Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin, Joseph Stalin, Enver Hoxha
5 Classics of Marxism
Comintern (Stalinist-Hoxhaists)
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Georgian Section
www.joseph-stalin.net
SHMG Press
Karl Marx Press of thè Georgian section of
Comintern (SH) - Stalinist-Hoxhaists Movement of Georgia
OPERE
V. I. LENIN
Opere complete
XIII
luglio 1907 - marzo 1908
1965 - Editori Riuniti - Roma
I edizione: marzo 1965
Traduzione di Ivo Solfrini
Proprietà letteraria riservata della S.p.A. Editori Riuniti
Via dei Frentani, 4 e, Poma
NOTA DELL'EDITORE
Gli scritti raccolti in questo tredicesimo volume delle Opere di
Lenin abbracciano il periodo che va dal giugno 1907 alVaprile 1908 .
Negli articoli Contro il boicottaggio. Note di un pubblicista, Rivo-
luzione e controrivoluzione. La terza Duma, Note politiche, e La nuova
politica agraria, Lenin analizza la situazione in Russia dopo la sconfitta
della prima rivoluzione e indica i compiti che il partito deve affrontare
nell'imminente periodo di reazione. In questi e nei successivi discorsi
alla Conferenza di Pietroburgo e alla Conferenza del POSDR di tutta
la Russia Lenin enuncia altresì i principi della tattica che t deputati
socialdemocratici dovranno seguire alla Duma nella nuova situazione .
Nel volume sono compresi due tra i più importanti scritti di Lenin
sulla questione agraria , e cioè La questione agraria e i « critici di Marx »
(capitoli X-XII) e II programma operaio della socialdemocrazia nella
prima rivoluzione russa del 1905-1907.
Il tredicesimo volume contiene pure la Prefazione alla prima rac-
colta di opere di Lenin , Dodici anni (in tre volumi ), che non potè essere
pubblicata integralmente a causa delle persecuzioni della censura zarista.
La prefazione traccia la storia della battaglia condotta da Lenin contro
gli oppositori alla sua linea rivoluzionaria marxista nella politica della
socialdemocrazia russa, Importante è pure in questo volume l'articolo
Neutralità dei sindacati, in cui Lenin critica Plekhanov e i menscevichi,
come fautori di un orientamento del movimento operaio russo in senso
tradunionistico. Un'analoga lotta Lenin conduce in campo internazionale,
come risulta dai due articoli pubblicati sotto il medesimo titolo: Il con-
gresso internazionale socialista di Stoccarda.
Compaiono per la prima velia nella raccolta delle opere i seguenti
scritti : il progetto di risoluzione per la Terza conferenza del POSDR
(« Seconda conferenza di tutta la Russia ») sulla questione della parte-
cipazione alle elezioni della terza Duma , /'Abbozzo di un progetto di
risoluzione sul Congresso dei sindacati di tutta la Russia, la nota su
Un articolo di Plekhanov, la Dichiarazione della redazione del « Pro-
letari e la Prefazione all’opuscolo di Voinov (A. V. Lunaciarski)
sull’atteggiamento del partito verso i sindacati.
luglio 1907 - marzo 1908
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
(Dalle note di un pubblicista socialdemocratico)
Scritto il 26 giugno (9 luglio) 1907.
Pubblicato nel 1907 nelPopu scolo ; '
Il boicottaggio della Terza Duma, Mosca.
Firmato: N. Lenin ,
Il congresso dei maestri tenutosi recentemente 1 e nel quale la
maggioranza era influenzata dai socialisti-rivoluzionari, ha votato, con
la diretta partecipazione di un rappresentante in vista del partito so-
cialista-rivoluzionario, una risoluzione sul boicottaggio della terza Duma.
I maestri socialdemocratici, assieme al rappresentante del POSDR, si
sono astenuti dal voto, ritenendo che una questione del genere doves-
se essere decisa in un congresso o in una conferenza di partito, e non
in un’associazione politico-professionale apartitica.
La questione del boicottaggio della terza Duma si presenta quin-
di sulla scena come una questione attuale della tattica rivoluzionaria.
Benché non si disponga ancora né di deliberazioni ufficiali del partito
socialista-rivoluzionario né di documenti apparsi sulla stampa prove-
nienti dal suo ambiente, si può dire che questo partito, a giudicare dal-
l’intervento del suo rappresentante al detto congresso, ha già deciso
la questione. Tra i socialdemocratici la questione è stata posta e viene
discussa.
Con quali argomenti i socialisti-rivoluzionari difendono dunque
la loro decisione? La risoluzione del congresso dei maestri parla so-
stanzialmente della totale inutilità della terza Duma, del carattere rea-
zionario e controrivoluzionario del governo che ha compiuto il colpo
di Stato del 3 giugno 2 , del carattere feudale della nuova legge eletto-
rale, ecc. ecc. *. L’argomentazione è costruita in modo da dare per
* Ecco il testo di questa risoluzione: «Considerando: 1) che la nuova legge
elettorale, in base alla quale viene convocata la terza Duma, priva le masse lavo-
ratrici persino della modesta parte di diritti elettorali di cui sinora fruivano e
la cui conquista è costata loro tanto cara; 2) che questa legge rappresenta un'aperta
e grossolana falsificazione della volontà popolare a vantaggio degli strati più rea-
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LENIN
scontato che dal carattere ultrareazionario della terza Duma scaturisca
di per sé la necessità e là legittimità di un mezzo di lotta, o di una
parola d’ordine, come il boicottaggio. Ogni socialdemocratico rimarrà
colpito dalla lacunosità di un simile ragionamento, giacché qui non
vengono assolutamente prese in esame le condizioni storiche in cui il
boicottaggio è applicabile. Il socialdemocratico, che poggia sul terreno
del marxismo, deduce la necessità del boicottaggio non dal carattere
piu o meno reazionario di questa o quell’istituzione, ma dall’esistenza
di speciali condizioni di lotta che, come oggi ha già dimostrato anche
l’esperienza della rivoluzione russa, rendono applicabile quel mezzo
originale che si chiama boicottaggio. Di chi si metterà a ragionare sul
boicottaggio senza tener conto dell’esperienza dei due anni della no-
stra rivoluzione, senza riflettere su questa esperienza, bisognerà dire
che ha dimenticato molto e non ha imparato nulla. E noi cominceremo
appunto il nostro esame della questione del boicottaggio tentando di
analizzare quest’esperienza.
I
Una grandissima esperienza della nostra rivoluzione nell’applica-
zione del boicottaggio fu senza dubbio il boicottaggio della Duma di
Bulyghin*. Questo boicottaggio fu inoltre coronato dal piu completo
e immediato successo, 11 nostro primo compito dev’essere perciò l’esame
delle condizioni storiche in cui avvenne il boicottaggio della Duma
di Bulygbin.
Esaminando la questione balzano subito in primo piano due cir-
costanze. In primo luogo, il boicottaggio della Duma di Bulyghin fu
una lotta contro il passaggio (sia pure temporaneo) della nostra rivo*
zionari e privilegiati della popolazione; 3) che la terza legislatura della Duma, per
il modo in cui questa verrà eletta e per la sua composizione, sarà frutto del colpo
di Stato reazionario; 4) che il governo si varrà della partecipazione delle masse
popolari alle elezioni allo scopo di dare a questa stessa partecipazione il valore
di sanzione popolare del colpo di Stato, il IV Congresso ddlTJnione di tutta la
Russia dei maestri e degli uomini dediti all’istruzione pubblica delibera: 1) di
rifiutarsi di avere qualsiasi contatto con la terza legislatura della Duma e i suoi
organi; 2) di non partecipare, in quanto organizzazione, né direttamente né indi-
rettamente alle elezioni; 3) di divulgare, quale organizzazione, Fopinione sulla
terza Duma e sulle elezioni che viene espressa nella presente risoluzione ».
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
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luzione sulla via della Costituzione monarchica, In secondo luogo, esso
avvenne in una situazione in cui l’ascesa rivoluzionaria era generale, la
piu ampia, vigorosa e rapida.
Soffermiamoci sulla prima circostanza. Ogni boicottaggio è una
lotta non sul terreno di un determinato istituto, ma contro il sorgere
o, parlando in termini un po’ più ampi, contro la costituzione di un
determinato istituto. Perciò colui che, come Plekhanov e molti altri
menscevichi, lottò contro il boicottaggio con ragionamenti generali
sulla necessità per il marxista di utilizzare gli istituti rappresentativi,
dette unicamente prova di un ridicolo dottrinarismo. Ragionare cosi
voleva dire eludere la sostanza della questione controversa rimastican-
do verità incontestabili. È incontestabile che il marxista deve utilizzare
gli istituti rappresentativi. Ma ne scaturisce forse che il marxista non
può, in determinate condizioni, essere per la lotta non sul terreno di
un determinato istituto, ma contro la sua costituzione? No, giacché
questo, ragionamento generale si riferisce soltanto ai casi in cui non
c’è posto per la lotta contro il sorgere di un simile istituto. La discu-
tibilità della questione del boicottaggio, invece, consiste appunto nel
sapere se ci sia o no posto per la lotta contro lo stesso sorgere di si-
mili istituti. Coi loro argomenti contro il boicottaggio Plekhanov e
soci hanno rivelato di non comprendere la stessa impostazione del
problema.
Proseguiamo. Se ogni boicottaggio è una lotta non sul terreno di
un determinato istituto, ma contro la sua costituzione, il boicottaggio
della Duma di Bulyghin fu oltre a ciò una lotta contro l’instaurazione
di tutto il sistema di istituzioni di tipo monarchico-costituzionale. Il
1905 dimostrò all’evidenza che esiste la possibilità di una lotta di
massa immediata sotto forma di scioperi generali (ondata di scioperi
dopo il 9 gennaio) e di rivolte militari (la « Potiomkin »). La lotta ri-
voluzionaria immediata delle masse era quindi un fatto. D’altra parte,
era un fatto anche la legge del 6 agosto, che cercava di far deviare il
movimento dalla via rivoluzionaria (nel senso più immediato e stretto
della parola) per porlo sulla via della Costituzione monarchica. La
lotta fra l’una e l’altra via, fra la via della lotta rivoluzionaria imme-
diata delle masse e la via della Costituzione monarchica, era oggetti-
vamente inevitabile. Bisognava, per cosi dire, scegliere la via che lo
sviluppo della rivoluzione doveva seguire nell’immediato futuro, e
14
LENIN
questa scelta veniva decisa, naturalmente, non dalla volontà di questi
o quei gruppi, ma dalla forza delle classi rivoluzionarie e controrivo-
luzionarie. La forza, poi, la si poteva misurare e provare solo nella
lotta. La parola d’ordine del boicottaggio della Duma di Bulyghin era
appunto la parola d’ordine della lotta in favore della via della lotta
rivoluzionaria immediata contro la via monarchico-costituzionale. An-
che su quest’ultima via, naturalmente, era possibile lottare, e non solo
era possibile, ma inevitabile. Anche sul terreno della Costituzione mo-
narchica è possibile la continuazione della rivoluzione e la prepara-
zione di una sua nuova ascesa; anche sul terreno della Costituzione mo-
narchie? è possibile e obbligatoria la lotta della socialdemocrazia ri-
voluzionaria: questa verità elementare, che con tanto zelo e cosi a
sproposito veniva nel 1905 dimostrata da Axelrod e Plekhanov, resta
una verità \ Ma la questione posta allora storicamente non era quella:
Axelrod o Plekhanov ragionavano « fuori tema », o, in altre parole,
sostituivano alla questione sottoposta dalla storia alla decisione delle
parti in lotta una questione tratta dall’ultima edizione di un manuale
socialdemocratico tedesco. La lotta per la scelta della via che la lotta
doveva seguire neirimmediato futuro era storicamente ineluttabile. Il
vecchio potere avrebbe convocato la prima istituzione rappresentativa
della Russia, facendo cosi deviare per un certo tempo (forse brevissi-
mo, forse relativamente lungo) la rivoluzione verso la via della Costi-
tuzione monarchica, oppure il popolo, col suo attacco diretto, avrebbe
travolto — e nel peggiore dei casi scosso — il vecchio potere, gli
avrebbe tolto la possibilità di far deviare la rivoluzione verso la via
della Costituzione monarchica e avrebbe assicurato (ancora una volta
per un tempo più o meno lungo) la via della lotta rivoluzionaria imme-
diata delle masse? Ecco quale problema, non notato a suo tempo da
Àxeirod e Plekhanov, si pose storicamente alle classi rivoluzionarie
della Russia nell’autunno del 1905. La propaganda del boicottaggio at-
tivo da parte della socialdemocrazia fu appunto una forma di imposta-
zione di tale problema, la forma della sua impostazione cosciente da
parte del partito del proletariato, la parola d’ordine della lotta per la
scelta della via che la lotta doveva seguire.
I propagandisti del boicottaggio attivo, i bolscevichi, compresero
in maniera giusta la questione oggettivamente posta dalla storia. La
lotta deH’ottobre-dicembre 1905 fu in realtà una lotta per la scelta
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
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della via che la lotta doveva seguire. Questa lotta procedette con al-
terna fortuna: dapprima ebbe la meglio il popolo rivoluzionario, il
quale tolse al vecchio potere la possibilità di far deviare immediata-
mente la rivoluzione ponendola sui binari della Costituzione monar-
chica e creò, al posto di istituzioni rappresentative di tipo liberale
poliziesco, istituzioni rappresentative di tipo puramente rivoluzionario,
i soviet dei deputati degli operai, ecc. Il periodo deirottobre-dicembre
fu il periodo della massima libertà, del massimo spirito d’iniziativa
delle masse, della massima ampiezza e rapidità del movimento ope-
raio su un terreno che l’attacco del popolo aveva ripulito dalle isti-
tuzioni, dalle leggi, dalle pastoie monarchiche costituzionali, su un ter-
reno di « interpotere », quando il vecchio potere era ormai indebolito
e il nuovo potere rivoluzionario del popolo (i soviet dei deputati degli
operai, dei contadini, dei soldati, ecc.) non era ancora sufficientemente
forte per sostituirlo completamente. La lotta del dicembre decise la
questione in un altro senso: avendo respinto l’attacco del popolo, aven-
do tenuto la posizione, il vecchio potere vinse. Ma, è ovvio, non c’era-
no allora ancora motivi sufficienti per considerare questa vittoria una
vittoria decisiva. L’insurrezione del dicembre 1905 ebbe la sua conti-
nuazione sotto forma di tutta una serie di insurrezioni militari e di
scioperi isolati e parziali dell’estate del 1906. La parola d’ordine del
boicottaggio della Duma di Witte 5 fu la parola d’ordine della lotta
per la centralizzazione e la generalizzazione di queste insurrezioni.
La prima conclusione che scaturisce quindi dall’esame dell’espe-
rienza fatta dalla rivoluzione russa con il boicottaggio della Duma di
Bulyghin è che il sostrato oggettivo di quel boicottaggio era la lotta,
posta all’ordine del giorno dalla storia, per la forma dello sviluppo
nell’immediato futuro, la lotta per decidere a chi sarebbe toccato di
convocare la prima assemblea rappresentativa della Russia, se al vec-
chio potere oppure a uno nuovo, a un potere sorto per libera iniziativa
del popolo, la lotta per la via direttamente rivoluzionaria o (per un
certo tempo) per quella della Costituzione monarchica.
In relazione a ciò si pone la questione, affiorata spesso nella pub-
blicistica e che continuamente riaffiora nella discussione del tema in
esame, della semplicità, chiarezza e « rigidità » della parola d’ordine
del boicottaggio, nonché quella della via di sviluppo diretta oppure a
zigzag. Il rovesciamento immediato, o, nel peggiore dei casi, l’indebo-
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LENIN
lìmento, la debilitazione del vecchio potere, la creazione immediata da
parte del popolo di nuovi organi del potere, tutto questo è indubbia-
mente la via più diretta , più vantaggiosa per il popolo, ma che richie-
de però anche il massimo di forza. Con una schiacciante preponderanza
delle forze si può vincere anche con un attacco frontale diretto. Se le
forze non sono sufficienti, si può ricorrere anche alle vie traverse, ai
temporeggiamenti, agli zigzag, ai ripiegamenti, ecc. ecc. La via della
Costituzione monarchica, naturalmente, non esclude ancora in nessun
modo la rivoluzione, della quale anzi persino prepara e sviluppa indi-
rettamente gli elementi, ma è una via più lunga, a zigzag.
Tutta la letteratura menscevica, specialmente del 1905 (prima
deirottobre), è attraversata come da un filo rosso dall’accusa contro
i bolscevichi di « rigidità », da sermoni edificanti loro rivolti, i quali
ammoniscono che bisogna tener conto della via a zigzag per la quale
la storia procede. Questa caratteristica della letteratura menscevica è
anch’essa un esempio di ragionamenti del tipo: i cavalli mangiano
l’avena e il Volga sbocca nel Mar Caspio, ragionamenti che, rimasti-
cando ciò che è indiscutibile, offuscano la sostanza di ciò che è discuti-
bile. Che la storia proceda abitualmente per una via a zigzag e che il
marxista debba sapere tener conto dei complicati e bizzarri zigzag del-
la storia è indiscutibile. Ma questa indiscutibile rimasticatura non ha
assolutamente niente a che vedere con la questione: come deve com-
portarsi il marxista quando la stessa storia sottopone alla decisione
delle forze in lotta la questione della scelta della via diretta o a zigzag?
Nei momenti o nei periodi in cui ciò avviene, cavarsela con ragiona-
menti sull’abituale procedere a zigzag della storia significa appunto
trasformarsi in uomini chiusi in un astuccio 8 e sprofondarsi nella me-
ditazione della verità che i cavalli mangiano l’avena. E ì periodi rivo-
luzionari sono per lo più precisamente periodi della storia nei quali
in limiti di tempo relativamente brevi l’urto delle forze sociali in lotta
decide, in un paese, la scelta fra la via di sviluppo diretta o quella a
zigzag per un tempo relativamente molto lungo. La necessità di tener
conto della via a zigzag non elimina in alcun modo il fatto che i mar-
xisti devono saper spiegare alle masse, nei momenti decisivi della loro
storia, che è preferibile la via diretta, devono saper aiutare le masse
nella lotta per la scelta della via diretta, lanciare le parole d’ordine di
tale lotta, e cosi via. E solo degli incorreggibili filistei e dei pedanti
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
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assolutamente ottusi potrebbero, dopo la fine di battaglie storiche de-
cisive che hanno determinato la via a zigzag invece di quella diretta,
schernire coloro che sino alla fine hanno lottato per la via diretta. Ciò
assomiglierebbe allo scherno degli storici burocratico-polizieschi te-
deschi del tipo di Treitschke sulle parole d'ordine rivoluzionarie e sul-
la rigidità rivoluzionaria di Marx nel 1848.
L'atteggiamento del marxismo verso la via a zigzag della storia è
sostanzialmente analogo al suo atteggiamento verso i compromessi.
Ogni svolta a zigzag della storia è un compromesso, un compromesso
fra il vecchio, ormai insufficientemente forte per negare completamen-
te il nuovo, e il nuovo, ancora insufficientemente forte per abbattere
completamente il vecchio. Il marxismo non respinge categoricamente i
compromessi, ritiene necessario valersene, ma ciò non esclude minima-
mente che, quale forza storica viva e operante, il marxismo lotti con
tutta la sua energia contro i compromessi. Chi non riesce ad assimi-
lare quest 'apparente contraddizione non conosce l'abbiccì del marxismo.
Engels espresse una volta, in maniera straordinariamente perspi-
cua, chiara e concisa Patteggiamento del marxismo verso i compro-
messi, e precisamente in un articolo sul manifesto degli esuli blan-
quisti della Comune (1874)*. I blanquisti esuli della Comune scrive-
vano nel loro manifesto che essi non ammettevano nessun compro-
messo. Engels derise questo manifesto. Non si tratta, egli diceva, di
rinunciare a valersi dei compromessi ai quali ci condannano le circo-
stanze (o ai quali le circostanze ci costringono: devo scusarmi col let-
tore di dover citare a memoria, non avendo la possibilità di consultare
il testo), si tratta di comprendere chiaramente i veri fini rivoluzionari
del proletariato e di saperli perseguire attraverso ogni sorta di circo-
stanze, di zigzag e di compromessi 7 .
Solo da questo punto di vista si può valutare la semplicità, la li-
nearità e la chiarezza del boicottaggio quale parola d ordine che fa
appello alle masse. Tutte le qualità di questa parola d'ordine, da noi
indicate, sono buone non in se e per sé, ma solo in quanto nella situa-
zione oggettiva nella quale questa parola d'ordine viene applicata esi-
stono le condizioni in cui è possibile la lotta per la scelta fra la via di
* Quest'articolo è compreso nella raccolta tedesca Internationales aus dem
« Volksstaat ». Traduzione russa: Articoli tratti dal « Volksstaat », edizioni « II
sapere ».
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LENIN
sviluppo diretta e quella a zigzag. All’epoca della Duma di Bulyghin
questa parola d’ordine era la vera, unica parola d’ordine rivoluzionaria
del partito operaio non perché fosse la più semplice, lineare e chiara,
ma perché le condizioni storiche ponevano allora al partito operaio il
compito di partecipare alla lotta in favore della via diretta e semplice
della rivoluzione contro la via a zigzag della Costituzione monarchica.
Ci si domanda: qual è il criterio per stabilire che esistevano al-
lora queste particolari condizioni storiche? Secondo quale principale
indizio si può stabilire che la situazione oggettiva aveva un carattere
particolare il quale faceva di una parola d’ordine semplice, lineare e
chiara non una vuota frase, ma l’unica parola d’ordine che corrispon-
desse alla lotta reale? Passeremo ora appunto a questa questione.
II
Quando si guarda indietro, alla lotta già conclusa (conclusa per-
lomeno nella sua forma diretta e immediata), non v’ha nulla di più
agevole, è ovvio, del tracciare un bilancio generale dei diversi tratti e
sintomi dell’epoca, l’un con l’altro contrastanti. L’esito della lotta de-
cide tutto di colpo ed elimina molto semplicemente ogni sorta di dub-
bi. Mà ci occorre ora determinare quei tratti del fenomeno che potreb-
bero aiutare a raccapezzarsi nella situazione esistente prima della lotta,
giacché noi vogliamo applicare gli insegnamenti dell’esperienza storica
alla terza Duma. Abbiamo già rilevato sopra che nel 1905 condizione
del successo del boicottaggio fu l’ascesa rivoluzionaria generale, la piu
vasta, vigorosa e rapida. Bisogna esaminare ora, in primo luogo, qua-
le nesso esiste fra un’ascesa particolarmente vigorosa della lotta e il
boicottaggio e, in secondo luogo, quali sono i tratti caratteristici e i
sintomi che contraddistinguono un’ascesa particolarmente vigorosa.
Come abbiamo già detto, il boicottaggio è la lotta non sul terreno
di un determinato istituto, ma contro il suo sorgere. Qualsiasi istituto
può emanare soltanto dal potere già esistente, cioè dal vecchio potere,
Ciò significa che il boicottaggio è un mezzo di lotta volto direttamente
a rovesciare il vecchio potere, o, nel peggiore dei casi, ossia qualora
l’attacco portato non sia sufficientemente forte per rovesciarlo, a in-
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
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debolirlo in modo tale da non permettergli di assicurare la crea-
zione di quest'istituto, di attuarlo *. 11 boicottaggio richiede, dunque,
perché possa aver successo, la lotta diretta contro il vecchio potere, la
insurrezione contro di esso e l’insubordinazione in massa nei suoi con-
fronti in tutta una serie di casi (tale insubordinazione in massa è una
delle condizioni che preparano l’insurrezione). Il boicottaggio è il ri-
fiuto di riconoscere il vecchio potere e, naturalmente, un rifiuto non
già a parole, ma nei fatti, un rifiuto cioè che si manifesta non solo nel-
le dichiarazioni e parole d’ordine delle organizzazioni, ma in un de-
terminato movimento delle masse popolari , che trasgrediscono siste-
maticamente le leggi del vecchio potere, che creano sistematicamente
istituzioni nuove, illegali ma realmente esistenti, ecc. ecc. Il nesso fra
il boicottaggio e una vasta ascesa rivoluzionaria è quindi evidente:
il boicottaggio è il piu risoluto mezzo di lotta, che respinge non
già la forma di organizzazione di una determinata istituzione, ma
la sua stessa esistenza II boicottaggio è una aperta dichiarazione di
guerra al vecchio potere, un aperto attacco contro di esso. Se non vi è
una vasta ascesa rivoluzionaria, un fermento fra le masse che, per cosi
dire, trabocchi dovunque oltre i limiti della vecchia legalità, non è
neanche il caso di parlare di successo del boicottaggio.
Passando al carattere e ai sintomi dell’ascesa durante l’autunno
del 1905, vedremo agevolmente che allora si ebbe una offensiva di
massa e ininterrotta della rivoluzione, che sistematicamente attaccava,
incalzava il nemico. Le repressioni non restrinsero, ma estesero il mo-
vimento. Al 9 gennaio seguirono una gigantesca ondata di scioperi, le
barricate a Lodz, l’ammutinamento della « Potiomkin ». Nel campo
della stampa, in quello sindacale, in quello della scuola, dappertutto
i limiti legali fissati dal vecchio potere venivano sistematicamente in-
franti, e venivano infranti non solo dai « rivoluzionari », ma dalla
gente comune, poiché il vecchio potere era effettivamente indebolito,
* Nel testo si tratta dovunque del boicottaggio attivo, cioè non di una mera
ricusa a partecipare ai provvedimenti del vecchio potere, ma di un attacco por-
tato a questo potere. I lettori che non conoscono la letteratura socialdemocratica
dell’epoca del boicottaggio della Duma di Bulyghin devono tener presente che
i socialdemocratici parlavano allora apertamente di boicottaggio attivo , contrap-
ponendolo recisamente al boicottaggio passivo, collegando anzi addirittura il boi-
cottaggio attivo all’insurrezione armata.
20
LENIN
si era effettivamente lasciato sfuggire le redini dalle mani infrollite.
Un indice particolarmente manifesto e infallibile (dal punto di vista
delle organizzazioni rivoluzionarie) della forza deirascesa era che le
parole d’ordine dei rivoluzionari non solo non restavano prive di riso-
nanza, ma addirittura ritardavano rispetto al corso della vita. E il 9
gennaio, e gli scioperi di massa che lo seguirono, e la « Potiomkin »,
tutti questi fenomeni andarono oltre gli appelli immediati dei rivo-
luzionari. Non ci fu nel 1905 un appello da loro lanciato che le masse
accogliessero passivamente, con il silenzio, con la rinuncia alla lotta.
In una simile situazione il boicottaggio era il complemento necessario
dell’atmosfera carica di elettricità. Questa parola d’ordine non « inven-
tò » nulla allora; sì limitò a formulare esattamente e fedelmente una
ascesa che avanzava sempre piu, avanzava in direzione di un attacco
diretto. Nella posizione di « inventori » erano, al contrario, i nostri
menscevichi, i quali, estraniandosi dall’ascesa rivoluzionaria, si erano
infatuati di una vuota promessa dello zar sotto forma di manifesto o
legge del 6 agosto e prendevano sul serio la svolta da lui promessa ,
che avrebbe posto il paese sui binari della monarchia costituzionale.
I menscevichi (e Parvus) costruirono allora la loro tattica non sul fatto
che esisteva la piu vasta, vigorosa e rapida ascesa rivoluzionaria, ma
sulla promessa dello zar di una svolta monarchica costituzionale! Non
c’è da stupirsi che una simile tattica sia, risultata ridicolo e pietoso op-
portunismo. Non c’è da stupirsi che in tutti i ragionamenti menscevi-
chi sul boicottaggio venga oggi accuratamente scartata l’analisi del boi-
cottaggio della Duma di Bulyghin, cioè della piu grande esperienza di
boicottaggio della rivoluzione. Ma è poco riconoscere quest’errore,
che è forse il piu grave errore dei menscevichi nella tattica rivoluzio-
naria; bisogna rendersi chiaramente conto del fatto che l’origine di
quest’errore era l’incapacità di comprendere la situazione oggettiva ,
che faceva dell’ascesa rivoluzionaria una realtà e della svolta monar-
chica costituzionale una vuota promessa poliziesca. I menscevichi eb-
bero torto non già perché affrontarono la questione privi di soggettivi
stati d’animo rivoluzionari, ma perché, rivoluzionari da strapazzo, nel-
le loro idee restarono indietro rispetto alla situazione rivoluzionaria
oggettiva. È facile confondere luna con l’altra queste cause dell’errore
dei menscevichi, ma per il marxista una simile confusione è inammis-
sibile.
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
21
III
Il nesso esistente fra il boicottaggio e le condizioni storiche parti-
colari di un determinato periodo della rivoluzione russa dev’essere
esaminato ancora da un altro lato. Qual era il contenuto politico della
campagna socialdemocratica per il boicottaggio nell’autunno del 1905
e nella primavera del 1906? Il contenuto di questa campagna non con-
sisteva, naturalmente, nella ripetizione della parola boicottaggio o nel-
l’invito a non partecipare alle elezioni. Esso non si esauriva in appelli
a un attacco diretto che ignorasse le vie traverse e a zigzag proposte
dairautocrazia. Oltre a ciò, e nemmeno accanto al tema indicato, ma
piuttosto al centro di tutta l’agitazione per il boicottaggio, c’era la
lotta contro le illusioni costituzionali. Questa lotta era, in verità, l’ani-
ma viva del boicottaggio. Ricordate i discorsi dei boicottisti e tutta la
loro agitazione, date un’occhiata alle loro risoluzioni piu importanti, e
vi convincerete che questa tesi è giusta.
Ai menscevichi non è mai stato dato di capire quest’aspetto del
boicottaggio. È sempre sembrato loro che la lotta contro le illusioni
costituzionali in un’epoca in cui sta per nascere il costituzionalismo sia
un’assurdità, un nonsenso, « anarchismo ». Anche al congresso di Stoc-
colma 8 , e specialmente — a quanto ricordo — nei discorsi di Plekha-
nov, questo punto di vista dei menscevichi venne chiaramente espres-
so, senza parlare poi della letteratura menscevica.
A prima vista, la posizione dei menscevichi circa tale questione
può effettivamente sembrare altrettanto indiscutibile quanto la posi-
zione di chi insegni con aria soddisfatta al suo prossimo che i cavalli
mangiano l’avena. In un’epoca in cui sta per nascere il costituziona-
lismo proclamare la lotta contro le illusioni costituzionali! Non è forse
anarchismo, questo? Non è forse un paradosso?
Il triviale snaturamento della questione, effettuato in simili ragio-
namenti mediante uno specioso richiamo al semplice buon senso, si
fonda sul fatto che si passa sotto silenzio un particolare periodo della
rivoluzione russa, si dimentica il boicottaggio della Duma di Bulygbin ,
si sostituisce alle fasi concrete della via percorsa dalla nostra rivoluzio-
ne, una definizione generica di tutta la nostra rivoluzione, passata e
futura, chiamandola, nel suo insieme, una rivoluzione che genera il
costituzionalismo. Questo è un piccolo esempio di violazione del me-
22
LENIN
todo del materialismo dialettico da parte di persone che, come Plekha-
nov, parlavano di questo metodo col massimo patos.
Si, la nostra rivoluzione borghese, nel suo insieme, è alla fin fine,
come ogni rivoluzione borghese, un processo di creazione del regime
costituzionale, e niente piu. È la verità. È un’utile verità per smasche-
rare le allurcs pseudosocialiste di questo o quel programma, teoria,
tattica, ecc. dei democratici borghesi. Ma saprete voi trarre un vantag-
gio da questa verità ponendo le questioni: a quale costituzionalismo
il partito operaio deve condurre il paese nell’epoca della rivoluzione
borghese? come precisamente il partito operaio deve lottare per un
determinato costituzionalismo (e precisamente repubblicano) in certi
periodi della rivoluzione? No. La verità prediletta di Axelrod e Plekha-
nov vi illuminerà altrettanto poco in merito a tali questioni quanto
poco la convinzione circa il fatto che i cavalli mangiano l’avena vi il-
luminerà per la scelta del cavallo adatto e per la pratica dell’equita-
zione.
La lotta contro le illusioni costituzionali, dicevano i bolscevici
nel 1905 e all’inizio del 1906, deve diventare la parola d'ordine del
momento, giacché proprio in questo periodo la situazione oggettiva
impone alle forze sociali in lotta di decidere se nel prossimo futuro
trionferà la via diretta della lotta rivoluzionaria immediata e delle
istituzioni rappresentative create direttamente dalla rivoluzione sulla
base del democratismo completo, oppure la via traversa, a zigzag, della
Costituzione monarchica e delle istituzioni « costituzionali » (tra vir-
golette!! poliziesche del tipo della «Duma».
La situazione oggettiva poneva veramente tale questione, oppure
la « inventavano » i bolscevichi per la loro avventatezza teorica? A
questa domanda oggi ha risposto la storia della rivoluzione russa.
La lotta dell ottobre 1905 fu appunto una lotta per impedire una
svolta della rivoluzione che la ponesse sui binari della Costituzione
monarchica. Il periodo dell’ottobre-dicembre fu appunto un periodo
di attuazione del costituzionalismo proletario, di un costituzionalismo
veramente democratico, vasto, ardito, libero, che veramente esprimeva
la volontà del popolo, a differenza dello pseudocostituzionalismo del-
la Costituzione di Dubasov e Stolypin 9 . La lotta rivoluzionaria in
nome di un costituzionalismo veramente democratico (che poggiasse
cioè su un terreno veramente ripulito dal vecchio potere e da tutte
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
23
le turpitudini che gli sono connesse) esigeva la lotta piu risoluta con-
tro l’allettamento del popolo mediante una Costituzione monarchico-
poliziesca. Questa semplicissima cosa non potevano appunto in nessun
modo capirla gli avversari socialdemocratici del boicottaggio.
Oggi si presentano a noi con tutta chiarezza due periodi nello svi-
luppo della rivoluzione russa. Un periodo di ascesa (1905) e un pe-
riodo di declino (1906-1907). Un periodo di massima fioritura dell’ini-
ziativa popolare, di libere e vaste organizzazioni di tutte le classi del-
la popolazione, di massima libertà di stampa, un periodo nel quale il
popolo ignorò al massimo il vecchio potere, le sue istituzioni e dispo-
sizioni, e tutto questo in assenza di un qualsivoglia costituzionalismo
burocraticamente riconosciuto ed espresso in statuti o regolamenti for-
mali. E poi un periodo di minimo sviluppo e di ininterrotto declino
delPiniziativa popolare, dello spirito organizzativo, della libertà di
stampa, ecc., mentre esisteva, dio ci perdoni, una « Costituzione » sti-
lata dai Dubasov e dagli Stolypin-, riconosciuta dai Dubasov e dagli
Stolypin, salvaguardata dai Dubasov e dagli Stolypin.
Oggi che, guardando al passato , tutto si può vedere cosi bene,
semplicemente e chiaramente, non si troverà probabilmente un solo
pedante che osi negare la legittimità e la necessità della lotta rivolu-
zionaria del proletariato per impedire una svolta che ponesse gli
eventi sui binari della monarchia costituzionale, la legittimità e la ne-
cessità della lotta contro le illusioni costituzionali.
Oggi non si troverà sicuramente un solo storico piu o meno sen-
sato che non divida il corso della rivoluzione russa, che va dal 1905
alPautunno del 1907, precisamente in questi due periodi: periodo del-
l’ascesa «anticostituzionale » (se mi sarà concesso di esprimermi cosi)
e periodo del declino « costituzionale »; periodo della conquista e del-
l’attuazione da parte del popolo della libertà senza costituzionalismo
poliziesco (monarchico) e periodo del soffocamento e della soppres-
sione della libertà popolare mediante una « Costituzione » monarchica.
Oggi il periodo delle illusioni costituzionali, il periodo della I e
della II Duma, si è pienamente delineato davanti a noi, e capire il si-
gnificato di quella lotta dei socialdemocratici rivoluzionari contro le
illusioni costituzionali non è piu cosa difficile. Ma allora , nel 1905 e
all’inizio del 1906, non lo capivano né i liberali nel campo borghese
né i menscevichi in quello proletario.
24
LENIN
E il periodo della 1 e della II Duma fu in tutti i sensi e sotto
tutti i rapporti il periodo delle illusioni costituzionali. La solenne pro-
messa: « Nessuna legge entrerà mai in vigore senza Papprovazione
della Duma », venne mantenuta in quel periodo. Una Costituzione sul-
la carta esisteva dunque, ed inteneriva costantemente tutte le anime
servili dei cadetti russi 10 . E Dubasov, e Stolypin sperimentarono nei
fatti, misurarono, provarono in quel periodo la Costituzione russa, cer-
cando di conformarla e adattarla alla vecchia autocrazia. Essi, i signori
Dubasov e Stolypin, furono, parrebbe, le persone piu potenti di quel-
Pepoca e fecero di tutto per trasformare P« illusione » in realtà. L'il-
lusione è risultata illusione La giustezza della parola d’ordine della
socialdemocrazia rivoluzionaria è stata in tutto e per tutto confermata
dalla storia. Ma non solo i Dubasov e gli Stolypin cercarono di attuare
la « Costituzione », non solo i servi cadetti la decantarono e si fecero
servilmente in quattro (à la signor Rodicev della I Duma) dimostran-
do che il sovrano non aveva nessuna colpa e che sarebbe stata un’im-
pudenza considerarlo responsabile dei pogrom. No. Durante questo
periodo anche le larghe masse popolari avevano indubbiamente anco-
ra fede, in maggiore o minor misura, nella « Costituzione », avevano
fede nella Duma, nonostante gli ammonimenti della socialdemocrazia.
Si può dire che il periodo delle illusioni costituzionali nella rivo-
luzione russa fu un periodo di infatuazione generale della nazione per
un feticcio borghese, cosi come intere nazioni dell’Europa occidentale
sogliono talvolta infatuarsi del feticcio del nazionalismo borghese, del-
Pantisemitismo, dello sciovinismo, ecc. E il merito della socialdemo-
crazia è che essa sola resistette alla mistificazione borghese, essa sola,
in un'epoca di illusioni costituzionali, tenne costantemente spiegata la
bandiera della lotta contro queste illusioni.
Ma perché, ci si domanda ora, il boicottaggio fu il mezzo specifi-
co di lotta contro le illusioni costituzionali?
Nel boicottaggio c’è un tratto caratteristico che di colpo e a pri-
ma vista allontana involontariamente da esso ogni marxista. Il boicot-
taggio delle elezioni è un estraniarsi dal parlamentarismo, è qualcosa
che non può non sembrare passiva rinuncia, astensione, indifferenza.
Còsi, ammaestrato dai. soli esempi tedeschi, vedeva le cose Parvus,
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
25
quando, nell’autunno del 1905, smaniava altrettanto irosamente quan-
to senza successo, sforzandosi di dimostrare che il boicottaggio attivo,
essendo boicottaggio , è pur sempre una cosa non buona.,, Non avendo
imparato nulla dalla rivoluzione e trasformandosi sempre piu in libe-
rale, in tal modo vede tuttora le cose Martov, che col suo ultimo arti-
colo sul Tovaristc dimostra di non sapere nemmeno impostare la qqe-
stione come dovrebbe impostarla un socialdemocratico rivoluzionario,
Ma questo tratto caratteristico del boicottaggio, per cosi dire il
piu antipatico per un marxista, trova pienamente la sua spiegazione
nelle particolarità dell’epoca che fece sorgere un simile mezzo di lotta.
La prima Duma monarchica, la Duma di Bulyghin, era un esca che do-
veva allontanare il popolo dalla rivoluzione, un’esca costituita da un
fantoccio agghindato con gli abiti del costituzionalismo. Tutti erano
inclini ad abboccare all’amo : chi per egoistici interessi di classe, chi
per sconsideratezza, tutti erano inclini ad aggrapparsi al fantoccio della
Duma di Bulyghin e poi a quello della Duma di Witte, tutti ne erano
infatuati, tutti ci credevano sinceramente. La partecipazione alle ele-
zioni non era un comune, semplice adempimento dei consueti doveri
civici, era la consacrazione della Costituzione monarchica, era una svol-
ta che dalla via direttamente rivoluzionaria portava a quella della Co-
stituzione monarchica.
La socialdemocrazia doveva in tale periodo dispiegare, con tutta
la sua energia, con tutta la sua efficacia dimostrativa, la bandiera del-
la protesta e deH’ammonimento, Ma questo voleva appunto dire rifiu-
tarsi di partecipare alle elezioni, non prendervi parte noi stessi e te-
nerne lontano il popolo, lanciare il grido dell’attacco al vecchio potere
invece di lavorare sul terreno dell’istituzione creata da questo potere,
Quando tutto il popolo era infatuato del feticcio poliziesco-borghese
della monarchia « costituzionale » la socialdemocrazia doveva, quale
partito dal proletariato, « manifestare » anch’essa a tutto il popolo le
sue concezioni, doveva protestare contro questo feticcio e smascherar-
lo, doveva lottare con tutte le forze contro l’attuazione delle istitu-
zioni che lo incarnavano.
Ecco qual è la completa giustificazione storica non isolo del boi-
cottaggio della Duma di Bulyghin, che venne coronato dal successo
immediato, ma anche del boicottaggio della Duma di Witte, che ap-
parentemente si concluse con un insuccesso. Oggi si vede perché que-
26
tENIN
sto fu un insuccesso soltanto apparente , perché la socialdemocrazia do-
vette sostenere fino in fondo la sua protesta contro la svolta monar-
chica costituzionale della nostra rivoluzione. Questa svolta è di fatto
risultata una svolta che conduceva in un vicolo cieco. Le illusioni della
Costituzione monarchica sono risultate soltanto un preludio o un’in-
segna, una decorazione, polvere negli occhi per preparare l’abolizione
di questa « Costituzione » da parte del vecchio potere...
Abbiamo detto che la socialdemocrazia dovette sostenere fino in
fondo la sua protesta contro la soppressione della libertà mediante la
« Costituzione ». Che cosa significa questo « fino in fondo »? Signifi-
ca: finché l’istituzione contro la quale i socialdemocratici lottavano
non fosse divenuta un fatto malgrado i socialdemocratici, finché la
svolta costituzionale monarchica della rivoluzione russa, che infalli-
bilmente significava ( a un certo momento ) declino della rivoluzione,
sconfitta della rivoluzione, non fosse divenuta un fatto malgrado \ so-
cialdemocratici. Il periodo delle illusioni costituzionali fu un tentativo
di compromesso. Noi lottammo e dovevamo lottare con tutte le nostre
forze contro di esso. Noi dovemmo andare alla II Duma, dovemmo
tener conto del compromesso, dato che le circostanze ce lo avevano
imposto contro la nostra volontà, malgrado i nostri sforzi, poiché era-
vamo stati sconfitti nella nostra lotta. Per quanto tempo tenerne con-
to? Questa è, naturalmente, un'altra questione.
Ma quale conclusione scaturisce da tutto questo in relazione al
boicottaggio della terza Duma? Quella, forse, che il boicottaggio, ne-
cessario all’inizio del periodo delle illusioni costituzionali, è necessario
anche alla fine di questo periodo? Sarebbe un « giuoco cerebrale » de-
gno della « sociologia analogica », e non una conclusione seria. Quel
contenuto che il boicottaggio aveva all’inizio della rivoluzione russa
oggi non può piu averlo ; oggi non si può né amipcnire il popolo con-
tro le illusioni costituzionali, né lottare contro la svolta della rivolu-
zione verso il vicolo cieco della monarchia costituzionale. Nel boicot-
taggio non può esserci Lamina viva di un tempo, e anche se ci sarà il
boicottaggio, esso avrà in ogni caso un significato diverso, il suo con-
tenuto politico sarà in ogni caso diverso.
Ma c'è di piu- La peculiarità storica del boicottaggio da noi esa-
minata ci fornisce un argomento contro il boicottaggio della terza
Duma. Al l’epoca dell’inizio della svolta costituzionale l'attenzione di
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
27
tutta la nazione era inevitabilmente orientata verso la Duma. Noi lot-
tammo e dovevamo lottare mediante il boicottaggio contro questo
orientamento in direzione di un vicolo cieco, lottare contro un'infa-
tuazione che era il risultato dell’ignoranza, dell’arretratezza, della de-
bolezza e del controrivoluzionarismo interessato. Oggi non si può nem-
meno parlare di una infatuazione, non soltanto di tutta la nazione ma
in generale di una qualche ampiezza, per la Duma in genere o per la
terza Duma. Da questo lato non c’è nessun bisogno di boicottaggio.
IV
Le condizioni che rendono applicabile il boicottaggio devono dun-
que indubbiamente essere cercate nella situazione oggettiva di un de-
terminato momento. Confrontando da questo punto di vista l’autunno
del 1907 con l’autunno del 1905 non si può non giungere alla con-
clusione che oggi non abbiamo motivi di proclamare il boicottaggio.
Sia dal punto di vista della correlazione fra la via rivoluzionaria di-
retta e lo « zigzag » della monarchia costituzionale, sia dal punto di
vista dell’ascesa di massa, sia dal punto di vista del compito specifico
della lotta contro le illusioni costituzionali, la situazione odierna si di-
stingue nel modo piu netto da quella che esisteva due anni fa.
Allora la svolta costituzionale monarchica della storia non era
niente piu di una lusinga poliziesca, oggi è un fatto. Sarebbe una ridi-
cola fobia della verità il non voler riconoscere apertamente questo fat-
to, e sarebbe un errore dedurre dal riconoscimento di questo fatto
l’ammissione che la rivoluzione russa sia finita. No. Per quest ultima
conclusione non ci sono ancora dati. Il marxista ha il dovere di lot-
tare per la via rivoluzionaria diretta di sviluppo quando una simile lot-
ta è prescritta dalla situazione oggettiva, ma questo, ripetiamo, non
significa che non dobbiamo tener conto della svolta a zigzag già deter-
minatasi di fatto. Da questo lato il corso della rivoluzione russa si è
già pienamente determinato. All’inizio della rivoluzione vediamo una
linea di ascesa breve, ma straordinariamente vasta e vertiginosamente
rapida. Poi, a cominciare dall’insurrezione del dicembre 1905, ci tro-
viamo di fronte ad una linea di declino straordinariamente lento, ma
costante. Dapprima un periodo di lotta rivoluzionaria diretta delle
masse, poi un periodo di svolta costituzionale monarchica.
28
LENIN
Ciò significa forse che quest’ultima svolta è una svolta definitiva?
Che la rivoluzione è finita ed è cominciato il periodo « costituziona-
le v>? Che non ci sono motivi né per attenderci una nuova ascesa, né
per prepararla ? Che bisogna buttare a mare il carattere repubblicano
del nostro programma?
Niente affatto. A simili conclusioni possono giungere soltanto
dei triviali liberali del genere dei nostri cadetti, pronti a giustificare
il servilismo e la piaggeria servendosi dei primi argomenti capitati
loro sotto mano. No. Ciò significa soltanto che, pur difendendo inte-
gralmente tutto il nostro programma e tutte le nostre concezioni rivo-
luzionarie, dobbiamo conformare gli appelli immediati alla situazione
oggettiva del momento. Pur predicando l’ineluttabilità della rivolu-
zione, pur preparando sistematicamente e senza posa l’accumulazione
di materiale infiammabile sotto tutti i suoi aspetti, pur salvaguardando a
questo fine e coltivando con cura, liberandole dai parassiti liberali, le
tradizioni rivoluzionarie dell’epoca migliore della nostra rivoluzione,
non ci rifiutiamo al tempo stesso di lavorare prosaicamente sul ter-
reno della prosaica svolta costituzionale monarchica. Questo è tutto.
Noi dobbiamo preparare un nuovo balzo in avanti su vasta scala, ma
farebbe assurdo tentarlo mediante la parola d’ordine del boicottaggio,
senza averne prima saggiato le reali possibilità.
Il boicottaggio, come già abbiamo detto, può avere oggi un qual-
che senso in Russia solo come boicottaggio attivo , Ciò significa non
un passivo sottrarsi alla partecipazione alle elezioni, ma ignorarle per-
ché esiste il compito di un attacco diretto. In questo senso il boicot-
taggio equivale inevitabilmente a un appello all’offensiva più energica
e decisiva. Esiste in questo momento la vasta e generale ascesa senza
di cui un simile appello è privo di senso? Certamente no.
In generale, per quanto concerne gli « appelli », la differenza sot-
to questo rapporto fra l’attuale situazione e quella dell’autunno 1905
è particolarmente lampante. Allora, come già abbiamo osservato, in
tutto l’anno precedente non c’erano stati appelli che la massa avesse
accolto in silenzio. L’energia dell’offensiva delle masse precedeva gli
appelli delle organizzazioni. Oggi stiamo attraversando un periodo di
pausa della rivoluzione in cui a tutta una serie di appelli le masse non
hanno sistematicamente risposto. Cosi ò avvenuto per l’appello a spaz-
zar via la Duma di Witte (inizio del 1906), per l’appello all’insurre-
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
29
sione dopo lo scioglimento della I Duma (estate 1906),' per V appello
alla lotta in risposta allo scioglimento della II Duma ed al colpo di
Stato del 3 giugno 1907. Prendete il foglio del nostro CC a proposito
di questi ultimi atti In esso troverete l’appello diretto alla lotta
nella forma consentita dalle condizioni locali (dimostrazioni, scioperi,
lotta aperta contro le forze armate dell’assolutismo). Questo era un
appello a parole. Le rivolte militari del giugno 1907 a Kiev e nella
flotta del Mar Nero sono state appelli mediante l’azione. Né l’uno né
gli altri hanno avuto una risonanza tra le masse. Se le manifestazioni
piu chiare e dirette delPattacco reazionario contro la rivoluzione —
scioglimento delle due Dume e colpo di Stato — non hanno oggi su-
scitato un’ascesa, dove sono i motivi per un’immediata ripetizione del-
l’appello sotto forma di proclamazione del boicottaggio? Non è forse
chiaro che la situazione oggettiva è tale che una simile « proclamazio-
ne » rischia di risultare un vano appello? Quando la lotta è in corso,
si estende, cresce, irrompe da tutte le parti, allora una simile « pro-
clamazione » è legittima e necessaria, allora lanciare il grido di batta-
glia è un dovere per il proletariato rivoluzionario. Ma col solo grido di
battaglia non si. può né inventare questa lotta, né suscitarla. E quan-
do tutta una serie di appelli alla lotta, da noi sperimentati per i motivi
più immediati, sono risultati inutili, dobbiamo naturalmente cercare
seri moventi per la « proclamazione » di una parola d’ordine che è
priva di senso se non vi sono le condizioni per attuare gli appelli alla
lotta.
Chi voglia convincere il proletariato socialdemocratico che la pa-
rola d’ordine del boicottaggio è giusta non deve lasciarsi infatuare dal
solo suono di parole che a suo tempo ebbero una grandiosa e gloriosa
funzione rivoluzionaria, ma deve riflettere sulle condizioni oggettive
in cui una simile parola d’ordine è applicabile e capire che il lanciarla
significa già presupporre indirettamente la presenza delle condizioni
per un’ascesa rivoluzionaria vasta, generale, vigorosa, rapida. Ma in
epoche come quella che stiamo attraversando, in epoche di pausa tem-
poranea della rivoluzione, non si può in nessun caso presupporre in-
direttamente una simile condizione. Bisogna rendersene direttamente
e chiaramente conto e spiegarla a se stessi e a tutta la classe operaia.
Altrimenti si rischia di cadere nella situazione di chi impiega grandi
parole senza afferrarne il vero senso o senza osare chiamare le cose,
apertamente e senza infingimenti, col loro vero nome.
30
LENIN
V
II boicottaggio appartiene a una delle migliori tradizioni rivolu-
zionarie del periodo più ricco di eventi, più eroico della rivoluzione
russa. Abbiamo detto più sopra che uno dei nostri compiti è, in ge-
nerale, quello di salvaguardare con cura queste tradizioni, di colti-
varle, di liberarle dai parassiti liberali (ed opportunisti). È necessario
soffermarsi alquanto sull’esame di questo compito, per determinarne
giustamente il contenuto ed eliminare le errate interpretazioni e i ma-
lintesi in cui si può facilmente incorrere.
Il marxismo si distingue da tutte le altre teorie socialiste perché
unisce in modo ammirevole la completa sobrietà scientifica nell’analisi
della situazione oggettiva e del corso oggettivo dell’evoluzione e il più
risoluto riconoscimento del valore dell’energia rivoluzionaria, dell’at-
tività creativa rivoluzionaria, dell’iniziativa rivoluzionaria delle masse,
nonché, naturalmente, dei singoli individui, gruppi, organizzazioni,
partiti che sanno cercare e realizzare il legame con queste o quelle
classi. L’alto apprezzamento dei periodi rivoluzionari nello sviluppo
dell’umanità scaturisce da tutto l’insieme delle concezioni storiche di
Marx: è proprio in tali perìodi che si risolvono le innumerevoli con-
traddizioni che vengono lentamente accumulate nei periodi di cosid-
detto sviluppo pacifico. È proprio in tali periodi che si manifesta con
la massima forza la funzione diretta delle varie classi nella determina-
zione delle forme della vita sociale e si creano le basi della « sovra-
struttura » politica, la quale si regge poi a lungo sulla base dei rinno-
vati rapporti di produzione. E, a differenza dei teorici della borghesia
liberale, Marx vedeva appunto in tali periodi non una deviazione dalla
via « normale », non la manifestazione di una « malattia sociale », non
i dolorosi risultati di eccessi ed errori, ma i momenti piu vitali, più
importanti, essenziali, decisivi della storia delle società umane: Nel-
l'attività dello stesso Marx e di Engels il periodo della loro partecipa-
zione alla lotta rivoluzionaria di massa del 1848-1849 si distingue co-
me il punto centrale. È da questo punto che essi partono per determi-
nare le sorti del movimento operaio e della democrazia nei vari paesi.
È questo il punto a cui essi ritornano sempre per determinare nella
forma più chiara e più pura il carattere intrinseco delle varie classi
e delle loro tendenze. È dal punto di vista di quell’epoca rivoluzionaria
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
31
che essi valutano sempre le formazioni, le organizzazioni politiche po-
steriori, più minute, i compiti e i conflitti politici posteriori, più mi-
nuti. Non per nulla i capi ideali del liberalismo, tipo Sombart, dete-
stano con tutta l’anima quésto tratto caratteristico delPattività e degli
scritti di Marx, attribuendolo all’« irritazione dell’emigrato ». Attri-
buire all'irritazione personale, alle difficoltà personali della situazione
dell’emigrato ciò che in Marx ed Engels è la piu indissolubile compo-
nente di tutta la loro concezione rivoluzionaria significa mettersi sullo
stesso piano delle cimici della scienza universitaria borghese-poliziesca!
In una delle sue lettere, a Kugelmann mi pare, Marx lancia inci-
dentalmente un’osservazione sommamente caratteristica e particolar-
mente interessante per la questione che siamo trattando. Egli osserva
che in Germania la reazione è quasi riuscita ad estirpare dalla coscien-
za popolare il ricordo e la tradizione dell’epoca rivoluzionaria del
1848 l2 . Qui si contrappongono con gran risalto i compiti della reazio-
ne e i compiti del partito del proletariato circa le tradizioni rivoluzio-
narie di un determinato paese. Compito della reazione è quello di
estirparle, di presentare la rivoluzione come « follia degli elementi >>,
traduzione struviana del tedesco « da s lolle ]abr » («l’anno folle»,
espressione degli storici borghesi-polizieschi tedeschi, anzi, in senso
più lato, della storiografia universitario-professorale tedesca sul 1848).
Compito della reazione è quello di indurre la popolazione a dimenti-
care le forme dì lotta, le forme di organizzazione, le idee, le parole
d’ordine che con tanta ricchezza e varietà aveva generato l’epoca ri-
voluzionaria. Come i Webb, ottusi esaltatori del filisteismo inglese, si
sforzano di presentare il cartismo, l’epoca rivoluzionaria del movimen-
to operaio inglese, come una semplice ragazzata, un « peccato di gio-
ventù », un ingenuo trascorso che non merita seria attenzione, una de-
viazione fortuita ed anormale, cosi trattano il 1848 in Germania gli
storici borghesi tedeschi. Tale è pure Tatteggiamento della reazione
verso la Grande Rivoluzione francese, la cui vitalità e la forte influen-
za sull’umanità è dimostrata oggi dal fatto che suscita tuttora l’odio
più rabbioso. Cosi anche i nostri eroi della controrivoluzione, special-
mente tra le file dei « democratici » di ieri tipo Struve, Miliukov, Ki-
sewetter e tutti quanti , gareggiano l’uno con l’altro nel coprire vilmen-
te di fango le tradizioni rivoluzionarie della rivoluzione russa. Non
sono trascorsi nemmeno due anni da quando la lotta di massa diretta
del proletariato conquistava quelle briciole di libertà di cui si estasiano
32
LENIN
i servi liberali del vecchio potere, e nella nostra pubblicistica si è già
costituita una grandissima corrente che si autodenomina liberale (!!),
è coltivata nella stampa dei cadetti ed è interamente dedita a presen-
tare la nostra rivoluzione, i metodi di lotta rivoluzionari, le parole
d’ordine rivoluzionarie, le tradizioni rivoluzionarie come qualcosa di
basso, elementare, ingenuo, spontaneo, folle, ecc. ...e addirittura crimi-
noso; ...da Miliukov a Kamyscianski il riy a quun pasl I successi
della reazione, che dapprima scacciò il popolo dai soviet dei deputati
operai e contadini per cacciarlo nelle Dume di Stolypin e di Dubasov
e ora lo sospinge nella Duma ottobrata J3 , vengono invece definiti
dagli eroi del liberalismo russo « processo di sviluppo della coscienza
costituzionale in Russia ».
La socialdemocrazia russa ha senza dubbio il dovere di studiare
nel modo piu scrupoloso e multilaterale la nostra rivoluzione, di dif-
fondere tra le masse la conoscenza delle sue forme di lotta, delle sue
forme di organizzazione, ecc., ad essa spetta rafforzare le tradizioni
rivoluzionarie nel popolo, istillare nelle masse la convinzione che solo
ed esclusivamente con la lotta rivoluzionaria si possono ottenere mi-
glioramenti più o meno importanti e duraturi, mettere incessantemen-
te a nudo tutta la bassezza di quei liberali soddisfatti di se stessi che
inquinano latmosfera sociale coi miasmi della piaggeria « costituzio-
nale », del tradimento e del molcialinismo u . Un solo giorno dello
sciopero dellottobre o deirinsurrezione del dicembre ebbero e hanno
nella storia della lotta per la libertà un’importanza cento volte mag-
giore che non i mesi e mesi di discorsi servili dei cadetti alla Duma sul
sovrano non responsabile e sul regime monarchico costituzionale. Dob-
biamo far si — e all’infuori di noi nessun altro lo farà — che il popo-
lo conosca quei giorni pieni di vita, ricchi di contenuto e grandi per
il loro significato e le loro conseguenze, assai più particolareggiata-
mente, dettagliatamente e a fondo dei mesi e mesi di asfissia « costitu-
zionale » e di prosperità dei Balalaikin l5 -Molcialin, celebrati con tanto
zelo, grazie alla benevola condiscendenza di Stolypin e del suo codazzo
di gendarmi e censori, dagli organi della nostra stampa liberale di par-
tito e «democratica» (puah! puah!) apartitica.
Non v’ha dubbio che in molti le simpatie per il boicottaggio sono
suscitate precisamente da quest’aspirazione, degna di ogni stima, dei
rivoluzionari a sostenere la tradizione del migliore passato rivoluzio-
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
33
nario, a ravvivare la desolante palude dei tempi grigi d’oggigiorno con
l’ardore di una lotta ardita, aperta, risoluta. Ma proprio perché ci è
caro aver cura delle tradizioni rivoluzionarie dobbiamo risolutamente
protestare contro l’opinione secondo cui applicando una delle parole
d’ordine di un’epoca storica particolare si possa contribuire alla rina-
scita delle condizioni essenziali esistenti in tale epoca. Una cosa è sal-
vaguardare le tradizioni della rivoluzione, saperle utilizzare per una
costante propaganda e agitazione, per far conoscere alle masse le con-
dizioni della lotta diretta e offensiva contro la vecchia società, un’al-
tra cosa è ripetere una delle parole d’ordine staccata dal complesso
delle condizioni che l’hanno suscitata e le hanno assicurato il successo
e applicarla a condizioni sostanzialmente diverse.
Lo stesso Marx, che tanto apprezzava le tradizioni rivoluzionarie
e che sferzava implacabilmente l’attitudine da rinnegati o da filistei
nei loro confronti, esigeva al tempo stesso dai rivoluzionari che sa-
pessero pensare , sapessero analizzare le condizioni in cui erano appli-
cabili i vecchi metodi di lotta, e non ripetessero semplicemente parole
d’ordine note. Le tradizioni « nazionali » del 1792 in Francia reste-
ranno forse per sempre un modello di certi metodi rivoluzionari di
lotta, ma ciò non impediva a Marx nel 1870, nel celebre Indirizzo del-
l’Internazionale, di mettere in guardia il proletariato francese contro
un erroneo trasferimento di queste tradizioni nelle condizioni di una
epoca diversa lB .
Cosi è anche da noi. Noi dobbiamo studiare in quali condizioni
è applicabile il boicottaggio, dobbiamo istillare nelle masse l’idea che
il boicottaggio è un metodo pienamente legittimo e talvolta necessario
nei momenti di ascesa rivoluzionaria (checché ne dicano i pedanti che
nominano il nome di Marx invano). Ma ci troviamo forse di fronte ad
una simile ascesa, a questa condizione fondamentale per proclamare il
boicottaggio? Bisogna saper porre la questione in maniera autonoma e
deciderla in base a un serio esame dei dati. Nostro dovere è quello
di preparare, nella misura in cui ce lo consentono le nostre forze, una
tale ascesa, e non quello di rinunciare al boicottaggio al momento
buono; ma sarebbe indiscutibilmente un errore ritenere che la parola
d’ordine del boicottaggio sia in generale applicabile nei confronti di
qualsiasi istituzione rappresentativa cattiva o pessima.
Prendete la motivazione con la quale si sostenne e si dimostrò
34
LENIN
la necessità del boicottaggio nei « giorni della libertà » e vedrete su*
bito l’impossibilità di un semplice trasferimento di tali argomenti nel-
le condizioni attuali.
La partecipazione alle elezioni deprime il morale, cede la posizio-
ne al nemico, confonde le idee al popolo rivoluzionario, agevola l’ac-
cordo fra lo zarismo e la borghesia controrivoluzionaria, ecc., diceva-
mo noi sostenendo il boicottaggio nel 1905 e all’inizio del 1906. Quale
era la premessa fondamentale di questi argomenti, non sempre espres-
sa, ma sempre sottintesa come qualcosa di ovvio per quei tempi ? Era
la ricca energia rivoluzionaria delle masse, che cercava e si trovava
sbocchi diretti fuori di ogni sorta di canali « costituzionali ». Era la
ininterrotta offensiva della rivoluzione contro la reazione, offensiva
che sarebbe stato un delitto indebolire con l’occupare e difendere una
posizione intenzionalmente abbandonata dal nemico allo scopo di in-
debolire l’attacco generale. Provatevi a ripetere questi argomenti al di
fuori delle condizioni di questa premessa fondamentale e sentirete im-
mediatamente che in tutta la vostra « musica » c’è una stonatura, che
il tono fondamentale è sbagliato.
Altrettanto disperato sarebbe il tentativo di giustificare il boi-
cottaggio adducendo la differenza esistente tra la seconda e la terza
Duma. Considerare seria e radicale la differenza esistente tra i cadetti
(che alla II Duma hanno consegnato definitivamente il popolo nelle
mani dei centoneri n ) e gli ottobristi, attribuire un qualsivoglia valore
reale alla famigerata « Costituzione », fatta a pezzi dal colpo di Stato
del 3 giugno, tutto questo corrisponde, in generale, assai piu allo spi-
rito della democrazia volgare che allo spirito della socialdemocrazia ri-
voluzionaria. Abbiamo sempre detto, ribadito, ripetuto che la « Costi-
tuzione » della I e della II Duma altro non è che uno spettro, che con
le loro chiacchiere i cadetti non fanno che gettar polvere negli occhi
per dissimulare la loro natura ottobrata, che la Duma è un mezzo as-
solutamente inadeguato per soddisfare le esigenze del proletariato e
della popolazione contadina. Per noi il 3 giugno 1907 è il risultato na-
turale e inevitabile della sconfitta del dicembre 1905. Non siamo mai
stati « incantati » dal fascino di una Costituzione « della Duma »;
non ci può particolarmente deludere neanche il passaggio da una rea-
zione imbellettata e irrorata con vuote frasi alla Rodicev a una rea-
zione nuda, aperta, brutale. Può anche darsi che quest ultima sia un
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
35
mezzo assai migliore per far rinsavire ogni sorta di sfrontati e stolti
liberali o di gruppi della popolazione ai quali essi abbiano confuso le
idee...
Confrontate le risoluzioni sulla Duma, quella menscevica di Stoc-
colma e quella bolscevica di Londra. Vedrete che la prima è ampollosa,
verbosa, piena di parole altisonanti sull'importanza della Duma, gonfia
della consapevolezza della grandiosità del lavoro alla Duma; la secon-
da è semplice, incisiva, sobria, modesta. La prima è imbevuta di so-
lennità filistea quando parla delle nozze fra la socialdemocrazia e il
costituzionalismo {« col nuovo potere, dal grembo del popolo », ecce-
tera, eccetera, nello spirito della stessa falsificazione ufficiale). La se-
conda può essere parafrasata all’incirca cosi: se la maledetta controri-
voluzione ci ha spinti in quella maledetta stalla, lavoreremo anche li
a vantaggio della rivoluzione, senza piagnucolare, ma anche senza van-
tarcene.
Sostenendo la Duma contro il boicottaggio già nel periodo della
lotta rivoluzionaria immediata, i menscevichi si rendevano, per cosi di-
re, garanti di fronte al popolo che la Duma sarebbe stata qualcosa co-
me uno strumento della rivoluzione. E facendolo il loro fiasco fu arci-
solenne. Noi bolscevichi, invece, se ci rendemmo garanti di qualcosa,
fu soltanto per assicurare che la Duma era un parto della controrivolu-
zione e che da essa non ci si poteva attendere un bene di una qualche
importanza. Il nostro punto di vista è stato sinora perfettamente con-
fermato e si può essere certi che gli ulteriori eventi ancora lo confer-
meranno. Se non si << correggerà » e si ripeterà sulla base dei nuovi
dati la strategia deirottobre-dicembre, non vi sarà la libertà in Russia.
Perciò quando mi si dice: non si può utilizzare la terza Duma
come la seconda, non si può spiegare alle masse la necessità di parteci-
parvi, vorrei rispondere:, se per « utilizzazione » si intende qualcosa
di menscevicamente ampolloso deL genere di « strumento della rivolu-
zione » ecc., allora naturalmente non si può. Ma anche le prime due
Dume non sono forse risultate di fatto soltanto dei gradini di accesso
ad una Duma ottobrista e ciò nonostante sono state da noi utilizzate
per il semplice e modesto * scopo (propaganda ed agitazione, critica
* Cft. il Proletari (ginevrino) del 1905, articolo sul boicottaggio della Duma
di Bulyghin 18 , dove si dice che noi non rinunciamo ad una utilizzazione della
Duma in generale, ma che per il momento affrontiamo un altro compito posto
36
LENIN
e spiegazione alle masse di ciò che avveniva) per il quale sapremo sem-
pre utilizzare le peggiori istituzioni rappresentative? Un discorso alla
Duma non susciterà nessuna « rivoluzione » e la propaganda connessa
con la Duma non si distingue per nessuna particolare qualità, ma dal-
l'uno e dall’altra la socialdemocrazia trarrà un’utilità non minore, e
talvolta anche maggiore, che da un discorso stampato o pronunciato
in un’altra assemblea.
E noi dobbiamo spiegare alle masse in maniera altrettanto sem-
plice la nostra partecipazione a una Duma ottobrata. In seguito alla
sconfitta subita nel dicembre 1905 ed all’insuccesso dei tentativi del
1906-1907 di « correggere » questa sconfitta, la reazione ci ha inevi-
tabilmente sospinti e costantemente continuerà a sospingerci in isti-
tuzioni pseudocostituzionali sempre peggiori. Noi propugneremo sem-
pre e dovunque le nostre convinzioni e faremo valere le nostre conce'
zioni, ripetendo sempre che finché il vecchio potere non crolla, finché
esso non sarà estirpato alle radici, non c’è da attendersi niente di
buono. Prepareremo le condizioni di una nuova ascesa, ma finché non
sopraggiunge e perché sopraggiunga bisogna lavorare con maggiore te-
nacia, senza lanciare parole d'ordine che hanno un senso soltanto nelle
condizioni di un’ascesa.
Sarebbe altresi sbagliato considerare il boicottaggio come una
linea tattica che contrappone il proletariato e parte della democrazia
borghese rivoluzionaria al liberalismo unito alla reazione. Il boicottag-
gio non è una linea tattica, ma un mezzo di lotta particolare, valido in
particolari condizioni. Se si confonde il bolscevismo col « boicottismo »
si commette lo stesso errore che si commetterebbe confondendolo col
« boievismo » 20 . La differenza fra la linea tattica dei bolscevichi e
quella dei menscevichi è già stata pienamente chiarita ed è incarnata
nelle risoluzioni, diverse in linea di principio, adottate nella primavera
del 1905 durante il III Congresso bolscevico di Londra e la Conferen-
za menscevica di Ginevra 31 . Allora non si parlò e non si poteva par-
lare né di boicottaggio né di « boievismo ». Tanto per le elezioni alla
II Duma, allorché non eravamo boicottisti, quanto nella stessa II Du-
ma, la nostra linea tattica f com’è noto a tutti, si distinse nella maniera
davanti a noi: quello della lotta per la via rivoluzionaria diretta. Cfr. anche il
Proletari (russo) del 1906, n. 1, articolo II boicottaggio 1# , dove si sottolinea che
modesta è l’utilità arrecata dal lavoro alla Duma.
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
37
più recisa da quella menscevica. Le linee tattiche possono divergere
in tutti i metodi e mezzi di lotta, in Ogni campo della lotta, pur senza
creare affatto metodi di lotta specifici, propri delPuna o dell'altra li-
nea. E si tratterebbe di menscevismo della peggior specie se si giusti-
ficasse o proponesse il boicottaggio della terza Duma adducendo a mo-
tivo il crollo delle speranze rivoluzionarie riposte nella l o nella li
Duma, il crollo di una Costituzione « legittima », « forte ». « salda »
e « autentica ».
VI
Abbiamo rinviato alla fine l'esame degli argomenti piu solidi, gli
unici marxisti, a favore del boicottaggio. Il boicottaggio attivo non ha
senso se non esiste una vasta ascesa rivoluzionaria. E sia. Ma una vasta
ascesa sì sviluppa da un'ascesa non vasta. I sintomi di una certa ascesa
esistono. La parola d'ordine del boicottaggio dobbiamo lanciarla giacché
questa parola d'ordine sostiene, sviluppa ed estende l'ascesa che già
ha inizio.
Questa, a mio avviso, l’argomentazione fondamentale che deter-
mina, in forma più o meno chiara, la propensione al boicottaggio in
circoli socialdemocratici. Ed oltre a ciò i compagni che sono maggior-
mente vicini al diretto lavoro fra il proletariato partono non da un'argo-
mentazione « costruita » in base al noto tipo, ma da una certa somma
di impressioni da essi riportate dal contatto con la massa operaia.
Una delle non molte questioni sulle quali, pare, non ci sono o
non ci sono sinora state divergenze fra le due frazioni dei socialdemo-
cratici è quella del motivo della lunga pausa avutasi nello sviluppo
della nostra rivoluzione. « Il proletariato non si è riavuto », questo è
il motivo. Ed effettivamente la lotta deUottobre-dìcembre ha gravato
quasi per intero sulle spalle del solo proletariato: per tutta la nazione
si è battuto sistematicamente, in modo organizzato ed ininterrottamente
il solo proletariato. Non c’è da stupirsi che in un paese che ha la minor
percentuale (su scala europea) di popolazione proletaria il proletariato
sia dovuto essere incredibilmente esaurito da una simile lotta. Inoltre
le forze congiunte della reazione governativa e di quella borghese si
scagliarono dopo il dicembre, e hanno da allora continuato ininterrotta-
38
LENIN
mente a scagliarsi, proprio contro il proletariato. Le persecuzioni poli-
ziesche e le pene capitali hanno decimato il proletariato durante un anno
e mezzo, mentre le serrate sistematiche, dalla chiusura « punitiva » delle
officine statali ai complotti dei capitalisti contro gli operai, hanno por-
tato la miseria delle masse operaie a proporzioni inaudite. Ed ora, dicono
certi militanti socialdemocratici, si notano tra le masse sintomi indicanti
che il morale è più alto, che il proletariato sta accumulando le forze.
Quest’impressione, non del tutto precisa e non completamente percet-
tibile, viene completata con un argomento più solido: in alcuni rami
d’industria si constata un’indubbia ripresa degli affari. L’aumentata
domanda di operai deve ineluttabilmente rafforzare il movimento di
scioperi; gli operai dovranno tentare di rifarsi, sia pure soltanto in parte,
delle enormi perdite subite all’epoca delle repressioni e delle serrate.
Infine il terzo e più solido argomento consiste nel richiamarsi non a
un movimento di scioperi problematico e in generale atteso, ma a un
grandissimo sciopero che le organizzazioni operaie hanno già fissato.
AH’inizio del 1907 i rappresentanti di 10.000 operai tessili già hanno
discusso la loro situazione e indicato le misure atte a rafforzare i sinda-
cati di questo ramo d’industria. La seconda volta già si sono riuniti i
rappresentanti di 20.000 operai e hanno deciso di proclamare, nel luglio
1907, lo sciopero generale degli operai tessili. Questo movimento può
abbracciare immediatamente circa 400.000 operai. Esso parte dalla regio-
ne di Mosca, cioè dal più grande centro del movimento operaio della
Russia e dal più grande centro industriale e commerciale. Proprio a
Mosca e solo a Mosca il movimento operaio di massa può acquistare più
rapidamente che altrove il carattere di un vasto movimento popolare
d’importanza politica decisiva. E gli operai tessili rappresentano, in seno
alla massa operaia generale, l’elemento peggio pagato, meno evoluto,
che più debolmente ha partecipato ai precedenti movimenti, che più
strettamente è legato alla popolazione contadina. L’iniziativa di tali
operai può indicare che il movimento abbraccerà strati di proletariato
incomparabilmente più vasti che in passato. E il nesso esistente fra il
movimento di scioperi e l’ascesa rivoluzionaria in seno alle masse è già
stato dimostrato più di una volta nella storia della rivoluzione russa.
Dovere categorico della socialdemocrazia è di concentrare una gran-
dissima attenzione e sforzi eccezionali proprio in tale movimento. Il
lavoro in questo campo deve appunto acquistare un’importanza assolu-
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
39
tamente primaria in confronto alle elezioni di una Duma ottobrata.
Nelle masse dev’essere istillata la convinzione che è necessario trasfor-
mare questo movimento di scioperi in un generale e vasto attacco contro
l’autocrazia. La parola d’ordine del boicottaggio significa appunto spo-
stare Pattenzione dalla Duma alla lotta di massa immediata. La parola
d’ordine del boicottaggio significa appunto infondere nel nuovo movi-
mento un contenuto politico e rivoluzionario.
Tale è approssimativamente il corso del pensiero che porta certi
socialdemocratici alla convinzione che sia necessario boicottare la terza
Duma. Si tratta di un’argomentazione a favore del boicottaggio indub-
biamente marxista e che non ha niente a che vedere con la nuda ripeti-
zione di una parola d’ordine presa a sé e slegata dalle condizioni storiche
particolari.
Ma, per quanto solida essa possa essere, è pur sempre, a mio avviso,
ancora insufficiente per indurci ad accogliere immediatamente la parola
d’ordine del boicottaggio. Questa argomentazione sottolinea ciò che
appunto non potrebbe in generale essere messo in dubbio da un social-
democratico russo che abbia riflettuto sugli insegnamenti che la nostra
rivoluzione ci ha impartito, e precisamente che non possiamo rinunciare
per sempre al boicottaggio, che dobbiamo essere pronti a lanciare questa
parola d’ordine al momento opportuno, che la nostra impostazione della
questione del boicottaggio non ha niente a che vedere con l’impostazione
liberale della questione, meschinamente filistea e priva di qualsiasi con-
tenuto rivoluzionario: tenersi in disparte o non tenersi in disparte? *
Accettiamo per dimostrato e pienamente corrispondente alla realtà
tutto ciò che i sostenitori del boicottaggio tra i socialdemocratici dicono
sul mutamento sopravvenuto nello stato d’animo degli operai, sulla
ripresa industriale e sullo sciopero di luglio dei tessili.
Che cosa scaturisce da tutto questo? Che ci troviamo di fronte
all’inizio di una certa ascesa parziale che ha un’importanza rivoluzio-
naria **. Siamo noi in dovere di fare ogni sforzo per sostenerla e
* Cfr. nel Tovaristc un esempio di ragionamenti liberali in L. Martov, ex
collaboratore di pubblicazioni socialdemocratiche, attualmente collaboratore di gior-
nali liberali.
** Esiste Topinione che lo sciopero dei tessili sarebbe un movimento di nuovo
tipo, che isolerebbe il movimento sindacale da quello rivoluzionario. Ma noi tra-
scuriamo questo modo di vedere, in primo luogo perché interpretare tutti i sin-
tomi di fenomeni di tipo complesso in senso pessimistico è in generale un prò-
40
LENIN
svilupparla, mirando a trasformarla in un’ascesa rivoluzionaria generale
e poi in un movimento di tipo offensivo? Senza dubbio. Tra i socialde-
mocratici (tranne forse i collaboratori del Tovariste) non vi possono
essere due opinioni al riguardo. Ma la parola d’ordine del boicottaggio
è forse necessaria in questo momento , all’inizio di quest’ascesa parziale,
prima che essa si sia definitivamente trasformata in ascesa generale, per
sviluppare il movimento? È forse essa in grado di contribuire allo
sviluppo dell’odierno movimento? Questa è un’altra questione, e a
questa domanda occorre, a mio avviso, rispondere negativamente.
Si può e si deve sviluppare un’ascesa generale da un’ascesa parziale
mediante argomenti e parole d’ordine dirette e immediate, senza rife-
rirsi alla terza Duma. Il corso degli eventi dopo il dicembre è tutta
una conferma del modo di vedere socialdemocratico circa la funzione
della Costituzione monarchica, circa la necessità della lotta diretta.
Cittadini, diremo noi, se non volete che la causa della democrazia in
Russia declini costantemente e sempre, piu rapidamente come è avvenuto
dopo il dicembre 1905, a] tempo dell’egemonia dei signori cadetti sul
movimento democratico, se non lo volete, sostenete l’incipiente ascesa
del movimento operaio, sostenete la lotta di massa diretta. Senza di essa
non ci sono e non possono esserci garanzie di libertà in Russia.
Un’agitazione di questo tipo sarà indubbiamente un’agitazione
socialdemocratica rivoluzionaria pienamente coerente, È forse necessa-
rio aggiungere; non credete, cittadini, nella terza Duma e guardate noi
socialdemocratici, che la boicottiamo in segno di protesta!?
Una simile aggiunta, date le condizioni del momento che attra-
versiamo, non solo non è necessaria, ma suona persino strana, suona
quasi come uno scherno. Difatti, anche senza di ciò, nessuno ha fidu-
cia nella terza Duma; negli strati della popolazione capaci di alimen-
tare il movimento democratico non c’è e non può esserci cioè un’infa-
tuazione per l’istituzione costituzionale rappresentata dalla terza Du-
ma quale fu indubbiamente la vasta infatuazione per la prima , per i
primi tentativi di creare in Russia istituzioni qualsiasi, purché costi-
tuzionali .
cedimento pericoloso, che spesso confonde le idee a molti socialdemocratici non
dei tutto « saldi in sella ». In secondo luogo, se nello sciopero dei tessili ci fos-
sero le caratteristiche indicate, noi socialdemocratici dovremmo indubbiamente lot-
tare contro di esse nel modo piu energico» Qualora la nostra lotta avesse successo,
la questione si presenterebbe quindi propriq come noi appunto la poniamo.
CONTRO IL BOICOTTAGGIO
41
L’attenzione di vaste cerehie della popolazione si concentrò, nel
1905 ed all’inizio del 1906, sulla prima istituzione rappresentativa, sia
pure costituita sulla base di una Costituzione monarchica. È un fatto.
Contro questo fenomeno i socialdemocratici dovevano lottare e mani-
festare nel modo piu evidente.
Oggi non è cosi. Non l’infatuazione per il primo « parlamento »,
non la fiducia nella Duma costituiscono il tratto caratteristico del mo-
mento, ma la sfiducia nelV ascesa.
In tali condizioni, lanciando prematuramente la parola d’ordine
del boicottaggio non rafforziamo in nessun modo il movimento, non
rendiamo inoperanti i veri impedimenti che effettivamente lo osta-
colano. E non basta: con ciò rischiamo persino di indebolire la forza
della nostra agitazione, giacché il boicottaggio è una parola d’ordine
che accompagna un’ascesa già precisatasi, mentre il guaio è che oggi
larghe cerehie della popolazione non credono in un’ascesa, non ne ve-
dono la forza.
Occorre prima preoccuparsi che venga dimostrata coi falli la for-
za di quest’ascesa, dòpo di che faremo sempre in tempo ad avanzare una
paròla d’ordine che esprima indirettamente questa forza. Ma c’è an-
cora una questione: non sarà forse necessaria, per un movimento ri-
voluzionario di carattere offensivo, una speciale parola d’ordine che
iislolga l’attenzione dalla... terza Duma ? È possibile che non lo sia. Per
far si che non si dia peso a qualcosa d’importante e di veramente ca-
pace di infatuare una folla inesperta e che ancora non ha visto parla-
menti è forse necessario boicottare ciò a cui non bisogna dar peso. Ma
per far si che non si dia peso a un’istituzione assolutamente incapace
di infatuare l’odierna folla democratica o semidemocratica non è indi-
spensabile proclamare il boicottaggio. L’essenziale non sta oggi nel boi-
cottaggio, ma negli sforzi diretti e immediati per trasformare l’ascesa
parziale in ascesa generale, il movimento sindacale in movimento ri-
voluzionario, la difesa dalle serrate in offensiva contro la reazione.
VII
Riassumiamo. La parola d’ordine del boicottaggio nacque in un
periodo storico particolare. Nel 1905 e all’inizio del 1906 la situazione
oggettiva sottopose alla decisione delle forze sociali in lotta la que-
42
LENIN
stione della scelta della via immediata da seguire: la via rivoluzionaria
diretta o la svolta costituzionale monarchica. Contenuto dell’agitazio-
ne boicottistica era inoltre principalmente la lotta contro le illusioni
costituzionali. Condizione del successo del boicottaggio era la vasta,
generale, rapida e vigorosa ascesa rivoluzionaria.
Sotto tutti questi rapporti la situazione esistente alle soglie del-
l'autunno del 1907 non determina affatto la necessità di una simile pa-
rola d'ordine e non la giustifica.
Pur continuando il nostro quotidiano lavoro per la preparazione
delle elezioni e non rifiutando in anticipo di partecipare alle istituzioni
rappresentative più reazionarie, dobbiamo, in tutta la nostra propagan-
da e agitazione, spiegare al popolo il nesso esistente tra la sconfitta di
dicembre e tutto il successivo declino della libertà e scempio della Co-
stituzione. Dobbiamo infondere nelle masse la ferma convinzione che
senza una lotta di massa diretta tale scempio continuerà e si accen-
tuerà inevitabilmente.
Pur non rinunciando ad applicare la parola d'ordine del boicottag-
gio in momenti di ascesa, quando ne potesse sorgere una seria neces-
sità, dobbiamo oggi orientare tutti i nostri sforzi a che, mediante una
azione diretta ed immediata, si tenda a trasformare questa o quell'asce-
sa del movimento operaio in un movimento generale, vasto, rivoluzio-
nario e offensivo contro la reazione nel suo insieme, contro i suoi pi-
lastri.
26 giugno 1907.
IN MEMORIA DEL CONTE HEIDEN
{Che cosa insegnano al popolo i nostri « democratici » senza partito?)
« Tutta la stampa progressiva ha espresso, in occasione della
grave perdita che la Russia ha subito con la morte del conte P.A, Hei-
den, le sue profonde condoglianze. L’esimia figura di Piotr Alexan-
drovic si era cattivate tutte le persone per bene, senza distinzione di
partiti e di correnti. Raro e felice destino!!! ». Segue una lunga cita-
zione dall’organo di stampa dei cadetti di destra, le Russkie Vìedomo-
stì y dóve per la vita e l’opera di quest*« uomo prodigioso » si com-
muove il principe Pav. Dm. Dolgorukov, uno di quella razza dei Dol-
gorukov i cui rappresentanti hanno francamente confessato quali sono
le radici del loro democratismo! Meglio accordarsi pacificamente coi
contadini che aspettare che si prendano essi stessi la terra... « Noi con-
dividiamo profondamente i sentimenti di cordoglio che la morte del
conte Heiden ha suscitato in tutti coloro che sono abituati ad apprez-
zare l'uomo, quali che siano i paludamenti di partito in cui si è mani-
festato. E il defunto Heiden era precisamente innanzi tutto un uomo ».
Cosi scrive il giornale Tovaristc, n. 296, martedì, 19 giugno 1907.
I pubblicisti del Tovaristc non sono soltanto i più ferventi demo-
cratici della nostra stampa legale, si considerano anche dei socialisti,
dei socialisti critici, naturalmente. Sono quasi dei socialdemocratici; e
i menscevichi, Plekhanov, Martov, Smirnov, Pereiaslavski, Dan, ecc.
ecc., trovano la piu cordiale ospitalità nel giornale, le cui colonne ven-
gono adornate dalla firma dei signori Prokopovic, Kuskova, Portugalov
ed altri « ex marxisti ». Non v’ha, in una parola, il piu piccolo dubbio
che i pubblicisti del Tovaristc sono i rappresentanti più « di sinistra »
della nostra società « illuminata », « democratica », estranea alla gret-
ta clandestinità, ecc.
44
LENIN
E quando ci capitano sottocchio righe come quelle riportate so-
pra è difficile trattenersi dall’esclamare, all’indirizzo di questi signori:
Quale fortuna è per noi bolscevichi il non appartenere, notoriamente,
alla cerchia delle persone per bene del Tovaristcl
Signori « persone per bene » della democrazia illuminata russa,
voi istupidite il popolo russo e lo contaminate coi miasmi della piag-
geria e del servilismo cento volte più dei famigerati centoneri Puri-
sckevic, Kruscevan, Dubrovin, contro i quali conducete una guerra
cosi zelante, cosi liberale, cosi a buon mercato, cosi utile e senza rischi
per voi. Vi stringete nelle spalle e vi rivolgete a tutte le « persone per
bene » della vostra società con un ghigno sprezzante airindirizzo di
cosi « assurdi paradossi »? Si, si, noi sappiamo benissimo che nulla al
mondo può scuotere la vostra volgare fatuità liberale. È proprio perché
con tutta la nostra attività siamo riusciti a separarci con un solido
muro dalla cerchia delle persone per bene della società colta russa che
noi ci rallegriamo.
Si possono forse trovare esempi i quali dimostrino che i centoneri
abbiano corrotto e confuso le idee a strati della popolazione di una
qualche ampiezza? No.
Né la loro stampa, né la loro associazione, né le loro assemblee,
né le elezioni alla I o alla II Duma hanno potuto offrirci simili esem-
pi. I centoneri provocano l’esasperazione con le loro violenze e atro-
cità, cui prendono parte polizia e truppe. Essi si attirano l’ odio e il di-
sprezzo con le loro furfanterie, perfidie, corruzioni. Col denaro del go-
verno organizzano gruppi e bande di ubriaconi, che sanno agire soltanto
col permesso della polizia e dietro sua istigazione. In tutto questo non
c’è la minima traccia di un’influenza ideale più o meno pericolosa su
strati della popolazione di una qualche ampiezza.
Ed è, invece, altrettanto indubbio che una simile influenza viene
esercitata dalla nostra stampa legale, liberale e « democratica ». Le
elezioni alla I alla II Duma, le assemblee, le associazioni, la scuola,
tutto lo dimostra. E il ragionamento del Tovaristc a proposito della
morte di Heiden ci mostra all’ evidenza quale è quest’influenza ideale.
« ... Grave perdita... esimia figura... felice destino... era innanzi tutto un
uomo ».
Il grande proprietario fondiario conte Heiden si atteggiava no-
bilmente a liberale prima della rivoluzione di ottobre. Ma subito do-
IN MEMORIA PEL, CONTE HEJDEN
45
po la prima vittoria del popolo, dopo il 17 ottobre 1905, egli passò
senza la minima esitazione al campo della controrivoluzione, al parti*
to degli ottobristi, al partito del grande proprietario fondiario e del
grande capitalista esasperati contro i contadini e contro la democrazia. Al-
la I Duma questo nobile uomo difendeva il governo, e dopo lo sciogli-
mento della I Duma avviò trattative — ma non giunse ad un’intesa
per la sua partecipazione al ministero. Queste le piu importanti tappe
fondamentali del curriculum vitae di questo tipico grande proprieta-
rio terriero controrivoluzionario.
Ed ecco apparire dei signori vestiti decorosamente, illuminati e
colti, con sulle labbra frasi sul liberalismo, il democratismo, il socia-
lismo, con discorsi di simpatia per la causa della libertà, per la causa
della lotta dei contadini per la terra, contro i proprietari fondiari, dei
signori che detengono di fatto il monopolio dell’opposizione legale
sulla stampa, nelle associazioni, nelle assemblee, alle elezioni, e predi-
care al popolo, levando gli occhi al cielo: « Raro e felice destino!... Il
defunto conte era innanzi tutto un uomo ».
Si, Heiden era non solo un uomo, ma anche un cittadino che sa-
peva innalzarsi sino a comprendere gli interessi generali della sua classe
e difendere questi interessi con molta intelligenza. E voi, signori de-
mocratici illuminati, voi siete dei semplici grulli lagrimanti che dissi-
mulano col cretinismo liberale la propria incapacità di essere qualcosa
d’altro che servi istruiti della stessa classe dei grandi proprietari fon-
diari.
L’influenza dei grandi proprietari fondiari sul popolo non è te-
mibile. Essi non riusciranno mai ad ingannare, per un periodo piu o
meno lungo, una massa di operai, e nemmeno di contadini, di una
qualche ampiezza. Ma l’influenza degli intellettuali , che non prendono
direttamente parte allo sfruttamento, che sono stati addestrati ad ope-
rare con parole e concetti generali, che si lasciano trascinare da ogni
sorta di « buoni » precetti, che per candida ottusità erigono talvolta
a principio la propria situazione interclassista costituendo partiti ed
elaborando una politica al di fuori delle classi, l’influenza di questi in-
tellettuali borghesi sul popolo è pericolosa. Qui e soltanto qui si è in
presenza di una contaminazione delle larghe masse che è in grado di
arrecare un danno reale, che richiede la tensione di tutte le forze del
socialismo per lottare contro questo tossico.
46
LENIN
— Heiden era una persona colta, istruita, piena di umanità, tol-
lerante — singhiozzano i bavosi chiacchieroni liberali e democratici, fi-
gurandosi di essersi elevati al di sopra di ogni « partitismo » sino ad
un punto di vista « di umanità universale ».
Vi sbagliate, stimatissimi. Questo punto di vista non è umanità
universale, ma universale servilismo. Lo schiavo che ha coscienza delle
sue condizioni di schiavo e lotta contro queste condizioni è un rivolu-
zionario. Lo schiavo che non ha coscienza della sua schiavitù e vegeta
in una silenziosa, incosciente e sottomessa vita da schiavo è sempli-
cemente uno schiavo. Lo schiavo che sbava quando, soddisfatto, de-
scrive le delizie della vita da schiavi ed esalta il buono e bravo padrone
è un lacchè, un bruto. E voi siete precisamente dei simili bruti, si-
gnori del Tovaristc. Con ripugnante benignità vi commovete perché
un grande proprietario fondiario controrivoluzionario, il quale ha ap-
poggiato il governo controrivoluzionario, era una persona istruita e
piena, di umanità. Voi non capite che, invece di trasformare lo schiavo
in rivoluzionario, trasformate gli schiavi in lacchè. Le vostre parole
sulla libertà e la democrazia sono finto lustro, frasi mandate a memo-
ria, chiacchiere alla moda o ipocrisia, sono una maschera dipinta alla
meglio. E voi, personalmente, siete dei sepolcri imbiancati. La vostra
animuccia è l’anima di un bruto, e tutta la vostra cultura, la vostra
istruzione e il vostro illuminismo altro non sono che una varietà di
prostituzione qualificata, perché voi vendete le vostre anime, e le ven-
dete non solo per bisogno, ma anche per « amore del mestiere ».
— Heiden era un convinto costituzionalista — dite commossi.
Voi mentite, oppure siete ormai stati completamente abbindolati dagli
Heiden. Definire convinto costituzionalista, davanti al popolo, pubbli-
camente un uomo che fondò un partito che ha appoggiato il governo
di Witte, Dubasov, Goremykin e Stolypin equivale a definire un car-
dinale convinto combattente contro il papa. Invece di insegnare al
popolo il giusto ' concetto di Costituzione, voi democratici nei vostri
scritti riducete la Costituzione a storione al cren. Poiché non v’ha
dubbio che per un grande proprietario fondiario controrivoluzionario
la Costituzione è appunto storione al cren, è una forma di massimo
perfezionamento dei metodi di spoliazione e di sottomissione del con-
tadino e di tutta la massa del popolo. Se Heiden era un convinto co-
stituzionalista, vuol dire che anche Dubasov e Stolypin sono convinti
IN MEMORIA DEL CONTE HEIDEN
47
costituzionalisti, poiché anche Heiden sosteneva di fatto la loro poli-
tica. Dubasov e Stolypin non sarebbero potuti essere quello che sono
stati, non avrebbero potuto fare la loro politica senza l’appoggio degli
ottobristi, Heiden compreso. Ma in base a che cosa, o ultrasapienti de-
mocratici appartenenti alle persone « per bene », bisogna valutare la
fisionomia politica di un uomo (« costituzionalista »)? dai suoi discorsi,
dal suo battersi il petto e versar lacrime di coccodrillo? oppure dalla
sua reale attività sull’arena politica?
Che cosa è caratteristico, che cosa è tipico nell’attività politica di
Heiden? Il fatto che egli non potè giungere a un’intesa con Stolypin
circa la sua partecipazione al ministero dopo lo scioglimento della I
Duma, oppure il fatto che dopo un simile atto egli si accinse a trattare
con Stolypin? Il fatto che una volta, nella tale o tale altra occasione,
disse le tali e tali altre frasi liberali, oppure il fatto che divenne otto-
brista (= controrivoluzionario) subito dopo il 17 ottobre? Definendo
Heiden un convinto costituzionalista voi insegnate al popolo ciò che
prima di tutto è caratteristico e tipico. E questo vuol dire che voi ri-
petete stupidamente frammenti di parole d’ordine democratiche senza
capire V abbica della democrazia.
Poiché democrazia — imprimetevelo bene nella mente, signori
persone per bene della società per bene — significa lotta contro quel-
lo stesso dominio dei grandi proprietari fondiari controrivoluzionari
sul paese che il signor Heiden ha sostenuto e incarnato in tutta la sua
carriera politica.
— Heiden era una persona colta — dicono commossi i nostri
democratici da salotto. Si, noi abbiamo già riconosciuto e volentieri rico-
nosciamo che egli era più colto e più intelligente (cosa, questa, che
non sempre va di pari passo con la cultura) degli stessi democratici,
poiché comprendeva meglio gli interessi della sua classe e del suo
movimento sociale controrivoluzionario di quanto voi, signori del To -
varistc, comprendiate gli interessi del movimento di emancipazione. Il
colto grande proprietario terriero controrivoluzionario sapeva difen-
dere in modo sottile e astuto gli interessi della sua classe, copriva abil-
mente le cupide aspirazioni e i rapaci appetiti dei fautori della servitù
della gleba col velo delle nobili parole e dell’esteriore portamento del
gentleman , insisteva (con gli Stolypin)* sulla necessità di proteggere
questi interessi mediante le più civili riforme del dominio di classe.
48
LENIN
Heiden e i suoi simili « sacrificavano » tutta la loro « cultura » sul-
l’altare del servizio degli interessi dei grandi proprietari fondiari. Per
un vero democratico, e non per un bruto « per bene » dei salotti ra-
dicali russi, per un pubblicista che volesse mostrare la prostituzione
della cultura nell’odierna società ciò potrebbe costituire un ottimo
tema.
Quando un « democratico » chiacchiera di cultura egli vuole su-
scitare nella mente del lettore l’idea di ricche cognizioni, di un vasto
orizzonte, della nobilitazione della mente e del cuore. Per i signori
Heiden la cultura è una tenue vernice, un addestramento, un « ammae-
stramento » alle forme del gentleman nello sbrigare i pìu grossolani e
piu sporchi affari politici. Poiché tutto Tottobrismo, tutto il « rinnova-
mento pacifico » 22 di Heiden, tutte le sue trattative con gli Stolypin
dopo lo scioglimento della I Duma non furono in sostanza che il disbri-
go delle piu grossolane e sporche faccende, l’escogitazione di un modo un
tantino piu eSicace, piu astuto, piu abile, piu saldo all’interno, meno ap-
pariscente all’esterno, di salvaguardare il diritto della generosa nobiltà
russa al sangue e al sudore di milioni e milioni di « contadini », che
questi Heiden hanno sempre ed incessantemente spogliato, e prima del
1861, e nel 1861, e dopo il 1861, e dopo il 1905.
Già Nekrasov e Saltykov avevano insegnato alla società russa a
distinguere, sotto la levigata e impomatata esteriorità della cultura del
proprietario nobile fautore della servitù della gleba, i suoi interessi
rapaci, avevano insegnato a odiare l’ipocrisia e l’insensibilità di tali
tipi, mentre l’odierno intellettuale russo, che pretende di essere il cu-
stode del retaggio democratico, che appartiene al partito cadetto * o
agli accoliti dei cadetti, insegna al popolo Tabbrutimento e si estasia
della propria imparzialità di democratico senza partito. Lo spettacolo
è quasi piu ripugnante di quello offerto dalle gesta di Dubasov e di
Stolypin...
— Heiden era un « uomo » — singhiozza, fuori di se dall’entu-
siasmo, il democratico da salotto. Heiden era pieno di umanità.
Questa commozione per l’umanità di Heiden ci costringe a ricor-
dare non solo Nekrasov e Saltykóv, ma anche le Memorie di un cac -
* I cadetti hanno manifestato cento volte piu servilismo, nel giudicare Heiden,
dei signori del Tovaristc. Abbiamo preso questi ultimi come modello del «demo-
cratismo * tra le <* persone per bene » della « società » russa.
IU MEMORIA del conte heiden
49
datore di Turgheniev. Abbiamo davanti a noi un civile, colto ricco
proprietario fondiario, istruito, dolce nelle forme di trattare la gente,
verniciato all’europea. II proprietario offre vino alFospite e lo intrat-
tiene in discorsi elevati. « Come mai il vino non è stato riscaldato? »,
chiede al cameriere. Il cameriere tace e impallidisce. Il proprietario
suona e, senza alzare la voce, dice al servo che è entrato: « Riguardo
a Fiodor... prendere le disposizioni del caso ».
Eccovi un piccolo esempio dell ? « umanità » heideniana, o della
umanità à la Heiden. Anche il grande proprietario fondiario di Tur-
gheniev è un uomo « pieno di umanità »... in confronto alla Saltycikha,
per esempio, è tanto pieno di umanità che non si reca personalmente
nella stalla ad osservare se le disposizioni di fustigare Fiodor sono
state prese nella maniera dovuta. Egli è tanto pieno di umanità che
non si cura di bagnare nell’acqua salata le verghe con le quali viene
fustigato Fiodor. Egli, questo proprietario, non si permette né di col-
pire né di rimproverare il cameriere, si limita a dare « le disposizio-
ni » di lontano, da persona colta, in forme dolci ed umane, senza ru-
more, senza scandalo, senza « pubblica dimostrazione »...
Esattamente dello stesso genere è Tumanità di Heiden. Egli non
ha preso personalmente parte alla fustigazione ed alla tortura dei con-
tadini, assieme ai Lugenovski e ai Filonov; non ha partecipato alle
spedizioni punitive assieme ai Rennenkampf e ai Meller-Zakomelski;
non ha sparato su Mosca assieme ai Dubasov. È stato tanto umano da
astenersi da simili imprese, lasciando a tali eroi della « stalla » panrus-
sa il compito di « prendere le disposizioni del caso » e dirigendo, nella
quiete del suo studio di uomo pacifico ed istruito, j] partito politico
che sosteneva il governo dei Dubasov. e j cui capi brindavano al vin-
citore di Mosca, Dubasov... Non è forse effettivamente umano, cioè,
mandare i Dubasov a « prendere le disposizioni del caso riguardo a
Fiodor » invece di essere personalmente presenti nella stalla*? Per le
vecchie donnacchere che dirigono la rubrica politica della nostra stam-
pa liberale e democratica questo è un modello di umanità... Fu un uo-
mo doro, non offese una mosca! È un « raro e felice destino » soste-
nere i Dubasov, raccogliere i frutti delle repressioni dei Dubasov e non
essere responsabili dei Dubasov.
Il democratico da salotto vede il nec plus ultra del democratismo
nel chiedersi sospirando perché mai non siano gli Heiden a governarci
50
LENIN
(poiché a questo grullo da salotto non viene neanche in mente l'idea
che esiste una divisione « naturale » del lavoro fra Heiden e i Duba
sov). Ascoltate:
«...E quale sventura che egli [Heiden] sia mono proprio ora che sarebbe
stato più utile che mai. Ora egli lotterebbe contro gli elementi di estrema destra,
palesando i lati migliori della sua anima, difendendo i principi costituzionali con
tutta l’energia e l’ingegnosità che gli era propria (Tovaristc, n. 299, venerdì,
22 giugno: In memoria del conte Heiden, corrispondenza dal governatorato di
Pskov).
Peccato che il colto ed umano rinnovatore pacifico Heiden non
possa coprire con la sua fraseologia costituzionale le nudità della terza
Duma, della Duma degli ottobristi, le nudità dell'autocrazia che ha di-
strutto la Duma! Il compito del pubblicista « democratico » non è
quello di lacerare i falsi paludamenti, di mostrare al popolo in tutta
la loro nudità i nemici che lo opprimono, ma quello di rammaricarsi
dell’assenza degli ipocriti sperimentati che abbelliscono le file degli
ottobristi... Was ìst der Philister? Eìn hohler Darm, voli Furckt und
tìoffnung, dass Goti erbarml Che cos’è il filisteo? Un intestino vuoto,
pieno di paura e di speranza che Dio abbia pietà di lui u . Che cos'è il
filisteo democratico liberale russo del campo cadetto o quasi cadetto?
Un intestino vuoto, pieno di paura e di speranza che il grande proprie-
tario remerò controrivoluzionario abbia pietà di lui!
Giugno 1907.
Pubblicato nel 1907 nella prima
raccolta La voce della vita,
Pietroburgo.
Firmato: N.L
TESI DEL RAPPORTO
TENUTO L’8 LUGLIO ALLA CONFERENZA CITTADINA DI
PIETROBURGO SULLA QUESTIONE DELL’ATTEGGIAMENTO
DEL PARTITO OPERAIO SOCIALDEMOCRATICO RUSSO
VERSO LA TERZA DUMA 24
1. Come ha dimostrato l’esperienza della rivoluzione russa, il boi-
cottaggio della Duma è l’unica decisione giusta della socialdemocrazia
rivoluzionaria quando esistono condizioni storiche in cui il boicottag-
gio è un boicottaggio realmente attivo, esprime cioè la forza di una
vasta e generale ascesa rivoluzionaria che muove direttamente a un attac-
co aperto contro il vecchio potere (e quindi all’insurrezione armata)
Il boicottaggio assolve un grande compito storico quando il suo conte-
nuto è un ammonimento del proletariato a tutto il popolo contro la cieca
infatuazione piccolo-borghese per le illusioni costituzionali e le prime
istituzioni cosiddette costituzionali accordate dal vecchio potere.
2. Considerare il boicottaggio come un mezzo di per sé efficace
al di fuori delle condizioni di una vasta, generale, vigorosa e rapida
ascesa rivoluzionaria e di un attacco diretto di tutto il popolo volto a
rovesciare il vecchio potere, al di fuori del compito di lottare contro
l'infatuazione popolare per una costituzione gratuitamente elargita, signi-
fica agire sotto l'impulso del sentimento, e non della ragione.
3. Proclamare perciò il boicottaggio della Duma perché a una
legge elettorale vantaggiosa per i cadetti è stata sostituita una legge
elettorale vantaggiosa per gli ottobristi, perché alla II Duma, che parlava
alla maniera dei cadetti e agiva alla maniera degli ottobristi, e alla
quale i socialdemocratici hanno partecipato non senza vantaggio per la
causa della rivoluzione, viene sostituita una Duma manifestamente otto-
brista, vorrebbe dire non solo sostituire a un coerente lavoro rivolu-
zionario il nervosismo rivoluzionario, ma anche rivelare che gli stessi
socialdemocratici sono dominati dalle peggiori illusioni circa la Duma
dei cadetti e la Costituzione dei cadetti.
52
LENIN
4. La socialdemocrazia rivoluzionaria deve spiegare al popolo che
il colpo di Stato del 3 giugno è il risultato diretto e assolutamente
inevitabile della sconfitta dell’insurrezione del dicembre 1905, e fare
di questa spiegazione il punto centrale di tutto il suo lavoro di agita-
zione. Il secondo periodo della rivoluzione russa, gli anni 1906 e 1907,
ci insegna che la sistematica offensiva della reazione e la ritirata della
rivoluzione, che si sono avute in tutto questo periodo, sono inevitabili
quando domina la fiducia nella Costituzione, sono inevitabili quando
dominano i metodi di lotta cosiddetti costituzionali, sono inevitabili
finché il proletariato, rafforzatosi e rimessosi dalle sconfitte subite, non
si leverà, in masse incomparabilmente più vaste, per un attacco risoluto
e offensivo volto a rovesciare il potere zarista.
5. Il movimento di scioperi che divampa oggi nella zona indu-
striale di Mosca, e che comincia ad estendersi ad altre zone della Russia,
va considerato come il pegno più sicuro della possibilità di un’ascesa
rivoluzionaria nel prossimo futuro. La socialdemocrazia deve perciò
impegnare tutte le sue forze non solo per sostenere e sviluppare la lotta
economica del proletariato, ma anche per trasformare il movimento
odierno, finora ancora soltanto sindacale, in una vasta ascesa rivolu-
zionaria e in una lotta diretta delle masse operaie contro le forze armate
dello zarismo. Solo quando gli sforzi della socialdemocrazia diretti a
questo scopo saranno coronati dal successo, solo sul terreno di un
movimento rivoluzionario offensivo già in atto potrà acquistare una
seria importanza la parola d’ordine del boicottaggio, in indissolubile
connessione con l’aperto incitamento delle masse airinsurrezione armata,
al rovesciamento del potere zarista, alla sua sostituzione con un governo
rivoluzionario provvisorio che convochi l’Assemblea costituente sulla
base del suffragio universale, diretto, uguale e segreto.
Scritto nel luglio 1907
Pubblicato in foglio a sé
nei luglio 1907
LA TERZA CONFERENZA DEL POSDR
(« Seconda conferenza di tutta la Russia »)
I
Progetto di risoluzione sulla partecipazione alle elezioni della terza
Duma
Considerando
1) che il boicottaggio attivo, come ha dimostrato l’esperienza
della rivoluzione russa, è la tattica giusta della socialdemocrazia solo
quando esiste una vasta, generale e rapida ascesa rivoluzionaria che si
stia trasformando in insurrezione armata, e solo in connessione col
compito ideale di lottare contro le illusioni costituzionali all’atto della
convocazione, da parte del vecchio potere, della prima assemblea rap-
presentativa;
2) che, in assenza di queste condizioni, una giusta tattica della
socialdemocrazia rivoluzionaria esige, anche quando esistono tutte le
condizioni proprie di un'epoca rivoluzionaria, la partecipazione alle
elezioni, come appunto avvenne per la II Duma;
3) che la socialdemocrazia, la quale ha sempre indicato la natura
ottobrista del partito cadetto e il carattere effimero della legge eletto-
rale cadetta {11 dicembre 1905) qualora continui ad esistere l’autocrazia,
non ha alcun motivo di mutare la propria tattica in seguito alla sua
sostituzione con una legge elettorale ottobrista;
4) che il movimento di scioperi che si sta sviluppando nella
regione industriale centrale della Russia, essendo il pegno più sicuro
54
LENIN
di un’ascesa rivoluzionaria possibile nel prossimo futuro, esige al tempo
stesso un tenace lavoro volto a trasformare il movimento, finora soltanto
sindacale, in movimento politico e immediatamente rivoluzionario, legato
all’insurrezione armata,
la conferenza delibera:
a) di partecipare anche alle elezioni della terza Duma;
b) di spiegare alle masse il nesso esistente fra il colpo di Stato
del 3 giugno e la sconfitta deirinsurrezione del dicembre 1905 e i
tradimenti della borghesia liberale, dimostrando al tempo stesso l’insuf-
ficienza della sola lotta sindacale e sforzandosi di trasformare il movi-
mento professionale di scioperi in movimento politico e in lotta rivolu-
zionaria immediata delle masse per rovesciare il governo dello zar
mediante l’insurrezione;
c) di spiegare alle masse che il boicottaggio della Duma non è
di per sé in grado di elevare il movimento operaio e la lotta rivoluzio-
naria a un grado superiore e che la tattica del boicottaggio potrebbe
divenire opportuna solo se i nostri sforzi per trasformare l’ascesa sinda-
cale in attacco rivoluzionario avessero successo.
II
Abbozzo di un progetto di risoluzione sul congresso dei sindacati dì
tutta la Russia
La conferenza riconosce che il dovere di tutti i membri del partito
è di applicare energicamente la risoluzione del congresso di Londra sui
sindacati, tenendo conto — quando vengono stabiliti vincoli organiz-
zativi tra i sindacati e il partito socialdemocratico o i primi riconoscono
la funzione di guida del secondo — di tutto l’insieme delle condizioni
locali, e rivolgendo sempre e in qualsiasi condizione un’attenzione parti-
colare a che nei sindacati i socialdemocratici non si limitino a un passivo
adattamento alla piattaforma « neutrale », prediletta da tutte le sfuma-
ture delle correnti democratiche borghesi (cadetti, progressisti senza
partito socialisti-rivoluzionari, ecc.), ma propugnino indefessamente,
LA TERZA CONFERENZA DEL POSDR
J55
in tutta la loro integrità* le concezioni socialdemocratiche e contribui-
scano costantemente al riconoscimento, da parte dei sindacati, della
guida ideale della socialdemocrazia e airinstaurazione di vincoli organiz-
zativi permanenti ed effettivi coi sindacati stessi.
Scritti nel luglio 1907
Pubblicati per la prima volta ne] 1953 nella
Miscellanea di Lenin , XXV
NOTE DI UN PUBBLICISTA
Dopo lo scioglimento della II Duma, caratteristica dominante della
letteratura politica è diventato lo sconforto, il pentimento, l’apostasia.
Cominciando dal signor Struve, continuando col Tovaristc e finendo con
una serie di scrittori aderenti alla socialdemocrazia, vediamo il ripudio
della rivoluzione, delle sue tradizioni, dei suoi metodi di lotta, la ten-
denza a collocarsi in qualche modo un po’ piu a destra. Per caratte-
rizzare la maniera in cui parlano e scrivono oggi certi socialdemocratici
prenderemo i primi scritti contenuti nella stampa periodica corrente
che ci vengono sotto mano: Tarticolo del signor Nevedomski nel n. 7
del YObrazovanie e quello del signor VI. Gorn nel n. 348 del Tovaristc.
Il signor M. Nevedomski comincia il suo articolo con la piu recisa
critica dei cadetti alla II Duma, con la piu risoluta difesa della tattica
dei blocchi a sinistra e della condotta dei socialdemocratici. Egli termina
poi Particolo cosi:
« Parlando all’indicativo, dirò che per ogni socialdemocratico dev’essere evi-
dente ima cosa: nella fase dell’evoluzione politica nella quale ci troviamo l’atti-
vità dei partiti socialisti si limita pur sempre, in fin dei conti, ad aprire una
strada ai partiti borghesi, prepara il loro temporaneo trionfo.
Ne consegue un imperativo di questo tipo: checché rappresenti questo
“mimetico” (“ora bruno, ora biondo”) partito cadetto, finché esso è l’unico par-
tito di opposizione occorre coordinare l’attività socialista alla sua attività. Ciò è
dettato dal principio dell’economia delle forze... ». «In generale, parlando senza
alcuna ironia» (il signor M. Nevedomski è stato costretto a fare una simile ri-
serva, giacché egli non può scrivere senza cavilli ed arzigogoli che confondono
le idee e ai lettori e allo stesso autore), « questa frase di Miliukov definisce in
maniera del tutto esatta i tratti essenziali del rapporto esistente tra gli uni e gli
altri partiti... » (si tratta della seguente frase di Miliukov: « le minacce di un
intervento del popolo possono essere messe in atto solo allorché questo intervento
è stato preventivamente preparato, ed è appunto a questa preparazione che dev’es-
sere volto il lavoro di tutti coloro ai quali il potere della Duma sembra insuf-
NOTE DI UN PUBBLICISTA
57
fidente per l’assolvimento dei suoi compiti immani » ; gli elementi di sinistra pre-
parino e creino dunque il movimento — interpreta giustamente questa frase il
'signor Nevedomski — , « e i signori cadetti e la Duma terrebbero conto di questo
lavoro ») «... Forse ciò non è privo di cinismo quando esce dalle labbra di un
rappresentante del partito che tiene conto, ma quando una simile impostazione
del problema è, per esempio, di Plekhanov, si tratta di un’esatta e realistica deter-
minazione di una lin^a di condotta per la socialdemocrazia e di un metodo di
utilizzazione da parte sua delle forze dell opposizione liberale ».
Siamo pronti ad ammettere che Plekhanov provi un certo senso...
be’, diciamo evitando le parole forti, di imbarazzo, quando simili signori
gli danno affabilmente un colpetto sulla spalla. Ma con le sue parole
d’ordine cadette, come quella di una piattaforma unica dei socialde-
mocratici e dei cadetti o quella di trattare la Duma con riguardo,
Plekhanov ha dato indubbiamente il diritto di utilizzare i suoi discorsi
precisamente in tal modo.
Ed ora ascoltate il signor Vi. Gorn:
« È chiaro che allo scopo di vincerla » (la coalizione antidemocratica tra
proprietari terrieri e grossi borghesi creata dalla legge elettorale del 3 giugno)
« sono necessarie due condizioni. In primo luogo, tutti gli strati della democrazia,
ivi compreso il proletariato, hanno bisogno di affiatarsi l’uno con l’altro, per
contrapporre a una coalizione un’altra coalizione, e, in secondo luogo, di condurre
la lotta non mediante V escogitazione di parole d’ordine le piu risolute possibili
allo scopo di allontanare gli elementi insufficientemente rivoluzionari e di inten-
sificare il movimento di una palese minoranza rivoluzionaria [il corsivo è del si-
gnor Gorn], ma mediante una reale lòtta concreta, che trascini le stesse masse,
contro le misure altrettanto concrete della coalizione antidemocratica. Per creare
una coalizione democratica non occorre la fusione, è necessario soltanto un accordo
sulle vie e sugli scopi immediati della lotta. E questi accordi, se i rappresentanti
coscienti delle masse — i partiti — si porranno sul terreno del conseguimento di
mutamenti reali delle condizioni della vita sociale, e non muoveranrio soltanto dal-
l’idea di fare dell’agitazione, sono pienamente possibili ».
Da questi estratti non è forse chiaro che i nostri due eroi delle
frasi cadette alla moda dicono sostanzialmente la stessa cosa? Il signor
Gorn parla solo un po’ più francamente e si è scoperto un tantino di
piu, ma la sua differenza dal signor Nevedomski non è affatto maggiore
della differenza esistente fra il signor Struve e il signor Nabokov o il
signor Maklakov.
La politica ha una sua logica intrinseca. Quante volte si è detto che
tra i socialdemocratici e i liberali sono possibili accordi tecnici che non
portino in alcun modo a un blocco politico y blocco che i socialdemo-
cratici membri del partito hanno appunto sempre ripudiato (non par-
58
LENIN
liamo qui di quelli non appartenenti al partito o di quei socialdemocratici
che fanno il doppio giuoco, dicendo nel partito una cosa e in un giornale
« libero », apartitico, un’altra)! E la vita ha costantemente demolito
queste belle costruzioni e pii desideri, poiché dietro la copertura degli
accordi « tecnici » si aprivano invariabilmente il varco le idee del blocco
politico. In un paese piccolo-borghese, nel periodo della rivoluzione
borghese, quando nel partito operaio abbondano gli intellettuali piccolo-
borghesi, la tendenza alla subordinazione politica del proletariato ai
liberali ha le piu reali radici. E questa tendenza, originata dalla situa-
zione oggettiva, costituisce l’effettivo contenuto di ogni politicantismo
pjeaJo-socialista in tema di coalizione coi cadetti. Il signor Gorn, con
l'ingenuità di un intellettuale nel quale soltanto le frasi sono socialde-
mocratiche, mentre i pensieri, il sostrato ideale, le « viscere » sono in
tutto e per tutto meramente liberali o piccolo-borghesi, predica per
l’appunto il blocco politico, la « coalizione democratica », né piu né
meno
È un fatto sommamente caratteristico ch’egli abbia dovuto fare
la riserva: « non occorre la fusione »! Facendola egli ha soltanto pale-
sato i residui di una coscienza socialista poco pulita. Poiché, dicendo:
« non occorre la fusione, ma soltanto un accordo », egli ci ha dato
con ciò stesso, in maniera completa, la descrizione di questo « accordo »,
la definizione del suo contenuto , che rivela con tutta chiarezza lo spirito
di rinnegato della socialdemocrazia che lo anima. Non è infatti della
parola impiegata che si tratta, non del nome dato alla cosa, « fusione »
o « accordo »; si tratta di sapere quale è il contenuto reale di questo
« connubio », di sapere a quale prezzo voi proponete al partito operaio
socialdemocratico di diventare la « mantenuta » del liberalismo.
II prezzo è stato determinato chiaramente.
1) Abbandonare l'idea di fare dell'agitazione.
2) Rinunciare all’« escogitazione » di parole d’ordine risolute.
3) Cessare di allontanare gli elementi insufficientemente rivo-
luzionari.
4) Rinunciare all’* intensificazione » del movimento di una pale-
se minoranza rivoluzionaria.
Sarei disposto a dare un premio a chi riuscisse a compilare un
NOTE DI UN PUBBLICISTA
59
programma più chiaro e più preciso della più completa e più ignomi-
niosa apostasia. Il signor Gorn si distingue dal signor Struve solo perché
questi vede chiaramente la propria via e sino ad un certo punto deter-
mina i propri passi in maniera « autonoma ». Il signor Gorn, invece,
è semplicemente tenuto al guinzaglio dai suoi precettori cadetti.
Abbandonare l'idea di fare dell’agitazione: questo hanno sempre
insegnato al popolo i cadetti della II Dyma. Ciò significa non già
sviluppare la coscienza e le esigenze delle masse operaie e della popo-
lazione contadina, ma comprimere l’una e le altre, soffocarle, spegnerle,
predicare la pace sociale.
Non escogitare parole d’ordine risolute significa rinunciare, come
hanno fatto i cadetti, a predicare le parole dordine che i socialdemocra-
tici avevano avanzato già molto tempo prima della rivoluzione.
Non allontanare gli elementi insufficientemente rivoluzionari signi-
fica rinunciare a criticare in qualsiasi modo, davanti alle masse, Pipo-
crisia, le menzogne e lo spirito reazionario dei cadetti, significa gettarsi
tra le braccia del signor Struve.
Non intensificare il movimento di una minoranza notoriamente
rivoluzionaria significa, in sostanza, rinunciare ai metodi di lotta rivolu-
zionari, poiché è assolutamente incontestabile che durante tutto il 1905
partecipò alle azioni rivoluzionarie una palese minoranza rivoluzionaria:
proprio perché lottarono, si, le masse, ma tuttavia masse che erano in
minoranza, proprio per questo esse non ebbero appunto il completo
successo nella lotta. Ma tutti i successi che il movimento di emanci-
pazione della Russia riuscì in generale a conseguire, tutte le conquiste
che in generale realizzò, tutto questo venne interamente e senz eccezione
conquistato solo con questa lotta dì masse che erano in minoranza.
Questo in primo luogo. E, in secondo luogo, ciò che ì liberali e i loro
accoliti chiamano « movimenti intensificati » fu P unico movimento al
quale le masse (benché la prima volta, purtroppo, ancora in minoranza)
parteciparono in maniera autonoma, e non attraverso sostituti. Punico
movimento che non ebbe paura del popolo, che espresse gli interessi
delle masse, e col quale simpatizzarono (ciò venne dimostrato dalle
elezioni della 1 e specialmente della II Duma) masse gigantesche
che non partecipavano direttamente alla lotta rivoluzionaria.
Parlando di « intensificazione del movimento di una palese mino-
ranza rivoluzionaria » il signor Gorn opera uno dei travisamenti
60
LENIN
piu diffusi, veramente alla Burenin. Quando il giornale di Burenin 27
combatteva, alPepoca della li Duma, contro Alexinski, presentava sem-
pre le cose come se la sua ostilità verso di lui fosse provocata non dalla
lotta che questi conduceva in favore della libertà politica, ma dal
fatto che Alexinski voleva la libertà di... rompere i vetri, arrampi-
carsi sui lampioni, ecc. Anche il pubblicista del Tovaristc opera preci-
samente un’analoga manovra centonera. Egli si sforza di presentare
le cose come se l’accordo tra socialisti e liberali fosse ostacolato non
dal fatto che i socialisti sono e saranno sempre per lo sviluppo della
coscienza rivoluzionaria e delPattività rivoluzionaria delle masse in
generale, ma solo del fatto che i socialisti intensificano, cioè secondano,
stimolano ad arte il movimento, che essi fomentano movimenti pale-
samente disperati.
A queste trovate risponderemo brevemente. Tanto nell’epoca della
I . quanto nell’epoca della II Duma tutta la stampa socialista, sia
menscevica che bolscevica, condannava qualsiasi « intensificazione » del
movimento... Sia alla I che alla II Duma i cadetti lottano contro i
socialdemocratici non perché essi intensificano il movimento, ma perché
sviluppano la coscienza rivoluzionaria e le esigenze delle masse, smasche-
rano la natura 'reazionaria dei cadetti e il miraggio delle illusioni costi-
tuzionali. Questi fatti storici universalmente noti non si possono eludere
con nessun equilibrismo giornalistico. Quanto alla forma dell’inter-
vento- del signor Gorn, essa è quanto mai caratteristica per il nostro
tempo, quando la « società colta », ripudiando la rivoluzione, si aggrap-
pa alla pornografia. Un tipo che si considera un socialdemocratico
ricorre a un giornale apartitico per fare davanti a un vasto pubblico
dei discorsi da Novoie V remia sull’« intensificazione », da parte del
partito operaio, del movimento di una « palese » minoranza! I senti-
menti del rinnegato creano da noi anche i costumi del rinnegato.
Affrontiamo ora la questione da un altro lato. Le concezioni dei
signori Nevedomski e Gorn, che suscitano tanto disgusto quando a
presentarle sono dei sedicenti socialdemocratici, sono indubbiamente
concezioni sommamente tipiche e naturali di vaste cerehie della nostra
intellettualità borghese, della « società » liberaleggiante, di funzionari
frondisti, ecc. Ma non basta caratterizzarle come espressione di una
NOTE DI UN PUBBLICISTA
61
piccola borghesia politicamente senza carattere, fiacca e instabile, biso-
gna altresì spiegarle tenendo conto del punto in cui è giunto oggi lo
sviluppo della nostra rivoluzione.
Perché proprio oggi, neirimminenza della terza Duma, certi cir-
coli della piccola borghesia generano tali concezioni? Perché questi
circoli, mutando docilmente le proprie convinzioni a ogni svolta della
politica governativa, hanno fiducia nella Duma ottobrista, cioè riten-
gono realizzabile la sua missione e si affrettano ad adattarsi alle « riforme
ottobriste », si affrettano a motivare e a giustificare idealmente il pro-
prio adattamento allottobrismo.
Nelbintenzione del governo la missione della Duma ottobrista con-
siste nel porre fine alla rivoluzione con una transazione diretta tra il
vecchio potere, da una parte, e i grandi proprietari fondiari e la grande
borghesia, dall’altra, sulla base di un determinato minimo di riforme
costituzionali Astrattamente parlando, non ve in ciò nulla di assoluta-
mente impossibile, poiché nell’Europa occidentale una serie di rivolu-
zioni borghesi sono terminate col consolidamento di ordinamenti costi-
tuzionali « ottobristi ». Il problema è solo quello di sapere se nellodier-
na Russia siano possibili « riforme » ottobriste capaci di far cessare la
rivoluzione. Non sono le « riforme » ottobriste condannate, per la pro-
fondità della nostra rivoluzione, allo stesso fallimento delle « riforme »
dei cadetti? Non costituirà la Duma ottobrista un episodio altrettanto
breve quanto le Dume dei cadetti, un episodio lungo la via che porta
alla restaurazione del dominio dei centoneri e dell’autocrazia?
Abbiamo attraversato un periodo di lotta rivoluzionaria diretta
delle masse (il 1905) che ci diede alcune conquiste della libertà. Abbia-
mo poi attraversato un periodo di pausa di questa lotta (il 1906 e metà
del 1907). Questo periodo ci ha dato una serie di vittorie della reazione
e nemmeno una vittoria della rivoluzione, che ha perduto le conquiste
del primo periodo. Il secondo periodo è stato il periodo dei cadetti;
il periodo delle illusioni costituzionali. Le masse piu o meno credevano
ancora nel « parlamentarismo » in regime autocratico, e Tautocrazia,
comprendendo il pericolo costituito da un puro dominio dei centoneri,
si sforzava di mettersi d’accordo coi cadetti, faceva degli esperimenti, si
misurava vestiti costituzionali di vario tipo, tentava di stabilire quale
limite della riforma fossero in grado di accettare i «padroni» della
Russia, i signori proprietari fondiari più grandi. L’esperimento di una
62
LENIN
Costituzione cadetta si è concluso con un fallimento, nonostante che i
cadetti si siano comportati alla II Duma in tutto e per rutto alla ma-
niera ottobrista, nonostante che essi non solo non abbiano attaccato il
governo, non gli abbiano incitato contro le masse, ma le abbiano anzi
sistematicamente calmate, lottando contro le « sinistre », cioè contro i
partiti del proletariato e delle masse contadine, abbiano sostenuto aper-
tamente e decisamente il governo esistente (bilancio, ecc.). In una parola,
Tesperimento di una Costituzione cadetta non è riuscito, non perché ai
cadetti e al governo sia mancata la buona volontà, ma perché le contrad-
dizioni oggettive della rivoluzione russa sono risultate troppo profonde
Queste contraddizioni sono risultate tanto profonde che è stato impossi-
bile gettare il ponticello cadetto attraverso l'abisso. L’esperienza ha
dimostrato che persino in condizioni di completa repressione della lotta
di massa per un determinato periodo, in condizioni di completo arbitrio
del vecchio potere nell’ alterare le elezioni, ecc., le masse contadine (e
in una rivoluzione borghese l’esito dipende soprattutto daile masse
contadine) hanno avanzato rivendicazioni tali che nessun’abilità diplo-
matica dei mediatori cadetti non è stata in grado di conciliarle col
dominio dei grandi proprietari fondiari privilegiati. Se il signor Struve
è oggi pieno di veleno contro i trudoviki 28 (senza parlare, poi, dei
socialdemocratici), se la Riec conduce tutta una campagna contro di essi,
non si tratta di un caso fortuito e della semplice stizza dell’avvocato
borghese i cui buoni uffici sono stati respinti dal contadino. Si tratta
di un passo politico inevitabile nell’evoluzione dei cadetti: se non si
è riusciti a conciliare i grandi proprietari fondiari coi trudoviki , ciò
vuol dire (per gli intellettuali borghesi la conclusione può essere solo
-questa) che bisogna, non già sollevare piu larghe masse alla lotta contro
i grandi proprietari fondiari, ma ridurre le rivendicazioni dei trudoviki ,
fare ulteriori concessioni ai grandi proprietari fondiari, « abbandonare le
utopie rivoluzionarie », cóme dicono Struve e la Riec f oppure rinun-
ciare ad escogitare parole d’ordine risolute e a intensificare il movi-
mento, come dice il signor Gorn, nuove servo dei cadetti.
Il governo si adatta ai grandi proprietari fondiari abbandonando
del tutto le elezioni nelle loro mani, privando di fatto le masse conta-
dine dei diritto di voto. I cadetti si adattano ai grandi proprietari
fondiari dando addosso ai trudoviki per il loro rivoluzionammo e la
loro intransigenza. I politicanti senza partito, quali i collaboratori del
NOTE DI UN PUBBLICISTA
63
Tovaristc in generale e il signor Gorn in particolare, si adattano ai
grandi proprietari fondiari invitando il proletariato e le masse contadine
ad « accordare » (« coordinare », dice il signor Nevedomski) la loro
politica con quella dei cadetti, a entrare in una « coalizione democra-
tica » coi cadetti, a rinunciare alle « parole d’ordine risolute », ecc. ecc.
Il governo agisce sistematicamente. Passo a passo toglie ciò che era
stato conquistato col « movimento intensificato » e che è rimasto senza
salvaguardia quando questo movimento ha subito un ristagno. Passo a
passo prova quali « riforme » si potrebbero far accettare ai signori
grandi proprietari fondiari. Non hanno potuto farlo i cadetti? Non lo
hanno potuto per gli ostacoli loro posti dalle sinistre, nonostante il
sincero desiderio e i conati degli stessi cadetti? Vuol dire che bisogna
mutilare i diritti elettorali delle « sinistre » e lasciare che decidano gli
ottobristi: solo nel caso che anche questo esperimento non abbia successo
occorrerà porsi interamente in balia del « Consiglio della nobiltà uni-
ficata » a9 .
Nelle azioni del governo c’è un senso, un sistema, una logica. È la
logica degli interessi di classe del grande proprietario fondiario. Bisogna
salvaguardare questi interessi e proteggere in tutti i modi lo sviluppo
borghese della Russia.
Per realizzare questi piani del governo è necessario reprimere con la
violenza gli interessi e il movimento delle masse , togliere loro il diritto
di voto, abbandonarle, perché le puniscano, a 130.000 persone. Si riu-
scirà a realizzare questi piani? Nessuno risolverà ora questo problema.
Lo risolverà soltanto la lotta.
Noi socialdemocratici lo risolviamo con la nostra lotta. E i cadetti
lo risolvono con la lotta., contro le sinistre . I cadetti lottano per una
soluzione governativa di questo problema: lo hanno fatto sistematica-
mentre alla II Duma, sull’arena parlamentare. Lo faranno sistematica-
mente anche oggi, con la loro lotta ideale contro i socialdemocratici e
contro i trudovikt.
Per l’intellettuale russo comune, naturalmente, come anche per ogni
filisteo semicolto, ciò suona come un paradosso: i cadetti, che si defini-
scono dei democratici, che fanno discorsi liberali, lottano per una solu-
zione governativa del problema! È una patente assurdità! Sono dei demo-
cratici, dunque li si deve mettere nella « coalizione democratica »!
64
LENIN
Questa è infatti una conclusione di estrema chiarezza per dei sempliciotti
politici ai quali nemmeno due anni di rivoluzione russa hanno insegnato
a cercare nella lotta delle diverse classi il vero retroscena sia dei provve-
dimenti governativi che delle logorree liberali. E quanti sono tra noi
i « marxisti >> appartenenti al campo intellettuale i quali predicano il
principio della lotta di classe, ma di fatto ragionano come dei meri libe-
rali e sui cadetti, e sulla funzione della Duma, e sul boicottaggio! E
quante votazioni cadette a favore del bilancio saranno ancora necessarie
per questi grulli politici per comprendere un fenomeno noto già da
tempo all’Europa : il liberale che pronuncia arringhe infocate contro
jl governo e in ogni questione seria lo appoggiai
La sostituzione della II Duma con la terza è la sostituziope del
cadetto che agisce da ottobrista con lottobrista che agisce con l’aiuto
del cadetto. Alla II Duma predominava il partito degli intellettuali bor-
ghesi, che per conto del popolo si definivano democratici e per conto
della borghesia sostenevano il governo. Alla terza Duma deve predo-
minare il partito dei grandi proprietari fondiari e dei grossi borghesi,
che hanno assunto alle proprie dipendenze rintellettualità borghese per
creare un’opposizione apparente e ricevere concreti servigi. Questa
semplicissima cosa è stata dimostrata da tutta la condotta politica del
partito dei cadetti e in particolar modo dalla II Duma. Questa sem-
plicissima cosa ha oggi cominciato a capirla persino il filisteo: ci richia-
meremo a un testimone come il signor Gilkin, che sarebbe davvero
ridicolo sospettare di simpatia per il bolscevismo o di preconcetta e
irreconciliabile ostilità verso i cadetti.
Nel Tovarìstc di oggi (n. 351) il signor Gilkin rende come segue
le impressioni del « gagliardo » ( sic! il signor Gilkin intende la « ga-
gliardi» » approssimativamente come l’intendono Gorn o Nevedomski)
provinciale:
« I grandi proprietari fondiari ottobristi coi quali ho conversato ragionano
cosi; U I cadetti si possono eleggere, Che cosa hanno di buono? Sono arrendevoli.
Alla I Duma chiesero molto, alia seconda hanno fatto delie concessioni; persino
nel programma hanno fatto dei tagli. Orbene, alla terza faranno ulteriori conces-
sioni. A ben guardare, mercanteggiando a qualcosa si perverrà. E poi, a dire la
vera verità, tra gli ottobristi non abbiamo chi presentare.
...Siano pure eletti ì cadetti. La differenza tra noi non è poi tanto grande.
Opereranno una svolta a destra anche loro alla terza Duma.., Con gli ottobristi
stringeremo amicizia in caso di bisogno .. Dove sono gli oratori e le persone in
vista tra loro?" »,
NOTE DI UN PUBBLICISTA
65
Solo chi giudica i partiti dai loro nomi, programmi, promesse e
discorsi, oppure chi si contenta del « marxismo » volgare, bernstei-
nizzato, che consiste nel ripetere la trita verità dell’appoggio alla demo-
crazia borghese nella rivoluzione borghese, può nutrire speranze nella
coalizione democratica delle sinistre e dei cadetti per la terza Duma. Ma
chi è dotato anche solo di un minimo di fiuto rivoluzionario e di capa-
cità di riflettere sugli insegnamenti della nostra rivoluzione, oppure chi
si lascia veramente guidare dal principio della lotta di classe e giudica
i partiti dal loro carattere di classe, non si stupirà affatto che il partito
deH’intellettualità borghese ad altro non serva che alle mansioni del
lacche nei confronti del partito dei grossi borghesi. I signori Gorn e
Nevedomski possono pensare che la divergenza fra i cadetti e la de-
mocrazia sia un’eccezione e che la loro divergenza dagli ottobristi sia
la regola. È vero esattamente l’opposto. I cadetti sono autentici parenti
degli ottobristi per tutta la loro natura di classe. II democratismo dei
cadetti è orpello, un riflesso temporaneo del democratismo delle masse,
o un vero e proprio inganno, dal quale si lasciano prendere i bernstei-
niani russi e i filistei, e specialmente quelli del giornale Tovaristc.
Ma se esaminerete da questo lato la questione che ci interessa,
se capirete la vera funzione storica del cadetto — di questo intellettuale
borghese che aiuta il grande proprietario fondiario a soddisfare il conta-
dino con una misera riforma — , allora vi si mostrerà in pieno l’abissale
sapienza dei signori Gorn e Nevedomski, che consigliano al proletariato
di coordinare le sue azioni coi cadetti! Il quadro delle « riforme » otto-
briste che ci vengono promesse è perfettamente chiaro. Il grande proprie-
tario fondiario « sistema >> il contadino, e lo sistema in modo tale che
senza inviare spedizioni punitive, senza fustigare i contadini e sparare
sugli operai non si può costringere la popolazione ad accettare le
riforme. Il professore cadetto fa opposizione: egli dimostra, dal punto
di vista deirodierna scienza del diritto, la necessità che le norme sulle
spedizioni punitive vengano costituzionalmente sancite, condannando lo
zelo eccessivo della polizia. L’avvocato cadetto fa opposizione: egli
dimostra che per legge bisogna somministrare 60, e non 200 colpi a
persona, e che occorre assegnare al governo il denaro per le verghe, a
condizione che la legalità venga rispettata. Il medico cadetto è pronto
a contare le pulsazioni alla persona fustigata e a scrivere un trattato
sulla necessità di ridurre della metà il numero massimo dei colpi.
66
LENIN
Non è stata forse questa l’opposizione dei cadetti alla II Duma?
E non è forse chiaro che per una simile opposizione il grande pro-
prietario fondiario ottobrista non solo eleggerà il cadetto alla Duma, ma
consentirà ' anche a pagargli un emolumento da professore o d’altro
genere?
Una coalizione democratica tra socialisti e cadetti alla II Duma,
dopo la II Duma o per la terza Duma non significherebbe di fatto,
grazie alla situazione oggettiva, niente altro che la trasformazione del
partito operaio in cieca e meschina appendice dei liberali, nient’altro
che un completo tradimento, da parte dei socialisti, degli interessi del
proletariato e degli interessi della rivoluzione? Può darsi benissimo che
i signori Nevedomski e i signori Gorn non capiscano quello che fanno.
In tali persone le convinzioni non vanno molto spesso oltre la punta
della loro lingua. Ma in sostanza le loro aspirazioni si riducono a quella
di farla finita con un partito autonomo della classe operaia, di farla
finita con la socialdemocrazia. Una socialdemocrazia che comprenda i
propri compiti deve farla finita con simili signori. Tra noi, purtroppo,
viene intesa sinora in maniera troppo unilaterale la categoria rivolu-
zione borghese. Tra noi, per esempio, si, trascura che questa rivoluzione
deve mostrare al proletariato — e solo essa può mostrarlo per la prima
volta al proletariato — come di fatto la borghesia di questo paese,
quali sono le particolarità nazionali della borghesia e della piccola bor-
ghesia in questa rivoluzione borghese nazionale. L’autentico, definitivo
e massiccio costituirsi del proletariato in classe, il suo contrapporsi a
tutti i partiti borghesi può avvenire solamente allorché la storia del
suo paese gli avrà interamente mostrato qual è la vera fisionomia della
borghesia come classe, come un tutto unico politico, quale è la fisio-
nomia della piccola borghesia come strato sociale, come grandezza ideale
e politica determinata che si manifesta in tali e tali altre aperte azioni
politiche di vasta portata. Noi dobbiamo indefessamente spiegare al
proletariato le verità teoriche inerenti alla natura degli interessi di
classe della borghesia e della piccola borghesia nella società capitalistica.
Ma queste verità diventeranno carne della propria carne per masse prole-
tarie veramente vaste solamente allorché queste classi avranno visto,
toccato con mano la condotta dei partiti di questa o quella classe,
allorché alla chiara consapevolezza della loro natura di classe si sarà
aggiunta Timmediata reazione della mentalità proletaria a tutta la fisio-
NOTE DI UN PUBBLICISTA
67
nomia dei partiti borghesi. In nessun luogo a] mondo, forse, la borghesia
ha manifestato nella rivoluzione borghese una tale ferocia reazionaria,
una cosi stretta unione col vecchio potere, una tale « libertà » da
qualcosa che, sia pur lontanamente, assomigliasse a una qualsiasi sincera
simpatia per la cultura, per il progresso, per la difesa della dignità
umana, come da noi; possa dunque il nostro proletariato ricavare dalla
rivoluzione borghese russa un triplice odio per la borghesia ed una
triplice risolutezza nella lotta contro di essa. In nessun luogo al mondo,
probabilmente, la piccola borghesia, dai « socialisti popolari » 30 e dai
trudovikt agli intellettuali intrufolatisi nella socialdemocrazia, ha mani-
festato una tale pusillanimità e mancanza di carattere nella lotta, un
tale abietto imperversare delle inclinazioni all'apostasia, un tale zelo
servile nei confronti degli eroi della moda borghese o della violenza
reazionaria, Ricavi dunque il nostro proletariato dalla nostra rivoluzione
borghese un triplice disprezzo per la flaccidezza e l'instabilità piccolo-
borghese. Per quanto possa spingersi avanti la nostra rivoluzione, per
quanto duri siano i tempi che il proletariato dovrà eventualmente attra-
versare, quest’odio e questo disprezzo renderanno compatte le sue file,
lo libereranno dagli elementi inutili provenienti dalle classi ad esso
estranee, moltiplicheranno le sue forze, lo tempreranno per renderlo
atto ad assestare i colpi coi quali si scaglierà a suo tempo contro tutta
la società borghese.
Scritto il 22 agosto 1 4 settembre) 1907
Pubblicato nel 1907 nella prima raccolta
La voce della vita. Pietroburgo r
Firmato: N.L,
IL CONGRESSO INTERNAZIONALE SOCIALISTA
DI STOCCARDA 51
Quel che ha distinto il Congresso socialista internazionale di Stoc-
carda, tenutosi nell’agosto dell’anno in corso, è il numero inconsueto
dei convenuti e il fatto che tutti i partiti vi erano rappresentati.
I cinque continenti del mondo vi hanno inviato propri delegati, il cui
numero complessivo era di 886. Ma anche astraendo dalla grandiosa
dimostrazione di unità internazionale della lotta proletaria, il congresso
ha avuto un’importantissima funzione per la determinazione della
tattica dei partiti socialisti. Su tutta una serie di problemi che sinora
erano stati risolti esclusivamente all’ interno dei singoli partiti socialisti
il congresso ha adottato risoluzioni comuni. L’unione del socialismo in
un’unica forza internazionale si esprime in maniera particolarmente
chiara in quest’aumento del numero dei problemi che esigono un’iden-
tica soluzione di principio nei diversi paesi.
Riportiamo piu sotto il testo completo delle risoluzioni di Stoccarda.
Ora invece ci soffermeremo su ciascuna di esse per rilevare i piu impor-
tanti punti, controversi e il carattere dei dibattiti avutisi al congresso.
Non è ormai piu la prima volta che dei congressi internazionali si
occupano della questione coloniale. Sinora le loro decisioni erano sempre
consistite in una recisa condanna della politica coloniale borghese, come
politica di rapina e di violenza. Questa volta la commissione del con-
gresso era composta in maniera tale che gli elementi opportunisti, capeg-
giati dall’olandese van Kol, vi hanno avuto il sopravvento. Nel progetto
di risoluzione era stata inserita la frase che il congresso non condanna
in linea di principio qualsiasi politica coloniale, politica che in regime
socialista può esercitare una funzione civilizzatrice. La minoranza della
commissione (il tedesco Ledebour, i socialdemocratici polacchi e russi
IL CONGRESSO SOCIALISTA DI STOCCARDA (l)
69
e molti altri) ha protestato energicamente contro l’ammissione di una
simile idea. La questione è stata sottoposta al congresso e le forze di
entrambe le tendenze sono risultate numericamente tanto vicine che
la lotta è divampata con passione inaudita.
Gli opportunisti si sono stretti attorno a van Kol. Bernstein e
David, a nome della maggioranza della delegazione tedesca, hanno par-
lato in favore del riconoscimento della « politica coloniale socialista » e
si sono scagliati contro i radicali per la sterilità della loro negazione,
per l’incapacità di capire il valore delle riforme, per la mancanza di un
programma coloniale pratico, ecc. Ad essi ha replicato, tra l’altro, Kaut-
sky, il quale è stato costretto a chiedere al congresso di pronunciarsi
contro la maggioranza della delegazione tedesca. Egli ha giustamente
rilevato che non era neanche il caso di parlare di negazione della lotta
per le riforme: nelle altre parti della risoluzione, che non avevano susci-
tato nessuna discussione, se ne parla con la massima precisione. Si tratta
di sapere se dobbiamo fare delle concessioni all’odierno regime di rapina
e di violenza borghese. L’attuale politica coloniale è sottoposta alla
discussione del congresso, e questa politica si basa sull’aperto asservi-
mento dei selvaggi; la borghesia istituisce di fatto la schiavitù nelle
colonie, sottoponendo gli indigeni a oltraggi e violenze senza precedenti,
« civilizzandoli » con la diffusione dell’acquavite e della sifilide. E in
una situazione simile i socialisti pronunceranno frasi elusive sulla possi-
bilità di riconoscere in linea di principio la politica coloniale! Sarebbe
un aperto passaggio al modo di vedere borghese. Ciò vorrebbe dire
fare un passo decisivo verso la sottomissione del proletariato all’ideolo-
gia borghese, all’imperialismo borghese, che oggi solleva la testa con
particolare tracotanza.
