keleiani, ecc., da questa verità è un errore. Se Engels avesse visto da che parte Leclair, di concerto con Mach, si metteva a criticare Duhring, egli avrebbe designato questi due filosofi reazionari con termini cento volte piu sprezzanti di quelli adoperati per Duhring! Per Leclair, Duhring era l’incarnazione del realismo e del materia- lismo pernicioso (cfr. anche Beitràge zu einer monistischen Er - \enntnistheorie , 1882, p. 45). W. Schuppe, maestro e commilitone di Mach, nel 1878 accusava Duhring di « realismo delirante », Traum- realismus*, ritorcendo l’espressione «idealismo delirante», lanciata da Duhring contro tutti gli idealisti. Per Engels al contrario Duhring era un materialista non abbastanza fermo, chiaro e coerente. Marx ed Engels, come anche J. Dietzgen, entrarono nel campo della filosofia quando tra gli intellettuali avanzati in generale, e ne- gli ambienti operai in particolare, dominava il materialismo. È perciò del tutto naturale che Marx ed Engels rivolgessero tutta la loro at- tenzione non a ripetere le vecchie cose, ma a promuovere un serio sviluppo teorico del materialismo, ad applicarlo alla storia, e cioè a Dott. Wilhelm Schuppe: Erkenntnistheoretìsckc Logik* Bonn, 1878, p. 56. 23 8 LENIN completare la costruzione dell’edificio della filosofia materialistica fino alla sommità . È del tutto naturale che, nel campo della gnoseo- logia, si limitassero a correggere gli errori di Feuerbach, a deridere le banalità del materialista Diihring, a criticare gli errori di Biichner (si veda J. Dietzgen), a sottolineare ciò che faceva particolarmente difetto a questi scrittori, che erano i piu diffusi e i piu popolari negli ambienti operai, e precisamente: la dialettica. Marx, Engels e }. Dietz- gen non si preoccupavano delle verità elementari del materialismo, intorno alle quali volgarizzatori ambulanti strillavano in decine di pubblicazioni; ma rivolgevano tutta la loro attenzione a evitare che queste verità elementari non fossero rese volgari, non fossero eccessivamente semplificate, non conducessero a un ristagno del pen- siero (« materialismo in basso, idealismo in alto »), non facessero dimenticare il frutto prezioso dei sistemi idealistici, la dialettica hege- liana, questa perla che i galli Biichner, Diihring e soci (assieme a Leclair, a Mach, ad Avenarius, tee.) non sapevano estrarre dal leta- maio dell’idealismo assoluto. Se ci si fa un’idea un po’ concreta di queste condizioni storiche nelle quali sono nate le opere filosofiche di Engels e di J, Dietzgen, diviene del tutto chiara la ragione per cui essi si sono separati netta- mente dai volgarizzatori delle verità elementari del materialismo, piuttosto che difendere queste stesse verità. Marx ed Engels si sono anche separati dai volgarizzatori delle rivendicazioni fondamentali della democrazia politica piuttosto che difendere essi stessi queste rivendicazioni. Soltanto allievi dei filosofi reazionari potevano « non avvertire > questa circostanza e presentare le cose al lettore come se Marx ed Engels non capissero che cosa volesse dire essere materialisti. 8. Come ha potuto /. Dietzgen incontrare il favore dei filosofi rea- zionari? L’esempio surriportato di Helfond contiene già una risposta a questa domanda e noi non seguiremo gPinnumerevoli casi nei quali i nostri machisti hanno trattato J. Dietzgen alla maniera di Helfond. Sarà più utile riportare una serie di ragionamenti di }. Dietzgen per mostrare i suoi lati deboli. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 2 39 « Il pensiero è una funzione del cervello », dice Dietzgen ( Das Wesen der menschlìcken Kopfarbeit , 1903, p. 52. Ce una traduzione russa: Sustcnost golovnoi raboty), «Il pensiero è un prodotto del cervello... Il mio scrittoio, in quanto contenuto del mio pensiero, coin- cide con questo pensiero e non si differenzia da esso. Ma questo scrit- toio, fuori della mia testa, è un suo oggetto completamente distinto da essa » (p. 53). Queste posizioni materialistiche assolutamente chiare, Dietzgen le completa però nel modo seguente: « Ma anche la rappresentazione non sensibile esiste sensibilmente, materialmente, cioè realmente... Lo spirito non si differenzia dal tavolo, dalla luce, dal suono piu di quanto queste cose si differen- zino l’una dall'altra » (p. 54). Qui si ha un errore evidente. Che il pensiero e la materia siano « reali », cioè esistano, è vero. Ma chia- mare materiale il pensiero, significa fare un passo falso verso la con- fusione del materialismo con l’idealismo. In realtà si tratta piuttosto di una inesattezza di espressione in Dietzgen che in un altro passo dice giustamente: «Lo spirito e la materia hanno almeno in comune il fatto che esistono » (p. 80). « Il pensiero è lavoro fisico », dice Dietzgen. « Per pensare ho bisogno di una materia che possa esser pensata. Questa materia ci è data nei fenomeni della natura e della vita... La materia è il limite dello spirito; lo spirito non può oltrepas- sarlo. Lo spirito è un prodotto della materia, la materia però è piu che un prodotto dello spirito... » (p. 64). I machisti si guardano bene daH’esaminare siffatti ragionamenti materialistici del materialista J. Dietzgen! Essi preferiscono aggrapparsi airimprecisione e alla con- fusione di Dietzgen. Per esempio, egli dice che gli scienziati possono essere « idealisti solo fuori dal loro campo » (p. 108). Se e perché sia cosi, è una questione su cui i machisti tacciono. Ma una pagina prima Dietzgen ammette « l’aspetto positivo dell’idealismo contemporaneo » (p. 106) e « l’insufficienza del principio materialistico », il che do- vrebbe rallegrare i machisti! Il pensiero di Dietzgen inesattamente espresso è che anche la differenza tra materia e spirito è relativa e non eccessiva (p. 107). È giusto, ma da ciò non deriva l’insufficienza del materialismo, ma l’insufficienza del materialismo metafisico, anti- dialettico. « La verità profana, verace, non è basata su una persona. Le sue basi sono al di fuori [cioè fuori della persona], nel suo materiale: essa è una verità obiettiva... Noi ci chiamiamo materialisti... I materialisti 240 LENIN in filosofia sono caratterizzati dal fatto che essi pongono all’origine, a capo di tutto, il mondo fisico e considerano l’idea 0 lo spirito come una conseguenza, mentre gli avversari, alla maniera religiosa, dedu- cono le cose dal verbo,... deducono il mondo materiale dall’idea » ( Kleinere Philosophische Schriften , 1903, pp. 59, 62). Questo riconosci- mento della verità obiettiva e la ripetizione della definizione e n gel- si ano. del materialismo sono cose su cui i machisti sorvolano. Ma ecco che Dietzgen dice: «Noi potremmo con pari diritto chiamarci idea- listi, poiché il nostro sistema poggia sul risultato complessivo della filo- sofia, sull’indagine scientifica dell’idea, sulla chiara intelligenza della natura dello spirito » (p. 63). Non è difficile appigliarsi a questa frase manifestamente sbagliata per negare il materialismo. In realtà la for- mulazione in Dietzgen è piu falsa di quanto non lo sia il suo pensiero fondamentale che si riduce a indicare come il vecchio materialismo non avesse saputo analizzare scientificamente le idee (mediante il ma- terialismo storico). Ecco il ragionamento di Dietzgen sul vecchio materialismo: «Il nostro materialismo è una conquista scientifica, storica, come la nostra comprensione dell’economia politica. Noi ci distinguiamo anche dai materialisti di una volta, così come ci distinguiamo nettamente dai so- cialisti del passato. Con quei materialisti abbiamo in comune soltanto il fatto di ammettere che la materia è la premessa o base prima del- l’idea » (p. 140). Questo «soltanto» è caratteristico! Esso racchiude in sé tutto il fondamento gnoselogico del materialismo in quanto si distingue dall’agnosticismo, dal machismo e dall’idealismo. Ma qui Dietzgen concentra la sua attenzione sull’esigenza di differenziarsi dal materialismo volgare. ' Tuttavia segue poi un passo nettamente erroneo: «È necessario allargare il concetto di materia. Vi rientrano tutti i fenomeni della realtà e conseguentemente anche la nostra capacità di conoscere e di spiegare» (p. 141). È una confusione, che con il pretesto di «allar- gare » il materialismo serve solo a mescolare materialismo e idealismo. Attaccarsi a simile « allargamento » significa dimenticare la base della filosofia di Dietzgen, il riconoscimento della materia come elemento primario, come « confine dello spirito ». E poche righe dopo Dietzgen, in effetti, si correggerà da se stesso: « Il tutto regge la parte, la mate- ria regge lo spirito » (p. 142)... « In questo senso possiamo amare e venerare il mondo materiale... come causa prima, come creatore del MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 241 cielo e della terra » (p. 142). È una confusione includere nel concetto di materia anche i pensieri, come Dietzgen ripete nelle Incursioni (op. cit., p. 214); è confusione, poiché questa inclusione fa perdere ogni significato all’opposizione gnoseologica di materia e spirito, di materialismo e idealismo, sulla quale opposizione lo stesso Dietzgen insiste. Che questa contrapposizione non debba essere « eccessiva >, esagerata, metafisica, è fuori dubbio (e nelPaverlo ribadito sta il grande merito del materialista dialettico Dietzgen). I limiti del- l’assoluta necessità e dell’assoluta veridicità di questa relativa contrap- posizione sono appunto quei limiti che determinano V orientamento delle indagini gnoseologiche. Operare al di là di questi limiti, con la contrapposizione fra materia e spirito, tra fisico e psichico, come se si trattasse di una contrapposizione assoluta, sarebbe un grossolano errore. Dietzgen, al contrario di Engels, esprime le sue idee in modo vago, oscuro, confuso. Ma, prescindendo dalle deficienze dell’esposizione e dai singoli errori, egli difende a ragion veduta la « teoria materialisti- ca della conoscenza » (pp. 222 e 271), il « materialismo dialettico » (p. 224). «La teoria materialistica della conoscenza — dice }. Dietz- gen — si riduce alla constatazione del fatto che l’organo umano della conoscenza non emana nessuna luce metafisica, ma è una parte della natura che riflette altre parti della natura (pp. 222-223). « La facoltà conoscitiva non è una fonte sovrannaturale della verità, ma è invece uno strumento speculare che riflette le cose del mondo, ossia la na- tura » (p. 243). I nostri profondi machisti eludono lanalisi di ógni singola tesi della teoria materialistica della conoscenza di J. Dietzgen, attaccandosi alle sue deviazioni da essa, alla mancanza di chiarezza e alla confusione. J. Dietzgen' può piacere ai filosofi reazionari perché qua e là porta confusione. È ormai ovvio che dove c'è confusione tro- viamo i machisti. Marx scriveva a Kugelmann il 5 dicembre del 1868: «Parecchio tempo fa egli [Dietzgen] mi mandò un frammento di un manoscritto sulla ” capacità di pensiero ”, contenente, nonostante una certa confu- sione e ripetizioni troppo frequenti, molte cose eccellenti e — per essere il prodotto indipendente di un operaio — perfino ammirevoli > “ (p. 52 della traduzione russa). Il sig. Valentinov riporta questo passo senza pensare a domandarsi in che cosa Marx scorgeva in Dietzgen della confusione : se in ciò che avvicina Dietzgen a Mach o in ciò che 2 4 2 LENIN oppone Dietzgen a Mach. Il sig. Valentinov non sì poneva questa do- manda perché aveva letto Dietzgen e le lettere di Marx alla maniera del Petruscka di Gogol. Ma a questa domanda non è difficile trovare una risposta. Marx piu volte chiamò la sua concezione filosofica mate- rialismo dialettico e X Antiduhring di Engels, che Marx lesse comple- tamente nel manoscritto , espone precisamente questa concezione. Quin- di, persino i vari sig g. Valentinov avrebbero potuto comprendere che la confusione di Dietzgen poteva consistere solo nella sua deviazione da una coerente applicazione della dialettica, da un materialismo coe- rente e in particolare dall’ Antiduhring. I signori Valentinov e consorti non capiscono che Marx ha chia- mato confusione in Dietzgen solo ciò che avvicina Dietzgen a Mach , il quale è partito da Kant non per giungere al materialismo, ma a Ber- keley e Hume? O forse il materialista Marx ha chiamato confusione proprio la teoria materialistica della conoscenza di J. Dietzgen e ha approvato le sue deviazioni dal materialismo? E ha approvato quan- to diverge dz\V Antiduhring, scritto con la sua collaborazione? Chi vogliono prendere in giro i nostri machisti che vorrebbero esse- re considerati marxisti e che proclamano a tutto il mondo che il «loro» Mach ha approvato Dietzgen? I nostri eroi non hanno capito che Mach ha potuto approvare Dietzgen solo in ciò per cui Marx lo chiamava confusionario! In una valuta/ione generale d’insieme J. Dietzgen non merita un biasimo cosi severo. Egli è per i nove decimi un materialista che non ha mai avuto pretese di originalità o di possedere una filosofia parti- colare che fosse diversa dal materialismo. Dietzgen ha parlato più volte di Marx, e sempre come del capo della tendenza (cfr. Kleìnere philosophische Schriften , p. 4, opinione del 1873; a p. 95, anno 1876, sottolinea che Marx ed Engels « possedevano la scuola filosofica neces- saria », cioè la preparazione filosofica; a p. 181, anno 1886, parla di Marx e di Engels come dei « fondatori riconosciuti » della tendenza). Dietzgen era marxista, ed Eugen Dietzgen e, ahimè, il compagno P. Dauge, gli rendono un cattivo servizio inventando il « monismo na- turalìstico », il « dietzgenismo », ecc. Il « dietzgenismo », in quanto si distingua dal materialismo dialettico, è confusione , è un passo verso la filosofia reazionaria, è un tentativo di creare un indirizzo filoso- fico non sulla base di ciò che ve di grande in Joseph Dietzgen (in MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 243 questo operaio filosofo, che alla sua maniera scopri il materialismo dialettico, c’è molto di grande), ma sui suoi punti deboli\ Mi limiterò a due esempi sul modo in cui il compagno P. Dauge ed Eugen Dietzgen scivolano verso la filosofia reazionaria. P. Dauge scrive a p. 273 della seconda edizione deli 1 Acquisito : « La stessa critica borghese segnala l’affinità di Dietzgen con Pempirio- criticismo e la filosofia immanentistica »; e più in là: «in particolare con Leclair » (citazione dalla « critica borghese »). Che P. Dauge apprezzi e rispetti Dietzgen è fuor di dubbio. Ma è egualmente fuor di dubbio che egli disonora Dietzgen riportando senza protesta il giudizio di uno scribacchino borghese che accosta il più reciso nemico del fideismo e dei professori, dei «lacchè diplo- mati » della borghesia, al propagandista diretto del fideismo, al più dichiarato reazionario quale è Leclair. È possibile che Dauge abbia ripetuto il giudizio altrui sugli immanentisti e Leclair senza cono- scere personalmente gli scritti di questi reazionari. Ma in questo caso gli servirà da ammonimento quel che diciamo: che cioè la via che va da Marx alle particolarità di Dietzgen, a Mach, agli immanentisti è la via che porta al pantano. Non soltanto Pavvicinamento a Leclair, ma anche Paccostamento a Mach mette in rilievo il Dietzgen confu- sionario anziché il Dietzgen materialista. Difenderò J. Dietzgen contro Dauge. Affermo che J. Dietzgen non ha meritato la vergogna di venire accostato a Leclair. E posso rimandare al testimonio più autorevole in tale questione: a un rea- zionario, a un filosofo fideista e « immanentista » pari a Leclair, preci- samente a Schubert-Soldern. Nel 1896 costui scriveva: «I socialde- mocratici si richiamano volentieri a Hegel con maggiore o minor ragione (di solito con minor ragione), ma materializzano la filosofia hegeliana; cfr. J. Dietzgen... L’assoluto diventa in Dietzgen l’universo, ma quest’ultimo diviene la cosa in sé. il soggetto assoluto, i cui feno- meni ne sono i predicati. Ovviamente Dietzgen non si accorge di fare in questo modo della più pura astrazione la base del processo con- creto, cosi come non se ne accorge Hegel... Hegel, Darwin, Haeckel c il materialismo delle scienze naturali spesso si uniscono caoticamente in Dietzgen » ( Questioni sociali , p. XXXI II). Schubcrt-Soldern intende le sfumature filosofiche meglio di Mach, il quale loda tutti senza ecce- zione, perfino il kantiano Jerusalem. Eugen Dietzgen ha avuto l’ingenuità di lamentarsi col pubblico LENIN 244 tedesco perché in Russia dei materialisti meschini c offendevano » Jo- seph Dietzgen e ha tradotto in tedesco gli articoli di Plekhanov e di Dauge su J. Dietzgen (vedi J. Dietzgen: Er\enntnis und Wahrheit y Stoccarda, 1908, appendice). Il povero « seguace del monismo naturali- stico » ha fatto le spese delle sue lagnanze. Fr. Mehring, che di filo- sofia e di marxismo se ne intende alquanto, ha scritto nella sua recen- sione che Plekhanov in sostanza ha ragione contro Dauge (Neue Zeit , 1908, n. 38, 19 giugno, appendice, p. 432). Per Mehring è fuori dubbio che J. Dietzgen, allontanandosi da Marx ed Engels, si è messo in un impiccio . Eugen Dietzgen ha risposto a Mehring con una nota lunga e piagnucolosa nella quale è arrivato a dire che J. Dietzgen può essere utilizzato « per la conciliazione » dei « fratelli nemici : gli ortodossi e i revisionisti » (N. Z., 1908, n. 44, 31 luglio, p. 652). Ancora un avvertimento, compagno Dauge : la strada che porta da Marx al « dietzgenismo » e al « machismo » è la strada che porta al pantano , naturalmente non le singole persone, non Tizio, Caio o Sem- pronio, ma la tendenza. E non gridate, signori machisti, che io faccio appello alle « auto- rità » : le vostre grida contro le autorità non fanno che mascherare il fatto che voi alle autorità del socialismo (Marx, Engels, Lafargue, Mehring, Kautsky) sostituite le autorità della borghesia (Mach, Pet- zoldt, Avcnarius, gli immanentisti). Meglio per voi sarebbe non solle- vare il problema «delle autorità» e «del principio di autorità»! CAPITOLO QUINTO LA RIVOLUZIONE MODERNA NELLE SCIENZE NATURALI E L’IDEALISMO FILOSOFICO Un anno fa, la rivista Die Nette Zeit pubblicava un articolo di Joseph Diner-Dénes, intitolato: il marxismo e la rivoluzione moderna nelle scienze naturali (1906-1907, n. 52). Il difetto di questo articolo sta neirignorare le conclusioni gnoseologiche che si traggono dalla « nuova * fisica e che, in questo momento, hanno per noi un interesse particolare. Ma appunto questo difetto rende per noi particolarmente interessanti la concezione e le conclusioni dell’autore summenzionato. Joseph Diner-Dénes condivide, come l’autore di queste righe, l’opi- nione di quel « comune marxista » del quale i nostri machisti parlano con tanto superbo disdegno. « Ogni marxista comune medio — scrive per esempio il signor Iusckevic — è solito qualificarsi materia- lista dialettico » (p. 1 del suo libro). Ed ecco che questo comune mar- xista, in persona di Diner-Dénes, ha messo direttamente a confronto Le moderne scoperte delle scienze naturali, e in particolare della fisica (raggi X, raggi Becquerel, emanazioni del radio, ecc.), con YAntidùh- ring di Engels. A quale conclusione lo ha condotto questo confronto? « Nei campi piu diversi delle scienze naturali si sono acquisite nuove conoscenze — scrive J. Diner-Dénes — ed esse convergono tutte verso quel punto che Engels voleva far risaltare, e cioè vengono a confer- mare che nella natura 11 non vi sono opposizioni inconciliabili, non vi sono linee di separazione e differenze rigidamente fissate ” e che se troviamo nella natura opposizioni e differenze, noi e soltanto noi introduciamo nella natura Timmobilità e il carattere assoluto di que- ste opposizioni e differenze*. Si è scoperto, per esempio, che la luce e l’elettricità sono soltanto manifestazioni di una medesima forza della natura. L’ipotesi che l’affinità chimica si riduca a processi elettrici di- viene ogni giorno piu probabile. Gli elementi chimici indistruttibili 246 LENIN e indecomponibili, il numero dei quali continua sempre ad aumentare come per irridere all'unità del mondo, risultano distruttibili e decom- ponibili. Si è riusciti a trasformare un elemento di radio in un ele- mento di elio. « Come tutte le forze della natura si riducono a una forza unica, cosi anche tutte le sostanze della natura si riducono a un* unica sostanza » (il corsivo è di J. Diner-Dcnes). E Fautore, citando Topinione di uno scienziato che considera Tatomo soltanto come con- densazione dell’etere, esclama: «Che splendida conferma di ciò che pensava Engels trentanni fa: il movimento è il modo di esistere della materia!... Tutti i fenomeni della natura sono movimento e il loro differenziarsi è dovuto soltanto al fatto che noi, uomini, percepia- mo questo movimento in forme diverse... Le cose stanno appunto come aveva detto Engels. Esattamente come la storia, la natura è sot- toposta alla legge del movimento dialettico ». D’altra parte, non si può prendere in mano una pubblicazione machista o relativa al machismo senza trovare richiami pretenziosi alla fisica moderna la quale, dicono, avrebbe confutato il materiali- smo, ecc. ecc. Che questi richiami siano fondati, è un’altra faccenda, ma il legame della fisica moderna o, piu esattamente, di una deter- minata scuola della fisica moderna, col machismo e con altre varietà della filosofia idealistica contemporanea, non può esser messo in dub- bio. Analizzare il machismo ignorando, come fa Plekhanov, questo legame, vuol dire farsi beffa dello spirito del materialismo dialet- tico, cioè sacrificare nel metodo di Engels lo spirito alla lettera. En- gels dice chiaramente : « Ad ogni scoperta che fa epoca nel campo delle scienze naturali » (per non pdrlare della storia del genere uma- no) «esso fil materialismo] deve cambiare la sua forma» {Ludwig Feuerbach , p. 19, ediz. tedesca) 01 . Per conseguenza, la revisione della « forma » del materialismo di Engels, la revisione delle sue tesi di filosofia naturale, non soltanto non ha nulla di « revisionista » nel senso che si è convenuto di dare a questa parola, ma è anzi un’esi- genza necessaria del marxismo. Ai rr.achisti non rimproveriamo affatto questa revisione, ma il loro procedimento puramente revi- sionista che consiste nel modificare l'essenza del materialismo col pre- testo di criticarne la forma e nell’acccttare le tesi fondamentali della filosofia borghese reazionaria, senza un qualsiasi tentativo di affron- tare direttamente, francamente, risolutamente, per esempio, la se- guente affermazione di Engels che, nel caso in questione, è senza MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO *47 dubbio estremamente importante: «...movimento senza materia è impensabile ;> ( Antidùhring , p. 50) ”. È ovvio che analizzando i legami che intercorrono fra una delle scuole della fisica moderna e la rinascita della filosofia idealistica, non abbiamo nessuna intenzione di occuparci di teorie particolari della fisica. Ci interessano esclusivamente le deduzioni gnoseologiche tratte da alcune tesi determinate e da scoperte note a tutti. Queste deduzioni gnoseologiche s’impongono talmente all’attenzione, che molti fisici le prendono già in esame. Oltre a ciò, su questo terreno esistono già tra i fisici diverse tendenze e si costituiscono determi- nate scuole. Il nostro compito si limita dunque a mettere in rilievo l'essenza delle divergenze che esistono fra queste correnti e quali sono i loro rapporti con gli indirizzi fondamentali della filosofia. 1. La crisi della fisica contemporanea. Il noto fisico francese Henri Poincaré dice, nel suo libro II valore della scienza , che esistono « i sintomi di una crisi seria » della fisica e dedica a questa crisi un capitolo completo (il capitolo Vili, cfr. p. 171). La crisi non si riduce soltanto al fatto che « il radio, questo grande rivoluzionario », mina il principio della conservazione dell’energia. «Anche tutti gli altri principi sono messi in pericolo» (p. 180). Per esempio, il principio di Lavoisier, o principio della conservazione della massa, è anch’esso minato dalla teoria elettronica della materia. Secondo questa teoria, gli atomi sono formati di particelle estrema- mente piccole, cariche di elettricità positiva o negativa, che si chiama- no elettroni e che « sono immerse in un ambiente che noi chiamiamo etere ». Gli esperimenti dei fisici permettono di calcolare la velocità del movimento degli elettroni e la loro massa (o il rapporto della loro massa con la loro carica elettrica). La velocità del movimento degli elettroni è paragonabile per esempio alla velocità della luce (300.000 chilometri al secondo) e raggiunge, all’incirca, la terza parte di questa velocità. Date tali condizioni, bisogna tener conto della duplice massa dell’elettrone corrispondentemente alla necessità di vincere, in primo luogo, l’inerzia dell’elettrone e, in secondo luogo, l’inerzia dell’etere. La prima massa sarà la massa reale o meccanica 'dell’elettrone; la seconda « la massa elettrodinamica che rappresenta 248 LENIN l’inerzia dell’etere », Orbene, la prima massa risulta uguale a zero. Tutta la massa degli elettroni, 0 almeno degli elettroni negativi, risulta, per la sua origine, interamente ed esclusivamente elettrodi- namica. La massa scompare. Le basi della meccanica sono minate. È ugualmente minato il principio di Newton sull’eguaglianza del- l’azione e della reazione, ecc. Noi — dice Poincaré — siamo davanti alle « rovine » dei vecchi principi della fisica, davanti a una « disfatta generale dei principi ». È vero — egli aggiunge restrittivamente — che tutte queste ecce- zioni ai principi si riferiscono a grandezze infinitamente piccole; è possibile che noi non conosciamo ancora altre grandezze infinita- mente piccole le quali si oppongano a questo sconvolgimento delle vecchie leggi; e inoltre il radio è rarissimo. Ma in ogni caso stiamo attraversando un « periodo di dubbi ». Abbiamo già visto quali con- clusioni gnoseologiche trae l’autore da questo « periodo di dubbi ». « I concetti di spazio e di tempo non ci sono dati (0 imposti) dalla natura, ma siamo noi che li diamo alla natura »; « tutto ciò che non è pensato è puro nulla». Queste sono conclusioni idealistiche. Lo sconvolgimento dei principi fondamentali dimostra (tale è lo svolgi- mento delle idee di Poincaré) che questi principi non sono copie, riproduzioni della natura, non sono immagini di cose esterne alla coscienza dell’uomo, ma prodotti di questa coscienza. Poincaré non sviluppa in modo coerente queste conclusioni e non s’interessa troppo profondamente al lato filosofico della questione. Su di esso s’intrattiene in modo molto particolareggiato lo scrittore francese dì questioni filosofiche, Abel Rey, nel suo libro: La teoria della fisica nei fisici contemporanei (La théorie de la physique chez les phy- siciens contemporains , Paris, F. Alcan, 1907). È vero che questo au- tore è un positivista, cioè un confusionario, a metà machista, ma in questo caso ciò è piuttosto un vantaggio, perché non si può sospet- tare Rey di voler « calunniare » l’idolo dei nostri machisti. Non ci si può fidare di Rey quando si tratta di dare una definizione filosofica esatta dei concetti e particolarmente quando si tratta del materiali- smo, perché anche Rey è un professore e, come tale, professa un as- soluto e infinito disprezzo per i materialisti (pur distinguendosi per la più completa ignoranza della gnoseologia materialistica). È su- perfluo dire che un certo Marx o un certo Engels non esistono per simili « uomini di scienza ». Ma Rey riassume attentamente e, in MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 249 generale, coscienziosamente l’abbondantissima letteratura sull’argo- mento, sia quella inglese e tedesca (soprattutto Ostwald e Mach), che quella francese. Perciò utilizzeremo spesso il suo lavoro. In questo momento — dice questo scrittore — l’attenzione dei filosofi in genere come pure di tutti coloro che, per ragioni di vario genere, vogliono fare una critica alla scienza in generale, è attrat- ta soprattutto dalla fisica. « Con l’analisi dei limiti e del valore delia scienza fisica si discute in sostanza della legittimità della scienza po- sitiva, della possibilità di conoscere l’oggetto » (pp. I-II). Si ha fretta di trarre conclusioni scettiche dalla « crisi della fisica contempora- nea » (p. 14). Qual è dunque la natura di questa crisi? Nel corso dei primi due terzi del secolo XIX, i fisici erano d’accordo in tutte le questioni essenziali. « Si crede in una spiegazione puramente mec- canica della natura; si ritiene che la fisica non sia che una meccanica piu complicata: precisamente una meccanica molecolare. Le diver- genze riguardano soltanto i procedimenti impiegati per ridurre la fisica alla meccanica e i dettagli del meccanicismo ». « Oggi lo spetta- colo che ci offrono le scienze fisico-chimiche è, a quanto pare, com- pletamente cambiato. Estreme divergenze hanno sostituito l’unità generale prima esistente, e non soltanto nei particolari, ma nelle idee direttive e fondamentali. Sarebbe esagerato dire che ogni scienziato ha una propria tendenza particolare, ma è tuttavia necessario con- statare che, come l’arte, anche la scienza, e particolarmente la fisica, ha numerose scuole le cui conclusioni divergono spesso e sono tal- volta opposte e ostili... c Si comprende allora nei suoi principi e in tutta la sua estensione ciò che si è convenuto di chiamare la crisi della fisica contemporanea. «La fisica tradizionale, fino alla metà del secolo XIX, sosteneva che sarebbe bastato un semplice prolungamento della fisica per otte- nere una metafisica della materia. Questa fisica attribuiva un valore ontologico alle sue teorie. E queste teorie erano tutte meccanicistiche. Il meccanicismo tradizionale [Rey impiega questo termine in un senso particolare, nel senso di un sistema di idee che riducono la fisica alla meccanica] rappresentava dunque, al di sopra e al di là dei risul- tati dell’esperienza, le conoscenze reali del mondo materiale. Esso non era un’espressione ipotetica dell’esperienza; era un dogma...» (p- 16 >- ... . Qui dobbiamo interrompere il rispettabile « positivista ». È chiaro 250 LENIN che egli ci descrive la filosofia materialistica della fisica tradizionale senza voler chiamare il diavolo (cioè il materialismo) con il suo nome. A un humiano il materialismo deve sembrare metafisica, dog- ma, violazione dei limiti dell’esperienza, ecc. Ignorando il materia- lismo, l’humiano Rey non ha assolutamente nessuna idea della dia- lettica, della differenza tra il materialismo dialettico e il materialismo metafisico, nel senso dato da Engels a quest’espressione. Cosi, la rela- zione tra la verità assoluta e la verità relativa, per esempio, non è affatto chiara per Rey. «...Le critiche contro il meccanicismo tradizionale formulate nel corso della seconda metà del secolo XIX infirmarono questa premessa della realtà ontologica del meccanicismo. Su queste critiche si fondò una concezione filosofica della fisica che divenne quasi tradizionale nella filosofia della fine del secolo XIX. La scienza non fu pili che una formula simbolica, un mezzo di riferimento [indicazione, repé - rage y creazione di segni, di indici, di simboli] e poiché questo mezzo di segnalazione variava secondo le diverse scuole, si giunse presto a concludere che esso segnalava soltanto ciò che veniva preventiva- mente foggiato [faqonnè] dall’uomo per essere segnalato [per essere simbolizzato]. La scienza divenne un’opera d’arte per i dilettanti, un’opera d’arte per gli utilitari: atteggiamenti che si aveva ben dirit- to di interpretare universalmente come negazione delle possibilità della scienza. Una scienza come mezzo puramente artificiale per in- fluire sulla natura, come semplice tecnica utilitaria, non ha il diritto di chiamarsi scienza, se non si vuole travisare il senso delle parole, Dire che la scienza non può essere altro che questo, significa negare la scienza nel senso proprio di questa parola. « Il fallimento del meccanicismo tradizionale o, piu esattamente, la critica a cui esso fu sottoposto, diede origine a questa tesi: anche la scienza c fallita. Dairimpossibilità di attenersi puramente e sem- plicemente al meccanicismo tradizionale, si dedusse che la scienza non è possibile * (pp. 16-17). E l’autore pone anche la seguente domanda : « La crisi attuale della fisica è un incidente temporaneo ed esterno nell’evoluzione del- la scienza, oppure la scienza fa una brusca giravolta e abbandona definitivamente la via finora seguita?,.. « ... Se le scienze fisico-chimiche, che storicamente sono state es- senzialmente scienze emancipatrici, naufragano in una crisi che MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 2 5 I lascia loro soltanto il valore di ricette tecnicamente utili, ma le priva di ogni significato dal punto di vista della conoscenza della natura, deve risultarne un completo rivolgimento nella logica e nella storia delle idee. La fisica perde ogni valore educativo; lo spirito positivo che essa rappresentava diventa uno spirito falso e pericoloso». Ora- mai, la scienza non può dare che ricette pratiche e non conoscenze reali. « La conoscenza del reale dev’essere cercata con altri mezzi... Bisogna prendere un’altra via e restituire a una intuizione sogget- tiva, a un senso mistico della realtà, in una parola, al mistero, tutto ciò che si credeva d’avergli strappato» (p. 19). In quanto positivista, lautore considera questa concezione come errata e la crisi della fisica come passeggera. Vedremo piu avanti come Rey epura Mach, Poincaré e soci da queste conclusioni. Ci li- mitiamo per ora a constatare la « crisi » e la sua importanza. Le ulti- me parole di Rey da noi citate indicano chiaramente quali elementi reazionari hanno sfruttato questa crisi e l’hanno acuita. Nella prefa- zione del suo libro, Rey dice apertamente che « il movimento fidei- sta e anti-intellettualista della fine del secolo XIX» tende ad «appog- giarsi sullo spirito generale della fisica contemporanea» (p. ir). In Francia, si chiamano fideisti (dal latino fides , fede) coloro che pon- gono la fede al disopra della ragione. Anti-intellettualismo si chiama quella dottrina che nega i diritti o le pretese dell’intelletto. Per con- seguenza, dal punto di vista della filosofia, l’essenza della « crisi della fisica contemporanea » consiste nel fatto che la vecchia fisica con- siderava le sue teorie come una « conoscenza reale del mondo mate- riale » e cioè come un riflesso della realtà obiettiva. La nuova corrente della fisica considera le teorie soltanto come simboli, segni, indizi valevoli nella pratica, cioè nega l’esistenza della realtà obiettiva ri- flessa dalla nostra coscienza e indipendente da essa. Se Rey si atte- nesse a una terminologia filosofica esatta dovrebbe dire: la teoria ma- terialistica della conoscenza, ammessa istintivamente dalla vecchia fisica, è stata sostituita dalla teoria agnostica e idealistica della cono- scenza e il fideismo ne ha approfittato a dispetto degli idealisti e de- gli agnostici. Ma questa sostituzione che costituisce il fondo della crisi, Rey non se la riffigura nel senso che tutti i fisici moderni si oppongano a tutti i vecchi fisici. No. Egli mostra che i fisici contemporanei si dividono, secondo le loro tendenze gnoseologiche, in tre scuole: encr- 2 5 2 LENIN gctica e concettualistica ( conceptuelle , dalla parola concetto, idea pu- ra), meccanicistica e neo-meccanicistica, alla quale continua ad atte- nersi l’enorme maggioranza dei fisici e, intermedia fra le due prime, la scuola critica. Mach e Duhem appartengono alla prima, Henri Poincaré appartiene all’ultima; Kirchhoff, Helmholtz, Thomson (lord Kelvin), Maxwell — tra i piu vecchi — , Larmor e Lorentz — tra i piu giovani, — appartengono alla seconda. Rey, nelle righe seguenti, mette chiaramente in luce la differenza essenziale che esi- ste tra queste due tendenze fondamentali (la terza è intermedia e non a sé stante): « 11 meccanicismo tradizionale costruì il sistema del mondo mate- riale». Nella dottrina della struttura della materia, esso parti da « elementi qualitativamente omogenei e identici » che dovevano inoltre esser considerati come « invariabili, impenetrabili », ecc. La fisica « costruì un edificio reale, di materiali reali e di cemento reale. Il fisico aveva in suo possesso gli elementi materiali , le cause e il modo della loro azione, le leggi reali della loro azione » (pp. 33-38). « Il cambiamento di questa concezione della fisica consiste soprattutto nel rigettare il valore ontologico delle teorie e nel mettere esagera- tamente in rilievo il significato fenomenologico della fisica ». La teo- ria concettuale opera con « astrazioni pure » e « cerca una teoria pu- ramente astratta che elimini, nella misura del possibile, l’ipotesi della materia». «Il concetto di energia diviene il substrato \substructure ] della fisica moderna. Perciò la fisica concettuale può essere piuttosto chiamata fisica energetica », benché questo appellativo non sia adat- to, per esempio, a un rappresentante della fisica concettuale qual è Mach (p. 46). In Rey, questa confusione dell’energetismo con il machismo non è del tutto giusta, cosi come non è del tutto giusta la sua asserzione che anche la scuola neo-meccanicistica perviene alla concezione feno- menologica della fisica (p. 48), malgrado tutta la profondità delle sue divergenze dai concettualisti. La «nuova» terminologia di Rey oscura la questione invece di chiarirla, ma non potevamo evitarla, volendo dare al lettore un’idea deH’opinione di un « positivista » sulla crisi della fisica. In sostanza, l’opposizione della « nuova » scuo- la alla vecchia dottrina coincide completamente, come il lettore si è potuto convincere, con la critica che Kleinpeter ha fatto di Helm- holtz, e che abbiamo sopra citato. Nel riferire le concezioni dei di- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 253 versi fisici, R$y riflette nella sua esposizione tutta l’indeterminatezza e tutta Testabilità delle loro concezioni filosofiche. La essenza della crisi della fisica contemporanea consiste nello sconvolgimento delle vecchie leggi e dei principi fondamentali, nel ripudio della realtà obiettiva esistente fuori della coscienza, e cioè nella sostituzione del- l’idealismo e dell’agnosticismo al materialismo. « La materia è scom- parsa > : cosi si può esprimere la difficoltà fondamentale e tipica per molte questioni particolari, creata da questa crisi. Ci soffermeremo ora su questa difficoltà. 