Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin, Joseph Stalin, Enver Hoxha 5 Classics of Marxism Comintern (Stalinist-Hoxhaists) http://ciml.250x.com Georgian Section www.joseph-stalin.net SHMG Press Karl Marx Press of thè Georgian section of Comintern (SH) - Stalinist-Hoxhaists Movement of Georgia OPERE V. I. LENIN Opere complete settembre 1903 - dicembre 1904 1959 - Editori Riuniti - Roma Traduzione dì Giuseppe Mar ab ini, Eleonora Negarville, Ivo Solfrini U edizione luglio 1969 Proprietà letteraria riservata della S. p. A. Editori Riuniti Viale Regina Margherita, 290 - 00198 Roma NOTA DELL’EDITORE La traduzione del presente volume, che contiene le opere scritte da Lenin nel periodo che va dal settembre 1903 al dicembre 1904, è stata condotta sul settimo volume della quarta edizione delle Opere di Lenin , pubblicato a Mosca dall'Istituto Marx-Engels-Lenin nel * 94 6 - Fa parte del presente volume il libro Un passo avanti e due indie- tro, che diede un inestimabile contributo alla preparazione organizza- tiva del partito rivoluzionario marxista . Una parte considerevole degli scritti qui raccolti (Racconto sul IT Congresso del POSDR, l'articolo Un passo avanti e due indietro. Risposta di N. Lenin a Rosa Luxemburg, i discorsi e le risoluzióni per il secondo congresso della Lega estera della socialdemocrazia rivolu- zionaria russa e per le sessioni del Consiglio del partito, il progetto di appello Al partito, l'opuscolo La campagna degli zemstvo e il piano dell’ ” Iskra ”) è diretta contro l'opportunismo organizzativo c tattico dei menscevichi e contro le loro mene scissionistiche . Le lettere comprese nel presente volume (Lettera ai membri del CC, Ai cinque membri del Comitato centrale, Lettera ai fiduciari del CC e ai membri dei comitati del POSDR dichiaratisi per la maggio- ranza del II Congresso del partito, Lettera a Glebovj documentano la lotta di Lenin contro il conciliatorismo . Gli scritti intitolati Che cosa ci proponiamo di ottenere?, Al partito. Lettera ai compagni e Informazione sull’avvenuta costituzione di un comitato di organizzazione e sulla convocazione del III Congresso ordinario del Partito operaio socialdemocratico russo mettono in luce la funzione dirigente di Lenin nella preparazione del 111 Congresso del POSDR, nell’ organizzazione dell’Ufficio dei comitati della mag~ gioranza e nella creazione del giornale bolscevico Vperiod. Tra gli scritti pubblicati nel presente volume vengono per la prima volta inclusi nelle Opere di Lenin i seguenti documenti : la Dichiara- zione a proposito del rapporto di Martov, la lettera Alla redazione del- l’organo centrale del POSDR sull’uscita di Lenin dalla redazione del- Hskra, il Progetto di risoluzione sulla convocazione del III Congres- so del partito e il quarto discorso di Lenin sulle pubblicazioni dì parti- to del gennaio 1904, nonché /'Informazione sulPavvenuta costituzio- ne dell’Ufficio dei comitati della maggioranza. 1903 - 1904 RACCONTO SUL II CONGRESSO DEL POSDR 1 Scritto nella prima metà del settembre 1903, Pubblicato per la prima volta nel 1927, in Miscellanea di Lenin , VI, QUESTO RACCONTO E’ DESTINATO ESCLUSIVAMENTE Al CONOSCENTI PERSONALI, PERTANTO LA SUA LETTURA SEN- ZA IL CONSENSO DELL'AUTORE (LENIN) E ' PARAGONABILE ALLA LETTURA DI UNA LETTERA ALTRUI. Per comprendere quanto segue parlerò innanzi tutto della compo- sizione del congresso, anche se ciò costituirà in parte un’anticipazione. I voti deliberativi al congresso erano 51 (33 delegati con 1 voto e 9 con due, i 9 « bimani ») a . I voti consultivi, se non erro, erano io, ossia c’erano in tutto 52 persone. Il raggruppamento politico di que- sti voti, cosi come risultò durante Vitifero congresso, era il seguente: voti liberativi: 5 bundisti 3 , 3 del Raboceie Dido (2 dell’Unione dei socialdemocratici russi all’estero e 1 dell’« Unione di lotta » di Pietroburgo), 4 del Iuzny Raboci (2 del gruppo ìuzny Raboci e 2 del comitato di Kharkov, pienamente solidale col Iuzny Raboci ), 6 inde- cisi, oscillanti (la « palude », come venivano chiamati — per ischerzo, naturalmente, — da tutti gli iskristi), poi circa 33 iskristi, più o meno convinti e coerenti nel loro iskrismo. Questi 33 iskristi, i quali, quando furono uniti, decisero sempre le sorti di qualsiasi que- stione sollevata al congresso, si divisero, a loro volta, in due sotto- gruppi, scindendosi definitivamente solo alla fine del congresso: un sottogruppo — approssimativamente 9 voti — di iskristi della « linea molle o, per meglio dire, a zigzag » (o linea femminile, come dissero motteggiando, c non a torto, alcuni burloni), iskristi che erano (come si vedrà più innanzi) per l’equità, per la risultante, ecc.; e circa 24 voti di iskristi della linea dura, che sostenevano un iskrismo coerente tanto nella tattica quanto nella composizione degli organismi cen- trali del partito. 12 LENIN Questo raggruppamento, ripeto, si precisò definitivamente e si palesò appieno solo post factum , alla fine del congresso (che raggiun- se le 40 sedute!), ed io anticipo nel delineare questo raggruppamento sin dairinizio. Premetto altresì che questo raggruppamento ci dà solo il numero dei voti approssimativo , giacché su talune questioni minori (e una volta, e per un motivo molto importante, sulla questione deir« uguaglianza giuridica delle lingue », di cui dirò piu avanti) i voti spesso si dividevano, una parte si asteneva, i raggruppamenti si frammischiavano, ecc. La composizione del congresso era stata determinata in preceden- za dal comitato di organizzazione, che aveva il diritto, in base allo statuto del congresso, di invitare al congresso stesso, con voto consul- tivo, i compagni che avesse ritenuto utile invitare. Al congresso era stata eletta sin dairinizio una commissione per la verifica dei poteri, alla quale (commissione) venne demandato tutto ciò che riguardava la composizione del congresso. (Tra parentesi : anche in questa com- missione era entrato un bundista, il quale estenuò tutti i colleghi, trat- tenendoli sino alle tre di notte e rimanendo tuttavia « della propria opinione » su ogni problema .) H congresso si iniziò col lavoro pacifico e concorde di tutti gli iskri- sti, fra i quali sfumature di idee erano, beninteso, sempre esistite, ma senza mai emergere alla superficie come dissensi politici. Noteremo in anticipo a questo proposito che la scissione degli iskristi fu uno dei risultati politici più importanti del congresso, e chi desidera essere informato della cosa deve pertanto dedicare un’attenzione particolare a tutti gli episodi legati, anche alla lontana, a questa scissione. Un atto di una qualche importanza fu, sin dall’inizio del con- gresso, 1 ’elezione delY ufficio di presidenza . Martov era per reiezione di 9 compagni, che ad ogni seduta ne scegliessero 3 per l’ufficio, in- cludendo inoltre fra questi 9 un bundista. Io ero per l’elezione di tre soli compagni, per tutta la durata del congresso, e di tre compagni che sapessero « imporre un regime severo ». Vennero eletti : Plekhanov, io e il compagno T 4 (di lui si parlerà spesso in seguito : era un iskri- sta della linea dura, membro del comitato di organizzazione). Que- st’ultimo fu eletto, del resto, con una piccola maggioranza di voti in opposizione a un candidato del luzny Raboci (membro del comi- tato di organizzazione). La divergenza tra me e Martov sulla questio- RACCONTO SUL II CONGRESSO 13 nc dell’ufficio (divergenza caratteristica dal punto di vista di tutto ciò che segui) non portò tuttavia ad alcuna scissione o conflitto: la faccenda si appianò in qualche modo alla buona, da sé, « in fami- glia », come si accomodava in generale la maggior parte delle que- stioni neirorganizzazione e nella redazione dell’ I$\ra, Sempre in apertura di congresso ci fu una riunione dell’organiz- zazione dtlYIsì^ra (segreta e non formale, naturalmente) sulla que- stione delle sue deleghe al congresso. La riunione si concluse con una pacifica, « amichevole » soluzione del problema. Segnalo questa riu- nione solo perché ritengo caratteristici, in primo luogo, il lavoro concorde di tutti gli iskristi all’inizio del congresso, e, in secondo luogo, la loro decisione di ricorrere, nei casi dubbi e controversi, all’au- torità dell’organizzazione dell ’Is\ra (più esattamente, dei membri dell’organizzazione àt\YIs\ra presenti al congresso); inoltre, natural- mente, le votazioni di queste riunioni non avevano carattere vinco- lante, giacché la regola : « i mandati imperativi sono aboliti », al congresso ognuno può e deve votare secondo la propria convinzione personale, libera, senza sottomissione di sorta a qualsiasi organizzazio- ne; questa regola, dico, era riconosciuta da tutti gli iskristi e, all’inizio di quasi tutte le riunioni dell7r^nz, veniva proclamata ad alta voce dal presidente. Proseguiamo. Il primo incidente del congresso, incidente che rivelò che non tutto andava liscio tra gli iskristi, e che funse da « intreccio » del dramma finale (o tragicommedia?), fu il famigerato « incidente col comitato di organizzazione ». Su questo incidente è necessario soffermarsi in particolare. Esso si verificò quando il congresso stava ancora ordinando i suoi lavori, quando si discuteva ancora il rego- lamento del congresso (che assorbì, tra parentesi, un tempo enorme per l’ostruzionismo dei bundisti, che non si lasciarono sfuggire nessuna occasione, intenzionalmente o meno, per frapporre intralci come e dove si poteva). La sostanza dell’incidente con il comitato di organizzazione consistette nel fatto che quest'ultimo da una parte aveva respinto, prima ancora del congresso, la protesta della « Lotta » (del gruppo « La lotta ») 5 , che chiedeva di essere ammessa al congresso, sostenendo questo rifiuto in sede di commissione per la verifica dei poteri, mentre dall'altra lo stesso comitato di organizza- zione dichiarava improvvisamente al congresso di voler invitare i4 LENIN Riazanov con voto consultivo. Questo incidente si concretò nel moda seguente. Prima ancora che avessero inizio le sedute del congresso Martov mi comunicò in via confidenziale che un componente dell’organizza- zione del Visura e del comitato di organizzazione (designeremo questa persona con la lettera N fl ) aveva deciso di insistere in seno al comi- tato affinché venisse invitato al congresso con voto consultivo un ele- mento che lo stesso Martov poteva definire soltanto col termine di « transfuga » 7 . (In passato questo tale aveva effettivamente gravitato verso Visura, ma poi, e per di più solo alcune settimane dopo, era passato dalla parte del Raboceie Dielo , sebbene quest’ultimo si tro- vasse già allora in fase di completa decadenza.) Parlammo di ciò io e Martov, ambedue indignati del fatto che un membro dell’organiz- zazione de\YIs/{ra compisse un atto simile, pur sapendo, naturalmen- te (giacché Martov aveva prevenuto il compagno N), che in tal modo assestava un pugno in faccia aYYIsfya, ma nondimeno senza sentire il dovere di consultarsi con l’organizzazione stessa. N presentò effet- tivamente la sua proposta al comitato di organizzazione; la proposta fu però scartata per la recisa protesta del compagno T, il quale pre- cisò quanto fosse volubile la personalità politica del « transfuga ». È sintomatico che già allora Martov non si sentisse, secondo le sue stesse parole, nemmeno di parlare con N, nonostante le loro prece- denti buone relazioni personali: a tal punto era stato colpito da quell’atto. La tendenza di N a mettere bastoni fra le ruote a\VIs\ra sì era già espressa in una nota di biasimo nei confronti della redazio- ne dell’ Iskra, che il comitato di organizzazione aveva approvato col suo appoggio, biasimo che riguardava, è vero, un fatto d’importanza secondaria, ma che tuttavia aveva suscitato la viva indignazione di Martov. Le notizie dalla Russia, comunicatemi anch’esse da Martov, denunziavano inoltre la tendenza di N a mettere in circolazione voci di divergenze tra gli iskristi all’estero e gli iskristi russi. Tutto ciò predisponeva gli iskristi alla massima diffidenza nei confronti di N; accadde inoltre anche questo fatto. Il comitato di organizzazione re- spinse la protesta della « Lotta »; i membri del comitato (T e N) che erano stati invitati a fare parte della commissione per la verifica dei poteri si pronunciarono entrambi (compreso Nili ) contro la « Lotta » nel modo più risoluto. Ciò nonostante il comitato di organizzazione RACCONTO SUL II CONGRESSO *5 convocò all’improvviso, durante la pausa di una seduta antimeridiana del congresso, una riunione « volante », decidendo seduta stante di invitare al congresso Riazanov con voto consultivo! N fu per V invito. T, naturalmente, fu recisamente contrario e dichiarò inoltre che una simile decisione era illegale, una volta che la questione della compo- sizione del congresso era stata demandata ad una commissione spe- ciale — eletta dal congresso — per la verifica dei poteri. I membri del comitato di organizzazione appartenenti al Iuzny Raboci + il bun- dista + N misero in minoranza il compagno T, e la decisione fu un fatto compiuto. Di questa decisione T informò la redazione òAYls\ra> la quale (non al completo, ma con la partecipazione di Martov e della Za- sulic) decise airunanimità di opporsi al comitato di organizzazione in sede di congresso, poiché molti iskristi si erano già pronunciati pubblicamente in quella sede contro la « Lotta », e fare marcia in- dietro su questa questione era ormai impossibile. Quando il comitato di organizzazione (nella seduta pomeridia- na) comunicò ni congresso la propria decisione, T manifestò a sua volta la propria protesta. Un membro del comitato di organizza- zione rappresentante del Iuzny Raboci si scagliò allora contro T, ac- cusandolo di infrangere la disciplina (I), poiché il comitato aveva deciso di non rivelare la cosa al congresso (sic!). Ovviamente, noi (Plekhanòv, Martov e io) ci scagliammo con la massima energia con- tro il comitato, accusandolo di ristabilire i mandati imperativi, di violare la sovranità del congresso, ecc. Il congresso si schierò dalla no- stra parte, il comitato di organizzazione fu battuto, si votò una riso- luzione che gli toglieva il diritto di influire come organo collegiale sulla composizione del congresso. Questo fu P« incidente con il comitato di organizzazione ». In pri- mo luogo esso minò definitivamente in molti iskristi ogni fiducia politica in N (e rafforzò la fiducia in T); in secondo luogo non solo dimostrò, ma fece vedere all’evidenza come fosse ancora traballante l’indirizzo iskrista persino in un organismo centrale, apparentemente ultrai skrista, quale il comitato di organizzazione. Fu pertanto chiaro che, oltre al bundista, nel comitato c’erano ancora: 1) quelli del Iuzny Raboci , con la loro politica particolare; 2) alcuni « iskristi che si vergognavano di essere iskristi », e solo in parte 3) gli iskristi che di i6 LENIN ciò non si vergonavano. Quando quelli del luzny Raboci espressero il desiderio di venire ad una spiegazione con la redazione dellVr^ra (in privato, si capisce) a proposito di questo triste incidente — il com- pagno N, è molto importante rilevarlo , non manifestò allora alcun desiderio di venire a questa spiegazione — , la redazione aderì a tale desiderio, ed io dissi chiaramente a quelli del luzny Raboci che il con- gresso aveva definitivamente scoperto questo importante fatto politi- co : la presenza nel partito di molti iskristi che si vergognavano di essere iskristi e che, per semplice dispetto verso Visura, erano capaci di giocarle un brutto tiro come quello di invitare Riazanov. Questo tiro da parte di N mi indignò tanto, dopo l’intervento dello stesso N contro la « Lotta » in sede di commissione, che dissi pubblicamen- te al congresso: « I compagni che hanno partecipato a congressi esteri sanno quale tempesta d’indignazione vi suscitino di solito i compagni che in commissione dicono una cosa e al congresso un’altra » 8 . Que- sto tipo di « iskristi » che temevano i « rimproveri » dei bundisti di essere delle creature dc\VIs{ra y e che per questa sola ragione giocava- no brutti tiri politici all'Is^ra , non potevano naturamente ispirare fiducia. La generale sfiducia degli iskristi in N aumentò enormemente quando il tentativo di Martov di venire ad una spiegazione con N portò alla dichiarazione di N che sarebbe uscito, lui N, dall’ organiz- zazione dell* Istruì! Da questo momento il « caso » N si trasferì nel- l’organizzazione dell i cui membri erano indignati di tale uscita, e l’organizzazione dedicò a questa questione 4 sedute. Queste sedute, specialmente l’ultima, furono importantissime, giacché vi si determinò definitivamente la scissione in seno agli iskristi sulla que- stione — principalmente — della composizione del CC. Ma prima di raccontare di queste sedute (private e non ufficiali: lo ripeto ancora una volta) dell’organizzazione dellVr^nz, parlerò dei lavori del con- gresso. Questi lavori procedevano nel frattempo concordi, nel senso che l’azione di tutti gli iskristi era unitaria, sia sul primo punto all’or- dine del giorno (posizione del Bund nel partito) che sul secondo (pro- gramma) e sul terzo (conferma dell’organo centrale del partito). La concordia degli iskristi garantiva una grande e solida maggioranza al congresso (una maggioranza compatta, come si espressero i bundisti con amarezza!), mentre gli « incerti » (o « palude ») e quelli del RACCONTO SUL II CONGRESSO *7 luzny Raboci anche qui manifestarono più di una volta, in questioni di poco conto, la loro completa instabilità. Lo schieramento politico degli elementi non pienamente iskristi al congresso si palesava sem- pre più. Ritorno alle sedute dell’organizzazione àz\Yls\ra. Nella prima seduta fu deciso di chiedere a N delle spiegazioni, concedendogli di precisare davanti a quale istanza deirorganizzazione dcWlsf^ra egli, N, volesse venire ad una spiegazione con quest’ultima. Io pro- testai recisamente contro una simile impostazione del problema, esi- gendo la separazione della questione politica (sfiducia degli iskristi in N nel congresso in corso sul piano politico) dalla questione personale (nominare una commissione per indagare sulle ragioni della strana condotta di N). Nella seconda seduta venne comunicato che N vo- leva venire ad una spiegazione senza la presenza di T , benché non avesse intenzione, diceva, di dir nulla su T personalmente. Protestai una seconda volta, rifiutandomi di partecipare ad una spiegazione, nella quale uno che era membro dell’organizzazione allontanava, sia pure per un attimo, un compagno che di essa era membro, pur non parlando di lui; vedevo in ciò un giuoco indegno e uno schiaffo asse- stato da N all’organizzazione: N diffida dell’organizzazione a tal punto da non permetterle nemmeno di fissare le condizioni della spiegazione! Alla terza seduta si ebbe la «spiegazione» di N, spie- gazione che non soddisfece la maggior parte dei presenti. La quarta seduta si svolse con la partecipazione degli iskristi al completo; essa fu però preceduta da una serie di importanti episodi congressuali. In primo luogo, vale la pena di segnalare l’episodio relativo alP« u- guaglianza giuridica delle lingue ». Erano in causa l’approvazione del programma e la formulazione della rivendicazione della parità e dell’ uguaglianza giuridica nei confronti delle lingue. (Ogni punto del programma veniva discusso e approvato separatamente; i bundisti svolgevano a questo proposito un ostruzionismo accanito e quasi i due terzi della durata del congresso furono assorbiti dal program- ma!) I bundisti riuscirono qui a far vacillare le file degli iskristi, infondendo in una parte di loro l’idea che Visura non voleva l’« ugua- glianza giuridica delle lingue », mentre in realtà la redazione dell’/' s\ra non voleva unicamente la formulazione in discussione, a parer suo, sgrammaticata, assurda e inutile. La lotta risultò accanita, il con- i8 LENIN gresso si divise a metà , in due parti uguali (qualcuno si astenne): a favore dell 7 j^rfl (e della redazione dell’/j^rfl) si ebbero circa 23 voti (forse 23-25, non ricordo esattamente); altrettanti furono i voti con- trari. La questione dovette essere aggiornata, trasmessa ad una com- missione, la quale trovò una formulazione che venne approvata dal congresso àlV unanimità. L’incidente relativo all’uguaglianza giuri- dica delle lingue è importante perché mise in luce una volta di più l’instabilità deH’iskrismo, mise definitivamente in luce l’instabilità tanto degli indecisi (che proprio ,in quell’occasione, se non erro, e proprio dagli stessi iskristi di stampo marto viano, vennero denomi- nati palude!) quanto di quelli del luzny Raboci , che erano tutti contro Visura. Le passioni divamparono accanite e gli iskristi, spe- cialmente quelli di Martov , lanciarono contro quelli del luzny Ra~ boa, parole aspre a non finire . Un « leader » dei martovisti per poco non provocò, durante un intervallo, uno scandalo con quelli del luzny Raboci tanto che mi affrettai a riaprire la seduta (die- tro insistenza di Plekhanov, che temeva una rissa). È importante rilevare come, anche tra i 23 iskristi più risoluti, i martovisti (cioè gli iskristi che più tardi seguiranno Martov) fossero in minoranza . Altro episodio: la lotta sul § 1 dello « statuto del partito ». Questo era già il punto 5 della Tagesordnung , quasi alla chiusura del con- gresso. [Sul punto 1 venne votata una risoluzione contro il federali- smo; sul punto 2 — programma; sul punto 3 — riconoscimento del- Yls\ra come organo centrale del partito*; sul punto 4 vennero ascoltati i « rapporti dei delegati », cioè una parte di essi, mentre * È molto importante tener presente che nella Tagesordnung del congresso, approvata — sulla base di un mio rapporto — nel comitato di organizzazione e sanzio- nata dal congresso , figuravano due punti distinti: il punto 3: « Creazione di un organo centrale del partito 0 conferma di un tale organo », e il punto 24: «Elezione degli organismi centrali del partito ». Quando uno del Rabocete Dtelo chiese (sul punto 3): chi confermiamo? la testata forse? la redazione non la conosciamo nemmeno!, Martov prese la parola e chiari che si sarebbe confermato P orientamento dell’ Is\ra t indipen- dentemente dai compagni, che la composizione della redazione non sarebbe stata con ciò predeterminata, giacché reiezione degli organismi centrali rientrava nel punto 24 e qual- siasi mandato imperativo era abolito. Queste parole di Martov (sul punto 3, prima delia scissione degli iskristi) sono mol- to importanti. Il chiarimento di Martov corrisponde in pieno al modo in cui noi tutti intendevamo il punto 3 e il punto 24 della Tagesordnung , Dopo il punto 3, piu di una volta Martov impiegò perfino, nei suoi discorsi, la espressione: gli ex membri della redazione dell7r^ra. RACCONTO SUL II CONGRESSO 19 l’altra venne trasmessa ad una commissione, poiché risultò che al congresso mancava il tempo (mezzi finanziari e forze fisiche erano allo stremo)]. Il punto 1 dello statuto definisce il concetto di membro del partito. Nel mio progetto questa definizione era la seguente : « Si considera membro del partito operaio socialdemocratico russo chiunque ne ac- cetti il programma e sostenga il partito stesso sia con mezzi materiali che partecipando personalmente ad una delle sue organizzazioni ». Martov, invece, al posto delle parole sottolineate, proponeva: lavo- rando sotto il controllo e la direzione di una delle sue organizzazioni La mia formulazione era sostenuta da Plekhanov, quella di Martov dai restanti membri della redazione (a loro nome parlò al congresso Axelrod). Noi dimostrammo che era necessario restringere il con- cetto di membro del partito per distinguere gli elementi che lavorano dai chiacchieroni, per eliminare il caos organizzativo, per eliminare lo scandalo e l’assurdità che ci fossero organizzazioni composte di membri del partito, ma senza essere organizzazioni di partito, ecc. Martov era per V ampliamento del partito e parlava di ampio mo- vimento di classe, movimento che esigeva un’organizzazione vasta, senza contorni precisi, ecc. Il curioso è che quasi tutti i fautori di Martov si richiamavano, a sostegno delle proprie posizioni, al Che fare? 9 ; Plekhanov insorse vivacemente contro Martov, rilevando che la sua formulazione alla Jaurès spalancava le porte agli opportunisti, bramosi appunto di questa posizione : nel partito e fuori dell’organiz- zazione. « Sotto il controllo e la direzione » — dissi io — significa in pratica, ne piu ne meno : senza alcun controllo e senza alcuna dire- zione . Martov riportò qui una vittoria: venne approvata (con una maggioranza di circa 28 voti contro 23 o all’incirca, non ricordo esat- tamente) la sua formulazione, e questo grazie al Bund, il quale, na- turalmente, non appena si accorse dov’era l’incrinatura, col peso dei suoi cinque voti fece passare « il meno peggio » (il delegato del Raboce - ie Dielo motivò appunto cosi il voto per Martov!). Le vivaci discussioni sul § 1 dello statuto e il ballottaggio chiarirono ancora una volta gli schieramenti politici del congresso e mostrarono all’evidenza che il Bund -f il Raboccic Dielo potevano decidere le sorti di qualsiasi vo- tazione, appoggiando la minoranza degli iskristi contro la loro mag- gioranza. 20 LENIN Dopo le discussioni e il ballottaggio sul § i dello statuto si ebbe V ultima (la quarta) seduta dell’organizzazione dell 'ls\ra. Il disac- cordo tra gli iskristi sulla questione della composizione del CC fu chiarito ormai definitivamente; si determinò così una scissione nelle loro file: una parte era per un CC iskrista (dato lo scioglimento deU’organizzazione dtìVIs^ra e del gruppo « Emancipazione del la- voro » e data la necessità di portare a compimento l’opera dt\VIsf(ra); gli altri sia per l’ammissione di quelli del luzny Raboci che per la preponderanza degli iskristi della «linea a zigzag». Gli uni erano decisamente contrari alla candidatura di N, gli altri favorevoli. Nell’estremo tentativo di trovare un accordo venne appunto convo- cata una riunione dei 16 (membri dell’organizzazione dell 'Is\ra, dove, ripeto, vennero conteggiati anche i voti consultivi). I risultati della votazione furono: contrari a N 9 voti, favorevoli 4, gli altri si astennero. La maggioranza, che nonostante tutto non desiderava la guerra contro la minoranza, propose poi una lista conciliativa compo- sta di 5 membri, tra cui un rappresentante del luzny Raboci (gradito alla minoranza) e un membro attivo della minoranza, mentre i rima- nenti erano iskristi conseguenti (dei quali — e ciò è importante - — uno aveva partecipato alla baruffa congressuale solo alla sua fine ed era in sostanza imparziale, mentre gli altri due non vi avevano partecipato affatto e nella questione relativa ai nominativi erano asso- lutamente imparziali). A favore di questa lista alzarono la mano in io (in seguito se ne aggiunse un altro, e diventarono 11), contro 1 (il solo Martov!); gli altri si astennero! La Usta conciliativa fu quindi mandata all’aria da Martov . Dopo di ciò furono messe ai voti due liste che « combattevano » per l’una e l’altra parte, ma entrambe rac- colsero solo una minoranza di voti. Cosi, nell’ultima riunione dell’organizzazione dtìYIs^ra i marto- visti rimasero in minoranza in entrambe le questioni , tuttavia essi dichiararono la guerra quando dopo la riunione, un membro della maggioranza (un imparziale o il presidente) si rivolse loro per un ul- timo tentativo di conciliazione. Il calcolo dei martovisti era chiaro ed esatto: i bundisti e quelli del Raboceie Dielo avrebbero, indubbiamente, sostenuto la lista della linea a zigzag , giacché in un mese di sedute congressuali ogni que- stione era stata a tal punto chiarita, le opinioni personali si erano tal- RACCONTO SUL II CONGRESSO 21 mente delineate che nessun delegato avrebbe avuto difficoltà di scel- ta: il meglio o il meno peggio. E per il Bund + Raboceie Dielo , naturalmente, gli iskristi a zigzag erano, e sarebbero sempre stati, il meno peggio. Dopo la riunione dei 1 6, quando gli iskristi si erano definitiva- mente divisi e la guerra tra loro era stata dichiarata, cominciarono le riunioni dei due partiti nei quali si era scisso il congresso, vale a dire gli incontri privati, non ufficiali, tra coloro che la pensavano allo stesso modo. Gli iskristi della linea conseguente si riunirono dap- prima in 9 (9 su 16), poi in 15, infine in 24, calcolando i voti delibe- rativi, e non le persone . Un tale rapido aumento si spiegava col fatto che le liste (per il CC) erano già in circolazione e quelle dei marto- visti venivano respinte dalla stragrande maggioranza degli iskristi, di primo acchito e senza remissione, come liste fiacche: i candidati suggeriti da Martov si erano mostrati al congresso sotto una luce decisamente negativa (tergiversazione, mancanza di dominio di sé, mancanza di tatto, ecc.). Questo, in primo luogo; in secondo luogo, l’aver spiegato agli iskristi ciò che avveniva nell'organizzazione del- Visura li portava in moltissimi casi a schierarsi dalla parte della mag- gioranza, mentre l’incapacità di Martov di attenersi a una determi- nata linea politica era divenuta palese a tutti. Perciò 24 voti si poterono facilmente e rapidamente raccogliere a favore della tattica iskrista conseguente, della lista del CC, delPelezione di un gruppo di tre per la redazione (anziché confermare la vecchia redazione a sei, incapace di lavorare e priva di una sua precisa fisionomia). Frattanto il congresso terminava la discussione sullo statuto, nel- la quale Martov e soci ottenevano ancora una volta (e perfino non una volta sola, ma più volte) la vittoria sulla maggioranza degli iskri- sti col generoso contributo del Bund + Raboceie Dielo , per esem- pio sulla questione della cooptazione nei centri (questa questione fu risolta dal congresso nello spirito di Martov ). Nonostante questo suo peggioramento, Finterò statuto fu appro- vato integralmente dagli iskristi e da tutto il congresso. Ma dopo Io statuto generale si passò allò statuto del Bund, e il congresso respinse a stragrande maggioranza di voti la proposta del Bund (riconosci- mento del Bund quale unico rappresentante del proletariato ebraico nel partito). Credo che su questo punto il Bund si trovasse solo con- 22 LENIN tro quasi l’intero congresso. Allora i bandisti abbandonarono il con- gresso, dichiarando di uscire dal partito . I martovisti persero cinque loro fedeli alleati! Poi, quando la Lega estera della socialdemocra- zia rivoluzionaria russa venne riconosciuta come Y unica organizza- zione del partito all’estero, anche quelli del Raboceie Dielo se ne andarono. I martovisti persero altri 2 loro fedeli alleati I Rimasero al congresso complessivamente 44 (51-7) voti deliberativi, e di essi la maggioranza era costituita di iskristi conseguenti (24); la coalizione dei martovisti con quelli del luzny Raboci e con la « palude » di- sponeva, invece, di soli 20 voti in tutto. Ora gli iskristi della linea a zigzag dovevano per forza sotto- mettersi, come si erano sottomessi, e senza fiatare, gli iskristi della linea dura quando Martov, coalizzato col Bund, li aveva sconfitti t fatti a pezzi. Ma i martovisti si erano ormai spinti tanto oltre che, anziché sottomettersi, giunsero allo scandalo e alla scissione. Uno scandalo era quello di porre la questione della riconferma della vecchia redazione, giacché era sufficiente la dichiarazione anche di un solo redattore perché il congresso fosse tenuto a rivedere l’in- tera questione della composizione dell’organo centrale, non limi- tandosi ad una semplice riconferma. Un passo verso la scissione era il rifiuto di partecipare alle elezioni per l’organo cnetrale e per il CC. Cominciamo con reiezione della redazione. Il punto 24 della Tagesordnungy come si è già accennato sopra, recava elezione degli organismi centrali del partito. E in margine al mio commento alla Tagesordnung 10 (questo commento era noto a tutti gli iskristi mol- to tempo prima del congresso e a tutti i delegati) vi era scritto: ele- zione di tre compagni per l'organo centrale e di tre per il CC. Non può pertanto sussistere il minimo dubbio che dal seno stesso della redazione fosse venuta la richiesta di eleggere un gruppo di tre com- pagni e che nessun redattore aveva sollevato obiezioni contro di essa. Perfino Martov e un altro leader dei martovisti avevano difeso, pri- ma ancora all’inizio del congresso, questi « due gruppi a tre » con- tro numerosi delegati . Io stesso, alcune settimane prima del congresso, avevo dichiarato a Starover e a Martov che avrei chiesto al congresso Y elezione della redazione; ero stato d’accordo per l’elezione di 2 gruppi a tre, sot- tintendendo che ì tre della redazione o avrebbero cooptato 7 (forse RACCONTO SUL II CONGRESSO ^3 anche piu) compagni oppure sarebbero rimasti soli (quest’ultima pos- sibilità era stata particolarmente caldeggiata da me). Starover aveva perfino detto apertamente che il gruppo a tre significava Plekhanov + Martov + Lenin, ed io era stato d 'accordo con lui: a tal punto era sempre stato chiaro per tutti che solo tali compagni potevano ap- punto essere eletti. Bisognava esser montati su tutte le furie, essersi offesi ed aver perduto la testa dopo la lotta svoltasi al congresso, per riprendere ulteriormente l’attacco sull’opportunità e sulla capa- cità di lavorare del gruppo a tre. Il vecchio gruppo a sei era tanto poco capace di lavorare che in tre anni non si era riunito al com- pleto nemmeno una volta : è incredibile, ma è la realtà. Dei 45 numeri dell’/^tt* nessuno è stato compilato (nel senso tecnico-reda- zionale) da qualcuno che non fosse Martov o Lenin. E nemmeno una volta è stata sollevata una questione teorica importante da qual- cuno che non fosse Plekhanov. Axelrod non ha lavorato affatto (zero articoli nella Zarìa 11 e 3-4 articoli per tutti i 45 numeri del- YIs\ra ). La Zasulic e Starover si sono limitati alla collaborazione e alla consulenza, senza mai svolgere il lavoro puramente redazio- nale. Chi dovesse essere eletto dirigente politico , chi dovesse far parte del centro era chiaro come la luce del sole per tutti i parteci- panti al congresso, dopo un mese di lavori L’aver proposto al congresso la questione della conferma della vecchia redazione era una assurda provocazione allo scandalo . Assurda, in quanto senza scopo. Se anche si fosse riconfermato il gruppo a sei, uno dei redattori (io, per esempio) avrebbe richiesto il rinnovamento della redazione, l’esame dei suoi rapporti interni, e il congresso sarebbe stato costretto a ricominciare da capo. Provocazione allo scandalo, in quanto una mancata riconferma avrebbe necessariamente assunto il significato di un'offesa , mentre una nuova elezione non avrebbe contenuto in sé niente di offen- sivo. Si elegge il CC, ebbene si elegga anche l’organo centrale! Non si parla di riconfermare il comitato di organizzazione; ebbene non si parli nemmeno di riconfermare la vecchia redazione. Ma è naturale che, avendo chiesta la riconferma, i martovisti suscitassero con ciò la protesta; la protesta fu intesa come un 'offesa^ un insulto, un 'espulsione, un allontanamento... e si cominciarono *4 L£J*IW ad in v entare tutti gli orrori coi quali « alimenta attualmente la fornaci drgH oziosi pettegoli! Mentre si (Esenterà la questione relativa all’elezione o rkoo- forma, la redazione si allontanò dal congresso. Dopo un dibattito accanitamente appassionato il congresso decise: la vecchia redazio- ne non si riconferma *. Solo dopo questa decisione gli ex membri della redazione en- trarono in sala. Martery allora si alza e rinuncia alla elezione per sé e per conto dei suoi colleghi, dicendo parole grosse e meschine di rutti i colori sullo a stato d’assedio nd partito » (per i ministri non detti?), sulle «leggi straordinarie contro singoli individui e rag- gruppamenti» (individui dd tipo di quelli che, a nome ddTIsJ^rOy regalavano al partito un Riazanov e dicevano in sede di commissione una cosa e al congresso un’altra?). Gli risposi notando Y incredibile confusione di concetti politici che porta a protestare contro un’elezione, contro la ricomposizione ad ope ra dd congresso di un collegio di funzionari del partito Furono detti: Plekhanov, Martov, Lenin. Martop rinunciò di nuovo . Koltsov (che aveva ottenuto 3 voti) rinunciò anche luL Al- lora il congresso votò una risoluzione che incaricava i due red att o ri dell’organo centrale di coopt ar ne un terzo quando avessero trovato il compagno adatto . Dopo di ciò vennero detti i tre membri del CC, di cui soltanto uno venne fatto conoscere al congresso dallo scrutatore; venne poi eletto (segretamente, per mezzo di schede) il quinto membro dd Consiglio dd partito. I martovisri, e con loro tutta la « palude », non consegnarono le schede , presentando al riguardo una dichiarazione scritta alla pre- sidenza. Questo fu un passo palese verso la scissione, volto a far fallire il congresso , a rinnegare il partito. Quando però uno dd luzny Raboci dichiar ò apertamente che dubitava (sic!) appunto della legit- timiti delle decisioni dd congresso, Martov si vergognò e lo smentì, • Un martov uta tenne a questo proposito un discorso tale che al suo termine un eie- legato gridò al segretario: invece del ponto metti nd verbale una lacrimai Difendevano la vecchia r edazione con particolare calore i compagni piò sprofondati nflìa « palude a* RACCONTO SUL 11 CONGRESSO 25 dichiarando pubblicamente che sulla legittimità delle decisioni non aveva dubbi . Purtroppo, però, a queste buone e leali parole di Martov non sono corrisposti da parte sua (e dei martovisti) i fatti e le azioni... Il congresso demandò poi alla « commissione per gli atti » la questione della pubblicazione degli atti e approvò n risoluzioni tattiche ; 1) Sulle manifestazioni. 2) Sul movimento sindacale. 3) Sul lavoro tra i seguaci delle sette. 4) Sul lavoro tra la gioventù studentesca. 5) Sul comportamento da tenersi negli interrogatori. 6) Sugli starosta di fabbrica. 7) Sul congresso internazionale di Amsterdam (1904). 8) Sui liberali (di Starover). 9) Sui liberali (di Plekhanov). io) Sui socialisti-rivoluzionari. ^11) Sulla letteratura di partito. Poi il congresso fu dichiarato chiuso dal presidente, il quale, con un breve discorso, ricordò a tutti l’obbligatorietà delle decisioni con- gressuali. Esaminando la condotta dei martovisti dopo il congresso, il loro rifiuto di collaborare ( benché la redazione dell* organo centrale V avesse loro richiesto ufficialmente ), il loro rifiuto di lavorare per il CC, la loro propaganda del boicottaggio, posso solo affermare che si tratta di un tentativo insensato e indegno di alcuni compagni di spezzare il partito... Perché mai? Unicamente perché sono insoddisfatti della composizione dei centri, e infatti oggettivamente solo su questo ci siamo divisi, mentre le valutazioni soggettive (come offese, insulti, espulsioni, allontanamenti, denigrazioni, ecc. ecc.) sono frutto di amor proprio offeso e di fantasia malata . Questa fantasia malata e questo amor proprio offeso portano difilato ai piu vergognosi pettegolezzi , per cui, pur non conoscen- do e non vedendo ancora Vattività dei nuovi centri , si diffondono dicerie sulla loro « incapacità di lavorare », sulla « mano di ferro » di Ivan Ivanovic, sul « pugno » di Ivan Nikiforovic, ecc. La dimostrazione deH’« incapacità » dei centri mediante il loro 26 LENIN boicottaggio è una violazione inaudita e senza precedenti del proprio dovere di partito e nessun sofisma può dissimulare questo fatto: il boicottaggio e un passo verso la rottura del partito . La socialdemocrazia russa deve compiere Tultimo, difficile pas- so che dallo spirito di circolo porta allo spirito di partito , dal fili- steismo alla coscienza del dovere rivoluzionario , dai pettegolezzi e dalle pressioni di circolo alla disciplina , Chi apprezza il lavoro di partito e 1* attività in favore del movi- mento operaio socialdemocratico non tollererà mai pietosi sofismi come il « legittimo » e « leale » boicottaggio dei centri, non tollererà che la causa ne soffra e il lavoro si interrompa perché una decina di compagni sono insoddisfatti per non essere stati ammessi, essi e i loro amici, nei centri; non tollererà che privatamente e segretamente si eserciti un’influenza sui funzionari del partito mediante la mi- naccia della non collaborazione, mediante il boicottaggio, mediante il taglio dei mezzi finanziari, mediante i pettegolezzi e le menzognere dicerie. IL COLPO È FALLITO!... — D’accordo, ma se le vostre altisonanti, magniloquenti e pom- pose assicurazioni desteranno diffidenza proprio per il loro carattere? — Vorrei vedere chi oserà dubitare delle mie parole! — D’accordo, ma se, nonostante ciò, si dubiterà? — Lo ripeto, non permetterò che si dubiti delle parole di un rivo- luzionario, nulla mi fermerà, andrò fino in fondo, esigerò o un’aper- ta dichiarazione di sfiducia, o un’immediata ritrattazione, io... — E se la vostra richiesta di un’aperta dichiarazione di sfiducia verrà accolta ? — Sarebbe a dire? — Se vi diranno chiaro e tondo che non vi credono? — Dirò che colui che avrà osato asserire una cosa simile è un ignobile calunniatore, bollerò la sua azione inaudita di fronte al mondo intero... — E se per tutta risposta cominceranno a dimostrarvi sistemati- camente che tutta la vostra condotta già da tempo non permette di avere fiducia in voi? — Allora raccoglierò dappertutto proteste contro questa polemica fratricida, mi rivolgerò a tutti con accenti accorati, parlerò di chiara verità e di incontrovertibile giustizia, di cristallina purezza infanga- ta da mani sporche, di rozza e sudicia scorza, di meschino amor proprio, di fiamma purificatrice che riempie il mio animo di entu- siasmo sconfinato, paragonerò i miei nemici a Ponzio Pilato... — E se per simili discorsi vi paragoneranno a Tartufo? — Allora esigerò un collegio arbitrale! — Vi risponderanno subito che accettano volentieri la sfida e vi 28 LENIN proporranno di accettare innanzi tutto che il collegio esamini la questione se il vostro avversario abbia o non abbia il diritto di dubi- tare deirattendibilità delle vostre asserzioni. — Allora... allora... dichiarerò che, « dopo tutto quel che è suc- cesso », è addirittura ridicolo parlare di un qualsiasi « accordo » tra le « parti» quali che possano essere! Fu questa « l’inaudita — secondo l’espressione della Revoliutsion- naia Rossia — campagna per l’affare del 2 aprile» 13 . Al rispettabi- lissimo giornale dispiace enormemente, per motivi molto compren- sibili, riconoscere che la storia sia andata veramente cosi. Il rispet- tabilissimo giornale si nasconde dietro tutta una serie di riserve che siamo costretti a esaminare minuziosamente. La Revoliutsion - naia Rossia si meraviglia in primo luogo che, « invece della social- democrazia russa organizzata », alla quale si erano rivolti i compa- gni di Balmasciov, risponda la redazione dell* Is%ra. I compagni di Balmasciov — si dice — « non hanno avuto risposta alcuna su una una loro ben precisa proposta mandata a un ben preciso indirizzo ». Questo non è vero, signori. Voi, come tutti quanti, sapete bene che cosa precisamente rappresenti la socialdemocrazia russa orga- nizzata, di che tipo siano precisamente tutte le nostre organizzazio- ni. Noi, a differenza di quel che riesce a certuni, non possiamo dar vita a nuove organizzazioni in una notte. Noi abbiamo i comitati di partito, abbiamo Visura, abbiamo il comitato di organizzazione, che da tempo sta preparando il secondo congresso del partito. A quale «preciso indirizzo» vi siete dunque rivolti? Airindirizzo del secon- do congresso? All’indirizzo del comitato di organizzazione? No, no- nostante le vostre parole sull’indirizzo preciso , non avete assoluta- mente e in nessun modo precisato questo indirizzo. Voi stessi avevate notato che Visura è riconosciuta dalla maggioranza dei comitati, e perciò nessuno poteva rispondervi tranne che Visura. Se il secondo congresso del nostro partito riconoscerà Visura come organo del par- tito, la risposta dell* Isfya sarà stata la risposta del partito. Se non la riconoscerà, avrete a che fare con un altro organo. Si tratta di una cosa tanto semplice che avrebbe potuto capirla anche un bambino di sei anni. La Revoliutsionnaia Rossia « si meraviglia che, invece di una risposta diretta alla diretta proposta dei compagni di Balmasciov » IL COLPO È FALLITO 29 (proposta che dovrebbe dare ai socialdemocratici la possibilità di in- formarsi sulla reale sostanza delibare del due aprile), « ci si propon- ga che essi riconoscano se stessi e YIs\ra come parti contendenti tra le quali, dopo tutto quel che è successo, siano possibili determinate trattative preliminari, determinati ” accordi ” sul modo di porre la questione ». Sicché la Revoliutsionnaia Rossta afferma ora che non ci sarebbe stato proposto un collegio arbitrale, ma la possibilità di infor- marci. È falso. La Dichiarazione del n. 27 della Revoliutsionnaia Rossta parla letteralmente di « accusa infondata [da parte dell 'Is\ra] di diffamazione », di veri fica dell’accusa, di sottoporre « a un uomo, sulla cui onestà e riservatezza cospirativa possiamo fare assegna- mento tanto noi quanto Porgano centrale [notate questol] della socialdemocrazia russa le relative prove ». « Verifica delPaccusa », « esame delle prove » da parte di un uomo su cui facciano assegna- mento sia l’accusatore che l’accusato: non è dunque un arbitrato? Si tratta forse di una semplice proposta di informarsi? Siete proprio spiritosi, signori miei! Dopo aver proposto di accordarci sulla scel- ta di una persona onesta, ora venite a dire, con la faccia inimitabil- mente altezzosa di un Nozdriov 14 colto in fallo, che nessun accordo è possibile! La Revoliutsionnaia Rossta « domanda inoltre di chi voglia bef- farsi Visura quando parla di accordo sul modo di porre la questione, decretando in pari tempo il suo modo di porla e dichiarando cate- goricamente che non può esservi un altro modo di porla ». In tribu- nale ognuno dichiara categoricamente la propria opinione, affermando che è l'unica giusta. Invece di offrirci anche il suo determinato modo di porre la questione, il nostro orgoglioso avversario comincia a fare il gradasso e a proferire nobilissime parole! Pur dandosi le arie del gradasso, la Revoliutsionnaia Rossta si degna tuttavia di fare alcune osservazioni anche in merito al nostro modo di porre la questione. A suo avviso. Visura ricorre a sotterfugi e batte in ritirata. La questione consiste, dice, non già nel fatto « che l’organizzazione di combattimento ha attentato al diritto dell 'Is\ra di pensare liberamente [!], di valutare dal proprio angolo visuale gli atti politici e perfino [sicl] di dubitare nel suo intimo di qualsiasi cosa ». Questo « dubitare nell’intimo » è davvero una perla. L’« organizza- zione di combattimento » è cosi straordinariamente liberale da essere 3 o LENIN disposta (ora, dopo piu di un anno di lotta!) a consentirci persino di dubitare, ma solo nel nostro intimo, cioè, verosimilmente, in modo tale che nessuno, tranne lo stesso dubitante, ne sia al corrente,.* An- che di « valutare liberamente », forse, ci verrà concesso, da questi individui combattivi, solo tra noi e noi? « È lecito pensare — dice la Revoliutsionnaia Rossia — che soltan- to il rifiuto òt\Ylsf{ra di sottomettersi a tale richiesta sia stato il mo- tivo per l’accusa di falso da parte deWIsl^ra ». Seguono citazioni dal- Tarticolo I Tartufi della morale rivoluzionaria e l’osservazione che « qui si parla non di pochi, discreti e non ben determinati dubbi, ma di indiscretissime e molto ben determinate accuse». Invitiamo il lettore a ricordare alcuni fatti universalmente noti. Nel n, 20 dell* Iskra (del 1° maggio 1902) diamo un apprezzamento di un gesto di Balmasciov, senza avere la minima nozione di nessu- nissima organizzazione di combattimento. Quest’ultima ci scrive una lettera, pretendendo che ricerchiamo i motivi della decisione di Balmasciov nelle nostre dichiarazioni ufficiali. Noi gettiamo senza parlare la lettera deirignota organizzazione nel cestino della carta straccia. La lettera viene pubblicata nel n. 7 della Revoliutsionnaia Rossia (giugno 1902), la cui redazione, per il solo fatto del nostra silenzio, già strepita di sottovalutazione morale, di menomazione del- l’importanza di un gesto, ecc. Noi rispondiamo con l’articolo Una polemica forzata (n. 23 dell’/r^ra, del i° agosto 1902), nel qualè ce la ridiamo deiradirato Giove, difendiamo il nostro apprezzamento del gesto del 2 aprile e dichiariamo che per noi l’appartenenza di Bal- masciov ad un « organizzazione di combattimento » è « piu che dub- bia ». Allora i signori socialisti-rivoluzionari, avendo ottenuto da noi una dichiarazione aperta del nostro intimo dubbio, levano grida isteriche suir« azione inaudita » e parlano ormai, né piu né meno, di «fango» e di «insinuazione» (n, n della Revoliutsionnaia Rossia , settembre 1902). Questi, in breve, i momenti principali della nostra polemica let- teraria. Un individuo che conosce perfettamente la tacita diffidenza con cui Tawersario ascolta le sue parole lo affronta pubblicamente col coltello alla gola, esigendo un’aperta dichiarazione o di fiducia o di sfiducia, e, ottenuta la seconda, si batte il petto e si lagna urbi et orbi di come una cos{ nobile creatura sia stata ignobilmente offesa.. IL COLPO E FALLITO 3 * Non è nozdriovismo tutto questo? non è rissosità rivoluzionaria? un simile individuo non si merita forse l’appellativo di Tartufo? Di dove tira fuori la Revoliutsionnaia Rossia che noi battiamo in ritirata, non desiderando assumerci la responsabilità di un articolo e di articoli sui Tartufi? Dal fatto che nel nostro modo di porre la questione non sono state incluse le tesi di questi articoli ? Ma ci è sta- to dunque proposto un arbitrato su questi o quei determinati articoli, oppure su tutto l’atteggi amento Ac\Yls\ra nei riguardi delle assicu- razioni del «partito dei socialisti-rivoluzionari»? Forse che proprio all’inizio della dichiarazione dei compagni di Balmasciov, nel n. 27 della Revoliutsionnaia Rossia , non viene citato il punto di partenza di tutta la polemica, le parole del n. 23 àt\Yls\ra secondo cui l’ap- partenza di Balmasciov a un’« organizzazione di combattimento », è per essa piu che dubbia? Possiamo assicurare la Revoliutsionnaia Rossia che ci assumiamo la responsabilità di tutti i nostri articoli, siamo pronti a completare le nostre questioni da sottoporre al collegio arbitrale con citazioni da qualsiasi numero del Yls\ra, siamo pronti a provare di fronte a chiunque che eravamo moralmente in pieno diritto ed avevamo ogni sorta di motivi razionali per definire Tartufi i pubblicisti della Revoliutsionnaia Rossia che sono giunti alle espres- sioni da noi riportate sopra a proposito del mostro temerario dubbio circa l’attendibilità delle sue parole. « Ritirate i sotterfugi », è vero, ma da parte di chi? Non sarà per caso da parte di coloro che oggi sono magnanimamente disposti a riconoscerci il diritto di valutare liberamente e di dubitare nel nostro intimo, e che per piu di un anno si erano esercitati in declamazioni repellentemente enfatiche a proposito del fatto che Yls\ra continua- va tenacemente a dubitare e sottolineava il dovere di ogni persona seria di dubitare della retorica rivoluzionaria? Quando vi siete accorti che le parole commoventi sulla sublime onestà in realtà destavano ormai l’ilarità, non già le lacrime dell’uditorio, vi è venuto l’estro di un nuovo espediente sensazionale, e ve ne siete venuti fuori con la richiesta dell’arbitrato. La parte avida di scandalo del pubblico delle colonie all’estero si fregava le mani per la soddisfazione e animata- mente bisbigliava: «Li hanno citati in giudizio... finalmente! Ora vedremo». E ora hanno visto: l’ultima scena del vaudeville, il cui eroe, con l’aspetto ineffabimente offeso della persona per bene, ha di- LENIN 32 chiarate) che, « dopo tutto quel che è successo », non è possibile alcun accordo sulle questioni da sottoporre al collegio arbitrale. Continuate tranquillamente nello stesso spirito, signori 1 Ricorda tevi, però, che nessuna fiumana di meschine parole potrà distoglierci dall’assolvere il nostro dovere : smascherare le frasi vuote e la misti- ficazione, dovunque possano manifestarsi, nei « programmi » di av- venturieri rivoluzionari, negli orpelli della loro prosa retorica, o nelle sublimi prediche sulla pura verità, sulla fiamma purificatrice, sulla purezza cristallina e molte altre cose del genere. I*K ra > n. 48, 15 settembre 1903, PIANO DELLE LETTERE SUI COMPITI DELLA GIOVENTÙ* RIVOLUZIONARIA Le lettere sui compiti della gioventù rivoluzionaria si potrebbero ripartire in base al seguente piano: I. Che cosa rappresenta Pattuale gioventù studentesca, e in che consiste il compito della sua unificazione ideale? IL Importanza del marxismo nell’opera volta a condurre sul ter- reno della rivoluzione la gioventù studentesca (in seno al movimento rivoluzionario). III. Socialdemocratici e socialisti-rivoluzionari in Russia. Loro differenze nel campo della teoria e della tattica. Il terrorismo. IV. Questioni relative all’organizzazione degli studenti, nell’ambi- to delPopera intesa a « condurre sul terreno rivoluzionario la gioventù studentesca ». V. Gioventù studentesca e classe operaia (?). Unificazione ideale = una certa indifferenza ideale. Argomento comune: i diversi gruppi in seno alla gioventù stu- dentesca. Analisi dei gruppi, loro casualità, respective necessità. I \ulturni\i nelle diverse classi della società. » » come base dei liberali. Insufficiente determinatezza dal punto di vista classista dei sei gruppi : l’assolutismo determina più di chiunque altro (reazionari — \ulturnif{ì — liberali). Piccola borghesia, operai, borghesia ; qui sono già evidenti i raggruppamenti di classe # . Importanza progressiva della differenziazione di classe (e politi- # Creazione degli « ultimissimi giorni » (creatura : l’intellettualità socialista), ma che risale a mezzo secolo fa, a cominciare all’incirca. dal circolo dei petrasccvtsy 1# . 3 — <15 34 LENIN ca). Esempio . Accademici 1# e loro distinzione dai « liberali ». Questa distinzione non ostacola, ma favorisce l’utilizfcazione politica (lo svi- luppo, la crescita). «Unificazione ideale». Quid est? Di chi e con chi? Accade- mici + liberali? Liberali + socialisti? Solo socialisti-rivoluzionari e socialdemocratici? Unificazione ideale = diffusione di determinate idee, spiega- zione degli antagonismi di classe, delimitazione ideologica. Unificazione ideale = diffusione di idee atte a far progredire , delle idee della classe d’avanguardia. Marxismo rivoluzionario, suo sorgere in Europa prima del 1848, sua funzione nell’Europa occidentale e in Russia. Inserire : sul ragionamento « super hjuge », secondo cui la gioventù borghese non potrebbe compenetrarsi di socialismo. Scritto nell 'agosto- settembre 1903. Pubblicato per la prima volta nel. 1924, in Krasncda Moloaioz , n. 1. I COMPITI DELLA GIOVENTÙ’ RIVOLUZIONARIA Lettera prima 17 La dichiarazione redazionale del giornale Studenty pubblicata per la prima volta, se non erriamo, nel n. 4 (28) At\Y Osvobozdenic e pervenuta anche alP/r^ra, attesta a nostro modo di vedere, un notevole passo avanti nelle concezioni della redazione dopo la pub- blicazione del n. 1 dello Studente II signor Struve non si è sba- gliato quando si è affrettato a esprimere il suo dissenso dalle con- cezioni esposte nella dichiarazione : queste concezioni, in effetti, differiscono radicalmente da quella tendenza deiropportunismo cui si attiene cosi coerentemente e con tanto zelo Porgano borghese liberale. Avendo riconosciuto che «il solo sentimento rivoluziona- rio non può creare la unificazione ideale degli studenti », che « a questo scopo è necessario un ideale socialista che poggi su questa 0 quella concezione socialista », nonché su una concezione « deter- minata e unitaria », la redazione dello Student ha ormai rotto in linea di principio con Pindifferenza ideologica e con Popportuni- smo teorico, impostando giustamente la questione dei mezzi atti a condurre sul terreno della rivoluzione gli studenti. Dal corrente punto di vista del « rivoluzionarismo » volgare, è vero, l’unificazione ideale degli studenti non richiede, ma esclude, una concezione del mondo unitaria; unificazione ideale significa atteggiamento t< tollerante » nei confronti di ogni sorta di idee ri- voluzionarie; essa presuppone che ci si astenga dal riconoscere deci- samente una qualsiasi specifica cerchia di idee; insomma dal punto 3 6 LENIN di vista di questi sapientoni del politicantismo, l’unificazione ideale presuppone una certa indifferenza ideale (naturalmente dissimu- lata più o meno abilmente con formule trite e ritrite sulPampiezza di vedute, sull’importanza dell’unificazione immediata, a tutti i costi, ecc. tee.). Come argomento abbastanza plausibile e, sulle pri- me, molto convincente a favore di una simile impostazione del pro- blema serve sempre il riferimento al fatto universalmente noto ed indiscutibile che tra gli studenti ci sono, e non possono non esserci, gruppi assai diversi per le loro concezioni politiche e sociali, e per- ciò il richiedere una concezione del mondo unitaria e determinata deve inevitabilmente respingere qualcuno di questi gruppi, e quin- di ostacolare l’unificazione, e quindi suscitare, invece di un lavoro concorde, i contrasti, e quindi indebolire la forza del comune as- salto politico, e cosi via all'infinito. Esaminiamo da vicino questo ragionamento plausibile. Pren- diamo, per esempio, la divisione degli studenti in gruppi quale risulta dal n. i dello Student : in questo primo numero la richiesta di una concezione del mondo determinata e unitaria non era anco- ra stata avanzava dalla redazione, che perciò difficilmente poteva essere sospettata di propendere per le « anguste vedute » socialde- mocratiche. L’articolo redazionale del n. i dello Student distingue tra gli odierni studenti quattro gruppi fondamentali: i) la massa indifferente, « persone assolutamente indifferenti nei confronti del movimento studentesco»; 2) «gli accademici», fautori di movi- menti studenteschi sul terreno esclusivamente accademico; 3) « gli avversari dei movimenti studenteschi in generale: nazionalisti, an- tisemiti ecc. »; 4) i « politici », fautori della lotta per il rovesciamento del dispotismo zarista. « Quest’ultimo gruppo è composto, a sua volta, di due elementi opposti: di un’opposizione politica puramente bor- ghese, orientata in senso rivoluzionario, e, di una creazione di questi ultimissimi giorni [proprio solo di questi ultimissimi giorni? N. Le- nin], il proletariato intellettuale rivoluzionario, orientato in senso so- cialista » Se si considera che quest’ultimo sottogruppo si divide a sua volta, come tutti sanno, in studenti socialisti-rivoluzionari e studenti socialdemocratici, risulterà che tra gli studenti vi sono oggi sei grup- pi politici : reazionari, indifferenti, accademici, liberali, socialisti-ri- voluzionari e socialdemocratici. I COMPITI DELLA GIOVENTÙ RIVOLUZIONARIA 37 Ci si domanda: non è forse fortuito questo raggruppamento? Non si tratta forse di una temporanea ripartizione di stati d’animo? Basta porre apertamente questa domanda perché una qualsiasi per- sona appena appena al corrente della questione le dia immediata- mente una risposta negativa. E poi un altro raggruppamento dei no- stri studenti non era nemmeno possibile, perché essi sono la parte piu sensibile degli intellettuali, e gli intellettuali si chiamano intellettuali proprio perché riflettono ed esprimono lo sviluppo degli interessi di classe e dei raggruppamenti politici di tutta la società piu cosciente- mente, piu risolutamente e piu esattamente di chiunque altro. Gli studenti non sarebbero, quelli che sono, se il loro raggruppamento politico non corrispondesse allo schieramento esistente in tutta la so- cietà: «corrispondesse» non nel senso di una perfetta proporziona- lità fra i gruppi studenteschi e sociali per forza e numero, ma nel senso della necessaria e inevitabile presenza tra gli studenti dei gruppi esistenti nella società. E per tutta la società russa, col suo sviluppo (relativamente) embrionale degli antagonismi di classe, con la sua verginità politica, con le sue enormi e sterminate masse di popola- zione avvilite e schiacciate dal dispotismo poliziesco, sono caratteri- stici proprio questi sei gruppi : reazionari, indifferenti, \ulturnikiy liberali, socialisti-rivoluzionari e socialdemocratici. Al posto degli « accademici » ho messo qui i « \ulturni\i », cioè i fautori del pro- gresso legale senza lotta politica, del progresso sul terreno dell’auto- crazia. Di questi \ulturni\i ve ne sono in tutti gli strati della società russa, e dovunque, a somiglianza degli « accademici », si limitano alla piccola cerchia degli interessi professionali, al miglioramento di determinati rami deH’economia nazionale o dell*ammini strazione statale e locale, dovunque si tengono timorosamente alla larga dalla « politica », senza distinguere gli uni dagli altri (come non li distin- guono gli accademici) i « politici » delle varie tendenze e chiamando politica tutto quanto e qualunque cosa si riferisce alle... forme di governo. Lo strato dei \ulturni\i è sempre stato ed è tuttora l'ampia base del nostro liberalismo: in tempo «di pace» (ossia, tradotto in « russo », in tempo di reazione politica) i concetti di \ulturni\ e di liberale si fondono quasi completamente; ma finanche in tempo di guerra, in tempo di risveglio dell’opinione pubblica, in tempo di ascesa deH’impeto contro l’autocrazia, la differenza fra questi due 38 LENIN concetti rimane non di rado vaga. Il liberale russo, perfino quando interviene in pubblico in una libera pubblicazione estera con una franca ed aperta protesta contro l’autocrazia, non cessa mai di sentirsi soprattutto un \ulturni\ e niente più, per cui si metterà a ragionare servilmente, o, se volete, legalmente, lealmente, da suddito fedele : vedi V Osvobozdenie . La mancanza di una linea di demarcazione definitiva e che tutti possano vedere chiaramente fra \ultumiì{ì e liberali è in generale un tratto caratteristico di tutto lo schieramento politico della società russa. Ci si potrebbe forse dire che la succitata divisione in sei gruppi è sba- gliata, in quanto non corrisponde alla divisione in classi della società russa. Una simile obiezione, però, sarebbe inconsistente. La divisione in classi è, senza dubbio, la base più profonda degli schieramenti po- litici; ih ultima istanza è sempre essa, naturalmente, a determinare questi schieramenti. Ma questa base profonda si rivela soltanto via via che procede lo sviluppo storico e aumenta la consapevolezza di coloro che partecipano a questo sviluppo e lo creano. A quest*« ultima istanza » si giunge soltanto mediante la lotta politica, e talora quale risultato di una lotta lunga e tenace, che si protrae per anni e decenni, che ora si manifesta tempestosamente in svariate crisi politiche, ora si placa e temporaneamente quasi si arresta. Non a caso, per esempio, in Germania, dove la lotta politica assume forme particolarmente acute e dove la classe d’avanguardia — il proletariato — agisce con una co- scienza di classe particolare, esistono a tutt’oggi alcuni partiti (dei partiti forti) come il centro, che dissimulano sotto il distintivo confes- sionale la propria eterogenea (ma in generale incondizionatamente antiproletaria) natura di classe. Tanto meno ci si può meravigliare che l'origine di classe degli odierni gruppi politici esistenti in Russia venga offuscata dalla mancanza di diritti politici di tutto il popolo, dal dominio esercitato da una burocrazia eccellentemente organiz- zata, ideologicamente compatta, tradizionalmente chiusa in se stes- sa. C’è piuttosto da meravigliarsi di quanto sia già forte l’impron- ta che lo sviluppo capitalistico europeo della Russia, nonostante il suo regime politico asiatico, è riuscito a dare al raggruppamento poli- tico della società. La classe d’avanguardia di ogni paese capitalistico, il proletariato industriale, ha già imboccato anche da noi la via del movimento di 1 COMPITI DELLA GIOVENTÙ RIVOLUZIONARIA 39 massa, organizzato, sotto la guida della socialdemocrazia, sotto la ban- diera di un programma che già da tempo è diventato il programma di tutto il proletariato cosciente internazionale. Naturalmente, la categoria degli indifferenti alla politica è in Russia assai piu nume- rosa che in qualsiasi altro paese europeo, ma anche da noi non si può ormai piu parlare di primitiva e primordiale verginità di que- sta categoria: l’indifferenza degli operai (e in parte anche dei con- tadini) non coscienti viene sempre pili spesso soppiantata da esplo- sioni di fermento politico e di protesta attiva, dimostrando airevidenza che una simile indifferenza non ha niente a che vedere con l’indi ffe- renza dei ben pasciuti borghesi e piccoli borghesi. Quest'ultima classe, particolarmente numerosa in Russia, dato il suo sviluppo capitalistico, ancora relativamente debole, da una parte comincia già, senza dub- bio, a fornire anche dei reazionari coscienti e coerenti, dall'altra, ed è il caso di gran lunga piu frequente, si stacca ancora debolmen- te dalla massa grigia e oppressa « del popolo che lavora », trovan- do i propri ideologi nei vasti strati degli intellettuali raznocintsy , che hanno una concezione del mondo ancora completamente inde- terminata e confondono inconsciamente in un unico miscuglio idee democratiche ed idee socialiste primitive. Appunto questa è l'ideo- logia che contraddistingue la vecchia intellettualità russa, sia l'ala destra, rappresentata dalla sua parte liberal-populista, che quella di estrema sinistra: i «socialisti-rivoluzionari». Ho detto « vecchia » intellettualità russa. Ne sta già sorgendo, qui da noi, anche una nuova , il cui liberalismo si è quasi compieta- mente purificato (non senza l'aiuto del marxismo russo, natural- mente) dal populismo primitivo e dal socialismo amorfo. La for- mazione di un’autentica intellettualità liberal-borghese procede da noi con gli stivali delle sette leghe, grazie in particolar modo alla partecipazione a questo processo di uomini tanto agili e sensibili ad ogni sorta di correnti opportunistiche alla moda quanto i signori Struve, Berdiaiev, Bulgakov e soci. Per quanto concerne, infine, i non appartenenti all'intellettualità degli strati liberali e reazionari della società russa, il loro legame con gli interessi di classe di que- sti o quei gruppi della nostra borghesia e dei nuovi grandi proprie- tari terrieri è abbastanza chiaro a chiunque sia un po’ al corrente. 4 o LENIN per esempio, dell’attività degli zemstvo> delle Dume, dei comitati della borsa, delle fiere, ecc. Siamo giunti cosi all’indubbia conclusione che il raggruppa- mento politico dei nostri studenti non è casuale, ma necessariamen- te e inevitabilmente quale labbiamo descritto sopra, d’accordo col n. i del giornale Student. Stabilito questo fatto, possiamo ormai agevolmente orientarci nella controversa questione di che cosa si debba propriamente intendere per « unificazione ideale degli stu- denti », per «trasformazione rivoluzionaria» di questi ultimi, ecc. A prima vista, è persino molto strano che sia potuta divenire con- troversa una questione semplice. Se il raggruppamento politico degli studenti corrisponde al raggruppamento politico della società, non significa dunque, ovviamente, che per « unificazione ideale » degli studenti non si può intendere che una di queste due cose: o atti- rare il maggior numero possibile di studenti ad una ben determi- nata cerchia di idee politiche e sociali, oppure avvicinare il piu strettamente possibile gli studenti di un determinato gruppo politico ai rappresentanti dello stesso gruppo al di fuori dell’ambiente stu- dentesco? Non è forse ovvio che di trasformazione rivoluzionaria degli studenti si può parlare solo dal punto di vista di una determi- nata concezione circa il contenuto e il carattere di tale trasforma- zione? Per un socialdemocratico, per esempio, essa significa, in primo luogo, diffusione delle convinzioni socialdemocratiche tra gli stu- denti c lotta contro le concezioni che, se anche si definiscono « socia- liste-rivoluzionarie », col socialismo rivoluzionario non hanno però niente a che vedere, e in secondo luogo, tendenza ad allargare e a rendere piu cosciente e risoluto ogni movimento democratico, ivi compreso quello accademico, tra gli studenti. Quanto fosse stata aggrovigliata e controversa una questione cosi semplice e chiara è una storia molto interessante e molto caratteri- stica. La controversia si è svolta tra la Revoliutsionnaia Rossia (nn. 13 e 17) e Visura (nn. 31 e 35) a proposito della « lettera aperta » del consiglio federale degli zemliacestvo unificati e delle organizzazioni studentesche di Kiev (pubblicata nel n. 13 della Revoliutsionnaia Rossla e nel n. 1 dello Student). Il consiglio federale di Kiev con- siderava « di anguste vedute » la decisione del II Congresso pan- 1 COMPITI DELLA GIOVENTÙ RIVOLUZIONARIA 41 russo degli studenti del 1902, secondo cui le organizzazioni stu- dentesche dovevano avere rapporti coi comitati del Partito operaio socialdemocratico russo, mentre il fatto perfettamente evidente che una determinata parte degli studenti di alcune località simpatizzava per il « partito dei socialisti-rivoluzionari » veniva prudentemente dissimulato con un ragionamento molto « imparziale » e molto in- consistente sul tema che la « gioventù studentesca come tale non può aderire in tutto e per tutto né al partito dei socialisti -ri voi uz io- nari né al partito dei socialdemocratici». Visura rilevava l’incon- sistenza di questo ragionamento, mentre la Revoliutsionnaia Rossia , naturalmente, lo difendeva a spada tratta, accusando i « fanatici delle divisioni e delle scissioni » àz\Yls\ra di « mancanza di tatto » e di insufficiente maturità politica. Dopo quanto si è detto sopra, l’assurdità di un simile ragiona- mento è fin troppo evidente. Si tratta della funzione politica degli studenti. Ed ecco che — capite? — prima occorre chiudere gli occhi sul fatto che gli studenti non sono tagliati fuori dal resto della società, e che quindi rispecchiano sempre e inevitabilmente tutto lo schiera- mento politico della società. Poi, ad occhi chiusi, ci si mette a diva- gare sugli studenti come tali, o sugli studenti in generale. Se ne ri- cava la conclusione... del danno delle divisioni e delle scissioni legate all’adesione a questo o a quel partito politico. È chiaro come la luce del sole che per portare a termine questo curioso ragionamento bi- sognava saltare dal terreno politico al terreno professionale o scola- stico. E la Revoliutsionnaia Rossia , nell’articolo Gli studenti e la rivo- luzione (n. 17), fa appunto questo salto mortale, richiamandosi, in primo luogo, agli interessi comuni a tutti gli studenti, alla lotta comu- ne degli studenti, e, in secondo luogo, ai fini scolastici degli studenti, ai compiti della preparazione all’imminente attività sociale, ai compiti inerenti alla formazione di combattenti politici coscienti. Entrambi questi richiami sono giustissimi, solo che con l’argomento in oggetto non hanno niente a che vedere e confondono soltanto la questione. La questione verte sull’attività politica , che per la sua stessa essenza è indissolùbilmente legata alla lotta dei partiti ed esige inevitabil- mente la scelta di un determinato partito. In che modo è dunque possibile eludere questa scelta col pretesto che per qualsiasi attività politica è necessaria una severissima preparazione scientifica, la « for- 42 LENIN inazione » di salde convinzioni, o col pretesto che ogni lavoro poli- tico non può limitarsi ai soli circoli dei politici di una data corrente, ma deve indirizzarsi verso strati sempre piu larghi della popolazione, deve corrispondere agli interessi professionali dei vari strati, unire il movimento professionale con quello politico, elevare il primo al livello del secondo? Già il solo fatto che della gente sia costretta, per difendere la propria posizione, a ricorrere a simili pretesti indica di per sé fino a che punto essa stessa manchi sia di precise convin- zioni scientifiche, sia di una salda linea politica! Da qualunque lato affrontiate la questione, avrete sempre una nuova conferma dell’an- tica verità che da gran tempo predicano i socialdemocratici che danno addosso all’equilibrio dei socialisti-rivoluzionari — sia sotto il rapporto teorico-scientifico sia sotto quello politico-pratico — tra il marxismo da una parte, l’opportunismo « critico » dell’Europa occi- dentale dall’altra, e il populismo piccolo-borghese russo, dalla terza*. Immaginate, infatti, dei rapporti politici un tantino sviluppati e date un’occhiata all’impostazione pratica della nostra « questione controversa ». Supponiamo di avere davanti a noi un partito clericale, un partito liberale e un partito socialdemocratico. Èssi operano in determinate località, poniamo tra certi strati di studenti e magari an- che di classe operaia. Essi si sforzano di attirare dalla propria parte il piu gran numero possibile di rappresentanti autorevoli degli uni e dell’altra. Si domanda: è pensabile che essi insorgano contro la scelta di un qualsiasi partito concreto da parte di questi rappresen- tanti per il motivo che esistono determinati interessi scolastici e pro- fessionali comuni a tutti gli studenti e a tutta la classe operaia? Sarebbe lo stesso che si contestasse la necessità della lotta dei partiti richia- mandosi airarte della stampa, tanto utile per tutti i partiti senza distin- zione. Non c’è partito nei paesi civili che non comprenda l’enorme utilità di associazioni scolastiche e professionali quanto piò larghe e solide possibile, ma ciascuno di essi tende a far si che in queste asso- ciazioni predomini precisamente la propria influenza. Ma chi non sa che il richiamo alla apartiticità di queste o di quelle istituzioni altro * Va da sé che la tesi dell’ incoerenza e del carattere intimamente contraddittorio del programma e della tattica dei socialisti-rivoluzionari richiede un’apposita spiegazione circostanziata. Speriamo di soffermarci particolareggiatamente su questa questione in una delle prossime lettere, I COMPITI DELLA GIOVENTÙ RIVOLUZIONARIA 43 non è, di solito, che una frase ipocrita sulle labbra delle classi domi- nanti, che desiderano occultare il fatto che le istituzioni vigenti sono permeate, già in novantanove casi su cento, del piu preciso spirito politico? Eppure i nostri signori socialisti-rivoluzionari cantano in sostanza ditirambi proprio in onore dell’« apartiticità ». Prendete, per esempio, la seguente commossa tirata della Revoliutsionnaia Ros - sia (n. 17): «Che cos’è questa miope tattica di un’organizzazione rivoluzionaria che desidera ad ogni costo vedere in ogni altra orga- nizzazione autonoma non subordinata ad essa, una concorrente che dev’essere eliminata, nelle cui file bisogna ad ogni costo introdurre la divisione, la scissione, la disorganizzazione? ». Ciò è stato detto a proposito dell’appello dell’organizzazione socialdemocratica moscovi- ta del 1896, la quale rimproverava agli studenti di essersi rinchiusi, negli ultimi anni, nella cerchia ristretta dei propri interessi univer- sitari, c alla quale la Revoliutsionnaia Rossia insegna che l’esistenza di un’organizzazione studentesca non impedisce mai di dare le pro- prie forze per la causa operaia a chi « ha definito la propria posizione in senso rivoluzionario». Notate quanta confusione c’è in questo ragionamento. La concor- renza è possibile (e inevitabile) solo tra un’organizzazione politica c l’altra, tra una corrente politica e l’altra. Tra una società di mutuo soccorso e un circolo rivoluzionario la concorrenza è impossibile, e, attribuendo a quest’ultimo il desiderio di eliminare ad ogni costo la prima, la Revoliutsionnaia Rossia dice pure e semplici sciocchezze. Ma, se in quella stessa società di mutuo soccorso è sorta lina certa tendenza politica — per esempio quella di non aiutare i rivoluzionari o di escludere dalla biblioteca i libri illegali — , la concorrenza e la lotta diretta sono allora un dòvere per ogni « politico » onesto. Se vi è chi rinchiude i circoli negli interessi angustamente universitari (gen- te simile ne esiste indubbiamente, e nel 1896 ce n’era molta di più), la lotta tra costui e chi predica non già la costrizione in un ambito piu ristretto, ma l’ampliamento degli interessi è altrettanto necessaria e doverosa. Ma nella lettera aperta del consiglio di Kiev, lettera che ha provocato la polemica della Revoliutsionnaia Rossia contro Visura, si trattava della scelta non tra organizzazioni studentesche e rivolu- zionarie, ma tra organizzazioni rivoluzionarie e diverse tendenze. Hanno quindi cominciato a scegliere proprio coloro che hanno già 44 LENIN « definito la propria posizione in senso rivoluzionario », mentre i no- stri « socialisti-rivoluzionari », con il pretesto che la concorrenza tra un’organizzazione rivoluzionaria e un’organizzazione puramente stu- dentesca è pura miopia, li trascinano indietro ... Questo è veramente molto illogico, cari signori! La parte rivoluzionaria degli studenti ha cominciato a operare la propria scelta tra due partiti rivoluzionari, ed ecco che le fanno la lezione : « non con l'imporre » una « determinata » (è preferibile, na- turalmente, rindeterminatezza...) « etichetta di partito » (per uno l’e- tichetta, per l’altro la bandiera), « non col far violenza alla coscienza intellettuale dei compagni studenti » (tutta la stampa borghese di tutti i paesi spiega sempre lo sviluppo della socialdemocrazia con la violenza dei capi e dei sobillatori sulla coscienza dei pacifici compa- gni...) « si è ottenuta questa influenza », cioè l’influenza della parte socialista degli studenti sulla parte restante. Credo che ogni studente per bene apprezzerà per quel che vale l’accusa rivolta ai socialisti di « imporre » etichette e di « far violenza alla coscienza ». E questi di- scorsi fiacchi, senza carattere, senza principi si fanno in Russia, dove i concetti di organizzazione di partito, di intransigenza e onore di partito, di bandiera del partito sono ancora cosi deboli, smisurata* mente deboli I Agli studenti rivoluzionari i nostri « socialisti-rivoluzionari » ci- tano l’esempio dei passati congressi degli studenti, che proclamavano la propria « solidarietà col movimento politico generale, estranian- dosi completamente dai contrasti di frazione esistenti nel campo rivo- luzionario ». Che cos'è il movimento «politico generale»? Il movi- mento socialista più quello liberale. Trascurare questa distinzione significa mettersi dalla parte dell’immediato e più vicino movimento, cioè di quello liberale. E a questo chiamano i « socialisti-rivoluzio- nari»! Individui che si autodefiniscono un partito a sé chiamano ad estraniarsi dalla lotta di partito! Ciò non dimostra forse che un simile partito non è in condizione di far passare la sua merce politica sotto la propria bandiera, ed è costretto a ricorrere al contrabbando? Non è forse chiaro da tutto ciò che questo partito manca di una qualsiasi ben determinata base programmatica propria ? Lo vedremo subito. I COMPITI DELLA GIOVENTÙ RIVOLUZIONARIA 45 Gli errori che i socialisti-rivoluzionari commettono nei loro ragio- namenti sugli studenti e sulla rivoluzione non possono venire spie- gati con la sola mancanza di logica, mancanza che ci siamo sforzati di dimostrare sopra. In certo senso, si può affermare il contrario: la mancanza di logica dei loro ragionamenti scaturisce dal loro errore principale. Come « partito » essi hanno assunto fin da principio una posizione cosi contraddittoria in se stessa, così sdrucciolevole, che su di essa non potevano tenersi in piedi — senza continue oscillazioni e cadute — uomini completamente onesti e pienamente capaci di pen- siero politico. Non bisogna mai dimenticare che non è coi vari errori di questi o quegli scrittori, di questi o quegli uomini d’azione che la socialdemocrazia spiega il danno recato alla causa del socialismo dai « socialisti-rivoluzionari »; essa ritiene, al contrario, che tutti questi errori siano il risultato inevitabile di una falsa posizione programma- tica e politica. In una questione come quella degli studenti questa falsa posizione emerge con particolare chiarezza, e diventa evidente contraddizione tra la posizione democratica borghese e i falsi para- menti del socialismo rivoluzionario. Osservate, infatti, il corso delle idee dell’articolo programmatico della RcvoUutsionnaia Rossta : Gli studenti e la rivoluzione , L’autore pone in prima linea « il disinte- resse e la purezza delle aspirazioni », la « forza dei motivi ideali » nella «gioventù». Proprio in ciò egli cerca la spiegazione delle sue aspirazioni politiche « innovatrici », non già nelle condizioni reali della vita sociale della Russia che generano, da una parte, una con- traddizione irreconciliabile tra l’autocrazia e i più larghi e disparati strati della popolazione, mentre, dall’altra, rendono estremamente difficile (fra non molto bisognerà ormai dire: rendevano difficile) una manifestazione del malcontento politico diversa da quella che si esprime attraverso le università. L’autore si scaglia poi contro i tentativi dei socialdemocratici di assumere un atteggiamento responsabile per ciò che concerne la di- sparità di gruppi politici tra gli studenti, di unire più strettamente i gruppi politici omogenei e di dividere ciò che politicamente è etero- geneo, Non che Fautore critichi l'erroneità dell’uno o delPaltro di questi tentativi: sarebbe ridicolo affermare che tutti questi tentativi siano sempre stati in tutto e per tutto felici. No, all'autore è affatto estranea la stessa idea che la disparità degli interessi di classe debba 4 6 LENIN inevitabilmente riflettersi anche sulla posizione politica, che gli stu- denti non possano rappresentare un’eccezione rispetto al resto della società, nonostante tutto il loro disinteresse, la purezza, l’idealità, ecc., che il compito del socialista stia non già nel dissimulare questa disparità, ma, viceversa, nello spiegarla alle grandi masse, nel conso- lidarla in un’organizzazione politica. L’autore considera le cose sotto il profilo idealistico del democratico borghese, non sotto quello mate- rialistico del socialdemocratico. L’autore perciò non si vergogna di formulare e di ripetere per gli studenti rivoluzionari la parola d’odine del « movimento politico ge- nerale ». Per lui il centro di gravità si trova proprio nel movimento politico generale, cioè democratico generale, che dev’essere unito. Quest’unità non dev’essere infranta dai « circoli puramente rivolu- zionari », che si devono raggruppare « parallelamente all’organizza- zione generale degli studenti ». Dal lato degli interessi di questo largo e unico movimento democratico è, naturalmente, un delitto « imporre » etichette di partito e far violenza alla coscienza intellet- tuale dei compagni. Proprio cosi considerava le cose la democrazia borghese nel 1848, quando i tentativi di far vedere l’antagonismo tra gli interessi di classe della borghesia e quelli del proletariato impli- cavano la « generale » condanna dei « fanatici della divisione e della scissione ». Proprio cosi vede le cose la piu recente variante della de- mocrazia borghese: gli opportunisti e i revisionisti che anelano ad un unico grande partito democratico, che proceda pacificamente me- diante le riforme, mediante la collaborazione delle classi. Tutti co- storo sono sempre stati, e non possono non essere, nemici dei contrasti adi frazione» e fautori del movimento «politico generale». Lo vedete, i ragionamenti dei socialisti-rivoluzionari, assurdi e contraddittori fino al ridicolo, dal punto di vista del socialista, diven- tano completamente comprensibili e coerenti dal punto di vista demo- cratico borghese. Questo perché il partito dei socialisti-rivoluzionari non è in sostanza altro che una frazione della democrazia borghese, frazione prevalentemente intellettuale per la sua composizione, pre- valentemente piccolo-borghese per il suo punto di vista, e che, per quanto concerne la sua bandiera teorica, unisce ecletticamente il piu recente opportunismo al populismo dei nostri nonni. La migliore confutazione della fraseologia unificatrice del demo- I COMPITI DELLA GIOVENTÙ RIVOLUZIONARIA 47 cratdco borghese è il corso stesso dello sviluppo politico c della lotta politica. E in Russia l’ascesa del movimento reale è già riuscita a portare a questa confutazione. Mi riferisco al sorgere degli « accade- mici » come gruppo particolare degli studenti. Finché non c’è stata vera lotta gli accademici non si sono distinti dalla massa « generale degli studenti », e l’« unità » di tutta la « parte pensante » degli stu- denti è sembrata infrangibile. Non appena si è passati all 'azione, la separazione degli elementi eterogenei è diventata inevitabile*. Al progresso del movimento politico e dell’attacco diretto contro l’autocrazia si è immediatamente accompagnata una progressiva chiarezza nello schieramento politico, nonostante tutti i vuoti discorsi sull’unificazione di tutti e di ciascuno. Che la separazione degli acca- demici dai politici sia un grande passo avanti ben difficilmente sarà messo in dubbio da qualcuno. Ma significa forse questa divisione che gli studenti socialdemocratici «romperanno» con gli accademici? La Rcvoliutsionnaia Rossta crede di si (cfr. n. 17, p. 3). Ma lo crede per effetto della confusione da noi messa in luce piu sopra. Completa delimitazione delle tendenze politiche non significa affatto « rottura » delle associazioni professionali e scolastiche. Il so- cialdemocratico che si propone di lavorare tra gli studenti cercherà im- mancabilmente di penetrare personalmente o attraverso propri fidu- ciari nel piu gran numero possibile di circoli « puramente studente- schi » e di autodidatti che siano il piu possibile larghi, cercherà di ampliare l’orizzonte di chi esige soltanto la libertà accademica, cer- cherà di propagandare per l’appunto il programma socialdemocratico tra coloro che stanno ancora cercandosi un qualche programma. Riassumiamo. Una certa parte degli studenti vuole elaborarsi una concezione socialista determinata e unitaria. Fine ultimo di questo lavoro preparatorio può essere — per gli studenti che desiderano par- tecipare praticamente al movimento rivoluzionario — solo la scelta cosciente e irrevocabile di una delle due tendenze che si sono costi- tuite attualmente nell’ambiente rivoluzionario. Chi protesta contro • A dar credito a certe notizie, si sarebbe ultimamente manifestata un’ulteriore e sempre piò profonda separazione degli elementi eterogenei esistenti tra gli studenti, e precisamente il distacco dei socialisti dai politici rivoluzionari , i quali non vogliono neanche sentir parlare di socialismo. Si dice che tra gli studenti deportati in Siberia quest’ ultima tendenza si sia fatta sentire molto chiaramente. Vedremo se queste notizie saranno o no confermate. 4 8 LENIN questa scelta in nome delPunificazione ideale degli studenti, in nome della loro formazione rivoluzionaria in genere, ecc., offusca la co- scienza socialista, predica in effetti solo la mancanza di idee. Gli schieramenti politici degli studenti non possono non riflettere gli schieramenti politici di tutta la società, e dovere di ogni socialista è di tendere alla delimitazione piu cosciente e coerente possibile dei gruppi politicamente eterogenei. L’invito rivolto agli studenti dal partito dei socialisti-rivoluzionari — « proclamare la propria solida- rietà col movimento politico generale ed estraniarsi completamente dai contasti di frazione esistenti nel campo rivoluzionario » — altro non è, in sostanza, che un invito a tornare indietro , dalla concezione socialista a quella democratica borghese. E ciò non è affatto strano, giacché il « partito dei socialisti-rivoluzionari » non è che una frazio- ne della democrazia borghese in Russia. Rottura dello studente so- cialdemocratico con i rivoluzionari e i politici di tutte le altre tendenze non significa affatto rottura delle organizzazioni comuni a tutti gli studenti con quelle culturali; al contrario, solo tenendo fermo il punto di vista di un programma ben determinato si può e si deve lavorare tra gli strati più larghi degli studenti per ampliare l’oriz- zonte accademico e propagandare il socialismo scientifico, cioè il marxismo. P.S. Nelle lettere che seguiranno vorrei intrattenermi coi lettori dello Student sull’importanza del marxismo per l’elaborazione di una concezione del mondo unitaria, sulle differenze teoriche e tattiche tra il partito socialdemocratico e il partito dei socialisti-rivoluzionari, sulle questioni dell’organizzazione degli studenti e sull’atteggiamen- to degli studenti nei confronti della classe operaia in generale. Pubblicato nel settembre del 1903 ih Studente n. 2-3. Firmato: N. Lenin IL SECONDO CONGRESSO DEL PARTITO Shcma di articolo 18 Era atteso da tempo. Perché lentamente? (Socialisti-ri voluzionari e socialdemocratici. Movimento veramente di massa. Filisteismo e politica). Lavoro essenziale del congresso: dare una forma consistente. 1 a Programma, Sua importanza. Fine del periodo « nomade » 19 . Il baluardo nella lotta contro i liberali, i socialisti-rivoluzionari, ecc. Direzione nella propaganda. » » agitazione. 2(3 Statuto organizzativo. Sua importanza. Centralismo. Autonomia locale. (Due centri.) Rapporti fraterni coi dirigenti. Relazioni perso- nali e politiche. Elaborazione dell 'interpretazione e dei metodi di ap- plicazione dello statuto. 3y Le risoluzioni. i liberali (due) manifestazioni i socialisti-rivoluzionari lotta sindacale 4 - 615 50 LENIN Letteratura di partito. 1. liberali 2. liberali 3. socialisti-rivoluzionari 4. letteratura di partito 5. manifestazioni 6. lotta sindacale 7. starosta di fabbrica 8. congresso del 1904 9. pogrom di Kisciniov 10. i seguaci delle sette V non importanti 11. studenti 12. comportamento da tenersi ne- gli interrogatori ( 4 8 Uscita del Bund. Meglio apertamente. Tattica : spiegare il danno dell’isolamento (Nazionalismo e pettegolezzi organiz- zativi dei bundisti). Verbali importanti Scritto tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre del 1903. Pubblicato per la prima volta in Miscellanea di Lenin» VI, 1927. IL MASSIMO DI IMPUDENZA E IL MINIMO DI LOGICA Nel n, 46 riproducevamo la risoluzione del quinto congresso del Bund sulla posizione del Bund stesso nel POSDR e davamo il no- stro giudizio su di essa. Il Comitato estero del Bund ci risponde in modo particolareggiato ed estremamente adirato nel suo volantino del 9 (22) settembre. La parte piu sostanziale di questa adirata rispo- sta è la seguente, fenomenale scoperta: « Oltre allo statuto massimo [sicl], il quinto congresso del Bund ha elaborato anche uno statuto minimo », statuto minimo che viene riportato per intero, mentre in due note si spiega che « il rigetto dell’autonomia » e la richiesta del consenso del CC del Bund, perché le altre parti aderenti al par- tito possano rivolgersi al proletariato ebraico, per la qual cosa si svolsero lunghissime trattative, non si poteva però ritenerli completamente tali. Infine, persino tra gli stessi iskristi IL II CONGRESSO DELLA LEGA ESTERA 67 che facevano parte del comitato di organizzazione mancava Puniti completa; anche tra loro c'erano dei dissensi. Importante è ancora rilevare la decisione del comitato di organizzazione sulla questione dei mandati imperativi. Questa questione sorse molto tempo prima del congresso e fu decisa nel senso che i mandati imperativi dovevano essere aboliti. Nello stesso senso e nel piu risoluto dei modi si pronun- ciava su questo problema la redazione. Questa decisione si estendeva anche alla redazione. Fu deliberato che al congresso, che rappresenta l'istanza suprema del partito, nessun iscritto, e cosi nessun redattore, doveva ritenersi vincolato da obblighi nei confronti dell’organizza- zione che ve l'aveva inviato. Fu appunto in base a tale decisione che elaborai un progetto di Tagesordnung del congresso coi relativi commenti, progetto e commenti che decisi di presentare al congresso a nome mio. In questo progetto, al punto 23, fu fatta in margine un'annotazione sulla elezione di tre compagni nella redazione e nel CC. A questo punto si ricollega anche un'altra circostanza. Dato che la redazione era composta di 6 compagni, fu deciso di co- mune accordo che, qualora durante il congresso fosse stato necessa- rio convocare una seduta della redazione e i voti si fossero divisi a metà, a tale seduta si sarebbe invitato, con voto deliberativo, il compagno Pavlovic. I delegati cominciarono ad arrivare molto tempo prima dell’inizio del congresso. Il comitato di organizzazione offri loro la possibilità di conoscere preventivamente la redazione. Era del tutto naturale che gli iskristi desiderassero presentarsi al congresso solidali, affiatati, e a questo scopo avviarono coi delegati in arrivo conversazioni private, organizzando inoltre riunioni per giungere all'unità delle opinioni. In queste riunioni la fisionomia di alcuni delegati si delineò con sufficiente chiarezza. In una di queste riunioni, per esempio, quan- do ebbi letto una relazione sulla questione nazionale 27 , un delegato della zona metallurgico-mineraria si espresse nello spirito del PSP ”, rivelando in generale un’estrema confusione di idee. Queste le circostanze che precedettero il congresso. Ora spiegherò in che modo risultai l'unico delegato della Lega, mentre quest 'ultima ne aveva eletti due. Si seppe che dell'organizza- zione russa dell 'Isl^ra, che doveva anch’essa inviare due delegati, al congresso non ne arrivò nessuno. Allora, prima dell’inizio del con- 68 LENIN grasso, in una riunione degli iskristi venne deciso che uno dei due delegati eletti dalla Lega rinunciasse al proprio mandato, trasmetten- dolo all’altro delegato, e che egli poi fungesse da delegato dell’orga* nizzazione deUV^ra, assumendosi i suoi due mandati, con l’intesa che, nel caso che dalla Russia fosse arrivato un delegato eletto, gli tra- smettesse uno dei due mandati deirorganizzazione delVIs\ra. Tanto io che Martov naturalmente desideravamo essere delegati deWIsfyra, dato che l’importanza della Lega era insignificante. Risolvemmo la controversia tirando a sorte. La prima questione preliminare — quella dell’elezione dell’ufficio di presidenza del congresso — provocò un certo dissenso, sia pure insignificante, tra me e Martov. Martov insisteva per reiezione di 9 compagni, includendovi anche un bundista. Io invece ritenevo neces- sario eleggere una presidenza che fosse in grado di svolgere una poli- tica salda, ferma, e che in caso di necessità sapesse impiegare perfino la cosiddetta «mano di ferro». Furono eletti: Plekhanov, Lenin e Pavlovic. Oltre ai cinque bundisti c’erano al congresso due delegati dell’U* nione estera dei socialdemocratici russi e un delegato deH’cc Unione di lotta » di Pietroburgo che quasi sempre votò d’accordo con loro. Que- sti compagni tirarono sin dall’inizio il dibattito molto per le lunghe. Già il solo regolamento del congresso portò via un tempo incredibil- mente lungo. Ci furono interminabili discussioni sulla posizione del Bund nel partito, discussioni che si protrassero per alcune se- dute. Analoghe lungaggini venivano provocate dal bundista che era entrato nella commissione per la verifica dei poteri. Ad ogni piè sospinto faceva dell’ostruzionismo, su ogni questione dissentiva dagli altri membri della commissione, di cui facevo parte anch’io, e rimaneva costantemente della «propria opinione». All’osserva- zione che in tal modo il congresso sarebbe potuto andare per le lunghe il bundista rispose: «Vada pure per le lunghe», dichia- rando di essere pronto a sedere in commissione tutto il tempo che si fosse desiderato. Solo a mezzanotte inoltrata si riusci a portare a termine il lavoro di verifica dei poteri. Fin dalle prime sedute del congresso ci fu un incidente con il comitato di organizzazione. In base allo statuto da esso elaborato potevano essere invitate al congresso con voto consultivo solo « emi- IL II CONGRESSO DELLA LEGA ESTERA 69 nenti personalità del partito»; la commissione per la verifica dei poteri aveva respinto la richiesta avanzata dal gruppo « La lotta » perché gli venisse concesso un mandato. Di questa commissione faceva- mo parte due membri del comitato di organizzazione, che si erano di- chiarati categoricamente contrari ad ammettere al congresso un rap- presentante della « Lotta ». Quando il relatore della commissione comunicò al congresso questa decisione, sorsero lunghi dibattiti « prò » e « contro » rammissione, mentre un iskrista espresse il parere che il rappresentante della « Lotta » non dovesse essere assolutamente invitato al congresso, giacché questo gruppo era esclusivamente in- tento a tessere intrighi, cercava di insinuarsi in ogni fessura, portava dovunque la discordia, ecc. ( Trotsfy : « Fate male a non dare il cogno- me dell’oratore : sono stato io a dire questo». P. Axelrod : «Proba- bilmente, il relatore non lo ritiene utile a se stesso».) È vero, era stato il compagno Trotski a dare una cosi recisa caratterizzazione dal gruppo «La lotta ». Nel punto culminante della discussione sull’am- missione al congresso di un rappresentante del gruppo « La Lotta » uno dei delegati del luzny Raboci , arrivato in ritardo e presentatosi al congresso solo in quel momento, chiese di interrompere la riunio- ne per 5 minuti, per mettersi al corrente di tutte le circostanze riguar- danti la questione dibattuta. Quando questa sospensione venne decisa, i membri del comitato di organizzazione tennero ivi stesso una riu- nione volante. Va notato che già prima deU’inizio del congresso alcu- ni membri del comitato di organizzazione erano alquanto scontenti della redazione. Cosi il bundista presente nel comitato era estrema- mente indignato del fatto che la redazione avesse qualificato la pro- pria offerta di 500 marchi ai socialdemocratici tedeschi per le elezioni come offerta sua e del comitato di organizzazione senza aver prima ottenuto la relativa autorizzazione di quest’ultimo. Da questo atto innocente, del tutto naturale data l’impossibilità di comunicare rapi- damente coi compagni russi, il bundista traeva la conclusione che la redazione che viveva all’estero prendeva decisioni a nome del comi- tato senza interpellarlo. Nel comitato fu perfino avanzata la proposta- di esprimere per questo motivo un biasimo alla redazione, cosa che venne fatta, in quanto al bundista si associò il compagno NN, che era membro dell’organizzazione At\YIs\ra. Quando informai di ciò Martov, egli s’indignò moltissimo, dichiarando che era un’« infamia ». 