La proposta della commissione è stata bocciata al congresso con 128
voti contro 108 e 10 astenuti (Svizzera). Noteremo che per le votazioni
di Stoccarda le varie nazioni hanno per la prima volta avuto un diverso
numero di voti, da 20 (grandi nazioni, compresa la Russia) a 2
(Lussemburgo). La somma delle piccole nazioni che non. conducono una
politica coloniale oppure ne soffrono esse stesse superava gli Stati in
cui persino il proletariato è stato in una certa misura contagiato dalla
passione per le conquiste.
Questa votazione sulla questione coloniale ha una grandissima
importanza,, In primo luogo, si è smascherato con particolare evidenza
70
LENIN
l'opportunismo socialista, che si arrende alle lusinghe borghesi. In
secondo luogo, si è manifestato un tratto negativo del movimento ope-
raio europeo, che può arrecare non poco pregiudizio alla causa del
proletariato e merita perciò una seria attenzione. Marx ha piu volte
menzionato un detto di Sismondi che ha un'enorme importanza. I pro-
letari del mondo antico — suona questo detto — vivevano a spese della
società. La società moderna vive a spese del proletariato 32 .
Una classe di persone nullatenenti ma che non lavorano non è in
grado di abbattere gli sfruttatori Solo la classe dei proletari, che man-
tiene tutta la società, ha la forza di fare la rivoluzione sociale. E una
vasta politica coloniale ha portato a una situazione in cui il proletariato
europeo viene in parte a trovarsi in condizioni tali per cui tutta la
società non viene mantenuta col suo lavoro, ma col lavoro degli indigeni
quasi schiavizzati dalle colonie. La borghesia inglese, per esempio, ricava
piu redditi dalle decine e centinaia di milioni di abitanti dell'India e di
altre sue colonie che non dagli operai inglesi. Questa situazione crea
in determinati paesi la base materiale, economica, che permette allo
sciovinismo coloniale di contagiare il proletariato. Ciò può essere, natu-
ralmente, solo un fenomeno transitorio, ma occorre nondimeno aver
chiara coscienza del male, capirne le cause, per poter riuscire ad unire
il proletariato di tutti i paesi per la lotta contro un simile opportunismo
E questa lotta condurrà ineluttabilmente alla vittoria, poiché le nazioni
« privilegiate » costituiscono una parte sempre minore del numero
complessivo delle nazioni capitalistiche.
La questione del voto alle donne non ha quasi provocato discus-
sioni al congresso. Si è trovata solo un'inglese, della quanto mai opportu
nistica « Società fabiana », la quale ha tentato di sostenere l’ammissi
bilità di una lotta socialista in favore del diritto di voto limitato per
le donne, cioè non universale, ma censitario. Questa fabiana è rimasta
completamente sola. Dietro le sue vedute vi è una semplice idea: le
dame borghesi inglesi sperano di ottenere il diritto di voto per loro,
senza estenderlo al proletariato femminile.
Contemporaneamente al Congresso internazionale socialista, si è
svolta a Stoccarda, nello stesso edificio, la prima conferenza internazio-
nale socialista delle donne. Alla conferenza stessa e nella commissione
del congresso, durante la discussione della risoluzione, si sono avuti
interessanti dibattiti tra i socialdemocratici tedeschi e quelli austriaci.
IL CONGRESSO SOCIALISTA DI STOCCARDA (J)
71
Questi ultimi, durante la loro lotta per il suffragio universale, hanno
alquanto accantonato la rivendicazione di equiparare le donne agli uomi
ni: per praticismo essi hanno sottolineato, come propria rivendicazione,
non il suffragio universale, ma quello maschile. Nei discorsi della
Zetkin e di altri socialdemocratici tedeschi si è fatto giustamente osser-
vare agli austriaci che essi agivano in maniera sbagliata, che indeboli-
vano la forza del movimento di massa non avanzando con la massima
energia la rivendicazione del diritto di voto non solo per gli uomini,
ma anche per le donne. Le ultime parole della risoluzione di Stoccarda
(« è .necessario avanzare la rivendicazione del suffragio universale con-
cesso contemporaneamente sia agli uomini che alle donne ») sono indub-
biamente da mettere in relazione con quest’episodio di eccessivo « prati-
cismo » nella storia del movimento operaio austriaco.
La risoluzione sui rapporti tra i partiti socialisti e i sindacati ha
un’importanza particolarmente grande per noi russi. Il Congresso del
POSDR di Stoccolma si pronunciò a favore di sindacati apartitici , ponen-
dosi in tal modo dal punto di vista della neutralità, punto di vista che
hanno sempre propugnato i nostri democratici senza partito, i bern-
steiniani ed i socialisti-rivoluzionari. Il congresso di Londra, al contrario,
aveva formulato un altro principio: avvicinamento tra sindacati e par-
tito, sino al riconoscimento dei sindacati (in certe condizioni) quali orga-
nizzazioni del partito. A Stoccarda la sottosezione socialdemocratica
della sezione russa (i socialisti di ciascun paese costituiscono sezioni
autonome ai congressi internazionali) si è scissa nella discussione di
questo problema (per gli altri non c’è stata scissione). E precisamente;
Plekhanov vi ha sostenuto in linea di principio la neutralità. Il bolsce-
vico Voinov vi ha sostenuto il punto di vista antincutralistico del con-
gresso di Londra e della risoluzione belga (pubblicata assieme al rap-
porto di De Brouckère nei materiali del congresso; questo rapporto
vedrà presto la luce in russo). Cl. Zetkin ha giustamente rilevato, nel
suo giornale Die Gleichheit, che gli argomenti di Plekhanov in difesa
della neutralità erano altrettanto infelici quanto gli argomenti dei fran-
cesi. E la risoluzione del Congresso di Stoccarda, come ha giustamente
rilevato Kautsky e come potrà convincersene chiunque la legga atten-
tamente, pone fine all’accettazione di principio della « neutralità ».
Non c’è in essa una sola parola sulla neutralità o apartiticità. Al con-
trario, la necessità di stretti legami tra i sindacati e il partito socialista
72
LENIN
e del consolidamento di questi legami viene riconosciuta in maniera
del tutto precisa.
La risoluzione di Londra del POSDR sui sindacati poggia oggi su
una solida base di principio rappresentata dalla risoluzione di Stoccarda,
la quale stabilisce in generale e per tutti i paesi la necessità di saldi
e stretti legami tra i sindacati e il partito socialista; la risoluzione di
Londra rileva che per la Russia la forma di questo legame deve essere,
in condizioni a ciò favorevoli, quella della partiticità dei sindacati e che
l’attività dei membri del partito dev'essere diretta a questo scopo.
Noteremo che il principio della neutralità ha rivelato a Stoccarda i
suoi lati dannosi, tanto che la metà della delegazione tedesca, composta
da rappresentanti dei sindacati, si è posta con la massima risolutezza
dal punto di vista opportunistico. Ecco perché, per esempio, a Essen i
tedeschi sono stati contro van Kol (a Essen si è tenuto il congresso
del solo partito, e non dei sindacati), mentre a Stoccarda sono stati per
van Kol. La predicazione della neutralità ha di fatto avuto risultati
dannosi in Germania, facendo il giuoco dell’opportunismo in seno alla
socialdemocrazia. Di questo fatto non si può d’ora in poi non tener
conto, e bisogna in special modo tenerne conto in Russia, dove tanto
numerosi sono i consiglieri democratici borghesi del proletariato che
raccomandano a quest’ultimo la « neutralità » del movimento sindacale.
Della risoluzione sull’emigrazione e immigrazione diremo soltanto
qualche parola. Anche qui c’è stato, in sede di commissione, il tentativo
di far valere concezioni grettamente corporative, di far approvare il
divieto di immigrazione per gli operai provenienti dai paesi arretrati
(dei coolies dalla Cina, ecc.). Si tratta della stessa mentalità aristocratica
esistente tra i proletari di alcuni paesi « civili » che traggono determi-
nati vantaggi dalla loro situazione privilegiata e sono perciò propensi a
dimenticare le esigenze della solidarietà di classe internazionale. Al
congresso stesso non si sono avuti difensori di questa grettezza corpo-
rativa e piccolo-borghese. La risoluzione corrisponde in pieno alle riven-
dicazioni della socialdemocrazia rivoluzionaria.
Passiamo all’ultima e forse la piu importante risoluzione del con-
gresso: quella suirantimilitarismo. Il famigerato Hervé, che ha fatto
molto rumore in Francia e in Europa, ha sostenuto su questa questione
un punto di vista semianarchico, proponendo ingenuamente di « rispon-
dere » a qualsiasi guerra con lo sciopero e l’insurrezione. Da un lato, egli
IL CONGRESSO SOCIALISTA DI STOCCARDA (l)
73
non capiva che la guerra è un prodotto necessario del capitalismo, e che
il proletariato non può rifiutarsi di partecipare a una guerra rivoluzio-
naria, giacché simili guerre sono possibili e ce ne sono state nelle
società capitalistiche. D'altro lato, non capiva che la possibilità di
« rispondere » alla guerra dipende dal carattere della crisi che la guerra
stessa provoca. Da queste condizioni dipende la scelta dei mezzi di lotta,
e inoltre questa scelta deve consistere (è questo il terzo punto delle
incomprensioni o della stoltezza deirherveismo) non in una mera sosti-
tuzione della pace alla guerra, ma nella sostituzione del socialismo al
capitalismo. L'importante non è soltanto impedire lo scoppio della
guerra, ma utilizzare la crisi da questa generata per affrettare l'abbat-
timento della borghesia. Ma dietro tutte le assurdità semianarchiche
deirherveismo si cela una cosa praticamente giusta: dare una spinta al
socialismo, nel senso di non limitarsi ai soli mezzi di lotta parlamentari,
di sviluppare nelle masse la coscienza della necessità di metodi di azione
rivoluzionari in connessione con le crisi che la guerra porta inevitabil-
mente con sé, nel senso, infine, di diffondere nelle masse una piu viva
coscienza della solidarietà internazionale degli operai e della falsità del
patriottismo borghese.
La risoluzione di Bebel, proposta dai tedeschi e che in tutto ciò
che era essenziale coincideva con la risoluzione di Guesde, aveva appun-
to il difetto di non contenere nessun accenno ai compiti attivi del
proletariato. Questo dava la possibilità di leggere le tesi ortodosse di
Bebel con gli occhiali dell'opportunismo. Vollroar ha trasformato imme-
diatamente questa possibilità in realtà.
Ecco perché Rosa Luxemburg e i delegati russi socialdemocratici
hanno presentato propri emendamenti alla risoluzione di Bebel. In questi
emendamenti 1) si diceva che il militarismo è il principale strumento
dell'oppressione di classe; 2) si indicava il compito dell'agitazione tra
la gioventù; 3) si sottolineava che la socialdemocrazia ha il compito
di lottare non solo contro lo scoppio delle guerre o per la più rapida
cessazione di quelle già iniziate, ma anche per utilizzare la crisi creata
dalla guerra al fine di affrettare la caduta della borghesia.
Tutti questi emendamenti sono stati inclusi dalla sottocommissione
(eletta dalla commissione per la questione deH'antimilitarismo) nella
risoluzione di Bebel. Oltre a ciò Jaurès ha proposto un progetto felice:
invece di parlare dei mezzi di lotta (sciopero, insurrezione), indicare
74
LENIN
esempi storici della lotta del proletariato contro la guerra, dalle dimo-
strazioni in Europa alla rivoluzione in Russia. Da tutta questa rielabo-
razione è venuta fuori una risoluzione in verità eccessivamente lunga,
ma in compenso veramente ricca di idee e che indica con precisione i
compiti del proletariato In questa risoluzione al rigore delTanalisi
marxista ortodossa, ossia l’unica analisi scientifica, si è unita la racco-
mandazione ai partiti operai delle misure di lotta piu risolute e rivolu-
zionarie, Essa non può essere letta alla Vollmar, e non può neanche
essere contenuta negli angusti limiti dell’ingenuo herveismo.
Nel suo insieme il congresso di Stoccarda ha contrapposto in
maniera evidente, in tutta una seria di importantissimi problemi, baia
opportunistica e quella rivoluzionaria della socialdemocrazia interna-
zionale e ci ha dato una soluzione di questi problemi ispirata al marxismo
rivoluzionario. Le risoluzioni del congresso, lumeggiate dai dibattiti
svoltisi al congresso stesso, devono diventare il vadeifiecum di cui
sempre dovrà servirsi ogni propagandista e agitatore. L unità della
tattica e l’unità della lotta rivoluzionaria dei proletari di tutti i paesi
spingeranno vigorosamente in avanti l’opera svolta a Stoccarda.
Scricco tra la line dellagosto
c Tinizio del settembre 1907.
Pubblicato il 20 settembre 1907,
in Proletari, n 17.
IL CONGRESSO INTERNAZIONALE SOCIALISTA
DI STOCCARDA
Il congresso recentemente conclusosi a Stoccarda è stato il dodi'
cesimo congresso dellTnternazionale proletaria. I primi cinque risal-
gono all'epoca della I Internazionale (1866-1872), diretta da Marx, il
quale tentò — secondo una felice espressione di Bebel — di creare
dall’alto l’unità internazionale del proletariato in lotta. Questo tenta-
tivo non poteva aver successo finche non si fossero uniti e consolidati
i partiti socialisti nazionali, ma Latti vira della I Internazionale rese dei
grandi servigi al movimento operaio di tutti i paesi e lasciò tracce
profonde.
La II Internazionale viene inaugurata dal congresso internazionale
socialista di Parigi nel 1889. Nei successivi congressi di Bruxelles ( 1891 ),
di Zurigo (1893), di Londra (1896), di Parigi (1900) e di Amsterdam
(1904) questa nuova Internazionale, che poggia su forti partiti nazio-
nali, si consolida definitivamente. A Stoccarda erano presenti 884 dele-
gati di 25 popoli d’Europa, Asia (Giappone e parte dell’India), America.
Australia e Africa (un delegato del Sud-Africa).
La grande importanza del Congresso internazionale socialista di
Stoccarda sta appunto nel fatto che esso ha segnato il definitivo conso-
lidamento della II Internazionale e la trasformazione dei suoi con
gressi in assemblee che di fatto esercitano la piu seria influenza sul carat-
tere e lorientamento dell’attività socialista in tutto il mondo. Formai
mente le decisioni dei congressi internazionali non sono impegnative
per le singole nazioni, ma il loro valore morale è tale che l’inosservanza
delle loro decisioni è di fatto un’eccezione che è forse piu rara dell'inos-
servanza da parte dei singoli partiti delle decisioni dei loro congressi.
Il Congresso di Amsterdam era riuscito a far unificare i socialisti fran-
76
LENIN
cesi, e la sua risoluzione contro il ministerialismo aveva espresso effetti-
vamente la volontà del proletariato cosciente di tutto il mondo e deter-
minato la politica dei partiti operai.
Il Congresso di Stoccarda ha fatto un grande passo avanti nella
stessa direzione, essendo risultato, in tutta una serie di importanti
questioni, la suprema istanza per la determinazione della linea politica
del socialismo. E l' ha determinata ancor piu fermamente del congresso
di Amsterdam, ispirandosi alla socialdemocrazia rivoluzionaria, contro
Topportunismo. Die Gleichheit (L’uguaglianza), organo delle lavoratrici
socialdemocratiche tedesche diretto da Clara Zetkin, dice giustamente
a questo proposito: « Su tutti ì problemi le varie deviazioni dei singoli
partiti socialisti verso Topportunismo sono state corrette, grazie alla
collaborazione dei socialisti di tutti i paesi, in senso rivoluzionario ».
A questo proposito un fenomeno di rilievo e doloroso è stato il
fatto che la socialdemocrazia tedesca, la quale sinora aveva sempre
difeso il punto di vista rivoluzionario del marxismo, si è dimostrata insta-
bile o si è posta su una posizione opportunistica. Il congresso di
Stoccarda ha confermato una profonda osservazione di Engels sul movi-
mento operaio tedesco. Il 29 aprile 1886 Engels scriveva a Sorge, vete-
rano della I Internazionale: « È in generale un bene che ai tedeschi,
specialmente dopo che essi hanno mandato al Reichstag un cosi gran
numero di filistei (ciò che d'altronde era inevitabile), si contesti la
funzione di dirigenti del movimento socialista intemazionale. In tempi
tranquilli tutto diventa filisteo in Germania; e in tali momenti è assolu-
tamente necessario il pungolo della concorrenza francese, concorrenza
che non mancherà » 33 .
Il pungolo della concorrenza francese non è mancato a Stoccarda,
e questo era effettivamente necessario, poiché di filisteismo i tedeschi
ne hanno manifestato non poco. Per i socialdemocratici russi è parti-
colarmente importante aver presente questo fatto, poiché i nostri liberali
(e, poi, non soltanto i liberali) si fanno in quattro per presentare come
modello degno di imitazione proprio i lati meno brillanti della social-
democrazia tedesca. I capi ideologici piu ponderati e piu in vista dei so-
cialdemocratici tedeschi hanno notato essi stessi questa circostanza e, ab-
bandonando ogni falso pudore, si sono risolutamente richiamati ad essa
come ad un monito. « Ad Amsterdam — scrive l'organo di stampa
di Clara Zetkin — il leitmotiv rivoluzionario di tutti i dibattiti avutisi
IL CONGRESSO SOCIALISTA DI STOCCARDA (il)
77
al parlamento del proletariato mondiale fu la risoluzione di Dresda 34 ; a
Stoccarda i discorsi di Vollmar alla commissione per il militarismo, di
Paplow alla commissione per l’emigrazione, di David [nonché, aggiun*
geremo noi, di Bernstein] alla commissione coloniale sono suonati come
una spiacevole stonatura opportunistica. Nella maggior parte delle com-
missioni, sulla maggior parte delle questioni, i rappresentanti della Ger-
mania sono stati questa volta i capi deiropportunismo ». E K. Kautsky,
esprimendo un giudizio sul congresso di Stoccarda, scrive: « La fun-
zione dirigente che la socialdemocrazia tedesca ha di fatto sinora avuto
nella II Internazionale questa volta non si è fatta in alcun modo
sentire » 35 .
Passiamo all’esame delle singole questioni discusse al congresso.
Nella questione coloniale non è stato possibile eliminare le divergenze
in commissione. Il contrasto tra opportunisti e rivoluzionari è stato
risolto dallo stesso congresso, ed è stato risolto, con una maggioranza
di 127 voti contro 108 e 10 astenuti, a favore dei rivoluzionari. Rile-
veremo qui, a questo proposito, il fenomeno confortante che i socialisti
della Russia hanno tutti votato unanimemente su tutte le questioni
secondo uno spirito rivoluzionario. (La Russia disponeva di 20 voti,
dei quali 10 erano stati accordati al POSDR, senza contare i polacchi, 7
ai socialisti-rivoluzionari e 3 ai rappresentanti dei sindacati. Inoltre la
Polonia disponeva di 10 voti: 4 socialdemocratici polacchi e 6 apparte-
nenti al Partito socialista polacco e alle parti non russe della Polonia.
Infine i due rappresentanti della Finlandia disponevano di 8 voti).
Sulla questione coloniale si era costituita in commissione una mag-
gioranza opportunistica e nel progetto di risoluzione era venuta fuori
una frase mostruosa: « Il congresso non condanna in linea di principio
qualsiasi politica coloniale, politica che in regime socialista può esercitare
un'azione civilizzatrice ». Di fatto questa tesi equivaleva ad un’aperta
deviazione verso la politica borghese e la concezione borghese che giusti-
fica le guerre e le atrocità coloniali. Si tratta di una deviazione verso
Roosevelt, diceva un delegato americano. I tentativi di giustificare
questa deviazione richiamandosi ai compiti di una « politica coloniale
socialista » e di una positiva attività di riforme nelle colonie sono stati
quanto mai infelici. Il socialismo non ha mai rinunciato e non rinuncia
a propugnare riforme anche nelle colonie, ma ciò non ha e non deve
aver niente a che vedere con Tindebolimenro della nostra posizione di
78
LENIN
principio contro le conquiste, Tassoggettamento di altri popoli, la vio-
lenza e la rapina che costituiscono la « politica coloniale », Il program-
ma minimo di tutti i partiti socialisti si riferisce sia alle metropoli che
alle colonie. Il concetto stesso di « politica coloniale socialista » è quanto
vi può essere di più confuso. Il congresso ha agito del tutto giustamente
quando ha espunto dalla risoluzione le parole surriportàte e le ha sosti-
tuite con una condanna della politica coloniale ancor più recisa che nelle
precedenti risoluzioni.
La risoluzione sull’atteggiamenro dei partiti socialisti verso i sinda-
cati ha per noi russi un’importanza particolarmente grande. Da noi tale
questione è all’ordine del giorno. Il Congresso di Stoccolma la decise a
favore dei sindacati apartitici , ossia sanzionò la posizione dei nostri
fautori della neutralità, capeggiati da Plekhanov. Il Congresso di Londra
aveva fatto un passo in direzione dei sindacati di partito , contro la neu-
tralità e la sua risoluzione aveva suscitato, come noto, grandi dispute
e malcontento in una parte dei sindacati, e specialmente nella stampa
democratica borghese.
A Stoccarda la questione è stata posta, in sostanza, cosi: neutralità
dei sindacati o avvicinamento sempre più stretto tra di essi e il partito?
E il congresso internazionale, socialista, come il lettore può convincersi
dalla sua risoluzione, si è pronunciato per un avvicinamento più stretto
tra i sindacati e il partito. La risoluzione non parla affatto né di neutra-
lità né di apartiticità dei sindacati. Kautsky, che nella socialdemocrazia
tedesca sosteneva l’avvicinamento tra sindacati e partito, contro il
neutralismo di Bebel, ha avuto perciò il pieno diritto di proclamare,
nella sua relazione sul congresso di Stoccarda davanti agli operai di
Lipsia ( Vorwàrts , 1907, n. 209, Betlage ):
« La risoluzione del Congresso di Stoccarda dice tutto ciò che ci
occorre. Essa pone fine per sempre alla neutralità ». Clara Zetkin scrive:
« In linea di principio nessuno ha più mosso obiezioni [a Stoccarda]
contro la tendenza storica fondamentale della lotta di classe proletaria:
collegare la lotta politica e quella economica, collegare le une e le altre
organizzazioni il più strettamente possibile in un’unica forza della classe
operaia socialista. Solo il rappresentante dei socialdemocratici russi, il
compagno Plekhanov » (bisognava dire: il rappresentante dei mensce-
vichi, che avevano inviato Plekhanov nella commissione come difen-
sore della « neutralità ») « e la maggioranza della delegazione francese si
IL CONGRESSO SOCIALISTA DI STOCCARDA (ti)
79
sono sforzati, con argomenti alquanto infelici, di giustificare una certa
limitazione di questo principio mediante il richiamo alle particolarità
dei loro paesi. La stragrande maggioranza del congresso si è pronun-
ciata per una politica risoluta di unione tra la socialdemocrazia e i sin-
dacati... »
Va notato che l’argomento di Plekhanov, infelice secondo la giusta
opinione della Zetkin, ha fatto in tale forma il giro di tutti i giornali
legali russi. Nella commissione del Congresso di Stoccarda Plekhanov si
è richiamato al fatto che « in Russia ci sono undici partiti rivolu-
zionari »; « con quale di essi devono unirsi i sindacati? » (citiamo
secondo il Vonv'drts , n. 196, 1- Beìlage). Questo richiamo di Plekhanov
non è giusto né in base ai fatti né in linea di principio. I fatti dicono
che in ogni nazionalità della Russia non piu di due partiti sono in
lotta per l’influenza sul proletariato rivoluzionario: socialdemocratici
e socialisti-rivoluzionari, socialdemocratici polacchi e Partito socialista
polacco, socialdemocratici lettoni e socialisti-rivoluzionari lettoni (la co-
siddetta « Unione socialdemocratica lettone »), socialdemocratici armeni
e dascnaktsutiurt 3 \ ecc- In due settori si è subito divisa anche la dele-
gazione russa a Stoccarda. II numero undici è assolutamente arbitrario
e induce gli operai in errore. In linea di principio, poi, Plekhanov ha
torto perché la lotta tra socialismo proletario e socialismo piccolo-
borghese è in Russia inevitabile dovunque e dappertutto, e quindi anche
nei sindacati. Gli inglesi, per esempio, non hanno pensato di insorgere
contro la risoluzione, benché anche da loro vi siano due partiti socialisti
in lotta, i socialdemocratici (SDF) e gli « indipendenti »> (ILP).
Che l’idea della neutralità, respinta a Stoccarda, sia già riuscita ad
arrecare non poco danno al movimento operaio lo si può vedere con
particolare chiarezza dall’esempio della Germania. Ivi la neutralità è
stata predicata piu ampiamente e applicata in maggior misura che altrove
Quale risultato, si è avuta una deviazione cosi evidente dei sindacati
della Germania verso l’opportunismo da essere apertamente ricono-
sciuta da un uomo tanto cauto in questa questione come Kautsky.
Nella sua relazione agli operai di Lipsia egli dice apertamente che il
« conservatorismo » manifestato dalla delegazione tedesca a Stoccarda
« diventa comprensibile se si sa da chi era composta la delegazione.
Metà era costituita di rappresentanti dei sindacati, per cui I’ ib ala destra v
80
LENIN
del nostro partito è venuta ad avere più forza di quanta non ne abbia
realmente nel partito ».
La risoluzione del Congresso di Stoccarda deve indubbiamente
affrettare la decisa rottura della socialdemocrazia contro l’idea della neu-
tralità, tanto cara ai nostri liberali. Pur mantenendo la necessaria cautela
e gradualità, pur evitando di fare qualsiasi passo affrettato e malaccorto,
noi dobbiamo indefessamente lavorare nei sindacati ispirandoci a un
sempre più stretto avvicinamento tra di essi e il partito socialdemocratico.
In seguito, nella questione dell’emigrazione e dell’immigrazione,
alla commissione del Congresso di Stoccarda è emerso in maniera del
tutto precisa il contrasto esistente tra gli opportunisti e i rivoluzionari.
I primi vagheggiavano l’idea di limitare il diritto di spostarsi degli
operai arretrati, poco evoluti, in particolare dei giapponesi e dei cinesi.
Uno spirito di gretto isolamento corporativo, di esclusivismo tradunio-
nistico sopraffaceva in questa gente la coscienza dei compiti socialisti:
lavorare per educare e organizzare gli strati del proletariato non ancora
attratti nel movimento operaio. Il congresso ha respinto tutti i tentativi
concepiti in questo spirito. Persino in commissione le voci a favore della
limitazione della libertà di spostamento sono rimaste completamente iso-
late, e nella risoluzione del congresso intemazionale domina l’idea del
riconoscimento della lotta di classe solidale degli operai di tutti i paesi.
Anche per la questione del voto alle donne la risoluzione è stata
approvata all’unanimità. Solo un’inglese appartenente alla semiborghese
« Società fabiana » ha sostenuto l’ammissibilità di una lotta per un
suffragio femminile non universale, ma limitato a vantaggio delle possi-
denti. Il congresso ha respinto categoricamente questa tesi e si è pronun-
ciato per la lotta delle lavoratrici in favore del voto alle donne non
assieme alle fautrici borghesi dell’uguaglianza giuridica delle donne, ma
assieme ai partiti di classe del proletariato. Ha poi riconosciuto che nella
campagna per il suffragio femminile è necessario propugnare in tutto
e per tutto i principi del socialismo e l’uguaglianza giuridica degli
uomini e delle donne, senza snaturare questi principi per nessuna consi-
derazione di convenienza.
Nella commissione si è manifestata a questo proposito un’interes-
sante divergenza. Gli austriaci (Victor Adler, Adelheid Popp) hanno
giustificato la loro tattica nella lotta in favore del suffragio universale
maschile: per conquistare questo diritto avevano ritenuto conveniente
IL CONGRESSO SOCIALISTA DI STOCCARDA (il)
81
di non porre in primo piano, nella loro agitazione, la rivendicazione
del diritto di voto anche per le donne. I socialdemocratici tedeschi, e
specialmente la Zetkin, avevano protestato contro di ciò già quando
gli austriaci conducevano la loro campagna per il suffragio universale.
La Zetkin aveva dichiarato sulla stampa che in nessun caso si doveva
lasciare nelTombra la rivendicazione del diritto di voto per le donne, che
gli austriaci sacrificavano opportunisticamente un principio per consi-
derazioni di convenienza, che essi avrebbero non già indebolito, ma
rafforzato l’ampiezza deH’agitazione e la forza del movimento popolare
se avessero energicamente propugnato anche il suffragio femminile. Nel-
la commissione si associava in pieno alla Zetkin un’altra nota social-
democratica tedesca, la Zietz. L’emendamento di Adler, che indiretta-
mente giustificava la tattica austriaca (in questo emendamento si diceva
soltanto che non dev’esserci interruzione nella lotta per un suffragio
che sia veramente per tutti i cittadini, ma non che la lotta per il diritto
di voto debba essere sempre condotta rivendicando l’uguaglianza giuri-
dica degli uomini e delle donne) veniva respinto con 12 voti contro 9.
Il punto di vista della commissione e del congresso può essere espresso
con la massima precisione dalle seguenti parole della Zietz, piu sopra
menzionata, tratte dal suo discorso alla conferenza internazionale delle
socialiste (conferenza tenutasi à Stoccarda contemporaneamente al con-
gresso): « Noi dobbiamo in linea di principio chiedere tutto ciò che
riteniamo giusto — ha detto la Zietz — , e solo nel caso in cui et
manchi la forza per la lotta accettiamo ciò che possiamo ottenere. Questa
è sempre stata la tattica della socialdemocrazia. Quanto piu saranno
modeste le nostre richieste, tanto piu lo saranno le concessioni del
governo... ». Da questo contrasto tra le socialdemocratiche austriache e
quelle tedesche il lettore può vedere quale severo atteggiamento assu-
mano i migliori marxisti verso le più piccole deviazioni da una tattica
rivoluzionaria coerente, di principio.
L’ultima giornata del congresso è stata dedicata alla questione che
maggiormente interessava tutti, quella del militarismo. Il famigerato
Hervé sosteneva una posizione quanto mai inconsistente, non riuscendo
a cogliere il nesso esistente tra la guerra e il regime capitalistico in gene-
rale e tra l’agitazione antimilitaristica e tutta l’attività del socialismo. Il
progetto di Hervé — « rispondere » a qualsiasi guerra con lo sciopero e
Pinsurrezione — rivelava la totale incapacità di capire che l’impiego di
82
LENIN
questo o quel mezzo di lotta dipende non da una preliminare decisione
dei rivoluzionari, ma dalle condizioni oggettive della crisi, sia economica
che politica, che la guerra porterà con sé.
Ma se Hervé ha indubbiamente manifestato leggerezza, superficia-
lità e infatuazione per la frase ad effetto, sarebbe stato segno della piu
grande miopia contrapporgli una semplice esposizione dogmatica delle
verità generali del socialismo. In questo errore (dal quale non erano
del tutto immuni Bebel e Guesde) è incorso principalmente Vollmar.
Con la straordinaria fatuità dell uomo innamorato di un parlamenta-
rismo stereotipato, egli si è scagliato contro Hervé, non accorgendosi
che con la sua ristrettezza e aridità proprie dell opportunismo costringeva
ad accettare nelPherveismo una piccola corrente viva, nonostante l’assur-
dità teorica e l’insensatezza delPimpostazione del problema da parte
dello stesso Hervé. Non capita forse che a una nuova svolta del movi-
mento le assurdità teoriche celino una qualche verità pratica? E que-
st’aspetto della questione, l’invito ad apprezzare non soltanto i metodi
di lotta parlamentari, l’invito ad agire in conformità con le nuove condi-
zioni della futura guerra e delle future crisi, è stato sottolineato dai
socialdemocratici rivoluzionari, e specialmente da Rosa Luxemburg nel
suo discorso. Assieme ai delegati socialdemocratici russi (Lenin e Mat-
tov: entrambi erano scesi in campo solidali su questo punto), Rosa
Luxemburg ha proposto emendamenti alla risoluzione di Bebel, e in
questi emendamenti veniva sottolineata la necessità dell’agitazione
tra la gioventù, la necessità di utilizzare la crisi generata dalla guerra
per affrettare la caduta della borghesia, la necessità di tener conto
dell’inevitabile mutamento dei metodi e dei mezzi di lotta a misura
che la lotta di classe si inasprisce e che la situazione politica muta. Dal-
la risoluzione di Bebel, unilaterale e dogmatica, morta, suscettibile di
un’interpretazione alla Vollmar, si è cosi alla fin fine ottenuta una ri-
soluzione affatto diversa. Tutte le verità teoriche sono state in essa
ripetute, ad ammaestramento degli herveisti, i quali possono dimenti-
care il socialismo a motivo delPantimilitarismo. Ma queste verità fun-
gono da introduzione non alla giustificazione del cretinismo parlamen-
tare, non alla consacrazione dei soli mezzi pacifici, non alla supina ac-
quiescenza alla situazione esistente, relativamente pacifica e tranquilla,
ma al riconoscimento di tutti i mezzi di lotta e dell’esperienza della ri-
voluzione in Russia, allo sviluppo del lato attivo, creativo del movimento.
IL CONGRESSO SOCIALISTA DI STOCCARDA (II)
83
Nell’organo di stampa della Zetkin, al quale ci siamo già piu di
una volta richiamati, viene appunto colto, in modo meravigliosamente
giusto, questo tratto, il piu rilevante e il piu importante, della risolu-
zione del congresso suH'antimilitarismo. « Anche qui — dice la Zetkin
a proposito della risoluzione antimilitaristica — ha alla fin fine vjnto
l’energia [ Tatkraft ] rivoluzionaria e la coraggiosa fiducia della classe
operaia nella sua capacità di lotta; essa ha sconfitto, da una parte, il
vangelo pessimistico dell’impotenza e la retriva tendenza a limitarsi
ai vecchi mezzi di lotta, esclusivamente parlamentari, e, dall’altra, ha
sconfitto altresì l’ingenuo sport antimilitaristico dei semianarchici fran-
cesi tipo Hervé. La risoluzione, alla fin fine votata all’unanimità, sia
dalla commissione che dà quasi 900 delegati di tutti i paesi, esprime
con parole energiche la gigantesca ascesa del movimento operaio ri-
voluzionario dai tempi dell’ultimo congresso internazionale; la risolu-
zione avanza, come principio della tattica proletaria, la duttilità di
quest’ultima, la sua capacità di sviluppo e il suo inasprimento [Zuspit-
zung\ a misura che le condizioni adatte maturano ».
L’herveismo è stato respinto, ma lo è stato non a vantaggio del-
l’opportunismo, non dal punto di vista del dogmatismo e della passi-
vità. La viva aspirazione a metodi di lotta sempre piu risoluti è stata
in tutto e per tutto riconosciuta dal proletariato internazionale e posta
in connessione con tutto l'inasprirsi delle contraddizioni economiche,
con tutte le condizioni delle crisi generate dal capitalismo.
Non vuota minaccia alla Hervé, ma chiara coscienza dell’inelut-
tabilità della rivoluzione sociale, ferma decisione di lottare sino alla
fine, preparazione all’impiego dei piu rivoluzionari mezzi di lotta: ecco
qual è il significato della risoluzione del Congresso internazionale so-
cialista di Stoccarda sulla questione del militarismo.
L’esercito del proletariato si rafforza in tutti i paesi. La sua co-
scienza, coesione e risolutezza crescono non di giorno in giorno, ma di
ora in ora. E il capitalismo si adopera felicemente a rendere più fre-
quenti le crisi di cui si varrà quest’esercito per distruggere il capitalismo.
Scritto nel settembre 1907
Pubblicato nell’ottobre 1907 nel
Calendario per tutti per il 1908
Firmato: N.L.
PREFAZIONE ALLA RACCOLTA
« DODICI ANNI » 37
La raccolta di articoli e di opuscoli che qui presento al lettore ab-
braccia il periodo che va dal 1895 al 1905. Tema degli scritti qui rac-
colti sono le questioni programmatiche, tattiche e organizzative della
socialdemocrazia russa, che vengono sempre poste ed elaborate in lotta
contro l’ala destra della corrente marxista in Russia.
Dapprima questa lotta venne condotta nel campo puramente teo-
rico contro il principale rappresentante del nostro marxismo legale
degli anni novanta, il signor Struve. La fine del 1894 e l’inizio del 1895
furono un periodo di netta svolta nella nostra pubblicistica legale. Per
la prima volta vi penetrò il marxismo, rappresentato non solo dai mili-
tanti esteri del gruppo « Emancipazione del lavoro », ma anche dai
socialdemocratici russi. L’animazione suscitata nella pubblicistica e le
ardenti dispute dei marxisti coi vecchi’ capi del populismo, che fino ad
allora avevano dominato incontrastati (N. K. Mikhailovski, per esem-
pio) nella pubblicistica d’avanguardia, furono la premessa immediata
dell’ascesa del movimento operaio di massa in Russia. Le prese di posi-
zione dei marxisti russi nelle pubblicazioni precedettero immediata-
mente le azioni combattive del proletariato, i celebri scioperi di Pietro-
burgo del 1896, che inaugurarono Pera del movimento operaio — il
fattore piu potente di tutta la nostra rivoluzione — che dopo di al-
lora è stato costantemente in ascesa.
Le condizioni allora esistenti per la pubblicistica costringevano i
socialdemocratici a parlare -un linguaggio esopico e a limitarsi alle tesi
più generali, più lontane dalla pratica e dalla politica. Questa circo-
stanza agevolò in particolar modo Punione di elementi eterogenei del
marxismo nella lotta contro il populismo. Accanto ai socialdemocratici
esteri e russi, conducevano questa lotta uomini come i signori Struve,
PREFAZIONE ALLA RACCOLTA « DODICI ANNI »
85
Bulgakov, Tugan-Baranovski, Berdiaiev, ecc., che erano dei democra-
tici borghesi e per i quali rompere col populismo significava passare dal
socialismo piccolo-borghese (o contadino) non al socialismo proletario,
come per noi, ma al liberalismo borghese.
Oggi la storia della rivoluzione russa in generale, la storia del par-
tito cadetto in particolare, e in special modo Tevoluzione del signor
Struve (quasi fino all’ottobrismo) hanno reso questa verità evidente,
l’hanno trasformata in moneta corrente della pubblicistica. Allora, ne-
gli anni 1894-1895, questa verità la si doveva dimostrare in base alle
deviazioni dal marxismo relativamente piccole di questo o quello scrit-
tore; allora questa moneta la si doveva semplicemente ancora coniare.
E perciò il mio scritto contro il signor Struve (l’articolo II contenuto
economico del populismo e la sua crìtica nel libro del signor Struve , a
firma K. Tulin, pubblicato nella raccolta, bruciata dalla censura, Mate-
riali sulla questione dello sviluppo economico della Russia , Pietroburgo,
1895 3B ) lo ristampo oggi integralmente per tre ordini di motivi. In
primo luogo, in quanto il pubblico dei lettori ha conosciuto il libro del
signor Struve e gli articoli dei populisti contro i marxisti nel 1894-
1895, in tanto ha valore anche la critica del punto di vista del signor
Struve. In secondo luogo, il monito a lui rivolto da un socialdemocra-
tico rivoluzionario, e fatto contemporaneamente alle nostre comuni
prese di posizione contro i populisti, ha importanza anche per rispon-
dere a coloro che ci hanno più volte rinfacciato l’alleanza con simili
signori e per valutare la molto significativa carriera politica del signor
Struve. In terzo luogo, la polemica col signor Struve, vecchia e sotto
molti rapporti invecchiata, ha il valore di un piccolo esempio istrut-
tivo. Questo piccolo esempio fa vedere l’importanza politica e pratica
della polemica teorica intransigente. Infinite volte si è rimproverato ai
socialdemocratici rivoluzionari di essere soverchiamente propensi a una
simile polemica e contro gli « economisti », e contro i bernsteiniani, e
contro i menscevichi. Ed anche oggi questi rimproveri sono la merce
più richiesta tra i « conciliatori » in seno al partito socialdemocra-
tico e tra i « simpatizzanti » semisocialisti al di fuori di esso. Da noi si
ama molto dire che i russi in generale, i socialdemocratici in partico-
lare, e i bolscevichi in special modo, hanno un’eccessiva propensione
per la polemica e per le scissioni. Da noi si ama anche dimenticare che
le condizioni dei paesi capitalistici in generale, le condizioni della rivo-
86
LENIN
luzione borghese in Russia in particolare, e in special modo le condi-
zioni della vita e dell’attività dei nostri intellettuali, generano un’ec-
cessiva propensione a passare dal socialismo al liberalismo. Da questo
punto di vista è molto utile vedere come stavano le cose dieci anni fa,
quali erano i dissensi teorici con lo « stravisino », che già allora si de-
lincavano, e quali furono le piccole (a prima vista piccole) divergenze
per le quali si ebbe una completa delimitazione politica dei partiti, una
lotta implacabile in parlamento, in tutta una serie di organi di stampa,
in assemblee popolari, ecc.
Devo inoltre notare, a proposito dell’articolo contro il signor
Struve, che esso è basato su una relazione che avevo fatto nell’autun-
no del 1894 in un piccolo circolo di marxisti di allora. Del gruppo di
socialdemocratici che lavoravano allora a Pietroburgo, e che crearono,
un anno dopo, l’Unione di lotta per l’emancipazione della classe ope-
raia, facevamo parte di questo circolo St., R. ed io. Dei pubblicisti
marxisti legali, facevano parte P. B. Struve, A. N. Potresov e K. In
questo circolo tenni una relazione intitolata Riflessi del marxismo nella
letteratura borghese. Come si vede dal titolo, la polemica contro Stru-
ve era in essa incomparabilmente piu recisa e definita (per le sue con-
clusioni socialdemocratiche) che nell’articolo pubblicato nella prima-
vera del 1895. Il tono mitigato era dovuto in parte a considerazioni
inerenti alla censura, in parte alla nostra « alleanza » col marxismo le-
gale per la comune lotta contro il populismo. Che la « spinta a sini-
stra » data allora al signor Struve dai socialdemocratici pietroburghesi
non fosse restata completamente priva di risultati è chiaramente di-
mostrato dall’articolo del signor Struve nella raccolta che venne bru-
ciata (1895) e da alcuni suoi articoli nel Novoie Slovo (1897).
Oltre a ciò, quando si legge l’articolo del 1895 contro il signor
Struve è necessario tener presente che sotto molti rapporti esso è un
abbozzo di scritti economici posteriori (specialmente dello Sviluppo
del capitalismo). Bisogna infine richiamare l’attenzione dei lettori sulle
ultime pagine di quest’articolo, dove si sottolineano i tratti e gli aspet-
ti positivi , agli occhi del marxista, del populismo, quale corrente demo-
cratica rivoluzionaria in un paese che si trova alla vigilia della rivolu-
zione borghese. Si tratta della formulazione teorica delle piu importan-
ti tesi che dodici-tredici anni dopo hanno trovato un’espressione poli-
tica e pratica nel « blocco di sinistra » alle elezioni alla II Duma e
PREFAZIONE ALLA RACCOLTA « DODICI ANNI »
87
nella tattica del « blocco a sinistra ». Quella parte dei menscevichi che
si è battuta contro l’idea della dittatura democratica rivoluzionaria del
proletariato e dei contadini e ha sostenuto l’assoluta inammissibilità di
un blocco di sinistra ha tradito, sotto questo rapporto, una tradizione
molto vecchia e molto importante dei socialdemocratici rivoluzionari,
tradizione che venne vigorosamente sostenuta dalla Zarià e dalla vecchia
Iskra. È ovvio che Tammissibilità condizionata e limitata della tattica
del « blocco di sinistra » scaturisce necessariamente dalle stesse conce-
zioni teoriche fondamentali del marxismo circa il populismo.
Dopo Tarticolo contro Struve (1894-1895) vengono i Compiti
dei socialdemocratici russi 29 , scritti alla fine del 1897 in base allespe-
rienza del lavoro dei socialdemocratici di Pietroburgo nel 1895. Le
concezioni che in altri articoli e opuscoli della presente raccolta vengo-
no esposte sotto forma di polemica contro l’ala destra della socialde-
mocrazia, in quest’opuscolo sono state esposte in forma positiva. Le
varie prefazioni ai compiti vengono ristampate per indicare il nesso
esistente tra questo scritto e i vari periodi di sviluppo del nostro par-
tito (per esempio la prefazione di Axelrod sottolinea il nesso esisten-
te tra l’opuscolo e la lotta contro P« economismo », mentre la prefa-
zione del 1902 sottolinea l’evoluzione dei seguaci della «Volontà del
popolo » e del « Diritto del popolo » 40 ),
L’articolo I persecutori degli « zemstvo » e gli Annibali del libe-
ralismo 41 venne pubblicata all’estero nella Zarià , 1901. Quest’articolo
pone fine, per cosi dire, ai contatti dei socialdemocratici con Struve
in quanto uomo politico. Nel 1895 lo si era ammonito e ci si era cau-
tamente delimitati da lui come alleato. Nel 1901 gli si dichiara la
guerra quale liberale incapace di propugnare con una qualche coerenza
persino rivendicazioni puramente democratiche.
Nel 1895, alcuni anni prima del « bernsteinismo » in Occidente
e della completa rottura col marxismo di tutta una serie di pubblici-
sti « d’avanguardia » in Russia, avevo fatto notare che il signor Stru-
ve era un marxista malsicuro, dal quale i socialdemocratici dovevano
separarsi. Nel 1901, alcuni anni prima dell’intervento del partito dei
cadetti nella rivoluzione russa e del fiasco politico di questo partito
alla I e alla II Duma, facevo notare proprio quei tratti del liberalismo
borghese in Russia che si sono manifestati negli anni 1905-1907 in
azioni massicce e massicci interventi politici. L'articolo gli Annibali del
88
LENIN
liberalismo critica i ragionamenti sbagliati di un solo liberale, e questa
critica risulta oggi quasi in tutto e per tutto applicabile alla politica del
piu grande partito liberale della nostra rivoluzione. A coloro che sono
inclini a pensare che noi bolscevichi avremmo tradito la vecchia poli-
tica socialdemocratica nei confronti del liberalismo, quando negli anni
1905-1907 abbiamo spietatamente lottato contro le illusioni costituì
zionali e contro il partito dei cadetti, a costoro l’articolo Gli Annibali
del liberalismo dimostrerà il loro errore. I bolscevichi sono rimasti fe-
deli alle tradizioni della socialdemocrazia rivoluzionaria e non si sono
lasciati prendere dall’euforia borghese, che i liberali avevano alimen-
tato all’epoca dello « zigzag costituzionale » e che aveva temporanea-
mente offuscato la coscienza dell’ala destra del nostro partito.
L’opuscolo successivo: Che fare? 42 , uscì all’estero all’inizio del
1902. Esso è dedicato alla critica dell’ala destra non più nelle correnti
pubblicistiche, ma nell’organizzazione socialdemocratica. Nel 1898 si
era svolto il I Congresso dei socialdemocratici ed erano state gettate le
basi del Partito operaio socialdemocratico di Russia. Organizzazione
estera del partito era diventata P« Unione dei socialdemocratici russi »
all’estero, che comprendeva anche il gruppo « Emancipazione del la-
voro ». Ma gli organismi centrali del partito erano stati distrutti dalla
polizia e non avevano potuto essere ricostituiti. Di fatto l’unità del
partito non c’era: restava soltanto un’idea, una direttiva. L’infatua-
zione per il movimento di scioperi e per la lotta economica aveva ge-
nerato allora una speciale forma di opportunismo socialdemocratico, il
cosiddetto « economismo ». Quando il gruppo d tìVIskra, sul finire del
1900, cominciò la sua attività all’estero, la scissione su questo terreno
era già un fatto. Nella primavera del 1900 Plekhanov era uscito dal-
l’« Unione dei socialdemocratici russi » all’estero e aveva dato vita
a un’organizzazione a sé, « Il socialdemocratico ».
UIskra cominciò il suo lavoro formalmente in maniera indipen-
dente dalle due frazioni, ma nella sostanza assieme al gruppo plekhano-
viano, contro l’« Unione ». Un tentativo di fusione (giugno 1901, con-
gresso dell’« Unione » e del « Socialdemocratico » a Zurigo) falli. L’opu-
scolo Che fare? espone in modo sistematico le cause del dissenso e il
carattere della tattica e dell’attività organizzativa iskrista.
Esso viene menzionato spesso dagli attuali avversari dei bolscevi-
chi, i menscevichi, nonché dagli scrittori del campo liberale borghese
PREFAZIONE ALLA RACCOLTA « DODICI ANNI »
89
(cadetti, « hezzaglavtsy » 49 del giornale Tovaristc , ecc.). Lo ristampo
perciò con tagli minimi, omettendo soltanto i particolari dei contatti
organizzativi o piccole note polemiche. Circa la sostanza del contenuto
di quest’opuscolo è necessario richiamare l'attenzione del lettore odier-
no su quanto segue.
L'errore fondamentale in cui incorrono coloro che attualmente po-
lemizzano col Che fare ? sta nel fatto che questo scritto viene comple-
tamente staccato dal suo nesso con una situazione storica determi-
nata, con un periodo determinato, e oggi già da tempo trascorso, dello
sviluppo del nostro partito. Quest'errore salta particolarmente agli
occhi, per esempio, in Parvus (per non parlare di numerosi menscevi-
chi), il quale, molti anni dopo Tuscita dell'opuscolo, ne ha scritto par-
lando delle sue idee errate o esagerate circa un’organizzazione di rivo-
luzionari di professione.
Adesso simili dichiarazioni producono un’impressione decisamente
comica: come se qualcuno volesse cancellare un intero periodo dello
sviluppo del nostro partito, quelle conquiste che a suo tempo costa-
rono una lotta, ma che oggi si sono già da tempo consolidate e hanno
svolto l’opera loro assegnata.
Adesso mettersi a ragionare affermando che VIskra ( del 1901 e
1902!) aveva esagerato con l’idea di un’organizzazione di rivoluzionari
di professione è esattamente come se, dopo la guerra russo-giapponese,
ci si fosse messi a rimproverare i giapponesi di essersi fatta un'idea
esagerata delle forze militari russe e di essersi esageratamente preoccu-
pati, prima della guerra, per la lotta contro queste forze. Per ripor-
tare la vittoria i giapponesi dovevano raccogliere tutte le forze neces-
sarie per far fronte alle massime forze russe possibili. Purtroppo molti
giudicano il nostro partito dall’esterno, senza conoscere i fatti, senza
vedere che oggi l’idea di un’organizzazione di rivoluzionari di profes-
sione ha già riportato la piena vittoria. E questa vittoria sarebbe stata
impossibile se non si fosse a suo tempo posta in primo piano quell’idea,
se non la si fosse « esageratamente » fatta capire a coloro che ne osta-
colavano l’attuazione.
Che fare? è un compendio della tattica iskrista, della politica
organizzativa iskrista degli anni 1901 e 1902. Ripeto: un compendio ,
né piu né meno. Chi vorrà darsi la pena di prender visione AzWIskra
90
LENIN
degli anni 1901 e 1902 se ne convincerà indubbiamente*. E chi giu-
dica questo compendio senza conoscere la lotta deWIskra contro l’eco-
nomismo allora imperante, e senza capire questa lotta, non fa che get-
tare parole al’ vento. Vlskra lottò per creare un'organizzazione di rivo-
luzionari di professione, lottò con particolare energia negli anni 1901
e 1902, vinse l’economismo allora imperante, creò definitivamente que-
st'organizzazione nel 1903, la conservò, nonostante la successiva scis-
sione degli iskristì, nonostante tutti i perturbamenti dell'epoca della
tempesta e dell’assalto, la conservò durante tutta la rivoluzione russa,
la conservò e la mantenne dal 1901-1902 al 1907.
Ed ecco, oggi,- quando la lotta per formare questa organizzazione
già da tempo è finita, quando già si è seminato, il grano è maturato e
la mietitura è stata ultimata, presentarsi delle persone che annunciano:
« si è esagerato con l’idea di un’organizzazione di rivoluzionari di pro-
fessione! ». Non è forse comico?
Prendete l’intero periodo prerivoluzionario e i primi due anni e
mezzo della rivoluzione (1905-1907) nel loro insieme. Confrontate,
per questo periodo, il nostro partito socialdemocratico con gli altri par-
titi sotto il rapporto della coesione, organizzazione, organicità costante.
Dovrete riconoscere che sotto questo rapporto la superiorità del nostro
partito su tutti gli altri, sia sui cadetti, sia sui socialisti-rivoluzionari,
ecc., è indiscutibile. Prima della rivoluzione il partito socialdemocra-
tico si era elaborato un programma formalmente riconosciuto da tutti
i socialdemocratici e, pur avendovi introdotto emendamenti, non si
scisse per motivi programmatici. Il partito socialdemocratico, nonostan-
te la scissione, dal 1903 al 1907 (formalmente dal 1905 al 1906) ha
fornito al pubblico le più ampie notizie sulla sua situazione interna
(atti del II Congresso, unitario; del III Congresso, bolscevico; del IV
Congresso, o di Stoccolma, unitario). Il partito socialdemocratico, nono-
stante la scissione, si è valso, prima di tutti gli altri partiti, del tem-
poraneo barlume di libertà per attuare l’ideale di struttura democra-
tica di un’organizzazione non clandestina, col sistema elettivo, con la
rappresentanza ai congressi in base al numero dei membri del partito
organizzati. Sinora questo non l’hanno fatto né i socialisti-rivoluzio-
nari, né i cadetti, questo partito borghese il meglio organizzato, quasi
* Nel 3° volume della presente pubblicazione verranno ristampati i piu im*
portanti articoli tratti dall ’lskra di quegli anni.
PREFAZIONE ALLA RACCOLTA « DODICI ANNI »
91
legale, che, in confronto a noi, dispone di mezzi finanziari, di una
libertà di valersi della stampa, di una possibilità di vivere alla luce del
sole incomparabilmente maggiori. E le elezioni della II Duma, alle
quali parteciparono tutti i partiti, non dimostrarono forse alPevidenza
che la coesione organizzativa del nostro partito e del nostro gruppo
alla Duma è maggiore che in tutti gli altri partiti?
Ci si domanda: ma chi ha realizzato, chi ha tradotto in pratica
questa maggiore coesione, saldezza e fermezza del nostro partito? Ciò
è stato fatto da un'organizzazione di rivoluzionari di professione, crea-
ta principalmente grazie all'apporto AzWìskra. A chi ben conosce la
storia del nostro partito, a chi ha preso direttamente parte alla sua edi-
ficazione è sufficiente un semplice sguardo alla composizione della de-
legazione di una qualsiasi frazione, poniamo del Congresso di Londra,
per convincersene, per scorgere subito quel vecchio, fondamentale nu-
cleo che, con piu zelo degli altri, ha amorevolmente curato e fatto
adulto il partito. Condizione fondamentale di questo successo è stato,
naturalmente, il fatto che la classe operaia, il cui fior fiore ha creato la
socialdemocrazia, si distingue, grazie a cause economiche oggettive, da
tutte le classi della società capitalistica per la sua maggiore attitudine
all'organizzazione. Senza questa condizione l'organizzazione dei rivo-
luzionari di professione sarebbe stata un giocattolo, un'avventura, una
vacua insegna, e l'opuscolo Che fare ? sottolinea ripetutamente che solo
quando esiste una « classe veramente rivoluzionaria e che spontanea-
mente si leva alla lotta » ha un senso l’organizzazione che esso propu-
gna. Ma la capacità, oggettivamente massima, del proletariato a riu-
nirsi in classe viene realizzata da persone vive, viene realizzata non al-
trimenti che in determinate forme di organizzazione. E nessun'altra
organizzazione, tranne l'iskrista, avrebbe potuto , nelle nostre condi-
zioni storiche, nella Russia degli anni 1900-1905, creare un partito ope-
raio socialdemocratico come quello che oggi è stato creato. Il rivolu-
zionario di professione ha svolto l’opera sua nella storia del socialismo
proletario russo. E nessuna forza distruggerà oggi quest'opera, che da
gran tempo s'è sviluppata oltre gli angusti limiti dei « circoli » degli
anni 1902-1905, nessuna tardiva lamentazione sull’esagerazione dei com-
piti di lotta da parte di coloro che solo con la lotta hanno a suo tem-
po potuto assicurare l’inizio dell'adempimento di questi compiti smi-
nuirà il valore delle conquiste già fatte.
92
LENIN
Ho accennalo testé ai limiti angusti dei circoli dei tempi della vec-
chia Iskra (dalla fine del 1903, dal n. 51, YIskra ha operato una svolta
verso il menscevismo e ha proclamato: « tra la vecchia e la nuova
Iskra c’è un abisso », parole di Trotski in un opuscolo approvato dalla
redazione menscevica dell* Iskra). Su questo sistema dei circoli è neces-
sario dire qualche parola esplicativa al lettore odierno. Sia nell opusco-
lo Che fare? che nell’opuscolo Un passo avanti e due indietro ", pub-
blicato in seguito, il lettore potrà scorgere davanti a sé una lotta appas-
sionata, talvolta arrabbiata, una lotta a morte dei circoli esteri. È indub-
bio che questa lotta presenta molti lati antipatici. È indubbio che que-
sta lotta di circoli costituisce un fenomeno possibile soltanto quando il
movimento operaio di un dato paese è ancora molto giovane, è imma-
turo. È indùbbio che gli odierni militanti dell’odierno movimento ope-
raio della Russia devono romperla con molte tradizioni del sistema dei
circoli, devono dimenticare ed accantonare molte piccolezze della vita
e delle baruffe di circolo per assolvere energicamente i compiti della
socialdemocrazia nell’epoca presente. Solo l’ampliamento del partito con
elementi proletari può, in connessione con un’aperta attività di massa,
distruggere tutte le tracce del sistema dei circoli ereditate dal passato
e che non corrispondono ai compiti del presente. E il passaggio al-
l’ organizzazione democratica del partito operaio, proclamato dai bol-
scevichi nella Novaia Gizn del novembre 1905 ", subito dopo che si
erano create le condizioni per un’attività aperta, questo passaggio era
già, in sostanza, un’irreversibile rottura con ciò che aveva fatto il suo
tempo nel vecchio sistema dei circoli...
Si, « con ciò che aveva fatto il suo tempo », giacché non basta
condannare il sistema dei circoli, bisogna saperne capire il valore nelle
peculiari condizioni dell’epoca trascorsa, A suo tempo i circoli furono
necessari ed ebbero una funzione positiva. In un paese autocratico in
generale, nelle condizioni che erano state create da tutta la storia del
movimento rivoluzionario russo in particolare, un partito operaio so-
cialista non poteva svilupparsi se non da circoli. 1 circoli, cioè associa-
zioni ristrette, chiuse, quasi sempre fondate suiramidzia personale, co-
stituiti da un numero molto esiguo di persone, furono una fase neces-
saria dello sviluppo del socialismo e del movimento operaio in Russia.
A misura che questo movimento si sviluppava si poneva il problema
di unire questi circoli, di creare un saldo vincolo tra di essi, di elimi-
PREFAZIONE ALLA RACCOLTA « DODICI ANNI »
93
nare le soluzioni di continuità. E non era possibile risolvere questo
problema- senza creare una forte base operativa « inaccessibile » all’au-
tocrazia, cioè all’estero . I circoli esteri sorsero cosi per necessità Tra
di essi non esisteva alcun vincolo; al di sopra di essi non esisteva l’au-
torità di un partito russo; essi dissentivano inevitabilmente sul modo
di intendere i compiti fondamentali del movimento in quel periodo,
cioè sul modo di intendere come precisamente si dovesse costruire que-
sta o quella base operativa e come orientarsi per contribuire all’edifi-
cagione di tutto il partito. In simili condizioni la lotta tra questi cir-
coli era ineluttabile. Oggi, guardando indietro, vediamo chiaramente
quale circolo era veramente in grado di assolvere la funzione di base
operativa. Ma allora, all’inizio delPa ttivit à dei vari circoli, nessuno poteva
dirlo, e solo la lotta poteva decidere la contesa. Parvus, a quanto ricorr
do, ha in seguito rimproverato alla vecchia hkra di aver condotto una
lotta di circolo micidiale, predicando a fatti avvenuti una politica con-
ciliatrice. Ma a fatti avvenuti è facile dirlo, e dirlo significa dar prova
di non capire quelle condizioni. In primo luogo, non esisteva allora
nessun criterio per stabilire la forza e la serietà di questi o quei circoli.
Ce n erano molti di gonfi, che oggi sono dimenticati, ma che a suo
tempo vollero dimostrare con la lotta il loro diritto all’esistenza. In
secondo luogo, i dissensi tra i circoli vertevano sull’ indirizzo da dare a
un lavoro allora ancora nuovo. Osservavo già allora (in Che fare?) che
i dissensi sembravano piccoli, ma in realtà avevano un enorme impor-
tanza, giacché all’inizio di un nuovo lavoro, all’inizio del movimento
socialdemocratico, la determinazione del carattere generale di questo
lavoro e di questo movimento si fa sentire nel modo piu sostanziale
nella propaganda, agitazione e organizzazione. Tutti i successivi con-
trasti tra i socialdemocratici si sono imperniati sull’indirizzo da dare
all’attività politica del partito operaio in questi o quei casi singoli. Al-
lora invece si trattava di determinare le basi più generali e i compiti
fondamentali di ogni politica socialdemocratica in genere.
Il sistema dei circoli svolse Popera sua ed ora, naturalmente, ha
fatto il suo tempo. Ma esso ha fatto il suo tempo perché e soltanto
perché la lotta dei circoli sollevò nel più acuto dei modi le questioni di
fondo della socialdemocrazia, le decise in uno spirito rivoluzionario
intransigente e creò cosi una solida base per un vasto lavoro di partito.
Tra le questioni particolari sollevate dalla pubblicistica in connes-
94
LENIN
sione con l’opuscolo Che lare? noterò soltanto le seguenti due. Nel-
VIskra del 1904, subito dopo l’uscita dell’opuscolo Un passo avanti e
due indietro , Plekhanov proclamava l’esistenza di un dissenso di
principio con me sulla questione della spontaneità e della coscienza. Io
non risposi né a questa proclamazione (a parte una nota nel Vperioà
di Ginevra 48 ), né alle numerose ripetizioni apparse su questo tema
nella pubblicistica menscevica; non risposi perché la critica di Plekha-
nov presentava il carattere evidente di un vuoto cavillo, essendo fon-
data su frasi staccate dal contesto, su singole espressioni da me formu-
late in maniera non del tutto felice o non del tutto precisa, mentre ve-
niva ignorato il contenuto generale e lo spirito dell’opuscolo nel suo
insieme. Che fare ? usci nel marzo 1902. Il progetto di programma del
partito (di Plekhanov, con correzioni della redazione dcWIskra) venne
pubblicato nel giugno o luglio 1902. Il rapporto esistente tra l’ele-
mento spontaneo e quello cosciente era stato formulato, in questo pro-
getto, in base a un accordo di tutta la redazione dell ’Iskra (in essa si
ebbero discussioni sul programma tra Plekhanov e me, ma niente affat-
to su tale questione, bensì su quella dell’eliminazione della piccola pro-
duzione da parte della grande, per cui esigevo una formulazione più
precisa di quella di Plekhanov, e della distinzione tra il punto di vista
del proletariato e quello delle classi lavoratrici in generale; su quest’ul-
tima insistevo per una determinazione più rigida del carattere puramen-
te proletario del partito).
Non era quindi neanche il caso di parlare di una qualsiasi diffe-
renza di principio tra il progetto di programma e il Che fare ? su que-
sta questione. Al II Congresso (agosto 1903) Martynov, l’economista
di allora, si mise a discutere contro le nostre idee circa la spontaneità
e la coscienza, espresse nel programma. A Martynov replicarono tutti
gli iskristi, come sottolineo nell’opuscolo Un passo avanti ecc. È chiaro
dunque che un dissenso di fondo esisteva tra gli iskristi e gli econo-
misti, i quali si scagliavano contro ciò che cera di comune nel Che fa-
re? e nei progetti di programma. E anche al II Congresso non pensavo
neppure ad elevare in particolare modo le mie formulazioni, date nel
Che fare?, a qualcosa di « programmatico », che costituisse particolari
principi. Al contrario, impiegai l’espressione, in seguito spesso citata,
della piegatura del bastone. Nel Che fare? si raddrizza il bastone cur-
vato dagli economisti, dissi io (cfr. atti del II Congresso del POSDR
PREFAZIONE, alla RACCOLTA « DODICI ANNI »
95
del 1903, Ginevra, 1904), e proprio perché noi raddrizziamo con ener-
gia la curvatura, il nostro « bastone » sarà sempre quello più diritto
Il senso di queste parole è chiaro: il Che fare ? corregge polemi-
camente Peconomismo, e considerarne il contenuto al di fuori del com-
pito che esso si prefiggeva è sbagliato. Noterò che l'articolo di Ple-
khanov contro il Che fare ? non è stato ristampato nella raccolta della
nuova Iskra (In due anni), per cui io non mi occupo ora degli argo-
menti di Plekhanov, ma spiego soltanto il nocciolo della questione al-
l’odierno lettore, che può imbattersi in richiami a questo problema in
moltissimi scritti menscevichi.
La seconda osservazione si riferisce alla lotta economica e ai sin-
dacati. Nella pubblicistica si espongono spesso a rovescio le mie idee
su questa questione. È perciò necessario sottolineare che molte pagine
del Che fare? sono dedicate alla spiegazione d zWenorme importanza
della lotta economica e dei sindacati. In particolare, mi pronunciai al-
lora per la neutralità dei sindacati. D’allora in poi né in opuscoli, né in
articoli di giornale mi pronunciai diversamente , nonostante le molte af-
fermazioni dei miei avversari. Solo il Congresso di Londra del POSDR
e il Congresso internazionale socialista di Stoccarda mi hanno indotto
a giungere alla conclusione che in linea di principio non si può propu-
gnare la neutralità dei sindacati. Il più stretto avvicinamento tra sinda-
cati e partito: ecco Punico principio giusto. Tendenza ad avvicinare e a
legare i sindacati al partito: questa dev’èssere la nostra politica, ed è
necessario applicarla con fermezza e coerenza in tutta la nostra propa-
ganda e agitazione, e nell’attività organizzativa, pur senza correr dietro
a puri e semplici « riconoscimenti » e senza cacciare i dissenzienti dai
sindacati.
L'opuscolo Un passo avanti e due indietro usci a Ginevra nel-
l’estate del 1904. Esso descrive la prima fase della scissione tra men-
scevichi e bolscevichi, cominciata al II Congresso (agosto 1903). Ne
ho soppresso circa la metà, poiché i minuti particolari della lotta or-
ganizzativa, specialmente a motivo della composizione personale dei
centri del partito, non possono assolutamente interessare l'odierno
lettore e meritano, in sostanza, di essere dimenticati. Qui mi sembra
essenziale l’analisi della lotta tra le concezioni tattiche e d’altro genere
avutasi al II Congresso e la polemica contro le concezioni organizzative
96
LENIN
dei menscevichi: l’una e l'altra sono necessarie per capire il menscevi-
smo e il bolscevismo come correnti che hanno lasciato la propria im-
pronta su tutta l’attività del partito operaio nella nostra rivoluzione.
Tra le discussioni avutesi al II Congresso del partito socialdemo-
cratico parlerò di quella sul programma agrario. Gli avvenimenti han-
no indubbiamente dimostrato che quel nostro programma (restituzione
delle terre stralciate) era eccessivamente ristretto e sottovalutava la
forza del movimento contadino democratico rivoluzionario; di questo
parlerò piu particolareggiatamente nel secondo volume della presente
edizione 48 Ma qui è importante sottolineare che anche questo pro-
gramma agrario eccessivamente ristretto sembrava troppo ampio all’ala
destra del partito socialdemocratico di quel tempo. Martynov e altri
economisti si batterono contro di esso perché andava, dicevano, troppo
lontano! Si può vedere quindi quale seria importanza pratica avesse
tutta la lotta della vecchia Iskra contro l’economismo, lotta diretta con-
tro il soffocamento e la menomazione di tutto il carattere della politica
socialdemocratica.
I dissensi coi menscevichi si limitavano a quel tempo (prima metà
del 1904) alle questioni organizzative. La formula che diedi per la po-
sizione dei menscevichi era: « opportunismo nelle questioni organizza-
tive ». Replicando P B. Axelrod scriveva a Kautsky: « Con la mia de-
bole intelligenza non sono in grado di capire che roba sia mai questo
“opportunismo nelle questioni organizzative”, tirato in ballo come qual-
cosa di autonomo, al di fuori di qualsiasi legame organico con le con-
cezioni programmatiche e tattiche » (lettera del 6 giugno 1904, ristam-
pata nella raccolta delle nuova Iskra: In due anni, parte II, p. 149).
Qual è il legame organico tra l’opportunismo nelle concezioni or-
ganizzative e quello nelle concezioni tattiche è stato sufficientemente
mostrato da tutta la storia del menscevismo negli anni 1905-1907.
Quanto poi alla « roba incomprensibile » — l’« opportunismo nelle
questioni organizzative » — , la vita ha confermato in maniera tanto
brillante quanto io non potevo nemmeno aspettarmi che il mio giudi-
zio era giusto. Basti dire che il menscevico Cerevanin è anche lui co-
stretto a riconoscere oggi (cfr. il suo opuscolo sul Congresso di Lon-
dra del POSDR del 1907) che dai piani organizzativi di Axelrod (il fa-
migerato « congresso operaio », ecc.) scaturiscono soltanto delle scis-
sioni esiziali per la causa del proletariato. Ma c’è di più. Lo stesso men-
PREFAZIONE ALLA RACCOLTA « DODICI ANNI »
97
scevico Cerevanin racconta in quell’opuscolo che a Londra Plekhanov
dovette lottare, in seno alla frazione menscevica, contro l’« anarchismo
organizzativo ». Sicché non a torto io lottai nel 1904 contro Y« oppor-
tunismo nelle questioni organizzative » se nel 1907 sia Cerevanin che
Plekhanov hanno dovuto riconoscere l’« anarchismo organizzativo » di
influenti menscevichi.
Dall’opportunismo organizzativo i menscevichi sono giunti all’op-
portunismo tattico. L’opuscolo La campagna degli « zemstvo » e il
piano deU’« Iskra » 49 (usci a Ginevra alla fine del 1904, in novembre
o dicembre, mi pare) rileva questo loro primo passo su tale via. Nel-
l’odierna pubblicistica si possono non di rado incontrare brani in cui si
afferma che i dissensi sulla questione della campagna degli zemstvo fu-
rono provocati dalla negazione — da parte dei bolscevichi — di qual-
siasi utilità delle dimostrazioni davanti agli Zemtsy . Il lettore vedrà che
questa è un’opinione completamente sbagliata. Il dissenso fu provo-
cato dal fatto che i menscevichi parlavano allora di non suscitare il
panico tra i liberali, e ancor piu dal fatto che, dopo lo sciopero di
Rostov del 1902, dopo gli scioperi e le barricate dell’estate 1903, alla
vigilia del 9 gennaio 1905, i menscevichi magnificavano le dimostra-
zioni davanti agli zemtsy come il tipo piu alto di dimostrazione. Nel
n. 1 del giornale bolscevico Vperiod (Ginevra, gennaio 1905) questo
apprezzamento del « piano della campagna degli zemstvo » menscevi-
co veniva espresso nel titolo dell’articolo dedicato alla questione: Otti-
me manifestazioni di proletari e pessimi ragionamenti di certi intellet-
tuali B0 .
L’ultimo opuscolo qui ripubblicato: Due tattiche della social-
democrazia nella rivoluzione democratica Bl , usci a Ginevra nell’estate
del 1905. Vi si espongono già sistematicamente i dissensi tattici fon-
damentali coi menscevichi; le risoluzioni del « III Congresso del
POSDR » (bolscevico) della primavera a Londra e della conferenza
menscevica di Ginevra avevano dato una forma consistente a questi
dissensi e li avevano trasformati in un contrasto di fondo nella valuta-
zione di tutta la nostra rivoluzione borghese dal punto di vista dei com-
piti del proletariato. I bolscevichi indicavano al proletariato la sua fun-
zione di capo nella rivoluzione democratica. I menscevichi riducevano
questa funzione ai compiti di « estrema opposizione ». I bolscevichi de-
terminavano positivamente il carattere di classe e il significato di classe
98
LENIN
della rivoluzione dicendo; rivoluzione vittoriosa significa « dittatura
democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini ». I mensce-
vichi avevano sempre interpretato il concetto di rivoluzione borghese
in maniera tanto sbagliata da giungere ad accettare senza lotta una fun-
zione subordinata e dipendente dalla borghesia del proletariato nella
rivoluzione.
È noto quale ripercussione abbiano avuto nella pratica questi dis-
sensi di principio. Boicottaggio della Duma di Bulvghin da parte dei
bolscevichi e tentennamenti dei menscevichi. Boicottaggio della Duma
di Witte da parte dei bolscevichi e tentennamenti dei menscevichi, che
invitavano ad eleggere, ma non alla Duma. Appoggio del ministero ca-
detto e della politica cadetta alla I Duma da parte dei menscevichi e
risoluta denuncia delle illusioni costituzionali e dello spirito controri-
voluzionario cadetto da parte dei bolscevichi, assieme alla propaganda
deiridea di un «comitato esecutivo delle sinistre» 52 . Inoltre, blocco
a sinistra dei bolscevichi alle elezioni della II Duma e blòcchi coi cadet-
ti dei menscevichi, ecc. ecc.
Oggi il «periodo cadetto» della rivoluzione russa (espressione
dell'opuscolo La vittoria dei cadetti ed i compiti del partito operaio ,
marzo 1906 53 ) è giunto, a quanto pare, alla fine. Lo spirito controrivo-
luzionario dei cadetti è stato completamente smascherato. Gli stessi
cadetti cominciano a confessare di aver costantemente lottato contro la
rivoluzione, e il signor Struve proclama apertamente i reconditi pen-
sieri del liberalismo cadetto. Quanto più il proletariato cosciente si
volgerà oggi ad osservare attentamente tutto questo periodo cadetto
nel suo insieme, tutto questo « zigzag costituzionale », tanto più diver-
rà evidente che i bolscevichi avevano anticipatamente valutato e que-
sto periodo, e la natura del partito cadetto in maniera completamente
giusta, che i menscevichi, effettivamente, avevano svolto una politica
sbagliata, il cui significato oggettivo equivalse alla sostituzione di una
politica proletaria autonoma con una politica di subordinazione del pro-
letariato al liberalismo borghese.
Dando uno sguardo d’insieme alla lotta delle due tendenze del
marxismo russo e della socialdemocrazia russa nel corso di dodici anni
(1895-1907) non si può non giungere alla conclusione che il « marxi-
smo legale », Y« economismo » e il « menscevismo » rappresentano di-
PREFAZIONE ALLA RACCOLTA « DODICI ANNI »
99
verse forme di manifestazione di una stessa ed identica tendenza sto-
rica. Il « marxismo legale » del signor Struve (1894) e dei suoi simili
fu un riflesso del marxismo nella letteratura borghese. L’« economi-
smo », come speciale indirizzo del lavoro socialdemocratico negli anni
1897 e seguenti, attuò di fatto il programma del « Credo » liberale
borghese : agli operai la lotta economica, ai liberali quella politica. Il
menscevismo è non solo una tendenza pubblicistica, non solo un indi-
rizzo deirattività socialdemocratica, ma una frazione compatta, che nel
corso del primo periodo della rivoluzione russa (anni 1905-1907) ha
condotto una politica particolare che di fatto subordinava il proletaria-
to al liberalismo borghese *.
In tutti i paesi capitalistici il proletariato è inevitabilmente legato
da migliaia di gradini di passaggio al suo vicino di destra, la piccola
borghesia. In tutti i partiti operai è inevitabile il formarsi di un’ala
destra più o meno nettamente delineata, la quale, nelle sue concezioni,
nella sua tattica, nella sua « linea » organizzativa, esprime le tendenze
dell’opportunismo piccolo-borghese. In un paese piccolo-borghese co-
me la Russia all’epoca della rivoluzione borghese, all’epoca dei primi
germi del giovane Partito socialdemocratico operaio, queste tendenze
non potevano non manifestarsi in maniera assai più recisa, definita,
chiara che in qualsiasi altro luogo d’Europa. Per consolidare il marxi-
smo rivoluzionario, per temprare la classe operaia russa nella sua lotta
liberatrice è necessario conoscere le varie forme di manifestazione di
questa tendenza nella socialdemocrazia russa nei diversi periodi del suo
sviluppo.
Settembre 1907.
Pubblicata nel novembre 1907
nella raccolta Dodici anni,
Pietroburgo
Firmato: VI. llitt
* L'analisi della lotta delle varie tendenze e sfumature al II Congresso del
partito (cfr. l'opuscolo Un passo avanti e due indietro , 1904) dimostra in ma-
niera irrefutabile il nesso diretto e immediato esistente tra 1*« economismo » degli
anni 1897 e seguenti e il « menscevismo ». E il nesso esistente tra l’« econo-
mismo » nella socialdemocrazia e il « marxismo legale » o « struvismo » del 1895-
1897 lo mostrai nell'opuscolo Che fare ? (1902). Marxismo legale, economismo e
menscevismo sono legati non solo idealmente; essi sono altresì legati storicamente
e in modo diretto, senza soluzioni di continuità.
RIVOLUZIONE E CONTRORIVOLUZIONE
Nell’ottobre 1905 la Russia attraversò il periodo di massima asce-
sa rivoluzionaria. Il proletariato tolse di mezzo la Duma di Bulyghin
e trascinò le larghe masse popolari nella lotta diretta contro l’autocra-
zia. Nell’ottobre 1907 stiamo attraversando, a quanto pare, il periodo
di massimo declino della lotta di massa aperta. Ma il periodo del decli-
no, cominciato dopo la sconfitta del dicembre 1905, ha portato con sé
non solo il fiorire delle illusioni costituzionali, ma anche il loro com-
pleto fallimento. La terza Duma, convocata dopo lo scioglimento di due
Dume e il colpo di Stato del 3 giugno, pone chiaramente fine al pe-
riodo della fede nella pacifica convivenza dell’autocrazia con la rap-
presentanza popolare e apre una nuova epoca nello sviluppo della ri-
voluzione.
In un momento come quello che stiamo attraversando il confron-
to tra la rivoluzione e la controrivoluzione in Russia, tra il periodo
dell’assalto rivoluzionario (1905) e il periodo del giuoco controrivo-
luzionario alla Costituzione (1906 e 1907) s’impone da sé. Qualsiasi
determinazione della linea politica per il prossimo futuro include ine-
vitabilmente in sé un simile confronto. La contrapposizione degli « er-
rori della rivoluzione » o delle « illusioni rivoluzionàrie » al « lavoro
costituzionale positivo » è il motivo fondamentale dell’odierna lette-
ratura politica. Lo gridano i cadetti nelle assemblee elettorali; lo canta,
lo urla e lo ripete sino alla noia la stampa liberale. Anche il signor
Struve, che impetuosamente ed astiosamente sfoga sui rivoluzionari la
sua stizza per il definitivo crollo della speranza nel « compromesso »,
è del numero. E lo è anche Miliùlcov, che, nonostante tutta la sua le-
ziosaggine e gesuitismo, il corso degli eventi ha costretto a giungere a
un chiaro, precisa e — ciò eh? piu importa — veritiero; «, nemici di si-
RIVOLUZIONE E CONTRORIVOLUZIONE
101
nistra ». Lo sono anche i pubblicisti che si ispirano al Tovaristc , la Ku-
skova, Smirnov, Plekhanov, Gom, lordanski, Cerevanin ed. altri, che
biasimano, chiamandola avventata, la lotta deH’ottobre-dicembre e pre-
dicano, piu o meno apertamente, la coalizione « democratica » coi ca-
detti,. Gli autentici elementi cadetti' di questa torbida corrente esprimo-
no gli interèssi controrivoluzionari della borghesia e Pillimitato servi-
lismo della piccola borghesia intellettuale. Negli stessi elementi che non
hanno 1 ancora del tutto raggiunto Struve il tratto dominante è Y inca-
pacità di capire il nesso esistente tra rivoluzione e controrivoluzione
in Russia, l’incapacità di guardare a tutto ciò che abbiamo vissuto come
a unico movimento sociale che si è sviluppato secondo una sua logica
interna.
Il periodo dell’assalto rivoluzionario mostrò in atto la composizio-
ne di classe della popolazione della Russia e l’atteggiamento delle di-
verse classi verso la vecchia autocrazia. Gli avvenimenti hanno ora in-
segnato a tutti, anche alle persone del tutto estranee al marxismo, a far
coincidere l’inizio del periodo della rivoluzione col 9 gennaio 1905,
cioè col primo movimento politico -cosciente di masse che appartene-
vano a una classe ben determinata. Quando la socialdemocrazia dedu-
ceva dall’analisi della realtà econòmica della Russia la funzione diri-
gente, l’egemonia del proletariato nella nostra rivoluzione, ciò sem-
brava una libresca infatuazione di teorici. La rivoluzione ha confermato
la nòstra teoria, poiché essa è l’unica teoria veramente rivoluzionaria.
Il proletariato ha di fatto costantemente marciato alla testa della rivo-
luzione, La socialdemocrazia è stata di fatto il reparto ideologico di
avanguardia del proletariato. La lotta delle masse si è sviluppata, sotto
la guida del proletariato, in maniera straordinariamente rapida, piu
rapidamente di quanto non si aspettassero molti rivoluzionari. Nel corso
di un solo anno essa si elevò alle forme di assalto rivoluzionario piu
risolute che la storia conosca, allo sciopero di massa e all’ insurrezione
armata. L’organizzazione delle masse proletarie si è sviluppata, con
sorprendente rapidità, nel corso stesso della lotta. Sulle orme del pro-
letariato si misero a organizzarsi gli altri strati della, popolazione, che
costituirono i quadri combattenti del popolo rivoluzionario. Si orga-
nizzò la massa semiproletaria di ogni sorta d’impiegati, poi la demo-
crazia contadina, l’intellettualità che esercita una professione, ecc. Il
periodo delle vittorie proletarie fu un periodo di sviluppo, mai visto
102
LENIN
in Russia e gigantesco persino dal punto di vista europeo* dell'organiz-
zazione di massa in generale. Il proletariato ottenne in questo periodo
tutta una serie di miglioramenti nelle condizioni di lavoro. La massa
contadina ottenne una « riduzione » deirarbitrio dei grandi proprietari
fondiari, una diminuzione dei canoni d’affitto e dei prezzi di vendita
della terra. Tutta la Russia ottenne una notevole libertà di riunione,
di parola e di organizzazione, ottenne la pubblica rinuncia dell’auto-
crazia ai vecchi ordinamenti e il riconoscimento della Costituzione.
Tutto ciò che è stato sinora conquistato dal movimento di eman-
cipazione in Russia lo è stato interamente ed esclusivamente mediante
la lotta rivoluzionaria delle masse, capeggiate dal proletariato.
La svolta nello sviluppo della lotta comincia con la sconfitta di
dicembre. Passo a passo la controrivoluzione passa all’offensiva a mi-
sura che s’indebolisce la lotta delle masse. All’epoca della I Duma que-
sta lotta si esprimeva, ancora con grandissima imponenza, nel raffor-
zamento del movimento contadino, in una vasta opera di distruzione
dei covi dei grandi proprietari fondiari fautori della servitù della gle-
ba, in tutta una serie di rivolte militari. E la reazione attaccava allora
lentamente, non osando operare subito un colpo di Stato. Solo dopo la
repressione delle insurrezioni di Sveaborg e di Kronstadt del luglio
1906 essa agisce con più ardire, introduce il regime delle corti mar-
ziali, comincia a togliere qua e là il diritto di voto (chiarimenti del Se-
nato 54 ), cinge infine definitivamente di un assedio poliziesco la
II Duma e distrugge completamente la famigerata Costituzione. A tutte
le varie organizzazioni libere delle masse, sorte per loro iniziativa, su-
bentrava in quel tempo la « lotta legale » entro i limiti di una Costi-
tuzione poliziesca interpretata dai Dubasov e dagli Stolvpin. All’ege-
monia della socialdemocrazia subentrava l’egemonia dei cadetti, che
dominavano in entrambe le Dume. Il periodo di declino del movimento
delle masse è stato il periodò di massima prosperità del partito dei
cadetti. Questo ha sfruttato tale declino, scendendo in campo come
partito che « combatte » per la Costituzione, ha alimentato con tutte
le forze nel popolo la fiducia in questa Costituzione e predicato la ne-
cessità di limitarsi appunto alla lotta « parlamentare ».
Il fallimento della « Costituzione cadetta » è il fallimento delia
tattica cadetta e dell’egemonia cadetta nella lotta di emancipazione.
L’egoistico carattere di classe di tutti i ragionamenti del nostro libera-
RIVOLUZIONE E CONTRORIVOLUZIONE
103
lismo sul tema delle « illusioni rivoluzionarie » e degli « errori della
rivoluzione » si profila con evidenza quando si fa il confronto tra i due
periodi della rivoluzione. La lotta di massa proletaria diede delle con-
quiste a tutto il popolo. La direzione liberale del movimento non ha-
dato nient’altro che sconfitte. L’assalto rivoluzionario del proletariato
elevò costantemente la coscienza delle masse e le loro capacità orga-
nizzative, ponendo loro compiti sempre più alti, sviluppando la loro
partecipazione autonoma alla vita politica, insegnando loro la lotta.
L’egemonia liberale nel periodo delle due Dume ha diminuito la con-
sapevolezza delle masse, ha distrutto le loro capacità organizzative rivo-
luzionarie, ha affievolito la coscienza dei compiti democratici.
I capi liberali della I e della II Duma hanno fatto vedere molto
bene, al cospetto del popolo, che cosa è la « lotta » in ginocchio, legale,
che ha portato a far si che gli autocratici fautori della servitù della
gleba cancellassero con un tratto di penna il paradiso costituzionale
dei blateroni liberali e si facessero beffe della sottile diplomazia dei
frequentatori delle anticamere ministeriali. Per tutto il tempo della
rivoluzione i liberali non possono vantarsi di una sola conquista, di un
solo successo, di un solo atto più o meno democratico che abbia orga-
nizzato le forze popolari nella lotta per la libertà.
Prima dell’ottobre 1905 essi avevano mantenuto talvolta una be-
nevola neutralità nei confronti della lotta rivoluzionaria delle masse,
ma anche allora già avevano cominciato ad agire contro di essa, invian-
do una deputazione che pronunciò abbietti discorsi rivolti allo zar e so-
stenendo la Duma di Bulyghin non già per avventatezza, ma per aperta
ostilità verso la rivoluzione. Dopo l’ottobre 1905 altro non fecero che
tradire ignominiosamente la causa della libertà del popolo.
Nel novembre 1905 inviarono segretamente il signor Struve a in-
trattenersi confidenzialmente col signor Witte. Nella primavera del
1906 sabotarono il boicottaggio rivoluzionario e, col loro rifiuto di
pronunciarsi apertamente davanti all’Europa contro il prestito, aiuta-
rono il governo a ottenere miliardi per la conquista della Russia. Nel-
l’estate del 1906 mercanteggiarono con Trepov, dall’entrata di servi-
zio, sui portafogli ministeriali e lottarono contro le « sinistre », cioè
contro la rivoluzione, alla I Duma. Nel gennaio 1907 ricorsero ancora
una volta alle autorità di polizia (visita di Miliukov a Stolypin). Nella
primavera del 1907 appoggiarono il governo alla II Duma. La rivolu-
104
LENIN
zione ha smascherato il liberalismo con straordinaria rapidità e mostra-
to nei fatti la sua natura controrivoluzionaria.
Sotto questo rapporto il periodo delle speranze costituzionali è
trascorso tutt’altro che inutilmente per il popolo. L'esperienza della
I e della II Duma non solo ha insegnato a capire tutta la miserrima
funzione del liberalismo nella nostra rivoluzione. Si, quest'esperienza
ha anche liquidato di fatto il tentativo di un partito, che solo degli
sbarbatelli politici o dei vecchi rimbambiti possono considerare vera-
mente « democratico ^costituzionale, di dirigere il movimento demo-
cratico.
Nel 1905 e alFinizio del 1906 la composizione di classe della de-
mocrazia borghese in. Russia non era ancora chiara per tutti. Non sol-
tanto degli ignoranti e abbrutiti abitanti di sperdute località di provin-
cia speravano di poter unire l’autocrazia con una vera rappresentanza
di masse di popolo piu o meno ampie. Queste speranze non erano
estranee nemmeno alle sfere dirigenti dell’autocrazia. Perché la legge
elettorale, sia per la Duma di Bulyghin che per quella di Witte, accor-
dava una notevole rappresentanza contadina? Perché permaneva la fi-
ducia nei sentimenti monarchici delle campagne. « Il contadino sem-
pliciotto ci darà una mano »: quest’esclamazione di un giornale go-
vernativo nella primavera del 1906 esprimeva la speranza del governo
nel conservatorismo delle masse contadine. A quei tempi i cadetti non
solo non concepivano l’esistenza di un antagonismo tra il democratismo
dei contadini e il liberalismo borghese, ma addirittura temevano l’ar-
retratezza dei contadini e desideravano una sola cosa: che la Duma
contribuisse .a trasformare il contadino conservatore o indifferente in
contadino liberale. Nella primavera del 1906 il signor Struve aveva
espresso un auspicio arrischiato quando scriveva: « Il contadino alla
Duma sarà cadetto ». Nell’estate di quest’anno lo stesso signor Struve
ha innalzato la bandiera della lotta contro i partiti del lavoro, o di sini-
stra, principale ostacolo all’attuazione di un compromesso tra il libera-
lismo borghese e l’autocrazia. Nel corso di un anno e mezzo alla pa-
rola d’ordine della lotta per l’istruzione politica dei contadini è suben-
trata, tra i liberali, la parola d’ordine della lotta contro il contadino
« troppo » istruito politicamente ed esigente!
Questo mutamento di parole d’ordine esprime quanto mai chia-
ramente la completa bancarotta del liberalismo nella rivoluzione russa,
RIVOLUZIONE E CONTRORIVOLUZIONE
105
L’antagonismo di classe tra la massa della popolazione rurale democra-
tica e i grandi proprietari fondiari fautori della servitù della gleba è ri-
sultato immensamente piu profondo di quanto non s’immaginavano i
codardi e ottusi cadetti. Ecco perché è fallito cosi rapidamente e cosi
irrevocabilmente il loro tentativo di assumere l’egemonia nella lotta
per la democrazia. Ecco perché è naufragata tutta la loro « linea »:
riconciliare la massa democratica piccolo-borghese del popolo coi gran-
di proprietari fondiari ottobristi e centoneri. Una grande conquista, sia
pure negativa, del periodo controrivoluzionario delle due Dume consi-
ste in questa bancarotta dei traditori « combattenti » per la « libertà
del popolo ». La lotta di classe che si svolge alla base ha gettato a mare
questi .eroi dell’anticamera ministeriale e li ha trasformati da preten-
denti alla direzione in semplici lacchè delVottobrismo lievemente tinti
di vernice costituzionale.
Chi ancora non vede questa bancarotta dei liberali, che hanno spe-
rimentato nella pratica la loro idoneità di combattenti per la democrazia,
o almeno di combattenti nei ranghi della democrazia, non ha capito
assolutamente nulla della storia politica delle due Dume, La sciocca
ripetizione della formula imparata a memoria dell’ appoggio alla demo-
crazia borghese si trasforma, in simili persone, in piagnisteo controri-
voluzionario» I socialdemocratici non devono rammaricarsi del crollo
delle illusioni costituzionali. Essi devono dire, come diceva Marx a pro-
posito della controrivoluzione in Germania: il vantaggio per il popolo
è di aver perduta le sue illusioni 5S , La democrazia borghese in Russia
ha avuto il vantaggio di perdere i capi inetti e i fiacchi alleati. Tanto
meglio per lo sviluppo politico di questa democrazia.
Al partito del proletariato non resta che preoccuparsi a che i ricchi
insegnamenti politici della nostra rivoluzione e controrivoluzione* siano
ponderati pid a fondo e piu saldamente assimilati dalle larghe masse.
Il periodo dell’assalto contro l’autocrazia dispiegò le forze del proleta-
riato e insegnò a quest’ultimo le basi della tattica rivoluzionaria, mostrò
quali condizioni rendono possibile il successo della lotta diretta delle
masse, che sola è in grado di conquistare miglioramenti di una qualche
importanza. Un lungo periodo di preparazione delle forze del proleta-
riato, di educazione e organizzazione di quest’ultimo aveva preceduto
le azioni delle centinaia di migliaia di operai che infersero colpi mor-
tali alla vecchia autocrazia in Russia. Un lungo, oscuro lavoro di dire-
106
LENIN
zione di tutte le manifestazioni della lotta di classe del proletariato, il
lavoro volto a dar vita a un partito saldo e disciplinato aveva preceduto
lo scoppio della lotta veramente di massa e assicurato le condizioni
per trasformare questo scoppio in rivoluzione. Ed oggi il proletariato,
combattente d'avanguardia del popolo, deve rinsaldare la propria orga-
nizzazione, raschiarsi di dosso la muffa di opportunismo da intellettuali,
rendere coese le proprie forze per uno stesso lavoro disciplinato e te-
nace. I problemi posti alla rivoluzione russa dal corso della storia e
dalla situazione oggettiva delle larghe masse non sono stati risolti. Gli
elementi di una crisi politica nuova, generale, non solo non sono stati
eliminati, ma, al contrario, si sono ancora accentuati ed estesi. L'insor-
gere di questa crisi porrà nuovamente il proletariato alla testa del mo-
vimento generale del popolo. Il partito operaio socialdemocratico de-
v'essere preparato a questa funzione. E sul terreno fertilizzato dagli
avvenimenti degli anni 1905 e seguenti la semina darà un raccolto
dieci volte migliore. Se, seguendo un partito di alcune migliaia di co-
scienti elementi d'avanguardia della classe operaia, si sollevò, alla fine
del 1905, un milione di proletari, oggi il nostro partito, che conta de-
cine di migliaia di socialdemocratici esperti nella rivoluzione e che si
sono nella lotta stessa più strettamente legati alla massa degli operai,
se ne condurrà dietro decine di milioni e sconfiggerà il nemico.
Sotto l'influenza degli avvenimenti rivoluzionari i compiti sia so-
cialisti che democratici del movimento operaio in Russia si sono deter-
minati in maniera incomparabilmente più recisa, sono balzati in primo
piano con più insistenza. La lotta contro la borghesia si eleva ad un
grado superiore. I capitalisti si stringono in associazioni panrusse, si
uniscono più strettamente al governo, mettono più frequentemente in
opera i mezzi più estremi di lotta economica, giungendo persino a ser-
rate in massa per « domare » il proletariato. Ma le persecuzioni incu-
tono paura solo alle classi che hanno fatto il loro tempo, mentre il pro-
letariato aumenta di numero e di coesione tanto più rapidamente quanto
più rapidi sono i successi dei signori capitalisti. Lo sviluppo economico
e della Russia e di tutto il mondo è garanzia dell'invincibilità del pro-
letariato. Nella nostra rivoluzione la borghesia ha cominciato per la
prima volta a costituirsi in classe, in una forza politica unita e coscien-
te. Con tanto maggior successo procederà in tutta la Russia anche l'or-
ganizzazione degli operai in una classe unita, tanto più profondo sarà
RIVOLUZIONE E CONTRORIVOLUZIONE
107
['abisso tra il mondo del capitale e il mondo del lavoro, tanto piu
chiara sarà la coscienza socialista degli operai. L'agitazione socialista in
seno al proletariato diverrà meglio determinata, essendosi arricchita
delle esperienze della rivoluzione. L organizzazione politica della bor-
ghesia è il migliore impulso alla definitiva costituzione del partito ope-
raio socialista.
I compiti di questo partito nella lotta per la democrazia possono
d’ora in poi suscitare discussioni solo tra gli intellettuali « simpatizzan-
ti » che si preparano a passare ai liberali. Per la massa degli operai
questi compiti sono diventati tangibilmente chiari nel fuoco della ri-
voluzione. Che la base, l’unica base della democrazia borghese, come
forza storica in Russa, è la massa contadina il proletariato lo sa per
esperienza. La funzione di capo di questa massa nella lotta contro i
grandi proprietari fondiari fautori della servitù della gleba e contro
l’autocrazia zarista è stata già assolta dal proletariato su scala nazio-
nale, e nessuna forza distoglierà oggi il partito operaio dalla retta via.
La funzione del partito liberale dei cadetti, che sotto il manto della de-
mocrazia cercava di portare le masse contadine sotto l’ala deirottobri-
smo, è fallita e la socialdemocrazia, nonostante i piagnoni solitari, con-
tinuerà la sua opera spiegando alle masse questa bancarotta dei liberali,
spiegando che la democrazia borghese non può adempiere l’opera sua
senza respingere definitivamente l’alleanza coi lacchè dell’ottobrismo.
Nessuno potrà dire oggi quale sarà la sorte futura della democrazia
borghese in Russia. È possibile che in seguito alla bancarotta dei ca-
detti si costituisca un partito democratico contadino, un autentico par-
tito di massa, e non un’organizzazione di terroristi, quali sono rimasti
i socialisti-rivoluzionari. È altresì possibile che le difficoltà oggettive
della coesione politica della piccola borghesia non consentano che si
costituisca un tale partito e lascino per molto tempo la democrazia con-
tadina nell’odierno stato di massa trudovika fiacca, non organizzata,
gelatinosa. Sia neli’uno che nell’altro caso, la nostra linea è una sola:
forgiare le forze democratiche mediante una critica implacabile di qual-
siasi tentennamento e una lotta accanita contro l’unione della democra-
zia al liberalismo, che ha dimostrato il suo spirito controrivoluzionario.
Quanto piu la reazione avanzerà, tanto piu infurierà il grande pro-
prietario fondiario centonero e subordinerà a sé l’autocrazia, tanto piu
lentamente procederà lo sviluppo economico della Russia e la sua li*
10S
LENIN
berazione dalle sopravvivenze della servitù della gleba. E questo si-
gnifica che tanto più vigorosamente e profondamente si svilupperà il
democratismo cosciente e combattivo nelle masse della piccola borghe-
sia urbana e rurale, tanto più forte sarà Popposizione delle masse alle
carestie, alle violenze e agli oltraggi ai quali gli ottobristi condannano
la massa contadina. Quando sopraggiungerà Pinevitabile ascesa della
lotta democratica la socialdemocrazia si adopererà per impedire che la
cricca dei carrieristi liberali denominata partito cadetto possa anco-
ra una volta dividere le file della democrazia e seminare la zizzania nel-
le sue file. O col popolo, o contro il popolo: questa L alternativa che
già da tempo la socialdemocrazia ha posto a ogni sorta di pretendenti
alla funzione di capi «' democratici » nella rivoluzione. Finora non tutti
i socialdemocratici hanno saputo attenersi coerentemente a questa li-
nea; certuni hanno ceduto essi stessi alle promesse dei liberali, certuni
hanno chiuso gli occhi di fronte agli intrighi amorosi tra questi liberali
e la controrivoluzione. Oggi noi siamo già illuminati dalPesperienza
delle prime Duine.
La rivoluzione ha insegnato al proletariato la lotta di massa, gli
ha dimostrato che può trascinare dietro a sé le masse contadine nella
lotta per la democrazia. La rivoluzione ha unito più strettamente il
partito puramente proletario, espellendo dal suo seno gli elementi pic-
colo-borghesi. La controrivoluzione ha distolto la democrazia piccolo-
borghese dal tentativo di cercarsi capi e alleati nel liberalismo, che te-
me la lotta di massa più del fuoco. Facendoci forti di queste lezioni
che gli avvenimenti ci hanno impartito, possiamo arditamente dire ri-
volgendoci al governo dei grandi proprietari fondiari centoneri: conti-
nuate nello stesso spirito, signori Stolypin! Noi raccoglieremo i frutti
di ciò che seminate!
'Proletari , n, 17,
20 ottobre 1907.
LA TERZA DUMA 88
Il governo realizza i risultati dell’infame delitto contro il popolo
da esso consumato il 3 giugno: la mostruosa legge elettorale, che al-
tera completamente la volontà non solo di tutto il popolo, ma persino
della minoranza che gode dei diritti elettorali, a vantaggio di un pugno
di grandi proprietari fondiari e di capitalisti, ha dato allo zarismo i
frutti desiderati. Dei 442 deputati che devono essere eletti alla Duma,
nel momento in cui viene scritto il presente articolo ne sono stati elet-
ti 432; ne devono essere eletti ancora 10, per cui i risultati generali
delle elezioni si sono già sufficientemente precisati. In base a un cal-
colo approssimativamente esatto risulta che i socialdemocratici eletti
sono 18; gli appartenenti alle altre sinistre, 13; i cadetti, 46; i mem-
bri di gruppi ad essi vicini, 55; gli ottobristi, 92; i membri di gruppi
ad essi appartenenti per orientamento, 21;. ogni sorta di destre 171,
ivi compresi 32 membri delPUnione del popolo russo; i senza par-
tito 16.
In tal modo, se non si tiene conto dell’esiguo numero dei senza
partito, tutti gli altri deputati si possono dividere in quattro gruppi:
l’estrema sinistra costituisce complessivamente un po’ piu del 7 per
cento; il centro-sinistra (cadetto), il 23 per cento; il centro-destra (ot-
tobrista), il 25,1 per cento e la destra, il 40 per cento; i senza partito
costituiscono un po’ meno del 4 per cento.
Preso a sé, nessuno di questi gruppi ha una maggioranza asso-
luta. È un simile risultato pienamente corrispondente ai desideri e alle
aspettative degli ispiratori e compilatori della nuova legge elettorale?
Crediamo che a questa domanda si debba rispondere positivamente e
che il nuovo « parlamento » russo sia, per i gruppi dirigenti che sosten-
110
LENIN
gono lo zarismo autocratico, una chambre introuvable *, nel senso pie-
no della parola.
Il fatto è che da noi, come in ogni paese a regime autocratico o
semiautocratico, esistono propriamente due governi: uno ufficiale, il
gabinetto dei ministri, e l’altro dietro le quinte, la camarilla di Corte.
Quest’ultima poggia sempre e dovunque sugli strati piu reazionari del-
la società, sulla nobiltà feudale — centonera, secondo il nostro modo
di esprimerci — , la quale attinge la sua forza economica dalla grande
proprietà terriera e dall’azienda semiservile ad essa legata. Effeminato,
corrotto, degenerato, questo gruppo sociale è un chiaro esempio del più
abbietto parassitismo. Fino a che grado giunga la sua degenerazione è
dimostrato dal processo scandalistico Moltke-Harden di Berlino, che
ha portato alla luce del sole quella lurida cloaca, l’influente camarilla
della Corte del semiautocratico imperatore tedesco Guglielmo II. Non
è un segreto per nessuno che anche da noi in Russia nei circoli corri-
spondenti simili ignominie non costituiscono un’eccezione. Nella III
Duma l’enorme massa dei « destri » difenderà, almeno nella sua schiac-
ciante maggioranza se non nella sua totalità, appunto gli interessi di
questa muffa e ruggine sociale, di questi « sepolcri imbiancati » la-
sciatici in eredità da un tenebroso passato. Il perdurare dell’azienda
fondata sulla servitù della gleba, dei privilegi nobiliari e di un regime
nobiliare-autocratico è una questione di vita e di morte per questi ma-
stodonti ed ittiosauri, giacché « bisonti » è per loro un appellativo
troppo onorifico.
I mastodonti e gli ittiosauri si adoperano abitualmente con tutte le
forze per assoggettare al loro pieno ed illimitato dominio anche il go-
gerno ufficiale, giovandosi della loro onnipotenza a Corte. Abitual-
mente il gabinetto è appunto composto, per una parte considerevole,
di loro creature. Tuttavia accade che la maggioranza del ministero non
corrisponda completamente, per la sua composizione, alle richieste del-
la camarilla. Al predone antidiluviano, quello dell'epoca della servitù
della gleba, fa concorrenza in questo caso il predone delTepoca dell’ac-
cumulazione originaria, anche lui rozzo, avido, parassita, ma con una
certa vernice di civiltà e — ciò che più importa — col desiderio di
impadronirsi anche lui di una buona fetta della torta erariale sotto
* Tale che non se ne potrebbe trovare una migliore: cosi Luigi XVIII chiamò
nel 1815 la camera francese dei deputati centoneri.
LA TERZA DUMA
111
forma di garanzie, sussidi, concessioni, tariffe protettive, ecc. Questo
strato della borghesia terriera e industriale, tipica dell’epoca dell’accu-
mutazione originaria, trova la propria espressione neH’ottobrismo e
nelle correnti che lo fiancheggiano. Esso ha molti interessi in comune
coi centoneri sans phrases : il parassitismo economico e i privilegi, il
patriottismo di campanile sono necessari sia dal punto di vista otto-
brista che da quello centonero.
Così si forma una maggioranza ottobrista-centonera alla III Duma:
essa raggiunge la cifra imponente di 284 deputati su 432, cioè 11 65,7
per cento, piu dei due terzi del numero complessivo.
Questo è il baluardo che assicura al governo la possibilità di aiu-
tare, nella politica agraria, i grandi proprietari rovinati a liquidare van-
taggiosamente le loro terre spogliando ad un tempo sino all’osso i con-
tadini con poca terra, di fare della legislazione operaia uno strumento
del più brutale sfruttamento del proletariato da parte del capitale, di
assicurare, nella politica finanziaria, il mantenimento del principale
peso delle imposte sulle spalle delle masse popolari. Questo è il baluar-
do del protezionismo e del militarismo. Il carattere controrivoluzionario
della maggioranza centonero-ottobrista non viene contestato da nes-
suno.
Ma il fatto è che questa non è l’unica maggioranza che esiste alla
III Duma. C’è ancora un’altra maggioranza.
I centoneri sono i fedeli alleati degli ottobristi, cosi come la ca-
marilla di Corte è l’alleata del gabinetto dei ministri nell’opera di sal-
vaguardia dello zarismo. Ma come la camarilla di Corte manifesta una
organica inclinazione non tanto all’alleanza col gabinetto dei ministri
quanto al dominio su di esso, così anche i centoneri vogliono eserci-
tare la loro dittatura sugli ottobristi, li comandano a bacchetta, aspi-
rano a sottoporseli.
Gli interessi del capitalismo, anche se quest’ultimo è brutalmente
predone e parassitario, non si conciliano con l’illimitato dominio della
proprietà terriera basata sulla servitù della gleba. Questi due gruppi so-
ciali, tra loro apparentati, aspirano entrambi ad appropriarsi un pezzo
di torta un po’ piu grande e piu grasso; di qui il loro inevitabile dis-
senso nelle questioni dell’autoamministrazione locale e dell’organizza-
zione centrale del potere statale. Per i centoneri, nello zemstvo e nella
Duma urbana non è necessario niente più di quello che c’è, e al
112
LENIN
centro: « Abbasso la Costituzione ». Gli ottobristi, sia nello zemstvo
che nella Duma, vogliono rafforzare la loro influenza > e per essi al
centro è necessaria una « Costituzione », sia pure molto monca, fit-
tizia, per le masse.
Non a caso il Russkoie Znamia ingiuria gli ■« ottobristi », mentre il
Golos Moskvy , a sua volta, trova che alla III Duma di destri ce ne
sono più del necessario.
E il corso oggettivo delle cose costringe gli ottobristi a cercarsi,
sotto questo rapporto, degli alleati. Li avrebbero potuti trovare da
molto tempo nel centro-sinistra (cadetto), che già da molto tempo pro-
dama la sua sincera fedeltà alla Costituzione, ma il fatto è che la gio-
vane borghesia russa dell’epoca delP accumulazione capitalistica, rap-
presentata oggi dai cadetti, ha conservato dal passato degli amiri molto
scomodi e alcune tradizioni spiacevoli. Nella sfera politica, del resto, è
stato facile abbandonare le tradizioni: i cadetti si sono dichiarati mo-
narchici da gran tempo, ancor prima della I Duma; hanno tacitamente
rinunciato al ministero responsabile nella II Duma; i loro progetti sul-
le varie « libertà » contengono in sé tanti ostacoli, sbarramenti di filo
spinato e bocche di lupo contro queste stesse libertà che ci sono fon-
dati motivi di sperare in un successivo progresso in questa direzione.
Verso Pinsurrezione e lo sciopero i cadetti avevano assunto un atteg-
giamento di rimprovero anche in precedenza, dapprima amorevole, .ppi
malinconico; dopo il dicembre 1905 il rimprovero si è trasformato per
metà in disprezzo, e dopo lo scioglimento della I Duma in recisa
negazione e riprovazione. Diplomazia, transazione, mercanteggiamento
coi detentori del potere: ecco la base della tattica cadetta. E quanto agli
amici scomodi, già da lungo tempo venivano chiamati semplicemente
« vicini », mentre di recente sono stati pubblicamente dichiarati « ne-
mici ».
È dunque possibile mettersi d’accordo, ed ecco la nuova maggio-
ranza, ancora una volta controrivoluzionaria: quella cadetto-ottobrista.
A dire il vero, è per il momento un po’ inferiore alla metà del numero
dei deputati eletti — 214 su 432 — , ma, in primo luogo, vi aderiran-
no, senza dubbio, se non tutti i senza partito, almeno una parte di essi,
e, in secondo luogo, ci sono tutti i dati per supporre che aumenterà
con le successive elezioni, giacché le città e gran parte delle assemblee
elettorali di governatorato nelle quali le elezioni non si sono ancora
LA TERZA DUMA
113
fatte daranno una schiacciante maggioranza o agli ottobristi, o ai ca-
detti.
Il governo si ritiene padrone della situazione. La borghesia libera-
le, a quanto pare, lo riconosce come una realtà. In tali condizioni la
transazione deve recare, piu di quanto non sia mai avvenuto in passato,
il suggello dèi compromesso piu volgare e proditòrio, e piu precisa-
mente quello della cèssione di tutte le posizioni del liberalismo che
abbiano una qualche parvenza di democrazia. È chiaro che mediante
una simile transazione, senza un nuovo movimento di massa non può
essere attuata la minima organizzazione democratica delPamministra-
zione locale e degli organismi legislativi centrali. La maggioranza ca-
detto-ottobrista non è in grado di darcela. Ma ci si può forse attendere
da una maggioranza ottobrista-centonera, da barbari proprietari fon-
diari alleati a capitalisti predoni, una decisione in qualche modo tolle-
rabile della questione agraria e un alleviamento della situazione degli
operai? In risposta a questa domanda non si può che ridere di un riso
amaro.
La situazione è chiara: la nostra chambre introuvable non è in
grado di assolvere , sia pure nel modo più difettoso, i compiti oggettivi
della rivoluzione. Essa non può sanare, sia pure in parte, le laceranti
ferite *che il vecchio regime ha infetto alla Russia; può solo coprirle
con delle riforme meschine, misere, fittizie.
I risultati delle elezioni confermano una volta di piu la nostra fer-
ma convinzione: la Russia non può uscire per via pacifica dalla crisi
che sta attraversando.
In tali condizioni sono perfettamente chiari i compiti che nel mo-
mento attuale si pongono con urgenza all’ordine del giorno davanti alla
socialdemocrazia. Prefiggendosi come scopo finale il trionfo del socia-
lismo, essendo convinta che per il raggiungimento di questo scopo è ne-
cessaria la libertà politica, e avendo presente la circostanza che attual-
mente è impossibile attuare questa libertà per via pacifica, senza azioni
di massa aperte, la socialdemocrazia ha oggi il dovere di porre immedia-
tamente aH’ordine del giorno, come per il passato, i compiti democratici
e rivoluzionari, senza rinunciare per un solo istante, naturalmente, né
alla propaganda del socialismo, né alla difesa degli interessi di classe
proletari nel senso stretto del termine. Essendo la rappresentante della
classe più avanzata, più rivoluzionaria della società moderna — il prò-
114
LENIN
letariato, che effettivamente dimostrato nella rivoluzione russa la
sua capacità di adempiere la funzione di capo nella lotta di massa — ,
la socialdemocrazia ha il dovere di contribuire con tutti i mezzi a che
questa funzione resti al proletariato anche nella nuova fase della lotta
rivoluzionaria che sta incominciando, una fase che è caratterizzata, as-
sai più che per il passato, dal prevalere della coscienza sulla sponta-
neità. La socialdemocrazia ha quindi il dovere di tendere con tutte le
forze all'egemonia sulle masse democratiche e allo sviluppo dell'energia
rivoluzionaria in queste masse.
Una simile tendenza porta il partito del proletariato a un aspro
conflitto con le altre organizzazioni politiche, per le quali, come det-
tano gli interessi dei gruppi che esse rappresentano, la rivoluzione de-
mocratica è invisa e pericolosa non solo in sé e per sé, ma è anche, par-
ticolarmente per Pegemonia che vi esercita il proletariato, gravida del
pericolo socialista.
È perfettamente chiaro e non v'ha alcun dubbio che le due mag-
gioranze della Duma — Pottobrista-centonera e la cadetto-ottobrista — ,
appoggiandosi alternativamente alle quali il governo di Stolypin inten-
de stare in equilibrio, saranno, ciascuna a modo suo — in questioni di-
verse — , controrivoluzionarie. Di una lotta dell'una o dell'altra mag-
gioranza o persino di loro singoli elementi contro il ministero — di una
lotta più o meno sistematica e pianificata — non è neanche il caso di
parlare. Sono possibili soltanto conflitti singoli, temporanei. Simili
conflitti sono possibili innanzi tutto tra l'elemento centonero della
prima maggioranza e il governo. Ma non bisogna dimenticare che non
possono essere piu o meno profonde, e il governo, senza abbandonare
in alcun modo il terreno controrivoluzionario, può del tutto agevol-
mente, facilmente uscirne vittorioso appoggiandosi sull'altra maggio-
ranza. La socialdemocrazia rivoluzionaria e, assieme ad essa, tutti gli
altri elementi della III Duma orientati in senso rivoluzionario non
possono, per quanto lo desiderino, utilizzare questi conflitti nell'inte-
resse della rivoluzione se non per puri scopi di agitazione; di un « ap-
poggio » a una qualunque delle parti in contrasto non è qui neanche il
caso di parlare, giacché un simile appoggio sarebbe esso stesso un atto
controrivoluzionario.
Si potranno, forse, un po’ più e meglio utilizzare i possibili con-
flitti tra i singoli elementi della seconda maggioranza, tra i cadetti da
LA TERZA DUMA
115
una parte e gli ottobristi e il governo dell'altra. Ma anche qui la situa-
zione è tale che, non solo grazie ai sentimenti e ai propositi soggettivi,
ma anche per le condizioni oggettive, i conflitti saranno e poco pro-
fondi e passeggeri, saranno soltanto il mezzo che agevolerà ai maneg-
gioni politici la conclusione di una transazione a condizioni esterior-
mente più decorose, ma nella sostanza in contrasto con gli interessi
della democrazia. La socialdemocrazia deve , quindi, pur non rinuncian-
do ad utilizzare anche simili conflitti poco profondi e non frequenti,
lottare instancabilmente per gli obiettivi democratici e rivoluzionari non
solo contro il governo, i centoneri e gli ottobristi, ma anche contro i
Cadetti .
Questi gli scopi fondamentali che la socialdemocrazia deve porsi
nella III Duma. È del tutto evidente che questi scopi sono gli stessi
che stavano davanti al partito del proletariato alla II Duma. Essi furono
formulati con tutta chiarezza nel primo punto della risoluzione del
congresso di Londra sulla Duma. Questo punto dice: « I compiti diret-
tamente politici della socialdemocrazia alla Duma sono: a) spiegare al
popolo che la Duma non serve affatto come mezzo per attuare le riven-
dicazioni del proletariato e della piccola borghesia rivoluzionaria, e parti-
colarmente della popolazione contadina; b) spiegare al popolo l’impos-
sibilità di attuare la libertà politica per via parlamentare finché il potere
reale -resta nelle mani del governo dello zar e spiegare rineluttabilità
della lotta aperta delle masse popolari contro la forza armata dell'assolu-
tismo, lotta che ha lo scopo di assicurare la vittoria completa: passaggio
del potere nelle mani delle masse popolari e convocazione di un'Assem-
blea costituente sulla base del suffraggio universale, uguale, diretto e
segreto ».
In questa risoluzione, e particolarmente nelle sue ultime parole, è
stato formulato il più importante compito specifico dell'attività della
socialdemocrazia alla III Duma, compito che i deputati socialdemocratici
dovranno assolvere unitamente alla denuncia di tutta la turpitudine del
delitto del 3 giugno. Essi dovranno denunciare questo delitto, natural-
mente non dal punto di vista liberale della violazione formale della
Costituzione, ma come sfrontata e brutale violazione degli interessi delle
larghe masse popolari, come sfacciata e scandalosa falsificazione della
rappresentanza popolare. Di qui scaturisce appunto che si deve spiegare
alle larghe masse popolari che la terza Duma non corrisponde affatto
116
LENIN
agli interessi e alle esigenze del popolo e, in connessione con ciò, si deve
fare una vasta ed energica propaganda delVidea di un'Assemblea costi-
tuente sovrana, fondata sul suffragio universale, diretto, uguale e
segreto .
La stessa risoluzione di Londra definisce in modo molto chiaro il
carattere deirattività del partito socialdemocratico alla Duma con le
seguenti espressioni: « dev’essere posta in primo piano la funzione
critica, propagandistica, agitatoria e organizzativa del gruppo socialde-
mocratico alla Duma »; « il carattere generale della lotta alla Duma deve
essere subordinato a tutta la lotta del proletariato fuori della Duma;
è inoltre particolarmente importante utilizzare la lotta economica di
massa e farne gli interessi ». È perfettamente chiaro in quale stretta,
indissolubile connessione si trovi un simile carattere deirattività alla
Duma con gli scopi che, come è stato indicato sopra, deve porsi la
socialdemocrazia alla Duma nel momento attuale. Una pacifica attività
legislativa dei socialdemocratici alla III Duma, in condizioni che ren-
dono sommamente probabili movimenti di massa, sarebbe non soltanto
inutile, non soltanto un ridicolo donchisciottismo, ma anche un aperto
tradimento degli interessi del proletariato. Essa porterebbe inevita-
bilmente la socialdemocrazia ad uno « svilimento delle sue parole d’or-
dine,, che potrebbe soltanto screditare la socialdemocrazia agli occhi
delle masse e allontanarla dalla lotta rivoluzionaria del proletariato »
Delitto piu grande i rappresentanti del proletariato alia Duma non
potrebbero commettere.
L’attività critica della socialdemocrazia dev’essere sviluppata in
tutta la sua ampiezza e accentuata al massimo grado, tanto piu che alla
III Duma il materiale per quest’attività sarà straordinariamente abbon-
dante. I socialdemocratici alla Duma hanno il dovere di smascherare
sino in fondo il sostrato di classe delle misure e proposte sia gover-
native che liberali che verranno fatte passare alla Duma; inoltre, in pieno
accordo con la risoluzione del congresso, una particolare attenzione
dev’essere rivolta a quelle che concernono gli interessi economici di
grandi masse popolari, fra le quali le questioni operaia e agraria, la
questione del bilancio, ecc, In tutte queste questioni la socialdemo-
crazia ha il dovere di contrapporre ai punti di vista governativo e libe-
rale le proprie rivendicazioni socialiste e democratiche; queste questioni
sono il nervo piu sensibile della vita popolare e nello stesso tempo il
LA TERZA DUMA
117
punto piu nevralgico del governo e dei gruppi sociali sui quali poggiano
le due maggioranze della Duma,
Tutti questi compiti di agitazione, di propaganda e di organizza-
zione saranno assolti dai deputati socialdemocratici, oltre che coi loro
discorsi dalla tribuna della Duma, anche con la presentazione di progetti
di legge e con interpellanze al governo. Ma qui c’è un’importante diffi-
coltà: per presentare un progetto di legge o un’interpellanza occorre
la firma di non meno di trenta deputati.
Alla III Duma non ci sono e non ci saranno trenta socialdemo-
cratici. Questo è indubbio. Dunque, la socialdemocrazia da sola , senza
l’appoggio di altri gruppi, non potrà presentare né progetti di legge né
interpellanze. Senza dubbio ciò ostacola e complica notevolmente la cosa.
Si tratta, naturalmente, di progetti di legge e interpellanze di
carattere conseguentemente democratico. Può la socialdemocrazia con-
tare, sotto questo rapporto, sull’appoggio del partito democratico costi-
tuzionale? No di certo. Forse che i cadetti, già sin d’ora pronti a un
compromesso da nulla dissimulato e a condizioni tali che delle loro
rivendicazioni programmatiche, per quanto monche siano anche senza
di ciò e ridotte al minimo da varie riserve ed eccezioni, non resterà
nulla, forse che i cadetti si decideranno ad irritare il governo con inter-
pellanze democratiche? Noi tutti ricordiamo che già alla II Duma i
discorsi degli oratori cadetti che intervenivano per interpellanze erano
notevolmente scoloriti e talvolta si tramutavano per metà in balbetta-
menti infantili, per metà in garbate e persino rispettose domande accom-
pagnate da mezzi inchini. Ed oggi, quando la « capacità lavorativa »
della Duma per intrecciare le reti che imprigionano il popolo è più
vigorosa e sicura, talché queste reti si sono trasformate in catene —
la cosa è sulle labbra di tutti —, le loro eccellenze i signori ministri
possono dormire sonni tranquilli: raramente saranno disturbati dai ca-
detti — ci mancherebbe altro, legiferare bisogna — , e se lo faranno, ciò
avverrà osservando tutte le regole della cortesia. Non per nulla Miliukov,
nelle assemblee elettorali, promette di « aver cura della fiammella ».
Ma è forse il solo Miliukov a farlo? Che cosa significa l’incondizionata
negazione di Dan della parola d’ordine « Abbasso la Duma »? Non è Io
stesso aver cura della « fiammella »? E non è orientandosi verso quella
stessa « cortesia » che Plekhanov consiglia alla socialdemocrazia di con-
118
LENIN
cedere il suo « appoggio alla borghesia liberale », la cui « lotta » non si
riduce ad altro che a riverenze e profondi inchini?
Non è neanche il caso di parlare di un’adesione dei cadetti alle
proposte legislative dei socialdemocratici; questi progetti di legge si
distingueranno infatti per un carattere agitatorio chiaramente manifesto,
esprimeranno in tutta la loro pienezza rivendicazioni conseguentemente
democratiche, e questo, naturalmente, susciterà nell’ambiente cadetto
non meno irritazione che in quello ottobrista e persino centonero.
Anche sotto questo rapporto sui cadetti non bisogna contare.
Quando presenterà interpellanze e progetti di legge la socialdemocrazia
potrà contare solo suirappoggio dei gruppi più a sinistra dei cadetti.
A quanto pare, essi, assieme alla socialdemocrazia, arrivano complessi-
vamente a 30 deputati, e quindi si schiude la piena possibilità tecnica
di prendere Piniziativa a questo riguardo. Si tratta, beninteso, non di
un blocco, ma di quelle « azioni comuni » che, secondo le parole della
risoluzione del congresso di Londra, « devono escludere ogni possibilità
di qualsivoglia deroga al programma e alla tattica socialdemocratica, ser-
vendo soltanto agli scopi dell’attacco comune sia contro la reazione che
contro la tattica traditrice della borghesia liberale ».
Proletari , n. 18,
29 ottobre 1907.
UN ARTICOLO DI PLEKHANOV 57
Nel suo articolo sul Tovaristc del 20 ottobre PJekhanov continua
la sua campagna di menzogne e di irrisione alla disciplina del partito
socialdemocratico. Ecco alcuni esempi di queste menzogne: «Il Tovaristc
era» com’è noto» Porgano del blocco di sinistra », replica Plekhanov
all’accusa di essere divenuto collaboratore permanente dei signori Pro-
kopovic» Kuskova e soci. È una menzogna. In primo luogo il Tovaristc
non è mai stato il giornale del blocco di sinistra. Il blocco di sinistra
non poteva avere un organo di stampa comune. In secondo luogo, i
bolscevichi non hanno mai condotta nessuna campagna politica sul
Tovaristc , non sono mai scesi in campo contro altri membri del partito
socialdemocratico su tale giornale. In terzo luogo, i bolscevichi, dando
vita al blocco di sinistra, scissero il Tovaristc , cacciandone (per la verità
solo per una settimana) coloro che erano per i cadetti, mentre Plekhanov
vuol trascinare al servilismo verso i cadetti sia il proletariato che la
democrazia piccolo-borghese. I bolscevichi, pur non collaborando al
Tovaristc, P avevano spostato a sinistra. Plekhanov vi collabora e lo tra-
scina a destra. Non c’è che dire, è bene azzeccato il suo richiamo al
blocco di sinistra!
Eludendo cosi il fatto che gli si aprono le porte di un giornale
borghese per scrivere cose gradite alla borghesia, Plekhanov procura
ancor piu soddisfazione ai liberali irridendo alla disciplina del partito
operaio. Io non sono in dovere di obbedire — egli esclama — se si
esige da me il tradimento dei principi!
Questa è una volgare frase anarchica, onorevolissimo amico, giacché
è il Comitato centrale a salvaguardare tra un congresso e l’altro i
principi del partito e ad interpretarli. Voi siete in diritto di rifiutare
120
LENIN
l’obbedienza, se il CC viola la volontà del congresso, lo statuto del par-
tito, ecc. Ma nel caso in questione non c’è stato nessuno che abbia
anche solo tentato di affermare che il CC abbia violato la volontà del
congresso con le sue direttive sulle elezioni. Con la sua frase sul « tradi-
mento dei principi » Plekhanov dunque dissimula semplicemente il
tradimento da lui consumato ai danni del partito .
Infine egli vuole punzecchiare il Comitato di Pietroburgo: per le
elezioni alla II Duma, dice, anch’esso non obbedì al Comitato centrale.
In primo luogo, risponderemo noi, il Comitato di Pietroburgo si rifiutò
di sottomettersi airimposizione di dividere l’organizzazione, cioè respinse
un’interferenza nella propria autonomia, garantita dallo statuto del
partito. In secondo luogo, per le elezioni alla II Duma i menscevichi
scissero l’organizzazione: su tale aspetto di quel conflitto Plekhanov tace
sul giornale borghese! Coi suoi argomenti egli dice una cosa sola: se
per le elezioni alla II Duma i menscevichi scissero la sezione di Pietro-
burgo del partito, vuol dire che oggi io sono in diritto di scindere tutto
il partito!! Tale è la logica di Plekhanov e tali sono i suoi atti. Se lo
ricordino bene tutti: Plekhanov semina la scissione. Egli ha soltanto
paura di chiamare le cose col loro nome.
Proletari, n. 18,
29 ottobre 1907
CONFERENZA DELL’ORGANIZZAZIONE DI PIETROBURGO
DEL POSDR 58
Dal resoconto giornalistico
I
Rapporto sulla III Duma
Il relatore ha innanzi tutto caratterizzato la composizione della
III Duma. Con un metodo meramente empirico il governo ha conge-
gnato la legge elettorale del 3 giugno in modo tale che alla Duma si sono
avute due possibili maggioranze : una centonero-ottobrista e una cadetto-
ottobrista 59 . Sia luna che l’altra sono indubbiamente controrivoluzio-
narie. Nella sua politica reazionaria, il governo si appoggerà ora sul-
Puna, ora sull'altra. Inoltre dissimulerà i suoi atti feudali e autocratici
con frasi su « riforme » sulla carta; I cadetti, poi, attuando di fatto la
proditoria politica della controrivoluzione, si spaieranno a parole come
il partito dell’opposizione veramente democratica.
Una transazione tra i cadetti e gli ottobristi alla Duma è inevita-
bile, e i primi passi verso di essa • — come dimostra il relatore con una
serie di citazioni dai giornali dei partiti cadetto e ottobrata, con una
serie di fatti tratti dalla vita di questi partiti e con le notizie avutesi
dall’ultimo congresso del partito Cadetto • — sono già stati compiuti.
La politica cadetta della transazione col vecchio regime si profila alla
III Duma con una chiarezza ancora maggiore che in passato, e circa
il suo vero carattere non resteranno dùbbi per nessuno.
Ma né la prima né la seconda maggioranza della Duma sono ogget-
tivamente in grado di soddisfare le urgenti rivendicazioni economiche
e politiche di masse più o meno ampie del proletariato, delle masse
contadine e della democrazia urbana. Interprete dei bisogni di questi
strati del popolo sarà, come in passato, innanzi tutto la socialdemocrazia.
122
LENIN
La composizione e l’attività della III Duma promettono di fornire alla
socialdemocrazia un abbondante ed eccellente materiale di agitazione, che
dev’essere utilizzato contro il governo centonero, i grandi proprietari
fondiari fautori dichiarati della servitù della gleba, gli ottobristi, non-
ché contro i cadetti. Compito della socialdemocrazia resta, come in
passato, quello di popolarizzare tra le più larghe masse del popolo l’idea
di un’Assemblea costituente popolare sulla base del suffragio univer-
sale ecc. Non è quindi neanche il caso di parlare di un appoggio agli
ottobristi « di sinistra » o ai cadetti alla Duma. I socialdemocratici, per
quanto poco numerosi siano alla III Duma, devono seguire una linea
socialista autonoma e conseguentemente democratica, servendosi della
tribuna della Duma, del diritto di presentare interpellanze, ecc. Alcuni
accordi sono ammissibili solo col gruppo dei deputati di sinistra (soprat-
tutto perché sono necessarie 30 firme per la presentazione di un’inter-
pellanza), ma solo accordi che non siano in contrasto col programma e
la tattica socialdemocratica. A questo fine si dovrà organizzare un
ufficio di informazione, che non vincoli nessuno, ma dia soltanto la
possibilità ai socialdemocratici di. influire sui deputati di sinistra.
Dalle file socialdemocratiche — ha notato in seguito Foratore —
si sentono già voci circa l’appoggio agli ottobristi « di sinistra » (per
le elezioni della presidenza, per esempio), l’organizzazione di un ufficio
di informazione coi cadetti e la cosiddetta « salvaguardia » del nostro
gruppo alla Duma. I discorsi che vengono fatti dai menscevichi circa
un appoggio agli ottobristi attestano in modo quanto mai evidente il
pieno fallimento della tattica menscevica. Ci fu tona Duma cadetta, e i
menscevichi gridarono che bisognava appoggiare i cadetti. Stolypin ha
modificato la legge elettorale in modo vantaggioso per gli ottobristi, e
subito i menscevichi sono pronti ad appoggiare gli ottobristi. Dove arri-
veranno alla fin fine proseguendo per questa strada?
Il relatore ritiene inammissibile l’ufficio di informazione coi cadetti,
giacché ciò significherebbe informare i propri nemici dichiarati.
A proposito della « salvaguardia » del gruppo il relatore ha detto:
il gruppo dev’essere effettivamente salvaguardato. Ma a quale scopo?
Solo affinché esso tenga alta alla Duma la bandiera della socialdemo-
crazia, solo affinché conduca alla Duma una lotta implacabile contro i
controrivoluzionari di tutte le specie e sfumature, a cominciare dagli
unionisti fino ai cadetti, e in nessun caso affinché appoggi gli ottobristi
CONFERENZA DELL’ORGANIZZAZIONE DI PIETROBURGO
123
« di sinistra » e i cadetti. Se per esistere dovesse appoggiare questi
gruppi, ossia appoggiare la transazione con l’autocrazia stolypiniana,
allora è meglio per il gruppo stesso troncare del tutto e con onore la
propria esistenza, dopo aver spiegato a tutto il popolo per quale motivo
è stato espulso dalla Duma, se quest’espulsione avrà luogo.
Nel suo discorso conclusivo Lenin si è principalmente soffermato
sull’errore fondamentale del menscevismo: l’idea di un’« opposizione
di tutta la nazione ». La borghesia russa non è mai stata rivoluzionaria
nel senso proprio della parola, e ciò per un motivo pienamente com-
prensibile: per la posizione che la classe operaia occupa in Russia e
per la funzione che essa ha nella rivoluzione. Dopo aver esaminato tutti
gli altri argomenti dei menscevichi, Lenin ha presentato la risoluzione
pubblicata nel n. 19 del Proletari.
Prole fari, n. 20,
19 novembre 1907
124
LENIN
II
Risoluzione sulla III Duma
Riconoscendo che il gruppo socialdemocratico alla III Duma ha
l’ obbligo di ispirarsi alla risoluzione del Congresso di Londra sulla
Duma, nonché a quella sui partiti non proletari, la Conferenza dei-
Torganizzazione di Pietroburgo del POSDR, per sviluppare ulterior-
mente queste risoluzioni, ritiene necessario dichiarare quanto segue:
1. Alla III Duma si sono già determinate due maggioranze: una
ottobrista-centonera e una cadetto-ottobrista. La prima è controrivolu-
zionaria e propugna soprattutto Paccentuazione delle repressioni e la
salvaguardia dei privilegi dei grandi proprietari fondiari, giungendo
sino a manifestare la sua aspirazione alla piena restaurazione dell'auto-
crazia. La seconda è anch'essa indubbiamente controrivoluzionaria, ma
è propensa a dissimulare la lotta contro la rivoluzione con alcune illu-
sorie « riforme » burocratiche.
2. Una simile situazione alla Duma favorisce straordinariamente
il doppio giuoco politico sia del governo che dei cadetti. Il governo
vuole, pur accentuando le repressioni e continuando a « conquistare »
la Russia con la forza militare, spacciarsi per fautore delle riforme
costituzionali. I cadetti vogliono, pur votando praticamente assieme
con gli ottobristi controrivoluzionari, spacciarsi per fautore delle riforme
ma anche per rappresentami della democrazia. In queste condizioni, sui
socialdemocratici ricade con particolare forza il compito di denunciare
spietatamente questo giuoco, di denunciare davanti al popolo tanto le
CONFERENZA BELL’ORGANIZZAZIONE DI PIETROBURGO
125
violenze dei grandi proprietari fondiari centoneri e del governo quanto
la natura controrivoluzionaria dei cadetti. Un appoggio diretto o indi-
retto ai cadetti (sia sotto forma di votazione per i cadetti di destra o
per gli ottobristi « di sinistra » per la presidenza, sia sotto forma di un
ufficio di informazione con la partecipazione dei cadetti, di coordina-
zione delle proprie azioni alla loro politica, ecc.) da parte dei socialde-
mocratici arrecherebbe oggi un vero pregiudizio alla causa dell’educa-
zione di classe delle masse operaie e alla causa della rivoluzione.
3. Pur propugnando, senza restringerli per nulla, i propri fini
socialisti e criticando da questo punto di vista tutti i partiti borghesi,
compresi i piu democratici e quelli « del lavoro », nella loro agitazione
i socialdemocratici devono porre in primo piano il compito di spiegare
alle larghe masse popolari che la III Duma non corrisponde affatto
agli interessi e alle esigenze del popolo e, in connessione con ciò, [svol-
gere] una vasta ed energica propaganda dell’idea di un’Assemblea costi-
tuente fondata sul suffragio universale, diretto, uguale e segreto.
4. Fra i compiti fondamentali della socialdemocrazia alla III
Duma vi è lo smascheramento — soprattutto quando si tratta di que-
stioni che toccano gli interessi economici di larghe masse popolari
(questioni operaia e agraria, bilancio, ecc.) — del sostrato di classe
delle proposte governative e liberali, tanto più che la composizione della
III. Duma promette un materiale straordinariamente abbondante per
il lavoro di agitazione dei socialdemocratici,
5. In particolare, la socialdemocrazia alla Duma deve utilizzare
il diritto di presentare interpellanze, per la qual cosa sono necessarie
azioni combinate con gli altri gruppi più a sinistra dei cadetti, senza
derogare in alcun modo al programma e alla tattica dei socialdemocratici
e senza concludere nessun blocco.
Per non ripetere gli errori commessi dai socialdemocratici alla
II Duma, il gruppo socialdemocratico deve immediatamente proporre
ai deputati di sinistra, e solo di sinistra (cioè capaci di lottare contro i
cadetti), della Duma di costituire un ufficio di informazione che non
vincoli in alcun modo coloro che vi prendono parte, ma dia ai deputati
operai la possibilità di influire sistematicamente sulla democrazia nello
spirito della politica socialdemocratica,
Proletari , n. 19,
5 novembre 1907,
126
LENIN
III
Rapporto sulla collaborazione dei socialdemocratici alla stampa borghese
II secondo rapporto del compagno Lenin ha affrontato la questione
della collaborazione dei socialdemocratici alla stampa borghese. Il rela-
tore ha esposto il punto di vista delle due ali della socialdemocrazia
intemazionale a questo riguardo e, in particolare, le concezioni degli
ortodossi e dei revisionisti in seno al Partito socialdemocratico tedesco.
Al Parteitag di Dresda gli ortodossi accettarono la formula dell’ammis-
sibilità della collaborazione alla stampa non ostile alla socialdemocrazia,
adducendo il motivo che ciò equivaleva praticamente a un completo
divieto, giacché neirodiema società capitalistica sviluppata non ci sono
giornali borghesi non ostili alla socialdemocrazia.
Il relatore sostiene il punto di vista dell'assoluta inammissibilità
della collaborazione politica alla stampa borghese, e particolarmente a
quella sedicente apartitica. Giornali come, per esempio, il Tovaristc,
con la loro lotta ipocrita e dissimulata contro la socialdemocrazia,
arrecano a quest’ultima assai più danno che non i giornali borghesi di
partito dichiaratamente ad essa ostili. La migliore illustrazione di questo
fatto può essere data dagli scritti sul Tovaristc di Plekhanov, Martov,
Gorn, Kogan, ecc. Tutti questi interventi sono diretti contro il partito,
e di fatto non L compagni socialdemocratici hanno utilizzato il giornale
borghese Tovaristc , ma questo giornale ha utilizzato i detti compagni
contro il PQSDR, ad esso inviso. Sinora non è apparso nessun articolo
di socialdemocratici che non piacesse alla redazione del Tovaristc.
Proletari , n. 20,
19 novembre 1907.
IV CONFERENZA DEL POSDR
(« III Conferenza di tutta la Russia ») *°
Dal resoconto giornalistico
1
Rapporto sulla tattica del gruppo socialdemocratico alla Iir Duma
Il compagno Lenin è partito dalla premessa che i problemi ogget-
tivi della rivoluzione russa non sono stati risolti, che il periodo del-
l’offensiva della reazione impone al proletariato il compito di propu-
gnare con particolare fermezza, in contrappeso alla generale esitazione,
la causa della democrazia e la causa della rivoluzione. Di qui la conce-
zione che la Duma dev’essere utilizzata ai fini della rivoluzione, utiliz-
zata principalmente seguendo la direttiva di una vasta diffusione delle
idee politiche e socialiste del partito, e non quella delle « riforme »
legislative, che in ogni caso rappresentano un appoggio alla controrivo-
luzione e una mutilazione in tutti i sensi della democrazia.
Secondo le parole del compagno Lenin, il « nocciolo » della
questione della Duma dev’essere la spiegazione delle tre seguenti propo-
sizioni: a) qual è la composizione di classe della Duma, b) quale
dev’essere e sarà Patteggiamento dei suoi centri verso la rivoluzione e
la democrazia, e c) qual è l’importanza della sua attività nel corso
dello sviluppo della rivoluzione russa.
Circa la prima questione, in base all’analisi della composizione
della Duma (secondo i dati sull’appartenenza dei deputati a questo o
quel partito), il compagno Lenin ha sottolineato che le idee della
famigerata cosiddetta « opposizione » possono essere attuate alla III Du-
ma a una sola condizione: la collaborazione di almeno 87 ottobristi coi
128
LENIN
cadetti e le sinistre. Ai cadetti e alle sinistre mancano 87 voti per
ottenere la maggioranza necessaria nella votazione dei progetti di legge.
L’attività legislativa della Duma è quindi praticamente realizzabile solo
con la diretta partecipazione della schiacciante maggioranza degli otto-
bristi. A che si giungerebbe con una simile attività legislativa e a quale
gogna inchioderebbe la socialdemocrazia il procedere a fianco degli
ottobristi? Là cosa è chiara. Qui non si tratta di un principio astratto.
Astrattamente parlando, si possono, e talvolta anche si devono, appog-
giare i rappresentanti della grande borghesia. Ma nel caso in questione
è necessario tener conto delle condizioni concrete di sviluppo della
rivoluzione democratica borghese russa. Già da tempo la borghesia russa
ha imboccato la strada della lotta contro la rivoluzione e dei compro-
messi con l’autocrazia. L’ultimo congresso cadetto ha definitivamente
strappato via tutte le foglie di fico con le quali si coprivano i signori
Miliukov, e ciò è un grande avvenimento politico, giacché con cinica
franchezza i cadetti hanno dichiarato che alla Duma centonero-ottobrista
andranno a legiferare, mentre contro i « nemici di sinistra » lotteranno.
Le due maggioranze possibili alla Duma, la centonera-ottobrista e
l’ottobrista-cadetta si sforzeranno cosi entrambe di stringere maggior-
mente, per vie diverse, il nodo della reazione; la prima tendendo alla
restaurazione dell’autocrazia, la seconda mediante transazioni col governo
e riforme illusorie che dissimulano le tendenze controrivoluzionarie
della borghesia. La socialdemocrazia non può quindi abbracciare l’idea
dell’ appoggio delle riforme legislative, cosa che equivarrebbe a un
appoggio al partito governativo , quello ottobrista. Sull’attuale terreno
politico e col rapporto di forze attuali la via delle « riforme >> significa
non un miglioramento della situazione delle masse, non un ampliamento
della libertà, ma una regolamentazione burocratica della mancanza di
libertà e delTasservimento delle masse. Tali sono, per esempio, le
riforme agrarie di Stolvpin in base all’articolo 87 61 . Esse sono progres-
sive, giacché spianano la via al capitalismo, ma nessun socialdemocratico
s’è deciso ad appoggiare un simile progresso. I menscevichi hanno impa-
rato a memoria un’unica cosa fritta e rifritta: gli interessi di classe
della borghesia devono cozzare contro l’autocrazia! Ma in questo volgare
pseudomarxismo non ce un solo grano di verità storica. Forse che
IV CONFERENZA DEL POSDR
129
Napoleone III e Bismarck non seppero temporaneamente soddisfare gli
appetiti della grande borghesia? Forse che essi, con le loro « riforme »,
non strinsero per lunghi anni il cappio al collo delle masse lavoratrici?
Quali motivi ci sono per credere che, nella sua transazione con la
borghesia, il governo russo possa consentire a riforme d’altro genere?
Proletari , n. 20,
19 novembre 1907.
130
LENIN
II
. Risoluzione sulla tattica del gruppo socialdemocratico alla III Duma
Ispirandosi alla risoluzione del Congresso di Londra sulla Duma e
sui partiti non proletari, la Conferenza di tutta la Russia del POSDR
per sviluppare ulteriormente queste risoluzioni ritiene necessario dichia-
rare quanto segue:
1) alla III Duma, che è il risultato del colpo di Stato del 3 giu-
gno, sono possibili due maggioranze: una ottobrista-centonera e una
cadetto-ottobrista. La prima, esprimendo prevalentemente gli interessi
dei grandi proprietari fondiari fautori della servitù della gleba, è con-
trorivoluzionaria e propugna soprattutto la salvaguardia degli interessi
dei grandi proprietari fondiari e l’inasprimento delle repressioni, giun-
gendo sino a manifestare l’aspirazione alla piena restaurazione dell’auto-
crazia. La seconda maggioranza, esprimendo soprattutto gli interessi del-
la grande borghesia, è anch’essa indubbiamente controrivoluzionaria, ma
è propensa a dissimulare la lotta contro la rivoluzione con alcune illu-
sorie riforme burocratiche;
2) una simile situazione alla Duma favorisce straordinariamente
il doppio giuoco politico sia del governo che dei cadetti. Il governo
vuole, pur accentuando le repressioni e continuando a « conquistare »
la Russia con la forza militare, spacciarsi per fautore delle riforme costi-
tuzionali. I cadetti vogliono, pur votando ptaticamente assieme agli
ottobristi controrivoluzionari, spacciarsi non solo per « opposizione »,
ma anche per rappresentanti della democrazia. In queste condizioni sui
IV CONFERENZA DEL POSDR
131
socialdemocratici ricade con particolare forza il compito di denunciare
spietatamente questo giuoco, di denunciare davanti al popolo tanto le
violenze dei grandi proprietari fondiari centoneri e del governo quanto
la politica controrivoluzionaria dei cadetti. Un appoggio diretto o indi-
retto ai cadetti — sia sotto forma di un ufficio di informazione con la
partecipazione dei cadetti, sia di adattamento delle proprie azioni alla
loro politica, ecc. — da parte dei socialdemocratici arrecherebbe oggi
un vero pregiudizio alla causa delPeducazione di classe delle masse ope-
raie e alla causa della rivoluzione;
3) pur propugnando i propri fini socialisti e criticando da questo
punto di vista tutti i partiti borghesi, nella loro agitazione i socialde-
mocratici devono porre in primo piano il compito di spiegare alle larghe
masse popolari che la III Duma non corrisponde affatto agli interessi
ed alle esigenze del popolo e, in connessione con ciò, svolgere una
vasta ed energica propaganda dell’idea di un'Assemblea costituente
• fondata sul suffragio universale, diretto, uguale e segreto;
4) fra i compiti fondamentali della socialdemocrazia alla III Du-
ma vi è lo smascheramento del sostrato di classe delle proposte gover-
native e liberali e la sistematica contrapposizione a queste ultime delle
rivendicazioni del programma minimo socialdemocratico, senza alcuna
restrizione, soprattutto quando si tratta di questioni che toccano gli
interessi economici delle larghe masse popolari (questioni operaia e
agraria, bilancfo, ecc.), tanto piu che la composizione della III Duma
promette un materiale straordinariamente abbondante per il lavoro di
agitazione dei socialdemocratici;
5) il gruppo socialdemocratico deve particolarmente preoccu-
parsi a che queste o quelle esteriori coincidenze del voto dei social-
democratici coi voti del blocco ottobrista-cer.tonero o cadetto-ottobrista
non possano essere sfruttate interpretandole come un appoggio alPuno o
alPaltro blocco;
6) i socialdemocratici alla Duma devono presentare progetti di
legge e utilizzare il diritto di presentare interpellanze, per la qual cosa
sono necessarie azioni combinate con gli altri gruppi più a sinistra dei
cadetti, senza derogare in alcun modo al programma e alla tattica dei
socialdemocratici e senza concludere nessun blocco. Il gruppo social-
democratico deve immediatamente proporre ai deputati di sinistra della
132
•LENIN
Duma di costituire un ufficio di informazione che non vincoli in alcun
modo coloro che vi prendono parte, ma dia ai deputati operai la possi-
bilità di influire sistematicamente sulla democrazia nello spirito della
politica socialdemocratica;
7) tra i primi passi concreti del gruppo socialdemocratico alla
Duma la conferenza ritiene utile sottolineare in special modo la neces-
sità: 1) di intervenire con un'apposita dichiarazioné, 2) di presentare
un’interpellanza sul colpo di Stato del 3 giugno, 3) di sollevare alla
Duma, nella forma più opportuna, la questione del processo contrp il
gruppo socialdemocratico della II Duma.
