Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin, Joseph Stalin, Enver Hoxha 5 Classics of Marxism Comintern (Stalinist-Hoxhaists) http://ciml.250x.com Georgian Section www.joseph-stalin.net SHMG Press Karl Marx Press of thè Georgian section of Comintern (SH) - Stalinist-Hoxhaists Movement of Georgia V. I. LENIN Opere complete vi gennaio 1902 - agosto 1903 1959 - Editori Riuniti - Roma Traduzione di Alberto' Carpitala, Celso Ghini , Eleonora Negarvi Ile Il edizione luglio 1969 Proprietà letteraria riservata della S. p. A. Editori Riuniti Viale Regina Margherita, 290 * 00198 Roma NOTA DELL’EDITORE La traduzione del presente volume, che contiene le opere scritte da Lenin fra il gennaio del 1902 e Vagosto del 1903, è stata condotta sul sesto volume della quarta edizione delle Opere di Lenin , pubbli- cata a Mosca dalVlstituto Marx-Engels-Lenin nel 1946. Sono anzitutto compresi nel volume i Materiali per l’elaborazione del programma del POSDR, che attestano la lotta combattuta da Le- nin in seno alla redazione delVlskvz. per elaborare un programma ri- voluzionario del partito operaio . Gran parte del volume è dedicata agli scritti sulla questione agra- ria e sull alleanza tra la classe operaia e i contadini : Il programma agrario della socialdemocrazia russa, Ai contadini poveri, ecc. Alcuni scritti affrontano i temi della questione nazionale e della lotta contro il nazionalismo borghese e piccolo-borghese : La questione nazionale nel nostro programma, Occorre un « partito politico autonomo » al proletariato ebraico?, ecc . Alla polemica contro i socialisti-rivoluzionari, da una parte, e con- tro il liberalismo borghese, dall altra, sono consacrati vari articoli : Avventurismo rivoluzionario, Tesi fondamentale contro i socialisti- rivoluzionari, Perchè la socialdemocrazia deve dichiarare una guqrra risoluta e implacabile ai socialisti-rivoluzionari?; L’autocrazia ten- tenna, Il signor Struve smascherato da un suo collaboratore, Lotta politica e politicantismo, ecc. Due scritti: Lettera a un compagno sui nostri compiti organizza- tivi e Progetto di statuto del POSDR, elaborano le questioni orga- nizzative del partito marxista, mentre vari documenti, compreso V ar- ticolo A proposito delle relazioni dei comitati e dei gruppi del POSDR al congresso generale del partito, caratterizzano l'intensa at- tività svolta da Lenin per preparare il secondo congresso ordinario del Partito operaio socialdemocratico russo . Sono infine inclusi per la prima volta nelle Opere complete i se- guenti testi: Le dimostrazioni, I compiti del movimento socialdemo- cratico, Tesi fondamentale contro i socialisti-rivoluzionari. Agli stu- denti delle scuole medie. Estratto di un articolo contro i socialisti-ri- voluzionari, Progetto di indirizzo del comitato d organizzazione russo alla Lega, airUnione e al Comitato estero del Bund, Le concezioni marxiste sulla questione agraria in Europa e in Russia, Piano di un articolo contro i socialisti-rivoluzionari. Primo discorso durante la di- scussione dello statuto del partito. Discorso suiratteggiamento verso gli studenti. L'ultima parola del nazionalismo bundista. gennaio 1902 - agosto 1903 MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 1 Scritto dal gennaio all’aprile del 1902. Pubblicato per la prima volta nel 1924 nella Miscellanea di Lenin A II. OSSERVAZIONI AL PRIMO PROGETTO DI PROGRAMMA DI PLEKHANOV Testo di Ple\hanov I. La peculiarità economica principale della società contem- poranea è costituita dal fatto che in essa dominano i rapporti di produzione capitalistici, cioè i mezzi di produzione e di scambio delle merci appartengo- no alla classe dei capitalisti, nu- mericamente piccola, mentre la maggioranza della po- polazione è costituita dai prole- tari, che non posseggono nulla, all’in- fuori della loro forza-lavoro, e non possono vivere se non ven- dendo questa forza-lavoro. Essa [la maggioranza della po- polazione] cade quindi nella po- sizione dipendente di lavoratori salariaci, che creano il guadagno Osservazioni di Lenin Pagina i. N. i - Il capitalismo non è una « peculiarità » della so- cietà contemporanea, ma il sue regime , il suo sistema economico ecc. N. 2 - I mezzi di produzione non appartengono soltanto ai ca- pitalisti, ma anche ai proprietari terrieri e ai piccoli produttori. N. 3 - In molti paesi il pro- letariato non costituisce la mag- gioranza della popolazione. N. 4 - Il proletariato possiede taluni oggetti di consumo (e tal- volta anche mezzi di produzione). 12 LENIN dri capitalisti eoa il proprio la- voro. IL II campo in cui dominano i rapporti capitalistici di produ- zione si estende sempre più a misura che Tincessante perfezio- namento della tecnica accresce l’importanza economica delle grandi imprese e con dò fa diminuire il numero dei pic- coli produttori indipendenti, ridu- ce la loro funzione economica nella vita della sodetà. e in certi casi li trasforma addi- * porta alla miseria (N. d. RX Pagine 2. N. 5 - e dei proprietari terrieri. Per la pagina 2. Non il perfe- zionamento della tecnica, ma la proprietà privata espropria c ve - relendet * il piccolo produttore. N. 6 - « e con dò » ? ? Di per se lo sviluppo della tecnica non può accrescere (Importanza economi- ca delle grandi imprese. Lo svi- luppo della tecnica (-f- una serie di trasformazioni economiche, quali le condizioni di smerdo, ecc.) porta all’eliminazione del piccolo produttore da parte del grande. N. 6- 7 - Non sempre il capita- lismo < fa diminuire il numero dei piccoli produttori» (in sen- so relativo, c non necessariamente in senso assoluto, soprattutto in Russia). (È il capitalismo che espropria, porta alla sottomissione e alla mi- seria... il piccolo produttore). Pagina 2. N. 7 - Riduce la fun- zione dei piccoli = accresce l’im- portanza economica dei grandi (vuol dire la stessa cosa). N. 8 - Cancellare «addirittu- ra». Il processo di separazione MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR *3 rittura in vassalli c in tributari dei grandi imprenditori. III. I rapporti capitalistici di pro- duzione opprimono sempre più la classe operaia, a misura che il progresso tecnico, aumentando la produttività del lavoro, non dà soltanto ai capitalisti la possibi- lità materiale di aumentare il grado di sfruttamento degli ope- rai, ma trasforma anche questa possibilità in realtà, determinan- do contemporaneamente una di- minuzione relativa della doman- da di forza-lavoro e un aumento relativo e assoluto della sua of- ferta. IV. L’aumento della produttività del lavoro non soltanto non au- menta il prezzo della forza-la- voro, ma, al contrario, è molto spesso la causa diretta della sua diminuzione. In tal modo il pro- gresso tecnico, che significa au- mento della ricchezza sociale, provoca nella società capitalistica l’aumento della diseguaglianza sociale, l’aumento delle distanze tra i possidenti e i nullatenenti, l’accentuazione della dipendenza economica degli operai dai capi- talisti. del produttore dai mezzi di pro- duzione non è indicato. Pagina 3 del progetto originale. N. 9 - e i piccoli produttori (i contadini in generale devono es- sere ricordati in modo partico- lare). N. io - provocando o generando. Pagina 3 - espresso in maniera assolutamente non popolare e a- stratta. Molto meglio nel Pro- gramma di Erfurf : « ... cresce l’esercito degli operai superflui», c l’esistenza diventa sempre più precaria ». Pagina 4 - « il prezzo della forza-lavoro » diminuisce molto spesso (anche ciò è espresso in maniera molto astratta; = au- mento dello sfruttamento, del l’op- pressione, della miseria, della sot- tomissione). « In tal modo » pro- voca l’aumento della diseguaglian- za. Risulterebbe che l’aumento della diseguaglianza sarebbe cau- sato soltanto dall’aumento dello sfruttamento dell’operaio salaria- to, mentre essa è causata : 1) dall’espropriazione del pic- colo produttore + 2) dalla paupc- rizzazione del piccolo produttore H LENIN V. Date le condizioni esistenti nella società capitalistica e la ri- valità sempre crescente tra i paesi capitalistici sul mercato mon- diale, lo sbocco delle merci ri- tarda necessariamente rispetto alla loro produzione, e ciò provo- ca periodicamente crisi industria- li più o meno gravi, accompa- gnate da periodi più o meno lun- ghi di stagnazione industriale, che ancor più fanno diminuire il numero e l’im* portanza economica dei piccoli produttori, ancor più accrescono la dipen- denza del lavoro salariato dal ca- pitale e portano ancor più rapidamente al peggioramento relativo, e in ta- luni casi assoluto, della situazio- ne del proletariato e dei piccoli produttori. VI. Ma, mentre si sviluppano queste contraddizioni inevitabili + 3) dalPaumento dello sfrut- tamento + 4) dall’aumento del- l'esercito di riserva. Pagina 5 - È necessario indica- re nel programma le cause delle crisi? Se è necessario, non basta indicare due cause: 1) l'aumento della diseguaglianza sociale (« da- te le condizioni», pag. 4) + 2) l'aumento della rivalità. Non è indicata la causa principale delle crisi = Pianiosi gfeit *, l’appro- priazione privata quando la pro- duzione è sociale. Pagine 5-6 - diminuzione del- l'« importanza economica » dei piccoli produttori è un termine troppo astratto. Espropria (= ri- duce il numero?) e verelendet . Pagina 6 - * lavoro » salariato? Non è meglio operai? Pagina 6 - conseguenze della crisi : peggioramento relativo e assoluto della situazione . Non è meglio indicare direttamente: di- soccupazione, miseria degli ope- rai e dei piccoli produttori? assenza di pianificazione (N. d, R,). MATERIALI PER L ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 5 del capitalismo, aumenta anche il malcontento della classe operaia per lo stato di cose esistente, si inasprisce la sua lotta contro la classe capitalistica e si diffonde nel suo seno sempre più larga- mente e rapidamente la coscienza che soltanto con i propri sforzi essa può rovesciare il giogo della di- pendenza economica che grava sulle sue spalle e che per rove- sciare questo giogo è necessaria una rivoluzione sociale, cioè la soppressione dei rapporti capita- listici di produzione, il passaggio dei mezzi di produzione e di scambio dei prodotti in proprietà sociale. VII. Questa rivoluzione del proletariato sarà remancipazione di tutta l’umanità oppressa e oggi sofferente, poiché porrà fine a tut- te le forme di oppressione e di sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. • Come è detto nelle pagine 8-9. •• Occorre spiegare che cos e questa Pagina 7 - invece di malcon- tento, indignazione . Pagina 7 - la diffusione della coscienza ( — 7 ) è messa accanto all’aumento dell’indignazione ( — a ) e airinasprimento della lotta ( — (3 ). Ma a e [5 sono elementi spontanei, mentre y la dobbia- mo apportare noi . Pagina 7 - « soltanto con i pro- pri sforzi ». È meglio esprimersi in generale: può essere soltanto opera della classe operaia , ecc. Pagine 7-8 - 1) soppressione dei rapporti capitalistici di produzio- ne? — Sostituzione* della pro- duzione mercantile con quella so- cialista **, 2) espropriazione degli espropriatori, 3) passaggio dei mezzi di produzione in proprie- tà sociale ? trasformazione della proprietà privata in proprietà so- ciale. produzione socialista. i6 LENIN Vili. Per sostituire la produ- zione capitalistica delle merci con lorganizzazione socialista della produzione dei prodotti neces- sari a soddisfare i bisogni della società e garantire il benessere di tutti i suoi componenti, per com- piere la propria rivoluzione, il proletariato deve avere nelle proprie mani il potere politico, che lo renderà padrone della si- tuazione e gli permetterà di schiacciare inesorabilmente tutti gli ostacoli che si frapporranno sul cammino che porta alla sua grande meta. In questo senso la dittatura del proletariato costi- tuisce la condizione politica ne- cessaria della rivoluzione sociale. IX. Ma lo sviluppo degli scam- bi internazionali c del mercato mondiale ha stabilito un legame così stretto fra tutti i popoli del mondo civile, che questo grande scopo può essere raggiunto sol- tanto mediante Tunione degli sforzi dei proletari di tutti i paesi. Perciò il movimento operaio con- temporaneo doveva diventare ed è diventato da molto tempo un movimento intemazionale. X. La socialdemocrazia russa si Pagina 9 - non è chiaro * •• « per soddisfare i bisogni della società e garantire il benessere di tutti i suoi componenti ». Questo è poco : (confronta il Programma di Er- furti «il massimo benessere e il perfezionamento armonico e in- tegrale »). Pagina 9. « Padrone della situa- zione », « schiacciare inesorabil- mente », « dittatura »? ? ? (a noi basta la rivoluzione sociale). Pagina io — nii # *. • Le parole « non è chiaro » si trovano nel manoscritto di Lenin sopra le pa- role « soddisfare i bisogni » ( N . d. R .). •• Nihil, nulla (N. d. R.). MATERIALI PER L* ELABORAZIONE PEL PROGRAMMA DEL POSDR 17 considera come uno dei reparti dellesercito mondiale del prole- tariato, come una parte della so- cialdemocrazia internazionale. XI. Essa persegue la medesima meta finale che si pongono i so- cialdemocratici di tutti gli altri paesi. Essa rivela agli operai l'irridu- cibile contrasto tra i loro interes- si e gli interessi dei capitalisti, spiega loro il significato storico, il carattere e le condizioni della ri- voluzione sociale che il proleta- riato è chiamato a compiere e or- ganizza le loro forze per una lotta incessante contro i loro sfruttatori. lD XII. Ma i suoi obiettivi imme- diati sono notevolmente modifi- Pagina u. — «La medesima Endziel*». Perchè la ripetizione? Pagina n. Come non confon- dere? «la medesima Endziel * , e subito vicino: il compito del par- tito socialdemocratico è: i) Rive- lare agli (?) operai l’irriducibile contrasto tra i loro interessi e gli interessi dei capitalisti. 2) Spiegar loro il significato, il carattere e le condizioni della rivoluzione so- ciale (-|- necessità della rivolu- zione?) I tedeschi si esprimono con più forza : weisen naturnotwendiges Ziel**. 3) Organizzare le loro for- ze per una lotta incessante con- tro i loro sfruttatori (N B.? -|- contro il governo?) -[-? dirigere la lotta del proletariato. 1) è compreso nel 2). 1) troppo angusto. Bisognava: a indicare la meta finale, |3 creare l’organi zza- zione dei rivoluzionari per diri- gere la lotta del proletariato. Pagina 12. « Le vestigia dell’or- dinamento feudale... esercitano # meta finale {N. d. /?.). ** indica in modo naturale la meta necessaria (N.d.RX v 9 - ' . r- . / * < . i8 LENIN cati dal fatto che le numerose ve* stigia dell'ordinamento sociale- precapitalistico — feudale — eser- citano nel nostro paese un'oppres- sione spaventosa su tutta la popo- lazione lavoratrice e costituiscono il più serio di tutti gli ostacoli che ritardano i successi del movimen- to operaio russo. I socialdemocratici russi devo- no per ora soltanto cercare di ot- tenere quegli istituti giuridici che, in quanto complemento giuridi- co naturale dei rapporti capitali- stici di produzione, già esistono nei paesi capitalistici avanzati e sono necessari allo sviluppo com- pleto e multiforme della lotta di classe del lavoro salariato contro il capitale. E poiché l'autocrazia zarista, che è il vestigio del vecchio ordi- namento feudale più importante e dannoso per l’ulteriore sviluppo sociale, è assolutamente incompa- tibile con quegli istituti giuridi- ci, e poiché, per la sua stessa na- tura, non può non essere il ne- mico peggiore e più pericoloso del movimento di emancipazio- ne dei proletari un'oppressione spaventosa su tut- ta la popolazione lavoratrice » (+ remora allo sviluppo delle forze produttive -f- peggioramento del- le condizioni di vita -f- manten- gono nell'ignoranza e neiroppres- sione tutto il popolo) — l'osta- colo più serio (= vestigia)? (Cosa sono queste vestigia? L'autocra- zia -f- tutto il resto? Ciò è detto più avanti). Pagina 12-13: è necessario otte- nere quegli (?) istituti giuridici, che già (?) esistono nei paesi a- vanzati. Bisogna senz'altro dire quali sono. Non è popolare. Pagina 13 — lavoro salariato? — operai, lotta della classe opera- ia contro la classe dei capitalisti per la propria completa emanci- pazione. Pagina 13. L’autocrazia è in- compatibile con quegli istituti giuridici (con la libertà politica?) MATERIALI PER l’eLABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 19 i socialdemocratici russi si pon- gono come obiettivo politico im- mediato il rovesciamento della monarchia. Pagina 14. Poiché Yautocraziaè incompatibile — rovesciamento della monarchia (non vi è corri- spondenza). Scritto all'inizio del gennaio 1902. PROGETTO DI PROGRAMMA DEL PARTITO OPERAIO SOCIALDEMOCRATICO RUSSO * (A] I. In Russia la produzione mercantile si sviluppa sempre più ra- pidamente, e sempre più completo è il predominio che in essa ac- quista il modo di produzione capitalistico. IL Con il continuo perfezionamento della tecnica, la piccola pro- duzione viene sempre più eliminata dalla grande. La parte più im- portante dei mezzi di produzione (terre e fabbriche, strumenti e macchine, ferrovie e altri mezzi di comunicazione) si accentra, come proprietà privata, nelle mani di un numero relativamente esiguo di capitalisti e di grandi proprietari terrieri. I piccoli produttori indipen- denti (contadini, artigiani, remeslennikj) vanno sempre più in ro- vina, perdono i mezzi di produzione e si trasformano in tal modo in proletari, oppure diventano servi e vassalli del capitale. Un numero sempre maggiore di lavoratori è costretto a ricorrere alla vendita della propria forza-lavoro: essi diventano operai salariati, che si trovano in stato di dipendenza dai proprietari, per i quali creano la ricchezza col loro lavoro. IIL Quanto più il progresso tecnico avanza, tanto più l’aumento della domanda di forza-lavoro ritarda rispetto all’aumento dell’offerta, tanto più crescono per i capitalisti le possibilità di elevare il grado di sfruttamento degli operai. L’incertezza dell’esistenza e la disoccupa- • La parte teorica di questo progetto c costituita dal progetto proposto da uno dei membri della redazione, Frei (che l’ha compilata sulla base del progetto iniziale di G. V. Plekhanov). La parte pratica, invece (dal punto indicato più avanti sino alla fine) , viene proposta da tutu la commissione, cioè dai cinque membri della redazione. MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 21 zione, il giogo dello sfruttamento e ogni sorta di umiliazioni diven- tano la sorte di strati sempre più larghi di popolazione lavoratrice. IV. Le crisi industriali, che le contraddizioni fondamentali del ca- pitalismo inevitabilmente provocano, accentuano ancor più questo processo. Da un lato si ha la miseria e l’indigenza delle masse, dall’altro 10 sperpero della ricchezza sociale, data l’impossibilità di trovare uno sbocco alle merci prodotte. V. I vantaggi principali dello sviluppo gigantesco delle forze pro- duttive del lavoro sociale e sempre più socializzato sono quindi mo- nopolizzati da un’infima minoranza della popolazione. Accanto al- l’aumento della ricchezza sociale cresce l’ineguaglianza sociale, si approfondisce e si allarga l’abisso tra la classe dei proprietari (bor- ghesia) e la classe del proletariato. [B] VI. Ma mentre crescono e si sviluppano tutte queste inevitabili contraddizioni del capitalismo, crescono il numero e la compattezza, 11 malcontento e l’indignazione dei proletari, si inasprisce la lotta della classe operaia contro la classe dei capitalisti, si accentua l’aspirazione a liberarsi daH’insopportabile giogo del capitalismo. VII. L’emancipazione della classe operaia può essere opera soltanto della classe operaia stessa. Tutte le altre classi della società contempo- ranea sono per la conservazione delle basi deH’ordinamento economico esistente. Per l’emancipazione effettiva della classe operaia è necessaria la rivoluzione sociale, preparata da tutto lo sviluppo del capitalismo, cioè la distruzione della proprietà privata dei mezzi di produzione, il loro passaggio in proprietà sociale e la sostituzione della produzione capitalistica delle merci con l’organizzazione socialista della produ- zione dei prodotti per conto di tutta la società, per garantire il com- pleto benessere e il libero e completo sviluppo di tutti i suoi com- ponenti. Vili. Questa rivoluzione del proletariato abolisce completamente la divisione della società in classi e, quindi, tutte le ineguaglianze sociali e politiche che derivano da tale divisione, IX. Per compiere questa rivoluzione sociale, il proletariato deve con- quistare il potere politico che lo rende padrone della situazione e gli consente di rimuovere tutti gli ostacoli che si trovano sul cammino che 22 LENIN porta alla sua grande meta. In questo senso la dittatura del proletariato costituisce la condizione politica necessaria della rivoluzione sociale. X. La socialdemocrazia russa si pone il compito di rivelare agji operai il contrasto irriducibile tra i loro interessi e gli interessi dei capitalisti; di spiegare al proletariato il significato storico, il carattere e le condizioni della rivoluzione sociale che esso è chiamato a compiere; di organizzare un partito rivoluzionario di classe, capace di dirigere tutte le manifestazioni della lotta del proletariato. XI. Ma lo sviluppo dello scambio e della produzione internazionale sul mercato mondiale ha creato un legame così stretto fra tutti 1 popoli del mondo civile che il movimento operaio contemporaneo doveva diventare ed è già diventato da lungo tempo un movimento intemazio- nale. Anche la socialdemocrazia russa si considera come uno dei reparti dell’esercito mondiale del proletariato, come una parte della social- democrazia internazionale. XII. Gli obiettivi immediati della socialdemocrazia russa sono tut- tavia notevolmente modificati del fatto che le numerose vestigia del- l’ordinamento sociale precapitalistico, feudale, esistenti nel nostro pae- se, ritardano in assai larga misura lo sviluppo delle forze produttive, rendono impossibile lo sviluppo completo e multiforme della lotta di classe del proletariato, abbassano il tenore di vita della popolazione la- voratrice, determinano forme asiatiche, barbare, di estinzione di molti milioni di contadini, mantengono nell’ignoranza tutto il popolo, lo privano di ogni diritto e lo opprimono. XIII. La più importante di queste vestigia dell’ordinamento feu- dale, il più potente baluardo di tutta questa barbarie è l’autocrazia zarista. Essa è il nemico peggiore e più pericoloso del movimento di emancipazione del proletariato e dello sviluppo culturale di tutto il popolo. [C] Perciò* il Partito operaio socialdemocratico russo si pone come obiettivo politico immediato il rovesciamento dell’autocrazia zarista e la sua sostituzione con una repubblica basata su una Costituzione de- mocratica, che garantisca : A partire da questo punto il progetto c stato approvato da tutta la commissione. MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 23 1) la sovranità del popolo, cioè l’accentramento di tutto il potere supremo nelle mani di un’assemblea legislativa, composta di rappre- sentanti del popolo; 2) il suffragio universale, uguale e diretto, sia per le elezioni del- l’assemblea legislativa che per tutti gli organi locali di autogoverno, concesso a tutti i cittadini che abbiano raggiunto il ventunesimo anno di età; il voto segreto in tutte le elezioni; il diritto di ciascun elettore di essere eletto in tutte le assemblee rappresentative; uno stipendio ai rappresentanti del popolo; 3) l’inviolabilità della persona e del domicilio del cittadino; 4) un’illimitata libertà di coscienza, di parola, di stampa, di riu- nione, di sciopero e di associazione; 5) la libertà di trasferirsi e di scegliere la propria professione; 6) l’abolizione delle caste e la completa parità di diritti per tutti i cittadini, indipendentemente dal sesso, dalla religione e dalla razza; 7) il riconoscimento del diritto di autodecisione a tutte le nazio- nalità che compongono lo Stato; 8) il diritto per ogni cittadino di citare in tribunale qualsiasi fun- zionario statale senza dover inoltrare il reclamo per via gerarchica; 9) la sostituzione dell’esercito permanente con Tarmamento gene- rale del popolo; 10) la separazione della Chiesa dallo Stato e della scuola dalla Chiesa; n) l’istruzione generale, gratuita e obbligatoria sino a sedici anni; l’assistenza m fanciulli poveri con vitto, indumenti e materiale scolastico a spese dello Stato. [D] Per proteggere la classe operaia e aumentare la sua capacità com- battiva * il Partito operaio socialdemocratico russo rivendica : 1) la limitazione della giornata lavorativa a otto ore per tutti gli operai salariati; 2) l’emanazione di una legge sul riposo settimanale, che ne stabi- • Proposta di Frei: cambiare Tinizio di questo capoverso nel modo seguente: « Per proteggere la classe operaia dalla degenerazione fisica e morale, e aumentare la sua capacità nella lotta per la propria emancipazione... *. 24 LENIN lisca la durata ininterrotta di non meno di 36 ore per tutti gli operai salariati di ambo i sessi e in tutti i rami deireconomia nazionale; 3) la proibizione assoluta del lavoro straordinario; 4) l'interdizione del lavoro notturno (dalle 9 di sera alle 5 del mat- tino) in tutti i rami dell’economia nazionale, esclusi quelli nei quali è assolutamente necessario per ragioni tecniche; 5) la proibizione agli imprenditori di impiegare il lavoro salariato dei fanciulli al di sotto dei quindici anni; 6) la proibizione del lavoro delle donne nei rami in cui è partico- larmente nocivo all’organismo femminile; 7) l'emanazione di una legge sulla responsabilità civile dell’im- prenditore in caso di perdita totale o parziale della capacità di la- voro dell'operaio in seguito a infortuni o alle condizioni nocive della produzione, dispensando l’operaio dallobbligo di dimostrare che la perdita suddetta è avvenuta per colpa dell’imprenditore; 8) la proibizione di pagare il salario in merci *; 9) una pensione statale ai vecchi operai che hanno perso la capa- cità di lavoro; 10) l’aumento del numero degli ispettori di fabbrica; la nomina di ispettrici nei rami in cui prevale il lavoro femminile; l’istituzione del controllo sull’applicazione delle leggi di fabbrica per mezzo di rap- presentanti eletti dagli operai e pagati dallo Stato e del controllo, da parte di delegati eletti dagli operai, sulle tariffe e gli scarti; n) l’istituzione del controllo da parte degli organi dell’autogo- vcrno locale, con la partecipazione dei delegati eletti dagli operai, sulle condizioni sanitarie dei locali adibiti ad abitazione assegnati agli operai dagli imprenditori, come pure sui regolamenti interni di questi locali e sulle condizioni di affitto, allo scopo di salvaguardare gli operai salariati dall’ingerenza degli imprenditori nella loro vita e attività come privati e come cittadini; 12) un controllo sanitario generale, bene organizzato, sulle condi- zioni di lavoro in tutte le imprese che impiegano mano d’opera sala- riata; 13) l’estensione del controllo dell’ispezione di fabbrica all’indu- stria dei remeslennify, artigiana e domestica e alle imprese statali; • Proposta di Frei aggiungere qui (in questo punto): < fissare per legge in tutti i contratti di lavoro che il salario viene pagato settimanalmente », MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 25 14) l’instaurazione della responsabilità penale per l'infrazione delle leggi sulla protezione del lavoro; 15) l’interdizione agli imprenditori di fare ritenute sul salario per qualsiasi motivo e qualunque ne sia la destinazione (multe, scarti e simili); 16) l’istituzione di tribunali del lavoro paritetici in tutti i rami dell’economia nazionale, composti da rappresentanti degli operai e degli imprenditori. [E] Inoltre, per democratizzare reconomia statale russa, il Partito ope- raio socialdemocratico russo rivendica la soppressione di tutte le im- poste indirette e l’istituzione di un'imposta progressiva sul reddito. Sempre allo scopo di eliminare i residui del vecchio regime feudale il partito cercherà di ottenere*: 1) l’abolizione delle quote del riscatto e d clYobro^ nonché di tutti gli obblighi che gravano attualmente sui contadini, in quanto ceto soggetto a tributi; 2) l’abolizione della responsabilità collettiva e di tutte le leggi che impediscono al contadino di disporre della sua terra; 3) la restituzione al popolo delle somme in denaro ad esso sot- tratte sotto forma di quote per il riscatto e di obro\; la confisca, a tale scopo, dei beni dei monasteri e delle terre dell’appannaggio e l’istitu- zione di un’imposta sulle terre dei grandi proprietari nobili che hanno usufruito del prestito per il riscatto; il versamento del gettito di que- st’imposta a un fondo popolare destinato a soddisfare i bisogni cul- turali e assistenziali delle associazioni agricole; 4) l’istituzione dei comitati contadini per: a) la restituzione alle associazioni agricole (mediante l’espro- priazione, oppure, nel caso in cui le terre siano passate da un proprie- tario all’altro, il riscatto, ecc.) delle terre che vennero stralciate dai lotti contadini al momento delPabolizione della servitù della gleba e di cui i grandi proprietari fondiari si servono per asservire i contadini; • Proposta di Frei: aggiungere qui le parole: « e neirintcresse del libero sviluppo della lotta di classe nelle campagne », in modo che tutto il capoverso suoni così: « Allo scopo di eliminare i residui del vecchio regime feudale e nell’interesse del libero sviluppo della lotta di classe nelle campagne, il partito socialdemocratico russo cercherà di ottenere». 26 LENIN b) Peliminazione dei residui della servitù della gleba, che an- cora sussistono negli Urali, neH’Altai, nel Territorio occidentale e in altre regioni dello Stato; 5) il conferimento ai tribunali del diritto di ridurre i canoni di affitto eccessivamente elevati e di dichiarare nulli i contratti che hanno un carattere di asservimento. [FJ Allo scopo di raggiungere i propri obiettivi politici ed economici immediati*, il Partito operaio socialdemocratico russo sostiene qual- siasi movimento di opposizione e rivoluzionario diretto contro l’ordi- namento sociale e politico esistente in Russia e respinge decisamente tutti i progetti di riforma nei quali ogni estensione della tutela poli- ziesca sulle masse lavoratrici viene presentata come un passo verso la soluzione del problema sociale **. Il Partito operaio socialdemocratico russo è da parte sua ferma- mente convinto che l’attuazione completa, conseguente e duratura delle trasformazioni politiche e sociali suddette può essere raggiunta sol- tanto mediante il rovesciamento dell’autocrazia e la convocazione di un’Assemblea costituente eletta liberamente da tutto il popolo. Scritto tra la fine del gennaio e l’inizio del febbraio 1902. * Proposta di Frei: cambiare Tinizio del capoverso nel modo seguente: «Lottando per le rivendicazioni suddette, il Partito operaio socialdemocratico russo », ecc. ** Proposta di Frei: cambiare la fine di questo capoverso nel modo seguente: « ... i progetti connessi a qualsiasi estensione o accentuazione della tutela poliziesca * e burocratica sulle masse lavoratrici ». TRE EMENDAMENTI AL PROGETTO DI PROGRAMMA N. i. Nel capoverso (A) II invece delle parole: «Con il continuo perfezionamento della tecnica, la piccola produzione viene sempre più eliminata dalla grande » mettere la seguente formulazione: « Il perfezionamento della tecnica avanza incessantemente, la grande produzione si sviluppa sempre più e la piccola produzione viene eliminata in misura sempre più larga o decade». N. 2. Nel capoverso (B) VII dopo le parole: «Tutte le altre classi della società contemporanea sono per la conservazione delle basi del- lordinamento economico esistente » aggiungere: « e il piccolo produttore, che va in rovina sotto il giogo del capi- talismo, diventa veramente rivoluzionario soltanto nella misura in cui diventa cosciente del fatto che la sua situazione è senza vie d'uscita e accetta il punto di vista del proletariato » e più avanti cominciare con un nuovo capoverso. N. 3. Nel capoverso (B) XII invece delle parole : « determinano forme asiatiche, barbare, di estinzione di molti milioni di contadini » mettere le parole: « determinano forme asiatiche, barbare, di sfruttamento e l'estin- zione dolorosa di molti milioni di contadini ». Scritto nella seconda metà del febbraio 1902. OSSERVAZIONI AL SECONDO PROGETTO DI PROGRAMMA DI PLEKHANOV Ritengo che il difetto generale e fondamentale che rende questo progetto inaccettabile sia il tipo stesso del programma, e precisamente: questo non è il programma di un partito che lotta praticamente, ma un Prinzipiener\laerung* 9 è quasi un programma per allievi (spe- cialmente nel capitolo più importante, dedicato al carattere del capi- talismo), e per di più per allievi del primo corso, in cui si parla del capitalismo in generale e non ancora del capitalismo russo. Questo difetto fondamentale determina anche una quantità di ripetizioni, per cui il programma assomiglia a un commento. Cercherò di dimostrarlo analizzando ogni punto e tirando poi la conclusione generale. c Lo sviluppo degli scambi internazionali » ecc. sino alle parole : «già da tempo è diventato internazionale» (paragrafo I; per como- dità di citazione chiamerò paragrafo, con una numerazione progres- siva, ogni capoverso, cioè ogni passus che comincia con un alinea). Per la sostanza non vi è nulla da obiettare. Soltanto le parole c grande movimento di emancipazione della nostra epoca > sono su- perflue, poiché sul carattere del movimento operaio, che è un mo- vimento di emancipazione, si parla molto e in concreto più avanti. Inoltre, a mio avviso, questo capoverso non è al suo posto. Il pro- gramma del partito socialdemocratico russo deve cominciare definendo (e accusando) il capitalismo russo, e soltanto in seguito sottolineare il carattere internazionale del movimento, che per la sua forma — usando le parole del Manifesto comunista — è airinizio necessaria- mente nazionale*. • dichiarazione di principi (JV. d. R,). MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR Paragrafo IL « Come i socialdemocratici di tutti gli altri paesi*, i socialdemocratici russi stanno sul terreno internazionale . Essi consi- derano il proprio partito come uno dei reparti dell esercito mondiale del proletariato, come una parte della socialdemocrazia internazio naie ». Le parole da me sottolineate sono superflue, poiché non aggiun- gono assolutamente nulla a quanto detto prima e a ciò che segue. Queste parole superflue indeboliscono soltanto l’idea che nelle pa- role « reparto » e « parte » è espressa con sufficiente rilievo. Paragrafo III. « Essi perseguono lo scopo finale perseguito dai so- cialdemocratici di tutti gli altri paesi >. Anche queste parole, ripetute due volte più avanti nei paragrafi XIII (« scopo finale di tutti gli sforzi della socialdemocrazia interna- zionale » ecc.) e XVII (« scopo finale comune »), sono superflue. Il « reparto » di un esercito è appunto un reparto pecche persegue uno stesso scopo. Paragrafo IV. « Questo scopo finale comune dei socialdemocratici di tutti i paesi > (ancora una ripetizione superflua) «è determinato dal carattere e dal corso di sviluppo della società borghese». Anche queste parole sono superflue, poiché più avanti si dimostra appunto come il carattere e il corso di sviluppo della società borghese « determinino » questo scopo finale. Questo paragrafo è una specie di titolo, di nome di una sezione. Ma i titoli, necessari in un manuale o in un articolo, sono del tutto superflui in un programma. Alles, was im Programm ùberflussig , schwàcht es* (Engels nelle osservazioni al progetto di programma di Erfurt)*. I paragrafi V e VI (e anche l’inizio del VII) suscitano, oltre a osservazioni formali, una obiezione generale e fondamentale, che si deve muovere al tipo stesso di programma che il progetto propone. Esporrò prima di tutto questa obiezione generale (e per farlo sarà necessario difendere in parte il controprogetto) e poi passerò alle os- servazioni formali. II paragrafo V dà una definizione del capitalismo c sviluppato » in generale; il paragrafo VI dice che i rapporti di produzione capitali- stici si « allargano » a misura che progrediscono la tecnica e aumen- Tutto ciò che nel programma è superfluo lo indebolisce (N. d. R.). 3 ° LENIN tano le grandi imprese a danno delle piccole (o a spese delle piccole), cioè a misura che la grande produzione soppianta la piccola. Tale modo di esporre è illogico e sbagliato. È sbagliato perchè non è dalle definizioni che il proletariato in lotta impara (come s’impara nei manuali) che cos e il capitalismo, ma dalla conoscenza pratica delle contraddizioni del capitalismo, dello sviluppo della società e delle sue conseguenze. Anche noi dobbiamo definire nel nostro programma questo sviluppo, dire nel modo più breve e con il maggior rilievo che le cose vanno precisamente così , mentre dobbiamo riservare al commento qualsiasi spiegazione del perchè le cose vanno proprio così e non in un altro modo e tutti i particolari sulle forme in cui si manifestano le tendenze principali. Che cosa sia il capitalismo risulterà di per sè dal modo come dimo- streremo che le cose stanno (; resp . vanno) esattamente così. È illogico perchè il processo di soppiantamento del piccolo pro- duttore da parte del grande (paragrafo VI) e il processo di divisione della società in proprietari e proletari (paragrafo V) è un unico e identico processo . E ciò non risulta nella formulazione del progetto. Dal progetto risulta quanto segue: Prima tesi . Il capitalismo è svilup- pato quando la piccola produzione indipendente viene in gran parte soppiantata dalla grande produzione, che impiega operai salariati. Seconda tesi II dominio del capitalismo si estende a misura che la grande produzione soppianta la piccola... Ritengo che i due capoversi dovevano, per la ragione suddetta, es- sere fusi in uno solo che esprimesse il processo nel modo seguente: sviluppo della tecnica, soppiantamento della piccola produzione da parte della grande, accentramento dei mezzi di produzione nelle mani dei capitalisti e dei proprietari terrieri, rovina dei piccoli pro- duttori indipendenti, loro trasformazione in proletari o in dipendenti dal capitale. Contro tale formulazione (di cui si è fatto un tentativo nel con- troprogetto) si obietta: i. Essa presenta le cose in modo come se la rovina del contadino russo (resp. la formazione della grande proprietà terriera in Russia ecc.) dipendesse soltanto dallo sviluppo del capitalismo. Questa obiezione mi sembra infondata. Nel passo corrispondente (appunto alla fine del programma) è detto in modo perfettamente chiaro che da noi esistono molte vestigia della servitù della gleba e che MATERIALI PER l’eLABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 31 queste vestigia « barbarizzano » il processo di sviluppo. Ma poiché riteniamo che il processo di sviluppo del capitalismo sia il processo fondamentale dellevoluzione economico-sociale della Russia, dob- biamo appunto dapprima definire questo processo, le sue contraddi- zioni e le sue conseguenze. Soltanto in tal modo possiamo esprimere con evidenza il nostro pensiero, secondo cui il processo di sviluppo del capitalismo, il soppiantamento della piccola produzione, laccen- tramento della proprietà, ecc. continuano e continueranno nonostante tutte le vestigia della servitù della gleba e superando tutte queste vestigia. 2. Si dice che la tesi « la piccola produzione viene sempre più sop- piantata dalla grande » « è troppo categorica >, è « stereotipata », ecc. Devo spiegare perchè e sulla base di quali considerazioni ritengo questa formulazione non meno giusta e molto più confacente della formulazione del progetto in esame: «aumento dell’importanza eco- nomica delle grandi aziende, diminuzione del numero relativo delle piccole e riduzione della loro funzione nella vita economico-sociale del paese». Dal punto di vista puramente teorico queste due formulazioni hanno esattamente lo stesso significato, e qualsiasi tentativo di creare tra di esse differenze di sostanza è completamente arbitrario*. «Au- mento dell’importanza delle grandi aziende e riduzione della fun- zione delle piccole » significa appunto so p puntamento , che non può consistere in null’altro che in questo. Se la questione del soppianta- mento della piccola produzione da parte della grande è complessa e intricata, ciò non dipende in generale dal fatto che qualcuno possa (possa onestamente) non comprendere che soppiantamento significa « aumento deirimportanza delle grandi e riduzione della funzione delle piccole », ma interamente ed esclusivamente dal fatto che è dif- ficile mettersi d accordo sulla scelta degli indizi e dei sintomi del sop- piantamento, resp. deiraumento deirimportanza, resp ; della ridu- zione della funzione. Nella sua forma più generale, il processo di sviluppo del capitali- smo può essere, a questo riguardo, espresso nel modo seguente : • A chi non è d’accordo su questo punto possiamo consigliare di portare, o anche di immaginare, sia pure un solo esempio di « aumento dell’importanza economica delle grandi aziende e di riduzione della funzione delle piccole» che non sia chiara- mente per tutti soppiantamento delle ultime da parte delle prime. 32 LENIN Periodo iniziale: Produzione complessiva = ioo Grande = a . Piccola = ioo — a. Periodo seguente: Produzione complessiva = 200 Grande = 2 a -j- b. Piccola = 200 — 2a — b. Si può con sicurezza garantire che tutti i dati sul rapporto tra la grande e la piccola produzione possono essere compresi in questo schema. E chiunque voglia capire il processo non può dubitare che proprio questo è soppiantamene . Sia 200 — 2a — b per la sua gran- dezza maggiore di 100 — a (soppiantamene relativo) o minore (sop- piantamene assoluto), è in ogni caso soppiantamene . Soltanto il «critico» che non vuole comprendere può «non comprenderlo», ma si tratta di gente che non ne ha mai abbastanza. E nel commento con- tro di essi saranno prese vere e proprie misure. Tutta la difficoltà non sta affatto nel comprendere che il muta- mento indicato è « soppiantamene », ma nel come precisamente de- terminare queste grandezze: 100 , a, ecc. Questo è un problema con- creto di fatti, e con le parole: «aumento deirimportanza e ridu- zione della funzione» non si fa avanzare di un millimetro la sua soluzione. Per esempio, tutta la statistica industriale europea determina, nella stragrande maggioranza dei casi , questa « importanza » e questa « fun- zione » basandosi sul numero degli operai (e la statistica agricola sulla quantità di terra). E nessuno ha finora tentato di mettere in dubbio che diminuzione dell 1 aliquota degli operai (resp. della terra) vuol dire ap- punto soppiantamene. Ma tutta la difficoltà sta nel fatto che molto spesso indici, quali il numero degli operai (resp. la quantità di terra), non bastano . È possibile che le piccole aziende vengano soppian- tate mentre aumenta l’aliquota di operai (della terra) da esse occupati se, per esempio, questi operai lavorano materiale che non appartiene loro, se questa terra viene lavorata con bestiame peggiore, da lavora- tori peggio nutriti, viene lavorata e concimata peggio, ecc. Tutti sanno che le conclusioni « critiche » contro il « dogma marxista » pullulano appunto di simili « malintesi », ma questi « malintesi » non vengono minimamente risolti sostituendo la parola « soppiantamene » con la MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 33 espressione «aumento deirimportanza e riduzione della funzione», poiché T« importanza » e la « funzione » « vengono comunemente » de- terminate in base al numero degli operai e alla quantità della terra e a nulTaltro. Nessuno mette in dubbio che rappresentino appunto il soppianta - mento della piccola produzione da parte della grande (nel campo agri- colo) quei processi come la rovina dei contadini, lo sviluppo delTim- piego delle macchine soprattutto nelle grandi aziende, il miglioramento delle razze del bestiame da lavoro delle grandi aziende e il peggiora- mento (sostituzione dei cavalli con le vacche, ecc.) di quello delle pic- cole, le crescenti « esigenze » del salariato nelle grandi aziende e il pro- lungamento della giornata lavorativa, resp . la riduzione dei consumi, del piccolo contadino, il miglioramento della lavorazione e concima- zione delle terre del grande proprietario e il loro peggioramento in quelle del piccolo, il vantaggio del primo sul secondo nel campo del credito e delFassociazione, ecc. Non è affatto difficile dimostrare (e non vi è del resto nulla da dimostrare) che tutti questi processi signi- ficano « soppiantamento » : difficile è dimostrare che proprio a questi processi occorre rivolgere l’attenzione e che essi avvengono veramen- te. Per appianare questa difficoltà non servono a nulla le parole « au- mento dell’importanza e riduzione della funzione »; può farlo soltanto il commento, soltanto l’esempio di come non si sa determinare (non si vuole determinare) che cosa veramente esprime il processo di sop- piantamento (= aumento dell’importanza e riduzione della fun- zione). È pura illusione pensare che le parole «aumento deirimportanza e 'riduzione della funzione» siano più profonde, ricche di contenuto e ampie della « ristretta » e « stereotipata » parola « soppiantamento ». Queste parole non esprimono minimamente un approfondimento per la comprensione del processo; esprimono soltanto questo processo in modo più nebuloso e più impreciso . E se discuto tanto energicamente contro queste parole non è perchè siano teoricamente sbagliate, ma proprio perchè dànno la parvenza della profondità a ciò che è sempli- cemente nebuloso . Chi « ha studiato in un seminario », e sa che soppiantamento vuol dire appunto diminuzione dell’aliquota (e non necessariamente di- minuzione assoluta), vedrà in questa nebulosità il desiderio di coprire J-?*3 34 LENIN la nudità del « dogma marxista » * denigrato dai critici Chi non vi ha studiato sospirerà sulla « profonda sapienza » per lui inac- cessibile, mentre la parola « soppiantamene » porterà il pensiero di ogni artigiano e di ogni contadino a decine e a centinaia di esempi a lui noti. Non sarà un gran male se non comprenderà subito questa espressione in tutta la sua ampiezza: selbst wenn einmal ein Fremd- wort oder ein nicht auf dem ersten Blic\ in seiner ganzen Tragweite zu erfassender Satz vor\ommt, schadet das nichts. Der mundliche Vortrag in den Versammlungen, die schriftliche Erftfàrung in der Presse tut da alles Nòtige , und der \urze , pràgnante Satz, bejestigt sich dann, einmall verstanden, im Gedàchtnis, wird Schlagwort , und das passiert der breiteren Auseinandersetzung nie ** (Engels nella critica al progetto di programma di Erfurt)'. Anche dal punto di vista dello stile, le parole « aumento deH’im- portanza e riduzione della funzione », in luogo di soppiantamento, non vanno. Non è il linguaggio di un partito rivoluzionario, ma quello delle Russile Viedomosti. Non sono termini di propaganda socialista, ma da raccolta statistica. Queste parole sembra che siano state scelte apposta perchè il lettore riporti Timpressione che il pro- cesso di cui si parla non è un processo violento, che ha un esito determinato, ma un processo indolore. E poiché nella realtà avviene proprio il contrario, pertanto queste parole sono assolutamente sba- gliate. Noi non possiamo e non dobbiamo scegliere le formulazioni più astratte , poiché non scriviamo un articolo contro i critici, ma il programma di un partito combattivo, che si rivolge alla massa degli artigiani e dei contadini. Rivolgendoci ad essi dobbiamo dire klipp und l^lar*** che il capitale li «trasforma in servi e vassalli », li « rovi- na » e li « spinge » nelle file del proletariato. Soltanto una tale formu- lazione renderà fedelmente l'idea di ciò che ogni artigiano e ogni con- * Tale interpretazione è tanto più inevitabile quanto più largamente è nota la precisa formulazione, per esempio, del programma di Erfurt: < ... geht die Verdràngung der zerspliuerten Kleinbetriche durch possale Grossbetriebe... r> [« ... procede il sop- piantamento delle piccole aziende disperse da parte delle grandi aziende giganti... ». N.d. *.)]. •• c non è un gran male se qualche volta si trovano alcune parole o frasi straniere, incomprensibili a prima vista in tutta la loro ampiezza. La relazione orale nelle as- semblee, la spiegazione scritta nella stampa dànno tutto ciò che è necessario, e allora la frase breve ed espressiva, una volta compresa, s’imprime nella mente, diventa una parola d’ordine, cosa che non accade mai con i ragionamenti prolissi a ( N . d. J?.). ••• Chiaro e tondo {N. d. J?.). MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 35 tadino conosce da mille esempi. E soltanto da tale formulazione sca- turirà inevitabilmente la conclusione: per voi Tunica salvezza consiste nelTunirvi al partito del proletariato. Passando alle osservazioni formali ai paragrafi V e VII rilevo quanto segue. Il paragrafo V parla della società borghese « nella sua forma svi- luppata » e dice in pari tempo che in essa sopravvivono anche « strati di artigiani » e di « piccoli contadini ». Ciò è inesatto. Se si intendono le parole « forma sviluppata » in senso rigorosamente teorico, in tale società non vi saranno nè artigiani, nè piccoli contadini; E anche se si intendono queste parole nel senso abituale: paesi più sviluppati, anche in questo caso risulta che, per esempio in Inghilterra, i « piccoli conta- dini », quale strato sociale a se, in sostanza non esistono quasi più. « Il dominio della produzione mercantile basata sui rapporti di pro- duzione capitalistici ». Che espressione infelice! Certo, una pro- duzione mercantile completamente sviluppata è possibile soltanto nella società capitalistica, ma la «produzione mercantile» in gene- rale è logicamente e storicamente prius al capitalismo. L’espressione « rapporti di produzione capitalistici » non sempre viene usata nel progetto. Talvolta viene sostituita da « modo di produ- zione » capitalistico (par. XI). A mio avviso, per rendere il programma più comprensibile sarebbe stato necessario attenersi a una sola espres- sione, e precisamente alla seconda, poiché la prima è più teorica, e senza l’aggiunta delle parole « sistema » ecc. (di rapporti) non indica una qualcosa di definito e organico. « Il periodo feudale-artigianale... » Sembra quasi si sia fatto ap- posta a scegliere Tespressione che è meno adatta per la Russia, poiché la possibilità di usare per il nostro medioevo il termine « feudale- simo » viene contestata. Frattanto, in sostanza , viene data proprio una definizione della società borghese « sviluppata » che è applica- bile anche alla Russia (« sono sopravvissuti » i piccoli produttori indi- pendenti e i piccoli contadini che vendono « periodicamente o in modo permanente la loro forza-lavoro» ecc.). Il progetto respinge con la sua stessa formulazione l’idea che non si possano descrivere le caratteristiche dello sviluppo del capitalismo avendo in vista diretta- mente e in modo preciso la Russia. « I piccoli pToàxittorì-remeslenniki, che lavorano dietro ordinazio- ne... ». Dietro ordinazione dei consumatori o dietro ordinazione dei 3 6 LENIN mercanti imprenditori? Probabilmente si tratta del primo caso. E in- vece in Russia nel campo industriale la maggioranza dei piccoli pro- duttori non lavora dietro ordinazione, ma per il mercato, «...La parte più importante degli oggetti di consumo... » (perchè non anche «dei mezzi di produzione»?) ... «viene prodotta per lo smercio sul mercato interno o su quello internazionale ... ». Le parole sottolineate sono una ripetizione superflua, poiché deiraumento degli scambi internazionali si è parlato nel paragrafo i. « ...I mezzi di produzione e di scambio » delle merci. Ritengo che le parole sottolineate dovrebbero essere spostate dal programma al commento, poiché dal fatto che nella società mercantile i mezzi di produzione appartengono ai capitalisti si può dedurre che ad essi ap- partengono i mezzi di scambio . « ...Tra le persone che non hanno nessun mezzo di produzione e di scambio eccetto la loro forza-lavoro ... ». Non si può dire così. L'indicazione: vendita della forza-lavoro « permanente o periodica, durante Tintero anno o per alcuni mesi », è un particolare superfluo, che si sarebbe duvuto spostare nel commento. (Paragrafo VI). « ... Aumentandoi l’importanza economica delle grandi aziende industriali », e più sotto: riduzione in generale della funzione dei piccoli produttori indipendenti. E le grandi aziende agricole sono state omesse per caso? Oppure si intendeva dire che cre- sce l’importanza economica delle grandi aziende soltanto nell’indu- stria, e si riduce la funzione delle piccole sia nell’industria che nel- l’agricoltura? Se si tratta del secondo caso, sarebbe cosa assolutamente sbagliata . Anche nell’agricoltura cresce l’« importanza economica delle grandi aziende» (basterà, come unico esempio, indicare le macchine, ma più sopra sono riportati anche altri esempi). Naturalmente in que- sto caso il processo è incomparabilmente più complesso , ma di ciò oc- corre parlare (e parlare con illustrazioni concrete) nel commento. ... Dipendenza « più o meno completa, più o meno evidente, più o meno gravosa...»: a mio avviso queste sono parole superflue, che indeboliscono l’idea. L’espressione del primo progetto: «servi e vas- salli » è più forte e incisiva. Il paragrafo VII ha all'inizio una ripetizione superflua, quando osserva ancora una volta che « i piccoli produttori si trasformano in proletari », quantunque ciò sia stato osservato nei paragrafi V e VI. Questo paragrafo spiega diffusamente perchè l’aumento della do- MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 37 manda di forza-lavoro ritardi rispetto all’offerta. È dubbio che in que- sto caso l’esposizione ne guadagni. Certamente non si riesce ugual* mente a dare un’esauriente spiegazione del processo (per esempio, si menziona il crescente impiego del lavoro delle donne e dei fanciulli, ma non si menziona l’aumento dell’intensità del lavoro, ecc.). Sarebbe perciò giusto spostare tutte le spiegazioni (con esempi concreti) nel commento, e nel programma dire soltanto in che cosa consiste la con- traddizione del capitalismo, qual è la sua tendenza. Si obietta che se si dicesse: «quanto più avanza il progresso tecnico, tanto più l’aumento della domanda di forza-lavoro ritarda ri- spetto all’aumento dell’offerta », la cosa assumerebbe un aspetto sba- gliato; r« aumento dell’offerta» non dipende affatto dal solo «pro- gresso tecnico ». Ma questa obiezione è infondata, poiché le parole « quanto più, tanto più » non hanno assolutamente lo stesso significato delle parole «poiché, in conseguenza di ciò». A che cosa sia dovuto F« aumento dell’offerta » è stato spiegato nel capoverso precedente (« ro- vina », « soppiantamento », ecc.), e in modo più concreto verrà spie- gato nel commento. « ... La parte dell’insieme della ricchezza materiale che va alla classe operaia, la quale la crea col suo lavoro, diminuisce costantemente... ». Queste parole si trovano nel capoverso dove si parla dell’aumento del grado di sfruttamento (confrontare ciò che precede immediatamente la citazione). Si può perciò ritenere che per « parte » si intende il rap- porto di v a v + m. Ma allora ciò è superfluo e non corrisponde alle parole «insieme della ricchezza ». Se l’insieme — c + v + m, allora, in primo luogo, non è affatto opportuno chiamare « parte » c + m (contro v)> poiché per « parte » si intende ciò che in realtà si ripartisce, cioè gli oggetti di consumo. Questa formulazione, poi, si riferisce per il suo contenuto al paragrafo seguente, che parla dell’aumento della ricchezza sociale (c + v + m) e della disuguaglianza sociale. È quindi meglio tralasciare queste pa- role, che sono un’inutile ripetizione. Esse, inoltre, così come sono formulate, presuppongono una società sviluppata , nella quale esistano soltanto operai salariati e capitalisti (poiché anche l’aliquota dei piccoli produttori diminuisce), e ciò non corrisponde al capoverso V, il quale dice che i piccoli produttori ri- mangono anche in una « società sviluppata ». Il paragrafo Vili dovrebbe venire dopo i paragrafi IX e X: questi 38 LENIN trattano delle crisi, cioè di una delle contraddizioni del capitalismo, e il paragrafo Vili trae le conclusioni da tutte le contraddizioni del ca- pitalismo e da tutte le tendenze del suo sviluppo. Alle parole « aumento della produttività del lavoro » bisognava ag- giungere: «sociale e sempre più socializzato». Il progetto non parla del processo di socializzazione del lavoro al punto giusto (paragrafo XI) e lo fa in forma ristretta (« il processo di perfezionamento della tecnica unifica sempre più il lavoro degli operai »). La socializzazione del lavoro da parte del capitalismo non consiste soltanto nell’« unifica- zione del lavoro degli operai ». Le parole « aumento delle distanze tra gli abbienti e i nullatenenti » dopo le parole « aumento dell’ineguaglianza sociale » sono una ripe- tizione superflua, mentre, per definire la conseguenza sociale fonda- mentale di tutte le suddette contraddizioni del capitalismo e passare poi alla lotta di classe, si doveva aggiungere che si « approfondisce l'abisso » fra il proletariato e la borghesia. A proposito. Circa la definizione delle conseguenze sociali del ca- pitalismo occorre dire che il progetto qui pecca particolarmente di astrattezza , poiché si limita ad una formulazione assolutamente insuf- ficiente: «si moltiplicano le difficoltà della lotta per resistenza e tutte le privazioni e le sofferenze che ne derivano». Mi sembra assoluta- mente necessario indicare in maniera più precìsa proprio le conse- guenze sociali che gravano in modo particolare sia sulla classe operaia che sui piccoli produttori. Contro la formulazione di queste conseguenze contenuta nel con- troprogetto si obietta che, per esempio, le parole « qualsiasi umilia- zione » non sono giuste. Ritengo che siano giuste perchè comprendono fenomeni quali la prostituzione , la trasformazione degli « intellet- tuali » in veri e propri prezzolati, la trasformazione dell’operaio in venditore della moglie e dei figli, la sottomissione alla ferrea disci- plina del capitale, l’utilizzazione della forza economica per opprimere politicamente, per soffocare la libertà di opinione, ecc. ecc. Mi sembra altresì assolutamente necessario indicare « la povertà e la miseria delle masse » in regime capitalistico. Non propongo di parlare deiraumento assoluto della povertà e della miseria, ma condivido completamente l’opinione di Kautsky che « ein ausfùhrliches s. - d. Programm, welches •mcht erkennen làsst, dass der Kapitalismus naturnotwending Mas - senarmut und Massenelend erzeugt, das nicht als den In hall des MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 39 Strebens des Sd-tie den Kampf gegen diese Armut und dieses Elend bezeichnet, verschweigt die entscheidende Sette unserer Betvegung und enthàlt also eine empfìndliche Lucide > * (contro il progetto au- striaco) e . A mio parere è altrettanto necessario indicare che « tutti i prin- cipali », (quindi non assolutamente tutti) « vantaggi del processo di sviluppo delle forze produttive sono monopolizzati da un’infima mi- noranza della popolazione ». I paragrafi IX è X parlano delle crisi. Sostanzialmente non vi è nulla di obiettare, dato che la formulazione è stata modificata. Ma questi paragrafi hanno un difetto di forma: si ripetono (di nuovo « mercato mondiale », di nuovo « rapporti di produzione capitalisti- ci »). Sarebbe assai meglio abbandonare del tutto il tentativo di spie- gare nel programma le crisi, limitandosi alla costatazione della loro inevitabilità, e riservare le spiegazioni e lo sviluppo al commento. Al- trimenti si parla, per esempio, e delle crisi e dei « periodi di stagna- zione », ma non si riesce ugualmente ad abbracciare nel suo insieme tutto il ciclo deirindustria capitalistica. Le conseguenze sociali delle crisi sono indicate di nuovo con ri- petizioni (è sufficiente parlare dellV inasprimento » del processo ecc.) e di nuovo in modo troppo fiacco: le crisi non soltanto rendono più difficili le condizioni dei piccoli produttori, non soltanto portano al peggioramento relativo e assoluto delle loro condizioni, ma li rovi- nano addirittura e li spingono nelle file del proletariato. Contro i paragrafi XI e XII ho un’obiezione di principio estre- mamente interessante: essi prospettano le relazioni tra il proletariato e i piccoli produttori (poiché « i lavoratori e la massa degli sfruttati » sono costituiti appunto dal proletariato e dai piccoli produttori) in forma assolutamente unilaterale e sbagliata . Essi sono in diretta con- traddizione con le tesi fondamentali sia del Manifesto comunista sia degli statuti deirinternazionale 7 , sia della maggioranza dei program- mi socialdemocratici contemporanei e splancano le porte a malintesi populisti, « critici » e a qualsiasi malinteso piccolo-borghese. * « un programma socialdemocratico circostanziato, nel quale non si veda che il capitalismo genera naturalmente la miseria e la paupcrizzazione delle masse, che non definisca la lotta contro questa miseria c paupcrizzazione come il contenuto delle ri- vendicazioni della socialdemocrazia, tale programma tace ciò che è decisivo nel nostro movimento e contiene perciò una grave lacuna » (N. d . R .). 4 ° LENIN «... Aumenta il malcontento delle masse lavoratrici e sfruttate»; questo è vero, ma è assolutamente errato identificare e mettere in- sieme il malcontento del proletariato e il malcontento del piccolo produttore, come qui è stato fatto, ir malcontento dei piccoli produt- tori genera molto spesso (e deve generare inevitabilmente in loro o in una notevole parte di loro) l'aspirazione a difendere la propria esi- stenza di piccoli proprietari , cioè a difendere i principi dell’ordina- mento contemporaneo e persino a farlo ritornare indietro. « ... Si inasprisce la sua lotta, e in primo luogo la lotta del suo rap- presentante d'avanguardia, il proletariato... ». L'inasprimento della lotta avviene indubbiamente anche per il piccolo produttore. Ma la sua «lotta» è diretta molto spesso contro il proletariato, poiché la situazione stessa del piccolo produttore fa sì ch'egli in molte cose contrapponga nettamente i suoi interessi agli interessi del proletariato. Generalmente parlando, il proletariato non è affatto il « rappresentante d'avanguardia » della piccola borghesia. Se ciò accade, accade soltanto quando il piccolo produttore acquisisce la coscienza dell'inevitabilità della propria fine, quando « abbandona il proprio modo di vedere per adottare quello del proletariato ». Il rappresentante d'avanguardia del piccolo produttore contemporaneo , che non ha ancora abbandonato « il proprio modo di vedere », è invece molto spesso l'antisemita e l'agrario, il nazionalista e il populista, il socialriformatore e il « critico del marxismo ». Proprio ora, quando F« inasprimento della lotta » dei piccoli produttori è accompagnata dall** inasprimento della lotta » della « Gironda socialista » contro la « Montagna » 8 , è più che mai inopportuno mettere in un sol mucchio tutti gli inasprimenti. «...La socialdemocrazia internazionale è alla testa del movimento di emancipazione dei lavoratori e delle masse sfruttate... >. Nient'af- fatto. È alla testa soltanto della classe operaia , soltanto del movimento operaio , e se a questa classe si uniscono altri elementi, questi sono soltanto degli elementi e non delle classi. E si uniscono completa- mente e incondizionatamente soltanto quando « abbandonano il pro- prio modo di vedere ». « ...Essa organizza le loro forze combattive...». Anche questo non è giusto. La socialdemocrazia non organizza in nessun luogo le « forze combattive » dei piccoli produttori. Organizza soltanto le forze com- battive della classe operaia. La formulazione che è stata scelta per il progetto è tanto più infelice quanto meno si ha in vista la Russia, MATERIAL] PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR quanto più l’esposizione si limita (cfr. paragrafo V) alla società bor- ghese « sviluppata ». Summa summarum. Il progetto parla in senso assoluto del carat- tere rivoluzionario della piccola borghesia (se essa « sostiene » il pro- letariato, non significa forse che è rivoluzionaria?) e non dice nem- meno una parola del suo carattere conservatore (e persino reazionario). Ciò è completamente unilaterale ed errato. Possiamo (e dobbiamo) indicare in senso assoluto il carattere con- servatore della piccola borghesia. E soltanto in forma condizionata dobbiamo indicarne il carattere rivoluzionario. Soltanto una tale for- mulazione corrisponderà esattamente allo spirito della dottrina di Marx. Per esempio, il Manifesto comunista dichiara apertamente che « di tutte le classi che stanno di fronte alla borghesia, soltanto il pro- letariato è una classe veramente rivoluzionaria... Il piccolo industriale, l’artigiano, il contadino... non sono rivoluzionari , ma conservatori. An- cora più, essi sono reazionari... Se sono rivoluzionari [«se»!], lo sono in vista del loro imminente passaggio al proletariato, [in quanto] ab- bandonano il proprio modo di vedere per adottare quello del prole- tariato » *. E non si dica che nel mezzo secolo trascorso dallepoca del Mani- festo comunista la situazione è sostanzialmente mutata. Proprio a questo riguardo nulla è cambiato: c i teorici hanno sempre e costan- temente accettato questa tesi (per esempio, nel 1894 Engels confutò il programma agrario francese proprio da questo punto di vista 10 . Egli disse chiaro e tondo che finche il piccolo contadino non ab- bandona il proprio modo di vedere, non è nostro, il suo posto è fra gli antisemiti. Che costoro lo dirozzino, e allora verrà a noi tanto più sicuramente quanto più sarà stato ingannato dai partiti borghesi); la storia fino ai giorni nostri fornisce a dovizia fatti che confermano questa teoria, e questi fatti sono confermati persino dai nos chers amis y i signori « critici ». A proposito. Nel progetto non si parla della dittatura del proleta- riatOy che è di primaria importanza. Anche se ciò è accaduto per caso, per una svista, resta tuttavia fuor di dubbio che il concetto di « ditta- tura» è incompatibile con il riconoscimento di fatto che il proleta- riato venga sostenuto da altri. Se sapessimo veramente che la piccola borghesia aiuterà il proletariato a compiere la sua rivoluzione prole- taria, non si dovrebbe più parlare di «dittatura», poiché allora ci 4 2 LENIN sarebbe garantita una maggioranza così schiacciante che potremmo fare benissimo a meno della dittatura (come appunto vogliono far credere i « critici »). L'ammissione dell'idea che la dittatura del pro- letariato è necessaria è connessa nel modo più stretto e indissolubile con l'affermazione del Manifesto comunista , secondo la quale sol- tanto il proletariato è una classe veramente rivoluzionaria* (Sia detto tra parentesi: fino a qual punto fosse «scrupoloso» Engels a questo proposito, si può giudicare dal seguente passo della sua critica del progetto di Erfurt. « Der Ruin weiterer Volhjschie- chten » # — dice Engels citando il progetto, e osserva : « statt dieser de\lamatorischen Phrase, die aussieht als taete uns der Ruin von Bour - geois tind Kleinbùrgern noch leid (!! ), tvurde ich die einfache Tatsa - che erzaelen: die durch den Ruin der staedtìschcn und laendlichen Mit- telstaende, der Kleinbùrger und Kleinbauern, den Abgrund zwischen Besintzenden und Besitzlosen erweitern oder vertiefen **). Mi si obietta che nel controprogetto il carattere conservatore del piccolo produttore è espresso in modo assoluto (« tutte le altre classi della società contemporanea sono per la conservazione delle basi del * « La rovina delle larghe masse popolari » ( N.d . R .)- ## « invece di questa frase declamatoria, con la quale sembra che non cessiamo di affliggerci per la rovina dei borghesi e dei piccoli borghesi [II], parlerei di un fatto semplice: che in conseguenza della rovina dei ceti medi della popolazione urbana e rurale, dà piccoli borghesi e dei piccoli contadini, si allarga o approfondisce l'abisso tra gli abbienti e i nullatenenti » ( N . d. R .) u . Nel progetto di programma di Erfurt vi era questo passo: « In diesem Befreiting- s^ampf verficht die Sozialdemo fratte als die Verfechterin [oppure Vertrcterin. Nette Zcit> IX, 2, p. 789] nicht bloss der Lohnarbeiter, sonder der Ausgcbeutcten und Unter- druc\ten, ingsgesamt, alle Forderungen, Massregeln und Einrichtungen, welchc dìe Lage des Volaci im allgemeinen und der Arbeiterbjasse im besondern su verbessern geeignet sìnd. [«In questa lotta di emancipazione la socialdemocrazia non si batte soltanto come difensore (o rappresentante) degli operai salariati, ma anche degli sfruttati e degli oppressi in generale, difendendo le loro rivendicazioni, le misure e gli istituti che pos- sono migliorare la situazione del popolo in generale e della classe operaia in par- ticolare» {N. d. J 2 .)J. Engels consiglici, non senza ironia, di cancellare assolutamente tutto questo passo: « des Volk.es allgemeinen ( wer ist dosi)* [«il popolo in generale (chi è costui?) (N. d. J 2 .)]. E, come aveva consigliato Engels, questo passo è stato completamente tolto ; il paragrafo nel quale si afferma che « l’emancipazione della classe operaia può essere soltanto opera della classe operaia, poiché tutte le altre classi restano sul terreno della proprietà privata dei mezzi di produzione e hanno come scopo comune la conservazione delle basi della società contemporanea», è stato sotto la di- retta influenza dì Engels approvato in una forma più recisa che nel progetto ini- ziale. MATERIALI PER LELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 43 regime economico esistente»), mentre il suo carattere rivoluzionario non è espresso neppure in modo condizionato . Questa obiezione è completamente infondata. Il carattere rivolu- zionario del piccolo produttore è espresso nel controprogetto proprio nel solo modo in cui può essere espresso, cioè con la formulazione delYaccusa contro il capitalismo . Il suo carattere rivoluzionario è così espresso : 1. Nelle parole: suo soppiantamelo, sua rovina da parte del capi- talismo. Noi, proletariato, accusiamo il capitalismo perchè porta alla grande produzione attraverso la rovina del contadino. Di qui la diret- ta conclusione che se il contadino comprenderà l’inevitabilità di que- sto processo, « abbandonerà il suo modo di vedere per adottare il no- stro ». 2. Nelle parole : « la precarietà dell’esistenza e la disoccupazione, il giogo dello sfruttamento e ogni sorta di umiliazioni diventano la sorte » (non soltanto del proletariato, ma) « di strati sempre più larghi della popolazione lavoratrice ». Con questa formulazione già si esprime il concetto che il proletariato rappresenta tutta la popolazione lavo- ratrice, e la rappresenta appunto in un modo in cui noi invitiamo (e induciamo) tutti ad abbandonare il loro modo di vedere per adottare il nostro, e non il contrario, non abbandoniamo cioè il nostro modo di vedere e non leghiamo la nostra lotta di classe con qualsiasi volta- gabbana. Ed esattamente nello stesso modo è espressa ridea della rappre- sentanza. 3. Nelle parole sulla miseria e l’indigenza delle masse (masse in generale, e non soltanto masse operaie). Il partito della classe rivoluzionaria può appunto esprimere il ca- rattere rivoluzionario condizionato delle altre classi soltanto in una forma che gli permetta di esporre loro in che modo concepisce le loro sventure e i mezzi per mettervi fine, di parlare, nella sua dichiarazione di guerra al capitalismo, non soltanto a nome proprio, ma anche a nome di tutte le masse «che vivono una vita di stenti e di miseria ». Di per sè ne consegue che chi accetta tale dottrina dovrà venire a noi. Sarebbe semplicemente ridicolo che ci venisse in mente di dirlo anche nel programma e di dichiarare che se gli elementi instabili adottas- sero il nostro modo di vedere sarebbero rivoluzionari! Sarebbe il mezzo migliore per distruggere la fiducia nei nostri riguardi proprio 44 LENIN di quegli alleati indecisi e deboli che anche senza di ciò non hanno abbastanza fiducia in noi *. Oltre a questa obiezione di principio contro i paragrafi XI e XII debbo fare soltanto una piccola osservazione formale contro il para- grafo XI. È inopportuno parlare in questo paragrafo della « possibilità materiale di eliminare il capitalismo»: proprio in questo capoverso si tratta non delle premesse materiali, ma delle premesse ideologiche per Teliminazione del capitalismo. Se si menzionano le premesse materiali, occorre aggiungere anche quelle ideologiche (morali, ecc.). Ma sarebbe molto più giusto parlare di questa «possibilità materiale» non nel pa- ragrafo che tratta della lotta di classe, ma in quello che tratta dell’evo- luzione e della tendenza del capitalismo. Non è logico parlare nel paragrafo XII della prossima rivoluzione sociale e soltanto nel paragrafo XV di questa rivoluzione e della sua necessità. Occorre « invertire l’ordine ». Nel paragrafo XIII non mi sembra felice la sostituzione delle pa- role « soppressione (o eliminazione) della proprietà privata » con l’espressione «espropriazione degli espropriatori ». È meno chiaro e esatto. È infelice anche la fine del paragrafo: «organizzazione piani- ficata del processo produttivo sociale per soddisfare i bisogni sia di tutta la società che dei suoi singoli membri ». È poco. Tale organiz- zazione forse anche i trust potrebbero darla. Sarebbe stato più esatto dire « per conto di tutta la società » (poiché qui è inclusa la pianifica- zione e si indica chi dirige la pianificazione); e non soltanto per sod- disfare i bisogni dei suoi membri, ma per garantire il completo benes- sere e il libero sviluppo multiforme di tutti i membri della società. Il paragrafo XIV a mio avviso è vago (« tutta » P« umanità » op- pressa non so ancora se la libereremo: per esempio, l’oppressione di chi è debole da parte di chi è forte di carattere). Sarebbe meglio usare la formula proposta da Marx nella critica al programma di Gotha : elimi- nazione delle differenze di classe e delle disuguaglianze che ne deri- vano “ Anche Engels nella critica al programma di Erfurt insistette sul • Quanto più netta parte pratica del nostro programma manifestiamo « benevo* lenza > verso il piccolo produttore (per esempio, verso it contadino), tanto più nella parte teorica del programma dobbiamo essere < severi » verso questi elementi sociali instabili e ambigui, e non rinunciare nemmeno a un ette del nostro modo di vedere. Ecco, diciamo, se accetti questo modo di vedere che è il nostro, te ne verrà ogni «bene»; se non l’accetti, non avertela a matei Quando ci sarà la «dittatura» diremo di te: non à it caso di spendere parole inutilmente dove occorre fare uso del potere... MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 45 fatto che die Abschaffung der Klassen ist unsere Grundforderung *, e soltanto se parleremo in modo preciso e diretto di questa « rivendica- zione fondamentale » daremo un senso perfettamente determinato (e non esagerato) alle nostre promesse di emancipare tutti e di liberare tutti da tutti i mali. Paragrafo XV. Del « sostegno del proletariato da parte di altri strati della popolazione » e delPomissione della « dittatura del pro- letariato » si è già parlato più sopra. Il paragrafo XVI è veramente strano e fuori luogo. L’« educazione politica » del proletariato consiste appunto nel fatto che noi illumi- niamo, organizziamo il proletariato e dirigiamo la sua lotta, ma di ciò si è già parlato nel paragrafo XII (dove si sarebbe dovuto soltanto aggiungere « la direzione della sua lotta »). Il paragrafo XVII mi sembra troppo prolisso. Perchè dire in generale che i prossimi compiti dipendono dalle particolarità della situazione politica e sociale? Lasciamo che ne parlino i trattati; noi dobbiamo dichiarare esplicitamente che determinate peculiarità (le ve- stigia della servitù della gleba, l’autocrazia, ecc.) modificano in un dato senso i nostri compiti immediati. Il paragrafo XVIII dice: « In Russia il capitalismo diventa sempre più il modo di produzione predominante... ». Questo indubbiamente è poco. È già diventato predominante (se dico che 60 predomina su 40, ciò non significa affatto che 40 non esista o che si riduca a un’ine- zia). Abbiamo ancora un così gran numero di populisti, di liberali populisteggianti e di « critici » che retrocedono rapidamente verso il populismo, che non è possibile permettere che questo punto non sia estremamente preciso. Se il capitalismo non fosse ancora diventato « predominante », allora, forse, anche la socialdemocrazia potrebbe aspettare. « ... portando la socialdemocrazia al primo posto ... ». Il capitalismo sta appena diventando predominante, e noi già siamo al « primo » posto... Ritengo che non sia il caso di parlare di «primo» posto: questo si vede da tutto il programma. Non dobbiamo essere noi a dirlo di noi stessi, lasciamo che lo dica la storia. Il progetto, a quanto sembra, respinge l’espressione: vecchio ordi- namento sociale feudale , ritenendo che il termine «feudalesimo» si • l’eliminazione delle classi è la nostra rivendicazione fondamentale 14 (N. d. R.). 4 6 LENIN possa usare soltanto per una particolare struttura giuridica. Ritengo che non ci sia motivo di fare questa distinzione: «il diritto feudale» era, certamente, un istituto giuridico, ma corrispondeva anche a un parti- colare sistema di economia signorile (e contadina); esso si manife- stava anche in moltissimi rapporti quotidiani non stabiliti dal « di- ritto». Perciò non credo sia il caso di evitare l’espressione; «ordi- namento sociale precapitalistico, feudale». Le « descrizione » del diritto feudale (le masse erano proprietà consacrata) è del tutto inopportuna e superflua nel nostro program- ma. Sull’influenza delle vestigia della servitù della gleba non è suf- ficiente dire che esse gravano come un pesante giogo sulle masse lavoratrici. Bisogna dire anche che sono una remora per lo sviluppo delle forze produttive del paese e parlare delle altre conseguenze so- ciali della servitù della' gleba *. Paragrafo XIX. A mio avviso è assolutamente superfluo dire che per noi la democrazia (resp.: la libertà politica) e «una fase di tran- sizione» (transizione verso che cosa? non abbiamo forse già parlato più avanti della repubblica come della rivendicazione pratica più vi- cina?} e che la Costituzione è « il complemento («patrimonio», evi- dentemente si tratta di un errore di trascrizione) giuridico naturale per giungere ai rapporti capitalistici di produzione ». Nel program- ma è completamente fuori luogo. È del tutto sufficiente dire che l’auto- crazia frena e ostacola « tatto lo sviluppo sociale»: ciò significa che anche lo sviluppo del capitalismo non si concilia con essa. I partico- lari devono passare nel commento, altrimenti essi indeboliscono per- sino la nostra dichiarazione di guerra contro l’autocrazia fatta nel programma e conferiscono a quest’ultimo un carattere libresco e astratto. Inoltre a che servono questi luoghi comuni sui complementi giu- ridici al capitalismo e sull’« ordinamento giuridico» (paragrafo XX), quando più avanti parliamo in modo assai più diretto e preciso della repubblica? (A proposito, nel XX paragrafo si trova l’espressione « vecchio regime feudale », cioè qui il progetto stesso attribuisce alla parola « feudale » un senso più largo e non soltanto giuridico). • Tra l’altro. L’espressione contenuta del controprogetto: « forme asiatiche, bar- bare, di estinzione dei contadini » è infelice. Si può dire: le forme di scomparsa o qual- cosa del genere. MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 47 Anche deH’incompatibilità dell’autocrazia con un ordinamento giuridico è inutile parlare, dal momento che la rivendicazione del ro- vesciamento dell’autocrazia e della sua sostituzione con la repubblica si pone già ora. È meglio parlare in modo più preciso di « mancanza di diritti » per il popolo in regime autocratico, ecc. Alle parole « ... l’autocrazia è il peggiore nemico delle aspirazioni alla libertà della classe operaia...», occorrerebbe aggiungere: «e allo sviluppo culturale di tutto il popolo », o qualcosa del genere. Con ciò (e non con parole sulla « rappresentanza ») esprimiamo appunto il concetto che la socialdemocrazia rappresenta non soltanto gli interessi della classe operaia, ma di tulio lo sviluppo sociale. Riassumendo tutte le osservazioni summenzionate, scorgo nel pro- getto quattro difetti fondamentali, che lo rendono, a mio avviso, inaccettabile : 1) molte formulazioni sono estremamente astratte , come se fos- sero destinate non a un partito che lotta, ma a un corso di conferenze; 2) la questione delle particolarità del capitalismo russo è tra- scurata e offuscata, difetto questo particolarmente grave, poiché il programma deve essere una visione d’insieme, deve dare una diret- tiva per l’agitazione contro il capitalismo russo. Noi dobbiamo pre- sentarci con un giudizio chiaro e con una aperta dichiarazione di guerra contro il capitalismo russo; 3) i rapporti tra il proletariato e il piccolo produttore vengono rappresentati in modo assolutamente sbagliato e unilaterale, e questo ci priva di una base nella guerra contro i «critici» e molti altri; 4) nel programma si tende a dare costantemente la spiegazione del processo, ma non si riesce affatto a darla, e l’eposizione di- viene prolissa, si hanno molte ripetizioni e il programma assume co- stantemente la forma di un commento. Scritto tra la fine del febbraio e il principio del marzo 1902. GIUDIZIO SUL SECONDO PROGETTO DI PROGRAMMA DI PLEKHANOV Tutto il progetto è permeato da quattro difetti fondamentali che lo rendono, a mio avviso, assolutamente inaccettabile: 1. Per il modo come è formulato il capitolo più importante, in cui si definisce il capitalismo, questo progetto non è il programma di un proletariato che lotta contro le manifestazioni estremamente reali di un capitalismo ben determinato, ma lo schema di un manuale di economia sul capitalismo in generale. 2. In particolare il programma non è adatto per il partito del proletariato russo t perchè l’evoluzione del capitalismo russo, le con- traddizioni e le calamità sociali da esso generate sono quasi compieta- mente eluse e lasciate nell’ombra proprio perchè si definisce il capita- lismo in generale. Nel suo programma il partito del proletariato russo deve formulare nel modo più inequivocabile la sua accusa contro il capitalismo russo, la sua dichiarazione di guerra al capitalismo russo. Ciò è tanto più necessario in quanto il programma russo non può essere a questo riguardo identico ai programmi europei: in questi ultimi si parla di capitalismo e di società borghese, senza dire che questi concetti sono validi tanto per l’Austria, quanto per la Germania, ecc., poiché ciò è cosa ovvia. Per la Russia, invece, non lo è. Cavarsela dicendo che il capitalismo « nella sua forma sviluppata » si distingue in generale per determinate particolarità, e in Russia il capitalismo «diventa prevalente», significa eludere l’accusa c la di- chiarazione di guerra concreta, che sono le cose più importanti per un partito che lotta concretamente. Il progetto non raggiunge quindi uno degli scopi principali del programma: dare al partito una direttiva per la propaganda e l’agita- MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 49 zione quotidiana su tutte le varie manifestazioni del capitalismo russo. 