2. «La materia è scomparsa ». Nelle relazioni dei fisici contemporanei sulle recenti scoperte si può incontrare, testualmente, quest’espressione. Per esempio, L. Houl- levigue, nel suo libro L'evoluzione delle scienze , intitola il capitolo relativo alle nuove teorie della materia in questo modo: Esiste la materia? « L’atomo si smaterializza — egli scrive in quel capitolo — la materia scompare^ *. Per vedere con quale facilità i machisti trag- gono di qui conclusioni filosofiche fondamentali, basta prendere Va- lentinov. « Affermare che la spiegazione scientifica del mondo ha una base stabile ” soltanto nel materialismo”, è pura invenzione — egli scrive — e per di piu, invenzione assurda » (p. 67). Come distrut- tore di quest’assurda invenzione Valentinov cita il celebre fisico ita- liano Augusto Righi, il quale dice: «Si può dire quindi che la teoria degli elettroni sia una teoria della materia piu che una teoria della elettricità; anzi nel nuovo sistema l’elettricità è collocata al posto del- la materia» (Augusto Righi: Die moderne Theorie der physi\ali - schen Erscheìnungen y Lipsia, 1905, p. 131“; esiste una traduzione russa). Citando queste parole (p. 64), il signor Valentinov esclama: «Perché Righi si permette di lanciare quest’offesa alla santa mate- ria? Forse perché egli è un solipsista, un idealista, un critico bor- ghese, un empiriomonista qualunque o magari qualche cosa di peggio? ». Questa osservazione, che al signor Valentinov sembra cosi pun- • L. Houllevigue: Vévolution ics scienccs, Parigi, A. Colin, 1908, pp. 63, 87, 88; cfr. Tarticolo dello stesso autore: Les idèa des physictens sur la matière , in Annèc psychologiquc> 1908. 2 54 LENIN gente e velenosa contro i materialisti, in realtà mette i& mostra tutta la sua candida ignoranza intorno al materialismo filosofico. Il si- gnor Valentinov non ha assolutamente capito in che cosa consiste il nesso elettivo tra l’idealismo filosofico e la « scomparsa della ma- teria ». Quella « scomparsa della materia », della quale egli parla seguendo le orme dei fisici contemporanei, non ha nessun rapporto con la distinzione gnoseologica tra il materialismo e Tidealismo. Per chiarire questo punto, prendiamo uno dei machisti piu coerenti e piu chiari. Karl Pearson. Il mondo fisico consiste secondo lui in gruppi di percezioni sensibili. Egli illustra col seguente diagramma il « nostro modello intellettivo del mondo fisico», precisando che il diagramma stesso non tiene conto delle proporzioni (The Grammar of Science, p. 2S2). Unità di etere Atomo primario Atomo Molecola chimico Per semplificare il suo diagramma K. Pearson ha completamente escluso il problema dei rapporti tra etere ed elettricità, o tra elettroni positivi ed elettroni negativi. Ma questo non è importante. L’impor- tante è che Pearson, dal suo punto di vista idealistico, considera i «corpi» come percezioni sensibili; quanto al fatto che questi corpi sono formati di particelle e le particelle sono formate di molecole, ecc., ciò riguarda i cambiamenti dei modelli del mondo fisico, ma non concerne in nessun modo la questione di sapere se i corpi sono simboli delle sensazioni o se le sensazioni sono immagini dei corpi. Il materialismo e Tidealismo differiscono per la diversa soluzione che essi dànno al problema del {'origine della nostra conoscenza, dei rapporti tra la conoscenza (e tra lo « psichico » in generale) e il mondo fisico , mentre la questione della struttura della materia, degli atomi e degli elettroni concerne soltanto questo « mondo fisico ». Quando i fisici dicono che « la materia scompare », vogliono dire che finora le scienze naturali riducevano tutte le ricerche sul mondo fisico a tre nozioni MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 255 ultime: la materia, l’etere, l’elettricità; oggi invece restano soltanto le due ultime nozioni perché si può ridurre la materia alTelet tricità e si può rappresentare l’atomo comj un qualcosa di simile a un siste- ma solare infinitamente piccolo, nel quale gli elettroni negativi gravi- tano a lina velocità determinata (straordinariamente grande, come abbiamo visto) attorno a un elettrone positivo. Si riesce cosi a ridurre tutto il mondo tìsico a due o tre elementi anziché a parecchie decine (nella misura in cui gli elettroni positivi e negarivi rappresentano « due sostanze essenzialmente differenti », come si esprime il fisico Pellat; efr, Rey, op. cit., pp. 294 e 295). Le scienze naturali condu- cono dunque a IY unità della materia (ivi)*: tale è il significato ef fettivo deirafTermazione che la materia scompare o che leletiricità si sostituisce alla materia, ecc., affermazione che disorienta cosi tanta gente. « La materia scompare » : ciò significa che scompare il limite al quale finora si arrestava la nostra conoscenza della materia, signi- fica che la nostra conoscenza si approfondisce; scompaiono certe pro- prietà della materia che prima ci sembravano assolute, immutabili, primordiali (impenetrabilità, inerzia, massa, ecc.) e che ora si dimo- strano relative, inerenti soltanto a certi stati della materia. Poiché Tunica « proprietà » della materia, il cui riconoscimento è alla base del materialismo filosofico, è la proprietà di essere una realtà obiet - tiva y di esistere fuori della nostra coscienza. L’errore del machismo in generale e della nuova fisica machista consiste nell’ignorare questa base del materialismo filosofico e la dif- ferenza tra il materialismo metafisico e il materialismo dialettico. Il riconoscimento di certi elementi immutabili, dell’« essenza immu- tabile delle cose » e cosi via. non è materialismo, ma è materialismo metafisico , cioè antidialettico. Perciò J, Dietzgen rilevava che « l’og- getto della scienza è infinito » e che non soltanto l'infinito, ma anche « il piu piccolo degli atomi » è incommensurabile, non conoscibile totalmente, inesauribile , « poiché la natura, in ogni sua parte, non ha né principio né fine» (Kleinere philosophische Schriften , pp. 229 e * Cfr. Oliver Lodge: Sur Ics clcctrons, Parigi, 1906, p. 159: «La teoria elet- trica della materia », il riconoscimento dell'elettricità come « sostanza fondamentale », è un’« acquisizione teorica vicinissima a ciò che i filosofi perseguirono sempre, cioè all’unità della materia ». Cfr. anche: Augusto Righi: Vcbcr die Struktur dcr Ma- terie, Lipsia, 1908, J. J. Thomson: The corpuscular theorie of matter , Londra, 1907; P. Langevin: La physique des électrons , in Re vuc generale des Sciences , 1905. pp. 257-276. 256 LENIN 230). Perciò Engels citava l’esempio della scoperta dell’alizarina nel catrame minerale e criticava il materialismo meccanico . Per impo- stare la questione dal solo punto di vista giusto, e cioè dal punto di vista del materialismo dialettico, bisogna domandarsi: gli elettroni, l’etere e cosi via , esistono o non esistono fuori della coscienza uma- na, esistono o non esistono come realtà obiettiva ? A questa domanda gli scienziati devono rispondere e rispondono costantemente e senza esitare: si , cosi come essi ammettono senza esitazione che la natura esisteva anteriormente all’uomo e alla materia organica. Con ciò la questione viene risolta in favore del materialismo, perché, come abbiamo detto, in gnoseologia il concetto di materia non ha nessun altro significato all’infuori di questo : realtà obiettiva esistente indi- pendentemente dalla coscienza umana e rispecchiata da essa. Ma il materialismo dialettico insiste sul carattere approssimativo, relativo di ogni teoria scientifica sulla struttura della materia e le sue proprietà; insiste sull’inesistenza, in natura, di limiti assoluti, sul passaggio della materia in movimento da uno stato a un altro che, apparentemente, dal nostro punto di vista, è incompatibile col pri- mo, ecc. Per quanto possa sembrare singolare dal punto di vista del « buon senso > la trasformazione dell’etere imponderabile in materia ponderabile e viceversa, per quanto « strana » possa sembrare l’assen- za, nell’elettrone, di ogni altra massa aH’infuori della massa elettro- magnetica, per quanto insolita possa sembrare la limitazione delle leggi meccaniche del movimento a un solo campo dei fenomeni naturali e la loro subordinazione alle leggi piu profonde dei feno- meni elettromagnetici, ecc.: tutto ciò è soltanto una nuova confer- ma del materialismo dialettico. La fisica moderna è caduta nell’idea- lismo soprattutto perché i fisici non conoscevano la dialettica. Essi lottavano contro il materialismo metafisico (nel senso di Engels e non in quello dei positivisti, nel senso cioè humiano del termine) e contro la sua « meccanicità » unilaterale, e in questa lotta hanno but- tato via il bambino insieme all’acqua sporca del bagno. Negando l’immutabilità degli elementi e le proprietà della materia finora co- nosciuti, essi sono giunti a negare la materia, cioè la realtà obiettiva del mondo fisico. Negando il carattere assoluto di alcune delle leggi fondamentali e piu importanti, essi sono giunti a negare ogni legge obiettiva in natura e ad affermare che le leggi della natura sono sem- plici convenzioni, « limitazioni delle previsioni », « necessità logiche », MATERIA!. ISMO Ed EMPIRIOCRITICISMO 257 ecc. Insistendo sul carattere approssimativo e relativo delle nostre conoscenze, essi sono giunti a negare l’oggetto indipendente dalla conoscenza, l’oggetto che la conoscenza riflette in modo approssi- mativamente esatto, relativamente giusto. E cosi di seguito all’infinito. Le considerazioni esposte da Bogdanov nel 1899 intorno all’« es- senza immutabile delle cose », le considerazioni di Valentinov e di Iusckevic intorno alla « sostanza », ecc., sono anche esse frutto del- l’ignoranza della dialettica. Di immutabile vi è, secondo il punto di vista di Engels, soltanto una cosa: il riflesso, nella coscienza umana (quando esiste una coscienza umana), del mondo esterno, che esiste e si sviluppa indipendentemente da essa. Per Marx ed Engels non esiste nessun’altra « immutabilità », nessun’altra « essenza », nessuna « sostanza assoluta » nel senso attribuito a questa parola dall’oziosa filosofia professorale. Anche l’« essenza » delle cose o la < sostanza » sono relative. Esse esprimono soltanto il grado di profondità della conoscenza che l’uomo ha degli oggetti, e se ieri questa profondità non andava oltre l’atomo, e oggi non va oltre l’elettrone o l’etere, il materialismo dialettico insiste sul carattere transitorio, relativo, ap- prossimativo di tutte queste tappe della conoscenza della natura da parte della scienza umana che progredisce. L’elettrone non è meno inesauribile dell’atomo, la natura è infinita, ma esiste infinitamente, e questo riconoscimento — unico riconoscimento assoluto, unico ri- conoscimento categorico — della sua esistenza fuori della coscienza e delle sensazioni dell’uomo distingue il materialismo dialettico dal- l’agnosticismo relativista e dall’idealismo. Citiamo due esempi del modo in cui i fisici moderni oscillano inconsapevolmente e spontaneamente fra il materialismo dialettico, che rimane ignoto agli scienziati borghesi, e il « fenomenismo » con le sue inevitabili conclusioni soggettivistiche (e poi addirittura fi- deiste). Quello stesso Augusto Righi che il signor Valentinov non ha saputo interrogare sulla questione del materialismo che l’interessava, scrive nell’introduzione al suo libro : « Che cosa siano gli elettroni o atomi elettrici rimane un mistero; ma ad onta di ciò la nuova teoria potrà forse acquistare col tempo una non piccola importanza dal punto di vista filosofico, poiché essa indica un nuovo modo di considerare la struttura della materia ponderabile, e tende a ricon- durre ad un’unica origine tutti i fenomeni del mondo fisico. 2 5 8 LENIN « È bensì vero, che colle moderne tendenze positiviste ed utilita- rie molti non apprezzano questo pregio, e preferiscono considerare una teoria soprattutto come un mezzo comodo per ordinare e coor- dinare i fatti, o come una guida nella ricerca di fenomeni nuovi. Ma se per l’addietro troppo si confidava nel potere dell’ingegno uma- no, e troppo facilmente si credeva d’essere prossimi a scoprire la ragione suprema delle cose, oggi si cade forse nell’eccesso contrario» (op. cit., p. 3 M ). Perché Righi si separa qui dalle tendenze positiviste e utilità- riste? Perché, non avendo, a quanto pare, nessun punto di vista filo- sofico determinato, si attiene istintivamente alla realtà del mondo esterno e all’idea che la nuova teoria non è soltanto una « comodità » (Poincaré), non soltanto un « empirio-simbolo » (Iusckevic), non soltanto un’« armonizzazione dell’esperienza » (Bogdanov), o come altrimenti si chiamino siffatte trovate del soggettivismo, ma è un progresso nella conoscenza della realtà obiettiva. Se questo fisico avesse conosciuto il materialismo dialettico , il suo giudizio sull’errore opposto a quello del vecchio materialismo metafisico sarebbe forse stato il punto di partenza di una filosofia giusta. Ma tutto l’am- biente nel quale vivono costoro li tiene lontani da Marx e da Engels e li getta nelle braccia della banale filosofia ufficiale. Anche Rey ignora del tutto la dialettica. Ma è costretto, anche lui, a constatare che tra i fisici contemporanei vi sono continuatori delle tradizioni del « meccanicismo » (e cioè del materialismo). Kirch- hoff, Hertz, Boltzmann, Maxwell, Helmholtz, lord Kelvin non sono i soli — egli dice — a seguire la via del « meccanicismo ». « Puri meccanicisti e, da un certo punto di vista, più meccanicisti di tutti e rappresentanti il punto d’approdo \Vaboutissant\ del meccanicismo sono coloro che, sulle orme di Lorentz e di Larmor, enunciano una teoria elettrica della materia e giungono a negare la costanza della massa affermando che essa è una funzione del movimento. Essi sono tutti meccanicisti f perché prendono come punti di partenza i movi- menti reali » (corsivo di Rey; pp. 290-291). « ... Se, per esempio, le ipotesi di Lorentz, di Larmor e di Lan- gevin acquistassero, grazie a una certa concordanza sperimentale, una base sufficientemente solida per sistematizzare la fisica, è certo che le leggi della meccanica attuale non sarebbero più che un corol- lario delle leggi dell’elettromagnetismo; del quale esse formerebbero MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 2 59 come un caso speciale in limiti ben determinati. La costanza della massa, il nostro principio d’inerzia, non sarebbero piu valevoli se non per le velocità medie dei corpi, intendendo il termine ” media ” in rapporto ai nostri sensi e ai fenomeni che costituiscono la nostra esperienza abituale. Ne conseguirebbe la necessità di un rimaneg- giamento generale della meccanica e, in conseguenza, un rimaneg- giamento generale della fisica come sistema. «II meccanicismo sarebbe forse abbandonato? Affatto: la pura tradizione meccanicista continuerebbe a essere seguita e il meccani- cismo seguirebbe le vie normali del suo sviluppo > (p. 295). « La fisica elettronica, che deve esser collocata fra le teorie d’ispi- razione generale meccanicistica, tende a imporre la sua sistematiz- zazione a tutta la fisica. Essa è d’ispirazione meccanicistica, benché i suoi principi fondamentali non siano forniti dalla meccanica, ma dai Iati sperimentali della teoria delFelettricità, perché: 1. Essa im- piega elementi figurati [ figurés ], materiali per rappresentare le pro- prietà fisiche e le loro leggi; essa si esprime in termini di percezione. 2. Se essa non considera piu i fenomeni fisici come casi particolari dei fenomeni meccanici, essa considera i fenomeni meccanici come un caso particolare dei fenomeni fisici. Le leggi della meccanica sono dunque sempre in legame diretto con le leggi della fisica; e le no- zioni della meccanica continuano a essere dello stesso ordine delle no- zioni fisico-chimiche. Nel meccanicismo tradizionale questi concetti erano i movimenti calcati [ calqués ] sui movimenti relativamente lenti, i quali essendo i soli conosciuti e i piu direttamente osservabili, erano stati presi... come modello di tutti i movimenti possibili. I nuovi esperimenti al contrario hanno dimostrato che bisogna estendere la nostra concezione dei movimenti possibili. La meccanica tradizionale resta tutta quanta in piedi, ma non si applica più che ai movimenti relativamente lenti ... Quando si hanno grandi velocità, le leggi del movimento sono diverse. La materia sembra ridursi a particelle elet- triche, che sono gli elementi ultimi delFatomo... 3. Il movimento, lo spostamento nello spazio, rimane relemento figurativo unico della teoria fisica. 4. Infine, quel che, dal punto di vista dello spirito ge- nerale della fisica, prevale su ogni altra considerazione è il fatto che la concezione della fisica, dei suoi metodi, delle sue teorie e del loro rapporto con l’esperienza, resta assolutamente identica a quella del 2Ó0 LENIN meccanicismo e alla concezione della fisica esistita dal Rinascimento in poi » (pp. 46-47). Ho citato per intero questi lunghi estratti di Rey, perché, dato il suo continuo timore di cadere nella « metafisica materialistica », non sarebbe possibile esporre diversamente le sue affermazioni. Ma per quanto Rey e i fisici da lui citati avversino il materialismo, è pur sem- pre indubitato che la meccanica era l’immagine dei movimenti reali lenti, mentre la fisica moderna dà l’immagine dei movimenti reali che si compiono a velocità prodigiose. Il materialismo consiste appunto nel riconoscere che la teoria è Timmagine, la copia appros- simativa della realtà obiettiva. Il fatto che la lotta si svolge, in sostan- za, fra la tendenza idealistica e la tendenza materialistica, ottiene la conferma migliore quando Rey dice che tra i fisici moderni esiste una « reazione contro la scuola concettualistica [la scuola di Mach] e contro la scuola energetica » e quando colloca i fisici che professano la teoria degli elettroni tra i rappresentanti di questa reazione (p. 46). Bisogna soltanto non dimenticare che, oltre i comuni pregiudizi antimaterialistici di tutta la piccola borghesia colta, i più reputati teorici risentono della totale ignoranza della dialettica. 3. È concepibile il movimento senza la materia? L’utilizzazione della fisica moderna da parte delPidealismo filo- sofico, o le conclusioni idealistiche tratte da questa fisica, non sono dovute alla scoperta di nuovi aspetti della sostanza e della forza, della materia e del movimento, ma al tentativo di concepire il movi- mento senza la materia. Orbene, è precisamente questo tentativo che i nostri machisti non esaminano a fondo. Essi hanno preferito non affrontare Taffermazione di Engels: «movimento senza mate- ria è impensabile ». Fin dal 1869 J. Dietzgen, nel suo libro L'essenza del lavoro mentale , esprimeva la stessa idea di Engels, seppure non senza i soliti, confusi tentativi di < conciliare » il materialismo con l’idealismo. Lasciamo da parte questi tentativi, spiegabili in buona parte per il fatto che Dietzgen polemizza col materialismo non dia- lettico di Bùchner, e vediamo le affermazioni dello stesso Dietzgen sulla questione che c’interessa. « Gli idealisti — egli dice — vogliono il generale senza il particolare, lo spinto senza la materia, la forza MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 2Ól senza la sostanza, la scienza senza l'esperienza o il materiale, Tasso- luto senza il relativo» (Das Wesen der menschlichcn Kopfarbeit , 1903, p. 108). Dunque, Dietzgen ricollega alPidealismo la tendenza a separare il movimento dalla materia e la forza dalla sostanza, e la colloca a fianco della tendenza a separare il pensiero dal cervello. « Liebig — continua Dietzgen — -, che è particolarmente propenso a divagare dalla sua scienza induttiva per accostarsi alla speculazione filosofica, dice in senso idealistico: *' non si può vedere la forza”» (p. 109). «Lo spiritualista o Tidealista crede a un'essenza spirituale, cioè spettrale e inspiegabile, della forza» (p. no). «L'antagonismo tra forza e sostanza è vecchio quanto l'antagonismo fra idealismo e materialismo» (p. in). «S'intende che non esiste forza senza so- stanza, né sostanza senza forza. La sostanza senza forza e la forza senza sostanza sono inconcepibili. Se gli scienziati idealisti credono a un’esistenza immateriale di forze, in questo appunto essi sono non scienziati, ma... visionari» (p. 114). Da ciò vediamo che quarantanni or sono si potevano già incon- trare scienziati disposti ad ammettere che il movimento è concepi- bile senza la materia e che Dietzgen, « per questo », li trattava da visionari. Dunque, in che cosa consiste il nesso tra l'idealismo filoso- fico e la separazione della materia dal movimento e della sostanza dalla forza? In realtà, non è forse «piu economico» concepire il movimento senza la materia? Immaginiamo un idealista conseguente il quale, ad esempio, ac- cetti il punto di vista secondo il quale l’universo intero non è altro che una sua sensazione o una sua rappresentazione, ecc. (se dices- simo sensazione o rappresentazione senza precisare « di chi », l'idea- lismo filosofico cambierebbe di varietà ma non di essenza). All'idea- lista non passerà neppure per la mente di negare che il mondo è movimento, e precisamente movimento del mio pensiero, delle mie idee, delle mie sensazioni. La questione di ciò che si muove, egli la respingerà come assurda: le mie sensazioni, egli dirà, si succedono, le mie rappresentazioni mentali compaiono e si dileguano, e questo è tutto. Fuori di me, non esiste nulla. «Si muove»; punto e basta. Non si può immaginare un pensiero piu « economico ». E non vi sono prove, sillogismi, definizioni che possano confutare il solipsista, se egli svolge in modo conseguente la sua concezione. La differenza fondamentale tra il materialista e il sostenitore della 2Ó2 LENIN filosofia idealistica sta in ciò, che il primo considera la sensazione, la percezione, la rappresentazione e, in generale, la coscienza dell’uo- mo, come un’immagine della realtà obiettiva. L’universo è il movi- mento di questa realtà obiettiva riflessa dalla nostra coscienza. Al movimento delle rappresentazioni, delle percezioni, ecc., corrisponde il movimento della materia fuori di me. Il concetto di materia non esprime altro che la realtà obiettiva dataci dalla sensazione. Perciò separare il movimento dalla materia equivale a separare il pensiero dalla realtà obiettiva, a separare le mie sensazioni dal mondo ester- no o, in altri termini, a passare dalla parte dell’idealismo. Il gioco di prestigio che si compie di solito negando la materia e ammettendo il movimento senza la materia, consiste nel tacere i rapporti fra la materia e il pensiero. Si presentano le cose come se questo rapporto non esistesse, ma, in realtà, lo s’introduce nascostamente; su di esso si fa il silenzio all’inizio del ragionamento, ma esso riappare piu o meno inavvertito in seguito. La materia è scomparsa, ci si dice, con l’intenzione di trarre da quest’affermazione conclusioni gnoseologiche. Il pensiero è rimasto? — domandiamo noi. Se non è rimasto, se con la sparizione della materia si è dileguato anche il pensiero, se le rappresentazioni e le sensazioni sono dileguate con lo sparire del cervello e del sistema nervoso, vuol dire che tutto sparisce, tutto, compreso il vostro ragionamento, che è un esempio di un qualunque « pensiero » (o in- sufficienza di pensiero)! Ma se voi supponete che il pensiero (la rap- presentazione, la sensazione, ecc.) non si siano dileguati con lo spa- rire della materia, vuol dire che avete accettato tacitamente il punto dì vista dell’idealismo filosofico. Ed è appunto questo che avviene sempre a coloro i quali, per ragione di « economia », vogliono conce- pire il movimento senza la materia, poiché essi, per il solo fatto di continuare il loro ragionamento, ammettono tacitamente l’esistenza del pensiero dopo la sparizione della materia. E questo vuol dire che si prende come base un idealismo filosofico molto semplice o molto complesso; molto semplice, quando si riduce apertamente al solipsismo {io sono, e l’universo è soltanto una mia sensazione ); molto complesso, se al pensiero, alla rappresentazione, alla sensazione del- l’uomo vivente, si sostituisce un’astrazione morta: pensiero di nes- suno, rappresentazione di nessuno, sensazione di nessuno, pensiero in generale (Idea assoluta, Volontà universale, ecc.), sensazione con- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 263 siderata come « elemento » indeterminato, « psichico * messo a base di tutta la natura fisica, ecc. ecc. Inoltre, fra l’una e l’altra varietà delPidealismo filosofico vi possono essere mille sfumature ed è sem- pre possibile creare l’ennesima sfumatura, e all’autore di questo en- nesimo sistema in sessantaquattresimo (per esempio l’empiriomoni- smo), può sembrare che la differenza di esso da tutti gli altri sistemi sia importante. Dal punto di vista del materialismo, queste differen- ze non hanno assolutamente nessun peso. L’essenziale è il punto di partenza. L’essenziale è che il tentativo di pensare il movimento senza la materia implica il pensiero staccato dalla materia, cioè l’idea- lismo filosofico. Perciò, ad esempio, il machista inglese Karl Pearson, il piu chiaro e il piu conseguente dei machisti, alieno dai sotterfugi verbali, inco- mincia senza tergiversazioni il capitolo settimo del suo libro, dedi- cato alla « materia », con un paragrafo che reca questo caratteristico sottotitolo: « Tutti gli oggetti si muovono, ma soltanto nel concetto [All things move, but only in conception | ». « Per quanto riguarda il campo delle percezioni, è ozioso domandarsi f it is idle to asl{] che cos’è che si muove e perchè si muove» ( The Grammar of Science , p - 243)- Perciò, anche per Bogdanov, a dire il vero, le disavventure filo- sofiche incominciarono prima che egli avesse fatto conoscenza con Mach, e cioè dal giorno in cui prestò fede al grande chimico e me- diocre filosofo Ostwald, il quale affermava che il movimento è con- cepibile senza la materia. Su questo lontano episodio dell’evoluzione filosofica di Bogdanov è tanto piu opportuno soffermarsi in quanto, parlando dei rapporti fra l’idealismo filosofico e certe correnti della fisica moderna, non si può ignorare l’« energetica » di Ostwald. «Abbiamo già detto — scriveva Bogdanov nel 1899 — che il XIX secolo non è riuscito a risolvere definitivamente il problema dell* ”essenza immutabile delle cose Quest’essenza, col nome di "materia”, ha una parte importante anche nella concezione del mondo dei pensatori piu avanzati del secolo »... {Elementi fonda- mentali della concezione storica della natura , p. 38). Abbiamo detto che questa non è altro che confusione. Il rico- noscimento della realtà obiettiva del mondo esterno, il riconosci- mento dell’esistenza, fuori della nostra coscienza, di una materia in perenne movimento, perennemente mutevole, viene confuso qui 264 LENIN col riconoscimento dell’essenza immutabile delle cose. Non si può supporre che Bogdanov, nel 1899, non includesse Marx ed Engels fra i « pensatori avanzati ». Ma è evidente che egli non ha capito il materialismo dialettico. «...Nei processi della natura abitualmente si distinguono ancora due aspetti: la materia e il suo movimento. Non si può dire che il concetto di ’’ materia” si distingua per grande chiarezza. Non è fa- cile dare una risposta soddisfacente alla domanda: che cos’è la ma- teria? La materia viene definita come ’’ causa di sensazioni” o come "possibilità costante di sensazioni"; ma è evidente che in queste definizioni si confonde la materia col movimento...». È evidente che Bogdanov ragiona male. Non solo egli confonde il riconoscimento materialistico dell’origine obiettiva delle sensazioni (formulato in modo oscuro con le parole « causa di sensazioni »), con la definizione agnostica di Mill che chiama la materia possibilità costante di sensazioni. Qui, l’errore capitale sta nel fatto che l’au- tore, dopo aver affrontato in pieno il problema dell’esistenza o del- l’inesistenza di una fonte obiettiva delle sensazioni, abbandona a metà strada questo problema e salta al problema dell’esistenza o del- l’inesistenza della materia senza movimento. L’idealista può consi- derare l’universo come il movimento delle nostre sensazioni (siano pure « socialmente organizzate » e « armonizzate » al piu alto gra- do); il materialista lo considera come movimento della fonte obiet- tiva o del modello obiettivo delle nostre sensazioni. Il materialista metafisico, cioè antidialettico, può ammettere l’esistenza (sia pure temporanea, fino al « primo impulso », ecc.) della materia senza movimento. Il materialista dialettico non soltanto considera il movi- mento come una proprietà inseparabile dalla materia, ma respinge la concezione semplicistica del movimento, ecc. «...La definizione più precisa sarebbe forse la seguente: "La ma- teria è ciò che si muove ma dire questo avrebbe tanto poco senso quanto dire che la materia è il soggetto di una proposizione il predi- cato della quale è : "si muove ”. Il fatto, con ogni probabilità, è che gli uomini, nell’epoca della statica, si erano abituati a vedere im- mancabilmente in funzione di ^oggetto qualche cosa di solido, qual- che ’’ oggetto " e avevano convenuto di tollerare soltanto in qualità di predicato, o come uno degli attributi della ” materia ”, una cosa cosi incomoda per il pensiero statico com’è il "movimento”». MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 263 Questo ci fa ricordare l’accusa che Akimov muoveva al gruppo dc\YIs.{ra di non aver messo nel suo programma la parola * prole- tariato » al nominativo! Dire che l’universo è la materia in movi- mento, o che l’universo è il movimento materiale, non cambia nulla alla cosa. «...Bisogna pure che l’energia abbia un veicolo!» dicono coloro che credono nella materia. «E perche?» domanda in tono saccente Ostwald. « È forse necessario che la natura sia formata da un soggetto e da un predicato? » (p. 39). Questa risposta di Ostwald che, nel 1899, piaceva tanto a Bogda- nov, non è altro che un sofisma. È forse necessario che i nostri giu- dizi — si potrebbe rispondere a Ostwald — siano formati di elet- troni e di etere? Eliminare mentalmente dalla «natura» la materia in quanto « soggetto », significa, di fatto, riconoscere implicita- mente in filosofia il pensiero come « soggetto » (vale a dire come qualcosa di primordiale, come punto di partenza indipendente dalla materia). Si elimina non il soggetto, ma la fonte obiettiva della sen- sazione ed è la sensazione che diventa « soggetto », cioè la filosofia diviene berkeleiana, comunque si travesta poi la parola sensazione. Ostwald ha tentato di schivare quest’inevitabile alternativa filosofica (materialismo o idealismo), adoperando in modo indeterminato la parola « energia », ma appunto il suo tentativo dimostra ancora una volta la vanità di simili stratagemmi. Se l’energia è movimento, voi non avete fatto che trasferire la difficoltà dal soggetto al predi- cato, non avete fatto altro che trasformare la questione: si muove la materia? nella questione: l’energia è materiale? Avviene una tra- sformazione dell’energia fuori della mia coscienza, indipendente- mente dairuomo e dal genere umano, o si tratta soltanto di idee, di simboli, di segni convenzionali, ecc.? La filosofia «energetica» si è rotta la testa appunto su questo problema, su questo tentativo di rimediare a vecchi errori gnoseologici ricorrendo a una « nuova » terminologia. Ecco alcuni esempi della confusione a cui è arrivato l’energetista Ostwald. Nella prefazione alle sue Lezioni di filosofia naturale *, egli afferma di ritenere che si avrà « un immenso vantaggio se la vec- chia difficoltà di conciliare i concetti di materia e di spirito sarà sempli- • Wilhelm Ostwald: Vorìcsungen iibcr Naturphìlosophìe , 2. edizione, Lipsia, 1902, p. Vili. 266 LENIN cernente e naturalmente eliminata con la riduzione di questi due con- cetti al concetto di energia ». Questo non è un vantaggio ma una perdita, perché la questione di sapere se le ricerche gnoseologiche (Ost- wald non si rende ben conto che egli pone una questione di gnoseo- logia e non di chimica!) debbano esser condotte in una direzione ma- terialistica o idealistica, non è risolta, ma è complicata dall’impiego arbitrario della parola «energia», Certo, se «si riducono» la mate- ria e lo spirito al concetto di energia, la soppressione verbale della contraddizione è indubbia, ma la dottrina dell’orco e degli spiriti folletti non sarà meno assurda per il fatto che noi la chiamiamo «energetica». A pagina 394 delle Lezioni di Ostwald, leggiamo: «La più semplice spiegazione del fatto che tutti gli avvenimenti esterni possono essere rappresentati come processi che si svolgono tra energie, si ha precisamente quando i processi stessi della nostra co- scienza sono essi stessi processi energetici e imprimono f aufpràgen ] questa loro proprietà a tutti i fenomeni esterni ». Questo è puro idea- lismo: non è il nostro pensiero che riflette la trasformazione del- l’energia nel mondo esterno, ma è il mondo esterno che riflette una determinata « proprietà » della nostra coscienza! Il filosofo ameri- cano Hibben, a proposito di questo brano e di qualche altro brano analogo delle Lezioni di Ostwald, coglie nel segno dicendo che Ost- wald « si veste qui da kantiano » : la spiegabilità dei fenomeni del mondo esterno è dedotta dalle proprietà del nostro intelletto*! «È evidente — dice Hibben — che se noi allarghiamo il concetto origi- nario di energia fino a includervi anche i fenomeni psichici, non si avrà più il semplice concetto di energia come inteso negli ambienti scientifici o anche dagli stessi energetisti ». La trasformazione del- l’energia è considerata, nelle scienze naturali, come un processo obiet- tivo, indipendente dalla coscienza dell’uomo e dall’esperienza uma- na; in altre parole, essa è considerata materialisticamente. In molti casi, e probabilmente nella grandissima maggioranza dei casi, lo stesso Ostwald intende per energia il movimento materiale. Perciò si è prodotto, fra l’altro, questo fatto singolare: l’allievo di Ostwald, Bogdanov, divenuto discepolo di Mach, ha incominciato ad accusare il primo maestro non perché egli non si attiene coeren- temente alla concezione materialistica dell’energia, ma perché am- . • J. Gr. Hibben: The theory of energetics and ìts philosophicaì bearings , in The Monist, voi. XIII, n. 3, aprile 1903, pp. 32 9-330. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 267 mette questa concezione (e talvolta la mette perfino alla base del suo pensiero). I materialisti criticano Ostwald perché cade nell’idea- lismo, perché tenta di conciliare il materialismo con l’idealismo. Bog- danov critica Ostwald da un punto di vista idealistico : « ... L’ ” ener- getica ” di Ostwald, ostile all’atomismo, ma in tutto il resto molto vicina al vecchio materialismo — scriveva Bogdanov nel 1906 — ave- va guadagnato le mie piu vive simpatie. Ciononpertanto rilevai ben presto una contraddizione importante nella sua ” filosofia naturale”: pur sottolineando ripetute volte il valore puramente metodologico del concetto di energia, l’autore stesso, in numerosissimi casi, non riesce ad attenersi a questa concezione. L’energia, da puro simbolo dei rapporti tra i fatti sperimentali, si trasforma molto spesso per lui in sostanza dell’esperienza, in materia del mondo »... ( Emp ., li- bro Ili, pp. XVI-XVII). L’energia è un puro simbolo! Dopo di ciò, Bogdanov può discu- tere fin che vuole con l’« empiriosimbolista » Iusckevic, con i « ma- cheti puri », con gli empiriocriticisti e cosi via: dal punto di vista dei materialisti, questa sarà sempre una disputa tra uno che crede al diavolo giallo e uno che crede al diavolo verde. Giacché l’importante non è ciò che distingue Bogdanov dagli altri machisti, ma ciò che egli ha in comune con essi ; l’interpretazione idealistica dell’« espe- rienza » e dell’« energia », la negazione della realtà obiettiva, alla quale l’esperienza umana non fa che adattarsi e che è semplicemente riflessa dalla « metodologia » scientifica e dall’« energetica » scien- tifica. « Il materiale del mondo è indifferente per essa [cioè per l’ener- getica di Ostwald] essa è compatibile tanto col vecchio materialismo, quanto col panpsichismo » (p. XVII)..., cioè con l’idealismo filosofi- co? E Bogdanov si è allontanato dalla confusa energetica, prendendo non la via del materialismo , ma la via dell idealismo... « L’energia, quando è rappresentata come una sostanza, non è altro che il vec- chio materialismo, meno gli atomi assoluti, un materialismo corretto nel senso che ammette la continuità di ciò che esiste » (ivi). È vero, dal « vecchio » materialismo, cioè dal materialismo metafisico dei naturalisti, Bogdanov è passato non al materialismo dialettico che egli non comprende nel 1906, come non lo comprendeva nel 1899, ma airidealismo e al fideismo, poiché nessun rappresentante colto del fideismo contemporaneo, nessun immanentista, nessun « neo- 268 LENIN critico » solleverà obiezioni alla concezione « metodologica » del- l’energia né alla sua interpretazione come « puro simbolo dei rap- porti tra i fatti sperimentali ». Prendete P. Carus, del quale già abbia- mo conosciuto abbastanza la fisionomia, e vedrete che questo ma- chista critica Ostwald assolutamente allo stesso modo di Bogdanov: « Il materialismo e l’energetica — scrive Carus — appartengono in- contestabilmente alla stessa categoria» ( The Monista voi. XVII, 1907, n. 4, p. 536). « Il materialismo ci illumina pochissimo, quando ci dice che tutto è materia, che i corpi sono materia, che i pensieri non sono che una funzione della materia e l’energetica del prof. Ostwald non vale di piu, se ci dice che materia è energia e che Tanima è soltanto un fattore dell’energia » (p. 533). L’energetica di Ostwald ci offre un bell’esempio della rapidità con la quale una « nuova » terminologia diviene di moda e della rapi- dità con la quale ci si rende conto che qualche modificazione del modo di esprimersi non elimina affatto le questioni filosofiche fon- damentali e le tendenze fondamentali della filosofia. Il materialismo e l’idealismo possono essere espressi (più o meno coerentemente, be- ninteso) nei termini dell’* energetica », come nei termini dell’* espe- rienza», ecc. La fisica energetica è la sorgente dei nuovi tentativi idealistici di concepire il movimento senza la materia, in seguito alla scomposizione di particelle di materia finora ritenute non scompo- nibili e alla scoperta di nuove forme finora sconosciute di movimento materiale. 4. Le due tendenze della fìsica contemporanea e lo spiritualismo inglese. Per dare un’idea concreta della lotta filosofica che si è accesa at- tualmente intorno alle diverse conclusioni che si possono trarre dalla fisica moderna, diamo la parola a coloro che partecipano diretta- mente alla c battaglia », cominciando dagli inglesi. Il fisico Arthur W. Riicker, dal punto di vista delle scienze naturali, sostiene una tendenza; il filosofo James Ward, dal punto di vista della gnoseolo- gia, ne sostiene un’altra. Al congresso degli scienziati inglesi, tenutosi a Glasgow nel 1901, il presidente della sezione di fisica, A. W. Rùcker, scelse come tema della sua relazione la questione del valore della teoria fisica e dei MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 269 dubbi sorti circa l’esistenza degli atomi e, in particolar modo, del- l’etere* L’oratore si richiamò ai fisici Poincaré e Poynting (quest’ulti- mo è un correligionario inglese dei simbolisti o machisti), i quali ave- vano sollevato tale questione, al filosofo Ward, al celebre libro di Haeckel e tentò di dare un’esposizione delle sue opinioni *. «La questione controversa — dice Riicker — sta nel sapere se le ipotesi che costituiscono la base delle teorie scientifiche attualmente piu diffuse debbono esser considerate come precise descrizioni della struttura del mondo che ci circonda, o soltanto come comode fin- zioni». (Tradotto nei termini della nostra disputa con Bogdanov, Iusckevic e soci, ciò significa; sono copie della realtà obiettiva, della materia in movimento, o non sono che « metodologia », « puri sim- boli », «forme d’organizzazione dell’esperienza»?). Riicker ammette che la differenza pratica fra le due teorie può non farsi sentire; la direzione di un fiume può ugualmente esser determinata tanto da co- lui che lo considera unicamente una striscia azzurra su una carta o su un diagramma, quanto da colui il quale sa che questa striscia rap- presenta un fiume vero e proprio. La teoria, dal punto di vista della finzione comoda, sarà un mezzo per « facilitare la memoria », « met- ter ordine » nelle nostre osservazioni, armonizzarle con qualche siste- ma artificiale, « regolarizzare la nostra conoscenza », esprimerla in equazioni, ecc. Possiamo, per esempio, limitarci a dire che il calore è una f orma del movimento o dell’energia, sostituendo in questo mo- do « alla vivida immagine di atomi in movimento un’affermazione incolore [ colourless ] dell’energia termica, della quale non ci azzar- diamo a determinare la natura reale ». Mentre riconosce pienamente la possibilità di ottenere per questa via grandi risultati scientifici, Riicker «osa affermare che la enunciazione di un simile sistema tat- tico non può essere considerata come l’ultima parola della scienza nella sua lotta per la verità. La questione continua a porsi in tutta la sua ampiezza : possiamo noi dai fenomeni rilevati dalla materia trarre conclusioni riguardanti la struttura della materia stessa? possiamo fondatamente supporre che l’abbozzo già datoci dalla scienza sia, fino a un certo punto, una copia e non un semplice diagramma della verità? ». * The British Association at Glasgow, 1901. Presidential adress by Prof. Arthur li'. Riuker, in The scìentific American Shipplement t 1901, nn. 1345 e 1346. 270 LENJN NelPanalizzare il problema della struttura della materia, Riicker prende come esempio l’aria. L’aria, egli dice, è composta di gas e la scienza scompone « ogni gas elementare in un miscuglio di atomi e di etere». «E qui — egli continua — ci si grida: ” Alt! ”. Non si possono scorgere direttamente né le molecole, né gli atomi; essi sono "meri concetti” [mere concepitoti], ma non possono essere consi- derati come realtà ». Rùcker scarta quest’obiezione ricorrendo a uno degli infiniti casi che s’incontrano nell’evoluzione della scienza. Gli anelli di Saturno, visti al telescopio, hanno l’aspetto di una massa compatta. I matematici hanno dimostrato, per mezzo di calcoli, che ciò non è possibile e l’analisi spettrale ha confermato le conclusioni basate sui calcoli. Altra obiezione: si attribuiscono agli atomi e al- Petere proprietà che i nostri sensi non ci rivelano nella materia ordi- naria. Riicker scarta anche questa obiezione, citando come esempi Pespansione dei gas e dei liquidi, ecc. Una serie di fatti, di osserva- zioni, di esperimenti dimostrano che la materia è formata di parti- celle distinte o granuli. Queste particelle, questi atomi differiscono dall’* ambiente primordiale», dall’* ambiente fondamentale» che li circonda (etere), oppure sono parti di quest’ambiente in uno stato particolare? La questione è ancora aperta e non tocca in nulla la teoria stessa dell’esistenza degli atomi. Non ce ragione di negare, a priori, contro le indicazioni dell’esperienza, l’esistenza di « sostanze quasi materiali », diverse dalla materia ordinaria (gli atomi e Petere). Errori nei dettagli sono qui inevitabili, ma tutto l’insieme dei dati scientifici non lascia posto a dubbi sull’esistenza degli atomi e delle molecole. Rùcker cita in seguito i nuovi dati riguardanti la struttura degli atomi, formati da corpuscoli (elettroni) carichi di elettricità negativa e rileva che i diversi esperimenti e calcoli concernenti le dimensioni delle molecole hanno dato risultati analoghi: «la prima approssi- mazione » dà un diametro di circa 100 millimicron (o milionesimi di millimetro). Citiamo le conclusioni di Rùcker sorvolando sulle osservazioni particolari e sulla sua critica del neo-vitalismo. « Coloro che svalutano le idee che fino ad oggi hanno presieduto al progresso della teoria scientifica, troppo spesso presumono che non esista possibilità di scelta tra le opposte affermazioni: che gli atomi e l’etere sono semplici finzioni dell’immaginazione scientifica, e che, d’altra parte, una teoria meccanica degli atomi e dell’etere, che oggi MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO £2 L è riconosciuta non perfetta, se potesse essere perfetta ci darebbe una rappresentazione completa e adeguata della realtà. Secondo me, esi- ste una via intermedia ». Un uomo in una camera oscura può distin- guere gli oggetti in modo molto confuso, ma se non urta contro i mobili e se non scambia uno specchio per una porta, vuol dire che vede qualche cosa in modo giusto. Perciò non dobbiamo rinunciare alla pretesa di penetrare più profondamente la natura, né pretendere di aver già sollevato tutti i veli del mistero che ci circonda. « Si può consentire che non ci siamo ancora fatti un quadro completo della natura degli atomi e delletere nel quale essi esistono, ma io mi sono sforzato di dimostrare che, quantunque alcune nostre teorie abbiano un carattere approssimativo [tentative y letteralmente: di tentativi] e malgrado le numerose e notevoli difficoltà... la nostra teoria è giusta nei suoi principi fondamentali; gli atomi non sono soltanto concetti ausiliari [helps] ad uso dei matematici imbarazzati [fmzzled mathe - matìcians\ y ma sono realtà fisiche». Cosi terminò Rùcker la sua relazione. Come il lettore vede, Rii- cker non si è occupato di gnoseologia, ma in sostanza, e a nome, senza dubbio, di un gran numero di scienziati, egli ha sostenuto il punto di vista del materialismo spontaneo. Il nocciolo del suo pen- siero è il seguente: la teoria della fìsica è un calcolo (sempre più esatto) della realtà obiettiva, Il mondo è materia in movimento, che noi riusciamo a conoscere sempre più profondamente. Le impreci- sioni della filosofìa di Rùcker derivano dalla difesa non necessaria della teoria « meccanicistica » (perché non della teoria elettroma- gnetica?) dei movimenti delletere e dall’incomprensione dei rapporti tra verità relativa e verità assoluta. A questo fisico manca soltanto la conoscenza del materialismo dialettico (astrazione fatta, s'intende, delle considerazioni pratiche, molto importanti, che costringono i professori inglesi a dirsi * agnostici »). Vediamo ora come questa filosofia è stata criticata dallo spiritua- lista James Ward: « ...Il naturalismo non è una scienza — egli scrive — e la teoria meccanicistica della natura che gli serve di base non è neppur essa una scienza... Ma, quantunque il naturalismo e le scien- ze naturali, la teoria meccanicistica del mondo e la meccanica siano, logicamente, come scienza, cose diverse, la loro rassomiglianza a pri- ma vista è molto grande e storicamente esse sono strettamente legate l’una all’altra. Non ce pericolo che si confondano le scienze naturali 2 7 2 LENIN con la filosofia idealistica (o spiritualistica), perché queste filosofie implicano necessariamente la critica delle premesse gnoseologiche che la scienza pone inconsciamente»... # È vero! Le scienze naturali am- mettono inconsciamente che la loro dottrina riflette la realtà obiettiva e questa filosofia è la sola compatibile con le scienze naturali! «...Diversamente stanno le cose per il naturalismo che, riguardo alla teoria della conoscenza, è innocente quanto la scienza stessa. Infatti il naturalismo, come' il materialismo, è semplicemente una fisica trattata come metafisica... Il naturalismo è indubbiamente me- no dogmatico del materialismo, perché fa delle riserve agnostiche sulla natura della realtà ultima, ma insiste risolutamente sulla prio- rità deiraspetto materiale di questo "inconoscibile”...». Il materialista tratta la fisica come una metafisica. L’argomento è noto! Si chiama metafisica il riconoscimento della realtà obiettiva esterna alicorno. Gli spiritualisti convengono con i kantiani e con gli humiani nel rivolgere tali rimproveri al materialismo. E si capi- sce: senza eliminare la realtà obiettiva delle cose, dei corpi o degli oggetti che tutti conoscono non è possibile spianare la via alle « no- zioni reali» della specie di quelle di RehmkeL. «...Quando sorge la questione, essenzialmente filosofica, del mo- do migliore di sistematizzare il complesso delle esperienze, [voi pla- giate Bogdanov, signor Wardl], il naturalista... afferma che dobbia- mo incominciare dal lato fisico. Solo i fatti fisici sono precisi, ben determinati, strettamente connessi; ogni pensiero che ha fatto battere il cuore umano... può essere ridotto, ci si dice, a una precisa riparti- zione di materia e di movimento». «I fisici contemporanei non si decidono a sostenere apertamente che affermazioni aventi una tale portata filosofica e una tale ampiezza sono conclusioni legittime della scienza fisica [cioè delle scienze naturali]. Tuttavia, molti di essi ritengono che la loro scienza stessa è attaccata da coloro che si sfor- zano di svelare la metafisica latente, il realismo fisico su cui poggia la teoria meccanicistica del mondo... E tale è il punto di vista dal quale anch’egli [Riicker] considera la mia filosofia... In realtà, la mia critica [di questa «metafisica», aborrita anche da tutti i machi- sti] poggia interamente sulle conclusioni di una scuola di fisici — se è lecito cosi chiamarli — , scuola sempre piu numerosa e influente, James Ward: Naturali sm and agnostidsm, voi. I, 1906, p. 303. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 273 che respinge completamente questo realismo quasi medioevale... Da tanto tempo questo realismo non incontrava obiezioni, che il porlo in questione oggi sembra a molti come una proclamazione di anar- chia scientifica. E tuttavia rasenterebbe sicuramente la stravaganza supporre che uomini come Kirchhoff o Poincaré — per non citare che due grandi nomi fra tanti — vogliano ” infirmare i metodi della scienza ”1... Per distinguerli dalla vecchia scuola, che siamo in diritto di chiamare dei fisici realisti, possiamo chiamare la nuova, scuola dei fisici simbolisti. Il termine non è troppo felice, ma, per lo meno, sotto- linea la differenza essenziale tra le due scuole, differenza che, in que- sto momento, ha per noi un interesse particolare. La questione con- troversa è molto semplice. Ambedue le scuole partono, beninteso, dalla stessa esperienza percettibile [perceptual]; ambedue si servono di sistemi astratti di concezioni che differiscono nei particolari ma sono sostanzialmente identici; ambedue ricorrono agli stessi proce- dimenti di verifica. Ma una di queste due scuole crede di avvicinarsi sempre piu alla realtà ultima e di lasciare sempre piu dietro a sé le mere apparenze. L’altra scuola crede di limitarsi a sostituire [ts sub- stituting ] alla complessità dei fatti concreti, uno schema descrittivo ge- neralizzato, intellettualmente duttile... Né- Puna né l’altra intaccano il valore della fisica in quanto conoscenza sistematica delle cose [il corsivo è di Ward]; le possibilità di sviluppo ulteriore della fisica e delle sue applicazioni pratiche sono le stesse in entrambi i casi. Ma la differenza speculativa [speculative] fra le due scuole è enor- me e, da questo punto di vista, la questione di sapere quale delle due ha ragione, diviene importante »... Questo spiritualista franco e coerente pone la questione con note- vole esattezza e chiarezza. Infatti, la differenza tra le due scuole della fisica contemporanea è soltanto filosofica, soltanto gnoseologica. La differenza fondamentale tra le due scuole consiste soltanto in ciò, che Puna ammette la realtà « ultima » (si sarebbe dovuto dire la real- tà obiettiva), rispecchiata dalla nostra teoria, mentre l’altra la nega e considera la teoria soltanto come una sistematizzazione dell’espe- rienza, un sistema di empiriosimboli, ecc. ecc. Scoperte nuove varietà della materia e nuove forme del suo movimento, la fisica moderna ha sollevato, in rapporto con la rovina dei vecchi concetti fisici, i vec- chi problemi della filosofia. E se i seguaci delle tendenze « interme- die » della filosofia (« positivisti », humiani, machisti) non sanno por- 2 74 LENIN re nettamente la questione controversa, Ward, idealista dichiarato, ha strappato i veli che ravvolgevano. « ... Riicker... ha dedicato la sua allocuzione inaugurale alla difesa del realismo fisico contro le interpretazioni simboliche sostenute, in questi ultimi tempi, dai professori Poincaré, Poynting e da me » (pp. 305-306; in altri punti del suo libro, Ward aggiunge a questi nomi quelli di Duhem, Pearson e Mach; cfr. voi. II. pp. 161, 63, 57, 75, 83, passim). «...Riicker parla costantemente di "immagini mentali” e nello stesso tempo afferma costantemente che l’atomo e l’etere sono qual- che cosa di piu di immagini mentali. In realtà, questo modo di ra- gionare equivale a dire: in questo caso non posso stabilire un’altra immagine, perciò la realtà deve rassomigliarle... Egli [Riicker] am- mette la possibilità astratta di una diversa immagine mentale... Egli ammette il valore ” approssimativo ” [tentative] di alcune no- stre teorie; egli ammette "molte difficoltà parziali”! In ultima ana- lisi egli sostiene soltanto un’ipotesi di lavoro [a working hypothesis\ e per di piu un’ipotesi che ha perduto gran parte del suo prestigio nella seconda metà del secolo. Ma, se la teoria atomica e le altre teorie della struttura della materia sono soltanto ipotesi di lavoro e stretta- mente limitate ai fenomeni fisici, non si può giustificare in nessun modo la teoria la quale afferma che il meccanicismo è il fondamento di tutto e riduce i fatti della vita e del pensiero a epifenomeni, cioè li rende, per cosi dire, di un grado piu fenomenici, di un grado meno reali della materia e del movimento. Tale è la teoria meccanicistica del mondo e, se il professor Riicker non vorrà sostenerla apertamente, noi non abbiamo ragioni per discutere con lui » (pp. 314-315). Certo, è completamente assurdo dire che il materialismo attribui- sce una « minore » realtà alla coscienza e afferma obbligatoria una rappresentazione « meccanicistica » del mondo e non una rappre- sentazione elettromagnetica o una rappresentazione infinitamente piti complessa del mondo considerato come materia in movimento. Ma l’idealista dichiarato Ward afferra con l’abilità di un giocoliere, molto meglio dei nostri machisti (cioè degli idealisti confusi), i punti deboli del materialismo « spontaneo » delle scienze naturali, afferra, per esempio, la sua incapacità di spiegare il rapporto tra la verità relativa e la verità assoluta. Ward, dopo qualche capriola, afferma che, se la verità è relativa, « approssimativa », se non fa che « cercare MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO m. a tastoni » il fondo delle cose, vuol dire che essa non può riflettere la realtà! Questo spiritualista pone invece in modo straordinariamente giusto la questione degli atomi, ecc., come « ipotesi di lavoro ». Le nozioni delle scienze naturali sono dichiarate « ipotesi di lavoro » e il fideismo contemporaneo, evoluto (Ward lo deduce direttamente dal suo spiritualismo) non pensa a domandare di più. Tenetevi la scien- za, signori scienziati, e rendeteci la gnoseologia, la filosofia: tale è, nei paesi capitalistici « avanzati », il patto di convivenza fra i teologi e i professori. Per quanto riguarda gli altri punti della gnoseologia di Ward, da lui collegati con la fisica « moderna », bisogna ancora ricordare la sua lotta risoluta contro la materia. Che cose la materia? Che cose l’energia ? domanda Ward, deridendo l’abbondanza e il carattere contraddittorio delle ipotesi. Vi è un etere o ve ne sono parecchi? Un qualche nuovo « liquido perfetto » al quale si accordano arbitra- riamente qualità tanto nuove quanto inverosimili! E Ward con- clude: «Noi non troviamo nulla di definito, fuorché il movimento. Il calore è una forma del movimento; l’elasticità è una forma del movimento; la luce e il magnetismo sono forme del movimento. La massa stessa è anche, in ultima analisi, come si suppone, una forma del movimento, ma del movimento di qualche cosa che non è né un solido, né un liquido, né un gas; che non è, propriamente parlando, né un corpo né un aggregato di corpi; che non è un fenomeno e non deve essere un noumeno; che è un apeiron vero e proprio [termi- ne della filosofia greca che designa ciò che non ha confini, ciò che non ha termini] al quale possiamo applicare le nostre proprie defi- nizioni » (voi. I, p. 140). Lo spiritualista resta fedele a se stesso quando stacca il movimen- to dalla materia. Nella natura, il movimento dei corpi si trasforma nel movimento di ciò che non è un corpo a massa costante, nel movi- mento di ciò che è una carica sconosciuta di una elettricità scono- sciuta in un etere sconosciuto. Questa dialettica delle trasformazioni materiali che si compiono nei laboratori e nelle officine, non serve per l’idealista (come pure per il grande pubblico e per i machisti) di conferma alla dialettica materialistica, ma serve come argomento contro il materialismo: «...La teoria meccanicistica, intesa come pre- tesa \projessed ] spiegazione del mondo, riceve un colpo mortale dal progresso della stessa fisica meccanicistica»... (p. 143). Il mondo è 2JÒ LENIN materia in movimento, risponderemo noi, e la meccanica riflette le leggi del movimento di questa materia per ciò che riguarda i movi- menti lenti, mentre la teoria elettromagnetica riflette tali leggi per ciò che riguarda i movimenti rapidi... « Atomi che hanno un esten- sione, solidi, indistruttibili sono sempre stati il punto d’appoggio delle concezioni materialistiche deiruniverso. Disgraziatamente per queste concezioni, l’atomo solido, avente un’estensione, non ha soddi- sfatto alle esigenze [was not equal to thè demands\ che gli presen- tava la conoscenza in sviluppo...» (p. 144). La distruttibilità dell’ato- mo, la sua inesauribilità, la variabilità di tutte le forme della materia e dei suoi movimenti, sono sempre stati le colonne del materialismo dialettico. In natura, tutti i limiti sono relativi, convenzionali, mobili, riflettono l’approssimarsi del nostro intelletto alla conoscenza della materia, ma ciò non dimostra affatto che la natura, la materia stessa sia un simbolo, un segno convenzionale, vale a dire un prodotto del nostro intelletto. L’elettrone sta all’atomo come un punto in questo libro sta al volume di un edificio di sessantaquattro metri di lunghez- za per trentadue di larghezza e sedici di altezza (Lodge). Esso si muove con una velocità di 270.000 chilometri al secondo, la sua mas- sa varia con la sua velocità; esso compie 500 trilioni di giri al secon- do; tutto ciò è molto piu complicato della vecchia meccanica, ma tutto ciò non è che movimento della materia nello spazio e nel tem- po. L’intelletto umano ha scoperto molte cose meravigliose nella natura e ne scoprirà ancora di più, aumentando con ciò stesso il suo potere sulla natura; ma questo non vuol dire .che la natura sia una creazione del nostro intelletto o dell’intelletto astratto, cioè del Dio di Ward, della « sostituzione di Bogdanov », ecc. «...Questo ideale [l’ideale del «meccanicismo»] rigorosamente [rigorously] applicato come teoria del mondo reale, ci conduce al nichilismo: tutti i cambiamenti sono movimenti, perché Ì movimenti sono i soli cambiamenti che noi possiamo conoscere e ciò che si muo- ve per essere compreso deve essere movimento » (p. 16$). « Come ho tentato di dimostrare, il progresso stesso della fisica si sta affermando come la cura più efficace per questa fede ignorante nella materia e nel movimento, che sono visti come la sostanza ultima [inmost], anziché come i simboli più astratti deU’insieme dell’esistenza... Non arriveremo mai a Dio per mezzo del nudo meccanicismo... » (p. 180). Ebbene, ecco qualcosa che già assomiglia perfettamente ai Saggi MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 277 «intorno* alla filosofia marxista ! Voi, signor Ward, dovreste pro- vare a rivolgervi a Lunaciarski e a Iusckevic, a Bazarov e a Bogda- nov: essi predicano assolutamente la stessa cosa, sia pure «con un po’ piu di pudore ». 5. Le due tendenze della fisica contemporanea e Videalismo tedesco. Nel 1896, il noto idealista kantiano Hermann Cohen scendeva in campo scrivendo con straordinaria, trionfale esultanza la prefazione alla sua quinta edizione della Storia del materialismo falsificata da F. Albert Lange. « L’idealismo teorico — esclama H. Cohen (p. XXVI) — ha già incominciato a scuotere il materialismo degli scienziati e, forse, riporterà ben presto la vittoria decisiva su di esso... L’idealismo sta permeando \Durchwir\ung\ la fisica moderna... ». « L’atomismo ha dovuto lasciare il posto al dinamismo... ». « È strano che il ritorno ai problemi chimici della sostanza abbia condotto al superamento, in linea di principio, della concezione materialistica della sostanza. Come Talete attuò la prima astrazione della sostanza, e vi collegò ragionamenti speculativi sull’elettrone, cosi la teoria dell’elettricità era destinata a produrre il massimo rivolgimento nella concezione della materia e, mediante la trasformazione della materia in forza, a condurre alla vittoria deH’idealismo » (p. XXIX). H. Cohen, con la stessa precisione e chiarezza di J. Ward, defini- sce le tendenze filosofiche fondamentali, senza smarrirsi (come si smarriscono i nostri machisti) tra le minute differenze dell’idealismo energetico, simbolistico, empiriocriticistico, empiriomonistico e cosi via. Cohen prende a considerare la tendenza filosofica fondamentale della scuola di fisica che oggi è legata al nome di Mach, Poincaré e altri, e caratterizza giustamente questa tendenza come tendenza idealistica. « La trasformazione della materia in forza » è qui, per Cohen, esattamente come per gli scienziati « visionari » che J. Dietz- gen smascherava nel 1869, la principale conquista deiridealismo. L’elettricità viene proclamata collaboratrice dell’idealismo poiché essa ha infranto la vecchia teoria della struttura della materia, ha disgre- gato l’atomo, ha scoperto nuove forme del movimento materiale cosi diverse dalle vecchie, non indagate, non studiate, insolite, « miraco- lose » a tal punto, che diviene possibile presentare un’interpretazione 2 7 8 LENIN della natura che consideri la natura stessa come movimento non ma- teriale (spirituale, mentale, psichico). Quello che ieri era il limite della nostra conoscenza delle particelle infinitamente piccole della materia è scomparso e per conseguenza — conclude il filosofo ideali- sta — è scomparsa la materia (ma il pensiero è rimasto). Ogni fisico e ogni ingegnere sa che l’elettricità è movimento (materiale), ma nes- suno sa esattamente che cosa qui si muove e per conseguenza — con- elude il filosofo idealista — si possono ingannare le persone prive di educazione filosofica con la proposta seducentemente «economica»: proviamo un po’ a pensare il movimento senza la materia ... H. Cohen si sforza di reclutare come alleato il celebre fisico Hein- rich Hertz. Hertz è nostro, è kantiano, in lui si trovano ammissioni aprioristiche! Hertz è nostro, è machista — ribatte il machista Klein- peter — poiché in Hertz traspare « una concezione soggettivistica del- l’essenza delle nostre concezioni, simili a quella di Mach » *. Questa curiosa discussione intorno all’ appartenenza di Hertz all’una o al- l’altra scuola offre un buon esempio del modo come i filosofi ideali- stici afferrano il più piccolo errore, la più piccola espressione non chiara degli scienziati celebri per giustificare la propria rinnovata difesa del fideismo. In realtà, l’introduzione filosofica di Hertz alla sua Meccanica ** ••• riflette la solita posizione dello scienziato intimi- dito dal clamore dei professori contro la « metafisica » del materia- lismo, ma che non riesce del tutto a superare la sua convinzione istintiva della realtà del mondo esterno. Questo lo riconosce lo stesso Kleinpeter che, da una parte, lancia Fra la massa dei lettori opuscoli di divulgazione, menzogneri da cima a fondo, sulla teoria della co- noscenza delle scienze naturali , nei quali Mach è presentato accanto a Hertz, e che, dall’altra, in articoli speciali di filosofia, ammette che « Hertz, contrariamente a Mach e a Pearson, si attiene ancora al pre- giudizio secondo il quale sarebbe possibile spiegare meccanicamente tutta la fisica » che Hertz mantiene il concetto di cosa in sé e « il punto di vista abituale dei fisici », che Hertz « continua ancora ad attenersi all’esistenza del mondo in sé » ****, ecc. • Archiv jiir Systcmatischc Philosophte ì voi. V, 1898-1899, pp. 169-170. *• Heinrich Hertz: Gesommclte Werfe, voi. Ili, Lipsia, 1894, particolarmente pp. 1, a, 49. ••• Kantttudien , voi. Vili, 1903, p. 309. •••* The Mortisi , voi. XVI, 1906, n. 2, p. 164, articolo sul «monismo» di Mach. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 279 È interessante notare l’opinione di Hertz sull’energetica: « Se ci domandiamo — egli scrive — per quale ragione propriamente la fisi- ca contemporanea nei suoi ragionamenti è propensa a adoperare il modo di esprimersi della dottrina energetica, possiamo rispondere: perché questo modo di espressione è il più comodo per evitare di parlare di cose che essa conosce pochissimo... Certo noi siamo tutti convinti che la materia ponderabile è costituita da atomi; noi abbia- mo anche, in certi casi, rappresentazioni abbastanza definite delle dimensioni e dei movimenti di questi atomi. Ma la forma degli ato- mi, la loro connessione, i loro movimenti, nella maggior parte dei casi, ci sono assolutamente ignoti... Perciò le idee che noi abbiamo deH’atomo rappresentano un obiettivo importante e interessante per le nostre ulteriori ricerche, ma non sono per nulla particolarmente adatte a servire come base nota e sicura per le teorie matematiche» (op. cit., Ili, 21). Hertz attendeva da un ulteriore studio deiretere la spiegazione « dell’essenza della vecchia materia, della sua inerzia e della forza di gravitazione » (voi. I. p. 354). Si vede da qui che a Hertz non è neanche passata per la mente l’idea della possibilità di una concezione non materialistica dell’ener- gia. Per i filosofi, l’energetica è servita di argomento per disertare dal materialismo e passare all’idealismo. Lo scienziato considera l’e- nergetica come un mezzo comodo per esporre le leggi del movimen- to materiale in un periodo di tempo in cui i fisici, se cosi si può dire, hanno abbandonato l’atomo e non sono ancora giunti all’elettrone. Questo periodo di tempo, per molti aspetti, continua ancora oggi: un’ipotesi soppianta l’altra; dell’elettrone positivo non si sa assoluta- mente nulla; non piu di tre mesi fa (22 giugno 1908) Jean Becquerel informava l’Accademia francese delle Scienze di essere riuscito a sco- prire questa « nuova parte costitutiva della materia » (Comptes ren- dus des séances de rAcadémie des Sciences , p. 1311). Come potrebbe la filosofia idealistica non sfruttare una situazione cosi vantaggiosa, una situazione nella quale l’intelletto umano non fa che «cercare» ancora la « materia », la quale, per conseguenza, non è più che un «simbolo», ecc.? Un altro idealista tedesco, di tinta molto più reazionaria di Cohen — Eduard von Hartmann — ha dedicato un libro intero alla Con- cezione del mondo della fisica moderna ( Die W eltanschauung der moderncn Pkysi\, Lipsia, 1902). Naturalmente, le considerazioni par- LENIN 280 ticolari dell’autore intorno alla varietà di idealismo che egli sostiene non ci interessano. Ci importa soltanto osservare che anche quest’idea- lista rileva gli stessi fenomeni constatati sia da Rey che da Ward e da Cohen. « La fisica moderna — dice E. von Hartmann — si è svi- luppata su un terreno realistico e soltanto la tendenza neokantiana e agnostica del nostro tempo ha portato a un’interpretazione in senso idealistico dei risultati conclusivi della fisica » (p. 218). Secondo E. von Hartmanfi, tre sistemi gnoseologici stanno a base della fisica moderna: Pilocinetica (dalle parole greche hyle- materia e kjnesis- mo- vimento, cioè il riconoscimento dei fenomeni fisici come movimenti della materia), l’energetica e il dinamismo (cioè il riconoscimento della forza senza sostanza). È ovvio che l’idealista Hartmann so- stiene il « dinamismo » e deduce da esso che le leggi della natura consistono nel pensiero universale, ossia, in una parola, « sostituisce » lo psichico alla natura fisica. Ma egli è costretto a riconoscere che Pilocinetica è accettata dalla maggioranza dei fisici, che questo è il sistema «piu frequentemente utilizzato» (p. 190), che il piu grave dei suoi difetti è rappresentato « dal materialismo e dall’ateismo che sono una minaccia insita nell’ilocinetica pura » (p. 189). L’autore con- sidera a buon diritto l’energetica come un sistema intermedio e la chiama agnosticismo (p. 136). Certo, essa è « un alleato del dinami- smo puro poiché elimina la materia » (pp. VI e 192), ma il suo agno- sticismo non piace a Hartmann, come una certa qual « anglomania » che è in contraddizione con il vero idealismo di un autentico ultra- reazionario tedesco. È straordinariamente istruttivo vedere come questo idealista, in- transigente nel suo spirito di parte (i senza partito in filosofia sono irrimediabilmente ottusi come in politica), spiega ai fisici che cosa propriamente significa seguire l’uno o l’altro indirizzo gnoseologico. « Soltanto una minima parte dei fisici che seguono tale moda — scri- ve Hartmann a proposito delPinterpretazione idealistica delle ulti- me conquiste della fisica — è pienamente cosciente della portata e delle conseguenze di quest’interpretazione nuova. I fisici non hanno neanche notato che la fisica, con le sue leggi particolari, ha conser- vato un senso proprio solo in quanto i fisici, malgrado il loro idea- lismo, si sono attenuti ai postulati realistici fondamentali e cioè : esi- stenza delle cose in sé, loro variabilità reale nel tempo, causalità reale... Soltanto con queste premesse realistiche (valore trascendentale della MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 28 l causalità, del tempo, dello spazio a tre dimensioni), cioè soltanto a condizione che la natura, delle cui leggi parlano i fisici, coincida con un regno delle cose in sé... si può parlare di leggi della natura a differenza delle leggi psicologiche. Soltanto nel caso in cui le leggi della natura agiscano in un campo indipendente dal nostro pensiero, esse possono servire a spiegare il fatto che le conseguenze logica- mente necessarie delle nostre immagini sono a loro volta le imma- gini di conseguenze naturalmente necessarie deirignoto che esse ri- specchiano o simbolizzano nella nostra coscienza > (pp. 218-219). Hartmann sente a ragione che l’idealismo della fisica moderna non è che una moda e non una svolta filosofica seria contro il mate- rialismo delle scienze naturali e perciò egli spiega giustamente ai fisici che per trasformare questa « moda > in una filosofia idealistica coerente e integrale bisogna trasformare radicalmente la dottrina della realtà obiettiva del tempo, dello spazio, della causalità e delle leggi della natura. Non basta considerare gli atomi, gli elettroni, l’etere come -semplici simboli, come semplici « ipotesi di lavoro », ma bisogna dichiarare che il tempo e lo spazio e le leggi della na- tura e tutto il mondo esterno sono c ipotesi di lavoro ». O materiali- smo o sostituzione universale dello psichico a tutta la natura fisica; molta gente è desiderosa di confondere queste due cose, ma Bogda- nov e io non siamo fra costoro. Tra i fisici tedeschi, Ludwig Boltzmann, morto nel 1906, con- dusse una lotta sistematica contro la tendenza machista. Abbiamo già rilevato che alla « seduzione dei nuovi dogmi gnoseologici » egli contrappose una semplice e chiara riduzione del machismo al solip- sismo (vedi sopra, cap. I, § 6). Boltzmann, s’intende, ha paura di chiamarsi materialista e afferma anzi espressamente di non essere affatto contro l’esistenza di Dio *. Ma la sua teoria della conoscen- za, in sostanza, è materialistica e — come riconosce lo storico delle scienze naturali del secolo XIX, S. Giinther ** — essa esprime l’opi- nione della maggioranza degli scienziati. « Noi deduciamo resisten- za di tutte le cose — dice L. Boltzmann — soltanto dalle impressioni che esse producono sui nostri sensi » (op. cit., p. 29). La teoria è « un’immagine » (o una copia) della natura, del mondo esterno / * Ludwig Boltzmann: Populàre Schriften y Lipsia, 1905. p. 187. ** Sicgmund Giinther: Gcschichte der anorganischcn Natnrwissenschaften im XIX Jahrhunderty Berlino, 1901, pp. 941-942. 