Proletari, n. 20,
19 novembre 1907.
SI PREPARA UN’« ORGIA RIPUGNANTE »
Valutando i compiti dei socialdemocratici alla II Duma russa e le
tendenze dei liberali russi, il noto marxista tedesco Franz Mehring 62
scriveva che il liberalismo tedesco procede, già da sessantanni, per
una via meschina e vergognosa, coprendosi con la parola d’ordine:
« lavoro positivo ». Quando l’Assemblea nazionale, in una sola notte
dell’estate del 1789, attuò l’emancipazione dei contadini francesi, Y av-
venturiero geniale e venduto Mirabeau, il piu grande eroe della demo-
crazia costituzionale, battezzò quest’evento con un’espressione alata:
« orgia ripugnante ». Eppure, a parer nostro (a parere dei socialdemo-
cratici), si trattava di un lavoro positivo. Al contrario, l’emancipazione
dei contadini prussiani, trascinatasi a passi di tartaruga per sessantanni,
dal 1807 al 1865, e accompagnata dalla rovina brutale e spietata di una
quantità innumerevole di vite contadine, fu, secondo il modo di vedere
dei nostri liberali, un « lavoro positivo », per il quale essi esultano. A
parer nostro, questa fu un’« orgia ripugnante ».
Cosi scriveva Mehring. E non si possono non ricordare le sue
parole oggi, quando si apre la III Duma e gli ottobristi vogliono accin-
gersi con grande impegno a quest’orgia ripugnante, quando i cadetti,
con zelo servile, sono pronti a prendervi parte e (a nostra vergogna) si
trovano anche tra i socialdemocratici dei plekhanoviani pronti a contri-
buire a quest’orgia. Esaminiamo un po’ piu da vicino tutti questi
preparativi.
La vigilia della III Duma è stata contrassegnata da un moltipli-
carsi delle riunioni dei vari partiti, convocate per discutere la tattica da
seguire alla Duma. Gli ottobristi hanno elaborato, al convegno di Mosca,
un progetto di programma del gruppo parlamentare dell’Unione del
134
LENIN
17 ottobre, e un loro oratore, il signor Plevako, ha innalzato, in un
banchetto a Mosca, « la bandiera del partito liberale costituzionale
russo ». In tre o quattro giorni i cadetti hanno concluso il loro V Con-
gresso cosiddetto « di partito ». I cadetti di sinistra sono stati battuti
su tutta la linea e completamente esclusi dal CC (e il loro CC è
composto di 38 persone, che comandano il « partito » in tutto e per
tutto). Secondo lo spirito del « rapporto sulla tattica da seguire alla
III Duma » — questa insigne giustificazione « storica » delT« orgia
ripugnante » — i cadetti di destra hanno ottenuto piena libertà d’azione.
I socialdemocratici hanno cominciato a discutere la tattica da seguire
alla III Duma al CC e alla Conferenza delForganizzazione del POSDR
di Pietroburgo.
Il programma parlamentare degli ottobristi si distingue per la
franca approvazione della politica controrivoluzionaria che in sostanza
anche i cadetti hanno condotto alla II Duma, pur coprendosi dietro
ogni .sorta di frasi e di riserve. Gli ottobristi dichiarano francamente,
per esempio, che la revisione delle leggi fondamentali e della legge elet-
torale sarebbe « intempestiva »; dapprima, dicono, sia garantita, « me-
diante una serie di riforme improrogabili », « la calma ed eliminata la
lotta delle passioni e degli interessi di classe ». Questo i cadetti non
lo dicevano, ma alla II Duma agirono precisamente cosi, e non diver-
samente. Un esempio ancora. Gli ottobristi « vogliono che si chiami
a far parte dell’autoamministrazione una cerchia di persone piu ampia
possibile », ma che, nel contempo, « si garantisca un’adeguata rappre-
sentanza » alla nobiltà. Questo franco controrivoluzionarismo è piu
sincero della politica cadetta, quella di promettere il suffragio univer-
sale, diretto, uguale e segreto, ma di fatto lottare accanitamente e alla
I e alla II Duma contro un simile suffragio per i comitati locali della
terra e proporre dei comitati costituiti pariteticamente di contadini e
grandi proprietari fondiari, cioè la stessa « garanzia di una rappresen-
tanza alla nobiltà ». Un esempio ancora. Gli ottobristi respingono aper-
tamente l’alienazione forzata della terra dei grandi proprietari. I cadetti
Y« ammettono », l’ammettono a tal punto che alla II Duma votano
assieme alle destre contro i trudoviki e i socialdemocratici che vogliono
concludere il dibattito sulle questioni agrarie con una formula generale
contenente l’alienazione forzata.
Pur di consolidare le « vittorie » della controrivoluzione, gli otto-
SI PREPARA UN «ORGIA RIPUGNANTE»
135
bristi sono pronti a promettere ogni genere di riforme liberali, fra le
quali e P« estensione dei diritti della Duma relativamente ai bilanci »
(non scherzate!), e P« estensione dei suoi diritti di controllo sulla
legittimità degli atti del potere », e la garanzia dell’indipendenza della
magistratura, e l‘« abolizione delle restrizioni contro le organizzazioni
economiche operaie e gli scioperi economici » {« che non minaccino gli
interessi dello Stato e della società »), e il « consolidamento dei prin-
cipi di una legittima libertà civile », ecc. ecc. Il partito governativo degli
« ottobristi » è altrettanto largo di frasi « liberali » quanto lo stesso go-
verno del signor Stolypin.
Come hanno posto i cadetti, al loro congresso, la questione del loro
atteggiamento verso gli ottobristi? Il gruppetto dei cadetti di sinistra
è risultato composto di urloni che non sapevano nemmeno porre chiara-
mente la questione. E la massa dei paladini di destra dell’ottobrismo
travestito hanno serrato saldamente le file per dissimulare nel più vile
dei modi la verità. L’impotenza dei cadetti di sinistra è stata espressa
col massimo rilievo nel loro progetto di risoluzione: il suo primo punto
propone ai cadetti di « tenersi saldi sul terreno di una recisa opposizione,
evitando gli avvicinamenti agli ottobristi, ad esso [al partito cadetto]
estranei per il loro spirito e il loro programma ». Il secondo punto,
poi, invita a « non rifiutare l’appoggio a progetti di legge che condu-
cano il paese sulla via che porta all’emancipazione e alle riforme demo-
cratiche, da qualunque parte essi provengano ». È una cosa comica,
giacché i progetti di legge capaci di raccogliere la maggioranza non
possono alla III Duma che provenire dagli ottobristi! I signori cadetti
di sinistra hanno pienamente meritato la loro sconfitta, essendosi com-
portati come miseri vigliacchi o stolti, incapaci di dire chiaramente e
apertamente che in una simile Duma è indecorose accingersi a legi-
ferare, che il votare assieme agli ottobristi equivale a dare un appoggio
alla controrivoluzione. A quanto pare, singoli cadetti di sinistra l’hanno
capito, ma nella loro qualità di democratici da salotto hanno avuto
paura al congresso. Perlomeno il signor Gilkin riferisce nel Tovaristc
un discorso privato del cadetto Safonov: « Il gruppo cadetto deve oggi,
a mio avviso, occupare il posto del gruppo del lavoro della I Duma.
Opposizione, forti discorsi, e niente più. Essi invece si accingono a
legiferare. Ma in che modo è possibile? Amicizia, alleanza con gli
ottobristi ? Strana inclinazione verso destra. Tutto il paese è a sinistra,
136
LENIN
e noi siamo a destra » ( Tovaristc , n. 407). Evidentemente nel signor Sa-
fonov vi sono lucidi intervalli di vergogna e di buona fede... ma solo
in privato!
In compenso il signor Miliukov e la sua cricca hanno manifestato
in tutto il loro splendore le loro antiche qualità di carrieristi senza
vergogna e in mala fede. Nella risoluzione adottata essi hanno dissi-
mulato la sostanza della cosa, allo scopo di gabbare il gran pubblico,
come hanno sempre gabbato il popolo i campioni liberali della prostitu-
zione parlamentare. Nella risoluzione del congresso (« tesi ») non c'è
una sola parola sugli oUobristiW È incredibile, ma è un fatto. Eppure
tutto il congresso cadetto era imperniato sulla questione della votazione
dei cadetti assieme con gli ottobristi. Tutte le discussioni vertevano su
questo punto. Ma tutta Parte dei politicanti borghesi sta appunto nel-
T ingannare le masse per nascondere i loro trucchi parlamentari. Le Tesi
sulla tattica adottate il 26 ottobre dal congresso dei cadetti sono un
classico documento che mostra, in primo luogo, come i cadetti si vadano
fondendo con gli ottobristi e, in secondo luogo, come si scrivano le riso-
luzioni destinate dai liberali a ingannare le masse. Bisogna confrontare
questo documento col « programma parlamentare » delPUnione del
17 ottobre; bisogna metterlo a confronto col « rapporto sulla tattica»
tenuto da Miliukov al congresso dei cadetti (Riec } n. 255). Ecco i
passi piu importanti di questo rapporto:
« Il partito, pur essendo all’opposizione, non svolgerà tuttavia »
(proprio: tuttavia!) «la funzione di minoranza priva di responsa-
bilità, nel senso in cui esso stesso impiegava questo termine per carat-
terizzare la condotta alla Duma delle estreme sinistre » (traducendo dal
linguaggio parlamentare in una lingua semplice e schietta: abbiate
compassione, dateci un posticino, signori ottobristi, lo vedete bene che
siamo opposizione solo di nome!). «Esso non assidererà la Duma
come un mezzo per preparare azioni, al di fuori della Duma, ma come
il piu alto organo dello Stato, dotato di una parte del potere supremo
rigorosamente stabilita dalla legge » (non sono forse piu onesti gli
ottobristi, i quali dicono apertamente che la revisione delle leggi fonda-
mentali è intempestiva?). «Alla III Duma, come alle prime due, il
partito va. con la ferma intenzione di partecipare attivamente alla sua
attività legislativa. Il partito ha sempre considerato questo tipo di atti-
vità come tipo principale e fondamentale, contrapponendolo sia ai fini
SI PREPARA UNV ORGIA RIPUGNANTE »
137
di agitazione delle sinistre che all’attività cospirativa delle destre ».
Suvvia, quanto alla « cospirazione » anche voi mentite, signori, giacché
in entrambe le Dume avete cospirato con i ministri o i lacche dei
ministri! E la rinuncia all’agitazione è una completa e recisa rinuncia
alla democrazia,
Per legiferare alla III Duma bisogna in un modo o nell’altro, diret-
tamente o indirettamente, unirsi agli ottobristi e porsi interamente sul
terreno della controrivoluzione e della difesa delle sue vittorie, I cadetti
si sforzano di passar sotto silenzio questa cosa evidente. Se la lasciano
tuttavia sfuggire in un altro brano del rapporto: « L’utilizzazione del-
l’iniziativa legislativa dev’essere fatta dipendere dal preliminare chiari-
mento dell’ attuabilità pratica dei progetti del partito ». L’attuabilità
pratica dipende dagli ottobristi. Chiarire l’attuabilità significa passare
agli ottobristi per l’entrata di servizio. Far dipendere la propria inizia-
tiva da questo chiarimento significa mutilare i propri progetti a van-
taggio degli ottobristi, significa far dipendere la propria politica dagli
« ottobristi ».
Non c’è via di mezzo, signori. O partito di vera opposizione, e allora
minoranza priva di responsabilità. Oppure partito di attivo lavoro legi-
slativo controrivoluzionario, e allora servilismo nei confronti degli otto-
bristi, I cadetti hanno scelto la seconda alternativa, e in premio la Duma
centonera porta, si dice, il cadetto di destra Maklakov alla presidenza!
Maklakov lo ha meritato.
Ma come si son potuti trovare dei socialdemocratici capaci di par-
lare ancora oggi di un appoggio ai cadetti? Simili socialdemocratici sono
stati generati dal filisteismo deirintellettualità, dal filisteismo di tutta
la vita russa; sono stati educati dalla banalizzazione plekhanoviàna del
marxismo. Alla conferenza delForganizzazlone socialdemocratica di Pie-
troburgo si è saputo che i menscevichi, sulle orme di una Duma di
destra, si spingono ancor piu a destra. Essi sono pronti ad appoggiare
gli ottobristi, cioè un partito governativo\ Perché i socialdemocratici
non dovrebbero votare per Khomiakov, che è migliore di Bobrinski?
È una questione di opportunità! Perché non votare per Bobrinski, se
la scelta è soltanto tra lui e Purisckevic? Perché non appoggiare gli
ottobristi contro i centoneri, quando Marx ha insegnato ad appoggiare
la borghesia contro i signori feudali 63 ?
Si, ci si vergogna a riconoscerlo, ma non si può nascondere che
138
LENIN
Plekhanov ha portato i suoi menscevichi a disonorare oltre ogni limite
la socialdemocrazia. Come un autentico uomo chiuso nell’astuccio, egli
ha ribadito le parole imparate a memoria suIT« appoggio alla borghesia *
e a forza di ribadirle ha reso impossibile la comprensione dei compiti
e delle condizioni peculiari della lotta del proletariato nella rivoluzione
e quelli della lotta contro la controrivoluzione. In Marx tutta Tanalisi
delle epoche rivoluzionarie s’impernia sulla lotta della vera democrazia,
e specialmente del proletariato, contro le illusioni costituzionali, contro
i tradimenti del liberalismo, contro la controrivoluzione, Plekhanov
accetta, si, Marx, ma quello contraffatto alla Struve. Mieta ora ciò che
ha seminato!
Il carattere controrivoluzionario del liberalismo nella rivoluzione
russa era stato dimostrato da tutto il corso degli eventi prima del 17
ottobre, e specialmente dopo il 17 ottobre. La III Duma costringerà
anche i ciechi a recuperare la vista. L’avvicinamento tra cadetti e otto-
bristi è un fatto politico. Nessun pretesto e sotterfugio può occultarlo.
Lasciamo che il giornale degli ottusi bernsteiniani, il Tovaristc y si limiti
a un piagnisteo impotente a questo proposito, frammischiando questo
piagnisteo a un’azione che spinge i cadetti verso gli ottobristi, al leno-
cinio politico. La socialdemocrazia deve capire i motivi di classe del
carattere controrivoluzionario del liberalismo russo. La socialdemocrazia
deve smascherare spietatamente tutte le tresche dei cadetti con gli otto-
bristi, tutta la bassezza del liberalismo pseudodemocratico. Il partito
operaio rigetterà con disprezzo ogni sorta di considerazioni sulT« aver
cura della fiammella » e spiegherà la bandiera del socialismo e la ban-
diera della rivoluzione!
Proletari . n. 19,
5 novembre 1907.
MA I GIUDICI CHI SONO?
Nella stampa borghese la gioia maligna suscitata dalla scissione
tra menscevichi e bolscevichi nel POSDR in generale, e dall’aspra lotta
al congresso di Londra in particolare, è diventata un fenomeno costante.
Nessuno pensa di studiare i dissensi, di analizzare le due tendenze,
di far conoscere al pubblico dei lettori la storia della scissione e il vero
carattere del dissenso tra menscevichi e bolscevichi. I pubblicisti della
Riec e del Tovaristc , i signori Verghezski, le. K. Pereiaslavski e altret-
tali penny-a-liner (imbrattacarte a un tanto il rigo), prendono letteral-
mente a volo ogni sorta di dicerie, raccolgono particolari sugli « scan-
dali », « piccanti » per i cascanti blateroni da salotto, e si sforzano in
tutti i modi di otturare i cervelli con piccoli aneddoti sul lato esteriore
della nostra lotta.
In questo genere di triviale arguzia cadono anche i socialisti-
rivoluzionari. L’editoriale del n. 6 dello Znam'ta Trucia tira fuori un rac-
conto di Cerevanin su un caso di isterismo al congresso di Londra,
ghigna a proposito della spesa di « decine di migliaia di rubLi », gusta
il « discreto quadro della situazione interna della socialdemocrazia russa
nel momento attuale ». Simili introduzioni servono ai liberali per passare
all’esaltazione degli opportunisti à la Plekhanov, ai socialisti-rivoluzionari
per passare a una tremenda lavata di capo agli opportunisti (i socialisti-
rivoluzionari ripetono ora gli argomenti dei socialdemocratici rivolu-
zionari contro il congresso operaio! sono rinsaviti!). Ma la gioia maligna
per la grave lotta tra i socialdemocratici è la stessa negli uni e negli altri.
Diremo qualche parola sui campioni liberali di questa campagna e
ci soffermeremo particolareggiatamente sui campioni socialisti-rivolu-
zionari della « lotta contro l’opportunismo ».
140
LENIN
I liberali fanno del sarcasmo sulla lotta tra i socialdemocratici per
dissimulare che essi stessi ingannano sistematicamente il pubblico circa
il partito dei cadetti. E lo ingannano sempre; la lotta intestina dei
cadetti e le loro trattative con le autorità vengono sistematicamente
celate. Tutti sanno che i cadetti di sinistra fanno dei sermoni a quelli
di destra, tutti sanno che i signori Miliukov, Struve e soci hanno fatto
il giro delle anticamere dei signori Stolypin. Ma i fatti precisi sono
stati celati. I dissensi sono stati dissimulati, delle dispute dei signori
Struve coi cadetti di sinistra non è stata comunicata una parola. Atti
dei congressi cadetti non ve ne sono. I liberali non comunicano il
numero complessivo dei membri del loro partito né quello delle singole
organizzazioni. L’orientamento dei vari comitati è ignoto. Fitte tenebre,
compatta menzogna ufficiale della Riec , continuo inganno della demo-
crazia ad opera di coloro che conducono trattative ministeriali, ecco
che cos’è il partito dei cadetti. Avvocati e professori che fanno carriera
servendosi del parlamentarismo e condannano farisaicamente la clande-
stinità, decantano l’attività palese dei partiti, ma di fatto si fanno beffe
del principio democratico il quale esige che si informi il pubblico e
gli celano le diverse tendenze politiche esistenti nel loro partito. Ci
vuole tutta la miopia di un Plekhanov, inginocchiato, pieno di ammira-
zione > davanti a Miliukov, per non vedere quest’inganno grossolano,
Sporco, verniciato di cultura, della democrazia ad opera dei cadetti.
E i socialisti-rivoluzionari? Adempiono essi forse il dovere di
onesti democratici (non parliamo di socialisti quando si tratta dei socia-
listi-rivoluzionari): dare al popolo una chiara e veridica esposizione della
lotta delle varie tendenze politiche tra coloro che vogliono farsi seguire
dal popolo?
Esaminiamo i fatti.
Congresso del dicembre 1905 del partito socialista-rivoluzionario.
È il primo e Punico che abbia pubblicato gli atti. Il signor Tuckin, dele-
gato dell’organo centrale, esclama: « Una volta i socialdemocratici erano
convinti, a quanto pare del tutto sinceramente, che l’avvento delle
libertà politiche avrebbe significato la morte politica del nostro partito...
L’epoca delle libertà ha dimostrato un’altra cosa » (p. 28 dei supple-
mento agli atti). Ma è pròprio vero, signor Tuckin? Proprio questo ha
dimostrato l’epoca delle libertà? Proprio questo ha dimostrato la reale
MA I GIUDICI CHI SONO?
141
politica del partito socialista-rivoluzionario nel 1905? nel 1906?
nel 1907?
Esaminiamo i fatti!
Negli atti del congresso dei socialisti-rivoluzionari ( dicembre 1905,
pubblicati nel 19061) leggiamo che un gruppo di pubblicisti, che a
questo congresso aveva voto consultivo, dopo il 17 ottobre « aveva
insistito davanti al CC dei socialisti-rivoluzionari perché si organizzasse
un partito legale » (p. 49 degli atti, da cui sono attinte anche le altre
citazioni). Al Comitato centrale dei socialisti-rivoluzionari « era stato
proposto di creare non un organizzazione legale del partito socialista-
rivoluzionario, ma un apposito partito parallelo , il partito socialista
popolare »
►
144
LENIN
(ivi). È evidente che ispirandosi alle idee di questo cadettofilo il con-
gresso socialista-rivoluzionario adottò la risoluzione nella quale, tra
l’altro, si dice;
« li congresso considera che un rigido raggruppamento di partito in seno
alla Duma, con un'azione isolata di ogni singolo gruppo e un’aspra lotta tra i
vari gruppi, potrebbe paralizzare completamente Fattività della maggioranza del-
l’opposizione e quindi screditare agli occhi delle masse lavoratrici l’idea stessa
della rappresentanza popolare » (n. 6 delle Partiime hvestia del partito socialista-
rivoluzionario, 8 marzo 1907).
Questo è già purissimo opportunismo, peggiore del nostro men-
scevismo. Ghersciuni, un po’ piu goffamente, costrinse il congresso
socialista-rivoluzionario a ripetere il plekhanovismo . E tutta l’attività del
gruppo socialista-rivoluzionario alla Duma ha riflesso lo spirito della
tattica cadetta: preoccuparsi dell’unità dell’opposizione nazionale. La
differenza tra il socialdemocratico Plekhanov e il socialista-rivoluzio-
nario Ghersciuni sta solo nel fatto che il primo è membro di un
partito che non dissimula un simile decadentismo, ma lo smaschera e
lotta contro di esso, mentre il secondo è membro di un partito nel
quale tutti i principi tattici e le concezioni teoriche vengono confusi e
nascosti agli occhi del pubblico colla fitta cortina della diplomazia di
circolo. «I panni sporchi si lavano in famiglia»: questo i signori
socialisti-rivoluzionari lo sanno fare. Ma non possono neanche lavarli
fuori, poiché tranne i panni sporchi non hanno altro! Essi non potevano
dire tutta la verità sui loro rapporti coi socialisti popolari negli anni
1905, 1906 e 1907. Essi non possono rivelare come possa un partito...
un partito e non un circolo... adottare oggi con 67 voti contro 1 una
risoluzione arciopportunistica e domani profondersi in grida « rivolu-
zionarie ».
Si, signori « giudici », noi non invidiamo il vostro diritto formale
di esultare per l’aspra lotta e le scissioni tra i socialdemocratici. È triste
sotto molti aspetti questa lotta, non c’è che dire. Sotto molti aspetti
queste scissioni sono esiziali, è indiscutibile. E tuttavìa non desidere-
remmo un solo istante scambiare questa dura verità con la vostra
« facile » menzogna. La grave malattia del nostro partito è la malattia
di crescenza di un partito di massa. Poiché non può esservi un partito
di massa, il partito di una classe, senza che siano completamente chiare
le sfumature esistenti, senza che la lotta tra le diverse tendenze sia una
MA I GIUDICI CHI SONO?
145
lotta aperta, senza che alle masse venga fatto sapere quali militanti del
partito, quali organizzazioni del partito propugnano questa o quella
linea. Senza di ciò non si può costituire un partito degno di questo
nome, e noi stiamo costituendolo. Siamo riusciti ad ottenere che le
cortcezioni delle nostre due correnti siano da tutti conosciute in maniera
veritiera, chiara, netta. Le aspre parole di qualcuno, gli intrighi, e le
baruffe di frazione, gli scandali e le scissioni, non sono che un’inezia
in confronto al fatto che sull’esperienza di due tattiche imparano real-
mente le masse proletarie, imparano realmente tutti coloro che sono
capaci di assumere un atteggiamento cosciente verso la politica. Le
nostre risse e scissioni saranno dimenticate. I nostri principi tattici,
affilati e temprati, entreranno come pietre angolari nella storia del
movimento operaio e del socialismo della Russia. Passeranno anni,
fors’anche decenni, e su cento diverse questioni pratiche continuerà a
essere esercitata l’influenza di questa o quella tendenza. E la classe
operaia della Russia e tutto il popolo sanno con chi hanno a che fare
quando si parla di bolscevismo o di menscevismo.
Sanno essi chi sono i cadetti? La storia del partito cadetto è tutta
una prestidigitazione politica nella quale viene taciuto ciò che più
importa, nella quale una sola è la preoccupazione costante: celare a
tutti i costi la verità.
Sanno essi chi sono i socialisti-rivoluzionari? Bloccheranno domani
i socialisti-rivoluzionari nuovamente coi socialcadetti? Non lo fanno essi
sin d’ora? Si separano essi dalla « melma dell’individualismo » dei
trudovikiy oppure inondano sempre più il loro partito di questa melma?
Sono essi, come per il passato, sul terreno della teoria dell’unità del-
l’opposizione nazionale? Hanno essi adottato questa teoria soltanto ieri?
L’abbandoneranno essi per qualche settimana domani? Nessuno lo sa, e
non lo sanno nemmeno gli stessi signori socialisti-rivoluzionari, giacché
tutta la storia del loro partito è un continuo, sistematico, ininterrotto
sforzo per occultare, confondere, dissimulare i dissensi con parole,
frasi e frasi.
Perché? Non perché i socialisti-rivoluzionari siano dei carrieristi
borghesi come i cadetti. No, della loro sincerità, come circolo, non si può
dubitare. La loro disgrazia è l’impossibilità di costituire un partito di
massa, l’impossibilità di diventare il partito di una classe. La situazione
oggettiva è tale che non possono essere che urìala della democrazia
146
LENIN
contadina, un’appendice, priva di autonomia e di uguaglianza, un
« gruppo in seno » ai trudoviki , e non un tutto autosufficiente. II perio-
do della tempesta e dell’ assalto non aiutò i socialisti-rivoluzionari a
levarsi in tutta la loro statura; questo periodo li gettò tra le robuste
braccia dei socialisti popolari, tanto robuste che nemmeno la scissione
riesce a liberarli. Il periodo della guerra controrivoluzionaria non ha
rinsaldato i loro legami con determinati strati sociali; ha soltanto provo-
cato nuove titubanze ed esitazioni (da essi oggi assiduamente dissimu-
late) per ciò che riguarda lo spirito socialista del contadino. E quando
si leggono oggi gli articoli pieni di patos della Znamia Trudà sugli eroi
del terrorismo socialista-rivoluzionario vien fatto di dire tra sé: il
vostro terrorismo, signori, non è una conseguenza del vostro rivolu-
zionarismo; il vostro rivoluzionarismo si limita al terrorismo.
No, simili giudici sono ben lontani dall’essere in grado di giudi-
care la socialdemocrazia!
Proletari , n. 19,
5 novembre 1907.
PREFAZIONE ALL’OPUSCOLO DI VOINOV (A.V. LUNACIARSKI)
SULL’ATTEGGIAMENTO DEL PARTITO VERSO I SINDACATI 65
L’opuscolo del compagno Voinov suiratteggiamento del partito
socialista del proletariato verso i sindacati può dar adito a molte inter-
pretazioni sbagliate. E ciò per due motivi: in primo luogo, lasciandosi
trascinare dalla lotta contro un modo angusto e falso d’intendere il
marxismo, contro la cattiva volontà di prendere in considerazione le
nuove esigenze del movimento operaio e di considerare l’argomento più
ampiamente e più a fondo, Fautore si esprime non di rado in maniera
eccessivamente generica. Egli si scaglia contro l’ortodossia — a dire il
vero, contro l’ortodossia tra virgolette, cioè contro la pseudoortodossia
— o contro la socialdemocrazia tedesca in generale, là dove in sostanza
i suoi attacchi sono rivolti soltanto contro i volgarizzatori dell’orto-
dossia, soltanto contro l’ala opportunistica della socialdemocrazia. In se-
condo luogo, l’autore scrive per il pubblico russo senza tener conto delle
varie sfumature nel modo di porre le questioni da lui esaminate sul
terreno russo. Il punto di vista del compagno Voinov è infinitamente
lontano dalle concezioni dei sindacalisti, dei menscevichi e dei socialisti-
rivoluzionari russi. Ma il lettore disattento o in mala fede può agevol-
mente aggrapparsi a singole frasi o idee di Voinov, giovandosi del
fatto che l’autore ha direttamente in vista soprattutto i francesi e gli
italiani, senza porsi il compito di differenziarsi da ogni sorta di confu-
sionari russi.
Quale esempio di questi ultimi citeremo, per esempio, i socialisti-
rivoluzionari. Nel n. 5 dello Znamìa Trudà essi, con la solita disinvol-
tura, dichiarano: « L’Internazionale socialista ha approvato la conce-
zione del movimento sindacale che noi [!] abbiamo sempre [!] so-
stenuto». Prendiamo la Raccolta di articoli n. 1 (1907). edizione « Il
148
LENIN
nostro pensiero ». Il signor Viktor Cernov fa un rabbuffo a Kautsky,
passando sotto silenzio e la risoluzione di Mannheim e la lotta di
Kautsky contro i neutralisti opportunisti. L’articolo di Kautsky, attac-
cato dallo sputasentenze socialista-rivoluzionario, fu scritto alla vigilia
di Mannheim 68 . A Mannheim Kautsky si era battuto contro i neutralisti.
La risoluzione di Mannheim « apre una considerevole breccia nella neu-
tralità dei sindacati » (espressione di Kautsky nel suo articolo sul
congresso di Mannheim, nella Neue Zeit , 6 ottobre 1906). Ed ecco che
nel 1907 appare un critico che si dà le arie di un rivoluzionario
chiamando Kautsky « gran dogmatico e inquisitore del marxismo », accu-
sandolo — del tutto allunisene coi neutralisti opportunisti! — di
restringere tendenziosamente la funzione dei sindacati, di tendere a
« subordinarli » al partito, ecc. Se a questo aggiungeremo che i socialisti-
rivoluzionari sono sempre stati per la apartiticità dei sindacati, che
ancora nel n. 2 dello Znamìa Trudà (12 luglio 1907) leggiamo nell’edi-
toriale: « la propaganda di partito ha il suo posto fuori del sindacato »,
si delineerà davanti a noi il vero volto del rivoluzionarismo dei socia-
listi-rivoluzionari.
Quando Kautsky lottava contro il neutralismo opportunistico e
sviluppava ulteriormente, piu a fondo, la teoria del marxismo, spin-
gendo i sindacati a sinistra, allora questi signori criticavano aspramente
Kautsky, ripetendo le frasi fatte degli opportunisti e continuando a
propugnare alla sordina l’apartiticità dei sindacati. Quando lo stesso
Kaustky ha spinto ulteriormente a sinistra i sindacati, emendando a
Stoccarda la risoluzione di Beer e sottolineando in questa risoluzione i
compiti socialisti delle trade-unions, allora i signori socialisti-rivoluzio-
nari si son messi a gridare: l’Internazionale socialista ha. approvato il
nostro punto di vista!
Ci si domanda: sono forse simili metodi degni di membri dell’Inter-
nazionale socialista? Una simile critica non è forse una dimostrazione di
mancanza di principi e di disinvoltura?
Tra i socialdemocratici un esempio di disinvoltura è rappresentato
dall’ex rivoluzionario Plekhanov, profondamente stimato dai liberali.
Nella prefazione all’opuscolo Noi e loro , con ammirevole, impareggia-
bile sicumera, egli dichiara: col mio emendamento la risoluzione di
Stoccarda (sui sindacati) priva della sua importanza la risoluzione di
Londra (congresso del POSDR). Probabilmente molti lettori, dopo
PREFAZIONE ALL*OPU SCOLO DI VOINOV
149
aver letto questa dichiarazione del nostro eccellente Narciso, crederanno
che a Stoccarda la lotta si sia imperniata precisamente sull’emenda-
mento di Plekhanov e che in generale quest’emendamento abbia una
qualche seria importanza.
In effetti esso (« bisogna aver sempre presente l’unità della lotta,
economica ») non aveva nessuna seria importanza; e non aveva addi-
rittura niente a che fare con la sostanza delle questioni controverse a
Stoccarda, con la sostanza delle divergenze esistenti nel socialismo in-
temazionale.
In effetti gli entusiasmi di Plekhanov a proposito del « suo »
emendamento hanno un significato molto volgare: trarre in inganno i
lettori sviando la loro attenzione dalle questioni effettivamente contro-
verse del movimento sindacale e dissimulare la sconfitta dell’idea del
neutralismo a Stoccarda.
Il congresso di Stoccolma del POSDR (1906), nel quale vinsero
i menscevichi, era per la neutralità dei sindacati. Il Congresso di Londra
del POSDR aveva fatto propria una posizione diversa, proclamando la
necessità di tendere alla partiticità dei sindacati. Il congresso intema-
zionale di Stoccarda ha adottato una risoluzione che « pone fine per
sempre alla neutralità », come si è espresso giustamente K. Kautsky *.
Nella commissione del Congresso di Stoccarda Plekhanov è andato per
propugnare la neutralità, come racconta particolareggiatamente Voinov.
E Clara Zetkin nell’organo del movimento operaio femminile della Ger-
mania, Die Gleichheit , scrive che « Plekhanov si sforzava , con argo-
menti abbastanza infelici , di giustificare una certa limitazione di que-
sto principio» ** (cioè del principio del più stretto avvicinamento tra
sindacati e partito).
Il principio della neutralità propugnato da Plekhanov ha quindi
fatto fiasco. Dai socialdemocratici rivoluzionari tedeschi i suoi argo-
menti sono stati riconosciuti « infelici ». Ma lui, autoammirandosi, di-
chiara: è stato accolto il « mio » emendamento, la risoluzione di Lon-
dra perde la sua importanza...
* Vorwarts , 1907, n. 209, Beilage, relazione di Kautsky agli operai di Lipsia
sul congresso di Stoccarda. Cfr. Calendario per tutti del 1908, edizione « Il seme »,
p. 173, mio articolo sul Congresso socialista internazionale di Stoccarda.
** Cfr. lo stesso Calendario per tutti , p. 173, nonché la raccolta Zarnitsy
(Pietroburgo, 1907), dove è stato integralmente tradotto Tarticolo di Pie Gleichheit ,
150
LENIN
Si, si, ma in compenso la disinvoltura alla Nozdriov 87 del socia-
lista stimato dai liberali non perde evidentemente in alcun modo la
propria importanza.
Il compagno Voinov ha torto, a mio avviso, quando dice che gli
ortodossi tedeschi considerano nociva ridea deirassalto, che l'ortodossia
« è stata sul punto di far proprio tutto lo spirito del nuovo economi-
smo ». Di Kautsky questo non si può dire, e lo stesso compagno Voi-
nov riconosce che le sue concezioni sono giuste. Egli stesso, pur rim-
proverando ai tedeschi di aver « troppo poco parlato della funzione dei
sindacati come organizzatori della produzione socialista », menziona in
un altro punto l'opinione di Liebknecht padre , che riconosceva questa
funzione con le espressioni più esplicite. Il compagno Voinov ha pure
avuto torto di prestar fede a Plekhanov quando questi ha detto che
Bebel ha intenzionalmente passato sotto silenzio la rivoluzione russa
nel suo discorso di saluto e che non avrebbe voluto parlare della Rus-
sia. Queste parole di Plekhanov non sono altro che una grossolana
buffonata di un socialista profondamente stimato dai liberali, e non si
doveva prenderle sul serio un solo minuto, non si doveva nemmeno
ammettere la possibilità che in queste parole vi fosse anche una sola
briciola di verità. Per parte mia, posso attestare che, durante il discor-
so di Bebel, van Kol, rappresentante dell'ala destra dei socialisti, il
quale sedeva accanto a ine alla presidenza, stava precisamente attento
per vedere se Bebel avrebbe o no menzionato la Russia. E non appena
Bebel terminò, van Kol si rivolse a me esprimendo la propria sorpre-
sa; egli non dubitava (come non dubitava nessun serio delegato al con-
gresso) che Bebel si fosse dimenticato fortuitamente della Russia. An-
che i migliori e più abili oratori commettono degli errori. Chiamare
« caratteristica » una dimenticanza del vecchio Bebel è, a mio avviso,
sommamente ingiusto da parte del compagno Voinov. Ed è allo stesso
modo altrettanto profondamente ingiusto parlare in generale di un
« odierno » Bebel opportunista. Non ci sono dati per una simile gene-
ralizzazione.
Ma, allo scopo di non suscitare malintesi, dirò subito che, se qual-
cuno cercasse di utilizzare queste espressioni del compagno Voinov
contro i socialdemocratici rivoluzionari tedeschi, ciò equivarrebbe a
staccare disonestamente alcune singole frasi dal contesto, Il compagno
PREFAZIONE ALL’OPUSCOLO DI VOINOV
151
Voinov ha sufficientemente dimostrato con tutto il suo opuscolo che
egli è dalla parte dei marxisti rivoluzionari tedeschi (come Kautsky) e
che assieme ad essi lavora per eliminare i vecchi pregiudizi, i luoghi
comuni opportunistici e la miope sicumera. Ecco perché a Stoccarda
sono stato in tutto ciò che era essenziale solidale col compagno Voi-
nov e sono ora solidale con lui in tutto il carattere della sua critica ri-
voluzionaria. Egli ha mille volte ragione quando dice che bisogna che
noi oggi impariamo non solo dai tedeschi, ma anche sul loro esempio.
Solo degli ignoranti che non abbiano ancora imparato nulla dai tede-
schi, e che perciò non conoscono l’abbiccì, possono dedurne che esista
un « dissenso » tra i socialdemocratici rivoluzionari. Noi dobbiamo
criticare gli errori dei capi tedeschi senza paura e apertamente, se vo-
gliamo essere fedeli al marxismo e aiutare i socialisti russi a porsi al-
l’altezza dei compiti odierni del movimento operaio. Indubbiamente
Bebel ha commesso un errore anche a Essen, quando ha difeso Noske,
quando ha sostenuto che si doveva distinguere tra guerra difensiva e
offensiva, quando si è scagliato contro il metodo di lotta che i « radi-
cali » impiegavano contro van Kol, quando ha negato (assieme a Sin-
ger) l’insuccesso e l’erroneità della tattica della delegazione tedesca a
Stoccarda. Noi dobbiamo non già nascondere questi errori, ma, valen-
doci del loro esempio, mostrare che i socialdemocratici russi devono
imparare a evitarli, devono soddisfare le esigenze piu severe del mar-
xismo rivoluzionario. E non si provino i meschini anarchici e sindaca-
listi, i liberali e i socialisti-rivoluzionari russi a rallegrarsi malignamen-
te per la nostra critica di Bebel. A questi signori diremo: può capitare
alle aquile di abbassarsi anche piu in giu delle galline, ma mai alle gal-
line di innalzarsi come le aquile.
Un po’ piu di due anni fa il signor Struve, che allora propugnava
la rivoluzione, scriveva che erano necessarie azioni rivoluzionarie aperte
e assicurava che la rivoluzione doveva diventare potere, questo stesso
signor Struve scriveva nel n. 71 AeWOsvobozdenie, pubblicato all este-
ro: « Confrontato col rivoluzionarismo dei signori Lenin e soci il rivo-
luzionarismo della socialdemocrazia dell’Europa occidentale, quello di
Bebel, e persino di Kautsky, è opportunismo ». Rispondevo allora al
signor Struve: « Dove e quando ho preteso di creare nella socialde-
mocrazia internazionale una tendenza particolare non identica a quella
152
LENIN
Idi Bebel e di Kautsky? » ( Due tattiche „ p. 50 dell’edizione russa **).
Nell’estate del 1907 mi è capitato di osservare, in un opuscolo
sulla questione del boicottaggio della terza Duma, che sarebbe radical-
mente sbagliato identificare il bolscevismo con il boicottismo o il
boievismo.
Oggi a proposito della questione dei sindacati è necessario sotto-
lineare altrettanto risolutamente che il bolscevismo segale la tattica
della socialdemocrazia rivoluzionaria in tutti i campi di lotta, in tutti
i campi di attività. La differenza tra il bolscevismo e il menscevismo
non sta nel fatto che il primo « neghi » il lavoro nei sindacati o nelle
cooperative, ecc., ma nel fatto che il primo segue una lìnea diversa
nel lavoro di propaganda, agitazione e organizzazione della classe ope-
raia. Oggi Fattività nei sindacati acquista, senza dubbio, un'enorme
importanza. In contrapposizione al neutralismo dei menscevichi, noi
dobbiamo svolgere quest'attività ponendoci lo scopo -di avvicinare i
sindacati al partito, di sviluppare la coscienza socialista, e di compren-
dere i compiti rivoluzionari del proletariato. Nell’Europa occidentale
il sindacalismo rivoluzionario è stato in molti paesi il risultato diretto
e inevitabile dell’opportunismo, del riformismo e del cretinismo par-
lamentare. Anche da noi i primi passi dell’« attività alla Duma » hanno
immensamente rafforzato l’opportunismo, hanno condotto i menscevi-
chi sino al servilismo nei confronti dei cadetti. Plekhanov, per esem-
pio, nel suo ordinario lavoro politico si è unito di fatto ai signori
Prokopovic e Kuskova. Nel 1900 egli si scagliò contro di loro, accu-
sandoli di bernsteinismo, perché contemplavano soltanto le « parti
posteriori » del proletariato russo ( Vademecum per la redazione del m
« Rahoceie Dielo », Ginevra, 1900). Negli anni 1906-1907 le prime
schede elettorali gettavano Plekhanov tra le braccia di questi signori,
che oggi contemplano le « parti posteriori » del liberalismo russo. Il
sindacalismo non può non svilupparsi sul terreno russo come reazione
contro questa vergognosa condotta di « eminenti » socialdemocratici.
In maniera del tutto giusta, perciò, il compagno Voinov definisce
la propria linea, invitando i socialdemocratici ad imparare r«//'esempio
dell’opportunismo e j«//’esempio del sindacalismo. Lavoro rivoluzio-
nario nei sindacati; spostamento del centro di gravità dai trucchi par-
lamentari all’educazione del proletariato, all’unione compatta di orga-
nizzazioni puramente classiste, alla lotta extraparlamentare; capacità
PREFAZIONE ALL’OPUSCOLO DI VOINOV
153
di utilizzare (e preparazione delle masse alla possibilità di utilizzare
con successo) lo sciopero generale, nonché le « forme di lotta del di-
cembre » nella rivoluzione russa, tutto questo emerge con forza parti-
colare quale compito della corrente bolscevica. E l’esperienza della
rivoluzione russa ci agevola enormemente questo compito, ci fornisce
ricchissime indicazioni pratiche, ci fornisce una massa di materiale sto-
rico che consente di valutare in tutta concretezza i nuovi metodi di
lotta, lo sciopero di massa e l’impiego della violenza diretta. Questi
metodi di lotta sono tutt’altro che « nuovi » per i bolscevichi russi,
per il proletariato russo. Sono « nuovi » per gli opportunisti, che si
sforzano di sradicare a tutti i costi dal ricordo degli operai, in Occi-
dente la Comune, in Russia il dicembre 1905. Consolidare questi ri-
cordi, studiare scientificamente questa grande esperienza *, diffondere
tra le masse i suoi insegnamenti e la consapevolezza dell’ineluttabilità
che questa esperienza si ripeta con .una nuova ampiezza, questo com-
pito dei socialdemocratici rivoluzionari in Russia ci pone prospettive
immensamente più ricche di contenuto che non l’unilaterale « antiop-
portunismo » e « antiparlamentarismo » dei sindacalisti.
Contro il sindacalismo come corrente particolare il compagno Voi-
nov ha formulato quattro accuse (pp. 19 e sgg. del suo opuscolo)
che con molto rilievo ne tratteggiano la falsità: 1 ) « friabilità anar-
chica dell’organizzazione»; 2) eccitazione nervosa degli operai invece
della creazione di un saldo « baluardo dell’organizzazione di classe »;
3) tratti individualistico-piccolo-borghesi dell’ideale e della teoria prou-
dhoniana; 4) assurda «avversione per la politica».
Qui ci sono non pochi tratti di somiglianza col vecchio « econo-
mismo » esistito tra i socialdemocratici russi. Io non sono perciò così
ottimista quanto il compagno Voinov circa la «conciliazione» con la
socialdemocrazia rivoluzionaria degli economisti che sono passati al
sindacalismo. Penso anche che non siano affatto pratici i progetti del
compagno Voinov a proposito di un « Consiglio, operaio generale ».
* È naturale che i cadetti studino oggi con amore la storia delle due^ Dume.
È naturale che . essi vedano una perla dell’attività creativa nelle trivialità e nei
tradimenti del liberalismo alla Rodicev-Kutler. È naturale che essi falsifichino
la storia, passando sotto silenzio le loro trattative con la reazione, ecc. Non è
naturale che i socialdemocratici non studino con amore rottobre-dicembre 1905
benché ogni giorno di questo periodo abbia avuto cento volte piu importanza
per le sorti di tutti i popoli della Russia, e della classe operaia in particolare,
delle frasi «leali» di Rodicev alla Duma.
134
LENIN
nella funzione di superarbitro, con la partecipazione dei socialisti-rivo-
luzionari. Si tratta di un miscuglio della « musica dell’avvenire » con
le forme organizzative del presente. Ma non temo in alcun modo le pro-
spettive del compagno Voinov: « subordinazione delle organizzazioni
politiche a un’organizzazione sociale di classe»... « solo allorché [con-
tinuo a citare il compagno Voinov, sottolineando le parole essenziali]...
tutti i sindacalisti saranno socialisti ». L’istinto di classe della massa
proletaria ha cominciato già oggi a manifestarsi con tutta la sua forza
in Russia. Già oggi quell’istinto dà enormi garanzie sia contro l’amor-
fismo organizzativo dei socialisti-rivoluzionari che contro la piaggeria
di fronte ai cadetti dei menscevichi. Già oggi possiamo dire arditamente
che l’organizzazione operaia di massa in Russia (qualora si costituisca,
e nella misura in cui si costituisce per un momento, non foss’altro che
per le elezioni, gli scioperi, le dimostrazioni, ecc.) sarà senza fallo più
di tutto vicina al bolscevismo, alla socialdemocrazia rivoluzionaria.
L’avventura di un « congresso operaio » viene dal compagno Voi-
nov giustamente trattata come un’impresa « poco seria ». Lavoreremo
con energia nei sindacati, lavoreremo in tutti i campi alla diffusione
della teoria rivoluzionaria del marxismo tra il proletariato e alla crea-
zione di un « baluardo » dell’organizzazione di classe. Tutto il resto
verrà da sé.
Scritta nel novembre 1907.
Pubblicata per la prima voha
nel 1933 in Miscellanea di Lenin, XXV.
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
Scritto nell'estate del 1907
Pubblicato per la prima volta nel 1908
LÀ QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
157
X
U« opera» di E . David , il Bulgakov tedesco
Il libro di Ed. David 11 socialismo e l'agricoltura costituisce un
compendio particolarmente grossolano e voluminoso dei metodi e ra-
gionamenti sbagliati che abbiamo visto nei signori Bulgakov, Herz,
Cemov. Potremmo perciò passar completamente sotto silenzio David.
Ma poiché oggi la sua « opera » è indubbiamente la piu importante
opera del revisionismo nella questione agraria, riteniamo necessario
caratterizzare ancora una volta il modo in cui scrivono opere dotte i
signori revisionisti.
Numerose .sono le osservazioni parziali sulla questione delle mac-
chine nell’agricoltura fatte da David negli altri capitoli, ed oltre a ciò
egli consacra interamente a questo tema il IV capitolo del suo libro
(pp. 115-193 della traduzione russa). L’autóre esamina nel modo più
particolareggiato centinaia di particolarità tecniche e affoga in esse la
sostanza economica della questione. Nell’agricoltura le macchine non
hanno la stessa funzione che nell'industria; nellagricoltura non c’è un
motore centrale; la maggior parte delle macchine funzionano solo tem-
poraneamente; una parte di esse non determina un risparmio nelle
spese di produzione, ecc. ecc. David considera che simili conclusioni
(cfr. pp. 190-193, riassunto sulla questione delle macchine) possono
confutare la teoria marxista! Ma questa è una complicazione, e non un
chiarimento del problema. L’arretratezza dell’agricoltura in confronto
all’industria di trasformazione non dà luogo al minimo dubbio; non
c’è neanche bisogno di dimostrarlo. Enumerando ad uno ad uno i punti
in cui si manifesta quest’arretratezza, accumulando esempi su esempi
e casi su casi, David non fa che spostare il vero oggetto dell’indagine:
l’impiego delle macchine ha o no un carattere capitalistico? lo svi-
158
LENIN
luppo dell’impiego delle macchine è o no legato allo sviluppo del-
l’agricoltura capitalistica?
Egli non capisce affatto come il marxista deve necessariamente
impostare la questione. In sostanza, il modo di vedere di David è il
modo di vedere del piccolo borghese, che, temendo di esaminare tutta
Pevoluzione sociale nel suo insieme, si consola pensando al progresso
relativamente lento del capitalismo. Sulla questione delle macchine agri-
cole, per esempio, David cita Bensing, lo cita un numero infinito di
volte 70 (pp. 125, 135, 180, 182, 184, 186, 189, 506 e altre della
traduzione russa). Il nostro David, si può dire, estenua veramente il
lettore, passando, senza un’elaborazione del materiale, senza un nesso,
senza un’impostazione ponderata della questione, senza scopo, da par-
ticolare a particolare; e non facendo quindi un bilancio delle conclu-
sioni di Bensing. Ciò che dissi nel 1901 contro il signor Bulgakov è
interamente valido anche per David 71 . In primo luogo, il bilancio
delle conclusioni di Bensing mostra l’indiscutibile superiorità delle
aziende che impiegano macchine su quelle che non ne impiegano. Nes-
suna « correzione » di Bensing nei minuti particolari (di cui David ha
riempito il suo libro) può mutare la conclusione. David passa sotto
silenzio questa conclusione generale esattamente allo stesso modo del
signor Bulgakov ! In secondo luogo, citando infinite volte Bensing senza
senso e senza nesso, David, come il signor Bulgakov, non si è accorto
delle concezioni borghesi di Bensing sulle macchine sia nell’industria che
nell’agricoltura. In una parola, David non comprende nemmeno l’aspet-
to economico-sociale della questione. Egli non sa generalizzare e con-
nettere i dati di fatto che attestano la superiorità della grande azienda
sulla piccola. In definitiva nulla resta se non la lamentazione reazio-
naria del piccolo borghese che ripone le proprie speranze nell’arre-
tratezza della tecnica, nella lentezza dello sviluppo del capitalismo. Il
cadetto di destra e « cristiano » rinnegato signor Bulgakov è teorica-
mente del tutto uguale all’opportunista socialdemocratico David.
David non comprende il lato economico-sociale della cosa nem-
meno in altre questioni, non lo comprende irrimediabilmente. Consi-
derate la sua tesi fondamentale, la sua idea prediletta, il « nocciolo »
del suo scritto: la vitalità della piccola produzione neiragricoltura e
la sua superiorità rispetto alla grande produzione. Chiedete a David:
che cos’è la piccola produzione?
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
159
A p. 29, nota, troverete una risposta precisa: « In tutti i casi
in cui parliamo di piccola produzione intendiamo una categoria eco-
nomica che funziona senza il costante aiuto altrui e senza un’industria
collaterale ». Ciò è goffamente e scorrettamente tradotto dal signor
Grossmann, ma è pur sempre più meno chiaro. Dopo di ciò siete in
diritto di aspettarvi che David esamini le condizioni della piccola agri-
coltura ( in base aW estensione della superficie ) dal punto di vista del-
Timpiego del lavoro salariato o della sua vendita da parte dell’agri-
coltore.
Niente di tutto questo .
In nulla si manifesta con tanto rilievo la natura borghese di Da-
vid quanto nel fatto che egli ignora nella maniera più completa la que-
stione dell’impiego del lavoro salariato da parte dei « piccoli » agri-
coltori e della trasformazione di questi ultimi in operai salariati. La
ignora nella maniera più completa: è letteralmente esatto. Nella sta-
tistica tedesca non mancano i dati in proposito; li cita in succinto
Kautsky nella sua Questione agraria (e sono stati da me citati parti-
colareggiatamente 7Z ). David conosce questa statistica, e non analizza
questi dati. Egli si richiama un mucchio di volte a singole mono-
grafie e ignora completamente i loro dati su questa questione. In una
parola, il piccolo borghese passa completamente sotto silenzio la que-
stione dei « lavoranti » presso il contadino intraprendente.
Ecco gli esempi.
A p. 109 leggiamo: « In generale, nell’orticoltura, esattamente
come nell’agricoltura, prospera la piccola produzione ».
Voi v’aspettate le prove. Vi si dà la seguente, e soltanto la se-
guente:
« Secondo i dati della statistica industriale * del 1895, su 32.540
aziende addette alla frutticoltura e all’orticoltura 13.247 = 40% erano
di un’estensione inferiore alle 20 are; 8.257 = 25% erano da 20 a
50 are; 5.707 = 14% erano da 50 are a 1 ettaro ; 3.397 = 10%
erano di un’estensione da 1 a 2 ettari e solo in 1.932 = 6% la su-
perficie della terra occupata era di 2 ettari e più ».
È tutto. Questo dovrebbe provare la prosperità della piccola pro-
* Ciò che il signor Grossmann, redattore della traduzione, ha tradotto cosi
era, evidentemente, Qetriebsstatistik . Che guaio con le traduzioni russe! Bisognava
dire: « della statistica delle imprese agricole ».
160
LENIN'
duzione neirorticoltura. Questo dovrebbe essere considerato lavoro
scientifico dell’erudito in agronomia, David. Se è cosi, rinunciamo a
capire che cos’è che si chiama ciarlataneria nella scienza,
Solo il 6% possiede 2 e più ettari a testa, dice David. Accanto,
nella stessa statistica dalla quale egli prende queste cifre, ci sono i
dati sulla quantità di terra di questo 6%. David non parla di questi
dati. E non ne parla perché demoliscono la sua teoria. « Nelle mani
di 1.932 proprietari, cioè del 5,94% di tutti gli orticoltori », scrivevo
io, proprio a proposito di questi dati 73 , « è concentrata più della metà,
il 51,39% », di tutta la terra coltivata a ortaggi destinati al mercato.
Di questi 1.932 orticoltori, 1.441 possiedono da 2 a 5 ettari a testa
di terra" coltivata a orto; essi hanno in media 2,76 ettari coltivati a
orto e in generale possiedono 109,6 ettari a testa; 491 orticoltori con
5 e più ettari di terra a orto ne hanno in media 16,54 coltivato a
orto e complessivamente 134,7 (ivi).
Il solo 6% degli orticoltori concentrano quindi il 51,39% di
tutta la terra coltivata a orto. Si tratta di grandi capitalisti, per i quali
gli orti sono un complemento dell’agricoltura capitalista (aziende da
50 e 135 ettari). L’orticoltura, quindi, è enormemente concentrata in
senso capitalistico. E David ha... il coraggio di affermare che « la pic-
cola produzione prospera », cioè prospera la produzione senza lavoro
salariato. Egli non fornisce dati che stabiliscano quali sono le dimen-
sioni dell’azienda che nell’ orticoltura mercantile richiedono l’aiuto de-
gli operai salariati.
Cosi il dotto David si serve della statistica. Un esempio del suo
modo di servirsi delle monografie è dato dallo stesso famigerato Hecht
al quale si richiamavano i signori Bulgakov, Herz, Cernov 7 \ Nella sua
«opera» David compendia Hecht in due pagine (pp. 394-395). E
come lo compendia? Nemmeno un cenno al lavoro salariato . Nem-
meno un cenno al fatto che Hecht abbellisce il « domicilio fisso » del-
l’operaio di fabbrica con un palmo di terra, mettendo insieme gli ope-
rai e i contadini agiati. Nemmeno un cenno al fatto che, accanto alla
« prosperità » di un piccolo numero di contadini agiati, la massa si
trova in condizioni tali da essere costretta persino, vendendo latte, a
sostituire quest’ultimo con la margarina, più a buon mercato,
LA QUESTIONE AGRARIA EI« CRITICI DI MARX »
161
David non solo non lo dice, ma dichiara persino che « Hecht
cita dati straordinariamente interessanti sulle elevate esigenze di que-
sti contadini» (p. 395). Una piu grossolana apologetica borghese è
difficile figurarsela.
A proposito, in merito a questa osservazione di Hecht sulla ven-
dita del latte da parte dei contadini per comprare la margarina, piu
a buon mercato: parrebbe che questo dovesse essere un fatto notis-
simo per un economista. Già nel 1847 Marx, nella Miseria della filo -
sofia , faceva notare questo peggioramento dell'alimentazione popolare
dovuta al capitalismo 7 \ In Russia fin dai tempi di Engelhardt 76 (anni
settanta) tutti coloro che avevano studiato con più o meno onestà
il progresso del capitalismo neirindustria lattiero-casearia avevano molte
e molte volte rilevato questo fenomeno. Il « dotto » David non l’ha
rilevato. Egli persino ridacchia degli accenni in tal senso dei socialisti.
Nelle pp. 427-428 del libro di David leggiamo i motteggi con-
tro Kautsky, il quale dice che i centri di raccolta del latte, svilup-
pandone la vendita da parte dei contadini, peggiorano la loro alimen-
tazione. Perché il lettore possa giudicare secondo il suo valore il po-
pulista tedesco David, citeremo le sue autentiche parole;
« ... Tutte le altre persone hanno Tabitudine, se percepiscono una maggiore
entrata, di impiegarne qualcosa anche a vantaggio del proprio stomaco. Tale è,
per cosi dire, la natura deiruomo: egli mangia molto volentieri qualcosa di me-
glio, appena ha un po’ più di denaro per farlo. Ed ecco che — e ciò è somma-
mente strano — il solo contadino, il quale, grazie alla cooperativa, ha avuto,
per generale riconoscimento, più denarc che in passato in cambio del suo latte
e dei suoi maiali, agisce in maniera affatto diversa dagli altri mortali », ecc. ecc. ecc.
A questa buffonata del piccolo borghese reazionario non vai na-
turalmente nemmeno la pena di rispondere. Basta mostrarla al pub-
blico dei lettori, basta portarla alla luce del sole di sotto la congerie
di citazioni agronomiche senza alcun nesso tra di loro e disseminate
in 500 pagine. Basta notare che l’apologeta borghese Hecht, citato
da David , riconosce anche lui il peggioramento dell’alimentazione come
un fatto dovuto alla sostituzione del latte, venduto, con la margarina
a buon mercato. Ciò si riferisce alla Germania meridionale, alla re-
gione in cui predomina la piccola azienda contadina. Da un’altra re-
162
LENIN
gione — la Prussia orientale — abbiamo un’indicazione del tutto ana-
loga di Klawki 77 : i piccoli contadini « usano pochissimo il burro e il
latte intero ».
Si può seguire, decisamente in tutte le questioni toccate da Da-
vid la sua apologetica borghese. Egli decanta in decine di pagine (413-
435 e altre), per esempio, le cooperative lattiero-casearie della Ger-
mania e della Danimarca. E cita anche la statistica..., ma per Patimento
del numero delle cooperative! I dati della statistica tedesca sulla con-
centrazione della produzione lattiero-casearia « cooperativa » nelle mani
delle grandi aziende capitalistiche 78 non li riporta. I David non si
accorgono che simili dati esistono nella statistica di cui si servono!
« I contadini danesi organizzati in cooperative — dice David —
hanno superato persino le farms private dei grandi proprietari ter-
rieri ». Segue un esempio: una citazione dal 46° rapporto di un labo-
ratorio sperimentale, in cui si osserva che il burro delle cooperative è
di qualità migliore di quello del grande proprietario fondiario. E Da-
vid continua:
« Tali risultati sono stati conseguiti da contadini che un tempo nelle loro
piccole aziende preparavano soltanto burro di qualità inferiore, per il quale
ricavavano appena la metà del prezzo che ricevevano i grandi proprietari. Inoltre
qui si tratta , in sostanza , di contadini medi e piccoli [il corsivo è di David].
Nel 1898 in Danimarca cerano 179.740 vaccherie; fra queste solo 7.544, cioè
il 4%, avevano 30 e piu vacche ciascuna; 49.371, cioè il 27,82%, avevano
ciascuna da 10 a 29 vacche; 122.589, cioè 68,97%, avevano meno di 10 capi di
bestiame. Una buona metà di queste ultime, e precisamente 70.218 vaccherie
— ciò che rappresenta il 39,85% del totale — possedevano soltanto da 1 a
3 vacche, cioè appartenevano alle piccole aziende. Che tra le piccole aziende
contadine una maggioranza considerevole partecipi ad organizzazioni cooperative
è dimostrato dal fatto che nel 1900, su un totale di circa 1.100.000 vacche da
latte esistenti in Danimarca, il latte di circa 900.000 vacche veniva consegnato a
cooperative lattiero-casearie» (p. 424).
Cosi argomenta il dotto David. Dai dati precisi sulla ripartizione
del numero delle vacche nelle aziende dei vari gruppi egli rifugge, non
gli piace citarli. Ma già dalle cifre slegate che cita si vede ch'egli tra-
visa completamente la realtà. Confrontando il numero complessivo
delle vacche con la suddivisione delle vaccherie in base al numero dei
capi di bestiame in esse presenti, otteniamo un quadro, per la verità
la Questione agraria e i « critici di marx »
163
approssimativo *, ma che indubbiamente, nel suo complesso, corri-
sponde alla realtà:
Danimarca
Numero
delle aziende
(in migliaia)
Numero
delle loro vacche
(in migliaia)
Vacche
per azienda
Aziende con 1- 3 vacche
70
100
1,43
» » 4- 9 »
52
250
4,81
» » 10-29 »
49
550
11,2 2
» » 30 e più »
8
200
25,00
In complesso
179
1.100
6,14
Da queste cifre si vede, in primo luogo, che la concentrazione
delTallevamento lattiero-caseario in Danimarca è molto grande. 750.000
vacche su 1.100.000, cioè più di due terzi del totale , appartengono alle
grandi aziende : 57.000 su 179.000, cioè meno di un terzo del totale
degli agricoltori. Simili aziende non fanno certamente a meno del la-
voro salariato, poiché hanno 10 e piu vacche ciascuna. Quindi David
« non si è accorto » che le dimensioni dell’azienda per Pallevamento qui
non sono affatto piccole; gli agricoltori danesi non si possono giudi-
care in base alla quantità di terra. David « non si è accorto » che a
un grandissimo numero di piccole aziende spetta qui, come dovunque
e sempre nell’agricoltura capitalistica, una quota parte insignificante
della produzione complessiva. I piccoli agricoltori sono 70.000, cioè
quasi il 40%, ma hanno un undicesimo del numero complessivo del-
le vacche.
In secondo luogo, le cifre riportate dimostrano che dei benefici
delle cooperative anche in Danimarca, come in Germania, fruiscono
* Queste cifre sono approssimative, in primo luogo, perché il numero delle
vacche è dato per il 1900 e il numero delle aziende per il 1898; in secondo
luogo, perché si è dovuto determinare approssimativamente il numero delle vacche
per gruppi di azienda, in quanto in David non vi sono cifre precise. La quota
parte della grande azienda Tabbiamo presa inferiore alla realtà: 7544 aziende
hanno 30 e più vacche ciascuna. Questo ci dà, anche se si assume il minimo,
cioè 30 vacche per azienda, 7544 X 30 = 226.320 vacche. Abbiamo assunto la
cifra minima poiché altrimenti le dimensioni delle piccole aziende si approssi-
mavano eccessivamente ai limiti minimi, e non a quelli massimi, dei gruppi.
164
LENIN
principalmente ì capitalisti. Se, su 1.100.000 vacche, viene consegnato
alle latterie il latte di 900.000, vuol dire che 200.000 vacche restano
escluse dai « benefici » dello smercio cooperativo. Si tratta prevalen-
temente delle vacche degli agricoltori piu piccoli, poiché in base ai
dati relativi alla Germania abbiamo visto che tra le aziende con non
più di 2 ettari solo lo 0,3% del numero complessivo partecipa alle
cooperative lattiero-casearie, mentre tra le aziende con 100 e più et-
tari, vi partecipa il 35,1%. Tutto induce quindi a supporre che i
piccoli agricoltori (70000 agricoltori con 100.000 vacche) fruiscono
meno di tutti gli altri dei vantaggi dello smercio cooperativo.
L'esempio della Danimarca batte in pieno David, dimostrando che
nella produzione dei prodotti lattiero-caseari predominano precisamente
non le piccole e le medie, ma le grandi aziende.
Per ravvivare un po' queste aride cifre e tabelle, per mostrare
il carattere di classe dell'agricoltura borghese (completamente ignorato
dairottuso piccolo borghese David), citeremo un fatto rilevante dalla
storia del movimento operaio in Danimarca. Nel 1902 gli armatori da-
nesi diminuirono la paga ai fuochisti. Questi ultimi risposero con lo
sciopero. Il sindacato di tutti i portuali li appoggiò, facendo cessare
anch’esso il lavoro. Ma... non si potè rendere lo sciopero generale, non
si potè estenderlo a tutti i porti della Danimarca. « Non si riuscì a
trascinare allo sciopero il porto di Esbjerg [sulla costa occidentale della
Danimarca, importante per il commercio con lTnghilterra j , che ha
tanta importanza nell’esportazione dei prodotti agricoli danesi, giac-
ché le cooperative agricole avevano dichiarato che avrebbero imme-
diatamente inviato il numero necessario di propri membri per il la-
voro di carico delle navi; i contadini danesi non avrebbero permesso
che si arrestasse Tesportazione dei loro prodotti. » *
Dunque le cooperative danesi si schierarono a fianco dei padroni
armatori contro gli operai e fecero fallire lo sciopero. È del tutto
comprensibile, naturalmente, che i farmers capitalisti che avevano cia-
scuno 10 e più vacche appoggiassero i capitalisti contro gli operai.
Incomprensibile è però che si autodefiniscano socialisti degli Scrittori
dello stampo di David, che dissimulano la lotta di classe.
* Emil Helms, Die sozialdemokratiscbe und gew er k s eh af diche Bewegung
in Dànemark , Leipzig, 1907, p. 138,
LA QUESTIONE AGRÀRIA E I « CRITICI 01 MARX »
165
Sul problema della combinazione delle aziende con industrie agri-
cole (produzione dello zucchero, distillazione dell’acquavite, ecc.) Da-
vid commette esattamente lo stesso errore del signor Bulgakov. Come
il professore russo, il « dotto » opportunista tedesco si è limitato a
trascrivere tabelle da un’inchiesta tedesca, senza pensare a che cosa
queste tabelle si riferissero! Kautsky afferma che la produzione dello
zucchero è un esempio di grande industria agricola. A confutazione di
ciò, David riporta, come Bulgakov, cifre attestanti che le piccole
aziende combinate con industrie agricole sono in confronto alle grandi,
piu numerose (David, pp. 406, 407, 410). Che in generale le pic-
cole aziende siano più numerose delle grandi il dotto statistico l’ha
dimenticato. Invece di determinare la percentuale delle aziende com-
binate con industrie agricole rispetto al numero complessivo delle
aziende di un dato gruppo, egli ha trascinato una tabella che dà la per-
centuale di tali aziende esistenti nei vari gruppi rispetto al numero
complessivo delle aziende. Ho già fatto notare particolareggiatamente
quest’errore del signor Bulgakov più sopra 79 . Resta solo da osservare
che l’altrettanto scientificamente onesto E. David non s’è nemmeno lui
dato la pena di dare un’occhiata ai dati sulla percentuale di terra semi-
nata a barbabietole che si trova nelle mani dei capitalisti.
Fino a quali comici limiti giunga l’identità delle anime dell’op-
portunista tedesco e del professore liberale russo si può vedere dal
fatto che essi non solo utilizzano la statistica in maniera ugualmente
negligente e superficiale, ma citano anche Marx in maniera ugual-
mente negligente. Come Bulgakov, David ammette la « legge della fer-
tilità decrescente del terreno ». Egli cerca, è vero, di esporla con par-
ticolari limitazioni, di contornarla di particolari condizioni, ma la cosa
non ne risulta in alcun modo migliorata. A p. 476 David dice, per
esempio, che « questa legge non riguarda il problema delle variazioni
della produttività al passaggio da un livello tecnico-scientifico ad un
altro. La legge contempla esclusivamente le variazioni della produt-
tività allo stesso e identico livello tecnico-scientifico ». Si tratta ap-
punto di quella limitazione alla famigerata legge, da me indicata con-
tro il signor Bulgakov B0 ; aggiungevo allora, inoltre, che questa sarebbe
stata una « legge » « tanto relativa che non si può neanche parlare di
una legge, e neppure di una particolarità essenziale dell* agricoltura ».
Frattanto David continua a elevare questa legge a una panico-
166
LENIN
larità dell'agricoltura. Ne risulta una confusione inimmaginabile, poi-
ché, restando immutate le condizioni « tecnico-scientifiche », anche nel-
l'industria gli investimenti supplementari di capitale vengono ad essere
estremamente limitati.
« L'arretratezza dell'agricoltura — dice David nel capitolo con-
clusivo — si spiega, in primo luogo, col conservatorismo delle forze
organiche della natura , che si esprime nella legge dei raccolti decre-
scenti » (501). In questa conclusione è già stata gettata a mare la
tesi testé formulata secondo cui la « legge » non si riferisce ai pas-
saggi a un livello tecnico superiore! Il « conservatorismo delle forze
della natura » è semplicemente un sotterfugio verbale del filisteismo
reazionario, incapace di capire le condizioni sociali che particolarmente
frenano lo sviluppo delPagricoltura. David rivela l’incapacità di capire
ciò che a queste condizioni sociali appartiene; in primo luogo, le so-
pravvivenze del feudalesimo nell'agricoltura, la mancanza di diritti dei
salariati, ecc. ecc., e, in secondo luogo, la rendita fondiaria , che fa au-
mentare i prezzi e fissa le alte rendite nel prezzo della terra .
« Noi pensiamo — scrive David — che oggi l’agricoltura tedesca
non potrebbe produrre la quantità necessaria di grano, data la produt-
tività che, grazie alla produzione d'oltre oceano, si considera normale
dal punto di vista dell'economia mondiale. La legge dei raccolti decre-
scenti non consente, senza un abbassamento della produttività, di au-
mentare illimitatamente la quantità dei prodotti su una superficie di
terra limitata» (p. 519); in David quest’ultima frase è sottolineata.
Vogliate dare un'occhiata a quest economista! Egli dichiara che
la « legge » dei raccolti decrescenti contempla esclusivamente le varia-
zioni della produttività allo stesso e identico livello tecnico-scientifico
(476). E la conclusione suona; « La legge non consente di aumentare
“illimitatamente” la quantità dei prodotti » (519)! Da che cosa si de-
sume che l’agricoltura tedesca non potrebbe essere elevata a un suc-
cessivo « livello tecnico-scientifico » se non lo impedisse la proprietà
privata della terra, se non lo impedisse l’aumento della rendita, se non
lo impedisse la mancanza di diritti, ravvilimento e l’umiliazione del
salariato, se non lo impedissero gli assurdi privilegi medioevali de-
gli junker?
L'apologeta borghese cerca naturalmente di ignorare le cause so-
LA QUESTIONE AGRARIA E 1 « CRITICI DI MARX »
167
ciali c storiche dell’arretratezza dell’agricoltura, riversandone la colpa
sul « conservatorismo delle forze della natura » e sulla « legge della
fertilità decrescente ». Il contenuto di questa famigerata legge nuH’al-
tro è che apologetica e ottusità.
E per dissimulare il suo vergognoso ripiegamento verso i vecchi
pregiudizi deireconomia borghese, David, esattamente come Bulgakov,
ci offre un falso richiamo a Marx. David cita la stessa pagina del
III volume del Capitale (III. B., IL Theil, S. 277) che è stata citata
anche dal signor Bulgakov! (Cfr. p. 481 di David e piu sopra Pesame
del signor Bulgakov 8I ).
Ciò che è stato detto da me dell’ onestà scientifica del signor
Bulgakov si riferisce in tutto e per tutto anche a David. Il signor Bul-
gakov ha travisato una citazione da Marx, David si è limitato a ripor-
tare le prime parole della stessa citazione: « Per quanto riguarda la
produttività decrescente del terreno in successivi investimenti di capi-
tale, si consulti Liebig » (Das Kapital , III B., II Theil, S. 277) 82 .
Come Bulgakov, David ha travisato Marx, avendo presentato la cosa
al lettore come se si trattasse delPunica osservazione di Marx. In realtà,
ripetiamo, chiunque abbia letto il III volume del Capitale (e la se-
conda parte del secondo volume delle Theorien uber den Mehrweri)
sa il contrario. Marx fa vedere decine di volte che il caso di una dimi*
milione della produttività degli investimenti supplementari di capitale
è da lui considerato del tutto legittimo e possibile quanto lo è il caso
di un aumento della produttività degli investimenti supplementari di
capitale.
In una nota a p. 481 David promette di esaminare in futuro il
nesso esistente tra questa legge e la rendita, nonché di « esaminare cri-
ticamente il tentativo di Marx di sviluppare e ampliare la teoria della
rendita, dopo aver respinto le ragioni addotte da Malthus e Ricardo ».
Osiamo predire che Tesarne critico di David sarà una ripetizione
dei pregiudizi borghesi à la signor Bulgakov o... à la compagno Maslov.
Passiamo all’esame di un’altra tesi radicalmente sbagliata di Da-
vid. Confutare la sua apologetica o il suo travisamento della statistica
è già un lavoro molto ingrato. Per la questione alla quale passiamo
abbiamo alcuni nuovi dati che ci consentono di contrapporre il quadro
effettivo della realtà alle teorie dell’odierno filisteismo.
168
LENIN
XI
L'allevamento nella piccola e nella grande azienda
Difendendo la piccola produzione, i « critici » o bernsteiniani
nella questione agraria si richiamano con particolare frequenza alla
seguente circostanza. Per una data unità di superficie agraria i piccoli
agricoltori tengono incomparabilmente piu bestiame dei grandi. Quindi
— essi dicono — i piccoli agricoltori concimano meglio il terreno.
La loro azienda è tecnicamente superiore poiché la concimazione ha
una funzione decisiva nell’odierna agricoltura, e il concime che si ha
dal bestiame tenuto nell’azienda supera di molte volte tutti i con-
cimi artificiali.
Nel suo libro II socialismo e l'agricoltura Ed. David conferisce
a quest’argomento un valore decisivo (pp. 326, 526,-527 della tra-
duzione russa). Egli scrive in corsivo: «il letame è l’anima dell’agri-
coltura» (p. 308), e fa di questa verità la base principale della sua
difesa della piccola agricoltura. Egli cita la statistica tedesca, la quale
mostra che nelle piccole aziende si mantiene, per unità di superficie,
assai più bestiame che nelle grandi. David è convinto che questi dati
decidano definitivamente a suo vantaggio la questione della superio-
rità della grande o della piccola produzione nell’agricoltura.
Esaminiamo un po’ più da vicino questa teoria e l’anima di letame
delPagricoltura.
Il principale argomento di David e dei suoi numerosi fautori tra
gli economisti borghesi è statistico. Si confronta la quantità di be-
stiame (per unità di superficie) nelle aziende di diverse dimensioni.
Ciò facendo, si presuppone tacitamente che si confrontino grandezze
omogenee, ossia che un’identica quantità di bestiame di una determi-
nata specie rappresenti, sia nelle grandi che nelle piccole aziende, un
uguale, per cosi dire, valore agricolo. Si presuppone che un’uguale
quantità di bestiame fornisca un’uguale quantità di letame, che il be-
stiame sia, per la sua qualità, più o meno identico nelle aziende grandi
e piccole, ecc.
È evidente che dalla giustezza di questo consueto e tacito presup-
posto dipende in tutto e per tutto E valore probante dell’argomento
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
169
in esame. È giusta questa tesi? Se dalla nuda e cruda statistica glo-
bale passeremo all'analisi delle condizioni economico-sociali della pic-
cola e della grande produzione agricola nel suo insieme, vedremo d un
tratto che appunto ciò che si deve dimostrare viene assunto da questa
tesi come dimostrato. Il marxismo afferma che nella piccola produ-
zione le condizioni in cui viene tenuto il bestiame (nonché, come ab-
biamo visto, le condizioni della cura della terra e del mantenimento
dello stesso agricoltore lavoratore) sono peggiori che nella grande
azienda. L'economia politica borghese, e sulle sue orme i bernstei-
niani, affermano il contrario: grazie alla diligenza del piccolo agricol-
tore le condizioni in cui viene tenuto il bestiame sono assai migliori
nella piccola azienda che nella grande. Per trovare dati statistici che
facciano luce su questa questione è necessaria una statistica affatto
diversa da quella con cui opera David. È necessaria un'indagine stati-
stica non sulla quantità del bestiame nelle aziende di diverse dimen-
sioni, ma sulla sua qualità. Nella letteratura economica tedesca una
simile statistica esiste, e forse non è neanche l'unica. Ed è sommamente
caratteristico il fatto che David, il quale ha riempito il suo libro di
un subisso di citazioni non pertinenti e prese da ogni sorta di scritti
agronomici, ha precisamente eluso col piu completo silenzio i tenta-
tivi che si fanno nella letteratura per scoprire le condizioni interne della
piccola e grande azienda, sulla base di inchieste dettagliate. Faremo
appunto conoscere al lettore uno di questi lavori immeritatamente tra-
scurati da David.
Un noto scrittore tedesco di questioni dell’agricoltura, Drechsler,
pubblicò i risultati di un'« inchiesta statistica agricola » a carattere
monografico, della quale egli disse giustamente che « per la precisione
dei risultati è difficile che se ne possa trovare l’uguale ». Nella pro-
vincia dello Hannover furono studiate 25 località (22 villaggi e tre
grandi tenute di proprietari fondiari), raccogliendo separatamente per
ciascuna azienda i dati non solo sulla quantità della terra e sulla quan-
tità del bestiame, ma anche sulla qualità di quest'idtimo. Per deter-
minare la qualità del bestiame fu impiegato un procedimento particolar-
mente preciso: stabilire il peso vivo * di ogni capo di bestiame in chi-
* David conosce benissimo questo procedimento degli agronomi: determinare
il peso vivo dei singoli capi di bestiame. A p. 367 egli racconta particolareggiata-
mente qual è il peso vivo delle varie razze di bestiame bovino, da latte, da
170
lenw
logrammi « in base ad una stima possibilmente precisa dei singoli
capi, effettuata da persone competenti ». Si sono ottenuti dati sul peso
vivo di ogni specie di animali nelle aziende delle diverse dimensioni.
Inoltre Pinchiesta venne ripetuta: la prima venne eseguita nel 1875,
la seconda nel 1884. I dati furono pubblicati da Dreehsler * in forma
grezza, per ciascuna delle tre tenute e per i tre gruppi di villaggi;
inoltre le aziende contadine dei villaggi erano state divise in sette
gruppi in base alla quantità della terra (piu di 50 ettari; 25-50;
12,5-25; 7,542,5; 2, 5-7,5; 1,25-2,5, e non piu di 1,25 ettari). Se si
considererà che i dati di Dreehsler si riferiscono a undici diverse spe-
cie di bestiame, al lettore sarà chiara la complessità di tutte queste
tabelle. Per ottenere dati complessivi che consentano di scorgere le
conclusioni generali e fondamentali, divideremo tutte le aziende in cin-
que gruppi principali: a) grandi tenute; b) aziende contadine con
piu di 25 ettari di terra; c) da 7,5 a 25 ettari; d) 2, 5-7 ,5, ed e) meno
di 2,5.
Il numero delle aziende in
loro possesso erano, negli anni
a) Tenute
b) Az. con 25 e più ettari
c ) » » 7,5-25 »
d) » » 2,5- 7,5 »
e) » » non più di 2,5 »
In complesso
lavoro, ecc. Egli trascrive questi dati attingendoli dagli agronomi. Non gli viene
nemmeno in mente che per un economista in generale, e per un socialista in
particolare, è importante non la differenza delle razze del bestiame, ma la diffe-
renza delle condizioni in cui questo viene tenuto nella piccola e nella grande
azienda, nell’azienda « contadina » e in quella capitalistica.
* Per il 1875 in Schrtftcn des Vereins fiir Sozidpolitik , Band XXIV, p. 112
(Bauerlicbe Zus tónde, B. Ili), e per il 1884 in Iblei* s landwirtscbaf diche
Jabrbiicber , Band XV (1886).
questi gruppi e la quantità di terra in
1875 e 1884, i seguenti:
| Nel 1875 |
Nel 1884 |
numero del-
le aziende
terra in lo-
ro possesso
terra per
azienda
numero del-
le aziende
terra in lo-
ro possesso
terra per
azienda
(In e
ttari)
3
689
229
3
766
255
51
1.949
38
58
2.449
42
274
3.540
13
248
3.135
12
442
1.895
4,3
407.
1.774
4,3
1.449
1.279
0,88
1.109
1.027
0,92
2.219
9.352
4,2
1.825
9.151
5,0
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
171
Per spiegare queste cifre ci soffermeremo prima di tutto sul tipo
economico delle aziende di diverse dimensioni. Drechsler ritiene che
tutte le aziende con 7,5 e più ettari di terra non possano fare a meno
del lavoro salariato. Si ottengono (nel 1875) 325 aziende contadine
che assumono operai. Tutte le aziende che hanno non più di 2,5 et-
tari devono fornire esse stesse lavoro salariato. Delle aziende che hanno
da 2,5 a 7,5 ettari (dimensioni medie = 4,3 ettari) una metà, se-
condo il calcolo di Drechsler, fa a meno di lavoro salariato, mentre
l’altra metà deve fornire operai salariati. Tirando le somme, delle
aziende contadine esistenti, 325 sono quindi capitalistiche, 221 sono
piccole aziende «di lavoro» (come avrebbero detto i nostri populi-
sti), che non assumono né forniscono lavoro salariato, e 1.670 semi-
proletarie, che forniscono lavoro salariato.
Purtroppo, il raggruppamento di Drechsler non concorda col
raggruppamento della comune statistica tedesca, che considera con-
tadini medi gli agricoltori con 5-20 ettari. Ma resta nondimeno certo
il fatto che la maggioranza di questi contadini medi non possono fare
a meno di assumere operai. I contadini « medi » della Germania sono
piccoli capitalisti. I contadini che non assumono né forniscono lavoro
salariato, invece, costituiscono una minoranza insignificante: 221 su
2.216, cioè un decimo.
Quindi, i gruppi di aziende da noi assunti in base al loro tipo
economico si caratterizzano nel modo seguente: a) grandi aziende ca-
pitalistiche; b) aziende capitalistiche medie (« Grossbauern »); c) pic-
cole aziende capitalistiche; d) aziende dei piccoli contadini, ed e) azien-
de semiproletarie.
Il numero complessivo delle aziende e la quantità complessiva della
terra in loro possesso soho diminuiti dal 1875 al 1884. Questa dimi-
nuzione va principalmente a scapito delle piccole aziende: quelle con
non più di 2,5 ettari si sono ridotte da 1.449 a 1.109, cioè di 340
unità, quasi di un quarto. Viceversa, il numero delle aziende più grandi
(più di 25 ettari) è aumentato da 54 a 61, e la quantità della terra
in loro possesso da 2.638 a 3.215 ettari, cioè di 577 ettari. Il miglio-
ramento generale dell’azienda e relevamento della coltura nella zona
considerata, per cui va in estasi Drechsler, significano quindi concen-
trazione dell’agricoltura nelle mani di un numero decrescente di pro-
prietari. Il «progresso» ha cacciato dall’agricoltura quasi 400 agri-
172
LENIN
coltori su 2.219 (verso il 1884. erano rimasti 1.825), e tra coloro che
sono rimasti la quantità media deila terra per azienda è aumentata
da 4,2 a 5 ettari. In una località il capitalismo concentra un determi-
nato ramo dell’agricoltura e respinge nel proletariato una serie di pic-
coli agricoltori. In un’altra lo sviluppo dell’agricoltura mercantile crea
una serie di nuove piccole aziende (l’azienda lattiero-casearia, per esem-
pio, nei villaggi suburbani e in interi paesi che collocano i loro pro-
dotti aH’estero, come la Danimarca). In altre ancora il frazionamento
delle aziende medie aumenta il numero delle piccole. La statistica glo-
bale dissimula tutti questi processi, per il cui studio sono necessarie
indagini particolareggiate.
Il progresso dell’agricoltura nella zona descritta si è espresso in
special modo nel miglioramento deirallevamento. Tuttavia il totale dei
capi di bestiame è diminuito. Nel 1875 c’erano 7.208 capi di bestia-
me (ragguagliato a quello grosso), nel 1884, 6.993. Per la statistica
globale questa diminuzione della quantità del bestiame sarebbe un
indice del declino deU’allevamento. In realtà la qualità del bestiame
è migliorata, per cui, se considereremo non il numero dei capi di be-
stiame, ma il loro « peso vivo » complessivo, otterremo 2.556.872 chi-
logrammi nel 1875 e 2.696.107 nel 1884.
Il numero medio dei capi di bestiame per azienda era:
Nel 1875
Nel 1884
bestiame
grosso
piccolo
totale
bestiame
grosso
piccolo
totale
(ragguagliato a
quello grosso)
a) Tenute
105
69
174
110
41
151
b) Az. con 25 e piu
ettari
13,2
11,0
24,2
13.7
10,5
24,2
c ) » »
7,5-25
»
5,4
3,8
9,2
4,9
4,2
9,1
d) » »
2,5- 7,5
»
2,2
1,4
3,6
2,2
1,8
4,0
e) » »
non più di 2,5
»
0,3
0,6
0,9
0,4
0,7
1,1
In complesso
1,7
1,5
3,2
2,0
1,8
3,8
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
173
Il progresso capitalistico dell’allevamento si esprime non solo, e
talvolta non tanto, nell’aumento del numero, quanto nel miglioramento
della qualità, nella sostituzione del bestiame peggiore con bestiame mi-
gliore, neiraumento del mangime, ecc.
Nelle aziende più grandi la quantità del bestiame è diminuita.
Nelle aziende piu piccole è aumentata, ed è aumentata tanto più rapi-
damente quanto più piccola è l’azienda. Si avrebbe, dunque, un pro-
gresso della piccola produzione e un regresso della grande? cioè una
conferma della teoria di David?
Ma basta esaminare i dati sul peso medio del bestiame, e Pillu-
sione svanisce.
Peso medio (in chilogrammi)
di un capo di bestiame
nel 1875
| nel 1884
grosso
piccolo *
in com-
plesso
grosso
piccolo
in com-
plesso
a) Tenute
562
499
537
617
624
619
b) Az. con
25 e piu
ettari
439
300
376
486
349
427
c) » »
7,5-25
»
409
281
356
432,
322
382
d) » »
2,5- 7,5
»
379
270
337
404
287
352
c) » »
non piu di 2,5
»
350
243
280
373
261
301
In media
412
256
354
446
316
385
La prima conclusione che si trae da questi dati è che la qualità
del bestiame è tanto migliore quanto maggiori sono le dimensioni del-
l’azienda. Sotto questo rapporto la differenza tra le aziende capitali-
stiche e quelle dei piccoli contadini o semiproletarie è enorme. Nel
1884, per esempio, la differenza tra le aziende a dimensioni massime
* Il vario bestiame piccolo è stato, secondo le norme abituali, ragguagliato
a quello grosso. Per un armo e per oguna delle undici specie di bestiame il numero
dei capi è stato determinato approssimativamente: si hanno dati sul peso e non
sul numero dei capi.
174
LENIN
e quelle a dimensioni minime supera il cento per cento : il peso me-
dio del capo di bestiame medio nelle aziende dei grandi capitalisti è
di 619 chilogrammi, mentre in quelle semiproletarie è di 301, cioè
più di due volte inferiore! Ci si può perciò fare un'idea del modo super-
ficiale di ragionare di David e dei suoi adepti, quando presuppongono
che la qualità del bestiame sia eguale nella grande e nella piccola
azienda.
Abbiamo già osservato sopra che in generale il bestiame viene te-
nuto in modo peggiore nella piccola azienda. Ora la cosa è confermata
dai fatti. 1 dati sul peso vivo del bestiame dànno l'idea più precisa
di tutte le condizioni in cui esso viene tenuto: mangime, stalle, la-
voro, governatura, tutto questo si somma, per cosi dire, nei risultati
che hanno ottenuto un’espressione statistica nella monografia di Drech-
sler. Ne risulta che tutta la « diligenza » del piccolo contadino nella
governatura del bestiame — diligenza decantata dal nostro signor V.V.
e dal tedesco David — non è nemmeno in grado di controbilanciare
approssimativamente i vantaggi della grande produzione, che dà un
prodotto di qualità due volte migliore. Il capitalismo condanna il pic-
colo contadino a una perenne vita di stenti, a un'inutile rapina del
lavoro; poiché la più accurata governatura del bestiame quando i mezzi
sono insufficienti, quando il mangime scarseggia, quando la qualità
del bestiame è cattiva, quando sono cattive le stalle, ecc., equivale a
un’inutile rapina del lavoro. Nel suo giudizio l'economia politica bor-
ghese pone in primo piano non questa rovina e oppressione del con-
tadino da parte del capitalismo, ma la « diligenza » di chi lavora (di
chi lavora per il capitale nelle peggiori condizioni di sfruttamento).
La seconda conclusione che si trae dai dati surriportati è che la
qualità del bestiame nel decennio indicato è in media migliorata; ed
è alt resi migliorata in tutte le categorie di aziende. Ma come risultato
di questo generale miglioramento si ha che la differenza delle condi-
zioni deH’allevamento nella grande e nella piccola azienda è divenuta
non meno, ma piu considerevole. Il generale miglioramento non ha
uguagliato tra loro le grandi e le piccole aziende, ma ha approfondito
l'abisso che le divide, poiché la grande azienda sorpassa la piccola in
questo processo di miglioramento. Ecco la tabella comparata dei pesi
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
175
medi del capo di bestiame medio nei vari gruppi negli anni 1875
e 1884.
Peso medio del
capo di bestiame
medio (in kg.)
Aumento
Aumento in
percentuale
1875
1884
a) Tenute
537
619
+ 82
+ 15,2
b) A z. con 25 e piu
ettari
376
427
+ 51
+ 13,6
c) » »
7,5-25
»
356
382
+ 26
+ 7,3
d) » »
2,5- 7,5
»
337
352
+ 15
+ 4,4
e) » »
non piu di 2,5
»
280
301
+ 21
+ 7,5
In media
354
385
31
8,7
Il miglioramento è massimo nelle grandi aziende capitalistiche,
poi vengono quelle capitalistiche medie, è del tutto irrisorio in quelle
dei piccoli contadini e poco notevole nelle restanti. Drechsler, come la
stragrande maggioranza degli agronomi che scrivono su questioni di
economia agricola, ha notato il solo aspetto tecnico della cosa. Nella
sua quinta conclusione tratta dal confronto tra gli anni 1875 e 1884,
egli dice: « Si osserva un progresso molto rilevante nelPallevamento *:
diminuzione del numero dei capi di bestiame e miglioramento della
qualità; il peso vivo medio di un capo di bestiame è notevolmente
aumentato in ciascuno dei tre gruppi di villaggi **. Questo significa
che piu o meno dovunque [ ziemhcb allgemein ] si è avuto un sostan-
ziale miglioramento neirallevamento del bestiame, nel mangime e nella
governatura del bestiame ».
* Drechsler parla qui di tutto il bestiame, tranne quello da lavoro (il
cosiddetto Nutzvieh). Riporteremo piu sotto i dati sul bestiame da lavoro preso a
sé. La conclusione generale resta la stessa, quali che siano le specie di bestiame o
i gruppi di specie di- bestiame da noi presi in considerazione.
** Drechsler divide i ventidue villaggi in tre gruppi in base alla posizione
geografica e ad altre condizioni dell’azienda. Abbiamo preso solo i dati riassuntivi
per non sovraccaricare l’articolo di cifre. Le conclusioni non cambiano, quali che
siano i gruppi di villaggi da noi presi in considerazione.
176
LENIN
Le parole da noi sottolineate: «piu o meno dovunque», atte-
stano appunto che l’autore ignora l’aspetto economico-sociale della que-
stione; il « piu » si riferisce alle grandi aziende, il « meno » alle pic-
cole. Drechsler non l’ha notato, poiché ha rivolto la sua attenzione
solo ai dati sui gruppi di villaggi, e non sui gruppi di aziende di ti-
po diverso.
Passeremo ora ai dati sul bestiame da lavoro, che lumeggiano le
condizioni dell’azienda agricola nel senso stretto della parola. Per la
quantità del bestiame da lavoro le aziende da noi considerate sono
caratterizzate da queste cifre:
Capi di bestiame da lavoro
in media per azienda
1875
1884
a) Tenute
27
44
b) Ai, con 25 e piu ettari
4,7
5,5
c) » » 7,5-25 »
2,1
2,4
d) » » 2,5- 7,5 »
1,3
1,5
e) » » non piu di 2,5 »
0,07
0,16
In media
0,7
1.0
Le aziende semiproletarie (con non piu di 2,5 ettari: tali aziende
erano nel 1884 1,109 su 1.825) nella loro grande maggioranza sono
quindi prive di bestiame da lavoro, e non si possono nemmeno consi-
derare aziende agricole nei vero senso della parola. Comunque, per le
condizioni di impiego del bestiame da lavoro, non si possono confron-
tare con le grandi, aziende che per il 93% o per l’84% non impie-
gano affatto bestiame da lavoro. Se poi confronteremo tra loro sotto
questo rapporto le grandi aziende capitalistiche e quelle dei piccoli con-
tadini, vedremo che nelle prime (gruppo a) ci sono 132 capi di be-
stiame da lavoro per 766 ettari di terra, nelle seconde (gruppo d)
ce ne sono 632 per 1.774 ettari (1884)» cioè nelle prime c’è un capo
di bestiame da lovoro per circa sei ettari, nelle seconde un capo per
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
111
circa tre ettari. È chiaro che sulle piccole aziende grava una spesa due
volte maggiore per il mantenimento del bestiame da lavoro. Piccola
produzione significa dispersione dei mezzi tecnici delPazienda e rapina
del lavoro a causa di questo frazionamento.
Motivo di questa dispersione è in parte il fatto che le piccole
aziende sono costrette a ricorrere alTimpiego di bestiame da lavoro
di peggtor qualità f e precisamente all’impiego delle vacche come be-
stiame da lavoro. Nel numero complessivo dei capi di bestiame da
lavoro era compresa la seguente percentuale di vacche:
Net 1875
Nel 1884
a) Tenute
—
—
b) Az. con 25 e piu ettari
—
2,596
c ) >> », 7,5-25 »
6,3%
11,496
d) * » 2,5- 7,5 »
60,7%
64,9%
e) » » non piu di 2,5 »
67,7%
77,996
In media
27,0%
33,4%
Si vede dunque chiaramente che l’impiego delle vacche per i la-
vori campestri è in aumento e che nelle aziende semiproletarie e dei
piccoli contadini il principale bestiame da lavoro è costituito dalle
vacche. David è propenso a considerarlo un progresso, esattamente
come Drechsler, che fa proprio in tutto e per tutto il punto di vista
borghese e che nelle sue conclusioni scrive: « Un gran numero di pic-
cole aziende sono passate all’impiego, per loro più conveniente , delle
vacche come bestiame da lavoro ». È « piu conveniente » per i piccoli
agricoltori perché più a buon mercato . Ed è piu a buon mercato per-
ché il bestiame da lavoro migliore viene sostituito con quello peggiore.
Il progresso dei piccoli contadini che fa andare in estasi i Drechsler
e i David equivale in tutto e per tutto al progresso dei tessitori a mano,
che stanno scomparendo e che passano a materiali sempre peggiori,
agli scarti della produzione di fabbrica.
Il peso medio delle vacche da lavoro era nel 1884 di 381 chilo-
178
LENIN
grammi *, mentre quello dei cavalli da lavoro era di 482 e quello dei
buoi da lavoro di 553. Quest’ultima specie di bestiame da lavoro, la
più forte, costituiva nel 1884 più della metà di tutto il bestiame da
lavoro dei grandi agricoltori capitalisti; circa un quarto di quello dei
medi e piccoli capitalisti; meno di un quinto di quello dei piccoli con-
tadini, e meno di un decimo di quello degli agricoltori semiproletari.
Quindi, quanto più grande è Tazienda, tanto migliore è la qualità del
bestiame da lavoro. Il peso medio di un capo di bestiame da lavoro
medio era il seguente:
Nel 1875
Nel 1884
a) Tenute
554
598
b) Az. con 25 e più ettari
542
537
c) » » 7,5-25 »
488
482
d) » » 2,5- 7,5 »
404
409
e) » » non piu di 2>5 »
òli
378
In media
464
460
Nel complesso, quindi, il bestiame da lavoro è peggiorato . Nelle
grandi aziende capitalistiche, infatti, vediamo un notevole migliora-
mento, ma in tutte le altre la stasi o un peggioramento. Per la qua-
lità del bestiame da lavoro la differenza tra la grande e la piccola pro-
duzione è pure aumentata dal 1875 al 1884. Il passaggio delle pic-
cole aziende all’impiego delle vacche come bestiame da lavoro è un
fenomeno generale in Germania **. E i nostri dati dimostrano con pre-
cisione documentale che questo passaggio significa peggioramento delle
condizioni della produzione agricola, significa aumento della miseria
della massa contadina.
* II peso medio delle vacche non adibite ai lavori campestri era di 421
chilogrammi.
** Su ciò cfr. piu sopra, capitolo VII: I dati generali della statistica agricola
tedesca ,J .
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
179
Per concludere Tesarne dei dati della monografia di Drechsler ri-
porteremo ancora il computo della quantità e del peso di tutto il be-
stiame per unità di superficie agraria, cioè quel computo che David fa
in base ai dati delia statistica agricola tedesca in generale:
Per
un ettaro di terra ci
sono
capi di bestiame
(ragguagliato a
quello grosso)
peso del bestiame
(in chilogrammi)
1875
1884
1875
1884
a) Tenute
0,77
0,59
408
367
b) A z. con 25 e più ettari
0,63
0.57
238
244
c) » » 7,5-25
0,71
0,72
254
277
d) » » 2,5- 7,5
0,85
0,94
288
328
e) » » non più di 2,5 »
1,02
1,18
286
355
In media
0,77
0,76
273
294
I dati sul numero dei capi di bestiame per un ettaro di terra sono
i dati ai quali si limita David. Nel nostro esempio, come nelPagricol-
tura tedesca nel suo complesso, questi dati indicano una diminuzione
della quantità del bestiame per unità di superficie nelle grandi aziende.
Nel 1884, per esempio, nelle aziende semiproletarie ce per un ettaro
esattamente due volte più bestiame che nelle grandi aziende capitali-
stiche (1,18 contro 0,59). Ma ora già sappiamo che in tale computo
si comparano cose non comparabili. I dati sul peso del bestiame mo-
strano la reale correlazione tra le aziende: la grande produzione è in
una situazione migliore anche sotto questo rapporto, avendo per unità
di superficie il massimo peso di bestiame, e quindi anche il massimo
di concime. La conclusione di David secondo cui, nel complesso, sono
meglio fornite di concime le piccole aziende è pertanto direttamente
opposta alla realtà. Bisogna inoltre tener presente che questi dati, in
primo luogo, non concernono i concimi artificiali, il cui acquisto è
alla portata dei soli agricoltori agiati, e, in secondo luogo, il confronto
della quantità di bestiame in base al peso equipara il bestiame grosso
180
LENIN
e quello piccolo, equipara, per esempio, 45.625 chilogrammi, peso di
68 capi nella grande azienda, e 45.097 chilogrammi, peso di 1.786
capre nelle piccole aziende (1884). In effetti la superiorità delle grandi
aziende è, per il letame a loro disposizione, piu considerevole di quanto
non mostrino le cifre *.
Conclusione: mediante la frase « il letame è l’anima dell’agricol-
tura » David ha eluso i rapporti, economico-sociali nelPazienda dedita
in special modo airallevamento e ha presentato la cosa sotto un aspetto
completamente travisato.
Nell’agricoltura capitalistica la grande produzione ha un’enorme
superiorità sulla piccola, per la qualità del bestiame in generale, per la
oualità del bestiame da lavoro in particolare e per le condizioni in cui
il bestiame viene alimentato, migliorato e utilizzato per il concime.
XII
Il « paese ideale » secondo gli avversari
del marxismo nella questione agraria **
I rapporti e gli ordinamenti agricoli della Danimarca presentano
un interesse particolarmente grande per l’economista. Abbiamo già vi-
sto *** come il principale rappresentante del revisionismo nella lette-
ratura odierna sulla questione agraria, Ed. David, si valga spesso del-
l’esempio delle associazioni agricole danesi e della coltura danese (co-
siddetta) «piccolo-contadina ». Heinrich Pudor, del cui lavoro si serve
E. David, chiama la Danimarca « paese ideale delle cooperative agri-
* Ricorderemo le succitate (cap. VI M ) indicazioni di Klawki: « i piccoli pro-
duttori producono letame di qualità peggiore; la paglia dei loro cereali è più
corta, una buona parte serve come foraggio (donde, peggioramento della qualità
del foraggio) e ne rimane meno per la lettiera ».
** Quest’articolo è un capitolo (il XII) dello scritto dell’autore La questione
agraria e i « critici di Marx », compreso nel suo libro di recente pubblicazione,
La questione agraria , parte I (Pietroburgo, 1908). Solo per un casuale ritardo
nella consegna, non è potuto essere incluso nel libro menzionato. Quindi anche
tutti i richiami contenuti nel brano ora pubblicato si riferiscono a questo scritto.
*** Vl. Lenin, La questione agraria , parte I, La questione agraria e i « criteri di
Marx », capitoli X e XI.
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
181
cole » *. Anche da noi in Russia i rappresentanti delle concezioni
populiste-liberali « invocano » non meno spesso la Danimarca contro
il marxismo, in favore delle teorie sulla vitalità della piccola azienda
nell’agricoltura: basti ricordare il discorso del liberale Herzenstein alla
I Duma e quello del populista Karavaiev alla II Duma.
In confronto agli altri paesi europei, in Danimarca vediamo effet-
tivamente una maggior diffusione della « piccola » azienda « conta-
dina » e una maggior prosperità dell’agricoltura, che ha saputo adat-
tarsi alle nuove esigenze e condizioni del mercato. Se è possibile una
« prosperità » della piccola agricoltura nei paesi a produzione mercan-
tile, certo, tra tutti i paesi europei, la Danimarca, si trova nella situa-
zione migliore sotto questo rapporto. Un esame particolareggiato della
struttura agraria della Danimarca presenta perciò un duplice interesse.
Sull’esempio di un intero paese vedremo quali sono i procedimenti del
revisionismo nella questione agraria e quali le reali caratteristiche fon-
damentali degli ordinamenti agrari capitalistici nel paese capitalistico
« ideale ».
La statistica agricola della Danimarca è organizzata sul modello
di quella degli altri paesi europei. Ma sotto alcuni rapporti essa for-
nisce dati più particolareggiati e cifre meglio elaborate, che consentono
di tener conto di aspetti della questione che di solito restano in ombra.
Cominceremo dai dati generali sulla suddivisione delle aziende in gruppi
in base alle dimensioni della superficie agraria. Lo « hartkorn », mi-
sura terriera in uso in Danimarca, sarà da noi ridotto in ettari, cal-
colando — in base alle indicazioni della statistica agricola danese —
10 ettari per un « hartkorn » **.
La statistica agricola danese fornisce dati sulla suddivisione delle
aziende negli anni 1873, 1885 e 1895, e divide inoltre tutte le aziende
in 11 gruppi: senza terra, non più di 0,3 ettari (più esattamente:
non più di 1/32 di hartkorn), 0,3-2, 5, 2,5-10, 10-20, 20-40, 40-80,
80-120, 120-200, 200-300, 300 e più. Per non disperdere troppo l’at-
tenzione del lettore, riuniremo questi gruppi in 6 gruppi più grandi.
* Dr. Heinrich Pudor, Das landwirtschaf diche Gettossenscbaftwesen im
Auslande, I. Band, Leipzig, 1904, S.V. Pudor è un nemico dichiarato del
marxismo.
** Banmarks Statistik. Statistik Aarhog , 8-de aargang, ■ 1903, p. 31, nota.
Tutti i dati riportati sotto si riferiscono alla Danimarca nel senso proprio della
parola, cioè senza Bomholm.
LENIN
In complesso 235*230 100,0 3.648.410 100,0 259.220 100,0 3.648.520 100,0 265.982 -100,0 3.645.750 100,0
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
183
Da questi dati scaturisce innanzi tutto la conclusione fondamen-
tale che perdono costantemente di vista l’economia politica borghese
e i revisionisti che ne seguono le orme. Si tratta della conclusione che
in Danimarca la stragrande maggioranza delle terre si trova nelle mani
di agricoltori che gestiscono le loro aziende capitalisticamente. Non si
può mettere in dubbio che non solo gli agricoltori che hanno 120 e
più ettari di terra ciascuno, ma anche quelli con 40 e piu, conducono
l’azienda servendosi del lavoro salariato. Questi due gruppi superiori
costituivano, nel 1895, solo 1*1196 del totale delle aziende, ma nelle
loro mani era concentrato il 6296 della quantità complessiva della terra,
cioè più dei tre quinti. Alla base dellagricoltura danese sta Pagricol-
tura capitalistica grande e media. I discorsi sul « paese contadino » e
sulla « piccola coltura » sono una pura e semplice apologetica borghese,
un travisamento dei fatti ad opera dei vari ideologi, titolati e non tito-
lati, del capitale.
È necessario notare, inoltre, che in Danimarca, come negli altri
paesi europei nei quali il regime capitalistico dell’agricoltura si è pie-
namente consolidato, la quota parte spettante ai gruppi superiori, capi-
talistici, sul complesso dell’economia nazionale si modifica nel tempo
piuttosto debolmente. Nel 1873 il 13,296 di farms capitalistiche pos-
sedeva il 63,9% di tutta la terra, nel 1885 l’1 1,596 possedeva il
62,3% della terra. Questa stabilità della grande agricoltura dev’essere
sempre tenuta presente, quando si parla di un confronto dei dati rela-
tivi ai vari anni, poiché nella pubblicistica si può molto spesso osser-
vare come mediante simili confronti, concernenti mutamenti di detta -
gito , vengano dissimulate le caratteristiche di fondo di un dato sistema
economico-sociale.
La massa delle piccole aziende ha in Danimarca, come del resto
negli altri paesi europei, una funzione insignificante nel complesso della
produzione agricola. Le aziende con una quantità di terra di non più
di 10 ettari erano nel 1895 il 72,296 del numero complessivo delle
aziende, mentre avevano solo 1*11,296 delle terre. Questo rapporto
resta inoltre fondamentalmente costante sia nel 1885 che nel 1873.
Le piccole aziende appartengono sovente a semiproletari; la statistica
184
LENIN
tedesca lo ha dimostrato in maniera indubbia, come abbiamo visto, per
le aziende con non più di 2 ettari, e in parte anche per le aziende con
non più di 5 ettari. Più sotto, riportando i dati sulla quantità del be-
stiame nelle aziende dei vari gruppi, vedremo che per la massa di que-
sti famigerati rappresentanti della «< piccola coltura » non è nemmeno
il caso di parlare di un’agricoltura realmente autonoma e in qualche
modo solida. Il 47,2% delle aziende, cioè quasi la metà, sono di pro-
letari e semiproletari (senza terra e con non più di 2,5 ettari); il
25%, ossia un altro quarto delle aziende (2,5-10 ettari), è costituito
di piccoli contadini indigenti: tale è la base della « prosperità » del
capitalismo agricolo in Danimarca. Certo, in base ai dati che si rife-
riscono alla quantità della terra si può dare un giudizio su un paese
ad allevamento mercantile fortemente sviluppato solo nei tratti e nelle
conclusioni più generali, Ma i dati sull’allevamento da noi esaminati
particolareggiatamente più sotto non fanno che rafforzare , come il let-
tore vedrà, le conclusioni tratte.
Esamineremo ora come dal 1873 al 1895 si è modificata la ripar-
tizione della terra in Danimarca tra le grandi e le piccole aziende. Ci
salterà subito agli occhi il rafforzamento tipicamente capitalistico de-
gli estremi e l’indebolimento delle aziende medie. La percentuale del
numero delle aziende agricole (cioè non calcolando le aziende senza
terra) aumenta per le aziende più piccole, con non più di 2,5 ettari:
27,9% nel 1873, 31,8% nel 1885 e 34,8% nel 1895. Questa per-
centuale diminuisce poi in tutti i gruppi intermedi e resta immutata
(0,7%) solo per il gruppo superiore, con 120 e più ettari. La per-
centuale in rapporto alla superficie complessiva aumenta nell’azienda
più grande, quella con 120 e più ettari: 14,3% - 15,2%. - 15,6% per i
tre anni indicati, poi aumenta meno considerevolmente nell’azienda
contadina media (da 10 a 40 ettari: 25,5% - 26,5% - 26,8%), mentre
si ha una diminuzione della percentuale delle aziende di questo gruppo
rispetto al numero complessivo delle aziende; cresce poi irregolarmente
per le aziende con 2,5-10 ettari (9,1% - 9,5% - 9,4%) ed aumenta
ininterrottamente nell’azienda più piccola (1,5% - 1,7% - 1,8%). Ri-
sultato: si ha la più netta tendenza allo sviluppo delle aziende più
grandi e più piccole. Per raffigurare più chiaramente questo fenomeno
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
185
bisogna prendere Je dimensioni medie delle aziende nei diversi gruppi
per i vari anni. Ecco questi dati:
Dimensioni medie delle aziende
(in ettari)
1873
1885
1895
Aziende con non piu di 2,5 ettari
0,83
0,75
0,68
» * 2,5- 10 »
5,08
5,09
5,13
» » 10-40 »
22,28
22,08
22,01
» » 40 -120 »
61,00
61,66
61,97
» » 120 e piu »
281,40
282,30
279,80
In media
15,50
14,07
13,70
Da questi dati vediamo che le dimensioni delle aziende nella mag-
gioranza dei gruppi sono straordinariamente stabili. Le oscillazioni sono
insignificanti: 1-2% (per esempio 279,8-282,3 ettari, oppure 22,01-
22,28 ettari, ecc.). Fanno eccezione solo le aziende più piccole, le quali,
senza dubbio, si frazionano : dal 1873 al 1885 diminuzione delle di-
mensioni medie di tali aziende (non piti di 2,5 ettari) del 10% (da
0,83 a 0,75); idem dal 1885 al 1895. L'aumento generale del numero
delle aziende avviene in Danimarca rimanendo quasi immutata la su-
perficie agraria complessiva (dal 1885 al 1895 si ha persino una pic-
cola diminuzione). Inoltre l'aumento riguarda in gran parte le aziende
più piccole. Cosi, dal 1873 al 1895 il numero totale delle aziende è
aumentato di 30.752 unità, mentre il numero delle aziende con non
più di 2,5 ettari *è aumentato di 27.166. È ovvio che in tali condizioni
la diminuzione delle dimensioni medie di tutte le aziende della Dani-
marca in generale (15,5 ettari nel 1873, 14,1 nel 1885 e 13,7 nel
1895) significa di fatto unicamente un frazionamento delle aziende
più piccole.
Ancor più evidente diviene il fenomeno da noi rilevato, se si as-
sume una più minuta divisione dei gruppi. Nella prefazione alla stati-
stica agricola della Danimarca per Tanno 1895 (Danmarks Statistìk etc.
186
LENIN
Danmarks ]ordbrug t 4-de Raekke, Nr. 9, litra C) i compilatori dànno
il seguente computo del mutamento avutosi nel numero delle aziende
nei diversi gruppi:
1
% i
1
dell’aumento
o diminuzione
dal 188? al 189?
dal 1873 al 188?
Aziende con 300 e piu ettari
+ 4,2
+ ?,0
» » 200 -300 »
0
+ 6,1
» » 120 -200 »
+ 5,2
+ ?,1
» » 80 *120 *
- U
- 2,1
» » 40 • 80 »
- 2,4
- 5,0
» » 20 - 40 »
+ 1,0
+ 3,6
i i * » 10-20 *
+ 2,8
+ 6,5
» ■ * 2,5- 10 *
- 1,9
+ 3,2
» » 0,3* 2p »
+ 2,1
+ 17,8
» » 0 ■ 0,3 »
+ 2?,1
+ 37,9
Aumentano, dunque, quelle aziende nane le quali o sono dedite a
colture speciali, oppure si rivelano « aziende » di operai salariati.
Val la pena di rilevare questa conclusione, perché l’apologetica
« scienza » professorale dalla diminuzione delle dimensioni medie di
tutte le aziende in generale è incline a concludere che nelPagricoltura
la grande produzione è battuta dalla piccola. In realtà noi vediamo
un progresso dell’agricoltura più grande, la stabilità delle dimensioni
dell’azienda in tutti i gruppi, tranne il più piccolo, e un frazionamento
delle aziende in quest’ultimo. Questo frazionamento va attribuito al
declino e aH’impoverimento della piccola agricoltura: l’altra spiega-
zione possibile, il passaggio dall’agricoltura in senso stretto all’alleva-
mento non può essere accolta per ciò che riguarda tutte le aziende più
piccole, giacché questo passaggio avviene, come vedremo subito, in
tutti i gruppi. In un paese come la Danimarca, per giudicate delle
dimensioni dell’azienda degli agricoltori sono assai più importanti i
dati sull’allevamento che quelli sulla superficie della terra, poiché su
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
187
una stessa e identica superficie sono possibili aziende di dimensioni
diverse quando l'allevamento e la produzione lattiero-casearia si svi-
luppino con particolare rapidità.
È appunto questo fenomeno che si osserva, com'è noto, in Dani-
marca. La « prosperità » deiragricoltura danese dipende soprattutto dai
rapidi successi deirallevamento mercantile, con l'esportazione dei pro-
dotti lattiero-caseari, della carne, delle uova, ecc. in Inghilterra. Qui
c'imbattiamo nella solenne dichiarazione di Pudor secondo cui la Dani-
marca « deve la colossale ascesa della sua produzione lattiero-casearia
appunto alla decentralizzazione dell' allevamento e della produzione ad
esso legata» (l.c., p. 48; il corsivo è di Pudor). Non ce da stupirsi
che a permettersi un* simile travisamento dei fatti sia Pudor, puris-
simo tipo del mercante per tutto il sistema delle sue concezioni e asso-
lutamente incapace di capire le contraddizioni capitalistiche. Ma som-
mamente caratteristico è il fatto che dietro Pudor arranchi acritica-
mente il piccolo borghese David, annoverato per malinteso tra i so-
cialisti!
In realtà proprio la Danimarca ci mostra con particolare evi-
denza la concentrazione dell'allevamento in un paese capitalistico. Pu-
dor è potuto giungere alla conclusione opposta solo grazie alla sua
estrema ignoranza e alla deformazione dei frammenti di statistica da
lui citati nel suo libercolo, Pudor cita — e David servilmente ripete —
cifre che indicano la ripartizione di tutte le aziende dedite all'alleva-
mento in base alla quantità del bestiame. Ne risulta, secondo lui, che
il 39,85% del numero complessivo delle aziende in possesso di be-
stiame hanno solo da 1 a 3 capi ciascuna, poi che il 29.12% ne hanno
da 4 a 9, ecc. Dunque, conclude Pudor, la maggioranza delle aziende
sono « piccole »; « decentralizzazione », ecc.
In primo luogo, Pudor cita cifre sbagliate. Ciò va notato, giacché
costui dichiara, dandosi delle arie, che nel suo scritto si possono tro-
vare tutti i «piu recenti» dati statistici, e i revisionisti «confutano
il marxismo » richiamandosi a ignoranti abborraccioni borghesi. In se-
condo luogo, e questa è la cosa piu importante, il metodo di argomen-
tazione dei Pudor e dei David viene troppo spesso ripetuto dai nostri
cadetti e populisti perché non ci si debba soffermare. Con un ùmile
metodo si deve inevitabilmente concludere che nei paesi capitalistici
piu progrediti Yindustria « è decentralizzata », poiché sempre e do -
188
tENIN
vunque la percentuale delle imprese piccole e piccolissime è la mag-
giore, mentre la percentuale di quelle grandi è insignificante. I Pudor
e i David dimenticano un’« inezia »: la concentrazione della parte pre-
ponderante di tutta la produzione in una piccola percentuale di gran-
di imprese.
In base all’ultimo censimento del 15 luglio 1898 la reale ripar-
tizione di tutto il bestiame bovino in Danimarca era la seguente*:
Aziende
%
Capi di be-
stiame
bovino
96
Con
1
capo
di bestiame
bovino
18.376
10,2
18.376
1,0
»
2
capi
»
»
»
27.394
15,2
54.788
3,1
»
3
»
»
>►
»
22.522
12,5
67.566
3,9
»
4- 5
»
>►
*
»
27.561
152
121.721
7,0
»
6- 9
»
»
»
»
26.022
14,4
188.533
10,8
»
10- 14
>►
»
»
»
20.375
11.3
242.690
13,9
»
15- 29
»
»
»
»
30.460
16,9
615.507
35,3
»
30- 49
*
»
»
»
5.650
3,1
202.683
11,6
»
50- 99
»
»
»
»
1.498
0,8
99.131
5,7
»
100-199
»
»
»
»
588
0,3
81.417
4,7
»
200 1 piu »
»
»
»
195
0,1
52.385
3,0
In complesso
180641
100,0
1.744.797
100,0
Vediamo dunque quale importanza abbiano nell’allevamento della
Danimarca in generale le numerose piccole aziende e le non nume-
rose grandi aziende, quale sia la famigerata « decentralizzazione y> della
produzione nel « paese ideale ». Le piccole aziende, con 1-3 capi di
bestiame bovino, sono 68.292, cioè il 37,9% del totale; esse hanno
140.730 capi di bestiame bovino, cioè solo l’8% del totale, Quasi
* Danmarks Statistik. Statisti k Tabelvaerk. Femte Raekke, litra C, N, 2.
Kreaturholdet d. 15 juli 1898, Kòbenhavn,
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
189
altrettanti, 133.802 capi, cioè il 7,7%, ne hanno i 783 agricoltori più
grandi, lo 0,4% del totale degli agricoltori. Le prime hanno in media
poco più di 2 capi di bestiame bovino ciascuna, cioè una quantità ma-
nifestamente insufficiente, con la quale è possibile condurre un alle-
vamento mercantile, smerciare prodotti lattiero-caseari e carne solo a
detrimento della propria alimentazione (ricordiamo dei fatti notori:
si vende il burro e si compra la margarina, più a buon mercato, ecc. ).
I secondi hanno in media 171 capi di bestiame bovino ciascuno. Si
tratta dei più grandi farmers capitalistici, « fabbricanti » di latte e di
carne, i « capi » del progresso tecnico e di associazioni agricole di
ogni sorta per le quali vanno in estasi gli ammiratori piccolo-borghesi
della « pace sociale ».
Se metteremo assieme i piccoli e i medi agricoltori, otterremo il
totale dei proprietari con non più di 9 capi di bestiame bovino: 121.875
agricoltori, cioè due terzi del totale degli agricoltori (67,5%). Essi
hanno 450.984 capi di bestiame bovino, cioè un quarto del totale
(25,8%). Quasi altrettanti, e precisamente 435.616 capi (25%) ne
hanno gli agricoltori che possiedono 30 e più capi, con la differenza
che il numero di questi agricoltori è di 7.931, cioè il 4,3% del nu-
mero complessivo degli agricoltori. Bella «decentralizzazione»!
Riducendo le surriportate piccole divisioni della statistica danese
a tre gruppi, otteniamo:
Numero del-
le aziende
%
Capi di
bestiame
bovino
%
Media per
azienda
A z. con 1-3 capi di best. bovino
l
68.292
37.9
140.730
8,0
2,1
» » 4-9 » * » »
53.583
29.6
310.254
17,8
5,8
» » 10 e piu » » » »
58.766
32,5
1.293.813
74,2
22,0
In complesso
180.641
100,0
1.744.797
100,0
9,7
190
LENIN
Quindi tre quarti di tutto l'allevamento della Danimarca è con-
centrato nelle mani di 58.766 agricoltori, cioè di meno di un terzo
del loro numero complessivo. Questa terza parte degli agricoltori
si prende appunto la parte del leone di tutta la « prosperità » del capi-
talismo nell’agricoltura della Danimarca. Bisogna inoltre tener presente
che una cosi alta percentuale di contadini agiati e ricchi capitalisti
(32,5%, cioè quasi un terzo) si ottiene grazie ad un metodo di calcolo
artificioso che elimina tutti gli agricoltori senza bestiame . In realtà
questa percentuale è assai piu bassa. Il censimento del 1895 faceva
ascendere, come abbiamo visto, il numero complessivo degli agricoltori
della Danimarca a 265.982, mentre il censimento del bestiame del
15 luglio 1898 calcolava che gli agricoltori erano in tutto 278.673.
In rapporto a questa cifra reale, i 58.766 agricoltori agiati e ricchi co-
stituiscono solo il 21,1%, cioè solo la quinta parte. Se gli « agricoltori »
senza terra costituiscono il 12,4% del numero complessivo degli agri-
coltori della Danimarca (1895: 32.946 su 265.982), quelli senza
bestiame * ne costituiscono il 35,1%, cioè piu di un terzo (1898: 98.032
su 278.673). Si può giudicare, perciò, che razza di « socialismo » sia
quello dei signori David, i quali non si accorgono che la prosperità capi-
talistica dell'agricoltura danese si basa sulla proletarizzazione in massa
della popolazione rurale, sulla privazione dei mezzi di produzione della
massa degli « agricoltori ».
Passiamo ora ai dati che tratteggiano nel suo insieme e l'economia
agricola e tutto Tallevamento della Danimarca. Il censimento del 15
luglio 1898 fornisce dati particolareggiati sulla quantità del bestiame
nei vari gruppi di agricoltori che possiedono questa o quella quantità
di terra. Nella statistica danese il numero di questi gruppi è partico-
larmente alto ( 14 gruppi: senza terra, fino a 1/32 di hartkorn, 1/32-
1/16, 1/16-1/8, 1/8-1/4, 1/4-1/2, 1/2-1, 1-2, 2-4, 4-8, 8-12, 12-20,
20-30, 30 e più), e li riduciamo ai sei grandi gruppi da noi già
assunti. [V. tabella pp. 192-193].
* Più esattamente, gli agricoltori senza bestiame bovino, giacché la statistica
danese non fornisce, purtroppo, il numero degli agricoltori che non hanno bestiame
di nessun genere. Da questa statistica sapremo solo il numero dei proprietari
di ogni singola specie di bestiame. Ma il bestiame bovino è indubbiamente la
base principale di tutto rallcvamento della Danimarca.
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
191
Da questi dati vediamo, innanzi tutto, quanto è grande la con-
centrazione di tutto l’allevamento in Danimarca. I grandi agricoltori
capitalisti con più di 40 ettari di terra costituiscono solo un decimo
del totale degli agricoltori (10,7%), concentrando nello stesso tempo
più dei tre quinti di tutta la terra (62,6%) e quasi la metà di tutto
il bestiame: il 45,6% del numero complessivo dei cavalli, il 48,4%
di quello del bestiame bovino, il 32,7% di quello delle pecore, il
44,6% di quello dei maiali.
Se a questi agricoltori capitalistici si aggiungono i contadini agiati
cioè i proprietari di 10-40 ettari di terra, otterremo che un po’ più
di un quarto del totale degli agricoltori (27,0%) concentrano i nove
decimi di tutta la terra, i tre quarti del numero complessivo dei cavalli,
i quattro quinti di quello dei bovini, i sette decimi di quello dei maiali,
quasi la metà di quello del pollame. La grande massa degli « agri-
coltori », quasi i tre quarti (73%), possiedono meno di 10 ettari di
terra ciascuno, costituiscono nel complesso una massa proletarizzata e
semiproletarizzata e hanno una funzione insignificante nel complesso del-
P economia agricola e delPallevamento di tutto il paese.
Per quanto riguarda, poi, la ripartizione delle varie specie di be-
stiame, sotto questo rapporto meritano una particolare attenzione l’alle-
vamento degli ovini e quello dei suini. Il primo appartiene ai rami
delPallevamento in declino, oggi svantaggiosi per la maggioranza dei
paesi europei a causa delle condizioni del mercato e della concorrenza
dei paesi d’oltre oceano. Le condizioni del mercato esigono la spsti-
tuzione delPallevamento ovino con altre specie di allevamento. Vice-
versa, Pallevamento dei suini appartiene ai rami dell’allevamento per
la carne particolarmente vantaggiosi e in rapido sviluppo in Europa.
La statistica ci mostra che anche in Danimarca l’allevamento ovino è
in declino, mentre Palievamento dei suini si sta sviluppando in maniera
particolarmente rapida. Dal 1861 al 1898 il numero delle pecore in
Danimarca è diminuito da 1.700.000 a 1.100.000 capi. Il numero dei
bovini è aumentato da 1.100.000 a 1.700.000. Il numero dei maiali
è aumentato da 300.000 a 1,200.000, è cioè aumentato di quattro volte.
E confrontando come sono ripartite le pecore e i maiali fra le
piccole e le grandi aziende, vediamo chiaramente il massimo abitudi-
narismo delle prime, la loro minima adattabilità alle esigenze del merca-
192
LENIN
Agricoltura ed allevamento in Danimarca
1
Gruppi di aziende
Numero
delle
aziende
%
Terra
(ettari)
n
senza terra ....
13.435
4,8
—
1.970
0,5
con una quantità di ter-
ra non conosciuta .
45.896
16,5
?
?
28.909
6,4
non più di 2,5 ettari
80.582
28,9
55.272
1.5
24.540
5,5
2,5- 10 »
63.420
22,8
323.430
8,9
54.900
122
10-40 »
45.519
16,3
984.983
27,0
133,793
29,8
40 -120 »
27.620
9,9
1.692.285
46,4
168.410
37,5
120 e più »
2.201
0,8
588.318
16,2
36.807
8,1
ìn complesso . .
278.673
100,0
3.644.288
100,0
449.329
100,0
Nota. I dati del 1898 non concordano coi dati del 1895 per ciò che riguarda la suddi
sopravvenuti col tempo sia da qualche diversità nei metodi di raccolta dei dati stessi. Ma in
3.645.750 ettari di terra suddivisa, anche 45.860 ettari non suddivisi. Il gruppo delle aziende
inferiori, cosa attestata dalla quantità del bestiame.
to, la loro lentezza nella riorganizzazione dell'azienda in corrispondenza
con le nuove condizioni. Le grandi aziende capitalistiche (40-120 ettari,
120 e piu) hanno ridotto lo svantaggioso allevamento degli ovini nella
maniera piu considerevole (28,9% e 3,8% di pecore contro il 33-37%
e l'8-12% delle altre specie di bestiame), Le piccole aziende si sono
adattate meno: esse tengono tuttora piu pecore; le aziende con non
piu di 2,5 ettari, per esempio, hanno il 9,3% del numero complessivo
delle pecore contro il 6-5% delle altre specie di bestiame. Di maiali
ne hanno 1*8,1%: una percentuale minore di quella delle pecore. I
capitalisti ne hanno il 35 e il 9,6%, ossia una percentuale maggiore
di quella delle pecore. L’agricoltura capitalistica può adattarsi assai
meglio alle esigenze del mercato internazionale. Del contadino, invece,
bisogna dire tuttora, con le parole di Marx: il contadino diviene mer-
cante e industriale senza le condizioni nelle quali è possibile divenire
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX » 193
in base al censimento del 15 luglio 1898
Vacche
%
Totale del
bestiame
bovino
%
Pecore
%
Maiali
%
r
•Pollame
%
0,3
4.633
0,3
8.943
0,8
8.865
0,8
220.147
2,5
2,6
42.150
2,4
42.987
4,0
42.699
3,7
780.585
8,9
6*2
88.720
5,1
99.705
9,3
94.656
8,1
1.649.452
18,8-
16,4
247.618
14,2
187.460
17,5
191.291
16,4
1.871.242
21,4
303.244
28,5
515.832
29,6
383.950
35,7
308.863
26,4
1.957.726
22,3
361.669
33,9
639.563
36,6
310.686
28,9
409.294
35,0
1,998.595 j
22,8
129.220
12,1
206.281
11,8
40.682
3,8
112.825
9,6
289.155 '
3.3
1.067.265
100,0
1.744.797
100,0
1.074.413
100.0
1.168.493
100,0 1
1
8.766.902 i
100.0
visione delle aziende in base alla quantità di terra. Ciò può dipendere sìa da cambiamenti
generale i rapporti tra t gruppi restano gli stessi. Il censimento del 1895 calcola, oltre i
«con una quantità di terra non conosciuta » (18981 appartiene, nel suo complesso ai gruppi
un autentico mercante e industriale ® 5 . Il mercato esige da ogni agricol-
tore, quale necessità incondizionata, la sottomissione e un rapido adat-
tamento alle nuove condizioni. Ma senza capitale questo rapido adat-
tamento è impossibile. La piccola azienda è cosi inevitabilmente con-
dannata, in regime capitalistico, al massimo abitudinarismo, alParretra-
tezza, alla minima adattabilità al mercato.
Per rappresentarci piu concretamente la vera fisionomia economica
di questa massa indigente e della piccola minoranza agiata riporteremo
i dati sulla quantità media della terra e del bestiame nelle aziende dei
vari gruppi. Per leconomia politica borghese (e per i signori revisio-
nisti) è naturale dissimulare le contraddizioni capitalistiche: Pecono-
mia politica socialista deve spiegare la diversità dei tipi di azienda e
del tenore di vita tra gli agricoltori capitalistici, che stanno prospe-
randole i piccoli agricoltori bisognosi.
194
LENIN
Media per azienda
Gruppi
di aziende
terra
(ettari)
cavalli
vacche
totale
del be-
stiame
bovino
pecore
maiali
pol-
lame
senza terra
__
0.1
0,3
0,3
0,7
0,7
16,4
con una quantità di ter-
ra non conosciuta . .
?
0,6
0,6
0,9
0,9
0,9
17,0
con non piu di 2,5 ettari
0,6
0,3
0,8
1,1
1,2
1,2
20,4
» 2,5- 10
5,1
0,9
2,7
3,9
2.9
3,0
29,5
» 10-40 »
21,6
2,9
6,6
11,3
8,4
6,8
43,0
* 40 -120 »
61,3
6,1
13,8
23,1
ÌU
14,9
72,4
» 120 e piu »
267,3
16,7
58,7 ,
93,7
18,5
51,2
131,3
In media . .
13.1
1,6
3,8
6,3
3,9
4.2
31.5
Questi dati mostrano all’evidenza che tutti e tre i gruppi inferiori,
i quali sono la metà del numero complessivo delle aziende, sono costi-
tuiti da contadini poveri. Vi predominano gli « agricoltori » senza ca-
valli e senza vacche. Solo nel gruppo con non più di 2,5 ettari di terra
si hanno un intero capo di bestiame bovino, delle pecore e dei maiali.
È chiaro che per questa metà del numero complessivo delle aziende
non è nemmeno il caso di parlare di vantaggi tratti dallalle va mento
per il latte e per la carne. La prosperità dell’agricoltura danese significa,
per questa metà, dipendenza dai grandi agricoltori, necessità di cercare
« occupazioni ausiliarie collaterali », cioè di vendere in un modo o
nell’altro la propria forza-lavoro, perenne indigenza e azienda semi-
rovinata.
È ovvio che questa conclusione è giusta solo per la massa di queste
aziende più povere. Abbiamo già osservato, in base ai dati della sta-
tistica agricola tedesca, francese e russa, che anche tra le aziende piccole
per la quantità della terra ci sono dei grandi proprietari di bestiame,
dei tabacchicultori, ecc. La differenziazione è più profonda di quanto
possiamo dimostrare in base ai dati della statistica danese. Ma essa,
facendo emergere in ciascun gruppo una minoranza irrisoria di aziende
a colture speciali, non fa che accentuare la miseria e l’indigenza della
maggioranza degli agricoltori dei gruppi più poveri.
Inoltre dai dati citati si vede che anche il gruppo dei piccoli conta-
dini che hanno da 2,5 a 10 ettari non può essere considerato più o
meno garantito c saldamente organizzato sotto il rapporto economico.
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
195
Ricorderemo che in questo gruppo ci sono 63.000 aziende, pari al
22,8% del numero complessivo, e ci sono in media 0,9 cavalli per
azienda. Quelle senza cavalli impiegano probabilmente, come animali
da tiro, le vacche, peggiorando cosi l’agricoltura (aratura meno pro-
fonda) e l’allevamento (indebolimento del bestiame bovino). Le vacche
per azienda sono in media 2,7. Se anche si riduce il consumo dei pro-
dotti lattiero-caseari e della carne nella propria famiglia, e una simile
riduzione è già un indice diretto della piu nera indigenza, da una tale
quantità di vacche si possono destinare alla vendita solo quantità di
prodotti le piu insignificanti. La partecipazione di simili aziende, con
2.7 vacche e 3,0 maiali in media per fuoco, al « prosperare » della
esportazione « nazionale » del latte e della carne in Inghilterra non può
non essere la piu insignificante. Con un'azienda di tali dimensioni,
agricoltura e allevamento mercantile significano in parte privazione
del necessario per la famiglia, peggioramento dell'alimentazione, accen-
tuazione dell'indigenza, in parte vendita di prodotti in piccole quantità,
cioè nelle condizioni piu svantaggiose, e impossibilità di avere un fondo
in denaro per il caso di inevitabili spese straordinarie. E l’economia
naturale del piccolo contadino, nelle condizioni degli odierni paesi
capitalistici, può soltanto vegetare e morire di una morte dolorosa, e
non prosperare. Tutto il « trucco » dell’economia politica borghese e
revisionistica sta nel non esaminare a parte le condizioni in cui preci-
samente si trova tale tipo di piccole aziende, che sono al di sotto del-
l’azienda «media» (l’agricoltore danese «medio» ha 1,6 cavalli e
3.8 vacche) e costituiscono la stragrande maggioranza del complesso
degli agricoltori. Non solo non si esamina a parte questo tipo di
azienda, ma lo si dissimula mediante richiami ai soli dati « medi », allo
sviluppo generale della •« produzione » e dello « smercio », tacendo sul
fatto che solo le aziende agiate, che costituiscono un'esigua minoranza,
possono vendere vantaggiosamente.
Solo tra gli agricoltori con 1(M0 ettari vediamo un numero di
capi di bestiame che rende possibile la « prosperità ». Ma tali aziende
sono solo il 16% del totale; e che esse, avendo in media 21,6 ettari
di terra ciascuna, facciano completamente a meno del lavoro salariato
non è ancora stato stabilito. Essendo in Danimarca l'agricoltura alta-
mente intensiva, un'impresa di tali dimensioni non può probabilmente
esistere senza il lavoro di salariati e di giornalieri. Purtroppo sia la
196
LENIN
statistica danese, sia la maggioranza degli scrittori che si occupano
dell'agricoltura danese fanno interamente proprio il punto di vista
borghese e non esaminano la questione del lavoro salariato, delle di-
mensioni delle aziende che richiedono il suo impiego, ecc. Dal cen-
simento delle occupazioni in Danimarca, del 1901, sappiamo soltanto
che il gruppo dei « giornalieri » ecc. comprende 60.000 uomini e
56.000 donne, cioè 116.000 dei 972.000 abitanti della campagna
suddivisi in base alla loro posizione nella produzione. Queste decine
di migliaia di operai salariati (e oltre ad essi lavorano a salario, sotto
forma di prestazione di « lavoro supplementare », anche i piccoli conta-
dini) sono occupati esclusivamente dai 30.000 grandi agricoltori capi-
talisti (27.620 con 40-120 ettari e 2.201 con più di 120), oppure
anche, in parte, dai contadini agiati che possiedono da 10 a 40 ettari?
Non abbiamo dati per stabilirlo.
Dei due gruppi più ricchi, i « trentamila » che costituiscono lo
strato superiore dell’agricoltura danese, non c’è bisogno di parlare
molto: il carattere capitalistico della loro conduzione e del loro alleva-
mento è stato chiaramente tratteggiato all’inizio dalle cifre citate.
Infine, gli ultimi dati, che presentano un interesse generale e che
sono stati toccati e in parte elaborati nella statistica agricola danese,
riguardano il problema: avviene una decentralizzazione oppure una
concentrazione dell’allevamento a misura che si sviluppa questa base
principale della «prosperità» del «paese ideale»? La statistica del
1898, da noi già citata, fornisce, in confronto al 1893, dei dati straordi-
nariamente interessanti, e per una specie di bestiame, per la verità la
più importante, e precisamente quella del bestiame bovino nel suo com-
plesso, possiamo persino comparare i dati del 1876 e del 1898.
In Danimarca nel periodo che va dal 1893 al 1898, di tutti i rami
delPallevamento ha progredito più fortemente degli altri l’allevamento
dei suini. Il numero dei maiali è cresciuto in quel periodo da 289.000
a 1.168.000, cioè del 40%, mentre il numero dei cavalli è aumentato
solo da 410.000 a 449.000, il numero dei capi di bestiame bovino da
1.696.000 a 1.744.000, e il numero delle pecore è addirittura dimi-
nuito. Chi dunque ha principalmente profittato di questo colossale
progresso degli agricoltori danesi, riuniti in innumerevoli* cooperative?
J compilatori della statistica del 1898 dànno una risposta compa-
rando i dati del 1893 e del 1898. Tutti i proprietari di maiali vengono
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
197
divisi in quattro gruppi: grandi tenute, con 50 e più capi; aziende
medio-grandi, con 15-49 capi; medio-piccole, con 4-14 capi, e piccole,
con 1-3 capi. Per questi quattro gruppi i compilatori della statistica
danno i seguenti dati;
Gruppi
di-
aziende
1893
1898
Aumento in
% o dimi-
nuzione del
numero
Ripartizione
percentuale
del numero
dei maiali
Numero di
Numero di
aziende
maiali
aziende
maiali
azien-
de
maiali
1893
1898
con 50 e più capi
844
79.230
1.487
135.999
76,2
71,7
9,6
11,6
* 15-49 »
20.602
350.277
30.852
554.979
48,2
58,4
42,3
47,5
» 4-14 »
38.357
211.868
50.668
282.642
32,1
33,4
25,5
24,2
» 1- 3 »
108.820
187.576
108.544
194.873
0,3
3,8
22,6
16,7
In complesso
168.623
829.131
191.551
1.168.493
1 13,6
40,9
100,0
100,0
Questi dati ci mostrano chiaramente che sta avvenendo una rapida
concentrazione deirallevamento. Quanto più le aziende sono grandi,
tanto più hanno guadagnato dal « progresso » deirallevamento. Le
grandi aziende hanno aumentato la quantità del bestiame del 71,7%,
le medio-grandi del 58,4%., le medio-piccole del 33,4% e le piccole
solo del 3,8%. .L’aumento della ricchezza riguarda soprattutto la piccola
minoranza degli « strati superiori ». L'intero incremento del numero
dei maiali in cinque anni ascende a 339.000; di essi 261.000, cioè
piu dei tre quarti , toccano alle aziende grandi e medio-grandi, che erano
32.000 (su un totale di 266-277.000!) La piccola produzione nel-
l’allevamento della specie in questione viene soppiantata dalla grande:
in cinque anni è aumentata la percentuale della grande azienda ( dal 9,6
alili, 6%) e di quella medio-grande (dal 42,3 al 47,5%), è diminuita
quella dell’azienda medio-piccola (dal 25,5 al 24,2%) e ancor piu
quella della piccola azienda (dal 22,6 al 16,7%).
Se invece della statistica grezza delle superfici si fosse potuto
ottenere la statistica dell’economia propriamente agricola, la quale
esprime le dimensioni della produzione stessa altrettanto esattamente
198
LENIN
quanto il numero dei capi di bestiame esprime * le dimensioni del-
l’allevamento, non v'ha dubbio che avremmo visto anche qui quel
processo di concentrazione negato dai professori borghesi e dagli op-
portunisti.
Ancor piu interessanti sono i dati che si riferiscono al numero
complessivo dei bovini; inoltre il confronto degli anni 1893 e 1898
può essere da noi completato con un confronto coi dati del censimento
del 17 luglio 1876 ( Danmarks Statistik. Statistik Tabelvaerk, 4-de
Raekke, litra C, n. 1. Kreaturholdet d. 17 juli 1876. Kòbenhavn, 1878).
Ecco i dati corrispondenti per questi anni. [V. tabella p. 199].
Per un periodo più lungo e per una specie di bestiame più im-
portante, questi dati ci mostrano, con tanta evidenza quànto quelli
surriportati, un processo di concentrazione capitalìstica. Lo sviluppo
dell’azienda di allevamento della Danimarca, lo sviluppo dell’alleva-
mento stesso, sono quasi esclusivamente un progresso della grande azien-
da capitalistica. L’intero incremento del bestiame dal 1876 al 1898 è di
424.000 capi. Di quest’incremento 76.000 unità toccano alle aziende
con 50 e più capi, e 303,000 alle aziende con 15-40 capi, ossia a queste
sole 38.000 aziende superiori toccano 379.000 unità di incremento,
quasi i nove decimi delVintero incremento . Impossibile figurarsi Un
quadro più saliente della concentrazione capitalistica.
Dal 1876 al 1898 il numero complessivo delle aziende che possie-
dono bestiame bovino è aumentato di 12,645 unità (180.641-167.996),
cioè del 7,5%. L’intera popolazione della Danimarca, invece, dal 1880
al 1901 (cioè in un periodo di tempo persino un po’ più breve) è
aumentata da 1.969.039 a 2.449.540 persone**, cioè del 24,4%. È
chiaro che il numero relativo dei « possidenti », cioè di coloro che
possiedono bestiame, si è ridotto . I proprietari sono la parte minore
della popolazione. Il numero dei possidenti più piccoli (1-3 capi) di-
minuisce di continuo e in maniera assoluta. Il numero di quelli medio-
piccoli (4-14 capi) aumenta in maniera estremamente lenta ( +12,5%
dal 1876 al 1893, +2,5% dal 1893 al 1898), restando indietro ri-
* Abbiamo mostrato piu sopra, in base ai dati di Drechsler, che nelle grandi
aziende il bestiame è più forte. Anche qui, dunque, la statistica globale fa
apparire più bassa la concentrazione.
** La percentuale della popolazione urbana era nel 1880 del 28% e nel 1901
del 38%.
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX »
199
Ripartizione percen-
tuale del numero dei
capi di bestiame bo-
vino
1898
rrC
»-4
00
\d
1-^
1-H
rr\
CO
100,0
1893
©„
rd
t— ;
00
$
00^
00
100,0
1876
11,8
39,0
00
rr\
11,0
100,0
1
Aumento in % o
diminuzione
dai 1893
al 1898
2
4>
a
ouuoq sui
-Bqssq ip idc3
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rr\
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od
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os
K
o
rrs
r-
d
T ~ <
1.744.797
s puaizB
■
2.281
36.110
73.958
68.292
180.641
1893
Numero di
OUTAOq SOI
-oqssq ip idss
r-
(N
È evidente che si tratta del latifondo. La massa principale
di tali terre è concentrata nel governatorato di Perm: qui a nove
di tali compagnie appartengono 1.448.902 desiatine! È noto che le
officine degli Urali. possiedono decine di migliaia di desiatine di terra,
diretta sopravvivenza, nella Russia borghese, dei latifondi di tipo feuda-
dale, signorile.
Noi detraiamo, quindi, dalla terra delle società e compagnie 3,6 mi-
lioni di desiatine, in quanto esse costituiscono il piu grande possesso
fondiario. Il resto non è ripartito, ma in generale è piccolo.
Su 39,5 milioni di desiatine di terra demaniale ecc. si prestano
ad essere distinte iti base alle loro dimensioni solo le terre degli appan-
naggi ( 5,1' milioni di desiatine). Si tratta anche qui del grandissimo
possesso fondiario semimedioevale. Otteniamo il seguente totale delle
terre, ripartite ^ non ripartite in base alle dimensioni del possesso
fondiario:
Terre
ripartite
Terre
non ripartite
in base alle dimensioni del possesso fondiario !