3. Alcuni importantissimi punti vengono formulati nel pro- getto in modo così impreciso da generare inevitabilmente una serie di malintesi dei più pericolosi e rendere difficile la nostra lotta teorica e la propaganda. Così, per esempio, ci si limita a rilevare l’aumento della grande produzione nelle sole aziende € industriali ». L’evolu- zione del capitalismo agrario o è lasciata nell’ombra, o viene compieta- mente trascurata. Inoltre, invece di « dittatura del proletariato » si legge: «la rivoluzione che il proletariato, sostenuto dagli altri strati della popolazione che soffrono per lo sfruttamento capitalistico, deve compiere», e invece di lotta di classe del proletariato si legge addi- rittura: « lotta della massa lavoratrice e sfruttata ». Tale formulazione contrasta con il principio fondamentale delPInternazionale: « leman- cipazione della classe operaia può essere opera soltanto della classe operaia stessa ». Accanto al proletariato, un’altra parte della « massa lavoratrice e sfruttata » (cioè soprattutto i piccoli produttori) è solo in parte rivoluzionaria nella sua lotta contro la borghesia. E lo è pre- cisamente soltanto quando, « scorgendo imminente il suo passaggio al proletariato», « adotta il modo di vedere del proletariato » (Ma- nifesto comunista ). Il carattere reazionario dei piccoli produttori, in- vece, è stato lasciato nel progetto completamente nelPombra, cosicché nel suo insieme l’atteggiamento del proletariato verso la « massa la- voratrice e sfruttata» viene presentato in modo errato. (Per esempio, il progetto dice: « si inasprisce la sua [della massa lavoratrice e sfrut- tata] lotta e innanzi tutto la lotta del suo rappresentante d’avanguar- dia: il proletariato». L’« inasprimento della lotta» dei piccoli produt- tori si esprime anche nell’antisemitismo, anche nel cesarismo, anche nelle associazioni contadine contro gli operai agricoli, e persino nella lotta socialista della Gironda contro la Montagna. La funzione del proletariato di rappresentare tutta la massa lavoratrice e sfruttata deve essere espressa nel programma con l’accusa che noi lanciamo contro il capitalismo, causa della miseria delle masse [e non soltanto della mi- seria della classe operaia], della disoccupazione «di strati sempre più larghi della popolazione lavoratrice » [e non della classe operaia]). 4. Il progetto si allontana continuamente da un programma nel vero senso della parola per cadere in un commento. Un programma deve essere composto di enunciazioni brevi , che non contengano nean- che ima parola superflua, riservando le spiegazioni al commento, agli 4-70 50 LENIN opuscoli, all’agitazione, ecc. Perciò aveva perfettamente ragione Engels quando accusava il Programma di Erfurt di essere, per la sua prolis- sità, la sua abbondanza di particolari e le sue ripetizioni, più un com- mento che un programma. Nel progetto in esame questo difetto è ancora più accentuato, mol- teplici sono le ripetizioni, e i tentativi di dare (invece di una defini- zione) la spiegazione del processo non raggiungono affatto lo scopo, ma rendono il programma prolisso sino all impossibile. Scatto tra la fine del febbraio e l’inizio del marzo 1902. OSSERVAZIONI AL PROGETTO DI PROGRAMMA DELLA COMMISSIONE 14 Testo del progetto della commissione 1. Lo sviluppo degli scambi in- ternazionali ha creato legami così stretti fra tutti i popoli del mon- do civile che il grande movimen- to di emancipazione del proleta- riato doveva diventare ed è già diventato da tempo internazio- nale. 2. Perciò i socialdemocratici rus- si vedono il loro partito come uno dei reparti dell’esercito mondiale del proletariato, come una parte della socialdemocrazia interna- zionale, e perseguono il medesimo scopo finale, come i socialdemo- cratici di tutti gli altri paesi. Osservazioni di Lenin Il punto interrogativo indica che sarebbe desiderabile una rifi- nitura stilistica. Rivedere lo stile. Questo « come » non va, è sti- listicamente infelice. « Essi perse- guono lo scopo finale che si sono posti i socialdemocratici di tutti gli altri paesi» o qualcosa di si- mile. 5 * LENIN 3. Questo scopo finale è deter- minato dal carattere e dal corso di sviluppo della società bor- ghese. Questa società è caratterizzata dal dominio della produzione mercantile in cui vigono rapporti di produzione capitalistici, cioè dal fatto che la parte più impor- tante e considerevole degli oggetti di consumo viene prodotta per lo smercio sul mercato inter- no 0 internazionale , e la parte più importante e considerevole dei mezzi di produzione e di scambio di questi oggetti di consumo, cioè delle merci, appartiene a una classe di per- sone relativamente poco numerosa, mentre 1* enorme maggioranza della popolazione è composta in « Dal carattere e » : consiglio di eliminare queste parole super- flue. Lo scopo finale è determi- nato dal corso, e non dai vari aspetti di questo « corso » gene- rale, che si vogliono spiegare con il concetto; «carattere dello svi- luppo ». Queste parole sono quin- di superflue e non del tutto chiare. Perchè soltanto « gli oggetti di consumo»? E i mezzi di produ- zione? Sarebbe meglio dire: «pro- dotti » ecc. A mio avviso queste parole de- vono essere cancellate. Sono una ripetizione superflua. Queste parole dovrebbero esse- re cancellate. Non soltanto gli og- getti di consumo sono merci. Bisognerebbe aggiungere: «di capitalisti e di proprietari terrie- ri ». Altrimenti diviene un'astra- zione, tanto più inopportuna in quanto in seguito si contrappon- gono « i contadini e gli arti- giani ». (Invece di « relativamente po- co » numerosa, forse infima , giac- MATERIALI PER L ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 53 parte da coloro che non hanno alcun mezzo di produzione e di scambio (proletari), e in par- te da coloro che dispongono di una quantità insignificante di mezzi di produzione i quali non garantiscono loro l’esistenza (alcuni strati di piccoli produtto- ri, per esempio i piccoli contadi- ni e gli artigiani). Tutti costoro sono costretti, per la loro situazione economica, a vendere costantemente o perio- dicamente la propria forza-lavoro, cioè a farsi assumere come sala- riati dai possessori dei mezzi di produzione e di scambio delle merci e a creare con il proprio lavoro il loro reddito. 4. Il dominio dei rapporti capita- listici di produzione si estende sempre più a misura che il con- tinuo perfezionamento della tec- nica, aumentando l’importanza economica delle grandi imprese, soppianta i piccoli produttori in- dipendenti — provoca cioè la di- minuzione relativa del loro nu- mero trasformandone una parte in proletari — , restringe la funzio- ne degli altri nella vita econo- mico-sociale e qua e là li pone, chè le parole; « la parte più impor- tante e considerevole » sono abba- stanza limitative. Ma questo non è importante). « E di scambio * bisogna can- cellarlo: anche Tautentico prole- tario può possedere e possiede « mezzi di scambio > da scam- biare con oggetti di consumo. Bisognerebbe rifinire! « I mezzi di produzione» garantiscono (?) l’esistenza. ? 54 LENIN in misura più o meno completa, in modo più o meno evidente, in rapporti di dipendenza più o me- no gravosa verso i grandi impren- ditori. 5. Con la trasformazione di una parte dei piccoli produttori indi- pendenti in proletari, lo stesso perfezionamento della tecnica porta ad un accrescimento ancor maggiore dell’offerta di forza-la- voro, dando agli imprenditori la possibilità di impiegare in misura sempre più larga il lavoro delle donne e dei fanciulli nel processo di produzione e di scambio delle merci. E siccome, d altro canto, lo stesso processo di perfeziona- mento della tecnica (macchine) porta alla diminuzione relativa del bisogno di lavoro vivo degli operai da parte degli imprendi- tori, la domanda di forza-lavoro ritarda necessariamente rispetto all’offerta, aumenta di conseguen- za la dipendenza del lavoro sala- riato dal capitale e il grado di sfruttamento del lavoro da parte del capitale. La parte che la clas- se operaia riceve dalla somma complessiva del reddito naziona- le, creato dal suo lavoro, diminui- sce continuamente. * « possibilità di falsa interpretazione «Verso il capitale», e non sol- tanto il grande. ? ? Le parole in corsivo dovevano essere tolte; sono una ripetizione superflua del concetto già espres- so nella formulazione precedente. In generale il paragrafo 5 pone in particolare risalto il difetto ge- nerale del progetto: lunghez- za e pesantezza nell’esposizio- ne, che si dovrebbero elimi- nare. Tra l’altro: questo deter- mina ciò che Engels chiamava nella critica al progetto di Erfurt « schiefe Nebenbedeutung » *. Ri- sulta, per esempio, che l’aumen- - (N.J.R.). MATERIALI PER LELABORA'ZlO.\ K. DEL PROGRAMMA DEL POSDR 55 6. Tale stato di cose all 'interno della società bor... La sovrapproduzione, che deter- mina crisi industriali più o meno gravi, alle quali seguono periodi più o meno prolungati di stagna- zione industriale, è la conseguen- za inevitabile dello sviluppo non pianificato delle forze produttive, che caratterizza la produzione mercantile e i rapporti di produ- zione capitalistici propri dell' at- tuale società . Le crisi e i periodi di stagnazione industriale rendo- no , a loro volta, ancor più diffi- cile la situazione dei piccoli pro- duttori indipendenti, conducono ancor più rapidamente al peggio- ramento relativo, e in taluni luo- ghi anche assoluto^ della situazio- ne dei proletari. 7. Il perfezionamento della tec- nica, che significa aumento della produttività del lavoro e accre- scimento della ricchezza sociale, determina quindi nella società tato impiego del lavoro delle don- ne e dei fanciulli sarebbe deter- minato soltanto < dalla trasforma- zione » dei piccoli produttori in- dipendenti in proletari, e invece non è così. Ciò accade anche pri- ma che tale « trasformazione » av- venga. L’inizio del paragrafo 5 è una ripetizione inutile. Salto. Ancora una ripetizione!! Ciò non basta. Non soltanto « rendono difficile la loro situa- zione», ma rovinano addirittura le masse. La prima parte del 6* paragrafo guadagnerebbe molto* se fosse ri- dotta. 5 ^ LENIN borghese l’accentuazione della di- suguaglianza sociale, l’aumento delle distanze tra gli abbienti e i nullatenenti, l'aumento della pre- carietà dell’esistenza, della disoc- cupazione e di ogni miseria . 8. Ma, a misura che crescono e si sviluppano tutte queste contrad- dizioni, proprie del modo capita- listico di produzione, aumenta anche il malcontento delle masse lavoratrici e sfruttate contro l’or- dinamento esistente e si inasprisce la lotta del loro rappresentante d’avanguardia, il proletariato, con- tro i difensori di questo ordina- mento. « Aumento di ogni miseria > : questo è stato preso dal mio prò getto in modo non molto felice. Di aumento della miseria non ho parlato. « Ogni * vuol dire an- che € assoluto ». La miseria delle masse doveva perciò essere men- zionata in modo alquanto diverso. Il paragrafo 8 dimostra l'osti- nata volontà della commissione di non attenersi alla condizione , precisa e inequivocabile, postale all’atto stesso della sua « nascita >. Questa condizione stabiliva che qui doveva essere inserita un’ag- giunta (che la commissione fece appunto nel paragrafo io); inol- tre prima dell’aggiunta si doveva parlare della lotta di classe del solo proletariato. La commissio- ne non si è attenuta a questuiti - ma esigenza, chiaramente espres- sa nelPaccordo, e mi ritengo in diritto di insistere perchè vi si at- tenga. Non è giusto parlare, prima di ciò che si dice alla fine del para- grafo io, del malcontento di tutta la massa dei lavoratori in gene- rale e di chiamare il proletariato il « rappresentante d’avanguardia > di questa massa, poiché ciò è véro soltanto alla condizione che è stata esposta alla fine del para- MATERIALI PER L*ELABORAZ10NE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 57 grafo io. Ciò che è condizionale la commissione lo dà per assoluto. Essa non ha detto nulla dell’inde- cisione del piccolo produttore, del suo carattere semireazionario , e ciò è assolutamente inammissibi- le. Risulta così che la possibilità che questi piccoli produttori (o parte di questo strato) si trovino nelle file dei « difensori > di prin- cipio «di questo ordinamento» (la medesima frase del paragrafo 8!!) è assolutamente dimenticata! E invece questa possibilità si tra- sforma sotto i nostri occhi molto spesso in realtà. Per avere ir diritto di parlare di movimento del proletariato, di lotta di classe del proletariato e persino di dittatura di classe y oc- corre cominciare a distinguere quella sola classe, e soltanto dopo aggiungere che la sua funzione è quella di rappresentante. Altri- menti il progetto risulta sconnes- so; il paragrafo 8 non lega in modo rigorosamente logico nè con ciò che segue (perchè allora non dire « dittatura della massa lavo- ratrice»??), nè con V inizio (se si inaspriscono tutte le contraddi- zioni sociali, vuol dire che si ina- sprisce sempre più la lotta fra due classi , ma questo la commissione si è dimenticata di dirlo!!). Una cosa non collima con laltra. In pari tempo il perfeziona- La socializzazione del lavoro 5 » LENIN mento della tecnica, socializzan- do il processo di lavoro all inter- no dell' azienda e concentrando la produzione, crea sempre più rapidamente la possibilità della rivoluzione so- ciale, che costituisce lo scopo fi- nale di tutta Fattività della so- cialdemocrazia internazionale, la quale è l’espressione cosciente del movimento di classe del proleta- riato. 9. Questa rivoluzione sociale consisterà nclY eliminazione dei rapporti capitalistici di produzio- ne, nella loro sostituzione con quelli socialisti — cioè nella espro- priazione degli espropriatori per poter passare i mezzi di produ- zione e di scambio dei prodotti in proprietà sociale — , e nella orga- nizzazione pianificata del proces- so produttivo sociale, che permet- te di soddisfare sia i bisogni del- l’intera società, sia quelli di cia- scuno dei suoi membri. Il conse- guimento di questo scopo libere- rà tutta l’umanità oppressa, poiché porrà fine a tutte le forme di sfrut- tamento di una parte della società da parte dell altra. io. Per compiere la sua rivolu- zione sociale, il proletariato deve conquistare il potere politico {dit- tatura di classe ), che lo renderà non si limita affatto a ciò che ac- cade all’ interno dell’ azienda : questo passo deve essere corretto. -f- « e la necessità » (della rivo- luzione sociale). Confrontare n. 13. NB. Non è esatto. Tale « soddisfaci- mento » « lo dà » anche il capita- lismo, ma non a tutti i membri della società e non in modo eguale. — Ho già esposto le mie obie zioni. NB 15 . ? MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 59 padrone della situazione e gli per- metterà di sormontare tutti gli ostacoli. A questo scopo, organiz- zandosi in partito politico auto- nomo, contrapposto a tutti i par- titi borghesi, il proletariato chiama nelle pro- prie file tutti gli altri strati della popolazione che soffrono per lo sfruttamento capitalistico, contando sul loro appoggio , in quanto essi si rendono conto della loro situazione, senza vie di uscita, nell’odierna società e adottano il modo di vedere del proletariato. n. Il partito del proletariato che lotta, la socialdemocrazia, dirige tutte le manifestazioni della lotta di classe del proletariato, rivela a tutta la massa lavoratrice e sfruttata Yopposizione irriduci- bile tra gli interessi degli sfruttati e gli interessi degli sfruttatori e le spiega Pimportanza storica e le condizioni necessarie delPimmi- nente rivoluzione sociale. ? « Contrapposto a tutti i partiti borghesi » significa anche ai par- titi piccolo-borghesi , non è così?? Ma la maggioranza dei piccoli borghesi è composta da « lavo- ratori e sfruttati ». Non ingrana. La socialdemocrazia organizza e chiaro#. « Il proletariato... chia- ma nel proprio (!) strato»: ganz unmòglich *! Le parole « contando sul loro appoggio » devono essere cancel- late, Sono inutili (se chiama si- gnifica che ci conta) e determina- no schiefe Nebenbedeutung . Chia- ma coloro che si rendono conto, in quanto se ne rendono conto: das genugt **. « Irriducibilità dei loro (suoi) interessi con l’esistenza stessa del capitalismo », o una correzione del genere. Non tutti i lavorato- ri si trovano in una situazione in cui i loro « interessi » siano « ir- riducibilmente » opposti agli in- teressi degli sfruttatori. Il conta- # assolutamente impossibile! (AL d. R.), '* * questo basta (AL d. R.). 6o LENIN 12. Ma, nonostante che il loro m inatn Agl Aw mìnin di un unico modo di pro- duzione in tutto il mondo civile, sia comune, i socialdemocratici dei diversi paesi si pongono com- piti immeduri differenti, sia per- chè questo modo non è sviluppa- to ovunque in ugual grado, sia perchè il suo sviluppo nei vari paca a vv i e ne in circostanze so- dali c politiche di ff ere n ti. 13. In Russia, accanto al capi- talismo, che estende rapidamente il campo del suo dominio e che d i v en ta s e mp r e più il modo di pr oduzion e che predomina, sìn- con tian o ancora ad ogni passo ve- stigi* del nostro vecchio ordina- mento sodale precapitalìstico, die si basava suITassernmento delle masse lavoratoti da parte dei pro- prietari fondiari nobili, dello Sta- to o del capo dello Stato. Queste v es tig i* frenano in grandissima di no lavoratore ha un qualcosa — n di comune con Fagiano. Bisogna parlare più in generale , con più larghezza, altrimenti si dicono cose sbagliate e si compilano frasi . ? Stile!! Paragrafo 12, fine. Occorreva cercare di abbreviare. Sarebbe as- sai utile snellire questo paragrafo. Non c possibile mediante l’espres- sione: «particolarità nazionali» o qualcosa di simile ridurre dieci parole a due? Paragrafo 13, inizio. Mi inchino e ringrazio per il piccolissimo pas- so fatto per venirmi incontro. Ma «cAe diventa, che predomina »_ che.- die, fi, fi! MATERIALI PER L* ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR 6l misura lo sviluppo delle forze produttive, non permettono lo sviluppo multiforme della lotta di classe del proletariato , abbas- sano il tenore di vita della popola- zione lavoratrice, determinano le forme asiatiche , barbare di rovina e di decadenza di milioni e mi- lioni di contadini e mantengono tutto il popolo neirignoranza e nell'oppressione, lo privano di ogni diritto. 14. Poiché l’autocrazia zarista costituisce la più importante di tutte le sopravvivenze del nostro ordinamento feudale e il bastione più potente di tutta questa bar- barie, essa è assolutamente incom- patibile con la libertà politica e civile, che esiste già da lungo tem- po nei paesi avanzati a produzione capitalistica, come il suo naturale complemento giuridico. Essa, per la sua stessa natura, deve sof- focare qualsiasi movimento so- ciale e non può non essere il peg- giore nemico di tutte le aspira- zioni del proletariato alla libertà. Perciò la socialdemocrazia rus- sa si pone come compito politico immediato l’abbattimento dell’au- tocrazia zarista e la sua sostitu- zione con una repubblica basata su una Costituzione democratica, che garantisca ecc. N.B. ? Stile! Paragrafo 13, fine. Bisognereb- be correggere: ho già proposto come (miei emendamenti al mio progetto u ), oppure « ... forma bar- bara di rovina e di decadenza... » ? ? Stile. ? Stile. Non va. Non qualsiasi: il bi- metallismo e il preraffaellismo so- no anch essi « movimenti sociali ». Bisogna correggere. « Il naturale complemento giu- ridico» è l’espressione assai infe- lice di un concetto giusto. « Il ca- rattere naturale» della libertà è per il capitalismo complicato da mille e un fattore storico-sociale, che la parola « naturale » non esprime. Sa, puzza di liberalismo. Dire in qualche modo, per esem- pio, che «l’autocrazia è inevi- LENIN Ó2 labilmente condannata da tutto lo sviluppo del capitalismo, il quale necessariamente rivendica le libertà civili e politiche per po- ter esprimere gli interessi che sono divenuti complessi », o qualcosa del genere; in una parola, l'idea dell ’ inevitabilità non si deve espri- mere in modo da generare malin- tesi, includendo questa inevitabi- lità fra le « cose naturali >. In generale, più si legge il pro- getto della commissione, più ci si persuade che è, per così dire, in- digesto. Non esito a predire che questo difetto del progetto ci pro- curerà molti giusti rimproveri, se lo pubblicheremo così com'è. Tut- ti capiranno che si tratta di una « raffazzonatura » superficiale. Se il signore iddio ci ha puniti per i nostri peccati ponendoci nel- la necessità di presentare un « a- borto» di progetto, bisogna al- meno fare tutti gli sforzi per di- minuirne le tristi conseguenze. Hanno quindi completamente torto coloro che- si lasciano gui- dare soprattutto dal desiderio « di finire presto » : si può essere certi che ora , così come vanno le cose, dalla fretta non può derivare nul- la di buono, e il nostro progetto redazionale sarà insoddisfacente. Non importa se non verrà pubbli- cato nel n. 4 della Zarià: lo pub- blicheremo nel n. 5. Il ritardo di MATERIALI PER l’eLABORAZ IONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR un mesetto non arrecherà il minimo danno al partito. E, in verità, sarebbe meglio se l’alta commissione lavorasse ancora per bene, meditasse, rielaborasse e ci desse un suo progetto, organico e non raffazzonato. Ripeto ancora una volta : se questo compito non è adempibile, sarà assai meglio ri- tornare al piano del secondo pro- getto (e sapremo attuare questo piano senza il minimo « imbaraz- zo»: Plekhanov pubblicherà il progetto con la sua firma nella Zarià , e io « a parte », come x, y, z, a Ginevra). Prego con la mas- sima deferenza la suprema com- missione di considerare attenta- mente « tutte le circostanze ». 12. iv. 1902. In treno: mi scuso per gli scarabocchi. Se farò in tempo, scriverò di nuovo e più chiaramente. Scritto il 12 aprile del 1902. OSSERVAZIONI SUPPLEMENTARI AL PROGETTO DI PROGRAMMA DELLA COMMISSIONE In aggiunta alle osservazioni fatte al progetto osservo ancora : Paragrafo 3. «La società [borghese] è caratterizzata dal dominio della produzione mercantile in cui vigono rapporti di produzione capi- talistici, cioè* ...e più avanti si descrivono i tratti fondamentali del capitalismo. Ne deriva un contrasto: con quel « cioè» vengono riuniti concetti non omogenei, non eguali, e precisamente 1) la trasforma- zione della produzione mercantile nella forma determinata dal do- minio dei rapporti di produzione capitalistici, e 2) lo smercio dei pro- dotti sul mercato e la vendita della forza-lavoro da parte della massa della popolazione. Questa non corrispondenza, questa identificazione dei tratti fon- damentali e più generali della produzione mercantile in genere, e del capitalismo in genere, con la trasformazione della produzione mer- cantile avvenuta in base ai rapporti di produzione capitalistici (allora le merci non si scambiano più semplicemente in base al valore), di- mostra con evidenza che la formulazione di G. V. Plekhanov è in- felice (e la commissione l’ha accettata e soltanto parafrasata). In un programma che spiega soltanto i tratti più generali e fondamentali del capitalismo, che non spiega neppure la teoria del plusvalore , faremo ad un tratto un « cenno » a Bohm-Bawerk, ricordando che « la pro- duzione mercantile fondata sul capitalismo » non è esattamente quel che è la semplice produzione mercantile! Se è così, perchè non ag- giungere nel programma anche un cenno particolare a Mikhailovski, a Berdiaiev, ecc.? Da un lato, anche a tutta la dottrina di Marx sullo sfruttamento del lavoro da parte del capitale viene dedicata soltanto rcsprcssionc socialista più generale: «creano col proprio lavoro il MATERIALI TER LELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR loro reddito » (paragrafo 3 alla fine), e, dalPaltro, si sottolinea la tra- sformazione particolare del plusvalore in profitto nella « produzione mercantile basata sui rapporti di produzione capitalistici ». G. V. Plekhanov ha perfettamente ragione quando dice che le pa- role « produzione mercantile basata sui rapporti di produzione capi- talistici » esprimono il concetto fondamentale del terzo volume. Ma nullaltro. Questo concetto è fuori luogo nel programma, come lo sa- rebbe la descrizione del meccanismo della realizzazione, che costi- tuisce il concetto fondamentale del secondo volume, come lo sarebbe la descrizione della trasformazione del superprofitto in rendita fon- diaria. Nel programma basta rilevare che sfruttamento del lavoro da parte del capitalismo — formazione del plusvalore, ma è fuori luogo (ed è impossibile farlo con un paio di brevi formulazioni) parlare di tutti i tipi di trasformazione e di mutamenti delle forme di questo plusvalore. Aggiunta alla questione della lotta di classe Condivido interamente Popinione di V. Zasulic che da noi è pos- sibile attirare nelle file della socialdemocrazia una parte assai mag- giore di piccoli produttori e molto prima che in Occidente, che per attuare ciò dobbiamo fare tutto quanto dipende da noi, che questo « desiderio » deve essere espresso nel programma, « contro » i Marty- nov e C. Sono completamente d’accordo con tutto. Come lo sono per Paggiunta alla fine del paragrafo 10; Io sottolineo a scanso di equivoci. Ma non bisogna esagerare dalPaltra parte, come fa V. Zasulic! Non bisogna confondere il « desiderio » con la realtà , e per di più con la realtà necessaria, immanente, alla quale è unicamente dedicata la no- stra Prinzipienerkjàritng . Certamente, è desiderabile attirare tutti 1 piccoli produttori. Ma sappiamo che si tratta di una classe particolare, legata, sì, al proletariato da mille fili e gradi di transizione, ma pur sempre una classe particolare. È assolutamente necessario inizialmente delimitarsi da tutti, distin- guere soltanto, unicamente ed esclusivamente , il proletariato, e sol- tanto dopo dichiarare che il proletariato libererà tutti, chiama tutti, invita tutti. Sono d’accordo, ma «dopo»; prima esigo quelP« inizialmente >! 66 LENIN Da noi in Russia le terribili sofferenze della « massa lavoratrice e sfruttata » non hanno suscitato alcun movimento popolare , sinché un < pugno » di operai di fabbrica non ha cominciato la lotta, la lotta di classe. E soltanto questo «pugno» ne garantisce la condotta, la continuazione e V allargamento. Proprio in Russia, dove i critici (Bul- gakov) accusano i socialdemocratici di « contadinofobia » e i socialisti- rivoluzionari gridano che è necessario sostituire il concetto lotta di classe con il concetto « lotta di tutti i lavoratori e gli sfruttati » (Viest- nil{ Russ\oi Revóliutsii , n. 2), proprio in Russia dobbiamo inizial- mente delimitarci da tutta questa gentaglia definendo nel modo più netto la sola lotta di classe del solo proletariato, e soltanto dopo dichiarare che facciamo appello a tutti , che prenderemo tutti, che faremo tutto e che allargheremo a tutti. La commissione invece « al- larga », dimenticando di delimitare!! E mi accusano di ristrettezza perchè esigo di posporre l’allargamento a questa «delimitazione»!? Ma questo vuol dire travisare, signori!! La lotta che inevitabilmente ci attende domani contro il blocco dei critici + i signori più a sinistra delle Russ\ie Viedomosti e del Ras - s\oie Bogatstuo + i socialisti-rivoluzionari richiederà inevitabil- mente che noi appunto delimitiamo la lotta di classe del proletariato dalla «lotta» (si tratta proprio di lotta?) delle «masse lavoratrici e sfruttate ». Le frasi su queste masse sono la carta principale nelle mani di tutti gli unsicheren Kantonisten *, e la commissione fa il loro giuoco e ci priva dell’arma per la lotta contro l’indecisione al solo scopo di sottolineare una metà! Ma non dimenticate neppure l’altra metà! Scritto neiraprilc del 1902. • individui malsicuri ( N . d. R .). EMENDAMENTO ALLA PARTE AGRARIA DEL PROGRAMMA 17 Propongo di apportare al quarto punto del nostro programma agrario la seguente modificazione: in luogo delle parole «costitu- zione dei comitati contadini (a) per la restituzione alle associazioni agricole (mediante l’espropriazione oppure, nel caso in cui le terre sia- no passate da un proprietario alV altro, il riscatto ecc.) delle terre * e così via, dire: «costituzione dei comitati contadini (a) per la restitu- zione alle associazioni agricole (mediante l’espropria zione) delle terre che... » e così via. cioè cancellare le parole sottolineate . Ritengo che sia necessario apportare tale modificazione in .base alle seguenti considerazioni: 1. Nel programma agrario esponiamo il nostro « massimo », le no- stre « rivendicazioni sociali-rivoluzionarie » (cfr. il mio commento) “ L ammettere il riscatto è in contrasto col carattere sociale e rivolu- zionario di tutta la rivendicazione. 2. Il « riscatto » sia per le tradizioni storiche (il riscatto del 1861), sia per il suo contenuto (cfr. la celebre frase: «il riscatto e t'acquisto si equivalgono » “) ha un certo sapore di misura borghese, da ben- pensanti. Se ammettiamo il riscatto, non si può evitare che venga adulterata tutta la sostanza della nostra rivendicazione (e gente pronta a farlo se ne trova a volontà)*. 3. Non ha alcun fondamento il timore che si compia un « ingiu- stizia » togliendo le terre stralciate a persone che le hanno pagate • Se ammettiamo il riscatto, la restituzione delle terre stralciate, quale misura rivoluzionaria urgente, viene da noi degradata al livello della più dozzinale « riforma ». 3 * 68 LENIN con denaro per restituirle ai contadini. Ma noi abbiamo posto a questa misura due condizioni rigorose [(i) «le terre che sono state stralciate nel 1861 » e (2) « di cui ci si serve ora per asservire »]. È assolutamente giusto confiscare senza indennizzo la proprietà che serve per lo sfrut- tamento feudale . (Chi ha comperato terre stralciate faccia pure causa al venditore, questo non ci riguarda). 4. Se ammettiamo il « riscatto », imponiamo pagamenti in de- naro ai contadini i quali, grazie appunto alle otrabotfy ’, hanno una economia completamente naturale: il passaggio repentino ai paga- menti in denaro può rovinare i contadini in modo particolarmente rapido , e ciò contrasterebbe con tutto lo spirito del nostro programma. 5. Se in via eccezionale vale anche la pena di « ricompensare » chi ha acquistato terre stralciate, ciò in nessun caso può avvenire a spese dei contadini, i quali hanno un diritto morale e storico su queste terre. Si può «ricompensare» concedendo un appezzamento di terra equivalente in qualche luogo più lontano, ecc.; questo non ci riguarda. Chiedo a tutti di dare il proprio voto : per — eliminare le parole sul riscatto, cancellare la parole da me indicate. Contro = mantenere il vecchio testo. 1. G. V. - 2. P. B. - 3. V. I. - 4. Berg. — 5. A. N. - 6 . Frei — per. Scritto ncH’aprile del 1902. SINTOMI DI BANCAROTTA Appena un anno è passato da quando la pallottola di Kàrpovic, abbattuto Bogolepov”, sgombrò il terreno al « nuovo corso» della po- litica universitaria del governo. Durante quest’anno abbiamo osser- vato uno straordinario e continuo aumento dell’indignazione pubblica, un’insolita benevolenza nel tono dei discorsi dei nostri governanti, la tendenza, sfortunatamente troppo abituale, della « società » a lasciarsi sedurre da questi nuovi discorsi, tendenza che si è diffusa anche fra una certa parte di studenti e, infine, subito dopo le pompose pro- messe di Vannovski, una nuova esplosione di protesta degli studenti. Per coloro che nella scorsa primavera attendevano una « nuova era » e credevano seriamente che un caporale zarista potesse soddisfare sia pure una piccola parte delle speranze degli studenti e della « società », in una parola, per i liberali russi deve essere ora chiaro che hanno avuto torto dando, per l’ennesima volta, credito al governo, che male si è fatto ad arrestare in primavera il movimento a favore della ri- forma, il quale aveva incominciato ad assumere forme imponenti, e a lasciarsi cullare dai dolci canti delle sirene governative. Dopo che la promessa di riammettere alluniversità tutti gli espulsi dell’anno scorso non è stata mantenuta, dopo che, con una serie di nuovi provvedi- menti reazionari, è stata lanciata una sfida a tutti coloro che chiede- vano una reale riforma degli ordinamenti scolastici, dopo una serie di nuove violente repressioni contro i dimostranti che avevano chiesto al bancarottiere fraudolento l’adempimento degli impegni assunti, dopo questo, il governo dell’* amorevole tutela » pubblica un « regolamento provvisorio » sulle organizzazioni studentesche escogitato per « paci- ficare » e... invece della « pacificazione » ottiene una situazione in cui 7 ° LENIN l'incendio dei c disordini » si fa generale, abbraccia di nuovo tutti gli istituti di istruzione. Noi rivoluzionari non abbiamo creduto nemmeno per un istante alla serietà delle promesse di riforma fatte da Vannovski. Non ab- biamo cessato di ripetere ai liberali che le circolari dell'*: amorevole » generale e i rescritti di Nicola Obmanov ” erano solo una nuova ma- nifestazione di quella stessa politica liberale in cui l’autocrazia aveva avuto il tempo di divenire maestra nei quarantanni di lotta contro il « nemico interno », cioè contro tutti gli elementi progressivi della Russia. Abbiamo messo in guardia i liberali contro le « insensate fan- tasticherie » cui essi avevano incominciato ad abbandonarsi subito dopo i primi passi del governo informati al « nuovo corso », abbiamo messo a nudo tutta la ben nota falsità delle promesse del governo e abbiamo detto alla c società»: se l'avversario è stordito dal primo serio assalto, non cessare di assestargli nuovi colpi, raddoppiane la forza e la frequenza... La caricatura del diritto di organizzazione, che è stata offerta ora agli studenti dal « regolamento provvisorio », era stata prevista dai rivoluzionari sin da quando si era incominciato a parlare di questo nuovo dono del governo. Sapevamo che cosa si può attendere dall’autocrazia e dai suoi conati di riforma. Sapevamo che Vannovski non avrebbe « pacificato » niente e nessuno, non avrebbe soddisfatto nessuna aspirazione progressiva e che i « disordini » si sa- rebbero inevitabilmente ripetuti in questa o quella forma. È passato un anno e la « società » è sempre a un punto morto. Gli istituti di istruzione superiore, che si addicono a uno Stato ben orga- nizzato, rifiutano nuovamente di funzionare. Decine di migliaia di giovani si sono di nuovo allontanati dalla loro vita abituale, e di nuovo si è posto alla « società » lo stesso interrogativo: « Che accadrà poi? ». Una considerevole maggioranza di studenti rifiuta di accettare il * regolamento provvisorio » e le organizzazioni da esso autorizzate. I professori esprimono, con una determinatezza per loro insolita, un palese malcontento per questo dono del governo. E, in verità, non occorre essere un rivoluzionario, non occorre essere un radicale per riconoscere che questa sedicente « riforma » non solo non offre agli studenti niente che assomigli alla libertà, ma non serve neppure a ristabilire in qualche modo la calma nella vita universitaria. Non è forse chiaro da un primo esame di questo « regolamento provvisorio » che esso, ancor prima di andare in vigore, crea tutta una serie di mo* SINTOMI DI BANCAROTTA 11 tivi di conflitto fra gli studenti e le autorità? Non è forse evidente che se viene applicato vi è il pericolo che ogni riunione convocata le- galmente, per il motivo più pacifico, diventi il punto di partenza di nuovi « disordini » ? Come non essere certi, per esempio, che se gli ispettori, i quali hanno funzioni poliziesche, presiederanno le riunioni, ciò provocherà eternamente Tirritazione degli uni, la protesta degli altri e incuterà timore, tapperà la bocca ad altri ancora? E non è forse chiaro che gli studenti russi non tollereranno che in queste riu- nioni il tema del dibattito sia brutalmente imposto, sia lasciato « alla discrezione» delle autorità? Eppure il « diritto » di riunione e organizzazione elargito dal go- verno, nella forma assurda in cui è stato concesso dal «regolamento provvisorio », è il massimo di quello che l’autocrazia, rimanendo auto- crazia, può dare agli studenti. Ogni passo avanti in questa direzione significherebbe un suicidio che turberebbe l’equilibrio sul quale pog- giano i rapporti del potere con i « sudditi ». Accontentarsi di questo massimo possibile per il governo, oppure accentuare il carattere poli- tico, rivoluzionario della propria protesta? Ecco il dilemma che gli studenti devono risolvere. E la maggior parte di loro è per la seconda soluzione. La nota rivoluzionaria echeggia più netta che mai negli ap- pelli e nelle risoluzioni degli studenti. La politica che alterna le effe- rate repressioni con i baci di Giuda compie la sua opera e spinge sul terreno rivoluzionario la massa degli studenti. Sì, gli studenti hanno risolto in qualche modo la questione e hanno dichiarato di essere di nuovo pronti a impugnare le armi che avevano deposto (sotto rinflu'enza delle ninne nanne). Ma che cosa intende fare la « società » che, senza dubbio, si è già addormentata al suono di queste ninne nanne traditrici? Perchè continua a tacere e a « simpatizzare in sordina »? Perchè non si sente parlare delle sue pro- teste, del suo appoggio attivo alle agitazioni che riprendono? Possi- bile che intenda attendere « con calma » che sopraggiungano quei tra- gici fenomeni inevitabili che sinora hanno accompagnato ogni movi- mento studentesco? Che pensi di limitarsi alla misera parte di regi- stratrice delle vittime della lotta e di passiva spettatrice dei suoi scon- volgenti episodi? Perchè non si sente la voce dei « padri » nel momento in cui i «figli» dichiarano chiaramente la loro intenzione di com- piere nuovi sacrifici suiraltare della libertà russa? Perchè la nostra « società » non appoggia gli studenti almeno come già li hanno ap- 72 LENIN poggiati gli operai? *Non sono figli e fratelli loro, dei proletari, quelli che frequentano gli istituti d'istruzione superiore, eppure gli operai, sia a Kiev che a Kharkov e a Iekaterinoslav, hanno già dichiarato apertamente la loro simpatia per gli studenti che protestano, senza tener conto dei diversi « provvedimenti preventivi » delle autorità di polizia, nonostante la minaccia di far intervenire la forza armata contro i dimostranti. Possibile che questa manifestazione di idealismo rivoluzionario del proletariato russo non influisca sulla condotta della « società », vitalmente e direttamente interessata alla sorte degli stu- denti, e non la induca a un’energica protesta? I « disordini » studenteschi di quest’anno cominciano sotto auspici abbastanza favorevoli. È garantita loro la simpatia della « folla », della AI COMITATI DEL POSDR 87 tendenze rivoluzionarie. E* indispensabile studiare in anticipo sotto tutti gli aspetti queste questioni, redigere le relative relazioni, vedere qual è la differenza fra le sfumature esistenti, e solo allora appro- vare risoluzioni che diano in realtà qualcosa di nuovo, che possano costituire una direttiva reale per tutto il partito e non si limitino a ripe- tere qualche tradizionale «luogo comune». Pensateci dunque: pos- siamo noi elaborare in qualche giorno una risoluzione circostanziata, motivata e che tenga conto di tutte le necessità pratiche del movi- mento per le questioni che si riferiscono airatteggiamento verso il «gruppo rivoluzionario-socialista Svoboda » oppure verso il «par- tito dei socialisti-rivoluzionari», apparso di recente? Non parliamo poi deirimpressione, per lo meno strana, che produrrà su tutti il fatto che si menzionano i gruppi rivoluzionari che non aderiscono al par- tito, mentre non si parla di una questione importante come latteggia- mento verso il Bund e la revisione dei paragrafi delle decisioni del I congresso del partito che ne trattano. In terzo luogo — e questo è Pessenziale — nell elenco delle que- stioni vi è un’imperdonabile lacuna: vengono del tutto elusi la po- sizione di principio dell’attuale socialdemocrazia rivoluzionaria russa e il suo programma di partito. In un momento in cui il mondo in- tero proclama che « il marxismo è in crisi », e tutta la pubblicistica libe- rale russa ne annuncia persino la disgregazione e la scomparsa , in cui la questione delle « due tendenze nella socialdemocrazia russa » non solo è all’ordine del giorno, ma è riuscita persino a entrare in ogni programma di lettura sistematica, nei programmi delle conferenze per propagandisti e delle lezioni per i circoli di istruzione autodi- dattica, in questo momento eludere le questioni menzionate è del tutto impossibile. I nostri avversari già ironizzano su di noi nella stampa (cfr. Nadezdin, La vigilia della rivoluzione) anche per il fatto, compagni, che siamo abituati a «dire nel rapporto: tutto va bene »!... Tutti i difetti summenzionati dell’elenco delle questioni dimo- strano in maniera convincente, secondo noi, che il progetto di tra- sformare in congresso la conferenza già convocata è irrazionale. Na- turalmente comprendiamo come fin dal 1898 tutti sentano fortemente la mancanza dei congressi del partito, come sia allettante l’idea di approfittare degli sforzi compiuti per organizzare la conferenza per porre fine al fatto che il «partito esista senza istanze di partito». Ma sarebbe un gravissimo errore dimenticare, per queste conside- 88 LENIN razioni politiche, che dal congresso del Partito operaio socialdemo- cratico della Russia tutti attendono ora decisioni che siano airaltezza di tutti i compiti rivoluzionari del momento, che se noi ci daremo per vinti ora, in questo momento veramente critico, possiamo seppellire tutte le speranze della socialdemocrazia sulla sua egemonia nella lotta politica, che è meglio non risparmiare la spesa di alcune migliaia di rubli e l’impiego di alcuni mesi di lavoro organizzativo prepara- torio e approfittare della presente conferenza per preparare per Testate un congresso che sia effettivamente di tutto il partito , e capace di ri- solvere in modo definitivo tutte le questioni sul tappeto, tanto nel campo della teoria (programma teorico) quanto nel campo della lotta politica. Guardate i socialisti-rivoluzionari: con abilità sempre maggiore essi sfruttano le nostre deficienze e vanno avanti, a danno della social- democrazia. Essi hanno appena costituito il loro «partito», hanno fondato un organo teorico , hanno deciso di creare un giornale politico mensile. Che cosa diranno dei socialdemocratici, se questi, dopo tale avvenimento, non sapranno ottenere nel loro congresso nemmeno questi soli risultati? Non rischiamo di dare l’impressione che, per precisione programmatica e organizzazione rivoluzionaria, i social- democratici non siano andati più avanti di quel « partito », che. noto- riamente raggruppa attorno a sè tutti gli elementi indefiniti e persino indefinibili ? Noi pensiamo quindi che la presente riunione dei rappresentanti dei comitati non debba dichiararsi secondo congresso ordinario del Partito operaio socialdemocratico della Russia, ma semplicemente con- ferenza e debba stabilire che questa conferenza ha il compito principale e immediato di organizzare e preparare per Testate un vero congresso generale del partito che sia in grado tanto di approvare il programma del partito quanto di impostare definitivamente l’organo politico set- timanale del partito e, in generale, di raggiungere la totale ed effet- tiva unificazione di tutti i comitati e anche di tutti i gruppi (tipografici, ecc.) socialdemocratici, sul terreno della fermezza teorica, della fedeltà ai principi della socialdemocrazia rivoluzionaria e della reale volontà di combattere lotte politiche offensive. Muovendo da quest’idea fondamentale ci permetteremo di sotto- porre alTesame dei compagni il seguente Tagcsordnung della nostra conferenza : RAPPORTO DELIA 1SKRA » Al COMITATI DEL POSDR «9 t. Risoluzione teorica. In questa risoluzione è necessario pronun- ciarsi con assoluta precisione contro quei lamentevoli tentativi di re- stringere la nostra teoria e i nostri compiti, tentativi che si sono dif- fusi abbastanza largamente nel recente passato. Respingendo con espressioni risolute ogni simile restrizione, la conferenza del partito compirà un’opera importante per Punificazione ideologica di tutti i socialdemocratici e risolleverà lo scosso prestigio del marxismo rivolu- zionario. Forse alcuni compagni manifesteranno il timore che la di- scussione di una risoluzione teorica faccia perdere molto tempo e nuoccia all’esame delle questioni pratiche. Non condividiamo affatto questi timori, ritenendo che le lunghe discussioni nella stampa illegale abbiano già talmente chiarito la questione da permetterci di accor- darci con grande rapidità e facilità sui principi della socialdemocrazia rivoluzionaria. Non è assolutamente possibile fare a meno di una risoluzione teorica. Inoltre, l’eliminazione di questa questione dal Tagesordnung della conferenza non raggiungerebbe egualmente lo scopo, perchè durante la discussione delle risoluzioni sulla lotta economica, sulla lotta po- litica tee., sorgerebbe inevitabilmente lo stesso problema, ma in forma più frammentaria. Sarà perciò molto più opportuno sbarazzarcene prima, non frazionare le nostre risoluzioni sull’agitazione politica, sugli scioperi, tee., ed esporre in forma organica la concezione dei no- stri compiti fondamentali. Da parte nostra,. tenteremo di compilare un abbozzo di progetto della risoluzione e di allegarlo a questo rapporto (se ci riusciremo). 2 . Secondo congresso operaio del Partito operaio socialdemo- cratico della Russia. Alludiamo qui alla soluzione preliminare (e, na- turalmente, sino a un certo punto ipotetica) delle seguenti questioni : data del congresso (l’estate o al più tardi l’autunno, perchè sarebbe bene concludere prima dell’inizio della futura «stagione»), sede (qui si devono esaminare in tutti i particolari le condizioni di clandesti- nità), mezzi necessari per organizzarlo (Visura, dal canto suo, sarebbe disposta a stanziare subito a tale scopo 500 rubli, frutto di una sotto- scrizione effettuata in suo favore; troveremo probabilmente presto una somma eguale o persino maggiore. Occorre vedere quante mi- gliaia di rubli costerà approssimativamente il congresso e come pre- cisamente raccogliere il denaro mancante) e, infine, le basi generali e la completezza, nella misura del possibile, della rappresentanza (do- 90 LENIN vranno cioè essere rappresentati i comitati designati con precisione in anticipo e certi gruppi, forse anche circoli, di socialdemocratici russi, per non parlare del compito relativamente facile di assicurare la rap- presentanza delle due organizzazioni socialdemocratiche all’estero; bisognerà anche stabilire in qual modo dovranno essere invitate al congresso quelle organizzazioni che potranno costituirsi nell’inter- vallo di tempo compreso fra la conferenza e il congresso, ecc. ecc.). 3. Elezione del comitato d* organizzazione. Questo comitato avrebbe, in generale, il compito di eseguire le decisioni della confe- renza, preparare e organizzare il congresso, fissarne definitivamente la data e il luogo, curare l’organizzazione pratica, predisporre i servizi, come, per esempio, i trasporti, organizzare le tipografie del partito in Russia (con l’aiuto deH 7 /^ra sono sorti in Russia due gruppi tipo- grafici che simpatizzano con le nostre edizioni e sono riusciti a pubbli- care nelle loro due tipografie i nn. io e 11 dellV^ra, gli opuscoli E poi? y II decennale dello sciopero della fabbrica Morozov , il Di- scorso di Piotr Alexeiev * YAtto d f accusa per l’affare Obukjiov e molte altre cose, insieme con una serie di manifestini. Speriamo che i rappresentanti di questi gruppi locali riescano a partecipare ai lavori della conferenza e ci aiutino in tutti i modi ad adempiere i compiti generali del partito), e inoltre sostenere ogni organizzazione locale, professionale (operaia), studentesca e le altre organizzazioni, ecc. ecc. In tre o quattro mesi questo comitato, appoggiato da tutte le organizzazioni, potrebbe preparare pienamente il terreno per la for* mazione di un vero CC, capace di dirigere de facto tutta la lotta po- litica del nostro partito. Data la complessità e la molteplicità dei suoi compiti, il comitato d organizzazione, secondo noi, dovrebbe essere composto da un nu- mero non troppo piccolo di membri (5 o 7), a cui verrà affidato l’in- carico di eleggere un ufficio, di ripartire le funzioni e di riunirsi al- cune volte prima del congresso. 4. Elezione della commissione per l’elaborazione del progetto di programma del partito . Siccome la redazione dell 7 r^r, la confe- renza, a nome del Partito operaio socialdemocratico russo, esprime la sua solidarietà con la socialdemocrazia rivoluzionaria intemazionale e la sua ferma convinzione che da questa crisi la socialdemocrazia uscirà RAPPORTO DELL 7 * ISKRA » AI COMITATI DEL POSDR 93 ancor più rafforzata e pronta a condurre una lotta implacabile per l’attuazione dei suoi grandi ideali. 2. La conferenza si dichiara solidale con il Manifesto del Par- tito operaio socialdemocratico russo ,e riafferma che il compito poli- tico immediato del partito è l’abbattimento dell’autocrazia. La con- ferenza dichiara che la socialdemocrazia pone alla base della sua attività, diretta ad attuare questo compito immediato e il suo scopo finale, l’agitazione politica multiforme fra tutto il popolo, l’agitazione che chiama il proletariato alla lotta contro tutte le manifestazioni dell’oppressione economica, politica, nazionale e sociale, quale che sia la parte della popolazione su cui pesa quest’oppressione. La confe- renza dichiara che il partito appoggerà ogni movimento rivoluzio- nario e progressivo di opposizione all’attuale regime politico e so- ciale. Come mezzo pratico di lotta, la conferenza raccomanda parti- colarmente l’organizzazione di boicottaggi, di manifestazioni nei teatri, ecc., e le dimostrazioni di massa organizzate. La conferenza consiglia a tutti i comitati e ai gruppi del partito di rivolgere la loro attenzione alla necessità di prendere misure per preparare l’insurre- zione armata di tutto il popolo contro l’autocrazia zarista. 3. La conferenza dichiara che la socialdemocrazia russa conti- nuerà a dirigere la lotta economica del proletariato, avrà cura di esten- derla e svilupparla in profondità, di rinsaldare il suo legame ideale e organizzativo con il movimento operaio socialdemocratico, cercherà di utilizzare ogni manifestazione di questa lotta per sviluppare la coscienza politica del proletariato e per farlo partecipare alla lotta politica. La conferenza dichiara che non è affatto necessario condurre prima l’agitazione solo sul terreno economico o ritenere che in ge- nerale l’agitazione economica sia un mezzo più largamente applica- bile per far partecipare le masse alla lotta politica. (N B: è molto importante cogliere anche qui ancora una volta in fallo il Raboceie DieloU) 4. (Forse sui contadini, ispirandosi al nostro programma agrario? Mi affretto a redigere questo punto e ve lo invierò subito). Pubblicato per la prima volta nel 1923, nella Raccòlta delie Opere di N. Lenin ( V . Vlianov\ voi. V. IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA Scritto nel febbraio e nella prima metà del marzo 1902. Pubblicato per la prima volta nell’agosto igo2 nella Zariù, n. 4, a firma: N, Lenin I Non occorre certo dilungarsi a dimostrare che il partito social- democratico russo deve avere un « programma agrario ». Il pro- gramma agrario è per noi il programma che fissa i principi direttivi della politica che la socialdemocrazia deve seguire nella questione agraria, nei confronti cioè dell'agricoltura, delle diverse classi, ceti, gruppi, della popolazione rurale. In un paese «contadino» come la Russia, è naturale che il programma agrario dei socialisti sia soprattut- to, se non esclusivamente, un « programma contadino », un program- ma che definisce Patteggi amento che si ha verso la questione conta- dina. Grandi proprietari terrieri, salariati agricoli e «contadini»: queste sono le tre principali parti che costituiscono la popolazione ru- rale in ogni paese capitalistico, Russia compresa. E tanto preciso e chiaro è già di per sè Patteggiamento dei socialdemocratici verso le prime due delle parti indicate (proprietari terrieri e operai), quanto imprecisa è la nozione stessa di « contadini », e ancor più la nostra po- litica nelle questioni essenziali della loro vita e della loro evoluzione. Se in Occidente nel loro programma agrario i socialdemocratici pon- gono soprattutto l'accento precisamente sulla « questione contadina », in Russia questo deve avvenire in misura ancora maggiore. Per noi, socialdemocratici russi, è tanto più necessario definire nel modo più chiaro possibile la nostra politica nella questione contadina in quanto la nostra tendenza è ancora del tutto giovane in Russia e il vecchio so- cialismo russo è stato, in ultima analisi, un socialismo «contadino». È vero che in tutti quei « radicali » russi che si presentano come custodi dell'eredità tramandata dai nostri populisti-socialisti di ogni sfuma- tura non è quasi più rimasto nulla di socialista. Ma tanto più volentieri essi pongono tutti in primo piano le loro divergenze con noi sulla que- 7 - 7*3 9 8 LENIN stione t contadina » quanto più conveniente è per loro dissimulare il fatto che sulla scena della vita sociale e politica della Russia è già ap- parsa la questione « operaia », che su tale questione essi non hanno so- lidi principi, e fra loro i nove decimi sono sostanzialmente, iri questo campo, dei socialriformatori borghesi fra i più dozzinali. Infine, nu- merosi « critici del marxismo », che per quest'ultima questione si sono fusi quasi completamente con i radicali (o con i liberali?) russi, si sforzano anch essi di porre l'accento precisamente sulla questione con- tadina a proposito della quale i « recentissimi lavori » dei Bernstein, dei Bulgakov, dei David, dei Hertz e persino dei... Cernov avrebbero più che mai svergognato il «marxismo ortodosso»! E poi, oltre che dai dubbi teorici e dalla guerra fra le tendenze « avanzate », il compito della propaganda e deiragitazione nelle cam- pagne è posto, negli ultimi tempi, dalle esigenze puramente pratiche del movimento stesso. E un'impostazione più o meno seria e vasta di questa attività non è possibile senza un programma rigorosamente fedele ai principi e politicamente conforme allo scopo. Anche i social- democratici russi hanno riconosciuto tutta l'importanza della «que- stione contadina » fin da quando sono apparsi come tendenza a se. Ricordiamo che il progetto di programma dei socialdemocratici russi, redatto dal gruppo « Emancipazione del lavoro » e pubblicato nel 1885, contiene la rivendicazione di una « radicale revisione dei rap- porti agrari (condizioni del riscatto e assegnazione della terra ai con- tadini) » *. Nell'opuscolo 7 compiti dei socialisti nella lotta contro la carestia in Russia (1892) anche G.V. Plekhanov ha parlato della poli- tica socialdemocratica nella questione contadina, È del tutto naturale perciò che anche Visura, in uno dei suoi primi numeri (aprile 1901, n. 3), abbia pubblicato un abbozzo di programma agrario, precisando nell'articolo II partito operaio e i contadini n il suo atteggiamento verso i principi fondamentali della politica agraria dei socialdemocratici russi. Questo articolo ha suscitato perplessità in moltissimi socialdemocratici russi; abbiamo ricevuto allora parecchie osservazioni e lettere indirizzate alla redazione. Le principali obie- zioni le ha suscitate il paragrafo relativo alla restituzione delle terre stralciate, e ci proponevamo già di aprire in merito una discussione sulla Zarià quando uscì il n, io del Raboceie Dielo con l’articolo di • Cfr. l'appendice all’opuscolo di P. B. Axelrod: Problemi riguardanti i compiti attuali e la tattica dei socialdemocratici russi t Ginevra, 1898. IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 99 Martynov, che esaminava tra l'altro anche il programma agrario del- YIsl{ra. Dato che il Raboceie Dielo ha esposto in succinto molte delle obiezioni correnti, speriamo che i nostri corrispondenti non se l’avranno a male se ci limiteremo per il momento a rispondere solo a Martynov. Sottolineo per il momento , date le seguenti circostanze. L’articolo àt\YIs\ra è stato scritto da uno dei membri della redazione, e gli altri redattori, pur essendo solidali con l’autore sull’impostazione generale della questione, naturalmente potevano avere opinioni diverse sui par- ticolari, su singoli punti. Tutto il nostro collegio redazionale (com- preso quindi anche il gruppo « Emancipazione del lavoro ») era allora occupato nell’elaborazione del progetto collettivo, redazionale del programma del nostro partito. Questa elaborazione è andata per le lunghe (in parte per affari di partito e per alcune circostanze dovute alla clandestinità, in parte per la necessità di convocare un congresso apposito per discutere in modo esauriente il programma) ed è stata ultimata solo di recente. Siccome il punto relativo alla restituzione delle terre stralciate era rimasto una mia opinione personale, non mi affrettai a sostenerlo, giacche per me era molto più importante Tim- postazione generale della nostra politica agraria che non questo sin- golo punto, il quale avrebbe potuto ancora essere eliminato o sostan- zialmente modificato nel nostro progetto comune. Attualmente so- sterrò ormai questo progetto. E al « lettore amico », che non ha tar- dato a comunicarci le sue critiche al nostro programma agrario, chie- diamo ora di criticare il nostro progetto comune. II Riportiamo integralmente la parte «agraria» di questo progetto. «Allo scopo di eliminare i residui del vecchio regime della servitù della gleba e neirinteresse del libero sviluppo della lotta di classe nelle campagne, il Partito operaio socialdemocratico russo cercherà di ottenere : 1. l’abolizione delle quote del riscatto e dell’o^ro^, nonché di tutti gli obblighi che gravano attualmente sui contadini, in quanto ceto soggetto a tributi; 7 * 100 LENIN 2) l’abolizione della responsabilità collettiva e di tutte le leggi che impediscono al contadino di disporre della sua terra; 3) la restituzione al popolo delle somme in denaro che gli sono state sottratte sotto forma di quote del riscatto e di obro\\ la confisca, a tale scopo, dei beni dei monasteri e delle terre dell’appannaggio e l’istituzione di un’imposta sulle terre dei grandi proprietari nobili che hanno usufruito del prestito per il riscatto; il versamento del gettito di quest’imposta a un fondo popolare destinato a soddisfare i bi- sogni culturali e assistenziali delle associazioni agricole; 4) l’istituzione di comitati contadini per: a) la restituzione alle associazioni agricole (mediante l’espro- priazione, oppure nel caso che le terre siano passate da un proprie- tario all’altro, il riscatto, ecc.) delle terre che vennero stralciate dai lotti dei contadini al momento dell’abolizione della servitù della gleba e di cui i grandi proprietari fondiari si servono per asservire i conta- dini; b) l’eliminazione dei residui della servitù della gleba, che an- cora sussistono negli Urali, nell* Aitai, nel Territorio occidentale e in altre regioni dello Stato; 5) il conferimento ai tribunali del diritto di ridurre i canoni d’affitto eccessivamente elevati e di dichiarare nulli i contratti che hanno un carattere di asservimento». Forse il lettore si meraviglierà per il fatto che nel «programma agrario» non ce nessuna rivendicazione in favore dei salariati agri- coli. Osserveremo in proposito che queste rivendicazioni sono state inserite nella sezione precedente del programma, contenente le riven- dicazioni avanzate dal nostro partito « per proteggere la classe ope- raia dalla degenerazione fisica e morale, e anche per aumentare la sua capacità di lotta per la propria emancipazione ». Con le parole da noi sottolineate comprendiamo tutti gli operai salariati, inclusi quelli agri- coli, e tutti i sedici paragrafi di questa sezione del programma si rife- riscono anche a loro. Se si uniscono nella medesima sezione gli operai industriali e quelli agricoli, lasciando nella parte « agraria » del programma solo le rivendicazioni « contadine », si ha, è vero, lo svantaggio che le ri- vendicazioni in favore degli operai agricoli non balzano agli occhi, non si notano a prima vista. Da una lettura superficiale del pro- gramma si può avere anche l’impressione del tutto sbagliata che noi IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA IOI avremmo deliberatamente trascurato le rivendicazioni in favore dei salariati agricoli. È superfluo dire che questa impressione sarebbe as- solutamente errata. Lo svantaggio indicato è incostanza di carattere meramente esteriore. E lo si può facilmente eliminare, sia con una più attenta lettura del programma, sia con un adeguato commento (e il programma del nostro partito « andrà al popolo », come è ovvio, accompagnato non solo da commenti stampati, ma anche — e questo è molto più importante — da commenti orali). Se qualche gruppo vorrà rivolgersi particolarmente agli operai agricoli, non avrà che a scegliere fra tutte le rivendicazioni a favore degli operai precisamente quelle che sono più importanti per i salariati agricoli, i giornalieri ecc. ed esporle in un opuscolo, in un foglio a stampa o in una serie di infor- mazioni orali. In linea di principio, Yttnica stesura corretta delle sezioni del pro- gramma che stiamo esaminando è precisamente quella che raggruppa tutte le rivendicazioni a favore degli operai salariati in tutte le branche delleconomia nazionale e distingue rigorosamente in una sezione a sè le rivendicazioni a favore dei « contadini », perchè il criterio fon- damentale a cui ci ispiriamo nel determinare ciò che possiamo e dob- biamo rivendicare nel primo e nel secondo caso non è affatto identico . La distinzione di principio delle due sezioni del programma conside- rate è espressa, secondo il progetto, neirintroduzione di ogni sezione. A favore degli operai salariati rivendichiamo riforme che « li pro- teggano dalla degenerazione fìsica e morale e aumentino la loro ca- pacità di lotta»; a favore dei contadini cerchiamo di ottenere solo trasformazioni che contribuiscano « aireliminazione dei residui del vecchio regime della servitù della gleba e al libero sviluppo della lotta di classe nelle campagne ». Risulta quindi che le nostre rivendicazioni a favore dei contadini sono molto più ristrette, accompagnate da con- dizioni molto più modeste, racchiuse in limiti più angusti. Noi ci assumiamo la difesa degli interessi degli operai salariati come classe nella società moderna\ lo facciamo perchè riteniamo che il loro mo- vimento sia lunico movimento effettivamente rivoluzionario (cfr., nella parte del programma riguardante le questioni di principio, le parole che si riferiscono allatteggiamento della classe operaia verso le altre classi) c cerchiamo di organizzare precisamente questo movimen- to, di orientarlo e illuminarlo con la luce della coscienza socialista. Non ci assumiamo affatto y invece, la difesa degli interessi dei conta- 102 LENIN dini come classe di piccoli proprietari e coltivatori nella società mo- derna, Niente affatto. «L’emancipazione della classe operaia può es- sere solo opera della classe operaia stessa », e perciò la socialdemocrazia rappresenta — direttamente e integralmente — solo gli interessi del proletariato, cerca di fondersi in un tutto inscindibile solo con il suo movimento di classe. Tutte le altre classi della società moderna sono per la conservazione delle basi del regime economico esistente, e perciò la socialdemocrazia può assumersi la difesa degli interessi di queste classi solo in certe circostanze e a certe condizioni esattamente determinate. Per esempio, la classe dei piccoli produttori, compresi i piccoli coltivatori, nella sua lotta contro la borghesia è una classe reazionaria , e perciò « cercare di salvare i contadini difendendo la pic- cola azienda e la piccola proprietà daH’assalto del capitalismo vorrebbe dire frenare inutilmente lo sviluppo sociale, ingannare il contadino con l’illusione che sia possibile il benessere anche col capitalismo, se- minare la discordia fra le classi lavoratrici, creando per una mino- ranza una situazione di privilegio a spese della maggioranza » ( ls\ra , n. 3 **). Ecco perchè le rivendicazioni « contadine » esposte nel nostro progetto di programma sono accompagnate da due condizioni molto limitative . Noi diciamo che è legittimo includere le « rivendicazioni contadine » nel programma socialdemocratico alle sole condizioni che ^sse, in primo luogo, conducano aireliminazione dei residui della ser- vitù della gleba e, in secondo luogo, favoriscano il libero sviluppo della lotta di classe nelle campagne. Soffermiamoci più particolareggiatamente sull’esame di ognuna di queste condizioni, che sono già state brevemente delineate sul n. 3 dc\YIs\ra> Che « i residui della vecchia servitù della gleba » siano ancora ter- ribilmente rilevanti nelle nostre campagne è un fatto universalmente noto. Le otrabot\i e l’asservimento, l’inferiorità del contadino, in quanto alla posizione sociale e al godimento dei diritti civili, la sua subordinazione al grande proprietario terriero privilegiato e armato di verghe, le infime condizioni di vita che fanno del contadino un vero barbaro, tutto questo non è un’eccezione, ma una regola nelle campagne russe ed è, in ultima analisi, una diretta sopravvivenza della servitù della gleba. Nei casi e nei rapporti in cui ancora regna questa servitù, e in quanto ancora regna, essa ha come nemici tutti i contadini nel loro insieme. Contro la servitù della gleba, contro i IL programma agrario della socialdemocrazia russa *°3 grandi proprietari fondiari sostenitori della servitù della gleba e contro lo Stato al loro servizio, i contadini continuano ancora a rima- nere una classe , e precisamente una classe non della società capitali- stica, ma della società feudale, vale a dire una classe-casta *. E poiché si conserva ancora nelle nostre campagne questo antagonismo di classe fra i « contadini » e i proprietari terrieri privilegiati, proprio della società basata sulla servitù della gleba, il partito operaio deve essere indubbiamente dalla parte dei «contadini», deve appoggiare la loro lotta e spingerli alla lotta contro tutti i residui della servitù della gleba. Mettiamo fra virgolette la parola contadini per sottolineare che in questo caso esiste un evidente contraddizione: nella società mo- derna i contadini non sono più, naturalmente, una classe unica. Ma chi rimane perplesso per questa contraddizione dimentica che essa non è nellesposizione, non è nella dottrina, ma nella vita stessa. Non è una contraddizione escogitata, ma una viva contraddizione dialet- tica. In quanto nelle nostre campagne la società basata sulla servitù della gleba viene soppiantata dalla società « moderna » (borghese), i contadini cessano pertanto di essere una classe e si scindono in pro- letariato agricolo e borghesia agricola (grande, media, piccola e pic- colissima). In quanto si conservano ancora i rapporti della servitù della gleba, i « contadini » continuano pertanto a essere una classe, cioè, ripetiamo, una classe non della società borghese, ma della so- cietà basata sulla servitù della gleba. Questo « in quanto-pertanto » esiste nella realtà sotto forma di intreccio estremamente complesso di rapporti servili e borghesi nelle odierne campagne russe. Impie- gando la terminologia di Marx, diremo che la rendita in lavoro, quella in natura, in denaro e capitalistica si intrecciano da noi nel modo più bizzarro. Sottolineiamo particolarmente questa circostanza, accertata da tutte le indagini economiche sulla Russia, perchè essa è necessa- * È noto che nella società schiavistica e in quella feudale la differenza delle classi veniva fissata anche nella divisione della popolazione in caste e veniva anche fissato il particolare posto giuridico nello Stato di ogni classe. Perciò le classi della società schia- vistica e di quella feudale (e anche di quella basata sulla servitù della gleba) erano anche caste a sè. Al contrario, nella società borghese, capitalistica, tutti i cittadini sono giuridi- camente eguali, le divisioni in caste sono soppresse (almeno come principio), c le classi hanno quindi cessato di essere caste. La divisione della società in classi è comune alla società schiavistica e a quelle feudale e borghese, ma nelle prime due esistevano le classi-caste mentre nell’ultima le classi non sono più caste. 104 LENIN riamente, inevitabilmente l’origine della complessità, della confusione, dell’artificiosità, se volete, di alcune nostre rivendicazioni c agrarie » che colpiscono fortemente molti a prima vista. Chi si limita nelle sue obiezioni a un generico malcontento per questa complessità e « biz- zarria > delle soluzioni proposte, dimentica che non può esistere una soluzione semplice per questioni così intricate. Noi dobbiamo lottare contro tutti i residui dei rapporti servili — un socialdemocratico non può minimamente dubitarne — e siccome questi rapporti si in- trecciano nel modo più complesso con quelli borghesi, siamo co - stretti ad addentrarci, per così dire, nel cuore stesso di questa con- fusione, senza temere la complessità del compito. Una sola soluzione sarebbe « semplice » : tenersi in disparte, passar oltre, lasciando sbro- gliare tutta la matassa all'* elemento spontaneo ». Ma questa « sem- plicità », prediletta da tutti gli adoratori della spontaneità, siano essi borghesi o « economisti », è indegna di un socialdemocratico. Il par- tito del proletariato deve non solo appoggiare, ma anche stimolare i contadini nella loro lotta contro tutti i residui della servitù della gle- ba, e per stimolare non è sufficiente limitarsi a una aspirazione ge- nerica, occorre dare una precisa direttiva rivoluzionaria, occorre saper aiutare ad orientarsi nella confusione dei rapporti agrari. Ili Affinchè il lettore si renda conto con maggiore chiarezza che la so- luzione della questione agraria è inevitabilmente complessa, gli chie- deremo di confrontare sotto questo aspetto la sezione operaia e quella contadina del programma. Nella prima tutte le soluzioni sono estre- mamente semplici, accessibili persino a chi abbia una scarsissima pre- parazione in questo campo e a chi abbia riflettuto ben poco, sono c naturali », immediate, facilmente attuabili. Nella seconda, viceversa, la maggior parte delle soluzioni spno straordinariamente complesse, € incompfetisibili » a prima vista, artificiose, poco verosimili, diffi- cilmente attuabili. Come spiegare questa differenza? Forse con il fatto che gli autori del programma nel primo caso hanno riflettuto pacatamente e con spirito pratico, mentre nel secondo si sono smarriti e confusi, sono caduti nel romanticismo e nella vuota fraseologia? A dire il vero, questa spiegazione sarebbe straordinariamente «sem- IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA IO? plice», puerilmente semplice, e non ci meravigliamo che Martynov l’abbia colta a volo. Egli non ha pensato che la soluzione pratica delle piccole questioni operaie è stata agevolata ed estremamente sempli- ficata dallo sviluppo economico. Nella grande produzione capitalistica i rapporti sono divenuti (e divengono sempre più) così trasparenti, chiari, si sono talmente semplificati che gli immediati passi in avanti si determinano spontaneamente, si impongono subito, a prima vista. Il sostituirsi del capitalismo alla servitù della gleba nelle campagne ha reso invece talmente intricati e complessi i rapporti economico-sociali che è necessario riflettere molto sulla soluzione (nello spirito della socialdemocrazia rivoluzionaria) delle questioni pratiche immediate e — si può dirlo fin d’ora con piena sicurezza — non si riuscirà ad escogitare una soluzione «semplice». A proposito: poiché abbiamo già incominciato a confrontare la sezione operaia con quella contadina del programma, osserveremo che esiste un’altra differenza di principio fra di esse. Succintamente, questa differenza potrebbe essere così formulata: nella sezione operaia non abbiamo il diritto di oltrepassare i limiti della rivendicazione di riforme sociali, nella sezione contadina non dobbiamo arrestarci nem- meno davanti a rivendicazioni sociali rivoluzionarie. Oppure, in altre parole: nella sezione operaia dobbiamo dare esclusivamente il pro- gramma minimo, nella sezione contadina possiamo e dobbiamo dare un programma massimo *. Ci spieghiamo. Nelle due sezioni non esponiamo la nostra meta finale, ma le nostre rivendicazioni immediate. In entrambe dobbiamo quindi rimanere sul terreno della società moderna (= borghese). In questo consiste Taf- finità delle due sezioni. Ma la loro radicale differenza consiste nel fatto che la sezione operaia contiene rivendicazioni dirette contro la borghesia , mentre la sezione contadina contiene rivendicazioni dirette contro i grandi proprietari fondiari sostenitori della servitù della gleba , (contro i feudali, direi, se l’applicabilità di questo termine # Ci si obietta che rivendicando la restituzione delle terre stralciate non chie- diamo ancora affatto il massimo di quel che si può chiedere immediatamente a favore dei contadini ( resp . non si tratta del massimo delle nostre rivendicazioni agrarie in gene- rale) e che perciò questa rivendicazione non è coerente. Esamineremo in seguito questa obiezione, quando parleremo dei singoli paragrafi del programma che stiamo soste- nendo, e ci sforzeremo di dimostrare che la rivendicazione della c restituzione delle terre stralciate * h il massimo di quello che possiamo chiedere oggi nel nostro programma agrario. io6 LENIN alla nostra nobiltà terriera non fosse una questione tanto controversa # ). Nella sezione operaia dobbiamo limitarci ai miglioramenti parziali di questo ordinamento borghese. Nella sezione contadina dobbiamo ten- dere all eliminazione totale da questo ordinamento di tutti i residui della servitù della gleba. Nella sezione operaia non possiamo porre rivendicazioni il cui significato equivalga all’abbattimento definitivo del dominio della borghesia : quando avremo raggiunto questa nostra meta finale, sufficientemente sottolineata in un’altra parte del pro- gramma e che « nemmeno per un istante > abbiamo perso di vista nella lotta per le rivendicazioni immediate, allora noi, partito del prole- tariato, non ci limiteremo più alle questioni riguardanti una certa responsabilità degli imprenditori o certi alloggi presso fabbriche, ma prenderemo nelle nostre mani tutta la gestione e la direzione del- l’intera produzione sociale e quindi anche della distribuzione. Nella sezione contadina possiamo e dobbiamo invece porre rivendicazioni il cui significato equivalga aH’abbattimento definitivo del dominio dei grandi proprietari fondiari sostenitori della servitù della gleba, per eliminare completamente dalle nostre campagne tutte le tracce di questa servitù. Nella sezione operaia in cui sono esposte rivendicazioni immediate non possiamo porre rivendicazioni sociali rivoluzionarie perchè la rivoluzione sociale che abbatte il dominio della borghesia è già la rivoluzione del proletariato, che ci fa raggiungere la meta finale. Nella sezione contadina poniamo anche rivendicazioni sociali rivo- luzionarie, perchè la rivoluzione sociale che abbatte il dominio dei grandi proprietari fondiari sostenitori della servitù della gleba (cioè la rivoluzione sociale della borghesia che fu la Grande rivoluzione fran- cese) è possibile anche sulla base di questo ordinamento borghese. Nella sezione operaia rimaniamo (per il momento ancora condizionatamente, con idee e intenzioni nostre, ma tuttavia rimaniamo) sul terreno della riforma sociale, perchè chiediamo qui solo quel che la borghesia può darci (in linea di principio) senza perdere ancora il suo dominio (e che perciò le consigliano di dare fin d’ora, assennatamente e con le buone, i signori Sombart, Bulgakov, Struve, Prokopovic e C.). Nella sezione contadina invece dobbiamo, a differenza dei socialrif ormatori, chiedere • Personalmente sarei propenso a risolverla in senso affermativo, ma qui, natural- mente, non è il caso di motivare e nemmeno di esporre questa soluzione, perchè ora si tratta di sostenere un progetto collettivo di programma agrario elaborato da tutta la redazione. IL PROGRAMMA ACRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA IO7 anche quello che i grandi proprietari fondiari sostenitori della servitù della gleba non daranno e non potranno mai dare a noi (o ai conta- dini), chiedere anche quello che il movimento rivoluzionario dei contadini è in grado di prendere solo con la forza. IV Ecco perchè il «semplice» criterio dell’« attuabilità », mediante il quale a Martynov è stato così «facile demolire» il nostro programma agrario, non è sufficiente, non è adatto. Questo criterio della « attua- bilità » diretta e immediata lo useremo in generale solo nelle sezioni e nei paragrafi del nostro programma che parlano chiaramente delle riforme, ma non certo nel programma del partito rivoluzionario in generale. In altri termini, questo criterio lo usiamo solo come ecce- zione nel nostro programma, e non assolutamente come regola gene- rale. Il nostro programma deve essere attuabile solo nell’ampio si- gnificato filosofico di questo termine, di modo che nemmeno una sua parola sia in contrasto con l’indirizzo di tutta l’evoluzione econo- mico-sociale. E una volta definito esattamente (in generale e nei par- ticolari) questo indirizzo, dobbiamo — in nome dei nostri principi Rivoluzionari e del nostro dovere di rivoluzionari — lottare con tutte le forze , sempre e immancabilmente, per il massimo delle nostre ri- vendicazioni, Tentare di stabilire anticipatamente, prima dell’esito definitivo della lotta, nel corso stesso della lotta, che forse non otter- remo tutto il massimo significa cadere nel più puro filisteismo. Le considerazioni di questo genere conducono sempre all’opportunismo, anche se coloro che le fanno non lo desiderano. In effetti non è forse filistea l’argomentazione di Martynov il quale ha scoperto che il programma agrario dell 'ls\ra è « romantico » «perchè nelle condizioni attuali è cosa molto problematica che la massa contadina si unisca al nostro movimento » ( Raboceie Dielo, n. io, p. 58, il corsivo è mio)? Questo è un bell’esempio delle argo- mentazioni molto « elevate », e molto a buon mercato, mediante le quali il socialdemocratismo russo è stato semplicisticamente trasfor- mato in economismo. Ma esaminate per bene questa « elevata » argo- mentazione e vedrete che si tratta di una bolla di sapone. Il « nostro movimento » è il movimento operaio socialdemocratico. La massa contadina non può affatto «aderire» ad esso : questa non è una cosa io8 LENIN pfoblematica, ma impossibile , e non se ne neanche mai parlato. Ma la massa contadina non può non aderire al t movimento » contro tutti i residui della servitù della gleba (autocrazia compresa). Martynov ha confuso le cose usando l'espressione « il nostro movimento », senza riflettere che il movimento contro la borghesia e quello contro la ser- vitù della gleba hanno un carattere sostanzialmente diverso*. Problematica si può chiamare non già l'adesione della massa con- tadina al movimento contro i residui della servitù della gleba, ma solo e forse il 'grado di questa adesione: i rapporti feudali nelle cam- pagne sono terribilmente intrecciati con quelli borghesi, e i contadini (piccoli coltivatori), come classe della società borghese, sono un ele- mento molto più conservatore che rivoluzionario (particolarmente perchè Pevoluzione borghese dei rapporti agrari è da noi solo ancora all'inizio). Perciò, nell'epoca delle trasformazioni politiche, per il go- verno sarà molto più facile dividere i contadini (che, per esempio, non gli operai), sarà molto più facile indebolire (o persino, nel peggiore dei casi, paralizzare) i loro conati rivoluzionari mediante piccole conces- sioni di scarsa importanza a un numero relativamente insignificante di piccoli proprietari. • Sino a qual punto Martynov non ha riflettuto sulla questione su cui si è messo a scrivere risulta con particolare evidenza dalla seguente frase del suo articolo: < Poiché la parte agraria del nostro programma avrà ancora molto a lungo un'importanza pratico relativamente piccola , essa schiude un vasto campo alla fraseologia rivoluzionaria ». Le parole in corsivo rivelano precisamente la confusione che abbiamo indicato nel testo. Martynov ha sentito dire che in Occidente si elabora un programma agraria solo quando il movimento operaio è molto sviluppato. Da noi questo movimento è solo agli inizi. Il nostro pubblicista si affretta quindi a concludere: « ancora molto a lungo »! Egli non ha notato alcune inezie: in Occidente i programmi agrari vengono scritti per far partecipare i semicontadini , i semioperai al movimento socialdemocratico contro la bor- ghesia; da noi, invece, per far partecipare la massa contadina al movimento democratico contro i residui della servitù della gleba . Perciò in Occidente il programma agrario acquista un’importanza unto maggiore quanto più si sviluppa il capitalismo agri- colo. Il nostro programma agrario, nella maggior parte delle sue rivendicazioni, ha un’importanza pratica tanto minore quanto più si sviluppa il capitalismo agricolo, per- chè i residui della servitù della gleba, contro i quali questo programma è direno, si estinguono sia da $è, sia sotto l’influenza della politica del governo. Praticamente il no- stro programma agrario è quindi soprattutto destinato aU’immediato avvenire, al periodo anteriore al crollo dell’autocrazia. Il rivolgimento politico in Russia comporterà co- munque e inevitabilmente trasformazioni così radicali dei nostri ordinamenti agrari più arretrati che dovremo allora immancabilmente rivedere il nostro programma agrario. Ma Martynov sa con sicurezza una cosa sola: che il libro di Kautsky* è buono (e questo è giusto) e che basta ripetere e copiare Kautsky senza pensare (e questo non r affatto intelligente) che il programma agrario per la Russia deve distinguersi radical- mente dagli altri programmi. IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 109 Così stanno le cose. Ma che ne consegue? Quanto più facile è per il governo intendersi con gli elementi contadini conservatori, tanto maggiori devono essere i nostri sforzi, e tanto più dobbiamo affrettarci a farli, per intenderci con gli elementi rivoluzionari. Il nostro dovere è di stabilire, con la maggiore esattezza scientifica, come pre- cisamente dobbiamo orientare , dando loro il nostro appoggio, questi elementi, per poi spingerli a una lotta risoluta e incondizionata contro tutti i residui della servitù della gleba, spingerli sempre e in ogni circostanza, con tutti i mezzi in nostro potere. E non è forse filisteo il tentativo di « prescrivere » anticipatamente il punto a cui si vuol giungere ? Lo deciderà poi la vita, e la storia lo registrerà, mentre il nostro compito è ora in ogni caso quello di lottare, e lottare sino in fondo. Il soldato che muove all’attacco indugia forse a pensare che probabilmente non si annienterà tutta Tarmata nemica, ma solo i tre quinti? Non è forse «problematica», nel senso in cui l’intende Mar- tynov, una rivendicazione come, per esempio, quella della repubblica? Sì, per il governo sarà più facile cavarsela con poco, pagando una pic- cola parte di questa cambiale, piuttosto che pagare la cambiale delle rivendicazioni contadine eliminando tutte le tracce della servitù della gleba. Ma a noi che importa? Naturalmente intascheremo questo poco, senza tuttavia desistere affatto dal lottare accanitamente per avere l 'intero pagamento. Dobbiamo diffondere più largamente l’idea che solo nella repubblica può svolgersi la battaglia decisiva fra il proleta- riato e la borghesia, dobbiamo creare # e consolidare la tradizione re- . pubblicana fra tutti i rivoluzionari russi, e il più largamente possibile fra le masse operaie russe, dobbiamo, con la parola d’ordine della « re- pubblica », far intendere che. nella lotta per la democratizzazione del regime statale andremo sino in fondo, senza guardare indietro, e allora la lotta stessa deciderà quale parte di questo pagamento riusciremo a strappare e quando e come lo faremo. Sarebbe sciocco tentare di calcolare l’entità di questa parte prima di far provare al nemico tutta • Diciamo « creare » perchè i vecchi rivoluzionari russi non hanno mai rivolto una seria attenzione alla questione della repubblica, non l’hanno mai considerata come una questione t pratica»: i populisti, i ribelli, ecc. perchè avevano verso la politica l'atteggiamento sprezzante degli anarchici, i membri della « Volontà del popolo » perchè volevano saltare -direttamente dall’autocrazia alla rivoluzione socialista. A noi (se si prescinde dalle idee repubblicane dei decabristi da lungo tempo dimenticate), socialdemocratici, spetta il compito di diffondere la rivendicazione della repubblica fra le masse e creare la tradizione repubblicana fra i rivoluzionari russi. no LENIN la forza dei nostri colpi e prima di provare noi stessi tutta la forza dei suoi. Così anche per le rivendicazioni contadine, il nostro compito è di fissare, sulla base di dati scientifici, il massimo di queste rivendica- zioni e aiutare i compagni a lottare per questo massimo, e allora ri- dano pure della sua « problematicità » gli assennati critici legali e i « codini > illegali innamorati dei risultati tangibili # . V Passiamo alla seconda enunciazione generale che definisce il carat- tere di tutte le nostre rivendicazioni contadine ed è espressa nelle pa- * Non sarà forse inutile ricordare, a proposito cicli'* attualità » delle rivendica- zioni del programma socialdemocratico, la polemica che ebbe luogo nel 1896 tra K. Kautsky c R. Luxcmburg, R. Luxcmburg aveva scritto che era inopportuno includere nel programma pratico dei socialdemocratici polacchi la rivendicazione della restaura- zione della Polonia perchè non era attuabile nella società contemporanca. K. Kautsky replicò dicendo che qucH’argomento « si basa su una strana incomprensione della sostanza del programma socialista. Le nostre rivendicazioni pratiche, siano esse espresse direttamente nel programma o rappresentino " postulati ” tacitamente ammessi, devono essere conformi [werden... darnach bemessen ] non all’ipotesi che siano rag- giungibili nel rapporto di forze del momento, ma airipotcsi che Siano compatibili con il regime sociale esistente e che la loro attuazione possa agevolare la lotta di classe del proletariato, dare un impulso al suo sviluppo [jóvdcrn] e sgomberare [cbncn] il cam- mino del proletariato verso il dominio politico. Inoltre noi non teniamo affatto conto del rapporto di forze esistente. Il programma socialdemocratico non viene scritto per quel determinato momento [«den»]; esso deve possibilmente dare una direttiva [ ausweichen ] valida per tutte le congiunture che possono presentarsi nella società con- temporanea. Deve servire non solo per l’azione pratica [dcr Action 1 , ma anche per la propaganda, deve indicare, sotto forma di rivendicazioni concrete, più chiaramente di come possono farlo le argomentazioni astratte, la direzione verso cui vogliamo an- dare. Quanto più lontani saranno i fini pratici che possiamo porci senza perderci in speculazioni utopistiche, tanto meglio sarà. Tanto più chiaro sarà per le masse — per- sino per quelle masse che non sono in grado di tapiro f erfassen 1 le nostre argomenta- zioni teoriche — l’indirizzo che noi seguiamo. Il programma dove indicare che cosa chiediamo alla società contemporanea o allo Stato contemporanco c non quello che attendiamo da esso. Consideriamo per esempio il programma della socialdemocrazia tedesca. Esso chiede reiezione dei funzionari da parte tlcl popolo. Questa rivendica- zione, se la misuriamo con il metro di R. Luxemburg, è tanto utopistica quanto quella della creazione di uno Stato nazionale polacco. Nessuno cadrà nell’illusione di ritenere attuabile, con gli odierni rapporti politici. In rivendicazione del reiezione dei funzio- nari dello Stato da parte del popolo nell'impero germanico. Con lo stesso diritto con cui si può riconoscere che si potrà creare lo Stato nazionale polacco solo dopo la con- quista del potere polìtico da parte del proletariato, si può affermare che cosi è per la suddetta rivendicazióne. Ma è forse questa una ragione sufficiente per non acco- glierla nel nostro programma pratico? » ( Nette 7 cit , XIV, 2, pp. 513 e 514. Il cor- sivo è dì K. Kautsky). IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA li r role : « ... nell’interesse del libero sviluppo della lotta di classe nelle campagne ... ». Queste parole sono estremamente importanti tanto per l’impo- stazione di principio della questione agraria in generale quanto, in particolare, per la valutazione delle singole rivendicazioni agrarie. La rivendicazione delFeliminazione dei residui della servitù della gleba è comune a noi e a tutti i liberali coerenti, populisti, socialriformatori, critici del marxismo nella questione agraria ecc. ecc. Nel porre questa rivendicazione, ci distinguiamo da tutti questi signori, non in linea di principio, ma solo per il limite a cui si vuole giungere: anche in questa questione essi rimarranno inevitabilmente sempre nei limiti della riforma, noi invece non ci arresteremo (nel senso sopra indicato) nemmeno dinanzi alle rivendicazioni sociali rivoluzionarie. Al con- trario, chiedendo che venga assicurato il « libero sviluppo della lotta di classe nelle campagne », noi ci opponiamo, in linea di principio , a tutti questi signori e persino a tutti i rivoluzionari e socialisti non socialdemocratici. Anche questi ultimi non si arresteranno dinanzi alle rivendicazioni sociali rivoluzionarie nella questione agraria. Ma non vorranno subordinare queste rivendicazioni precisamente a una condizione come quella del libero sviluppo della lotta di classe nelle campagne. Questa condizione è il punto fondamentale e centrale della teoria del marxismo rivoluzionario nel campo della questione agra- ria *. Riconoscere questa condizione significa riconoscere che anche l’evoluzione dell’agricoltura, nonostante tutto il suo carattere intricato e complesso, nonostante tutta la varietà delle sue forme, è un evo- luzione capitalistica, che anch’essa genera (come levoluzione dell’in- dustria) la lotta di classe del proletariato contro la borghesia, che pre- cisamente di questa lotta di classe ci dobbiamo innanzi tutto e soprat- tutto preoccupare, che essa deve costituire la pietra di paragone per saggiare tanto le questioni di principio quanto i compiti politici e i metodi di propaganda, agitazione e organizzazione. Riconoscere que- sta condizione significa impegnarsi a mantenere, anche nella questione # In sostanza tutti gli errori e le divagazioni dei « critici » del marxismo nella questione agraria si riducono aH'incomprensìonc proprio di questo punto, e il più audace, il più coerente (in quanto anche il più onesto) tra di loro, il signor Bulgakov, dichiara apertamente nella sua « indagine » che la « dottrina * della lotta di classe non si può assolutamente applicare al campo dei rapporti agrari ( Capitalismo e agn - coltura , voi. Il, p. 289). IT2 LENIN particolarmente scottante della partecipazione dei piccoli contadini al movimento socialdemocratico, un modo di vedere fermamente di classe, a non sacrificare in nulla il modo di vedere del proletariato a favore degli interessi della piccola borghesia, ma, al contrario, esigere che il piccolo contadino, rovinato e oppresso da tutto il capitalismo con- temporaneo, abbandoni il suo modo di vedere di classe e adotti quello del proletariato. Ponendo questa condizione, ci distingueremo decisamente e irre- vocabilmente non solo dai nostri nemici (cioè dai sostenitori diretti o indiretti, consapevoli o inconsapevoli, della borghesia, che sono nostri alleati temporanei e parziali nella lotta contro i residui della servitù della gleba), ma anche da quegli amici malsicuri che, con la loro irresoluta impostazione della questione agraria, possono arrecare (e di fatto arrecano) molto danno al movimento rivoluzionario del proletariato. ^ Ponendo questa condizione, tenderemo il filo che segna il cam- mino del socialdemocratico, seguendo il quale ogni socialdemocratico, anche se isolato in un qualsiasi villaggio sperduto, anche se messo di fronte ai più intricati rapporti agrari che pongono in primo pia- no i problemi democratici generali , potrà applicare e sottolineare, nel risolvere questi problemi, il suo modo di vedere proletario, proprio come noi rimaniamo socialdemocratici anche quando risolviamo pro- blemi politici democratici generali. Ponendo questa condizione, risponderemo all’obiezione che molti ci muovono dopo un fuggevole esame delle rivendicazioni concrete del nostro programma agrario... « Restituire le quote del riscatto e le terre stralciate alle associazioni agricole » ! ? Dov e dunque andata a finire la nostra peculiarità, la nostra autonomia proletaria? non sarà questo forse, in sostanza, un regalo alla borghesia rurale?? Sì che lo sarà, ma solo nel senso in cui la stessa soppressione della servitù della gleba fu un «regalo alla borghesia», cioè una libera- zione dai vincoli e dalle limitazioni della servitù della gleba precisa- mente dello sviluppo borghese e non di un qualsiasi altro sviluppo. Il proletariato si distingue dalle altre classi oppresse dalla borghesia e ad essa opposte appunto perchè ripone le sue speranze non nel ritardo dello sviluppo borghese, non nello smussamente e neirattenuazione della lotta di classe, ma, al contrario, nel più pieno e libero sviluppo di IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA n 3 questa lotta, nell’acceleramento del progresso borghese*. Nella so- cietà capitalistica in sviluppo non si possono eliminare i residui della servitù della gleba che ne limitano lo sviluppo senza rafforzare e senza consolidare in questo modo la borghesia. « Turbarsi * per questo si- gnifica ripetere Terrore di quei socialisti i quali dicevano che la li- bertà politica non ci serve perchè rafforza e consolida il dominio della borghesia. VI Dopo aver esaminato la « parte generale > del nostro programma agrario, passiamo all'analisi delle singole rivendicazioni. In questa analisi ci permetteremo d’incominciare non dal primo paragrafo ma dal quarto (sulle terre stralciate), perchè è appunto il più importante, è il punto centrale, che conferisce un carattere particolare al programma agrario, ed è al tempo stesso il più vulnerabile (almeno secondo la maggior parte di coloro che si sono pronunciati sull'articolo pubblicato nel n. 3 dtlYIs^ra). Ricordiamo che questo paragrafo è composto dalle seguenti parti: 1. Esso chiede l’istituzione di comitati contadini aventi la facoltà di regolare in modo nuovo quei rapporti agrari che sono una diretta sopravvivenza della servitù della gleba. L’espressione « comitati con- tadini » è stata scelta per indicare con chiarezza che — all’opposto della «riforma» del 1861, coi suoi comitati di nobili — i contadini e non i grandi proprietari fondiari devono prendere in mano la nuova regolamentazione. In altri termini, la liquidazione definitiva dei rap- porti servili viene affidata non alla minoranza, ma alla maggioranza degli individui interessati. In sostanza questo null'altro è se non una revisione democratica della riforma contadina (precisamente ciò che chiedeva il primo progetto di programma redatto dal gruppo « Eman- cipazione del lavoro *). E se non abbiamo scelto quest ultima espres- sione è solo perchè è meno precisa, indica in modo meno espressivo il • Naturalmente, non tutte le misure che affrettano il progresso borghese sono difese anche dal proletariato, ma solo quelle che servono direttamente a rafforzare la capacità della classe operaia di lottare per la sua emancipazione. E le otrabotkj e l’asser- vimento gravano sulla parte dei contadini nullatenenti e vicini al proletariato ancora molto più fortemente che sulla parte agiata. 