282 LENIN (p. 77). Per colui che afferma che la materia è soltanto un complesso di percezioni sensibili — rileva Boltzmann — anche gli altri uomini sarebbero soltanto sensazioni di chi parla (p. 168). Questi « ideo- logi » — come Boltzmann chiama talvolta i filosofi idealisti — ci dipingono un « quadro soggettivo del mondo > (p. 176). Invece Fautore preferisce «un quadro obiettivo piu semplice del mondo». « L’idealista paragona l’affermazione che la materia esiste al pari delle nostre sensazioni alFopinione del bambino, secondo la quale la pietra battuta sente il dolore. Il realista paragona l’opinione secon- do la quale non si può immaginare lo psichico come originato dalla materia, o anche dal gioco degli atomi, all’opinione dell’uomo incolto il quale afferma che il sole non può distare dalla terra venti milioni di miglia, perché una cosa simile non si può immaginare » (p. 186). Boltzmann non rinuncia all’ideale della scienza di rappresentare lo spirito e la volontà come « azioni complesse di parti della materia » ( P . 396). Contro l’energetica ostwaldiana Boltzmann, dal punto di vista della fisica, polemizzò più di una volta dimostrando che Ostwald non può confutare né eliminare la formula dell’energia cinetica (la metà della massa moltiplicata per il quadrato della velocità) e che egli si aggira in un circolo vizioso deducendo dapprima l’energia dalla massa (applicando la formula dell’energia cinetica) e poi defi- nendo, la massa come energia (pp. 112 e 139). A questo proposito rammento come Bogdanov parafrasa Mach nel terzo libro del- l' Empir iomonismo: «Nella scienza — scrive Bogdanov richiaman- dosi alla Meccanica di Mach — il concetto di materia si riduce al coefficiente della massa, quale appare nelle equazioni della mecca- nica, e questo coefficiente, ad un’analisi esatta, risulta essere la gran- dezza inversa dell’accelerazione di due complessi fisici di corpi » (p. 146). È ovvio che se si prende un qualunque corpo come unità, il movimento (meccanico) di tutti gli altri corpi può essere espresso con un semplice rapporto di accelerazione. Ma i « corpi » (cioè la materia) non spariscono per questo; non cessano di esistere indipen- dentemente dalla nostra coscienza. Quando si riduce il mondo in- tiero a un movimento di elettroni, si può eliminare l’elettrone da tutte le equazioni appunto perché esso è implicato dappertutto e ,il rapporto tra gruppi o aggregati di elettroni si ridurrebbe alla loro MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 283 accelerazione reciproca, se le forme del movimento fossero semplici come in meccanica. Boltzmann, combattendo contro la fisica (p. 381). « Egli cerca piuttosto di farsi un’idea il più possibile concreta e chiara della natura degli atomi e delle molecole e delle forze che agiscono fra loro, e accorda quest’idea con le esperienze più recenti compiute in questo campo > (ioni, elettroni, radio, effetto di Zeeman, ecc.). L’autore si attie- ne rigorosamente al dualismo della materia e dell’energia* ed espo- ne separatamente la legge della conservazione della materia e la leg- ge della conservazione dell’energia. Per quanto riguarda la materia, l’autore si attiene ugualmente al dualismo delle materie ponderabili e dell’etere, ma egli considera anche quest’ultimo come materiale nel senso stretto della parola » (p. 381). Nel secondo volume della sua opera (Teoria dell elettricità) l’autore «fin dall’inizio fa propria la concezione secondo la quale i fenomeni elettrici sono dovuti ad azio- ni reciproche e a movimenti di individui atomiformi, cioè agli elet- troni » (p. 383). Per conseguenza, anche riguardo alla Germania è confermato ciò che lo spiritualista J. Ward riconosceva per l’Inghilterra, e precisa- mente che i fisici della scuola realistica sistematizzano i fatti e le sco- perte degli ultimi anni con non minor successo dei fisici della scuola simbolista e che una differenza essenziale esiste « soltanto > dal pun- to di vista gnoseologico **. • Bokzmann vuol dire che l’autore non tenta di concepire il movimento senza la materia. In questo caso, parlare di « dualismo » è ridicolo. Il monismo e il dua- lismo in filosofia consistono nel seguire coerentemente o incoerentemente il materia- lismo o Tidealismo. •• L’opera di Erich Becher sulle Premesse filosofiche delle scienze naturali esatte (Erich Becher: Philosophische Voraussetzungen déY exakjen Naturwissensckapen y Lipsia, 1907), della quale presi conoscenza quando questo mio libro era già termi- nato, conferma ciò che ho detto in questo paragrafo. L’autore, che si accosta sopra t- tutio al punto di vista gnoseologico di Helmholtz e di Boltzmann, cioè al punto di vista del materialismo « che si vergogna * e non meditato a fondo, dedica la sua opera alla difesa c all’interpretazione dei postulati fondamentali della fisica e della chimica. Questa difesa si trasforma naturalmente in lotta contro la tendenza machista che, quantunque di moda, incontra nella fisica una resistenza sempre maggiore (cfr. p. 91, passim). E. Becher definisce a ragione questa tendenza come « positivismo soggettivo * (p. 11!) e pone il centro di gravità della lotta contro di esso nella dimo- strazione dcll’< ipotesi » del mondo esterno (capp. II-VII), nella dimostrazione della sua «esistenza indipendente dalle percezioni umane» ( vom Wahrgenomtnenwerden unuhhHngige Existenz). La negazione di questa « ipotesi » da parte dei machisti, li conduce spesso al solipsismo (pp. 78-82, passim). La concezione di Mach secondo la quale i soli oggetti delle scienze naturali sono « le sensazioni e i loro complessi c non il mondo esterno » (p. 138) è chiamata da Becher « monismo delle sensazioni » {Empfindungsmonismus) e considerata come una «tendenza puramente coscienziali- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 28 5 6. Le due tendenze della fisica contemporanea e il fideismo francese . In Francia, la filosofia idealistica si è afferrata con non minore riso- lutezza alle oscillazioni della fisica machista. Abbiamo già visto qua- le accoglienza hanno fatto i neocritici alla Meccanica di Mach sco- prendo subito il carattere idealistico della sua filosofia. Per questo rispetto il machista francese Poincaré (Henri) ha avuto una fortuna ancora maggiore. La filosofia idealistica più reazionaria, a tendenze nettamente fideiste, si è immediatamente impadronita della sua teo- ria. Un rappresentante di questa filosofia, Le Roy, argomentava nel modo seguente: le verità scientifiche sono soltanto segni convenzio- nali, simboli; voi avete rinunciato alle assurde pretese «metafisiche» di conoscere la realtà obiettiva; siate dunque logici e riconoscete con noi che la scienza ha soltanto un valore pratico in un campo dellat- tività umana, e che la religione ha, in un altro campo dell’attività umana, un valore non meno effettivo ; la scienza «simbolica» machi- sta non ha diritto di negare la teologia. H. Poincaré si è vergognato di queste conclusioni e le ha criticate in modo particolare nel suo libro II valore della scienza. Ma guardate quale posizione gnoseolo- gica ha dovuto prendere per sbarazzarsi di alleati del genere di Le Roy: «Se il signor Le Roy — scrive Poincaré — considera Tintclli- genza come irrimediabilmente impotente, lo fa solo per dare un po- sto più importante ad altre fonti della conoscenza, per esempio, al cuore, al sentimento, all’istinto, alla fede » (pp. 214-215). « Io non posso seguirlo fino in fondo » : le leggi scientifiche sono convenzioni, stica ». Questo termine goffo e assurdo formato dalla parola latina conscientia non vuol dire altro che idealismo filosofico (cfr. p. 156). Nei due ultimi capitoli del libro, Becher stabilisce un confronto, molto acuto, fra la vecchia teoria meccanica della materia c la nuova teoria elettrica della materia, fra la vecchia e la nuova rappre- sentazione del mondo (concezione « cinetico-elastica » e « cinetico-elettrica » della natura, secondo la terminologia usata dall’autore). L’ultima teoria, fondata sulla dottrina degli elettroni, c un passo avanti nella conoscenza dell’unità del mondo; per essa, «gli elementi del mondo materiale sono cariche [ Ladungcn ] elettriche» (p. 223). « Ogni concezione puramente cinetica della natura non conosce nulla al- l'infuori di un certo numero di cose in movimento, si chiamino esse elettroni o con un qualunque altro nome; lo stato di movimento di queste cose in ogni istante suc- cessivo è rigorosamente determinato da leggi per mezzo della loro situazione e del loro stato di movimento nell'istante precedente » (p. 225). Il difetto fondamentale del libro di E. Becher sta nel fatto che l’autore ignora assolutamente il materialismo dialettico. Quest’ignoranza lo conduce spesso a confusioni e ad assurdi, intorno ai quali non abbiamo qui la possibilità di intrattenerci. 286 LENIN simboli, ma «se le ” ricette" scientifiche hanno un valore come regole (fazione, è perché sappiamo che esse hanno successo, almeno in gene- rale. Ma sapere ciò, vuol ben dire sapere qualche cosa, e allora, per- ché venire a dirci che non possiamo conoscere nulla? » (p. H9). H. Poincaré invoca il criterio della pratica. Ma in questo modo egli sposta soltanto la questione senza risolverla, poiché questo cri- terio può esser interpretato sia in senso soggettivo che in senso obiet- tivo. E anche Le Roy ammette questo criterio per la scienza e per l’industria. Egli nega soltanto che questo criterio sia una dimostra- zione della verità obiettiva , poiché tale negazione gli basta per rico- noscere, a fianco della verità soggettiva della vera scienza (inesistente al di fuori deiruomo), la verità soggettiva della religione. Henri Poin- caré si rende conto che, contro Le Roy, non basta invocare la pratica e passa alla questione dell’obiettività della scienza. «Qual è il crite- rio dell’obiettività della scienza? Ebbene, esso è precisamente lo stes- so criterio che vige nella nostra credenza negli oggetti esterni. Que- sti ultimi sono reali in quanto le sensazioni che essi suscitano in noi [quils nous font éprouver ] ci appaiono come unite fra loro da non so quale indistruttibile cemento e non dal caso di un giorno » (pp. 269.270). L’autore di un simile ragiónamento può essere un grande fisico , ma è assolutamente incontestabile che soltanto i Voroscilov-Iusckevic possono prenderlo sul serio come filosofo. Il materialismo è dichia- rato distrutto da una « teoria * che al primo attacco del fideismo si rifugia sotto le ali del materiaUsmo\ Giacché, affermare che gli og- getti reali suscitano in noi delle sensazioni e che la c credenza » nel- l’obiettività della scienza è identica alla «credenza» nell’esistenza obiettiva degli oggetti esterni, è puro materialismo. « ... Si può dire, per esempio, che fetere non è meno reale di un corpo esterno qualunque > (p. 270). Che scandalo avrebbero fatto i machisti se l’avcsse detto un materialista! Quanti strali impotenti avrebbero lanciato contro il « materialismo etereo ». ccc.! Ma il fondatore del moderno empirio- simbolismo, cinque pagine dopo annuncia già: « Tutto dò che non è pensiero è puro nulla ; perché noi non possiamo pensare altro che il pensiero » (p. 276). V’ingannate, signor Poincaré : le vostre opere di- mostrano che vi è della gente la quale può pensare soltanto dò che è vuoto di pensiero, privo di senso. Appartiene a questa categoria il MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 287 ben noto confusionario Georges Sorel, il quale afferma che « le due prime parti » del libro di Poincaré sul valore della scienza « sono scritte nello spirito di Le Roy » e che, per conseguenza, i due filosofi possono essere «conciliati» sulle idee seguenti: pretendere di stabi- lire l'identità della scienza e dell’universo è un'illusione; non c'è biso- gno di porre la questione se la scienza può conoscere la natura; è sufficiente che essa si accordi coi meccanismi che noi creiamo (Geor- ges Sorel : Les pré occupa tions métaphysiques des physiciens moder- na , Parigi, 1907, pp. 77, 80, 81). Ma se, per ciò che riguarda la « filosofia » di Poincaré, è sufficiente menzionarla e passar oltre, per le opere di A. Rey è invece necessario un esame particolareggiato. Abbiamo già osservato che la differenza tra le due tendenze fondamentali della fisica contemporanea, chia- mate da Rey « concettualistica » e « neo-meccanicistica », si riduce alla differenza tra la gnoseologia idealistica e la gnoseologia materia- listica. Dobbiamo ora vedere come il positivista Rey disimpegna un compito diametralmente opposto a quello postosi dallo spiritualista J. Ward e dagli idealisti H. Cohen ed E. Hartmann, e cioè: anziché afferrarsi agli errori filosofici della fisica moderna, alla sua deviazio- ne verso l'idealismo, correggere questi errori e dimostrare l'illegitti- mità delle conclusioni idealistiche (e fideistiche) tratte dalla fisica moderna. Il filo rosso che passa attraverso tutta l'opera di A. Rey è il ricono- scimento del fatto che della nuova teoria fisica dei « concettualisti » (machisti) si sono impadroniti il fideismo (pp. II, 17, 220, 362, ecc.) e 1' « idealismo filosofico » (p. 200), lo scetticismo a proposito dei diritti deirintelletto e della scienza (pp. 210, 220), il soggettivismo (p. 311), ecc. E perciò Rey ha pienamente ragione di porre al centro del suo lavoro l'analisi « delle opinioni dei fìsici sul valore obiettivo della fisica » (p. 3). Quali sono i risultati di quest'analisi? Prendiamo il concetto fondamentale, il concetto di esperienza. Rey afferma che l'interpretazione soggettivistica di Mach (per brevità e semplicità prenderemo Mach come rappresentante della scuola che Rey chiama « concettualistica ») è soltanto un malinteso. È vero che « uno dei nuovi caratteri fondamentali della filosofia della fine del secolo XIX » è che « l’empirismo, sempre piu sfumato e sottile, sboc- ca nel fideismo, nella supremazia della fede, esso che una volta era 288 LENIN stato il grande cavallo di battaglia dello scetticismo contro le affer- mazioni della metafisica. In fondo, non è forse avvenuto che si è deformato, a poco a poco e attraverso sfumature impercettibili, il senso reale della parola ” esperienza ”? Ricollocata nelle sue condi- zioni di esistenza, nella scienza sperimentale che la precisa e raffina, resperienza ci riconduce alla necessità e alla verità» (p. 398). Non c’è dubbio che tutto il machismo, nel senso largo della parola, non è altro che una deformazione, per mezzo di sfumature impercettibili, del significato reale della parola «esperienza»! Ma Rev, che accusa di questa deformazione soltanto i fideisti e non lo stesso Mach, come la corregge? Ascoltate: «L’esperienza è, per definizione, una cono- scenza dell’oggetto. Nella scienza fisica, questa definizione è al suo posto piu che in qualsiasi altro campo... L’esperienza è ciò che il nostro spirito non comanda, ciò che i nostri desideri, la nostra volon- tà non possono cambiare, ciò che è dato, ciò che noi non facciamo. L’esperienza è l'oggetto di fronte al [en face du] soggetto» (p. 314). Eccovi un esempio di difesa del machismo da parte di Rey! Con quale geniale perspicacia Engels affibbiò l’appellativo di «materia- listi che si vergognano » al tipo moderno dei seguaci dell’agnostici- smo filosofico e del fenomenismo! Positivista e fenomenista zelante, Rey incarna questo tipo in modo eccellente. Se l’esperienza è « cono- scenza dell’oggetto », se « l’esperienza è l’oggetto di fronte al sog- getto», se l'esperienza consiste in ciò, che «qualcosa di esterno [quel- que chose du dehors] esiste ed esiste necessariamente [ t se pose , et en se posant s impose] » (p. 324), eccoci evidentemente ricondotti al materialismo! Il fenomenismo di Rey, il suo grande zelo nel sotto- lineare che nulla esiste aH’infuori delle sensazioni, che è obiettivo ciò che ha un significato generale, ecc. ecc., tutto questo è una foglia di fico, un velo puramente verbale gettato sul materialismo, dal mo- mento che ci si dice: « È obiettivo ciò che ci è dato dall’esterno, imposto [impose] dal- l’esperienza, ciò che noi non facciamo, ma che è fatto indipendente- mente da noi e in una certa misura ci fa » (p. 320). Rey difende il «concettualismo» annientandolo! La confutazione delle conclusioni idealistiche tratte dalla dottrina di Mach è ottenuta soltanto grazie al fatto che. s’interpreta il machismo come materialismo che si vergo- gna. Dopo aver riconosciuto la differenza tra le due tendenze della fisica contemporanea, Rey, col sudore della sua fronte, si sforza di MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 289 cancellare, nell’interesse della tendenza materialistica, ogni differen- za. Per esempio, a proposito della scuola neo-meccanicistica, Rey dice che essa non ammette « nessun dubbio, nessuna incertezza * sul- Pobiettività della fisica (p. 237): «Ci si sente qui [vale a dire sul terreno delle dottrine di questa scuola] lontani da tutte le vie tra- verse per le quali si era costretti a passare dal punto di vista delle altre teorie della fìsica, per giungere ad affermare questa stessa obiet- tività ». Ed ecco che anche Rey dissimula queste « vie traverse » del ma- chismo e le copre di un velo in tutto il corso della sua esposi- zione. Il carattere fondamentale del materialismo sta nel fatto che esso parte dall’obiettività della scienza, dal riconoscimento della realtà obiettiva riflessa dalla scienza, mentre l’idealismo ha bisogno di « vie traverse » per « dedurre », in un modo o nell’altro, l’obiettività dallo spirito, dalla coscienza, dallo « psichico ». « La scuola neo-meccanici- stica [che è la scuola dominante] — scrive Rey — crede nella realtà della teoria fisica, cosi come il genere umano crede nella realtà del mondo esterno » (p. 324, § 22 : tesi). Per questa scuola, « la teoria vuol essere il calco [le décalque ] dell’oggetto » (p. 235). È giusto. E questo carattere fondamentale della scuola « neomec- canicistica » non è altro che la base della gnoseologia materialistica . Né ripudiando i materialisti, né affermando che, in sostanza, anche i neo-meccanicisti sono fenomenisti, ecc., Rey può attenuare questo fatto capitale. La differenza essenziale tra i neo-meccanicisti (mate- rialisti che si vergognano piu o meno) e i machisti sta appunto in ciò, che questi ultimi si allontanano da questa teoria della conoscenza e, al- lontanandosene, cadono inevitabilmente nel fideismo. Considerate l’atteggiamento di Rey verso la dottrina machista della causalità e della necessità della natura. Rey afferma che sol- tanto a prima vista Mach «si avvicina allo scetticismo» (p. 76) e al « soggettivismo » (p. 76); questo «equivoco (< équivoque ) (p. 115) si dissipa non appena si prende la dottrina di Mach nel suo comples- so. E Rey, prendendola nel suo complesso, cita diversi passi tolti dalla Teoria del calore e dall 'Analisi delle sensazioni , fermandosi in particolare, nella prima di queste opere, sul capitolo dedicato alla causalità; ma... si guarda bene dal citare il passo decisivo , e cioè V af- fermazione di Mach che non esiste una necessità fisica , ma esiste sol- tanto una necessità logicai Si può soltanto obiettare che questa non 290 LENIN è un’interpretazione, ma un travisamento del pensiero di Mach, un tentativo di cancellare la differenza tra il « neo-meccanicismo » e la dottrina di Mach. Rey conclude: «Mach, in altri termini, riprende da parte sua le conclusioni di Hume, di Mill e di tutti i fenomenisti secondo cui la relazione causale non ha in sé nulla di sostanziale ed è soltanto un’abitudine mentale. Egli ha d’altra parte ripreso la tesi fondamentale del fenomenismo, per cui la dottrina della causalità non è che una conseguenza e cioè: non esistono che sensazioni. Ma Mach aggiunge, e in una direzione puramente obiettivista: la scien- za, analizzando le sensazioni, scopre in esse elementi permanenti e comuni i quali, benché avulsi da queste sensazioni, hanno la stessa realtà di esse, poiché in esse sono attinti per mezzo dell’osservazione sensibile. E questi elementi permanenti e comuni, come l’energia e le sue trasformazioni, sono il fondamento della sistematizzazione della fisica » (p. 117). Ne risulta che Mach accetta la teoria soggettivistica della cau- salità di Hume per interpretarla in senso obiettivista! Nella sua difesa di Mach, Rey se la cava allegando Pincoerenza di Mach e con- cludendo che, neH’interpretazione « reale » dell’esperienza, quest’espe- rienza conduce alla «necessità». Orbene, l’esperienza è ciò che è dato dall’esterno, e se la necessità della natura, se le leggi della natura sono anch’esse date all’uomo dall’esterno, dalla natura obiettivamen- te reale, ovviamente ogni differenza tra la dottrina di Mach e il ma- terialismo sparisce. Rey difende la dottrina dì Mach contro il neo- meccanicismo capitolando su tutta la linea davanti a quest’ultimo, limitandosi a giustificare la parola fenomenismo e non l’essenza della tendenza fenomenista. Poincaré, ad esempio, nello spirito di Mach, deduce le leggi della natura — fino alle tre dimensioni dello spazio — dalla «comodità». Ma questo non vuol affatto dire « arbitrio », sì affretta a « corregge- re » Rey. No, la « comodità » esprime qui « V adattamento all’ogget- to » (corsivo di Rey, p. 196). Non c’è che dire: magnifica discrimina- zione delle due scuole e magnifica « confutazione » del materialismo... « Se un abisso insuperabile separa logicamente la teoria di Poincaré da un’interpretazione ontologica del meccanicismo [cioè dall’ammissione, da parte di questa scuola, che la teoria è il calco dell’oggetto], se la teoria di Poincaré è atta a suffragare un ideali- smo filosofico, essa, almeno sul terreno scientifico, si accorda benissi- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 221 mo con l’evoluzione generale delle idee classiche e con la tendenza a considerare la fisica come una conoscenza obiettiva, obiettiva quanto l’esperienza, vale a dire quanto le sensazioni da cui l’esperienza de- riva » (p. 200). Da una parte non si può non convenire; dall’altra bisogna rico- noscere. Da una parte, un abisso insuperabile separa Poincaré dal neo- meccanicismo, quantunque Poincaré stia in mezzo fra il « concettua- lismo » di Mach e il neo-meccanicismo, e nessun abisso, a quanto pare, separi Mach dal neo-meccanicismo. Dall’altra parte, Poincaré si concilia completamente con la fisica classica la quale, secondo Rey stesso, accetta in tutto e per tutto il « meccanicismo ». Da una parte, la teoria di Poincaré può servire di appoggio all’idealismo filosofico; dall’altra, essa è compatibile con l’interpretazione obiettiva della pa- rola esperienza. Da una parte, questi cattivi fideisti hanno travisato, attraverso deviazioni impercettibili, il significato della parola espe- rienza, abbandonando la giusta opinione secondo la quale « l’espe- rienza è l’oggetto»; dall’altra, obiettività dell’esperienza vuol soltanto dire che l’esperienza si riduce alle sensazioni, nel che consentono pie- namente Berkeley e Fichte! Rey si è impelagato, perché si è posto un problema insolubile: « conciliare » l’antagonismo della scuola materialistica e della scuola idealistica nella fisica moderna. Egli tenta di attenuare il materiali- smo della scuola neo-meccanicistica, riducendo al fenomenismo le opinioni dei fisici che considerano la loro teoria come un’immagine dell’oggetto *. Ed egli tenta anche di attenuare l’idealismo della scilo- * Il « conciliatore * A. Rey non si contenta di gettare un velo sul modo col quale la questione è posta dalla filosofia materialistica, ma elude anche le più chiare affermazioni matèrialiste dei fisici francesi. Per esempio, egli non ha menzionato Alfred Cornu, morto nel 1902. Questo fisico rispose alla « confutazione [o supera- mento, Veberwindung] del materialismo scientifico » da parte di Ostwald con una nota sprezzante sul modo pretenzioso e leggero col quale Ostwald aveva trattato I argomento (vedi Rcvue Generale des Sciences , 1895, pp. 1030, 1031). Al congresso internazionale dei fisici tenutosi a Parigi nel 1900, A. Cornu diceva: «...Quanto più penetriamo nella conoscenza dei fenomeni naturali, unto più si sviluppa e si precisa l'audace concezione cartesiana del meccanismo ddl’universo: nel mondo fisico non esiste altro che materia c movimento. Il problema dell’unità delle forze fisiche... si è nuovamente imposto dopo le grandi scoperte che contrassegnano la fine di questo secolo. Perciò la preoccupazione principale dei nostri maestri moderni, Faraday, Maxwell, Hertz (per non parlare che degli illustri scomparsi), consiste nel precisare la natura, nell'indovinare le proprietà di questa materia imponderabile [matière subtile ì, substrato dell’energia universale... Il ritorno alle idee cartesiane c evidente...* w 292 LENIN la concettualistica, sopprimendo le affermazioni più categoriche dei seguaci di questa scuola e interpretando le rimanenti nello spirito del materialismo che si vergogna. Fino a che punto sia fittizia e sfor- zata la rinuncia di Rey al materialismo, si vede, per esempio, dal suo giudizio sul significato teorico delle equazioni differenziali di Max- well e di Hertz. Il fatto che questi fisici riducano la loro teoria a un sistema di equazioni, è per i machisti una confutazione del materia- lismo: equazioni, ecco tutto; nessuna materia, nessuna realtà obiet- tiva, nient’altro che simboli. Boltzmann confuta questa concezione comprendendo che in questo modo confuta la fisica fenomenologica. E Rey a sua volta confuta questa concezione credendo di difendere il fenomenismo! «Non si può rinunciare — egli dice — a classi- ficare Maxwell e Hertz fra i ” meccanicisti ”, per il fatto che essi si sono limitati a equazioni simili alle equazioni differenziali della dinamica di Lagrange... Ciò non vuol dire che, secondo Maxwell e Hertz, non si possa riuscire a fondare con elementi reali una teoria meccanica dell’elettricità. Al contrario, il fatto di rappresentare i fe- nomeni elettrici in una teoria, la cui forma è identica alla forma ge- nerale della meccanica classica, ne dimostra la possibilità » (p. 253). L’incertezza che noi constatiamo oggi nella soluzione di questo pro- blema, continua Rey, « diminuirà nella misura in cui si preciserà la natura di quelle unità quantitative, cioè degli elementi che entrano nelle equazioni». Il fatto che queste o quelle forme del movimento materiale non sono ancora studiate, non giustifica per Rey la nega- zione della materialità del movimento. La « omogeneità della mate- ria» (p. 262) — intesa non come postulato, ma come risultato del- l’esperienza e dello sviluppo della scienza, P« omogeneità dell’oggetto della fisica » —, ecco qual è la condizione dell’applicabilità delle mi- surazioni e dei calcoli matematici. Ecco come Rey giudica il criterio della pratica nella teoria della conoscenza : « All’opposto delle premesse dello scetticismo, noi abbia- mo il diritto di dire che il valore pratico della scienza deriva dal suo valore teorico»... (p. 368). Sul fatto che Mach, Poincaré e tutta la (Rapporti presentii au Congrls intemational de physique , Parigi, 1900, voi. IV, p. 7}. Lucien Poincaré nota giustamente nella sua Physique moderne (Parigi, 1906, p. 14) che questa idea cartesiana fu ripresa e sviluppata dagli enciclopedisti del secolo XVIII; ma né questo fisico, né A. CJornu sanno che i materialisti dialettici, Marx ed Engels, hanno liberato questo postulato fondamentale del materialismo dall'u dilaterai iti del materialismo meccanicistico . MATERIALISMO ed empiriocriticismo 2 93 loro scuola accettano senza equivoco queste premesse dello scettici- smo, Rey preferisce tacere.., « L’uno e l’altro valore sono le due facce inseparabili e rigorosamente parallele del suo valore obiettivo. Dire che una data legge della natura ha un valore pratico... significa, in fondo, dire che questa legge della natura ha un significato obiettivo. Agire sull’oggetto implica una modificazione di quest’og- getto, una reazione dell’oggetto conforme alla nostra attesa oppure alla nostra previsione, in virtù della quale noi abbiamo intrapreso quest’azione. Questa attesa e queste previsioni racchiudono dunque in sé elementi controllati dall’oggetto e dall'azione che esso subisce... Vi è dunque, in queste teorie diverse, una parte di obiettività »... (p. 368). Questa teoria della conoscenza è completamente materiali- stica e soltanto materialistica, poiché le altre concezioni, e particolar- mente il machismo, negano l’obiettività, cioè il valore, indipendente- mente dairuomo e dal genere umano, del criterio della pratica. Tirando le somme, diremo che Rey ha affrontato la questione in modo completamente diverso da Ward, da Cohen e soci, ma è giunto agli stessi risultati e cioè al riconoscimento delle tendenze materialistica e idealistica come basi della divisione delle due scuole principali della fisica moderna. 7. Un « fisico idealista » russo. Disgraziate condizioni di lavoro mi hanno quasi completamente impedito di prendere conoscenza delle pubblicazioni russe riguar- danti la questione che esaminiamo. Mi limiterò soltanto a esporre il contenuto di un articolo, molto importante per il mio tema, del no- stro ultrareazionario in filosofia signor Lopatin. Quest’articolo, in- titolato Un fisico idealista , è stato pubblicato in Questioni di filosofia e psicologia dello scorso anno (settembre-ottobre 1907). Filosofo idea- lista russo autentico, il signor Lopatin sta ai moderni idealisti euro- pei come l’« Unione del popolo russo » sta ai partiti reazionari del- l’Europa occidentale. Ma è perciò ancora più istruttivo osservare tendenze filosofiche affini manifestarsi in ambienti profondamente diversi per cultura e costumi. L’articolo del signor Lopatin è, come dicono i francesi, un « éloge », un’esaltazione del defunto fisico russo N. I. Scisckin (morto nel 1906). Il signor Lopatin è entusiasta perché 294 LENIN quest’uomo colto, il quale si era molto interessato di Hertz e della fisica moderna in generale, non soltanto parteggiava per la destra del partito cadetto (p. 339), ma era anche profondamente credente, am- mirava la filosofia di V. Soloviov, ecc. ecc. Eppure, malgrado la sua « preferenza » predominante per le sfere nelle quali la filosofia confina con la polizia, il signor Lopatin ha anche saputo dare alcune indicazioni per caratterizzare le concezioni gnoseologiche del fisico idealista. « Egli fu — scrive il signor Lopatin — un vero e proprio positivista nella sua aspirazione costante alla critica piu ampia dei metodi di ricerca, delle ipotesi e dei fatti scientifici dal punto di vista della loro utilità, come mezzi e materiali per la costruzione di una concezione del mondo integrale, compiuta. Da questo punto di vista, N. I. Scisckin era addirittura agli antipodi di moltissimi suoi con- temporanei. Nei miei articoli precedentemente pubblicati su questa rivista, mi sono già studiato ripetute volte d’indicare con quali mate- riali disparati e spesso fragili si mette insieme una pretesa concezione scientifica del mondo: vi s’introducono fatti dimostrati, generalizza- zioni più o meno audaci, ipotesi comode in un dato momento per l’uno o per l’altro campo scientifico e persino finzioni scientifiche ausiliarie, e si eleva tutto ciò a dignità di verità obiettive incontesta- bili, mediante le quali si devono giudicare tutte le altre idee e tutte le altre credenze filosofiche e religiose, respingendo tutto ciò che esse contengono di estraneo a queste verità. Un nostro pensatore scienzia- to di grande talento, il professore V. I. Vernadski, ha mostrato con una chiarezza esemplare quanto siano vane e sconvenienti simili pretese di trasformare le concezioni scientifiche di una data epoca storica in un sistema dogmatico immutabile e obbligatorio per tutti. Eppure di questo errore non sono soltanto colpevoli vasti ambienti di lettori [nota del signor Lopatin : «Per questi ambienti si sono scritte numerosissime opere di divulgazione le quali sono destinate a infondere la persuasione dell’esistenza di un catechismo scientifico atto a risolvere tutte le questioni. Opere tipiche di questo genere sono Forza e materia di Buchner, o Gli enigmi dell universo di Haeckel >] e certi scienziati specializzati in determinate branche delle scienze na- turali ma, cosa molto più strana, spesso peccano anche i filosofi uffi- ciali, i cui sforzi, talvolta, sono soltanto diretti a dimostrare che essi non dicono niente all'infuori di ciò che è già stato detto dai rappre- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 295 sentami di singole scienze particolari, con la differenza che lo dicono nel proprio linguaggio ». « N. I. Scisckin non aveva nessun dogmatismo preconcetto. Egli era partigiano convinto della spiegazione meccanicistica dei fenome- ni della natura; ma questa spiegazione non era per lui che un me- todo d’indagine...» (p. 341). Ehm, ehm... vecchio ritornello!... «Egli non pensava affatto che la teoria meccanicistica svelasse l’essenza stessa dei fenomeni studiati e la considerava soltanto come il mezzo piu comodo e piu fecondo di raggruppare i fenomeni e di motivarli a fine scientifico. Perciò, l’interpretazione meccanicistica della natura, per lui, era ben lontana dal coincidere con la concezione materiali- stica... ». Proprio come gli autori dei Saggi « intorno » alla filosofia marxista ... « Gli sembrava, al contrario, che la teoria meccanicistica, nelle questioni di ordine superiore, dovesse prendere un atteggia- mento rigorosamente critico e persino conciliante...». Nel linguaggio dei machisti, questo si chiama « superare la con- trapposizione invecchiata, angusta e unilaterale» tra materialismo e idealismo... « Le questioni riguardanti il primo principio e il fine ultimo delle cose, Tintima essenza del nostro spirito, il libero ar- bitrio, Timmortalità dell’anima, ecc., in tutta l’ampiezza del loro significato effettivo, non possono essere sottoposte alla sua compe- tenza, anche per il solo fatto che essa è un metodo d’indagine ed è perciò limitata dai confini naturali della sua applicazione, esclu- sivamente ai fatti dell’esperienza fisica...» (p. 342). Le due ultime righe sono incontestabilmente un plagio AeWEmpiriomonismo di A. Bogdanov. « La luce può essere considerata come sostanza, come movimento, come elettricità, come sensazione», scrive Scisckin nel suo articolo Sui fenomeni psicofisici dal punto di vista della teoria meccanicisti - ca {Questioni di filosofia e psicologia , voi. I, p. 127). Non ce dubbio che il signor Lopatin ha assolutamente ragione di annoverare Scisckin fra i positivisti, ed è vero che questo fisico apparteneva in tutto e per tutto alla scuola machista della fisica mo- derna. Con le sue considerazioni sulla luce, Scisckin vuol dire che i diversi modi di considerare la luce rappresentano metodi diver- si di « organizzazione dell’esperienza » (secondo la terminologia di Bogdanov), tutti egualmente legittimi, secondo l’una o l’altra con- cezione, o diverse « connessioni di elementi » (secondo la ferminolo- 296 LENIN già di Mach) e che, in ogni caso, la teoria della luce elaborata dai -fisici non è un’immagine della realtà obiettiva. Ma Scisckin ragiona come peggio non è possibile. «La luce può esser considerata come sostan- za, come movimento... ». Ma in natura non esiste sostanza senza mo- vimento, né movimento senza sostanza. La prima « contrapposizio- ne » di Scisckin è dunque senza senso. « Come elettricità... » : l’elet- tricità è un movimento della sostanza; dunque, anche qui Scisckin ha torto. La teoria elettromagnetica della luce ha dimostrato che la luce e l’elettricità sono in sostanza forme di movimento di una sola e stessa sostanza (l’etere)... « Come sensazione... » : la sensazione è un’immagine della materia in movimento. Noi non possiamo saper nulla né delle forme della sostanza, né delle forme del movimento, se non per mezzo delle nostre sensazioni; le sensazioni sono generate dall’azione della materia in movimento sui nostri organi dei sensi... Tale è il punto di vista delle scienze naturali. La sensazione della luce rossa riflette le vibrazioni dell’etere a una frequenza approssi- mativa di 450 trilioni al secondo. La sensazione della luce azzurra riflette le vibrazioni delPetcre a una frequenza approssimativa di 620 trilioni al secondo. Le vibrazioni dell’etere esistono indipenden- temente dalle nostre sensazioni luminose. Le nostre sensazioni lumi- nose dipendono dall’azione delle vibrazioni dell’etere sull’organo umano della vista. Le nostre sensazioni riflettono la realtà obiettiva, cioè riflettono ciò che esiste indipendentemente dal genere umano e dalle sensazioni umane. Tale è il punto di vista delle scienze naturali. I ragionamenti di Scisckin contro il materialismo si riducono alla piu banale sofistica. 