(milioni di desiatine) |
A) in proprietà privata
89,5*
12,2
B) dei nadiel
136,9
1,9
C) demaniali e di enti
5,1
34,4
In complesso
231,5
48,5
Totale 280,0
é * 85,9 milioni di desiatine di terra in proprietà privata piu 3,6 milioni di
desiatine di latifondi appartenenti a società e compagnie industriali e industriali-
commerciali.
IL programma agrario della socialdemocrazia
209
Passiamo alla ripartizione delle terre dei nadiel in base alle di-
mensioni del possesso fondiario. Riducendo i dati della fonte di cui
d serviamo ad alcuni gruppi piu grandi, otteniamo:
Terra dei nadiel
Gruppi di famiglie
Famiglie
Terra
(desiatine)
In media
per famiglia
(desiatine)
fino a 5 desiatine
2.857.650 )
9.030.333
3,1 )
5-8 »
3.317.601 t
21.706.550
6.5 ‘
Complessivamente
non più dì 8 desiatine
6.175251
30.736.883
4,9
8-15 *
3.932.485
42.182.923
15-30 »
1.551.904
31.271.922
20,1
52,9
più di 30 *
617.715
32.695.510
In tutto nella Russia europea 12 211 . 355 136,887.238 11,1
Da questi dati si vede che più della metà delle famiglie (6,2 mi-
lioni su 12,3) possiedono non più di 8 desiatine ognuna, cioè una
quantità di terra che in generale e in media è assolutamente insuffidente
per il mantenimento della famiglia. Solamente 10.1 milioni di fa-
miglie possiedono sino a 15 desiatine (esse ne possiedono 72,9
milioni); più dei quattro quinti del totale delle famiglie contadine
si trovano quindi, dato il livello attuale della tecnica agricola contadina,
sull'orlo di un'esistenza di fame. Le famiglie medie ed agiate — per
la quantità della terra in possesso — sono in tutto 2,2 milioni su 12,3,
che inoltre possiedono 63,9 milioni di desiatine su 136,9 milioni.
Ricche si possono definire solo quelle che possiedono più di 30 desia-
tine: tali famiglie sono solo 0,6 milioni, cioè un ventesimo del numero
complessivo. Esse possiedono quasi un quarto della quantità complessiva
della terra: 32,7 milioni di desiatine su 136,9. Per stabilire da quali
categorie di contadini è costituito questo gruppo di famiglie ricche per
il loro possesso fondiario, osserveremo che qui al primo posto si tro-
vano i cosacchi. Nel gruppo che possiede più di 30 desiatine per famiglia
sono comprese 266.929 famiglie cosacche con 14.426.403 desiatine,
ossia è compresa la schiacciante maggioranza del numero complessivo dei
cosacchi (per la Russia europea 278.650 famiglie con 14.689.498 de-
siatine, ossia, 52,7 desiatine per famiglia).
210
LENIN
Per stabilire come si ripartiscono approssimativamente tutte le
famiglie contadine in base alle dimensioni dell'azienda, e non in base
alla superficie dei nadiel in loro possesso, abbiamo per tutta la Russia
solo i dati sui cavalli. Secondo gli ultimi censimenti dei cavalli degli
anni 1888-1891 la ripartizione dclb famiglie contadine in 48 governa-
torati della Russia europea è la seguente:
FanugUe povere ) con j cavallo
ts > m j. \ con 2 cavalli
Famiglie medie ) con 3 cavaUi
Agiate con 4 e più
Totale 10.116.660
Nel suo complesso questo significa: piu della metà sono famiglie
contadine povere (5,6 milioni su 10,1), circa un terzo sono famiglie
contadine medie (3,3 milioni con 2-3 cavalli) e poco più di un decimo
sono agiate (1,1 milioni su 10,1).
Consideriamo ora la ripartizione della proprietà terriera privata.
La statistica distingue qui in maniera insufficientemente chiara la pro-
prietà fondiaria più piccola, ma in compenso d fornisce i dati più
particolareggiati sui più grandi latifondi.
2.765.970
2.885.192
2.240.574
1.070.250
1.154.674
Proprietà terriera privata nella Russia europea
Gruppi di proprietà
Proprietà
Terra
(desiatine)
In media per
ciascuna proprietà
(desiatine)
10 desiatine e meno
10 - 50 desiatine
50- 500 »
i 500- 2000 »
] 2000 - 10.000 »
' più di 10.000 »
In tutto con piu di 500 d
409.864
209.119
106.065
i 21.748
) 5.386
[ 699
es. 27.833
1.625.226
4.891.031
17.326.495
20.590.708 \
20.602.109 [
20.798.504 1
61.991.321
3,9
23,4
163,3
947 ì
3.825 [
29.754 '
2227
Ioide nella Russia europea 752.881 85.834.073 114
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA.
211
Vediamo qui, in primo luogo, lenorme prevalenza della grande
proprietà fondiaria: 619.000 piccoli proprietari terrieri (non piu di
50 desiatine) possiedono in tutto 6,5 milioni di desiatine. In secondo
luogo, vediamo latifondi sterminati: 699 proprietari hanno quasi
30.000 desiatine ciascuno! Ventottomila proprietari concentrano 62
milioni di desiatine, cioè 2.227 desiatine a testa. La schiacciante mag-
gioranza di questi latifondi appartiene a nobili, e precisamente 18.102
tenute (su 27.833) e 44.471.994 desiatine di terra, cioè più del 70%
di tutta la superficie a latifondo. Il carattere medioevale della grande
proprietà fondiaria viene configurato da questi dati con tutta evidenza.
2. Per che cosa si svolge la lotta?
Dieci milioni di famiglie contadine possiedono 73 milioni di
desiatine di terra. Ventottomila landlords , in parte nobili e in parte
contadini arricchiti, ne hanno 62 milioni. Questo Io sfondo dominante
del campo su cui si svolge la lotta contadina per la terra. Su questo
sfondo sono inevitabili l'incredibile arretratezza della tecnica, lo stato
di abbandono dell'agricoltura, l'oppressione e l'avvilimento della massa
contadina, l’infinita varietà di forme di sfruttamento servile, fondato
sulla barstcina, Per non scostarci dal nostro tema, dobbiamo limitarci
al più breve accenno a questi fatti universalmente noti, descritti nel
modo più particolareggiato nelle numerosissime pubblicazioni sull’azien-
da contadina. Le dimensioni delle proprietà terriere, da noi tracciate,
non corrispondono in nessun caso alle dimensioni economiche delle
aziende. Nei governatorati puramente russi la grande agricoltura capi-
talistica occupa indiscutibilmente una posizione di secondo piano. Nei
grandi latifondi predomina la piccola coltura: varie forme di affitto
servile, schiavistico di azienda fondata sulle otrabotki (sulla barstcina ),
di « assunzioni invernali », di obblighi servili per sconfinamenti del be-
stiame, per le terre stralciate, e cosi via all’infinito. La massa contadina,
schiacciata da uno sfruttamento di tipo feudale, va in rovina e in parte
dà essa stessa in affitto ad agricoltori « diligenti » i propri nadiel.
Una piccola minoranza di contadini agiati riesce a trasformarsi in
borghesia contadina, prende terra in affitto per impiantare un’azienda
capitalistica e sfrutta centinaia di migliaia di salariati e giornalieri.
212
LENIN
Presi in considerazione questi fatti, pienamente accertati dalla
scienza economica russa, dobbiamo distinguere, nella questione della
odierna lotta contadina per la terra, quattro gruppi fondamentali di
proprietà terriere. 1) La massa delle aziende contadine, oppresse dai
latifondi di tipo feudale e immediatamente interessate alla loro espro-
priazione, che da una simile espropriazione ha vantaggi maggiori e di-
retti. 2) Una piccola minoranza di contadini medi che già ora possiede
una quantità di terra approssimativamente media che le consente una
gestione passabile. 3) Una piccola minoranza di contadini agiati che si
trasforma in borghesia contadina, e che, attraverso una serie di graduali
transizioni, è collegata alla proprietà fondiaria gestita capitalisticamente.
4) I latifondi di tipo feudale, che per le loro dimensioni superano di
gran lunga le grandi tenute capitalistiche esistenti oggi in Russia e che
traggono principalmente i loro utili dallo sfruttamento semiservile, fon-
dato sulle otrabotki , della massa contadina.
Va da sé che, in base ai dati sul possesso fondiario, questi gruppi
fondamentali si possono distinguere gli uni dagli altri solo molto ap-
prossimativamente, a un dipresso, schematicamente. Ma abbiamo in
ogni caso il dovere di distinguerli, giacché altrimenti non si può dare
un quadro completo della lotta per la terra nella rivoluzione russa. E
si può dire in anticipo, con assoluta certezza, che le parziali correzioni
di cifre, i parziali spostamenti dei limiti di questo o quel gruppo non
possono mutare più o meno sostanzialmente il quadro generale. Sono
importanti non queste parziali correzioni; ciò che importa è di contrap-
porre chiaramente il piccolo possesso fondiario, che si sforza di ottene-
re la terra, e i latifondi di tipo feudale, che monopolizzano la gran
massa della terra. Il falso fondamentale dell’economia sia governativa
{di Stolypin) che liberale (dei cadetti) sta nel nascondere o dissimulare
questa chiara contrapposizione.
Supporremo che i quattro gruppi indicati posseggano le seguenti
quantità di terra: 1) non più di 15 desiatine; 2) 15-20 desiatine; 3)
20-500 desiatine, e 4) più di 500 desiatine. Per presentare la lotta per
la terra come qualcosa di organico dobbiamo, s’intende, riunire, in
ciascuno di questi gruppi, il possesso fondiario in nadiel e la proprietà
privata. Nella fonte di cui d serviamo quest’ultima è divisa nei gruppi:
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
213
non piu di 10 desiatine e da 10 a 20, per cui il gruppo con non phi di
15 desiatine va distinto in maniera approssimativa. Le inesattezze che
possono derivare da questo calcolo approssimativo e dall’arrotonda-
mento delle cifre da noi effettuato sono assolutamente insignificanti
(il lettore se ne convincerà subito) e non sono in grado di modificare le
conclusioni.
Numero del-
le proprietà
(in milioni)
Desiatine di terra
(in milioni)
Media delle de-
siatine per cia-
scuna proprietà
a) Contadini rovinati, schiac-
ciati dallo sfruttamento di
tipo feudale
10,5
75,0
7,0
b) contadini medi ....
1,0
15,0
15,0
c) borghesia contadina e pro-
prietà fondiaria capitalistica
1,5
70,0
46,7
d) latifondi di tipo feudale .
0,03
70,0
2.333,0
In complesso . .
13,03
230,0
17,6
non suddivisa per proprietà .
—
50
—
In complesso * . .
13,03
280,0
21,4
Questi i rapporti che generano la lotta contadina per la terra. Que?
sto il punto di partenza della lotta dei contadini (7-15 desiatine per fa-
miglia, piu le terre concesse in affitto a condizioni di asservimento,
* Le cifre di questa tabella sono, come si è già detto, arrotondate. Ecco
le cifre esatte. Terra dei nadiel: a) 10,1 milioni di proprietà e 72,9 milioni di
desiatine; b) 874.000 proprietà e 15,0 milioni di desiatine. Proprietà fondiaria
privata, non più di 10 desiatine: 410.000 proprietà e 1,6 milioni di desiatine;
10-20 desiatine: 106.000 proprietà e 1,6 milioni di desiatine. Somma di a+b di
entrambe le specie: 11,5 milioni di proprietà e 91,2 milioni di desiatine. Per il
gruppo c) cifra esatta: 1,5 milioni di proprietà e 69,5 milioni di desiatine. Per
il gruppo d): 27.833 proprietà e 61,99 milioni di desiatine di terra. A questi
ultimi vanno aggiunti, come si è già rilevato sopra, 5,1 milioni .di desiatine di
terra degli appannaggi e 3,6 milioni di desiatine appartenenti alle più grandi
compagnie industriali e industriali-commerciali. La cifra esatta delle terre non
suddivise per proprietà è stata riportata sopra: 48,5 milioni di desiatine. Di qui
il lettore può vedere che tutti i nostri arrotondamenti e calcoli approssimativi
comportano mutamenti numerici assolutamente insignificanti e non possono spo-
stare nemmeno di un capello le conclusioni,
214
LENIN
ecc.) contro i più grandi proprietari fondiari (2.335 desiatine per te-
nuta). Qual è il punto finale a cui oggettivamente tende questa lot-
ta ? È evidente che essa tende all* abolizione della proprietà fondiaria
di tipo feudale > al suo passaggio (in base a questi o a quei principi) ai
contadini. Questa tendenza oggettiva scaturisce del tutto ineluttabil-
mente dal fatto che la piccola coltura asservita dai latifondi di tipo feu-
dale ha la prevalenza. Per esprimere questa tendenza in uno schema
cosf evidente' come quello che abbiamo riportato al fine di darò una
idea del punto di partenza della lotta, cioè dell* attuale stato di cose,
bisogna prendere il miglior caso pensabile , cioè presupporre che tutte
le terre dei latifondi di tipo feudale e tutte le terre non suddivise per
proprietà siano passate nelle mani dei contadini rovinati. Questo è il
caso migliore che in maniera piu o meno chiara si prospetta a tutti co-
loro che partecipano alFodiema lotta agraria: anche il governo parla
di «r assegnazione di terra » ai <* bisognosi », anche il funzionario libe-
rale (e con lui il cadetto) parla di assegnazione supplementare di terra
ai contadini con poca terra, anche il contadino trudovik parla di un au-
mento del possesso fondiario sino alla norma « di consumo » o « di
lavoro», anche il socialdemocratico, benché non sia d'accordo sulle
forme del godimento della terra, accerta in generale le congetture po-
puliste di una assegnazione di terra ai contadini piu poveri (alla II Du-
ma, 47* seduta, 26 maggio 1907, Tsereteli accettava le cifre del popu-
lista Karavaiev sui 57 milioni di desiatine di terre alienabili per 6,5
miliardi, di cui a carico dei contadini più poveri, con non pili di 5 de-
siatine, 2,5 miliardi, cfr. p. 1221 del resoconto stenografico). In una
parola, per quanto i grandi proprietari, i funzionari, la borghesia, i con-
tadini e il proletariato possano considerare diversamente l compiti e le
condizioni della riforma, tutti rivelano la stessa tendenza: il passag-
gio delle terre dei grandi proprietari alla popolazione contadina piu bi-
sognosa. Delle radicali differenze tra le classi nelle opinioni circa le di-
mensioni e le condizioni di tale passaggio parleremo in particolare a
suo tempo. Ora invece completeremo il nostro schema del punto di
partenza della lotta con un analogo schema del suo possibQe punto fi-
nale. Abbiamo mostrato sopra ciò che c’è adesso. Mostreremo dò che
d potrebbe essere allora : Supponiamo che ì 30.000 grandi proprietari
conservino 100 desiatine dascuna, doè 3 milioni di desiatine, e che i
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
215
restanti 67 milioni e i 50 milioni di desiatine di terre non suddivise
passino ai 10,5 milioni di famiglie contadine povere. Otteniamo;
Adesso |
Proprietà
in
Desiatine
milioni
Desiatine in me-
dia per proprietà
a) piccoli contadini rovinati . .
10,5
75
7,0
b) contadini medi
1.0
15
15,0
c) contadini ricchi e borghesia .
U
70
46,5
d) grandi proprietari di tipo
feudale
0,03
70
2.333,0
In complesso ....
Mm
17,6
Terre non suddivise . .
KM
—
Totale
13,03
280 |
21,4
Allora
Proprietà J Desiatine
in milioni
Media delle desia-
tine per proprietà
a) piccoli contadini rovinati . .
b) contadini medi
11.5
207
18,0
c) contadini ricchi e borghesia .
d) grandi proprietari di tipo
1,53
73
47,7
feudale
—
—
In complesso ....
13,03
280
Terre non suddivise . .
—
—
21,4
Totale
—
—
—
Questa la base economica della lotta per la terra nella rivoluzione
russa. Questo il punto di partenza di questa lotta e la sua tendenza,
cioè il suo punto finale, il suo risultato nel migliore dei casi dal punto
di vista di coloro che si battono.
216
XENIM
• Prima di passare alesarne di questa base economica e dei suoi
paludamenti ideologici (e politicoideologici) ci soffermeremo ancora
sui possibili malintesi e obiezioni.
Primo. Si potrebbe dire che nel mio quadro presuppongo la spar-
tizione y mentre la questione della municipalizzazione, spartizione, na-
zionalizzazione, socializzazione non l’ho ancora esaminata.
Sarebbe un malinteso. Nel quadro da me tracciato le condizioni
del possesso fondiario sono lasciate completamente da parte, le con-
dizioni del passaggio della terra ai contadini (in proprietà, in godi-
mento di questo o quel tipo) non sono affatto toccate. Ho assunto
soltanto il passaggio della terra in generale ai piccoli contadini, e di
una tale tendenza della nostra lotta agraria non è permesso dubitare.
I piccoli contadini lottano, lottano per il passaggio della terra a loro
stessi. La piccola coltura (borghese) lotta contro la grande proprietà
fondiaria (di tipo feudale) *, Nel migliore dei casi un risultato diverso
da quello da me tratteggiato non vi può essere.
Secondo. Si potrebbe dire che non avevo il diritto di presupporre
il passaggio di tutte le terre confiscate (o espropriate, poiché per il mo-
mento nella mia esposizione non si fa ancora parola delle condizioni
delPespropriazione) ai contadini meno provvisti di terra. Si potrebbe
dire che, in forza della necessità economica, le terre devono passare ai
contadini piu ricchi. Ma una simile obiezione sarebbe il frutto di un
malinteso. Per dimostrare il carattere borghese della rivoluzione de-
vo prendere il migliore dei casi dal punto di vista del populismo; de-
vo ammettere che venga raggiunto lo scopo che si prefiggono coloro
che si battono. Devo prendere il momento più vicino alla cosiddetta
« ripartizione nera », e non le conseguenze lontane della rivoluzione
agraria. Se la massa vincerà nella lotta, raccoglierà essa stessa i frutti
della vittoria. Altra questione è quella di sapere a chi toccheranno in
seguito questi frutti.
Terzo. Si potrebbe dire che ho ottenuto un risultato straordina-
riamente favorevole per i contadini poveri (trasformazione di tutta la
loro massa in contadini medi con 18 desiatine di terra per famiglia)
sopravvalutando il fondo agrario disponibile. Si potrebbe dire che biso-
* Ciò che scrivo tra parentesi non è ammesso o viene negato dall’ideologia
piccolo-borghese del populismo, Ne parlerò in seguito,
IL programma agrario della socialdemocrazia
217
goàva detrarne i boschi , i quali, si dice, non possono andare ai conta-
dini a titolo di nadiel. Simili obiezioni sono possibili, e persino inevi-
tabili da parte degli economisti del campo governativo e cadetto, ma
sono sbagliate. In primo luogo, bisogna essere dei burocrati che hanno
piegato tutta la vita la schiena davanti al grande proprietario fautore
della servitù della gleba per immaginarsi che il contadino non saprebbe
curar bene i boschi e trame un provento a proprio vantaggio, e non
a vantaggio dei grandi proprietari. Punto di vista del funzionario di
polizia è del liberale russo: come garantire al contadino il nadiel ?
Punto di vista dell'operaio cosciente: come liberare il contadino dalla
grande proprietà fondiaria di tipo feudale? Come spezzare i latifondi
di tipo feudale? In secondo luogo, ho escluso tutta la zona nordica
(governatorati di Arcangelo, Vologda e Olonets), nonché una parte
dei governatorati di Viatka e di Perm, cioè le località nelle quali è dif-
ficile figurarsi nel prossimo futuro uno sfruttamento agricolo delle su-
perfici coperte da foreste. In terzo luogo, un apposito computo delle
superfici boschive, dopo aver straordinariamente complicato il calcolo,
muterebbe di poco i risultati. Per esempio il signor Kaufmann, che è
un cadetto — e quindi assume un atteggiamento abbastanza prudente
verso le terre dei grandi proprietari — , calcola che quel che resta ol-
tre il 25 per cento di terreno boschivo può andare a coprire Pinsuffi-
cienza di terre e ottiene cosi un fondo di 101,7 milioni di desiatine
per 44 governatorati. Secondo i miei calcoli, per 47 governatorati il
fondo ascende approssimativamente a 101 milioni di desiatine, e pre-
cisamente 67 milioni di desiatine sui 70 milioni dei latifondi di tipo
feudale é 34 milioni di desiatine di terra demaniale e dei diversi enti.
Se si presuppone che vengano espropriate tutte le terre oltre le 100
desiatine, questo fondo aumenterà ancora di 9-10 milioni di desiatine *♦
3. Gli scrittori cadetti dissimulano la sostanza della lotta
I dati citati sulla funzione delle piu grandi aziende dei grandi pro-
prietari fondiari nella lotta per la terra in Russia devono essere inte-
*11 limite dell'alienazione — 500 desiatine — è stato da me assunto nel
testo in linea puramente ipotetica. Se, sempre in linea puramente ipotetica, as-
218
L&NfN
grati sotto un aspetto. Il tratto caratteristico dei programmi agrari del-
la nostra borghesia e piccola borghesia è che la questione: quale classe
è il più potente avversario della massa contadina, quali proprietà costi-
tuiscono la massa principale del fondo soggetto ad espropriazione, vie-
ne offuscata con considerazioni sulle « norme ». Sia i cadetti che i tru-
dovikz parlano prevalentemente della terra di cui hanno bisogno i con-
tadini in base a questa o a quella « norma », invece di parlare di una
cosa assai più concreta e viva: quante sono le terre che possono essere
espropriate. Il primo modo di porre la questione dissimula la lotta di
classe, offusca la sostanza della cosa con la pretesa di esprimere un
punto di vista « statale ». Il secondo modo di porla sposta interamente
il centro di gravità del problema sulla lotta di classe, sugli interessi di
classe di un determinato strato di proprietari terrieri che presenta mag-
giormente tendenze di tipo feudale.
Ci soffermeremo ancora altrove sulla questione delle « norme ».
Qui invece rileveremo una « felice » eccezione di un trudovik e di uno
scrittore tipicamente cadetto.
Alla II Duma il socialista popolare Delarov toccò la questione del-
la percentuale dei proprietari che sarebbe stata colpita dall’alienazione
(47* seduta, 26 maggio 1907). L’oratore parlava precisamente della
sumeremo questo limite nella misura di 100 desiatine, il quadro del rivolgi-
mento sarà il seguente:
adesso
a)
10,5 milioni di aziende 75 milioni di desiatine
b)
1,0
* » * 15 *
» »
e)
1,4
» » » 50 »
» »
d)
0,13
» » » 90 »
» »
13,03
230
+ 50
allora
a)
—
—
b)
11,5
217
milioni di desiatine 18,8
desiatine per famiglia
e)
1,53
63
» » » 41,1
» » »
d)
—
—
13,03
280
21,4
Le conclusioni fondamentali sul carattere e la sostanza del rivolgimento
identiche in entrambi i casi.
sono
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
219
alienazione (forzata), senza porre la questione della confisca, ed accet-
tava, a quanto pare, la stessa norma dell’alienazione da me assunta in
linea ipotetica nella mia tabella, e precisamente 500 desiatine. Pur-
troppo nei resoconti stenografici della II Duma questo punto del di-
scorso di Delarov (p. 1217) è alterata, oppure lo stesso signor Delarov
aveva commesso un errore. Nel resoconto si legge che Palienazione for-
zata colpirà il 32% delle proprietà private e il 96% di tutta la loro
superficie agraria, e soltanto il 4% della terra in proprietà privata del
restante 68% dei proprietari. In realtà, invece del 32% dev’essere il
3,7, poiché 27.833 proprietari su 752.881 costituiscono il 3.7%, ed
essi posseggono 62 milioni di desiatine su 85.8 milioni, cioè il 72,3%
delle terre. Resta da stabilire se il signor Delarov sia incorso in un lap-
sus o abbia assunto cifre inesatte. In ogni caso, egli è Punico, se non
ci sbagliamo, dei numerosi oratori della Duma che abbia affrontato la
questione nel senso piu immediato, più concreto del perché si svolga
la lotta.
Lo scrittore cadetto i cui « lavori » non si possono non menzionare
quando si espone la questione in oggetto è il signor S. Prokopovic.
Per la verità, egli, propriamente parlando, è un « bezzaglavets » che
scende in campo — come la maggioranza degli scrittori del giornale
borghese Tovaristc — ora in qualità di cadetto, ora in qualità di so-
cialdemocratico menscevico. Egli è il tipico rappresentante di quel grup-
petto di bersteiniani coerenti in seno airintellettualità borghese russa
che oscilla tra i cadetti e i socialdemocratici, non entra (in gran parte)
in nessun partito e intona sistematicamente nella stampa liberale una
nota un tantino più a destra di Plekhanov. Il signor Prokopovic de-
v’essere ricordato qui perché è uno dei primi che abbia riportato sulla
stampa le cifre tratte dalla statistica della proprietà fondiaria del 1905,
ponendosi inoltre di fatto sul terreno della riforma agraria cadetta. In
due articoli nel giornale Tovaristc (1907, n. 214 del 13 marzo, e nu-
mero 238 del 10 aprile) il signor Prokopovic polemizza col compila-
tore della statistica ufficiale, il generale Zolotarev, il quale vuole dimo-
strare che il governo può benissimo venir a capo della riforma agraria
senza nessuna alienazione forzata e che per la conduzione dell’azienda
al contadino sono pienamente sufficienti 5 desiatine per famiglia! Il
signor Prokopovic è più generoso : assume 8 desiatine per famiglia .
Egli si giustifica dicendo, e più di una volta, che una simile assegna-
220
UZNIN
zione è « del tutto insufficiente », che un tale calcolo è « il piu mode-
sto », ecc ; tuttavia per determinare l'« entità del bisogno di terra »
(titolo del primo dei summenzionati articoli del signor Prokopovic) as-
sume precisamente questa cifra; Egli spiega che la assume « per evitare
inutili discussioni »...; probabilmente «inutili discussioni» coi signori
Zolotarev? Calcolando cosi che il numero delle famiglie contadine
« evidentemente povere di terra » sia la metà del loro numero comples-
sivo, il signor Prokopovic calcola giustamente che per fornirle di non
meno di 8 desiatine occorre un complemento di 18,6 milioni di desia-
tine, e siccome il governo disporrebbe di un fondo di soli 9 milioni di
desiatine, « senza l'alienazione forzata non ci si arriva ».
Sia coi suoi calcoli che coi suoi ragionamenti il signor cadetto
menscevicheggiante o menscevico cadetteggiante ha magnificamente
espresso lo spirito e il senso del programma agrario liberale. La precisa
questione dei latifondi di tipo feudale e dei latifondi in generale viene
del tutto elusa. Il signor Prokopovic ha riportato i dati solamente su
tutta la proprietà fondiaria privata al di sopra delle 50 desiatine. Cosi
dò per cui si svolge la lotta è stato dissimulato. Gli interessi di classe
di un pugno, letteralmente un pugno, di landlords vengono coperti
di un velo. Invece del loro smascheramento abbiamo davanti a noi un
« punto di vista statale »: « non ci si arriva » con le terre demaniali.
Se ci si potesse arrivare con queste ultime, il signor Prokopovic — così
risulta dal suo ragionamento — non avrebbe nulla contro i latifondi
di tipo feudale.
Per le dimensioni del nadiel contadino (8 desiatine) si assume una
cifra di fame. Per l'« alienazione forzata » delle terre dei grandi pro-
pietrari si assume yna cifra insignificante (18 — 9 = 9 milioni di desia-
tine, su 62 milioni al di sopra delle 500 desiatine!). Per effettuare una
simile « alienazione forzata » occorrerebbe che i grandi proprietari for-
zassero i contadini, come avvenne nel 1861!
Volontariamente o involontariamente, consciamente o inconscia-
mente, certo è che il signor Prokopovic ha espresso fedelmente la so-
stanza padronale del programma agrario cadetto. I cadetti sono però
cauti ed astuti; preferiscono non parlare affatto della questione: quan-
te sono precisamente le terre dei grandi proprietari che essi sarebbero
disposti ad espropriare?
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
221
4. La sostanza economica della rivoluzione agraria e i suoi paludamenti
ideologici
Abbiamo visto che la sostanza della rivoluzione in corso si riduce
alla distruzione dei latifondi di tipo feudale e alla creazione di una mas-
sa contadina agricola libera e (per quanto è possibile nelle condizioni
presenti) agiata, che non vegeti, non languisca sulla terra, ma sia in
grado di sviluppare le forze produttive, di far progredire la tecnica
agricola. La piccola conduzione agricola, il dominio del mercato sul
produttore e quindi anche il dominio della produzione mercantile non
sono minimamente toccati, e non Io possono essere, da questo rivolgi-
mento, poiché la lotta per la ridistribuzione della terra non è in grado
di mutare i rapporti di produzione neireconomia condotta su questa
terra. E abbiamo visto che la particolarità di questa lotta è il forte svir
luppo della piccola coltura sulle terre dei latifondi di tipo feudale.
Paludamento ideologico della lotta in corso sono le teorie del po-
pulismo. L’aperta scesa in campo dei rappresentanti contadini di tutta
la Russia alla I e II Duma coi loro programmi agrari ha definitiva-
mente confermato che le teorie e i programmi populisti sono effettiva-
mente il paludamento ideologico della lotta contadina per la terra.
Abbiamo mostrato che la base, la principale parte costitutiva del
fondo agrario per cui i contadini si battono sono le grandi tenute feu-
dali. Quale norma delPespropriazione abbiamo assunto un limite molto
alto: 500 desiatine. Ma è agevole convincersi che la conclusione cui
siamo giunti resta pienamente valida anche con una qualsiasi riduzione
di questa norma, poniamo 100 o 50 desiatine. Dividiamo il gruppo c),
20-500 desiatine, in tre suddivisioni: aa) 20-50 desiatine; bb) 50-100,
e cc) 100-500, ed osserviamo qual è la superficie del possesso fondia-
rio dei nadiel e quale quella della proprietà fondiaria privata secondo
queste suddivisioni:
Suddivisioni
Numero delle
proprietà
Terra dei nao
Quantità
della terra
(desi
Mei
Media per da-
scuna proprietà
atine)
■
■
1.062.504 |
191.898
40.658 1
30.898.147
12.259.171
5762. 276
29,1
63,9
141,7
222
LENIN
N. delle
proprietà
Proprietà privata
Quantità | Media per eia*
della terra | scuna proprietà
(desiatine)
N. delle
proprietà
Complessivamente
nella Russia europea
Quantità 1 Media pei da-
della terra scuna proprietà
(desiatine)
103.237
3.301.004
32,0
1.165.741
34.199.151
29,3
44.877
3.229.858
71,9
236.775
15.489.029
65,4
61.188
14.096.637
230,4
101.846 j
19.858.913
194,9
Si vede quindi, in primo luogo, che la confisca delle terre oltre le
100 desiatine aumenterà il fondo agrario, come si è già rilevato piu
sopra, di 9-10 milioni di desiatine, mentre la confisca delle terre oltre
le 50 desiatine, proposta dal deputato alla I Duma Cigevski, au-
menterà il fondo agrario di 18,5 milioni di desiatine. Base del fondo
agrario, quindi, resterà, anche in questo caso, il latifondo di tipo feu-
dale. In quest’ultimo sta il « nocciolo » dell’odierna questione agraria.
È noto altresì il legame esistente tra questa grande proprietà fondiaria
e l’alta burocrazia: G. A, Alexinski riportava alla II Duma i dati del
signor Rubakin circa l’estensione delle tenute degli alti funzionari in
Russia. In secondo luogo, da questi dati si vede che, anche detraendo i
« nadiel » e le tenute oltre 100 desiatine , restano grandi differenze tra
i maggiori nadiel (e tra le piccole tenute). Il rivolgimento trova la po-
polazione contadina già differenziata sia per la grandezza del possesso
fondiario che, e ancor più, per l’entità del capitale, la quantità del be-
stiame, la quantità e la qualità delle scorte morte, ecc. Che la diffe-
renziazione sia assai più considerevole per i beni, per così dire, extra-
nadiel dei contadini che non per il possesso fondiario dei nadiel è stato
sufficientemente dimostrato nella nostra letteratura economica.
Ma quale significato hanno le teorie populiste che rispecchiano più
o meno fedelmente le concezioni dei contadini sulla loro lotta per la
terra? Due « principi » costituiscono la sostanza di queste teorie popu-
liste: il « principio del lavoro » e P« egualitarismo ». Il loro carattere
piccolo-borghese è cosi chiaro ed è stato cosi spesso e cosi circostan-
ziatamente dimostrato nella letteratura marxista che non vai la pena
di parlarne ancora. Ciò che importa è di rilevare il tratto caratteristico
di questi « princìpi » che non è stato sinora degnamente valutato dai
socialdemocratici russi. Se pure in forma nebulosa, questi princìpi
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
223
esprimono effettivamente , nell’attuale momento storico, qualcosa di
reale e di progressivo. E precisamente: esprimono la lotta per la distru-
zione dei latifondi di tipo feudale.
Date uno sguardo allo schema, presentato più sopra, dell’evolu-
zione del nostro regime agrario dalla situazione odierna al « fine ulti-
mo » della rivoluzione attuale, borghese. Vedrete chiaramente che il
futuro « allora » si distingue dall’attuale « adesso » per un « egualita-
rismo » incomparabilmente maggiore della proprietà fondiaria, per una
corrispondenza incomparabilmente maggiore della nuova ripartizione
della terra col « principio del lavoro ». E ciò non è casuale. Non può es-
sere altrimenti in un paese contadino che lo sviluppo borghese libera
dalla servitù della gleba. La distruzione dei latifondi di tipo feudale è
indubbiamente in un simile paese un’esigenza dello sviluppo capitalisti-
co. Ma questa distruzione, dominando la piccola coltura, significa ine-
vitabilmente maggior « eguagliamene » della proprietà fondiaria. Fran-
tumando i latifondi medioevali, il capitalismo comincia con una pro-
prietà fondiaria più « livellata », creando già da essa una nuova grande
agricoltura, creandola sulla base del lavoro salariato, delle macchine e
di un’alta tecnica agricola, e non sulla base delle otrabotki e dell’as-
servimento.
L’errore di tutti i populisti sta nel fatto che, limitandosi all’an-
gusto orizzonte del piccolo agricoltore, non vedono il carattere borghese
dei rapporti sodali nei quali entra il contadino liberandosi dai ceppi
della servitù della gleba. Essi trasformano il « prindpio del lavoro »
dell’agricoltura piccolo-borghese e l’« egualitarismo », quale parola d'or-
dine della distruzione dei latifondi di tipo feudale , in qualcosa di asso-
luto, a sé stante, che denota un regime particolare, non borghese.
L’errore di alcuni ‘marxisti sta nel fatto che, criticando la teoria
dei populisti, non ne scorgono il contenuto storicamente reale e con-
forme alle leggi storiche della lotta contro la servitù della gleba. Cri-
ticano, e criticano giustamente, il « prindpio del lavoro » e l’« eguali-
tarismo » come un socialismo arretrato, reazionario, piccolo-borghese
e dimenticano che queste teorie esprimono un democratismo piccolo-
borghese d’avanguardia, rivoluzionario, che queste teorie servono di
bandiera alla lotta più risoluta contro la vecchia Russia della servitù
della gleba. L’idea dell’uguaglianza è l’idea più rivoluzionaria contro il
vecchio ordinamento dell’assolutismo in generale, e contro il vecchio
224
LENIN
latifondo fondato sulla servitù in particolare. L’idea d éW! uguaglianza è
legittima e progressiva per il piccolo-borghese contadino nella misura
in cui esprime la lotta contro la disuguaglianza feudale, fondata sulla
servitù. L’idea dell’« egualitarismo » della proprietà fondiaria è legit-
tima e progressiva nella misura in cui esprime l’aspirazione di 10 mi-
lioni di contadini, che stentano su un nadiel di sette desiatine e che
sono rovinati dai grandi proprietari fondiari, alla spartizione * dei lati-
fondi di tipo feudale di 2.300 desiatine ciascuno. E nell’attuale momen-
to storico quest’idea esprime effettivamente tale aspirazione; essa spin-
ge a una rivoluzione borghese coerente, pur rivestendo erroneamente
tutto ciò di una fraseologia nebulosa, pseudosocialista. E sarebbe un
cattivo marxista chi, criticando la falsità del rivestimento socialista di
parole d’ordine borghesi, non sapesse valutarne il significato storica-
mente progressivo come parole d’ordine borghesi le piu risolute nella
lotta contro la servitù della gleba. Il contenuto reale del rivolgimento
che al populista sembra « socializzazione » sarà costituito dal piu coe-
rente spianamento della via per il capitalismo, dal piu risoluto sradica-
mento della servitù della gleba. Lo schema da me riportato piu sopra
mostra appunto il massimo di eliminazione della servitù della gleba e
il massimo di « egualitarismo » con ciò conseguibile. Il populista s’im-
magina che questo « egualitarismo » elimini l’elemento borghese, men-
tre in effetti esso esprime le aspirazioni della borghesia radicale. E tut-
to ciò che, oltre a questo, v’è nell’« egualitarismo » è fumo ideologico,
illusione di piccolo borghese.
Il giudizio miope e antistorico di certi marxisti russi sul signifi-
cato delle teorie populiste nella rivoluzione borghese russa si spiega
col fatto che costoro non hanno riflettuto sul significato della « con-
fisca » della grande proprietà fondiaria da esse propugnata. Basta figu%
tarsi chiaramente la base economica di un simile rivolgimento nelle
condizioni attuali della nostra proprietà fondiaria per comprendere non
solo che le teorie del populismo sono illusorie, ma anche che la lotta
limitata ad un determinato compito storico, la lotta contro la servitù
della gleba, la quale costituisce il contenuto reale di queste teorie illu-
sorie, è una lotta che effettivamente si conduce.
* Si tratta qui non di spartizione di terre da dare in proprietà, ma in godi-
mento. Una simile spartizione è possibile — e dominando la piccola coltura è
inevitabile per un certo tempo — sia con la municipalizzazione che con la na-
zionalizzazione.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
225
5. I due tipi di evoluzione agraria borghese
Proseguiamo. Abbiamo mostrato che le teorie populiste, pur es-
sendo assurde e reazionarie dal punto di vista della lotta per il socia-
lismo contro la borghesia, sono « ragionevoli » (per un particolare com-
pito storico) e progressive nella lotta borghese contro la servitù della
gleba. Ora ci si domanda: bisogna intendere l’ineluttabilità dell’estin-
zione della servitù della gleba nella proprietà fondiaria russa e in tutto
il regime sociale della Russia, Pineluttabilità di una rivoluzione agra-
ria democratica borghese nel senso che essa possa avvenire solo in una
determinata forma? oppure essa è possibile in forme diverse?
Questo problema ha un'importanza cardinale per l’elaborazione di
giuste concezioni sulla nostra rivoluzione e sul programma agrario so-
cialdemocratico. E noi dobbiamo risolverlo partendo dai dati concer-
nenti la base economica della rivoluzione, da noi riportati più sopra.
Pernio della lotta sono i latifondi di tipo feudale, come più alta
incarnazione e più saldo baluardo delle sopravvivenze della servitù della
gleba in Russia. Lo sviluppo dell’economia mercantile e del capitalismo
porrà fine con assoluta certezza a queste sopravvivenze. Sotto questo
rapporto la Russia ha davanti a sé una sola strada, quella dello svilup-
po borghese.
Ma le forme di questo sviluppo possono essere due. Le soprav-
vivenze della servitù della gleba possono cadere tanto attraverso una
trasformazione delle aziende dei grandi proprietari fondiari quanto at-
traverso la* distruzione dei latifondi di tipo feudale, cioè sia attraverso
una riforma, sia attraverso una rivoluzione. Lo sviluppo borghese può
avvenire avendo alla testa le grandi aziende dei proprietari fondiari,
che divengano gradualmente sempre più borghesi, che sostituiscano gra-
dualmente i sistemi feudali di sfruttamento con quelli borghesi; ma può
avvenire altresì avendo alla testa le piccole aziende contadine, che estir-
pino con mezzi rivoluzionari dal corpo sociale l’« escrescenza » dei lati-
fondi di tipo feudale e si sviluppino poi liberamente senza di essi per
la via del sistema capitalistico delle farms.
Queste due vie di uno sviluppo borghese oggettivamente possi-
bili le chiameremo la via di tipo prussiano e la via di tipo americano.
Nel primo caso l’azienda del grande proprietario fondiario fondata sul-
la servitù si tramuta lentamente in azienda borghese di tipo iunker,
226
LENIN
condannando i contadini a decenni della più tormentosa espropriazione
e asservimento, mentre si fa strada una piccola minoranza di « Gross-
bauern » {« contadini ricchi »). Nel secondo caso l’azienda del grande
proprietario fondiario non esiste o viene frantumata dalla rivoluzione,
che confisca e fraziona i latifondi di tipo feudale. In tal caso il conta-
dino predomina, divenendo Punico fattore dell’agricoltura ed evolven-
dosi in farmer capitalistico. Nel primo caso il contenuto fondamentale
dellevoluzione è il trasformarsi della servitù della gleba in asservimen-
to e in sfruttamento capitalistico sulle terre dei feudatari-grandi pro-
prietari-junker. Nel secondo caso lo sfondo dominante è il trasformarsi
del contadino patriarcale in farmer borghese.
Nella storia economica della Russia si manifestano con tutta chia-
rezza questi due tipi di evoluzione. Prendete Pepoca della caduta della
servitù della gleba. Fra i grandi proprietari fondiari e i contadini si
lottava per il modo di attuare la riforma. Sia gli uni che gli altri difen-
devano (senza averne coscienza) le condizioni per uno sviluppo econo-
mico borghese, ma i primi quelle per uno sviluppo che assicurasse la
massima conservazione delle aziende dei grandi proprietari fondiari,
dei loro redditi, dei loro metodi (basati sulla semiservitù) di sfrutta-
mento. I secondi difendevano gli interessi di uno sviluppo che assi-
curasse, nella massima misura, nella misura generalmente possibile col
livello deiragricoltura allora esistente, il benessere della popolazione
contadina, la distruzione dei latifondi di tipo feudale, la distruzione
di tutti i sistemi di sfruttamento servili e asserventi, Pampliamento del-
la libera proprietà fondiaria contadina. Va da sé che col secondo esito
lo sviluppo del capitalismo e lo sviluppo delle forze produttive sareb-
bero stati più ampi e più rapidi che con l’esito della riforma contadina
voluto dai grandi proprietari fondiari *. Solo dei marxisti caricaturali,
* Nel Naucnoie Obozrente (1900, maggio-giugno) scrivevo a questa propo-
sito: quanto piu terra abbiano ricevuto i contadini con remancipazione e
quanto minoi^ sia stato il prezzo che essi abbiano dovuto pagare per la terra,
tanto piu rapidamente, largamente e liberamente abbia proceduto lo sviluppo del
capitalismo in Russia, tanto piu elevato sia stato il tenore di vita della popo*
lazione, tanto piu vasto sia stato il mercato interno, tanto piu rapido sia stato
l'impiego delle macchine nella produzione, tanto piu, in una parola, lo sviluppo
economico della Russia si sia avvicinato allo sviluppo economico dell’America.
Mi limiterò a indicare due circostanze, che a mio avviso convalidano la giustezza
di quest'ultima opinione: 1) data la penuria di terra e la pressione fiscale esi-
stente da noi, in una zona molto considerevole si è sviluppato il sistema del-
l’azienda a proprietà privata fondata sulle otrabotki, ossia una diretta sopravvi-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
227
quali si sono sforzati di dipingerli i populisti in lotta contro il marxi-
smo, potrebbero considerare la spoliazione dei contadini avvenuta nel
1861 come una garanzia dello sviluppo capitalistico. Al contrario, essa
sarebbe stata una garanzia, e di fatto lo è stata, deiraffitto a condizioni
di asservimento cioè semiservile, di un’economia fondata sulle otra-
botkiy cioè sulla barstcina , economia che ha straordinariamente frenato
lo sviluppo del capitalismo e rincremento delle forze produttive del-
Pagricoltura russa. La lotta tra gli interessi dei contadini e quelli dei
grandi proprietari fondiari non era la lotta della « produzione popo-
lare » o del « principio del lavoro » contro la borghesia (come s’imma-
ginavano e s’immaginano i nostri populisti); era la lotta per il tipo
americano di sviluppo borghese contro il tipo prussiano di sviluppo
anch’esso borghese.
E nelle località della Russia in cui non c’era servitù della gleba, in
cui all’agricoltura si dedicava interamente o principalmente il contadino
libero (per esempio nelle steppe, colonizzate dopo la riforma, dell’Ol-
tre-Volga, della Nuova Russia 87 e del Caucaso settentrionale), lo svi-
luppo delle forze produttive e lo sviluppo del capitalismo sono proce-
duti in modo incomparabilmente piu rapido che nel centro, oppresso
da sopravvivenze della servitù della gleba *.
Ma se il centro agricolo della Russia e le sue regioni agricole peri-
feriche .ci mostrano, per cosi dire, la distribuzione nello spazio o geo-
grafica delle località nelle quali prevale l’evoluzione agraria dell’uno o
dell’altro tipo, i tratti fondamentali dell’una e dell’altra evoluzione si
vedono tuttavia chiaramente anche in tutte le località dove esistono
fianco a fianco l’azienda del grande proprietario e quella del contadino.
Uno degli errori di fondo dell’economia dei populisti stava nel fatto
che essi ritenevano fonte del capitalismo agrario esclusivamente l’azien-
da del grande proprietario fondiario, mentre consideravano quella del
venza della servitù della gleba, e non già il capitalismo; 2) proprio nelle nostre
regioni periferiche, dove la servitù della gleba o era del tutto ignorata o era piu
debole che in qualsiasi altro luogo, dove i contadini soffrono meno che in qual-
siasi altro luogo a motivo della penuria di terra, delle otrabotki , della pressione
fiscale, il capitalismo nell’agricoltura si è sviluppato più che altrove » 06 .
* Dell’importanza delle regioni periferiche in Russia, come fondo di colo-
nizzazione, nello sviluppo del capitalismo ho trattato particolareggiatamente nello
Sviluppo del capitalismo (Pietroburgo, 1889, pp. 185, 444 e molte altre 88 ). Della
loro importanza nella questione del programma agrario socialdemocratico si dirà
in particolare più avanti.
228
LENIN
contadino dalPangolo visuale della « produzione popolare » e del « prin-
cipio del lavoro» (cosi fanno a tutt’oggi i trudovikt , i « socialisti po-
polari » e i socialisti-rivoluzionari). Noi sappiamo che ciò non è esatto.
L’azienda del grande proprietario si evolve capitalisticamente sosti-
tuendo gradualmente le otrabotki col « lavoro salariato libero », il siste-
ma dei tre campi con la coltura intensiva e l’inventario antidiluviano
con gli attrezzi perfezionati della grande conduzione agricola. L’azien-
da del contadino si evolve anch'essa capitalisticamente , esprimendo dal
suo seno una borghesia contadina e un proletariato rurale. Quanto
migliore è la condizione dell’* obs teina », quando più elevato è il benes-
sere della popolazione contadina in generale, tanto più rapidamente pro-
cede nell’agricoltura capitalistica questa disgregazione della popolazione
contadina in classi antagonistiche. Le due correnti dell’evoluzione
agraria sono quindi presenti dovunque. La lotta tra gli interessi dei con-
tadini e quelli dei grandi proprietari, che attraversa come un filo
rosso tutta la storia della Russia posteriore alla riforma e che costituisce
la più importante base economica della nostra rivoluzione, è una lotta
per l’uno o l’altro tipo di evoluzione agraria borghese.
Solo dopo aver capito chiaramente la differenza tra questi tipi e
il carattere borghese di entrambi possiamo dare una spiegazione giusta
della questione della terra nella rivoluzione russa e capire il significato
di classe dei diversi programmi agrari presentati dai diversi partiti*.
Ripetiamo: pernio della lotta sono i latifondi di tipo feudale. La loro
evoluzione capitalistica è assolutamente fuori discussione, ma essa è
possibile in due forme: nella forma di una loro eliminazione rivolu-
zionaria, di una loro distruzione ad opera dei contadini -farmers e nella
forma di un loro graduale passaggio ad aziende tipo junker (con la
* L’esempio di P. Maslov mostra quale confusione domini talvolta nelle
teste dei socialdemocratici russi sulla questione delle due vie dell’evoluzione
agraria borghese in Russia. N tM'Obrazovanie (1907, n. 3) egli delinea due vie:
1) « capitalismo in sviluppo »; 2) « inutile lotta contro lo sviluppo economico ».
« La prima via » — vedete un po’ — « porta la classe operaia, e con essa anche
tutta la società, al socialismo; la seconda via spinge [!] la classe operaia nelle
mani [!] della borghesia, alla lotta tra i grandi e i piccoli proprietari, lotta
dalla quale la classe operaia non ricaverà nient'altro che sconfitte» (p. 92). In
primo luogo, la « seconda via » è una ftase vuota, un sogno, e non una via; è
una falsa ideologia, e non una reale possibilità di sviluppo. In secondo luogo,
Maslov non nota che Stolypin e la borghesia conducono anch’essi i contadini
J*r la via capitalistica; quindi la lotta reale non si svolge a motivo del capita-
lismo, ma a motivo del tipo di sviluppo capitalistico. In terzo luogo, è una
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
229
corrispondente trasformazione del contadino asservito in Knecbt as-
servito).
6. Le due linee dei programmi agrari nella rivoluzione
Se confronteremo ora con la base econòmica delineata piu sopra
i programmi agrari presentati dalle diverse classi nella rivoluzione,
vedremo subito le due linee di questi programmi, conformi ai due tipi
indicati di evoluzione agraria.
Prendiamo il programma di Stolypin, che è anche il programma dei
grandi proprietari fondiari di destra e degli ottobristi. È scopertamente
il programma dei grandi proprietari. Ma si può dire che in senso econo-
mico sia reazionario, che escluda cioè o tenda ad escludere lo sviluppo
del capitalismo? a ostacolare l’evoluzione agraria borghese? Affatto. Al
contrario, la famigerata legislazione agraria di Stolypin in base all’arti-
colo 87 è interamente permeata di spirito puramente borghese. Senza
dubbi di sorta essa si muove lungo la linea dell’evoluzione capitalistica,
agevola, spinge avanti questa evoluzione, accelera Tespropriazione della
massa contadina, la disintegrazione dell' obs teina, la creazione di una
borghesia contadina. In senso economico-scientifico questa legislazione è
senza dubbio progressiva.
Vuol forse dire che i socialdemocratici la debbano « appoggiare »?
No. Cosi potrebbe ragionare solo il marxismo volgare, i cui semi ven-
gono cosi vigorosamente sparsi da Plekhanov e dai menscevichi, che
cantano, strillano, invocano e ripetono alPinfinito: bisogna appoggiare
la borghesia nella sua lotta contro il vecchio ordinamento. No. In nome
degli interessi dello sviluppo delle forze produttive (questo sommo cri-
terio del progresso sociale) dobbiamo appoggiare non l’evoluzione bor-
ghese del tipo voluto- dai grandi proprietari fondiari, ma l’evoluzione
borghese di tipo contadino. La prima significa la massima conservazione
mera assurdità pensare che sia possibile in Russia una qualche via che non
« spinga » la classe operaia sotto il dominio della borghesia... In quarto luogo, è
ugualmente un’assurdità pensare che vi possa essere una qualche « via » sulla
quale non vi sia lotta tra i piccoli e i grandi proprietari. In quinto luogo, Maslov
dissimula, ricorrendo a categorie comuni a tutta l’Europa (piccoli e grandi pro-
prietari), una particolarità storica della Russia che è della massima importanza
nella rivoluzione in corso: la lotta tra i proprietari piccolo-borghesi e i grandi
proprietari feudali.
230
LENIN
deirasservimento e della servitù della gleba (rimaneggiata in chiave bor-
ghese), uno sviluppo il meno rapido possibile delle forze produttive e
uno sviluppo rallentato del capitalismo, significa sventure e sofferenze
incomparabilmente maggiori, sfruttamento e oppressione delle larghe
masse della popolazione contadina, c quindi anche del proletariato. La
seconda significa uno sviluppo il piu rapido possibile delle forze produt-
tive e le migliori condizioni d'esistenza (quali sono in generale possibili
con la produzione mercantile) della massa contadina. La tattica della
socialdemocrazia nella rivoluzione borghese russa è determinata non
dal compito di appoggiare la borghesia liberale, come pensano gli op-
portunisti, ma dal compito di appoggiare i contadini in lotta.
Prendiamo il programma della borghesia liberale, cioè il programma
dei cadetti. Fedeli al motto: « Ai vostri ordini » (cioè agli ordini dei
signori proprietari fondiari), essi presentarono alla I Duma un pro-
gramma, alla seconda un altro. TI mutamento dei programmi è per loro
una cosa facile e di poca importanza come lo è per tutti i carrieristi
senza principi della borghesia europea. Alla I Duma sembrava forte
la rivoluzione, e il programma liberale aveva preso da essa un pezzetto
di nazionalizzazione (« fondo agrario statale»). Alla II Duma sembrava
forte la controrivoluzione, e il programma liberale gettava a mare il
fondo agrario statale, si orientava verso l’idea di Stolypin di una solida
proprietà contadina, rafforzava ed estendeva i casi di deroga alla regola
generale dell’alienazione forzata della terra dei grandi proprietari- Ma
questa doppia faccia dei liberali la rileviamo di sfuggita. Ciò che qui
importa notare è un’altra cosa: la base di principio che è comune ad
entrambe le « facce » del programma agrario liberale. Questa loro base
di principio comune è: 1) il riscatto; 2) la conservazione delle grandi
proprietà fondiarie; 3) il mantenimento dei privilegi dei grandi pro-
prietari fondiari con l’attuazione della riforma.
II riscatto è un tributo imposto allo sviluppo sociale, un tributo
ai proprietari dei latifondi di tipo feudale. Il riscatto è la realizzazione,
garantita in maniera burocratica, poliziesca, dei metodi di sfruttamento
servili nella forma deir« equivalente generale » borghese. Inoltre la con-
servazione, in questa o quella misura, delle grandi proprietà fondiarie è
evidente in entrambi i programmi dei cadetti, per quanto i politicanti
borghesi si sforzino di nascondere al popolo questo fatto. Il terzo punto
— i privilegi dei grandi proprietari fondiari con l’attuazione della
riforma — è espresso nel modo piu netto dall’atteggiamento dei cadetti
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
23 1
verso l’elezione dei comitati locali della terra sulla base del suffragio
universale, diretto, uguale e segreto. Non possiamo adesso entrare in
particolari * che riguardano un altro punto della nostra esposizione.
Dobbiamo ora definire soltanto la linea del programma agrario dei
cadetti. E a questo proposito non si può non rilevare che la questione
della composizione dei comitati locali della terra ha un’importanza
cardinale. Solo dei politici alle prime armi potrebbero lasciarsi illudere
dal suono della parola d’ordine cadetta « alienazione forzata ». La que-
stione è di sapere chi forzerà e chi sarà forzato: se i grandi proprietari
forzeranno i contadini (a pagare terreni sabbiosi il triplo del loro valore)
oppure i contadini forzeranno i grandi proprietari. I discorsi cadetti
sulla « rappresentanza paritetica degli interessi contrastanti » e sulla
indesiderabilità della « violenza unilaterale » mostrano più chiaramente
della luce del sole la sostanza della questione, e precisamente che nel-
l’alienazione forzata cadetta sono i grandi proprietari fondiari a forzare
i contadini!
Il programma agrario cadetto segue la linea del progresso stoly-
piniano, cioè del progresso borghese dei grandi proprietari fondiari. È
un fatto. E l’incapacità di capire questo fatto è l’errore di fondo di quei
* Cfr. i verbali della I Duma, 14“ seduta, 24 maggio 1906, nella quale i
cadetti Kokosekin e Kotliarevski, a braccetto con l’ottobrista (di allora) Heiden,
confutano, coi più ignobili sofismi, ridea dei comitati locali della* terra. Alla II
Duma: cavilli del cadetto Saveliev (16* seduta, 26 marzo 1907) e lotta aperta
contro l’idea dei comitati locali del cadetto Tatarinov (24 B seduta, 9 aprile 1907,
p. 1783 del resoconto stenografico). Nella Riec si trova un interessante editoriale
del n. 82, 25 maggio 1906, ripubblicato da Miliukov (Un anno di lotta , n. 117,
pp. 457-459). Ecco il brano decisivo di questo ottobrista travestito: « Noi rite-
niamo che costituire questi comitati mediante il suffragio universale vorrebbe
dire prepararli non a risolvere pacificamente sul posto la questione agraria, ma
a qualcosa di assolutamente diverso. Dare alla riforma un indirizzo generale è una
prerogativa che deve rimanere allo Stato... Nelle commissioni locali devono es-
sere rappresentati, possibilmente in misura paritetica [sic!], quegli interessi con-
trastanti delle parti che possono essere conciliati senza distruggere il valore sta-
tale della riforma e senza trasformare quest’ultima in un atto di violenza unila-
terale... » (p. 459). Nel secondo volume della pubblicazione cadetta La questione
agraria il signor Kutler pubblica un suo progetto di legge che garantisce ai
grandi proprietari e ai funzionari la prevalenza sui contadini in tutte le commis-
sioni e comitati della terra: superiori, governatoriali e distrettuali (pp. 640-641),
mentre il signor A. Ciuprov — « liberale »! — propugna in linea di principio lo
stesso ignobile piano dei grandi proprietari fondiari volto a turlupinare i con-
tadini (p. 33).
232
LENIN
socialdemocratici che, come certi menscevichi, possono considerare la
politica agraria cadetta più progressiva di quella populista.
Nei rappresentanti della massa contadina, cioè i trudoviki , i
socialisti popolari e in parte i socialisti-rivoluzionari, vediamo in entram-
be le Dume, nonostante le numerose oscillazioni e tentennamenti, una
linea del tutto chiara di difesa degli interessi della massa contadina
contro i grandi proprietari fondiari. Ci sono, per esempio, oscillazioni
nella questione del riscatto, ammesso nel programma dei trudoviki ; ma,
in primo luogo, spesso lo si interpreta nel senso di un’assistenza sociale
ai grandi proprietari inabili al lavoro*; in secondo luogo, nei verbali
della II Duma potete trovare tutta una serie di discorsi di contadini
estremamente caratteristici, nei quali si respinge il riscatto e si proclama
la parola d’ordine: tutta la terra a tutto il popolo**. Nella questione
dei comitati locali della terra — questa importantissima questione di
chi forzerà e chi sarà forzato — i deputati contadini sono i promotori
e fautori deiridea della loro elezione a suffragio universale.
Non toccheremo per ora la questione del contenuto del programma
agrario dei trudoviki e dei socialisti-rivoluzionari, da una parte, e di
quello dei socialdemocratici, dall’altra. Dobbiamo constatare innanzi
tutto il fatto indiscutibile che i programmi agrari di tutti i partiti e classi
che sono scesi apertamente in campo nella rivoluzione russa si dividono
palesemente in due tipi fondamentali, corrispondenti ai due tipi di evo-
luzione agraria borghese. La linea di divisione dei programmi agrari « di
destra » e « di sinistra * passa non tra gli ottobristi e i cadetti, come
spesso suppongono del tutto erroneamente i menscevichi (lasciandosi
stordire dal suono delle parole « democratico-costituzionali » e sosti-
tuendo all’analisi di classe l’analisi delle denominazioni dei partiti). La
linea di divisione passa tra i cadetti e i trudoviki . Determinano questa
* Cfr. Raccolta delle « Izvestia Krestianskikh Deputatov » e della «c Trudo-
vaia Rossia », Pietroburgo, 1906, raccolta di articoli di giornale di trudoviki , de-
putati alla I Duma; per esempio Tarticolo Compenso e non riscatto (pp. 44-49)
e molti altri,
** Cfr. il discorso del contadino di destra Petrocenko alla II Duma (22*
seduta, 5 aprile 1907); Kutier ha proposto buone condizioni... « Naturalmente
lui, da uomo ricco, ha detto un prezzo alto, e noi, contadini poveri, non pos-
siamo pagar tanto » (p. 1616). Il contadino di destra è piu a sinistra del politi-
cante borghese che giuoca al liberalismo. Cfr. anche il discorso del con tedino
senza partito Semionov (12 aprile 1907), da cui si sprigiona lo spirito della
lotta contadina spontaneamente rivoluzionaria, c molti altri.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
233
linea gli interessi delle due classi fondamentali della società russa in
lotta a motivo della terra: i grandi proprietari fondiari e i contadini.
I cadetti conservano la grande proprietà fondiaria e propugnano un’evo-
luzione deiragricoltura di tipo elevato, europeo, ma padronale borghese.
I trudovikl (è i deputati operai socialdemocratici), cioè i rappresentanti
dei contadini e i rappresentanti del proletariato, propugnano un’evolu-
zione contadina borghese dell’agricoltura.
Bisogna rigorosamente distinguere i paludamenti ideologici dei pro-
grammi agrari, le loro diverse particolarità politiche ecc. dalla base eco-
nomica di questi programmi. Oggi la difficoltà non sta nel capire il
carattere borghese delle rivendicazioni e dei programmi agrari sia dei
grandi proprietari fondiari che dei contadini : questo lavoro è stato già
fatto dai marxisti prima della rivoluzione e la rivoluzione lo ha confer-
mato. La difficoltà sta nel rendersi pienamente conto della base della
lotta delle due classi sul terreno della società borghese e dell’evoluzione
borghese. Non si può capire questa lotta come un normale fenomeno
sociale se non la si riconduce alle tendenze oggettive dello sviluppo
economico della Russia capitalistica.
Dopo aver mostrato il nesso esistente tra i due tipi di programmi
agrari nella rivoluzione russa e i due tipi di evoluzione agraria bor-
ghese, dobbiamo ora passare all’esame di un aspetto nuovo, estrema-
mente importante, della questione.
7. La superficie agraria della Russia . La questione della colonizzazione
Abbiamo rilevato piu sopra che l’analisi economica porta a distin-
guere, nella questione del capitalismo in Russia, la zona centrale agri-
cola, con abbondanti sopravvivenze della servitù della gleba, e le regioni
periferiche, dove queste sopravvivenze sono assenti o deboli, dove sono
presenti i tratti di una libera evoluzione capitalistica dei contadini.
Che cosa si deve intendere per regioni periferiche? Evidentemente
le terre non popolate, o non del tutto popolate, non del tutto assorbite
dall’agricoltura. E dobbiamo ora passare dalla Russia europea a tutto
l’Impero russo per figurarci con precisione quali siano queste « regioni
periferiche » e quale sia la loro importanza economica.
Nell’opuscolo dei signori Prokopovic e Mertvago Quanta terra v’è
234
LENIN
in Russia e come la utilizziamo (Mosca, 1907) l’ultimo degli autori citati
fa il tentativo di riunire tutti i dati statistici pubblicati sulla quantità di
terra esistente in tutta la Russia e sull’utilizzazione economica della
quantità di terra a noi nota. Per la chiarezza riporteremo il raffronto del
signor Mertvago sotto forma di tabella, aggiungendovi i dati sulla popo-
lazione in base al censimento del 1897. [V. tabella p. 235].
Queste cifre mostrano all’evidenza quale immensa quantità di terre
ci sia in Russia e quanto poco ancora sappiamo delle terre delle regioni
periferiche e della loro importanza economica. Certo, sarebbe radical-
mente errato ritenere queste tene, nel momento attuale e nell’attuale
loro aspetto, atte a soddisfare il bisogno di terra della massa contadina
russa. Tutti i calcoli di questo genere, che non di rado vengono fatti
da scrittori reazionari *, non hanno alcun valore scientifico. Sotto questo
rapporto ha perfettamente ragione il signor A. A. Kaufmann, che deride
la ricerca di terre libere per l’emigrazione interna in base ai dati sul
numero delle verste quadrate. Egli ha perfettamente ragione, senza
dubbio, anche quando rileva quanto poche terre adatte aH’emigrazione
interna vi siano oggi nelle regioni periferiche della Russia, quanto sia
sbagliata Topinione secondo cui con le emigrazioni interne si potrebbe
porre riparo alla scarsità di terra della massa contadina russa **.
Ma questi giusti ragionamenti del liberale signor Kaufmann conten-
gono nondimeno un errore estremamente grave. Il signor Kaufmann ra-
giona cosi: « Data l’attuale selezione dei coloni, l’attuale grado del loro
benessere, il loro attuale livello culturale » (opera citata, p. 129), le
terre per soddisfare con l’emigrazione interna il bisogno dei contadini
russi sono assolutamente insufficienti. Dunque — egli conclude a difesa
del programma agrario cadetto — , nella Russia europea è necessaria
l’alienazione forzata delle terre in proprietà privata.
* E da deputati reazionari. Alla II Duma Tottobrista Teterevenkov riportò
cifre tratte dalle indagini di Stcerbina sui 65 milioni di desiatine di terra del
territorio delle steppe e le cifre sulla quantità di terra delI’Altai — 39 milioni
di desiatine — per dimostrare l’inutilità deH'alienazione forzata nella Russia eu-
ropea. Esempio del borghese che si adatta al grande proprietario fondiario fau-
tore della servitù della gleba per il comune « progresso » in uno spirito stoly-
piniano (resoconti stenografici della II Duma, seduta 39*, 16 maggio 1907,
pp. 658-661).
** La questione agraria , edizione Dolgorukov e Petrunkevìc, voi. I, articolo
del signor Kaufmann Emigrazione interna e sua importanza nel programma
agrario. Cfr. anche il libro dello stesso autore Emigrazione interna e colonizza-
zione , Pietroburgo, 1905.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
235
Senza la Finlandia.
236
LENIN
È il ragionamento liberale e populista-liberale consueto dei nostri
economisti. Esso viene costruito in modo da ottenere questa conclu-
sione: se vi fosse una quantità sufficiente di terre adatte all’emigrazione
interna, si potrebbe anche fare a meno di toccare i latifondi di tipo
feudale! I signori cadetti e i politici del loro stampo, imbevuti fino al
midollo della mentalità del burocrate benevolo, hanno la pretesa di
porsi al di sopra delle classi, di elevarsi al di sopra della lotta di classe.
I latifondi di tipo feudale vanno distrutti non già perché essi significano
sfruttamento feudale di milioni di abitanti delle campagne, asservimento
di questi ultimi e ritardo nello sviluppo delle forze produttive, ma
perché non ci si può sbarazzare subito di milioni di famiglie inviandole
in qualche luogo della Siberia o del Turkestan! Il centro di gravità
viene spostato non sul carattere di classe feudale dei latifondi russi, ma
sulla possibilità di conciliare le classi, di soddisfare il contadino senza
offendere il grande proprietario fondiario, in una parola sulla pos-
sibilità della famigerata « pace sodale ».
Il ragionamento del signor Kaufmann e dei suoi innumerevoli
adepti in seno airintellettualità russa bisogna capovolgerlo perché diven-
ga giusto. Siccome il contadino russo è schiacdato dai latifondi di tipo
feudale, per questo viene incredibilmente frenata anche la libera coloniz-
zazione nel territorio della Russia e la razionale utilizzazione economica
di una grandissima parte delle terre periferiche della Russia. Siccome i
latifondi di tipo feudale mantengono la massa contadina russa in uno
stato di abbrutimento e perpetuano mediante le otrabotki e Passervi-
mento i procedimenti e i metodi piu arretrati della conduzione agri-
cola, per questo viene reso difficile anche il progresso tecnico e lo
sviluppo intellettuale della massa contadina, lo sviluppo della sua atti-
vità creativa, della sua istruzione, della sua iniziativa, necessario per
lutilizzazione economica di una massa di terre della riserva russa incom-
parabilmente maggiore di quella che non venga da noi utilizzata attual-
mente. Poiché i latifondi di tipo feudale e il dominio dell’asservimento
nell’agricoltura significano anche una sovrastruttura politica corrispon-
dente, il dominio del grande proprietario centonero nello Stato, la man-
canza di diritti della popolazione, la diffusione dei metodi di Gurko-
Lidval nell’amministrazione **, ecc., e cosi via, e cosi di seguito.
Che i latifondi di tipo feudale nel centro agricolo della Russia
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
237
esercitino la piu esiziale influenza su tutto il regime sociale, su tutto
lo sviluppo della società, sullo stato dell' agrieoi tura e sul tenore di vita
delle masse contadine nel loro complesso, è universalmente noto. Posso
qui limitarmi a un richiamo all'immensa letteratura economica russa la
quale ha dimostrato che le otrabotki , l'asservimento, l'affitto semiservile,
le « assunzioni invernali » e altre delizie medioevali dominano nella
Russia centrale *.
La caduta della servitù della gleba creò condizioni tali (come dimo-
strai particolareggiatamente nello Sviluppo del capitalismo) che la popo-
lazione fuggi in tutte le direzioni da quel covo di epigoni della servitù.
Dalla zona agricola centrale la popolazione fuggiva e nei governatorati
industriali, e nelle capitali, e nelle regioni periferiche meridionali e
orientali della Russia europea, popolando terre sino ad allora disabitate.
Nell'opuscolo da me citato il signor Mertvago rileva tra l'altro, molto
giustamente, che i concetti di terre non adatte all'agricoltura sono suscet-
tibili di rapidi mutamenti:
« “Le steppe della Tauride — egli scrive — per il loro clima e la
penuria d'acqua apparterranno sempre alle località più povere e meno
adatte ad essere coltivate". Cosi dicevano nel 1845 autorevoli naturalisti
come gli accademici Baer e Helmersen. Allora la popolazione del gover-
natorato della Tauride, che era la metà dell’attuale, produceva 1,8 mi-
lioni di cetverti di cereali d'ogni sorta... Sono passati sessantanni, e la
popolazione, raddoppiatasi, produce nel 1903 17,6 milioni di cetverti,
cioè quasi 10 volte di più » (p. 24).
Ciò è vero non solo per il governatorato della Tauride, ma anche
per tutta una serie di governatorati delle regioni periferiche meridionale
e orientale della Russia europea. I governatorati della steppa meridionali,
come anche quelli dell'Oltre- Volga, che negli anni sessanta e settanta
erano in ritardo rispetto ai governatorati centrali delle terre nere per la
produzione cerealicola, negli anni ottanta avevano sorpassato questi
governatorati ( Sviluppo del capitalismo , p. 186) B1 . . La popolazione di
tutta la Russia europea dal 1863 al 1897 è aumentata del 53%: quella
rurale del 48% e quella urbana del 97%, mentre nei governatorati
* Cfr. Sviluppo del capitalismo , cap. Ili, sul passaggio dall'economia fon
data sulla barsteina all'economia capitalistica e sulla diffusione del sistema delle
otrabotki 90 .
238
LENIN
della Nuova Russia, del Basso Volga e in quelli orientali la popolazione
ha avuto nello stesso periodo un incremento del 92%: quella rurale
dell’87% e quella urbana del 134% (ivi, p. 446) 02 .
« Non dubitiamo — continua il signor Mertvago — che anche
l’odierna valutazione burocratica dell 1 importanza economica della nostra
riserva agraria sia non meno errata di quella di Baer e Helmersen sul
governatorato della Tauride nel 1845 » (ivi).
Ciò è giusto. Ma il signor Mertvago non nota V origine degli errori
di Baer, degli errori di tutte le valutazioni burocratiche. Essa è nel fatto
che, prendendo in considerazione un dato livello della tecnica e della
coltura, non si tien conto del progresso di questo livello. Baer e Hel-
mersen non prevedevano i mutamenti della tecnica che sono diventati
possibili dopo la caduta della servitù della gleba. E attualmente non vi
può essere alcun dubbio che alla caduta dei latifondi di tipo feudale
nella Russia europea terrà dietro un’enorme ascesa delle forze produt^
tive, u‘n enorme aumento del livello della tecnica e della coltura.
Questo lato della cosa viene erroneamente perduto di vista da
molti di coloro che esprimono giudizi sulla questione agraria. Condizione
di una vasta utilizzazione dell’enorme fondo di colonizzazione della
Russia è la creazione nella Russia europea di una massa contadina
realmente libera, pienamente emancipata dal giogo dei rapporti feudali.
Attualmente una parte considerevole di questo fondo è inutilizzabile
non tanto per le peculiarità naturali di queste o quelle terre delle regioni
periferiche quanto in conseguenza delle peculiarità sociali dell’economia
esistenti nel centro vero e proprio della Russia, peculiarità che condan-
nano la tecnica alla stagnazione, la popolazione alla mancanza di diritti,
alPabbrutimento, all’ignoranza, all’impotenza.
6 proprio questo lato, estremamente importante, della questione
„ che il signor Kaufmann perde di vista quando dichiara: « Dico in anti-
cipo che non so se si possano o no trasferire uno, tre o dieci milioni
di persone » (op. cit., p. 128). Egli rileva la relatività del concetto di
terra non adatta. « Non solo non è vero che terre saline non danno asso-
lutamente nessuna speranza; con l'impiego di certi procedimenti tecnici
si possono rendere molto fertili » (p. 129). Nel Turkestan, abitato da 3,6
persone per versta quadrata, « immense distese restano disabitate »
(p. 137). « Il suolo di molti “deserti sterili” del Turkestan è il famoso
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
239
loess dell' Asia centrale, che, con un’adeguata irrigazione, si distingue per
la sua fertilità... Non è nemmeno il caso di porre la questione dell’esi-
stenza di terre adatte per l’irrigazione: basta attraversare la zona in
qualsiasi direzione per vedere i ruderi di una quantità di villaggi e città
abbandonati centinaia di anni fa, circondati non di rado per decine di
verste quadrate da reti di canali e fossati d’irrigazione che un tempo
funzionavano, e la superficie complessiva dei deserti di loess che atten-
dono Pirrigazione artificiale è indubbiamente di molti milioni di
desiatine » (op. cit.*, p. 137).
Questi molti milioni di desiatine sia nel Turkestan che in molti
altri luoghi della Russia « attendono » non solo l’irrigazione e ogni
sorta di migliorie, « attendono » altresì la liberazione della popolazione
agricola russa dalle sopravvivenze della servitù della gleba, dal giogo
dei latifondi nobiliari, dalla dittatura centonera nello Stato.
Cercare di indovinare quale sia precisamente la quantità delle terre
che in Russia si potrebbero trasformare da « non adatte » in adatte è
inutile. Ma è necessario aver chiara coscienza del fatto dimostrato da
tutta la storia economica della Russia e che costituisce la grande parti-
colarità della rivoluzione borghese russa. La Russia possiede un gigan-
tesco fondo di colonizzazione, che diventerà accessibile alla popolazione
e accessibile alla coltura .non solo ad ogni passo avanti della tecnica
agricola in generale, ma anche a ogni passo avanti nell’opera di libera-
zione della massa contadina russa dal giogo della servitù della gleba.
Questa circostanza costituisce la base economica dell’evoluzione
borghese dell’agricoltura russa secondo il modello americano. Negli
Stati delPEuropa occidentale, che tanto spesso vengono tirati in ballo
dai nostri marxisti per dissennati confronti stereotipati, all’epoca della
rivoluzione democratica borghese l’intero territorio era già occupato.
Ogni passo avanti della tecnica agricola creava soltanto un fatto nuovo,
la possibilità di investire nell’agricoltura altro lavoro e altro capitale.
In Russia la rivoluzione democratica borghese avviene in condizioni tali
che ogni passo avanti nella tecnica agricola e ogni passo nello sviluppo
dell’effettiva libertà della popolazione crea non solo la possibilità di
investimenti supplementari di lavoro e di capitale nelle vecchie terre,
ma anche la possibilità di utilizzare le « immense » estensioni di nuove
terre che si trovano accanto ad esse.
240
LENIN
8. Riassunto delle conclusioni economiche del primo capitolo
Riassumiamo le conclusioni economiche che devono servirci d’in-
troduzione al riesame del programma agrario dei socialdemocratici.
Abbiamo visto che « pernio » della lotta agraria nella nostra rivo-
luzione sono i latifondi di tipo feudale. La lotta contadina per la terra
è prima di tutto e soprattutto una lotta per la distruzione di questi
latifondi. La loro distruzione e il loro completo passaggio nelle mani dei
contadini fanno senza dubbio parte della linea di evoluzione capitalistica
dell’agricoltura russa. Tale via di evoluzione significherebbe il piu
rapido sviluppo delle forze produttive, le migliori condizioni di lavoro
per la massa della popolazione, il piu rapido sviluppo del capitalismo,
con la trasformazione dei contadini liberi in farmers. Ma è possibile
anche un’altra via dell’evoluzione borghese dell’agricoltura: conserva-
zione delle aziende dei grandi proprietari fondiari e dei latifondi, con la
loro lenta trasformazione da economie feudali-asservitriri in economie
tipo junker. Alla base dei due tipi di programmi agrari presentati dalle
varie' classi nella rivoluzione russa si trovano appunto questi due tipi
di possibile evoluzione borghese. Inoltre la peculiarità della Russia,
peculiarità che costituisce una delle basi economiche della possibilità
di un’evoluzione « americana », consiste nell’esistenza di un enorme
fondo di colonizzazione. Pur essendo del tutto inidoneo per la libera-
zione della massa contadina russa dal giogo della servitù della gleba
nella Russia europea, questo fondo diventerà tanto piu vasto e tanto più
accessibile quanto piu i contadini del centro vero e proprio della Russia
saranno liberi e quanto piu ampio sarà il campo di sviluppo delle
forze produttive.
CAPITOLO SECONDO
1 PROGRAMMI AGRARI DEL POSDR E COME LA PRIMA
RIVOLUZIONE RUSSA LI HA MESSI ALLA PROVA
Passiamo all’esame del programma agrario socialdemocratico. I
principali momenti storici nello sviluppo delle concezioni dei socialde-
mocratici russi sulla questione agraria sono stati da me indicati nel
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
241
primo paragrafo dell'opuscolo Revisione del programma agrario del
partito operaio 93 . Dobbiamo soffermarci un po' più particolareggiata-
mente a chiarire in che cosa consiste Terrore dei precedenti programmi
agrari dèlia socialdemocrazia russa, cioè dei programmi del 1885 e
del 1903.
1. Qual era l'errore dei precedenti programmi agrari dei socialdemo-
cratici russi ?
Nel progetto del gruppo « Emancipazione del lavoro » che vide la
luce nel 1885 il programma agrario è cosi esposto: « Radicale revisione
dei nostri rapporti agrari, cioè delle condizioni di riscatto della terra
e di assegnazione di essa ad associazioni contadine. Concessione del di-
ritto di rinunciare al nadiel e di uscire da Wobstcìna a quei contadini
che lo riterranno conveniente, ecc. » fl4 .
Questo è tutto. L’errore di questo programma sta non già nel
fatto che esso contenga principi sbagliati o rivendicazioni particolari
sbagliate. No. I principi sono giusti, mentre l’unica rivendicazione parti-
colare da esso avanzata (diritto di rinunciare al nadiel) è talmente incon-
testabile che è stata soddisfatta dalloriginale legislazione di Stolvpin.
L’erroneità di questo programma è la sua astrattezza, l’assenza di qual-
siasi considerazione concreta in materia. Si tratta, insomma, non di
un programma, ma della più generica dichiarazione marxista. Sarebbe
naturalmente assurdo imputare quest'errore ai compilatori del pro-
gramma, che esponevano per la prima volta determinati principi molto
prima che fosse sorto il partito operaio. Al contrario, bisogna particolar-
mente sottolineare che in questo programma veniva riconosciuta, venti
anni prima deila rivoluzione russa, T inevitabilità di una « radicale revi-
sione » della questione della riforma contadina.
Lo sviluppo di questo programma doveva consistere, sul terreno
teorico, nel chiarire quali erano le basi economiche del nostro program-
ma agrario, su che cosa poteva e doveva poggiare la rivendicazione della
revisione radicale , a differenza di quella non radicale, riformista, e
infine nel determinare concretamente il contenuto di questa revisione
dal punto di vista del proletariato (sostanzialmente diverso dal punto
di vista genericamente radicale). Sul terreno pratico lo sviluppo del
242
LENIN
programma doveva tener conto dell’esperienza del movimento contadino.
Senza l'esperienza di un movimento contadino di massa, anzi, più ancora,
di un movimento contadino nazionale, il programma del partito operaio
socialdemocratico non poteva diventare concreto, giacché sarebbe stato
troppo difficile risolvere solo in base a considerazioni teoriche il pro-
blema di sapere fino a che punto la nostra popolazione contadina si
fosse già capitalisticamente scomposta, fino a che punto essa fosse capace
di compiere un rivolgimento democratico rivoluzionario.
Nemmeno nel 1903, quando il 11 Congresso del nostro partito
approvò il primo programma agrario del POSDR, avevamo una
tale esperienza circa il carattere, l'ampiezza e la profondità del movi-
mento contadino. Le rivolte contadine della primavera del 1902 nel
mezzogiorno della Russia erano rimaste un’esplosione isolata. È perciò
comprensibile la riservatezza dei socialdemocratici nell’elaborazione del
programma agrario: « escogitarne » uno per la società borghese non è
affatto compito del proletariato, e non si poteva sapere fino a che punto
preciso il movimento contadino contro le sopravvivenze della servitù del-
la gleba, movimento che merita l’appoggio del proletariato, fosse capace
di svilupparsi.
Il programma del 1903 fu il tentativo di determinare concreta-
mente il contenuto e le condizioni della « revisione » di cui nel 1885 i
socialdemocratici parlavano in forma generica. Questo tentativo si fon-
dava — nel punto principale del programma: quello sulle « terre stral-
ciate » — su una separazione approssimativa delle terre che servivano
per lo sfruttamento feudale e asservitore {« stralciate ai contadini nel
1861 ») e delle terre sfruttate in forma capitalistica. Questa separazione
approssimativa era completamente errata, poiché in pratica il movimento
delle masse contadine non poteva essere diretto contro speciali cate-
gorie di terre padronali, ma solo contro la grande proprietà fondiaria
in generale. Il programma del 1903 pone una questione che non era
ancora stata posta nel 1885, e precisamente quella della lotta tra gli
interessi dei contadini e quelli dei grandi proprietari fondiari al momento
di quella revisione dei rapporti agrari che tutti i socialdemocratici rico-
noscevano inevitabile. Ma il programma del 1903 risolve in maniera
sbagliata la questione, giacché, invece di contrapporre la rivoluzione
compiuta in modo coerentemente contadino a quella compiuta in modo
coerentemente junker, costruisce artificiosamente qualcosa d’intermedio.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
243
A dire il vero, anche qui bisogna considerare che l’assenza di un aperto
movimento di massa non consentiva allora di risolvere il problema in
base a dati precisi, e non a frasi, o a pii desideri, o ad utopie piccolo-
borghesi, come facevano i socialisti-rivoluzionari. Nessuno poteva dire
con certezza fino a che punto la popolazione contadina si fosse differen-
ziata sotto l’influenza del parziale passaggio dei grandi proprietari fon-
diari dalle otrabotki al lavoro salariato. Nessuno poteva calcolare quanto
fosse grande lo strato di operai agricoli creatosi dopo la riforma del
1861, fino a che punto i loro interessi si fossero separati dagli interessi
della massa contadina rovinata.
L’errore fondamentale del programma agrario del 1903 era comun-
que l’assenza di un’idea precisa del motivo che può e deve sviluppare
la lotta agraria nel processo della rivoluzione borghese russa e dei tipi
di evoluzione agraria capitalistica oggettivamente possibili in seguito
alla vittoria, in questa lotta, di queste o quelle forze sociali.
2. L'attuale programma agrario del POSDR
In una questione importante l’attuale programma agrario del par-
tito socialdemocratico, approvato al Congresso di Stoccolma, fa un
grande passo avanti in confronto a quello precedente: E precisamente:
pronunciandosi per la confisca delle terre dei grandi proprietari *, il
partito socialdemocratico ha con ciò stesso imboccato risolutamente la
via del riconoscimento della rivoluzione agraria contadina. Le parole del
programma*: « appoggiando le azioni rivoluzionarie della popolazione
contadina, compresa la confisca delle terre dei grandi proprietari... »
esprimono con tutta precisione quest’idea Nelle discussioni al Congresso
di Stoccolma uno dei relatori, Plekhanov, che assieme a John aveva
tracciato l’attuale programma, parlò apertamente della necessità di
cessare di aver paura della « rivoluzione agraria contadina » (cfr. il rap-
porto di Plekhanov negli Atti del Congresso di Stoccolma, Mosca, 1907,
p. 42).
Il riconoscimento che la nostra rivoluzione borghese nel campo
* Nel testo del programma (paragrafo 4) si parla di terre in proprietà pri-
vata, Nella risoluzione aggiunta al programma (seconda parte del programma
agrario) si parla di confisca delle terre dei grandi proprietari .
244
LENIN
dei rapporti agrari dev'essere considerata come una « rivoluzione agraria
contadina » avrebbe dovuto, parrebbe, por fine ai maggiori dissensi
esistenti tra i socialdemocratici sul programma agrario. In realtà, però,
i dissensi vennero a galla quando si trattò di decidere se i socialdemo-
cratici dovevano appoggiare la spartizione delle terre dei grandi proprie-
tari e il loro passaggio in proprietà dei contadini, la municipalizzazione
delle terre dei grandi proprietari o la nazionalizzazione di tutte le terre.
Dobbiamo quindi innanzi tutto stabilire ciò che viene dimenticato con
straordinaria frequenza dai socialdemocratici, e cioè che questi problemi
possono venir risolti in modo giusto esclusivamente se si parte dal punto
di vista che la rivoluzione agraria in Russia deve essere una rivoluzione
contadina. Non si tratta naturalmente per la socialdemocrazia di rinun-
ciare a stabilire in maniera autonoma quali sono gli interessi del proleta-
riato, come classe a sé stante, in questa rivoluzione contadina. No. Si
tratta di figurarsi con esattezza il carattere e il significato precisamente
della rivoluzione agraria contadina come uno degli aspetti della rivolu-
zione borghese in generale. Noi non possiamo « escogitare » un qualche
speciale « progetto » di riforma. Dobbiamo studiare le. condizioni ogget-
tive di un rivolgimento agrario contadino in una Russia che si sta svilup-
pando capitalisticamente, distinguere, sulla base di questa analisi ogget-
tiva, l'ideologia errata di queste o quelle classi dal contenuto reale delle
trasformazioni economiche, e determinare che cosa esigono, sul terreno
di queste trasformazioni economiche reali, gli interessi dello sviluppo
delle forze produttive e gli interessi della lotta di classe del proletariato.
'Nell'attuale programma agrario del POSDR si riconosce (in una
forma particolare) la proprietà sodale delle terre confiscate (nazionaliz-
zazione dei boschi, delle acque e del fondo di colonizzazione, munici-
palizzazione delle terre in proprietà privata), almeno per il caso di uno
« sviluppo vittorioso della rivoluzione ». Per il caso di « condizioni sfa-
vorevoli » viene ammessa la spartizione delle terre dei grandi proprietari
e il loro passaggio in proprietà dei contadini. In tutti i casi,, viene
ammessa la proprietà dei contadini e dei piccoli proprietari terrieri delle
terre che attualmente sono nelle loro mani. Nel programma viene dunque
prospettato un duplice regime fondiario nella Russia borghese rinnovata:
proprietà privata della terra e (almeno per il caso di uno sviluppo vit-
torioso della rivoluzione) proprietà sociale sotto forma di municipaliz-
zazione e nazionalizzazione.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
245
Come spiegavano questa duplicità gli autori del programma? Innan-
zitutto e principalmente adducendo gli interessi e le rivendicazioni della
massa contadina, il timore di addivenire a una rottura con la massa con-
tadina, di mettere i contadini contro il proletariato e la rivoluzione.
Formulando tale argomento, gli autori e i fautori del programma si
ponevano con ciò stesso sul terreno del riconoscimento della rivolu-
zione agraria contadina , sul terreno dell’appoggio del proletariato a deter-
minate rivendicazioni contadine. E quest’argomento fu formulato dai
fautori piu influenti del programma, primo fra tutti il compagno John!
Per convincersene basta dare un’occhiata agli atti del Congresso di
Stoccolma.
Nel suo rapporto il compagno John adduceva quest’argomento in
maniera aperta e risoluta. « Se la rivoluzione — egli disse — portasse
al tentativo di nazionalizzare le terre contadine dei nadiel o di nazio-
nalizzare le terre confiscate ai grandi proprietari, come propone il com-
pagno Lenin, una simile misura condurrebbe ad un movimento contro-
rivoluzionario non solo nelle regioni periferiche, ma anche nel centro.
Avremmo non una sola Vandea, ma una rivolta generale della massa
contadina contro il tentativo di intervento dello Stato nel disporre
delle terre dei nadiel che sono proprietà [il corsivo è di John] dei con-
tadini, contro il tentativo di nazionalizzarle » (p. 40 degli atti del
Congresso di Stoccolma).
Parrebbe chiaro, no? La nazionalizzazione delle terre di proprietà
dei contadini condurrebbe a una rivolta generale della popolazione
contadina! Ecco la causa per cui l’originario progetto di X, che propo-
neva di trasmettere agli « zemstvo » non solo le terre in proprietà privata,
ma, « se possibile », tutte le terre (progetto da me citato nell’opuscolo
Revisione del programma agrario del partito operaio 95 ), venne sosti-
tuito col progetto di municipalizzazione di Maslov, che escludeva le
terre contadine. In effetti, come non tener conto del fatto, scoperto dopo
il 1903, deH’inevitabilità di una rivolta contadina contro i tentativi di
nazionalizzazione integrale?! Come non porsi allora dal punto di vista di
un altro eminente menscevico, Kostrov, che esclamò a Stoccolma:
« Presentarci ai contadini con essa [la nazionalizzazione] significa
allontanarli da noi. Il movimento contadino ci ignorerà o sarà contro di
noi, e noi verremo a trovarci esclusi dalla rivoluzione. La nazionalizza-
246
LENIN
zione indebolisce la socialdemocrazia, la taglia fuori dalla massa conta-
dina e indebolisce quindi anche la rivoluzione » (p. 88).
È impossibile negare che questa argomentazione sia convincente.
In una rivoluzione agraria contadina tentare di nazionalizzare, contro la
volontà dei contadini, le terre di loro proprietà ! Non c’è da stupirsi
che il Congresso di Stoccolma abbia respinto quest’idea, una volta che
aveva prestato fede a John e a Kostrov.
Ma non ha avuto torto di prestar loro fede?
Data l’importanza della questione di una Vandea di tutta la Russia
contro la nazionalizzazione, non sarà male dare una piccola informa-
zione storica.
3. il principale argomento dei municipalisti alla prova dei fatti
Le recise dichiarazioni di John e di Kostrov da me riportate risal-
gono all’aprile del 1906, cioè alla vigilia della I Duma. Ho dimostrato
(cfr. il mio opuscolo sulla Revisione ) che la popolazione contadina è per
la nazionalizzazione. Mi si è obiettato che le deliberazioni dei congressi
deirUnione contadina 98 non dimostrano nulla, che sono state ispirate da
ideologi del socialismo- rivoluzionario, che la massa contadina non farà
mai proprie simili rivendicazioni.
Da allora la I e la II Duma hanno deciso questa questione in
maniera documentale. I rappresentanti della massa contadina provenienti
da tutti gli angoli della Russia sono scesi in campo nella I e special-
mente nella II Duma. Solo i pubblicisti della Rossia e del N ovaie
Vremia potrebbero forse negare che le rivendicazioni politiche ed econo-
miche delle masse contadine abbiano avuto la loro espressione in entram-
be queste Dume. Sembrerebbe che l’idea della nazionalizzazione delle
terre contadine dovrebbe essere definitivamente sepolta oggi, dopo gli
interventi autonomi dei deputati contadini di fronte agli altri partiti.
Sembrerebbe che i fautori di John e di Kostrov non avrebbero dovuto
trovare difficoltà a far levare nella Duma il grido dei deputati conta-
dini sull’ inammissibilità della nazionalizzazione. Sembrerebbe che la
socialdemocrazia, guidata dai menscevichi, avrebbe effettivamente do-
vuto « tagliare fuori » dalla rivoluzione i fautori della nazionalizzazione,
che volevano sollevare in tutta la Russia una Vandea controrivolu-
zionaria.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
247
Di fatto s’è verificato qualcosa di diverso. Alla I Duma la preoccu-
pazione per le terre in proprietà (il corsivo è di John) dei contadini
venne manifestata da Stiscinski e Gurko. In entrambe le Dume fu
Pestrema destra a difendere, assieme coi rappresentanti del governo,
la proprietà privata della terra, respingendo indiscriminatamente qual-
siasi forma di proprietà sociale, sia la municipalizzazione, sia la naziona-
lizzazione, sia la socializzazione. In entrambe le Dume i deputati conta-
dini provenienti da tutti gli angoli della Russia si pronunciarono per
la nazionalizzazione.
Nel 1905 il compagno Maslov scriveva: « Oggi non si può ammet-
tere in Russia la nazionalizzazione della terra come mezzo per risolvere
[?] la questione agraria, innanzi tutto» (notate questo « innanzi tutto»)
« perché essa è irrimediabilmente utopistica. La nazionalizzazione della
terra presuppone il trasferimento di tutte le terre nelle mani dello Stato.
Ma forse che i contadini, e specialmente i contadini proprietari, consen-
tiranno a trasferire volontariamente le loro terre a chicchessia? »
(P. Maslov: Critica dei programmi agrari , Mosca, 1905, p. 20).
Quindi nel 1905 la nazionalizzazione era « innanzi tutto » irrime-
diabilmente utopistica, perché i contadini non Laverebbero accettata.
Nel 1907, in marzo, lo stesso Maslov scriveva: «Tutti i gruppi
populisti (trudovikiy socialisti popolari e socialisti-rivoluzionari) si pro-
nunciano per la nazionalizzazione della terra in questa o quella forma »
(Obrazovaniey 1907, n. 3, p. 100).
Eccovi la nuova Vandea! Eccovi la rivolta dei contadini di tutta la
Russia contro la nazionalizzazione!
Ma invece di riflettere sulla ridicola situazione in cui sono venuti
a trovarsi dopo l’esperienza delle due Dume coloro che parlavano e scri-
vevano di una Vandea contadina, invece di cercare una spiegazione del
proprio errore del 1905, P. Maslov ha agito come Ivan lo Smemorato.
Ila preferito dimenticare e le parole da me citate e i discorsi al Con-
gresso di Stoccolma! Ma c’è delLaltro. Con la stessa leggerezza con la
quale nel 1905 affermava che i contadini non avrebbero consentito si è
messo ora ad affermare il contrario. Ascoltate:
«... I populisti, che rispecchiano gli interessi e le speranze dei pic-
coli proprietari [udite!], hanno dovuto pronunciarsi per la nazionaliz-
zazione » ( Obrazovanie , ivi).
Eccovi un piccolo esempio dellonestà scientifica dei nostri muni-
248
LENIN
cipalizzatori! Risolvendo il difficile problema prima delle dichiarazioni
politiche degli eletti della popolazione contadina di tutta la Russia, essi
affermavano per i piccoli proprietari una cosa, mentre dopo queste
dichiarazioni nelle due Dume affermano, per gli stessi « piccoli pro-
prietari », esattamente l’opposto.
E come uri fatto particolarmente strano bisogna ricordare che
Maslov spiega questa propensione dei contadini russi per la naziona-
lizzazione non adducendo le condizioni particolari della rivoluzione
agraria contadina, ma le caratteristiche comuni del piccolo proprietario
nella società capitalistica. È incredibile, ma è un fatto:
« Il piccolo proprietario — dice Maslov col tono di un oracolo —
teme soprattutto la concorrenza e il dominio del grande proprietario, il
dominio del capitale... ». Voi confondete, signor Maslov! Mettere uno
accanto all’altro il grande proprietario di terre (di tipo feudale) e il pro-
prietario del capitale vuol dire ripetere i pregiudizi della piccola bor-
ghesia. Il contadino lotta con tanta energia contro i latifondi di tipo
feudale appunto perché nell’attuale momento storico egli è il rappre-
sentante della libera evoluzione capitalistica dell’agricoltura.
« ...Non essendo in grado di lottare contro il capitale sul terreno economico,
il piccolo proprietario ripone le sue speranze nel potere governativo, che deve
venire in aiuto al piccolo proprietario contro il grande... Se nel corso dei secoli il
contadino russo ha sperato nella difesa del potere centrale contro i grandi pro-
prietari fondiari ed i funzionari, se in Francia Napoleone, appoggiandosi ai con-
tadini. potè soffocare la repubblica, lo fece grazie al fatto che le masse contadine
speravano nell’appoggio del potere centrale» ( Obrazovante . p. 100).
Magnifico il ragionamento di Piotr Maslov! In primo luogo, se in
un determinato momento storico il contadino russo rivela gli stessi tratti
del contadino francese sotto Napoleone, che c’entra qui la nazionaliz-
zazione della terra? Sotto Napoleone il contadino francese non fu mai,
e non poteva essere, per la nazionalizzazione. Ne vien fuori qualcosa
di sconnesso, signor Maslov!
In secondo luogo, che cosa centra qui la lotta contro il capitale?
Si tratta di un confronto tra la proprietà contadina della terra e la
nazionalizzazione di tutta la terra, compresa quella contadina. Sotto
Napoleone il contadino francese era fanaticamente attaccato alla piccola
proprietà, vedendovi una barriera contro il capitale, mentre il contadino
russo.. Ancora una volta, illustrissimo, dov’è nel vostro discorso il
nesso tra il principio e la fine?
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
249
In terzo luogo, parlando di speranze nel potere governativo, Maslov
presenta la cosa come se i contadini non capissero il danno che reca la
burocrazia, non capissero l’importanza deirautoamministrazione, mentre
lui, Piotr Maslov, persona progredita, ne capisce il valore. Che critica
semplicistica dei populisti è mai questa! Basta prender visione del noto
progetto agrario dei trudoviki (il progetto dei 104), presentato sia alla
I che alla II Duma, per vedere la falsità del ragionamento (o allusione?)
di Maslov. I fatti dicono, al contrario , che nel progetto dei trudoviki i
principi deirautoamministrazione e l’ostilità per una soluzione buro-
cratica della questione agraria sono espressi piu chiaramente che nel
programma dei socialdemocratici, scritto alla Maslov! E precisamente nel
nostro programma si parla soltanto dei « principi democratici » nell’ele-
zione degli organi locali, mentre nel progetto dei trudoviki (§ 16) si
parla in maniera precisa e chiara dell’elezione degli organi locali di auto-
amministrazione « a suffragio universale, uguale, diretto e segreto ».
Ma non basta. Nello stesso progetto vengono suggeriti dei comitati
locali della terra — sostenuti, com’è noto, dai socialdemocratici — che
devono venir eletti mediante un suffragio dello stesso tipo e che devono
(§§ 17*20) organizzare la discussione della riforma agraria e prepararla
II modo burocratico di attuare la riforma agraria veniva propugnato dai
cadettiy e non dai trudoviki, dai liberali borghesi, e non dai contadini.
Perché Maslov ha potuto aver bisogno di travisare questi fatti univer-
salmente noti?
In quarto luogo, nella sua ammirevole « spiegazione » del perché
i piccoli proprietari « hanno dovuto pronunciarsi per la nazionalizza-
zione » Maslov sottolinea la speranza del contadino di essere difeso dal
potere centrale . Questo è il punto che distingue la municipalizzazione
dalla nazionalizzazione; nell’una, poteri locali, nell’altra, potere centrale.
Questa è l’ideuzza prediletta di Maslov, di cui esamineremo particolareg-
giatamente piu sotto la sostanza economica e il significato politico. Qui
invece rileveremo che Maslov si sottrae alla questione che gli viene posta
dalla storia della nostra rivoluzione, e precisamente alia questione del
perché i contadini non temono la nazionalizzazione delle loro terre. Qui
sta il nocciolo della questione!
Ma non è ancora tutto. In questo tentativo di Maslov di spiegare
le radici di classe della nazionalizzazione dei trudoviki f a differenza
della municipalizzazione, è particolarmente spassosa la seguente circo-
250
LENIN
stanza. Maslov cela al lettore che la questione della possibilità di disporre
direttamente delle terre è stata risolta anche dai populisti a favore delle
autoamministrazioni localil I ragionamenti di Maslov sul tema delle
« speranze » del contadino nel potere centrale sono semplicemente un
pettegolezzo da intellettuali sul contadino. Leggete il § 16 del progetto
agrario dei truàoviki presentato in entrambe le Dume. Ecco il testo
di questo paragrafo:
« La gestione del fondo agrario nazionale dev'essere affidata alle autoammi*
nitrazioni locali, elette a suffragio universale, uguale, diretto e segreto, che, nei
limiti fissati dalla legge, agiscono in maniera autonoma ».
Confrontate con questa la corrispondente rivendicazione del nostro
programma « ...il POSDR richiede: ... 4) la confisca delle terre in pro-
prietà privata, tranne la piccola proprietà fondiaria, e la loro messa
a disposizione dei grandi organi di autoamministrazione locale [raggrup-
panti — punto 3 — circoscrizioni urbane e rurali] eletti in base ai
principi democratici... ».
Qual è qui la differenza, dal punto di vista dei diritti del potere
centrale e di quello locale? In che cosa si distingue la « gestione » dalla
« disposizione »?
Perché Maslov ha dovuto, parlando dell’at reggi amento dei truàoviki
verso la nazionalizzazione, celare ai lettori — e forse anche a se stesso —
il contenuto di questo § 16? Perché demolisce completamente tutta
la sua assurda « municipalizzazione ».
Esaminate gli argomenti di Maslov a favore di questa municipaliz-
zazione esposti al Congresso di Stoccolma, leggete gli atti di questo con-
gresso; v’imbatterete in un subisso di richiami all'impossibilità di soffo-
care le nazionalità, di opprimere le regioni periferiche, di eludere la
diversità degli interessi locali, ecc. ecc. Già prima del Congresso di
Stoccolma facevo notare a Maslov (cfr. piu sopra Revisione , p. 18 97 )
che tutti gli argomenti di tal genere erano il frutto di un « assoluto ma-
linteso», poiché il nostro programma — dicevo io — ammette già e il
diritto delle nazionalità aH’autodeci sione, e un'ampia autoamministra-
zione locale e regionale. Da questo lato, quindi, è inutile e impossibile
escogitare una qualche « garanzia » supplementare contro l’eccessiva
centralizzazione, burocratizzazione e regolamentazione, poiché ciò o non
avrebbe alcun senso, o sarebbe interpretato in un senso antiproletario,
federalista.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
251
I trudoviki hanno dimostrato ai municipalisti che avevo ragione .
Maslov deve ammettere ora che tutti i gruppi che esprimono gli
interessi e il modo di vedere della massa contadina si sono pronunciati
per la nazionalizzazione in una forma tale che i diritti e i pieni poteri
delle autoamministrazioni locali vengono salvaguardati da essi non meno
che da Maslov! La legge sui limiti dei diritti delle autoamministrazioni
locali dev'essere promulgata dal parlamento centrale; Maslov non lo
dice, ma non gioverà a -nulla nascondere la testa sotto l’ala, giacché non
ci si può neanche figurare un ordinamento diverso.
Le parole « mettere a disposizione » ingenerano un’eccessiva con-
fusione. Non si sa chi sia il proprietario * delle terre confiscate ai grandi
proprietari! E se non lo si sa, il proprietario può essere soltanto lo
Stato. In che cosa debba consistere la « disposizione », quali ne siano
i limiti, le forme e le Condizioni, è ancora una volta il parlamento
centrale che deve determinarlo. Ciò è chiaro di per se stesso, e nel
programma del nostro partito si distinguono in particolare sia i « boschi
d’importanza nazionale » che il « fondo di colonizzazione ». È ovvio che
solo il potere statale centrale è in grado di distinguere dalla massa gene-
rale dei boschi i boschi « d’importanza nazionale » e dalla massa gene-
rale delle terre il « fondo di colonizzazione ».
In una parola, il programma di Maslov, divenuto ora, in una forma
particolarmente travisata, il programma del nostro partito, è del tutto
assurdo quando lo si confronti col programma dei trudoviki. Non c’è
da stupirsi che Maslov abbia dovuto mettersi a parlare, a proposito della
nazionalizzazione, persino del contadino napoleonico, pur di celare al
pubblico l’assurda situazione in cui ci siamo cacciati, con la nostra con-
fusa « municipalizzazione », di fronte ai rappresentanti della democrazia
borghese!
L’unico merito, pienamente reale e indiscutibile, è Patteggiamento
circa le terre dei nadiel contadini. Maslov ha considerato separatamente
queste terre solo perché temeva la « Vandea ». E ne è risultato che i
deputati contadini inviati sia alla I che alla II Duma hanno riso delle
* AI Congresso di Stoccolma i menscevichi respinsero l’emendamento che
proponeva di sostituire le parole « a disposizione » con le parole « in proprietà »
(p. 152 degli atti). Solo nella risoluzione sulla tattica è detto «in possesso», per
il caso di un « vittorioso sviluppo della rivoluzione ». per nulla definito in ma-
niera piu precisa.
252
LENIN
paure dei socialdemocratici codisti, pronunciandosi per la nazionaliz-
zazione delle proprie terre!
I municipaHsti devono ora andare contro i contadini truiovìkx ,
dimostrando loro che non devono nazionalizzare le proprie terre. L’ironia
della storia ha fatto crollare gli argomenti di Maslov, John, Kostrov e
soci sulla, loro stessa testa.
4 // programma agrario dei contadini
Proviamo a raccapezzarci nella questione (perché tutti i gruppi poli-*
tici che rispecchiano gli interessi e le speranze dei piccoli proprietari
hanno dovuto pronunciarsi per la nazionalizzazione) davanti alla quale
si è dibattuto cosi impotentemente P. Maslov.
Esaminiamo innanzitutto in che misura il progetto agrario dei 104,
cioè dei trudovikt della I e della II Duma, esprime realmente le riven-
dicazioni dei contadini di tutta la Russia. Il carattere della rappresen-
tanza in entrambe le Dume e il carattere della lotta politica svoltasi
nell’arena « parlamentare » sulla questione della terra tra coloro che
esprimevano gli interessi delle varie classi ne sono una prova. L’idea
della proprietà fondiaria in generale, e della proprietà contadina in
particolare, non solo non era stata respinta in secondo piano alla Duma,
ma, al contrario, era stata da certi partiti posta costantemente in
primo piano. E il governo, nelle persone dei signori Stiscinski, Gurko,
di tutti i ministri e di tutta la stampa ufficiale, aveva sostenuto questa
idea, rivolgendosi specialmente ai deputati contadini. E i partiti politici
di destra, a cominciare dal « famoso » Sviatopolk-Mirski alla II Duma,
non avevano fatto che parlare ai contadini dei vantaggi della proprietà
contadina della terra. L’effettiva ripartizione delle forze su questa que-
stione si era delineata su dati cosi ampi che è assolutamente impossibile
dubitare (dal punto di vista degli interessi di classe) che essa fosse giusta.
Anche il partito cadetto alla I Duma, allorché i liberali consideravano
il popolo rivoluzionario una forza e civettavano con esso, fu spinto dalla
corrente generale a schierarsi dalla parte della nazionalizzazione della
terra. Com’è noto, nel progetto agrario dei cadetti alla I Duma figura
il « fondo agrario nazionale », nel quale vanno a finire tutte le terre
alienate, che poi devono essere cedute in godimento a lunga scadenza.
Certo, non è in virtù di qualche principio che i cadetti avevano avanzato
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
253
alla I Duma questa rivendicazione — è ridicolo parlare della fedeltà
ai principi del partito cadetto — , no, questa rivendicazione dei liberali
non era che una debole eco delle rivendicazioni della massa contadina.
Già alla I Duma i deputati contadini avevano subito cominciato a
separarsi in iin gruppo politico distinto, e il progetto agrario dei « 104 »
era la principale e fondamentale piattaforma dei contadini di tutta la
Russia, che scendevano in campo come uria forza sociale cosciente.
I discorsi dei deputati contadini alla I e II Duma, gli articoli dei
giornali « trudoviki » (Izvestia Krestianskikh Deputato v f Trudovaia
Rossia) mostravano che il progetto dei 104 esprimeva fedelmente gli
interessi e le speranze dei contadini. Su questo progetto bisogna perciò
soffermarsi un po’ piu particolareggiatamente.
È interessante, tra l'altro, esaminare la composizione del gruppo di
deputati che lo sottoscrissero. Alla I Duma vediamo 70 trudoviki , 17
senza partito, 8 contadini che non avevano fornito dati di sorta circa il
loro orientamento politico, cinque cadetti*, tre socialdemocratici ** e
un autonomista lituano. Alla II Duma in calce al progetto dei « 104 »
ci sono 99 firme, 91 se si detraggono le ripetizioni; vi sono compresi
79 trudoviki , 4 socialisti popolari, 2 socialisti-rivoluzionari, 2 del gruppo
cosacco, 2 senza partito, uno piu a sinistra dei cadetti (Peterson) e un
cadetto (Odnokozov, contadino). Nel novero dei firmatari predominano
i contadini (non meno di 54 su 91 alla II Duma, non meno di 52 su
104 alla I). È inoltre interessante che le particolari aspettative di
P. Maslov in merito ai contadini proprietari (cfr. piu sopra), che non
potrebbero acconsentire alla nazionalizzazione, sono state anchesse com-
pletamente smentite dalla rappesentanza contadina in entrambe le Dume.
Nel governatorato della Podolia, per esempio, quasi tutti i contadini
sono agricoltori proprietari (nel 1905 le famiglie dei contadini proprie-
tari erano 457.134, quelle appartenenti alle obsteine solo 1.630). In
calce al progetto agrario dei « 104 » firmarono 13 deputati del gover-
natorato della Podolia (in gran parte contadini agricoltori) alla I Duma
e 10 alla II! Tra gli altri governatorati ad agricoltura fondata sulla pro-
prietà contadina noteremo quelli di Vilna, di Kovno, di Kiev, di Poltava,
della Bessarabia, della Volynia, i cui deputati firmarono in calce al
* Gavr. Zubcenko, T. Volkov, I. Gherasimov, tutti e tre contadini; il medico
Lozkin e il rev. Afanasiev.
** Antonov, operaio del governatorato di Perm: Iersciov, operaio del gover-
natorato di Kazan, e V. Ciuriukov, operaio del governatorato di Mosca.
234
LENIN
progetto dei 104. La differenza tra i membri deWobstcina e i proprietari
dal punto di vista della nazionalizzazione può sembrare importante e
sostanziale solo ai fautori dei pregiudizi populisti, ma questi pregiudizi
— è il caso di dirlo — ricevettero in generale un colpo demolitore
quando i deputati contadini di tutta la Russia presentarono per la prima
volta un programma agrario. Difatti la rivendicazione della nazionaliz-
zazione della terra non è affatto, provocata da una speciale forma di
possesso fondiario, o « dalle abitudini e dagli istinti comunitari » dei
contadini, ma dalle condizioni generali di tutto il piccolo possesso fon-
diario dei contadini (sia esso fondato sull * obstcina che sulla proprietà
contadina), oppresso dai latifondi di tipo feudale.
Fra i deputati della I e II Duma che presentarono il progetto di
nazionalizzazione dei 104 vediamo i rappresentanti di tutte le località
della Russia, non solo del centro agricolo e dei governatorati industriali
non compresi nella zona delle terre nere, non solo deHe regioni perife-
riche settentrionali (Arcangelo, Vologda: alla II Duma), orientali e meri-
dionali (governatorati e regioni di Astrakhan, della Bessarabia, del Don,
di lekaterinoslav, del Kuban, della Tauride, di Stavropol), ma altresì
dei governatorati della Piccola Russia aa , sud-occidentali, nord-occiden-
tali, della Polonia (governatorato di Suwalki) e della Siberia (governa-
torato di Tobolsk). Evidentemente l’oppressione del piccolo contadino
da parte della grande proprietà fondiaria di tipo feudale, che trova piu
vigorosamente e piu immediatamente espressione nel centro agricolo
prettamente russo, si fa sentire in tutta la Russia, spingendo dovunque
i piccoli agricoltori ad appoggiare la lotta per la nazionalizzazione del-
la terra.
Il carattere di questa lotta reca i segni evidenti delFindividualismo
piccolo-borghese. Sotto questo rapporto è necessario sottolineare parti-
colarmente il fatto che troppo spesso si ignora nella nostra stampa socia-
lista, e precisamente che il « socialismo » dei socialisti-rivoluzionari ha
subito il più grave colpo quando, nell’aperta arena politica di tutta la
Russia, i contadini si sono presentati per la prima volta con un pro-
gramma agrario autonomo. Per il progetto socialista-rivoluzionario di
socializzazione della terra (progetto dei « 33 » alla I Duma) si pronunciò
una minoranza dei deputati contadini d’avanguardia. La stragrande
maggioranza risultò a favore dei 104 , del progetto dei socialisti popolari ,
del programma che gli stessi socialisti-rivoluzionari definiscono pro-
gramma individualistico.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCI ALDEMOtRAZIA
255
In una Raccolta di articoli dei socialisti-rivoluzionari {edizioni « Il
nostro pensiero », Pietroburgo, 1907, n. 1) troviamo, per esempio, Tarti-
colo del signor P. Vikhliaiev, Il partito socialista popolare e la questione
agraria. L’autore critica il socialista popolare Pescekhonov e riporta le
sue parole secondo cui « nel progetto dei 104 si è riflesso il nostro [dei
socialisti popolari] punto di vista circa il mezzo per prendere la terra »
(p. 81 della Raccolta cit.). I socialisti-rivoluzionari dicono apertamente
che il progetto dei 104 « porta alla negazione del principio basilare del
godimento comunitario della terra », « allo stesso modo » ( sic\ ) della
legislazione agraria di Stolypin e della legge del 9 novembre 1906 (p. 86,
ivi; dimostreremo neirulteriore esposizione come i pregiudizi dei socia-
listi-rivoluzionari abbiano impedito loro di valutare la reale differenza
economica esistente tra Luna e l’altra via: quella di Stolypin e quella dei
trudoviki). Nelle concezioni programmatiche di Pescekhonov i socialisti-
rivoluzionari scorgono « manifestazioni di avido individualismo » (p. 89),
la « contaminazione di una vasta corrente ideale con la melma dell’indi-
vidualismo » (p. 91), un «incoraggiamento delle tendenze individuali-
stiche ed egoistiche nelle masse popolari » (p. 93, ivi).
Tutto questo è giusto. Ma invano i socialisti-rivoluzionari pensano
di dissimulare con parole « forti » il fatto che la sostanza della cosa non
sta minimamente nell’opportunismo dei signori Pescekhonov e soci,
ma nell’individualismo del piccolo agricoltore. Non si tratta del fatto che
i Pescekhonov contaminino la corrente ideale del socialismo-rivoluzio-
nario, ma del fatto che la maggioranza dei deputati contadini d'avan-
guardia ha rivelato il vero contenuto economico del populismo, le vere
aspirazioni dei piccoli agricoltori. La bancarotta del socialismo-rivolu-
zionario non appena questo ha esposto le sue idee davanti a una vasta
rappresentanza, veramente di tutta la Russia, delle masse contadine: ecco
che cosa ci hanno mostrato i progetti agrari dei 104 alla I e alla
II Duma*.
Pronunciandosi per la nazionalizzazione della terra, i trudoviki
* Dai resoconti stenografici della II Duma risulta che il socialista-rivoluzio-
nario Muscenko presentò un progetto agrario recante la firma di 105 deputati.
Purtroppo non sono riuscito a procurarmelo. Tra i materiali della Duma a mia di-
sposizione cera soltanto il progetto dei 104, presentato anch'esso dai trudoviki
alla II Duma. Il progetto socialista-rivoluzionario dei 105, data resistenza di que-
sti due progetti (della I e della II Duma) dei 104, mostra dunque soltanto, nel
migliore dei casi, che alcuni contadini oscillavano tra i socialisti popolari e i so-
cialisti-rivoluzionari, ma non smentisce quanto ho detto nel testo.
256
LENIN
rivelano molto chiaramente nel loro progetto le aspirazioni « egoistiche
e individualistiche » dei piccoli agricoltori. Essi lasciano nelle mani degli
attuali possessori le terre dei nadiel e quelle delle piccole proprietà
(§ 3 del progetto agrario dei 104) alla condizione che vengano adottate
misure legislative che assicurino il « loro graduale passaggio in proprietà
di tutto il popolo ». Questo significa, tradotto nel linguaggio dei rap-
porti economici reali, semplicemente questo: noi partiamo dagli inte-
ressi dei veri agricoltori , degli agricoltori reali e non soltanto nominali,
ma vogliamo che la loro attività economica si sviluppi del tutto libera-
mente sulla terra nazionalizzata*. Il paragrafo 9 del progetto, il quale
dice che « si dà la precedenza alla popolazione locale rispetto a quella
immigrata e a quella agricola rispetto a quella non agricola », mostra
ancora una volta che i trudoviki pongono in primo piano gli inte-
ressi dei piccoli agricoltori. L’« uguale diritto alla terra » è una frase; i
mutui e i sussidi statali « a coloro che non hanno mezzi sufficienti per
fornirsi di tutto il necessario per l’azienda » ( § 15 del progetto dei 104 )
sono pii desideri, mentre di fatto ci guadagnano inevitabilmente e
immancabilmente coloro che possono diventare subito solidi agricoltori,
che da agricoltori asserviti possono trasformarsi in agricoltori liberi e
agiati. È ovvio che gli interessi del proletariato esigono che si appoggino
quelle misure che più di tutto contribuirebbero al passaggio delTagri-
coltura della Russia dalle mani dei grandi proprietari fondiari fautori
della servitù e degli agricoltori asserviti, schiacciati dall’ignoranza, dal-
l’indigenza e daH’abitudinarismo, nelle mani di farmers. E il progetto
* Fra l’altro. A. Finn-lenotaievski, contestando la serietà e la consapevolezza
delle aspirazioni nazionalizzatrici dell’Unione contadina e della massa contadina in
generale, citava losservazione del signor V. Groman Secondo cui i delegati ai con-
gressi contadini « non prevedono nessun pagamento per la terra » e non s'imma-
ginano che la rendita differenziale debba andare all’intera collettività (La questione
agraria e la socialdemocrazia, di A. Finn, p. 69). I paragrafi 7 e 14 del progetto
dei 104 mostrano che quest’opinione è errata . In questi §§ i trudovtki prevedono
e il pagamento della terra (imposta sulla terra, che aumenta con le dimensioni del
lotto) e il passaggio allo Stato della rendita differenziale (« limitazione del diritto
all’incremento del valore» della terra, «nella misura in cui esso dipende non dal
lavoro e dal capitale dei possessori — NB questo! I trudoviki non sono contro
il capitale! — , ma dalle condizioni sociali»). A dire il vero > riguardo alle terre
urbane e d’altro genere nel § 7 è detto: « fino al passaggio di questi beni in pro-
prietà di tutto il popolo » i diritti dei possessori ecc. devono essere limitati. Ma
questo è verosimilmente un lapsus: altrimenti ne vien fuori che i trudoviki tol-
gono la rendita ai proprietari, ma la restituiscono ai possessori, agli affittuari della
terra di tutto il popolo!
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
257
dei « 104 » altro non è che una piattaforma di lotta per la trasforma*
zione della parte agiata dei contadini asserviti in liberi farmers.
5. Possesso fondiario medioevale e rivoluzione borghese
Ora ci si domanda: nelle condizioni economiche della rivoluzione
agraria democratica borghese russa esistono motivi materiali che indu-
cano i piccoli proprietari a rivendicare la nazionalizzazione della terra,
oppure questa rivendicazione è anch'essa soltanto una frase, soltanto un
pio desiderio del rozzo contadino, un vano sogno dell'agricoltore
patriarcale?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo dapprima rappresen-
tarci in maniera piu concreta le condizioni di ogni rivoluzione democra-
tica borghese nell'agricoltura e quindi raffrontare a queste condizioni le
due vie dell'evoluzione agraria capitalistica che, come abbiamo indicato
sopra, sono possibili per la Russia.
Delle condizioni della rivoluzione borghese nell’agricoltura, dal
punto di vista dei rapporti inerenti al possesso fondiario, parla con molto
rilievo Marx neirultimo volume delle Teorie del plusvalore ( Theorien
iiber den Mekrwert , II Band, 2. Teil, Stuttgart, 1905 * 0 ).
Dopo aver analizzato le concezioni di Rodbertus, mostrato tutta la
limitatezza della teoria di questo grande proprietario fondiario della
Pomerania e enumerato dettagliatamente ogni singola manifestazione
della sua ottusità (II, 1. Teil, S. 256-258, erster Blódsinn - sechster Blod -
sinn des Herrn Rodbertus ), Marx passa alla teoria della rendita di
Ricardo {II, 2. Teil, § 3 b, Condizioni storiche della teoria di Ricardo).
« Entrambi — dice Marx di Ricardo e Anderson — partono da
un modo di vedere che sembra molto strano sul continente, e precisa-
mente che 1) non esiste assolutamente una proprietà fondiaria che sia
d’impedimento a un qualsivoglia investimento di capitale nella terra;
2) gli agricoltori passano dalle terre migliori alle peggiori. In Ricardo
questa premessa ha un valore assoluto, se si trascurano le interruzioni
di sviluppo derivanti dall’intervento della scienza e dell'industria; in
Anderson questa premessa è relativa, giacché il terreno peggiore si con-
verte nuovamente in migliore; 3) esiste sempre un capitale, esiste
258
LENIN
sempre una massa di capitale sufficiente per essere investita nel-
l’agricoltura.
« Quanto ai punti 1 e 2. agli abitanti del continente deve inevita-
bilmente sembrare estremente strano che in un paese nel quale, secondo
la loro opinione, si è conservata più che altrove la proprietà fondiaria
feudale, degli economisti — sia Ricardo che Anderson — partano dal
presupposto che non esista la proprietà della terra. Questa circostanza
si spiega:
« In primo luogo , col carattere peculariare della “ law of enclosures"
[legge sulle recinzioni, cioè sulle recinzioni della terra delle comunità],
che non ha decisamente niente in comune con la spartizione continen-
tale delle terre comuni;
« in secondo luogo , in nessuna parte del mondo la produzione capi-
talistica, a partire dairepoca di Enrico VII, ha fatto cosi spietatamente
giustizia degli ordinamenti agricoli tradizionali, in nessun luogo si sono
create condizioni cosi perfette [adeguate = idealmente convenienti],
in nessun luogo si è assoggettata a tal punto queste condizioni. Sotto
questo rapporto l’Inghilterra è il paese più rivoluzionario del mondo.
Tutti gli ordinamenti ereditati dalla storia, là dove erano in contraddi-
zione con le condizioni della produzione capitalistica neiragricoltura o
non corrispondevano a queste condizioni, vennero spietatamente spazzati
via: non solo venne mutata l’ubicazione dei centri rurali, ma furono
spazzati via questi stessi centri; non solo vennero spazzate via le abita-
zioni e le sedi della popolazione agricola, ma anche la stessa popola-
zione; non solo vennero spazzati via i centri tradizionali dell’economia
agricola, ma anche questa stessa economia. Tra i tedeschi, per esempio,
gli ordinamenti economici erano determinati dai rapporti tradizionali
delle terre delle comunità [ Feldmarken ], dall’ubicazione dei centri eco-
nomici, da determinati luoghi di accentramento della popolazione. Tra
gli inglesi, a partire dal XV secolo, gli ordinamenti storici dell’agricoltura
vennero via via creati dal capitale. L’espressione tecnica clearing of
estates [letteralmente = ripulitura dei feudi, o ripulitura delle terre],
abituale nel Regno Unito, non s’incontra in nessun paese del continente.
Ma che cosa significa questo clearing of estates ? Significa che non si
tenne assolutamente conto né della popolazione stabile — la si cacciò — ,
né dei villaggi esistenti — vennero rasi al suolo — , né dei fabbricati
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
. 259
annessi alle aziende agricole — vennero demoliti — , né delle specie di
agricoltura esistenti — vennero mutate d’un sol colpo, trasformando
per esempio gli arativi in pascoli per il bestiame — , in una parola signifi-
ca che non vennero accolte tutte le condizioni della produzione nella for-
ma in cui esistevano in base alla tradizione, ma queste condizioni vennero
storicamente create in forma tale che corrispondessero in ogni singolo
caso alle esigenze del piu vantaggioso investimento del capitale. In
questo senso, quindi, la proprietà della terra non esiste realmente, giac-
ché questa proprietà consente al capitale — al farmer — di amministrare
liberamente, interessandosi esclusivamente della riscossione di un red-
dito in denaro. Un qualunque proprietario fondiario pomerano, il quale
ad altro non abbia rivolta la mente che alle avite [ angestammten ] terre
delle comunità, ai centri delPeconomia, ai corsi di agricoltura, eoe., può
perciò alzare spaventato le braccia al cielo a proposito della concezione
“antistorica” di Ricardo sullo sviluppo degli ordinamenti agricoli. Ma
con ciò fa soltanto vedere che confonde ingenuamente le condizioni
della Pomerania con quelle dell’ Inghilterra. D’altra parte non si può
affatto dire che Ricardo, il quale parte in questo caso dalle condizioni
inglesi, sia altrettanto limitato quanto un proprietario fondiario della
'Pomerania, che pensa entro i limiti dei rapporti esistenti in Pomerania.
Poiché le condizioni inglesi sono le uniche condizioni nelle quali si sia
sviluppata adeguatamente [con perfezione ideale] la moderna proprietà
della terra, cioè la proprietà della terra modificata dalla produzione
capitalistica. La teoria inglese è in questo punto classica per il modo di
produzione moderno, cioè capitalistico. La teoria pomerana, al contrario,
considera lo sviluppo di queste condizioni del punto di vista di una
forma di rapporti storicamente piu bassa, non ancora pienamente matura
[non adeguata] » (Seiten 5-7).
Questo il ragionamento straordinariamente profondo di Marx. Han-
no mai riflettuto su di esso i nostri « municipalìsti »?
Già nel III volume del Capitale (2. Teil, S, 156) Marx rilevava
che la forma di proprietà fondiaria che il modo di produzione capita-
listico trova nella storia alFinizio del suo sviluppo non corrisponde al
capitalismo. Il capitalismo stesso si crea dalle vecchie forme di rapporti
fondiari, dalla proprietà fondiaria feudale, da quella della comunità
contadina, da quella del clan, ecc. le forme di rapporti fondiari ad esso
adeguate l0 °. Nel brano citato Marx raffronta i vari modi in cui il capi-
260
LENIN
tale crea le forme di proprietà fondiaria ad esso adeguate. In Germania
la trasformazione delle forme medioevali della proprietà fondiaria segui,
per cosi dire, la via delle riforme, adattandosi àirabitudinarismo, alla
tradizione, alle grandi proprietà fondate sulla servitù della gleba, che
si trasformavano lentamente in aziende tipo junker, ai tradizionali ap-
pezzamenti dei contadini fannulloni *, che subivano il difficile passag-
gio dalla corvée alla condizione di Knecht e di Grossbauer. In Inghil-
terra questa trasformazione procedette in modo rivoluzionario, violen-
to, ma le violenze furono compiute a vantaggio dei grandi proprietari
fondiari, furono esercitate sulle masse contadine, che venivano fiaccate
con le esazioni, venivano cacciate dai villaggi, venivano deportate, si
estinguevano ed emigravano. In America questa trasformazione proce-
dette in modo violento nei confronti delle grandi aziende schiavistiche
degli Stati del Sud. Qui la violenza venne impiegata contro i grandi
proprietari fondiari fautori della servitù. Le loro terre furono spezzet-
tate, ‘la proprietà fondiaria, da grande proprietà feudale cominciò a
trasformarsi in piccola proprietà borghese. Ma per quanto riguarda la
massa delle terre americane « libere » questa funzione di creare nuovi
ordinamenti fondiari per il nuovo modo di produzione (cioè per il
capitalismo) venne adempiuta dalla « ripartizione nera americana », dal
movimento degli anni quaranta contro la rendita ( Anti-Rent-Bewe -
gung) y dalla legislazione sugli homesteads I01 , ecc. Quando il comunista
tedesco Hermann Kriege predicava nel 1846 la ripartizione ugualitaria
della terra in America, Marx derideva i pregiudizi socialisti-rivoluzio-
nari e la teoria piccolo-borghese di quésto pseudosocialismo, ma ap-
prezzava il significato storico del movimento americano contro la pro-
prietà fondiaria ** quale movimento che esprimeva in maniera progres-
siva gli interessi dello sviluppo delle forze produttive, gli interessi del
capitalismo in America.
* Cfr. Theorien uber den Mehrwert , II. Band, 1. Teil, Seite 280 : condizione
del modo di produzione capitalistico nelTagricoltura è « la. sostituzione del conta-
dino fannullone con l'uomo di affari» ( Gescbdftsmann ).
** Vperiod , 1905, n. 15 (Ginevra, 7-20 aprile), articolo: Marx sulla « ripar-
tizione nera » americana 102 (volume secondo della Raccolta delle opere di Marx ed
Engels di Mehring). «Riconosciamo in pieno — scriveva Marx nel 1846 — la
legittimità storica del movimento dei nazionalriformisti americani. Sappiamo che
questo movimento mira a ottenere un risultato che in questo momento darebbe, è
vero, un impulso allo sviluppo dell’industrialismo della moderna società borghese,
ma che, essendo frutto di un movimento proletario, nell’attacco alla proprietà fon-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCI ALDEMOCRAZIA
261
6. Perché i piccoli proprietari della Russia hanno dovuto pronunciarsi
per la nazionalizzazione ?
Considerate dal puntò di vista indicato levoluzione agraria della
Russia dalla seconda metà del XIX secolo.
Che cosa sono la nostra « grande » riforma contadina, lo stralcio
delle terre a danno dei contadini, il trasferimento dei contadini su « ter-
reni sabbiosi », l’instaurazione dei nuovi ordinamenti fondiari median-
te la forza militare, le fucilazioni e le pene corporali? Sono la prima
violenza su larga scala esercitata contro la massa contadina nell’inte-
resse del capitalismo nascente nell’agricoltura. Sono la « ripulitura
delle terre » per il capitalismo ad opera dei grandi proprietari fondiari.
Che cos’è la legislazione agraria di Stolypin emanata in base al-
Particolo 87, questo incoraggiamento al saccheggio delle obstcine da
parte dei kulak, questa demolizione dei vecchi rapporti fondiari a
vantaggio di un pugno di agricoltori agiati a costo della rapida rovina
della massa? È il secondo grande passo della violenza su larga scala
esercitata contro la massa contadina nell’interesse del capitalismo. È
la seconda « ripulitura delle terre » per il capitalismo, ad opera dei
grandi proprietari fondiari.
E che cos’è la nazionalizzazione della terra propugnata dai trudo -
vikt nella rivoluzione russa?
È la « ripulitura delle terre » per il capitalismo ad opera dei con-
tadini.
La principale origine di tutte le solenni balordaggini dei nostri
municipalisti sta proprio nel fatto che essi non capiscono la base eco-
nomica della rivoluzione agraria borghese in Russia nei suoi due possi-
bili aspetti, quello latifondista-borghese e quello contadino-borghese.
Senza una « ripulitura » dei rapporti e degli ordinamenti fondiari me-
dioevali, in parte feudali e in parte asiatici, non può avvenire una ri-
voluzione borghese nell’ agricoltura, poiché il capitale deve — lo deve
nel senso di una necessità economica — crearsi nuovi ordinamenti fon-
diaria in generale, e in un attacco alla proprietà fondiaria nelle condizioni oggi
esistenti in America in particolare, deve inevitabilmente procedere oltre, in forza
delle sue proprie conseguenze, verso il comuniSmo. Kriege, che assieme con i co-
munisti tedeschi di New York ha aderito al movimento contro la rendita [ Ariti -
Rent-Bewegung ], adorna questo semplice fatto di frasi enfatiche, senza curarsi di
esaminare l’essenza del movimento »,
262
LENIN
diari, adatti alle nuove condizioni di una libera agricoltura mercantile,
Questa « ripulitura » del ciarpame medioevale nel campo dei rapporti
agrari in generale, e in primo luogo della vecchia proprietà fondiaria,
deve principalmente concernere le terre dei grandi proprietari e de!
nadiel contadini, giacché oggi Tuna e Taltra forma di possesso fondia-
rio, nel loro aspetto attuale, sono adatti alle otrabotki, all’eredità della
barstcina , all’ asservimento, è non a una libera azienda che si sviluppi
capitalisticamente. La « ripulitura » stolypiniana si trova indubbiamen-
te sulla linea di uno sviluppo capitalistico progressivo della Russia, ma
si tratta di una ripulitura in tutto e per tutto adattata agli interessi dei
grandi proprietari; paghino pure i contadini ricchi il triplo alla Banca
«contadina» (leggi; dei grandi proprietari fondiari), in compenso da-
remo loro la libertà di saccheggiare Yobstcina , di espropriare violente-
mente la massa, di arrotondare i loro appezzamenti, di sfrattare i con-
tadini poveri, di minare le basi stesse della vita di interi villaggi, di
creare — a qualunque costo, senza badare a nulla, senza curarsi della
azienda e della vita di un qualsivoglia numero di « autoctoni » agri-
coltori dei nadiel — nuovi lotti presi dalle terre comuni, base della
nuova agricoltura capitalistica. In questa linea c’è un incontestabile
senso economico; essa esprime fedelmente il reale corso dello sviluppo
quale dev’essere sotto il dominio dei grandi proprietari fondiari che si
trasformano in junker.
Qual è l’altra linea, quella contadina? O essa è economicamente
impossibile, e allora tutti i discorsi sulla confisca della terra dei grandi
proprietari da parte dei contadini, sulla rivoluzione agraria contadina e
cosi via non sono che una ciarlataneria o un sogno vano. Oppure essa
è economicamente possibile, qualora si abbia la vittoria di un elemento
della società borghese su un altro elemento della società borghese, e al-
lora dobbiamo raffigurarci chiaramente e chiaramente mostrare al po-
polo le condizioni concrete di questo sviluppo, le condizioni nelle quali
i contadini possono trasformare i vecchi rapporti di proprietà fondiaria
secondo un criterio nuovo, capitalistico.
Qui si presenta naturale il pensiero: questa linea contadina è la
spartizione delle terre dei grandi proprietari e il loro passaggio in pro-
prietà della popolazione contadina. Benissimo. Ma perché questa sparti-
zione e passaggio in proprietà corrisponda realmente alle condizioni
nuove, capitalistiche, dell’agricoltura occorre che la spartizione awen-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
263
ga secondo un criterio nuovo, e non in base al vecchio criterio. Base
della spartizione devono essere non le vecchie terre dei tiadìel , divise
tra i contadini un secolo fa in base al volere degli amministratori dei
proprietari nobili o dei funzionari di un’autocrazia asiatica, ma le esi-
genze di un'agricoltura libera, mercantile. Per soddisfare le esigenze
del capitalismo la spartizione dev’essere una spartizione tra farmers, e
non una spartizione tra contadini « fannulloni », la stragrande mag-
gioranza dei quali amministra la sua azienda secondo il vecchio tran-
tran, in base alla tradizione, conformemente alle condizioni patriarcali
e non a quelle capitalistiche. Una spartizione in base alle vecchie nor-
me, cioè conforme al vecchio possesso fondiario, quello dei nadiel, non
spazzerà via il vecchio possesso fondiario, ma lo perpetuerà , non libe-
rerà la strada per il capitalismo, ma gli imporrà il carico di una massa
di inadatti e inadattabili « fannulloni » che non possono diventare
farmers . Per divenire progressiva, là spartizione deve basarsi su una
nuova selezione operata tra i contadini agricoltori, su una selezione
che separi i farmers dalPinutile ciarpame. E questa nuova selezione è
appunto la nazionalizzazione della terra, cioè la completa distruzione
della proprietà privata della terra, la completa libertà dell’azienda sul-
la terra, la libertà di trarre dei farmers dalla vecchia massa contadina.
Figuratevi l'odierna azienda contadina e il carattere del possesso
fondiario dei nadiel, cioè del vecchio possesso fondiario contadino. « I
contadini, uniti dal Yobstcina in minuscole associazioni fiscali e ammi-
nistrative e di possesso fondiario, sono frazionate da innumerevoli e
svariate divisioni in categorie e in gruppi in base alla grandezza del
nadìel , in base all'entità dei tributi, ecc. Limitiamoci a considerare sia
pure la sola raccolta statistica degli zemtsvo per il governatorato di
Saratov; qui i contadini sono divisi nelle seguenti categorie: contadini
della donazione 103 , proprietari, proprietari assoluti, contadini dello
Stato, contadini dello Stato con possesso fondato sull’ obs teina, conta-
dini dello Stato con possesso cetvertnoie 104 , contadini dello Stato già
contadini dei proprietari nobili, contadini della Corona, affittuari di
appezzamenti demaniali, contadini senza terra, proprietari ex contadini
di proprietari nobili, contadini con fattoria riscattata, proprietari ex
contadini della Corona, contadini proprietari coloni, colonizzatori, con-
tadini della donazione ex contadini di proprietari nobili, proprietari
ex contadini dello Stato, contadini affrancati, contadini esenti da obrok }
264
LENIN
liberi agricoltori, contadini temporaneamente vincolati 10f \ contadini
già appartenenti alle fabbriche, ecc,, e poi ancora contadini registrati,
immigrati, ecc. Tutte queste categorie si distinguono per la storia dei
rapporti agrari, per Tenuta dei nadìel e dei tributi, ecc, ecc. Di simili
differenze ne esistono numerosissime anche alTinterno delle categorie:
talvolta persino i contadini di un medesimo villaggio sono divisi in
due gruppi completamente distinti: “ex contadini del signor N. N.”
ed “ex contadini della signora M. M ”. Tutta questa varietà era natu-
rale e necessaria nel medioevo » *. Se la nuova spartizione delle terre
dei grandi proprietari si compisse conformemente a questo possesso
fondiario medioevale — poco importa se secondo il criterio dell'inte-
grazione fino ad un’unica norma, cioè come spartizione in parti uguali,
o secondo una qualche proporzionalità tra il nuovo e il vecchio, o in
qualsiasi altro modo — , questa spartizione non solo non garantirebbe
che gli appezzamenti cosi spartiti corrispondano alle esigenze di una
agricoltura capitalistica, ma, al contrario, consoliderebbe la ben nota
non corrispondenza. Una simile spartizione sarebbe d'ostacolo all'evolu-
zione sociale e invece di liberare il nuovo dal vecchio legherebbe il nuo-
vo al vecchio. Vera liberazione è soltanto la nazionalizzazione della terra,
che consente ai farmers e alla loro azienda di formarsi al di fuori di
ogni vincolo col vecchio, al di fuori di qualsiasi rapporto col medioe-
vale possesso delle terre dei nadìel.
Nella Russia posteriore alla riforma Tevoluzione capitalistica sulle
terre medioevali dei nadìel dei contadini procedeva in modo tale che
gli elementi economicamente progressivi si liberavano dall'influenza de-
terminante del nadìel . Da una parte si liberavano i proletari, cedendo ì
nadìel } abbandonandoli, lasciando incolte le terre. Dall’altra si libera-
vano gli agricoltori , si liberavano mediante l’acquisto e Taffitto di ter-
ra, costruendo una nuova azienda coi vari frammenti del vecchio posses-
so fondiario medioevale. La terra che amministra Todiemo contadino
russo più o meno agiato, quello cioè che, con un esito favorevole della
rivoluzione, è davvero capace di trasformarsi in libero farmer , questa
terra è costituita in parte dal suo proprio nadìel , in parte dal nadìel del
vicino, membro del Vobstcina > preso in affitto, in parte, forse, da terra
* Sviluppo del capitalismo , cap. V, IX: Alcune osservazioni sull'economia
precapitalistica nelle nostre campagne, p. 293 10B ,
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
265
demaniale presa in affitto a lunga scadenza, da terra presa in affitto di
anno in anno dal grande proprietario, da terra acquistata presso una
banca, ecc. Il capitalismo esige che tutte queste differenze di categorie
spariscano, che ogni azienda agricola sia costruita esclusivamente in
corrispondenza con le nuove condizioni ed esigenze del mercato, con le
esigenze dell’agricoltura. La nazionalizzazione della terra soddisfa que-
st’esigenza con metodo contadino-rivoluzionario, scuotendo dalle spalle
del popolo, di colpo e interamente, tutto il putrido vecchiume di tutte
le forme di possesso fondiario medioevale. Non dev esserci né grande
proprietà fondiaria né possesso fondiario dei nadìel , dev’esserci sol-
tanto un possesso fondiario nuovo, libero: questa è la parola d’ordine
del contadino radicale. E questa parola d’ordine esprime nel modo piu
fedele, piu coerente e risoluto gli interessi del capitalismo (dal quale
il contadino radicale si difende ingenuamente facendosi il segno della
croce), gli interessi del massimo sviluppo delle forze produttive della
terra in regime di produzione mercantile.
Ci si può quindi render conto dell’acume di Piotr Maslov, per il
quale tutto ciò che distingue il programma agràrio da quello contadino
trudovik si riduce al consolidamento del vecchio possesso fondiario me-
dioevale dei nadiell La terra dei nadiel contadini è un ghetto nel quale
la popolazione contadina soffoca e dal quale essa si strappa per slanciarsi
verso la terra libera *. E Piotr Maslov, nonostante le esigenze dei con-
tadini di avere una terra libera, cioè nazionalizzata, perpetua questo
ghetto, consolida il vecchio, assoggetta le terre migliori, confiscate ai
grandi proprietari e trasferite in godimento sodale, alle condizioni del
vecchio possesso fondiario e della vecchia economia. Di fatto il contadi-
no trudovik è il rivoluzionario borghese piu risoluto; a parole è un uto-
pista piccolo-borghese che s’immagina che la « ripartizione nera * sia
il punto di partenza dell’armonia e della fratellanza**, e non deU’agri-
* Il « socialista-rivoluzionario » signor Muscenko, che alla II Duma espose nel
modo più organico le concezioni del suo partito, proclamò apertamente: « Noi
leviamo la bandiera della liberazione della terra » (47 a seduta, 26 maggio 1907,
p. 1174). Bisogna esser ciechi per non vedere non solo il reale carattere capita-
listico di questa bandiera pseudo « socialista » (questo lo vede anche Piotr Maslov),
ma neanche il carattere economicamente progressivo di una sìmile rivoluzione agra-
ria, in confronto a quella cadetto-stolypiniana (questo Piotr Maslov non lo vede),
** Si confronti l’ingenua espressione di questo modo di vedere rivoluzionario-
borghese nel discorso del « socialista popolare » Volk-Karacevski suH’« uguaglianza,
fratellanza, libertà» (Il Duma, 16* seduta, 26 marzo 1907, pp. 1077-1080).
26 6
LENIN
coltura capitalistica, dei farmers. Di fatto Piotr Maslov è un reaziona-
rio* che, per paura della Vandea della futura controrivoluzione, conso-
lida gli attuali elementi antirivoluzionari del vecchio possesso fondia-
rio, perpetua il ghetto contadino, mentre nei suoi discorsi ricorrono pa-
role non meditate, mandate a memoria senza afferrarne il senso, sul pro-
gresso borghese. Maslov e soci non hanno assolutamente capito le con-
dizioni reali di un progresso borghese realmente libero, e non alla
maniera di Stolypin.
La differenza tra il marxismo volgare di Piotr Maslov e i metodi
d’indagine effettivamente applicati da Marx si può vedere nel modo piu
chiaro nelle utopie piccolo-borghesi dei populisti (compresi i socialisti-
rivoluzionari), Nel 1846 Marx smascherava spietatamente la posizione
"piccolo-borghese del socialista-rivoluzionario americano Hermann Krie-
ge, che proponeva per ì’America un’autentica ripartizione nera, chiaman-
dola « comuniSmo ». La critica dialettica e rivoluzionaria di Marx spaz-
zò via l’involucro della dottrina piccolo-borghese ed enucleò il nocciolo
sano: gli « attacchi alla proprietà fondiaria » e il « movimento contro
la rendita ». I nostri marxisti volgari invece, criticando la « ripartizione
ugualitaria », la « socializzazione della terra », 1 •« uguale diritto alla
terra », si limitano a confutare la dottrina e con ciò rivelano essi stessi
il loro ottuso dottrinarismo, che non vede la realtà viva della rivolu-
zione contadina sotto la morta dottrina della teoria populista. Maslov e
i menscevichi hanno portato questo ottuso dottrinarismo, espresso nel
nostro programma « municipalizzatore » di consolidamento della piu ar-
retrata proprietà medioevale della terra, a un punto tale che in nome
del partito socialdemocratico si poterono pronunciare alla II Duma pa-
role veramente vergognose come queste: « ...Se nella questione del si-
stema di alienazione della terra noi [i socialdemocratici] siamo assai
piu vicini a questi gruppi [quelli populisti] che al gruppo della libertà
del popolo, nella questione delle forme del godimento della terra ne
siamo piu lontani » (47* seduta, 26 maggio 1907, p. 1230 del resoconto
stenografico).