70 LENIN ( Martov : «No, la parola ” infamia ” non V ho usata»). L’espressione esatta non la ricordo. Martov aggiunse anche che « su questo non a- vrebbe lasciato correre ». Lo convinsi che ciò non era poi tanto im- portante e che era meglio tacere, non dando importanza a queirinci- dente. Quando la riunione volante terminò, il compagno Pavlovic, che ne faceva parte, informò gli altri due membri della presidenza che su proposta del delegato ritardatario del Iuzny Raboci, anche egli membro del comitato di organizzazione, a maggioranza di voti, escluso lui, Pavlovic, si era deciso di invitare al congresso un rappresentante della « Lotta », Riazanov, con voto consultivo. Il compagno Pavlovic era insorto energicamente contro questa decisio- ne e, data l’assenza di mandati imperativi, si era ritenuto in diritto di protestare contro di essa al congresso. Noi membri della presidenza, e con noi anche la redazione e altri iskristi, ci indignammo enorme- mente per questa decisione. Il membro del comitato di organizza- zione di cui ho già fatto menzione, il compagno N N, nella seduta della commissione per la verifica dei poteri si era espresso anche lui contro l’ammissione al congresso di un rappresentante della « Lotta »; ma invece, alla seduta del comitato, si dichiarava favorevole a questo invito. Adesso era lui stesso ad introdurre di contrabbando Riazanov al congresso. Cosi eravamo presi in trappola. Decidemmo allora di lottare energicamente contro questa vergognosa decisione. Contro di essa parlarono molti. Nel mio discorso su questo argomento io dissi: « Quale tempesta di indignazione suscitano nei congressi europei i compagni che in commissione dicono una cosa e al congresso un’al- tra ». Dicendo questo mi riferivo a NN, membro delPorganizzazione dtlYIs\ra. Quando il compagno Pavlovic informò il congresso della sua protesta contro una simile decisione, il delegato del Iuzny Rabo- ci vide in ciò una violazione della disciplina, un metodo disorga- nizzatore, ecc. e pretese dal congresso che il compagno Pavlovic fosse adeguatamente punito per un simile modo d’agire. Ma noi battemmo in breccia tutti questi argomenti. La maggioranza del comitato di organizzazione rimase sconfitta. Fu votata una risoluzione in base alla quale il comitato di organizzazione, come organismo collegiale non aveva il diritto di influire sulla composizione del congresso dopo che lo stesso congresso aveva eletto una commissione per la verifica dei poteri. La proposta di invitare Riazanov venne respinta. Ma arv- IL II CONGRESSO DELLA LEGA ESTERA 7* che dopo il congresso mi è capitato di sentire da certi iskristi esternare dei dubbi circa i motivi che ci potevano essere di non ammettere al congresso il membro della « Lotta ». ( Deutsch : « Io mi sono espresso in questo senso anche al congresso ».) È perfettamente vero, ed anche su altre questioni, cosa di cui parlerò ancora, il compagno Deutsch non ha sempre votato d’accordo con tutti gli iskristi, per esempio sulla questione della parità giuridica delle lingue. Vengono ora espres- si, da parte di alcuni iskristi, anche dei punti di vista sommamente strani secondo i quali il CC dovrebbe riflettere nella sua attività ogni sorta di tentennamenti e concezioni primitive esistenti nel partito. In questo stesso spirito alcuni iskristi malfermi ed esitanti parlarono anche al congresso. Ne risulta pertanto che la concezione secondo cui tutti coloro che si annoverano tra gli iskristi sarebbero veramente tali è assolutamente falsa. Ci sono certi iskristi che perfino si vergo- gnano di chiamarsi iskristi; è un fatto. Ci sono certi iskristi che lot- tano contro Visura, che le frappongono vari ostacoli, che ne intral- ciano l’attività. L y ls\ra è diventata popolare, chiamarsi iskristi è diventato una moda, ma a molti questo non impedisce di rimanere ciò che erano in passato, prima che Visura venisse riconosciuta da molti comitati. Questi iskristi infidi le hanno recato molto danno. Se essi continuassero a lottare contro Visura direttamente, aperta- mente... Ma no, essi agiscono di soppiatto, a tradimento, furtiva- mente, in segreto. Il secondo punto della Tagesordnung del congresso era dedicato al programma del partito. I fautori del Raboceie Dtclo f i bundisti e vari delegati singoli, ai quali durante il congresso fu affibbiato il no- mignolo di « palude », svolsero un ostruzionismo smodato. La discus- sione sul programma si prolungò incredibilmente. Il solo Akimov presentò decine e decine di emendamenti. Si discuteva letteralmente su ogni singola parola, su questa o quella congiunzione. Un bundista che faceva parte della commissione per Tesarne del progetto di pro- gramma chiese, del tutto a buon diritto: ma quale progetto esami- niamo, quello proposto dalla redazione del Visura, o quello presentato da Akimov? Tanti erano gli emendamenti che ci toccava discutere! Questi emendamenti erano insignificanti, e il programma fu di fatto approvato senza modifiche serie di nessun genere. Ciò nonostante i relativi dibattiti richiesero circa 20 sedute. Ecco fino a che punto fu- 72 LENIN rono improduttivi i lavori del congresso a motivo dell'opposizione svolta dai vari elementi antiskristi e pseudoiskristi. Il secondo grosso incidente verificatosi al congresso dopo l’inciden- te con il comitato di organizzazione fu quello riguardante la parità giuridica delle lingue, o, come ironicamente venne chiamato al con- gresso, «la libertà delle lingue»* ( Martov : « o u dei somari ”». Ilarità ). Si, anche « dei somari ». Ecco di che cosa si trattava. Nel pro- getto di programma del partito si parla dell'uguaglianza giuridica di tutti i cittadini, indipendentemente dal sesso, dalla nazionalità, dalla religione, ecc. I bundisti non erano soddisfatti e chiesero che fosse incluso nel programma il diritto di ogni nazionalità di studiare nella propria lingua, come pure che essa venisse impiegata nelle varie istituzioni pubbliche e governative. Rispondendo all’osservazione di un verboso bundista che aveva citato, a mo’ d’esempio, un alleva- mento governativo di cavalli, il compagno Plekhanov osservò che di allevamenti di cavalli non era il caso di parlare in quanto i cavalli non parlano, ma « parlano solo i somari ». I bundisti ci rimasero male, considerando evidentemente questo scherzo come rivolto a loro stessi. Sulla questione della parità giuridica delle lingue si giunse per la prima volta alla scissione. Oltre ai bundisti, ai compagni del Raboceie Dielo e alla « palude », a favore della « libertà delle lingue » si pro- nunciarono anche alcuni iskristi. Coi suoi voti su questa questione il compagno Deutsch suscitò in noi stupore, indignazione, sdegno, ecc.; egli ora si asteneva, ora votava contro di noi. Alla fin fine la questione fu risolta amichevolmente e all’unanimità. In generale durante la prima parte del congresso tutti gli iskristi agirono d’accordo. I bundisti dicevano che contro di loro esisteva una congiura. In un suo discorso un bundista definì il congresso una «maggioranza compatta». In risposta a ciò io espressi il desiderio che tutto il nostro partito si trasformasse in un’unica maggioranza compatta. Completamente diverso fu il quadro della seconda parte del con- gresso. Da quel momento ebbe inizio lo storico voltafaccia di Martov. I dissensi manifestatisi tra noi erano tutt’altro che insignificanti. Essi derivavano dall’errata valutazione da parte di Martov della situa- IL II CONGRESSO DELLA LEGA ESTERA 73 rione del momento. Il compagno Martov si scostò dalla linea da lui seguita in precedenza. Il quinto paragrafo della Tagesordnuttg era dedicato allo statuto. A motivo del suo primo paragrafo tra me e Martov erano sorti dei dissensi già in commissione. Sostenevamo formulazioni diverse. Men- tre io proponevo di riconoscere membro del partito chi, accettando il programma e sostenendolo col suo aiuto materiale, entrasse in una qualche organizzazione del partito, Martov riteneva sufficiente, oltre alle due prime condizioni, il lavoro sotto il controllo di una delle organizzazioni del partito. Io sostenevo la mia formulazione e facevo notare che non avremmo potuto dare una definizione diversa di membro del partito, senza allontanarci dal principio del centralismo. Riconoscere membro del partito un compagno che non faccia parte di alcuna organizzazione del partito vuol dire dichiararsi contrari a qualsiasi controllo del partito. Qui Martov faceva valere un principio nuovo, completamente in contrasto coi principi del Visura. La formu- lazione di Martov ampliava i limiti del partito. Egli si richiamava al fatto che il nostro partito dev’essere un partito di massa. Egli spalancava le porte ad ogni sorta di opportunisti, ampliava i limiti del partito fino alla completa indeterminatezza. Nelle nostre condi- zioni questo era un grave pericolo, giacché stabilire un limite tra il rivoluzionario e il parolaio ozioso è molto difficile; perciò avevamo bisogno di restringere il concetto di partito. L’errore di Martov stava nel fatto che egli spalancava le porte del partito a qualsiasi avventu- riero, mentre veniva in chiaro che persino al congresso una buona terza parte era composta da intriganti. In questo caso Martov diede prova di opportunismo. La sua formulazione inseriva nello statuto una stonatura: ogni iscritto dev’essere sotto il controllo di un’orga- nizzazione, di modo che il CC possa avere la possibilità di giungere fino aH’ultimo compagno. La mia formulazione era uno stimolo ad organizzarsi. Il compagno Martov menomava il concetto di « mem- bro del partito » mentre, a mio avviso, esso deve levarsi in alto, mol- to in alto. Dalla parte di Martov si schierarono il Raboceie Dido , il Bund e la « palude », col cui aiuto egli fece approvare il primo para- grafo dello statuto. Allora Martov cominciò a parlare di « voci diffamatorie » diffuse sul suo conto. NeH’indicare coloro coi quali Martov era risultato 74 LENIN alleato non c’era nulla di offensivo. Io stesso ero incorso negli stessi rimproveri quando ero risultato alleato con la compagna Brucker. Ed io non mi ero minimamente offeso quando Martov mi aveva in- viato un biglietto nel quale diceva : « Sta’ attento a chi vota con te ». Veramente, la mia alleanza con la Brucker fu temporanea e casuale. Mentre invece l’alleanza di Martov col Bund risultò solida. Io ero contrario alla formulazione di Martov, in quanto essa era una Ver- sumpfung . Misi Martov in guardia contro di ciò, e i nostri avversari, schierandosi con Martov come un sol uomo, illustrarono eloquente- mente questo errore. Ma la cosa più pericolosa non è che Martov sia caduto nella palude, bensì che egli, essendovi casualmente caduto, non abbia cercato di uscirne e ci si sia sprofondato sempre di più. I bundisti sentirono di essere diventati padroni della situazione ed impressero sullo statuto del partito il proprio suggello. Una maggioranza compatta si costituì anche durante la seconda parte del congresso, soio che questa volta era composta dalla coali- zione dei martovisti più la « palude » più la compatta minoranza del Raboceie Dielo e del Bund. E questa maggioranza compatta si contrapponeva agli iskristi. Un bundista, vedendo la discordia tra gli iskristi, disse: « Fa piacere discutere quando i capi litigano ». Non capisco perché mai il Bund se ne sia andato in tali circostanze. Esso era padrone della situazione e avrebbe potuto far passare molte cose. Con ogni probabilità aveva un mandato imperativo. Dal momento che il primo paragrafo dello statuto era stato gua- stato, dovevamo legare il vaso rotto il meglio possibile, a nodo doppio. Naturalmente, eravamo stati presi dal timore di essere insidiati, messi nei pasticci. Era perciò necessario introdurre la reciproca cooptazione negli organismi centrali per garantire al partito la loro unità d’azione. A motivo di questa questione divampò nuovamente la lotta. Era necessario far sf che in occasione del terzo congresso del partito non potesse ripetersi la stessa cosa che era avvenuta con il comitato di organizzazione. Occorreva creare un coerente, onesto ministero iskri- sta. Su questo punto fummo di nuovo battuti. Il punto relativo alla reciproca cooptazione negli organismi centrali del partito fu boc- ciato. L’errore di Martov, sostenuto dalla « palude », emergeva ancora più chiaramente. Da questo momento la coalizione era ormai solidamente costituita, e sotto la minaccia della disfatta fummo co- IL II CONGRESSO DELLA LEGA ESTERA 75 stretti a caricare i nostri fucili a doppia carica. Il Bund e il Raboccic Dielo erano là e con i loro voti decidevano le sorti del congresso. Ne nacque una lotta tenace, accanita. Passiamo ora alle sedute private dell organizzazione del Visura. In queste sedute ci occupammo, principalmente, della questione relativa alla composizione del CC. Nel corso di tutte e quattro le sedute del- l’organizzazione del Visura si svolsero dibattiti sul compagno NN, al quale parte degli iskristi voleva esprimere la propria sfiducia politica, non già, però, nel senso letterale della parola, poiché non c’era asso- lutamente nessuno che attribuisse a NN qualcosa di disonorevole, ma nel senso speciale dell’idoneità di NN per un ministero iskrista; a motivo di ciò si ebbero accanite baruffe. Nell’ultima seduta dei sedici, 9 compagni si pronunciarono contro NN, 4 furono a favore, gli altri si astennero. Subito dopo, venne discussa la questione relativa alla composizione che avrebbe dovuto avere il nostro ministero. Martov e io proponevamo dei « gruppi a tre » diversi; su di essi non riuscimmo a metterci d’accordo. Non desiderando dividere i voti al congresso, decidemmo di proporre una lista di compromesso. Facevamo ogni sorta di concessioni : io ero d'accordo per una lista con due martovisti. La minoranza non ne volle sapere. Fra l’altro un membro del Iuzny Raboci non desiderava figurare nella nostra lista, mentre accettava di trovarsi in quella dei martovisti. Il Iuzny Raboci — elemento estraneo — decideva la questione del CC. Una volta che gli iskristi si erano scissi, dovevamo raccogliere coloro che la pensavano come noi e svolgemmo un’ardente agitazione. L’inat- tesa uscita del Bund mutò di colpo tutta la situazione. Con la sua uscita si costituirono di nuovo una maggioranza e una minoranza compatte. Noi risultammo in maggioranza ed eleggemmo quindi nel CC quelli che volevamo. Ecco le circostanze che portarono alla scissione. Una grave man- canza di tatto da parte di Martov fu quella di proporre al congresso la questione della conferma di tutti i sei redattori dell’/r^ra, quando sapeva che io avrei insistito perché la redazione fosse elettiva. Ciò significava ridurre la questione dell’elezione della redazione ad un voto di sfiducia nei confronti di singoli redattori. II sabato alle 5 le elezioni ebbero termine. Passammo alla discus- ?6 LENIN sione delle risoluzioni. Per far questo ci restavano alcune ore in tutto. In conseguenza degli intralci e degli ostruzionismi ad opera della « palude », dovemmo togliere dalla Tagcsordnung una quantità di punti importanti; cosi, non ci rimase assolutamente il tempo per discutere tutte le questioni relative alla tattica. La posizione del congresso nei confronti delle risoluzioni fu tal- mente unanime che riportammo l’impressione che avesse preso il so- pravvento uno stato d’animo conciliativo; ci sembrava che dei passati dissensi Martsov non facesse una questione di Stato. Egli notò per- fino, a proposito di una domanda di uno del Iuzny Raboci cir- ca la legittimità delle elezioni, che la minoranza si sottometteva a tutte le decisioni del congresso. Tutte le risoluzioni furono accettate pacificamente ed amichevolmente; si ebbero dei dissensi solo a pro- posito della risoluzione di Starover sui liberali. Essa peccava di inde- terminatezza, e vi si manifestava ancora una volta l’opportunismo; ci battemmo, ottenendo infine che sulla stessa questione venisse approvata anche un’altra risoluzione. L’impressione generale sul congresso è che da parte nostra vi si sia condotta una lotta contro il sistema degli intrighi. Siamo stati po- sti nell’impossibilità di lavorare. La conclusione è stata questa : « Sal- vaci, o signore, da simili amici », ossia dagli pseudoiskristi. Martov non ha assolutamente capito questa circostanza. Egli ha eretto a prin- cipio la sua errata posizione. In stridente contrasto con le reali ne- cessità del partito è l’affermazione di Martov sullo « stato d’assedio » creato dalla maggioranza. Per lavorare con maggior successo era ne- cessario allontanare gli elementi che erano d’intralcio e metterli in condizione di non nuocere al partito; solo in questo caso al prossi- mo congresso riusciremo a lavorare con profitto. Ecco perché biso- gnava stabilire la più completa unità tra gli organismi centrali del partito. La prima parte del congresso è diametralmente opposta alla se- conda. I punti cardinali di tutto il congresso si riassumono in quattro momenti principali, e precisamente: i) incidente con il comitato d’or- ganizzazione; 2) dibattiti sulla parità giuridica delle lingue; 3) di- battiti sul primo punto dello statuto e 4) lotta per le elezioni degli organismi centrali del partito. IL II CONGRESSO DELLA LEGA ESTERA 77 Durante la prima parte del congresso noi e Martov eravamo con- tro il comitato d’organizzazione, il Bund, il Raboceic Diclo e la « palude »; durante la seconda parte Martov cadde casualmente nella palude. Da una Vcrsumpfung casuale otteniamo ora, dopo il con- gresso, una Vcrsumpfung ormai autentica. 3 DICHIARAZIONE A PROPOSITO DEL RAPPORTO DI MARTOV 15 ottobre Protesto con la massima energia — come contro un metodo di lotta meschino — contro il modo in cui Martov pone la questione di chi abbia mentito o di chi abbia intrigato esponendo la conversazione privata tra me, lui e Starover. Rilevo che questo metodo è in stri- dente contraddizione con la dichiarazione fatta ieri dallo stesso Mar- tov circa la ripugnanza che impedisce di spingere la cosa fino alla questione insolubile della possibilità di esporre le conversazioni pri- vate! Dichiaro che Martov ha esposto in maniera completamente fal- sa la conversazione privata en question . Dichiaro di accettare qual- siasi collegio arbitrale e invito Martov a presentarsi davanti ad esso, se ritiene di accusarmi di atti incompatibili col fatto di occupare un posto di responsabilità nel partito. Dichiaro che è dovere mo- rale di Martov, il quale formula ora non accuse dirette, ma oscure insinuazioni, avere il coraggio di sostenere le proprie accuse aper- tamente e con la sua firma davanti a tutto il partito, e che io, come redattore dell’organo centrale del partito, propongo a Martov, a nome di tutta la redazione, di pubblicare immediatamente in opu- scolo a se tutte le sue accuse. Non facendolo, Martov dimostrerà soltanto che voleva provocare uno scandalo al congresso della Lega, non già ottenere l’epurazione morale del partito. 4 DISCORSO SULLO STATUTO DELLA LEGA (77 ottobre) Mi soffermerò soprattutto su un punto e precisamente sull’idea del relatore che la Lega sia autonoma nell’elaborazione del proprio statuto. A mio avviso, ciò è assolutamente sbagliato, in quanto il CC, che in base al § 6 dello statuto del partito ha il diritto di organiz- zare i comitati, è l’unica istanza che possa elaborare lo statuto per la Lega; perché organizzare significa innanzi tutto compilare lo statuto. E finché il CC non convaliderà lo statuto della Lega, quest’ultima non avrà statuto. Qui il concetto di autonomia è assolutamente inap- plicabile, in quanto è in contrasto con lo statuto del partito. Sottolineo energicamente ancora una volta che, prima della convalida da parte del CC, la Lega non ha statuto. Quanto poi alla convalida della Le- ga da parte del congresso del partito, essa è dovuta non alla sua atti- vità, ma piuttosto, nonostante tutti i suoi difetti, esclusivamente alla sua fermezza nel campo dei prìncipi. UNA DICHIARAZIONE NON PRESENTATA ao 29 ottobre 1903. Compagni! Ho abbandonato ieri (28-X) la seduta del congresso perché era troppo ripugnante assistere al rimestio di sporchi pette- golezzi, dicerie e conversazioni private intrapreso ed effettuato con strilli isterici da Martov, con gran giubilo di tutti gli amatori dello scandalo* Proprio come a beffarsi di se stesso, lo stesso Martov due giorni £a parlava eloquentemente deirindecenza dei riferimenti a conversazioni private che non possono essere controllati, riferimenti che provocano la domanda: chi degli interlocutori ha mentito ? Pro- prio in questa indecenza è appunto incorso Martov, che ieri mi ha chiesto istericamente chi abbia mentito , io oppure lui, nell’esporre la famigerata conversazione privata relativa al famigerato gruppo a tre. Questo metodo di suscitare lo scandalo col porre in quel modo la domanda : chi ha mentito? è degno solo o di un attaccabrighe in cerca di un’occasione a buon mercato per bisticciare, o di un indivi- duo istericamente eccitato, incapace di misurare l’assurdità della propria condotta. In un uomo politico che viene accusato di deter- minati errori politici l’impiego di un simile metodo dimostra infal- libilmente la mancanza di altri mezzi di difesa, il pietoso tentativo di spostare il dissenso politico nel campo dei litigi e dei pettegolezzi. Ora si domanda: quali mezzi di difesa possono essere in gene- rale impiegati contro il metodo di tutti gli attaccabrighe e provoca- tori di scandali che rivolgono accuse indimostrabili sulla base di conversazioni private? Dico accuse « indimostrabili », giacché le con- versazoni private non verbalizzate escludono, per la loro stessa na- UNA DICHIARAZIONE NON PRESENTATA 8l tura, qualsiasi possibilità di prova, e le accuse formulate su questa base portano a semplici ripetizioni e declinazioni della parola « men- zogna ». Nell’arte di simili ripetizioni Martov è giunto ieri ad un autentico virtuosismo, ed io non seguirò il suo esempio. Ho già indicato un metodo di difesa nella mia dichiarazione di ieri ed insisto categoricamente su di esso. Propongo al mio avversa- rio di pubblicare senz’indugio in opuscolo a sé tutte le sue accuse contro di me, accuse che egli ha lanciato nel suo discorso sotto forma di infinite ed innumerevoli oscure allusioni alla menzogna, al sistema dell’intrigo, ecc. ecc. Esigo che il mio avversario scenda in campo con la sua firma proprio davanti a tutto il partito, perché ha gettato ombre su di me nella mia qualità di redattore dell’organo centrale, perché ha parlato di impossibilità per certi compagni di occupare posti di responsabilità nel partito. Mi impegno a pubblicare tutte le accuse del mio avversario, giacché proprio l’aperto rimestio dei litigi e dei pettegolezzi sarà, ne sono pienamente convinto, la mia miglio- re difesa di fronte al partito. Ripeto che, se eluderà la mia sfida, l’avversario dimostrerà con ciò stesso che le sue accuse sono soltanto oscure insinuazioni, frutto della diffamazione di un mascalzone o dell’isterica irresponsabilità di un politico infortunato. Ho del resto anche un altro mezzo indiretto di difesa. Ho detto nella mia dichiarazione di ieri che la conversazione privata en que- stion è stata riferita da Martov in maniera completamente falsa. Non ricostruirò questa conversazione proprio in conseguenza della ina- nità e inutilità delle affermazioni indimostrabili . Ognuno rifletta però al « documento » da me consegnato ieri a Martov e da lui letto al congresso. Questo documento è il programma del congresso e il mio commento a questo programma, commento scritto dopo la conversazione « privata », da me inviato a Martov e da lui resti- tuito con alcune correzioni. Questo documento rappresenta indubbiamente la quintessenza della nostra conversazione, e per me è del tutto sufficiente analizzare il suo testo esatto, per dimostrare il carattere di pettegolezzo delle accuse di Martov. Ecco il testo per esteso : « Punto 23 (della Tagesordnung del congresso). Elezioni del CC e della redazione dell 9 organo centrale del partito ». 6 - 6 15 82 LENIN Mio commento : « Il congresso elegge tre compagni nella reda- zione dell’organo cnetrale e tre nel CC. Questi sei compagni assieme , con una maggioranza dei tre terzi, completano, se necessario, la com- posizione della redazione dell’organo centrale e del CC mediante cooptazione e fanno un’apposita relazione al congresso. Dopo l’ap- provazione di questa relazione da parte del congresso l’ulteriore cooptazione viene fatta dalla redazione dell’organo centrale e dal Comitato centrale separatamente». Martov ha assicurato che questo sistema fu accettato esclusiva- mente per allargare il gruppo a sei redazionale. Con queste assicura- zioni contrastano apertamente le parole: «se necessario». È chiaro che già da allora si prevedeva la possibilità che una simile necessità non ci fosse. Inoltre, se per la cooptazione si esigeva il consenso di quattro compagni su sei, è evidente che il completamento della reda- zione non si sarebbe potuto avere senza il consenso dei non redat- tori , senza il consenso, perlomeno, di un membro del CC. Quindi l’allargamento della redazione era condizionato dall’opinione di un compagno sulla cui identità erano allora (un mese, se non un mese e mezzo, prima del congresso) possibili soltanto le piu vaghe supposizioni. È quindi evidente che anche Martov era allora del parere che il gruppo redazionale a sei come tale non potesse conti- nuare ad esistere in maniera autonoma , qualora il voto decisivo sulla questione dell’allargamento del gruppo a tre eletto fosse stato dato da un non redattore parimenti eletto. Senza un aiuto esterno, extra- redazionale, anche Martov riteneva i/npossibile trasformare la vec- chia redazione deU’/r^nz in redazione dell’organo centrale del partito. Proseguiamo. Se si fosse trattato soltanto ed esclusivamente di allargare il gruppo a sei, che bisogno c’era di parlare di un gruppo a tre? Sarebbe stato allora sufficiente sostituire alla cooptazione una- nime una cooptazione basata su questa o quella maggioranza. Allora non vi sarebbe stato nessun bisogno di parlare di redazione, ma sareb- be bastato parlare di cooptazione negli organismi del partito in gene- rale o negli organismi centrali del partito in particolare. È quindi chiaro che non si trattava soltanto di un semplice allargamento. È chiaro altresì che all’eventuale allargamento sarebbe stato d’ostacolo non un solo membro della vecchia redazione, ma forse due o anche tre , una volta che per allargare il gruppo a sei si fosse ritenuto utile ridurlo dapprima a tre. Confrontate, infine, il « completamento », l’allargamento degli organismi centrali in base allo statuto approvato al congresso con quello del progetto iniziale fissato da me e da Martov, ricordato nel succitato commento al punto 23 debordine del giorno. In base al progetto iniziale si richiedeva il consenso di quattro contro due (per allargare la redazione dell organo centrale e il CC), mentre in base all’attuale statuto si richiede, in ultima analisi, il consenso di tre con - tro due , perché ora la decisione definitiva sulla questione della coopta- zione negli organismi centrali spetta al Consiglio, e, se due redattori più un consigliere volessero un allargamento della redazione, potreb- bero ottenerlo contro la volontà del terzo. In tal modo, non vi può essere il minimo dubbio (in base al senso preciso di un preciso documento) che un mutamento nella composi- zione della redazione era stato proposto (da me e da Martov, senza che alcun redattore sollevasse contestazioni) molto prima del con- gresso, senza poi dire che questo mutamento doveva aver luogo indi- pendentemente dalla volontà e dal consenso di chicchessia, e magari anche di due o tre membri del gruppo a sei. Si può quindi giudicare quale peso abbiano ora le pietose parole circa il mandato imperativo non formale che avrebbe vincolato il gruppo a sei, circa i vincoli morali esistenti in seno ad esso, circa l’importanza di un collegio stabile ed altre simili scappatoie, di cui sovrabbondava il discorso di Martov. Tutte queste scappatoie sono in aperto contrasto col testo inequivoca- bile del commento, testo che richiedeva un rinnovamento della reda- zione, un rinnovamento da operare mediante un procedimento abba- stanza complicato, e quindi scrupolosamente ponderato. Da questo commento è più evidente ancora che il rinnovamento della redazione era condizionato al consenso di non meno di due com- pagni russi membri del CC eletti dal congresso. Significa indubbia- mente che tanto io quanto Martov speravamo di convìncere questi futuri membri del CC della necessità di un determinato cambiamento nella composizione della redazione. Noi demandavamo dunque la questione della composizione della redazione alla decisione dei mem- bri del CC che ancora non si sapeva con precisione chi sarebbero stati. 8 4 LENIN Affrontavamo pertanto la lotta sperando di conquistare questi mem- bri del CC alla nostra causa , e se ora la maggioranza dei compagni russi influenti si è pronunciata al congresso a mio favore, e non a fa- vore di Martov (in merito ai dissensi sorti tra noi), il rimpianto isterico per la propria disfatta e il suscitare litigi e pettegolezzi indimostra- bili per la loro stessa natura è, da parte di quest’ultimo, un metodo di lotta decisamente indecente e pietoso, N. Lenin ( V . /. Ulianov) Pubblicato per la prima volta in Miscellanea di Lenin , VII, 1928. DICHIARAZIONE DI RINUNCIA ALLA CARICA DI MEMBRO DEL CONSIGLIO DEL PARTITO E DI REDATTORE DELL’ORGANO CENTRALE 31 Non condividendo Topinione di G. V. Plekhanov, membro del Consiglio del partito c redattore deU’organo centrale, secondo cui nel momento attuale una concessione ai martovisti e la cooptazione del gruppo a sei sarebbero utili nell’interesse dell’unità del partito, mi dimetto dalla carica di membro del Consiglio del partito e di redattore dell’organo centrale. N. Lenin i° novembre 1903. Ginevra. P. S. Comunque, non mi rifiuto assolutamente di appoggiare col mio lavoro, nella misura del possibile, i nuovi organismi cen- trali del partito. Pubblicato nel 1904. LA POSIZIONE DEL BUND NEL PARTITO Con questo titolo il Bund ha pubblicato la traduzione di un ar- ticolo tratto dal n. 34 dt\Y Ar bei ter stim me. Quest’articolo, pubbli- cato assieme alle decisioni del quinto congresso del Bund, sarebbe una specie di commento ufficiale di queste ultime. In esso si £a il tentativo di esporre sistematicamente tutti gli argomenti che portano alla conclusione che il Bund « deve essere una parte fede- rativa del partito ». Non è privo d’interesse esaminare questi argo- menti. L’autore comincia col dire che il problema piu scottante che si pone oggi alla socialdemocrazia russa è quello dell’unificazione. Su quali basi può avvenire quest’unificazione? Il Manifesto del 1898 32 assunse come fondamento il principio dell’autonomia. L’autore ana- lizza questo principio e lo trova logicamente assurdo, intimamente contraddittorio. Se come questioni riguardanti particolarmente il proletariato ebraico si intendono soltanto le questioni inerenti ai metodi di agitazione (da adattare alla lingua particolare, alla parti- colare mentalità, alla cultura particolare degli ebrei), si tratterà di un’autonomia tecnica (?). Ma una simile autonomia significa elimi- nazione di qualsiasi indipendenza, giacché di essa fruisce qualsiasi comitato di partito, ed equiparare il Bund ai comitati è negare l’au- tonomia. Se invece per autonomia si intende l’autonomia in alcune questioni programmatiche, allora è assurdo privare il Bund di ogni indipendenza nelle restanti questioni programmatiche; l’indipen- denza nelle questioni programmatiche presuppone immancabilmen- te una rappresentanza del Bund come tale negli organi centrali del partito, ossia non l’autonomia, ma la federazione. Una solida base LA POSIZIONE DEL BUND NEL PARTITO 8? per la posizione del Bund nel partito va cercata nella storia del mo- vimento rivoluzionario ebraico in Russia. Questa storia ci mostra la fusione di tutte le organizzazioni che svolgono un lavoro tra gli operai ebrei in un’unica unione, il Bund, e restendersi della sua attività dalla Lituania alla Polonia, e in seguito al mezzogiorno della Russia. La storia, quindi, ha rovesciato tutte le barriere territoriali ed ha fatto del Bund l’unico rappresentante del proletariato ebraico. Ecco un principio che non è il frutto di una mente oziosa (?), ma il risultato di tutta la storia del movimento operaio ebraico: il Bund è l’unico rappresentante degli interessi del proletario ebraico. E l’or- ganizzazione del proletariato di un’intera nazionalità può natural- mente entrare a far parte di un partito solo nel caso che esso abbia una struttura federativa: il proletariato ebraico non è soltanto una parte della famiglia mondiale dei proletari, ma anche una parte del popolo ebraico, che tra gli altri popoli si trova in una situazione di tipo particolare. Infine la stretta unione tra le parti costitutive del partito trova appunto espressione nella federazione, giacché la carat- teristica fondamentale di quest’ultima è la diretta partecipazione agli affari del partito di ogni sua parte costitutiva; tutte le parti co- stitutive del partito si sentono allora uguali. L’autonomia invece presuppone la mancanza di diritti delle parti che costituiscono il partito, l’indifferenza per gli affari comuni, la reciproca sfiducia, gli attriti e i conflitti. Questa Targomentazione dell’autore, da noi esposta quasi esclu- sivamente con le sue stesse parole. Essa si riduce a tre punti: con- siderazioni di carattere generale sulla contraddizione intrinseca del- l’autonomia e sulla sua inadeguatezza dal punto di vista della stretta unione delle parti costituive del partito; insegnamenti della storia, che ha fatto del Bund l’unico rappresentante del proletariato ebraico; e, infine, richiamo al fatto che il proletariato ebraico è il proletariato di un’intera nazionalità che si trova in una situazione di tipo parti- colare. L’autore vuole poggiare, quindi, e su principi organiz- zativi generali, e sugli insegnamenti della storia, e sull'idea di nazio- nalità. L’autore tenta — bisogna dargliene atto — di esaminare la questione sotto tutti gli aspetti. Ed è proprio per questo che la sua esposizione delinea con tanta chiarezza la posizione propria del Bund nella questione che agita noi tutti. LENIN Con la federazione, ci si dice, le parti costitutive del partito go- dono degli stessi diritti e prendono parte agli affari comuni diret- tamente; con ['autonomia sono prive di diritti e non partecipano come tali alla vita comune di tutto il partito. Questo ragionamento rientra in tutto e per tutto nel campo delle insulsaggini evidenti; esso rassomiglia come due gocce d’acqua ai ragionamenti che i ma- tematici chiamano sofismi matematici, e nei quali — in modo a prima vista rigorosamente logico — si dimostra che due piu due è uguale a cinque, che la parte è maggiore del tutto, ecc. Ci sono delle raccolte di simili sofismi matematici, e per gli scolari hanno la loro utilità. È però imbarazzante dover spiegare a delle persone che si ritengono gli unici rappresentanti del proletariato ebraico un sofi- sma cosi elementare come quello di intendere l’espressione di « parte costitutiva del partito » in maniera diversa nelle due metà di uno stesso ragionamento. Se si parla di federazione, per parte del partito si intende una somma di singole organizzazioni locali; se si parla di autonomia, si intende invece ogni singola organizzazione locale. Mettete insieme in un unico sillogismo questi concetti pseudoidentici ed otterrete inevitabilmente la conclusione che due più due è uguale a cinque. E se per i bundisti continua a non essere chiara la sostan- za del loro sofisma, possono dare uno sguardo - al loro stesso statuto massimo e vedervi che con la federazione le organizzazioni locali sono in relazione col centro del partito per l’appunto mediatamente, mentre con l’autonomia lo sono immediatamente. A dire il vero, sarebbe decisamente meglio che i nostri federalisti non parlassero di « stretta unione » ! A voler confutare la tesi che federazione signi- fica separazione e autonomia fusione delle parti del partito non si può che far ridere la gente. Non molto più felice è il tentativo di dimostrare l’« assurdità lo- gica » dell’autonomia, tentativo effettuato mediante la suddivisione di quest’ ultima in programmatica e tecnica. Questa suddivisione è già di per sé sommamente assurda. Perché le questioni inerenti ai metodi particolari di agitazione in mezzo agli operai ebrei dovreb- bero essere definite tecniche? Che cosa c’entra qui la tecnica, quan- do si tratta delle particolarità della lingua, della mentalità, delle con- dizioni di vita ? Come si può parlare di indipendenza nelle questioni programmatiche a proposito, per esempio, della rivendicazione del- LA POSIZIONE DEL BUND NEL PARTITO 89 l’iigiiaglianza giuridica degli ebrei? Il programma della socialdemo- crazia formula solo le rivendicazioni fondamentali, comuni a tutto il proletariato, indipendentemente dalle differenze professionali, lo- cali, nazionali, razziali. Dipende da queste differenze che la stessa e identica rivendicazione della completa uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge susciti in una località l’agitazione contro una determinata forma di disuguaglianza giuridica, in un’altra località o per ciò che concerne altri gruppi del proletariato contro un’altra for- ma di disuguaglianza, ecc. Lo stesso e identico punto programmatico si applica diversamente a seconda delle diverse condizioni di vita, della diversità di cultura, della diversità del rapporto esistente tra le forze sociali nelle diverse regioni del paese, ecc. L’agitazione per la stessa e identica rivendicazione programmatica viene svolta con metodi diversi ed in lingue diverse, tenendo conto di tutte queste disparità. L’autonomia nelle questioni che toccano in ispecial modo il proletariato di una determinata razza, di una determinata nazione, di un determinato territorio significa quindi che la definizione delle speciali rivendicazioni avanzate in esecuzione del programma comu- ne, la definizione dei metodi di agitazione è demandata alla decisio- ne autonoma della corrispondente organizzazione. Il partito nel suo insieme, i suoi organismi centrali stabiliscono i principi fondamen- tali generali del programma e della tattica: i vari metodi di attua- zione nel lavoro pratico e nell’agitazione vengono invece stabiliti dalle varie organizzazioni del partito dipendenti dal centro, in corri- spondenza con le diversità locali, razziali, nazionali, culturali, ecc. Si domanda: forse che una simile nozione dell’autonomia non è chiara? E non è forse pura scolastica dividere l’autonomia in que- stioni programmatiche e tecniche? Osservate come « viene logicamente analizzato » il concetto di autonomia nell’opuscolo che stiamo esaminando. « Da tutto l’insieme delle questioni con le quali deve avere a che fare la socialdemocrazia — dice quest’opuscolo a proposito del principio dell’autonomia po- sto a base del manifesto del 1898 — si separano [sic!] alcune que- stioni, nei cui confronti si riconosce che toccano in ispecial modo il proletariato ebraico ... L’autonomia del Bund finisce là dove co- minciano le questioni generali ... Di qui scaturisce la posizione am- bigua del Bund nel partito : nelle questioni speciali esso agisce come 9 ° LENIN Bund ... nelle questioni generali perde la propria fisionomia e si assi- mila a un semplice comitato del partito... » Il programma socialde- mocratico rivendica la completa uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. In esecuzione di questo programma l’operaio ebreo a Wilno avanza una rivendicazione speciale, mentre il basckiro che fa l’operaio a Ufà ne avanza una completamente diversa. Vuol forse dire che « da tutto l’insieme delle questioni » « se ne separino alcu- ne»? Se la rivendicazione generale dell’uguaglianza giuridica viene tradotta in pratica, avanzando una serie di rivendicazioni speciali per l’abolizione di speciali forme di disuguaglianza, vuol forse dire che le questioni speciali vengono qui separate dalle questioni gene- rali? Le rivendicazioni speciali non vengono separate da quelle ge- nerali; vengono invece poste in esecuzione delle rivendicazioni gene- rali del programma. Si separa ciò che tocca in special modo l’ebreo di Wilno da ciò che tocca in special modo il basckiro di Ufà. La generalizzazione delle loro rivendicazioni, la rappresentanza dei loro interessi di classe generali (ma non speciali, professionali, raz- ziali, locali, nazionali, ecc.) è compito di tutto il partito, è compito del centro del partito. Parrebbe che questa faccenda dovesse essere abbastanza chiara! L’hanno invece confusa i bundisti, perché, in luogo di un’analisi logica, ci hanno dato ancora una volta alcuni esempi di assurdità logiche. Essi non hanno capito affatto il rappor- to esistente tra le rivendicazioni generali e le rivendicazioni specifi- che della socialdemocrazia. Hanno pensato che « da tutto l’insieme delle questioni con le quali deve avere a che fare la socialdemocrazia se ne debbano separare alcune », mentre in realtà ogni questione affrontata nel nostro programma è la generalizzazione di tutta una serie di questioni e di rivendicazioni speciali; ogni punto del pro- gramma è un punto generale per tutto il proletariato, dividendosi ad un tempo in questioni particolari in correlazione con la diversità delle professioni esercitate dai proletari, con la diversità delle loro condizioni di vita, di lingua, ecc., ecc. I bundisti sono turbati dalla contraddittorietà ed ambiguità della posizione del Bund, consistente — capite? — nel fatto che nelle questioni speciali esso agisce come Bund, mentre in quelle generali perde la propria fisionomia. Un po’ di riflessione mostrerebbe loro che una simile « ambiguità » è incondizionatamente presente nella posizione di ogni operaio so- LA POSIZIONE DEL BUND NEL PARTITO 91 cialdemocratico, il quale nelle questioni speciali agisce come rappre- sentante di una determinata professione, come membro di una determinata nazione, come abitante di una determinata località, mentre nelle questioni generali « perde la propria fisionomia » e si assimila ad ogni altro socialdemocratico. In base allo statuto del 1898, l’autonomia del Bund è un fenomeno assolutamente identico alPautonomia del comitato di Tuia; solo che i limiti di questa auto- nomia sono un po’ diversi e alquanto più ampi nel primo caso che nel secondo. E solo una stridente assurdità logica racchiude in se la seguente proposizione con cui il Bund confuta una siffatta con- clusione: «Se al Bund si accorda l’autonomia in alcune questioni programmatiche , su quale base viene esso privato di ogni autonomia nelle restanti questioni programmatiche? ». La contrapposizione delle questioni speciali a quelle generali come contrapposizione di «alcune» alle « restanti » è un esempio incomparabile di «analisi logica» bundista! Questa gente non riesce assolutamente a capire che questo significa contrapporre il diverso colore, sapore e odore di alcune mele all'insieme delle « restanti » mele. Osiamo assicu- rarvi, egregi signori, che non solo alcune, ma tutte le mele hanno questo o quel sapore, colore e odore speciali. Non solo in « alcune », ma in tutte le questioni programmatiche senza eccezione vi si accor- da l’autonomia, egregi signori, ma precisamente in quanto si tratta di adeguare queste questioni alle peculiarità del proletariato ebraico. Mein tener er Freund, ich rat 1 1 Euch drum zuerst Collegium logi - cum ! 33 . Il secondo argomento dei bundisti consiste nel richiamarsi alla storia, che avrebbe fatto del Bund Punico rappresentante del proleta- riato ebraico. Prima di tutto questa tesi è sbagliata. Lo stesso autore dell’opu- scolo dice che «il lavoro delle altre organizzazioni f oltre al Bundl in questa direzione [cioè il lavoro tra il proletario ebraico] o non ha dato alcun risultato o ha dato risultati che non meritano di esser presi in considerazione ». Un lavoro dunque, a quanto egli stesso ammette, è stato svolto, e quindi il Bund non è stato l'unico rap- presentante del proletariato ebraico; nella valutazione dei risultati di questo lavoro nessuno, naturalmente, farà assegnamento sul giudi- zio dello stesso Bund; infine, non è un mistero per nessuno che il 92 LENIN Bund ha contrastato il lavoro delle altre organizzazioni in seno al proletariato ebraico (basti menzionare il noto episodio della lotta del Bund contro il comitato di Iekaterinoslav, che aveva avuto l’ardire di pubblicare un appello agli operai ebrei 34 ); sicché, se anche i risultati non meritassero effettivamente di essere presi in considerazione, una parte di colpa ricadrebbe sullo stesso Bund. Proseguiamo. La parte di verità contenuta nel riferimento storico del Bund non dimostra ancora in nessun modo la giustezza della sua argomentazione* I fatti che hanno effettivamente avuto luogo e ai quali si è riferito il Bund parlano non in suo favore, ma contro di esso. Ecco i fatti : il Bund è esistito e si è sviluppato — durante i cinque anni trascorsi dal primo congresso — in maniera del tutto autonoma ed indipendente dalle altre organizzazioni del partito. In generale, l’effettivo legame esistente tra tutte le organizzazioni del partito è stato in questo periodo straordinariamente debole; il legame esistente tra il Bund e le restanti parti del partito, però, non solo è stato molto più debole ancora, ma si è anche indebolito sempre di più. Che sia stato lo stesso Bund a indebolire questo legame lo dimostra apertamente la storia delle organizzazioni estere del nostro partito. Nel 1898 i bundisti entravano a far parte di un’unica organizzazione del partito aU’estero; intorno al 1903 si sono separati, costituendo un’organizzazione estera assolutamente autonoma ed indipendente. L’autonomia e l’indipendenza del Bund sono un fatto incontestabile, cosi come il loro graduale consolida- mento. Che cosa scaturisce da questo fatto incontestabile? Per i bun- disti ne scaturisce la necessità di inchinarsi dinanzi ad esso, di ac- cettarlo servilmente, di trasformarlo in principio, nell’unico principio capace di dare una solida base alla posizione del Bund, di sancire questo principio nello statuto, che deve riconoscere il Bund come unico rappresentante del proletariato ebraico nel partito. A nostro avviso, invece, una simile conclusione è opportunismo della più bell’acqua, « codismo » della peggior specie. Dalla storia di cinque anni di scompiglio bisogna trarre la conclusione non di sancire lo scompiglio stesso, ma di farla finita con quest’ultimo una volta per sempre. Vi può forse essere ancora qualcuno che osi negare che si sia effettivamente trattato di scompiglio? Durante questa LA POSIZIONE DEL BUND NEL PARTITO 93 periodo si sono sviluppate in maniera autonoma ed indipendente tutte le parti del partito : non si dovrà dedurre da questo solo fatto il « principio » della federazione tra la Siberia, il Caucaso, gli Urali, il Mezzogiorno, ecc.P Sono gli stessi bundisti a dire che il partito, nel senso di un’unificazione organizzativa delle sue parti, di fatto non è esistito; come si può da ciò che si è formato mentre il partito non esisteva trarre una qualsiasi conclusione relativamente alla questione della ricostituzione deirunità organizzativa? No, egregi signori, il vostro richiamo alla storia dello scompiglio, storia che ha creato l’isolamento, non dimostra assolutamente nient’altro che l’anormalità di questo stato d’isolamento. Dedurre un « principio » organizzativo da alcuni anni di disorganizzazione del partito vuol dire comportarsi allo stesso modo di quei rappresentanti della scuola storica che, secondo la nota osservazione sarcastica di Marx, erano pronti a difendere lo staffile per la ragione che si trattava di uno staffile storico 35 . Sicché, né l’« analisi logica» dell’autonomia, né i riferimenti storici possono in alcun modo dare sia pur l’ombra di una motiva- zione « teorica » all’isolamento bundista. In compenso, ha un ca- rattere indubbiamente teorico il terzo argomento del Bund, col quale ci si appella all’idea della nazione ebraica. Purtroppo, però, quest’idea sionistica è, nella sua sostanza, completamente falsa e rea- zionaria. « Gli ebrei hanno cessato di esistere come nazione, giacché una nazione senza un territorio è impensabile », dice uno dei piu eminenti teorici marxisti, Karl Kautsky (cfr. n. 42 dcìYIs/^ra e rela- tivo estratto pubblicato a parte : Il massacro di Kisciniov e la questio- ne ebraica y p. 3). E recentemente, nell’esaminare la questione delle nazionalità in Austria, lo stesso autore, cercando di dare una defini- zione scientifica del concetto di nazionalità, stabilisce due attributi fondamentali di questo concetto: la lingua e il territorio ( Die Ncue Zeity 1903, n. 2). Quasi alla lettera ripete la stessa affermazione un ebreo francese, il radicale Alfred Naquet, polemizzando con gli anti- semiti e i sionisti. « Se a Bernard Lazare — egli dice, riferendosi ad un noto sionista, — fa piacere ritenersi cittadino di un popolo parti- colare, è affar suo; io dichiaro però che, benché nato ebreo... non ammetto una nazionalità ebraica ... io non ho altra nazionalità che quella francese ... Costituiscono forse gli ebrei un popolo a sé? Anche 94 LENIN se in un passato molto remoto essi furono indubbiamente un popolo, tuttavia io rispondo a questa domanda con un categorico no, Il con- cetto di popolo presuppone certe condizioni che in questo caso non si riscontrano. Un popolo deve avere un territorio sul quale possa svilupparsi, e poi, nei nostri tempi perlomeno, finché una confedera- zione mondiale non avrà ampliato questa base, un popolo deve avere una lingua comune. Gli ebrei non hanno piu né territorio né lingua comune... Con ogni probabilità, Bernard Lazare non sa, esattamente come me, una sola parola di ebraico, e non gli riuscirebbe facile, qua- lora il sionismo raggiungesse il suo scopo, intendersi coi suoi com- patrioti [ congénères ] delle altre parti del mondo » {La Petite Répu~ blique , 24 sept., 1903). « Gli ebrei tedeschi e francesi non somigliano affatto agli ebrei polacchi e russi. I tratti caratteristici degli ebrei non hanno nulla che rechi l’impronta [ empreinte ] di una nazionalità. Se fosse consentito di riconoscere, d’accordo con Drumont, gli ebrei come nazione, si tratterebbe di una nazione artificiale. L'ebreo mo- derno è il prodotto di una selezione innaturale alla quale i suoi ante- nati furono sottoposti per un periodo di quasi diciotto secoli. » Ai bundisti non rimane forse nient’altro che elaborare l’idea di una nazionalità particolare degli ebrei russi, la cui lingua è un gergo, e il cui territorio è la zona di residenza obbligatoria. Assolutamente inconsistente sotto il profilo scientifico*, l’idea di un particolare popolo ebraico è reazionaria per il suo significato poli- tico. La dimostrazione pratica irrefutabile di questa affermazione è data dai fatti universalmente noti della storia piu recente e dell’o- dierna realtà politica. In tutta l’Europa la decadenza del medioevo e lo sviluppo della libertà politica sono proceduti di pari passo con Temancipazione politica degli ebrei, col loro passaggio dal gergo alla * Non solo le particolarità nazionali deU’ebraismo, ma anche le particolarità raz- ziali sono confutate dall’odierna indagine scientifica, che pone in primo piano le partico- larità nonché deU’ebraismo. « La particolarità deirebraismo scaturisce forse dal suo carattere razziale? », si domanda K. Kautsky, e risponde che non sappiamo nemmeno esattamente che cosa sia propriamente una razza. « Non abbiamo nessun bisogno di ricorrere al concetto di razza, che non dà una vera risposta, ma solleva soltanto nuove questioni. Basta tener dietro alla storia del popolo ebraico per chiarir le cause del suo carattere ». E un conoscitore di questa storia come Renan dice: « I tratti parti- colari degli ebrei e il loro modo di vivere sono assai più il risultato delle condizioni sociali [ nécesntés sociale*], che hanno influito su di essi per secoli e secoli, che non una caratteristica razziale [phinombne de race].* 36 . LA POSIZIONE DEL BUND NEL PARTITO 95 lingua del popolo in seno al quale vivono, e in generale con un indubbio progresso della loro assimilazione con la popolazione circo- stante. Dobbiamo forse ritornare alle teorie dello sviluppo originale della Russia e dichiarare che proprio la Russia costituirà un’eccezione, benché il movimento di liberazione degli ebrei sia da noi notevol- mente piu profondo e notevolmente piu ampio, per effetto del risve- glio di un'eroica autocoscienza in seno al proletariato ebraico? È mai possibile che si debba considerare casuale che proprio le forze reazionarie di tutta l'Europa, e della Russia in particolare, si scaglino contro l'assimilazione del mondo ebraico e cerchino di consolidare il suo isolamento? La questione ebraica sì pone appunto cosi : assimilazione o isola- mento? E l'idea della «nazionalità» ebraica presenta un carattere chiaramente reazionario non solo tra i suoi fautori conseguenti (i sio- nisti), ma anche tra coloro che si sforzano di abbinarla alle idee della socialdemocrazia (i bundisti). L'idea della nazionalità ebraica è in contrasto con gli interessi del proletariato ebraico, poiché suscita in esso, direttamente e per vie oblique, uno stato d'animo ostile alPassi- milazione, lo stato d’animo del «ghetto». «Quando l'Assemblea nazionale decretò, nel 1791, l'emancipazione degli ebrei, — scrive Renan, — essa si occupò pochissimo della razza... Il compito del XIX secolo è di abbattere tutti i "ghetti ed io non mi congratulo con coloro che cercano di restaurarli. La razza ebraica ha reso al mondo i pili grandi servigi. Assimilata alle varie nazioni, in armonia con le diverse unità nazionali, essa continuerà a fare nell'avvenire ciò che ha fatto nel passato». E Karl Kautsky, riferendosi in special modo agli ebrei russi, si esprime ancor piu energicamente. L’ostilità verso gli strati allogeni della popolazione può essere eliminata « soltanto se si fonderanno con la massa della popolazione. Questa e Vunica solu- zione possibile della questione ebraica , e noi dobbiamo sostenere tutto ciò che contribuisce ad eliminare V isolamento ebraico ». Ed ecco che che a quest'unica possibile soluzione si oppone il Bund, non già eli- minando, ma rafforzando e legittimando l’isolamento ebraico col dif- fondere l’idea di una « nazione » ebraica e il progetto di una federa- zione tra i proletari ebrei e non ebrei. Questo l’errore fondamentale del « bundismo », errore che dev'essere e che sarà corretto dai rap- presentanti coerenti della socialdemocrazia ebraica. Quest’errore in- 9 6 LENIN duce i bundisti a qualcosa di mai visto in seno alla socialdemocrazia internazionale, ossia all’incitamento alla sfiducia dei proletari ebrei verso quelli non ebrei, al sospetto nei confronti di questi ultimi, alla diffusione della menzogna nei loro riguardi. Eccone una prova, tratta dallo stesso opuscolo: «Una simile assurdità [che l’organizzazione del proletariato di un’intera nazionalità sia privata di una rappresen- tanza negli organi centrali del partito] può essere predicata aperta- mente solo [notate questo!] nei confronti del proletariato ebraico, che, in forza dei particolari destini storici del popolo ebraico, deve ancora lottare per ottenere l’uguaglianza giuridica [!!] nella fami- glia del proletariato mondiale». Ci siamo di recente imbattuti in una trovata esattamente identica in un volantino sionista i cui autori vomitano fuoco e fiamme contro Visura, vedendo nella sua lotta contro il Bund il rifiuto di riconoscere « l’uguaglianza giuridica » tra l’ebreo e il non ebreo. E ora i bundisti ripetono le trovate sioniste! Si diffonde l’aperta menzogna perché noi abbiamo «predicato» la « privazione di una rappresentanza » non « solo » nei confronti degli ebrei, ma anche nei confronti degli armeni, dei georgiani ecc., e nei confronti dei polacchi abbiamo invitato al riavvicinamento, aH’unifi- cazione, alla fusione di tutto il proletariato che lotta contro l’auto- crazia zarista. Non a caso, infatti, il Partito socialista polacco ci ha dato addosso! Chiamare la propria lotta per Videa sionista di una nazione ebraica, per il principio federativo dell’organizzazione del partito, « lotta per ottenere l’uguaglianza giuridica degli ebrei nella famiglia del proletariato mondiale » vuol dire degradare la lotta, tra- sferendola dal campo delle idee e dei principi nel campo dei sospetti, degli incitamenti all’odio, del rinfocolamento di pregiudizi sorti sto- ricamente. Questo vuol dire mostrare all’evidenza di mancare nella propria lotta di armi ideali e teoriche. Siamo giunti cosi alla conclusione che degli argomenti del Bund non reggono alla minima critica né quelli logici, né quelli storici, né quelli nazionalistici. Il periodo dello sbandamento, dopo aver raf- forzato le esitazioni tra i socialdemocratici russi e Tisolamento delle singole organizzazioni, si è fatto sentire nella stessa direzione, e for- se anche più fortemente tra i bundisti. Anziché porsi come parola d’ordine la lotta contro questo isolamento sorto storicamente (e raf- forzato dallo scompiglio), essi lo hanno elevato a principio, aggrap- LA POSIZIONE DEL BUND NEL PARTITO 97 pandosi a questo scopo a sofismi suirinterna contraddittorietà dell’au- tonomia, aH’idea sionista di una nazione ebraica. Solo un risoluto ed aperto riconoscimento di questo errore e la proclamazione di una svolta verso la fusione possono distogliere il Bund dalla via sbagliata sulla quale si è incamminato. E noi siamo certi che i migliori rappre- sentanti delle idee socialdemocratiche in seno al proletariato ebraico presto o tardi costringeranno il Bund ad abbandonare la via dell’isola- mento per quella che porta alla fusione. Pubblicato il 22 ottobre 1903 nel n, 51 dell 7 /^ttJ, 7 -«lS BORGHESIA POPULISTEGGIANTE E POPULISMO SMARRITO I marxisti russi attirano già da molto tempo l’attenzione sulla degenerazione del vecchio populismo russo, classico, rivoluzionario, manifestatasi ininterrottamente fin dagli anni ottanta del secolo scorso. Si era andata spegnendo sempre più la fede nella struttura particolare deireconomia contadina, nel Vobstcina come embrione e base del socialismo, nella possibilità di evitare la via dello sviluppo capitalistico attraverso un’immediata rivoluzione sociale cui il popolo sarebbe stato già pronto. Solo le rivendicazioni di provvedimenti d’o- gni sorta volti a consolidare l’azienda contadina e la « piccola produ- zione popolare» in genere avevano conservato un valore politico. Questo non era già più, in sostanza, che riformismo borghese; il populismo degenerava in liberalismo; andava sorgendo una tendenza populistico-liberale, la quale non voleva o non poteva vedere che i provvedimenti progettati (tutti i crediti, le cooperative, le migliorie, gli ampliamenti del possesso fondario) non uscivano dalPambito della società borghese esistente . Le teorie populistiche dei signori V.V., Nikolai-on e dei loro numerosi epigoni altro non erano che una copertura pseudoscientifica di questo fatto spiacevole, ma indubbio. La critica marxista spezzò la copertura, e l’influenza delle idee populi- stiche sull’ambiente rivoluzionario russo andò scemando con sorpren- dente rapidità. Queste idee divennero quindi, anche di fatto, appan- naggio esclusivo dello strato sociale cui erano congeniali, la « socie- tà » liberale russa. Il bernsteinismo dell’Europa occidentale fu lo zampillo nuovo che rafforzò e in pari tempo modificò la corrente accennata. Non a caso BORGHESIA POPUUSTEGCIÀNTE 99 si dice, e giustamente : « Nessuno è profeta in patria ». Bernstein non ebbe fortuna in patria, ma in compenso le sue idee « furono prese sul serio » e messe in pratica in Francia, in Italia, in Russia da alcuni socialisti che si trasformarono rapidamente in rappresentanti del ri- formismo borghese. Fecondata da queste idee la nostra tendenza populistico-liberale si conquistò nuovi sostenitori tra gli ex marxisti e si rinvigorì nello stesso tempo anche internamente, liberandosi da certe illusioni primitive e appendici reazionarie. Il bernsteinismo svolse la sua funzione non col modificare il socialismo, ma col dare un volto alla nuova fase del liberalismo borghese e col togliere il volto del socialismo a certi pseudosocialisti. Un esempio sommamente interessante ed istruttivo di avvici- namento e di fusione delle idee opportunistiche europee e di quel- le populistiche russe ci è fornito dall'articolo del signor L. A pro- posito della questione agraria nel n. 9 (33) dell Osvobozdenie. Si tratta di un vero e proprio articolo programmatico, che espone one- stamente sia il credo generale dell'autore che l'applicazione sistema- tica di questo credo ad un determinato campo di questioni. Que- st’articolo costituirà una pietra miliare nella storia del liberalismo russo, segnando un grande passo in avanti nel suo formarsi e conso- lidarsi. L'autore veste il suo liberalismo borghese con un abito cucito all’ultima moda. Ripetendo quasi alla lettera le parole di Bernstein, c g! i, con ridicola serietà, cerca di persuadere il lettore che « libera- nismo e socialismo non si possono in alcun modo separare l’uno dal- l’altro o addirittura contrapporre l’uno all’altro: per il loro ideale fondamentale essi sono identici e indivisibili; il socialismo non co- stituisce un pericolo per il liberalismo, come molti paventano; esso viene non per demolire, ma per attuare i precetti del liberalismo ». È cosa risaputa : si crede volentieri a quel che si desidera, e il signor L. e i suoi accoliti vorrebbero molto che i socialdemocratici non si differenziassero dai liberali, che concepissero il socialismo « non ftel senso di dogmi bell’e fatti e di dottrine cristallizzate che pretendono di considerare anticipatamente l’intero corso dello sviluppo stori- co... » (ecc., proprio nello spirito della Revoliutsionnaia Rossta )..., ma «come un ideale etico, generale...» (relegato, com’è noto, da tutti i filistei, liberali compresi, nel campo delle cose irrealizzabili 100 LENIN in questa valle di lacrime terrena, nel campo della vita futura e delle « cose in sé »). I liberali naturalmente desiderano — * scusate l’espressione volga- re! — millantare la loro merce, identificare il liberalismo politico della Russia con la democrazia economica e sociale. Quest’idea è molto « buona », ma nello stesso tempo molto confusa e insidiosa. Buona, in quanto esprime la buona intezione di una determinata parte dei liberali di propugnare vaste riforme sociali. Confusa, in quanto si basa sulla contrapposizione del liberalismo democratico a quello borghese (ancora una volta completamente nello spirito della Revoliutsionnaia Rossia! ); evidentemente l’autore non ha idea del fatto che in ogni società capitalistica non possono non esistere determinati elementi democratici borghesi favorevoli a vaste riforme democratiche ed economico-sociali; l’autore, come tutti i Mille- rand 37 russi, vorrebbe equiparare il riformismo borghese al socia- lismo, inteso naturalmente « non nel senso di dogmi bell’e pronti », ecc. Quest’idea, infine, è molto insidiosa, in quanto l’autore assicu- ra a se stesso e agli altri che la simpatia per le riforme — le « solle- citudini per le necessità e gli interessi del popolo, il “ populismo ”, nel senso etico vero e bello della parola » — di una determinata par- te dei liberali in un determinato momento storico è o può essere un attributo costante del liberalismo in generale. È cosa di un’ingenuità commovente. Ma chi non sa che ogni ministero borghese dimissio- nario, ogni « opposizione di sua maestà » grida sempre, finché resta all’opposizione, il suo « populismo » vero, bello ed etico? La bor- ghesia russa giuoca al populismo (e talvolta vi giuoca sinceramente) proprio perché si trova all’opposizione e non è ancora al timone del potere. Il proletariato russo saprà rispondere ai discorsi amorevol- mente insidiosi dei signori del YOsvobozdenie: pas si bète, messieurst Non sono poi tanto stupido, signori, da credervi! Dalle considerazioni generali sull’identità tra liberalismo c socia- lismo il signor L. passa alla teoria generale della questione agraria. In una decina di righe demolisce il marxismo (di bel nuovo nello spirito della Revoliutsionnaia Rossta) > condensandolo a questo scopo, com’è d’uso, in una forma volgarmente piatta, per poi dichiararlo e non corrispondente alPesperienza e scientificamente indimostrato c in generale sbagliato 1 È oltremodo caratteristico che, a riprova di borghesia populisteggiante IOI ciò, ci si riferisca unicamente alla letteratura socialista (il corsivo è del signor L.) europea, evidentemente quella bernsteiniana. Il rife- rimento è molto convincente. Se i socialisti europei ( europci\ ) co- minciano a pensare e a ragionare da borghesi, perché mai i borghesi russi non dovrebbero dichiararsi populisti e socialisti? La concezione marxista della questione contadina — cerca di convincerci il signor L. — , « se fosse incontestabile e Tunica possibile, porrebbe tutta la Russia rurale [sic\] in una situazione spaventosa, tragica, condan- nandola alTinerzia, data la provata impossibilità di una politica agraria progressiva e, in generale, di un aiuto razionale, efficace al- Tazienda contadina». Come vedete, Targomento è irrefutabile: siccome il marxismo dimostra Timpossibilità di una prosperità in qualche modo durevole di strati in qualche modo vasti di contadini sotto il capitalismo, per questo esso pone la Russia «rurale» (non sarà per caso un lapsus per Russia dei « proprietari terrieri » ? 3a ), cioè la Russia che vive proprio a spese della rovina e della proleta- rizzazione della popolazione contadina, in una situazione spaven- tosa, tragica. Si, si, proprio in questo sta uno dei meriti d’impor- tanza storico-mondiale del marxismo, nell’aver posto una volta per sempre in una situazione spaventosa, tragicomica gli ideologi della borghesia, paludati nelle vesti del populismo, della democrazia eco- mica e sociale, ecc. Per esaurire le esercitazioni teoriche del signor L. non ci resta che riportare ancora la seguente perla. «Qui [cioè nell’agricoltura ] — ci si dice — non c’è e non può esserci il progresso automatico [I] che fino ad un certo punto è possibile nell’industria in conseguenza dello sviluppo oggettivo [!] della tecnica.» Quest’impareggiabile profondità di pensiero è stata presa pari pari a prestito dai signori Kablukov, Bulgakov, E. David e tutti quanti 39 , i quali in opere « dótte » giustificano l’arretratezza sotto gli aspetti tecnico, econo- mico e sociale. L’arretratezza dell’agricoltura è indubbia, è stata ri- conosciuta già da tempo dai marxisti ed è pienamente spiegabile, ma il « progresso automatico [sia pure fino ad un certo punto] nel- l’industria » e lo sviluppo oggettivo della tecnica sono senz’altro pu- re e semplici corbellerie. Tuttavia le escursioni nel campo della scienza non sono altro che l’ornamento architettonico dell’articolo del signor L. Quale autentico 102 LENIN politico realista, accanto ad un'enorme confusione nei ragionamenti generali, egli ci dà un programma pratico sommamente sensato e po- sitivo. È vero che egli fa modestamente la riserva — nella sua lingua russa cancellieresca — di esimersi dall’abbozzare in anticipo un pro- gramma e di limitarsi ad esprimere il proprio atteggiamento, ma è solo per darsi le arie del modesto. In realtà, nell’articolo del signor L. abbiamo invece un programma agrario dei liberali russi assai circo- stanziato e completo, al quale manca solo una redazione stilistica e una suddivisione articolata in punti. Il programma è stilato in uno spirito coerentemente liberale : libertà politica, riforma tributaria de- mocratica, libertà di domicilio, politica agraria democratico-contadi- na volta a democratizzare la proprietà terriera. A tale fine si rivendi- ca la libertà di uscire daWobstcina, la trasformazione di quest’ultima da unione obbligatoria in unione libera, analoga ad una qualsiasi as- sociazione economica, la creazione di un diritto democratico sulle affittanze. Lo « Stato » deve contribuire al « passaggio delle terre nel- le mani delle masse lavoratrici » mediante tutta una serie di prov- vedimenti, come: estensione dell’attività della Banca contadina, tra- sformazione in proprietà statale delle terre degli appannaggi, « crea- zione di piccole aziende di lavoro su basi personali o cooperativisti- che », infine 1* alienazione forzata o il riscatto obbligatorio delle terre necessarie per i contadini. «Naturalmente questo riscatto obbligato- rio dev’essere fatto poggiare sul solido terreno della legalità e cor- redato in ogni singolo caso di valide garanzie », ma in certi casi dev’essere applicato «quasi [sicl] senza riserve», per esempio nei confronti delle terre stralciate, che danno vita a qualcosa di simile ai rapporti vigenti con la servitù della gleba. Allo scopo di far ces- sare i rapporti semiservili dev’essere riconosciuto allo Stato il diritto all’alienazione forzata e alla delimitazione obbligatoria dei relativi appezzamenti. Questo, il programma agrario dei liberali. Un confronto con il programma agrario socialdemocratico si impone da sé. La somiglian- za si manifesta nell’identità della tendenza immediata e nell’omoge- neità della maggior parte delle rivendicazioni. La differenza sta nei seguenti due punti, d’importanza cardinale. In primo luogo, l’eli- minazione delle sopravvivenze della servitù della gleba (apertamente formulata come fine in entrambi i programmi) i socialdemocratici vo- BORGHESIA POPULISTEGGIÀNTE 103 gliono attuarla per vìa rivoluzionaria e con energia ugualmente rivo- luzionaria, i liberali invece per via di riforme e senza alcuna energia. In secondo luogo, i socialdemocratici sottolineano che il regime ripulito dalle sopravvivenze della servitù della gleba è un regime borghese, de- nunciano in anticipo e fin d’ora tutte le sue contraddizioni, vogliono, pure fin d’ora, estendere, rendere piu consapevole la lotta di classe che si cela nelle viscere di questo nuovo regime, prorompendo alla superficie già nel momento attuale. I liberali ignorano il carattere bor- ghese del regime ripulito dalla servitù della gleba, ne occultano le contraddizioni, vogliono attenuare la lotta di classe che si cela nelle sue viscere. Soffermiamoci su queste differenze. Il carattere riformistico e irresoluto del programma agrario libe- rale si vede chiaramente, innanzi tutto, nel fatto che esso non va oltre il « riscatto obbligatorio », che per giunta viene riconosciuto solamente « quasi » senza riserve, mentre il programma agrario so- cialdemocratico esige che le terre stralciate vengano sottratte ai loro vecchi proprietari senza indennizzo, ammettendo il riscatto solo in casi particolari, e per giunta un riscatto a spese della proprietà ter- riera nobiliare. I socialdemocratici, come è noto*, non rinunciano nemmeno all’espropriazione di tutta la terra dei grandi proprietari terrieri; essi ritengono soltanto non ammissibile e avventato include- re questa rivendicazione, non opportuna in tutte le condizioni, nel programma. I socialdemocratici chiamano da principio il proletariato al primo passo rivoluzionario insieme con i contadini agiati, per poi subito proseguire o con la borghesia contadina contro la classe dei grandi proprietari terrieri, o contro la borghesia contadina alleata alla classe dei grandi proprietari terrieri, I liberali invece rifuggono già qui, nella lotta contro i rapporti semiservili, Pazione autonoma e la lotta delle classi. Essi vogliono affidare la riforma allo « Stato » (dimenticando il carattere di classe dello Stato), che dovrebbe gio- varsi delPaiuto degli organi di autogoverno e di «apposite» com- missioni, paragonando — e ciò è quanto mai caratteristico — l’alie- nazione forzata delle terre stralciate all’alienazione forzata di terre lungo le linee ferroviarie!! I nostri liberali non avrebbero potuto espri- Vedi la dichiarazione di Plekhanov nel n. 4 della Zarià e la mia risposta a X. 4d . 104 LENIN mere, tradire piu chiaramente il loro recondito desiderio di corredare la nuova riforma delle stesse « comodità » per le classi dirigenti di cui sempre e dappertutto suole essere corredata la vendita di terre alle ferrovie. E questo unitamente all'altisonante frase della sostitu- zione della politica agraria aristocratica e di ceto con una politica agraria democratico-contadina! Per realizzare in pratica una simile sostituzione bisogna appellarsi non già air« interesse sociale », ma al ceto oppresso • — quello contadino — contro il ceto oppressore — quel- lo dei nobili — , bisogna sollevare il primo contro il secondo, bisogna chiamare ad un’attività rivoluzionaria autonoma la popolazione con- tadina, e non ad un’attività riformatrice lo Stato. Proseguiamo. Quando parlano di soppressione dei rapporti semiservili i liberali non si preoccupano minimamente di sapere quali siano i rapporti che essi ripuliscono dalla servitù della gleba. Il signor L., per esempio, ripete le frasi dei signori Nikolai-on, V.V., ecc. circa il « principio del riconoscimento del diritto degli agricoltori alla terra da essi col- tivata », circa la « vitalità » della popolazione contadina, ma tace modestamente sul « principio » dello spadroneggiamento borghese e dello sfruttamento del lavoro salariato ad opera di questi contadini pieni di vitalità. Del fatto che introdurre coerentemente la democra- zia nel campo agrario significa inevitabilmente rafforzare e consoli- dare i rappresentanti della piccola borghesia in seno alla popolazione contadina, i democratici borghesi non hanno e non vogliono avere idea. Il signor L. si rifiuta (ancora una volta sulle orme dei populisti e nello spirito della Revoliutsionnaia Rossla ) di vedere nella proleta- rizzazione del contadino un « tipo di sviluppo », e la spiega con le « sopprawivenze della servitù della gleba » e lo « stato patologico generale delle campagne »1 Verosimilmente da noi, una volta intro- dotta la Costituzione, cesseranno lo sviluppo delle città, la fuga dei contadini poveri dai villaggi, il passaggio dei grandi proprietari fondiari dall’azienda fondata sulle otrabot\i a quella fondata sul la- voro dei salariati, ecc.! Descrivendo Tazione benefica della rivoluzio- ne francese sulla popolazione contadina, il signor L. parla patetica- mente di scomparsa delle carestie, di espansione delPagricoltura e del suo progresso, ma sul fatto che si trattò di un progresso borghese, fondato sui sorgere di una « solida » classe di operai salariati agricoli e sulla miseria cronica della grande massa degli strati inferiori della BORGHESIA POPULISTEGGIANTE IO5 popolazione contadina, su questo fatto il nostro borghese populi- steggiante non proferisce, naturalmente, mezza parola. Insomma, la differenza esistente tra il programma agrario del signor L. e il programma agrario socialdemocratico riproduce con straordinaria precisione, in formato ridotto, tutte le differenze ge- nerali esistenti tra i programmi minimi della democrazia liberale e di quella proletaria. Se prenderete questi programmi nella loro im- postazione teorica da parte dei relativi ideologi oppure nella loro pratica attuazione da parte dei relativi partiti e correnti, se darete un’occhiata alla storia, per esempio al 1848, vedrete precisamente queste due differenze radicali tra l’impostazione liberale e quella so- cialdemocratica dei compiti pratici urgenti: da una parte, l’irresolu- tezza dei riformatori nella lotta contro le sopprawivenze della servitù della gleba e l'occultamento delle contraddizioni di classe della socie- tà «esistente»; dall’altra, la lotta rivoluzionaria contro i residui del passato allo scopo di estendere, sviluppare e acuire la lotta delle classi sul terreno della nuova società. Naturalmente, queste differenze radi- cali inerenti alla natura stessa della società capitalistica in via di svi- luppo si manifestano in forme molto diverse nei diversi Stati nazio- nali e in età diverse. L’incapacità di scorgere, dietro le forme nuove e originali, la « vecchia » democrazia borghese, costituisce il tratto ca- ratteristico dei suoi ideologi coerenti e non coerenti. Tra questi ultimi, per esempio, non possiamo non annoverare il rappresentante del « po- pulismo smarrito » signor P. Novobrantsev (ved. nn. 32 e 33 della Revóliutsionnaia Rossia), il quale, a proposito degli attacchi del- YIs\ra contro YOsvobozdenie , come pubblicazione classista borghese, osserva ironicamente: « Ha scoperto la borghesia, non c’è che dire! ». « Il signor Struve — ci insegna con degnazione la Revóliutsionnaia Rossta — è un rappresentante dell ’ ** intellettualità ” e non della u bor- ghesia come classe ”, giacché egli non unisce né trascina classi o ceti di sorta». Benissimo, egregi signori! Ma, se ci aveste pensato un po* sopra, avreste trovato che il signor Struve è un rappresentante del- rintellettualità borghese. Quanto alla borghesia come classe, il pro- letariato russo la vedrà davanti a sé sulla scena storica soltanto in condizioni di libertà politica, quando il governo sarà immediatamente un « comitato » di questo o di quello strato della borghesia. E sol- tanto dei « socialisti per equivoco » possono non sapere che è loro io6 LENIK dovere aprire gli occhi alla classe operaia sulla borghesia sia per quel che riguarda la sua attività sia per quanto si riferisce al suo modo di pensare, sia nella sua maturità che nella sua età giovanile e piena d’entusiasmo. Quanto agli entusiasmi, bisogna senz’altro prendere proprio il signor Novobrantsev. Ma il nostro articolo è ormai tanto lungo e le concezioni e le idee storico-agrarie del signor Novobrantsev presen- tano tanto interesse, specialmente come elementi paralleli a quelle del signor L., che dobbiamo rimandare la conversazione su questo tema ad un’altra occasione. Scritto il 5 (18) novembre del 1903. Pubblicato il i° dicembre 1903 nel n, 54 deU 7 ^ni, Firmato; N. Lenin ALLA REDAZIONE DELL’ORGANO CENTRALE DEL POSDR Caro compagno! Vi prego di pubblicare ndYIs\ra la seguente dichiarazione ; « Dal i° novembre (nuovo stile) 1903 N. Lenin non fa piu parte della redazione àtWlskra ». Saluti socialdemocratici. N. Lenin Scritta il 5 (18) novembre del 1903. Pubblicata nel 1904- UNA DICHIARAZIONE INEDITA 41 Nella sua riunione tenutasi a Ginevra il 27 novembre 1903 il Comitato centrale del POSDR ha approvato all’unanimità la seguente decisione. La cooptazione di martovisti nella redazione da parte del com- pagno Plekhanov rappresenta un aperto passaggio di Plekhanov dal- la parte della minoranza del congresso del partito, minoranza che lo stesso Plekhanov ha piu di ima volta pubblicamente caratterizzato come incline all’opportunismo e all’anarchia. Dagli atti del congres- so del partito e del congresso della Lega ciò apparirà con tutta chia- rezza. Questo passaggio è un’aperta violazione della volontà del con- gresso del partito sotto l’influenza della Lega estera e in contrasto con la decisione, fermamente dichiarata, della maggioranza dei comi- tati russi del partito. Il Comitato centrale non può ammettere una simile violazione della volontà del congresso, tanto piti che, approfit- tando per questo suo atto delle dimissioni del compagno Lenin, il compagno Plekhanov ha compiuto un’aperta violazione di fiducia, giacché il compagno Lenin ha dato le sue dimissioni con riserva, nell’interesse della buona armonia nel partito. I martovisti però, re- spingendo l’ultimatum del CC del 25 novembre 43 , hanno rinunciato alla concordia, dichiarando con ciò stesso la guerra. Pertanto il CC prende in maniera rivoluzionaria nelle sue mani l’organo centrale del partito e dichiara che farà ogni sforzo per otte- nere che sia la volontà del partito nel suo insieme, e non la volontà della Lega estera e il tradimento di un singolo compagno, a determi- nare il futuro destino del partito. Il Comitato centràle Scritta il 14 (27) novembre del 1903# Pubblicata per la prima volta in Miscellanea di Lenin, VII, xg*S# LETTERA ALLA REDAZIONE DELL'« ISKRA » L'articolo Che cosa non fare? solleva problemi cosi importanti e, in questo preciso momento, cosi urgenti della nostra vita di partito che. riesce difficile frenare il proprio desiderio di profittare immedia- tamente del cortese invito alla redazione ad aprire ospitalmente le pagine del proprio organo di stampa; particolarmente difficile per chi sia stato un abituale collaboratore dell *Is%ra y particolarmente dif- ficile in un momento in cui tardare una settimana a far sentire la pro- pria voce significa forse rinunziare completamente a farla sentire. Ed io vorrei formulare una mia dichiarazione di voto allo scopo di eliminare alcuni possibili e quasi inevitabili malintesi. Dirò innanzi tutto che Pautore dell’articolo ha mille volte ragione, a mio avviso, quando insiste sulla necessità di salvaguardare l’unità del partito e di evitare nuove scissioni, specie per divergenze che non possono considerarsi d’importanza notevole. Quando venga da un di- rigente, l’appello alla concordia, alla mitezza, alla tolleranza in ge- nerale, è, specialmente in questo momento, sommamente degno di lode. Scomunicare o espellere dal partito non solo gli ex economisti, ma anche i gruppetti di socialdemocratici affetti da una «certa in- coerenza » sarebbe senz’altro irragionevole, tanto irragionevole che comprendiamo perfettamente il tono irritato che Pautore dell’arti- colo usa nei confronti dei brutali, ostinati e stupidi Sobakevic 43 ca- paci di sostenere l’espulsione che si presentano alla sua mente. Noi andiamo anche più in là : quando avremo un programma del partito e un’organizzazione del partito, dovremo non soltanto aprire ospi- talmente le pagine dell’organo del partito per lo scambio delle opi- nioni, ma dare anche la possibilità di esporre sistematicamente le prò- no LENIN prie divergenze, sia pure insignificanti, a quei gruppi o — secondo l’espressione dell’autore — gruppetti che per incoerenza sostengono certi dogmi del rivisionismo e, per una ragione o per l’altra, in- sistono sulla propria fisionomia di gruppo, È appunto per non es- sere eccessivamente brutali ed aspri alla Sobakevic nei confronti del- 1\< individualismo anarchico » che è necessario, a nostro avviso, fare tutto il possibile (ivi comprese perfino alcune deroghe ai begli sche- mi del centralismo ed alla sottomissione incondizionata alla discipli- na) per accordare a questi gruppetti la libertà di esprimersi, per dare a tutto il partito la possibilità di valutare la profondità o trascurabilità delle divergenze, di determinare dove precisamente, in che cosa e da parte di chi propriamente , si noti un’ incoerenza. È ormai tempo, infatti, di porre fine risolutamente alle tradizio- ni settarie del sistema dei circoli e di formulare — in un partito che si appoggia alle masse — la risoluta parola d’ordine: più luce , il partito sappia tutto , gli pervenga tutto , assolutamente tutto il mate- riale che gli consenta di valutare tutte e ogni sorta di divergenze, di ritorni al revisionismo, di deroghe alla disciplina, ecc. Piu fiducia nel giudizio autonomo di tutta la massa dei militanti del partito : essi e solo essi sapranno moderare l’eccessiva veemenza dei gruppetti incli- ni alla scissione, sapranno, con la loro azione lenta, invisibile, ma in compenso perseverante, ispirare a questi ultimi la « buona volontà » nel rispettare la disciplina di partito, sapranno far sbollire l’ardore dell'individualismo anarchico, sapranno, col solo fatto della loro im- passibilità, documentare, dimostrare e far vedere la scarsa portata del- le divergenze che vengono esagerate dagli elementi inclini alla scis- sione. Alla domanda «che cosa non fare? » (che cosa non fare in gene- rale e che cosa non fare per non provocare una scissione) risponderei innanzi tutto : non celare al partito i motivi di scissione che sorgono e si sviluppano, non celare nulla delle circostanze e degli avvenimen- ti che possono costituire tali motivi. Inoltre, non celarli non solo al partito, ma, possibilmente, neanche al pubblico estraneo. Dico « pos- sibilmente » in quanto so bene che è necessario celare qualche cosa inforza delle esigenze cospirative; ma nelle nostre scissioni le cir- costanze di tal genere hanno una parte del tutto insignificante. Una vasta pubblicità: ecco il mezzo piò idoneo, il solo mezzo sicuro per LETTERA ALLA REDAZIONE DELl’« ISKRA )) IH evitare le scissioni che si possono evitare, per ridurre al minimo il danno di quelle che sono ormai divenute inevitabili. Riflettete, infatti, agli obblighi che impone al partito la circostan- za di avere ormai a che fare con le masse, non già coi circoli. Per di- ventare un partito di massa non soltanto a parole dobbiamo sollecita- re a partecipare a tutta Fattività di partito masse sempre piu vaste, elevandole dall’apatia politica alla protesta e alla lotta, dallo spirito generico di protesta all’accettazione cosciente delle concezioni social- democratiche, dall’accettazione di queste concezioni all’adesione al .movimento, dall’adesione a far parte organizzativamente del partito. Si può raggiungere questo risultato senza rendere il piu possibile di dominio pubblico le questioni dalla cui soluzione dipende questa o quell’influenza sulle masse? Gli operai cesseranno di capirci e ci ab- bandoneranno come uno stato maggiore senza esercito, se vi saran- no scissioni per divergenze insignificanti, dice l’autore, e parla del tutto giustamente. E perché gli operai non possano cessare di capirci, perché la loro esperienza di lotta e il loro intuito proletario insegnino qualcosa anche a noi « dirigenti », per ottenere questo è necessario che gli operai organizzati si abituino a tener d’occhio i motivi di scis- sione insorgenti (tali motivi sono sempre esistiti ed esisteranno sem- pre in qualsiasi partito di massa), ad assumere un atteggiamento co- sciente nei confronti di questi motivi, a valutare gli avvenimenti di una qualsiasi sperduta località di provincia russa o estera dal punto di vista degli interessi deH’intero movimento nel suo complesso. L’autore ha tre volte ragione quando afferma che al nostro cen- tro molto verrà dato e molto verrà richiesto. È proprio cosi. Proprio per questo è necessario che tutto il partito educhi sistematicamente, gradualmente, costantemente i compagni idonei al centro, veda da- vanti a sé, come sul palmo della mano, tutta V attività di ogni candi- dato a questo posto di responsabilità, sia informato persino delle sue caratteristiche individuali, dei suoi lati forti e deboli, delle sue vit- torie e « sconfitte ». Su alcuni motivi di simili sconfitte l’autore fa osservazioni oltremodo sottili e, a quanto pare, fondate su una ricca esperienza. Proprio perché queste osservazioni sono tanto sottili bi- sogna che ne profitti tutto il partito, che esso possa sempre vedere Ogni « sconfitta », anche solo parziale, di questo o quel suo « diri- gente». Nessun uomo politico ha percorso la propria carriera senza 112 LENIN queste o quelle determinate sconfitte, e se noi parliamo seriamente di influenza sulle masse, di conquista della « buona volontà » delle masse, dobbiamo fare ogni sforzo per ottenere che queste sconfitte non restino celate nel tanfo dei circoli e gruppetti, per ottenere che vengano sottoposte al giudizio di tutti. Ciò sembrerà imbarazzan- te a prima vista, potrà talvolta apparire « offensivo » per questo o quel singolo dirigente, ma dobbiamo superare questo falso sen- so d’imbarazzo: è un nostro dovere di fronte al partito, di fronte alla classe operaia. Con questo e soltanto con questo daremo a tutta la massa (e non alla cerchia di compagni casualmente assortita di un circolo o di un gruppetto) dei militanti influenti del partito la possibi- lità di conoscere i propri capi e di porre ciascuno al posto che gli compete . Soltanto la vasta pubblicità può correggere tutte le devia- zioni indelicate, unilaterali e capricciose, soltanto essa può trasfor- mare i « contra » talvolta assurdi e ridicoli dei « gruppetti » in utile, necessario materiale di autoeducazione. Luce, più luce! Ci occorre un grande complesso orchestrale; ab- biamo bisogno di farci un’esperienza per attribuire giustamente le parti, per dare ad uno il violino sentimentale, all’altro il truce con- trabbasso, per consegnare al terzo la bacchetta del direttore d’orche- stra. Si realizzi nella pratica l’ottimo appello dell’autore all’ospitalità per tutte le opinioni sulle pagine dell’organo centrale e di tutte le pubblicazioni del partito; giudichino pure tutti e ciascuno delle no- stre « dispute e discordie » a motivo di una qualsiasi « nota », ec- cessivamente acuta a parere degli uni, falsa a parere di altri, forzata a parere di terzi. Solo da una serie di simili franche discussioni ci sarà possibile creare un collegio di dirigenti veramente affiatati, solo a questo patto gli operai saranno posti in condizione di non poter cessare di capirci, solo allora il nostro « stato maggiore » potrà vera- mente contare sulla buona e cosciente volontà di un esercito che segua il proprio stato maggiore e in pari tempo lo indirizzi! Lenin ìskra n. 53, 25 novembre 1903. PERCHE* SONO USCITO DALLA REDAZIONE DELL’« ISKR A » ? * Lettera alla redazione dell* a ls\ra » 44 Non si tratta minimamente di una domanda personale. Si tratta di una domanda che si riferisce ai rapporti fra la maggioranza e la minoranza del nostro congresso del partito, ed io ho il dovere di ri- spondere ad essa immediatamente ed apertamente, ne ho il dovere non soltanto perché i delegati della maggioranza mi tempestano di domande, ma anche perché l’articolo 11 nostro congresso , pubblicato nel n. 53 deH7r^fti, della non troppo profonda, ma molto disorganiz- zatricc divisione tra gli iskristi cui ha portato il congresso, ha dato una spiegazione assolutamente sbagliata. L’articolo espone la cosa in modo tale che nessuno potrà vedervi, neppure con la lente, un solo motivo veramente serio di divisione, nessuno potrà scorgervi sia pur l’ombra di una spiegazione di un fenomeno come il rinnovamento della redazione dell’organo centra- le, nessuno potrà trovarvi sia pure una parvenza di motivi seri per la mia uscita da quel collegio. Ci siamo divisi sulla questione relativa all’organizzazione dei centri del partito — dice l’autore dell’artico- lo — , sulla questione dei rapporti tra organo centrale e CC, del mo- do di introdurre il centralismo, dei limiti e del carattere di un pos- sibile e utile accentramento, dei danni derivanti dal formalismo bu- rocratico. # Questa lettera alla redazione è stata da me inviata all'/j^m subito dopo l’uscita del n. 53. La redazione sì è rifiutata di pubblicarla nel n. 54, c sono costretto a pubblicarla come foglio a sé. 8 -&I5 LENIN 114 È proprio cosi? Ma non ci siamo piuttosto divisi sulla questione della composizione personale dei centri, sulla questione dell’ammis- sibilità o meno del boicottaggio di questi centri a motivo dell’in- soddisfazion e per i compagni eletti al congresso, della disorganizza- zione del lavoro pratico, della revisione delle decisioni del congresso di un dato circolo di socialdemocratici all’estero come la maggioran- za della Lega? Voi sapete benissimo, compagni, che la cosa stava precisamente cosi. Ma la stragrande maggioranza dei militanti del partito piu in- fluenti e piu attivi non lo sa ancora, ed io delineerò brevemente i fatti piu importanti, brevemente perché tra non molto verranno pub- blicati, stando a quanto si dichiara nel n. 53 ddYIs^ra, i materiali completi relativi alla storia del nostro dissenso. Al nostro congresso, come giustamente rilevano sia l’autore del- l’articolo di cui ci occupiamo che la delegazione del Bund nella sua relazione testé pubblicata, c’era una maggioranza notevole di iskri- sti, secondo i miei calcoli circa i tre quinti dei voti anche prima che se ne andassero i delegati del Bund e del Raboccic Diclo . Durante la prima parte del congresso questi iskristi procedettero d’accordo contro tutti gli antiskristi e contro gli iskristi incoerenti. Ciò si ma- nifestò con particolare evidenza in due incidenti importanti per com- prendere la nostra discordanza, verificatisi durante la prima parte del congresso : nell’incidente con il comitato di organizzazione e nel- l’incidente relativo alla parità giuridica delle lingue (in quest’occa- sione la maggioranza compatta degli iskristi scese per l’unica volta dai tre quinti alla metà). Durante la seconda parte del congresso gli iskristi cominciarono a dividersi e si divisero definitivamente verso la fine* Le discussioni sul paragrafo 1 dello statuto e sulle elezioni degli organi centrali mostrano all’evidenza il carattere di questo dissenso: la minoranza degli iskristi (capeggiata da Martov) raccoglie gradual- mente attorno a sé un numero sempre maggiore di non iskristi e di elementi indecisi, contrapponendosi alla maggioranza degli iskristi (tra i quali eravamo Plekhanov e io). Sul paragrafo 1 dello statuto questo schieramento non ha ancora assunto forme definitive; ciò nonostante i voti dei bundisti e due dei tre voti del Raboceie Dielo dànno il sopravvento alla minoranza iskrista. Nelle elezioni dei cen- tri la maggioranza iskrista (a causa della diserzione di cinque voti PERCHÉ SONO USCITO DàLl\< ISKRA » ? 115 bundisti c di due del Raboceie Dielo) diventa maggioranza del con- gresso del partito, E solo a questo punto ci dividiamo nel vero senso della parola. Innanzi tutto ci divide profondamente la composizione del OC. Già dopo l’incidente con il comitato di organizzazione, proprio al- l’inizio del congresso, gli iskristi discutono ardentemente la candida- tura dei vari membri ( e non membri ) di questo comitato per il CC, e in riunioni non ufficiali delPorganizzazione dcll*Isì(ra, dopo lunghi e accaniti dibattiti; respingono una delle candidature sostenute da Martov con nove voti contro quattro e tre astensioni; essi accettano, con dieci voti contro due e quattro astensioni, una lista di cinque nella quale sono inclusi, su mia proposta , un leader degli elementi non iskristi e un leader della minoranza iskrista. Ma la minoranza insiste per ottenere tre dei cinque posti, e ciò la porta a subire una completa sconfitta al congresso. Nello stesso modo finisce la grande battaglia accesasi al congresso sulla questione della conferma del vecchio gruppo a sei o dell’elezione di un nuovo gruppo a tre per la redazione dell’organo centrale *. Solo da questo momento il dissenso diventa cosi radicale da in- durre a pensare alla scissione; solo da questo momento comincia l’astensione, prima d’allora mai vista al congresso, della minoranza (che si trasforma ormai in un’autentica minoranza « compatta »). E questo dissenso si acuisce sempre di pili dopo il congresso. La mino- ranza insoddisfatta passa al boicottaggio, che si protrae per mesi e me- si. Che le accuse di formalismo burocratico, di richieste di sottomis- sione cieca, meccanica, e altre simili sciocchezze, sorte su questo terre- no, siano soltanto un tentativo di riversare la propria colpa addosso ad altri è chiaro di per se, e basta ad illustrarlo anche soltanto il se- guente caso tipico. La nuova redazione (vale a dire Plekhanov e io) # In considerazione del gran numero di dicerie e mormorazioni provocate da questo famigerato « gruppo a tre » noterò che già molto tempo prima del con- gresso a tutti i compagni piu o meno vicini a noi era noto il mio commento al pro- getto di Tagesordnung del congresso. In questo commento, che durante il congresso circolava di mano in mano, si diceva : anche lui per diffonderle a sue spese? I socialdemocratici tedeschi capiscono che differenza passa tra l’anarchia e l’organizzazione. La questione del denaro era sorta prima della retata; io però ho accennato soltanto al mutamento determinatosi nel modo di porre questa questione, in conseguenza della medesima. Come la redazione confonda la polemica ammissibile col boicot- taggio inammissibile si vede con particolare chiarezza da quanto segue: in una lettera del 4 gennaio, rispondendo ad una nostra ri- chiesta di denaro, la redazione, tra le « condizioni che le rendono piu difficile la propaganda tra i conoscenti per un appoggio attivo alla cassa centrale », menziona questa : « I fiduciari del CC e i com- pagni da essi protetti pronunciano nelle riunioni frasi minacciose suirillegittimità deU’attuale composizione della redazione (cosa di cui, del resto, si parla anche in una lettera del membro del CC, Le- nin...)». Guardate un po’ a che strabiliante travisamento dei con- cetti politici ci troviamo di frontel La questione della consegna (o del taglio) delle fonti finanziarie viene collegata con quella della po- lemica in discorsi ed opuscoli! Non si confonde in tal modo la lotta ideale con le gelosie e i litigi di rango?! La questione delPapprova- zione da parte degli iscritti della composizione (e dell’attività) della redazione viene confusa con quella della « illegittimità »1 Non è forse formalismo burocratico?! È naturale che a questo il rappresentante estero del CC abbia risposto: ... « Come rappresentante del CC, riten- go necessario far presente alla redazione che non vi è alcun motivo IL CONSIGLIO DEL POSDR 179 di sollevare la questione della legittimità , ecc. basandosi sui discorsi infiammati pronunciati in conferenze tenute all'estero o sulla pole- mica nella stampa... Se nella polemica la redazione vede degli attacchi nei suoi riguardi, non ha forse la piena e completa possibilità di rispondere? È forse ragionevole scaldarsi per questa o quella parola aspra (dal punto di vista della redazione) contenuta nella polemica, quando in nessun punto si parla di boicottaggio e di altri modi di agire non leali (dal punto di vista del CC)? » 85 ...È quanto mai stra- no, infatti, parlare di non so quali compagni « protetti »... Che cosa significa? Che cos'è questo linguaggio burocratico? Che cosa c entra il CC coi discorsi nelle riunioni? Tra noi non esiste alcuna censura, perché si debba limitare la libertà di parola e di polemica. Non sarà per caso opportuno delimitare una simile lotta dal boicottaggio? La storia del compagno Martov a proposito del comitato di O- dessa (che avrebbe chiesto al CC se si dovessero o no inviare lettere all’organo centrale) la considero un vero e proprio scherzo. Non se ne può parlare seriamente. Ripeto che non si è mai riscontrato un solo caso di allontanamento della minoranza dal lavoro ad opera del Comitato centrale. Sottoli- neo che lo stesso compagno Martov ammette di non essere a cono- scenza di casi in cui le pubblicazioni siano state diffuse in maniera irregolare, unilaterale o faziosa. Ili Il compagno Martov ha ravvisato nella nostra risposta la minac- cia di un colpo di Stato. È ridicolo. [Martov: «E l’ultimatum? »] L’« ultimatum » del CC era la risposta airultimatum di Starover, L’ul- timatum è la nostra ultima parola circa le condizioni di buona armo- nia per noi accettabili. Ecco tutto. Solo un’immaginazione malata poteva scorgere la tendenza ad un colpo di Stato nella nostra risposta alla minoranza, la quale ha indubbiamente condotto il partito alla scissione. La maggioranza non ha motivi di sorta per pensare ad un colpo di Stato. Quanto alla diffusione àtìVlsl^ra, tutti i suoi numeri furono, nella misura del possibile, distribuiti regolarmente, e, se qualche comitato si fosse ritenuto « dimenticato » sotto questo rap- porto, non avrebbe dovuto far altro che comunicare amichevolmente i8o LENIN la cosa al CC. Ma di tali comunicazioni finora non ce ne sono state. La lettera della redazione ai comitati non è, invece, uno scritto da compagni, ma un atto di guerra. Il Comitato centrale è dell’avviso che il lavoro di diffusione delle pubblicazioni debba passare sempre per le stesse ed uniche mani e che un secondo centro di diffusione sia inutile e dannoso. E ora qualche parola a proposito dello spedizioniere. Ripeto che lo spedi- zioniere è finito tra gli accusati solo perché voleva compiere coscien- ziosamente il proprio dovere ed ha voluto avere dalla redazione una semplice informazione d’affari. L’intimazione della redazione : « Non discutere! », « inviare ioo o 200 copie » ecc., ha invece tutte le caratteristiche di un atteggiamento burocratico verso il lavoro, nella sua forma piu pura. Degli indirizzi dirò soltanto che alla redazione è stato trasmesso tutto ciò che le appartiene. È stata detratta soltanto la corrispon- denza privata e di carattere organizzativo; tufto il resto, però, è stato consegnato alla redazione. Rammenterò inoltre che già a Londra il comitato di organizzazione aveva formalmente avocato a se tutta la corrispondenza di carattere organizzativo. Voler parlare di un nuovo centro solo perché alcuni membri del CC si trattengono all’estero è un palese cavillo, è un atto di ingerenza burocratica in affari che sono di esclusiva pertinenza del Comitato centrale. IV 11 compagno Martov interpreta lo statuto in maniera del tutto sba- gliata. L’organo centrale dev’essere informato in maniera completa e sotto tutti gli aspetti : lo esige lo statuto, lo esige il bene della causa. Ma l’invio di plenipotenziari a scopi organizzativi — come per esem- pio, l’invio di Z al comitato di Odessa all’insaputa del CC — è una palese volazione della naturale ripartizione delle funzioni tra i due organismi centrali del partito. Quest’invio non è in alcun modo deter- minato dagli interessi dell’informazione e porta soltanto ad una di- retta disorganizzazione, violando in pieno l’unità d’azione. Un simile atto non fa che accentuare il caos nel lavoro del partito, significando nella pratica anziché una divisione dei due organismi centrali in base alle loro funzioni, una vera e propria scissione del partito in due parti. AL PARTITO Progetto dì appello Compagni! Che il nostro partito stia attraversando una grave crisi c ormai noto a tutti, è stato dichiarato con chiarezza e sincerità anche nelle pagine del nostro organo centrale. Riteniamo nostro dovere invitare tutti gli iscritti a dare un contri- buto attivo e cosciente all’opera che è necessario svolgere per superare la crisi al più presto e col minor dolore possibile. Il compagno Plekhanov, che al congresso del partito e — molto tempo dopo di questo — al congresso della Lega estera ha fatto parte della maggioranza del congresso, scende ora in campo, nel n. 57 At\Yls\ra y in difesa delle richieste della minoranza, accusando il CC di « eccentricità », di intransigenza a esclusivo vantaggio dei nemici, di non voler cooptare i fautori della minoranza. Il compagno Plekha- nov vede appunto in una simile cooptazione né più né meno che l’« unico mezzo per trarre il nostro partito dallo stato di grave crisi che straordinariamente indebolisce le nostre posizioni e rafforza le posizioni dei nostri numerosi nemici e avversari ». Bisogna badare non solo allo statuto, dice il compagno Plekhanov — riferendosi indubbiamente a questo grave stato di crisi — -, ma anche alla situa- zione reale, al rapporto di forze esistente in seno al partito. Bisogna elevarsi sul gretto spirito di circolo e sul dottrinarismo, che pone in primo piano quel che divide gli operai, e non ciò che li unisce. Queste tesi generali sono assolutamente giuste e ad ogni social- democratico altro non resta che informarsi esattamente dei fatti, che ita LENIN riflettere seriamente sulla situazione per applicare giustamente queste tesi generali. Si, dobbiamo ad ogni costo, a prezzo di qualsiasi sforzo, non pa- ventando un lungo e tenace lavoro, guarire il nostro partito dal siste- ma dei circoli, dal contrasto e dalla disunione per motivi irrilevanti, dalle indecorose ed indegne beghe per la bacchetta del direttore d’or- chestra I Date uno sguardo agli avvenimenti svoltisi nel nostro partito dal tempo del suo secondo congresso. Abbiate il coraggio di scoprire le nostre piaghe, per farne, senza ipocrisia, senza menzogne conven- zionali, la diagnosi e curarle nella maniera dovuta. Ora gli atti del congresso sono stati pubblicati integralmente; per gli iscritti sono stati pubblicati anche gli atti del congresso della Lega estera. Le pubblicazioni del partito hanno già messo in luce un certo numero di manifestazioni e sintomi della nostra crisi, e, benché sotto questo rapporto resti ancora molto da fare, tuttavia si possono e si debbono trarre fin d’ora alcune conclusioni. Il secondo congresso si concluse con una lotta accanita per la composizione dei nostri centri. Con una maggioranza di 24 voti fu- rono eletti una redazione dell’organo centrale composta di tre com- pagni (Plekhanov, Martov e Lenin) e il CC, composto anch’esso di tre compagni. Martov rinunciò alla propria elezione, si rifiutò, d’ac- cordo con tutta la minoranza, di partecipare alle elezioni del Comi- tato centrale. A partire dallo stesso congresso ebbe inizio una lotta accanita della minoranza contro i centri, una vera e propria lotta per la bacchetta del direttore d’orchestra, una vera e propria lotta del gretto spirito di circolo contro lo spirito di partito, una lotta per la restaurazione della vecchia redazione, per la cooptazione nel CC di un numero (secondo le opinioni della minoranza) corrispondente di membri. Questa lotta è stata combattuta per mesi e mesi, accompa- gnandosi al completo estraniarsi della minoranza dal lavoro sotto la direzione dei centri, al boicottaggio e ad una propaganda meramente anarchica, della quale i membri del partito possono trovare esempi in abbondanza negli atti del congresso della Lega. Questa lotta si è concentrata principalmente all’estero, sul terreno piu lontano dal lavoro concreto e dalla presenza dei rappresentanti coscienti del pro- letariato. Questa lotta ha sottratto ai centri creati dal secondo con- gresso un’enorme quantità di energie, sperperate in viaggi, incontri. AL PARTITO 183 trattative al fine di eliminare gli infiniti, piccoli risentimenti, conflitti e litigi. Che le richieste deiropposizione non tenessero minimamente conto del rapporto di forze esistente sia al secondo congresso che nel partito in generale si può vedere dal fatto che, per esempio, la reda- zione delPorgano centrale (Plekhanov e Lenin) era d’accordo perfino per la cooptazione di due membri, ossia per una eguale rappresentan- za della maggioranza e della minoranza del congresso. L’opposizione chiedeva la maggioranza schiacciante nella redazione (quattro contro due). Sotto la minaccia di un’inevitabile ed immediata scissione am- bedue i centri hanno dovuto, alla fine, fare una serie di concessioni in merito alle pretese inerenti alla bacchetta del direttore d’orchestra : la redazione è stata cooptata; Lenin ha dato le dimissioni dalla reda- zione e dal Consiglio; un membro della maggioranza è uscito dal Consiglio; si è rinunicato a riorganizzare la Lega estera, che al suo congresso ha distrutto tutto ciò che era stato deliberato dal congresso del partito; all’opposizione sono stati offerti due posti nel Comitato centrale. L’opposizione ha respinto quest’ultima condizione. Essa pretende, a quanto pare, un numero di posti piu alto, ed inoltre non per i com- pagni designati dal CC, ma per quelli che la stessa opposizione in- dicherà. Nessun rapporto di forze, nessun interesse della causa può giustificare simili richieste: solo la minaccia della scissione, solo mezzi di pressione grossolanamente meccanici quali il boicottaggio e il taglio dei fondi sostengono questi ultimatum. Il partito è stato disorganizzato e demoralizzato al massimo da questa lotta per le cariche, che sottrae forze al lavoro positivo. Il par- tito è non meno, se non piu, demoralizzato dal fatto che le cosiddette divergenze di principio della minoranza ricoprano questa lotta di falsi paramenti. Tutti siamo stati d’accordo — e molte volte abbiamo categorica- mente dichiarato — di riconoscere tutte le decisioni e tutte le elezioni del II Congresso come assolutamente obbligatorie per tutti. Oggi la minoranza ha di fatto già stracciato tutto lo statuto e tutte le elezioni; oggi coloro che difendono le decisioni prese di comune accordo ven- gono considerati 189 ultimo tentativo di venire in un modo qualsiasi ad un’intesa con la « moglie litigiosa ». Quando nella mia lettera del 6 novembre 1903 espressi a Plekhanov l’opinione che forse avrebbe consegnato la re- dazione ai martovisti, egli rispose (8 novembre): ...