8 — 7G3 H4 LENIN vero carattere e il contenuto concreto di questa revisione. Perciò, ad esempio, se Martynov avesse effetti vamente qualcosa da dire sulla questione agraria, dovrebbe dire chiaramente se respinge l’idea stessa della revisione democratica della riforma contadina e, nel caso che non la respinga, come precisamente egli la concepisce *. Poi, (2), ai comitati contadini viene conferito il diritto di espro- priare e riscattare le terre dei grandi proprietari fondiari, di scambiare le terre, ecc. (paragrafo 4, b), e di questo diritto possono valersi solo nei casi in cui esistano vere sopravvivenze dei rapporti servili. Ossia (3), il diritto di espropriazione e di riscatto viene conferito solo, in primo luogo, per le terre che « vennero stralciate dai lotti contadini al mo- mento dell’abolizione della servitù della gleba » (queste terre costitui- vano quindi da tempi remoti una parte integrante dell’azienda conta- dina, costituivano una parte del tutto, e sono state artificialmente staccate mediante quella rapina legalizzata che è stata la grande ri- forma contadina) e, in secondo luogo, per quelle di cui « i grandi proprietari fondiari si servono per asservire i contadini ». Questa seconda condizione limita ancor più il diritto del riscatto e dell’espropriazione, estendendolo non a tutte le «terre stralciate», ma solo a quelle che costituiscono tuttora uno strumento di asservi- mento, cioè « grazie alle quali — secondo la formulazione dtìYIs^ra — continua a vigere il lavoro non libero, semiservile, fondato sulla harsU cina , ossia, di fatto, quello stesso lavoro che poggiava sulla servitù # Riveliamo l’incocrenza (od omissione?) di Nadczdin, che nel suo abbozzo di programma agrario ha accolto evidentemente l’idea dell 'Iskra circa i comitati con- tadini, ma ha formulato quest’idea in modo estremamente infelice, dicendo: « Crea- zione di un tribunale di rappresentanti del popolo per esaminare i ricorsi e le di- chiarazioni dei contadini riguardanti tutte le operazioni che hanno accompagnato 1 ' ” emancipazione ” * (La vigilia della rivoluzione , p. 65. Il corsivo è mio). Si può ricorrere solo ove una legge venga violata . E l’« emancipazione * del 19 febbraio, con tutte le sue « operazioni *, è essa stessa una legge. La creazione di tribunali speciali per esaminare i ricorsi contro Tingiustizia di una determinata legge non ha nessun senso finché questa legge non viene abrogata, finché non vengono emanate nuove norme le- gislative per sostituirla (o parzialmente abrogarla). È necessario conferire al « tribu- nale » non il solo diritto di accogliere il « ricorso » per lo stralcio di un pascolo, ma an- che quello di restituire ( resp . riscattare ecc.) il pascolo, e allora, in primo luogo, un « tribunale » munito del potere di fare una legge non c un tribunale e, in secondo luogo, è necessario indicare con esattezza quali diritti di espropriazione, di riscatto, ecc. ha precisamente questo « tribunale *. Per quanto infelice sia la formulazione di Nadezdin, egli ha tuttavia capito molto meglio di Martynov la necessità di una revisione demo- cratica della riforma contadina. IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA "5 della gleba»” In altri termini, là dove, per colpa del carattere impre- ciso della nostra riforma contadina, sono rimaste tuttora, grazie alle terre stralciate ai contadini, forme economiche proprie della servitù della gleba, viene conferito ai contadini il diritto di liquidare anche con l’espropriazione, subito e definitivamente, questi residui della ser- vitù della gleba e si ha il diritto di « restituire le terre stralciate ». Possiamo perciò tranquillizzare il nostro buon Martynov, che do- manda con tanta apprensione: « E le terre stralciate che nelle mani dei grandi proprietari fondiari o dei raznocintsy che le hanno com- prate vengono sfruttate ora con un metodo esemplare, capitalistico? ». Non si tratta di questi casi isolati, stimatissimo, ma di quelle tipiche (e molto numerose) terre stralciate che costituiscono tuttora la base dei tuttora esistenti residui deireconomia servile. Infine, 4. II paragrafo 4, b conferisce ai comitati contadini il po- tere di eliminare i residui della servitù della gleba rimasti in singole zone dello Stato (obblighi servili, lottizzazione e demarcazione in- compiute, ecc. ecc.). Tutto il contenuto del paragrafo 4 può essere espresso, per sem- plificare, in quattro parole: «restituire le terre stralciate». Ci si chiede: come nata l'idea di questa rivendicazione? Essa è natural- mente scaturita dalla tesi generale e fondamentale secondo la quale noi dobbiamo aiutare i contadini e spingerli ad eliminare nel modo più completo possibile tutti i residui della servitù della gleba. Su questo siamo «tutti d'accordo», non è vero? Ebbene, se siete d'ac- cordo di prendere questa strada, datevi la pena di andare avanti da soli, non costringeteci a trascinarvi, non abbiate paura dell’aspetto «insolito» di questa strada, non turbatevi per il fatto che in molti luoghi non troverete nessuna strada battuta, ma dovrete strisciare sul- l’orlo di un burrone, aprirvi il varco nel fitto di una foresta e saltare fossati. Non lamentatevi per la mancanza di strade: queste lamen- tele sarebbero un inutile piagnisteo, perchè già dovevate sapere che non avreste trovato una strada maestra, raddrizzata e spianata da tutte le forze del progresso sociale, ma sentieri oscuri e sperduti, dai quali esiste sì una via d’uscita, ma nè voi, nè noi, nè chiunque altro riuscirà mai a trovare la via d’uscita diritta, semplice e facile: « mai », cioè, sino a quando rimarranno ancora quegli angoli sperduti e oscuri che stanno, sì, scomparendo, ma con un processo lungo e tormentoso. V LENIN u6 E se non volete cacciarvi in questi angoli sperduti, ditelo aperta- mente, senza cercare di cavarvela con delle frasi Anche voi pensate che bisogna lottare per eliminare i residui della servitù della gleba ? Bene. Ricordate allora che non esiste nemmeno un istituto giuridico che esprima o condizioni questi residui; parlo natu- ralmente dei residui della servitù della gleba esclusivamente nel cam- po dei rapporti agrari di cui ci occupiamo e non nel campo della fogl- iazione di casta, finanziaria, ecc. Le vere sopravvivenze dell’economia servile costatate infinite volte da tutte le indagini economiche sulla Russia, non poggiano su una qualche legge che le salvaguardi in mo- do particolare, ma sulla forza dei rapporti fondiari che di fatto esi- stono. Ciò è talmente vero che coloro i quali hanno deposto dinanzi alla nota commissione Valuiev" hanno detto apertamente: la ser- vitù della gleba senza dubbio risorgerebbe se non lasse vietata da una legge esplicita. Quindi, una delle due : o non toccare affano i rapporti fondiari tra contadini e grandi proprietari, e allora tutte le altre questioni si possono risolvere molto « semplicemente >, ma allora voi non toccate nemmeno la fonte principale di ogni sopravvivenza delle- conomia servile nelle campagne, allora vi estraniate « semplicemen- te > da una questione molto scottante, che investe gli interessi più profondi dei grandi proprietari terrieri feudali e dei contadini asser- viti, da una questione che domani o dopodomani potrà facilmente divenire per la Russia una dei problemi sociali e politici più urgenti. Oppure volete toccare anche quella fonte di < forme arretrate di as- servimento economico » che sono i rapporti fondiari, e allora dovete tener conto del carattere complicato e intricato di questi rapporti, che * Martynov, per esempio, accusa di ruota « fraseologia » Visura, che gli ha dato sia le basi generali della sua politica agraria (« introduzione della lotta di classe nelle campagne»), sia la soluzione pratica del problema delle rivendicazioni program- matiche concrete. Senza sostituire a queste nessun’altra base generale, senza nemmeno riflettere su queste basi nè tentare dì elaborare un programma preciso, Martynov se la cava con la seguente magnifica frase: « Noi dobbiamo esigere che vengano salva- guardati [i contadini come piccoli proprietari] dalle varie forme arretrate di asser- vimento economico-. *. Non è troppo a buon mercato? Non provereste forse a indi- carci direttamente anche solo un mezzo per salvaguardare almeno da una (e non dalle « varie »1) forma arretrata di asservimento? (probabilmente d sono anche < forme di asservimento» non arretrate! !). Ma il piccolo credito, i centri di raccolta del latte, le società di credito e risparmio, le associazioni di piccolissimi padroni, la banca con- tadina, gli agromoni degli zemstvo, non è forse anche questa una « salvaguardia dalle varie forme arretrate di asservimento economico »? Voi ritenete dunque che «dob- biamo rivendicare» tutto questo?? Bisogna prima riflettere, carissimo, e poi parlare di programmi! IL PROGRAMMA ACRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA II? non ammette in alcun modo una soluzione facile e semplice. Allora, poiché non siete soddisfatti della soluzione concreta di un problema intricato da noi proposta, non avete più il diritto di cavarvela con « lamentele » generiche sul carattere intricato del problema, ma do- vete tentare di orientarvi da soli, proporre un'altra soluzione concreta. Che le terre stralciate abbiano una grande importanza nell’odierna economia contadina è un dato di fatto. Ed è significativo che, per quanto profondo sia l’abisso fra il populismo (nel senso lato del ter- mine) e il marxismo nel giudizio sugli ordinamenti economici e sul- l’evoluzione economica della Russia, su questo problema non esistono divergenze fra queste dottrine. I rappresentanti delle due tendenze sono d’accordo nel riconoscere che nelle campagne russe esistono infi- niti residui della servitù della gleba e (nota bene) che il metodo di con- duzione dei proprietari privati (« sistema di conduzione mediante le otrabotf{i >), predominante nei governatorati centrali della Russia, è una diretta sopravvivenza della servitù della gleba. Sono poi d’accordo anche nel ritenere che le terre stralciate ai contadini a favore dei grandi proprietari fondiari, cioè sia quelle veramente, direttamente stralciate, sia i pascoli, i boschi, gli abbeveratoi, i prati ecc, ecc, di cui i contadini non hanno più il diritto di servirsi gratuitamente, sono una delle principali (se non la principale) basi del sistema delle otrabotì{i. Basti ricordare che, secondo i dati più recenti, il sistema di conduzione dei grandi proprietari fondiari fondato sulle otrabotf{i è ritenuto il sistema prevalente in almeno diciassette governatorati della Russia europea . Provino a confutare questo fatto coloro che considerano il paragrafo sulle terre stralciate un’astuta invenzione puramente artificiale, « lam- biccata » ! Ecco che cosa significa il sistema di conduzione fondato sulle otrabotfti . Di fatto, cioè non in base al diritto di possesso, ma alla loro utilizzazione per la conduzione dell’azienda, le tenute e le terre dei grandi proprietari fondiari e dei contadini non sono state definiti- vamente divise, ma continuano a rimanere unite: una parte delle terre contadine serve per esempio a mantenere il bestiame necessario per lavorare non la terra dei contadini, ma quella dei grandi pro- prietari; una parte delle terre dei grandi proprietari è assolutamente indispensabile alla vicina azienda contadina (abbeveratoi, pascoli, ecc.). E questo intreccio reale dell’utilizzazione delle terre genera (o meglio: conserva quanto è stato generato da una storia millenaria) LENIN llS inevitabilmente rapporti fra il contadino e il signore eguali a quelli che esistevano in regime di servitù della gleba. De facto il contadino rimase servo, poiché continua a lavorare con il suo inventario tradi- zionale, con il tradizionale e abitudinario sistema dei tre campi, per il suo « signore » tradizionale. Che vi occorre ancora dal momento che gli stessi contadini chiamano spesso queste otrabothj lavoro per il si- gnore, « barstcina*} E gli stessi grandi proprietari fondiari quando descrivono la loro azienda non dicono forse: mi coltivano la terra «i miei ex...» (quindi non solo ex, ma attuali) «... contadini» con il loro inventario, per il pascolo che hanno affittato da me? Quando si risolve una qualsiasi questione economico-sociale com- plessa e intricata, una regola elementare esige che da principio venga considerato il caso più tipico, meno complicato da influenze e cir- costanze estranee e solo in seguito si muova dalla sua soluzione per andare oltre, considerando una dopo l’altra le circostanze estranee che lo complicano. Considerate anche qui il caso più « tipico » : f figli degli ex servi della gleba lavorano per i figli dell’ex signore per poter pagare il pascolo che hanno preso in affitto dall’ex signore. Le otra - botki sono la causa del ristagno della tecnica e del ristagno di tutti i rapporti economico-sociali nelle campagne perchè ostacolano lo svi- luppo deH’economia monetaria e la differenziazione delle masse con- tadine, liberano (relativamente) il grande proprietario fondiario dal- l’azione incalzante della concorrenza (invece di perfezionare la tec- nica egli riduce la quota del mezzadro; a proposito, questa riduzione è stata costatata in molte località per molti anni nel periodo poste- riore alla riforma), vincolano il contadino alla terra e intralciano quindi lo sviluppo delle migrazioni interne e delle occupazioni fuori sede, ecc. Ci si domanda: esiste forse qualche socialdemocratico il quale possa porre in. dubbio che in questo caso «puro» sia pienamente na- turale, desiderabile e attuabile l’espropriazione di una parte delle terre dei grandi proprietari fondiari a favore dei contadini? Questa espropriazione scuoterà Oblomov e lo costringerà a passare a una conduzione più perfezionata su una più piccola superficie di terra, scalzerà (non dico distruggerà, ma precisamente scalzerà) il sistema delle otrabotfa accrescerà il sentimento di indipendenza e lo spirito democratico dei contadini, eleverà il loro tenore di vita, darà un po- IL programma agrario della socialdemocrazia russa 119 tente impulso allo sviluppo dell’economia monetaria e al progresso capitalistico delFagricoltura. E in generale: poiché tutti riconoscono che le terre stralciate sono una delle principali fonti del sistema delle otrabothj y e questo sistema è una diretta sopravvivenza della servitù della gleba che intralcia lo sviluppo del capitalismo, come è possibile dubitare che la restitu- zione delle terre stralciate scalzi le otrabot\i e affretti lo sviluppo eco- nomico-sociale? VII Tuttavia moltissimi ne dubitano; passiamo ora a esaminare gli ar- gomenti avanzati da chi nutre dubbi. Questi argomenti possono essere tutti raggruppati nelle seguenti rubriche: a) la rivendicazione della restituzione delle terre stralciate è coerente con i principi teorici fondamentali del marxismo e con i principi programmatici della so- cialdemocrazia? b) è sensato, dal punto di vista dell’opportunità poli- tica, rivendicare che venga corretta un’ingiustizia storica la cui im- portanza diminuisce ad ogni passo dello sviluppo economico? c) è attuabile praticamente questa rivendicazione? d) se si riconosce che possiamo e dobbiamo porre una rivendicazione di questo genere e si indica nel nostro programma agrario non il minimo ma il massimo, è conseguente, da questo punto di vista, rivendicare la restituzione delle terre stralciate? questa rivendicazione è realmente il massimo? Per quanto posso giudicare, tutte le obiezioni « contro le terre stral- ciate » rientrano nell’uno o nell’altro di questi quattro punti; la maggior parte di coloro che hanno mosso obiezioni (Martynov com- preso) hanno risposto negativamente a tutte e quattro le domande, affermando che la rivendicazione della restituzione delle terre stral- ciate è sbagliata in linea di principio, politicamente inopportuna, pra- ticamente inattuabile, logicamente non coerente. Esaminiamo, per ordine di importanza, tutte queste questioni, a) La rivendicazione della restituzione delle terre stralciate è considerata sbagliata in linea di principio per due motivi. In primo luogo si dice che « danneggerà » l’agricoltura capitalistica, cioè arre- sterà o ostacolerà lo sviluppo del capitalismo; in secondo luogo si dice che non solo ratf orzerà, ma moltiplicherà addirittura la piccola proprietà. Il primo di questi argomenti (sottolineato particolarmente 20 LENIN da Martynov) è del tutto infondato, perchè le terre stralciate tipiche ostacolano, invece, Io sviluppo del capitalismo, e la loro restituzione accentuerà questo sviluppo; quanto ai casi non tipici (per non par- lare poi del fatto che le eccezioni sono sempre e dovunque possibili e non fanno che confermare la regola), tanto nellY^ra quanto nel programma è stata fatta una riserva, (« ... le terre che sono state stral- ciate... e di cui ci si serve per asservire ..,»). Questa obiezione è fon- data semplicemente sull’ignoranza dell’effettiva importanza delle terre stralciate e delle otrahothj nell’economia delle campagne russe. Il secondo argomento (sviluppato in modo particolarmente minu- zioso in alcune lettere personali) è molto più serio e in generale è l’argomento più forte contro il programma che stiamo sostenendo. In generale, non è affatto compito della socialdemocrazia sviluppare, ap- poggiare, e a maggior ragione moltiplicare, la piccola azienda e la piccola proprietà. Questo è assolutamente giusto. Ma il fatto è che qui ci troviamo di fronte non già a un esempio « comune », ma pre- cisamente a un esempio eccezionale di piccola azienda, e questa ecce- zionalità è chiaramente espressa nell’introduzione al nostro pro- gramma agrario: «Eliminazione dei residui del vecchio regime della servitù della gleba e libero sviluppo della lotta di classe nelle cam- pagne». In generale , è reazionario appoggiare la piccola proprietà, perchè questa è orientata contro la grande azienda capitalistica e in- tralcia quindi lo sviluppo sociale, offusca e attenua la lotta di classe. Nel nostro caso vogliamo appoggiare la piccola proprietà non contro il capitalismo, ma contro il feudalesimo; in questo caso appoggiando i piccoli contadini diamo un immenso impulso allo sviluppo della lotta di classe. In realtà, da una parte, facciamo un ultimo tentativo di rinfocolare l’ostilità di classe (di casta) dei contadini contro i grandi proprietari feudali. Dall’altra, sgombriamo il cammino allo sviluppo dell’antagonismo di classe borghese nelle campagne, perchè questo antagonismo è oggi celato dall’oppressione « generale e identica » che tutti i contadini subiscono a causa dei residui della servitù della gleba. Tutto nel mondo ha due aspetti. In Occidente il contadino pro- prietario ha già assolto la sua funzione nel movimento democratico e difende la sua posizione, privilegiata nei confronti del proletariato. In Russia, il contadino proprietario è ancora alla vigilia di un deciso mo- vimento democratico di tutto il popolo, con il quale egli non può non simpatizzare. Egli ancora guarda avanti piuttosto che indietro. Lotta IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 121 ancora molto di più contro i privilegi feudali, di casta, tuttora così forti in Russia, che non per difendere la sua posizione privilegiata. In questo preciso momento storico il nostro dovere immediato è quello di appoggiare i contadini e di tentare di orientare il loro malcontento, ancora confuso e vago, contro il loro vero nemico. E non saremo affatto in contraddizione con noi stessi se in un secondo periodo sto- rico, quando le particolarità della « congiuntura > politico-sociale sa- ranno cambiate, quando i contadini, mettiamo, si accontenteranno delle insignificanti elemosine di una parte irrisoria dei proprietari e « mostreranno * decisamente « i denti » al proletariato, cancelleremo dal nostro programma la lotta contro i residui della servitù della gleba. Allora probabilmente dovremo cancellare anche la lotta contro l’auto- crazia, perchè non si può assolutamente pensare che i contadini si sba- razzino della più odiosa e pesante oppressione feudale prima che esista la libertà politica. In un sistema in cui domina Teconomia capitalistica, la piccola proprietà intralcia lo sviluppo delle forze produttive, vincolando il lavoratore a un pezzetto di terra, perpetuando la tecnica abitudinaria, impedendo che la terra entri a far parte della circolazione mercantile. In un sistema in cui domina l’economia basata sulle otrabotfy, la pic- cola proprietà fondiaria, liberandosi dalle otrabotfy, stimola lo svi- luppo delle forze produttive, libera il contadino dallasservimento che lo inchioda a un posto, priva il grande proprietario fondiario di ser- vitori «gratuiti», elimina la possibilità di sostituire a miglioramenti tecnici rillimitata intensificazione dello sfruttamento « patriarcale », fa- cilitando l’ingresso della terra nella circolazione mercantile. In una parola, la posizione contraddittoria dei piccoli contadini sul limite che separa l’economia servile dallcconomia capitalistica giustifica pie- namente questo appoggio, in via d’eccezione e temporaneo, dato alla piccola proprietà dalla socialdemocrazia. Ripetiamo ancora una volta: questa non è una contraddizione nella stesura o nella formulazione del nostro programma, ma una contraddizione che esiste nella vita reale. Ci si obietterà : « Per quanto l’azienda basata sulle otrabothj stenti a cedere di fronte alla pressione del capitalismo, tuttavia cede, anzi è condannata a scomparire del tutto; la grande azienda basata sulle otrabot\ì cede e cederà direttamente il posto alla grande azienda ca- pitalistica. Voi invece volete affrettare il processo di liquidazione della 122 LENIN servitù della gleba con una misura che in sostanza è un frazionamento (sia pure parziale, ma pur sempre un frazionamento) della grande azienda. Non sacrificate in questo modo gli interessi dell’avvenire agli interessi del presente? Per la problematica possibilità di un’insurre- zione dei contadini contro la servitù della gleba nel prossimo avve- nire, voi ostacolate in un avvenire più o meno lontano Tinsurrezione del proletariato agricolo contro il capitalismo». Per quanto questa argomentazione possa a prima vista sembrare convincente, essa pecca di grande unilateralità. In primo luogo, anche la piccola proprietà cede, sia pur a stento, di fronte alla pressione del capitalismo, anch’essa è condannata in ultima analisi a essere ine- vitabilmente eliminata; in secondo luogo, anche la grande azienda basata sulle otrabotfy non sempre viene « direttamente » sostituita dalla grande azienda capitalistica; molto spesso crea uno strato di semidipendenti, semibraccianti, semiproprietari, mentre una misura rivoluzionaria come la restituzione delle terre stralciate sarebbe estre- mamente utile, precisamente per il fatto che almeno una volta sosti- tuirebbe al « metodo» della trasformazione graduale e insensibile della dipendenza feudale in dipendenza borghese il « metodo » dell'aperta trasformazione rivoluzionaria: questo non potrebbe non avere un’/;; fluenza molto profonda sullo spirito di protesta e di lotta autonoma di tutta la popolazione agricola lavoratrice. In terzo luogo, anche noi, socialdemocratici russi, ci sforziamo di avvalerci deiresperienza del- l’Europa e ci accingiamo con zelo molto maggiore a far partecipare le « campagne » al movimento operaio socialista molto prima di quanto stano riusciti a farlo i nostri compagni occidentali, che dopo la con- quista della libertà politica hanno cercato ancora a lungo, « a tentoni », quale via dovesse imboccare il movimento degli operai industriali : in questo campo dovremo prendere « dai tedeschi » molto di ciò che è già pronto, ma nel campo agrario forse elaboreremo qualcosa di nuovo E per facilitare in seguito ai nostri braccianti e semibraccianti il pas- saggio al socialismo è estremamente importante che il partito socialista incominci subito a «prendere le difese» dei piccoli contadini, fa cendo per loro « tutto il possibile», senza rifiutarsi di partecipare alla soluzione delle questioni « altrui » (non proletarie), scottanti e intri- cate, abituando tutta la massa lavoratrice e sfruttata a vedere in questo partito il proprio capo e il proprio rappresentante. Proseguiamo, b) La rivendicazione della restituzione delle terre IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA I2 3 stralciate viene ritenuta politicamente inopportuna: non è conve- niente richiamare l’attenzione del partito sulla necessità di riparare ingiustizie storiche che già hanno perso la loro importanza, distogliere la sua attenzione dalla lotta fra proletariato e borghesia, che è la que- stione più importante e sempre più attuale. Si è pensato di «emanci- pare nuovamente i contadini con un ritardo di quarantanni », dice ironicamente Martynov. Anche questa argomentazione sembra plausibile solo a prima vista. Ma ci sono ingiustizie storiche e ingiustizie storiche. Ce ne sono che rimangono, per così dire, lontano dal corso fondamentale della storia, non lo intralciano, non ne ostacolano il cammino, non impe- discono l’approfondimento e l’allargamento della lotta di classe prole- taria. Effettivamente sarebbe sciocco accingersi a riparare queste ingiustizie storiche. Indichiamo come esempio l’annessione deli’Al- sazia-Lorena da parte della Germania. Nessun partito socialdemocra- tico penserà di rivendicare nel suo programma la riparazione di questa ingiustizia, sebbene, al tempo stesso, nessun partito socialdemocratico rinuncerà al suo dovere di protestare contro tale ingiustizia e di stigmatizzare tutte le classi dominanti che l’hanno commessa. E se noi motivassimo la rivendicazione della restituzione delle terre stral- ciate dicendo soltanto che è stata commessa un’ingiustizia — orsù, ripariamola — si tratterebbe allora di una vacua frase democratica. Ma noi motiviamo la nostra rivendicazione non piagnucolando per un’ingiustizia storica, bensì dicendo che è necessario abolire i residui della servitù della gleba e sgombrare il cammino alla lotta di classe nelle campagne, dicendo cioè che si tratta di una necessità molto « pra- tica » e impellente per il proletariato. Abbiamo qui un esempio differente di ingiustizia storica, precisa- mente un’ingiustizia che continua a intralciare direttamente lo svi- luppo sociale e la lotta di classe. Rinunciare al tentativo di riparare ingiustizie storiche di questo tipo significherebbe « difendere il hjiat perchè si tratta di un kjiut storico». La liberazione delle nostre cam- pagne dall’oppressione dei residui del « vecchio regime » è una delle questioni attuali più scottanti, posta da tutte le tendenze e da tutti i partiti (tranne quello dei feudali), sicché l’accenno al ritardo è in generale fuori luogo, e sulla bocca di Martynov è semplicemente spassoso. È la borghesia russa che è « in ritardo » neH'adempiere il suo compito di spazzare via tutti i residui del vecchio regime; noi 124 LENIN dobbiamo riparare questa deficienza, e lo faremo finche essa non sarà riparata, finché non avremo la libertà politica, finche la situazione dei contadini alimenterà il malcontento (che osserviamo in Russia) in quasi tutta la massa della società borghese colta, anziché alimentare in questa massa il sentimento conservatore della fierezza per l’« in- crollabilità > del cosiddetto baluardo più potente contro il socialismo (che osserviamo in Occidente, dove questa fierezza si nota in tutti i partiti debordine, cominciando dagli agrari e dai conservatori pur sangy continuando con i liberali e con i borghesi liberi pensatori e finendo persino... sia detto con buona pace dei signori Cemov e del Vicstni\ Russ\oi Revoliutsii !... con i «critici del marxismo» di moda nella questione agraria). Sono anche « in ritardo » naturalmente quei socialdemocratici russi che si trascinano per principio alla coda del movimento e si occupano solo delle questioni « che promettono risul- tati tangibili»; con il loro ritardo nel dare una direttiva precisa anche nella questione agraria questi « codini » non fanno che consegnare un’arma molto efficace e sicura alle tendenze rivoluzionarie non so- cialdemocratiche. Per quanto riguarda (c) T« inattuabilità » pratica della rivendica- zione della restituzione delle terre stralciate, questa obiezione (parti- colarmente sottolineata da Martynov) è una delle meno consistenti. In regime di libertà politica, i comitati contadini saprebbero decidere in quali casi c come precisamente procedere alle espropriazioni, al ri- scatto, allo scambio, alla demarcazione, ecc. dieci volte meglio di quanto abbiano fatto i comitati dei nobili, composti dai rappresen- tanti della minoranza che agivano neirinteresse della minoranza. A questa obiezione possono annettere importanza solo coloro che sono abituati a giudicare in modo troppo negativo l’iniziativa rivoluzio- naria delle masse. Viene quindi la quarta e ultima obiezione. Se si deve far assegna- mento sull'iniziativa rivoluzionaria dei contadini e si presenta loro non un programma minimo, ma un programma massimo, bisogna allora essere coerenti e rivendicare la « ripartizione nera » ** contadina op- pure la nazionalizzazione borghese della terra! «Se volessimo — scrive Martynov — trovare una vera [sic!] parola d’ordine di classe per la massa dei contadini con poca terra, dovremmo andare oltre, dovremmo porre la rivendicazione della ” ripartizione nera ”, ma al- lora dovremmo rinunciare al programma socialdemocratico ». IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA I2 5 Questa argomentazione tradisce in modo abbastanza evidente r« economista » e richiama alla memoria il proverbio su coloro che, se costretti a pregare dio, sbattono la fronte a terra sino a spaccarsela. Voi vi siete pronunciati a favore di una delle rivendicazioni che soddisfano determinati interessi di un determinato strato di piccoli produttori : dovete quindi abbandonare il vostro modo di vedere e pas- sare al modo di vedere di questo strato!! Non è affatto così; così ra- gionano solo i « codini », che confondono l’elaborazione di un pro- gramma che risponda agli interessi di una classe largamente intesi con il servilismo verso questa classe. Noi, rappresentanti del proletariato, condanniamo nondimeno apertamente il pregiudizio dei proletari non progrediti secondo cui si deve lottare solo per le rivendicazioni «che promettono risultati tangibili». Pur sostenendo gli interessi e le rivendicazioni progressive dei contadini, noi respingiamo decisamente le loro rivendicazioni reazionarie. E la « ripartizione nera », che è una delle parole d’ordine più significative del vecchio populismo, è precisamente un intreccio di elementi rivoluzionari e reazionari. E i socialdemocratici hanno ribadito decine di volte che essi non gettano affatto a mare, con la caparbietà di uno stupido uccello, tutto il popu- lismo, ma distinguono e fanno propri i suoi elementi rivoluzionari, democratici generali. Nella rivendicazione della ripartizione nera è reazionaria l’utopia che consiste nel generalizzare e perpetuare la piccola produzione contadina, ma in questa rivendicazione (oltre al- l’utopia secondo cui il « contadino » può essere il portatore della ri- voluzione socialista) vi è anche un lato rivoluzionario, e precisamente la volontà di spazzar via mediante l’insurrezione contadina tutti i residui della servitù della gleba. Secondo noi la rivendicazione della restituzione delle terre stralciate distingue da tutte le rivendicazioni ambigue e contraddittorie del contadino precisamente quella che può agire in modo rivoluzionario solo se segue la direzione presa da tutto lo sviluppo sociale e merita perciò l’appoggio del proletariato. L’in- vito di Martynov a « andar oltre » conduce in realtà solo all’assurdità di volerci far stabilire la « vera » parola d’ordine di classe dei conta- dini basandosi sui veri pregiudizi dei contadini e non sugli interessi del proletariato giustamente intesi . Un’altra cosa è la nazionalizzazione della terra. Questa rivendi- cazione (se interpretata nel senso borghese, e non in quello socialista) effettivamente «va oltre» la rivendicazione della restituzione delle 126 LENIN terre stralciate, e in linea di principio noi l’accettiamo pienamente. In un dato momento rivoluzionario, non ci rifiuteremo naturalmente di porre questa rivendicazione. Ma il nostro programma attuale viene elaborato non solo e nemmeno tanto per l’epoca dell’insurrezione rivoluzionaria, quanto per l’epoca della schiavitù politica, per l’epoca che precede la libertà politica. E in quest’epoca la rivendicazione della nazionalizzazione della terra esprime molto più debolmente i compiti immediati del movimento democratico, in quanto lotta contro la servitù della gleba. La rivendicazione della costituzione di comitati contadini e della restituzione delle terre stralciate rav- viva direttamente la lotta di classe in corso nelle campagne e non può quindi prestarsi a nessun esperimento nello spirito del socia- lismo di Stato. Al contrario, la rivendicazione della nazionalizza- zione della terra distoglie, sino a un certo punto, l’attenzione dalle ma- nifestazioni più appariscenti e dalle più forti sopravvivenze della ser- vitù della gleba. Perciò il nostro programma agrario può e deve essere avanzato subito, come uno dei mezzi per dare impulso al movimento democratico fra i contadini. Porre la rivendicazione della nazionalizza- zione sarebbe veramente sbagliato, non solo in un regime autocratico, ma anche in un regime monarchico semicostituzionale, perchè, se non esistono istituti politici democratici già pienamente consolidati e pro- fondamente radicati, è molto più facile che questa rivendicazione faccia deviare il pensiero verso assurdi esperimenti di socialismo di Stato invece di dare un impulso al « libero sviluppo della lotta di classe nelle campagne » *. Ecco perchè pensiamo che, sulla base del regime sociale attuale, la rivendicazione massima del nostro programma agrario non debba an- dare oltre la revisione democratica della riforma contadina. La riven- dicazione della nazionalizzazione della terra, pur essendo pienamente giusta dal punto di vista dei principi e del tutto adatta in determinati momenti, è politicamente inopportuna nel momento attuale. È interessante rilevare che Nadezdin, nel suo desiderio di rag- • Kautskv ha osservato molto giustamente in uno dei suoi articoli contri) Vollmar: «In Inghilterra gli operai progrediti possono rivendicare la nazionalizzazione della terra. Ma a che cosa ciò condurrcMu.* se tutta la terra di uno Stato militare e poliziesco come la Germania divenisse proprietà dello Stato [ cine Domane ]? La realizzazione di un socialismo di Stato di questo tipo la troviamo, almeno in una certa misura, nel Mecklt-nburgu » ( Vollmar und der Staiitssozialismus , Nette Zeìt , 1891-1891, X, 2, p. 710). IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA I2 7 giungere precisamente quel massimo che è la nazionalizzazione della terra, ha sbagliato strada (in parte per aver deciso di limitarsi nel programma alle « rivendicazioni comprensibili e necessarie per il contadino »). Nadezdin formula nel modo seguente la rivendicazione della nazionalizzazione: «trasformazione delle terre dello Stato, del- Tappannaggio, della Chiesa e dei grandi proprietari fondiari in pro- prietà del popolo, in fondo nazionale che deve essere ceduto in af- fitto a lunga scadenza e alle condizioni più favorevoli ai contadini lavoratori ». Per il «contadino» questa rivendicazione indubbiamente sarà comprensibile, ma per il socialdemocratico certamente no. La ri- vendicazione della nazionalizzazione della terra è in linea di prin- cipio una giusta rivendicazione del programma socialdemocratico solo quale misura borghese, ma non socialista, perchè, come socialisti, noi rivendichiamo la nazionalizzazione di tutti i mezzi di produzione. Rimanendo sulla base della società borghese, possiamo chiedere solo la cessione allo Stato della rendita fondiaria, cessione che di per sè non intralcerebbe, ma, anzi, affretterebbe Tevoluzione capitalistica dellagri- coltura. Perciò, appoggiando la nazionalizzazione borghese della terra, il socialdemocratico dovrebbe in primo luogo non escludere affatto le terre contadine, come ha fatto Nadezdin. Se conserviamo l’azienda privata eliminando solo la proprietà privata della terra, sarebbe vera- mente reazionario fare un’eccezione per la terra del piccolo pro- prietario. In secondo luogo, se questa nazionalizzazione avvenisse, il socialdemocratico sarebbe decisamente contrario a dare la terra nazio- nale in affitto preferibilmente ai « contadini lavoratori » piuttosto che ai capitalisti imprenditori agricoli. Anche questa preferenza sarebbe reazionaria, quando domina o viene conservato il modo di produzione capitalistico. Se un paese democratico volesse procedere alla nazionaliz- zazione borghese della terra, il proletariato di questo paese non do- vrebbe dare la preferenza nè ai piccoli, nè ai grandi affittuari, ma esigere incondizionatamente che ogni affittuario rispetti le norme stabilite dalla legge sulla protezione del lavoro (durata massima della giornata lavorativa, osservanza delle disposizioni sanitarie, ecc. ccc.), sulla coltivazione della terra e l’allevamento razionale del bestiame. Naturalmente, di fatto, ciò equivarrebbe, qualora si tratti di una nazio- nalizzazione borghese, ad affrettare la vittoria della grande produzione sulla piccola (così come la legislazione di fabbrica affretta tale vittoria .nell’industria). 128 LENIN Volendo ad ogni costo « farsi comprendere dal contadino », Nadez- din si è qui smarrito nei meandri deirutopia reazionaria piccolo-bor- ghese. # L esame delle obiezioni contro la rivendicazione della restituzione delle terre stralciate ci convince dunque deirinconsistenza di cueste obiezioni. Dobbiamo porre la rivendicazione della revisione democra- tica della riforma contadina, e precisamente delle trasformazioni agra- rie. E per definire con precisione tanto il carattere quanto i limiti di questa revisione e il modo in cui effettuarla, dobbiamo proporre la costituzione di comitati contadini aventi il diritto di espropriare, riscat- tare, scambiare, ecc. le « terre stralciate », sulle quali si reggono le sopravvivenze deireconomia basata sulla servitù della gleba. Vili Al quarto paragrafo del progetto del nostro programma agrario è strettamente legato il quinto che chiede « il conferimento ai tribunali del diritto di ridurre i canoni d’affitto eccessivamente elevati e di dichiarare nulli i contratti che hanno un carattere di asservimento ». Anche questo paragrafo, come il quarto, è diretto contro Passervi- mento, ma rivendica non una revisione e una trasformazione contin- gente degli ordinamenti agrari, bensì la revisione permanente dei rap- porti giuridici civili. Questa facoltà di revisione viene conferita a « tri- bunali », e naturalmente non si vuole intendere quella meschina pa- rodia di tribunale che è P« istituto » degli zemsfoe nacialni\i (o anche dei giudici di pace scelti dalle classi abbienti fra le persone facoltose), ma quei tribunali di cui parla il paragrafo 16 della precedente sezione del nostro progetto di programma. Questo paragrafo 16 chiede « l’isti- tuzione di tribunali del lavoro paritetici in tutti i rami delPeconomia • Per quel che riguarda Nadezdin, nel suo abbozzo di programma agrario egli è caduto, secondo noi, in una grave incongruenza chiedendo la trasformazione « in proprietà nazionale » di tutte le terre, tranne quelle dei contadiniy e la cessione del «fondo [terriero] nazionale» «in affitto a lunga scadenza... ai contadini lavoratori ». 11 socialdemocratico non potrebbe escludere nemmeno le terre dei contadini dalla na- zionalizzazione generale della terra: questo in primo luogo. E, in secondo luogo, egli incomincerebbe a propagandare la nazionalizzazione della terra solo come passaggio alla grande azienda comunista e non alla piccola azienda individuale. L'errore di Na- dezdin è dovuto verosimile nte alla sua decisione di limitarsi nel programma « alle rivendicazioni comprensibili [il corsivo è mio] e necessarie per il contadino» 18 . IT. PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RI 'SSA 129 nazionale... » (quindi anche nelTagricoltura) « ... composti da rappre- sentanti degli operai e degli imprenditori ». Questa composizione del tribunale assicurerebbe tanto il suo carattere democratico quanto la libera espressione dei differenti interessi di classe dei diversi strati della popolazione agricola. L’antagonismo di classe non verrebbe masche- rato con la foglia di fico del nostro putrido burocratismo — questo sepolcro imbiancato che nasconde le spoglie della libertà del popolo — , ma si manifesterebbe apertamente e chiaramente di fronte a tutti, scuotendo gli abitanti delle campagne dal loro letargo patriarcale. U fatto che i giudici da eleggere verrebbero scelti fra gli abitanti del luo- go garantirebbe la loro piena conoscenza della vita delle campagne in generale e delle sue caratteristiche locali in particolare. Per tutti quei contadini che non si potrebbero includere nelle categorie « solo ope- rai » o « solo imprenditori » sarebbero stabilite naturalmente delle nor- me per far sì che tutti gli elementi della popolazione rurale siano rap- presentati secondo la loro importanza numerica; inoltre noi socialde- mocratici insisteremmo, quali che siano le circostanze, in primo luogo, perchè i salariati agricoli, per quanto pochi siano, vengano assoluta- mente rappresentati, e, in secondo luogo, perchè vengano rappresen- tati, se possibile, separatamente i contadini poveri e i contadini agiati (perchè, se si confondono queste categorie, non solo nella statistica si commettono degli errori, ma in tutti i campi della vita si hanno Top- pressione e la coercizione della prima categoria da parte della se- conda). La competenza di questi tribunali dovrebbe essere duplice; in pri- mo luogo, essi avrebbero il diritto di ridurre i canoni d’affitto « ecces- sivamente elevati ». Queste parole del programma esprimono di per sè il riconoscimento indiretto della larga diffusione di questo fenomeno. L’esame pubblico del problema dei canoni d’affitto nei tribunali e il relativo dibattito sarebbero estremamente utili, quale che sia la deci- sione dei tribunali. Le riduzioni del canone d’affitto (anche se queste riduzioni non fossero frequenti) eserciterebbero la loro funzione nel- l’eliminazione dei residui della servitù della gleba: è noto che nelle nostre campagne l’affitto ha più spesso un carattere servile che borghe- se, e il canone d’affitto è molto più rendita « in denaro » (cioè rendita feudale trasformata) che non capitalistica (cioè sovrapprofitto dell’im- prenditore). L;i riduzione del canone d’affitto contribuirebbe quindi 130 LENIN direttamente a sostituire le forme economiche capitalistiche a quelle servili. In secondo luogo, poi, i tribunali avrebbero il diritto di « dichiarare nulli i contratti che hanno un carattere di asservimento ». Qui il con- cetto di « asservimento» non viene definito, perchè non sarebbe affatto desiderabile porre, nell’applicazione di questo punto, dei limiti ai giu- dici elettivi. Il contadino russo sa troppo bene che cos’è l’asservimento! Dal punto di vista scientifico in questo concetto rientrano tutti i con- tratti in cui è presente Telemento usura (assunzione invernale, ecc.) o servitù della gleba {otrabot\i per i danni causati dal bestiame, ccc.). Un carattere alquanto diverso ha il terzo punto sulla restitu- zione al popolo delle quote del riscatto. Qui non si sollevano a pro- posito della piccola proprietà i dubbi suscitati dal quarto punto, ma d’altro canto si muove l’obiezione secondo cui questa rivendicazione non sarebbe attuabile e si avrebbe l’assenza di un legame logico fra questa rivendicazione e la parte generale del nostro programma agrario (=: «eliminazione dei residui della servitù della gleba e li- bero sviluppo della lotta di classe nelle campagne »). Nessuno vorrà nondimeno negare che proprio i residui della servitù della gleba, nel loro complesso, sono la causa delle continue carestie che colpiscono milioni di contadini e che distinguono subito la Russia fra tutte le nazioni civili. Persino l’autocrazia è stata costretta a costituire sempre più spesso un « fondo [assolutamente misero, s’intende, e più dilapi- dato dai malversatori e dai burocrati che destinato a soccorrere gli affamati] per soddisfare le esigenze culturali e assistenziali delle asso- ciazioni rurali ». Non possiamo esimerci dal chiedere anche noi, fra le altre trasformazioni democratiche, la costituzione di questo fondo. È poco probabile che si abbia qualcosa da dire contro questa rivendica- zione. Ora ci si domanda: dove attingere il denaro per costituire questo fondo? Per quanto possiamo giudicare, si potrebbe suggerire un’im- posta progressiva sul reddito: aumentare particolarmente le imposte che incidono sul reddito dei ricchi e adoperare questo denaro per quel fondo. Sarebbe del tutto giusto che i cittadini più facoltosi dello Stato partecipassero in maggior misura al mantenimento degli affamati e alle spese per porre riparo alle eventuali sciagure causate dalle ca- restie. Noi non saremmo contrari anche a questo provvedimento, del quale non occorre parlare in modo particolare nel programma, IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 131 perchè rientra interamente nella rivendicazione dell’imposta progres- siva sul reddito, appositamente menzionata nel programma. Ma per- chè non cercare di restituire al popolo anche almeno una parte del tributo che hanno percepito e continuano a percepire dai contadini, con l’aiuto dello Stato di polizia, i proprietari di schiavi di ieri? Le odierne carestie non sono forse la causa più diretta di questo tributo? E la rivendicazione della sua restituzione non ci renderà forse il più utile servizio nel lavoro per allargare e approfondire lo sdegno rivoluzionario dei contadini contro tutti i sostenitori della servitù della gleba e contro ogni forma di servitù della gleba? Ma questo tributo non può essere restituito interamente, ci si obietta. È giusto (come non possono essere restituite interamente nemmeno le terre stralciate). Ma se non si può più esigere tutto il dovuto, perchè non prenderne una parte? Che cosa si può obiettare contro un’imposta sulle terre dei grandi proprietari terrieri nobili che hanno approfittato del prestito per il riscatto? Il numero di questi proprietari di latifondi (che talvolta sono stati trasformati persino in riserve) è molto considerevole in Russia, e sarebbe giusto addossare loro una responsabilità particolare per le carestie che colpiscono i con- tadini. Ancora più giusta sarebbe la confisca integrale dei beni dei monasteri e delle terre dell’appannaggio, tipo di proprietà in cui più forti sono le tradizioni della servitù della gleba, che serve ad arricchire i parassiti più reazionari e nocivi della società e, nel medesimo tem- po, sottrae una quantità di terra non trascurabile alla circolazione civile e Commerciale. La confisca di queste tenute non andrebbe per nulla a svantaggio di tutto lo sviluppo sociale*; sarebbe invece preci- samente un tipo di parziale nazionalizzazione borghese della terra che non potrebbe in alcun modo condurre ai trucchi del «socialismo di Stato», avrebbe un’immediata e immensa importanza politica per il consolidamento degli istituti democratici della nuova Russia e, nel medesimo tempo, procurerebbe altri mezzi per aiutare gli affamati. • Se queste tenute confiscate venissero cedute in affitto, la socialdemocrazia dovrebbe condurre subito non già una politica specificamente contadina, ma proprio quella politica che abbiamo delineato sopra rispondendo a Nadezdin. LENIN I 3 2 IX Per quanto riguarda, infine, i primi due paragrafi del nostro pro- gramma agrario, non è necessario soffermarvisi a lungo. L’« abolizione delle quote del riscatto e dclYobro^ nonché di tutti gli obblighi che gravano attualmente sui contadini, in quanto ceto soggetto a tributi » (primo paragrafo) è cosa ovvia per ogni socialdemocratico. Per quanto noi possiamo giudicare, nemmeno sorgeranno malintesi circa l’attua- zione pratica di questa misura. Il secondo paragrafo chiede: « l’« aboli- zione della responsabilità collettiva e di tutte le leggi che impediscono al contadino...» (notate: « al contadino » e non « ai contadini ») « ... di disporre della sua terra». Qui si devono dire alcune parole a propo- sito della famigerata e memorabile « obsteina ». Naturalmente, di fatto, l’abolizione della responsabilità collettiva (questa riforma il signor Witte riuscirà probabilmente ad attuarla anche prima della rivoluzione), l’eliminazione delle divisioni di casta e la libertà per ogni contadino di trasferirsi e di disporre della sua terra condurranno all’inevitabile e rapida eliminazione di quel fardello fiscale-servile che è, per tre quarti, l’odierna obsteina . Ma questo risultato dimostrerà solo che le nostre concezioni su \Y obsteina sono giuste e che essa non è compatibile con tutto lo sviluppo economico e sociale del capitalismo. E non sarà certo qualche misura « contro Yobstcina », da noi racco- mandata, a portare a questo risultato, perchè noi non abbiamo mai difeso e non difenderemo nessuna misura direttamente rivolta contro questo o quel sistema di ordinamento fondiario contadino. Anzi : noi Yobstcina la difenderemo incondizionatamente contro tutti gli atten- tati dei burocrati — attentati che i nemici del campo delle Mos\ovs\ie Viedomosti vedono di così buon occhio — , la difenderemo come orga- nizzazione democratica di amministrazione locale, come associazione basata su rapporti di collaborazione o di buon vicinato. Non aiute- remo mai nessuno a « distruggere Yobstcina », ma cercheremo di ot- tenere assolutamente l’abolizione di tutti gli istituti che sono in con- trasto con la democrazia, qualunque sia la ripercussione che questa abolizione può avere sulle ripartizioni radicali e parziali della terra , ecc.\ in ciò ci differenziamo profondamente dai populisti palesi e oc- culti, coerenti e incoerenti, timidi e audaci i quali, da una parte, sono, « naturalmente », dei democratici e, dall’altra, hanno paura di preci- sare in modo risoluto e chiaro il loro atteggiamento verso elementari IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 133 rivendicazioni democratiche, come la piena libertà di trasferimento, la piena eliminazione del carattere di casta dell'obstcina contadina e anche, quindi , la piena abolizione della responsabilità collettiva, l’abro gazione di tutte le leggi che impediscono al contadino di disporre della sua terra *. Ci si obietterà: precisamente Tultima misura, che consacra la volontà individuale di ogni contadino, distrugge Yobstcina non solo come sistema di ripartizione, ecc., ma addirittura come associazione basata sulla collaborazione fra vicini. Ogni singolo contadino, nono- stante la volontà della maggioranza, avrà il diritto di esigere di potersi prendere la sua terra per costituire un appezzamento a s è. Non sarà questo in contrasto con la tendenza generale di tutti i socialisti a fa- vorire l’ampliamento e non la restrizione dei diritti della collettività in confronto a quelli deirindividuo? Rispondiamo: dalla nostra formulazione non scaturisce ancora che ogni contadino abbia il diritto di esigere di potersi prendere la sua terra per costituire necessariamente un appezzamento a sè. Scaturisce solo che deve esistere la libertà di vendere la terra, e questa libertà non è in contrasto con il diritto preferenziale dei membri AtW'obstcina ah l’acquisto delle terre poste in vendita. L’abolizione della responsabilità collettiva deve trasformare tutti i membri presenti dell 'obstcina contadina in liberi proprietari di un appezzamento di terra, e quanto al modo in cui disporranno di questo appezzamento sarà affar loro; ciò dipenderà dal codice civile e dai contratti conclusi fra di loro. Per quanto riguarda l’ampliamento dei diritti della collettività in confronto a quelli dell’individuo, i socialisti lo difendono solo quando avviene nell’interesse del progresso tecnico e sociale ## . Naturalmente, in questa forma, anche noi difenderemmo ogni legge che tenda a questo scopo, purché riguardi non solo i piccoli proprietari, non solo i contadini, ma tutti i proprietari terrieri in ge- nerale. • È questa precisamente la pietra di paragone su cui si dovrebbero saggiare quei numerosi radicali (e anche i rivoluzionari del ViestnH Russkpi Revoliutsi) russi, propensi, in questa questione, a tenere il piede in due staffe. •• Kautsky, per esempio, riconosce che è giusto rivendicare « la limitazione dei diritti della proprietà fondiaria privata, quando ciò che avviene per: 1) meglio de- marcare gli appezzamenti, eliminare gli appezzamenti circondati da terreni altrui; 2) migliorare le colture; 3) prevenire le epidemie» ( Die Agrarfrage, p, 437). Tali rivendi- cazioni, del tutto fondate, non sono e non devono affatto essere poste in legame con X obstcina contadina. *34 LENIN X Concludendo riassumiamo le tesi fondamentali che costituiscono la base del nostro programma agrario. Chiunque abbia avuto occasione di elaborare un programma, o di conoscere i particolari di questa ela- borazione in altri paesi, sa che una stessa idea può essere formulata nei modi più diversi: per noi è importante che tutti i compagni ai cui giudizio sottoponiamo ora il nostro progetto siano pienamente d accordo innanzi tutto e soprattutto sui principi fondamentali. E questa o quella particolarità della formulazione non ha poi un’impor- tanza decisiva. Il fatto centrale, anche nel campo degli ordinamenti agrari della Russia, è per noi la lotta di classe. Tutta la nostra politica agraria (e quindi anche il programma agrario) è basata sul fermo riconosci- mento di questo fatto, con tutte le conseguenze che ne scaturiscono. Il nostro principale obiettivo immediato è quello di sgombrare il cam- mino al libero sviluppo della lotta di classe nelle campagne, alla lotta di classe del proletariato, condotta per raggiungere lo scopo finale del- la socialdemocrazia mondiale, la conquista del potere politico da parte del proletariato e l’edificazione delle fondamenta della società socia- lista. Nel proclamare che la lotta di classe è il filo che ci guida in tutte le « questioni agrarie », ci distinguiamo decisamente e irrevoca- bilmente dai numerosi sostenitori di teorie ambigue e vaghe : « po- pulistica», «etico-sociologica», o «critica», o socialriformistica, e chi più ne ha più ne metta! Per sgombrare il cammino al libero sviluppo della lotta di classe nelle campagne è necessario eliminare tutti i residui della servitù della gleba che ora celano gli antagonismi capitalistici, ancora in embrione, in seno alla popolazione agricola e impediscono loro di svilupparsi. E noi compiamo Yultimo tentativo di aiutare i contadini a spazzar via, con un sol colpo decisivo, tutti questi residui; dico «ultimo», perchè lo stesso capitalismo russo in via di sviluppo compie spontaneamente la stessa opera, persegue lo stesso scopo, ma segue la via che gli è propria, quella della violenza e deiroppressione, della rovina e della morte per inedia. La trasformazione dello sfruttamento servile in sfrut- tamento capitalistico è inevitabile, e sarebbe un’illusione dannosa e reazionaria tentare di intralciarla o di «eluderla». Ma questa trasfor- mazione è concepibile anche corte abbattimento violento di quegli IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 135 epigoni feudali che, appoggiandosi non sul «potere del denaro», ma sulle tradizioni del precedente potere schiavistico, spremono fino al- Pultima goccia i contadini patriarcali. Questi contadini, che vivono del lavoro delle loro braccia in un sistema di economia naturale, sono condannati a scomparire; ma non sono affatto condannati « obbliga- toriamente», per una legge «immanente» dell’evoluzione economico- sociale, alla tortura dell’« estorsione dei tributi » e delle fustigazioni, ai tormenti dell’est inzione per fame, a questa morte lenta, orribile per la sua durata. E, sènza crearci illusioni circa la possibilità per i piccoli produttori di prosperare o anche solo di avere una esistenza tollerabile nella so- cietà capitalistica (quale sempre più diviene la Russia), noi rivendi- chiamo che vengano eliminate e distrutte, pienamente e incondiziona- tamente, non attraverso le riforme, ma in modo rivoluzionario, le so- pravvivenze della servitù della gleba e dichiariamo che le terre stral- ciate dai lotti contadini dal governo dei nobili, le quali continuano tut- tavia a mantenere il contadino in una reale schiavitù, appartengono ai contadini. Noi diveniamo così — in via eccezionale e grazie a par- ticolari circostanze storiche — i difensori della piccola proprietà, che però difendiamo solo nella sua lotta contro ciò che è rimasto del « vecchio regime » e solo alla condizione che vengano aboliti gli isti- tuti che intralciano la trasformazione del villaggio patriarcale degli Oblomov, fossilizzato nella sua immobilità, nell’abbrutimento e nel- l’abbandono: alla condizione che venga concessa la piena libertà di trasferimento, la libertà di circolazione della terra e vengano piena- mente eliminate le divisioni di casta. Noi vogliamo completare la re- visione democratica delle leggi statali e civili della Russia con la re- visione democratica, rivoluzionaria della famosa « riforma conta- dina ». Ispirato da questi principi nella politica agraria, il socialdemo- cratico russo capitato nelle campagne saprà orientarsi nel complesso groviglio dei rapporti locali, saprà «adattare» ad essi la sua propa- ganda e agitazione rivoluzionaria rigorosa e coerente. Allora un eventuale movimento contadino (che in qualche luogo sembra già incominciato) non lo coglierà alla sprovvista. Egli non si limiterà a quelle rivendicazioni in difesa dei salariati agricoli che sono esposte particolareggiatamente nella sezione delle rivendicazioni « operaie » immediate del nostro programma e che naturalmente porrà sempre i 3 6 LENIN c dappertutto. Anche .fra i contadini sarà in grado di stimolare il movimento democratico generale, che (se nelle nostre campagne sarà destinato ad uscire dai limiti dello stato embrionale) incomincerà con la lotta contro i sostenitori della servitù della gleba nelle campagne e si concluderà con l’insurrezione contro quel potente e abominevole re- siduo della servitù della gleba che si chiama autocrazia zarista. P.S. Il presente articolo è stato scritto prima deirinizio delle in- surrezioni contadine nel mezzogiorno della Russia durante la prima- vera di quest’anno. Le tesi di principio dell’articolo sono pienamente convalidate da questi avvenimenti. Speriamo di poter parlare la pros- sima volta dei compiti tattici che con forza particolare si pùngono ora al nostro partito nel suo lavoro « nelle campagne », LETTERA AI MEMBRI DEGLI « ZEMSTVO » Riportiamo integralmente il testo della lettera poligrafata agli esponenti degli zemstvo che circolava fra i delegati durante l’ultima sessione delle assemblee degli zemstvo (e che, purtroppo , ci è capitata nelle mani solo di recente): Egregio signore, le penose condizioni in cui si trovano attualmente la Russia, il popolo russo e lo zemstvo russo ci inducono a rivolgerci a Voi, egregio signore, con la presente lettera, nella speranza di incontrare la Vostra simpatia per le idee e i propositi qui espressi. La lunga serie di fatti dolorosi e rivoltanti, di cui siamo stati muti testimoni negli ultimi tempi, grava come una fosca nube sulla coscienza pubblica, e a ogni intellettuale si pone la domanda fatale: è possibile rima- nere ancora politicamente inattivi e assistere passivamente all’impoveri- mento progressivo e alla degenerazione della patria? I cattivi raccolti cronici e l’insopportabile pressione tributaria, costituita dalle quote del riscatto e dalle imposte indirette, hanno letteralmente rovinato il popolo, provocandone la degenerazione fisica. II fatto che i contadini sono privi di ogni parvenza di autonomia, la meschina tutela dei rappresentanti ufficiali e volontari del ” potere forte” e l’artificiosa inedia intellettuale in cui tengono il popolo i guardiani non richiesti dei ” principi naturali e legittimi ”, ne affievoliscono la forza spirituale, lo spirito d’iniziativa e l’energia. Le forze produttive del paese vengono sfacciatamente dilapidate da esponenti nazionali e stranieri, con il benevolo concorso di avventurieri che si giuocano le sorti della patria. Invano il ” benevolo governo ” si sfor- za di sostituirsi, con una serie di misure contraddittorie e affrettatamente escogitate, alla viva e sistematica lotta dei gruppi economici del paese. L* ” appoggio ” tutelare e il ” riconoscimento ” sono impotenti dinanzi ai i 3 8 LENIN sintomi sinistri che preannunciano la bancarotta economica e finanziaria della Russia: la crisi agricola, la crisi industriale e quella 'monetaria, bril- lanti risultati di una politica avventata che si affida al caso. La stampa è stata soffocata e privata della possibilità di rivelare almeno una parte dei crimini che ora per ora vengono commessi dai tutori dell’ordine contro la libertà e l’onore dei cittadini russi. Solo l’arbitrio, insensato e feroce, leva imperiosamente la sua voce e regna in tutta la sconfinata estensione della nostra terra immiserita e offesa, senza incontrare in nessun luogo la do- vuta resistenza. È del tutto naturale che, in questa situazione, il governo diffidi siste- maticamente di ogni minima manifestazione di iniziativa pubblica e pri- vata, dell’attività di qualsiasi associazione pubblica e, in particolare, degli istituti degli zemstvo , vera pietra angolare sulla quale la Russia degli anni sessanta sperava di vedere fondato un nuovo regno. La burocrazia trionfante ha condannato le istituzioni degli zemstvo a una morte lenta e ogni anno assesta un nuovo colpo alla loro vitalità, alla loro importanza e al loro prestigio di fronte alla ” società ” e al popolo, che quasi non di- stingue lo zemstvo da un’amministrazione burocratica. Le assemblee degli zemstvo , nonostante la protesta chiaramente espressa di tutti i gruppi pro- gressivi del paese, sono state trasformate in burocratiche riunioni di ceto e hanno perduto ogni legame con la massa del popolo russo. Le ammini- strazioni degli zemstvo divengono appendici delle cancellerie dei gover- natori e, perdendo l’autonomia, acquistano gradualmente tutti i difetti di un ufficio pubblico. Le assemblee elettorali degli zemstvo sono ridotte a una commedia. Lo scarso numero degli elettori e la divisione di questi ul- timi in gruppi di ceto, non offrendo alle assemblee la possibilità di essere un mezzo per esprimere, attraverso i delegati eletti, i diversi interessi sociali, le trasformano in un’arena dove entrano in conflitto ambizioni meschine e personali. I limiti della competenza delle istituzioni degli zemstvo vengono ridotti gradualmente, ma ininterrottamente. Gli approvvigionamenti alimentari sono stati sottratti alla competenza dello zemstvo . Nel campo deirestimo lo zemstvo è stato trasformato in un esecutore di disposizioni burocra- tiche... Nel campo deiristruzione pubblica la funzione dello zemstvo è ridotta quasi a zero. Lo statuto sanitario, elaborato dal ministero Gore- mykin, formalmente non è stato abrogato e pende come una spada di Damocle sull’attività sanitaria degli zemstvo. Il minaccioso spettro del mandajp ai consigli scolastici evidentemente si è dileguato. Ma lo zemstvo non è affatto garantito contro la nuova apparizione di questo spettro, già incarnato in una legge, e contro la conseguente rovina definitiva della scuola popolare dello zemstvo. I rapporti fra le istituzioni degli zemstvo dei diversi governatorati, la cui necessità è divenuta un banale luogo co- LETTERA AI MEMBRI DEGLI «ZEMSTVO* 139 mune, incontrano nuove difficoltà in seguito alPultima circolare del mi- nistero degli affari interni su questo oggetto. Ogni passo dello zemstvo come istituto sociale è impacciato dalla complessa ragnatela delle nume- rose circolari dei diversi ministri, e i membri dello zemstvo, quando de- vono attuare questa o quella misura, devono sprecare non poco tempo, energia e astuzia per compiere l’ingrata fatica di districare questa ragna- tela.. Il famoso articolo 87 del regolamento degli zemstvo , e in particolare il secondo paragrafo, sottopongono tutta Fattività dello zemstvo all’ar- bitrio del governatore. Nelle amministrazioni degli zemstvo divengono sempre più frequenti le revisioni ordinate dai governatori; con la nomina, negli uffici governatoriali, di membri permanenti per gli affari degli zemstvo , questi ultimi vengono senza tanti riguardi posti palesamente sotto sorveglianza. Cori Femanazione di una legge sui limiti delle com- petenze dello zemstvo in materia tributaria il governo confessa aperta- mente la sua estrema diffidenza verso il diritto fondamentale dello zemstvo , quello delFautonomia nelFimposizione fiscale. Grazie alFingerenza del dipartimento di polizia, dall’attività dello zemstvo vengono allontanati con la forza i migliori uomini degli zemstvo, elettivi e stipendiati. In un non lontano avvenire probabilmente acquisteranno forza di legge i progetti ministeriali sul controllo delle operazioni finanziarie dello zemstvo da parte dei funzionari del controllo di Stato e sulla regolamentazione del- l’attività delle commissioni consultive degli zemstvo. Le istanze degli zemstvo non solo non vengono soddisfatte, ma non sono nemmeno esaminate con la procedura all’uopo stabilita e sono re- spinte con noncuranza dai ministri che si valgono del loro potere perso- nale. In queste condizioni è impossibile lavorare nello zemstvo con fiducia nella fecondità di questo lavoro. E sotto i rostri occhi si svolge un pro- cesso di sempre maggiore impoverimento degli zemstvo , e particolarmente dei suoi organi esecutivi. Se ne allontanano persone fervidamente fedeli alla causa dello zemstvo , ma che hanno però perduto fiducia nella fecondità del lavoro, date le condizioni odierne. Ed essi vengono sostituiti da un elemento di nuova formazione, dall’opportunista, che trema vilmente per il nome, per la forma degli istituti degli zemstvo e ne distrugge defi- nitivamente la dignità con un mostruoso servilismo verso le autorità go- vernative. Si ha quindi la disgregazione interna dello zemstvo , molto peggiore dell’eliminazione formale delFautonomia, L’aperta campagna del governo contro l’idea stessa dello zemstvo potrebbe condurre a un vasto risveglio sociale, così temuto dalla burocrazia. Sotto i nostri occhi si com- pie la mascherata soppressione del principio delFautonomia locale, che purtroppo non incontra un opposizione organizzata. In questa situazione la relativa esiguità dei risultati materiali delFat* 140 LENIN tività degli zemstvo non è affatto compensata dalla sua importanza edu- cativa, e quasi quarantanni di lavoro delle istituzioni dello zemstvo per 10 sviluppo della coscienza e deiriniziativa civica e sociale possono, nel prossimo avvenire, andar perduti senza lasciar traccia. Sotto questo aspetto la tranquilla, docile attesa dei membri dello zemstvo opportunisti non fa che contribuire alla vana e ingloriosa morte della grande idea degli isti- tuti degli zemstvo . È possibile far uscire gli zemstvo dal vicolo cieco in cui 11 ha cacciati il sistema tutelare solo lottando energicamente contro ridea assurda che la discussione dei problemi che escono dai limiti delle que- stioni minute della vita locale possa apportare sciagure al popolo. Contro questo spauracchio, temibile naturalmente non per il popolo nè per la sicurezza dello Stato, contro questa idea, la cui assurdità è cinicamente confessata dai suoi stessi difensori (cfr. il promemoria confidenziale di Wit- te L autocrazia e lo zemstvo), lo zemstvo deve lottare discutendo aperta- mente e audacemente nelle proprie assemblee i problemi di importanza nazionale strettamente legati ai bisogni e agli interessi della popolazione locale. E quanto più varia, completa ed energica sarà nelle assemblee degli zemstvo la discussione attorno a questi problemi, con tanto maggiore chia- rezza si vedrà che la pubblica discussione dei mali del popolo non ap- porta sciagure al popolo, ma, anzi, le previene, che il giogo che grava attualmente sulla stampa è utile solo ai nemici del popolo, che la repres- sione poliziesca del pensiero e della parola non permette di formare onesti cittadini, che legalità e libertà non sono in contrasto fra loro. Se spie- gheremo pubblicamente tutti questi problemi contemporaneamente in un certo numero di assemblee governatoriali degli zemstvo incontreremo sen- za dubbio le più vive simpatie in tutti gli strati del popolo e susciteremo un energico lavorio nella coscienza pubblica. Se invece lo zemstvo non rea- gisce in nessun modo alla critica situazione odierna della Russia, certa- mente i signori Sipiaghin e Witte, dopo averlo privato della funzione di rappresentante degli interessi del lavoro, non esiteranno a ” conformarlo ” al sistema generale degli istituti deirimpero. Noi, considerando la per- spicacia e lo spirito inventivo degli odierni governanti del paese, non sap- piamo veramente rappresentarci le forme che potrà assumere questa ” con- formità”, dopo che il signor ministro degli interni ha avuto una tale impudenza e un disprezzo così stupefacente nei confronti del ” primo ” ceto deirimpero, da assegnare ai rappresentanti di questo ceto — i mare- scialli della nobiltà — Tinfame funzione di spie preposte alla sorveglianza dei conferenzieri e al controllo del contenuto delle conferenze popolari. Sulla base delle considerazioni esposte, riteniamo che la nostra inazione e Tulteriore docile sottomissione a tutti gli esperimenti cui la burocrazia sottopone lo zemstvo deirintera Russia sia non solo un suicidio nel suo LETTERA AI MEMBRI DEGLI «ZEMSTVO» 141 genere, ma anche un grave crimine verso il nostro paese. La vita ci ha sufficientemente dimostrato l’inconsistenza, l’assurdità della tattica del- l’opportunismo, questa vendita della ” primogenitura ” per un ” piatto di lenticchie la nostra burocrazia, appropriatasi dapprima il diritto di primogenitura, ci ha tolto ora anche il ” piatto di lenticchie Un passo dopo l’altro, ci sono stati tolti quasi tutti i nostri diritti civili, e il qua- rantennio trascorso dall’epoca in cui sono incominciate le "grandi ri- forme ” ci ha condotto allo stesso punto dal quale prendemmo le mosse quarantanni fa accingendoci a queste riforme. Ci è rimasto forse molto da perdere? E da che cosa può essere giustificato il nostro ulteriore si- lenzio, che cosa può spiegarlo se non un’infame codardia e una totale mancanza di coscienza dei propri doveri di cittadini? Come cittadini russi, che per di più stanno ” in alto ”, dobbiamo di- fendere i diritti del popolo russo, dobbiamo dare un’adeguata risposta alla nostra burocrazia, che cerca di soffocare ogni benché minima manife- stazione di libertà e di autonomia nella vita del popolo e di trasformare l’intero popolo russo in un docile schiavo. Come membri degli zemstvo abbiamo in particolare il dovere di sostenere i diritti delle istituzioni degli zemstvo , di difenderle contro l’arbitrio e le angherie della burocrazia, di sostenere il loro diritto all’autonomia e il largo soddisfacimento dei bisogni di tutti gli strati del popolo. Cessiamo dunque di tacere come scolaretti colti in fallo; dimostriamo infine di essere cittadini adulti ed esigiamo quello che ci appartiene di diritto, il diritto di ” primogenitura ”, i diritti civili. La nostra burocrazia non dà mai nulla spontaneamente, ma solo quello che è costretta a cedere, sebbene si sforzi di presentare le cose come se ri- nunziasse ai suoi ” diritti " solo per magnanimità. Se invece le accade di dare di più di quanto è costretta a cedere, revoca immediatamente tutte le concessioni in più, come è accaduto per le nostre ” grandi riforme Il governo non si è preoccupato degli operai finché non si é trovato di fronte a un serio ” movimento operaio ” sotto forma di manifestazioni di masse di molte migliaia di operai; allora si è affrettato a varare una "le- gislazione operaia ”, sia pure abbastanza ipocrita, ma destinata tuttavia a soddisfare qualche rivendicazione degli operai e a placare quelle masse minacciose. Per decenni il governo deformò intellettualmente la nostra gio- ventù studentesca, le nostre sorelle, i nostri fratelli e i nostri figli, non tol- lerando la minima critica al ” sistema didattico ” da esso escogitato e re- primendo ferocemente i ” disordini ” studenteschi. Ma questi ” disordini ” si trasformarono in uno sciopero di massa, la macchina accademica si arrestò e la burocrazia si sentì a un tratto pe- netrata da un fervido sentimento di ” amorevole tutela ” verso la gio- LENIN 142 ventìi studentesca, e quelle stesse rivendicazioni, per le quali ancora ieri Tunica risposta era il sibilo dello scudiscio dei cosacchi, nel programma go- vernativo vengono oggi proclamate ” riforme degli studi Naturalmente, anche in questa metamorfosi vi è una parte non tra- scurabile di ipocrisia, ma tuttavia... Tuttavia un fatto è certo: la ” buro- crazia ” è stata costretta a riconoscere apertamente Topinione pubblica e a farle una concessione abbastanza sostanziale. E noi, come la ” società ” russa, come tutto il popolo russo, possiamo contare sul riconoscimento e sul soddisfacimento dei nostri diritti solo se rivendicheremo coraggiosa- mente, apertamente, concordemente e tenacemente questi diritti. Alla luce di tutte queste considerazioni, abbiamo deciso di rivolgerci con la presente lettera a Voi, egregio signore, e a molti altri esponenti di tutti gli zemstvo governatoriali, con la preghiera di contribuire nella pre- sente sessione delle assemblee governatoriali degli zemstvo a sollevare, discutere e approvare le corrispondenti decisioni sui seguenti problemi. I. Revisione del regolamento delle istituzioni degli zemstvo e sua modi- fica in questo senso: a) concedere eguali diritti elettorali a tutti i gruppi di popolazione, senza alcuna differenza di ceto, con una sensibile riduzione del censo elet- torale; b) eliminare dalla composizione dello zemstvo i rappresentanti di ceto come tali; c) liberare lo zemstvo , in tutti i suoi atti, dalla tutela delle autorità governative, concedere allo zemstvo una totale autonomia in