Effettivamente nella rivoluzione agraria contadina i menscevichi
sono più lontani dalla nazionalizzazione rivoluzionaria contadina e più
vicini alla conservazione, voluta dai grandi proprietari fondiari liberali,
della proprietà dei nadiel (e non solo di quella dei nadiel). La conser-
vazione della proprietà del nadiel è la conservazione dell’abbrutimento,
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
267
dell’arretratezza, delFasservimento. È naturale che il grande proprieta-
rio fondiario liberale, sognando il riscatto, difenda a spada tratta la pro-
prietà dei nadiel nonché la conservazione di una buona parte della
grande proprietà fondiaria 1 E il socialdemocratico, disorientato dai
« municipalizza tori », non capisce che il suono delle parole svanisce,
mentre la cosa resta. Il suono delle parole sull’egualitarismo, socializza-
zione, ecc. svanirà, poiché non può esservi egualitarismo nella produzio-
ne mercantile. Ma la cosa resterà, ossia resterà la massima rottura, pos-
sibile in regime capitalistico, col vecchiume feudale, col medioevale
possesso fondiario dei nadiel , con ogni sorta di trantran e tradizione.
Quando si dice; « da una ripartizione egualitaria non si ricaverà nul-
la », il marxista deve capire che questo « nulla » si riferisce esclusiva-
mente ai compiti socialisti, esclusivamente al fatto che ciò non elimi-
nerà il capitalismo. Ma dai tentativi di una simile ripartizione, e persino
dall’idea di una simile ripartizione, si ricaverà moltissimo a vantaggio
della rivoluzione democratica borghese.
Poiché questa rivoluzione può compiersi o col sopravvento dei
grandi proprietari fondiari sui contadini, e ciò erige la conservazione
della vecchia proprietà e la sua riforma stolypiniana esclusivamente con
la forza del rublo, oppure mediante la vittoria dei contadini sui grandi
proprietari, e ciò è impossibile, in forza delle condizioni oggettive del-
Teconomia capitalistica, senza la distruzione di tutta la proprietà me-
dioevale della terra, sia dei grandi proprietari che dei contadini. O ri-
forma agraria stolypiniana, o nazionalizzazione rivoluzionario-contadina.
Solo queste soluzioni sono dal punto di vista economico reali. Mentre
tutte le soluzioni intermedie, cominciando dalla municipalizzazione men-
scevica per finire col riscatto cadetto, sono grettezza piccolo-borghese, ot-
tuso travisamento della dottrina, cattive trovate.
* Tra Fabro, i menscevichi (e tra essi anche il compagno Tsereteli, di cui
ho citato il discorso) cadono in un profondo errore quando pensano che i cadetti
difendano con una qualche coerenza la libera proprietà contadina. Ciò è falso. Il
signor Kutler a nome del partito cadetto si pronunciò alla II Duma per la pro-
prietà (a differenza del progetto dei cadetti alla I Duma relativamente alla riserva
agraria statale), ma nello stesso tempo disse: « il partito propone di porre loro
[ai contadini ] dei limiti solo [/] net diritto di alienare e nel diritto di ipotecare ,
cioè di prevenire nel futuro un ampio sviluppo della compravendita delle terre »
(12» sed., 19 marzo 1907, p. 740 del resoconto stenografico). Questo è il prò
gramma arcireazionario di un burocrate travestito da liberale.
268
LENIN
7. Contadini e populisti sulla nazionalizzazione delle terre dei « nadiel »
Che Tabolizione della proprietà delle terre dei nadiel sia la condi-
zione della creazione di un’azienda contadina libera, corrispondente alle
nuove condizioni capitalistiche, se ne rendono perfettamente conto i
contadini stessi. Il signor Groman, che ha descritto particolareggiata-
mente e con precisione le discussioni avutesi ai congressi contadini *,
riporta la seguente opinione, degna di nota, di un contadino:
« Nella discussione sul riscatto- un delegato, senza incontrare obiezioni di so-
stanza, disse; t; si è detto che senza riscatto vengono danneggiati ìnolti dei contadini
che hanno, comprato la terra coi loro sudati denari. Ve ne sono pochi; non è molta
neanche la loro terra e ne riceveranno ugualmente allatto della distribuzione
Ecco qual è il motivo per cui sono pronti a rinunciare al diritto di proprietà sia
sulle terre dei nadiel che su quelle comprate ».
E un po’ piu avanti (p. 20) il signor Groman ripete la stessa
cosa come opinione generale dei contadini.
« La riceveranno ugualmente all' atto della distribuzione »! Non
è forse evidente la necessità economica che ha dettato quest’argomento?
Una nuova distribuzione di tutta la terra, sia dei grandi proprietari
che dei nadiel , non può ridurre il possesso fondiario dei nove decimi
(anzi dei novantanove centesimi) della massa Contadina; non c’è mo-
tivo di temerla. Ed essa è necessaria perché darà ai veri, autentici
agricoltori la possibilità di impiantare la loro azienda agricola in con-
formità con le nuove condizioni, in conformità con le esigenze del
capitalismo (per singoli produttori, con le «esigenze del mercato»),
senza assoggettarsi ai rapporti medioevali che appunto determinavano
Tenuta, Tubicazione, la ripartizione proprio della proprietà in nadiel.
Il signor Pescekhonov, pratico e sensato « socialista popolare »
(leggi; socialcadetto), che, come abbiamo visto, ha saputo adattarsi
alle rivendicazioni della massa dei piccoli agricoltori di tutta la Rus-
sia, esprime questo modo di vedere in maniera ancor più precisa.
«Le terre dei nadiel — egli scrive — , questa parte del territorio quanto
mai importante per la produzione, sono riservate a un ceto, anzi, peggio, a suoi
piccoli gruppi, a singole famiglie contadine e a singoli villaggi. Grazie a questo,
* Materiali sulla questione contadina (Resoconto delle sedute del congresso
dell'Unione contadina di tutta a Russia del 6-10 novembre 1905, con un articolo
introduttivo di V. Groman. Edizioni « Mondo nuovo », Pietroburgo, 1905, p. 12).
IL programma agrario bella socialdemocrazia
269
la popolazione contadina, considerata nella sua massa, non può liberamente spo-
starsi nemmeno entro i limiti della superficie dei nadiel... Sistemazione errata del-
la popolazione, non corrispondente alle esigenze del mercato [notate questo!]..»
Bisogna togliere il divieto dalle terre demaniali, bisogna liberare quelle dei nadiel
dalle pastoie della proprietà , bisogna abbattere i confini di quelle di proprietà
privata. Bisogna restituire al popolo russo la sua terra, e allora esso vi si siste?
mera come richiedono le necessità economiche » (A.V. Pescekhonov: Il problema
agrario in connessione col movimento contadino , Pietroburgo, 1906, pp. 83, 86,
88-89. Il corsivo è nostro).
Non è forse chiaro che per bocca di questo « socialista popolare »
parla il farmer che desidera reggersi sulle proprie gambe? Non è forse
chiaro che la « liberazione delle terre dei nadiel dalle pastoie della pro-
prietà » gli è effettivamente necessaria per una nuova distribuzione,
per una nuova formazione degli appezzamenti « rispondente alle esi-
genze del mercato », cioè alle esigenze di un 'agricoltura capitalistica ?
Il signor Pescekhonov — lo ricorderemo ancora una volta — è tanto
sensato che respinge ogni socializzazione, ogni adattamento al diritto
comunitario — non per nulla i socialisti-rivoluzionari lo esecrano come
individualista! — , respinge ogni interdizione del lavoro salariato nel-
l’azienda contadina.
In presenza di simili aspirazioni nazionalizzatrici della massa con-
tadina il carattere reazionario dell'appoggio al possesso contadino dei
nadiel diventa del tutto evidente. A. Finn, che ha riportato nel suo
opuscolo alcuni dei ragionamenti del signor Pescekhonov da noi ripor-
tati, lo critica come populista, gli dimostra come sia inevitabile che
dall'economia contadina e in seno all'economia contadina si sviluppi il
capitalismo (p. 14 e sgg. deiropuscolo citato). Non è una critica sod-
disfacente, poiché al di là della questione generale dello sviluppo del
capitalismo A. Finn non ha visto la questione concreta delle condizioni
di un piu libero sviluppo dell' agricoltura capitalistica sulle terre dei
nadiell A. Finn si limita a porre la sola questione del capitalismo in
generale e riporta una facile vittoria sul populismo già vinto da tempo.
Ma si tratta di una questione piu concreta *: quella del tipo latifon-
* « A che cosa può in fin dei conti portare quest’azienda fondata sul lavoro
di cui parla Pescekhonov? », domanda A. Finn, e risponde del tutto giustamente:
« al capitalismo » (p. 19 deiropuscolo cit.). Da questa indubbia verità, che era
effettivamente necessario spiegare al populista, bisognava andare oltre , passare al
chiarimento delle forme particolari in cui si manifestano le esigenze del capita-
lismo nella situazione di una rivoluzione agraria contadina. Invece di farlo, A.
270
LENIN
dista e del tipo contadino di « abbattimento dei confini » ( espressione
del signor Pescekhonov ) , di « ripulitura » della terra per il capitalismo.
Alla II Duma Foratore ufficiale del partito dei socialisti-rivolu-
zionari, il signor Muscenko, che pronunciò il discorso di chiusura sulla
questione agraria, espresse con la stessa precisione del signor Pesce*
khonov la sostanza capitalistica di quella nazionalizzazione della terra
che i socialisti piccolo-borghesi amano chiamare « socializzazione », in-
staurazione dell’« uguale diritto alla terra », ecc.
« Una sistemazione normale — disse il signor Muscenko — sarà
possibile solo allorché sulla terra saranno stati abbattuti i confini, al-
lorché saranno state eliminate tutte le barriere poste su di essa dal
principio della proprietà privata della terra» (47 a seduta, 26 maggio
1907, p. 1172 del resoconto stenografico). Proprio cosi! La sistema-
zione « normale » è quella che esige il mercato, il capitalismo. A una
« normale » sistemazione dì « normali » agricoltori è di ostacolo sia
la grande proprietà fondiaria che il possesso dei rtadiel.
Un’altra osservazione ancora sulle dichiarazioni dei delegati del-
l’Unione contadina merita la nostra attenzione. Il signor Groman scrive
nell’opuscolo citato:
«La famigerata questione dell* ”obs teina” — questa pietra angolare del
vecchio e nuovo populismo — non è stata affatto sollevata, ed è stata risolta, col
silenzio, negativamente: la terra dev’essere in godimento di singoli e di coope*
rative, dicono le risoluzioni sia del I che del II Congresso » (p. 12).
I contadini* si sono dunque chiaramente e recisamente pronunciati
contro la vecchia obsteina a favore delle libere cooperative e del godi-
mento della terra da parte di singoli. Non può esservi dubbio che que-
sta sia effettivamente la voce di tutta la popolazione contadina, giacché
anche il progetto del gruppo del lavoro (dei 104) non fa parola del-
/*« oh steina ». E Yobs teina è un’associazione fondata sul possesso della
terra in nadielì
Finn è andato indietro : « Ci si domanda — egli scrive — perché mai dovremmo
tornare indietro, girare per certe strade non ancora battute, per poi sbucare di
nuovo, in fin dei conti, sulla strada per la quale già andiamo? È un lavoro inu-
tile, signor Pescekhonov! » (ivi). No, non è un lavoro inutile e che «in fin dei
conti » metta capo al capitalismo, ma un lavoro che procede, più direttamente f libe-
ramente, rapidamente d’ogni altro sulla via del capitalismo. A. Finn non ha ben
riflettuto sulle particolarità comparate dell'evoluzione capitalistica di Stolypin e
deU’evoluzion? capitalistica rivoluzionario-contadina dell’agricoltura in Russia.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
271
Stolypin distrugge violentemente quest 'obstcina a vantaggio di un
pugno di ricchi. I contadini vogliono distruggerla sostituendola con
libere cooperative e col godimento da parte di « singoli » della terra
dei nadiel nazionalizzata. E Maslov e soci, in nome del progresso bor-
ghese, vanno contro l’esigenza fondamentale proprio di questo pro-
gresso e difendono il possesso fondiario medioevale. Dio ci liberi da
un simile « marxismo »!
8. Uerrore di M. Scianìn e degli altri fautori della spartizione
M. Scianin, che in un suo opuscolo * ha affrontato la questione
da un lato un tantino diverso, contro il suo volere ha fornito un ulte-
riore argomento a favore della nazionalizzazione, da lui tanto avver-
sata. Con l’esempio dell’Irlanda, con l’analisi delle condizioni della ri-
forma borghese nel campo deH’agricoltura, M. Scianin ha dimostrato
una sola cosa: Tinconciliabilità dei principi della proprietà terriera col
possesso sociale o statale della terra (ma questa inconciliabilità va di-
mostrata anche con un’analisi teorica generale, alla quale Scianin non
ha nemmeno pensato), e ha poi dimostrato, come se ce ne fosse ancora
bisogno, la necessità del riconoscimento della proprietà per ogni atti-
vità riformatrice-statale nel campo di un’agricoltura che si stia svilup-
pando capitalisticamente, Ma tutte queste dimostrazioni di Scianin non
colpiscono minimamente nel segno; certo, nelle condizioni della riforma
borghese è concepibile solo la proprietà privata della terra; certo, la
conservazione della proprietà privata della parte principale delle terre
del Regno Unito non lasciava per la rimanente parte altra strada che
quella della proprietà privata. Ma che relazione esiste tra questo fatto
e la « rivoluzione agraria contadina » in Russia? M. Scianin ha indi-
cato, se volete, la strada giusta, ma ha indicato la strada giusta alla
riforma agraria di Stolypin, e non alla rivoluzione agraria contadina **.
* Municipalizzazione o spartizione in proprietà, M. Scianin, Vilna, 1907.
** Anche il richiamo di Scianin aH’esempio dell’Irlanda, che dimostra la su*
perìorità della proprietà privata sull’affitto (ma non sulla nazionalizzazione di tutta
la terra), non è nuovo. Il professore «liberale» signor A.I. Ciuprov sostiene del
tutto allo stesso modo, adducendo come argomento l’esempio dell’Irlanda, che è
preferibile la proprietà contadina della terra ( Questione agraria, voi. II, p. 11). Ma
Ja vera natura di questo « liberale », e persino « democratico-co%\huz\on*\e », sx
272
LENItf
M. Scianin non si rende minimamente conto della differenza tra l’una
e l’altra cosa, e senza una chiara idea di questa differenza è ridicolo
anche solo parlare di un programma agrario socialdemocratico nella ri-
voluzione russa. E quando, seguendo beninteso i migliori impulsi, di-
fende la confisca contro il riscatto, egli perde ogni prospettiva storica.
Egli dimentica che nella società borghese la confisca, cioè l’espropria-
zione senza riscatto, è assolutamente inconciliabile colle riforme quanto
lo è la nazionalizzazione della terra. Parlare di confisca e ammettere
una soluzione a base di riforme, e non rivoluzionaria, della questione
agraria equivale a presentare una petizione a Stolypin per la distru-
zione della grande proprietà fondiaria.
Un altro lato dell’opuscolo di Scianin è costituito dal fatto che
egli sottolinea con forza il caràttere tecnico della nostra crisi agricola,
l’assoluta necessità di passare a forme piu alte di conduzione, all’ele-
vamento della tecnica dell’agricoltura, incredibilmente bassa in Russia,
ecc. Scianin ha sviluppato queste tesi giuste in maniera cosi incredi-
bilmente unilaterale, ha passato a tal punto sotto silenzio la distru-
zione del latifondi di tipo feudale e il mutamento dei rapporti fondiari
come condizione di questo rivolgimento tecnico, che là prospettiva è
risultata radicalmente falsa. Poiché anche la riforma agraria di Stoly-
pin va — e, dal punto di vista degli interessi dei grandi proprietari
fondiari, segue una via giusta — verso il progresso tecnico dell’agri-
coltura. Lo spezzettamento forzato deìYobstcina con le leggi del 9 no-
vembre 1906 ecc., l’impianto di khutor e le sovvenzioni concesse alle
aziende individuali create con terre deWobstcina, tutto questo non é
affatto un miraggio, come dicono talvolta i blateroni sconsiderati della
pubblicistica democratica; è la realtà di un progresso economico sulla
base della salvaguardia del potere dei grandi proprietari e dei loro inte-
ressi. È una via incredibilmente lenta e incredibilmente dolorosa per
rivela a p. 33 del suo articolo. Ivi, con incredibile impudenza, un’impudenza li-
berale possibile solo in Russia, il signor Ciuprov propone di sottomettere i con-
tadini ad una maggioranza di granai proprietari in tutte le commissioni per la
regolarizzazione del regime agrario! ! Cinque membri scelti tra i contadini e cinque
tra i grandi proprietari, mentre il presidente « viene designato dallassemblea dello
zemstvo », cioè da un'assemblea di grandi proprietari. Alla I Duma si richiamò
allesempio dell’ Irlanda il principe Dnitski-Liubetski, deputato di destra, per di-
mostrare la necessità della proprietà privata della terra e osteggiare il progetto ca-
detto (seduta del 24 maggio 1906, p. 626 del resoconto stenografico).
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA 273
le piu larghe masse contadine e per il proletariato, ma è Tunica via
possibile per una Russia capitalistica, se non vincerà la rivoluzione
agraria contadina.
Considerate la questione posta da Scianin dal punto di vista di
una tale rivoluzione. La nuova tecnica agricola esige la trasformazione
di tutte le condizioni a cui sottosta larcivecchia, fossilizzata, selvaggia,
primitiva, miserabile azienda contadina che sorge sulla terra dei nadiel.
Devono essere abbandonati e il sistema dei tre campi, e i primitivi at-
trezzi di lavoro, e la patriarcale mancanza di denaro delTagricoltore, e
i sistemi abitudinari d’allevamento, e Tingenua, rozza ignoranza delle
condizioni e delle esigenze del mercato. Ebbene? È possibile questo
rivoluzionamento dell’azienda se si conserva il possesso fondiario nelle
condizioni attuali? Ma la spartizione tra gli attuali proprietari di nadiel
significa la conservazione per metà * di un regime fondiario medioe-
vale. La spartizione potrebbe essere progressiva se consolidasse una
nuova azienda, una nuova agricoltura , gettando a mare la vecchia. Ma
la spartizione non può adempiere la funzione di impulso alla nuova
agricoltura se si basa sul vecchio possesso fondiario dei nadiel. Il com-
pagno Borisov, fautore della spartizione, diceva a Stoccolma: « Il no-
stro programma agrario è un programma per il periodo della rivolu-
zione in sviluppo, per il periodo della demolizione del vecchio ordina-
mento e delTorganizzazione di un regime politico -sociale nuovo. Questo
è il suo significato fondamentale. La socialdemocrazia non deve vinco-
larsi con decisioni che la obblighino ad appoggiare una forma qualsiasi
di economia. In questa lotta delle nuove forze sociali contro le basi
del vecchio regime bisogna tagliare il nodo gordiano con un colpo
risoluto» (p. 125 degli atti). Tutto ciò è completamente giusto ed
espresso in modo eccellente. E tutta ciò parla a favore della naziona-
lizzazione, poiché solo essa « demolisce » realmente tutto il vecchio
possesso fondiario medioevale, solo essa taglia realmente il nodo gor-
diano, offrendo alle nuove aziende la piena libertà di costituirsi sulla
terra nazionalizzata.
Ci si domanda: in base a quale criterio si può stabilire che Pagri-
coltura si sia già rinnovata a tal pynto da poter adattare ad essa la
* Ho mostrato piu sopra che dei 280 milioni di desiatine del fondo agrario
della Russia europea la metà — 138,8 milioni di desiatine — è costituita dal
possesso fondiario in nadiel.
274
LENIN
spartizione della terra, e da non consolidare con la spartizione i vecchi
ostacoli alla nuova azienda? Il criterio può essere uno solo: la pra-
tica. Nessuna statistica al mondo può stabilire in quale misura precisa
si siano « solidificati » gli elementi della borghesia contadina in un
determinato paese per essere in grado di adeguare il possesso fondiario
alla conduzione agricola. Ciò può essere stabilito solo dagli stessi agri-
coltori nel loro insieme. E Pimpossibilità di un simile calcolo è dimo-
strata in questo momento dall’intervento della massa contadina nella
nostra rivoluzione col suo programma della nazionalizzazione della terra.
Il piccolo agricoltore è sempre e in tutto il mondo attaccato a tal
punto alla sua azienda (purché sia realmente la sua azienda, e non un
pezzetto dell’azienda del grande proprietario fondata sulle otrabotki>
come avviene spesso in Russia) che la difesa « fanatica » della pro-
prietà terriera è in lui, in un determinato periodo 1 storico e per un
certo tempo, inevitabile. Se nell'epoca attuale nella massa dei conta-
dini russi, invece del fanatismo dei proprietari — fanatismo coltivato
da tutte le classi dominanti, da tutti i politici liberali borghesi — , si
è diffusa ed affermata l’esigenza della nazionalizzazione della terra, sa-
rebbe una puerilità o un’ottusa pedanteria spiegare questa esigenza
attribuendola aH’influenza dei pubblicisti del Russkoie Bogatstvo o de-
gli opuscoletti del signor Cernov. La spiegazione va ricercata nel fatto
che le reali condizioni di vita del piccolo agricoltore, del piccolo pro-
prietario della campagna pongono davanti a quest’ultimo il compito
economico non di consolidare la nuova agricoltura già costituitasi con
la spartizione delle terre e il loro passaggio in proprietà, ma di ripulire
il terreno per la creazione (con gli elementi esistenti) di una nuova
agricoltura sulla terra « libera », cioè nazionalizzata. Il fanatismo del
proprietario può e deve a suo tempo manifestarsi come esigenza del
farmer t già uscito dal guscio, di salvaguardare la sua azienda. Nella
rivoluzione russa la nazionalizzazione della terra doveva diventare la
rivendicazione delle masse contadine, la parola d’ordine dei farmers
che desiderano rompere il guscio medioevale. Perciò la predicazione
della spartizione, che i socialdemocratici rivolgono a una massa conta-
dina orientata verso la nazionalizzazione, a questa massa che sta appun-
to appena cominciando ad entrare nelle condizioni che rendono possi-
bile una « scelta » definitiva che deve selezionare i farmers capaci di
creare un’agricoltura capitalistica, una simile predicazione è una stri-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
275
dente mancanza di discernimento storico e rivela Pincapacità di tener
conto del concreto momento storico.
I nostri socialdemocratici « spartizionisti », i compagni Finn, Bo*
risov, Scianin, sono liberi dal dualismo teorico in cui cadono i « muni-
cipalisti », che giungono addirittura a una volgare critica della teoria
della rendita di Marx (di ciò parlerò più avanti), ma commettono un
errore d'altro genere, un errore di prospettiva storica. Pur essendo teo-
ricamente su una posizione generale giusta (e distinguendosi cosi dai
« municipalisti »), essi ripetono Perrore del nostro programma del
1903 sulle « terre stralciate ». Origine di quest’ultimo errore era il
fatto che, pur determinando esattamente la tendenza dello sviluppo,
ne determinavamo in maniera inesatta il momento. Noi supponevamo
che in Russia gli elementi delPagricoltura capitalistica si fossero già
completamente formati, si fossero formati sia nell’azienda dei grandi
proprietari ( meno le « terre stralciate » che asservivano il contadino e
delle quali si rivendicava la restituzione), sia nell’azienda contadina,
che sembrava aver espresso una forte borghesia contadina, e ci pareva
quindi incapace di compiere una « rivoluzione agraria contadina ». Non
il « timore » di una rivoluzione agraria contadina fu la causa di un
programma errato, ma la sopravvalutazione del gradò di sviluppo capi-
talistico delPagricoltura russa. Le sopravvivenze della servitù della gleba
ci sembrarono allora un piccolo particolare e l’azienda capitalistica sulla
terra dei nadiel e dei grandi proprietari un fenomeno del tutto maturo
e consolidato.
La rivoluzione ha messo a nudo quest’errore, ma ha confermato
la tendenza dello sviluppo da noi determinata. L’analisi marxista delle
classi della società russa è stata cosi brillantemente confermata dall’in-
tero corso degli eventi in generale e dalle prime due Dume in parti-
colare che il socialismo non marxista è stato definitivamente scalzato.
Ma le sopravvivenze della servitù della gleba nelle campagne sono ri-
sultate assai più forti di ciò che non pensassimo, hanno suscitato un
movimento della popolazione contadina in tutto il paese, hanno fatto
di questo movimento la pietra di paragone di tutta la rivoluzione bor-
ghese. La funzione di egemone, che la socialdemocrazia rivoluzionaria
ha sempre additato al proletariato nel movimento di liberazione bor-
ghese, ha dovuto essere determinato in modo più preciso, come fun-
zione di capo che conduce dietro di sé le masse contadine. Le conduce
276
LENIN
a che cosa? Alla rivoluzione borghese nel suo aspetto piu coerente e
risoluto. La correzione dell’errore consisteva nel fatto che, invece del
compito parziale della lotta contro le sopravvivenze del vecchio nel
regime agrario, abbiamo dovuto porre il compito della lotta contro tutto
il vecchio regime agrario. Al posto della ripulitura dell’azienda dei
grandi prqprietari abbiamo messo la sua distruzione.
Ma questa correzione, effettuata sotto l’influenza dell’imponente
corso degli eventi, non ha indotto molti di noi a riflettere a fondo sulla
nuova determinazione del grado di sviluppo capitalistico neli’agricol-
tura russa. Se la rivendicazione della confisca di tutte le terre dei
-grandi proprietari è risultata storicamente giusta — ed essa è risul-
tata indubbiamente tale — , ciò ha significato che un ampio sviluppo
del capitalismo esige nuovi rapporti fondiari, che i germi del capitali-
smo nell’azienda dei grandi proprietari possono e devono essere sacri-
ficati a un ampio e libero sviluppo del capitalismo sul terreno di una
piccola azienda rinnovata. Accettare la rivendicazione della confisca del-
le terre dei grandi proprietari significa riconoscere la possibilità e la
necessità di un rinnovamento della piccola azienda agricola in regime
capitalistico.
È ammissibile questo? .Non è forse un’avventura appoggiare la
piccola azienda in regime capitalistico? Non è forse un vano sogno
questo rinnovamento della piccola coltura? Non è forse questo un dema-
gogico « allettamento dei contadini », -Bauernfang? Cosi, indubbiamente
cosi, pensavano molti compagni. Ma sbagliavano. Il rinnovamento della
piccola azienda è possibile anche in regime capitalistico, se il compito
storico consiste nella lotta contro il regime precapitalistico. Cosi rin-
novò la piccola azienda l’America, che demolì per via rivoluzionaria
ì latifondi schiavistici e creò le condizioni del piu rapido, del piu li-
bero sviluppo del capitalismo. Nella rivoluzione russa la lotta per la
terra altro non è che lotta per una via rinnovata dello sviluppo capitali-
stico. La parola d ordine coerente di un tale rinnovamento è la naziona-
lizzazione della terra. Escludere da essa le terre dei nadiel è economica-
mente reazionario (parleremo a parte del carattere politico reaziona-
rio di una simile esclusione). Gli « spartizionisti » scavalcano invece il
compito storico della rivoluzione in corso, suppongono risolto ciò per
cui la lotta contadina di massa ha appena cominciato a svolgersi. In-
vece di spingere avanti il processo di rinnovamento, invece di spie-
IL programma agrario della socialdemocrazia
277
gare alle masse contadine le condizioni di un rinnovamento coerente,
essi già tagliano la veste da camera per il farmer rassicurato e rin-
novato * **
« Ogni frutto ha la sua stagione ». La socialdemocrazia non può
giurare di non appoggiare mai la spartizione. In un momento storico
diverso, a un altro livello dell’evoluzione agraria la spartizione può es-
sere inevitabile. Ma nella Russia del 1907 la spartizione esprime in
maniera completamente sbagliata i compiti della rivoluzione democra-
tica borghese.
CAPITOLO TERZO
LE BASI TEORICHE DELLA NAZIONALIZZAZIONE
E DELLA MUNICIPALIZZAZIONE
II grave difetto di quasi tutta la stampa socialdemocratica sulla
questione del programma agrario in generale, e in particolare il difetto
delle discussioni al Congresso di Stoccolma sta nel fatto che le consi-
derazioni pratiche hanno il sopravvento su quelle teoriche,, le conside-
razioni politiche su quelle economiche **. Come scusa per la maggior
parte di noi valgono, naturalmente, Tintenso lavoro di partito nel mo-
mento in cui discutevamo la questione agraria nella rivoluzione: in un
* I fautori della spartizione citano spesso le parole di Marx: « La libera
proprietà del contadino che lavora per se stesso è evidentemente la forma piu
normale della proprietà -terriera per la produzione su piccola scala... La proprietà
del terreno è cosi necessaria per il pieno sviluppo di questo modo di produzione
come la proprietà dello strumento per il libero sviluppo della produzione arti-
giana » ( Das Kapital , III, 2, 341) 107 . Da ciò deriva soltanto che il pieno trionfo
della libera coltura contadina può esigere la proprietà privata. Ma l'odierna pic-
cola coltura non è libera. Il possesso fondiario demaniale «è piuttosto uno ‘stru-
mento nelle mani dei proprietari fondiari che non del contadino, uno strumento per
strappare prestazioni gratuite piu che uno strumento di lavoro libero per il con-
tadino ». La distruzione di tutte le forme di possesso fondiario feudale « la li-
bertà di spostarsi sono indispensabili per la creazione di una piccola coltura, libera.
** Il mio opuscolo Revisione del programma agrario del partito operato y che
difesi a Stoccolma, dà indicazioni affatto precise (ma brevi, com'è breve, del resto,
tutto l’opuscolo) circa le premesse teoriche di un programma agrario marxista,
278
LENIN
primo tempo, dopo il 9 gennaio, qualche mese prima deiresplosione
(« III Congresso del POSDR » dei bolsceviche tenutosi a Londra nella
primavera del 190?, e contemporaneamente Conferenza della minoranza
a Ginevra), poi allmdomani dell’insurrezione di dicembre 110 e a Stoc-
colma alla vigilia della I Duma, Ma oggi questo difetto dev’essere in
ogni caso corretto, e in particolare è necessario esaminare l’aspetto teo-
rico del problema della nazionalizzazione e della municipalizzazione,
1. Che cos’è la nazionalizzazione della terra ?
Abbiamo riportato sopra la formulazione corrente di una tesi oggi
universalmente ammessa; « Tutti i gruppi populisti si pronunciano per
la nazionalizzazione della terra », Ma in realtà questa formulazione cor-
rente è molto imprecisa, e di essa ben poco è « universalmente am-
messo » se si tien conto di ciò che è realmente identico nel modo col
quale i rappresentanti delle varie tendenze politiche immaginano que-
sta « nazionalizzazione ». La massa contadina rivendica la terra spon-
taneamente, essendo oppressa dai latifondi di tipo feudale, e non col-
lega nessun’idea piu o meno precisa di forme, economiche al passaggio
della terra al popolo. Il contadino ha una sola rivendicazione, piena-
mente matura, forgiata, per cosi dire, nella sofferenza e temprata da
lunghi anni di oppressione, quella di rinnovare, consolidare, stabiliz-
zare, estendere la piccola agricoltura, di renderla dominante, e basta.
Il contadino immagina solo il passaggio nelle sue mani dei latifondi
dei grandi proprietari; con parole sulla proprietà popolare della terra
Osservavo in esso che se ci limitassimo alla « pura e semplice negazione della na-
zionalizzazione » commetteremmo un « travisamento teorico del marxismo » (p. 16
della vecchia edizione, p. 41 di quella attuale) l0B . Cfr, anche la mia Relazione
sul congresso di Stoccolma, pp. 27-28 della vecchia edizione (p. 63 di quella at-
tuale), « Anche sotto il profilo rigorosamente scientifico, sotto il profilo delle con-
dizioni di sviluppo del capitalismo in generale, dobbiamo assolutamente dichiarare,
se non vogliamo dissentire dal ITI libro del Capitale, che la nazionalizzazione della
terra è possibile nella società borghese, favorisce lo sviluppo economico, facilita la
concorrenza e l’afflusso di capitali neU’agricoltura, riduce il prezzo del grano,
ecc, » Inoltre la stessa relazione, p. 39; «Essa [l’ala destra della socialdemocrazia],
nonostante la sua promessa, non porta alla sua "logica” conclusione il rivolgimento
democratico borghese neiragricoltura, poiché questa conclusione "logica” {ed eco-
nomica) non può non essere in regime di capitalismo la nazionalizzazione della terra,
in quanto distruzione della rendita assoluta » 10> ,
IL programma agrario della socialdemocrazia
279
il contadino esprime l’idea confusa dell’unità, in questa lotta, di tutti
i contadini come massa. Il contadino è guidato dall’istinto del pro-
prietario, al quale sono d’ostacolo l’infinito spezzettamento delle forme
attuali di possesso fondiario medioevale e l’impossibilità di organizzare
la coltivazione della terra in modo del tutto rispondente ai suoi biso-
gni di « proprietario » se si conserverà tutto questo mosaico medioe-
vale del possesso fondiario. La necessità economica di distruggere la
grande proprietà fondiaria, nonché di distruggere le « pastoie » dovute
al possesso fondiaria det « nadiel »\ ecco quali concetti negativi esaurì-
scono l’idea contadina della nazionalizzazione. Il contadino non si do-
manda quali forme di possesso fondiario risulteranno poi necessarie
per la piccola azienda rinnovata, quando essa avrà, per cosi dire, dige-
rito i latifondi dei grandi proprietari fondiari.
E anche nell’ideologia populista, che esprime le rivendicazioni e
le speranze dei contadini, nel concetto (o idea confusa) di nazionaliz-
zazione prevalgono incontestabilmente gli aspetti negativi. Eliminare i
vecchi ostacoli, togliere di mezzo il grande proprietario, « abbattere i
confini » che dividono le terre, strappar via le pastoie dovute al pos-
sesso fondiario dei nadiel , consolidare la piccola azienda, sostituire alla
«disuguaglianza» (latifondi dei grandi proprietari) « l’uguaglianza, la
fratellanza, la libertà »: ecco in che cosa si esaurisce, per i nove decimi,
l’ideologia populista. L’uguale diritto alla terra, il godimento eguali-
tario della terra, la socializzazione sono tutte forme diverse con le
quali si esprimono le stesse idee, sono tutti concetti prevalentemente
negativi, poiché il populista non si raffigura i nuovi ordinamenti come
un determinato sistema di rapporti economico-sociali. Per il populista
la rivoluzione agraria 'in corso è il passaggio dalla servitù della gleba,
dalla disuguaglianza, dall’oppressione in generale all’uguaglianza e alla
libertà, e basta. È la tipica limitatezza del rivoluzionario borghese che
non vede i tratti capitalistici della nuova società ch’egli sta creando.
In contrapposizione all’ingenua concezione del populismo, il mar-
xismo studia il nuovo regime in formazione. Anche se per l’azienda con-
tadina esiste la libertà piu completa, anche se esiste la piu completa
uguaglianza tra i piccoli agricoltori installati sulla terra di tutto il po-
polo, o di nessuno, o « di Dio », noi ci troviamo di fronte al regime
della produzione mercantile. Il mercato unisce ed assoggetta a sé i pic-
coli produttori. Dallo scambio dei prodotti nasce il potere del denaro;
280
LENIN
alla trasformazione in denaro del prodotto agricolo segue la trasforma-
zione in denaro della forza-lavoro. La produzione mercantile diventa
produzione capitalistica. E questa teoria non è un dogma, ma la sem-
plice descrizione, la generalizzazione di ciò che avviene anche nel-
l’azienda contadina russa. Quanto piu quest’azienda è libera dalla pe-
nuria di terra, dal giogo dei grandi proprietari fondiari, dalla pressione
dei rapporti e degli ordinamenti medioevali del possesso fondiario, dal-
l’asservimento e dairarbitrio, tanto piu vigorosamente si sviluppano i
rapporti capitalistici in seno alla stessa azienda contadina, È un fatto
attestato con la piu completa evidenza da tutta la storia della Russia
posteriore alla riforma.
II concetto di nazionalizzazione della terra, ricondotto sul terreno
della realtà economica , è dunque una categoria della società mercantile
e capitalistica. In questo concetto è reale non ciò che pensano i con-
tadini o dicono i populisti, ma ciò che scaturisce dai rapporti econo-
mici della nostra società. La nazionalizzazione della terra, esistendo i
rapporti capitalistici, è il trasferimento della rendita allo Stato, né piu
né meno. Ma che cos e la rendita nella società capitalistica? Non è
affatto il reddito della terra in generale. È la parte di plusvalore che
rimane dopo aver detratto il profitto medio del capitale. Quindi la
rendita presuppone il lavoro salariato nell’agricoltura, la trasformazione
deiragricoltore in farmer , in imprenditore. La nazionalizzazione (nella
sua forma pura) presuppone che lo Stato riceva la rendita da impren-
ditori agricoli che pagano un salario agli operai salariati e ricevono un
profitto medio per il loro capitale, medio in rapporto a tutte le im-
prese, sia agricole che non agricole, di un determinato paese o di un
complesso di paesi.
Il concetto teorico di nazionalizzazione è quindi indissolubilmente
legato alla teoria della rendita, cioè precisamente della rendita capita-
listica, come forma particolare del reddito di uria classe particolare
(quella dei proprietari terrieri) nella società capitalistica.
La teoria di Marx distingue due tipi di rendita: quella differen-
ziale e quella assoluta. La prima è il risultato della limitatezza della
terra, del fatto che essa è occupata da aziende capitalistiche, ed è asso-
lutamente indipendente dall’esistenza della proprietà della terra e dalla
forma del possesso fondiario. Tra le varie aziende agricole sono ine-
vitabili le differenze che scaturiscono dalla differente fertilità della ter-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
281
ra, dall ubicatone degli appezzamenti in rapporto al mercato, dalla
produttività degli investimenti supplementari di capitale nella terra.
Per brevità queste differenze si possono sommare assieme (senza di-
menticare, tuttavia, che le origini di queste o quelle differenze non
sono uguali) come differenze tra terre migliori e peggiori. Proseguiamo.
Il prezzo di produzione di un prodotto agricolo è determinato dalle con-
dizioni della produzione non sulle terre medie, ma su quelle peggiori,
giacché il prodotto delle sole terre migliori non è sufficiente per co-
prire la domanda. La differenza tra il prezzo di produzione individuale
e il prezzo di produzione piu alto costituisce appunto la rendita diffe-
renziale. (Ricorderemo che Marx chiama prezzo di produzione gli esbor-
si di capitale necessari per la produzione di un prodotto più il pro-
fitto medio del capitale).
La rendita differenziale si formerebbe inevitabilmente con l’agri-
coltura capitalistica anche qualora la proprietà privata della terra ve-
nisse completamente abolita. Quando esiste la proprietà fondiaria que-
sta rendita va al proprietario terriero, poiché la concorrenza dei capi-
tali costringe il farmer (fittavolo) ad accontentarsi del profitto medio
del capitale. Con l’abolizione della proprietà privata della terra questa
rendita la riceverà lo Stato. L’abolizione di questa rendita è impossi-
bile finché esiste il modo di produzione capitalistico.
La rendita assoluta deriva dalla proprietà privata della terra. In
questa rendita è presente l’elemento monopolio, l’elemento prezzo di
monopolio *. La proprietà privata della terra impedisce la libera con-
correnza, impedisce il livellamento del profitto, la formazione di un
profitto medio nelle imprese agricole e non agricole. E siccome la tec-
nica agricola è inferiore a quella industriale, siccome la composizione
del capitale neiragricoltura si distingue per una maggiore quota di ca-
pitale variabile rispetto al capitale costante, il valore individuale del
prodotto agricolo è superiore a quello medio. Perciò la proprietà pri-
* Nella seconda parte del secondo volume delle Teorìe del plusvalore Marx
mette .in luce la « sostanza delle diverse teorie della rendita »; la teoria del prezzo
di monopolio del prodotto agricolo e la teoria della rendita differenziale. Egli
mostra ciò che v’è di vero ntU’una e nellaltra teoria, in quanto nella rendita
assoluta è presente l’elemento monopolio. Cfr. p. 125, a proposito della teoria
di Adam Smith: « è assolutamente vero » che la rendita è un prezzo di monopolio,
in quanto la proprietà privata della terra impedisce il livellamento del profitto,
rendendo stabile un profitto piu alto di quello medio.
282
LENIN
vata della terra, impedendo che il profitto nelle imprese agricole si
livelli liberamente, come in quelle non agricole, dà la possibilità di
vendere il prodotto agricolo non in base al piu alto prezzo di produ-
zione, ma in base ad un valore individuale del prodotto ancora piu
alto (poiché il prezzo di produzione è determinato dal profitto medio
del capitale, mentre la rendita assoluta non permette che questa « me-
dia » si formi, consolidando monopolisticamente un valore individuale
piu alto di quello medio).
La rendita differenziale è dunque inevitabilmente inerente a ogni
agricoltura capitalistica. La rendita assoluta non è inerente a ogni agri-
coltura capitalistica, ma è condizionata soltanto dalla proprietà privata
della terra, soltanto dall’arretratezza dell’agricoltura originata dallo svi-
luppo storico* e conservata dal monopolio.
Kautsky contrappone nei termini seguenti le due forme di ren-
dita, e tra Taltro in special modo in rapporto con la nazionalizzazione
della terra:
«La rendita fondiaria, in quanto è rendita differenziale, deriva dalla con-
correnza. In quanto è rendita assoluta, deriva dal monopolio... Nella pratica la
rendita fondiaria non si presenta a noi divisa in parti; non si può sapere quale
parte è rendita differenziale, quale parte è rendita assoluta. Inoltre ad essa si
confondono di solito l’interesse del capitale per le spese fatte dal proprietario
terriero. Là dove il proprietario terriero è nello stesso tempo agricoltore la rendita
fondiaria fa tutt'uno col profitto agricolo.
Nondimeno la distinzione delle due forme di rendita è della massima im-
portanza.
La rendita differenziale deriva dal carattere capitalistico della produzione, e
non dalla proprietà privata della terra.
Questa rendita si conserverebbe anche con la nazionalizzazione della terra,
rivendicata [in Germania] dai fautori della riforma agraria che vogliono lasciar
sussistere la conduzione capitalistica neH’agricoltura. Questa rendita toccherebbe
però allora non ai privati, ma allo Stato.
La rendita assoluta deriva dalla proprietà privata della terra, dal contrasto tra
gli interessi dei proprietari terrieri e quelli del resto della società. La nazionalizza-
zione darebbe la possibilità di sopprimere questa rendita e di ribassare dì ma
somma eguale alla rendita assoluta i prezzi dei prodotti agricoli [il corsivo è
nostro 1.
Inoltre, la seconda differenza tra la rendita differenziale e quella assoluta
Sta nel fatto che la prima non influisce come parte costitutiva sul prezzo dei
* Cfr. Teorie del plusvalore , II volume, l a parte (originale tedesco), p. 259;
« Nell’agricoltura il lavoro manuale è ancora predominante, ed è proprio del modo
di produzione borghese di sviluppare l’industria più rapidamente dell’agricoltura. Si
tratta, del resto, di una differenza storica che può scomparire » (Cfr. anche p. 275
e II volume, 2* parte, p. 15).
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
283
prodotti agricoli, mentre la seconda vi influisce. La prima deriva dal prezzo di
produzione, la seconda daireccedenza dei prezzi di mercato sui prezzi di produ-
zione. La prima trae origine dal sovrappiù, dal sovrapprofitto fornito da un lavoro
piu produttivo su una terra migliore o meglio ubicata. La seconda trae origine
non dal reddito supplementare di alcune forme di lavoro agricolo; essa è possi-
bile soltanto come prelevamento sulla quantità di valori esistente, operato a van-
taggio del proprietario terriero, come prelevamento sulla massa del plusvalore*,
o diminuzione del profitto, dunque, oppure prelevamento sul salario. Se i prezzi
del grano aumentano e aumenta anche il salario, diminuisce il profitto del capi-
tale. Se i prezzi dei cereali aumentano senza che aumenti il salario*, il danno
ricade sugli operai. Può, infine, accadere — e ciò si deve addirittura considerare
la regola generale — che il danno causato dalia rendita assoluta ricada ad un
tempo sia sugli operai che sui capitalisti » *.
La questione della nazionalizzazione della terra nella società capi-
talistica si scinde quindi in due parti sostanzialmente diverse; la que-
stione della rendita differenziale e quella della rendita assoluta, La
nazionalizzazione cambia il possessore della prima e mina resistenza
stessa della seconda. La nazionalizzazione è, dunque, da una. parte una
riforma parziale entro i limiti del capitalismo (cambiamento del pos-
sessore di una parte del plusvalore) e, dall’altra, Fabolizione del mono-
polio che ostacola Finterò sviluppo dei capitalismo in generale.
Se non si distinguono questi due aspetti, cioè la nazionalizzazione
della rendita differenziale e quella della rendita assoluta, non si può
capire tutta l’importanza economica della questione della nazionalizza-
zione in Russia. Ma qui ci imbattiamo in P. Maslov che nega la teoria
della rendita assoluta.
2. Piotr Maslov corregge le minute di Karl Marx
Nel 1901 nella Zarid , che si stampava all'estero, a proposito degli
articoli di Maslov sulla Gizn ebbi già occasione di rilevare che il loro
autore intendeva in modo sbagliato la teoria della rendita **.
Come ho già osservato prima di Stoccolma e a Stoccolma, i di-
battiti si concentrarono, in misura assolutamente eccessiva, sull’aspetto
politico della questione. Ma dopo Stoccolma M. Olenov, nelFarticolo
* La questione agraria , originale tedesco, Seiten 79-80.
** Cfr. La questione agraria , parte I, Pietroburgo, 1908, articolo La questione
agraria e i « critici di Marx », nota alle pp. 178-179 11 1 ,
284
LENIN
Le basi teoriche della municipalizzazione della terra ( Obrazovanie , 1907,
n. 1), esaminava il libro di Maslov sulla questione agraria in Russia
e sottolineava in particolare l’erroneità della teorìa economica di Ma-
slov, che nega in generale la rendita assoluta.
Maslov rispondeva a Olenov con un articolo sui nn. 2 e 3 del-
YObrazovanie. Egli accusava il suo avversario di « sfrontatezza », di
« selvaggio attacco », di « disinvoltura », ecc. In realtà nel campo della
teoria marxista è proprio Piotr Maslov a essere uno sfrontato e un
attaccante selvaggio, poiché è difficile figurarsi qualcosa di piu insi-
piente della presuntuosa « critica » che Maslov, perseverando nei suoi
vecchi errori, fa di Marx.
«La contraddizione della teoria della rendita assoluta con tutta la teorìa
della distribuzione esposta nel III volume — scrive Maslov — salta cosi recisa-
mente agli occhi che è possibile spiegarla in un solo modo: il III volume è
un'opera, postuma che contiene anche le minute dell’autore » ( La questione agraria ,
3 a ediz., p. 108, nota).
In generale poteva scrivere una cosa simile solo un uomo che non
ha capito nulla della teoria della rendita di Marx. La condiscendente
noncuranza dell’eccellente Piotr Maslov verso l’autore delle minute è
davvero impareggiabile! Questo « marxista » è troppo superiore per
ritenere che sia necessario conoscere Marx prima di insegnarlo agli altri,
che sia necessario studiare a fondo se non altro le Teorie del plusva-
lore , uscite nel 1905, dove la teoria della rendita vien posta alla por-
tata, si può dire, persino dei Maslov!
Ecco gli argomenti di Maslov contro Marx:
«La rendita assoluta si otterrebbe grazie alla Lassa composizione del
capitale agrìcolo... Siccome la composizione del capitale non influisce né sul prezzo
del prodotto, né sul saggio del profitto né, in generale, sulla ripartizione del
plusvalore tra gli imprenditori, essa non può creare nessuna rendita. Se la compo-
sizione del capitale agricolo è piu bassa di quella del capitale industriale, la rendita
differenziale proviene dal plusvalore che si ottiene nell’agricoltura stessa, ma ciò non
ha importanza per la formazione della rendita. Dunque, se la “composizione” del
capitale mutasse, ciò non influirebbe in alcun modo sulla rendita. La misura
della rendita non è in alcun modo determinata dal carattere della sua origine,
ma unicamente dalla suindicata diversità della produttività del lavoro in condi-
zioni diverse » (op. cit., pp. 108-109. Il corsivo è di Maslov).
Sarebbe interessante sapere se i « critici di Marx » borghesi siano
mai giunti ad una simile leggerezza nelle loro confutazioni. Il nostro
eccellente Maslov, infatti, confonde tutto, confonde già quando espone
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
285
Marx (questa, del resto, è anche la maniera del signor Bulgakov e di
tutti i demolitori borghesi del marxismo, che si distinguono da Maslov
per una maggiore onestà, in quanto non si dicono marxisti). Non è vero
che secondo Marx la rendita assoluta sia il risultato della bassa compo-
sizione del capitale agricolo. .La rendita assoluta proviene dalla pro-
prietà privata della terra. Questa proprietà crea un monopolio parti-
colare che non ha niente in comune col modo di produzione capitali-
stico, il quale può esistere sia sulle terre del Mobstcina che su quelle
nazionalizzate *, Il monopolio non capitalistico della proprietà fondiaria
privata impedisce il livellamento del profitto nei rami della produzione
che non sono protetti da questo monopolio. Perché «la composizione
del capitale non influisca sul saggio del profitto » (bisogna aggiungere:
la composizione del capitale individuale o del capitale di un singolo
ramo d’industria; anche qui, esponendo le idee di Marx, Maslov fa
della confusione ), perché si formi un saggio medio del profitto, è neces-
sario il livellamento del profitto di tutte le singole imprese e di tutti
i singoli campi deirindustria. Il livellamento è il risultato della libera
concorrenza/ del libero impiegò del capitale in tutti indistintamente i
rami della produzione. Può esistere questa libertà là dove esiste un
monopolio non capitalistico? No, non può esistere. Il monopolio della
proprietà privata della terra impedisce il libero impiego del capitale,
impedisce la libertà di concorrenza, impedisce il livellamento di un pro-
fitto agricolo sproporzionatamente alto ( in conseguenza della bassa com-
posizione del capitale agricolo). L’obiezione di Maslov altro non è che
un assurdo, e questa assurdità si fa per noi soprattutto evidente quando,
due pagine piu avanti, troviamo il suo richiamo ... alla produzione dei
laterizi (p. Ili), dove la tecnica è ugualmente arretrata, dove la com-
posizione organica del capitale è, come nell’agricoltura, piu bassa di
quella inedia, e non c’è rendita!
E non può esservi rendita nella produzione dei laterizi, egregio
« teorico », poiché la rendita assoluta è generata non dalla bassa com-
posizione del capitale agricolo, ma dal monopolio della proprietà pri-
vata della terra, che impedisce alla concorrenza di livellare il profitto
* Cfr. Teorie del plusvalore , volume II, parte 1*, p. 208, dove Marx spiega
che il proprietario terriero è una figura affatto superflua per la produzione capi-
talistica, che il fine di quest’ultima « viene pienamente conseguito » se la terra
appartiene allo Stato.
286
LENIN
del capitale a « bassa composizione ». Negare la rendita assoluta signi-
fica negare l’importanza economica della proprietà privata della terra.
Secondo argomento di Maslov contro Marx:
« La rendita dell’*' ultimo” capitale speso» la rendita di Rodbertus e la rendita
assoluta di Marx scompariranno, perché il fittavolo può sempre trasformare
r“uItimo” capitale in '‘penultimo”, se questo rende qualcosa di più del profitto
abituale» (p, 112).
Piotr Maslov confonde, confonde « sfrontatamente ».
In primo luogo, il confronto tra Rodbertus e Marx è indice della
più crassa ignoranza. La teoria di Rodbertus è fondata sull’ipotesi che
il capitalista farmer debba necessariamente fare lo stesso calcolo sba-
gliato del grande proprietario pomerano ( « non tener conto » della
materia prima neH’agricoltura! ) . Nella teoria di Rodbertus non ce un
solo grano di storicismo , un solo grano di realtà storica, giacché egli
considera l’agricoltura in generale, fuori del tempo e dello spazio, l’agri-
coltura di qualsiasi paese e di qualsiasi epoca. Marx invece considera
un determinato periodo storico in cui il capitalismo ha sviluppato la
tecnica industriale più rapidamente di quella agricola. Marx considera
l’agricoltura capitalistica ostacolata da una proprietà privata non capi-
talistica della terra.
In secondo luogo, il richiamo ài fittavolo, che « può sempre » tra-
sformare l’ultimo capitale in penultimo, dimostra che l’eccellente Piotr
Maslov non solo non ha capito la rendita assoluta, ma neanche la ren-
dita differenziale di Marx! È incredibile, ma è un fatto. Il fittavolo,
durante il periodo di tempo per il quale ha preso in affitto la terra,
« può sempre » appropriarsi e sempre si appropria ogni specie di ren-
dita, non appena « trasforma l’ultimo capitale in penultimo », non ap-
pena — per parlare in maniera più semplice e (lo vedremo subito) piu
esatta — investe un nuovo capitale nella terra. Durante il periodo di
validità del contratto d’affitto la proprietà privata della terra cessa di
esistere per il fittavolo; egli, pagato l’affitto, si è già « riscattato » da
questo monopolio, che non può più essergli d’impaccio *. Perciò, quan-
do in seguito a un nuovo esborso di capitale per il suo appezzamento, il
fittavolo ottiene e un nuovo profitto e una nuova rendita , questuiti ma
* Se Maslov avesse Ietto eoa una qualche attenzione le « minute » del
III volume, non avrebbe potuto non notare quanto spesso Marx spiega minuta-
mente questo tatto.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
287
è riscossa non dal proprietario terriero , ma dal fittavolo. Il proprietario
terriero riceverà questa nuova rendita solo dopo che il termine del vec-
chio contratto d’affitto sarà scaduto, dopo che ne sarà stato concluso
uno nuovo. Per quale meccanismo la nuova rendita passerà allora dalla
tasca del fartner in quella del proprietario terriero? Per il meccanismo
della libera concorrenza, giacché l’impresa eccezionalmente vantaggiosa
che avrà dato al fittavolo non solo il profitto medio, ma anche un so-
vraprofitto (rendita) attirerà i capitali. Si capisce, dunque, da una parte,
perché a parità di tutte le altre condizioni, l’affitto a lunga scadenza è
piu vantaggioso per i fittavoli, e quello a breve scadenza piu vantaggioso
per i proprietari terrieri. Si capisce dunque, dall’altra parte, perché, ad
esempio, i proprietari terrieri inglesi, dopo l’abolizione delle leggi sul
grano in Inghilterra, obbligassero per contratto i farmers a spendere
non meno di dodici sterline (circa 110 rubli), invece di otto, per ogni
acro del loro appezzamento. I proprietari terrieri tenevano in tal modo
conto della tecnica agricola socialmente necessaria, che era progredita
in seguito alPabolizione delle leggi sul grano,
Ora ci si domanda: di che specie di nuova rendita si appropria il
fittavolo durante il periodo di validità del contratto d’affitto? Solo di
quella assoluta o anche di quella differenziale? Sia dell’una che dell al-
tra. Giacché, se Piotr Maslov si fosse dato la pena di capire Marx, pri-
ma di « criticarne le minute » cosi spassosamente, lo stesso Maslov sa-
prebbe che la rendita differenziale proviene non solo dalla diversità de-
gli appezzamenti di terra, ma anche dalla diversità degli esborsi di ca-
pitale impiegati per uno stesso appezzamento *.
In terzo luogo (ci scusiamo di dover affaticare il lettore con un
cosi lungo elenco degli errori di Maslov a proposito di ogni sua frase;
ma che fare se ci troviamo di fronte ad un cosi « fecondo » Konfusions -
rat f «consigliere di confusione», come dicono i tedeschi?), in terzo
luogo, diciamo, il ragionamento di Maslov suUultimo e penultimo ca-
pitale è costruito sulla famigerata « legge della fertilità decrescente del
terreno ». Come gli economisti borghesi, Maslov ammette questa legge
* La rendita differenziale che deriva dalla diversità delle varie terre è chia-
mata da Marx rendita differenziale I, mentre quella che deriva dalla diversa pro-
duttività degli esborsi supplementari impiegati per la stessa terra è da lui chia-
mata rendita differenziale IL Nelle « minute » del III volpme questa distinzione
viene applicata con scrupolosa minuzia (sez. VI, capp. 39*43) ll2 , e bisogna essere
dei « critici di Marx » della risma dei signori Bulgakov per « non notarlo ».
288 LENIN
(chiamando persino, « per darsi delle arie », questa sciocca invenzione
un fatto). Come gli economisti borghesi, Maslov collega questa legge
con la teoria della rendita, dichiarando, con l’ardire di chi è totalmente
ignorante in fatto di teoria, che « se non sussistesse il fatto della dimi-
nuzione della produttività degli ultimi esborsi di capitale, non ci sarebbe
nemmeno la rendita fondiaria » (p. 114).
Per la critica di questa volgare « legge borghese della fertilità
decrescente del terreno » rinviamo il lettore a ciò che scrissi nel 1901
contro il signor Bulgakov ,l3 . Su questa questione non ce nessuna dif-
ferenza sostanziale tra Bulgakov e Maslov.
A complemento di quanto dicemmo contro Bulgakov riporteremo
un solo altro brano delle « minute » del III volume, che rivela con
particolare chiarezza quanto eccella la critica di Bulgakov e di Maslov.
« Invece di richiamarsi alle effettive cause naturali che portano
ad un esaurimento della terra, e che del resto erano sconosciute a tutti
gli economisti che hanno scritto della rendita differenziale a causa
dell’arretratezza della chimica agraria a quei tempi, si è fatto ricorso
alla banale concezione che in lino spazio di terra limitato non può
essere investita qualsiasi massa di capitale. Ad esempio, la Westminster
Revieto [Rassegna di Westminster] sosteneva, cóntro Richard Jones,
che tutta l’Inghilterra non poteva essere nutrita coltivando Soho
Square *... » m .
Quest’obiezione è l’unico argomento di cui si avvalgono sia Maslov
che tutti gli altri fautori della «legge della fertilità decrescente »: se
non ci fosse questa legge, se i successivi esborsi di capitale potessero
essere altrettanto produttivi quanto quelli precedenti, allora, dicono,
non vi sarebbe motivo di. estendere la superficie coltivata, allora .si
potrebbe ottenere qualsiasi quantità di prodotti agricoli dalla piu pic-
cola superficie, mediante Taurnento degli investimenti di nuovo capi-
tale nella terra, allora cioè « tutta l’Inghilterra potrebbe essere nutrita
coltivando Soho Square» o si potrebbe «concentrare tutta l’agricol-
tura del globo terrestre in una sola desiatina » **, ecc. Marx sottopone,
* Piccolo giardino pubblico di Londra,
** Cfr. hi questione agraria e ì « critici di Marx », sulla legge della fertilità
decrescente. La stessa sciocchezza è ripetuta da Maslov: « L’imprenditore potrà,
per esempio, investire successivamente tutti [1] i suoi capitali in una sola desiatina
se i nuovi investimenti danno lo stesso profitto» (107), ecc.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
289
dunque, alla propria analisi l’argomento fondamentale in favore della
« legge » della fertilità decrescente.
« ... Se ciò — continua Marx — è considerato un particolare svan-
taggio deiragricoltura, è vero precisamente il contrario. Si possono
qui fare successivi investimenti di capitale redditizi, perché la terra
stessa opera come mezzo di produzione, il che non si verifica o si
verifica soltanto entro limiti molto ristretti per una fabbrica, in cui
la terra serve soltanto come fondamento, come area, come base spa-
ziale di operazioni. Si può, è vero, — e lo fa la grande industria —
concentrare in uno spazio ristretto, in confronto alPartigianato spezzet-
tato e disperso, un grande complesso produttivo. Ma a un dato grado
di sviluppo della forza produttiva è pur sempre necessario un deter-
minato spazio, e il costruire in altezza ha pure i suoi determinati li-
miti pratici. Oltre questo limite un ampliamento della produzione ri-
chiede anche un'espansione della superficie di terra. Il capitale fisso
investito in macchine ecc., non si migliora con Puso, al contrario si
logora. In seguito a nuove scoperte possono, essere apportati anche
qui singoli perfezionamenti, ma, presupposto un dato sviluppo della
fom produttiva, la macchina può solo deteriorarsi. Se la forza pro-
duttiva si sviluppa rapidamente, tutto il vecchio macchinario deve es-
sere sostituito da uno piu vantaggioso, quindi andare perduto. La terra
invece, se viene lavorata razionalmente, migliora di continuo. Il van-
taggio della terra, per cui successivi investimenti di capitale possono
essere redditizi senza che i precedenti vadano perduti, implica al tempo
stesso la possibilità che questi successivi investimenti di capitale abbiano
una differente produttività» ( Das Kapital , III Band, 2. Teil, Seite
314 ) ll5 .
Maslov ha preferito ripetere la trita storiella dell'economia bor-
ghese circa la legge della fertilità decrescente piuttosto che riflettere
sulla critica di Marx. E proprio qui, a proposito di queste stesse que-
stioni, ha ancora l’ardire di pretendere di esporre il marxismo, defor-
mando Marx]
Fino a che punto Maslov snaturi, dal suo punto di vista pura-
mente borghese della « legge naturale » della fertilità decrescente, la
teoria della rendita si può vedere altresi dalla seguente tirata, che
egli scrive in corsivo; « Se i successivi investimenti di capitale nella
290
LENIM
stessa superficie di terra, portando a un'intensificazione della produ-
zione, fossero altrettanto produttivi, la concorrenza delie nuove terre
sparirebbe di colpo, giacché, oltre le spese di produzione, sul prezzo
del grano grava il costo del trasporto» (p. 107).
La concorrenza transoceanica non si può quindi spiegare che me-
diante la legge della fertilità decrescente! Proprio come dicono gli eco-
nomisti borghesi! Ma se Maslov non sapeva leggere o non era in grado
di capire il III volume, avrebbe almeno dovuto dare un’occhiata alla
Questione agraria di Kautsky o all’opuscolo di Parvus sulla crisi agra-
ria. Dalle spiegazioni popolari di questi marxisti Maslov avrebbe forse
capito che il capitalismo gonfia la rendita accrescendo la popolazione
industriale. E il prezzo della terra (= rendita capitalizzata) consolida
le rendite gonfiate smisuratamente. Ciò si riferisce anche alla rendita
differenziale; sicché vediamo qui per la seconda volta che Maslov non
ha capito nulla di Marx neanche quando si tratta della forma piu sem-
plice della rendita.
L’economia borghese spiega la « concorrenza delle nuove terre »
con la « legge della fertilità decrescente », giacché il borghese, volente
o nolente, ignora l’aspetto storico-sociale della cosa. L’economia socia-
lista (cioè il marxismo) spiega la concorrenza transoceanica col fatto
che le terre che non pagano la rendita intaccano i prezzi eccessivi del
grano resi stabili dal capitalismo dei vecchi paesi europei, il quale ha
gonfiato la rendita fondiaria sino a conferirle dimensioni incredibili.
L’economista borghese non capisce (o cela a se stesso e agli altri) che
l’alta rendita, resa stabile grazie alla proprietà privata della terra, è di
ostacolo al progresso dell’agricoltura e ne addossa la colpa a queU’osta*
colo « naturale » che è il « fatto » della fertilità decrescente.
3. È forse necessario confutare Marx per confutare il populismo?
Secondo l’opinione di Piotr Maslov, è necessario. « Sviluppando »
ulteriormente la sua sciocca « teoria », egli ci ammaestra nell 'Qbra-
zovanie:
« Se non ci fosse il “fatto*’ della diminuzione della produttività delle successi-
ve spese di lavoro nella stessa superficie di teria, potrebbe forse ancora realizzarsi
l’idillio dipinto dai socialisti-rivoluzionari e dai socialpopulisti: ogni contadino
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
291
coltiverebbe il palmo di terra attribuitogli e vi spenderebbe il lavoro che vorrebbe,
e la terra gli "renderebbe’', per ogni “apporto'’, una corrispondente quantità di
prodotto» (n. 2, 1907, p. 123).
Dunque, se Marx non fosse stato confutato da Piotr Maslov, avreb-
bero forse ragione i populisti! Ecco le perle che riesce a offrirci il
nostro « teorico ». E dire che noi finora, nella nostra semplicità, pensa-
vamo marxisticamente che l’idillio della perpetuità della piccola pro-
duzione non fosse affatto confutato dalla « legge » ottusamente bor-
ghese « della fertilità decrescente », ma dall’esigenza della produzione
mercantile, dal dominio del mercato, dai vantaggi della grande agri-
coltura capitalistica sulla piccola agricoltura, ecc. Maslov ha modifi-
cato tutto questo! Egli ha scoperto che, se non esistesse la legge bor-
ghese confutata da Marx, avrebbero ragione i populisti!
Ma c’è delFaltro. Avrebbero ragione anche i revisionisti. Eccovi
un altro ragionamento del nostro economista primitivo:
« Se non mi sbaglio, sono stato io [Piotr Maslov]’ il primo [ma
guarda un po’!] cui è toccato di sottolineare in maniera particolarmente
recisa la diversa importanza della coltura della terra e del progresso
tecnico per lo sviluppo dell’azienda e soprattutto per la lotta tra la
grande e la piccola produzione. Se l’intensificazione deUagricoltura,
le ulteriori spese di lavoro e di capitale sono ugualmente meno pro-
duttive tanto nella grande che nella piccola azienda, il progresso tec-
nico, che, come avviene nell’industria, aumenta la produttività del
lavoro agricolo, offre enormi ed esclusivi vantaggi alla grande azienda.
Questi vantaggi dipendono quasi esclusivamente dalle condizioni tec-
niche... ». Voi confondete, carissimo: i vantaggi della grande produ-
zione hanno un’enorme importanza sotto il rapporto commerciale.
« ... Viceversa la coltura della terra si può di solito ugualmente
applicare tanto nella grande che nella piccola azienda... » La coltura
della terra « si può » applicare.
Il profondo Maslov conosce evidentemente un’azienda nella quale
si può non applicare la coltura della terra. « ... Per esempio la sosti-
tuzione del sistema dei tre campi con ravvicendamento multiplo, l’au-
mento della quantità del concime, l’aratura più profonda ecc. sono
ugualmente applicabili tanto nella grande che nella piccola azienda e
influiscono ugualmente sulla produttività del lavoro. Ma, per esempio,
l’impiego della mietitrice aumenta la produttività del lavoro solo nelle
292
LENIN
aziende più grandi, perché nei piccoli campi il grano si può più como-
damente mietere o falciare a mano... »
Si, Maslov è stato indubbiamente il « primo » cui è riuscito di
portare nella questione una cosi infinita confusione! Ma pensate; l'ara-
tro a vapore (aratura più profonda) è « coltura delia terra », la mie-
titrice è « attrezzatura tecnica ». Ne risulta, secondo la dottrina del
nostro impareggiabile Maslov, che Paratro a vapore non è attrezza-
tura tecnica. Ne risulta che la mietitrice non è una nuova spesa di
lavoro e di capitale. I concimi artificiali, Paratro a vapore, la coltura
delle erbe foraggere sono un'« intensificazione ». La mietitrice e, in
generale, una « gran parte delle macchine agricole » sono un « pro-
gresso tecnico ». Maslov « ha dovuto » escogitare una simile scioc-
chezza perché doveva pur cavarsela in qualche modo con la « legge
della fertilità decrescente », confutata dal progresso tecnico. Bulgakov
se la cavava col dire che il progresso tecnico è temporaneo e la sta-
gnazione è costante. Maslov se la cava escogitando la più spassosa
divisione del progresso tecnico in « intensificazione » e « attrezzatura
tecnica ».
Ma che cos'è l’intensificazione? Un’ulteriore spesa di lavoro e di
capitale. La mietitrice, secondo la scoperta del grande Maslov, non è
un investimento di capitale. La seminatrice a righe non è un investi-
mento di capitale! La « sostituzione del sistema dei tre campi con l’av-
vicendamento multiplo » è ugualmente applicabile tanto nella grande
che nella piccola azienda? Non è vero. Anche Pintroduzione delPavvi-
cendamento multiplo richiede ulteriori esborsi di capitale ed è assai
più applicabile nella grande azienda. A questo proposito, tra Paltro,
si vedano più sopra i dati sull'agricoltura tedesca (La questione agraria
e i « critici di Marx » n6 ). Anche i dati russi attestano la stessa cosa.
E la più semplice riflessione ci mostrerà che non può essere diversa-
mente, che Pavvicendamento multiplo non può essere ugualmente ap-
plicabile nella piccola e nella grande azienda. L'aumento della quantità
del concime non può essere « ugualmente applicabile », giacché la gran-
de azienda 1 ) possiede più bestiame grosso, ciò che è della massima im-
portanza sotto questo rapporto, 2) alimenta meglio il bestiame e non
«risparmia» con tanta cura la paglia ecc., 3) possiede installazioni
migliori per la conservazione del letame, 4) impiega più concimi arti-
ficiali. Maslov travisa davvero « sfrontatamente » i dati universalmente
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
293
noti sull’odierna agricoltura. Infine, neanche l’aratura piu profonda è
ugualmente possibile nella piccola e nella grande azienda. Basti indi-
care due fatti: in primo luogo, nella grande azienda si estende l’im-
piego dell’aratro a vapore (cfr. piu sopra i dati sulla Germania), e oggi
probabilmente anche dell’aratro elettrico 11T . Forse anche Maslov capirà
che l’aratro a vapore non è « ugualmente » applicabile nella grande
e piccola azienda. In quest ultima si impiegano più le vacche come be-
stiame da tiro. Pensereste forse, o grande Maslov, che questo possa
essere una prova dell’eguale possibilità di un’aratura più profonda? In
secondo luogo, persino con l’impiego, da parte della grande e della
piccola azienda, delle stesse specie di bestiame, quest ultimo è piu de-
bole nella piccola azienda e quindi non può esservi uguaglianza di con-
dizioni per ciò che riguarda la profondità dell’aratura.
In una parola, è difficile trovare in Maslov una frase in cui siano
presenti sforzi laboriosi di travaglio « teorico » senza imbattersi in un
inesauribile ammasso di incredibile confusione e di stupefacente igno-
ranza. Ma Maslov, senza turbarsi, conclude:
« Chi si è reso conto della differenza esistente tra i due aspetti indicati
dello sviluppo, deiragricoltura [miglioramento della coltura e miglioramento della
tecnica] smantellerà agevolmente tutta Targomentazione del revisionismo, e qui
da noi del populismo » ( Obraiovanie , 1907, n. 2, p. 125).
Si, si. Maslov non è un populista né un revisionista solo perché
ha saputo elevarsi al di sopra delle minute di Marx sino a « spiegarsi »
i vetusti pregiudizi della vetusta economia borghese. Vecchia canzone
su un nuovo tono! Marx contro Marx, esclamavano Bernstein e Struve.
Non si può smantellare il revisionismo senz’aver smantellato Marx, dice
Maslov col tono di un oracolo.
Per concludere, un piccolo particolare caratteristico. Se Marx,
che ha creato la teoria della rendita assoluta, avesse torto, se la rendita
non potesse esistere senza la « legge della fertilità decrescente », se
i populisti e i revisionisti potessero aver ragione nel caso che questa
legge non esistesse, le « correzioni » del marxismo ad opera di Maslov
dovrebbero avere, parrebbe, il posto di pietra angolare nella sua « teo-
ria ». Si, esse hanno effettivamente questo posto. Ma Maslov prefe-
risce tuttavia nasconderle. Or non è molto è uscita la traduzione te-
desca del suo libro La questione agraria in Russia. Ero curioso di ve-
dere in quale forma Maslov avrebbe presentato ai socialdemocratici
294
LENIN
europei le sue incredibili banalità teoriche. Ebbene, non le ha presen-
tate in nessuna forma. Davanti agli europei Maslov ha nascosto « tutta »
la sua teoria. Egli ha soppresso tutto ciò che si riferisce alla negazione
della rendita assoluta, la legge della fertilità decrescente, ecc. A que-
sto proposito m’è venuto involontariamente in mente quel che si rac-
conta a proposito di uno sconosciuto che, assistendo per la prima volta
ad una conversazione tra antichi filosofi, non disse una sola parola
durante tutta la conversazione. Se sei intelligente, disse a questo sco-
nosciuto uno dei filosofi, ti comporti scioccamente. Se sei stupido, ti
comporti intelligentemente.
4. Esiste un nesso tra la negazione della rendita assoluta e il programma
della municipalizzazione?
Per quanto Maslov sia tutto compreso dell’importanza delle sue
notevoli scoperte nel campo teorico deireconomia politica, nondimeno
egli è, a quanto pare, un tantino in dubbio circa resistenza di un sl-
mile nesso. Perlomeno nell’articolo citato ( Obrazovanic , n. 2, p. 120)
egli nega che vi sia un nesso tra la municipalizzazione e il « fatto »
della fertilità decrescente. Ne vien fuori qualcosa di strano: la « legge
della fertilità decrescente » è connessa con la negazione della rendita
assoluta, è connessa anche con la lotta contro il populismo, ma non
sarebbe connessa col programma agrario di Maslov! Ma è agevole con-
vincersi anche direttamente che l’opinione secondo' la quale non esi-
sterebbe nessun nesso tra la teoria agraria generale e il programma
agrario russo di Maslov è un’opinione sbagliata.
La negazione della rendita assoluta è la negazione dell’importanza
economica della proprietà fondiaria privata in regime capitalistico. Chi
ammette l’esistenza della sola rendita differenziale giunge inevitabil-
mente alla conclusione che le condizioni delPeconomia capitalistica e
dello sviluppo capitalistico non mutano minimamente sia che la terra
appartenga allo Stato o a privati. In entrambi i casi, dal punto di vista
della teoria che nega la rendita assoluta, si ha soltanto la rendita dif-
ferenziale. È ovvio che una simile teoria deve condurre a negare ogni
importanza alla nazionalizzazione come misura che influisce sullo svi-
luppo del capitalismo accelerandolo, spianandogli la strada, ecc. Poi-
ché una simile concezione della nazionalizzazione scaturisce dall’am-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
295
missione di due forme di rendita, la forma capitalistica, cioè non eli-
minabile, in regime capitalistico, nemmeno sulla terra nazionalizzata
(rendita differenziale), e la forma non capitalistica, connessa al mono-
polio, inutile per il capitalismo, e che ne impedisce il pieno svi-
luppo (rendita assoluta).
Perciò Maslov è giunto inevitabilmente, partendo dalla sua « teo-
ria », alla conclusione che « poco importa che la si chiami [la rendita
fondiaria] assoluta o differenziale» ( Obrazovanie , n. 3, p. 103), che
il problema è solo quello di sapere se trasferire questa rendita alle
istituzioni locali oppure al potere centrale. Ma una simile concezione
è il risultato di un’ignoranza teorica. Del tutto indipendentemente dal
.problema di sapere nelle mani di chi verrà trasferita la rendita e a
quali fini politici essa servirà, esiste l’altra questione, incomparabil-
mente piu importante, dei mutamenti nelle condizioni generali dell’eco-
nomia capitalistica e dello sviluppo capitalistico dovuti all’abolizione
della proprietà privata della terra.
Questo problema puramente economico non viene in alcun modo
nemmeno posto da Maslov, non è e non poteva essere da lui compreso
dal momento che nega la rendita assoluta. Di qui il procedimento, mo-
struosamente unilaterale, « politicantesco », potrei dire, di ridurre la
questione della confisca delle grandi proprietà fondiarie esclusivamente
a quella di sapere chi prenderà la rendita. Di qui il mostruoso dua-
lismo del programma, che fonda i suoi calcoli su uno « sviluppo vit-
torioso della rivoluzione » ( espressione della risoluzione sulla tattica,
aggiunta al programma di Maslov al Congresso di Stoccolma). Lo svi-
luppo vittorioso della rivoluzione borghese presuppone innanzi tutto
trasformazioni economiche di fondo che spazzino realmente via tutte
le sopravvivenze del feudalesimo e dei monopoli medioevali. Frattanto
nella municipalizzazione vediamo un autentico bimetallismo agrario:
la combinazione della piu vetusta proprietà dei nadiel , invecchiata e
decrepita, medioevale, con l’assenza della proprietà privata della terra,
cioè con la struttura dei rapporti agrari piu avanzata, teoricamente
ideale nella società capitalistica. Questo bimetallismo agrario è teori-
camente un assurdo, qualcosa di impossibile dal punto di vista pura-
mente economico. L’unione della proprietà privata della terra con la
proprietà sociale è qui puramente meccanica, « escogitata » da un uomo
che non vede nessuna differenza nella stessa struttura dell’economia
296
LENIN
capitalistica in regime di proprietà privata della terra e in regime di ine-
sistenza di questa proprietà. Per un simile « teorico » la questione sta
esclusivamente nel sapere come ripartire la rendita, « poco importa che
questa si chiami assoluta o differenziale ».
In realtà in un paese capitalistico è impossibile lasciare la metà
della terra (138 milioni di desiatine su 280) in proprietà privata. Una
delle due: o la proprietà privata della terra è realmente richiesta dal-
l’attuale grado di sviluppo economico, corrisponde realmente agli inte-
ressi basilari della classe di coloro che operano capitalisticamente sulla
terra, e allora la proprietà privata della terra è inevitabile dappertutto,
come base di una società borghese costituitasi secondo un tipo de-
terminato.
Oppure la proprietà privata della terra non è obbligatoria nell’at-
tuale grado di sviluppo capitalistico, non scaturisce inevitabilmente da-
gli interessi della classe dei farmers , è addirittura in contraddizione con
questi interessi, e allora è impossibile conservarla nella sua forma in-
vecchiata.
Conservare il monopolio su una sola metà della superficie colti-
vata, creare un privilegio per una sola categoria di piccoli agricoltori,
perpetuare, in una libera società capitalistica, una « zona di residenza
obbligata » che divida i proprietari dai fittavoli della terra sociale è
un’assurdità, indissolubilmente connessa all’assurdità della teoria eco-
nomica di Maslov.
Ed ora dobbiamo passare all’esame dell’importanza economica della
nazionalizzazione, che Maslov e i suoi fautori * hanno sospinto in se-
condo piano.
5, Critica della proprietà privata della terra dal punto di vista dello
sviluppo del capitalismo
L’errore consistente nel negare la rendita assoluta, che è la forma
attraverso la quale la proprietà privata della terra si realizza in red-
* Nel novero di questi fautori andò a finire a Stoccolma anche Plekhanov.
L’ironia della storia ha voluto che questo sedicente severo custode dell’ortodossia
non notasse o non volesse notare \ travisamenti della teoria economica di Marx
da parte di Maslov,
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
297
diti capitalistici, ha portato a un grave difetto della letteratura social-
democratica e di tutta la posizione della socialdemocrazia relativamente
alla questione agraria nella rivoluzione russa. Invece di assumersi diret-
tamente la critica della proprietà privata della terra, invece di porre
questa critica alla base dell’analisi economica, dell’analisi di una deter-
minata evoluzione economica, i nostri socialdemocratici, seguendo Ma-
slov, hanno abbandonato questa critica ai populisti. Ne sono risultati
una profonda banalizzazione teorica del marxismo e una deformazione
dei suoi compiti di propaganda durante la rivoluzione. Nei discorsi pro-
nunciati alla Duma, nella letteratura propagandistica ed agitatoria ecc.,
la critica della proprietà privata della terra è stata condotta soltanto
da un punto di vista populista, cioè piccolo-borghese, pseudosocialista.
I marxisti non hanno saputo discernere il fondo reale da quest’ideolo-
gia piccolo-borghese, non avendo capito che il loro compito era quello
di immettere l’elemento storico nell’esame della questione e di sosti-
tuire al punto di vista dei piccoli borghesi (idea astratta dell’ugua-
glianza, della giustizia, ecc.) il punto di vista del proletariato sulle vere
radici della lotta contro la proprietà fondiaria privata in una società
capitalistica in via di sviluppo. Il populista pensa che la negazione
della proprietà privata della terra sia la negazione del capitalismo. Ciò
è sbagliato. La negazione della proprietà privata della terra è l’espres-
sione dèlie esigenze del più puro sviluppo capitalistico. E noi dob-
biamo ravvivare nella coscienza dei marxisti le « parole dimenticate »
di Marx, che criticava la proprietà fondiaria privata dal punto di vista
delle condizioni dell’economia capitalistica.
Marx rivolgeva tale critica non solo contro la grande, ma anche
contro la piccola proprietà fondiaria. In determinate condizioni stori-
che la libera proprietà della terra del piccolo contadino accompagna
necessariamente la piccola produzione nell’agricoltura. Quando sotto-
lineava questo fatto, A. Finn aveva pienamente ragione contro Maslov.
Ma un simile riconoscimento della necessità storica dimostrata dal-
Yesperienza non esclude il dovere del marxista di valutare da tutti i
punti di vista la piccola proprietà fondiaria. Non si può concepire che
tale proprietà sia realmente libera se non esiste la libertà della com-
pravendita della terra. La proprietà privata della terra implica la ne-
cessità di un esborso di capitale per l’acquisto della terra stessa, A
questo proposito Marx scriveva nel III volume del Capitale: « Uno
298
LENIN
dei mali specifici della piccola agricoltura, quando è combinata con ia
libera proprietà della terra, deriva dal fatto che il coltivatore anticipa
un capitale nell’acquisto della terra» (III, 2, 342). «L’esborso del
capitale per l’acquisto della terra sottrae questo capitale alla coltura »
(ivi, 341).
« L’esborso di capitale monetario per l’acquisto del terreno non
costituisce quindi un investimento di capitale agricolo. Esso è pertanto
una diminuzione del capitale di cui i piccoli contadini possono disporre
nella loro propria sfera di produzione. Esso diminuisce prò tanto la
quantità dei loro mezzi di produzione e restringe quindi la base eco-
nomica della produzione. Esso assoggetta il piccolo contadino all’usu*
raio, perché in questa sfera il credito, nel senso effettivo della parola,
in generale si presenta solo raramente. Esso è un ostacolo all'agricoi-
tura anche in quei casi in cui l’acquisto riguarda grandi proprietà.
Esso si trova di fatto in contraddizione con il modo di produzione
capitalistico, che è nell'insieme indifferente alla questione se il pro-
prietario fondiario è indebitato, abbia egli ereditato o acquistato la
sua proprietà» (344-345) IJ8 .
In tal modo sia l’ipoteca della terra che l’usura sono, per cosi
dire, le forme di cui si serve il capitale per aggirare le difficoltà che
la proprietà fondiaria privata crea alla libera penetrazione del capitale
nell’agricoltura. Senza il capitale non si pup condurre un’azienda in
una società a produzione mercantile. Non possono non rendersene conto
né il contadino né il suo ideologo populista. La questione si riduce,
dunque, a questo: può il capitale dirigersi in piena libertà, in maniera
diretta ed immediata, verso l’agricoltura o deve penetrarvi attraverso
l'usuraio e l’istituto di credito? Il pensiero del contadino e del popu-
lista, che in parte non si rendono conto del completo dominio del capi-
tale nell’odierna società, in parte si calano sugli occhi il cappello delle
illusioni e dei sogni per non vedere la spiacevole realtà, questo pen-
siero si rivolge a un aiuto in denaro dall’esterno. « A coloro che hanno
ricevuto la terra dal fondo nazionale — suona il § 15 del progetto
agrario dei 104 — e che non hanno i mezzi sufficienti per fornirsi di
tutto il necessario per l'azienda, dev’essere accordato un aiuto a spese
dello Stato sotto forma di mutui e sussidi ». Non v’ha dùbbio, natural-
mente, che un simile aiuto in denaro sarebbe necessario in caso di
riorganizzazione dell’agricoltura russa ad opera di una rivoluzione con-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
299
ladina vittoriosa. Nel suo scritto La questione agraria in Russia , Kaut-
sky Io sottolinea del tutto giustamente. Ma ora da noi si tratta di
sapere qual è l'importanza economico-sociale di tutti questi « mutui e
sussidi in denaro », importanza che al populista sfugge. Lo Stato può
essere solo un intermediario nella trasmissione del denaro dei capi-
talisti; esso stesso, però, può avere del denaro solamente rivolgendosi
ai capitalisti. Quindi, pur con la migliore organizzazione possibile del-
Taiuto statale, il dominio del capitale non viene in alcun modo elimi-
nato, e la questione resta sempre la stessa: quali forme di capitale pos-
sono essere applicate airagricoltura?
E questa questione porta inevitabilmente alla critica marxista della
proprietà privata della terra. Questa proprietà è un ostacolo alla libera
applicazione del capitale alla terra. O completa libertà di questa appli-
cazione, e allora abolizione della proprietà privata della terra, cioè stia
nazionalizzazione. Oppure conservazione della proprietà fondiaria pri-
vata, e allora forme aggiranti di penetrazione del capitale: il proprie-
tario fondiario e il contadino ipotecheranno la terra, il contadino sarà
asservito all’usuraio, la terra sarà ceduta al fittavolo che possiede un
capitale.
« Nel caso della piccola coltura — dice Marx — il prezzo della
terra, forma e risultato della proprietà privata della terra, agisce come
limite della produzione stessa. Nella grande agricoltura e nella grande
proprietà fondiaria gestita in modo capitalistico la proprietà agisce pari-
menti come limite, poiché limita gli investimenti produttivi di capi-
tale deiraffittuario, investimenti che in ultima istanza vanno a van-
taggio non suo, ma del proprietario fondiario » (346-347, 2. Teil, III
Band, Das Kapital) 11B ,
L’abolizione della proprietà privata della terra è dunque la mas-
sima eliminazione, possibile nella società borghese, di ogni sorta di
barriere che si frappongono alla libera applicazione del capitale all’agri-
coltura e al libero passaggio del capitale da un ramo della produzione
a un altro. Libertà, ampiezza e rapidità dello sviluppo del capitalismo,
completa libertà della lotta di classe, scomparsa di ogni sorta di inutili
intermediari che rendono l'agricoltura simile a un’industria « del su-
dore » 12 °: ecco che cos’è la nazionalizzazione della terra in regime di
produzione capitalistica.
300
LENIN
6. Nazionalizzazione della terra e rendita « in denaro »
Un interessante argomento economico contro la nazionalizzazione
è stato fatto valere dal fautore della spartizione A. Finn. Tanto la
nazionalizzazione che la municipalizzazione — egli dice — significano
il trasferimento della rendita a una determinata collettività sociale. Ma
ci si domanda: di quale rendita si tratta qui? Non della rendita capi-
talistica, giacché « i contadini non ottengono abitualmente dalla loro
terra una rendita in senso capitalistico » ( La questione agraria e la
socialdemocrazia , p. 77; cfr. p. 63), ma della rendita in denaro pre-
capitalistica.
Per rendita in denaro Marx intende il pagamento, da parte del
contadino al proprietario fondiario, di tutto il plusprodotto sotto for-
ma di denaro. La forma originaria della dipendenza economica del
contadino nei confronti del proprietario fondiario è, coi mpdi di pro-
duzione precapitalistici, la rendita in lavoro [Arbeitsrente) , cioè la
corvée ; viene poi la rendita in prodotti o rendita in natura, e infine
la rendita in denaro. Questa rendita — dice A. Finn — « è da noi la
piu diffusa anche oggi» (p. 63).
Non v'ha dubbio che Taffitto fondato sulla servitù della gleba e
suirasservimento è da noi straordinariamente diffuso e che, secondo la
teoria di Marx, ciò che pagano i contadini per l'affitto è in misura con-
siderevole una rendita in denaro. Qual è la forza che dà la possibilità
di spremere ai contadini tale rendita? Forse la forza della borghesia
e del capitalismo in via di sviluppo? Assolutamente no. È la forza dei
latifondi di tipo feudale. In quanto questi ultimi saranno spezzati — e
questo è il punto di partenza e la condizione fondamentale di una rivo-
luzione agraria contadina — , in tanto non si dovrà piu parlare di « ren-
dita in denaro » in senso precapitalistico. L'obiezione di Finn ha dun-
que il solo valore di sottolineare ancora una volta l'assurdità di una
separazione delle terre contadine dei nadiel dalle restanti terre in un
rivolgimento agrario rivoluzionario: siccome le terre dei nadiel sono
spesso circondate da quelle dei grandi proprietari, siccome V attuale
delimitazione delle terre dei contadini e di quelle dei grandi proprie-
tari dà origine aH’asservimento, il mantenimento di questa delimita-
zione è reazionario. E la municipalizzazione lo conserva , a differenza
sìa della spartizione che della nazionalizzazione.
IL programma agrario della socialdemocrazia
301
L'esistenza della piccola proprietà fondiaria o, più esattamente,
della piccola azienda, apporta naturalmente certi mutamenti alle tesi
generali della teoria della rendita capitalistica, ma non distrugge que-
sta teoria. Marx rileva, per esempio, che la rendita assoluta come tale
non esiste abitualmente nella piccola agricoltura, che deve principal-
mente soddisfare i bisogni dello stesso agricoltore (III, 2, 339,
344) iai . Ma quanto più si sviluppa l'economia mercantile tanto più
divengono applicabili tutte le tesi della teoria economica anche al-
l'azienda contadina, una volta che questa si sia inserita nelle condizioni
del mondo capitalistico. Non bisogna dimenticare che nessuna naziona-
lizzazione della terra, nessun godimento egualitario della terra potrà
distruggere il fenomeno, già pienamente radicatosi in Russia, per cui
i contadini agiati già gestiscono la loro azienda capitalisticamente. Nello
Sviluppo del capitalismo feci vedere che, secondo i dati degli anni ot-
tanta e novanta del secolo scorso, circa un quinto delle famiglie con-
tadine concentravano nelle loro mani quasi la metà della produzione
agricola contadina e una parte alquanto maggiore delle terre prese in
affitto , che l'economia di tali contadini è già oggi più mercantile che
naturale e che infine questi contadini non possono esistere senza un
contingente di milioni di salariati e di giornalieri 122 . In seno a questa
massa contadina gli elementi della rendita capitalistica già esistono.
Questi contadini esprimono i loro interessi per bocca dei signori Pe-
scekhonov, che respingono « sensatamente » sia il divieto del lavoro
salariato che la « socializzazione della terra », che sostengono sensata-
mente il punto di vista dell'individualismo economico del contadino
che va prendendo piede. Se nelle utopie dei populisti distingueremo
rigorosamente il momento economico reale dalla falsa ideologia, ve-
dremo subito che dall'abolizione dei latifondi di tipo feudale — sia
con la spartizione, sia con la nazionalizzazione, sia con la municipaliz-
zazione — traggono soprattutto vantaggio i contadini borghesi. Anche
i « mutui e sussidi » dello Stato non possono non tornare prima di
tutto a loro vantaggio. La « rivoluzione agraria contadina » altro non
è che l'assoggettamento di tutto il sistema di possesso fondiario alle
condizioni che rendono possibile il progresso e la prosperità per l'ap-
punto di queste aziende di farmers .
La rendita in denaro è il passato che muore, che non può non
morire. La rendita capitalistica è il domani che nasce, che non può non
302
LENIN
svilupparsi, sia con l’espropriazione stolypiniana dei contadini piu po-
veri («in base airarticolo 87»), sia con l’espropriazione dei grandi
proprietari piu ricchi da parte dei contadini.
7. In quali condizioni si può attuare la nazionalizzazione?
Tra i marxisti s’incontra spesso chi sostiene che la nazionalizza-
zione è attuabile soltanto a un alto grado di sviluppo del capitalismo,
quando questo avrà già completamente preparato le condizioni della
«separazione dei proprietari terrieri daU’agricoltura » (mediante l’ af-
fitto e l’ipoteca). Si suppone che la grande agricoltura capitalistica
debba già essersi formata prima che sia attuabile la nazionalizzazione
della terra, che amputa la rendita senza ledere l’organismo economico *.
È giusta quest’opinione? Essa non può avere un fondamento teo-
ricojnon è possibile sostenerla con diretti richiami a Marx; i dati del-
l’esperienza sono piuttosto contro di essa.
Teoricamente la nazionalizzazione è lo sviluppo « idealmente » pu-
ro del capitalismo nell’agricoltura . Tutt’altra cosa è la questione di
sapere se nella storia siano frequentemente realizzabili combinazioni
di fattori e un rapporto di forze tali da consentire la nazionalizzazione
nella società capitalistica. Ma la nazionalizzazione è non solo la con-
seguenza del rapido sviluppo del capitalismo, ne è anche la condizione.
Pensare che la nazionalizzazione sia possibile solo con un altissimo svi-
luppo del capitalismo nell’agricoltura significa piuttosto negare la nazio-
nalizzazione come misura di progresso borghese , giacché l’alto sviluppo
del capitalismo agricolo ha già posto dovunque alPordine del giorno
(e porrà a suo tempo all’ordine del giorno in nuovi paesi) la « nazio-
nalizzazione della produzione agricola », cioè la rivoluzione socialista.
Una misura di progresso borghese è inconcepibile, come misura borghese,
quando esiste un forte inasprimento della lotta di classe tra il prole-
tariato e la borghesia. Una simile misura è verosimile piuttosto in una
* Ecco una delle piu precise formulazioni di quest’opinione, dovuta al com-
pagno Borisov, fautore della spartizione: « ...In seguito essa [la rivendicazione
della nazionalizzazione della terra] verrà posta dalla storia, e sarà posta quando
l'azienda piccolo-borghese decadrà, quando il capitalismo nell’agricoltura avrà con-
quistato salde posizioni e la Russia non sarà più un paese contadino » (p. 127 de-
gli Atti del congresso di Stoccolma).
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
303
società borghese « giovane », che non abbia ancora sviluppato le pro-
prie forze, che non abbia ancora sviluppato sino in fondo le sue con-
traddizioni, che non abbia ancora creato un proletariato tanto forte da
tendere immediatamente a una rivoluzione socialista. E Marx ammet-
teva, e in parte propugnava apertamente, la nazionalizzazione non solo
all’epoca della rivoluzione borghese in Germania nel 1848, ma anche
nel 1846 per l’America, a proposito della quale già allora diceva, con
assoluta precisione, che essa era appena agli inizi dello sviluppo « in-
dustriale ». L’esperienza dei vari paesi capitalistici non ci offre esempi
di nazionalizzazione della terra in una forma piu o meno pura. Qual-
cosa del genere lo troviamo nella Nuova Zelanda, giovane democrazia
borghese nella quale non è neanche il caso di parlare di alto sviluppo
del capitalismo agricolo. Qualcosa del genere si ebbe in America quan-
do lo Stato promulgò la legge sugli homesteads e distribuì appezza-
menti di terra ai piccoli agricoltori in cambio della rendita nominale.
No. Pretendere che la nazionalizzazione sia realizzabile soltanto
in un'epoca di alto sviluppo del capitalismo significa negarla come mi-
sura di progresso borghese. E una simile negazione è in aperto con-
trasto con la teoria economica. Mi pare che nel seguente ragionamento
contenuto nelle Teorie del plusvalore Marx abbia parlato delle con-
dizioni in cui è possibile attuare la nazionalizzazione in modo diverso
da quello che abitualmente si pensa.
Dopo aver mostrato che il proprietario fondiario è una figura af-
fatto superflua per la produzione capitalistica, che il fine di quest ul-
tima « viene pienamente conseguito » se la terra appartiene allo Stato,
Marx continua:
« Per questo il borghese radicale giunge teoricamente alla nega-
zione della proprietà privata della terra... Nella pratica tuttavia gli
manca l'ardire, giacché l’attacco a una forma di proprietà, alla forma
della proprietà privata delle condizioni del lavoro, sarebbe molto peri-
coloso anche per l’altra forma. Inoltre il borghese si è egli stesso ter-
ritorializzato » ( Theorien uber den Mehrwert , Il Band, 1. Teil, S. 208).
Marx non indica qui, come ostacolo all'attuazione della nazio-
nalizzazione, lo scarso sviluppo del capitalismo neH’agricoltura. Egli in-
dica due altri ostacoli, che parlano assai piu a favore dell’idea dell’at-
tuabilità della nazionalizzazione nell'epoca della rivoluzione borghese ,
Primo ostacolo; al borghese radicale manca T ardire di attaccare
304
LENIN
la proprietà fondiaria privata, dato il pericolo di un attacco socialista
contro ogni proprietà privata, cioè di una rivoluzione socialista.
Secondo ostacolo: « il borghese si è egli stesso territorializzato ».
Marx allude evidentemente al fatto che il modo di produzione bor-
ghese si è già consolidato precisamente nella proprietà privata della
terra, cioè che questa proprietà privata è diventata assai piu borghese
che feudale. Quando la borghesia come classe si è già legata, su vasta
scala, in misura preponderante, alla proprietà fondiaria, si è già « essa
stessa territorializzata », « insediata sulla terra », ha già pienamente
assoggettato a sé la proprietà fondiaria, non ci può essere un movi-
mento veramente sociale della borghesia in favore della nazionalizza-
zione. Non ci può essere per il semplice motivo che nessuna classe
agirà mai contro se stessa.
Generalmente parlando, entrambi questi ostacoli sono eliminabili
soltanto nel periodo dell'inizio del capitalismo, e non nel periodo della
sua fine; nel periodo della rivoluzione borghese , e non alla vigilia della
rivoluzione socialista. L'opinione secondo cui la nazionalizzazione sa-
rebbe attuabile solo quando si ha un capitalismo altamente sviluppato
non può essere chiamata un’opinione marxista. Essa è in contraddi-
zione e con le premesse generali della teoria di Marx e con le sue
parole qui riportate. Essa semplifica la questione dell’ambiente sto-
rico concreto della nazionalizzazione, come misura realizzabile ad opera
di forze e classi determinate, sino a ridurla a una schematica e nuda
astrazione.
Il « borghese radicale » non può essere ardito nell’epoca di un alto
sviluppo del capitalismo. A tale epoca questo borghese è già, in gene-
rale, inevitabilmente controrivoluzionario. A tale epoca è già inevita-
bile la quasi completa « territorializzazione » della borghesia. All’epoca
della rivoluzione borghese, al contrario, le condizioni oggettive costrin-
gono il « borghese radicale » ad essere ardito, poiché, adempiendo il
compito storico del suo tempo, egli non può ancora, come classe, te-
mere una rivoluzione proletaria. All'epoca della rivoluzione borghese
la borghesia non si è ancora territorializzata : il possesso fondiario è
ancora troppo impregnato di feudalesimo. Può accadere allora che la
massa degli agricoltori borghesi, dei farmers , lotti contro le principali
forme di possesso fondiario e che essa giunga perciò alla pratica attua-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA. SOCIALDEMOCRAZIA
305
zione della completa « liberazione » borghese « della terra », cioè della
nazionalizzazione.
Sotto tutti questi rapporti la rivoluzione borghese russa si trova
in condizioni particolarmente favorevoli. Ragionando da un punto di
vista puramente economico, dobbiamo incondizionatamente riconoscere
che nella proprietà fondiaria russa, sia dei grandi proprietari che dei
nadiel contadini, sussiste il massimo di sopravvivenze del feudalesimo.
In tali condizioni la contraddizione tra il capitalismo relativamente svi-
luppato nell’industria e Pincredibile arretratezza della campagna diviene
stridente e spinge, in forza di cause oggettive, a conferire la massima
profondità alla rivoluzione borghese, a creare le condizioni del più ra-
pido progresso dell’agricoltura. La nazionalizzazione della terra è ap-
punto la condizione del piu rapido sviluppo capitalistico della nostra
agricoltura. Da noi, in Russia, c’è un « borghese radicale » che non si
è ancora « territorializzato », che non può temere, oggi, un « attacco »
proletario. Questo borghese radicale è il contadino russo.
Dal punto di vista indicato diviene pienamente comprensibile il
diverso atteggiamento verso la nazionalizzazione della terra della massa
dei borghesi liberali russi e della massa dei contadini russi. Il grande
proprietario fondiario, l’avvocato, il grande industriale, il commerciante
liberale si sono già tutti « territorializzati » in misura del tutto suf-
ficiente. Essi non possono non temere un attacco proletario. Pensate
solo al fiume d’oro al quale attingono oggi i grandi proprietari, i fun-
zionari, gli avvocati, i commercianti in forma di milioni distribuiti dalla
banca « contadina » ai grandi proprietari spaventati! Col « riscatto »
cadetto questo fiume d’oro seguirebbe un corso un tantino diverso,
sarebbe forse un tantino meno abbondante, ma sarebbe pur sempre for-
mato di centinaia di milioni, scorrerebbe sempre nelle stesse mani.
L’abbattimento rivoluzionario di tutte le vecchie forme di pos-
sesso fondiario può non fruttare un solo copeco né al funzionario né
all’avvocato. E il commerciante non può, in generale, mirare cosi lon-
tano da preferire il futuro ampliamento del mercato interno dei con-
tadini all’immediata possibilità di strappare qualcosa al grande proprie-
tario fondiario. Solo il contadino, precipitato nella bara dalla vecchia
Russia, è capace di lottare per ottenere il rinnovamento completo della
proprietà fondiaria.
306
LENIN
8. La nazionalizzazione porta alla spartizione?
Se si considera la nazionalizzazione come una misura particolar-
mente realizzabile nelFepoca della rivoluzione borghese, si è forzata-
mente indotti ad ammettere che la nazionalizzazione può essere un
semplice passaggio alla spartizione. La reale esigenza economica che
spinge la massa contadina a lottare per la nazionalizzazione è la neces-
sità di rinnovare radicalmente i vecchi rapporti inerenti al possesso fon-
diario, di « ripulire » tutte le terre, di renderle completamente adatte
alla nuova azienda, quella del farmer. Se è cosi, è chiaro che i farmers ,
dopo essersi insediati e aver rinnovato tutto il sistema di proprietà
fondiaria, possono esigere il consolidamento di questi nuovi ordina-
menti agrari, cioè la trasformazione in loro proprietà degli appezza-
menti da essi presi in affitto dallo Stato.
Si, ciò è affatto incontestabile. Noi arriviamo alla nazionalizza-
zione non partendo da considerazioni astratte, ma da una valutazione
concreta dei concreti interessi di un’epoca concreta. E sarebbe ovvia-
mente ridicolo ritenere che la massa dei piccoli agricoltori sia com-
posta di « idealisti », sarebbe ridicolo pensare che essi si arresteranno
davanti alla spartizione se i loro interessi la esigeranno. Dobbiamo quin-
di esaminare 1 ) se i loro interessi possano esigere la spartizione, 2 ) in
quali condizioni e 3) come ciò debba riflettersi nel programma agrario
proletario.
Alla prima domanda abbiamo già dato una risposta affermativa.
Alla seconda non si può oggi rispondere con precisione. La spartizione
può essere determinata, dopo il periodo della nazionalizzazione rivolu-
zionaria, dal desiderio di consolidare il più fortemente possibile i nuovi
rapporti della proprietà fondiaria corrispondenti alle esigenze del capi-
talismo. Può essere determinata dal desiderio di determinati possessori
della terra di aumentare i loro redditi a spese del resto della società.
E può, infine, essere determinata dal desiderio di « quietare » (o, par-
lando più semplicemente di soffocare) il proletariato e gli strati semi-
proletari, per i quali la nazionalizzazione della terra sarà un elemento
che « rinfocolerà gli appetiti » per la socializzazione di tutta la produ-
zione sociale. Queste tre possibilità si riducono tutte a un’unica base
economica, poiché dal consolidamento del nuovo possesso fondiario
capitalistico dei nuovi farmers scaturiranno spontaneamente anche una
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
307
mentalità Antiproletaria e l’aspirazione a creare per se stessi un nuovo
privilegio sotto forma di diritto di proprietà. Quindi la questione si
riduce precisamente a questo consolidamento economico. Esso sarà co-
stantemente controbilanciato dallo sviluppo del capitalismo, che aumen-
ta la superiorità della grande agricoltura ed esige una costante facili-
tazione per il « consolidamento » dei piccoli appezzamenti dei farmers
in grandi appezzamenti. Il fondo di colonizzazione della Russia sarà
un contrappeso temporaneo: consolidare la nuova economia significa
elevare la tecnica agricola. E abbiamo già dimostrato che ogni passo
avanti della tecnica agricola « apre » alla Russia sempre nuove super*
fici del suo fondo di colonizzazione.
A coronamento deH’esame della seconda domanda da noi posta si
deve trarre la seguente conclusione: è impossibile predire con preci-
sione le condizioni in cui la rivendicazione della spartizione avanzata
dai nuovi farmers avrà la meglio su tutte le influenze contrastanti. È ne-
cessario tener conto del fatto che dopo la rivoluzione borghese l’ulte-
riore sviluppo capitalistico creerà immancabilmente tali condizioni.
In compenso, all’ultima domanda, relativa all’atteggiamento del
partito operaio verso la possibile rivendicazione della spartizione da
parte dei nuovi farmers , si può dare una risposta del tutto precisa. Il
proletariato può e deve sostenere la borghesia combattente quando
essa è impegnata in una lotta realmente rivoluzionaria contro il feu-
dalesimo. Ma non è compito del proletariato sostenere la borghesia che
torna alla calma. Se è indubitabile che una rivoluzione borghese vitto-
riosa in Russia è impossibile senza la nazionalizzazione della terra, è
ancor piu indubitabile che una successiva svolta verso la spartizione è
impossibile senza una certa « restaurazione », senza una svolta dei con-
tadini (o piu esattamente, dal punto di vista dei rapporti presupposti,
dei farmers) verso la controrivoluzione. Il proletariato non appoggerà
tutte queste tendenze, ma difenderà contro di esse la tradizione rivo-
luzionaria.
Sarebbe comunque profondamente sbagliato pensare che, qualora
i nuovi farmers operassero una svolta verso la spartizione, la naziona-
lizzazione resterebbe un fenomeno effimero, privo di serio valore.
Avrebbe comunque un valore gigantesco, sia materiale che morale. Ma-
teriale perché nulla è in grado di spazzar via cosi completamente le
sopravvivenze del medioevo in Russia, di rinnovare cosi completamente
308
LENIN
la campagna, semimputridita nell'arretratezza asiatica, di spingere cosi
^apulamente in avanti il progresso dell' agricoltura, quanto la naziona-
lizzazione. Ogni altra soluzione della questione agraria nella rivolu-
zione creerebbe punti di partenza meno favorevoli per l’ulteriore svi-
luppo economico.
Il valore morale della nazionalizzazione in un'epoca rivoluzionar
ria sta nel fatto che il proletariato contribuisce ad assestare « a una
forma della proprietà privata » un colpo le cui ripercussioni si faranno
inevitabilmente sentire in tutto il mondo. Il proletariato sostiene la ri-
voluzione borghese più coerente e più risoluta, le condizioni più favo-
revoli per lo sviluppo capitalistico, controbilanciando cosi col massimo
successo possibile qualsiasi irresolutezza, fiacchezza, mancanza di carat-
tere, passività, tutte qualità che la borghesia non può non manifestare.
CAPITOLO QUARTO
CONSIDERAZIONI POLITICHE E TATTICHE
SULLE QUESTIONI RELATIVE AL PROGRAMMA AGRARIO
Sono proprio considerazioni di questo genere che, come si è già
rilevato sopra, occupano un posto sproporzionatamente grande nella
nostra discussione di partito sul programma agrario. Nostro compito
è di esaminare tali considerazioni quanto più sistematicamente e bre-
vemente possibile, indicando la correlazione esistente tra i vari prov-
vedimenti (e punti di vista) politici e le basi economiche della rivo-
luzione agraria.
1. Una « garanzia contro la restaurazione »
Nella mia Relazione sul Congresso di Stoccolma ho esaminato
quest’argomento ricostruendo le discussioni a memoria. Abbiamò ora
sotto gli occhi il testo preciso degli atti.
« La chiave della mia posizione — esclamò Plekhanov al congresso
di Stoccolma — consiste nel fatto che io indico la possibilità di una
restaurazione » (p. 115). Osserviamo dunque questa chiave un po’ più
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
309
da vicino. Ecco il primo accenno ad essa nel primo discorso di Ple-
khanov:
« Lenin dice: “renderemo innocua la nazionalizzazione”, ma per
rendere innocua la nazionalizzazione è necessario trovare una garanzia
contro la restaurazione; ma questa garanzia non esiste e non può esi-
stere. Ricordate la storia della Francia; ricordate la storia delTInghil-
terra; in ciascuno di questi paesi a un vasto slancio rivoluzionario segui
la restaurazione. Lo stesso può avvenire anche da noi; e il nostro pro-
gramma dev'essere tale da potere, nel caso che esso si realizzi, ridurre
al minimo il danno che può arrecare la restaurazione. Il nostro pro-
gramma deve eliminare la base economica dello zarismo; ma la nazio-
nalizzazione della terra nel periodo rivoluzionario non elimina questa
base. Per questo considero la rivendicazione della nazionalizzazione
come una rivendicazione antirivoluzionaria » ( p. 44 ) . Quale sia questa
« base economica dello zarismo », Plekhanov lo dice nello stesso di-
scorso: « Da noi le cose sono andate in modo tale che Io Stato, in-
sieme con la terra ha asservito anche gli agricoltori, e sulla base di
questo asservimento si è sviluppato il dispotismo russo. Per demolire
il dispotismo è necessario eliminare la sua base economica. Perciò in
questo momento io sono contrario alla nazionalizzazione » (p. 44).
Considerate innanzi tutto la logica di questo ragionamento sulla
restaurazione. Primo: « una garanzia contro la restaurazione non esiste
e non può esistere »! Secondo: bisogna « ridurre al minimo il danno
che può arrecare la restaurazione ». Bisogna cioè escogitare una garan-
zia contro la restaurazione, benché una simile garanzia non possa esi-
stere! E alla successiva pagina 45 (stesso discorso) Plekhanov escogita
finalmente la garanzia: « In caso di restaurazione — egli dice testual-
mente — essa [la municipalizzazione] non consegna la terra [udite!]
nelle mani dei rappresentanti politici del vecchio regime ». La garan-
zia contro la restaurazione è stata trovata, benché una tale garanzia
«non possa esistere». Il giuoco di prestigio è stato brillantemente
eseguito, e la letteratura menscevica è piena d’entusiasmo per la de-
strezza di questo prestigiatore.
Quando Plekhanov parla, egli è arguto, scherza, tuona, scoppietta,
gira e brilla come la girandola di un fuoco d'artificio. Ma guai se un
simile oratore scrive esattamente il suo discorso per poi sottoporlo a
un esame logico.
310
LENIN
Che cos’è la restaurazione? Il passaggio del potere statale nelle
mani dei rappresentanti politici del vecchio regime. Ci può essere una
garanzia contro tale restaurazione? No, non ci può essere. Perciò esco-
gitiamo una tale garanzia: la municipalizzazione, che « non consegna
la terra »... Ma in che cosa consiste, chiederemo poi, Tostacelo che la
municipalizzazione oppone alla « consegna della terra »? Esclusivamente
in una legge promulgata da un parlamento rivoluzionario e che dichiara
determinate terre (già dei grandi proprietari, ecc.) proprietà delle diete
regionali. E che cos e la legge? L’espressione della volontà delle classi
che hanno riportato la vittoria e hanno nelle loro mani il potere statale.
Capite ora che una simile legge « non consegnerà la terra » ai
« rappresentanti del vecchio regime » quando il potere statale passerà
nelle loro mani?
E questa madornale sciocchezza i socialdemocratici l’hanno pre-
dicata dopo Stoccolma, presentandola persino dalla tribuna della Duma*!
Sulla sostanza di questa famigerata questione di una « garanzia
contro la restaurazione » va notato quanto segue. Siccome nelle nostre
mani non ci possono essere garanzie contro la restaurazione, sollevare
questo problema in connessione col programma agrario ha voluto dire
distrarre l’attenzione degli ascoltatori, ingorgare il loro pensiero , ingar-
bugliare la discussione. Noi non siamo in grado di suscitare a voler
nostro una rivoluzione socialista in Occidente, quest’unica garanzia as-
soluta contro là restaurazione in Russia. Ma una « garanzia » relativa
e condizionale, ossia il maggior ostacolo che si può frapporre alla restau-
razione, è il condurre quanto più possibile profondamente, coeren-
temente e risolutamente il rivolgimento rivoluzionario in Russia. Tanto
più sarà difficile la restaurazione del vecchio quanto più la rivoluzione
si spingerà lontano, e tanto più ne resterà anche in caso di restaurazione.
Quanto più profondamente il vecchio terreno sarà dissodato dalla rivo-
luzione, tanto più sarà difficile la restaurazione. Nel campo politico la
repubblica democratica è un rivolgimento più profondo dell’autoam-
ministrazione locale democratica; essa presuppone (e sviluppa) una
grande energia rivoluzionaria, la consapevolezza, l’organizzazione di
grandi masse di popolo; essa lascia tradizioni che è assai più difficile
sradicare. Perciò, per esempio, gli odierni socialdemocratici apprezzano
* Discorso di Tsereteli del 26 maggio 1907, p. 1234 dei resoconti stenografici
della li Duma.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
311
i grandi frutti della rivoluzione francese, nonostante tutte le restaura-
zioni, distinguendosi in ciò dai cadetti (e dai socialdemocratici cadet-
teggianti?), i quali come «garanzia contro la restaurazione» preferi-
scono degli zemstvo democratici in regime monarchico.
Nel campo economico è la nazionalizzazione che, all’atto di una
rivoluzione agraria borghese, va più avanti, giacché demolisce tutto il
possesso fondiario medioevale. Il contadino oggi coltiva un pezzetto di
terra dei nadiel assegnatagli in proprietà, un pezzetto di terra dei nadiel
presa in affitto, un pezzetto di terra dei grandi proprietari presa in
affitto, ecc. La nazionalizzazione permette al massimo grado di demo-
lire tutti i confini del possesso fondiario e di « ripulire » tutta la terra
per una nuova economia che corrisponda alle esigenze del capitalismo.
Certo, anche con una simile ripulitura non esiste una garanzia contro
il ritorno del vecchio: promettere al popolo una simile « garanzia con-
tro la restaurazione » significherebbe agire da ciarlatani. Ma con que-
sta ripulitura del vecchio possesso fondiario la nuova economia si con-
soliderà a tal punto che il ritorno al vecchio possesso fondiario verrà
reso sommamente difficile, poiché nessuna forza può arrestare lo svi-
luppo del capitalismo. Con la municipalizzazione, invece, il ritorno al
vecchio possesso fondiario viene facilitato poiché essa perpetua la « zona
di residenza obbligata », il solco che divide il possesso fondiario medioe-
vale dà quello nuovo, municipalizzato. Una volta attuata la nazionaliz-
zazione, la restaurazione deve distruggere, per ripristinare il vecchio
possesso fondiario, milioni di nuove aziende capitalistiche (dei far -
mers). Una volta attuata la municipalizzazione, la restaurazione non
ha bisogno di distruggere nessun'azienda, non ha bisogno di attuare
nessuna nuova fissazione dei confini; basta firmare ad occhi chiusi un
pezzo di carta che trasferisca le terre del « municipio » X in proprietà
dei grandi proprietari nobili Y, Z, ecc., oppure trasmettere ai grandi
proprietari la rendita delle terre « municipalizzate ».
Ancora. Dall'errore logico di Plekhanov nella questione della re-
staurazione, dalla confusione dei concetti politici bisogna passare alla
sostanza economica della restaurazione. Gli Atti del Congresso di Stoc-
colma hanno confermato in pieno quanto dicevo nella Relazione , e cioè
che Plekhanov confonde in maniera inammissibile la restaurazione fran-
cese basata sul capitalismo con la restaurazione del « nostro vecchio
regime semiasiatico» (p. 116 degli Atti del Congresso di Stoccolma).
312
LENIN
Su questa questione non ho perciò bisogno di aggiungere nulla a quanto
è stato detto nella Relazione . Ci soffermeremo soltanto sull’« elimi-
nazione della base economica del dispotismo ». Ecco il piu importante
brano del discorso di Plekhanov relativo a questo punto:
«La Restaurazione» (in Francia) «non restaurò, è vero, le so-
pravvivenze del feudalesimo, ma ciò che da noi corrisponde a queste
sopravvivenze è il nostro vecchio asservimento della terra e dell’agri-
coltore allo Stato, la nostra vecchia forma particolare di nazionaliz-
zazione della terra. Alla nostra restaurazione riuscirà tanto piu agevole
ripristinare questa [sic!] nazionalizzazione della terra in quanto voi
stessi richiedete la nazionalizzazione della terra, in quanto voi lasciate
intatta quest’eredità del nostro vecchio regime semiasiatico » (p. 116 ).
Quindi alla restaurazione « riuscirà più agevole » ripristinare que-
sta nazionalizzazione, cioè quella semiasiatica, in quanto Lenin (e la
massa contadina) chiedono ora la nazionalizzazione! Che cos’è questo?
Un’analisi storico-materialistica o un « giuoco di parole » * puramente
razionalistico? È la parola « nazionalizzazione » o sono certi mutamenti
economici ad agevolare il ripristino degli ordinamenti semiasiatici? Se
Plekhanov ci avesse pensato, avrebbe visto che la municipalizzazione
e la spartizione distruggono una delle basi dell’arretratezza asiatica, la
grande proprietà fondiaria medioevale, ma lasciano sussistere l’altra:
il possesso fondiario medioevale dei nadiel. Quindi, in base alla so-
stanza della cosa, in base alla sostanza economica della rivoluzione (e
non in base alla sua definizione con questo o quel termine), è proprio
la nazionalizzazione che elimina assai piu radicalmente le basi econo-
miche dell’arretratezza asiatica. Il « giuoco di prestigio » di Plekhanov
sta nel fatto che egli ha chiamato « forma particolare di nazionalizza-
zione » un possesso fondiario medioevale, fondato sulla dipendenza,
sul tiaglò , sul reclutamento militare forzato, trascurando i due aspetti
di questo possesso fondiario: quello delle terre dei nadiel e quello delle
terre dei grandi proprietari. Grazie a quest’alterazione del senso delle
patole è stata maltrattata la questione storica reale: quali aspetti del
possesso fondiario medioevale vengono distrutti da questo o quel prov-
vedimento agrario. Non sono complicate le figure del fuoco d’artificio
di Plekhanov!
* Cosi il compagno Schmidt a Stoccolma, p. 122 degli Atti.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
313
La vera spiegazione di tutta questa, quasi inverosimile, confu-
sione di Plekhanov nella questione della restaurazione è contenuta in
due circostanze. In primo luogo, Plekhanov, parlando della « rivolu-
zione agraria contadina », non s’è minimamente reso conto della sua
originalità come evoluzione capitalistica. Egli confonde il populismo,
la dottrina della possibilità di un’evoluzione non capitalistica , con la
concezione marxista della possibilità di due tipi di evoluzione agraria
capitalistica. In Plekhanov traspare di continuo una confusa « paura
della rivoluzione contadina » (come già gli dissi a Stoccolma, pp. 106 -
107 ) ia \ la paura che questa possa risultare economicamente reazio-
naria e portare non al sistema americano dei farmers, ma allasservi-
mento medioevale. In realtà ciò è economicamente impossibile. Ne
sono una prova la riforma contadina e il corso dell’evoluzione dopo di
essa. Nella riforma contadina l’involucro del feudalesimo (sia del feu-
dalesimo dei grandi proprietari che del « feudalesimo statale », di cui,
sulle orme di Plekhanov, parlò a Stoccolma Martynov) è molto forte.
Ma l’evoluzione economica è risultata piu forte e ha riempito que-
st’involucro feudale di un contenuto capitalistico. Nonostante l’impe-
dimento rappresentato dal possesso fondiario medioevale, tanto l’azien-
da contadina che quella dei grandi proprietari fondiari si sono svi-
luppate, sia pure con incredibile lentezza, seguendo la via borghese.
Il possesso fondiario dei contadini dello Stato (prima degli anni ot-
tanta) o degli ex contadini dello Stato (dopo gli anni ottanta) avrebbe
dovuto costituire, se il timore di Plekhanov di un ritorno all’arretra-
tezza asiatica avesse un fondamento, il più puro tipo di « feudalesimo
statale ». In realtà esso è risultato più libero di quello dei grandi pro-
prietari, poiché lo sfruttamento feudale non era più possibile nella
seconda metà del XIX Secolo.. Tra i contadini dello Stato « con molta
terra » * era meno forte l’asservimento e si sviluppava più rapida-
mente la borghesia contadina. In Russia sono oggi possibili o un’evo-
luzione borghese lenta e dolorosa secondo il tipo prussiano, junker,
o un’evoluzione borghese rapida e libera secondo il tipo americano.
Tutto il resto è illusione.
* Naturalmente i nostri ex contadini dello Stato sono contadini « con molta
terra » solo in confronto agli ex contadini dei grandi proprietari fondiari. Secondo
la statistica del 1903 i primi hanno in media 12,5 desiatine di terra dei rtadiel per
fuoco, i secondi 6,7 desiatine.
314
LENIN
Il secondo motivo che ha determinato nella testa di certi com-
pagni una « confusione sulla restaurazione » è l’incertezza della situa-
zione nella primavera del 1906. I contadini come massa non si erano
definitivamente palesati. Era ancora possibile considerare sia il movi-
mento contadino che l’Unione contadina come un indice non definitivo
delle reali tendenze della schiacciante maggioranza dei contadini. La
burocrazia autocratica e Witte non avevano ancora completamente per-
duto la speranza che « il buon campagnuolo ci avrebbe dato una
mano» (classica frase dell’organo di Witte, Russkoie Gosudarstvo ,
nella primavera del 1906), cioè che il contadino si sarebbe schierato
a destra. Questo il motivo di una rappresentanza cosi forte della popo-
lazione contadina, dovuta alla legge dell’ll dicembre 1905. Sul terreno
dell’idea contadina: « meglio che tutta la terra sia dello zar, purché
non sia dei signori », a molti socialdemocratici sembrava allora ancora
possibile un’avventura dell’autocrazia. Ma lé due Dume, la legge del
3 giugno 1907 e la legislazione agraria di Stolypin dovevano aprire
gli occhi a tutti. Per salvare il salvabile l’autocrazia ha dovuto imboc-
care la via della distruzione violenta dell 'obstcina a vantaggio della
proprietà privata della terra, cioè fondare la controrivoluzione non sui
confusi discorsi dei contadini sulla nazionalizzazione (la terra « è del
mir », ecc.), ma sull 'unica base economica che rendeva possibile la
conservazione del potere dei grandi proprietari fondiari, la base della
evoluzione capitalistica secondo il modello prussiano.
Ora la situazione si è pienamente chiarita ed è tempo di mettere
in archivio il confuso timore che il movimento contadino contro la pro-
prietà privata della terra possa portare a una restaurazione « asiatica »*.
2. L’autoamministrazione locale come « baluardo contro la reazione »
«... Negli organi di autoamministrazione pubblica che possiedono
la terra — diceva Plekhanov a Stoccolma — essa [la municipalizzazio-
ne] crea un baluardo contro la reazione. E questo sarà un baluardo
molto forte. Prendete i nostri cosacchi» (p. 45)... «Prenderemo i nostri
* Non parlo qui del fatto che la minaccia della restaurazione è un'arme
politica della borghesia contro il proletariato, giacché tutto ciò che era necessario
dire su questo tema è già stato detto nella Relazione.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
315
cosacchi » e vedremo subito che valore abbia il richiamo a questi ul-
timi. Ma esaminiamo dapprima le basi generali di questo modo di ve-
dere, secondo cui l’autoamministrazione locale sarebbe atta a costituire
un baluardo contro la reazione. I nostri municipalisti lo hanno esposto
infinite volte e, oltre alla formulazione di Plekhanov, basterà riportare
ancora una citazione da un discorso di John; « A che cosa si riduce
la differenza tra la nazionalizzazione e la municipalizzazione della terra,
se ammettiamo che luna e Tal tra sono attuabili ed ugualmente connesse
alla democratizzazione del regime politico? La differenza si riduce al
fatto che la municipalizzazione consoliderà meglio le conquiste della
rivoluzione, il regime democratico, e servirà di base al suo ulteriore
sviluppo, mentre la nazionalizzazione rafforzerà soltanto il potere dello
Stato» (p. 112).
In verità i menscevichi negano la possibilità di garanzie contro
la restaurazione e poi infornano, sotto gli occhi del pubblico, « garan-
zie » e « baluardi » come giocolieri che ingoiano spade. Pensate anche
solo un pochino, signori, in che modo Tautoamminis trazione locale può
essere un baluardo contro la reazione e può consolidare le conquiste
della rivoluzione! Una cosa sola può essere un baluardo contro la rea-
zione e consolidare queste conquiste: la coscienza e l’organizzazione
delle masse del proletariato e della massa contadina. E quest’organiz-
zazione, in uno Stato capitalistico che sia centralizzato non secondo
l'arbitrio della burocrazia, ma in forza delle incoercibili esigenze dello
sviluppo economico, dev’essere una forza compatta e unica in tutto lo
Stato. Senza un movimento contadino centralizzato, senza una lotta
politica centralizzata, su scala nazionale, della massa contadina che
segua un proletariato centralizzato, non vi può essere nessuna « con-
quista della rivoluzione » che metta conto « consolidare », non vi può
essere nessun « baluardo contro la reazione ».
Un’autoamministrazione locale che sia effettivamente più o meno
democratica è impossibile senza il totale abbattimento del potere dei
grandi proprietari e l’abolizione della grande proprietà fondiaria; pur
ammettendolo a parole, i menscevichi si rifiutano, con sorprendente leg-
gerezza, di riflettere sul suo reale significato. Infatti il potere dei grandi
proprietari non può essere abbattuto e la grande proprietà fondiaria
abolita se le classi rivoluzionarie non conquistano il potere in tutto
lo Stato, e due anni di rivoluzione dovrebbero aver insegnato, parrebbe,
316
LENIN
anche ai piu cocciuti « uomini chiusi in un astuccio » che in Russia
queste classi possono essere solo il proletariato e la massa contadina.
La « rivoluzione agraria contadina » di cui parlate, signori, per vincere
deve diventare, come tale, come rivoluzione contadina, il potere cen-
trale in tutto lo Stato,
Le autoamministrazioni democratiche possono essere solo parti-
celle di questo potere centrale della massa contadina democratica, e
solo lottando contro il frazionamento locale e regionale della massa
contadina, solo predicando, preparando, organizzando un movimento
centralizzato, che abbracci tutto lo Stato, tutta la Russia, si può real-
mente servire la causa della « rivoluzione agraria contadina », e non
quella dell’incoraggiamento dell’ottuso campanilismo e dell’istupidi-
mento regionale-locale della massa contadina. E voi favorite proprio un
simile istupidimento, signor Plekhanov e signor John, predicando l’idea
assurda e arcireazionaria per cui l’autoamministrazione locale sarebbe
in grado di costituire un « baluardo contro la reazione » o un « con-
solidamento delle conquiste della rivoluzione », Proprio l’esperienza
di due anni di rivoluzione russa ha mostrato all’evidenza che appunto
il frazionamento locale e regionale del movimento contadino (il movi-
mento dei soldati è una parte di quello contadino) è stato la princi-
pale causa della sconfitta.
Dare un programma alla « rivoluzione agraria contadina » e con-
netterlo soltanto con la democratizzazione dell’autoamministrazione lo-
cale, e non del potere centrale, presentare il primo come il vero « ba-
luardo » e « consolidamento », questo non è altro, in sostanza, che
una transazione cadetta con la reazione *. I cadetti insistono sull auto-
amministrazione « democratica » locale in quanto non desiderano toc-
* Ho sviluppato piu particolareggiatamente questo punto nella Relazione 1U .
Aggiungerò qui il discorso del menscevico Novosedski al congresso, che non ho
sentito e che conferma mirabilmente questa mia affermazione (cfr. Relazione).
Insorgendo contro l’emendamento : dire « repubblica democratica * invece di « Stato
democratico», Novosedski disse: « ...Con delle autoamministrazioni locali vera-
mente democratiche il programma ora approvato può essere tradotto in pratica
anche con un grado di democratizzazione del governo centrale che non si possa
definire il più alto grado di democratizzazione . Anche con una democratizzazione,
per cosi dire, di grado comparativo la municipalizzazione non sarà dannosa, ma
utile (p. 138. Il corsivo è nostro). È piu chiaro della luce del sole. La rivoluzione
agraria contadina senza labbattimemo dell’autocrazia: ecco l’idea ultrareazionaria
dei menscevichi.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
317
care o temono di toccare questioni piu importanti. I menscevichi non
hanno riflettuto sulla grande parola pronunciata riconoscendo la « ri-
voluzione agraria contadina » come compito del momento; e nelle con-
siderazioni politiche sul loro programma agrario hanno fatto l’apo-
teosi della grettezza provinciale.
Sentite se vi piace il seguente ragionamento di John:
« Il compagno Lenin teme che la reazione strappi all’autoamministrazione
locale le terre confiscate; se ciò si può dire relativamente alle terre cadute nelle
mani dello Stato, non lo si può dire assolutamente relativamente alle terre muni-
cipalizzate. Nemmeno l’autocratico governo russo ha potuto togliere le terre all’au-
toamminis trazione armena, giacché ciò ha suscitato una recisa resistenza da parte
della popolazione» (113).
Impareggiabile, newero? Tutta la storia delTautocrazia è un inin-
terrotto saccheggio delle terre locali, delle regioni, delle nazioni, e i
nostri sapientoni tranquillizzano il popolo, che si istupidisce nell'ab-
bandono provinciale: « nemmeno l’autocrazia » ha tolto le terre alle
chiese armene, sebbene abbia cominciato a farlo e benché soltanto la
rivoluzione in tutta la Russia glierabbia in effetti impedito... Al cen-
tro l'autocrazia, in provincia le « terre armene » che « non si osa to-
gliere »... Ma qual è la causa di tanta ottusità piccolo-borghese nella
nostra socialdemocrazia?
Eccovi i cosacchi di Plekhanov.
* Prendete i nostri cosacchi. Essi si comportano come autentici reazionari;
nondimeno, sé il governo [autocratico] concepisse l’idea di mettere le mani
sulla loro terra, essi si solleverebbero come un sol uomo. La municipalizzazione
ha dunque proprio il vantaggio di servire anche in caso di restaurazione * (45),
Effettivamente « dunque »! Se l’autocrazia si sollevasse contro i
difensori dell'autocrazia, i difensori dell'autocrazia si solleverebbero
contro l'autocrazia. Che profondità di pensiero! Ma il possesso fon-
diario cosacco serve non solo in caso di restaurazione, ma anche per
sostenere ciò che dev'essere abbattuto prima che sia stato restaurato.
Su quest’interessante aspetto della municipalizzazione ha richiamato l'at-
tenzione Schmidt, che ha replicato a Plekhanov:
« ... Rammenterò che ancora un mese fa l’autocrazia ha accordato privilegi ai
cosacchi; quindi essa non teme la municipalizzazione, perché le terre cosacche
sono a tutt’oggi amministrate in un modo che in considerevole misura ricorda la
municipalizzazione... Essa [la municipalizzazione] avrà una funzione controrivolu-
zionaria » (123-124),
318
LENIN
Per questo discorso Plekhanov si innervosì tanto che interruppe
una volta Potatore (su una questione poco importante: stabilire se
si trattasse dei cosacchi di Orenburg) e cercò di infrangere il regola-
mento, di ottenere la parola per una dichiarazione quando non era an-
cora giunto il suo turno. Ecco il testo della dichiarazione fatta poi da
lui per iscritto:
« Il compagno Schmidt ha esposto in maniera inesatta il mio richiamo ai
cosacchi. Io non mi riferivo affatto ai cosacchi di Orenburg. Ho detto: guardate i
cosacchi; essi si comportano in maniera arci reaziona ria, ma nondimeno, se il go-
verno volesse mettere le mani sulla loro terra, anche loro si solleverebbero unani-
mamente contro di esso, E non diversamente, in maggiore o minor misura, faranno,
nel caso di un tentativo del genere, tutte le istituzioni locali alle quali la rivo-
luzione avesse trasferito le terre confiscate ai grandi proprietari. E tale loro
condotta sarebbe una delle garanzie contro la reazione in caso di restaurazio-
ne » (127).
Abbattere Pautocrazia senza toccare l’autocrazia è certamente il
piu geniale dei piani: togliamole singole regioni, e si provi poi a ri-
tornarci. È qualcosa di quasi altrettanto geniale quanto l’espropriazione
del capitalismo mediante le casse di risparmio. Ma non è di questo che
si tratta. Il fatto che la municipalizzazione regionale, la quale dopo la
rivoluzione vittoriosa « deve » avere una funzione miracolosa, ha oggi
una funzione controrivoluzionaria. Ecco dò che Plekhanov ha tra-
scurato!
Le terre cosacche rappresentano attualmente un’autentica munid-
palizzazione. Grandi regioni appartengono a singole unità cosacche: a
quelle di Orenburg, del Don, ecc. I cosacchi hanno in media 32 desia-
tine per famiglia , i contadini ne hanno 11. Oltre a ciò, alle unità di
Orenburg appartengono 1,5 milioni di desiatine di terre dell’esercito,
a quelle dei Don 1,9 milioni di desiatine, ecc. Sul terreno di questa
« municipalizzazione » si sviluppano rapporti puramente feudali. Que-
sta municipalizzazione, esistente di fatto, significa isolamento di ceto e
regionale dei contadini, minutamente suddivisi dalle distinzioni secondo
le dimensioni del possesso fondiario, secondo i pagamenti versati, se-
condo le condizioni del godimento medioevale della terra come com-
penso per il servizio militare, ecc, La « municipalizzazione » giova non
al movimento democratico generale, ma al suo frazionamento, all’in-
debolimento in ogni regione di ciò che può vincere soltanto come forza
centralizzata, all’isolamento di una regione dall’altra.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
319
E noi vediamo alla II Duma il cosacco di destra Karaulov difen-
dere Stolypin (anche Stolypin, dice, ammette nella sua dichiarazione lo
spostamento forzato dei confini), dare addosso alla nazionalizzazione non
peggio di Plekhanov e pronunciarsi apertamente per la municipalizza-
zione regione per regione (18* seduta, 29 marzo 1907, p. 1366 del re-
soconto stenografico).
Il cosacco di destra Karaulov ha afferrato la sostanza della cosa
mille volte meglio di Maslov e Plekhanov. Il frazionamento regionale
è una garanzia contro la rivoluzione. Se la massa contadina russa (con
l’aiuto di un movimento proletario centralizzato, e non « regionale »)
non saprà spezzare le barriere del proprio isolamento regionale, non sa-
prà organizzare un movimento in tutta la Russia la rivoluzione verrà
sempre battuta dai rappresentanti di singole regioni ben organizzate,
che la forza centralizzata del vecchio potere dirigerà nella lotta a secon-
da del bisogno.
La municipalizzazione è una parola d’ordine reazionaria che idea-
lizza l’isolamento medioevale delle regioni, che affievolisce nella massa
contadina la coscienza della necessità di una rivoluzione agraria centra-
lizzata.
3. Potere centrale e rafforzamento dello Stato borghese
È proprio il potere statale centrale che soprattutto ispira repulsio-
ne ai municipalisti. Prima di passare all’esame dei relativi ragionamenti
bisogna chiarire che cosa sia la nazionalizzazione sotto l’aspetto giuri-
dico-politico (abbiamo chiarito piu sopra il suo contenuto economico).
La nazionalizzazione è il trasferimento di tutta la terra in proprie-
tà dello Stato. Proprietà significa diritto alla rendita e determinazione
da parte del potere statale delle norme comuni a tutto lo Stato che re-
golino il possesso e il godimento della terra. Nel novero di tali norme
comuni rientra indubbiamente, con la nazionalizzazione, il divieto di
qualsiasi mediazione, cioè il divieto di trasferire la terra a subaffittuari,
il divieto di concedere la terra a chi non sia coltivatore diretto, ecc. Pro-
seggiamo. Se lo Stato di cui si tratta è realmente democratico (non nel
senso menscevico à la Novosedski), la sua proprietà della terra non
esclude in alcun modo, ma al contrario esige che, nei limiti delle leggi
320
LENIN
comuni a tutto lo Stato, la terra sia messa a disposizione degli or-
gani locali e regionali di autoamministrazione. Come ho già rilevato
nell'opuscolo Revisione ecc. 115 , il nostro programma minimo lo esige
apertamente, parlando anche di autodecisione delle nazionalità, di ampia
autoamministrazione regionale, ecc. Perciò le norme di dettaglio che ten-
gano conto delle differenze locali, Passegnazione pratica delle terre o la
ripartizione degli appezzamenti tra le singole persone, cooperative, ecc.,
tutto questo passa inevitabilmente nelle mani degli organi locali del po-
tere statale, cioè degli organi di autoamministrazione locali.
Se a tal riguardo sono anche potuti sorgere malintesi, ne sono stati
la causa o Pincomprensione della differenza tra i concetti di proprietà,
possesso, disposizione, godimento, o il demagogico civettare con il pro-
vincialismo e il federalismo *. La base della differenza tra la municipa-
lizzazione e la nazionalizzazione non sta nella ripartizione dei diritti tra
il centro e la provincia, e meno che mai nel « burocratismo » del centro
— come possono pensare e dire solo persone assolutamente ignoranti —
ma nel mantenimento, con la municipalizzazione, della proprietà priva-
ta della terra per una categoria di terre e nella sua completa abolizione
con la nazionalizzazione. Base della differenza è il « bimetallismo agra-
rio », ammesso dal primo programma ed eliminato dal secondo.
Se considererete V attuale programma dal punto di vista della possi-
bilità dàK arbitrio del potere centrale, ecc. (è questo il punto di vista
di cui non di rado cercano di servirsi i propugnatori volgari della mu-
nicipalizzazione), vedrete che esso soffre sotto questo rapporto di una
estrema confusione e mancanza di chiarezza. Basti rilevare che l'attuale
programma trasferisce « in possesso dello Stato democratico » sia le
* Un simile civettare vediamo in Maslov. «... Forse — egli scrive nel YObra-
zovanie , 1907, n. 3, p. 104 — in alcune località i contadini consentirebbero a di-
vidersi le loro terre, ma basta che i contadini di una sola grande provincia (la
Polonia, per esempio) si rifiutino di farlo perchè il progetto della nazionalizza-
zione di tutte le terre risulti un'assurdità ». Esempio di argomento volgare in cui
non c'è nemmeno la traccia di un pensiero, ma solo un assortimento di parole.
Il « rifiuto » di una provincia che si trovi in condizioni' particolari non può mu-
tare il programma generale né renderlo un’assurdità: una qualche provincia può
anche « rifiutarsi » di procedere alla municipalizzazione. Non è questo ciò che
importa. Ciò che importa è che in un unico Stato capitalistico la proprietà privata
della terra e la nazionalizzazione su vasta scala non potranno coesistere come due
Sistemi. Uno di essi dovrà avere il sopravvento. Compito del partito operaio è di
propugnare il sistema pici elevato, che agevola il rapido sviluppo delle forze
produttive e la libertà della lotta di classe.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
321
« terre necessarie per il fondo di colonizzazione », sia « i boschi e le
acque d’importanza statale ». È chiaro che questi concetti sono del tutto
indeterminati e che qui il terreno per dei conflitti è immenso. Prendete,
per esempio, il recentissimo scritto del signor Kaufmann contenuto nel
II volume della pubblicazione cadetta La questione agraria (La questio-
ne delle norme dell assegnazione integrativa ), dove vien fatto, per 44
governatorati, il calcolo della riserva di terra per un'assegnazione inte-
grativa ai contadini in base alle norme piu alte del 1861. Il «fondo
agrario extra -nadiel » viene 'dapprima calcolato senza i boschi, poi coi
boschi (oltre il 25% di terreno boschivo). Chi determina quali di questi
boschi sono « d'importanza statale »? Solo il potere centrale dello Sta-
to, naturalmente, e quindi il programma menscevico mette nelle sue
mani una gigantesca superficie agraria: 51 milioni di desiatine in 44
governatorati (secondo Kaufmann), Chi determina che cos è il «fondo
di colonizzazione »? Solo il potere borghese centrale, naturalmente. So-
lo esso decide, per esempio, se il milione e mezzo di desiatine di terre
delle unità cosacche di Orenburg o i 2 milioni di desiatine delle unità
cosacche del Don sono o non sono « fondo di colonizzazione » per tutto
il paese (poiché i cosacchi hanno 52,7 desiatine per famiglia). È chiaro
che la questione non sta affatto come la pongono Maslov, Plekhanov e
soci. Non si tratta di difendere con una decisione sulla carta le autoam-
ministrazioni regionali locali contro le intromissioni del centro; questo
non è possibile farlo non solo con la carta, ma neanche col cannone,
poiché lo sviluppo capitalistico va verso la centralizzazione, concentra
nelle mani del potere centrale borghese una forza alla quale le « regio-
ni » non potranno mai opporsi. Si tratta di far si che la stessa classe ab-
bia il potere politico tanto al centro che alla periferia, che là e qui sia
con tutta coerenza attuato un grado di democratizzazione assolutamente
identico, che assicuri il pieno dominio , poniamo, della maggioranza del-
la popolazione, cioè dei contadini. Esclusivamente in ciò sta la reale ga-
ranzia contro le « eccessive » intromissioni del centro, contro la viola-
zione dei « legittimi » diritti delle regioni; tutte le altre garanzie esco-
gitate dai menscevichi sono una mera sciocchezza, una difesa contro la
forza del potere centrale, concentrata dal capitalismo, mediante il cap-
pello di carta del filisteo di provincia. E Novosedski commette appun-
to una simile sciocchezza di filisteo, come la commette tutto l'attuale
programma, ammettendo il completo democratismo delle autoammini-
322
LENIN
strazioni locali e un grado di democratismo « non massimo » al centro.
Incompleto democratismo al centro significa che il potere centrale non
viene assicurato alla maggiorarla della popolazione, non agli elementi
che predominano nelle autoamministrazioni locali, e questo significa non
solo la possibilità, ma V inevitabilità di conflitti , dai quali immancabil-
mente, in forza delle leggi dello sviluppo economico, uscirà vincitore il
potere centrale non democratico!
La « municipalizzazione », se la si esamina da questo lato, cioè
sotto Paspetto di una certa « garanzia » per le regioni contro il potere
centrale, è una mera stoltezza filistea. Se questo è « lotta » contro il
potere borghese centralizzato, è forse soltanto una lotta analoga a quel-
la che conducono gli antisemiti contro il capitalismo: le stesse reboanti
promesse che attirano masse ottuse ed ignoranti, e stessa inattuabilità
economica e politica di queste promesse.
Prendete Pargomento più « in voga » dei municipalisti contro la
nazionalizzazione: la nazionalizzazione rafforzerà lo Stato borghese (ri-
cordate il solenne « rafforzerà soltanto il potere borghese » di John),
incrementerà le entrate del potere horghese antiproletario, mentre, ... si,
proprio cosi, mentre la municipalizzazione fornirà i mezzi per i bisogni
della popolazione, per i bisogni del proletariato. Un simile argomento
induce a vergognarsi della socialdemocrazia, giacché si tratta di una
sciocchezza prettamente antisemitica e di demagogia antisemitica pura.
Per non prendere qualcuno di « questi ragazzi », indotti in errore da
Plekhanov e da Maslov, prenderò « lo stesso » Maslov:
« La socialdemocrazia — egli insegna ai lettori dell 1 Obrazovanie
— fa sempre i suoi calcoli in modo che nelle peggiori circostanze i suoi
piani e obiettivi risultino giusti... Noi dobbiamo supporre che in tutti
gli aspetti della vita sociale dominerà il regime borghese con tutti i suoi
lati negativi. L’autoamministrazione sarà altrettanto borghese quanto
l’intero ordinamento statale; in essa sarà presente una lotta di classe
altrettanto esacerbata quanto nelle amministrazioni comunali dell’Eu-
ropa occidentale.
« Qual è la differenza tra l’autoamministrazione e il potere statale?
Perché la socialdemocrazia tende a trasferire le terre non allo Stato, ma
all’autoamministrazione locale?
« Per determinare gli obiettivi dello Stato e deH’autoamministra-
zione locale, confronteremo i bilanci dell’uno e del l’altra » ( Obrazo -
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
323
vanie , 1907, n. 3, p. 102). Segue il confronto: in una delle repubbliche
piu democratiche, negli Stati Uniti d’America, per l’esercito e la flotta
si spende il 42% del bilancio. Lo stesso in Francia, Inghilterra, ecc. In
Russia gli « zemstvo dei grandi proprietari » spendono: per la sanità
pubblica il 27,5%, per la pubblica istruzione il 17,4%, per le strade
Mi, 996.
« Dal confronto dei bilanci degli Stati più democratici e delle autoammi-
nistrazioni locali meno democratiche vediamo che, per le loro funzioni, i primi
servono gli interessi delle classi dominanti, che i mezzi dello Stato vengono spesi
in strumenti di oppressione , in strumenti di soffocamento della democrazia; che,
al contrario, la meno democratica, la peggiore autoamministrazione locale è costretta,
anche se male, a servire la democrazia, a soddisfare i bisogni locali» (103).
« Il socialdemocratico non dev’essere tanto ingenuo da accettare la naziona-
lizzazione della terra per il fatto, ad esempio, che le entrate ottenute dalle terre
nazionalizzate serviranno al mantenimento di eserciti repubblicani ... Straordinaria-
mente ingenuo sarebbe il lettore che prestasse fede a Olenov quando afferma che la
teoria di Marx “permette” di inserire nel programma soltanto la rivendicazione
della nazionalizzazione della terra, cioè dell’ erogazione della rendita fondiaria (poco
importa che la si chiami assoluta o differenziale) per l'esercito e la flotta, e che
questa medesima teoria non ammette la municipalizzazione della terra, cioè l’eroga-
zione della rendita per i bisogni della popolazione»' (103).
Chiaro, no? Nazionalizzazione: per l’esercito e la flotta. Munici-
palizzazione: per i bisogni della popolazione. L’ebreo è capitalista. Ab-
basso gli ebrei, vale a dire abbasso i capitalisti!