«Voi, mi sem- bra, non avete ben capito le mie intenzioni. Le ho spiegate ancora una volta ieri al compagno Vasiliev » (un membro del CC che era stato al congresso della Lega). A questo stesso compagno Vasiliev Plekhanov scriveva il io novembre sulla questione di accelerare o ritardare l’uscita del n. 52 àz\YIs\ra col comunicato sul congresso: «...Pubblicare il comunicato sul congresso significa: 1) o dar noti- zia che Martov e gli altri non collaborano all’/r^ra, oppure 2) non accedere a questo desiderio di Martov, e allora egli ne darà notizia in un foglio a sé. In entrambi i casi si verrà ad informare il pubblico della scissione, ed è proprio questo che ora dobbiamo evitare » [il corsivo è mio] . Il 17 novembre Plekhanov scrive allo stesso compa- gno: « ...Che cosa pensate Voi di un’immediata cooptazione di Mar- tov e degli altri? Io comincio a credere che questo sarebbe il mezzo per appianare la faccenda con le minime difficoltà. Non voglio agire senza di Voi ... » [il corsivo è di Plekhanov]. Da questi brani si vede chiaramente che Plekhanov si sforza di agire d’accordo con la maggioranza, desiderando cooptare la redazio- ne solo per la pace e a condizione di salvaguardare la pace, non già per fare la guerra contro la maggioranza. Se ne è venuto fuori il contra- rio, ciò ha soltanto dimostrato che il carro dell’individualismo anar- chico si era spinto troppo avanti nella tattica del boicottaggio e della disorganizzazione; i freni piu efficaci non hanno funzionato. È un gran peccato, s’intende, e Plekhanov, che desiderava sinceramente la pace, si è venuto a trovare in una situazione spiacevole; scaricare però la colpa unicamente su di me non è giusto. Quanto alle parole di Plekhanov in merito alla mia concessione di tacere in cambio di un adeguato « equivalente » ed all’orgogliosa dichiarazione : « Non ho ritenuto necessario comprare il suo silen- zio»; questo metodo polemico fa soltanto un’impressione comica qualora lo si confronti con le parole da me citate sopra dalla lettera del io novembre. Era precisamente Plekhanov ad attribuire la piu grande importanza alla questione del silenzio, a non voler far trapelare nulla LENIN 190 davanti al pubblico*. Che cosa c’è di più naturale se gli comuni- co il mio consenso anche su di questo, a condizione di tutelare la pace? Le trattative su una concessione «in cambio di un equiva- lente » e su una « compera » inducono soltanto ad aspettarsi che la prossima volta Plekhanov farà sapere al pubblico che Lenin stampa banconote false per tal genere di compere. E questo non sarebbe nuovo negli alterchi tra emigrati: l’atmosfera adatta infatti non manca. La lettera del compagno Plekhanov ci suggerisce involontariamen- te un’idea: non sarà forse costretto a comprarsi il diritto di essere della minoranza? La tattica della minoranza nel nostro cosiddetto organo si è già definita. Bisogna sforzarsi di occultare le questioni e i fatti controversi, che hanno effettivamente determinato il nostro dissenso. Bisogna sforzarsi di dimostrare che Martynov era assai più vicino 2\Yls\ra di quel che non lo fosse Lenin; come precisamente, in che cosa precisamente e in che misura precisamente è ciò che, per lungo tempo ancora, esaminerà la confusa redazione della nuova Is%ra. Bisogna biasimare farisaicamente una certa persona nella pole- mica, e ridurre di fatto tutta la lotta ad una campagna contro tale persona, senza trattenersi nemmeno dall ’attribu ire al « nemico » le cattive qualità più assurde, dalla sfrenata brutalità alla più codarda furberia. Purché si faccia più fracasso. E i nostri nuovi alleati, i com- pagni Plekhanov e Martov, fanno tanto fracasso che presto non la cederanno in niente ai celebri bundisd con la loro celebre « ciurma- glia ». Gli alleati mi bombardano con tanto fervore dai loro incrocia- tori che mi viene da pensare : non sarà per caso un complotto di due terzi del terribile gruppo a tre? Non sarebbe il caso che mi fingessi offeso anch’io? Che mi mettessi a strillare sullo « stato d’assedio »? A volte, vedete, è tanto comodo e conveniente... Del resto, per diventare un autentico fautore della minoranza il compagno Plekhanov dovrà probabilmente fare altri due piccoli * A propos. Fu proprio Plekhanov a insistere in maniera particolarmente energica per la non pubblicazione degli atti della Lega e dell 'ultima parte degli atti del con- gresso del partito, di quell’ultima parte nella quale Plekhanov dichiara di assumere su di sé l'intera responsabilità morale di un voto esplicito contro la vecchia cosiddetta redazione, di queirultima parte nella quale egli formula la speranza che il partito non si sia impoverito di forze letterarie. Dichiarazione definita da un rappresentante della minoranza una frase di parata in itile pseudoclassico. LA MIA USCITA DALLA REDAZIONE DELL%( ISKRA » X 9 r passi : in primo luogo, riconoscere che la formulazione del § i dello statuto, propugnata al congresso dai compagni Martov e Axelrod (ed ora da essi diligentemente taciuta), significa non un passo verso l’opportunismo, non una capitolazione di fronte all’individualismo borghese, ma il germe delle nuove concezioni organizzative, veramente socialdemocratiche, akimov-martoviste e martynov-axelrodiste. In se- condo luogo, egli dovrà riconoscere che la lotta postcongressuale con- tro la minoranza è stata non una lotta contro grossolane violazioni della disciplina di partito, contro metodi di agitazione che hanno su- scitato soltanto indignazione, non una lotta contro l’anarchia e il linguaggio anarchico (cfr. pp. 17, 96, 97, 98, 101, 102, 104 e molte altre degli atti della Lega), ma una lotta contro lo « stato d’assedio », il burocratismo, il formalismo, ecc. Di questo genere di questioni controverse dovrò occuparmi parti- colareggiatamente in un opuscolo che si sta approntando per la stam- ba. Per ora però ... per ora daremo un’occhiatina alla galleria di tipi gogoliani aperta dal nostro organo guida, che ha assunto come norma del proprio operare quella di porre ai lettori degli indovinelli. Chi assomiglia al brutale Sobakevic che calpesta Tamor proprio di tutti, scusate, volevo dire i calli? Chi assomiglia al furbo Cicikov che, in- sieme con le anime morte, compera il silenzio? Chi assomiglia a Noz- driov e a Klestakov? a Manilov e a Skvoznik-Dmukhanovski? Indo- vinelli interessanti ed istruttivi... ((Polemica sui principi»... N> Lenin Pubblicato in opuscolo nel 1904 a Ginevra, IL PRIMO MAGGIO Progetto di manifestino Compagni operai! Si avvicina il giorno del primo maggio, nel quale gli operai di tutti i paesi celebrano il loro risveglio alla vita cosciente, celebrano la loro unione nella lotta contro ogni sorta di violenza e di oppressione delPuomo sulPuomo, nella lotta per la li- berazione di milioni di lavoratori dalla fame, dalla miseria e dal- l’umiliazione. Due mondi sono l’uno contro l’altro in questa grande lotta: il mondo del capitale e il mondo del lavoro, il mondo dello sfruttamento e della schiavitù e il mondo della fratellanza e della libertà. Da una parte, un pugno di ricchi parassiti. Essi si sono impadro- niti delle fabbriche e delle officine, degli strumenti di lavoro e delle macchine. Essi hanno convertito in loro proprietà privata milioni e milioni di desiatine di terra e montagne di denaro. Hanno costretto il governo e l’esercito ad essere i loro servi, ad essere i fedeli guar- diani della ricchezza accumulata. Dall’altra parte, milioni e milioni di diseredati. Essi debbono men- dicare dai ricchi il permesso di lavorare per loro. Con il proprio la- voro creano tutte le ricchezze, ma devono battersi tutta la vita per un tozzo di pane, mendicare il lavoro come un’elemosina, estenuarsi e rovinarsi la salute in un lavoro superiore alle loro forze, soffrire la fame nei tuguri delle campagne, negli scantinati e nelle soffitte delle grandi città! Ma questi diseredati e lavoratori hanno dichiarato guerra ai rie- IL PRIMO MAGGIO 193 chi e agli sfruttatori. Gli operai di tutti i paesi lottano per l’emanci- pazione del lavoro dalla schiavitù salariata, dalla miseria e dal bi- sogno. Lottano per un’organizzazione della società nella quale le ricchezze create col lavoro comune tornino a beneficio di tutti i lavo- ratori, e non di un pugno di ricchi. Si battono per rendere le terre, le fabbriche, le officine, le macchine proprietà comune di tutti i la- voratori. Vogliono che non ci siano ricchi e poveri, che i frutti del lavoro vadano a chi lavora, che tutte le conquiste deirintelligenza umana, tutti i miglioramenti nel lavoro rendano migliore la vita di chi lavora, e non servano per opprimere il lavoratore. La grande lotta del lavoro contro il capitale è costata innumere- voli vittime agli operai di tutti i paesi. Essi hanno versato molto sangue, difendendo il proprio diritto ad una vita migliore e alla vera libertà. Non hanno numero le persecuzioni cui i governi hanno sotto- posto i combattenti per la causa operaia. Ma l’unione degli operai di tutto il mondo si sviluppa e si consolida, nonostante tutte le perse- cuzioni. Gli operai si uniscono sempre piu compatti nei partiti socia- listi, il numero dei fautori dei partiti socialisti si eleva a milioni e mi- lioni, e pian piano essi si avvicinano alla vittoria completa sulla classe degli sfruttatori capitalisti. Anche il proletariato russo si è destato a nuova vita. Anch’esso ha aderito a questa grande lotta. Sono lontani i tempi in cui il nostro operaio piegava umilmente la schiena, non vedendo una via d’uscita dalla sua esistenza da schiavo, non vedendo un raggio di luce nella sua vita di galeotto. Il socialismo ha indicato questa via d’uscita, e migliaia e migliaia di combattenti hanno trovato nella bandiera ros- sa la propria stella polare. Gli scioperi hanno dimostrato agli operai la forza dell’unità, hanno loro insegnato a resistere, hanno rivelato quale forza terribile sia per il capitale l’operaio organizzato. Gli operai hanno visto all’evidenza che col loro lavoro vivono e si arric- chiscono capitalisti e governo. Gli operai si sono orientati verso la lotta comune, la libertà e il socialismo. Gli operai hanno capito che forza maligna e tenebrosa sia l’autocrazia zarista. Gli operai hanno bisogno di libertà di movimento per la lotta, mentre il governo dello zar li lega mani e piedi. Gli operai hanno bisogno di libere riunioni, di libere associazioni, di libri e giornali liberi, ma il governo dello zar soffoca col carcere, con lo staffile e con le baionette qualsiasi ane- U-CI5 i94 LENIN lito di libertà. Il grido « Abbasso l’autocrazia ! » si è propagato per tutta la Russia. Sempre piu spesso si è ripetuto questo grido nelle strade e in assemblee di migliaia e migliaia di operai. Nell’estate del- lo scorso anno in tutto il Mezzogiorno della Russia si sono levati decine di migliaia di operai, si sono levati alla lotta per una vita migliore, per la libertà dal giogo poliziesco. La borghesia e il gover- no hanno rabbrividito alla vista del minaccioso esercito di operai che d’un sol colpo ha paralizzato le industrie di grandi città. Decine di combattenti per la causa operaia sono caduti sotto i colpi dell’esercito zarista, scagliato contro il nemico interno. Ma questo nemico interno non può essere vinto da nessuna forza, perché solo con il suo lavoro possono appunto sostenersi le classi do- minanti e il governo. Non c’è forza al mondo che sia capace di piegare milioni di operai che diventano sempre piu coscienti, sempre piu uni- ti ed organizzati. Ogni sconfitta degli operai suscita nuove schiere di combattenti, induce masse più numerose a destarsi a nuova vita e a prepararsi ad una nuova lotta. E la Russia sta oggi vivendo avvenimenti in cui questo risveglio delle masse operaie dovrà inevitabilmente procedere con sempre maggiore rapidità e su scala sempre più vasta, in cui noi dobbiamo tendere tutte le forze per rendere compatte le file del proletariato, per preparare il proletariato a una lotta ancor più decisiva. La guerra suscita interesse per le questioni politiche negli strati più arretrati del proletariato. La guerra rivela sempre più chiaramente, sempre più perspicuamente quanto sia marcio il regime autocratico, quanto siano criminali la cricca poliziesca e la camarilla di corte che governano la Russia. Il nostro popolo si impoverisce e muore di fame a casa pro- pria, e lo hanno coinvolto in una guerra rovinosa e assurda per nuove terre altrui, popolate da una popolazione straniera e lontane migliaia di chilometri. Il nostro popolo soffre la schiavitù politica, e lo hanno coinvolto in una guerra volta ad asservire nuovi popoli. Il nostro popolo chiede che siano riformati gli ordinamenti politici interni, e la sua attenzione viene distratta col rombo dei cannoni alPaltro capo del mondo. Ma il governo dello zar è andato troppo oltre nel suo giuoco d’azzardo, nella sua criminale dilapidazione del patrimonio del popolo e delle giovani vite che periscono sulle coste dell’Oceano pacifico. Ogni guerra richiede una tensione delle forze del popolo, IL PRIMO MAGGIO 195 ma la difficile guerra contro il civile e libero Giappone impone alla Russia una tensione gigantesca. E questa tensione giunge in un mo- mento in cui l’edificio del dispotismo poliziesco ha già cominciato a vacillare, sotto i colpi del proletariato che si risveglia. La guerra mette a nudo tutti i lati deboli del governo; la guerra strappa i falsi paluda- menti; la guerra scopre la putredine interna; la guerra spinge l’assur- dità dell’autocrazia zarista a tal punto da farla balzare agli occhi di tutti; la guerra mostra a tutti l’agonia della vecchia Russia, della Russia priva di ogni diritto, incolta ed abbruttita, della Russia che continua a vivere in condizioni di dipendenza servile da un governo poliziesco. La vecchia Russia sta morendo. Al suo posto subentra una Russia libera. Le forze tenebrose che difendevano l’autocrazia zarista soc- combono. Ma soltanto il proletariato cosciente, soltanto il proletariato organizzato è in condizione di dare il colpo di grazia a queste forze tenebrose. Soltanto il proletariato cosciente e organizzato è in condi- zione di conquistare al popolo la libertà vera, autentica. Soltanto il proletariato cosciente e organizzato è in condizione di resistere a qual- siasi tentativo di ingannare il popolo, di infirmare il suo diritto, di trasformare il popolo in uno strumento nelle mani della borghesia. Compagni operai, cominciate dunque a prepararvi, con decupli- cata energia, alla prossima lotta decisiva! Si stringano pili compatti i ranghi dei proletari socialdemocratici! Si estenda sempre pili la loro propaganda! Si levi piu coraggiosa l’agitazione per le rivendicazioni operaie! Sia il primo maggio una festa che attiri verso di noi migliaia di nuovi combattenti e raddoppi le nostre forze, nella grande lotta per la libertà di tutto il popolo, per l’emancipazione di tutti i lavoratori dal giogo del capitale I Viva la giornata lavorativa di otto ore! Viva la socialdemocrazia rivoluzionaria internazionale 1 Abbasso la criminale e brigantesca autocrazia zarista! Scritto nell'aprile del 1904. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO La crisi del nostro partito '* Scritto nel febbraio» maggio del 1904, Pubblicato in volume nel maggio 1904 a Ginevra. PREFAZIONE Quando si combatte una lotta lunga, accanita, ardente, dopo un certo periodo cominciano di solito a delinearsi i punti controversi cen- trali, fondamentali, dalla cui soluzione dipende Tesito definitivo della campagna e in confronto ai quali vengono sempre piu respinti in se- condo piano tutti i possibili, piccoli e insignificanti episodi della lotta stessa. Cosi stanno le cose anche per la nostra lotta interna di partito, che ormai da sei mesi avvince l'attenzione di tutti gli iscritti. E ap- punto perché, nel panorama della lotta che qui presento al lettore, ho dovuto occuparmi di molte minuzie che hanno un interesse secon- dario, di molti litigi che in fondo non hanno alcun interesse, appunto per questo vorrei fin da principio attirare l’attenzione del lettore sui due punti veramente centrali, fondamentali, che presentano un gran- de interesse, che hanno un'importanza storica incontestabile e costi- tuiscono le questioni politiche piu urgenti, che sono attualmente al- l’ordine del giorno del nostro partito. La prima di tali questioni concerne il significato politico della di- visione del nostro partito in « maggioranza )> e « minoranza » avve- nuta al secondo congresso e che ha di gran lunga respinto in secondo piano tutte le precedenti divisioni dei socialdemocratici russi. La seconda questione concerne il significato teorico della posizione della nuova ls\ra nelle questioni organizzative, nella misura in cui questa posizione è veramente una posizione di principio. La prima questione è quella del punto di partenza della nostra lotta di partito, della sua origine, delle sue cause, del suo carattere politico fondamentale. La seconda questione è quella dei risultati 200 LENIN finali di questa lotta, della sua conclusione, del bilancio teorico che si ricava, sommando tutto ciò che rientra nel campo dei principi e detraendo quanto rientra invece nel campo dei litigi. La prima que- stione si risolve con un’analisi della lotta svoltasi al congresso del partito, la seconda con un’analisi del nuovo contenuto teorico della nuova ls\ra . L’una e l’altra analisi, che costituiscono il contenuto dei nove decimi del mio opuscolo, portano alla conclusione che la « mag- gioranza » è l’ala rivoluzionaria e la « minoranza » l’ala opportuni- stica del nostro partito; le divergenze che dividono attualmente le due ali non vertono sulle questioni programmatiche e tattiche, ma soltanto sulle questioni organizzative; il nuovo sistema di concezioni che nella nuova ls\ra si delinea tanto più nettamente, quanto più essa si sforza di accentuare la propria posizione, e quanto più questa posi- zione si depura dai litigi per la cooptazione, è infatti l’opportunismo nelle questioni organizzative. Il difetto principale delle pubblicazioni di cui disponiamo sulla crisi del nostro partito è, per ciò che concerne lo studio e l’interpreta- zione dei fatti, l’assenza quasi totale di un’analisi degli atti del con- gresso, e, per ciò che concerne la chiarificazione dei principi fonda- mentali della questione organizzativa, l’assenza di un’analisi del nesso che indubbiamente esiste fra l’errore di fondo del compagno Martov e del compagno Axelrod nella formulazione del primo para- grafo dello statuto e nella difesa di questa formulazione, da una parte, e tutto il a sistema » (nella misura in cui si può qui parlare di siste- ma) delle attuali concezioni AAYls\ra in merito alla questione orga- nizzativa. L’attuale redazione ddYIsfya non nota neanche, a quanto pare, l’esistenza di questo nesso, benché l’importanza delle polemiche sul primo paragrafo sia stata più volte sottolineata nelle pubblica- zioni della « maggioranza ». In sostanza, oggi, il compagno Axelrod e il compagno Martov non fanno che approfondire, sviluppare ed estendere il loro errore iniziale sul primo paragrafo. In sostanza, l’in- tera posizione degli opportunisti nella questione organizzativa co- minciò a delinearsi sin dalle polemiche sul primo paragrafo : e la loro difesa di un’organizzazione di partito amorfa, non fortemente coesa, e la loro ostilità verso l’idea (« burocratica ») dell’edificazione del par- tito daH’alto in basso, a cominciare dal congresso e dagli organismi da esso eletti, e la loro tendenza ad andare dal basso in alto, dando UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 201 a qualsiasi professore, a qualsiasi studente di ginnasio, a « ogni scio- perante » la possibilità di annoverarsi tra i membri del partito, e la loro ostilità verso il « formalismo » che esige da ogni iscritto l’apparte- nenza a una delle organizzazioni riconosciute dal partito, e la loro inclinazione verso la mentalità dell’intellettualer borghese, pronto sol- tanto a « riconoscere platonicamente i rapporti organizzativi », e la loro facilità ad abbandonarsi all'elucubrazione opportunistica e alle frasi anarchiche, e la loro tendenza all 'autonomismo contro il centra- lismo, in una parola tutto ciò che fiorisce oggi in modo cosi lussureg- giante nella nuova Is\ra y contribuendo sempre piu a mettere in luce in modo completo e perspicuo Terrore commesso inizialmente. Quanto agli atti del congresso del partito, la negligenza veramen- te immeritata di cui sono stati oggetto può essere spiegata soltanto col fatto che le nostre polemiche sono state sommerse dai litigi, non- ché forse col fatto che questi atti contengono un numero troppo gran- de di verità troppo amare. Gli atti del congresso offrono della reale situazione esistente nel nostro partito un quadro unico nel suo genere, insostituibile per precisione, completezza, varietà, ricchezza e autenti- cità, un quadro delle concezioni, degli stati d’animo c dei piani trac- ciato dagli stessi protagonisti del movimento, un quadro delle sfuma- ture politiche esistenti in seno al partito che mostra la loro forza relativa, i loro rapporti reciproci e la loro lotta. Gli atti del congresso, e solo essi, ci mostrano infatti in qual misura siamo riusciti a spazzar via concretamente tutti i residui dei vecchi vincoli, stretti solo attra- verso il sistema dei circoli, ed a sostituirli con un unico grande vincolo di partito. Ogni iscritto, se vuole partecipare coscientemente alla vita del suo partito, deve studiare accuratamente il nostro congresso; dico studiare, perché la sola lettura dei materiali grezzi rappresentati dagli atti non dà ancora un quadro del congresso. Solo lo studio accurato e originale consente di ottenere (e lo si deve ottenere) che i brevi resoconti dei discorsi, gli aridi estratti delle discussioni, le piccole scaramucce su questioni secondarie (apparentemente secondarie) si fondano in un tutto unico, che davanti agli iscritti si erga, viva, la figura di ogni oratore eminente, si delinei con precisione la fisionomia politica di ogni gruppo di delegati. L’autore di queste righe riterrà che il proprio lavoro non è stato vano, se sarà riuscito a dare almeno 102 LENIN Tavvio a uno studio ampio c originale degli atti del congresso del partito. Ancora una parola airindirizzo degli avversari della socialdemo- crazia. Costoro si agitano e manifestano una gioia maligna dinanzi alle nostre polemiche; costoro tenteranno naturalmente di utilizzare ai loro fini singoli passi del mio opuscolo, consacrato ai difetti e alle lacune del nostro partito. I socialdemocratici russi sono già sufficien- temente temprati alle battaglie per non lasciarsi commuovere da queste punture di spillo, per continuare, nonostante ciò, la loro opera di au- tocritica e di denuncia spietata dei propri difetti, che saranno sicura- mente e inevitabilmente superati con lo sviluppo del movimento operaio. Si provino invece i signori avversari a presentarci il quadro della reale situazione esistente nei loro « partiti », un quadro che si avvicini anche solo di lontano a quello offerto dagli atti del nostro secondo congresso! Maggio 1904. TV. Lenin a) PREPARAZIONE DEL CONGRESSO Esiste il detto che ognuno ha il diritto di maledire per 24 ore i propri giudici. Anche il nostro congresso, come ogni congresso di ogni partito, è stato giudice di certi compagni che accampavano pretese alla carica di dirigenti e che sono naufragati. Ora questi rappresen- tanti della « minoranza », con un’ingenuità che quasi intenerisce, « maledicono i propri giudici » e si sforzano in tutti i modi di scre- ditare il congresso, di menomarne rimportanza e l’autorità. Questa tendenza si è espressa forse con piu rilievo che altrove nell’articolo del Pratico nel n, 57 dell *Isl(ra, che si indigna contro l’idea della « divi- nità » sovrana del congresso. È un tratto cosi caratteristico della nuova Is\ra che non si può passarlo sotto silenzio. La redazione, che nella sua maggioranza è composta di compagni ripudiati dal congres- so, continua, da una parte, a chiamarsi redazione « di partito » e, dal- l’altra, apre le braccia a chi afferma che il congresso non è una divi- nità. Carino, no? Si, egregi signori, il congresso, naturalmente, non è una divinità, ma che cosa si deve pensare di chi si accinge a « demo- lire » il congresso dopo avervi subito una sconfitta? Rammentate, infatti, gli episodi salienti della storia della prepa- razione del congresso. Sin dall’inizio Visura aveva dichiarato, nel suo annuncio del 1900 che precedette l’uscita del giornale, che prima di unirci dovevamo delimitarci. \Sls\ra fece di tutto per trasformare la conferenza del 1902 ® 7 in un convegno privato, e non in un congresso del partito L 'Is\ra agi con estrema circospezione quando, nell’estate e nell’au- tunno del 1902, rinnovò il comitato di organizzazione eletto a quella • Cfr. Atti del secondo congresso, p. 20. 204 LENIM conferenza. Infine, il lavoro di delimitazione ebbe termine: ebbe termine per nostro comune riconoscimento. Il comitato di organizza- zione venne costituito sul finire del 1902. Visura saluta il suo conso- lidamento e dichiara — nell 'editoriale del n. 32 — che la convocazione del congresso del partito è una necessità urgentissima, improroga- bile 48 . Dunque quel che meno di tutto ci si può rimproverare è di aver agito con precipitazione per ciò che concerne la convocazione del secondo congresso. Abbiamo agito proprio secondo la regola: misura sette volte prima di tagliare; noi avevamo il pieno diritto mo- rale di fare assegnamento che i compagni, una volta che si fosse ta- gliato, non si sarebbero messi a lamentarsi e a misurare di nuovo. Il comitato di organizzazione elaborò un regolamenta del secondo congresso straordinariamente minuzioso (formalistico e burocratico, direbbero coloro che oggi dissimulano la loro mancanza di carattere in politica con queste parole ad effetto), fece girare questo regola- mento in tutti i comitati e finalmente lo approvò, stabilendo fra l’al- tro, nel § 18: «Tutte le deliberazioni del congresso e tutte le ele- zioni da esso effettuate sono una decisione del partito, obbligatoria per tutte le organizzazioni del partito. Esse non possono venire con- testate da nessuno e sotto nessun pretesto e possono essere annullate o emendate solo dal successivo congresso del partito » *. Quanto sono innocenti, vero?, in sé e per sé queste parole, accolte a suo tempo senza fiatare, come qualcosa di ovvio, e come suonano strane oggi, quale precisa condanna emanata contro la « minoranza » 1 A che scopo venne redatto un simile paragrafo? In ottemperanza ad una mera formalità? No di certo. Questa disposizione sembrò ed era real- mente necessaria, in quanto il partito era composto da una serie di gruppi dispersi ed autonomi dai quali c’era da aspettarsi che il con- gresso non venisse riconosciuto. Questa disposizione esprimeva ap- punto la buona volontà di tutti i rivoluzionari (della quale oggi si parla tanto spesso e tanto a sproposito, caratterizzando eufemistica- mente col termine « buono » ciò che meriterebbe piuttosto l’epiteto di « capriccioso »). Essa equivaleva ad una reciproca parola d'onore fra tutti i socialdemocratici russi. Essa doveva garantire che i pericoli, le fatiche, le spese enormi collegati al congresso non sarebbero stati vani, * Cfr. Atti del secondo congresso , pp. 22-23 e 380. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 205 che il congresso non si sarebbe trasformato in una farsa. Essa qualifi- cava in anticipo ogni mancato riconoscimento delle decisioni e delle elezioni del congresso come un abuso di fiducia . Di chi dunque si fa beffe la nuova ls\ra 9 avendo fatto la nuovis- sima scoperta che il congresso non è una divinità e che le sue decisioni non sono una reliquia sacra? Contiene la sua scoperta «nuove con- cezioni organizzative)) oppure soltanto nuovi tentativi di cancellare le vecchie tracce? b) IMPORTANZA DEI RAGGRUPPAMENTI IN SENO AL CONGRESSO Il congresso venne convocato dopo la piu accurata preparazione, con il criterio della piu completa rappresentatività. Il generale ricono- scimento della regolare composizione del congresso trovò espressione anche nella dichiarazione del presidente (p. 54 degli atti), dopo l'in- sediamento del congresso. Qual era perciò il compito essenziale del congresso? Quello di creare un vero partito, fondato sui principi ideologici ed organizza- tivi che erano stati formulati ed elaborati dall 'Is\ra> Che il congresso dovesse appunto lavorare in questa direzione era già stato prestabilito dalla triennale attività Ae\VIs\ra e dal fatto che essa era stata ricono- sciuta dalla maggioranza dei comitati. Il programma e la tendenza dell 7 r^ra dovevano diventare il programma c la tendenza del partito; i piani organizzativi del Visura dovevano essere sanzionati nello sta- tuto organizzativo del partito. Ma è ovvio che un simile risulato non poteva essere raggiunto senza lotta : la piena rappresentatività assicurò al congresso la presenza di organizzazioni che avevano energicamen- te lottato contro Visura (il Bund e il Raboceie Dielo), nonché di altre che, pur riconoscendo a parole ndTls^ra l’organo guida, attuavano in realtà propri piani particolari e si distinguevano per la loro insta- bilità nei principi (il gruppo Iuzny Raboci e i delegati di alcuni co- mitati che vi aderivano). In queste condizioni il congresso non po- teva non trasformarsi in un 'arena di lotta per la vittoria della tendenza iscritta. E che il congresso sia in effetti precisamente consistito in una simile lotta sarà evidente per chiunque leggerà con una qual- 20Ó LENIN che attenzione i suoi atti. È nostro compito seguire in ogni parti- colare i principali schieramenti manifestatisi al congresso sulle varie questioni, e ristabilire, in base ai dati precisi contenuti negli atti, la fisionomia politica di ciascuno dei gruppi fondamentali. Che cosa rappresentavano precisamente i gruppi, le tendenze e le sfumature che al congresso dovevano, sotto la direzione dell 7 r^rj, fondersi in un unico partito? Ecco ciò che dobbiamo far risultare dall’analisi delle discussioni e delle votazioni. Spiegare questa circostanza è di importanza fondamentale tanto per studiare che cosa sono in realtà i nostri socialdemocratici quanto per capire le cause del loro dissenso. Esso perché nel mio discorso al congresso della Lega e nella mia let- tera alla redazione della nuova ls\ra ho posto appunto in primo piano l’analisi dei vari raggruppamenti. I miei oppositori fra i rap- presentanti della « minoranza » (e primo fra tutti Martov) non hanno capito affatto la sostanza della questione. Al congresso della Lega si sono limitati a rettifiche parziali, «giustificandosi» dall’accusa di aver deviato in direzione dell’opportunismo che era stata sollevata contro di loro, e senza nemmeno tentare di tracciare un qualsivoglia altro panorama dei raggruppamenti in seno al congresso. Ora, nel- \'ls\ra (n. 56), Martov si sforza di gabellare qualsiasi tentativo di delimitare con precisione i vari gruppi politici in seno al congresso per semplice « politicantismo di gruppo » . È una parola forte, com- pagno Martov I Ma le parole forti della nuova Isì^ra hanno una pro- prietà originale: basta richiamare alla mente tutte le peripezie del dissenso, a partire dal congresso, perché queste parole forti si ritorcano completamente e anzitutto contro Fattuale redazione. Guardatevi allo specchio, cosiddetti redattori di partito, che sollevate la questione del politicantismo di gruppol A Martov i dati della nostra lotta al congresso riescono oggi tanto spiacevoli che si sforza di occultarli completamente. «Iskrista — egli dice — è chi, al congresso del partito e prima di esso, ha espresso la sua piena solidarietà con Visura, ha difeso il suo programma e le sue concezioni organizzative e ha sostenuto la sua politica organizzativa. Di simili iskristi al congresso ce n’erano piu di quaranta, quanti furono i voti dati al programma d t\Yls\ra e alla risoluzione sul rico- noscimento del Visura come organo centrale del partito ». Sfogliate gli atti del congresso, e vedrete che il programma venne votato da UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 207 tutti (p. 233), tranne Akimov, che si astenne. Il compagno Martov vuole in tal modo darci ad intendere che i bundisti, la Brucker, Mar- tynov hanno manifestato la loro « piena solidarietà » con Visura e difeso le sue concezioni organizzative I È ridicolo. Là trasforma^ zione, dopo il congresso, di tutti coloro che vi avevano partecipato in membri del partito con uguali diritti (e poi non si tratta di tutti, poi- ché i bundisti se n’erano andati) viene qui confusa col raggruppa- mento che suscitò la lotta al congresso. Lo studio degli elementi che hanno costituito la « maggioranza » e la « minoranza » dopo il con- gresso viene sostituito con la frase ufficiale: hanno riconosciuto il programma! Prendete la votazione sul riconoscimento àtWlsfya quale organo centrale. Vedrete che è stato Martynov, al quale il compagno Mar- tov, con un ardire degno di miglior causa, attribuisce ora la difesa delle concezioni organizzative e della politica organizzativa del- Vlsfya, ad insistere sulla separazione delle due parti della risoluzio- ne: puro e semplice riconoscimento AtWIsfya come organo centrale e riconoscimento dei suoi meriti. Nella votazione della prima parte della risoluzione (riconoscimento dei meriti delPZf^ra, espressione della propria solidarietà con essa) i voti favorevoli furono solo 35, quelli contrari due e gli astenuti undici (Martynov, i cinque bundisti e cinque voti della redazione: due voti ciascuno li avevamo io e Martov e uno lo aveva Plekhanov). Un gruppo di andskristi (i cin- que bundisti e i tre del Raboceie Diclo) si rivela quindi con tutta chiarezza persino in quest’esempio, molto favorevole alle attuali concezioni di Martov e da lui stesso scelto. Prendete la votazione sulla seconda parte della risoluzione (riconoscimento dell7r^ra come organo centrale, senza motivazione di sorta e senza espressione della propria solidarietà): i voti favorevoli furono 44, quelli appunto che l’odierno Martov annovera tra gli iskristi. Complessivamente i voti furono 51; detraendo i cinque voti dei redattori astenuti, ne riman- gono 46; due votarono contro (Akimov e la Brucker); nel novero dei restanti 44 rientrano quindi tutti e cinque i bundisti . Dunque i bundisti « espressero la loro piena solidarietà con Visura » : cosi viene scritta la storia ufficiale dall’ufficiale Is%ra\ Facendo un salto in avanti, spiegheremo al lettore i reali motivi di questa verità uffi- ciale: l’odierna redazione dell *Is\ra avrebbe potuto essere e sarebbe 208 LENIN stata una redazione effettivamente di partito (e non sedicente di par- tito, come oggi), se i bundisti e quelli del Raboceie Dielo non aves- sero abbandonato il congresso ; ecco perché questi fedelissimi custodi deirattuale cosiddetta redazione di partito dovevano essere innalzati al grado di « iskristi ». Ma di questo si dirà particolareggiatamente in seguito. Inoltre si domanda: se il congresso ha rappresentato una lotta tra gli elementi iskristi e antiskristi, non c’erano forse elementi inter- medi, instabili, che oscillavano tra gli uni e gli altri ? Chiunque abbia una qualche conoscenza del nostro partito e della fisionomia abi- tuale di qualsiasi congresso sarà già propenso a priori a rispondere a questa domanda affermativamente. Oggi, il compagno Martov è molto restio a ricordare questi elementi instabili e dipinge il gruppo del Iuzny Raboci e i delegati che gravitano attorno ad esso come iskristi tipici, mentre considera insignificanti e trascurabili le diver- genze esistenti tra noi e loro. Fortunatamente, abbiamo ora davanti a noi il testo integrale degli atti e possiamo risolvere questo problema — problema pratico, beninteso, — con i documenti alla mano. Quan- to abbiamo detto sopra dello schieramento generale prodottosi al congresso non pretende, naturalmene, di risolvere questo problema, ma soltanto di impostarlo in maniera giusta. Senza un’analisi dei raggruppamenti politici, senza un quadro del congresso come lotta di determinate sfumature di tendenze, non si può capire nulla del nostro dissenso. Sorvolare sulla differenza di sfumature, con l’annoverare tra gli iskristi perfino i bundisti, signi- fica semplicemente eludere il problema. Già a priori , in base alla sto- ria della socialdemocrazia russa prima del congresso, si possono notare (per Tulteriore verifica e per lo studio minuzioso) tre gruppi principali : gli iskristi, gli antiskristi e gli elementi instabili, oscillan- ti, incostanti. c) INIZIO DEL CONGRESSO. L’INCIDENTE CON IL COMITATO DI ORGANIZZAZIONE Per sottolineare le sfumature politiche che vanno via via e sempre meglio delineandosi la cosa migliore è di condurre l'analisi delle di- scussioni e delle votazioni avvenute al congresso seguendo l’ordine UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 209 delle sedute. Solo in caso di necessità assoluta si abbandonerà Tordi- ne cronologico per esaminare congiuntamente questioni strettamente legate tra loro o raggruppamenti omogenei. NelTinteresse delTim- parzialità ci sforzeremo di ricordare tutte le votazioni piu importanti trascurando naturalmente un gran numero di piccole votazioni sii minuzie, che hanno fatto perdere al congresso un’infinità di tempo (in parte a causa della nostra inesperienza e della nostra incapacità di distribuire il lavoro fra le sedute delle commissioni e quelle ple- narie, in parte a causa di lungaggini che rasentano Tostruzionismo). La prima questione, che suscitò dibattiti da cui cominciò a risul- tare una differenza di sfumature, fu quella della concessione del pri- mo posto (nelT« ordine del giorno » del congresso) al punto : « La posizione del Bund nel partito » (pp. 29-33 degli att 0 * Dal P unt0 di vista degli iskristi, difeso da Plekhanov, da Martov, da Trotski e da me, non potevano esserci dubbi a questo riguardo. L’uscita del. Bund dal partito ha dimostrato alTevidenza la giustezza delle nostre considerazioni : se il Bund non voleva marciare assieme a noi e rico- noscere i principi organizzativi condivisi, insieme con Visura, dalla maggioranza del partito, era inutile e assurdo « far mostra » di mar- ciare m2Ìeme e limitarsi a tirare in lungo il congresso (come facevano i bund isti). La questione era già stata messa in chiaro nelle nostre pubblicazioni, e per ogni iscritto comunque capace di riflettere era evidente che una sola cosa restava da fare: porre apertamente la questione e scegliere francamente, onestamente: autonomia (marcia- mo assieme) o federazione (ci separiamo). Evasivi in tutta la loro politica, i bundisti desiderano scanto- nare anche in questo caso, tirando la questione per le lunghe. Ad essi si unisce il compagno Akimov, che sottolinea subito, probabil- mente a nome di tutti i fautori del Raboceie Dielo> le divergenze organizzative con Visura (p. 31 degli atti). A fianco del Bund c del Raboceie Dielo si schiera il compagno Makhov (due voti del comi- tato di Nikolaiev, che poco prima aveva espresso la propria solida- rietà con Userai). Per il compagno Makhov la questione non è af- fatto chiara e secondo lui un « punto dolente » è anche la « questione : struttura democratica o, viceversa [notate questo!], centralismo?»; pari pari come la maggioranza delTattuale nostra redazione «di 14-615 210 LENIN partito », che al congresso non aveva ancora notato questo « punto dolente»! Contro gli iskristi scendono dunque in campo il Bund, il Raboceie Dielo e il compagno Makhov, che disponevano appunto di quei dieci voti che vennero dati contro di noi (p. 33). Si ebbero _jo voti a favore t cifra attorno alla quale, come vedremo in seguito, oscillarono spesso i voti degli iskristi. Undici, a quanto risulta, si astennero, evidente- mente perché non volevano schierarsi né con l’uno né con l’altro dei « partiti » in lotta. È interessante notare che, quando votammo il § 2 dello statuto del Bund (il rigetto di questo § 2 provocò l’uscita del Bund dal partito), i votanti per il § 2 e gli astenuti furono ugual- mente in numero di dieci (p. 289 degli atti); inoltre gli astenuti fu- rono appunto i tre del Rabocete Dielo (la Brucker, Martynov e Aki- mov) e il compagno Makhov. È evidente che il raggruppamento cui diede luogo la votazione sul posto da riservare alla questione del Bund non fu casuale . È evidente che il dissenso esistente fra tutti questi compagni e Visura non verteva soltanto sulla questione tecnica dell’ordine dei lavori, ma anche sulla sostanza . Nel Rabocete Dielo questo dissenso sulla sostanza era chiaro per chiunque, e il compagno Makhov caratterizzava in modo eccellente la sua posizione nel di- scorso sull’uscita del Bund (pp. 289-290 degli atti). Su questo discorso vale la pena di soffermarsi. Il compagno Makhov sostiene che, dopo la risoluzione con cui si respinge la federazione, « la questione della posizione del Bund nel POSDR diventa per lui, da questione di principio, una questione di politica concreta nei confronti di un’orga- nizzazione nazionale costituitasi storicamente; qui — continua l’o- ratore — non potevo non tener conto di tutte le conseguenze che possono aversi quale risultato della nostra votazione, e perciò avrei votato per il punto due nel suo insieme ». Il compagno Makhov ha assimilato alla perfezione lo spirito della « politica concreta » : in linea di principio, aveva già respinto la federazione, e perciò nella pratica avrebbe votato per un punto dello statuto che introduceva questa stessa federazione 1 E questo compagno a pratico » spiega la sua posizione profondamente coerente ai principi con le seguenti parole: «Ma [il celebre ”ma” di Stcedrin], siccome un mio voto in un senso o nell’altro avrebbe avuto un carattere meramente di principio [II] e non avrebbe potuto assumere carattere pratico, dato UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 21 1 il voto pressoché unanime di tutti gli altri congressisti, ho preferito astenermi dal voto, allo scopo -di rilevare, in .linea di principio, »... (liberaci, o Signore, da una siffatta coerenza ai principi I)... «la diffe- renza esistente fra la mia posizione in questo determinato caso e la posizione difesa dai delegati del Bund, i quali hanno votato per que- sto punto. Io avrei viceversa votato in favore di esso, se i delegati del Bund si fossero astenuti dal votarlo, cosa sulla quale avevano precedentemente insistito ». Capisca chi puòl Un uomo coerente ai principi si astiene dal dire chiaro e forte « sf », in quanto ciò è prati- camente inutile quando tutti dicono « no ». Dopo la votazione sul problema del posto da riservare alla posi- zione del Bund, si pose al congresso la questione del gruppo « La lotta », che portò, anch’essa, a uno schieramento oltremodo interes- sante e che era strettamente legata al problema piu « dolente » del congresso, quello della composizione dei centri. La commissione in- caricata di determinare la composizione del congresso si pronuncia contro l’invito del gruppo « La lotta », conformemente ad una du- plice decisione del comitato di organizzazione (cfr. pp. 383 e 375 degli atti) e al rapporto dei suoi rappresentanti nella commissione (P- 35 )- Il compagno Iegorov, membro del comitato di organizzazione , dichiara che «la questione della ” Lotta ” [notate: della ” Lotta**, e non di questo o quello dei suoi membri] è nuova per lui », e chiede che la seduta venga sospesa. Come per un membro del comitato di organizzazione potesse essere nuova una questione due volte risolta dallo stesso comitato è cosa che rimane avvolta nelle tenebre del mi- stero. Durante l’intervallo si svolge una seduta del comitato di orga- nizzazione (p. 40 degli atti), con la partecipazione di quei suoi mem- bri che per caso si trovavano al congresso (alcuni membri del comitato, che erano vecchi membri dell’organizzazione dell 9 Is%ra y non erano presenti al congresso) Cominciano le discussioni sulla « Lotta ». I compagni del Raboceie Dieia si pronunciano in favore (Martynov, Àkimov, la Brucker, pp. 36-38). Gli iskristi PavlOvic, Sorokin, Lange, Trotski, Martov e altri) contro. Al congresso si manifesta ancora una ^ • Su questa seduta cfr. la Lettera di Pavlovie, membro del comitato di organiz- zazione e che prima del congresso Tenne eletto aU‘ unanimità fiduciario della redazione, settimo redattore {Atti della Lega „ p. 44). 212 LENIN volta lo schieramento già noto. Intorno alla « Lotta » si impegna una battaglia accanita, c il compagno Martov interviene con un discorso particolarmente circostanziato (p. 38) ed « aggressivo », nel quale rileva giustamente la « non proporzionale rappresentanza » dei grup- pi russi e di quelli esteri, esprime perplessità sulla « bontà » di aver concesso un « privilegio » al gruppo estero (parole d’oro, particolar- mente istruttive oggi, considerando gli avvenimenti successivi al congresso!), dice che non bisogna incoraggiare il « caos organizzativo nel partito, caratterizzato da uno spezzettamento che nessuna conside- razione di principio può giustificare» (ben detto!... ne prenda nota la « minoranza » del nostro congresso!). Oltre ai fautori del Raboccic Diclo, nessuno, sino alla chiusura della lista degli oratori, si pronuncia apertamente, in maniera motivata, in favore della «Lotta» (p. 40): bisogna dar atto al compagno Akimov c ai suoi amici che essi almeno non hanno tergiversato e non hanno dissimulato, ma seguito aperta- mente la loro linea, che essi hanno detto apertamente ciò che volevano. Dopo la chiusura della lista degli oratori, quando sulla sostanza non è piu possibile pronunciarsi, il compagno Iegorov « chiede con insistenza che sia letta la deliberazione adottata testé dal comitato di organizzazione ». Non è strano che i membri del congresso siano in- dignati per un tal modo di procedere, e che il compagno Plckhanov, come presidente, esprima la sua cc sorpresa che il compagno Iegorov possa insistere nella sua richiesta». Delle due l’una: o pronunciarsi apertamente e nettamente sulla sostanza della questione davanti a tutto il congresso, o non pronunciarsi affatto. Ma lasciar chiudere la lista degli oratori per poi presentare al congresso, sotto forma di a discorso di chiusura », una nuova deliberazione del comitato — e precisamente sulla questione che si è discussa — equivale a un colpo a tradimento! La seduta viene ripresa nel pomeriggio, e la presidenza, ancora perplessa, decide di lasciar da parte il « formalismo » e di ricorrere a un ultimo mezzo, adoperato nei congressi sdo in casi estremi, quello di una «spiegazione amichevole». Popov, rappresentante del comitato di organizzazione, comunica la deliberazione di que- st’ultimo, approvata da tutti i suoi membri contro uno, Pavlovic (p. 43), e con cui si propone al congresso di invitare Riazanov. Pavlovic dichiara che egli ha negato e nega la legittimità della UN PASSO AVANTI £ DUE INDIETRO 213 riunione del comitato, ]a cui nuova deliberazione « è in contrasto con la sua precedente decisione ». Questa dichiarazione scatena una tempesta. Il compagno Iegorov, anch’egli membro del comitato di organizzazione del gruppo luzny Raboci evita di rispondere sulla sostanza e vuole spostare il centro di gravità sulla questione della disciplina. Il compagno Pavlovic avrebbe violato la disciplina di par- tito (!), in quanto il comitato, discutendo la sua protesta, aveva deci- so di « non portare a conoscenza del congresso l'opinione personale di Pavlovic ». I dibattiti si spostano sulla questione della disciplina di partito, e Plekhanov spiega dottamente al compagno Iegorov, tra gli applausi calorosi del congresso, che « tra noi non ci sono mandati imperativi » (p. 42; c£r. p. 379, regolamento dd congresso, § 7: «I pieni poteri dei delegati non devono essere limitati da mandati impe- rativi. Nell’esercizio dei loro pieni poteri essi sono completamente liberi ed indipendenti »). « Il congresso è la suprema istanza del par- tito », e quindi viola la disciplina di partito e il regolamento del con- gresso precisamente chi impedisce in qualunque modo a un qualsiasi delegato di rivolgersi direttamente al congresso su tutte le questioni riguardanti la vita del partito, senza eccezioni e riserve. La questione controversa si riduce dunque al dilemma: sistema dei circoli o par- tito? Limitare i diritti dei delegati al congresso in nome di diritti o regolamenti immaginari di questi o quei collegi o circoli, oppure scio- gliere completamente prima del congresso, e non soltanto a parole, ma nei fatti, tutte le istanze inferiori e i vecchi gruppi sino a che sa- ranno costituiti gli organismi ufficiali del partito? Già da questo il lettore può vedere quale immensa importanza di principio avesse questa discussione proprio all’inizio (terza seduta) del congresso, che si era proposto di ricostituire realmente il partito. In questa polemica si concentrava, per cosi dire, il conflitto tra i vecchi circoli e gruppetti (come il luzny Raboci ) e il rinascente partito. I gruppi antiskrisd si scoprono immediatamente: il bundista Abramson, il compagno Mar- tynov, ardente alleato deH’odierna redazione deUTr^ra, il compagno Makhov, nostra vecchia conoscenza, tutti si pronunciano per Iegorov e il gruppo luzny Raboci contro Pavlovic. Il compagno Martynov, che oggi fa sfoggio, a gara con Martov e Axelrod, di « spirito demo- cratico » neH’organizzazione, menziona persino... l’esercito, dove è possibile appellarsi all’istanza superiore solo attraverso quella infe- 2I 4 LENtN riore! I II vero significato di questa « compatta » opposizione antiskri- sta era prefettamente chiaro per tutti coloro che erano presenti al con- gresso o avevano seguito con attenzione la vita interna del nostro partito prima del congresso. Il compito dell'opposizione (di cui forse non sempre avevano coscienza i suoi rappresentanti e che talvolta era assolto solo per inerzia) consisteva nell'impedire che l'indipen- denza, il particolarismo, gli interessi di circolo dei piccoli gruppi fossero riassorbiti da un grande partito costituito secondo i principi dell' ls\ra. Proprio da quésta premessa, anche il compagno Martov, che allo- ra non era giunto a unirsi a Ma^tynov, abbordò la questione. Il com- pagno Martov si scaglia risolutamente, e a giusta ragione, contro coloro che « nella loro concezione della disciplina di partito non vanno piu in là dei doveri di un rivoluzionario verso il gruppo d'or- dine inferiore a cui appartiene ». « Qualsiasi raggruppamento co- strittivo [il corsivo è di Martov] neirinterno di un partito unitario è inammissibile », spiega Martov ai fautori del sistema dei circoli, non prevedendo che con queste parole avrebbe bollato la sua stessa con- dotta alla fine del congresso e dopo di esso... Il raggruppamento costrittivo è inammissibile per il comitato di organizzazione, ma per- fettamente ammissibile per la redazione. Il raggruppamento costritti- vo viene condannato da Martov finché egli osserva le cose dall’interno del centro, e viene difeso dallo stesso Martov non appena egli s'è trovato insoddisfatto della composizione del centro... È interessante notare che il compagno Martov, nel suo discorso, sottolineò in maniera particolare, oltre che 1*« errore madornale » del compagno Iegorov, l’instabilità politica manifestata dal comitato di organizzazione. «A nome del comitato — tuonava giustamente Martov — è stata avanzata una proposta che è in contrasto col rappor- to della commissione [fondato, aggiungeremo noi, sul rapporto dei membri del comitato: p. 43, parole di Koltsov] e con le precedenti proposte del comitato » (il corsivo è mio). Come vedete, Martov capiva egregiamente, allora , prima della « svolta », che la sostituzione della «Lotta» con Riazanov non eliminava minimamente la totale con- traddittorietà e incostanza del comitato di organizzazione nel suo ope- rare (dagli atti del congresso della Lega, p. 57, gli iscritti possono sapere come si* sia presentata la questione per Martov dopo la svolta). UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 2I 5 Martov non si limitò, allora, a esaminare la questione della disciplina; ma chiese apertamente al comitato di organizzazione: «Che cosa è avvenuto di nuovo da rendere necessario un mutamento ? (il corsivo è mio). Il comitato, infatti, formulando la sua proposta non ebbe neanche abbastanza coraggio da difendere la propria opinione aperta- mente, come la difesero Akimov e altri. Martov lo nega (atti della Lega, p. 56), ma i lettori degli atti del congresso vedranno che Martov si sbaglia. Popov, che avanza la proposta a nome del comitato, non dice mezza parola circa i motivi (p. 41 degli atti del congresso). Iego- rov sposta la questione sulla disciplina, mentre sulla sostanza si limita a dire : « nel comitato di organizzazione potevano farsi strada nuove considerazioni»... (ma si fecero strada o no, e quali precisamente? non si sa)... « esso poteva aver dimenticato di registrare qualcuno, ecc. ». (Questo «ecc. » è l’unico rifugio dell'oratore, giacché il comi- tato nón poteva aver dimenticato la questione della « Lotta », discussa due volte prima del congresso dallo stesso comitato e una volta in commissione.) « Il comitato di organizzazione ha preso questa deci- sione, non perché abbia mutato il proprio atteggiamento nei confronti del gruppo ” La lotta ", ma perché vuole eliminare gli scogli super- flui dal cammino della futura organizzazione centrale del partito all'atto dei primi passi della sua attività ». Questa non è una motiva- zione, ma esattamente un rifiuto di fornirne una. Qualsiasi socialde- mocratico sincero (e noi non ammettiamo il minimo dubbio circa la sincerità di tutti i congressisti) si preoccuperà di eliminare quel che considera uno scoglio subacqueo, di eliminarlo coi metodi che ritiene adeguati allo scopo. Motivare vuol dire spiegare ed esporre con pre- cisione il proprio modo di concepire le cose, e non cavarsela con un truismo. E motivare non sarebbe stato possibile , senza «mutare il proprio atteggiamento nei confronti della "Lotta”», perché le pre- cedenti, opposte decisioni del comitato di organizzazione si preoccu- pavano anch'esse di eliminare gli scogli subacquei, ma vedevano que- sti « scogli » proprio nel contrario. E il compagno Martov si scagliò in maniera oltremodo aspra e del tutto a ragione contro quest’argo- mento, definendolo « meschino » e suggerito dal desiderio di « trovare una scusa », consigliando al comitato di « non aver paura di ciò che dirà la gente ». Con queste parole il compagno Martov caratterizzò egregiamente la natura e il significato della sfumatura politica che 21 6 LENIN svolse' al congresso una funzione di primo piano e che è appunto contraddistinta dalla mancanza di autonomia, dalla meschinità, dalla mancanza di una linea propria, dal timore di ciò che dirà la gente, dal perenne oscillare tra le due parti che hanno preso posizione, dal timore di esporre apertamente il proprio credo , in una parola dal- 1*« impaludamento » *. Da mancanza di carattere del gruppo instabile dipese, tra Taltro, che nessuno, tranne il bundista Iudin (p. 53), osò presentare al con- gresso una risoluzione suirinvito di uno dei membri del gruppo « La lotta». Votarono la risoluzione di Iudin cinque delegati, eviden- temente tutti i bundisti: gli elementi oscillanti avevano ancora una volta cambiato bandiera! Quanto fosse relativamente alto il numero dei voti del gruppo intermedio venne mostrato dalle votazioni sulle risoluzioni di Koltsov è di Iudin su questa questione: per Tiskrista ci furono 32 voti (p. 47), per il bundista 16, cioè, oltre agli otto voti antìskrisd, i due voti del compagno Makhov (p. 46), i quattro voti dd gruppo luzny Raboct e altri due voti. Dimostreremo subito che una simile ripartizione non si può assolutamente considerare casuale, ma riferiremo dapprima succintamente Fattuale opinione di Martov sull’incidente con il comitato di organizzazione. Martov ha afferma- to alla Lega che « Pavlovic e altri scatenarono le passioni ». Basta dare uno sguardo agli atti del congresso per vedere che i dissensi più circostanziati, ardenti e recisi contro la « Lotta » e il comitato di organizzazione sono quelli di Martov. Cercando di scaricare la « colpa » su Pavlovic, egli dimostra soltanto la propria instabilità : prima del congresso aveva eletto Pavlovic a settimo redattore; al congresso si associò in pieno a Pavlovic (p. 44) contro Iegorov; do- podiché, essendo stato sconfitto per opera di Pavlovic, cominciò ad accusarlo di aver « scatenato le passioni ». Tutto questo è soltanto ridicolo. • Ci sona oggi nel nostro partito compagni i quali, udendo questa parola, restano costernati e gridano alla polemica non fraterna. Che strana alienazione dei sensi sotto l’influenza di un contegno ufficiale... malamente applicato! Sarebbe difficile trovare un solo partito politico che conosca la lotta interna e che non abbia fatto ricorso a questo termine, col quale si indicano sempre gli elementi instabili, oscillanti fra le parti in lotta. E i tedeschi, che pure riescono a contenere la lotta interna entro limiti assolutamente corretti, non si sentono offesi per la parola « ver sumpft », non ne sono costernati, non dinno prova di una ridicola pruderie ufficiale. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 217 NeU 7 .r^r e delle piu aspre forme di lotta (« rovesciamento ») — della cui creazione è stata accusata più tardi, al congresso della Lega, la maggioranza iskrista! — in realtà era stata creata assai prima che noi ci scindessimo in maggioranza e minoranza . Ripeto: questo • Martov aggiunge: «In questo caso nocque fortemente la facezia di Plekhanov sui somari » (mentre si parlava della libertà di lingua, un bundista, se non erro, menzionò, tra le varie istituzioni, quella deirallevamento dei cavalli, e Plekhanov si lasciò scappare: « i cavalli non parlano; sono i somari che qualche volta parlano »). Io, naturalmente, non riesco a vedere in questa facezia nessuna particolare tenerezza, arrendevolezza, cautela ed elasticità. Tuttavia, mi sembra strano che Martov, pur avendo riconosciuto V importanza di principio della polemica, non si soffermi mini- mamente ad esaminare in che cosa consistesse l’aspetto di principio e quali sfumature venissero alla luce in questa occasione, limitandosi a rilevare il « nocumento » delle facezie. È un modo di vedere davvero burocratico e formalistico 1 In realtà, le face- zie mordaci « nocquero fortemente al congresso », e non solo quelle a spese dei bundisti, ma anche quelle a spese di coloro che talvolta i bundisti appoggiarono c perfino salvarono dalla sconfìtta. Tuttavia, una volta ammessa l’importanza di prin- cipio dell’incidente, non è possibile cavarsela con una frase sull'« inammissibilità » (p. 58 degli atti della Lega) di certe facezie. 22 4 LENIN è un fatto di importanza enorme, un fatto fondamentale, e il misco- noscerlo induce molti, moltissimi compagni a opinioni del tutto su- perficiali circa l’artificiosità della maggioranza emersa alla fine del congresso. Dall’attuale posizione del compagno Martov, il quale ci assicura che al congresso i nove decimi erano iskristi, è assolutamen- te inspiegabile e assurdo che per poche « inezie », per un motivo « insignificante » abbia potuto prodursi un conflitto che assume « ca- rattere di principio » e che per poco. non portò a rovesciare una com- missione del congresso. Sarebbe ridicolo volersi trarre d’impaccio da questo fatto con geremiadi ed espressioni di rammarico sulle facezie che « nocquero ». Nessuna facezia mordace poteva provocare un conflitto che avesse un’importanza di principio ; una tale importanza poteva scaturire soltanto dal carattere dei raggruppamenti politici creatisi al congresso. Non furono né le parole mordaci né le facezie a provocare il conflitto; esse erano soltanto il sintomo che nello stes- so raggruppamento politico del congresso esisteva una « contraddi- zione », esistevano tutti i germi di un conflitto, esisteva un’intrinseca eterogeneità, che con forza immanente doveva esplodere per un qualsiasi motivo, anche insignificante . Secondo il punto di vista, invece, dal quale considero il congres- so io, e che ritengo mio dovere difendere come una puntuale inter- pretazione politica degli avvenimend, anche se a qualcuno quest’in- terpretazione può sembrare offensiva, da questo punto di vista l’acuto conflitto di principio insorto per un modvo « insignificante » è del tutto comprensibile e inevitabile. Se al nostro congresso vi è stata una lotta ininterrotta fra iskristi e antiskristi, se fra gli uni e gli altri c’erano elementi instabili, se questi ultimi assieme agli antiskristi costituivano un terzo dei voti (8 + 10=18 su 51, secondo i miei cal- coli, naturalmente approssimativi), è del tutto comprensibile e natu- rale che ogni defezione tra gli ishristi, sia pure di una loro piccola minoranza , creasse la possibilità di una vittoria della tendenza anti- skrista e provocasse quindi una lotta « furente ». Questo non è il risultato di rabbuffi ed attacchi inopportunamente mordaci, ma il frutto di una combinazione politica. Non furono le parole mordaci a creare il conflitto politico, ma fu l’esistenza di un conflitto politico nello schieramento stesso del congresso a provocare le parole mordaci c gli attacchi; in questa contrapposizione risiede il fondamentale dis- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 225 senso di principio fra me e Martov nel valutare il significato politico del congresso e dei suoi risultati. Per tutta la durata del congresso ci furono tre casi piu notevoli di defezione di un numero insignificante di iskristi dalla loro maggio- ranza — uguaglianza giuridica delle lingue, § 1 dello statuto ed ele- zioni — ; e in ognuno di questi casi si ebbe una lotta accanita, lotta che ci ha infine condotti all’attuale grave crisi del partito. Per com- prendere il significato politico di questa crisi e di questa lotta occorre non già limitarsi a qualche frase sulle facezie inammissibili, ma esa- minare i raggruppamenti politici delle sfumature di tendenza che si riscontrarono al congresso. L’incidente sull’« uguaglianza giuridica delle lingue » presenta perciò un duplice interesse ai fini del chiari- mento della causa del dissenso, poiché in questa occasione Martov era ancora (era ancora!) un iskrista e si batteva contro gli antiskristi e il « centro » con un accanimento che per poco non superava quello di chiunque altro. La guerra cominciò con la disputa fra il compagno Martov e il leader dei bundisti, compagno Liber (pp. 171-172). Martov dimostra che la rivendicazione dell’<( uguaglianza giuridica dei cittadini » è suf- ficiente. La « libertà di lingua » viene respinta, ma si avanza subito l’« uguaglianza giuridica delle lingue » e, insieme con Liber, scende in lizza il compagno Iegorov. Martov dichiara che si tratta di fetici- smo , a quando certi oratori insistono sull’uguaglianza delle naziona- lità e spostano la disuguaglianza giuridica nel campo della lingua. Mentre invece la questione va esaminata da tutt’altro lato: esiste una disuguaglianza delle nazionalità, che si esprime, fra l’altro, nel fatto che uomini appartenenti a una data nazione vengono privati del diritto di servirsi della lingua materna » (p. 172). Martov era al- lora perfettamente nel giusto. In effetti, era espressione di un certo qual feticismo il tentativo assolutamente inconsistente di Liber e le- gorov di difendere la giustezza della loro formulazione e di trovare in noi la cattiva volontà o l’incapacità di introdurre il principio del- l’uguaglianza giuridica delle nazionalità. In realtà essi, come « feti- cisti », difendevano appunto la parola, non già il principio, agivano non per timore di un qualche errore di principio, ma per timore di ciò che avrebbe detto la gente. Proprio questa mentalità dell’instabilità (ma che cosa avverrà se gli « altri » ci accuseranno di questo?) — da 15 - 615 226 UN IN noi notata neiPincidente con il comitato di organizzazione — venne qui rivelata con tutta chiarezza anche da tutto il nostro « centro ». Un altro rappresentante di quest’ultimo, il delegato della regione metallurgico-mineraria, Lvov, molto vicino al luzny Raboci , «con- sidera la questione deiroppressione delle lingue, sollevata dalle regioni periferiche, come molto seria. Importa che noi, inserendo una dichiarazione sulla lingua nel nostro programma, fughiamo qualsiasi congettura di russificazione di cui si possano sospettare i socialdemo- cratici ». Ecco una seria motivazione della « serietà » della questione. La questione è molto seria perché bisogna fugare Ì possibili sospetti delle regioni periferiche! L’oratore non dice assolutamente nulla sulla sostanza, non risponde alle accuse di feticismo, ma le conferma in pieno, manifestando la completa mancanza di argomenti propri, ca- vandosela con un richiamo a ciò che diranno le regioni periferiche. Tutto ciò che queste potrebbero dire sarebbe falso , gli si obietta. Invece di esaminare se questo sia vero o falso, egli risponde : « possono so- spettare ». Un simile modo di porre la questione, accampando la pretesa che essa sia seria e importante, assume già, in effetti, un carattere di prin- cipio; tuttavia, non quello che volevano vedervi i Liber, gli Iegorov, i Lvov. La questione che diventa di principio è la seguente : dobbia- mo accordare alle organizzazioni e ai membri del partito la facoltà di applicare le tesi generali e fondamentali del programma adattan- dole alle condizioni concrete e sviluppandole nel senso di tale adatta- mento, oppure dobbiamo, per un semplice timore dei sospetti, riem- pire il programma di particolari minuti, di indicazioni speciali, di ripetizioni, di casistica? La questione che diventa di principio è quella di sapere come possano i socialdemocratici, nella lotta contro la casistica, scorgere (« sospettare ») i tentativi di soffocare le libertà e i diritti democratici elementari. Ma quando riusciremo una buona volta a liberarci da questa feticistica adorazione della casistica? Ecco il pensiero che ci baluginava nella mente dinanzi alla lotta per le « lingue ». 11 raggruppamento dei delegati in questa lotta è particolarmente chiaro, grazie alPabbondanza di votazioni per appello nominale. Ce ne furono tre. Contro il nucleo iskrista si ergono sempre come un sol uomo tutti gli antiskristi (8 voti) e, con oscillazioni insignificanti, UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 227 tutto il centro (Makhov, Lvov, Iegorov, Popov, Medvedev, Ivanov, Tsariov, Bielov; solo gli ultimi due furono inizialmente esitanti, ora astenendosi, ora votando con noi, e prendendo una posizione defini- tiva solo alla terza votazione). Una parte si stacca dagli iskristi — principalmente i caucasiani (tre con sei voti) — e cosi finisce per ave- re il sopravvento la corrente del « feticismo ». Alla terza votazione, quando i fautori delle due tendenze avevano meglio chiarito le loro posizioni, i tre Caucasiani coi sei voti si staccarono dagli iskristi della maggioranza e passarono al campo opposto; dagli iskristi del- la minoranza si staccarono due delegati con due voti: Posadovski e Kostic; nelle prime due votazioni erano passati al campo avverso o si erano astenuti : Lenski, Stepanov e Gorski, della maggioranza degli iskristi; Deutsch, della minoranza. La defezione di otto voti iscritti (su un totale di 33 ) diede il sopravvento alla coalizione de- gli antìs\rìsti e degli elementi instabili. Ed è appunto questo il fatto fondamentale del raggruppamento del congresso che si ripete (solo che si staccarono altri iskristi) sia nella votazione sul § 1 dello statu- to che nelle elezioni. Non ce da stupirsi che gli elementi sconfitti nelle elezioni chiudano ora di proposito gli occhi sulle cause poli- tiche di questa loro sconfitta sui punti di partenza della lotta tra le sfumature di tendenza, che sempre pili svelò e sempre piu spietata- mente smascherò davanti al partito gli elementi instabili e senza ca- rattere in politica. L’incidente sull’uguaglianza giuridica delle lingue ci mostra questa lotta con tanto maggior rilievo in quanto a quel tempo neanche il compagno Martov era ancora riuscito a meritare le lodi e l’approvazione di Akimov e Makhov. 0 IL PROGRAMMA AGRARIO L’incostanza nei principi degli antiskristi e del « centro » si ma- nifestò con grande evidenza anche nelle discussioni sul programma agrario, che presero non poco tempo al congresso (crr. pp. 190-226 degli atti) e sollevarono non poche questioni di grande interesse. Come c’era da aspettarsi, la campagna contro il programma (dopo piccole osservazioni insignificanti dei compagni Libcr e Iegorov) vie- ne aperta dal compagno Martynov. Egli rispolvera il vecchio argo- 228 LENIN mento della correzione « dell’ingiustizia storica », con la qual cosa, a suo dire, indirettamente « consacriamo le altre ingiustizie stori- che )>, ecc. Al suo fianco si schiera anche il compagno Iegorov, a cui addirittura « non è chiaro quale sia il significato di questo program- ma. È un programma per noi, ossia stabilisce le rivendicazioni che presentiamo noi, oppure vogliamo renderlo popolare?)» (!?!?). Il compagno Liber « vorrebbe fare le stesse osservazioni del compagno Iegorov ». Il compagno Makhov interviene, con l’energia che gli è propria, dichiarando che «la maggioranza [?] di coloro che hanno parlato non comprende minimamente che cosa rappresenti il pro- gramma presentato e quali fini persegua ». Il programma proposto, vedete, « difficilmente potrebbe passare per un programma agrario socialdemocratico »; esso... « sa un pò* di giuoco alla correzione delle ingiustizie storiche », ha « sfumature di demagogia e di spirito d’av ventura.». La conferma teorica di queste profonde elucubrazioni è la consueta esagerazione e semplificazione che caratterizzano il mar- xismo volgare: gli iskristi, si dice, «vogliono operare coi contadini come se fossero un tutto omogeneo; siccome però i contadini si sono già da tempo [?] divisi in classi, la presentazione di un programma unico porta alla conseguenza che il programma diventa nel suo com- plesso demagogico e quando viene tradotto in pratica si trasforma in un’avventura » (202). Il compagno Makhov « spiffera » qui la vera causa dell’ atteggiamento negativo nei confronti del nostro program- ma da parte di molti socialdemocratici, che sono si, pronti a « rico- noscere » Visura (come ha fatto lo stesso Martov), ma che non hanno minimamente riflettuto sul suo orientamento, sulla sua posizione teo- rica e pratica. Dalla volgarizzazione del marxismo, nella sua appli- cazione a un fenomeno complicato e multilaterale come l’odierna struttura dell’economia contadina russa, è dipeso c dipende che non venga compreso tutto il programma, non già dal dissenso su singoli particolari. E su questa posizione del marxismo volgare si unirono ben presto i leader s degli antiskristi (Liber e Martynov) e del centro : Ie- gorov e Makhov. Il compagno Iegorov espresse apertamente anche uno dei tratti caratteristici del luzny Rahocì e dei gruppi e circoli che gli gravitavano attorno, e precisamente l’incapacità di capire Tim- portanza del movimento contadino, l’incapacità di capire che duran- te le prime famose rivolte contadine, il lato debole dei nostri social- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 229 democratici non era stata la sopravvalutazione, ma, al contrario, piuttosto la sottovalutazione di quest’importanza e la carenza di forze per giovarsi del movimento). « Sono lontano dall’infatua- zione della redazione per il movimento contadino, — disse il com- pagno Iegorov, — infatuazione che, dopo le agitazioni contadine, si è impadronita di molti socialdemocratici ». Solo che, purtroppo, il compagno Iegorov non si è preso la briga di far conoscere al con- gresso con una qualche precisione in che cosa si sia espressa quest’in- fatuazione della redazione , non si è preso la briga di citare riferi- menti concreti ai materiali scritti forniti dalVls^ra. Egli ha dimen- ticato, inoltre, che tutti i punti fondamentali del nostro programma agrario erano stati sviluppati daH 7 .r^ra sin dal suo terzo numero 70 , cioè molto prima delle agitazioni contadine. Un compagno che ha « riconosciuto » Visura non soltanto a parole non farebbe male a prestare un po’ piu di attenzione ai suoi principi teorici e pratici! « No, tra i contadini non possiamo fare molto! », esclama il com- pagno Iegorov, e spiega poi questa esclamazione non già come una protesta contro questa o quella singola « infatuazione », ma come una negazione di tutta la nostra posizione. « E questo vuol dire che la nostra parola d’ordine non può far concorrenza a una parola d’or- dine da avventurieri ». Formulazione oltremodo caratteristica di chi dimentica i principi nel considerare le cose, riducendo tutto ad una «concorrenza » fra le parole d’ordine dei vari partiti! E questo vien detto dopo che Foratore si è dichiarato «soddisfatto» delle spiega- zioni teoriche, con le quali si è rilevato che noi miriamo ad un suc- cesso stabile nell’agitazione, senza lasciarci turbare da temporanei insuccessi e che un successo stabile (nonostante le grida rumorose dei « concorrenti »... di un attimo) è impossibile, se il programma non poggia su una solida base teorica (p. 196). Che confusione si rivela ndl’assicurare che si è « soddisfatti » e nel ripetere subito dopo le tesi volgari ereditate dal vecchio economismo, per il quale la « con- correnza » delle parole d’ordine risolveva tutti i problemi non solo del programma agrario, ma di tutto il programma e di tutta la tattica del- la lotta economica e politicai «Voi non costringerete il salariato fisso — diceva il compagno Iegorov — a lottare a fianco del contadino ricco per le terre stralciate, che in gran parte si trovano già nelle mani di questo contadino ricco». 230 LENIN Ancora una volta la stessa semplificazione, indubbiamente impa- rentata col nostro economismo opportunistico, il quale sosteneva che è impossibile « costringere » il proletariato a lottare per ciò che si tro- va in gran parte nelle mani della borghesia e che cadrà nelle sue mani in misura ancora maggiore in futuro. Ancora una volta la stessa vol- garizzazione, che dimentica le particolarità russe del rapporto capita- listico generale fra salariato fisso e contadino ricco. Le terre stralciate sono oggi un gravame, sono di fatto un gravame anche per il salariato fisso, che non ha proprio alcun bisogno di essere « costretto » a lottare per liberarsi dalla semiservitù. Sono certi intellettuali che occorre « co- stringere » : costringere a considerare i loro compiti con una larghezza di vedute alquanto maggiore, costringere a rinunciare agli schemi fatti nella discussione di questioni concrete, costringere a tener conto della congiuntura storica, che complica e modifica i nostri obiettivi. Soltanto il pregiudizio che il contadino è sciocco — pregiudizio che, come giustamente rilevava il compagno Martov (p. 202), affiora nei discorsi di Makhov e degli altri avversari del programma agrario — , soltanto questo pregiudizio può appunto spiegare l’oblio delle reali condizioni di vita del nostro salariato fisso da parte di questi avversari. Dopo aver semplificato il problema sino a ridurlo alla nuda con- trapposizione operaio-capitalista, i rappresentanti del nostro « centro » si sono sforzati, come al solito, di far ricadere la loro ristrettezza men- tale sul contadino. « Proprio perché ritengo il contadino, nei limiti del- la sua angusta visuale classista, intelligente — diceva il compagno Makhov, — credo che egli sarà per l’ideale piccolo-borghese dell’oc- cupazione e della spartizione». Qui si confondono evidentemente due cose: la definizione della visuale classista del contadino come piccolo-borghese e il restringimento di questa visuale, la sua riduzione ad un « limite angusto ». Proprio in questa riduzione consiste l’errore degli Iegorov e dei Makhov (precisamente come l’errore dei Martynov e degli Akimov consisteva nel ridurre ad un « limite angusto » la visuale del proletario). Tuttavia, sia la logica che la storia insegnano che la visuale classista piccolo-borghese può essere più o meno angu- sta, più o meno progressiva, proprio per la duplice natura della situazione del piccolo borghese. E il nostro compito non può in nes- sun caso consistere nel lasciarsi cadere le braccia di fronte al carattere angusto (alla « stupidità ») del contadino o al fatto che egli è domi- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO nato dal « pregiudizio », ma al contrario nell’allargare di continuo il suo orizzonte, nel contribuire alla vittoria del suo giudizio sul suo pregiudizio. La posizione « marxista »-volgare riguardo alla questione agraria in Russia trovò la sua espressione culminante nelle ultime parole del discorso di principio pronunciato dal compagno Makhov, fedele difensore della vecchia redazione AtWIskra. Non per nulla queste parole vennero accolte da applausi... ironici, è vero. « Io non so, naturalmente, che cosa possa definire sventura », dice il compa- gno Makhov, indignato per l’osservazione di Plekhanov che il mo- vimento in favore della ripartizione egualitaria della terra non ci spaventa affatto, che non saremo noi a mettere i bastoni tra le ruote a questo movimento progressivo (progressi vo-borghese). « Ma questa rivoluzione, se cosi si può chiamare, non sarà rivoluzionaria. E sarebbe piu esatto dire che non sarà più una rivoluzione, ma una reazione (ilarità), una rivoluzione del genere di una rivolta... Una simile rivoluzione ci respingerà indietro, e ci occorrerà un certo tem- po prima di giungere di nuovo alla situazione che abbiamo oggi* E oggi noi abbiamo assai pili che al tempo della rivoluzione fran- cese ( applausi ironici ), abbiamo un partito socialdemocratico (ilari- tà) »... Si, un partito socialdemocratico che ragionasse alla Makhov, o che avesse organismi centrali fondati sui Makhov, effettivamente meriterebbe soltanto che se ne ridesse... Vediamo cosi che anche nelle questioni puramente di principio sollevate dal programma agrario si delineò immediatamente lo schie- ramento che già conosciamo. Gli antiskristi (8 voti) partono all’at- tacco in nome del marximo volgare; tengono loro dietro i capi del « centro », gli Iegorov e i Makhov, inciampando e scivolando di con- tinuo nella stessa angusta posizione. È perciò del tutto naturale che la votazione di qualcuno dei punti del programma agrario dia cifre di 30 e 35 voti in favore ^pp. 225 e 226), ossia precisamente quel numero approssimativo che abbiamo visto e nella polemica sul posto da riservare alla questione del Bund, e nell’incidente con il comitato di organizzazione, e a proposito dello scioglimento del Iuzny Raboci. Basta che si sollevi una questione che esca un po’ dal quadro ordi- nario e stabilito, che richieda un’applicazione in qualche modo ori- 232 LENIN ginale della teoria di Marx a rapporti cconomico-sociali originali e nuovi (nuovi per i tedeschi), perché gli iskristi capaci di essere alLal- tezza della situazione non rappresentino piu che i tre quinti dei voti, perché tutto il « centro» convenga al seguito dei Liber e dei Marty- nov. E il compagno Martov si sforza ancora di dissimulare questo fatto evidente, sorvolando pusillan imamente sulle votazioni nelle quali si manifestano con chiarezza le sfumature! Le discussioni sulla questione agraria fanno chiaramente risaltare la lotta degli iskristi contro due buoni quinti del congresso. I delegati caucasiani tennero qui una posizione perfettamnete giusta: proba- bilmente in gran parte perché, conoscendo da vicino le forme locali delle innumerevoli sopravvivenze della servitù della gleba, erano premuniti contro le nude contrapposizioni scolastiche e astratte di cui si accontentavano i Makhov. Contro Martynov e Liber, Makhov e Iegorov insorsero Plekhanov, Gusev (il quale ribadiva che « un modo pessimistico di considerare il nostro lavoro nelle campagne »... come quello del compagno Iegorov... gli era « capitato d'incontrarlo spesso tra i compagni che operano in Russia »), Kostrov, Karski, Trotski. Quest’ultimo rileva giustamente che i «benevoli consigli» dei critici del programma agrario « sanno troppo di filisteismo ». Va soltanto precisato, per quel che riguarda lo studio dei raggruppa- menti politici al congresso, che in questa parte del suo discorso (p. 208) egli è del tutto in torto quando pone il compagno Lange sul piano di Iegorov e di Makhov. Chi legga attentamente gli atti vedrà che la posizione di Lange e Gorin è affatto diversa da quella di Iegorov e Makhov. A Lange e a Gorin non piace la formula- zione usata per le terre stralciate; essi capiscono in pieno l’idea del nostro programma agrario, cercando soltanto di tradurlo in pratica in maniera diversa , lavorando positivamente per trovare una for- mulazione che sia, dal loro punto di vista, piu irreprensibile, pre- sentando progetti di risoluzioni per convincere gli autori del pro- gramma o per schierarsi al loro fianco contro tutti i non iskristi. Basta confrontare, per esempio, le proposte di Makhov, volte a far bocciare il programma agrario nel suo complesso (p. 212; voti favo- revoli ixeciy contrari 38) e i suoi singoli punti (p. 216 ed altre), con la posizione di Lange, il quale presenta una stesura diversa del UN PASSÒ A VANTf H DUE INDIETRO *33 paragrafo sulle terre stralciate (p. 225), per convincersi della radi- cale differenza esistente tra loro *. Parlando piu avanti degli argomenti che sanno di «filisteismo », il compagno Trotski rilevò che «nel periodo rivoluzionario che si avvicina dobbiamo legarci ai contadini »... « Di fronte a questo com- pito lo scetticismo e la ” lungimiranza ” politica di Makhov e Iego- rov sono piu dannosi di qualsiasi miopia ». Il compagno Kostic, altro iskrista della minoranza, rilevò molto giustamente la « mancanza di fiducia in se stesso, nella stabilità dei suoi principi » del compagno Makhov, definizione che calza a pennello al nostro «centro». «Nel suo pessimismo, il compagno Makhov si è appaiato col compagno Ie- gorov, benché fra di loro vi siano certe sfumature, — continuò il compagno Kostic. — Egli dimentica che già oggi i socialdemocratici lavorano tra i contadini, che già oggi ne dirigono il movimento nella misura in cui ciò è possibile. E con questo loro pessimismo restrin* gono l’ampiezza del nostro, lavoro » (p. 210). Per concludere sui dibattiti congressuali relativi al programma, vale la pena di sottolineare le rapide discussioni sull’appoggio da dare alle correnti di opposizione. Nel nostro programma è detto chiaramente che il partito socialdemocratico appoggia « ogni movi- mento di opposizione e rivoluzionario diretto contro il regime socia- le e politico esistente in Russia » Tl . A quanto pare, quest’ultima riserva indica in modo abbastanza chiaro quali siano precisamente le correnti di opposizione che noi appoggiamo. Ciò nonostante, la differenza tra le sfumature già da tempo costituitesi nel nostro partito si manifestò improvvisamente anche qui y per quanto fosse difficile prevedere «dubbi e malintesi» su una questione tanto rimasticata! Evidentemente, non si trattava di malintesi, ma di sfumature. Ma- khov, Liber e Martynov diedero immediatamente Tallarme e ancora una volta una minoranza cosi « compatta » che il compagno Martov avrebbe forse dovuto spiegare la cosa con l’intrigo, il giuoco concer- tato, la diplomazia e altre belle cose (cfr. il suo discorso al congresso della Lega), alle quali fa ricorso chi è incapace di afferrare col pen- siero le cause politiche del sorgere dei gruppi « compatti » sia della minoranza che della maggioranza. * Cfr. il discorso di Gorin, p. 213. LENIN Makhov comincia ancora una volta con una semplificazione vol- gare del marxismo. « Da noi Tunica classe rivoluzionaria è il prole- tariato — dichiara, e da questa tesi giusta ricava immediatamente una conclusione sbagliata: — le altre classi sono cosi cosi, come la quinta ruota del carro (i ilarità generale)... Si, come la quinta ruota del carro, e vogliono soltanto trarne profitto. Sono contrario a che le si appoggi » (p. 226). Quest’incomparabile formulazione della pro- pria posizione da parte del compagno Makhov mise in imbarazzo molti (dei suoi fautori), ma in sostanza concordarono con lui sia Liber che Martynov, proponendo di sopprimere le parole « di oppo- sizione » o di temperarne il significato con raggiunta « di opposizio- ne democratica ». Contro questo emendamento di Martynov insorse a buon diritto Plekhanov. « Noi dobbiamo criticare i liberali, — egli disse, — smascherare la loro irresolutezza. È giusto... Ma, pur smascherando la ristrettezza di orizzonte e la limitatezza di tutti i movimenti che non siano quello socialdemocratico, abbiamo il do- vere di spiegare al proletariato che in confronto con Tassolutismo persino una Costituzione che non accordi il suffragio universale è un passo avanti, e che quindi esso non deve preferire il regime esi- stente ad una simile Costituzione ». I compagni Martynov, Liber e Makhov non sono d’accordo e difendono la loro posizione, contro la quale si scagliano Axelrod, Starover, Trotski e, ancora una volta, Plekhanov. Inoltre, il compagno Makhov riuscì ancora una volta a superare se stesso. In precedenza, aveva detto che le altfe classi (oltre al proletariato) sono « cosi cosi » e che egli era « contrario a che le si appoggi ». In seguito si raddolcì e ammise che, « pur essendo in so- stanza reazionaria, la borghesia è spesso rivoluzionaria, quando, per esempio, si tratta di lottare contro il feudalesimo e le sue sopravvi- venze». «Ma ci sono alcuni gruppi, come per esempio gli artigia- ni, — continuò, saltando ancora una volta dalla padella nella brace, — che sono sempre [?] reazionari». Ecco a quali perle nel campo dei principi giunsero quegli stessi leaders del nostro « centro » che più tardi difesero con la bava alla bocca la vecchia redazione! Furono infatti gli artigiani, persino nelPEuropa occidentale dove Porganizza- zionc corporativa era cosi forte, a dar prova, come gli altri piccoli borghesi delle città, di uno spirito particolarmente rivoluzionario nel- Tepoca della caduta delPassolutismo. E per il socialdemocratico russo UN l'ASSO AVANTI E DUE INDIETRO 235 è particolarmente assurdo ripetere, senza riflettere, quel che i compa- gni occidentali dicono degli odierni artigiani, un secolo o un secolo c mezzo dopo la caduta deirassolutisfiio. Parlare in Russia di spirito reazionario degli artigiani rispetto alla borghesia nel campo dei pro- blemi politici altro non è che ripetere una frase fatta imparata a memoria. Purtroppo, negli atti non si è conservata alcuna indicazione sul numero dei voti raccolti dagli emendamenti presentati su questa que- stione da Martynov, Makhov, Liber e bocciati. Possiamo dire sol- tanto che i leaders degli antiskristi e uno dei leaders del « centro )> * si trovarono uniti anche in questo caso nel raggruppamento anti- skrista già noto. Tirando le somme di tutte le discussioni sul pro- gramma , non si può non concludere che non ci furono una sola vol- ta dibattiti di una certa vivacità e capaci di imporsi all’attenzione generale, che non rivelassero la differenza di sfumature oggi dissi- mulata dal compagno Martov e dalla nuova redazione dell *IsJ(ra. g) LO STATUTO DEL PARTITO. IL PROGETTO DEL COMPAGNO MARTOV Dal programma il congresso passò allo statuto (trascuriamo la questione, già toccata sopra, dellorgano centrale e dei rapporti dei delegati, che, purtroppo, la maggior parte dei delegati non potè pre- sentare in forma soddisfacente). Non occorre dire che la questione dello statuto aveva per tutti noi un’enorme importanza. Infatti Visura si presentò sin da princìpio non soltanto come un organo letterario, ma altresì come una cellula organizzativa. Neireditoriale del suo quarto numero {Da che cosa cominciare ?) 72 l’Iskra aveva esposto * Un nitro leader dello stesso gruppo,, ossia del « centro », il compagno Iegorov, manifestò il suo parere sulla questione dell 'appoggio alle correnti di opposizione in altra occasione, a proposito della risoluzione di Axelrod sui socialisti-rivoluzionari (p_ 359). Il compagno Iegorov ravvisò una « contraddizione » tra la rivendicazione programmatica dell’appoggio a ogni movimento di opposizione e rivoluzionario e l’atteggiamento negativo nei confronti sia dei socialisti-rivoluzionari che dei liberali. Affrontando la questione in altra forma e da un lato un po’ diverso, il compagno Iegorov rivelò la stessa angusta interpretazione del marxismo e ltì stesso atteggia- mento instabile, scmiostilc verso la posizione (da lui « riconosciuta ») dell’ dei compagni Makhov, Liber e Martynov. 236 LENIN tutto un piano organizzativo*, ed essa sostenne sistematicamente, instancabilmente questo piano per tre anni . Quando il secondo con- gresso del partito riconobbe Visura come organo centrale, dei tre pun- ti della motivazione della corrispondente risoluzione (p. 147) due erano dedicati precisamente a questo piano organizzativo ed alle idee organizzative dell Iskra : sua funzione nella direzione del lavoro pra- tico del partito e sua funzione dirigente nel lavoro di unificazione* È del tutto naturale, perciò, che il lavoro dc\VIsl(ra e tutta l’opera di or- ganizzazione del partito, di ricostituzione di fatto del partito, non potessero considerarsi compiuti prima che tutto il partito avesse rico- nosciuto e sanzionato formalmente determinate idee organizzative. Questo compito doveva per l’appunto assolverlo lo statuto organizza- tivo del partito. Le idee fondamentali che Visura si sforzò di porre a fondamento dell’organizzazione del partito si riducevano in sostanza alle due se- guenti. La prima, l’idea del centralismo, definiva in linea di princi- pio il modo di risolvere la gran mole di problemi organizzativi parti- colari e specifici. La seconda idea concerneva la funzione specifica dell’organo dirigente sul piano ideale, del giornale, e teneva precisa- mente conto dei bisogni temporanei e particolari del movimento ope- raio socialdemocratico in Russia in condizioni che richiedevano la creazione di una base operativa iniziale per l’assalto rivoluzionario all’estero. La prima idea, concernente esclusivamente i principi, do- veva permeare di sé tutto lo statuto; la seconda, come idea particolare determinata da circostanze temporanee di luogo e d’azione, si espri- meva in un 'apparente deroga al centralismo, nella creazione di due centri , l'organo centrale e il CC. Entrambe queste idee fondamentali delTorganizzazione iskrista furono sviluppate da me sia nell’edito- riale del Visura (n. 4) Da che cosa cominciare? , sia nel Che fare? 7a , e vennero infine spiegate particolareggiatamente, quasi in forma di • Nel suo discorso sul riconoscimento òe\\'Isi{ra quale organo centrale il compa- gno Popov diceva tra l'altro: « Ricordo un articolo del n. 3 o 4 de U'Isfya: Da che cosa cominciare} Molti dei compagni che operavano in Russia Io trovarono non tat- tico; ad altri quel piano sembrava fantastico, e la maggioranza [? probabilmente la maggioranza dei compagni vicini al compagno Popov] lo spiegava soltanto con l’am- bizione » (p. 140). Come il lettore può vedere, non mi resta ormai che abituarmi a questa spiegazione delle mie idee politiche mediante l’ambizione, spiegazione ora ri- spolverata dal compagno Axclrod e dal compagno Martov. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 2.37 statuto, nella Lettera a un compagno 74 . Non rimaneva, in sostanza, che il lavoro di redazione volto a formulare i paragrafi dello statuto, che doveva tradurre in pratica precisamente queste idee, se il ricono- scimento deìYIs^ra non rimaneva sulla carta, non era soltanto una frase convenzionale. Nella prefazione alla mia ristampa della Lettera a un compagno ho già rilevato che è sufficiente un semplice con- fronto fra lo statuto del artito e quest’opuscolo per stabilire la com- pleta identità delle idee organizzative nell’uno e nelPaltro 75 . Riguardo alla stesura della formulazione delle idee organizzative del Visura nello statuto occorre che io menzioni un incidente provo- cato dal compagno Martov. « ... L’esposizione dei fatti vi farà vedere — ha detto Martov al congresso della Lega (p. 58) — quanto per Lenin fosse inattesa la mia caduta neH’opportunismo su questo [cioè il primo] paragrafo. Un mese e mezzo o due mesi prima del con- greso mostrai a Lenin il mio progetto, in cui il § 1 veniva testual- mente esposto nella forma da me presentata al congresso. Lenin si espresse contro il mio progetto, in quanto troppo paricolareggiato, e mi disse che gli piaceva soltanto l’idea del § 1 : la definizione dell’ap- partenenza al partito, definizione che egli avrebbe espresso nel suo statuto con alcune modifiche, poiché riteneva che la mia formulazio- ne non fosse riuscita. Quindi Lenin era a conoscenza della mia formu- lazione, era a conoscenza delle mie vedute su questa questione. Voi po- tete pertanto vedere che io sono andato al congresso a visiera alzata, senza nascondere le mie vedute. Io avevo preavvertito che mi sarei bat- tuto contro la reciproca cooptazione, contro il principio dell’unanimità per la cooptazione nel Comitato centrale e nell’organo centrale, ecc. » Circa il preavviso sulla lotta contro la reciproca cooptazione ve- dremo a suo luogo come stavano le cose. Ora ci soffermeremo su que- sta « visiera alzata » dello statuto di Martov. Riferendo a memoria alla Lega l’episodio del suo infelice progetto (che al congresso lo stesso Martov aveva ritirato perché infelice e che, dopo il congresso, con la coerenza che gli è propria, ha di bel nuovo tratto alla luce del sole), Martov, come al solito, ha dimenticato molte cose, imbrogliando per- ciò ancora una volta le cose. Parrebbe che ci dovessero essere già ab- bastanza fatti che mettono in guardia contro i richiami alle conversa- zioni private e alla propria memoria (involontariamente gli uomini ricordano soltanto ciò che loro conviene!); ciò nonostante, però, il 2 3 8 LENIN compagno Martov, mancando di altro materiale, si avvale di quello scadente. Ora perfino il compagno Plekhanov comincia a imitarlo : com’è evidente, i cattivi esempi sono contagiosi. L’« idea » del primo paragrafo nel progetto di Martov non poteva « piacermi », perché nel suo progetto non c’era precisamente nessuna idea che comparisse al congresso. La memoria lo ha tradito. Fortuna- tamente ho trovato tra le mie carte il progetto di Martov, dove « il pri- mo paragrafo viene precisamene esposto in maniera diversa da come è stato da lui presentato al congresso »! Eccovela la « visiera alzata »! § I nel progetto di Martov : « Si considera appartenente al Partito operaio socialdemocratico russo ogni persona che, riconoscendone il programma, lavori attivamente per tradurre in pratica i suoi compiti sotto il contollo e la direzione degli organi [sicl] del partito». § I nel mio progetto: « Si considera membro del partito chiunque ne riconosca il programma e sostenga il partito sia con mezzi mate- riali che partecipando personalmente a una delle sue organizzazioni ». § I nella formulazione proposta da Martov al congresso e accet- tata da quest’ultimo : « Si considera membro del Partito operaio so- cialdemocratico russo chiunque ne riconosca il programma, sostenga il partito con mezzi materiali e gli accordi regolarmente il proprio appoggio personale sotto la direzione di una delle sue organizza- zioni ». Da questo raffronto si vede chiaramente che nel progetto di Mar- tov non c’è appunto ntssun'idea, ma solo una frase vuota . Che i mem- bri del partito lavorino sotto il controllo e la direzione degli organi del partito è chiaro di per sé, non può essere altrimenti , è cosa di cui parla solo chi ama parlare per non dir nulla, solo chi ama riem- pire gli « statuti » di una quantità di parole vuote e di formule bu- rocratiche (cioè sostanzialmente inutili e utili soltanto per la facciata esteriore). L'idea del primo paragrafo emerge solo quando si pone questa domanda: possono gli organi del partito realizzare di fatto la direzione su quegli iscritti che non fanno parte di nessuna delle organizzazioni del partito? Di quest’idea non c’è neanche l’ombra nel progetto del compagno Martov. Quindi io non potevo conoscere le « vedute » del compagno Martov « su questa questione », giacché nel suo progetto non ci sono vedute di sorta su questa questione. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO *39 L’esposizione dei fatti ad opera del compagno Martov risulta un guazzabuglio . Proprio del compagno Martov occorre dire, al contrario, che dal mio progetto egli « era a conoscenza delle mie vedute su questa questione)) e che non protestò contro di esse, non le confutò dinanzi al collegio di redazione, benché il mio progetto fosse stato presentato a tutti due o tre settimane prima del congresso, e nemmeno davanti ai delegati, che conobbero solo il mio progetto. Ma c’è di più. Persino al congresso, allorché io presentai il mio progetto di statuto * e lo di- fesi prima dell elezione della commissione per lo statuto , il compa- gno Martov dichiarò apertamente; «Mi associo alle conclusioni del compagno Lenin. Solo su due questioni non concordo con lui » (il corsivo è mio), nella questione relativa alla composizione del Con- siglio e in quella della cooptazione unanime (p. 157). Di un dissenso circa il § 1 qui noti si dice ancora mezza parola . In un opuscolo sullo stato d’assedio il compagno Martov ha rite- nuto necessario ricordare ancora una volta, e con abbondanza di particolari minuti, il suo statuto. In esso ci assicura che il suo statuto, che egli sarebbe tuttora (febbraio 1904; non si sa che cosa avverrà di qui a tre mesi) pronto a sottoscrivere, a eccezione di alcuni partico- lari di second’ordine, « esprimeva con sufficiente chiarezza il suo atteggiamento negativo verso l’ipertrofìa del centralismo)) (p. IV). La mancata presentazione di questo progetto al congresso viene ora spiegata dal compagno Martov anzitutto col fatto che « l’educazione iskrista gli ha ispirato un’attitudine sprezzante nei confronti degli statuti » (quando al compagno Martov piace, la parola iskrista non significa più per lui gretto spirito di circolo, ma la più coerente delle tendenze! Peccato però che in tre anni l’educazione iskrista non ab- * A proposito. La commissione per gli atti ha pubblicato nell’appendice XI il progetto di statuto « presentato al congresso da Lenin » (p. 393). La commissione per gli atti ha imbrogliato un tantino le cose anche qui. Essa ha confuso il mio progetto iniziale mostrato a tutti i delegati (e a moltissimi prima del congresso) col progetto presentato al congresso, e ha pubblicato il primo come fosse il secondo. Naturalmente, io non ho niente in contrario a che si pubblichino Ì mìei progetti, sia pure in tutte le fasi della loro preparazione , ma non si deve tuttavia creare confusione. E confusione se n’è creata, giacché Popov e Martov (pp, 154 e 157) criticano alcune formulazioni del mio progetto realmente presentato al congresso che non sono nel progetto pubbli- cato dalla commissione per gli atti (cfr. p. 394, §§ 7 c 11). Con un po’ piu di atten- zione sarebbe stato facile rilevare Terrore mediante un semplice raffronto delle pagine da me indicate. 240 LENIN bia ispirato al compagno Martov un’attitudine sprezzante nei con- fronti della fraseologia anarchica, con la quale la volubilità dell’intel- lettuale è capace di giustificare la violazione di uno statuto approvato di comune accordo). Inoltre, guardate un po’, proprio lui, il compa- gno Martov, voleva evitare « l’introduzione di una qualsivoglia disso- nanza nella tattica di quel nucleo organizzativo fondamentale che era Visura ». Che capolavoro di logica! Nella questione di principio della formulazione opportunistica del § i o deH’ipertrofia del centralismo il compagno Martov ebbe tanta paura di una dissonanza (spaventosa soltanto per il piu gretto spirito di circolo) che non formulò le pro- prie divergenze nemmeno davanti a un nucleo come la redazione! Nella questione pratica della composizione dei centri il compagno Martov fece appello, contro il voto della maggioranza dei membri dell’organizzazione òt\\'ls\ra (autentico nucleo organizzativo fon- damentale), all’aiuto del Bund e del Raboceie Dielo. La « dissonan- za )> delle sue frasi, che introducono di contrabbando lo spirito di circolo in difesa di una pseudoredazione al fine di negare lo « spirito di circolo » nella valutazione della questione da parte di chi ne è piu competente, questa dissonanza il compagno Martov non la nota. Per punirlo riporteremo per esteso il suo progetto di statuto, rilevando a nostra volta quali vedute e quale ipetrofia esso riveli *: n Progetto di statuto del partito. — I. Appartenenza al partito. — i) Si considera appartenente al Partito operaio socialdemocratico russo ogni persona che, riconoscendone il programma, lavori attivamente per tra- durre in pratica i suoi compiti sotto il controllo e la direzione degli organi del partito. — 2) L'espulsione dal partito di un suo membro per azioni incompatibili con gli interessi del partito viene decisa dal Comitato cen- trale. [La decisione motivata di espulsione si conserva neU'archivio del partito e viene comunicata, a richiesta, ad ogni comitato del partito. Contro la decisione di espulsione da parte del CC può essere interposto appello al congresso, qualora lo richiedano due o piu comitati] »... Met- terò tra parentesi le proposizioni del progetto di Martov chiaramente prive di contenuto, che non solo non contengono alcun'« idea », ma nean- che una condizione o rivendicazione determinata come per esempio l’in- comparabile indicazione nello « statuto » del luogo in cui si debba preci - • Osserverò che, purtroppo, non mi è stato possibile trovare la prima variante del progetto di Martov. la quale constava di ben 48 paragrafi, peccando ancora di più di un'« ipertrofìa » di inutile formalismo. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 24I saliente conservare la decisione, oppure la clausola che contro le decisioni di espulsione da parte del CC (e non contro tutte le sue decisioni in ge- nerale e senza eccezione?) può essere interposto appello al congresso. Questa è precisamente ipertrofia della frase, o vero e proprio formalismo burocratico, consistente nell’escogitare punti e paragrafi superflui, noto- riamente inutili oppure ostruzionistici. « ...IL Comitati locali. — 3) Rap- presentanti del partito nel suo lavoro locale sono i comitati del partito... » (che cosa nuova e intelligente!). {(..4) [Come comitati del partito ven- gono riconosciuti i comitati rappresentati al secondo congresso, nell’orga- nico che avevano al tempo del congresso] . — 5) I nuovi comitati del partito, oltre a quelli indicati dal § 4, vengono designati dal Comitato centrale [che o riconosce come comitato una determinata organizzazione locale nell’orgnnico che essa ha in quel momento, oppure costituisce un comitato locale riformando tale organizzazione]. — 6) I comitati inte- grano il proprio organico mediante cooptazione. — 7) Il CC ha diritto di i integrare l’organico di un comitato locale con un numero di compagni (ad esso noti) tale che non ascende a più di un terzo di tutto il comitato in questione...». Piccolo esempio di spirito cancellieresco: perché non più di un terzo? a che serve quest’indicazione? che senso ha una simile limitazione, che non liipita nulla, giacché 1 * integrazione può essere ripe- tuta più volte? «...8) [Qualora un comitato locale si sia sciolto oppure sia stato colpito» (ossia non arrestato per intero?) «da persecuzioni, il CC lo ricostituisce] »... (non tenendo più conto del § 7? Ma il compagno Martov non trova per caso una certa rassomiglianza fra il § 8 c quelle leggi russe sul buon costume che ingiungono di lavorare nei giorni feriali c di riposare nei giorni di festa?). « ...9) [Il congresso ordinario del par- tito può incaricare il CC di modificare l’organico di qualsiasi comitato lo- cale, se la sua attività viene riconosciuta incompatibile con gli interessi del partito. In quest’ultimo caso il comitato viene, nel suo organico attua- le, dichiarato sciolto, e i compagni che rientrano nella sua giurisdizione sono riconosciuti liberi dall’obbligo della subordinazione* nei suoi con- fronti] »... La norma contenuta in questo paragrafo è altrettanto utile quanto l’articolo delle leggi russe tuttora vigente nel quale si dice : è fatto divieto a tutti di ubriacarsi, «...io) [I comitati locali del partito dirigono tutta l’attività di propaganda, di agitazione e di organizzazione del par- tito ed aiutano, nella misura del possibile, il CC e l’organo centrale del partito ad assolvere i loro compiti di partito] »... Un! A che serve questa indicazione, per tutti i santi?... « n) [L’ordinamento interno dell’orga- # Richiamiamo l’attenzioqe de! compagno Axclrod su questa paroletta. È unfl cosa veramente terribile! Ecco dove si trovano le radici di quel « giacobinismo » che si è spinto fino... fino a modificare l’organico della redazione... /. 16-615 2*1 LENIN nizzazione locale, i rapporti reciproci fra il comitato e i gruppi ad esso su- bordinati » (sentite, sentite, compagno Axelrod?) « e i limiti di competen- za e di autonomia » (ma i limiti di competenza e i limiti di autonomia non sono la stessa cosa?) « di questi gruppi sono stabiliti dallo stesso comitato e vengono comunicati per conoscenza al CC e alla redazione del- Porgano centrale] »... (Lacuna: non si dice dove si conservino queste comunicazioni)... « 12) [Tutti i gruppi subordinati ai comitati e i singoli membri del partito hanno diritto di esigere che la loro opinione o il loro desiderio su qualsiasi questione vengano comunicati al CC del partito ed al suo organo centrale] . — 13) Il comitato locale del partito ha il dovere dì devolvere alla cassa del CC quella parte delle proprie entrate che gli spetta di versare in base alla quota stabilita dal CC. — III. Organizza- zioni ai fini dell'agitazione in altre lingue (oltre quella russa). — 14) [Ai fini delPagitazione in una delle lingue diverse dal russo e delPorga- nizzazione degli operai tra i quali questa agitazione viene svolta possono costituirsi organizzazioni separate nelle località in cui si presenti la neces- sità di un’agitazione specifica e della creazione di una simile organizza- zione], — 15) La decisione sulla legittimità di quest’esigenza spetta al CC del partito e, nei casi controversi, al congresso del partito ». La pri- ma parte del paragrafo è superflua, se si considerano le successive dispo- sizioni dello statuto, mentre la seconda parte sui casi controversi è sem- plicemente ridicola... » : un delegalo dell’or- ganizzazione dell'/j^ra si consulta al congresso solo con quest’ultima e non accenna neanche lontanamente a consultarsi con il comitato di organizzazione. Dopo la sua sconfitta sia nell’organizzazione che al congresso, egli comincia invece a deplorare la mancata riconferma del comitato, a cantargli retroattivamente le Iodi, a ignorare del tutto l’organizzazione che gli ha conferito il mandato! Si può scommettere che non si troverà un fatto analogo nella storia di nessun partito veramente socialdemocratico e veramente operaio. 272 LENIN tere c decidere, fra l’altro, a chi affidare la « bacchetta del direttore d’orchestra », ed era nostro comune dovere di partito riservare a que- sto punto debordine del giorno la più seria attenzione, risolvere il problema tenendo conto degli interessi della causa , e non delle « ama- bilità da filistei », come del tutto giustamente si espresse più tardi il compagno Rusov. Naturalmente, discutendo la questione delle candi- dature al congresso, non si poteva evitare di toccare anche certe doti personali, non si poteva evitare di esprimere la propria approvazione o disapprovazione*, specialmònte in una riunione non ufficiale e ri- stretta. E ho già detto al congresso della Lega che è assurdo conside- rare la disapprovazione di una candidatura come qualcosa di « infa- mante » (p. 49 degli atti della Lega), che è assurdo fare una a scenata » c abbandonarsi airisterismo per qualcosa che rientra direttamente neiradempimento del dovere di partito di eleggere i funzionari con coscienza e oculatezza. Pure, è proprio questo il motivo che ha pro- vocato tutto lo strepito della minoranza; dopo il congresso si sono messi a gridare alla « distruzione della reputazione » (p. 70 degli at- ti della Lega) e ad assicurare sulla stampa , al largo pubblico che il compagno Stein era il « militante più in vista » dell’ex comitato di organizzazione e che a torto lo si è accusato a di chissà quali piani infernali » (p. 69 dello Stato d’assedio). Ma non si tratta forse di isterismo, quando ci si mette a gridare alla « distruzione della repu- tazione » a proposito delPapprovazione o disapprovazione di deter- minati candidati? Non si tratta forse di mania del litigio, quando certi compagni, sconfitti sia in una riunione privata dell’organizza- zione dell 'Is\ra che in un 'assise ufficiale, nel supremo consesso del partito, al congresso, sollevano poi lagnanze davanti a tutti e racco- • Il compagno Martov si lagnava amaramente alla Lega dell'asprezza della mia disapprovazione, senz 'accorgersi che dalle sue lagnanze scaturisce una conclusione contro lui stesso. Lenin si è comportato, per servirci della sua espressione, da idrofobo (p. 63 degli atti della Lega). Esatto, egli ha sbattuto la porta. È vero. Con la sua condotta (alla seconda o terza seduta deU'organizzazione dell 'Isf^ra) ha provocato l’indignazione dei presenti. È la verità. Ma che cosa ne deriva? Soltanto che le mie argomentazioni sulla sostanza delle questioni controverse erano convincenti e confer- mate dall'andamento del congresso. Infatti, se alla fin fine risultarono nondimeno d'ac- cordo con me nove dei sedici aderenti all’organizzazione dell 7 ^ra, è chiaro che ciò avvenne nonostante le asprezze indebite, nonostante queste asprezze. Vuol dire che, se non ci fossero state « asprezze », sarebbero stati anche piu di nove i compagni schie- ratisi dalla mia parte. Vuol dire che le argomentazioni e i fatti erano tanto più convincenti quanto maggiore era l'« indignazione » che dovevano vìncere. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO m mandano allo spettabilissimo pubblico i candidati bocciati come « mi- litanti più in vista » ? Quando alcuni impongono al partito i propri candidati mediante la scissione e una cooptazione voluta ad ogni costo? Qui da noi, nella stagnante atmosfera deiremigrazione, si è giunti a una tale confusione dei concetti politici che il compagno Martov non sa più distinguere il dovere di partito dal gretto spirito di circolo e dal nepotismo! A quanto pare, è burocratismo e forma- lismo pensare che la questione dei candidati vada discussa e decisa solo ai congressi dove i delegati si riuniscono per discutere, prima di tutto, importanti questioni di principio, dove convengono rappre- sentanti del movimento che sono capaci di assumere, sul problema dei candidati, un atteggiamento spassionato, che sono capaci (e han- no il dovere) di esigere e di raccogliere ogni sorta di informazioni sui candidati al fine di formulare il loro voto decisivo, dove è natura- le e necessario che si faccia un certo spazio alle discussioni per la bacchetta del direttore d’orchestra. Al posto di questo modo di vede- re burocratico e formalistico sono stati oggi introdotti tra noi altri costumi : dopo i congressi parleremo a destra e a sinistra dei funerali politici di Ivan Ivanyc e della distruzione della reputazione di Ivan Nikiforovic; i candidati saranno raccomandati negli opuscoli da questi o quei pubblicisti, i quali poi, battendosi il petto, assicureran- no: niente circoli, ma il partito... Quei lettori che amano gli scandali si precipiteranno avidamente sulla sensazionale novità che il militan- te più in vista del comitato di organizzazione era il tale c talaltro, come assicura lo stesso Martov * Il problema sanno meglio discu- terlo e risolverlo questi lettori che non certi organismi formalistici come i congressi, con le loro meccaniche decisioni a maggioranza... Sf, sono ancora grandi le stalle di Augia della mania per il litigio deiremigrazione che ai nostri autentici militanti di partito incombe il dovere di pulire! * Anch’io, come Martov, raccomandavo in seno all’organizzazione delP/r^ra un candidato al CC che parimenti non riuscii a far accettare, e di cui potrei ugualmente sottolineare l’ottima reputazione, attestata da fatti eccezionali, prima del congresso e al suo inizio. Ma non ci penso neppure. Questo compagno ha abbastanza stima di se stesso per non permettere a nessuno di far conoscere dopo il congresso la sua candi- datura sulla stampa, o per lagnarsi di funerali politici, di distruzione della reputazio- ne, ccc. - 274 LENIN Seconda votazione dell’organizzazione dell' Is^r a : «Viene accet- tata, con dieci voti contro due e quattro astensioni, una lista di cin- que [per il CC] nella quale sono inclusi, su mia proposta, un leader degli elementi non iskristi c un leader della minoranza iskrista ». Questo voto è molto importante, giacché dimostra chiaramente e irrefutabilmente tutta la falsità delle chiacchiere sorte piu tardi, nel- l’atmosfera della mania per il litigio, secondo cui noi avremmo vo- luto espellere dal partito o allontanare i non iskristi, secondo cui la maggioranza avrebbe scelto in seno a una sola metà, ecc. Tutto questo è pura menzogna. Il voto che ho menzionato dimostra che non allontanavamo i non iskristi non solo dal partito, ma neanche dal CC, e che concedevamo ai nostri oppositori una cospicua mino- ranza . Tutta la faccenda si riduceva al fatto che essi volevano avere la maggioranza , e quando questo loro modesto desiderio non si rea- lizzò, provocarono uno scandalo , rifiutandosi di far parte dei cen- tri. E che la cosa stesse proprio cosi, nonostante le affermazioni del compagno Martov alla Lega, si può vedere dalla seguente lettera , che venne inviata a noi, maggioranza degli iskristi (e maggioranza del congresso, dopo l’uscita dei sette), dalla minoranza delPorganizza- zione del Visura subito dopo Tapprovazione del § i dello statuto (va notato che la riunione dell’organizzazione d e\\'Is\ra di cui parlavo fu Vultima: dopo di essa l’organizzazione di fatto si sciolse, e cia- scuna delle due parti si sforzò di convincere delle proprie ragioni i restanti delegati). Ecco il testo della lettera : « Avendo udito i chiarimenti dei delegati Sorokin e Sablina circa il desiderio della maggioranza della redazione e del gruppo ” Emancipa- zione del lavoro” di partecipare alla riunione [del giorno tale] * e aven- do, con l’aiuto di questi delegati, stabilito che nella precedente riunione è * Secondo 1 mici calcoli, la data indicata nella lettera corrisponde al martedì'. La riunione si tenne il martedì sera, cioè dopo la 28* seduta del congresso. Que- st’indicazione cronologica è molto importante. Essa con fura irre fragabi! mente l’opi- nione del compagno Martov che ci saremmo divisi sulla questione dell’organizza- zione dei centri, e non su quella della loro composizione. Essa dimostra irrefraga- bilmente la giustezza della mia esposizione al congresso della Lega e nella Lettera stila redazione , Dopo la 28* seduta del congresso i compagni Martov c StarovCr par- lano insistentemente di falsa accusa di opportunismo c non dicono mezza parola sui dissenso relativo alla composizione del Consiglio o alla cooptazione nei centri (di cui discutemmo nelle sedute 25 , 26 e 27 ). UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 275 stata letta, come fosse partita da noi, una lista di candidati al CC che è stata utilizzata per caratterizzare in maniera sbagliata tutta la nostra po- sizione politica, e considerando che, in primo luogo, questa lista ci è stata attribuita senza fare il minimo tentativo di stabilirne la provenien- za; che, in secondo luogo, questa circostanza è indubbiamente in con- nessione con l’accusa di opportunismo che è stata apertamente sollevata contro la maggioranza della redazione dellVr^ra e del gruppo ” Emanci- pazione del lavoro»; e che, in terzo luogo, per noi è perfettamente chiara la connessione di quest’accusa col piano esistente e pienamente determi- nato di modificare la composizione della redazione dell ' ” ls\ra ", troviamo le spiegazioni dateci circa le cause della non ammissione alla riunione in- .soddisfacenti e vediamo nel proposito di non ammetterci alla riunione una dimostrazione della scarsa volontà di consentirci di smentire le false accuse summenzionate. a Circa la possibilità di un accordo su una lista comune di candidati al CC, dichiariamo che Tunica lista che possiamo accettare come base per un accordo è la seguente : Popov, Trotski, Glebov, sottolineando inoltre il carattere di questa lista come lista di compromesso, dato che l’inclusione in essa del compagno Glebov ha soltanto il valore di una concessione ai desideri della maggioranza, giacché, dopo che ci è divenuta chiara la parte del compagno Glebov al congresso, noi non consideriamo il com- pagno Glebov come un uomo che abbia i requisiti che si devono preten- dere da un candidato al CC. (( Cogliamo l’occasione per sottolineare che, anche se avviamo tratta- tive sulle candidature al CC, lo facciamo senza alcun riferimento alla composizione della redazione dell’organo centrale, dato che su questa questione (della composizione della redazione) non siamo disposti ad av- viare trattative di sorta. Per i compagni: Martov e Starover » Questa lettera, che riproduce esattamente lo stato d’animo delle parti contendenti e i termini della controversia, ci introduce di colpo nel ((nocciolo» dell’incipiente scissione e ne mostra le vere cause. La minoranza dell’organizzazione delT/f^ra, pur non desiderando accordarsi con la maggioranza, in quanto preferisce la libera agita- zione al congresso (avendone, naturalmente, il pieno diritto), cerca nondimeno di ottenere che i « delegati » della maggioranza la am- mettano alla loro riunione privata! È ovvio che questa divertente pretesa provocò alla nostra riunione (la lettera venne naturalmente letta alla riunione) soltanto un sorriso e una stretta di spalle, mentre LENIN xj 6 le grida, che già davano neiristerismo, circa le « false accuse di op- portunismo» suscitarono decisamente l’ilarità. Ma esaminiamo dap- prima, punto per punto, le amare lagnanze di Martov e Starover. La lista era stata loro attribuita falsamente; la loro posizione po- litica veniva caratterizzata in maniera sbagliata. Ma, come riconosce 10 stesso Martov (p. 64 degli atti della Lega), io non pensavo di met- tere in dubbio la sincerità deirafTermazione che egli non fosse l’auto- re della lista. Qui la questione della paternità della lista non cantra affatto, e poco importa che la lista sia stata abbozzata da qualche iskrista o da qualche rappresentante del « centro », ecc. Ciò che con- ta è che questa lista, in cui erano inclusi solo i componenti delPodier- na minoranza, circolava al congresso, sia pure come semplice con- gettura o supposizione. Ciò che piu conta , infine, è che al congresso 11 compagno Martov dovette opporsi con le mani e coi piedi a una lista- che oggi dovrebbe approvare entusiasticamente. Nulla può trat- teggiare l’instabilità nella valutazione di uomini e sfumature più eloquentemente di questo salto, nel corso di un paio di mesi, dalle grida sulle « dicerie infamanti » alPimposizione al partito, come suo centro, degli stessi candidati di una lista dichiarata infamante!* Questa lista, diceva il compagno Martov al congresso della Lega, « significava politicamente una coalizione nostra e del luzny Raboci col Bund, una condizione nel senso di un accordo diretto » (p. 64). Non è vero, perché, in primo luogo, il Bund non avrebbe mai con- sentito ad « accordarsi » su una lista nella quale non c’era un solo bundista; in secondo luogo, non si trattava e non poteva trattarsi di un accordo diretto (che a Martov sembrava infamante) non già solo col Bund, ma neanche col luzny Raboci. Si trattava infatti non di un accordo, ma di una coalizione, non del fatto che il compagno Martov avesse concluso una transazione, ma del fatto che gli stessi elementi antiskristi e incostanti, contro i quali si era battuto durante la prima parte del congresso e che avevano profittato del suo errore sul § 1 dello statuto, dovevano inevitabilmente appoggiarlo. La lettera da me citata dimostra nel modo più incontestabile che la radice dell\< of- fesa » stava appunto neWaccusa aperta, e per di piu falsa, di opportu - • Le precedenti righe erano già state composte quando ci è giunta notizia del- l'incidente scoppiato fra il compagno Gusev c il compagno Dcutsch. Esamineremo con maggior cura quest’incidente neW appendice. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 277 nismo. Quese « accuse », dalle quali è nato tutto lo strepito, e che oggi vengono tanto accuratamente eluse dal compagno Martov, benché io le abbia accennate nella Lettera alla redazione , erano di due specie : in primo luogo, durante le discussioni sul § 1 dello sta- tuto, Plekhanov aveva detto francamente che il problema del § 1 con- sisteva nella « separazione di ogni sorta di rappresentanti dell’oppor- tunismo » da noi e che per il mio progetto, quale baluardo contro la loro irruzione nel partito, « dovevano votare, già per questo solo motivo, tutti gli avversari dell’opportunismo » (p. 246 degli atti del congresso). Queste energiche parole nonostante la mia lieve attenua- zione (p. 250) 87 , provocarono una notevole sensazione, espressasi chiaramente nei discorsi dei compagni Rusov (p. 247), Trotski (p. 248) e Akimov (p. 253). Nei « corridoi » del nostro « parlamento » la tesi di Plekhanov veniva vivacemente commentata e nelle infinite polemiche sul § 1 veniva variata in mille modi. Ed ecco che, invece di difendersi sulla sostanza, i nostri cari compagni si misero comica- mente a fare gli offesi, giungendo fino a lagnarsi per iscritto della « falsa accusa di opportunismo »! La mentalità del sistema dei circoli e di una stupefacente imma- turità in fatto di partito, incapace di sopportare il fresco venticello delle discussioni aperte, pubbliche, si manifestò qui con grande evi- denza. Si tratta di quella mentalità, ben nota all'uomo russo, che si esprime nell’antico detto: o mi date la mano da amico, o ci si rompe il grugno! Ci si era cosi abituati alla campana di vetro di una piccola comunità chiusa e raccolta che si si senti venir meno sotto il peso della propria responsabilità non appena si scese in campo in un’arena libera e aperta. Accusare, e chi mai? II gruppo «Eman- cipazione del lavoro », e per di più la sua maggioranza, di opportu- nismo? Figuratevi lo spavento! O dichiarare la scissione del partito per. questo indelebile oltraggio, o soffocare lo « scandalo in famiglia », restaurando la « continuità » della campana di vetro; il dilemma si delinea già abbastanza chiaramente nella lettera considerata. La men- talità dell’individualismo intellettualistico e del sistema dei circoli si scontrò con l'esigenza dell'azione aperta davanti al partito. Imma- ginate se nel partito tedesco è mai concepibile una simile assurdità, una siffatta mania per il litigio, la lagnanza per una « falsa accusa di opportunismo»! Da quelle parti l’organizzazione e la disciplina LENIN 278 proletaria hanno posto fine da tempo a queste quisquilie da intellet- tuali. Nessuno assume un atteggiamento che non sia di grandissimo rispetto nei confronti, poniamo, di Liebknecht, ma quanto non si riderebbe, da quelle parti, se egli si lagnasse perche (assieme a Bebel) al congresso del 1895 lo « accusarono apertamente di opportunismo », quando nella questione agraria risultò in cattiva compagnia, acco- munato al noto opportunista Vollmar ed ai suoi amici. 11 nome di Liebknecht è indissolubilmente legato alla storia del movimento ope- raio tedesco, non perché a Liebknecht è capitato di cadere nelFop- portunismo su una questione relativamente modesta e particolare, ma nonostante questo fatto. E nello stesso, identico modo, nonostante l’asprezza della lotta, ispira e ispirerà sempre rispetto ad ogni social- democratico russo il nome, poniamo, del compagno Axelrod, non già perché al compagno Axelrod è capitato di difendere una misera ideuzza opportunistica al secondo congresso del partito o di esuma- re una vecchia insulsaggine anarchica al secondo congresso della Le- ga, ma nonostante questo fatto. Solo il piu retrivo spirito di circolo con la sua logica: o mi date la mano da amico, o ci si rompe il gru- gno, poteva portare alBisterismo, alla mania per il litigio e alla scis- sione del partito per una « falsa accusa di oportunismo alla maggio- ranza del gruppo” Emancipazione del lavoro ” ». Un altro motivo di questa terribile accusa è legato al precedente nel più stretto dei modi (al congresso della Lega [p. 63] il compa- gno Martov si è sforzato con gran cura di eludere e dissimulare uno degli aspetti di questo incidente). Esso concerne precisamente la coalizione tra gli elementi antiskristi e incostanti e il compagno Mar- tov, che si delineo a proposito del § 1 dello statuto. Naturalmente, fra il compagno Martov e gli antiskristi non ci fu e non poteva esserci alcun accordo diretto o indiretto, e nessuno lo ha sospettato di ciò: solo la paura gli ha fatto vedere il contrario. Ma il suo errore si ma- nifestò politicamente proprio nel fatto che chi indubbiamente gra- vitava verso l’opportunismo cominciò a costituire attorno a lui una maggioranza «compatta», sempre più solida (diventata poi mino- ranza solo grazie alla « casuale » uscita dal congresso di sette dele- gati). Questa « coalizione » noi la facemmo naturalmente notare in maniera altrettanto aperta subito dopo il § 1 sia al congresso (cfr. l’osservazione già menzionata sopra del compagno Pavlovic, p. 255 UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 279 degli atti del congresso) che ncirorganizzazione dcWlsf^ra (a quanto ricordo, la fece specialmente notare Plekhanov). Si tratta, alla let- tera, dello stesso rilievo e scherno che colpi Bebel e Liebknecht nel 1895, quando la Zetkin disse loro: « Es tut mir in der Sede weh, da ss ich disch in der Gesellschaft seh’ » (mi fa proprio male al cuore vederti — cioè vedere Bebel — in tale compagnia ; cioè con Vollmar e soci). È veramente strano che Bebel e Liebknecht non inviassero al- lora a Kautsky e alla Zetkin un’isterica missiva in merito alla falsa accusa di opportunismo... Quanto alla lista dei candidati al CC, questa lettera rivela l’er- rore del compagno Martov, il quale affermava alla Lega che il rifiu- to di mettersi d’accordo con noi non era ancora definitivo: ulteriore esempio di quanto nella lotta politica sia irragionevole riprodurre le conversazioni a memoria, invece di basarsi sui documenti. In realtà, la « minoranza » era cosi modesta da porre alla « maggioranza » un ultimatum : prendere due della « minoranza » e uno (come compro- messo e, a vero dire, solo come concessione!) della « maggioranza ». È una mostruosa enormità, ma è un fatto. E questo fatto mostra all’evidenza quanto siano assurde le odierne chiacchiere secondo cui la « maggioranza » mediante una metà del congresso avrebbe scelto i rappresentanti di una sola metà. Esattamente il contrario : solo come concessione i martovisti ci proponevano uno su tre, desiderando quindi, qualora non fossimo stati d’accordo su questa originale « con- cessione », far eleggere tutti i loro! Noi ridemmo, nella nostra riu- nione privata della modestia dei martovisti e compilammo una no- stra lista: Glebov, Travinski (eletto poi nel CC), Popov . Quest’ul- timo venne da noi sostituito (sempre nella riunione privata dei 24) col compagno Vasiliev (eletto poi nel CC), solo perché il compagno Popov si rifiutò di far parte della nostra lista, dapprima in una con- versazione privata e poi apertamente al congresso (p. 338). Ecco come stavano le cose . La modesta « minoranza » aveva il modesto desiderio di essere in maggioranza. Quando questo modesto desiderio non venne soddi- sfatto, la « minoranza » si compiacque di rifiutarsi del tutto e di im- bastire un piccolo scandalo. E oggi si trova ancora qualcuno che con magnanima condiscendenza blatera di « inflessibilità » della « maggioranza »! 280 LENIN Muovendo alla guerra della libera agitazione al congresso, la « mi- noranza » poneva ridicoli ultimatum alla « maggioranza ». Avendo subito una sconfitta, i nostri eroi si misero a frignare e cominciarono a gridare allo stato d'assedio. Voilà toni. Anche la terribile accusa, circa la nostra intenzione di modificare l’organico della redazione, venne da noi accolta (riunione privata dei 24) con un sorriso; tutti erano perfettamente al corrente, fin dall’ini- zio del congresso e anche da prima, del piano di rinnovare la reda- zione mediante l’elezione deiroriginario gruppo a tre (di questo dirò piu particolareggiatamente quando si parlerà dell’elezione della redazione al congresso). Che la « minoranza » fosse stata spaventata da questo piano, dopo aver visto come un’ottima conferma della sua giustezza fosse stata la condizione fra la « minoranza » e gli anti- skristi, non ci stupì; la cosa era perfettamente naturale. Ovviamen- te, noi non potevamo prendere sul serio la proposta di trasformarci volontariamente, prima della lotta al congresso, in minoranza, non potevamo prendere sul serio Finterà lettera, i cui autori erano giun- ti a un grado di irritazione tanto inverosimile da parlare di « false accuse di opportunismo ». Noi speravamo vivamente che il dovere di partito avrebbe presto avuto la meglio sul naturale desiderio di « sfo- gare la propria rabbia ». k) CONTINUAZIONE DELLE DISCUSSIONI SULLO STATUTO. COMPOSIZIONE DEL CONSIGLIO I successivi punti dello statuto provocano molte piu polemiche, sui particolari che sui principi dell’organizzazione. La 24“ seduta del congresso venne interamente consacrata alla questione della rappre- sentanza ai congressi del partito, e contro i piani comuni a tutti gli iskristi ancona una volta si batterono decisamente e con chiarezza soltanto i bundisti (Goldblatt e Liber, pp. 258-259) e il compagno Akimov, il quale riconobbe con lodevole franchezza la sua parte al congresso : « Io parlo ogni volta con la piena coscienza che con i miei argomenti non influirò sui compagni, ma, al contrario, nuocerò al punto che difendo » (p. 261). Questa giusta osservazione giungeva particolarmente a proposito subito dopo il § 1 dello statuto; non è qui impiegata in maniera completamente giusta solo l’espressione UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 7&1 « al contrario », poiché il compagno Akimov sapeva non solo nuoce- re a questo o a quel punto, ma nel contempo e con ciò stesso altresì « influire sui compagni »... che erano fra gli iskristi piu incoerenti e inclini alla ciarlataneria opportunistica. Per farla breve, il § 3 dello statuto, che definiva le condizioni della rappresentanza al congresso, venne approvato a maggioranza, con 7 astensioni (p. 263), evidentemente tra gli antiskristi. La discussione sulla composizione del Consiglio, che assorbì la maggior parte della 25* seduta del congresso, rivelò una strordinaria divisione dei vari gruppi attorno a un numero enorme di progetti diversi. Abramson e Tsariov respingono assolutamente il piano di un Consiglio. Panin vuole ostinatamente trasformare il Consiglio in un mero tribunale arbitrale e perciò propone, con tutta coerenza, di e- spungere la clausola che il Consiglio è la più alta istanza e che lo possono convocare due qualsiasi dei suoi membri *. Herz e Rusov so- stengono due modi diversi di comporre il Consiglio, in aggiunta ai tre modi proposti dai cinque membri della commissione per lo sta- tuto. Le questioni controverse andarono prima di tutto a parare nella definizione dei compiti del Consiglio : tribunale arbitrale o più al- ta istanza del partito? Era coerentemente per la prima soluzione, come ho già detto, il compagno Panin. Ma egli restò solo. Il compa- gno Martov si dichiarò nettamente contrario : « Propongo che la pro- posta di espungere le parole : « il Consiglio è la più alta istanza », venga respinta : la nostra formulazione » (cioè la formulazione dei compiti del Consiglio sulla quale ci eravamo accordati nella commis- sione per lo statuto) «lascia intenzionalmente al Consiglio la pos- sibilità di diventare la più alta istanza del partito. Per noi il Con- siglio non è soltanto un organismo conciliatore ». Ciò nondimeno la composizione del Consiglio corrispondeva, secondo il progetto del compagno Martov, in tutto e per tutto al carattere degli « organismi conciliatori» e dei tribunali arbitrali: due membri presi da ciascu- * Apparentemente anche il compagno Starovcr propendeva verso le concezioni del compagno Panin, con la sola differenza che quest’ultimo sapeva ciò che voleva, c proponeva con -tutta coerenza una risoluzione che trasformava ÌI Consiglio in un organismo meramente arbitrale, conciliatore, mentre il compagno Starovcr non sapeva ciò che voleva quando diceva che il Consiglio si riunisce, secondo il progetto, « solo su richiesta delle parti » (p. 2 66 ). Questo è assolutamente falso. 19 -SIS 282 LENIN no dei due centri e il quinto invitato dai quattro. Non solo questa composizione del Consiglio, ma anche quella che venne adottata dal congresso su proposta dei compagni Rusov e Herz (il quinto membro viene designato dal congresso) corrispondente esclusivamente ai fini della conciliazione o mediazione. Fra una simile composizione del Consiglio e la sua designazione a divenire la piu alta istanza del partito c’è una contraddizione irreconciliabile. La piu alta istanza del partito dev’essere permanente per ciò che concerne la sua com- posizione, non può dipendere da mutamenti casuali (talvolta dovuti a retate), sopravvenuti nella composizione dei centri. La più alta istanza deve trovarsi immediatamente collegata al congresso del partito, ricevendo i suoi pieni poteri da quest’ultimo, e non da due altri organismi di partito subordinati al congresso. La più alta istanza dev’essere composta di compagni noti al congresso del partito. Infine, la piti alta istanza può essere organizzata in modo che la sua stessa esistenza dipenda dal caso: se i due collegi non si riu- niranno per eleggere il quinto membro, il partito resterà privo della sua piu alta istanza! Contro di ciò si obiettava: 1) che con l’estensio- ne di uno dei cinque e la divisione degli altri quattro in due coppie ci si può ugualmente trovare in una situazione senza sbocco (Iego- rov). Quest’obiezione è inconsistente, perché l’impossibilità di pren- dere una decisione è talvolta inevitabile per qualsiasi collegio, ma questa è cosa affatto diversa dalFimpossibilità di costituire un colle- gio. Seconda obiezione: «Se un organismo come il Consiglio non potrà eleggere il suo quinto componente, allora vuol .dire che que- st’organismo è incapace di lavorare in generale » (Zasulic). Però, qui non si tratta del fatto che la più alta istanza sia o non sia capace di lavorare, ma che essa esista 0 non esista: senza il quinto membro non ci sarà alcun Consiglio, non ci sarà alcun « organismo », e di capacità di lavorare non si potrà neanche più parlare. Infine, sarebbe ancora un male rimediabile, se potesse darsi il caso della mancata costituzione di un collegio di partito al di sopra del quale se ne trovi un altro, l’istanza suprema, poiché questo collegio supremo po- trebbe sempre, in casi urgenti, colmare in qualche modo la lacuna. Ma al di sopra del Consiglio non c'è alcun altro collegio, tranne il con- gresso; e quindi prevedere nello statuto la possibilità che il Consiglio non rieka nemmeno a costituirsi è una patente illogicità. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 383 I miei due brevi interventi su questa questione furono appunto dedicati all’esame (pp. 267 e 269) delle due sole obiezioni sbagliate, con cui veniva difeso il progetto di Martov dallo stesso Martov e da altri compagni. Quanto poi alla questione che nel Consiglio dovesse prevalere Porgano centrale oppure il CC, non fu da me nemmeno sfiorata . Il problema era stato toccato, per la prima volta , già nella 14* seduta (p. 157), dal compagno Akimov, che aveva ammonito contro il pericolo di una prevalenza dell’organo centrale, e dopo il congres- so i compagni Martov, Axelrod e gli altri non hanno fatto altro che ■seguire le orme di Akimov, creando l’assurda e demagogica favolet- ta del desiderio della « maggioranza » di trasformare il CC in uno strumento della redazione. Toccando questa questione nel suo Stato d! assedio , il compagno Martov ha modestamente taciuto del suo vero iniziatore! Chi vorrà farsi un’idea interamente chiara del modo come ven- ne impostata al congresso la questione della prevalenza dell’organo centrale sul CC, e non limitarsi a singole citazioni strappate dal lo- ro contesto, non stenterà molto a vedere che il compagno Martov ha travisato le cose. Fin dalla 14* seduta e solo il compagno Popov che inizia la polemica contro le opinioni del compagno Akimov, il qua- le « al vertice del partito » desidera « difendere » il piu severo centra- lismo, « per indebolire Vinfìuenza dell* organo centrale » (p. 154; il corsivo è mio), « al che appunto si riduce propriamente tutto il sen- so di un simile [quello di Akimov] sistema». «Un simile centra- lismo — aggiunge il compagno Popov — non solo non lo difen- do, ma sono pronto ad avversarlo in tutti i modi, perché è, la bandiera dell' opportunismo ». Ecco dov’è la radice della famigerata questione della prevalenza dell’organo centrale sul CC, e non c’è da stupirsi che al compagno Martov tocchi oggi passare sotto silenzio la vera origine della questione stessa. Persino il compagno Popov non poteva non scorgere il carattere opportunistico di queste chiac- chiere akimoviane sulla prevalenza dell’organo centrale*, sicché, allo • Né il compagno Popov né il compagno Martov si facevano scrupolo di chia- mare il compagno Akimov opportunista; essi cominciarono a sentirsi offesi e ad indignarsi solo quando la denominazione venne applicata, e giustamente, a loro stessi a causa dellV uguaglianza giuridica delle lingue » e del 5 i. Il compagno Akimov, sulle cui orme si è mosso il compagno Martov, seppe tuttavia comportarsi al congresso del partito con maggiore dignità c coraggio che non il compagno Mar- 284 LENIN scopo di distinguersi a dovere dal compagno Akimov, il compagno Popov dichiarò categoricamente : «In. questo centro [il Consiglio] tre membri siano pure della redazione e due membri del CC. Que- sta è una questione secondaria [il corsivo è mio]; ciò che importa, invece, è che la direzione, la suprema direzione del partito, promani da una sola sorgente » (p. 155). Il compagno Akimov replicò : « Se- condo il progetto, alForgano centrale è assicurata la prevalenza nel Consiglio già per il solo fatto che la composizione della redazione è costante, mentre quella del CC è variabile » (p. 157), argomento che si riferisce unicamente alla « costanza » della direzione di principio (fenomeno normale e desiderabile), non già alla « prevalenza » nel senso di un’intromissione o di un attentato all’autonomia. E il com- pagno Popov, che a quel tempo non apparteneva ancora alla « mino- ranza », la quale maschera il proprio malcontento circa la compo- sizione dei centri con pettegolezzi sulla non autonomia del CC, rispose del tutto ragionevolmente al compagno Akimov : « Io propongo di considerarlo [il Consiglio] il centro dirigente del partito, nel qual caso è affatto irrilevante sapere se nel Consiglio ci sarà un maggior numero di rappresentanti dell'organo centrale oppure del CC » (pp. 157-158. Il corsivo è mio). Quando la discussione sulla composizione del Consiglio venne ripresa alla 25* seduta, il compagno Pavlovic, continuando le vecchie polemiche, si pronunciò per la prevalenza dell’organo centrale sul CC, «in vista della stabilità del primo» (264), riferendosi alla stabi- lità di principio , come appunto fece il compagno Martov, che, par- lando subito dopo il compagno Pavlovic, trovò inutile « fissare la prevalenza di un organismo sull’altro » e accennò alla possibilità che uno dei membri del CC risiedesse all’estero: « con ciò si conserverà, sino ad un certo punto, la stabilità di principio del CC » (264). Qui non cc ancora nemmeno l’ombra di una confusione demagogica della questione della stabilità di principio e della sua salvaguardia con la difesa deU’autonomia e dell’indipendenza del CC. Questa tov c soci al congresso della Lega. « Qui — diceva il compagno Akimov al con- gresso del partito — mi si chiama opportunista; personalmente considero questa parola come offensiva e ingiuriosa, c credo di non averla affatto meritata; tuttavia non protesto contro di essa » (p. 296). Non avranno per caso i compagni Martov c Starover proposto al compagno Akimov di sottoscrivere la loro protesta contro la falsa accusa di opportunismo? E il compagno Akimov non si sarà per caso rifiutato.? UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 285 confusione, che dopo il congresso è pressoché divenuta il più impor- tante cavallo di battaglia del compagno Martov, venne messa in atto al congresso solo dal compagno A\imov y che già allora parlava ap- punto di « spirito arakceieviano Ba dello statuto » (268) e osservava che, « se nel Consiglio del partito verranno ad esserci tre membri del- V organo centrale, il CC si trasformerà in un semplice esecutore della volontà della redazione [il corsivo è mio] . Tre compagni residenti all’estero otterrano il diritto di disporre illimitatamente [li] del la- voro di tutto [!!] il partito. La loro sicurezza è garantita, e perciò il loro potere è vitalizio » (268). Proprio contro queste frasi, del tutto assurde e demagogiche, che pongono surrettiziamente Y intromissione nel lavoro di tutto il partito al posto della direzione ideale (e che dopo il congresso hanno fornito una parola d’ordine assai a buon mercato al compagno Axelrod e ai suoi discorsi sulla « teocrazia »), proprio contro di esse replicò ancora una volta il -compagno Pavlovic, il quale sottolineò di essere favorevole « alla saldezza e alla purezza dei principi rappresentate da\VIs{ra. Dando la prevalenza alla reda- zione dell’organo centrale, rinsaldo con ciò stesso questi principi ». Ecco in quali termini sta effettivamente la questione della fami- gerata prevalenza dell’organo centrale sul CC. Questa celebre « di- vergenza di principio » dei compagni Axelrod e Martov altro non è che una ripetizione delle frasi opportunistiche e demagogiche del compagno A{imov> frasi di cui vedeva chiaramente il reale carat- tere persino il compagno Popov, naturalmente quando non era an- cora stato sconfitto nella questione della composizione dei centri f Risultato della discussione sulla composizione del Consiglio: nonostante i tentativi del compagno Martov di dimostrare nello Sta- to d’assedio la contraddittorietà e inesattezza della mia esposizione nella Lettera alla redazione , gli atti del congresso fanno chiaramente Vedere che questa questione, in confronto al § 1, è effettivamente soltanto un particolare , che la dichiarazione contenuta nell’articolo il nostro congresso (n. 53 dell’ Iskra), secondo cui noi avremmo « quasi, esclusivamente » polemizzato sull’organizzazione delle i- stanze centrali del partito, è un completo travisamento. Questo tra- visamento è tanto più stridente in quanto l’autore dell’articolo ha passato completamente sotto silenzio le polemiche sul § /. Che, inol- 286 LENIK tre, nelle questioni della composizione del Consiglio non si avesse un raggruppamento ben definito degli iskristi è parimenti confermato dagli atti: votazioni per appello nominale non ce ne sono, Martov discorda da Panin, io concordo con Popov, Iegorov e Gusev hanno un’opinione tutta loro, tee . Infine, la mia ultima affermazione (al congresso della Lega estera della socialdemocrazia rivoluzionaria russa) che la coalizione fra i martovisti e gli antiskristi si consolidò viene ancVessa confermata dalla svolta, oggi evidente per tutti, dei compagni Martov e Axelrod verso il compagno Akimov anche in questa questione. i) FINE DELLE DISCUSSIONI SULLO STATUTO. COOPTAZIONE NEI CENTRI. USCITA DEI DE- LEGATI DEL « RABOCEIE DIELO » Delle ulteriori discussioni sullo statuto (26* seduta del congresso) vale la pena di rilevare solo quella sulla limitazione del potere del Comitato centrale, che lumeggia il carattere degli odierni attacchi dei martovisti contro l’ipercentralismo. I compagni Iegorov e Popov si sforzano di limitare il centralismo con una forza di persuasione alquanto maggiore, indipendente dalla candidatura loro o di com- pagni da loro sostenuti. Essi avevano proposto, già nella commis- sione per lo statuto, di vincolare il diritto del CC allo scioglimento dei comitati locali con la clausola del consenso del Consiglio, non- ché di limitarlo a casi specificamente enumerati (p. 272, nota 1). Tre membri della commissione per lo statuto (Glebov, Martov e io) ci pronunciammo contro, e al congresso il compagno Martov difese la nostra opinione (p. 273), replicando a Iegorov e a Popov che, « anche senza di ciò, il CC si consiglierà prima di decidersi a fare un passo cosi serio come quello- di sciogliere un’organizzazione». Come ve- dete, allora il compagno Martov restava ancora sordo a tutte le sug- gestioni anticentralistiche, e il congresso bocciò la proposta di Iegorov e Popov; solo che, purtroppo, gli atti non ci dicono con quanti voti. Al congresso del partito il compagno Martov fu anche « contrario alla sostituzione della parola « organizza » [il CC organizza i comita- ti, eco., nel § 6 dello statuto del partito] con la parola « convalida ». UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 287 Bisogna « dare il diritto anche di organizzare », diceva allora il com- pagno Martov, non essendo ancora giunto airammirevole idea, sco- perta solo al congresso della Lega, che il convalidare non rientra nel concetto delire organizzazione ». Tranne questi due punti, i restanti dibattiti, molto minuziosi, sui particolari di dettaglio contenuti nei § § 5-1 1 (pp. 273-276 degli atti) ben difficilmente presentano un qualche interesse. Paragrafo 12: questione della cooptazione in tutti i collegi del partito in gene- rale e nei centri in particolare. La commissione propone di elevare la maggioranza qualificata necessaria per la cooptazione dai due terzi ai quattro quinti. Il relatore (Glebov) propone la cooptazione unanime nel CC. Il compagno Iegorov, ritenendo indesiderabili gli attriti , è per la maggioranza semplice, qualora non vi sia un veto motivato. Il compagno Popov non è d'accordo né con la com- missione né col compagno Iegorov, e chiede o la maggioranza sem- plice (senza diritto di veto) o l’unanimità. Il compagno Martov non è d'accordo né con la commissione né con Glebov né con Iegorov né con Popov e si pronuncia contro l'unanimità, contro i quattro quinti (invece dei due terzi), contro la « cooptazione reciproca », cioè contro il diritto della redazione dell'organo centrale di contestare una cooptazione nel CC e viceversa (« diritto al reciproco controllo della cooptazione »). Come il lettore può vedere, si ottiene uno schieramento quanto mai variopinto, e le divergenze pressoché si frazionano in «unani- mi » particolarità di vedute per ciascun delegato! Il compagno Martov dice: «Riconosco l'impossibilità psicologica di lavorare con individui sgradevoli. Ma per noi è altresì importante che la nostra organizzazione sia vitale e idonea al lavoro... Il dirit- to al reciproco controllo del CC e della redazione dell’organo cen- trale nella cooptazione non è necessario. Io non sono contrario per- ché pensi che i due organi non sono competenti l’uno nel campo del- l’altro. No! La redazione dell'organo centrale, per esempio, potreb- be dare al CC un buon consiglio, dire se si debba, per esempio, ac- cettare il signor Nadezdin nel CC. Io insorgo perché non voglio che ci si creino reciprocamente fastidiose lungaggini burocratiche ». Io gli obietto : « Qui le questioni sono due. La prima è quella della maggioranza qualificata, ed io sono contrario alla proposta di 288 LENIN ridurla da quattro quinti a due terzi. Introdurre una protesta mo- tivata non è opportuno, ed io sono contrario. Incomparabilmente più importante è la seconda questione, quella del diritto al reciproco controllo del CC e dell’organo centrale nella cooptazione. Il reci- proco consenso dei due centri è una condizione necessaria della loro armonia. Qui si tratta di una rottura fra i due centri. Chi non vuole la scissione deve preoccuparsi che ci sia Parmonia. Dalla vita del partito è noto che ci sono stati uomini che portavano la scissione. Questa questione è di principio, è una questione importan- te, dalla quale può dipendere tutto il futuro destino del partito » (276-277). Questo il testo integrale del compendio scritto del mio discorso, al quale il compagno Martov attribuisce un’importanza particolarmente seria. Purtroppo, pur attribuendogli seria importan- za, non si è dato la pena di metterlo in relazione con le discussioni nel loro complesso e con la situazione politica d’insieme esistente al congresso quando questo discorso venne pronunciato. Prima di tutto si pone una questione: perché nel mio progetto originario (cfr. p, 394, § n) 8fl mi limitavo ai due terzi e non chie- devo il reciproco controllo della cooptazione nei centri? Il compa- gno Trotski, che parlò dopo di me (p. 277), sollevò subito anche lui questa questione. Una risposta in merito la danno il mio discorso al congresso della Lega e la lettera del compagno Pavlovic sul II Congresso. Il § 1 del- lo statuto « ha già rotto il vaso », e bisogna legarlo « a nodo doppio », ho detto io al congresso della Lega. Questo significa, in primo luo- go, che in una questione puramente teorica Martov si è dimostrato opportunista e che il suo errore è siato difeso da Liber e da Akimov. Questo significa, in secondo luogo, che la coalizione fra i martovisti (ossia una minoranza insignificante degli iskristi) e gli antiskristi ha dato loro la maggioranza al congresso nella decisione relativa alla composizione dei centri. E qui io parlavo appunto della composizione dei centri, sottolineando la necessità della loro armonia e ammonen- do contro gli « uomini che portano la scissione ». Questo ammoni- mento assumeva un grande valore di principio, perché Torganizza- zione dàVIs^ra (indubbiamente più competente nella questione della composizione dei centri, in quanto conosceva meglio di chiunque altro tutto il lavoro pratico e tutti i candidati) aveva già espresso UN PASSO AVANTI E DUE 1ND1ETK0 289 in proposito il suo voto consultivo, aveva preso la decisione, a noi nota, sulle candidature che destavano la sua apprensione. Sia moral- mente che per la sostanza della questione (ossia per ciò che concer- ne la competenza di chi prendeva la decisione) l’organizzazione del Visura doveva avere un’importanza decisiva in questa delicata questione. Ma formalmente il compagno Martov aveva, si capisce, tutto il diritto di appellarsi ai Liber e agli Akimov contro la maggio- ranza deirorganizzazione dell 7 /^ra. E il compagno Akimov, nel suo brillante discorso sul § 1, aveva detto con notevole chiarezza e assennatezza che, quando vedeva tra gli iskristi una divergenza sui modi di conseguire il loro comune fine iskrista, coscientemente e intenzionalmente votava per il modo peggiore t giacché i fini suoi, di Akimov, erano diametralmente opposti a quelli degli iskristi. Non poteva quindi esserci alcun dubbio che, anche indipendentemente dal- la volontà e dalla coscienza del compagno Martov, proprio la peg- giore composizione dei centri avrebbe avuto l’appoggio dei Liber e degli Akimov. Essi possono votare , essi devono votare (a giudicare non dalle loro parole, ma dai loro atti 9 dal loro voto sul § 1) proprio per quella lista che può consentire la presenza di « uomini che portano la scissione », devono votare proprio per « portare la scissione ». C’è forse da stupirsi che in una simile situazione io parlassi di un’impor- tante questione di principio (l’armonia fra i due centri) dalla quale può dipendere tutto il futuro destino del partito? Nessun socialdemocratico che in qualche modo conoscesse le idee e i piani iskristi e la storia del movimento, che con qualche sincerità condividesse queste idee, poteva dubitare un solo istante che la solu- zione del dissidio sorto neH’organizzazione dell’/r^ra sulla composi- zione dei centri, per opera dei Liber e degli Akimov, era formal- mente giusta, ma assicurava i peggiori risultati possibili. Contro que- sti peggiori risultati possibili bisogna obbligatoriamente lottare. Si domanda: come lottare? Noi lottammo, naturalmente, non con l’isterismo, non con un piccolo scandalo, ma con mezzi che sono pienamente leali e pienamente legittimi : sentendo che eravamo in minoranza (come già per il § 1). cominciammo a propugnare davanti al congresso il rispetto dei diritti della minoranza. E la piu rigida qua- lificazione della maggioranza nell’accettazione di nuovi membri (quattro quinti invece di due terzi), e Tunanimità nella cooptazione, 290 LENIN e il reciproco controllo della cooptazione nei centri, tutto questo cominciammo a sostenerlo quando ci trovammo in minoranza nella questione della composizione dei centri. Questo fatto viene costan- temente ignorato da tutti i tizi ed i semproni che amano trinciar giu- dizi alla brava sul congresso, dopo un paio di conversazioni amiche- voli, senza uno studio serio di tutti gli atti e di tutte le « deposizio- ni » degli interessati. E chiunque vorrà studiare coscienziosamente questi atti e queste deposizioni giungerà inevitabilmente alla conclu- sione da me indicata : la radice della vertenza si trova, a questo pun- to del congresso , proprio nella questione della composizione dei centri ; e noi ci sforzammo di ottenere piu severe condizioni di con- trollo proprio perché eravamo in minoranza, perché volevamo « lega- re a nodo doppio il vaso » rotto da Martov, con gran giubilo e col giubilante aiuto dei Liber e degli Akimov. « Se le cose non stessero cosi, — dice a proposito di questo punto il compagno Pavlovic, — non resterebbe che supporre che noi, pro- ponendo l’unanimità nella cooptazione, ci preoccupavamo dei nostri avversari, poiché per il partito che prevale in questo o quell’organi- smo l’unanimità non solo non è necessaria, ma è persino inutile » (p. 14 della Lettera sul 11 Congresso ). Ma al presente si dimentica troppo e troppo spesso la cronologia degli eventi, si dimentica che per tutto un periodo del congresso l’odierna minoranza fu maggio- ranza (grazie all’aiuto dei Liber e degli Akimov) e che proprio in questo periodo cade il dibattito sulla cooptazione nei centri, il cui retroscena fu il dissidio sorto nell’organizzazione dell 'ls\ra a causa della composizione dei centri. Chi chiarirà a se stesso questa circo- stanza capirà anche perché i nostri dibattiti furono tanto appassio- nati, non si stupirà piu dell’ apparente contraddizione che certe pic- cole divergenze di dettaglio possano sollevare questioni veramente importanti, di principio. Il compagno Deutsch, che parlò nella stessa seduta (p. 277), a- veva in gran parte ragione quando dichiarò : « È indubbio che que- sta proposta è stata calcolata per il momento precedente». In effetti, solo se si comprende il momento presente in tutta la sua complessità, è possibile intendere il vero significato della discussione. Ed è som- mamente importante tener presente che, quando noi fummo in mi- noranza, difendemmo i diritti della minoranza con metodi che sono UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 291 riconosciuti legittimi e ammissibili da ogni socialdemocratico euro- peo: ossia propugnando davanti al congresso un più severo controllo sulla composizione dei centri. In misura altrettanto notevole aveva ragione anche il compagno Iegorov quando disse, sempre al con- gresso, ma in un’altra seduta : « Mi stupisce molto di sentire ancora una volta nei dibattiti un richiamo ai principi »... (Questo venne det- to a proposito delle elezioni al CC, alla 31* seduta del congresso, cioè, se non sbaglio, la mattina del giovedì, mentre la 26* seduta, della quale si tratta in questo momento, ebbe luogo la sera del lunedi)... « A quanto pare, è chiaro per tutti che negli ultimi giorni tutti i dibattiti si sono imperniati non su questa o quella impostazione di principio della questione, ma esclusivamente sul modo di assicurare o impedire l’accesso agli organi centrali a questo o a quel compagno. Riconosciamo che i principi sono stati smarriti già da tempo a que- sto congresso, chiameremo cosi le cose coi loro veri nomi. {Ilarità generale. Muraviov : « Chiedo che sia messo a verbale che il compa- gno Martov ha riso ») ». (P. 367). Non c’è da stupirsi che il compa- gno Martov e tutti noi ridessimo delle lagnanze del compagno Iego- rov, che erano veramente ridicole. Si, « negli ultimi giorni » molto, moltissimo si imperniò sulla composizione dei centri. È vero. Al congresso la cosa era effettivamente chiara per tutti (e solamente og- gi la minoranza cerca di oscurare questa chiara circostanza). È an- che vero, infine, che bisogna chiamare le cose coi loro veri nomi. Ma, per l’amor di dio, che cosa c’entra qui lo « smarrimento dei principi»?? Si sa che eravamo convenuti a congresso appunto (cfr. p. io, ordine del giorno del congresso) perché nei primi giorni si par- lasse del programma, della tattica, dello statuto e si decidessero le corrispondenti questioni e perché negli ultimi giorni (punti 18-19 del- l’ordine del giorno) si parlasse della composizione dei centri e si ri- solvessero queste questioni . Se la gente, nella lotta per la bacchetta del direttore d’orchestra, si serve degli ultimi giorni dei congressi, si tratta di un fenomeno naturale e pienamente, pienissimamente le- gittimo. (Quando invece per la bacchetta del direttore d’orchestra ci si azzuffa dopo i congressi^ si tratta di mania per il litigio.) Se al con- gresso qualcuno è stato sconfitto nella questione della composizione dei centri (il compagno Iegorov, per esempio), è semplicemente ri- dicolo parlare poi di « smarrimento dei principi ». È quindi compren- 292 LENIN sibile che del compagno Iegorov ridessimo tutti. Ed è altrettanto comprensibile che il compagno Muraviov abbia preteso di far met- tere a verbale che il compagno Martov aveva preso parte alle risate : ridendo del compagno Iegorov , il compagno Martov rideva di se stesso... Per completare l’ironia del compagno Muraviov non è forse su- perfluo far conoscere quanto segue. Dopo il congresso il compagno Martov, com’è noto, assicurava a destra e a sinistra che nel nostro dissenso la parte-cardine l’aveva avuta precisamente la questione del- la cooptazione nei centri, che la « maggioranza della vecchia reda- zione » era stata rigidamente contraria al reciproco controllo della cooptazione nei centri. Prima del congresso , accettando il mio pro- getto sui due gruppi a tre, con reciproca cooptazione a maggioranza di due terzi, il compagno Martov mi scriveva in proposito : « Pur accettando questa forma di cooptazione reciproca , occorre sottolineare che dopo il congresso il completamento di ciascun collegio avverrà sulla base di principi alquanto diversi (io consiglierei questo : cia- scun collegio coopta nuovi membri, comunicando la propria inten- zione all’altro collegio: quest' ultimo può protestare , e allora risolve la vertenza il Consiglio. Affinché non si abbiano lungaggini burocrati- che, questa procedura viene praticata in rapporto a candidati indicati in precedenza , almeno per il CC, tra i quali il completamento può già avvenire più rapidamente). Per far spiccare che l’ulteriore coopta- zione avviene nel modo che sarà stato previsto dallo statuto del par- tito, nel § 22* bisogna aggiungere: ” ...che appunto convalida le decisioni prese ” » (il corsivo è mio). Ogni commento è superfluo. Spiegata l’importanza del momento in cui si ebbe la vertenza sulla cooptazione nei centri, dobbiamo soffermarci un po’ sulle rela- tive votazioni : sulle discussioni non occorre soffermarsi, poiché dopo • Si tratta del mio progetto iniziale di Tagcsordnung del congresso e del relativo commento, noto a tutti, i delegati. Il § 22 di questo progetto parlava appunto dell'elezione di due gruppi a tre nell’organo centrale e nel CC, di « reciproca coopta- zione * da parte dei sei con una maggioranza di due terzi, di convalida della reciproca cooptazione da parte del congresso e di ulteriore cooptazione autonoma nell’organo cen- trale e nel CC. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 293 i discorsi di Martov e mio da me citati vengono solo brevi repliche, alle quali prende parte un numero insignificante di delegati (cfr. pp. 277-280 degli atti). A proposito delle votazioni il compagno Mar- tov ha affermato al congresso della Lega che nella mia esposizione avevo operato un « grossolano travisamento » (p. 60 degli atti della Lega), « quando avevo presentato la lotta sullo statuto »... (il com- pagno Martov ha detto inavvertitamente una grande verità: dopo il § 1 le discussioni più accese si imperniarono appunto sullo statuto)... « come lotta deHV^ra contro i martovisti, che si erano coalizzati col Bund ». Diamo un'occhiata a questa interessante questione del « grosso- lano travisamento ». Il compagno Martov unisce le votazioni sulla composizione del Consiglio alle votazioni sulla cooptazione e cita otto votazioni: 1) scelta per il Consiglio dei due membri rispettivamente dell'organo centrale e del CC: favorevoli 27 (M), contrari 16 (L), astenuti 7 *, (Noteremo, tra parentesi, che negli atti, p. 270, il numero degli astenuti vien fatto ascendere a 8, ma è un'inezia.) 2) Elezione del quinto membro del Consiglio_da parte del congresso: fav. 23 (L), contr. 18 (M), ast. 7. 3) Sostituzione dei membri dimissionari del Consiglio ad opera del Consiglio stesso : contr. 23 (M), fav. 16 (L), ast. 12. 4) Unanimità per il CC: fav. 25 (L), contr. 19 (M), ast. 7. 5) Richiesta di una protesta motivata per la non accettazione di un membro: fav. 21 (L), contr. 19 (M), ast. 11. 6) Unanimità per la cooptazione nell'organo centrale: fav. 23 (L), contr. 21 (M), ast. 7. 7) Ammissibilità del voto sul diritto del Consiglio di annullare deci- sioni dell'organo centrale e del CC sulla non accettazione di un nuo- vo membro : fav. 25 (M), contr. 19 (L), ast. 7. 8) Votazione sulla pro- posta. stessa : fav. 23 (M), contr. 23 (L), ast. 4. « Qui, è evidente, — conclude il compagno Martov (p. 61 degli atti della Lega), — un delegato del Bund votò a favore della proposta, mentre gli altri si a- stennero ». (Il corsivo è mio). Si domanda perché il compagno Martov ritiene evidente che un bundista votò per lui, Martov , quando non ci furono votazioni per appello nominale? Perché egli prende in considerazione il numero dei votanti , e # Le lettere M e L tra parentesi indicano da che parte eravamo io (L) e Mar- tov (M). LENIN 294 quando questo numero indica che il Bund partecipò alla votazione,, lui, il compagno Martov, non dubita che questa partecipazione fu a vantaggio suo, di Martov. Ma dove dunque il «grossolano travisamento» da parte mia? Complessivamente i voti erano 51, e senza quelli bundisti 46, sen- za quelli del Raboceie Dielo 43. A sette delle otto votazioni citate dal compagno Martov parteciparono 43, 42, 39, 44, 40, 44 e 44 delegati; allottava 47 delegati (piu esattamente, voti), e qui lo stesso compa- gno Martov ammette che lo appoggiò un bundista. Risulta pertanto che il quadro tracciato da Martov (e tracciato in maniera incom- pleta, come ora vedremo) non fa che confermare e rafforzare la mia rappresentazione della lotta ! Risulta che in moltissimi casi il nume- ro degli astenuti fu molto alto : il che mostra Pinteresse relativamente scarso del congresso nel suo insieme per certi particolari , l'assenza di un raggruppamento ben definito degli iskristi su queste questioni. Le parole di Martov secondo cui i bundisti « con la loro astensione dàn- no chiaramente una mano a Lenin » (p. 62 degli atti della Lega) si ritorcono precisamente contro Martov : vuol dire che solo grazie all’assenza dei bundisti, o alla loro astensione, io potei talvolta ripor- tare la vittoria. Ma ogni qualvolta i bundisti ritengono che valga la pena di intervenire nella lotta, appoggiano il compagno Martov, e un simile intervento si verificò non soltanto nel succitato caso della partecipazione di 47 delegati. Chi vorrà dare un’occhiata agli atti del congresso vedrà quanto sia stranamente incompleto il quadro tracciato dal compagno Martov. Il compagno Martov ha semplice- mente omesso la bellezza di altri tre casi in cui il Bund partecipò alle votazioni, e in tutti questi casi il compagno Martov, naturalmen- te , risultò vittorioso. Ecco i casi: 1) venne accolto l'emendamento del compagno Fomin che riduceva la maggioranza qualificata da quattro quinti a due terzi. Favorevoli 27, contrari 21 (p. 278), quindi vennero espressi 48 voti. 2) Venne approvata la proposta del compa- gno Martov che abrogava la reciproca cooptazione. Favorevoli 26, con- trari 24 (p. 279), i votanti furono quindi 50, Infine, 3) venne respin- ta la mia proposta suH’ammissibilità della cooptazione nell’organo centrale e nel CC col solo consenso di tutti i membri del Consiglio (p. 280). Contrari 27, favorevoli 22 (ci fu perfino una votazione per UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 295 appello nominale, purtroppo non registrata negli atti), i votanti fu- rono quindi 49. Conclusione: sulle questioni inerenti alla cooptazione nei cen- tri i bundisti parteciparono solo a quattro votazioni ( tre citate ora da me, con 48, 50 e 49 votanti, e una y quella citata dal compagno Martov, con 47 votanti). In tutte queste votazioni risultò vittorioso il compagno Martov. La mia esposizione risulta giusta in tutti i pun- ti: neiraccenno alla coalizione col Bund, nella costatazione del ca- rattere relativamente secondario delle questioni (numerosi casi con un gran numero di astensioni), neiraccenno alla mancanza di un raggruppamento ben definito degli iskristi (nessuna votazione per appello nominale; pochissimi interventi nelle discussioni). Il tentativo del compagno Martov di rinvenire nella mia esposi- zione una contraddizione risulta inadeguato, poiché il compagno Martov ha estratto queste o quelle parole, senza darsi la pena di ri- costruire il quadro nel suo insieme. L’ultimo paragrafo dello statuto, relativo all’organizzazione este- ra, provocò nuove discussioni e votazioni molto caratteristiche per i raggruppamenti congressuali. Si trattava del riconoscimento della Lega estera come organizzazione del partito. Il compagno Akimov insorse subito, naturalmente, ricordando TUnione estera, che era stata sanzionata dal primo congresso, rilevando il carattere di princi- pio della questione. « Noterò anzitutto — egli disse — che non an- netto particolare importanza pratica a questa o quella soluzione del problema. La lotta ideale svoltasi finora nel nostro partito non è affatto conclusa; ma proseguirà in campi diversi e con un diverso raggruppamento delle forze... Nel § 13 dello statuto si è espressa ancora una volta, e molto recisamente, la tendenza a trasformare il nostro congresso in un congresso di frazione. Invece di costringere tutti i socialdemocratici di’ Russia a inchinarsi alle decisioni del con- gresso, in nome delTunità del partito, riunendo tutte le organizza- zioni del partito, si propone di distruggere l’organizzazione della mi- noranza, di costringere la minoranza a scomparire » (281). Come il lettore può vedere, la « continuità », divenuta tanto cara al compagno Martov dopo la sua sconfitta nella questione della composizione dei centri, non era cara al compagno Akimov. Ma al congresso chi mi- 296 LENIN stirava se stesso e gli altri con metri diversi insorse violentemente contro il compagno Akimov. Nonostante raccettazione del program- ma, il riconoscimento dclYlsfya e l’approvazione di quasi tutto lo statuto, si presentò sulla scena il « principio » che separa « in linea di principio » la Lega daH’Unione. cc Se il compagno Akimov vuole porre la questione sul terreno dei principi, — esclamò il compagno Martov, — non abbiamo niente in contrario; specialmente se si consi- dera che il compagno Akimov ha parlato di possibili combinazioni ì nella lotta contro le due tendenze. Bisogna sanzionare la vittoria di una corrente [notate che questo fu detto alla 27* seduta del con- gresso!], non nel senso di scappellarsi ancora una volta davanti al- Yls\ra, ma in quello di accomiatarsi definitivamente da tutte le pos- sibili combinazioni a cui si riferiva il compagno A\imov » (282; il corsivo è mio). Quadro: il compagno Martov, dopo la conclusione di tutte le di- spute programmatiche al congresso, continua ancora ad accomiatarsi definitivamente da tutte le possibili combinazioni... finché non è stato ancora sconfitto sulla composizione dei centri! Il compagno Martov « si accomiata definitivamente » al congresso dalla possibile « combinazione » che molto felicemente attua alVindomanì del con- gresso. Ma il compagno Akimov risultò già allora molto piu sagace del compagno Martov; egli si richiamò al quinquennale lavoro della i< vecchia organizzazione di partito, che per volontà del primo con- gresso porta il nome di comitato », e concluse con un’arcivelenosa puntura profetica : « Quanto alFopinione del compagno Martov, secondo cui le mie speranze nel sorgere di una tendenza diversa nel nostro partito sarebbero vane, devo dire che perfino lui mi dà motivo di sperare » (p. 283). Si, bisogna riconoscere che il compagno Martov giustificò bril- lantemente le speranze del compagno Akimov! Il compagno Martov segui il compagno Akimov, essendosi con- vinto che aveva ragione, non appena venne spezzata la « continuità » del vecchio collegio di partito rimasto in attività per tre anni. Non costò poi tanto cara al compagno Akimov la sua vittoria! Al congresso, tuttavia, si strinsero al compagno Akimov — e lo fecero con tutta coerenza — solo i compagni Martynov, Brucker e i bundisti (8 voti). Il compagno Iegorov, da vero capo del « centro », UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 297 sceglie, l’aurea mediocrità: egli, vedete, è d’accordo con gli iskristi, « simpatizza » con loro (p. 282) e dimostra questa sua simpatia con la proposta (p. 283) di eludere la questione di principio: tacere sia del- la Lega che deirUnione. La proposta viene respinta con 27 voti contro 15. È evidente che, oltre agli antiskristi (8), quasi tutto il «centro» (io) vota col compagno Iegorov (il numero complessivo dei votanti fu di 42, giacché molti delegati si astennero o erano assenti , come avveniva spesso nelle votazioni poco interessanti e non dubbie per il risultato). Non appena si tratta di applicare di fatto i principi is - liristi, risulta immediatamente che la « simpatia » del « centro » è meramente verbale , e dietro di noi si muovono non più di trenta o poco più di trenta voti. I dibattiti e le votazioni sulla proposta di Rusov (riconoscere la Lega come unica organizzazione estera) lo mostrano in modo ancor più evidente. Gli antiskristi e la « palude » si pongono già apertamente sul piano dei principi , che viene inoltre assunto dai compagni Liber e Iegorov, i quali dichiarano impro- ponibile e illegittima la proposta del compagno Rusov: «Con essa vengono assassinate tutte le altre organizzazioni estere » (Iegorov). E l’oratore, che non desidera partecipare all’« assassinio di un’orga- nizzazione », non solo si rifiuta di votare, ma abbandona addirittura l’aula. Bisogna peraltro rendere giustizia al leader del « centro » : egli dimostrò dieci volte piu convinzione (nei suoi principi sbagliati) e coraggio politico del compagno Martov e soci; prese le parti delPor- ganizzazione « assassinata », non solo quando si trattava del proprio circolo , sconfitto in lotta aperta. La proposta del compagno Rusov viene riconosciuta proponibile con 27 voti contro 15, e viene poi accettata con 25 contro 17. Aggiun- gendo a questi 17 voti il compagno Iegorov, assente, otteniamo il numero completo (18) degli antiskristi e del « centro ». L’intero § 13 dello statuto, relativo all’organizzazione estera, viene accettato con 3/ voti contro 12 e sei astenuti. Questa cifra di 31, che ci mostra il numero approssimativo degli iskristi presenti al congresso, cioè dei compagni che difendevano e applicavano di fatto le concezio- ni de\VIs\ra, la ritroviamo non meno di sei volte nell’analisi delle votazioni congressuali (posto da riservare alla questione del Bund, incidente con il comitato di organizzazione, scioglimento del gruppo Juzny Raboci e due votazioni sul programma agrario). E il compagno 20-615 298 LENIN Martov vuole seriamente assicurarci che non ci sono motivi di sorta per distinguere un gruppo cosi « ristretto » di iskristi! Non si può inoltre non rilevare che l’approvazione del § 13 dello statuto provocò discussioni oltre modo caratteristiche sulla dichiara- zione dei compagni Àkimov e Martynov circa il « rifiuto di parteci- pare alla votazione » (p. 288). La presidenza del congresso esaminò la dichiarazione e riconobbe — del tutto giustamente — che neanche rapato scioglimento dell'Unione avrebbe dato il minimo diritto ai delegati dell’Unione stessa di rifiutarsi di partecipare ai lavori del congresso. Il rifiuto di partecipare alle votazioni è cosa assolutamente anormale e inammissibile: ecco la posizione sulla quale convenne, assieme alla presidenza, l'intero congresso, compresi quegli iskristi della minoranza che alla 28* seduta avevano condannato vigorosa- mente dò che fecero essi stessi alla ]i a \ Quando il compagno Marty- nov si mise a difendere la propria dichiarazione (p. 291), contro di lui insorsero Pavlovic, Trotski, Karski e Martov. Il compagno Martov concepiva i doveri di ima minoranza scontenta con particolare chia- rezza (finché non rimase lui stesso in minoranza!) e pronunciò in proposito un’orazione singolarmente edificante. « O voi siete membri del congresso, — esclamò all’indirizzo dei compagni Akimov e Mar- tynov, — c allora dovete partecipare a tutti i suoi lavori » (il corsivo è mio; allora il compagno Martov non vedeva ancora nessun formali- smo e burocratismo nella sottomissione della minoranza alla maggio- ranza!), « oppure non lo siete, e allora non potete restare in aula... Con la loro dichiarazione i delegati dell’Unione mi costringono a porre due domande: sono essi membri del partito? sono essi membri del congresso? » (p. 292). Il compagno Martov ammaestra il compagno Akimov sui doveri dei membri del partito! Non per nulla il compagno Akimov aveva già detto di riporre alcune speranze nel compagno Martov... Era tut- tavia destino che queste sepranze si realizzassero solo dopo la scon- fitta di Martov alle elezioni. Quando si trattava non di lui stesso, ma di altri, il compagno Martov restava sordo persino alla terribile espres- sione di « legge eccezionale », messa in drcolazione per la prima vol- ta (se non erro) dal compagno Martynov . « I chiarimenti che ci sono stati dati — risponde il compagno Martynov a coloro che lo esortano a ritirare la sua dichiarazione — non hanno chiarito se fosse una de- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 299 ci sione di principio 0 se si trattasse di una misura eccezionale contro l’Unione. In tal caso noi riteniamo che airUnione sia stata inferta un’offesa. Il compagno Iegorov ha avuto come noi l’impressione che si trattasse di una legge eccezionale [il corsivo è mio] contro TUnione, e perciò si è persino allontanato dall’aula della seduta » (295). Sia il compagno Martov che il compagno Trotski insorgono energicamente, assieme a Plekhanov, contro l’idea assurda, veramente assurda , di scorgere un'offesa nel voto del congresso, e il compagno Trotski, di- fendendo la risoluzione votata dietro sua proposta dal congresso (che i compagni Akimov e Martynov possono ritenersi pienamente sod- disfatti), assicura che « la risoluzione ha carattere di principio, e non filisteo, e noi non c entriamo minimamente se qualcuno se riè offe- so » (p. 296). Ben presto apparve, però, che lo spirito di circolo e il filisteismo erano ancora troppo forti nel nostro partito, e le altere pa- role da me sottolineate risultarono una reboante frase vuota. I compagni Akimov e Martynov si rifiutarono di ritirare la loro dichiarazione e si allontanarono dal congresso, accompagnati dalle generali esclamazioni dei delegati : « Avete torto marcio! ». m) ELEZIONI. FINE DEL CONGRESSO Dopo l’approvazione dello statuto, il congresso votò una risoluzione sulle organizzazioni territoriali, una serie di risoluzioni su diverse organizzazioni del partito e, dopo le discussioni estremamente istrut- tive sul gruppo luzny Raboci , da me esaminate più sopra, passò alle elezioni degli organismi centrali del partito. Sappiamo già che su questa questione l’organizzazione dell 7 - s\ra y dalla quale il congresso si aspettava una raccomandazione auto- revole, si scisse, giacché la minoranza dell’organizzazione voleva spe- rimentare al congresso, in una lotta aperta e libera, se per caso non le riuscisse di conquistarsi la maggioranza. Sappiamo altresì che, molto tempo prima del congresso e durante i suoi lavori, rutti i delegati conoscevano il piano di rinnovare la redazione mediante l’elezione di due gruppi a tre nell’organo centrale e nel CC. Soffer- miamoci con attenzione su questo piano, per chiarire le discussioni svoltesi al congresso. 30° LENIN Ecco il testo preciso del mio commento al progetto di Tagesord - nung del congresso nel quale veniva esposto questo piano * : « Il congresso elegge tre compagni nella redazione dell’organo centrale e tre nel CC. Questi sei compagni assieme , con una maggioranza di due terzi, integrano, se necessario, l’organico della redazione dell’organo centrale e del CC mediante cooptazione e presentano un’apposita relazione al congresso. Dopo Papprovazione della rela- zione da parte del congresso l’ulteriore cooptazione viene fatta dalla redazione dell’organo centrale e dal CC separatamente ». Il piano viene messo in chiaro da questo testo con tutta preci- sione e senza possibilità di equivoci : esso significa rinnovamento della redazione con la partecipazione dei più influenti dirigenti del lavoro pratico. Entrambi i tratti caratteristici di questo piano da me indicati saltano subito agli occhi di chiunque vorrà darsi la pena di leggere con un minimo di attenzione il testo citato. Ma al giorno d’oggi occorre soffermarsi a spiegare anche le cose piu elementari. Il piano significa appunto rinnovamento , non già ampliamento ob- bligatorio o riduzione obbligatoria del numero dei membri, poiché la questione di un possibile ampliamento o di una possibile ridu- zione viene lasciata aperta: si prevede una cooptazione solo per il caso che ciò sia necessario. Tra le ipotesi avanzate dai compagni in merito al rinnovamento c’erano la possibile riduzione del nu- mero dei redattori o un suo aumento a sette (io, personalmente, con- sideravo il gruppo a sette molto piu opportuno del gruppo a sei) e persino l'aumento a undici (lo consideravo possibile nel caso della pacifica unificazione con tutte le organizzazioni socialdemocratiche in generale, in particolare col Bund e con la socialdemocrazia po- lacca). Ma la cosa più importante, abitualmente trascurata da chi parla del « gruppo a tre », è la richiesta della partecipazione dei mem- bri del CC alla decisione della successiva cooptazione dell'organo cen- trale . Nessun compagno fra tutti i membri dell’organizzazione e i delegati al congresso appartenenti alla « minoranza » che cono- scevano questo piano e lo avevano approvato (sia con una specifica dichiarazione di consenso sia con il silenzio) si è dato la pena di * Vedi la mia Lettera alla redazione dell' a Isl^ra » f p. 5, c gli atti della Le- 8 a » P- 53 UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 3 °[ spiegare il significato di questa richiesta. In primo luogo, perché come punto di partenza per il rinnovamento della redazione era stato preso proprio un gruppo a tre e solo un gruppo a tre? È evi- dente che ciò sarebbe stato assolutamene ? assurdo , se si fosse esclu- sivamente , o magari anche principalmente, pensato di ampliare il collegio, se si fosse considerato questo collegio come veramente « armonico ». Sarebbe stato strano, per ampliare un collegio « ar- monico », partire non d:> questo collegio nel suo insieme, ma solo da una sua parte. È evidente che non tutti i membri del collegio era- no considerati pienamente idonei a discutere e a decìdere la questione del rinnovamento della sua composizione, della trasformazione del vecchio circolo redazionale in un organismo dì partito . È evidente che neanche chi personalmente desiderava un rinnovamento, sotto forma di ampliamento, considerava la vecchia composizione come armonica, come rispondente airideale di un organismo di partito, poiché altrimenti sarebbe stato inutile, per ampliare il gruppo a sei, restringerlo dapprima a un gruppo a tre. Ripeto: la cosa è chiara di per sé, e solo il momentaneo intasamento della questione con i « personalismi » poteva indurre a dimenticarsene. In secondo luogo, dal testo citato sopra si vede che nemmeno il consenso di tutti e tre i membri dell' organo centrale sarebbe po- tuto bastare per ampliare il gruppo a tre. Anche questo elemento viene costantemente trascurato. Per la cooptazione sono indispen- sabili i due terzi di sei, cioè quattro voti; bastava cioè che i tre membri del CC ponessero il loro « veto », perché risultasse impos- sibile ogni ampliamento del gruppo a tre. Al contrario, anche se due dei tre redattori fossero stati contrari a una successiva coopta- zione, la cooptazione avrebbe tuttavia potuto avere luogo, qualora vi avessero consentito tutti e tre i membri del CC. È pertanto evi- dente che nella trasformazione del vecchio circolo in organismo dì partito si pensava di riservare il voto decisivo ai dirigenti del lavoro pratico eletti dal congresso. Quali fossero, alPin circa, i compagni a cui noi pensavamo appare dal fatto che, prima del congresso, la re- dazione aveva scelto alPunanimità come settimo membro del grup- po, nel caso che al congresso, si fosse dovuto agire a nome del colle- gio, il compagno Pavlovic; oltre al compagno Pavlovic, era stato 302 LENIN proposto un vecchio membro dell’organizzazione d clVIsf^ra e del comitato di organizzazione eletto in seguito membro del CC . In tal modo il piano di eleggere due gruppi a tre era stato eviden- temente ideato: i) per rinnovare la redazione, 2) per eliminare alcuni tratti caratterisdci del vecchio sistema dei circoli, inopportuni, in un organismo di partito (se non ci fosse stato niente da eliminare, non ci sarebbe stata ragione di escogitare un iniziale gruppo a tre!), infi- ne, 3) per eliminare le caratteristiche « teocratiche » del collegio dei pubblicisti (facendo partecipare i pratici più insigni alla decisione dell* ampliamento del gruppo a tre). Questo piano, che tutti i redat- tori conoscevano, si fondava evidentemente sull 9 esperienza di tre an- ni di lavoro e corrispondeva in pieno ai principi dell’organizz azione rivoluzionaria da noi coerentemente praticati: all’epoca dello sban- damento, quando usci Visura, i vari gruppi si costituivano spesso ca- sualmente e spontaneamente, peccando inevitabilmente di certe ma- nifestazioni nocive del sistema dei circoli. La creazione del partito presupponeva ed esigeva la soppressione di queste caratteristiche; la partecipazione dei pratici più insigni era necessaria , poiché alcuni redattori si occupavano costantemente di questioni organizzative, e nel sistema degli organismi di partito non doveva rientrare un col- legio composto di soli pubblicisti, ma un collegio di dirigenti politici. Il lasciare al congresso la scelta del gruppo a tre iniziale era ugual- mente naturale, sotto il profilo della politica costantemente seguita dal Visura: avevamo preparato il congresso con estrema cautela , aspettandoci da esso il completo chiarimento delle questioni di prin- cipio controverse del programma, della tattica, dell’organizzazione; non avevamo il minimo dubbio che il congresso sarebbe stato is lirista, nel senso della solidarietà della stragrande maggioranza sulle que- stioni fondamentali (il che è in parte attestato anche dalle risoluzioni sul riconoscimento dell’/^ra come organo dirigente); dovevamo perciò lasciare che a decidere la questione dei candidati più idonei a far parte del nuovo organismo di partito fossero quegli stessi com- pagni che si erano accollato tutto il lavoro di diffusione delle idee dell7r^ra e a preparare la sua trasformazione in partito. Solo con la naturalezza del piano dei « due gruppi a tre », solo con la sua piena corrispondenza a tutta la politica dell7.^ra e a tutto ciò che del- Yls\ra sapevano i compagni in qualche modo legati alla sua batta- UN PASSO avanti e due indietro 303 glia, si può appunto spiegare la generale approvazione del piario, l’as- senza di un piano concorrente. Al congresso il compagno Rusov propose innanzi tutto di eleg- gere due gruppi a tre . Tuttavia, i fautori di Martov, che pure ci in- formava per iscritto del nesso esistente fra questo piano e la falsa accusa di opportunismo , non si sognarono nemmeno di spostare la polemica dal gruppo a sei e dal gruppo a tre al problema della fondatezza o meno di quest’accusa. Nessuno di loro fece il mini- mo accenno alla cosa! Nessuno di loro osò dire mezza parola sulla differenza di principio esistente tra le sfumature di tendenza legate al gruppo a sei e al gruppo a tre. Preferirono invece il metodo piu corrente, e più a buon mercato, di fare appello alla compassione , di richiamarsi alla possibile offesa, di far finta che la questione della redazione fosse già stata risolta dalla designazione At\Yls\ra a or- gano centrale. Quest’ultimo argomento, formulato dal compagno Koltsov contro il compagno Rusov, è un'aperta menzogna . Nell’or- dine del giorno erano stati inseriti — non a caso, naturalmente, — * due punti particolari (c£r. p. io degli atti): punto 4: «L’organo centrale del partito », e punto 18 : « Elezione del CC e della reda- zione dell’organo centrale». Questo, in primo luogo. In secondo luo- go, all’atto della designazione dell'organo centrale, tutti i delegati dichiararono categoricamente che non si intendeva confermare la redazione, ma solo il suo orientamento*; e queste dichiarazioni non furono seguite da una sola protesta . Pertanto la dichiarazione che, nel confermare un determinato or* * Cfr. p. 140 degli atti, discorso di A\imov\ « Mi si dice che delle elezioni al- l’organo centrale parleremo alla fine»; discorso di Muravtov contro Akimov, a il quale si prende molto a cuore la questione della futura redazione deirorgano cen- trale » (p. 141); discorso di Pavlovic sul fatto che, avendo designato l’organo di stampa, noi abbiamo ottenuto un certo « materiale concreto sul quale possiamo ef- fettuare quelle operazioni di cui tanto si preoccupa il compagno Akimov », e sul fatto che riguardo alla « sottomissione » dcll’/r^ra alle « decisioni del partito » non può esserci nemmeno l’ombra di un dubbio (p. 142); discorso di Trotini: « Dal momento che non confermiamo la redazione, che cosa confermiamo deU 7 j^ra?... Non il nome, ma l’orientamento... non il nome, ma la bandiera » (p. 142); di- scorso di Martynov. ... « Come molti altri compagni, io penso che, discutendo la questione del riconoscimento dell ’Isl(ra in quanto giornale di un determinato orien- tamento quale nostro organo centrale, non dobbiamo ora affrontare il modo dell'ele- zione o conferma della sua redazione; di questo si parlerà in seguito, al punto cor- rispondente dell’ordine del giorno »... (p. 143). 304 LENIN gano di stampa, il congresso aveva già, in sostanza confermato la re- dazione — dichiarazione ripetuta molte volte dai fautori della mino- ranza (Koltsov, p. 321; Posadovski, ivi; Popov, p. 322, e molti altri) — era di fatto apertamente falsa. Era una manovra , a tutti palese, mirante a dissimulare l’abbandono della posizione assunta allorché nei confronti della composizione dei centri tutti potevano ancora assumere un atteggiamento veramente spassionato. L’abbandono non poteva essere giustificato né con motivi di principio (poiché sollevare al congresso la questione della « falsa accusa di opportunismo » era troppo svantaggioso per la minoranza, la quale non vi accenno mu nimamente), né richiamandosi a dati di fatto sull’effettiva capacità di lavoro del gruppo a sei o del gruppo a tre (poiché il minimo accenno a questi dati avrebbe offerto lo spunto a un’infinità di rilievi contro la minoranza). Ci si dovette trarre d’impaccio con una frase sul « tutto ben congegnato e cristallinamente saldo », ecc. Non c’è da stupirsi che simili argomenti venissero subito chiamati col loro vero nome: « pietose parole » (p. 328). Lo stesso piano del gruppo a tre attesta- va chiaramente la carenza di « armonia », mentre le impressioni raccolte dai delegati durante un mese e piu di lavori offrivano evi- dentemente un’enorme quantità di materiale per un giudizio autono~ mo dei delegati. Quando il compagno Posadovski accennò (incauta- mente e sconsideratamente dal suo angolo visuale : cfr. pp. 321 e 325, a proposito dell’uso « convenzionale » della parola « attriti ») a que- sto materiale, il compagno Muraviov dichiarò apertamente : « A mio avviso, per la maggioranza del congresso è ora del tutto chiaro che simili # attriti indubbiamente esistono » (321). La minoranza preferì intendere la parola « attriti » (messa in circolazione da Po- sadovski, e non da Muraviov) esclusivamente nel senso di qualcosa di personale, non osando raccogliere il guanto lanciato dal compagno Muraviov, non osando addurre neanche un solo argomento concreto in difesa del gruppo a sei. Ne risultò una discussione ultracomica • A quali « attriti » precisamente pensasse il compagno Posadovski non riuscim- mo assolutamente a saperlo al congresso. Ma, nella stessa seduta (p. 322), il com- pagno Muraviov gli contestava di aver espresso esattamente il suo pensiero, e in sede di approvazione dei verbali dichiarò apertamente che aveva « parlato degli attriti che si erano . manifestati nelle discussioni congressuali sulle varie questioni, di attriti con- cernenti i principi, la cui esistenza appare ormai, purtroppo, un fatto che nessuno vorrà negare » (p. 353), UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 3°5 per la sua sterilità: la maggioranza (per bocca del compagno Mura- viov) dichiara di vedere con perfetta chiarezza il reale significato del gruppo a sei e del gruppo a tre, mentre la minoranza si ostina a non volerne sentir parlare e assicura che « noi non abbiamo la possibilità di approfondire la questione». La maggioranza non solo ritiene possibile l’approfondimento, ma dichiara di aver già « ap- profondito » e parla dei risultati, per essa perfettamente chiari y di questo «approfondimento»; mentre la minoranza, a quanto pare, teme V approfondimento, trincerandosi esclusivamente dietro « pie- tose parole ». La maggioranza consiglia di « considerare che il nostro organo centrale non è soltanto un gruppo di pubblicisti » e « vuole che alla testa dell’organo centrale ci siano compagni ben determinati , conosciuti dal congresso , compagni che soddisfino le esigenze di cui ho parlato » (vale a dire, appunto, le esigenze non soltanto pubbli- cistiche; p. 327, discorso del compagno Lange). La minoranza, an- cora una volta, non osa raccogliere il guanto e non dice mezza parola su chi sia adatto, a suo avviso, per un collegio non soltanto pubblici- cistico, su chi sia un compagno « ben determinato e conosciuto dal congresso ». La minoranza continua a nascondersi dietro la famige- rata « armonia ». Ma non basta. Essa introduce nelPargomentazione persino alcune tesi che sono in linea di principio assolutamente false e che quindi suscitano a buon diritto una recisa opposizione. « Il congresso, guardate un po’, non ha il diritto né morale né politico di rimaneggiare la redazione » (Trotski, p. 32 6); « questa è una questio- ne troppo delicata [!] » (lo stesso); « quale atteggiamento devono assumere i redattori non rieletti di fronte al fatto che il congresso non vuole più vederli in seno alla redazione ?» (Tsariov, p. 324) *. Queste tesi spostavano tutta la questione sul terreno della com- passione e dell'offesay costituendo un aperto riconoscimento della bancarotta riguardo alle tesi fondate sui principi, riguardo alle tesi veramente politiche. La maggioranza definì immediatamente que- st’impostazione del problema con la parola giusta : filisteismo (com- pagno Rusov). « Dalle bocche dei rivoluzionari — disse giustamente il compagno Rusov — si odono strani discorsi che contraddicono • Cfr. il discorsa del compagno Posadovski ... «Se tra i sei compagni della vecchia redazione ne scegliete tre, dichiarate per ciò stesso che gli altri tre sono inutili, superflui. E non avete diritto o motiva di far questa ». 306 LENIN nettamente alla nozione di lavoro di partito, di etica di partito. L’ar- gomento fondamentale cui si sono ancorati gli avversari del gruppo a tre si riduce a una concezione meramente filistea delle questioni di partito » (il corsivo è sempre mio)... « Se assumeremo questa po- sizione non di partito, ma filistea , in ogni elezione ci imbatteremo nella domanda : ma tizio non si offenderà perché abbiamo eletto caio? il tal membro del comitato di organizzazione non se l’avrà a male perché non l’abbiamo eletto nel CC? Dove ci porterà, compa- gni, tutto questo? Se ci siamo qui riuniti non per intrattenerci in discorsi reciprocamente piacevoli , non per intrattenerci in amabilità filistee , ma per dar vita al partito, non possiamo in alcun modo essere d’accordo con una simile tesi. Qui si tratta di eleggere dei funzionari , e quindi non si può parlare di sfiducia per questo o quel compagno non eletto, ma solo dell* interesse della causa e delVidoneità del com- pagno eletto alV organismo a cui viene eletto . » Vorremmo consigliare a tutti i lettori che vogliono orientarsi per loro conto sulle cause della scissione del partito e cercarne le radici nel congresso di leggere e rileggere il discorso del compagno Rusov, le cui tesi non solo non sono state confutate, ma nemmno contestate dalla minoranza. E poi non si possono contestare verità cosi elementa- ri, cosi palmari che lo stesso compagno Rusov ne spiegava l’oblio con la sola « eccitazione nervosa ». E questa spiegazione dello slittamento dalle posizinoi di partito a quelle del filisteismo e del gretto spirito di circolo è, senza dubbio, la meno piacevole per la minoranza *. * Nello Stato d'assedio il compagno Martov ha assunto verso questo problema lo stesso atteggiamento assunto verso le altre questioni affrontate- Non si è dato la pena di fornire un quadro d’insieme della vertenza. Ha eluso con modestia l’unica questione realmente di principio emersa nel dibattito: amabilità filistee, oppure ele- zione di funzionari? Posizione di partito oppure offesa a questo o a quel tizio? Anche qui il compagno Martov si c limitato a estrarre frammenti sparsi e isolati di ciò che è avvenuto e ad aggiungere ogni sorta di improperi al mio indirizzo. È veramente un po’ poco, compagno Martov! In particolare, il compagno Martov mi perseguita chiedendomi perche non siano stati eletti al congresso i compagni Axelrod, Zasulic e Starover. La posizione filistea che egli ha assunto gli impedisce di vedere la sconvenienza di queste doman- de (perche non interroga il suo collega di redazione, compagno Plekhanov?). Martov vede una contraddizione nel fatto che io consideri « priva di tatto » la condotta della minoranza al congresso nella questione del gruppo a sei e che nello stesso tempo chieda la pubblicità airintcrno del partito. Qui non c’è contraddizione, come po- trebbe agevolmente vedere lo stesso Martov, se volesse darsi la pena di fornire un’e- sposizione organica di tutte le peripezie della questione, e non solo pochi fram- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 307 Ma la minoranza era ormai a tal punto incapace di trovare argo- menti ragionevoli e concreti contro le elezioni che, oltre a introdurre il filisteismo in una questione di partito, giunse a metodi apertamente scandalosi. Come non chiamare con questo nome, infatti, il metodo del compagno Popov, che consigliò al compagno Muravi ov di « non assumersi incarichi delicati» (p. 322)? Che cos’è questo, se non un « insinuarsi neiranima altrui », come giustamente si espresse il com- pagno Sorokin (p. 328)? Che cos'è questo, se non una speculazione sui « personalismi », in mancanza di argomenti politici ? Disse o non disse la verità il compagno Sorokin, quando affermò che « contro simili metodi noi abbiamo sempre protestato »P « È forse ammissibile la condotta del compagno Deutsche che si è dimostrativamente sfor- zato di mettere alla gogna i compagni che non sono d’accordo con lui ? » # (p. 328). menti. Fu una mancanza di tatto impostare il problema da filistei, fare appello alla compassione e all’offesa; gli interessi della pubblicità all’interno del partito avrebbero richiesto una valutazione, fondata sui fatti, dei vantaggi del gruppo a sei nei con- fronti del gruppo a tre, una valutazione dei candidati airorganismo considerato, una valutazione delle sfumature: la minoranza non vi accennò minimamente al congresso . Studiando attentamente gli atti il compagno Martov avrebbe rintracciato nei di- scorsi dei delegati tutta una serie di argomenti contro il gruppo a sei. Eccone un florilegio: primo, nel vecchio gruppo a sei sono chiaramente visibili gli attriti, sotto la forma di sfumature di principio; secondo, sarebbe auspicabile una semplificazione tecnica del lavoro redazionale; terzo, l'interesse della causa è al di sopra delle ama- bilità filistee; solo reiezione garantisce dell’idoneità dei compagni eletti ai loro incari- chi; quarto, non bisogna limitare la libertà di scelta del congresso; quinto, al partito oggi occorre un gruppo non solamente pubblicistico nell’organo centrale; nell’organo centrale sono necessari non solo i pubblicisti, ma anche gli organizzatori; sesto, dell’organo centrale devono far parte compagni ben determinati, conosciuti dal con- gresso ; settimo, un collegio di sei c spesso incapace di lavorare, e il suo lavoro viene svolto non grazie allo statuto anormale, ma nonostante questo; ottavo, la direzione del giornale c una questione di partito (e non di circolo), ecc. Si provi il compagno Martov, se tanto lo interessa la questione delle cause della mancata elezione, a esa- minare ognuna di queste tesi e a confutarne anche soltanto una. • Cosi intese le parole del compagno Deutsch (cfr. p. 324: « un aspro dialogo con Orlov ») il compagno Sorokin nella stessa seduta. 