tutti gli affari locali, a condizione che si sottometta alle leggi del paese come vi si sottomettono tutte le altre persone e organismi; d) estendere le com- petenze dello zemstvo concedendogli la piena autonomia nel soddisfaci- mento degli interessi e dei bisogni locali, purché questi non ledano gli interessi di tutto lo Stato; e) abrogare la legge sui limiti di competenza degli zemstvo in materia tributaria; f) conferire allo zemstvo i più vasti diritti nel campo della diffusione, con ogni mezzo, delTistruzione pub- blica; lo zemstvo inoltre non deve solo occuparsi della parte materiale, ma anche avere il diritto di controllare e migliorare la parte didattica; g) abo- lire il summenzionato statuto sanitario, che è una minaccia per Tatti- vita sanitaria dello zemstvo ; h) rimettere nelle mani dello zemstvo gli ap- provvigionamenti e concedergli altresì la piena autonomia nellorganizza- zione e direzione del lavoro statistico di estimo; i) far dirigere tutta l’attività dello zemstvo esclusivamente da coloro che sono stati eletti membri dello zemstvo , che non devono essere convalidati dalle autorità governa- tive e a maggior ragione nominati contro la volontà delle assemblee dello zemstvo ; 1) concedere allo zemstvo il diritto di assumere i propri impie- gati esclusivamente di propria iniziativa, senza la sanzione delle auto- rità governative; m) conferire aiio zemstvo il diritto di discutere libe- LETTERA AI MEMBRI DEGLI « ZEMSTVO > M3 ramente tutte le questioni d’importanza nazionale che hanno attinenza con gli interessi e i bisogni locali; le istanze presentate dallo zemstvo de* vono inoltre essere obbligatoriamente esaminate dagli organismi superiori governativi entro un termine preciso; n) concedere a tutti gli zemstvo il diritto di mantenere contatti fra di loro e di organizzare congressi dei rappresentanti degli zemstvo per discutere questioni che riguardano tutti o alcuni zemstvo. II. Revisione e modifica del regolamento sui contadini in modo da concedere loro diritti assolutamente eguali a quelli degli altri ceti. III. Cambiamento del sistema tributario allo scopo di livellare il carico fiscale mediante un’imposta progressiva sul reddito patrimoniale, esone- rando dalle imposte determinati redditi minimi. È anche estremamente desiderabile che nelle assemblee degli zemstvo siano sollevati e discussi i seguenti problemi: IV. Ricostituzione, ovunque, deiristituto dei giudici di pace e abroga-, zione di tutte le leggi che limitano la competenza della Corte d’assise. V. Conferimento di una maggiore libertà alla stampa, necessità di eliminare la censura preventiva, modificazione dello statuto della cen- sura, la quale deve indicare in modo circostanziato e preciso quel che è permesso e quel che non è permesso di pubblicare, eliminazione dell’ar- bitrio amministrativo nell’attività pratica della censura e passaggio di tutte le cause sui reati di stampa esclusivamente alla competenza di un tribu- nale aperto al pubblico e appartenente agli organi giudiziari ordinari. VI. Revisione delle leggi vigenti e delle disposizioni ministeriali che concernono le misure di salvaguardia della sicurezza dello Stato, aboli- zione in questo campo del ” giudizio ” segreto amministrativo ed esame pubblico di tutte queste cause negli organi giudiziari ordinari. Ritenendo che non rifiuterete di contribuire nella Vostra assemblea governatoriale a sollevare le suddette questioni generali, abbiamo Ponore di pregarVi di comunicare 1 eventuale decisione delPassemblea dello zemstvo possibilmente a tutti gli zemstvo , tramite delegati Vostri cono- scenti o a Voi noti. Speriamo anche che nella maggior parte degli zemstvo si trovi un numero sufficiente di uomini coraggiosi ed energici che sap- piano far approvare queste rivendicazioni dalle assemblee degli zemstvo. E se tutti noi presenteremo unanimi, apertamente e in forma categorica, le nostre giuste rivendicazioni, la burocrazia sarà costretta a cedere, come cede sempre quando si trova di fronte a una forza cosciente e compatta. Alcuni vecchi membri degli zemstvo Questa è una lettera molto istruttiva. Essa dimostra come la vita stessa costringa persino elementi che hanno una scarsa capacità di lot- 144 LKXIN ta, e sono soprattutto assorbiti dal minuto lavoro pratico, ad agire con- tro il governo autocratico. E, se si confronta questa lettera con uno scritto com’è, per esempio, la prefazione del signor R.N.S. “ al prome- moria di Witte, essa, a mio avviso, produce una migliore impressione. È vero che in essa non ve nessuna «vasta» generalizzazione politica, ma i suoi autori non vogliono presentare dichiarazioni « pro- grammatiche », bensì consigliare modestamente come incominciare nella pratica l’agitazione. Mancano loro i « pensieri alati », tanto che non si azzardano a parlare apertamente della libertà politica, ma in compenso non usano frasi che concernono persone vicine al trono che potrebbero probabilmente influire sullo zar. In compenso non troviamo in loro nemmeno l’artificiosa esaltazione delle « imprese » di Ales- sandro II, ma al contrario in loro traspare lo scherno per le « grandi riforme » (fra virgolette). In compenso essi trovano in se la fran- chezza e il coraggio di insorgere risolutamente contro i « membri degli zemstvo opportunisti », senza temere di dichiarar guerra al- l’« infame codardia », senza cercare di entrare nelle grazie dei libe- rali particolarmente retrivi. Non sappiamo ancora quale esito abbia avuto l’appello dei vecchi membri degli zemstvo , ma ci sembra comunque che la loro iniziativa meriti un completo appoggio. La ripresa del movimento degli zemstvo negli ultimi tempi rappresenta in generale un fenomeno estrema- mente interessante. Gli stessi autori della lettera indicano come si è allargato il movimento iniziato dagli operai, estesosi poi agli studenti e appoggiato ora dai membri degli zemstvo . Tutti e tre questi ele- menti sociali si schierano così nel loro giusto ordine a seconda della loro forza numerica, della loro mobilità sociale, del loro radicalismo politico-sociale, della loro decisione rivoluzionaria. Tanto peggio per il nostro nemico. Quanto meno rivoluzionari sono gli elementi che insorgono contro di lui, tanto meglio per noi, nemici irriducibili dell’autocrazia e di tutto l’odierno regime ecor nomico. Invieremo un saluto a questi nuovi elementi che protestano c che sono quindi anche nostri nuovi alleati. Li aiuteremo. Come vedete, sono poveri; si presentano solo con un piccolo foglio, stampato peggio dei giornaletti degli operai e degli studenti. Noi siamo ricchi. Lo pubblichiamo sulla nostra stampa, rendendo di pub- blico dominio il nuovo schiaffo alla dinastia degli Obmanov. Questo LETTERA AI MEMBRI DEGLI «ZEMSTVO» MS schiaffo è tanto più interessante quanto più « solidi * sono gli uomini che lo danno. Come vedete, sono deboli. Hanno così pochi legami col popolo che la loro lettera viene passata di mano in mano, proprio come la copia di una lettera privata. Noi siamo forti, possiamo e dobbiamo diffon dere questa lettera « fra il popolo », e prima di tutto nellambiente del proletariato, che è pronto a lottare e ha già incominciato la lotta per la libertà di tutto il popolo. Come vedete, sono timidi: incominciano appena a estendere la loro agitazione professionale di membri degli zemstvo. Noi siamo più audaci di loro, i nostri operai hanno già attraversato lo « stadio » (stadio loro imposto) deiresclusiva agitazione economica professio- nale. Daremo loro Pesempio di come si lotta. Infatti se gli operai hanno lottato per una rivendicazione come l’abolizione delle « Norme provvisorie » — per esprimere la protesta contro l’autocrazia — , un motivo non meno significativo può essere anche costituito dalle an gherie delle autorità governative nei confronti dell \ autonomia lo- cale », che è pur sempre tale, quale che ne sia la natura! Ma a questo punto ci interrompono tutti i vari fautori palesi c occulti, consapevoli e inconsapevoli dell’« economismo ». A chi serve lappoggio dei membri degli zemstvo da parte degli operai? — essi ci domandano. Non forse solo ai membri degli zemstvo ? Non forse agli elementi probabilmente insoddisfatti solo perchè il governo è piu te- nero con gli industriali che con gli imprenditori agricoli? Non forse alla sola borghesia, le cui aspirazioni non vanno oltre la « viva lotta dei gruppi economici del paese » ? A chi? Prima di tutto e soprattutto alla stessa classe operaia . Que- sti unica classe effettivamente rivoluzionaria » della società moderna non sarebbe realmente rivoluzionaria se non approfittasse di ogni motivo per assestare un nuovo colpo al suo peggiore nemico. E le parole sull’agitazione politica e sulla lotta politica contenute nelle nostre dichiarazioni e nei nostri programmi sarebbero prive di senso se ci lasciassimo sfuggire le occasioni favorevoli per la lotta, quando con questo nemico incominciano a essere in dissidio persino i suoi alleati di ieri (anni sessanta) e in parte anche i suoi alleati odierni (i membri degli zemstvo opportunisti e i proprietari fondiari feudali). Seguiamo dunque con attenzione la vita degli zemstvo , Paumento e Pespansione (o il declino e la riduzione) della nuova ondata di prò- 146 LENIN testa. Sforziamoci di far conoscere meglio alla classe operaia la storia dello zemstvo , la concessione che il governo fece alla « società » negli anni sessanta, i discorsi menzogneri degli zar e la loro tattica: da principio dare un «piatto di lenticchie» al posto del «diritto di primogenitura » e poi (in base a questo « diritto di primogenitura » da loro conservato) riprendersi anche il piatto di lenticchie. Gli operai imparino a riconoscere questa vecchia tattica poliziesca in tutte le sue manifestazioni. È necessario farlo anche per la nostra lotta, per il nostro « diritto di primogenitura », per la libertà necessaria alla lotta del proletariato contro ogni oppressione economica e sociale. Nelle riunioni dei circoli terremo conferenze agli operai sullo zemstvo e sui suoi rapporti con il governo, pubblicheremo fogli sulle proteste degli zemstvo , ci prepareremo affinchè a ogni angheria del governo zarista contro qualche zemstvo onesto il proletariato possa rispondere con dimostrazioni contro i governatori satrapi, contro i gendarmi sche- rani e contro i censori gesuiti. Il partito del proletariato deve impa- rare a perseguitare e mettere alle strette ogni servo deliba utocrazia per ogni violenza ed eccesso contro qualunque strato sociale, contro qualsiasi nazione o razza. Iskra, n. 18, io marzo 1902. IL GRUPPO « LA LOTTA » " K.N. Voi domandate che cosa è il gruppo della « Lotta ». Abbiamo conosciuto alcuni collaboratori della Zarià (due articoli) e dellV^ra (tre corrispondenze, due articoli e un trafiletto) che appartengono a questo gruppo. Qualche articolo inviato da loro non è stato pubbli- cato. Ora essi hanno pubblicato una « dichiarazione » lamentandosi della nostra « mancanza di democrazia » e battendosi persino... contro il Personenfaltus! Quale persona esperta, già da questo solo termine insuperabile e impareggiabile capirete di che si tratta. E quando la « Lotta » pubblica un articolo contro Da che cosa cominciare ?, che inoltre già veniva definito inaccettabile nell’annuncio, allora anche i compagni del tutto inesperti nelle questioni del partito capiranno perchè non abbiamo accolto a braccia aperte questi collaboratori. Quanto alla «democrazia», cfr. Che fare?, IV, e)“: quanto è detto ivi sul Raboceie Dielo vale anche per la «Lotta». Is^ra, n. 1 8, io marzo 1902. IO' LETTERA ALL’* UNIONE SETTENTRIONALE » “ Osservazioni sul programma dell Unione settentrionale » Innanzi tutto si deve rilevare il principale difetto del < program- ma» sotto l’aspetto formale , e precisamente: vi sono mescolate le tesi di principio fondamentali del socialismo scientifico e i compiti concreti limitati, non solo di un determinato momento, ma anche di un determinato luogo. Questo difetto apparirà subito chiaramente non appena si esamini il contenuto di tutti i 15 paragrafi del programma. È quel che faremo. § 1 — Lo scopo del movimento operaio in generale. § 2 — La condizione fondamentale per raggiungere questo scopo. § 3 — Il compito politico immediato della socialdemocrazia russa. § 4 — L’atteggiamento della socialdemocrazia russa verso i libe- rali, ecc. § 5 — Idem. § 6 — I concetti di 4 classe » e « partito > (parziale divergenza con gli < economisti»). §7 — I compiti pratici dell’agitazione. § 8 — L’importanza della propaganda. § 9 — Le dimostrazioni e le manifestazioni. § io — La celebrazione del primo maggio. § 11 — I manifestini e le dimostrazioni per il 19 febbraio. § 12 — La lotta economica e le riforme sociali. § 13 — La necessità di una lotta non solo difensiva ma anche of- fensiva degli operai. § 14 — La funzione attiva, e non solo passiva, negli scioperi. § 15 — Gli scioperi come migliore mezzo di lotta. LETTERA ALL'« UNIONE SETTENTRIONALE» 149 È facile vedere che paragrafi di contenuto così disparato si sa- rebbero dovuti dividere in differenti sezioni (altrimenti è possibile che i compagni incapaci di distinguere i principi fondamentali dai compiti pratici del momento non comprendano molte cose). È non solo inopportuno, ma addirittura sbagliato ed ambiguo porre, accanto alFindicazione dello scopo finale del socialismo, la spiegazione con gli economisti o la definizione dell’importanza degli scioperi. Si sarebbe dovuto separare nettamente la dichiarazione generale di principio che riguarda le nostre convinzioni, poi indicare i compiti politici del par- tito, còme li intende P« Unione settentrionale » e, in terzo luogo, distin- guere da queste tesi, programmatiche nel vero senso della parola, le risoluzioni dell’organizzazione (« Unione settentrionale ») sulle que- stioni del movimento pratico (§§ 7-1 1 e 13-15). Il § 6 dovrebbe costi- tuire una sezione a sè, ove si dovrebbe definire Patteggiamento del- F« Unione settentrionale » verso i dissensi manifestatisi tra i socialde- mocratici russi. E il § 12 dovrebbe entrare nella dichiarazione di prin- cipio (perchè il legame che esiste fra la lotta corrente per i piccoli mi- glioramenti e le riforme, da una parte, e la lotta per lo scopo finale, dallaltra, è una questione generale e non specificamente russa). Dopo quest’osservazione generale passerò allesame dei singoli paragrafi. Il § 1 parla degli obiettivi generali della socialdemocrazia in gene- rale. Questi obiettivi sono indicati in modo estremamente succinto e frammentario. È vero che nel programma di un’organizzazione locale non si poteva entrare nei particolari, che sono invece indispensabili nel programma del partito. Lo riconosco pienamente e, pur ritenendo molto utile e importante la decisione dell’* Unione settentrionale » di non passare sotto silenzio i principi fondamentali della socialdemo- crazia anche nel programma di un’organizzazione locale, mi par- rebbe però necessario rinviare in questo caso a un’esposizione più cir- costanziata dei nostri principi fondamentali. Si dovrebbe cioè dire, per esempio, che F« Unione settentrionale » sta sul terreno del sociali- smo scientifico internazionale (nel programma non si parla affatto del carattere internazionale del movimento) e condivide la teoria del « marxismo rivoluzionario ». Una tesi del tipo di quella del § 1, che preso a sè non basta, si sarebbe potuta porre accanto a questo accenno generale ai nostri principi. Quale organizzazione che aderisce al Partito operaio socialde- I 5 0 LENIN mocratico russo, l’« Unione settentrionale » avrebbe dovuto dire che è solidale con il suo Manifesto , e sarebbe inoltre stato utile che lo di- cesse anche almeno per il progetto di programma dei socialdemocrati- ci russi compilato negli anni ottanta dal gruppo « Emancipazione del lavoro ». Avrebbe così, senza pregiudicare il problema degli emen- damenti che questo progetto richiede, definito in modo più preciso la sua posizione di principio. Una delle due: o dare una propria espo- sizione completa di tutti i principi fondamentali della socialdemo- crazia (cioè compilare la parte del programma socialdemocratico riguardante i principi), oppure dichiarare con assoluta precisione che l’« Unione settentrionale » approva i più o meno noti principi sta- biliti. La terza via scelta dal programma — parlare in modo del tutto frammentario dello scopo finale — non è la via buona. Il § 2 incomincia con una dichiarazione estremamente imprecisa, equivoca e pericolosa: «Considerando il socialismo interesse di classe del proletariato». Queste parole sembrano identificare il socialismo con 1 \< interesse di classe del proletariato». Ma questa identificazione è assolutamente sbagliata. Precisamente nel momento attuale in cui si è diffusa con straordinaria ampiezza una concezione estremamente angusta degli « interessi di classe del proletariato », è del tutto inam- missibile enunciare una formula che, se pure può essere a stento ac- cettata, lo è solo alla condizione che si dia un’interpretazione estre- mamente vasta all’espressione «interesse di classe». L’« interesse di classe» costringe i proletari a unirsi, a lottare contro i capitalisti, a riflettere sulle condizioni che possono determinare la loro emanci- pazione. L’« interesse di classe» li predispone ad assimilare il socia- lismo. Ma il socialismo, essendo l’ideologia della lotta di classe del proletariato, è subordinato alle condizioni generali della genesi, dello sviluppo e del consolidamento deirideologia; si basa cioè su tutto il materiale che il sapere umano ha accumulato, presuppone un alto sviluppo della scienza, esige un lavoro scientifico, ecc. ecc. Il socia- lismo è apportato dagli ideologi nella lotta di classe del proletariato, che si sviluppa spontaneamente sul terreno dei rapporti capitalistici. Invece la formulazione del § 2 pone in una luce completamente sba- gliata il rapporto effettivo fra socialismo e lotta di classe. Del resto il § 2 non parla nemmeno della lotta di classe. Questo è il suo secondo difetto. Il § 3 caratterizza in modo incompleto l’assolutismo (non si parla, LETTERA ALL’« UNIONE SETTENTRIONALE » 151 per esempio, del suo legame coi residui della servitù della gleba), è in parte retorico (« sconfinato *) e impreciso ( « ignoranza > dello personalità). Inoltre, la conquista della libertà politica (si sarebbe do- vuto osservare che Yt Unione settentrionale* pone questo compito a tutto il partito) è indispensabile non solo per il pieno sviluppo della lotta di classe degli operai; si doveva dire, in questa o quella forma, che è indispensabile anche nell’interesse di tutto lo sviluppo sociale. « L’autocrazia rappresenta esclusivamente gli interessi delle classi dominanti ». Questo è impreciso o sbagliato. L’autocrazia soddisfa determinati interessi delle classi dominanti; essa si regge in parte grazie aH’immobilità della massa dei contadini e dei piccoli produt- tori in generale, e in parte bilanciandosi fra opposti interessi, rap- presentando, sino a un certo punto, anche una forza politica orga- nizzata, autonoma. La formulazione del § 3 è soprattutto inammissi- bile per il fatto che da noi è fortemente diffusa l’assurda identifica- zione dell’autocrazia russa con il dominio della borghesia. «È incompatibile col principio della democrazia». Perchè dirlo, quando della democrazia non è stato ancora detto nulla? Forse che la rivendicazione del rovesciamento dell’autocrazja e della conquista della libertà politica non esprime precisamente il «principio» della democrazia? Questa frase non va. Si sarebbe dovuto invece parlare con maggiore esattezza della nostra coerenza e decisione (rispetto alla democrazia borghese) neH’intendere il « principio della democra- zia », dare, per esempio, in qualche modo un’idea del concetto e del contenuto della «Costituzione democratica», oppure dichiarare che rivendichiamo « per principio » la repubblica democratica. Il § 4 è particolarmente insoddisfacente. Invece di parlare della « piena » utilizzazione di una « larga » libertà (queste sono in so- stanza frasi vaghe, che si possono benissimo sostituire e devono essere sostituite con un preciso accenno alla repubblica democratica e alla Costituzione democratica, perchè la « pienezza * consiste appunto nella democraticità conseguente), si doveva invece assolutamente dire che non solo la classe operaia è interessata alla libertà politica. Tacerlo si- gnifica spalancare la porta alle peggiori forme di «economismo* e dimenticare i nostri compiti democratici generali. È assolutamente sbagliato dire che l’attuazione (?? il raggiungi- mento, la conquista) della libertà politica è per il proletariato una ne- cessità « uguale » a quella dellaumento del salario e della ridu- I 5 2 LENIN zione della giornata lavorativa. Non c uguale, appunto: si tratta di una necessità di un altro ordine , di un ordine molto più complesso, si tratta della necessità di farsi aumentare il salario, ecc. La differenza tra l’una e l’altra « necessità > risulta con chiarezza, per esempio, anche dal fatto che l’autocrazia è disposta a concedere (e talvolta ef- fettivamente concede) a singoli strati o gruppi della classe operaia di migliorare le loro condizioni, purché si concilino con l’assolutismo. La frase assolutamente non va, poiché volgarizza in modo inconce- pibile il materialismo « economico » e abbassa la concezione socialde- mocratica fino a ridurla a una concezione tradunionista. Proseguiamo. « In considerazione di questo » ... in considerazione di quanto è stato esposto sopra deve essere tralasciato... « nella lotta imminente»... (cioè, evidentemente, nella lotta contro lo zarismo?)... « i socialdemocratici hanno presentato un programma e rivendica- zioni precisi di classe...». Il carattere di classe del nostro programma politico e delle rivendicazioni politiche si esprime precisamente nella pienezza e nella coerenza della democrazia. Se poi si parla non solo delle rivendicazioni politiche, ma di tutto il nostro programma in generale, il suo carattere di classe deve scaturire di per se dal suo stesso contenuto. È superfluo parlare di un programma di classe « preciso >, ma si deve precisare in modo diretto ed esatto, esporre, esprimere e formulare questo programma di classe. «Senza sottometterci al programma liberale...». Questo è per- sino ridicolo. Ci presentiamo come il partito democratico di avan- guardia e a un tratto avvertiamo che «non ci sottomettiamo»!! Pro- prio come dei ragazzi appena usciti dalla «sottomissione»! La nostra « non sottomissione » ai liberali deve manifestarsi non in frasi sulla non sottomissione, ma in tutto il carattere del nostro pro- gramma (e, s intende, della nostra attività). È appunto una tale con- cezione dei compiti, la quale identifica (o almeno mette sullo stesso piano) la necessità della libertà e la necessità deiraumento del salario, che esprime la sottomissione della socialdemocrazia ai liberali . Anche la fine del § 4 non va; la sua critica è contenuta in tutto ciò che precede. Il 5 5 riduce il nostro atteggiamento in generale verso tutta la democrazia in generale alla sola collaborazione con altri partiti nelle cose pratiche. È troppo poco. Se vi sono tali partiti, si sarebbe dovuto indicarli con precisione (non nel programma, ma in una apposita LETTERA ALl’« UNIONE SETTENTRIONALE » *53 risoluzione del congresso) e con precisione definire f atteggiamento verso i socialisti-rivoluzionari, verso il gruppo « Svoboda », ecc. Se invece si tratta non di partiti determinati, ma in generale dell’atteg- giamento verso le altre tendenze rivoluzionarie (e di opposizione ), si doveva formulare questo punto con maggiore ampiezza, ripetendo in questa o quella forma la tesi del Manifesto del partito comunista circa il nostro appoggio a ogni moto rivoluzionario contro il regime esistente *. In un programma il § 6 è fuori di posto. Si doveva collocare in un’apposita risoluzione e dire apertamente che si tratta di dissensi (o di due tendenze) nella socialdemocrazia russa, il che è più che «numerosi malintesi». La formulazione dei dissensi è troppo limi- tata perchè questi dissensi non si riducono affatto alla sola confusione fra classe e partito. Bisognava pronunciarsi con maggiore fermezza e precisione in una tesi contro la « critica del marxismo », contro l’c economismo », contro la restrizione dei nostri compiti politici. Quanto alla seconda parte del § 6, siccome essa è spiegata in altri paragrafi (7, 14 e altri), la critica relativa è contenuta nella critica di questi paragrafi. Il § 7, come tutti i successivi (a eccezione del § 12), deve essere inserito in un’apposita risoluzione e non direttamente nel programma. Questo paragrafo formula in modo limitato il «compito» che si propone la nostra attività. Noi dobbiamo non solo « sviluppare la co- scienza del proletariato », ma anche organizzarlo in un partito po- litico e poi dirigere la sua lotta (economica e politica). È superfluo dire che il proletariato è posto in « determinate con- dizioni concrete ». O non parlarne, oppure definire quali sono queste condizioni (ma ciò dev’essere fatto in altri punti del programma). Non è vero che l’agitazione sia 1 *« unico » mezzo per adempiere i nostri compiti. Non è affatto Punico. Non basta definire l’agitazione come « influenza su vasti strati di operai ». È necessario parlare del carattere di questa influenza. È ne- cessario parlare dell’agitazione politica in modo più aperto, risoluto, preciso e particolareggiato, altrimenti il programma — che non dice nulla sull’agitazione propriamente politica e dedica due interi para- grafi (14 e 15) alPagitazione economica — sbanda (involontariamente) verso l’« economismo ». Bisogna sottolineare particolarmente la ne- cessità dell’agitazione contro tutte le manifestazioni dell’oppressione i54 LENIN politica ed economica esercitata sulla vita deirindividuo e della nazione, quale che sia la classe o lo strato della popolazione contro cui questa oppressione si eserciti , la necessità (per i socialdemocratici) di essere all’avanguardia in ogni scontro contro il governo, ecc., e poi parlare dei mezzi di agitazione (verbale, mediante giornali, volantini, manifestazioni, ecc. ecc.). § 8. L’inizio è una ripetizione superflua. « Ammette la propaganda solo in quanto », ecc. Questo è sbagliato. La propaganda non ha solo questo significato, non è solo « prepara- zione di agitatori », ma anche diffusione della coscienza in generale. Il programma esagera in un’altra direzione. Se era necessario pronun- ciarsi contro la propaganda, che da qualcuno è stata eccessivamente staccata dai compiti dell’agitazione, sarebbe stato meglio dire: «nella propaganda si deve soprattutto non perdere di vista il compito di preparare gli agitatori >, o qualcosa del genere. Ma non si può ridurre tutta la propaganda alla preparazione di « agitatori esperti e capaci », non si può « negare » semplicemente che si debbono « formare esclusi- vamente singoli operai coscienti ». Noi lo riteniamo insufficiente, ma non lo «neghiamo». Perciò la seconda parte del § 8 (dalle parole: « considerando negativamente ») va del tutto tralasciata. § 9. Nella sostanza sono pienamente d’accordo. Forse sarebbe bene aggiungere: «a proposito dei più diversi fatti della vita sociale e dei provvedimenti del governo...» Invece di « il mezzo migliore », sarebbe più esatto dire « uno dei mezzi migliori». Solo la fine del paragrafo non è soddisfacente. Le dimostrazioni e le manifestazioni uniscono e devono unire non solo gli operai (e inoltre non è sufficiente « unire » mediante una manifestazione, dato che vogliamo unire anche organizzativamente, direttamente e per sempre, e non per un solo avvenimento). « ... Sviluppando con ciò stes- so in loro... ». Questo non è esatto — con le sole manifestazioni non si sviluppa la coscienza — oppure è superfluo (è già stato detto che è uno dei mezzi migliori). Non sarebbe male aggiungere qualcosa sulla necessità di organiz- zare le manifestazioni, di prepararle, di farle, ecc. In generale, l’assenza nel programma di ogni accenno alla neces- sità di rivolgere una grande attenzione z\Y organizzazione rivoluzio- naria — e per di più a un’organizzazione combattiva, panrussa — LETTERA ALL « UNIONE SETTENTRIONALE» 155 costituisce una grande lacuna . Poiché si parla dell’agitazione, della propaganda, degli scioperi, ecc., è evidentemente imperdonabile non dir nulla AtN organizzazione rivoluzionaria . § io. Si dovrebbe aggiungere che da noi il primo maggio deve divenire anche una dimostrazione contro l'autocrazia, una rivendica- zione della libertà politica. Non basta parlare del significato interna- zionale della festa. Bisogna anche parlare della lotta per le più importanti rivendicazioni politiche nazionali . § 11. L’idea è molto buona. Ma è espressa in modo troppo succinto. Dire forse «fra l’altro » P Perchè anche nell’anniversario della Co- mune e in molti altri anniversari è necessario organizzare dimostra- zioni. O dire «in particolare»? Ma allora risulterebbe che per le altre date non è necessario. Proseguiamo. Il 19 febbraio non ci si può rivolgere (nei manifesti- ni) solo agli operai. Senza dire poi che in generale con le dimostrazio- ni e i relativi manifestini ci rivolgiamo sempre a tutto il popolo e per- sino al mondo intero; il 19 febbraio è necessario rivolgersi appunto ai contadini . E rivolgersi ai contadini significa elaborare la politica social- democratica nella questione agraria. Il programma non tocca questa questione, e noi comprendiamo benissimo come un’organizzazione locale non abbia probabilmente il tempo 0 le forze necessarie per occuparsene. Ma si dovrebbe immancabilmente almeno accennarvi in questa o quella forma, in legame con questo 0 quel tentativo di porla nella letteratura socialdemocratica russa e nella pratica del nostro movimento *. La fine del § 11 non va (« solo la forza della classe ». Quale? della classe operaia soltanto?). Si dovrebbe tralasciare. § 12. Non possiamo contribuire e non contribuiremo « in qualsiasi modo» al miglioramento della situazione degli operai nelle condizioni esistenti. Per esempio, non possiamo contribuire come fa Zubatov e nemmeno intendiamo Contribuire quando viene messa in pratica la corruzione zubatovista. Noi lottiamo solo per un miglioramento della situazione degli operai che elevi la loro capacità di condurre la lotta di classe, cioè quando il miglioramento delle loro condi- zioni non si combina con la corruzione della coscienza politica, con * Per esempio, tentativi degli operai di organizzare dimostrazioni contro la fu- stigazione dei contadini, ecc. 156 LENIN la tutela della polizia, con il vincolo al luogo di residenza, con l’asservimento al « benefattore », con l’offesa della dignità umana, ecc. ecc. E precisamente in Russia, dove l’autocrazia è così propensa (e lo diviene sempre più) a liberarsi della rivoluzione con diverse elemosine e pseudoriforme, noi dobbiamo distinguerci nettamente da tutti i « riformatori ». Anche noi lottiamo per le riforme, ma « non in qualsiasi modo », bensì solo in modo socialdemocratico, lottiamo per le riforme solo in modo rivoluzionario. Il § 13 è stato soppresso per decisione del congresso. Era necessario farlo. Il § 14 formula in modo troppo ristretto il contenuto e i compiti dell’agitazione economica, di cui gli scioperi sono solo una parte. Le « condizioni migliori » ci occorrono non solo per lo sviluppo cul- turale, ma appunto per lo sviluppo rivoluzionario del proletariato. La c funzione attiva » dei socialdemocratici negli scioperi non si esau- risce con l’incitamento alla lotta per il miglioramento della situazione economica . Gli scioperi (come l’agitazione economica in generale) si devono sempre utilizzare anche per incitare alla lotta rivoluzionaria per la libertà e per il socialismo. Gli scioperi si devono utilizzare anche per l’agitazione politica . Anche il § 15 è molto insoddisfacente. Gli scioperi non sono « il migliore » mezzo di lotta, ma solo uno dei mezzi, e nemmeno sempre, immancabilmente uno dei mezzi migliori. Bisogna riconoscere l’im- portanza degli scioperi e utilizzarli sempre, e dirigerli, ma sopravva- lutarli è tanto più pericoloso quanto più fortemente lo ha fatto l’« eco- nomismo ». Quel che viene detto in seguito sugli scioperi è superfluo: è già stato detto nel § 14. Basterebbe accennare alla direzione della lotta economica in generale. Talvolta questa direzione si esprimerà anche nel trattenere dallo sciopero. Il programma si esprime in modo troppo assoluto, e proprio per questo in modo troppo limitato. Biso- gnava parlare in generale del compito di dirigere la lotta economica del proletariato, di renderla più organizzata e cosciente, di creare i sindacati degli operai e di sforzarsi di allargarli costituendo unioni panrusse, di utilizzare ogni sciopero, ogni manifestazione di oppres- sione economica, ecc, per condurre la più vasta propaganda e agita- zione socialista e rivoluzionaria. LETTERA ALL*« UNIONE SETTENTRIONALE » 157 La fine del § 15 restringe i compiti di questa agitazione, quasi si potesse condurre l’agitazione politica solo quando la polizia inter- viene ecc. In realtà invece si deve cercare di condurre l’agitazione po- litica (e se vi sono dirigenti più o meno abili questo è pienamente pos- sibile) anche prima che gli « arcangeli » intervengano e indipendente- mente dal loro intervento. Si dovrebbe dire genericamente: « utilizzare tutti i possibili motivi per l’agitazione politica ». Anche la fine del § 15 è sbagliata. Tanto meno ci conviene parlare degli « scioperi generali » quanto minori sono in Russia le possibilità di prepararli . E in generale non ha senso parlare in modo particolare degli scioperi « generali » nei programmi (ricordate l’assurdo t scio- pero generale » nell’opuscolo Chi farà la rivoluzione politica? Sono possibili anche queste cantonate). È anche assolutamente sbagliato dichiarare che gli scioperi sono il « mezzo migliore per lo sviluppo della coscienza ». In generale sarebbe molto desiderabile che il programma venisse seriamente rielaborato. Sarebbe anche desiderabile in generale che l’« Unione settentrionale» partecipasse attivamente tanto alla uni- ficazione in un partito della socialdemocrazia rivoluzionaria quanto all’elaborazione del programma del partito. Dal canto suo, la reda- zione della Zarià e dell’/r^ra spera di farle avere entro breve tempo il suo progetto (in gran parte già pronto) e fa assegnamento sulla col- laborazione dell’* Unione settentrionale » per correggerlo, diffon- derlo e prepararne l’approvazione da parte di tutto il partito. Scrìtta nell'aprile 3902. Pubblicata per la prima volta nel 1923. PERCHÈ LA SOCIALDEMOCRAZIA DEVE DICHIARARE UNA GUERRA RISOLUTA E IMPLACABILE AI SOCIALISTI RIVOLUZIONARI? i- Perchè la tendenza del nostro pensiero sociale, nota con il nome di tendenza «socialista-rivoluzionaria», in realtà si scosta e si è scostata dall’unica teoria internazionale del socialismo rivoluzionario che attualmente esiste, cioè il marxismo. Nella grande scissione della socialdemocrazia internazionale in ala opportunistica (cioè « bernstei- niana») e ala rivoluzionaria, questa tendenza ha assunto una posi- zione per nulla chiara e inammissibilmente irresoluta, tenendo il piede in due staffe. Essa ha dichiarato (Vìestni\ Russ\oi Revolìutsii \ n. 2, p. 62), in base alla sola critica opportunistica borghese, che il marxismo è « scosso » e ha promesso da parte sua di « rivederlo » in modo nuovo e originale senza però fare assolutamente nulla per mantenere questa terribile promessa. 2. Perchè la tendenza socialista-rivoluzionaria cede, impotente, di fronte all’indirizzo dominante del pensiero politico-sociale russo, che deve essere chiamato liberalpopulista. I socialisti-rivoluzionari, ripe- tendo l’errore della « Volontà del popolo » " e di tutto il vecchio so- cialismo russo in generale, non vedono quanto sia debole e intrìnseca- mente contraddittorio questo indirizzo, e il loro contributo autonomo al pensiero rivoluzionario russo si limita ad aggiungere in tutto e per tutto qualche frase rivoluzionaria al decrepito armamentario della saggezza liberalpopulista. Il marxismo russo ha scalzato per primo le basi teoriche deirindirizzo liberalpopulista, ne ha messo a nudo il contenuto di classe borghese e piccolo-borghese, ha condotto e con- tinua a condurre la guerra contro di esso, senza turbarsi per il pas- PERCHE LA SOCIALDEMOCRAZIA DEVE DICHIARARE GUERRA.,. 159 saggio di tutto un gruppo di marxisti critici (= opportunistici) nel campo degli avversari. Ma i socialisti-rivoluzionari hanno assunto e continuano ad assumere in tutta questa guerra una posizione {nel migliore dei casi) di neutralità ostile, tenendo ancora una volta il piede in due staffe, ponendosi fra il marxismo russo (del quale essi hanno fatto propri solo miseri frammenti) e Pindirizzo liberalpopu- lista pseudosocialista, 3. Perchè i socialisti-rivoluzionari, per la loro suindicata totale mancanza di principi nelle questioni del socialismo internazionale e russo, non capiscono o non riconoscono Punico principio effettiva- mente rivoluzionario, la lotta di classe . Non capiscono che nella Russia attuale può essere veramente rivoluzionario e veramente socialista solo il partito che fonde il socialismo con il movimento operaio russo , il quale con forza e ampiezza sempre maggiori è generato dal ca- pitalismo in sviluppo. L’atteggiamento dei socialisti-rivoluzionari verso il movimento operaio russo è sempre stato quello di spettatori e dilettanti, e quando per esempio questo movimento è stato colpito (per il suo sviluppo straordinariamente rapido) dalla malattia del- P« economismo», i socialisti-rivoluzionari, da una parte, hanno gioito malignamente per gli errori di coloro che lavoravano al nuovo e diffìcile compito di destare le masse operaie e, dall’altra, hanno messo i bastoni fra le ruote al marxismo rivoluzionario, che condu- ceva, e conduceva vittoriosamente, la lotta contro leconomismo. L’at- teggiamento ambiguo verso il movimento operaio conduce inevitabil- mente, in pratica, all’allontanamento da esso, e grazie a questo allon- tanamento il partito socialista-rivoluzionario è stato privato di ogni base sociale. Esso non si appoggia su nessuna classe sociale, perchè non si possono chiamare classe i gruppi di intellettuali instabili, che chia- mano « ampiezza » la loro indecisione e mancanza di principi. 4. Perchè, col suo atteggiamento sprezzante verso l’ideologia so- cialista e col desiderio di appoggiarsi contemporaneamente e in eguale misura tanto sugli intellettuali quanto sul proletariato e sui conta- dini, il partito dei socialisti-rivoluzionari conduce inevitabilmente (lo voglia o no) all asservimcnto politico e ideologico del proletariato russo da parte della democrazia borghese russa. L’atteggiamento sprezzante verso la teoria, l’ambiguità e le tergiversazioni nei con- fronti dell’ideologia socialista fanno inevitabilmente il giuoco del- l’ideologia borghese. Gli intellettuali russi e i contadini russi, come i6o LENIN strati sociali, messi a confronto con il proletariato, possono essere un sostegno solo per il movimento democratico borghese . Questa non è soltanto una considerazione che scaturisce necessariamente da tutta la nostra dottrina (secondo la quale, per esempio, il piccolo produt- tore è rivoluzionario solo in quanto rompe tutti i ponti con la so- cietà a economia mercantile e capitalistica e adotta il modo di vedere del proletariato), no, è anche un fatto vero e proprio, che già ora incomincia a manifestarsi. £ nel momento del rivolgimento politico e il giorno dopo questo rivolgimento tale fatto si manifesterà inevi- tabilmente con forza ancora maggiore. Il socialismo-rivoluzionario è una manifestazione dclTinstabilità ideologica piccolo-borghese c del- rinvolgarimento piccolo-borghese del socialismo contro cui la social- democrazia deve sempre condurre e condurrà una guerra risoluta. 5. Perchè anche le rivendicazioni programmatiche pratiche che i so- cialisti-rivoluzionari sono riusciti, non dirò a porre, ma almeno ad abbozzare, hanno già rivelato con assoluta chiarezza quale danno im- menso arreca, in pratica, la mancanza di principi di questa tendenza. Per esempio, il programma agrario minimo delineato (forse sarebbe più esatto dire : disperso fra le fruste premesse del nostro populismo) sul n. 8 della Revoliutsionnaia Rossia, in primo luogo, induce in errore sia i contadini, promettendo loro come « minimo » la socializzazione della terra, sia la classe operaia, facendole sorgere idee del tutto sbagliate sul vero carattere del movimento contadino. Promesse così avventate non fanno che compromettere un partito rivoluzionario in generale, e in particolare la dottrina del socialismo scientifico sulla socializzazione di tutti i mezzi di produzione come nostro scopo finale. In secondo luogo, includendo nel loro programma minimo l’ap- poggio e lo sviluppo delle cooperative, i socialisti-rivoluzionari ab- bandonano completamente il terreno della lotta rivoluzionaria e svi- liscono il loro preteso socialismo riducendolo al più dozzinale riformismo piccolo-borghese. In terzo luogo, insorgendo contro la rivendicazione socialdemocratica della soppressione di tutte le pa- stoie medievali, che immobilizzano la nostra obstcina> inchiodano il contadino al suo lotto, lo privano della libertà di trasferirsi e sono inevitabilmente la causa della sua sottomissione come ceto, i socia- listi-rivoluzionari hanno dimostrato di non essersi potuti nemmeno salvaguardare dalle dottrine reazionarie del populismo russo, 6. Perchè, includendo nel loro programma il terrorismo e propu- PERCHE LA SOCIALDEMOCRAZIA DEVE DICHIARARE GUERRA... l6l gnandolo, nella sua forma odierna, come mezzo di lotta politica, i so- cialisti-rivoluzionari arrecano un danno gravissimo al movimento, distruggendo ij legame inscindibile tra l’attività socialista e le masse della classe rivoluzionaria. Nessuna assicurazione verbale, nessun giu- ramento può smentire il fatto certo che il terrorismo, come oggi viene esercitato e propugnato dai socialisti-rivoluzionari, non ha nessun le- game con il lavoro fra le masse, per le masse e insieme alle masse; che gli atti terroristici organizzati dal partito distolgono le nostre forze organizzative, estremamente scarse, dal loro compito difficile, e ancora lontano dall’essere realizzato, di organizzare un partito operaio rivoluzionario; che di fatto il terrorismo dei socialisti-rivolu- zionari non è altro che un duello , condannato in pieno dallesperienza storica. Persino i socialisti stranieri incominciano a essere urtati dalla chiassosa predicazione del terrorismo svolta oggi dai nostri socialisti- rivoluzionari. Fra le masse operaie russe questa predicazione semina addirittura illusioni nocive, secondo cui il terrorismo costringerebbe «gli uomini a pensare politicamente anche contro la loro volontà» {Revoliutsionnaia Rossi a, n. 7, p. 4), secondo cui esso potrebbe, « meglio che non mesi di propaganda orale, far cambiare opinione... a migliaia di persone sui rivoluzionari e sul significato [!!] della loro attività », secondo cui esso sarebbe capace di « infondere nuove forze negli esitanti, negli scoraggiati, in coloro che sono abbattuti per l’esito pietoso di molte dimostrazioni » (ivi), ecc. Queste illusioni nocive pos- sono condurre solo a una rapida delusione e all’indebolimento del la- voro di preparazione per l’assalto delle masse contro l’autocrazia. Scritto nel giugno-luglio 1902, Pubblicato per la prima volta nel 192* in /Vogr^/or, n. 14. Il 7(0 DUE LETTERE A I. I. RADCENKO*’ I Caro amico, innanzi tutto mi congratulo vivamente con voi (e con i vostri amici) per l'immenso successo: avete potuto accingervi alla riorganizzazione del comitato locale. Ciò può segnare una svolta in tutto il nostro movimento, e perciò il vostro compito più impor- tante c urgente è quello di procedere sino in fondo a questa riorga- nizzazione. Guardatevi assolutamente dalle imprudenze, altrimenti non farete in tempo ad adempierlo. Entro in argomento. Voi chiedete di essere aiutato «con un ab- bozzo concreto di piano di lavoro locale nel quadro dellattività ge- nerale in Russia ». Per soddisfare suhito la vostra richiesta, per ora vi scrivo io, personalmente (per non trascinare le cose in lungo; dovrei prendere contatto con gli altri membri della redazione sparsi ora in luoghi diversi; forse in seguito vi scriveranno anche loro). Non sono del tutto sicuro di aver capito bene la vostra richiesta. Quel che io so, ora, lo so dalla vostra lettera del 2 giugno e dalla lettera di 2a 3 b sui due vostri incontri (voi, 2a 3 b e Krasikov) con Vania (Unione di Pie- troburgo). A giudicare da queste lettere (particolarmente dalla se- conda) Vania « ha mostrato di condividere ora le nostre idee, ricono- scendo francamente che la sua precedente posizione era errata ». Con- tinuerò dunque a scrivere tanto a voi quanto a Vania e vi lascio piena libertà di giudicare dell’opportunità di consegnare la mia lettera a lui {e a Mania = organizzazione operaia) ora o più tardi, di darla loro nel suo testo integrale o con alcune correzioni, che in caso di necessità vi autorizzo anche a fare (comunicandocele naturalmente tutte, se possibile). A rigore, non posso certo darvi subito un « abbozzo concreto di piano di lavoro locale nel quadro dell'attività generale in Russia»: i66 LENIN non posso adempiere questo compito senza essermi prima ripetuta- mente consigliato a fondo tanto con Vania quanto con Mania. Tutto quello che posso darvi è un abbozzo dei passi pratici che devono es- sere fatti immediatamente, prima di tutto da Vania, dato che è dive- nuto un nuovo Vania o vuole de facto divenire tale. E mi sembra che i passi indicati da tutti voi nel secondo incontro con Vania (e descritti nella lettera di 2a 3b) siano del tutto giusti. Sono comple- tamente d’accordo nel ritenere che « la prima cosa che si deve fare è quella di dichiararsi apertamente sostenitori di determinate opinioni ». Questa è precisamente la prima cosa da fare, e si può fare solo con una dichiarazione pubblica u . So bene che la maggior parte o molti dei compagni di Vania (cioè dei comitati e dei loro membri) sono fortemente prevenuti contro queste dichiarazioni pubbliche o almeno non vi sono abituati. È pienamente comprensibile se si pensa allo stadio che il movimento ha già percorso e agli errori che hanno già dovuto essere confutati. Ma precisamente perchè Vania occupa una posizione così importante, precisamente perchè ha dichiarato prima in modo aperto le sue vecchie concezioni, che divergevano nettamente da quelle « iskriste », precisamente per questo consiglierei con parti- colare calore ai compagni (= a Vania) di superare questa mancanza di abitudine e questa prevenzione. Il nostro lavoro locale sino ad oggi è stato soprattutto danneggiato dalla sua ristrettezza e dal suo isola- mento, dal fatto che i militanti locali non vogliono accingersi attiva- mente e decisamente a elaborare le questioni generali del partito. Vania, entrando nelle file dei sostenitori della socialdemocrazia ri- voluzionaria, rompa subito con questa tradizione e dichiari pubblica - mente quali sono le sue concezioni teoriche fondamentali e le sue idee sull 1 organizzazione , dica che ora esso si accinge ad attuare queste idee, invitando tutti gli altri comitati a seguirlo. Questa dichiarazione avrà un’immensa importanza tanto per Vania quanto per tutta la Russia, sarà già di per sè una grande opera . Non. si deve temere di offendere i vecchi amici di Vania che si attengono a concezioni di- verse: ogni ombra d’offesa sarà cancellata proprio dal fatto che Vania stesso riconosce apertamente e sinceramente che i fatti e l’espe- rienza l’hanno convinto che le concezioni teoriche, i principi tattici e i piani organizzativi precedenti, legati in un modo o nell’altro al- l’economismo, erano errati. Non ci sarà nemmeno l’ombra di un attacco contro queste vecchie concezioni, ma il semplice riconosci- DUE LETTERE A I.I, RADCENKO 167 mento della propria evoluzione. La rettitudine e la franchezza di questo riconoscimento eserciterà una influenza dieci volte maggiore sulla reale unione di tutti i socialdemocratici russi e sulla totale ces- sazione della « polemica » fra di loro che non un centinaio di proteste contro la «polemica». Quindi, prima di tutto e soprattutto una pubblica dichiarazione sulla stampa (su un foglio locale o sull’/r^rtf, meglio sarebbe sull’uno e suH*altra). Questo passo non si deve assolutamente rinviare nem- meno di una settimana, perchè senza di esso tutti gli altri possono fa- cilmente rimanere infruttuosi (arresti ecc.), mentre facendolo si con- solida subito il nuovo cammino. Che cosa dovrebbe dire questa dichiarazione? Se Vania mi chie- desse in proposito un consiglio fraterno (ma naturalmente non prima che me lo chiedesse\ risponderei: 1. Affermare che si abbandonano le vecchie concezioni (teoriche, tattiche, organizzative), caratteriz- zando nel modo più generico (possibilmente in una o due parole) que- ste concezioni. 2. Dichiarare che si passa fra i sostenitori dell Vr^ra, di cui si accettano le concezioni teoriche, tattiche e organizzative e che si riconosce Visura come organo direttivo (NB: direttivo non si- gnifica affatto che sia obbligatorio essere d’accordo in tutto con questo giornale. Significa, precisamente, solo che si è solidali con i suoi prin- cipi direttivi . Si può benissimo riconoscere questi principi e al tempo stesso dire che esistono dissensi parziali, se veramente esistono; che si desiderano certi cambiamenti e affermare che, quale odierno sosteni- tore del Visura, li propugnerò , cercherò di farli accettare da essa, dal- YIs{ra). 3. Proclamare, in primo luogo, che è necessaria la unificazione o, meglio, la ricostituzione del partito operaio socialdemocratico pan- russo, veramente unito mediante il lavoro comune, che deve incomin- ciare dal raggruppamento dei compagni attorno all 'Is{ra per trasfor- marla in uno strumento di agitazione effettivamente generale fra il popolo, lavoro che deve condurre alla creazione di un’organizzazione combattiva per tutta la Russia, capace di condurre l’assalto deci- sivo contro l’autocrazia. 4. Riconoscere (cosa già fatta, ma ancora non pubblicata da Vania) che è necessario riorganizzare la struttura e il funzionamento di Vania e Mania (loro rapporti, ecc.), pro- clamare (per così dire) la revisione di questa struttura. 5. Rico- noscere la necessità di avvicinarsi più strettamente e di fondersi con l’organizzazione russa AeWIskra per adempiere i compiti che d’ora in i68 LENIN poi saranno comuni a Vania e a questa organizzazione. 6. Mandare uno o alcuni (forse da parte di Vania o di Mania, ecc.) membri del comitato di Pietroburgo per organizzare il passaggio immediato al- l’attuazione pratica di quanto si è detto sopra, cioè alla fusione con Visura e all* unificazione del partito t . Naturalmente il sesto di questi punti non può essere assolu- tamente pubblicato, e lo stesso vale forse anche per altri punti. Nella dichiarazione si potrebbero indicare con dei puntini le parti omesse con la riserva esplicita che determinati (o « i seguenti ») punti non possono essere pubblicati per motivi di clandestinità. Ma, ripeto, se Vania è divenuto effettivamente un nostro sostenitore, non deve pro- crastinare questa dichiarazione nemmeno di una settimana. In questa riunione dei delegati del comitato di Pietroburgo con Sonia (organizzazione russa dellVr^nr) e con la redazione dellVr^nz (all’estero) verrà appunto già elaborato un vero piano concreto non solo per trasformare Inattività di Pietroburgo, ma anche addirittura per unificare il partito, costituire il comitato d’organizzazione per la preparazione del secondo congresso del partito, ecc. ecc. ecc. Inoltre, nella vostra seconda riunione è stato previsto che € prima di realizzare il progetto menzionato [l’invio di delegati all’estero in luglio] si debba conoscere la situazione nelle diverse località della nostra immensa patria, per poter avere una base di giudizio nel con- gresso >. Questa decisione (per dirla francamente) la ritengo sbagliata e vi consiglierei di rinunciarvi. Ciò significa andare per le lunghe e voler ottenere troppo in una volta. Innanzi tutto cerchiamo di otte- nere un primo risultato: mettiamoci d’accordo (noi e Vania), e questo equivarrà già alla piena solidarietà di Vania con Sonia. Quando esi- sterà tale solidarietà, il seguente compito pratico (un giro per la Rus- sia) sarà adempiuto con molta facilità da Vania + Sonia (+ op- pure = ?). Ma adesso non c'è motivo di andarsene uno qua uno là: prima (i) convinceremo definitivamente Vania e Mania, poi (2) di- chiareremo pubblicamente il nostro punto di vista, quindi (3) ci accorderemo immediatamente con Visura (all’estero, dove Visura ha già tutto un archivio di dati sulla situazione nelle diverse località della nostra immensa patria: non disprezzate questo archivio, com- pagni!) e (4) con Sonia, e allora, infine, (5) si potrà andare in giro • Questo (§ 6) è stato anche già deciso de facto nella vostra seconda riunione: l’invio alPestero per accordarsi definitivamente. DUE LETTERE A 1.1. RADCENKO 169 per la Russia con il compito pratico preciso di unificare concreta- mente il lavoro (e di convocare il congresso generale del partito). Eccovi, se volete. l’« abbozzo concreto di un piano » dei compiti pratici immediati. Se il § 2 presenterà difficoltà, si può mettere al primo posto il § 3 (questo porterà indubbiamente a un certo ritardo, ma in determinate condizioni il ritardo è inevitabile). Ma bisogna in- sistere a ogni costo tanto sul punto 2 quanto sul punto 3. Inoltre è estremamente importante che i membri di Vania che vengono qui sia- no muniti dei più vasti poteri possibili, che possibilmente siano due e non uno (sebbene ciò dipenda interamente dalle condizioni locali, cosa che voi potete vedere molto meglio). Mi sembra che con questo si possa anche concludere. Scrivetemi per favore, al più presto la vostra opinione: ho capito bene la vostra richiesta? è attuabile il mio «piano concreto»? ecc. Temo un po’ che le cose non vadano ancora tanto bene, che Vania non ci sostenga ancora in pieno. Particolarmente sospetto è il fatto che a Mania non sia stato dato tuttora Che fare? Sarebbe bene che faceste un’altra riunione con Vania in pieno (vale a dire con la presenza di tutto il comitato di Pietroburgo): sarebbe estremamente importante per chiarire con precisione se abbiamo avversari, quali sono precisamente e di che genere sono i punti principali da loro sostenuti. Egualmente importante sarebbe che vi vedeste direttamente con Mania. Affrettate, per quanto possibile e ad ogni costo, il viaggio di Vania (e sarebbe bene anche di Mania! Vengano direttamente a Londra: date loro im- mancabilmente l’indirizzo di Londra di Mestceriakov e in più quello belga, per ogni eventualità). Se vi riuscirete, sarà già un immenso successo che garantirà i frutti del vostro lavoro anche se veniste poi subito arrestati tutti. Non dimenticate che anche questo caso è molto probabile e perciò garantitevi al più presto con un primo passo con- creto (dichiarazione, viaggio). Se Vania diviene in realtà pienamente nostro , allora tra qualche mese faremo il secondo congresso del partito e trasformeremo Visura in organo del partito bimensile e poi anche settimanale. Cercate di convincere Vania che noi non pensiamo di distogliere nessuno dal lavoro locale , e Pietroburgo è una « località > che ha anche un’impor- tanza generale diretta per la Russia; che la fusione di Vania con Sonia rafforzerà immensamente il lavoro locale c nel medesimo tempo farà LENIN 170 uscire subito tutto il partito dal suo stato semifantomatico facendolo divenire non solo una realtà, ma anche una forza di prim ordine. Una forte stretta di mano. Il vostro Lenin . Scritta il 3 (16) luglio 1902. Pubblicata per la prima volta nel 1924 in Prole tarsiata Revoliutna, n. 3. II Caro amico, la vostra comunicazione, da noi ricevuta recente- mente, sulla scarcerazione degli amici, « alleati », di Vania (= soste- nitori del Raboceie Dicló) suscita nuovamente in noi parecchi dubbi. Rimarrà ancora fermo nella sua posizione Vania? Ponetegli co- munque nettamente la domanda, cercate di ottenere una risposta pre- cisa, e se è negativa svergognatelo con le espressioni più risolute e, in ogni caso, comunicate immediatamente a noi come stanno le cose. Se Vania è di nuovo sfuggito (o almeno sfugge) dalle nostre mani, a maggior ragione è necessario che esercitiate sforzi triplicati su Mania : se possibile, direttamente su di lei; se non è possibile, tramite i vostri nuovi amici, del colloquio con i quali ci avete scritto in modo così particolareggiato e interessante. Vi dovete porre il compito (nel caso che Vania dia prova di una sia pur minima incertezza e ambiguità) di preparare la guerra degli iskristi di Pietroburgo contro i residui deireconomismo. Natural- mente non è necessario parlare loro di questa guerra, ma si deve prepararla con tutte le forze e possibilmente su entrambi i fronti. Sforzatevi cioè, in primo luogo, di mantenere le relazioni personali che avete allacciato con i nostri amici della metà intellettuale di Vania, cercate di vederli spesso, di influire su di loro, di provocare in loro la vergogna, di incontrarvi con i loro giovani, di preparare il distacco degli iskristi dagli elementi ambigui. Il secondo fronte, molto più im- portante, è costituito dagli operai. Il vostro circolo è un terreno ec- cellente e dovete prima di tutto ottenere che esso sviluppi la sua ostilità contro Vania, ne divenga consapevole e le dia un’espressio- ne ben determinata. Cercate di dare al circolo Che fare? e di ottenerne (questo non è molto difficile, a giudicare dalla vostra lettera) la più I 7 2 LENIN completa solidarietà; sottolineate inoltre particolarmente e fortemente che il Che fare? è diretto appunto e in modo principale contro gli ele- menti del tipo di quelli « del comitato di Pietroburgo ». Mettete i puntini sugli «i» nelle conversazioni con i membri del circolo, citate costantemente Vania come esempio di ciò che è male, come esempio di quel che non si deve fare. Sono dispostissimo ad aiutarvi con tutto quel che posso, per esempio con una serie di lettere al circolo. Questo circolo diventi innanzi tutto coscientemente e pienamente iskrista, coscientemente e incondizionatamente ostile a tutto il vecchio «grup- po di Pietroburgo», tanto alla Rabociaia Mysl e al Rabocieie Dielo quanto a ogni indecisione. Allora {ma solo allora ) ecco che cosa fa- remo: la dichiarazione che avevate consigliato a Vania di fare e sulla quale vi ho scritto in modo particolareggiato, verrà fatta, naturalmente in forma alquanto diversa, dal circolo, che leverà la « bandiera dell’in- surrezione» contro gli economisti di Vania e lancerà una vera cam- pagna allo scopo di conquistare alla propria causa tutta Mania. Non dubito nemmeno per un istante che questa campagna si con- cluda con una rapida e totale vittoria e ritengo che la difficoltà prin- cipale non stia nel lanciare la campagna, ma precisamente nel con- durre gli uomini a parteciparvi direttamente, a non fare nuovamente lo sbaglio di venire a compromessi con Vania, di fargli piccole con- cessioni, di rinviare, ecc. Assolutamente nessun compromesso, guerra implacabile contro i sia pur minimi residui di economismo e di lavoro artigiano: ecco secondo me il compito che vi dovete porre nel circolo. È meglio perdere in preparativi tre mesi, sei mesi e più, ma ottenere che si crei un circolo iskrista combattivo , piuttosto che unire elementi non del tutto preparati con i diplomatici e i temporeggiatori di Vania. Approfittate del fatto che per il circolo avete le mani libere e at- tuate la vostra linea con decisione, tenendo a distanza gli elementi che non sono pienamente nostri. Se agirete in questo modo, i tentennamenti e le esitazioni di Vania non si ripercuoteranno su di voi e avrete un vostro punto d'appoggio. E se talvolta sarete costretto a fare del politicantismo con Vania, nel circolo invece non fatene assolutamente, ma comportatevi sempre con intransigenza contro Vania. La vostra tattica allora sarà semplice: se Vania si avvicina a voi, blanditelo, ma tenetevi ben preparati a col- pirlo, non gli nascondete cioè che quello è poco, che deve passare com- pletamente dalla nostra parte ed entrare nelle nostre file e che voi DUE LETTERE A I.I. RADCENKO 173 non vi accontentate di poco. Se Vania si allontana non dovete perdo- nargli nessun errore, nessuno sbaglio. Uno dei compiti principali deve essere quello di coglierlo in fallo in ogni occasione, di denun- ciare e criticare implacabilmente nel circolo (e, secondo le possibilità, talvolta anche sullYr^ra) i suoi sbagli. In una parola, attenetevi fermamente con Vania al principio: con te voglio la pace e quindi contro di te preparo con tutte le forze la guerra. Per concludere, un consiglio pratico. Vania è per natura diplo- matico e pedante. Egli ha sollevato ora la questione del rifacimento del vecchio edificio ed è molto probabile che dietro il plausibile schermo di questa « revisione della struttura » vada per le lunghe, proponga migliaia di compromessi, ecc. Non abboccate aliamo. Scher- nite spietatamente la passione per la compilazione di statuti. Non si tratta di compilare statuti, e chi pensa che, muovendo da certe idee tattiche organizzative, si possa scrivere uno statuto modello non ca- pisce assolutamente nulla e deve quindi essere combattuto sino in fondo. Se Vania si immagina di poter discutere coi suoi amici, da cima a fondo, il nuovo statuto, modificarne 40 paragrafi su 50. e poter poi fare « un bel banchetto di nozze », cioè poter poi rinnovare il la- voro in base al nuovo statuto, se egli (come tutto fa ritenere) lo immagina, vuol dire che ha abbandonato solo a parole i vecchi pre- giudizi, ma in realtà conserva ancora idee stolte a iosa, che è necessario combattere decisamente. Attaccate la pedanteria e il formalismo e dimostrate che non statuti ci occorrono ora, ma ci occorre 1) met- terci d’accordo sulle idee, dopo avere riflettuto su di esse sino in fondo e 2) intendersi nello stesso lavoro pratico. Questo è il nostro punto di vista, e ce ne infischiamo del vostro (di Vania) giuoco con gli statuti. Noi dichiariamo apertamente: voi sapete e dovete conoscere non solo dalle pubblicazioni, ma anche dagli incontri personali in Russia e airestero (questi incontri sono inevitabili neirattività rivoluzionaria) chi siamo, che cosa vogliamo e come lavoriamo. Se volete marciare al nostro fianco, dichiaratelo aper- tamente, non tergiversate e ricordate che noi combatteremo « mili- tarmente » contro ogni tergiversazione. Non crediate di riuscire a nasconderci le vostre tergiversazioni con la revisione degli statuti, ecc. Se volete marciare con noi, mettetevi subito al lavoro, e allora vedrete che lo stesso lavoro, condotto in legame con un giornale per J 74 LENIN tutta la Russia, attorno a questo giornale e sulla sua base, ci indi- cherà quali nuove forme occorrono e ci indicherà probabilmente (anzi indubbiamente) che se c’è una vera attività concreta queste forme si delineano da sè senza alcuno statuto. E quando saremo forti, organizzeremo quattro volte all’anno conferenze e incontri in Russia e due volte all’anno all’estero (o viceversa, secondo le circostanze) e stabiliremo in queste conferenze qualsiasi statuto (per dirla semplice- mente: manderemo al diavolo qualsiasi statuto). Vi stringo fortemente la mano e attendo con impazienza la ri- sposta per sapere se le mie lettere colgono nel segno, se cioè vi danno quel che vi occorre. Vostro Lenin . Scrìtta il 9 (22) luglio 1902. Pubblicata per la prima volta nel 1928 nelle Opere di V. /. Lenin , voi. 5. AVVENTURISMO RIVOLUZIONARIO I Stiamo attraversando tempi agitati, in cui la storia della Russia procede a passi da gigante, e ogni anno conta talvolta più di decenni pacifici. Si fa il bilancio del cinquantennio che è seguito alla ri- forma, si posano le prime pietre per le costruzioni politico-sociali che saranno per molto tempo decisive per le sorti di tutto il paese. Il movimento rivoluzionario continua a svilupparsi con sorprendente rapidità e le « nostre tendenze » maturano (e si avvizziscono) in modo straordinariamente rapido. Le tendenze che hanno solide fon- damenta nella struttura di classe della Russia, paese capitalistico in rapido sviluppo, trovano quasi subito il « loro posto » e tastano il polso alle classi loro affini. Un esempio: l'evoluzione del signor Struve, al quale i rivoluzionari operai appena un anno e mezzo fa volevano « strappare la maschera » di marxista e che ora già si presenta senza maschera, come capo (o servitore?) dei grandi proprietari fondiari liberali, fieri del loro solido buon senso. Le tendenze che esprimono invece solo la tradizionale instabilità di idee degli strati intermedi e indefiniti delTintellettualità si sforzano di sostituire al legame con de- terminate classi un'azione tanto più chiassosa quanto più fortemente si fanno sentire gli eventi. «Facciamo chiasso, fratello, facciamo chiasso » : questa è la parola d'ordine di molte persone che sono orien- tate in senso rivoluzionario, che si lasciano trascinare dal turbine degli avvenimenti e non hanno basi nè teoriche nè sociali. A queste tendenze « chiassose » appartengono anche i « socialisti- rivoluzionari », la cui fisionomia si delinea sempre più nettamente. Ed è tempo ormai che il proletariato osservi con attenzione questa i 7 6 LENIN fisionomia e possa esattamente sapere chi sono in realtà coloro i quali cercano la sua amicizia con insistenza tanto maggiore quanto più sentono di non poter esistere come tendenza a sè, senza uno stretto legame con la classe sociale effettivamente rivoluzionaria. Tre fatti di diverso ordine hanno contribuito a chiarire sempre più la vera fisionomia dei socialisti-rivoluzionari. Il primo è la scissione fra la socialdemocrazia rivoluzionaria e l’opportunismo, il quale rialza la testa sotto la bandiera della « critica del marxismo ». Il secondo, l'uc- cisione di Sipiaghin da parte di Balmascev e la nuova svolta verso il terrorismo neirorientamento di alcuni rivoluzionari. Il terzo, e prin- cipale, il recentissimo movimento fra i contadini, che ha costretto coloro i quali erano abituati a tenere il piede in due staffe e non hanno nessun programma, a presentare post factum qualcosa che asso- migli a un programma. Esamineremo tutti e tre questi fatti, pre- mettendo che in un articolo di giornale si può soltanto accennare bre- vemente ai capisaldi della nostra argomentazione, e che per esporla con maggiori particolari dovremo probabilmente ancora ritornarci sopra in un articolo di rivista o in un opuscolo. I socialisti-rivoluzionari si sono decisi a fare una dichiarazione teorica di principio solo sul n. 2 del Viestni\ Russì{oi Rcvohutsii , nell’editoriale non firmato: Lo sviluppo mondiale e la crisi del so- cialismo. Raccomandiamo vivamente questo articolo a tutti coloro che vogliono rappresentarsi chiaramente in che consistono la più totale mancanza di principi teorici e l’instabilità (e anche l’arte di nascon- derla sotto un torrente di parole). Tutto il contenuto di quest’articolo, veramente rimarchevole, può essere riferito in due parole. Il socia- lismo si è trasformato in una forza mondiale. 11 socialismo (~ il marxismo) si scinde ora in seguito alla guerra dei rivoluzionari (gli «ortodossi») contro gli opportunisti (i «critici»). Noi, socialisti-rivo- luzionari, « naturalmente » non abbiamo mai avuto simpatia per l’opportunismo, ma la « critica », che ci ha liberato dal dogma, ci fa andare in brodo di giuggiole; anche noi ci accingiamo a rivedere questo dogma e, pur non avendo ancora mosso assolumente nessuna critica, tranne quella opportunistica-borghese, pur non avendo ancora riveduto assolutamente nulla, questa nostra libertà dalla teoria deve esserci ascritta a particolar merito. E tanto più in quanto, come uo- mini liberi dalla teoria, noi sosteniamo con fervore l’unificazione generale, condanniamo energicamente ogni dissenso teorico, di prin- avventi: R 1 SMO R 1 VOLL'Z I ONAR IO 177 cipio. « Una seria organizzazione rivoluzionaria — ci assicura con grande serietà il Viesthi\ Russai Revoliutsii (n. 2, p. 127) — rinun- cerebbe a risolvere le questioni controverse della teoria sociale, le quali eternamente suscitano scissioni, il che naturalmente non deve impe- dire ai teorici di cercarne la soluzione», o, più chiaramente: lo scrittore scriva, il lettore legga e noi, finché le cose si trascinano, ci rallegriamo per il posto vuoto, rimasto libero. Non è il caso, naturalmente, di esaminare in modo serio questa teoria della deviazione dal socialismo (che approfitta delle controver- sie). Secondo noi, la crisi del socialismo impegna precisamente i sociali- sti che abbiano un minimo di serietà a rivolgere la più grande atten- zione alla teoria, a prender con maggior decisione posizioni rigorosa- mente determinate, a differenziarsi più nettamente dagli elementi tentennanti e malsicuri. Secondo i socialisti-rivoluzionari, invece, dato che « persino fra i tedeschi » esiste la scissione e Io sbandamento, a noi russi dio stesso ha comandato di essere fieri del fatto che non sappiamo noi stessi dove andiamo. Secondo noi, la mancanza di teoria nega a una tendenza rivoluzionaria il diritto di esistere e la condanna inevi- tabilmente, presto o tardi, al fallimento politico. Secondo i socialisti- rivoluzionari, invece, la mancanza di teoria è cosa ottima, particolar- mente comoda «per l’unificazione». Come vedete, con loro non possiamo intenderci, perchè parliamo due linguaggi diversi. L’unica speranza è che li riconduca alla ragione il signor Struve, che parla an- che lui (ma un pp* più seriamente) della eliminazione del dogma e del fatto che il « nostro » compito (come il compito di ogni bor- ghesia che si rivolge al proletariato) non è di dividere, ma di unire. Vedranno un giorno i socialisti-rivoluzionari, signor Struve aiutando, che cosa significa in realtà la loro posizione: liberarsi dal socialismo per unificare, e unificare approfittando della liberazione dal socia- lismo. Passiamo al secondo punto, alla questione del terrorismo. Difendendo il terrorismo, di cui lesperienza del movimento rivo- luzionario russo ha dimostrato così chiaramente Tinefficacia, i socia- listi-rivoluzionari si fanno in quattro per dichiarare che il terrorismo Io accettano soltanto se unito al lavoro fra le masse; e che perciò gli argomenti con i quali i socialdemocratici russi hanno confutato (e l’hanno confutata per lungo tempo) lopportunità di questo metodo di lotta non li riguardano. Qui si ripete una storia molto simile a * 7 8 LENIN quella del loro atteggiamento verso la « critica ». Noi non siamo op- portunisti — gridano i socialisti-rivoluzionari — e nel medesimo tempo passano agli archivi il dogma del socialismo proletario basan- dosi unicamente sulla critica opportunistica. Noi non ripetiamo gli errori dei terroristi, non ci distogliamo dal lavoro fra le masse, as- seriscono i socialisti-rivoluzionari, e nel medesimo tempo insistono nel raccomandare al partito atti come l’uccisione di Sipiaghin da parte di Balmascev, sebbene tutti sappiano e vedano perfettamente che questo atto non ha avuto nessun legame con le masse, e non poteva averlo per il modo come è stato compiuto, che le persone che l’hanno compiuto non facevano assegnamento e non speravano in nessuna azione o appoggio determinati della folla. I socialisti-rivoluzionari in- genuamente non s’accorgono che la loro inclinazione per il terrorismo è legata, con il più stretto nesso causale, al fatto che essi sin dall’inizio erano, e continuano a rimanere, staccati dal movimento operaio e nemmeno cercano di divenire il partito della classe rivoluzionaria che conduce la sua lotta di classe. Un solenne giuramento induce molto spesso a stare in guardia e a sospettare che la vivanda che ha bisogno di molte spezie non sia genuina. E spesso ricordo l’espressione «non ne avete abbastanza di giurare? > quando leggo le affermazioni dei socialisti-rivoluzionari : con il terrorismo non ci scostiamo dal la- voro fra le masse. E lo affermano coloro che già si sono scostati dal movimento operaio socialdemocratico, che effettivamente solleva le masse, e continuano a scostarsi, afferrandosi ai frammenti di teorie d’ogni genere. Quanto si è detto può essere illustrato magnificamente dal mani- festo del 3 aprile 1902 pubblicato dal « partito socialista-rivoluzio- nario ». Questa è la fonte più autentica, più viva, più vicina ai suoi diretti esponenti. Secondo la preziosa testimonianza della Revoliu • isionnata Rossia (n. 7, p. 24) *, « il modo in cui questo manifesto impo- • Veramente, la Rcvoliutsionnaia Rossia anche su questo punto ricorre il un certo equilibrismo. Da una parte c piena coincidenza », dall’altra accenno aH’c esa* gerazione ». Da una parte il giornale dichiara che questo proclama è stato re- datto da t un solo gruppo » di socialisti-rivoluzionari. Dall’altra abbiamo il fatto che nel manifesto è scritto: « Edito dal par/i/o socialista-rivoluzionario * e che, inoltre, vi è ripetuto il motto della stessa Rcvoliutsionnaia Rossia « Nella lotta conquisterai il tuo diritto ». Comprendiamo che per la Rcvoliutsionnaia Rossia sia sgradevole toccare questo punto scabroso, ma pensiamo che in simili casi sia veramente sconveniente AVVENTURISMO RIVOLUZIONARIO 179 sta la questione della lotta terroristica coincide pienamente con la concezione del partito ». Il manifesto del 3 aprile ricalca con gran cura la « nuovissima » argomentazione dei terroristi. Balzano agli occhi prima di tutto le parole : « Noi facciamo appello al terrorismo non per sostituirlo al lavoro fra le masse, ma precisamente per fare questo stesso lavoro e per farlo contemporaneamente ». Balzano agli occhi perchè sono state composte con caratteri tre volte più grandi di quelli adoperati per la parte rimanente del testo (come ha fatto naturalmente anche la Revo - liutsionnaia Rossia ). In realtà la cosa è molto semplice! Si pubblica in grassetto « non per sostituire, ma insieme », e tutti gli argomenti dei socialdemocratici, tutto Pinsegnamento della stoiia d’un tratto scom- paiono. Provate poi a leggere tutto il proclama e vedrete che il giu- ramento in grassetto nomina invano le masse. Il tempo « in cui il popolo lavoratore uscirà dalle tenebre » e « con una potente ondata popolare frantumerà le ferree porte» «ahimè!» (ahimè!: letteral- mente così) « non verrà ancora tanto presto, ed è orribile pensare a tutte le vittime che ancora ci saranno! ». Queste parole: « ahimè, non ancora tanto presto» non vogliono forse dire che non si comprende affatto il movimento delle masse, e non si crede affatto in esso? Questo argomento non è stato forse appositamente escogitato a derisione del fatto che il popolo lavoratore già si sta sollevando? E, infine, anche se questo frusto argomento fosse tanto fondato quanto in realtà è as- surdo, ne scaturirebbe con particolare risalto Pinefficacia del terrorismo, perchè senza il popolo lavoratore qualsiasi bomba è impotente, pale- semente impotente. Ascoltate il seguito: «Ogni colpo terroristico sottrae in un certo senso una parte della sua forza alPautocrazia, e tutta questa forza [!] la trasferisce [!] ai combattenti per la libertà». «E una volta che il terrorismo sarà impiegato sistematicamente [!], è chiaro che la bilancia traboccherà infine dalla nostra parte ». Sì, sì, per chiunque è chiaro che abbiamo dinanzi a noi, nella sua forma più grossolana, il maggior pregiudizio del terrorismo: l'assassinio politico di per sè « trasferisce la forza! » Eccovi da una parte la teoria del trasferi- giocarc a rimpiattino. Anche per la socialdemocrazia rivoluzionaria l'esistenza del- l'economismo era sgradevole, ma essa l’ha apertamente smascherato, senza mai cercare di indurre nessuno in errore. i8o LENIN mento della forza e dairaltra «non per sostituire, ma insieme...», Non ne avete dunque abbastanza di giurare? Ma questi sono fiorellini, i frutti verranno poi. «Chi colpire?», domanda il partito socialista-rivoluzionario, e risponde: i ministri e non lo zar perchè « lo zar non spingerà le cose agli estremi » (!! di dove Thanno saputo??), e inoltre «è anche più facile» (Ietterai- mente così!): «nessun ministro può starsene nel suo palazzo come hi una fortezza ». E, a coronamento di questa argomentazione, la seguen- te considerazione, che merita di essere eternata come modello della «teoria» dei socialisti-rivoluzionari : «Contro la folla l’autocrazia ha i soldati, contro le organizzazioni rivoluzionarie la polizia segreta e pubblica, ma che cosa lo salverà...» (chi? l’autocrazia? Fautore senza accorgersene ha già identificato l’autocrazia Con il ministro che è più facile colpire!) «... dai singoli individui o dai piccoli circoli che ininterrottamente, persino l’uno all’insaputa dell’altro [!!], si preparano ad attaccare e attaccano? Ogni forza è impotente contro l’inafferrabile. Quindi il nostro compito è chiaro: spazzar via ogni violentatore investito di potere dall’autocrazia con l’unico mezzo che l’autocrazia ci ha lasciato [!], vale a dire con la morte». Per quante montagne di carta possano scrivere i socialisti-rivoluzionari affermando che con la loro predicazione del terrorismo essi non scartano, non disorganizzano il lavoro fra le masse, non potranno confutare con fiumi di parole il fatto che la vera mentalità dell’odierno terrorista è resa con fedeltà proprio dal proclama citato. La teoria del trasferi- mento della forza viene completata naturalmente dalla teoria dell’inaf- ferrabilità, che capovolge definitivamente non solo tutta l’esperienza del passato, ma anche ogni sano ragionamento. Che l’unica « spe- ranza » della rivoluzione è la « folla », che contro la polizia può lottare unicamente un’organizzazione rivoluzionaria che diriga (concreta- mente e non a parole) questa folla, è una verità elementare. Ci si ver- gogna persino a doverlo dimostrare. E solo uomini che hanno di- menticato tutto e non hanno imparato assolutamente nulla, hanno po- tuto decidere il « contrario », arrivando a dire un’assurdità incredbiilc, che muove a sdegno, e cioè che i soldati possono « salvaguardare » la autocrazia dalla folla, la polizia dalle organizzazioni rivoluzionarie, ma nessuno può salvaguardarla dai singoli individui che danno la cac- cia ai ministri!! Quest’incredibile ragionamento che, ne siamo certi, è destinato AVVENTURISMO RIVOLUZIONARIO 181 a divenire famoso, non è per nulla una semplice curiosità. No, è istrut- tivo perchè, portato audacemente all’assurdo, rivela Terrore fonda- mentale dei terroristi, comune a loro e agli economisti (forse già biso- gna dire: agli ex rappresentanti del defunto economismo?). Questo errore consiste, come già abbiamo osservato molte volte, nel non comprendere la deficienza fondamentale del nostro movimento. Grazie all’ascesa straordinariamente rapida del movimento, i diri- genti sono rimasti indietro rispetto alle masse, l'attività rivoluzionaria del proletariato è cresciuta più rapidamente delle organizzazioni, in- capaci di metterai alla testa delle masse e di dirigerle. Nessuna persona coscienziosa, che più o meno conosca il movimento, può dubitare che questa sia la verità. E poiché lo è, è evidente che gli odierni terroristi sono dei veri e propri economisti a rovescio, essendo caduti nel- Testremo opposto, ma altrettanto assurdo. Fare appello a un terrorismo quale Torganizzazione di attentati contro i ministri da parte di singoli individui e di circoli che non si conoscono fra loro, in un momento in cui i rivoluzionari non hanno sufficienti forze e mezzi per dirigere le masse che già si stanno sollevando, significa non solo minare il lavoro fra le masse, ma anche introdurvi una vera e propria disorga- nizzazione. Noi rivoluzionari «siamo abituati a stringerci timida- mente in mucchio — leggiamo nel manifesto del 3 aprile — e persino [NB] quel nuovo spirito audace, che ha incominciato a diffondersi negli ultimi due-tre anni ha per il momento suscitato più slancio nello stato d'animo della folla che in quello degli individui ». Queste parole contengono molta verità sfuggita ina vvetf riamente. E preci- samente questa verità batte in breccia i predicatori del terrorismo. Da questa verità ogni socialista che pensa trarrà la conclusione: è neces- sario agire in mucchio con maggiore energia, audacia e armonia. I so- cialisti-rivoluzionari invece ne deducono: «Spara, inafferrabile in- dividuo, perchè il mucchio, ahimè, non verrà ancora tanto presto, e contro il mucchio ci sono i soldati ». Questo è veramente irragionevole, signori! Il manifesto non tralascia nemmeno la teoria del terrorismo stimo- lante. « Ogni duello delTeroe desta in tutti noi lo spirito della lotta e delTardimento », ci dicono. Ma noi sappiamo dal passato e vediamo nel presente che solo le nuove forme del movimento di massa o il ri- sveglio alla lotta autonoma di nuovi strati popolari destano effettiva- mente in tutti lo spirito della lotta e delTardimento. I duelli invece, 182 LENIN precisamente in quanto rimangono duelli dei Balmascev, provocano immediatamente solo un’effimera sensazione e mediatamente condu- cono persino all’apatia, all’attesa passiva del duello successivo. Ci si assicura poi che «ogni lampo di terrore rischiara la mente», cosa che noi purtroppo non abbiamo notato nel partito socialista-rivoluzionario, che predica il terrorismo. Ci si offre la teoria del lavoro grandioso e mi- nuto: «Chi ha più forze, più possibilità e decisione, non si accontenti del lavoro minuto [!]; cerchi e si dedichi a un’opera grandiosa, la propaganda del terrorismo fra le masse [!], la preparazione di com- plesse... [la teoria dell’inafferrabilità è già stata dimenticata!]