8. Essenza e significato dell idealismo « fisico ». Abbiamo visto che il problema delle conclusioni gnoseologiche che possono essere tratte dalla fisica moderna è stato posto e discusso dai punti di vista più svariati tanto nella letteratura inglese, che in quella tedesca e francese. Non si può mettere in dubbio che ci tro- viamo in presenza di una determinata tendenza ideologica internazio- nale, che non dipende da un qualsiasi sistema filosofico unico, ma è il risultato di alcune cause generali estranee al campo della filosofìa. Gli elementi che abbiamo passato in rassegna dimostrano indubbiamente MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 297 che il machismo è « legato » alla fisica moderna, e nello stesso tem- po indicano che la rappresentazione di questo legame, divulgata dai nostri machisti, è fondamentalmente errata . Sia in filosofia che in fisica i nostri machisti seguono servilmente la moda e sono incapaci di dare un quadro generale, dal loro punto di vista, dal punto di vista marxista, di certe correnti e di valutare il posto che esse occu- pano. Doppiamente false sono tutte le disquisizioni intorno alla tesi secondo la quale la filosofia di Mach è « la filosofia delle scienze na- turali del secolo XX», «la filosofia moderna delle scienze naturali», « il positivismo moderno delle scienze naturali », ecc. (Bogdanov, nella prefazione a ÌY Analisi delle sensazioni , pp. IV, XII; cfr. anche Iusckevic, Valentinov e soci). In primo luogo il machismo è legato, ideologicamente, soltanto a una scuola in un solo ramo delle scienze naturali contemporanee. In secondo luogo, e questo è l'essenziale , il machismo è legato a questa scuola non da ciò che lo distingue da tutte le altre correnti, da tutti gli altri piccoli sistemi della filosofia ideali- stica, ma da et ò che esso ha di comune con 1 idealismo filosofico in generale. Basta gettare uno sguardo a questa tendenza ideologica nel suo complesso , perché non resti neppure l’ombra del dubbio sul- l’esattezza di questa tesi. Considerate i fisici di questa scuola: il tede- sco Mach, il francece Henri Poincaré, il belga P. Duhem, l’inglese K. Pearson. Molte cose sono loro comuni; essi hanno una sola base e un solo orientamento, come riconosce giustamente ognuno di loro: ma né la dottrina deirempiriocriticismo in generale, né in par- ticolare la dottrina di Mach (non foss’altro che la dottrina degli «elementi del mondo»), fanno parte di questo patrimonio comune. I tre ultimi fisici menzionati ignorano persino queste due dottrine. Essi hanno in comune «soltanto» una cosa: l’idealismo filosofico, verso il quale propendono tutti y senza eccezione, piu o meno coscien- temente, piu o meno decisamente. Prendete i filosofi che si richia- mano a questa scuola della fisica moderna e si studiano di darle una giustificazione gnoseologica e di svilupparla, e troverete anche qui gli immanentisti tedeschi, i discepoli di Mach, i neo-criticisti e gli idealisti francesi, gli spiritualisti inglesi, il russo Lopatin, piu l’unico empiriomonista, A. Bogdanov. Essi hanno tutti in comune soltanto una cosa, cioè la loro professione piu o meno cosciente, piu o meno risoluta deiridealismo filosofico, accompagnata o da una deviazione 298 LENIN brusca o frettolosa verso il fideismo, oppure da una ripugnanza per- sonale contro il fideismo stesso (come Bogdanov). L’idea fondamentale della scuola della fisica moderna da noi esa- minata è la negazione della realtà obiettiva che ci è data dalle sen- sazioni e che è riflessa dalle nostre teorie, o il dubbio sussistenza di tale realtà. Questa scuola si allontana qui dal materialismo (ine- sattamente chiamato realismo, neo-meccanicismo, ilocinetica, e che gli stessi fisici non hanno sviluppato con sufficiente consapevolezza), il quale, come tutti riconoscono , predomina tra i fisici, e se ne allon- tana in quanto scuola deH’idealismo «fisico». Per spiegare quest’ultimo termine cosi singolare, bisogna ricor- dare un episodio della storia della filosofia e della scienza naturale contemporanea. Nel 1866 L. Feuerbach mosse all’attacco contro Jo- hannes Muller, il celebre fondatore della fisiologia moderna e lo an- noverò tra gli «idealisti fisiologici» ( Wer%e, voi. X, p. 197). L’idea- lismo di questo fisiologo consisteva in ciò, che egli, ricercando il valore del meccanismo dei nostri organi dei sensi nei loro rapporti con le sensazioni, rilevando, per esempio, che la sensazione della luce si ottiene per mezzo di azioni di diverso genere suirocchio, era pro- penso a dedurne che le nostre sensazioni non sono immagini della realtà obiettiva. Questa tendenza di una scuola di scienziati verso « Tidealismo fisiologico », vale a dire verso un’interpretazione ideali- stica di certi risultati della fisiologia, fu colta da L. Feuerbach con straordinaria precisione. Il « legame » della fisiologia con Tidealismo filosofico, principalmente d’ispirazione kantiana, fu poi sfruttato per molto tempo dalla filosofia reazionaria. F. A. Lange si fece un’arme della fisiologia in favore deiridealismo kantiano e per la confutazio- ne del materialismo, mentre fra gli immanentisti (che Bogdanov col- loca cosi ingiustamente fra Mach e Kant), J. Rehmke nel 1882 insor- se in modo particolare contro la pretesa conferma del kantismo da parte della fisiologia*. Che molti grandi fisiologi propendessero in quel tempo per l’idealismo e il kantismo è incontestabile, com’è in- contestabile che molti grandi fisici propendono ai nostri giorni per l’idealismo filosofico. L’idealismo « fisico », vale a dire l’idealismo di una certa scuola di fisici della fine del secolo XIX e deU’inizio del secolo XX, non « confuta » il materialismo e non dimostra i legami Johannes Rehmke: Philosophtc ttnd Kantianismus> Eisenach, 1882, p. 15 c sgg. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 2Q9 deiridealismo (o deirempiriocriticismo) con le scienze naturali, cosi come non lo dimostravano gli sforzi analoghi di F. A. Lange e degli idealisti « fisiologici ». La deviazione verso la filosofia reazionaria che, in entrambi i casi, si è manifestata in una scuola di scienziati, in una branca delle scienze naturali, è uno zig-zag temporaneo, un periodo transitorio di malattia nella storia della scienza, una malattia di crescenza, dovuta soprattutto al crollo improvviso dei vecchi con- cetti tradizionali. Il nesso delTidealismo «fisico» contemporaneo con la crisi della fisica contemporanea, è generalmente ammesso, come abbiamo indi- cato sopra. « Gli argomenti della critica scettica diretti contro la fisi- ca contemporanea si riducono tutti, in sostanza, al celebre argomento di ogni scettico: alla diversità delle opinioni» (tra i fisici), scrive Rey alludendo meno agli scettici che non ai partigiani aperti del fi- deismo, del genere di Brunetière. Ma queste divergenze « non pos- sono dimostrare nulla contro l’obiettività della fisica ». « Nella storia della fisica, come in ogni storia, si possono distinguere grandi periodi che si differenziano per la forma e per l’aspetto generale delle teorie... Ma appena sopraggiunge una di quelle scoperte che si ripercuotono su tutte le parti della fisica, perché mettono in luce un fatto fon- damentale, fino a quel momento ignoto o parzialmente intravisto, tutto l’aspetto della fisica si modifica; incomincia un nuovo perio- do. Ciò è avvenuto dopo le scoperte di Newton; dopo le scoperte di Joulc-Mayer e Carnot-Clausius. E la stessa cosa sembra che stia avvenendo dopo la scoperta della radioattività... Lo storico che osser- va poi le cose dalla distanza necessaria, non fa fatica a scoprire — là dove i contemporanei vedevano soltanto conflitti, contraddizioni, scissioni in scuole diverse — un’evoluzione continua. Sembra che anche la crisi attraversata dalla fisica in questi ultimi anni (mal- grado le conclusioni che ne ha tratto la critica filosofica) non sia altra cosa. Essa corrisponde perfettamente al tipo di quelle crisi di cre- scenza f crisc de croissance ] che sono generate dalle grandi scoperte moderne. La trasformazione innegabile che ne risulterà (potrebbero esserci diversamente evoluzione e progresso?) non modificherà sen- sibilmente lo spinto scientifico» (op. cit pp. 370-372). Il conciliatore Rey si sforza di riunire tutte le scuole della fisica contemporanea contro il fideismo! Questo è un falso, ispirato alle migliori intenzioni, ma pur tuttavia un falso, giacché la propen- 3 00 LENIN sionc della scuola di Mach^Poincaré-Pearson verso l’idealismo (cioè verso un fideismo raffinato) è incontestabile. E quell’obiettività della fisica che è legata ai fondamenti dello « spirito scientifico > diverso dallo spirito fideistico e che è difesa da Rey con tanto calore, non è altro che una manifestazione del materialismo «che si vergogna». Lo spirito materialistico fondamentale della fisica, come di tutte le scienze naturali contemporanee, uscirà vincitore da ogni e qualsiasi crisi, ma soltanto a condizione che il materialismo metafisico ceda il posto al materialismo dialettico. La crisi della fisica contemporanea sta nel fatto che essa ha rinun- ciato a riconoscere apertamente, risolutamente, irrevocabilmente il valore obiettivo delle sue teorie; il conciliatore Rey si sforza molto spesso di dissimulare questo fatto, ma i fatti sono piu forti di tutti i tentativi di conciliazione. « Sembra che — scrive Rey — , abituati ad avere a che fare con una scienza nella quale l’oggetto è creato, almeno in apparenza, dallo spirito dello scienziato, o nella quale, in ogni caso, i fenomeni concreti non intervengono piu nella ricerca, ci si sia fatti della scienza fisica un concetto troppo astratto: si è cercato di avvicinarla sempre piu alla matematica, e si è trasportata una concezione generale della matematica in una concezione gene- rale della fisica... Si ha quell’invasione [intra Jon] dello spirito mate- matico nei modi di giudicare e di comprendere la fisica, che è denun- ciata da tutti gli sperimentatori. E non è forse con questa influenza — che non cessa di essere preponderante per il fatto di essere talvolta nascosta — che si spiega spesso l’incertezza, l’esitazione del pensiero riguardo all’obiettività della fisica e le vie traverse per le quali si arriva all’obiettività o quegli ostacoli che si sormontano durante que- sto tragitto? » (p. 227). Questo è detto in modo eccellente. L’« esitazione del pensiero » nella questione dell’obiettività della fisica è l’essenza dèll’idealismo « fisico » di moda. «...Sembra che le finzioni astratte della matematica abbiano in- terposto uno schermo tra la realtà fisica e il tttodo come i matematici concepiscono la scienza che tratta di questa realtà. Essi sentono con- fusamente il carattere obiettivo della fisica... Benché vogliano essere anzitutto obiettivi, quando si occupano di fisica, benché si sforzino di poggiare sulla realtà e di restarvi, essi restano prigionieri delle vec- chie abitudini. E financo nelle concezioni deH’energetica, che hanno MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 3 OI dovuto essere costruite più solidamente e con un minor numero di ipotesi in confronto della vecchia fisica meccanicistica — che mirava a dare un calco \décalquer] e non una ricostruzione dell’universo sensibile — abbiamo sempre a che fare con le teorie dei matematici... Essi fi matematici] hanno fatto di tutto per salvare il carattere obiet- tivo della fisica, perché senza l’obiettività — essi lo comprendono molto bene — non si può nemmeno parlare di fisica... Ma il carat- tere complicato o gli zig-zag delle loro teorie lasciano purtuttavia un senso di disagio. Ciò è troppo artificioso; troppo ricercato, troppo costruito | édifié]; uno sperimentatore non vi trova quella fiducia spontanea che gl’ispira il continuo contatto con la realtà fisica... Ecco che cosa dicono in sostanza tutti i fisici — e sono legione — che sono innanzitutto dei fisici o che non sono altro che dei fisici; ecco ciò che dice tutta la scuola neo-meccanicistica... [La crisi della fisica] consiste nella conquista del campo della fisica da parte dello spirito matematico. I progressi della fisica da una parte e i progressi della matematica dall’altra parte hanno condotto nel secolo XIX a una stretta confusione tra queste due scienze... « La fisica teorica è diventata la fisica matematica... « Allora cominciò il periodo della fisica formale, vale a dire della fisica matematica puramente matematica, della fisica matematica non come un ramo della fisica, ma come un ramo della matematica coltivata dai matematici. In questa nuova fase il matematico, abitua- to agli elementi concettuali [puramente logici] che forniscono l’unica nateria del suo lavoro, imbarazzato dagli elementi grossolani, ma- teriali che egli trovava poco malleabili, dovette necessariamente ten- dere sempre a farne astrazione il più possibile, a rappresentarli in un modo del tutto immateriale, puramente logico o persino a trascu- rarli completamente». « Gli elementi, in quanto dati reali, obiettivi e, in una parola, in quanto elementi fisici, disparvero completamente. Non si conserva- rono che relazioni formali, rappresentate da equazioni differenziali... Se il matematico non si lascia fuorviare dal suo lavoro costruttivo... saprà ritrovare il suo legame con l’esperienza e il suo valore obiet- tivo, ma a prima vista, e per una persona non preavvertita, si ha l'impressione di trovarsi di fronte a una costruzione arbitraria... ». « Il concetto, la nozione pura hanno sostituito ovunque gli ele- menti reali...». 302 LENIN « Cosi si spiega storicamente, con la forma matematica che ha preso la fisica teorica..., il disagio [le malaise ], la crisi della fisica e il suo apparente allontanamento dai fatti obiettivi » (pp, 228-232). Tale è la causa prima dell’idealismo «fisico». I tentativi reazio- nari nascono dal progresso stesso della scienza. I grandi progressi delle scienze naturali, la scoperta di elementi semplici e omogenei della materia, le cui leggi del movimento ammettono un’elabora- zione matematica, fanno dimenticare la materia ai matematici. « La materia scompare»; restano soltanto equazioni. Nel nuovo stadio di sviluppo sembra che si ripresenti la vecchia idea kantiana: la ragio- ne detta le sue leggi alla natura. Hermann Cohen, che è — come ab- biamo visto — entusiasta dello spirito idealistico della fisica moder- na, arriva al punto di predicare l’insegnamento della matematica superiore nelle scuole, al fine d’infondere negli allievi del liceo lo spirito idealistico ricacciato dalla nostra epoca materialistica ( Geschu chte des Materialismus , di F. A. Lange, 5. ediz., 1896, voi. II, p. XLIX). S’intende che questo è soltanto il sogno assurdo di un rea- zionario e che in realtà non c’è e non può esserci qui altro che una voga passeggera deH’idealismo fra un numero ristretto di specialisti. Ma è estremamente caratteristico vedere con quali mezzi raffinati i rappresentanti della borghesia colta, simili al naufrago che si aggrap- pa ad una festuca, tentano di conservare artificialmente o di trovare un posticino al fideismo, il quale viene generato in seno agli strati inferiori delle masse popolari dall’ignoranza, dall’avvilimento e dal- l’assurda barbarie delle contraddizioni capitalistiche. Un’altra causa che genera Tidealismo « fisico » è il principio del relativismo , della relatività della nostra conoscenza, principio che s’impone ai fisici con particolare vigore in un periodo di crollo repen- tino delle vecchie teorie e che, unito all ignoranza della dialettica , conduce inevitabilmente all’idealismo. Questa questione dei rapporti tra il relativismo e la dialettica è forse la piu importante per spiegare le disavventure teoriche del machismo. Ecco, per esempio, Rey che, al pari di tutti i positivisti europei, non ha nessuna idea della dialettica di Marx. Egli adopera la parola dialettica esclusivamente nel senso di speculazione filoso- fica idealistica. Perciò egli, rendendosi conto che la fisica moderna s’impiglia nel relativismo, si agita impotente tentando di distinguere tra un relativismo moderato e un relativismo immoderato. Certo, « il MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 303 relativismo immoderato confina logicamente, se non praticamente, con un vero e proprio scetticismo» (p. 215); ma in Poincaré non si trova questo relativismo «immoderato». Che illusione! Con una bi- lancia da farmacista si può pesare un po’ di più o un po’ di meno di relativismo, e in questo modo salvare la causa del machismo! In realtà, soltanto la dialettica materialistica di Marx e di Engels dà una giusta impostazione teorica della questione del relativismo e l’ignoranza della dialettica materialistica deve inevitabilmente con- durre dal relativismo all’idealismo filosofico. Del resto l’incompren- sione di questo fatto basta da sola a togliere ogni valore all’assurdo libercolo del signor Herman : La dialettica alla luce della moderna teoria della conoscenza . Il signor Berman ha ripetuto sciocchezze vecchie e stravecchie sulla dialettica che egli non ha assolutamente capita. Abbiamo già visto che tutti i machisti, a ogni passo , nella teoria della conoscenza dimostrano la stessa incomprensione. Tutte le vecchie verità della fisica, comprese quelle che erano con- siderate indiscutibili e incrollabili, si dimostrano verità relative; dun- que non può esistere nessuna verità obiettiva indipendente dal genere umano. Cosi argomenta non soltanto tutto il machismo, ma anche tutto l’idealismo « fisico » in generale. Che dalla somma delle verità relative nel loro sviluppo si viene formando la verità assoluta, che le verità relative sono riflessi relativamente esatti di un oggetto indi- pendente dal genere umano, che questi riflessi divengono via via sempre più esatti, che ogni verità scientifica contiene, malgrado la sua relatività, un elemento di verità assoluta, tutte queste tesi, ovvie per chiunque abbia meditato sul X Antiduhring di Engels, sono un libro chiuso con sette suggelli per la « moderna » teoria della co- noscenza. Opere come la Teoria fisica di P. Duhem * o come / concetti e le teorie della fisica moderna di Stallo **, che Mach raccomanda in modo particolare, mostrano con straordinaria evidenza che questi idealisti «fisici» attribuiscono la massima importanza per l’appunto alla dimostrazione della relatività delle nostre conoscenze, oscillan- do, in sostanza, fra l’idealismo e il materialismo dialettico. Ambe- due gli autori, che appartengono a due diverse epoche e affrontano * P. Duhem: La théorie physique, son oh jet et sa strutture , Parigi, 1906. ** J. B. Stallo: The concepts and thcorits oj modern physics ; Londra, 1882. Esi- stono traduzioni in francese e in tedesco. 3°4 LENIN la questione da punti di vista diversi (Duhem, specializzato in fisica, lavora in questo campo da ventanni; Stallo, ex hegeliano-ortodosso, arrossisce per aver pubblicato nel 1848 una filosofia della natura, con- cepita nel vecchio spirito hegeliano), combattono energicamente so- prattutto la concezione meccanicistica-atomistica della natura. Essi dimostrano che questa teoria è limitata, che è impossibile accettarla come limite delle nostre conoscenze, che negli scrittori che si ispi- rano a essa si trovano molti concetti fossilizzati. E questo difetto del vecchio materialismo è indubitabile; l’incomprensione della relativi- tà di tutte le teorie scientifiche, l’ignoranza della dialettica, la soprav- valutazione della concezione meccanicistica: ecco i difetti che Engels rimproverava ai vecchi materialisti. Ma Engels (a differenza di Stal- lo) seppe gettar via l’idealismo hegeliano e comprendere l’essenza vera s e geniale della dialettica hegeliana. Engels abbandonò il vecchio materialismo metafisico per il materialismo dialettico e non per il relativismo che scivola nel soggettivismo. « La teoria meccanicistica, — dice per esempio Stallo, — assieme a tutte le teorie metafisiche, ipostatizza gruppi di attributi parziali, di attributi ideali e forse pura- mente convenzionali, o anche attributi singoli e li considera come aspetti diversi della realtà obiettiva» (p. 150). È giusto, se non rinun- ciate a riconoscere la realtà obiettiva e combattete la metafisica come antidialettica. Stallo non se ne rende ben conto. Egli non ha capito la dialettica materialistica e a causa di ciò, attraverso il relativismo, scivola frequentemente nel soggettivismo e nelFidealismo. Lo stesso dicasi di Duhem. Con enorme spreco di energia, e con una serie di esempi molto interessanti e pregevoli tolti dalla storia della fisica — come se ne trovano spesso in Mach — Duhem dimo- stra che « ogni legge fisica è provvisoria e relativa, perché è approssi- mativa » (p. 280). Ecco un uomo che si storpia per sfondare una porta aperta, pensa il marxista leggendo questi lunghi ragionamenti. Ma la disgrazia di Duhem, di Stallo, di Mach e di Poincaré sta ap- punto nel non vedere la porta che il materialismo dialettico ha aper- to. E poiché non sanno dare una definizione giusta del relativi- smo, essi scivolano dal relativismo all’idealismo. «Una legge fisica non è, propriamente, né vera né falsa, ma approssimativa », scrive Du- hem (p. 274). Questo « ma » contiene già un germe di falso; qui s’in- cominciano già a cancellare i confini tra la teoria scientifica che riflette approssimativamente l'oggetto , cioè che si approssima alla MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 3°5 verità obiettiva, e la teoria arbitraria, fantastica, puramente conven- zionale, come è, per esempio, la teoria della religione e la teoria del gioco degli scacchi. Questo falso, in Duhem, arriva a tal punto che la questione dei- resistenza di una « realtà materiale », corrispondente ai fenomeni sensibili, viene definita metafisica (p. io): abbasso il problema della realtà; le nostre concezioni e le nostre ipotesi sono soltanto segni (signes), costruzioni « arbitrarie » (p. 27), ecc. Di qui airidealismo, alla « fisica del credente », anch’essa predicata dal signor Pierre Du- hem con spirito kantiano (in Rey, p. 162; cfr. p. 160), non c’è che un passo. E quel bonaccione di Adler (Fritz) — ecco un altro ma- chista che vuol essere marxista! — non ha trovato nulla di più intel- ligente che «rettificare» Duhem nel modo seguente: Duhem elimi- nerebbe « le realtà nascoste dietro i fenomeni, solo in quanto sono oggetti della teoria, e non in quanto oggetti della realtà » *. Questa c una critica del kantismo nello spirito di Hume e Berkeley, che noi già conosciamo. Ma per quanto riguarda P. Duhem non si può neppure parlare di un kantismo cosciente. Duhem, come Mach, oscilla semplicemen- te, non sapendo a che cosa appoggiare il suo relativismo. In molti punti egli si avvicina moltissimo al materialismo dialettico. Noi co- nosciamo il suono, « quale è in rapporto a noi, non quale è in sé, nei corpi che generano i suoni. Questa realtà, della quale le nostre sensazioni ci dànno soltanto l’esteriore e il superficiale, ce la fanno conoscere le teorie acustiche. Esse c’insegnano che, dove le nostre per- cezioni colgono soltanto quell’apparenza che chiamiamo suono, vi è in realtà un movimento periodico piccolissimo e rapidissimo », ecc. (p. 7). I corpi non sono simboli delle sensazioni, ma le sensazioni sono simboli (o, più esattamente, immagini) dei corpi. « Lo sviluppo della fisica suscita una lotta continua fra la natura che non si stanca di dare nuovo materiale e la ragione che non si stanca di concepire » (p. 32). La natura è infinita come pure è infinita la più piccola delle sue parti (compreso l’elettrone), ma la ragione trasforma anch’essa all’infinito le «cose in sé» in «cose per noi». «La lotta fra la realtà e le leggi della fisica continuerà infinitamente; a ogni legge che la • Nota del traduttore alla versione tedesca del libro di Duhem, Lipsia, 1908, /. Barth. 20 I5.S 3°b LENIN tìsica formulerà, la realtà opporrà, presto o tardi, la brutale smentita per mezzo di un fatto; ma la fisica ritoccherà, modificherà, compli- cherà infaticabilmente la legge smentita » (p. 290). Avremmo qui un’esposizione completamente giusta del materialismo dialettico, se Pautore sostenesse saldamente lesistenza della realtà obiettiva indi- pendente dal genere umano. « ... La teoria fisica non è affatto un si- stema puramente artificiale, oggi comodo e domani inutile... Essa è una classificazione sempre piu naturale, un riflesso sempre piu chiaro delle realtà che il metodo sperimentale non riuscirebbe a osservare direttamente» (letteralmente: fronte a fronte, face à face ; p. 445). Il machista Duhem civetta in quest’ultima frase con Pidealismo kantiano: è come se si aprisse la via a un metodo diverso dal meto- do « sperimentale », come se noi non conoscessimo immediatamente, direttamente, fronte a fronte, le « cose in sé ». Ma se la teoria della fisica diviene sempre piu naturale, vuol dire che una « natura », una realtà, « riflessa » da questa teoria, esiste indipendentemente dalla nostra coscienza, e tale è appunto la concezione del materialismo dialettico. In una parola, Pidealismo « fisico » dei nostri giorni, cosi come Pidealismo « fisiologico » di ieri, significa soltanto che una scuola di scienziati in un ramo delle scienze naturali è caduta nella filosofia reazionaria per non aver saputo elevarsi, direttamente e di colpo, dal materialismo metafisico al materialismo dialettico *. Questo passo la • Il celebre chimico William Ramsay dice: « Spesso mi è stato chiesto: l'elet- tricità non è forse una vibrazione? Come si potrebbe spiegare la telegrafia senza fili con il trasporto di particelle o di corpuscoli? La risposta a questa domanda è la seguente: l'elettricità è una cosa ; essa è [corsivo di Ramsay] questi piccoli corpu- scoli, ma quando questi corpuscoli si staccano da qualche oggetto, un’onda, analoga a un'onda luminosa, si propaga nell'etere e quest'onda viene utilizzata nella telegrafia senza fili » (William Ramsay: Essays, Bìographical and Chemical, Londra, 1908, p. 126). Dopo aver parlato deila trasformazione del radio in elio, Ramsay osserva: < Per lo meno un cosiddetto elemento non può piu essere considerato come materia ultima; esso stesso si sta trasformando in una forma piu semplice della materia » (p. 160). «È quasi certo che l'elettricità negativa è una forma particolare della ma- teria e che l'elettricità positiva è materia priva di elettricità negativa, cioè è materia meno questa materia elettrica» (p. 176). «Che cos’è l’elettricità? Si credeva prima che vi fossero due specie di elettricità: positiva e negativa. Era allora impossibile rispondere alla domanda posta. Ma le indagini piu recenti rendono verosimile l'ipotesi che ciò che noi ci siamo abituati a chiamare elettricità negativa sia in realtà [ really ] una sostanza. Il peso relativo delle sue particelle, infatti, è stato misurato: esso è approssimativamente uguale a un settecentesimo della massa dell'atomo d’idrogeno... Gli atomi di elettricità si chiamano elettroni» (p. 196). Se i nostri machisti. che MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 307 fìsica contemporanea lo fa e lo farà, ma essa si avvia verso il solo metodo giusto e verso la sola filosofia giusta delle scienze naturali, non seguendo una linea retta, ma a zig-zag, non consapevolmente, ma istintivamente, senza veder chiaramente il suo « scopo finale », ma avvicinandosi ad esso a tentoni, oscillando e talvolta indietreg- giando. La fisica contemporanea ha le doglie del parto. Essa parto- risce il materialismo dialettico. Parto doloroso. L’essere vivo e vitale è inevitabilmente accompagnato da qualche prodotto morto: scorie destinate alPimmondezzaio. Tutto Tidealismo fisico, tutta la filosofia empiriocriticista, insieme airempiriosimbolismo, airempiriomonismo, ecc. ecc., fanno parte di queste scorie. scrivono libri e articoli filosofici, sapessero pensare, comprenderebbero che le espres- sioni: « la materia scompare », « la materia si riduce alTelettricità », ecc., sono sol- tanto espressioni gnoseologicamente impotenti di questa verità: si riesce a scoprire nuove forme della materia, nuove forme del movimento materiale, si riesce a ridurre le vecchie forme a queste forme nuove, e cosi via. 70 * CAPITOLO SESTO EMPIRIOCRITICISMO E MATERIALISMO STORICO I machisti russi, come abbiamo già visto, si dividono in due campi. Il sig. V. Cernov e i collaboratori del Russate Bogatstvo sono ne- mici assoluti e coerenti del materialismo dialettico, sia in filosofia che in storia. Un’altra accolta di machisti, che qui cointeressano maggior- mente, vorrebbero essere marxisti e si sforzano in tutti i modi di assicurare ai lettori che il machismo è compatibile col materialismo storico di Marx e di Engels. La verità è che queste assicurazioni re- stano per la maggior parte dei casi soltanto assicurazioni: nemmeno uno dei machisti che vorrebbero essere marxisti ha mai fatto il piu piccolo tentativo di esporre piu o meno sistematicamente le effettive tendenze dei fondatori deirempiriocriticismo nel campo delle scien- ze sociali. Ci soffermeremo brevemente su questa questione e comin- ceremo col prendere in considerazione le dichiarazioni contenute negli scritti degli empiriocriticisti tedeschi e poi quelle dei loro disce- poli russi. i. Le incursioni degli empiriocriticisti tedeschi nel campo delle scien- ze sociali. Nel 1895, ancora vivente R. Avenarius, sulla rivista filosofica da lui pubblicata comparve un articolo del suo allievo, F. Blei, intito- lato: La metafisica nell economia politica*. Tutti i maestri deirem- piriocriticismo combattono contro la «metafisica» non solo del ma- terialismo filosofico aperto e consapevole, ma anche delle scienze # Vierteljahrsschrijt fùr wissenschajtlìche Philosophie, 1895, voi. XIX, F. Bici: Die Meiaphysi J( in der Mattonalo bonomie f pp. 378-390. LENIN 310 naturali, che istintivamente si schierano dalla parte della teoria ma- terialistica della conoscenza. L’allievo dichiara guerra alla metafisica neireconomia politica. Egli combatte contro le scuole piu diverse del- l’economia politica, ma a noi interessa esclusivamente il carattere dell’argomentazione empiriocriticista usata contro la scuola di Marx e di Engels. « Lo scopo di quest’indagine — scrive F. Blei — è di mostrare che tutta l’economia politica che si è avuta finora, nei suoi tentativi di spiegazione dei fenomeni della vita economica, opera con presup- posti metafisici; che essa "deduce” le "leggi” deireconomia dalla "natura ” di quest’ultima e che l’uomo appare solo come qualche cosa di accidentale rispetto a queste "leggi”... Tutte le teorie dell’econo- mia politica poggiano fin qui sul terreno metafisico, tutte le sue teo- rie sono estranee alla biologia e perciò non sono scientifiche e non hanno nessun valore per la conoscenza... I teorici ignorano su quale base costruiscono le loro teorie, su quale terreno queste teorie na- scono. Credono di essere realisti, operanti senza premesse di alcun genere, poiché si occupano di fenomeni economici cosi ” semplici ” \nuchterne] y "pratici”, "evidenti” \sinnfàllige].