Il buon Maslov non considera che l’alta percentuale delle spese
culturali delle autoamministrazioni locali è un’alta aliquota di spese se-
condarie. Perché? Perché i limiti della competenza delle autoammini-
strazioni locali e i loro poteri finanziari sono determinati dallo stesso
potere statale centrale e sono da questo determinati in maniera da pren-
dere per l’esercito ecc. grosse somme, dando per la « cultura » pochi
spiccioli. È obbligatoria questa ripartizione nella società borghese? È
obbligatoria, giacché in questa società la borghesia non potrebbe domi-
nare se non spendesse le grosse somme per assicurarsi il dominio come
classe, lasciando i pochi spiccioli per le spese culturali. E bisogna essere
un Maslov per concepire quest’idea geniale: ma se dichiarerò le nuove
grosse somme proprietà degli zemstvo , non eviterò forse il dominio del-
la borghesia? Come sarebbe semplice il compito dei proletari se essi
ragionassero alla maniera di Maslov: basterà esigere che le entrate otte-
nute dalle ferrovie, dalle poste, dai telegrafi, dal monopolio degli al-
coolici non vengano « nazionalizzate », ma « municipalizzate », e que-
324
LENIN
ste entrate serviranno non per Tesercito e la flotta, ma per scopi cultu-
rali. Non occorre affatto rovesciare il potere centrale o rimaneggiarlo
radicalmente; bisogna semplicemente ottenere la « municipalizzazione »
di tutte le grosse voci dell’entrata e l’affare è fatto. Oh, i sapientoni!
Le entrate municipali in Europa e in ogni paese borghese sono en-
trate — se Io ricordi il buon Maslov! — che il potere centrale borghese
consente a sacrificare per scopi culturali in quanto sono entrate secon -
darle } in quanto non è comodo per il potere centrale percepirle, in
quanto i bisogni principali basilari, fondamentali della borghesia e
del dominio borghese sono già soddisfatti dalle grosse somme . Perciò
il consiglio dato al popolo: riscuoti le nuove grosse somme, le centi-
naia di milioni provenienti dalle terre municipalizzate, e assicurati che
siano destinate, alla cultura col trasferirle in proprietà degli zemstvo , è
un consiglio da ciarlatani. Nello Stato borghese la borghesia non può
effettivamente dare per scopi culturali nient’altro che i pochi spiccioli ,
giacché le grosse somme le sono necessarie per assicurarsi il dominio
come classe. Perché il potere centrale si prende i nove decimi delle
imposte sulla terra, sulle imprese commerciali, ecc., mentre agli zemstvo
permette di prenderne solo un decimo, stabilendo per legge che la
tassazione supplementare degli zemstvo non possa superare una deter-
minata bassa percentuale? Perché le grosse somme sono necessarie per
assicurare il dominio della borghesia come classe, ed essa non può,
restando borghesia, dare per la cultura più dei pochi spiccioli *.
* Dalla dettagliatissima opera di Kaufmann (Kaufmann R., Die 1 1 mrnu -
naljinanzen , 2 Bande, Lpz. ( 1906, II Abt., 5. Band des Hand- und Lebrbucbes der
Staatstvissenscbaftcn , begr. von Frankenstein, fortges. von Heckel) si vede che in
Inghilterra la ripartizione delle spese fra le amministrazioni locali e quelle centrali
dello Stato è piu vantaggiosa per l’autoam min is trazione locale che in Prussia e in
Francia. In Inghilterra gli enti locali spendono 3 miliardi di marchi e il potere
centrale dello Stato 3,6 miliardi; in Francia, 1,1 miliardi contro 2,9; in Prussia
1,1 e 3,5. Separiamo le spese culturali , per esempio per l'istruzione, nel paese
che si trova nelle condizioni migliori (dal punto di vista dei municipalisti), cioè
in Inghilterra. Vedremo che, di tutte le spese locali, sono stati impiegati per
l’istruzione 16,5 milioni di lire sterline su 151,6 milioni (1902-1903), cioè poco
piu di un decimo. Il potere centrale, in base al bilancio per il 1908 (cfr. Almanach
de Gotha), spende per l'istruzione 16,9 milioni di lire sterline su 198,6, cioè meno
di un decimo. Spese per l’esercito e la flotta — 59,2 milioni di lire sterline;
aggiungete poi: spese per il debito pubblico — 28,5 milioni di lire sterline,
piu 3,8 milioni per la giustizia e la polizia, 1,9 milioni per gli affari esteri, più
19,8 milioni per le spese di esazione, e vedrete che la borghesia spende i pochi
Spiccioli per la cultura e le grosse somme per assicurarsi il dominio come classe.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
325
I socialisti europei prendono questa ripartizione delle grosse som-
me e dei pochi spiccioli come un dato di fatto, sapendo benissimo che
non ve ne può essere un’altra nella società borghese. Prendendo que-
sta ripartizione come un dato di fatto, essi dicono: al potere centrale
non possiamo partecipare, giacché si tratta di uno strumento di op-
pressione; alle amministrazioni comunali possiamo partecipare, giac-
ché ivi i pochi spiccioli si spendono per la cultura. Ma che cosa direb-
bero questi socialisti a chi consigliasse al partito operaio di svolgere
un’agitazione affinché alle amministrazioni comunali europee si des-
sero in proprietà entrate effettivamente grandi, tutta la rendita delle
terre locali, tutto il profitto degli uffici postali locali, delle ferrovie
locali, ecc.? Lo prenderebbero per un pazzo, o per un « socialista cri-
stiano », capitato per sbaglio tra i socialdemocratici.
Coloro che, discutendo i compiti della rivoluzione attuale (cioè
borghese) in Russia, dicono: non dobbiamo rafforzare il potere cen-
trale dello Stato borghese, rivelano una totale incapacità di pensare.
I tedeschi possono e debbono ragionare cosi, poiché essi hanno di
fronte a loro solo la Germania borghese degli junker; prima del socia-
lismo non può esservi nessun’altra Germania. Da noi, invece, il con-
tenuto delFattuale lotta rivoluzionaria delle masse consiste interamente
nel determinare se dovrà esservi una Russia borghese di tipo junker
(come vogliono Stolypin e i cadetti) oppure borghese contadina (come
vogliono i contadini e gli operai). Non si può partecipare a una si-
mile rivoluzione senza appoggiare uno. strato della borghesia, un tipo
di evoluzione borghese contro l’altro. Per cause economiche oggettive,
da noi non vi può nemmeno essere, nell’attuale rivoluzione, una « scel-
ta » diversa da quella tra una repubblica centralizzata borghese dei
contadini -farmers e una monarchia centralizzata borghese dei grandi
proprietari fondiari-junker. Eludere questa difficile « scelta » richia-
mando l’attenzione delle masse sul fatto che « ci basterebbe magari
che gli zemstvo fossero un po’ piu democratici » è un’enorme banalità
filistea.
4. L'ampiezza della rivoluzione politica e quella della rivoluzione agraria
La « scelta » è difficile, dicevamo, riferendoci naturalmente non
alla scelta soggettiva (ciò che piu si desidera), ma all’esito oggettivo
326
LENIN
della lotta delle forze sociali che decidono la questione storica. In che
cosa propriamente consista la « difficoltà » di un esito favorevole per
i contadini è cosa che non è stata assolutamente considerata da coloro
che parlano dell’ottimismo del mio programma agrario, che collega la
repubblica alla nazionalizzazione. Ecco il ragionamento di Plekhanov
su questo tema:
« Lenin elude la difficoltà della questione servendosi di ipotesi ottimistiche.
È il procedimento abituale del modo di pensare utopistico; cosi, per esempio, gli
anarchici dicono: “Non è necessaria nessuna organizzazione coercitiva 1 *, e quando
noi obiettiamo che l’assenza di un’organizzazione coercitiva darebbe a singoli
membri della società la possibilità di nuocere a quest’ultima, se ne venisse loro
il desiderio, gli anarchici ci rispondono: “Ciò non può essere”. A mio avviso,
ciò significa eludere la difficoltà della questione mediante ipotesi ottimistiche. Ed
è ciò che fa Lenin. Egli contorna le possibili conseguenze della misura da lui
proposta di tutta una serie di ottimitici “se**. Come prova citerò il rimprovero
di Lenin a Maslov.' A p. 23 del suo opuscolo 126 egli dice: “Il progetto di Maslov,
in fondo, ammette tacitamente che le rivendicazioni del nostro programma minimo
politico non siano realizzate appieno, che il potere assoluto del popolo non venga
garantito, che l’esercito permanente non sia soppresso, che i funzionari non
vengano eletti dal popolo, ecc. In altre parole, egli ammette che la nostra rivolu-
zione democratica non sarà portata a compimento, come la maggior parte delle
rivoluzioni democratiche europee, che essa sarà altrettanto Snaturata, mutilata, e
verrà fatta ‘regredire’, come queste ultime. Il progetto di Maslov si adatta speci-
ficamente a una rivoluzione democratica limitata, incoerente, incompleta, o mutilata
e ‘resa inoffensiva’ dalla reazione”. Ammettiamo pure che il rimprovero da lui
mosso a Maslov sia fondato; la citazione riportata dimostra, però, che lo stesso
progetto di Lenin è buono solo nel caso che si realizzino tutti i “se” da lui indicati.
Ma se questi “se” non si realizzeranno, l’attuazione del suo progetto * sarebbe
dannosa. Ma noi non abbiamo bisogno di simili progetti. Il nostro progetto deve
essere ben ferrato, ossia, valevole anche per il caso di “se” sfavorevoli » (Atti del
Congresso di Stoccolma , 44-45).
Ho trascritto integralmente questo ragionamento in quanto mo-
stra chiaramente Terrore di Plekhanov. Egli non ha assolutamente ca-
pito Pottimismo che Pha spaventato. L’« ottimismo » non sta nel sup-
porre Pelettività dei funzionari da parte del popolo, ecc., ma nel sup-
porre la vittoria della rivoluzione agraria contadina. La reale « diffi-
coltà » sta nel fatto che in un paese che si sviluppa, perlomeno dal
1861, secondo il tipo borghese-junker vinca una rivoluzione agraria
contadina , e poiché ammettete questa fondamentale difficoltà econo-
mica, è ridicolo che per poco non ravvisiate delPanarchismo nelle dif-
ficoltà del democratismo politico. È ridicolo dimenticare che tra Pam-
* Ma allora non sarà il mio progetto! Plekhanov ragiona ih maniera illogica!
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
327
piezza delle trasformazioni agrarie e quella delle trasformazioni poli-
tiche non può non esservi corrispondenza, che la rivoluzione economica
presuppone una corrispondente sovrastruttura politica. Nell’incapacità di
capire dove sia la radice deir« ottimismo » del nostro comune pro-
gramma agrario, sia menscevico che bolscevico, sta appunto Terrore
fondamentale di Plekhanov su questa questione.
Figuratevi infatti concretamente che cosa significhi nella Russia
attuale una « rivoluzione agraria contadina » con la confisca delle terre
dei grandi proprietari. Non v’ha dubbio che durante mezzo secolo il
capitalismo si è fatto strada attraverso l’azienda dei grandi proprietari
fondiari, che oggi è in generale indiscutibilmente superiore a quella
contadina non soltanto per l’entità dei raccolti (il che si spiega in parte
con la migliore qualità delle terre dei grandi proprietari), ma anche
per la diffusione di attrezzi e avvicendamenti delle colture perfezio-
nati (coltura delle erbe foraggere) *. Non v’ha dubbio che l’azienda
dei grandi proprietàri è legata da mille fili non solo con la burocrazia,
ma anche con la borghesia. La confisca intacca una massa di interessi
della grande borghesia, mentre la rivoluzione contadina porta, come
rilevava giustamente Kautsky, anche alla bancarotta dello Stato, cioè
a pregiudicare gli interessi non soltanto della borghesia russa, ma di
tutta la borghesia internazionale. È comprensibile che in tali condi-
zioni la vittoria di una rivoluzione contadina, la vittoria dei piccoli
borghesi sia sui grandi proprietari fondiari che sui grandi borghesi,
esiga un concorso di circostanze particolarmente favorevole, esiga ipo-
tesi del tutto inconsuete, « ottimistiche », dal punto di vista del fili-
steo e dello storico filisteo, esiga un’ampiezza gigantesca dell’iniziativa
contadina, dell’energia, della coscienza, dell’organizzazione rivoluzio-
naria, della ricchezza dello spirito creativo del popolo. Ciò è inconte-
stabile, e le burle filistee di Plekhanov a proposito di queste ultime
parole sono un espediente a buon mercato per eludere una questione
seria**. E siccome la produzione mercantile non unisce e non centra-
* Cfr. un compendio dei nuovi dati globali sulla Superiorità dell'azienda dei
grandi proprietari su quella contadina per la diffusione della coltura delle erbe
foraggere in Kaufmann, II volume della Questione agraria.
** Lo « spirito creativo del popolo » è cosa da « Volontà del popolo »
diceva Plekhanov a Stoccolma con aria divertita. £ una critica della stessa specie
di quella che critica Le avventure di Cicikov burlandosi del cognome: «Cicikov...
Cci... cci!... ah, com'è ridicolo! » 13B . Può seriamente considerare cosa da «Volontà
328
LENIN
lizza la massa contadina, ma la disgrega e la disperde, la rivoluzione
contadina in un paese borghese è realizzabile solo sotto la guida del
proletariato, circostanza che suscita ancor piu la reazione della piu
potente borghesia di tutto il mondo contro una simile rivoluzione.
Ne consegue forse che i marxisti debbano assolutamente abban-
donare Tidea di una rivoluzione agraria contadina? No, una simile con-
clusione sarebbe degna soltanto di persone la cui concezione del mondo
è una parodia liberale del marxismo. Da ciò che s’è detto consegue
soltanto, in primo luogo, che il marxismo non può legare le sorti del
socialismo in Russia all’esito della rivoluzione democratica borghese;
in secondo luogo, che il marxismo deve prendere in considerazione en-
trambe le possibilità di evoluzione capitalistica deiragricoltura in Rus-
sia e mostrare chiaramente al popolo le condizioni e il significato di
ognuna di queste due possibilità; in terzo luogo, che il marxismo deve
combattere risolutamente l’idea che in Russia sia possibile una rivo-
luzione agraria radicale senza una radicale rivoluzione politica.
1) I socialisti-rivoluzionari, come del resto tutti i populisti piu o
meno coerenti, non comprendono il carattere borghese della rivoluzione
contadina e legano ad essa tutto il loro pseudosocialismo. Un esito
favorevole della rivoluzione contadina significherebbe, secondo l’opi-
nione dei populisti, il trionfo del socialismo populista in Russia. In
realtà un tale esito r apprese urterebbe il più rapido e più decisivo crollo
del socialismo populista (contadino). Quanto più piena e risoluta ri-
sulterà la vittoria della rivoluzione contadina, tanto più rapidamente
i contadini si trasformeranno in liberi farmers borghesi, che « piante-
ranno in asso » il « socialismo » populista. Viceversa, un esito sfavo-
revole prolungherebbe per qualche tempo l’agonia del socialismo popu-
lista, darebbe la possibilità di reggersi ancora un po’ all’illusione se-
condo cui la critica della varietà borghese-latifondista del capitalismo
sarebbe una critica del capitalismo in generale.
La socialdemocrazia, partito del proletariato, non lega in alcun
modo i destini del socialismo all’uno o allibro esito della rivoluzione
del popolo » l’idea della necessità dello « spirito creativo del popolo », di nuove
forme di lotta, di nuove forme di organizzazione della massa contadina nella rivo-
luzione russa, soltanto colui al quale sembri cosa da « Volontà del popolo » lo
stesso riconoscimento di una rivoluzione contadina contro la borghesia e i grandi
proprietari fondiari.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
329
borghese. Entrambi gli esiti significano sviluppo capitalistico e oppres-
sione del proletariato, sia in una monarchia dei grandi proprietari in
cui vige la proprietà privata della terra che in una repubblica dei
farmers , sia pure con la nazionalizzazione della terra. Perciò soltanto
un partito autonomo e puramente proletario è senza dubbio in grado
di difendere la causa del socialismo « in tutte le fasi della riforma
agraria democratica » 12ft , come è detto nella parte conclusiva del mio
programma agrario (questa parte entrò nella risoluzione sulla tattica
del Congresso di Stoccolma).
2) Ma il carattere borghese di entrambi gli esiti della rivoluzione
agraria non significa in alcun caso che i socialdemocratici possano rima-
nere indifferenti nei confronti della lotta per l’uno o Taltro esito. Gli
interessi della classe operaia esigono assolutamente il suo piu ener-
gico appoggio alla rivoluzione contadina; ancor piu: la sua funzione
dirigente nella rivoluzione contadina. Lottando per l’esito favorevole
di quest’ultima dobbiamo diffondere nelle masse la chiara compren-
sione di ciò che significhi restare sulla via latifondista dell’evoluzione
agraria, delle innumerevoli sventure (derivanti non dal capitalismo, ma
dal suo insufficiente sviluppo) che ciò crea a tutte le masse lavoratrici.
D’altra parte noi dobbiamo anche spiegare il carattere piccolo-borghese
della rivoluzione contadina e l’infondatezza delle speranze « socialiste »
in essa riposte.
Tuttavia il nostro programma — anche se non leghiamo i destini
del socialismo all’uno o aH’altro esito della rivoluzione borghese —
non può essere identico sia per l’esito favorevole che per l’« esito sfa-
vorevole ». Se Plekhanov ha detto che ci occorrono dei progetti che
considerino l’uno e l’altro caso (dunque costruiti sui « se »), egli l’ha
detto semplicemente senz’aver riflettuto. Poiché proprio dal suo punto
di vista, il punto di vista della probabilità dell’esito peggiore o della
necessità di tenerne conto, è particolarmente necessario dividere il pro-
gramma in due parti, come si era fatto nel mio. È necessario dire
che. nell’attuale via di sviluppo borghese-latifondista il partito operaio
sostiene determinate misure, ma che nel contempo esso aiuta con tutte
le forze la popolazione contadina a distruggere completamente la grande
proprietà fondiaria e a rendere cosi possibili condizioni di sviluppo piu
ampie e piu libere. Di quest’aspetto della questione ho parlato parti-
colareggiatamente nella mia Relazione (punto dell’affitto, sua necessità
330
LENIN
nel programma « per il caso peggiore »; sua mancanza in Maslov) ]30 .
Aggiungerò soltanto che proprio oggi, quando le condizioni immediate
dell'attività dei socialdemocratici sono meno che mai vicine alle ipo-
tesi ottimistiche, Terrore di Plekhanov risalta ancor più chiaramente.
La III Duma non può in nessun caso indurci a cessare la lotta per
una rivoluzione agraria contadina, ma per un certo periodo di tempo
si dovrà lavorare in una situazione in cui i rapporti agrari assicurano
ai grandi proprietari fondiari la possibilità del più barbaro sfrutta-
mento. Proprio Plekhanov, che si era particolarmente preoccupato del
caso peggiore, è rimasto oggi privo di un programma per questo caso!
3) Poiché ci poniamo il compito di contribuire a una rivoluzione
contadina, bisogna aver chiara coscienza della difficoltà di questo com-
pito e della necessità di una corrispondenza tra le trasformazioni poli-
tiche e quelle agrarie. Altrimenti la combinazione delT« ottimismo »
agrario (confisca più municipalizzazione o spartizione) col « pessimi-
smo » politico (Novosedski: democratizzazióne «di grado compara-
tivo » al centro) risulta scientificamente inconsistente, praticamente
reazionaria.
Quasi contro voglia i menscevichi ammettono la rivoluzione con-
tadina, non desiderando porla chiaramente e con precisione davanti al
popolo in tutti i suoi aspetti. In essi traspare l’idea espressa con impa-
reggiabile ingenuità dal menscevico Ptitsyn a Stoccolma: « Passeranno
le ore agitate della rivoluzione, il corso della vita borghese rientrerà
nei binari consueti e, se non ci sarà la rivoluzione agraria in Occi-
dente, da noi la borghesia prenderà inevitabilmente il potere. Questo
il compagno Lenin non vorrà né potrà negarlo » (p. 91 degli Atti).
È cosi, accaduto che un avventato concetto astratto della rivoluzione
borghese ha impedito di vederne quell’aspetto che è la rivoluzione con-
tadina! Tutto ciò non è che « ore agitate », mentre sono reali solamente
i « binari consueti ». È difficile esprimere con maggior rilievo il punto
di vista filisteo e l’incapacità di capire per che cosa si svolge preci-
samente la lotta nella nostra rivoluzione borghese.
La massa contadina non può attuare una rivoluzione agraria senza
eliminare il vecchio potere, l’esercito permanente e la burocrazia, per-
ché questi sono legati con mille fili alla grande proprietà fondiaria e
ne costituiscono il più sicuro baluardo. L’idea che si possa compiere
una rivoluzione contadina instaurando la democrazia nelle sole istitu-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
331
zioni locali senza che vengano completamente demolite le istituzioni
centrali è quindi scientificamente inconsistente. Quest’idea è pratica-
mente reazionaria perché favorisce l’ottusità piccolo-borghese e l’op-
portunismo piccolo-borghese, che si rappresentano la cosa « alla buona »;
la terra è necessaria, ma, quanto alla politica, Dio sa che cosa sia!
Bisogna prendere tutta la terra, ma ci occorre tutto il potere; si può
prendere tutto il potere? e come prenderlo? Il contadino non ci pensa
(o non ci pensava, prima che lo scioglimento delle due Dume glielo
suggerisse). È quindi sommamente reazionario il punto di vista del
« cadetto contadino » signor Pescekhonov, che già nel suo Problema
agrario scriveva: « È ora incomparabilmente piu utile una risposta
precisa sulla questione agraria che non, per esempio, sulla questione
della repubblica » (p. 114). E questo punto di vista della cretinag-
gine politica (retaggio del campione in opere reazionarie signor V.V.)
ha trovato la sua espressione, com’è noto, in tutto il programma e
in tutta la tattica del partito dei « socialisti popolari ». Invece di lottare
contro la mentalità ristretta del contadino, che non afferra il nesso esi-
stente tra il radicalismo agrario e il radicalismo politico, i « socialisti
popolari » vi si uniformano . Sembra loro che « cosi sia più pratico »,
mentre in realtà è proprio una simile impostazione che condanna al-
l’assoluto insuccesso il programma agrario dei contadini. È difficile una
rivoluzione politica radicale, non c’è che dire, ma è difficile anche una
rivoluzione agraria; la seconda è' impossibile se non è legata alla pri-
ma, e il dovere dei socialisti è non di nasconderlo ai contadini, non
di gettarci sopra un velo (mediante frasi insufficientemente precise,
semicadette sullo « Stato democratico », come si fa nel nostro pro-
gramma agrario), ma di dire tutto, di insegnare ai contadini che, senza
spingersi fino in fondo in politica, non possono pensare seriamente alla
confisca della terra dei grandi proprietari.
Non sono i «se» che hanno importanza nel programma. È im-
portante indicare che dev’esserci corrispondenza tra le trasformazioni
agrarie e quelle politiche. Invece che coi « se », lo stesso pensiero si
può esprimere diversamente: « Il partito spiega che nella società bor-
ghese la forma migliore di possesso della terra è costituita dall’aboli-
zione della proprietà privata della terra, dalla nazionalizzazione della
terra, dal suo passaggio in proprietà dello Stato, e che tale misura non
può né essere realizzata, né arrecare un effettivo vantaggio senza il
332
LENIN
democratismo completo non solo delle istituzioni locali, ma di tutta
la struttura dello Stato, che giunga sino alla repubblica, airabolizione
delPesercito permanente, all’elettività dei funzionari da parte del po-
polo, ecc. ».
Non avendo incluso questa spiegazione nel nostro programma
agrario, abbiamo istillato nel popolo l’idea sbagliata che sia possibile
la confisca della terra dei grandi proprietari senza un completo demo-
cratismo del potere centrale. Ci siamo abbassati al livello della piccola
borghesia opportunistica, cioè dei « socialisti popolari », poiché in en-
trambe le Dume è avvenuto che tanto il loro programma (progetto dei
104) quanto il nostro menzionassero il nesso delle trasformazioni agra-
rie col democratismo delle sole istituzioni locali . Una simile concezione
è ottusità filistea, della quale il 3 giugno 1907 e la III Duma avrebbero
dovuto guarire molti, e prima di tutto i socialdemocratici.
5. Rivoluzione contadina senza conquista del potere da parte della
massa contadina ?
Il programma agrario della socialdemocrazia russa è il programma
proletario nella rivoluzione contadina, diretto contro le sopravvivenze
della servitù della gleba, contro tutto ciò che ve di medioevale nel
nostro regime agrario. Anche i menscevichi, come abbiamo visto, ac-
cettano teoricamente questa tesi (discorso di Plekhanov a Stoccolma).
Ma non hanno affatto riflettuto su di essa, non hanno notato Tindis-
solubile nesso esistente tra questa tesi e le basi generali della tattica
socialdemocratica nella rivoluzione borghese russa. Ed è proprio nelle
opere di Plekhanov che si è manifestata con la massima chiarezza que-
sta mancanza di riflessione.
Ogni rivoluzione contadina diretta contro il medioevo, quando
tutta l’economia sociale ha un carattere borghese, è una rivoluzione
borghese. Ma non ogni rivoluzione borghese è una rivoluzione conta-
dina. Se in un paese la cui agricoltura sia organizzata in modo piena-
mente capitalistico i capitalisti agricoltori, con Taiuto degli operai sala-
riati, effettuassero una rivoluzione agraria, abolendo, poniamo, la pro-
prietà privata della terra, questa sarebbe una rivoluzione borghese, ma
niente affatto una rivoluzione contadina. Se in un paese, il cui regime
agrario si fosse già talmente saldato con Teconomia capitalistica in ge-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
333
nerale da rendere impossibile la distruzione di questo regime senza la
distruzione del capitalismo, avvenisse una rivoluzione che, poniamo,
portasse al potere la borghesia industriale al posto della burocrazia
autocratica, questa sarebbe una rivoluzione borghese, ma niente affatto
una rivoluzione contadina. In altre parole: è possibile un paese bor-
ghese senza popolazione contadina e in un simile paese è possibile una
rivoluzione borghese senza contadini. In un paese con una considere-
vole popolazione contadina è possibile una rivoluzione borghese, e tut-
tavia una rivoluzione che non sia affatto una rivoluzione contadina,
cioè tale che non sovverta i rapporti fondiari che toccano in special
modo la popolazione contadina e non ponga i contadini fra quelle forze
sociali piu o meno attive che compiono la rivoluzione. Quindi il con-
cetto generale marxista di « rivoluzione borghese » contiene determi-
nate tesi obbligatoriamente applicabili a ogni rivoluzione contadina in
un paese a capitalismo in via di sviluppo, ma questo concetto gene-
rale non dice ancora affatto se la rivoluzione borghese in un dato paese
debba (nel senso di una necessità oggettiva) diventare una rivoluzione
contadina per riportare una vittoria completa.
L’origine principale dell’erroneità di tutta la linea tattica di Ple-
khanov e dei menscevichi che lo hanno seguito nel primo periodo della
rivoluzione russa (cioè negli anni 1905-1907) sta nel fatto che essi non
hanno assolutamente capito questa correlazione tra la rivoluzione bor-
ghese generale e la rivoluzione borghese contadina. Il terribile chiasso *
che si fa abitualmente nella letteratura menscevica sulla incompren-
sione da parte dei bolscevichi del carattere borghese della rivoluzione
in atto altro non è che una mascheratura di questa incomprensione
menscevica. In effetti nessun socialdemocratico sia dell’una che del-
l’altra frazione, sia prima della rivoluzione che nel corso di essa, si è
discostato dalle concezioni marxiste circa il carattere borghese della ri-
voluzione; solo i « semplificatori », i volgarizzatori delle divergenze di
frazione hanno potuto affermare il contrario. Ma una parte dei marxisti,
e precisamnete l’ala destra, non essendo in grado di capire le partico-
larità di questa rivoluzione borghese, precisamente come rivoluzione
contadina, se l’è costantemente cavata con un concetto di rivoluzione
* Nelle Nuove lettere sulla tattica e sulla mancanza di tatto (ediz. Glagolev,
Pietroburgo] di Plekhanov questo chiasso è addirittura comico. Parole minacciose,
ingiurie contro i bolscevichi e smorfie senza fine, e non un briciolo di idee.
334
LENIN
borghese generico, astratto, stereotipato. È del tutto naturale ed ine-
vitabile che quest'ala della socialdemocrazia non abbia potuto capire
l’origine della tendenza controrivoluzionaria della nostra borghesia nella
rivoluzione russa, non abbia potuto determinare chiaramente quali
classi fossero capaci di riportare la completa vittoria in questa rivo-
luzione, non abbia potuto non scivolare nella concezione secondo cui
nella rivoluzione borghese il proletariato deve appoggiare la borghesia,
secondo cui nella rivoluzione borghese protagonista deve essere la
borghesia e lo slancio della rivoluzione s’indebolirebbe se la borghesia
se ne allontanasse, ecc. ecc.
I bolscevichi, al contrario, sin dairinizio della rivoluzione, nella
primavera e nell’estate del 1905, quando non poteva ancora essere
neanche il caso di parlare di quella confusione del bolscevismo con il
boicottismo, il boievismo, ecc., che oggi è tanto diffusa tra le persone
ignoranti o poco intelligenti, indicarono chiaramente Yorìgine delle no-
stre divergenze tattiche, individuando nel concetto di rivoluzione con-
tadina uno degli aspetti della rivoluzione borghese e definendo la sua
vittoria « dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei
contadini ». La piu grande conquista ideale che abbia fatto da allora
il bolscevismo nella socialdemocrazia intemazionale è stata la presa di
posizione di Kautsky con l’articolo sulle forze motrici della rivoluzione
russa (traduzione russa redatta da N. Lenin e con una sua prefazione:
Forze motrici e prospettive della rivoluzione russa , Mosca, 1907, edi-
zioni « Epoca nuova »). Com’è noto, ai tempi della scissione tra bol-
scevichi e menscevichi, nel 1903, Kautsky si schierò dalla parte di que-
sti ultimi. Nel 1907, dopo aver osservato il corso della rivoluzione
russa, sulla quale aveva scritto più di una volta, egli capi d’un tratto
l’errore di Plekhanov, che gli aveva mandato il suo noto questionario.
In questo questionario Plekhanov poneva soltanto la questione del ca-
rattere borghese della rivoluzione russa, senza enucleare il concetto
di rivoluzione borghese contadina, non andando oltre le formule gene-
riche: « democrazia borghese », « partiti borghesi di opposizione ». Cor-
reggendo quest’errore, Kautsky rispose a Plekhanov che la borghesia
non è la forza motrice della rivoluzione russa, che in questo senso il
tempo delle rivoluzioni borghesi era passato, che « in tutto il periodo
della lotta rivoluzionaria esiste una salda comunanza d’interessi solo
tra il proletariato e la massa contadina» (opuscolo cit., pp. 30-31),
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
335
che « essa [questa comunanza d’interessi] deve appunto essere alla
base di tutta la tattica rivoluzionaria della socialdemocrazia russa »
(ivi, p. 31). Qui sono espresse con tutta chiarezza le basì della tattica
bolscevica contro quella menscevica. Nelle Nuove lettere ecc. Plekha-
nov si irrita terribilmente a questo proposito. Ma la sua stizza non fa
che dar maggior rilievo all’impotenza della sua argomentazione. La crisi
che attraversiamo è « pur sempre borghese », insiste Plekhanov, tac-
ciando i bolscevichi di « analfabetismo » (p. 127). Questo modo di
ingiuriarci è indice di irosa impotenza. Plekhanov non ha capito la
differenza tra rivoluzione borghese contadina e rivoluzione borghese
non contadina. Dicendo che Kautsky « sopravvaluta la rapidità dello
sviluppo del nostro contadino» (p. 131), che «una divergenza d’idee
tra noi [Plekhanov e Kautsky] è possibile solo nelle sfumature »
(p. 131), ecc., Plekhanov ricorre ai piu pietosi, vili sotterfugi, poiché
chiunque abbia una pur minima capacità di pensare vede che è proprio
l’opposto. Non si tratta né di « sfumature », né della questione della
rapidità dello sviluppo, né della « conquista » del potere per cui grida
Plekhanov, ma della concezione fondamentale circa le classi capaci di
essere la forza motrice della rivoluzione russa, Volenti o nolenti, Ple-
khanov e i menscevichi finiscono inevitabilmente col dare un appoggio
opportunistico alla borghesia, giacché non comprendono che nella rivo-
luzione borghese contadina la borghesia è un elemento controrivolu-
zionario. I bolscevichi hanno subito definito le condizioni di classe ge-
nerali e fondamentali della vittoria di questa rivoluzione come ditta-
tura del proletariato e dei contadini. Nelle sue Forze motrici Kautsky
è giunto sostanzialmente alla stessa concezione e l’ha ripetuta nella
seconda edizione della sua Rivoluzione sociale , dove dice: « Essa [la
vittoria della socialdemocrazia russa nel prossimo futuro] può essere
solo opera di un’alleanza [ einer Koalition ] del proletariato e della
massa contadina » (Die soziale Revolution t von K. Kautsky. Zweite
Auflage, Berlin, 1907, Seite 62). (Lo spazio non ci consente di soffer-
marci su un’altra aggiunta fatta da Kautsky nella seconda edizione,
sulla sua valutazione degli insegnamenti del dicembre 1905, valutazione
che diverge radicalmente dal menscevismo).
Vediamo cosi che Plekhanov è pienamente battuto nella questione
delle basi di tutta la tattica socialdemocratica in generale in una rivo-
luzione borghese, che può vincere soltanto come rivoluzione contadina.
336
LENIN
Le parole da me pronunciate a Stoccolma (aprile 1906) ,3 \ che accusa-
vano Plekhanov di avere spinto il menscevismo fino all’assurdo respin-
gendo la conquista del potere da parte dei contadini in una rivoluzione
contadina, hanno trovato la loro piu piena conferma nella letteratura
successiva. E quest’errore fondamentale della linea tattica non poteva
non ripercuotersi sul programma agrario menscevico. Come ho dimo-
strato prima più di una volta, né nel campo economico né in quello
politico la municipalizzazione esprime in maniera completa le condizioni
di una reale vittoria della rivoluzione contadina, di una reale conqui-
sta del potere da parte del proletariato e dei contadini. Nel campo eco-
nomico una tale vittoria non può essere raggiunta col consolidamento
del vecchio possesso fondiario dei nadiel ; nel campo politico, col solo
democratismo regionale, rimanendo incompleto il democratismo del po-
tere centrale.
6. È un mezzo abbastanza flessibile la nazionalizzazione della terra?
Il compagno John disse a Stoccolma (p. Ili degli Atti) che « il
progetto di municipalizzazione della terra è più accettabile in quanto
più flessibile; esso tien conto della varietà delle condizioni economiche,
consente di essere attuato nel processo stesso della rivoluzione ». Ho
già indicato il difetto di fondo della municipalizzazione sotto que-
sto rapporto: il consolidamento del possesso fondiario dei nadiel con il
loro passaggio in proprietà. Sotto questo rapporto la nazionalizzazione
è infinitamente più flessibile, poiché permette di organizzare assai più
liberamente le nuove aziende sulla terra « liberata dai confini ». Qui oc
corre ancora rilevare brevemente altre considerazioni secondarie di John.
« In alcuni luoghi — dice John — la spartizione della terra cree-
rebbe nuovamente i vecchi rapporti agrari. In alcune regioni tocche-
rebbero a ciascuna famiglia 200 desiatine, e creeremmo cosi, per esem-
pio negli Urali, una classe di nuovi grandi proprietari fondiari ». Esem-
pio di argomento consistente in un’accusa contro il proprio sistema!
E iurono simili argomenti a decidere la questione al congresso mensce-
vico! Proprio la municipalizzazione, e soltanto essa, pecca del difetto
cui qui si fa cenno, giacché solo essa vincola la terra alle singole re-
gioni. Qui la colpa non è della spartizione, come pensa John, che com-
mette un ridicolo errore di logica, ma del provincialismo dei municipa-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
337
listi. La terra degli Urali municipalizzata resterebbe sempre, in base al
programma dei menscevichi, un «possesso» degli abitanti degli Urali.
Ciò vorrebbe dire creare nuovi cosacchi reazionari; reazionari in quan-
to dei piccoli agricoltori privilegiati, forniti di terra in misura dieci
volte maggiore rispetto a tutta la restante massa degli agricoltori, non
potrebbero non opporsi alla rivoluzione contadina, non potrebbero non
difendere il privilegio della proprietà privata della terra. Non resta
che supporre che, in base a quello stesso programma, lo « Stato de-
mocratico » possa dichiarare le decine di milioni di desiatine dei bo-
schi degli Urali' « boschi d’importanza statale », o « fondo di coloniz-
zazione » (persino il cadetto Kaufmann ammette una simile destina-
zione per i boschi degli Urali, nei limiti di una percentuale del 25%
di terreno boschivo, il che ci dà 21 milioni di desiatine nei governato-
rati di Viatka, Ufà e Perm!), e quindi prenderli in suo «possesso».
Non per la sua flessibilità, ma per la sua confusione si distingue la mu-
nicipalizzazione; ecco tutto.
Diamo poi uno sguardo all’attuazione della municipalizzazione nel
processo stesso delia rivoluzione. Qui c’imbattiamo in attacchi ai miei
« comitati contadini rivoluzionari ». Noi siamo contrari alle caste, di-
cevano i menscevichi a Stoccolma, atteggiandosi a liberali. Liberalismo
a buon mercato! Non hanno però pensato, i nostri menscevichi, che per
introdurre un’autoamministrazione non di casta occorre già riportare la
vittoria e privare del potere la casta privilegiata, contro la quale si sta
lottando. Proprio « nel processo stesso della rivoluzione », come dice
John, cioè nel processo della lotta per scacciare i grandi proprietari fon-
diari, nel processo delle « azioni rivoluzionarie della massa contadina »,
di cui parla anche la risoluzione sulla tattica dei menscevichi, sono pos-
sibili soltanto dei comitati contadini. L’introduzione di un’autoammini-
strazione non di casta viene assicurata dal nostro programma politi-
co; essa sarà e dev’essere inevitabilmente instaurata come organizzazio-
ne dell 'amministrazione dopo la vittoria, quando tutu la popolazione
sarà ormai costretta a riconoscere il nuovo ordine. Ma se le parole del
nostro programma sull’« appoggio alle azioni rivoluzionarie dei conta-
dini, compresa la confisca delle terre dei grandi proprietari » non sono
una frase vuota, bisogna pensare all’organizzazione delle masse per que -
ste « azioni »! Il programma menscevico non vi pensa. Esso è costruito
in modo da poter essere agevolmente trasformato in tutto e per tutto
338
LENIN
in progetto di legge parlamentare accanto ai progetti di legge dei partiti
borghesi che odiano ogni sorta di « azioni » (come i cadetti) o si sottrag-
gono opportunisticamente al compito di contribuire in modo sistematico
a queste azioni e di organizzarle (come i socialisti popolari). Ma co-
struire il programma in tal modo è indegno di un partito operaio che
parla di rivoluzione agraria contadina, di un partito che persegue non
già lo scopo di tranquillizzare la grande borghesia e la burocrazia (come
i cadetti), di tranquillizzare la piccola borghesia (come i socialisti popo-
lari), ma esclusivamente quello di sviluppare la coscienza e lo spirito di
iniziativa delle larghe masse nel corso della loro lotta contro- la Russia
della servitù della gleba.
Rammentate, sia pure nei loro tratti generali, tutte quelle « azioni
rivoluzionarie » contadine che ebbero luogo in Russia nella primavera del
1905, neirautunno del 1905, nella primavera del 1906. Sono o non sono
queste le azioni che noi promettiamo di appoggiare? Se no, il nostro
programma non direbbe la verità. Se si, è chiaro che per l’organizza-
zione di queste azioni il programma non dà alcuna direttiva. Queste
azioni si possono organizzare solo direttamente sul luogo della lotta; e
l’organizzazione può essere creata solo direttamente dalla massa che par-
tecipa alla lòtta, ossia dev’esseie immancabilmente del tipo dei comi-
tati contadini. Attendersi delle grandi autoamministrazioni regionali at-
traverso simili azioni è semplicemente ridicolo. L’estensione dei comi-
tati locali vittoriosi, dei limiti del loro potere e della loro influenza ai
villaggi, ai distetti, ai governatorati, alle città, ai circondari vicini e a
tutto lo Stato è naturalmente desiderabile e necessaria. Non vi può
aver nulla in contrario a che si indichi nel programma la necessità di
tale estensione, ma allora è doveroso non limitarsi alle regioni, ma giun-
gere fino al potere centrale. Questo in primo luogo. In secondo luogo
non bisogna allora parlare di auto amministrazioni giacché tale termine in-
dica la dipendenza delle organizzazioni amministrative dall’organizzazio-
ne strutturale dello Stato. L*« autoamministrazione » agisce in base a
norme stabilite dal potere centrale e nei limiti fissati da questo stesso
potere. Le organizzazioni del popolo in lotta delle quali stiamo par-
lando devono invece essere assolutamente indipendenti da tutte le isti-
tuzioni del vecchio potere, devono lottare per una nuova struttura dello
Stato, devono essere uno strumento del pieno potere del popolo (o del
suo potere assoluto) e il mezzo per assicurarlo.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
339
In una parola, dal punto di vista del « processo stesso della rivo-
luzione », il programma menscevico, che rispecchia la confusione delle
idee mensceviche sulla questione del potere provvisorio, ecc., è insoddi-
sfacente sotto tutti i rapporti.
7. Municipalizzazione della terra e socialismo municipale
L'accostamento delle due espressioni appartiene agli stessi mensce-
vichi che hanno fatto passare il programma agrario a Stoccolma. Basti
fare il nome. di due menscevichi in vista, Kostrov e Larin. « Pare che
alcuni compagni — diceva Kostrov a Stoccolma — sentano parlare di
proprietà municipale per la prima volta. Rammenterò loro che nell’Eu-
ropa occidentale c’è tutta una corrente » (proprio cosi!) « del “socialismo
municipale” (Inghilterra), il quale consiste nell'ampliamento della pro-
prietà dei comuni urbani e rurali, appoggiato anche dai nostri com-
pagni. Molti municipi posseggono un patrimonio immobiliare, e ciò non
è in contrasto col nostro programma. Oggi abbiamo la possibilità di
procurare [!] gratuitamente [!!] ai municipi una ricchezza immobi-
biliare e dobbiamo giovarci di essa. Naturalmente le terre confiscate de-
vono essere municipalizzate » (p. 88).
L’ingenuo punto di vista delle « possibilità di procurarsi gratuita-
mente una ricchezza » è qui espresso magnificamente. L’oratore non ha
però pensato di chiedersi perché questa « corrente » del socialismo mu-
nicipale proprio come corrente particolare, e prevalentemente in Inghil-
terra, paese che egli ha preso come esempio, è la corrente dell’estremo
opportunismo. Perché Engels, caratterizzando nelle lettere a Sorge que-
st’estremo opportunismo dei fabiani inglesi, rilevava il significato pic-
colo-borghese delle loro tendenze « municipalizzatrici » 132 ?
All’unisono con Kostrov. nel suo commento al programma mensce-
vico, Larin dice; « Forse in alcune località l’autoamministrazione po-
polare locale potrà essa stessa gestire per proprio conto queste gran-
di aziende, come, per esempio, le Dume urbane hanno le tranvie a ca-
valli e i mattatoi, e allora tutto [!!] il profitto che se ne ricaverà sarà
a disposizione di tutta [!] la popolazione» *; e non della borghesia
locale, carissimo Larin?
* La questione contadina e la socialdemocrazia , p. 66.
340
LENIN
Le illusioni piccolo-borghesi degli eroi piccolo-borghesi del sociali-
smo municipale dell’Europa occidentale si rivelano subito. Viene dimen-
ticato il dominio della borghesia, viene anche dimenticato il fatto che
solo nelle città con un’elevata percentuale di popolazione proletaria si
riuscirà a ottenere dalPamministrazione municipale qualche briciola per
i lavoratori! Ma questo di sfuggita. Il principale errore dell’idea « so-
cialista-municipale » della municipalizzazione della terra consiste in quan-
to segue.
Gli intellettuali borghesi dell’Occidente, allo stesso modo dei fa-
biani inglesi, elevano il socialismo municipale a « corrente » particolare
proprio perché sognano la pace sociale, la riconciliazione delle classi,
e desiderano deviare la pubblica attenzione dalle questioni di fondo di
tutto il regime economico e di tutta la struttura statale alle piccole
questioni dell’ autoamministrazione locale. Nel campo delle questioni
della prima specie gli antagonismi di classe sono quanto mai acuti; pro-
prio questo campo tocca, come abbiamo già rilevato, le basi stesse del
dominio della borghesia come classe. Proprio qui, perciò, l'utopia pic-
colo-borghese, reazionaria di un’attuazione parziale del socialismo è par-
ticolarmente illusoria. Si fa deviare l’attenzione sulle piccole questioni
locali: non sulla questione del dominio della borghesia come classe,
sulla questione degli strumenti fondamentali di questo dominio, ma sul-
la questione dell’impiego delle briciole che la ricca borghesia getta per
i « bisogni della popolazione ». Si capisce che, se vengono considerate
a parte questioni come quella delPimpiego delle somme insignificanti
(in confronto alla massa complessiva del plusvalore e al totale delle
spese statali della borghesia) che la stessa borghesia consente a cedere
per la sanità pubblica (Engels rilevava nella Questione delle abitazioni
che le epidemie nelle città spaventano la stessa -borghesia l3a ), per la
pubblica istruzione (la borghesia deve pur avere degli operai istruiti,
capaci di adeguarsi all’alto livello della tecnica!), ecc., entro i limiti di
tali piccole questioni si possono fare sproloqui sulla « pace sociale », sul
danno della lotta di classe, ecc. Ma che ci sta a fare qui la lotta di
classe, se la stessa borghesia spende denaro per i « bisogni della popo-
lazione », per la sanità, per l’ istruzione? A che serve la rivoluzione
sociale, se attraverso le autoamministrazioni locali si può a poco a
poco, gradualmente estendere la « proprietà collettiva », « socializzare »
la produzione: le tranvie a cavalli, i mattatoi, ai quali accenna cosi a
proposito l’egregio Iu. Larin?
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
341
L’opportunismo piccolo-borghese di questa « corrente » sta nel fat-
to che si dimenticano gli angusti limiti del cosiddetto « socialismo mu-
nicipale » (in realtà capitalismo municipale come giustamente dicono,
contro i fabiani, i socialdemocratici inglesi). Si dimentica che, finché la
borghesia domina come classe, essa non può permettere che si tocchi-
no, sia pure da un punto di vista « municipale », le reali basi del suo
dominio; che se la borghesia permette, tollera il « socialismo municipa-
le », è proprio perché esso non tocca le basi del suo dominio, non in-
tacca le vere fonti della sua ricchezza, si estende soltanto a quell’angu-
sto campo delle spese locali che la stessa borghesia cede in gestione alla
« popolazione ». Basta la piu modesta conoscenza del « socialismo mu-
nicipale » in Occidente per sapere come qualsiasi tentativo delle am-
ministrazioni comunali socialiste di uscire un tantino dal quadro del-
l’ordinaria amministrazione, cioè di un’amministrazione ristretta, minu-
ta, che non dà sostanziali facilitazioni all’operaio, qualsiasi loro tenta-
tivo di toccare un tantino il capitale provochi sempre e senza eccezioni
un risoluto veto del potere centrale dello Stato borghese.
Ed ecco che quest’errore fondamentale, quest’opportunismo picco-
lo-borghese dei fabiani, dei possibilisti e dei bernsteiniani dell’Europa
occidentale vien fatto proprio dai nostri municipalisti.
Il « socialismo municipale » è il socialismo nelle questioni AeWam-
minorazione locale. Ciò che esula dai limiti degli interessi locali, dai
limiti delle funzioni dell’ amministrazione statale, cioè tutto ciò che ri-
guarda le fonti essenziali del , reddito delle classi dirigenti e i mezzi
fondamentali che assicurano il loro dominio, tutto ciò che tocca non
l’amministrazione dello Stato, ma la struttura dello Stato, esula per ciò
stesso dal’ campo del « socialismo municipale ». E i nostri sapientoni
eludono la gravità della questione della terra, questione d’importanza
nazionale e che tocca nella maniera piu diretta gli interessi di fondo
delle classi dirigenti, includendola nelle « questioni dell’amministrazio-
ne locale »! In Occidente si municipalizzano le tranvie a cavalli e i mat-
tatoi; perché noi non dovremmo municipalizzare la migliore metà di
tutte le tene? — ragiona Pintellettualucolo russo. Ciò va bene anche
nel caso di una restaurazione, anche nel caso di un incompleto demo-
cratismo del potere centrale!
Si ha cosi il socialismo agrario nella rivoluzione borghese, e il so-
cialismo piu filisteo, che conta di attutire la lotta di classe per le que-
stioni scottanti includendole nella categoria delle piccole questioni che
34 2
LENIN
riguardano solo l’amministrazione locale. In realtà la gestione di una
metà delle terre migliori non può essere né una questione locale né una
questione di amministrazione. È una questione che investe tutto lo Sta-
to, una questione inerente alla struttura non solo dello Stato dei grandi
proprietari fondiari, ma anche di quello borghese. E allettare il popolo
con l’idea che sia possibile, prima che si attui la rivoluzione socialista,
lo sviluppo del « socialismo municipale » nelPagricoltura significa fare
la piu inammissibile demagogia. II marxismo permette di introdurre nel
programma della rivoluzione borghese la nazionalizzazione perché la na-
zionalizzazione è una misura borghese, perché la rendita assoluta impe-
disce lo sviluppo del capitalismo, e la proprietà privata della terra è
un ostacolo al capitalismo. Ma bisogna trasformare il marxismo in op-
portunismo da intellettuali fabiani per includere nel programma della
rivoluzione borghese la municipalizzazione dei grandi fondi.
Qui appunto ci si presenta la differenza tra i metodi piccolo-bor-
ghesi e i metodi proletari nella rivoluzione borghese. La piccola bor-
ghesia, anche la piu radicale — compreso il nostro partito socialista-
rivoluzionario — , prevede non la lotta di classe dopo la rivoluzione bor-
ghese, ma la prosperità e la quiete universale. Perciò essa « s’intreccia il
nido » in precedenza, immette nella rivoluzione borghese i piani del
riformismo piccolo-borghese, discorre delle varie « norme », della « re-
golamentazione » del possesso fondiario, del consolidamento del prin-
cipio del lavoro e della piccola azienda fondata sul lavoro, ecc. Il me-
todo piccolo-borghese è il metodo dell’edificazione di rapporti che con-
sentano la massima pace sociale possibile. Il metodo proletario è esclu-
sivamente quello di spazzare la strada da tutto ciò che è medioevale, di
spazzarla per la lotta di classe. Il proletario può lasciare quindi discu-
tere i piccoli proprietari di ogni sorta di « norme » del possesso fon-
diario; ciò che lo interessa è solo Pabolizione dei latifondi di tipo feu-
dale, solo l’abolizione deila proprietà privata della terra, ultimo ostacolo
alla lotta di classe nell’agricoltura. Nella rivoluzione borghese ciò che
c’interessa non è il riformismo filisteo, non è il futuro « nido » dei
piccoli proprietari acquietati, ma sono le condizioni della lotta proletaria
contro ogni acquietamento filisteo sul terreno borghese.
La municipalizzazione introduce questo spirito antiproletario pro-
prio nel programma della rivoluzione agraria borghese , giacché non
estende e non acuisce la lotta di classe, nonostante F opinione profonda-
mente errata dei menscevichi, ma al contrario la attutisce . La attutisce
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
343
anche perché ammette il democratismo locale con un democratismo in-
completo al centro. La attutisce anche con ridea del « socialismo mu-
nicipale », poiché tale socialismo è concepibile nella società borghese solo
per chi se ne sta in disparte dalla via maestra della lotta, solo per le
questioni minute, locali, poco importanti, sulle quali anche la borghesia
può cedere, può accordarsi, senza perdere la possibilità di conservare il
proprio dominio come classe.
La classe operaia deve dare alla società borghese il programma piu
puro, piu coerente, piu risoluto della rivoluzione borghese, un pro-
gramma che includa la nazionalizzazione borghese della terra. Nella ri-
voluzione borghese il proletariato si scosta con disprezzo dal riformi-
smo filisteo: quel che ci interessa è la libertà per la lotta e non già la
libertà per una felicità da filistei.
L’opportunismo deirintellettualità in seno al partito operaio pro-
spetta naturalmente un'altra linea. Invece di tracciare un vasto pro-
gramma rivoluzionario della rivoluzione borghese, esso fissa l’attenzio-
ne sull’utopia piccolo-borghese: propugnare il democratismo locale quan-
do al centro non c’è democratismo, assicurare alle piccole riforme un
angolino di amministrazione, al sicuro dalle grandi « ore agitate », evi-
tare la gravità di un conflitto agrario straordinariamente acuto serven-
dosi della ricetta degli antisemiti, includendo cioè una grande questione
nazionale nel novero delle piccole questioni locali.
8. Alcuni esempi della confusione generata dalla municipalizzazione
Quale mancanza di chiarezza sia stata seminata dal programma
« municipalizzatore » nella testa dei socialdemocratici, a quale stato di
impotenza siano da esso condannati i propagandisti e gli agitatori, viene
attestato dai seguenti casi.
Iu. Larin è indubbiamente uno dei menscevichi piu in vista e noti
nella pubblicistica. A Stoccolma, come si vede dagli atti, egli prese vi-
vissima parte alla elaborazione del programma. Il suo opuscolo La que-
stione contadina e la socialdemocrazia , incluso nella collana di opuscoli
« Mondo nuovo », è un commento quasi ufficiale al programma men-
scevico. Ed ecco ciò che scrive questo commentatore. Le ultime pagine
del suo opuscolo sono consacrate alle conclusioni sulla questione della
344
LENIN
riforma agraria. L’autore prevede tre possibili risultati di queste rifor-
me: 1) nadiel integrativi in proprietà privata dei contadini contro in-
dennizzo, « il risultato piu sfavorevole per la classe operaia, gli strati
inferiori della popolazione contadina e tutto lo sviluppo delPeconomia
nazionale» (103). Il secondo risultato è il migliore, e il terzo, sebbene
improbabile, è la « proclamazione sulla carta del godimento egualitario
obbligatorio ». Non vi pare che saremmo in diritto di attenderci che,
trattandosi dell’opinione di un fautore del programma municipalizzatore,
il secondo risultato dovrebbe consistere nella municipalizzazione? No,
ascoltate:
« Forse tutte le terre confiscate, o addirittura tutte le terre in generale ;
saranno dichiarate proprietà statale comune e messe a disposizione dell'autoammi-
nistrazione locale perché vengano distribuite in godimento gratuito [??] a tutti
coloro che effettivamente le lavorano, naturalmente senza introdurre obbligatoria-
mente per tutta la Russia il godimento egualitario e senza vietare il lavoro sala-
riato. Come abbiamo visto, tale soluzione del problema salvaguarda al massimo sia
gli interessi immediati del proletariato quanto gli interessi generali del movimento
socialista e Taumento della produttività del lavoro, questione fondamentale e vitale
per la Russia. Perciò i socialdemocratici devono propugnare e sostenere una riforma
agraria [?] proprio di questo tipo. Esso avrà luogo allorché, nella rivoluzione che
avrà raggiunto il massimo sviluppo, saranno forti gli elementi coscienti dello svi-
luppo sociale» (103, Il corsivo è nostro).
Se Iu. Larin o altri menscevichi credono che qui sia esposto il
programma della municipalizzazione, sl tratta di un errore tragicomico.
Il trasferimento di tutte le terre in proprietà dello Stato è la naziona-
lizzazione della terra , di cui non ci si può figurare di disporre altri-
menti che attraverso autoamministrazioni locali le quali agiscano nei
limiti di una legge dello Stato. Questo programma — non di « riforme »,
certo, ma di rivoluzione — io lo sottoscrivo integralmente, ad eccezio-
ne del punto sulla distribuzione « gratuita » anche agli agricoltori che
impiegano lavoro salariato. Promettere una cosa simile per la società
borghese si addice piu a un antisemita che a un socialdemocratico. Un
marxista non può ritenere possibile un simile risultato nel quadro dello
sviluppo capitalistico; non c’è neppure alcun motivo di ritenere deside-
rabile il trasferimento della rendita agli imprenditori jarmers. Ma, ad
eccezione di questo punto, che con ogni probabilità va attribuito ad
un lapsus dell’autore, resta indubbio che nell’opuscolo menscevico di di-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
345
vulgazione, come migliore risultato connesso col piu alto sviluppo della
rivoluzione, viene predicata la nazionalizzazione della terra.
Lo stesso Larln, a proposito di ciò che si deve fare delle terre in
proprietà privata, scrive:
« Quanto alle terre in proprietà privata occupate da grandi aziende a produ-
zione capitalistica, i socialdemocratici pensano alla loro confisca non certo per
spartirle tra i piccoli agricoltori. Mentre la produttività media della piccola azienda
contadina su terra propria o in affitto non raggiunge i 30 pud per desiatala, la
produttività media dell'agricoltura capitalistica supera in Russia i 50 pud » (64).
Ciò dicendo Larin getta sostanzialmente a mare l’idea di una ri-
voluzione agraria contadina , giacché le sue cifre medie del rendimento
unitario si riferiscono a tutte le terre dei grandi proprietari. Se non si
ritiene possibile un più ampio e più rapido aumento della produttività
del lavoro nella piccola agricoltura liberata dalla servitù della gleba, allo-
ra, in generale, tutto l’« appoggio alle azioni rivoluzionarie della popo-
lazione contadina, compresa la confisca delle terre dei grandi proprie-
tari » non ha senso. E poi Larin dimentica che sulla questione: «perché
i socialdemocratici pensano alla confisca delle aziende capitalistiche »
c’è una decisione del Congresso di Stoccolma.
Proprio il compagno Strumilin presentò a quel congresso l'emen-
damento: porre, dopo le parole: sviluppo economico (nella risoluzio-
ne), « insistendo quindi perché le grandi tenute capitalistiche confiscate
vengano anche in futuro sfruttate capitalisticamente negli interessi di
tutto il popolo e in condizioni che soddisfino nel migliore dei modi i
bisogni del proletariato agricolo » (p. 157). Quest’emendamento venne
respinto da tutti meno uno (ivi).
E ciò nonostante la propaganda tra le masse viene condotta senza
tener conto della decisione del congresso! La municipalizzazione, a causa
della conservazione della proprietà privata della terra dei nadiel f è una
cosa talmente confusa che involontariamente il commento del program-
ma è in contrasto con la decisione del congresso.
K. Kautsky, che tanto spesso e tanto ingiustamente è' stato citato
a sostegno dell’uno o dell’altro programma (ingiustamente perché aveva
risolutamente respinto la proposta di pronunciarsi chiaramente su tale
questione, limitandosi a chiarire alcune verità generali), Kautsky, che,
come per uno strano caso, era stato persino tirato in ballo in difesa
346
LENIN
della municipalizzazione, neiraprile 1906 scriveva, a quanto risulta, a
M. Scianin'.
« Evidentemente per municipalizazzione io intendevo qualcosa di diverso di
quanto intendete voi e, forse, Maslov. Ecco che cosa io intendevo: la grande pro-
prietà fondiatia sarà confiscata e anche in futuro le comunità [!], o le organizza-
zioni piu grandi, la condurranno col sistema delle grandi aziende, oppure la terra
si cederà in affitto a cooperative di produzione. Non so se ciò sia possibile in
Russia; non so neanche se i contadini saranno d’accordo. Non dico affatto che
dobbiamo esigerlo, ma penso soltanto che, se altri lo esigeranno, potremmo be-
nissimo consentire. Sarebbe un esperimento interessante » *
Mi pare che queste citazioni mostrino sufficientemente come delle
persone che hanno simpatizzato o simpatizzano in pieno col programma
di Stoccolma distruggano questo stesso programma con le lofo interpre-
tazioni. La colpa è qui della disperata confusione del programma, che
teoricamente è connesso alla negazione della teoria della rendita di
Marx, praticamente è adattato all’impossibile caso « medio », in cui il
democratismo locale non è accompagnato dal democratismo del potere
centrale, ed economicamente introduce un riformismo piccolo-borghese
pseudosocialista nel programma della rivoluzione borghese.
CAPITOLO QUINTO
LE CLASSI E I PARTITI IN BASE ALLE DISCUSSIONI
ALLA II DUMA SULLA QUESTIONE AGRARIA
Non è inutile, ci pare, affrontare la questione del programma agra-
rio del partito operaio nella rivoluzione borghese russa anche da un
lato un po’ diverso. L’esame delle condizioni economiche in cui avviene
la rivoluzione e delle considerazioni politiche in favore dell’uno o del-
l’altro programma va completato con un quadro della lotta tra le di-
* M. Scianin, Municipalizzazione o spartizione in proprietà , Vilna, 1907, p. 4.
M. Scianin esprime giustamente il dubbio che sì possa annoverare Kautsky tra i
fautori della municipalizzazione e la sua protesta contro la rècìame menscevica a
spese di Kautsky (nella Frauda menscevica del 1906). In una sua lettera pubbli-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
347
verse classi e j diversi partiti che abbracci, nella misura del possibile,
tutti gli interessi, cosi come essi si contrappongono direttamente gli uni
agli altri. Solo tale quadro può dare un’idea del fenomeno (la lotta per
la terra nella rivoluzione russa) considerato nel suo complesso , esclu-
dendo l’unilateralità e la casualità dei singoli giudizi, mettendo le con-
clusioni teoriche alla prova del senso pratico di coloro che vi sono
interessati. Qualsiasi rappresentante di un partito e di una classe, come
qualsiasi uomo, può cadere in errore, ma quando agisce sulla pubblica
arena, davanti a tutta la popolazione, i singoli errori vengono inevitabil-
mente corretti dai gruppi o dalle classi ch’egli rappresenta e sono inte-
ressati alla lotta. Le classi non si sbagliano: in generale esse fissano
quali sono i loro interessi e i loro compiti politici tenendo conto delle
condizioni in cui si svolge la lotta e in cui avviene l’evoluzione sociale,
Per tracciare un simile quadro abbiamo un eccellente materiale nei
resoconti stenografici delle due Dume. Prenderemo la li Duma, giac-
ché essa rispecchia indubbiamente la lotta delle classi nella rivoluzione
russa in maniera piu completa e piu matura: le elezioni allora non ven-
nero boicottate da nessun partito influente. Nella II Duma il raggrup-
pamento politico dei deputati è assai più netto, i gruppi parlamentari
sono più compatti e più strettamente legati coi loro partiti. L’esperienza
della I Duma aveva già fornito non poco materiale, che aveva aiutato
tutti i partiti a determinare la propria linea con maggior ponderazione,
Tutte queste ragioni ci inducono a scegliere la II Duma. Ci riferiremo
ai dibattiti della I Duma soltanto per completare o spiegare le dichiara-
zioni fatte nella seconda.
Perché il quadro della lotta delle classi e dei partiti in base alle
discussioni alla II Duma sia completo e preciso occorre distinguere ogni
gruppo parlamentare importante e con una fisionomia sua propria e ca-
ratterizzarlo mediante estratti dei principali discorsi sui punti principali
della questione agraria. Non è possibile, e non sarebbe nemmeno utile,
citare tutti gli oratori secondari, e lo faremo soltanto per quelli che
cala da Maslov, Kautsky dice apertamente: « Possiamo lasciare ai contadini la
facoltà di decidere sulle forme che deve assumere la proprietà terriera tolta ai
grandi proprietari fondiari. Riterrei un errore il voler imporre loro qualcosa a
questo riguardo » (p. 16. Sulla questione del programma agrario . Maslov e Kautsky.
Ediz. « Mondo nuovo », Mosca, 1906). Questa dichiarazione ben precisa di
Kautsky esclude per l’appunto la municipalizzazione, che i menscevichi impongono
ai contadini.
348
LENIN
hanno apportato qualcosa di nuovo o hanno arrecato un chiarimento de-
gno di attenzione a qualche Iato della questione.
I gruppi fondamentali dei deputati alla Duma che manifestamente
si distinsero nei dibattiti agrari sono i seguenti: 1) i destri e gli otto-
bristi; la differenza tra di loro alla II Duma non si rivelò, come ve-
dremo, in modo piu o meno sostanziale; 2) i cadetti; 3) i contadini di
destra e ottobristi, che erano, come vedremo, piu a sinistra dei ca-
detti; 4) i contadini senza partito; 5) gli intellettuali populisti o trudo -
viki y un po’ piu a destra dei 6) contadini trudovìkt ; poi 7) i socialisti-ri-
voluzionari; 8) i « nazionali », rappresentanti delle nazionalità non russe,
e 9) i socialdemocratici. Menzioneremo la posizione del governo in
connessione col gruppo parlamentate con cui sostanzialmente esso
coincide.
1. 1‘ destri e gli ottobristi
La posizione dei destri nella questione agraria è stata indubbia-
mente espressa meglio che da chiunque altro dal conte Bobrinski nel
discorso del 29 marzo 1907 (18 a seduta della II Duma). Dopo aver
discusso col sacerdote di sinistra Tikhvinski sulla Bibbia e i suoi co-
mandamenti che impogono di obbedire alle autorità, dopo aver ricor-
dato «la pagina piu pura, piu fulgida della storia russa» (1289)*,
l’emancipazione dei contadini (ne parleremo particolarmente piu sotto)*
il conte affronta « a viso aperto » la questione agraria. «Un 100-150
anni or sono nell’Europa occidentale i contadini vivevano anche loro
quasi dovunque nella miseria, ne Il’u mi li azione e ignoranza in cui vivo-
no oggi da noi. Cera la comunità contadina, come da noi in Russia, con
le sue ripartizioni periodiche in base alle anime, tipica sopravvivenza
del regime feudale » (1293). Oggi, continua l’oratore, nell’Europa occi-
dentale i contadini vivono nell’agiatezza. Ci si domanda: quale mira-
colo ha trasformato « il contadino povero, umiliato, in cittadino utile,
agiato, che rispetta se stesso e gli altri? ». «La risposta è una sola: il
miracolo è stato compiuto dalla proprietà individuale contadina, quella
proprietà tanto invisa qui a sinistra, proprietà che noi, della destra, di-
* I numeri privi di altre indicazioni si riferiscono sempre, nel testo successivo,
alle pagine del resoconto stenografico.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
349
fenderemo con tutte le forze della nostra ragione, con tutto il vigore
della nostra sincera convinzione, poiché sappiamo che nella proprietà
sta la forza e Tavvenire della Russia » (1294). «Dalla metà del secolo
scorso la chimica agronomica ha fatto meravigliose... scoperte nel campo
della nutrizione delle piante, e all’estero i contadini — i piccoli pro-
prietari come [??] i grandi — hanno saputo utilizzare queste scoperte
della scienza, e con l’impiego del concime artificiale hanno raggiunto
un aumento ancora maggiore dei raccolti, e mentre noi, oggi, nelle no-
stre magnifiche terre nere ricaviamo 30-35 pud di grano, e talvolta non
otteniamo nemmeno le sementi, airestero di anno in anno si raggiunge
in media, secondo i paesi e le condizioni climatiche, un raccolto che va
dai 70 ai 120 pud. Eccovi la soluzione della questione agraria. Questo
non è un sogno, non è una fantasia; è un esempio storico istruttivo.
E non sulle orme di Pugaciov e di Stenka Razin, gridando “Avanti,
ragazzi! Addosso!”, procederà il contadino russo» (ahi, conte, non fa*
tevene garante!); « egli procederà per luhica via giusta, lungo la via
seguita da tutti i popoli civili, la via dei suoi vicini dell’Europa occi-
dentale, la via, infine, seguita dai nostri fratelli polacchi, dai contadini
della Russia occidentale, che hanno ormai capito quanto sia rovinoso
il possesso comunitario e diviso a strisce tra i diversi fuochi, e qua e là
hanno già cominciato a introdurre l’azienda tipo kbutor » (1296). Il
conte Bobrinski dice poi, e giustamente, che « questa via venne indi-
cata nel 1861, all’atto deiremancipazione dei contadini dalla dipendenza
servile ». Egli consiglia di non lesinare le « decine di milioni » per
« creare una classe agiata di contadini proprietari ». Egli dichiara: « ec-
co, signori, nei suoi tratti generali, il nostro programma agrario. Non è
un programma di promesse elettorali fatte a scopo propagandistico. Non
è un programma che preveda di spezzare le norme sociali e giuridiche
esistenti » (è il programma che prevede di ridurre agli estremi, con la
violenza, milioni e milioni di contadini), « non è un programma di peri-
colose fantasie, ma un programma pienamente realizzabile» (questo è
ancora dubbio) « e già sperimentato » (quel che è vero è vero). « È ora
infine di abbandonare le fantasticherie sulla originalità economica del
popolo russo... Ma come spiegarsi che dei progetti assolutamente irrea-
lizzabili come il progetto del gruppo del lavoro e il progetto del partito
della libertà del popolo siano stati presentati a un’assemblea legislativa
seria? In nessun parlamento al mondo si è mai sentito dire che bisogna
350
LENIN
prendere tutta la terra per incorporarla nei beni dello Stato o -che si
debba prendere la terra a Ivan e darla a Piotr... L’apparizione di questi
progetti è il risultato di uno stato di smarrimento» (l’ha spiegato!),
« ... Per cui, o contadini russi, avete davanti a voi la scelta tra due vie:
runa ampia è in apparenza facile, la via dell’occupazione e dell’aliena-
zione forzata, cbe qui vi hanno inviato ad imboccare. Questa via è
a tutta prima allettante, segue una discesa, ma mette capo a un bur-
rone » (per i grandi proprietari?) «e alla rovina, sia per i contadini
che per tutto lo Stato. L’altra è stretta e irta di spine, in salita, ma
vi porta alle vette dalla verità, del diritto e del benessere dura-
turo » (1299).
Come il lettore vede, questo è il programma governativo. Lo sta
appunto realizzando Stolypin con la sua famosa legislazione agraria in
base all’articolo 87. Lo stesso programma venne formulato da Puriscke-
vic nelle sue tesi agrarie (20* seduta, 2 aprile 1907, pp.- 1532-1533).
Lo stesso programma, diviso in parti, fu propugnato anche dagli otto-
bristi, cominciando da Sviatopolk-Mirski nella prima giornata di discus-
sioni sulla questione agraria (19 marzo) per finire con Kapustin {« ai
contadini occorre avere la terra in proprietà, e non in godimento, come
è stato proposto»: 24 a seduta, 9 aprile 1907, p. 1805; il discorso di
Kapustin venne accolto dagli applausi della destra « e di parte del
centro »).
Nel programma dei centoneri e degli ottobristi non v’è neppure un
accenno alla difesa delle forme di economia precapitalistica, all’esalta-
zione, per esempio, dell’agricoltura patriarcale, ecc. La difesa dell 'ob-
sticina , che non molto tempo fa aveva ancora degli ardentissimi fautori
tra la burocrazia e i grandi proprietari fondiari, è stata definitiva-
mente soppiantata da un’aperta ostilità verso di essa. I centoneri si
pongono in pieno sul terreno dello sviluppo capitalistico, tracciano
senz’altro un programma economicamente progressivo, europeo; questo
va particolarmente sottolineato, perché da noi è molto diffusa una con-
cezione volgare e semplicistica circa il carattere della politica reaziona-
ria dei grandi proprietari fondiari. Benché i liberali dipingano spesso i
centoneri come dei buffoni e degli sciocchi, bisogna dire, tuttavia, cbe
una simile caratterizzazione si addice assai meglio ai cadetti. I nostri
reazionari si distinguono per la straordinaria chiarezza della loro co-
scienza di classe. Essi sanno benissimo ciò che vogliono, dove vanno,
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
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su quali forze contano. Non c’è in loro nemmeno l’ombra dell’irreso-
lutezza e dell’indecisione (perlomeno alla II Duma: alla prima ci fu
« smarrimento » nei signori Bobrinski!). Si sente chiaramente che sono
legati a una classe ben determinata, abituata a comandare, che ha va-
lutato giustamente le condizioni che possono permetterle di conservare
il proprio dominio in un ambiente capitalistico e difende senza pudore
i propri interessi, anche se ciò dovesse affrettare la sparizione, il soffo-
camento, l’espulsione di milioni di contadini. Il carattere reazionario
del programma centonero sta non già nel fatto che questo programma
voglia consolidare determinati rappòrti o ordinamenti precapitalistici
(sotto questo rispetto all’epoca della II Duma tutti i partiti sono già,
in sostanza, sul terreno del riconoscimento del capitalismo come un
dato di fatto), ma nel volere uno sviluppo del capitalismo di tipo junker,
per rafforzare il potere del grande proprietario fondiario e aumentare
i suoi profitti, per porre un fondamento nuovo, piu solido, all’edificio
dell’ autocrazia. Non c’è contraddizione tra le parole e i fatti in questi
signori: anche i nostri reazionari sono «uomini d’azione», come di-
ceva Lassalle dei reazionari tedeschi, a differenza dei liberali.
Quale atteggiamento assume questa gente verso l’idea della nazio-
nalizzazione della terra? verso quella nazionalizzazione parziale con ri-
scatto, per esempio, che rivendicavano i cadetti alla I Duma, conser-
vando — come volevano anche i menscevichi — la proprietà dei pic-
coli appezzamenti e creando una riserva agraria statale con le restanti
terre? non ha essa afferrato, nell’idea della nazionalizzazione, la possi-
bilità di consolidare la burocrazia, di rafforzare il potere borghese cen-
trale contro il proletariato, di restaurare il « feudalesimo statale » e
r« arretratezza cinese »?
Ogni accenno alla nazionalizzazione della terra, al contrario, li fa
infuriare, e lottano contro di essa come se avessero preso a prestito i
loro argomenti da Plekhanov. Eccovi un grande proprietario fondiario
di destra, il nobile Vetcinin. « Io penso — egli disse alla 39 a seduta,
il 16 maggio 1907 — che dal punto di vista giuridico la questione del-
l’alienazione forzata debba essere decisa in senso negativo. Coloro che
pensano il contrario dimenticano che la violazione dei diritti dei pro-
prietari privati è proprio di quegli Stati che si trovano a un basso
livello di sviluppo sociale e statale. Ci basti ricordare il periodo mosco-
vita, in cui spesso le terre venivano tolte ai proprietari privati dallo
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LENIN
zar che le trasferiva poi ai cortigiani e ai monasteri. Quali furono le
conseguenze di un simile atteggiamento del governo? Furono conse-
guenze terribili » (619).
Ecco a quale abborracciatura è servita la « restaurazione della Rus
moscovita » di Plekhanovl E Vetcinin non è il solo a ripetere questo
motivo. Alla I Duma il grande proprietario fondiario N, Lvov, il quale
alle elezioni era stato cadetto, si era poi spostato a destra e, dopò lo
scioglimento della I Duma, intavolò conversazioni con Stolypin per un
portafoglio, questo individuo aveva posto la questione esattamente
nello stesso modo. « Nel progetto dei 42 — egli aveva detto del
progetto cadetto presentato alla I Duma — colpisce l’impronta onni-
presente di quel medesimo vecchio dispotismo burocratico che tende
a livellare tutto» (12 a seduta, 19 maggio 1906, pp. 479-480). Egli
« prese te parti » — esattamente nello spirito di Maslov — delle na-
zionalità non russe: «Come assoggettare ad esso [ adeguali tarismo]
tutta la Russia, e la Piccola Russia, e la Lituania, e la Polonia, e il
Territorio baltico? » (479). Egli minacciò: « a Pietroburgo dovrete crea-
re un’enorme cancelleria agraria... in ogni angolo tenere un intero orga-
nico di funzionari » (480).
Queste grida contro il burocratismo e Passervimento provocate dal-
l’idea della nazionalizzazione — grida che i nostri municipalisti, ripe-
tono male a proposito secondo il modello tedesco — costituiscono
senz’altro il motivo fondamentale di tutti i discorsi di destra. Ecco
Pottobrista Scidlovski: ostile all’alienazione forzata, egli accusa i cadetti
di predicare P« asservimento » (12 a seduta della II Duma, 19 marzo
1907, p. 752). Ecco Sciulghin strillare che la proprietà è inviolabile,
che Palienazione forzata è la « tomba della cultura e della civiltà » (16 a
seduta, 26 maggio 1907, p. 1133). Sciulghin si richiama — non dice però
se ha preso questo richiamo dal Dnievmk di Plekhanov — alla Cina del
XII secolo, al triste risultato dell’esperimento cinese di nazionalizzazio-
ne (p. 1137).. Ecco Skirmunt alla I Duma: proprietario sarà Io Stato!,
« ancora una volta un Eldorado per la burocrazia » (10 a seduta, 16 mag-
gio 1906, p. 410). Ecco Pottobrista Tantsov esclamare alla II Duma:
« Con assai maggior fondamento questi rimproveri [i rimproveri di pa-
trocinare la servitù della gleba] possono essere ritorti contro Pala si-
nistra c il centro. Che cosa infatti preparano questi progetti per i con-
tadini se non il loro asservimento alla terrà? se non la medesima servitù
IL PROGRAMMA AGRARIO DÉLLA SOCIALDEMOCRAZIA
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della gleba, sebbene in forma diversa, nella quale i grandi proprietari
saranno sostituiti dagli usurai e dai funzionari? » (39 a seduta, 16 mag-
gio 1907, p. 653).
Naturalmente, l’ipocrisia di questi strilli contro il burocratismo
salta agli occhi, giacché proprio i contadini che rivendicavano la na-
zionalizzazione lanciarono l’eccellente idea dei comitati locali della terra
eletti a suffragio universale, diretto, uguale e segreto. Ma i grandi pro-
prietari fondiari centoneri sono costretti ad afferrarsi ad ogni sorta di
argomenti contro la nazionalizzazione. Il fiuto di classe suggerisce loro
che la nazionalizzazione nella Russia del XX secolo è. indissolubilmente
legata alla repubblica contadina. In altri paesi, dove, per le condizioni
oggettive, non può esservi una rivoluzione agraria contadina, le cose
stanno ovviamente in altro modo; per esempio in Germania, dove per
i piani nazionalizzatori possono simpatizzare i Kanitz, dove i socialisti
non vogliono neanche sentir parlare di nazionalizzazione e dove il mo-
vimento borghese in favore della nazionalizzazione si limita ad una set-
ta di intellettuali. -Per lottare contro la rivoluzione contadina le destre
dovevano presentarsi ai contadini nella parte dei difensori della pro-
prietà contadina contro la nazionalizzazione. Bobrinski ce n’ha dato un
esempio. Eccone un altro datoci da Vetcinin: « Questo problema [quel-
lo della nazionalizzazione] dev’essere naturalmente risolto in senso nega-
tivo, giacché non trova consenso nemmeno nell’ambiente dei contadini:
questi desiderano possedere la terra cori diritto di proprietà, non già
con diritto di affitto » (39 a seduta, p. 621). A favore dei contadini po-
tevano parlar in questo modo solo dei grandi proprietari fondiari e dei
ministri. Ritengo superfluo, data l’universale notorietà di questo fatto,
citare brani dei discorsi dei signori Gurko, Stolypin e simili campioni,
che si fanno in quattro per difendere la proprietà,
L’unica eccezione in seno alle destre è data da Karaulov, cosacco
del Terek, da noi già menzionato sopra. Pur dichiarandosi parzialmente
d’accordo col cadetto Scingarev, egli disse che le unità cosacche sono
«un’immensa comunità agraria» (1363), che «si dovrà piuttosto di-
struggere la proprietà privata della terra » che non Vobstcina , e sostenne
« una vasta municipalizzazione della terra, il suo trasferimento in pro-
prietà delle singole regioni » (1367). Nel contempo egli si lagnò dei ca-
villi della burocrazia e disse che « noi non siamo padroni dei nostri
beni » (1368). Sul significato di queste simpatie dei cosacchi per la mu-
nicipalizzazione abbiamo già parlato piu sopra.
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LENIN
2. I cadetti
Come tutti i partiti, i cadetti hanno rivelato nel modo piu com-
pleto, più pieno la loro vera natura alla II Duma. Occupando il posto
del centro, criticando da « un punto di vista statale » sia le destre che
le sinistre, essi « hanno ritrovato se stessi ». La loro natura controrivo-
luzionaria l’hanno rivelata con una evidente svolta a destra. E in che
modo hanno manifestato questa svolta nella questione agraria? Essi
hanno gettato definitivamente a mare tutti i residui dell’idea della na-
zionalizzazione della terra, hanno rinunciato completamente al piano
di creare una « riserva agraria statale » e hanno preso posizione per il
trasferimento delle terre in proprietà dei contadini. Si, nella rivoluzione
russa le condizioni sono appunto maturate in modo tale che una svolta
a destra significa una svolta in direzione della proprietà privata della
terra!
L’oratore ufficiale del partito cadetto sulla questione agraria, l’ex
ministro Kutler, passò subito alla critica delle sinistre (12 a seduta, 19
marzo 1907). «Dal momento che nessuno propone l’abolizione della
proprietà in generale — esclamò questo degno collega di Witte e di
Durnovo — , è necessario riconoscere con tutte le forze resistenza della
proprietà della terra» (737). Questo argomento coincide in pieno con
le argomentazioni dei centoneri. Il centonero Krupenski, esattamente
come il cadetto Kutler, gridò: « Se si tratta di spartire, allora spartiamo
tutto » (874),
Da vero burocrate, Kutler si soffermò in maniera particolarmente
dettagliata sulle varie norme di « assegnazione » ai contadini. Intellet-
tuale liberale e burocrate liberaleggiante, non appoggiandosi a nes-
suna classe compatta, egli evita di porre la questione; quanta terra pre-
cisamente posseggono i grandi proprietari fondiari e quanta se ne può
prender loro. E preferisce parlare di « norme » per offuscare la que-
stione , fingendo di far assurgere il problema a problema di Stato e na-
scondere che i cadetti lasciano sussistere Pazienda del grande proprie-
tario fondiario. « Persino il governo — disse il signor Kutler — si è
messo sulla strada dell’estensione della terra in godimento dei conta-
dini » (734); quindi non c’è nulla di irrealizzabile nel progetto, altret-
tanto burocratico, dei cadetti! Insistendo sulla praticità e attuabilità, il
cadetto stende naturalmente un velo sul fatto che il criterio da lui adot-
tato è la possibilità di convincere i grandi proprietari fondiari, cioè, in
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
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altre parole, di adattare il suo progetto ai loro interessi, di guadagnarsi
la benevolenza dei centoneri col pretesto di una superiore conciliazione
delle classi. « Mi pare, signori — disse Kutler — , che si possano im-
maginare condizioni politiche nelle quali il progetto di legge sulla na-
zionalizzazione della terra potrebbe ottenere forza di legge, ma non pos-
so immaginare nel prossimo futuro condizioni politiche nelle quali questa
legge possa essere realmente attuata » (733). In parole povere: ci si può
immaginare il rovesciamento del potere dei grandi proprietari fondiari
centoneri, ma io non me Pimmagino e perciò mi adatto al potere co-
stituito.
Sostenendo che al piano dei trudoyiki in generale e, in particolare,
al « godimento egualitario » era preferibile la proprietà contadina della
terra, il signor Kutler cosi argomentava: « Se per attuarla [la riparti-
zione egualitaria della terra] saranno designati appositi funzionari, sarà
allora instaurato un cosi incredibile dispotismo, un tale intervento nella
vita del popolo quali finora non conoscevamo. Si propone, certo, di af-
fidare quest’opera agli organi locali dell’autoamministrazione, a per-
sone elette dalla popolazione, ma si può forse ritenere che la popola-
zione stessa sia completamente garantita contro l’arbitrio di queste per-
sone, che la loro azione sia sempre rispondente agli interessi della po-
polazione e che per causa loro quest 'ultima non dovrà soffrire nessun
gravame? Io credo che i contadini qui presenti sappiano che i loro
stessi eletti, gli starscinà delle votosi e gli anziani, sono spessissimo de-
gli oppressori della popolazione tanto quanto lo sono i funzionari »
(740). Si può immaginare una più abbietta ipocrisia? Gli stessi cadetti
propongono commissioni agrarie in cui prevalgano i grandi proprietari
fondiari (stesso numero di grandi proprietari e di contadini sotto la
presidenza di un funzionario o di un grande proprietario), ma ai con-
tadini fanno presente il pericolo del dispotismo e dell’arbitrio da parte
dei loro eletti! Solo degli impudenti ciarlatani politici possono muovere
simili obiezioni contro la ripartizione egualitaria della terra, dato che
essi non propugnano né i principi del socialismo (come i socialdemocra-
tici, che dimostrano l’impossibilità della ripartizione egualitaria, ma so-
stengono senza riserve i comitati locali elettivi) né i principi della pro-
prietà privata, unica salvezza per i grandi proprietari (come i Bobrinski).
Il piano dei cadetti, a differenza di quello delle destre e di quello
delle sinistre, è caratterizzato non da ciò che essi dicono, ma da ciò
di cui tacciono: la composizione dei comitati della terra,, che devono
356
LENIN
costringere i contadini ad accettare una « seconda emancipazione », cioè
a ricevere dei « pezzi di terreni sabbiosi » pagandoli il triplo di quel
che valgono. Alla II Duma (come del resto anche alla prima) i cadetti,
per dissimulare la sostanza della questione, ricorrono a metodi da veri
e propri truffatori. Eccovi il signor Scingarev. Egli si atteggia a pro-
gressista, ripete le frasi liberali correnti contro le destre, deplora, come
si conviene, le violenze e l’anarchia, per le quali la Francia « pagò con
un secolo di gravi turbamenti » (1355), ma guardate come egli cerca di
cavarsela coi comitati di riorganizzazione agraria:
« Il deputato Ievreinov * — egli dice — ci ha mosso delle obie-
zioni sui comitati di riorganizzazione agraria, Io non sa [sic!!] su che
cosa egli abbia basato le sue obiezioni; sinora non abbiamo assoluta-
mente parlato di questi comitati [è falso!]; non so di quale progetto
egli parli; perché parli di sfiducia nel popolo. Alla Duma un progetto
simile non è stato ancora presentato, ed egli basa probabilmente le sue
obiezioni su malintesi, Io mi schiero in pieno con quei deputati della
sinistra, Uspenski e Volk-Karacevski, che hanno parlato di norme prov-
visorie e della necessità di costituire degli organismi locali per la rior-
ganizzazione agraria nelle singole località, Io penso che tali organismi
saranno costituiti, e probabilmente il partito della libertà del popolo a
giorni presenterà in proposito un progetto di legge, e allora lo discu-
teremo » (1356).
Ebbene, non si tratta forse di una truffa? È forse possibile che
questo individuo non conoscesse effettivamente né le discussioni alla
I Duma sulla questione dei comitati locali, né l’articolo apparso allora
* Nella stessa seduta (18*, 29 marzo 1907) il socialista-rivoluzionario Ievreinov
aveva detto: « Questi comitati [quelli della terra], come li prevede il partito della
libertà del popolo, dovrebbero essere composti pariteticamente di proprietari terrieri
e di contadini, e i mediatori dovrebbero essere ! dei funzionari, i quali farebbero
indubbiamente pendere la bilancia dalla parte dei non contadini. Perché mai il par-
tito della libertà del popolo, dato che si chiama partito della "libertà del popolo**,
non ha fiducia in comitati eletti non in maniera burocratica, ma democraticamente?
Verosimilmente perché, se i comitati venissero eletti cosi, sqpza dubbio i contadini,
ossia i rappresentanti degli interessi contadini avrebbero in essi una schiacciante
maggioranza. Allora io domando: il partito della libertà del popolo ha o non ha in
tal caso fiducia nei contadini? Rammentiamo infatti che nel 1-858 il governo, al-
l’atto della riforma agraria, affidò la questione alle singole località, ai comitati.
Questi comitati, è vero, erano dei comitati di nobili, ma, vedete, il governo non è
il partito della libertà del popolo, è il rappresentante dei ricchi e in generale delle
classi abbienti. Esso si appoggia sui nobili e ha fiducia nei nobili, Il partito della
libertà del popolo vuole appoggiarsi sul popolo e pop ha fiducia nel popolo » (1326).
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
357
nella Riec ? È possibile che abbia potuto non capire la dichiarazione,
perfettamente chiara, di Ievreinov?
Ma egli promise di presentare « a giorni » un progetto di legge,
direte voi. In primo luogo, la promessa di restituire ciò che è stato ot-
tenuto con la truffa non cancella il fatto che la truffa c’è stata. In se-
condo luogo, ecco che cosa accadde « a giorni ». Il signor Scingarev
aveva parlato il 29 marzo 1907. Il 9 aprile parlò il cadetto Tatarinov e
disse: « Poi, signori, toccherò ancora una questione, che, mi pare » (gli
« pare » soltanto! ) « suscita grandi discussioni, e precisamente la que-
stione sollevata da tutti i partiti che si trovano alla nostra sinistra:
la questione dei comitati locali della terra. Tutti questi partiti fanno
rilevare la necessità di costruire dei comitati locali della terra sulla base
del suffragio universale, uguale, diretto e segreto, per risolvere sul
posto la questione agraria. Sotto questo rapporto anche l’anno scorso
ci eravamo dichiarati in modo del tutto categorico contrari ai comitati,
e ci dichiariamo categoricamente contrari anche oggi » (1783).
Dunque, sulla questione piu importante , quella delle condizioni
reali dellV alienazione forzata » cadetta, due cadetti dicono cose di-
verse, si buttano da una parte all’altra sotto i colpi dei partiti di si-
nistra, che rendono evidente ciò che i cadetti desideravano restasse se-
greto! Il signor Scingarev dapprima dice: « non so », poi: « sono d’ac-
cordo con le sinistre », e ancora: « a giorni il progetto di legge ».
Il signor Tatarinov dice: « sia prima che adesso noi siamo categorica-
mente contrari ». Aggiunge ancora dei ragionamenti sul fatto che non
si può frantumare la Duma in mille dume, che non si può aggiornare
la questione agraria fino all’attuazione delle riforme politiche, fino alla
introduzione del suffragio universale, ecc. Ma queste sono ancora una
volta scappatoie. Non si tratta affatto del momento in cui sarà presa
luna o l’altra misura: a questo riguardo le sinistre non potevano avere
dubbi di sorta alla II Duma. Si tratta di sapere quali sono i veri piani
dei cadetti: chi forza e chi è forzato nella loro « alienazione forza-
zata »? sono i grandi proprietari a forzare i contadini oppure i conta-
dini a forzare i grandi proprietari? A ciò dà una risposta solo la com-
posizione dei comitati della terra. E questa composizione viene determi-
nata dai cadetti sia nelPeditoriale di Miliukov sulla Riec , sia nel pro-
getto di Kutler, sia in un articolo di Ciuprov (citato sopra); però alla
Duma i cadetti non ne parlarono, lasciando senza risposta la domanda
fatta a bruciapelo da Ievreinov.
LENIN
m
Non si insiste mai abbastanza sul fatto che tale modo di agire dei
rappresentanti di un partito in parlamento è precisamente un inganno
del popolo da parte dei liberali. Riguardo ai Bobrinski e agli Stolypin
è difficile che qualcuno s’inganni. Riguardo ai cadetti moltissimi s'in-
gannano, non volendo esaminare o non sapendo capire il reale signi-
ficato delle loro parole d'ordine e frasi politiche.
I cadetti sono dunque contrari a qualsivoglia forma di godimento
sociale della terra *, sono contrari all’alienazione senza indennizzo, sono
contrari a comitati della terra locali in cui prevalgano i contadini,
sono, in generale, contrari alla rivoluzione e, in particolare, sono con-
trari a una rivoluzione agraria contadina. La loro posizione di destreg-
giamento tra le sinistre e le destre (per consegnare i contadini nelle
mani dei grandi proprietari) viene lumeggiata dal loro atteggiamento
nei confronti della « riforma » contadina del 1861. Come vedremo più
sotto, le sinistre ne parlano sempre con disgusto e indignazione, come
di un nodo scorsoio messo al collo dei contadini dai grandi proprie-
tari fondiari. I cadetti sono solidali con le destre neH’intenerirsi per tale
riforma.
II conte Bobrinski aveva detto: « Qui si è coperta di fango la più
pura, la più fulgida pagina della storia russa... L’opera di emancipazione
dei contadini è superiore ad ogni rimprovero... il grande e fulgido giorno
del 19 febbraio 1861 » (29 marzo, pp. 1289, 1299).
Kutler disse: «la grande riforma del 1861... il governo, nella per-
sona del presidente del consiglio dei ministri, rinnega la storia russa,
le sue pagine migliori e più fulgide » (26 maggio, pp. 1198-1199).
Questo giudizio su un'alienazione forzata che realmente ebbe luo-
go lumeggia il programma agrario dei cadetti più di tutti i loro progetti
* Sotto questo rapporto sono particolarmente degne di nota le discussioni alia
I Duma circa l’inoltro del progetto agrario dei 33 (suirabolizione della proprietà
privata della terra). I cadetti (Petrunkevic, Mukhanov, Sciakhovskoi, Frenkel,
Ovcinnikov, Dolgorukov, Kokosckin) si opposero furiosamente e che tale progetto
venisse passato in commissione, incontrando il pieno appoggio di Heiden. Gli argo-
menti dei cadetti sono indegni di un liberale che abbia un minimo di rispetto
per se stesso; sono pretesti polizieschi avanzati da lacche di un governo reazionario.
Passare in commissione — disse, per esempio, il signor Petrunkevic — vuol dire
ammettere che fino ad un certo punto il modo di vedere sostenuto da un progetto
siffatto sia « ammissibile ». li signor Gilkìn svergognò i cadetti (23“ seduta,
8 giugno 1906), dicendo che egli sarebbe stato favorevole a passare in commissione
sia il progetto dei 33 che quello dcUestrema destra. Ma i cadetti e le destre con
140 voti contro 78 bocciarono la proposta di passare il progetto in commissione!
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
359
e discorsi, scritti per dissimulare i loro pensieri. Se ci sono delle per-
sone che considerano come la pagina più fulgida la spoliazione dei con-
tadini della loro terra operata dai grandi proprietari, l’imposizione di un
riscatto tre volte più alto del valore per dei « pezzi di terreni sabbiosi »
e Tintroduzione dei documenti regolamentari 134 mediante spedizioni pu-
nitive, diventa chiaro che esse si sforzano di ottenere una « seconda
emancipazione », un secondo asservimento dei contadini mediante il
riscatto. Bobrinski e Kutler sono solidali nel loro giudizio sulla rifor-
ma del 1861. Ma il giudizio di Bobrinski esprime in modo diretto ed
esatto il giusto concetto degli interessi dei grandi proprietari fondiari:
perciò illumina la coscienza di classe delle larghe masse. I Bobrinski
plaudono: vuol dire che i grandi proprietari hanno tutto da guadagnare.
Il giudizio di Kutler, esprimendo la povertà di spirito delPimpiega-
tuccio che per tutta la vita ha piegato la schiena davanti ai grandi pro-
prietari, è pieno di ipocrisia e offusca la coscienza delle masse.
In connessione con ciò va notato ancora un lato della politica ca-
detta nella questione agraria. Tutte le sinistre si schierano apertamente
dalla parte dei contadini, i quali sono una forza combattente, spiegano
la necessità della lotta, dicono che il governo è il governo dei grandi
proprietari fondiari. I cadetti e le destre sono per il « punto di vista
statale » e respingono la lotta di classe.
Kutler dichiara che non bisogna « riorganizzare radicalmente i rap-
porti agrari » (732). Saveliev mette in guardia dal « toccare una massa
d’interessi » e dice: « il principio del totale ripudio della proprietà
difficilmente potrebbe essere vantaggioso, e si possono incontrare dif-
ficoltà grandissime e molto serie nell’applicarlo, soprattutto se teniamo
presente che i grossi proprietari con più di 50 desiatine hanno com-
plessivamente moltissime terre, e precisamente 79.440.000 desiatine »
(26 marzo 1907, p. 1088. Il contadino si richiama ai latifondi per di-
mostrare la necessità di distruggerli; il liberale vi si richiama per di-
mostrare la necessità di inchinarsi profondamente di fronte ad essi).
Scingarev riterrebbe una « immensa sventura » il fatto che il popolo
si prendesse la terra (1355). Rodicev canta come un usignuolo: «Non
attizziamo l’odio di classe; vorremmo dimenticare il passato » (632, 16
maggio 1907). Kapustin dice la stessa cosa: « Il nostro compito è di
seminare dovunque la pace e la giustizia, non di seminare e ravvivare
l’odio di classe » (1810, 9 aprile). Krupenski s’indigna per il discorso
360
LENIN
del socialista-rivoluzionario Zimin perché « è pieno di odio per le classi
abbienti » (783, 19 marzo). In una parola, nel condannare la lotta di
classe cadetti e destre concordano perfettamente. Ma le destre sanno
ciò che fanno. La predicazione della lotta di classe non può non essere
nociva e pericolosa per la classe contro la quale questa lotta è diretta.
Le destre tutelano fedelmente gli interessi dei grandi proprietari fau-
tori della servitù. E i cadetti? Essi lottano — dicono di lottare! — , vo-
gliono « costringere » i grandi proprietari fondiari, nelle cui mani si
trova il potere, e condannano la lotta di classe! Agi forse cosi, per-
lomeno in Francia, la borghesia che realmente lottava, e non piegava
la schiena davanti ai grandi proprietari fondiari? Non chiamò essa il
popolo alla lotta, non attizzò forze l’odio di classe, non creò forse la
teoria della lotta di classe?
3. I contadini di destra
Solo a titolo di eccezione ci sono alla II Duma degli autentici con-
tadini di destra; c’è forse il solo Remencik {del governatorato di Minsk)
che non vuole sentir parlare di obsteina e di « fondi » e che difende a
spada tratta la proprietà (alla I Duma molti contadini polacchi della
Russia occidentale erano per la proprietà). Ma anche questo Remencik si
pronuncia per l’alienazione « in base ad un equo estimo » (648); in so-
stanza, cioè, egli è un cadetto. Gli altri « contadini di destra » della
II Duma vengono da noi distinti in un gruppo a sé perché sono in-
dubbiamente più a sinistra dei cadetti. Prendete Petrocenko (del gover-
natorato di Vitebsk). Incomincia col dire che « difenderà fino alla morte
lo zar e la patria» (1614). Le destre applaudono. Ma eccolo passare
alla questione della « scarsità di terra ». « Per quante discussioni fac-
ciate — egli dice — non creerete un altro globo terrestre. Bisognerà
dunque darci la terra che c’è. Qui c’è stato qualche oratore che ha
osservato che i nostri contadini sono rozzi e ignoranti, e che non serve
a niente, è inutile dare loro molta terra, perché tanto non renderebbe
niente lo stesso. Ma certo, prima la terra rendeva poco, proprio a coloro
che non ne avevano. In quanto alla nostra ignoranza, noi non chie-
diamo altro che la terra per frugarci dentro secondo la nostra stupi-
dità. Per parte mia penso che veramente non è neanche decoroso per un
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
361
■nobile occuparsi della terra. Si è detto qui che secondo la legge le
terre in proprietà privata non si possono toccare. Io naturalmente sono
d’accordo nel dire che bisogna rispettare la legge, ma per eliminare la
scarsità di terra bisogna scrivere una legge per far si che tutto questo
sia fatto appunto secondo la legge. E per non offendere nessuno, il de-
putato Kutler ha proposto buone condizioni. Naturalmente lui, da uomo
ricco, ha detto un prezzo alto, ma noi contadini, che siamo poveri, non
possiamo pagar tanto. Quanto al nostro modo di vivere — nelle obstcine ,
nelle aziende familiari o individuali, — per parte mia ritengo necessario
che si debba lasciare a ognuno la libertà di vivere come gli pare »
(1616).
Tra questo contadino di destra e il liberale russo ce tutto un
abisso. Il primo è a parole devoto al vecchio potere, ma di fatto si
sforza di ottenere la terra, lotta contro i grandi proprietari fondiari e
non acconsentirà a pagare un riscatto nella misura in cui lo vogliono i
cadetti. Il secondo lotta a parole per la libertà del popolo, ma di fatto
vuol fare le cose in modo che i contadini siano una seconda volta as-
serviti ai grandi proprietari e al vecchio potere. Il secondo può spo-
starsi soltanto a destra, dalla I Duma alla II, dalla II alla III. Il primo,
deluso nella speranza che la terra gli sia « data », passerà dall’altra par-
te. Per noi sarà assai piu probabile che facciamo un pezzo di strada
assieme col contadino « di destra » che non col cadetto « liberale »,
« democratico »...
Ecco il contadino Sciamanski (del governatorato di Minsk). « Sono
venuto qui per difendere la fede, lo zar e la patria e per chiedere la
terra... naturalmente non col saccheggio, ma per via pacifica, a un prezzo
giusto... Perciò da parte di tutti i contadini propongo ai membri della
Duma, ai grandi proprietari fondiari, che essi salgano su questa tribuna
e dicano che desiderano cedere ai contadini la terra a un prezzo giusto,
e allora i nostri contadini certamente li ringrazieranno, e credo che an-
che lo zar-piccolo padre li ringrazierà. Propongo che la Duma colpisca
con un’imposta progressiva le terre di quei grandi proprietari che non
acconsentiranno con le buone. Col tempo anch’essi certamente cede-
ranno, perché si renderanno conto che i grossi bocconi rimangono in
gola » (1617).
Per alienazione forzata e giusto prezzo questo contadino di destra
intende qualcosa di assolutamente diverso da quel che pensano i ca-
362
LENIN
detti, I cadetti ingannano non solo i contadini di sinistra, ma anche
quelli di destra. Quale atteggiamento avrebbero assunto i contadini di
destra nei confronti dei piani cadetti sulla composizione dei comitati
della terra (secondo Kutler o secondo Ciuprov: cfr. voi. II della Que-
stione agraria ), se li avessero conosciuti, si può vedere dalla seguente
proposta. del contadino Melnik (ottobrista; del governatorato di Minsk).
« Ritengo doveroso — egli diceva — che nella misura del 60% siano
inclusi nella commissione [agraria] dei contadini che conoscano pra-
ticamente il bisogno [ ! ] e siano al corrente della situazione del ceto
contadino, e non quelli che di contadini forse portano soltanto il nome.
Si tratta della questione del benessere dei contadini e del popolo po-
vero in generale, e in questa questione non c’è nessun significato po-
litico. Bisogna scegliere delle persone che possano decidere, per il bene
del popolo, questa questione praticamente, e non politicamente » (1285).
Si spingeranno molto a sinistra, questi contadini di destra, quando la
controrivoluzione avrà mostrato loro il significato politico delle « que-
stioni del benessere del popolo povero »!
Per mostrare quanto siano infinitamente lontani gli uni dagli altri
i rappresentanti dei contadini monarchici e i rappresentanti della bor-
ghesia monarchica riporterò degli estratti dal discorso del « progressi-
sta » rev. Tikhvinski, che parlò qualche volta a nome deirUnione con-
tadina e del gruppo del lavoro. « Nella loro massa i nostri contadini
amano lo zar — egli disse — . Quanto vorrei possedere il berretto che
rende invisibile e il tappeto incantato per volare sui gradini del trono
e dire, testimoniare; Maestà, il tuo più grande nemico, il più grande
nemico del popolo, è il ministero che non risponde del suo operato...
La popolazione contadina che lavora chiede soltanto che sia rigorosa-
mente applicato il principio: “tutta la terra a tutto il popolo”... » (e
sulla questione del riscatto: ) « ... Non temete, signori della destra, ab-
biate fiducia nel nostro popolo, esso non vi toglierà ciò che vi spetta.
[ Voci dalla destra : « Grazie! grazie! »] Vengo ora alle parole del rela-
tore del partito della libertà del popolo. Egli dice che il programma
del suo partito non differisce di molto dal programma dei contadini e
del gruppo del lavoro. No, signori, differisce, e di molto. Dal relatore
abbiamo udito: “Ammettiamo che il nostro progetto sia meno equo,
ma è più pratico". Signori, si sacrifica l’equità per considerazioni pra-
tiche! » (789).
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
363
Per la sua concezione politica questo deputato è al livello del ca-
detto. Ma quale differenza tra la sua ingenuità campagnuola e l’« affa-
rismo » degli avvocati, dei funzionari e dei giornalisti liberali!
4. I contadini senza partito
I contadini senza partito offrono un particolare interesse come in-
terpreti della massa rurale meno cosciente e meno organizzata. Riporte-
remo perciò estratti dai discorsi di tutti i contadini senza partito *,
tanto piu che non erano molti: Sakhno, Semionov, Moroz, Afanasiev.
« Signori rappresentanti del popolo — disse Sakhno (del governatorato di
Kiev) — è difficile per dei deputati contadini salire su questa tribuna e replicare ai
signori, i ricchi grandi proprietari fondiari. Adesso i contadini vivono molto povera-
mente perché non hanno terra... Il contadino patisce a causa dei latifondisti, soffre,
giacché il grande proprietario fondiario lo opprime terribilmente... Perché il
grande proprietario può tenersi molta terra, mentre ai contadini non resta che il
regno dei cieli?... Cosi, signori rappresentanti del popolo, quando i contadini
mi hanno inviato qui mi hanno dato il mandato di difendere i loro bisogni, affinché
sia loro data la terra e la libertà, affinché tutte le terre demaniali, della Corona,
degli appannaggi, di proprietà privata e dei monasteri siano focatamente alienate
senza riscatto... Dovete sapere, signori rappresentanti del popolo, che chi ha
fame non può restarsene tranquillo se vede che, nonostante la sua sventura, il
potere è dalla parte dei signori grandi proprietari fondiari. Non può non volere
la terra, anche se ciò va contro la legge; il bisogno lo costringe. Chi ha fame è
pronto a tutto, perché il bisogno lo costringe a non tener conto di nulla, dato che
ha fame ed è in miseria» (1482-1486).
Ugualmente ingenuo ed ugualmente forte nella sua semplicità è il
discorso del contadino senza partito Semionov (del governatorato della
Podolia, deputato eletto dai contadini):
« ...L’amara sventura sta proprio negli interessi dei contadini, i quali soffrono
da secoli perché non hanno la terra. Da duecento anni essi aspettano: il bene non
cadrà loro dal cielo? Ma non cade. Il bene è nelle mani dei signori grandi pro-
prietari terrieri, che questa terra la presero ai nostri nonni e ai nostri padri, mentre
la terra è di Dio, e non dei grandi proprietari... Capisco benissimo che la terra
appartiene a tutto il popolo lavoratore, che coltiva questa terra... Il deputato
* Per determinare l’appartenenza dei deputati della li Duma a questo o a
quel gruppo o partito ci siamo avvalsi di una pubblicazione ufficiale della stessa
Duma: l'elenco dei deputati secondo i paniti e i gruppi. Alcuni deputati passarono
da un partito all'altro, ma non è possibile tener conto di questi passaggi sulla
scorta delle notizie giornalistiche. E poi, se per questa questione ci si servisse di
diverse fonti, non si farebbe altro che imbrogliare le cose.
364
LENIN
Purisckevic dice: “La rivoluzione, aiuto!”; che cosa significa? Ma se si deve
prender loro la terra mediante l’alienazione forzata, saranno essi la rivoluzione,
e non noi, noi tutti saremo dei combattenti, delle persone gentili... Forse che
noi abbiamo 150 desiatine, come il prete? e i monasteri? e le chiese? a che cosa
serve loro la terra? No, signori, basta con l'accumulare tesori e tenerseli in tasca,
bisogna vivere veramente, Il paese capirà, signori; io capisco tutto benissimo;
noi siamo cittadini onesti, non ci occupiamo di politica, come diceva uno dei
precedenti' oratori... Essi [i grandi proprietari fondiari] non fanno che viaggiare
e si sono ingrossati la pancia col nostro sangue, coi succhi che ci spremono. Vi
ricorderemo che non faremo loro dei torti, anche a loro daremo della terra. Facendo
il calcolo, a noi toccheranno 16 desiatine per famiglia, mentre ai signori grandi
proprietari terrieri resteranno ancora 50 desiatine a testa... Una popolazione di
migliaia, milioni di persone soffre, e i signori banchettano... E come il servizio
militare, lo sappiamo: se ammalato, ha della terra al paese”. Ma dov’è il suo
paese? Ma non ce l'ha un suo paese., L’ha solo perché è negli elenchi e su
c’è scritto dove nato c di che religione è, ma di terra non ne ha. Ora io dico:
il popolo mi ha chiesto che le terre delle chiese, dei monasteri, del demanio, degli
appannaggi e quelle dei grandi proprietari fondiari, forzatamente alienate, siano date
nelle mani del popolo lavoratore, che le coltiverà, e siano date sul posto, dove si
sbroglieranno. Io vi dirò che il popolo mi ha mandato qui per chiedere la terra e
la libertà, e la completa libertà civile; e noi vivremo senza dire che quelli sono
dei signori e quegli altri dei contadini, ma saremo tutti degli uomini e ognuno
nel suo posto sarà un signore* (1930*1934).
Quando si legge un simile discorso di un contadino che « non
si occupa di politica » diventa tangibilmente chiaro che per applicare
non solo il programma agrario stolypiniano, ma anche quello cadetto
si dovrebbe esercitare per decenni una violenza sistematica contro la
massa contadina, si dovrebbe ricorrere a sistematiche bastonature, a uno
sterminio mediante le torture, la prigione e la deportazione di tutti i
contadini che pensano e si sforzano di agire liberamente. Stolypin lo
capisce e agisce in conformità. I cadetti in parte non lo capiscono, data
l’ottusità propria dei funzionari e dei professori liberali, in parte lo
nascondono ipocritamente, « tacciono pudicamente », come fanno per
le spedizioni punitive del 1861 e degli anni seguenti. Ma se questa
violenza sistematica, e che non si arresta davanti a nulla, dovesse ces-
sare per ostacoli interni o esterni, l’onesto contadino senza partito che
« non si occupa di politica » farà della Russia una repubblica contadina.
In un hreve discorso il contadino Moroz dichiarò semplicemente:
« Bisogna togliere le terre ai preti e ai grandi proprietari fondiari »
(1955), e poi si richiamò al Vangelo (non è la prima volta nella
storia che i rivoluzionari borghesi attingono le loro parole d’ordine dal
Vangelo)... « Se non sì porta al prete del grano e una bottiglia di
IL PROGRAMMA agrario della socialdemocrazia
365
vodka, egli non ti battezza nemmeno il bambino... E parlano ancora
del santo Vangelo e leggono: “Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi
sarà aperto” Noi chiediamo, chiediamo, e non ci danno niente, bus-
siamo anche, ma non ci danno niente; che fare? Ci toccherà sfondare
le porte e prendere? Signori non costringeteci a sfondare porte,, date
volontariamente, e allora ci sarà la libertà, e voi starete' bene e noi
pure » (1955).
Ecco il contadino senza partito Afanasiev, il quale giudica la « mu-
nicipalizzazione » cosacca non dal punto di vista del cosacco, ma dal
punto di vista di un « quasi forestiero ». « Signori, debbo dire per
prima cosa che io sono il rappresentante dei contadini della regione del
Don. Laggiù c’è piu di un milione di persone, e io solo son capitato
qui; già questo fa vedere che là noi siamo quasi dei forestieri,.. Sono
infinitamente meravigliato: possibile che Pietroburgo dia da mangiare
alla campagna? No, è il contrario. Un tempo ho fatto il soldato a Pie-
troburgo per venti e pip anni, e già allora avevo notato che Pietroburgo
non dà da mangiare alla campagna, ma la campagna a Pietroburgo. E
atìche adesso vedo che è cosi. Tutte queste bellissime architetture, tutte
queste costruzioni, questi edifici, tutte queste case bellissime, meravi-
gliose vengono erette dai contadini come venticinque anni fa... Puri-
sckevic ha detto che per esempio il cosacco possiede piu di 20 desia-
tine di terra, e anche lui ha fame..* Ma perché non ha detto dov’è
questa terra? La terra ce, ce ne anche in Russia, ma chi la possiede?
Se egli sapeva quanta terra c’è e non l’ha detto, vuol dire che non è
un uomo giusto, e se non lo sapeva, non bisognava neanche cominciare
a parlarne. E se effettivamente, come può darsi, non lo sapeva, allora
vi prego, signori, permettetemi di dirgli dov’è questa terra, quanta
ce n’è e chi la possiede. Se la contiamo, vedremo che nella regione
delle unità del Don per l’allevamento privato dei cavalli si hanno
753.546 desiatine. Ora menzionerò ancora gli allevamenti calmucchi, i
cosiddetti territori dei nomadi. Laggiù ci sono complessivamente 165
mila 708 desiatine. Poi della gente ricca tiene in affitto temporaneo
1.055.919 desiatine. Tutte queste terre sono nelle mani di qualcuno ma
non delle persone che ha enumerato Purisckevic; sono nelle mani dei
kulak, dei ricconi che ci opprimono; ricévono del bestiame: per nu-
trirlo la metà la strappano a noi. Un rublo per desiatina, un altro per
366
LENIN
la bestia con cui ariamo, e frattanto dobbiamo dar da mangiare ai
nostri figli, alle donne cosacche e ai piccoli cosacchi. Ecco perché da
noi si fa la fame ». E loratore racconta che i fittavoli ricevono 2.700
desiatine a testa per la fornitura di otto cavalli « per la cavalleria »;
i contadini potrebbero fornirne di piu. « Vi racconterò che volevo con-
vincere il nostro governo che fa un terribile sbaglio a non farlo. L'ho
scritto alla redazione del Sielski Viestnik perché lo pubblicassero. Mi
hanno risposto che non è affar nostro insegnare al governo quel che
deve fare ». Cosi sulle terre « municipalizzate », date in proprietà alla
regione, il « governo democratico centrale » crea de facto dei nuovi gran-
di proprietari: la municipalizzazione, come ha scoperto Plekhanov, è una
garanzia contro la restaurazione...
« Il governo ci ha spalancato le porte perché potessimo acquistare le terre
attraverso la Banca contadina, quel giogo che ci fu messo al collo nel 1861. Ci
vuol mandare nei territori siberiani. ...Non sarebbe meglio farci andare chi ha
migliala di desiatine e lascia dietro di sé tanta terra? Quante persone sarebbero
sazie! [Applausi a sinistra ; voci da destra : “Vecchia musica!, Vecchia musica!”]...
Durante la guerra giapponese condussi i miei soldati mobilitati attraverso le terre
[quelle dei grandi proprietari fondiari] che qui menzionavo. Dovemmo galoppare
per piu di due giorni per raggiungere il centro di raccolta. I soldati mi chiedono:
“Dove ci porti?” Io dico: “Verso il Giappone”, “A far che?”. “A difendere la
patria”. Come uomo d’armi, io stesso sentivo che si doveva difendere la patria.
I soldati mi dicono: 4i Ma è forse questa la patria? Le terre dei Lisetski, dei
Bezulov, dei Podkopailov? Che c'è qui di nostro? Niente”. Essi mi dissero cose
che da piu di due anni non posso cancellare dal mio cuore... Quindi, signori,
...vi devo dire, insomma, che, in tutti i diritti che esistono nella nostra Russia,
tutti, cominciando dai principi per passare ai nobili, ai cosacchi, ai borghesi, e
senza menzionare la parola contadino, devono essere cittadini russi e usufruire
della terra, devono usufruirne tutti coloro che la lavorano, che vi impiegano il
loro lavoro, che la curano e l'amano. Lavora, suda e usufruiscine. Ma se non
vuoi vivere su di essa, non vuoi lavorarla, non vuoi impiegarvi il tuo lavoro, non
hai nemmeno il diritto di usufruirne » (1794) (26* seduta, 12 aprile 1907).
« Senza menzionare la parola contadino »! Questa magnifica frase
è uscita « dal profondo del cuore » di un contadino che vuole spezzare
il carattere di casta dei possesso fondiario (« tutti i diritti che esistono
nella nostra Russia »), vuole distruggere il nome stesso della casta in-
feriore, quella dei contadini. « Tutti siamo contadini ». L'uguale diritto
alla terra da parte di coloro che la lavorano altro non è che l'applica-
zione, coerente fino in fondo, del punto di vista che l 'agricoltore ha
della terra. Nessun altra ragione per il possesso fondiario (come ad esetn-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
367
pio il possesso fondiario « per il servizio militare » dei cosacchi, ecc.),
nessun'altra considerazione, nessun altro rapporto tranne il diritto alla
terra del V agricoltore, le considerazioni della « cura » della terra, i rap-
porti di chi « impiega il lavoro » nella terra. Proprio cosi deve veder
le cose il farmer , che vuole una libera azienda sulla libera terra, l’elimi-
nazione di tutto ciò che è estraneo, di impedimento, vecchio, di tutte
le precedenti forme di possesso fondiario. Ebbene, non applicherebbero
forse i marxisti scioccamente una dottrina sconsiderata se sconsigliassero
a un simile agricoltore la nazionalizzazione e gli insegnassero il van-
taggio della proprietà privata delle terre dei nadielì
Alla I Duma il contadino Merkulov (del governatorato di Kursk)
espresse, relativamente alla nazionalizzazione delle terre contadine dei
nadiel } la stessa idea da noi riportata sopra a proposito dei dati sui
congressi dell’Unione contadina. « Ci fanno paura dicendoci che proprio
il contadino non si separerà dal palmo di terra che ora possiede. Io ri-
spondo: chi glielo prenderà? Anche se la nazionalizzazione sarà com-
pleta, verrà presa soltanto quella terra che l'agricoltore non coltiva con
le sue forze, ma mediante il lavoro salariato» ( 18 * seduta, 30 maggio
1906, p. 822).
Questo lo dice un contadino che ha in proprietà, in base alle sue
stesse parole, 60 desiatine di terra; certo, ridea di abolire il lavoro sa-
lariato nella società capitalistica o di vietarlo è un'idea puerile, ma dob-
biamo troncare le idee errate esattamente là dove corniciano ad essere
errate, cominciando dalla « socializzazione » e dalla proibizione del la-
voro salariato *, e non dalla nazionalizzazione.
Lo stesso contadino Merkulov fu contrario al progetto cadetto dei
42, che coincideva con la municipalizzazione nel volere che le terre
dei nadiel restassero in proprietà e le terre dei grandi proprietari venis-
sero date in godimento. Si tratta di « un gradino intermedio da un
regime alPaltro... » « invece di una sola forma di possesso, se ne han-
no due: la proprietà privata e il godimento affittuario, ossia due forme
di possesso fondiario che non solo non collimano, ma sono addirittura
opposte » (823).
* Per noi non ce neanche alcun bisogno di « troncare » questa idea errata,
poiché gli stessi trudoviki piu « sensati », con a capo i « sensati * signori Pesce-
khonov, Vhanno già troncata .
368
LENIN
5. Gli intellettuali populisti
Nei discorsi degli intellettuali populisti, e specialmente dei socialisti
popolari, cioè degli opportunisti del populismo, bisogna distinguere due
correnti: da una parte la sincera difesa degli interessi della massa con-
tadina; sotto questo rapporto i loro discorsi producono, per compren-
sibili motivi, un’impressione incomparabilmente più debole dei discorsi
dei contadini che « non si occupano di politica »; dall’altra un non so
che di cadetto, qualcosa di filisteo-intellettuale, un tentativo di espri-
mere un punto di vista statale. Va da sé che in questi intellettuali,
a differenza dei contadini , si scorge la dottrina : essi lottano non in
nome di bisogni e di sventure conosciuti direttamente, ma in nome di
una cèrta dottrina, di un certo sistema di idee che rappresentano in
maniera deformata il contenuto della lotta.
« La terra a coloro che la lavorano », proclama il signor Karavaiev
nel suo primo discorso, e dice che la legislazione agraria di Stolypin,
in virtù alParticolo 87, significa la « distruzione dell' obs teina » e ha
il « fine politico » di « formare una classe particolare, quella della bor-
ghesia rurale ».
« Noi sappiamo che effettivamente questi contadini sono il più importante
sostegno della reazione, sono un sostegno sicuro della burocrazia. Ma il governo
commette un terribile sbaglio facendo questi calcoli; accanto a questi contadini ci
sarà il proletariato agricolo. Non so cosa sia meglio: il proletariato agricolo oppure
Fattuale massa contadina con poca terra, che, con determinati provvedimenti, po-
trebbe ottenere una quantità di terra sufficiente * {p. 722).
Traspare qui un populismo reazionario nello spirito del signor V.V.:
« meglio » per chi? per lo Stato? per lo Stato dei grandi proprietari
fondiari o per quello borghese? E perché il proletariato non è « me-
glio »? Forse perché la massa contadina con poca terra « potrebbe otte-
nere », ossia potrebbe più agevolmente essere tranquillizzata, essere più
agevolmente fatta passare dalla parte debordine che non il proletariato?
Dal ragionamento del signor Karavaiev vien fuori ch’egli vuol precisa-
mente consigliare a Stolypin e soci una « garanzia » più sicura contro
la rivoluzione sociale!
Se il signor Karavaiev avesse sostanzialmente ragione, in Russia i
marxisti non potrebbero sostenere la confisca delle terre dei grandi pro-
prietari fondiari. Ma egli non ha ragione, giacché la « via » stolypiniana
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
369
crea piu poveri che proletari, rallentando — in confronto alla rivolu-
zione contadina — Io sviluppo del capitalismo. Lo stesso Karavaiev
disse, e giustamente, che la politica di Stolypin arricchisce (non ele-
menti nuovi, borghesi, non i capitalisti farmers, ma) gli attuali grandi
proprietari fondiari, che amministrano con metodi semifeudali. Nel
1895 il prezzo della terra venduta attraverso la Banca « contadina » era
di 51 rubli alla desiatina, mentre nel 1906 era di 126 rubli (Karavaiev
alla 47* seduta, 26 marzo 1907, p. 1189). E i colleghi di partito del
signor Karavaiev, i signori Volk-Karacevski e Delarov, lumeggiarono
con evidenza ancora maggiore il significato di queste cifre. Delarov
mostrò che « fino al 1905, durante i venti e piu anni della sua esi-
stenza, la Banca contadina aveva accaparrato complessivamente solo
7,5 milioni di desiatine »; dal 3 novembre 1905 al 1° aprile 1907,
invece, la banca ne ha accaparrato 3,8 milioni. Nel 1900 il prezzo era
di 80 rubli alla desiatina, nel 1902 di 108 rubli; nel 1903, prima del
movimento agrario e della rivoluzione russa, era salito a 109 rubli.
Oggi è di 126 rubli. « Mentre tutta la Russia subiva numerosi danni
a motivo della rivoluzione russa, i grandi proprietari terrieri russi
accumulavano grandi capitali . In questo periodo sono passati nelle loro
mani piu di 60 milioni di rubli appartenenti alla nazione » (1220; con-
siderando 109 rubli un prezzo « giusto »). Ma il signor Volk-Karacevski
calcola in modo molto piu esatto, senza riconoscere « giusto » alcun prez-
zo e constatando semplicemente che il governo ha pagato ai grandi pro-
prietari fondiari, dopo il 3 novembre 1905, 52 milioni di rubli per
le terre comprate dai contadini e 242 milioni di rubli per conto suo;
coraplessivàmente « 295 milioni di rubli appartenenti alla nazione sono
stati versati ai grandi proprietari nobili » (1080. Il corsivo è dapper-
tutto nostro). Questa, s’intende, è solo una piccolissima parte di ciò
che costa alla Russia l'evoluzione agraria borghese-junker, è il tributo
imposto allo sviluppo delle forze produttive a vantaggio dei fautori
della servitù e dei burocrati! Questo tributo ai grandi proprietari fon-
diari per dar via libera allo sviluppo della Russia viene conservato
anche dai cadetti (riscatto). AI contrario, una repubblica borghese di
farmers sarebbe costretta, col nuovo regime, ad impiegare queste som-
me per lo sviluppo delle forze produttive neH’agricoltura *.
* Cfr. Kautsky, La questione agraria in Russia , sulla necessità di spendere
enormi capitali per il progresso delle aziende contadine. Qui i « municipalisti *
370
LENIN
Infine, bisogna indubbiamente ascrivere all’attivo degli intellettuali
populisti il fatto che essi, all opposto dei Bobrinski e dei Kutler, com-
prendono l’inganno consumato contro il popolo nel 1861 e non defini-
scono grande la famigerata riforma, ma dicono che essa fu « attuata
negli interessi dei grandi proprietari fondiari» (Karavaiev, 1193), La
realtà — disse giustamente il signor Karavaiev a proposito dell’epoca
posteriore alla riforma — « ha superato le più tristi previsioni » di
coloro che nel 1861 difendevano gli interessi dei contadini.
Circa la proprietà contadina della terra il signor Karavaiev con-
trapponeva direttamente alle sollecitudini che il governo ha per essa
una domanda ai contadini: « Signori deputati contadini, voi siete i rap-
presentanti del popolo. La vostra è la vita dei contadini, la vostra co-
scienza è la loro. Quando siete partiti, si lagnavano i vostri elettori
della loro insicurezza nel possesso della terra? Vi hanno posto come
primo compito alla Duma, come prima esigenza: “Badate, consolidate
la terra in proprietà privata, altrimenti non eseguirete il vostro man-
dato”? No, voi direte, questo mandato non ci è stato dato » (1185).
I contadini non smentirono questa dichiarazione, ma la confer-
marono costantemente col contenuto dei loro discorsi. E non certamente
perché il contadino russo sia « comunitario », « nemico della proprie-
tà », ma perché le condizioni economiche gli dettano oggi il compito
di distruggere tutte le vecchie forme del possesso fondiario per creare
una nuova economia.
Bisogna ascrivere al passivo degli intellettuali populisti i chiassosi
ragionamenti sulle « norme » del possesso fondiario contadino. « Io
penso che ognuno converrà che per risolvere giustamente la questione
agraria — dichiarò il signor Karavaiev — sono necessari i seguenti
dati: prima di tutto la norma di terra necessaria per l’esistenza, la
norma di consumo, e quella necessaria per esaurire Liniera quantità
di lavoro, la norma di lavoro. È necessario sapere esattamente quanta
terra possiedono i contadini: ciò darà la possibilità di calcolare quanta
possono obiettare: la repubblica borghese spenderà per gli eserciti repubblicani,
mentre uno zemstvo democratico... Il potere centrale non democratico gli porterà
via il denaro, carissimi signori municipalisti! E se il potere centrale non è demo-
cratico lo stesso sorgere di un tale zemstvo è impossibile, è un pio desiderio del
filisteo. È reale soltanto la correlazione tra repubblica borghese (che in confronto
agli altri Stati spende incomparabilmente di più per lo sviluppo delle forze
produttive; esempio: l’America del Nord) e la monarchia borghese (che da
decine di anni paga un tributo agli junker; esempio: la Germania).
Il programma agrario della SOCIALDEMOCRAZIA
371
terra manca. Poi occorre sapere quanta terra si può dare» (1186).
Non siamo assolutamente d'accordo con quest’opinione. E sulla
base delle dichiarazioni dei contadini alla Duma affermiamo che qui
c’è un elemento di burocratismo da intellettuali, estraneo ai contadini.
I contadini non parlano di « norme ». Le norme sono una corbelleria
burocratica, un rigurgito della maledetta riforma feudale del 1861. I
contadini, guidati da un sicuro fiuto di classe, mettono al centro della
loro attenzione l’abolizione della grande proprietà fondiaria e non le
« norme ». Non si tratta di sapere quanta terra « occorre ». « Non si
può creare un altro globo terrestre », come disse in modo mirabile il
summenzionato contadino senza partito. Si tratta di distruggere i lati-
fondi di tipo feudale che schiacciano il contadino, che vanno distrutti
anche se fosse possibile raggiungere le «norme » senza distruggerli.
Per il populista intellettuale tutto si riduce a questo: se la « norma »
viene raggiunta, sarebbe magari possibile non toccare i grandi proprie-
tari fondiari. Nei contadini il corso del pensiero è un altro: « contadini,
toglieteli di mezzo » (i grandi proprietari fondiari), diceva il contadino
Pianykh (socialista-rivoluzionario) alla II Duma ( 16“ seduta, 26 marzo
1907, p. 1101). Bisogna togliere di mezzo i grandi proprietari non
perché non si possono raggiungere le « norme », ma perché l’agricol-
tore non vuole avere sulle sue spalle asini e sanguisughe. Fra l’uno e
l’altro ragionamento vi sono « due grandi differenze ».
Senza parlare delle norme, il contadino, con un senso pratico me-
raviglioso, « prende il toro per le corna ». Si tratta di sapere chi sta-
bilirà le norme. Alla I Duma il reverendo Poiarkov si espresse benis-
simo a quésto riguardo. « Si propone di stabilire la norma di terra per
persona — egli disse — . Chi fisserà questa norma? Se gli stessi con-
tadini, naturalmente essi non si faranno dei torti, ma se, assieme ai
contadini, la fisseranno i grandi proprietari terrieri, si tratterà ancora
di vedere chi prenderà il sopravvento» ( 12 a seduta, 19 maggio 1906,
p. 488).
Tutte le chiacchiere sulle norme sono state colpite in pieno.
Per i cadetti non si tratta di chiacchiere, ma di un aperto tradi-
mento dei contadini in favore dei grandi proprietari fondiari. E il buon
prete di campagna, il signor Poiarkov, che evidentemente aveva visto
i grandi proprietari liberali all’opera nel suo villaggio, aveva istintiva-
mente afferrato dov’è qui l’ipocrisia.
372
LENIM
« Perché temere — disse lo stesso Poiarkov — che si creino molti
nuovi funzionari! I contadini stessi distribuiranno le terre! » ( 488 - 489 ).
Ecco dov’è il nocciolo della questione. Le « norme » sanno effettiva-
mente di burocrazia. L’idea dei contadini è un’altra: procederemo noi
stessi, sul posto, alla distribuzione. Di qui l’idea dei comitati locali
della terra, che esprime i veri interessi della massa contadina nella ri-
voluzione e suscita un odio legittimo nei furfanti liberali *. Con un
simile piano di nazionalizzazione , allo Stato resta solo da stabilire quali
terre possono servire come fondo di colonizzazione, o possono richie-
dere un suo particolare intervento {« i boschi e le acque d’importanza
nazionale », come dice il nostro programma attuale), resta quindi solo
ciò che persino i « municipalisti » ritengono necessario affidare alle
competenze dello « Stato democratico » (bisognava dire: della repub-
blica).
Se confrontiamo le chiacchiere sulle norme con la realtà economica
vedremo subito che i contadini sono uomini d’azione, mentre i populisti
intellettuali sono dei chiacchieroni. La norma « di lavoro » avrebbe un
serio valore qualora si tentasse di vietare il lavoro salariato. La mag-
gioranza dei contadini ha gettato a mare questi tentativi e i socialisti
popolari li hanno riconosciuti impossibili. Stando cosi le cose, la que-
stione della « norma » cade e resta la spartizione tra un dato numero
di agricoltori. La norma « di consumo » è la norma della miseria, e in
una società capitalistica una simile « norma » farà sempre fuggire i con-
tadini nelle città (di ciò si dirà in particolare più avanti). Non si tratta
quindi affatto di « norma » (che muta, tra l'altro, a ogni mutamento
di coltura e col mutare della tecnica), ma di una spartizione tra un de-
terminato numero di agricoltori, di una « scelta » tra i veri agricoltori
capaci di « curare » la terra (sia col lavoro che col capitale) e gli agri-
coltori incapaci, che non possono essere trattenuti nell’agricoltura e che
sarebbe reazionario cercare di trattenere.
Come cosa curiosa, attestante dove le teorie populiste portino i
signori populisti, citeremo il richiamo del signor Karavaiev alla Dani-
marca. L’Europa, vedete, « si è appoggiata alla proprietà privata »,
* Governi operai nella città, comitati contadini nelle campagne (che ad un
certo momento si trasformino in organismi elettivi a suffragio universale ecc.),
questa l’unica forma possìbile di organizzazione di una rivoluzione vittoriosa, cioè
la dittatura del proletariato e dei contadini. Nessuna meraviglia che i liberali odino
queste forme di organizzazione delle classi che lottano per la libertà!
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
373
mentre la nostra obsteina « contribuisce a risolvere il problema della
cooperazione ». « La Danimarca è, sotto questo rapporto, un brillante
esempio ». Un esempio davvero brillante, però contro i populisti. In
Danimarca vediamo i più tipici contadini borghesi che accentrano nelle
loro mani sia il bestiame da latte (cfr. La questione agraria e i « critici
di Marx », 5 X) che la terra. In Danimarca il 68,3% delle aziende
agricole possiedono non più di un hartkorn, cioè non più di 9 desiatine.
Esse possiedono complessivamente l’1 1,196 di tutta la terra. Airaltro
polo ce un 12,6% di aziende con 4 e più hartkorn (36 e più desia-
tine ); esse possiedono il 62% di tutta la terra (N.S., I programmi agrari ,
ediz. «Mondo Nuovo», p. 7). I commenti sono superflui.
È interessante notare che alla I Duma la Danimarca veniva esal-
tata dal liberale Herzenstein, mentre le destre replicavano (in entrambe
le Dume): in Danimarca c'è la proprietà contadina. Qui da noi la na-
zionalizzazione della , terra è necessaria per dare alle vecchie aziende la
libertà di riorganizzarsi « alla danese » su una terra « liberata dai con-
fini », e la trasformazione dell'affitto in proprietà non si farà aspettare,
se gli stessi contadini lo esigeranno, giacché in questo caso tutta la
borghesia e tutta la burocrazia appoggeranno sempre i contadini. Inol-
tre con la nazionalizzazione lo sviluppo del capitalismo (« alla danese »)
procederà più rapidamente , in conseguenza dell'abolizione della proprie-
tà privata della terra.
6. I contadini trudoviki ( populisti )
In sostanza i contadini trudoviki e i contadini socialisti-rivoluzio-
nari non si distinguono Azi contadini senza partito. Confrontando i di-
scorsi degli uni e degli altri vedrete chiaramente gli stessi bisogni, le
stesse rivendicazioni, la stessa concezione del mondo. Nei contadini ap-
partenenti a un partito ce soltanto più consapevolezza, e più chiaro il
modo di esprimersi, e più completa la comprensione dell’interdipen-
denza tra i diversi aspetti della questione.
Il discorso del contadino Kiselev, trudovìk , alla 26* seduta della
II Duma (12 aprile 1907) è forse il migliore. In contrapposto al « punto
di vista statale » del burocrate liberale, l'attenzione viene direttamente
concentrata sul fatto che « tutta la politica interna del nostro governo.
374
LENIN
i cui veri dirigenti sono i grandi proprietari fondiari nobili, è comple-
tamertte volta a lasciare la terra nelle mani degli attuali proprietari »
(1943). L’oratore rileva che proprio per questo si mantiene il popolo
« nelle tenebre dell’ignoranza », e si sofferma sul discorso di un otto-
brata, il principe Sviatopolk-Mirski. « Non avete certo dimenticato le
sue mostruose parole: “Abbandonate ogni idea di un aumento della su-
perficie del possesso fondiario contadino. Conservate e sostenete i pro-
prietari privati. Senza i grandi proprietari la nostra massa contadina,
rozza e ignorante, è come un gregge senza pastore'*. Compagni conta-
dini, occorre forse aggiungere qualcosa perché comprendiate quanta cu-
pidigia si cela nelPanimo di questi signori, i nostri benefattori? Non
vi è forse chiaro che a tutt’oggi essi rimpiangono la servitù della gleba
e sospirano quando vi pensano? No, signori pastori, basta... Una cosa
sola io vorrei: che tutta l’umile Russia contadina, che tutta la terra
russa ricordasse bene le parole di questo magnanimo Riurikovic U5 , che
esse ardessero come il fuoco nell’animo di ogni contadino e illuminas-
sero di una luce piu chiara del sole l'abisso che ci separa dai nostri
benefattori, non invocati da nessuno. Basta, signori pastori... Basta,
non abbiamo bisogno di pastori, ma di capi, che sapremo trovare anche
senza di voi; assieme a loro troveremo la strada e verso la luce e verso
la verità, troveremo anche la strada che porta alla terra promessa »
(p. 1947).
Il punto di vista del trudovik è in tutto e per tutto quello del bor-
ghese rivoluzionario, che si illude pensando che la nazionalizzazione
della terra darà la « terra promessa », ma che per questa rivoluzione
lotta senza riserve e in cui l'idea che si possa restringerne l’ampiezza
suscita l’odio: « Il partito della libertà del popolo respinge la giusta
soluzione della questione agraria... Signori rappresentanti del popolo,
può forse un organismo rappresentativo qual è la Duma rinunciare, nelle
sue azioni, alla giustizia in favore della praticità? Potete forse promul-
gare delle leggi sapendo in anticipo che sono ingiuste? ... Possibile che
non ne abbiate abbastanza delle leggi ingiuste regalateci dalla nostra
burocrazia, per volere ancora che noi stessi ne creiamo? ...Voi sapete
benissimo che per considerazioni pratiche — pacificare la Russia —
si sono organizzate qui da noi spedizioni punitive e in tutto il paese
si è proclamato lo stato di emergenza; per considerazioni pratiche sono
state istituite le corti marziali, Ma ditemi, di grazia: chi di noi si en-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
375
tusiasma di questa praticità? Ma non l’avete tutti maledetta? Non po-
nete la domanda che qui è stata posta da alcuni » [l’oratore allude evi-
dentemente al grande proprietario cadetto Tatarinov, che alla 24* seduta,
il 9 aprile, aveva detto: « la giustizia, signori, è un concetto piuttosto
relativo », « la giustizia è l’ideale a cui noi tutti aspiriamo, ma che ri-
mane un ideale » (nel cadetto), « soltanto un ideale; per me è ancora
da vedere se sarà possibile attuarlo praticamente », 1799]: «che cos’è
la giustizia? L’uomo, ecco la giustizia. Un uomo è nato: è giusto che
egli viva, e perché egli possa vivere è giusto che abbia la possibilità
di procurarsi col lavoro un pezzo di pane... ».
Lo vedete: il punto di vista di questo ideologo della massa conta-
dina è quello tipico dell’illuminista francese del XVIII secolo. Egli non
capisce la limitatezza storica, il contenuto storicamente determinato della
giustizia dell’ illuminista. Ma vuole, e la classe ch’egli rappresenta può,
in nome di questa giustizia astratta spazzar via tutte le sopravvivenze
del medioevo. Proprio questo contenuto storico reale è presente nel
modo di porre la questione: nessuna considerazione « pratica »> a danno
della giustizia. Leggi: nessuna concessione al medioevo, ai grandi pro-
prietari fondiari, al vecchio potere. È il linguaggio di un membro della
Convenzione. Ma per il liberale Tatarinov l’« ideale » della libertà bor-
ghese « rimane soltanto un ideale », per il quale egli non lotta seria-
mente, per la cui realizzazione non sacrifica tutto, ma scende a transa-
zioni col grande proprietario fondiario. I Kiselev possono condurre il
popolo alla rivoluzione borghese vittoriosa, i Tatarinov soltanto al tra-
dimento.
« ... In nome della praticità il partito della libertà del popolo propone di non
creare nessun diritto alla terra. Esso teme che un tale diritto attiri nelle campagne
una massa di gente dalla città, e che in tal caso a ciascuno tocchi ben poca terra.
Vorrei prima di tutto chiedere: che cos e il diritto alla terra? Il diritto alla terra
è il diritto al lavoro, è il diritto al pane, è il diritto alla vita, è il diritto impre-
scrittibile di ciascun uomo. Come potremmo dunque privare qualcuno di questo
diritto? Il partito della libertà del popolo dice che se si concede questo diritto a
tutti i cittadini e si spartisci la terra tra di loro, a tutti ne toccherà ben
poca. Ma un diritto e la sua pratica attuazione non sono affatto la stessa cosa.
Ciascuno di voi qui presente ha il diritto di abitare in un villaggio sperduto e
tuttavia abita qui, e viceversa coloro che vivono in un villaggio hanno un analogo
diritto di vivere a Pietroburgo e tuttavia vivacchiano nella loro tana. Temere
perciò che accordando il diritto alla terra a tutti coloro che desiderano lavorarla
si attiri dalla città una massa di gente è del tutto infondato. Andranno dalla
città nelle campagne soltanto coloro che a tutt oggi non hanno ancora rotto il
vincolo che a queste li lega, andranno nelle campagne soltanto coloro che da poco
376
LENIN
nc sono partiti... Coloro che Hanno in città un guadagno veramente sicuro non
andranno nelle campagne... Io penso che solo rabolizione completa e irrevocabile
della proprietà privata della terra... ecc. ... solo una simile decisione potrà essere
da noi ritenuta soddisfacente (1950).
Questa tirata, tipica per un trudovik^ pone di fronte a noi un’inte-
ressante questione: c’è una differenza tra tali discorsi sul diritto al la-
voro e i discorsi dei democratici piccolo-borghesi francesi del 1848 sul
diritto al lavoro? Gli uni e gli altri sono indubbiamente declamazioni
del democratico borghese che esprime in maniera confusa il reale con-
tenuto storico della lotta. Ma le declamazioni del trudovik esprimono
in maniera confusa i compiti reali della rivoluzione borghese che, per
le condizioni oggettive, è possibile (nella Russia del XX secolo è cioè
possibile una rivoluzione agraria contadina), mentre le declamazioni del
Kleinburger francese del 1848 esprimono in maniera confusa i compiti
di una rivoluzione socialista che era impossibile in Francia alla metà del
secolo scorso. In altre parole: il diritto al lavoro deiroperaio francese
della metà del XIX secolo esprimeva il desiderio di rinnovare tutta la
piccola produzione in base ai principi della cooperazione, del sociali-
smo, ecc., e ciò era economicamente impossibile. Il diritto al lavoro del
contadino russo del XX secolo esprime il desiderio di rinnovare la piccola
produzione agricola sulla terra nazionalizzata , e ciò è economicamente del
tutto possibile. Nel « diritto al lavoro » del contadino russo del XX se-
colo ce, oltre alla falsa teoria socialista, un contenuto borghese reale.
Nel diritto al lavoro del piccolo-borghese e deiroperaio francese della
metà del XIX secolo non ce nulla tranne una falsa teoria socialista. È
questa la differenza che molti nostri marxisti non vedono.
E lo stesso trudovik indica il contenuto reale della sua teoria:
non tutti vorranno la terra, anche se tutti ne « hanno l’uguale diritto ».
È chiaro che la vorranno o si stabiliranno su di essa solo gli agricoltori.
L’abolizione della proprietà privata della terra è l’eliminazione di tutti
gli ostacoli che impediscono agli agricoltori di insediarsi sulla terra.
Nessuna meraviglia che Kiselev, permeato di una fede incrollabile
nella rivoluzione contadina e del desiderio di essere al suo servizio,
parli con disprezzo dei cadetti, della loro volontà di non alienare tutta
la terra, ma solo una parte, di costringere a pagare per la terra, di dare
le cose in mano a « istituzioni agrarie che non si sa che. cosa siano »,
in una parola, della « cinciallegra spennacchiata del partito della libertà
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA. SOCIALDEMOCRAZIA
377
del popolo » (1950*1951). Nessuna meraviglia altresì che Struve e i suoi
simili debbano prendere in odio i trudovìki particolarmente dopo la II
Duma: finché il contadino russo sarà trudovik i piani dei cadetti non
potranno che fallire. E quando cesserà di essere trudovik sparirà defi-
nitivamente la differenza tra il cadetto e Fottobrista!
Un breve cenno agli altri oratori. Ecco il contadino Necitailo:
« Coloro che, saturi di sangue, hanno succhiato i cervelli dei contadini,
li chiamano zotici » (779). Golovin taglia corto: il grande proprietario
fondiario può offendere il contadino, ma se il contadino offende... il
grande proprietario? « Le terre appartengono al popolo e ci dicono:
compratele. Ma siamo forse degli stranieri venuti dall’ Inghilterra, dalla
Francia, ecc.? Noi siamo gente di qui, perché mai dobbiamo comprare
le nostre terre? Già dieci volte le abbiamo lavorate con il nostro sangue,
il nostro sudore e il nostro denaro » (780).
Ecco il contadino Kimosov (del governatorato di Saratov): « Oggi
non parliamo che della terra; ancora una volta ci dicono: è sacra e in-
violabile. Io penso che non può essere inviolabile; se il popolo lo vuole,
non ci può essere nulla di inviolabile *. [ Una voce da destra: « Davve-
ro! »] Proprio: davvero! [ Applausi a sinistra ]. Signori nobili, pensate
che noi non sappiamo che ci mettevate come posta al giuoco, che ci
scambiavate con dei cani? Lo sappiamo, noi eravamo una vostra pro-
prietà sacra, inviolabile... Ci avete rubato la nostra terra... I contadini
che mi hanno mandato qui hanno detto: la terra è nostra. E noi siamo
venuti qui non per comprarla, ma per prenderla » (1144) **.
Ecco il contadino Vasiutin (del governatorato di Kharkov): « Noi
vediamo qui, nella persona del rappresentante del signor presidente del
consiglio dei ministri, non un ministro di tutto il paese, ma il ministro
* Frase caratteristica che esprime, nelle parole di un semplice contadino,
l'idea rivoluzionaria del potere assoluto del popolo. Tranne la massa contadina,
non c’è nella rivoluzione russa nessun 'altra borghesia che possa attuare questa
rivendicazione del programma proletario.