... im- prese terroristiche». Come tutto ciò è intelligente, vero? Immolare un rivoluzionario per vendicarsi del furfante Sipiaghin, con il risul- tato di vederlo sostituire dal furfante Pieve, è una grande opera. E preparare, per esempio , la massa a una dimostrazione armata è un lavoro minuto. Ecco, lo spiega appunto il n. 8 della Revoliutsionnaia Rossia , dichiarando che sulle dimostrazioni armate « è facile scrivere e parlare come di un compito di un avvenire indefinitamente lontano », «ma tutte queste chiacchiere hanno avuto sinora solo un carattere teorico». Ben lo conosciamo questo linguaggio di uomini liberi dagli impacci di salde convinzioni socialiste, dal pesante fardello del- Pesperienza dei movimenti popolari d ogni tipo! Essi confondono con la praticità la tangibilità immediata e la sensazionalità dei risultati. L’esigenza di attenersi fermamente a una concezione di classe e di salvaguardare il carattere di massa del movimento è per loro « indeter- minata » «teorizzazione». Determinatezza è ai loro occhi il seguire servilmente ogni svolta dello stato d’animo... e di qui l’inevitabile impotenza ad ogni svolta. Incominciano le dimostrazioni e tali in- dividui si profondono in frasi sanguinarie, in chiacchiere sul princi- pio della fine. Le dimostrazioni vengono interrotte ed essi si lascian cader le braccia e, prima ancora di aver fatto un passo, già gridano: « Il popolo, ahimè, tarda a muoversi... ». Una nuova infamia degli za- risti, ed essi chiedono che venga loro indicato un mezzo « determina- to » che costituisca una risposta esauriente proprio a questa violenza, un mezzo che assicuri l’immediato « trasferimento della forza», e promettono orgogliosamente questo trasferimento! Tali individui non capiscono che già questa sola promessa di « trasferire » la forza è av- venturismo politico e che il loro avventurismo dipende dalla loro mancanza di principi. AVVENTURISMO RIVOLUZIONARIO 183 La socialdemocrazia metterà sempre in guardia contro lavven- turismo e denuncerà in modo implacabile le illusioni che inevitabil- mente finiscono con una totale delusione. Noi dobbiamo ricordare che un partito rivoluzionario merita tale nome solo quando dirige effettivamente il movimento della classe rivoluzionaria. Dobbiamo ricordare che ogni movimento popolare assume forme infinitamente varie, ne elebora costantemente delle nuove, scartando le vecchie, cambiandole e creando nuove combinazioni delle vecchie e nuove forme. Ed è nostro dovere partecipare attivamente a questo processo di elaborazione dei metodi e dei mezzi di lotta. Quando il movi- mento studentesco si è inasprito, abbiamo fatto appello all’operaio perchè accorresse in aiuto dello studente (hf{ra n. 2"), senza met- terci a predire le forme che avrebbero assunto le dimostrazioni, senza promettere che si sarebbe avuto un immediato trasferimento di forza, nè un’illuminazione delle menti, nè una particolare inafferrabilità. Quando le dimostrazioni si sono moltiplicate, abbiamo invitato a organizzarle, ad armare le masse, abbiamo posto il compito di prepa- rare l’insurrezione popolare. Senza negare affatto in linea di principio la violenza e il terrorismo, abbiamo chiesto che si lavorasse per pre- parare forme di violenza che facessero assegnamento sulla diretta partecipazione delle masse e assicurassero questa partecipazione. Noi non chiudiamo gli occhi sulla difficoltà di questo compito, ma lavore- remo fermamente e tenacemente per adempierlo, senza turbarci se qualcuno ci obietta che si tratta di un « avvenire indefinitamente lon- tano ». Sì, signori, noi siamo anche per le forme future e non per le sole forme passate del movimento. Preferiamo un lavoro lungo e dif- ficile per ciò che ha per sè Tavvenire alla < facile > ripetizione di ciò che è già stato condannato dal passato. E denunceremo sempre coloro i quali parlano della guerra contro gli schemi stereotipati del dog- ma, e di fatto hanno come unico patrimonio gli schemi stereotipati delle più antiquate e nocive teorie del trasferimento della forza, della differenza fra lavoro grandioso e minuto e, naturalmente, la teoria del duello e della singoiar tenzone. « Come un tempo nelle battaglie fra i popoli i loro capi decidevano dell’esito della lotta con una singoiar tenzone, così anche i terroristi, in singoiar tenzone con l’autocrazia, conquistalo la libertà per la Russia » : così si conclude il manifesto del 3 aprile. Basta ripubblicare queste frasi per confutarle. Chi svolge effettivamente il suo lavoro rivoluzionario in legame 184 LENIN con la lotta di classe del proletariato, sa, vede e sente perfettamente che un gran numero di esigenze immediate e dirette del proletariato (e degli strati popolari che possono appoggiarlo) rimane insoddisfatto. Sa che in moltissimi luoghi, in intere, immense regioni, il popolo lavoratore anela letteralmente alla lotta e i suoi slanci rimangono vani perchè le pubblicazioni sono scarse, pochi i dirigenti e alle organiz- zazioni rivoluzionarie mancano le forze e i mezzi. Ci veniamo quindi a trovare — e lo vediamo — nello stesso maledetto circolo vizioso che, come una mala sorte, ha gravato così a lungo sulla rivoluzione russa. Da una parte, rimane vano lo slancio rivoluzionario della folla disor- ganizzata e non sufficientemente illuminata. Dall’altra rimangono vane le sparatorie degli « individui inafferrabili », che hanno perduto la fiducia nella possibilità di marciare nelle file e nei ranghi, di lavo- rare in stretto contatto con le masse. Ma si può ancora porvi pienamente rimedio, compagni! La per- dita della fiducia nella causa giusta non è più che una rara eccezione. La propensione per il terrorismo non è più che uno stato d’animo passeggero. Si stringano più compatte le file dei socialdemocratici, e raggrupperemo in un tutto unico l’organizzazione combattiva dei rivoluzionari e l’eroismo di massa del proletariato russo! Nel prossimo articolo esamineremo il programma agrario dei so- cialisti-rivoluzionari. II L’atteggiamento dei socialisti-rivoluzionari verso il movimento con- tadino presenta un particolare interesse. Precisamente nella questione agraria si sono sempre considerati particolarmente forti tanto i rap- presentanti del vecchio socialismo russo quanto i loro eredi libe- ralpopulisti e quei sostenitori della critica opportunistica, numerosi in Russia, che asseriscono rumorosamente che in tale questione il marxismo è già stato definitivamente messo fuori combattimento dalla « critica ». E i nostri socialisti-rivoluzionari ne dicono, come suol dirsi, di cotte c di crude sul conto del marxismo: «pregiudizi dogmatici... che hanno fatto il loro tempo, dogmi da tempo confutati dalla vita... gli intellettuali rivoluzionari non prestano attenzione alle campagne, il lavoro rivoluzionario fra i contadini è stato vietato, dal- AVVENTURISMO RIVOLUZIONARIO l8 5 l’ortodossia » e molte altre cose del genere, È cosa ormai di moda dare addosso alFortodossia. Ma in quale sottospecie vanno classificati coloro che, fra quelli che danno addosso alFortodossia, prima dell’inìzio del movimento fra i contadini non sono riusciti nemmeno a tracciare un proprio programma agrario? Quando Visura già sul n. 3 " delineo il suo programma agrario, il Viestnil{ Russkoi Revoliutsii non fece che borbottare: «Con questa impostazione del problema si attenua in misura notevole un altro dei nostri dissensi », ma alla sua redazione è capitata la piccola disavventura di non avere assolutamente capito proprio il modo in cui Visura imposta il problema («introduzione della lotta di classe nelle campagne »). Ora la Revoliutsionnaia Rossia cita tardivamente l’opuscolo Una questione attuale, ..sebbene anche qui non ci sia nessun programma, ma solo un esaltazione di oppor- tunisti « famosi » come Hertz, Ed ecco che costoro, i quali prima dell’inizio del movimento erano d’accordo tanto con Visura quanto con Hertz, il giorno dopo l’insur- rezione contadina pubblicano un manifesto dell*« unione contadina [!] del partito socialista-rivoluzionario»; ma in questo manifesto non troverete nemmeno una parola che provenga veramente dal conta- dino, troverete solo la ripetizione letterale di ciò che centinaia di volte avete letto negli scritti dei populisti, dei liberali e dei «critici»..* Si dice che 1 audacia conquista le città, È così, signori socialisti-rivo- luzionari, ma il vostro grossolano manifesto pubblicitario non è una prova di audacia. Abbiamo visto che la principale « superiorità » dei socialisti-rivolu- zionari consiste nell’essere liberi da ogni teoria e la loro arte prin- cipale nella capacità di parlare senza dire niente. Ma per dare un programma ci si deve pure pronunciare in un modo o nell’altro. Si deve, per esempio, gettare a mare « il dogma dei socialdemocratici russi della fine degli anni ottanta e dell’inizio degli anni novanta secondo cui non ve forza rivoluzionaria aH’infuori del proletariato urbano». «Dogma», che comoda paroletta! Basta alterare lieve- mente la teoria deH’avversa rio, nascondere questa alterazione con lo spauracchio del «dogma» e il giuoco è fatto! Tutto il socialismo moderno, a partire dal Manifesto , poggia sulla verità incontestabile che l’unica classe effettivamente rivoluzionaria nella società capitalistica è il proletariato. Le altre classi possono essere e sono rivoluzionarie solo in parte c solo in determinate condizioni. i86 LENIN Ci si domanda : che cosa bisogna pensare di gente che ha « trasfor- mato » questa verità in un dogma dei socialdemocratici russi di una determinata epoca e tenta di convincere il lettore ingenuo che questo dogma sarebbe «interamente basato sulla fede in una lotta politica aperta molto lontana nel futuro»? Alla dottrina di Marx, secondo cui nella società moderna vi è un’unica classe effettivamente rivoluzionaria, i socialisti-rivoluzio- nari contrappongono la trinità « intellettuali, proletariato e conta- dini », rivelando così la loro irrimediabile confusione di idee. Se distinguete gli intellettuali dal proletariato e dai contadini vuol dire che intendete per intellettuali un determinato strato sociale, un gruppo di persone che nella società hanno una posizione ben definita, come l’hanno gli operai salariati e i contadini. Ma in quanto costituiscono tale strato, gli intellettuali russi sono precisamente intellettuali bor- ghesi e piccolo-borghesi. Se si considerano gli intellettuali come strato, ha pienamente ragione il signor Struve, che chiama la sua pubblica- zione organo degli intellettuali russi. Se invece volete parlare di quegli intellettuali che nella società non hanno ancora nessuna posizione ben definita, oppure che la vita ha già escluso dalla loro posizione normale, passano al fianco del proletariato, allora è del tutto assurdo distinguere questi intellettuali dal proletariato. Come ogni altra classe della società moderna, il proletariato non solo forma i propri intellet- tuali, ma guadagna alla sua causa anche dei sostenitori appartenenti a tutte le categorie di persone colte. La crociata dei socialisti-rivoluzio- nari contro il « dogma » fondamentale del marxismo dimostra solo per l’ennesima volta che tutta la forza di questo partito è rappresen- tata da quel piccolo gruppo di intellettuali russi che si sono staccati dal vecchio, ma non sono approdati al nuovo. Per quanto riguarda i contadini, i giudizi dei socialisti-rivoluzio- nari sono ancora più sconnessi. Che cosa vale infatti anche la sola impostazione del problema? «Quali classi sociali, in generale [!], sono sempre [!!] ligie all’ordine esistente... [solo a quello autocra- tico? o in generale a quello borghese?],., lo proteggono e non si lasciano influenzare dalle idee rivoluzionarie? ». In realtà, a questo interrogativo si può solamente rispondere con la domanda: quali elementi intellettuali, in generale, sono sempre ligi al caos esistente nelle idee, proteggono questo caos e non si lasciano influenzare dalla precisa concezione socialista? Ma i socialisti-rivoluzionari vogliono avventurismo rivoluzionario 187 dare una risposta seria a una domanda non seria. Fra « queste » classi essi includono in primo luogo la borghesia, perchè i suoi « interessi sono stati soddisfatti ». Questo vecchio pregiudizio, secondo cui gli interessi della borghesia russa sono già stati a tal punto soddisfatti che da noi non esiste e non può esistere democrazia borghese (cfr. Viestnii { Russici Revoliutsìi n. 2, pp. 132-133), costituisce ora un patrimonio comune degli economisti e dei socialisti-rivoluzionari. Ancora una volta: non aprirà loro il cervello il signor Struve? In secondo luogo, i socialisti-rivoluzionari includono fra queste classi gli «strati piccolo-borghesi», «i cui interessi sono individuali- stici, non sono ben determinati come interessi di classe e non possono venir formulati in un programma di riforme o in un programma rivo- luzionario dal punto di vista politico e sociale ». Di dove lo prendano, lo sa Allah. Tutti sanno che la piccola borghesia non solo non pro- tegge in generale e sempre l’ordine esistente, ma, al contrario, spesso agisce in modo rivoluzionario persino contro la borghesia (precisa- mente quando si avvicina al proletariato), molto spesso contro l’as- solutismo e quasi sempre formula programmi di riforme sociali. Il nostro autore si è lasciato semplicemente sfuggire un attacco « ancor più rumoroso» contro la piccola borghesia, seguendo quella «regola comune », che in una delle sue Poesie in prosa Turgheniev ha esposto con le parole di un «vecchio furfante»: gridare forte soprattutto contro i vizi che si ha la consapevolezza di avere. Ed ecco: siccome i socialisti-rivoluzionari sono consapevoli che l’unica base sociale della loro posizione ambigua può forse essere costituita da alcuni strati di intellettuali piccolo-borghesi, della piccola borghesia scrivono come se queste parole non indicassero una categoria sociale, ma fossero semplicemente una locuzione polemica. Essi vogliono anche eludere un punto per loro sgradevole, e cioè che essi non capiscono che i con- tadini moderni, come totalità, appartengono agli « strati piccolo-bor- ghesi ». Non vorreste forse provare a darci una risposta su questo punto, signori socialisti-rivoluzionari? Non vorreste forse dirci perchè, ripetendo frammenti delle teorie del marxismo russo (per esempio, sul significato progressivo delle migrazioni contadine e del vagabon- daggio), chiudete gli’ occhi sul fatto che quello stesso marxismo ha dimostrato che Teconomia contadina russa ha una struttura piccolo- bòrghese? Non vorreste forse spiegarci come possono «i proprietari i88 LEK IN o i semiproprietari », nella società moderna, non appartenere agli strati piccolo-borghesi? No, non lo sperate! I socialisti-rivoluzionari non risponderanno, non diranno nulla di sostanziale, non spiegheranno nulla, perchè essi (anche qui come gli economisti) hanno fatto propria, una evolta per tutte, la tattica di svignarsela ogniqualvolta si tira in ballo la teoria. La Revoliutsionnaia Rossia accenna al Viestni\ Russkpi Revoliutsii e dice: questo è affar suo (cfr. n. 4, risposta alla Zarià\ e il Viestni\ Russ\oi Revoliutsii racconta al lettore le imprese della critica oppor- tunistica e minaccia, minaccia senza fine, di approfondire ancora la critica. È un po’ poco, signori! I socialisti-rivoluzionari hanno mantenuto la loro purezza, Lesi- ziale influenza delle moderne dottrine socialiste non li ha contaminati, hanno interamente conservato i buoni vecchi metodi del socialismo volgare. Ci troviamo oggi di fronte a un nuovo fatto storico, a un nuovo movimento in un determinato strato del popolo. Essi non conducono indagini per accertare qual è la posizione di questo strato, non si pongono ^obiettivo di spiegarne il movimento rendendosi conto del carattere di questo strato e del suo atteggiamento verso lo sviluppo della struttura economica dell’intera società. Per loro tutto ciò è vuoto dogma, ortodossia che ha fatto il suo tempo. Essi procedono in modo più semplice. Di che cosa parlano gli stessi rappresentanti dello strato che si è messo in movimento? Della terra, delle aggiunte di terra, della ripartizione. Tutto qui. Eccovi il « programma semi- socialista », il « principio assolutamente giusto », l’« idea luminosa », F« ideale che in forma embrionale vive già nella testa del contadino », ecc. Basta c epurare ed elaborare questo ideale », ricavarne P« idea pu- ra del socialismo ». Non ci credete, lettori? Vi sembra inverosimile che questo vecchiume populista venga esumato da uomini che ripetono con tanta prontezza quel che dice loro Tultimo libro? Eppure è un fatto, e tutte le espressioni da noi citate sono prese dalla dichiarazione dell’* unione contadina », sul n. 8 della Revoliutsionnaia Rossia . Per aver definito movimento contadino l’ultima rivolta dei con- tadini, Visura viene accusata dai socialisti-rivoluzionari di aver suo- nato troppo presto le campane a morto: Ì contadini — essi ci dicono — potrebbero anche partecipare al movimento socialista del proleta- riato. Questa accusa indica chiaramente tutta la confusione che esiste nella mente dei socialisti-rivoluzionari. Essi non hanno nemmeno AVVENTURISMO RIVOLUZIONARIO 189 capito che una cosa è il movimento democratico contro i residui della servitù della gleba e un’altra il movimento socialista contro la bor- ghesia. Non avendo capito lo stesso movimento contadino, non hanno potuto nemmeno capire che le parole dt\Vls{ra che li hanno spa- ventati riguardano solo il primo movimento. L'ls{ra non solo ha detto nel suo programma che i piccoli produttori (compresi i contadini) che vanno in rovina possono e devono partecipare al movimento so- cialista del proletariato, ma ha anche definito con precisione quali sono le condizioni che determinano questa partecipazione. Ma l’at- tuale movimento contadino non è affatto un movimento socialista, non è diretto contro la borghesia e contro il capitalismo. Al contrario, esso unisce gli elementi contadini borghesi e quelli proletari che effet- tivamente sono solidali nella lotta contro i residui della servitù della gleba. L’attuale movimento contadino non conduce — e non condurrà — all’instaurazione di un regime socialista e nemmeno semisocialista, ma condurrà, dopo aver liberato dalle pastoie della servitù della gleba le fondamenta borghesi già mature nei nostri villaggi, a un regime borghese nelle campagne. Del resto, per i socialisti-rivoluzionari tutto questo è un libro chiuso con sette sigilli. Essi vogliono persino dimostrare seriamente 2\Vls\ra che l’affermazione della necessità di sgombrare il cammino per lo sviluppo del capitalismo è un vuoto dogma, perchè le « rifor- me » (degli anni sessanta) «hanno sgombrato [!] pienamente [!!] il terreno per lo sviluppo del capitalismo ». Ecco che cosa può arrivare a scrivere un tipo agile dall’agile penna, il quale crede che « dairunione dei contadini» possa uscire di tutto un po’: il contadino non si rac- capezzerà! Ma riflettete, per favore, gentile autore. Non avete mai sentito dire che i residui della servitù della gleba intralciano lo svi- luppo del capitalismo? non vi sembra che questa sia persino quasi una tautologia? e non avete letto in qualche posto che oggi nelle cam- pagne russe esistono residui della servitù della gleba? L 9 Is\ra dice che la prossima rivoluzione sarà una rivoluzione bor- ghese. I socialisti-rivoluzionari obiettano: sarà «innanzi tutto una rivoluzione politica e sino a un certo punto democratica ». Non vor- ranno dirci gli autori di questa gentile obiezione se c’è mai stata nella storia, se in generale è concepibile una rivoluzione borghese che non sia « sino a un certo punto democratica » ? Ma anche il program- ma degli stessi socialisti -rivoluzionari (godimento egualitario della 190 LENIN terra, divenuta proprietà della società) non esce ancora dai limiti del programma borghese. Perchè se rimane la produzione mercantile e si ammette l’economia privata, sia pure sulla terra comune, non si eliminano i rapporti capitalistici neiragricoltura. Quanto più avventato è l’atteggiamento dei socialisti-rivoluzionari verso le verità più elementari del socialismo moderno, tanto più facil- mente essi inventano le « più elementari deduzioni », inorgoglendosi persino per il fatto che il loro « programma si riduca » a così poco. Consideriamo tutte e tre le loro deduzioni che probabilmente rimar- ranno per lungo tempo a ricordo delFacume intellettuale e della pro- fondità delle convinzioni socialiste dei socialisti-rivoluzionari. Deduzione n. 1: «Una grande parte del territorio della Russia appartiene già ora allo Stato: bisogna che tutto il territorio appar- tenga al popolo ». « Già ora » gli inteneriti riferimenti alla proprietà fondiaria statale in Russia ci hanno infastidito fino alla nausea nelle opere dei populisti poliziotti (<ì la Sazonov e altri) e dei diversi rifor- matori della cattedra. « Bisogna » che coloro i quali vogliono chia- marsi socialisti, e per di più rivoluzionari, si facciano rimorchiare da questi signori. « Bisogna » che i socialisti sottolineino l’apparente on- nipotenza dello « Stato » (dimenticando persino che gran parte delle terre statali si trovano nelle regioni periferiche disabitate del paese) e non l’opposizione di classe esistente tra i contadini semiservi e un pugno di grandi proprietari terrieri privilegiati che posseggono la più gran parte delle migliori terre coltivate e con i quali lo « Stato » è sempre stato legato anima e corpo. I nostri socialisti-rivoluzionari, cre- dendo di dedurre l’idea pura del socialismo, in realtà insozzano questa idea con il loro atteggiamento acritico verso il vecchio populismo. Deduzione n. 2: «Inoltre la terra passa già ora dal capitale al lavoro; bisogna che questo processo sia condotto a termine dallo Stato». Più si va avanti più perle si trovano. Facciamo dunque ancora un passo verso il populismo poliziesco, esortiamo lo «Stato» (di classe!) a estendere la proprietà terriera contadina in generale. Ciò sarà meravigliosamente socialista e straordinariamente rivoluzionario. Ma che cosa ci si può mai aspettare da gente che chiama la compera e laffitto della terra da parte dei contadini non passaggio della terra dai grandi proprietari fondiari sostenitori della servitù della gleba alla borghesia rurale, ma passaggio « dal capitale al lavoro » ? Ricor- diamo a costoro se non altro i dati sulla effettiva distribuzione delle AVVENTURISMO RIVOLUZIONARIO l 9 I terre « che passano al lavoro » : dai sei ai nove decimi della terra affit- tata è accentrata nelle mani di un quinto delle famiglie , vale a dire di una piccola minoranza di agiati. Giudicate dunque: contengono forse molta verità le parole dei socialisti-rivoluzionari quando essi affermano: «noi non facciamo assegnamento » sui contadini agiati, ma solo sugli «strati prettamente lavoratori»? Deduzione n. 3: «Il contadino ha già la terra e la gode nella maggior parte dei casi in ripartizione egualitaria; bisogna che questo godimento lavorativo sia condotto sino in fondo... e portato a com- pimento dalla produzione agricola collettiva, attraverso lo sviluppo di cooperative di ogni genere ». Grattate il socialista-rivoluzionario e troverete il signor V.V. Appena arrivati al sodo, tutti i vecchi pre- giudizi del populismo, ben conservati sotto la maschera di frasi in- gannevoli, sono subito venuti a galla. Proprietà fondiaria dello Stato; passaggio ad opera dello Stato di tutta la terra ai contadini, coope- razione; collettivismo: in questo splendido schema dei signori Sa- zonov, Iuzov, N.-on, dei socialisti-rivoluzionari, di Hofstetter, di Totomiants e di altri ancora, non manca nulla, all’infuori di una piccola inezia. Mancano il capitalismo in sviluppo e la lotta di classe. E del resto, come avrebbe potuto una simile inezia venire in mente a gente il cui bagaglio ideologico sta tutto negli stracci del populi- smo e nelle eleganti toppe della critica di moda? Lo stesso signor Bulgakov non ha detto forse che nelle campagne non c’è posto per la lotta di classe? La sostituzione della lotta di classe con «tutte le possibili cooperative » non soddisfa forse i liberali, i « critici » e in generale tutti coloro per cui il socialismo non è più che una tra- dizionale insegna? E non si può forse provare a tranquillizzare gli ingenui con l’assicurazione : «Noi, naturalmente, rifuggiamo dal- l’idealizzare l 'obstcina»? Ma accanto a questa assicurazione leggerete chiacchiere colossali sulla «colossale organizzazione dei contadini del mir », sul fatto che, « sotto certi aspetti, nessuna classe in Russia è così spinta alla lotta puramente [!] politica come lo sono appunto i contadini », che l’autodecisione (!) contadina, con i suoi limiti e le sue competenze, è di gran lunga più vasta di quella degli zemstvo , che questa «vasta»... (sino al recinto del villaggio?)... «iniziativa», unita alla mancanza « dei più elementari diritti civili », « pare sia stata appositamente inventata per... destare ed esercitare [!] gli istinti po- 192 LENIN litici e le esperienze pratiche della lotta sociale». Se non ti garba, non l’ascoltare, però.,, « Bisogna esser ciechi per non vedere quanto sia più facile passare all’idea della socializzazione della terra dalle tradizioni della gestione comunitaria della terra». Non è il contrario, signori? Non sono irri- mediabilmente ciechi e sordi coloro i quali non sanno ancora che appunto l’isolamento medievale del Xobstcina semifeudale, che fra- ziona la massa contadina in minuscole associazioni e lega mani e piedi il proletariato rurale, perpetua le tradizioni della stagnazione, dell’abbrutimento e della barbarie? Non vi date forse la zappa sui piedi riconoscendo l’utilità delle migrazioni contadine che già hanno distrutto per tre quarti il famigerato egualitarismo delle tradizioni comunitarie e hanno ridotto queste tradizioni ai soli intrighi poli- zieschi ? Il programma minimo dei socialisti-rivoluzionari, essendo basato sulla teoria che abbiamo esaminato più sopra, è davvero stupefacente. Due punti di questo «programma» sono: i) «socializzazione della terra, cioè passaggio della terra in proprietà di tutta la società e in godimento dei lavoratori » e 2) « sviluppo tra i contadini di tutti i possibili tipi di associazioni sociali e di cooperative economiche... [per una lotta «prettamente» politica?]... per liberare gradualmente i contadini dal potere del capitale finanziario... [per darli in balia del potere del capitale industriale?]... e per preparare la produzione agricola collettiva deiravvenire ». Questi due punti rispecchiano — come una goccia d acqua rispecchia il sole — tutto lo spirito dell’at- tuale « social-ri voluzionarismo ». Nella teoria: una fraseologia rivo- luzionaria invece di un organico sistema di concezioni ben meditato; nella pratica: un impotente aggrapparsi a un qualsiasi espediente di moda invece di partecipare alla lotta di classe: ecco tutto il loro bagaglio. Per mettere, una accanto all'altra , in un programma mi- nimo , la socializzazione della terra e la cooperazione, ci vuole un raro coraggio civile, lo riconosciamo. Il nostro programma minimo è: da una parte Babeuf, dall’altra il signor Levitski 4T . È qualcosa di impareggiabile. Se sì potesse prendere sul serio quel programma, dovremmo dire che, ingannando se stessi con parole altisonanti, i socialisti-rivoluzio- ’nari ingannano anche il contadino. E lo ingannano nel voler far cre- dere che le « cooperative di ogni tipo » assolvano una funzione rivo- AVVENTURISMO RIVOLUZIONARIO *93 luzionaria nella società moderna e preparino il collettivismo, e non il rafforzamento della borghesia rurale. Lo ingannano nel voler far credere che il « minimo» — la socializzazione della terra — sia qual- cosa di altrettanto vicino come le cooperative e possa essere proposto immediatamente ai « contadini ». Qualsiasi socialista saprebbe spie- gare ai nostri socialisti-rivoluzionari che l’abolizione della proprietà privata della terra può essere oggi unicamente lanticamera dell’abo- lizione della proprietà privata in generale, che il solo passaggio della terra in « godimento ai lavoratori * non soddisferebbe ancora il pro- letariato, perchè milioni e decine di milioni di contadini rovinati an- che nel caso che avessero la terra non sono più in grado di condurre un’azienda. E la consegna a questi milioni di contadini rovinati degli attrezzi, del bestiame, ecc. sarebbe già la socializzazione di tutti i mezzi di produzione, e per effettuarla ci vorrebbe la rivoluzione socia- lista del proletariato e non un movimento contadino contro i residui della servitù della gleba. I socialisti-rivoluzionari confondono la socia- lizzazione della terra con la nazionalizzazione borghese della terra. Quest’ultima è concepibile, parlando in astratto, anche sulla base del capitalismo, senza l’abolizione del lavoro salariato. Ma l’esempio degli stessi socialisti-rivoluzionari convalida appunto chiaramente la verità che porre la rivendicazione della nazionalizzazione della terra in uno Stato di polizia significa offuscare l’unico principio rivoluzio- nario, la lotta di classe, e portare acqua al mulino del burocratismo. Anzi, i socialisti-rivoluzionari cadono in una vera posizione rea- zionaria quando insorgono contro la rivendicazione formulata nel progetto del nostro programma : « abolizione di tutte le leggi che impediscono al contadino di disporre della sua terra». In nome del pregiudizio populista, il « principio comunitario » e il « principio egualitario», essi negano al contadino un «elementarissimo diritto civile », quello di disporre della propria terra, e, chiudendo con faci- loneria gli occhi sull’isolamento di ceto della vera obstcina , divengono difensori dei divieti polizieschi, stabiliti e mantenuti dallo «Stato»... degli zemskie nacialnikj! Pensiamo che non solo il signor Levitski, ma anche il signor Pobedonostsev non tema molto la richiesta di so- cializzare la terra per darla in godimento egualitario, quando questa rivendicazione viene avanzata come minimo e accanto ad essa figu- rano tanto le cooperative quanto la difesa del vincolo poliziesco che lega il contadino al nadiel assegnatogli dallo Stato. 13 - 763 i 9 4 LENIN Il programma agrario dei socialisti-rivoluzionari serva di lezione e di avvertimento a tutti i socialisti, sia un esempio evidente del ri- sultato cui conducono la povertà ideologica e la mancanza di principi, che alcuni uomini avventati chiamano libertà dal dogma. Giunti al sodo, ai socialisti-rivoluzionari sono mancate tutt'e tre le condizioni indispensabili per poter esporre un programma socialista coerente: un’idea chiara della meta finale, una giusta comprensione della via che conduce a questa meta, un’idea precisa della situazione concreta nel momento attuale e dei compiti immediati del momento* Essi non hanno fatto che offuscare la meta finale del socialismo, confondendo la socializzazione con la nazionalizzazione borghese della terra, con- fondendo l’idea contadina, primitiva, del misero godimento eguali- tario della terra con la dottrina del socialismo moderno sul passaggio di tutti i mezzi di produzione in proprietà della società e sull’orga- nizzazione della produzione socialista. Il loro modo di concepire la via che conduce al socialismo è magnificamente caratterizzato dalla sostituzione dello sviluppo delle cooperative alla lotta di classe. Nel valutare il momento attuale dell'evoluzione agraria della Russia, essi hanno dimenticato un'inezia: i residui della servitù della gleba che opprimono le nostre campagne. La famosa trinità con cui hanno espresso le loro concezioni teoriche: intellettuali, proletariato, con- tadini, è stata completata dalla non meno famosa trinità c program- matica >: socializzazione della terra, cooperative, vincolo al nudici. Confrontate con tutto questo il programma dcìYIs^ra che indica un'unica meta finale a tutto il proletariato in lotta, senza ridurla al «minimo», senza sminuirla per adattarla alle idee di alcuni strati non progrediti di proletariato o di piccoli produttori. La via per conseguire questa meta è unica, tanto nelle città quanto nelle cam- pagne : la lotta di classe del proletariato contro la borghesia. Ma oltre a questa lotta di classe, nelle nostre campagne continua ancora un'altra lotta: quella di tutti i contadini contro i residui della servitù della gleba. E il partito del proletariato promette il suo appoggio in questa lotta a tutti i contadini, cercando di indicare al loro slancio rivolu- zionario il vero obiettivo, di orientare Tinsurrezione contro il loro vero nemico, ritenendo disonesto e indegno trattare il contadino come un essere che occorre tenere sotto tutela, nascondergli che im- mediatamente egli può oggi ottenere soltanto che si aboliscano com- AVVENTURISMO RIVOLUZIONARIO 125 pletamente tutte le tracce e tutti i residui della servitù della gleba, soltanto che venga sgombrato il cammino per la lotta, più vasta e difficile, di tutto il proletariato contro tutta la società borghese. h^ra, n. 23, i* agosto e n. 24, i° settembre 1902. LETTERA AL COMITATO DI MOSCA Cari compagni, abbiamo ricevuto la vostra lettera con i ringra- ziamenti all’autore del Che fare? e la decisione di devolvere il 20 % a favore delYIs\ra. A mia volta vi ringrazio vivamente per le vostre espressioni di simpatia e di solidarietà, che uno scrittore illegale apprezza tanto più in quanto deve lavorare in condizioni di straordi- nario distacco dal lettore. Ogni scambio di idee, ogni informazione suH’impressione che produce questo o quell’articolo od opuscolo sui diversi strati di lettori, ha per noi un’importanza particolarmente grande, e saremo molto grati a chi scriverà non solo per le cose pra- tiche, nel senso ristretto della parola, non solo per la stampa, ma anche per far sì che lo scrittore non si senta staccato dal lettore. Sul n. 22 dell * Istpa abbiamo pubblicato la vostra decisione di de- volvere il 20% all* l$kra. Non ci siamo decisi a pubblicare i vostri ringraziamenti a Lenin perchè in primo luogo li avete messi a parte, senza esprimere il desiderio di vederli pubblicati, e in secondo luogo anche la forma in cui li avete espressi ci pare non fosse adatta per il giornale. Ma vi preghiamo di non credere che per noi non sia im- portante pubblicare le dichiarazioni dei comitati sulla loro solida- rietà con certe idee. Al contrario, proprio ora che noi tutti pensiamo di unificare la socialdemocrazia rivoluzionaria, la cosa è particolar- mente importante. Sarebbe molto bene che il comitato di Mosca esprimesse la sua solidarietà con il mio libro sotto forma di una dichia- razione che verrebbe immediatamente pubblicata sull’/r^ra. È ormai tempo che i comitati proclamino apertamente la loro posizione di partito, rompano con la tattica del tacito consenso che ha prevalso nel «terzo periodo*. Questa è una considerazione generale in fa- vore di una dichiarazione pubblica. In partitolare io, per esempio, LETTERA AL COMITATO DI MOSCA 197 sono stato accasato sulla stampa (dal gruppo « La lotta > nel suo Listo/O di voler fare della redazione dell 'Is{ra il Comitato centrale russo, di « voler comandare » sui « fiduciari », ecc. Si tratta di una palese falsificazione di quel che è stato detto in Che fare?, ma non ho voglia di ripetere per l’ennesima volta: «Voi falsate». Penso che debbano incominciare a parlare quei militanti pratici che lavorano in Russia e i quali sanno perfettamente che gli « ordini » AAVIslgra non vanno oltre i consigli e l’esposizione della propria opinione e vedono che le idee organizzative esposte in Che fare? toccano un attualissima questione, scottante, del movimento reale. Penso che questi pratici debbano chiedere essi stessi la parola e dichiarare ad alta voce come essi considerano la questione, come, attraverso l’esperienza del loro lavoro, giungono a condividere le nostre idee sui compiti organizzativi. Le vostre espressioni di gratitudine per Che fare? le abbiamo intese e naturalmente potevamo intenderle solo nel senso che in questo libro avete trovato una risposta alle vostre domande; che voi stessi , prendendo diretta conoscenza col movimento, vi siete convinti della necessità di un lavoro più audace, più vasto, più unito , più centra- lizzato, più compatto attorno a un solo giornale centrale, convin- zione che è formulata anche in quel libro. E se è così, se siete giunti effettivamente a questa convinzione, sarebbe auspicabile che il comi- tato lo dichiarasse apertamente e ad alta voce, invitando anche gli altri comitati a lavorare insieme nella stessa direzione, tenendosi allo stesso « filo », ponendosi gli stessi obiettivi organizzativi immediati di partito. Speriamo, compagni, che abbiate la possibilità di leggere questa lettera in una riunione generale di tutto il comitato e ci comuni- chiate la vostra decisione sulle questioni indicate, (Aggiungo fra pa- rentesi che anche il comitato di Pietroburgo ci ha inviato espressioni di solidarietà e adesso sta pensando di fare questa dichiarazione). Avete un numero sufficiente di copie del Che fare? L’hanno letto gli operai, e che ne hanno detto? Stringo fortemente la mano a tutti i compagni e auguro loro un completo successo. Vostro Lenin Scritta Tu (24) agosto 1902. Pubblicata per la prima volta nel 1922 nel libro A una svolta di P. N. Lcpescinski. PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE DELL’OPUSCOLO «I COMPITI DEI SOCIALDEMOCRATICI RUSSI » Sono passati esattamente cinque anni da quando è stato scritto il presente opuscolo, di cui esce ora la seconda edizione, richiesta dalle necessità della propaganda. In questo breve periodo il nostro giovane movimento operaio ha compiuto un così immenso passo avanti, nella situazione della socialdemocrazia russa e nello stato delle sue forze si sono verificati cambiamenti così profondi che sembrerà forse strano che abbia potuto sorgere la necessità di una semplice ristampa di UH vecchio opuscolo. Possibile che dal 1897 i compiti dei socialdemo- cratici russi non siano per nulla mutati? Possibile che le idee delit- tore in proposito non abbiano fatto nemmeno un passo avanti, poiché igli a quell'epoca aveva tracciato un bilancio ancora solo di una « pri- ma esperienza» della sua attività di partito? Queste (o analoghe) domande probabilmente saranno formulate da più di un lettore, e per rispondere a queste domande dobbiamo richiamarci all’opuscolo Che fare? e completare qualcosa che in esso abbiamo detto. Richiamarvisi per ricordare le idee espresse dall'autore sui compiti odierni della socialdemocrazia; completare quanto in esso abbiamo detto (pp. 31-32, 121, 138)“ sulle condizioni in cui l’opu- scolo di cui oggi diamo la ristampa era stato scritto e sul suo rapporto con un particolare « periodo » nello sviluppo della socialde- mocrazia russa. Nell'opuscolo indicato (Che fare?) ho nominato in generale quattro di questi periodi e l’ultimo l'ho assegnato « al campo del presente, in parte dell'avvenire », terzo periodo è stato chiamato il predominio (o almeno la larga diffusione) deU'indirizzo « econo- mico » a partire dal 1897-1898, secondo periodo sono stati considerati PREFAZIONE AI « COMPITI DEI SOCIALDEMOCRATICI RUSSI » 1 99 gli anni 1894-1898 e primo periodo gli anni 1884-1894. A differenza del terzo periodo, nel secondo non vediamo dissensi nellambiente stesso dei socialdemocratici. La socialdemocrazia era allora unita ideologicamente, e proprio allora fu compiuto il tentativo di realiz- zare anche l’unità pratica, organizzativa (formazione del Partito operaio socialdemocratico russo). Allora i socialdemocratici si propo- nevano soprattutto non tanto di chiarire e di decidere determinate questioni interne del partito (come nel terzo periodo), quanto di condurre, da una parte, una lotta ideologica contro gli avversari della socialdemocrazia e, dall’altra, di sviluppare il lavoro pratico del par- tito. Fra la teoria e la pratica dei socialdemocratici non c’era l’antago- nismo che esisteva nell’epoca dell’* economismo ». Il presente opuscolo rispecchia appunto le particolarità della situa- zione e dei « compiti » di quel periodo della socialdemocrazia. L’opu- scolo invitava ad approfondire e ad estendere il lavoro pratico, non ritenendo che il non aver chiarito certe idee generali, principi e teorie, rappresentasse un « ostacolo », non ritenendo che ci fossero difficoltà (che allora non esistevano) per combinare la lotta politica con quella economica. Con le sue spiegazioni di principio Popuscolo si rivolgeva agli avversari della socialdemocrazia, ai membri della «Volontà del popolo » e del « Diritto del popolo », sforzandosi di dissipare i ma- lintesi e i preconcetti che li inducevano a tenersi lontani dal nuovo mo- vimento. E nel momento attuale, mentre il periodo dell’« economismo » sta evidentemente tramontando, la posizione dei socialdemocratici asso- miglia di nuovo a quella di cinque anni fa. Certo, i compiti che a noi oggi si pongono sono incommensurabilmente più complessi, dato il gigantesco sviluppo che il movimento ha avuto in questo periodo, ma le particolarità fondamentali del momento presente riproducono, su una base più larga e su più vasta scala, le particolarità del « se- condo » periodo. La non corrispondenza fra la nostra teoria, il nostro programma, i nostri compiti tattici, da una parte, e la nostra pratica, dall’altra, scompare via via che scompare Peconomismo. Di nuovo possiamo e dobbiamo invitare con audacia ad approfondire e allar- gare il lavoro pratico, perchè le premesse teoriche di questo lavoro sono già state in notevole misura vagliate. Noi dobbiamo rivolgere una particolare attenzione alle tendenze illegali non socialdemocratiche 200 LENIN in Russia, mentre dinanzi a noi compaiono di nuovo, sostanzialmente, le stesse tendenze della prima metà degli anni novanta del secolo scorso, ma molto più sviluppate, compiute, « mature ». I seguaci della « Volontà del popolo », sbarazzatisi dei loro vecchi paramenti, sono arrivati a trasformarsi in « socialisti-rivoluzionari », come per indicare con questo stesso nome che si sono fermati a metà strada. Si sono staccati dal vecchio (socialismo « russo »), ma non sono arrivati al nuovo (alla socialdemocrazia). Basandosi sulla critica bor- ghese («socialisti»!) e opportunistica (-«rivoluzionari»!), essi pas- sano agli archivi Tunica teoria del socialismo rivoluzionario che oggi conosca Tumanità, vale a dire il marxismo. La povertà ideologica e la mancanza di principi li conducono in pratica alT« avventurismo rivoluzionario », che si esprime nella loro tendenza a porre sullo stesso piano strati sociali e classi come gli intellettuali, il proletariato e i contadini, nella loro chiassosa predicazione del terrorismo « siste- matico », nel loro magnifico programma minimo agrario (socializza- zione della terra; cooperative; vincolo al nudici. Ch. Isl^ra nn. 23 e 24*), nel loro atteggiamento verso i liberali (cfr. Revoliutsionnaia Ros- sia y n. 9, e la recensione àtW'Osvobozdcnic del signor Gitlovski nel n. 9 dei Sozialistischc Monashefte) e in molte altre cose di cui proba- bilmente dovremo ancora parlare più volte. In Russia ci sono ancora tanti fattori e condizioni sociali che alimentano Testabilità degli intellettuali, suscitano nelle persone orientate in senso radicale il desiderio di combinare il vecchio ormai sorpassato con ciò che è di moda, ma privo di vita, impediscono loro di fondere la loro causa con quella del proletariato che sta conducendo la sua lotta di classe, che la socialdemocrazia russa dovrà ancora tener conto di una tendenza o di tendenze come la « social-rivoluzionaria », finche Tevoluzione capi- talistica e l’inasprimento dei contrasti di classe toglierà loro ogni base. I seguaci del «Diritto del popolo», che nel 1897 si distinguevano per una indeterminatezza non minore (cfr. più avanti pp. 20-22)“ di quella degli odierni socialisti-rivoluzionari, sono per questo scomparsi molto rapidamente dalla scena. Ma la loro « sensata » idea di staccare completamente la rivendicazione della libertà politica dal socialismo non è morta e non poteva morire perchè in Russia sono molto forti e continuano a rafforzarsi le tendenze democratiche liberali fra i più diversi strati della grande e della piccola borghesia. Perciò il legittimo erede dei seguaci del « Diritto del popolo », il loro vero, coerente. PREFAZIONE Al «COMPITI DEI SOCIALDEMOCRATICI RUSSI» 201 maturo continuatore è stato il liberale Osvobozdeme , che vuole rag- gruppare attorno a sè 1 rappresentanti dell’opposizione borghese in Russia. E tanto inevitabile è che la vecchia Russia anteriore alla ri- forma, i contadini patriarcali, gli intellettuali di vecchio stampo — capaci di entusiasmarsi allo stesso modo c per Yobstcina e per le cooperative agricole e per il terrorismo « inafferrabile > — deperiscano e si estinguano quanto inevitabile è che si sviluppino e maturino le classi abbienti della Russia capitalistica, la borghesia e la piccola borghesia, con il loro sensato liberalismo, che incomincia a rendersi conto del fatto che non è conveniente mantenere un governo assoluto ottuso, barbaro, costoso e totalmente incapace di difenderli contro il socialismo, con la loro rivendicazione di forme europee di lotta di classe e di dominio di classe, con la loro tendenza innata (nell’epoca in cui il proletariato si desta e si sviluppa) a nascondere i propri inte- ressi borghesi di classe negando in generale la lotta di classe. Abbiamo quindi motivo di ringraziare i signori grandi proprietari fondiari liberali che tentano di fondare il « partito costituzionale degli zemstvo ». In primo luogo, — incominciamo dal meno importante — li ringrazieremo per aver portato via alla socialdemocrazia russa il signor Struve, trasformandolo definitivamente da pseudomarxista in liberale, aiutandoci a dimostrare a tutti, con un esempio concreto, il vero significato del bernsteinismo in generale e del bernsteinismo russo in particolare. In secondo luogo, sforzandosi di trasformare diversi strati della borghesia russa in liberali coscienti, YOsvobozdenie ci aiu- terà ad affrettare la trasformazione di una massa sempre maggiore di operai in socialisti coscienti. Da noi c’è stato e ce tanto pseudosocia- lismo vago, liberalpopulista, che rispetto a questo socialismo la nuova tendenza liberale è un evidente passo avanti. Sarà ora quindi facile far vedere con chiarezza agli operai che cos’è la borghesia liberale e democratica russa, spiegare perchè è necessario un partito politico operaio indipendente, che costituisca un tutto unico con la socialde- mocrazia internazionale, sarà quindi semplice invitare ora gli intel- lettuali a precisare decisamente la loro posizione: liberalismo o so- cialdemocrazia; le teorie e le tendenze indeterminate saranno quindi rapidamente polverizzate fra le macine di questi due « antipodi » che crescono e si rafforzano. In terzo luogo — e naturalmente questo è il più importante — ringrazieremo i liberali se con la loro opposizione indeboliranno l’alleanza dell’autocrazia con alcuni strati della borghe- 202 LENIN sia e degli intellettauli. Diciamo « se », perchè blandendo l’autocrazia, esaltando il pacifico lavoro culturale, combattendo contro i rivolu- zionari «tendenziosi» ecc., i liberali indeboliscono non tanto l’auto- crazia quanto la lotta contro l’autocrazia. Denunciando con fermezza e intransigenza ogni posizione indecisa dei liberali, ogni loro tenta- tivo di blandire il governo, priveremo di ogni forza questo aspetto proditorio dell’attività politica dei signori borghesi liberali, paralizze- remo la loro mano sinistra e assicureremo i maggiori risultati possi- bili al lavoro della loro destra. Quindi i seguaci sia della « Volontà del popolo » che del « Diritto del popolo» hanno compiuto passi avanti molto importanti per quanto riguarda lo sviluppo, la determinatezza e la precisazione delle loro vere aspirazioni e della loro vera natura. La lotta, che nella prima metà degli anni novanta era una lotta tra piccoli circoli di gioventù rivoluzionaria, si rinnova ora come lotta decisiva di tendenze politiche mature e di veri partiti politici. La ristampa dei Compiti non sarà forse quindi inutile anche per il fatto che ricorderà ai nostri giovani iscritti il recente passato del partito, farà loro vedere qual è stata l’origine della posizione dei socialdemocratici fra le altre tendenze, solo ora pienamente definitesi, li aiuterà a formarsi un’idea più chiara e precisa dei « compiti » at- tuali, identici a quelli di allora nella sostanza, ma più complessi. Alla socialdemocrazia si pone ora con forza particolare il compito di porre fine a ogni sbandamento e indecisione nelle sue file, di rag- grupparsi più strettamente e fondersi organizzativamente sotto la ban- diera del marxismo rivoluzionario, di fare ogni sforzo per unire tutti i socialdemocratici che svolgono il lavoro pratico, per approfondire ed allargare la loro attività, e, nello stesso tempo, di non dimenticare la necessità di spiegare al più gran numero possibile di intellettuali e di operai il vero significato delle due tendenze summenzionate, di cui già da tempo la socialdemocrazia deve tener conto. Agosto 1902. Pubblicata per la prima volta nel dicembre 1902 nell’opuscolo edito dalla c Lega estera della socialdemocrazia russa». IL PROGETTO DI UNA NUOVA LEGGE SUGLI SCIOPERI Siamo venuti in possesso di un nuovo documento segreto: la rela- zione del ministro delle finanze « sulla revisione degli articoli di legge che puniscono gli scioperi e le rescissioni anticipate dei contratti di lavoro e sulla opportunità di costituire organizzazioni operaie di mutuo soccorso ». Data Pampiezza di questa relazione e la necessità di farla conoscere ai più larghi strati della classe operaia, la pubbli- cheremo in opuscolo “ Per ora ci limitiamo a esporre brevemente il contenuto di questo interessante documento e a rilevarne Pimportanza. La relazione comincia con un breve sunto della storia della nostra legislazione di fabbrica, accennando alle leggi del 3 giugno 1886 e del 2 giugno 1897” e passa quindi al problema dell’abolizione della per- seguibilità penale per l’abbandono del lavoro e per gli scioperi. Il mi- nistero delle finanze ritiene che la minaccia di arresto o di prigione per abbandono arbitrario del lavoro da parte di un solo operaio o per concordata cessazione del lavoro da parte di molti operai non rag- giunga lo scopo prefisso. L’esperienza ha dimostrato che questa mi- naccia non garantisce il mantenimento dell’ordine; essa non fa che irritare gli operai, inculcando loro la convinzione che le leggi sono ingiuste. Applicare queste leggi è cosa molto complicata «essendo estremamente oneroso istruire centinaia, e a volte migliaia di processi » per abbandono di lavoro da parte di ogni singolo operaio, e anche perchè l’industriale non ha interesse a rimanere senza operai, se questi vengono messi in prigione per avere scioperato. Il fatto di conside- rare lo sciopero come un delitto provoca un intervento troppo ze- lante della polizia, che reca agli industriali più danno che utilità, più difficoltà e noie che sollievo. La relazione propone di abolire qual- 204 LENIN siasi punizione per abbandono arbitrario del lavoro da parte di singoli operai e per scioperi pacifici (non accompagnati nè da violenze nè da turbamento debordine pubblico, ecc.). Le punizioni dovrebbero essere inflitte, seguendo il modello delle leggi straniere, soltanto in caso «di violenze, minacce o diffamazioni [!] contro le persone o le cose, compiute sia dai datori di lavoro a danno degli operai, sia da questi a danno di quelli, con lo scopo di imporre il lavoro a deter- minate condizioni oppure di impedirlo, in contrasto alla libera e legit- tima volontà dell’altra parte». In altre parole, invece della perseguibi- lità penale degli scioperi, si propone la perseguibilità penale per aver ostacolato « coloro che desiderano lavorare ». Quanto alle società di mutuo soccorso, il ministero delle finanze si lagna deirarbitrio amministrativo in questo campo (che si sarebbe manifestato particolarmente a Mosca, dove la società degli operai meccanici avrebbe persino avanzato la pretesa di « avere una funzióne mediatrice » fra gli operai e la direzione) ed esige che la legge fissi uno statuto per tali società e ne faciliti la costituzione. Il carattere generale della nuova relazione del ministero delle fi- nanze è quindi, senza dubbio, liberale, e il suo punto centrale consiste nella proposta di abolire la perseguibilità penale degli scioperi. Non analizzeremo qui particolareggiatamente il contenuto di tutto il « pro- getto di legge» (sarà più comodo farlo dopo la pubblicazione inte- grale della relazione), ma attireremo Pattenzione del lettore sul ca- rattere e sul significato di questo liberalismo. La proposta di concedere agli operai una certa libertà di sciopero e d’organizzazione non è una novità, non solo nella nostra pubblicistica liberale, ma anche nei pro- getti delle commissioni ufficiali, governative. All’inizio degli anni sessanta la commissione di Sctakelberg, che procedette alla revisione degli statuti di fabbrica e dell’artigianato, propose di creare dei tri- bunali di industria composti da rappresentanti eletti dagli operai e dai padroni e di dare agli operai una certa libertà di organizzazione. All’inizio degli anni ottanta la commissione creata per elaborare il progetto di un nuovo codice penale intendeva abolire la persegui- bilità penale degli scioperi. Ma l’attuale progetto del ministero delle finanze si distingue in modo sostanziale da quelli precedenti, e questa differenza rimarrà un segno dei tempi estremamente impor- tante anche nel caso in cui le proposte del nuovo progetto rimangano, come tutte le precedenti, a giacere in fondo a un cassetto. Questa dif- IL PROGETTO DI UNA NUOVA LEGGE SUGLI SCIOPERI 20 5 ferenza sostanziale consiste nel fatto che il nuovo progetto ha una « base » molto più ampia : si sente in esso non solo la voce di alcuni teorici d'avanguardia, ideologi della borghesia, ma la voce di un intero strato di industriali che sono a contatto col lavoro produttivo. Non si tratta più solo del liberalismo di funzionari e di professori « umanitari », ma di un liberalismo nostrano, patrio, dei commercianti e degli industriali di Mosca. Dirò francamente che questo fatto mi riempie il cuore di nobile fierezza patriottica: il liberalismo da due sol- di del commerciante è molto più importante del liberalismo da quat- tro soldi del funzionario. E le cose più interessanti della relazione non sono le nauseanti disquisizioni sulla libertà di contratto e sul bene dello Stato, ma le considerazioni pratiche degli industriali che tra- pelano attraverso la tradizionale argomentazione giuridica. Non ne possiamo più! Siamo stufi! Fatti gli affari tuoi! — ecco che cosa dice l’industriale russo alla polizia russa, per bocca dell’autore della relazione ministeriale. Sentite, infatti, i seguenti ragionamenti: « Secondo gli organi di polizia, che trovano un appoggio neH'im- precisione e nella confusione della legge in vigore, ogni sciopero deve essere considerato non come un fenomeno economico naturale, ma immancabilmente come un turbamento debordine e della tranquil- lità pubblica. Se invece ci si comportasse più serenamente nei casi di cessazione di lavoro nelle fabbriche e nelle officine, se gli scioperi non fossero sempre considerati come turbamento debordine pubblico, sarebbe molto più facile chiarirne la vera causa, facendo distinzione fra i motivi legittimi e giusti e quelli illegittimi e infondati, e pren- dere gli opportuni provvedimenti per un pacifico accordo delle parti. Con un tale modo di procedere, che sarebbe normale, i provvedi- menti volti a stroncare e a reprimere verrebbero presi soltanto nei casi in cui si possa realmente provare il verificarsi di disordini ». La polizia non indaga sui motivi dello sciopero, ma si preoccupa soltanto di stroncarlo, ricorrendo ad uno dei due metodi: 0 costringere gli operai (con arresti, deportazioni e altri provvedimenti, « compreso l'uso della forza armata ») a riprendere il lavoro, o ingiungere ai padroni di fare delle concessioni. « Non si può dire che, dei due me- todi, almeno uno sia comodo» per i signori industriali. Il primo «irrita gli operai», il secondo «rafforza negli operai la dannosissima convinzione che, lo sciopero sia il mezzo più sicuro per ottenere, in tutti i casi, la soddisfazione delle proprie rivendicazioni ». « La storia 20Ó LENIN degli scioperi dell’ultimo decennio offre molti esempi, del danno che reca la tendenza a volere stroncare rapidamente, ad ogni costo, le complicazioni che sorgono. Gli arresti indiscriminati suscitavano, talvolta, una tale esasperazione tra gli operai, fino allora assolutamente calmi, che si era costretti a ricorrere ai cosacchi; dopo di che, na- turalmente, non si poteva più parlare di accogliere neanche le riven- dicazioni legittime degli scioperanti. D’altra parte, i casi in cui le rivendicazioni illegittime degli operai venivano rapidamente soddi- sfatte mediante una pressione esercitata sugli industriali provocavano immancabilmente scioperi analoghi in altri stabilimenti industriali, nei quali si era costretti a ricorrere non più al sistema delle concessioni, ma alla forza armata, cosa che gli operai non riuscivano assolutamente a spiegarsi e che suscitava in essi la convinzione dell’ingiustizia e dell’arbitrio delle autorità nei loro confronti... ». Che la polizia abbia qualche volta soddisfatto mediante una pressione sugli industriali persino rivendicazioni illegittime degli operai, è senza dubbio una fantasia dei signori capitalisti, i quali vogliono dire che talvolta essi stessi, dopo aver mercanteggiato con gli scioperanti, avrebbero potuto conceder loro meno di quel che erano stati costretti a concedere sotto la pressione del minaccioso spettro del « turbamento dell’ordine e della tranquillità pubblica». La relazione dà una frecciata al ministero degli interni, che, nella circolare del 12 agosto 1897, « pubblicata senza preventivo accordo col ministero delle finanze» (questo è il punto!), prescrive che in ogni sciopero vengano effettuati arresti e deportazioni e che di istruire i processi per sciopero si occupi la polizia politica. «Le più alte autorità amministrative», prosegue la relazione esponen- do le rimostranze dei fabbricanti « vanno ancora oltre [la legge] e attri- buiscono a tutti [in corsivo nell’originale] gli scioperi addirittura un’importanza statale... In realtà, invece, ogni sciopero (natural- mente se non è accompagnato da violenze) è un fenomeno puramente economico, assolutamente naturale e non rappresenta affatto una minaccia per l’ordine e la tranquillità pubblica. In questi casi la sal- vaguardia dell’ordine deve assumere forme simili a quelle prati- cate durante feste popolari all’aperto, solennità, spettacoli e casi del genere ». Questo è un linguaggio da veri liberali manchcstcriani, i quali proclamano che la lotta tra capitale e lavoro c un fenomeno assolu- tamente naturale, identificano con gran disinvoltura « il commercio IL PROGETTO DI UNA NUOVA LEGGE SUGLI SCIOPERI 207 in merci » e « il commercio in lavoro » (in un altro punto della rela- zione) ed esigono il non intervento dello Stato, riservandogli la fun- zione di guardiano notturno (e diurno). E quel che più conta è che sono stati i nostri operai, e soltanto essi, a costringere gli industriali russi ad accogliere questo punto di vista liberale. Il movimento operaio ha assunto una così vasta portata che gli scioperi sono davvero di- ventati un «fenomeno economico naturale»* La lotta degli operai ha assunto forme talmente tenaci che l’intervento dello Stato di polizia, il quale vieta qualsiasi manifestazione di questa lotta, ha vera- mente cominciato ad essere dannoso non solo per gli operai (a questi non ha mai arrecato altro che danno), ma anche per gli stessi indu- striali a favore dei quali l’intervento veniva effettuato. Gli operai hanno reso praticamente impotenti i divieti della polizia, ma questa ha continuato (e non poteva non farlo, in uno Stato autocratico) a intervenire e, sentendo la propria impotenza, è andata da un estremo all’altro: ora impiego delle truppe, ora concessioni, ora feroci rap- presaglie, ora blandizie. Quanto più l’intervento della polizia perdeva di efficacia, tanto più gli industriali avvertivano l’arbitrio della polizia, tanto più in loro maturava la convinzione che non era vantaggioso sostenere questo arbitrio. Il conflitto fra una determinata parte dei grandi industriali e l’onnipotenza della polizia si acuiva sempre più e assumeva forme particolarmente aspre a Mosca, dove il sistema delle blandizie nei confronti degli operai era fiorito con particolare rigoglio. La relazione si lagna apertamente delle autorità moscovite, le quali avevano cominciato un giuoco pericoloso con le conferenze operaie e la società di mutuo soccorso degli operai dell'industria meccanica. Per adescare gli operai si era dovuto concedere al consiglio di questa so- cietà un certo diritto di mediazione; subito gli industriali puntarono i piedi. « Dapprima questo consiglio », dice la relazione dettata dagli industriali, « si rivolgeva ai membri dell’ispettorato di fabbrica, ma in seguito, vedendo che questi non riconoscevano la sua competenza nella funzione mediatrice da esso arbitrariamente assunta, ha cominciato a rivolgersi al capo della polizia, il quale non solo accoglie le istanze che gli pervengono, ma dà loro regolare corso, sanzionando in tal modo i diritti che il consiglio si è attribuito ». Gli industriali pro- testano contro i singoli provvedimenti amministrativi ed esigono un nuovo ordinamento legislativo. Il liberalismo degli industriali, è vero, non esce per ora dall’an- 2o8 LENIN gusto quadro professionale; la loro ostilità verso l’arbitrio poliziesco è suscitata soltanto da sipgole manifestazioni estreme per essi svan- taggiose» e non è volta contro le basi del prepotere burocratico. Ma lo sviluppo economico della Russia e del mondo intero, inasprendo gli antagonismi di classe nei paesi capitalistici, inasprirà quest’ostilità, ne moltiplicherà i motivi, Papprofondirà. La forza del proletariato sta nel numero e nella compattezza, che aumentano col processo stesso dello sviluppo economico, mentre fra la grande e piccola borghesia non fa che aumentare la disparità e il frazionamento degli interessi. Per poter valutare questa superiorità « naturale » del proletariato, la socialdemocrazia deve seguire attentamente tutti i conflitti di inte- resse fra le classi dominanti, servendosene non solo per trarne un vantaggio pratico a favore di questo o quello strato della classe operaia, ma anche per illuminare tutta la classe operaia, per trarre un utile insegnamento da ogni nuovo episodio politico-sociale. Il vantaggio pratico che trarrebbero gli operai dalla modifica della legge che gli industriali liberali propongono è troppo evidente perchè valga la pena di soffermarvisi a lungo. È un’indubbia concessione a una forza crescente, l’abbandono da parte del nemico di una delle sue posizioni che praticamente è già quasi conquistata dal proletariato rivoluzionario e che i capi più lungimiranti dell’esercito nemico non vogliono difendere oltre. La concessione è ben piccola, non c’è che dire. Anzitutto sarebbe ridicolo anche solo pensare alla possibilità di una vera libertà, della libertà di sciopero, quando non vi è libertà po- litica. Alla polizia rimane il diritto di arrestare e di deportare senza processo e continuerà ad averlo finche esiste l’autocrazia. Mantenere questo diritto significa mantenere i nove decimi di tutti i soprusi, scandali e arbitri polizieschi che cominciano a ripugnare persino agli industriali. In secondo luogo, anche nel campo ristretto della legi- slazione industriale, il ministero delle finanze fa un timidissimo passo in avanti, imitando quel progetto di legge tedesco che gli operai tede- schi hanno chiamato progetto di legge « da galera » e mantenendo particolari punizioni, legate al contratto di lavoro, per « violenze, minacce c diffamazioni », come se non esistesse un codice penale che prevede le pene per questi delitti! Ma gli operai russi sapranno approfittare anche di una piccola concessione per consolidare le proprie posizioni, per rafforzare e allargare la loro grande lotta per la libe- razione dell’umanità lavoratrice dalla schiavitù del lavoro salariato. IL PROGETTO DI UNA NUOVA LEGGE SUGLI SCIOPERI 209 Quanto all’utile insegnamento che ci dà la nuova relazione, dob- biamo rilevare anzitutto che- la protesta degli industriali contro la legge medievale sugli scioperi ci mostra, con un piccolo esempio particolare, che gli interessi della borghesia in fase di sviluppo e quelli deirassolutismo che ha fatto il suo tempo in generale non coincidono. Dovrebbero riflettervi coloro i quali (come i socialisti-rivoluzionari) hanno tuttora paura di riconoscere che esistono elementi di opposi- sizione borghese in Russia e continuano a ripetere alla maniera antica che gli « interessi » (in generale!) della borghesia russa sono soddi- sfatti. Come si vede, il prepotere poliziesco viene a cozzare ora contro gli uni, ora contro gli altri interessi persino di quegli strati della bor- ghesia che la polizia protegge nel modo più immediato e per i quali qualsiasi allentamento del freno messo al proletariato costituisce una immediata minaccia . Il movimento veramente rivoluzionario disgrega quindi il governo non solo direttamente, illuminando, destando, cementando le masse sfruttate, ma anche indirettamente, invalidando le leggi decrepite, facendo perdere la fede nell'autocrazia anche a coloro che apparente- mente dovrebbero dimostrarle più attaccamento e devozione, ren- dendo più frequenti le « liti in famiglia », fra di loro, trasformando la fermezza e l’unità del campo nemico in discordia e incertezza. Ma per ottenere simili risultati occorre una condizione di cui i nostri socia- listi-rivoluzionari non son mai riusciti a rendersi conto: è necessario che il movimento sia veramente rivoluzionario, che desti cioè a nuova vita strati sempre più vasti della classe veramente rivoluzionaria, tra- sformi, di fatto, la fisionomia spirituale e politica di questa classe e, per suo tramite, di tutti coloro che vengono in contatto con essa. Se si fossero resi conto di questa verità, i socialisti-rivoluzionari avrebbero capito quale danno pratico arreca la loro mancanza di idee e di prin- cipi nei problemi fondamentali del socialismo, avrebbero capito che non già le forze governative, ma le forze rivoluzionarie vengono di- sorganizzate da coloro i quali predicano che contro la folla I’auto- crazia dispone dei soldati, contro le organizzazioni della polizia, e che solo singoli terroristi, i quali tolgono di mezzo ministri e governatori, sono veramente inafferrabili. Il nuovo < passo » del ministero degli industriali ci offre anche un altro utile insegnamento. Quello della necessità di saper utilizzare in pratica qualsiasi liberalismo, anche quello da due soldi, ma di 14 - 763 210 LENIN stare al tempo stesso « all'erta » perchè questo liberalismo non cor- rompa le masse del popolo con la sua falsa impostazione dei problemi. Abbiamo un esempio nel signor Struve. Così intitoleremmo una di- scussione con lui: «Come i liberali vogliono insegnare agli operai, e come gli operai devono insegnare ai liberali ». Il signor Struve, che ha cominciato a pubblicare nel n. 4 dt\Y 0 svobozdcnie la relazione che noi stiamo analizzando, dice fra l’altro che il nuovo progetto è un’espressione del « senno statale », il quale senno riuscirà però diffi- cilmente ad aprirsi un varco attraverso il muro deH’arbitrio e della insensatezza. Non è così, signor Struve. Non è stato « il senno sta- tale» a promuovere il progetto della nuova legge sugli scioperi; l’hanno promosso gli industriali. Il progetto è apparso non perchè lo Stato abbia « riconosciuto > le basi fondamentali del diritto civile (la borghese « libertà e uguaglianza » dei padroni e degli operai), ma perchè l’abolizione della perseguibilità penale degli scioperi è diven- tata vantaggiosa per gli industriali. Le formulazioni giuridiche e le motivazioni pienamente fondate che dà ora lo « stesso » ( Osvoboz - dente, n. 4, p. 50) ministero delle finanze esistevano già da molto tempo, sia nella letteratura russa, sia, persino, nei lavori delle com- missioni governative, ma tutto ciò è rimasto in fondo a un cassetto finché non si è fatta sentire la voce dei padroni dell industria, ai quali gli operai avevano dimostrato in pratica l’assurdità delle vecchie leggi. Noi sottolineiamo questa importanza decisiva dei vantaggi degli industriali e del fatto che costoro agiscono nel loro proprio interesse, non perchè ciò sminuisca, a parer nostro, l'importanza dei progetti governativi; al contrario, abbiamo già detto che, secondo noi, ciò aumenta tale importanza. Ma il proletariato, nella sua lotta contro tutto il regime attuale, deve anzitutto imparare a guardare le cose in faccia e a mente fredda, a scoprire le vere cause che hanno indotto «lo Stato a nobili atti» e a smascherare instancabilmente le frasi menzognere e altisonanti sul « senno statale » ecc., che abili funzionari della polizia mettono in circolazione per calcolo, e sapienti liberali per miopia. Più oltre il signor Struve consiglia agli operai di essere « moderati » nella loro agitazione per l'abolizione della perseguibilità degli scio- peri. «Quanto più moderata essa sarà [quest’agitazione] nelle sue forme », predica il signor Struve, « tanto più grande sarà la sua impor- tanza». L’operaio deve proprio ringraziare l’ex socialista per questi IL PROGETTO DI UNA NUOVA LEGGE SUGLI SCIOPERI 21 I consigli. È la tradizionale saggezza alla Molcialin dei liberali: pre- dicare la moderazione proprio quando il governo ha appena comin- ciato ad esitare (su qualche questione particolare). Bisogna essere moderati per non pregiudicare l’attuazione della riforma iniziata, per non spaventare, per cogliere il momento favorevole quando il primo passo è già stato fatto (la relazione è stata compilata!) e quando il riconoscimento da parte di un qualsiasi ministero della necessità di riforme «dimostra in modo inconfutabile [?] allo stesso governo e alla società [!] » che queste riforme «sono giuste e op- portune [?] ». Così ragiona il signor Struve a proposito del progetto da noi analizzato; così hanno sempre ragionato i liberali russi. Non così ragionano i socialdemocratici. Vedete, diranno essi, persino fra gli industriali qualcuno ha cominciato a capire che le forme europee della lotta di classe sono preferibili aH’afbitrio asiatico della polizia. Con la nostra lotta tenace abbiamo costretto persino gli industriali a dubitare dell’onnipotenza degli sbirri deH’autocrazia» Avanti, dun- que, con coraggio! Divulgate la lieta novella: l’incertezza è penetrata nelle file del nemico, e approfittate della sua sia pur minima esita- zione non per « moderare » alla Molcialin le vostre rivendicazioni, ma per porle con più forza» Del debito che il governo ha verso il po- polo, vi vogliono dare un copeco su cento rubli. Approfittate dell’in- casso di questo copeco per esigere, a voce sempre più alta, lammontare completo del debito, per discreditare definitivamente il governo, per preparare le nostre forze ad assestargli il colpo decisivo. !sJ(ra t n. 24, i° settembre 1902. LETTERA ALLA REDAZIONE DEL « IUZNY RABOCI» Cari compagni, la vostra lettera, ricca di contenuto, ci ha ralle- grati tutti. Vi preghiamo di inviarci al più presto le aggiunte che ci promettete e di scrivere più spesso. Speriamo di potervi mandare fra non molto un compagno che conduca con voi trattative più partico- lareggiate e definitive. Avete mille volte ragione: bisogna unirci al più presto, immediata- mente, in un’organizzazione panrussa che si ponga lo scopo di pre- parare lunità ideologica dei comitati e l’unità pratica, organizzativa, del partito. Da parte nostra abbiamo intrapreso passi importanti in questo senso grazie al fatto che il comitato di Pietroburgo è divenuto tutto iskrista, ha pubblicato in proposito una dichiarazione e de facto (ciò, s’intende, deve rimanere assolutamente entre nous) si è fuso con l’organizzazione russa dtWIs/^ra, dando ai membri di quest’ultima cariche importantissime nel comitato. Se riusciremo ad avere tale piena solidarietà da parte del mezzogiorno e la completa fusione, il problema della reale unificazione del partito sarà per tre quarti ri- solto. Bisogna affrettarsi, affrettarsi molto. Prenderemo subito prov- vedimenti perchè, in primo luogo, vengano da voi alcuni membri dell’organizzazione russa dell’/r^ra e, in secondo luogo, vengano qui stabiliti dei contatti con Cernyscev. Da parte vostra dovete affrettarvi a pubblicare (oppure a far pubblicare dall’/^ra) una vostra dichia- razione di principio, che ben definisca la vostra posizione nel partito, e a prendere tutti i provvedimenti necessari per una reale fusione con l’organizzazione deWIsfpa. Concludendo, alcune parole sui problemi da voi sollevati. Quanto ai contadini e al nostro programma agrario, non abbiamo ancora * ben compreso in che cosa il nostro progetto non vi soddisfi e quali LETTERA ALLA REDAZIONE DEL «IUZNY RABOCI » 213 emendamenti desiderereste. Ditelo con più precisione. Avete visto il n. 4 della Zarià con l’articolo sul programma agrario"? In gene- rale le vostre osservazioni sui difetti dcWIs^ra attestano quanto sia importante stabilire fra di noi contatti più regolari e frequenti per metterci completamente d’accordo. Le nostre forze sono così ter- ribilmente scarse che soltanto la più stretta unione fra i socialdemo- cratici può garantire il successo sia nella lotta contro gli «avventu- rieri » che contro il governo. Eppure fino ad ora non sapevamo quasi nulla, per esempio, del vostro modo di vedere e del vostro lavoro pratico. Vi pare che sia una cosa normale? E vi pare normale, per esempio, che voi da soli facciate dei passi per far arrivare il materiale e noi da parte nostra facciamo altrettanto? (Scriveteci, con maggior copia di particolari, che cosa fate, come e dove lo fate, di quali mezzi disponete, ecc.). Bisogna tener conto di questa stessa circo- stanza, cioè della scarsità delle nostre forze, quando si discute della possibilità di avere un giornale proprio, di proseguire la pubblicazione del luzny Raboci , oppure di trasformarlo in Russai Raboci . Biso- gna pensare molto molto seriamente a tutti i lati della questione. Pensate dunque: dove prendere le forze per due organi di stampa quando sappiamo benissimo che ce ne sono poche anche per uno solo? Non spingerete forse Pietroburgo (i suoi elementi non iskristi) a continuare a far uscire la Rabociaia Gazieta , che è a neh essa un giornale «di chiarificazione», popolare, ecc.? E ciò in un momento in cui Pietroburgo si prepara a cessarne le pubblicazioni e a met- tersi finalmente a lavorare sul serio per Visura. Il vostro lavoro per organizzare una collaborazione regolare con Visura non verrà a sof- frire per i vostri progetti? E senza questa collaborazione il nostro giornale non può divenire il vero organo di stampa del partito; non dimenticate poi che per questa attività oltre a voi non abbiamo nes- suno in vista. E se non la svolgeranno gli iskristi, chi dunque la svol- gerà? Infine esaminate più seriamente se il compito di creare una let- teratura di chiarificazione, di propaganda, popolare, che conti di farsi leggere dall*« uomo medio », sia o no compatibile con il compito che ha un giornale. È indubbio che ci deve essere materiale di stampa par- ticolarmente dedicato all’uomo medio e alle masse, ma deve essere co- stituito solo da fogli volanti e opuscoli, poiché in un giornale non è possibile spiegare veramente ogtii questione all’uomo medio. È una cosa in cui bisogna cominciare dal principio, dall’abbiccì, per andare 214 LENIN fino in fondo, spiegando con parole semplici tutti i lati di una que- stione. È difficile che un giornale possa farlo anche se gli è garantita in modo ideale la collaborazione dei pubblicisti. Non dimenticate in- fine che il vostro lavoro avrà, lo vogliate o no, importanza per tutta la Russia e che i vostri ragionamenti, idee, teorie sui giornali « per gli intellettuali > e quelli « per gli operai * possono avere una dannosis- sima funzione, non solo indipendentemente dalla vostra volontà, ma anche nonostante la vostra azione per impedirla. Gli uomini come voi sono pochissimi fra i socialdemocratici, e nella massa dei compagni vi sono ancora limitatezze di tutti i tipi. Naturalmente non pensiamo di esaurire una questione così importante con queste brevi osserva- zioni, ma vi preghiamo solo di non affrettarvi a prendere una deci- sione e di esaminare la cosa da tutti i lati. Noi riteniamo che sia bene , almeno fino al congresso del partito, che il vostro gruppo (redazione del luzny Raboci) non si sciolga, ma quanto al suo giornale non dovete affrettarvi. Scritta il 3 (16) dicembre 1902. Pubblicata per la prima volta nel 1924 in Profetar sitata Rt voliti t si a, n. 3. LETTERA A UN COMPAGNO SUI NOSTRI COMPITI ORGANIZZATIVI M Caro cojmpagno, soddisfo con piacere il vostro desiderio di avere da me una critica al vostro progetto di « Organizzazione di un partito rivoluzionario a Pietroburgo ». (Voi intendete, evidentemente, l’or- ganizzazione deH’attività del Partito operaio socialdemocratico russo a Pietroburgo). La questione da voi sollevata è così importante che alla discussione devono partecipare anche tutti i membri del comitato di Pietroburgo e persino tutti i socialdemocratici russi in generale. Innanzi tutto vi dirò che sono pienamente d’accordo con voi sui motivi che vi inducono ad affermare che la precedente organizzazione dell’* Unione » (« unionista », come voi la chiamate) non è adatta. Voi dite che gli operai di avanguardia mancano di una seria prepa- razione e educazione rivoluzionaria, parlate del cosiddetto sistema elettivo, sostenuto con tanta fierezza e ostinazione dai fautori del Raboceie Dielo per attaccamento ai principi « democratici », dell estra- niamene degli operai dal lavoro attivo. Proprio così: i) mancanza di una seria preparazione e educazione rivoluzionaria (non solo negli operai, ma anche negli intellettuali), 2) inopportuna ed esagerata applicazione del principio elettivo e 3) estraniamene degli operai dall’attivo lavoro rivoluzionario . È questo effettivamente il difetto principale non solo dell’organizzazione di Pietroburgo, ma anche di molte altre organizzazioni locali del nostro partito. Condivido pienamente la vostra opinione fondamentale sui com- piti organizzativi e mi associo anche al vostro progetto organizzativo nella misura in cui i suoi tratti principali mi risultano chiari dalla vostra lettera. 21 6 LENIN E precisamente, sono del tutto d’accordo con voi nel ritenere che si debbano soprattutto sottolineare i compiti del lavoro panrusso e di tutto il partito in generale. Voi esprimete questa idea quando nel primo paragrafo del progetto dite: «Centro direttivo del partito (e non solo di un comitato o di una zona) è 17/^ra, che deve avere corrispondenti fissi fra gli operai ed essere strettamente legata al lavoro interno deH’organizzazione ». Osserverei solo che il giornale pube deve essere il dirigente ideologico del partito, sviluppare le verità teoriche, i principi tattici, le idee organizzativi generali, i compiti comuni di tutto il partito in questo o quel momento. Dirigente pratico immediato del movimento può essere invece solo un apposito gruppo centrale (chiamiamolo, se volete, Comitato centrale), che man- tenga contatti personali con tutti i comitati, sia composto di tutte le migliori forze rivoluzionarie di tutti i socialdemocratici russi e dia disposizioni per tutte le attività generali del partito, come ad esempio la diffusione della stampa, la pubblicazione dei manifestini, la distri- buzione delle forze, la designazione delle persone e dei gruppi che devono dirigere particolari azioni, la preparazione di dimostrazioni in tutta la Russia e dell'insurrezione, ecc. Siccome è necessario garan- tire la più rigorosa clandestinità e assicurare la continuità del movi- mento, il nostro partito può e deve avere due centri direttivi: TOC (organo centrale) e il CC (Comitato centrale). Il primo deve assi- curare la direzione ideologica, il secondo la direzione immediata e pratica. L'unità di azione e l’indispensabile solidarietà fra questi due gruppi devono essere assicurate non solo da un programma unico del partito, ma anche dalla loro composizione (è necessario che in entrambi, tanto nell’organo centrale quanto nel CC, ci siano elementi completamente affiatati tra loro) e dalla convocazione di riunioni comuni regolari, fisse. Soltanto allora, da una parte, l’organo centrale si troverà fuori dal raggio d’azione dei gendarmi russi e la sua atti- vità conseguente e continua sarà garantita, e, dall’altra, il CC sarà sempre solidale con l’organo centrale in tutte le cose fondamentali e abbastanza libero nel dare disposizioni dirette per tutto il lato pratico del movimento. Sarebbe bene perciò che nel primo paragrafo dello statuto (secondo il vostro progetto) non si dicesse soltanto qual è l’organo del partito che si riconosce come organo direttivo (questo certo è necessario), ma anche che quella determinata organizzazione locale si pone il compito I-ETTERA A L/N COMPAGNO SUI NOSTRI COMPITI ORGANIZZATIVI 217 di lavorare attivamente per creare , appoggiare e consolidare le istanze centrali, senza le quali il nostro partito non può esistere come tale. Inoltre nel secondo paragrafo voi dite che il comitato deve «diri- gere l’organizzazione locale» (forse sarebbe meglio dire: «tutto il lavoro locale e tutte le organizzazioni locali del partito», ma non mi soffermerò sui particolari della formulazione) e essere composto tanto da operai quanto da intellettuali; la loro separazione in due comitati è dannosa. Ciò è pienamente, perfettamente giusto. Il comitato del Partito operaio socialdemocratico russo deve essere uno solo e ne de- vono far parte socialdemocratici pienamente coscienti che si dedichino interamente all’attività socialdemocratica. Bisogna soprattutto cercare di ottenere che il maggior numero possibile di operai divengano rivoluzionari di professione pienamente coscienti ed entrino nel co- mitato Se esiste un comitato unico e non duplice, diviene parti- colarmente importante che i membri del comitato conoscano perso- nalmente molti operai. Per dirigere tutto ciò che avviene nell’ambiente operaio occorre avere la possibilità di arrivare dappertutto, conoscere moltissime persone, poter entrare ovunque, ecc. ecc. Nel comitato ci devono essere perciò, possibilmente, tutti i principali capi del movi- mento operaio scelti fra gli stessi operai; il comitato deve dirigere il movimento locale in tutti i suoi aspetti, tutte le istanze, le forze e i mezzi locali del partito. Voi non dite come deve essere costituito il comitato, e probabilmente anche qui converremo che non occorrono regole particolari; il modo come costituire il comitato è infatti un compito che riguarda i socialdemocratici locali. Forse si potrebbe solo dire che il comitato viene completato su decisione della maggioranza (oppure dei due terzi, ecc.) dei suoi membri, che esso deve provvedere a trasferire il materiale di collegamento in luogo fidato (dal punto di vista rivoluzionario) e sicuro (dal punto di vista politico) e a pre- parare in precedenza dei candidati. Quando avremo l’organo centrale e il CC, i nuovi comitati dovranno essere formati solo con il loro consenso. Il comitato deve avere possibilmente un numero di membri non molto grande (affinchè il loro livello sia più elevato e la loro specializzazione nella professione rivoluzionaria più completa), ma nel medesimo tempo sufficiente per poter dirigere il lavoro in tutti i suoi aspetti e garantire nelle riunioni discussioni esaurienti e decisioni * Bisogna cercare di far entrare nel comitato operai rivoluzionari che abbiano i maggiori legami e un buon « nome » fra le masse operaie. 