„ E con le diverse tendenze della fisiologia hanno tutti quella rassomiglianza di fami- glia che deriva ai figli — nel nostro caso i fisiologi e gli economi- sti — soltanto da una stessa discendenza paterna e materna, e pre- cisamente dalla metafisica e dalla speculazione. Una scuola di eco- nomisti analizza i "fenomeni” dell’ " economia " [Avenarius e la sua scuola mettono fra virgolette i termini comuni volendo mostrare che essi, filosofi autentici, sanno penetrare tutta la « metafisica » di un siffatto uso volgare di termini non purificati dall’« analisi gnoseo- logica»] senza collegare alla condotta degli individui ciò che essa trova [das Gefundene ] per questa via: i fisiologi escludono dalle loro indagini la condotta deirindividuo in quanto " attività dell’anima ” [Wirfymgen der Seele]\ gli economisti di questa corrente dichiarano che la condotta degli individui è trascurabile [eine Ne gli giòie] di fronte alle ” leggi immanenti deireconomia ” (pp. 378-379). La teoria di Marx constatava " leggi economiche ” tratte da processi architet- tati : inoltre tali ” leggi ” stavano nella parte iniziale [ Initialab - schnitt ] della serie vitale dipendente, mentre i processi economici stavano nella parte finale [Finalab schnitt]... L* "economia" si è tra- sformata per gli economisti in una categoria trascendente nella quale MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 3 11 hanno scoperto ” le leggi ” che hanno voluto scoprire: ” leggi ” del ” capitale ” e del ” lavoro ”, della ” rendita ”, del ” salario ”, del ” pro- fitto ", L'uomo si è trasformato per gli economisti nell'idea plato- nica del "capitalista”, dell’ ” operaio ”, e cosi via. Il socialismo inol- tre ha attribuito al "capitalista” la proprietà di essere "avido di profitto ”, il liberalismo ha attribuito airoperaio la proprietà di essere ” esigente ”, e l'uno e l’altro carattere venivano spiegati con ” l'azio- ne delle leggi del capitale”» (p. 381-382). « Marx affrontò lo studio del socialismo francese e dell'economia politica con una concezione del mondo già socialista, e il suo scopo nel campo della conoscenza era quello di dare a questa concezione del mondo un ” fondamento teorico ” per ” salvaguardare ” il suo valore iniziale. Marx aveva trovato in Ricardo la legge del valore, ma... le conclusioni che i socialisti francesi traevano da Ricardo non potevano soddisfare Marx in modo da ” salvaguardare ” il suo valore E ridotto a una differenza vitale, cioè a una "concezione del mon- do ”, perché queste conclusioni erano già parte integrante del suo valore iniziale sotto forma di ” indignazione per la spoliazione degli operai ” e cosi via. Tali conclusioni furono respinte come ” formal- mente false per l’economia ” perché esse erano semplice ” applica- zione della morale all’economia politica ’\ ” Ma una cosa falsa dal punto di vista economico può tuttavia essere esatta dal punto di vista della storia universale. Se la coscienza morale della massa con- sidera ingiusto un fatto economico, questo significa che tale fatto economico è sopravvissuto a se stesso, che si sono venuti producendo altri fatti economici, per i quali il primo è divenuto intollerabile, in- sostenibile. Sotto l’inesattezza economica formale può dunque nascon- dersi un contenuto economico quanto mai vero ” (Engels, Prefazio- ne alla Misère de la philosophie) “. « In questo passo — prosegue F. Blei dopo aver riportato la cita- zione di Engels — la parte mediana \Medialabschnitt\ della serie dipendente che c’interessa è svincolata [abgehoben\ termine tecnico usato da Àvenarius nel senso di pervenire alla coscienza, presentar- si]. Alla "conoscenza” che un "fatto economico” deve esser nasco- sto dietro alla ” coscienza morale deH’ingiustizia ” segue la parte finale [ Finalabschnitt : la teoria di Marx è enunciazione, cioè un valore E , cioè una differenza vitale che attraversa tre stadi o parti: l’iniziale, il mediano e il finale, Initialabschnitt , Medialabschnitt , Final - 3 « LENIN abschnitt]... cioè la ” conoscenza ” di questo " fatto economico ” O in altri termini: ora si tratta di " ritrovare ” il valore iniziale, cioè la "concezione del mondo” nei "fatti economici” per "salvaguarda- re” questo valore iniziale. Questa variazione definita della serie di- pendente contiene già in sé la metafisica marxista, comunque " ciò che è conosciuto" appaia nella parte finale [Finalabschnitt]. La "concezione del mondo socialista”, come valore E autonomo, come ” verità assoluta ”, è ” fondata ” ” posteriormente ” su una ” specia- le " teoria della conoscenza e precisamente sul sistema economico di Marx e sulla teoria del materialismo storico... Grazie al concetto del plusvalore, ciò che è ” vero " ” soggettivamente ” nella concezione filosofica marxista trova la sua ” verità obiettiva ” nella teoria della conoscenza delle "categorie economiche”: il valore iniziale è stato salvaguardato e la metafisica ha ricevuto una retrodatata critica della conoscenza» (pp. 384-386). Il lettore sarà probabilmente irritato con noi per la citazione cosi lunga di queste insulsaggini incredibilmente banali, di questa buffo- nata pseudoscientifica ammantata nella terminologia di Avenarius. Ma, wer den Feind will verstehen, must in Feindes Lande gehen (chi vuol conoscere il nemico , deve andare in paese nemico)**. E la rivista filosofica di R. Avenarius è veramente paese nemico per i marxisti. E noi invitiamo il lettore a superare per un momento la ri- pugnanza legittima per i buffoni della scienza borghese e ad analiz- zare gli argomenti delFallievo e collaboratore di Avenarius. Primo argomento : Marx è un « metafisico » che non ha compre- so la «critica» gnoseologica «dei concetti», non ha elaborato una teoria generale della conoscenza e si è limitato a inserire il materia- lismo nella sua «teoria speciale della conoscenza». In questo argomento non ce nulla che appartenga personalmente e solamente a Blei. Abbiamo già visto centinaia di volte come tutti i fondatori dell’empiriocriticismo e tutti i machisti russi accusano il materialismo di « metafisica », cioè, più esattamente, ripetono i logori argomenti dei kantiani, degli humiani e degli idealisti contro la « metafisica » materialistica. Secondo argomento: il marxismo è metafisico come le scienze naturali (la fisiologia). Anche di questo argomento non è respon- sabile Blei, ma Mach e Avenarius, poiché sono stati loro che hanno dichiarato guerra alla « metafisica delle scienze naturali », intenden- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 313 do con questo termine quella teoria istintivamente materialistica della conoscenza, seguita (come essi stessi, e tutti coloro che conoscono anche superficialmente la questione, ammettono) dalla stragrande maggioranza degli scienziati. Terzo argomento: il marxismo dichiara che la «personalità» è una quantità trascurabile (quantité négligeablc\ che l’uomo è « qual- che cosa di accidentale », assoggettato a « leggi economiche imma- nenti », non fa l’analisi des Gefundenen , ossia di ciò che noi tro- viamo, di ciò che ci è dato, tee. Questo argomento ripete integralmente il complesso di idee della « coordinazione fondamentale » deU’empi- riocriticismo, cioè del sotterfugio idealìstico esistente nella teoria di Avenarius. Blei ha effettivamente ragione di dire che è impossibile trovare in Marx e in Engels anche il più piccolo appiglio per simili assurdità idealistiche e che, dal punto di vista di queste assurdità, il marxismo deve essere respinto integralmente fin dal suo principio e dalle sue premesse filosofiche fondamentali. Quarto argomento: la teoria di Marx è «estranea alla biologia», non ne vuol sapere di « differenze vitali » e di siffatti giochi di ter- mini biologici che costituiscono -la « scienza » del reazionario prof. Ave- narius. L’argomento di Blei è giusto secondo il machismo, poi- ché balza subito agli occhi l’abisso che esiste fra la teoria di Marx e i giochetti « biologici » di Avenarius. Vedremo subito come i machisti russi che vorrebbero essere marxisti hanno effettivamente seguito le orme di Blei. Quinto argomento: lo spirito di parte, la parzialità della teoria di Marx, il carattere preconcetto delle sue soluzioni. Tutto l’empi- riocriticismo, e non solamente Blei, pretende di essere immune da spirito di parte in filosofia e nella scienza sociale. Né socialismo né liberalismo. Nessuna delimitazione di materialismo e idealismo, cor- renti fondamentali e inconciliabili in filosofia, ma sforzo di elevarsi al di sopra di esse. Abbiamo seguito questa tendenza del machismo in una lunga serie di questioni gnoseologiche e non abbiamo ragio- ne di meravigliarci d’incontrarla nella sociologia. Sesto «argomento»: dileggio della verità «obiettiva». Blei ha ivuto subito sentore, e a ragione, che il materialismo storico e tutte le dottrine economiche di Marx sono permeate profondamente del riconoscimento della verità obiettiva. E Blei ha espresso esattamente le tendenze della dottrina di Mach e di Avenarius quando ha respin- LENIN 3J4 to « di primo acchito » il marxismo, precisamente per 1* idea della verità obiettiva, e ha dichiarato fin dairinizio che in realtà dietro la dottrina marxista non si nasconde nient'altro che le opinioni « sog- gettive » di Marx. E se i nostri machisti rinnegheranno Blei (e lo rinnegheranno di sicuro) noi diremo loro: non te la prendere con lo specchio, se... ecc . m Blei è lo specchio che riflette fedelmente le tendenze delPem- piriocriticismo, mentre il rinnegamento che ne fanno i nostri maci- sti testimonia solamente le loro buone intenzioni e il loro assurdo eclettismo che si sforza di conciliare Marx con Avenarius. Da Blei passiamo a Petzoldt. Se il primo è un semplice scolaro, il secondo viene dichiarato un maestro da empiriocriticisti eminenti come Lesevic. Mentre Blei pone esplicitamente la questione del mar- xismo, Petzoldt, anziché abbassarsi a prendere in considerazione un qualsiasi Marx o un qualsiasi Engels, espone in forma positiva le concezioni deirempiriocriticismo in sociologia, fornendo la possibi- lità di confrontarle col marxismo. Il secondo volume de\Y Introduzione alla filosofia dell' esperienza pura di Petzoldt è intitolato Sulla via della stabilità ( Auf dem We- ge zum Dauernden). L’autore mette a base della sua indagine la tendenza alla stabilità. « Lo stato definitivo [endgùltig] di stabilità deiruomo può dal punto di vista formale essere svelato nelle sue linee principali. Poniamo cosi le basi dell’etica, dell’estetica e della teoria formale della conoscenza » (p. III). « L’evoluzione umana reca in sé il suo fine », essa tende a del 1901 (ivi, p. 11 e sgg.). «Noi giungiamo a questa conclusione: là dove gli uomini convengono nel- le loro affermazioni relative al progresso, come là dove essi dissen- tono, il significato fondamentale delKidea di progresso resta sempre lo stesso: crescente pienezza e armonia della vita della coscienza . Questo è il contenuto obiettivo del concetto di progresso... Se ora confrontiamo l’espressione psicologica dell’idea di progresso da noi ottenuta con il concetto di progresso biologico che abbiamo chiarito prima [« si chiama progresso biologico V incremento della vita nella sua totalità », p. 14], non stenteremo a convincerci che il primo coin- cide interamente col secondo e può essere dedotto da esso... Come la vita sociale si riassume nella vita psichica dei membri della so- cietà, cosi il contenuto dell’idea di progresso resta anche qui un aumento della pienezza e dell’armonia della vita. Bisogna soltanto aggiungere: della vita sociale degli uomini. E, s’intende, l’idea di progresso sociale non ha mai avuto e non può avere un altro con- tenuto > (p. 16). « Abbiamo trovato... che l’idealismo esprime la vittoria, nell’ani- mo dell’uomo, di orientamenti piu sociali su orientamenti meno sociali, che l’ideale progressivo è un riflesso della tendenza sociale progressiva nella mentalità idealistica» (p. 32). È superfluo dire che in tutto questo giuoco con la biologia e con la sociologia, non si trova neppure un briciolo di marxismo. In Spen- cer e in Mikhailovski si possono trovare a volontà definizioni niente affatto peggiori di queste, che non definiscono niente, fuorché « le buone intenzioni » dell’autore e che rivelano una totale incompren- sione di « ciò che è idealismo » e di ciò che è materialismo. Libro III dtWEmpiriomonismOy articolo La selezione sociale (fondamenti del metodo), 1906. L’autore comincia col respingere « i tentativi social-biologici eclettici di Lange, Ferri, Woltmann e molti altri » (p. 1), ma a pagina 15 espone già la seguente conclusione dclLi LENIN 3 22 sua «analisi»: «Possiamo formulare il nesso fondamentale tra l'ener- getica e la selezione sociale nel modo seguente : « Ogni atto di selezione sociale è l’indice di un aumento o di una diminuzione dell'energia di quel complesso sociale al quale esso si riferisce . Nel primo caso abbiamo una ” selezione positiva ", nel secondo una " selezione negativa " » (il corsivo è delPautore). E questo inqualificabile pasticcio viene spacciato per marxismo! È possibile immaginare cosa piu sterile, morta, scolastica di quest’ac- cozzaglia di parolette biologiche ed energetiche che non danno e non possono dare assolutamente nulla nel campo delle scienze sociali? Non v’è ombra di analisi economica concreta, non ve traccia del me- todo di Marx, del metodo dialettico e della concezione filosofica del materialismo, ma una mera invenzione di definizioni e tentativi di adattarle alle conclusioni bell’e fatte del marxismo. « Il rapido svilup- po delle forze produttive della società capitalistica è indubbiamente un aumento dell’energia del complesso sociale...». La seconda metà del periodo è indubbiamente una semplice ripetizione della prima metà, espressa in termini vuoti, i quali hanno l’apparenza di « appro- fondire » la questione, ma in realtà non differiscono di un capello dai tentativi eclettici bio-sociologici di Lange e soci! «Ma il carattere disarmonico di questo processo fa si che esso si conclude con una ” crisi”, con un’immensa dispersione di forze produttive, con un brusco abbassamento dell’energia: la selezione positiva è sostituita da una selezione negativa» (p. 18). Forse che Lange dice qualcosa di diverso? Alle conclusioni belle fatte circa le crisi — senza aggiungere nessun dato concreto, senza mettere in chiaro la natura delle crisi — si applica un’etichetta bio- energetica. Tutto ciò è fatto con le migliori intenzioni, perché Pau- tore vuol confermare e approfondire le conclusioni di Marx, ma in realtà egli le diluisce in una scolastica morta, insopportabilmente no- iosa. Qui, di « marxista », abbiamo soltanto la ripetizione di una con- clusione già nota, mentre tutta la « novità » con la quale la si vuol giustificare, tutta questa « energetica sociale » (p. 34) e tutta questa « selezione sociale » non è niente altro che un 'accozzaglia di parole y è semplicemente una derisione del marxismo. Bogdanov non si impegna affatto in un’analisi marxista, ma tra- visa, con una terminologia biologica ed energetica, i risultati prece- dentemente già ottenuti per mezzo di quest’analisi. Questo tentativo, MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 323 dal principio alla fine, è completamente inutile, poiché Tapplicazione dei concetti di « selezione », di « assimilazione » e di « disassimilazio- ne » dell’energia, di bilancia energetica e cosi di seguito, al campo delle scienze sociali, è vuota fraseologia. In realtà, per mezzo di questi concetti non è possibile nessuna analisi dei fenomeni sociali, nessuna spiegazione del metodo delle scienze sociali. Nulla di piu facile che incollare l’etichetta « energetica » o « bio-sociologica » su fenomeni come le crisi, le rivoluzioni, la lotta di classe, ecc., ma nulla è piu sterile, più scolastico, più morto di una simile occupazione. L’essen- ziale non è che Bogdanov, in questo lavoro, adatta a Marx tutti o « quasi » tutti i suoi risultati e le sue conclusioni (abbiamo rilevato che egli « corregge » Marx nella questione dei rapporti fra Tessere sociale e la coscienza sociale); l’essenziale sta nel fatto che i metodi di questo adattamento, di questa « energetica sociale » sono falsi da cima a fondo e non differiscono in nulla dai metodi di Lange. « Il signor Lange (sulla Questione operaia ecc., 2. edizione) — scriveva Marx il 27 giugno 1870 a Kugelmann — mi fa grandi elogi, ma allo scopo di darsi lui stesso delTimportanza. In realtà, il signor Lange ha fatto una grande scoperta. Tutta la storia può essere ri- condotta sotto Timpero di un’unica grande legge naturale. Questa legge naturale è racchiusa nella frase " struggle for life ” — lotta per l’esistenza — (l’espressione di Darwin adoperata in questo modo di- viene una frase vuota) e il contenuto di questa frase è la legge mal- thusiana della popolazione 0, più esattamente, della sovrappopolazio- ne. Per conseguenza, invece di analizzare come questa ” struggle for life ” si è manifestata storicamente nelle diverse forme sociali, non ce altro da fare che trasformare ogni lotta concreta nella frase ” strug- gle for life ” e trasformare questa frase nella fantasia malthusiana del- la popolazione. Bisogna convenire che questo è un metodo molto persuasivo... per l’ignoranza tronfia e pretenziosa che fa mostra d’es- sere scientifica e per la pigrizia intellettuale » * In Marx la sostanza della critica a Lange non riguarda il fatto che quest’ultimo introduca in particolare il malthusianesimo nella sociologia, ma il fatto che il trasferimento di concetti biologici, in generale , nel campo delle scienze sociali, è solo una frase . Che questo trasferimento venga effettuato con « buone » intenzioni, o nell’in- tento di convalidare conclusioni sociologiche false, la frase rimane tuttavia sempre vuota. E l’« energetica sociale » di Bogdanov, la dot- LENIN 324 trina della selezione sociale da lui associata al marxismo è per Tap- punto una frase di questo genere. Come Mach e Avenarius, in gnoseologia, non hanno sviluppato ['idealismo, ma hanno sovraccaricato i vecchi errori idealistici con una terminologia sciocca e pretenziosa («elementi», «coordinazione fondamentale», «introiezione», ecc.), cosi, in sociologia, rempiriocri- ticismo, perfino quando ha la piu sincera simpatia per le conclusioni del marxismo, travisa il materialismo storico con una fraseologia pre- tenziosa e vuota presa dall’energetica e dalla biologia. La particolarità storica del machismo russo contemporaneo (piu esattamente; dellepidemia machista che ha colpito una parte dei so- cialdemocratici) è data dalla seguente circostanza. Feuerbach era « un materialista in basso, un idealista in alto ». La stessa cosa vale in una certa misura anche per Buchner, Vogt, Moleschott e Diihring, con la differenza sostanziale che tutti questi filosofi di fronte a Feuerbach erano pigmei e meschini imbrattacarte. Marx ed Engels, i quali si erano formati alla scuola di Feuerbach e si erano temprati nella lotta contro gli imbrattacarte, rivolsero na- turalmente la maggiore attenzione al completamento della filosofia del materialismo in alto, cioè non alla gnoseologia materialistica, ma alla concezione materialistica della storia. È per questo che Marx ed Engels nelle loro opere mettono l’accento sul materialismo dia- lettico piu che sul materialismo dialettico, insistono piu sul materiali- smo storico che non sul materialismo storico. I nostri machisti, che vorrebbero essere marxisti, sono giunti al marxismo in un periodo storico del tutto diverso da questo, sono giunti al marxismo in un periodo nel quale la filosofia borghese si è particolarmente specia- lizzata nella gnoseologia e, assimilando in una forma unilaterale e travisata alcune parti costitutive della dialettica (per esempio, il relati- vismo), rivolge un’attenzione preponderante alla difesa 0 alla rina- scita deiridealismo in basso e non deiridealismo in alto. Per lo meno il positivismo in generale, e il machismo in particolare, si sono dedi- cati molto di più a falsificare sottilmente la gnoseologia, contraffa- cendo il materialismo, avvolgendo Tidealismo in una terminologia pseudomaterialistica, e hanno prestato relativamente poca attenzione alla filosofia della storia. I nostri machisti non hanno capito il mar- xismo, perché è accaduto loro di avvicinarsi ad esso, per cosi dire, dall'altro lato , e hanno assimilato — e talvolta non tanto assimilato MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 325 quanto imparato meccanicamente — la teoria economica e storica di Marx senza comprenderne la sostanza, cioè il materialismo filoso- fico. E il risultato è che Bogdanov e soci devono esser chiamati dei Buchner e dei Duhring russi alla rovescia. Essi vorrebbero essere mate- rialisti in alto e non sanno evitare un confuso idealismo in basso! « In alto », si trova in Bogdanov il materialismo storico, volgariz- zato peraltro, e fortemente inquinato d'idealismo; « in basso» si trova l'idealismo avvolto in una terminologia marxista, rivestito di espressioni marxiste. « L’esperienza sociale organizzata », « il pro- cesso collettivo del lavoro », sono parole marxiste, ma sono tutte soltanto parole che rivestono una filosofia idealistica la quale afferma che le cose sono complessi di « elementi », di sensazioni, che il mondo esterno è un* « esperienza » o un « empiriosimbolo » del genere uma- no, che la natura fisica è un « derivato » dello « psichico », ecc. ecc. Una falsificazione del marxismo sempre piu raffinata, una pre- sentazione sempre piu raffinata di dottrine antimaterialistiche in veste marxista: ecco ciò che caratterizza il revisionismo moderno sia nel- l’economia politica che nelle questioni della tattica, sia nella filosofia in generale che nella gnoseologia e nella sociologia. 3. / « fondamenti della filosofia sociale > di Suvorov. I Saggi « intorno » alla filosofia del marxismo che terminano con l'articolo menzionato del compagno S. Suvorov, proprio per il carat- tere collettivo dell'opera, costituiscono un mazzo particolarmente profumato. Quando vi si presentano a turno Bazarov, il quale dice che per Engels la « rappresentazione sensibile è appunto la realtà esi- stente fuori di noi »; Berman, il quale dichiara mistica la dialettica di Marx e di Engels; Lunaciarski, che è arrivato alla religione; Iusckevic, che introduce il -«Logos nel torrente irrazionale del dato»; Bogdanov, che chiama l’idealismo filosofia del marxismo; Helfond, che purifica J. Dietzgen dal materialismo e infine S. Suvorov col suo articolo Fondamenti di filosofia sociale , voi sentite subito lo « spirito » del nuovo indirizzo. La quantità si è trasformata in qualità. I « ricer- catori » che finora indagavano separatamente con singoli articoli e libri hanno fatto un vero e proprio pronunciamento. Le divergenze particolari che esistono fra di loro spariscono per il fatto stesso che 326 LENIN essi intervengono collettivamente contro la (e non « intorno » alla) filosofia del marxismo, e le caratteristiche reazionarie del machismo come corrente diventano evidenti. Tanto più interessante in questa situazione è l’articolo di Suvo- rov, per il fatto che l’autore non è né empiriomonista né empiriocri- ticista, ma semplicemente «realista»; egli si avvicina quindi agli altri della compagnia, non per ciò che distingue Bazarov, Iusckevic, Bog- danov come filosofi, ma per ciò che essi hanno in comune contro il materialismo dialettico. Il confronto tra i ragionamenti sociologici di questo « realista » e i ragionamenti di un empiriomonista ci aiuterà a delineare la loro comune tendenza. Suvorov scrive; «Nella gradazione delle leggi che regolano il pro- cesso universale, le leggi particolari e complesse si riducono a leggi generali e semplici e tutte si subordinano a quella che è la legge uni- versale dell’evoluzione: la legge dell’ economia delle forze. L’essenza di questa legge consiste nel fatto che ogni sistema di forze tanto più riesce a conservarsi e a svilupparsi quanto minore è il suo consumo , maggiore la sua accumulazione e quanto meglio il consumo contri- buisce all accumulazione. Le forme di equilibrio instabile che da tem- po hanno fatto sorgere l’idea di una finalità obiettiva (sistema solare, ritorno periodico dei fenomeni terrestri, processo vitale), si costitui- scono e si sviluppano precisamente grazie alla conservazione e all’ac- cumulazione dell’energia loro insita, grazie alla loro economia in- terna. La legge dell’economia delle forze unifica e regola la genesi di ogni evoluzione inorganica, biologica e sociale » (p. 293, corsivo deH’autore). I nostri «positivisti» e i nostri «realisti» sfornano con notevole facilità «leggi universali»! È un vero peccato che queste leggi non siano affatto migliori di quelle che con tanta facilità e sveltezza sfor- nava Eugen Duhring. La « legge universale » di Suvorov è un’espres- sione vuota e ampollosa come le leggi universali di Duhring. Pro- vate ad applicare questa legge al primo dei tre campi indicati dall’autore: all’evoluzione inorganica. Vedrete che, alV infuori della legge della conservazione e della trasformazione dell’energia, non vi riuscirà di applicare qui, e meno che mai «universalmente», alcuna «economia delle forze». Ma l’autore ha già messo da parte Ja legge della « conservazione dell’energia », l’ha già ricordata in precedenza MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 327 (p. 292) come legge particolare*. Che cosa è rimasto oltre a questa legge nel campo deirevoluzione inorganica? Dove sono i comple- menti, le complicazioni, le nuove scoperte, i fatti nuovi che hanno messo l’autore in condizione di trasformare (« perfezionare ») la leg- ge della conservazione e della trasformazione deirenergia nella legge deir« economia delle forze »? Fatti o scoperte del genere non esisto- no e Suvorov non ne ha fatto mai parola. Semplicemente — per darsi importanza, come diceva il Bazarov di Turgheniev 70 — ha afferrato la penna e ha buttato giu una nuova « legge universale » della « filo- sofia del monismo realistico» (p. 292). Con noi non si scherza! Sia- mo forse da meno di Duhring? Prendete il secondo campo dell’evoluzione: il campo della bio- logia. Qual è la legge che opera in modo universale nell’evoluzione degli organismi attraverso la lotta per l’esistenza e attraverso la sele- zione: la legge dell’economia delle forze o la «legge» dello spreco delle forze? Non ha importanza! Per la «filosofia del monismo rea- listico » il « significato > di una legge universale si può intendere in un modo in un campo e in un altro modo in un altro campo; e cosi è, ad esempio, per lo sviluppo degli organismi superiori da quelli inferiori. Non importa che per questa via una legge universale di- venti una vuota espressione : il principio del « monismo » è salvo. Per il terzo campo (sociale) la « legge universale » può essere intesa in un terzo senso, come sviluppo delle forze produttive. E la « legge universale» esiste appunto perché vi si possa ricondurre tutto ciò che si vuole. «Sebbene la scienza sociale sia ancora giovane, possiede già una base solida e delle generalizzazioni ben definite; nel secolo XIX essa • È caratteristico che Suvorov chiami la scoperta della legge della conservazione e della trasformazione deirenergia « instaurazione dei principi fondamentali del- Yenergetica » (p. 292). Il nostro « realista » che vorrebbe essere marxista ha mai senato dire che tanto i materialisti volgari Buchner c soci, quanto il materialista dialettico Engels vedevano in questa legge una conferma dei principi fondamentali del materialismo ? Si è reso conto il nostro « realista » del significato di questa diffe- renza? No, egli sì è semplicemente adeguato alla moda, ha ripetuto Ostwald, e questo è tutto. II male c che i « realisti * di questo tipo s’inchinano alla moda, mentre, per esempio, Engels fece proprio il termine per lui nuovo di energia e cominciò a usarlo nel 1885 (prefazione alla 11 ediz. del YAntiduhnng) e nel 1888 (L. Feuerbach ), ma come equivalente dei concetti di « forza » e di « movimento % c alternandolo con «si. Engels seppe arricchire il suo materialismo con una nuova terminologia. I « rea- listi » e gli altri confusionari, impadronitisi del nuovo termine, non hanno notato la differenza tra il materialismo e renergetical 3 28 LENIN si è elevata all’altezza della teoria e questo costituisce il merito prin- cipale di Marx. Egli ha innalzato la scienza sociale al livello di una teoria sociale...». Engels diceva che Marx aveva trasformato il socia- lismo da utopia a scienza, ma a Suvorov questo non basta. Sarà me- glio se dalla scienza (ma esisteva una scienza sociale prima di Marx?) distinguiamo la teoria , non importa che la distinzione sia priva di senso! « ... scoprendo la legge fondamentale della dinamica sociale, in forza della quale Tevoluzione delle forze produttive determina l’ori- gine di tutto lo sviluppo economico e sociale. Ma l’evoluzione delle forze produttive corrisponde all’aumento della produttività del lavo- ro, alla relativa diminuzione del consumo di energia e all’aumento dell’accumulazione dell’energia [vedete come feconda la « filosofìa del monismo realistico»: al marxismo viene data una nuova giusti- ficazione energetica!] ...È questo un principio economico. In tal modo Marx ha posto a fondamento della teoria sociale il principio deHeconomia delle forze»... Questo «in tal modo» è veramente impareggiabile! Poiché Marx ha una economia politica, rimuginate allora , data questa circostanza, la parola « economia », e chiamate il prodotto del vostro rimuginare «filosofia del monismo realistico»! No, Marx non pone alla base della sua teoria nessun principio deH’economia delle forze. Queste sono sciocchezze escogitate da in- dividui che gli allori di Eugen Diihring non lasciano dormire. Marx ha dato una definizione assolutamente precisa del concetto di svi- luppo delle forze produttive e ha studiato il processo concreto di questo sviluppo. Suvorov invece ha escogitato una nuova paroletta per designare il concetto analizzato da Marx e l’ha escogitata in modo molto improprio poiché ha solamente confuso la questione. Perché: che cosa significa «economia delle forze»? come misurarla? come applicare questo concetto? quali fatti precisi e definiti vengono qui indagati? Tutto ciò Suvorov non lo spiega ed è impossibile spiegar- lo, perché non è altro che confusione. Ascoltate ancora: « ... Questa legge dell’economia sociale non è soltanto il princi- pio dell’unità interna della scienza sociale [lettore, ci capisci qualche cosa?], ma è l’anello di congiunzione fra la teoria sociale e la teoria universale dell’essere» (p. 294). E va bene. La «teoria universale dell’essere» viene scoperta an- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 329 cora una volta da Suvorov dopo che piu volte l’avevano scoperta, nelle forme piu varie, numerosi rappresentanti della filosofia scola- stica, Rallegriamoci coi machisti russi per la nuova « teoria univer- sale dell’essere»! Speriamo che il loro prossimo lavoro collettivo sia interamente dedicato alla dimostrazione e allo sviluppo di questa grande scoperta! Quale esposizione della teoria di Marx si abbia nel nostro rap- presentante della filosofia realistica o del monismo realistico, si vede dall’esempio che segue, « In generale le forze produttive degli uomini formano una gradazione genetica [uff!] e consistono nelPenergia la- vorativa, nelle forze spontanee e sottomesse, nella natura modificata dalla cultura e negli strumenti di lavoro che costituiscono la tecnica produttiva... In relazione al processo produttivo queste forze com- piono una funzione puramente economica; esse risparmiano energia produttiva ed elevano la produttività delle sue erogazioni » (p. 298). Le forz^ produttive compiono una funzione economica in rela- zione al processo lavorativo! Ma questo è lo stesso che dire: le forze vitali compiono una funzione vitale in relazione al processo della vita. Questo non significa esporre Marx, ma deturpare il marxismo con inverosimili immondizie verbali. È impossibile enumerare tutte le immondizie che si trovano nel- l’articolo di Suvorov. « La socializzazione di una classe si esprime nello sviluppo del suo potere collettivo sia sugli uomini che sui loro beni » (p. 313) - « La lotta delle classi è diretta a stabilire forme di equilibrio tra le forze sociali » (p. 322)... I conflitti sociali, lostilità e la lotta sono fenomeni essenzialmente negativi, antisociali. « Il progresso so- ciale, nel suo contenuto fondamentale, è lo sviluppo della socialità e dei rapporti sociali degli uomini » (p, 328), Si potrebbero riempire volumi con una collezione di simili banalità, come fanno i rappre- sentanti della sociologia borghese, ma spacciare tutto ciò per filosofia del marxismo oltrepassa la misura. Se l’articolo di Suvorov fosse un tentativo di volgarizzazione del marxismo, non sarebbe il caso di giudicarlo con particolare severità; tutti riconoscerebbero che l’inten- zione dell’autore era buona, ma che il tentativo in complesso è fal- lito: questo soltanto. Ma se un gruppo di machisti ci serve una cosa del genere con la denominazione di Fondamenti dì filosofia sociale , c se ritroviamo gli stessi metodi di « sviluppo > del marxismo nelle 33 ° LENIN opere filosofiche di Bogdanov, è inevitabile concludere che la gno- seologia reazionaria è indissolubilmente legata ai tentativi reazionari in sociologia. 4, / partiti in filosofia e i filosofi acefali . Ci resta ancora da esaminare la questione dei rapporti tra il ma* chismo e la religione. Ma tale questione si allarga sino a farci chie- dere: esistono, in generale, dei partiti in filosofia e quale significato ha, in filosofia, l’indipendenza dai partiti? Nel corso di tutta la precedente esposizione, in ognuna delle que- stioni gnoseologiche da noi toccate, in ogni questione filosòfica po- sta dalla fisica moderna, abbiamo seguito la lotta fra il materiali- smo e l 'idealismo. Dietro la massa dei nuovi artifici terminologici, dietro i rifiuti dello scolasticismo erudito, abbiamo sempre trovato, senza nessuna eccezione, due indirizzi fondamentali, due tenden- ze fondamentali nella soluzione dei problemi filosofici. Si deve pren- dere come primordiale la natura, la materia, il fisico, il mondo esterno e considerare come secondari la coscienza, lo spirito, la sensazione (l’esperienza, secondo la terminologia diffusa ai nostri giorni), lo psichico, ecc.? Ecco la questione fondamentale che nella realtà continua a dividere i filosofi in due grandi campi . La fonte delle migliaia di errori e confusioni che esistono in questo campo sta appunto nel fatto che dietro l’esteriorità dei termini, delle definizio- ni, delle trovate scolastiche, degli artifici verbali si sorvola su queste due tendenze fondamentali. (Bogdanov, per esempio, non vuol am- mettere di essere idealista, perché invece dei concetti « metafisici » di « natura » e « spirito > egli, vedete un po’, ha preso concetti « speri- mentali»: il fisico e lo psichico. Una paroletta è stata cambiata!). La genialità di Marx e di Engels consiste appunto nell’avere, durante un periodo molto lungo, per quasi mezzo secolo , sviluppato il materialismo, fatto progredire una tendenza fondamentale della filosofia, nel non essersi lasciati irretire nella ripetizione di questioni gnoseologiche già risolte, ma nell’aver avanzato coerentemente e mo- strato come bisogna applicare quello stesso materialismo nel campo delle scienze sociali, respingendo implacabilmente, come rifiuti, tutti gli assurdi, tutti i pasticci pretenziosi, tutti gli innumerevoli tenta- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 33i tivi di « scoprire » un « nuovo » indirizzo in filosofia, d'inventare una « nuova » tendenza, ecc. Il carattere puramente verbale di simili ten- tativi, il giuoco scolastico con i nuovi « ismi » filosofici, l’offuscamen- to deiressenza delle questioni con artifici complicati, l’incapacità di comprendere la lotta delle due tendenze gnoseologiche fondamentali e di darne un’idea chiara: ecco ciò che Marx ed Engels hanno com- battuto senza tregua nel corso di tutta la loro attività. Abbiamo detto: durante quasi mezzo secolo. In realtà, fin dal 1843, quando Marx incominciava appena a diventare Marx, cioè il fondatore del socialismo come scienza, il fondatore del materialismo moderno , immensamente piu ricco di contenuto e incomparabil- mente piu coerente di tutte le precedenti forme del materialismo, fin da quel tempo, Marx metteva in rilievo con ammirevole chiarezza gli indirizzi fondamentali della filosofia. K. Grùn cita una lettera di Marx a Feuerbach, in data 20 ottobre 1843, nella quale Marx invita Feuerbach a scrivere per i Deutsch-Franzòsische Jahrbucher un arti- colo contro Schelling. Questo Schelling — scrive Marx — non è altro che un rodomonte con le sue pretese di abbracciare e di superare tutte le tendenze filosofiche precedenti. « Ai romantici e ai mistici francesi [Schelling] dice: io sono la sintesi della filosofia e della teo- logia; ai materialisti francesi: io sono la sintesi della carne e dell’idea; agli scettici francesi : io sono il distruttore del dogmatismo » *. Marx vide fin da allora che gli « scettici », si chiamino seguaci di Hume o di Kant (o machisti, nel secolo XX), strillano contro il « dogmati- smo» del materialismo e deiridealismo, ed egli, senza lasciarsi di- strarre da nessuno dei mille miseri sistemetti filosofici, seppe prendere risolutamente, superando Feuerbach, la via del materialismo contro Tidealismo. Trentanni dopo, nel poscritto alla seconda edizione del I volume del Capitale 71 , Marx in modo altrettanto chiaro e netto con- trappone il suo materialismo M'idealismo di Hegel, cioè all’ideali- smo piti coerente, più sviluppato, respingendo sprezzantemente il « positivismo » di Comte e chiamando miseri epigoni i filosofi con- temporanei i quali s'illudevano di aver annientato Hegel, ma in realtà erano ricaduti negli errori pre-hegeliani di Kant e di Hume. Nella lettera a Kugelmann, in data 27 giugno 1870” Marx tratta con ugual * Karl Grilli, Ludwig Feuerbach in seinem Briefwechsel urtd Nachlass, sowie in seiner phtlosophtschen Charakterentu>ick)ung , I voi., Lipsia, 1874, p. 361, 33 * LENIN disprezzo « Biichner, Lange, il dott. Duhring, Fechner, ecc.», perché essi non avevano saputo capire la dialettica di Hegel e la disprezza- vano*. Prendete infine alcune osservazioni filosofiche di Marx nel Capitale e in altre opere, e vi troverete un motivo fondamentale im- mutato : difesa del materialismo e derisione sprezzante di ogni dissi- mulazione, di ogni confusione, di ogni ritirata verso Y idealismo. Tutte le osservazioni filosofiche di Marx si aggirano su questi due opposti fondamentali; e dal punto di vista della filosofia professorale il loro difetto sarebbe appunto in questa «ristrettezza» e « unilatera- lità ». In realtà questo non voler prendere in considerazione gli ibridi progetti di conciliazione tra il materialismo e l’idealismo è un gran- dissimo merito di Marx; Marx si è spinto avanti seguendo una via filosofica nettamente definita. Engels, in pieno accordo con l’orientamento di Marx e in stretta collaborazione con lui, in tutti i suoi lavori filosofici e in tutte le que- stioni, contrappone brevemente e chiaramente l’indirizzo materia- listico all’indirizzo idealistico e non prende sul serio né nel 1878, né nel 1888, né nel 1892 gli infiniti tentativi di « superare » P« unilatera- lità» del materialismo e dell’idealismo, di proclamare un nuovo in- dirizzo, un qualsivoglia « positivismo », « realismo » o qualsiasi altra forma di ciarlataneria professorale. Engels condusse tutta la lotta con- tro Duhring interamente con la parola d’ordine della applicazione coerente del materialismo, accusando il materialista Duhring di im- brogliare l’essenza della questione con profluvi di parole, di servirsi di frasi, di metodi di argomentazione che costituiscono un compro- messo con l’idealismo, un passaggio alle posizioni dell’idealismo. O il materialismo coerente sino in fondo, o la menzogna e la confusione dell’idealismo filosofico: cosi viene posta la questione in ogni para - grafo deWAntiduhring. Soltanto cervelli già guastati dalla filosofia professorale reazionaria potevano non notare questo modo di porre la questione. Ed Engels, fino al 1894, quando scrisse l’ultima prefa- zione all* Antiduhring, riveduto e completato da lui per l’ultima vol- ta, mentre continuava a seguire gli sviluppi sia della nuova filosofia sia delle scienze naturali, continuò a difendere con la stessa risolu- • Del positivista Beesly, Marx, in una lettera del 13 dicembre 1870, dice: € Il professor Beesly è seguace di Comte, e come tale è obbligato a dar valore a diversi crotchets [ghiribizzi]» 71 . Confrontate con queste parole il giudizio che Engels ha dato nel 1892 dei positivisti alla Huxley 74 . MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 333 tezza la sua posizione chiara e ferma, spazzando via l’immondizia dei nuovi sistemi e sistemetti. Che Engels seguisse gli sviluppi della nuova filosofia, risulta an- che dal suo Ludwig Feuerbach. Nella prefazione del 1888 si parla perfino del fenomeno della rinascita della filosofia classica tedesca in Inghilterra e in Scandinavia; e a proposito del neokantismo e dello humismo dominanti, non si trovano in Engels (né nella prefazione, né nel testo deiropera) se non parole di profondo disprezzo. È chiaro che Engels, vedendo la filosofia tedesca e inglese di moda ripetere i vecchi errori pre-hegeliani delle dottrine di Kant e di Hu- me, era disposto ad attendere qualche cosa di buono perfino da un ritorno a Hegel (in Inghilterra e in Scandinavia), sperando che il grande idealista e dialettico avrebbe aiutato a scorgere i banali errori idealistici e metafisici. Senza dilungarsi a esaminare Pimmensa quantità di sfumature del neokantismo in Germania e dello humismo in Inghilterra, Engels respinge sin dall'inizio il loro allontanamento fondamentale dal ma- terialismo. Engels afferma che tutta la tendenza delPuna e dell’altra scuola rappresenta un « regresso scientifico ». E come giudicava egli la tendenza, indubbiamente « positivista » secondo la terminologia usuale, indubbiamente « realista », di questi neokantiani e humiani, tra i quali, per esempio, egli non poteva non conoscere Huxley? En- gels affermava che, nel migliore dei casi y quel «positivismo» e quel « realismo », che seducevano e seducono innumerevoli confusionari, rappresentano un metodo filisteo d'introdurre il materialismo alla chetichella , condannandolo e abiurandolo pubblicamente! Basta ri- flettere un istante a un tal modo di giudicare T. Huxley, grandissi- mo scienziato, realista incomparabilmente più realistico e positivista in- comparabilmente più positivo di Mach, Avenarius e soci, per farsi un’idea del disprezzo col quale Engels avrebbe risposto all’attuale entusiasmo di un certo gruppetto di marxisti per il « moderno posi- tivismo » o il « moderno realismo », ecc. Dal principio alla fine, Marx ed Engels furono, in filosofia, uo- mini di parte, seppero scoprire le deviazioni dal materialismo e le ■concessioni all’idealismo e al fideismo in tutte le correnti « moder- ne ». Perciò essi giudicarono Huxley esclusivamente dal punto di vista della coerenza del suo materialismo. Perciò rimproveravano a Feuerbach di non aver spinto il materialismo sino in fondo, di aver 334 LEN IN ripudiato il materialismo a causa degli errori di singoli materialisti, di aver combattuto la religione per rinnovarla o per crearne una nuova, di non aver saputo liberarsi dalla fraseologia idealistica in socio- logia e diventare un materialista. E questa grandissima e preziosissima tradizione dei suoi maestri fu apprezzata e ripresa in pieno da J. Dietzgen, quali che siano i suoi errori di dettaglio nell’esposizione del materialismo dialettico. J. Dietzgen ha commesso considerevoli errori con le sue maldestre deviazioni dal materialismo, ma non tentò mai di staccarsi da esso in linea di principio, di alzare una «nuova» bandiera; nel momento decisivo dichiarò sempre fermamente, categoricamente: io sono ma- terialista, la nostra filosofia è materialistica. « Di tutti i partiti — di- ceva giustamente il nostro Joseph Dietzgen — il più abominevole è il partito di mezzo... Come in politica i partiti si raggruppano sem- pre più in due soli campi..., cosi anche la scienza si divide in due classi fondamentali [General ^lassen]: da una parte i metafisici, dal- l’altra i fisici o materialisti *. Gli elementi intermedi e i ciarlatani conciliatori, con ogni sorta di nomi, spiritualisti, sensisti, realisti, ecc. ecc., cadono lungo la loro via chi in questa, chi in quella corrente. Noi esigiamo decisione, chiarezza. Idealisti ** si autodefiniscono gli oscurantisti [ Retraiteblàser ] reazionari; materialisti devono definirsi tutti coloro che mirano alla liberazione deH’intelletto umano dall’abra- cadabra della metafisica... Se paragoniamo questi due partiti a un solido e a un liquido, fra l’un e l’altro abbiamo qualche cosa di simile a una poltiglia » ***. È vero! I «realisti», ecc., compresi i «positivisti», i machisti, ecc., non sono altro che una pietosa poltiglia, lo spregevole partito di mezzo in filosofia che confonde in ogni singola questione la ten- denza materialistica con quella idealistica. I tentativi di uscire da queste due tendenze fondamentali in filosofia non sono altro, in so- stanza, che «ciarlataneria da conciliatori». Che « l’oscurantismo scientifico » della filosofia idealistica sia sol- * È anche questa un’espressione goffa, imprecisa: invece di «metafisici», bi- sognava dire « idealisti ». Lo stesso Dietzgen, in altri punti, contrappone i metafisici ai dialettici. ••Si noti che J. Dietzgen ha già corretto e spiegato in modo piti preciso qual è il partito dei nemici del materialismo. ••• Si veda Particolo Filosofia socialdemocratica , scritto nel 1876, in Kleinere philo- sophische Schrtjtcn, 1903, p. 135. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 335 tanto Tanticamcra dell’oscurantismo puro c semplice, è cosa sulla quale per Dietzgen non esisteva neppur l’ombra del dubbio. « L’oscu- rantismo scientifico — egli scriveva — si adopera seriamente ad aiu- tare l’oscurantismo religioso (p. 51). In particolare, il campo della teoria della conoscenza, Tincomprensione dello spirito umano, è tutto un nido di pidocchi [ Lausgrube ] » nel quale l’uno e l’altro oscuran- tismo « depongono le loro uova ». « Servitori diplomati i quali, con discorsi sui ” beni ideali ”, istupidiscono il popolo servendosi di un idealismo lambiccato \ge$chraubten\ » (p. 53): ecco cosa sono i pro- fessori di filosofia per J. Dietzgen. « Come il buon dio ha il suo anti- podo nel diavolo, cosi il prete della cattedra [ Kathederpfafl ] ha per antipodo il materialista ». La teoria della conoscenza del materiali- smo è « un’arme universale contro la fede religiosa» (p. 55) e non soltanto contro « la solita, notoria, rituale religione dei preti, ma an- che contro la religione professorale, raffinatissima ed elevatissima di ebbri [ benebelter ] idealisti » (p. 58). All’« equilibrismo » dei professori liberi pensatori, Dietzgen è pro- penso a preferire « la vecchia onorabilità religiosa» (p. 60): qui «tro- viamo un sistema»; troviamo gente tutta d’un pezzo che non separa la teoria dalla pratica. Per i signori professori « la filosofia non è una scienza, ma un mezzo per difendersi dalla socialdemocrazia » (p. 107). « Quei professori e quei liberi docenti che si dicono filosofi, affogano tutti, piu o meno, malgrado il loro libero pensiero, nella supersti- zione, nella mistica... e costituiscono tutti di fronte alla socialdemo- crazia una sola... massa reazionaria » (p. 108). « Per poter seguire la via giusta, al riparo da tutti gli assurdi [Welsch] in religione e in filosofia, bisogna studiare la piu falsa delle false vie [den Holzweg der Holzwege ] che è la filosofia » (p. 103). E considerate ora, in riferimento ai partiti in filosofia, Mach e Avenarius e la loro scuola. Oh! questi signori esaltano la loro indi- pendenza dai partiti , e se essi hanno un antipodo, questo è soltanto e unicamente... il materalista. Attraverso tutti gli scritti di tutti i ma- cheti passa, come un filo rosso, l’ottusa pretesa di « elevarsi al di sopra » del materialismo e deiridealismo, di superare questa contrap- posizione « invecchiata », ma in realtà tutti questi compari cadono a ogni piè sospinto nell’idealismo, poiché conducono una lotta inin- terrotta e inflessibile contro il materialismo. Le raffinate escogitazioni gnoseologiche di un qualsiasi Avenarius restano invenzioni profes- 336 LENIN sorali, tentativi di fondare una « propria » piccola setta filosofica, ma in realtà , nelle condizioni generali della lotta delle idee e delle ten- denze nella società contemporanea, la funzione obiettiva di questi artifici gnoseologici è una e soltanto una: spianare la via airideali- smo e al fideismo, mettersi fedelmente al loro servizio. Non è infatti per caso che alla sparuta scoletta degli empiriocriticisti si aggrappano e gli spiritualisti inglesi del genere di Ward, e i neocriticisti francesi che esaltano Mach per la sua lotta contro il materialismo, e gli im- manentisti tedeschi! L espressione di J. Dietzgen: «servitori diplo- mati del fideismo » colpisce in pieno viso Mach, Avenarius e tutta la loro scuola *. La disgrazia dei machisti russi, i quali hanno avuto l’idea di « conciliare » il machismo con il marxismo, consiste nell’aver prestato fede ai professori di filosofia reazionari, e per questa loro fiducia sono scivolati lungo un piano inclinato. I metodi impiegati nei loro di- versi tentativi di sviluppare e completare Marx, sono stati molto mal- destri. Si legge Ostwald, si crede a Ostwald, si ripete quel che ha detto Ostwald, e lo si chiama marxismo. Si legge Mach, si crede a Mach, si ripete quel che ha detto Mach e lo si chiama marxismo. Si legge Poincaré, si crede a Poincaré, si ripete quel che ha detto Poin- caré, e lo si chiama marxismo! Neppure una parola di nemmeno uno di questi professori — capaci di produrre le opere più preziose in campi particolari della chimica, della storia, della fisica — può essere creduta quando si passa alla filosofia. Perché? Per la stessa * Ecco un altro esempio del modo come le correnti largamente diffuse della filosofìa reazionaria borghese sfruttano in pratica il machismo. Forse « l’ultima moda » della più recente filosofia americana c il « pragmatismo » (dal greco pragma — atto, azione; filosofìa dell'azione). Le riviste filosofiche parlano del pragmatismo forse più che di ogni altro argomento. Il pragmatismo deride la metafìsica del materialismo c dell' idealismo, leva alle stelle l’esperienza e soltanto l'esperienza^ ammette come unico criterio il criterio della pradca, si richiama alla corrente posi Q vi sta generale, si ap - poggia particolarmente su Ostwald, Mach, Pearson, Poincaré , Duhem t afferma che la scienza non è « una copia assoluta della realtà », c... da tutto ciò deduce felicemente la divinità a scopi pratici, soltanto per la pratica, senza nessuna metafisica, senza oltrepassare i limiti dcirespcricnza (confronta William James, Pragmatism, A new nome for some old ways of thmfyng, New York e Londra, 1907, particolarmente pp. 57 e 106). Dal punto di vista del materialismo la differenza tra il machismo c il pragmatismo è cosi insignificante c di scarso rilievo quanto la differenza tra lem- piriocriticismo c rempiriomonismo. Confrontate anche soltanto la definizione della verità data da Bogdanov con quella data dal pragmatismo: « La verità per il prag- matista c una nozione generale per ogni specie di valori operanti [working vaine. <) nell'esperienza » (ivi, p. 68). MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 337 ragione per la quale neppure una parola di nemmeno uno dei pro- fessori di economia politica — capaci di produrre le opere più pre- ziose nel campo delle indagini particolari condotte sui fatti — può essere creduta quando si passa alla teoria generale dell’economia po- litica. Poiché quest’ultima, nella società contemporanea, è una scien- za di parte , come la gnoseologia . In complesso i professori di econo- mia politica non sono altro che dotti commessi al servizio della classe capitalistica, e i professori di filosofia non sono altro che dotti com- messi al servizio dei teologi. In ambedue i campi, il compito dei marxisti è di saper assimi- lare e rielaborare le conquiste fatte da questi « commessi * (per esem- pio, voi non farete neppure un passo nel campo dello studio dei nuovi fenomeni economici se non utilizzerete le opere di questi commessi), e di sapere eliminare la loro tendenza reazionaria, di saper appli- care la propria linea e di sapere lottare contro tutto lo schieramento delle forze e delle classi a noi ostili. Ed è questo che non hanno sa- puto fare i nostri machisti, i quali seguono servilmente la filosofia professorale reazionaria. « Può darsi che sbagliamo, ma noi cerchia- mo », scriveva Lunaciarski a nome degli autori dei Saggi. Non siete voi che cercate, ma sono gli altri che cercano voi : ecco la disgra- zia! Non siete voi che affrontate dal vostro punto di vista, cioè dal punto di vista marxista (giacché volete essere marxisti), ogni cam- biamento della moda filosofica borghese, ma è questa moda che affronta voi, che vi impone le sue nuove classificazioni di gusto idea- listico, oggi alla Ostwald, domani alla Mach, dopodomani alla Poin- caré. I raggiri «teorici» piuttosto sciocchi (con «l’energetica», con c gli elementi » con « l’introiezione », ecc.) nei quali voi credete inge- nuamente, non escono dai limiti di una scuola angusta, in miniatura, ma la tendenza sociale e ideologica di questi raggiri è afferrata a volo dai Ward, dai neocriticisti, dagli immanentisti, dai Lopatin, dai prag- matisti che se ne servono per i loro scopi . La voga dell’empiriocriti- cismo e dell'idealismo « fisico » passa con la stessa rapidità della voga del neokantismo e dell’idealismo « fisiologico » ; ma ogni volta che una di queste tendenze è in voga, il fideismo preleva sempre il suo tributo, modificando in mille modi i suoi stratagemmi a vantaggio della filosofia idealistica. L'atteggiamento verso la religione e verso le scienze naturali illu- stra perfettamente questo effettivo sfruttamento dell'empiriocritici- /'<22 - 155 33 8 LENIN smo da parte della reazione borghese a favore della propria classe. Prendete il primo problema. Pensate forse che sia un caso se, in un’opera collettiva contro la filosofia marxista, Lunaciarski è giunto a parlare di una « divinizzazione della suprema potenzialità uma- na », di un «ateismo religioso»*, ecc.? Se pensate che sia un caso, è soltanto perché i machisti russi non hanno informato esattamente i lettori su tutta la tendenza machista in Europa e sulPatteggiamento di questa tendenza verso la religione. Questo atteggiamento, non soltanto non ha nulla di comune con quello di Marx, di Engels e di Dietzgen e neppure di Feuerbach, ma è addirittura l’opposto, a co- minciare dalla dichiarazione di Petzoldt: rempiriocriticismo «non è in contraddizione col teismo né con lateismo » ( Einfiihrung in die Philosophie der reinen Erfahrung , voi. I, p. 351); 0 dalla dichiara- zione di Mach:' «Le opinioni religiose sono un affare personale» (traduzione francese, p. 434), per terminare col fideismo aperto , con l’ estremo reazionarismo aperto di un Cornelius, che esalta Mach e che a sua volta è esaltato da Mach, e di un Carus e di tutti gli im- manentisti. La neutralità del filosofo in questo problema è già servilismo verso il fideismo, e né Mach né Avenarius si elevano e possono elevarsi al di sopra della neutralità, a causa deirorigine della loro gnoseologia. Dal momento che negate la realtà obiettiva che ci è data dalle sensazioni, perdete ogni arme contro il fideismo; poiché siete già scivolati nell’agnosticismo o nel soggettivismo; e al fideismo non occorre altro. Se il mondo sensibile è una realtà obiettiva, la porta è chiusa a ogni altra « realtà » o quasi-realtà (ricordate che Bazarov prestò fede al « realismo » degli immanentisti i quali dichiaravano che Dio è un « concetto reale »). Se il mondo è materia in movi- mento, la materia si può e si deve studiare indefinitamente nelle manifestazioni e ramificazioni infinitamente complicate e minute di questo movimento, che è il movimento di questa materia, ma nulla può esistere fuori di essa, fuori del mondo esterno, « fisico », cono- sciuto da tutti. E l’ostilità contro il materialismo, le innumerevoli calunnie contro i materialisti, sono all’ordine del giorno nell’Europa • Saggi, pp. 157 c 159. Nella Zàgrantcnaia Gazìcta lo stesso autore parla del «socialismo scientifico nel suo valore religioso» (n. 3, p. 5) e nella rivista Obra~ zovanic, 1908. n. 1, p. 164, egli scrive esplicitamente: «Da molto tempo matura in me una nuova religione... ». MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 339 democratica e civile. Tutto ciò continua ancora. Tutto ciò viene oc- cultato ai lettori dai machisti russi, i quali non hanno tentato nep- pure una volta di mettere semplicemente a confronto gli attacchi contro il materialismo ad opera di Mach, di Avenarius, di Petzoldt e soci con le dichiarazioni in favore del materialismo di Feuerbach, Marx, Engels, J. Dietzgen. Ma l f « occultamento » dei rapporti di Mach e di Avenarius col fideismo non serve a nulla. I fatti parlano. Nessuno sforzo al mondo potrà strappare questi professori reazionari dalla gogna alla quale li ha inchiodati il bacio dei Ward, dei neocriticisti, degli Schuppe, de- gli Schubert-Soldern, dei Leclair, dei pragmatisti, ecc. E l’influènza di costoro, come filosofi è come professori, la diffusione delle loro idee fra il pubblico « colto », cioè borghese, la letteratura specializzata che essi hanno creato, tutto ciò è dieci volte piu vasto e piu ricco della scoletta particolare di Mach e di Avenarius. Questa scoletta serve coloro che essa deve servire, ed è utilizzata come si merita. Le cose vergognose cui si è abbassato Lunaciarski non rappresen- tano un’eccezione: sono il frutto deH’empiriocriticismo, sia russo che tedesco. Non possono essere giustificate con le « buone intenzioni » dell’autore, con il « senso speciale» delle sue parole: se si trattasse del senso letterale e abituale, cioè direttamente fideistico, non ci pren- deremmo la pena di discutere con l’autore, giacché non si troverebbe di certo neppure un marxista per il quale simili dichiarazioni non mettano Anatoli Lunaciarski, in tutto e per tutto , sullo stesso piano di Piotr Struve. Se non è cosi (e non è ancora cosi), lo si deve esclu- sivamente al fatto che noi scorgiamo il senso «speciale» e combat- tiamo finché c'è ancora un terreno su cui combattere da compagni* L’indegnità delle affermazioni di Lunaciarski sta appunto nel fatto che egli ha potuto unirle alle sue « buone » intenzioni. Il danno della sua « teoria » consiste appunto nel fatto che essa ammette simili mezzi o simili conclusioni per dare corpo alle buone intenzioni. La disgrazia è appunto che le « buone » intenzioni, nel migliore dei casi , restano un affare soggettivo di Tizio, Caio e Sempronio, mentre il significato sociale di simili dichiarazioni è incontestabile e assoluto e non può essere attenuato da nessuna riserva e da nessuna spiegazione. Bisogna essere ciechi per non vedere l’affinità ideologica tra « la divinizzazione della suprema potenzialità umana » di Lunaciarski e la « sostituzione generale » dello psichico a tutta la natura fisica da 34 ° LENIN parte di Bogdanov. Questa è la stessa idea espressa, nel primo caso, da un punto di vista prevalentemente estetico e, nel secondo caso, dal punto di vista gnoseologico. La « sostituzione » — che affronta il problema tacitamente e da un altro lato — divinizza già « la suprema potenzialità umana », separando lo « psichico » dall’uomo e sostituen- do lo < psichico in generale», illimitatamente esteso, astratto, divi- namente morto, a tutta la natura fisica . E che ne è del « logos » di Iusckevic immesso «nel torrente irrazionale del dato»? Se ti lasci prendere un dito, ti afferreranno tutta la mano. E i no- stri machisti si sono lasciati prendere dall’idealismo, cioè dal fideismo attenuato, affinato, dal momento in cui hanno considerato la « sensa- zione » non come un’immagine del mondo esterno, ma come un « elemento » particolare. Sensazione di nessuno, psiche di nessuno, spirito di nessuno, volontà di nessuno: ecco dove si va inevitabil- mente a finire se non si riconosce la teoria materialistica della realtà obiettiva del mondo esterno, riflessa nella coscienza dell’uomo. 5. Ernst Haeckcl ed Ernst Mach. Esaminiamo ora Tatteggiamento del machismo, come corrente filosofica , verso le scienze naturali. Tutto il machismo combatte a ol- tranza la « metafisica » delle scienze naturali, intendendo con questa espressione il materialismo delle scienze naturali , cioè la convinzione istintiva, inconsapevole, indefinita, priva di coscienza filosofica, della stragrande maggioranza degli scienziati, rispetto alla realtà obiettiva del mondo esterno riflesso dalla nostra coscienza. E questo fatto è taciuto ipocritamente dai nostri machisti, che nascondono o con- fondono il legame indissolubile del materialismo istintivo degli scien- ziati con il materialismo filosofico come tendenza, una tendenza già nota da gran tempo e cento volte rinvigorita da Marx e da Engels. Prendete Avenarius. Già nella sua prima opera: La filosofia co- me pensiero del mondo secondo il principio del minor consumo di forze , comparsa nel 1876, egli combatte contro la metafisica delle scienze naturali*, cioè contro il materialismo delle scienze naturali, e combatte, come egli stesso poi riconosce nel 1891 (senza del resto SS 79, 114 c altri. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 341 «avere rettificato» le sue concezioni!), partendo dalla teoria ideali- stica della conoscenza. Prendete Mach. Dal 1872, o già anche prima, e sino al 1906 ha combattuto instancabilmente contro la metafisica delle scienze na- turali e del resto è abbastanza onesto per riconoscere che lo seguo- no «Tutta una serie di filosofi» (ivi compresi gli immanentisti), ma « pochissimi scienziati » ( Analisi delle sensazioni , p. 9). Nel 1906 Mach onestamente riconosceva anche che « la maggioranza degli scienziati segue il materialismo » ( Er\enntnis und Irrtum , 2. ed., p. 4). Prendete Petzoldt. Nel 1900 egli dichiara che « le scienze naturali sono completamente [ganz.und gar ] imbevute di metafisica». «La loro esperienza deve ancora esser epurata » ( Einfùhrung in die Phi - losophie der reinen Erfahrung , voi. I, p. 343). Sappiamo che Avena- rius e Petzoldt « epurano » Tesperienza da ogni riconoscimento della realtà obiettiva che ci è data dalle sensazioni. Nel 1904 Petzoldt di- chiara che « la concezione meccanicistica del mondo degli scienziati moderni non è sostanzialmente migliore di quella degli antichi india- ni ». « È assolutamente indifferente che il mondo poggi su un leg- gendario elefante o su una schiera altrettanto leggendaria di mole- cole e di atomi, che sono pensati gnoseologicamente come reali e quindi non soltanto [concetti] usati metaforicamente [ hloss hildlich ] » (voi. II, p. 176). Prendete Willy, Tunica persona tanto onesta fra i machisti da vergognarsi della parentela con gli immanentisti; anche costui dichia- ra nel 1905: «...Anche le scienze naturali in ultima analisi rappre- sentano, sotto molti aspetti, un’autorità dalla quale dobbiamo liberar- ci » ( Gegen die Schulweisheit , p. 158). Siamo di fronte all* oscurantismo integrale , al piu dichiarato spi- rito reazionario. Considerare gli atomi, le molecole, gli elettroni, ecc., come un’immagine approssimativamente esatta, formata nella nostra mente, del movimento obiettivamente reale della materia , equivale a credere nell’elefante che sorregge il mondo! Si comprende come gli immanentisti si siano aggrappati con tutte e due le mani alle falde di questo oscurantista vestito da istrione con la casacca di un positivi- sta alla moda. Non c’è un immanentista che non si avventi con la bava alla bocca sulla « metafisica » delle scienze naturali, sul « mate- rialismo » degli scienziati, precisamente per il riconoscimento , da 342 LENIN parte degli scienziati, della realtà obiettiva della materia (e delle sue particelle), del tempo, dello spazio, delle leggi naturali, ecc. ecc. Molto prima delle scoperte della fisica moderna che dettero origine all’« idealismo fisico», Leclair combatteva, appoggiandosi a Mach, contro «la tendenza materialistica dominante [ Grundzug ] nelle scienze naturali moderne » (titolo del § 6 del Der Realismus ecc., 1879); Schubert-Soldern combatteva contro la metafisica delle scienze naturali (titolo del II capitolo del Grundlagen einer Er\ennt- nistheorie , 1884); Rehmke lottava contro il «materialismo» delle scienze naturali: questa « metafisica della strada » ( Phtlosophie und Kantianismus, 1882, p. 17), ecc. ecc. E a buon diritto gli immanentisti traevano da questa idea machi- sta sullo «spirito metafisico» del materialismo delle scienze naturali, conclusioni che giungevano direttamente al fideismo aperto . Se le scienze naturali non ci danno nelle loro teorie la realtà obiettiva, ma solo metafore, simboli, forme dell’esperienza umana, ecc., è assolu- tamente incontestabile che l’umanità ha il diritto di crearsi in un altro campo «concetti» non meno « reali », come quello di Dio, ecc. La filosofia dello scienziato Mach è per le scienze naturali quello che fu per Cristo il bacio del cristiano Giuda. Allo stesso modo Mach tradisce le scienze naturali per il fideismo, schierandosi sostanzial- mente con l’idealismo filosofico. Quando Mach rinnega il materia- lismo delle scienze naturali, compie un atto in tutti i sensi reaziona- rio: lo abbiamo visto con sufficiente chiarezza parlando della lotta degli «idealisti fisici» contro la maggioranza degli scienziati che restano fedeli alla vecchia filosofia. Lo vedremo ancora piu chiara- mente confrontando il celebre scienziato Ernst Haeckel col celebre (tra i piccoli borghesi reazionari) filosofo Ernst Mach. La tempesta sollevata in tutti i paesi civili dagli Enigmi delluni- verso di E. Haeckel ha fatto risaltare con grande evidenza da un lato lo spirito di parte della filosofia nella società odierna e dall’altro l’effettivo significato sociale della lotta del materialismo contro l’idea- lismo e Agnosticismo. Il fatto che questo libro sia stato diffuso in centinaia di migliaia di copie, che sia stato immediatamente tradotto in tutte le lingue e pubblicato in edizioni a buon mercato, mostra chiaramente che quest’opera ha « conqifistato il popolo », e che E. Haeckel si è immediatamente assicurato una massa di lettori. Que- sto libriccino popolare è diventato un’arme della lotta di classe. I prò- MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 343 fessori di filosofia e di teologia di tutti i paesi del mondo si son messi a demolire e a stroncare Haeckel in mille maniere* Il celebre fisico inglese Lodge si è accinto a difendere Dio da Haeckel. Il fisico russo sig. Chwolson si è recato in Germania per pubblicarvi un vile libello ultrareazionario contro Haeckel, per assicurare ai rispettabili signori filistei che non tutta la scienza naturale accetta oggi il « rea- lismo ingenuo » *. Non si contano i teologi che si sono scagliati con- tro Haeckel. Non v’è ingiuria rabbiosa che non gli abbiano rivolto i professori ufficiali di filosofia **. È divertente vedere in quelle mum- mie disseccate da una morta scolastica rianimarsi gli occhi, forse per la prima volta in vita loro, e colorarsi le gote sotto gli schiaffi che ha dato loro Ernst Haeckel. I sacerdoti della scienza pura e della teoria apparentemente piu astratta urlano addirittura dalla rabbia e in questo coro dei codini della filosofia (l’idealista Paulsen, l’imma- nentista Rehmke, il kantiano Adickes e altri di cui Dio solo sa il nome) si distingue chiaramente un solo motivo fondamentale: con- tro la « metafisica » delle scienze naturali, contro il « dogmatismo », contro l’« esagerazione del valore e dell’importanza delle scienze na- turali », contro il « materialismo delle scienze naturali». È un mate- rialista, addosso!, dagli al materialista! Inganna i lettori perché non si dichiara apertamente materialista: ecco quel che esaspera oltre- modo i piu rispettabili signori professori. Il fatto piu caratteristico di tutta questa tragicommedia *** è che Haeckel stesso ripudia il materialismo e respinge l’appellativo di ma- terialista. Ma ce di più: egli non solo non respinge ogni religione, ma escogita una sua religione (qualcosa del genere della « fede ateistica » di Bulgakov o dell’« ateismo religioso » di Lunaciarski) e sostiene in linea di principio l’unione della religione con la scienza! Di che cosa si tratta dunque? Quale «fatale malinteso» ha scatenato questo bac- cano? * O. D. Chwolson: Hegel , Haeckel, Kossuth und das zwóljte Gebot, 1906, p. 80. •* L’opuscolo di Heinrich Schmidt, La lotta intorno agli « Enigmi dell'univer- so » (Bonn, 1900), dà un quadro abbastanza completo della campagna dei professori di filosofia e di teologia contro Haeckel. Ma questo opuscolu oggi e ormai notevol- mente invecchiato. *** L’elemento tragico c stato introdotto con l'attentato compiuto contro Haeckel nella primavera di quest’anno (1908). Dopo una serie d‘ lettere anonime in cui- si rivolgevano a Haeckel certi epiteti come € cane », « senzadio », « scimmia », ccc., un’anima di autentico tedesco lanciò un sasso di notevoli dimensioni attraverso la finestra dello studio di Haeckel a Jena. ■ 3 3* 344 LENIN Il fatto è che l’ingenuità filosofica di Haeckel, l’assenza in lui di precise finalità di parte, il suo scrupolo di tener conto dei pregiudizi filistei dominanti contro il materialismo, le sue tendenze personali alla conciliazione, le sue tesi intorno alla religione: tutto questo ha messo ancor più in risalto lo spirito generale della sua opera, V indi- struttibilità del materialismo delle scienze naturali, la sua inconcilia - bilità con tutta la filosofia e la teologia ufficiali e professorali. Perso- nalmente Haeckel non vuol romperla coi filistei, ma quanto egli espone con una convinzione cosi salda e ingenua è assolutamente inconciliabile con tutte le sfumature della filosofia idealistica domi- nante. Tutte queste sfumature, a partire dalle più grossolane teorie reazionarie di un qualsiasi Hartmann per finire col positivismo di Petzoldt, che presume di essere il più moderno, il più progressivo e avanzato dei positivisti, e con lempiriocriticismo di Mach, tutte sono d’accordo nella tesi che il materialismo delle scienze naturali è « me- tafisica », che Tammissione della realtà obiettiva delle teorie e delle conclusioni delle scienze naturali significa il più « ingenuo realismo », ecc. Ed ecco che questa dottrina « sacra » di tutti i professori di filo- sofia e di teologia viene colpita in pieno viso da ogni pagina di Haeckel. Questo scienziato, che esprime indubbiamente le opinioni, le disposizioni e le tendenze più salde, sebbene indefinite, della stra- grande maggioranza degli scienziati della fine del XIX e del princi- pio del XX secolo, mostra subito con facilità e con semplicità ciò che la filosofia professorale ha tentato di nascondere al pubblico e a se stessa: precisamente che esiste una base sempre più ampia e pos- sente contro la quale s’infrangono tutti gli sforzi e i tentativi delle mille scolette di filosofia idealistica, di positivismo, di realismo, di empiriocriticismo e di tutti gli altri confusionismi. Questa base è il materialismo delle scienze naturali . La convinzione dei « realisti inge- nui » (cioè di tutta l’umanità) che le nostre sensazioni sono imma- gini del mondo esterno obiettivamente reale, è la convinzione di tutti gli scienziati,- convinzione che costantemente si sviluppa e si rafforza. Perduta è la causa dei fondatori di nuove scolette filosofiche, de- gli autori di nuovi « ismi » gnoseologici; perduta per sempre e senza speranze. Hanno un bel dibattersi coi loro piccoli sistemi « originali », hanno un beH’ingegnarsi a divertire qualche ammiratore con dispute importanti per sapere se è stato Tempiriocriticista Bobcinski o lem- piriomonista Dobcinski 11 ad aver detto per primo «eh!»; potranno MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 345 perfino creare una vasta letteratura « speciale * come hanno fatto gli «immanentisti»: il processo di sviluppo delle scienze naturali, mal- grado tutte le sue oscillazioni ed esitazioni, malgrado tutta l’inconsa- pcvolezza del materialismo degli scienziati, malgrado l’entusiasmo di ieri per « l’idealismo fisiologico » alla moda o di oggi per « l’idea- lismo fisico » in voga, scarta tutti i piccoli sistemi e le sottigliezze e mette in primo piano ancora e sempre la « metafisica » del mate- rialismo delle scienze naturali . Ecco con un esempio tratto da Haeckel l’illustrazione di quanto si è detto. Nelle Meraviglie della vita Fautore mette a raffronto la teoria monistica e la teoria dualistica della conoscenza; riportiamo i punti piu interessanti del raffronto: Teoria monistica Teoria dualistica della conoscenza : della conoscenza : 3. La conoscenza è un fenomeno fisio- logico, il cui organo anatomico è il cervello. 4. La sola parte del cervello umano nella quale ha luogo la conoscenza è una parte limitata della corteccia cerebrale: il fronema. 5. Il fronema è una dinamo molto perfezionata, le cui parti componenti (i froneti) sono costituite da milioni di cel- lule (cellule fronetali). Precisamente co- me per gli altri organi del corpo, la fun- zione (spirituale) di questo organo è la somma complessiva delle funzioni delle sue cellule componenti *. 3. La conoscenza non è un fenomeno fisiologico, ma un processo puramente spirituale, 4. Quella parte del cervello che sembra funzionare come organo della conoscen- za, in effetti è solo uno strumento che rende possibile l'apparizione del feno- meno intellettivo. 