** Alla I Duma il trudovik contadino Nazarenko (del governatorato di Khar-
kov) disse: « Se vorrete ragionare del modo in cui i contadini considerano la
terra, allora vi dirò che, come ai bambini è necessario il seno materno, a noi
contadini è necessaria la terra. Solo da questo punto di vista noi ragioniamo della
terra. Voi probabilmente saprete che in tempi tutt'altro che lontani i signori
costringevano le nostre madri a nutrire i cuccioli al loro seno. Lo stesso si fa an-
cor oggi. Ma oggi i cuccioli dei signori non succhiano la madre che ci ha messo al
mondo e nutriti, ma quella che ci nutre: la terra » (495),
378
LENIN
dei 130.000 grandi proprietari fondiari. Per lui 90 milioni di conta-
dini non sono nulla... Voi [rivolgendosi alle destre] siete degli sfrutta-
tori, date in affitto le vostre terre a caro prezzo e scorticate il contadino
sino all’ultima pelle... Sappiate che il popolo, se il governo non soddi-
sfera i suoi bisogni, non chiederà neppure il vostro consenso, si pren-
derà la terra... Io sono ucraino [racconta come Caterina regalasse a Po-
tiomkin un boschetto: 27.000 desiatine e 2.000 contadini]... Prima la
terra si vendeva a 25-30 rubli la desiatina, mentre oggi si pagano 15-30
rubli -alla desiatina di affitto, e per i prati 35-40 rubli. Questo è uno
scorticatismo. [Una voce da destra : « Che cosa? scorticatismo? ». Ila-
rità]. Non importa, ridete pure e non agitatevi [applausi a sinistra];
quel che io chiamo scorticatismo significa scorticare i contadini sino
allultima pelle » (643, 39* seduta, 16 maggio).
Il tratto comune dei contadini trudovìki e degli intellettuali con-
tadini è il ricordo ancor vivo della servitù della gleba. Li unisce tutti
un odio ardente contro i grandi proprietari fondiari e contro lo Stato
dei grandi proprietari fondiari. Ognuno di essi è agitato dalla passione
rivoluzionaria. Gli uni non pensano minimamente al regime futuro che
creeranno; tendono spontaneamente le loro forze per « toglierli di mez-
zo ». Gli altri dipingono a colori utopistici questo regime, ma tutti
odiano il compromesso con la vecchia Russia, tutti lottano per non la-
sciare pietra su pietra del maledetto medioevo.
Quando si confrontano i discorsi dei contadini rivoluzionari alla II
Duma e i discorsi degli operai rivoluzionari salta spontaneamente agli
occhi la seguente differenza. Nei primi il rivoluzionarismo immediato,
il desiderio appassionato di distruggere immediatamente il potere dei
grandi proprietari fondiari, di creare immediatamente il nuovo regime
sono incomparabilmente maggiori. Il contadino arde dal desiderio di
scagliarsi immediatamente sul nemico e di soffocarlo. Neiroperaio il
rivoluzionarismo mira piu oltre, è come proteso verso fini più lon-
tani. Questa differenza è del tutto comprensibile e legittima. Il conta-
dino fa subito, immediatamente la sua rivoluzione, la rivoluzione bor-
ghese, senza vederne le contraddizioni, non ammettendo neppure l'idea
che simili contraddizioni possano esistere. L'operaio socialdemocratico
le vede e, ponendosi fini socialisti mondiali, non può legare le sorti
del movimento operaio all’esito della rivoluzione borghese. Da ciò non
bisogna però dedurre che l'operaio debba, nella rivoluzione borghese,
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
379
appoggiare il liberale. Bisogna dedurre che l’operaio, pur senza fon-
dersi con nessun'etra classe, deve con tutta la sua energia aiutare il
contadino a condurre sino in fondo questa rivoluzione borghese.
7, I socialisti-rivoluzionari
I discorsi degli intellettuali socialisti-rivoluzionari (a quelli dei
contadini abbiamo accennato piu sopra parlando dei trudoviki ) sono
pieni della stessa crìtica implacabile contro i cadetti e dello stesso spirito
di lotta contro i grandi proprietari fondiari. Senza ripetere ciò che è
stato detto più sopra, noteremo una caratteristica nuova di questo
gruppo di deputati. A differenza dei socialisti popolari, inclini a trac-
ciare, invece delPideale del socialismo, Pideale della... Danimarca; a
differenza dei contadini, che sono estranei a ogni dottrina ed esprimono
in modo immediato il sentimento delPuomo oppresso, il quale, in modo
altrettanto immediato, idealizza Pemancipazione da una determinata
forma di sfruttamento, i socialisti-rivoluzionari immettono nei loro
discorsi la dottrina del loro « socialismo ». Ecco Uspenski e Sagatelian
(« dascnaktsutiun », molto vicini ai socialisti-rivoluzionari; i loro «gio-
vani » entrano persino nel partito socialista-rivoluzionario) porre la
questione del Vobstcina. Il secondo oratore osserva, piuttosto ingenua-
mente: « Bisogna notare con rammarico che quando si sviluppa la vasta
teoria della nazionalizzazione della terra non si sottolinea in maniera
particolare un istituto che è rimasto intatto e che può solo farci pro-
gredire... Da tutti questi orrori [dell’Europa: la distruzione della pic-
cola azienda, ecc.] ci preserva Vobstcina» (p. 1122).
Comprenderemo il « rammarico » del rispettabile difensore del-
P obstcina se considereremo che egli parlava come ventiseiesimo oratore
sulla questione agraria.
Prima di lui parlarono non meno di quattordici deputati della
sinistra, trudoviki y ecc., e nessuno di essi « aveva sottolineato in maniera
particolare Pistituto che è rimasto intatto »! Ce di che « rammaricarsi »
vedendo i contadini della Duma manifestare verso Vobstcina la stessa
indifferenza manifestata ai congressi dell’Unione contadina. Sagatelian
e Uspenski si aggrappano all ’ obstcina come dei veri settari in mezzo a
una rivoluzione contadina che non vuole saperne delle vecchie associa-
380
LENIN
zioni agricole. « Io avverto un certo pericolo per Yobstcina », si ramma-
rica Sagatelian (p. 1123). « Proprio oggi bisogna salvare ad ogni costo
Yobstcina » (p. 1124). «Questa forma [cioè Yobstcina ] può svilup-
parsi in un movimento mondiale che può indicare la soluzione di tutti
i problemi economici» (p. 1126). Evidentemente il signor Sagatelian
sviluppò tutti questi ragionamenti sulYobstcina « in tono triste e male
a proposito ». E il suo collega Uspenski, criticando la legislazione di
Stolypin contro Yobstcina , espresse l’augurio « che venisse ridotta ai
minimi termini, al minimo grado, la mobilizzazione della proprietà
terriera » (p. 1115).
Quest’augurio del populista è indubbiamente reazionario. Ma è
curioso che il partito socialista-rivoluzionario, a nome del quale tale
augurio veniva espresso alla Duma, propugni l’abolizione della proprietà
privata della terra, non rendendosi conto che in tal modo si verrà ad
avere la massima mobilizzazione della terra, il piu libero e agevole
passaggio della terra stessa da un agricoltore all'altro, la piu libera e
agevole penetrazione del capitale nell’ agrieoi tura! Il confondere la pro-
prietà privata della terra col dominio del capitale neH’agricoltura è
l’errore caratteristico dei nazionalizzatori della terra borghesi (com-
presi George e molti altri). Nell’ aspi razione a «ridurre la mobilizzazione»
i socialisti-rivoluzionari s’identificano coi cadetti, il cui rappresentante,
Kutler, dichiarò apertamente nella sua relazione: « Il partito della
libertà del popolo pensa di porre loro [ai contadini] dei limiti solo
nel diritto all’alienazione e nel diritto all’ipoteca, cioè di prevenire nel
futuro un vasto sviluppo della compravendita delle terre » (12® seduta,
19 marzo 1907, p. 740),
I cadetti uniscono quest’augurio reazionario, per risolvere la que-
stione agraria (dominio dei grandi proprietari e della burocrazia), a
metodi che assicurano la possibilità di assurdi divieti burocratici e di
lungaggini burocratiche che contribuirebbero all’asservimento dei conta-
dini. I socialisti-rivoluzionari uniscono l’augurio reazionario a provve-
dimenti che escludono la possibilità di restrizioni burocratiche (comitati
locali della terra eletti a suffragio universale ecc.). Nei primi è reazio-
naria tutta la politica (latifondista-burocratica) da loro seguita nella
rivoluzione borghese. Nei secondi è reazionario il « socialismo » pic-
colo-borghese, erroneamente imposto a una rivoluzione borghese
coerente.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
381
Circa le teorie economiche dei socialisti-rivoluzionari è interessante
notare i ragionamenti dei loro rappresentanti alla Duma a proposito
dell’influenza di una riforma agraria sullo sviluppo deirindustria. L’in-
genuo punto di vista dei rivoluzionari borghesi, appena coperto da un
sottile involucro di dottrina populista, appare in essi con notevole
rilievo. Ecco, per esempio, il socialista-rivoluzionario Kabakov (del go-
vernatorato di Perm), noto organizzatore deirUnione contadina negli
Urali, « presidente della repubblica di Alapaievsk » 136 ; egli è un « Pu-
gaciov»*. Egli sostiene, con l’argomentazione propria dei contadini,
il diritto alla terra per chi la lavora, e inoltre afferma che i contadini
non si sono mai rifiutati di difendere la Russia dai nemici (1953).
« Perché si park qui della distribuzione della terra? — egli esclama —
Noi dichiariamo apertamente che la terra dev’essere patrimonio comune
dei contadini lavoratori, e i contadini sapranno dividersi essi stessi la
terra sul posto, senza nessun intervento di certi funzionari dei quali
già da tempo sappiamo che non hanno arrecato alcun vantaggio alla
popolazione contadina » (p. 1954). «Da noi negli Urali intere officine
si sono fermate, dato che le lamiere di ferro non trovano uno smercio,
e intanto in Russia tutte le case di campagna sono coperte di paglia.
Tutte queste case dei contadini si sarebbero dovute coprire con ferro
già da tempo... I mercati ci sono, ma non ci sono i compratori. Chi
forma da noi la massa dei compratori? I cento milioni di contadini lavo-
ratori. Ecco qual è il fondamento della massa dei compratori » (p, 1952),
Si, qui sono esposte giustamente le condizioni per una produ-
zione realmente capitalistica negli Urali, da sosti tursi alla secolare
stagnazione semifeudale della produzione delle « possessioni » m f Né la
politica agraria di Stolypin né quella cadetta possono arrecare un miglio-
ramento sensibile nelle condizioni di vita della massa , e senza di ciò
negli Urali non si svilupperà un’industria realmente « libera ». Soltanto
una rivoluzione contadina potrebbe rapidamente sostituire alla Russia
del legno una Russia del ferro. Il socialista-rivoluzionario contadino
concepisce meglio e da un punto di vista piu largo le condizioni di
sviluppo del capitalismo che non i servitori giurati del capitale.
Un altro socialista-rivoluzionario, il contadino Khvorostukhin (del
* Cfr. Elenco dei pembri della li Duma, edizione privata di autore ignoto,
Pietroburgo, 1907.
382
LENIN
governatorato di Saratov), disse: « Sì, signori, naturalmente molti del
partito della libertà del popolo hanno parlato, hanno detto che accusano
il gruppo del lavoro di voler dare la terra a chi vuol lavorarla. Essi
dicono che allora molti se ne andranno dalla città, e sarà ancor peggio.
Ma io penso, signori, che lasceranno la città solo coloro che non hanno
niente da fare, ma quelli che lavorano, quelli che sono abituati a lavo-
rare, se avranno un lavoro non se ne andranno dalla città. Perché dare
la terra, infatti, a coloro che non vogliono coltivarla?... » (p. 774). Non
è forse chiaro che questo « socialista-rivoluzionario » non vuole affatto
il godimento egualitario generale della terra, ma la creazione di farmers
giuridicamente uguali e liberi su una terra libera?... « Bisogna lasciare
ad ogni costo la libertà economica a tutto il popolo, e specialmente a
quel popolo che per tanti anni ha sofferto e patito la fame » (p. 777).
Non crediate che questa giusta formulazione del contenuto reale
della teoria socialista-rivoluzionaria (« lasciare la libertà economica ») sia
dovuta soltanto al modo poco abile di un contadino nelPesprimersi. Non
c’è solo questo. Un capo socialista-rivoluzionario, Tintellettuale Mu-
scenko, che pronunciò il discorso conclusivo sulla questione agraria a
nome del partito dei socialisti-rivoluzionari, è, nelle sue concezioni eco-
nomiche, incomparabilmente piu ingenuo dei contadini Kabakov e
Khvorostukhin.
« Noi diciamo — dichiarò Muscenko — che una giusta colonizzazione, un
giusto allogamento della popolazione contadina sarà possibile solo allorché saranno
abbattuti tutti i confini, tutte le barriere che il principio della proprietà privata
ha posto sulla terra. Il ministro ha poi parlato dell’incremento della popolazione
del nostro Stato... Risulterebbe che per questo solo incremento [1,6 milioni] della
popolazione occorrono circa 3,5 milioni di desiatine di terra. Egli dice: in tal modo,
se procederete alla ripartizione egualitaria della terra, dove prenderete le terre
per questa parte della popolazione? Ma io domando: dove, dunque, in quale Stato
[ sic\ ] Unterò incremento della popolazione viene assorbito dairacricoltura? La
legge che regola la ripartizione della popolazione secondo i ceti, le professioni,
è appunto una legge opposta » (il corsivo è nostro). «Se uno Stato, se un paese
non è in decadenza, ma si sviluppa industrialmente, ciò significa che sulle fonda-
menta rappresentate da un’agricotura che soddisfa i bisogni elementari in viveri
e materie prime si innalzano sempre nuovi piani economici. I bisogni crescono,
appaiono nuovi prodotti, appaiono nuovi rami della produzione; {‘industria di
trasformazione attira a sé una sempre maggior quantità di braccia. La popolazione
urbana cresce più di quella agricola, ed assorbe gran parte dell’incremento della
popolazione. Accade talvolta, signori, che la popolazione agricola subisca una
diminuzione non solo relativa, ma persino assoluta. Se da noi questo [! ] processo
avviene lentamente, ciò è dovuto al fatto che non c’è su di che erigere questi
nuovi piani economici. Le fondamenta rappresentate dall’economia contadina sono
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
383
troppo sconquassate; il mercato per l’industria è troppo ristretto. Create, trasferendo
la terra in godimento al popolo, una popolazione agricola sana, numerosa, piena di
forze vitali, e vedrete quale domanda dei prodotti dell’industria vi sarà e quale
massa di braccia richiederanno le città per le fabbriche e le officine » (p. 1173).
Ebbene, non è adorabile questo « socialista-rivoluzionario » che
definisce programma di socializzazione della terra un programma di svi-
luppo del capitalismo? Egli nemmeno sospetta che la legge del piu
rapido sviluppo della popolazione urbana è esclusivamente una legge
del modo di produzione capitalistico. Non gli viene nemmeno in mente
che questa « legge ». non è operante e non potrebbe esserlo altrimenti
che attraverso la decomposizione della popolazione contadina in bor-
ghesia e proletariato, attraverso una « scelta » tra gli agricoltori, cioè
attraverso la cacciata degli « straccioni » da parte del « vero imprendi-
tore ». L’armonia economica che si regge sulla legge capitalistica de-
scritta da questo socialista-rivoluzionario è di un’ingenuità commovente.
Ma non è l’armonia di un economista borghese volgare che desidera
dissimulare la lotta del lavoro contro il capitale. È l’armonia del rivo-
luzionario borghese non coscieente, che desidera spazzar via tutte le
sopravvivenze dell’autocrazia, della servitù della gleba, del medioevo.
La rivoluzione borghese vittoriosa vagheggiata dal nostro attuale
programma agrario non può procedere che attraverso un siffatto rivo-
luzionario borghese. E l’operaio cosciente deve appoggiarlo negli inte-
ressi dello sviluppo sociale, pur senza lasciarsi sedurre nemmeno per
un istante dal balbettio infantile degli « economisti » populisti.
8. J « nazionali »
Tra i rappresentanti delle nazionalità non russe alla Duma espres-
sero il loro parere sulla questione agraria i polacchi, i bielorussi, i
lettoni e gli estoni, i lituani, i tatari, gli armeni, i basckiri, i kirghisi,
gli ucraini. Ecco come esposero il loro punto di vista.
Il « narodowiec » 13R Dmowski parlò alla II Duma « a nome dei
polacchi rappresentanti il Regno di Polonia e la parte occidentale dello
Stato ad esso limitrofa » (742): « Benché i rapporti agrari siano
già da noi allo stadio che segna il passaggio ai rapporti dell'Europa
occidentale, la questione agraria purtuttavia esiste e la penuria di terra
384
LENIN
è la piaga della nostra vita. Uno dei primi punti del nostro programma
sociale è Paumento del possesso fondiario contadino » (743).
« Se da noi, nel Regno di Polonia * ci sono stati dei grandi disordini agrari
sotto forma di occupazione delle terre dei grandi proprietari, essi si sono verificati
solo nella parte orientale, e precisamente nel distretto di Wlodawa, dove si diceva
ai contadini che ad essi, in quanto ortodossi, sarebbe stata assegnata la terra dei
grandi proprietari. Questi disordini si sono avuti solo tra la popolazione orto
dossa » (745).
«...Qui [nel Regno di Polonia) la faccenda agraria, come tutte le altre
riforme sociali,... può essere sistemata, in conformità con le esigenze della vita,
solo da un’assemblea di rappresentanti della zona, soltanto da una dieta auto*
noma» (747).
Il discorso di questo narodowiec polacco provocò attacchi furiosi
dei contadini bielorussi di destra (Gavrilcik, del governatorato di Minsk,
Scimanski, Grudinski) contro i grandi proprietari polacchi, e il vescovo
Euloghi naturalmente ne approfittò per pronunciare un gesuitico discor-
so poliziesco, ispirato alla politica russa del 1863, sull'oppressione dei
contadini russi da parte dei grandi proprietari fondiari polacchi (26*
seduta, 12 aprile).
« Come è ben pensata! », rispose il narodowiec Grabski (32 tt sedu-
ta, 3 maggio). « I contadini riceveranno la terra; i grandi proprietari
fondiari russi resteranno con le loro terre; i contadini, come nei bei
tempi antichi, appoggeranno il vecchio regime, mentre i polacchi rice-
veranno il meritato castigo per aver parlato di una dieta polacca »
(62). E Foratore, dopo aver smascherato con forza tutta l'impudente
demagogia del governo russo, chiese il a rinvio ad una dieta polacca
della decisione di una riforma agraria in casa nostra » (75).
Aggiungeremo che i summenzionati contadini chiedevano un'asse-
gnazione di terra integrativa a titolo di proprietà (p. 1811, per esempio).
Anche alla I Duma i contadini polacchi e occidentali, chiedendo la
terra, si erano pronunciati per la proprietà. Io sono un contadino con
poca terra — disse Nakonieczny il 1° giugno 1906 — . Anche in.
Polonia è necessaria l'alienazione forzata. Meglio una desiatina per
sempre che cinque per un tempo indeterminato (881-882). Lo
stesso disse Poniatovski (del governatorato della Volynia) a nome del
territorio occidentale (19 maggio, p. 501) e Trasun, del governatorato di
Vitebsk (418, 16 maggio 1906). Girnius (del governatorato di Suwalki)
si pronunciò inoltre contro un unico fondo agrario per tutto l'Impero,
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
385
dichiarandosi favorevole ai fondi agrari locali (1° giugno 1906, p. 879).
Nella stessa occasione il conte Tyszkiewicz dichiarò che ridea di costi-
tuire un fondo nazionale secondo lui « mancava di praticità e non era
priva di pericoli » (874). Uguale opinione espresse Stiecki (24 maggio
1906, pp. 613-614: per la proprietà privata contro l’affitto).
Per il territorio del Baltico parlò alla II Duma Iurascevski (del
governatorato della Curlandia), chiedendo Pabolizione dei privilegi feu-
dali dei grandi proprietari terrieri (16 maggio 1907, p, 670) e l’alie-
nazione delle terre padronali al di sopra di una determinata superficie.
« Pur riconoscendo che nel territorio del Baltico l’odierna coltura s’è
sviluppata sulla base del principio colà praticato della proprietà privata
e dell’affitto ereditario, bisogna tuttavia giungere alla conclusione che
per l’ulteriore regolamentazione dei rapporti agrari è necessario intro-
durre immediatamente nel territorio del Baltico un’autoamministrazione
basata su principi largamente democratici, la quale potrebbe risolvere
in modo giusto questo problema » (672).
Un rappresentante del governatorato dell’Estlandia, il progressista
Iurine, presentò un progetto speciale per quel governatorato (47® seduta,
26 maggio 1907, p. 1210). Egli si pronunciò per un « compromesso »
(1213), P« affitto ereditario o perpetuo » (1214). « Chi usufruisce della
terra, chi la sfrutta meglio, avrà la terra nelle sue mani » (ivi). 'Pur chie-
dendo un’alienazione forzata in questo senso, Iurine respinse la confisca
della terra (1215). Alla I Duma Ciakste (del governatorato della Cur-
landia) aveva rivendicato il trasferimento ai contadini delle terre della
Chiesa (dei pastori), oltre a quelle dei grandi proprietari fondiari (4* se-
duta, 4 maggiò 1906, p. 195). Tenison (del governatorato della Livonia) ‘
consenti a votare per l’indirizzo, cioè per l’alienazione forzata, ritenendo
che « tutti i fautori della proprietà individuale della terra » (ivi, p. 209)
potevano farlo. Kreuzberg (della Curlandia) a nome della popolazione
contadina di quel governatorato chiese P« espropriazione dei latifondi »
e l’assegnazione delle terre a coloro che non ne avevano o ne avevano
poca, immancabilmente « a titolo di proprietà » (12 a seduta, 19 maggio
1906, p. 500). Rudi (del governatorato della Livonia) chiese l’aliena-
zione forzata, ecc. « Quanto alla trasformazione della terra in un fondo
statale — egli disse — , i nostri contadini capiscono bene che si tratte-
rebbe per loro di un nuovo asservimento. Noi dobbiamo perciò difen-
dere la piccola azienda contadina, la produttività del lavoro e salva-
386
LENIN
guardarle contro gli attacchi del capitalismo. Infatti, se noi trasforme-
remo le terre in un fondo statale, creeremo il più grande capitalismo »
(497, stessa seduta). Osolin (del governatorato della Livonia), a nome
dei contadini lettoni, si pronunciò per l’alienazione forzata e per la
proprietà; risolutamente contrario al fondo agrario statale, ammise
soltanto la costituzione dei fondi agrari regionali (13“ seduta, 23 maggio
1906, p. 564).
Leonas, « rappresentante del governatorato di Suwalki, e precisa-
mente della nazionalità lituana » (39 3 seduta, 16 maggio 1907, p. 654),
si dichiarò favorevole al piano del partito cadetto, del quale fa parte.
Un altro lituano autonomista dello stesso governatorato, Bulat, si associò
ai trudovikt , ma disse che la decisione sul riscatto ecc. doveva essere
rinviata sino a che i comitati locali della terra ne avessero discusso
(p. 651, ivi). Povilius (del governatorato di Kovno), a nome del «gruppo
parlamentare socialdemocratico della Lituania » (ivi, p. 681, allegato),
presentò, chiaramente formulato, il programma agrario di questo gruppo,
che coincide col nostro programma del POSDR, con la differenza che
il « fondo agrario locale, compreso nei confini della Lituania », doveva
esser messo a disposizione delT« organo di autoamministrazione auto-
noma della Lituania » (ivi, all. 2).
A nome del gruppo musulmano parlò alla II Duma Khan Khoiski
(del governatorato di Ielisavetpol): « Noi musulmani, che nello Stato
russo siamo più di 20 milioni, ascoltiamo con non minore attenzione
tutto ciò che si sta dicendo della questione agraria e attendiamo con
la stessa impazienza una sua soluzione soddisfacente » (20 fc seduta,
2 aprile 1907, p. 1499). A nome del gruppo musulmano Foratore con-
corda con Kutler, pronunciandosi per Palienazione forzata in base ai
principi di un equo estimo (1502). «Ma dove dovranno finire queste
terre alienate? Sotto questo rapporto il gruppo musulmano ritiene che
con le terre alienate non si debba costituire un fondo agrario statale,
ma un fondo agrario regionale entro i confini di ogni regione » (1503).
« Un rappresentante dei tatari della Crimea », il deputato Mediev (del
governatorato della Tauride), in un ardente discorso rivoluzionario si
pronuncia per « la terra e la libertà ». « Quanto più si portano avanti
le discussioni, tanto più chiaramente si palesa davanti a noi la riven-
dicazione del popolo: della terra deve usufruire chi la lavora » (24 a se-
duta, 9 aprile 1907, p. 1789). L’oratore ricorda « come nelle nostre
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
387
regioni periferiche si sia costituita la sacra proprietà della terra »
(1792), come siano state saccheggiate le terre basckire, come i ministri e
i consiglieri di Stato effettivi, i capi delle direzioni dei gendarmi ab-
biano ricevuto da 2 a 6 mila desiatine a testa. Egli presenta il man-
dato dei « fratelli tatari » che si lagnano del saccheggio delle terre del
vakuf 138 e cita la risposta data il 15 dicembre 1906 dal generale gover-
natore del Turkestan ad un tataro: soltanto persone di fede cristiana
possono stabilirsi sulle terre demaniali. « Non emanano questi docu-
menti un certo odore di putrido, dei metodi usati da Arakceiev 140 nel
secolo scorso? » (1794).
A nome dei contadini del Caucaso parlò — oltre i socialdemo-
cratici del nostro partito, dei quali parleremo piu avanti — il già men-
zionato Sagatelian (del governatorato di Erivan), il cui punto di vista
è quello dei socialisti-rivoluzionari. Un altro rappresentante del « dasc-
naktsutiun », Ter-Avetikiants (del governatorato di Ielisavetpol), si
pronunciò nello stesso spirito: « La terra, in base ai principi della
proprietà comunitaria, deve appartenere a chi la lavora, cioè al popolo
lavoratore, e a nessun altro » (39* seduta, 16 maggio 1907, p. 644).
« A nome di tutta la popolazione contadina caucasiana io dichiaro...
che nel momento decisivo tutti i contadini del Caucaso saranno a fianco
dei loro fratelli maggiori — i contadini russi — e si conquisteranno
la terra e la libertà » (646). Eldarkhanov, « a nome dei suoi elettori
— gli aborigeni della regione del Terek — chiede che sia fatta cessare
la rapina delle ricchezze naturali sino alla soluzione della questione
agraria » (32 a seduta, 3 maggio 1907, p. 78); ed è il governo che rapina
le terre, prendendosi la parte migliore della fascia montana, rubando
le terre del popolo dei kumyki, accampando pretese sul sottosuolo
(questo avveniva probabilmente prima che Plekhanov e John impar-
tissero a Stoccolma la loro lezione sulla inviolabilità, per un potere
statale democratico, delle terre municipalizzate).
A nome dei basckiri, il deputato Khasanov (del governatorato di
Ufà) ricorda come il governo si sia preso 2 milioni di desiatine di terre
e chiede che queste terre siano « riprese » (39* seduta, 16 maggio 1907,
p. 641). La stessa cosa aveva chiesto un deputato di Ufà della I Duma,
Syrtlanov (20* seduta, 2 giugno 1906, p. 293). A nome del popolo
kirghiso-kaisako parlò alla II Duma il deputato Karataiev (della regione
deirUral): «Noi kirghisi-kaisaki . . . comprèndiamo e sentiamo profon-
388
LENIN
damente la fame dei nostri fratelli contadini e siamo pronti a restrin-
gerci volontariamente» (39 a seduta, p. 673), ma «di terre eccedenti
ce ne sono pochissime », e « la colonizzazione comporta attualmente la
cacciata del popolo kirghiso-kaisako... », « si scacciano i kirghisi non
solo dalle terre, ma dalle loro stesse case» (675). «I kirghisi-kaisaki
simpatizzano sempre per tutti i gruppi d’opposizione » (675).
A nome del gruppo ucraino parlò 2lla II Duma, il 29 marzo 1907,
Saiko, cosacco del governatorato di Poltava. Egli citò una canzone dei
cosacchi: « Oh, zarina Caterina — a che mai ci hai condannato? —
La gioiosa, vasta steppa — ai signori hai tu donato. Oh, zarina Caterina,
— facci grazia, rendi a noi — questa terra sorridente — , con i folti
boschi suoi », e si associò ai trudovikt , chiedendo soltanto che nel
§ 2 del progetto dei 104 le parole « fondo agrario nazionale » venissero
sostituite con le parole: « fondo agrario del territorio nazionale [sicl],
che dovrà servire come inizio dell’organizzazione socialista ». « Il gruppo
ucraino considera la proprietà privata della terra come la piu grande
ingiustizia esistente nel mondo » (1318),
Alla I Duma il deputato Cigevski, di Poltava, aveva dichiarato:
« Come ardente fautore dell’idea autonomistica, come ardente fautore,
in particolare, dell’autonomia dell’Ucraina, desidererei con tutto l’animo
che la questione agraria venisse risolta dal mio popolo, venisse risolta da
singole unità autonome, in quel regime di autonomia del nostro Stato
che per me rappresenta l’ideale » (14* seduta, 24 maggio 1906, p. 618).
Ma nello stesso tempo questo autonomista ucraino riconosce l’assoluta
necessità di un fondo agrario statale, chiarendo inoltre la questione che
i nostri « municipalisti » hanno imbrogliato. « Noi dobbiamo ferma-
mente e assolutamente stabilire il principio — disse Cigevski — che la
gestione del fondo agrario statale deve spettare esclusivamente, agli
zemstvo autonomi o a unità autonome, quando esse sorgeranno. Che
senso può avere allora, mi si dirà, il nome di “fondo agrario statale”, se
in tutti i casi particolari questo fondo sarà gestito dalle autoammini-
strazioni locali? Mi pare che abbia un senso importantissimo. Prima di
tutto... una parte del fondo statale dev’essere messa a disposizione del
governo centrale... il nostro fondo di colonizzazione statale... Poi, in
secondo luogo, il senso della costituzione di un fondo statale e il senso
del nome che gli si dà scaturiscono dal fatto che, anche se le istitu-
zioni locali saranno libere di disporre di questo fondo sul posto, lo
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
389
saranno tuttavia entro certi limiti » (620). Questo autonomista piccolo-
borghese comprende l’importanza del potere statale in una società cen-
tralizzata dallo sviluppo economico assai meglio dei nostri menschevichi
socialdemocratici.
A proposito. Parlando del discorso di Cigevski non si può non
ricordare la sua critica delle « norme ». « La norma di lavoro è un’espres-
sione vuota », egli disse apertamente, rilevando che nell’agricoltura si
hanno diverse condizioni e respingendo per lo stesso motivo la norma
« di consumo ». « Mi sembra che si debba assegnare la terra ai contadini
non in base a una qualche norma, ma nella misura della riserva esi-
stente... Bisogna dare ai contadini tutto ciò che si può dare in una deter-
minata località »; nel governatorato di Poltava, per esempio, bisogna
« alienare la terra di tutti i proprietari terrieri, dopo aver lasciato,
come massimo, una media di 50 desiatine a testa » (621). C’è forse da
stupirsi che i cadetti chiacchierino di norme per nascondere i loro piani
circa le reali dimensioni dell’alienazione? Pur criticando i cadetti,
Cigevski non se ne rende ancora conto *.
La conclusione della nostra rassegna degli interventi alla Duma
dei « nazionali » sulla questione agraria è chiara. Questi interventi han-
no in tutto e per tutto confermato ciò che dissi contro Maslov nel-
l’opuscolo Revisione ecc. a p. 18 (della prima edizione) l4 \ sulla rela-
zione esistente tra la municipalizzazione e i diritti delle nazionalità, e
precisamente che la questione nazionale è una questione politica , la
quale è stata esaurita dalla parte politica del nostro programma e che
solo per provincialismo piccolo-borghese è stata confusa con la questio-
ne agraria.
A Stoccolma i menscevichi si diedero da fare con comico zelo per
« epurare la municipalizzazione dalla nazionalizzazione » (parole del
* Egli ci presenta anche, con il massimo rilievo, la tesi^ che noi già cono-
sciamo, dei trudoviki inconsciamente borghesi: con una rivoluzione contadina eoe-
rente si ha uno sviluppo dell’industria e una diminuzione dell’afflusso verso la terra.
« Da noi i contadini, quegli stessi grandi elettori che ci hanno mandati qui, hanno
fatto, per esempio, questo calcolo: “Se noi fossimo un pochino piu ricchi e ogni
famiglia potesse spendere 5-6 rubli all’anno per lo zucchero, in ciascuno dei distretti
nei quali è possibile la produzione della barbabietola sorgerebbero alcuni zucche-
rifici in piu di quelli che già esistono”. È perfettamente naturale che, se questi
zuccherifici sorgessero, si richiederebbe una gran massa di braccia per questa
coltura, che verrebbe intensificata. Aumenterebbe la produzione degli zuccherifici »
ecc. (622). Proprio questo è il programma della formazione « americana » dei
farmers e dello sviluppo « americano » del capitalismo in Russia.
390
LENIN
menscevico Novosedski negli Atti del congresso di Stoccolma, p. 146).
« Alcune regioni formatesi storicamente, come per esempio la Polo-
nia e la Lituania — disse Novosedski — , coincidono con territori na-
zionali, e il trasferimento della terra a queste regioni può servire co-
me terreno sul quale si svilupperanno con successo le tendenze fede-
ralistico-nazionaliste, ciò che trasformerà di nuovo, in sostanza, la mu-
nicipalizzazione in una nazionalizzazione pezzo a pezzo ». Ed ecco quin-
di Novosedski e Dan proporre e far passare un emendamento: invece
delle parole: « delle grandi organizzazioni regionali autonome » del
progetto di Maslov, mettere le parole: « dei grandi organi di autoam-
ministrazione locale raggruppanti circoscrizioni urbane e rurali ».
È un’ingegnosa « epurazione della municipalizzazione dalla nazio-
nalizzazione », non c’è che dire! Sostituire una parola con un’altra: non
è forse chiaro che con ciò si ottiene un automatico permutamento del-
le « regioni storiche »?
No, signori, con nessuna sostituzione di parole eliminerete dalla
municipalizzazione la stoltezza « federalistico-nazionalista » che le è
propria. La II Duma ha mostrato che di fatto l’idea « municip alzatri-
ce » è giovata solo alle tendenze nazionaliste dei vari gruppi della bor-
ghesia. Se si esclude il cosacco di destra Karaulov, solo questi gruppi ,
infatti, « presero » sotto la loro protezione i vari fondi « territoriali »
e « regionali ». Inoltre il contenuto agrario della provincializzazione
(giacché di fatto Maslov « cede » le terre alle province, e non ai « co-
muni », per cui la parola provincializzazione è piu esatta) i nazionali
V hanno eliminato : non decidere nulla in precedenza, affidare tutto alle
diete autonome o alle autoamministrazioni regionali, ecc., sia la que-
stione del riscatto che la questione della proprietà, ecc. Ne è risultata
la piu completa conferma delle mie parole: « la legge sul trasferimento
agli zemstvo delle terre transcaucasiche dovrà ugualmente essere ema-
nata dall’Assemblea costituente di Pietroburgo, perché Maslov non vor-
rà certo concedere a una qualunque regione periferica la libertà di con-
servare la grande proprietà fondiaria » ( Revisione , p. 18) 14i .
Gli avvenimenti hanno dunque confermato che la difesa della mu-
nicipalizzazione mediante considerazioni sul consenso o meno delle na-
zionalità è un argomento banale. La municipalizzazione contenuta nel
nostro programma è in contraddizione con l’opinione manifestamente
dichiarata delle nazionalità piu diverse.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
391
Gli avvenimenti hanno confermato che la municipalizzazione di
fatto non serve a guidare un movimento contadino di massa su scala
statale, ma a frantumare questo movimento in ruscelletti provinciali e
nazionali. Dell 'idea dei fondi regionali di Maslov la vita s’è assimilata
soltanto il « regionalismo » autonomistico-nazionale.
I « nazionali » si trovano un po’ in disparte dalla nostra questione
agraria. Molte nazionalità non russe non hanno, come noi, un movi-
mento contadino autonomo al centro della rivoluzione. È perciò del
tutto naturale che nei loro programmi i « nazionali » si tengano spesso
un po’ in disparte dalla questione agraria russa. Ciò non ci riguarda,
faremo da noi: è inevitabile che la borghesia e la piccola borghesia
nazionalista la pensino cosi.
Ma è inammissibile che il proletariato faccia altrettanto, e il no-
stro programma di fatto incorre precisamente in questo inammissibile
nazionalismo borghese. Come i « nazionali » nel migliore dei casi ade-
riscono soltanto al movimento di tutta la Russia, senza proporsi lo sco-
po di decuplicare le sue forze con l’unione e la concentrazione del
movimento stesso, cosi i menscevichi costruiscono un programma che
aderisce alla rivoluzione contadina, invece di fornirne uno che diriga
la rivoluzione, la renda compatta e la spinga oltre. La municipalizza-
zione non è la parola d’ordine di una rivoluzione contadina, ma un
piano artificioso di riformismo piccolo-borghese, elaborato da chi è
restato ai margini, negli angiporti della rivoluzione.
II proletariato socialdemocratico non può mutare il suo program-
ma secondo il « consenso » o meno di singole nazionalità. Nostro com-
pito è quello di rendere compatto e di concentrare il movimento, pro-
pagandando la via migliore, la miglior struttura agraria nella società
borghese, lottando contro la forza della tradizione, dei pregiu-
dizi, dell'inerte provincialismo. Il « non consenso » dei piccoli conta-
dini alla socializzazione della terra non può modificare il nostro pro-
gramma della rivoluzione socialista. Ci può solo costringere a preferire
Tazione attraverso Vesempio. Lo stesso si dica della nazionalizzazione
della terra nella rivoluzione borghese. Nessun « non consenso » a que-
st’ultima di una nazionalità o di qualche nazionalità può costringerci
a modificare la dottrina secondo cui la piu completa liberazione dal pos-
sesso fondiario medioevale e l’abolizione della proprietà privata della
terra sono nell’interesse di tutto il popolo. Il « non consenso » di strati
considerevoli della massa lavoratrice di questa o quella nazionalità ci
392
LENIN
costringerà a preferire a qualsiasi altra azione Fazione mediante l'esem-
pio. La nazionalizzazione del fondo di colonizzazione, la nazionalizza-
zione dei boschi, la nazionalizzazione di tutta la terra nella Russia cen-
trale non può esistere per un periodo piu o meno lungo accanto alla
proprietà privata della terra nei confini di questa o quella parte dello
Stato (una volta che la causa dell unificazione di questo Stato sia vera-
mente la corrente fondamentale delPevoluzione economica). O l’uno o
l’altro sistema dovrà avere il sopravvento. Sarà l’esperienza a decidere.
Nostro compito è quello di preoccuparci di spiegare al popolo quali
sono le condizioni più favorevoli per il proletariato e per le masse
lavoratrici di un paese che si sta sviluppando capitalisticamente.
9. I socialdemocratici
Degli otto discorsi socialdemocratici pronunciati alla II Duma sul-
la questione agraria soltanto due contenevano una difesa della muni-
cipalizzazione, e non un semplice accenno ad essa. Essi furono il di-
scorso di Ozol e il secondo discorso di Tsereteli. Gli altri discorsi con-
sistettero, principalmente, quasi esclusivamente in un attacco alla gran-
de proprietà fondiaria in generale e in un chiarimento dell’aspetto po-
litico della questione agraria. Sotto questo rapporto è straordinaria-
mente caratteristico il candido discorso del contadino di destra Petro-
cenko {22* seduta, 5 aprile 1907), che espone le impressioni generali
prodotte in un deputato di campagna dai discorsi degli oratori dei vari
partiti. « Non stancherò la vostra attenzione con un’enumerazione di
ciò che s’è detto qui; consentitemi di parlarne in parole semplici. Il
deputato Sviatopolk-Mirski ha pronunciato qui un lungo discorso. Que-
sto discorso ci voleva evidentemente preparare a qualche cosa. Per
farla breve, ne vien fuori che la terra che mi appartiene o che io pos-
seggo non avete il diritto di prenderla, e io non la mollo. Su di ciò il
deputato Kutlet ha detto: "‘Quei tempi sono passati; bisogna dare; voi
darete e riceverete denaro”. Il deputato Dmowski dice cosi: “Con la
terra fate come volete, ma l’autonomia è assolutamente necessaria’’.
Nello stesso tempo il deputato Karavaiev ha detto: “E Luna e l’altra
cosa sono necessarie, ma mettete tutto in un mucchio e poi divideremo”.
Tsereteli dice: “No, signori, non si può dividere, giacché il governo si-
nora è quello vecchio, ed esso non lo permetterà. È meglio che cer-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
393
chiamo il modo migliore di conquistare il potere, e poi divideremo co-
me vorremo” » (p. 1615).
Un contadino ha dunque afferrato Tunica differenza tra il discorso
di un socialdemocratico e quello di un trudovìk , la spiegazione della
necessità della lotta per il potere dello Stato, per la « conquista del po-
tere ». Le altre differenze non le ha colte, gli sono sembrate di nessuna
importanza! Nel primo discorso di Tsereteli vediamo effettivamente la
messa in luce del fatto che « la nostra aristocrazia burocratica è anche
una aristocrazia fondiaria » (725). L’oratore mostrò come « per parec-
chi secoli il potere statale abbia distribuito in proprietà privata le ter-
re appartenenti a tutto lo Stato, le terre che erano proprietà di tutto il
popolo » (724). La dichiarazione da lui fatta alla fine del discorso a
nome del gruppo socialdemocratico, e che ripeteva il nostro program-
ma agrario, non fu motivata e non fu contrapposta ai programmi degli
altri partiti « di sinistra » Lo constatiamo non già per accusare qual-
cuno — al contrario, il primo discorso di Tsereteli, discorso breve,
chiaro e dedicato particolarmente alla spiegazione del carattere di classe
del governo dei grandi proprietari fondiari, è da noi considerato straor-
dinariamente felice — , ma per spiegare perché per un contadino di de-
stra (e per tutti i contadini, probabilmente) siano spariti i tratti speci-
ficamente socialdemocratici del nostro programma.
Il secondo discorso socialdemocratico sulla questione agraria ven-
ne pronunciato alla successiva « seduta agraria » della Duma (16*, 26
marzo 1907) dall’operaio Fomicev (del governatorato della Tauride),
che diceva spesso: « noi contadini ». Egli replicò con passione a Sviato-
polk-Mirski, le cui famose parole: i contadini senza grandi proprietari
fondiari sono un « gregge senza pastore », convinsero i deputati conta-
dini meglio di alcuni altri discorsi « di sinistra ». « In un ampio di-
scorso il deputato Kutler ha sviluppato l’idea dell’alienazione forzata,
ma col riscatto. Noi rappresentanti dei contadini non possiamo am-
mettere il riscatto, perché è un nuovo cappio messo al collo del conta-
dino » (1113). Concludendo Fomicev chiese «il trasferimento di tutte
le terre nelle mani dei lavoratori alle condizioni proposte dal deputato
Tsereteli » (1114).
Il successivo discorso lo pronunciò Izmailov, anch’egli operaio,
eletto dalla curia contadina per il governatorato di Novgorod (18 a se-
duta, 29 marzo 1907). Egli rispose a un suo compaesano, il contadino
394
LENIN
Bogatov, che aveva accettato il riscatto a nome dei contadini di Nov-
gorod. Izmailov respinse il riscatto con sdegno. Egli descrisse le condi-
zioni in cui era avvenuta l'« emancipazione » dei contadini di Novgorod:
essi avevano ricevuto 2 milioni di desiatine su 10 milioni di desiatine di
beni fondiari e un milione di desiatine su 6 milioni di desiatine di bosco.
Descrisse l’indigenza dei contadini, giunta a tal punto che essi non so-
lo « da decine d’anni bruciano nelle stufe gli steccati che circondano
le loro capanne », ma « segano gli angoli delle loro proprie isbe »,
« delle grandi isbe antiche ne fanno delle piccole al solo scopo di eco-
nomizzare in qualche modo, ricostruendole, una bracciata di legna da
ardere» (1344). «Ed è proprio mentre i nostri contadini si trovano
in questa situazione che i signori della destra sentono la nostalgia della
cultura. Il contadino, vedete, ha, secondo costoro, addentato la loro
cultura. Ma può forse pensare alla cultura un contadino che ha fame
e freddo? Ed ecco che, invece della terra, essi vorrebbero proporgli que-
sta cultura; neppure in ciò presto loro fede e penso che anch’essi ac-
consentiranno a vendere le loro terre, ma mercanteggeranno perché il
contadino paghi la terra il piu caro possibile. Ecco perché essi accon-
sentono. Secondo me — e specialmente i contadini debbono saperlo —
la questione non sta affatto nella terra, signori. Credo di non sbagliar-
mi se dirò che dietro la terra si nasconde qualcos’altro, un'altra forza
che i nobili fautori della servitù temono di consegnare al popolo, te-
mono di perdere assieme alla terra; si tratta, signori, del potere. Essi
consegneranno la terra e vogliono consegnarla, ma in maniera tale che
noi restiamo al vecchio modo i loro schiavi. Se c'indebitiamo, reste-
remo egualmente in potere dei grandi proprietari fondiari fautori del-
la servitù » ( 1345 ). È difficile figurarsi qualcosa di piu colorito e pre-
ciso dello smascheramento ad opera di un operaio della sostanza dei
piani cadetti!
Alla 18* seduta, il 2 aprile 1907, il socialdemocratico Serov cri-
ticò principalmente le concezioni dei cadetti, « rappresentanti del ca-
pitale » (1492), «rappresentanti della proprietà fondiaria capitalisti-
ca ». L’oratore mostrò in maniera particolareggiata, cifre alla mano, che
cosa fu il riscatto nel 1861, e respinse il « principio elastico » dell'equo
estimo. Serov diede una risposta, impeccabilmente esatta dal punto di
vista marxista, aH’argomento di Kutler, secondo cui non si può confi-
scare la terra senza confiscare il capitale. « Non ci serviamo affatto de-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
395
gli argomenti secondo cui la terra non è di nessuno, secondo cui la
terra non è una creazione delle mani delPuomo » (1497). « Il proleta-
riato, il cui rappresentante è qui il partito socialdemocratico, avendo
acquistato coscienza di sé, respinge allo stesso modo ogni sfruttamento,
sia feudale che borghese. Per esso, per il proletariato, non esiste la
questione: quale delle due forme di sfruttamento è piu giusta. Per
esso la questione si riduce costantemente alla considerazione: sono o
no maturate le condizioni storiche per l’emancipazione dallo sfrutta-
mento » (1499). «Secondo il calcolo degli statistici, con la confisca
delle terre passeranno nelle mani del popolo non meno di 500 milioni
di rubli del reddito parassitario che i grandi proprietari fondiari inta-
scano. Questo reddito verrà naturalmente impiegato dai contadini
per migliorare la loro azienda, per allargare la produzione, per aumen-
tare i loro consumi» (1498).
Alla 22* seduta della Duma (5 aprile 1907) pronunciarono discor-
si sulla questione agraria Anikin e Alexinski. Il primo sottolineò il le-
game esistente « tra l’alta burocrazia e la grande proprietà fondiaria »
e dimostrò che la lotta per la libertà e la lotta per la terra sono indi-
visibili. Il secondo spiegò, in un ampio discorso, il carattere feudale
dell’azienda fondata sulle otrabotki , predominante in Russia. L’oratore
espose cosi la base delle concezioni marxiste sulla lotta della massa con-
tadina contro la grande proprietà fondiaria, mostrando poi la duplice
funzione dell’ obs teina {« sopravvivenza dei tempi antichi » e « appa-
rato che influisce sulle tenute dei grandi proprietari fondiari »), il si-
gnificato delle leggi del 9 e 15 novembre 1906 (accanto al grande pro-
prietario mettere il kulak, come « pilastro »). Cifre alla mano, l’oratore
mostrò che « la scarsità di terra dei contadini è dovuta all’abbondanza
di terre dei nobili », e spiegò che l’alienazione « forzata » cadetta signi-
fica « costrizione a danno del popolo e a vantaggio dei grandi proprie-
tari fondiari» (1635). Alexinski si richiamò direttamente alT« organo
cadetto Riec » (1639), che aveva ammesso ciò che realmente voglio-
no i cadetti: i comitati della terra che essi desiderano devono essere
composti in maggioranza da grandi proprietari fondiari. E il cadetto
Tatarinov, che parlò due sedute dopo, fu cosi messo con le spalle al
muro, come abbiamo già visto.
Il discorso di Ozol alla 39* seduta (16 maggio 1907) ci fornisce
un esempio di come Maslov, con la sua famosa « critica » della teoria
396
LENIN
della rendita di Marx e col relativo travisamento del concetto di nazio-
nalizzazione della terra, abbia spinto una parte dei nostri socialdemo-
cratici a una argomentazione indegna per dei marxisti. Ozol cosi replicò
ai socialisti-rivoluzionari: il loro « progetto » « è, a mio avviso, un
progetto destinato a naufragare, giacché prevede Pabolizione della pro-
prietà privata dei mezzi di produzione — in questo caso della terra — ,
mentre mantiene la proprietà privata degli edifici delle fabbriche, e non
solo degli edifici delle fabbriche, ma persino delle case e dei fabbricati.
A pagina 2 del progetto leggiamo che tutti i fabbricati costruiti sulla
terra e che vengono sfruttati in maniera capitalistica restano proprietà
privata. Allora ogni proprietario privato dirà; fate il favore, pagate
tutte le spese per le terre nazionalizzate, per la selciatura delle strade,
ecc., e per queste case riceverò Taffitto. Questa non è nazionalizzazione,
ma semplicemente un modo più facile per riscuotere i redditi capita-
listici nella forma capitalistica più sviluppata » (667).
Ecco la maniera di ragionare alla Maslov! In primo luogo, si ripete
il triviale argomento delle destre e dei cadetti secondo cui non si po-
trebbe distruggere lo sfruttamento feudale senza toccare quello bor-
ghese. In secondo luogo, si manifesta una stupefacente ignoranza in
fatto di economia: P« affitto » delle case urbane contiene la parte del
leone della rendita fondiària. In terzo luogo, il nostro « marxista », se-
guendo le orme di Maslov, dimentica (o nega?) del tutto la rendita as-
soluta. In quarto luogo, ne vien fuori che un marxista nega che sia
desiderabile la « forma capitalistica più sviluppata » propugnata dal so-
cialista-rivoluzionario! Queste sono le perle della municipalizzazione
di Maslov...
Tsereteli, in un ampio discorso conclusivo (47 a seduta, 26 maggio
1907), sostenne la municipalizzazione, naturalmente in maniera più
meditata di Ozol, ma proprio la difesa accurata, ponderata e chiara di
Tsereteli rivelò con particolare rilievo tutta la falsità degli argomenti
fondamentali dei municipalisti.
La critica contro le destre, fatta da Tsereteli alTinizio del discor-
so, era completamente giusta dal lato politico. La sua osservazione con-
tro i ciarlatani del liberalismo, che vogliono far paura al popolo ricor-
dando i rivolgimenti del genere della rivoluzione francese fu molto buo-
no. « Egli [Sdngarev] ha dimenticato che proprio dopo la confisca e
in seguito alla confisca delle terre dei grandi proprietari fondiari la
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
397
Francia rinacque a una nuova, possente vita » (1228). Pienamente giu-
sta fu anche ia parola d’ordine fondamentale di Tsereteli: « Completa
distruzione della grande proprietà fondiaria e completa liquidazione del
regime burocratico latifondista » (1224). Ma quando passò ai cadetti
in lui già cominciò a manifestarsi la posizione sbagliata del menscevi-
smo. « Il principio dell’alienazione della terra — egli disse — è ogget-
tivamente il principio del movimento di emancipazione, ma non tutti
coloro che sono per questo principio concepiscono o vogliono ammet-
tere tutte le conclusioni che esso impone » (1225). Questa è l’idea fon-
damentale del menscevismo secondo cui lo « spartiacque » delle divi-
sioni politiche di fondo nella nostra rivoluzione segue una linea a de-
stra dei cadetti, e non a sinistra, come pensiamo noi. E che quest’idea
sia sbagliata lo si vede con particolare chiarezza dalla formulazione pre-
cisa di Tsereteli, giacché, dopo l’esperienza del 1861, è affatto incon-
testabile la possibilità di un’alienazione forzata in cui abbiano il so-
pravvento gli interessi dei grandi proprietari fondiari, in cui si conservi
il loro potere , in cui si consolidi un nuovo asservimento. Ancor più er-
ronea è questa dichiarazione di Tsereteli: « Nella questione delle forme
del godimento della terra noi [i socialdemocratici] siamo più lontani
da essi [dai populisti] » (1230) che non dai cadetti. Dopo di che Fora-
tore passò alla critica delle « norme », quella di lavoro e quella di con-
sumo. In ciò egli aveva mille volte ragione, ma è proprio qui che i ca-
detti non sono affatto migliori dei trudoviki , giacché delle « norme »
i cadetti abusano assai più. Ma c’è dell’altro. Il chiasso che i cadetti
fanno su stupide « norme » è il risultato del loro burocratismo e della
loro tendenza a tradire il contadino. Fra i contadini le « norme » sono
state portate dal di fuori, dall’intellettualità populista, ed abbiamo visto
sopra, dall’esempio di Cigevski e Poiarkov, deputati alla I Duma, co-
me i pratici della campagna critichino, colpendo nel segno, ogni sorta
di « norme ». Se i socialdemocratici lo avessero spiegato ai deputati
contadini, se avessero proposto un emendamento al progetto dei tru -
dovikt che respingesse le norme, se avessero mostrato teoricamente il
significato della nazionalizzazione, che non ha niente a che vedere con
le « norme », essi si sarebbero dimostrati i dirigenti della rivoluzione
contadina contro i liberali. La posizione del menscevismo è, invece, la
sottomissione del proletariato all’influenza dei liberali. Alla II Duma
era particolarmente strano dire che noi socialdemocratici siamo piu
398
LENIN
lontani dai populisti poiché i cadetti si erano pronunciati per la limita-
zione della vendita delle terre e deiripoteca su di esse!
Criticando più avanti la nazionalizzazione, Tsereteli citò tre argo-
menti: 1) un « esercito di funzionari », 2) una « grande ingiustizia nei
confronti delle piccole nazionalità», 3) «in caso di restaurazione»
« si sarebbe data un'arme nelle mani del nemico del popolo » (1232).
Questa è una esposizione coscienziosa delle concezioni di coloro che
fecero passare il nostro programma di partito, e Tsereteli, come uomo
di partito, doveva esporre queste concezioni. Abbiamo mostrato più
sopra Pinconsistenza di queste concezioni, la superficialità di questa
critica esclusivamente politica.
In favore della municipalizzazione Tsereteli citò sei argomenti:
1) con la municipalizzazione «sarà garantito il reale impiego di que-
sti mezzi [cioè della rendita] per i bisogni del popolo» [!] («d,
p. 1233): affermazione di carattere ottimistico; 2) « i municipi ten-
deranno a migliorare la situazione dei disoccupati », come, per esempio,
nella 'democratica e decentralizzata America (?); 3) « i municipi posso-
no impossessarsi di queste [grandi] aziende e organizzare delle azien-
de modello », e 4) « in un momento di crisi agraria... cederanno la ter-
ra in affitto gratuito ai contadini senza terra, nullatenenti » (rie!,
p. 1234). Questa è una demagogia ancor peggiore di quella socialista-
rivoluzionaria, è il programma del socialismo piccolo-borghese nella
rivoluzione borghese. 5) Un «baluardo del democratismo»: del ge-
nere dell'autoamministrazione cosacca; 6) « Palienazione delle terre dei
nadiet... può provocare un terribile movimento controrivoluzionario »:
probabilmente contro il volere di tutti i contadini, che si sono pro-
nunciati per la nazionalizzazione.
Eilancio degli interventi dei socialdemocratici alla II Duma: fun-
zione dirigente nella questione del riscatto, del nesso esistente tra la
grande proprietà fondiaria e il potere dello Stato attuale, e un program-
ma agrario che in sostanza rassomiglia al cadettismo e dimostra l'inca-
pacità di comprendere le condizioni economiche e politiche di una ri*
voluzione contadina.
Bilancio di tutte le discussioni agrarie alla II Duma: i grandi pro-
prietari fondiari di destra rivelarono di comprendere nel modo più
chiaro i loro interessi di classe, di avere la netta coscienza delle con-
dizioni, sia economiche che politiche, della conservazione del loro do-
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
399
minio, come classe, nella Russia borghese. I liberali si schierarono so-
stanzialmente al loro fianco, sforzandosi di consegnare il contadino nel-
le mani del grande proprietario con i procedimenti più spregevoli e
ipocriti. Gli intellettuali populisti introdussero nei programmi conta-
dini un sapore stantio di burocratismo e di pedantismo filisteo. I con-
tadini espressero, nel modo piu impetuoso e immediato, lo spirito ri-
voluzionario spontaneo della loro lotta contro tutte le sopravvivenze
del medioevo e tutte le forme di possesso fondiario medioevale, pur
senza aver chiara coscienza delle condizioni politiche di questa lotta e
idealizzando ingenuamente la « terra promessa » della libertà borghese.
I nazionali borghesi aderirono più o meno timidamente alla lotta con-
tadina, essendo in misura considerevole permeati di concezioni anguste
e dei pregiudizi generati dairisolamento delle piccole nazionalità. I so-
cialdemocratici sostennero risolutamente la causa della rivoluzione con-
tadina e spiegarono il carattere di classe deirattuale potere statale, ma
non furono in grado di dirigere coerentemente la rivoluzione contadina,
data l'erroneità del programma agrario del partito.
Conclusione
La questione agraria costituisce la base della rivoluzione borghe-
se in Russia e determina la particolarità nazionale di questa rivoluzione.
La sostanza della questione è costituita dalla lotta della popola-
zione contadina per la distruzione della grande proprietà fondiaria e
delle sopravvivenze della servitù della gleba nel regime agrario della
Russia, e quindi anche in tutte le sue istituzioni sociali e politiche.
Dieci milioni e mezzo di famiglie contadine della Russia europea
hanno 75 milioni di desiatine di terra. Trentamila landlords , in pre-
valenza nobili, ma in parte anche contadini arricchiti, hanno più di 500
desiatine ciascuno, complessivamente 70 milioni di desiatine. Questo
lo sfondo dominante del quadro. Queste le condizioni principali del
predominio dei grandi proprietari fondiari feudali nel regime agrario
della Russia, e quindi nello Stato russo in generale e in tutta la vita
russa. I proprietari dei latifondi sono signori feudali nel senso econo-
mico della parola: la base della loro proprietà fondiaria è stata creata
dalla storia della servitù della gleba, dalla storia della secolare rapina
400
LENIN
delle terre da parte delia nobiltà bennata. Base del loro attuale domi-
nio è il sistema delle otrabotki , cioè una diretta sopravvivenza della
bars teina, la conduzione mediante l’intervento del contadino, mediante
forme infinitamente varie di assoggettamento dei piccoli agricoltori;
assunzione invernale, affitto annuo, mezzadria, affitto in cambio di
otrabotki , assoggettamento per debiti, per le terre stralciate, la legna, il
pascolo, T abbeveratoio, e cosi via, cosi via senza fine. Lo sviluppo ca-
pitalistico in Russia ha già fatto un tale passo avanti neirultimo mezzo
secolo che la conservazione della servitù della gleba nelPagricoltura è
divenuta assolutamente impossibile, la sua eliminazione ha assunto for-
me di crisi violenta, di rivoluzione nazionale. Ma l'eliminazione della
servitù della gleba in un paese borghese è possibile attraverso due vie.
È possibile mediante la lenta trasformazione delle aziende dei
grandi proprietari fondiari feudali in aziende borghesi-junker, mediante
la trasformazione della massa dei contadini in contadini senza terra e
braccianti, mantenendo con la violenza il miserabile tenore di vita del-
la massa ed enucleando i minuscoli gruppi di contadini ricchi, di grossi
contadini borghesi, che il capitalismo crea immancabilmente nel mondo
contadino. I grandi proprietari fondiari centoneri e il loro ministro
Stolypin hanno precisamente imboccato questa via. Essi hanno com-
preso che senza demolire con la violenza le arrugginite forme medioeva-
li del possesso fondiario non si può sgombrare la strada per lo svilup-
po del capitalismo. Hanno arditamente intrapreso questa demolizione
negli interessi dei grandi proprietari fondiari. Hanno gettato a mare
la simpatia, non molto tempo fa ancora diffusa nella burocrazia e tra i
grandi proprietari fondiari, per la obsteina semifeudale. Hanno eluso
tutte le leggi « costituzionali » per farla violentemente a pezzi. Hanno
dato carte bianche ai kulak per depredare la massa contadina, per de-
molire il vecchio possesso fondiario, per rovinare migliaia di aziende;
hanno dato la campagna medioevale « in pasto » al detentore del rublo.
Per conservare il loro dominio come classe essi non possono agire di-
versamente, giacché hanno compreso la necessità di adattarsi allo svi-
luppo capitalistico, e non di lottare contro di esso. E per conservare il
loro dominio essi non possono unirsi che coi contadini arricchiti, con
Razuvaiev e Kolupaiev H \ contro la massa contadina. Non hanno altra
via d’uscita che lanciare a questi Kolupaiev il grido: enrichissez-vous! ,
arricchitevi! Vi daremo la possibilità di guadagnare cento rubli per
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
401
un rublo; aiutateci a salvare la base del nostro potere nelle nuove con-
dizioni. Per essere realizzata, tale via richiede una violenza continua,
sistematica, sfrenata contro la massa contadina e contro il proletariato.
E la controrivoluzione dei grandi proprietari fondiari si affretta a or-
ganizzare su tutta la linea questa violenza.
L’altra via di sviluppo è stata da noi chiamata via di sviluppo
americana del capitalismo, a differenza della prima, quella prussiana.
Anch’essa richiede la demolizione violenta del vecchio possesso fon-
diario: soltanto gli ottusi filistei del liberalismo russo possono sognare
la possibilità di una soluzione indolore, pacifica di una crisi che in Rus-
sia si è inverosimilmente inasprita.
Ma questa necessaria e inevitabile demolizione è possibile nel-
l’interesse della massa contadina, e non della cricca dei grandi proprie-
tari fondiari. Base dello sviluppo del capitalismo può diventare la libera
massa dei farmers qualora venga assolutamente abolita l’economia del
grande proprietario fondiario, poiché la sua azienda è in tutto e per
tutto economicamente reazionaria, mentre gli elementi atti a divenire
dei farmers sono stati creati in seno alla massa contadina dalla prece-
dente storia economica del paese. Se la via di sviluppo del capitalismo
sarà questa, lo sviluppo stesso dovrà procedere con ampiezza, libertà,
rapidità incomparabilmente maggiori in seguito all’enorme sviluppo del
mercato interno, dell’elevamento del tenore di vita, dell’energia, del-
l’iniziativa e della cultura di tutta la popolazióne. E il gigantesco fondo
di colonizzazione della Russia, la cui utilizzazione viene infinitamente
ostacolata dall'oppressione feudale della massa contandina nella Russia
vera e propria, nonché dall’attitudine burocratico-feudale verso la po-
litica agraria, questo fondo assicura la base economica per un enorme
allargamento dell’agricoltura e per un aumento della produzione non
solo in profondità, ma anche in estensione.
Tale via di sviluppo non richiede solo la distruzione della grande
proprietà fondiaria. Il dominio dei grandi proprietari fondiari feudali
ha impresso nel corso dei secoli il suo marchio su tutto il regime fon-
diario del paese, sia sulle terre dei nadiel contadini che sul possesso
fondiario dei coloni nelle regioni periferiche relativamente libere: tut-
ta la politica dell’autocrazia relativa all’emigrazione interna è profon-
damente permeata dall’intervento asiatico di una burocrazia fossilizzata
che ha impedito ai coloni di sistemarsi liberamente, ha introdotto nei
402
LENIN
nuovi rapporti agrari una terribile confusione, ha trasmesso alla Russia
periferica il veleno della burocrazia feudale della Russia centrale *. In
Russia è medioevale non solo la grande proprietà fondiaria, ma anche
il possesso contadino dei nadiel. Quest ultimo è straordinariamente in-
garbugliato. Esso fraziona i contadini in migliaia di piccole ripartizioni,
categorie medioevali, di casta. Rispecchia la storia secolare dello sfron-
tato intervento nei rapporti fondiari dei contadini sia del potere cen-
trale che dei poteri locali. Spinge i contadini a entrare, proprio come
in un ghetto, in piccole associazioni medioevali a carattere fiscale, di
tiaglò y in associazioni basate sul possesso delle terre dei nadiel , cioè
nelle obstcine. E lo sviluppo economico della Russia strappa di fatto i
contadini da quest’ambiente medioevale, generando da una parte la ces-
sione dei nadiel e il loro abbandono, e creando dall’altra l’azienda dei
futuri liberi farmers ( o dei futuri contadini ricchi di una Russia jun-
ker) composta coi frammenti del piu svariato possesso fondiario: na-
diel in proprietà, nadiel presi in affitto, terre comprate, prese in af-
fitto dal grande proprietario, dal demanio, ecc.
Pet creare in Russia un’economia di farmers veramente libera è
necessario « liberare dai confini » tutte le terre, sia dei grandi proprie-
tari che dei nadiel. È necessario demolire tutto il regime fondiario me-
dioevale, ridurre tutte le terre allo stesso livello, di fronte a liberi agri-
coltori su una terra libera. È necessario agevolare al massimo grado lo
scambio delle terre, l’allogamento, 1* arrotondamento degli appezzamen-
ti, la creazione di nuove cooperative libere al posto dell’arrugginita ob~
steina fondata sul tìaglò. È necessario « ripulire » tutta la terra da tutto
il ciarpame medioevale.
Espressione di questa necessità economica è la nazionalizzazione
della terra, l’abolizione della proprietà privata della terra, il trasferi-
mento di tutte le terre in proprietà dello Stato, come completa rottura
con gli ordinamenti servili nella campagna. Ed è proprio questa neces-
sità economica che ha trasformato la massa contadina della Russia in
una massa di fautori della nazionalizzazione della terra. I piccoli agri-
coltori proprietari si pronunciarono in massa per la nazionalizzazione
* Nel suo libro Emigrazione interna e colonizzazione (Pietroburgo, 1905) il
signor A. Kaufmann ci dà un profilo storico della politica relativa all’emigrazione
interna. Da autentico « liberale », l’autore è straordinariamente deferente verso la
burocrazia dei fautori della servitù.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
403
sia nei congressi dell’Unione contadina nel 1905, sia alla I Duma nel
1906, sia alla II Duma nel 1907, cioè nel corso di tutto il primo pe-
riodo della rivoluzione. Si pronunciarono in questo senso non perché
r« obstcina » avesse loro inoculato particolari « germi », particolari
« principi del lavoro » non borghesi, Si pronunciarono in questo senso
perché, al contrario, la vita esigeva da loro la liberazione dalla obstcina
medioevale e dal medioevale possesso fondiario dei nadiel Si pronun-
ciarono in tal senso non perché volessero o potessero costruire un'agri-
coltura socialista, ma perché volevano e vogliono, potevano e possono
realmente costruire una piccola agricoltura veramente borghese, cioè li-
bera al massimo grado da tutte le tradizioni della servitù della gleba.
Cosi non è stato il caso, né l’influenza di queste o quelle dottrine
(come pensano i miopi), a determinare l’originale atteggiamento delle
classi in lotta nella rivoluzione russa verso la questione della proprietà
privata della terra. Quest’originalità trova una spiegazione esauriente
nelle condizioni dello sviluppo del capitalismo in Russia e nelle esi-
genze del capitalismo nell’attuale momento di questo sviluppo. Tutti i
grandi proprietari fondiari centoneri, tutta la borghesia controrivolu-
zionaria (compresi sia gli ottobristi che i cadetti) si sono levati in di-
fesa della proprietà privata della terra. Tutta la popolazione contadina
e tutto il proletariato sono contro la proprietà privata della terra. La
via riformista della creazione di una Russia borghese- junker presuppone
necessariamente la conservazione delle basi del vecchio possesso fon-
diario e il loro adattamento lento, tormentoso per la massa della popo-
lazione, al capitalismo. La via rivoluzionaria, quella dell’effettivo ro-
vesciamento del vecchio ordinamento, esige ineluttabilmente, come pro-
pria base economica, la distruzione di tutte le vecchie forme di pos-
sesso fondiario assieme a tutte le vecchie istituzioni politiche della
Russia. L’esperienza del primo periodo della rivoluzione russa ha defi-
nitivamente dimostrato che questa può essere vittoriosa solo come ri-
voluzione agraria contadina e che quest’ultima non può adempiere in-
tegralmente la sua missione storica senza la nazionalizzazione della
terra.
Naturalmente la socialdemocrazia, come partito del proletariato in-
ternazionale, come partito che si pone fini socialisti comuni a tutto il
mondo, non può conformarsi a nessun’epoca di nessuna rivoluzione
borghese, non può legare le proprie sorti a questo o a quell’esito di
404
LENIN
questa o quella rivoluzione borghese. Di fronte a tutti i possibili esiti
dobbiamo restare un partito autonomo, puramente proletario, che con-
duce coerentemente le masse lavoratrici al loro grande fine socialista.
Non possiamo perciò farci in alcun modo garanti della solidità di qual-
sivoglia conquista della rivoluzione borghese, poiché l’instabilità, l’in-
tima contraddittorietà di tutte le sue conquiste sono immanenti alla ri-
voluzione borghese come tale. L’« escogitazione » di « garanzie contro
la restaurazione » non può che essere il frutto di una mentalità ri-
stretta. Il nostro compito è uno solo: raggruppando il proletariato per
la rivoluzione socialista, appoggiare ogni lotta contro il vecchio ordina-
mento nella forma piu risoluta possibile, propugnare le condizioni mi-
gliori possibili per il proletariato nella società borghese in sviluppo. E
ne consegue inevitabilmente che il nostro programma socialdemocratico
nella rivoluzione borghese russa può essere soltanto la nazionalizza-
zione della terra. Come per ogni altra parte del nostro programma, noi
dobbiamo porre questo problema in connessione con determinate for-
me e con un determinato grado delle trasformazioni politiche, giacché
la rivoluzione politica e la rivoluzione agraria non possono non avere
la stessa ampiezza. Come per ogni altra parte del nostro programma, noi
dobbiamo rigorosamente distinguerlo dalle illusioni piccolo-borghesi,
dalle chiacchiere burocratico-intellettuali sulle « norme », dalla verbo-
sità reazionaria circa il consolidamento dél'obstcina o il godimento
egualitario della terra. Gli interessi del proletariato non esigono che si
escogiti una speciale parola d’ordine, uno speciale « piano » o « siste-
ma » per questo o quel rivolgimento borghese, ma solo che si espri-
mano coerentemente le sue condizioni oggettive e che si epurino que-
ste condizioni oggettive, economicamente insormontabili, dalle illusio-
ni ed utopie. La nazionalizzazione della terra è non soltanto l’unico
modo per liquidare completamente il medioevo nell’agricoltura, ma il
miglior metodo di ordinamento agrario concepibile in regime capitali-
stico.
Circostanze di tre generi hanno temporaneamente fatto deviare i
socialdemocratici russi da questo giusto programma agrario. In primo
luogo, l’iniziatore della « municipalizzazione » in Russia, P. Maslov,
ha « corretto » la teoria di Marx, ha respinto la teoria della rendita
assoluta, ha rimesso a nuovo le semiputrefatte dottrine borghesi sulla
legge della fertilità decrescente, il suo nesso con la teoria della rendita,
IL PROGRAMMA AGRARIO 'DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
405
ecc. La negazione della rendita assoluta è la negazione di qualsiasi im-
portanza economica della proprietà privata della terra in regime capi-
talistico, e quindi essa ha inevitabilmente portato al travisamento delle
concezioni marxiste sulla nazionalizzazione. In secondo luogo, i social-
democratici russi, non avendo visto davanti a sé, con i propri occhi,
l 'inizio della rivoluzione contadina, non potevano non considerare cau-
tamente la possibilità di questa rivoluzione, giacché la sua vittoria ri-
chiede effettivamente una serie di condizioni particolarmente favore-
voli e un’ampiezza particolarmente favorevole della coscienza, della
energia e dell’iniziativa rivoluzionaria delle masse. Non avendo davan-
ti a sé un'esperienza , ritenendo impossibile immaginare movimenti
borghesi, i marxisti russi non potevano, naturalmente, avanzare un giu-
sto programma agrario prima delta rivoluzione . Tuttavia, essi hanno
commesso ancora un altro errore: anche dopo l’inizio della rivoluzione,
invece di applicare la teoria di Mane alle condizioni originali della Rus-
sia (la nostra teoria non è un dogma — hanno sempre insegnato Marx
ed Engels — , ma una guida per V azione), invece di farlo, hanno ripe-
tuto acriticamente le conclusioni tratte dalF applicazione della teoria
di Marx alle altrui condizioni, ad un'altra epoca. È del tutto naturale
che i socialdemocratici tedeschi, per esempio, abbiano rinunciato a tutti
i vecchi programmi di Marx contenenti la rivendicazione della naziona-
lizzazione della terra, giacché la Germania ha assunto definitivamente
il carattere di un paese borghese-junker: in essa tutti i movimenti che
possono sorgere sul terreno del regime borghese hanno fatto irrevoca-
bilmente il loro tempo, e non c’è né può esservi nessun movimento po-
polare in favore della nazionalizzazione. Il prevalere degli elementi bor-
ghesi-junker ha di fatto trasformato i piani nazionalizzatori in un gin-
gillo o addirittura in uno strumento per la spoliazione delle masse da
parte degli junker. I tedeschi hanno ragione quando si rifiutano per-
sino di parlare di nazionalizzazione, ma trasferire questa conclusione in
Russia (come fanno in sostanza quelli dei nostri menscevichi che non
notano il nesso esistente tra la municipalizzazione e la correzione fatta
da Maslov della teoria di Marx) vuol dire non saper pensare ai compiti
concreti dei partiti socialdemocratici nei periodi particolari del loro
sviluppo storico.
In terzo luogo, nel programma municipalizzatore si è chiaramente
manifestata tutta la linea tattica sbagliata del menscevismo nella rivolu-
406
LENIN
zione borghese russa: l’incapacità di capire il fatto che soltanto « un’al-
leanza del proletariato e dei contadini » * può assicurarne la vittoria.
Incapacità di capire la funzione dirigente del proletariato nella rivolu-
zione borghese, tendenza a porre il proletariato in disparte, ad assue-
farlo a un esito indeciso della rivoluzione, a trasformarlo da capo in
ausiliario (e di fatto in manovale e servitore) della borghesia liberale.
« Senz’infatuarti, adattandoti, avanti senza far rumore, popolo lavora-
tore »: queste parole di Narciso Tuporylov 144 contro gli « economisti »
(= primi opportunisti nel POSDR) esprimono pienamente lo spirito
del nostro programma agrario attuale.
La lotta contro F« infatuazione » del socialismo piccolo-borghese
deve portare non a una diminuzione, ma a un aumento dell’ampiezza
della rivoluzione e dei suoi compiti, determinati dal proletariato. Non
il « regionalismo » dobbiamo incoraggiare, per quanto esso possa esser
forte tra gli strati arretrati della piccola borghesia o della popolazione
contadina privilegiata (cosacchi), non l’isolamento delle varie nazio-
nalità, no; dobbiamo spiegare ai contadini l’importanza dell’unità per
la vittoria, lanciare una parola d’ordine che allarghi il movimento, e
non che lo restringa, che faccia ricadere la responsabilità della non
completezza della rivoluzione borghese sull’arretratezza della borghesia,
e non sulla ristrettezza mentale del proletariato. Non dobbiamo « adat-
tare » il nostro programma al democratismo « locale », non dobbiamo
escogitare un « socialismo municipale » nelle campagne, assurdo e im-
possibile con un potere centrale non democratico, non dobbiamo con-
formare il riformismo socialista piccolo-borghese alla rivoluzione bor-
ghese, ma concentrare l’attenzione delle masse sulle condizioni reali
della sua vittoria come rivoluzione borghese, sulla necessità, per rag-
giungere questo fine, non del solo democratismo locale, ma imman-
cabilmente di quello « centrale », cioè del democratismo del potere cen-
trale dello Stato, e non solo di un democratismo in generale, ma im-
mancabilmente delle forme di democratismo piu complete, piu alte,
giacché senza di esse la rivoluzione agraria contadina in Russia diventa
precisamente utopistica nel senso scientifico della parola.
E non si creda che proprio questo momento storico, in cui nella
III Duma urlano e muggiscono i bisonti, mentre l’orgia della controri-
* Cosi si è espresso Kautsky nella 2* edizione del suo opuscolo La rivolu-
zione sociale.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
407
votazione è giunta al nec plus ultra , mentre la reazione porta a com-
pimento il suo atto selvaggio di vendetta politica contro i rivoluzionari
in generale, e contro i deputati socialdemocratici alla II Duma in par-
ticolare, non si creda che questo momento « non sia adatto » per « va-
sti » programmi agrari. Un simile pensiero sarebbe simile al tradimento,
aH’abbattimento, allo sfacelo e al decadentismo che si sono impadro-
niti di larghi strati di intellettuali piccolo-borghesi che in Russia sono
entrati nel partito socialdemocratico o lo hanno fiancheggiato. Il pro-
letariato avrà tutto da guadagnare, se questo pattume verrà tutto spaz-
zato via dal partito operaio. No, quanto piu imperversa la reazione, tan-
to piu, in sostanza, essa frena l’inevitabile sviluppo economico, tanto
maggiore è il successo che essa prepara a una più vasta ascesa del mo-
vimento democratico. E noi dobbiamo approfittare dei periodi di tem-
poranea calma negazione di massa per studiare criticamente lesperien-
za di una grande rivoluzione, controllarla, epurarla dalle scorie, tra-
smetterla alle masse perché se ne servano come guida per la prossima
lotta.
Novembre-dicembre 1907.
408
LENIN
POSCRITTO
Il presente lavoro venne scritto alla fine del 1907. Nel 1908 esso
venne pubblicato a Pietroburgo, ma la censura zarista lo sequestrò e lo
distrusse. Se ne salvò un solo esemplare, nel quale mancava la fine
(dopo la pagina 269 della presente edizione), per cui quest’ultima parte
è stata aggiunta ora.
Oggi la rivoluzione ha posto la questione agraria in Russia in
maniera incomparabilmente piu ampia, piu profonda e piu acuta che
negli anni 1905-1907. La conoscenza della storia del nostro programma
di partito nella prima rivoluzione aiuterà, spero, a comprendere meglio
i compiti dell’attuale rivoluzione.
Bisogna particolarmente sottolineare quanto segue. La guerra ha
arrecato tali inaudite sciagure ai paesi belligeranti, e nel contempo ha
accelerato in maniera cosi gigantesca lo sviluppo del capitalismo, tra-
sformando il capitalismo monopolistico in capitalismo monopolistico di
Stato, che né il proletariato né la democrazia rivoluzionaria piccolo-
borghese possono mantenersi nei limiti del capitalismo.
La vita ha già sorpassato questi limiti, ponendo alTordine del gior-
no la regolamentazione della produzione e della distribuzione su scala
nazionale, il lavoro obbligatorio generale, la cartellizzazione forzata
(unione in sindacati), ecc.
In questa situazione anche la nazionalizzazione della terra nel pro-
gramma agrario acquista inevitabilmente un altro significato. E preci-
samente: la nazionalizzazione della terra è non soltanto T« ultima pa-
rola » della rivoluzione borghese, ma anche un passo verso il sociali-
smo. Non si può lottare contro le sciagure della guerra senza fare simi-
li passi.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
409
Il proletariato, alla testa dei contadini poveri, è costretto, da una
parte, a spostare il centro di gravità dai Soviet dei deputati dei conta-
dini ai Soviet dei deputati degli operai agricoli, e, dall’altra, ad esi-
gere la nazionalizzazione deirinventario delle tenute dei grandi pro-
prietari fondiari, nonché la loro trasformazione in aziende modello sot-
to il controllo dei Soviet dei deputati operai agricoli.
Non posso naturalmente soffermarmi qui piu particolareggiata-
mente su queste importantissime questioni e devo rimandare il lettore
che se n’interessa all’attuale letteratura bolscevica e ai miei opuscoli
Lettere sulla tattica e I compiti del proletariato nella nostra rivoluzio-
ne ( progetto di piattaforma del partito proletario ) 145 .
28 settembre 1917.
L'Autore
Pubblicato nel 1917 nel libro:
U programma agrario della
socialdemocrazia nella prima
rivoluzione russa
del 1905-1907.
I DIBATTITI SULL’ESTENSIONE DEI DIRITTI
DELLA DUMA IN FATTO DI BILANCIO
Nel corso di tre sedute, il 12, il 15 e il 17 gennaio, la Duma ha
discusso sull’estensione dei suoi diritti in fatto di bilancio. Il partito
cadetto aveva presentato un progetto in merito a tale estensione, fir-
mato da quaranta deputati. Su questo argomento si sono pronunciati
i rappresentanti di tutti i partiti. A nome del governo ha tenuto due
lunghi discorsi il ministro delle finanze. Ha parlato anche un rappre-
sentante del partito operaio socialdemocratico. E la discussione si è
conclusa con l’approvazione unanime (cosi dice la Stolicnaia Poeta del
18 gennaio) di una proposta degli ottobristi : passare in commissione
il progetto di legge sull’estensione dei diritti della Duma in fatto di bi-
lancio, « senza entrare nel merito ài questa modifica », cioè della mo-
difica delle norme dell’8 marzo, che limitano considerevolmente i di-
ritti della Duma in fatto di bilancio.
Come si è potuto verificare un cosi strano fenomeno? Come è po-
tuta passare unanimemente alla III Duma, alla Duma dei bisonti cen-
toneri, una proposta degli ottobristi che corrisponde sostanzialmente ai
desideri del governo e che è stata fatta dopo il primo discorso del mi-
nistro delle finanze, il quale aveva precisamente accennato a un simile
esito? Nella sostanza il progetto dei cadetti è inaccettabile; quanto ai
particolari, perché non modificare la legge? Questo aveva dichiarato il
ministro dei centoneri. Gli ottobristi, conformandosi a questa dichia-
razione, hanno formulato la loro proposta, sottolineando che essi non
entrano nel merito delle modifiche della legge.
Che gli ottobristi si siano accordati con un ministro centonero
non c’è da stupirsi. Non c’è nemmeno da stupirsi, per tutti coloro che
conoscono la natura del partito dei cadetti, che questi abbiano ritirato
la loro formulazione (nella quale, naturalmente, non c’era nemmeno
I DIBATTITI SULl/ESTEN SIONE DEI DIRITTI DELLA DUMA
411
una parola che accennasse al fatto di non entrare nel merito delle mo-
difiche da essi stessi indicate!). Ma che i socialdemocratici abbiano po-
tuto partecipare a un'unanimità di tal genere è inverosimile, e voglia-
mo credere che la Stolicnaia Poeta abbia detto una menzogna, che
i socialdemocratici non abbiano votato per la risoluzione degli otto-
bristi.
Qui ci troviamo, del resto, di fronte a una questione piu impor-
tante di quella di sapere se i socialdemocratici abbiano o no votato
per gli ottobristi, e precisamente alla questione deWerrore indubbiamente
commesso dal deputato socialdemocratico Pokrovski 2°. Su questo
errore e sul reale significato politico dei dibattiti del 12, 15 e 17 gen-
naio intendiamo richiamare Pattenzione dei lettori.
La Duma russa è priva di diritti in fatto di bilancio, giacché,
« per legge », il rigetto del bilancio non arresta la sua traduzione in
atto. Questa legge, emanata dal governo controrivoluzionario dopo la
sconfitta delPinsurrezione di dicembre (20 febbraio 1906; famigerate
« leggi fondamentali »), è un 'irrisione alla rappresentanza popolare da
parte dei centoneri, dello zar e dei grandi proprietari fondiari. E le
« norme » dell’8 marzo 1906 sottolineano ancora di piu questa irri-
sione, creando un mucchio di minuziose limitazioni all 'esame del bilan-
cio alla Duma e stabilendo persino (nelPart. 9) che « nella discussione
del progetto del bilancio dello Stato non possono essere eliminate o
modificate uscite ed entrate che vi siano state incluse in base alle leg-
gi, agli organici e alle tabelle vigenti, nonché a ordinanze di Sua Mae-
stà emanate in ordine alla suprema amministrazione ». Non è forse
un’irrisione? Non si può modificare nulla di ciò che corrisponde sia
alle leggi, sia agli organici, sia alle tabelle, sia semplicemente agli editti
dello zar!! Non è forse ridicolo discorrere dopo di ciò dei diritti della
Duma in fatto di bilancio?
Ora ci si domanda: quali sarebbero stati i compiti di una demo-
crazia borghese che realmente lottasse per la libertà di fronte a un si-
mile: stato di cose? Quali sono i compiti del partito operaio? Nel pre-
sente articolo parliamo soltanto dei compiti della lotta parlamentare e
dei rappresentanti parlamentari di questo partito.
È evidente che il problema dei diritti della Duma in fatto di bi-
lancio andava sollevato alla Duma per chiarire completamente , sia da-
vanti al popolo russo che davanti alLEuropa, Tirrisione centonera dello
412
LENIN
zarismo, per mostrare tutta la mancanza di diritti della Duma. Lo sco-
po pratico immediato di tale chiarimento (senza parlare poi del compito
fondamentale di ogni democratico: rivelare la verità davanti al popolo,
illuminarne la coscienza) era determinato anche dalla questione del pre-
stito. Il governo centonero dello zar non poteva reggersi, dopo il di-
cembre 1905, e non lo può nemmeno oggi, senza l 'aiuto del capitale
mondiale della borghesia internazionale sotto forma di prestiti. E la
borghesia di tutto il mondo accorda prestiti di miliardi a un aperto
bancarottiere, allo zar, non solo perché è allettata, come ogni usuraio,
dall’alro profitto, ma anche perché la borghesia si rende conto che è
nel suo interesse favorire la vittoria del vecchio ordine sulla rivolu-
zione in Russia, giacché alla testa di questa rivoluzione marcia il pro-
letariato.
Lo scopo perseguito col sollevare la questione e il dibattito alla
Duma poteva quindi essere solo quello di chiarire tutta la verità. Il ri-
formismo pratico non poteva oggi, e data la situazione attuale, essere
lo scopo del democratico , giacché, in primo luogo, è evidente la impos-
sibilità di riforme sul terreno delle attuali leggi fondamentali circa i di-
ritti della Duma in fatto di bilancio; e, in secondo luogo, sarebbe stato
assurdo proporre, per una Duma di bisonti centoneri e di mercanti mo-
scoviti, l’estensione dei suoi diritti, dei diritti di una simile Duma. Na-
turalmente i cadetti russi (che solo gli ignoranti e i sempliciotti pote-
vano considerare dei democratici) non hanno compreso questo com-
pito. Sollevata la questione, l'hanno subito posta sul falso terreno del-
la riforma parziale. Noi non neghiamo, naturalmente, che per il demo-
cratico e per il socialdemocratico esista talvolta la possibilità e la ne-
cessità di sollevare precisamente la questione di una riforma parziale.
Ma in una Duma come la III, in un momento come quello attuale, su
una questione come quella 'dei diritti in fatto di bilancio, mutilati sino
al ridicolo da leggi fondamentali intangibili , la cosa era assurda. I ca-
detti potevano sollevare la questione sotto forma di riforma parziale
— siamo pronti a fare persino una simile concessione — , ma dei de-
mocratici non potevano trattare la questione cosi come hanno fatto i
cadetti.
Essi hanno insistito sul cosiddetto aspetto pratico della questione,
sulla non convenienza delle norme dell’ 8 marzo, sul fatto che esse so-
no svantaggiose anche per il governo, sulla storia di come erano state
I DIBATTITI SULL’ESTENSIONE DEI DIRITTI DELLA DUMA
413
scritte le varie stolte leggi cóntro la Duma nelle stolte cancellerie di
Bulyghin, di Witte e altre bande. Lo spirito cadetto dell’impostazione
della questione è reso con il massimo rilievo nelle seguenti parole del
signor Scingarev: «Non c’è. nessun attentato [mirante a limitare le
prerogative del monarca] nel progetto da noi presentato, non c’è nes-
sun secondo fine [!!]. In esso c’è soltanto l’aspirazióne a facilitare i
lavori della Duma , a giovare alla sua dignità, a sopperire alla necessità
di compiere il lavoro al quale siamo chiamati » (il corsivo è nostro;
p. 1263 dei resoconti stenografici ufficiali, seduta del 15 gennaio
1908).
Un simile individuo, invece di illuminare la coscienza, la offusca ,
poiché dice una palese menzogna e un’assurdità. E per quanto questo
signor Scingarev, assieme a tutta la sua compagnia di politicanti cadet-
ti, possa sinceramente credere all’« utilità » della sua « diplomazia »,
noi non possiamo in alcun modo mutare questa conclusione inevita-
bile. Il democratico deve mettere in luce davanti al popolo Y abisso
esistente tra i diritti del parlamento e le prerogative del monarca, e
non ottundere la coscienza del popolo, non snaturare la lotta politica,
riducendola ad una correzione burocratica delle leggi. Ponendo in tal
modo la questione, i cadetti mostrano coi fatti di essere dei concorrenti
dei funzionari dello zar e degli ottobristi, e non dei combattenti per la
libertà, sia pure per la libertà della sola grande borghesia. In tal modo
parlano solo dei funzionari volgarmente liberaleggianti, e non dei rap-
presentanti deìY opposizione parlamentare .
Nel discorso del rappresentante della socialdemocrazia Pokrov-
ski 2° • — dobbiamo riconoscerlo con piacere — si manifesta chiara-
mente un altro spirito, si fornisce un’altra impostazione di principio
della questione. Il socialdemocratico ha detto apertamente e chiara-
mente di considerare falsificata la rappresentanza popolare alla III Du-
ma (citiamo in base alla Stolicnaia Poeta del 18 gennaio, poiché
non abbiamo ancora a nostra disposizione i resoconti stenografici di
quella seduta). Egli ha sottolineato non le minuzie, né la storia buro-
cratica della legge, ma lo stato di rovina e di oppressione delle masse
popolari, di milioni e decine di milioni di persone. Egli ha dichiarato
giustamente che « di diritti della Duma in fatto di bilancio è impossi-
bile parlare senza ironia », che noi chiediamo non solo il diritto di ri-
maneggiare Pintero bilancio (Kokoytsov, funzionario con posto lucra-
414
LENIN
tivo, ha discusso piu di ogni altro alla Duma contro Scingarev e Ad-
gemov, funzionari senza posto lucrativo, sulla questione deH’ammissi-
bilità e dei limiti del « rimaneggiamento »), ma anche quello di « rior-
ganizzare tutto il sistema finanziario », di « votare respingendo il bi-
lancio del governo ». E ha concluso con la rivendicazione, non meno
giusta e doverosa per un membro del partito operaio, di una « com-
pleta sovranità del popolo ». Sotto tutti questi rapporti Pokrovski ha
difeso onestamente e giustamente il punto di' vista socialdemocratico.
Ma ha commesso anche un deplorevole errore; anzi, a giudicare
dalle informazioni giornalistiche lo ha commesso tutto il gruppo so-
cialdemocratico, avendo dato tale direttiva al proprio oratore. Pokrov-
ski ha dichiarato: « Noi appoggiamo la proposta dei 40, in quanto
propende all'estensione dei diritti della rappresentanza popolare in
fatto di bilancio ».
A che cosa è servita questa dichiarazione di appoggio a una pro-
posta palesamente incoerente sul terreno dei principi, palesamente in-
completa, palesamente sottoscritta da persone senza principi e incapaci
di manifestare sia pure una sola briciola di fermezza, a una proposta
palesamente inutile dal punto di vista pratico? Non è stato un appog-
gio alla borghesia in lotta (formula con cui molti amano giustificare la
loro mancanza di carattere in politica), ma un appoggio all’ instabilità
della borghesia ottobrista-liberale. E che sia cosi, è stato subito dimo-
strato dai fatti . Lo hanno dimostrato gli stessi cadetti, rinunciando a
mettere in votazione la loro proposta e associandosi a quella degli ot-
tobristi: « passare in commissione senza entrare nel merito delle modi -
fiche della legge» (!). Per la centesima e la millesima volta «appog-
giando » i cadetti coloro che li hanno appoggiati sono stati ingannati.
Per la centesima e millesima volta i fatti hanno rivelato quanto meschi-
na e inammissibile sia la tattica dell’appoggio delle proposte liberali,
cadette, che procedono lungo la linea ecc. *.
Se i cadetti, invece di associarsi agli ottobristi, avessero messo in
votazione una dichiarazione nella quale si fosse parlato chiaramente e
* Per bocca di un certo signor Saturin Y« acefala » Stolicnaia Poeta dichiara:
«del tutto assennatamente [1] l’opposizione l’ha votata» (la risoluzione degli
ottobristi). « Grazie a ciò remendamento » {cioè la risoluzione di non entrare nel
merito delle modifiche) « è stato appuntò approvato all unanimità » (18 gennaio,
p. 4, Dall’aula delle sedute). Evviva l’unanimità dei liberali acefali russi con gli
ottobristi e i ministri dello zar centónero!
1 dibattiti sull’estensione dei diritti della DUMa
415
con precisione dell'Importanza della Duma nelle questioni finanziarie,
della falsificazione della rappresentanza popolare, della rovina del paese
ad opera dell’autocrazia, e deirimminente bancarotta finanziaria, del
rifiuto dei rappresentanti della democrazia di farsi, in tali condizioni,
garanti di prestiti, si sarebbe trattato di un passo onesto dei democratici
borghesi, di un atto di lotta, e non di un atto di ottuso servilismo. Noi
avremmo avuto il dovere di appoggiare un simile atto, pur senza di-
menticare di precisare in particolare e in maniera autonoma i nostri
scopi socialdemocratici. E un simile atto sarebbe servito a illuminare
il popolo e a smascherare l'autocrazia.
La Duma avrebbe bocciato una simile dichiarazione, i centoneri
avrebbero inscenato un furioso scandalo contro una tale proposta, e ciò
sarebbe stato un merito storico della democrazia e avrebbe segnato una
probabile fase di una nuova lotta per la libertà. Ma ora i cadetti si
sono ancora una volta rovinati. Compagni socialdemocratici alla Duma!
Salvaguardate Ponore del partito operaio socialdemocratico, non rovi-
natevi appoggiando un simile liberalismo!
Un solo sfrenato membro della destra si è scostato alla Duma dal-,
la tattica degli ottobristi: dissimulare le divergenze, invitare i cadetti a
venire ad accordi. Il 12 gennaio Kovalenko, un centonero, si è dichia-
rato alla Duma apertamente contrario a che si passasse in commissione
il progetto dei cadetti (p. 1192 dei resoconti sten.). Ma, a quanto pare,
quest'eroe ha votato assieme agli ottobristi: è stato coraggioso soltanto
a parole. Nel suo discorso egli ha illustrato ottimamente il reale stato
delle cose, citando, a dimostrazione della necessità di speciali poteri,
.quest’esempio: « Supponiamo, per esempio, un'insurrezione a Mosca
e l'invio di spedizioni punitive. Il governo avrebbe allora forse il tem-
po di seguire la prassi consueta?... » (p. 1193). Peccato che i socialde-
mocratici non afferrino queste faville di verità nei centoneri. Avete ra-
gione, collega deputato, bisognava dirgli. Siamo giunti a un punto in
cui la prassi consueta non vale. Lasciamo dunque Pipocrisia e ricono-
sciamo che viviamo in un momento non di « prassi consueta », ma
di guerra civile , che il governo non governa, ma combatte, che quella
della Russia è una situazione di insurrezione repressa a fatica. Questa
è la verità, ed è utile ricordare un po' più spesso la verità al popolo!
Sotsial-Demokrat, n, 1,
febbraio 1908.
POSCRITTO ALL’ARTICOLO « I DIBATTITI SULL’ESTENSIONE
DEI DIRITTI DELLA DUMA IN FATTO DI BILANCIO »
La Duma è passata attualmente all’esame dello stesso bilancio. Il
blocco dei reazionari con gli pseudooppositori, traditori della libertà
del popolo, Ha fatto in tempo a mostrarsi col suo vero volto già il pri-
mo giorno della discussione. La stampa legale ci presenta lo stesso qua-
dro: quelli del Novoie V remia salutano Tunione dì tutti , tranne i « fa-
natici di sinistra »; leggi: i socialdemocratici e i trudovikì.., La biascia
Gazieta , della compagnia acefala, singhiozza per l’entusiasmo. Giorno
« fattivo » che « compensa » P« insufficiente esame del bilancio per i
singoli preventivi »...
L'« opposizione » si muove sulla scia della reazione aperta. Qui
proprio ai deputati della classe operaia e della democrazia spetta la
funzione responsabile e onorifica di autentici rappresentanti del popolo
derubato. Purtroppo i primi interventi sul bilancio dei nostri compa-
gni alla Duma sono estremamente infelici, profondamente sbagliati. Nel
prossimo numero del Proletari esamineremo particolareggiatamente que-
sti errori e indicheremo la linea di condotta che secondo il nostro mo-
do di vedere i socialdemocratici dovrebbero necessariamente seguire nei
dibattiti e nelle votazioni sul bilancio M6 .
Proletari, n. 27,
26 marzo (8 aprile) 1908.
NOTE POLITICHE
Gli sciovinisti sono al lavoro. Circolano voci insistenti sugli arma-
menti dei giapponesi, sul fatto che questi avrebbero concentrato 600
battaglioni in Manciuria per un attacco contro la Russia. La Turchia si
starebbe attivamente armando per dichiarare questa primavera la guer-
ra alla Russia. Il Caucaso, si dice, sta preparando un'insurrezione con
lo scopo di separarsi dalla Russia (non mancherebbe altro, oramai, che
si cominciasse a gridare sui progetti dei polacchi!). L'odio contro la
Finlandia viene rinfocolato con fantastici racconti sul suo armamento.
Si conduce un’accanita campagna contro l’Austria perché ha costruito
una ferrovia neUa Bosnia. S'intensificano gli attacchi della stampa russa
contro la Germania, che aizzerebbe la Turchia contro la Russia. E la
campagna viene condotta non solo sulla stampa russa, ma anche su
quella francese, della quale recentemente un socialdemocratico alla Du-
ma ha ricordato cosi a proposito che è stata comprata dal governo
russo.
La stampa borghese seria dell’Occidente si rifiuta di ammettere
che tutta questa campagna sia un parto della fantasia dei gazzettieri o
ima montatura di gente che corre dietro al sensazionale. No, è eviden-
temente dai « circoli dirigenti » — leggi: dal governo centonero del-
lo zar o dalla camarilla segreta di Corte, del genere della famigerata
« Camera stellata » — che proviene una ben precisa parola d'ordine, da
loro viene perseguita sistematicamente una « linea » e sono stati loro
che hanno preso un « nuovo corso ». Il fatto che alla commissione del-
la Duma per la difesa dello Stato sia stato vietato l’accesso a tutti i
membri della Duma che non ne fanno parte, cioè non solo ai partiti
rivoluzionari, ma anche ai cadetti, è messo dalla stampa estera in di-
H— 2256
418
LENIN
retta relazione con questa campagna sciovinistica; si dice persino che
il governo russo, allo scopo di portare sino in fondo il suo insulto al
« costituzionalismo », abbia intenzione di chiedere crediti per i rin-
forzi militari alle frontiere non a tutta la Duma, ma soltanto alla com-
missione ottobrista-centonera.
Ecco alcune citazioni da giornali europei, tutt’altro che socialisti,
i quali non possono essere sospettati di ottimismo nei confronti della
rivoluzione russa:
«Le vittorie tedesche sulla Francia [nel 1870] attizzarono, come osservò una
volta Bismarck, lambizlone dei militari russi, e anche questi tesero la mano verso
gli allori militari. Per motivi politici, religiosi e storici, la Turchia parve un
obiettivo particolarmente adatto a questo scopo [guerra contro la Turchia del
1877-1878]. Anche oggi certi circoli della Russia, che hanno dimenticato gli inse-
gnamenti della guerra giapponese e non comprendono i veri bisogni del paese, si
attengono evidentemente allo stesso punto di vista. Siccome nei Balcani non vi
sono più “fratelli” da liberare, si devono escogitare altri mezzi per influire sul-
l’opinione pubblica russa. E questi mezzi, a dire il vero, sono ancor più grossolani
di quelli di allora: si vuol presentare una Russia accerchiata da nemici interni
ed esterni ».
« I circoli dirigenti della Russia vogliono cercare di rafforzare la loro posi-
zione coi vecchi mezzi, e precisamente soffocando con la violenza il movimento
di emancipazione all’interno e distogliendo l’attenzione del popolo dalla triste si-
tuazione interna mediante il risveglio di sentimenti di nazionalismo e la creazione
di conflitti diplomatici che non si sa come possano finire ».
Qual è dunque il significato di questa nuova linea sciovinistica
nella politica dell’ autocrazia controrivoluzionaria? In una simile politica
possono lanciarsi, dopo Tsushima e Mukden, solo persone alle quali
sfugga definitivamente la terra sotto i piedi. L’esperienza di due anni di
reazione non ha dato , nonostante tutti gli sforzi, nessun sostegno in-
terno più o meno solido all’autocrazia centonera, non ha creato nessun
nuovo elemento di classe capace di rinnovare economicamente l’auto-
crazia. E senza dì ciò , nessuna atrocità, nessun furore della controrivo-
luzione può essere in grado di mantenere l’attuale regime politico della
Russia.
E Stolvpin, e i grandi proprietari fondiari centoneri, e gli ottobri-
sti comprendono che, senza creare nuovi sostegni di classe, non è loro
possibile mantenersi al potere. Di qui la loro politica di rovina com-
pleta dei contadini, di demolizione violenta dell’ obstcina, per spianare
NOTE POLITICHE
419
ad ogni costo la strada al capitalismo nell’àgricoltura. I liberali russi,
quelli piu dotti, piu istruiti, piu « umani » — del genere dei professori
delle Russkie Viedomosti — sono sotto questo rapporto incomparabil-
mente piu ottusi degli Stolypin. «.Non ci sarà assolutamente di che stu-
pirsi — afferma l’editorialista del suddetto giornale il 1° febbraio —
se, quando si deciderà, per esempio, la sorte delle norme provvisorie
di novembre, gli slavofili-comunitari di ieri appoggeranno il tentativo
del ministero di distruggere Yobstcina trasformando il possesso della
terra dei singoli capifamiglia in proprietà privata... Si può persino rite-
nere che i fini difensivi comuni alla maggioranza conservatrice della
Durna e al ministero, suggeriranno sia alla prima che al secondo mi-
sure addirittura piu aggressive dei famosi decreti del 1906... Ne risulta
un quadro strabiliante: un governo conservatore, con l’appoggio dei
rappresentanti dei partiti conservatori, prepara una riforma radicale
nel campo dei rapporti fondiari, che sono i meno suscettibili di bruschi
rivolgimenti, decidendosi a una misura cosi radicale in base ad astratte
considerazioni sulla preferi bilità di una forma di possesso rispetto ad
un’altra ».
Svegliatevi, signor professore, scuotetevi di dosso la polvere del-
l’antico archivio populista, date un’occhiata a ciò che hanno fatto due
anni di rivoluzione. Stolypin vi ha vinto non solo perché ha fatto uso
della forza materiale, ma anche perché ha giustamente compreso l'esi-
genza piu pratica dello sviluppo economico, la demolizione violenta del
vecchio possesso fondiario. La grande « svolta »> già irrevocabilmente
operata dalla rivoluzione consiste nel fatto che prima l’autocrazia cen-
tonera poteva appoggiarsi alle forme medioevali del possesso fondiario,
mentre adesso è costretta , totalmente e irrevocabilmente costretta, a
lavorare con febbrile rapidità alla loro distruzione. Poiché essa ha com-
preso che senza la demolizione dei vecchi ordinamenti agrari non può
esservi via d'uscita dalla contraddizione che piu profondamente d’ogni
altra spiega la rivoluzione russa: il possesso fondiario piu arretrato, la
campagna più barbara e il capitalismo industriale e finanziario più
avanzato!
Voi siete, dunque, per la legislazione agraria di Stolypin? — - ci
chiederanno con orrore i populisti. Oh, no, tranquillizzatevi! Noi siamo
incondizionatamente contrari a tutte le forme del vecchio possesso fon-
420
LENIN
diario in Russia, sia a quello dei grandi proprietari fondiari che a quel-
lo contadino del nadiel. Siamo incondizionatamente favorevoli alla de-
molizione violenta di questo vecchiume putrido che appesta e avvelena
tutto il nuovo; siamo per la nazionalizzazione borghese della terra, co-
me unica parola d’ordine coerente della rivoluzione borghese, come uni-
ca misura pratica che rivolge interamente Tarme affilata di una demoli-
zione storicamente necessaria contro i grandi proprietari, favorendo, in
seno alla massa contadina, il sorgere di liberi imprenditori sulla terra.
La particolarità della rivoluzione borghese russa sta nel fatto che
a condurre una politica rivoluzionaria nella questione fondamentale del-
la rivoluzione, la questione agraria, sono i centoneri e i contadini as-
sieme agli operai. Gli avvocati e i professori liberali, invece, propugnano
una cosa delle più assurde, utopistiche e prive di vita: la conciliazione
di due metodi opposti di demolizione di ciò che è superato, che si
escludono a vicenda, e per giunta una conciliazione per cui non vi sia
affatto demolizione. O la vittoria delTinsurrezione contadina e la com-
pleta demolizione del vecchio possesso fondiario a vantaggio di una
massa contadina rinnovata dalla rivoluzione, cioè la confisca della terra
e la repubblica, oppure la demolizione, stolypiniana, che anch'essa rin-
nova, di fatto rinnova e adatta ai rapporti capitalistici il vecchio pos-
sesso fondiario, ma completamente nelTinteresse dei grandi proprietari
fondiari, a prezzò di un’illimitata rovina della massa contadina, della
sua cacciata dai villaggi, dell’espulsione, della morte d’inedia, dello
sterminio del fior fiore della gioventù contadina con la prigione, la de-
portazione. le fucilazioni e le torture. Non è facile per una minoranza
attuare una simile politica nei confronti della maggioranza, ma una
politica del genere non è economicamente impossibile. Dobbiamo aiu-
tare il popolo a rendersene chiaramente conto. Ma il tentativo di di-
stricare con un’accurata riforma, pacificamente, senza violenza, la ma-
tassa infinitamente arruffata delle contraddizioni medioevali creata da
secoli di storia russa è il più ottuso sogno di «uomini chiusi in un
astuccio », fossilizzati. La necessità economica provoca necessariamente
e necessariamente attuerà il più « brusco rivolgimento » negli ordina-
menti agrari della Russia. Il problema storico sta nel sapere se ad at-
tuarla saranno i grandi proprietari fondiari guidati dallo zar e da Stoly-
pin, oppure le masse contadine guidate dal proletariato.
NOTE POLITICHE
421
« Unione dell’opposizione »: questo il tema del giorno della stam-
pa politica russa. La poliziesco-stolypiniana Rossia esulta: « Unione?
anche i cadetti, dunque, sono rivoluzionari; addosso al cadetto! ». Là
Riec , cadetta, permeata sino all’osso dal desiderio burocratico di dimo-
strare che i cadetti sanno essere moderati non meno degli ottobristi, fa
leziosamente il broncio, riversa fiotti di indignazione « morale » per i
disonesti tentativi di accusarla di rivoluzionarismo e dichiara: Certo,
noi salutiamo l’unione dell’opposizione, ma quest’unione dev’essere un
movimento « da sinistra verso destra » (editoriale del 2 febbraio). « Noi
abbiamo l’esperienza degli errori politici e delle delusioni politiche.
Quando l’opposirione si unisce, naturalmente si unisce sul programma
minimo del piu moderato dei partiti che ne fanno parte».
Questo programma è perfettamente chiaro: l’egemonia del libe-
ralismo borghese, ecco la nostra condizione, dicono i cadetti come di-
ceva Falloux nel 1871 a Thiers, che gli chiedeva il suo appoggio: la
monarchia, ecco la mia condizione.
La Stolicnaia Poeta ha compreso che è vergognoso, sconveniente
dire apertamente simili cose, e quindi « non è d’accordo » con la Riec ,
e se la cava con nebulosi accenni allo « stato d’animo anteriore all’ot-
tobre » (la maledetta censura impedisce l’enunciazione di un chiaro pro-
gramma politico!) e invita, in sostanza, a tirare sul prezzo. La Riec , di-
ce, vuole dirigere, i rivoluzionari vogliono dirigere (la nuova unione);
e a me non si potrebbe dare una piccola mancia per un’onesta media-
zione?
L’« unione »: simpatizziamo calorosamente con questa parola
d’ordine, soprattutto quando si accenna — benché si accenni soltan-
to! — allo « stato d’animo anteriore all’ottobre ». Però la storia non
si ripete, amabilissimi signori politicanti. E non v’è forza al mondo che
possa cancellare dalla coscienza delle diverse classi gli insegnamenti che
la « storia di tre anni » ci ha dati. Questi insegnamenti sono straordina-
riamente ricchi sia per il loro contenuto positivo (forme, carattere, con-
dizioni della vittoria della lotta di massa degli operai e dei contadini
nel 1905) che per il loro contenuto negativo (fallimento delle due Du-
mé, cioè fallimento delle illusioni costituzionali e dell’egemonia ca-
detta).
422
LENIN
Chi vuole sistematicamente studiare, diffondere tra le masse que-
sti insegnamenti e riflettere su di essi, sia il benvenuto; noi siamo in-
condizionatamente per l’« unione », per un’unione volta a una lotta
implacabile contro i rinnegati della rivoluzione. Non vi piace? Le no-
stre vie divergono.
La vecchia parola d’ordine « anteriore all’ottobre » è ottima, e noi
(sia detto senz’offesa a M-d-m della raccolta II nostro pensierol) non
la ripudieremo (« Assemblea --costituente »). Ma è insufficiente. È trop-
po formale. Da essa non ci si rende conto del modo come la vita ha
impostato praticamente i problemi acuti. La completeremo col grande
insegnamento di tre grandi anni. Il nostro « programma minimo », il
« programma minimo della nostra unione » è semplice e chiaro: 1) con-
fisca di tutta la terra dei grandi proprietari fondiari; 2) repubblica. A
questo scopo occorre «l’Assemblea costituente che possa conseguire
tutto ciò.
La storia delle due Dume, Dume cadette, ha mostrato con straor-
dinaria evidenza che la lotta reale delle forze sociali — lotta di Cui
non sempre si aveva coscienza, che non sempre saltava agli occhi, ma
che sempre ha esercitato la propria azione decisiva su tutti i risultati
politici più importanti, sempre ha spazzato via come polvere i giuo-
chetti degli ingenui e profani del « costituzionalismo », abili nel truf-
fare — si è svolta in tutto e per tutto mirando ai due « obiettivi » da
noi indicati. Non le teorie astratte, ma la reale esperienza delle nostre
masse popolari, nelle condizioni reali dell’autocrazia latifondista rus-
sa, ci ha mostrato praticamente l’ineluttabilità di queste precise parole
d’ordine. A chi è capace di farle proprie noi proponiamo di « marciare
separati » e « colpire insieme », di colpire il nemico che devasta la
Russia, che stermina a migliaia i migliori uomini della Russia.
«Voi resterete soli con un simile programma di unione ». Questo
non è vero,
Leggete i discorsi dei contadini senza partito alle prime due Dume,
e comprenderete che il nostro programma di unione non fa che formu-
lare i loro desideri, i loro bisogni, le deduzioni elementari e necessarie
. che scaturiscono da questi bisogni. A coloro che non comprendono que-
sti bisogni — cominciando dal cadetto per finire con Pescehhonov
NOTE POLITICHE
423
(anch’egli ha predicato 1*« unione » a Mosca, come ci scrivono da colà)
— noi faremo la guerra in nome delT« unione ».
Sarà una guerra accanita. Abbiamo saputo lavorare per lunghi anni
prima della rivoluzione. Non per nulla ci hanno chiamati uomini di
granito. I socialdemocratici hanno formato un partito proletario che
non si demoralizzerà per l’insuccesso del primo assalto armato, non
perderà la testa, non si lancerà in avventure. Questo partito marcia verso
il socialismo, senza legare se stesso e la propria sorte all’esito di questo
o quel periodo delle rivoluzioni borghesi. Appunto per questo esso è
anche esente dai loro lati deboli. E questo partito proletario va verso
la vittoria.
Proletari, n. 21,
26 (13 febbraio) 1908.
DICHIARAZIONE DELLA REDAZIONE DEL « PROLETARI »
Nel n. 20 della Nette Zeit , nella premessa del traduttore, a noi
sconosciuto, a un articolo di A. Bogdanov su Ernst Mach, abbiamo
letto quanto segue: « Nella socialdemocrazia russa si manifesta, pur-
troppo, una forte tendenza a fare di questo o quell'atteggiamento verso
Mach una questione di divisione frazionistica nel partito. Le divergen-
ze tattiche molto serie tra bolscevichi e menscevichi sono inasprite dal-
la disputa su una questione che, a nostro avviso, non ha assolutamente
niente a che vedere con queste divergenze, e precisamente: sotto il rap-
porto teorico-gnoseologico il marxismo concorda con la dottrina di Spi-
noza e Holbach, o con quella di Mach e Avenarius? ».
A questo proposito la redazione del Proletari , come rappresen-
tante ideologico della corrente bolscevica, ritiene necessario dichiarare
quanto segue: in realtà questa disputa filosofica non è e, a parere della
redazione, non dev'essere una disputa di frazioni; qualsiasi tentativo di
presentare questi dissensi come dissensi di frazione è radicalmente sba-
gliato. In seno all'una ed all'altra frazione ci sono fautori di entrambe
le tendenze.
Proletari , n. 21,
26 (13 febbraio) 1908.
LETTERA AD A.M. GORKI
25 . 11.1908
Caro A.M., non ho risposto subito alla vostra lettera in quanto, a
proposito del vostro articolo, o in una certa qual connessione con que-
sto, è scoppiata qui da noi, per quanto possa esser strano a prima vista,
una baruffa abbastanza seria con Al. AL in seno alla redazione... Ehm,
ehm... non ho parlato né nel luogo che voi pensavate, né a proposito
di quel che pensavate!
La cosa è andata cosf.
Il libro Saggi di filosofia del marxismo ha profondamente ina-
sprito le vecchie divergenze tra i bolscevichi sulle questioni di filosofia.
Non mi ritengo abbastanza competente in questi problemi per affret-
tarmi a intervenire sulla stampa, ma ho sempre seguito con attenzione
le nostre discussioni di partito sulla filosofia a cominciare dalla lotta
di Plekhanov contro Mikhailovski e soci alla fine degli anni ottanta e
fino al 1895, poi la sua lotta contro i kantiani nel 1898 e negli anni
seguenti (allora, dal 1900 in poi, non solo la seguivo, ma in parte anche
vi partecipavo, come membro della redazione della Zarià ), infine la sua
lotta contro gli empiriocritici e soci.
Le opere di filosofia di Bogdanov le ho seguite a cominciare dal
suo energico libro sulla Concezione storica della natura , che studiai
quando mi trovavo in Siberia. Per Bogdanov questa posizione era solo
una fase di transizione ad altre concezioni filosofiche. Di persona Io
conobbi nel 1904, e in quell’occasione ci facemmo subito reciproca-
mente degli omaggi: io gli diedi i Passi U7 t lui mi diede un suo scritto
filosofico di allora 148 . E subito dopo (nella primavera o alLinizio del-
l'estate del 1904) gli scrissi da Ginevra a Parigi che coi suoi scritti
426
LENIN
egli suscitava in me la profonda convinzione che le sue concezioni erano
sbagliate e quelle di Plekhanov giuste.
Plekhanov ed io, quando lavoravamo assieme, parlammo piu di
una volta di Bogdanov. Plekhanov mi spiegava l’erroneità delle conce-
zioni di Bogdanov, ma non considerava affatto questa deviazione terri-
bilmente grande. Ricordo benissimo che nell estate del 1903 Plekhanov
ed io, a nome della redazione della Zarià , avemmo a Ginevra una
conversazione con un delegato della redazione dei Saggi su una conce-
lione realistica del mondo , e consentimmo a collaborarvi, io sulla que-
stione agraria, Plekhanov sulla filosofia , contro Mach. Plekhanov pose
come condizione per la collaborazione la possibilità di scrivere contro
Mach, condizione che il delegato della redazione dei Saggi accettò piena-
mente. Egli considerava allora Bogdanov un alleato nella lotta contro
il revisionismo, ma un alleato che si sbagliava nella misura in cui
seguiva Ostwald, e quindi Mach.
Nell estate e nell’autunno del 1904 ci accordammo definitivamente
con Bogdanov, come bolscevichi, e formammo quel tacito blocco — che
tacitamente accantonava la filosofia come un campo neutrale — il quale
esistette per tutto il tempo della rivoluzione e ci diede la possibilità
di attuare nella rivoluzione la tattica della socialdemocrazia rivoluzio-
naria (= bolscevismo) che, secondo la mia piu profonda convinzione,
era Punica giusta.
Nel fuoco della rivoluzione avemmo poco di che occuparci dì
filosofia. In prigione, all’inizio del 1906, Bogdanov scrisse qualche altra
cosa, la III parte dell 'Empiriomonismo, mi pare. Nell’estate del 1906
egli me ne inviò una copia in omaggio ed io mi misi a leggerla attenta-
mente. Terminata la lettura, ne fui oltremodo irritato e stizzito: per
me era diventato ancor piu chiaro che egli batteva una via arcisbagliata*
non marxista. Gli scrissi allora una « dichiarazione d’amore », una lette-
rina di filosofia di tre quadernetti. In essa gli spiegavo che io, natural-
mente, era in filosofia un marxista di base , ma che erano proprio i suoi
lavori, chiari, popolari, scritti in maniera eccellente, a convincermi defi-
nitivamente che egli aveva sostanzialmente torto e Plekhanov ragione.
Mostrai quei quadernetti ad alcuni amici (tra l’altro a Lunaciarski) e
quasi pensavo di pubblicarli col titolo di Note di un marxista di base
sulla filosofia , ma non ne feci nulla. Adesso mi rammarico di non averli
LETTERA ad A. M. CORKt
427
pubblicati subito allora. Giorni fa ho scritto a Pietroburgo pregando di
ritrovarmeli e di mandarmeli ,49 .
Ora sono usciti i Saggi di filosofia del marxismo. Ho letto tutti
gli articoli tranne quello di Suvorov {che sto leggendo), e a ogni
articolo lo sdegno mi ha veramente fatto andare su tutte le furie. No,
questo non è marxismo! E i nostri empiriocritici, empiriomonisti e empi-
riosimbolisti scivolano nella palude. Assicurare al lettore che la « fede »
nella realtà del mondo esterno è « mistica » (Bazarov), confondere nella
maniera piu scandalosa il materialismo col kantismo (Bazarov e Bogda-
nov), predicare una varietà dell’agnosticismo ^empiriocriticismo) e
dell’idealismo (l’empiriomonismo), insegnare agli operai l’« ateismo reli-
gioso » e P« adorazione » delle potenze umane superiori (Lunaciarski),
dichiarare mistica la teoria hegeliana della dialettica (Berman), attingere
alla fetida sorgente di certi « positivisti » francesi, agnostici o meta-
fisici, che il diavolo se li porti, con la loro « teoria simbolica della cono-
scenza » (Iusckevic)! No, è ormai troppo. Certo, noi siamo marxisti di
base, uomini a cui manca la cultura filosofica, ma perché farci l’affronto
di presentarci roba del genere come filosofia del marxismo? Io mi farò
squartare piuttosto che acconsentire a collaborare con un organo di
stampa o una redazione che predica cose simili.
Mi sono sentito di nuovo attratto dalle Note di un marxista di
base sulla filosofia e ho cominciato a scriverle l5 °, e mentre stavo
leggendo i Saggi, ad Al. Al-c ho naturalmente esposto le mie impressioni
apertamente e senza riguardi.
Ma che c’entra qui il mio articolo? — chiederete voi. C’entra,
perché, proprio nel momento in cui queste discordanze tra i bolsce-
vichi minacciano di inasprirsi in maniera particolare, voi cominciate ad
esporre chiaramente le concezioni di una delle tendenze nel vostro
scritto per il Proletari. Naturalmente io non so come e che cosa vi
sarebbe venuto fuori nell’insieme. Inoltre ritengo che un artista possa
attingere per sé molte cose utili da qualsiasi filosofia. Sono pienamente
e incondizionatamente d’accordo, infine, che nelle questioni della crea-
zione artistica spetti completamente a voi giudicare e che, ricavando
concezioni di questo genere sia dalla vostra esperienza artistica che da
una filosofia sìa pure idealistica , potete giungere a conclusioni che
recheranno un enorme vantaggio al partito operaio. È sempre cosi. E
nondimeno, in tutto il nostro dissenso in filosofia, ii Proletari deve
428
LENIN
restare assolutamente neutrale, non dando ai lettori nemmeno l'ombra
di un motivo per stabilire che esista un legame tra i bolscevichi, come
tendenza, come linea tattica dell’ala rivoluzionaria dei socialdemo-
cratici russi, e l’empiriocriticismo o Pempiriomonismo.
Quando io, dopo aver letto e riletto il vostro articolo, ho detto a
Al.A-c che ero contrario a pubblicarlo nel giornale, egli è diventato piu
scuro di una nube. Qui da noi s’è decisamente addensata un’atmosfera
di scissione. Ieri abbiamo riunito il nostro gruppo redazionale di tre
in una seduta apposita per la discussione del problema. E ci è venuta
ad un tratto in aiuto una sciocca trovata della Neue Zeit. Nel n. 20
un ignoto traduttore vi ha pubblicato un articolo di Bogdajiov su Mach,
facendo inoltre, nell’introduzione, l’assurda affermazione che le diver-
genze tra Plekhanov e Bogdanov hanno la tendenza a trasformarsi, tra
i socialdemocratici russi, in una divergenza di frazione tra bolscevichi e
menscevichi! Colui che ha scritto tale introduzione dimostra con queste
parole o di essere uno stupido o di prenderci per degli stupidi. Ci siamo
subito trovati d’accordo sull’assoluta necessità di pubblicare ora una
dichiarazione sulla nostra neutralità nel primo numero del Proletari
che uscirà. Ciò corrisponde in tutto e per tutto al mio stato d’animo
dopo l’uscita dei Saggi. La dichiarazione è stata redatta e unanima-
mente approvata; domani esce sul n. 21 del Proletari e vi verrà mandata.
Quanto al vostro articolo, si è deciso di aggiornare la questione,
esponendovi in lettere di ciascuno dei tre redattori del Proletari come
sta la faccenda e accelerando la venuta mia e di Bogdanov da voi.
Dovete, quindi, ricevere una lettera sia da ALAI, che dal terzo
redattore 15 \ del quale vi ho scritto una volta in precedenza.
Ritengo necessario dirvi la mia opinione con tutta franchezza.
Oggi considero inevitabile una certa qual baruffa tra i bolscevichi sulla
questione della filosofia. Ma scindersi per questo sarebbe, a mio avviso,
cosa stolta. Abbiamo formato un blocco per attuare nel partito operaio
una determinata tattica, tattica che abbiamo seguito e seguiamo a
tutt’oggi senza divergenze (Punica se verificata a proposito del boicot-
taggio della III Duma, ma essa, in primo luogo, non s’è mai inasprita
tra noi, e non ve stato nemmeno un accenno alla scissione; in secondo
luogo, essa non ha coinciso con la divergenza tra materialisti e machisti,
giacché per esempio, il machista Bazarov era, come me, contro il boicot-
taggio e ha scritto in proposito un lungo articolo nel Proletari ).
LETTERA AD A. M, GORKI
429
Ostacolare l’opera volta ad attuare nel partito operaio la tattica
della socialdemocrazia rivoluzionaria per dispute sulla superiorità del
materialismo o del machismo sarebbe, a mio avviso, un’inammissibile
sciocchezza. Dobbiamo azzuffarci a motivo della filosofia in maniera
che il Proletari e i bolsceviche come frazione del partito , non ne siano
danneggiati. E ciò è pienamente possibile.
E voi dovete, secondo me, contribuirvi. E lo potete scrivendo per
il Proletari sulle questioni neutrali (che cioè non hanno niente a che fare
con la filosofia) della critica letteraria, della pubblicistica e della crea-
zione artistica ecc. Quanto al vostro articolo — se volete impedire la
scissione e contribuire a localizzare la nuova baruffa — , dovreste rifarlo:
pubblicare altrove tutto ciò che, sia pure indirettamente, ha a che fare
con la filosofia di Bogdanov. Voi, grazie a dio, avete dove scrivere,
oltre che nel Proletari . Tutto ciò che non ha a che fare con la filosofia
di Bogdanov — e gran parte del vostro articolo non ha niente a che
fare con quest’ultima — dovreste esporlo in una serie di articoli per
il Proletari. Se vi comporterete in altro modo, cioè se rifiuterete di
rifare l’articolo o rifiuterete di collaborare al Proletari , contribuirete
inévitabilmente, a mio avviso, ad inasprire il conflitto tra i bolscevichi,
a rendere difficile la localizzazione della nuova baruffa, a indebolire
l’urgente opera, praticamente e politicamente necessaria, dei socialde-
mocratici rivoluzionari in Russia.
Questa la mia opinione. Vi ho detto tutto ciò che pensavo, e aspet-
terò ora la vostra risposta.
Volevamo partire oggi per venire da voi, ma si è dovuto rinviare
il viaggio di non meno di una settimana, e forse di due o tre.
Una forte stretta di mano.
Vostro N. Lenin
Pubblicata per la prima volta
nel 1924, Miscellanea di Lenin, I.
LA NUOVA POLITICA AGRARIA
Mercoledì 13 febbraio Nicola II ha dato un ricevimento in onore
di 307 deputati della III Duma. Le amabili conversazioni tra lo zar
e i centoneri Bobrinski e Celyscev sono il lato comico del nuovo
abbraccio dell’autocrazia con la banda dei suoi alleati. Molto più seria
è la dichiarazione di Nicola: la Duma deve tra poco approvare nuove
leggi agrarie, e ogni idea di alienazione forzata deve essere esclusa,
giacché lui, Nicola II, non sanzionerà mai una simile legge. « Sui con-
tadini — comunica il corrispondente della Gazzetta di Francoforte —
il discorso dello zar ha avuto un effetto deprimente ».
La « dichiarazione agraria » dello zar in persona ha indubbiamente
una grandissima importanza pef l'agitazione, e noi non possiamo che
salutare questo agitatore di talento. Ma, oltre al valore agitatorio, questa
minacciosa sortita contro ['alienazione forzata ha un'enorme importanza
perché indica che la monarchia dei grandi proprietari fondiari ha imboc-
cato una nuova strada per la politica agraria.
I celebri decreti varati al di fuori della Duma in base aU'articolo
87 — del 9 novembre 1906 e quelli che gli sono succeduti — hanno
inaugurato l'èra di questa nuova politica agraria del governo zarista.
Alla II Duma Stolypin la confermò, i deputati di destra e ottobristi
la approvarono, i cadetti (spaventati dalle voci di uno scioglimento della
Duma, raccolte nelle anticamere della camarilla) rinunciarono a una sua
aperta condanna. Ora, alla III Duma, la commissione agraria ha accolto
in questi giorni la tesi fondamentale della legge del 9 novembre 1906
ed è andata oltre, approvando la proprietà privata dei lotti contadini in
tutte le obstcine che non hanno proceduto alla ripartizione durante
ventiquattro anni. Al ricevimento del 13 febbraio il capo della Russia
dei grandi proprietari fondiari fautori della servitù ha approvato pubbli-
camente questa politica, gridando ad alta voce — evidentemente per
LA NUOVA POLITICA AGRARIA
431
farlo sapere ai contadini senza partito — che non sanzionerà mai nessuna
legge sull’alienazione forzata a vantaggio della massa contadina.
Il passaggio definitivo del governo dello zar dei grandi proprietari
fondiari e della grande borghesia (gli ottobristi) sul terreno della nuova
politica agraria ha una enorme importanza storica. Le sorti della rivo-
luzione borghese in Russia — e non solo della rivoluzione attuale, ma
anche delle rivoluzioni democratiche possibili in futuro — dipendono
soprattutto dal successo o insuccesso di questa politica.
Qual è la sostanza della svolta? Essa sta nel fatto che finora l’intan-
gibilità del vecchio possesso fondiario medioevale, comunitario dei
contadini e della loro « secolare » ohstcìna aveva trovato i piu ardenti
fautori nelle classi dominanti della Russia reazionaria. I grandi pro-
prietari fondiari fautori della servitù, essendo stati la classe dominante
nella Russia anteriore alla riforma e la classe politicamente dirigente
durante tutto il XIX secolo, avevano in generale seguito una politica
di conservazione dei vecchi ordinamenti comunitari del possesso fon-
diario contadino.
Lo sviluppo del capitalismo all’inizio del XX secolo ha definiti-
vamente corroso questi ordinamenti. La vecchia ohstcìna a carattere di
casta, l’incatenamento dei contadini alla terra, l’abitudinarismo di una
campagna semifeudale sono venuti a trovarsi nella piu stridente contrad-
dizione con le nuove condizioni economiche. La dialettica della storia
ha fatto si che i contadini — che in altri paesi, con un regime agrario
piu o meno sistemato (dal punto di vista delle esigenze del capita-
lismo), sono il baluardo dell’ordine — in Russia scendessero in campo
durante la rivoluzione presentendo le rivendicazioni piu distruttive,
giungendo a chiedere la confisca delle terre dei grandi proprietari fon-
diari e la nazionalizzazione della terra (i truioviki della I e della
II Duma).
Queste rivendicazioni radicali, e persino imbellettate dalle idee del
socialismo piccolo-borghese, non sono state affatto dovute al « socia-
lismo » del contadino, ma alla necessità economica di tagliare l’intricato
nodo del possesso fondiario fondalo sulla servitù, di sgombrare la strada
per un libero farmer (imprenditore agricolo) su una terra libera da
qualsiasi barriera medioevole *.
* Le concezioni qui esposte sono strettamente connesse con la critica del
nostro programma di partito. Nel n. 21 del Proletari questa critica è stata de-
432
LENIN
Il capitalismo ha già irrevocabilmente scalzato le basi del vecchio
regime agrario della Russia. Esso non può ulteriormente svilupparsi
senza demolire questo regime; e lo demolirà immancabilmente e inevi-
tabilmente; non c’è forza al mondo che possa impedirlo. Ma questo
regime può essere demolito alla maniera dei grandi proprietari fondiari
0 a quella dei contadini, per aprire la strada al capitalismo dei grandi
proprietari fondiari o a quello dei contadini. Demolizione del vecchio
alla maniera dei grandi proprietari fondiari significa distruzione violenta
dell’ obstcina e rapida rovina, sterminio di una massa di piccoli agri-
coltori impoveriti a vantaggio di un pugno di kulak. Demolizione alla
maniera contadina significa confisca della grande proprietà fondiaria
e messa a disposizione dei liberi farmers, emersi tra i contadini, di tutta
la terra (l’« uguale diritto alla terra» dei signori populisti significa di
fatto il diritto degli agricoltori alla terra e la distruzione di tutte le
barriere medioevali).
E il governo della controrivoluzione ha compreso questa situa-
zione. Stolypin l’ha giustamente compresa: senza la demolizione del
vecchio possesso fondiario è impossibile assicurare lo sviluppo economico
della Russia. Egli e i grandi proprietari fondiari hanno arditamente
imboccato la via rivoluzionaria, demolendo nella maniera piu spietata
1 vecchi ordinamenti, abbandonando interamente le masse contadine
alla mercé dei grandi proprietari fondiari e dei kulak.
I signori liberali e democratici piccolo-borghesi — dal partito
semiottobrista del rinnovamento pacifico alle Russkie Viedomosti e al
signor Pescekhonov del Russkoie Bogatstvo — hanno ora sollevato un
terribile fracasso a proposito delia distruzione dell 'obstcina da parte del
governo, accusando quest’ultimo di rivoluzionarismo! Mai si era ancora
manifestata così recisamente la posizione indeterminata del liberalismo
borghese nella rivoluzione russa. No, signori, con i piagnistei a propo-
sito della distruzione delle basi secolari non si giova alla causa. Tre anni
di rivoluzione Hanno ridotto in cenere le illusioni pacificatrici e conci-
liatrici- Il problema è stato posto chiaramente: o il coraggioso appello
a una rivoluzione contadina che giunga sino alla repubblica, e la prepa-
razione multiforme, ideologica e organizzativa, di questa rivoluzione in
alleanza col proletariato; oppure il vacuo piagnisteo, l’impotenza poli-
lineata come opinione personale; nei successivi numeri la questione verrà esaminata
particolareggiatamente.
LA NUOVA POLITICA AGRARIA
433
tica e ideologica di fronte alPattacco ottobrista-latifondista-stolypiniano
contro Yobs teina.
Scelgano coloro che hanno ancora una goccia di coraggio civico e di
simpatia per la massa contadina! Il proletariato ha già fatto la sua scelta,
e ora, con piu fermezza che mai, il partito operaio socialdemocratico
spiegherà, propaganderà, lancerà tra le masse la parola d’ordine del-
l’insurrezione dei contadini assieme al proletariato, come unico mezzo
possibile per impedire di « rinnovare » la Russia col metodo di Stolvpin.
Non diremo che questo metodo è impossibile — esso è stato ripe-
tutamente sperimentato in Europa su scala minore — ma spiegheremo
al popolo che è attuabile soltanto attraverso illimitate violenze eserci-
tate per decenni e decenni dalla minoranza sulla maggioranza e attra-
verso lo sterminio in massa dei contadini d'avanguardia. La nostra atten-
zione non verrà concentrata nel rappezzamento dei progetti rivoluzio-
nari di Stolypin, in tentativi di correggerli, di attenuarne Tazione, ecc.
Risponderemo rafforzando la nostra agitazione tra le masse popolari, e
specialmente in seno a quegli strati del proletariato che sono legati alle
masse contadine. I deputati contadini — persino vagliati attraverso una
serie di setacci polizieschi, persino scelti dai grandi proprietari fondiari,
persino spaventati dai bisonti della Duma — hanno manifestato in
tempi nient’affatto lontani le loro vere aspirazioni. Il gruppo dei con-
tadini senza partito e, in parte, i contadini di destra si sono pronunciati,
come si sa dai giornali, per l’alienazione forzata della terra e per
organismi agrari locali eletti da tutta la popolazione ! Non per nulla
un cadetto ha detto alla commissione agraria che il contadino di destra
è piu a sinistra dei cadetti. Si, nella questione agraria i contadini « di
destra » si sono schierati in tutte e tre le Dume piu a sinistra dei cadetti,
dimostrando con ciò che lo spirito monarchico del contadino è un’inge-
nuità d’altri tempi, a differenza dello spirito monarchico degli affaristi
liberali, che sono monarchici per calcolo di classe.
Lo zar dei fautori della servitù della gleba ha gridato ai contadini
senza partito che non permetterà l’alienazione forzata. In risposta,
gridi la classe operaia ai milioni di contadini « senza partito » che essa li
chiama a una lotta di massa per il rovesciamento dello zarismo e per la
confisca della terra dei grandi proprietari fondiari.
Proletari. , n. 22,
(3 marzo) 19 febbraio 1908.
NEUTRALITÀ* DEI SINDACATI
Nel precedente numero del Proletari abbiamo pubblicato la risolu-
zione del CC del nostro partito sui sindacati l5z . Il Nasc Viek, infor-
mando i lettori di questa risoluzione, aveva aggiunto che essa era stata
approvata dal CC airunanimità poiché i menscevichi l’avevano votata
dopo, le concessioni fatte dai bolsceviche introducendo modifiche nel
loro progetto primitivo. Se questa informazione è esatta (il defunto
Naso Viek si distingueva, di solito, per essere straordinariamente ben
inforcato su tutto ciò che riguardava il menscevismo), non ci resta che
salutare con tutto il cuore il grande passo compiuto verso l’unificazione
del lavoro socialdemocratico in un campo cosi importante come i sinda-
cati. Le concessioni di cui parlava il Nasc Viek sono affatto insignificanti
e non modificano minimamente i principi fondamentali del progetto
bolscevico {pubblicato, a proposito, nel n. 17 del Proletari , del 20 otto-
bre 1907, assieme a un ampio articolo che ne espone i motivi: I sinda-
cati e il partito socialdemocratico ).
Tutto il nostro partito ha, quindi, ora riconosciuto che nei sinda-
cati il lavoro dev’essere svolto non ispirandosi all’idea della loro neutra-
lità, ma a quella del loro piu stretto avvicinamento al partito socialde-
mocratico. È stato anche riconosciuto che la partiticità dei sindacati
dev’essere ottenuta esclusivamente col lavoro dei socialdemocratici in
seno agli stessi sindacati, che i socialdemocratici devono costituire nei
sindacati delle cellule compatte e che, qualora i sindacati legali non
siano possibili, bisogna fondarne di illegali.
È indubbio che Stoccarda ha avuto una grandissima influenza su
questo avvicinamento tra le due frazioni del nostro partito nella que-
stione del carattere del lavoro nei sindacati. La risoluzione del Con-
gresso di Stoccarda, come ha rilevato Kautsky nella sua relazione agli
neutralità’ dei sindacati
435
operai di Lipsia, segna la fine dell’ammissione, in linea di principio, della
neutralità dei sindacati. L’alto grado di sviluppo degli antagonismi di
classe, il loro inasprirsi, negli ultimi tempi, in tutti i paesi, l’esperienza
pluriennale della Germania — dove la politica della neutralità ha raffor-
zato l’opportunismo nei sindacati, senza ostacolare in alcun modo il
sorgere di sindacati cristiani e liberali autonomi — , l’estendersi di quel
particolare campo della lotta proletaria che esige l’azione congiunta e
unanime sia dei sindacati che del partito politico (sciopero di massa e
insurrezione armata nella rivoluzione russa, come prototipo delle proba-
bili forme della rivoluzione proletaria in Occidente), tutto questo ha
definitivamente fatto perder terreno alla teoria della neutralità.
Non si prevede che la questione della neutralità debba suscitare
oggi grandi discussioni tra i partiti proletari. Le cose stanno diversa-
mente per i partiti pseudosocialisti non proletari del genere dei nostri
socialisti-rivoluzionari, che di fatto rappresentano l’estrema ala sinistra
del partito rivoluzionario borghese degli intellettuali e dei contadini
d’avanguardia.
È sommamente caratteristico il fatto che dopo Stoccarda in difesa
dell 'idea della neutralità siano qui da noi scesi in campo solo i socialisti-
rivoluzionari e Plekhanov. E l’hanno fatto in modo molto infelice.
Nell’ultimo numero dello Znamìa Trudà (n. 8, dicembre 1907),
organo centrale del partito socialista-rivoluzionario, troviamo due arti-
coli dedicati al movimento sindacale. In essi i socialisti-rivoluzionari
tentano innanzi tutto di mettere in ridicolo la dichiarazione del giornale
socialdemocratico Vperiod secondo cui la risoluzione di Stoccarda ha
risolto il problema dell’atteggiamento del partito verso i sindacati preci-
samente nello spirito del bolscevismo, come l’aveva risolto quella di
Londra. A questo proposito diremo che gli stessi socialisti-rivoluzionari,
nello stesso numero dello Znamia Trudà , hanno citato fatti che dimo-
strano incontestabilmente che proprio questo giudizio è esatto.
« A questo periodo — scrive lo Znamia Trudà riferendosi all’au-
tunno del 1905 — risale (ed è un fatto caratteristico) il primo incontro
faccia a faccia delle tre frazioni socialiste russe: socialdemocratici men-
scevichi, socialdemocratici bolscevichi e socialisti-rivoluzionari, i quali
esposero le loro concezioni sul movimento sindacale. L’Ufficio di Mosca,
che era stato incaricato di costituire con propri membri anche l’ufficio
centrale per la convocazione del congresso [dei sindacati], organizzò
436
LENIN
al Teatro Olimpia un grande comizio di operai aderenti ai sindacati *.
I menscevichi parlarono facendo una distinzione marxista classica, rigi-
damente ortodossa, tra i fini del partito e quelli del sindacato. “Com-
pito del partito socialdemocratico è l’instaurazione del regime socialista,
che distrugge i rapporti capitalistici; compito dei sindacati è il miglio*
ramento delle condizioni di lavoro nel quadro del regime capitalistico,
allo scopo di ottenere condizioni di vendita della manodopera che favo-
riscano gli interessi del lavoro”; se ne deduceva la apartiticità dei sin-
dacati e la loro estensione a “tutti gli operai di un dato mestiere” **.
« I bolscevichi dimostrarono che oggi non si può fare una rigida
separazione tra la politica e la professione e giunsero quindi alla con-
clusione che “dev’esservi una stretta unione tra il partito socialdemo-
cratico e i sindacati, che dal partito socialdemocratico devono essere
diretti”. Infine, i socialisti-rivoluzionari chiesero una rigorosa apartiti-
cità dei sindacati per evitare una scissione nel proletariato, ma respin-
sero qualsiasi limitazione dei loro compiti e delle loro attività a una
qualsivoglia sfera ristretta, formulando tale compito come lotta, in
tutta la sua ampiezza, contro il capitale, quindi lotta tanto economica
quanto politica ».
Cosi descrive i fatti lo stesso Znamia Trudài E solo una persona
cieca o del tutto incapace di pensare può negare che, di questi tre
punti di vista, proprio quello che parla di stretta unione tra il partito
socialdemocratico e i sindacati è stato « confermato dalla risoluzione
di Stoccarda, che raccomanda uno stretto legame tra il partito e i
sindacati »***.
Per imbrogliare la questione estremamente chiara i socialisti-rivolu-
zionari hanno confuso, nel più spassoso dei modi, l'autonomia dei sin-
dacati nella lotta economica con la loro apartiticità. « Il congresso di
Stoccarda — essi scrivono — si è anche chiaramente pronunciato per
* Parteciparono al comizio circa 1.300 persone. Cfr. il resoconto nel Biulleten
MuZeiza sodeistvia trudù y n. 2, 26 novembre 1903 (citazione dello Znamia Trudà).
** Bisogna dire, tuttavia, che questa « apartiticità » veniva intesa dai signori
menscevichi in maniera abbastanza originale: il relatore illustrò le proprie tesi nel
modo seguente: « La giusta soluzione del problema della partitici tà si è avuta nel
sindacato dei tipografi moscoviti,- che propone ai compagni di entrare individual-
mente nelle file del partito socialdemocratico ». (Nota dello Znamia Trudà).
*** Nel novembre 1903 Ì menscevichi, parlando della neutralità, esposero non
le concezioni ortodosse, ma quelle volgari se lo ricordino i signori socialisti-rivo-
luzionari!
neutralità' dei sindacati
437
Pautonomia (apartiticità) dei sindacati, ha respinto cioè il punto di
vista sia del bolscevichi che dei menscevichi ». Ciò viene dedotto dalle
seguenti parole della risoluzione di Stoccarda: « Ciascuna di queste due
organizzazioni [partito e sindacati] ha un campo d’azione corrispon-
dente alla sua natura, nel quale deve operare in maniera del tutto
autonoma. Ma oltre a ciò esiste un campo che si estende sempre
piu », ecc., come è stato citato più sopra. E si sono trovati dei begli
spiriti che hanno confuso questa richiesta delP« autonomia » dei sinda-
cati nel « campo d’azione corrispondente alla loro natura » con la que-
stione dell’apartiticità dei sindacati o del loro stretto avvicinamento al
partito nel campo della politica e dei compiti della rivoluzione so-
cialista!
E cosi i nostri socialisti-rivoluzionari hanno fatto perdere comple-
tamente di vista la questione di principio fondamentale: quale giudizio
dare della teoria della « neutralità », che di fatto serve a rafforzare l’in-
fluenza della borghesia sul proletariato. Invece di questo problema di
principio essi hanno preferito parlare solamente dei rapporti specifica-
mente riissi, mentre ci si trovava di fronte a diversi partiti socialisti, e
parlarne per giunta riferendo falsamente ciò che era avvenuto a Stoc-
carda. « Qui non ci si può richiamare alla nebulosità della risoluzione di
Stoccarda — scrive Io Znamia Trudà — , giacché il signor Plekhanov,
intervenendo al congresso internazionale in qualità di rappresentante
ufficiale del partito, ha dissipato ogni nebulosità e ogni dubbio, e finora
non esiste ancora una dichiarazione in proposito del Comitato centrale
socialdemocratico la quale affermi che ‘‘quell’intervento del compagno
Plekhanov disorganizza le file del partito unico. ».
Signori socialisti-rivoluzionari! Naturalmente voi siete in diritto di
ironizzare sul fatto che il nostro CC ha richiamato aU’ordine Plekhanov.
Siete in diritto di credere che si possa stimare, per esempio, un partito
che non condanni ufficialmente il filocadettismo del signor Ghersciuni.