2l8 LENIN definitive. Se risultasse che i membri sono troppo numerosi e le fre- quenti riunioni rappresentano un pericolo, si dovrebbe forse staccare dal comitato un altro gruppo, molto piccolo (cinque persone poniamo, e anche meno), incaricato di dare le disposizioni e in cui devono im- mancabilmente essere inclusi il segretario e le persone che meglio sanno dirigere praticamente tutto il lavoro nel suo complesso. Sarebbe particolarmente importante assicurarsi dei candidati a mèmbri di questo gruppo nell'eventualità di una retata, affinchè il lavoro non si arresti. Le riunioni plenarie del comitato approverebbero l'operato del gruppo che dà le disposizioni, ne deciderebbero la composizione, ecc. Dopo il comitato voi proponete le seguenti istanze ad esso su- bordinate: i) discussione (riunione dei «migliori» rivoluzionari), 2) circoli rionali con 3) un gruppo di propagandisti aggregati ad ognuno di essi, 4) circoli di officine e 5) « convegni di rappresentanti » a cui partecipino i delegati dei circoli di officina di un determinato rione. Sono pienamente d'accordo con voi nel ritenere che tutte le altre istanze (£, oltre a quelle da voi indicate, ce ne devono essere moltissime e molto varie) devono essere subordinate al comitato e che occorrono dei gruppi rionali (per le città molto grandi) e di officina (sempre e dappertutto). Ma in certi particolari mi sembra di non essere del tutto d'accordo con voi. Ad esempio, per la « discussione » penso che non sia affatto necessaria un'istanza. I « migliori rivolu- zionari » devono essere tutti nel comitato o addetti a particolari fun- zioni (tipografia, trasporti, agitazione volante, organizzazione, po- niamo, di un ufficio passaporti o di squadre per lottare contro le spie e i provocatori, oppure gruppi nell’esercito, ecc.). Le « riunioni » si terranno tanto nel comitato quanto in ogni rione, in ogni circolo di officina, di propaganda, professionale (tessi- tori, meccanici, conciatori, ecc.), studentesco, letterario, ecc. A che serve un'apposita istanza per le riunioni? Proseguiamo. Voi chiedete del tutto giustamente che « a tutti coloro che lo desiderano» sia data la possibilità di corrispondere diret- tamente con Visura. Però c direttamente » va inteso non nel senso che a « tutti coloro che lo desiderano » sia dato l’indirizzo della redazione e la possibilità di incontrarsi con i redattori, ma nel senso che si deb- bano assolutamente trasmettere (o spedire) alla redazione le lettere di tutti coloro che lo desiderano . Si deve dare l’indirizzo a una cerchia abbastanza larga di compagni, ma non a tutti coloro che lo desiderano LETTERA A UN COMPAGNO SUI NOSTRI COMPITI ORGANIZZATIVI 2ig c solo ai rivoluzionari fidati e che si distinguono per la loro abiliti nel lavoro clandestino, e fors’anche non a un solo compagno per rione, come voi volete, ma ad alcuni; occorre anche che tutti coloro che par- tecipano al lavoro, tutti i circoli abbiano il diritto di far conoscere le loro decisioni, i loro desideri, i loro bisogni tanto al comitato quanto allargano centrale e al CC. Se garantiremo tutto ciò, potremo avere discussioni esaurienti fra tutti i militanti del partito , senza creare istanze ingombranti e non clandestine come la « discussione ». Certo, bisogna anche cercare di organizzare contatti personali con il maggior numero possibile di militanti di ogni tipo, ma qui tutto sta nellos- servare le regole della clandestinità. È possibile convocare assemblee generali e convegni in Russia solo di rado, come eccezione, ed è ne- cessario essere doppiamente cauti nel far partecipare a queste as- semblee i « migliori rivoluzionari », perchè in genere per un pro- vocatore è più facile infiltrarsi nelle assemblee generali e per una spia pedinare uno dei partecipanti. Penso che forse sarebbe meglio fare così: quando è possibile organizzare grandi assemblee (poniamo, di trenta, cento persone) generali (per esempio, d’estate in un bosco o in un appartamento clandestino appositamente scelto), il comitato mandi sul posto uno o due dei « migliori rivoluzionari » e faccia sì che allas- semblea partecipino buoni elementi, che si inviti cioè, per esempio, il maggior numero possibile di membri fidati dei circoli d’officina, ecc. Ma non si deve fare di queste assemblee delle istanze di par- tito, esse non devono essere nello statuto, non devono essere re- golari, non si deve fare in modo che tutti i partecipanti dell’as- semblea si conoscano fra loro, che sappiano cioè di essere tutti « rap- presentanti » dei circoli ecc.: ecco perchè sono contrario non solo alle « discussioni », ma anche al « convegno dei rappresentanti ». Invece di convocare queste riunioni io proporrei di stabilire all’incirca la seguente regola. Il comitato provvede a organizzare grandi assemblee con la partecipazione del maggior numero possibile di militanti pra- tici del movimento e di tutti gli operai in generale. Il tempo, il luogo, il motivo della convocazione deirassemblea c la sua composizione vengono stabiliti dal comitato, che è responsabile della organizzazione clandestina di queste riunioni. È ovvio che con ciò non si vuole affatto impedire che gli operai organizzino incontri in gite, nei boschi, ecc. Forse sarebbe ancora meglio non parlarne nello statuto. Infine, per quanto riguarda i gruppi rionali, sono pienamente 220 LENIN d’accordo con voi nel ritenere che uno dei loro compiti più importanti sia una buona organizzazione della distribuzione della stampa. Penso che questi gruppi debbano essere soprattutto degli intermediari fra i comitati e le officine, degli intermediari e persino prevalentemente dei trasmettitori . L’organizzazione clandestina di una regolare distri- buzione della stampa affidata loro dal comitato deve essere il loro com- pito principale. E questo compito è estremamente importante, perchè se il gruppo rionale dei diffusori potrà avere contatti regolari con tutte le officine del rione, con il maggior numero possibile di abitazioni operaie dèi rione, ciò avrà un’immensa importanza tanto per le dimo- strazioni quanto per l’insurrezione. Avviare, organizzare una rapida e regolare distribuzione della stampa, dei giornali, dei manifestini, ecc., abituare a questa attività tutta una rete di fiduciari, significa fare più della metà dell’opera per preparare in avvenire le dimostra- zioni e l’insurrezione. Nel momento dell’eccitazione degli animi, dello sciopero, del fermento non si può già più organizzare la diffusione della stampa. Ci si può abituare solo a poco a poco, facendolo obbliga- toriamente due, tre volte al mese. Se non c’è il giornale, si possono e devono distribuire manifestini, ma non si deve permettere in nessun modo a questo apparato di diffusione di rimanere inattivo. Bisogna cercar di far giungere questo apparato a un tale grado di perfezione da poter informare in una sola notte, c, per così dire, mobilitare tutta la popolazione operaia di Pietroburgo. E non si tratta affatto di un obiettivo utopistico, a condizione che i manifestini vengano sistema- ticamente trasmessi dal centro ai più ristretti circoli intermedi e da questi ai diffusori. A mio avviso non si dovrebbero allargare i limiti di competenza del gruppo rionale a funzioni che non siano pura- mente quelle di intermediario e di trasmettitore, o meglio, si do- vrebbe farlo solo con estrema cautela, perchè ciò non può che dan- neggiare tanto la clandestinità quanto l’organicità del lavoro. Le riu- nioni su tutte le questioni del partito saranno tenute naturalmente anche nei circoli rionali, ma solo il comitato deve decidere tutte le questioni generali del movimento locale. Si dovrebbe ammettere l’au- tonomia del gruppo rionale solo nelle questioni che riguardano la tecnica della consegna e della diffusione della stampa. La composi- zione del gruppo rionale deve essere stabilita dal comitato, esso no- mina cioè uno o due suoi membri (o anche non suoi membri) delegati per un determinato rione e li incarica di costituire il gruppo rionale , LETTERA A UN COMPAGNO SUI NOSTRI COMPITI ORGANIZZATIVI 221 i cui membri a loro volta vengono, per così dire, convalidati dal comi- tato. Il gruppo rionale è una filiale del comitato, che solo da esso deriva i suoi poteri. Passo alla questione dei circoli di propagandisti. Non è possibile organizzarne uno in ogni rione, data la scarsità di forze propagandi- stiche, e non sarebbe nemmeno bene. La propaganda dev'essere svolta da tutto il comitato in un unico spirito e deve essere rigorosamente centralizzata, e quindi io la concepisco così: il comitato incarica alcuni membri di organizzare il gruppo dei propagandisti (che sarà una filiale del comitato o una delle istanze del comitato). Questo gruppo, avvalendosi per la clandestinità dei servizi dei gruppi rionali, deve svolgere la propaganda in tutta la città , in tutta la zona di * compe- tenza » del comitato. Se occorrerà, esso potrà costituire anche dei sot- togruppi e in seguito demandare loro, per così dire, questa o quella parte delle sue funzioni, ma solo a condizione che tutto ciò sia ap- provato dal comitato; il comitato deve avere sempre e assolutamente il diritto d'inviare un suo delegato in ogni gruppo, sottogruppo o cir- colo che in qualche modo aderisca al movimento. Secondo il tipo degli incarichi nel comitato, secondo il tipo delle filiali o delle istanze del comitato devono essere organizzati tutti i vari gruppi che sono al servizio del movimento, i gruppi della gio- ventù studentesca e liceale, e i gruppi, poniamo, dei funzionari statali simpatizzanti, i gruppi dei trasporti, delle tipografie, dei passaporti e i gruppi per la ricerca di appartamenti clandestini, per il pedinamento delle spie, i gruppi militari e i gruppi per il rifornimento d'armi, per Porgànizzazione, ad esempio, di un'* impresa finanziaria redditizia », eco. Tutta Parte dell’organizzazione clandestina deve consistere nel- l'utilizzare tutto , nel « dar lavoro a tutti » conservando nel medesimo tempo la direzione di tutto il movimento, conservandola, s’intende, . non con la forza del potere, ma con la forza del prestigio, dell’energia, della maggiore esperienza, della maggiore ampiezza di cognizioni, della maggiore capacità. Questa osservazione vale per quella probabile e consueta obiezione che una rigorosa centralizzazione può troppo facilmente rovinare tutto se per caso al centro si viene a trovare una persona incapace munita di immensi poteri. È possibile, naturalmente, ma il mezzo per evitarlo non può essere lelettività e la decentraliz- zazione, assolutamente inammissibili su scala più o meno vasta e anzi apertamente nocive nel lavoro rivoluzionario in regime auto- 222 LENIN cratico. I mezzi per evitarlo non sono contenuti in nessuno statuto, ma possono essere dati solo dall’influenza reciproca tra i compagni, innanzitutto dalle risoluzioni di tutti i vari sottogruppi, poi dal loro ricorso allargano centrale e al CC, per finire (nel peggiore dei casi) con il rovesciamento del potere assolutamente incapace. Il comitato deve sforzarsi di applicare nel modo più completo possibile la divi' sione del lavoro, ricordando che per i diversi aspetti dell'attività rivo- luzionaria occorrono capacità differenti, che talvolta chi non serve affatto come organizzatore sarà un insostituibile agitatore, o chi non sa mantenere la più rigorosa riservatezza clandestina sarà un eccel- lente propagandista, ecc. A proposito, vorrei ancora dire qualche parola sui propagandisti, contro l’abitudine di sovraccaricare questo ramo d’attività di elementi poco capaci, con la conseguenza di abbassare il livello della propa- ganda. Da noi accade che ogni studente venga immancabilmente considerato un propagandista, e tutti i giovani chiedano che venga loro «affidato un circolo» ecc. Si dovrebbe lottare contro questa abitudine, perchè il danno che ne deriva è molto grande. I propagan- disti capaci e di principi effettivamente fermi sono molto pochi (e per divenirlo bisogna studiare parecchio e accumulare esperienza), e bi- sogna specializzarli, impegnarli integralmente e averne una cura gelosa. Bisogna organizzare per loro alcune conferenze ogni setti- mana, saperli inviare in tempo in altre città e in generale organizzare le cose in modo che i propagandisti abili vadano in diverse città. Alla massa dei giovani principianti si devono invece affidare più che altro i compiti pratici, che di solito da noi sono trascurati rispetto a quei giri degli studenti nei circoli che con ottimismo vengono chiamati « propaganda ». Certo, anche per i compiti pratici importanti occorre una preparazione approfondita, ma in questo campo è tuttavia più facile trovare un lavoro anche per i « principianti ». Veniamo ai circoli d’officina. Per noi essi sono particolarmente importanti: infatti tutta la forza principale del movimento risiede nell’organizzazione degli operai nelle grandi officine, perchè nelle grandi officine (e fabbriche) vi è la parte della classe operaia che non solo prevale numericamente, ma ancor più prevale per la sua in- fluenza, il suo sviluppo, la sua capacità di lotta. Ogni officina deve essere una nostra fortezza. £ perchè lo sia, l’organizzazione operaia « d’officina » deve essere tanto clandestina all’interno, quanto « artico- LETTERA A UN COMPAGNO SUI NOSTRI COMPITI ORGANIZZATIVI 223 lata » airesterno; nei suoi rapporti con Testerno, deve, cioè, come ogni organizzazione rivoluzionaria, arrivare lontano con i suoi tentacoli e tenderli nelle più diverse direzioni. Sottolineo che il nucleo e il diri- gente, il « padrone », deve essere anche qui obbligatoriamente il gruppo dei rivoluzionari operai. Noi dobbiamo rompere del tutto, anche per i circoli « d’officina », con la tradizione delle organizzazioni socialdemocratiche di tipo puramente operaio o professionale. Il gFuppo d’officina o il comitato d’officina (di fabbrica) — per distin- guerlo dagli altri gruppi che devono essere molto numerosi — deve essere costituito da un numero molto ristretto di rivoluzionari , che ricevono direttamente dal comitato gli incarichi e l’autorizzazione di svolgere tutto il lavoro socialdemocratico nell’officina. Tutti i membri del comitato d’officina devono considerarsi fiduciari del comitato e hanno l’obbligo di sottomettersi a tutte le sue disposizioni, di osservare tutte le « leggi e consuetudini » dell’« esercito combattente » in cui sono entrati e dal quale in tempo di guerra non hanno il diritto di uscire senza l’autorizzazione del comando. La composizione del comi- tato d’officina ha perciò un’importanza molto grande, e una delle prin- cipali preoccupazioni del comitato deve essere quella di impostare giustamente l’attività di questi sottocomitati. Così io concepisco questo lavoro: il comitato incarica determinati suoi membri (più, soppo- niamo, alcuni elementi operai, che per questo o quel motivo non fanno parte del comitato, ma possono essere utili per la loro esperienza, co- noscenza degli uomini, intelligenza e per i loro legami) di organiz- zare dappertutto sottocomitati d’officina. Questa commissione si con- sulta con i fiduciari rionali, fissa una serie d’incontri, sottopone i candidati che dovranno formare i sottocomitati d’officina a un serio esame e li sottopone al fuoco incrociato di un interrogatorio « di terzo grado », se necessario li mette alla prova, cerca di vedere ed esaminare essa stessa direttamente il maggior numero possibile di candidati al sottocomitato di una data officina e, infine, propone al comitato di approvare la composizione di ogni circolo di officina o di incari- care un determinato operaio di costituire, designare, scegliere Tintero sottocomitató. In questo modo sarà il comitato a stabilire quale di que- sti incaricati manterrà i contatti con esso e come li manterrà (secondo la regola generale, tramite i fiduciari rionali, ma a questa regola pos- sono essere fatte aggiunte e portati cambiamenti). Data Importanza di questi sottocomitati d’officina, dobbiamo, cercare di ottenere, nella 224 LENIN misura del possibile, che ogni sottocomitato tenga in luogo sicuro sia l’indirizzo per potersi rivolgere all’organo centrale sia il deposito dei suoi collegamenti (i dati indispensabili per poter ricostituire imme- diatamente il sottocomitato nel caso di una retata devono cioè essere trasmessi con la maggiore regolarità e nella maggior quantità possi- bile al centro del partito perchè li custodisca dove i gendarmi russi non possono penetrare). È ovvio che questa consegna di indirizzi deve essere decisa dal comitato in base alle sue considerazioni e alle notizie che possiede, e non in base a un inesistente diritto alla « democratica > distribuzione di questi indirizzi. Infine, non è forse superfluo preve- dere che talvolta, invece di costituire un sottocomitato d’officina com- posto da alcuni membri, sia necessario o più comodo limitarsi a nominare un solo fiduciario del comitato (e il relativo candidato). Una volta costituito, il sottocomitato d’officina deve mettersi al lavoro per creare tutta una serie di gruppi e circoli d’officina con compiti diversi, con un grado diverso di clandestinità e una struttura più 0 meno rigorosa, per esempio i circoli per la distribuzione e diffusione della stampa (che sono una funzione delle più importanti, la quale de- ve essere impostata in modo da farci avere una nostra posta vera e pro- pria, in modo che sia possibile sperimentare e controllare non solo i metodi di diffusione, ma anche di distribuzione nelle abitazioni e conoscere assolutamente tutte le abitazioni e il modo in cui penetrarvi), 1 circoli per la lettura della stampa illegale, i gruppi per sorvegliare le spie* •• , i gruppi appositi per dirigere il movimento sindacale e la lotta economica, i gruppi degli agitatori e dei propagandisti, che sanno allacciare la conversazione e condurla a lungo in modo del tutto legale (sulle macchine, sull’ispezione ecc.) per poter parlare senza pericolo e pubblicamente, per tastare il polso alla gente e sondare il terreno ecc. ## Il sottocomitato d’officina deve cercare di abbracciare tutta l’officina, possibilmente la maggior parte degli operai con una rete di gruppi (o di fiduciari) di ogni genere. Il metro per valutare * Dobbiamo convincere gli operai che, naturalmente, talvolta l'uccisione delle spie c dei provocatori e traditori può essere una assoluta necessità, ma che si farebbe molto male e sì sbaglierebbe erigendola a sistema; che dobbiamo cercare di creare un’organizzazione capace di rendere innocue le spie smascherandole e perseguitandole. Non sì devono uccidere le spie, ma ti può e si deve creare un'organizzazione che le scovi e che educhi la massa operaia. •• Occorrono anche squadre di combattimento, che utilizzino coloro che hanno fatto il servizio militare o gli operai particolarmente forti e svelti in vista di dimostra- zioni, di liberazioni dal carcere, ecc. LETTERA A UN COMPAGNO SUI NOSTRI COMPITI ORGANIZZATIVI 225 il successo dell’attività del sottocomitato deve essere l’abbondanza di questi circoli e gruppi, la possibilità per il propagandista volante di penetrarvi, e soprattutto la buona impostazione del lavoro per la dif- fusione regolare della stampa e la recezione delle notizie e della corri- spondenza. Secondo me, il tipo generale di organizzazione deve essere dunque pressappoco così: alla testa di tutto il movimento locale, di tutto il lavoro socialdemocratico locale si trova il comitato. Da esso si dira- mano le istanze e le filiali subordinate, cioè, in primo luogo, la rete dei fiduciari esecutivi , che abbraccia tutta (possibilmente) la massa operaia ed è organizzata in gruppi rionali e sottocomitati d’officina (di fabbrica). In tempo di pace questa rete diffonderà la stampa, i gior- nali, i manifestini e i comunicati clandestini del comitato, in tem- po di guerra organizzerà le dimostrazioni e simili azioni collettive. In secondo luogo, dal comitato si diramano i vari circoli e gruppi d’ogni genere che sono al servizio di tutto il movimento (propaganda, trasporti, attività clandestina d’ogni genere, ecc.). Tutti i gruppi, i cir- coli, i sottocomitati, ecc. devono essere organismi o filiali del comitato. Alcuni di essi manifesteranno apertamente il loro desiderio di entrare nel Partito operaio socialdemocratico russo e, se il comitato l’appro- verà, vi entreranno, si assumeranno (per incarico del comitato o d’ac- cordo con esso) determinate funzioni, s’impegneranno ad eseguire le disposizioni degli organi del partito, avranno i diritti di tutti i membri del partito, saranno considerati come candidati più prossimi a divenire membri del comitato, ecc. Altri non entreranno nel Partito operaio socialdemocratico russo e rimarranno dei circoli organizzati da mem- bri del partito o circoli fiancheggiatori di questo o quel gruppo del partito, ecc. In tutte le loro attività interne i membri di tutti questi circoli e gruppi hanno, naturalmente, eguali diritti, come li hanno i membri del comitato all’interno del comitato. L’unica eccezione sarà che solo la persona (o persone) nominata dal comitato avrà il diritto di tenere contatti diretti con il comitato locale (e anche con il CC e l’organo centrale). Sotto tutti gli altri aspetti chi terrà i contatti sarà eguale agli altri che hanno lo stesso diritto di fare o inviare (ma non direttamente) dichiarazioni tanto al comitato locale quanto al CC e all’organo centrale. L’eccezione indicata non sarà quindi affatto, in sostanza, una violazione dell’eguaglianza, ma solo una necessaria con- 22Ó LENIN cessione alle assolute esigenze della clandestinità. Il membro del comitato che non trasmette le dichiarazioni del « suo » gruppo al comitato, al CC o alPorgano centrale, sarà considerato responsabile di un’aperta violazione del dovere di partito. Inoltre il carattere più o meno clandestino e la struttura dei vari circoli dipenderanno dalla natura delle loro funzioni: si avranno perciò organizzazioni del tutto diverse le une dalle altre (dalle più « rigide », ristrette, chiuse, alle più « libere », ampie, aperte, con una struttura meno rigida). Ad esempio, per il gruppo dei diffusori occorre la massima clandestinità e una di- sciplina militare. Per il gruppo dei propagandisti la clandestinità è anche necessaria, ma la disciplina militare lo è molto meno. Per il gruppo di operai che leggono la stampa legale oppure organizzano conversazioni sui bisogni e sulle rivendicazioni professionali, è neces- saria una clandestinità ancora minore, ecc. I gruppi dei diffusori de- vono appartenere al POSDR e conoscere un certo numero di suoi membri e funzionari. Il gruppo che studia le condizioni di lavoro nei diversi rami ed elabora i vari tipi di rivendicazioni professionali non deve obbligatoriamente appartenere al POSDR. Il gruppo di studenti, di ufficiali, di impiegati che studiano sotto la guida di uno o due membri del partito talvolta non deve nemmeno sapere di appar- tenere al partito, ecc. Ma sotto un aspetto dobbiamo esigere assoluta- mente la massima osservanza delle « forme » nel funzionamento di tutti questi gruppi filiali, e precisamente: ogni membro del partito che vi partecipa risponde formalmente per l’attività di questi gruppi, ed ha anche l’obbligo di adottare ogni misura per far conoscere con la massima chiarezza al CC e all’organo centrale tanto la composizione di ciascuno di questi gruppi quanto l’intero meccanismo del loro la- voro e tutta la sostanza di questo lavoro. Ciò è necessario sia perchè il centro possa avere un quadro completo di tutto il movimento, sia perchè si abbia la possibilità di scegliere fra una più vasta cerchia di persone coloro a cui devono essere affidate le diverse cariche di partito, sia perchè da un gruppo possano imparare (tramite il centro) tutti i gruppi di tipo analogo in tutta la Russia, sia per prevenire l’infiltrazione di provocatori e persone sospette : in una parola questo è sempre necessario, in tutti i casi e assolutamente. Come farlo? Mediante regolari rapporti al comitato, la comunica- zione della maggior parte possibile del contenuto del maggior numero LETTERA A UN COMPAGNO SUI NOSTRI COM PITI ORGANIZZATIVI 227 possibile di questi rapporti all’organo centrale e Torganizzazione di sopralluoghi nei circoli d ogni tipo da parte dei membri del CC e del comitato locale, mediante, infine, la conservazione obbligatoria in luogo sicuro (e la trasmissione aH’ufficio del partito presso Porgano centrale e il CC) dei collegamenti con i circoli, cioè dei nomi e degli indirizzi di alcuni loro membri. Solo quando i rapporti vengono co- municati e i collegamenti trasmessi si può ritenere che il membro del partito che fa parte di un determinato circolo abbia compiuto il suo dovere; solo allora tutto il partito nel suo complesso sarà in grado di imparare da ogni circolo che svolge il lavoro pratico; solo allora non dovremo temere le retate, perchè il delegato del nostro CC, avendo i collegamenti con vari circoli, potrà sempre facilmente trovare subito i sostituti e riorganizzare il lavoro. Allora Parresto del comitato non distruggerà tutta la macchina, ma ci toglierà solo dei dirigenti, di cui i sostituti sono già designati. E non si dica che la comunicazione dei rapporti e dei collegamenti non è possibile in condizioni di clandesti- nità: basta solo volere, e la possibilità di trasmettere (o spedire) le comunicazioni e i collegamenti esiste sempre e sempre esisterà finché avremo i comitati, avremo il CC e Porgano centrale. Siamo giunti a un criterio molto importante per tutta Porganiz- zazione e Pattività del partito: mentre per la direzione ideologica e pratica del movimento e della lotta rivoluzionaria del proletariato è necessaria la maggior centralizzazione possibile , per P informazione sul movimento al centro del partito (e quindi anche a tutto il partito in generale) e per la responsabilità dinanzi al partito è necessaria la maggiore decentralizzazione possibile . Il movimento deve essere di- retto dal minor numero possibile di gruppi quanto più possibile omo- genei di rivoluzionari di professione, resi esperti dalPesperienza. Al movimento deve partecipare il maggior numero possibile di gruppi quanto più possibile multiformi ed eterogenei, comprendenti i più diversi strati del proletariato (e delle altre classi del popolo). E il centro del partito deve avere sempre dinanzi a sè non solo i dati precisi sull’attività di ognuno di essi, ma anche i dati quanto più possibile completi sulla loro composizione. Dobbiamo centralizzare la direzione del movimento. Dobbiamo anche (appunto per farlo , giacche senza informazione non è possibile la centralizzazione) decentralizzare quanto più è possibile la responsabilità di ogni singolo membro di’ nanzi al partito , di ogni partecipante al lavoro, di ogni circolo che 15 * 228 LENIN entra nel partito o lo fiancheggia. Questa decentralizzazione è una condizione necessaria della centralizzazione rivoluzionaria e il suo indispensabile correttivo. Proprio quando la centralizzazione sarà con- dotta sino in fondo e avremo l’organo centrale e il CC, la possibilità che avrà ogni più piccolo gruppo di rivolgersi a queste istanze — e non solo la possibilità di rivolgervisi, ma anche di rivolgervisi rego- larmente, secondo una pratica elaborata in molti anni — eliminerà la possibilità di cattivi risultati dovuti alla fortuita e poco felice com- posizione di questo o quel comitato locale. Ora che ci dedichiamo interamente alla reale unificazione del partito e alla creazione di un vero centro dirigente, dobbiamo non dimenticare assolutamente che questo centro sarà impotente se nel medesimo tempo non procede- remo alla massima decentralizzazione sia della responsabilità dinanzi ad esso sia del lavoro di informazione che gli deve far conoscere tutti gli ingranaggi, grandi e piccoli, della macchina del partito. Questa decentralizzazione non è altro che l’altra faccia di quella divisione del lavoro che, per riconoscimento generale, costituisce una delle esigenze pratiche più importanti del nostro movimento. Nessun rico- noscimento ufficiale di una determinata organizzazione come organo dirigente, nessuna costituzione di un CC formale potrà ancora rendere il nostro movimento effettivamente unito, nè creerà un saldo partito combattivo, se il centro del partito sarà, come prima, separato da una barriera dal lavoro pratico immediato dei comitati locali e se questi conserveranno il loro vecchio tipo, se, da una parte, ci saranno cioè comitati in cui entra un mucchio di persone ognuna delle quali di- rige tutto, non si dedica a singoli settori del lavoro rivoluzionario, non risponde di particolari iniziative, non porta a termine dopo un’accu- rata riflessione e preparazione ciò che ha cominciato, spreca una grande quantità di tempo e di forze agitandosi alla maniera dei ra- dicali, e, dall’altra, esisterà tutta una massa di circoli studenteschi e operai, per metà del tutto sconosciuti al comitato, per metà anche loro ingombranti, non specializzati, i quali non elaborano un’esperienza professionale, non utilizzano l’esperienza degli altri e sono impegnati, esattamente come il comitato, in interminabili riunioni « su tutto », in elezioni e nella redazione degli statuti. Perchè il centro possa lavorare bene, è necessario che i comitati locali si trasformino , divengano orga- nizzazioni specializzate e più «pratiche», raggiungano un’effettiva « perfezione » in questa o quella funzione pratica. Perchè il centro LETTERA A UN COMPAGNO SUI NOSTRI COMPITI ORGANIZZATIVI 22g possa non solo consigliare, convincere, discutere (come si è fatto si- nora), ma dirigere effettivamente l’orchestra, è necessario si sappia con esattezza chi suona il violino, dove lo suona e quale violino suona, dove e come e quando ciascuno ha imparato o impara a suonare il suo strumento, chi stona e dove e perchè stona (quando la musica incomincia a straziare l’orecchio) e come, dove e chi si deve spostare per correggere le dissonanze, ecc. Oggi — bisogna dirlo chiaro e tondo — dell 'effettivo lavoro interno del comitato o non conosciamo nulla, oltre i manifestini e le corrispondenze generali, oppure siamo informati da amici e da buoni conoscenti personali. Ma non è forse ridicolo pensare che un immenso partito che sa dirigere il movimento operaio russo e prepara l’assalto generale contro l’autocrazia possa limitarsi a ciò? Ridurre il numero dei membri del comitato, asse- gnare, possibilmente, a ciascuno di essi una precisa e particolare fun- zione di cui debbano rendere conto e di cui rispondano, creare uno speciale centro molto ristretto che dia le disposizioni, preparare una rete di fiduciari esecutivi che colleghino il comitato con ogni grande officina e fabbrica, diffondano regolarmente la stampa e forniscano al centro un quadro esatto di questa diffusione e di tutto il meccanismo del lavoro, infine, costituire numerosi gruppi e circoli che si incari- chino delle varie funzioni o raggruppino gli elementi che si avvicinano alla socialdemocrazia, l’appoggiano e si preparano a divenire social- democratici, in modo che al comitato e al centro sia sempre nota l’attività (e la composizione) di questi circoli: ecco in che cosa deve consistere la riorganizzazione del comitato di Pietroburgo, e anche di tutti gli altri comitati del partito, ed ecco perchè la questione dello statuto ha così poca importanza. Ho incominciato dall’esame dell’abbozzo dello statuto per indi- care con maggiore chiarezza a che cosa tendono le mie proposte. E, come risultato, al lettore è divenuto chiaro — almeno lo spero — che, in sostanza, con tutta probabilità si potrebbe fare a meno dello statuto , sostituendolo con relazioni regolari su ogni circolo, su ogni settore del lavoro. Che cosa si può scrivere nello statuto? Il comitato dirige tutti (questo è già chiaro). Il comitato sceglie il gruppo che dà le di- sposizioni (questo non sempre è necessario, e quando lo è non è con lo statuto che si risolve la questione, ma comunicando al centro la composizione di questo gruppo e i nomi dei candidati). Il comitato distribuisce fra i suoi membri le singole branche del lavoro, impe- 230 LENIN gnando ognuno di essi a tenere al corrente, con regolarità, il comitato e a informare Porgano centrale e il CC sullo svolgimento del lavoro (anche qui è più importante informare il centro di una determinata distribuzione del lavoro che scrivere nello statuto una norma che, data la scarsità delle nostre forze, rimarrà il più delle volte sulla carta). Il comitato deve stabilire con precisione chi viene considerato suo membro. Esso si completa mediante cooptazione, nomina i gruppi rionali, i sottocomitati di officina, questi e quei gruppi (se si enu- merano tutti quelli che si dovrebbero costituire, non si finirebbe mai, e un’enumerazione approssimativa nello statuto non serve a nulla; basta informare il centro dellavvenuta costituzione). I gruppi rionali e i sottocomitati costituiscono determinati circoli... La redazione di un simile statuto è tanto più inutile nel momento attuale in quanto il partito quasi non ha (e in molti luoghi non ha affatto) una esperienza generale sull’attività di questi diversi gruppi e sottogruppi, e per elaborarla non è lo statuto che occorre, ma l’organizzazione, se così ci si può esprimere, dell’informazione di partito: da noi ogni organiz- zazione locale spreca come minimo alcune sere per lo statuto. Se .questo tempo fosse dedicato da ognuno, secondo la sua particolare funzione, a redigere un resoconto particolareggiato e ponderato su questa funzione per tutto il partito , la causa avrebbe cento volte da guadagnare. E gli statuti sono inutili non perchè il lavoro rivoluzionario non può avere sempre una struttura ben definita. No, la struttura è necessaria e noi dobbiamo cercare di dare a tutto il lavoro, nella misura del possibile, una struttura. Ed è possibile darla su scala molto più vasta di quel che comunemente si pensi, ma non con gli statuti, bensì solo ed esclusivamente (lo ripetiamo per l’ennesima volta) con l’esatta informazione al centro del partito: solo allora -si tratterà di una reale struttura legata a una reale responsabilità e pubblicità (di partito). E chi da noi non sa che i dissensi e i conflitti seri si decidono in sostanza nel nostro partito non già con le votazioni « secondo lo statuto», ma con la lotta e con la minaccia di «andarsene»? Di questa lotta interna è piena la storia della maggior parte dei nostri comitati negli ultimi tre o quattro anni di vita di partito. È un vero peccato che questa lotta non sia stata fissata in una forma ben precisa : il partito avrebbe imparato molto di più e i nostri successori ne avreb- bero tratto molta più esperienza. Pure, questa forma utile e necessaria LETTERA A UN COMPAGNO SUI NOSTRI COMPITI ORGANIZZATIVI 23I non si crea con nessuno statuto, ma esclusivamente rendendo note le cose di partito* Da noi, in regime autocratico, non può esistere altro mezzo e strumento per rendere note le cose di partito se non Tinformazione regolare al centro del partito. E solo quando avremo imparato ad applicare largamente questo criterio, elaboreremo veramente l’esperienza del funzionamento di questa o quella organizzazione. Solo sulla base di questa larga e pluriennale esperienza si possono elaborare statuti che non riman- gano sulla carta . Scritta nel settembre 1902. Pubblicato per la prima volta nel 1902 in edizione poligrafata. LOTTA POLITICA E POLITICANTISMO Nel momento attuale, a quanto sembra, meno che mai si può accusare la politica interna del governo russo di mancanza di deci- sione e precisione. La lotta contro il nemico interno è al culmine. Mai in passato le fortezze, i vecchi castelli, le carceri, le guardine e persino le case e gli appartamenti privati, trasformati temporanea- mente in prigioni, sono stati così pieni di arrestati. Non si sa piu dove metterli, è impossibile mandare in Siberia tutti i condannati alla deportazione con i « trasporti » ordinari, senza allestire « spedi- zioni > straordinarie, mancano le forze e i mezzi per sottoporre a un egual regime tutti gli arrestati, che il totale arbitrio delle autorità locali, con la loro perplessità e il loro caparbio despotismo, il loro disorientamento, muove particolarmente a sdegno e spinge a protesta- re, a lottare e a fare lo sciopero della fame. E le autorità superiori, la- sciando a quelle inferiori il compito di sbrigarsela con i nemici in- terni già catturati, continuano a lavorare con zelo per « migliorare » e riorganizzare la polizia allo scopo di lottare ancora contro le radici e i rami. È una vera guerra aperta, che masse sempre più numerose di uomini semplici non si limitano a osservare, ma sentono anche più o meno direttamente. Dietro Avanguardia dei reparti volanti della po- lizia e della gendarmeria si muove con lentezza, ma inesorabilmente, la pesante macchina legislativa. Considerate le leggi delPultimo mese e vi balzeranno agli occhi prima di tutto i nuovi decreti che soppri- mono gli ultimi residui delle libertà finlandesi, e anche la vasta legi- slazione sulle casse di mutuo soccorso dei nobili. Il primo di questi provvedimenti scalza completamente Tindipendenza dei tribunali fin- landesi e del senato, dando al generale governatore la possibilità di LOTTA POLITICA E POLITICANTISMO 233 sapere tutto, di trasformare così la Finlandia in una delle molte pro- vince russe umiliate e prive di diritti. D’ora in poi — osserva la Fin - liandskaia Gazieta> organo ufficiale poliziesco — si può sperare in una attività « armonica » di tutti gli istituti locali.,. Non so se si tratta di un atroce scherno contro il nemico inerme che ha ricevuto il colpo più infame e più deciso oppure di un ipocrita vaniloquio nello spirito di Iuduscka Golovliov. La seconda delle leggi è un nuovo parto di quello stesso consi- glio speciale per gli affari del ceto nobiliare, che ha già regalato alla patria il saccheggio delle terre siberiane (« istituzione della proprietà fondiaria nobiliare in Siberia»)^. Durante la terribile crisi indu- striale e commerciale e il totale impoverimento delle campagne, quan- do milioni di operai e di contadini soffrono la fame, l’inedia e la miseria, non si può immaginare, s’intende, un impiego migliore del denaro del popolo che quello di darlo in elemosina agli sventurati signori proprietari terrieri nobili. Il governo darà a ogni cassa di mutuo soccorso dei nobili, in primo luogo, una somma (« a discre- zione dell’imperatore sovrano»!) una volta tanto e, in secondo luogo, in dieci anni una somma pari a quella che avranno raccolto gli stessi nobili locali. La cassa aiuterà coloro che si trovano in difficoltà per pagare gli interessi dei debiti. I signori nobili possono farsi prestar denaro senza pensarci troppo, dal momento che è indicato loro un mezzo così facile per pagarli: prendere il denaro nelle tasche del popolo. E, neanche a farlo apposta, per trarre il bilancio di questa politica di persecuzione, di violenza e di rapina, per generalizzarla e consa- crarla, sono venuti i discorsi dello zar ai nobili, ai membri degli zemstvo , ai contadini e agli operai (a Kursk e a Pietroburgo). Lo zar ha ringraziato i nobili perchè essi lo servono, e lo servono « non per timore ma per coscienza », e ha promesso di preoccuparsi inces- santemente di rafforzare la proprietà terriera nobiliare « che costi- tuisce il tradizionale baluardo dell’ordine e della forza morale della Russia». Ai membri degli zemstvo non ha detto nemmeno una parola nè sul baluardo, nè sulla forza morale della Russia e nemmeno sul servizio non per timore ma per coscienza. Ha dichiarato loro seccamente e recisamente che la loro < missione è quella di assestare localmente il settore dei bisogni economici» e che, solo se lo ricor- dano, solo se adempiono con successo questa missione, possono essere 2 34 LENIN certi della sua benevolenza. È stata una risposta del tutto precisa alle velleità costituzionali dei membri degli zemstvo , è stato un diretto avvertimento (o meglio una sfida), è stata una minaccia, quella di privarli della «benevolenza» nel caso che si esca minimamente dai limiti deir« assestamento locale nel settore dei bisogni economici». Ai contadini poi lo zar ha addirittura espresso il suo aperto bia- simo per i « disordini » e per il « saccheggio delle tenute », chiamando «meritata punzione» l’atroce massacro e la tortura dei contadini insorti per fame e per disperazione e ricordando le parole di Ales- sandro III, che aveva ordinato di «obbedire ai marescialli della nobiltà ». Infine, agli operai lo zar ha parlato, nè più nè meno, « dei nemici », dei suoi nemici che devono essere anche i nemici degli operai. I nobili dunque sono i fedeli servitori e il tradizionale baluardo debordine. I membri degli zemstvo (o i nobili degli zemstvo ?) me- ritano un avvertimento. I contadini un biasimo e lordine di ubbi- dire ai nobili. Agli operai viene posta nettamente la questione dei nemici . Discorsi istruttivi. Istruttivo sarebbe metterli a confronto e molto bene sarebbe che mediante manifestini, giornali, conversa- zioni nei circoli e nelle assemblee il maggior numero possibile di popolazione venisse a conoscenza tanto del testo preciso quanto del vero significato di questi discorsi. Delle semplici note esplicative al testo di questi discorsi potrebbero costituire un magnifico materiale per condurre l’agitazione fra coloro che costituiscono la parte più ignorante degli strati meno progrediti della classe operaia, dei piccoli commercianti e artigiani e anche dei contadini. E non sarebbe nem- meno male che non solo il popolo « ignorante », ma anche molti piccoli borghesi russi colti e istruiti, e soprattutto i piccoli borghesi liberali in generale e i membri degli zemstvo in particolare, riflettes- sero per bene sui discorsi dello zar. Non accade spesso di udire dalla bocca dei sovrani un riconoscimento, una conferma e una dichiara- zione di guerra interna così precisi : guerra fra le diverse classi della popolazione, guerra contro i nemici interni. E l’aperto riconoscimento della guerra è un mezzo molto efficace contro tutte le forme di poli- ticantismo, cioè contro i tentativi di dissimulare, eludere, soffocare la guerra o contro i tentativi di restringerne e sminuirne il carattere. Tanto il governo quanto l’opposizione pacifica, e talora persino i rivoluzionari (veramente quest’ultimi in una forma particolare, LOTTA POLITICA E POLITICANTISMO 235 che non assomiglia alle due precedenti), danno prova di tale politi- cantismo. Il governo, con consapevoli blandizie, corruzione e per- vertimento, in una parola, con il sistema che è stato chiamato « zu- batovismo ». Promessa di riforme più o meno ampie, reale intenzione di attuare una particella infinitesimale di quanto si è promesso ed esigenza che si rinunci in compenso alla lotta politica: tale è in sostanza lo zubatovismo. Oggi persino qualche membro degli zem- stvo già vede che i colloqui del ministro degli affari interni signor Pieve con il signor D.N. Scipov (presidente deirufficio degli zemstvo di Mosca) sono l’inizio dello « zubatovismo negli zemstvo ». Pieve promette un atteggiamento « più favorevole » nei confronti dello zemstvo (cfr. Osvobozdenie , n. 7), promette di convocare all’inizio del prossimo anno una conferenza dei presidenti degli uffici degli zemstvo per « risolvere tutte le questioni relative all’organizzazione delle istituzioni degli zemstvo », chiedendo però in compenso che i membri degli zemstvo « non parlino di rappresentanza negli organi- smi superiori governativi». Sembrerebbe che la cosa sia chiarissima: una promessa delle più vaghe, e un’esigenza che, se soddisfatta, manda all’aria le aspirazioni degli zemstvo. Contro questo inganno politico, contro questi trucchi e questo malcostume può esistere un solo mezzo: denuncia implacabile degli autori di questi trucchi e lotta politica risoluta (cioè, date le condizioni russe, rivoluzionaria) contro l’autocrazia poliziesca. Ma i membri dei nostri zemstvo , a quanto si può giudicare da\Y Osvobozdenie, non sono ancora all’al- tezza di questo compito. Al politicantismo essi rispondono con il politicantismo, e il loro organo dà prova di una totale mancanza di fermezza. Nel n. 7 dt\Y Osvobozdenie lo vedete con particolare chia- rezza, perchè sulla questione si pronunciano non solo la redazione, ma anche alcuni collaboratori con i quali la redazione è più o meno in disaccordo. Nell’editoriale l’idea che le* promesse di Pieve sono una trappola e puro zubatovismo, viene espressa come opinione di alcuni membri degli zemstvo e accanto viene riferita anche l’opinione di altri membri degli zemstvo che sono « propensi a seguire le indica- zioni del signor ministro» (!!). La redazione c lontana dall’idea di lanciare una campagna contro lo zubatovismo negli zemstvo. Ha messo, sì, in guardia i membri degli zemstvo dicendo loro di non fare « concessioni » al governo (nei nn. 5 e 6), ma non pronuncia una condanna risoluta contro il signor Scipov e C. 5 che hanno seguito i LENIN 2 $ consigli della vecchia volpe poliziesca e hanno soppresso dal pro- gramma del congresso di primavera degli zemstvo il quarto punto (che indicava la necessità di completare la commissione speciale per la consulenza sui bisogni dell’industria agricola con rappresentanti eletti dai membri degli zemstvo). NelPeditoriale la redazione non trae la conclusione che il consenso di una parte dei suoi membri, che hanno ceduto agli infami allettamenti della polizia, ha umiliato lo zemstvo , ma che il fatto stesso delle trattative del governo con lo zemstvo « dimostra che ora lo zemstvo è già una ” rappresen- tanza ” » (!!) e che il «congresso» promesso dal signor Pieve (a quanto sembra, ha parlato solo di una « conferenza ») « è comunque desiderabile », perchè « non può fare a meno di mettere in chiaro i rapporti tra lo zemstvo e il governo ». La redazione « è fermamente convinta che gli esponenti degli zemstvo sapranno mostrarsi in esso quali devono essere: rappresentanti della popolazione e non aiutanti dei ministri nel settore economico». Se si giudica solo sulla base di questo editoriale, si deve invece essere fermamente convinti che i membri degli zemstvo si mostreranno ancora una volta quali «aiu- tanti» del dipartimento di polizia, come si sono mostrati i signori Scipov e C. (finché un’altra tendenza degli zemstvo non li sop- pianterà o li obbligherà a modificarsi). Dopo il politicantismo dell’editoriale si respira leggendo gli articoli di altri collaboratori, e cioè del signor Anton Staritski e ancor più del consigliere di uno zemstvo signor T. Il primo chiama « passo falso» quello compiuto dal signor Scipov e C., consiglia ai membri degli zemstvo di « non affrettarsi a ritenersi i primogeniti per un certo congresso che il signor Pieve organizzerà », di non cedere agli allettamenti e di non fare del politicantismo. Una nota redazionale dice: «Noi siamo in generale d’accordo con l’autore dell’articolo», pur ritenendo evidentemente che non si può, in particolare, condan- nare in modo cosi unilaterale il politicantismo Il secondo collaboratore addirittura insorge contro tutta la posi- zione dell f Osvobozdenie> attaccandone l’incompiutezza e l’indeci- • Nel n. 8 òc\Y Osvobozdenie , che abbiamo ricevuto or ora, vediamo già una condanna più deci» del politicantismo e del passo falso del signor Scipov. Alla buo- n’ora! Forse quel che ha fatto questo illustre esponente indurrà la redazione a cercare le radici del « politicantismo 9 nelle sue idee fondamentali sul rapporto fra il liberalismo e le tendenze rivoluzionarie? LOTTA POLITICA E POLITICANTISMO 2 37 sione, condannando frasi false come quella che alluce all*« anarchia popolare», dichiarando «che non ci si può accontentare di mezze misure, che è necessario decidersi ad andare sino in fondo», che «è necessario farla finita con le mezze misure servili dell opposizione legale...», «senza arrestarsi dinanzi ai sacrifici», che «senza dive- nire rivoluzionari, noi [i membri degli zemstvo ] non potremo dare un contributo sostanziale alla causa della liberazione politica della Russia ». Salutiamo di tutto cuore queste parole oneste e ferme del signor consigliere e raccomandiamo vivamente di leggerle a tutti co- loro che si interessano della questione in esame. Il signor T. con- ferma interamente il giudizio sul programma dcWOsvobozdenie da noi dato neìYIs{ra. Anzi, il suo articolo non dimostra solo che il no- stro modo di vedere è giusto, ma che bene abbiamo fatto denun- ciando recisamente Tirrisolutezza del liberalismo. Risulta che nello stesso ambiente degli zemstvo esistono elementi cui ripugnano tutte le tergiversazioni e che noi dobbiamo cercare di appoggiare in par- ticolar modo criticando implacabilmente dal nostro punto di vista queste tergiversazioni. Il redattore dcWOsvobozdenie naturalmente non è d accordo con il signor T. e — rispettosamente ma con fermezza — dichiara: «noi consideriamo diversamente molti problemi...». Lo credo bene! E quali sono le obiezioni della redazione? Si riducono tutte a due punti principali : in primo luogo il signor Struve preferisce « per principio » le vie pacifiche, a differenza, secondo lui, di alcuni rivoluzionari; in secondo luogo, egli accusa questi ultimi di insufficiente tolleranza. Esaminiamo queste obiezioni. Nell’articolo A proposito di un rimprovero il signor Struve (l’arti- colo è firmato: Red.) cita il mio articolo pubblicato sul n. 2-3 della Zarià (/ persecutori dello zemstvo e gli Annibali del liberalismo). Naturalmente non gli sono piaciute soprattutto le parole: se «il po- polo della Russia desse almeno una volta una buona lezione al go- verno », questo avrebbe « una gigantesca importanza storica » Il si- gnor Struve, vedete un po’, dissente decisamente e incondizionata- mente dallopinione che la rivoluzione violenta è preferibile alla ri- forma pacifica. I rivoluzionari russi più decisi — egli dice — hanno preferito per principio la via pacifica, e nessuna dottrina può offuscare questa gloriosa tradizione. È difficile concepire qualcosa di più falso e stiracchiato di questo LENIN 238 ragionamento. Possibile che il signor Struve non capisca che lo schiavo che si è ribellato ha il diritto di dire che è preferibile la pace con il proprietario di schiavi, mentre lo schiavo che rinuncia a ribel- larsi, ripetendo le stesse parole, cade in una vergognosa ipocrisia? « In Russia, purtroppo o fortunatamente, gli elementi della rivolu- zione non sono maturi», dice il signor Struve, e questa parola « for- tunatamente » lo tradisce. Quanto alle gloriose tradizioni del pensiero rivoluzionario, sarebbe meglio che il signor Struve tacesse. Ci basta menzionare le celebri parole conclusive del Manifesto Ci basta ricordare che trentanni dopo il Manifesto, quando gli operai tedeschi furono privati di una piccola parte di quei diritti che il popolo russo non ha mai avuto, Engels diede la seguente energica risposta a Duhring: « Per il signor Duhring la forza è il male assoluto, il primo atto di violenza è per lui il peccato originale, tutta la sua esposizione è una geremiade sul fatto che la violenza, questa potenza diabolica, ha infettato tutta la storia fino ad ora con la tabe del peccato originale, ed ha vergognosamente falsificato tutte le leggi naturali e sociali. Ma che la violenza abbia nella società ancora un’altra funzione, una fun- zione rivoluzionaria, che essa, secondo le parole di Marx, sia la leva- trice di ogni vecchia società gravida di una nuova, che essa sia lo strumento con cui si compie il movimento della società, e che in- frange forme politiche irrigidite e morte, di tutto questo nel signor Duhring non si trova neanche una parola. Solo con sospiri e con gemiti egli ammette la possibilità che per abbattere l’economia dello sfruttamento sarà forse necessaria la violenza... purtroppo! Infatti ogni uso di violenza demoralizza colui che la usa. E questo di fronte all’elevato slancio morale e intellettuale che è stato il risultato di ogni rivoluzione vittoriosa! E questo in Germania, dove una vio- lenta collisione, che potrebbe anche essere imposta al popolo, avrebbe almeno il vantaggio di estirpare lo spirito servile che, a causa del- ravvilimento conseguente alla guerra dei trentanni, ha permeato la coscienza nazionale. E questa mentalità da predicatore, fiacca, insi- pida e impotente, ha la pretesa di imporsi al partito più rivoluzio- nario che la storia conosca? »". Passiamo al secondo punto, quello che riguarda la tolleranza. Occorrono la «comprensione reciproca», la «sincerità assoluta» e una « larga tolleranza » nei rapporti tra le diverse tendenze : ci inse- LOTTA POLITICA E POLITICANTISMO 239 gna con fare untuoso il signor Struve (come molti socialisti-rivolu- zionari e rappresentanti della «società»). Che fare dunque — gli domandiamo — se la nostra sincerità assoluta vi sembrerà difetto di tolleranza? Se noi, per esempio, pensiamo che nell * Osvobozdenie ce la destra e la sinistra, una sinistra dannosa, traditrice, la sincerità assoluta non ci obbliga forse a condurre contro di essa una lotta implacabile? Non ci obbliga a condurre la lotta contro l’avventu- rismo (cioè il politicantismo) dei socialisti-rivoluzionari, quando essi ne danno prova tanto nelle questioni teoriche del socialismo quanto in tutta la loro tattica nei confronti della lotta di classe? Contiene anche solo un briciolo di senso politico l’esigenza di indebolire, para- lizzare questa lotta in nome di ciò che a coloro contro i quali la lotta è diretta conviene chiamare tolleranza? Sarebbe tempo, signori, di abbandonare queste smancerie! Sarebbe tempo di capire la semplice verità che l’effettiva (e non verbale) comunanza della lotta contro il nemico comune è garantita non dal politicantismo, non da ciò che il defunto Stepniak chiamò una volta autocastrazione e autoccultamento, non dalla menzogna convenzio- nale del reciproco riconoscimento diplomatico, ma dalla concreta par- tecipazione alla lotta, dalla concreta unità di lotta. Quando per i socialdemocratici tedeschi la lotta contro la reazione poliziesco-mili- tare c clerico-feudale divenne effettivamente una lotta comune con un altro vero partito, che si appoggiava su una determinata classe (per esempio, sulla borghesia liberale), allora l’unità d’azione si stabilì, senza chiacchiere sul riconoscimento reciproco. Non si parla di rico- noscimento quando si tratta di un fatto evidente e tangibile per tutti (noi chiediamo forse a qualcuno di riconoscere il movimento ope- raio?). Solo coloro che confondono la politica con il politicantismo possono pensare che il « tono » della polemica possa impedire una vera alleanza politica. E finché, invece dell’effettiva partecipazione alla no- stra lotta, vediamo frasi ambigue, e invece deireffettivo avvicina- mento alla nostra lotta di un altro strato sociale o classe vediamo solo una tattica avventuristica, fino ad allora nessun torrente di parole minacciose o pietose avvicinerà di un passo il « riconoscimento reci- proco ». Ukjra, n. 26, 15 ottobre 1902. LE DIMOSTRAZIONI " Ci sembra che l’autore della lettera ponga il problema in maniera un po’ troppo rigida e sottovaluti l’importanza dell’organizzazione delle dimostrazioni. In questo campo, il più importante, abbiamo fatto ancora poco, e bisogna che le nostre forze si dedichino innanzi tutto e soprattutto all’organizzazione. Finché non avremo organiz- zazioni rivoluzionarie ben compatte, capaci di far muovere un certo numero di reparti popolari scelti per dirigere la dimostrazione in tutti i suoi aspetti, gli insuccessi sono inevitabili. E una volta che questa organizzazione si sarà formata e rafforzata nel processo stesso del lavoro, in base a una serie di esperienze, essa (e soltanto essa) potrà decidere quando e come ci si dovrà armare, quando e come si dovrà far uso delle armi. Questa organizzazione dovrà lavorare molto e seriamente tanto per aumentare la « rapidità della mobilitazione » (circostanza molto importante, ben a ragione sottolineata dall’autore della lettera), quanto per aumentare il numero dei dimostranti attivi, per preparare coloro che dovranno dare le disposizioni, per allargare l’agitazione fra le masse, per indurre la « folla dei curiosi » a parte- cipare « all’azione », per « corrompere » l’esercito. Proprio perchè un passo come il passaggio alla lotta armata di strada è « duro a farsi » ed è «prima o poi inevitabile», solo una forte organizzazione rivo- luzionaria, che diriga in maniera immediata il movimento, può e deve farlo. Scritta alla fine dell’ottobre 1902. IL SOCIALISMO VOLGARE E IL POPULISMO RISUSCITATI DAI SOCIALISTI-RIVOLUZIONARI Lo scherno ha un effetto utile. Negli articoli intitolati Avven- turismo rivoluzionario “ abbiamo espresso la ferma convinzione che i nostri socialisti-rivoluzionari non avrebbero mai voluto definire in maniera aperta e precisa la loro posizione teorica. Per smentire tale maligna e ingiusta supposizione, la Revoliutsionnaia Rossia inco- mincia sul n. n la pubblicazione di una serie di articoli sotto la rubrica Questioni programmatiche. Alla buon’ora! Meglio tardi che mai. Ben vengano tutti gli articoli della Revoliutsionnaia Rossia sulle « questioni programmatiche », e promettiamo di seguirli attenta- mente per vedere se è realmente possibile trame qualche programma. Esaminiamo a tale scopo il primo articolo, intitolato La lotta di classe nelle campagne , ma sin dall'inizio notiamo che i nostri av- versari di nuovo si lasciano troppo... « trasportare », dichiarando (n. ii, p. 6): « Il nostro programma è stato esposto». Ma non è vero, signori! Non avete ancora esposto nessun programma, cioè non solo non avete esposto in modo compiuto, ufficiale, di partito, le vostre concezioni (un programma nel senso stretto della parola o almeno un progetto di programma), ma non avete nemmeno per nulla defi- nito il vostro atteggiamento verso « questioni programmatiche » fon- damentali come quelle del marxismo e della critica opportunistica del marxismo, del capitalismo russo e della situazione, dell’importanza e dei compiti del proletariato, generato da questo capitalismo, ecc. Tutto quel che sappiamo del « vostro programma » è che avete una posizione del tutto indeterminata, che sta fra la socialdemocrazia rivo- luzionaria e la tendenza opportunistica, da una parte, e fra il mar- xismo russo e la tendenza populista-liberale russa, dall’altra. 16 - 7f»5 2 4 2 LENIN Vi mostreremo subito, e nella questione da voi scelta, come, fa- cendo sforzi per tenere il piede in due staffe, vi impigliate in contrad- dizioni senza via d’uscita, « Non è che non comprendiamo, ma non riconosciamo che l’attuale massa contadina, come un tutto unico, appartenga agli strati piccolo-borghesi », scrive la Revoliutsionnaia Rossia (n. u). « Per noi la massa contadina si divide in due categorie, distinte in linea di principio: i) i contadini lavoratori che vivono sfruttando la propria forza-lavoro [!??], e 2) la borghesia rurale — media e piccola — che in maggiore o minore misura vive sfrut- tando la forza-lavoro altrui ». I teorici socialisti-rivoluzionari, consi- derando che la «fonte del reddito» (utilizzazione del lavoro non retribuito di altri uomini) sia la « caratteristica fondamentale che distingue » la classe borghese, scorgono « un’immensa affinità di prin- cipio» tra il proletariato rurale e i «coltivatori indipendenti» che vivono applicando il proprio lavoro ai mezzi di produzione. « Base dell’esistenza degli uni e degli altri è il lavoro , come categoria politico- economica ben determinata. Questo innanzi tutto. In secondo luogo, gli uni e gli altri vengono nelle condizioni attuali spietatamente sfrut- tati ». Devono quindi essere raggruppati in un 'unica categoria, quella dei contadini lavoratori. Di proposito abbiamo esposto in maniera così particolareggiata il ragionamento della Revoliutsionnaia Rossia affinchè il lettore potesse ben riflettere e valutarne le premesse teoriche. L’inconsistenza di queste premesse balza agli occhi. Cercare la caratteristica fondamen- tale che distingue le diverse classi della società nella fonte del reddito significa porre in primo piano i rapporti di distribuzione, che in realtà sono il risultato dei rapporti di produzione. Da molto tempo Marx, che chiamò socialisti volgari coloro che non vedevano questo errore, l’aveva fatto presente. Il criterio fondamentale che distingue le classi c il loro posto nella produzione sociale e, per conseguenza, il loro rapporto con i mezzi di produzione. L’appropriazione di questa o quella parte dei mezzi sociali di produzione e la loro conversione in economia privata, in economia per la vendita del prodotto: ecco la caratteristica fondamentale che distingue una classe della società mo- derna (la borghesia) dal proletariato, che è privo dei mezzi di produ- zione c vende la sua forza-lavoro. Proseguiamo. « Base dell’esistenza degli uni e degli altri è il lavoro y come categoria politico-economica ben determinata ». Categoria poli- SOCIALISMO VOLGARE E POPULISMO 243 ti co-economica ben determinata è non il lavoro, ma solo la forma so- ciale del lavoro, l’organizzazione sociale del lavoro o, in altre parole, lo sono i rapporti fra gli uomini secondo la loro partecipazione al la- voro sociale. In forma diversa si ripete qui lo stesso errore del socia- lismo volgare che abbiamo già esaminato. Quando i socialisti-rivolu- zionari dichiarano: «In sostanza i rapporti fra il padrone coltivatore e il bracciante, da una parte, e quelli fra il coltivatore indipendente e i creditori, i kulak, dall’altra, sono del tutto identici », essi ripetono interamente, se non altro, l’errore del socialismo volgare tedesco, che, per esempio, per bocca di Mùlberger ha dichiarato che in sostanza l'atteggiamento del padrone verso l’operaio è identico a quello del pa- drone di casa verso l’inquilino. Proprio allo stesso modo i nostri Mùl- berger sono incapaci di distinguere le forme fondamentali dello sfrut- tamento da quelle derivate, e si limitano a declamare sullo « sfrutta- mento » in generale. Proprio allo stesso modo i nostri Mùlberger non capiscono che lo sfruttamento del lavoro salariato è appunto la base di tutto il moderno regime di rapina, che esso appunto provoca la divisione della società in classi irriducibilmente opposte, e che solo se si tiene presente questa lotta di classe si possono valutare in maniera conseguente tutte le altre manifestazioni di sfruttamento senza cadere neirindeterminatezza e nella mancanza di principi. I nostri Mùlber- ger devono incontrare perciò nei socialisti russi che hanno a cuore l’organicità del loro movimento e il « buon nome » della loro ban- diera rivoluzionaria la stessa opposizione decisa e implacabile che ha incontrato il Mùlberger tedesco. Per dimostrare con maggiore chiarezza la confusione « teorica » dei nostri socialisti-rivoluzionari, esamineremo ancora la stessa que- stione dal lato pratico e tenteremo di illustrarla con esempi concreti. In primo luogo, lavora ed è sfruttata, dovunque e sempre, la stra- grande maggioranza della piccola borghesia. Perchè dunque non in- cluderla fra gli strati intermedi e di transizione? In secondo luogo, nella società ad economia mercantile i piccoli artigiani e i piccoli commercianti lavorano e sono sfruttati esattamente come i contadini. Vogliono forse i nostri socialisti-rivoluzionari creare anche la « cate- goria » della popolazione industriale e commerciale « lavoratrice » invece della «ristretta» categoria del proletariato? In terzo luogo, provino i socialisti-rivoluzionari, per capire il significato del « dogma » che essi detestano tanto, a immaginare un contadino suburbano che, LENIN 244 senza assumere operai, viva del suo lavoro e della vendita di prodotti agricoli d ogni genere. Vogliamo sperare che nemmeno i più accaniti populisti oseranno negare che questo contadino appartiene alla pic- cola borghesia e che è impossibile « includerlo » nella stessa classe (osservate che si tratta precisamente della classe e non del partito) deiroperaio salariato. Ma esiste forse una qualsiasi differenza di prin- cipio fra la situazione del mercante-coltivatore suburbano e quella di ogni piccolo coltivatore in una società ad economia mercantile in sviluppo? Ci si domanda ora: come spiegare questo avvicinamento (per usare un termine blando) dei signori socialisti-rivoluzionari al socialismo volgare? Non si tratta forse di una particolarità casuale delittore? Per smentire questa ipotesi basta citare il passo seguente del n. 11 della Revoliutsionnaia Rossia : «Come se qui — esclama l’autore — tutta la questione consistesse nelle dimensioni di una stessa categoria economica » (grande o piccolo borghese), « e non nella differenza di principio» (udite!) «tra due categorie: economia basata sul lavoro ed economia capitalistica borghese! ». Ci sarebbe difficile immaginare una più completa e chiara conferma di quanto abbiamo detto nell’ar- ticolo Avventurismo rivoluzionario : grattate il socialista-rivoluzio- nario e troverete il signor V. V. Per chiunque conosca più o meno la evoluzione del pensiero politico-sociale russo, la posizione dei socia- listi-rivoluzionari risulta chiara da questa sola frase. È noto che alla base di quello pseudosocialismo all’acqua di rose che ha tinto (e tuttora tinge) l’indirizzo populista-liberale dominante nella nostra società colta, si trova l’idea che l’economia contadina « basata sul lavoro » e l’economia borghese sono diametralmente opposte. Quest’idea, ela- borata particolareggiatamente nelle sue diverse sfumature dai signori Mikhailovski, V. V., Nik.-on e altri, è stata uno dei capisaldi contro i quali il marxismo russo ha rivolto la suà critica. Per aiutare i conta- dini rovinati e oppressi, abbiamo detto noi, bisogna saper abbando- nare le illusioni e guardare in faccia la realtà, che distrugge le nebu- lose fantasticherie sull’economia basata sul lavoro (o « produzione popolare»?) e ci mostra la forma piccolo-borghese dell’economia con- tadina. Da noi, come dappertutto, lo sviluppo e il consolidamento della piccola economia basata sul lavoro è possibile solo se questa si tra- sforma in economia piccolo-borghese. Questa trasformazione avviene effettivamente, e la vera tendenza reale del contadino lavoratore alla SOCIALISMO VOLGARE E POPULISMO 245 piccola attività imprenditoriale è dimostrata injnaniera incontestabile dai fatti. Come tutti i piccoli produttori, i nostri contadini, nella mi- sura in cui si sviluppa leconomia mercantile, rientrano così nella categoria dei piccoli borghesi: essi si scindono in una minoranza di imprenditori e in una massa di proletari, che è collegata ai « pic- coli padroni » da tutta una serie di gradini di transizione costituiti dai semioperai e dai semipadroni (queste forme di transizione esistono in tutti i paesi capitalistici e in tutte le branche deirindustria). Quale atteggiamento ebbero i socialisti-rivoluzionari quando a una tendenza del pensiero socialista ne subentrò un'altra? di fronte alla lotta fra il vecchio socialismo e il marxismo? Essi tentarono molto semplicemente di evitare, per quanto potevano, Tesarne della sostanza della questione, E quando era ormai impossibile evitarlo, quando co- loro che volevano creare un « partito » a sè hanno chiesto spiega- zioni precise, quando i socialisti-rivoluzionari sono stati costretti a rispondere, e vi sono stati costretti tanto dallo scherno quanto dalla diretta accusa di mancanza di principi, solo allora hanno inco- minciato a ripetere la vecchia teoria populista delT« economia basata sul lavoro» e i vecchi errori del socialismo volgare. Ripetiamo: non potevamo attenderci conferma migliore delTaccusa di totale mancanza di principi da noi mossa ai socialisti-rivoluzionari che Tarticolo pub- blicato sul n. 11, ove si tenta di «unificare» la teoria dell« economia basata sul lavoro » e la teoria della lotta di classe. A titolo di curiosità osserviamo ancora che nel n. n della Rcvoliu - tsionnaia Rossia si compiono tentativi di spiegare in maniera « plau- sibile » la decisione di evitare la polemica teorica. Nellarticolo Av - venturismo rivoluzionario , Visura, vedete un po’, cita in modo sba- gliato. Un esempio? Eccolo: essa omette le parole «in alcune zone* (la terra in alcune zone passa dal capitale al lavoro). Quale orrore! Si omettono parole non pertinenti alla questione! O forse la Revo- liutsionnaia Rossia crede di poter affermare che le parole « in alcune zone » abbiano una qualsiasi pertinenza con la questione della valu- tazione del passaggio della terra in generale (per stabilire se questo è o non è un processo borghese). Ci provi pure. Proseguiamo. Visura ha troncato la citazione alle parole « da parte dello Stato », sebbene poi si dica « naturalmente non quello odierno », 246 LENIN Visura ha agito in modo ancora più perfido (aggiungiamo noi): ha avuto l’ardire di chiamare classista questo Stato. Non si metteranno forse ad affermare i nostri avversari « offesi nei loro migliori senti- menti » che nel « programma minimo » da noi esaminato poteva anche non trattarsi dello Stato classista? Infine Visura ha citato il manifesto del 3 aprile che secondo la stessa Revoliutsionnaia Rossia sopravvaluta il terrorismo. Ma anche noi ab- biamo citato questa riserva della Revoliutsionnaia Rossia , però abbia- mo aggiunto da parte nostra che in ciò vediamo dell’* equilibrismo » e accenni non chiari. La Revoliutsionnaia Rossia ne è molto malcontenta e si mette a spiegare e dare particolari (confermando così che, se occorrono spiegazioni, la cosa era realmente poco chiara). E quali spiegazioni dunque? Nel manifesto del 3 aprile, vedete un po’, erano stati fatti degli emendamenti su richiesta del partito. Si era tuttavia «riconosciuto» che questi emendamenti «non bastavano» e perciò le parole « dal partito » erano state tolte dal manifesto. Ma le parole « edizione del partito » sono rimaste, e neiraltro (« autentico ») mani- festo dello stesso giorno non si parlava affatto dei dissensi o delle esagerazioni. Fornendo queste spiegazioni e sentendo che esse non fanno che convalidare la legittimità della richiesta avanzata dall 9 Is\ra (nelle parole: equilibrismo e accenni), la stessa Revoliutsionnaia Ros- sia si pone la domanda: come ha potuto il partito stampare nella sua tipografia un manifesto con il quale non è d’accordo? La Revoliutsion- naia Rossia risponde: «Esattamente come sotto l’etichetta Partito operaio socialdemocratico russo si stampano il Raboceie Dielo, Visura, la Rabociaia Mysl e la Borbà ». Benissimo. Ma, in primo luogo, le nostre pubblicazioni di tendenze diverse si stampano non nella tipo- grafia «del partito», bensì nelle tipografie dei gruppi. In secondo luogo, quando da noi sono usciti nello stesso tempo la Rabociaia Mysl, il Raboceie Dielo e Visura, noi stessi abbiamo detto che questa era confusione. Considerate che cosa ne consegue: la socialdemocrazia stessa mette a nudo e sferza la confusione nel suo seno e si sforza di eliminarla con un serio lavoro teorico; i socialisti-rivoluzionari in- vece cominciano a riconoscere la loro solo dopo esserne stati accusati e ostentano per l’ennesima volta la loro larghezza che ha permesso loro di pubblicare nello stesso giorno a proposito del medesimo avve- nimento politico due proclami in cui il significato politico di questo avvenimento (nuovo atto terroristico) viene interpretato in maniera SOCIALISMO VOLGARE E POPULISMO *47 del tutto opposta. I socialdemocratici, sapendo che la confusione ideologica non conduce a niente di buono, hanno preferito « prima delimitarsi e poi unirsi » garantendo così alla futura unificazione un carattere stabile e fecondo. E i socialisti-rivoluzionari, pur inter- pretando il loro « programma » in diversi modi, mentre « ognuno fa del suo meglio » *, giuocano airunità « pratica » e ci dichiarano altez- zosamente: solo da voi socialdemocratici esistono diversi «gruppi», noi invece abbiamo un partito! Verissimo, signori, ma la storia ci insegna che talvolta il rapporto fra i « gruppi » c i partiti assomiglia al rapporto fra le vacche grasse e le vacche magre del faraone. Ci sono « partiti » e « partiti ». C*è stato per esempio il « Partito operaio di emancipazione politica della Russia », eppure la sua esistenza di due anni, come del resto la sua scomparsa, non ha lasciato nessuna traccia. Iskra t n. 27, 1 novembre 1902. • Non avete che da confrontare / nostri compiti dell’ex « Unione dei socialisti- rivoluzionari » con il Manifesto dell’ex « Partito dei socialisti-rivoluzionari » (cfr. in proposito il n. 5 dell’/r^ra) e poi con la dichiarazione redazionale apparsa sul n. 1 del Vicstnik, Russkpi Revoliutsii, con gli articoli € programmatici » pubblicati nei nn. 7-1 1 della Revoliutstonnaia Rossi a e con l’opuscolo La libertà edito dal cosiddetto « Partito operaio di emancipazione politica della Russia », di cui la Revoliutsionnma Rossia ha recentemente annunciato la fusione con i! partito dei socialisti-rivoluzionari. I COMPITI DEL MOVIMENTO SOCIALDEMOCRATICO Quando si lusinga ipocritamente tanto la classe operaia quanto l’op- posizione « legale » e nello stesso tempo si scatena un’orda di furfanti come Val o come Obolenski, significa che il governo vuole corrompe- re e frazionare quelle masse e quegli strati del popolo che non riesce a vincere e, per facilitare il suo compito, vuole riuscire a far sì che le forze rivoluzionarie, già poco numerose, si distolgano dal loro lavoro e si dividano per dare la caccia a ciascuno di questi furfanti. Che questo o quel rappresentante del governo se ne renda conto in gene- rale o in che misura se ne renda chiaramente conto, è cosa poco im- portante. L’importante è che la tattica suggerita al governo da tutta la sua immensa esperienza politica e dal suo istinto poliziesco ha in realtà proprio questo significato. Quando il movimento rivoluzionario penetra sino in fondo nelle classi popolari effettivamente rivoluzio- narie, e inoltre si sviluppa non solo in profondità, ma anche in am- piezza, promettendo di divenire ben presto una forza invincibile, per il governo è vantaggioso provocare le migliori forze rivoluzionarie e lanciarle alla caccia dei volgari dirigenti della più ripugnante vio- lenza. Ma noi non dobbiamo lasciarci provocare. Ai primi segni pre- monitori di una tempesta veramente popolare rivoluzionaria non dob- biamo perdere la testa e lanciarci dentro a capofitto, gettando a mare, per alleggerire il nostro spirito e la nostra coscienza, l’esperienza del- l’Europa e della Russia, ogni convinzione socialista più o meno deter- minata, ogni pretesa a una tattica coerente, di principio e non av- venturistica. In una parola, non dobbiamo permettere che riesca il tentativo, che i socialisti-rivoluzionari hanno compiuto e continuano a compiere, di restaurare la tendenza della « Volontà del popolo » e di I COMPITI DEL MOVIMENTO SOCIALDEMOCRATICO 249 ripetere tutti i suoi errori teorici e pratici. Alla corruzione delle masse, alla provocazione messa in atto contro i rivoluzionari dobbiamo ri- spondere non con un « programma » che spalanchi la porta ai dan- nosissimi vecchi errori e a nuove esitazioni del pensiero, non con una tattica che accentui quel distacco dei rivoluzionari dalle masse, che è la fonte principale della nostra debolezza, della nostra incapacità di incominciare subito la lotta risoluta. Dobbiamo rispondere rinsal- dando il legame fra i rivoluzionari e il popolo, e nei nostri tempi non si può creare questo legame se non sviluppando e consolidando il movimento operaio socialdemocratico. Solo il movimento operaio solleva la classe effettivamente rivoluzionaria e d’avanguardia, che non ha niente da perdere dal crollo degli odierni ordinamenti politici e sociali, la classe che è l’ultimo e inevitabile prodotto di questi ordina- menti, la classe che unica rappresenta il nemico assoluto e irridu- cibile di questi ordinamenti. Solo basandoci sulla teoria del marxismo rivoluzionario, sull’esperienza della socialdemocrazia internazionale, possiamo fondere il nostro movimento rivoluzionario con il movi- mento operaio, creare un invincibile movimento socialdemocratico. Solo a nome di un partito divenuto effettivamente operaio possiamo, rimanendo fedeli alle nostre convinzioni, chiamare al lavoro rivolu- zionario tutti gli elementi progressivi del paese, fare appello a tutti i lavoratori, a tutti i sofferenti e gli oppressi perchè appoggino il socialismo. Scritto nel novembre-dicembre 1902. Pubblicato per la prima volta nel 1939 in Proletar sfiata Rcvoliutsia t n. I. TESI FONDAMENTALE CONTRO I SOCIALISTI-RIVOLUZIONARI La tesi fondamentale che presento contro i socialisti-rivoluzionari, anche per valutare in tutti i suoi aspetti Fattività (e tutta l’essenza) di questa tendenza, è la seguente: tutta la tendenza dei socialisti^rivolu- zionari e tutto il loro partito non sono altro che un tentativo degli in - tellettuali piccolo-borghesi di escamoter il nostro movimento operaio , e quindi anche tutto il movimento socialista e tutto il movimento rivo- luzionario in Russia . Mi affretto a spiegare perchè in questa tesi, per me così importante, non ho potuto evitare di adoperare una parola straniera poco usata e indubbiamente incomprensibile per la maggior parte dei lettori. Escamoter significa propriamente ingannare, appropriarsi in modo fraudolento dei risultati del lavoro altrui e annullare così tutto questo lavoro, significa mistificare e imbrogliare, ecc. Non è difficile vedere perchè ho dovuto scartare questi termini russi e sceglierne uno stra- niero. Le parole « mistificare, imbrogliare, ingannare » richiamano senza fallo alla mente, in primo luogo, l’idea della menzogna inten- zionale, cosciente, e in secondo luogo, l’idea che vi siano motivi inte- ressati, disonesti, che spingono a mentire coloro che mentono. In- vece io non penso assolutamente di accusare i socialisti-rivoluzionari di qualcosa che possa sembrare una menzogna cosciente o di agire per motivi disonesti. Non dubito che come tendenza, come «partito», i socialisti-rivoluzionari abbiano potuto sorgere (o durare dai tempi del- la «Volontà del popolo»), e nelFultimo periodo svilupparsi e al- quanto rafforzarsi, unicamente grazie a una circostanza, quella di aver saputo attrarre elementi senza dubbio orientati in senso rivolu- zionario, anzi pieni di eroico spirito di sacrificio, elementi che deside- TESI FONDAMENTALE CONTRO I SOCIALIST I-RIVOLUZIONARI 25I rano nel modo più sincero di dare la vita per gli interessi della libertà e per gli interessi del popolo. Ma il fatto che degli uomini prendono con sincerità e convinzione una certa posizione politico-sociale non ri- solve ancora affatto il problema : è o non è questa posizione assoluta- mente falsa e intrinsecamente contraddittoria? Devono i risultati della migliore attività condotta da questa posizione avere, sì o no, inevita- bilmente Teffetto (anche se coloro che agiscono non ne sono consa- pevoli e non Io vogliono) di *escamotcr> il movimento operaio, di fargli abbandonare la via giusta, di cacciarlo in un vicolo cieco, ecc.? Cercherò di chiarire il mio pensiero con un esempio. Immaginate di trovarvi in una immensa foresta quasi vergine, scura, umida e fitta. Immaginate di poterla distruggere, per sgombrare il cammino allo sviluppo civile di tutta la zona coperta dagli alberi o della zona cir- costante, unicamente col fuoco e di incontrare grandissime difficoltà per appiccarlo e alimentarlo. Vi è legname dappertutto, in gran quan- tità, ma bisogna farlo asciugare ed è così difficile accenderlo e così facilmente e spesso si spegne di nuovo neiratmosfera umida e pe- sante. Bisogna ammucchiare il materiale che può bruciare. Bisogna alimentare il fuoco (la combustione), proteggerlo, aver cura di ogni nuova fiammella che s accende, rinvigorire la fiamma e preparare si- stematicamente, con tenacia, quell’incendio generale senza il quale la foresta umida e scura continuerà a rimanere una foresta. E il lavoro è molto difficile non solo per le condizioni esterne, atmosferiche, ma anche perchè molto scarso è queirunico materiale che serve veramente per bruciare, che in nessuna condizione può mai cessare di bruciare, in cui il fuoco ha fatto veramente presa e già arde ininterrottamente in modo ben diverso da quei numerosi fuochi fatui che non hanno forza interna e così spesso anche in passato si sono accesi solo per estin- guersi dopo breve durata. E quando questo combustibile fondamen- tale è già così rovente da provocare dappertutto un aumento della temperatura, dando così forza e luminosità anche a tutti gli altri fuo- chi fatui, appare a un tratto della gente che dichiara con sussiego: quale limitatezza è mai quella di credere nel dogma antiquato se- condo cui esiste un unico combustibile fondamentale, un unico com- bustibile assolutamente sicuro! Quale banalità è considerare tutti gli altri focherelli solo come mezzi sussidiari, solo come elementi ausiliari, ritenere a qualsiasi costo assolutamente indispensabile un unico materiale e aver fiducia innanzi tutto e soprattutto solo 252 LENIN in esso! Quale unilateralità è il preparare, preparare, preparare eter- namente, un vero incendio generale e permettere agli ignobili fur- fanti, che sono le cime degli alberi, di nascondere e mantenere l’umidi- tà e le tenebre. Bisogna lanciare dei razzi che cadano sulle cime degli alberi, le incendino, mettan paura a tutte le forze oscure e producano grande sensazione e agitazione, incoraggino e stimolino. E questa gente si mette alacremente all'opera. Con un sospiro di sollievo getta a mare gli antiquati pregiudizi su quel certo combustibile fonda- mentale. Con animo tranquillo accetta chiunque si presenti, quali che siano le sue concezioni e opinioni, convinzioni e aspirazioni: noi siamo un partito d'azione; che c’importa se persino alcuni di noi si sono afferrati ad argomentazioni che propendono per lo spegnimento dell'incendio. Ed esorta audacemente ad avere un atteggiamento spre- giudicato verso ogni focherello e lancio di razzi, respingendo con disprezzo gli insegnamenti del passato: ora, essa dice, il combustibile è molto più abbondante, e perciò la leggerezza è più che lecita!... Così dunque, nonostante tutto il danno che gente simile arreca al movi- mento, si può pensare che si tratti di semplici impostori? Niente af- fatto. Non sono per nulla degli impostori, sono solo dei pirotecnici. Questa, fra l'altro, è la mia risposta a quei socialisti-rivoluzionari che molto semplicemente hanno tradotto il termine avventuriero con i termini truffatore (signor Rafailov a Ginevra) e furfante (signor Gitlovski a Berna). Signori, ho risposto loro, non si deve intendere sempre tutto a termini di codice penale! Non si deve confondere l’av- venturismo di una tendenza rivoluzionaria intimamente contrad- dittoria, priva di principi, vacillante, che nasconde l’inconsistenza con larghe promesse ed è perciò inevitabilmente condannata al fal- limento, con quello degli avventurieri, i quali sanno perfettamen- te di commettere atti penalmente perseguibili e di poter essere de- nunciati per truffa. Vi abbiamo accusato di avventurismo, dicendo in maniera esplicita e precisa (cfr. nn. 23 e 24 AzW'lskra 82 ) che ciò era dovuto alla vostra totale mancanza di principi in tutte le questioni fondamentali del socialismo internazionale, airinverosimile confusione delle concezioni nel vostro programma agrario, cucinato in tutta fretta e servito con salsa piccante al «consumatore», all’instabilità e alla mancanza di basi della vostra tattica terroristica. E voi rispondete: guardate, ci ingiuriano chiamandoci avventurieri, furfanti, truffatori, TESI FONDAMENTALE CONTRO I SOCIALI STI -RIVOLUZIONARI 253 ci insultano, ci offendono! Queste lamentele, rispettabilissimi signori, lasciano capire molto bene che in sostanza non avete nulla da replicare. Si domanda ora: come si deve provare che la tesi da me presen- tata è giusta? Quali tratti distintivi, caratteristici di tutta la tendenza dei socialisti-rivoluzionari devo indicare per giustificare il giudizio su tutta la loro tendenza dato in questa tesi? Se questo giudizio è giusto, è da sperare che nessun socialista più o meno coscienzioso e serio si metta a negare che occorre combattere decisamente e implacabilmente contro questa tendenza, denunciarla dinanzi agli strati popolari più larghi possibili, facendo loro capire quant’essa sia dannosa. E per poter analizzare in tutti i suoi aspetti e nella sostanza il problema, io pro- pongo di richiamare innanzi tutto e soprattutto l’attenzione su come si devono formulare le risposte a questa questione. Coloro che vogliono smentire il mio giudizio, non si limitino alle « lamentele * o agli «emendamenti», ma rispondano anche esplicitamente: quali punti secondo essi dovrebbero essere dimostrati per confermare che la tesi presentata è giusta ? 