11 compagno Deutsch pre- cisa (p. 351) di non aver « detto niente di simile » ma lui stesso ricono- sce di aver detto qualcosa di molto, ma molto « simile ». « Io non ho detto: chi oserà, — spiega il compagno Deutsch, — ho detto, invece: mi interesserebbe vedere chi sono i compagni che' oseranno [sic! il compagno Dustch si corregge passando dalla zuppa al pan bagnato!] appoggiare una criminosa [!] proposta come l’elezione dei tre » (p. 351). Il compagno Deutsch non confutò, ma confermò le parole del compagno Sorokin. Egli confermò il rimprovero del compagno Sorokin che « qui 308 LENIN Tiriamo le somme del dibattito sulla redazione. La minoranza non confutò (né tentò di confutare) i numerosi accenni della maggio- ranza al fatto che il progetto del gruppo a tre era noto ai delegati fin dall’inizio, e già prima del congresso , e che quindi traeva origine da considerazioni e dati indipendenti dalle vicende e polemiche con gres* sudi \ La minoranza si ancorò, nella sua difesa del gruppo a sei, a una posizione, in linea di principio sbagliata e inammissibile , fatta di con- siderazioni filistee . La minoranza rivelò di aver completamente di- menticato le posizioni di partito in ordine alla scelta dei funzionari , non sognandosi nemmeno di valutare ogni candidato e la sua idoneità o non idoneità alle funzioni di ciascun organismo. La minoranza evitò di discutere la questione concretamente, richiamandosi alla fa- migerata armonia, « versando lacrime » e « cadendo nel patos » (p. 327, discorso di Lange), come se si « volesse uccidere » questo o quel- lo. La minoranza giunse ad « insinuarsi nell'anima altrui », a strillare sulla «criminosità» deH’elezione e ad usare altrettali, inammissibili metodi, a ciò sospinta dallV eccitazione nervosa » (p. 325). Lotta del filisteismo contro lo spirito di partito , della peggiore specie di « personalismo » contro le considerazioni politiche , delle pietose parole contro i concetti elementari del dovere rivoluzionario : ecco che cosa fu la lotta per il gruppo a sei e a tre nella 30* seduta del congresso. E nella 31* seduta, quando il congresso, con una maggioranza di 19 voti contro 17 e tre astenuti, respinse la proposta di riconfer- mare la vecchia redazione nel suo complesso (cfr. p. 330 e Y errata- corrige) e quando gli ex redattori rientrarono in aula, il compagno Martov, in una « dichiarazione, fatta a nome della maggioranza del- Tex redazione » (pp. 330-331), manifestò, in misura ancora maggiore, la stessa incostanza e instabilità di posizioni e concetti politici . Esa- miniamo in modo piu attento ciascun punto di questa dichiarazione collettiva e della mia replica (pp. 332-333). « Da questo momento — dice il compagno Martov dopo la non « sono confusi tutti i concetti » (negli argomenti della minoranza in favore del gruppo a sei). Il compagno Deutsch confermò l’opportunità della menzione, da parte del compagno Sorokin, della palmare verità che « noi membri del partito dobbiamo agire ispirandoci unicamente a considerazioni politiche ». Gridare alla criminosità delle elezioni vuol dire abbassarsi non solo al filisteismo, ma decisa- mente al piccolo scandalo' UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 309 avvenuta conferma della vecchia redazione — la vecchia ls\ra non esiste pili, e sarebbe piu coerente cambiarle nome. In ogni caso, nella nuova deliberazione, noi vediamo una limitazione sostanziale del voto di fiducia espresso aWIs^ra in una delle prime sedute del con- gresso ». Il compagno Martov e i suoi colleghi sollevano la questione, ve- ramente interessante e istruttiva sotto molti rapporti, della coerenza politica . Ho già risposto citando le parole che tutti pronunciarono all’atto della conferma d dVIsfya (p. 349 degli atti; cfr. pili sopra, p. 82) *°. È indubbio che siamo di fronte a uno dei piu clamorosi casi di incoerenza politica; da che parte sia Tincoerenza, da quella della maggioranza del congresso o da quella della maggioranza della vecchia redazione, lo lasceremo giudicare al lettore. A lui faremo decidere inoltre le questioni poste, molto a proposito, dal compagno Martov e dai suoi colleghi : 1) si rivela un atteggiamento filisteo op- pure ài partito nel desiderio di considerare come una «limitazione del voto di fiducia 2\\'ls\ra » la decisione del congresso di eleggere < funzionari per la redazione delV organo centrale ? 2) da quale mo- mento non esiste più realmente la vecchia « Isl^ra » : dal numero 46, quando cominciammo a dirigerla in due io e Plekhanov, oppure dal numero 53, quando s’è messa a dirigerla la maggioranza della vecchia redazione? Se la prima questione è un’interessantissima que- stione teorica , la seconda è un’interessantissima questione pratica . « Siccome ora si è deciso — continuava il compagno Martov — di eleggere una redazione di tre membri, a nome mio e di altri tre compagni, dichiaro che nessuno di noi farà parte di una simile, nuova redazione. Quanto a me personalmente, aggiungo che, se è vero che certi compagni hanno voluto inserire il mio nome come uno dei tre candidati del ” gruppo a tre ”, devo scorgere nella loro iniziativa un’ingiuria che non ho meritato [sic!] . Dico questo in con- siderazione delle circostanze nelle quali si è deciso di cambiare la redazione. La decisione è stata dettata da certi ” dissapori ” *, dall’in- # Il compagno Martov pensa probabilmente all’espressione del compagno Posa- dovski : «attriti». Ripeto che il compagno Posadovski non spiegò in alcun modo al congresso che cosa intendesse dire, mentre il compagno Muraviov, che usò la stessa espressione, chiari che si riferiva agli attriti sui principi, manifestatisi nelle discussioni congressuali. I lettori ricorderanno che l 'unica discussione sui principi a cui presero parte quattro redattori (Plekhanov, Martov, Axelrod e io) riguardò il § 1 dello sta- 3 10 LENIN capacità di lavorare della vecchia redazione; e quindi il congresso ha risolto la questione in un determinato senso, senza interpellare la re- dazione sui dissapori e senza, quanto meno, nominare una commis- sione per dibattere la questione della sua incapacità di lavorare »... (Strano che a nessuno della minoranza sia venuto in mente di pro- porre al congresso di « interpellare la redazione » o di nominare una commissione! La dimenticanza non si ebbe forse perché, dopo la scissione dell’organizzazione àtWls^ra e l’insuccesso delle trattative di cui hanno scritto i compagni Martov e Starover, la cosa sarebbe stata inutile?) ... « In queste circostanze, devo considerare come un’of- fesa alla mia reputazione politica la proposta di alcuni compagni che io consenta a lavorare in una redazione cosi riformata »... *. Ho espressamente riportato per intero questo ragionamento per mostrare al lettore un modesto esempio e l’inizio di ciò che dopo il con- gresso è fiorito cosi rigogliosamente e che non si può chiamare altri- menti che mania del litigio. Ho già usato quest’espressione nella Lettera alla redazione delVa ls\ra » e, nonostante il malcontento della redazione, sono costretto a ripeterla, poiché la sua esattezza è incontestabile. A torto si pensa che la mania del litigio presuppon- ga dei « bassi motivi » (come ha sillogizzato la redazione della nuova tuto e che i compagni Martov e Starover si lagnarono per iscritto della « falsa accusa di opportunismo » come uno degli argomenti per « cambiare » la redazione. In que- sta lettera il compagno Martov vedeva un nesso euidente fra 1 *« opportunismo » e il proposito di cambiare la redazione, mentre ai congresso si limitò a una nebulosa allu- sione a « certi dissapori ». La « falsa accusa di opportunismo » era già stata dimenti- cata ! • Il compagno Martov aggiunge inoltre : « A una simile parte consentirà forse un Riazanov, ma non quel Martov che, come credo, voi conoscete dal suo lavoro ». Nel- la misura in cui questo era un attacco personale a Riazanov, il compagno Martov l’ha ritirato. Ma Riazanov figurava al congresso come un nome generico, non già per queste o quelle sue qualità personali (delle quali sarebbe fuori luogo trattare), bensì per la fisionomia politica del gruppo « La lotta », per i suoi errori politici . Il com- pagno Martov fa benissimo se ritira le presunte o reali ingiurie personali, ma non bisogna tuttavia dimenticare gli errori politici , che devono servire dì lezione al partito. Il gruppo « La lotta » venne accusato al nostro congresso di introdurre il « caos organizzativo » c « un frazionamento non suggerito da alcuna considerazione di prin- cipio » (p. 38; discorso del compagno Martov). Una simile condotta politica deve essere incondizionatamente disapprovata, non solo quando la riscontriamo in un piccolo gruppo, prima del congresso del partito, in un periodo di caos generale , ma anche quando la ritroviamo dopo il congresso del partito, in un periodo in cui il caos viene eliminato, anche quando la vediamo praticata, poniamo, da parte « della maggioranza della redazione deil’fr^ra e della maggioranza del gruppo ” Emancipazione del la- voro ** ». UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO Is\ra); ogni rivoluzionario che in qualche modo conosca le nostre colonie di deportati e di emigrati ha forse assistito a decine di litigi, in cui si formulano e rimuginano accuse, sospetti, autoaccuse, « per- sonalismi », ecc., del tutto assurdi sul terreno dell’« eccitazione ner- vosa » e in condizioni di vita anormali e stantie. Nessun uomo assennato si metterà mai a ricercare dei bassi motivi in questi litigi, per quanto meschine siano le loro manifestazioni . Solo con P« ec- citazione nervosa » può spiegarsi quest’ingarbugliato intrico di as- surdità, personalismi, terrori fantastici, insinuazioni nell’anima altrui, lambiccate accuse e maculamenti qual è il brano del compagno Mar- tov da me riportato. Le condizioni stantie di vita generano tra noi a centinaia questi litigi, e un partito politico non meriterebbe alcuna stima, se non osasse chiamare il proprio male col suo vero nome, fare una diagnosi spietata e ricercare i mezzi di cura. Nella misura in cui si può estrarre da questo intrico qualcosa di sostanziale è inevitabile concludere che « le elezioni non hanno nien- te a che vedere con l’offesa della reputazione politica », che « negare il diritto del congresso a nuove elezioni, a qualsivoglia mutamento deirorganico dei funzionari, alla scelta dei collegi da esso investiti di pieni poteri » significa ingarbugliare la questione e che « nelle vedute del compagno Martov circa l’ammissibilità delle elezioni di una parte del precedente collegio si manifesta un'inaudita confusione dei con- cetti politici » (come mi espressi al congresso, p. 332) **. Tralascio un’osservazione « personale » del compagno Martov sugli autori del piano del gruppo a tre e passo alla sua definizione « politica » del significato che rivestirebbe la mancata conferma della vecchia redazione : ... « Ciò che ora è accaduto è l’ultimo atto di una lotta svoltasi durante la seconda parte del congresso »... (Esatto! e questa seconda parte cominciò dal momento in cui Martov, nella que- stione del § r dello statuto, cadde tra le ferree braccia del compagno Akimov).., « Non è un segreto per nessuno che in questa riforma non si tratta dell’ ” idoneità al lavoro ”, ma della lotta per la propria influenza nel CC »... (In primo luogo, non è un segreto per nessu- no che qui si trattava sia dell’idoneità al lavoro sia di un dissenso sulla composizione del CC, poiché il piano di « riforma » venne proposto quando ancora del secondo dissenso non si poteva neanche LENIN 3 12 parlare , quando noi e il compagno MartOv sceglievamo insieme il compagno Pavlovic come settimo membro del collegio redazionale! In secondo luogo, abbiamo già dimostrato, documenti alla mano, che si trattava della composizione del CC, che à la fin des fins tutto si riduceva a una differenza di liste: Glebov-Travinski-Popov e Glebov-Trotski-Popov)... « La maggioranza della redazione ha di- mostrato di non volere che il CC si trasformi in uno strumento del- la redazione »... (Comincia la canzone akimoviana : il problema del- l’influenza, per la quale lotta sempre e dappertutto ogni maggioranza in ogni congresso di partito, allo scopo di consolidarla mediante una maggioranza negli organismi centrali, viene spostato nel campo dei pettegolezzi opportunistici sullo « strumento » della redazione, sulla « mera appendice » della redazione, come dice lo stesso compagno Martov poco dopo, p. 334)... « Ecco perché occorreva ridurre il nu- mero dei redattori [II], E appunto per questo non posso entrare in una simile redazione»... (Vogliate considerare con più attenzione il « per questo » : come avrebbe potuto la redazione trasformare il CC in un’appendice o in uno strumento? Solo in quanto e qualora aves- se avuto tre voti nel Consiglio ed avesse abusato di questa preponde- ranza. Non è forse chiaro? E non è forse chiaro altresì che il com- pagno Martov, eletto come terzo, avrebbe sempre potuto impedire qualsiasi abuso e distruggere col suo solo voto qualsiasi preponde- ranza della redazione nel Consiglio? La cosa si riduce quindi preci- samente alla composizione del CC, mentre i discorsi sullo strumento je l’appendice si dimostrano di colpo un mero pettegolezzo )... «As- sieme alla maggioranza della vecchia redazione io pensavo che il congresso avrebbe posto fine allo ” stato d’assedio ” nel partito e restaurato la normalità. In effetti lo stato d’assedio, con le sue leggi eccezionali contro questi o quei gruppi, è stato procrastinato e persino inasprito. Solo nella composizione della vecchia redazione nel suo insieme possiamo avere la garanzia che i diritti accordati alla reda- zione dallo statuto non saranno pregiudizievoli al partito »... Ecco, nella sua integrità, il brano del discorso del compagno Martov nel quale egli lanciò per la prima volta la famigerata parola d* ordine dello « stato d* assedio ». Ed ora date un’occhiata a ciò che gli risposi : XJN TASSO AVANTI E DUE INDIETRO 313 ... « Pur rettificando la dichiarazione di Martov circa il carattere pri- vato del piano dei due gruppi a tre, io non penso tuttavia minimamente di toccare con questo le affermazioni dello stesso Martov circa l’impor- tanza politica del passo che abbiamo fatto non confermando la vecchia redazione. Sono, al contrario, completamente ed incondizionatamente d’accordo col compagno Martov neH’affcrmare che questo passo ha un’enorme importanza politica, solo che non è quella che gli viene at- tribuita da Martov. Egli diceva che si tratta di un atto della lotta per l’influenza sul CC in Russia. Io andrò più in là di Martov. Lotta per l’influenza è stata finora tutta l’attività dc\YIs\ra come gruppo parti- colare, ed oggi si tratta di consolidare maggiormente, organizzativamen- te, quest’influenza, e non soltanto di lottare per essa. Fino a che punto 10 ed il compagno Martov discordiamo qui politicamente si può vedere dal fatto che egli mi imputa a colpa questo desiderio di influire sul CC, mentre io mi attribuisco a merito il fatto di essermi sforzato e di sfor- zarmi di consolidare questa influenza per via organizzativa. Ne risulta che parliamo addirittura in lingue diverse. A che prò tutto il nostro lavoro, tutti i nostri sforzi, se loro coronamento fosse sempre la stessa vec- chia lotta per l’influenza, e non l’acquisizione piena e il consolidamento di quest’influenza? Si, il compagno Martov ha perfettamente ragione: 11 passo fatto è indubbiamente un grande passo politico, che attesta la scel- ta di una delle direzioni teste indicate per rulteriore lavoro del nostro partito. E non mi spaventano mìnimamente le parole terribili di " stato d'assedio nel partito ", di " leggi eccezionali contro queste o quelle sin- gole persone e gruppi ", ccc. Nei confronti degli elementi instabili ed in- costanti noi non solo possiamo, ma dobbiaamo creare lo *’ stato d’assedio ”, e tutto il nostro statuto del partito, tutto il nostro centralismo, ora con- fermato dal congresso, altro non è che uno ” stato d’assedio ’* per le tanto numerose scaturigini dell’amorfismo politico. Contro l’amorfismo abbiamo precisamente bisogno di leggi speciali, sia pure eccezionali, e il passo fatto dal congresso ha indicato l’orientamento politico in maniera giusta, creando una solida base per simili leggi e per simili misure » ® 2 . Ho sottolineato, in questo riassunto del mio discorso al congresso, la frase che nel suo Stato d’assedio (p. 16) il compagno Martov ha preferito omettere . Non c’è da stupirsi che questa frase non gli sia piaciuta e che egli non abbia voluto intenderne il chiaro significato. Che mai sono le « parole terribili », compagno Martov? Una derìsioncy la derisione di chi appone grandi nomi a pic- cole cose, di chi confonde una questione semplice con grandi frasi pretenziose. 21 - 615 3i4 LENIN Il piccolo e semplice fatto che unicamente poteva dare e diede l’appiglio alP« eccitazione nervosa » del compagno Martov fu esclu- sivamente la sconfitta subita dal compagno Martov al congresso nel- la questione della composizione dei centri. L’importanza politica di questo semplice fatto stava in ciò che la maggioranza del congresso, avendo vinto, consolidava la sua influenza instaurando la maggioran- za anche nella direzione del partito, creando una base organizzativa per lottare, con l’aiuto dello statuto, contro ciò che questa maggioran- za considerava incostanza, instabilità e amorfismo*. Parlare a que- sto proposito di « lotta per l’influenza » con non so quale terrore negli occhi e lagnarsi dello « stato d’assedio » altro non era che lanciare grandi frasi pretenziose , parole terribili. Non è d’accordo il compagno Martov? Non vorrà tentare di di- mostrarci che c'è mai stato al mondo un congresso, che in generale è pensabile un congresso nel quale la maggioranza non consolidi l’in- fluenza che si è conquistata, i) instaurando la maggioranza nei cen- tri, 2) accordandole il potere necessario per paralizzare l’incostanza, l’instabilità e l’amorfismo? Prima delle elezioni il nostro congresso doveva decidere la se- guente questione: accordare un terzo dei voti, nell’organo centrale e nel CC, alla maggioranza o alla minoranza del partito? Il grup- po a sei e la lista del compagno Martov significavano concedere un terzo a noi e due terzi ai suoi fautori. Il gruppo a tre e la nostra lista significavano concedere due terzi a noi e un terzo ai fautori del compagno Martov. Il compagno Martov si rifiutò di venire a un’intesa con noi o di cedere e per iscritto ci sfidò a battaglia da- vanti al congresso; sconfitto davanti al congresso, si mise a piangere e cominciò a lagnarsi dello « stato d'assedio » Ebbene, non è mania del litigio, questa? Non è una nuova manifestazione di fiacchezza da intellettuali? In proposito non si può non ricordare la brillante definizione • In che cosa si manifestarono al congresso l’instabilità, l’incostanza e l’amor- fismo della minoranza iskrista? In primo luogo, nelle frasi opportunistiche sul § 1 dello statuto; in secondo luogo, nella coalizione coi compagni Akimov e Liber, conso- lidatasi rapidamente nella seconda parte del congresso; in terzo luogo, nella capacità di ridurre reiezione dei funzionari dell’organo centrale al filisteismo, alle pietose pa- role e perfino alle insinuazioni neiranima altrui. Dopo il congresso, tutte queste bellis- sime qualità sono maturate, trasformandosi da piccoli bocciuoli in fiori e frutti, UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 3 T 5 psicologico-sociale di quest’ultima qualità fornitaci di recente da K. Kautsky. Oggi, i partiti socialdemocratici di diversi paesi devono spesso superare malattie analoghe, e ci sarà molto, ma molto utile imparare la giusta diagnosi e la giusta terapia dai compagni piu esperti. La caratterizzazione di certi intellettuali, data da K. Kautsky, sarà perciò una digressione soltanto apparente dal nostro tema. ... « Oggi ci interessa di nuovo vivamente il problema de \Y antagoni- smo fra V intellettualità e il proletariato. I mici colleghi » (Kautsky è lui stesso intellettuale, letterato e redattore) « saranno per Io piu molto in- dignati che io ammetta quest'antagonismo. Ma esso esiste realmente, e sarebbe la tattica piu disadatta (sia qui che negli altri casi) cercare di disfarsene negandolo. Quest'antagonismo è un antagonismo sociale, che si riferisce alle classi, e non ai singoli individui. Come il singolo capi- talista, anche il singolo intellettuale può inserirsi appieno nella lotta di classe del proletariato. Nei casi in cui questo avviene, l'intellettuale muta anche il suo carattere. NcU'uIteriore esposizione si tratterà, prin- cipalmente, non degli intellettuali di questo tipo y che costituiscono a tutt’oggi un’eccezione in seno alla loro classe. NeU'ulteriore esposizione, se non verrà detto espressamente nulla in contrario, per intellettuale in- tendo soltanto V intellettuale comune, che si trova sul terreno della so- cietà borghese e che è il rappresentante caratteristico della classe degli intellettuali. E questa classe si trova in un certo antagonismo col pro- letariato. a Quest’antagonismo è un antagonismo diverso da quello fra lavoro e capitale. L'intellettuale non è un capitalista. Per la verità, il suo tenore di vita è borghese, ed egli deve mantenere questo tenore di vita, finché non si trasforma in uno straccione; ma nel contempo non può fare a meno di vendere il prodotto del suo lavoro, e spesso anche la sua forza- lavoro, e molte volte subisce un sfruttamento da parte dei capitalista e una certa degradazione sociale, L’intellettuale non si trova dunque in nessun antagonismo economico con il proletariato. Ma la sua situazione, le sue condizioni di lavoro non sono proletarie, c ne scaturisce un certo antagonismo nel sentimento e nel pensiero. « II proletario è nulla fino a che rimane un individuo isolato. Tutta la sua forza, tutta la sua capacità di progresso, tutte le sue speranze e attese le attinge dall’ organizzazione , dalla metodica attività concertata • Traduco con le parole intellettuale, intellettualità le espressioni tedesche Literat % Utcratcntum , che abbracciano non solo i letterati, ma tutti gli uomini cola, i rappre- sentanti delle professioni liberali in generale, i lavoratori della mente ( braìn wor^er t come dicono gli inglesi) a differenza dei lavoratori del braccio. LENIN 3 t6 con i suoi compagni. Egli si sente grande e forte quando è parte di un grande e forte organismo. Quest’organismo è tutto per lui, mentre l’in- dividuo isolato significa, in confronto, molto poco. Il proletario combatte la sua lotta con grandissima abnegazione, come particella della massa ano- nima, senza badare all’utile personale, alla gloria personale, compiendo il suo dovere in qualsiasi condizione, sottomettendosi di buon animo alla disciplina, che permea di sé tutto il suo sentimento, tutto il suo pen- siero. « Le cose stanno in maniera completamente diversa per rintellettualc. Egli lotta, non già impiegando la forza in questo o quel modo, ma con l’aiuto dei ragionamenti. Sue armi sono la sua personale cultura, le sue capacità personali, la sua personale convinzione. Egli può risaltare solo attraverso le sue doti personali. La piena libertà di esprimere la propria per- sonalità gli appare pertanto come la condizione prima di un proficuo ope- rare. Solo a fatica si sottomette a un tutto determinato come sua parte ausiliaria, e solo per necessità, non per propria inclinazione. La necessità della disciplina la riconosce solo per la massa, non per le anime elette. E, naturalmente, si annovera tra le anime elette... « ... La filosofia di Nietzsche, col suo culto del superuomo,' per cui tutto si riduce ad assicurare il piu pieno sviluppo alla propria personalità, a cui ogni subordinazione della propria persona a qualche grande fine sociale appare altrettanto insulsa quanto spregevole, questa filosofìa è la vera concezione del mondo dell’intellettuale; essa però lo rende completamen- te inetto a partecipare alla lotta di classe del proletariato. « Accanto a Nietzsche, il principale rappresentante di una conce- zione del mondo degli intelletttuali che corrisponda al loro sentire è Ibsen. Il suo dottor Stockmann (nel dramma il nemico del popolo ) non è un socialista, come molti hanno pensato, ma il tipo deirintellettuale, che deve inevitabilmente venire a conflitto col movimento proletario e, in generale, con ogni movimento popolare, non appena cerca di agire su di esso. Questo perché la base del movimento proletario, come di ogni mo- vimento democratico*, è la considerazione che si ha per la maggioranza dei compagni. Il tipico intellettuale à la Stockmann vede nella ” maggio- ranza compatta ” un mostro che va abbattuto. « ... L’esempio ideale di un intelletttuale pienamente compenetrato dei sentimenti del proletario c che, pur essendo un brillante scrittore, aveva completamente perduto i tratti caratteristici della specifica mentalità deì- * fe quanto mai sintomatico per la confusione introdotta dai nostri m artovisti in tutte le questioni organizzative che essi, pur essendosi volti ad Akimov e ad uno spirito democratico fuori posto , si siano nel contempo adirati per l'elezione democra- tica della redattone , elezione svoltasi al congresso e da tutti anteriormente prevista! An- che questo forse è un vostro principio, egregi signori? UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 317 l’intellettuale, che marciava in fila senza brontolare, lavorava in qualsiasi posto cui fosse stato designato, si sottometteva in tutto e per tutto alla no- stra grande causa e disprezzava quello sciocco piagnisteo [ weiches Gcwin - sei] sulla compressione della propria personalità che spesso sentiamo ri- petere dagli intellettuali formatisi su Ibsen e Nietzsche, quando capita loro di restare in minoranza; l’esempio ideale di un intellettuale del tipo che occorre al movimento socialista era Liebknecht. Si può menzionare qui anche Marx, che non si mise mai al primo posto e che neirinternazionale, dove piu di una volta restò in minoranza, si sottomise in maniera esem- plare alla disciplina di partito » *. E furono appunto uno sciocco piagnisteo da intellettuali rimasti in minoranza, nient’altro che un simile sciocco piagnisteo, Je di- missioni di Martov e dei suoi colleghi solo perché non era stato con- fermato il vecchio circolo, le lagnanze sullo stato d’assedio c le leggi eccezionali « contro questi o quei singoli gruppi », che non stavano a cuore a Martov quando erano stati sciolti il Iuzny Raboci e il Rubo - cete Dielo , ma che cominciarono a stargli a cuore quando venne sciol- to il suo collegio. E furono appunto un simile sciocco piagnisteo da intellettuali ri- masti in minoranza tutte queste infinite lagnanze, recriminazioni, allusioni, accuse, chiacchiere ed insinuazioni circa la «compatta mag- gioranza » che al nostro congresso del partito ** (e ancora di piu dopo di esso) fluirono come un fiume dalla facile vena di Martov. La minoranza si lagnava amaramente che la compatta maggioran- za tenesse proprie riunioni private: la minoranza doveva infatti dissi- mulare in qualche modo il fatto spiacevole che i delegati invitati alle sue riunioni private si rifiutassero di intervenirvi, mentre quelli che vi sarebbero intervenuti volentieri (gli Iegorov, i Makhov, le Brucker), dopo la lotta svoltasi al congresso fra gli uni e gli altri, non potevano essere invitati. Ci si lagnava amaramente della « falsa accusa di opportunismo » : occorreva infatti dissimulare in qualche modo il fatto spiacevole che fossero proprio gli opportunisU y i quali il piu delle volte avevano se- guito gli antiskristi, e in parte questi stessi antiskristi, a costituire una compatta minoranza, a sbracciarsi a sostegno del sistema dei circoli • Karl Kautsky, Franz Mehring, in Ncue Zcit t 1903, XXII, I, pp. 101-103, ** Cfr. pp. 337, 338, 340, 352, ecc. degli atti del congresso. 3*8 LENIN negli organismi direttivi, delFopportunismo nelle idee, del filisteismo nelle questioni di partito, dell’incostanza e fiacchezza da intellettuali. Mostreremo nel paragrafo successivo dove si trovi la spiegazione del fatto politico oltremodo interessante che, alla fine del congresso, si sia costituita una « compatta maggioranza », e perché la minoran- za eluda con tanta cura, nonostante tutte le sfide, la questione delle cause e della storia del suo sorgere. Ma portiamo prima a termine l’a- nalisi delle discussioni congressuali. All’atto delle elezioni del CC il compagno Martov presentò una risoluzione straordinariamente caratteristica (p. 336), di cui ha de- finito i tre tratti fondamentali come uno « scacco matto in tre mos- se ». Ecco questi tratti: 1) si mettono ai voti le liste dei candidati al CC, e non i singoli candidati; 2) dopo la lettura delle liste si la- sciano passare due sedute (per discuterle, evidentemente); 3) in mancanza della maggioranza assoluta, la seconda votazione si con- sidera definitiva. Questa risoluzione è una mossa strategica magnifi- camente escogitata (bisogna render giustizia anche all’av versano!), con la quale non è d’accordo Iegorov (p. 337), ma che avrebbe assicurato senza meno la completa vittoria a Martov, se il gruppo a sette dei hun disti e del « Raboceie Dielo » non avesse abbandonato il congresso . Questa mossa strategica si spiega appunto col fatto che la minoranza iskrista non era punta e non poteva giungere a un « accordo diretto » (che esisteva in seno alla maggioranza iskrista) non soltanto col Bund e con la Brucker, ma neanche con i compagni Iegorov e Ma\hov . Ricorderete come, al congresso della Lega, il compagno Martov abbia lamentato che la « falsa acusa di opportunismo » presupponeva un accordo diretto fra lui e il Bund. Ripeto che il compagno Martov ha avuto quest’impressione per paura, e la circostanza che il compa- gno Iegorov non fosse d'accordo di votare le liste (il compagno Iego- rov « non aveva ancora smarrito i propri principi », evidentemente quei principi che lo avevano indotto a unirsi a Goldblatt nell’apprez- zamento del valore assoluto delle garanzie democratiche) dimostra ap- punto all'evidenza il fatto di enorme imortanza che di un « accordo diretto » non era assolutamente il caso di parlare nemmeno col com- pagno Iegorov. Ma una coalizione poteva esistere ed esisteva sia con Iegorov che con la Brucker; una coalizione nel senso che ai martovisti era assicurato il loro appoggio ogni volta che venivano a trovarsi in UM PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 319 serio conflitto con noi e che Akimov e i suoi amici dovevano scegliere il minor male. Non c era e non ce il minimo dubbio che come minor male, come ciò che meno giovava al conseguimento dei fini is feristi (cfr. il discorso di Akimov sul § 1 e le sue « speranze » in Martov) * compagni Akimov e Liber avrebbero immancabilmente scelto il grup- po a sei per V organo centrale e la lista martovista per il CC. La vota- zione delle liste, il lasciar passare due Sedute e la nuova votazione mi- ravano appunto a raggiungere questo risultato con precisione quasi meccanica, senza alcun accordo diretto. Ma poiché la nostra compatta maggioranza restava tale, la via traversa del compagno Martov era solo un menar le cose per le lun- ghe, e noi non potevamo non respingerla. La minoranza effuse per iscritto (in una dichiarazione, p. 341) le Sue lagnanze in pro- posito, rifiutandosi, stdl’esempio di Martynov e di Akimov, di parte- cipare alle votazioni e alle elezioni del CC « in considerazione del- le condizioni in cui avvenivano ». Dopo il congresso queste lagnan- ze circa Anormalità delle elezioni (cfr. Stato d'assedio, p. 31) sono state diffuse a destra e a sinistra davanti a centinaia di comari di partito. Ma dov'era qui V anormalità? Nel voto segreto, previsto già prima dal regolamento del congresso (§ 6, p. 11 degli atti), e nel quale era semplicemente ridicolo vedere un\< ipocrisia » o un’« in- giustizia » ? Nel costituirsi di una compatta maggioranza, di questo «spauracchio» dei flaccidi intellettuali? Oppure nell’ anormale desi- derio di questi egregi intellettuali di venir meno alla parola data pri- ma del congresso, airimpegno di riconoscere tutte le sue elezioni (p. 380; § 18 del regolamento del congresso)? Il compagno Popov accennò garbatamente a questo desiderio quando, il giorno delle elezioni, formulò apertamente al congresso la domanda : « È convinta la presidenza che una decisione del congresso sia valida e legittima se la metà dei congressisti si rifiuta di parteci- pare alla votazione? » *. La presidenza rispose, naturalmente, che ne era convinta e rammentò l’incidente avvenuto coi compagni Akimov e Martynov. Il compagno Martov si associò alla presidenza e dichia- rò francamente che il compagno Popov era in errore, che « le deci- sioni del congresso sono legittime » (p. 343), Sia lo stesso lettore a giu- * P. 342. Si trattava dcllVlezione del quinto membro del Consiglio. Furono consegnate 24 schede (complessivamente i voti erano 44), delle quali due in bianco» 3 2 <) LENIN" dicare della coerenza politica — sommamente normale, a quanto sembra, — che si rivela confrontando questa dichiarazione davanti al partito con la condotta postcongressuale e con la frase dello Stato d'assedio circa la « rivolta di una metà del partito cominciata già al con- gresso » (p. 20). Le speranze che riponeva nel compagno Martov il compagno Akimov hanno avuto la meglio sulle fugaci buone inten- zioni dello stesso Martov. « Hai vinto », compagno Akimov! A stabilire fino a che punto la famigerata frase di « stato d’asse- dio », cui oggi è stato conferito per l’eternità un senso tragicomico, fosse soltanto una « parola terribile » possono giovare alcuni tratti caratteristici, piccoli in apparenza, ma molto importanti nella sostan- za, della fine del congresso, fine che avvenne dopo le elezioni. Il compagno Martov va oggi declamando su questo tragicomico « stato d’assedio », dando seriamente a intendere a se stesso e ai lettori che lo spauracchio da lui escogitato era una specie di anormale persecuzione della « minoranza » da parte della « maggioranza », un darle ad- dosso, un incalzarla spietatamente. Mostreremo subito come siano andate le cose dopo il congresso. Ma prendete addirittura la fine del congresso; vedrete che dopo le elezioni la « compatta maggioranza » non solo non perseguita gli sventurati martovisti, la povera gente cui si dà addosso, che viene ingiuriata e condotta al supplizio, ma al con- trario le propone essa stessa (per bocca di Liadov) due posti su tre nel- la commissione per gli atti (p. 354). Prendete le risoluzioni sulle que- stioni tattiche e d’altro genere (p. 355 e sgg.); vedrete che vi si trova un esame concreto della sostanza, e che le firme dei compagni presen- tatori delle risoluzioni mostrano spesso confusi insieme, sia i rappre- sentanti della mostruosa « maggioranza » compatta che i fautori della « umiliata e offesa minoranza » (pp. 355, 357, 363, 365, 367 degli atti). Non è forse vero che tutto ciò somiglia a un « allontanamento dal lavoro» e ad ogni altro genere di « spietato incalzamelo » ? L'unica discussione di fondo, comunque interessante, ma disgra- ziatamente troppo breve, sorse riguardo alla risoluzione di Starover sui liberali. A giudicare dalle firme, la risoluzione fu adottata dal congresso (pp. 357 e 358) perché tre fautori della « maggioranza » (Braun, Orlov, Osipov) votarono tanto per essa quanto per la riso- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 321 luzione di Plekhanov, non scorgendo tra loro un contrasto irridu- cibile. A prima vista, il contrasto irriducibile non c’è, perché la risoluzione di Plekhanov stabilisce un principio generale, esprime un preciso atteggiamento teorico e tattico nei confronti del liberali- smo borghese in Russia , mentre quella di Starover cerca di definire le condizioni concrete deW ammissibilità di « accordi temporanei » con le « tendenze liberali o democratico-liberali ». I temi delle due risoluzioni sono diversi. Ma quella di Starover pecca di amorfismo politico , ed è quindi superficiale e gretta. Non definisce il contenuto di classe del liberalismo russo , non indica le precise tendenze politiche che lo esprimono, non spiega al proletariato i suoi compiti fondamen- tali di propaganda e di agitazione nei confronti di queste determi- nate tendenze, confonde (dato il suo amorfismo) cose tanto diverse come il movimento studentesco e V Osvobozdenie y prescrive in ma- niera troppo gretta e casistica tre condizioni concrete nelle quali sono ammissibili gli « accordi temporanei ». Anche in questo caso, come in. molti altri, l’amorfismo politico porta alla casistica. L’as- senza di un principio generale e il tentativo di enumerare le « con- dizioni » porta ad una determinazione gretta e, a rigor di termini, inesatta di queste condizioni. Date infatti un’occhiata alle tre con- dizioni di Starover : 1) « le tendenze liberali o democratico-liberali » devono « chiaramente e inequivocabilmente dichiarare che, nella loro lotta contro il governo autocratico, si schierano risolutamente a fianco della socialdemocrazia russa ». Dove sta la differenza tra le tendenze liberali e quelle democratico-liberali? La risoluzione non fornisce materiale di sorta per rispondere a questa domanda. Non sta forse nel fatto che le tendenze liberali esprimono la posizione degli strati poli- ticamente meno progressivi della borghesia e quelle democratico-libe- rali la posizione degli- strati piu progressivi della borghesia e della piccola borghesia? Se è cosi', può mai pensare il compagno Starover che gli strati meno progressivi (ma pur sempre progressivi, giacché altrimenti non si potrebbe parlare di liberalismo) della borghesia «si schierino risolutamente a fianco della socialdemocrazia»?? È un’assurdità, e se anche i rappresentanti di tale tendenza « lo dichia- rassero chiaramente e inequivocabilmente » (ipotesi assolutamente im- probabile), noi partito del proletariato avremmo il dovere di non credere Me loro dichiarazioni. Essere liberali e schierarsi risoluta- 322 LENIN mente a fianco della socialdemocrazìa sono cose che si escludono a vicenda. Proseguiamo. Ammettiamo pure che le « tendenze liberali o demo- cratico-liberali » dichiarino chiaramente e inequivocabilmente che nella loro lotta contro l’autocrazia, si schiereranno risolutamente a fianco dei socialisti-rivoluzionari . Quest’ipotesi è assai meno inve- rosimile (data la natura democratico-borghese della corrente dei so- cialisti-rivoluzionari) di quella del compagno Starover. Dalla sua ri- soluzione, dato l’amorfismo c la casistica che la caratterizza, risulta che in questo caso gli accordi temporanei con simili liberali sono inam- missibili. Ma quest’i nevi tabile conclusione della risoluzione del com- pagno Starover porta ad una tesi apertamente falsa. Accordi tempora- nei sono ammissibili anche coi socialisti-rivoluzionari (si veda la risoluzione del congresso in proposito) e quindi anche coi liberali che si siano schierati affianco dei socialisti-rivoluzionari. Seconda condizione : se queste tendenze « non avanzeranno nel loro programmi rivendicazioni che contrastino con gli interessi della classe operaia e della democrazia in generale o che offuschino la loro coscienza ». Anche qui s’incontra lo stesso errore: non ci sono mai state e non possono esserci tendenze democratico-liberali che non formulino nei loro programmi rivendicazioni che contrastino con gli interessi della classe operaia e non offuschino la sua (del proleta- riato) coscienza. Persino una delle frazioni piu democratiche della nostra tendenza democratico-liberale, la frazione dei soci ali sti-ri voi u- zonari, propone nel suo programma, confuso come tutti i program- mi liberali, rivendicazioni che contrastano con gli interessi della classe operaia e ne offuscano la coscienza. Bisogna da ciò dedurre la neces- sità di « smascherare la limitatezza e insufficienza del movimento di liberazione della borghesia », ma in nessun modo Pinammissibilità di accordi temporanei. Infine, anche la terza « condizione » del compagno Starover (che i democratici liberali facciano del suffragio universale, uguale, segreto, diretto la parola d’ordine della loro lotta) è sbagliata nell’imposta- zione generale che le è stata data: sarebbe irragionevole dichiarare inammissibili in tutti i casi accordi temporanei con tendenze demo- cratico-liberali che lanciassero la parola d’ordine di una Costituzione censitaria, di una Costituzione « monca » in generale. In sostanza UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 3^3 proprio tra queste tendenze andrebbe collocata la « tendenza » dei signori dell' Osvobozdenie; ma legarsi le mani proibendo in anticipo « accordi temporanei », foss’anche coi liberali piu timidi, sarebbe una forma di miopia politica incompatibile coi principi del marxismo. Conclusione: la risoluzione del compagno Starover, firmata altre- sì dai compagni Martov e Axelrod, è erronea , e il terzo congresso farà bene ad annullarla. Pecca di amorfismo politico nell’impostazio- ne teorica e tattica, di casistica nelle « condizioni » pratiche. Confonde due questioni : 1) la denuncia delle caratteristiche «antirivoluzio- narie e antiproletarie » di ogni tendenza democratico-liberale e il dovere di lottare contro di esse, e 2) la condizione richiesta per accordi temporanei e parziali con una qualsiasi di tali tendenze. Essa non dà ciò che occorre (analisi del contenuto di classe del liberalismo) e dà ciò che non occorre (prescrizione di « condizioni »). In generale è assurdo elaborare in un congresso di partito « condizioni » concrete per accordi temporanei, quando ancora nemmeno esiste un contraente determinato, il soggetto di questi possibili accordi; e poi, anche se tale « soggetto» esistesse, sarebbe cento volte piu razionale lasciare la definizione delle « condizioni » di un accordo temporaneo agli orga- nismi centrali del partito, come appunto il congresso ha fatto nei ri- guardi della « tendenza » dei signori socialisti-rivoluzionari (cfr. l’e- mendamento di Plekhanov alla risoluzione del compagno Axelrod, pp. 362 e 15 degli atti). Quanto alle obiezioni della « minoranza » contro la risoluzione di Plekhanov, l’unico argomento del compagno Martov suonava : la risoluzione di Plekhanov « termina con una conclusione meschina: smascherare un solo pubblicista. Non è forse come ” muovere con un maglio contro una mosca”? » (p, 358). Quest’argomento, in cui l’assenza di pensiero viene dissimulata con una paroletta mordace — « conclusione meschina » — ci offre un nuovo esempio di fraseologia pretenziosa. In primo luogo, la risoluzione di Plekhanov parla di « smascherare di fronte al proletariato la limitatezza e insufficienza del movimento di liberazione della borghesia, dovunque questa limi- tatezza e insufficienza si manifestino ». È quindi una purissima ba- lordaggine l’affermazione del compagno Martov (al congresso della Lega, p. 88 degli atti) che « tutta l’attenzione dev’essere rivolta al solo Struve, a un solo liberale ». In secondo luogo, paragonare il signor 3 2 4 LENIN Struve a una « mosca », quando si parla di accordi temporanei coi liberali russi, significa sacrificare al sarcasmo l’evidenza politica ele- mentare. No, il signor Struve non è una mosca, ma una grandezza politica, ed è tale non perché lui personalmente sia una grandissima figura. Il valore di grandezza politica glielo dà la sua posizione, la posizione di unico rappresentante del liberalismo russo, perlomeno del liberalismo in qualche modo organizzato ed efficiente, nel mondo illegale. Parlare perciò dei liberali russi e dell’atteggiamento del no- stro partito nei loro confronti e non tener conto del signor Struve, del- YOsvobozdenie , vuol dire parlare per non dir nulla. O forse il com- pagno Martov vuol tentare di indicarci sia pure una sola « tendenza liberale o democratico-liberale » in Russia che al presente possa, sia pur lontanamente, paragonarsi alla tendenza d t\Y Osvobozdenie? Sarebbe interessante osservare un simile tentativo! * « Il nome di Struve non dice nulla agli operai », diceva il compa- gno Kostrov spalleggiando il compagno Martov. Questo — e sia detto senz’offesa per i compagni Kostrov e Martov — è già un argomento alla Akimov. È già qualcosa sul tipo del proletariato al genitivo A quali operai « il nome di Struve non dice nulla » (nonché il nome del YOsvobozdenie, menzionato nella risoluzione di Plekhanov accanto al nome del signor Struve)? Agli operai che conoscono assai poco o non conoscono affatto le <( tendenze liberali e democratico- liberali » in Russia. Si domanda : quale dovrebbe essere Patteggia- • Al congresso della Lega il compagno Martov riportò ancora il seguente argo- mento contro la risoluzione del compagno Plekhanov: «La piu importante conside- razione contro di essa, il più importante difetto di questa risoluzione sta nel totale oblio del nostro dovere: non rifiutare, nella lotta contro l’autocrazia, l’alleanza Con gli elementi democratico-liberali. Una simile tendenza il compagno Lenin la chiame- rebbe martynovista. Questa tendenza già si manifesta nella nuova lsf^ra » (p. 88). Questo passo è una raccolta di « perle » molto rara per la sua ricchezza, i) Le parole iuXVoUeanza coi liberali rappresentano una confusione senza pari. Nessuno ha mai parlato di alleanza compagno Martov, ma soltanto di accordi temporanei e parziali. C’è una grande differenza. 2) Se nella risoluzione Plekhanov ignora un'« al- leanza » inverosìmile c parla solo di « appoggi » in generale, questo non è un difetto, ma un pregio della sua risoluzione. 3) Non vorrà il compagno Martov darsi la pena di spiegarci che cosa in generale caratterizzi le « tendenze martynoviste »? Non vorrà raccontarci qualcosa sulla relazione esistente fra queste tendenze e l’opportunismo? Non vorrà scoprire una relazione fra queste tendenze e il primo paragrafo dello sta- tuto? 4) Io mi sto decisamente consumando per l’impazienza di sentire dal compagno Martov in che cosa si siano manifestate le « tendenze martynoviste » nella « nuova » Ufya . Ve ne prego, compagno Martov, liberatemi al più presto da questo tormento! UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 3 2 5 mento del nostro congresso verso questi operai? quello di affidare ai nostri iscritti il compito di far conoscere a questi operai l’unica, com creta tendenza liberale esistente in Russia, oppure quello di passar sotto silenzio un nome poco noto agli operai per la semplice ragione che le loro cognizioni politiche sono limitate? Se il compagno Ko- strov, dopo aver fatto il primo passo sulle orme del compagno Aki- mov, non vorrà farne un secondo, deciderà senza dubbio la questione nel primo senso. E, dopo averla cosi risolta, vedrà quanto il suo ar- gomento fòsse consistente. In ogni caso le parole » Struve » e « Osvo - bozdcnie » della risoluzione dì Plekhanov possono dare agli operai assai piu che non le parole « tendenza liberale e democratico-liberale » della risoluzione di Starover. Oggi, l’operaio russo non può conoscere in pratica le tendenze politiche, in qualche misura palesi, del nostro liberalismo altrimenti che attraverso YOsvobozdenie. Qui la letteratura liberale legale non serve a nulla appunto a causa della sua nebulosità. E noi dobbiamo, col maggior zelo possibile (e davanti alle masse più larghe possibili di operai), dirigere l’arma della nostra critica contro quelli dell' Osvo- bozdenie y di modo che allo scoppio della prossima rivoluzione il pro- letariato russo possa paralizzare con l’autentica critica delle armi gli inevitabili tentativi dei signori dell’ Osvobozdenie di restringere il carattere democratico della rivoluzione. Oltre al « dubbio » del compagno Iegorov da me menzionato più sopra sulla questione del nostro « appoggio » al movimento di oppo- sizione e rivoluzionario, i dibattiti sulle risoluzioni non offrirono ma- teriale interessante, anzi quasi non ce ne furono. Il congresso terminò con un breve cenno del presidente circa l’ob- bligatorietà delle deliberazioni del congresso per tutti gli iscritti. n) QUADRO D’INSIEME DELLA LOTTA AL CONGRESSO. L’ALA RIVOLUZIONARIA E L’ALA OPPORTUNISTICA DEL PARTITO Conclusa Tanalisi delle discussioni e delle votazioni svoltesi al congresso, dobbiamo ora tirare le somme, per potere, sulla base di 326 LENIN tutto il materiale congressuale, rispondere alla domanda: da quali elementi, gruppi e sfumature erano composte quelle definitive mag- gioranza e minoranza che abbiamo visto nelle elezioni, e che erano destinate a diventare, per un certo periodo di tempo, una distinzione fondamentale in seno al nostro partito? È necessario tirare le somme di tutto il materiale relativo alle sfumature di principio, teoriche e tattiche che ci è fornito con tanta ricchezza dagli atti del congresso. Senza un «compendio » generale, senza un quadro d’insieme di tutto il congresso e di tutti i piu importanti raggruppamenti costituitisi durante le votazioni, questo materiale rimane troppo frammentario, sparso, sicché questi o quei singoli raggruppamenti sembrano a prima vista casuali, specie a chi non si dia la pena di studiare in maniera autonoma e approfondita gli atti del congresso (ma saranno molti i lettori che si daranno questa pena?). Nei resoconti parlamentari inglesi s’incontra spesso un termine tipico: divisione divisione. La camera «si è divisa» nelle tali e tali altre maggioranze e minoranze, si dice a proposito della votazione su una determinata questione. La « divisione » della nostra camera socialdemocratica sulle varie questioni discusse al congresso dà un quadro della lotta interna svoltasi nel partito, un quadro di sfuma- ture e gruppi unico nel suo genere, incomparabile per completezza e precisione . Per rendere questo quadro perspicuo, per ottenere un vero quadro , e non un ammasso di fatti e fatterelli slegati, fram- mentari, isolati, per porre fine alle infinite e assurde polemiche sulle singole votazioni (chi ha votato per il tale e chi ha sostenuto il tal altro?), ho deciso di rappresentare tutti i tipi fondamentali di «divisioni» del nostro congresso sotto forma di diagramma . Un simile procedimento parrà indubbiamente strano a moltissimi, ma dubito che possa trovarsi un altro sistema che consenta un’esposizio- ne generalizzata e complessiva, un’esposizione quanto più possibile completa e precisa. Se questo o quel delegato abbia votato prò o contro una determinata proposta è cosa che si può stabilire con asso- luta precisione in caso di votazioni per appello nominale, mentre per certe votazioni importanti, non avvenute per appello nominale, la stessa cosa si può determinare, in base agli atti, con una considerevole dose di probabilità, con un sufficiente grado di approssimazione alla verità. Se inoltre si prendono in esame tutte le votazioni per appello UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 3 V nominale e tutte quelle non per appello nominale nelle quali si sono affrontate questioni di una qualche importanza (a giudicare, per esem- pio dalFampiezza e dalla passione delle discussioni), si otterrà una rappresentazione della nostra lotta interna di partito che, dato il mate- riale di cui disponiamo, sarà contrassegnata dal più alto grado dì obiettività. Inoltre, invece di una rappresentazione fotografica, cioè della rappresentazione di ogni singola votazione, ci sforzeremo di dare un quadro, cioè di riportare tutti i più importanti tipi di vota- zioni, ignorando le deviazioni e le varianti relativamente di poco conto, che potrebbero solo ingarbugliare le cose. Comunque, ognuno sarà in grado di controllare sugli atti ogni minimo particolare del nostro quadro, di completarlo con una qualsivoglia votazione, in una parola, di criticarlo non solo mediante considerazioni, dubbi e rinvìi a casi singoli, ma mediante la delineazione, in base allo stesso mate- riale, di un quadro diverso . Indicando nel diagramma ogni delegato che ha preso parte alla votazione, distingueremo con un tratteggio speciale i quattro grup- pi fondamentali che abbiamo dettagliatamente seguito durante tutto il corso dei dibattiti congressuali, e precisamente : i) iskristi della mag- gioranza; 2) iskristi della minoranza; 3) « centro » e 4) antiskristi. La differenza delle sfumature di principio esistenti tra questi gruppi l’abbiamo vista in una gran quantità di esempi , e se a qualcuno i no- mi dei gruppi non piaceranno, in quanto agli amatori degli zigzag ricordano troppo l’organizzazione dell’/r^m e la corrente dc\Vls\ra> faremo loro osservare che non è del nome che si tratta. Ora che le sfumature sono state da noi seguite attraverso tutti i dibattiti congres- suali, si potrebbe agevolmente sostituire ai nomi di partito ormai in- valsi e divenuti abituali (che però feriscono l’orecchio di qualcuno) la caratterizzazione della sostanza delle sfumature esistenti tra i gruppi. Con questa sostituzione otterremmo per gli stessi quattro gruppi le seguenti denominazioni : 1) socialdemocratici rivoluzionari coerenti; 2) piccoli opportunisti; 3) opportunisti medi e 4) grandi op- portunisti (grandi in base alla nostra scala russa). Vogliamo sperare che queste denominazioni urteranno meno chi da qualche tempo si è messo ad assicurare a se stesso e agli altri che « iskrista » sarebbe una denominazione capace di abbracciare solamente un « circolo », non già una corrente . 3 28 LENIN Passiamo all esposizione particolareggiata dei tipi di votazioni, «fotografati » nel diagramma qui accluso (cfr. il diagramma Quadro, d* insieme della lotta al congresso). + 41 5-5 □ iskristi della maggioranza centro iskristi della minoranza antiskristi Le cifre con un + ed un — indicano i voti dati a favore o contro. Le altre cifre i voti di ciascuno dei quattro gruppi. Che genere di votazioni abbraccino i tipi A-E viene spiegato nel testo. Il primo tipo (A) comprende i casi in cui il « centro » si uni agli iskristi contro gli antiskristi o una parte di loro. Vi rientrarono sul programma le votazioni : (il solo Akimov si astenne, gli altri furono a favore); sulla risoluzione contro la federazione (tutti a favore, tranne i bundisti); sul § 2 dello statuto del Bund contro i cinque bundisti; cinque astenuti : Martynov, Akimov, la Brucker c Makhov con due voti; tutti gli altri con noi); questa votazione è rappresentata nel dia - grani ma A. Furono dello stesso tipo le tre votazioni sulla conferma deli' Is\ra : la redazione (cinque voti) si astenne; i contrari furono due UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 32 C) (Akimov c la Brucker); inoltre, nella votazione sui motivi della con- ferma dell'/j^ra si astennero i cinque bundisti e Martynov * Il tipo di votazioni considerato risponde ad una domanda molto interessante e importante: ossia, quando il «centro» del congresso si uni agli « iskristi » ? Quando, salvo poche eccezioni, anche gli an- tishristi furono con noi (approvazione del programma, conferma del Visura indipendentemente dai motivi), oppure quando si trattava di dichiarazioni che non obbligavano ancora direttamente ad assu- mere una posizione politica ben definita (Papprovazione del lavoro organizzato deWlshra non obbliga ancora ad applicare praticamente la sua politica organizzativa nei confronti di gruppi particolari; il ripudio della federazione non impedisce ancora di astenersi nella questione di un concreto progetto di federazione, come abbiamo vi- sto nell’esempio del compagno Makhov). Abbiamo già visto sopra, parlando dell’importanza dei raggruppamenti congressuali in genere, fino a che punto venga falsamente presentata questa questione nell’e- sposizione ufficiale dell’ufficiale / s{ra, la quale (per bocca del com- pagno Martov) cancella e occulta la differenza tra gli iskristi e il « centro », tra i socialdemocratici rivoluzionari coerenti e gli opportu- nisti, mediante il rinvio a casi in cui anche gli antisì{risti si unirono a noì\ Nemmeno i pili « destri » degli opportunisti tedeschi e fran- cesi in seno ai partiti socialdemocratici votano contro quando si tratta di punti come V approvazione del programma nel suo insieme . Il secondo tipo di votazioni (B) abbraccia i casi in cui gli iskristi coerenti e incoerenti si unirono contro tutti gli antiskristi e tutto il « centro ». Questi casi si riferiscono in linea di massima alle questioni in cui si trattava di realizzare i piani concretamente definiti della po- litica iskrista, in cui si trattava di riconoscere Visura nei fatti e non soltanto a parole. Vi rientrano l’ incidente con il comitato di organizza- zione **, l’assegnazione del primo posto alla questione della posizione * Perche mai, ai fini della rappresentazione nel diagramma, è stata presa la vo- tazione sul § 1 dello statuto del Bund? Perché le votazioni sul riconoscimento del 1 ’/- s\ra sono meno complete e le votazioni sul programma e sulla federazione vertono su decisioni politiche definite in modo meno concreto. In generale, la scelta di que- sta o quella votazione in Una serie di votazioni omogenee non cambia in nulla i tratti essenziali del quadro, come potrà agevolmente notare chi faccia le corrispondenti mo- dificazioni. •• Questa votazione c rappresentata nel diagramma B: gli iskristi ottennero 32 voti, mentre la risoluzione presentata da un bundisia ne ebbe 1 6. Noteremo che / 4 21 - *15 33 ° LENIN del Bund nel partito, lo scioglimento del gruppo luzny Raboci , due votazioni sul programma agrario, e, infine, in sesto luogo, la votazio- ne contro l’Unione estera dei socialdemocratici russi {Raboceie Dielo ), cioè il riconoscimento della Lega come unica oragnizzazione del par- tito all’estero. Il vecchio sistema dei circoli del periodo pre-partito, gli interessi delle organizzazioni o dei gruppetti opportunistici, l’inter- pretazione angusta del marxismo lottavano qui contro la politica coe- rente e saldamente ancorata ai principi della socialdemocrazia rivolu- zionaria; gli iskristi della minoranza si unirono a noi in tutta Una serie di casi, in tutta una serie di votazioni molto importanti (dal punto di vista del comitato di organizzazione, del luzny Raboci> del Raboceie Dielo )... finche' non si trattò del loro sistema dei circoli, della loro incoerenza. Le « divisioni » del tipo considerato mostrano all’evidenza che in una serie di questioni inerenti all’applicazione pratica dei nostri principi il centro si uni agli antis^risti, risultò assai piu vicino a loro che a noi, praticamente assai piu pencolante verso l’ala opportunistica che verso quella rivoluzionaria della socialdemo- crazia. Gli « iskristi » di nome che si vergognavano di essere iskristi mostrarono la loro natura, e l’inevitabile lotta provocò non poca irri- tazione, che offuscò, agli occhi delle persone meno riflessive e piu impressionabili, il significato delle sfumature di principio che si ma- nifestava in questa lotta. Ma, ora che la foga della lotta si è un po’ placata e che gli atti sono il riflesso obiettivo di una serie di ardenti battaglie, ora soltanto chi chiude gli occhi può non vedere che l’unio- ne dei Makhov e degli Icgorov con gli Akimov e i Liber non era e non poteva essere casuale. A Martov e ad Axelrod altro non resta che evitare l’analisi completa e precisa degli atti o sforzarsi di modi - ficare retroattivamente la loro condotta al congresso mediante ogni sorta di espressioni di rammarico. Come se col rammarico si potesse tra le votazioni di questo tipo non ce n'è nemmeno una per appello nominale. Due soli tipi di dati indicano con grande verosimiglianza la distribuzione dei dele- gati; i) nelle discussioni gli oratori dei due gruppi di iskristi si pronunziano a favore, gii oratori degli antiskristi e del centro contro; 2) il numero dei voti « a favore u si avvicina sempre di molto alla cifra di 33. Non bisogna dimenticare che, analizzando le discussioni congressuali, notavamo, a prescindere dalle votazioni, tutta una serie dì casi in cui il « centro » si uni agli antiskristi (agli opportunisti) contro di noi. Rientrano in quest'ambito le questioni del valore assoluto delle ri- vendicazioni democratiche, dell'appoggio agli elementi d’opposizione, della limita- zione del centralismo, ecc. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 33 1 eliminare la differenza di idee e di politica! Come se l’odierna allean- za di Martov e Axelrod con Akimov, Brucker e Martynov potesse indurre il nostro partito, restaurato al secondo congresso, a dimen- ticarsi della lotta che gli iskristi condussero contro gli antiskristi durante quasi tutto il congresso! Il terzo tipo di votazioni congressuali, comprendente le ultime tre delle cinque parti del diagramma (e precisamente C, D ed E), è caratterizzato dal fatto che una piccola parte degli is feristi si stacca e passa dalla parte degli antis feristi , che appunto per questo vincono finché restano al congresso. Per seguire con la massima esattezza la storia della celebre coalizione della minoranza iskrista con gli anti- skristi, la cui sola menzione sospinse Martov a stilare al congresso isteriche missive, vengono menzionati tutti e tre i tipi fondamentali di votazioni per appello nominale di questo genere, C è la votazione sulla questione dell’uguaglianza giuridica delle lingue (si è presa l’ultima delle tre votazioni per appello nominale su questo punto, perché è la più completa). Tutti gli antiskristi e tutto il centro si levano come un sol uomo contro di noi, mentre dagli iskristi si stac- cano una parte della maggioranza e una parte della minoranza. Non si vede ancora quali iskristi siano capaci di costituire una coalizione solida e definitiva con la « destra » opportunistica del congresso . Se- gue la votazione del tipo D: quella sul primo paragrafo dello statuto (delle due votazioni è stata scelta la più precisa, cioè quella in cui nessuno si astenne). La coalizione si delinea con maggior rilievo e si costituisce in maniera più solida *: gli iskristi della minoranza so- no già tutti dalla parte di Akimov e Liber, mentre gli iskristi della maggioranza solo in piccolissimo numero, compensato da tre del <( centro » e da uno degli antiskristi passati dalla nostra parte. Basta dare un semplice sguardo al diagramma per avere un’idea di quali elementi casualmente e temporaneamente passarono ora all’una, ora • A giudicare dall' insieme, dello stesso tipo furono altre quattro votazioni sullo statuto. P. 27B: 27 per Fomin contro 21 nostri; p. 279: 26 per Martov contro 24 per noi; p. 280: 27 contro di me, 24 a favore; infine, ivi: 24 per Martov contro 23 per noi. Sono le votazioni, già da me menzionate, sulle questioni della cooptazione nei centri. Votazioni per appello nominale non se ne ebbero (ce ne fu una, ma i dati relativi sono andati perduti). A quanto pare, furono i bundisti (tutti o una parte) a salvare Martov. Le erronee affermazioni di Martov (alla Lega) sulle vota* zioni di questo tipo sono state corrette sopra. 332 LENIN all’altra parte, e di quali aderirono con forza irresistibile a una solida coalizione con gli Akimov . Neirultima votazione (E: elezioni all’or- gano centrale, al CC e al Consiglio del partito), che rappresenta ap- punto la divisione definitiva in maggioranza e minoranza , si vede chiaramente la fusione totale della minoranza iskrista con tutto il « centro » e coi resti degli antiskristi. Degli otto antiskristi era rima- sta in quel momento al congresso la sola compagna Brucker (alla quale il compagno Akimov aveva già spiegato il suo errore e che aveva preso il posto che le spettava di diritto nelle file dei martovìsti). L’uscita del gruppo a sette degli opportunisti di estrema « destra » decise la sorte delle elezioni contro Martov *. E ora tiriamo le somme del congresso, basandoci sui dati ogget- tivi delle votazioni di ogni tipo. Si è molto parlato del carattere « fortuito » della maggioranza al congresso. Solo con questo argomento il compagno Martov si è conso- lato nel suo Ancora una volta in minoranza . Dal diagramma si vede chiaramente che in un senso , ma in uno solo, si può definire fortuita la maggioranza, e precisamente nel senso, diciamo, che l’uscita del gruppo a sette degli elementi piu opportunistici della « destra » fu un fatto fortuito. Nella misura in cui è fortuita quest’uscita, in questa misura (non piu) è fortuita anche la nostra maggioranza. Un semplice sguardo al diagramma mostra meglio di lunghi ragionamenti da quale parte sarebbe stato, sarebbe dovuto essere , questo gruppo a set- te**. Ma si domanda: in che misura si può veramente considerare fortuita l’uscita di questo gruppo a sette? Ecco una domanda che non ama porsi chi parla volentieri del « carattere fortuito » della mag- gioranza. Questa domanda gli è spiacevole. È forse fortuito che siano usciti i più accaniti rappresentanti dell’ala destra , e non quelli dell’ala sinistra del nostro partito? È forse fortuito che siano usciti gli oppor- * I sette opportunisti che abbandonarono il II congresso erano i cinque bundisti (il Bund usci dal partito al secondo congresso, dopo che era stato respinto il prin- cipio federativo) e due del Raboccie Dieìo, i compagni Martynov e Akimov. Questi ultimi abbandonarono il congresso dopo che venne riconosciuta come unica orga- nizzazione estera del partito la Lega iskrista, ossia dopo che fu sciolta l'« Unione dei socialdemocratici russi » all’estero legata al Raboceie DicJo. [Nola dell’autore all'edizione del J907.] ** Vedremo pili avanti che dopo il congresso sin il compagno Akimov che il comitato di Voronez, il pili vicino al compagno Akimov, hanno espresso aperta- mente la loro simpatia per la « minoranza ». UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 333 tunisti, e non i socialdemocratici rivoluzionari coerenti? Non esiste forse un certo nesso tra ques’uscita « fortuita » e la lotta contro l’ala opportunistica, che venne condotta durante tutto il congresso e che risulta con tanta perspicuità dal nostro diagramma. Basta porre queste domande spiacevoli per la minoranza per chia- rire a se stessi quale fatto venga dissimulato con le chiacchiere sul ca- rattere fortuito della maggioranza. Si tratta del fatto indubbio ed in- contestabile che la minoranza era costituita dai membri del nostro partito piu inclini alV opportunismo. La minoranza era costituita dagli elementi teoricamente più instabili, meno coerenti ai principi. La mi- noranza era appunto costituita dall destra del partito. La divisione in maggioranza e minoranza è la continuazione diretta e inevitabile della divisione della socialdemocrazia in rivoluzionaria e opportuni- stica, in Montagna e Gironda 94 , che è sorta non da ieri soltanto, e non soltanto nel partito operaio russo, e che certo non sparirà domani. Questo fatto assume un’importanza cardinale per spiegare le cause e le peripezie dei dissensi. Cercare di eluderlo y negando o dissimulan- do la lotta svoltasi al congresso e le sfumature di principio che in que- sta lotta si sono manifestate, significa darsi un certificato della più completa povertà intellettuale e politica. E per confutarlo occorre, in primo luogo , dimostrare che il quadro d’insieme delle votazioni e delle « divisioni» congressuali non fu quale è stato da me rijportato; occorre, in secondo luogo , dimostrare che, in tutte le questioni che provocarono le « divisioni » al congresso, in sostanza avevano torto i socialdemocratici rivoluzionari piu coerenti, che in Russia hanno preso il nome di iskristi *. Provatevi un po’ a dimostrare tutto questo, egregi signori! • Nota per il compagno Martov. Se il compagno Martov ha oggi dimenticato che iscritta significa fautore di una corrente , e non membro di un circolo, gli con- sigliamo di leggere, negli otti del congresso, il chiarimento fatto in proposito al compagno Akimov dal compagno Trotski. Al congresso c’erano tre circoli iskrisd (in rapporto al partito): il gruppo « Emancipazione del lavoro », la redazione del- 1 , ìs\ra i l'organizzazione dell’/r^ra. Due di questi tre circoli furono tanto ragionevoli da sciogliersi da sé; il terzo diede prova di un insumeiente spirito di partito per fare la stessa cosa, e venne sciolto dal congresso. Il piu vasto circolo iskrista, Torganizzazione dell’/j^rtf (che comprendeva sia la redazione che il gruppo « E- mancipazione del lavoro ») annoverava al congresso complessivamente 16 compagni, dei quali solo undici avevano voto deliberativo. Gli iskristi in quanto corrente, non appartenenti ad alcun « circolo » iskrista, erano invece, secondo il mio calcolo, 27 23 - 615 334 LENIN Il fatto che la minoranza fosse costituita dagli elementi piu oppor- tunistici, piu instabili e meno coerenti del partito, è tra Taltro una risposta ai numerosi dubbi e obiezioni con cui si rivolge alla maggio- ranza chi è poco al corrente o ha male approfondito la questione* Non è meschino, ci si dice, spiegare il dissenso con un piccolo errore del compagno Martov e del compagno Axclrod? Si, egregi signori, Ter- rore del compagno Martov non era grave (e io, pur nella foga della lotta, lo feci osservare al congresso), ma da questo piccolo errore poteva derivare (ed è derivato ) molto danno, in quanto il compagno Martov era stato attirato dalla loro parte da certi delegati che avevano commesso tutta una serie di errori, che in tutta una serie di questioni avevano manifestato la propria inclinazione alPopportunismo e alTin- coerenza sul terreno dei principi. L’instabilità di cui davano prova i compagni. Martov e Axelrod era un fatto individuale e di poco conto; non era però un fatto individuale, ma di partito , e tutt’ altro che di poco conto , il sorgere di una minoranza sempre piu considere- vole, composta da tutti coloro che o non riconoscevano affatto Torien- tamento dell' ls%r a e lo combattevano apertamente, o lo riconoscevano a parole, ma di fatto si univano il più delle volte agli antiskristi. Non è forse ridicolo spiegare il dissenso col predominio delTarre- trato spirito di circolo e del filisteismo rivoluzionario nel piccolo cir- colo della vecchia redazione dellVr^ra? No, non è ridicolo, perché a dar man forte a questo spirito di circolo individuale scesero in cam- po tutti quelli che nel nostro partito si erano battuti, durante il con- gresso, in favore di ogni sorta di spirito di circolo , tutti quelli che in generale non erano in grado di elevarsi al di sopra del filisteismo rivo- luzionario, tutti quelli che si richiamavano al carattere «storico» del male del filisteismo e dello spirito di circolo per giustificare e conservare questo male. Si potrebbe forse considerare fortuito che i gretti interessi di circolo abbiano avuto il sopravvento sullo spirito di partito nel piccolo circolo della redazione delT/j^ra. Non fu però fortuito che a dar man forte a questo spirito scesero in campo come un sol uomo i compagni Akimov e la compagna Brucker, cui era non meno (se non più) cara la « continuità storica » del celebre comitato di Voronez e della famigerata « Organizzazione operaia » pietro- con 33 voti. Questo vuol dire che di tutti gli iskrisrì meno della metà apparteneva a circoli iskristi. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 335 burghese 95 ; scesero in campo i compagni Iegorov, lacrimando sull* « assassinio » del Raboccic Diclo altrettanto amaramente (se non piu amaramente ancora) quanto suir« assassinio » della vecchia reda- zione; scesero in campo il compagno Makhov e altri. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei, dice la saggezza popolare. Dimmi chi è il tuo alleato politico, chi vota per te, e ti dirò qual è la tua fisio- nomia politica. Il piccolo errore del compagno Martov e del compagno Axelrod restò e sarebbe potuto restare piccolo finché non servi di punto di partenza per una loro solida alleanza con tutta l’ala opportunistica del nostro partito, finché non condusse, in forza di quest’alleanza, a una recrudescenza dell’opportunismo, alla rivincita di tutti coloro contro i quali Visura aveva lottato e che erano pronti a sfogare ora, con grandissima gioia, la propria rabbia sui fautori coerenti della so- cialdemocrazia rivoluzionaria. Gli avvenimenti postcongressuali sono stati tali che nella nuova Is{ra vediamo una recrudescenza dell’op- portunismo, una rivincita degli Akimov e delle Brucker (cfr. il foglio del comitato di Voronez M ), l’esultanza dei Martynov, ai quali final- mente (finalmente!) è stata data, nell’odiata ls\ra, la possibilità di sferrare un calcio all ‘odiato « nemico » per tutte le offese del passato. Questo ci mostra con particolare evidenza quanto fosse necessaria la « restaurazione della vecchia redazione dAVls^ra » (dall’ultimatum del compagno Starover del 3 novembre 1903) per salvaguardare la « continuità » iskrista... La divisione del congresso (e del partito) in un’ala sinistra e in un’ala destra, in un’ala rivoluzionaria e in un’ala opportunistica, di per sé, non rappresentava non solo niente di terribile e di critico, ma nemmeno assolutamente niente di anormale. Anzi, tutto Puliamo decennio di storia della socialdemocrazia russa (e non soltanto russa) portava inevitabilmente e ineluttabilmente ad una simile divisione. Che a base della divisione vi fosse una serie di piccolissimi errori dell’ala destra, di insignificantissime (relativamente) divergenze, questa circostanza (che ad un osservatore superficiale e ad uno spirito filisteo appare urtante) significava un grande passo avanti di tutto il nostro partito nel suo insieme. Prima dissentivamo su questioni gra- vi, che talvolta potevano persino giustificare una scissione; ora ci siamo messi d’accordo su tutto ciò che è grave e importante, ora ci 33 ^ LENIN dividono soltanto le sfumature , sulle quali si può e si deve discutere, ina sarebbe assurdo e puerile separarsi (come ha detto molto giusta- mente il compagno Plekhanov nell’interessante articolo Che cosa non fare?, sul quale ritorneremo ancora). Ora che la condotta anar- chica della minoranza, dopo il congresso , ha quasi condotto il partito alla scissione, si possono spesso incontrare certi sapientoni che dico- no: ma valeva forse, in generale, la pena di lottare al congresso per inezie come l’incidente con il comitato di organizzazione, lo sciogli- mento del gruppo Iuzny Raboci o del Raboceie Dielo , il § i, lo scio- glimento della vecchia redazione, ecc.? Chi ragiona cosi* introduce lo spirito di circolo nelle questioni del partito: la lotta delle sfuma- ture in seno al partito è inevitabile e necessaria f finché non porta airanarchia e alla scissione, finché viene condotta entro i limiti ap- provati di comune accordo da tutti i compagni e membri del par- tito. E la nostra lotta al congresso contro l’ala destra del partito, contro Akimov e Axelrod, contro Martynov e Martov non varcava affatto questi limiti . Basti ricordare due fatti, che lo attestano nel piu indiscutibile dei modi : i) quando i compagni Martynov e Aki- mov stavano per abbandonare il congresso, tutti fummo pronti a fare tutto il possibile per fugare in loro l’idea di un’« offesa », e appro- vammo tutti (con 32 voti) la risoluzione del compagno Trotski che invitava questi compagni a ritenersi soddisfatti delle spiegazioni e a ritirare la dichiarazione; 2) quando si venne all’elezione dei cen- tri demmo alla minoranza (o ala opportunistica) del congresso la minoranza in entrambi i centri : Martov nell’organo centrale, Po- pov nel CC. Da un punto di vista di partito non potevamo agire diversamente, dal momento che prima ancora del congresso aveva- • Non pbsso non ricordare, a questo proposito, una conversazione da me avuta al congresso con un delegato del « centro ». « Che atmosfera pesante regna al nostro congresso! », si lagnava costui con me. « Questa lotta feroce, quest’agita- zione degli uni contro gli altri, questa polemica aspra, quest’atteggiamento non da compagni!... ». « Che bellissima cosa il nostro congresso! », gli rispondevo io. « Lot- ta aperta, libera. Le opinioni vengono espresse, Le .sfumature si sono delineate. I gruppi si sono precisati. Le mani si sono alzate. La decisione è stata presa. Una tappa è stata superata. Avanti! Ecco come la vedo io. Questa è vita. Questo è qual- cosa di diverso dalle interminabili, tediose logomachie da intellettuali, che finiscono non perché si sia risolta una questione, ma semplicemence perché ci si c stancati di parlare... » Il compagno del « centro » mi guardò con occhi imbarazzati e alzò le spalle. Parlavamo lingue diverse. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 337 mo deciso di eleggere due gruppi a tre. Se la differenza delle sfu- mature manifestatesi al congresso non era grande, non era poi gran- de neanche la conclusióne pratica da noi tratta dalla lotta tra queste sfumature: essa si riduceva esclusivamente al fatto che i due terzi in entrambi i gruppi a tre si dovevano accordare con la maggioranza del congresso del partito. Solo il rifiuto della minoranza del congresso di essere minoranza nei centri ha portato dapprima allo i dimostrata più sopra), altro non era, al contrario, che una specie di risultato... deiresauri mento nervoso. Non c’è da stupirsi che la maggioranza si sia rifiutata di battersi in una simile atmosfera. Il compagno Plekhanov protestò contro quel- la « scenata » (p. 68) — si trattava, in effetti, di una vera e propria «scenata»! — e si allontanò dal congresso, per non esporre le obie- zioni, da lui già preparate, sulla sostanza del rapporto. Abbandona- rono il congresso quasi tutti gli altri fautori della maggioranza, do- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 349 po aver persentato una protesta scritta contro la « condotta indegna » del compagno Martov (p. 75 degli atti della Lega). I metodi di lotta della minoranza si rivelarono a tutti con gran- de chiarezza. Noi accusammo la minoranza di aver commesso un errore politico al congresso, di aver operato una svolta verso l’op- portunismo, di essersi alleata coi bundisti, con gli Akimov, con le Brucker, con gli Iegorov e i Makhov. La minoranza era stata scon- fitta al congresso ed « elaborava » ora due metodi di lotta che abbrac- ciavano tutta Tinfinita varietà delle varie manovre, attacchi, as- salti, ccc. II primo metodo consisteva nel disorganizzare tutto il lavoro di partito, nel danneggiare la causa, nel tentare di frenare tutto e tutti « senza spiegarne le cause ». Il secondo metodo consisteva nel montare « scenate », ecc. ecc. * Questo «secondo metodo di lotta» trova espressione anche nelle famigerate risoluzioni « di principio » della Lega, alla cui discusr sione la «maggioranza», beninteso, non partecipò. Diamo un’oc- chiata a queste risoluzioni, che il compagno Martov ha ora ristampato nel suo Stato d'assedio . La prima risoluzione, firmata dai compagni Trotski, Fomin, Deutsch e altri, contiene due testi, diretti contro la « maggioranza » del congresso del partito : 1) « La Lega esprime il suo profondo ram- marico sul fatto che, a causa delle tendenze manifestatesi al con- gresso, sostanzialmente in contrasto con la precedente politica del- Visura, nell’elaborazione dello statuto del partito non sia stata ri- volta la dovuta attenzione alla creazione di sufficienti garanzie per salvaguardare l’indipendenza c l’autorità dei CC » (p. 83 degli atti della Lega). Questa tesi « di principio }> si riduce, come abbiamo già visto, alla frase aJ^imotriana di cui persino il compagno Popov ha denun- ciato il carattere opportunistico al congresso! In sostanza, l’assicura- zione che la « maggioranza » non penserebbe a salvaguardare l’in- • Ho già rilevato che sarebbe assurdo ridurre a bassi motivi le piu basse forme in cui si manifestano questi litigi consueti nell’atmosfera dell'emigrazione e della deportazione. Si tratta di una malattia di tipo particolare che si diffonde epidemica- mente in certe condizioni anormali, in presenza di un certo rilassamento dei nervi, ecc. Sono stato costretto a ristabilire qui il reale carattere di questo sistema di lotta, poiché il compagno Martov lo ha in tutto e per tutto ripetuto nel suo Stato d'assedio. 24 - 6(5 35o LENIN dipendenza e l’autorità del CC è sempre stato soltanto un pettegolez - zo. Basti osservare che, quando eravamo nella redazione io e Plekha- nov, nel Consiglio non si aveva la preponderanza dell’organo cen- trale sul CC, mentre quando nella redazione sono entrati i marto- visti, nel Consiglio si e avuta questa preponderanza! Quando nella redazione c’eravamo noi, nel Consiglio i pratici russi prevalevano sui pubblicisti esteri; coi martovisti si è verificato il contrario. Quando nella redazione c’eravamo noi, il Consiglio non tentò una sola volta di ingerirsi in una sola questione pratica ; dal tempo della cooptazio- ne unanime una tale ingerenza ha cominciato a verificarsi , come iL pubblico dei lettori potrà prestissimo vedere in tutti i particolari: Seconda tesi della risoluzione in esame: « ... nell’istituire i cen- tri ufficiali del partito il congresso ha ignorato il rapporto di con- tinuità coi centri già esistenti di fatto ». Questa tesi si riduce interamente alla questione della composi- zione personale dei centri. La « minoranza » ha preferito dimenticare che al congresso i vecchi centri avevano dimostrato la loro inidonei- tà e commesso numerosi errori. Ma piu comico di tutti è il richiamo alla « continuità » in rapporto al comitato di organizzazione. Al congresso, come abbiamo visto, nessuno accennò minimamente alla riconferma di questo comitato nel suo insieme. Al congresso Martov gridava addirittura, fuori di se, che una lista con tre membri del comitato di organizzazione lo disonorava. Al congresso la « minoran- za » proponeva la sua ultima lista con un sólo membro del comitato ( Popov y Glebov o Fomin e Trotski), mentre la « maggioranza » fece approvare una lista con due membri del comitato su tre ( Travins^i , Vasiliev c.Glebov). Si domanda: questo richiamo alla « continuità » si può forse veramente chiamare una « divergenza di principio » ? Passiamo all’altra risoluzione, firmata da quattro vecchi redattori col compagno Axelrod in testa. Vi troviamo tutte le piu importanti accuse contro la « maggioranza », ripetute poi piu d’una volta sulla stampa. La cosa migliore è di esaminarle nella formulazione dei mem- bri del circolo redazionale. Le accuse sono dirette contro il *« sistema di direzione burocratico-autocratica del partito », contro il « centrali- smo burocratico», che, a differenza del «centralismo veramente socialdemocratico », si definisce nel modo seguente : esso « pone in primo piano non l’unità interna, ma l’unità esterna, formale, rea- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 351 lizzata e conservata con mezzi puramente meccanici, mediante la si- stematica repressione deiriniziativa individuale e deirattività sociale autonoma »; e quindi esso è « per sua natura incapace di unire orga- nicamente gli elementi costitutivi della società». Di quale mai « società » parlino qui il compagno Axelrod e soci lo sa solo Allah. A quanto pare, neanche lo stesso compagno Axelrod sapeva molto bene se stesse scrivendo un indirizzo di uno zemstvo sulle riforme che sarebbero desiderabili nell’ammìnistrazio- ne, o se stesse invece dando voce alle lagnanze della « minoranza ». Che cosa può significare nel partito l'« autocrazia » su cui strepitano gli scontenti « redattori » ? Autocrazia è potere supremo, incontrol- lato, non responsabile, non eleggibile, di un solo individuo. Dalle pubblicazioni della « minoranza » risulta chiaramente che un simile autocrate sarei io e nessun altro che io. Quando venne scritta e vota- ta la risoluzione in esame, io ero nell’organo centrale assieme a Ple- khanov. Quindi il compagno Axelrod e soci si dichiarano convin- ti che tanto Plekhanov quanto i membri del CC abbiano « diretto il partito » non conformemente alle loro vedute a vantaggio della causa, ma conformemente al volere dell’autocrate Lenin. L’accusa di direzione autocratica porta necessariamente ed inevitabilmente ad ammettere che tutti coloro che prendono parte alla direzione siano, tranne l’autocrate, semplici strumenti nelle sue mani, marionette, esecutori del suo volere. E noi domandiamo ancora una volta: è questa forse sul serio una « divergenza di principio » dell’onorevo- lissimo compagno Axelrod? Proseguiamo. Di quale unità esterna, formale parlano qui i no- stri « membri del partito », appena tornati da un congresso, di cui riconoscono solennemente legittime le decisioni. Conoscono forse un altro modo di raggiungere l’unità di un partito organizzato su principi di una qualche solidità che non sia il congresso? E in tal ca- so, perché non hanno il coraggio di dire apertamente che non consi- derano piu legale il secondo congresso? Perché non si provano ad esporci le loro nuove idee e i loro nuovi metodi per realizzare l’unità di un preteso partito che si pretende organizzato? Proseguiamo. Di quale « repressione dell’iniziativa individuale » parlano i nostri individualisti intellettuali, che ancora di recente l’organo centrale del partito esortava a esporre le proprie divergenze 352 LENIN e che, invece di far questo , mercanteggiavano per la « cooptazione » ? Quanto potevamo in generale, io e Plekhanov o il CC, reprimere Tiniziativa e Fattività autonoma di chi si rifiutava di svolgere qual- siasi «attività» assieme a noi! Come si può «reprimere» qualcuno in un organismo o in un collegio, se questo tale si è rifiutato di farne parte ? Come possono i redattori non eletti lagnarsi del « sistema di direzione », se si sono rifiutati di « essere diretti » ? Noi non po- tevamo commettere alcun errore nella direzione dei nostri compa- gni per la semplice ragione che questi compagni non lavoravano af- fatto sotto la nostra direzione, È del tutto chiaro che le grida sul famigerato burocratismo sono una semplice maschera del malcontento per la composizione dei centri, sono la foglia di fico che abbellisce la violazione della parola solennemente data al congresso. Tu sei un bu ocrate, prché non sei stato designato dal congresso secondo la mia volontà, ma a di- spetto di essa; sei un formalista, perchè ti basi sulle decisioni formali del congresso, e non sul mio consenso; agisci in maniera volgarmente meccanica, perche ti richiami alla « meccanica » maggioranza del congresso e non tieni conto del mio desiderio di essere cooptato; sei un autocrate, perché non vuoi cedere il potere alla vecchia, allegr- brigata, che tanto piu energicamente difende la propria « continuità » di circolo quanto più le riesce spiacevole l’aperta disapprovazione di questo sistema da parte del congresso. Queste grida al burocratismo non avevano e non hanno altro con- tenuto reale tranne quello indicato *. E un simile modo di lottare al- tro non fa che attestare ancora una volta Testabilità da intellettuali propria della minoranza. La minoranza vorrebbe convincere il par- tito che Telezione dei centri è stata infelice. Convincerlo con che cosa? Con la critica del Yls\ra diretta da me e da Plekhanov? No, non era in condizione di farlo. Essa voleva convincere col rifiuto di una parte del partito di lavorare sotto la direzione degli odiati centri. Ma nessun organismo centrale di nessun partito al mondo potrà mai dimostrare la propria capacità di dirigere a chi non vuole sottomettersi alla sua direzione. Il rifiuto di sottomettersi alla dire- • Basti rilevare che il compagno Plekhanov ha cessato, agli occhi della mino- ranza, di essere un (autore del « centralismo burocratico » non appena ha operato la benefica cooptazione* UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 353 zione dei centri equivale al rifiuto di aderire al partito, alla disgre- gazione del partito, non è un mezzo di persuasione, ma un mezzo di distruzione. E la sostituzione della persuasione con la distruzione dimostra appunto la mancanza di coerenza ai principi, la mancanza di fiducia nelle proprie idee. Si ciarla di burocratismo. Burocratismo può significare in rus- so conflitto di rango. Burocratismo significa subordinare gli interessi della causa agli interessi della carriera , rivolgere la più viva attenzio- ne ai posti e ignorare il lavoro, azzuffarsi per la cooptazione invece di lottare per le idee. Un simile burocratismo è, in effetti, del tutto in- desiderabile e nocivo per il partito, ed io lascerò giudicare al lettore quale delle due parti oggi in lotta nel partito pecchi di un simile bu- rocratismo... Si parla di metodi di unificazione volgarmente meccani- ci. Va da sé che i metodi volgarmente meccanici sono nocivi, ma lascerò ancora una volta giudicare al lettore: ci si può figurare un metodo di lotta della nuova corrente contro la vecchia più volgare e più meccanico delFinserimento di alcuni compagni negli organismi di partito prima di aver convinto il partito della giustezza delle nuove concezioni, prima di aver esposto al partito queste concezioni? Ma forse le espressioni predilette dalla minoranza hanno una certa importanza di principio, esprimono una determinata cerchia particolare di idee, indipendentemente dal piccolo e secondario mo- tivo che indubbiamente è servito da punto di partenza della « svol- ta»? Risulterà forse che, se si astrae dalla baruffa sulla «cooptazio- ne», queste espressioni sono pur sempre il riflesso di un diverso si- stema di vedute? Esaminiamo la questione sotto questo profilo. In proposito, do- vremo prima di tutto osservare che il primo a procedere a un tale esame è stato il compagno Plekhanov, il quale ha rilevato alla Lega la svolta della minoranza verso Yanarchia e Yopportunistno, e che proprio il compagno Martov (che oggi s’offende molto perché non tutti vogliono considerare di principio la sua posizione *) ha prefe- * Non c’è niente di piu comico di questo offendersi della nuova Isfya perché Lenin non varrebbe vedere le differenze di principio o le negherebbe. Se l’atteggia- mento da voi assunto fosse stato piu coerente ai principi, ben piu rapidamente avreste scorto i miei reiterati accenni alla svolta verso l’opportunismo. Se la vostra posizione fosse stata piu coerente .ai principi, molto meno avreste ridotto la lotta ideale alle gelosie ed ai conflitti di rango. La colpa è tutta vostra, se voi stessi avete fatto di 354 LENIN rito eludere completamente quest’incidente nel suo Stato d'assedio. Al congresso della Lega è stata sollevata la seguente questione generale: è valido uno statuto elaborato dalla Lega o da un co- mitato, senza la convalida del CC o se il CC gli nega la convalida? La questione parrebbe chiara come la luce del sole: lo statuto è l’e- spressione formale dell’esistenza di un’organizzazione, e il diritto di organizzare comitati è categoricamente accordato, dal sesto para- grafo del nostro statuto, al CC; è lo statuto che precisa i limiti di autonomia del comitato, ma il voto decisivo nella determinazione di questi limiti spetta sempre all’organismo centrale, e non a quello locale. Questo è V abbicci y e sarebbe puro infantilismo abbandonarsi al profondo ragionamento che 1*« organizzare » non presuppone sem- pre il « convalidare lo statuto » (come se la Lega non avesse autono- mamente manifestato il proprio desiderio di essere organizzata pro- prio sulla base di uno statuto formale). Ma il compagno Martov ha dimenticato persino (momentaneamente, giova sperare) l’abbiccì della socialdemocrazia. A suo avviso, chiedere la convalida dello statuto significa solo che « il precedente centralismo rivoluzionario iskrista viene sostituito dal centralismo burocratico » (p. 95 degli atti della Lega); inoltre nello stesso discorso il compagno Martov dichiara che sta proprio qui 1*« aspetto di principio » della questione (p.96); aspetto di principio che nel suo Stato d'assedio ha preferito eludere! Il compagno Plekhanov risponde subito a Martov pregandolo di astenersi da espressioni come burocratismo, pompadourismo ", ecc., « che nuocciono alla dignità del congresso » (p. 96). Ne segue uno scambio di battute col compagno Martov, il quale scorge in que- ste espressioni la «definizione di principio di una determinata corrente». Il compagno Plekhanov, come tutti i fautori della mag- gioranza, esamina allora queste espressioni nel loro significato con- creto, comprendendo chiaramente che il loro senso non è affatto di principio, ma « cooptazionistico », se cosi ci si può esprimere. tutto per impedire che vi si considerasse fedeli ai principi. II compagno Martov, per esempio, parlando nello Stato d' assedio del congresso della Lega, tace della polemi- ca con Plekhanov sull'anarchia, ma in compenso ci racconta che Lenin c un super- centro, che a Lenin basta fare un cenno perche il centro esegua, che il CC è entrato alla Lega su un cavallo bianco, ecc. Sono lontano dal dubitare che proprio con que- sta scelta del tema il compagno Martov abbia dimostrato la sua non profonda chia- rezza ideale e fedeltà ai principi. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 355 Egli fa tuttavia una concessione alle insistenze dei Martov e dei Deutsch (pp. 96-97) e passa aU'esame di principio delle pretese con- cezioni di principio. c « minoranza » di cui abbiamo mostrato reffettivo carattere attraverso l’analisi delle discussioni e delle votazioni del secondo congresso. p) LA NUOVA «ISKRA». L’OPPORTUNISMO NELLE QUESTIONI ORGANIZZATIVE Come base per Tesarne della posizione di principio della nuova Is%ra bisogna indubbiamente prendere due feuìlletons del compagno • Come è risultato in seguito, la « stonatura » si spiega molto semplicemente con una stonatura nella composizione della redazione dell'organo centrale. Dei «liti- gi » aveva scritto Plekhanov (efr, la sua ammissione in Un triste malinteso, n. 57), mentre l’editoriale 11 nostro congresso era dovuto a Martov {Stato d'assedio , p. 84). L’uno tira di qua, l’altro tira di là. 368 LENIN Axelrod *. Il significato concreto di tutta una serie di espressioni da lui predilette l’abbiamo già mostrato più sopra con abbondanza di particolari, e dobbiamo ora cercare di astrarre da questo significato concreto e di penetrare nelle argomentazioni che hanno indotto la « minoranza » (per questo o quel piccolo e meschino motivo) a giun- gere precisamente a quelle e non ad altre parole d’ordine, di esami- nare il significato di principio di queste parole d’ordine prescindendo dalla loro origine, dalla ((cooptazione». Viviamo oggi sotto il segno dell’arrendevolezza: facciamo dunque una concessione al compagno Axelrod e (cosa nuova e saggia); « la stessa organizzazione, in quanto forma » (udi- te, udite!) « può svilupparsi solo parallelamente » (il corsivo è, come sempre nella presente citazione, deH’autore) « allo sviluppo del la- voro rivoluzionario che ne costituisce il contenuto » (n. 57). Non si affaccia ancora una volta alla vostra mente l’eroe del racconto popo- lare 108 che alla vista di un corteo funebre gridava: cento di questi giorni? Senza dubbio, nel nostro partito non si troverà un solo pra- tico (senza virgolette) il quale non capisca che da gran tempo, in ri- tardo, in gran ritardo, sul contenuto è la forma della nostra azione (ossia l’organizzazione), che le grida all 5 indirizzo di coloro che sono in ritardo: andate al passo! non correte avanti!, sono degne soltanto 37 8 LENIN degli Ivanuscka del partito. Provatevi un po’ a confrontare, per esempio, il nostro partito col Bund. Non c’è alcun dubbio che il contenuto * del lavoro del nostro partito è incomparabilmente più ricco, più vario, più vasto e più profondo di quello del Bund. La portata teorica è più grande; il programma piu elaborato; l’influenza sulle masse operaie (e non soltanto sugli artigiani organizzati) più vasta e profonda; la propaganda e l’agitazione più varie; il ritmo del lavoro politico, sia tra gli elementi d’avanguardia che tra gli uomi- ni semplici, più vivo; i movimenti popolari durante le dimostrazioni e gli scioperi generali più grandiosi; l’azione tra gli strati non pro- letari più energica, E la « forma » ? La « forma » del nostro lavoro ritarda, in confronto a quella del Bund, in modo inammissibile, ritarda al punto da pungere il cuore, da far arrossire di vergogna chiunque non guardi le cose del proprio partito « sfruconandosi il naso )). L’arretratezza delPorganizzazione del lavoro rispetto al suo contenuto è il nostro punto dolente, e già lo era molto tempo prima del congresso, della creazione del comitato di organizzazione. Lo stato rudimentale e l’instabilità della forma non permettono grandi passi in avanti, nello sviluppo del contenuto, provocano una vergo- gnosa stagnazione, uno sperpero delle forze, un divario tra le parole e i fatti. Tutti hanno sofferto per questo divario, ma ecco apparire gli Axelrod e i « Pratici » della nuova Is\ra col loro acuto sermone : la forma deve svilupparsi in modo naturale, parallelo al contenuto! Ecco dove porta un piccolo errore nella questione organizzativa (§ i), se vi viene in mente di approfondire l’assurdità e di motivare filosoficamente la frase opportunistica. A passo lento, con timido zigzag! 109 : abbiamo già udito questo motivo a proposito delle que- stioni tattiche; lo udiamo ora per le questioni organizzative. Il co- dismo nelle questioni organizzative è il prodotto naturale e necessa- rio della mentalità delY individualista anarchico , quando quest’ultimo comincia ad elevare le proprie deviazioni anarchiche (all’inizio forse * Non sottolineo poi che il contenuto del nostro lavoro di partito è stato trac- ciato (nel programma, ccc.) al congresso nello spirito della socialdemocrazia rivolu- zionaria solo a prezzo di una lotta contro quegli stessi anticristi e quella stessa palude che hanno la prevalenza numerica nella nostra « minoranza ». Sarebbe altresì interessante, sulla questione del « contenuto », confrontare, ad esempio, sei numeri, poniamo, della vecchia ls\ra (i nn, 46-51) e dodici numeri della nuova ìs^ra (i nn. 52-63), Ma sarà per un’altra volta. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 379 occasionali) a sistema di concezioni , a speciali divergenze di prin- cipio . Al congresso della Lega abbiamo visto sbocciare quest’anar- chia; nella nuova Is\ra vediamo il tentativo di elevarlo a sistema. Questo tentativo conferma a meraviglia la considerazione, già e- spressa al congresso del partito, circa la differenza tra la posizione del- l’intellettuale borghese che aderisce alla socialdemocrazia e la po- sizione del proletario che ha compreso i propri interessi di classe. Per esempio, lo stesso « Pratico » della nuova Is\ra> la cui profon- dità di pensiero ci è già nota, mi rimprovera di concepire il partito «come un’enorme fabbrica» con a capo un direttore sotto forma di CC (n. 57, supplemento). Il «Pratico» non suppone nemmeno che la terribile parola da lui usata rivela di colpo la mentalità del- l’intellettuale borghese, che ignora tanto la pratica quanto la teoria dell’organizzazione proletaria. La fabbrica, che a qualcuno sembra solo uno spauracchio, rappresenta appunto quella forma superiore di cooperazione capitalistica che ha raggruppato, disciplinato il pro- letariato, che gli ha insegnato a organizzarsi e lo ha posto alla testa di tutti gli strati della popolazione lavoratrice e sfruttata. Pro- prio il marxismo, come ideologia del proletariato educato dal ca- pitalismo, ha insegnato e insegna agli intellettuali instabili la diffe- renza tra l’aspetto dello sfruttamento (la disciplina basata sulla paura di morir di fame) e l’aspetto organizzativo della fabbrica (la disciplina basata sul lavoro comune, reso unitario dalle condizioni di una produzione tecnicamente molto sviluppata). La disciplina e l’organizzazione, che l’intellettuale borghese acquista con tanta fatica, vengono assimilate con particolare facilità dal proletariato grazie appunto a questa « scuola » della fabbrica. La paura mortale nei confronti di questa scuola, l’assoluta incapacità di capire la sua importanza come elemento di organizzazione sono appunto caratteri- stiche del modo di pensare che riflette le condizioni d’esistenza picco- lo-borghesi e genera quella specie di anarchia che i socialdemocratici tedeschi chiamano Edelanarchismus y cioè anarchia del « nobile » si- gnore, anarchia da gran signore, direi io. Quest’anarchia da gran signore è specialmente caratteristica del nichilista russo. L’organizza* zione del partito sembra una « fabbrica » mostruosa; la sottomissione della parte al tutto e della minoranza alla maggioranza appare co- me un « asservimento » (cfr. i feuilletons di Axelrod); la divisione 380 LENIN del lavoro sotto la direzione di un centro provocano in lui tragico- mici lamenti contro la trasformazione degli uomini in « viti e roto- line » (particolarmente odiosa viene poi considerata la trasformazione dei redattori in collaboratori); la menzione dello statuto organizza- tivo del partito suscita in lui una smorfia sdegnosa e la sprezzante osservazione (airindirizzo dei « formalisti ») che si potrebbe benissi- mo fare a meno di uno statuto. È incredibile, ma è un fatto : proprio un'osservazione di questo genere mi viene mossa in tono grave, nel n. 58 d cìYIs^ra, dal com- pagno Martov, che si richiama, per apparire piu convincente, alle parole da me scritte nella Lettera a un compagno . Non è forse « anar- chia da gran signore », non è forse codismo ricorrere, per giustificare la conservazione e la glorificazione del sistema dei circoli e dell’anar- chia in un'epoca in cui già esiste un partito, a esempi tratti dall’epo- ca dello sbandamento, dall'epoca dei circoli? Perché prima non avevamo bisogno di statuti? Perché il partito era costituito di singoli circoli, non uniti tra loro da alcun vincolo organizzativo. Il passaggio da un circolo all’altro dipendeva esclusi- vamente dal « buon volere » di questo o quell’individuo, che non aveva di fronte a sé nessuna espressione precisa della volontà del tutto. Le questioni controverse in seno ai circoli venivano decise non se- condo lo statuto, « ma con la lotta e la minaccia di andarsene » : cosi mi esprimevo nella Lettera a un compagno 110 , basandomi in gene- rale suiresperienza di una serie di circoli e, in particolare, del nostro stesso gruppo redazionale a sei. All’epoca dei circoli un simile fe- nomeno era naturale e inevitabile, ma a nessuno veniva in mente di esaltarlo, di considerarlo un ideale; tutti si lagnavano di questo scom- piglio, tutti ne soffrivano e anelavano alla fusione dei circoli isolati in una precisa organizzazione di partito. Ed ora che questa fusio- ne è avvenuta, ci si trascina indietro, ci si offre — in veste di principi organizzativi superiori — una fraseologia anarchica! Alle persone abituate all’ampia veste da camera e alle pantofole di Oblomov n \ proprie di un circolo familiare, lo statuto formale appare angusto, scomodo, gravoso, gretto, burocratico, da servi della gleba, soffocan- te per il libero « processo » della lotta ideale. L'anarchia da gran signore non capisce che lo statuto formale è necessario proprio per sostituire ai ristretti vincoli di circolo un ampio vincolo di partito. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 38* Il vincolo esistente in seno a un circolo o tra i diversi circoli non doveva né poteva avere una forma ben definita, giacché poggiava suiramicizia o su una « fiducia » istintiva, immotivata. Il vincolo di partito non può e non deve reggersi né sull’una né sulPaltra, deve basarsi precisamente su uno statuto formale , « burocraticamente » (dal punto di vista dclPintellettualc non soggetto a disciplina) redat- to, e soltanto la sua rigida applicazione ci garantisce contro Tarbitrio dei circoli, contro i capricci dei circoli, contro i metodi, propri dei circoli, di quella baruffa che viene chiamata libero « processo » dcL- la lotta ideale. La redazione della nuova Is\ra sbandiera contro Alexandrov Te- dificante osservazione che « la fiducia è una cosa delicata che non si può in alcun modo conficcare nelle teste e nei cuori » (n. 56, sup- plemento). La redazione non capisce che proprio questo suo sfo- derare la categoria della fiducia, della nuda fiducia, mette in mo- stra ancora una volta la sua anarchia da gran signore ed il suo codismo organizzativo. Quando ero solo membro di un circolo, fosse esso il gruppo a sei redazionale o Torganizzazionc del Visura, avevo il diritto di giustificare, per esempio, il mio rifiuto di lavorare con X, richiamandomi unicamente a una sfiducia istintiva e immotivara. Una volta diventato membro del partito, non ho piti il diritto di ri- chiamarmi unicamente a una vaga sfiducia, perché un simile richia- mo spalancherebbe le porte ad ogni sorta di capricci c di arbitri del vecchio sistema dei circoli; ho l’obbligo di motivare la mia « fiducia » o « sfiducia » con un argomento formale, richiamandomi cioè a que- sta o a quella tesi, formalmente stabilita, del nostro programma, della nostra tattica, del nostro statuto; ho l’obbligo di non limitarmi ad un semplice « ho fiducia » o « non ho fiducia » istintivo, ma di ricono- scere che di tutte le decisioni mie e, in generale, di tutte le decisioni di ogni settore del partito si deve rendere conto davanti a tutto il partito; ho Tobbligo, per esprimere la mia « sfiducia», per far accet- tare le vedute e i desideri che scaturiscono da questa sfiducia, di se- guire la via formalmente prescritta . Noi ci siamo già elevati dalla « fi- ducia » istintiva, propria dei cìrcoli al partito , che esige l’applicazione di metodi controllabili e formalmente prescritti per esprimere e veri- ficare la fiducia, mentre la redazione ci tira indietro e chiama il pro- prio codismo nuove concezioni organizzative! 26 - ÓI5 382 LENIN Osservate come la nostra redazione cosiddetta di partito ragioni a proposito dei gruppi di pubblicisti che potrebbero chiedere di essere rappresentati nella redazione stessa. « Non ci indigneremo, non ci metteremo a gridare sulla disciplina », ci ammaestrano gli anarchici gran signori, che sempre e dappertutto hanno guardato dall’alto in basso ogni disciplina. Noi, dicono, o « ci intenderemo » (sic!) col gruppo, se sarà efficiente, 0 ci faremo beffe delle sue richieste. Si pensi di quale eccelsa nobiltà si dia qui prova contro il volgare formalismo « di fabbrica »! In effetti però abbiamo davanti a noi una rinnovata fraseologia da sistema dei circoli offerta al partito dalla reda- zione, la quale sente di rappresentare non un organismo di partito, ma il rottame di un vecchio circolo. L’intima falsità di questa posi- zione porta inevitabilmente alla profondità di pensiero anarchica , la quale eleva a principio dell’organizzazione socialdemocratica lo scom piglio che a parole si dichiara ipocritamente superato. Non occorre nessuna gerarchia dei collegi e delle istanze inferiori e superiori del partito — all’anarchia da gran signore una simile gerarchia appare una mera escogitazione burocratica di dicasteri, dipartimenti, ecc. (cfr. il feuilleton di Axelrod) — ; non occorre nessuna sottomissione della parte al tutto; non occorre nessuna definizione «burocratico- formale » dei modi di partito di « intendersi » o delimitarsi; e dunque le vecchie baruffe proprie dei circoli vengano santificate con le chiac- chiere sui metodi di organizzazione « veramente socialdemocratici »! Ecco dove il proletario che è stato alla scuola della « fabbrica » può e deve dare una lezione all’individualista anarchico. L’operaio cosciente ha già superato da tempo l’età infantile in cui evitava l’in- tellettuale come tale. L’operaio cosciente sa apprezzare il piu ricco bagaglio di cognizioni, il piu vasto orizzonte politico che trova negli intellettuali socialdemocratici. Ma via via che da noi si costituisce un Vero partito, l’operaio cosciente deve imparare a distinguere la men- talità del combattente dell’esercito proletario dalla mentalità dell’in- tellettuale borghese che fa sfoggio di frasi anarchiche; deve imparare ad esigere l’adempimento dei doveri di membro del partito non solo dai semplici iscritti, ma anche da chi sta « al vertice »; deve imparare ad accogliere il codismo nelle questioni organizzative con lo stesso disprezzo con cui accoglieva un tempo il codismo nelle questioni tat- tiche! UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO S 8 3 Indissolubilmente legata al girondismo e all’anarchia da gran si- gnore è l’ultima particolarità caratteristica della posizione della nuo- va Is{ra nelle questioni organizzative: la difesa dell ’ autonomia con- tro il centralismo. Questo è, per l’appunto, il senso di principio (se ne hanno uno *) dei lamenti sul burocratismo e sull’autocrazia, del rammarico per 1\< inurbanità immeritata nei confronti dei non iskri- sti » (che hanno difeso l’autonomia al congresso), dei ridicoli strepiti sulla pretesa deH*« obbedienza cieca », delle amare lagnanze contro il « pompadourismo », ecc. ecc. ecc. L’ala opportunistica di ogni partito difende e giustifica sempre ogni arretratezza : programma- tica, tattica e organizzativa. La difesa dell’arretratezza organizzati va (codismo) da parte della nuova Is{ra è strettamente legata alla di- fesa dell’ autonomia. In verità, l’autonomia è già stata cosi scre- ditata, generalmente parlando, per effetto della triennale propaganda della vecchia ìs\ra che la nuova Isfyra si vergogna ancora di pronun- ciarsi apertamente in suo favore; essa ci assicura tuttora delle sue simpatie per il centralismo; ma l’unica riprova consiste nello scrivere la parola centralismo in corsivo. In verità anche la critica più super- ficiale dei (( principi » dello pseudocentralismo « veramente social- democratico » (e non anarchico?) della nuova ìs\ra mette in luce ad ogni passo il punto di vista dell’autonomia. Non è forse chiaro a tutti, oggi, che Axelrod e Martov nelle questioni organizzative hanno deviato verso Akimov? Non lo hanno forse riconosciuto so- lennemente essi stessi con le significative parole sull’« inurbanità im- meritata nei confronti dei non iskristi»? E non hanno forse difeso l’autonomia Akimov e i suoi amici al nostro congresso? Proprio l’autonomia (se non l’anarchia) hanno difeso al congresso della Lega Martov e Axelrod, quando, con ridicolo zelo, hanno cer- cato di dimostrare che la parte non deve sottomettersi al tutto, che la parte è autonoma nella determinazione dei propri rapporti col tutto, che lo statuto della Lega estera che formula questi rapporti è valido nonostante la volontà della maggioranza del partito, nono- stante la volontà del centro del partito. E il compagno Martov di- fende oggi apertamente l’autonomia sulla pagine della nuova Isl(ra (n. 60) nella questione dell’immissione di membri nei comitati lo- * Trascuro qui, come in generale in questo paragrafo, il senso « cooptazionale » di questi lamenti. LENIN 384 cali ad opera del Comitato centrale. Non parlerò dei sofismi infantili coi quali il compagno Martov ha difeso l’autonomia al congresso della Lega e la difende ora nella nuova Is{ra*: mi preme piuttosto rilevare l’indubbia tendenza a difendere Vautonomìa contro il cen- tralismo come caratteristica essenziale dell’opportunismo nelle que- stioni organizzative. Forse l’unico tentativo di analizzare il concetto di burocratismo è la contrapposizione, nella nuova h\ra (n. 53), del « principio de- mocratico-termrìc » (il corsivo è dell’autore) al « principio burocrati- ro-formale ». Questa contrapposizione (altrettanto poco sviluppata c spiegata, purtroppo, quanto l’accenno ai non iskristi) racchiude in se un grano di verità. Burocratismo versus democrazia è centralismo versus autonomia, è il principio organizzativo della socialdemocrazia rivoluzionaria in contrapposizione al principio organizzativo degli opportunisti della socialdemocrazia. Quest’ultimo vuole andare dalla base al vertice, e sostiene perciò, dovunque è possibile e nella misura .in cui è possibile, l’autonomia, una « democrazia » che giunge (in coloro che sono eccessivamente zelanti) sino all’anarchia. Il primo vuol partire dal vertice, propugnando l’estensione dei diritti e dei pieni poteri del centro nei confronti della parte. All’epoca dello sbandamento e del sistema dei circoli questo vertice, da cui voleva organizzativamente partire la socialdemocrazia rivoluzionaria, era ine- vitabilmente uno dei circoli, più influente degli altri in virtù del- la sua attività e coerenza rivoluzionaria (nel nostro caso, l’organiz- zazione dell’/j^rfl). All’epoca della restaurazione dell’unità reale del partito e del dissolversi in quest’unità degli antiquati circoli, un tale vertice è necessariamente rappresentato dal congresso del partito , in quanto organo supremo del partito; il congresso riunisce, nella misura del possibile, tutti i rappresentanti delle organizzazioni atti- ve e, designando gli organismi centrali (non di rado in unà compo- sizione che soddisfa più gli elementi avanzati del partito che non quelli arretrati e che perciò va più a genio all’ala rivoluzionaria che • Esaminando i vari paragrafi dello statuto, il compagno Martov ha trascurato precisamente il $ che parla dell’ atteggiamento del tutto verso la parte: il CC « distri- buisce le forze del partito » (§ 6). Si possono distribuire le forze senza spostare militanti da un comitato all’altro? Non sarebbe davvero piacevole soffermarsi su quest 'ele- mentare verità. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 385 non a quella opportunistica), li tramuta nel vertice sino al congresso successivo* Cosi almeno accade tra i socialdemocratici europei, ben- ché a poco a poco, non senza pena, non senza lotta e non senza litigi, questo costume, odioso agli anarchici in linea di principio, cominci a estendersi anche alla socialdemocrazia asiatica. È oltremodo interessante rilevare che le caratteristiche essenziali dell’opportunismo nelle questioni organizzative (autonomia, anarchia da gran signore, o da intellettuale, codismo e girondismo) si riscon- trano mutatis mutandis (coi dovuti mutamenti) in tutti i partiti so- cialdemocratici di tutto il mondo, sol che vi esista una divisione in ala rivoluzionaria e opportunìstica (ma dove non esiste?). Il che è venuto con particolare evidenza alla luce del sole, negli ultimi tempi, nel partito socialdemocratico tedesco, quando la sconfitta subita nella 20 a circoscrizione elettorale sassone (il cosiddetto incidente Gòhre *) ha posto all’ordine del giorno i principi organizzativi del partito. Lo zelo degli opportunisti tedeschi contribuì in particolar modo a sollevare la questione di principio a proposito deU’incidente ricor- dato. Gòhre (ex pastore, autore del non ignoto libro Drei Monate Fa~ briharbeiter e uno degli « eroi » del congresso di Dresda) era lui stes- so un opportunista accanito, e Porgano degli opportunisti tedeschi coerenti, Sozialistische Monatshefte> « intercesse » immediatamente in suo favore. L’opportunismo nel programma è naturalmente legato all’oppor- tunismo nella tattica e all’opportunismo nelle questioni organizza- tive. Il « nuovo » punto di vista è stato esposto dal compagno Wolf- gang Heine. Per illustrare al lettore la fisionomia di questo intellettuale tipico, che ha aderito alla socialdemocrazia portando con sé l’abi- tuale modo di pensare opportunistico, basterà dire che il compagno Wolfgang Heine è un tantino meno di un compagno Akimov te- desco e un tantino più di un compagno Iegorov tedesco. Il compagno Wolfgang Heine è sceso in campo nei Quaderni * Gòhre era stato eletto al Reichstag il 16 giugno 1903 nella 15» circoscrizione sassone, ma dopo il congresso di Dresda 113 aveva rinunciato al mandato; gli elet- tori della 20» circoscrizione, rimasta vacante dopo la morte di Rosenow, vollero presentare di nuovo la candidatura di Gòhre. La direzione centrale del partito e il comitato centrale di agitazione sassone vi si opposero e, non avendo il diritto di proibire formalmente la candidatura di GÒhrc, ottennero che egli vi rinunciasse. Alle elezioni i socialdemocratici furono sconfitti. 3 86 LENIN mensili socialisti con non minor pompa del compagno Axelrod nella nuova ls\ra . Quant’è prezioso il solo titolo dell’articolo: Annota- zioni democratiche a proposito del caso Góhre (n. 4, aprile, Sozialisti- sche Monatshefte)\ E il contenuto non è meno reboante. Il compagno W. Heine insorge contro gli cc attentati alPautonomia della circoscri- zione elettorale », difendendo il « principio democratico », protesta contro Pingerenza delle « autorità preposte » (cioè della direzione centrale del partito) nella libera scelta dei delegati da parte del po- polo. Qui non si tratta di un caso fortuito, ci ammaestra il compagno W. Heine, ma di una generale cc tendenza al burocratismo e al cen- tralismo nel partito », tendenza che si è notata, dice, anche in passato, ma che ora diventa particolarmente pericolosa. Bisogna « ricono- scere in linea di principio che gli organismi locali del partito sono i portatori della sua vita » (plagio dall’opuscolo del compagno Martov Ancora una volta in minoranza ). Non bisogna cc accettare che tutte le decisioni politiche importanti siano prese da un centro », bisogna mettere in guardia il partito contro la « politica dottrinaria che perde il contatto con la vita » (tolto di peso dal discorso del com- pagno Martov al congresso del partito : cc La vita prenderà ciò che le spetta »). cc Se si va al fondo delle cose, — approfondisce la sua argomentazione il compagno W, Heine, — se si prescinde dai con- flitti personali, che anche qui, come sempre, hanno avuto una parte considerevole, in questo accanimento contro i revisionisti [il corsivo è dell’autore, che allude presumibilmente alla differenza tra i con- cetti di lotta contro il revisionismo e di lotta contro i revisionisti] vedremo principalmente la sfiducia degli esponenti ufficiali del par- tito verso F ” elemento estraneo ” [a quanto pare, W. Heine non ha ancora letto l’opuscolo sulla lotta contro lo stato d’assedio, e quindi ricorre ad un anglicismo: Outsidertum] > la sfiducia della tradizione verso ciò che non è abituale, delPistituto impersonale verso ciò che è individuale » (cfr. la risoluzione di Axelrod al congresso della Lega sulla repressione dell’iniziativa individuale), « in una parola, quella stessa tendenza che abbiamo caratterizzato sopra come tendenza al burocratismo e al centralismo nel partito ». Il concetto di « disciplina » ispira al compagno W. Heine una non meno nobile indignazione che al compagno Axelrod. «... Si rimprovera ai revisionisti — egli scrive — la mancanza di disciplina, UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 387 perché hanno collaborato ai Quaderni mensili socialisti ai quali, poiché non sono sotto il controllo del partito , si è voluto persino negare il carattere di rivista socialdemocratica. Già questo tentativo di restringere il concetto di ” socialdemocratico ”, questo richiedere la disciplina nel campo della produzione spirituale, nel quale deve regnare un’assoluta libertà » (ricordate : la lotta ideale è un processo, mentre le forme delPorganizzazione sono soltanto forme) « attesta- no la tendenza al burocratismo e alla repressione dell’individualità ». E per molto, molto tempo ancora \\L Heine infuria in tutti i toni possibili contro quest’odiosa tendenza a creare « una grande orga- nizzazione che tutto abbracci, il più centralizzata possibile, una tattica* una teoria », infuria contro la richiesta della 1904, n. 28, articolo Wahl\reis und Partei ). L’articolo di W. Heine, egli dichiara, « mostra il procedimento argomentativo di tutta la corrente revisionistica ». Non soltanto in Germania, ma anche in Francia, an- che in Italia gli opportunisti sono come un sol uomo per l’autonomia, per l’indebolimento della disciplina di partito, per il suo annullamen- to; dappertutto le loro tendenze portano alla disorganizzazione , alla degenerazione del « principio democratico » in anarchia . « La de- mocrazia non è assenza di potere, — insegna K. Kautsky agli op- portunisti nella questione organizzativa, — la democrazia non è anarchia, è il potere delle masse sui propri incaricati, a differenza delle altre forme di potere, nelle quali i sedicenti servitori del po- polo ne sono in realtà i padroni. » K. Kautsky esamina nei parti- colari la funzione disorganizzatrice dell’autonomia opportunistica 3 88 LENIN nei diversi paesi, fa vedere che proprio l’adesione alla socialdemo- crazia di una « quantità di clementi borghesi » * rafforza l’oppor- tunismo, l’autonomia e le tendenze a infrangere la disciplina, ricorda ancora una volta che proprio « V organizzazione è l’arma con cui il proletariato si emanciperà », che proprio « l’organizzazione è l’arma specifica della lotta di classe del proletariato ». In Germania, dove l’opportunismo è più debole che in Francia e in Italia, « le tendenze autonomistiche non hanno sinora portato che a declamazioni più o meno patetiche contro i dittatori e i grandi in- quisitori, contro le scomuniche ** e la caccia all’eresia, a cavilli e litigi infiniti, il cui esame provocherebbe soltanto polemiche senza fine ». Nessuna meraviglia che in Russia, dove l’opportunismo in seno al partito è ancor più debole che in Germania, le tendenze autonomisti- che abbiano partorito meno idee e più « declamazioni patetiche » e litigi. Nessuna meraviglia che Kautsky giunga alla conclusione : « In nessun'altra questione, forse, il revisionismo di tutti i paesi è contras- segnato da tanta omogeneità, nonostante tutte le sue varianti, tutto il suo policromatismo, quanto nella questione organizzativa ». Le ten- denze fondamentali dell’ortodossia e del revisionismo in questo cam- po sono formulate dallo stesso Kautsky con l’aiuto della « parola terribile» burocratismo versus democrazia. Ci si dice, scrive K. Kautsky, che dare alla direzione del partito il diritto di influire sulla scelta di un candidato (a deputato parlamentare) da parte delle cir- coscrizioni elettorali locali significa « attentare vergognosamente al principio democratico, il quale esige che tutta l’attività politica si svolga dalla base al vertice, e non dal vertice alla base, per via bu- rocratica... Ma, se c’è un qualche principio veramente democratico, esso dice che la maggioranza deve avere il sopravvento sulla mino- ranza, e non viceversa »... L’elezione dei deputati al parlamento da parte di una qualsiasi singola circoscrizione elettorale è una questio- ne importante per tutto il partito nel suo insieme; e il partito deve * Come esempio K. Kautsky menziona Jaurcs . Via via che deviavano verso ropportunismo, a costoro k la disciplina di partito doveva inevitabilmente sembrare unlnammissibile compressione della loro libera individualità ». ** Bannstrahl , anatema. È Tequivalente tedesco dello « stato d'assedio » e delle «leggi eccezionali» russe. È la « parola terribile» degli opportunisti tedeschi. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 389 influire sulla designazione dei candidati, non foss'altro che attraverso persone di fiducia ( Vertrauensmànner ). « Colui al quale ciò appaia troppo burocratico o centrali stico si provi a proporre che i candi- dati vengano designati attraverso votazioni dirette di tutti i membri del partito in generale [. sàmmtlichc Parteigenossen\ . Poiché questo non è realizzabile, non c’è da lagnarsi della mancanza di democra- zia, se la funzione indicata viene assolta, analogamente a molte altre concernenti tutto il partito, da una o piu istanze del partito. » Se- condo il « diritto consuetudinario » del partito tedesco, anche prima le singole circoscrizioni elettorali « si accordavano amichevolmente » con la direzione del partito sulla presentazione di questo o quel can- didato. « Ma il partito è diventato ormai troppo grande perché possa bastare questo tacito diritto consuetudinario. Il diritto consuetudina- rio cessa di essere un diritto quando si cessa di riconoscerlo come cosa ovvia, quando il contenuto delle sue definizioni e persino la sua stessa esistenza vengono contestati. Allora diventa assolutamente necessario formulare con precisione questo diritto, codificarlo »... passare a una piu « esatta fissazione statutaria * [ statutarische Fest - fegung] e nello stesso tempo ad un’accentuazione del rigore \gros~ sere Straffheit ] dell’organizzazione ». Ritrovate cosi, in un altro ambiente, la stessa lotta tra l’ala op- portunistica e quella rivoluzionaria del partito nella questione orga- nizzativa, lo stesso conflitto tra autonomia e centralismo, tra demo- crazia e « burocratismo », tra le tendenze a indebolire e ad accentuare il rigore dell’organizzazione e della disciplina, tra la mentalità dell’in- tellettuale instabile e del proletario coerente, tra l’individualismo del- rintellettuale e la solidarietà proletaria. Si domanda: quale atteggia- mento ha assunto nei confronti di questo conflitto la democrazia borghese , non quella che la capricciosa storia ha appena promesso di mostrare un giorno in segreto al compagno Axelrod, ma la vera, reale democrazia borghese, che anche in Germania ha rappresentanti * È sommamente Istruttivo confrontare queste osservazioni di K. Kautsky sulla sostituzione del diritto consuetudinario tacitamente riconosciuto per mezzo di un diritto statutario formalmente fissato con tutto il « cambiamento » che sta subendo il nostro partito e in particolare la redazione dal tempo del congresso del partito a questa parte. Cfr. il discorso di V. I. Zasulic (al congresso della Lega, p. 66 e sgg.), che a malapena riesce ad afferrare tutta l’importanza del cambiamento in atto. 390 LENIN non meno intelligenti e perspicaci dei nostri signori dAYOsvoboz de- ntei La democrazia borghese tedesca si è subito interessata alla nuova polemica, levandosi come un sol uomo — come quella russa, co- me sempre e dappertutto — in difesa dell’ala opportunistica del partito socialdemocratico. Un eminente organo di stampa del capitale finan- ziario tedesco, la Gazzetta di Franco forte , è sceso in campo con un tonante articolo di fondo ( Frankfurter Zeitung . 1904, 7 aprile, n. 97, Abendblatt ) che fa vedere come i plagi sfrontati da Axelrod stiano diventando addirittura una specie di malattia della stampa tedesca. I truci democratici della Borsa di Francoforte sferzano P« autocrazia » in seno al partito socialdemocratico, la « dittatura di partito », il « dominio autocratico delle autorità del partito », le « scomuniche », con cui si vorrebbe « punire tutto il revisionismo » (ricordate la « fal- sa accusa di opportunismo »), la pretesa di una « cicca obbedienza », di una « disciplina che agghiaccia », la pretesa di una « sottomissio- ne servile », della trasformazione dei membri del partito in « cada- veri politici » (questo sarà ancora molto piu forte delle viti e rotel- line!). «Ogni originalità personale — s’indignano i cavalieri della Borsa, dinanzi al regime antidemocratico vigente nella socialdemo- crazia, — ogni individualità è, come vedete, soggetta a persecuzione, perché minacciano di portare al regime francese, al jauressismo ed al millerandismo, come ha dichiarato apertamente Sinderman, che ha tenuto il rapporto su questa questione » al congresso del partito dei socialdemocratici sassoni. Cosi, nella misura in cui le nuove espressioni della nuova ls\ra sulla questione organizzativa hanno un significato di principio, non Ve dubbio che questo significato è opportunistico. Questa conclusio- ne è confermata da tutta l’analisi del nostro congresso, che si divise in ala rivoluzionaria e ala opportunistica, nonché dairesempio di tutti i partiti socialdemocratici europei, nei quali l’opportunismo nella questione organizzativa si manifesta nelle stesse tendenze, nelle stesse accuse e quasi sempre nelle stesse espressioni. Certo, le particolarità nazionali dei diversi partiti e l’ eterogeneità delle condi- zioni politiche esistenti nei diversi paesi lasciano la loro impronta, rendendo l’opportunismo tedesco affatto dissimile da quello france- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 391 se, quello francese da quello italiano, quello italiano da quello russo. Ma l’omogeneità della divisione fondamentale di tutti questi partiti in ala rivoluzionaria e ala opportunistica, l’omogeneità del procedimento argomentativo e delle tendenze dell’opportunismo nella questione organizzativa emerge chiaramente, nonostante la diversità di condi- zioni sopra indicata*. L’abbondanza di rappresentanti degli intellet- tuali radicali nelle file dei nostri marxisti e dei nostri socialdemo- cratici ha reso e rende inevitabile la presenza dell’opportunismo, generato dalla loro mentalità, nei campi più diversi e nelle forme più varie. Abbiamo lottato contro l’opportunismo nelle questioni fonda- mentali della nostra concezione del mondo, nelle questioni del pro- gramma, e il completo dissenso nei fini ha portato inevitabilmente a un’irrevocabile delimitazione tra i liberali, che hanno corrotto il no- stro marxismo legale, e i socialdemocratici. Abbiamo lottato contro Popportunismo nelle questioni tattiche, e il nostro dissenso dai com- pagni Kricevski e Akimov in queste questioni meno importanti c stato naturalmente soltanto temporaneo e in nessun modo accompa- gnato dal costituirsi di partiti diversi. Ora dobbiamo sconfiggere l’opportunismo di Martov e di Axelrod nelle questioni organizza- tive, ancor meno essenziali, beninteso, delle questioni programmati- che e tattiche, ma che si sono presentate oggi sul proscenio della nostra vita di partito. Quando si parla della lotta contro l’opportunismo non bisogna mai dimenticare il tratto caratteristico di tutto l’opportunismo con- temporaneo nei più diversi campi: la sua indeterminatezza, il suo carattere amorfo, la sua impalpabilità. Per la sua stessa natura, l’opportunista evita sempre di porre le questioni in maniera chiara c recisa, cerca una risultante, sguscia come un’anguilla tra posizioni * Nessuno potrà oggi dubitare che la vecchia divisione dei socialdemocratici russi nelle questioni della tattica in economisti c politici era della stessa natura della divisione di tutta la socialdemocrazia internazionale in opportunisti e rivoluzionari, benché la differenza tra i compagni Akimov e Martynov, da una parte, e i compagni von Vollmar e von Elm, 0 Jaurcs e Millerand, dall’altra, sia molto grande. Altret- tanto indubbia è anche l’omogeneità delle divisioni fondamentali nelle questioni organizzative, nonostante le enormi differenze di condizioni tra i paesi privi di diritti politici e quelli politicamente liberi. È assai caratteristico che la redazione della nuo- va Is^ra, tanto ligia ai principi, dopo aver toccato di sfuggita la polemica tra Kaut- sky e Heine (n. 64), abbia timorosamente eluso la questione delle tendenze di prin- cipio di ogni opportunismo c di ogni ortodossia nelle questioni organizzative. 39 2 LENIN che si escludono a vicenda, tentando di « essere d’accordo » con Pu- na e l’altra, riducendo le proprie divergenze a piccoli emendamenti, a dubbi, a pii e innocenti desideri, ecc. ecc. Il compagno Bemstein, opportunista nelle questioni programmatiche, « è d’accordo » col pro- gramma rivoluzionario del partito, e, benché ne auspichi verosi- milmente una « riforma radicale », ritiene tuttavia che ciò sia in- tempestivo, inopportuno, non sia altrettanto importante quanto la spiegazione dei «principi generali» della «critica» (che consistono principalmente nell’adottare acriticamente i principi e le formule del- la democrazia borghese). Il compagno von Vollmar, opportunista nei problemi tattici, è parimenti d’accordo con la vecchia tattica della socialdemocrazia rivoluzionaria e si limita più che altra alla declama- zione, ai piccoli emendamenti, ai motteggi, senza formulare in alcun modo una precisa tattica « ministeriale ». I compagni Martov e Axel- rod, opportunisti nelle questioni organizzative, non hanno sinora formulato neanch’essi, nonostante gli aperti inviti, una concreta test teorica che possa essere « fissata statutariamente »; anch’essi desidere- rebbero, desidererebbero incondizionatamente, una « riforma radica- le » del nostro statuto organizzativo (IsJ(ra, n. 58, p. 2, colonna 3), ma preferirebbero occuparsi preventivamente delle « questioni generali dell’organizzazione » (perché una riforma veramente radicale del no- stro statuto, che, nonostante il § x, è pur sempre centralistico, porte- rebbe inevitabilmente, se attuata nello spirito della nuova Isfoa, all’autonomia, mentre il compagno Martov non vuole ammettere, nemmeno di fronte a se stesso, la sua tendenza di principio verso l’autonomia). La posizione « di principio » di questi compagni nella questione organizzativa brilla perciò di tutti i colori dell’arcobaleno: predominano le innocenti declamazioni patetiche sull’autocrazia e sul burocratismo, sull’obbedienza cieca, sulle viti e rotelline, declamazio- ni tanto innocenti che è tuttora molto, ma molto difficile distinguervi il senso veramente di principio da quello veramente cooptazionale. Ma più si va avanti nel bosco, più legna si trova : i tentativi di analizzare e definire con precisione l’odioso « burocratismo » portano inevitabil- mente all’autonomia, i tentativi di « approfondire » e motivare porta- no ineluttabilmente a giustificare l’arretratezza, al codismo, alla fra- seologia girondina. Infine, come unico principio, come principio veramene preciso, e che perciò si manifesta nella pratica con partico- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 393 lare evidenza (la pratica precede sèmpre la teoria), appare il princi- pio dell' anarchia. Derisione della disciplina — autonomia — anarchia : eccó la scala sulla quale, ora scendendo, ora salendo, si muove il no* stro opportunismo organizzativo, saltando da un gradino all’altro e sfuggendo ad arte ogni formulazione precisa dei propri principi *• La stessa, identica gradazione si osserva anche nelPopportunismo sul programma e sulla tattica : derisione dell\< ortodossia », della retta fede, dell’angustia mentale e dell’immobilità — « critica » revisionì- stica e ministerialismo — democrazia borghese. In stretta connessione psicologica con Podio per la disciplina sì trova Pin interrotta, monotona nota dell* offesa, che risuona in tutti gli scritti di tutti gli odierni opportunisti in generale e della nostra minoranza in particolare. Li si perseguita, li si opprime, lì si butta fuori, li si assedia, li si vessa. In queste espressioni è contenuta assai piu verità psicologica e politica di quanto probabilmente non immagi- ni l’autore della graziosa e spiritosa barzelletta dei vessati e vessatori. Prendete, infatti, gli atti del nostro congresso di partito, e vedrete che la minoranza è composta da tutti gli offesi, da tutti coloro che un. giorno e per una ragione qualsiasi furono offesi dalla socialdemocra- za rivoluzionaria. Vi sono i bundisti e quelli del Raboceie Dtelo , che # Chi ricordi le discussioni sul § i vedrà ora chiaramente che Terrore del com- pagno Martov c del compagno Axelrod sul § i porta inevitabilmente , quando lo si sviluppi e lo si approfondisca, all’opportunismo organizzativo. L'idea fondamentale dei compagno Martov — T autoanno verarsi tra i membri del partito — c appunto un falso principio « democratico », Tidea della costruzione del partito dalla base al ver- tice. Viceversa, la mia idea c « burocratica » nel senso che il partito si costruisce dal vertice alla base, dal congresso del partito alle sìngole organizzazioni. E la men- talità delTintellettualc borghese e le frasi anarchiche e la profondità di pensiero op- opportunistica, codina, tutto ciò si è già manifestato nelle discussioni sul § r. Nello Stato d’assedio (p. 20) il compagno Martov parla delT« opera di pensiero comincia- ta » dalla nuova Is\ra. Ciò è vero nel senso che lui e Axelrod indirizzano veramente il pensiero, a cominciare dal § I, in una nuova direzione. Il guaio c che questa direzione è opportunistica. Quanto piu a lungo essi « opereranno u in questa dire- zione, quanto piu questo lavoro fatto di litigi cooptazionali sarà chiaro, tanto pid profondamente s’invischieranno nella palude. Il compagno Plekhanov lo vedeva chiaramente già al congresso del partito, c nelTarticolo Che cosa non fare? li metteva in guardia per la seconda volta: sono pronto, diceva, persino a cooptarvi, ma non andate per questa strada, che porta soltanto all’ opportunismo c all’anarchia. Martov e Axelrod non hanno dato ascolto al buon consiglio: come? non andare? dichiarare d'accordo con Lenin che la cooptazione c solo un litigio? Mai! Gli faremo vedere che siamo individui coerenti ai principi! E cc l’hanno fatto vedere. Hanno fatto vedere a tutti che, nella misura in cui hanno dei nuovi principi, si tratta di prìncipi opportunistici. 394 LENIN noi « offendemmo » a tal punto che abbandonarono il congresso; vi sono quelli del luzny Rabocì, mortalmente offesi per Tassassimo delle organizzazioni in generale e della loro in particolare; c’è il compa- gno Makhov, che offendemmo ogni Volta che prendeva la parola (perché ogni volta si copriva accuratamente di ridicolo); vi sono, infi- ne, il compagno Martov e il compagno Axelrod, che offendemmo con la « falsa accusa di opportunismo » per il § I dello statuto e con la sconfitta alle elezioni. E tutte queste amare offese furono non già il risultato casuale di facezie inammissibili, di aspre invettive, di una polemica rabbiosa, dello sbatter la porta e del mostrare i pugni, come pensano a tutt’oggi molti, moltissimi filistei, ma il risultato politico inevitabile di tutto il triennale lavoro ideologico de\Vls\ra. Se in que- sti tre anni non avevamo soltanto dimenato la lingua, ma espresso le convinzioni che dovevano trasformarsi in atti, non potevamo non lot- tare al congresso contro gli antiskristi e la «palude ». E dal momento che noi, assieme al compagno Martov, che si batteva nelle prime file a visiera alzata, avevamo straoffeso tanta gente, non ci restava ormai altro che offendere anche solo un po’ il compagno Axelrod e il com* ** pagno Martov, perché il vaso traboccasse. La quantità si c trasformata in qualità. Si è avuta la negazione della negazione. Tutti gli offesi, dimenticando i conti che dovevano regolare tra loro, si sono gettati singhiozzando gli uni nelle braccia degli altri e hanno issato il vessil- lo deH’<( insurrezione contro il leninismo»** L’insurrezione è una bellissima cosa quando nd insorgere sono gli clementi avanzati contro quelli reazionari. Quando l’ala rivoluzio- naria insorge contro quella opportunistica c un bene. Quando l’ala op- portunistica insorge contro quella rivoluzionaria c un male. Il compagno Plekhanov è costretto a prender parte a questo brut- to affare in qualità, diciamo, di prigioniero di guerra. Egli cerca di « sfogare la propria rabbia » pescando singole frasi infelici negli au- tori di questa o quella risoluzione in favore della « maggioranza », dopo di che esclama: «Povero compagno Lenin! Belli davvero questi fautori ortodossi! » (Js{ra } n. 63, supplemento). * Questa stupefacente espressione c del compagno Martov (Stato d’assedio, p, 68). Egli aspettava di trovarsi in compagnia di cinque persone per scatenare 1\< insur- rezione » contro di me, Il compagno Martov polemizza in maniera maldestra: egli vorrebbe annientare rawersario, facendogli i piu grandi complimenti. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 395 Ebbene, compagno PJekhanov, sapete che, se io sono povero, la redazione della, nuova Is\ra è addirittura ridotta airaccattonaggio? Per povero che sia, non sono ancora caduto in una cosi assoluta mi- seria da dover chiudere gli occhi sul congresso del partito e cercare il materiale per esercitare la mia arguzia nelle risoluzioni dei mem- bri dei comitati^ Per povero che sia, sono mille volte piu xicco di co- loro i cui fautori non si lasciano sfuggire questa o quella frase infelice, ma in tutte le questioni, organizzative, tattiche e program- matiche, ostinatamente e tenacemente si attengono a principi opposti a quelli della socialdemocrazia rivoluzionaria. Per povero che sia, non sono ancora giunto a dover nascondere al pubblico gli elogi elargitimi da questi fautori. Ma la redazione della nuova ls\ra è costretta a farlo. Sapete, lettori, che cos’è il comitato di Voronez del Partito operaio socialdemocratico russo? Se non lo sapete, leggete gli atti del con- gresso del partito. Verrete cosi a sapere che Porìentamento di que- sto comitato è in tutto e per tutto espresso dal compagno Akimov e dalla compagna Brucker, che lottarono su tutta la linea contro l’ala rivoluzionaria del partito al congresso e che furono decine di volte annoverati da tutti, dal compagno Plekhanov fino al compa- gno Popov, tra gli opportunisti. Orbene, questo comitato di Vo- ronez nel suo foglio di gennaio (n. 12, 1904, gennaio) dichiara : <( Nel nostro partito, il cui sviluppo è continuo, si è prodotto l’anno scorso un avvenimento grande e importante per il partito: si è tenuto il secondo congresso del POSDR, dei rappresentanti delle sue organiz- zazioni. La convocazione di un congresso del partito è cosa molto com- plicata e, in regime monarchico, molto rischiosa, difficile, per cui non c’è da stupirsi che la faccenda della convocazione sia stata portata a com- pimento in maniera estremamente imperfetta , e che lo stesso congresso, benché si sia svolto in modo del tutto normale, non abbia potuto soddi- sfare tutte le esigenze postegli dal partito. I compagni che erano stati incaricati di convocare il congresso dalla conferenza (convegno) del 1902 erano stati arrestati, e il congresso veniva organizzato da persone che erano l’espressione di una sola corrente della socialdemocrazia russa, quella iskrista . Molte organizzazioni socialdemocratiche, ma non iskri- ste, non erano state invitate ai lavori : forse, in parte, per questo il com- pito del congresso di elaborare il programma e lo statuto del partito è stato assolto in maniera estremamente imperfetta; le gravi lacune dello LENIN statuto, " suscettibili di provocare pericolosi malintesi ”, vengono ricono- sciute dagli stessi delegati. AI congresso gli stessi iskristi si sono scissi, e molti insigni militanti del POSDR, che prima avevano in tutto e per tutto accettato il programma d’azione dcll'ls\ra, si sono resi conto che molte delle sue vedute, sostenute principalmente da Lenin e da Plefyanov, non erano vitali. Benché al congresso questi ultimi abbiano avuto il soprav- vento, la forza della vita pratica, le esigenze del lavoro reale, al quale prendono parte anche tutti i non iskristi, correggono rapidamente gli errori dei teorici e dopo il congresso hanno già apportato serie correzioni. L'ls\ra è profondamente cambiata e promette di porgere attentamente l’orecchio alle esigenze dei militanti della socialdemocrazia in generale. In tal modo benché i lavori del congresso debbano essere sottoposti a revi- sione dal prossimo congresso e, come è evidente per gli stessi delegati, non siano soddisfacenti, e quindi neanche suscettibili di essere considerate deli- berazioni irrevocabili , tuttavia il congresso ha chiarito la situazione esi- stente nel partito, ha fornito una ricca mole di documenti per l’ulteriore attività teorica e organizzativa ed è stato un’esperienza molto istruttiva per il lavoro di tutto il partito. Le deliberazioni del congresso e lo sta- tuto da esso elaborato saranno presi in considerazione da tutte le orga- nizzazioni, ma molte si asterranno dal conformarsi esclusivamente ad esse , considerando le loro evidenti imperfezioni. « Nel comitato di Voronez, dove ben si comprende l’importanza del lavoro di tutto il partito, tutti i problemi inerenti all’organizzazione del congresso hanno trovato viva eco. Esso si rende perfettamente conto del- l’importanza di ciò che è avvenuto al congresso, saluta la svolta avvenuta neirisfya, che è diventata l’organo centrale (organo principale). Benché la situazione esistente nel partito e nel CC non ci soddisfi ancora , noi tuttavia crediamo che, grazie ai comuni sforzi, il difficile lavoro del- l’organizzazione del partito sarà perfezionato. In considerazione del- le false voci che circolano, il comitato di Voronez dichiara ai compa- gni che non è neanche il caso di parlare di uscita del comitato di Voronez dal partito. Il comitato di Voronez comprende perfettamen- te quale pericoloso precedente (esempio) diverrebbe l’uscita dal POSDR di un’organizzazione operaia come il comitato di Voro- nez, e quale rimprovero ne deriverebbe per il partito e quanto ciò tornerebbe svantaggioso alle organizzazioni operaie, che potrebbero seguire tale esempio. Noi dobbiamo non già creare nuove scissioni, ma tendere con perseveranza a unire tutti gli operai e socialisti co- scienti in un unico partito. Inoltre il secondo congresso è stato un congresso ordinario, e non costitutivo. L’espulsione dal partito può UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 397 avvenire soltanto ad opera di un tribunale del partito, e nessun’or- ganizzazione, nemmeno lo stesso Comitato centrale, ha il diritto di espellere dal partito una qualsiasi organizzazione socialdemo- cratica. Oltre a ciò, al secondo congresso è stato approvato l’ottavo paragrafo dello statuto, in base al quale ogni organizzazione nei suoi affari locali è autonoma (fa da sé), per cui il comitato di Vo* ronez ha il pieno diritto di mettere in pratica e di applicare nel partito le proprie concezioni organizzative ». La redazione della nuova ls\ra , richiamandosi a questo foglio nel suo n. 61, ha riprodotto solo l’ultima parte della lunga tirata, quella composta in corpo piu grande; la prima parte invece, quel- la composta in corpo minore, ha preferito ometterla . Se n’è vergognata. i) QUALCOSA SULLA DIALETTICA. DUE RIVOLGIMENTI Dando uno sguardo d’insieme allo sviluppo della nostra crisi di partito, vedremo agevolmente che la composizione fondamenta- le delle due parti in lotta è stata sempre, salvo piccole eccezioni, la stessa. S’è trattato di una lotta tra l'ala rivoluzionaria e l’ala op- portunistica del nostro partito. Ma questa lotta ha attraversato le fasi più diverse, e chiunque voglia raccapezzarsi neirimmensa let- teratura ormai accumulatasi, nella gran mole di indicazioni fram- mentarie, di citazioni staccate dal loro contesto, di singole accuse, ecc. ecc., deve necessariamente conoscere con precisione le partico- larità di ognuna di queste fasi. Enumeriamo le principali fasi, che si differenziano nettamente l’una dall’altra: i) Polemica sul § i dello statuto. Lotta puramente ideale sui principi fondamentali dell’organizzazione. Io e Plekha- nov siamo in minoranza. Martov e Axelrod propongono una for- mulazione opportunistica e vanno a finire tra le braccia degli op- portunisti. 2) Scissione dell’organizzazione dell 'ls\ra sulla questione delle liste dei candidati per il CC: Fomin o Vasiliev in un gruppo a cinque, Trotski 0 Travinski in un gruppo a tre. Io e Plekhanov con- quistiamo la maggioranza (nove contro sette), in parte proprio perché eravamo rimasti in minoranza sul § 1. La coalizione di Martov con gli opportunisti ha confermato nei fatti tutti i miei timori destati 2T-6IS 398 LENIN dall’incidente con il comitato di organizzazione. 3) Continuazione delle polemiche sui punti particolari dello statuto. .Martov è di nuovo salvato dagli opportunisti. Noi restiamo di nuovo in minoranza e difendiamo i diritti della minoranza nei centri. 4) Il gruppo a sette degli opportunisti estremi abbandona il congresso. Noi risultiamo in maggioranza e battiamo la coalizione (della minoranza iskrista, della « palude » e degli antiskristi) alle elezioni. Martov e Popov rinunciano ai loro posti nei nostri gruppi a tre. 5) Litigi postcongres- suali sulla cooptazione. Imperversare della condotta c della frase anar- chica. Gli elementi meno coerenti ai principi e piu instabili della «minoranza» prendono il sopravvento. 6) Plekhanov passa, per evi- tare la scissione, alla politica del « \ill with \indness ». La « mino- ranza » occupa la redazione dell’organo centrale ed il Consiglio e attacca con tutte le forze il CC. Il litigio continua a dominare tutto e tutti. 7) Il primo attacco contro il CC viene respinto. I litigi comin- ciano, pare, a placarsi un po’. Diventa cosi possibile esaminare con relativa tranquillità due questioni puramente ideologiche, che agitano profondamente il partito : a) qual è l’importanza politica e la spiega- zione della divisione del nostro partito in « maggioranza » e « mino- ranza » sorta al secondo congresso e che ha soppiantato tutte le vecchie divisioni? b) qual è il significato di principio della nuova pò* sizione della nuova hhira nella questione organizzativa? Ognuna di queste fasi è caratterizzata dalla congiuntura sostan- zialmente diversa della lotta e dallo scopo immediato dell’attacco; ogni fase rappresenta, per cosi dire, una battaglia a sé in una cam- pagna militare generale. Non si può capir nulla della nostra lotta, se non si, studia la situazione concreta di ciascuna battaglia. Una volta fatto ciò, vedremo invece chiaramente che lo sviluppo segue in effetti la via dialettica, la via delle contraddizioni: la minoranza diventa maggioranza, la maggioranza minoranza; ciascuna parte passa dalla difesa all’attacco e dall’attacco alla difesa; il punto di partenza della lotta ideale (il § 1) viene « negato » e cede il posto al litigio che tutto domina *, ma poi comincia la « negazione della negazione » e, * li difficile problema di stabilire una linea di demarcazione tra il litigio e il dissenso di principio si risolve ora da sé; tutto ciò che si riferisce alla cooptazione c litigio; tutto ciò che si riferisce all’analisi della lotta al congresso, alle polemiche sul l 1 c alla svolta verso l'opportunismo c l'anarchia è dissenso di principio. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 399 « messici d’accordo » in qualche modo, alla meglio, con la moglie dataci in sorte nei diversi centri, ritorniamo al punto di partenza del- la lotta puramente ideale, ma questa « tesi » si è ormai arricchita di tutti i risultati dell’« antitesi » e si è trasformata in una sintesi supe- riore dopo che Terrore isolato, casuale sul § i, si è sviluppato a pseu- dosistema di concezioni opportunistiche sulla questione organizza- tiva, dopo che il nesso esistente tra questo fenomeno e la divisione fondamentale del nostro partito in ala rivoluzionaria e ala opportu- nistica si è rivelato a tutti in maniera sempre piu perspicua. In una parola, non soltanto Pavena cresce secondo Hegel, ma anche i social- democratici russi lottano tra loro secondo Hegel. Ma la grande dialettica hegeliana, che il marxismo, dopo averla rimessa sulle gambe, ha fatto propria, non deve mai essere confusa col metodo volgare di giustificare gli zigzag degli uomini politici che passano dall’ala rivoluzionaria a quella opportunistica del partito, con la maniera volgare di confondere nello stesso mucchio singole dichiarazioni, singoli momenti dello sviluppo delle varie fasi di un unico processo. La vera dialettica non giustifica gli errori personali, ma studia le svolte inevitabili, dimostrando la loro inevitabilità con l’analisi piu minuziosa dello ^viluppo in tutta la sua concretezza. Tesi fondamentale della dialettica: non esiste una verità astratta, la verità è sempre concreta... E inoltre non bisogna confondere questa grande dialettica hegeliana con l’insulsa saggezza spicciola espressa dal proverbio italiano « mettere la coda dove non va il capo » 113 . Il bilancio dello sviluppo dialettico della nostra lotta di partito si riduce a due rivolgimenti. Il congresso è stato un autentico rivolgi- mento, come ha giustamente rilevato il compagno Martov nel suo Ancora una volta in minoranza. Hanno altresì ragione quei begli spiriti della minoranza che dicono: il mondo va avanti a forza di rivoluzioni; bene, noi abbiamo fatto una rivoluzione! E dopo il cori-, gresso anch’essi hanno fatto una rivoluzione; è vero inoltre che il mondo, generalmente parlando, và avanti a forza di rivolu- zioni. Ma il significato concreto di ogni rivoluzione concreta non può definirsi con questo aforisma generale: ci sono rivoluzioni che sanno di reazione, per parafrasare Tindimenticabile espressione del compagno Makhov. Occorre sapere se è stata l’ala rivoluzionaria o invece l’ala opportunistica del partito la forza reale che ha compiu- 400 LENtN to il rivolgimento, occorre sapere se sono stati i principi rivolu- zionari o invece quelli opportunistici ad animare i combattenti per decidere se questa o quella rivoluzione concreta ha fatto avanza- re o retrocedere il « mondo » (il nostro partito). Il nostro congresso è stato un fenomeno unico nel suo genere e non ha avuto precedenti in tutta la storia del movimento rivoluzio- nario russo. Per la prima volta, un partito rivoluzionario clandestino è uscito dalle tenebre deirillegalità alla luce del sole, rivelando a tutti l’intero corso c Tesito della nostra lotta interna, il vero volto del partito e di ogni sua parte, in qualche modo percettibile nelle que- stioni programmatiche, tattiche e organizzative. Per la prima volta, siamo riuscti a liberarci dalle tradizioni della mancanza di disci- plina propria dei circoli e del filisteismo rivoluzionario, siamo riusciti a riunire decine e decine di gruppi diversi (che spesso erano stati ac- canitamente ostili l’uno alPaltro), legati soltanto dalla forza del- l’idea e pronti (in linea di principio) a sacrificare ogni sorta di esclu- sivismo e di autonomia di gruppo a vantaggio di un grande tutto: il partito . Ma in politica i sacrifici non si ottengono senza sforzo; si conquistano combattendo. Il combattimento relativo all’assassinio del- le organizzazioni è stato inevitabilmente molto accanito. Il vento fre- sco della libera lotta aperta si è trasformato in un turbine. Il turbine ha spazzato via — ed è stata una cosa stupenda] — tutti i residui senza eccezione di interessi, sentimenti e tradizioni legati al si- stema dei circoli, creando per la prma volta dei comitati direttivi ve- ramente di partito. Ma una cosa è chiamarsi, un’altra essere. Una cosa è sacrificare in linea di principio il sistema dei circoli a vantaggio del partito, un’altra rinunciare al proprio circolo. Il vento fresco è risultato ancora troppo fresco per chi si era abituato al tanfo del filisteismo. « Il partito non ha sopportato il suo primo congresso », come giustamente (ma sen- za volerlo) ha detto il compagno Martov in Ancora una volta in mi- noranza. L’offesa per l’assassinio delle organizzazioni era stata troppo forte. Il rabbioso turbine aveva sollevato tutta la melma dal fondo del nostro torrente di partito, e la melma si è presa la rivincita. Il vecchio indurito spirito di circolo ha sopraffatto l’ancor giovane spi- rito di partito. Battuta su tutta la linea, l’ala opportunistica, raffor- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 401 zandosi accidentalmente col bottino akimoviano, ha avuto (provvisòria-» mente, beninteso) il sopravvento sudala rivoluzionaria. Come risultato si è avuta la nuova Is\ra, costretta a sviluppare e ad approfondire Terrore commesso dai suoi redattori al congresso del partito. La vecchia ls\ra insegnava le verità della lotta rivoluzionaria. La nuova ls\ra insegna la saggezza spicciola: l’arrendevolezza e lo spirito conciliativo. La vecchia ls\ra era l’organo dell’ortodossia com- battiva. La nuova ls\ra ci offre una reviviscenza dell’opportunismo, in particolare nelle questioni organizzative. La vecchia ls\ra si era meritata l’onore di farsi detestare dagli opportunisti sia russi che dell’Europa occidentale. La nuova ls\ra « ha messo giu- dizio » e tra breve cesserà di vergognarsi delle lodi profuse al suo indirizzo dagli opportunisti estremi. La vecchia ls\ra andava dritta al suo scopo, e le sue parole non differivano dagli atti. Nella nuova Isì^ra l’intima falsità della sua posizione genera senza meno — indipendentemente persino dalla volontà e coscienza di chicchessia — l’ipocrisia politica. Essa grida contro il sistema dei circoli per dissi- mulare la vittoria dello spirito di circolo sullo spirito di partito. Con- danna farisaicamente la scissione quasi che si possa figurare, contro la scissione di un qualche partito comunque organizzato, altro mezzo che non sia la sottomissione della minoranza alla maggioranza. Pro- clama la necessità di tener conto dell’opinione pubblica rivoluzionaria e, celando le lodi degli Akimov, si abbandona al piccolo pettegolezzo sui comitati dell’ala rivoluzionaria *, Vergogna! Come hanno disono- rato la nostra vecchia ls\ra\ Un passo avanti e due indietro... Ciò accade sia nella vita degli in- dividui che nella storia delle nazioni e nello sviluppo dei partiti. Sareb- be la piu criminale delle pusillanimità dubitare, foss’anche per un minuto, dell’inevitabile, completo trionfo dei principi della socialde- mocrazia rivoluzionaria, dell’organizzazione proletaria e della disci- plina di partito. Abbiamo già conquistato moltissimo, dobbiamo lot- tare ancora, senza perderci d’animo per gli insuccessi, dobbiamo batterci con coerenza, disdegnando i metodi filistei delle baruffe di circolo, facendo tutto il possibile per tutelare il vincolo unitario di # Per questa gentile occupazione è stata già elaborata anche una forma stereo- tipata: il nostro corrispondente X comunica sul comitato della maggioranza Y che quest'ultimo si è comportato male col compagno della minoranza Z, 402 LENIN partito, creato con tanti sforzi e che collega tutti i socialdemocratici della Russia, sforzandoci di ottenere, con un lavoro tenace e sistema- tico, che tutti gli iscritti, e soprattutto gli operai, conoscano appieno e coscientemente i doveri di partito, la lotta svoltasi al secondo con- gresso, tutte le cause e le peripezie del nostro dissenso, la perniciosità dell’opportunismo, che anche nel campo delForganizzazione cede in maniera altrettanto impotente davanti alla mentalità borghese, accetta in maniera altrettanto acritica le posizioni della democrazia borghese, smussa altrettanto Tarma della lotta di classe del proletariato, quanto nel campo del programma e della tattica. Il proletariato non ha altra arma che Torganizzazione nella lotta per il potere. Scompaginato dal dominio della concorrenza anarchica nel mondo borghese, schiacciato dal lavoro forzato per il capitale, sospinto continuamente « nelTabisso » della piu nera miseria, dell’ab- brutimento e della degradazione, il proletariato può diventare, e ine- vitabilmente diventerà, una forza invincibile solo se la sua unità ideale, fondata sui principi del marxismo, sarà consolidata dall'unità materiale di un’organizzazione che riunisca saldamente assieme mi- lioni e milioni di lavoratori nelTesercito della classe operaia. Davanti a quest’esercito non reggerà né il potere già decrepito dell’autocrazia russa, né il potere del capitale internazionale, che decrepito sta diven- tando. Quest’esercito serrerà sempre piu strettamente le sue file, no- nostante tutti i possibili zigzag e passi indietro, nonostante le frasi opportunistiche dei girondini dell’odierna socialdemocrazia, nono- stante la fatua glorificazione dellarretrato sistema dei circoli, nono- stante gli orpelli e lo stamburamento dell’anarchia da intellettuali . Appendice L’INCIDENTE FRA IL COMPAGNO GUSEV E IL COMPAGNO DEUTSCH li nocciolo di questo incidente, strettamente connesso alla cosid- detta « falsa » (secondo l’espressione del compagno Martov) lista, menzionata nella lettera dei compagni Martov e Starover, riportata nel contesto del § j, è il seguente : il compagno Gusev aveva comu- nicato al compagno Pavlovic che questa lista, composta dai compagni Stein, Iegorov, Popov, Trotski e Fomin, gli era stata trasmessa dal compagno Deutsch (p. 12 della Lettera del compagno Pavlovic). Per questa comunicazione il compagno Deutsch ha accusato il compagno Gusev di « calunnia premeditata », e un collegio arbitrale di compa- gni ha riconosciuto « inesatta » la « comunicazione » del compagno Gusev (cfr. la risoluzione del collegio nel n. 62 dell ’Isfya). Dopo che la redazione del Visura ha pubblicato la risoluzione del collegio, il compagno Martov (non piu la redazione) ha stampato un foglio a sé dal titolo : Risoluzione del collegio arbitrale di compagni , dove ha riportato per esteso non solo la risoluzione del collegio, ma anche il resoconto integrale deirintero esame della faccenda, nonché un suo poscritto . In questo poscritto il compagno Martov definisce, tra l'al- tro, « vergognosa » « la falsificazione di una lista nell’interesse della lotta di frazione ». Al foglio hanno risposto i delegati del secondo congresso, compagni Liadov e Gorin, con un altro foglio intitolato: ìl quarto del collegio arbitrale 114 , dove « protestano energicamente contro il fatto che il compagno Martov si permetta di andare oltre le decisioni del congresso, attribuendo al compagno Gusev bassi mo- tivi », quando invece il collegio non ha riscontrato la presenza del- LENIN 4°4 la calunnia premeditata, ma soltanto stabilito che la comunicazione era inesatta. I compagni Gorin e Liadov spiegano con abbondanza di particolari che la comunicazione del compagno Gusev è stata forse determinata da un errore del tutto naturale e definiscono « in- degna )) la condotta del compagno Martov, che ha fatto (e fa nel fo- glio) una serie di dichiarazioni erronee, attribuendo al compagno Gusev un basso proposito. Il basso proposito, essi dicono, non poteva esserci neanche in quel caso. Questa* se non erro, tutta la « biblio- grafia » sulla questione, al cui chiarimento ritengo mio dovere con- tribuire. Occorre, prima di tutto, che il lettore si renda esattamente conto del tempo e delle condizioni in cui nacque la lista (di candidati al CC). Come ho già rilevato nel testo, l’organizzazione deWIs/^ra si era consultata al congresso sulla lista dei candidati al CC, lista che essa avrebbe potuto proporre collegialmente al congresso. La consultazione si chiuse con un dissenso : la maggioranza deirorganizzazione dell 7 - s\ra accettò la lista: Travinski, Glebov, Vasiliev, Popov e Trotski; la minoranza invece non volle cedere e sostenne la lista: Travinski, Glebov, Fomin, Popov, Trotski. Le due parti dell’organizzazione del Visura non ebbero piu sedute comuni , dopo la riunione in cui furono proposte e votate le due liste. Entrambe le parti passarono al- la libera agitazione congressuale, nell’intento di decidere la questio- ne controversa mediante il voto dell’intero congresso e di far passare dalla loro parte il maggior numero di delegati. La libera agitazione congressuale rivelò improvvisamente il fatto politico che ho minuzio- samente analizzato nel testo : ossia la necessità, per la minoranza de- gli iskristi (con Martov alla testa), di poggiare sul « centro » (la pa- lude) e sugli antiskristi per poter avere la vittoria su di noi. Ciò era necessario perché la stragrande maggioranza dei delegati, che di- fendevano coerentemente il programma, la tattica e i piani organiz- zativi dell 'Is\ra contro l’assalto degli antiskristi e del « centro », si era molto presto e molto saldamente schierata dalla nostra parte. Su 33 delegati (piu esattamente : voti) non appartenenti né agli anti- skristi né al « centro » noi ce n'eravamo conquistati ben presto 24 ed avevamo concluso con loro un « accordo diretto », dando vita a una « maggioranza compatta » . Il compagno Martov, invece, restava con nove voti in tutto; per la vittoria gli erano necessari tutti i voti UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 405 degli antiskristi e del «centro»; con questi gruppi Martov poteva fare causa comune (com’era avvenuto per il § i dello statuto), poteva « coalizzarsi », ossia poteva ottenere l’appoggio, ma non' poteva con- cludere un accordo diretto, appunto perché, durante tutto il con- gresso, aveva lottato contro di loro non meno recisamente di noi. Era questo il lato tragico della sua situazione! Nello Stato d'as- sedio il compagno Martov crede di annichilirmi con una domanda mortalmente velenosa : « Chiediamo rispettosamente al compagno Lenin di rispondere apertamente alla domanda : per chi fu un c- straneo al congresso il luzny Raboci? » (p. 23, nota). Rispondo ri- spettosamente e apertamente : fu un estraneo per il compagno Mar- tov. Dimostrazione: io conclusi ben presto un accordo diretto con gli iskristi, mentre il compagno Martov non concluse e non potè concludere un accordo diretto né col luzny Raboci né col compagno Makhov né con la compagna Brucker. Solo chiarendosi questa situazione politica si può capire dove stia il « nocciolo » della dolente questione della famigerata « fal- sa » lista. Immaginate in concreto il reale stato di cose : l’organizza- zione dtWIsfya si è scissa, e noi svolgiamo liberamente la nostra agi- tazione al congresso, difendendo le nostre liste. Durante questa di- fesa, in un gran numero di singole conversazioni private, le liste si combinano in cento e cento modi; invece del gruppo a cinque si prospetta un gruppo a tre, si propongono tutte le possibili sostitu- zioni di un candidato con un altro. Io, per esempio, ricordo bene che nelle conversazioni private della maggioranza vennero avan- zate c poi, dopo discussioni e polemiche, respinte le candidature dei compagni Rusov, Osipov, Pavlovic, Dedov. Può darsi benissimo che veoissero avanzate anche altre candidature che non mi sono note. Ogni delegato esprimeva nelle conversazioni la propria opinione, proponeva modifiche, discuteva, ecc. È sommamente difficile sup- porre che questo avvenisse solo in seno alla maggioranza. È senz’al- tro fuori dubbio che in seno alla minoranza avvenne la stessa cosa, giacché 1 originario gruppo a cinque (Popov, Trotski, Fomin, Gle- bov, TraVinski) fu in seguito sostituito, come risulta dalla lettera dei compagni Martov e Starover, con un gruppo a tre: Glebov, Trot- ski, Popov; ma poi scartarono Glebov e Io sostituirono volentieri eoa Fomin (cfr. il foglio dei compagni Liadov e Gorin), Non va dimen- 40 6 LENIN ticato che i gruppi nei quali io suddivido i delegati, nel testo dellV puscolo, sono stati da me delimitati in base ad un’analisi svolta po- st factum : in realtà, durante l’agitazione preelettorale questi grup- pi erano soltanto accennati, e lo scambio delle opinioni tra i delegati avveniva del tutto liberamente; non c’era tra noi alcuna « mura- glia », ed ognuno parlava con ogni delegato con cui avesse un qual- che desiderio di parlare in privato. Non può affatto sorprendere che in una simile situazione, tra tutte le possibili combinazioni e liste, sia venuta fuori, accanto alla lista della minoranza dell’organizza- zione dcWIs^ra (Popov, Trotski, Fomin, Glebov, Travinski), una lista che non se ne distingue molto: Popov, Trotski, Fomin, Stein e Iegorov. L’emergere di una simile combinazione di candidati è e- stremamente naturale, perché i nostri candidati Glebov e Travinski notoriamente non piacevano alla minoranza dell’organizzazione deh* Visura (cfr. la loro lettera nel contesto del § j, dove essi eliminavano Travinski dal gruppo a tre, mentre a proposito di Glebov dicono apertamente che si tratta di un compromesso). La costituzione , di Glebov e Travinski coi membri del comitato di organizzazione Stein •e Iegorov era del tutto naturale, e sarebbe stato davvero strano se a nessuno dei delegati della minoranza ne fosse venuta in mente l’idea. Esaminiamo ora le due seguenti questioni : i) da chi partiva la lista Iegorov, Stein, Popov, Trotski, Fomin, e 2) perché il compa- gno Martov era profondamente indignato per l’attribuzione di que- sta lista? Per rispondere con precisione alla prima domanda biso- gnerebbe interpellare tutti i delegati del congresso. Il che è impossi- bile in questo momento. Bisognerebbe in particolare chiarire: qua- li delegati della minoranza del partito (non bisogna confondere que- sta minoranza con la minoranza dell’organizzazione dell’/r^r#) sen- tirono parlare al congresso delle liste che provocarono la scissione dell’organizzazione dc\Yls\raì che atteggiamento assunsero nei con- fronti delle due liste della maggioranza e della minoranza dell’orga- nizzazione dell’/j^ra? non proposero e non sentirono parlare di qualche proposta od opinione in merito a un’auspicabile modifica della lista della minoranza dell’organizzazione dell’Jj^rtf? Purtrop- po queste' domande non vennero fatte, a quanto pare, neanche da- vanti al collegio arbitrale, al quale (a giudicare dal testo della sen- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 407 tenza) rimase addirittura ignoto quali fossero i «gruppi a cin- que » a motivo dei quali si era trovata discorde l’organizzazione del- Ylskra. Il compagno Belov (da me attribuito al « centro »), per esem- pio, « ha deposto che era in rapporti di buon cameratismo con Deut- sch, che gli aveva comunicato le proprie impressioni sui lavori del congresso; e, se Deutsch avesse svolto una qualche agitazione in fa- vore di questa o quella lista, ne avrebbe fatto parola anche con Be- lov ». Non ci si può non rammaricare che non sia stato chiarito: ave- va il compagno Deutsch comunicato, durante il congresso, al compagno Belov le sue impressioni sulle liste dell’organizzazione dcìYIs^raì E, in tal caso, quale atteggiamento aveva assunto il com- pagno Belov riguardo alla lista a cinque della minoranza dell’orga- nizzazione del Visura? Non aveva per caso proposto o sentito parla- re di qualche auspicabile modifica? A causa del mancato chiarimento di questa circostanza si ha nelle deposizioni dei compagni Bdov e Deutsch quella contraddizione che già vi hanno rivelato i compagni Gorin e Liadov, e cioè che il compagno Deutsch, nonostante le sue affermazioni, « aveva svolto un’agitazione a vantaggio di questi o quei candidati al CC » designati dairorganizzazione dell7r \ra. Il compagno Belov depone inoltre che « della lista che circolava al con- gresso egli era venuto a conoscenza, privatamente, due giorni dopo la fine del congresso, essendosi incontrato con i compagni Iegorov, Popov e i delegati del comitato di Kharkov. Inoltre, Iegorov si era dichiarato stupito per l’inclusione del suo nome nella lista dei can- didati al CC, poiché, secondo l’opinione dello stesso Iegorov, la sua candidatura non avrebbe potuto incontrare simpatia tra i delegati, sia della maggioranza che della minoranza». È oltremodo carat- teristico notare che qui si parla della minoranza dell’ organizzazione dell* « ls\ra », perché tra la restante minoranza del congresso la can- didatura del compagno Iegorov, membro del comitato di organizza- zione e noto oratore del « centro », non solo poteva, ma con tutta probabilità doveva incontrare simpatia. Ma purtroppo, della sim- patia o antipatia dei membri della minoranza del partito, che non appartengono all’organizzazione dell'/r^nz, non riusciamo a sapere niente dal compagno Belov. Eppure, è questa la questione importante: il compagno Deutsch infatti si era indignato che la lista fosse stata attribuita alla minoranza dell’organizzazione d t\Yls\ra } mentre po- 408 LENIN teva ben partire dalla minoranza non appartenente aH’organizzazione! Va da sé che è oggi molto difficile ricordare chi abbia fatto per primo la proposta di una simile combinazione di candidati e da chi ciascuno di noi ne abbia sentito parlare. Io, per esempio, non rie- sco a ricordare non soltanto questo, ma neanche chi della maggioran- za abbia per primo avanzato le candidature sopra menzionate di Rusov, Dedov e altri : del gran numero di conversazioni, proposte, voci su tutte le possibili combinazioni di candidati si sono impresse nella mia memoria solo le « liste » che vennero apertamente messe ai voti neirorganizzazione At\VIs\ra o nelle riunioni private della maggioranza. Queste « liste » venivano il più delle volte comunicate a voce (nella mia Lettera alla redazione deir a ls\ra », p. 4, riga 5 dal basso, io chiamo « lista » la combinazione di cinque candidati i da me proposta a voce in riunione), ma molto spesso venivano an- j che trascritte in foglietti che circolavano da un delegato airaltro durante le sedute del congresso e che venivano abitualmente di- strutti alla fine della seduta. ! Dal momento che non si hanno dati precisi suirorigine della fa- migerata lista, non resta che supporre o che un delegato della mi- noranza del partito ignoto alla minoranza dell’organizzazione del- Visura si sia dichiarato favorevole a una combinazione di candidati qual è quella di questa lista, e questa combinazione, a voce e per iscritto, abbia cominciato a circolare in seno al congresso; oppure che favorevole a questa combinazione si sia dichiarato qualcuno dei membri della minoranza deirorganizzazione Az\\'Is\ra che poi se ne dimenticato. A me sembra più verosimile la seconda ipotesi, perché la candidatura del compagno Stein incontrava, indubbiamen - te, la simpatia della minoranza dell’organizzazione AeìVIs^ra già al congresso (si veda il testo del mio opuscolo), mentre è indubbio che questa minoranza sia giunta all’idea della candidatura del com- pagno Iegorov dopo il congresso (poiché tanto al congresso della Lega quanto nello Stato d’assedio viene espresso il rammarico per la mancata conferma del comitato di organizzazione come Comitato centrale, e il compagno Iegorov era appunto membro del comitato di organizzazione). Non è naturale supporre che l’idea di trasforma- re i membri del comitato di organizzazione in membri del CC, che evidentemente era neH’aria, sia stata espressa da qualcuno dei mem- UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 409 bri della minoranza in una conversazione privata anche al congres- so del partito? Ma il compagno Martov e il compagno Deutsch, invece di dare una spiegazione naturale, sono inclini a scorgervi senz’altro sozzura, perfidia, un che di disonesto, la diffusione di « voci notoriamente false allo scopo di danneggiare », la « falsificazione nell' interesse della lotta di frazione », ecc. Questa morbosa aspirazione può essere spiegata solo con le condizioni malsane di vita deiremigrazione o con uno stato anormale dei nervi, e io non avrei neanche pensato di soffermarmi su questa questione, se non si fosse tramutata in un indegno attentato alPonore di un compagno. Ma pensate: quali fon- damenti potevano avere i compagni Deutsch e Martov per cercare una lurida e cattiva intenzione in una comunicazione non vera, in una voce non vera? La loro immaginazione malata ha dipinto loro, evidentemente, un quadro secondo cui la maggioranza li avrebbe « danneggiati » non con l’indicare Terrore politico della minoranza (§ 1 e coalizione con gli opportunisti), ma con l’attribuire a questui- tima liste « notoriamente false », « falsificate ». La minoranza ha preferito spiegare la cosa non col suo errore, ma coi luridi, disone- sti, vergognosi metodi^ della maggioranza! Fino a che punto sia irragionevole cercare una cattiva intenzione in una « comunicazio- ne inesatta » l’abbiamo mostrato sopra, quando abbiamo delineato le circostanze dell’incidente; lo ha visto con chiarezza anche il col- legio arbitrale di compagni, il quale non ha riscontrato ombra di calunnia e cattiva intenzione, di metodo vergognoso. Ciò è infine dimostrato con la massima evidenza dal fatto che al congresso del partito, prima ancora delle elezioni, la minoranza dell’organizza- zione deir/j^nz aveva avuto uno scambio di vedute con la maggio- ranza a proposito della falsa voce, e il compagno Martov si era spie- gato persino in una lettera, che era stata letta alla riunione di tutti e 24 i delegati della maggioranza! La maggioranza non pensava neanche lontanamente di celare alla minoranza dell’organizzazione dtWIsf^ra che al congresso circolava una determinata lista : il compa- gno Lenski ne aveva parlato al compagno Deutsch (cfr. la sentenza del collegio), il compagno Plekhanov ne parlava alla compagna Za- sulic («con lei è impossibile parlare; lei mi prende, a quanto pare, per un Trepov », mi aveva detto il compagno Plekhanov, e questo LENIN 410 scherzo, molte volte ripetuto, dimostra ancora una volta l'anorma- le eccitazione della minoranza); io dichiaro al compagno Martov che mi bastava (atti della Lega, p. 64) la sua affermazione (che la lista non gli apparteneva). Allora il compagno Martov (se ben ricordo, insieme con il compagno Starover) inviò alla presidenza un biglietto airincirca cosi concepito : « La maggioranza della redazione del- Vlsfya chiede che la si ammetta alla riunione privata della maggio- ranza per smentire le voci diffamatorie diffuse sul suo conto ». A questo biglietto io e Plekhanov rispondemmo : « Non abbiamo sen- tito nessuna voce diffamatoria. Qualora sia necessaria una riunione della redazione, è necessario accordarsi appositamente. Lenin. Ple- khanov». Quando la sera giungemmo alla riunione della maggio- ranza, raccontammo la cosa a tutti e 24 i delegati. Per eliminare ogni possibilità di malinteso, si decise di scegliere di comune accordo due delegati di tutti noi 24 e di inviarli per uno scambio di vedute coi compagni Martov e Starover. I delegati prescelti, compagni Sorokin e Sablina, andarono e spiegarono che nessuno attribuiva in special modo la lista a Martov o a Starover, specie dopo le loro dichiara- zioni, e che era affatto irrilevante che questa lista partisse, in un modo o nell'altro, dalla minoranza deirorganizzazione dell ’ Iskra oppure dalla minoranza del congresso non appartenente a quest’or- ganizzazione. Non era davvero il caso di aprire un'inchiesta! Non era il caso di interpellare tutti i delegati! E, per di piu, i compagni Martov e Starover ci scrissero una lettera con una smentita formai le (efr § j). I nostri plenipotenziari, compagni Sorokin e Sablina, lessero questa lettera, alla riunione dei 24. L’incidente si sarebbe po- tuto considerare chiuso, non nel senso delle indagini sull’origine del- la lista (se la cosa interessa a qualcuno), ma nel senso della radicale eliminazione di ogni intenzione di « nuocere alla minoranza », di « danneggiare » qualcuno, di valersi della « falsificazione nell’inte- resse della lotta di frazione». Tuttavia, alla Lega (pp. 63-64), il compagno Martov tira ancora in ballo questa sozzura, montata ad arte da una fantasia malata, facendo per di più tutta una serie di comunicazioni inesatte (evidentemente, in conseguenza del suo sta- to di eccitazione). Egli dice che nella lista c’è un bundista. Non è vero. Tutti i testimoni, ivi compresi i compagni Stein e Belov, con- fermano davanti al collegio arbitrale che nella lista c'era il compagno UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 411 Iegorov. Il compagno Martov ha detto che la lista avrebbe significato una coalizione nel senso di un accordo diretto. Non è vero, come ho già spiegato. Il compagno Martov dice che altre liste che partis- sero dalla minoranza dell’orgnaizzazione àt\YIs\ra (e fossero atte ad allontanare da questa minoranza la maggioranza del congresso) « non ce ne sono state, nemmeno falsificate ». Non è vero, poiché l’intera maggioranza del congresso del partito conosceva non meno di tre liste che partivano dal compagno Martov e soci e che non in- contrarono l’approvazione della maggioranza (cfr. il foglio di Liadov e Gorin). Perché questa lista indignava tanto il compagno Martov? Per- ché significava una svolta verso Pala destra del partito. A quel tempo il compagno Martov si mise a gridare contro la « falsa accusa di opportunismo », si indignò per l’« inesatta definizione della sua posizione politica », ma oggi tutti vedono che la questione dell’ap- partenenza della lista ai compagni Martov e Deutsch non poteva avere alcuna importanza politica, che in sostanza , indipendentemente da questa o da qualsiasi altra lista , l’accusa non era affatto falsa, ma vera e che la definizione della posizione politica era del tutto esatta. Il bilancio della spiacevole faccenda — montata ad arte — della fa- migerata falsa lista è il seguente: 1) L’attentato del compagno Martov all’onore del compagno Gu- sev per mezzo di grida sulla « vergogngosa falsificazione di una lista nell’interesse della lotta di frazione » non si può non definire, insieme con i compagni Gorin e Liadov, vergognoso. 2) Allo scopo di risanare l’atmosfera e di esimere i membri del partito dall’obbligo di prendere sul serio ogni sorta di attacchi mor- bosi, al terzo congresso del partito si dovrebbe forse stabilire una norma analoga a quella prevista nello statuto organizzativo del par- tito operaio socialdemocratico tedesco. Il § 2 di questo statuto suona : « Non può far parte del partito chi si sia reso colpevole di una grave violazione dei principi del programma del partito o di un’azione disonesta. La questione dell’ulteriore appartenenza al par- tito viene decisa da un collegio arbitrale convocato dalla direzione del partito. Una metà dei giudici è designata da chi propone l’espul- sione, l’altra metà da chi viene proposto per l’espulsione; il presi- dente è designato dalla direzione del partito* Contro la sentenza 412 LENIN del collegio arbitrale è consentito appellarsi alla commissione di controllo o al congresso del partito». Una simile norma sarebbe un valido mezzo di lotta contro tutti quelli che lanciano accuse (o diffondono voci) a cuor leggero su una qualsiasi azione diso- nesta. Se esistesse una simile norma, tutte le accuse di questo ge^ nere, fino a che gli accusatori non trovano il coraggio morale di agire davanti al partito e chiedere remissione di un verdetto ai com- petenti organismi, verrebbero una volta per sempre annoverate tra gli indegni pettegolezzi. LETTERA AI MEMBRI DEL CC Cari amici! Boris mi ha comunicato che cinque membri del CC (lui, Losciad, Valentin, Mitrofan e Travinski) hanno espresso con- tro di me un biasimo per il mio voto nel Consiglio a favore del congresso e per la mia agitazione a favore del congresso. Chiedo a ciascuno dei cinque di confermarmi la cosa oppure di chiarirla, poiché non comprendo come si possa biasimare un membro di un collegio per ciò che ha fatto in base a un suo diritto e dovere. Si può non essere d’accordo con lui, lo si può richiamare dal Consi- glio, ma « biasimarlo » è strano, perché fino a che ero nel Consi- glio non potevo non votare secondo la mia convinzione. Analoga- mente anche Pagitazione a favore del congresso è diritto di ogni membro del partito e di ogni membro del CC, per cui i pieni poteri del collegio nei confronti di un membro non possono (né formal- mente, né moralmente) limitare questo diritto per nessuno di noi. Io ho solo il dovere di comunicare che la metà, o più della metà, del CC è contraria ad un congresso. Quanto al Consiglio, le cose stanno ora cosi. Boris è stato desi- gnato (con cinque voti, come dice) al posto di Kol. Le mie dimis- sioni (come dice) non sono state accolte. Io ritiro le mie dimissioni e resto nel Consiglio. Da questo lato il conflitto è appianato, ed io chiedo solo chiarimenti a proposito del «biasimo». Ma assai più importante è un altro conflitto: Boris mi ha di- chiarato che ritiene impossibile restare nel CC se io i) non inter- romperò la mia agitazione a favore di un congresso e 2) non mi op- porrò ad un congresso, È ovvio che io non posso fare né Puna né 28-615 414 LENIN Taltra cosa, e quindi ho replicato a Boris che mi sarei spiegato con tutti i colleghi del CC e che poi gli avrei dato una risposta 9 dicen- dogli: uscirò dal CC o vi resterò. A proposito di questo conflitto, che minaccia di portare alle dimissioni di uno di noi (addirittura di una delle due parti del CC), ritengo estremamente importante una spiegazione circostanziata, spassionata e documentata. Io sono molto adirato con Boris per aver egli presentato il suo « ultimatum » senza avere letto né i verbali del Consiglio (estremamente importan- ti!), né il mio opuscolo 115 , dove chiarisco la mia posizione di princi - pio. È ragionevole inasprire il conflitto senza essersi raccapezzati nel- la complicatissima questione?? È ragionevole inasprirlo quando nel- V essenziale noi siamo solidali (per lo meno, la dichiarazione a nome del CC scritta da Valentin, che ci è stata inviata, ma che non è giunta, c della quale mi parlava Boris, sottolinea la nostra comune posizione di principio nella questione organizzativa, in contrasto con la posi- zione opportunistica della minoranza)? Persino a proposito del con- gresso discordiamo soltanto nella questione della data, poiché Boris non è affatto contrario alla convocazione di un congresso sei mesi o un anno piu tardi. Esaminate che cosa ne vien fuori : il congresso do- vrebbe tenersi secondo lo statuto Testate prossima; io ritengo che nel migliore dei casi, nel caso del piu completo successo della nostra agita- zione, la convocazione non sarà possibile prima di sei mesi, che anzi, con maggior probabilità, si potrarrà anche piu avanti. Ne risulta che la nostra « divergenza » si riduce alla determinazione del momen- to! È ragionevole mettersi a contrastare per questo? Esaminate la cosa sotto Taspetto puramente politico: Boris dice che l’agitazione a favore del congresso è incompatibile col rafforzamento del lavoro po- sitivo e che la prima danneggia il secondo. Non condivido Topinione di questa incompatibilità, ma ammettiamo pure che Boris abbia ra- gione. Ammettiamo che egli ottenga l’uscita dal CC di quelli che non la pensano come lui su questa questione. Quale sarà il risultato? Sen- za dubbio un terribile inasprimento delTagitazione, un inasprimento dei rapporti tra la maggioranza e il CC, un inasprimento anche per Boris delTopposizione, per lui spiacevole, al congresso. Vale la pena di inasprire cosi la cosa? Boris dice che è contrario al congresso in quan- to congresso significa scissione. Io penso che qui Boris non tenga giustamente conto della situazione presente e futura, ma se anche LETTERA AI MEMBRI DEL CC 415 Boris avesse ragione, allora, una volta ottenuta la nostra uscita dal CC, con questo egli rafforzerebbe di molto la probabilità di una scis- sione, proprio con l’inasprire senza scampo la situazione. Un ina- sprimento del conflitto in seno al CC è cosa incauta sotto tutti i pun- ti di vista. In sostanza, io e Boris siamo in disaccordo soltanto nel fatto che egli considera la scissione al terzo congresso inevitabile, mentre io la ritengo improbabile. Entrambi pensiamo che il terzo congresso darà la maggioranza a noi. Boris pensa che la minoranza uscirà dal partito: né noi né Martov riusciremo, dice, a trattenere gli estremi. Io penso che Boris non tenga conto della situazione in rapida evoluzione, che oggi non è piu quella di ieri, e domani non sarà piu quella di oggi. Boris si attiene al punto di vista della situazione di ieri (quando il litigio ave- va spinto in secondo piano i principi, quando si poteva sperare in un’attenuazione, in un assopimento, in un successo delle concessioni personali). Questa situazione è passata, come dimostro particolareg- giatamente nel mio opuscolo e come dimostra il generale malcontento per la nuova ls\ra (persino di uomini cosi molli come il gruppo di pubblicisti presso il CC in Russia). La situazione odierna è già diver^ sa: i principi soppiantano il litigio. Non è più questione di coopta- zione, neanche alla lontana. Si tratta invece di sapere se ha ragione in linea dì principio la nuova « h\ra ». È proprio il malcontento per la posizione di principio della nuova Js\ra, che inevitabilmente aumenterà sempre più, a suscitare con forza sempre maggiore l’agitazione a favore del congresso: di questa circostanza non tiene conto Boris. La situazione di domani respinge- rà ancora più indietro il litigio. Da una parte neanche la minoranza moralmente e politicamente potrà andarsene (ci si è lasciato sfuggire il momento favorevole per farlo, dopo il congresso della Lega). Dal- l’altra parte, come dichiaravo già al Consiglio (ancora una volta chiedo a voi tutti di leggervi i verbali del Consiglio prima di risolvere avventatamente la diffìcile questione), noi non siamo af- fatto contrari a una transazione. A tutti dichiaro che personalmente io sono del tutto pronto 1) a garantire a tutti i vecchi redattori la pubbli- cazione a spese del partito di quanto scriveranno, senza modifiche e senza annotazioni; 2) a sospendere fino al quarto congresso il diritto del CC di immettere ed escludere membri dei comitati locali; 3) a 416 LENIN garantire mediante una speciale risoluzione particolarmente i diritti urgenti della minoranza e perfino 4) — condizionalmente , in caso estremo — a rendere Visura neutrale, eliminandovi la polemica reci- proca (mediante una commissione di pratici delle due parti, ecc). Io penso che la minoranza del terzo congresso, essendo una piccola mi- noranza, non potrà, in una situazione del genere, abbandonare il congresso. Penso che al terzo congresso disperderemo definitivamente, disperderemo a mezzo di decisioni formali il miraggio dello « stato d’assedio » e otterremo che le polemiche seguano il loro corso, senza intralciare il lavoro positivo. E sta appunto in questo il nocciolo della crisi! Questo io volevo ottenere al Consiglio, per questo saranno si- curamente gli otto decimi del congresso! So perfettamente che anche Boris mira a ciò, ma senza un congresso sarà impossibile ottenerlo. Sbaglia Boris se pensa che abbiamo iniziato l’attacco (con l’agitazione per il congresso) e che la minoranza ne sia irritata. Al contrario : so- lo dopo una serie di lettere e di appelli prima del Consiglio e al Con- siglio ci siamo dichiarati per un congresso, e solo mediante l’agitazio- ne abbiamo mostrato in una certa misura la nostra forza. Chi non vuol venirsi a trovare nella situazione ridicola (va ancora bene, se è so- lo ridicola!) di Plekhanov (leggete il feuilleton del n, 65) deve aperta- mente e francamente prendere posizione nella lotta. L’agitazione a favore del congresso non si può ora interrompere in nessun modo. Bi- sogna assumere nei suoi confronti un atteggiamento di pazienza, di neutralità, se volete, e allora essa non intralcerà il lavoro positivo. Scalmanarsi contro quest’agitazione è inutile. Chiedo caldamente a ogni membro del CC di rispondermi. Dob- biamo senza meno intenderci e chiarire la questione, per lavorare in- sieme non già senza divergenze, ma senza conflitti e senza metterci reciprocamente alla porta. Scritta il 13 (26) maggio del 1904. Pubblicata con alcuni mutamenti nel 1904 nell’opuscolo; N. Sciakhov , La lotta per il congresso , Ginevra,. DICHIARAZIONE DI TRE MEMBRI DEL CC I tre membri del CC, Glebov, Zverev e Lcnìn> avendo discusso le divergenze esistenti in seno al CC, sono giunti alle seguenti con- clusioni, che devono essere comunicate a tutti i membri del CC : 1) la divergenza è cominciata sul problema della convocazione del congresso. Dopo che Lenin e Vasiliev si erano dichiarati favorevoli ad un congresso nel Consiglio del partito, la maggioranza del CC (con cinque voti contro quattro, considerando però che il voto di Travinsfy era stato trasmesso al compagno Glebov) si è dichiarata contraria al congresso. Allora Lenin e Vasiliev hanno dichiarato che uscivano tem- poraneamente dal Consiglio. Al presente, questo conflitto è stato appia- nato in modo tale 11 * che vengono considerati membri del Consiglio come rappresentanti del CC Glebov e Lenin. 2) Il compagno Glebov ha dichiarato al compagno Lenin che usci- rà dal CC se Lenin non rinuncerà a svolgere la sua agitazione (fuori del CC) a favore del congresso e non si opporrà ad un congresso. Lenin, ritenendo un tale modo di porre la questione sbagliato e inam- missibile in linea di principio, dichiara che chiederà Popinione di cia- scun membro del CC, e che darà allora una risposta, che potrà solo consistere nel dire se uscirà dal CC oppure no. (Ciò che riguarda Le- nin concerne, secondo il compagno Glebov y anche tutti i membri del CC che sono d’accordo con Lenin.) 3) Per caratterizzare con precisione la divergenza esistente in seno al CC nel momento attuale è necessario stabilire che il compagno Va - lentin e il compagno Nifytic, nella dichiarazione da loro scritta in marzo e approvata dal compagno Glebov, hanno precisato: 1) che 4i 8 LENINf sono decisamente contrari ad una cooptazione su richiesta della mino- ranza; 2) che condividono le concezioni organizzative esposte nell’opu- scolo che fare? e 3) che essi, o per lo meno due di essi, non approva- no la posizione opportunistica di alcuni pubblicisti. Quanto poi al congresso, il compagno Glebov è convinto che 1) una discordanza su questa questione introduce una doppia politica nel CC e 2) un con- gresso può portare alla scissione. Non volendo assumersi la respon- sabilità di tutto ciò, egli dichiara appunto inevitabile la sua uscita dal CC. Lenin invece ritiene che il CC, in quanto collegio responsa- bile, deve mantenere la neutralità sulla questione del congresso, la- sciando la libertà di agitazione a tutti ì suoi membri. La scissione poi è improbabile, perché la maggioranza ammette in linea di principio la possibiltà di una transazione al congresso, tanto da giungere ad- dirittura a neutralizzare Visura. 4) Finché il conflitto indicato non sia stato risolto il compagno Glebov e il compagno Lenin, ufficialmente e per tutte le azioni a no- me del CC, non agiscono altrimenti che di comune accordo e firmando in comune. Ginevra, 26 maggio 1904 I membri del CC Glebov , Zverev , Lenin . Pubblicato nel 1904 nell'opuscolo: N\ Sciakhov, La lotta per il (ongretsa ì Ginevra. AL PARTITO scheda di appello I. Risposta ai pettegolezzi sul bonapartismo* Non senso. Rispon- dere è al di sotto della dignità. Libertà di agitazione a favore del congresso. Il Comitato centrale, qua talis , a differenza dell’organo cen- trale non si pronuncia. Devono decidere i comitati, e il CC li invita a soppesare tranquil- lamente, con circospezione, i prò ed i contro , ad ascoltare entrambe le parti, a prendere visione dei documenti, senza fretta, coscienti dei loro doveri di partito. II. Appello al lavoro positivo. Importanza del momento: guerra. Appello dei delegati del CC nel Consiglio 117 . Repetitió. La lotta ideale non deve intralciare il lavoro positivo. Forme di lotta inammissibili. Non esagerare i dissidi e le diver- genze. IH. Tentativo di stabilire gradualmente rapporti tollerabili. (Ap- pello di Karl Kautsky 118 .) Il Comitato centrale propone le condizioni di un modus vivendix 1) a tutti e sei diritto di pubblicare tutto a spese del partito. 2) idem al gruppo dei pubblicisti con rappresentanza al congresso. 3) sospensione per un lungo periodo deH’immissione ed esclusione di membri. 4) garanzia per un lungo periodo di alcuni diritti della minoranza. 5) garanzia che verranno distribuite e spedite tutte le pubblica- zioni di partito che un comitato desidererà. 