5. Il fronema come organo della ragio- ne non è autonomo, ma rappresenta, in- sieme con le sue parti componenti (le cellule fronetali) solo rintcrmcdiario fra lo spirito immateriale e il mondo ester- no. La ragione umana differisce sostan- zialmente dalPintelligenza degli animali superiori e dall’istinto degli animali in- feriori. Questa citazione caratteristica delle opere di Haeckel mostra che egli non entra nell’analisi di questioni filosofiche e che non sa con- trapporre la teoria materialistica e la teoria idealistica della conoscen- za. Egli si fa beffe di tutte le sottigliezze idealistiche, o, piuttosto, di tutte le sottigliezze filosofiche come tali, dal punto di vista delle * Mi servo della traduzione francese Les merveiltes de la vie , Parigi, Schleicher, tav. I e XVI. 346 LENIN scienze naturali, e non ammette neppure Videa che possa esistere una teoria della conoscenza diversa da quella del materialismo dellè scienze naturali. Si fa beffe dei filosofi dal punto di vista del mate- rialista, senza accorgersi di essersi schierato con il materialismo! Si comprende Tira impotente dei filosofi contro questo materiali- smo onnipotente. Abbiamo citato sopra un brano « delTautentico russo» Lopatin. Ecco ora un brano del signor Rudolf Willy, il più avanzato « empiriocriticista », nemico irriducibile deiridealismo (non si rida!): «Il monismo di Haeckel è un miscuglio caotico: unisce alcune leggi delle scienze naturali, per esempio la legge della con- servazione deU’energia, ecc., con una serie di tradizioni scolastiche sulla sostanza e la cosa in se » (Gegen die Schulweisheit, p. 128). Che cosa ha irritato questo rispettabile «positivista moderno»? Ma come può non irritarsi quando viene a sapere improvvisamente che tutte le grandi dottrine del suo maestro Avenarius, p. es. che il cervello non è l’organo del pensiero, che le sensazioni non sono im- magini del mondo esterno, che la materia («sostanza») o «cosa in sé » non è una realtà obiettiva, ecc., sono secondo Haeckel un per- fetto imbroglio idealistico ? Haeckel non ha detto questo perché non si occupava di filosofia e non aveva familiarità con l’« empiriocriti- cismo » come tale. Ma Willy m n può non vedere che centomila let- tori di Haeckel significano centomila sputi diretti alla filosofia di Mach e Avenarius. E R. Willy se li asciuga in anticipo alla maniera di Lopatin. Infatti la sostanza degli argomenti di Lopatin e degli ar- gomenti di Willy contro ogni materialismo in generale e contro il materialismo delle scienze naturali in particolare è in effetti una sola. Per noi marxisti la differenza tra il sig. Lopatin e i sigg. Willy, Pet- zoldt, Mach e soci non è maggiore di quella che esiste fra i teologi protestanti e i teologi cattolici. La «guerra» contro Haeckel ha dimostrato che questo nostro modo di vedere corrisponde alla realtà obiettiva , cioè alla natura classista della società moderna e alle sue ideologie di classe. Un altro piccolo esempio. Il machista Kleinpeter ha tradotto dal- l’inglese in tedesco l’opera, molto diffusa in America, di Karl Snyder: Quadro del mondo secondo le scienze naturali moderne ( Das Welt- bild der modernen N aturwissenschaft^ Lipsia, 1905). Quest’opera espone in forma chiara e popolare la serie completa delle più moder- ne scoperte della fisica e delle altre branche delle scienze naturali. E MATERIALISMO RI) EMPIRIOCRITICISMO 347 il machista Kleinpeter ha dovuto fornire l’opera dì Snyder di una prefazione in cui fa delle riserve fra l’altro sulla « insufficienza » della gnoseologia di Snyder (p. 5). Di che si tratta? Snyder non ammette neppure per un istante il dubbio che il quadro del mondo sia la rappresentazione del modo in cui la materia si muove e « pensa > (p. 288, op. cit.), Nella sua opera successiva : La macchina del mondo (Londra e N. Y., 1907; Karl Snyder: The world machine ), Snyder dice, facendo allusione alla dedica del suo libro alla memoria di Democrito di Abdera, vissuto all’incirca fra il 460 e il 360 a. C.: « Democrito viene spesso chiamato il progenitore del materialismo. Questa scuola filosofica non è molto di moda ai nostri giorni, ma non sarà superfluo notare che in effetti tutto il moderno progresso delle nostre idee sul mondo è fondato sulle sue concezioni. Le pre- messe materialistiche, praticamente parlando \practically speafy'ng], sono assolutamente ineliminabilì [ unescapable J nelle ricerche delle scienze naturali » (p. 140). « Certo, se la cosa aggrada, si può sognare col buon vescovo Ber- keley che tutto è sogno. Ma per quanto gradevoli possano essere i giuochi di prestigio deiridealismo etereo, non si trova tuttavia molta gente che, qualunque cosa pensi sul problema del mondo esterno, dubiti della propria esistenza. Non è necessario correr dietro ai fuo- chi fatui dei vari lo e non-lo per convincersi che, ammettendo la nostra esistenza, noi apriamo le sei porte dei nostri sensi a tutta la serie dei fenomeni. L’ipotesi delle masse nebulari, la teoria della luce come movimento deiretere, la teoria atomica e tutte le dottrine simili possono esser spiegate semplicemente come comode ” ipotesi di la- voro ma conviene ricordare che sino a quando queste dottrine non saranno confutate, esse si fonderanno più o meno sulla stessa base dell’ipotesi che Tessere, che voi, caro lettore, chiamate vostro Io, legga queste righe » (pp. 31-32). Immaginate la triste sorte del machista allorché le sue amate e raffinate costruzioni che riducono le categorie delle scienze naturali a semplici ipotesi di lavoro vengono derise come puri assurdi dagli scienziati al di qua e al di là delTOceano! Ce da stupirsi se Rudolf Willy nel /905 combatta Democrito come un nemico vivente, offren- do cosi una splendida illustrazione del carattere di parte della filo- sofia e svelando sempre più la sua posizione reale in questa lotta di parte? «Certo — egli scrive — Democrito non è cosciente del fatto 34 » LENIN che gli atomi e lo spazio vuoto sono solo concetti fittizi che servono in modo puramente sussidiario [Mosse Han diari gerdienste] e vengono accettati per ragioni di utilità sino a quando fa comodo usarli. De- mocrito non era abbastanza libero per comprendere tutto ciò, ma non lo sono nemmeno i nostri scienziati di oggi, salvo qualche ecce- zione. La fede del vecchio Democrito è la fede dei nostri scienziati * (op. cit., p. 57). C’è di che disperarsi! È stato dimostrato in «modo» compieta- mente « nuovo », « in modo empiriocritico », che lo spazio e gli ato- mi sono « ipotesi di lavoro », ma gli scienziati deridono questo ber - keleismo e seguono Haeckel! Noi non siamo affatto idealisti, questa è una calunnia, noi ci affanniamo soltanto (insieme agli idealisti) a confutare le tesi gnoseologiche di Democrito, ci affatichiamo in questa impresa da più di 2000 anni e sempre invano! Al nostro capo, Ernst Mach, non resta che dedicare la sua ultima opera, il bilancio della sua vita e della sua filosofia, Conoscenza ed errore , a Wilhelm Schiap- pe e rilevare con dolore nel testo che la maggioranza degli scien- ziati sono materialisti e che « anche noi » simpatizziamo con Hae- ckel... per la sua « libertà di pensiero » (p. 14). Qui si mostra in piena luce l’ideologo della piccola borghesia reazionaria, il quale segue l’ultrareazionario W. Schuppe e « simpatiz- za » con la libertà di pensiero di Haeckel. Tutti eguali questi uma- nitari filistei d’Europa con le loro simpatie libertarie e la loro sotto- missione ideologica (politica ed economica) ai vari Wilhelm Schup- pe*. L’assenza di spirito di parte in filosofia è solo servilismo, spre- gevolmente camuffato, verso l’idealismo e il fideismo. Confrontate, per concludere, la recensione che di Haeckel fu fatta da Franz Mehring, il quale non solo vuole essere marxista, ma sa an- che esserlo. Non appena furono pubblicati gli Enigmi dell’universo, alla fine del 1899, Mehring dichiarò immediatamente che « l’opera di Haeckel con i suoi lati deboli e i suoi lati positivi ha un notevole valore per contribuire a chiarire le idee diventate alquanto confuse nel partito su ciò che per esso significa da una parte il materialismo • Plekhanov nelle sue note contro il machismo si occupa non tanto di confu- tare Mach, quanto di recar danno al bolscevismo nelPinteresse della sua frazione. Per questo basso e meschino sfruttamento delle divergenze teoriche fondamentali egli c stato punito dalla pubblicazione di due libelli dovuti a machisti menscevichi. MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 349 storico e dall’altra il materialismo storico » Il difetto di Haeckel consiste nel non aver nozione del materialismo storico e di arrivare a dire tutta una serie di assurdità clamorose sulla politica, sulla « reli- gione del monismo », ecc. ecc. « Haeckel è materialista e monista, pe- rò non professa il materialismo storico , ma solo il materialismo delle scienze naturali » (ivi). « Legga il libro di Haeckel chi vuol toccare con mano quest’inca- pacità [del ristretto materialismo delle scienze naturali rispetto alle questioni sociali], chi vuole avere piena coscienza della necessità di far arrivare il materialismo delle scienze naturali fino al materiali- smo storico per farne un’arme effettivamente invincibile nella grande lotta di liberazione dell’umanità. « Ma non è solo questa la ragione per cui bisogna leggere il libro di Haeckel. Il suo lato piu debole è indissolubilmente legato al suo lato piu forte, che consiste nella descrizione perspicua, chiara, dello sviluppo delle scienze naturali in questo secolo [XIX] — e che costi- tuisce la parte incomparabilmente maggiore, per volume e per im- portanza, dell’opera — , o in altri termini nella descrizione della marcia vittoriosa del materialismo delle scienze naturali » * **. / * Fr. Mehrinjf: Die Weltràtsel, Neue Zeit, 1899-1900, voi. XVIII, I, 418. •• Ivi, p. 419. CONCLUSIONE II marxista deve giudicare Tempiriocriticismo sotto quattro aspetti. In primo luogo, e innanzitutto, è necessario confrontare i prin- cipi teorici di questa filosofia con quelli del materialismo dialettico. Questo confronto, al quale sono stati dedicati i primi tre capitoli, mette in luce, in tutta la serie delle questioni gnoseologiche, il carat- tere interamente reazionario delTempiriocriticismo che nasconde, con nuovi raggiri, nuove parole e nuovi stratagemmi, i vecchi errori delVidealismo e deW agnosticismo. Soltanto quando si ignora comple- tamente ciò che è la filosofia materialistica in generale e ciò che è il metodo dialettico di Marx e di Engels, si può parlare di « unione » delTempiriocriticismo col marxismo. In secondo luogo, è necessario determinare il posto che occupa Tempiriocriticismo — minuscola scoletta di filosofi specializzati — tra le altre scuole filosofiche moderne. Sia Mach che Avenarius, par- tendo da Kant, si sono incamminati non verso il materialismo, ma nella direzione opposta, verso Hume e Berkeley. Avenarius, che im- maginava di « epurare l’esperienza » in generale, in realtà epurò sol- tanto l’agnosticismo dal kantismo. Tutta la scuola di Mach e di Avenarius, strettamente unita con una delle scuole idealistiche piu rea- zionarie, il cosiddetto immanentismo, si orienta sempre piu decisa- mente verso l’idealismo. In terzo luogo, bisogna prendere in considerazione il nesso evi- dente che esiste fra il machismo e una certa scuola di una branca determinata delle scienze naturali contemporanee. La schiacciante maggioranza degli scienziati, sia in generale che nella branca par- ticolare della fisica, è decisamente dalla parte del materialismo. Sotto l’influenza del crollo delle vecchie teorie in seguito alle grandi sco- 352 LENIN perte degli ultimi anni, sotto l’influenza della crisi della fisica mo- derna, la quale ha messo in luce, con particolare evidenza, la rela- tività delle nostre conoscenze, una minoranza di fisici moderni è scivolata, per ignoranza della dialettica, nell’idealismo attraverso la strada del relativismo. L’idealismo fisico in voga ai nostri giorni eser- cita un’attrattiva altrettanto reazionaria e altrettanto effimera quanto l’idealismo fisiologico di moda in un non lontano passato. In quarto luogo, dietro lo scolasticismo gnoseologico dell’empirio- criticismo, non si può non vedere la lotta dei partiti in filosofia, lotta che in ultima analisi esprime le tendenze e l’ideologia delle classi nemiche della società moderna. La filosofia contemporanea ha un carattere di parte, come l’aveva la filosofia di duemila anni fa. In so- stanza, i partiti in lotta sono il materialismo e l’idealismo, anche se si nascondono dietro nuove etichette escogitate da pedanti e da ciar- latani, o dietro una stupida indipendenza dalle parti. L’idealismo è soltanto una forma affinata e raffinata del fideismo, il quale resta in armi, dispone di una formidabile organizzazione e continua senza interruzione a esercitare la sua influenza sulle masse, approfittando di ogni minima oscillazione del pensiero filosofico a suo vantaggio. La funzione obiettiva, di classe, deH’cmpiriocriticismo si riduce tutta a servire i fideisti nella loro lotta contro il materialismo in generale e contro il materialismo storico in particolare. APPENDICE AL PRIMO PARAGRAFO DEL CAPITOLO QUARTO DA QUALE LATO N. G. CERNYSCEVSKI CRITICAVA IL KANTISMO? Nel primo paragrafo del cap. IV abbiamo dimostrato in modo particolareggiato che i materialisti hanno criticato e continuano a criticare Kant partendo da posizioni diametralmente opposte a quelle di Mach e Avenarius. Riteniamo che non sia superfluo aggiungere, sia pure brevemente, un accenno alla posizione gnoseologica del gran- de hegeliano e materialista russo N. G. Cernyscevski. Non molto tempo dopo la critica svolta contro Kant da Albrecht Rau, discepolo tedesco di Feuerbach, il grande scrittore russo N. G. Cernyscevski, anch’egli discepolo di Feuerbach, fece il primo tentativo di chiarire pubblicamente la sua posizione, sia nei confronti di Feuerbach che di Kant. N. G. Cernyscevski si affermò fra gli scrittori russi sin dal decennio 1850-1860 come seguace di Feuerbach, ma la nostra censura gli impediva persino di citare il nome di Feuer- bach. Nel 1888, nella prefazione alla progettata terza edizione del- l’opera Rapporti fra l'arte e la realtà in estetica , Cernyscevski tentò di citare apertamente Feuerbach, ma anche allora la censura non permise neppure questo semplice accenno a Feuerbach! La prefazione vide la luce solamente nel 1906 (cfr. volume X, parte II della Rac- colta completa delle opere di N. G. Cernyscevski, pp. 190- 197). Cer- nyscevski dedica una mezza pagina di questa prefazione alla critica di Kant e di quegli scienziati che fanno risalire a Kant le loro posi- zioni filosofiche. Ecco l’interessante ragionamento che Cernyscevski faceva nel 1888: « Quegli scienziati che immaginano di essere dei costruttori di teorie universali, restano in realtà dei discepoli e, per lo più, dei pes- simi discepoli degli antichi pensatori che hanno elaborato sistemi 354 LENIN metafisici già demoliti in parte da Schelling e definitivamente da He- gel. Basti ricordare che la maggior parte degli scienziati che cercano di costruire vaste teorie sulle leggi dell’attività del pensiero umano, non fanno che ricalcare la teoria metafisica di Kant circa il carattere soggettivo della nostra conoscenza »... (prendano nota i machisti russi che fanno in modo di confondere ogni cosa: Cernyscevski è superato da Engels in quanto confonde nella sua terminologia (oppo- sizione fra materialisti e idealisti con l’opposizione fra pensiero meta- fisico e pensiero dialettico, ma egli sta pienamente all’altezza di En- gels, in quanto non rimprovera a Kant di essere un realista, ma di essere un agnostico e un soggettivista, e neppure di avere ammesso « la cosa in sé », ma di non aver saputo dedurre la nostra conoscenza da questa fonte obiettiva)..., «essi affermano, parafrasando Kant, che le forme della nostra percezione sensibile non hanno nulla in comu- ne con le forme dell’esistenza reale degli oggetti »... (prendano nota i machisti russi che fanno in modo di confondere ogni cosa: la cri- tica che Cernyscevski muove a Kant è diametralmente opposta a quella di Avenarius-Mach e degli altri immanentisti, giacché per Cernyscevski, come per ogni materialista, le forme della nostra per- cezione sensibile collimano con le forme dell’esistenza effettiva, vale a dire obiettiva reale degli oggetti)..., « che perciò gli oggetti realmen- te esistenti e le loro qualità reali, i loro reciproci rapporti reali non possono essere conosciuti da noi »... (prendano nota i machisti russi che fanno in modo di confondere ogni cosa: per Cernyscevski, cosi come per ogni materialista, gli oggetti, cioè, secondo l’espressione ri- cercata di Kant, le « cose in sé », esistono realmente e sono per noi pienamente conoscibili, conoscibili sia nella loro esistenza che nelle loro qualità e nei loro rapporti reali)..., « e se fossero conoscibili non potrebbero essere oggetto del nostro pensiero che dà a tutto il materiale conoscitivo forme completamente diverse da quelle deiresì- stenza reale, che le leggi stesse del pensiero hanno un significato me- ramente soggettivo»... (prendano nota i machisti confusionari: per Cernyscevski, come per ogni materialista, le leggi del pensiero non hanno un significato meramente soggettivo, vale a dire le leggi del pensiero rispecchiano le forme dell’esistenza reale degli oggetti, col- limano perfettamente, e non differiscono da queste forme)..., « che nella realtà non esiste nulla di quello che ci si presenta come rap- porto tra causa ed effetto, poiché non esiste né il precedente né il sue- APPENDICE 355 cessivo, né l’intiero né le parti, ecc. ecc. »... (prendano nota i machisti confusionari: per Cernyscevski, come per ogni materialista, nella realtà esiste quello che ci si presenta come rapporto fra causa ed ef- fetto, esiste la causalità obiettiva o necessità naturale)», «Quando gli scienziati cesseranno di dire queste o altre simili assurdità metafi- siche, allora saranno in grado di elaborare, e probabilmente elabore- ranno, basandosi sulle scienze naturali, un sistema di concetti piu precisi e completi di quelli enunciati da Feuerbach »... (prendano nota i machisti confusionari: Cernyscevski chiama assurdità metafi- sica qualsiasi deviazione dal materialismo, sia in senso idealistico che in senso agnostico)... « Per il momento, la migliore esposizione di concetti scientifici relativi ai cosiddetti problemi fondamentali della sete di sapere dell’uomo resta quella effettuata da Feuerbach » (pp. 195-196). Cernyscevski chiama problemi fondamentali della sete di sapere deiruomo quelli che in linguaggio moderno si chiamano pro- blemi fondamentali della teoria della conoscenza ovvero della gnoseo- logia. Cernyscevski è l’unico scrittore russo veramente grande che, dall’inizio del decennio 1850-1860 fino a tutto il 1888, ha saputo restare all’altezza del materialismo filosofico coerente e respingere le meschine assurdità dei neo-kantiani, dei positivisti, dei machisti e degli altri confusionari. Ma Cernyscevski non ha saputo, o meglio non ha po- tuto, a causa dell’arretratezza della vita russa, sollevarsi sino al mate- rialismo dialettico di Marx ed Engels. NOTE 1 Le Dieci domande al referente sono le tesi scritte da Lenin per F. Dubrinski (Innokenti), membro del centro bolscevico e della redazione del Proletari, il quale doveva prendere la parola alla conferenza sulla filosofìa di Bogdanov a Ginevra. 2 Cfr. Friedrich Engels, Antidùhnng, Roma, Edizioni Rinascita, 1950, p. 53. 3 Ivi, p. 70. 4 Ivi, pp. 44-45 e 127. 5 Cfr., nella presente edizione, voi. 13, la lettera di Lenin a Gorki del 25 feb- braio 1908. 6 Nel manoscritto originario, al posto di fideismo, si trovava l'espressione pretismo (popovstcina, nel senso di oscurantismo clericale), che Lenin fu costretto a so- stituire a causa delta censura, come egli stesso spiega in una lettera alla sorella dell’8 novembre 1908. 7 L’articolo di Nievski non c compreso nella presente edizione. 8 Questa parte del § 9, nonché la fine del § 5 citata sopra, mancano nella seconda edizione dell'opera di Berkeley. Le più recenti edizioni inglesi dell’opera danno in nota questi passi della prima edizione. 9 Cfr. Marx-Engels, Sul materialismo storico, Roma, Edizioni Rinascita, 1949. 10 Cfr. Antidùhring cit., p. 28. 11 Ivi, p. 44. 12 Personaggio del romanzo Le anime morte. 13 Cfr. Friedrich Engels, Ludovico Feuerbach e il punto di approdo della filosofìa classica tedesca, Roma, Edizioni Rinascita, 1950, p. 8. 14 Benier^ungen zum Begriff des Gegenstandes der Psychologie. 15 M. 0 . Menscikjov , collaboratore del Novoie Vremia. Lenin lo chiamò c fedele cane da guardia dei centoneri zaristi ». 16 Come risulta dalla lettera di Lenin ad A. I. Elizarova del 19 dicembre 1908, il manoscritto a questo punto diceva: « Lunaciarski si è persino M aggiunto mental- mente ’’ a Dio». La frase fu modificata per evitare la censura. 17 Cfr. Antidiihring cit., p. 45. 18 Cfr. Ludovico Feuerbach cit., pp. 29-30. 19 Allusione al protagonista di Una regola di vita, nel volume Poesie in prosa di Turgheniev. 20 Cfr. Ludovico Feuerbach cit., pp. 24-27. 21 Nel romanzo Fumo. 22 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, p. 132. 23 Cfr. Ludovico Feuerbach cit., p. 27. 24 Ivi, pp. 77-78. ' 14 * 360 NOTE 23 Cfr. Sul materialismo storico cit., p. 97. 26 Schiacciatoti di pulci. 27 Cfr. Sul materialismo storico cit., pp. 97-98, 28 Ivi, p. 98. 20 Corrispondere o coincidere. 30 Cfr. Antiduhring cit., pp. 52-53. 31 N. Beltov pseudonimo di Plekhanov, che pubblicò sotto questo nome nel 1895 la sua opera Per la questione dello sviluppo della concezione monistica della storia. 82 Cfr. Ludovico Feuerbach cit., p. 27. 33 Cfr. Antiduhring cit., p. 98. 3,4 Ivi, pp. 98-99. 35 Ivi, p. 103. 36 Cfr. Karl Marx, Lettere a Kugelmann, Roma, Edizioni Rinascita, 1950, p. 85. 87 Cfr. Ludovico Feuerbach cit., p. 78. 38 Cfr. Sul materialismo storico cit., p. 98. 30 Cfr. Karl Marx, il Capitale , I, 1, Roma, Edizioni Rinascita, 1951, pd. 244-250. 40 Monarchico ultrareazionario, capo dei centoneri e membro della li Duma. 41 In italiano nel testo russo. 42 Cfr. Antiduhring cit., pp. 27, 28-29 e 45. 43 Cfr. Ludovico Feuerbach cit., pp. 51 e 55. 44 E. Mach, Die Prinzipien der Wàrmelehere. 45 II commento ironico di Lenin c dovuto al fatto che Iusckevic ha usato per il ter- mine «infinito» l’espressione latina seguita dalla desinenza russa. 43 Cfr. Antidiihring cit., p. 53. 47 Ivi, p. 61. 48 Ivi, p. 127. 40 Metafìsica della volontà. 30 PurisckeviCy reazionario di estrema destra, fondatore deH’Unione del popolo russo che sorse nel 1905 e organizzò le bande dei centoneri. 31 Cfr. Ludovico Feuerbach cit., p. 34. 62 Ivi, p. 37. 33 Cfr. Sul materialismo storico cit., p. 96. 34 Die Geschichte und die Wurzel des Satzes von der Erhaltung der Arbeit. 63 Modo di dire tratto dall’opera dello scrittore russo Saltykov-Stcedrin, Uomini di cultura , in cui viene descritto il tipo del liberale confusionario che non sa quello che vuole, « se la Costituzione o il pesce alla maionese ». 33 I cosiddetti « gabinetti neri » presso gli uffici postali avevano il compito di con- trollare la corrispondenza delle persone sospette al governo zarista. Il primo mini- stro Stolypin ne aveva sfacciatamente negato Resistenza. 57 Nozdriov , personaggio di Gogol nelle Anime morte. 38 Cfr. Ludovico Feuerbach cit., p. 33. 50 Ivi, pp. 30-33. 30 Cfr. Lettere a Kugelmann cit., p. 85. 31 Cfr. Ludovico Feuerbach cit., p. 30. 32 Cfr. Antiduhring cit., p. 70. 33 Cfr. Augusto Righi, La moderna teoria dei fenomeni fisici , Bologna, Zanichelli, 1904, p. 121. 34 Ivi, pp. 3-4. 35 Cfr. Karl Marx, Miseria della filosofia , Roma, Edizioni Rinascita, 1949, p. 13. 63 Parafrasi dei versi di Goethe, che Lenin riprende dal romanzo Terra vergine di Turgheniev. 37 Modo di dire russo: Non te la prendere con lo specchio se il tuo naso è storto. NOTE 361 68 Karl Marx, Per la critica dell'economia politica, Roma, Editori Riunii, 1 957 - 60 Cfr. Lettere a Kugelmann cit., p. 125. 70 Nel romanzo Padri e figli. 71 Cfr. Karl Marx, // Capitale , I, I, cit., pp. 20-28. 72 Cfr. Lettere a Kugelmann cit., p. 124-126. 73 Ivi, p. 128. 74 Cfr. Sul materialismo storico cit., pp. 94-96. 75 Personaggi de\V Ispettore generale di Gogol. CRONACA BIOGRAFICA febbraio 1908 - maggio 1909 1908 prima del 12 (25) febbraio il (24) febbraio 12 (2$) febbraio ss (2 4) marzo 3 (16) aprile fra il 6 e il 18 aprile ( 19 aprile 1 * maggio) maggio maggio - prima metà di giugno 18 giugno ( 1° luglio) Lenin comincia a raccogliere materiale per il libro Materiali - imo ed empiriocriticismo. Invia una lettera a Pietroburgo pregando di ritrovargli i tre quaderni sulla filosofia da lui scritti nel 1906, che in uq se- condo tempo aveva pensato di pubblicare con il titolo Note di un marxista di base sulla filosofia. Convoca la redazione del Proletari per discutere la nota de- dicata dalla Neue Zeit alla lotta in seno al POSDR sulle que- stioni filosofiche. La redazione approva all’unanimità il testo della dichiarazione da lui scritta. In una lettera a Gorki espone i suoi dissensi filosofici con Bog- danov, che si erano inaspriti dopo l’uscita della raccolta ma- chista Saggi intorno alla filosofia del marxismo. In un’altra lettera a Gorki esprime un giudizio nettamente ne- gativo sul libro dei machisti e sottolinea la necessiti di lot- tare contro di essi sulle questioni filosofiche. Sempre scrivendo a Gorki, gli comunica di aver preso netta posizione contro la filosofia di Bogdanov, Bazarov e altri nel- l’articolo Marxismo e revisionismo scritto per la raccolta Karl Marx (1818-1883). Dietro invito di Gorki si reca a Capri. Ivi dichiara a Bogda- nov, Bazarov e Lunaciarski di dissentire assolutamente da loro sulle questioni filosofiche. Lavora al British Museum alla stesura di Materialismo ed empi- riocriticismo. Scrive Dieci domande al relatore , per F. Dubrinski (Innokenti) che doveva intervenire alla conferenza di Bogdanov a Ginevra. Scrive a Vorovski, a Odessa, che i dissensi filosofici si sono inaspriti e che nel gruppo di Bogdanov matura la scissione. 366 CRONACA BIOGRAFICA agosto settembre 14 (27) ottobre prima del 4 (17) novembre 27 novembre (io dicembre) fra il 29 novembre e il 1* dicembre (12*14 dicembre ) fine del 1908 inizio del 1909 inizio dell’anno i* (14) febbraio 24 febbraio (9 marzo) febbraio-aprile 100 11 marzo (23 0 24) fra il 29 aprile e il 4 maggio (12 e 17 maggio) 4 (*7) maggio estate A nome della redazione del Proletari esige da Bogdanov un’a- perta esposizione sulla stampa delle sue idee filosofiche e po- litiche. Scrive la prefazione a Materialismo ed empiriocriticismo. In una lettera a A. I. Elizarova le comunica di aver ultimato il suo libro e le chiede un indirizzo sicuro dove inviare il manoscritto. Invia a questo indirizzo Materialismo ed empiriocrìtiasmo y per- ché venga pubblicato legalmente a Mosca. Telegrafa alla sorella di consentire alla pubblicazione del libro presso la casa editrice Zveno , di Mosca. In una lettera alla madre insiste perché nel contratto con l’e- ditore sia inclusa la clausola dell’immediata pubblicazione del libro. Si reca con la Krupskaia da Ginevra a Parigi, dove viene trasferito il Proletari . Rivede le bozze del suo libro. 1909 Tiene una conferenza sulla filosofìa al gruppo bolscevico di Parigi. In una riunione della redazione del Proletari esige che la reda- zione stessa si proclami esplicitamente contro la « costruzio- ne di dio» predicata da Lunaciarski. Scrive alla sorella chiedendo che nella revisione delle bozze non vengano mitigate certe espressioni contro Bogdanov e Lu- naciarski. In varie lettere alla sorella insiste perché venga affrettata la pubblicazione del suo libro. Invia a Mosca V Appendice al primo paragrafo del capitolo quarto. Esce a Mosca Materialismo ed empiriocriticismo. Invia il suo libro a Rosa Luxemburg e la prega di darne no- tizia sulla Neue Zeit. Visita Paul Lafargue e parla con lui del suo libro. INDICI INDICE BIBLIOGRAFICO Adlf.r Friedrich - Die Entdecl^ung der Weltclemente (Zu Ernst Machs 70. Geburtstag [La scoperta degli clementi del mondo (Per il 70. compleanno di Ernst Mach)], in Dcr Kampf, 1908, n. 5, febbraio. Adm-r Friedrich - Prefazione alla traduzione tedesca dell'opera di P. Duhem, La t henne physique, son ohjet et sa structurc (titolo della traduzione tedesca: ZiW nini Sfruttar der physi\alischen Theorien ), Lipsia, 1908. L’ Atmce P/iilosophique t voi. XV (1904): Discussione sulla Meccanica di Mach. Avenarius Richard - Philosophie als Denkjen der Welt gemàss dem Prinzip des \leinsten Kraftmasses. Prole gomena zu eìner Kritip der reinen Erjahrung (La filosofia come pensiero del mondo secondo il principio del minor consumo di forza. Prolegomeni ad una critica dell'esperienza pura), Lipsia, 1876. 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P., . 265- Avenarius R., 19 n., 23-25, 35, 37, 39, 45-47» 49» 50» 52-54, 56-60, 61 n., 62-69, 71-78, 81-91, 109, 110, 112, 122-125, 133, 141-150, 154, 156, 158, 160, 163, 166, 184, 185, 187, 19 1 - 1 94, ^96, 197, 201-207, 208 n., 209-211, 213-215, 218-221, 234, 238, 244, 309- 3M» 324. 333» 335» 336» 338'34i. 346» 351» 353» 354- Axelrod L. J. (Orthodox), 108, 317* Baumann 189. Bax E. Belfort, 146 n. Bazar ov, 327. Bazarov V. pseud. di Rudnev V. A., 15, 19, 20, 22, 70, 78-83, 95, 103, 104, 106-114, 137, 166, 180, 1 8 1 , 194» 208, 209, 211, 214, 228, 233, 277, 318, 319» 325» 326, 338. Bebel A., 209. Becher E., 189, 284 n., 285 n. Becquerel H., 245. Becquerel J., 279. Beesly E. S., 332 n. Beltov vedi Plekhanov. Bentley J. M., 180 n. Berkeley G., 20-30, 32, 34» 35» 39*42» 44, 49, 61-63, 6^» 67» 80, 82, 89, 101, 104, no, 115, 118, 123, 180, 189, 191» 193» 194» 196-199, 201, 203 205, 207, 209, 210, 218, 219, 23^, 242, 291, 305. 347» 351. Berman J. A., 15, 95, 187, 303, 325. Bernstein E., 199. Biedermann A. E., 209. Bismarck O., 136. Blei F., 309-314, 316. Bobcmskj , 344 . Bogdanov A. pseud. di Malinovski A. A., 12, 15» 17» 19» 24, 45, 47. 48» 54. 57» 63, 85-87, 90-92, 95, 108, 118-122, 128-130, 132, 133, 137-139» M3. 146, 150, 164, 165, 182, 183, 185, 194, 208, 215, 218-227, 2 33» 234. 257, 258, 263-269, 272, 276, 277, 281, 282, 295, 297» 298, 317323. 325» 326, 330, 336 n., 340. Bolin W., 81 n., 198. Boltzmann L., 93, 258, 281-283, 284 n., 292. Boyle R., 13 1. Brunetière F., 299. Biichner L., 44, 234, 236, 238, 260, 285 n., 294, 324, 325, 327 n., 332. Bulgakov S. N., 343. Carnot N.-L.-S., 299. Carstanjen F., 63, 144, 148-150. Cartesio R., 33. Carus P., 220, 221, 226, 268, 338. Cernov V. M., 19, 95-101, 103, 108, 113, 125, 130 n., 133, 182, 188, 201, 208, 211, 309. Cernyscevski N. G., 353*355- Chateaubriand F.-R-, 199- Chwolson O. D., 343* Clausius R., 299. Clifford W. K., 219. Cohen H., 97, 277-280, 287, 293, 302. 378 INDICE DEI NOMI Comte A., 202, 331, 33 2 ' n * Condillac E.-B., 332. Cornclius H., 214-216, 219, 226, 338. Cornu M.-A., 291 n., 292 n. Couwelacrt F. van, 45, 57, 145- D'Alembert, Jean le Rond, 32-34. Darwin C. R., 243, 323. Daugc P. G., 242-244. Dclacroix H., 203. Democrito, 126, 347, 348. Diderot D., 32-35, 43-45> II0 » I2 3- Dietzgen E., 116, 242-244. Dictzgcn J., 19, 113, 114, 116-118, 131, *32. 135. 153» 154. i5 8 . 170. 2o6, 2 34. 237-244, 255, 260, 261, 277, 325, 334-336, 338, 339- Diner-Dénes J*., 245, 246. Dixon E. T., 92. Dobcinsk }> 344. Duhem P., 49, 252, 274, 297, 303-306, 336 n. Diihring E., 38, 39, 73, 128, T29, 131, 169-174, 182, 199, 224, 234, 236-238, 324-328, 332. Engels F., zi, 12, 15, 16, 19, 29, 30, 38, 39, 44, 45, 49, 52, 57, 60, 61 n„ 63, 73, 80, 83, 84, 88, 95-114, 118, 119, 123-125, 128-135, 138, 143 144, 148, 152, 153, 155, 156, 158, 159, 162, 163, 169, 171-173, 179-186, 194, 198-204, 222, 224, 228, 234-238, 241, 242, 244-246, 248, 250. 256-258, 260, 264, 288, 292 n., 303, 304, 309-3 11, 313, 3i4. 324, 325, 327 n-, 328, 330- 333, 338-340, 35i. 354, 355- Eulogio, 136. Ewald O. pseud. di Friedlànder, 58, 70, 88, 91. Faraday M., 291 n. Fcchner G. T-, 332. Ferri E., 321. Feuerbach L., 19, 45, 49, 80-84, 95, 97* 101, 102, 113-116, 118, 127, 134, 138, 150-152, 155, *56, 159, 164, 171, 173, 197, 198, 201, 203, 227, 230, 231, 235, 23 B» 298, 324, 331, 333, 338, 339, 353, 355- Fichte J. G., 65-67, 69, 74, 78, 91, 137, 138, 141» 146, 149, 192-194, 196, 198, 206, 210, 211, 223, 225, 227, 291. Fischer K., 194. Fournière E., 200. Franck A., 127. Frank Ph., 162. Fraser A. Campbell, 20 n., 26 29. Friedlander vedi Ewald. Gogol N., 58, 242. Goring K., 97. Grassmann H. G., 167, 168. Griin K., 81 n., 198, 331, Giinthcr S., 281. HacckcI E., 43, 92, 170, 221, 243, 269, 294, 340, 342-346, 348, 349- Hartmann E. von, 62, 279-281, 287, 344. Haym R„ 81, 150. Hegel G. F, W., 70, 81, 91. 97, 124, 133, 184, 187, 188, 222, 223, 227, 243, 331-333* 354- Hcinze M., 189. Helfond O. I., 15, 154, 238, 325. Helmholtz H., 227-234, 252. 258, 284 n. Herìnc E., 182. Hertz H., 213, 232, 258, 278, 279, 291, 292, 294. Heyfeldcr V., 229. Hibben J. G., 266. Hbchberg K., 199, Holbach P., 234. Hònigswald R., 19 n., 91, 168. Houllevìgnc L., 253. Hume D., n, 29-32, 49, 62, 63, 96, 97* 99-101, 103-105, 107, no, 112, 113, 123, 124, 133, 134* 137* ! 49» ^52* 155* 156, 158, 161-163, 179, 182, 191, 192* 194, 196, 198, 200-205, 207, 209, 215, 235* 242, 290, 305, 331, 333- Huxlcy T. H., 32, 88, 105, 204, 205, 230, 332 n., 333. Iusckevic P, S., 12, 15, 19, 27, 58, 59* 62, 66, 95, 146, 161-164, 169, 17° 194, 201-203, 226, 245, 257, 258, 267, 269, 277, 286, 297, 325, 326, 340, 35i. James W., 336 n. Jaurès J., 200. Jerusalem W., 91, 146, 243- Jodl F., Bi n. Joule J. Prescott, 299. INDICE DEI NOMI 379 Kant I., 23, 29, 70, 78, 79, 91, 97' 1 ® 0 * 103, 107, 108, 112, 113, 115, 1 1 7» 123, 124, 133, 134, 137. *49» *5*« 155. 158, 162-164, 168, 174, 179» l8 °* 189, 191-203, 207, 210, 217, 218, 220, 227, 230, 234, 237, 242, 298, 33*. 333. 35*. 353. 354« Kautsky K., 97, 200, 244. KirchhofT G. R., 167, 168, 252, 258, 273. Klcinpctcr H., 91, 189, 203, 216-221, 226, 231-233, 252, 278, 346, 347- Knox H. V., 219. Kugelmann L., 132, 241, 323, 331. Laas E., 97, 203, 207. Lafargue P., 199, 200, 244. Lagrange J.-L., 292. Langc F. A., 97, 199, 203, 207, 277, 298, 299, 302, 321-323, 332. Langcvin P., 255 n., 258. Larmor J„ 252, 258. Lavoisier A.-L.,247. Leclair A. von, 67, 176, 196, 205, 206, 208-211, 225, 226, 229, 231, 236-238, 243. 339. 342. Lenin V. I., 12, 17, 97 n. Le Roy E., 285-287. Lesevic V., 53, 188, 203, 206, 314, Lévy A,, 102, 103. Liebig J., 261. Liebknecht W., 10$. Liebmann O-, 97. Locke J., 26 n., 123. Lodge O., 91, 92, 255 n., 276, 343. Lopatin L. M., 293-295, 297, 337, 346. Lorentz H. A., 252, 258. Lucka E., 91, 162, 163 n., 189. Lunaciarski A. V., 15, 16, 75, 76, 183, 184, 277, 325, 337-339, 343. Mach E., 12, 19, 2o, 23, 2 j, 31, 35, 37* 45, 48-50, 51 n., 53-65, 68, 70, 7*. 73*75» 77. 83, 84, 87, 89-93, i°°* 103, 105, 106, 108-110, 112, 122-126, 133-138, 142, 143, 146, 147, i55-*58, *6o, 162, 163, 166-169, *7*» *73' 184, 187-189, 191, 192, 196, 197, 201-216, 218-221, 225, 227, 231-234, 236-238, 241-244, 249, 251, 252, 260, 263, 2 66, 274, 277» 278, 282-285, 287 -292, 296-298, 300, 303-305. 3**. 3*3. 316. 324 . 333 . 335-342, 344, 346 , 348, 351 , 353 . 354 - Malinovski vedi Bogdanov. Malon B., 199. Marx K., 15, 16, 38, 45, 49, 50, 52, 80, 96, 101-103, 114, 132-135, 138, 139, 144, 155, 156, 159, 166, 169, 181, 186, 187, 194, 198-201, 2i2, 234-238, 241, 244, 248, 257, 258, 264, 292, 302, 303, 3<>9*3*4. 317*3*9. 3 22 "3 2 5> 3 2 8-333. 336. 338-340, 35*. 355 Maxwell J. C., 252, 258, 291 n., 292. Mayer ]. R., 299. Mehring F., 16, 244, 348, 349 n. Menger A., 316 n. Menscikov M. O., 69, 126, 208, 209. Mercier L.-S., 199. Mikhailovski N. K., 201, 202, 321 Mill J. Stuart, 105, 106, 142, 264, 290, Moleschott J., 44, 45, 234, 324. Morgan C. Lloyd, 43, 179, 180, Miiller ]., 298. Napoleone I, 128, 129, 133, 139, 178. Nevski V. I., 17. Newton I., 248, 299. Nozdriov , 219. Orthodox vedi Axelrod. Ostwald W., 48, 56, 164, 220, 226, 227, 249, 263, 265-268, 282, 291 n., 327 n., 336, 337- Paulsen F., 343. Pearson K., 49, 88, 89, 92, 142, 143, 157, 158, 179-181, 203, 209, 219, 254, 263, 274, 278, 297, 300, 336 n. Pellat H., 255. Partisela, 58, 242. Petzoldt J„ 12, 24, 39, 53, 59, 63, 72, 74-78, 81, 90 n., 125, 133, 144, 148, 158- l6l, l68, 170, 171, 184, 187, 302, 203, 206, 209, 21 1 , 2IJ, 219, 244, 3*4 3*6, 338, 339, 341, 344, 346, Pillon F., 31, 208, 226. Pirrone, 137, 200. Platone, 81 , 126. Plekhanov G. V. (Beltov), 19, 20, 22, 54, 78-80, 83, 95, 96, 98, 101, 106, 108, 112, 118-120, 137, 138, 143, 148, 149 n., 150, 194, 227, 228, 233, 234, 244, 246, 348 n. Poincaré H., 27, 49, iói, 162, 179, 247, 38° INDICE DEI NOMI 248, 251, 252, 258, 269, 273, 274, 277, 285-287, 290-292, 297, 300( 303i ^3 0 4 , 336, 337- Poincaré L., 292 n. Popper J., 316 n. Poynting J. H., 269, 274. Purisckevic V. M., 195. Rakhmetov N. pseud. di Blum O., 12, 226. Ramsay W., 306 n. Rappoport C„ 199, 200. Rau A., 198, 199, 230, 231, 353, Rehmke J., 67, 176, 197, 205, 206, 208- 2io, 223, 272, 298, 342, 343. Renouvier C. 31, 204, 207-209, 226. Rey A., 248-253, 255, 258, 260, 280, 287-293, 299, 300, 302, 305. Ricardo D., 311. Riehl A., 97, 145, 203, 207. Righi A., 253, 255 n., 257, 258- Robespierre M., 199. Rodier G., 219. Riicker A. W., 268-272, 274. Rudnev vedi Bazarov. Ryle R. J„ 180. Schelling F. W. J., 91, 331, 354. Scisckin N. I., 293-296. Schmidt H., 343 n, Schopenhauer A., 203, 223. Schubert-Soldern R», 67, 73, 82, 176, 205-207, 209-213, 226, 243, 318-320, 339» 342. Schulze G., Schulze-Ànesidemus, 137, 138, 182, 192-194, 196, Schuppe W., 12, 67, 69, 70, 75, 82 109, 176, 205-207, 209-211, 214, 218, 223, 225, 237, 318, 339. 348. Schwegler F. K. A,, 127. Senior W. Nassau, 135. Sesto Empirico, 137. Smith N. Kcmp, 67, 68 n., 69, 88, 146. Snyder C., 346, 347. Socrate, 81. Soloviov V. S., 298, Sorel G., 287. Spencer H., 202, 220 n., 321. Stallo J. B., 303, 304. Starcke C. N., 202, 203. Stolypin P. A., 216. Struve P. B., 69, 208, 339. Suvorov S. A., 15, 325-329. Talete, 277. Thomson J. J., 255 n. Thompson W., lord Kelvin, 252, 258. Purgheniev I., 85, 97! 327* Ùberweg F., 1 89. Valentinov N. V., 12, 15, 19, 35, 82, 95, 146, 150, 182, 194» 208, 211, 226, 234, 241, 242, 253, 254, 257, 297. Vaubel J. W., 283. Vernadski V. I., 294. Verworn M., 219. Vogt K., 44, 234, 324. Volkmann P., 163. Voroscilov , 97, 101, 102, 113, 182, 201, 203, 286. Ward J., 88, 169, 205, 268, 269, 271- 277, 280, 284, 287, 293, 336, 337» 339- . n Willy R., 45, 46 n., 57» 71» 72 76-78, 81, 82, 90, 161, 206, 207, 341, 346, 347- Windelband W., 203- Woltmann L., 321. Wundt W., 58-60, 62, 63, 66, 67, 72, 87-89, 145. 14*. M 9 - « 56 . '68. “3, 204, 21 1. Zeeman P„ 284. Ziehen T., 218, 219, 226. INDICE DEL VOLUME Nota dell'editore 5 1908 DIECI DOMANDE AL RELATORE 9 MATERIALISMO ED EMPIRIOCRITICISMO 13 Prefazione alla prima edizione 15 Prefazione alla seconda edizione 17 in luogo d'introduzione 19 Capitolo I. La teoria della conoscenza neirempiriocriticismo e nel ma- terialismo dialettico. I. 37 1. Le sensazioni e i complessi di sensazioni, p. 37 — 2. « La scoperta degli elementi del mondo», p. 50 — 3. La coordi- nazione fondamentale e il « realismo ingenuo », p. 64 — 4. Esisteva la natura prima delPuomo?, p. 71 — 5. L’uomo pensa col cervello?, p. 83 — 6. Del solipsismo di Mach e di Avenarius, p. 90 . Capitolo II. La teoria della conoscenza nellempiriocriticismo e nel ma- terialismo dialettico. IL 95 1. La «cosa in sé», ovvero V. Cernov confuta Friedrich Engels, p. 95 — 2. Del « transcensus », ovvero V. Bazarov 3 8 4 INDICE DEL VOLUME « rielabora * Engels, p. 103 — 3. L. Feuerbach e J. Dietzgen sulla cosa in sé, p. 114 — 4. Esiste una verità obiettiva?, p. 119 — 5. La verità assoluta e la verità relativa, ovvero l’eclettismo di Engels scoperto da A. Bogdanov, p. 128 — 6. Il criterio della pratica nella teoria della conoscenza, P- I 34 - Capitolo IH. La teoria della conoscenza neirempiriocriticismo e nel ma- terialismo dialettico. III. 14 1 1. Che cose la materia? Che cos e l’esperienza? p. 141 — 2. L’errore di Plekhanov intorno al concetto di « esperien- za», p. 148 — 3. Della causalità e della necessità nella na- tura, p. 150 — 4. Il « principio dell’economia del pensiero » e la questione dell’* unità del mondo », p. 166 — 5. Spazio e tempo, p. 171 — 6. Libertà e necessità, p. 183. Capitolo IV . I filosofi idealisti commilitoni e successori dell’empiriocri- ticismo 191 1. La critica del kantismo da sinistra e da destra, p. 191 — 2. Come F * empiriosimbolista » Iusckevic si è burlato del- 1 ’ « empiriocriticista » Cernov, p. 201 — 3. Gli immanenti- sti come commilitoni di Mach e Avenarius, p. 205 — 4. In che direzione si sviluppa l’empiriocriticismo? p. 213 — 5. L’ opMaT 60 x 86/, ^ ByM. ji. 12 Va IIch. ji. 23,28 Vi. ma. Ji 24.68. Hm N" 20330. 3axin 155 UeHa l p. 09 k. Tapa* 5100 HiaaTCJibCTBa «riporpecc» TocyjiapcTBeHHoro KOMMTeTa CoBeTa Minine i poB CCCP no jieJiaM MiaaTCJibCT b. nojiHrpa<}iHH h khh/Khoh ropi objih Mockbu T-21. 3yj5oBCKMii 6y;ibBap, 21 flpocJiaBCKMii n0JlHrpa$KOM6MiiaT «Cotoino uh ipat^ilpoMa» upii rocyaapci- BC H H OM KOMHTCTfi CoBeTa MHHHCipO» CCCP no JlCJiaM HdJlilTCJl bCTB. UOJ1H- rpu