11 punto centrale di questa tesi (escamotage del movimento operaio da parte degli intellettuali piccolo-borghesi) è il fatto che Yescamotage esiste o, in altre parole, esiste una radicale contraddizione tra i prin- cipi, il programma del « partilo » e il suo effettivo atteggiamento verso il processo che tende a rivoluzionare la società moderna. La contrad- dizione consiste nel fatto che il partito dei « socialisti-rivoluzionari » in realtà non condivide affatto il punto di vista del socialismo scientifico rivoluzionario (— marxismo) nè nelle questioni del movimento inter- nazionale, nè nelle questioni del movimento russo. In realtà quel che caratterizza questo « partito * è la totale mancanza di principi in tutte le più importanti questioni di principio del socialismo moderno*. Pubblicato per la prima volta nel 1936 in Proletarskjiia Revoliutsia , n. 7. • Il manoscritto è interrotto a questo punto (N.d.R.), NUOVI AVVENIMENTI E VECCHI PROBLEMI La breve « tregua » che ha distinto gli ultimi sei o nove mesi del nostro movimento rivoluzionario — rispetto al rapido e impetuoso svi- luppo del periodo precedente — incomincia evidentemente a volgere ai termine. Per quanto breve sia stata questa « tregua », per quanto evidente sia stato per ogni osservatore attento e ben informato che se non vi sono state (in un periodo così breve) aperte manifestazioni di collera da parte di masse operaie, ciò non significa affatto che questa collera abbia cessato di crescere tanto in profondità quanto in am* piezza, pur non dimeno fra la nostra intellettualità orientata in senso rivoluzionario, ma il più delle volte senza un saldo legame con la classe operaia e solide fondamenta di convinzioni socialiste ben deter- minate, hanno incominciato ad echeggiare, da una parte, numerose voci che rivelano abbattimento e sfiducia nel movimento operaio di massa, e, dairaltra, voci a favore della ripetizione della vecchia tat- tica degli attentati politici isolati, come metodo di lotta politicamente necessario e obbligatorio nel momento attuale. Nei pochi mesi tra- scorsi dalle dimostrazioni, da noi ha già fatto in tempo a costituirsi il « partito » dei « socialisti-rivoluzionari », che ha incominciato a par- lare ad alta voce deirimpressione demoralizzante delle dimostrazioni, del fatto che « il popolo, ahimè, non si moverà ancora tanto presto », che naturalmente è facile parlare e scrivere sulla necessità di armare le masse, ma che ora è necessario dedicarsi alla «resistenza individuale» e non rinunciare alla impellente necessità del terrorismo individuale con il pretesto che occorre il richiamo, ormai frusto, sempre allo stesso e unico compito (noioso e « non interessante » per Tintellettuale, libero dalla fede « dogmatica » nel movimento operaio!) dell’agita- NUOVI AVVENIMENTI E VECCHI PROBLEMI 2 55 zione fra le masse del proletariato e del (organizzazione deirassalto di massa. Ma a Rostov sul Don scoppia uno sciopero, a prima vista dei più comuni e « usuali », che dà luogo ad avvenimenti che indicano con estrema chiarezza quanto assurdo e dannoso sia il tentativo intrapreso dai socialisti-rivoluzionari di restaurare la « Volontà del popolo », con tutti i suoi errori teorici e tattici. Estesosi a migliaia di operai, lo sciopero, cominciato con rivendicazioni di carattere esclusivamente economico, si trasforma rapidamente in un avvenimento politico, no- nostante che la partecipazione delle forze rivoluzionarie organizzate sia estremamente scarsa. Masse di popolo, che secondo la testimonianza di alcuni partecipanti ascendono a venti-trenta mila persone, organiz- zano assemblee politiche che stupiscono per la loro serietà e organiz- zazione e in cui si leggono e commentano con avidità i manifestini socialdemocratici, si pronunciano discorsi politici, si spiegano ai più occasionali e impreparati elementi del popolo lavoratore le verità ele- mentari del socialismo e della lotta politica, si impartiscono lezioni pratiche e « di cose » sul modo come comportarsi con i soldati e come rivolgersi ad essi. Le autorità e la polizia perdono la testa (forse, in parte, perchè le truppe non sono sicure?) e per alcuni giorni dimo- strano di non essere in grado di impedire che si organizzino airaperto manifestazioni politiche di massa mai viste prima in Russia. E quando, infine, si fanno intervenire le forze armate, la folla oppone un’acca- nita resistenza e Puccisione di un compagno offre il motivo per orga- nizzare, il giorno dopo, una dimostrazione politica attorno alla sua bara... Ma, probabilmente, per i socialisti-rivoluzionari la cosa appare forse sotto una luce diversa e secondo loro sarebbe stato forse « più opportuno » che i sei compagni uccisi a Rostov avessero sacrificato la loro vita per compiere un attentato contro questa o quella canaglia della polizia. Noi invece pensiamo che solo questi movimenti di massa dovuti allo sviluppo della coscienza politica e della iniziativa rivoluzionaria della classe operaia, per tutti evidente, meritano il nome di atti vera- mente rivoluzionari e possono veramente incoraggiare chi lotta per la rivoluzione russa. Vediamo qui non la famosa « resistenza indivi- duale», il cui legame con le masse consiste solo nelle dichiarazioni verbali, nella pubblicazione delle sentenze, ecc. Vediamo la véra resistenza della folla, e la disorganizzazione, l’impreparazione, la 2 5 6 LENIN spontaneità di questa resistenza ci ricordano quanto sciocco sia esa- gerare le proprie forze rivoluzionarie e quanto delittuoso trascurare il compito di dare un’organizzazione e una preparazione sempre mag- giore a questa folla che, sotto i nostri occhi, conduce una vera lotta. Non creare con colpi di armi da fuoco i motivi di incitamento, il mate- riale per far dell’agitazione e far riflettere politicamente, ma imparare a elaborare, utilizzare, prendere nelle proprie mani quel materiale che la vita russa offre in quantità più che sufficiente: ecco l’unico com- pito degno di un rivoluzionario. I socialisti-rivoluzionari non trovano parole bastanti per vantare la grande efficacia « agitatoria » degli atten- tati politici dei quali tanto si sussurra sia nei salotti liberali che nelle osterie frequentate dal popolino. E’ così facile per loro (essendo essi liberi da ogni dogma ristretto di una teoria socialista più o meno determinata!) sostituire (o almeno completare) l’educazione politica del proletariato con il sensazionale politico. Noi invece riteniamo che possano esercitare un’azione effettivamente e seriamente « agitatoria » (stimolatrice), e non solo semolatrice, ma anche (il che è molto più importante) educatrice, solo gli avvenimenti in cui il protagonista è la massa stessa, gli avvenimenti che sono dovuti al suo stato d’animo, e non vengono inscenati « per scopi particolari » di questa o quella organizzazione. Noi pensiamo che tutto un centinaio di attentati allo zar non avranno mai l’efficacia stimolatrice e educatrice della sola par- tecipazione di decine di migliaia di lavoratori alle assemblee che discutono i loro interessi, della partecipazione alla lotta che solleva realmente sempre nuovi strati « vergini » del proletariato a una vita più cosciente, a una più larga lotta rivoluzionaria. Ci si parla della disorganizzazione del governo (costretto a sostituire ai signori Si- piaghin i signori Pieve e a «reclutare» i più ignobili avventurieri), ma siamo convinti che sacrificare un solo rivoluzionario anche per dieci avventurieri significa solo disorganizzare le nostre file, che già sono abbastanza sottili, tanto sottili che non riescono a far fronte a tutto il lavoro «richiesto» loro dagli operai. Noi pensiamo che il governo si disorganizza veramente quando, e solo quando, larghe masse, realmente organizzate dalla lotta, lo fanno cadere nello smarri- mento, quando la legittimità delle rivendicazioni degli elementi d’avanguardia della classe operaia diviene chiara all'uomo della strada e incomincia persino a divenir chiara a una parte dell’esercito chia- mato a « pacificare », quando le azioni militari contro decine di mi- NUOVI AVVENIMENTI E VECCHI PROBLEMI 257 gliaia di uomini del popolo sono precedute dal tentennamento delle autorità, che non hanno nessuna possibilità reale di prevedere a che cosa queste azioni condurranno, quando la folla vede e sente che i caduti sul campo della guerra civile sono suoi compagni, suoi membri e accumula in sè nuove riserve d’odio e il desiderio di uno scontro più decisivo con il nemico. E non il singolo furfante, ma tutto il re- gime odierno si rivela già qui come nemico del popolo, contro il quale si scagliano le autorità locali e quelle di Pietroburgo, la polizia, i cosacchi e l’esercito, per non parlare dei gendarmi e dei tribunali, che sempre sono il complemento e il coronamento di tutte le insur- rezioni popolari. Sì, insurrezioni. Per quanto lontano sia dalla «vera» insurrezione l’inizio di questo movimento, che è un movimento basato sullo scio- pero, in una lontana città di provincia, il modo in cui si si è svolto ed è finito fa nascere spontaneamente proprio l’idea dell’insurrezione. Il motivo banale dello sciopero, il carattere modesto delle rivendica- zioni avanzate dagli operai fanno spiccare con risalto particolare tanto la forza possente della solidarietà del proletariato, il quale ha visto subito che la lotta degli operai delle ferrovie gli era comune, quanto la sua recettività per le idee politiche, per la propaganda politica, e la vo- lontà di difendere con il proprio petto, in combattimento aperto contro l’esercito, quel diritto a una vita libera, a un libero sviluppo, che già è riuscito a divenire patrimonio comune ed elementare di tutti gli operai che pensano. E ha avuto mille volte ragione il comitato del Don che nel manifestino, da noi integralmente citato più avanti, ha parlato « a tutti i cittadini » dello sciopero di Rostov come del primo passo verso la sollevazione generale degli operai russi per rivendicare la libertà politica “ In tali avvenimenti vediamo coi nostri occhi come l’insurrezione armata di tutto il popolo contro il governo dell’au- tocrazia maturi non solo come idea nelle menti e nei programmi dei rivoluzionari, ma anche come inevitabile passo successivo , pratica- mente naturale, del movimento stesso, come risultato della crescente collera, della crescente esperienza, della Crescente audacia delle masse, a cui la realtà russa dà insegnamenti così preziosi e una così eccellente formazione. Ho detto passo inevitabile e naturale e mi affretto a precisare : sol - tanto se non ci permetteremo di scostarci di un solo passo dal compito che ci sovrasta, che incombe su di noi, * che consiste nell’aiutare queste 17 — 763 2 5 8 LENIN masse che già si sollevano e nel sollevarci con maggiore audacia e compattezza, nel dare loro non due, ma decine di oratori di piazza e dirigenti, nel creare una vera organizzazione combattiva, capace di orientare le masse e non una sedicente « organizzazione combattiva » che orienti (se pur lo fa) individui inafferrabili. È un compito difficile, non ce che dire, ma possiamo con pieno diritto parafrasare le parole di Marx citate tanto spesso e così a sproposito negli ultimi tempi e dire: fogni passo del movimento reale è più importante di una doz- zina» di attentati e di resistenze individuali, è più importante di centinaia di organizzazioni e f partiti» formati da soli intellettuali ". Accanto alla battaglia di Rostov si pongono in primo piano, fra i fatti politici degli ultimi tempi, le condanne ai lavori forzati inflitte ai dimostranti. Il governo ha deciso di ricorrere a intimidazioni d’ogni genere, cominciando con le fustigazioni e finendo con i lavori forzati. E quale magnifica risposta gli hanno dato gli operai, di cui riportiamo più sotto i discorsi pronunciati in tribunale ", come è istruttiva questa risposta per tutti coloro che hanno fatto tanto chiasso sull’effetto demoralizzante delle dimostrazioni non allo scopo di incoraggiare a proseguire il lavoro sulla stessa via, ma per propagandare la famosa resistenza individualel Questi discorsi sono un eccellente commento a avvenimenti come quelli di Rostov, commento che scaturisce dal più profondo del proletariato e sono al tempo stesso una mirabile testi- monianza (una t pubblica deposizione », direi io se non si trattasse di un termine specificamente poliziesco) che infonde un’immensa ener- gia nel lungo e difficile lavoro per preparare * veri » passi in avanti del movimento. È mirabile in questi discorsi la rappresentazione sem- plice, esatta e precisa del modo come i fatti più comuni di f oppres- sione, miseria, schiavitù, umiliazione, sfruttamento » degli operai nella società moderna, che si ripetono decine e centinaia di milioni di volte , portino al risveglio della coscienza operaia, all’aumento della f col- lera », alla manifestazione rivoluzionaria di questa collera (ho messo fra virgolette i termini che ho dovuto adoperare per caratterizzare i discorsi degli operai di Nizni Novgorod, perchè sono le stesse celebri parole che Marx ha usato nelle ultime pagine del primo volume del Capitale , le quali hanno provocato da parte dei f critici », degli op- portunisti, dei revisionisti ecc. tanti rumorosi e infelici tentativi di smentita e l’accusa secondo cui i socialdemocratici direbbero il falso). Precisamente perchè queste parole sono state pronunciate da sem- NUOVI AVVENIMENTI E VECCHI PROBLEMI 259 plici operai, che per il loro grado di cultura non sono affatto operai d'avanguardia, e le hanno pronunciate non come membri di una organizzazione, ma come uomini della folla, precisamente perchè essi non hanno messo l'accento sulle loro convinzioni personali, ma sui fatti della vita di ogni proletario o semiproletario in Russia, le loro conclusioni suscitano un’impressione cosi incoraggiante : «ecco perchè noi abbiamo partecipato coscientemente alla dimostrazione contro il governo autocratico >. Il carattere comune e « di massa > dei fatti dai quali essi hanno tratto questa conclusione è una garanzia che a questa conclusione possono giungere e inevitabilmente giunge- ranno migliaia, decine e centinaia di migliaia di uomini, se riusciremo a esercitare su di essi, in modo continuo, allargandola e rafforzandola, un’influenza rivoluzionaria (socialdemocratica) sistematica, di princi- pio, ferma e multiforme. Siamo pronti ad andare ai lavori forzati per la lotta contro la schiavitù politica ed economica da quando ab- biamo sentito il soffio della libertà, hanno detto i quattro operai di Nizni Novgorod. Siamo pronti ad andare alla morte, sembrano aver fatto loro eco le migliaia di operai di Rostov, conquistandosi per alcuni giorni la libertà di manifestazione politica, respingendo tutta una serie di attacchi armati contro la folla inerme. In questo segno vincerai: non ci resta altro da dire a coloro che hanno occhi per vedere e orecchi per sentire. hJ^ra, n. 29, 1 dicembre 1902. i 7 * AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE MEDIE Congratulandomi di tutto cuore per l’energica iniziativa degli stu- denti, da parte nostra daremo loro questo consiglio fraterno. Cercate di far sì che lo scopo principale della vostra organizzazione sia l’auto- educazione, la vostra formazione di socialdemocratici convinti, tenaci e conseguenti. Distinguete con il maggior rigore possibile questo lavoro preparatorio, estremamente importante e necessario, dall’attività pratica immediata. Cercate, quando entrerete (e prima di entrare) nelle file dell’esercito combattente, di allacciare i rapporti più stretti (e più clandestini) con le organizzazioni socialdemocratiche locali o panrusse, affinchè non dobbiate mettervi all’opera isolati, affinchè pos siate cominciare non dall'inizio, ma proseguire quanto è stato fatto prima, schierarvi subito nelle file e nei ranghi e far andare avariti il movimento, sollevandolo a un gradino superiore. Is^ra, n. 29, x dicembre 1902. IL GRUPPO « SVOBODA Come i signori « rivoluzionari-socialisti » intendano l'esame dei dissensi sostanziali risulta da quanto segue. Nell’opuscolo Che fare? Lenin ha lanciato alla « Svoboda » una sfida aperta, invitandola a confutare l’affermazione che l’« organizzazione dei rivoluzionari» è indispensabile per estendere è rafforzare il lavoro tra le masse . Ivi è stato spiegato in maniera circostanziata al signor Nadezdin quanto la leggerezza teorica, l’avventatezza programmatica (e si tratta di un «rivoluzionario-socialista» e al tempo stesso quasi «socialdemocrati- co»!), le esitazioni tattiche fra rivoluzionarismo ed economismo, fra terrorismo e lotta di classe del proletariato, siano dannose e sconve- nienti. In quell’opuscolo si c osservato e dimostrato che la Svoboda precipita nella demagogia Il signor Nadezdin ha preferito sottrarsi alla sfida aperta. Invece di accettare la guerra aperta a viso aperto, questo nobile guerriero ha preferito agire nascondendosi dietro il dis- sidio sull’organizzazione. Sulla «rivista per gli operai» (??) il grup- po « Svoboda », senza spiegare le sue concezioni, non fa che sbuffare, aizzando le « masse » contro I’« organizzazione dei rivoluzionari » e assicurando loro che Visura vuole abbattere il « tronco sano» dell’eco- nomismo. Discutere sulla sostanza sarebbe evidentemente solo uno svago da intellettuali. E per le « masse » sono sufficienti le lamentele contro r« abitudine di comandare» e le lepidezze sul «ventre affa- mato e lo spirito sano », sul « dannoso stivale chiodato», sui « porci e le facce di bronzo », sull’« indebolimento cerebrale » e sui « cinque copechi sul grugno », sulla minaccia di « prendere per il colletto e rompere i denti » ecc. (cfr. Ottffilff, pp. 30-35). I nostri signori rivolu- zionari-socialisti e socia listi -rivoluzionari continuano a far cadere la letteratura « di massa » al rango della più volgare letteratura, e per 262 LENIN questo loro merito rivendicano il diritto di seminare la confusione e 10 scompiglio quando si discutono tutti i problemi seri del partito. 11 programma è contabilità a partita doppia, la tattica è anch’essa con- tabilità a partita doppia, l’attività pratica è demagogia: eccovi il ritratto del gruppo «rivoluzionario-socialista ” Svoboda" >. n. 30, 15 dicembre 1902. ESTRATTO DI UN ARTICOLO CONTRO I SOCIALISTI-RIVOLUZIONARI La fusione del socialismo con il movimento operaio (questa unica garanzia di un solido movimento effettivamente rivoluzionario) non c cosa facile, e non c*è nulla di sorprendente se il suo processo si accom- pagna a varie esitazioni, abbiamo scritto esattamente due anni fa nel primo articolo pubblicato sul primo numero dc\YIsJ(ra **. E se fu necessaria la lotta contro l’indirizzo (tendenza) che aveva scelto una via giusta, ma aveva fissato in maniera erronea gli obiettivi da rag- giungere, molto più necessaria è la lotta contro l’indirizzo che non pensa a nessuna fusione di un socialismo più o meno organico e pon- derato con il movimento operaio. Privo di base sociale, senza nessun legame con una qualsiasi classe sociale determinata, esso tenta- di nascondere la sua intrinseca impotenza con l’ampiezza dello slancio, con la « larghezza » del programma, che altro non è se non una com- binazione senza principi dei programmi più disparati e opposti e che, precisamente per questa sua caratteristica, può servire e agli intellet- tuali, e al proletariato, e ai contadini. Dietro gli intellettuali cn masse , perciò, come del resto dietro l’opposizione liberale, non si può scorgere nessuna classe sociale (tanto più che l’indirizzo populista-liberale, verso il quale il vecchio socialismo russo non ha saputo avere un atteggia- mento critico, come non sanno averlo gli odierni socialisti-rivoluzio- nari, si dichiara al di fuori delle classi). Ai contadini ci si può rivolgere senza proporre soluzione alcuna delle « maledette » questioni riguar- danti le basi della loro vita, il loro posto nella evoluzione economico- sociale della Russia e di tutto il mondo, ci si può rivolgere con frasi rivoluzionarie e socialiste (a prima vista socialiste) così generiche che possibilmente non siano in contrasto con nessuna delle soluzioni usuali 264 LENIN e correnti della questione contadina. Il momento tempestoso che stiamo attraversando, in cui la lotta si accende ora qua ora là, permette di eludere « dietro lo schermo » di questa lotta tutte le possibili questioni di principio, di limitarsi ad appoggiare con simpatia tutte le sue manifestazioni e a pensare alla « resistenza individuale * durante la calma relativa. Si ottiene così un indirizzo molto rivoluzionario per la sua fraseologia e niente affatto rivoluzionario per le sue vere con- cezioni e per i suoi legami con la classe rivoluzionaria, rivoluzionario per la violenza degli attacchi contro il governo e nel medesimo tempo assolutamente incapace di valutare in modo giusto la tattica generale di questo governo e di dare una giusta risposta a questa tattica. In realtà non è difficile vedere che, nonostante tutti i salti e i tenten- namenti, nonostante tutto lo smarrimento del governo in questo o quel caso singolo, in generale dalla sua tattica trapelano con chia- rezza le due linee principali della sua autodifesa. Scritto nel dicembre del i»;u2. Pubblicato per la prilli.» volta nel in Proletarskaiu Rft/olitusta, n i. PROGETTO DI INDIRIZZO DEL COMITATO D’ORGANIZZAZIONE RUSSO * ALLA LEGA, ALL’UNIONE E AL COMITATO ESTERO DEL BUND In esecuzione alla decisione della conferenza primaverile (1902) del Partito operaio socialdemocratico russo, il comitato di organiz- zazione propone alla Lega della socialdemocrazia rivoluzionaria russa, all’« Unione dei socialdemocratici russi » all’estero e al Comi- tato estero del Bund di costituire una sezione estera del comitato d’organizzazione del Partito operaio socialdemocratico russo. Le funzioni di questa sezione estera devono consistere in quanto segue : 1) studio della questione della rappresentanza delle organizza- zioni socialdemocratiche estere al congresso, la cui soluzione defi- nitiva spetterà al comitato d’organizzazione russo e poi al congresso stesso; 2) contributo dall’estero all’organizzazione del congresso (per esempio, defiaro, passaporti, ecc.) e 3) preparazione dell’unificazione delle organizzazioni socialdemocratiche all’estero, così urgente e ne- cessaria per il partito e tutto il movimento operaio socialdemocratico in Russia. Scritto nel dicembre igoa-gennaio 1903. A PROPOSITO DELLE RELAZIONI DEI COMITATI E DEI GRUPPI DEL POSDR AL CONGRESSO GENERALE DEL PARTITO" Uno dei membri del comitato d’organizzazione mi ha rivolto la preghiera di inviargli l’elenco delle questioni alle quali sarebbe op- portuno che i comitati e i gruppi dessero una risposta nelle relazioni che presenteranno al secondo congresso del partito. Allego qui come esempio un elenco di tali questioni, ma spiegherò prima breve- mente perchè questo elenco è così lungo. È ovvio che sarebbe bene parlare di tutte le branche del lavoro socialdemocratico, e perciò una relazione ideale abbraccia un numero quasi infinito di questioni. Naturalmente non è nemmeno il caso di sognare che si possano pre- sentare relazioni così complete. Nondimeno ritengo cosa molto im- portante e necessaria che il comitato d’organizzazione si sforzi di far conoscere a ogni comitato o gruppo tutto il complesso delle que- stioni che possono (e devono) interessare il congresso. Il nostro secondo congresso avrà un carattere ancor più costitutivo del primo, ed è quindi necessario compiere ogni sforzo affinchè i rapporti siano quanto più possibile completi e seri: quanto maggiore sarà la parte del programma ideale di cui ogni gruppo si occuperà nella sua rela- zione, tanto più integralmente ed esattamente sarà rappresentato al nostro congresso tutto il movimento nel suo complesso, tanto più du- raturi saranno i risultati del congresso. È necessario che possibilmente molto tempo prima della data della sua convocazione si comincino a preparare le relazioni, che esse si discutano nei comitati e nei gruppi, ecc. Inoltre sarebbe estre- mamente importante che, in primo luogo, i comitati e i gruppi di- stribuissero fra molti dei loro membri il lavoro di stesura della rela- RELAZIONI DEI COMITATI DEL POSDR AL CONGRESSO DEL PARTITO 267 zione; in secondo luogo, che, subito dopo averne preparato ogni parte, essi ne inviassero all’estero, vale a dire in luogo sicuro, una copia (senza attendere affatto che tutta la relazione sia ultimata); in terzo luogo, che cercassero di far partecipare a questo lavoro non solo i membri attuali, ma anche quelli precedenti, non solo quelli attivi, ma anche quelli che si sono allontanati, cioè i deportati e coloro che si trovano airestero. A questi può essere affidato l’incarico di preparare le relazioni su un gruppo determinato di problemi op- pure per quel periodo di tempo in cui hanno lavorato in un comitato 0 in un gruppo. Questi rapporti o parti di rapporti possono facilitare molto- il compito dei delegati al congresso. È pure ovvio che i delegati dovranno servirsi della stampa di partito, contenente moltissime ri- sposte alle questioni della relazione, dovranno cioè cercare di rag- gruppare i dati di questa stampa, fare un estratto di tutto ciò che essa contiene di sostanziale, correggere gli errori, integrare, aggiungere ciò che non si è potuto pubblicare per considerazioni di clandestinità, ecc. (anche a questo lavoro è molto importante far partecipare gli ex membri dei comitati e dei gruppi che si trovano temporanea- mente all’estero). A proposito, in fatto di clandestinità è necessario aggiungere che ad alcune questioni non si possono e non si devono dare risposte scritte, perchè ciò equivarrebbe a rivelare dei segreti. Ma i comitati e i gruppi devono immancabilmente riflettere su tali - questioni, prepararle e discuterle, perchè al congresso del partito si dovrà necessariamente includerle nella relazione (se non per le sedute in pieno , almeno per una commissione speciale, per il CC, ecc.). Allo scopo di fare partecipare il maggior numero possibile di persone alla preparazione dei rapporti sarebbe bene diffondere nel modo più largo possibile Yelenco stesso delle questioni (insieme con le aggiunte dei singoli comitati, gruppi o compagni), mentre alla larga cerchia dei socialdemocratici si deve nascondere solo il fatto che le questioni e i rapporti sono destinati al secondo congresso del partito. Infine, ci si pone la domanda : per quale periodo di tempo si deve fare il rapporto? Formalmente per il periodo che intercorre fra il primo e il secondo congresso, cioè dal 1898 al 1903. Ma dato che il primo congresso è stato incompleto, troppo breve e si è svolto in condizioni molto sfavorevoli, sarebbe bene che i rapporti compren- dessero anche il periodo che precede il 1898. 268 LENIN Forse non sarà nemmeno superfluo precisare che se un compagno toccherà nella sua relazione il maggior numero di questioni, ciò non vorrà affatto dire ch’egli è il migliore delegato al congresso perchè conosce meglio la storia del movimento, o perchè, in generale, è il più preparato a rispondere a tutte le questioni. Il congresso deve avere un significato pratico per unificare il movimento e imprimergli un forte impulso in avanti, e i migliori delegati devono essere con- siderati quei compagni che, anche se nuovi, sono i più energici e influenti, che più si dedicano al lavoro rivoluzionario. Le relazioni possono essere preparate con la collaborazione di molte persone, e inoltre in alcuni casi sarà forse possibile anche delegare più di un compagno: sarebbe molto bene offrire a un grande numero di dele- gati operai la possibilità di partecipare al congresso. Riporto ora l’elenco delle questioni divise in otto sezioni o gruppi (la divisione delle singole questioni e anche dei loro gruppi è spesso artificiale, fatta solo per comodità di chi legge, perchè tutte le que- stioni sono legate fra loro nel modo più stretto). I Il movimento operaio, la sua storia e la situazione attuale 1. Breve caratterizzazione delle condizioni e dello stato dell'in- dustria. Numero, composizione, distribuzione e altre particolarità del proletariato locale (industriale, commerciale, artigiano ecc., forse anche agricolo). 2. Qual è l’ampiezza dell’influenza dell’agitazione socialista fra gli operai? In quali rioni? officine? fabbriche? fra gli operai a domi- cilio e altri? Descrivere nella maniera più particolareggiata possibile come questa cerchia di operai si è allargata dall’epoca dell’inizio del movimento. 3. Elenco più completo possibile degli scioperi avvenuti e descri- zione particolareggiata di ogni sciopero più o meno importante. È bene dare dati complessivi. 4. Oltre agli scioperi, si sona verificati casi importanti di boicot- RELAZIONI DEI COMITATI DEL POSDR AL CONGRESSO DEL PARTITO 269 taggio e di altre azioni collettive* degli operai? Fornire particolari in proposito. 5. Quali circoli operai sono esistiti ed esistono ora? quali casse? società autodidattiche? organizzazioni operaie? sindacati? Dati quan- to più completi possibile su tutte le associazioni di questo genere, sul loro tipo di struttura, sulla loro composizione, sul numero dei membri, sul periodo e sul carattere del funzionamento, sui risultati deiresperienza in quest'ultimo campo, ecc. 6. Sono stati compiuti tentativi di organizzare associazioni operaie legali? Dati particolareggiati su ciascuno di questi tentativi e sui suoi risultati, sulla influenza che ha avuto, sul suo esito, a che punto è e la sua importanza. Dati anche sulle associazioni zubatoviste. Ci sono stati esperimenti per utilizzare le associazioni legali ai fini della socialdemocrazia ? 7. Influenza della crisi attuale. Sua caratterizzazione valendosi prevalentemente dei dati forniti dagli operai. I disoccupati, il loro orientamento, Tagitazione fra di essi, ecc. II Storia dei cìrcoli socialisti , comparsa dei socialdemocratici lotta delle tendenze nel loro seno 8. Erano rimaste tracce delle vecchie organizzazioni socialiste nel momento in cui sono comparsi i socialdemocratici? In che cosa con- sistevano e quale influenza hanno avuto? Chi ha incominciato la propaganda e l’agitazione fra la classe operaia e quando? I seguaci della «Volontà del popolo»? Loro atteggiamento verso i socialde- mocratici. 9. Quando e in quali circostanze sono comparsi dei socialdemocra- tici o dei circoli socialdemocratici isolati? Descrivere nella maniera più particolareggiata possibile ogni circolo (con riferimento al pro- gramma attuale). La sua importanza e la sua influenza sui circoli successivi. 10. Come si sono formate e sviluppate le concezioni socialdemo- * Dichiarazioni collettive? assemblee pubbliche? partecipazione alle pubbliche «de- posizioni»? ecc. ecc. 270 LENIN cratiche nei circoli locali? Influenza delle altre zone (città), della stampa estera, della stampa legale marxista (e della « critica del marxismo >). Definire nel modo più particolareggiato possibile l’in- fluenza esercitata dalle prime, dalla seconda e dalla terza. 11. Dissensi fra i socialdemocratici. Ne esistevano prima dell’appa- rizione del Manifesto del 1898? In che cosa precisamente si espri- mevano? Vi sono documenti che li attestino? Come è stato accolto il Manifesto ? Quali proteste o malcontenti esso ha precisamente su- scitato e da parte di chi? Come precisamente sono comparse le cosid- dette concezioni « economistiche » ? Come si sono sviluppate e dif- fuse? È molto importante descriverlo nel modo più esatto e docu- mentato per ogni « zona » economista nel movimento locale. Come si sono espressi i dissensi nel giudizio sui diversi organi del partito e nella lotta fra i loro sostenitori? La Rabociaia Gazieta (1897), ^ Rabotni\ estero e i suoi Listai, la Rabociaia. Mysl, il Raboceie Dielo , Visura, la Zarià , la Borbà , la Gizn , tee. tee. 11 bis. Ci sono state scissioni e dissensi fra operai e « intellettuali » nella socialdemocrazia? È molto importante chiarirne i motivi e dire quale influenza hanno avuto. 12. Come precisamente si è svolta la lotta delle tendenze nei circoli locali? Solo fra gli intellettuali socialdemocratici? oppure anche fra gli operai? fra i diversi circoli studenteschi in contatto fra di loro? si è espressa in scissioni? nella formazione di gruppi sepa- rati? si è accesa per questioni generali di principio? per il contenuto dei manifestini? per la questione delle dimostrazioni? per l’atteggia- mento verso il movimento studentesco? per la questione delle riven- dicazioni del primo maggio? Descrivere nella maniera più particolareggiata lo svolgimento e le conseguenze della lotta delle tendenze e l’attuale stato di cose in questo campo. Ili Organizzazione del comitato locale , dei gruppi e dei circoli locali 13. Composizione prevalente del comitato (respective dei gruppi, dei circoli e, se sono numerosi, di ciascuno separatamente). Stu- denti? operai? Viene completato per via elettiva (e come precisa- mente?) o in altro modo? Esiste un comitato per gli intellettuali e RELAZIONI DEI COMITATI DEL POSDR AL CONGRESSO DEL PARTITO T]\ uno per gli operai? esistono speciali gruppi tecnici, per la propa- ganda, per lagitazione? per la stampa, centrali, rionali, locali, ese- cutivi? rapporti fra loro secondo lo «statuto» (posto che ne esista uno) e nella realtà. Assemblee generali, loro competenza, frequenza e numero di partecipanti. Organizzazione dei contatti con le altre città e con Testerò (esistono cioè speciali incaricati, gruppi o elementi che stanno al di fuori dei gruppi, ecc.?). Organizzazione della diffu- sione della stampa. Organizzazione dei viaggi. Conclusioni tratte dalTesperienza nel campo organizzativo e opi- nioni predominanti sui principi organizzativi nei comitati, tra gli intellettuali e gli operai. È particolarmente importante spiegare in modo minuzioso perchè si sono costituiti comitati separati per gli intellettuali e per gli operai (d officina, artigiani, ecc.) e le conseguenze che ne sono derivate. 14. Estensione del lavoro alle zone vicine e ad altre zone. In quale forma è avvenuta: in maniera organizzata oppure occasionale? Sono stati compiuti tentativi di formare organizzazioni rionali o di parte- cipare a quelle esistenti? Carattere dei legami con le altre zone. Storia della formazione e del funzionamento delle organizzazioni rionali. Composizione del comitato rionale centrale, atteggiamento verso i comitati locali, raccolta del denaro, casse rionali, depositi della stampa. Influenza delle organizzazioni rionali sulTampiezza del lavoro, sulla sua stabilità, sul legame coi comitati locali ecc. ecc. 15. Finanze del comitato. Dati complessivi sulle entrate e le uscite (in base ai rendiconti, se esistono) per tutto il periodo di esistenza. Bilancio ordinario e medio, chi ha dato denaro, collette fra gli operai, tassazione degli iscritti, pagamento della stampa, feste, offerte, ecc. (influenza AtWOsvobozdenie e dei socialisti-rivoluzionari in questo campo). Volume e carattere delle spese: per i mezzi tecnici? per le retri- buzioni? per i viaggi? ecc. IV Carattere f contenuto e ampiezza del lavoro locale 16. Propaganda. Composizione (dei circoli) dei propagandisti, loro numero e come lavorano. Ci sono fra loro degli operai? Prevai- LENIN 272 gono gli studenti? I compagni più esperti esercitano un controllo e danno un orientamento? Programmi abituali delle conferenze e come vengono modificati coll’andar del tempo. Interesse degli operai e loro richieste perchè sia trattato questo o quell’argomento. Esiste un’espe- rienza di invio di conferenzieri che svolgano buone relazioni in diverse città, in diversi rioni, tee.? Composizione, numero dei pre- senti, frequenza e atmosfera delle conferenze. 17. Agitazione economica. Da quando si è incominciato a pub- blicare manifestini? È possibile calcolare il numero di tutti i mani- festini pubblicati e della tiratura complessiva? (approssimativa- mente?) In quali rioni, officine e branche di lavoro è stata fatta questa agitazione? Come sono stati preparati e approvati i manifestini. Vi hanno partecipato gli operai? Tecnica della pubblicazione e della diffusione. Esistono diffusori operai? In che misura viene soddisfatta la domanda di manifestini? 18. Agitazione politica. Passaggio dall’agitazione economica a quella politica; quando è incominciato? ha suscitato proteste? quan- do sono comparsi i primi manifestini politici? c’è stato un periodo in cui si sono pubblicati solo manifestini economici? Impostazione del problema e motivi della agitazione politica. Descrivere nel modo più particolareggiato possibile come si è allargata sia per il carattere dei manifestini, sia per le sfere di diffusione. Sarebbe bene presentare i documenti, perchè è importante conoscere tutti i casi di agitazione politica e tutte le sue sfere. È stata condotta solo fra gli operai o anche fra altre classi (vedi più avanti)? Come, con che metodi sono stati preparati i manifestini, richieste relative. In che misura queste richieste vengono soddisfatte? Occorrono di più i manifestini di ca- rattere locale o quelli di carattere generale? 19. Stampa. Quali pubblicazioni illegali vengono diffuse? Enu- merarle, indicare in che misura vengono diffuse, atteggiamento del comitato e degli operai (1 respective del pubblico in generale) verso ogni pubblicazione (opuscolo, ecc.), quando sono state diffuse, richie- sta, in quali strati prevalentemente e per quale stampa. Distribuzione, lancio, lettura collettiva nei circoli? Per quali cose si è dovuto ricorrere alle spiegazioni degli intellettuali? Si pra- tica su vasta scala la lettura con commento? di quali scritti pre- cisamente? 20. Organi locali c centrali del partito. Storia dell’organo locale: RELAZIONI DEI COMITATI DEL POSDR AL CONGRESSO DEL PARTITO 273 frequenza dell’uscita, numero di copie, come è stata organizzata la parte letteraria? raccolta e conservazione (perdita ?‘) . dei materiali. Organizzazione della collaborazione agli organi locali e centrali. Esistono gruppi di scrittori? «cronisti»? legami con Tambiente let- terario? Come sono inviate le corrispondenze? attraverso il comitato? tramite privati e su vasta scala? Ci sono stati tentativi di utilizzare gli studenti? i deportati? Conclusioni e richieste riguardanti gli organi di stampa. 21. Manifestazioni per il primo maggio. Storia di ogni manife- stazione e insegnamenti per Tavvenire. 22. Dimostrazioni. Raccolta dei dati su ogni dimostrazione. Ten- tativi di organizzazione in generale, di resistenza in particolare, di armamento. Opinioni in proposito degli operai e dei « pratici » in generale. Completamento della letteratura di partito sulle dimostrazioni c suo controllo. Atteggiamento odierno verso questa questione. V Rapporto con i gruppi rivoluzionari (soprattutto socialdemocratici ) di altre razze e nazionalità 23. Ci sono operai di altre nazionalità e razze? Lavoro fra di essi: organizzato oppure occasionale? in che lingua? Rapporti con i gruppi socialdemocratici che lavorano accanto in un’altra lingua. Sarebbe bene definire in modo preciso e particolareggiato questi rapporti. Esistono dissensi? su una questione di principio come quella di un programma nazionalistico? divergenze tattiche? organizzative? È bene che si stabiliscano contatti per un lavoro comune? Possibilità di un unico organo del partito. Si vuole la federazione, e di quale tipo? VI Tipografie, trasporti e attrezzatura clandestina del lavoro 24. Tipografie. Esperienza relativa alla loro organizzazione. De- naro speso e uomini impiegati. Produttività. Occorrono tipografie locali (per i manifestini?) e tipografie comuni per molte città? Aspet- ia-7« 274 LENIN to tecnico, organizzativa, finanziario, clandestino di quest’attività. 25. Trasporti. Ci sono stati collegamenti in questo campo? Ini- ziative? Storia di ciascuna di esse e dati particolareggiati sull’impo- stazione, lo svolgimento, i risultati e le prospettive per il futuro. L’organizzazione che desiderate. 26. Clandestinità. Alloggi illegali? Segni di riconoscimento? Com- pagni illegali? Passaporti, esperienze in questo campo. Esistono le- gami per averli? Organizzazione degli appuntamenti? Pedinamento delle spie? Lotta contro le spie e i provocatori? Sue forme, già provate ed efficaci. Cifrari. Corrispondenza fra le città, all'interno della città, con l’estero ? Conferenze sul tema : sua diffusione (fra gli stu- 18 * 276 LENIN denti, fra gli operai) e sua influenza. Esistono circoli di sostenitori AtWOsvobozdcnicì Loro atteggiamento verso i socialdemocratici. Interesse per X 0 svohozdenic nei circoli socialdemocratici e giu- dizio relativo. Viene utilizzato per la propaganda e l'agitazione? Si tengono assemblee generali di carattere polemico? 33. I socialisti-rivoluzionari. Dire particolareggiatamente come e quando sono sorti in quella determinata zona. Provengono dalla «Volontà del popolo»? Vi sono stati passaggi ai socialisti-rivoluzio- nari? Influenza dell’« economismo ». Carattere dei loro legami e composizione dei circoli. Veterani? studenti? operai? Lotta contro i socialdemocratici, suo svolgimento e metodi per condurla. Gruppi unificati di socialdemocratici e socialisti-rivoluzionari. Loro storia particolareggiata, dati suirattività, sui manifestini , sulle riso- luzioni dei gruppi ecc. Cause specifiche della debolezza o della forza dei socialisti-rivo- luzionari. Tendenze terroristiche? fra gli studenti? nell’ambiente operaio? Lavoro dei socialisti-rivoluzionari fra i contadini. Carattere dei loro legami e della loro attività fra i contadini. Influenza del loro « programma agrario ». 34. Altri gruppi e tendenze. Il gruppo Svoboda , il « Partito ope- raio di emancipazione politica della Russia », i makhaisti n , i fautori del Raboceie Dielo y ecc. Loro concezioni e atteggiamento verso i social- democratici, dati sui loro legami e sulla loro attività. Scritto nel dicembre 1902-gennaio 1903. Pubblicato per la prima volta nel 1924 in Prole tarsiai a Revoliutsia , n. I. GLI ZUBATOVISTI DI MOSCA A PIETROBURGO Nelle Mos\ovs\ie Viedomosti (n. 345, 15 dicembre 1902) è stata pubblicata una «lettera all’editore > deiroperaio F. A. Slepov che noi riproduciamo integralmente più sotto. In primo luogo, vorremmo incoraggiare il signor Gringmut, redattore delle Moskpvskjc Vie - domostiy nostro rispettabilissimo «confratello di penna», che ha pub- blicato un documento così interessante. E senza dubbio egli ha biso- gno di essere incoraggiato, giacché Fattività altamente utile da lui svolta per procurare (e illustrare) materiale per l’agitazione rivoluzio- naria si è in un certo senso indebolita, affievolita, negli ultimi tempi... il fervore è diminuito. Un po’ più di coraggio, collega! In secondo luogo, per gli operai di Pietroburgo è sommamente importante ora seguire ogni passo dello zubatovismo; raccogliere più regolarmente, diffondere su più vasta scala e spiegare in maniera più circostanziata a tutti le notizie secondo cui gli operai, dopo essere andati a braccetto con le spie, conversano con i passati, presenti e futuri generali, con le dame del gran mondo e gli intellettuali « veri russi». Ecco la lettera a cui intercaliamo alcune osservazioni fra paren- tesi: « Egregio signore. Spero che possiate pubblicare nelle Mos\ovskic Viedomosti , organo che gode della stima dei veri russi, quanto segue: «II io del corrente mese a Pietroburgo nella sede dell’ ” Unione russa ” 72 si è svolta una riunione dei membri del consiglio della detta associazione, dedicata esclusivamente a questioni che riguardano la vita degli operai di fabbrica e officina russi. Fra i rappresentanti più in vista della società di Pietroburgo c’erano le seguenti persone: l’ex aiutante del governatore di Varsavia, il generale K. V. Komarov, il 2 7 8 LENIN generale controllore A. V. Vasiliev, il colonnello A. P. Veretennikov, il conte Apraksin, l’ex generale governatore di Kiev, conte A.P. Igna- tiev, il conte P. A. Golenistcev-Kutuzov, il generale Zabudski, l’am- miraglio Nazìmov, Nikolai Viaceslavic von Pieve, I. P. Khrustciov, membro del consiglio presso il ministero deiristruzione pubblica, Zo- lotarev, professore dello stato maggiore generale, V. S. Krivenko, il conte N. F. Gheiden, il generale Demianenkov, l’arciprete Ornatski e altri rappresentanti della Chiesa; c’erano anche dame dell’alta so- cietà di Pietroburgo e rappresentanti dellamministrazione muni- cipale, il sindaco Lelianov e il consigliere Dekhterev. Fra i rappre- sentanti della stampa si notavano V. V. Komarov, redattore dello Svet , V. L. Velicko, redattore del Russai Viestni Syromiatnikov, collaboratore del Novoie Vremìa , K. K. Slucevski, ex redattore del Pravitelstvenny Viestni Leikin, redattore e editore della rivista Os^plki y il pittore Karazin e altri. La riunione è stata aperta con una relazione sulla situazione degli operai deH’industria di fabbrica e officina tenuta dall’operaio I. S. Sokolov [cfr. quel che su di lui dice il n. 30 dell’/.r^ra, che cita dallo Svet l’elenco più completo degli operai zubatovisti di Pietroburgo. — Red. delVIs\ra\. Il relatore ha soprattutto illustrato la situazione attuale della classe operaia nelle città industriali, i suoi bisogni materiali e spirituali, la sua sete di sapere, ecc. [Peccato che la relazione del signor Sokolov non sia stata pubblicata! Sarebbe stato interessante vedere come egli ha potuto « illustrare » la sete di sapere degli operai senza parlare delle perse- cuzioni poliziesche contro questa sete di sapere. — Red. dell’Is\rà\. Poi i rappresentanti degli operai di Mosca [non sarebbe stato più giusto dire: i rappresentanti del dipartimento della polizia politica di Mosca? Voi e i vostri compagni non vi siete recati a Pietroburgo con il denaro avuto dalla polizia, signor Slepov? — Red. dell'lsl(ra) y fra i quali mi trovavo anch’io, hanno anch’essi avuto l’onore di assi- stere alla riunione dell’ "Unione russa” e di riferire all’onorevole assemblea sulla situazione nel mondo operaio di Mosca. Nella nostra relazione abbiamo espresso prima di tutto la profonda gratitudine degli operai russi verso i membri dell* ” Unione russa ” per aver essi consentito ai loro rappresentanti di illustrare la situazione in cui si trova nel momento attuale la classe operaia in Russia. Abbiamo poi pregato i rappresentanti dell’alta società russa di rivolgere una seria attenzione airistruzione degli operai russi [ma certo! proprio dalle GLI ZUBATOVISTI DI MOSCA A PIETROBURGO 279 classi alte si deve attendere Istruzione degli operai: mediante lo scudiscio, probabilmente! — Red . dell f Isf(ra ] 9 che è lontana dall’es- sere soddisfacente, del che approfittano con successo individui male intenzionati per svolgere la propaganda socialista [se per i socialisti è vantaggiosa la mancanza di istruzione, perchè allora questo governo chiude le scuole per gli operai e le sale di lettura? qui c’è qualcosa che non va, signor SlepovI — Red, dell’Is^ra], recando così danno non solo agli operai ma anche a tutto lo Stato russo. Abbiamo poi cercato di richiamare l’attenzione dell’onorevole assemblea sul fatto che i fabbricanti e gli industriali di Mosca non approvano l’idea degli operai di unirsi in una stretta famiglia per istituire proprie casse di mutuo soccorso, così importanti per liberarli dal bisogno che li op- prime. In relazione a ciò abbiamo chiesto ai membri dell’onorevole assemblea di sollevare nelle sfere governative la questione del credito alle casse operaie di mutuo soccorso [cfr. il discorso pronunciato in tribunale dall’operaio Samylin di Nizni Novgorod, n. 29 dell’/x^ra, dal quale risulta che egli è stato arrestato per avere aderito a un cir- colo economico. Eccovi l’istruzione, eccovi le casse! — Red . del - risarà]. Non c’è dubbio che l’appoggio alla richiesta del soddisfa- cimento dei bisogni materiali degli operai costituirebbe la migliore smentita alla propaganda malintenzionata che si conduce nel loro am- biente [possibile che il signor Slepov — il suo cognome è davvero indovinato! * — pensi sul serio che un operaio cosciente rinunci ad aspirare alla libertà per una misera elemosina? E nemmeno i più altolocati protettori degli zubatovisti sono in grado di «appoggiare» la massa incosciente, ignorante «per soddisfarne i bisogni materiali», giacché per dare questo appoggio è necessario prima cambiare l’in- tero regime sociale che si basa sulla miseria delle masse. — Red. della Isf^ra], Questi falsi "benefattori” degli operai dicono di solito che questi possono migliorare la loro vita solo mediante le ribellioni, le sommosse, opponendo resistenza alle autorità, ecc. Per nostra di- sgrazia questa istigazione ha talvolta successo, come tutti sanno. II miglioramento pacifico della vita degli operai meglio di tutto smen- tisce gli agitatori. Poi abbiamo avuto l’onore di riferire all’onorevole assemblea che a Mosca, nonostante l’altissima disoccupazione, la propaganda socialista negli ultimi tempi non fa più presa [eppure In russo slepoi significa cieco (N> d . R,). 28 o LENIN abbiamo sentito parlare proprio di recente di numerosissimi arresti a Mosca! Chi si sarebbe dovuto arrestare e perchè, se la propaganda non facesse presa?? — Red. delVls\ra] proprio perchè gli operai, avendo la società di mutua assistenza, l'Associazione dei consu- matori, incominciano a organizzarsi e perchè le autorità già rivolgono la loro benevola attenzione ai bisogni degli operai dando la possibi- lità di organizzare per loro conferenze di istruzione generale, ecc. Oltre a tutto ciò che si è detto sopra, abbiamo anche riferito all’as- semblea i casi avvenuti a Mosca, in cui abbiamo figurato come me- diatori e conciliatori fra gli operai e gli industriali, e non solo ab- biamo eliminato, ma anche prevenuto disordini che avrebbero potuto scoppiare, come è stato fatto per esempio nellofficina Dobrov-Nab- golts. Abbiamo anche ricordato lo sciopero degli operai dell’officina metallurgica Goujon, dove nei reparti chioderia e laminatura, pur avendo gli operai sospeso il lavoro, solo grazie al nostro intervento non si sono avuti disordini, e gli operai, dopo aver ascoltato i nostri consigli fraterni, hanno ripreso il lavoro [in ogni sciopero gli operai ne ascoltano già abbastanza di questi consigli « fraterni > tanto dalla polizia quanto dagli ispettori di fabbrica che esortano sempre a «riprendere il lavoro». Questi non sono consigli fraterni, ma po- lizieschi. — Red. delYls\ra\. « I membri dell’ ” Unione russa ” hanno ascoltato con benevolenza [ci mancherebbe altro che non ascoltassero con benevolenza gli ope- rai che aiutano la polizia nel suo lavoro! — Red. dell'Is\ra] le nostre relazioni e molti hanno detto che è necessario riflettere seriamente sulla questione degli operai e dar loro la possibilità di sottrarsi alla influenza della dottrina socialista e i mezzi per farlo [un quadro interessante: generali e preti, spie zubato viste e scrittori fedeli allo spirito poliziesco si sono riuniti per « aiutare » l’operaio a sottrarsi allmfluenza della dottrina socialista! e, approfittando dell’occasione, anche per accalappiare gli operai sprovveduti che abboccheranno al- lamo. — Red. dell'Islpa], permettendo la loro attività autonoma sotto il controllo delle leggi governative e la direzione di quella parte degli intellettuali che ama veramente la patria e mira al suo bene e alla sua. prosperità [bella attività autonoma quella che si con- duce sotto il controllo della polizia 1 No, gli operai la rivendicano già ora Fattività autonoma, a condizione di esser liberi dalla polizia, GLI ZUBATOVISTI DI MOSCA A PIETROBURGO liberi di scegliere come propri dirigenti gli intellettuali in cui loro, gli operai, hanno fiducia! — Red. deiris\ra \ . V. V. Komarov, A. V. Vasiliev, il colonnello Veretennikov, il signor Dekterev, il pittore Karazin, il principe D. P. Golitsyn e molti altri hanno manifestato un estremo interesse per la questione degli operai. Sono state esposte idee sulla necessità di istituire dei consigli di operai, con alla testa un consiglio centrale, la cui funzione sarebbe benefica, nel senso che preverrebbe i malintesi che sorgono fra gli operai e gli industriali. Secondo quanto ha detto il signor Dekhterev, che ha portato come esempio le istituzioni analoghe esistenti in Francia, le quali adem- piono con successo i compiti suindicati [sì, i consigli operai hanno successo in Francia e in tutta l’Europa. È vero. Ma hanno successo perchè ivi gli operai godono della libertà politica, hanno propri sin- dacati, propri giornali, propri deputati nei parlamenti. Pensa forse il signor Dekhterev che gli operai di Pietroburgo siano tutti così ingenui da non sapere queste cose? — Red . dellls^ra], ciò deve es- sere permesso, perchè la folla non può mai agire in modo consape- vole e gli operai stessi possono influire meglio di chiunque sulla folla degli operai. Anche la questione del credito governativo alle casse di mutuo soccorso degli operai è stata accolta con simpatia dai membri dell’ ” Unione russa”. La riunione si è conclusa con la deci- sione di nominare una commissione per discutere le misure relative alla questione in esame. Speriamo che anche Voi, signor redattore, quale vero russo, manifestiate la vostra simpatia per noi operai e permettiate di pubblicare sul vostro giornale quanto sopra, affinchè i nostri uomini migliori si uniscano tutti per condurre la lotta co- mune contro i nemici della nostra patria, che suscitano torbidi fra le masse popolari, seminano i germi della discordia intestina e fanno indebolire la fedeltà ai precetti del passato, consacrati dai secoli, il ri- spetto e la devozione per il potere supremo. Noi crediamo ferma- mente che anche in Russia esistano uomini pronti a mettere le loro forze al servizio della patria, a dedicarle tutte le loro forze e capacità e, raggruppandosi concordi, a opporre una barriera insormontabile all’ingiustizia c al male in Russia. L’operaio F. A. Slepov» E nella conclusione il signor Slepov non ha potuto non lasciarsi sfuggire la verità! Tutto l’appoggio ai bisogni degli operai, tutta la simpatia da parte del governo si sono ridotti a una cosa sola : formare 282 LENIN gruppi di operai per lottare contro il socialismo. Questa sì che è la verità. E per gli operai sarà molto interessante sapere che oltre che dallo scudiscio e dalla prigione, dalla deportazione e dal carcere « il rispetto e la devozione per il potere supremo » verrà loro inculcato anche dai signori operai zubatovisti. Nelle riunioni pubbliche nessun operaio sensato dirà quello che pensa: ciò significherebbe darsi diret- tamente nelle mani della polizia. Ma per mezzo dei nostri giornali, dei nostri manifestini e delle nostre riunioni possiamo e dobbiamo far sì che la nuova campagna zubato vista vada tutta a vantaggio del socialismo. Iskra, n, 31, i* gennaio x9°3- COMUNICATO SULLA COSTITUZIONE DEL « COMITATO D’ORGANIZZAZIONE » Quattro anni fa alcune organizzazioni socialdemocratiche russe, dopo aver elaborato un certo piano di organizzazione e i criteri generali per il lavoro, esposti nel Manifesto pubblicato dal partito, si unirono costi- tuendo il « Partito operaio socialdemocratico russo >. Purtroppo, questo primo tentativo non fu coronato da successo: non esistevano ancora gli elementi necessari per creare un forte partito socialdemocratico unito che lottasse con fermezza per remancipazione del proletariato da tutte le forme di oppressione e sfruttamento. Da una parte, le forme stesse di attività pratica della socialdemocrazia russa stavano appena delineandosi; messasi da poco tempo sul cammino della lotta, la socialdemocrazia cercava ancora le vie per tradurre in pratica nel modo migliore le sue concezioni teo- riche, si moveva ancora con passo timido, malsicuro. Il movimento ope- raio, che è la base della sua attività, sfociato in meravigliosi scioperi, era appena esploso con quel vivido bagliore che aveva accecato molti, facendo loro dimenticare i compiti e gli obiettivi così chiari e precisi della social- democrazia rivoluzionaria, inducendoli a lasciarsi trascinare dall’angusta lotta professionale. Dall’altra parte, le incessanti repressioni del governo, scatenatesi contro le organizzazioni socialdemocratiche che ancora non si erano irrobustite, non avevano ancora fatto in tempo a mettere salde ra- dici, distrussero ogni continuità, ogni tradizione nel lavoro. Tuttavia, questo tentativo fallito non è rimasto senza tracce. L’idea stessa di un partito politico organizzato del proletariato, che orientò i nostri predecessori, è divenuta da allora la stella polare e lobiettivo di tutti i militanti socialdemocratici coscienti. In questi quattro anni sono stati compiuti ripetuti tentativi di tradurre in atto questa idea tramanda- taci dai primi uomini politici socialdemocratici. Ma tuttora, come quattro anni fa, ci troviamo ancora di fronte alla nostra disorganizzazione. E intanto la realtà ci pone esigenze sempre maggiori. Mentre i primi 284 LENIN esponenti del partito si ponevano il compito di ridestare le forze rivolu- zionarie latenti nelle masse operaie, a noi si pone il compito molto più complesso di indirizzare là dove è necessario le forze che si ridestano, di metterci alla testa di queste forze e dirigerle. Dobbiamo esser pronti a udire da un momento all’altro l'invocazione: e Conduceteci là dove ci avete invitato ad andare!», e sarà terribile se questo istante ci coglierà alla sprovvista, ci troverà dispersi, impreparati come nel momento attuale. Non ci si dica che esageriamo la serietà del momento. Chi è capace di Ve- dere oltre la superficie agitata, chi è capace di discernere il processo che si compie in profondità, non penserà che esageriamo. Ma altre circostanze rendono la situazione ancor più seria. Stiamo attraversando un momento storico memorabile. La classe operaia si è ri- destata in un momento in cui il corso generale della vita russa ha reso attivi differenti strati sociali. Con maggiore o minore coscienza questi strati cercano di organizzarsi per aderire in un modo o neiraltro alla lotta contro il regime che ha fatto il suo tempo. Alla buon’ora! La socialdemo- crazia non può che salutare chiunque aderisca a questa lotta. Deve però vigilare attentamente affinchè tali alleati non la trasformino in un mar- tello nelle loro mani, non la allontanino dall'arena principale dell'attività, non la privino della funzione dirigente nella lotta contro l'autocrazia e, quel che più importa, non nuocciano al corso progressivo della lotta ri- voluzionaria, facendole abbandonare la via giusta. Che un simile pericolo non sia un fantasma deH'immaginazione è chiaro per chiunque abbia seguito con attenzione la lotta rivoluzionaria degli ultimi anni. Nel momento attuale si pone dunque alla socialdemocrazia russa un compito immenso, che nessun compito locale e nessuna organizzazione regionale sono in condizione di adempiere. Per quanto perfette siano le organizzazioni locali, non potranno far fronte a questo compito perchè esso già esce dal quadro locale e può essere adempiuto solo dalle forze collettive di tutti i socialdemocratici russi, raggruppati in un unico esercito centralizzato, disciplinato. Ma chi deve assumersi l’iniziativa dell’unifi- cazione? La questione fu discussa Tanno scorso alla conferenza dei rappresen- tanti del T« Unione di lotta » di Pietroburgo, del Comitato centrale dei co- mitati e delle organizzazioni meridionali unificate, dell’organizzazione del Visura, dei Comitati centrali (russo ed estero) del Bund, dell’* Unione dei socialdemocratici russi alTestero » ” e di alcune altre organizzazioni. La conferenza incaricò i rappresentanti di alcune organizzazioni di for- mare un comitato d'organizzazione che si assumesse il compito di ricosti- tuire di fatto il Partito operaio socialdemocratico russo. In adempimento a questa decisione i rappresentanti delT« Unione di COSTITUZIONE DEL «COMITATO D’ORGANIZZAZIONE » 285 lotta » di Pietroburgo, dell’organizzazione de\YIs\ra e del gruppo dello luzny Jlaboci * hanno costituito un comitato d organizzazione, il cui primo e principale compito è quello di preparare le condizioni per la convoca- zione del congresso del partito. Ma dato che la convocazione del congresso è cosa sommamente com- plessa ed esige, per essere portata a termine, un tempo considerevole, il comitato d’organizzazione, finche non sarà ricostituita ['organizzazione centrale del partito, si assume l’impegno di adempiere alcune funzioni ge- nerali (pubblicazione dei manifestini per tutta la Russia, trasporti gene- rali e mezzi tecnici, legami fra i comitati, ecc.). È ovvio che il comitato d’organizzazione, sorto per iniziativa privata di alcune organizzazioni soltanto, mantiene contatti obbligatori solo con quelle organizzazioni che gli hanno già affidato o gli affideranno i pieni poteri. Per tutti gli altri comitati e gruppi esso rappresenta un’organizza- zione privata che offre loro i suoi servigi. È un grande compito di responsabilità quello che il comitato d’organiz- zazione si assume, e se osa tuttavia farlo è solo perchè la necessità del- l’unificazione è troppo impellente, lo sbandamento si fa troppo sentire e l’aumento della disorganizzazione è una minaccia troppo grave per la causa comune. TI comitato d’organizzazione mettendosi al lavoro ritiene che il successo della sua attività dipenderà in misura considerevole dall’at- teggiamento che avranno verso di esso le organizzazioni e i comitati so- cialdemocratici, e proprio questo atteggiamento gli servirà di criterio per stabilire in che misura è giusta la sua valutazione del momento attuale. Il comitato d* organizzazione Dicembre 1902. La dichiarazione del comitato d’organizzazione del nostro par- tito, costituitosi di recente, si illustra da sè con sufficiente chiarezza, ed è superfluo spendere molte parole sull’importanza del passo com- piuto. L’unificazione, la ricostituzione dell’unità del partito è il compito fondamentale dei socialdemocratici russi, che esige una so- luzione immediata. È un compito molto difficile perchè non si tratta di unificare alcuni gruppetti di intellettuali orientati in senso rivolu- •Anchc al Burnì era Stato proposto di inviare un suo rappresentante nel comitato d 'organizzazione, ina per motivi che non conosciamo non ha risposto a questo invito. Speriamo che si tratti di motivi puramente fortuiti c che il Bund non tarili a inviare un suo rappresentante. 286 LENIN zionario, ma di unire tutti i dirigenti del movimento operaio, che lia sollevato a una vita autonoma e alla lotta tutta una vasta classe della popolazione. Dobbiamo unificare sul terreno della rigorosa unità dei principi, alla quale devono aderire in maniera ferma e consapevole tutti o l’immensa maggioranza dei comitati, delle organizzazioni e dei gruppi, degli intellettuali e degli operai, i quali agiscono in un am- biente diverso e in diverse condizioni e sono giunti talvolta per le vie più diverse alle loro convinzioni socialdemocratiche. Questa unifi- cazione non soltanto non si può decretare, ma nemmeno creare ad un tratto, con le sole risoluzioni di un’assemblea di delegati; si deve preparare ed elaborare in modo sistematico, graduale, in modo che il congresso di tutto il partito possa sancire e correggere quanto è già stato fatto, continuare l’opera iniziata, condurre a termine e concretare formalmente le salde fondamenta per il lavoro successi- vo, più vasto e profondo. Ci congratuliamo quindi in modo particolare per la condotta del comitato d’organizzazione, il quale si è messo al lavoro con assennata cautela e modestia. Senza pretendere affatto di avere contatti obbligatori con tutta la massa dei socialdemocratici russi, il comitato si limita a offrire a tutti i suoi servigi. Tutti i so- cialdemocratici russi senza eccezione, i comitati e i circoli, le orga- nizzazioni e i gruppi, coloro che sono in servizio effettivo e coloro che sono momentaneamente in ritiro (i deportati, ecc.) si affrettino a rispondere a questo appello, si adoperino per allacciare rapporti di- retti e concreti con il comitato d’organizzazione, prestino nel modo più energico un appoggio attivo a tutto l’immenso lavoro di unifi- cazione. Dobbiamo far sì che non esista nemmeno un gruppo di socialdemocratici russi che non sia legato al comitato, che non lavori in unione fraterna con esso. Considerando poi suo primo e principale compito la preparazione e la convocazione del congresso generale del partito, il comitato d’organizzazione assume anche alcune fun- zioni generali al servizio Jet movimento. Siamo certi che non. si tro- verà un solo socialdemocratico che non riconosca l’impellente neces- sità di questo ampliamento delle funzioni del comitato, poiché si tratta unicamente di un’ampliata offerta di servigi , offerta che viene incontro alle richieste già poste migliaia e migliaia di volte, offerta di non rinunciare a nessun « diritto », ma solo di rinunciare al più presto, in pratica, aH’isolamento, di accingersi insieme a impostare varie iniziative comuni. Infine, riteniamo anche del tutto giusta COSTITUZIONE DEL «COMITATO D’ORGANIZZAZIONE * 287 e opportuna la risoluta dichiarazione del comitato d organizzazione, secondo cui l’attività .per la convocazione del congresso è un’attività sommamente complessa che esige, per essere portata a termine, un tempo considerevole. Naturalmente ciò non significa per nulla che la convocazione del congresso venga rinviata. Niente affatto. Se si con- sidera l’urgenza del congresso, riterremmo troppo « considerevole » persino il termine di un mese per la sua convocazione. Ma se si ricor- dano le condizioni in cui si svolge il nostro lavoro e la necessità che tutto il movimento sia realmente rappresentato al congresso, allora anche un termine cinque volte, dieci volte maggiore non provocherà lo scoraggiamento di nessun militante più o meno sperimentato. Auguriamo dunque ogni successo al lavoro per la rapida unifica- zione e ricostituzione del partito. Diamo prova della nostra simpatia non solo a parole, ma anche con il lavoro immediato di tutti. Viva la socialdemocrazia rivoluzionaria russa, viva la socialdemocrazia rivo- luzionaria internazionale! ìsbà , n. 3 T5 gennaio 1903. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PROPOSITO DELLA LETTERA DI 7z 6f 74 Scrivo sotto la fresca impressione della lettera da voi inviatami, che ho letto or ora. Essa mi ha indignato per le sue ciance avventate, sicché non posso trattenermi daH*esprimere sinceramente la mia opi- nione. Consegnate, per favore, questa mia all’autore della lettera e ditegli che non è il caso di offendersi per le mie aspre parole giacché non sono destinate alla stampa. La lettera secondo me merita una risposta, perché mette parti- colarmente in evidenza un tratto caratteristico deH’orientamento che molti rivoluzionari hanno oggi: aspettare le direttive, esigere tutto dall'alto, dagli altri, dal di fuori, allargare le braccia con un gesto di impotenza di fronte agli insuccessi subiti localmente grazie aliena- zione, lamentarsi senza fine, perdere tempo neirescogitare ricette che curino il male in modo semplice e a buon mercato. Non state a ponzare, signori! Se voi stessi rimanete inattivi, se permettete che le scissioni avvengano sotto il vostro naso e poi ge- mete e vi lamentate, nessuna ricetta gioverà. Ed è quindi assoluta- mente sciocco coprirci di rimostranze. Non crediate che ci offen- diamo per le vostre accuse e per i vostri attacchi: ci siamo abituati, sapete, maledettamente abituati, e quindi non ci toccano! Stampa « di massa >, « decine di pud > : questo vostro grido di battaglia non è appunto null’altro che una ricetta da voi escogitata per farvi guarire .da altri della vostra inazione. Credeteci, nessuna di queste ricette servirà mai a nulla! Se voi stessi non sarete energici e attivi, nessuno vi darà il minimo aiuto. Gridare: dateci questo e quello, procurateci questore quest’altro non ha alcun senso, perchè voi stessi dovete prendere e procurare. A noi è inutile chiederlo, CONSIDERAZIONI A PROPOSITO DELLA LETTERA DI 7Z ÓF 289 perchè di qui non possiamo farlo, mentre voi là potete e dovete farlo: parlo del recapito della stampa che noi abbiamo e pubbli- chiamo. Alcuni « funzionari » locali (così chiamati per la loro « non funzio- nalità »), avendo visto solo qualche numero deìYIs^ra e non avendo lavorato attivamente per procurarsela e diffonderla in massa , escogi- tano la facile scusa: non è quel che ci vuole. Dateci una stampa di massa , per la massa! Masticate il boccone, mettetecelo in bocca e forse sapremo inghiottirlo da soli. Come appaiono terribilmente assurde queste recriminazioni per chi sa e vede che loro, questi « funzionari » locali, non sanno neanche impostare il lavoro per la diffusione della stampa già disponibile. Non è spassoso leggere: dateci decine di pud, quando non sapete prendere e distribuire nemmeno cinque pud? Fate prima questo, sti- matissimi «sognatori di un’ora» (dato che il primo insuccesso vi fa perder del tutto la testa, vi fa abbandonare persino tutte le vostre convinzioni!). Fatelo, e quando l’avrete fatto non una, ma decine di volte, anche la nostra casa editrice si migliorerà mettendosi al passo con le richieste. Dico si migliorerà, perchè quando gridate che volete una stampa di massa (prendendo a prestito, senza senso critico e discernimento, le lamentele dei socialisti-rivoluzionari, del gruppo nSvoboda* e dei « funzionari non funzionanti » disorientati) dimenticate una piccola... piccolissima inezia, dimenticate precisamente che non sapete pren- dere e diffondere nemmeno la centesima parte della stampa di massa che adesso noi pubblichiamo. Prendo uno degli ultimi elenchi di una delle nostre scarse (miseramente, meschinamente, vergognosamente scarse) spedizioni. I discorsi di Nizni Novgorod , la lotta di Rostov , V opuscolo sugli scioperi , Di\stein*\ mi limito a queste. Quattro, solo quattro cosette! Come poco!! • Roba vecchia! — gridate voi. Sì, lo è. Ma tutti i partiti che hanno una buona letteratura divulgativa, diffondono le cose vecchie , Guesde e Lafargue, Bebel, Bracke, Liebknecht e altri, per decenni. Avete udito ? Per decenni! È buona e adatta solo quella letteratura che serve per decenni. Infatti la letteratura divulgativa è costituita da una serie di manuali per il popolo , e i manuali espongono principi fondamentali che non cambiano in mezzo secolo. La letteratura « divulgativa » che vi c affascina », e che la « Svoboda » e i socialisti-rivoluzionari pubblicano ogni mese a pud, è cartaccia e ciar- lataneria. I ciarlatani sono sempre affaccendati e fanno più chiasso, e alcuni ingenui prendono questo per energia. I‘> - 7M 290 LENIN Si, è molto poco! Sì, cc ne occorrono quattrocento, di opuscoli, e non quattro. Ma permetteteci la domanda: siete riusciti a diffondere almeno diecimila copie di queste quattro pubblicazioni? No, non ci siete riusciti. Non siete riusciti a diffonderne nemmeno qualche centinaio di copie. E allora gridate: dateci decine di pudl (Nessuno vi darà mai niente se non sapret c prendere: ricordate velo). Avete saputo utilizzare le centinaia di copie che vi sono state procurate , portate , messe in bocca?? No, non avete saputo farlo. Non avete saputo legare le masse alla socialdemocrazia nemmeno con queste inezie. Riceviamo ogni mese decine e centinaia di mani- festini, comunicati, corrispondenze e lettere provenienti da tutte le parti della Russia e non abbiamo ricevuto nemmeno una (riflettete come si deve sul significato preciso di queste precise parole : « nem- meno una>!) comunicazione riguardante la diffusione di queste centinaia di copie tra le masse , Timpressione prodotta sulle masse, il giudizio su di esse delle masse , le conversazioni fra le masse su queste cose! Voi ci lasciate nella situazione per cui lo scrittore scri- bacchia, il lettore (l’intellettuale) leggiucchia, e poi questo stesso let- tore indolente lancia tuoni e fulmini contro lo scrittore perchè lui (lo scrittore!!!) non fornisce «decine di pud» di letteratura dovun- que, dappertutto. Chi ha il compito esclusivo di legare lo scrittore alla massa, se ne sta come un tacchino tronfio e grida: dateci una letteratura di massa, e intanto non sa utilizzare nemmeno la cente- sima parte di quello che c'è già. _ Voi direte naturalmente che Visura, per esempio, questo nostro prodotto principale, non si può assolutamente, non si può in generale legare alle masse. So che lo direte. L'ho sentito dire centinaia di volte e ho sempre risposto che non è vero, che si tratta di una scappatoia, di un ripiego, di incapacità e indolenza, del desiderio di trovarsi la pappa fatta. So in base ai fatti che elementi attivi hanno saputo « legare » Visura (questa IsJ^ra arcintellettuale, secondo lopinione di intellet- tuali da strapazzo) persino a una massa di operai arretrati, poco pro- grediti, come gli operai dei governatorati industriali della zona di Mosca. Ho conosciuto operai che diffondevano personalmente fra la massa (locale) Visura e dicevano solo che le copie non bastavano. Pro- prio recentemente ho sentito raccontare da un « soldato proveniente CON S IDERAZlONl A PROPOSITO DELLA LETTERA DI 7Z ÓF 29I dal campo di battaglia » che in una di queste remote zone indu- striali del centro della Russia Visura si legge contemporaneamente in molti circoli, in riunioni di dieci o quindici persone; il comitato e i sottocomitati leggono prima per conto loro ogni numero, stabi- lendo di comune accordo come si debba precisamente utilizzare ogni articolo per l’informazione nel lavoro d’agitazione. E hanno saputo utilizzare persino quelle misere 5-8 {maximum: ottoW) copie, le uni- che che potevano ricevere grazie alla inetta passività dei militanti che se ne stanno vicino alle frontiere (e non sanno mai organizzare nemmeno il ritiro della stampa che gli addetti al trasporto consegnano, e sperano che chi scrive produca per loro non solo gli articoli, ma anche la gente che li porta!). Diteci dunque, mettendovi una mano sulla coscienza: molti di voi hanno utilizzato così ognuna delle copie della ls\ra da voi rice- vute (che vi è stata procurata, che vi è stata portata)? Tacete? Ebbene allora vi dirò: una sola su un centinaio di copie che arrivano in Rus- sia (per volontà della sorte e per la passività dei « lettori ») viene uti- lizzata così , discutendo ogni articolo nel suo significato di agitazione, leggendo ogni articolo in un circolo di operai, in tutti i circoli di tutti quegli operai che hanno l’abitudine di riunirsi in una determinata città. E coloro i quali non sanno elaborare nemmeno una centesima parte del materiale che arriva loro, gridano: dateci decine di pud!! La formula di Stcedrin (lo scrittore scribacchia) considera ancora ve- ramente in maniera troppo ottimistica il «lettore»!! Il lettore odierno (fra gli intellettuali socialdemocratici) è giunto al punto di lamentarsi degli scrittori perchè gli intellettuali del posto sono indolenti e « dànno ordini » agli operai senza far nulla per loro. La rimostranza è giusta, mille volte giusta, però... non è forse stato sbagliato l’indirizzo? Non ci permetterete di respingere questa rimostranza al mittente facendogli pagare una doppia multa?? A che cosa guardate, stimatissimi signori piagnucoloni? Se i vostri amici non sanno utilizzare Visura per la lettura nei circoli operai, non sanno scegliere gli uomini per procurare e distribuire la stampa, non sanno aiutare gli operai stessi a costituire circoli per svolgere questo lavoro, perchè non ve la prendete con questi amici inetti?? Non vi accorgete che vi venite a trovare in una strana situazione quando vi lamentate con noi della vostra propria inettitudine?? È un fattò che i « pratici » non utilizzano nemmeno la centesima 19 * 292 LENIN parte di quello che possono prendere. Ed è un fatto non meno in- dubbio che l’escogitare tipi speciali di letteratura « di massa » è per questi pratici solo un pretesto e un ripiego. Nella lettera di 7Z 6f, per esempio, si raccomandano « a noi » (a noi, naturalmente) tre tipi di letteratura: 1) Un giornale divulgativo. Masticare ogni fatto in modo che non occorra digerirlo perchè faccia buon prò. In modo che a noi « fun- zionari » non sia affatto necessario avere lo stomaco. Che importa se sinora il mondo non ha nemmeno visto un simile «giornale» «divulgativo»? Perchè il giornale risponde a tutti , mentre la letteratura divulgativa insegna un po’ di qualche cosa. Che importa se tutti gli esempi di questa letteratura che si sono avuti da noi, incominciando dalla Rabociaia Mysl , continuando con i Vperiod , i Raboceie Dielo , i Krasnoie Znamia , ecc. si sono rivelati inevitabilmente e immancabilmente degli aborti, e non giornali divul- gativi e nemmeno giornali? Che importa se tutti i tentativi di gior- nali «operai » hanno solo alimentato, e sempre alimenteranno, l’as- surda divisione tra il movimento degli intellettuali e il movimento operaio (divisione dovuta alla povertà di spirito e aH’inettitudine degli intellettuali, che arrivano al punto di inviare da località lon- tanissime rimostranze per la loro propria inettitudine!)? Che im ' porta se tutti i tentativi di giornali « operai » hanno da noi gene rato sinora, e sempre genereranno, le profonde teorie artigianesche e speciali di Kazan e di Kharkov? Che importa tutto ciò? U affasci- nante gruppo « Svoboda » e gli affascinanti (« il respiro si mozza ») socialisti-rivoluzionari non pubblicano forse — e in che quantità! — giornali e riviste divulgativi?! Narodnoie Dielo , Krasnoie Znamia , Svoboda , rivista per gli operai, Otfffifff, giornale e rivista per gli ope- rai, Lucina per i contadini, Rabociaia Mysl y giornale ginevrino degli operai di Pietroburgo!! Che importa se tutto questo è merda! Ma in compenso è merda di massa . E voi invece avete sempre e solo Visura: che noia! Trentun nu- meri, e sempre Visura, mentre quei tipi affascinanti a due numeri (merda) di una testata fanno seguire immediatamente tre numeri (merda) di un’altra testata. Questo sì che è energia, è allegro, nuovo. E i nostri socialdemocratici invece... il E «loro* hanno inoltre sempre nuovi opuscoli. E ogni foglio scampato passa per opuscolo, e tutto questo viene sbandieralo in CONSIDERAZIONI A PROPOSITO DELLA LETTERA DI Jl ÓF m modo ciarlatanesco, si contano i fogli (un milione di fogli: cfr. il n. 16 della Revohutsionnaìa Rossia. Hanno battuto il primato! Sono dei campioni!). E noi invece! Ogni foglio stampato non viene considerato un opuscolo: questi intellettuali, questi letterati!! Si ristampano i vec- chi, stravecchi Dikstein, mentre tutte le ragazze di Parigi e di Cer- nigov sanno che dieci nuovi opuscoli (merda) hanno un’importanza cento volte maggiore di uno solo, vecchio ma buono. Infatti solo ai tedeschi capita, per esempio, di ristampare nel 1903 per ['undicesima volta I nostri obiettivi di Bebel scritti trenta- quattro anni fa ! ! Che noia! Da noi i «fascinosi» socialisti-rivolu- zionari sono così nuovi e vivaci! E i nostri «funzionari» locali non sanno servirsi nè dei vecchi opuscoli di Plekhanov (scritti venti anni fa: vecchiume! roba da archivio), nè di un solo (uno solo!) « qualsiasi » opuscolo sugli scioperi e sul promemoria di Witte! Non parlo poi del fatto che il « funzionario » locale non ha mosso dito per ottenere buoni opuscoli dagli scrittori che sono deportati, per organizzare la collaborazione degli scrittori locali all\ lsì{ra ». Perchè farlo? L molto più facile lamentarsi che organizzare questo seccante lavoro! E il lettore odierno, senza arrossire, si definisce « iskrista » solo perchè invia rimostranze aU’/j^ra. E non si vergogna minima- mente per il fatto che il 99 per cento d e\VIsl{ra è sempre scritto dalle stesse tre persone e mezzo. E nemmeno spetta a lui pensare che non si può interrompere la pubblicazione deWIsf^ra, e che la pubbli- cazione bimensile di uno e mezzo o due fogli richiede tuttavia molto lavoro. E nondimeno, con leggerezza veramente inimitabile, egli esclama: 31 numeri, dunque sulla terra ci sono sempre ancora molti sciocchi e inetti piagnucoloni!! Un argomento davvero de- molitore... Ma chi e che cosa demolisce? 