6) tregua per un periodo di non meno di sei mesi; finale : opuscolo di 16 pagine a metà. Ultima parola alla minoranza. Scritto dopo il 15 (28) maggio del 1904. Pubblicato per la prima volta in 'Miscellanea di Lenin, XV, 1930. CONSIGLIO DEL POSDR 31 maggio ( 13 giugno ) e 5 (18) giugno 1904 1 Pubblicato per fa prima volta in Miscellanea di Lenin, XV, 1930. DISCORSI SU UNA CONFERENZA TRA DIVERSI PARTITI jr maggio ( 13 giugno) Desidera il Consiglio che si legga la proposta del PSP? \Plekfl- nov. «Si, sarebbe desiderabile»]. «Il Partito socialista polacco' ha sempre ritenuto necessario uno stretto avvicinamento tra i campi so- cialisti polacco e russo ai fini di un maggior successo della lotta contro il comune nemico: lo zarismo. Purtroppo, finora tale avvicinamento non si è potuto realizzare, il che ha determinato una serie di incon- venienti nell’attività pratica per entrambe le parti. In considerazione di ciò salutiamo con gioia la restaurazione del POSDR come partito unico compatto, con organismi responsabili per tutte le manifestazio- ni della sua attività, giacché questo ci sonsente di fare il primo passo per conseguire il fine che da tempo ci eravamo prefissi. Per noi è chia- ro che la lunga assenza di regolari rapporti tra voi e noi ha portato a reciproci malintesi e attriti che debbono essere eliminati e attenuati prima di giungere alla definitiva precisazione dell’accordo desiderato. Il nostro Comitato operaio centrale ha perciò deciso di rivolgervi la proposta di convocare nel prossimo futuro una conferenza all’estero, alla quale partecipino delegati del nostro partito, per esaminare, assieme a tre nostri delegati, le basi e le condizioni della comune lot- ta dei due partiti. I risultati di questa conferenza potrebbero servire di base per un futuro accordo tra le corrispondenti istanze del POSDR e del PSP. In attesa di una risposta possibilmente sollecita, ecc. » In risposta a questa lettera il CC si è rivolto al PSP pregandolo di comunicare dati piu particolareggiati circa il genere di conferenza, 424 LENIN in merito a quali precisi organismi debbano inviarvi propri rappre- sentanti, al quando e al dove il PSP progetti di convocarla. Inoltre ha pregato di far sapere che atteggiamento assumerà il PSP in merito alla partecipazione alla conferenza dei socialdemocratici polacchi. Il PSP ci ha risposto con la seguente lettera: «Stimati compagni! Ci siamo alquanto meravigliati della vostra lettera, giacché le risposte alle domande che essa pone sono già con- tenute, a quanto ci sembra, nella nostra prima lettera. La conferenza da noi proposta avrebbe un carattere preparatorio, per il chiarimento delle basi di un avvicinamento tra i nostri partiti; potrebbe elaborare, per esempio, il progetto di un accordo permanente. « Da parte nostra i tre delegati per le trattative con voi sono stati designati dal CC, che rappresenta nel nostro partito la piu alta istan- za tra i congressi. Supponiamo che voi designerete i rappresentanti per le trattative con noi in seno all’istanza corrispondente del vostro partito, oppure in seno all’organismo che ha il diritto ed i relativi pieni poteri per condurre simili trattative. « La conferenza proponiamo di tenerla all’estero. La sede è cosa di secondaria importanza, anche se per noi è piu comoda Vienna. Il nostro CC ha designato i delegati per le trattative con il vostro par- tito, e non con il partito socialdemocratico di Polonia e Lituania, per cui della partecipazione di delegati del partito socaldemocratico di Polonia e Lituania non è neanche il caso di parlare ». Ecco tutti i documenti inerenti al passo compiuto dal PSP verso il nostro partito. A me personalmente sembra che la proposta del PSP, dato il suo rifiuto di invitare alla conferenza i delegati della socialde- mocrazia polacca, non possa essere da noi accettata. Quanto alla propo- sta dei finlandesi, possiamo rispondere di essere in linea di principio per una conferenza preliminare. Si potrebbe, io penso, formulare la nostra risoluzione cosi : « Il POSDR è favorevole in linea di principio a una conferenza preliminare coi rappresentanti di vari partiti rivoluzionari e d’opposi- zione per trovare un accordo su determinate questioni particolari »♦ Quanto poi alla proposta del compagno Martov di organizzare una conferenza preliminare dei soli gruppi socialdemocratici, è difficile poterla ritenere opportuna, perché, oltre al Bund, alla socialdemocra- zia polacca e al partito « Il proletariato » 120 , esistono nelle regioni pe- CONSIGLIO DEL POSDR 4*5 riferiche altre organizzazioni socialdemocratiche la cui partecipazio- ne è poco probabile che sia opportuna, mentre il non invitarle alla conferenza potrebbe offenderle. I compagni Axelrod e Martov affermano che tra i lituani esistono due frazioni \Martov\ «Due correnti».] Ora succede che alla con- ferenza noi dovremmo incontrarci con quella che si sente attratta verso i socialisti-rivoluzionari, verso l 'Osvobozdenic, e propende verso il ter- rorismo (secondo le parole del compagno Axelrod), mentre la secon- da frazione è molto debole. Occorre informarsi con maggior precisio- ne su come stiano le cose. Se si tratta solamente di due correnti, la co- sa non ci riguarda, e noi ci uniamo con l’attuale partito lituano. Ma se esistono due frazioni, potremo trovarci in una situazione molto imbarazzante, se faremo una scelta infelice. Bisogna prima chiarire la forza e l’orientamento di queste frazioni. Quanto poi al Caucaso, lo si dovrebbe, a mio avviso, invitare alla conferenza. A questo scopo dobbiamo informarci se ci sono laggiù organizzazioni socialdemocrati- che che potrebbero andare a braccetto con noi. DISCORSI SULLA COOPTAZIONE NEI COMITATI E SUL DIRITTO DEL CC A IMMETTERVI NUOVI MEMBRI 5 ( l8 ) g^gno I In questa risoluzione, indipendentemente dalla sua conclusione pratica, proporrei di modificare l’inizio. Siccome, in sostanza, sul con- flitto di Mosca non possiamo prendere decisioni precise per mancanza di dati, anche la risoluzione non dovrebbe essere ricollegata ai pre- cedenti conflitti. In generale proporrei, nel caso che una parte di un’or- ganizzazione ci scriva esprimendo il proprio malcontento nei confron- ti dell’altra parte, di portare la missiva a conoscenza dell’altra parte interessata, per darle la possibilità di dire la sua. Relativamente al conflitto di Mosca, per esempio, le cose non so- no andate come dice il compagno Martov. In base ai dati in mio pos- sesso, tre su cinque desideravano completare il comitato con due mem- bri, sul che gli altri erano d’accordo, ma a condizione di immetterne un terzo, cioè conservando, e persino rafforzando, la tendenza pre- dominante. Solo il rifiuto categorico della maggioranza di consentire a questa combinazione ha determinato nei compagni di Mosca il de- siderio di richiamarsi allo statuto. Se un membro del CC si è dichia- rato favorevole all’interpretazione dello statuto data dalla maggio- ranza del comitato, in compenso un altro rappresentante del CC si è dichiarato contrario ad una simile interpretazione. Espongo il fatto solo a titolo informativo e perchè venga messo a CONSIGLIO DEL POSDR 427 verbale. Propongo dunque di modificare l’inizio della risoluzione del compagno Martov nel senso che essa abbia in vista la fissazione di una determinata norma valevole d’ora in poi per l’avvenire. In sostan- za, però, sarei del parere di considerare ogni frazione come un’unità. II L’incidente in questione porta ancora una volta all’idea della neces- sità, nel caso di una lagnanza da una qualsiasi parte, di informare immediatamente della cosa anche l’altra parte, affinché essa possa dare i propri chiarimenti. Solo cosi avremo la possibiltà di adottare que- ste o quelle decisioni in merito ai conflitti che sorgono. Secondo i dati in nostro possesso, le cose sono andate cosi. Il comitato di Nikolaiev era composto da rappresentanti della maggioranza. In seguito cadde- ro tutti in una retata. Dopo di ciò il CC, oppure, forse un suo rappre- sentante, designò al comitato di Nikolaiev tre membri, dei quali due che non erano di Nikolaiev e uno che vi aveva già lavorato ed era in possesso di tutta una serie di collegamenti. È anche possibile che que- st’uno al momento della retata non fosse a Nikolaiev, Quando i can- didati del CC giunsero a Nikolaiev vi trovarono già presenti due membri della minoranza desiderosi di lavorare, e acconsentirono ad accoglierli. I tre cooptarono dunque i due. Cosi stanno le cose. Per una verifica si possono assumere informazioni presso i membri del comitato, se non sono ancora caduti nella rete... [ Martov : « Sono già caduti nella rete... »]. Secondo i dati in nostro possesso, questi fatti si presentano sotto tutt’altra luce, e a me sembra che i due membri della maggioranza abbiano agito giustamente. Il luogo di residenza dei candidati desi- gnati dal CC può servire da pretesto per non accettarli. Propongo an- cora una volta una risoluzione secondo cui si devono ascoltare, in caso di lagnanza, le due parti. Inoltre, per ciò che riguarda il nocciolo della questione, non sono d’accordo con la risoluzione del compagno Mar- tov in linea di principio. Non si può privare il CC del diritto di im- mettere propri candidati nei comitati. Certo, di ogni potere si può abusare, ma per lottare contro questo male esiste un controllo : esiste, per esempio, la stampa, l’attività del Consiglio, eco. Mi associo all’opi- LENIN" 428 nione che la questione delle sfumature di frazione nella cooptazione di nuovi membri non deve trovar posto. Non conosco a tutt’oggi alcuna immissione forzata di compagni da parte del Comitato centrale. Tutti questi discorsi suirimmissione forzata inducono il CC a essere molto cauto, e la semplice discrezione gli suggerisce di non valersi del pro- prio diritto, III Voglio fare alcune osservazioni. Prima di tutto vorrei rilevare che l'affermazione secondo cui al comitato di Nikolaiev sarebbero stati inviati due candidati da Odessa, o addirittura ad opera del comitato di Odessa, è basata su un malinteso. Con tutta probabilità, a Odessa si trovava un fiduciario del CC, che prese appunto le misure volte a rico- stituire il comitato di Nikolaiev dopo la retata. In ogni caso, sappiamo con tutta certezza che i tre compagni sono stati designati soltanto dal Comitato centrale. Dico questo, tra l’altro, per eliminare ogni possibi- le malinteso al riguardo. In secondo luogo, la dichiarazione del com- pagno Martov che neanche a lui è noto un solo esempio di immissione forzata di candidati del CC nei comitati locali è molto importante, tanto piu importante in quanto la redazione, grazie all’aiuto dei suoi fiduciari, è pienamente al corrente della situazione esistente nel par- tito. Quanto poi alla ragazza che, secondo le parole del compagno Martov, chiedeva che la si immettesse nel comitato di Mosca senza votazione, è ben difficile che questo esempio possa avere un qualche valore, giacché non ci sono noti né le circostanze della cosa né i pote- ri di cui disponeva la ragazza; e poi, la ragazza venne comunque ac- cettata nel comitato dopo una votazione. In terzo luogo, ritengo anche molto importante rilevare la frase del compagno Martov secondo cui in condizioni normali è impossibile limitare l’influenza del CC sulla composizione dei comitati locali. Qualora ci si voglia qui richiamare alle accuse rivolte al CC di « fabbricare » artificialmente i comitati, analoghi rimproveri si sentono spesso ripetere anche airindirizzo del- l’organo centrale. Ma poiché questi fatti in realtà non esistono, come afferma lo stesso compagno Martov, e tutta la questione si riduce sol- tanto all 'eventualità, a me sembra che quest’ultimo motivo sia ancora insufficiente per limitare il potere del CC, tanto più che praticamente CONSIGLIO DEL POSDR 429 già in sé questo modo di. porre la questione provoca una certa irrita- zione. Sono pronto ad associarmi airopinione del compagno Martov che i due membri del comitato dì Nikolaiev da lui menzionati sono dei militanti rivoluzionari molto preziosi, ma essi, vedete, sono stati accet- tati nel comitato. In generale si può dire che il CC, proprio in forza di tutti i possi- bili rimproveri mossigli in questi ultimi tempi, ha agito con la masima circospezione c non si è precipitato a valersi del proprio diritto di im- mettere nuovi membri nelle organizzazioni locali. Ed io non ho niente in contrario a che la tattica della circospezione venga temporaneamente convalidata, per evitare e stroncare le false voci sul Comitato centrale. Inoltre, per ciò che riguarda la questione da noi sollevata che nel caso di una lagnanza venga informata l’altra parte interessata, propongo la seguente risoluzione : « Il Consiglio del partito prega tutte le orga- nizzazioni del partito, per tutti i casi in cui una parte qualsiasi di un’organizzazione si rivolga con una lagnanza o con una richiesta al Consiglio del partito, di comunicare immediatamente Finterò conte- nuto di questa lagnanza o richiesta all’altra parte dell’organizzazione, poiché il Consiglio del partito deve poter conoscere l’esposizione della cosa da entrambe le parti per dirimere la controversia. La stessa pre- ghiera vale per i casi in cui un’organizzazione si lagni di un’altra or- ganizzazione », DISCORSO SUL GIORNALE « RASSVET » 521 5(18) ghigno * Purtroppo non posso dir molto in difesa del Rassvet . Finora si c effettivamente costretti a riconoscere che quest’esperimento non è af- fatto riuscito. Bonc-Bruievic è un pubblicista inesperto che doveva con- tare sull’aiuto degli altri pubblicisti del partito. Quest’ultimo gli è mancato, e in queste condizioni addossare a I11Ì solo tutta la respon- sabilità dell’insuccesso è ingiusto. Finora sono trascorsi solo cinque mesi dall’inizio della pubblicazione. È possibile che quest’organo di stampa possa ancora riprendersi, specialmente se gli verranno in aiu- to altri pubblicisti. Qualcosa, tuttavia, è stato fatto: i legami tra i se- guaci delle sette si stanno estendendo sia in America che in Russia. Inoltre va notato che dal lato finanziario la pubblicazione non grava sul partito, perché il Rassvet viene pubblicato con fondi particolari. Ritengo prematura la soppressione del Rassvet e propongo di conti- nuare l’esperimento. CHE COSA CI PROPONIAMO DI OTTENERE? {Al partito) Or non è molto ha avuto luogo una riunione privata di 19 membri del POSDR (tra i quali c’erano delegati al seccndo congresso, mem- bri di comitati e di altre organizzazioni di partito, nonché rivoluzio- nari non appartenenti a organizzazioni di partito). Questa conferenza di uomini che la pensano allo stesso modo, il cui punto di vista è quel- lo della maggioranza del secondo congresso del partito, ha discusso la questione della nostra crisi e dei mezzi per uscirne e ha deciso di ri- volgersi a tutti i socialdemocratici russi col seguente appello. Compagni! La grave crisi del partito si protrae all’infinito. La con- fusione cresce sempre piu, generando nuovi conflitti, frenando su tut- ta la linea e in dimensioni assai gravi il lavoro positivo, minando sem- pre piu il legame tra il partito c il suo organo centrale, che si è defi- nitivamente trasformato in organo di un circolo, in particolare di un circolo estero. Lo scovare divergenze, Pesumare vecchie questioni da gran tempo risolte e già appartenenti al passato, il civettare cogli op- portunisti coerenti, un’incredibile confusione nei ragionamenti, lo sfacciato ignorare il congresso del partito, le sue discussioni e le sue de- cisioni, il farsi beffe deirorganizzazione e disciplina di partito, della maggioranza dei rivoluzionari che hanno creato il partito e dirigono il lavoro locale, e ciò con cattiveria e cavilli, sulla base di dati indimo- strabili e di comunicazioni anonime e incontrollate, il ridere sotto i badi per le deficienze nel lavoro dei comitati dell’ala rivoluzionaria del partito : ecco quanto vediamo nella nuova Is\ra y diventata focolaio di discordia, ecco quanto ci ha dato la redazione bocciata dal congresso, 432 LENIN che si è valsa di concessioni personali per nuovi litigi cooptazioni i, allo scopo di distruggere il partito. Eppure il momento storico che la Russia sta attraversando impone al nostro partito la tensione di tutte le sue forze. L’eccitazione rivo- luzionaria in seno alla classe operaia, il fermento negli altri strati della popolazione cresce di continuo, la guerra e la crisi, la fame e la di- soccupazione minano sempre piu profondamente le basi dell’autocra- zia; la fine ignominiosa dell’ignominiósa guerra non è ormai tanto lontana; e questa fine decuplicherà ineluttabilmente Peccitazione ri- voluzionaria, porrà la classe operaia faccia a faccia coi suoi nemici, richiederà dalla socialdemocrazia l’adozione delle piu energiche mi- sure offensive. Un’organizzazione di partito compatta, un orientamen- to marxista-rivoluzionario coerente, la riduzione della lotta inter- na di partito entro limiti convenienti e dignitosi, di modo che non porti alla disorganizzazione e non intralci il lavoro positivo; queste rivendicazioni urgenti di tutto il movimento operaio della Russia de- vono essere immediatamente e ad ogni costo realizzate, se non si vuo- le compromettere del tutto il buon nome del Partito operaio socialde- mocratico russo e l’influenza da esso acquisita. Primo passo per raggiungere questo scopo deve essere l’introdu- zione di una completa chiarezza, franchezza e sincerità nei rapporti tra i vari gruppi, tendenze e sfumature del nostro partito. È indiscu- tibile che vi sono momenti in cui l’interesse della causa esige che si passino sotto silenzio le divergenze parziali, ma sarebbe il piu triste e imperdonabile degli errori credere che il partito stia attraversando u- no di questi momenti. Le concessioni personali alla minoranza non hanno frenato le discordie, le questioni controverse sono ormai poste nettamente, a tutto il partito è stata lanciata una sfida aperta, e soltanto la debolezza e l’ignoranza possono sognare un ritorno a un passato ir- revocabile, la possibilità di nascondere qualcosa, di non dire tutto fi- no in fondo, di dissimulare qualcosa, di tenersi al riparo da qualcosa. No, la politica del lavarsi le mani, la politica deU’astensione passiva, la politica del laisscr fai re, laisser passer si è già dimostrata compieta- mente inadatta nella nostra lotta di partito. Continuare ad avere un at- teggiamento elusivo, a fare i furbi e a tacere sarebbe non solo inu- tile e vile, ma addirittura delittuoso. Noi prendiamo l’iniziativa di un’aperta esposizione di tutto il programma della nostra lotta aU’inter- CHE COSA CI PROPONIAMO DI OTTENERE? 433 no del partito, invitiamo ad una simile esposizione i rappresentanti di ogni sorta di sfumature dei socialdemocratici russi, tanto di quelle che appartengono al partito quanto di quelle che a determinare condi- zioni si propongono di venirne a far parte. Solo una completa chiarez- za e sincerità possono dare a tutti gli operai coscienti e a tutti i mem- bri del partito il materiale necessario per decidere in maniera giu- sta e risoluta le questioni controverse. Il nostro punto di vista è quello della maggioranza del secondo congresso. Nell’erroneità della posizione della minoranza al congres- so, nella tendenza a difendere questa posizione, prescindendo dalla vo- lontà del partito, noi vediamo la causa fondamentale di tutti i succes- sivi errori e di tutto il dissenso. L’errore fu duplice: in primo luo- go, il vecchio circolo redazionale d d\'ls\ra non aveva nessun altro presso cui cercare un appoggio tranne l’ala opportunistica del congres- so e del partito. In secondo luogo, quest’unione con gli opportunisti palesi (alla cui testa si trovava e continua a trovarsi il compagno Aki- mov) si è definitivamente realizzata ed è diventata una divisione del partito solo in una questione come l’elezione dei centri. Dal primo er- rore sono logicamente e inevitabilmente scaturiti la confusione teorica e i tentennamenti opportunistici che noi vediamo nei ragionamenti della nuova h\rq, nella misura in cui questi ragionamenti possono essere considerati di principio. Dal secondo errore sono scaturite la difesa del vecchio circolo redazionale contrariamente alla volontà del partito, la difesa e la giustificazione dello spirito di circolo contro Io spirito di partito, l’introduzione nelle nostre polemiche di metodi che sono in tutto e per tutto propri del litigio filisteo e della baruffa di circolo, e non della lotta tra membri del partito che sappiano rispettare e il proprio partito e se stessi. Dal primo errore è logicamente e ine- vitabilmente scaturito che attorno alla minoranza si sono uniti tutti gli elementi gravitanti verso l’opportunismo, tutti gli ele- menti inclini a far retrocedere il partito e a prendersi la rivincita per le offese arrecate dalla socialdemocrazia rivoluzionaria ai suoi avversari, tutti gli elementi che incarnano le tendenze proprie degli intellettuali insite nel nostro movimento, tutti gli elementi inclini a negare, come gli intellettuali anarchici, l’organizzazione e la disciplina. Dal secon- do errore sono scaturiti il dominio di un circolo estero sulla maggio- ranza dei militanti russi e l’orgia degli scandali propria dcll’emigra- 434 LENIN zione, che per la minoranza sostituiscono i mezzi di convincimento. Tutti i dubbi sono ora svaniti. Nessuna esitazione è possibile per coloro che sono membri del partito non solo a parole, per coloro che vogliono realmente difendere gli interessi vitali del nostro movi- mento operaio. La lotta è aperta; viene condotta su tutta la linea da parte della minoranza; noi accettiamo la sfida; vogliamo una lotta inesorabile, airultimo sangue. Noi lottiamo contro il sistema dei circoli in generale e contro il vecchio circolo redazionale in particolare in nome dello spirito di partito. Noi lottiamo, nell’interesse del mo- vimento operaio russo, contro il litigio estero. Noi lottiamo, in nome delle tendenze proletarie-rivoluzionarie del nostro movimento, con- tro le tendenze intellettuali-opportunistiche. Noi lottiamo per l'orien- tamento coerente ai principi della socialdemocrazia rivoluzionaria contro i tentennamenti, gli zigzag ed i ritorni ad un passato già da gran tempo superato. Noi lottiamo per una salda organizzazione di partito della nostra avanguardia operaia contro la mancanza di disci- plina degli intellettuali, la disorganizzazione e l’anarchia. Noi lottia- mo per il rispetto dei congressi del partito, contro la fiacca volubilità, contro le parole che divergono dai fatti, contro la derisione degli accor- di e delle decisioni prese di comune accordo. Noi lottiamo per la pub- blicità di partito contro. la tattica della nuova lsk/a e del nuovo Consi- glio del partito, consistente nel chiudere la bocca alla maggioranza e nel nascondere sotto il moggio i propri verbali. Dal nostro programma di lotta scaturiscono di per sé i suoi mezzi ed i suoi scopi immediati. 11 primo mezzo è dato dall’onnilaterale e piu vasta agitazione orale e scritta. Su questo punto non metterebbe conto soffermarsi, se la lotta piena di litigi della minoranza non aves- se generato nel nostro partito quel famigerato (già giustamente deriso dal comitato di Iekatcrinoslav e da molte altre organizzazioni) « con- ciliatorismo » che nasconde la testa sotto l’ala e predica la cessazione della lotta della maggioranza contro la minoranza. Solo con la pu- sillamimità, la stanchezza o il ritorno allo stato selvaggio si può spie- gare resistenza di punti di vista così puerili da essere indegni di qual- siasi membro adulto del partito. Si può e si deve cercare di contenere la lotta di partito entro limiti di partito, lo si può e lo si deve fare non solo mediante le esortazioni; ma la proposta di non difendere piu ciò che si è difeso al cospetto di tutto il partito al congresso e che si ritie- CHE COSA CI PROPONIAMO DI OTTENERE? 435 ne necessario per gli interessi vitali del partito, una simile proposta, se ci si decidesse a farla pubblicamente, sarebbe degna soltanto del di- sprezzo generale. Come secondo e decisivo mezzo di lotta noi consideriamo la con- vocazione di un congresso del partito. Noi appoggiamo in- tutto e per tutto i comitati che sono scesi in campo con le richieste dell'immediata convocazione del terzo congresso del partito. Riteniamo nostro dovere soffermarci in particolare sulle ragioni ipocrite di cui la redazione della nuova ls\ra ed i suoi complici palesi e segreti si valgono come di argomenti contro il congresso, celando diligentemente quest'argo- mentazione (diffìcilmente conciliabile col dovere di partito) agli occhi del mondo (come fanno la Lega estera e la redazione AtWlsfya, la cui agitazione solo in parte è stata portata alla luce del sole e smasche- rata dai comitati). Primo argomento; il congresso porterà alla scis- sione. Già il solo fatto che la minoranza scenda in campo con un ar- gomento del genere fa vedere tutta la falsità della sua posizione. Par- lando cosi, infatti, la minoranza riconosce che il partito è contro di essa, che un circolo estero si è imposto con la forza al partito, che es- so si regge solo grazie alla lontananza della Russia e alla difficoltà delle condizioni esterne di lavoro dei veri rivoluzionari. Chi è onesto col partito, chi vuole sinceramente collaborare non teme, ma anzi desi- dera il congresso, per eliminare la discordia, per far sf che tra il par- tito ed i suoi collegi di funzionari s'instauri una reciproca corrispon- denza, per eliminare Pindegna ambiguità. Mettere avanti la scissione come spauracchio vuol solo dire mostrare all'evidenza di non avere la coscienza pulita. Senza sottomissione della minoranza alla maggio- ranza non può esservi un partito che in qualche modo sia degno del nome di partito operaio; e, se sono necessarie concessioni reciproche (e non unilaterali), se talvolta si richiedono transazioni e accordi tra le parti, solo al congresso sono possibili ed ammissibili. Nessun rivolu- zionario che abbia stima di sé vorrà restare in un partito che non si sfascia solo per l'artificiosa dilazione del congresso. Secondo argomento : la pacificazione è ancora possibile senza con- gresso. Si ignora su che cosa si fondi una simile opinione. I suoi so- stenitori parlano ed agiscono esclusivamente dietro le quinte. Non è tempo di farla finita con questi intrighi dietro le quinte, che pos- sono solo decuplicare la reciproca sfiducia, acuire l'inimicizia ed of- 436 LENIN fuscare la situazione? Se nessuno ha l’ardire di scendere pubblicamente in campo con un piano di pacificazione, non dipende forse questo dal fatto che nella presente situazione è appunto impossibile un piano del genere che nel migliore dei casi non muova al riso? Chi per pace intende la cooptazione nel CC di compagni cari alla minoranza non desidera la pace, ma una lotta piu aspra della maggioranza, non capisce che la lotta di partito ha irrevocabilmente oltrepassato i limiti del mero litigio cooptazionale. Chi per pace intende la cessazione delle polemiche e della lotta ritorna alla mentalità del vecchio circolo: nel partito ci saranno sempre polemiche e lotta, occorre soltanto conte- nerle entro limiti di partito, e solo un congresso può farlo. Insomma, comunque rigiriate la parola d’ordine della pace senza congresso, comunque rigiriate l’idea di pacificare i contendenti senza soddi- sfare né l’una né l’altra parte, vedrete che quest’idea geniale espri- me soltanto smarrimento e mancanza di idee, soltanto ignoranza di ciò che si vuole e di ciò che cì si propone di ottenere. Se persino il pia- no di un uomo cosi influente (un tempo influente) come Plekhanov di domare l’incendio al suo stesso divampare mediante le massime conces- sioni personali ha subito un fiasco completo, è forse possibile parlare seriamente di piani del genere oggi ? Terzo argomento: è possibile una contraffazione del congresso. A quest’argomento ha già risposto il comitato di Pietroburgo, definen- dolo un’insinuazione l22 . E questa dichiarazione di un comitato locale è stato uno schiaffo ben meritato per coloro che lanciano accuse a tradimento, senza essere in possesso del piu piccolo fatto, benché nel- le mani della minoranza si trovi c il supremo Consiglio e l’organo di stampa del partito, per cui la minoranza ha nelle proprie mani non solo lo strumento per smascherare pubblicamente gli abusi che essa so- spetta, ma anche lo strumento per correggerli e reagire amministrati- vamente. Tutti sanno che la minoranza si sarebbe già da tempo messa a gridare sui fatti, se ve ne fossero stati, c che la recente risoluzione del Consiglio dimostra la mancanza di fatti nel passato e ne garantisce l’impossibilità per l’avvenire 123 . Il fatto che Visura sia ricorsa a que- st’argomento mostra una volta di piu come essa abbia oggi sostituito alla polemica le ingiurie triviali, e ci costringe a chiedere a tutti i membri del partito: abbiamo veramente un partito? Vogliamo, sul- l’esempio dei socialisti-rivoluzionari, accontentarci di una decorazione CHE COSA CI PROPONIAMO DI OTTENERE? 437 e di un’insegna, o abbiamo invece il dovere di demolire ogni falsità? Quarto argomentò : le divergenze non sono state ancora chiarite. La migliore risposta a quest’argomento la offre la nuova Isi^ra, la cui conoscenza fa vedere al partito che le divergenze vengono cercate, non già chiarite, che la confusione cresce illimitatamente. Solo un congres- so al quale tutti i compagni espongano apertamente e completamente i loro desideri è in grado di portare la chiarezza in questione incredi- bilmente confuse e in una situazione ingarbugliata. Quinto argomento: il congresso sottrarrà forze e mezzi al lavoro positivo. Anche quest’argomento ha il sapore di un amaro scherno : non ci si può figurare neanche mentalmente una maggiore sottrazio- ne di forze e di mezzi di quella provocata dalla discordia. No, tutti gli argomenti contro il congresso attestano o l’ipocrisia o l’ignoranza dello stato di cose esistente e un pusillanime dubbio cir- ca le forze del partito. Il nostro partito c di nuovo gravemente malato, ma dispone di forze sufficienti per rialzarsi e diventar degno del pro- letariato russo. Noi riteniamo che per curare la malattia occorrario le tre seguenti riforme, che attueremo con tutti i mezzi leali. Prima: trasferire la redazione dell’organo centrale nelle mani dei fautori della maggioranza del secondo congresso del partito. Seconda: reale sottomissione dell’organizzazione locale estera (Le- ga) all’organizzazione centrale panrussa (Comitato centrale). Terza : garantire statutariamente i metodi di partito nella lotta che si svolge in seno al partito. Su questi tre punti fondamentali del nostro programma resta ben poco da dire dopo quanto si è esposto sopra. Che la vecchia redazio- ne dell’Zr^r** abbia oggi dimostrato nei fatti la sua inidoneità è cosa che riteniamo incontrastabile. Non l’iskrismo ha fatto il suo tempo, co- me ha scoperto il compagno Martov dopo la sconfitta alle elezioni, ma la vecchia redazione dell ’/^ra. Sarebbe oggi pura ipocrisia non dirlo apertamente, dopo le sfide lanciate da un circolo a tutto il partito. Sulla posizione anormale dell’organizzazione estera, che si è autotra- sformata in un secondo (se non in un terzo) centro e che ignora com- pletamente il CC del partito, non è il caso di diffondersi eccessivamen- te. Infine, alla posizione giuridica della minoranza (di qualsiasi mino- ranza) nel nostro partito induce a pensare tutta l’esperienza della 43 8 J.ENIN lotta postcongressuale. Quest’esperienza insegna, secondo la nostra convinzione, che è necessario garantire nello statuto del partito i diritti di ogni minoranza, per deviare le costanti ed ineliminabili scaturigini del malcontento, dell’irritazione e della lotta dagli abituali alvei fili- stei dello scandalo e del litigio nei canali ancora inconsueti di una lotta disciplinata e degna per le proprie convinzioni. Tra tali incon- dizionate garanzie annoveriamo la concessione alla minoranza di un gruppo pubblicistico (o anche piu) con diritto di rappresentanza ai congressi e con piena « libertà di parola ». Occorre accordare le più ampie garanzie per quanto concerne in generale la pubblicazione del- la stampa di partito consacrata alla critica delTattività degli organismi centrali del partito. Occorre accordare ai comitati il diritto di ricevere (mediante l’apparato di spedizione di tutto il partito) le pubblicazioni di partito che desiderano avere. Occorre sospendere, fino al quarto con- gresso, il diritto del CC di influire sulla composizione dei comitati in un modo che vada oltre la facoltà di dare un consiglio. Qui noi non ela- boriamo le nostre proposte particolareggiatamente, poiché non stiamo scrivendo un progetto di statuto ma solo un programma generale di lotta. Riteniamo estremamente importante che le misure inerenti alla pubblicazione della stampa degli scontenti, che il CC ha proposto alla minoranza del secondo congresso, siano convalidate dallo statuto, per far si che il malcontento si esprima in maniera conveniente, che lo sciocco miraggio dello stato d’assedio (creato dagli eroi della coopta- zione) si dissolva definitivamente, che l’inevitabile lotta interna di partito non freni il lavoro positivo. Abbiamo il dovere di insegnare alla nostra minoranza a lottare per la composizione dei centri solo ai congressi c a non intralciare coi litigi il nostro lavoro postcongressuale, abbiamo il dovere di ottener questo perché altrimenti sul nostro partito incombe la mi- naccia di andare in rovina. In questo programma generale, infine, accenneremo solo brevemente agli emendamenti parziali dello sta- tuto che sono per noi desiderabili, e cioè : trasformazione del Con- siglio da organismo arbitrale in organismo eletto dal congresso; emendamento del paragrafo i dello statuto nello spirito della mag- gioranza del secondo congresso con l’inclusione nel novero delle organizzazioni di partito di tutte le organizzazioni operaie e di tutti quei gruppi di socialdemocratici russi che hanno avuto una propria CHE COSA CI PROPONIAMO DI OTTENERE? 439 vita nel periodo dei circoli e che desiderino far parte del partito, ecc., ccc. Scendendo in campo con questo programma di lotta interna, invi- tiamo tutte le organizzazioni del partito c i rappresentanti di tutte le sfumature a esprimere la propria opinione a proposito del loro pro- gramma, allo scopo di rendere possibile una graduale, seria, accorta e razionale preparazione del congresso. Non abbiamo un partito, — ragionavano tra se c se i protagonisti della nostra rivoluzione redazionale di palazzo, speculando sulla lontananza dalla Russia, sul rapido avvicendarsi dei militanti di lag- giù e sulla propria insostituibilità. Tra noi il partito sta nascendo! — diciamo noi, vedendo i comitati che si destano airi ntcrvento attivo, vedendo lo sviluppo della coscienza politica degli operai d’avanguar- dia. Tra noi il partito sta nascendo; tra noi si moltiplicano le giovani forze capaci di ravvivare e di sostituire i decrepiti collegi di pubbli- cisti; tra noi ci sono ed aumentano sempre più i rivoluzionari che ap- prezzano l’orientamento della vecchia Is\ra y che li ha educati, più di qualunque circolo redazionale. Tra noi il partito sta nascendo, e nessuna scappatoia c manovra ostruzionistica, nessun’ingiuria da vec- chio stizzoso della nuova hì{ra potrà scongiurare la sentenza decisiva c definitiva di questo partito. In queste nuove energie del partito noi attingiamo la certezza del- la vittoria. Scrìtto nel luglio dei 1904. Pubblicato per la prima volta nel 1923 in Opere compIcte t V. AL PARTITO Or non è molto ha avuto luogo una riunione privata di 22 mem- bri del POSDR 124 , compagni che la pensano allo stesso modo e il cui punto di vista è quello della maggioranza del secondo congresso del partito; questa conferenza ha discusso la questione della nostra crisi e dei mezzi per uscirne e ha deciso di rivolgersi a tutti i socialdemocra- tici russi con il seguente appello. Compagni! La grave crisi nella vita del partito si protrae ancora, e non se ne vede la fine. La confusione cresce, creando sempre nuovi conflitti, il lavoro positivo del partito è da essa reso estremamente più difficile su tutta la linea. Le forze del partito, che è ancor giovane e non è riuscito a consolidarsi, vengono sterilmente sperperate in di- mensioni minacciose. Frattanto il momento storico pone di fronte al partito esigenze e- normi quali mai si erano avute in passato. Lo spirito rivoluzionario della classe operaia si sviluppa, si acuisce il fermento negli altri strati della società, la guerra e la crisi, la fame e la disoccupazione intaccano con spontanea ineluttabilità le radici delPautocrazia. La fine igno- miniosa dell’ ignominiosa guerra non è ormai tanto lontana; ed essa decuplicherà ineluttabilmente l’eccitazione rivoluzionaria, sospingerà ineluttabilmente la classe operaia faccia a faccia coi suoi nemici e ri- chiederà dalla socialdemocrazia un lavoro immane, un’estrema ten- sione delle forze, allo scopo di organizzare l’ultima lotta decisiva contro l’autocrazia. Può il nostro partito soddisfare queste esigenze nello stato in cui AL PARTITO 441 si trova oggi? Ogni persona onesta deve rispondere senza esitazio- ne: no! E tuttavia noi consideriamo questa malattia del partito una malat- tia di crescenza. L’origine della crisi la vediamo nel passaggio della vita socialdemocratica dalla forma del circolo alla forma del par- tito; il nocciolo della sua lotta interna sta nel conflitto tra il siste- ma dei circoli e lo spirito di partito. Per questo, solo se si elimina questa malattia, il nostro partito potrà diventare effettivamente un partito. Sotto il nome di « minoranza » si sono raggruppati nel partito elementi eterogenei, uniti dall’aspirazione, consapevole o inconsape- vole, a conservare i rapporti di circolo, le vecchie forme d’organiz- zazione. Alcuni insigni militanti, ex membri dei circoli piu influenti, non abituati alle autolimitazioni organizzative che la disciplina di partito comporta, sono inclini per abitudine a confondere con gli interessi generali del partito i propri interessi di circolo, che nel periodo dei circoli potevano effettivamente non di rado coincidere coi primi; un gran numero di militanti si è posto alla testa della lotta per il sistema dei circoli contro lo spirito di partito (una parte dell’ex redazione del- VIs\ra, una parte dell’ex comitato di organizzazione, i membri del- l’ex gruppo Iuzny Raboci , ecc.). Sono risultati loro alleati tutti gli elementi che, nella teoria o nella pratica, si sono allontanati dai principi socialdemocratici rigorosi, giac- ché solo il sistema dei circoli poteva assicurare un’originalità ideale e un ascendente a questi elementi, mentre lo spirito di partito minac- ciava di disperderli o di privarli di qualsiasi ascendente (economisti, fautori del Raboceie Dielo , ecc.) Infine, quadri dell’opposizione sono divenuti in generale tutti gli elementi del nostro partito che apparte- nevano prevalentemente all’intellettualità. In confronto al proletariato l’intellettualità è piu individualistica già in virtù delle sue essenziali condizioni di vita e di lavoro, che non le consentono direttamente una larga unione delle forze, non le danno una diretta educazione mediante il lavoro collettivo organizzato. Ecco perché agli intellet- tuali riesce più difficile adattarsi alla disciplina di partito, e quelli di loro che non sono capaci di venire a capo di questo compito inal- berano naturalmente il vessillo della rivolta contro le necessarie limi- 442 LENIN tazioni organizzative, ed elevano a principio di lotta la loro spontanea mentalità anarchica, definendola erroneamente tendenza all\t auto- nomia », rivendicazione della « tolleranza », ecc. La parte estera del partito, dove i circoli si distinguono per una relativa longevità, dove si raggruppano i teorici delle varie sfumature, dove decisamente predominano gli intellettuali, questa parte del par- tito doveva risultare più di ogni altra incline al punto di vista della «minoranza». Perciò essa vi è anche risultata ben presto effettiva maggioranza. La Russia, al contrario, dove più forte si fa sentire la voce dei proletari organizzati, dove anche gli intellettuali del partito, grazie ad Ima più viva e stretta comunione con gli operai, si educano in uno spirito più proletario, dove il peso della lotta immediata induce con maggior forza a sentire la necessità dell’unità organizzata del lavoro, la Russia è scesa decisamente in campo contro il sistema dei Circoli, contro le tendenze disorganizzatrici anarchiche. Essa ha e- spresso in maniera chiara questo suo atteggiamento nei loro confronti in tutta una serie di dichiarazioni dei comitati e di altre organizza- zioni del partito. La lotta si è sviluppata e inasprita. E a che punto si è spinta! L’organo centrale, di cui la « minoranza », contrariamente alla volontà del congresso e grazie alle concessioni personali dei redattori eletti dal congresso, è riuscita ad impadronirsi, è diventato un organo di lotta contro il partito! Esso è oggi quanto meno è possibile la guida ideale del partito nella lotta contro l’autocrazia e la borghesia e quanto più è possibile il capo dell’opposizione di circolo nella lotta contro lo spirito di par- tito. Da una parte, sentendo Tinammissibilità della sua posizione fon- damentale dal punto di vista degli interessi del partito, esso è forte- mente impegnato nella ricerca di divergenze reali e immaginarie per mascherare ideologicamente questa posizione; e in queste ricer- che, aggrappandosi oggi ad una parola d’ordine, domani ad un’al- tra, sempre più attinge materiale presso l’ala destra del partito — i precedenti avversari d ell'Is\ra — , sempre più si avvicina loro ideolo- gicamente, restaurando le loro teorie, ripudiate dal partito, riportan- do la vita ideale del partito al periodo già superato, sembrava, del- rindeterminatezza nei principi, dei tentennamenti e delle esitazioni teoriche. D’altra parte, la nuova ls\ra> sforzandosi di minare l’in- AL PARTITO 443 fluenza morale della maggioranza del partito, è ancor più fortemen^ te impegnata nella ricerca e nella denunzia degli errori dei suoi funzionari, gonfiando ogni reale deficienza fino a conferirgli dimen- sioni mostruose e cercando di riversarne la responsabilità sul partito, raccogliendo ogni pettegolezzo di circolo, ogni insinuazione che possa danneggiare gli avversari, senza preoccupasi non solo di con- trollarne l’esattezza, ma spesso neanche di accertarne la verosimi- glianza. Su questa via i militanti della nuova Is^ra sono giunti al punto di attribuire ai membri della maggioranza delitti non solo assolutamente non avvenuti, ma addirittura impossibili, e non solo dal punto di vista politico (per es. l’accusa al CC di cancellare forza- tamente uomini e organizzazioni), ma anche dal punto di vista morale (accusa a militanti insigni del partito di falso e di complicità morale nel falso). Mai era ancora capitato al partito di sprofondare in un mare di fango quale quello creato dalla minoranza estera nel- l’odierna polemica. Come è potuto succedere tutto questo? Il modo d’agire di ognuna delle due parti è corrisposto al carat- tere fondamentale della sua stessa tendenza. La maggioranza del partito, sforzandosi di conservare ad ogni costo la sua unità e la sua coesione organizzativa, ha lottato soltanto con mezzi di partito leali e più volte, per amor di pace, è scesa a concessioni. La mino- ranza, perseguendo una tendenza anarchica, non si è curata della pace e delPunità del partito. Ogni concessione è stata da essa consi- derata come uno strumento per la lotta ulteriore. Di tutte le richieste della minoranza solo una non è stata finora soddisfatta — quella di immettere la discordia nel CC del partito mediante la cooptazione di membri della minoranza impostigli per forza — e gli attacchi della minoranza si sono fatti piu accaniti che mai. Impadronitasi dell’organo centrale e del Consiglio del partito, la minoranza non si vergogna oggi di sfruttare nel suo interesse di circolo quella stessa disciplina contro la quale in sostanza lotta. La situazione è diventata insopportabile, impossibile; prolungar- la ulteriormente sarebbe un vero e proprio delitto. Il primo mezzo per uscirne c, a nostro avviso, la completa chiarez- za e franchezza nei rapporti di partito. In mezzo al fango e alla nebbia non si può ormai trovare la via giusta. Ogni corrente del par- 444 J.ENIH t ito, ogni gruppo deve dire apertamente e chiaramente che cosa pensi dell’odierna situazione c quale soluzione auspichi. Con questa prò posta a rivolgiamo appunto a tutti i compagni, ai rappresentanti di tutte le sfumature del partito. Uno sbocco pratico dalla crisi lo vedia mo ndl 'immediata convocazione del terzo congresso del partito. Sol- tanto un congresso può chiarire la situazione, appianare i conflitti, imbrigliare la lotta entro determinati limiti. Senza di esso non c’è da aspettarsi che la progressiva disgregazione del partito. Tutte le obiezioni che vengono addotte contro la convocazione del congresso sono da noi ritenute del tutto inconsistenti. Ci si dice: il congresso porterà alla scissione. Ma perche? Se la minoranza è intransigente nelle sue tendenze anarchiche, se è pron- ta a giungere piuttosto alla scissione che a sottomettersi al partito, si è di fatto già scissa da quest’ultimo; e allora rimandare l’inevitabile scissione formale è più che irragionevole; legate a una stessa catena, entrambe le parti sperpererebbero sempre più le loro forze insensa- tamente in una lotta meschina e in litigi, estenuandosi moralmente e degenerando. Ma noi non ammettiamo la possibilità della scissione. Di fronte alla reale forza di un partito organizzato gli dementi orien- tati in senso anarchico dovranno e, pensiamo, sapranno piegarsi, per- ché, per loro stessa natura, essi non possono dar vita ad una forza autonoma. Si accenna alla possibilità di una pacificazione senza con- gresso. Ma che genere di pacificazione? Capitolazione definitiva da- vanti al sistema dei circoli, cooptazione della minoranza del CC e, di conseguenza, definitiva disorganizzazione delle istanze centrali. Allora il partito diventerebbe una vuota parola, la maggio- ranza del partito sarebbe costretta ad iniziare una nuova lotta. E la minoranza? Finora ogni concessione ottenuta ha rappresentato per essa solo un punto d’appoggio per il suo lavoro di disorganizza- zione; perfino dal suo punto di vista la lotta ha di gran lunga oltre passato i limiti del litigio cooptazionale; come può la minoranza por- re fine alla lotta? E tanto meno vi porrà fine, se non avrà ottenuto tutte le 'concessioni. Ci si dice: il congresso non può raggiungere lo scopo, perché le divergenze non sono state ancora chiarite. Ma proce- dono oggi forse le cose nel senso del loro chiarimento, non sta forse la confusione crescendo sempre più? Oggi le divergenze non vengono chiarite, ma cercate e create, e solo il congresso può porre fine a tutto 445 questo. Solo esso, ponendo l’una di fronte all’altra le parti contenden- ti, costringendole ad esprimere chiaramente e apertamente le loro aspirazióni, può portare completa chiarezza nei rapporti tra le cor- renti e le forze del partito. Ma il congresso può essere contraffatto mediante la cassazione di organizzazioni, dichiara la minoranza. Questa è un’insinuazione menzognera, rispondiamo noi, un’insinua- zione a sostegno della quale non è stato citato un solo fatto. Se fatti vi fossero stati, la minoranza, disponendo dell’organo del partito, avrebbe certo già saputo dar loro una vasta pubblicità e, tenendo nelle proprie mani il Consiglio del partito, avrebbe avuto la piena possi- bilità di correggerli. Infine la recente risoluzione del Consiglio, mentre non accenna a simili fatti nel passato, garantisce definitivamente la loro impossibilità nell’avvenire. Chi potrà oggi prestar fede ad un’in- sinuazione inverosimile? Si esprimono timori che il congresso sot- tragga troppe forze e mezzi al lavoro positivo. Che amaro scherno 1 È forse pensabile una più grave sottrazione di forze e di mezzi di quella provocata dalla discordia? Il congresso è necessario! Sarebbe necessario anche se la vita del partito procedesse normalmente, dato il carattere eccezionale del momento storico, data l’eventualità dei nuovi compiti posti al partito dagli avvenimenti che si verificano ne! mondo. È doppiamente necessario in presenza dell’odierna crisi del partito, per trovare un’onesta e ragionevole via d’uscita, per rispar- miare le forze del partito, per salvaguardare il suo onore c la sua dignità. Che cosa deve fare il terzo congresso per porre fine alla discor- dia, per ripristinare una vita di partito normale? Sotto questo rap- porto noi consideriamo come essenziali le seguenti riforme che pro- pugneremo ed attueremo con tutti i mezzi leali. I. Passaggio della redazione dell’organo centrale nelle mani dei fautori della maggioranza del partito. La necessità di questo passag- gio, data la palese incapacità dell’odierna redazione di mantenere l’organo centrale al livello degli interessi generali del partito, è stata sufficientemente motivata. Un organo dì circolo non può e non de- v’essere l’organo del partito. II. Esatta regolamentazione dei rapporti tra l’organizzazione lo- cale estera (Lega) c il centro pan russo, il CC. L’odierna posizione della Lega, che si è autotrasformata in un secondo centro del partito 30-*lS 446 LENIN c dirige senza alcun controllo i gruppi aderenti, e che nello stesso tempo ignora completamente il CC, è chiaramente anormale; oc- corre farla finita con questo stato di cose. III. Garantire statutariamente metodi di partito nella lotta che si svolge in seno al partito. La necessità di una simile riforma risulta chiara da tutta l’esperienza della lotta postcongressuale. È necessario garantire nello statuto del partito il diritto di ogni minoranza, per deviare in questo modo le costanti ed ineliminabili scaturigini delle divergenze, del malcontento e dell’irritazione dal vecchio alveo fili- steo dello scandalo e del litigio nell’alveo ancora inconsueto di una lotta disciplinata e degna per le proprie convinzioni. Tra le condi- zioni necessarie di una simile svolta annoveriamo quanto segue. Concessione alla minoranza di un gruppo pubblicistico (o anche più) con diritto di rappresentanza ai congressi; le più ampie garanzie for- mali per quanto concerne la pubblicazione della stampa di partito consacrata alla critica dell’attività degli organismi centrali del partito. Formale riconoscimento del diritto dei comitati di ricevere (median- te l’apparato di spedizione di tutto il partito) le pubblicazioni di par- tito che desiderano avere. Definizione precisa dei limiti del diritto del CC di influire sulla composizione dei comitati. Riteniamo estre- mamente importante che le misure inerenti alla pubblicazione della stampa degli scontenti che il CC ha proposto alla minoranza del se- condo congresso siano convalidate dallo statuto, per far si che si dis- solva lo spauracchio, creato dalla stessa minoranza, dello « stato d’as- sedio », che l’inevitabile lotta interna di partito venga condotta in forme convenienti e non freni il lavoro positivo. Qui noi non elaboriamo le nostre proposte particolareggiatamente, giacché proponiamo non un progetto di statuto, ma solo un program- ma generale di lotta per l’unità del partito. Ci limiteremo perciò ad indicare la direzione di alcuni emendamenti parziali dello statuto a nostro avviso desiderabili, senza legarci in alcun modo le mani per ciò che riguarda una ulteriore elaborazione sulla base di nuove indicazioni suggerite dairesperìenza. Occorre, per esempio, riorga- nizzare il Consiglio del partito, in quanto quest’organismo ha dimo- strato nella pratica che nella sua forma odierna è inidoneo ad assol- vere il compito affidatogli : unificazione dell’attività dei centri e suo supremo controllo. Esso deve diventare un collegio integralmente 447 eletto dal congresso, e non un collegio arbitrale del quinto membro eletto dal congresso al disopra dei centri, i quali si difendono attra- verso i propri rappresentanti. Bisogna inoltre, conformandosi alle indicazioni della critica del partito, rivedere il § i dello statuto nel senso di una piu esatta definizione dei limiti del partito, ecc. Scendendo in campo con questo programma di lotta per l’unità del partito, invitiamo i rappresentanti di tutte le altre sfumature e organizzazioni del partito, ad esprimere con precisione la propria opi- nione a proposito dei loro programmi, allo scopo di favorire una pre- parazione seria e coerente, cosciente e metodica del congresso. Per il partito si sta decidendo una questione di vitale importanza, una que- stione di onore e di dignità : esiste esso come forza ideale e reale capace di organizzarsi con tale razionalità da poter scendere in campo come effettivo dirigente del movimento operaio rivoluzionario del nostro paese? Con tutto il suo modo di agire la minoranza estera dice: no! E continua ad agire in questo senso, sicura, decisa, facendo assegna- mento sulla lontananza dalla Russia, sul rapido avvicendarsi dei mi- litanti, sulPinsostituibilità dei capi, dei pubblicisti. Tra noi il partito sta nascendo — diciamo noi, vedendo lo sviluppo della coscienza poli- tica degli operai d'avanguardia, vedendo i comitati intervenire atti- vamente nella vita generale del partito. Tra noi il partito sta nascendo, tra noi si moltiplicano le giovani forze capaci di sostituire e di ravvi- vare i vecchi collegi di pubblicisti che stanno perdendo la fiducia del partito; tra noi aumentano sempre piu i rivoluzionari che apprezzano l’indirizzo coerente della vita del partito piu di qualunque circolo di capi del passato. Tra noi il partito sta nascendo, e nessuna scap- patoia e manovra ostruzionistica potrà scongiurare la sua decisiva e definitiva sentenza. In queste energie del partito noi attingiamo la certezza della vit- toria. Compagni! Stampate e diffondete il nostro appello. Scritto nella prima meli di agosto del 1 904# Pubblicato per la prima volta nell'agosto 1904 in foglio a sé. AI CINQUE MEMBRI DEL COMITATO CENTRALE IN RUSSIA 18 agosto 1904. Ai membri del CC del POSDR: Glebov, Koniaghin, Travinski, Losciad e Osipov. Ho ricevuto oggi comunicazione, tramite il fiduciario berlinese del CC, delle decisioni prese da quattro (?) membri del CC in una riunione, in Russia 125 , Non posso riconoscere legittima questa deci- sione per le considerazioni che seguono: 1) La dichiarazione, all’inizio della risoluzione, in merito alla presenza alla riunione di tutti i membri del CC tranne uno (cioè io) è falsa . Pur dopo l’arresto di Vasiliev e di Zverev, pur dopo le dimis- sioni di Mitrofanov, nel CC c’è ancora un altro membro: il compa- gno Osipov. Le voci a proposito delle sue dimissioni sono risultate inesatte: lo stesso compagno Osipov si considera membro del Comi- tato centrale. Della stessa opinione eravamo Vasiliev (che mi ha scritto in merito a ciò, Zverev ed io. In ogni caso i quattro membri del CC non avevano il diritto di considerare Osipov come dimissio- nario senza prima aver esaminato la questione delle sue presunte di- missioni. Va aggiunto che né io, né l’organo centrale, né alcuno dei fiduciari esteri del CC siamo mai stati informati formalmente delle dimissioni di Osipov. Ciò nonostante Osipov non è stato invitato alla riunione. 2) Analogamente non solo io non sono stato invitato alla riunione, ma non ne sono stato nemmeno informato, non mi sono state nem- AI CINQUE MEMBRI DEL CC IN RUSSIA 449 meno comunicate le questioni alPordine del giorno. Il Comitato cen- trale è naturalmente in diritto di prendere decisioni a maggioranza, ma non può prendere decisioni formalmente valide senza dare a tutti i suoi membri la possibilità di partecipare alla riunione e, in caso di bisogno, di esprimere la loro opinone. Io sono statò privato di questa possibilità del tutto illegalmente , 3) I quattro membri del CC non hanno espresso il loro parere a proposito dell’accordo del 26 maggio 1904 tra me e Glcbov, benché quest’accordo, unitamente alla mia lettera d’accompagnamento, fosse stato, col consenso di Glebov e Zverev, comunicato a tutti i membri del CC con preghiera di risposta diretta. La maggioranza del CC ha il pieno diritto di sopraffare la minoranza col numero, ma non può in nessun modo eludere le interpellanze ufficiali della minoranza e le questioni poste direttamente in discussione dalla minoranza. 4) Sulla base di quanto esposto propongo ai quattro membri del CC di rispondermi immediatamente : a) su quale base non hanno invitato alla riunione il compagno Osipov, membro del Comitato centrale? b) idem a mio riguardo? c) riconoscono essi il dovere della maggioranza del collegio di prendere decisioni generali solo dopo che la minoranza sia stata invitata alla riunione c abbia ottenuto la pos- sibilità di intervenire nella discussione e di esprimere il proprio pa- rere? d) si riconoscono essi in dovere di dare una risposta di merito su tutte le questioni sollevate nell’accordo del 26 maggio 1904? 5) Dato che j 4 membri del CC hanno comunicato la loro deci- sione illegalmente adottata (come se si trattasse di una decisione di tut- to il CC) all’organo centrale, sono costretto a rivolgermi ai funzionari del partito, ai quali la cosa interessa abbastanza da vicino, con una let- tera sulla condotta dei quattro membri del Comitato centrale. N. Lenin , membro del CC Pubblicata per la prima volta in Miscellanea di Lenin , XV, 1930. LETTERA AI FIDUCIARI DEL CC E AI MEMBRI DEI COMI- TATI DEL POSDR DICHIARATISI PER LA MAGGIORANZA DEL SECONDO CONGRESSO DEL PARTITO Compagni! Il conflitto sorto in seno al CC ha raggiunto un gra- do tale di sviluppo che mi ritengo moralmente in dovere di infor- marne tutti i fautori della maggioranza del secondo congresso del partito. Mi inducono a ciò anche il modo d'agire illegale di quattro membri del CC e il timore di fare per la seconda volta un passo im- prudente e dannoso per il partito (del genere della mia uscita dalla redazione) senza consultarmi con quelli che la pensano come me, che lavorano nelle organizzazioni locali, che conoscono bene il vero stato d’animo esistente nel partito e che hanno di fatto, non solo a pa- role, dichiarato guerra al vecchio spirito di circolo estero in nome del giovane spirito di partito. In che cosa consista il conflitto sorto in seno al CC si vedrà dai quattro documenti allegati alla presente: i) accordo del 26 maggio 1904 tra i tre membri del CC Glebov, Zverev c Lenin; 2) mia lettera della stessa data ai membri del CC; 3) deliberazione che si pretende adottata da tutti i membri del CC meno uno; 4) mia proposta contro la validità di questa pretesa risoluzione ,a *. Vorrei pregare vivamente tutti i compagni che nella presente lotta di partito condividono il mio stesso punto di vista di leggere con at- tenzione questi istruttivi documenti e di esprimere sinceramente e fino in fondo il loro giudizio su di essi. Da parte mia mi asterrò dal prendere pubblicamente posizione sulla stampa su queste questioni» perlomeno mi asterrò dal farlo per un certo tempo, finché non avrò LETTERA AI FIDUCIARI DEL CC 45 1 conosciuto l’opinione di alcuni compagni che lavorano in Russia, op- pure finché non mi costringeranno a questo passo gli avvenimenti. Mi limiterò a porre alcuni quesiti al partito, se i membri delle no- stre organizzazioni ritengono che noi abbiamo veramente un partito: 1) è ammissibile in un partito degno del nome di partito operaio re- sistenza di un CC che sia stato eletto dalla maggioranza e che dichiari politica « di gruppo » la politica della maggioranza? 2) hanno il di- ritto morale alla nostra fiducia compagni che a marzo, in una dichia- razione, dicono una cosa e a luglio ne dicono un’altra, affatto diversa? 3) compagni che approfittano dell’arresto di due membri del CC della maggioranza per calpestare gli interessi della maggioranza? 4) com- pagni che, in nome della lotta contro la politica di gruppo, parlano di una conferenza col gruppo della minoranza ignorando la maggio- ranza? 5) compagni che hanno paura della valutazione dei loro atti da parte di un congresso e che perciò hanno l’ardire di minacciare il partito con la scissione, che hanno l’ardire di « proibire » ai membri del partito il loro diritto elementare all’agitazione a favore di un congresso? 6) compagni che rivelano una cosi infantile incapacità di capire la crisi del partito da dimostrare seriamente la « legittimità » dell’organo centrale e da decretare 1*« elevatezza » di questo organo centrale? 7) compagni che, notoriamente contro la volontà del par- tito, cercano di buttar fuori dal CC i fautori coerenti della mag- gioranza? Termino con la preghiera che mi si dia una risposta a queste do- mande e ci si adoperi perché tutti i membri attivi del partito siano messi al corrente della situazione e di questa lettera. Per il momento non vedo l’opportunità di pubblicare la presente lettera. Lenin t membro del CC Scritta il 5 (il) agosto c?e! 1904. Pubblicata per la prima volta in Miscellanea di Lenin , XV, 1930. LETTERA A GLEBOV (V. A. NOSKOV) li settembre 1904. Stimato compagno! Mi ripetete ancora una volta che il desiderio che io entri nella redazione detergano centrale è stato espresso dal « Comitato cen- trale ». A mia volta, devo anch’io ripetere che ciò è perlomeno im- preciso. Quando Voi dichiaraste formalmente che la nota dichiara- zione del CC era stata unanimemente approvata con la partecipazione di tutti i componenti del CC meno uno, io risposi immediatamente (già il 18 agosto 1904) che ciò non era vero. La dichiarazione era stata sottoscritta da tre membri del CC sui dieci che non molto tempo prima ne facevano parte, senza dire, poi, che questi tre avevano del tutto illegalmente dichiarato non membro del CC il compagno Osi- pov, il quale mi ha dichiarato per iscritto di considerarsi tale. Fu un atto illegale dichiarare dimissionario un compagno senza essersi prima spiegati con lui. Entrambi gli argomenti coi quali Voi e i Vostri due colleghi avete difeso quest’illegalità sono palesemente inconsistenti. Voi vi siete richiamato al fatto che il compagno Osipov aveva formal- mente dichiarato che avrebbe dato le dimissioni nella precedente riu- nione ordinaria del CC. Questo non è vero, giacché alla fine di mag- gio (cioè diversi mesi dopo tale seduta, che ebbe luogo a febbraio o a marzo) noi annoveravamo ancora nove membri del CC, cosa atte- stata dall’accordo del 26 maggio 1904, sottoscritto da tre membri del CC, e dalla lettera allegata a quest’accordo 127 Voi vi siete richiamato al fatto che il compagno Osipov sarebbe entrato, dopo l’accennata LETTERA A CLEBOV 453 riunione del CC, in un comitato locale, cosa che un membro del CC non sarebbe stato in diritto di fare. A questo riguardo il compagno Osipov mi aveva già in precedenza risposto per iscritto di aver preso parte al lavoro locale nella località indicata, su proposta di quei mem- bri del CC che ora lo hanno dichiarato dimissionario, e che vi aveva lavorato non in qualità di membro formale del comitato. Inoltre, se anche si fosse verificata la scorretta inclusione, inammissibile ai termini dello statuto, di un membro del CC in un comitato locale, non ne deriva ancora in alcun modo che la correzione di quest'errore implicasse inevitabilmente l'uscita dal CC, e non l’uscita dal comi- tato locale. Infine, Voi stesso avete dovuto riconoscere, nella lettera a me diretta, che alla riunione dei tre membri del CC era stato ri- ferito che la questione relativa alle dimissioni del compagno Osipov era controversa. La soluzione di questa questione controversa da par- te dei tre membri del CC in assenza di Osipov e persino senz’aver ascoltato la sua opinione è stata una palese e scandalosa illegalità. I tre membri del CC potevano, certo, contare che le loro parti sarebbe- ro state prese dal Consiglio del partito, che si trova nelle mani della redazione; i tre membri del CC potevano, certo, appoggiarsi ad una transazione formalmente stipulata o tacitamente ammessa coi fautori della minoranza nel Consiglio. Ma una simile circostanza non eli- minerebbe l’illegalità, e anzi, al contrario, raggraverebbe, aggiungen- dovi elementi di disonestà politica. Altrettanto illegale fu, da parte dei membri del CC, accettare le dimissioni del compagno Travinski, delle quali in percedenza, prima della riunione, non tutti i membri del CC erano stati messi al corrente. Finora non avete neppure potuto citarmi dati precisi in merito alla persona alla quale queste dimissioni sarebbero state comunicate e a quando ciò sarebbe avvenuto. Ve la siete cavata con una risposta che assomiglia ad uno scherno : « Infor- matevi presso il collegio russo », quello stesso « collegio » (sempre lo stesso collegio dei tre!) dal quale Voi siete appena tornato e col quale Punico mio tramite siete Voi stesso!! Contesto pertanto la legittimità della composizione del CC e del- la sua ultima riunione (nella quale venne votata la « dichiarazione »). Avrei perciò il pieno diritto di lasciare senza risposta la proposta di entrare nella redazione dell’organo centrale. Ma io la considero come proveniente non dal CC, bensì da tre membri del partito, e mi riten- 454 LENIN go in dovere di rispondere ad essa in maniera motivata, tanto più che Voi vi richiamate al desiderio della redazione dell’organo centrale, a Voi espresso per iscritto, di vedermi nel novero dei redattori. Voi supponete che la mia entrata nella redazione delForgano centrale « garantirebbe quasi la pace completa nel partito, che io tanto desidero ». Questo Vostro « quasi » è molto caratteristico! Si, io desi- dero la pace nel partito, ho proposto la pace sulla stampa nel dicem- bre 1903 nella mia Lettera alla redazione dell’ « Is^ra » ( Perché sono uscito dalla redazione?) 12a . Ho proposto la pace ancora una volta ufficialmente al Consiglio del partito nel gennaio 1904 l2 *. La pace non è stata accettata alle condizioni che ponevo io allora a nome della maggioranza. Noterò che, nonostante l’odierna moda di dire sulla « pace » frasi ipocrite — intendendo per pace la completa capitolazio- ne di fronte alla minoranza, il completo ignorare la maggioranza e il completo oblio del congresso — , al Consiglio io ho indicato in ma- niera del tutto precisa che cosa intendo per pace nel partito. Assieme al collega che allora rappresentava con me il CC nel Consiglio, io ho dichiarato apertamente che per pace intendo l’epurazione della lotta ideale dalle gelosie e conflitti di rango, dai litigi e dai metodi di lotta disonesti. Sia Porgano centrale della minoranza che il CC della mag- gioranza — proponevo allora — invitino tutti ad interrompere ogni boicottaggio, ogni conflitto di rango, ogni litigio cooptazionale e ci si metta a discutere da compagni sulle nostre divergenze e sulle cause della nostra discordanza al congresso, si cerchi di abituare il par- tito ad un esame onesto e dignitoso delle sue polemiche interne. Il mio appello venne deriso da Plekhanov e da Martov. Non mi stupi- sce che essi abbiano preso la vergognosa decisione di non pubblicare i verbali del Consiglio (nonostante le insistenze della minoranza del Consiglio, e precisamente dei due rappresentanti del CC) e che a que- sta decisione si siano associati oggi (in segreto) i tre membri del CC. Chi organizza una pace ipocrita, profittando delle contingenze inevi- tabili nella vita dei rivoluzionari russi e buttando fuori dal CC chi la pensa diversamente *, non può non sforzarsi di celare ai membri del partito i tentativi di concludere tempestivamente una pace onesta. • Questo si riferisce prima di tutto al compagno Osipov, Poi, naturalmente, anche a me, giacché la proposta di entrare nella redazione dell’organo centrale equi- vale alla proposta di uscire dal CC. LETTERA A GLEBOV 455 Fortunatamente ho motivo di credere che questo pietoso espediente volto ad ingannare il partito non riuscirà e che alla fine i verbali del Consiglio vedranno la luce. Dopo che la redazione, impadronitasi del Consiglio, ebbe respinta con ilarità la mia proposta di pace, dichiarai subito che per me l’unica via d’uscita era il congresso. La tattica della minoranza (ivi compreso Plekhanov) di tenere nelle proprie mani la redazione dell’organo cen- trale e il Consiglio, di rappresentare a parole in questi organismi cen- trali gli interessi di tutto il partito nel suo insieme e al tempo stesso di sforzarsi di fatto, senza congresso, di rimaneggiare il CC néll’in- teresse della minoranza, questa tattica non posso considerarla una lotta onesta. Coi fautori di una simile tattica non sono mai sceso c non ritengo possibile scendere a nessuna transazione. Inoltre dal gen- naio in qua si è pienamente chiarita la fisionomia della nuova Isi(ra , di questo organo centrale dei pettegolezzi e dei litigi, della confusio- ne nei ragionamenti e dei civettamenti cogli opportunisti, della siste- mazione dei calcoli personali e della ricerca delle divergenze. Che la nuova ls\ra sia l’organo di un oircolo, l’organo di una nuova « ten- denza », ora lo vedono tutti, persino la stessa redazione, che dappri- ma si era messa a difendere la « continuità », mentre oggi sputa siste- maticamente addosso alla vecchia ls\ra. Si domanda: ma in che senso si può oggi parlare di pace? Se per pace si intende l’epurazione della lotta ideale dal litigio cooptazionale, io sono tuttora completamente pronto ad accettare la pace e a rinnovare la proposta da me fatta al Consiglio. Se invece per pace si intende l’interruzione della lotta ideale, la pacificazione con la tendenza, o piu esattamente, con la fi- sionomia priva di qualsiasi tendenza della nuova Is\ra f una simile « pace » possono proporla soltanto individui senza principi o ipocriti, oppure che considerano gli organi del partito nient’altro che carta stampata {Drucf^erschwàrze, inchiostro tipografico, come definiva le pubblicazioni della nuova ls%ra un « conciliatore »). Se i redattori della nuova hfoa, che hanno ridotto quasi tutta la loro posizione « di principio » ad attacchi personali contro di me, al dare addosso a ciò che essi hanno chiamato « leninismo » ed alla ricerca di divergenze con me, manifestano ora il desiderio di vedermi nella redazione, con ciò essi stessi ammettono di considerare i loro scritti in maniera non seria, di aver messo in atto tutta la loro polemica solo « per cooptare » 456 LENIN e di essere pronti ad abbandonare tutti i loro nuovi « principi » dopo che la cooptazione è stata felicemente raggiunta. Quanto a me, re- spingo come indegna la sola supposizione della possibilità per la mag- gioranza di rinunciare a battersi nel partito per la sua posizione, a battersi per un indirizzo coerente ai principi, a lottare contro il sistema dei circoli. Io considero un mio diritto inprescrittibile e un dovere questa lotta da combattere assieme ai fautori della maggioranza, il cui numero va crescendo in Russia. Questa lotta va condotta, a mio avviso, apertamente, giacché i nove decimi della sto- ria del conflitto sono già stati portati a conoscenza del pubblico, ed ogni suo ulteriore occultamento agli occhi del mondo sarebbe un me- schino ed assurdo prolungamento della crisi. Voi scrivete che la mia entrata nelPodierna redazione dzWlskra la «desiderano indubbiamente anche molti comitati». Costato con rincrescimento che Voi dite anche questa volta una patente bugia. Nessun comitato ha ancora espresso, nelle attuali condizioni di lotta, un simile desiderio. Esso è stato espresso solamente dal circolo dei redattori dell’organo centrale e da tre membri del CC, i quali vedono l’apice della saggezza politica neH’inveire con la minoranza contro la maggioranza e con la maggioranza contro la minoranza. Mi per- metto di credere che devo tener conto non del volere di questi o quei politicanti, ma del volere di tutto il partito, che si è fissato esso stesso anche il modo di esprimere formalmente questo volere : il congresso. Mi permetto di credere che un dirigente che abbia seguito al congresso una determinata linea e su questa linea abbia condotto una parte del partito perde ogni diritto alla stima e persino ad un’at- titudine seria nei confronti delle sue parole, se. passa dalla parte dei propri avversari. 11 Vostro richiamo ai « molti comitati » è oltremodo istruttivo e significativo, benché... non corrisponda al vero. Questo richiamo attesta un tantino di coscienza di partito, la presenza di una certa consapevolezza del fatto che gli organismi di funzionari designati dal partito devono tener conto della volontà di questo partito nel- l’intraprendere i loro rimaneggiamenti nella composizione e nell’o- rientamento dei centri. Se questa consapevolezza non fosse stata in Voi offuscata dalla posizione confusa da Voi assunta avreste potuto agevolmente vedere che non esiste altro modo per conoscere Teffetti- LETTERA A GLEBOV 457 vo desiderio di molti comitati tranne il congresso. Ma se il Vostro richiamo ai « molti comitati » rivela un tantino di coscienza di par- tito, nello stesso tempo esso attesta in maniera piu chiara della luce del giorno una coscienza poco tranquilla: Voi temete il congresso piu del fuoco precisamente perché avvertite la presenza di una con- traddizione stridente tra la Vostra politica avventuristica e la volontà del partito. Le mie considerazioni generali riguardo airipocrisia della conci- liazione da Voi intrapresa sono pienamente confermate da una serie di fatti supplementari. I tre membri del CC sono oggi estasiati dal- T« elevatezza » dell’organo centrale, mentre in marzo questi stessi tre membri del CC redigevano una dichiarazione in cui si ramma- ricavano del fatto che alcuni pubblicisti del partito (la maggioranza deirodierna redazione dell’organo centrale) fossero caduti nell’op- portunismo. E, mentre parlano di « pace », i tre membri del Comi- tato centrale sciolgono l’ufficio meridionale (collegio di fiduciari deL CC) perché in esso lavorano alcuni fautori della maggioranza che hanno avuto l’ardire di svolgere un’agitazione a favore del congres- so. Mentre parlano di conciliazione delle due parti contendenti, i tre membri del CC organizzano una conferenza coi rappresentanti di una sola parte, ignorando l’altra. Quale libertinaggio non viene introdotto nel partito con queste transazioni particolari, private, che toccano gli interessi vitali di tutto il partito e che gli sono cosi scru- polosamente nascoste, benché non vi sia alcuna necessità di un se- greto cospirativo! Quanta reciproca sfiducia, quanta diffidenza non viene introdotta in tutta la vita del partito con queste macchinazioni alle spalle del partito proprio oggi un compagno mi fa sapere dalla Russia quali voci circolino a proposito di queste transazioni : in seno alla minoranza sono sorte tre parti, si dice negli ambienti di partito; una esige innanzi tutto la cooptazione nel CC di Dan e di Trotski c non vuol sentire nient’altro; un’altra è d’accordo per una conferenza; la terza si accontenta di una sol a dichiarazione del CC, e in questa par- te rientrano quelli del luzny Raboci (che vedono giustamente nella creazione di un organo di stampa popolare nient’altro che una restau- razione mascherata del loro giornale, soppresso dal congresso). Non so che cosa ci sia di vero in queste chiacchiere di partito. Ma che la mi- 458 LENIN noranza sia costituita di gruppi eterogenei, che la compagna Brucker, per esempio, non partecipi verosimilmente in alcun modo agli « ul- timatum » della minoranza e a tutto il litigio cooptazionale, che il gruppo Iuzny Raboci rappresenti una sfumatura del tutto par- ticolare, tutti questi sono fatti universalmente noti di cui è a cono- scenza chiunque abbia analizzato il nostro congresso. Possibile che non vediate quanto sia umiliante questo mercanteggiare dei vari gruppi che si sta svolgendo alle spalle del partito?! Ci si può forse stupire che ripocrisia dei tre membri del CC provochi la completa sfiducia nei loro confronti da parte della maggioranza, che si tiene in di- sparte da tutte queste macchinazioni? Ci si può forse stupire che la «pace», inaugurata con Fallontanamento di coloro che svolge- vano .un’agitazione a favore del congresso, venga considerata come il vestibolo di un sistematico travisamento dell’opinione pubblica del partito? che la maggioranza sospetti resistenza di una tran- sazione tra il CC e l’organo centrale (e quindi anche il Consiglio) per l’immissione forzata della minoranza nei comitati, per la non pubblicazione delle risoluzioni della maggioranza (le risoluzioni di Pietroburgo e di Iekaterinoslav vengono trattenute già da oltre un mese), ecc. ecc.? Spero che ora comprenderete perché, data Fattuale situazione in seno al partito, non sia neanche il caso di parlare di una mia en- trata nella redazione dell’organo centrale. La Vostra dichiarazione secondo cui io mi sarei « astenuto » dal voto nella questione della cooptazione di tre membri del CC è una bugia . Protesto recisamente contro il riconoscimento delle « elezioni come avvenute». È una nuova illegalità. Tutti e tre i membri han- no il dovere di esaminare la mia protesta e di sollevare soltanto dopo la questione della cooptazione. In base allo statuto la coopta- zione è unanime; il mio consenso non è stato dato. Senza portare la cosa davanti al Consiglio non c quindi il caso di parlare di un’av- venuta cooptazione. La decisione del Consiglio (se Voi porterete ille- galmente in quella sede la questione della cooptazione prima che sia stata controllata la composizione del CC da parte di tutti i membri del CC) dev’essermi comunicata assieme ai verbali del Consiglio. LETTERA A GLEBOV 459 Non posso condividere il Vostro rincrescimento per il fatto che ci sia mancata l’occasione di vederci. Dopo le Vostre macchinazioni contro il compagno Osipov e il Vostro atteggiamento verso la parola data (accordo del 26 maggio 1904) non desidero avere con Voi nessu- na relazione oltre quelle puramente ufficiali ed esclusivamente epistolari. N. Lenin , membro del CC Pubblicata nel 1904 nclTopuscolo : N. Sdakhov, La lotta per il congretto, Ginevra. UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO risposta di N. Lenin ci Rosa Luxemburg 130 L’articolo della compagna Rosa Luxemburg nei numeri 42 e 43 della Nette Zeit è un esame critico del mio libro russo sulla crisi del nostro partito 131 . Non posso non esprimere un ringraziamento ai compagni tedeschi per la loro attenzione nei confronti della nostra letteratura di partito, per i loro tentativi di far conoscere questa let- teratura alla socialdemocrazia tedesca, devo però rilevare che l’arti- colo di Rosa Luxemburg nella Nette Zeit fa conoscere ai lettori non il mio libro, ma qualcosa di diverso. Questo si può vedere dai seguenti esempi. La compagna Luxemburg dice, per esempio, che nel mio libro ha trovato netta e chiara espressione la tendenza ad un « centralismo che non tien conto di nulla ». La compagna Luxem- burg ritiene in tal modo che io difenda un sistema organizzativo contro un altro. In effetti però non è così. Nel corso di tutto il libro, dalla prima all’ultima pagina, io difendo le tesi elementari di qual- siasi sistema di qualsiasi organizzazione di partito pensabile. Nel mio libro si esamina non la questione della differenza tra questo o quel sistema organizzativo, ma la questione del modo in cui un qual- siasi sistema si debba sostenere, criticare e correggere senza contrad- dire ai principi del partito. Piu avanti Rosa Luxemburg dice che « secondo il suo [di Lenin] modo di vedere al CC viene accordata Tautorizzazione di organizzare tutti i comitati locali del partito ». In realtà questo non è vero. La mia opinione su questa questione può essere documentata col progetto di statuto dell’organizzazione del partito da me presentato. In questo progetto non c’è una sola parola sul diritto di organizzare i comitati locali. La commissione eletta al UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO 461 congresso del partito per l’elaborazione dello statuto del partito vi in- cluse questo diritto, e il congresso del partito confermò il progetto della commissione. In questa commissione, oltre a me e ad un altro fautore della maggioranza, erano stati eletti tre rappresentanti della minoranza del congresso del partito, per cui in questa commissione, che accordò al CC il diritto di organizzare i comitati locali, ebbero il sopravvento tre miei avversari. La compagna Rosa Luxemburg ha confuso due fatti diversi. In primo luogo, ha confuso il mio progetto di organizzazione da una parte col progetto modificato della commis- sione e, dall’altra, con lo statuto organizzativo approvato dal congresso del partito; in secondo luogo, ha confuso la difesa di una determinata richiesta di un determinato paragrafo dello statuto (non è vero che in questa difesa io non abbia tenuto conto di nulla, giacché nella seduta plenaria non mossi obiezioni contro l’emendamento introdotto dalla commissione) con la difesa della tesi (genuinamente « ultracentrali- stica », nevvero?) secondo cui uno statuto approvato dal congresso del partito dev’essere applicato fino a che non sia stato modificato dal con- gresso successivo. Questa tesi (genuinamente « blanquista », come il lettore può facilmente vedere) l’ho effettivamente difesa « senza tener conto di nulla » nel mio libro. La compagna Luxemburg dice che « se- condo questa opinione [l’opinione di Lenin] il Comitato centrale è l’unico nucleo attivo del partito ». In realtà questo non è vero. Non ho mai difeso quest’opinione. Al contrario, i mìei oppositori (la minoran- za del secondo congresso del partito) mi hanno accusato nei loro scritti di non difendere abbastanza l’indipendenza e l’autonomia del Comita- to centrale, di subordinarlo troppo alla redazione deH’organo centrale all’estero e al Consiglio del partito. A quest’accusa ho risposto nel mio libro che, quando la maggioranza del partito ha avuto il sopravvento in seno al Consiglio, non ha mai fatto il tentativo di limitare l’auto- nomLa del Comitato centrale; ciò però è accaduto non appena il Con- siglio del partito è divenuto uno strumento di lotta nelle mani della minoranza. La compagna Rosa Luxemburg dice che nella socialde- mocrazia russa non sussisterebbero dubbi circa la necessità di un par- tito unitario e che tutta la polemica verterebbe sulla questione di un maggiore o minore accentramento. In realtà questo non è vero. Se la compagna Rosa Luxemburg si fosse data la pena di conoscere le riso- luzioni dei numerosi comitati locali del partito che costituiscono la 31 -SIS LENIN 462 maggioranza, avrebbe potuto agevolmente capire (ciò è del resto chiaramente evidente anche dal mio libro) che tra noi la polemica verte su una questione: se cioè il Comitato centrale e Porgano centra- le debbano o no rappresentare per se stessi Porientamento della mag- gioranza del congresso del partito. Su questa « ultracentrali stica » e meramente « blanquista » esigenza la nostra stimata compagna non dice mezza parola; lei preferisce tuonare contro la meccanica sotto- missione della parte al tutto, contro Pubbidienza da cadavere, contro la subordinazione cieca e altri simili spauracchi. Sono molto grato alla compagna Luxemburg per la spiegazione dell’idea davvero pro- fonda che Pubbidienza da cadavere è dannosissima per il partito, ma vorrei tanto sapere: ritiene normale la nostra compagna, può am- mettere, ha mai visto in un qualche partito che negli organi cen- trali che si definiscono organi del partito domini la minoranza del congresso del partito? La compagna Rosa Luxemburg mi attri- buisce addirittura l’idea che in Russia esistano già tutte le premesse per l’organizzazione di un grande partito operaio altamente centraliz- zato. Ancora una volta un’inesattezza di fatto. Mai ho espresso nel mio libro quest’idea, e meno ancora l’ho difesa. La tesi da me formulata esprimeva ed esprime qualcos’altro. E precisamente io ho sottolineato che esistono già tutte le premesse per riconoscere le decisioni del congresso del partito e che è ormai lontano il tempo in cui si poteva sostituire un circolo privato ad un collegio di partito. Citavo le prove del fatto che certi accademici del nostro partito rive - lavano la loro incoerenza ed instabilità e che essi non avevano in alcun modo il diritto di riversare la loro mancanza di disciplina sulle «palle dei proletari russi. In varie occasioni gli operai russi si sono già ripetutamente dichiarati per il rispetto delle decisioni del congresso del partito. È addirittura spassoso sentire la compagna Luxemburg dichiarare Vedremo subito quanto modestamente ne apprezzi il valore la stessa redazione, ma citeremo prima i chiarimenti, quanto mai coerenti ai principi, della redazione in merito alle funzioni della commissione esecutiva : « ... La commissione esecutiva dovrà adottare in precedenza prov- vedimenti per far si che l’apparizione di alcune migliaia di operai da- vanti all’edificio nel quale siedono i deputati dello zemstvo e di al- cune decine o centinaia all’interno dell’edificio non provochi negli zemtsy il timor panico [!!], sotto il cui influsso essi sarebbero capaci di precipitarsi [!] sotto l’infame protezione dei poliziotti e dei cosac- chi, trasformando cosi una pacifica manifestazione in una rissa in- decente e in un barbaro massacro, snaturandone interamente il signifi- , cato... » (La redazione, a quanto pare, ha creduto essa stessa allo spauracchio che si è sognata. Risulta infatti, in base al senso gramma- ticale letterale della frase, che la redazione ritiene che gli zemtsy pos- sano trasformare la manifestazione in un barbaro massacro e snaturar- ne il significato. Non abbiamo una grande opinione degli zemtsy li- berali, ma tuttavia il timor panico della redazione circa la chiamata della polizia e dei cosacchi da parte dei liberali presenti neH’assemblea dello zemstvo ci sembra completamente assurdo. Chiunque sia stato anche solo una volta ad un’assemblea di zemstvo sa egregiamente che la polizia verrà chiamata, nel caso che si verifichi un cosiddetto turba- mento dell’ordine, o dal maresciallo della nobiltà che presiede oppure LA CAMPAGNA DEGLI ZEMSTVO 495 dal funzionario di polizia che si trova in via non ufficiale nella stan- za accanto. O forse i membri della commissione esecutiva spie- gheranno in questo caso al brigadiere di polizia che nel « piano » della redazione della nuova Is\ra non rientra assolutamente la tra- sformazione di una pacifica manifestazione in un barbaro massacro?) « ... Allo scopo di evitare una simile sorpresa, la commissione ese- cutiva deve prevenire in anticipo i deputati liberali... [affinché faccia- no la « formale promessa » di non chiamare i cosacchi?] della mani- festazione che si sta preparando e del suo vero scopo... [cioè preve- nirli che il nostro vero scopo non consiste affatto nel far si che noi veniamo barbaramente percossi e che il senso del piano di Axelrod sia cosi snaturato]... Inoltre, dovrà cercare di venire ad un accordo [udi- te!] coi rappresentanti dell’ala sinistra della borghesia all’opposizione e di assicurarsi, se non il loro appoggio attivo, per lo meno la loro sim- patia per la nostra azione politica. Naturalmente, dovrà condurre le trattative a nome del partito, per incarico dei circoli e delle assemblee operaie, dove non solo viene discusso il piano generale della campa- gna politica, ma si riferisce altresì sul suo andamento, beninteso, os- servando rigorosamente le norme cospirative ». Si, si, vediamo coi nostri occhi che la grande idea di Starover di un accordo coi liberali sulla base di ben determinate condizioni si svi- luppa e si rafforza non di giorno in giorno, ma di ora in ora. Tutte queste condizioni determinate sono state, è vero, messe « temporanea- mente » sotto il moggio (noi, vedete, non siamo dei formalisti!), ma in compenso un accordo viene praticamente raggiunto, immediata- mente e puntualmente : V accordo di non provocare il timor panico. Comunque rigiriate la lettera della redazione, non troverete per il famigerato « accordo » coi liberali altro contenuto che quello da noi indicato: o è un accordo sulle condizioni alle quali i liberali hanno diritto di scendere in campo in nome del popolo (e allora l’idea stessa di un simile accordo compromette nel piò serio dei modi i socialde- mocratici che l’hanno proposto); oppure è l’accordo a non provocare il timor panico, l’accordo sulla simpatia per una manifestazione paci- fica, e allora è semplicemente una sciocchezza, di cui è difficile parlare seriamente. La sciocca idea della grande importanza di un’azione sul- l’opposizione borghese, e non sul governo, non poteva del resto portare ad altro che ad un assurdo. Se possiamo organizzare una dimostrazio- 496 LENIN nc di operai imponente e di massa nella sala dell’assemblea dello zemst- vo, noi, naturalmente, la effettueremo (anche se, disponendo di forze per una dimostrazione di massa, sarebbe assai meglio « concentrare » queste forze « presso l’edificio » non delle assemblee degli zemstvo , ma di quelle dei poliziotti, dei gendarmi o dei censori). Ma lasciarsi guida- re in questo da considerazioni sul timor panico degli zemsty, condurre trattative in merito, è ultrainsensato, ultracomico. A provocare il ti- mor panico tra una parte considerevole, certo la maggioranza, degli zemtsy russi sarà sempre ed inevitabilmente lo stesso contenuto del discorso di un socialdemocratico coerente. Parlare in anticipo con gli zemtsy dell’indesiderabilità di un simile timor panico significa porsi nella situazione piu falsa c indegna. Un timor panico d’altro genere sarà altresì inevitabilmente provocato da un barbaro massacro o dal* l’idea della sua eventualità. Condurre trattative con gli zemtsy sul ti* mor panico è quanto mai stupido, poiché nessun liberale, fosse pure il piu moderato, provocherà mai o vedrà con simpatia UH mas- sacro, ma ciò non dipende in alcun modo da lui. Ciò che qui occorre non sono le « trattative », ma una preparazione concreta delle forze, non un’azione sugli zemtsy , ma precisamente un’azione sul governo e sui suoi agenti. Se manca la forza, c meglio non chiacchierare di gran- di piani, ma, se la forza esiste, bisogna appunto contrapporla ai co- sacchi e alla polizia, sforzarsi di assembrare in un luogo tale una tal folla che sia in grado di respingere, o per lo meno di contenere, l’as- salto dei cosacchi c della polizia. E se noi siamo capaci di esercitare, di fatto c non a parole, « un’imponente azione organizzata sull’opposi- zione borghese », ciò è certo reso possibile non già mediante sciocche « trattative » sulla non provocazione del timor panico, ma solo me- diante la forza, mediante la resistenza di massa ai cosacchi ed alla po- lizia dello zar, mediante un assalto di massa capace di trasformarsi in insurrezione popolare. La redazione della nuova Ispira vede le cose in maniera diversa. È cosi soddisfatta del suo piano di accordo e trattative che non si stanca di ammirarlo, non ha parole per lodarlo abbastanza. ...I dimostranti attivi devono essere «compenetrati della consape- volezza della radicale differenza esistente tra una consueta dimostra- zione contro la polizia o il governo in generale ed una dimostrazione il cui scopo immediato sia quello della lotta contro l’assolutismo, con LA CAMPAGNA DEGLI ZEMSTVO 497 l’aiuto di un’azione diretta del proletariato rivoluzionario sulla tattica politica [come? come?] degli elementi liberali nel momento attuale [il corsivo è della redazione] ... Per organizzare dimostrazioni del tipo consueto, democratico generale [!!], per cosi dire, dimostra- zioni il cui scopo immediato sia quello di contrapporre concretamen- te l’uno all’altra il proletariato rivoluzionario e la borghesia liberale d’opposizione come due forze politiche autonome, basta la sola pre- senza di un forte fermento politico in seno alle masse popolari... » « Il nostro partito ha il dovere di valersi di questo stato d’animo delle masse sia pure soltanto per una simile, se cosi si può dire, mobilita- zione di tipo inferiore [udite, udite!] delle masse contro l’assoluti- smo »... «Noi facciamo i primi [!] passi sulla nuova [\] via dell’at- tività politica, sulla via dell’organizzazione di un intervento sistema- tico delle masse operaie [N£] nella vita sociale il cui scopo immedia- to è quello di contrapporre queste stesse masse operaie all’opposizione borghese come forza autonoma che è in contrasto con quest’ultima per i suoi stessi interessi di classe e che al tempo stesso le propone condi- zioni [ma quali?] per un’energica lotta comune contro il nemico co- mune ». Non a tutti è dato di cogliere tutta la profondità di questi stupendi ragionamenti. La dimostrazione di Rostov 14 # , nella quale vengono spiegati a migliaia e migliaia di operai gli scopi del socialismo e le ri- vendicazioni della democrazia operaia, è un « tipo inferiore di mobi- litazione », il tipo consueto, democratico generale ; qui non c’è con- trapposizione concreta tra proletariato rivoluzionario e borghesia d’op- posizione. Quando però un oratore appositamente incaricato, designa- to da una commissione esecutiva, eletta da un gruppo organizzativo, che a sua volta è stato costituito da membri di comitati e da operai at- tivi, quando quest’oratore, dopo trattative preliminari con gli zemtsy y protesterà ad alta voce nell’assemblea dello zemstvo contro il suo ri- fiuto di ascoltarlo, allora si avrà una « concreta » éd « immediata » contrapposizione di due forze autonome, allora si esplicherà un’azione « diretta » sulla tattica dei liberali, allora si avrà « il primo passo sul- la nuova via». Temete iddio, egregi signori! Nemmeno Martynov nei peggiori tempi del Raboceie Dielo osò mai giungere a simili scioc- chezze 1 Riunioni in massa di operai nelle piazze delle città meridionali,- 498 LENIN decine di oratori operai, scontri diretti con la vera forza dell’autocra- zia zarista, tutto questo c un « tipo inferiore di mobilitazione ». Un accordo con gli zemtsy per un pacifico intervento di un nostro oratore che si impegna a non provocare il panico nei signori liberali, è la « nuova via ». Ecco i nuovi compiti tattici, ecco le nuove concezioni tattiche della nuova Is\ra che con tanta pompa vengono fatte conosce- re a tutto il mondo attraverso il Balalaikin della redazione 147 . Sotto un rapporto tuttavia, questo Balalaikin ha detto senza volerlo una verità: tra la vecchia e la nuova ls\ra esiste davvero un abisso. La vec- chia Iskra non aveva parole che di disprezzo e di scherno all’indirizzo delle persone capaci di entusiasmarsi, vedendovi una « nuova via », per un accordo tra le classi agghindato con trucchi teatrali. Questa nuova via la conosciamo già da tempo in base all’esperienza di quegli « uomini di Stato » del socialismo francese e tedesco che pure riten- gono « di tipo inferiore » la vecchia tattica rivoluzionaria e non han- no parole per lodare abbastanza « l’intervento sistematico ed imme- diato nella vita sociale » sotto forma di accordi per un pacifico e mo- desto intervento di oratori operai dopo trattative con l’ala sinistra della borghesia d’opposizione. 1 Davanti al timor panico degli zemtsy liberali la redazione prova a sua volta un tale timor panico da raccomandare con forza a chi pren- de parte al « nuovo » piano escogitato una « particolare circospezio- ne ». « Come caso estremo nel senso della circospezione in occasione di quest’atto — leggiamo nella lettera — noi ci figuriamo il recapito per posta della dichiarazione degli operai ai deputati al loro domicilio e il lancio della stessa in gran numero di copie nella sala dell’assem- blea dello zemstvo . Di questo potrebbe turbarsi, ponendosi dal pun- to di vista del rivoluzionari smo borghese [sic!], solo colui per il qua- le l’effetto esteriore è tutto, mentre il processo di sistematico sviluppo dell’autocoscienza di classe e dello spirito d’iniziativa del proletariato è nulla ». Non è proprio della nostra gente turbarsi per l’invio ed il lancio di volantini, ma per la fraseologia enfatica e vuota di senso noi ci tur- beremo sempre. Che a proposito dell’invio e del lancio dei volantini si chiacchieri, con fare serio, di processo di sistematico sviluppo deH’auto- coscienza di classe e dello spirito d’iniziativa del proletariato è cosa per la quale occorre essere un eroe della sciocchezza soddisfatta di sé. LA CAMPAGNA DEGLI ZEMSTVO 499 Mettersi a gridare a! mondo intero i nuovi compiti tattici e ridurre il tutto alPinvio ed al lancio di volantini è cosa davvero impareggiabile, è cosa quanto mai caratteristica per i rappresentanti della sfumatura in- tellettuale in seno al nostro partito, che oggi si agitano istericamente dando la caccia ad una parola d’ordine tattica, dopo il fiasco subito con le loro nuove parole d’ordine organizzative. E chiacchierano an- cora, con la modestia che li caratterizza, di vanità dell’effetto esteriore. Ma proprio non vedete, egregi signori, che nel migliore dei casi, anche col pieno successo del vostro piano che si pretende nuovo, con l’inter- vento di un operaio davanti ai signori zemtsy si otterrebbe precisa- mente soltanto un effetto esteriore, mentre del reale effetto « im- ponente » di un simile intervento sulla « tattica degli elementi libe- rali » è possibile parlare solo per ridere? Non è forse il contrario, non hanno forse esercitato un’azione veramente imponente sulla tattica de- gli elementi liberali quelle dimostrazioni di massa degli operai che a voi sembrano dimostrazioni « di tipo consueto, democratico generale, inferiore » ? E, se è destinato che il proletariato russo eserciti ancora una volta un’azione sulla tattica dei liberali, siate pur certi che lo farà con un assalto di massa contro il governo, e non già con un accordo con gli zemtsy . IV La campagna degli zemtvo aperta col grazioso consenso della po- lizia, i mielati discorsi di Sviatopolk-Mirski e dei giornali ufficiosi del governo, il tono piu elevato della stampa liberale, l’anima^ zione della cosiddetta società colta, tutto questo pone al partito ope- raio i più seri compiti. Ma essi vengono formulati del tutto a rovescio nella lettera della redazione dcWIs^ra. In questo momento infatti centro focale dell’attività politica del proletariato deve essere l’organiz- zazione di una azione imponente sul governo e non sull’opposizione liberale. Precisamente ora sono meno che mai opportuni gli accordi de- gli operai con gli zemtsy sulle manifestazioni pacifiche — accordi che si trasformerebbero inevitabilmente in combinazioni di effetti da vero e proprio vaudeville — , è più che mai necessaria l’unione compatta de- gli clementi d’avanguardia, rivoluzionari del proletariato al fine di preparare la lotta decivisa per la libertà. Precisamente ora, quando il 500 LENIN nostro movimento costituzionale comincia a rilevare con chiarezza i peccati ineliminabili di ogni liberalismo borghese, e di quello russo in particolare — smisurato sviluppo della vuota fraseologia, abuso del- la parola che diverge dai fatti, credulità veramente filistea nei confronti del governo e di ogni eroe della politica delle volpi — , precisamente ora sono prive di tatto le frasi suH’indesiderabilità dell’intimidazione e del panico dei signori zemtsy y sulla leva per la reazione, ecc., ecc. Precisamente ora è piu che mai importante rafforzare nel proletariato rivoluzionario la salda convinzione che anche Fattuale « movimento di liberazione presente nella società » sarà immancabilmente e inevita- bilmente una bolla di sapone come le precedenti, se non interverrà la forza delle masse operaie, atte e pronte all’insurrezione. Il fermento politico esistente nei più diversi strati del popolo, che costituisce la premessa necessaria di un’insurrezione e la garanzia del suo successo, la garanzia che l’iniziativa del proletariato verrà appog- giata, si estende, cresce e si acuisce sempre più. Sarebbe perciò molto irragionevole se a qualcuno venisse ora di nuovo in mente di incitare ad un assalto immediato, di far organizzare subito le colonne d’as- salto U8 , ecc. L’intero corso degli eventi ci è garante che nel prossimo futuro il governo dello zar si troverà ancor più nei pasticci, che l’esa- sperazione contro di esso sì farà sempre più minacciosa. Il governo si troverà ineluttabilmente nei pasticci anche nel giuoco che ha iniziato con il costituzionalismo degli zemstvo. Sia che faccia qualche misera concessione, sia che non ne faccia nessuna, il malcontento e l’irrita- zione assumeranno un’ampiezza sempre maggiore. Il governo si tro- verà ineluttabilmente nei pasticci anche in quella disonorevole e cri- minale avventura mancese, che porta con sé una crisi politica sia nel caso di una sconfitta militare decisiva, sia nel caso di un prolungamen- to della guerra, che la Russia non può sperare di vincere. Compito della classe operaia è di ampliare e rafforzare la propria organizzazione, di decuplicare l’agitazione tra le masse, profittando di ogni esitazione del governo, diffondendo l’idea dell’insurrezione, spie- gandone la necessità sull’esempio di tutti quei « passi » irresoluti e destinati in partenza all’insuccesso su cui si fa ora tanto chiasso. Non è neanche il caso di dire che gli operai devono reagire alle istanze de- gli zemstvo organizzando assemblee, lanciando volantini, organiz- zando, là dove esistono forze sufficienti, dimostrazioni per proclamare LA CAMPAGNA DEGLI ZEMSTVO 5°i tutte le rivendicazioni socialdemocratiche, senza tener conto del « pa- nico» dei signori Trubetskoi, senza conformarsi alle lamentele dei filistei sulla leva per la reazione. E qualora fosse già il caso di arri- schiarsi a parlare in anticipo, e per di piu dalle stero, del possibile ed auspicabile tipo superiore di dimostrazioni di massa (giacché quelle non di massa non hanno ormai più nessunissima importanza), qua- lora fosse già il caso di toccare la questione della concentrazione delle forze dei dimostranti presso questo o queiredificio, indicheremmo precisamente gli edifici nei quali si dirigono le azioni di polizia volte a dare addosso al movimento operaio, indicheremmo gli edifici della polizia, della gendarmeria, degli uffici di censura, i luoghi di reclu- sione dei « delinquenti » politici. Il serio appoggio da parte degli ope- rai alle istanze degli zemstvo deve consistere non in un accordo sulle condizioni alle quali gli zemstvo possano parlare in nome del popolo, ma neirinferire un colpo ai nemici del popolo. Ed è appena possibile dubitare che l’idea di una simile dimostrazione non incontri la sim- patia del proletariato. Gli operai sentono oggi da tutte le parti frasi ampollose e sonore promesse, vedono il reale — sia pure insignifican- te, ma pur sempre reale — estendersi della libertà per la « società » (allentamento della briglia che tiene a freno gli zemstvo , ritorno degli zemtsy caduti in disgrazia, più blando infierire contro la stampa li- berale), ma gli operai non vedono letteralmente nulla che estenda la libertà della loro lotta politica. Sotto la pressione dell’assalto rivolu- zionario del proletariato , il governo ha permesso ai liberali di parlare di libertà! La mancanza di diritti e ravvilimento degli schiavi del ca- pitale appare ora agli occhi dei proletari vieppiù chiaramente. Gli ope- rai sono privi di organizzazioni generali per una discussione relativa- mente libera (dal punto di vista russo) dei problemi politici; gli operai sono privi di sedi per le riunioni; gli operai sono privi di giornali pro- pri; agli operai non si restituiscono i loro compagni dalle carceri e dal- la deportazione. Gli operai ora vedono che la pelle dell’orso — che es- si non hanno ancora ucciso, ma che essi e soltanto essi, i proletari, hanno seriamente ferito — che questa pelle cominciano a dividersela i signori borghesi liberali. Gli operai vedono che questi signori bor- ghesi liberali, fin dal primo approssimarsi della spartizione della futura pelle, cominciano già a mostrare i denti e a ringhiare contro i « par- titi estremi », contro i « nemici interni », implacabili nemici del do- 502 LESIS mìnio e dell’ordine borghese. E gii operai si solleveranno ancor pcu arditamente, in masse ancora pili fitte, per dare all’orso il colpo di grazia, per conquistarsi dò che si promette di dare come elemosina ai signori borghesi liberali: liberta di riunione, libertà per la stampa operaia, completa libertà politica ai fini di una lotta ampia ed aperta per la completa vittoria de 1 socialismo. Pubblichiamo il presente opuscolo con la soprascritta : Per i soli membri dei partito, perché con la stessa soprascritta è stata pubblicata la « lettera » della redazione dell 'Is^ra. In sostanza, per un piano che dev’essere inviato in decine di città, discusso in centinaia di circoli operai, spiegato in volantini di agitazione ed appelli, la « cospirazio- ne» é semplicemente ridicola, fe uno degli esempi di quel segreto cancdlieresco che già faceva notare il compagno Galiorka (Su una nuova via) nella prassi della redazione e dd Consiglio. Da un solo punto di vista si potrebbe giustificare Focaii tamento della lettera della redazione al largo pubblico in generale ed ai liberali in particolare: essa compromette troppo il nostro partito... La limitazione della cerchia dei lettori del presente opuscolo viene soppressa, considerato che la nostra cosiddetta redazione di partito ha già pubblicato una risposta indirizzata apparentemente ai membri del partito, ma che in pratica ha comunicato soltanto alle assemblee della minoranza, non facendola pervenire ai membri del partito che noto- riamente appartengono alla maggioranza. Se Visura decide di non considerarci membri del partito (temen- do al tempo stesso di dirlo apertamente), a noi non resta che rasse- gnarci al nostro amaro destino e trarre da una simile decisione le ne- cessarie conclusioni. 22 dicembre 1904. TESI DELLA RELAZIONE SULLA SITUAZIONE IN- TERNA DEL PARTITO Tesi della mia relazione u * 1. Sin dal secondo congresso la minoranza degli iskristi ave- va manifestaco la sua instabilità nei principi (oppure era cadu- ta in errore), essendo risultata, alle elezioni, alleata con i suoi avversari ideali. 2. Anche dopo il congresso, persino alla Lega, la minoranza ha difeso la continuità della vecchia Isf{ra t ma di fatto se ne è al- lontanata sempre piu. 3. Al momento della sua svolta (n. 52) Plekhanov ha visto chiaramente che la minoranza costituiva Pala opportunistica del partito e lottava con gli stessi metodi degli individualisti anarchici. (Contra Vasiliev e Lenin a proposito del sistema dei circoli) 15# . 4. La difesa, la giustificazione, Pelevazione a principio del- la nostra arretratezza organizzativa e della demolizione orga- nizzativa del congresso è già opportunismo. Nessuno si deci- derà a sostenere oggi in generale le tesi sul programma versus lo statuto, ecc. 5. L’accusa alla maggioranza di ignorare la lotta econo- mica, l’accusa di giacobinismo, di ignorare lo spirito d’iniziativa degli operai altro non è che la ripetizione, priva di qualsiasi fon- damento, degli attacchi del Raboceie Dielo contro Visura. LENIN 5*4 ' 6, La paura de) terzo congrego e la lotta contro £ ex» in' (egra la folta posizione sia della minoranza che dd condliatD- rìtmo. 