Ma perché dire una palese menzogna? AI Congresso di Stoccarda Ple-
khanov non era il rappresentante del partito socialdemocratico, ma sol-
tanto uno dei suoi 33 delegati. Ed egli rappresentava le concezioni non
del partito socialdemocratico, ma dell’odierna opposizione menscevica
nei confronti del partito socialdemocratico e delle sue decisioni di Lon-
dra. I socialisti-rivoluzionari non possono non saperlo e quindi dicono
una falese menzogna.
438
LENIN
« ...Nella commissione che ha esaminato la questione dei rapporti tra i sin-
dacati e il partito politico egli [Plekhanov] ha detto letteralmente quanto segue:
“In Russia ci sono undici organizzazioni rivoluzionarie; con quale di esse devono
dunque legarsi i sindacati?.,. Portare all'in terno dei sindacati le divergenze poli-
tiche sarebbe dannoso in Russia", In risposta tutti i membri della commissione
hanno unanimemente dichiarato che non si può intendere in questo modo la riso-
luzione del congresso, che essi “non impongono affatto ai sindacati e ai loro
membri di essere membri del partito socialdemocratico", cioè essi chiedono, come
appunto è indicato nella risoluzione, la loro “assoluta autonomia" » (il corsivo è
dello Znamia Trudà).
Voi confondete, signori dello Znamia Trudàì In commissione un
compagno belga ha chiesto se si potesse imporre ai membri dei sinda-
cati di entrare nel partito socialdemocratico, e tutti gli hanno risposto
che non si poteva. D’altra parte, però, Plekhanov ha proposto un emen-
damento alla risoluzione: « inoltre non si deve perdere di vista l’unità
delPorganizzazione sindacale », e questo emendamento è stato accolto,
ma non all’unanimità (il compagno Voinov, che rappresentava le conce-
zioni del POSDR, ha votato l’emendamento e, a nostro avviso, ha fatto
bene). Ecco come sono andate le cose.
I socialdemocratici non devono mai perdere di vista l’unità del-
l’organizzazione sindacale. Ciò è assolutamente giusto. Ma questo vale
anche per i socialisti-rivoluzionari, che noi invitiamo a pensare a questa
«unità dell’organizzazione sindacale» quando questa proclama il suo
stretto legame con la socialdemocrazia! Quanto alT« imporre » ai mem-
bri dei sindacati di entrare nel partito socialdemocratico, nessuno ci
ha neanche mai pensato: è stata la paura a farlo credere ai socialisti-
rivoluzionari. Ma che il Congresso di Stoccarda abbia vietato ai sinda-
cati di proclamare il loro stretto legame col partito socialdemocratico, o
di realizzare di fatto, nella pratica, un simile legame, sono favole.
« I socialdemocratici russi — scrive lo Znamia Trudà — condu-
cono la piu inflessibile ed energica campagna per la conquista dei sinda-
cati e per la loro subordinazione alla guida del loro partito. I bolsce-
vichi lo fanno direttamente e apertamente... i menscevichi hanno scelto
una via piu indiretta... ». È esatto, signori socialisti-rivoluzionari! In
nome del prestigio deU’Internazionale operaia siete in diritto di chie-
derci di condurre questa campagna con tatto e coerenza, « senza per-
dere di vista l’unità dell’organizzazione sindacale ». Lo riconosciamo
piu che volentieri e vi chiediamo di riconoscerlo anche voi, ma non
rinunceremo alla nostra campagna!
NEUTRALITÀ DEI SINDACATI
439
Ma Plekhanov ha detto che è dannoso portare all’interno dei
sindacati le divergenze politiche... Si, Plekhanov ha detto questa scioc-
chezza, e i signori socialisti-rivoluzionari, naturalmente, dovevano ag-
grappatisi, come fanno sempre con tutto ciò che meno merita di essere
imitato. Ma non le parole di Plekhanov, devono servire di guida, bensì
la risoluzione del congresso, la cui applicazione è impossibile senza
« portare divergenze politiche ». Eccovi un piccolo esempio. La risolu-
zione del congresso dice che i sindacati non devono ispirarsi alla « teoria
dell’armonia d’interessi tra lavoro e capitale ». Noi socialdemocratici
affermiamo che un programma agrario che chieda nella società borghese
l’ugualitarismo nella ripartizione delle terre è costruito sulla teoria del-
Parmonia d’interessi tra lavoro e capitale *. Noi ci dichiareremo sempre
contrari a che per una tale divergenza (o addirittura per una divergenza
con gli operai monarchici) si spezzi lunità di sciopero ecc., ma « porte-
remo sempre questa divergenza » nelPambiente operaio in generale e in
tutti i sindaticati operai in particolare.
Altrettanto insensato è il richiamo di Plekhanov agli undici partiti.
In primo luogo, non solo in Russia ci sono diversi partiti socialisti.
In secondo luogo, da noi ci sono soltanto due partiti socialisti che si
facciano una concorrenza piu o meno seria, il socialdemocratico e il
socialista-rivoluzionario, giacché è completamente assurdo considerare
alla -stessa stregua i partiti nazionali. In terzo luogo, il problema del-
Punificazione dei partiti veramente socialisti è un problema del tutto
particolare; mettendolo insieme con gli altri problemi Plekhanov con-
fonde le cose. Noi dobbiamo sempre e dovunque propugnare Pavvicina-
mento tra i sindacati e il partito socialista della classe operaia, ma
stabilire quale partito in questo o quel paese, in seno a questa o a
quella nazionalità sia il partito veramente socialista e veramente della
classe operaia è un problema particolare, e questo problema viene risolto
non dalle risoluzioni dei congressi internazionali, ma dal corso della
lotta tra i partiti nazionali.
Fino a che punto i ragionamenti del compagno Plekhanov su que-
sto problema siano sbagliati Io dimostra con particolare evidenza il suo
* Oggi persino alcuni socialisti-rivoluzionari se ne sono resi conto e hanno
fatto così un passo decisivo verso il marxismo. Cfr. il nuovo interessantissimo libro
di Firsov e Iakobi, sul quale tra breve c'intratterremo particolareggiatamente coi
lettori del Proletari 153 .
440
LENIN
articolo nel n. 12 del Sovremenni Mir del 1907. A p. 55 Plekhanov cita
Tossendone di Lunaciarski secondo cui la neutralità dei sindacati viene
propugnata dai revisionisti tedeschi. A questa osservazione egli rispon-
de: « I revisionisti dicono: i sindacati devono essere neutrali; e con ciò
intendono: bisogna utilizzare i sindacati per la lotta contro il marxismo
ortodosso ». E conclude: « Eliminare la neutralità dei sindacati non ser-
virà a nulla. Se porremo i sindacati addirittura in una stretta dipen-
denza formale dal partito, e nel partito trionferà ['“ideologia” dei revi-
sionisti, l'eliminazione della neutralità dei sindacati non sarà che una
nuova vittoria dei “critici di Marx" ».
Questo ragionamento ci offre un esempio del metodo, tanto abi-
tuale in Plekhanov, di eludere la questione e di far perdere di vista la
sostanza del dibattito. Se nel partito trionferà effettivamente l'ideologia
dei revisionisti, esso non sara piu il partito socialista della classe operaia.
Non si tratta in alcun modo di stabilire come si formi un simile partito,
quale lotta e quali scissioni possano aversi nel corso della sua forma-
zione. Si tratta del fatto che in ogni paese capitalistico esistono
un partito socialista e dei sindacati, e il nostro compito è di definire
i rapporti fondamentali tra l'uno e gli altri. Gli interessi di classe della
borghesia suscitano inevitabilmente la tendenza a costringere i sindacati
nel quadro di una attività minuta e meschina sul terreno del regime
esistente, a distoglierli da ogni legame col socialismo, e la teoria della
neutralità è il paludamento ideologico di questa tendenza borghese. In
una società capitalistica i revisionisti riusciranno sempre, in un modo o
nell'altro, a farsi strada in seno ai partiti socialdemocratici.
Agli inizi del movimento operaio politico e sindacale in Europa si
poteva naturalmente propugnare la neutralità dei sindacati come mezzo
per estendere la base iniziale della lotta proletaria, in un'epoca in cui
questa era relativamente poco sviluppata e mancava, e la borghesia non
esercitava un’azione sistematica sui sindacati. Attualmente, dal punto
di vista della socialdemocrazia internazionale, è ormai assolutamente
inopportuno propugnare la neutralità dei sindacati. Non si può che
sorridere leggendo quel che scrive Plekhanov, il quale assicura che
« Marx sarebbe anche oggi, in Germania, per la neutralità dei sindacati »,
specialmente quando un simile argomento poggia su una interpretazione
unilaterale di una sola « citazione » di Marx e ignora tutto rinsieme del-
le dichiarazioni di Marx e tutto lo spirito della sua dottrina.
NEUTRALITÀ’ DEI SINDACATI
441
« Io sono per la neutralità nel senso in cui la intende Bebel, e non
come la intendono i revisionisti », scrive Plekhanov. Parlare cosi signi-
fica invocare Bebel e, facendolo, scivolare tuttavia nella palude. Non
c'è che dire, Bebel è un'autorità cosi grande nel movimento interna-
zionale del proletariato, è un capo pratico cosi sperimentato, un socia-
lista cosi sensibile alle esigenze della lotta rivoluzionaria che nel novan-
tanove per cento dei casi è riuscito a trarsi fuori da sé dalla palude,
quando gli è capitato di sdrucciolare, e ne ha tratto fuori coloro che
volevano seguirlo. Bebel si sbagliò e quando, a Breslavia (nel 1895),
difese assieme a Vollmar il programma agrario dei revisionisti, e quando
insistette (a Essen) sulla differenza di principio tra la guerra difensiva
e offensiva, e quando era pronto a elevare a principio la « neutralità »
dei sindacati. Crediamo volentieri che, se Plekhanov scivolerà nella
palude soltanto insieme a Bebel, la cosa gli capiterà raramente e non
per molto tempo. Ma pensiamo altresì che non si debba imitare Bebel
quando egli sbaglia.
Si dice — e Plekhanov insiste particolarmente su ciò — che la
neutralità è necessaria per unire tutti gli operai che giungono all'idea
che è necessario migliorare la loro situazione materiale. Ma coloro che
10 dicono dimenticano che l’attuale grado di sviluppo degli antagonismi
di classe fa si che inevitabilmente e immancabilmente le « divergenze
politiche » si fanno sentire persino quando si tratta di decidere come si
debba ottenere questo miglioramento nell’ambito dell'odierna società.
La teoria della neutralità dei sindacati, a differenza della teoria della
necessità di un loro stretto legame con la socialdemocrazia rivoluzionaria,
porta immancabilmente a preferire, per ottenere questo miglioramento,
quei mezzi che segnano un aftievolimento della lotta di classe del
proletariato. Un esempio evidente (connesso appunto alla valutazione
di uno degli episodi più interessanti del recentissimo movimento operaio)
ci viene dato dallo siesso fascicolo del Sùvremenni Mir nel quale
Plekhanov difende la neutralità. Accanto a Plekhanov scorgiamo qui
11 signor E.P., che esalta il noto capo dei ferrovieri inglesi Richard Bell,
il quale ha posto termine con un compromesso al conflitto degli operai
coi direttori delle compagnie. Egli dichiara che Bell è « l'anima di tutto
il movimento dei ferrovieri ». « Non c'è alcun dubbio — scrive il
signor E.P. — che, grazie alla sua tattica calma, meditata e coerente,
Bell si è conquistata l'incondizionata fiducia dell'associazione del dipem
442
LENIN
denti delle ferrovie, i cui membri sono pronti, senza esitare, a seguirlo
dovunque » (p. 75, n. 12 del Sovremenni Mir). Tale punto di vista non
è casuale, ma è connesso, in sostanza, con la neutralità, che pone in
primo piano Punione degli operai per il piiglioramento della loro situa-
zione, e non Punione per una lotta che può essere utile alla causa del-
l’emancipazione del proletariato.
Ma questo punto di vista non corrisponde minimamente alle con-
cezioni dei socialisti inglesi, che senza dubbio si stupirebbero molto
sapendo che gli esaltatori di Bell scrivono, senza incontrare obiezioni,
sulla stessa rivista su cui scrivono menscevichi in vista come Plekhanov,
Iordanski e soci.
Nell’editoriale del 16 novembre il giornale socialdemocratico in-
glese Justice , a proposito delPaccordo di Bell con le compagnie ferro-
viarie, scriveva; « Siamo completamente d'accordo con la condanna,
quasi generale, dei tradunionisti, di questo cosiddetto trattato di pace...»
« esso distrugge completamente la stessa ragion d’essere della Trade-
Union... ». « Questo assurdo accordo... non può impegnare gli operai,
ed essi faranno bene se lo respingeranno ». E nel numero successivo,
quello del 23 novembre, Burnett, in un articolo su questo accordo inti-
tolato Di nuovo traditi /, scriveva: « Tre settimane fa l’Associazione uni-
ficata dei dipendenti delle ferrovie era una delle più potenti Trade-
Unions dell’Inghilterra; oggi essa è ridotta al livello di una società di
mutuo soccórso ». « E questo cambiamento è avvenuto non perché i
ferrovieri abbiano lottato e subito una sconfitta, ma perché i loro capi,
intenzionalmente o per ottusità, li hanno venduti ai capitalisti prima
della lotta ». E la redazione del giornale aggiunge che una lettera ana-
loga le è stata inviata da « un operaio salariato della compagnia ferro-
viaria del Midland ».
Ma forse i socialdemocratici « troppo rivoluzionari » « si son
lasciati prendere la mano »? No. L’organo di un partito moderato, il
« Partito operaio indipendente » ( ILP ) che non vuole nemmeno chia-
marsi socialista, il Labour Leader , ha pubblicato il 15 novembre la
lettera di un ferroviere della Trade-Union che, in risposta agli elogi
prodigati a Bell da tutta la stampa capitalistica (dal radicale Reynolds
Newspapers al conservatore Times) , dichiara che l’accordo da lui stipu-
lato è « il piu spregevole che si sia mai avuto nella storia del tradunio-
nismo » e chiama Richard Bell « il maresciallo Bazaine del movimento
neutralità' dei sindacati
443
tradunionista ». Inoltre un altro ferroviere chiede di « invitare Bell a
discolparsi » per quel malaugurato accordo, che « ha condannato gli
operai a sette anni di galera ». E nelPeditoriale dello stesso numero la
redazione di quest’organo moderato definisce l’accordo « la Sedan del
movimento tradunionista britannico ». « Mai c’era stata un’occasione
cosi favorevole per mostrare su scala nazionale la forza del lavoro orga-
nizzato »; tra gli operai regnavano un « entusiasmo mai visto » e il desi-
derio di lottare. L’articolo termina con un caustico confronto tra la
miseria degli operai e il trionfo « del signor Lloyd George [il ministro
che ha assolto la funzione di servo dei capitalisti] e del signor Bell, che
preparano banchetti ».
Solo gli opportunisti estremi, i fabiani, organizzazione di soli intel-
lettuali, hanno approvato quell’accordo, provocando un rossore di ver-
gogna persino nella rivista The New Age> simpatizzante per i fabiani,
la quale è stata costretta a riconoscere che, se il borghese-conservatore
Times aveva ripreso integralmente la relativa dichiarazione del Comi-
tato centrale dei fabiani, in compenso, tranne questi signori, « nessuna
organizzazione socialista, nessuna Trade-Union, nessun esponente in
vista degli operai » (p. 101, numero del 7 dicembre) si era pronunciata
in favore dell’ accordo.
‘Eccovi un esempio di applicazione della neutralità da parte di un
collaboratore di Plekhanov, il signor E.P. La questione riguardava non
le « divergenze politiche », ma il miglioramento della situazione degli
operai nella società attuale. Per un « miglioramento » a prezzo della
rinuncia alla lotta e della resa a discrezione al capitale si sono pronun-
ciati tutta la borghesia dellTnghilterra, i fabiani e il signor E.P., per la
lotta collettiva degli operai tutti i socialisti e gli operai delle Trade-
Unions. Continuerà ora Plekhanov a predicare la « neutralità » e non
lo stretto avvicinamento tra i sindacati e il partito socialista?
Proletari, n. 22,
(3 marzo) 19 febbraio 1908.
L'INCIDENTE OCCORSO AL RE DEL PORTOGALLO
La stampa borghese, persino della tendenza più liberale e più
« democratica », non può fare a meno di sfoderare una morale centonera
parlando dell'uccisione delTawenturiero portoghese.
Ecco, per esempio, l'inviato speciale di uno dei migliori giornali
democratici borghesi d'Europa, la Gazzetta di Francoforte. Egli comin-
cia il suo racconto con una comunicazione semischerzosa; dice che uno
stuolo di corrispondenti si è precipitato — come su una preda — a
Lisbona subito dopo aver ricevuto la sensazionale notizia. Son venuto
a trovarmi — scrive questo signore — nella stessa camera di un
noto giornalista inglese che ha cominciato a vantarsi della propria espe-
rienza. Per tale motivo, anzi, egli era già stato a Belgrado e può consi-
derarsi un « inviato spedale per i casi di regicidio ».
...Si, l'incidente occorso al re del Portogallo è davvero un « infor-
tunio professionale » dei re.
Non c'è da stupirsi che ci possano essere dei corrispondenti profes-
sionali che descrivono le «disavventure» professionali delle loro maestà...
Ma, per quanto possa essere forte, in tali corrispondenti, l'elemento
sensazionale a buon mercato e volgare, la verità riesce talvolta a farsi
ugualmente strada. « Un negoziante che abita nel piu animato quar-
tiere commerciale » ha raccontato al corrispondente della Gazzetta di
Francoforte quanto segue: « Non appena venuto a conoscenza del
fatto, ho esposto la bandiera a lutto. Molto presto, tuttavia, sono comin-
ciati a giungere compratori e conoscenti, chiedendomi se non fossi
impazzito, se non mi fossi proposto di rovinare le mie amicizie. Chiesi
loro come fosse possibile che nessuno provasse un sentimento di pietà.
Voi non crederete, caro signore, quali risposte ho ricevuto! E cosi
ho ritirato la bandiera a lutto ».
445
l’incidente Al re del Portogallo
Riportando questo racconto, il corrispondente liberale argomenta:
«Un popolo per sua natura tanto bonario e gentile come il portoghese
deve essere passato per una cattiva scuola prima di aver imparato a odiare cosi
spietatamente persino un morto. E se questa è la verità — ed è indubbiamente
la verità, e tacendola traviserei la verità storica — , se non solo simili mute
manifestazioni esprimono il loro giudizio sulle vittime coronate, se ad ogni passo
potete udire, e per di più da "‘persone dellordine”, parole ingiuriose all’indirizzo
dell’ucciso, è naturale che sorga il desiderio di studiare il raro concatenamento di
circostanze che rende a tal segno anormale la mentalità del popolo. Poiché un
popolo che non riconosce alla morte nemmeno l’antico sacro diritto di riscattare
tutte le colpe terrene, o un tale popolo dev’essere già moralmente degenerato, op*
pur devono esservi condizioni che determinano un immenso sentimento di odio
che offusca la chiara nozione di un equo giudizio».
Ah, signori ipocriti liberali! Perché non proclamate aborti morali
quei dotti e quegli scrittori francesi che a tutt oggi odiano e ingiuriano
rabbiosamente non solo gli uomini della Comune del 1871, ma persino
quelli del 1793? non solo i combattenti della rivoluzione proletaria, ma
persino quelli della rivoluzione borghese? Non Io fate perché per i servi
« democratici » della borghesia attuale è « normale » e « morale » la
« bonaria » sopportazione da parte del popolo di qualsiasi arbitrio, turpi-
tudine e atrocità commessi dagli avventurieri coronati.
Altrimenti (cioè non grazie a condizioni eccezionali) — continua
il corrispondente — « non si potrebbe capire questo strano fenomeno:
già oggi un giornale monarchico parla delle vittime innocenti avutesi
tra il popolo quasi con un sentimento piu profondo di dolore che non
del re, e già ora vediamo con tutta chiarezza come comincino a sorgere
leggende che circondano di un’aureola di gloria gli uccisori. Mentre in
quasi tutti gli attentati i partiti politici si affrettano a rinnegare gli
uccisori i repubblicani portoghesi si gloriano apertamente del fatto che
dalle loro file siano usciti “i martiri e gli eroi del 1° febbraio”... ».
Il democratico borghese ha spinto il suo zelo al tal punto da esser
pronto a dichiarare che il rispetto dei cittadini portoghesi per coloro
che si sono sacrificati per eliminare un re che si faceva beffe della
Costituzione è una « leggenda rivoluzionaria ».
Il corrispondente di un altro giornale borghese, il Corriere della
Sera di Milano, ci parla della ferocia della censura portoghese dopo il
regicidio. I telegrammi non vengono inoltrati. I ministri e i re non
brillano per quella « bonarietà » che tanto piace agli onesti .borghesi
nelle masse popolari! A la guerre camme à la guerre , argomentano
446
LENIN
giustamente gli avventurieri portoghesi insediatisi al posto del re ucciso.
Le difficoltà delle comunicazioni si fanno sentire non meno che in
guerra. Bisogna inoltrare le corrispondenze per vie traverse, dapprima
per posta a Parigi (magari a un qualche indirizzo privato), e di là poi
trasmetterle a Milano. « Nemmeno in Russia — scrive il corrispondente
il 7 febbraio — , durante i periodi piu acuti della rivoluzione, la censura
ha mai tanto infierito come oggi in Portogallo ».
« Alcuni giornali repubblicani — comunica questo corrispondente
il 9 febbraio, nuovo calendario — scrivono oggi [il* giorno dei funerali
del re] con un linguaggio tale che io non mi sento assolutamente di
ripetere nel telegramma. » Nella corrispondenza dell’8 febbraio, giunta
a destinazione dopo la precedente, si cita un giudizio del giornale Pays
sulla procedura per i funerali:
« Si trasportano le spoglie mortali dei due sovrani, inutili resti di una
monarchia in decomposizione, che si è retta sul tradimento e sui privilegi e che
ha macchiato coi suoi delitti due secoli della nostra storia ».
« Naturalmente si tratta di un giornale repubblicano — aggiunge
il corrispondente — , ma non è forse un fatto significativo che Y articolo
contenente tali frasi sia apparso il giorno dei funerali del re? ».
Per parte nostra aggiungeremo soltanto che possiamo rammari-
carci di una sola cosa: che il movimento repubblicano in Portogallo
non abbia fatto giustizia di tutti gli avventurieri in maniera sufficien-
temente risoluta e aperta. Ci rammarichiamo che in ciò che è acca-
duto al re del Portogallo si scorga ancora chiaramente un elemento
di congiura, cioè di un terrore impotente, sostanzialmente incapace di
raggiungere lo scopo, mentre è debole quel terrore autentico, di tutto
il popolo, che rinnova veramente un paese e per cui si rese celebre la
grande rivoluzione francese. È possibile che il movimento repubblicano
del Portogallo raggiunga un punto ancor piu alto. La simpatia del prole-
tariato socialista sarà sempre dalla parte dei repubblicani contro la
monarchia. Ma finora in quel paese si è riusciti soltanto a spaventare
la monarchia con Tuccisione dei due sovrani, e non a distruggere la
stessa monarchia.
I socialisti di tutti i parlamenti europei hanno espresso, chi come
ha saputo e chi come ha potuto, la propria simpatia per il popolo e per
i repubblicani portoghesi, la loro avversione per le classi dirigenti, i
cui rappresentanti hanno condannato l’uccisione dell’ avventuriero e
L’INCIDENTE AL RE del PORTOGALLO
447
hanno espresso la loro simpatia ai suoi successori. Alcuni socialisti
hanno dichiarato apertamente nei parlamenti il loro modo di vedere,
altri hanno abbandonato l’aula durante le dichiarazioni di simpatia per
la monarchia « infortunata ». Vandervelde, nel parlamento belga, ha
scelto una via « di mezzo » — la peggiore — , stillando la frase che egli
onora « tutti i morti », cioè dunque, sia il re che i suoi uccisori. Spe-
riamo che Vandervelde resterà solo tra i socialisti di tutto il mondo.
La tradizione repubblicana si è fortemente indebolita tra i socia-
listi d’Europa. Ciò è comprensibile e in parte può essere giustificato,
e precisamente perché l’approssimarsi della rivoluzione socialista fa sce-
mare l’importanza pratica della lotta per la repubblica borghese. Ma
spesso l’attenuamento della propaganda repubblicana non indica che
viva è l’aspirazione alla piena vittoria del proletariato, ma che debole
è la coscienza degli obiettivi rivoluzionari del proletariato in generale.
Non a caso Engels, nel 1891, criticando il progetto di programma di
Erfurt, faceva notare con forza agli operai tedeschi l’importanza della
lotta per la repubblica, la possibilità che anche in Germania una tale
lotta si ponesse all’ordine del giorno 15 \
Da noi in Russia la lotta per la repubblica ha un valore pratico
immediato. Soltanto i piu meschini opportunisti piccolo-borghesi del
genere dei socialisti popolari e del « socialdemocratico » Maliscevski
(su di lui cfr. Proletari , n. 7) potevano trarre dall’esperienza della rivo-
luzione russa la conclusione che la lotta per la repubblica passa in Russia
in secondo piano. Al contrario, proprio l’esperienza della nostra rivolu-
zione ha dimostrato che la lotta per la distruzione della monarchia è
indissolubilmente legata, in Russia, alla lotta per la terra ai contadini,
per la liberta a tutto il popolo. Proprio l’esperienza della nostra contro-
rivoluzione ha dimostrato che una lotta per la libertà che non intacchi la
monarchia non è lotta, ma pusillanimità e fiacchezza piccolo-borghese
o aperto inganno del popolo da parte dei carrieristi del parlamentarismo
borghese.
Proletari , n. 22,
(3 marzo) 19 febbraio 1908.
GLI INSEGNAMENTI DELLA COMUNE 155
Dopo il colpo di Stato che aveva troncato la rivoluzione del 1848,
la Francia era caduta per diciotto anni sotto il giogo del regime napo-
leonico. Questo regime aveva condotto il paese non solo alla rovina
economica, ma anche all’umiliazione nazionale. Il proletariato, insorto
contro il vecchio regime, si addossò due compiti, l’uno nazionale e
l’altro di classe: la liberazione della Francia dall'invasione della Ger-
mania e l’emancipazione socialista degli operai dal capitalismo. L’unione
dei due compiti è il tratto piu originale della Comune.
La borghesia aveva costituito allora un « governo di difesa nazio-
nale », e il proletariato doveva lottare per Findipendenza nazionale
sotto la sua direzione. In realtà quello era un governo del « tradimento
nazionale », che vedeva la propria missione nella lotta contro il prole-
tariato parigino. Ma il proletariato, accecato dalle illusioni patriottiche,
non se ne accorgeva. L’idea patriottica risale alla Grande rivoluzione del
XVIII secolo; essa dominò le menti dei socialisti della Comune, e Blan-
qui, per esempio, che fu indubbiamente un rivoluzionario e un ardente
fautore del socialismo, non trovò per il suo giornale un titolo più appro-
priato del grido borghese, La patria è in pericolo !
Nell’unione di compiti contraddittori — patriottismo e socialismo
— consistette il fatale errore dei socialisti francesi. Già nel Manifesto
dellTnternazionale, nel settembre 1870, Marx aveva messo in guardia
il proletariato francese dal lasciarsi sviare dalla falsa idea nazionale lfl0 :
profonde trasformazioni si sono compiute dopo la Grande rivoluzione,
gli antagonismi di classe si sono inaspriti, e se allora la lotta contro la
reazione di tutta l’Europa uni tutta la nazione rivoluzionaria, oggi il
proletariato rivoluzionario non può più unire i propri interessi a quelli
delle altre classi, ad esso ostili; ricada sulla borghesia la responsabilità
GLI INSEGNAMENTI DELLA COMUNE
449
delTumiliazione nazionale: compito del proletariato è di lottare per
l' emancipazione socialista del lavoro dal giogo della borghesia.
Ed effettivamente il vero sostrato del « patriottismo » borghese
,non tardò a manifestarsi. Conclusa una pace vergognosa coi prussiani,
il governo versagliese si accinse ad adempiere il suo compito immediato
e intraprese un'incursione contro il temibile armamento del profeta 1
riato di Parigi. Gli operai risposero con la proclamazione della Comune
e con la guerra civile.
Benché il proletariato socialista fosse diviso in molte sètte, la
Comune fu un brillante esempio dell unanimità con cui il proletariato
sa assolvere i compiti democratici che la borghesia ha saputo soltanto
enunciare. Conquistato il potere, il proletariato, senza nessuna compli-
cata legislazione speciale, semplicemente, attuò di fatto la democratiz-
zazione del regime sociale, soppresse la burocrazia, istituì Pelettività
dei funzionari da parte del popolo.
Ma due errori distrussero i frutti della brillante vittoria. Il prole-
tariato si fermò a mezza strada: invece di procedere all'« espropriazione
degli espropria tori », si lasciò sedurre dai sogni dell'instaurazione di
una giustizia superiore in un paese unito da un compito nazionale; non
ci s'impadrom, per esempio, di istituzioni come la banca; le teorie dei
proudhoniani sul « giusto scambio » ecc. dominavano ancora tra i
socialisti. Il secondo errore fu l'eccessiva magnanimità del proletariato;
avrebbe dovuto sterminare i suoi nemici, e si sforzò invece di agire
moralmente su di essi, trascurò l'importanza delle azioni prettamente
militari nella guerra civile e, invece di coronare la propria vittoria a
Parigi con un’offensiva decisiva contro Versailles, temporeggiò e diede
tempo al governo versagliese di raccogliere le forze reazionarie e di
preparare la sanguinosa settimana di maggio.
Ma, con tutti i suoi errori, la Comune è il piu grande esempio del
più grandioso movimento proletario del XIX secolo. Marx apprezzò alta-
mente l'importanza storica della Comune: se, durante la proditoria in-
cursione della banda versagliese per impadronirsi delle armi del prole-
tariato di Parigi, gli operai se le fossero lasciate prendere senza combat-
tere, il significato negativo della demoralizzazione suscitata da una simile
debolezza del movimento proletario sarebbe stato di gran lunga più
grave del danno dovuto alle perdite che la classe operaia subì nella
battaglia per difendere le proprie armi 157 . Pet quanto grandi fossero
450
LENIN
stati i sacrifici della Comune, essi furono compensati dalla sua impor-
tanza per la lotta proletaria in generale: la Comune risvegliò il movi-
mento socialista in tutta PEuropa, mostrò la forza della guerra civile,
dissipò le illusioni patriottiche e distrusse la fede ingenua nelle aspira-
zioni nazionali della borghesia. La Comune insegnò al proletariato euro-
peo a stabilire concretamente gli obiettivi della rivoluzione socialista.
L’insegnamento che il proletariato ne ricevette non sarà dimenti-
cato. La classe operaia se ne avvarrà, come già se ne avvalse in Russia
nell’insurrezione di dicembre.
Il periodo che aveva preceduto la rivoluzione russa, che l’aveva
preparata, presenta una certa rassomiglianza col periodo del giogo na-
poleonico in Francia. Anche in Russia la cricca autocratica aveva con-
dotto il paese agli orrori della rovina economica e dell’umiliazione na-
zionale. Ma per lungo tempo la rivoluzione non era potuta scoppiare,
fino a che Io sviluppo sociale non aveva creato le condizioni per un mo-
vimento di massa, e, nonostante il loro eroismo, gli attacchi isolati
contro il governo nel periodo che precedette la rivoluzione si erano
infranti contro l’indifferenza delle masse popolari. Solo la socialdemo-
crazia, con un lavoro tenace e metodico, educò le masse alle forme di
lotta superiori: le azioni di massa e la guerra civile armata.
Essa aveva saputo eliminare nel giovane proletariato gli errori
« nazionali » e « patriottici », e dopo che, grazie al suo intervento di-
retto, si riuscì a strappare allo zar il manifesto del 17 ottobre, il pro-
letariato passò a un’energica preparazione all’inevitabile tappa succes-
siva della rivoluzione: l’insurrezione armata. Libero dalle illusioni « na-
zionali », esso concentrò le sue forze di classe nelle sue organizzazioni
di massa: i Soviet dei deputati degli operai e dei soldati, ecc. E nono-
stante che gli scopi e i compiti posti dalla rivoluzione nassa fossero
completamente differenti da quelli posti dalla rivoluzione francese del
1871, il proletariato russo dovette ricorrere allo stesso metodo di lotta
cui aveva dato vita la Comune di Parigi: la guerra civne. Ricordando
i suoi insegnamenti, esso sapeva di non dover trascurare i mezzi di
lotta pacifici — questi giovano ai suoi interessi quotidiani, correnti,
sono necessari nei periodi di preparazione delle rivoluzioni — , ma di
non dovere neanche mai dimenticare che, in determinate condizioni, la
lotta di classe sfocia in forme di lotta armata e di guerra civile; vi sono
momenti in cui gli interessi del proletariato esigono lo spietato ster-
GLI INSEGNAMENTI DELLA COMUNE
451
minio dei nemici in combattimenti aperti. Ciò fu dimostrato per la
prima volta dal proletariato francese nella Comune e brillantemente
confermato dal proletariato russo nell’insurrezione di dicembre.
Queste due grandiose insurrezioni della classe operaia sono state
represse: ebbene, ci sarà una nuova insurrezione, davanti alla quale le
forze dei nemici del proletariato risulteranno deboli, nella quale il pro-
letariato socialista riporterà una completa vittoria.
Zagranìcnaìa Gazieta, n. 2,
23 marzo 1908.
UNA DIMOSTRAZIONE PATRIOTTICA
SU ORDINAZIONE DELLA POLIZIA
La « grande giornata parlamentare » del 27 febbraio alla Duma
suscita un giudizio commovente e unanime dei nostri partiti borghesi.
Tutti sono contenti, tutti si rallegrano e si commuovono, dai centoneri
e dal Novoie Vremia ai cadetti e alla Stolicnaia Poeta , che « prima di
morire» ha. fatto in tempo a scrivere (numero del 28 febbraio);
« L’impressione generale [della seduta della Duma del 27 feb-
braio] è molto buona... ». « Per la prima volta nella vita sociale dello
Stato russo il governo informa apertamente il paese delle sue opinioni
sui problemi di politica estera... ».
Noi pure siamo pronti a riconoscere che la grande giornata par-
lamentare, se non « per la prima volta », ha perlomeno rivelato in mo-
do particolarmente evidente la profonda unità che esiste fra i centoneri»
il governo, i liberali e i « democratici » del tipo della Stolicnaia Poeta *
la loro unità sui problemi di fondo della « vita sociale dello Stato ».
E perciò ci sembra assolutamente necessario conoscere bene la posi-
zione assunta da tutti i partiti in questa giornata e a proposito di que-
sta giornata.
Il capo del partito governativo degli ottobristi è il signor Guc-
kov. Egli « prega i rappresentanti del governo » di chiarire il vero
stato di cose esistente in Estremo Oriente. Dall’alto della tribuna della
Duma egli spiega l’importanza dell'economia nelle spese; dare, per
esempio, airambasciatore a Tokio 50.000 rubli all’anno, invece di 60
mila. Noi riformiamo, pochi scherzi! Egli dice che « sulla stampa han-
no trovato posto » notizie allarmanti sulla politica in Estremo Oriente,
sulla minaccia di una guerra col Giappone. Che alla stampa russa è
stata messa la museruola, il capo dei capitalisti naturalmente non lo
dice: a che prò parlarne? Nel programma la libertà di stampa ci può
UNA. DIMOSTRAZIONE PATRIOTTICA
453
stare: ciò è necessario per un partito « europeo». Ma sarebbe ridicolo
aspettarsi dal signor Guckov, come pure dal signor Miliukov, una lotta
effettiva contro l'imbavagliamento della stampa e un’aperta denuncia
della ben nota venalità dei piu autorevoli organi di stampa russi. In
compenso, sul nesso esistente tra la politica interna e quella estera il
signor Guckov ha detto la verità, ossia ha spifferato il vero retroscena
della commedia recitata alla Duma il 27 febbraio.
« Il fatto — egli ha proclamato — che noi procediamo spedita-
mente sulla via della calma e della pacificazione deve indicare ai nostri
avversari che il tentativo [della Russia] di salvaguardare i propri inte-
ressi questa volta sarà pienamente coronato dal successo ». Centoneri
e ottobristi applaudono. Sfido io! Fin da principio, infatti, essi hanno
compreso benissimo che il nocciolo della questione dibattuta e di tutto
il solenne intervento del governo, nella persona del signor Izvolski,
consiste nel proclamare che la politica controrivoluzionaria dei nostri
Muraviov gli impiccatori 158 è un'opera per pacificare e calmare. Biso-
gna mostrare all’Europa e al mondo intero che davanti al « nemico
esterno » sta una « Russia unita », che pacifica e calma un pugno di
ribelli (comprendente a malapena un centinaio di milioni di contadini
e operai!) per assicurare il successo dei «tentativi di salvaguardare i
propri interessi ».
Si, il signor Guckov ha saputo dire ciò che da lui si voleva, ciò
che volevano i grandi proprietari fondiari e i capitalisti uniti.
II professor Kapustin, ottobrista « di sinistra », speranza dei ca-
detti, speme dei fautori della pace tra la « società » e il potere, ha se-
guito le orme di Guckov, insaporando la sua politica con l'ipocrisia
disgustosamente melliflua del liberale. « Voglia Dio che la gloria [del-
la Duma] si diffonda, che si risparmi il denaro del popolo ». Cinquan-
tamila rubli alPanno a un ambasciatore: non si ha forse un risparmio
di decine e decine di migliaia di rubli? Non è forse un « bell’esempio »
che « i nostri piu alti dignitari daranno, coscienti dell’importante e
grave momento che la Russia sta attraversando?.,. ». « Ci attendono ra-
dicali riforme nei piu diversi campi della vita del paese, e a questo
scopo sono necessari grandi mezzi ».
...Iuduscka Golovliov 159 è ancor ben lontano da questo parlamen-
tare! Alla tribuna della Duma un professore si estasia del bell’esempio
che i piu alti dignitari forniranno.,. Ma che vale parlare di un ottobri-
454
LENIN
sta, quando i liberali e i democratici borghesi non si sono scostati da
questa piaggeria?!
Passiamo al discorso del ministro degli affari esteri, signor Iz-
volski. A lui, naturalmente, occorreva solo ottenere un appiglio come
quello offertogli graziosamente da Kapustin. E il ministro si è dilun-
gato sulla necessità di ridurre le spese, o di rivedere gli organici, per
aiutare gli ambasciatori « privi di mezzi propri ». Izvolski sottolinea
ch’egli parla col consenso di Nicola II e decanta « la forza, l’intelli-
genza e il patriottismo del popolo russo », che « impegnerà tutte le sue
forze, sia materiali che spirituali, per assicurare alla Russia i suoi attua-
li possedimenti asiatici e per contribuire al loro multiforme sviluppo ».
Il ministro ha detto che la camarilla l’aveva incaricato di parlare.
La parola al capo delPopposizione, il signor Miliukov. Anch’egli dichia-
ra subito: « Il partito della libertà del popolo, tramite il suo gruppo
qui presente, ha ascoltato con profonda soddisfazione le parole del mi-
nistro degli affari esteri e si ritiene in dovere di salutare il primo di-
scorso da lui pronunciato davanti alla rappresentahza del paese per
chiarire i problemi inerenti alla politica estera russa. Non v’ha dubbio
che oggi... il governo russo ha bisogno... per i suoi obiettivi di appog-
giarsi sull’opinione pubblica russa ».
Proprio cosi, non v’ha dubbio alcuno. Il governo della controri-
voluzione deve necessariamente, per i suoi obiettivi, appoggiarsi su ciò
che all’estero si potrebbe prendere (o spacciare) per opinione pubblica
russa. Ciò è necessario soprattutto per ottenere un prestito, senza il
quale tutta la politica stolypiniana dello zarismo, che fa assegnamento
su lunghi anni di provvedimenti violenti, sistematici e massicci contro
il popolo, minaccia di fallire, di naufragare.
Il signor Miliukov ha centrato il vero significato della solenne
sortita dei signori Izvolski, Guckov e soci. Questa sortita era stata
ordinata dalla cricca centonera di Nicola II. Ogni minimo particolare
di questa dimostrazione patriottico-poliziesca era stato vagliato in an-
ticipo. Le marionette della Duma hanno recitato la commedia sotto la
regia della camarilla autocratica: senza l’appoggio della borghesia del-
l’Europa occidentale Nicola II non può reggersi. Bisogna costringere
tutta la borghesia della Russia, sia di destra che di sinistra, a espri-
mere solennemente la fiducia al governo, la fiducia nella sua « politica
UNA DIMOSTRAZIONE PATRIOTTICA
455
di pace », nella sna stabilità, nella sua intenzione e capacità di pacifi-
care e calmare. Ciò era necessario come la firma di avallo su una cam-
biale. A questo scopo è stato fatto agire l'uomo più « caro » ai ca-
detti, il signor Izvolski; a questo scopo è stata commissionata tutta que-
sta sfrontata ipocrisia sul risparmio del denaro del popolo, sulle rifor-
me, sul « franco » discorso del governo per « chiarire » la politica
estera, benché sia chiaro a tutti che non si voleva chiarire e non si è
chiarito un bel nulla.
E Popposizione liberale ha eseguito docilmente la parte di mario-
netta nelle mani della monarchia poliziesco-centonera! Mentre la riso-
luta denuncia della verità da parte della minoranza borghese alla Duma
avrebbe avuto indubbiamente una grande funzione e impedito (o reso
più difficile) al governo di farsi imprestare miliardi per nuove spedi-
zioni punitive, forche, prigioni e nuove forze di polizia, il partito dei
cadetti « è caduto ai piedi » delPadorato sovrano e ha cercato di ingra-
ziarselo. Il signor Miliukov se Pè ingraziato esternando il proprio pa-
triottismo. Egli si è voluto far credere un esperto di politica estera
per il solo motivo di aver accolto in qualche anticamera informazioni su
Izvolski che lo dipingevano come un liberale. Il signor Miliukov ha
scientemente avallato la cambiale, « salutando » solennemente il mi-
nistro dello zar a nome di tutto il partito cadetto e sapendo benissimo
che il giorno dopo tutti i giornali europei, come su comando, avrebbero
detto: la Duma ha unanimemente espresso (tranne i socialdemocratici)
la propria fiducia al governo, ha approvato la sua politica estera...
In tre anni il liberalismo russo ha subito Pevoluzione che in Ger-
mania ha richiesto più di trentanni, e in Francia addirittura più di
cent'anni: Pevoluzione. da fautore della libertà a irresoluto e vile com-
plice dell'assolutismo. Dell'arme specifica di cui dispone la borghesia
nella lotta — la possibilità di premere sulla borsa, di rendere difficile
la riscossione di denaro, di compromettere i « sottili » ricorsi a nuovi
prestiti — , di quest'arme i cadetti si sarebbero potuti valere molte volte
nella rivoluzione russa. E ogni volta, sia nella primavera del 1906, sia
nella primavera di quest’anno, hanno ceduto essi stessi la loro arme al
nemico, leccando la mano agli organizzatori di pogrom e giurando loro
lealtà.
Il signor Struve si è tempestivamente preoccupato di porre alla
456
LENIN
base di questa prassi un saldo sostegno teorico. Nella Russkaia Mysl ,
che in realtà dovrebbe chiamarsi Cernosotennaia Mysl 160 , il signor
Struve già predica Tidea della « Grande Russia », l'idea del nazionali-
smo borghese, rimprovera l’« ostilità degli intellettuali verso lo Stato »
e si batte per la mille e unesima volta contro il « rivoluzionarismo
russo », il « marxismo », l’« apostasia », la « lotta di classe », il « ba-
nale radicalismo ».
Non possiamo che rallegrarci di questa evoluzione ideologica del
liberalismo russo. Poiché in realtà questo liberalismo è già stato nella
rivoluzione russa proprio come vuole renderlo sistematicamente, inte-
gralmente, intenzionalmente, « filosoficamente » il signor Struve. L’ela-
borazione di un'ideologia controrivoluzionaria coerente è ciò che ci
vuole, quando già esiste una classe che si è ormai pienamente formata
e che nei periodi piu importanti della vita del paese ha agito in ma-
niera controrivoluzionaria. Un’ideologia corrispondente alla situazione
di classe e alla politica di classe della borghesia aiuterà tutti ad elimi-
nare i residui di fiducia nel « democratismo » dei cadetti. Ed è utile
eliminarli. È anzi necessario perché, sia possibile progredire nella lotta
veramente di massa per la democratizzazione della Russia. Il signor
Struve vuole un liberalismo apertamente controrivoluzionario. Noi pure
lo vogliamo, poiché la « franchezza » del liberalismo illuminerà nel mi-
gliore dei modi sia la popolazione contadina democratica che il prole-
tariato socialista.
Tornando alla seduta della Duma del 27 febbraio, bisogna dire
che l’unica onesta e fiera parola da democratico è stata detta da un
socialdemocratico. Il deputato Ckheidze è salito alla tribuna, ha dicbia-.
rato che il gruppo socialdemocratico avrebbe votato contro il progetto
di legge, e ha cominciato ad esporre i motivi del voto. Ma subito dopo
le sue prime parole: « La nostra diplomazia in Occidente è sempre
stata un baluardo della reazione e degli interessi... », il presidente ha
tappato la bocca al deputato operaio. « Il regolamento consente di
esporre i motivi di un voto », hanno borbottato i cadetti. « Oltre ai
motivi ha valore anche la forma ^>, ha risposto il bandito che si chiama
presidente della III Duma.
Dal suo punto di vista egli aveva ragione; che c’entrava il regola-
UNA DIMOSTRAZIONE PATRIOTTICA
457
mento quando la posta in giuoco era quella di attuare in maniera com-
patta una dimostrazione patriottica su ordinazione della polizia?
Il deputato operaio è restato isolato su questa questione. Tanto
maggiore è il suo merito. Il proletariato deve mostrare e mostrerà di
saper difendere i precetti della rivoluzione democratica,' nonostante tutti
i tradimenti del liberalismo e le incertezze della piccola borghesia.
proletari, n. 25,
(25) 12 marzo 1908.
I LIBERALI INGANNANO IL POPOLO
AH’ultimo congresso del Partito operaio socialdemocratico russo*
quello di Londra, venne discussa la questione dell’atteggiamento verso
i partiti borghesi e venne votata una risoluzione al riguardo. Partico-
lari discussioni suscitò, poi, al congresso il punto di questa risoluzione
in cui si parla àéXYinganno del popolo da parte dei liberali 161 . Ai social-
democratici delibala destra del nostro partito questo punto era sem-
brato estremamente sbagliato. Essi dichiararono persino che non era
da marxisti parlare in una risoluzione dell’« inganno » del popolo da
parte dei liberali, cioè spiegare che se determinati strati della popola-
zione aderiscono a un partito (nel nostro caso il cadetto) ciò non è
dovuto agli interessi economici di quegli stessi strati, ma ai metodi
« immorali » della politica di questo o quel gruppo di parlamentari,
avvocati, giornalisti, ecc.
In realtà, dietro questi speciosi motivi, abbigliati in speciosi palu-
damenti pseudomarxisti, si celava una politica di indebolimento della
coscienza di classe del proletariato e di subordinazione (di fatto) di
quest’ultimo alla borghesia liberale. Poiché questi signori, con la loro
politica di civetterie e di transazioni col governo, con gli ottobristi, col
« potere storico » dell’autocrazia zarista, non difendono in modo piu
o meno serio ma tradiscono gli interessi della piccola borghesia demo-
cratica che segue i cadetti.
Un materiale straordinariamente interessante per lumeggiare con
nuovi fatti questo problema — uno dei problemi fondamentali della
tattica socialdemocratica in tutti i paesi capitalistici — ci è fornito dal-
l'odierna lotta per il suffragio universale al Lanutag (dieta) prussiano.
I liberali ingannano il popolo
459
La socialdemocrazia tedesca ha levato in alto la bandiera di questa
lotta. Il proletariato di Berlino, e poi anche quello di tutte le grandi
città della Germania, è sceso nelle strade, ha organizzato grandiose di-
mostrazioni di decine di migliaia di persone, ha dato l’avvio ad un vasto
movimento di massa che già ora, già al suo stesso inizio ha indotto i
poteri costituzionali a ricorrere ad azioni violente, a impiegare le forze
armate, a massacrare le masse inermi. La lotta genera la lotta! A que-
ste violenze hanno risposto fieramente e arditamente i capi del prole-
tariato rivoluzionario. Ma qui è affiorata la questione dell’atteggia-
mento verso la borghesia democratica (e liberale) nella lotta per il di-
ritto di voto. E i dibattiti tra i socialdemocratici rivoluzionari tedeschi
e gli opportunisti (i revisionisti, come li chiamano in Germania) su que-
sto problema assomigliano straordinariamente alle nostre discussioni
sul tema dell’inganno del popolo da parte dei liberali.
L’organo centrale del Partito operaio socialdemocratico tedesco,
il Vorwarts , ha pubblicato un editoriale il cui contenuto e pensiero
fondamentali sono chiaramente espressi nel suo titolo: La lotta per il
diritto di voto è lotta di classe! Come c’era da aspettarsi, quest’arti-
colo, benché non facesse che esporre in forma positiva verità socialde-
mocratiche universalmente note, è stato accolto dagli opportunisti co-
me una sfida. Il guanto è stato raccolto. Il compagno Sudekum, noto
militante nelle schiere del socialismo municipale, è sceso risolutamente
in campo contro questa « tattica da settari »-, contro P« isolamento del
proletariato », contro l’« appoggio dei socialdemocratici ai centoneri »
(ai reazionari, dicono meno aspramente i tedeschi). Poiché anche per
l’opportunista tedesco parlare della lotta di classe quando si tratta di
una causa comune al proletariato e ai liberali vuol dire appoggiare i
centoneri! « L’istituzione del suffragio universale in Prussia, al posto
dell’attuale suffragio in base alle tre classi, è cosa che non riguarda
una sola classe, quale essa sia », ha scritto Sudekum, E ha rilevato che
la cosa riguardava « la popolazione urbana contro gli agrari, la demo-
crazia contro la burocrazia, la popolazione contadina contro i grandi
proprietari fondiari, la Prussia occidentale contro quella orientale »
(cioè la parte del paese in generale piu progredita dal punto di vista
industriale e capitalistico contro la parte economicamente arretrata),
« Si tratta ora di unire su questo punto tutti gli amici della riforma,
quali che siano le altre questioni che li dividono ».
460
LENIN
Il lettore vede che tutti questi sono argomenti arcinoti, che Pah-
bigliamento è anche qui ortodosso, rigorosamente « marxista », poiché
si giunge persino a richiamare l’attenzione sulla situazione economica
e sugli interessi di determinati elementi della democrazia borghese
( « democrazia urbana », popolazione contadina, ecc. ) . E non è forse nem-
meno necessario aggiungere che la stampa borghese liberale tedesca
batte sistematicamente, e ormai da decenni, su questo tasto, accusando
la socialdemocrazia di settarismo, di appoggio ai centoneri, di incapa-
cità di isolare la reazione.
Ma con quali argomenti i socialdemocratici rivoluzionari tedeschi
hanno confutato questi ragionamenti? Ne enumereremo i principali,
perché i lettori — giudicando le cose tedesche « dall’esterno », « sen-
za collera e passione » — possano vedere se qui prevalgono i richiami
alle condizioni particolari di luogo e di tempo, oppure quelli ai principi
generali del marxismo.
Si, i nostri liberi pensatori « chiedono » nei loro programmi il
suffragio universale, diceva il Vorwàrts. Si, essi si sono messi ora, con
zelo particolare, a pronunciare discorsi retorici su questo argomento.
Ma lottano essi per la riforma? Non vediamo forse, al contrario, che
il movimento veramente popolare, le dimostrazioni di strada, la vasta
agitazione tra le masse, il fermento delle masse suscitano in loro una
mal dissimulata paura, Tavversione e, nei casi migliori e piu rari, l’in-
differenza.
Bisogna distinguére i programmi dei partiti borghesi, i discorsi
dei carrieristi liberali ai banchetti e al parlamento, dalla loro effettiva
partecipazione all’effettiva lotta popolare. A parole tutti i politicanti
borghesi, in tutti i paesi parlamentari, hanno sempre difeso a spada
tratta la democrazia, tradendola nello stesso tempo.
Si, « in seno al partito liberale (dei liberi pensatori) e al centro
ri sono, senza dubbio , degli elementi interessati al suffragio universale
e uguale », diceva il Vorwàrts. Ma i partiti borghesi non sono guidati
da questi elementi, non sono guidati dai piccoli artigiani, dai semipro-
letari, dai. contadini semirovinati. Sono questi elementi che seguono i
borghesi liberali, i quali si sforzano di allontanarli dalla lotta, conclu-
dendo alle loro spalle compromessi con la reazione, corrompendo la
loro coscienza di classe senza difendere effettivamente i loro interessi.
I LIBERALI INGANNANO IL POPOLO
461
Per attirare tali elementi alla lotta per il suffragio universale bi-
sogna risvegliare in loro la coscienza di classe, allontanarli dagli in-
stabili partiti borghesi. «In seno al partito liberale (dei liberi pensa-
tori) essi, questi elementi interessati al suffragio universale, costitui-
scono una minoranza impotente, che viene continuamente pasciuta di
promesse e sempre e ancora ingannata. L’energia politica di questi ele-
menti è completamente paralizzata. E se si possono effettivamente co-
stringere i liberi pensatori o il centro a far concessioni alla democrazia
con la minaccia di toglier loro i voti di questi elettori, è appunto la
lotta di classe, che indebolisce i partiti borghesi, Tunico mezzo per
spingere a sinistra l’irresoluta borghesia ».
Poiché i fatti politici hanno da tempo dimostrato che per i liberi
pensatori la reazione è meno invisa della socialdemocrazia. « Dobbiamo
perciò non soltanto stigmatizzare con spietata durezza tutte le pecche di
tutti i partiti borghesi, ma spiegare, inoltre, che tutti i loro tradimenti
sul diritto di voto sono il risultato inevitabile del carattere di classe
di questi partiti ».
Se non oggi, domani i socialdemocratici russi dovranno di nuovo,
come è avvenuto piu di una volta nel corso della rivoluzione, porsi la
questione: i nostri cadetti sono veramente capaci di « lottare » per le
rivendicazioni democratiche avanzate nel loro programma, o essi le
avanzano solo per tradire i piccoli borghesi e i contadini che seguono i
liberali, consegnandoli agli ottobristi? Non farà quindi male a certi
membri del nostro partito riflettere agli argomenti del Vorivarts .
P. S. Il presente articolo era già stato composto quando abbiamo let-
to, nel n. 52 della Riec (del 1° marzo), l’articolo del signor K.D., cor-
rispondente berlinese di quel giornale, Crisi del liberalismo tedesco.
L’autore tratta della polemica del Vorwàrts contro Sùdekum col tono
e coi procedimenti abituali dei nostri falsificatori liberali. All’autore
non viene nemmeno in mente di esporre gli argomenti delFuna e del-
l’altra parte, di riportare citazioni precise. Egli dichiara semplicemente:
« L’ufficiale V or warts copre di contumelie l’eretico e, in un editoriale
estremamente poco appetitoso per il tono impertinente e provocatorio,
lo accusa di ignoranza, di inammissibile dimenticanza dei dogmi di
partito », Lasciamo giudicare al lettore se sembrerà « appetitosa » allo
462
LENIN
stesso Sudekum una simiJe difesa dà parte dei cadetti. Ma è ormai la
sorte dei revisionisti di qualsiasi paese: avere l’energico appoggio e il
commosso « riconoscimento » dei loro sforzi da parte della borghesia.
Alleanza dei Sudekum coi signori Struve: difficilmente si potrebbe
escogitare qualcosa di piu « appetitoso » a conferma della giustezza del-
la nostra posizione.
Proletari, n. 25,
(25) 12 marzo 1908.
COME IL LIBERALISMO INTERNAZIONALE GIUDICA MARX
Un eroe di Turgheniev rimaneggiò in questo modo i versi u un
grande poeta tedesco;
Wer den Feind tvill versteh'n,
Muss tm Feindes Lande geh’n,
cioè: « Chi vuol conoscere il proprio nemico deve andare nel paese di
questo nemico », conoscere direttamente le sue abitudini, i suoi costu-
mi, i suoi modi di ragionare e di agire.
E ai marxisti non farà male dare un’occhiata all’atteggiamento che
hanno avuto, celebrando il venticinquesimo anniversario della morte di
Marx, gli organi politici piu autorevoli dei vari paesi, e specialmente i
giornali borghesi liberali e « democratici », che alla possibilità di in-
fluire su grandi masse di lettori uniscono il diritto di parlare a. nome
della scienza ufficiale, burocratica, titolata, professorale.
Cominceremo la nostra rassegna dalle Russkie Viedomosti. Si
tratta del giornale professorale piu tranquillo (e piu noioso), piu scien-
tifico (e più lontano dalla viva realtà). Nel suo articoletto in occasione
del venticinquesimo anniversario della morte di Karl Marx (n. 51, 1°
marzo) predomina il tono arido, asciutto, P«obiettività», come ciò viene
chiamato nel linguaggio degli «ordinari» e degli «incaricati»... Fatti
e fatterelli; ecco a che cosa si sforza di limitarsi l’autore dell’articolo.
E, come storico spassionato, egli è pronto a riconoscere a Marx ciò
che gli è dovuto, perlomeno quanto al passato, ormai morto, del quale
si può parlare come di ciò che non è più. Le Russkie Viedomosti ri-
conoscono in Marx una « personalità eccezionale », e un « grande »
uomo « di scienza », e un « eminente dirigente del proletariato », un
organizzatore delle masse. Ma questo riconoscimento riguarda il pas-
464
LENIN
sato: oggi, — dice il giornale, — « sono effettivamente necessarie nuo-
ve vie », cioè nuove vie del movimento operaio e del socialismo, dissimili
dal « vecchio marxismo ». Quali siano precisamente queste nuove vie è
cosa di cui il giornale non parla direttamente: è un tema troppo vivo
per dei professori e un soggetto troppo « scabroso » per dei virtuosi
nell’arte di « tacere con tatto ». Ma le allusioni che si fanno sono chiare:
«Molte delle sue [di Marx] costruzioni sono state demolite dall’analisi
scientifica e dalla spietata critica degli eventi. Tra i dotti sono quasi
assenti i seguaci che -siano fedeli a tutto il suo sistema; la creatura spiri-
tuale di Marx — la socialdemocrazia tedesca — si è scostata abbastanza
fortemente dalla via rivoluzionaria che venne tracciata dai fondatori del
socialismo tedesco ». Lo vedete: poco ci manca perché Fautore esprima
chiaramente il suo desiderio di correggere Marx alla maniera dei revi-
sionisti.
Un altro giornale autorevole, la RJec , organo di un partito politico
che suona il primo violino nel concerto del liberalismo russo, dà un
giudizio assai piu vivo di Marx. L’orientamento, beninteso, è lo stesso
delle Russkie Viedomosti , ma in questo giornale abbiamo visto la pre-
fazione a un libro serio, mentre qui si tratta di -parole d’ordine po-
litiche che orientano direttamente tutta una serie di interventi dalla
tribuna parlamentare, accompagnati dalla valutazione di tutti i fatti del
giorno, di tutte le questioni di attualità. L’articolo Karl Marx e la Rus-
sia (n. 53, 2 marzo) è scritto dal noto transfuga signor Izgoiev, esem-
pio di quegli intellettuali russi che a 25-30 anni « marxisteggiano », a
35-40 liberaleggiano e in seguito centonereggiano.
Il signor Izgoiev passò dai socialdemocratici al liberali (come
egli stesso dichiarò e come dichiarò parlando di lui il grande maestro
dell’apostasia signor Struve) proprio quando, dopo i primi sbalorditivi
successi della rivoluzione, cominciava il duro periodo della lunga e
ostinata lotta contro la controrivoluzione che prendeva piede. E il si-
gnor Izgoiev è altamente tipico sotto questo rapporto. Egli spiega e
fa vedere ottimamente a chi tornano utili le smancerie professorali nel
valutare Marx, per chi lavora questa « scienza » titolata. « Il tattico po-
liticante — tuona Izgoiev parlando di Marx — ostacolò fortemen-
te il grande scienziato e lo indusse a commettere piu di un errore ».
L’errore fondamentale, naturalmente, fu quello di portare alla luce,
oltre il « marxismo evoluzionistico », giusto, ragionevole, condiviso
COME IL LIBERALISMO INTERNAZIONALE GIUDICA MARX
465
dalla «maggioranza» (dalla maggioranza dei filistei?), un marxismo
rivoluzionario malefico, non scientifico, fantastico e « adulterato dalla
broda populista ». Ciò che particolarmente indigna il nostro liberale è
la funzione di questo marxismo nella rivoluzione russa. Pensate un
po’: si è giunti a parlare della dittatura del proletariato per attuare la
stessa « rivoluzione borghese », o addirittura di « una dittatura, asso-
lutamente fantastica sulla bocca di marxisti, del proletariato e dei con-
tadini ». « Non c’è da stupirsi che il marxismo rivoluzionario, nella
forma in cui è stato fatto proprio dai bolscevichi di tutte le tinte in
Russia, abbia fatto fiasco ». « ... Occorre pensare al consolidamento di
una comune Costituzione ■‘borghese” » (virgolette ironiche del signor
Izgoiev).
Eccovi un ottobrata, completamente preparato ideologicamente e
maturo politicamente, del tutto convinto che abbiano fatto fiasco il
marxismo e la tattica rivoluzionaria, e non la tattica cadetta dei com-
promessi, degli inganni e dei tradimenti!
Proseguiamo. Dalla- stampa russa passeremo a quella tedesca, che
agisce in un’atmosfera di libertà, faccia a faccia con un partito sociali-
sta legale, che esprime le proprie idee in decine di organi quotidiani.
Uno dei giornali borghesi piu ricchi, piu diffusi, piu « democratici »
della Germania, la Frankfurter Zeitung , dedica un lungo editoriale al
venticinquesimo anniversario della morte di- Marx (n. 76, 16 marzo,
nuovo calendario, Abendblatt ). I « democratici » tedeschi prendono su-
bito il toro per le corna. « È ovvio — ci dicono — che in questo gior-
no la stampa socialdemocratica abbia onorato in numerosissimi articoli
il suo maestro. Ma persino un influente giornale nazional-liberale ha
riconosciuto, sia pure con le consuete riserve, che Marx fu un grande
uomo. Si, certo, egli fu grande, ma un grande corruttore ».
Il giornale, nel quale viene presentato il fior fiore di quella varietà
del centonerismo ideologico che si chiama liberalismo europeo, spiega
che non mette in alcun modo in dubbio la probità personale di Marx.
Ma le sue teorie hanno arrecato un danno incalcolabile. Introducendo
il concetto di determinismo nel campo dei fenomeni sociali, negando il
valore della morale e il carattere relativo, convenzionale delle nostre
conoscenze, Marx fondò un’utopia antiscientifica e un’autentica « chie-
sa » dei suoi dogmatici seguaci. Ma la sua principale idea nociva è la
lotta di classe. Qui sta tutto il male! Marx prese sul serio l’antico ada-
466
LENIN
gio delle two nations , delle due nazioni in seno a ciascuna delle na-
zioni civili, la nazione degli « sfruttatori » e la nazione degli « sfrut-
tati » (queste espressioni non scientifiche vengono messe dal giornale
tra virgolette di un’ironia micidiale). Marx dimenticò la semplice verità,
evidente di per se stessa, chiara, comprensibile per tutte le persone sa-
ne, che nella vita sociale « lo scopo non è la lotta, ma raccordo ». Marx
« spezzò il popolo in parti, giacché inculcava col martello nella testa
dei suoi uomini che non c’è niente in comune tra essi e gli altri uo-
mini, che questi sono i loro nemici mortali ».
« Che cosa può esservi di piu naturale — chiede il giornale — del fatto che
la socialdemocrazia, la quale in molte rivendicazioni pratiche concorda con molti
uomini della borghesia, cerchi di avvicinarsi a loro? Ma non vi riesce, grazie ap-
punto alla teoria marxista. La socialdemocrazia si è essa stessa condannata àll’iso-
lamento. Per un certo tempo si è potuto pensare che sarebbe sopravvenuta una
svolta di principio sotto questo rapporto. Ciò avvenne allorché i revisionisti co-
minciarono la loro campagna. Ma risultò che si trattava di un errore, e la dif-
ferenza tra i revisionisti e noi sta, tra l’altro, nel fatto che noi 'abbiamo compreso
questo errore ed essi no. I revisionisti pensavano e pensano tuttora che sia in
qualche modo possibile attenersi a Marx e tuttavia diventare un partito di altro
tipo. Vana speranza. Marx bisogna o inghiottirlo per intero, o respingerlo del
tutto, e non è assolutamente possibile cavarsela con una via di mezzo... ».
Giusto, signori liberali! Capita talvolta anche a voi di dire invo-
lontariamente la verità!
« ...Finché la socialdemocrazia onorerà Marx, non si libererà dall’idea della
lotta di classe e da tutte le altre cose che rendono tanto difficile il compito di
convivere con essa... Il mondo degli studiosi è d’accordo neH’affermare che delle
teorie economico-politiche del marxismo nemmeno una è risultata giusta... ».
Proprio cosi. Avete espresso benissimo, signori, la sostanza della
scienza borghese, del liberalismo borghese e di tutta la sua politica.
Avete compreso che Marx non lo si può inghiottire a pezzetti. I signo-
ri Izgoiev e i liberali russi non l’hanno ancora compreso. Presto lo
comprenderanno anche loro.
Ed ecco, per concludere, il Journal des Débats , organo conserva-
tore di una repubblica borghese. Nel numero del 15 marzo questo gior-
nale scrive, a proposito di questo anniversario, che i socialisti, questi
« egualitari selvaggi », predicano il culto dei loro grandi uomini, che il
piu gran male delle dqttrine di Marx, il quale « detestava la borghe-
sia », è la teoria della lotta delle classi . « Egli predicava alle classi ope-
raie non conflitti temporanei accompagnati da armistizi, ma la guerra
COME IL LIBERALISMO INTERNAZIONALE GIUDICA MARX
467
santa, una guerra di sterminio, espropriatrice, la guerra pei: la terra
promessa del collettivismo... mostruosa utopia... ».
Scrivono bene i giornali borghesi quando qualcosa li tocca vera»
mente nel vivo. E la vita diventa piu allegra quando si vede come si
costituisce e si consolida l’unità ideologica dei nemici liberali del pro-
letariato in tutto il mondo, poiché questa unità è uno dei pegni della
unione dei milioni e milioni di uomini che costituiscono il proletariato
intemazionale, che si conquisterà ad ogni costo la sua terra promessa.
Proletari , n. 25,
125) 12 marzo 1908.
NOTE
1 II IV Congresso dei delegati dell l Unione dei maestri di tutta la Russia
si tenne in Finlandia dal 19 al 24 giugno 1907. Ad esso parteciparono 82 delegati
che rappresentavano piu di 2.000 maestri.
2 II 3 (16) giugno 1907 il governo zarista sciolse la II Duma e modificò la
legge elettorale. La nuova legge aumentava notevolmente la rappresentanza dei
grandi proprietari fondiari e della borghesia industriale e commerciale, riduceva
radicalmerfte il già esiguo numero dei rappresentanti contadini e operai, privava del
diritto di voto gran parte della popolazione della Russia asiatica e dimezzava la
rappresentanza della Polonia e del Caucaso. Nella III Duma, che si riunì per la
prima volta nel novembre 1907, prevalevano perciò i deputati cadetti e centoneri
(cfr. note 10 e 17).
8 Organismo consultivo che nel 1905 il governo zarista aveva promesso di
convocare. Il progetto di legge sulla sua costituzione e il regolamento per le
elezioni erano stati elaborati da una commissione presieduta dal ministro degli
interni Bulyghin e vennero pubblicati insieme al manifesto dello zar il 6 (19)
agosto 19.05. I bolscevichi proclamarono il boicottaggio attivo della Duma di
Bulyghin, e il governo non riuscì a convocarla perché venne spazzata via dalla
rivoluzione.
4 La posizione di Plekhanov sul boicottaggio della Duma di Bulyghin era già
stata esaminata da Lenin nel suo articolo La situazione attuale della Russia e la
tattica del partito operaio (cfr., nella presente edizione, voi. 10, pp. 100*106).
5 La Duma di Wìtte, prima Duma, venne convocata il 27 aprile (10 maggio)
1906 in base al regolamento elaborato dal presidente del consiglio dei ministri
S. Iu Witte. L’8 (21) giugno 1906 essa venne sciolta dal governo dello zar.
6 Duomo chiuso in un astuccio c il titolo di un racconto di Cechov, che ha
per protagonista un borghesuccio vile ed esageratamente cauto.
7 Cfr. Due proclami degli emigrati e II programma dei comunisti blanquisti
(Volksstaat, 1874, n. 73) in Engels, Internationale s aus dem «Volksstaat »,
Berlin, Dietz, 1957, S. 39*56).
B II IV Congresso (Congresso di unificazione) del POSDR si tenne a Stoc-
colma dal 10 al 25 aprile (23 apriIe-8 maggio) 190e>. Vi intervennero 112 delegati
con voto deliberativo, rappresentanti 57 organizzazioni locan, e 22 delegati con
,voto consultivo. Al congresso parteciparono inoltre rappresentanti dei partiti
socialdemocratici nazionali c precisamente: la socialdemocrazia di Polonia e Li-
tuania, il Bund (Unione generale operaia ebraica della Lituania, Polonia e Russia)
472
NOTE
e il Partito operaio socialdemocratico lettone inviarono tre rappresentanti cia-
scuno, quello ucraino e finlandese uno. Il CC eletto dal congresso risultò com-
posto di tre bolscevichi e sette menscevichi, mentre nella redazione dell’organo
centrale vennero eletti solo rappresentanti menscevichi. Per l’analisi dei lavori
del congresso cfr. l’opuscolo di Lenin Relazione sul Congresso di unificazione
del POSDR (nella presente edizione, voi. 10, pp. 303-363).
9 Dubasov era il generale governatore di Mosca che represse l’insurrezione
armata di dicembre e Stolypin il presidente del consiglio dei ministri.
10 Cadetti. « partito costituzionale democratico » (K.D.: pr. cade), princi-
pale partito borghese in Russia, attorno al quale si raccoglieva la borghesia
liberale monarchica, costituitosi nell’ottobre 1905. Autodefinendosi partito della
« libertà del popolo », i cadetti cercavano di attrarre dalla loro parte la massa
contadina.
1 1 Nel foglio del CC , «Lettera alle organizzazioni del partito», n. 1, il CC
del POSDR, pur non chiamando a un’azione immediata, invitava le organizzazioni
del partito « a sostenere e sviluppare sino in fondo i movimenti di massa che
si stavano iniziando e, là dove esistevano i motivi che consentivano di contare
su un appoggio attivo e risoluto di larghe masse, ad assumere l’iniziativa del
movimento, informandone al tempo stesso il CC ».
12 Cfr. la lettera a Kugelmann del 3 marzo 1869, in Karl Marx, Lettere a
Kugelmann , Roma, Edizioni Rinascita, 1950, p. 94.
13 Ottobristi (Unione del 17 ottobre): partito controrivoluzionario della grande
borghesia industriale e commerciale e dei grandi proprietari fondiari che avevano
optato per la gestione capitalistica delle loro terre. Venne fondato nel novembre
1905. Pur accettando a parole il manifesto del 17 ottobre, in cui Io zar, spaventato
dalla rivoluzione, prometteva al popolo le « libertà civili » e la Costituzione, gli
ottobristi appoggiavano senza riserve la politica interna ed estera del governo
zarista. Capi degli ottobristi erano A. Guckov, grande industriale, e M. Rodzianko,
proprietario di immense tenute.
14 Da Molcialirt, personaggio servile, adulatore e carrierista della commedia
di Griboiedov L’ingegno, che guaio!
T5 Balalaikin, personaggio di un Idillio contemporaneo di Saltykov-Stcedrin,
tipo del liberale avventuriero, fatuo, chiacchierone e mentitore che pone i suoi
egoistici interessi al di sopra di ogni cosa.
lfi Cfr. Karl Marx-Friedrich Engels, Il partito e l’Internazionale , Roma,
Edizioni Rinascita, 1948, p. 155.
17 Centoneri, bande armate al servizio dello zarismo create durante la rivo-
luzione del 1905 dalla polizia e da organizzazioni monarchiche (Unione del
popolo russo, Unione dell’arcangelo S. Michele). Il termine equivale a « ultra-
reazionari ».
*• Cfr., nella presente edizione, voi. 9, pp. 163-170.
1D Cfr. nella presente edizione, voi. 11, pp. 124.131.
40 Da boievik (combattente), termine con cui si designavano quei rivolu-
zionari che, dopo la sconfitta della rivoluzione del 1905, continuavano a «com-
battere» compiendo attentati e atti terroristici.
31 II IH Congresso del POSDR si tenne a Londra dal 12 al 27 aprile
(25 aprile-10 maggio) 1905. Era stato preparato e convocato dai bolscevichi, sotto
la direzione di Lenin, per porre termine all'attività scissionistica svolta dai xnen-
NOTE
473
scevichi dopo il II Congresso. Vi parteciparono 24 delegati, rappresentanti venti
comitati bolscevichi che costituivano le più importanti organizzazioni del partito.
I menscevichi non vollero parteciparvi ed organizzarono contemporaneamente una
loro conferenza a Ginevra. Il congresso bolscevico e la conferenza menscevica
elaborarono la tattica e la piattaforma politica per l’imminente rivoluzione.
32 Partito del rinnovamento pacifico : partito che esprimeva gli interessi della
grande borghesia industriale e commerciale e dei grandi proprietari fondiari.
Venne fondato nel giugno 1906. Era formato da ex ottobristi di sinistra e ex
cadetti di destra. Il suo programma era molto vicino a quello iniziale degli
ottobristi. Nella III Duma i « rinnovatori pacifici » entrarono nel gruppo dei
progressisti.
23 La definizione del filisteo citata da Lenin è di Goethe (cfr. Zahme Xenien,
VII, 30, in Goethe 1 s Werke , Neue Ausgabe, Zweiter Band, Berlin, 1893, p. 393).
24 La Conferenza cittadina di Pietroburgo si tenne a Terioki (Finlandia)
1*8 e il 14 (21 e 27) luglio 1907. I verbali della conferenza sono andati perduti.
Alla sua prima seduta erano presenti 61 delegati con voto deliberativo e 21 con
voto consultivo. Essa approvò la linea di Lenin contraria al boicottaggio.
35 La III Conferenza del POSDR (seconda di tutta la Russia) si tenne a
Kotka (Finlandia) dal 21 al 23 luglio (3-3 agosto) 1907. Vi parteciparono 26 de-
legati, dei quali 9 erano bolscevichi, 5 menscevichi, 5 socialdemocratici polacchi,
3 bundisti e 2 socialdemocratici lettoni. Essa votò a maggioranza la risoluzione
di Lenin sulla partecipazione alle elezioni della terza Duma.
26 Alle elezioni della terza Duma coloro che si autodefinivano .« progressisti
senza partito» erano per lo piu rappresentanti della piccola borghesia urbana.
Nella III Duma essi costituivano l’ala sinistra, amorfa, degli ottobristi.
27 Si tratta del Novoie Vremia , organo di stampa monarchico-centonero, a cui
collaborava Burenin, libellista reazionario, noto per la sua mancanza di scrupoli
nella scelta dei metodi di lotta.
28 Trudovikì (cfr. glossario).
39 Consiglio della nobiltà unificata : organizzazione controrivoluzionaria dei
grandi proprietari fondiari che esercitava una notevole influenza sulla politica del
governo. All’epoca della ITI Duma un numero considerevole dei suoi membri
entrò a far parte del Consiglio di Stato e degli organismi centrali dirigenti delle
organizzazioni centonere.
30 Socialisti popolari: partito legale piccolo-borghese che si era costituito nel
1906 staccandosi dall’ala destra del partito socialista-rivoluzionario.
31 II Congresso internazionale socialista di Stoccarda (VII . Congresso della
II Internazionale) ebbe luogo dal 18 al 23 agosto 1907. I delegati russi erano 63,
37 dei quali rappresentavano il POSDR; gli altri 26 erano stati inviati dai
partiti socialdemocratici nazionali, dal Bund, dal partito socialista-rivoluzionario,
dai sindacati, ecc. Fra i rappresentanti bolscevichi vi erano Lenin, Lunaciarski
(Voinov), Litvinov; fra quelli menscevichi Plekhanov, Martov, Potresov (Starover),
Trotski.
82 Cfr. Karl Marx, Il capitale , I, 3, Roma, Edizioni Rinascita, 1932, p. 40.
33 Cfr. Prie} e und Auszuge aus Briefen von Job. Ph. Becker , Jos. Dietzgen,
Friedrich Engels, Karl Marx U.A. an FA. Sorge und Andere f Stuttgart, Verlag
von J.H.W. Dietz Nacnfolger, 1906, p. 220.
474
NOTE
34 li Congresso di Dresda del Partito socialdemocratico tedesco si tenne dal
13 al 20 ottobre 1903.
35 Citazione dell articolo di Kautsky Der Stuttgarten Kongress, pubblicato
nella Neue Zeit t anno XXV, 1906*1907, Band 2, n. 18.
38 Partito armeno di tendenze nazionalistiche.
37 Nel 1907 la casa editrice Zemo (Il germe) iniziò la pubblicazione di una
raccolta in tre volumi delle opere di Lenin, intitolata Dodici anni. Dei tre volumi
che si proponeva di pubblicare riuscì a far uscire solo il primo e la seconda parte
del secondo.
38 Cfr., nella presente edizione, voi. 1, pp. 341-523.
39 Cfr., nella presente edizione, voi. 2, pp. 315-337.
40 « Volontà del popolo »: associazione segreta populista che venne organizzata
nel 1879 per la lotta rivoluzionaria contro l’autocrazia zarista. Subito dopo l’ucci-
sione, da parte di suoi aderenti, dello zar Alessandro II (avvenuta il 1° [13] marzo
1881) i capi vennero arrestati ed essa cessò di esistere come gruppo rivolu-
zionario. « D/r/7/o del popolo », organizzazione illegale di intellettuali rivoluzionari
piccolo-borghesi fondata nel 1893 da ex membri della « Volontà del popolo »; nel
1894 venne distrutta dal governo zarista. La maggioranza dei suoi seguaci aderì
in seguito al partito socialista-rivoluzionario.
41 Cfr. nella presente edizione, voi. 5, pp. 23-67.
43 Ivi, pp. 319-490.
43 Bezzaglavtsy. gruppo cadetto di sinistra (Kuskova, Prokopovic e altri)
che nel 1906 aveva pubblicato a Pietroburgo la rivista Biez Zaglavia (Senza titolo).
Fautori dell’ala revisionista della socialdemocrazia dell’Europa occidentale, essi
si battevano contro l’idea di una politica di classe autonoma del proletariato.
44 Cfr., nella presente edizione, voi. 7, pp. 197-412.
45 Cfr., nella presente edizione, voi. 10, pp. 20-29.
46 Cfr., nella presente edizione, voi. 8, p. 222.
47 Cfr., nella presente edizione, voi. 6, p. 454.
48 Cfr. nel presente volume, pp. 231 -234.
49 Cfr., nella presente edizione, voi. 7, pp. 481-502.
50 Cfr., nella presente edizione, voi. 8, pp. 19-24.
51 Cfr., nella presente edizione, voi. 9, pp. 9*126.
s * L’idea della costituzione di un Comitato esecutivo dei gruppi di sinistra
alla Duma era stata avanzata dai bolscevichi allo scopo di assicurare una linea
classista autonoma dei deputati contadini per sottrarli all’influenza dei cadetti.
I menscevichi, invece, volevano creare un’« opposizione di tutta la nazione », vole-
vano cioè che i deputati degli operai e dei contadini appoggiassero Ì cadetti.
Dopo lo scioglimento della I Duma, nel luglio 1906, il Comitato esecutivo
delle sinistre si era di fatto organizzato intorno al gruppo socialdemocratico alla
Duma. Per iniziativa di questo comitato erano stati pubblicati due manifesti,
uno dei quali, Manifesto a tutta la popolazione contadina della Russia, era stato
firmato dall’Unione dei contadini di tutta la Russia, dal CG del POSDR, dal CC
del partito socialista-rivoluzionario, dall’Unione dei ferrovieri e da quella dei
maestri di tutta la Russia. I manifesti chiamavano il popolo alla lotta rivolu-
zionaria contro il governo e avanzavano la parola d'ordine della convocazione
dsU’Assemblea costituente.
NOTE
475
53 Cfr., nella presente edizione, voi. 10, pp. 189*262.
54 I « chiarimenti del Senato » erano stati dati a proposito degli articoli della
legge elettorale per le elezioni della II Duma. « Chiarendo » questi articoli il Senato
privava del voto singoli elettori o intere categorie della popolazione.
55 Cfr., K. Marx-F. Engels, Werke , Bd. 6, Berlin 1961, p. 138.
58 La III Duma, eletta in base alla legge reazionaria del 3 giugno 1907,
che assicurava la maggioranza ai grandi proprietari fondiari e alla grande borghesia,
iniziò la sua attività il 1. (14) novembre 1907. I suoi poteri decaddero il 13 set-
tembre 1912.
57 La nota di Lenin Un articolo di Plekhanov venne pubblicata come poscritto
della redazione del Proletari a un articolo di Mesckovski.
68 La Conferenza dell'organizzazione di Pietroburgo del POSDR si tenne
il 27 ottobre (9 novembre) 1907 a Terioki. Vi parteciparono 57 delegati con
voto deliberativo e 11 con voto consultivo. Lenin tenne due rapporti, uno sulla
tattica del gruppo socialdemocratico alla III Duma e l’altro sulla collaborazione
dei socialdemocratici alla stampa borghese. Sulla prima questione la conferenza
si pronunciò, con 37 voti contro 12, in favore della risoluzione presentata da Lenin.
Approvò poi la proposta dei bolscevichi suirinammissibilità della collaborazione dei
socialdemocratici alla stampa borghese; decise inoltre di attuare una giornata
di sciopero a Pietroburgo e nel governatorato in segno di protesta per il pro-
cesso intentato contro il gruppo socialdemocratico alla II Duma.
69 La tesi delle due maggioranze è posta da Lenin alla base di tutta la
successiva attività della Duma e dell’analisi dei rapporti di classe e viene da lui
contrapposta alla valutazione menscevica, che portava direttamente al Jiqui-
datorismo.
80 La IV Conferenza del POSDR (terza di tutta la Russia) si tenne dal
5 al 12 (18-25) novembre 1907 a Helsingfors. Vi parteciparono 27 delegati:
10 bolscevichi, 4 menscevichi, 5 socialdemocratici polacchi, 5 bundisti, 3 socialde-
mocratici lettoni. La Conferenza approvò la risoluzione bolscevica sulla tattica
del gruppo socialdemocratico alla III Duma, presentata a nome della Conferenza
dell’organizzazione di Pietroburgo e quella sull'inammissibilità della collaborazione
della socialdemocrazia alla stampa borghese.
Poiché il centro menscevico, all’insaputa del CC, aveva stretto rapporti
con i comitati locali, la conferenza indicò le misure da prendere per rafforzare
i legami tra il GC e le organizzazioni periferiche del partito.
61 L’articolo 87 della Costituzione russa attribuiva al governo la facoltà di
emanare leggi durante le vacanze della Duma, salvo a sottoporle alla sua appro-
vazione alla prima convocazione.
Ci si riferisce qui alle leggi agrarie emanate da Stolypin negli anni 1906
e 1907 sul diritto dei contadini di uscire dall 'obstcina e sullassegnazione in pro-
prietà dei nadiel , sulla vendita di una parte delle terre dell’appannaggio e di
quelle demaniali attraverso la Banca contadina, a cui venne successivamente
data l’autorizzazione di concedere mutui ai contadini contro ipoteca sui nadiel.
82 Cfr. l’articolo di Franz Mehring Deutscher Liberalismi und russische
Duma, Die Neue Zeit, 1906-1907, voi. I, n. 23.
83 Cfr. Marx-Engels, Manifesto del partito comunista , Roma, Edizioni Rina-
scita, 1953, pp. 140-144.
64 Cfr., nella presente edizione, voi, 11, pp, 429-446,
476
NOTE
65 L’opuscolo di Lunàciarski non venne pubblicato. Lenin ne lesse il mano-
scritto. II titolo di questo scritto è dell’Istituto Marx-Engcls-Lenin.
66 II Congresso di Mannheim del Partito socialdemocratico tedesco sì tenne
dal 23 al 29 settembre 1906.
67 Personaggio del romanzo di Gogol Le anime morie , che impersona il tipo
dello sfrontato, chiassoso, ubriacone e mentitore.
88 Cfr., nella presente edizione, voi. 9, p. 57, nota.
69 L’intera opera La questione agraria e i « critici di Marx » venne scritta
tra il 1901 e il 1907. Per i primi nove capitoli cfr., nella presente edizione, voi. 5,
pp. 89-202.
70 Cfr. Franz Bensing, Der Einfluss der landwirtschaftlichen Mascbinen auf
Wolks- und Privatwirtschaft , Breslau, 1897.
71 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, p. 116.
72 Ivi, pp. 172-173.
73 Ivi, p. 194.
74 Ivi, pp. 140-147.
7& Cfr, Karl Marx, Miseria della filosofia , Roma, Edizioni Rinascita, 1949,
p. 52.
76 Cfr., nella presente edizione, voi. 1, nota 67.
77 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp. 155-156.
79 Ivi, p. 195.
79 Ivi, pp. 188-190.
86 Ivi, pp. 92-93.
8 > Ivi, pp. 99-102.
82 Cfr., Il capitale, ed. cit., Ili, 3, p. 148.
83 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp. 172-183.
84 Ivi, p. 151.
95 Cfr., Il capitale , ed. cit., Ili, 3, p. 223.
86 Cfr., nella presente edizione, voi. 4, pp. 343-344.
87 Territorio sulla costa del Mar Nero e del Mar d’Azov compreso ora in
parte nella Repubblica, socialista sovietica della Moldavia, in parte nella RSFSR
e in parte nella Repubblica socialista sovietica deinJcraina.
18 Cfr., nella presente edizione, voi. 3, pp. 348-349, 566-567 e sgg.
89 Gurko, sottosegretario agli interni, nel 1906 fu coinvolto nelle malversa-
zioni e speculazioni compiute durante la fornitura di grano ai governatorati colpiti
dalla carestia. Il fornitore era lo speculatore Lidval .
90 Cfr., nella presente edizione, voi. 3, pp. 177-242.
91 Ivi, p. 249.
92 Ivi, p. 568.
93 Cfr., nella presente edizione, voi. 10, pp. 161-166.
94 Cfr., nella presente edizione, voi. 4, nota 62.
95 Cfr., nella presente edizione, voi. 10, pp. 163-164.
86 Untone contadina di tutta la Russia : organizzazione democratica rivolu-
zionaria sorta nel 1905. Nel suo l e II Congresso, tenutisi a Mosca nell'agosto
NOTE
477
e nel novembre di quell’anno, ne vennero elaborati il programma e la tattica.
L’Unione contadina rivendicava la libertà politica e l’immediata convocazione
dell’Assemblea costituente e appoggiò la tattica del boicottaggio della I Duma.
Il suo programma agrario conteneva l’abolizione della proprietà privata della
terra e la cessione ai contadini, senza riscatto, delle terre dei monasteri, dell’ap-
pannaggio e dello Stato, Pur rivendicando l’abolizione della grande proprietà
fondiaria, acconsentiva a concedere un parziale indennizzo ai grandi proprietari.
Fin dai primi passi della sua attività fu sottoposta a repressioni e verso la fine
del 1906 si sciolse.
97 Cfr., nella presente edizione, voi. 10, pp. 173-174.
98 Nome dato nei documenti ufficiali del governo zarista all’Ucraina.
99 Cfr. K. Marx, Tbeorien ùber den Mebrwert , 2. Teil, Berlin, Dietz
Verlag, 1939.
109 Cfr., Il capitale , ed. cit., Ili, 3, p. 10.
101 La legislazione degli Stati Uniti d'America sugli « homesteads » risale
alla seconda metà del secolo XIX. In base alla legge del 1862 ogni cittadino degli
USA aveva il diritto di ricevere dallo Stato, gratuitamente o contro un pagamento
molto esiguo, un appezzamento che poteva raggiungere i 160 acri (64 ettari). Dopo
cinque anni l’appezzamento passava in proprietà del possessore.
102 Cfr., nella presente edizione, voi. 8, pp. 292-298.
303 Contadini della donazione : contadini già servi che, al tempo della riforma,
del 1861, ricevettero gratuitamente dal signore un lotto ( nadiel ) « da miserabili »,
pari appena a un quarto del cosiddetto nadiel «superiore» o «ufficiale», cioè
fissato dalla legge. Di tutta la patte restante s’impadronì il signore, che, anche
dopo l’abolizione della servitù della gleba, continuò a tenere in stato di asservi-
mento i propri contadini « della donazione ».
104 Contadini dello Stato con possesso « Cetvèrtnoie », detti anche sempli-
cemente « contadini cetvèrtnie »: categoria formata da ex • contadini dello Stato
discendenti da uomini d’arme di modesta condizione che nei secoli XV-XVII si
erano stabiliti nelle regioni periferiche dello Stato moscovita. Per il loro servizio
di guardia alla frontiera, questi coloni (cosacchi, soldati) ricevevano in godimento
temporaneo o ereditario appezzamenti di terra di un certo numero di ce tverti.
Nel corso del XIX secolo vennero a poco a poco equiparati giuridicamente ai
contadini. In base a un decreto del 1866 la terra da loro coltivata venne consi-
derata loro proprietà, trasmissibile ereditariamente ài membri maschi della
famiglia.
105 Contadini temporaneamente vincolati-, veniva cosi chiamata una parte
dei contadini già servi della gleba, i quali anche dopo l’abolizione della servitù,
erano tenuti a adempiere determinati obblighi ( obrok o bartscina) fino all’inizio
del riscatto del proprio nadiel . Appena conclusa la transazione che fissava Tentiti
di questo riscatto, cessavano di essere « temporaneamente vincolati » e passavano
alla categoria dei « contadini proprietari ».
106 Cfr., nella presente edizione,' voi. 3, pp. 379-380.
107 Cfr., Il capitale , ed. cit., Ili, 3, pp, 216-217.
108 Cfr., nella presente edizione, voi. 10, p. 172.
309 Ivi, PP- 329 e 359.
110 Lenin si riferisce qui alla discussione sulla questione agraria alla I Con-
ferenza del POSDR, tenutasi a Tammerfors (in Finlàndia) dal 12 al 17 (25-30)
478
NOTE
dicembre 1905. Il rapporto sulla questione agraria venne tenuto da Lenin. La
conferenza approvò una risoluzione in cui si affermava che era auspicabile che
nel programma agrario votato al II Congresso del POSDR venissero apportate
delle modificazioni, includendovi un punto sull’appoggio alle misure rivoluzio-
narie dei contadini, compresa la confisca di tutte le terre dello Stato, delle
chiese, dei monasteri, dell’appannaggio e dei proprietari privati (cfr., nella presente
edizione, voi. 10, p. 78).
111 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, p. 110.
112 Cfr., Il capitale , ed. cit. Ili, 3, pp. 46-140.
153 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp. 91-102.
114 Cfr., Il capitale , ed. cit,, III, 3, pp. 187-188.
115 Ivi, p. 188.
118 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp. 159*160.
117 Ivi, pp. 113-114.
116 Cfr., Il capitale , ed. cit, III, 3, pp. 218- 217 e 221.
119 Ivi, p. 223.
120 Industria del sudore : allusione all'espressione inglese « sweating System »,
sistema del sudore, con la quale si indica una forma particolarmente dura di
sfruttamento capitalistico mediante l'intensificazione del lavoro a cottimo in virtù
dell’intervento di vari intermediari. Cfr. Il capitale , ed. cit., I, 2, p, 272.
121 Cfr., Il capitale, ed. cit., Ili, 3, pp. 2H : 215 e 220-221.
122 Cfr., nella presente edizione, voi. 3, pp. 120-124.
123 Cfr., nella presente edizione, voi. 10, pp. 268-269.
124 Ivi, pp. 320-321.
125 Ivi, pp. 173-174.
126 Ivi, p. 178.
127 Lo scherzo di Plekhanov consiste in un intraducibile giuoco di parole
tra narodnoie ivorcestvo (spirito creativo del popolo) e natodovolstvo (populismo),
espressioni assonanti
128 La critica dei cognomi è riportata dalla critica, contenuta nel libro di
Cernyscevski Saggio sul periodo gogoliano della letteratura russa, alla polemica del
giornalista Semkovski <« Barone Brambeus ») contro le opere di Gogol, e in parti-
colare contro le Avventure di Cicicov o Anime morte. (Cfr. N.G. Cernyscevski,
Arte e realtà, Roma, Edizioni Rinascita, 1954, p. 265).
129 Cfr., nella presente edizione, voi. 10, p. 18?.
130 Ivi, pp. 325-326.
131 Ivi, pp. 268-269.
133 Cfr. la lettera di Engels a Sorge del 18 gennaio 1§93, in Briefe und
Auszu ge ecc., p, 390.
133 Cfr. F. Engels, La qvestione delle abitazioni, Roma, Edizioni Rina
scita, 1950, pp. 55-56.
134 I documenti regolamentari erano atti compilati dai signori al tempo del-
lemancipazione dei contadini in base alla riforma del 1861. In tali documenti
era indicata, per ciascun contadino, Vestensione della terra di cui fruiva prima
della riforma e venivano designate le terre che gli restavano. Vi sì enumeravano
NOTE
479
anche gli obblighi cui erano precedentemente tenuti i servi della gleba a vantaggio
deL loro signore. In ogni singolo documento veniva inoltre fissato l’ammontare
delle quote deL riscatto che il contadino doveva pagare.
135 I Riurikovic erano una dinastia di antichi principi medioevali, discendenti
dal principe di Kiev, Igor che la leggenda tramandata dalle cronache considera
figlio di Riurik (morto nelL’anno 879 d.C.).
138 I funzionari zaristi chiamavano « Repubblica di Alapaievsk », la volost
di Alapaievsk, nel distretto di Verkhoturie (governatorato di Perm), ove il socialista-
rivoluzionario G.I. Kabakov, deputato alla II Duma, era riuscito a organizzare
un’Unione contadina che contava circa 30.000 membri.
137 Produzione della « possessione »; produzione industriale delle cosiddette
« imprese della possessione » che vennero organizzate nei secoli XVIII e XIX ed
erano un tipo intermedio tra le imprese feudali e le imprese capitalistiche.
138 Narodowcy (nazionaldemocratici): partito nazionalista controrivoluzionario
della borghesia polacca che si costituì nel 1897. Nel periodo della rivoluzione del
1905-1907 i « narodowcy » divennero il principale partito della controrivoluzione,
il partito dei centoneri polacchi.
139 Le terre del vakuf erano terre di regioni a popolazioni musulmana che
non potevano essere vendute e le cui entrate erano messe a disposizione del-
l’erario o del clero. Il potere sovietico trasmise queste terre al fondo agrario
statale.
140 II conte A A. Arakceiev (1769-1834) era un onnipotente cortigiano degli
zar Paolo I e Alessandro I; la sua attività è legata al periodo di dura politica
reazionaria, fondata sulla repressione militare che segui la guerra contro Napoleone
del 1812.
141 Cfr., nella presente edizione, voi. 10, pp. 173-174.
142 Ivi, p. 174.
143 Personaggi dell’opera di Saltykov-Stcedrin V asilo Mon repos (1878-1879),
tipici rappresentanti della nascente borghesia russa, divenuti proverbiali per indi-
care la rapace voracità capitalistica.
144 Allusione aWInno del nuovissimo socialista russo , poesia satirica pubbli-
cata nel n. 1 della Zarià (aprile 1901) a firma « Narciso Tuporylov ». Ne era
autore Iu. O. Martòv.
145 Per i due opuscoli cfr. Lenin, La rivoluzione d’Ottobre, ‘Roma, Edizioni
Rinascita, 1956, pp. 37-48 e 49-76.
146 II 16 (29) aprile 1908 venne pubblicata nel 29 del Proletari una lettera
del CC del POSDR alle organizzazioni locali in merito alPattività dei deputati
socialdemocratici alla Duma.
147 Si tratta dell’opera Un passo avanti e due indietro , uscita a Ginevra
nel maggio 1904 (cfr., nella presente edizione, voi, 7, pp. 197-412).
148 Si tratta del libro Empiriomonìsmo (Mosca 1904).
149 Lo scritto Note di un marxista di base sulla filosofia non venne reperito.
150 Lenin aveva cominciato allora a scrivere l’opera Materialismo e empirio -
Criticismo (cfr., nella presente edizione, voi. 14).
151 II terzo redattore era I.F. Dubrovinski.
152 La risoluzione del CC del POSDR sui sindacati venne pubblicata nel
n. 21 del Proletari , del 13 (26) febbraio 1908. In essa si raccomandava ai membri
480
NOTE
del partito di organizzare gruppi di partito in seno ai sindacati e di lavorare in
tali gruppi sotto la direzione dei centri locali del partito. Nei casi in cui le perse-
cuzioni della polizia rendessero impossibile l’organizzazione o la ricostituzione dei
sindacati distrutti il CC suggeriva di organizzare cellule sindacali e sindacati
illegali.
153 II libro di D. Firsov (D. Rosenblum) e M. Iacobi (M. Hendelmann), Per
una revisione del programma agrario e della sua motivazione y usci a Mosca nel 1908,
ma venne subito confiscato e la sua recensione per il Proletari , promessa da
Lenin, non fu pubblicata.
154 Cfr. F. Engels, Zur Kritik des sozialdemokratischen Programmentwurfes
in Neue Zeit, anno XX, 1901-1902, Band I, n. 1, pp, 3-13.
155 Si tratta del resoconto di una relazione di Lenin. La redazione del gior-
nale che la pubblicò la fece precedere dalla seguente nota: « Il 18 marzo si è tenuto
a Ginevra un comizio internazionale dedicato a tre anniversari proletari: il
venticinquesimo anniversario della morte di Marx, il sessantesimo della rivolu-
zione del marzo 1849 e quello della Comune di. Parigi. A nome del POSDR
intervenne il compagno Lenin che parlò del significato della Comune ».
156 Cfr .,11 partito e l'Internazionale , ed. cit., p. 155.
15? p er giudizio sulla funzione storica della Comune come « precorritrice
della nuova società » cfr., nell’opera di Marx, La guerra civile in Francia , Y Indi-
rizzo del Consiglio generale dell’Associazione internazionale degli operai sulla
guerra civile in Francia nel 1871 e in particolare il suo terzo paragrafo [Il partito
e rinternazionale, ed. cit. p p. 174-190), nonché le due lettere di Marx a Kugelmann
del 12 e 17 aprile 1871 ( Lettere a Kugelmann , ed. cit. pp. 139-140 e 141-142),
158 Dal nome del conte MM Mmaviov f uomo politico russo vissuto dal
1796 al 1866. Nonostante le sue simpatie giovanili per i decabristi, la sua
azione politica fu delle piu reazionarie e retrive. Egli osteggiò accanitamente il
movimento che doveva portare alla riforma del 1861. Nel 1863, scoppiata un’in-
surrezione in Lituania, venne nominato governatore generale di Vilna e organizzò
la repressione del moto popolare con tale .spietata ferocia da meritarsi il so-
prannome di « impiccatore ».
159 Personaggio del romanzo di Saltykov-Stcedrin I signori Golovliov } pro-
totipo della piu abbietta ipocrisia.
160 Russkaia Mysl vuol dire « il pensiero russo » e Cernosotennaia mysl
« il pensiero dei centoneri ».
181 Cfr. nella presente edizione, voi. 2, p. 464.
CRONACA BIOGRAFICA
(giugno 1907 - marzo 1908)
1907
giugno , dopo il 22
(5 luglio)
25 giugno
(8 luglio)
26 giugno
(9 luglio)
giugno-luglio
8 e 14 (21 e 27)
luglio •
16 (29) luglio
21-23 luglio
(3-5 agosto)
Lenin scrive, per la raccolta La voce della vita , larticolo
In memoria del conte Heiden (Che cosa insegnano al
popolo i nostri « democratici » senza partito?).
Il GC del POSDR lo designa a rappresentare il partito
in seno airUffido internazionale socialista.
Finisce di scrivere larticolo Contro il boicottaggio (Dalle
note di un pubblicista socialdemocratico) , che viene pub-
blicato nella raccolta Sul boicottaggio della III Duma ,
uscito nell agosto successivo.
Si prende un periodo di riposo a Stirsudden (in Fin-
landia).
Prende parte ai lavori della Conferenza cittadina di
Pietroburgo, riunita a Terioki (Finlandia); vi tiene un
rapporto sulla questione della tteggi amento della socialde-
mocrazia verso la III Duma. La conferenza approva la
risoluzione di Lenin contro il boicottaggio della II Duma.
Le tesi del rapporto di Lenin vengono pubblicate in
volantino.
II CC del POSDR elegge Lenin a membro della dele-
gazione del partito al Congresso internazionale socialista
di Stoccarda.
Lenin prende parte ai lavori della III Conferenza del
POSDR (seconda di tutta la Russia), riunita a Kotka, in
Finlandia; vi tiene un rapporto sulla questione della
partecipazione alle elezioni per la III Duma. La Confe-
renza approva una risoluzione contro il boicottaggio delle
elezioni proposta da Lenin. Il progetto di risoluzione sul
Congresso nazionale dei sindacati presentato da Lenin
viene trasmesso al CC come materiale di lavoro.
484
cronaca biografica
luglio
p (14) agosto
5-10 (18-23) agosto
tra il 5 e il 10
(18-23) agosto
agosto
dopo FU (24)
22 agosto
(4 settembre)
tra il 31 agosto e
il 17 settembre
(13-20 settembre)
agosto
agosto-settembre
agosto-ottobre
agosto-dicembre
inizio di settembre
7 (20) settembre
settembre
Lenin prepara la seconda edizione del libro Lo sviluppo
del capitalismo in Russia, inserendovi aggiunte e scrivendo
una nuova prefazione»
In una lettera a Gorki, Lenin lo invita ad intervenire
ai lavori del Congresso internazionale socialista di Stoc-
carda, comunicandogli che il GC del POSDR gli ha ri-
servato una delega con voto consultivo.
Lenin prende parte ai lavori del Congresso di Stoccarda;
viene designato a far parte della commissione per la
stesura della risoluzione « Sul militarismo e sui conflitti
internazionali »»
Promuove e dirige un incontro tra i socialisti di sinistra
delegati al congresso di Stoccarda.
Ritorna da Stoccarda a Kuokkala (Finlandia).
Scrive, per la raccolta La voce della vita , Tarticolo Note
di un pubblicista , volto a difendere la tattica bolscevica
nei confronti della III Duma e dei vari partiti presenti
in quest’ultima.
Esce a Pietroburgo la raccolta La voce della vita , redatta
da Lenin e contenente i suoi articoli In memoria del
conte Heiden e Note di un pubblicista.
Il CC del POSDR designa Lenin a redattore capo del
Sotsial-Demokrat , organo centrale del partito.
-Lenin scrive due articoli con il titolo II Congresso in-
ternazionale socialista di Stoccarda , di cui uno, scritto in
stile popolare, per la pubblicazione bolscevica Calendario
per tutti per il 1908 , che uscirà nell’ottobre.
Redige la traduzione russa dei rapporti del Partito so-
cialdemocratico austriaco e del Partito socialista italiano
al Congresso internazionale socialista di Stoccarda.
Prepara la pubblicazione dell’opera Dodici anni 7 raccolta
in tre volumi dei suoi scritti.
Tiene alla Conferenza cittadina di Pietroburgo un rapporto
sul Congresso internazionale di Stoccarda.
Il CC del POSDR elegge Lenin nel collegio di reda-
zione del SotsialDemokrat e nella commissione direttiva
della redazione. Nella stessa seduta la carica di redattore
capo viene soppressa.
Lenin scrive la prefazione al I volume della raccolta
delle * sue opere Dodici anni.
CRONACA BIOGRAFICA
485
tra il 19 e
il 26 ottobre
(l*-8 novembre)
20 ottobre
(2 novembre)
27 ottobre
(9 novembre)
29 ottobre
(11 novembre)
novembre ■ non oltre
il? (18)
? (18) novembre
3-12 (18-2?)
novembre
novembre
autunno del 1907
tra il 16 e
il 23 novembre
(29 novembre-6
dicembre)
novembre (inizio di
dicembre)
novembre-dicembre
Esce a Pietroburgo la raccolta Zarnitsy, redatta da Lenin.
Gli articoli di Lenin Rivoluzione e controrivoluzione e ìl
Congresso internazionale socialista di Stoccarda vengono
pubblicati nel n. 17 del Proletari.
Lenin prende parte ai lavori della conferenza dell'orga-
nizzazione pietroburghese del POSDR, dove tiene i rap-
porti « Sulla terza Duma » e « Sulla collaborazione alla
stampa borghese».
La conferenza approva la risoluzione di Lenin «Sulla
terza Duma. ».
L’articolo di Lenin La terza Duma e la nota redazionale
Su un articolo di Plekbanov vengono pubblicati nel n. 18
del Proletari.
Lenin partecipa all’assemblea preparatoria dei bolscevichi
che prenderanno parte alla « IV Conferenza del POSDR ».
Gli articoli di Lenin Si prepara un'orgia ripugnante e Ma
i giudici chi sono}, nonché la Risoluzione sulla terza
Duma approvata dalla conferenza dell’organizzazione pie-
troburghese del POSDR, vengono pubblicati nel n. 19 del
Proletari.
Lenin prende parte ai lavori della IV Conferenza del
POSDR («III Conferenza generale »), riunita a Helsing-
fors, dove tiene il rapporto «Sulla tattica del gruppo. so-
cialdemocratico alla ILI Duma». La conferenza approva
la risoluzione presentata da Lenin su tale questione.
Scrive . la Prefazione alVopuscolo di Voinov (A.V. Lu -
naciarski) sull! atteggiamento del partito verso i sin-
dacati.
Scrive i capitoli X-XII dell’opera La questione agraria e
i « critici di Marx ».
Esce a Pietroburgo la raccolta delle opere di Lenin (VI.
Uin) Dodici anni.
La raccolta delle opere di Lenin Dodici anni viene con-
fiscata dalla polizia. Viene promossa un’azione per incri-
minare Lenin. Sfuggendo alla polizia, questi si rifugia da
Kuokkala in una piccola località presso Helsingfors.
Lenin lavora al libro II programma agrario della socialde-
mocrazia nella prima rivoluzione russa del 1903-1907.
486
CRONACA BIOGRAFICA
dicembre
22 dicembre
(4 gennaio 1908)
Si rifugia all’estero. Attendendo la Krupskaia, sosta qual-
che giorno a Stoccolma.
La Corte d’appello di Pietroburgo emette una sentenza
che ingiunge la distruzione del libro di Lenin Due tattiche
della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica.
22-24 dicembre Durante il viaggio che lo condurrà a Ginevra Lenin
4-6 gennaio 1908) sosta a Berlino, dove s’incontra con Rosa Luxemburg.
25 dicembre Giunge, assieme con la Krupskaia, a Ginevra. Ha inizio
(7 gennaio 1908) la seconda emigrazione di Lenin.
Dicembre 1907 * Lavora a preparare la pubblicazione del giornale Proletari
febbraio 1908 a Ginevra.
1908
tra VII e il 18
(24-31) gennaio
20 gennaio
(2 febbraio)
11 (24) febbraio
12 (25) febbraio
13 (26) febbraio
tra il 15 e il 20
febbraio (28 febbraio
4 marzo)
seconda metà
di febbraio
inizio di marzo)
19 febbraio
(3 marzo)
Esce a Pietroburgo la raccolta di articoli di Lenin (VI.
Ilin) La questione agraria, parte I.
Lenin si rivolge a Gorki pregandolo di inviare articoli
o estratti di nuove opere letterarie per i primi numeri
del Proletari che si stanno preparando all’estero.
Convoca una riunione della redazione del Proletari per
discutere una nota della Neue Zeit sui dissensi filosofici
all’interno del POSDR. In questa riunione viene appro-
vato all’unanimità il testo della dichiarazione redatta da
Lenin a nome della redazione del Proletari.
Viene sottolineata, in una lettera a Gorki, la necessità
di lottare inflessibilmente contro i machisti russi (Bog-
danov e altri).
Esce a Ginevra il n. 21 del Proletari , che contiene l’arti-
colo di Lenin Note politiche.
Esce a Pietroburgo la raccolta bolscevica La vita corrente ,
nella quale viene pubblicato — sotto il titolo 11 «paese
ideale » secondo gli avversari del marxismo nella questione
agraria — il XII capitolo del libro di Lenin La questione
agraria e i « critici di Marx ».
Esce il n. 1 del Sotsial-Demokrat , organo centrale del
POSDR, che contiene l’articolo di Lenin I dibattiti sul-
l'estensione dei diritti della Duma in fatto di bilancio.
Gli articoli di Lenin: La nuova politica agraria , La
neutralità dei sindacati e L’incidente occorso al re del
Portogallo , vengono pubblicati nel n. 22 del Proletari.
CRONACA BIOGRAFICA
487
tra il 27 febbraio e
il 6 Marzo
(11-9 marzo)
febbraio
5 (18) marzo
12 (25) marzo
Esce a Pietroburgo la seconda edizione ampliata dell’opera
di Lenin Lo sviluppo del capitalismo in Russia,
Lenin comincia a scrivere il libro Materialismo e empi-
riocriticismo.
A nome del POSDR, Lenin pronuncia un discorso sul
valore della Comune di Parigi a un comizio intemazionale
organizzato a Ginevra in occasione di tre anniversari:
il venticinquesimo anniversario della morte di Marx,
il sessantesimo della rivoluzione del 1848 e la ricorrenza
della proclamazione della Comune di Parigi.
Gli articoli di Lenin; Una dimostrazione patriottica su
ordinazione della polizia i I liberali ingannano il popolo e
Come il liberalismo internazionale giudica Marx , vengono
pubblicati nel n. 25 del Proletari.
INDICI
INDICE DEI GIORNALI E DELLE RIVISTE
Corriere della Sera, si pubblica a Milano dal 1876.
Dnicvnik Sotsial-Demokrata (Diario del socialdemocratico): organo di stampa non
periodico, edito a Ginevra da Plekhanov dal marzo 1905 aH‘aprile 1912. Ne
uscirono in tutto 16 numeri. La pubblicazione fu ripresa a Pieirogrado nel
1916, ma ne apparve un solo fascicolo.
Frankfurter Zeitung (La gazzetta di Francòfone): quotidiano borghese, organo dei
grandi speculatori di Borsa, che si pubblicò a Francoforte sul Meno dal 1856.
Gizn (La vita): rivista che si pubblicò a Pietroburgo e poi a Londra dal 1897
al 1902. Dal 1899 organo di stampa dei « marxisti legali ».
Gleickheit /Die/ (L’eguaglianza): rivista socialdemocratica, organo del movimento
femminile Operaio tedesco, che si pubblicò a Stoccarda dal 1890 al 1925.
Golos Moskvy (La voce di Mosca): organo di stampa del partito ottobrista che
si pubblicò dal 1906 al 1915.
Iskra (La scintilla): primo giornale marxista illegale, fondato da Lenin nel 1900.
Si pubblicò a Lipsia, poi a Monaco e in seguito (dall’aprile 1902) a Londra
e (dal novembre 1903) a Ginevra. Dal 1903 al 1905 fu in mano dei menscevichi.
hvestia Krestianskikb Deputatov (Notizie dei deputati contadini): giornale, organo
di stampa del gruppo del lavoro alla I Duma; si pubblicò a Pietroburgo nel
maggio 1906.
Journal des Débats politiques et littéraìres: giornale conservatore che si pubblicò
a Parigi dal 1789 al 1944.
Justice (La giustizia): giornale che si pubblicò a Londra dal 1884 al 1925. Dap-
prima organo centrale della federazione socialdemocratica, dal 1911 organo
del Partito socialista britannico.
Labour Leader /The/ (Il capo operaio): quotidiano, organo di stampa del Partito
operaio indipendente di Inghilterra fondato nel 1890. Si pubblicò a Man-
chester, Londra e si pubblica ancora oggi a Glasgow.
biascia Gazìeta (Il nostro giornale), giornale di orientamento semicadetto edito a
Pietroburgo dal 1904 al 1908.
Nasc Viek (Il nostro secolo); giornale, edizione popolare del Tovaristc (Com-
pagno), giornale dei cadetti di sinistra. Si pubblicò a Pietroburgo dal 1905
al 1908.
492
INDICE DEI GIORNALI E DELLE RIVISTE
Naucnoie Obozrenie (Rassegna scientifica): rivista mensile che si pubblicò a Pie-
troburgo dal 1894 al 1903.
Nette Zeit /Die/ (Tempo nuovo): rivista della socialdemocrazia tedesca che si
pubblicò a Stoccarda dal 1883 al 1923. Dalla seconda metà degli anni no-
vanta, dopo la morte di Engels, pubblicò sistematicamente articoli dei re-
visionisti*
New Age /'The/ (Il secolo nuovo): rivista simpatizzante con l’opportunista « so-
cietà dei fabiani» che si pubblicò a Londra dal 1894 al 1938.
Novaia Gizn (Vita nuova): primo giornale legale bolscevico pubblicato a Pietro
burgo dal 9 novembre al 16 dicembre 1905. Fu diretto da Lenin al suo
rientro dall'emigrazione e divenne di fatto l’organo centrale del POSDR. Ebbe
tra i suoi collaboratori Gorki e Lunaciarski. La sua tiratura raggiunse 80.000
copie. Quindici numeri del giornale su 27 furono sequestrati dalla polizia,
Il ventottesimo usci clandestinamente.
Novoie Slovo (La parola nuova): mensile scientifico e politico-letterario edito a
Pietroburgo dal 1894 alla primavera del 1897 dai liberal populisti e nei suoi
ultimi mesi di vita dai « marxisti legali ».
Novoie Vremia (Tempi nuovi): quotidiano che usci a Pietroburgo dal 1868 al
1917. Dapprima Mberalmoderato, divenne poi, a cominciare dal 1876, l'organo
di stampa dei circoli reazionari della nobiltà e dell’alta burocrazia* Nel 1905
si schierò con i centoneri.
Obrazovanie (L’istruzione): rivista di divulgazione scientifica e politico-letteraria
edita a Pietroburgo dal 1892 al 1909. Dal 1906 al 1908 pubblicò articoli dei
bolscevichi.
Osvobozdenie (L’emancipazione): bimensile della borghesia monarchica liberale
che si pubblicò all’estero (Stoccarda e Parigi) dal 1902 al 1905, sotto la dire-
zione di Piotr Struve. Nel gennaio 1904 diventò organo del gruppo «Unione
per la liberazione », nucleo del futuro partito cadetto.
Partiinie Izvestia (Notizie del partito): rivista, organo centrale del partito socia-
lista-rivoluzionario, edito a Pietroburgo nel 1906 e 1907.
Pays (Il paese): giornale del Portogallo di orientamento repubblicano.
Pravda (La verità): mensile menscevico di arte, letteratura e vita sociale che usci
a Mosca dal 1904 al 1906.
Proletari (Il proletario): settimanale illegale bolscevico, organo centrale del POSDR
che si pubblicò a Ginevra dal 27 maggio al 25 novembre 1905. Ne uscirono
26 numeri. Lenin fu il redattore responsabile del periodico, che dopo il suo
rientro in Russia sospese le pubblicazioni.
Proletari : giornale illegale bolscevico che usci a Vyborg, a Ginevra e a Parigi dal
1906 al 1909. Di fatto era l’organo centrale dei bolscevichi.
Reynolds News paper (Il giornale di Reynolds): giornale di tendenze radicali che
si pubblica a Londra dal 1850.
Riec (Il discorso): organo centrale del partito cadetto che si pubblicò a Pietro-
burgo dal 1906 al 1918. Era diretto da Miliukov e Hessen.
Rosrifl (Russia): giornale centonero e della polizia che dal 1906 divenne l’organo
ufficiale del ministero degli interni. Si pubblicò a Pietroburgo dal 1905 al 1914*
INDICE DEI GIORNALI E DELLE RIVISTE
493
Russkaia Mysl (Il pensiero russo): rivista della borghesia liberale, divenuto dopo
la rivoluzione del 1905-1907 organo dell’ala destra del partito cadetto. Si pub-
blicò a Mosca dal 1880 al 1918.
Russkie Viedomosti (Notizie russe): quotidiano, organo di stampa della borghesia
e dei grandi proprietari fondiari. Si pubblicò a Mosca dal 1863 al 1918. Dopo
il 1905 divenne un organo di stampa dei cadetti di destra.
Russkoie Bogatstvo (La ricchezza russa): rivista mensile edita a Pietroburgo dal
1876 alla metà del 1918. Dall’inizio degli anni novanta, organo di stampa
dei populisti liberali, dal 1906 organo di stampa del partito « socialista
popolare ».
Russkoie Gosudarstvo (Lo Stato russo): quotidiano governativo fondato da Witte
e pubblicato a Pietroburgo dal 14 febbraio al 28 maggio 1906.
Russkoie Znamia (La bandiera russa): giornale centonero, organo dell’« Unione
del popolo russo », che usci a Pietroburgo dal 1905 al 1917,
Sieìski Viestnik (Il messaggero rurale): pubblicazione delegano di stampa uffi-
ciale del governo zarista Pravitelstvenni Viestnik (Messaggero governativo).
Sovremienni Mir (Il mondo moderno): rivista letteraria, scientifica e politica che
si pubblicò a Pietroburgo dal 1906 al 1918. Dal 1914 organo dei social-
sciovinisti.
Stolicnaia Poeta (La posta della capitale): giornale dell’ala sinistra cadetta che si
pubblicò a Pietroburgo dal 1906 al 1908.
Times / The / (I tempi): noto quotidiano conservatore inglese, fondato nel 1785
a Londra.
Tovaristc (Compagno): giornale borghese, organo dei cadetti di sinistra, al quale
collaborarono anche dei menscevichi. Si pubblicò a Pietroburgo dal 1906
al 1908.
Trudovaia Rossia (La Russia del lavoro): giornale, organo del gruppo del lavoro
alla I Duma, che usci a Pietroburgo nel giugno 1906.
Vorwàrts (Avanti): quotidiano, organo centrale della socialdemocrazia tedesca,
che si pubblicò a Berlino dal 1891 al 1933. Dopo la morte di Engels diventò
uno dei principali strumenti dell’opportunismo nel movimento operaio.
Vperiod (Avanti): giornale bolscevico di massa che si pubblicò illegalmente a
Vyborg dal settembre 1906 al gennaio 1908.
Westpkàliscbes Dampfboot (La nave della Vestfalia): rivista di tendenze demo-
cratiche, organo dei « veri socialisti », che si pubblicò a Bielefeld dal 1845
al 1848.
Zagranicnaia Gazieta (Giornale estero): giornale edito a Ginevra da un gruppo
di emigrati russi.
Zarià (L’aurora): rivista teorica marxista che si pubblicò a Stoccarda nel 1901 e
1902. Era diretta da Lenin e Plekhanov. Ne uscirono 4 numeri.
Zarnìtsy (Bagliori): miscellanea bolscevica legale che venne pubblicata a Pietro-
burgo nel 1907.
Znamia Trudà (La bandiera del lavoro): giornale, organo centrale del partito
socialista-rivoluzionario edito a Parigi dal 1907 al 1914.
INDICE DEI NOMI
A.A-c, ALAI., Al.AL-c, vedi A A. Bog-
danov.
Adgenov M.S., 414.
Adler V., 80, 81.
Afanasiev A.G., 363, 365.
Afanasiev K.L, 253 n.
Alexinski G.A., 60, 222, 395.
Anderson J., 257, 258.
Anikin PA, 395.
Antonov A.I., 253 n.
Arakceiev A A., 387.
Avenarius R., 424.
Axelrod P.B., 14, 22, 87, 94.
Baer K.M., 237, 238.
Batalaikin, 32.
Ba 2 aine A.F., 442.
Bazarov V., pseud. di VA. Rudnev,
427, 428.
Bebel A., 73, 75, 78, 82, 150-152, 441.
Bell R., 441-443.
Bensing F., 158.
Berdiaiev N.A., 85.
Berman la. A., 427.
Bernstein E., 69, 77, 293.
Bismarck O. von, 129, 418.
Blanqui LA., 448.
Bobrinski A.A., 137.
Bobrinski V.A., 348, 349, 351, 353,
355, 358, 359, 370, 430.
Bogatov N.I., 394.
Bogdanov A. A., pseud. di A. A. Mali-
novski, 424-429.
Borisov, vedi SA. Suvorov.
Brouckère L. de, 71.
Buiat A.A., 386.
Bulgakov S.N., 85, 157, 158, 160, 165,
167, 285, 287 n., 288, 292.
Bulyghin A.G., 12-15. 18. 19 n., 20, 21,
25, 35 n., 98, 100, 103, 104, 413
Burenin P.V., 60.
Burnett J., 442.
Celyscev M.D., 430.
Cerevanin, pseud, di F,A. Lipkin, 96,
97, 101, 139.
Cernov V.M. (Tuckin), 140, 141, 148,
157, 160, 274.
Ciakste I.Kh., 385.
Cicikov , 327 n.
Cigevski P.I., 222, 388, 389, 397.
Ciuprov A.I., 231 n., 271 n., 272 n.,
357, 362.
Ciuriukov V.N., 253 n.
Ckheidze N.S., 456.
Dan F.I., pseud. di F.I. Gurvic, 43,
117, 390.
David E, 69, 77, 157-169, 173, 174,
177, 179, 180, 187, 188, 190, 201.
Del aro v D.I., 218, 219, 369.
Dmowski R.W., 383, 392.
Dolgorukov Pav. Dm., principe, 43.
Dolgorukov Piotr D., 207 n., 234 n.,
358 n.
Drechsler G., 169-171, 174-177, 179,
198 n.
Drutski-Liubetski I.E., 272 n.
Dubasov F.V., 22-24, 32, 46-50, 102.
Dubrovin A.I., 44.
Durnovo P.N., 354.
E.P., pseud. di E.K. Pimenova, 441,
443.
Eldarkhanov T.E., 387*
Engels F., 17, 30, 31, 76, 260 n., 339,
340. 405. 447.
496
INDICE DEI NOMI
Enrico VII, 258.
Euloghi, 384.
Falloux F., 421.
Filonov, 49.
Finn-Ienotaievski A.Iu., 256 n., 269,
270 n., 275, 297, 300.
Firsov, pseud. di D. Rosenblum, 439 n.
Fomicev M.M., 393.
Frenkel Z.G., 358 n.
Gavrilcik A. A., 384.
George H., 380.
Gherasimov Ie.G., 253 n.
Ghersciuni G.A., 143, 144, 437.
Gilkin I.V., 64, 135, 358 n.
Girnius I.M., 384.
Golovin FA., 377.
Golovliov lud ., 453.
Goremykin I.L., 46.
Gorki A.M., 425.
Gorn V., vedi V.G. Groman.
Grabski V.F., 384.
Groman V.G. (V. Gorn), 56-60, 62-66,
101, 126, 256 n., 268, 270.
Grossmann G.A., pseud. di A. Kovrov,
159.
Grudinski P.F., 384.
Guckov A.I., 452-454.
Guesde J., 73, 82.
Guglielmo II, 110.
Gurko V.I., 236 , 247, 252 , 353.
Harden M., 110.
Hecht M, 160, 161.
Heiden PA., conte, 43-50. 231 n.,
358 n.
Hdmersen GJP., 237, 238.
Helms E., 164 n.
Hervé G., 72, 81-83.
Herz F.O., 157, 160.
Herzenstein M.Ia., 181, 373.
Holbach P.-H. d\ 424.
Iakobi M., pseud. di M. Hendelmann,
439 n.
Iersciov PA., 253 n.
Ievreinov V.V., *356, 357.
Ilin V., vedi V.I. Lenin.
Iordanski N.I., 101, 442.
Iurascevski P.P., 38 5.
Turine T.Ia., 385.
Iusckevic P.S., 427.
Izgoiev A.S., 464-466.
Izmailov P.G., 393, 394,
Izvolski A.P., 453-455.
Jaurès J., 73.
John, vedi P.P. Maslov.
K., pseud. di R.E. Klasson, 86.
KX>., 461.
Kabakov G.I., 381, 382.
Kamyscianski N.K., 32.
Kapustin M.Ia., 350, 359, 453, 454.
Karataiev B., 387.
Karaulov M.A., 319, 353, 390.
Karavaiev A.L., 181, 214, 368-370, -372,
392.
Kaufmann A, A., 207, 217, 234, 236,
238, 321, 324 n., 327 n., 337, 402 n.
Kautsky K, 69, 71, 77-79, 96, 148-152,
159, 161, 165, 282, 290, 299, 327,
334, 335, 345, 346 n., 347 n., 369 n.,
406 n., 434.
Khan-Koiski F. Kh, 386.
Khasanov K.G., 387.
Khomiakov N.A., 137,
Khvorostukhin I.P., 381, 382.
Kirsonov N.S., 377.
Kiselev A.Ie., 373, 375, 376.
Kisewetter A.A., 31.
Klawki K., 162, 180 n.
KoganGrinevic M.G., 126.
Kokosckin F.F., 231 n., 358 n.
Kokovtsov VJ4., 413.
Kostrov, pseud. di N. Giordania, 245,
246, 252, 339.
Kotliarevski S.A., 231 n.
Kovalenko S.I., 415.
Kreuzberg Ia.K., 385.
Kriege H., 260, 26l n. ( 2 66.
Krupenski PI4., 354, 359.
Kruscevan PA., 44.
Kugelmann L., 31.
Kuskova Ie.D., 43, 101, 119, 152.
Kutler NI4., 153 n., 231 n., 232 n.,
267 n., 354, 355, 357-359, 361, 362,
370, 380, 386, 392-394.
INDICE DEI NOMI
497
Larin lu. pseud di M.A. Lurie, 339,
340, 343-345.
Lassalle F., 351.
Ledebout G., 68.
Lenin V.I. (V. Ilin, K. Tulin), 82, 85,
123, 126, 127, 143, 151, 180 n., 245,
309, 312, 317, 326, 330, 334, 429.
Leonas P.S., 386.
Lidval, 236.
Liebig J., 167.
Liebknecht W., 150,
Lloyd George D., 443.
Lozkin S.V., 253 n.
Lugenovski, 49.
Luigi XVIII, 110 n.
Lunadaxski A.V. (Voinov), 71, 147,
149-154, 426, 427, 438, 440.
Luxemburg R., 73, 82.
Lvov N.N., 352.
Mach E., 424, 426, 428.
Maklakov V.A., 57, 137.
Maliscevski N.G., 447.
Malthus T., 167.
Martov L., pseud. di Iu.O. Zederbaum,
25, 39 n., 43, 82, 126.
Martynov A.S., 94, 96, 313.
Marx K., 17, 30, 31, 33, 70, 75, 105,
137, 138, 161, 165, 167, 192, 257,
259, 260, 266, 275, 277 n, 280, 281,
283-291, 293, 296 n., 297, 299-304,
323, 346, 396, 404, 405, 440, 448,
449, 463-466.
Maslov PP. (John, X), 167, 2 28 n.,
229 n, 243, 245-253, 265, 266, 271,
283-297, 315-317, 319, 320 ri., 231-
324, 326, 330, 336, 337, 346, 347 n.,
352, 387, 389-391, 395, 396, 404, 405.
M-d-m, pseud. di V. Medem, 424.
Mediev R., 386.
Mehring F., 133, 268 n.
Meller-2akoraelski A.N., 49.
Melnik V.M., 362.
Merkulov M.A., 367.
Mertvago A.P., 233, 234, 237, 238.
Mikhailovski N.K., 84, 425.
Miliukov P.N., 31, 32, 56, 100, 103,
117, 128, 136, 140, 231 n., 357,
453455.
Mirabeau G., 133.
Molcialin , 32.
Moltke H. von, 110,
Moroz P.S., 363, 364.
Mukhanov A.A., 358 n.
Muraviov M.N., 453.
Muscenko I.N., 255 n., 265 n., 270
lo-i r
N.S., pseud. di N.À. Savitski, 373.
Nabokov V.D., 57.
Nakonieczny I.M., 384.
Napoleone I, 248.
Napoleone III, 129.
Nazarenko D.I., 377 n.
Necitailo S.V., 377,
Nekrasov N.A., 48.
Nevedomski M., pseud. di M.N. Mi-
klascevski, 56, 57, 60, 63-66
Nicola II, 430, 454.
Noske G., 151.
Novosedski, pseud. di M.S. Binasik,
316 n., 319, 321, 330, 390.
Nozdrìov, 150.
Odnokozov A.Ie., 253.
Olenov M.I., 283, 284, 323.
Osolin K.Ia., 386.
Ostwald W., 426.
Ovcinnikov I.N., 358 n.
Ozol I.P., 392, 395, 396.
Paplow F., 77.
Parvus, pseud. di A.L. Helphtnd, 20,
24, 89, 93, 290.
Pereiaslavski, pseud. di G.S. KhnjsU-
lev-Nosar, 43, 139.
Pescekhonov A.V., 255, 268-270, 301,
331, 367 n., 422, 432.
PeteJrson B.L., 253.
Petrocenko Fi., 232 n., 360, 392.
Petrunkevic I.I., 207 n., 234 n., 358 n.
Pianykh I.Ie., 371.
Plekhanov G.V., 13,. 14, 21, 22, 43 , 57,
71, 78, 79, 88, 94, 95, 97, 101, 117,
119, 120, 126, 138-140, 143, 144,
148-150, 152, 219, 229, 243, 296,
308, 309, 311-319, 321, 322, 326, 327,
329, 330, 332-336, 351, 352, 366, 387,
425, 426, 428, 435, 437-443.
Plevako F.N., 134.
Poiarkov A.V., 371, 372, 397.
498
INDICE DEI NOMI
Pokrovski I.P. (Pokrovki 2°), 411, 413,
414.
Poniatovski I.V., 384.
Popp A., 80.
Portugalov V., 43.
Potresov A.N., 86.
Povilius A Al., 386.
Prokopovic S.N., 43, 119, 152, 219,
220, 233.
Ptitsyn, pseud. di B.I. Soloveicik, 330.
Pudor H., 180, 181 n., 187, 188, 201.
Pugaciov E.I., 349, 381.
Purisckevic V.M., 44, 137, 350, 364,
365.
R., pseud. di S.I. Radcenko, 86.
Razin S., 349.
Razuvaiev e Kolupaiev, 400.
Rementik D.Ia., 360.
Rennenkampf P.K., 49.
Ricardo D., 167, 257-259.
Rodbertus-Jagetzow K., 257, 286.
Rodicev FX, 24, 34, 153 n., 359.
Roosevelt T., 77.
Rozdestvenski, 141.
Rubakin N.A., 222.
Rudi O.I., 385.
Safonov P.A., 135, 136.
Sagatelian I.Ia., 379, 380, 387.
Saiko Ie.A., 388.
Sakhno V.G., 363.
Saltykov M.Ie., 48.
Saturin, 414 n.
Saveliev A A., 231 n., 359.
Scevic, 141.
Schmidt, pseud. di P.P. Rumiantsev,
312 n., 317, 318.
Sciakhovskoi D.I., 358 n.
Scianin M., 271-273, 275, 346.
Scidlovski S.A., 352.
Scimanski IA. f 361, 384.
Scingarev A.I., 353, 356, 357, 359, 396,
413, 414.
Sciulghin V.V., 352.
Semionov A.I., 232 n., 363.
Serov V.M., 394.
Singer P., 151.
Sismondi S. de, 70.
Skirmunt RA., 352.
Smimov E., pseud. di E.L. Gurevic,
43, 101.
Smith A., 281 n.
Sombart W., 31.
Sorge F., 76, 339.
Spinoza B., 424.
St., pseud. di V.V. Starkov, 86.
Stiecki la.S., 385.
Stiscinski A.S., 247, 252.
Stolypin PA., 22-24, 32, 46-48, 102,
103, 108, 114, 122, 128, 135, 140,
212, 228 n., 229, 230, 241, 255, 261,
266, 270 n., 271, 272, 314, 319, 325,
350, 352, 353, 358, 364, 368, 369 n.,
380, 381, 400, 418-420, 430, 432, 433.
Strumilin, pseud. di S.G. Strumillo*Pe-
trasckevic, 345.
Struve P.B., 31, 56, 57, 59, 62, 84-87,
98-101, 103, 104, 140, 151, 293, 377,
455, 456, 462, 464.
Sudekum A., 459, 461, 462.
Suvorov S.A. (Borisov), 273, 275,
302 n., 427.
Sviatopolk-Mirski D.N., 252, 350, 374,
392, 393.
Syrtlanov Se., 387.
Tantsov A.Z., 352.
Tatarinov F.V. f 231 n., 357, 375, 395.
Tenisson Ia,Ia., 385.
Ter-Avetikiants S.Kh., 387.
Teterevenkov V.N., 234 n,
Thiers A., 421.
Tikhvinski F.V., 348, 362.
Trasun F.S., 384.
Treitschke H., 17.
Trepov D.F., 103.
Trotski L.D., pseud. di L.D. Bronstein,
92.
Tsereteli I.G., 214, 267 n., 310 n., 392,
393, 396-398.
Tuckin, vedi V.M. Cernov.
Tugan-Baranovski M.I., 85.
Tuporylov Narciso, pseud. di Ju.O.
Martov, 406.
Turgheniev I.S., 49, 463.
Tyszkiewicz V.Iu., 385.
Uspenski V.P., 356, 379, 380.
INDICE dei nomi
499
V.V., pseud. di V.P. Vorontsov, 174,
331, 368.
Vandervelde E., 447.
Van Kol H., 68, 69, 72, 150, 151.
Vasiutin F.K., 377.
Verghezski A,, pseud. di A.V. Tycko-
va, 139.
Vetcinin V.G., 51-353.
Vikhliaiev P.A., 142, 255.
Voinov, vedi A.V. Lunaciarski.
Volk-Karacevski V.V., 356, 369
Volkov T.O., 253 n.
Vollmar G., 73, 74, 77, 82, 441.
Webb S. e B, 31.
Witte S.Iu., 15, 25
104, 314, 354, 413.
28,
46, 98, 103,
X, vedi P.P. Maslov.
Zetkin G, 71, 76, 78, 79, 81, 83, 149.
Zietz L., 81.
Zimin D.L., 360.
Zolotarev A.M., 219, 220.
Zubcenko GX., 253 n.
GLOSSARIO
Bar s teina-,
Cetvert:
De statina:
Khutor:
Miri
Nadiel;
Obs teina :
Obrok :
Otrabotki:
Pud:
Sctof ;
lavoro obbligatorio gratuito die il contadino eseguiva sulle terre signo-
rili al tempo della servitù della gleba {corvée).
misura di superfide equivalente a circa mezza desiatina.
misura di superficie equivalente a 1,092 ettari.
piccola proprietà terriera posta fuori dell’abitato, costituita da un ap-
pezzamento di terra con casa e accessori.
1) comunità di villaggio, lo stesso che obsteina.
2) assemblea dei membri dell’ obsteina.
lotto di terra che la famiglia contadina aveva ricevuto in godimento
all’epoca feudale per il proprio sostentamento e per poter eseguire
gratuitamente il lavoro sulle terre della tenuta signorile. La riforma
del 1861 assegnò questo lotto alla famiglia stessa, dopo averne stral-
ciato una parte cospicua in favore dei grandi proprietari fondiari.
(letteralmente comunità) organizzazione contadina di villaggio a carat-
tere amministrativo e di ceto, per i cui membri vigeva, dal punto di
vista fiscale, il principio della responsabilità collettiva. I membri del-
Yobstcina, inoltre, possedevano la terra in comune, senza alcun diritto
di proprietà sugli appezzamenti coltivati.
una delle forme fondamentali dello sfruttamento dei contadini da parte
dei signori feudali al tempo della servitù della gleba, per cui il signore
percepiva dal contadino, oltre il lavoro gratuito, un tributo in natura
o in denaro.
lavoro obbligatorio per il grande proprietario fondiario dopo Taboli-
zione della servitù della gleba; poteva essere convertito nel versamento
di una quota parte dei prodotti del lotto assegnato al contadino o
assumere la forma di vere e proprie prestazioni gratuite per la cessione
delle terre stralciate nel 1861, per l'uso dei pascoli, delle strade, dei
boschi, dell'abbeveratoio, ecc. del grande proprietario fondiario.
misura di peso equivalente a 16,38 kg.
misura di capacità equivalente a 1,2299 litri.
502
GLOSSARIO
Starscinà:
Tiaglò:
Trudovìki.
Versta:
Votosi:
Zemstvo:
Zemtsy :
carica creata nel 1871. Lo starscinà veniva eletto per tre anni dall’as-
semblea dei contadini della votosi (v.), ma doveva essere confermato
dal funzionario locale del governo.
nucleo familiare del servo della gleba, comprendente in generale ma-
rito, moglie e un certo numero di altre persone atte al lavoro, come
unità ai fini della ripartizione della barUcitia , deU’obrok, nonché dei
tributi dovuti allo Stato.
o « gruppo del lavoro », raggruppamento di tendenza democratica bor-
ghese costituito nell'aprile 1906 dai deputati contadini della I Duma.
misura lineare equivalente a km. 1,067.
circoscrizione territoriale rurale, la piu piccola unità amministrativa
della Russia zarista.
sistema delle istituzioni di amministrazione locale cui potevano acce-
dere i soli elementi provenienti dalla nobiltà e dalla borghesia.
elementi dello zemstvo o fautori di questo sistema.
INDICE DEL VOLUME
Nota dell'editore 5
CONTRO IL BOICOTTAGGIO 9
i- 12
n. 18
ni. 21
IV. 27
v. 30
vi. 37
vii. 41
IN MEMORIA DEL CONTE HEIDEN 43
TESI DEL RAPPORTO TENUTO L’8 LUGLIO ALLA CONFERENZA
CITTADINA DI PIETROBURGO SULLA QUESTIONE DELL’ATTEG-
GIAMENTO DEL PARTITO OPERAIO SOCIALDEMOCRATICO RUSSO
VERSO LA TERZA DUMA 51
LA TERZA CONFERENZA DEL POSDR 53
Progetto di risoluzione sulla partecipazione alle eledoni della ter-
za Duma, p. 33 - Abbozzo di un progetto di risoluzione sul con-
gresso dei sindacati di tutta la Russia, p. 54-
NOTE DI UN PUBBLICISTA 56
IL CONGRESSO INTERNAZIONALE SOCIALISTA DI STOCCARDA (i) 68
IL CONGRESSO INTERNAZIONALE SOCIALISTA DI STOCCARDA (il) 75
PREFAZIONE ALLA RACCOLTA « DODICI ANNI » 84
RIVOLUZIONE E CONTRORIVOLUZIONE 100
LA TERZA DUMA 109
UN ARTICOLO DI PLEKHANOV 119
CONFERENZA DELL’ORGANIZZAZIONE DI PIETROBURGO DEL POSDR 121
I. Rapporto sulla III Duma 121
506
INDICE DEL VOLUME
IL Risoluzione sulla III Duma 124
III. Rapporto sulla collaborazione dei socialdemocratici
alla stampa borghese 126
IV CONFERENZA DEL POSDR 127
I, Rapporto sulla tattica del gruppo socialdemocratico
alla III Duma 127
IL Risoluzione sulla tattica del gruppo socialdemocratico
alla IV Duma 130
SI PREPARA UN’« ORGIA RIPUGNANTE » 133
MA I GIUDICI CHI SONO? 139
PREFAZIONE ALL'OPUSCOLO DI VOINOV (A.V. LUNACIARSKl)
SULL'ATTEGGIAMENTO DEL PARTITO VERSO I SINDACATI 147
LA QUESTIONE AGRARIA E I « CRITICI DI MARX » 155
X. L’« opera » di E, David, il Bulgakov tedesco, p. 157 - XI. L’al-
levamento nella piccola e nella grande azienda, p. Ié8 - XII. Il
« paese ideale » secondo .gli avversari del marxismo sulla que-
stione agraria, p. 180.
IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA NELLA
PRIMA RIVOLUZIONE RUSSA DEL 1905-1907 203
I. Basi economiche e sostanza della rivoluzione agraria
in Russia 206
1. Il possesso fondiario nella Russia europea, p. 206 - 2. Per
che cosa si svolge la lotta?, p. 211 - 3. Gli scrittori cadetti dis-
simulano la sostanza della lotta, p. 217 - 4. La sostanza econo-
mica della rivoluzione agraria e i suoi paludamenti ideologici,
p. 221 - 5. I due tipi di evoluzione agraria borghese, p. 225 -
6. Le due linee dei programmi agrari nella rivoluzione, p. 229 -
7. La superficie agraria della Russia. La questione della coloniz-
zazione, p. 233 - 8. Riassunto delle conclusioni economiche del
primo capitolo, p. 240.
IL I programmi agrari del POSDR e come la prima ri-
voluzione russa ci ha messi alla prova 240
1. Qual era Terrore dei precedenti programmi agrari dei social-
democratici russi?, p. 241 - 2. L’attuale programma agrario del
POSDR, p. 243 - 3. Il principale argomento dei muniripalisti
alla prova dei fatti, p. 246 - 4. Il programma agrario dei conta-
dini, p. 252 - 5. Possesso fondiario medioevale e risoluzione bor-
ghese, p. 257 - 6. Perché i piccoli proprietari della Russia hanno
dovuto pronunciarsi per la nazionalizzazione?, p. 261 - 7. Con-
tadini e populisti sulla nazionalizzazione delle terre dei « nadiel »,
p. 268 - 8. L’errore di M. Sciarmi e degli altri fautori della spar-
tizione, p. 271.
INDICE DEL VOLUME
507
III. Le basi teoriche della nazionalizzazione e della mu-
nicipalizzazione 277
1. Che cos’è la nazionalizzazione della terra?, p. 278 - 2. Piotr
Maslov corregge le minute di Karl Marx, p. 283 - 3. È forse ne-
cessario confutare Marx per confutare il populismo?, p. 290 -
4. Esiste un nesso tra la negazione deila rendita assoluta e il pro-
gramma della municipalizzazione?, p. 294 - 5. Critica della pro-
prietà privata della terra dal punto di vista dello sviluppo del
capitalismo, p. 296 * 6. Nazionalizzazione della terra e rendita
« in denaro », p.. 300 • 7. In quali condizioni si può attuare la
nazionalizzazione?, p. 302 - 8. La nazionalizzazione porta alla
spartizione?, p. 306.
IV. Considerazioni politiche e tattiche sulle questioni
relative al programma agrario 308
1. Una «garanzia contro la restaurazione», p. 308 - 2. L au-
toamministrazione locale come « baluardo contro la reazione »,
p. 314 - 3. Potere centrale e rafforzamento dello Stato borghe-
se, p. 319 - 4. L'ampiezza della risoluzione politica e quella della
rivoluzione agraria, p. 325 - 5. Rivoluzione contadina senza con-
quista del potere da parte della massa contadina?, p. 332 - 6. È
un mezzo abbastanza flessibile la nazionalizzazione della terra?,
p. 336 - 7. Municipalizzazione della terra e socialismo munici-
pali, p. 339‘ - 8. Alcuni esempi della confusione generale della
municipalizzazione, p. 343.
V. Le classi e i partiti in base alle discussioni alla III Du-
ma sulla questione agraria 346
1. I destri e gli ottobristi, p. 348 ■ 2. I cadetti, p. 354 - 3. I con-
tadini di destra, p. 360 * 4. I contadini senza partito, p. 363 -
5. Gli intellettuali populisti, p. 368 - 6. I contadini trudovilu
(populisti), p. 373 - 7. I socialisti-rivoluzionari, p. 379 - 8. I « na-
zionali », p. 383 - 9. I socialdemocratici, p. 392 • Conclusio-
ne, p. 399.
Poscritto 408
I DIBATTITI SULL'ESTENSIONE DEI DIRITTI DELLA DUMA IN
FATTO DI BILANCIO 410
POSCRITTO ALL’ARTICOLO « I DIBATTITI SULL’ESTENSIONE
DEI DIRITTI DELLA DUMA IN FATTO DI BILANCIO » 416
NOTE POLITICHE 417
DICHIARAZIONE DELLA REDAZIONE DEL « PROLETARI » 424
LETTERA AD A.M. GORKI 425
LA NUOVA POLITICA AGRARIA 430
NEUTRALITÀ DEI SINDACATI 434
L’INCIDENTE OCCORSO AL RE DEL PORTOGALLO 444
508
INDICE DEL VOLUME
GLI INSEGNAMENTI DEI LA COMUNE 448
UNA DIMOSTRAZIONE PATRIOTTICA SU ORDINAZIONE DELLA
POLIZIA 452
I LIBERALI INGANNANO IL POPOLO 458
COME IL LIBERALISMO INTERNAZIONALE GIUDICA MARX 463
Note 469
Cronaca biografica 481
ìndice dei giornali e delle riviste 491
Indice dei nomi 494
Glossario 499
Finito di stampare
il 20 aprile l%5
in Roma
da Vìsìgallì-Raiettì arti grafiche
per conto degli
Editori Riuniti S.p.A,
Roma
10102-063
01 4 ( 01)- 75
6ca oOi.fiiiJi.
li. H. J1EHHH
COHUHOHHH TOM 13
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MocKBa, M-54, BanOBan. 28