7 . Nel tuo piano per la campagna degli zemttvo la reda- zione àt\Yh\ra ha imboccato una arada particolarmente falsa e nociva, indubbiamente opportunistica, ponendo la questione dd panico, celebrando l’accordo con gli zemtty talk manifestazioni pacifiche come tipo nuovo di accordo. Il piano della campagna è connesso all’erronea risoluzione di ' Star over. Scritto 3 19 novembre (3 dicembre) del 1904. Pubblicato per la prima volta in Miseritene* di Lenin t XVF, 1931. LETTERA AI COMPAGNI in occasione della pubblicazione di un organo di stampa della maggioranza del partito Cari compagni! Oggi, in una riunione di una cerchia ristretta di bolscevischi 151 residenti all 'estero, è stata definitivamente decisa la questione, già risolta in linea di principio, relativa alla fondazione di un organo di partito periodico consacrato alla difesa ed allo svilup- po dei principi della maggioranza nella lotta contro la confusione or- ganizzativa e tattica, introdotta nel partito dalla minoranza, e al ser- vizio del lavoro positivo delle organizzazioni russe, contro le quali viene oggi combattuta, pressoché in tutta la Russia, una lotta cosi fe- roce da parte dei fiduciari della minoranza, lotta che disorganizza gravemente il partito in un momento storico cosi importante, lotta che viene in tutto e per tutto condotta con i mezzi e i metodi più svergo- gnati della scissione, mentre nel cosiddetto organo centrale del partito si versano ipocritamente lacrime sulla scissione. Abbiamo fatto tutto il possibile per condurre la lotta con metodi di partito; sin da gen- naio ci battiamo per un congresso, quale unico dignitoso sbocco da questa situazione impossibile. Ora è già divenuto più chiaro della lu- ce del sole che quasi tutta l’attività del CC, passato dalla parte della minoranza, è consacrata a lottare accanitamente contro il congresso, che il Consiglio ricorre a tutti gli impossibili e inammissibili artifici per ritardare il congresso. Il Consiglio sabota apertamente il congresso: chi non se n’è ancora convinto dalla lettura delle sue ultime delibe- razioni nel supplemento ai nn. 73-74 àz\Ylsì{ra lo vedrà dall'opuscolo (uscito in questi giorni) di Orlovski : Il Consiglio contro il partito. Ora 50 6 LENIN è divenuto piu chiaro della luce del sole che senza l’unione e la resi- stenza ai nostri cosiddetti organi centrali la maggioranza non può tenere la sua posizione, difendere lo spirito di partito nella lotta con- tro il sistema dei circoli. L’unione dei bolscevichi russi è stata da essi posta airordine del giorno già da tempo. Ricordate Penorme simpatia con cui è stata accolta la risoluzione programmatica (nel senso di un programma per la nostra lotta all’interno del partito) dei 22 152 ; ri- cordate l’appello dei 19 pubblicato a stampa dal comitato di Mosca (ot- tobre 1904); a quasi tutti i comitati del partito, infine, è noto che in parte si sta ancora svolgendo, una serie di conferenze private tra i co- mitati della maggioranza 153 , si fanno i piu energici e decisi tentativi in direzione di una salda unione dei comitati della maggioranza per far fronte ai bonapartisti che stanno insinuandosi nel Consiglio, nel- l’organo centrale e nel CC. Noi speriamo che in un futuro molto vicino questi tentativi (o, piu esattamente, questi passi) verranno a conoscenza di tutti, allorché i loro risultati consentiranno di pronunciarsi in maniera precisa in me- rito a ciò che è già stato ottenuto. Senza una casa editrice particolare, l’autodifesa della maggioranza era,- naturalmente, affatto impossibile. Il nuovo CC, come forse già sapete dalle nostre pubblicazioni di par- tito, ha addirittura buttato fuori i nostri opuscoli (e persino le coper- tine degli opuscoli già composti) dalla tipografia del partito, trasfor- mando cosi quest’ultima in una tipografia di circolo, e respinto le aperte proposte della maggioranza estera e dei comitati russi, per e- sempio di quello di Riga, in merito all’invio in Russia delle pubbli- cazioni della maggioranza. La falsificazione dell’opinione pubblica di partito si è delineata con tutta chiarezza come tattica sistematica del nuovo CC. La necessità di estendere la nostra attività editoriale, di organizzare un nostro canale di comunicazione si è imposta inelutta- bilmente. I comitati che avevano rotto le loro relazioni fraterne con la redazione dell’organo centrale (si veda l’ammissione di Dan nella riunione di Ginevra del 2 settembre 1904 154 : opuscolo interessante) non potevano e non possono fare a meno di un organo di stampa pe- riodico. Un partito senza organo di stampa, un organo di stampa senza partito! Questa triste costatazione, formulata dalla maggioranza già nell’agosto, portava inesorabilmente ad un’unica soluzione: la fon- LETTERA AI COMPAGNI 5°7 dazione di un nostro organo di stampa. Le giovani forze letterarie giunte airestero per sostenere la grande causa della maggioranza dei militanti russi chiedono di essere utilizzate. Numerosi pubblicisti di partito in Russia chiedono insistentemente un organo di stampa. Fon- dando un tale organo di stampa, che verrà probabilmente denomi- nato Vpcrìod , agiamo in pieno accordo con la massa dei bolscevichi russi, in pieno accordo con la nostra condotta nella lotta di partito. Ab- biamo posto mano a quest’arma dopo aver sperimentato nel corso di un anno tutte le vie più semplici, più economiche per il partito, più aderenti agli interessi del movimento operaio. Noi non abbandonia- mo affatto la lotta per il congresso, c vogliamo anzi estendere, gene- ralizzare e sostenere questa lotta, vogliamo aiutare i comitati a risol- vere la nuova questione che loro si pone di un congresso senza il Con- siglio ed il CC — contro la volontà del Consiglio e del CC — , que- stione che richiede una discussione seria e approfondita. Noi scen- diamo apertamente in campo in nome di concezioni e compiti già da tempo esposti davanti a tutto il partito in una serie di opuscoli. Noi lottiamo e lotteremo per un orientamento rivoluzionario coe- rente ai principi contro la confusione e tutte le esitazioni nelle questio- ni sia organizzative che tattiche (cfr. la lettera mostruosamente confusa della nuova Is\ra alle organizzazioni del partito, lettera che è stata pubblicata per i soli membri del partito e tenuta nascosta agli occhi del mondo 15S ). L’annuncio dell’uscita del nuovo organo di stampa ap- parirà probabilmente fra una settimana o pressapoco. Il primo nume- ro uscirà in data i-io gennaio nuovo stile. Del comitato redazionale faranno parte tutti i pubblicisti per ora più in vista della maggioranza (Riadovoi, Galiorka, Lenin, Orlovski, che ha regolarmente collaborato aU'Isfoa dal n. 46 al n. 51, quando ancora la dirigevano Lenin e Ple- khano.v, nonché altre forze letterarie giovani e preziose). Il collegio per la direzione pratica e l’organizzazione della complessa impresa della diffusione, della rete dei fiduciari ecc. ecc. si costituirà (in parte si è già costituito ,5fl ) in base al diretto incarico a determinati compagni per determinate funzioni da parte di tutta una serie di comitati russi (quel- li di Odessa, Iekaterinoslav, Nikolaiev, i quattro comitati del Caucaso ed alcuni del nord, di cui ben presto saprete particolareggiatamente). Ci rivolgiamo ora a tutti i compagni, pregandoli di appoggiarci in tutti i modi. Dirigeremo l’organo di stampa alla condizione che esso 508 LENIN sia Porgano di stampa del movimento russo e in nessun modo di un circolo estero. Per questo è necessario prima di tutto e piu di tutto il più energico appoggio « letterario », o piu esattamente la collaborazio- ne letteraria, dalla Russia. Sottolineo e metto tra virgolette la parola « letterario » per richiamare subito Pattenzione sulla sua accezione par- ticolare e mettere in guardia contro un malinteso, contro l’idea che i letterati e solo i letterati (nell 1 accezione professionale del termine) siano in grado di collaborare con successo a quest’organo di stampa; al contrario Porgano sarà vivo e vitale quando per cinque letterati diri- genti e collaboratori permanenti ci saranno cinquecento collaboratori che non sono letterati. Uno dei difetti della vecchia Is\ra , dal quale mi sforzai sempre di liberarla (e che si è sviluppato sino ad assumere pro- porzioni mostruose nella nuova Is^ra), era la debole collaborazione del- la Russia. Accadeva che pubblicavamo sempre, quasi senza eccezione, tutto ciò che ci veniva inviato dalla Russia. Un organo di stampa vera- mente vivo deve pubblicare un decimo di ciò che gli viene inviato, utilizzando il resto come materiale d’informazione e di guida per i letterati. È necessario che sia in corrispondenza con noi il maggior nu- mero possibile di militanti del partito, e precisamente in corrispon- denza nel senso abituale della parola, e non in quello letterario. L’estraniazione dalla Russia, la deprimente atmosfera della male- detta palude estera è qui cosi insopportabile che Punica salvezza è il vivo contatto con la Russia. Non lo dimentichino coloro che, non solo a parole ma di fatto, vogliono considerare (e vogliono rendere) il nostro organo di stampa Porgano di stampa di tutta la « maggio- ranza », Porgano di stampa della massa dei militanti russi. Chiunque considera come suo quest’organo di stampa ed è cosciente dei doveri del socialdemocratico membro del partito rinunci una volta per sem- pre all’abitudine borghese di pensare e di agire così come si usa nei confronti dei giornali legali : è affar loro , si dice, lo scrivere, nostro è quello di leggere. Al giornale socialdemocratico devono collaborare tutti i socialdemocratici. Preghiamo tutti, e specialmente gli operai, di mettersi in corrispondenza con noi. Date agli operai una piu ampia possibilità di scrivere al nostro giornale, di scrivere su tutto, di scri- vere il piu possibile della loro vita d’ogni giorno, dei loro interessi e del loro lavoro: senza questo materiale Porgano di stampa socialde- mocratico non varrà un soldo e non meriterà il nome di socialdemo- cratico. Preghiamo inoltre di scriverci lettere e non corrispondenze, vale a dire non per la stampa, ma per il contatto fraterno con la re- dazione e per tenere informata quest’ultima, per tenerla informata non soltanto dei fatti, degli avvenimenti, ma anche degli stati d’animo e dell’aspetto quotidiano, « poco interessante », abituale del movimento, del lavoro corrente. Non essendo stati all’estero, non potete immagi- nare quanto ci siano utili silimi lettere (dove non si trova assoluta- mente nulla di cospirativo; e scrivere una volta alla settimana, due volte alla settimana, una lettera non cifrata di questo genere è cosa in- vero assolutamente possibile anche per la persona piu occupata). Scri- veteci dunque delle conversazioni nei circoli operai, del carattere di queste conversazioni, dei temi trattati, dei desideri degli operai, del- l’impostazione della propaganda e dell’agitazione, dei legami con la società, l’esercito e la gioventù; scriveteci soprattutto del malcontento nei confronti di noi socialdemocratici tra gli operai, dei loro dubbi, desideri, proteste, ecc. I problemi dell’impostazione pratica del lavo- ro sono oggi particolarmente interessanti, e non c’è altro mezzo di informare la redazione su questi problemi tranne un vivace carteggio, non a carattere di corrispondenze giornalistiche, ma di natura pura- mente amichevole; certo, non tutti sono capaci o hanno voglia di scrivere, ma... non si dica: non posso, si dica, invece: non voglio; sempre, purché lo si voglia, in qualsiasi circolo, in ogni gruppo, an- che minuscolo, anche di secondarissima importanza (quelli di secon- daria importanza sono spesso particolarmente interessanti, giacché tal- volta fanno la parte piu importante, anche se impercettibile, del la- voro), si può trovare uno, due compagni che potrebbero scrivere. Qui abbiamo subito impiantato una segreteria su larghe basi, valendoci dell’esperienza della vecchia Isf^ra ; quanto a voi, vi preghiamo di tener presente che chiunque , senza eccezione, sì metterà all’opera con pazienza ed energia, otterrà senza fatica che tutte le sue lettere, o i nove decimi di esse, ci pervengono. Dico questo in base alla trienna- le esperienza della vecchia ls%ra, che aveva piu d’un corrispondente- amico di questo tipo (che spesso nessun membro della redazione cono- sceva) che intratteneva un’accuratissima corrispondenza. Da tempo la polizia non è assolutamente piu in grado di intercettare le lettere per l’estero (solo casualmente riescono a prenderle a causa della straordina- ria trascuratezza del mittente), e una parte gigantesca del materiale 5 io LENIN della vecchia Isf^ra è sempre arrivata ai nostri indirizzi in lettere nor- mali per la via più consueta. Vorremmo mettere particolarmente in guardia contro il metodo di concentrare la corrispondenza solo nel co- mitato e solo presso i segretari. Nulla è più nocivo di un simile mono- polio. Per quanto doverosa nell’azione, nel prendere le decisioni, l’uni- tà è altrettanto sbagliata nel l’attività generale di informazione, nella corrispondenza. Spesso, spessissimo avviene che offrano particolare in- teresse le lettere di compagni relativamente « appartati » (lontani dai comitati), che percepiscono in maniera più fresca molto di ciò che è troppo abituale e viene trascurato da un vecchio funzionario speri- mentato. Date una maggior possibilità di scriverci ai militanti giova- ni, ai funzionari, ai « centralisti », agli organizzatori, a chi si limita a prender parte a riunioni volanti e di massa. Solo allora e solo a patto di una cosi vasta corrispondenza potremo tutti assieme fare del nostro giornale un vero organo del movimento operaio in Russia . Preghiamo caldamente di leggere questa lettera in ogni e qualsiasi riunione, circolo, sottogruppo, ecc. ecc., divulgandola il più ampiamente possibile, e di scrivere come gli operai abbiano accolto il nostro appello. Verso l’idea di un organo operaio (« popo- lare ») distinto da un organo di stampa generale — dirigente — de- gli intellettuali il nostro atteggiamento è molto scettico; vorremmo che il giornale socialdemocratico fosse l’organo di tutto il movimento, che il giornale operaio e il giornale socialdemocratico si fondessero in un unico organo di stampa. Questo può riuscire solo col più attivo contributo della classe operaia. Un fraterno saluto N. Lenin Scrìtta il 29 novembre (12 dicembre) dei 1904. Pubblicata nel dicembre del 1904 come volantino. DICHIARAZIONE E DOCUMENTI SULLA ROTTURA DEGLI ORGANISMI CENTRALI COL PARTITO Scritto il 9 (22) dicembre del 1904, Pubblicato in opuscolo nel gennaio del 1905 a Ginevra. Nel n. 77 dell 9 IsJ(ra tre membri del Comitato centrale, i quali par- lano a nome derintero Comitato centrale, citano davanti ad un col- legio arbitrale il compagno N. « per falsa dichiarazione allo scopo di disorganizzare il partito ». Questa pretesa falsa dichiarazione è stata fatta « tramite un membro del CC che non ha partecipato all’elabora- zione della dichiarazione », cioè per mezzo mio. Dato che la cosa mi riguarda da vicino, nonché in base ai pieni poteri che ho ricevuto dal compagno N, mi ritengo in diritto e in dovere di prendere parte al dibattito arbitrale, intervenendo con la seguente accusa contro i mem- bri del CC: Glebov, Valentin e'Nikitic. Li accuso di azioni illegali, sbagliate, formalmente e moralmente inammissibili nei confronti dei loro colleghi del CC e nei confronti di tutto il partito. Siccome queste azioni sbagliate prolungano e acuiscono oltre misu- ra la crisi del partito, influendo al tempo stesso nel modo più imme- diato sulla massa dei militanti, ritengo incondizionatamente necessa- ria la pubblicità del dibattito in tutto ciò che non contiene segreti co- spirativi, e perciò espongo particolareggiatamente il contenuto della mia accusa. I. lo accuso i tre membri del CC : Glebov , Valentin, Ni {i tic di avere sistematicamente ingannato il partito. i) Li accuso di aver impiegato il potere che essi hanno ricevuto dal secondo congresso per soffocare l’opinione pubblica del partito manifestatasi nell’agitazione a favore del terzo congresso. Essi non avevano diritto di reprimere quest’agitazione, che è un diritto impre- scrittibile di ogni membro del partito. In particolare, non avevano di- ritto di sciogliere l’UfScio del sud per l’agitazione a favore del con- gresso. Non avevano il diritto né formale né morale di infliggermi un 5i4 LENIN biasimo come membro del Consiglio del partito per aver dato il mio. voto in seno al Consiglio a favore del congresso : 2) di aver celato al partito le risoluzioni dei comitati a favore del congresso e, speculando sulla fiducia loro accordata in qualità di membri del più alto organismo del partito, di aver indotto in errore i comitati, esponendo loro in maniera notoriamente falsa la situazione esistente nel partito. Essi hanno impedito che si chiarisse la verità, respingendo la richiesta del comitato di Riga di pubblicare e diffon- dere la risoluzione dei 22, nonché di far pervenire in Russia le pubbli- cazioni della maggioranza, adducendo il pretesto che si sarebbe trat- tato di pubblicazioni non di partito; 3) di non essersi fermati, nella loro agitazione contro il congresso, nemmeno davanti alla disorganizzazione del lavoro locale, facendo appello alla periferia contro i comitati che si erano pronunciati per il congresso, screditando in tutti i modi questi comitati agli occhi dei militanti locali e distruggendo cosi la fiducia tra comitato e periferia, senza la quale nessun lavoro è possibile; 4) di avere, tramite il delegato del CC del Consiglio, preso parte alla stesura delle deliberazioni del Consiglio in merito alle condizioni dela convocazione del terzo congresso, deliberazioni che hanno reso impossibile il congresso e tolto cosi al partito la possibilità di risolvere in maniera normale il conflitto sorto in seno al partito; 5) di essere, pur dichiarando ai comitati la loro solidarietà di prin- cipio con la posizione della maggioranza, pur dichiarando che un accordo con la minoranza poteva aver luogo alla sola condizione che la minoranza rinunciasse alla sua organizzazione segreta particolare e alla cooptazione nel CC, di essere venuti al tempo stesso, di nasco- sto dal partito e notoriamente contro la sua volontà , ad una transa- zione con la minoranza alle condizioni : 1) di mantenere Pautonomia delle imprese tecniche della minoranza; 2) di cooptare nel CC tre tra i più ferventi rappresentanti della minoranza; 6) io li accuso di essersi valsi della loro autorità di membri del più alto organismo del partito per gettare l’ombra del sospetto sui pro- pri avversari politici. Essi hanno agito in maniera disonesta nei con- fronti del compagno P., deliberando in luglio di indagare sulla sua presunta entrata fraudolenta nel comitato del nord e non comuni- candogli poi a tutt* oggi (22 dicembre) nemmeno l’accusa contestatagli. ROTTURA DEGLI ORGANISMI CENTRALI COL PARTITO 515 benché Glebov abbia visto ripetutamente P. e benché lo stesso Glebov si sia permesso, in qualità di membro del Consiglio del partito, di de- finire « fraudolenta » nell 'ls\ra l’azione di un compagno cui era stata tolta la possibilità di difendersi. Hanno detto una patente bugia quan- do hanno dichiarato che Lidin non era una persona di fiducia (Ver- trauensmann) del CC. Hanno tratto in inganno i membri del partito, allo scopo di screditare ai loro occhi il compagno Bonc-Bruievic e i suoi collaboratori per la spedizione, pubblicando nell’/j^ra (n. 77) una dichiarazione in- cui si indica (e per di più in maniera inesatta) il solo passivo della spedizione, e questo dopo che essi, a mezzo dei loro plenipotenziari, avevano rilasciato al compagno Bonc-Bruievic un at- testato scritto in cui si affermava che tutto il lavoro era stato da lui condotto bene e che la contabilità era perfettamente in ordine; 7) io li accuso di avere approfittato dell’assenza degli ex rappresen- tanti del CC all’estero, compagno Vasiliev e compagno Zverev, per screditare alcuni organismi di partito (la biblioteca e l’archivio del POSDR a Ginevra). Essi hanno pubblicato nélYls/pa una comunica- zione, a firma di un « rappresentante » del CC che mi è sconosciuto, in cui hanno completamente travisato la storia ed il vero carattere di questi organismi. IL lo accuso inoltre i 3 membri del CC Glebov, Valentin e Nify- tic di una serie di azioni sia moralmente che formalmente inammis- sibili nei confronti degli altri membri del collegio di cui fanno parte. 1) Essi hanno distrutto ogni base dell’organizzazione e della di- sciplina di partito, presentandomi (tramite Glebov) l’ultimatum: uscire dal CC o cessare l’agitazione in favore del congresso. 2) Essi hanno violato raccordo concluso a loro nome dal membro del CC Glebov non appena, a causa del mutamento della composi- zione del CC, l’esecuzione di quest’accordo è divenuta loro sfavo- revole. 3) Nella loro seduta di luglio essi non avevano il diritto di dichia- rare dimissionario dal CC il compagno N senza prima avere ascol- tato lui e jnc, tanto più che a questi tre membri del CC era noto che noi (4 membri del CC 15T ) avevamo chiesto che si esaminasse la questione controversa in una riunione plenaria del CC. La dichiara- zione che il compagno N non sarebbe più stato membro del CC è sbagliata anche nella sostanza, giacché i tre membri del CC hanno 5 i6 LENIN inoltre abusato di una dichiarazione riservata (e non comunicata a tutti i compagni) del compagno N. 4) I tre membri del CC non avevano alcun diritto di tenermi al- l’oscuro del mutamento delle loro vedute e intenzioni. Il compagno Glebov affermava alla fine del maggio che il loro punto di vista era espresso nella dichiarazione stilata in marzo. In tal modo la di- chiarazione di luglio, radicalmente diversa da quella di marzo, ve- niva adottata a mia insaputa, e le dichiarazioni di Glebov erano un inganno. 5) Glebov ha violato l’impegno concluso con me secondo cui nel rapporto al congresso di Amsterdam 159 , alla cui stesura si erano ac- cinti Dan (delegato dell’organo centrale) e Glebov (delegato del CC), non si sarebbe accennato alle divergenze esistenti in seno al partito. Il rapporto, preparato dal solo Dan, è risultato pieno di velata pole- mica e tutto permeato delle vedute della « minoranza », Glebov non ha protestato contro il rapporto di Dan ed ha cosi indirettamente con- tribuito ad ingannare la socialdemocrazia internazionale. 6) I tre membri del CC non avevano alcun diritto di negarmi la possibilità di dichiarare e pubblicare la mia opinione personale su un’importante questione della vita di partito. La dichiarazione di luglio veniva inviata all’organo centrale per la pubblicazione , prima ancora che mi fosse data la possibilità di esprimere la mia opinione. Il 24 agosto ho inviato una protesta all’organo centrale contro questa dichiarazione. L’organo centrale ha dichiarato che l’avrebbe pubbli- cata solo se i tre membri del CC, che avevano scritto la dichiara- zione, l’avessero voluto. Poiché i tre non l’hanno voluto, la mia pro- testa è stata tenuta nascosta al partito. 7) Essi non avevano alcun diritto di rifiutarmi di essere messo al corrente dei verbali del Consiglio e di privarmi, senza formale esclu- sione dal CC, della designazione di nuovi fiduciari in Russia e al- l’estero, delle trattative con la « minoranza », degli affari di cassa, ecc., ecc. 8) Essi non avevano il diritto di cooptare nel CC tre nuovi com- pagni (conciliatori) senza effettuare la cooptazione attraverso il Con- siglio, come esige lo statuto del partito nel caso che manchi l'unani- mità; e l’unanimità mancava, giacché io avevo espresso la mia pro- testa contro questa cooptazione. Appendice Data la grande importanza della posizione del CC nel conflitto sorto in seno al partito, ritengo necessario pubblicare, perché tutti ne siano informati, i documenti sotto riportati. I. Lettera del compagno Glebov ai membri del « collegio ». a) settembre. « I rapporti con l’organo centrale e la Lega non sono stati ancora definiti. Dopo la nostra dichiarazione, questi organismi — bisogna dire — sono diventati sfrontati, ed i loro appetiti sono cresciuti. La nostra situa- zione è molto difficile: l’estero è nelle mani della Lega le fonti private nelle mani dell’organo centrale, e quindi affoghiamo nei debiti. Incal- zato dal bisogno (con circa 9000 rubli di debito sul collo), sono costretto a pensare ad una via d’uscita. Mi sono quindi rivolto alla minoranza con la proposta di abbozzarmi un progetto di riforme per essa auspicabili ». b) 7 settembre. « Ieri Sera ho avuto, in presenza di S., un incontro d’affari con tre plenipotenziari della minoranza : Popov, Blumenfeld e Martov ». Tra le questioni discusse in questa riunione, che si è trasformata, secondo le parole di Glebov, « in una riunione preliminare per la pre- parazione della pace», indicheremo le seguenti: I. Rapporti organizzativi all’estero. « La cura del movimento russo se l’assumono il CC, l’organo cen- trale e la Lega. Per l’eliminazione dei reciproci attriti, per un maggiore interessamento al lavoro e la piena fiducia, la direzione generale degli affari viene affidata a una commissione di rappresentanti del CC, dell’orga- no centrale e della Lega. Il CC dispone di due voti e del diritto di veto... » 5-8 LENIN" II. Trasporti. L’organo centrale è sottoposto al controllo del CC, mantenendo però una certa autonomia. E precisamente: la spedizione aH’estero può essere effettuata solo dal CC. La direzione degli affari esteri dell’organo centrale resta però nelle mani dello stesso organo centrale. La diffusione della stam- pa in Russia appartiene al CC. Perché l’organo centrale abbia una mag- giore autonomia, gli si lascia il sud. Mi spiego. L’organo centrale dispone dei trasporti. L’organo centrale teme che in caso di un mutamento di di- rezione gli venga tagliata la strada. Perciò l’organo centrale chiede che gli venga garantito questo canale per via organizzativa ». c) 7 settembre. <( Contro l’accordo concluso ieri in merito alla direzione degli affari è qui terribilmente arrabbiato Dan, e forse anche qualcun altro. Questa gente è veramente ingorda. Qui vogliono organizzare un comitato estero di rappresentanti dell’organo centrale, del CC e della Lega, comitato che dovrebbe decidere tutto all’estero; naturalmente, ognuno dispone di un solo volto. Mica male, no? » d) Settembre. « Richiamo l’attenzione sul desiderio espresso dal Consiglio circg. l’integrazione [si tratta dell’integrazione della rappresentanza del CC nel Consiglio] . Bisognerà eleggere qualcuno al posto di Lenin, cosa che egli dichiarerà naturalmente illegale. Proporrei di eleggere nel Consiglio Dan o Deutsch, con la precisa riserva, però, che essi siano investiti di pieni po- teri solo per le sedute del Consiglio. Non c’è nessun altro, mi sembra, che solo voto. Mica male, no? » IL Lettera di un fiduciario del CC(ora ufficialmente cooptato nel CC) al compagno Glebov 4 settembre. « A proposito della dichiarazione è successo un tale pasticcio che è diffìcile raccapezzarsi. Una cosa è chiara: tutti i comitati, tranne quelli di Kharkov, della Crimea, della regione metallurgico-mineraria e del Don, sono comitati della maggioranza. Quello del Don, sembra, è neu- trale, ma non si sa di preciso. Dei comitati delia ” maggioranza ”, quelli di Riga, Mosca, Pietroburgo e del nord hanno espresso al CC la loro sfiducia nella dichiarazione, come ti ho già comunicato in precedenza. Il CC ha ottenuto la piena fiducia da un numero molto insignificante di comitati. Gli altri invece gli hanno espresso la loro fiducia sulla pacifica- ROTTURA DEGLI ORGANISMI CENTRALI COL PARTITO 5*9 zione, a patto che in caso di insuccesso si convochi immediatamente un congresso straordinario. Tra questi ultimi alcuni pongono come condi- zione della pacificazione la rinuncia della minoranza a considerarsi ” parte ” e la rinuncia alla richiesta della cooptazione come ” parte ” [?]. Questo è il quadro. In caso di insuccesso della pacificazione, il CC perde la fiducia della maggioranza dei comitati e quindi dovrà esso stesso svol- gere un’agitazione a favore del congresso per rassegnare i suoi pieni poteri. Dallo stato d'animo dei comitati è quindi chiaramente evidente che al congresso si faranno passare la deliberazione nello spirito dei 22 , cioè la destituzione della redazione e il suo passaggio nelle mani della maggioranza , il mutamento del Consiglio del partito , ecc. Ma perché la pacificazione soddisfi i comitati è necessaria la condizione di cui già ti scrivevo: la minoranza deve accettare la dichiarazione e rinunciare a considerarsi ” parte”. Se faranno questo, credo che Lenin perderà terreno in Russia, e che si potrà ristabilire la pace. La tua frase, secondo cui la faccenda con Martov va ” pian piano ” sistemandosi, mi ha stupito. L’osti- nazione dei redatori comincia proprio a irritarci, e io, nonostante le mie simpatie ideali, ecc., comincio a perdere la ducia in loro come ” diri- genti ” politici. La questione organizzativa l’hanno completamente chiari- ta, e la loro ulteriore ostinazione, pur mancando di un appoggio in Rus- sia (qui la minoranza è importante), dimostrerà che essi scendono in lot- ta solo a motivo dei posti ». Questo l’inizio del commercio delle vacche, ed eccone il finale : Il CC spedisce ai comitati una lettera nella quale informa i comi- tati che : « le trattative termineranno nel prossimo futuro (al massimo tra due settimane); per ora possiamo comunicare che 1) il CC non ha cooptato nel suo seno nessuna minoranza (a questo proposito è stato messo in giro da qualcuno un mero pettegolezzo)... 3) le trattative con la minoranza ven- gono condotte nello stesso spirito di cui vi ha riferito Valentin, ossia, qualora si voglia parlare di concessioni, queste possono aversi soltanto da parte della minoranza e devono consistere nella rinuncia alla polemica fra- zionistica dell’organo centrale, nello scioglimento dell’organizzazione se- greta della minoranza, nella rinuncia a cooptare i membri del CC, nel passaggio di tutte le iniziative (tecnica, trasporti, legami) al Comitato centrale. Solo a queste condizioni è possibile ristabilire la pace nel partito. C’è motivo di sperare che le cose andranno appunto cosi. In ogni caso, se oggi la minoranza manifesterà il desiderio di continuare la sua vecchia politica, il CC troncherà immediatamente le trattative e si accingerà a convocare un congresso straordinario ». 5 20 LENIN Cosi il CC tranquillizza i comitati che gli esprimono la loro sfi- ducia. Ed ecco le lettere di militanti « eminenti » della minoranza . Le lettere sono giunte a metà dicembre del 1904, vecchio stile. «Ci siamo finalmente incontrati con la canaglia. Questa la loro ri- sposta: per l’autonomia dei nostri organismi tecnici sono d’accordo; quanto alla commissione di agitazione, sono contrari, trovando che è fun- zione di pertinenza diretta del CC (direzione dell’agitazione) e che essi preferiscono a questo piano la riforma del CC; non possono però cooptare ufficialmente subito e propongono la cooptazione di jatto (non ufficiale) di tre compagni della minoranza ( Popov , Fomin , Fischer). Com’è ovvio, ci starno immediatamente dichiarati d’accordo con X., e da questo mo- mento l’opposizione menscevica viene ufficialmente abolita. E’ come se ci fosse stata tolta una montagna dalle spalle. Avrà luogo a giorni una riu- nione di tutto il CC con noi, dopo di che fisseremo una conferenza dei comitati piu vicini a noi. « ...Siamo pienamente convinti che ci impadroniremo del CC e lo orienteremo nel senso da noi desiderato. Ciò è tanto piu agevole in quanto molti di loro riconoscono giusta la critica di principio della minoranza.,. In tutti i comitati coerentemente inflessibili (a Baku, Odessa, Nizni e Pie- troburgo) gli operai esigono il sistema elettivo. E’ un sintomo evidente dell’agonia degli inflessibili ». Contemporaneamente a questa giungeva un’altra lettera : «E’ stato raggiunto un accordo tra i plenipotenziari della ” mino- ranza ” e il CC. I plenipotenziari hanno rilasciato un documento scritto. Dato però che la ” minoranza ” non era stata preliminarmente consultata, è naturale che questo stesso documento non sia del tutto felice, in quanto vi si esprime la ” fiducia ” nel Comitato centrale e non nella sua politica di unificazione; vi si parla di dissoluzione del partito, di cessazione del- resistenza a parte, mentre sarebbe stata sufficiente soltanto la seconda af- fermazione. Infine, in questo documento manca il ” credo ” della ” mino- ranza”. In considerazione di ciò è stato deciso di far votare da tutte le organizzazioni della ” minoranza ” una risoluzione con il ” credo ” e con le indicate correzioni, riconoscendo naturalmente la validità dell’ac- cordo dei nostri plenipotenziari col CC »♦ È molto probabile che le persone colte sul luogo del delitto, sma- scherate dai presenti documenti, facciano, con la « sensibilità morale » che le contraddistingue, ogni sforzo per stornare Pattenzione del par- tito dal contenuto dei documenti e spostarla sulla questione morale ROTTURA DEGLI ORGANISMI CENTRALI COL PARTITO 521 del diritto di pubblicarli. Io sono convinto che il partito non si lascerà gabbare da questa polvere negli occhi. Dichiaro di assumermi in tutto e per tutto la responsabilità morale della presente rivelazione e che darò tutte le spiegazioni del caso davanti al collegio arbitrale che esaminerà l’intera faccenda nel suo complesso. INFORMAZIONE SULL’AVVENUTA COSTITUZIONE DI UN COMITATO DI ORGANIZZAZIONE E SULLA CONVO- CAZIONE DEL TERZO CONGRESSO ORDINARIO DEL PAR- TITO OPERAIO SOCIALDEMOCRATICO RUSSO 151 La grave crisi che sta attraversando il nostro partito ormai da un anno e mezzo, a partire dal secondo congresso, è giunta alla sua con- seguenza inevitabile e da tempo prevista, alla completa rottura tra gli organismi centrali e il partito. Non staremo qui a ripetere la grave storia della crisi e a ricordare i fatti, già sufficientemente lumeggiati nelle pubblicazioni di partito in generale e in tutta una serie di riso- luzioni e di dichiarazioni di comitati e conferenze di comitati russi in particolare. Basti rilevare che l’ultima di queste conferenze, quella del Nord, alla quale hanno preso parte i comitati di Pietroburgo, Ri- ga, Tver, Mosca, del Nord e di Nizni Novgorod, ha eletto un ufficio incaricandolo di agire in qualità di comitato di organizzazione per Pimmediata. ^convocazione del terzo congresso ordinario del Partito operaio socialdemocratico russo. Al presente l’ufficio ha lasciato scadere tutti i termini posti dai co- mitati al cosiddetto Comitato centrale per una risposta ed è venuto ad un accordo coi plenipotenziari dei tre comitati del sud (quelli di Odessa, Iekaterinoslav, Nikolaiev) ed i quattro del Caucaso. L’ufficio scende ora in campo in qualità di comitato di organizzazione e con- voca, senza il consenso dei centri, che dovrebbero render conto al partito ed hanno declinato la loro responsabilità davanti a quest’ulti- mo, il terzo congresso ordinario del Partito operaio socialdemocratico russo. La Russia attraversa un periodo di risveglio politco mai visto CONVOCAZIONE DEL TERZO CONGRESSO 523 prima d’ora, e al proletariato si pongono i piu grandi compiti storici della lotta contro l’autocrazia. Tutti i socialdemocratici che lavorano in Russia sanno quale immane pregiudizio sia stato arrecato alla cau- sa delPorganizzazione e dell’unione delle forze del proletariato dal nostro scompiglio di partito, quale incalcolabile danno abbia subito la causa della propaganda, dell’agitazione e dell’unificazione degli operai in Russia dalla perniciosa influenza dello spirito di circolo dell’estero. E, se non c’è la possibilità di unificare i circoli esteri ed i loro seguaci, si unifichino, allora, perlomeno tutti i militanti socialde- mocratici della Russia, tutti i fautori dell’orientamento coerente della socialdemocrazia rivoluzionaria. Una simile unificazione è l’unica via sicura verso la futura, completa e salda unità di tutti i socialdemecra- tici della Russia. Evviva la socialdemocrazia rivoluzionaria russa, evviva la social- democrazia rivoluzionaria internazionale! Relativamente alle condizioni della convocazione del congresso il comitato di organizzazione ritiene necessario portare a cono- scenza di tutti quanto segue : 1) Il comitato di organizzazione riconosce il diritto incondiziona- to a partecipare al terzo congresso ordinario con voto deliberativo a tutti i comitati ed organizzazioni russe convalidati dal secondo congresso del Partito operaio socialdemocratico russo (comitati di Pie- troburgo, Mosca, Kharkov, Kiev, Odessa, Nikolaiev, Don, Iekateri- noslav, Saratov, Urali, Nord, Tuia, Tvr, Nizni Novgorod, Bakù, Batum, Tiflis, regione metallurgico-mineraria, Siberia e Crimea). 2) Il comitato di organizzazione riconosce il diritto condizionato a partecipare al congresso ai comitati convalidati dal Comitato centra- le, dopo il secondo congresso (quelli della Mingrelia, di Astrakhan, di Oriol-Briansk, di Samara, di Smolensk, di Riga, di Kursk, di Vo- ronez, nonché la Lega estera). Tutti questi comitati sono stati conva- lidati da centri che hanno perduto la fiducia del partito. Noi abbiamo il dovere di invitarli al terzo congresso, ma solo quest’ultimo può risolvere la questione della loro partecipazione (validità del comitato, diritto al voto consultivo o deliberativo, ecc.). 3) Il comitato di organizzazione esprime, a nome della maggio- ranza dei comitati russi, il desiderio che al terzo congresso ordinario 524 LENIN del Partito operaio socialdemocratico russo partecipino tutte le organiz- zazioni estere e russe del Partito operaio socialdemocratico russo e in specie tutte le organizzazioni operaie che si ritengono parte del Partito operaio socialdemocratico russo. La partecipazione di queste ultime ci sembra particolarmente auspicabile, perché la crisi del partito e la propaganda demagogica del principio elettivo e demo- cratico del Raboceìe Dielo hanno già provocato tutta una serie di scissioni. Occorre valersi del congresso per cercare, con la partecipa- zione dei rappresentanti della maggioranza dei comitati russi, di eli- minare queste scissioni o contenerne il danno. 4) Il comitato di organizzazione invita perciò a rispondere imme- diatamente ed a mettersi in contatto con esso (attraverso uno dei 13 comitati summenzionati) tutti coloro che desiderano partecipare al congresso. 5) In caso di contestazioni, le condizioni di invito al congresso verranno definite in base alla decisione dei due comitati più vicini e di un terzo compagno nominato dal comitato di organizzazione. , 6) Le condizioni di partecipazione al congresso (con voto consul- tivo o deliberativo) dei comitati- e di altre organizzazioni non conva- lidate dal secondo congresso del partito verranno definite dal terzo congresso. 7) La data e la sede del congresso verranno stabilite dal comitato di organizzazione. Scritta nel dicembre del 1904. Pubblicata per la prima volta in Miscellanea di Lenin , V, 1926. NOTE 1 II Racconto sul ì\ Congresso del POSDR venne scritto da Lenin nel periodo di inasprimento della lotta dei bolscevichi contro l’attività scissionistica, disorganiz- zatrice dei menscevichi dopo il II Congresso del partito. Prima della pubblicazione degli atti del congresso (gennaio 1904) il Racconto era l’unico documento che lu- meggiasse i risultati del II Congresso e le cause della scissione del POSDR. 2 Lenin utilizza i dati sui delegati con voto deliberativo al II Congresso del POSDR presenti al momento della relazione della commissione per la verifica dei poteri* tenuta alla seconda seduta del congresso il 18 (31) luglio 1903. Verso quel tempo i delegati giunti al congresso erano 42* di cui 33 disponevano di un voto, 8 di due voti e l’ultimo — uno dei delegati del Comitato estero del Bund — disponeva prov- visoriamente, fino all’arrivo del secondo rappresentante di quest’organizzazione, anch’egli di due voti. Con l'arrivo, in data 22 luglio (4 agosto), del secondo delegato del Bund furono presenti al congresso 43 delegati con voto deliberativo; di essi 35 disponevano di un voto e 8 di due voti. 3 Bandisti : membri del Bund («Unione operaia generale ebraica di Lituania, Po- lonia e Russia »). Il Bund era stato organizzato nel 1897 e riuniva principalmente gli artigiani ebraici delle regioni occidentali della Russia. Al I Congresso del POSDR, tenutosi nel marzo 1898, il Bund era entrato nel Partito operaio social- democratico russo. Al II Congresso del POSDR i bundisti avevano avanzato la richiesta che il Bund venisse riconosciuto come l’unico rappresentante del prole- tariato ebraico. Avendo il congresso respinto il nazionalismo organizzativo bun- dista, il Bund era uscito dal partito. Nel 1906, dopo il IV Congresso (« congresso di unificazione »), il Bund entrò nuovamente nel POSDR. I bundisti appoggia- giarono costantemente i menscevichi. Conducendo una lotta implacabile contro i bolscevichi. Pur appartenendo formalmente al POSDR, il Bund era un’organizza- zione a carattere nazionalistico-borghese, 4 T ; il bolscevico P. A. Krasikov (negli atti del II Congresso del POSDR : P. Pav- lovic). 5 11 La lotta » : gruppo estero di pubblicisti che si riteneva parte del POSDR; si era costituito come gruppo autonomo nel 1901 a Parigi, Date le sue deviazioni dalle concezioni e dalla tattica socialdemocratiche, le sue azioni disorganizzatrici e la sua mancanza di legami con le organizzazioni socialdemocratiche in Russia, il grup- po non era stato ammesso al li Congresso del partito. Con deliberazione del II Congresso’ il gruppo « La lotta » era stato sciolto. • N. (AW): pseudonimo della menscevica E. M. Alexandrova (negli atti del II Congresso del POSDR: Stein). 7 II « transfuga »: I. V. Cernyscev. Egli era stato dapprima « economista »; passato in seguito all'organizzazione estera dell’/r^rfl, nell’aprile 1903 aveva nuovamente disertato verso gli « economisti ». 528 NOTE * Cfr., nella presente edizione, v, 6 , p. 447, • Cfr.. nella presente edizione, v. 5, pp. 319-490. 10 Lenin chiama « commento alla Tagesordnung » le sue osservazioni sul progetto di ordine del giorno e di regolamento del secondo congresso del partito, progetto che egli intitolava Programma del II Congresso ordinario del POSDR. 11 Nella Zarià furono pubblicati i seguenti articoli di Lenin: Note occasionali , i pri- mi quattro capitoli dell'opera La questione agraria e i « critici di Marx » (col titolo 1 signori « critici » nella questione agraria ) , Rassegna interna , Il program- ma agrario della socialdemocrazia russa. In questa rivista vennero pubblicati anche articoli teorici di Plekhanov, 12 Cfr., nella presente edizione, v. 6, p. 468. 13 n Affare del due aprile » : si allude all’uccisione del ministro degli affari interni Sipiaghin ad opera dello studente Balmasciov, avvenuta il 2 (15) aprile 1902. 14 Nozdriov: personaggio del romanzo di Gogol Le anime morte. 15 II circolo dei petrascevtsy sorse a Pietroburgo verso la metà degli anni quaran- ta del XIX secolo. Era costituito da rappresentanti della parte più avanzata degli intellettuali russi: letterati, maestri, studenti, piccoli funzionari, ufficiali, ecc. Il circolo era capeggiato da M, V. Butascevic-Petrascevski, seguace del socialista utopista francese Fourier. Le concezioni politiche dei petrascevtsy non erano omo- genee, ma nella loro maggioranza essi scendevano in campo contro l'autocrazia zarista e la servitù della gleba. Al circolo erano legati Saltykov Stcedrin e Do- stoievski, nonché i poeti A, N. Plestceiev, A, N, Maikov, T. G, Scevcenko ed altri. 18 Accademici : seguaci dell’accademismo, tendenza ispirata ai principi del \ulturni - cestvo (cfr. Glossario). 17 L’articolo 1 compiti della gioventù rivoluzionaria reca il sottotitolo Lettera prima. Tuttavia di lettere successive non ve ne furono. L’articolo venne anche pubblicato come opuscolo ciclostilato sotto il titolo: Agli studenti . Compiti della gioventù rivoluzionaria (La socialdemocrazia e gli intellettuali). Dai documenti del dipar- timento della 'polizia relativi agli anni 1904-1905 si rileva che in occasione di arre- sti e perquisizioni domiciliari quest’opuscolo di Lenin venne trovato nelle città dì Iekaterìnoslav, Nizni Novgorod, Kazan, Odessa e Arzamas, nonché nei gover- natorati di Smolensk e di Minsk. 18 L’articolo che Lenin scrisse in base a questo schema non è stato ritrovato. L’ulti- mo capoverso dello schema — quello sul Bund — venne sviluppato da. Lenin neH’articolo II massimo di impudenza e il minimo di logica (cfr., nél presente volume, pp. 51-57). 19 Fine del periodo « nomade » : fine della dispersione ideologica cd organizzativa delle organizzazioni socialdemocratiche. 20 Cfr., nella presente edizione, v. 6, pp. 295-301. Ibidem. 22 Ara^eeiev; nome di un favorito dello zar Alessandro I (organizzatore, fra l’altro, delle cosiddette « colonie militari »), divenuto sinonimo di fautore dèi più duri sistemi di governo, fondati sul terrore militare, sull’arbitrio poliziesco c sulla piu spietata repressione di ogni fermento liberale e innovatore. 23 Cfr., nella presente edizione, v. 6, p. 450. 24 Membro del CC : F. V. Lenghnik. 25 II secondo congresso delia « Lega estera della socialdemocrazia rivoluzionaria russa » si tenne a Ginevra il 13-18 (26-31) ottobre 1903; esso venne convocato per l’insistenza dei menscevichi. Al congresso parteciparono 15 fautori della mag- gioranza (Lenin, Plekhanov, N.K, Krupskaia, N. E. Bauman, L. I, Axelrod, NOTE 529 M. M. Litvinov, V, Bobrovski, L. Ic. Galperin» I« I. Axelrod, V. D. Bronc- Bruievic, V. Velickina, I. Lalaiants, P. Lalaiants-Kuliabko, O. Piatnitski e Ko- renevski), i quali disponevano complessivamente di 18 voti (i membri della Lega assenti avevano il diritto di trasmettere il loro voto ad altri), e 18 fautori della minoranza (P. B. Axelrod, I. Basovski, L S. Blumenfeld, M. G. Veceslav, F. I. Dan, L. G. Deutsch, V. I. Zasulic, B. A. Koltsov-Ghinzburg, V. N. Krochmal, I. Lcman-Smidovic, L. Martov, A. N. Potresov, L, D, Trotski ed alcuni altri) con 22 voti, nonché un delegato che non aderiva né alla maggioranza né alla minoranza e che disponeva di due voti (K. M. Takhtarev). In tal modo il nu- mero complessivo dei voti al congresso della Lega era di 42, dei quali la mag- gioranza apparteneva all’opposizione, la quale aveva deciso di contrapporre il congresso della Lega al congresso del partito e di trasformare la Lega in un pro- prio caposaldo per la lotta per la prevalenza nel partito e la conquista dei suoi organismi centrali. Il punto fondamentale dell’ordine del giorno del congresso della Lega era il rapporto di Lenin quale delegato della Lega al Congresso del POSDR, Dopo Lenin intervenne Martov, che difese l’opportunismo dei menscevichi e lanciò at- tacchi diffamatori contro i bolsceviche Lenin e i suoi fautori abbandonarono allora il congresso. In considerazione del suo rifiuto di sottomettersi alle decisioni del II Congresso del partito il CC e il Consiglio dichiararono illegittimo il congresso della Lega. Cfr., nella presente edizione, v. 6 , p, 44 • In seguito Lenin elaborò la relazione sulla questione nazionale come articolo per Visura, intitolandolo La questione nazionale nel nostro programma (cfr., nella presente edizione, voi. 6, pp. 420-428). ** PSP : Partito socialista polacco (partito nazionale piccolo -borghese, fondato nel 1893). 2 ® La Dichiarazione a proposito del rapporto di Martov venne Ietta da Lenin alla terza seduta del II Congresso della « Lega estera della socialdemocrazia rivoluzio- naria russa » e consegnata alla presidenza del congresso. Il collegio arbitrale per Tesarne delle accuse lanciate da Martov al congresso non si costituì, dato che Martov fu costretto a dichiarare in una lettera del 16 (29) novembre 1903, di non dubitare dell’onestà e della sincerità di Lenin. 3 ® Una dichiarazione non presentata venne scritta da Lenin per essere presentata al IL Congresso della « Lega estera della socialdemocrazia rivoluzionaria russa ». Nella seduta del congresso della Lega del 16 (29) ottobre 1903 Lenin si limitò a una breve dichiarazione orale. 31 La Dichiarazione di rinuncia alla carica di membro del Consiglio del partito e di redattore dell’organo centrale venne presentata da Lenin dopo che Plekhanov passò apertamente dalla parte dei menscevichi e propose di cooptare nella redazione del- \'IsJ(ra tutti i suoi ex redattori bocciati dal II Congresso del POSDR. Il 5 (18) novembre Lenin si rivolse a Plekhanov con la preghiera di pubblicare nelI 7 x^ra la sua lettera di dimissioni dalla redazione. Il comunicato della redazione sui cambiamenti avvenuti nella sua composizione venne pubblicato nel n. 53 della nuova Isftra (ossia dell’/x^ra menscevica), in data 25 novembre 1903. 32 Allusione al manifesto approvato al I Congresso del POSDR, tenutosi a Minsk nel marzo 1898. 33 Mio caro amico, vi consiglio quindi anzitutto di studiare la logica! 34 L’episodio della lotta del Bund contro il comitato del POSDR di lekaterinoslav ven- ne esposto da Lenin nell’articolo: Occorre un « partito politico autonomo » al pro- letariato ebraico ? (cfr., nella presente edizione, v. 6 pp. 306-311). 530 NOTE 35 Parole di Marx tratte dal Suo celebre articolo Per la critica della filosofia del diritto di Hegel » Introduzione (pubblicato nel febbraio 1844 nei Deutsch-Franzósische Jahrbiichef), nel quale Marx caratterizzava la scuola storica del diritto come « una scuola che legittima l’infamia di oggi con l’infamia di ieri, una scuola che dichiara ribelle ogni grido dei servi della gleba contro lo staffile, purché lo staffi- le sia uno staffile annoso, avito, storico, una scuola alla quale la storia mostra Soltanto il suo a posteriori, cosi come il Dio d’Israele al suo servo Mose » (Karl Marx, Un carteggio del e altri scritti giovanili, Roma, Edizioni Rinascita, 1954, pp. 91-92). 36 Lenin cita, tradotto da lui, un brano tratto dallo scritto del filologo e storico francese Ernest Renan Le Judaisme comme Race et comme Religion , pubblicato nel libro Discours et Conférences par Ernest Renan, Paris, 1887, p. 373. Millerand : il noto «socialista» riformista francese; nel 1899 egli era entrato a far parte di un governo borghese reazionario. 38 Lenin allude alle seguenti parole di Plekhanov, contenute nell’articolo (pubbli- cato senza firma nel n. 4 della Zarìà, dell’agosto 1902) Commento al progetto di programma del partito operaio socialdemocratico russo, cap. Vili : « È anche vero che in un’epoca rivoluzionaria l’espropriazione dei grandi proprietari terrieri può essere da noi la condizione necessaria della vittoria politico-sociale del partito rivoluzionario. Ma questo è un problema affatto diverso. La sua impostazione e la la sua soluzione saranno condizionate dal rapporto di forze sociali esistente in quel- l’epoca. Parlarne in questo momento è prematuro, benché occorra notare sin d’ora che in determinate circostanze sarà necessario porre tale problema », Quest’as- serzione di Plekhanov segue una serie di argomenti volti a dimostrare l’inoppor- tunità di includere nel programma della socialdemocrazia un punto sulla nazio- nalizzazione della terra. 39 Cosi nell'originale. 40 Cfr., nella presente edizione, v. 6, pp. 405-419. 41 Una dichiarazione inedita ; progetto di deliberazione del Comitato centrale propo- sta da Lenin nella seduta del CC del 14 (27) novembre 1903. La deliberazione in base a questa dichiarazione non venne adottata in conseguenza dell’atteggiamento conciliatore di alcuni membri del CC nei confronti dei menscevischi. 42 L’ultimatum del Comitato centrale venne presentato ai menscevichi il 12 (25) no- vembre 1903. Già il 22 ottobre (4 novembre) 1903 Lenin aveva indirizzato al Comi- tato centrale una lettera nella quale proponeva di presentare ai menscevischi le se- guenti condizioni: 1) cooptare nella redazione tre ex redattori; 2) ristabilire lo stàtu quo nella Lega estera; 3) accordare ai menscevichi un voto nel Consiglio del partito. Queste condizioni iniziali non erano state appoggiate dai conciliatori membri del CC» Nella stessa lettera Lenin accennava ai punti essenziali (propo- nendo di confermarli contemporaneamente, ma di non comunicarli per il momento ai menscevichi) deU’ultimatum, cioè delle concessioni pratiche ai menscevichi cui il CC poteva consentire: 1) cooptazione nella redazione dell’fr^rtr dei quattro ex redattori; 2) cooptazione di due persone nel CC a scelta dello stesso GC; 3) restau- razione dello statu quo nella Lega estera; 4) concessione di un voto ai menscevichi nel Consiglio del partito. « Se 1 * ultimatum non venisse accettato, — rilevava Le- nin, — guerra ad oltranza. Condizione aggiuntiva: 5) cessazione di tutti i tribunali, i dissensi e le chiacchiere riguardo alle discordie durante c dopo il II Congresso del partito » (cfr., nella presente edizione, v. 34, p. 142). Queste proposte di Lenin (tranne la condizione aggiuntiva) entrarono tutte nel testo deirultimatum del CC del 12 (25) novembre, ma vennero alquanto attenuate dai membri del CC di sentimenti conciliatori. NOTE 53 r I menscevichi respinsero l'ultimatum del CC ed imboccarono la via della guer- ra contro la maggioranza del partito. 11 giudizio di Lenin sull'ultimatum del CC venne da lui formulato nel Suo libro Un passo a vanti e due indietro. 43 Soba\evic'. personaggio del romanzo di Gogol Le anime morte , la cui natura è definita dal suo stesso nome (in russo sobak^a — cane). 44 La lettera Perché sono uscito dalla redazione dell'n ls\ra », da Lenin inviata alla stessa redazione dell 7 f^fa, venne pubblicata all’estero c ristampata illegalmente in Russia. Dai documenti della polizia per il 1904-1905 risulta che all’atto di arresti e perquisizioni domiciliari la Lettera venne trovata nelle città di Mosca, Kharkov, Tuia, Riga, Nikolaiev, Poltava e Astrakhan, nonché nel bacino del Donets, 45 Si tratta del libro di Lenin Un passo avanti e due indietro. 46 Cfr, nella presente edizione, v. 6, pp. 21 5-231. 47 Cfr., nella presente edizione, v. 5, pp. 319-490. 48 Cfr,, nel presente volume, pp. 313-119. 49 Cfr., nel presente volume, p. 342. 50 II 33 {2 6) novembre 1903 Plekhanov cooptò nella redazione dc\\*Is\r 4 i menscevi- chi Martov, Axelrod, Zasulic e Potresov. 51 Autore della lettera era l’operaio N. le. Vilonov, membro del comitato del POSDR di Iekaterinoslav. Lenin inviò una risposta a questa lettera in data 9 (22) dicembre 1903 (cfr. nella presente edizione, v. 34, pp. 157-160). 6 2 Ai membri del partito. Progetto di appello : Lenin scrisse questo progetto a pro- posito deirarticolo di Martov All'ordine del giorno. ( Circolo o partito?), pubbli- cato senza firma nel n. 56 dell’lskra (i° gennaio 1904). * 3 II Consiglio del POSDR si riunì in sessione a Ginevra il 15-17 (28-30) gennaio J904. A tale sessione del Consiglio intervennero: Plekhanov, presidente, Axelrod e Martov, rappresentanti dell’organo centrale, e Lenin e F. V. Lenghnik (Vasiliev), rappresentanti del CC. Il Consiglio era stato convocato su proposta di Plekhanov per « coordinare l’attività del CC e dell’organo centrale in merito alla pubblicazio- ne della stampa di partito ». A nome del CC Lenin proponeva di discutere dapprima la questione « dei provve- dimenti atti a restaurare la pace e rapporti normali nel partito », e dopo di essa quella della convocazione del III Congresso del partito. La sessione di gennaio del Consiglio del partito fu appunto dedicata a queste discussioni. Il Consiglio decise di cooptare i menscevichi nel CC, si pronunciò contro la convocazione del III Congresso del partito e approvò infine Fattività disorganizzatrice dell ’Is\nt men- scevica. Dopo la sessione di gennaio del Consiglio Lenin, in una lettera al Comitato centrale del 18 (31) gennaio (cfr., nella presente edizione, v. 34, pp. 173-175), pose come compito essenziale del CC l’immediata convocazione del III Congresso del partito. 54 Cfr., nel presente volume, pp. 141-143. 55 Nel terzo punto dell’ultimatum del 12 (25) novembre 1903 il Comitato centrale proponeva di cooptare nel CC due membri delia minoranza. Facevano allora parte del Comitato centrale Lenin, Krgigianovski, Lenghnik, Noskov, Gusarov, la Zem- liacka, Krasìn, la Essen e Galperin. 59 « Scritto del CC », « atto del CC », « documento del 25 novembre »: ultimatum del CC del 12 (25) novembre 1903, presentato ai menscevichi su proposta di Lenin. 57 La lettera inviata il 29 novembre (12 dicembre) 1903 da Lenghnik (Vasiliev), mem- bro del Comitato centrale, alla redazione deH 7 r^n» era stata scritta da Lenin (cfr., nella presente edizione, v. 34. pp. 135-154). Lenin allude alla lettera a Potresov del 31 agósto (13 settembre) 1903 (cfr. nella 532 NOTE presenta edizione, V, 34, pp. 125-128). Con qualche piccolo taglio questa lettera venne pubblicata da Lenin nel suo libro Un passo avanti e due indietro , Il Comitato centrale aveva inviato all’estero Lenghnik — per il mantenimento di relazioni costanti con la redazione dell’organo centrale — e Krgigianovski, giunto nel novembre 1903 per condurre trattative coi menscevichi. 80 Allusione ai comitati di Saratov, Odessa ed altri. Le risoluzioni dei comitati dì Saratov e di Odessa vennero pubblicate a p. 28 dell'opuscolo di N. Sciakhov La lotta per il congresso , uscito a Ginevra nel 1904. 61 Lenin cita la lettera di I. Kh. Lalaiants alla Krupskhia del 24 dicembre 1903 (6 gennaio 1904). 82 Lenin cita la lettera di Krasin all’Ufficio estero del Comitato centrale del i° (14) gennaio 1904. 83 Nella sua prima lettera il responsabile per le spedizioni del Comitato centrale chiedeva alla redazione óc\VIs\ra menscevica di comunicargli, per la sua rela- zione al Comitato centrale, dove venissero inviate le 50 copie dell 7 /^r« che la redazione stessa riceveva. Nella seconda lettera egli si rifiutava di consegnare ai martovisti, senza l'autorizzazione del Comitato centrale, un numero di copie dell’/r^rtz superiore alle 50 riservate alla redazione. 84 Lenin cita la lettera di Lenghnik, rappresentante estero del Comitato centrale, alla redazione dell’organo centrale del 14 (27) dicembre 1903. La lettera era stata scritta da Lenin (cfr., nella presente edizione, v. 34, p. 162). 85 Lenin cita la lettera di Lenghnik, rappresentante estero del Comitato centrale, alla redazione òeWlskra del 26 dicembre 1903 (8 gennaio 1904). La parte citata della lettera era stata scritta da Lenin (cfr., nella presente edizione, v. 34, p, 170). 88 Lenin scrisse. Un passo avanti e due indietro. (La crisi del nostro partito ) nel corso di alcuni mesi, dopo aver studiato attentamente i verbali delle sedute e le risoluzioni del II Congresso del POSDR, gli interventi di ciascun delegato e i raggruppamenti politici costituitisi al congresso, nonché i documenti del CC e e del Consiglio del partito. Il libro di Lenin provocò l’irritazione dei menscevichi. Plekhanov pretese che il CC prendesse posizione contro il libro di Lenin. I conciliatori presenti nel CC cercarono di bloccarne la pubblicazione e la diffusione, Il libro di Lenin Un passo avanti e due indietro , pur essendo pubblicato all'e- stero, ebbe una larga diffusione tra gli operai d’avanguardia della Russia. Esso venne trovato, all’atto di arresti e perquisizioni domiciliari, a Mosca, Pietroburgo, Riga, Saratov, Tuia, OrioI, UÉà, Perni, Kostromà, Stcigry, Sciavli (governatorato di Kovno) ed in altre città. Quest’opera venne ripubblicata da Lenin nella rac- colta Dódici anni di vita nel 1907 (il frontespizio della raccolta reca 1908). Nella nuova edizione Lenin escluse i punti j, k, 1 , m, o, p, praticò alcuni tagli in altri punti e introdusse inoltre alcune note aggiuntive. Nella presente edizione il testo viene pubblicato integralmente in base alla prima edizione del 1904, ma si conservano tuttavia le aggiunte apportate dall’autore alla seconda edizione del 1907. 47 Conferenza del 1902: conferenza dei rappresentanti dei comitati del POSDR tenutasi a Bialystok il 23-28 marzo (5-10 aprile) 1902. Gli « economisti » e i bundisti si proponevano di trasformare la conferenza in un congresso del par- tito. Nel rapporto, steso da Lenin e letto alla conferenza da un rappresentante dell 7 r^rff, si dimostrava che un simile congresso non avrebbe avuto la necessaria preparazione e quindi sarebbe stato illegittimo. La conferenza creò un comitato di organizzazione per la convocazione del II Congresso del POSDR, ma la maggior parte dei membri venne poco dopo arrestata. Un nuovo comitato di or» NOTE 53S ganizzazionc per ]a convocazione del II Congresso del POSDR venne creato al convegno di Pskov nel novembre dello stesso anno. Lenin formula il suo giudizio sulla conferenza di Bialystok nel Rapporto della redazione dell’ a Is^ra » alla riunione ( conferenza ) dei comitati del POSDR (cfr., nella presente edizione, v. 6, pp. 85-94). 66 Cfr., nella presente edizione, v. 6, pp. 285-286. 88 u II pensiero operaio » : gruppo composto da «economisti »; pubblicava un gior- nale dello '•stesso nome (Rabociaia Myst). Tale giornale veniva redatto da K. M, Takhtarev ed altri. Lenin criticò le concezioni del gruppo « Il pensiero operaio » quale variante russa deiropportunismo internazionale nei suoi articoli pubblicati nell e nel Che fare?, 70 Cfr., nella presente edizione, v. 4, pp. 457-465. 71 Cfr.'// PC{b) dell’ URSS nelle risoluzioni e nelle decisioni dei congressi, delle conferenze e delle sessioni plenarie del CC, parte I, 1940, p. 23, ed. russa. 72 Cfr., nella presente edizione, v. 5, pp. 9-16. 73 Ivi, pp. 319-490. 74 Cfr., nella presente edizione, v. 6, pp. 215-231. 75 Cfr., nel presente volume, pp. 126-127. 78 Cfr., nella presente edizione, v. 6, p. 464. 77 Pompadour , nome della celebre favorita di Luigi XV, ripreso dallo scrittore sa- tirico russo Saltykov-Stcedrin (nell’ opera / Pompadour e le Pompadour ) per in- dicare il tipo del despota di provincia testardo e ottuso. Manilovismo'. da Manilov, personaggio del romanzo di Gogol Le anime morte , passato , ad indicare la persona che si abbandona a vuote fantasticherie e ad un atteggiamento di bonaria passività nei confronti della realtà che la circonda. 78 Cfr., nella presente edizione, v. 5, p. 426. a° Ivi, p. 413. 81 Ivi, pp. 419-420. 83 Allusione all’incidente sprto ad Amburgo nel 1900 in relazione alla condotta di un gruppo di membri del « Frcier Maurerverband » (Libera unione dei mu- ratori), gruppo che lavorava a cottimo durante uno sciopero nonostante il divieto del « Zen trai verba nd » (Unione centrale). Il « Maurerverband » di Amburgo sollevò nell’organizzazione locale del partito socialdemocratico la questione della condotta da crumiri dei socialdemocratici appartenenti al gruppo. Il collegio arbitrale di partito designato dal CC della socialdemocrazia tedesca condannò la condotta dei socialdemocratici appartenenti al « Freier Maurerverband », ma respinse la proposta di espellerli dal partito. 83 Cfr., nella presente edizione, v. 5, p. 430. 84 Cfr., nella presente edizione, v. 5. pp. 222-225. 85 Ivi, p. 226. 88 I membri dell'organizzazione dell’/r^rfl presenti al II Congresso del POSDR erano 16, dei quali 9 erano fautori della maggioranza (V. I. Lenin, G. V. Plekha- nov, N. K. Krupskaia, R. R. Zemliacka, L. M. Knipovic, N. E. Bauman, D. I. Ulianov, P. A. Krasikov, V. A. Noskov) e 7 erano fautori della minoranza {L. Martov, P, B, Axelrod, A. N. Potrcsov, V. I. Zasulic, L. Q. Dcutsch, L. D. Trotski, V. N. Krochmal). 87 Cfr., nella presente edizione, v. 6, pp. 452 454. 88 Si veda la nota 22. 88 Cfr., nella presente edizione, v. 6, p. 441, 80 Cfr., nel presente volume, pp. 302-305. 81 Cfr., nella presente edizione, v. 6, pp. 468. 534 NOTE 92 Ivi, p, 470. 93 Allusione al discorso pronunciato al II Congresso del POSDR dall'« economista » Akimov, il quale, respingendo il programma del partito proposto dall 7 /^ra, ave- va addotto fra l'altro l’argomento che nel programma la parola « proletariato » figurava non come soggetto, ma solo come complemento. 94 Montagna e Gironda : denominazione di due raggruppamenti politici della bor- ghesia all’epoca della rivoluzione francese della fine del secolo XVIII. Col ter- mine Montagna — giacobini — venivano designati gli elementi piu risoluti della classe rivoluzionaria di quel tempo — la borghesia — , che sosteneva la neces- sità di distruggere completamente l’assolutismo e il feudalesimo. I girondini, invece, oscillavano tra la rivoluzione e la controrivoluzione cd avevano imboccato la via dei compromessi con la* monarchia. Lenin denominava « Gironda socialista » la corrente opportunistica della socialde- mocrazia, mentre designava giacobini proletari, « Montagna », i socialdemocratici rivoluzionari. 95 II comitato di Voronez e I'« Organizzazione operaia » pietroburghese erano nel- le mani degli « economisti » e avevano assunto un atteggiamento ostile nei con- fronti dell'/x^ra leninista e del suo piano organizzativo di dar vita ad un partito marxista. 96 Cfr., nel presente volume, pp. 395*6. 97 // nuovo membro del CC: F. V. Lcnghnik. 98 Cfr., nel presente volume, pp. 66-77. 99 Si veda la n. 77. 100 Menscevichi : i termini « menscevichi » c « bolscevichi » sorsero nel periodo im- mediatamente posteriore al II Congresso del POSDR per designare rispettiva- mente i fautori della « minoranza » (in russo « mensànstvo >») e della « maggio- ranza » (in russo « bolscinstvo ») costituitesi a quel congresso* Intorno a quell’e- poca negli ambienti estranei al partito si impiegarono talvolta anche i termini « mcnscevisti » c « bolscevisti ». 101 Bazarov : protagonista del romanzo di Turgheniev Padri c figli . 103 Nel n. 53 deir/ri^n» (25 novembre 1903) assieme alla Lettera alla redazione del - Va ls\ra » di Lenin veniva pubblicata la risposta della redazione, scritta da Ple- khanov. Nella sua Lettera Lenin proponeva di discutere sulle pagine del giornale le divergenze di principio tra bolscevichi e menscevichi. Plekhanov rispose però con un rifiuto, definendo queste divergenze « litigi della vita di circolo ». 109 Cfr., nel presente volume, pp. 109-112. 104 Ivi, pp. 113-119, 105 Ivi, p. 469. io« Allusione alle concezioni di P. B. Struve, rappresentante del « marxismo legale », contro il quale Lenin scese in campo con una conferenza sul tema 7 / riflesso del marxismo nella letteratura borghese (Cfr., nella presente edizione, v. 1, p. 537, nota 78). 107 Lenin allude all’articolo di Martov, pubblicato senza firma nel n. 62 deH’/r^rtf, Cosi ci prepariamo? , nel quale l’autore prendeva posizione contro la preparazio- ne di un’insurrezione armata panrussa, considerando tale preparazione come utopia e metodo delle congiure. 110 Cfr., nella presente edizione, v. 6, pp. 215-231. 111 Oblomov : protagonista deH’omonimo romanzo dello scrittore russo Gonciarov, personificazione della pigrizia, dell’inerzia e dell’aspirazione al quieto vivere. 119 II congresso di Dresda della socialdemocrazia tedesca si tenne il 13-20 settembre 1903. Il congresso condannò i revisionisti Bernstein, Braun, Góhre, David ed altri, NOTE 535 senza però espellerli dal partito; essi avevano perciò continuato a svolgere indi- sturbati la propaganda delle proprie concezioni opportunistiche. 113 Cosi nell’originale. 114 Foglio a sé pubblicato nel 1904, da M. Liadov e V. F. Gorin, 1,5 Cfr., nel presente voume, pp. 197-412. 118 Ivi, pp. 413-416. 1,7 Ivi, pp. 141-143* 118 In una lettera pubblicata nel n. 66 dell'/x^n* (15 maggio 1904) K. Kautsky pro- poneva che prima di giungere a stabilire una « tregua » in seno al partito non venisse convocato un congresso per discutere le divergenze tra bolscevichi c men- scevichi. 1,9 II Consiglio del partito si riunì nei giorni 31 maggio e 5 giugno (13 e 18 giugno) 1904 a Ginevra. Erano allora membri del Consiglio Lenin, plekhanov, Noskov, Axelrod e Martov. Nella prima seduta il Consiglio discusse le questioni relative alla convocazione di una conferenza di tutti i partiti rivoluzionari e di opposi- zione della Russia e all’imminente congresso internazionale di Amsterdam. Nella seconda seduta vennero discusse questioni interne di partito: 1) diritto degli organismi centrali del partito (organo centrale e CC) di richiamare i propri rappresentanti in seno al Consiglio; 2) numero dei voti statutariamente necessari per la cooptazione in un comitato locale; 3) cooptazione nei comitati e diritti del CC di immettervi nuovi membri; 4) forma di votazione nelle organizzazioni di partito in merito alla convocazione del III Congresso del partito, ecc. Sulle pi6 importanti questioni interne il Consiglio adottò decisioni mensceviche. Esso approvò infatti le seguenti risoluzioni, pubblicate nel n. 68 étWJs^ra (l’indi- cazione: « approvata con quattro voti », significa che la risoluzione in questione venne accolta col voto contrario di Lenin): I. «Il Consiglio del POSDR delibera: I membri del Consiglio, eccettuato quello eletto dal congresso, sono dei delegati degli organismi centrali (organo centrale e OC), la cui attività il Consiglio deve coordinare e unificare (§ 5 dello statuto). Questi quattro membri del Consiglio possono venire sostituiti dagli organismi che essi rappresentano e sono responsabili davanti ad essi ». ( Approvata all' unanimità). II. « Allo scopo di evitare per il futuro l’insorgere di malintesi nella determi- nazione del numero dei voti che in base allo statuto del partito sono necessari per la cooptazione in un comitato di un nuovo membro, Il Consiglio chiarisce che: ” Nei casi in cui i due terzi dei membri elettivi del comitato richiesti dal § 12 dello statuto equivalgano ad un numero intero più una frazione, quest’ultima si trascura se equivale ad un terzo e si considera uguale ad un'unità se equivale a due terzi ” ». {Approvata con quattro voti). IIL « Considerando; a) che nel partito esistono divergenze in merito al diritto dei comitati di non accettare nel proprio seno compagni proposti dal Comitato cen- trale; b) che sul terreno di queste divergenze nascono dissidi che minacciano la disorganizzazione deh movimento locale, .<( Il Consiglio del partito delibera di dare il seguente chiarimento dello statuto del partito : 9°4) dopo il 4 (17) gennaio 15-/7 (**-30) gennaio tra il 20 e il 25 gen nato (2*7 febbraio) Lenin partecipa a una riunione del gruppo ginevrino dei boi- scevichi, nella quale si discute il passaggio di Plekhanov ai menscevichi. Condotto a termine l’articolo Borghesia populisteggiante e populismo smarrito , Lenin lo invia a Plekhanov. L’articolo viene pubblicato nel n. 54 dell'/r^nz (i° dicembre 1903). Lenin viene cooptato in seno al Comitato centrale. Lenin partecipa ad una riunione del Comitato centrale tenutasi a Ginevra. Dietro sua proposta il CC elabora un ultimatum ai menscevichi sulle condizioni per restaurare la pace nel par- tito. Lenin presenta al CC una dichiarazione di protesta contro l’avvenuta cooptazione, ad opera di Plekhanov, dei menscevichi ex redattori nell 'Ishja. Lenin entra nel Consiglio del partito in qualità di membro del Comitato centrale. Lenin scrive alla redazione dell 7 r^r»). S prilogeniem rezoliutsi V siezda Vseobstcevo Icvreiskovo Raboccvo Soiuza v Litve, Polsce i Rossi'i], 1903, pp. 20. Linin, V. I, — A proposito di una dichiarazione del Bund (Po povodu zaiavlenia Bunda), in ls\ra , n. 33, l° febbraio 1903. — Che fare? Problemi scottanti del nostro movimento (Cto delat? Nabolevsdc Yo prosy nascevo d vigenti), Stuttgart, Verlag von J.H.W. Dietz Nachf,, 1902, pp. VIII + 114. «— La questione nazionale nel nostro programma (Natsionalny vopros v nascei prò- gromme), in Is^ra, n. 44, 15 luglio 1903, — Lettera a un compagno sui nostri compiti organizzativi (Pismò k trovaristeiu O naseikh organizatsionnykh zadaciakh), Edizione del CC del POSDR, Ginevra, 1904, pp. 31. — Lettera a Po freso v del 13 settembre 1903. — Lettera alla redazione della }s\ra » (PismO Y rcdaktsiu « Iskry »), in 7 *^* 3 , n. 53, 25 novembre 1903. • — Lettera alla redazione della ìs\ra»i vedi Lenin, V.I., Perchè sono uscito, ecc. Perchè sono uscito dalla redazione della Js\ra »? ( Lettera alla redazione del- ] r « ìskra ») [Pocemu ia vyscel iz redaktsii «Iskry»? (Pismò v. redaktsiu 9 ° 3 ] . PP- *>• — I Tartufi della morale rivoluzionaria (Tartlufy revoliutsionnoi morali), in ls\ra, n. 40, 15 maggio 1903. — ■ La lotta contro lo <1 stato d'assedio » nel Partito operaio socialdemocratico russo. (Risposta ad una lettera di N, Lenin) [Borbà s « osadnym pologeniem » v Rossiskoi Sotsial-Demokraticeskoi Rabocei Partii, (Otvet na pismò N. Lenina)), Ginevra, 1904, pp. Vili + 96. [Màrtov, L.] — All'ordine del giorno . ( Circolo o partito?) [Na oceredi. (Krugiok ili partia?)], in Js\ra t n. 56, l° gennaio 1904. Marx, K. — Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione , in Karl Marn. Un carteggio del 1843 e altri scritti giovanili, Roma, Edizioni Rinasci- ta. 1954 ' — n — Lettera sulle parole d'ordine dell'opposizione (Pismò o lozungakh oppozitsii), 1903, in appendice a Martov, L., La lotta contro lo « stato d'assedio » ecc, Neue Zeit (Tempo nuovo): rivista della socialdemocrazia tedesca. Si pubblicò a Stoc- carda dal 1883 al 1923. Novobrantsev, P. — Le questioni fondamentali del programma rivoluzionario russo' (Osnovnye voprosy russkoi revoliutsionnoi programmy), in Revoliufsiopnaia Rossia, nn. 32 e 33, 15 settembre e i° ottobre 1903. Novoie Vremia (Tempi nuovi): giornale; si pubblicò a Pietroburgo dal 1868 all’otto- bre 1917. Dapprima liberal-moderato, divenne poi (a cominciare dal 1876) Porgano di stampa dei circoli reazionari della nobiltà e dell'alta burocrazia. Esso lottava non solo contro il movimento rivoluzionario, ma anche contro quello liberal- borghese. Dal 1905 fu uno degli organi di stampa dei centoneri. Orlovski — Il Consiglio contro il partito (Sovet protiv partii). Ginevra, n. n, novembre 1904, pp. 47. Osvobozdenie (L’emancipazione): rivista quindicinale della borghesia monarchico- li- berale; si pubblicò all'estero dal 1902 al 1905 sotto la direzione di P. B. Struve. Piu tardi i partigiani di questa rivista costituirono il nucleo del partito dei ca- detti, il principale partito borghese russo, Pavlovic — Lettera ai compagni sul secondo congresso del POSDR (Pismò k tovarist- ciam o vtorom siezde R.S.-D.R.P,), Ginevra, Tipografia del partito, 1904, pp. 23. Plekhanov, G. — La morte di Si pia gh in e i nostri compiti di agitazione (Smert Sipia- ghina i nasci aghitatsìonnye zadaci), in 7 s{ra, n. 20, i° maggio 1902. — • Nota della redazione (Ot redaktsii). (Nota all’articolo Risposta alla lettera dell'or - gano centrale ai rappresentanti dei comitati di Ufà , degli Urali Centrali e di Perm). In Isfy-a, n. 63, supplemento, i° aprile 1904. — Qualcosa a proposito dell' « economismo » e degli « economisti », ( Riflessioni ad alta voce a proposito del congresso del Partito operaio socialdemocratico russo) [Necto ob « ckonomizme » i ob « ekonomistakh ». Mysli vslukh po povodu riczda Rossiskoi SotsiaL-Demókraticeskoi Rabocci Partii)] , in ls{ra t n, 53, 25 novembre 1903. INDICE BIBLIOGRAFICO 555 — » Un triste malinteso (Grustnoic nedorazumenie), in !s{ra, n. 57, 15 gennaio 1904, — Una polemica forzata (Vynuzdennaia polemika), in Is\ra, n. 23, i° agosto 1902. [Plekhanov, G. V,] — Che cosa non fare (Cevo ne delat). in Isfya, n. 52, 7 novembre bre 1903. Commento al progetto di programma del Partito operaio socialdemocratico russo (Kommentari k proiektu programmy Rossiskoì Sotsial- Demokraticeskoi Rabocei Partii), in Zarià, si. 4, agosto 1902. Poslednie Jzvestia (Ultime notizie): bollettino periodico edito a Cura del Comitato estero del Bund. Si pubblicò dal 1901 al 1906. Pratico (II) — A proposito dei nostri compiti di partito. Sull'organizzazione (K voprosu o naseikh partinykh zadaciakh. Ob organizatsii), in Js/^ra, n. 57, sup- pleménto, 15 gennaio 1904. Pravo (Il diritto): settimanale giuridico; si pubblicò a Pietroburgo dal 4 (16) gennaio 1899 al 22 dicembre 1917 (4 gennaio 1918). A cominciare dall’autunno 1904 co- minciò ad ospitare anche articoli politici, divenendo di fatto uno degli organi di stampa legali delle correnti liberal-borghesi vicine a P.B. Struve. È, Luxemburg contro Karl Marx (R. Luxemburg protiv Karla Marksa): articolo in Galiorka-Riàdovoi, / nostri malintesi. Paboceie Dielo (La causa operaia): rivista degli « economisti », organo di stampa non periodico dell’« Unione dei socialdemocratici russi all’estero »; si pubblicò a Ginevra dall’aprile 1899 al febbraio 1902. Ne uscirono complessivamente 12 numeri (in 9 fascicoli.) Rabociaia Gazieta (Gazzetta operaia): organo di stampa illegale di un gruppo di so- cialdemocratici di Kiev; ne uscirono due numeri: il n. 1 nell’agosto 1897 c il n. 2 nel dicembre (il giornale reca novembre) dello stesso anno. Dopo il I congresso del POSDR, dal quale era stata riconosciuta organo ufficiale del partito, non potè piu uscire. Sui tentativi di riprendere le sue pubblicazioni nel 1899 cfr. la presente edizione delle Opere di Lenin, v. 4, pp. 207-209. Rabociaia Mysl (Pensiero operaio): organo di stampa degli « economisti »; si pubblicò dall’ottobre 1897 al dicembre 1902 e ne uscirono complessivamente 16 numeri, i nn. 3-11 e 16 a Berlino e gli altri a Pietroburgo. Rapporto di un delegato sibcriano*, vedi Trotski, N., // secondo congresso ecc. Rassvet (L’alba): vedi nota 119. Relazione sul congresso della delegazione del Bund : vedi il secondo congresso del Partito operaio ecc , Renan, E. — Le fudaìsme camme Race et comme Religion (Il giudaismo come razza e come religione), in Discours et Conférences par Ernest Renan , Paris, 1887. Revoliutsionnaia Rossla (La Russia rivoluzionaria): giornale dei socialisti- rivoluzionari; sì pubblicò dalla fine del 1900 al 1905. A cominciare dal gennaio 1905 fu l’or- gano centrale del Partito socialista -rivoluzionario. Risoluzione del collegio arbitrale di compagni riunitosi il 19 febbraio (3 marzo) 1904 in merito all'accusa del compagno Deutsch al compagno Gusev. [Rezoliutsia tovaristeeskovo treteiskovo suda, sostoiavscevosia 19 fevralia (3 marte) 1904 g. po obvineniu tov. Deutschem tov. Guseva] . Foglio a sé con poscritto di L. Martov. Risoluzione del quinto congresso del Bund sulla posizione del Bund nel POSDR (Rezoliutsia piatovo siczda Bunda 0 pologenii Bunda v R.S.-D.R.P.), in Is{ra, n. 46, 15 agosto 1903. Risoluzione (La) del quinto congresso sulla posizione del Bund nel partito (Rezoliutsia piatovo siezda o pologenii Bunda v partii). Edizioni estere del comitato del Bund,. 22 settembre 1903. (Volantino). 556 INDICE BIBLIOGRAFICO Sciakhov, N. — La lotta per il congresso . (Raccolta ài documenti) [Borbà za siezd. (Sobranie dokumentov)] , Ginevra, Tipografìa cooperativa, 1904, pp. in. Sozialistiche Monatshefte. Internationale Revue des Sozialismus (Quaderni mensili so- cialisti. Rivista internazionale del socialismo): rivista, principale organo di stampa degli opportunisti tedeschi e uno degli organi di stampa del revisionismo internazionale; si pubblicò a Berlino dal 1897 al 1933, Student (Lo studente): giornale degli studenti rivoluzionari; ne uscirono comples- sivamente tre membri: il n. I nell’aprile 1903 e i nn. 2-3 nel settembre dello stesso anno, Trotski, N. — l nostri compiti polìtici. (Questioni tattiche e organizzative) [Nasci politiceskie zadaci. (Takticeskie i organizatsionnye voprosy)], Ginevra, Edizioni del Partito operaio socialdemocratico russo, 1904, pp. XI + 107. — Il secondo congresso del Partito operaio socialdemocratico russo. Relazione della delegazione siberiana (Vtoroi siezd Rossiskoi Sotsial-Demokraticèskoi Rabocei Par- tii. Otciot Sibirskoi delegatsii), Ginevra, 1903, pp. 36. Trubetskoi, le. N. — La guerra e la burocrazia (Voinà i biurokratia), in Pravo t n. 39, 21 settembre (4 ottobre) 1904. Ultimatum del CC del POSDR all'opposizione, 25 novembre 1903 (Ultimatum Ts.K.R.S.-D.R.P. oppozitsii, 25 noiabria 1903 g.), in MartoV, L., La lotta con- tro lo « stato d’assedio » ecc. Una spiegazione forzata. Dichiarazione dell’organizzazione di combattimento del PSR, con un poscritto della redazione ; vedi Revoliutsionnaia Rùssia, 11, 7, giugno 1902. Volantino del Bund del 9-22 settembre'. Yedi La risoluzione del quinto congresso Sulla posizione ecc. Vorwarts (Avanti) : quotidiano, organo centrale della socialdemocrazia tedesca; si pubblicò a Berlino dal 1876 al 1933. Vperiod (Avanti) : settimanale illegale bolscevico; si pubblicò a Ginevra dal 22 di- cembre 1904 (4 gennaio 1905) al 5 {18) maggio 1905. Ne uscirono complessi- vamente 18 numeri. Zarià (L'aurora) : rivista politico-scientifica marxista, pubblicata a Stoccarda nel 2901-1902 dalla redazione dell’/r^ra. Ne uscirono complessivamente 4 numeri: il 11. 1 neiraprile 1901 (uscito in realtà il 23 marzo nuovo stile), il n. 2-3 nel dicembre dello stesso anno e il n. 4 nell’agosto 1902. INDICE DEI NOMI Abramson [K. Portnoi] - 213, 281. Akimov, V, [V. P. Makhnovets] - 71, 207, 209, 210, 2ii, 2i2, 215, 220, 227, 230, 245, 246, 247, 254, 255, 259, 260, 265, 267, 268, 269, 271, 277, 280, 281, 283, 284, 285, 286, 288, 289, 290, 295, 296, 298, 299, 303, 311, 314, 316, 319, 320, 324, 325, 328, 329, 330, 331, 332, , 333. 334» 335. 33*. 337- 338, 339. 349. 356, 36°. 364. 370. 373. 377» 383. 385» 387» 39i» 395. 4 or > 433. 4 66 * 4 6 7» 47°» 473. 474. 475 ► Alexandrov, - 374, 376, 381. Alexandrov, M, S, [piu noto come 01- minski] - vedi Galiorka. Alexandrova, le, M, - vedi N, NN, Stein. Alexeiev, P. A. - 255. Arakceiev, A. A, - 5 6, 57. Axelrod, L. I. - vedi Ortodox. Axelrod, P. B. - 19, 23, 64, 69, 128, J30, 131, 149, 152, 153, i6t, 162, 1 63, 164, 165, 191, 200, 213, 234, 235, 236, 241, 242, 246, 249, 250, 251, 252, 254, 255, 257, 260, 261, 264, 265, 269, 278, 283, 285, 286, 306, 309, 323, 330, 331, 334. 335. 336, 337. 344. 350» 35 r . 355» 357. 359. 3^o. 368, 369, 370, 37G 37 2 > 373. 374» 378. 379. 382, 383, 386, 387, 3 8 9» 39°. 39i. 39 2 . 393» 394» 397» 4 2 5» 463, 468, 475, 492, 493, 495. Balalaika • 498. Balmasciov. S. V. - 28, 30, 31. Bauman, N. E, - vedi Sorokin. Bazar oi/ - 3 62. 'Bebel, A, - 278, 279, 339, 359. Beer, M, - 359. Berdiaiev 39, 465. Bernard, L. - 93, 94. Bernsteìn, E. - 99, 359, 371, 392. Bielov [L. S. Zeitlin] - 218, 227, 407, 4ro. Bismarck, O. von - 493. Blumenfeld, I, S. - 58, 517. Bogdanov, A. A, [A, A. Malinovski] . vedi Riadovoi. Bonc-Bruievic, V. D. - 430, 472, 479, 515. “ Bons [V. A. Noskov] * 413, 414, 415, 416. Braun [S, I. Stepanov] • 320. Bronstein, L. D. - vedi N. Trotskt. Brucker [Lidia P. Makhnovets, sorella di V. Akimov] - 74, 207, 210, 211, 220, 259, 262, 268, 269, 296, 317, 318, 3 28 » 3 2 9. 33 r. 33 2 » 334» 335» 349» 36°. 395. 4°5» 458. 467» 474* Bulgakov, S, N. - 39, 101, 465. Chamberlain, J. - 188, 3*>r. Cìàkpv >• 191. Dan [F. X, Gurvlc] - 176, 457, 506, 51 6 , 5 i8< Danielson, N« S. * Vedi Nikolai - on. David, E. x ior. Dedov [L. M. Kmpovic] - 405, 408. Dtutsch, L. G, - 71, 72, 218, 219, 227, 276, 290, 307, 308, 347, 349, 355, 403, 407. 4°9» 4 TI » 5 l8 - Dietz - 178, Druian - 176. Drumont, É. A, • 94. Eìsenstadt, I. L. - Vedi ludifl, 37 — 615 55 ^ INDICE DEI NOMI Elm, E. von - 391. Esseri, M. M. - vedi Zverev. Fischer - 178, 520. Fomin [V. N. Krochmal] - 294, 331, 349* 35o. 397. 4°3. 4°4» 4°5* 4° 6 » 5 2 °- Galiorka [M- S. Alexandrov, piu noto come Olmìnski] - 471, 472, 502, 507. Galperin, L, le. - vedi Koniaghin, Ru, Valentin, Y. Geliabov, A. I. - 255* Ginzburg, B. A. • vedi D. Koltsov. Giordania, N. N. - vedi Kostrov* Glebov [V. A. Noskov] - 218, 275, 279, 286, 287, 312, 338, 339, 342, 350, 404, 405, 406, 417, 418, 448, 449, 450, 452, 513. 5 I 5t 5'6. 5’7- 5'8. Gòhre, P. - 385, 386. Goldblatt [V. D. Medem] - 222, 245, 24 6 , 280, 318, 370. Gorin, V. F. - 218, 403, 404, 405, 407, 4 XI : Gorski [A. V. Sciotman] - 227* Gradnauer - 378. Gurvic, F. I vedi Dan. Gusarov, F, V. - vedi Mitrofan e Mi- trofanov. Gusev, S. I, - 218, 219, 232, 276, 2 86, 403, 404, 411. Hegel, G. F. - 399. Heine, W. - 385, 386, 387, 391. Helphand, A. L. - vedi Parvus. Herz [D. I. Ulianov, fratello di Lenin] - 281, 282. Hyndman, H, - 359. Ibsen, H. - 316, 317. legorov [le. la. Levinl - 21 1, 212, 213, 214, 215, 216, 218, 219, 22i, 222, 223, 225, 226, 227, 228, 229, 230, 231, 232, 233, 235, 245, 246, 269, 282, 286, 287, 291 292, 297, 299, 317, 318, 325, 330, 335 > 339. 349. 37°> 3 8 .5. 4°3. 4°^ 407, 408, 41 1. Iudin [I. L. Eisenstadt]. - 216. Ivanov [le, S. Levina] - 227. Jaurès, J. . 19, 388, 391, Kablukov, N. A, - 101. Kalafaii, D. p, - yedi Makhov, Karski [I. Topuridze] - 269, 298. Kautsky, X. - 93, 94, 95, 178, 261, 279, 3*5. 3*7. 3«7. 388, 389, 391, 419, 468. Khalturin, S, V. - 255. Klcsta\ov - 191. Knipovic, L. M. - vedi Dedov. Knuniants, B. M. - vedi Rusov. Kol [F. V. Lenghnik] - 413. Koltsov, D. [B, A. Ginzburg] - 24, 214, 215. 303. 304. 344- Koniaghin [L. le. Galperin]- - 448. Kostic [S. Zborovski] - 227, 233, 26r. Kostrov [N. N, Giordania] - 324, 325. Krasikov, P, A. - vedi P., Pavlovic", T. Krasin, L. B. - vedi Losciad e Nikitic. Krgigianovski, G. M. vedi Travinski- Kricevski, B. N. - 374, 376, 391, 466, 473- Krochmal, V. N. - vedi Fomin e Z. Krupskaia, N. K. - vedi Sablina. L. - 99, ioo, 101, 102, 104, 105, 106. Lange [A. M. Stopani] - 21 1, 218, 305, 308. Lenski [A. Vilenski] - 409. Levin, le. la. - vedi legorov. Levina, le. S. - vedi Ivanov* Lenghnik, F. V. - vedi Kol e Vasiliev. Lenin, N. [V. I. Ulianov] - ir, 23, 24, 36, 63, 66, 68, 84, 85, 107, 108, ii2 a 216, 127, 145, 160, 161, 166, 270, 178, 382, 183, 187, 190, 191* 202, 237, 239, 25 2 . 259, 260, 26 2, 264, 265* 266, 272, 294, 324, 344, 35i, 354 . 365. 393. 394* 396, 405, 410, 417, 418, 419, 421, 449, 450, 451, 459. 460, 461, 472, 479, 503, 504. 5<>7. 5i°. 5*8. Lenski - 227, 269. Liadov, M. N. (Lidin) - 218, 320, 403, 404, 405, 407, 411. Liber; M. I, - 225, 226, 227, 228, 232, 233. 2 34. 2 35. 245, 246, 247, 260, 26r, 263, 2 66, 267, 280, 288, 289, 290, 297, 3H. 3*9. 330, 33L 356. 37*. Lidin [M, N. Liadov] - 515. Liebknecht, W. - 278, 279, 317. Lockermann, A, S. - vedi Tsariov, Losciad [L. B. Krasin] - 413, 448, Luxemburg [Rosa] - 460, 461, 462, 46^ 464, 465, 466, 467, 470. Lvoy [I. N. Moscinski] » 22 6, 2 27, INDICE DEI NOMI 559 Makadziub, M. S. •• cfr, Pania c II Pra- tico. Makhnovcts, L. P. - cfr. Brucker. Makhnovets, V. P. - cfr. V, Akimov, Makhov [D. P. Kalafati] - 209» 2to, 213, 216, 219, 222, 227, 228, 230, 23T, 2 33> 2 34. 2 35. 3'7. 3 1 »- 3=8, 329, 330, 335* 339- 349. 394; 399. 4°5- Malinin, N. I. - vedi N» Sciakhov. Malinovski, A. A, [A, A, Bogdanov] - vedi Riadovoi. Malkin - vedi Orlov, Mandelberg, V, le. - vedi Posadovski. Manilov - 191, 254. Martov, L. [Iu. O. ZederbaumJ - 12, 13, J 4> *5» l8 > *9» 20, 2r * 22, 23, 24, 2 5» 58» 59» 63, 64, 68, 70, 72, 73, 74, 75» 76, 77, 78, 80, 81, 82, 83, 114, 115, 116, 118, 119, 150, 151, 152, 153, 154, 156, 157, 158, 159, 160, 161, 162, 163, 164, 165, 167, 168, 169, 172, 174, 376, 177, 178, 179, 180, 182, 186, 189, 190, 191, 200, 206, 207, 208, 209, 211, 212, 213, 214, 215, 216, 217, 220, 221, 222, 223, 224, 225, 227, 228, 230, 232, 233» 2 35» 236, 2 37» 238, 2 39» 2 4°» 241, 244, 245, 246, 24 7 , 249, 251, 254, 255, 256, 257, 258, 259, 260, 261, 262, 263, 264, 266, 267, 268, 269, 270, 271, 272, 2 73» 2 74» 2 75» 276» 2 77» 2 7 8 » 2 79» 281, 283, 284, 285, 286, 287, 288, 289, 290, 291, 292, 293, 294, 295, 296, 297, 298, 599» 303» 3 06, 307, 308, 309, 310, 311, 312, 313» 3M» 3i7» 3 l8 » 3i9» 320» 3 2 3« 324, 329, 330, 331, 332, 333, 334, 33*5, 336, 337» 33 8 » 339» 34°» 34 1 » 34 2 , 343» 344» 345» 34 6 » 347» 34 8 » 349» 35°, 353» 354 » 355» 356, 359» 3&>» 361. 365» 366. 367» 372» 373» 3 8 o» 3 fl 3» 3 8 4» 3 8 6, 391. 392» 393» 394» 397» 39 8 » 399» 4 00 » 4°3» 404, 405, 406, 409, 410, 411, 415, 424, 425, 426, 427, 428, 429, 437, 454, 468, 475» 492, 517» 519- Martyn [V. N. Rozanov]. - 176. Martynov, A. S. - 190, 207, 210, 21T, 213, 214, 220, 221, 227, 228, 230, 232, 2 33» 234, 235, 255, 260, 261, 29 6, 298, 299. 303» 319» 32B, 329, 331, 332, 335, 336» 337» 33 8 » 339» 3&>» 37°» 373» 39 r » 466» 4 6 7» 473» 474» 475» 493» 497* Marx, K, - 93, 232, 317, 463, 464, 465, 470. Maslov, P. P. - vedi X. Medem, V. D. - vedi Goldblatt. Medvedev [L, V. NikolaievJ - 227, 269, 427» 4 a8 » 429» Mehring, F. - 317. Millerand, A. * 100, 391. Mitrofan [F. V. Gusarov] - 413. Mitrofanov [F. V, Gusarov] - 448. Moscinski, I, N. - vedi Lvov. Muraviov [operaio; noto anche come Pc- tukhov] - 218, 291, 292, 303, 304, 305, 307, 309. Mysckin, I« N. - 255. N. [R. S. Zemliacka] - 513, 515, 516. N, NN [le. M. Alexandrova] - 14, 15, 16, 17, 20, 70, 75. Nadezdin [le, O. Zelenski] - 287* Naquet, A. - J. - 93. Nietzsche, F. - 316, 317. Nikitic [L. B. KxasinI - 417, 513, 515. Nikolai-on [N. S, Danielson] - 98, 104. Nikolaiev, L, V. - vedi Medvedev. Novobrantsev, P. [A, V. Pescekhonov] - 105, 106. Noskov, V. A, [Boris, Glebov] - 452, Nozdriov - 29, 191. Oblomov - 380. Olminski IM. S. Alexancfrov] - vedi Galiorka. Orlov [Malkin] - 218, 219, 307, 320, Orlovski [V. V. Vorovski] - 505, 507* Ortodox [L. I. Axelrod] - 360. Osipov [R. S. Zemliacka] - 320, 405, 44». 449. 45 2 . 453, 454- 459- P. [P. A. Krasikov] - 514, 515. Panin [M, S* Makadziub} - 281, 28$* Parvus [A. L. Helphand] - 116, 359, Pavlovic [P. A. Krasikov] - 67, 68, 70, 21 1, 212, 213, 216, 218, 266, 267, 268, 271, 278, 284, 285, 288, 290, 298, 301, 3°3» 312, 403, 405. Pescekhonov, A. V. - vedi P. Novobrant- sev. Plekhanov, G. V. - 12, 15, 18, 19, 23, 24, 25, 64, 68, 72, 85, 103, 108, 114, 115, 117» >3°. 1 35» 144» 145» 149. 152» 153* 154» 155» *56. 157, I5 8 » 159» 160» 161 . 162, 164, 166, 167, 169, 170, 171, 173, iflr, 182, 183, 186, 187, 188, 189, 190, 207, 209,. 212, 213, 22i, 222, 223, 231, 560 INDICE DEI NOMI 232, 234, 238, 249, 251, 259, 268, 277, 379 . 2 99 > 3 06 » 3 ° 9 > 3 2I > 3 2 3 > 3 2 4 » 3 2 5 . 33 6 » 33 ® > 339 » 34 °. 34 1 » 34 2 » 343 » 345 » 346 . 347 » 348 » 35 °» 35 i. 35 2 > 353 » 354 . 355 » 356 » 357 » 358 . 359 » 360. 361. 362, 363, 364, 365, 366, 367, 370, 373, 393, 394 » 395 . 39 6 » 397 . 39 8 . 4 ° 9 . 4 10 » 4 l6 » 4 2 3 . 43 6 » 454 » 455 » 4 6 4 » 4 06 » 4 68 » 469, 474 » 475 » 484. 49 2 > 503» 5 ° 7 - Popov [V. N. Rozanov] - 212, 215! 219, 223, 227, 236, 239, 245, 246, 255, 261, 262, 275, 279, 283, 284, 285, 286, 287, 304* 3 ° 7 » 3 12 » 3 f 9 » 33 6 » 338 * 339, 349, 350 . 395 » 39 8 * 4 ° 3 * 4 ° 4 » 4 ° 5 » 4°6, 407, 5 i 7 » 520 » Posadovski [V. le. Mandclberg] - 221, 222, 227, 255, 304, 305, 309, 370. Potresov, A. N. - vedi Starover. Pratico (II) [M, S. Makadziub] - 203, 377. 378. 379. Renan, E, - 94, 95. Riadovoi [A. A. Malinóvski, piu noto co- me A. A. Bogdanov] - 472, 507. Riazanov, D, B. - 14, 15, 1 6, 24, 70, 212, ■ 214, 310, 360. Robespierre, - 116, 129. Rosenow, E, - 385. Rozanov, V, N, - vedi Martyn e Popov. Ru [L. le. Galperin] - 159, 160, 161. Rusov [B, M. Knuniants] - 218, 269, 272, 277, 281, 282, 297, 303, 305, 306, 405, 408. Sablina [N. K. Krupskaia] - 274, 410. Schweizer, J. B. von - 367, 469. Sciakhov N. - 416, 418, 459, 47 6. Sciotman, A. V, - vedi Gorski, Sìndermann, K, - 390. Singer - 178. Skvoznik-Dmukhanovski - 191. Sobakevic - 109, no, 359, 360, 363. Sorokin [N, E. Bauman] - 211, 274, 307, 308, 410. Starover [A. N. Potresov] - 22, 23, 25, 76, 7 8 » 'fof 234, 274, 275, 276, 281, 284, 306, 310, 320, 321, 322, 323, 325, 335 * 34 1 * 344 * 360, 403, 405, 410, 475, 484, 491, 492, 495, 504. Stccdrin - 210. Stein [le. M. Alexandrova] - 271, 272, 403, 406, 468, 410. Stepanov [operaio; noto anche come An- drei] - 227. Stepanov, S. I. - vedi Braun, » Stocfynann (Dr.) -316. Stopani, A. M. - vedi Lange. Strakhov [K. M. Takhtarev] - 265, Struve, P. B. - 35, 39, 105, 323, 324, 325, 363, 465, 472, 473, 475, 484, 492. Sviatopolk-Mirski, P. D. - 499. T [P. A. Krasikov] - 12, 14, 15, 17, Takhtarev, K. M. - vedi Strakhov. Topuridze, I. - vedi Karski. Travinski [G. M. Krgigianovski] - 151, 163, 1 66, 167, 170, 173, 174, 177, 279, 312, 350, 365, 397, 404, 405, 406, 413, 417, 448, 452. Trepov - 409. Trotski, N. [L. D. Bronstein] - 69, 209, 21 1, 233, 234, 247, 266, 275, 277, 288, 298, 299, 303, 305, 312, 333, 336, 343 * 344 » 349 * 35 o. 397 » 4 ° 3 » 4 ° 4 » 4 ° 5 * 4 ° 6 » 457 » 473 » 475 » 4 8 4 * Trubctskoi, le. N. - 487, 488, 501. Tsariov [A. S. Lockermann] - 227, 2 69, 281, 305. Tugan-Baranovski - 465. Ugrium-Burcciev - 486. Ulianov, D. I. - vedi Herz. Utianov, V. I. - vedi N. Lenin. V. V. [V. p. Vorontsov] - 98, 104, Valentin [L. le, Galperin] - 413, 414, 4 X 7 » 513* 5 i 5 » 5 ' 9 - Vasiliev [F. V. Lenghnik] - 145, 164, 175 » i 8 9 » 279, 350» 397 * 4 ° 4 » 4 ' 7 t 44 8 > 5 <> 3 » 515 - Vilenski, A. - vedi Lenski. Vollmar, G. H von - 278, 279, 339, 391» 392 . Vorontsov, V. P. - vedi V. V. Vorovski, V r V. - vedi Orlovski. Witte, S. Iu. - 484. X [P. P. Maslov]» - 64, 103, 217» 3#G 4 °G 493 * 5 *>- Y [L. le. Galperin] - 217, 365, 366, 401, 493. Z [V. N. Krochmal] - 180, 401, 493* Zagorski - 175. INDICE DEI NOMI 561 Zasulic, V, 344> 3?9» Zborovski, J Zederbaum, Zeitlin, L. ! I. - 15, 23, 161, 282, 306, 4°9r 475. >. - vedi Kostic. Iu. O. - vedi L, Martov. 5 . - vedi Bielov. Zelenski, le. O. - vedi Nadezdin. Zemliacka, R. S. - vedi N e Osipov. Zetkin, C. - 279. Zverev [M. M. Essen] - 41 7, 418, 448, 449 » 45 ° » 5 * 5 * GLOSSARIO Conciliatori: « Economisti » : Kul turnici : Obs teina : Otrabotkj : Raznocintsy \ fautori della a conciliazione » fra bolscc vichi e menscevichi, ad ógni costo, indipendentemente dai principi. Il principale rappresentante dei « conciliatori » fra il secondo ed il terzo congresso del POSDR fu G. V. Plckhanov. fautori della corrente opportunistica del! ’ « economismo », i quali sostenevano che gli operai dovevano lottare solo sul terreno econo- mico, mentre alla lotta politica doveva pensarci la borghesia li- berale, alla quale gli operai dovevano dare il loro appoggio. Organo di stampa degli u economisti » era la Rabociaia Mysl (Il pensiero operaio). da \ulturniccstvo , termine che indica l'attività culturale staccata dalla politica. (letteralmente comunità) organizzazione contadina di villaggio a carattere amministrativo e di ceto, per \ cui membri vigeva, per ciò che concerneva il fisco, il principio della responsabilità collet- tiva; i membri ócWobstdna, inoltre, possedevano la terra in co- mune, senza diritto di proprietà sugli appezzamenti da essi singo- larmente coltivati* lavoro obbligatorio per il grande proprietario fondiario dopo l # a- bolizionc della servitù della gleba; poteva essere convertito nel ver- samento di una quota parte dei prodotti della terra, o assumere la forma di Yerc e proprie prestazioni gratuite per la terra ceduta ai contadini, per l'uso di pascoli, strade, boschi, stagni, ccc. (letteralmente « [persone], di grado diverso » [dalla nobiltà] : da « razny » = diverso e «rjn» = grado, dignità) clementi della bor- ghesia liberale c democratica della Russia del XIX secolo, non ap- partenenti al ceto nobiliare e provenienti dagli strati borghesi e pic- colo-borghesi della società (clero, contadini, mercanti, ccc.), i quali emergevano nella vita socicle, prevalentemente (ma non esclusivi* mente) nel campo dell'attività culturale e intellettuale. GLOSSARIO 564 Zemliacestvoi Zemstvo : Zmtsy : Organizzazione corporativa che riuniva gli studenti su base terri- toriale (governatorato, distretto, ecc.) ai fini del reciproco aiuto ma- teriale c culturale. sistema delle istituzioni di autoamministrazione locale, cut potevano accedere i soli clementi provenienti dalla borghesia e dalla nobiltà» (singolare: zemets) clementi degli zemstvi 0 fautori di tale Si- stema. INDICE DEL VOLUME Nota dell'editore 5 I 9°3 RACCONTO SUL II CONGRESSO DEL POSDR 9 jl colpo e" fallito!... 27 PIANO DELLE LETTERE SUI COMPITI DELLA GIOVENTÙ RIVOLUZIONARIA 33 1 compiti della gioventù rivoluzionaria. Lettera prima . 35 il secondo congresso del partito. Schema di articolo . 49 IL MASSIMO DI IMPUDENZA E IL MINIMO DI LOGICA 51 PROGETTO DI APPELLO DEL CC E DELLA REDAZIONE DELL'OR- GANO CENTRALE AI MEMBRI DELL’OPPOSIZIONE. Variante . 58 IL II CONGRESSO DELLA LEGA ESTERA DELLA SOCIALDEMOCRAZIA rivoluzionaria russa. 13-18 (26-31) ottobre 1903 61-79 1. Osservazioni preliminari in merito al rapporto sul II Congresso del POSDR. 13 ottobre 63 2. Rapporto sul II Congresso del POSDR. 74 ottobre 66 3. Dichiarazione a proposito del rapporto di Martov. 75 ottobre 78 4. Discorso sullo statuto della Lega. 77 ottobre 79 Una dichiarazione non presentata 80 Dichiarazione di rinuncia alla carica di membro del CONSIGLIO DEL PARTITO E DI REDATTORE DELL'ORGANO CEN- TRALE 85 LA POSIZIONE DEL BUND NEL PARTITO 86 5 68 INDICE DEL VOLUME BORGHESIA POPULISTEGG IANTE E POPULISMO SMARRITO 98 ALLA REDAZIONE DELL'ORGANO CENTRALE DEL POSDR I07 UNA DICHIARAZIONE INEDITA 108 LETTERA ALLA REDAZIONE DELl’« ISKRA » IO9 PERCHE SONO USCITO DALLA REDAZIONE DELl’« ISKRA »? Let- tera alla redazione dell’ « hhra » 113 LETTERA DEL CC DEL POSDR ALL'AMMINISTRAZIONE DELLA LE- GA ESTERA, AI GRUPPI SOSTENITORI DEL PARTITO E A TUTTI I MEMBRI DEL PARTITO ALL’ESTERO 120 NOTA SULLA POSIZIONE DELLA NUOVA « ISKRA )) I24 i 9 ° 4 PREFAZIONE all’opuscolo « LETTERA A UN COMPAGNO SUI NOSTRI COMPITI ORGANIZZATIVI» I26 POSCRITTO ALL’OPUSCOLO « LETTERA A UN COMPAGNO SUI NOSTRI COMPITI ORGANIZZATIVI )) 128 Ai membri del partito. Progetto di appello 135 IL consiglio del posdr. (28-30) gennaio 1904 139-180 I* Progetto di risoluzione sui provvedimenti atti a re- staurare la pace nel partito presentato il 15 (28) gen- naio *4* 2 t Un parere personale dei rappresentanti del CC espresso per iscritto il 17 (30) gennaio 144 3. Progetto di risoluzione sulla convocazione del terzo congresso del partito, ij (jo ) gennaio 146 4. Progetti di risoluzione presentati il 17 (30) gennaio 147 5. Discorsi sui provvedimenti per restaurare la pace nel partito. 13 (28) gennaio 148 6. Discorsi sui provvedimenti per restaurare la pace nel partito. 16 (29) gennaio 158 7. Discorsi sulla convocazione del terzo congresso del partito. IJ (30) gennaio 17 2 8. Discorsi sulle pubblicazioni di partito, 17 (30) gennaio 174 AL partito. Progetto di appello *81 SULLE CIRCOSTANZE DELLA MIA USCITA DALLA REDAZIONE DEL- L%t ISKRA» il primo maggio. Progetto di manifestino 192 INDICE DEL VOLUME 569 un passo avanti E due indietro. (La crisi del nostro par- tito) 197-412 Prefazione 199 a) Preparazione del congrasso 203 b) Importanza dei raggruppamenti in seno al congresso 205 c) Inizio del congresso. L’incidente con il comitato di orga- nizzazione 208 d) Scioglimento del gruppo « Iuzny Raboci » 217 e) L’incidente a proposito dell’uguaglianza giuridica delle lingue 220 f) Il programma agrario 227 g) Lo statuto del partito. Il progetto del compagno Martov 235 h) Le discussioni sul centralismo prima della scissione degli iskristi 244 i) Il primo paragrafo dello statuto 248 j) Vittime innocenti della falsa accusa di opportunismo 270 k) Continuazione delle discussioni sullo statuto. Composi- zione del Consiglio , 280 ]) Fine delle discussioni sullo statuto. Cooptazione nei centri. Uscita dei delegati del Raboceie Dielo 286 m) Elezioni. Fine del congresso 299 n) Quadro d’insieme della lotta al congresso. L’ala rivolu- zionaria e Pala opportunistica del partito 325 o) Dopo il congresso. Due metodi di lotta 338 p) I piccoli dispiaceri non devono impedire una grande sod- disfazione 357 q) La nuova «Is\ra». L’opportunismo nelle questioni orga- nizzative 367 r) Qualcosa sulla dialettica. Due rivolgimenti 397 Appendice, L’incidente fra il compagno Gusev e il compagno Deutsch 403 LETTERA AI MEMBRI DEL CC 4IJ DICHIARAZIONE DI TRE MEMBRI DEL CC 417 AL partito. Schema di appello 419 il consiglio del posdr. 31 maggio (13 giugno) e 5 (18) giugno 1904 421 1. Discorsi su una conferenza tra diversi partiti. 3/ maggio (13 giugno ) . ... . . 4*3 2. Discorsi sulla cooptazione nei comitati e sul diritto del CC di immettervi nuovi membri. 5 (18) giugno 426 570 INDICE DEL VOLUME 3. Discorso sul giornale « Rassvet ». 5 (18) giugno 430 CHE COSA CI PROPONIAMO DI OTTENERE? (Al partito) 431' AL PARTITO 440 AI CINQUE MEMBRI DEL COMITATO CENTRALE IN RUSSIA 448 LETTERA AI FIDUCIARI DEL CC E Al MEMBRI DEI COMITATI DEL POSDR DICHIARATISI PER LA MAGGIORANZA DEL SECONDO CON- GRESSO DEL PARTITO 450 LETTERA A GLEBOV (v. A. NOSKOv) 452 un passo avanti e due indietro. Risposta dì N. Lenin a Rosa buxemburg 460 UN LIBERALE COMPIACENTE 472 PREFAZIONE ALL’OPUSCOLO DI N. SCIAKHOV « LA LOTTA PER IL CONGRESSO » 476 INFORMAZIONE SULl'aVVENUTA COSTITUZIONE DELL’UFFICIO DEI COMITATI DELLA MAGGIORANZA» Progetto 477 LA CAMPAGNA DEGLI ZEMSTVO E IL PIANO DELL\< ISKRA » TESI DELLA RELAZIONE SULLA SITUAZIONE INTERNA DEL PAR- TITO. Tesi della mia relazione 503 lettera ai compagni. (In occasione della pubblicazione di un organo di stampa della maggioranza del partito). 505 DICHIARAZIONE E DOCUMENTI SULLA ROTTURA DEGLI ORGA- NISMI CENTRÀLI COL PARTITO 5It Appendice 5 1 7 INFORMAZIONE SULL'AVVENUTA COSTITUZIONE DI UN COMI- TATO DI ORGANIZZAZIONE E SULLA CONVOCAZIONE DEL TERZO CONGRESSO ORDINAR [O DEL PARTITO OPERAIO SOCIALDEMOCRA- TICO RUSSO 522 Note 525 Cronaca biografica 541 Indici 549 Indice bibliografico 551 Ìndice dei nomi 557 Glossario 563 Finito di stampare nel luglio 19 69 nella Tipo-litografia L. Chiovini in Roma Via Francesco Arese» 13 - Tel 52.62.707 10102-400 ^ 014(01) — 74 o6-bflBJl. XyaoJKecTBeHHbifi peAaKTOp B. KojiraHOB TexHHqecKHfi pe^aRTop T. KDpOBa noAnncaHO k neqaTH 25/^ f 1 1-1974 r. OopMaT 6OX86/1#. ByM. ji. 15 7 /a. neq. ji. 33,96. YH.-H3A. JI. 33,7. H3 A. No 20 057. 3aKa3 615. Uena 1 p. 36 k. Tnpa>K 5100. 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