3) Manifestini. Dateci manifestini! I comitati non possono!! Scrivete, procu- rate, portate (e diffondete?) manifestini! Ma sì, questa è davvero coerenza. Io apro la bocca, e voi me la riempite : ecco la nuova formula dei rapporti fra lo « scrittore » e il pratico «iskrista»! Ridursi al punto di affermare che le organizza- zioni locali (composte dai « funzionari » che si trastullano?) non sono in grado di pubblicare manifestini locali, che questi manifestini 294 LENIN devono essere forniti dall’estero, è ormai il colmo . Il coronamento (dal mio punto di vista) di tutta la lettera di 7Z 6f è così stupendo che anch’io non posso che concludere con questa « corona >. Le aggiunte o i commenti possono solo offuscare questa splendente corona. Scritte nella seconda metà del gennaio i 9°3' Pubblicate per la prima volta nel 1924 in Molodaia Guardia , n. 2-3. LA DICHIARAZIONE DEL BUND Abbiamo appena ricevuto il n. 106 delle Poslednie Izvestia del Bund (3 febbraio-21 gennaio), contenente l’annuncio di un passo straordinariamente importante, decisivo ed estremamente incre- scioso compiuto dal Bund. Risulta che in Russia è uscita una di- chiarazione del Comitato centrale del Bund a proposito del comu- nicato del comitato d’organizzazione. Veramente sarebbe stato più giusto dire: una dichiarazione a proposito di una nota al comunicato del comitato d’organizzazione, perchè il Bund nella sua dichiara- zione disserta soprattutto su questa nota. Ecco di che si tratta. Come i nostri lettori sanno, il comitato d’or- ganizzazione ha detto in questa terribile « nota >, dalla quale (pro- prio dalla nota?) è nato tutto questo putiferio, letteralmente quanto segue ; « Anche al Bund era stato proposto di inviare un suo rappre- sentante nel comitato d’organizzazione, ma per motivi che non co- nosciamo non ha risposto a questo invito. Speriamo che si tratti di motivi puramente fortuiti e che il Bund non tardi a inviare un suo rappresentante » ™ Ci si domanda: che cosa ci può essere di più naturale e innocente? Come poteva agire diversamente il comitato d organizzazione? Sa- rebbe stato ingiusto non dire nulla del Bund, poiché il comitato d’organizzazione non lo ignorava e non poteva ignorarlo fintantoché il Bund, in base alla decisione del congresso del partito del 1898, fa parte del Partito operaio socialdemocratico russo. E se non si poteva tacere, era necessario dire che l’avevamo invitato. È chiaro, a quanto pare. Ed è ancora più chiaro che, se i motivi del silenzio del Bund non erano noti al comitato d’organizzazione, esso doveva dire preci- 296 LENIN cisamente così: «per motivi che non conosciamo». Con l’aggiunta: speriamo che i motivi siano puramente fortuiti e che il Bund non tardi a inviare un suo rappresentante, il comitato d’organizzazione ha dichiarato apertamente e direttamente il suo desiderio di lavo- rare insieme con il Bund per organizzare il congresso e ricostituire il partito. È evidente che se anche il Bund avesse lo stesso desiderio, non do- vrebbe far altro che inviare il suo rappresentante, che è stato invitato tanto per via illegale quanto in una dichiarazione sulla stampa. In- vece di farlo, il Bund entra in polemica con la nota (!!), e in una dichiarazione sulla stampa espone separatamente le sue opinioni e le sue concezioni sui compiti del comitato d’organizzazione e sulle condizioni per la convocazione del congresso. Prima di analizzare la « polemica » del Bund, prima di esaminare le sue concezioni, dob- biamo protestare nel modo più risoluto contro la pubblicazione, da parte del Bund, di una sua dichiarazione, perchè con quest’atto esso trasgredisce le norme più elementari della direzione comune del lavoro rivoluzionario e soprattutto del lavoro organizzativo. Una delle due, signori: o voi non volete lavorare in un comitato d’orga- nizzazione comune , e allora naturalmente nessuno si lagnerà per i vostri atti non concordati, oppure volete lavorare con noi, e allora non dinanzi al pubblico dovete dichiarare quali sono le vostre opi- nioni, ma ai compagni del comitato d’organizzazione, il quale agi- sce pubblicamente solo come un tutto unico. Certo, anche il Bund vede perfettamente che il suo atto contrasta radicalmente con tutte le norme che regolano la fraterna direzione del lavoro comune e tenta di ricorrere alla seguente giustificazione, veramente inconsistente: «Non avendo avuto la possibilità di espri- mere le nostre concezioni sui compiti dell’imminente congresso nè con la nostra partecipazione alla riunione, nè con la partecipazione alla redazione del Comunicato , siamo stati costretti a colmare almeno in una certa misura questa lacuna con la presente dichiarazione». Ci si domanda: possibile che il Bund pensi seriamente di poter af- fermare di « non aver avuto la possibilità » di scrivere al comitato d’organizzazione? o al comitato di Pietroburgo, all’organizzazione dd¥Isf(ra, allo Iuzny Raboci? E non gli è stato possibile nemmeno inviare un suo delegato in una di queste organizzazioni? Ha tentato il Bund di compiere almeno uno di questi passi « terribilmente » dif- LA DICHIARAZIONE DEL BUND 297 beili, difficili probabilmente soprattutto per un’organizzazione de- bole, inesperta e priva di ogni collegamento come il Bund? È inutile giocare a rimpiattino, signori! È sciocco e indegno. Voi avete agito separatamente perchè lo volevate , e volevate agire sepa- ratamente per mostrare e attuare subito la vostra decisione di porre su un nuovo terreno i vostri rapporti con i compagni russi: non far parte del Partito operaio socialdemocratico russo in base allo statuto del 1898, ma essere in un’unione federativa con esso. Invece di discutere la questione in maniera circostanziata ed esauriente dinanzi a tutto il congresso, come volevamo fare noi, che già da mol- tissimo tempo ci siamo astenuti dal proseguire la polemica da noi iniziata sulla questione del federalismo e della nazionalità™, come volevano fare indubbiamente tutti 0 la stragrande maggioranza dei compagni russi, voi avete pregiudicato la discussione comune. Voi non avete agito come i compagni di Pietroburgo, del Mezzogiorno, AtWIskra che desiderano discutere (tanto prima del congresso quanto al congresso) la migliore forma di rapporti, voi avete agito esatta- mente come una parte che, distinguendosi da tutti i membri del POSDR, pone le sue condizioni a tutto il partito. Non ci si può far amare per forza, dice un proverbio russo. Se il Bund non vuole rimanere in strettissimo contatto con il Par- tito operaio socialdemocratico russo, come fu giustamente indicato dal congresso del 1898, naturalmente il partito non manterrà i vecchi rapporti. Non contestiamo al Bund il « diritto > di far valere In sua opinione e il suo desiderio (in generale non ricorriamo, se non in caso di estrema necessità, alle discussioni sui « diritti » nel lavoro rivoluzionario), ma deploriamo vivamente che esso abbia perso del tutto il senso della delicatezza, esprimendo la sua opinione mediante una dichiarazione pubblica separata nel momento stesso in cui era invitato ad aderire a un organizzazione comune (il comitato d’orga- nizzazione), che non esprime a n ticipata rq en te nessuna opinione cate- gorica su quella determinata questione e convoca il congresso preci- samente per discutere tutte le opinioni. Il Bund ha voluto provocare una dichiarazione immediata di tutti coloro che considerano diversamente la questione. D’accordo! Natu- ralmente, non ci tireremo indietro. Diremo al proletariato russo e ripeteremo particolarmente al proletariato ebraico che gli attuali capi del Bund commettono un serio errore politico, che senza dubbio 298 LENIN sarà corretto col tempo, l’esperienza e lo sviluppo del movimento. Una volta il Bund appoggiava l’economismo, favoriva la scissione airestero, approvava risoluzioni affermanti che la lotta economica è il miglior mezzo di agitazione politica. Noi siamo insorti contro questo suo atteggiamento e abbiamo lottato. E la lotta ha giovato a correggere i vecchi errori, dei quali ora probabilmente non è rimasta nemmeno la traccia. Noi abbiamo lottato contro le manìe terroristiche, che a quanto pare sono passate ancor più rapidamente Siamo certi che stanno passando anche le manie nazionalistiche. Il proletariato ebraico capirà in fin dei conti che i suoi interessi fon- damentali richiedono una sua strettissima unione, in un solo partito, con il proletariato russo; che è il colmo deirinsensatezza decidere an- ticipatamente se l’ebraismo nella libera Russia differirà nella sua evo- luzione da quello della libera Europa; che il Bund non deve andare oltre la rivendicazione (airintemo del Partito operaio socialdemo- cratico russo) di quella piena autonomia nelle questioni riguardanti il proletariato ebraico che è stata pienamente riconosciuta dal con- gresso del 1898 e che mai nessuno ha contestato. Ma ritorniamo alla dichiarazione del Bund. Esso chiama «am- bigua » la nota del Comunicato del comitato d’organizzazione. Que- sto è un errore che sfiora l’insinuazione. Lo stesso CC del Bund ri- conosce, due righe più avanti, che « i motivi dell'assenza del nostro rappresentante alla riunione sono stati puramente fortuiti ». E che cosa ha detto il comitato d’organizzazione? Ha detto che sperava che l’assenza del rappresentante del Bund fosse dovuta a un motivo fortuito. Voi stessi confermate la sua ipotesi e poi vi arrabbiate. Per- chè? Proseguiamo. Nessuno può conoscere anticipatamente le cir- costanze fortuite. Quindi, l’affermazione del Comitato estero del Bund, secondo cui il comitato d’organizzazione conosceva i motivi che avevano impedito al suo rappresentante di essere presente, è del tutto infondata. In generale il Comitato estero del Bund ha la fun- zione più indegna in questa faccenda: esso aggiunge alla dichiara- zione del Comitato centrale del Bund le sue invenzioni, che contra- stano nettamente persino con le parole dello stesso CC! Come ha potuto sapere che il comitato d’organizzazione conosceva i motivi dell'assenza del Bund, dal momento che era stato invitato il CC (e non il Comitato estero) del Bund? dal momento che lo stesso CC del Bund definisce puramente fortuiti i motivi di questa assenza? LA DICHIARAZIONE DEL BUND 299 « Siamo certi — dice il CC del Bund — che se i promotori della conferenza avessero fatto qualcosa di più, questi motivi fortuiti non avrebbero potuto impedirci di rispondere... ». Vorremmo chiedere a qualsiasi persona obiettiva: se due compagni che si accingono ad andare al comitato d’organizzazione riconoscono unanimi che i mo- tivi che hanno impedito rincontro sono stati «puramente fortuiti», è opportuno, è giusto sollevare una polemica pubblica su chi è più colpevole della mancata presenza? Da parte nostra osserveremo che già da tempo abbiamo espresso (naturalmente non sulla stampa, ma per lettera) il nostro rincrescimento per l’assenza del Bund, e ci è stato comunicato che il Bund era stato invitato due volte : prima per lettera e poi direttamente, tramite il comitato di... del Bund. Il delegato si è presentato quasi un mese dopo la riunione, la- menta il Bund. Sì, questo è un terribile delitto, degno certo di essere reso noto sulla stampa, perchè fa spiccare con particolare risalto la puntualità del Bund che non si è deciso a inviare il suo delegato nemmeno due mesi dopo! Il delegato « non ha mantenuto la sua promessa » di inviare il Comunicato del comitato d organizzazione, manoscritto o stampato, ma assolutamente prima che fosse diffuso. Consigliamo ai nostri com- pagni russi di non parlare con certa gente se non si stende un verbale. Anche a noi l’organizzazione deH’/j^nz aveva promesso di inviare tanto il manoscritto quanto la copi.i stampata del Comunicato , e nondimeno il manoscritto non l’abbiamo avuto affatto e la copia stampata l’abbiamo vista molto più tardi dei membri delle organiz- zazioni che non hanno contatti con l’organizzazione dell’/j^ra. Ri- solvano i bundisti la questione: avremmo fatto bene mettendoci ad accusare sulla stampa l’organizzazione dcWIs^ra per non aver essa mantenuto la promessa? Il delegato del comitato d’organizzazione aveva promesso al CC del Bund di scrivere immediatamente al com- pagno che doveva disporre per la pubblicazione del Comunicato di sospenderne la stampa: ecco che cosa si era veramente promesso al CC del Bund (per quanto possiamo giudicare dalle informazioni in nostro possesso). La promessa fu mantenuta, ma risultò ormai im- possibile sospendere la pubblicazione, perchè era troppo tardi per mettersi in contatto con la tipografia. Riassumiamo: i promotori del comitato d'organizzazione hanno scritto delle lettere, hanno fatto una comunicazione personale tra- LENIN 300 mite il comitato di,.., hanno inviato un delegato presso il CC del Bund, e il Bund per mesi interi non ha inviato nemmeno una let- tera y per non parlare poi dell’invio di un delegato! E ora pubblica una dichiarazione piena di accuse! E il suo Comitato estero commette la stranezza di affermare che i promotori della riunione si sono com- portati « in modo strano », che i loro atti contrastano nettamente con il loro scopo, che essi hanno dato prova di « precipitazione » (il CC del Bund invece li accusa di lentezza!), che vogliono « produrre l’impressione » che il Bund « abbia avuto un atteggiamento indif- ferente »!! Ci rimane da dire ancora qualche parola a proposito dell’accusa mossa al comitato d’organizzazione e secondo cui questo non avrebbe tratto «l’unica conclusione giusta», consistente in quanto segue- « Poiché il partito di fatto non esiste, il prossimo congresso deve avere un carattere costitutivo, e tutte le organizzazioni socialdemo- cratiche esistenti in Russia, tanto di nazionalità russa quanto di tutte le altre nazionalità, devono quindi avere il diritto di parteci- parvi ». Il Bund tenta di eludere un fatto per esso spiacevole: pur non avendo un centro unico, il Partito operaio socialdemocratico russo esiste in una serie di comitati e di organi, ha il suo Manifesto e le decisioni del I congresso, al quale fra l’altro parteciparono atti- vamente, anche a nome del proletariato ebraico, uomini che non avevano ancora conseguito tanti successi nei tentennamenti econo- misti, terroristici e nazionalistici. Il Bund, rivendicando formalmente il « diritto » di « tutte » le nazionalità di costituire il Partito operaio socialdemocratico russo già da tempo costituito, conferma con chia- rezza che esso ha sollevato tutta questa storia proprio per il problema della famosa «federazione». Ma non spetterebbe al Bund incomin- ciare a parlare di questa questione, e fra rivoluzionari seri non si dovrebbe in questo caso trattare il problema dei « diritti ». Lo sanno tutti che è all’ordine del giorno il raggruppamento e l’unione del nucleo principale del Partito operaio socialdemocratico russo. Non si può non essere favorevoli a che « tutte » le nazionalità siano rap- presentate al congresso, ma non si può nemmeno dimenticare che solo dopo la completa formazione (o almeno l’indubbio consolida- mento) di questo nucleo , si può pensare ad allargare il nucleo o a unirlo con altre organizzazioni. Finche noi stessi non diverremo uniti organizzativamente e non ci metteremo con fermezza sulla LA DICHIARAZIONE DEL BUND 301 vìa giusta, l'unione con noi non darà nulla a «tutte le altre» na- zionalità! E la soluzione del problema della possibilità (e non del «diritto», signori!) che «tutte le altre» nazionalità siano rappre- sentate al nostro congresso dipenderà da tutta una serie di passi tat- tici e organizzativi del comitato d’organizzazione e dei comitati russi, dipenderà, in una parola, dal successo dell’attività del comitato stesso. Ed è un fatto storico che sin dall’inizio il Bund ha cercato di mettere i bastoni fra le ruote a questo comitato. Ukra, n. 33, i« febbraio I9°3’ IL MANIFESTO DEI SOCIALDEMOCRATICI ARMENI Nel Caucaso è comparsa una nuova organizzazione socialdemo- cratica, l't Unione dei socialdemocratici armeni », Questa Unione, a quanto ci risulta, ha incominciato da appena più di sei mesi la sua attività pratica e già ha un suo organo in lingua armena. Abbiamo ri- cevuto il n. i di questo giornale, che si chiama Proletariat e reca nella testata l’indicazione: Partito operaio socialdemocratico russo. Esso contiene vari articoli, note e corrispondenze che spiegano le condizioni sociali e politiche che hanno fatto nascere l’« Unione dei socialdemocratici armeni » e tracciano, a grandi linee, il programma della sua attività. NelFeditoriale, intitolato Manifesto dei socialdemocratici armeni, leggiamo: «L* M Unione dei socialdemocratici armeni ”, traendo on. gine dal Partito operaio socialdemocratico russo, che ha largamente diffuso la sua rete in tutta la Russia, sostiene pienamente il partito nella sua attività e con esso lotterà per gli interessi del proletariato della Russia in generale e del proletariato armeno in particolare». Poi, costatando il rapido sviluppo del capitalismo nel Caucaso e i ri- sultati prodigiosi, per vigore e molteplicità, dai quali è accompa- gnato questo processo, gli autori passano alla situazione attuale del movimento operaio nel Caucaso. Nei suoi centri industriali come Bakù, Tiflis e Batum, con le loro grandi imprese capitalistiche e un numeroso proletariato di fabbrica, questo movimento ha già messo profonde radici. Ma la lotta che gli operai del Caucaso conducono contro i padroni, dato il loro livello culturale estremamente basso, ha avuto sinora, come è naturale, un carattere più o meno istintivo, spontaneo. Era necessaria una forza che potesse unificare le forze disperse degli operai, dare una forma articolata alle loro rivendica- IL MANIFESTO DEI SOCIALDEMOCRATICI ARMFNI 303 zioni e formare la loro coscienza di classe. Tale forza è il socialismo. Dopo aver esposto in succinto i principi fondamentali del socialismo scientifico, l’Unione spiega la sua posizione nei confronti delle ten- denze attuali nella socialdemocrazia internazionale e in particolare in quella russa. * Secondo noi — è detto nel Manifesto — non si può pensare di poter attuare l’ideale socialista nè mediante Fazione economica della classe operaia, nè mediante parziali riforme poli- tiche e sociali, ma solo mediante la radicale demolizione di tutto il regime esistente, mediante la rivoluzione sociale, il cui prologo deve essere necessariamente la dittatura politica del proletario». Poi, osservando che il regime politico esistente in Russia è ostile a ogni movimento sociale, e in particolare al movimento operaio, l’Unione dichiara che pone come proprio compito immediato l’educazione politica del proletariato armeno e la sua partecipazione alla lotta di tutto il proletariato russo per l’abbattimento dell’autocrazia zarista. Senza negare completamente la necessità della lotta economica par- ziale degli operai contro i padroni, l’Unione tuttavia non le annette un’importanza a sè. Ammette questa lotta in quanto essa migliora la situazione materiale degli operai, contribuisce a formare la loro coscienza politica ed è una scuola di solidarietà di classe. Offre un particolare interesse per noi Patteggiamento delFUnione verso la questione nazionale. « Considerando — è detto nel Manife- sto — che lo Stato russo è composto da molte nazionalità diverse, le quali hanno un differente grado di sviluppo culturale, e pensando che solo un largo sviluppo delFautonomia locale può garantire il sod- disfacimento degli interessi di questi elementi eterogenei, riteniamo che sia necessario istituire, nella futura libera Russia, una repubblica federativa [il corsivo è nostro]. Per quanto riguarda il Caucaso, te- nendo presente che la sua popolazione è composta da un numero estremamente grande di nazionalità, cercheremo di unire tutti gli elementi socialisti locali e tutti gli operai che appartengono alle di- verse nazionalità; cercheremo di creare un’unica e salda organizza- zione socialdemocratica per condurre con maggiore successo la lotta contro l’autocrazia. Nella futura Russia, noi riconosceremo a tutte le nazioni il diritto di libera autodecisione, perchè consideriamo la libertà nazionale solo come uno degli aspetti della libertà del cittadino in generale. Movendo da questo principio e tenendo conto, come ab- biamo detto sopra, della composizione plurinazionale della popola- LENIN 3°4 zione del Caucaso e dell’assenza di una divisione geografica fra le singole nazioni, non riteniamo possibile inserire nel nostro pro- gramma la rivendicazione deirautonomia politica per le nazionalità del Caucaso; rivendichiamo solo l’autonomia per quanto riguarda la vita culturale, cioè la libertà della lingua, delle scuole, dell’istruzione, tee. ». Salutiamo di tutto cuore il Manifesto dell’* Unione dei socialde- mocratici armeni » e il suo tentativo particolarmente significativo di impostare in modo giusto la questione nazionale. E sarebbe molto bene che questo tentativo venisse continuato sino in fondo. I due principi fondamentali ai quali si devono attenere tutti i socialdemo- cratici della Russia nella questione nazionale sono indicati dall’Unione in modo del tutto giusto. Si tratta, in primo luogo, della rivendica- zione non deH'autonomia nazionale, ma della libertà politica e ci- vile e della piena eguaglianza, e, in secondo luogo, della rivendica- zione del diritto di autodecisione per tutte le nazionalità che fanno parte dello Stato. Ma questi due principi non sono ancora applicati in maniera del tutto coerente dall’* Unione dei socialdemocratici ar- meni ». In effetti, si può, dal loro punto di vista , parlare della ri- vendicazione della repubblica federativa ? La {federazione presuppone entità politiche nazionali autonome e compatte, e l’Unione respinge la rivendicazione dell’autonomia nazionale. Per essere del tutto coerente, l’Unione deve eliminare dal suo programma la rivendica- zione della repubblica federativa , limitandosi a rivendicare la re- pubblica democratica in generale. Non è compito del proletariato propugnare il federalismo e l’autonomia nazionale, non è compito del proletariato avanzare simili rivendicazioni, «che si riducono inevitabilmente alla rivendicazione di creare uno Stato autonomo di classe. Il suo compito è quello di raggruppare più strettamente le masse più vaste possibili di operai di tutte le nazionalià, di raggrup- parle nella lotta, su un'arena più vasta possibile , per la repubblica democratica e per il socialismo. E se l’arena che ci è offerta nel mo- mento presente, quella statale, è stata creata e viene mantenuta e allargata con una serie di infami violenze, dobbiamo appunto, per lottare con successo contro tutte le forme di sfruttamento e di op- pressione, non frazionare, ma unire le forze della classe opei m aia> che è la più oppressa e ha la maggiore capacità di lotta. La rivendica- zione del riconoscimento del diritto di autodecisione per tutte le IL MANIFESTO DEI SOCIALDEMOCRATICI ARMENI 3°5 nazionalità significa di per se esclusivamente che noi, partito del proletariato, dobbiamo essere sempre incondizionatamente contro ogni tentativo di influite dairesterno con la violenza o con l’ingiu- stizia sullaw/o decisione del popolo. Neiradempiere sempre questo nostro dovere negativi/ (lottare e protestare contro la violenza), noi stessi, da parte nostra, ci preoccupiamo non deirautodecisione dei popoli e delle nazioni, ma del proletariato di ogni nazionalità. Il programma dei socialdemocratici russi, il programma generale, fon- damentale, sempre obbligatorio, deve consistere solo nella riven- dicazione della totale eguaglianza dei cittadini (indipendentemente dal sesso, dalla lingua, dalla religione, dalla razza, dalla nazionalità ecc.) e del loro diritto alla libera aw/odecisione democratica. Per quanto riguarda Yappoggio alle rivendicazioni delPautonomia na- zionale, questo appoggio non è affatto un dovere permanente, prò- grammatico del proletariato. Può divenire per esso necessario solo in casi singoli, eccezionali. L’assenza di queste circostanze eccezionali per la socialdemocrazia armena è stata riconosciuta dalla stessa « Unio- ne dei socialdemocratici armeni». Speriamo di ritornare ancora sulla questione del federalismo e della nazionalità". E ora concluderemo salutando ancora una volta l’« Unione dei socialdemocratici armeni », nuovo membro del Partito operaio socialdemocratico russo. lsf{ra , n. 33, i" febbraio 1063. OCCORRE UN « PARTITO POLITICO AUTONOMO » AL PROLETARIATO EBRAICO? Sul n. 105 delle Poslednie Izvcsùa (del 28-15 gennaio 1903), pub- blicate dal « Comitato estero deH'Unione operaia ebraica generale in Lituania, Polonia, e Russia », nel breve articolo A proposito di un manifesto (si tratta del manifesto del comitato di Iekaterinoslav del Partito operaio socialdemocratico russo), troviamo questa afferma- zione tanto sorprendente quanto importante e davvero « gravida di conseguenze»: «Il proletariato ebraico si è costituito \sic!] in un partito politico indipendente fjiW], il Bund». Non lo sapevamo ancora. E* una novità. Sinora il Bund era parte integrante del Partito operaio socialde- mocratico russo, e ancora (ancora!) sul n. 106 delle Poslednie Izve- stia troviamo una dichiarazione del Comitato centrale del Bund sotto l’intestazione: Partito operaio socialdemocratico russo. È vero che il Bund aveva deciso nel suo ultimo IV Congresso di modificare la sua denominazione (senza dire che voleva ascoltare prima lopi- nione dei compagni russi sulla questione della denominazione di questa o quella parte del Partito operaio socialdemocratico russo) e di « far passare » nuovi rapporti federativi nello statuto del partito russo. Questi rapporti il Comitato estero del Bund li ha già persino « fatti passare », se si può designare con questo termine la sua uscita dallU Unione dei socialdemocratici russi» all'estero e la conclu- sione con essa di un patto federativo. Ma il Bund stesso, quando Visura aveva polemizzato con le de- cisioni del suo IV Congresso, aveva dichiarato in maniera del tutto precisa che intendeva solo far passare nel Partito operaio socialde- mocratico russo le sue aspirazioni c le sue decisioni ; aveva cioè rico- OCCORRE UN « PAKT. POL. AUT. » AL PROLETARIATO EBRAICO? 3O7 nosciuto direttamente e categoricamente che continuava a far parte del POSDR sino a quando questo partito non avesse approvato un nuovo statuto ed elaborato nuove forme di rapporti col Bund. E ora a un tratto risulta che il proletariato ebraico si è già costi- tuito in partito politico indipendente ! Lo ripetiamo ancora una volta: è una novità. E una novità è anche il minaccioso e stupido attacco del Comitato estero del Bund contro il comitato di lekaterinoslav. Abbiamo final- mente ricevuto ( Sebbene purtroppo con forte ritardo) questo manife- sto e diremo senza esitare che l'attacco contro un simile documento rappresenta senza dubbio un importante passo politico da parte del Bund * Questo passo corrisponde pienamente alla dichiarazione del Bund» che si proclama partito politico indipendente, e dal canto suo bene lumeggia la fisionomia e il modo d’agire di questo nuovo partito. Purtroppo la mancanza di spazio ci impedisce di citare integral- mente il manifesto di lekaterinoslav (che occuperebbe circa due colonne deìYls^ra **) c ci limiteremo ad osservare che questo ma- gnifico documento spiega in maniera eccellente agli operai ebrei di lekaterinoslav (diremo subito perchè sottolineiamo queste parole) qual è l’atteggiamento socialdemocratico verso il sionismo e l’anti- semitismo. Inoltre il proclama è così sollecito, fraternamente sollecito verso i sentimenti, lo stato d’animo e i desideri degli operai ebrei, che precisa e sottolinea in particolar modo la necessità di lottare sotto la bandiera del Partito operaio socialdemocratico russo « anche per conservare e sviluppare ulteriormente la vostra [il manifesto si rivolge agli operai ebrei] cultura nazionale », « anche nell'interesse puramente nazionale » (sottolineato e in corsivo nel manifesto). E ciò nondimeno il Comitato estero del Bund (stavamo per dire: il Comitato centrale del nuovo partito) si è scagliato contro questo scritto perchè non menziona nemmeno con una parola il Bund . Ecco il suo unico, ma d’altro canto imperdonabile, terribile delitto. Ecco perchè il comitato di lekaterinoslav viene accusato di man- canza di « sensibilità politica ». I compagni di lekaterinoslav ven- * Naturalmente se il Comitato estero del Bund esprime le opinioni di tutto il Bund. •• Intendiamo ripubblicarlo integralmente, insieme con il relativo attacco del Comitato estero del Bund, in un opuscolo che stiamo preparando per le stampe. LENIN 3°8 gono puniti perchè non hanno « ancora digerito l’idea della necessità di una organizzazione separata [idea profonda e importante!] delle forze [!!] del proletariato ebraico», perchè «si lasciano ancora cul- lare dal sogno insensato di separarsi in qualche modo da esso [dal Bund] » e diffondono «la leggenda non meno dannosa [di quella sionistica] » secondo cui l’antisemitismo è legato con gli strati bor- ghesi e non con gli strati operai e con gli interessi di questi strati. Ecco perchè si consiglia al comitato di lekaterinoslav di «abban- donare la dannosa abitudine di ignorare il movimento operaio ebraico indipendente » e di « rassegnarsi al fatto che il Bund esiste ». Ci si domanda ora: il comitato di lekaterinoslav ha commesso effettivamente un delitto? Doveva proprio immancabilmente men- zionare il Bund? A queste domande si può rispondere solo negati- vamente, se non altro per il semplice motivo che il manifesto è rivolto non agli « operai ebrei » in generale (come dice del tutto erroneamente il Comitato estero del Bund), ma « agli operai ebrei di lekaterinoslav » (il Comitato estero del Bund ha dimenticato di citare le ultime due parole!). A lekaterinoslav non esiste nessuna organizzazione del Bund . (E in generale per il Mezzogiorno della Russia il IV Congresso del Bund aveva deciso di non organizzare co- mitati separati del Bund nelle città dove le organizzazioni ebraiche facevano parte dei comitati del partito, dove i loro bisogni potevano venire pienamente soddisfatti senza separarsi da questi comitati). Dal momento che a lekaterinoslav gli operai ebrei non sono organizzati in un apposito comitato, ciò significa che il loro movimento (in unione inscindibile con tutto il movimento operaio di quella località) è diretto interamente dal comitato di lekaterinoslav, che li subordina direttamente al Partito operaio socialdemocratico russo, il quale deve invitarli a lavorare per tutto il partito e non per sue singole parti. È evidente che, date queste condizioni, il comitato di lekaterinoslav non solo non aveva lobbligo di menzionare il Bund, ma, al contrario, se avesse pensato di propugnare «la necessità di una organizzazione separata delle forze [che sarebbe stata certamente e probabilmente piuttosto un’organizzazione At\Y impotenza*] del proletariato ebrai- • Proprio alla causa dell’* organizzazione deirim|)otcnza » si dedica il Bund, quando adopera per esempio l’espressione: ì nostri compagni delle e organizzazioni operaie cristiane». Questo h assurdo, come lo è tutto l’attacco contro il comitato di lekaterinoslav. Noi non conosciamo nessuna organizzazione operaia « cristiana ». Le OCCORRE UN « PART. POL. AIJT. » AL PROLETARIATO EBRAICO? 309 co» (come vogliono i bundisti), avrebbe commesso un gravissimo errore e una diretta violazione non solo dello statuto del partito, ma anche deirunità della lotta di classe proletaria. Proseguiamo. 11 comitato di Iekaterinoslav viene accusato di non sapersi «orientare» nella questione deirantisemitismo. Il Comi- tato estero del Bund dimostra di avere una concezione veramente puerile dei grandi movimenti sociali. 11 comitato di Iekaterinoslav parla del movimento antisemita internazionale degli ultimi decenni e osserva che « dalla Germania questo movimento si è esteso ad altri paesi, e dappertutto ha trovato fautori precisamente fra gli strati borghesi e non fra gli strati operai della popolazione ». « Questa è una leggenda non meno dannosa» (di quelle sionistiche): dice il Comitato estero del Bund con un vero scatto di collera. L'antisemi- tismo « ha messo radici nella massa operaia », e per provarlo il «ben orientato» Bund cita due fatti: 1 ) la partecipazione degli operai al pogrom di Censtokhova e 2 ) 1 atto dei 12 {dodici!) operai cristiani di Gitomir che hanno preso il posto degli scioperanti e hanno mi- nacciato di « scannare tutti i giudei ». Prove effettivamente solide, soprattutto la seconda! La redazione delle Poslednie Izvestia è così abituata ad avere a che fare con grossi scioperi di cinque o dieci perso- ne che Tatto dei dodici operai ignoranti di Gitomir viene tirato fuori per valutare il legame delTantisemitismo internazionale con questo o quello «strato della popolazione». Magnifico, davvero! Se i bun- disti, invece di andare in collera, in modo sciocco e ridicolo, contro il comitato di Iekaterinoslav, avessero riflettuto un po’ sulla que- stione e avessero consultato almeno Topuscolo di Kautsky sulla ri- voluzione sociale 7 \ da loro pubblicato recentemente in lingua ebraica, avrebbero capito che esiste un indubbio legame fra Tantisemitismo e gli interessi appunto degli strati borghesi e non degli strati operai della popolazione. E se avessero riflettuto ancora un po’, avrebbero potuto capire anche che il carattere sociale dell’attuale antisemitismo non muta se a questo o a quel pogrom partecipano non solo decine, ma anche centinaia di operai disorganizzati e per i nove decimi an- cora del tutto ignoranti. organizzazioni appartenenti al Partito operaio socialdemocratico russo non hanno mai fatto distinzione fra i loro membri in base alla loro religione, non hanno mai chiesto loro quale religione professavano c non lo faranno mai, nemmeno quando il Bund si sarà reaìmentr «costituito in partito politico indipendente». 3io LENIN Il comitato di Ickaterinoslav è insorto (e a ragione) contro la leggenda sionistica secóndo cui l’antisemitismo è eterno, e il Bund con la sua collerica rettifica non ha fatto che imbrogliare la questione e seminare fra gli operai ebrei idee che conducono a \Y offuscamento della loro coscienza di classe. Dal punto di vista della lotta di tutta la classe operaia della Russia per la libertà politica e per il socialismo, l’attacco del Bund contro il comitato di Iekaterinoslav è il colmo deirinsensatezza. Dal punto di vista del « partito politico indipendente del Bund », quest’attacco diviene comprensibile: non osate organizzare in nessun luogo gli operai « ebrei » insieme e in unione inscindibile con gli operai « cri- stiani»! non osate, a nome del Partito operaio socialdemocratico russo o dei suoi comitati, rivolgervi direttamente agli operai ebrei, « scavalcando » il Bund, senza passare per il Bund, senza menzio nare il Bund! E questo fatto profondamente spiacevole non è casuale. Poiché invece dell’autonomia nelle questioni che riguardano il proletariato ebraico avete chiesto la « federazione », siete stati costretti a dichia- rare il Bund « partito politico indipendente » per avere la possibilità di attuare a qualsiasi costo questa federazione. Ma dichiarare il Bund partito politico indipendente significa appunto condurre all’as- surdo l’errore fondamentale nella questione nazionale, il che im- mancabilmente e inevitabilmente sari il punto di partenza per una svolta nelle concezioni del proletariato ebraico e dei socialdemocratici ebrei in generale. Nello statuto del 1898 l’« autonomia » garantisce al movimento operaio ebraico tutto ciò che gli può occorrere: la propaganda e l’agitazione in lingua ebraica, la stampa e i congressi, la possibilità di presentare particolari rivendicazioni per sviluppare un unico programma socialdemocratico comune e per il soddisfa- cimento dei bisogni e delle esigenze locali che scaturiscono dalle particolarità della vita ebraica. In tutto il resto è necessaria la totale e più stretta fusione con il proletariato russo, è necessaria nell’inte- resse della lotta di tutto il proletariato della Russia. Ed è infondato, data l’essenza stessa della questione, il timore del « prevalere di una maggioranza » in questa fusione, perchè nei problemi particolari del movimento ebraico il « prevalere di una maggioranza » è escluso precisamente dall'autonomia, mentre nelle questioni che riguardano la lotta contro l’autocrazia, la lotta contro la borghesia di tutta la OCCORRE UN « PAKT. PPL, U T. » AL P ROLETARIATO EBRAICO? 3II Russia dobbiamo agire come organizzazione unica, centralizzata, combattiva, dobbiamo appoggiarci, senza far distinzione di lingua e di nazionalità, su tutto il proletariato, reso compatto dalla costante soluzione comune dei problemi teorici e pratici, tattici e organiz- zativi, e non creare organizzazioni che vadano ciascuna per proprio conto, ciascuna per la sua strada, non indebolire la forza del nostro assalto col frazionamento in numerosi partiti politici indipendenti, non introdurre lestraniazione e Tisolamento per poi curare con gli impiastri della famigerata « federazione > la malattia che ci si è inoculata artificialmente. Z/^ra, n. 34, 15 febbraio 1 9°-*' LE CONCEZIONI MARXISTE SULLA QUESTIONE AGRARIA IN EUROPA E IN RUSSIA 10 Programma delle lezioni I lezione. Teoria generale della questione agraria. Formazione dellagricoltura capitalistica. Differenti forme di sviluppo delPagri- coltura mercantile e formazione della classe degli operai agricoli salariati. Teoria della rendita di Marx. Carattere borghese delle dot- trine della cosiddetta scuola critica (signori Bulgakov, Hertz, David, Cernov, in paite Maslov e altri), che tenta di spiegare con leggi naturali (come la famosa legge della produttività decrescente del terreno) il tributo che la società paga ai proprietari terrieri. Contrad- dizioni del capitalismo neH’agricoltura. II lezione. Piccola e grande produzione nell'agricoltura . Gli sforzi della cosiddetta scuola critica per occultare la schiavitù del piccolo produttore nella società moderna. Esame delle indagini monografiche, intese in modo del tutto sbagliato da questa scuola (M. Hecht, K. Klawki, Auhagen). Ili lezione. Continuazione . L’inchiesta nel Baden. Risultati che confermano pienamente le concezioni marxiste. Dati complessivi delle statistiche agrarie tedesche. La leggenda della degenerazione latifondistica del grande capitale. Le macchine nell’agricoltura. Il massimo peggioramento del bestiame da lavoro nell’azienda conta- dina media. Le cooperative nell’agricoltura; i dati tedeschi comples- sivi del 1895 sulle cooperative lattiero-casearie. Differenza di forma fra le cooperative hell’agricoltura e i trust nell’industria, che ha impedito alla cosiddetta scuola critica di capire che, per il loro con- tenuto economico-sociale, esse sono del tutto analoghe. LE CONCEZIONI MARXISTE SULLA QUESTIONE AGRARIA 3*3 IV lezione. Impostazione della questione agraria in Russia. Basi della concezione populista e sua importanza storica come forma primitiva di democrazia agraria. Importanza cruciale della questione dei contadini {obstctna e produzione popolare). Scissione dei conta- dini in borghesia rurale e proletariato rurale. Metodi di studio di questo processo e sua importanza. Sostituzione delleconomia capi- talistica a quella della barstcina. Carattere reazionario delle conce- zioni populiste. Esigenze dell’attuale momento storico: eliminazione dei residui della servitù della gleba e libero sviluppo della lotta di classe nelle campagne. Schema della prima lezione Teoria generale La teoria di Marx sullo sviluppo del modo di produzione capita- listico riguarda tanto l’agricoltura quanto l’industria. Non si devono confondere i tratti fondamentali del capitalismo e le sue forme di- verse nell’agricoltura e neirindustria. Esaminiamo in che cosa consistono i tratti caratteristici fonda- mentali e le forme particolari del processo che crea il sistema capi talistico neiragricoltura. La causa che genera questo processo è du- plice: i) la produzione mercantile e 2) il fatto che la merce è non il prodotto, ma la forza-lavoro. Quando questa forza viene attratta nel- l’orbita dello scambio, tutta la produzione diviene capitalistica, si crea una classe, il proletariato. Nellagricoltura e nell’industria l’espansione della produzione mercantile e lo sviluppo del lavoro salariato avven- gono in forma diversa, e può quindi sembrare che si commetta un errore applicando all’agricoltura la teoria di Marx, ma bisogna sapere in quale forma l’agricoltura diviene capitalistica. Per saperlo è neces- sario innanzitutto spiegare due fenomeni: I. Come si sviluppa l’agricoltura mercantile? e II. Come avviene la formazione della classe operaia? I. Fenomeno fondamentale di questo processo è il rapido aumento della popolazione industriale e il fatto che i mezzi di produzione vengono portati sul mercato. Quindi, per un ampio sviluppo dell’agri- coltura mercantile è necessario un ampio sviluppo della popolazione non agricola. Questo processo si manifesta in forme differenti e si osserva nei paesi che importano ed esportano il grano. Il rapido aumento della popolazione industriale genera la scarsità di grano nei paesi industriali, cioè l’impossibilità, restando immutato il complesso dei mezzi tecnici, di fare a meno d’importare grano da altri paesi. L’aumento della domanda di grano, essendo tutta la terra proprietà privata, conduce alla formazione del prezzo di monopolio. Ciò è importante per spiegare la rendita. Lo stesso processo di formazione dell’agricoltura mercantile non si svolge del tutto come neH’industria di fabbrica : nell’industria avviene in forma semplice e lineare, nell’agricoltura invece osserviamo un al- tro fenomeno: qui predomina la mescolanza fra agricoltura mercan- tile e non mercantile, si combinano forme differenti. In ogni località si porta sul mercato principalmente un solo prodotto. Da una parte, la produzione del grande proprietario fondiario, e soprattutto quella del contadino, è mercantile, dall’altra esse conservano il loro carattere di consumo. La necessità di procurarsi il denaro provoca il passaggio dall’eco- nomia naturale a quella mercantile. Il potere del denaro grava sui contadini non solo nell’Europa occidentale, ma anche in Russia. Le statistiche degli zemstvo dimostrano che persino dove sono molto forti i residui della economia patriarcale il contadino è ormai in gran- dissima misura subordinato al mercato. II. Il processo di formazione della classe degli operai salariati è costituito dalla scissione dei contadini in due strati: i) gli affittuari, che considerano l’agricoUura come un’attività industriale, e 2) gli operai salariati. Questo processo viene chiamato spesso differenzia- zione dei contadini. Soprattutto in Russia esso si è rivelato con gran- de risalto. Gli economisti già lo notarono nei tempi del sistema feudale. Particolarità della formazione. Questo processo si svolge in modo ineguale. Insieme con la for- mazione della classe degli operai salariati osserviamo l’esistenza del sistema patriarcale e la formazione del nuovo sistema capitalistico. La classe operaia salariata è in un modo o nell’altro vincolata alla terra: le forme del processo saranno quindi molto varie. LE CONCEZIONI MARXISTE SULLA QUESTIONE ACRAR IA 315 Predominio dell agricoltura capitalistica La rendita La popolazione di un paese capitalistico è divisa in tre classi: 1) operai salariati, 2) proprietari terrieri e 3) capitalisti. Per poter stu- diare il sistema si è costretti ad ignorare le particolarità dei diversi luoghi dove questa divisione può non essere ancora ben definita. La divisione principale del prodotto, secondo Marx, è la sua divi- sione in prodotto necessario e plusprodotto. La rendita fondiaria è una determinata parte di questo plusprodotto, e precisamente quella parte che rimane dopo aver detratto il profitto medio del capitale. E il profitto medio si forma nella società capitalistica sviluppata sotto lazione della concorrenza che ripartisce il plusvalore fra i capitalisti non proporzionalmente al numero degli operai, ma al volume del capitale investito neirimpresa. Marx esamina nel terzo volume del Capitale la formazione del profitto medio. In appezzamenti di diversa produttività il capitale darà un profitto diverso: sulla terra peggiore il profitto sarà minore, sulla terra migliore il profitto sarà maggiore, sarà plusprofitto. (Già prima di Marx, Ricardo aveva posto le basi della teoria della rendita). Grazie al monopolio dei prezzi sul mercato del grano e alla generale insufficienza di grano, il prezzo viene determinato in base all’appez- za mento di terreno peggiore. L’eccedenza di profitto ottenuta sulla terra di qualità migliore o sulla terra che si trova nelle vicinanze del mercato, rispetto alla terra peggiore e più lontana, si chiama, secondo la terminologia di Marx, rendita differenziale. La rendita viene sottratta agli affittuari dai proprietari terrrieri. La diversità di grandezza del plusprofitto può essere di due specie: 1) quella che deriva dalla differenza della produttività, e 2) quella che deriva dal differente impiego del capitale. Proseguiamo. Oltre al monopolio della gestione privata della terra, esiste il mo- nopolio della proprietà privata della terra: il proprietario terriero può non cedere la terra all’affittuario finche il prezzo del grano non sale, e allora egli percepisce la rendita assoluta , che rappresenta il monopolio elementare. Questo può essere: 1) monopolio in forma pura (che allora, secondo un’analisi rigorosa, non dovrebbe essere chiamato rendita). In secondo luogo, la rendita assoluta può deri- vare dal plusprofitto del capitale agricolo in forza della seguente 3 i6 LENIN circostanza. Nell’agricoltura la tecnica è a un livello più basso, perciò l’aliquota del capitale variabile (che crea il profitto) è più elevata che nell’industria. Quindi anche l’aliquota del profitto deve essere nel- l’agricoltura più elevata che nell’industria. È appunto il monopolio della proprietà fondiaria che ostacola il livellamento dell’alto pro- fitto nell’agricoltura, del basso profitto nell’industria. Dal più alto profitto agricolo, che non subisce livellamento, deriva la rendita asso- luta nel senso proprio del termine. Essa è dovuta all’aumento del prezzo del grano. La rendita differenziale, invece, deriva dal prodotto. Gli ultimi anni, caratterizzati dalla partecipazione di nuovi paesi al commercio, hanno condotto alla crisi. Il prezzo della terra è la rendita calcolata in precedenza e anti- cipata ed è perciò considerato come reddito di un determinato capi- tale. Nell’acquisto della terra deve essere impiegato un capitale che può dare come reddito la rendita media. Il rapido sviluppo dell’in- dustria ha quindi fatto salire fortemente la rendita in Europa e l’ha consolidata. Gran parte del libro di Maslov, Le condizioni di sviluppo del- Vagricoltura in Russia , uscito di recente, è dedicata alla teoria della rendita, e in questa questione Maslov si attiene a un punto di vista del tutto sbagliato, ripetendo gli argomenti dei cosiddetti « critici » borghesi di Marx, del genere del signor Bulgakov e altri. Marx ha mostrato che la vecchia economia politica inglese aveva considerato la questione con eccessiva semplicità, non l’aveva cioè considerata come un processo che crea particolari condizioni storiche, ma come un processo che crea condizioni naturali; e quindi argomentava: la rendita si forma grazie alla necessità di passare dai migliori appezza- menti di terra ai peggiori. Ma avviene anche il passaggio inverso, per- chè avvengono dei perfezionamenti. I critici sono tornati indietro, da Marx all’economia borghese. Un’altra concezione ristretta della teoria della rendita è la com- binazione della legge della formazione della rendita differenziale con la legge della produttività decrescente del terreno, in seguito alla quale il profitto sul medesimo appezzamento di terra diminuirebbe. Ricardo spiega il passaggio dagli appezzamenti migliori a quelli peggiori con V impossibilità di impiegare un capitale sempre mag- giore. Tutti i «critici» russi hanno preso le difese della teoria della produttività decrescente del terreno, come ha fatto anche Maslov, che le concezioni marxiste sulla questione agraria 317 nelle altre questioni vuole rimanere marxista. Ma gli argomenti in difesa di questa teoria non sono andati oltre frizzi del genere di quello che, se non si ammette questa teoria, bisogna ammettere che con un solo fazzoletto di terra si potrebbe nutrire tutto uno Stato. Marx ha lottato contro questa teoria. Essa considera aritmetica- mente la spesa di capitale e cade nell’errore, ignorando le condizioni delPeconomia generale. Se sì suppone che sia sempre possibile im- piegare un capitale sempre maggiore, questa teoria sarebbe giusta, ma ciò presupporrebbe la trasformazione dei sistemi, mentre nel- l’agricoltura i sistemi si reggono per secoli, il che ha posto limiti precisi all’impiego di capitale. Se la tecnica non cambia, non è pos- sibile un ulteriore impiego di capitale, o è possibile entro limiti ri- stretti. Marx osserva che anche nell’industria non si può sviluppare illimitatamente la produzione su una determinata area: se l’impresa occupa una determinata area, per sviluppare l’impresa occorre in- grandirne l’area. Se invece la terra viene sottoposta a coltivazione ra- zionale, ciò non può che migliorare la produzione, sicché Marx dedu- ce che sotto questo aspetto non solo con la terra non si hanno svantag gi, ma si hanno, al contrario, vantaggi. È precisamente questo «se » che gli avversari della teoria di Marx hanno ignorato. In questo modo Maslov, quale preteso marxista, può indurre molti in errore eoa le sue concezioni su tale problema. Il suo libro rappresenta uno degli esempi, innumerevoli ai nostri giorni, di chi torna indietro invece di andare avanti. La popolazione agricola diminuisce in senso assoluto, ma la pro- duzione agricola progredisce. Nel corso del secolo XIX questo pro- gresso era strettamente legato allo sviluppo delPagricoltura mercan- tile. Esso è una delle caratteristiche fondamentali dell’odierno regime capitalistico, la quale si manifesta nel fatto che si crea la concorrenza nell’agricoltura, il mercato per l’agricoltura e la differenziazione della popolazione. Essa ha dato un forte impulso allo sviluppo dell’agri- coltura, ma ogni passo nel progresso è stato accompagnato dal sor- gere di contraddizioni dalle quali deriva l’impossibilità di utilizzare tutte le forze produttive della nuova agricoltura scientifica. Il capita- lismo crea la grande produzione e la concorrenza, accompagnati dalla rapina delle forze produttive della terra. La. concentrazione della popolazione nella città provoca lo spopolamento delle terre. crea un ricambio anormale. La lavorazione della terra non migliora, o almeno non come dovrebbe* Da molto tempo la critica socialista ha richiamato l’attenzione su questo fatto (Marx). Il signor Hertz, e poi da noi, in Russia, i si- gnori Bulgakov, Cernov, Struve hanno osservato che la teoria di Marx, basata su Liebig, è antiquata* Questa opinione dei «critici» c del tutto sbagliata. L’alterazione dell’equilibrio tra sfruttamento della terra e concimazione della terra da parte del capitalismo non può essere messa in dubbio (funzione del distacco della città dalla cam- pagna). Molti scrittori, che sostengono non la teoria marxista, ma la sua « critica >, forniscono essi stessi dati che parlano contro di loro. Cosi, per esempio, Nossig. Secondo i suoi dati risulta che le forze pro- duttive della terra non vengono reintegrate, che alla terra non si resti- tuisce quel che si prende. È necessaria la concimazione artificiale e animale. In media su 60.000 chilogrammi di fertilizzante adoperato per un ettaro di terreno ne occorre un terzo di letame, ma l’odierno sistema di agricoltura non è in grado di darlo. L’influenza del capitalismo sulfagricoltura si manifesta dunque in quanto segue: Il capitalismo esige la libertà delloperaio salariato ed elimina tutte le forme del vecchio asservimento. Ma gli operai agricoli salariati rimangono in condizioni di oppressione. L’oppressione si è accen- tuata e ha incomincialo a richiedere una lotta più intensa. Il capitalismo ha aumentato in enormi proporzioni il tributo che viene pagato al proprietario terriero, la grandezza della rendita differenziale e assoluta* L'aumento della rendita crea un ostacolo aH’ulteriore sviluppo deH’agricoltura. Scrino nel febbraio 1903. Pubblicato per la prima volta nel 1932 in Miscellanea di Lenin, XIX. L'AUTOCRAZIA TENTENNA... L’autocrazia tentenna. L’autocrate stesso lo confessa pubblica- mente davanti al popolo. Tale è l’immenso significato del manifesto dello zar del 26 febbraio, nè tutte le frasi convenzionali, tutte le ri- serve e tutti i pretesti di cui è pieno il manifesto modificheranno il significato storico del passo compiuto. Lo zar esordisce nella vecchia maniera — per il momento ancora nella vecchia maniera: «Per grazia di Dio»... — e conclude con un appello per metà codardo e per metà ipocrita chiedendo l’aiuto di coloro che sono circondati dalla fiducia pubblica. Anche lo zar sente ormai che stanno passando irrevocabilmente i tempi in. cui in Russia il governo poteva reggersi per grazia di dio, che l’unico governo solido in Russia può essere dora in poi un governo per volontà del popolo. Lo zar conferma il suo sacro voto di salvaguardare le basi seco- lari della potenza russa. Tradotto dalla terminologia ufficiale in lingua russa, questo significa: salvaguardare l’autocrazia. Un tempo Alessandro III lo dichiarò senza ambagi e apertamente (nel mani- festo del 29 aprile 1881), quando il movimento rivoluzionario era in fase decrescente, declinava. Oggi, quando il grido di battaglia « Ab- basso l’autocrazia » echeggia sempre più alto e sempre più impo- nente, Nicola II preferisce coprire la sua dichiarazione con una pic- cola foglia di fico e accennare timidamente all’indimenticabile ge- nitore. Insensato e spregevole sotterfugio! La questione è stata posta apertamente e portata sulle piazze: è in giuoco l’esistenza stessa dell’autocrazia. E ogni promessa di « riforme » — se « riforme » si possono chiamare! — che esordisce con la promessa di salvaguardare l’autocrazia è una palese menzogna, un insulto al popolo russo. Ma 3 20 LENIN non vi è occasione migliore per smascherare dinanzi al popolo intero l’autorità governativa dell’appello che questa stessa autorità rivolge a tutto il popolo con promesse ipocrite e false. Lo zar parla (anche qui con la foglia di fico) del movimento rivoluzionario, lamentando che i « torbidi » impediscano il lavoro per aumentare il benessere del popolo, sconvolgano le menti, stac- chino il popolo dal lavoro produttivo, portino alla rovina le forze care al cuore dello zar, le giovani forze necessarie alla patria. E siccome i partecipanti al movimento rivoluzionario che si rovinano sono cari al cuore dello zar, egli promette appunto di stroncare subito con rigore ogni deviazione dall’andamento normale della vita pubblica, e cioè di perseguitare ferocemente la libertà di parola, gli scioperi operai, le dimostrazioni popolari. Questo è sufficiente. Più che sufficiente. Il discorso gesuitico è di per sè eloquente. Noi osiamo solo esprimere la certezza che questa «parola dello zar», diffondendosi in tutti gli angoli e nelle zone più sperdute della Russia, costituirà la più splendida propaganda a favore delle rivendicazioni rivoluzionarie. Coloro che hanno conser- vato, sia pur in minima misura, il senso dell’onore possono dare a questo discorso dello zar una sola risposta: la rivendicazione della liberazione incondizionata e immediata di tutti coloro che, in base a un giudizio o senza giudizio, dopo o prima di una sentenza, scon- tano la reclusione, la deportazione o l’arresto per motivi politici e religiosi e per scioperi e resistenza alle autorità. Abbiamo visto di quale linguaggio ipocrita si serve lo zar. Ve- diamo ora di che cosa egli parla. Principalmente di tre argomenti. In primo luogo, della tolleranza religiosa. Devono essere confermate e sancite le nostre leggi fonda- mentali che garantiscono la libertà di praticare tutte le religioni. Ma la confessione ortodossa deve continuare a essere dominante. In secondo luogo, lo zar parla della revisione delle leggi riguardanti la situazione nelle campagne, della partecipazione a questa revisione di uomini che godano la fiducia della società, del comune lavoro di tutti i sudditi per rafforzare i principi morali nella famiglia, nella scuola e nella vita pubblica. In terzo luogo, delle facilitazioni offerte ai con- tadini per uscire dalle loro associazioni, della liberazione dei conta- dini dalla responsabilità collettiva che grava su di loro. Alle tre dichiarazioni, promesse, proposte di Nicola II, la social L AUTOCRAZIA TENTENNA... 3 2I democrazia russa risponde con tre rivendicazioni che da molto tempo ha avanzato, ha sempre sostenuto e diffuso con tutte le sue forze e che è necessario ribadire ora con particolare energia in legame con il manifesto dello zar e in risposta ad esso. In primo luogo, chiediamo che la legge riconosca immediatamente e incondizionatamente la libertà di riunione e di stampa e conceda Pamnistia a tutti i « politici » e a tutti gli appartenenti alle sette. Fin- ché ciò non sarà fatto, tutte le parole sulla tolleranza, sulla libertà di confessione rimarranno una commedia meschina e un’indegna men- zogna. Finche non verrà dichiarata la libertà di riunione, di parola e di stampa, non scomparirà l’infame inquisizione russa, che perse- guita coloro che professano una fede non ufficiale, opinioni non ufficiali, dottrine non ufficiali. Abbasso la censura! Abbasso la prote- zione poliziesca della chiesa «dominante»! Per queste rivendica- zioni il proletariato russo cosciente si batterà sino all’ultima goccia di sangue. In secondo luogo, chiediamo la convocazione deH’Assemblea co- stituente di tutto il popolo, che deve essere eletta da tutti i cittadini senza eccezioni e che deve instaurare in Russia una forma elettiva di governo. Basta con questa commedia delle conferenze degli espo- nenti locali, dei parlamenti dei grandi proprietari fondiari presso i governatori, dell’organo rappresentativo dei signori marescialli (e, forse, anche dei delegati ?) della nobiltà! L’onnipotente burocrazia si è già abbastanza trastullata con tutti gli zemstvo , come il gatto col topo, ora lasciandoli liberi, ora accarezzandoli con le sue zampe vellutate! Finche non sarà convocata Passemblea dei deputati di tutto il popolo, tutte le parole sulla fiducia nella società, sui principi morali nella vita pubblica non saranno altro che menzogna. E non si attenuerà la lotta rivoluzionaria della classe operaia russa contro lautocrazia russa. In terzo luogo, chiediamo l’immediato e assoluto riconoscimento per legge della piena eguaglianza dei contadini rispetto a tutti gli altri ceti e la convocazione dei comitati contadini per distruggere tutti i residui della servitù della gleba nelle campagne, per prendere seri provvedimenti volti a migliorare la situazione dei contadini. La mancanza di diritti dei contadini, che costituiscono i nove decimi della popolazione della Russia, non può più essere tollerata nemmeno per un giorno. Tutta la classe operaia, tutto il paese sof- 21-763 LENIN 322 frono per questa mancanza di diritti; tutto quel che vi è di asiatico nella vita russa si regge su questa mancanza di diritti; per questa mancanza di diritti le conferenze e le commissioni d’ogni genere lasciano il tempo che trovano (oppure danneggiano i contadini ). Anche oggi lo zar vuole cavarsela con le vecchie « conferenze » di funzionari e di nobili, e parla di un «potere forte» persino per la direzione dei lavori nelle diverse località. I. contadini sanno molto bene, per l’esempio che forniscono gli zems\ie nacialni\i , che cosa significa un « potere forte ». Non sono passati invano i quaranta anni di indigenza, di miseria e di fame permanente che essi hanno vissuto da quando si è iniziata la benefica attività dei comitati dei nobili. I contadini capiranno ora che tutte le « riforme » e i miglio- ramenti rimarranno un inganno se non verranno attuati dai conta- dini stessi . Capiranno — e noi li aiuteremo a capire — che solo i comitati contadini possono effettivamente eliminare non solo la re- sponsabilità collettiva, ma ogni e qualsiasi residuo della barstcina e della servitù della gleba, che opprimono tuttora, nel secolo XX, de- cine di milioni di persone. Per gli operai urbani sono del tutto suffi- cienti la libertà di riunione e la libertà di stampa: noi già sapremo utilizzare queste libertà! Ma per i contadini dispersi in zone remote, abbruttiti e inselvatichiti, questo non basta, e gli operai devono aiu- tarli, devono spiegare loro che rimarranno inevitabilmente e inelut- tabilmente miseri schiavi finché essi stessi non prenderanno nelle loro mani la propria sorte, finché non otterranno, come primo passo fon- damentale, l’istituzione dei comitati contadini per la loro emancipa- zione effettiva, e non illusoria. Uomini sperimentati e intelligenti hanno già osservato da molto tempo che in periodo rivoluzionario non esiste per il governo un momento più pericoloso di quello in cui esso comincia a far con- cessioni, ad esitare. La vita politica russa degli ultimi anni ne è una brillante conferma. Il governo ha esitato nella questione del movi- mento operaio favorendo lo zubatovismo, e si è compromesso fa- cendo magnificamente il giuoco delPagitazione rivoluzionaria. Avrebbe voluto cedere nella questione studentesca, e si è compro- messo, facendo procedere a passi da gigante la diffusione dello spirito rivoluzionario tra gli studenti. E ripete ora la stessa manovra su vasta scala per tutte le questioni di politica interna, e si comprometterà ine- LA V TOCR AZ I A TENTEN N A . .. 3*3 viabilmente, faciliterà, rafforzerà e svilupperà inevitabilmente las- salto rivoluzionario contro l’autocrazia! Dobbiamo ancora soffermarci su una questione pratica: come utilizzare il manifesto dello zar del 26 febbraio ai fini dell’agitazione. Alla questione dei mezzi di lotta i socialdemocratici russi hanno già dato da molto tempo questa risposta: organizzazione e agitazione; e non si sono turbati per gli scherni degli ingenui, che hanno giu- dicato «indefiniti» questi mezzi e ritengono «definiti» solo i colpi di pistola. E proprio in momenti come quello attuale, quando ci si presenta improvvisamente un occasione così propizia e che esige in modo così impellente la tensione di tutte le forze per condurre l’agitazione tra tutto il popolo, in questi momenti si avverte in ma- niera particolare la mancanza, come prima e come sempre, delForga- nizzazione e della capacità di sviluppare rapidamente l’agitazione. Ma guadagneremo ancora, e in misura notevole, il tempo per- duto! Dobbiamo prima di tutto rispondere al manifesto del 26 febbraio con volantini per tutta la Russia e locali. Mentre prima i volantini uscivano in tutta la Russia in decine di migliaia di copie, vengano ora diffusi in milioni di copie, affinchè tutto il popolo conosca la risposta del proletariato russo cosciente al messaggio che lo zar ha rivolto al popolo, affinchè tutti costatino quali sono le nostre pre- cise rivendicazioni pratiche contrapposte al discorso dello zar sullo stesso argomento. E ancora. Non dobbiamo permettere che solo le assemblee legali dei benpensanti degli zemstvo , dei commercianti e dei professori ecc. ecc. rispondano con devoto entusiasmo al manifesto del 26 feb- braio. E non bastano nemmeno le risposte che le organizzazioni dei so- cialdemocratici daranno nei manifestini. In ogni cìrcolo, in ogni assemblea di operai si elabori una propria risposta, si approvino for- malmente e solennemente le rivendicazioni della socialdemocrazia. Le decisioni di queste assemblee operaie (e se sarà possibile anche delle assemblee contadine) vengano stampate in manifestini locali e comunicate ai nostri giornali. Sappiano tutti che solo le risposte degli stessi operai e contadini sono per noi la risposta del popolo. 21* 3 2 4 LENIN Tutti i circoli incomincino immediatamente a prepararsi ad appog- giare con la forza le nostre rivendicazioni fondamentali. Non dobbiamo poi permettere che nelle assemblee dogni genere vengano elaborate, senza che nessuno vi si opponga, indirizzi di gratitudine allo zar. I nostri signori liberali hanno già falsato ab- bastanza Topinione del popolo russo! Hanno mentito abbastanza di- cendo non quel che essi pensano, non quel che pensa tutta la parte del popolo pensante e pronta alla lotta! Si deve cercare di penetrare nelle loro assemblee, dichiarare anche in esse nel modo più largo pos- sibile, pubblicamente e apertamente le nostre opinioni, la nostra pro- testa contro la gratitudine servile, dire qual è la nostra vera risposta allo zar, farlo anche con la diffusione di manifestini e, nella misura del possibile, con discorsi pubblici in ognuna di queste assemblee (anche se i signori presidenti tenteranno di interromperci). Infine, dobbiamo cercare di portare la risposta degli operai anche nelle strade, di avanzare le nostre rivendicazioni mediante dimostra- zioni, di mostrare apertamente che gli operai sono molti e forti, con- sapevoli e decisi. Sia la prossima manifestazione del primo maggio non solo una dichiarazione generale delle nostre rivendicazioni pro- letarie, ma anche una nostra particolare, precisa risposta al manifesto del 26 febbraio! hkra, n. 35, 1* marzo 1903. IL SIGNOR STRUVE SMASCHERATO DA UN SUO COLLABORATORE Il n. 17 ddYOsvobozdenie ha procurato molta soddisfazione al- YIs{ra in generale, e in particolare a chi scrive queste righe. All' Is%ra y perchè le ha fatto piacere vedere come gli sforzi da essa fatti per spo- stare verso sinistra il signor Struve abbiano avuto un certo risultato, vedere come il signor S.S. critichi aspramente l’irresolutezza; e le ha fatto piacere leggere che i « sostenitori del YOsvobozdenie » hanno in- tenzione di costituire « un partito apertamente e decisamente costitu- zionale », con un programma che rivendichi il suffragio universale. A chi scrive queste righe, perchè il signor S.S. « che ha avuto una parte di primo piano » nell’elaborazione della dichiarazione dei « costi- tuzionalisti russi » pubblicata sul n. 1 del YOsvobozdenie, e quindi non è nemmeno un semplice collaboratore, ma sino a un certo punto il pa- drone del signor Struve, ci ha reso, senza che ce l’attendessimo, un grande servizio nella nostra polemica contro il signor Struve . Mi per- metterò di incominciare da questo secondo punto. Sul n. 2-3 della Za- rià ho polemizzato nell’articolo I persecutori degli zemstvo e gli An- nibali del liberalismo 80 con il signor R.N.S., autore della prefazione al noto promemoria di Witte. Ho mostrato in quelParticolo che tutta la posizione del signor R.N.S. — il quale, mentre parlava di giura- mento di Annibaie nella lotta contro l’autocrazia, si rivolgeva con discorsi melliflui ai detentori del potere, ai saggi conservatori, ed enunciava la « formula » : « diritti e potere agli zemstvo » ecc. ccc. — era ambigua. Il pubblico ha saputo ora dalla seconda edizione del * promemoria » che il signor R.N.S. è il signor Struve, al quale la mia critica non è affatto piaciuta: egli si è scagliato contro di me con una lunghissima ed irritatissima « nota a una nota ». 326 LENIN Esaminiamo gli argomenti del signor Struve. Il primo esempio « dell’inconsistenza e dell’animosità » dei miei «fiori polemici» è il fatto che ho parlato di antipatia del signor Struve per i rivoluzionari, nonostante la sua « dichiarazione, a quanto sembra, del tutto chiara ». Citiamo integralmente questa di- chiarazione. L’attestato che la stessa burocrazia ha rilasciato allo zemstvo — ha scritto il signor Struve — costituisce « un’eccellente ri- sposta a tutti coloro che per insufficiente maturità politica o per amo- re della vuota frase rivoluzionaria non volevano e non vogliono vedere la grande importanza politica dello zemstvo russo e della sua attività culturale legale». In una nota a questa tirata il signor Struve precisa: «Con queste parole non vogliamo affatto colpire i militanti rivoluzionari, nei quali non si può non apprezzare innanzi tutto il coraggio morale nella lotta contro l’arbitrio». Tali sono i « documenti allegati » per provare che la critica è in consistente e ingiusta. Lasciamo che il lettore giudichi chi ha ragione: chi ha trovato che questa dichiarazione è del tutto chiara oppure chi ha detto che il signor Struve cade dalla padella nella brace « col- pendo» i rivoluzionari (che egli non nomina con precisione) non solo con l’accusa « anonima » (mossa non si sa contro chi) di igno- ranza, ma anche con la supposizione che li si possa costringere a in- ghiottire la pillola dell’accusa indorandola con il riconoscimento dei loro « coraggio morale » ? Da parte mia dirò solo: ognuno ha i suoi gusti. Per molti liberali il colmo del tatto e della saggezza è rilasciare ai rivoluzionari at- testati di coraggio, giudicando al tempo stesso, senza nemmeno esa- minare la sostanza delle loro concezioni, il loro programma come pura fraseologia, come manifestazione di insufficiente preparazione. Secondo noi, questo non è tatto e nemmeno saggezza, ma indegno sotterfugio. È questione di gusti. Ai Thiers russi, naturalmente, piac- ciono le frasi opportunistiche dei veri Thiers, quelle decorose, da sa- lotto, parlamentari, irreprensibili. Proseguiamo. Io, vedete un po’, « ho finto di non capire che la formula ” potere allo zemstvo panrusso *’ significa rivendicazione del- la Costituzione », e le mie argomentazioni « hanno confermato an- cora una volta [al signor Struve] che nella nostra stampa pubblicata alPestero è largamente diffusa un’autentica fraseologia rivoluzionaria e per di più astiosa e tendenziosa (questo sgradevole stile fiorisce so- IL SIGNOR STRUVE SMASCHERATO DA UN SUO COLLABORATORE 327 prattutto sulle pagine dell 'lsl(ra e della Zarià) », p. XII della seconda edizione del Promemoria. Ebbene, quanto all'astiosità e alla tenden- ziosità, ci è difficile discutere con il signor Struve: a lui sembra un rimprovero quello che per noi è un complimento. I liberali e molti radicali chiamano tendenziosità l'incrollabile fermezza di convinzio- ni, e « astio » l'aspra critica delle idee sbagliate. Non ce niente da fare. Mea culpa, mea maxima culpa\ Sono stato e rimarrò « astiosamente tendenzioso » nei confronti dei signori Struve. Ma ecco l'altra accusa che riguarda la sostanza. Ho finto di non capire, oppure realmente non ho capito e non si poteva capire? Questo è il problema. Ho affermato che la formula « diritti e potere agli zemstvo » è un indegno civettare con i pregiudizi politici della larga massa dei liberali russi, che questa « non è una bandiera che aiuti a separare i nemici dagli alleati » (notate bene), ma « un cencio che aiuterà solo gli elementi più malsicuri a introfularsi nel movimento » (p. 95 nel n. 2-3 della Zarià Sl ). Domando a tutti : che c'entra qui la mia « simu- lazione »? ? Io dico apertamente che considero questa bandiera un cencio e mi si risponde: voi fingete di non capire! Che cosa è questo se non un nuovo sotterfugio per sottrarsi allesame della sostanza della questione, all'esame della questione stessa: la «formula» serve più come bandiera 0 come cencio? Anzi, posso ora, grazie al gentile aiuto del signor S.S., dimo- strare concretamente qualcosa di molto più importante. Posso dimo- strare infatti che il signor Struve ha « indegnamente civettato », non solo dando prova di un dottrinarismo filisteo per intenerire il governo con la sua modestia, non solo dimostrando l'insensato desiderio di unire i « liberali » attorno a un programma minimo, ma ha anche vera- mente, direttamente « civettato » con i sostenitori dell* autocrazia a lui noti come tali. E il signor S.S. lo smaschera in maniera impla- cabile e irrevocabile, dicendo che « la parola d'ordine slavofila "Zem- stvi Sobor ", non chiara, ambigua » (udite!) viene lanciata per rendere più comoda l'« alleanza non naturale » dei liberali costituzionalisti con i sostenitori liberali di un'autocrazia ideale. Il signor S.S. chiama questo nè più nè meno che «equilibrismo politico»!! E il signor Struve accusa ricevuta..., chiamando la parola d'ordine dello Zemskj Sobor « imprecisa e pregevole la sua imprecizione [il corsivo è nostro! ] e nel medesimo tempo pericolosa ». È proprio bello, vero 5 Quando un socialdemocratico chiama in- 3 2 8 LENIN degno civettare una parola d’ordine ancor più ambìgua (potere agli zemstvo) il signor Struve assume la posa dell’innocenza offesa e dice con affettazione che si finge di non capire. Ma quando un liberale, il signor S.S., ripete la stessa cosa , il signor Struve si inchina gentil- mente e accusa ricevuta! La parola d’ordine imprecisa è pregevole per il signor Struve proprio per la sua imprecisione, ed egli non si perita affatto di riconoscere di essere pronto a mettere in circolazione anche parole d’ordine pericolose, secondo come il vento spira . Sembra forte e autorevole il signor Scipov, e il redattore dell’organo liberale parlerà del potere agli zemstvo . Sembra forte e autorevole il signor S.S., e il redattore dell’organo liberale parlerà della Costituzione e del suffragio universale! È questo un quadro che dà bene l’idea del costume poli- tico e della moralità politica nel campo liberale... Il signor Struve di- mentica però di pensare al valore che avranno le sue dichiarazioni dopo questa manifica metamorfosi: nel gennaio del 1901 egli esige: «diritti e potere agli zemstvo »; nel dicembre del 1902 dichiara «si- mulazione » il fatto che non si comprenda come ciò significhi rivendi- care la Costituzione; nel febbraio del 1903 il signor Struve dichiara che in sostanza non ha mai dubitato che il suffragio universale sia una cosa giusta e che la parola d’ordine imprecisa dello Zemsl(t So- bor sia pregevole appunto per la sua imprecizione. Ci si domanda: quale diritto ha ora qualsiasi cittadino russo di affermare che domani il signor Struve non lancerà una nuova parola d'ordine « pregevole per la sua imprecisione 1 ? ? Passiamo all’ultimo punto della risposta del signor Struve. « Non sono forse fraseologia rivoluzionaria — egli domanda — o dottri- narismo del tutto privo di vitalità le argomentazioni del signor T. P. * sul significato dello zemstvo come strumento per rafforzare la auto- crazia? >. Il signor Struve vede qui l’appropriazione di una idea degli slavofili, l’accordo con Goremykin e le colonne d’Èrcole di una dottrina morta. Il signor Struve non è assolutamente in grado di ca- pire l’atteggi amento rivoluzionario verso le riforme irresolute, intra- prese per evitare la rivoluzione . Al signor Struve sembra slavofilo e reazionario ogni accenno al doppio giuoco dei riformatori daH’alto, esattamente come tutti gli Yves Guyot europei dichiarano reazionaria la critica socialista della proprietà privata! Certo non sorprende, che, divenuto riformatore, il signor Struve abbia perduto la capacità di capire il carattere bilaterale delle riforme e la loro importanza come IL SIGNOR STRUVE SMASCHERATO DA UN SUO COLLABORATORE 329 strumento per rafforzare il dominio dei governanti, anche se a prezzo dell’elargizione di riforme. Ma... ce stato un tempo in cui il signor Struve capiva questo meccanismo mirabilmente ingegnoso. Era un tempo remoto, il tempo in cui egli era « un pochino marxista » e, con lui, noi ci battevamo contro i populisti sulle pagine del defunto No- voie Sìovo . Nel fascicolo del luglio 1897 di questa rivista il signor Struve scriveva a proposito di N. V. Vodovozov: «Ricordo che nel 1890 — allora ero appena tornato da un viaggio che avevo compiuto in estate in Germania, ricco di nuove e forti impressioni — parlammo per strada della politica sociale e dei piani di riforma di Guglielmo li. Vodovozov attribuiva importanza a questi piani e non era d’accordo con me, che già allora (e a maggior ragione oggi) avevo irrevocabil- mente risolto in senso negativo la questione del significato che ave- vano il fatto e l’idea della cosiddetta ” monarchia sociale ”. Vodovozov considerava 1 idea della riforma sociale astraendo dalle forze sociali concrete che la compiono. Ecco perchè il socialismo cattolico è per lui soprattutto un originale movimento ideale in favore della riforma sociale, e non una forma specifica di reazione protettiva della borghesia europea e in parte dei relitti del feudalesimo europeo contro il cre- scente movimento operaio...». Vedete, dunque: in tempi remoti, all’e- poca degli ardori giovanili, il signor Struve capiva che le riforme pos- sono essere una reazione protettiva, cioè una reazione per proteggere le classi governanti dal crollo con una misura che è rivolta contro la classe rivoluzionaria, anche se migliora la situazione di questa stessa classe. E io domando ora al lettore: chi ha ragione? Ho detto c una vuota frase rivoluzionaria » denunciando l’unilateralità riformistica dell’atteggiamento del signor Struve verso una riforma come lo zem- stvo? oppure il signor Struve è rinsavito e si è allontanato « irrevoca- bilmente » dalla posizione rivoluzionaria da lui un tempo difesa (in modo che sembrava irrevocabile)? Sono divenuto io fautore degli sla- vofili e di Goremykin, oppure le « forti impressioni » suscitate nel si- gnor Struve dal viaggio nella Germania socialista hanno agito solo per alcuni anni?? Sì, sì, esistono modi diversi di concepire la forza delle impres- sioni, la forza delle convinzioni, l’importanza delle convinzioni, la compatibilità della moralità politica e del convincimento polir ico con l’enunciazione di parole d’ordine pregevoli per la loro impre- cisione... 33 ° LENIN Concludendo, non posso non rilevare alcune dichiarazioni del signor Struve, che «offuscano» in modo considerevole la gradevole impressione suscitata dalla sua svolta a sinistra. Avanzata una sola rivendicazione democratica (il suffragio universale), il signor Struve già si affretta a parlare del «partito democratico liberale». Non è un pò* presto 3 Non sarebbe stato meglio indicare prima con preci- sione tutte le trasformazioni democratiche che il partito rivendica incondizionatamente non solo nel programma agrario e operaio, ma anche nel programma politico , e solo dopo apporre Petichetta, solo dopo pretendere di elevarsi dal « rango » di liberali al rango di democratici liberali? Infatti il suffragio universale è il minimo di democrazia riconosciuto persino da alcuni conservatori, i quali, in generale, si sono rassegnati (in Europa) alle elezioni. E il signor Stru- ve, chissà perchè, non va oltre questo minimo sia nel n. 17 che nel n. 18. Rileviamo poi di sfuggita la curiosa osservazione del signor Struve, secondo cui il problema del socialismo dev’essere lasciato com- pletamente da parte dal partito democratico liberale « prima di tutto perchè il socialismo in realtà è solo ancora un problema ». O piuttosto, stimatissimo signor Struve, non è perchè gli elementi democratici « li- berali » della società russa esprimono interessi di classi che si oppon- gono alle rivendicazioni socialiste del proletariato? Questo sia detto di sfuggita, ripeto, per rilevare i nuovi metodi di « negazione » del so- cialismo impiegati dai signori liberali. In sostanza il signor Struve ha naturalmente ragione di dire che il partito « democratico » liberale non è un partito socialista e sarebbe sconveniente da parte sua farsi passare per tale. Quanto alla tattica del nuovo partito, il signor Struve si esprime in modo che non potrebbe essere più ambiguo. È un vero peccato. E ancora più spiacevole è che egli ripeta e sottolinei a più riprese la necessità di una «tattica una e duplice, intesa come una combina- zione abile, duttile e inscindibile» dei metodi d’azione legale e illegale. Nella migliore delle ipotesi questo è un pretesto per sfuggire airimpellente problema dei metodi di azione illegali. E questo pro- blema è impellente perchè solo la sistematica attività illegale definisce di fatto la fisionomia di un partito. Nella peggiore delle ipotesi invece si tratta del ripetersi delle tergiversazioni con cui il signor Struve ha cercato di cavarsela quando ha scritto a proposito « dei diritti e del potere agli zemstvo » e non di un partito apertamente e decisamente il Signor stri* ve smascherato da un suo collaboratore 331 costituzionale e «democratico». Ogni partito illegale «combina» le azioni illegali e legali, nel senso che si appoggia sulle masse di coloro che non partecipano direttamente all’* attività clandestina », sostiene le proteste legali, si serve delle possibilità legali di propaganda, orga- nizzazione, ecc. Questo è universalmente noto e non a questo si allude quando si parla della tattica di un partito illegale. Si allude alPirrevo- cabile riconoscimento della lotta da parte di questo partito, all elabo- razione dei metodi di lotta, al dovere dei membri del partito di non limitarsi alle proteste legali, ma di subordinare tutto agli interessi e alle esigenze della lotta rivoluzionaria. Se non ce un'attività illegale sistematica e una lotta rivoluzionaria, non c’è neanche un partito che possa essere effettivamente costituzionale (senza parlare poi di un partito democratico). E non si può arrecare alla causa della lotta un dannò maggiore che confondendo il lavoro rivoluzionario, il quale si basa su vaste masse, utilizza vaste organizzazioni, contribuisce all’e- ducazione politica dei militanti legali» con il lavoro che non va al d\ là dei limiti legali. Is^ra, n. 37, i° aprile 1903. AI CONTADINI POVERI Spiegazione per ì contadini di ciò che t/ogliono i socialdemocratici 11 Scritto nel marzo 1903. Pubblicato per la prima volta in opuscolo nel maggio 1903 a Ginevra, a cura della « Lega dei socialdemocratici russi » allestirò. La lotta degl) operai delle città Molti contadini hanno probabilmente già sentito parlare delle agi- tazioni operaie nelle città. Alcuni sono stati essi stessi nelle capitali e nelle fabbriche e qui hanno assistito a sommosse, come la polizia le chiama. Altri conoscono degli operai che hanno partecipato alle agita- zioni e sono stati confinati nelle campagne dalle autorità. Ad altri ancora sono capitati in mano fogli operai e opuscoli sulla lotta operaia. Altri, infine, hanno semplicemente sentito raccontare da gente infor- mata ciò che avviene nelle città. Un tempo si ribellavano soltanto gli studenti, oggi, invece, si sono sollevati, in tutte le grandi città, migliaia e decine di migliaia di operai. Essi lottano il più delle volte contro i loro padroni, contro i fabbricanti, i capitalisti; scendono in sciopero, sospendono tutti as- sieme il lavoro nella fabbrica ed esigono l’aumento del salario, esigono che non li si costringa a lavorare undici ore, e nemmeno dieci, ma otto. Esigono anche vari altri provvedimenti che migliorino la loro esistenza di uomini che lavorano. Vogliono che gli stabilimenti siano meglio attrezzati, che le macchine siano protette da dispositivi speciali e non mutilino gli operai, che i loro bambini possano andare a scuola, che negli ospedali gli ammalati vengano curati bene, che le abitazioni operaie siano abitazioni umane e non dei canili. La polizia interviene nella lotta operaia, acciuffa gli operai, li getta in carcere, li confina senza processo nel paese d'origine e persino in Siberia. Il governo proibisce per legge gli scioperi e le riunioni di operai. Ma questi conducono la lotta e contro la polizia e contro il governo. Essi dicono: abbiamo sgobbato abbastanza, noi, milioni di 336 LENIN lavoratori! Abbiamo lavorato abbastanza per i ricchi e siamo rimasti dei pezzenti! Ci siamo lasciati spogliare abbastanza! Vogliamo unirci, raccogliere tutti gli operai in una grande associazione operaia (partito operaio) e lottare assieme per una vita migliore. Vogliamo ottenere una organizzazione nuova, migliore, della società: in questa società nuova, migliore, non debbono esservi nè ricchi nè poveri; tutti debbono partecipare al lavoro. Non un pugno di ricconi, ma tutti i lavoratori debbono godere dei frutti del lavoro comune. Le macchine e le altre innovazioni tecniche debbono alleviare il lavoro di tutti e non arricchire alcuni a spese di milioni e decine di milioni di uomini. Questa società nuova, migliore, si chiama società socialista . La dottrina che ne parla si chiama socialismo, Le associazioni degli operai che lot- tano per questa organizzazione migliore della società si chiamano par- titi socialdemocratici . Tali partiti in quasi tutti i paesi (all'infuori della Russia e della Turchia) esistono apertamente; e i nostri operai, insieme ai socialisti provenienti dai ceti colti, hanno anch’essi orga- nizzato un simile partito: il Partito operaio socialdemocratico russo. Il governo lo perseguita, ma il partito esiste clandestinamente, e, nonostante tutti i divieti, pubblica giornali e opuscoli, organizza as- sociazioni segrete. E gli operai non solo tengono riunioni clandestine, ma scendono anche in massa nelle strade, spiegano al vento bandiere con. la scritta; «Evviva la giornata lavorativa di otto ore! >, « Evviva la libertà! Evviva il socialismo! >. Per questo il governo perseguita con furore gli operai c manda persino le truppe a sparare contro di loro. I soldati russi hanno ucciso operai russi a Iaroslavl, a Pietroburgo, a Riga, a Rostov sul Don, a Zlatoust, Ma gli operai non si arrendono e continuano la lotta. Nè le per- secuzioni, nè la prigione, nè la deportazione, nè la galera, nè la morte ci spaventeranno, essi dicono. La nostra causa è giusta. Noi lottiamo per la libertà e la felicità di tutti coloro che lavorano. Lottiamo per liberare dalla violenza, dairoppressione, dalla miseria decine e cen- tinaia di milioni di uomini. Gli operai diventano sempre più co- scienti. Il numero dei socialdemocratici aumenta rapidamente in tutti i paesi. Noi vinceremo nonostante tutte le persecuzioni. I contadini poveri devono capire chiaramente chi sono questi so- cialdemocratici, che cosa vogliono, come bisogna agire nei villaggi per aiutarli a conquistare la felicità per il popolo. AT CONTADINI POVERI 337 2 Che cosa vogliono i socialdemocratici? I socialdemocratici russi vogliono anzitutto la libertà politica. E ne hanno bisogno per poter unire largamente, apertamente, tutti gli operai russi nella lotta per un’organizzazione nuova, migliore, so- cialista della società. Che cosa è la libertà politica? Per capirlo, il contadino deve anzitutto paragonare la sua libertà attuale con la servitù della gleba. Ai tempi della servitù della gleba il contadino non poteva sposarsi senza il permesso del signore. Ora è libero di sposarsi senza nessun permesso. Ai tempi della servitù della gleba il contadino doveva lavorare completamente per il suo signore nei giorni fissati dal fattore. Ora è libero di scegliere per quale pa- drone, in quali giorni e per quale paga deve lavorare. Ai tempi della servitù della gleba il contadino non poteva assolutamente assentarsi dal villaggio senza il permesso del signore. Ora è libero di andare dove vuole se la comunità glielo permette, se non ha debiti da pagare, se gli dànno un passaporto, se il governatore o il capo della polizia distrettuale non gli proibiscono di trasferirsi. Questo significa che nemmeno adesso il contadino è completamente libero di andare dove vuole, di trasferirsi dove vuole, significa che egli rimane ancora semi- servo. Più avanti parleremo particolareggiatamente del perchè il con- tadino russo rimane semiservo e di come può uscire da questa situa- zione. Ai tempi della servitù della gleba il contadino non si sarebbe per- messo di acquistare beni senza il permesso del signore, non si sarebbe permesso di comprare terre. Ora c libero di acquistare qualsiasi bene (ma nemmeno adesso è pienamente libero di uscire dalla comunità, di disporre come vuole della propria terra). In regime feudale il con- tadino poteva essere condannato a pene corporali dal signore. Ora non può essere condannato dal suo proprietario fondiario, anche se a tutt’oggi è ancora sottoposto a pene corporali. Questa libertà si chiama libertà civile: libertà negli affari di fa- miglia, nelle questioni personali e di proprietà. Il contadino e Toperaio sono liberi (benché non completamente) di organizzare la propria vita 22-763 338 LENIN familiare, i propri affari familiari, di disporre del proprio lavoro (sce- gliersi il padrone), di disporre dei propri beni. Ma nè gli operai russi, nè tutto il popolo russo hanno ancora la libertà di occuparsi degli affari che interessano tutto il popolo. Il po- polo intero rimane asservito ai funzionari, così come i contadini erano asserviti ai signori. Il popolo russo non ha il diritto di scegliere i funzionari, non ha il diritto di eleggere dei delegati che facciano le leggi per tutto lo Stato. Non ha neppure il diritto di organizzare riunioni per discutere degli affari di Stato . Senza il permesso dei fun- zionari, nominati senza il nostro consenso, così come nei vecchi tempi il fattore veniva scelto dal signore senza il consenso dei contadini, non possiamo neppure pubblicare giornali e libri, non possiamo par- lare davanti a tutti e per tutti degli affari di tutto lo Stato! Come i contadini erano schiavi dei signori, così il popolo russo rimane ancora schiavo dei funzionari. Come i contadini in regime feudale non godevano della libertà civile, così il popolo russo non gode ancora della libertà politica. Libertà politica significa libertà per il popolo di decidere degli affari di tutto il popolo, dello Stato. Libertà politica significa diritto per il popolo di eleggere i propri delegati (de- putati) alla Duma (parlamento). Tutte le leggi devono essere discusse e promulgate, tutte le imposte e le tasse devono essere fissate soltanto da questa Duma (parlamento) eletta dal popolo. Libertà politica si- gnifica il diritto concesso al popolo di eleggere esso stesso tutti i fun- zionari, di organizzare ogni genere di riunioni per discutere tutti gli affari di Stato, di pubblicare, senza nessun permesso, qualsiasi libro e giornale. Già da tempo tutti gli altri popoli europei si sono conquistati la libertà politica. Soltanto in Turchia e in Russia il popolo continua a essere politicamente schiavo del governo del sultano e del governo autocratico dello zar. L'autocrazia zarista significa potere illimitato dello zar. Il popolo non partecipa affatto allorganizzazione e al- ramministrazione dello Stato. Tutte le leggi vengono promulgate, tutti i funzionari sono nominati dal solo zàr, che ha un potere personale illimitato, autocratico. Ma lo zar non può , certamente, neppure conoscere tutte le leggi russe e tutti i funzionari russi, non può neppure sapere quello che avviene nello Stato. Egli san- ziona soltanto la volontà di qualche decina di funzionari più alti e più importanti. Un solo uomo, per quanto lo voglia, non potrebbe Al CONTADINI POVERI 339 governare uno Stato immenso come la Russia. La Russia non è go- vernata dallo zar — dell’autocrazia di una sola persona' si può solo parlare! — , ma da un pugno di funzionari, quelli più ricchi e alto- locati. Lo zar sa solo ciò che quel pugno di funzionari vuol fargli sapere e non ha nessuna possibilità di andare contro la volontà di questo pugno di dignitari di corte: è egli stesso un grande proprie- tario fondiario e un nobile; fin dall’infanzia ha vissuto soltanto in mezzo a queste persone altolocate; sono esse che lo hanno educato e istruito; del popolo russo sa soltanto ciò che sanno questi nobili, questi ricchi proprietari fondiari e i pochi ricchissimi commercianti ammessi a corte. In ogni ufficio di volost potete vedere un quadro che raffigura lo zar (il padre di quello attuale, Alessandro III) che fa un discorso agli anziani delle volost giunti per la sua incoronazione. Lo zar ordina loro: « Ubbidite ai vostri marescialli della nobiltà! ». E lo zar attuale, Nicola II, ha ripetuto la stessa cosa. Ciò vuol dire che gli zar ricono- scono di non poter governare lo Stato se non mediante i nobili, per mezzo dei nobili. Bisogna ricordarsi bene di questi discorsi dello zar sulla sottomissione dei contadini ai nobili. Bisogna capire chiaramente quale bugia dicono al popolo coloro che cercano di raffigurare il go- verno zarista come il governo migliore. Negli altri paesi, dicono co- storo, il governo è elettivo; i ricchi vengono eletti, e i ricchi gover- nano senza giustizia, opprimono i poveri. In Russia, al contrario, il governo non è elettivo; lo zar autocrate governa tutto. Lo zar è al di sopra di tutti: poveri e ricchi. Lo zar, dicono costoro, è giusto verso di tutti, siano poveri o ricchi. Simili discorsi sono ipocriti. Ogni russo sa qual è la giustizia del nostro governo. Ognuna sa se da noi un semplice operaio o contadino- bracciante può far parte del Consiglio di Stato. Mentre in tutti gli altri paesi europei fanno parte della Duma di Stato (parlamento) anche operai delle fabbriche e braccianti agricoli; ed essi parlano libera- mente di fronte a tutto il popolo della vita penosa degli operai, chiama- no gli operai a unirsi e a lottare per una vita migliore. E nessuno osa interrompere simili discorsi degli eletti del popolo, nessun poliziotto osa torcer loro un capello. In Russia il governo non è elettivo, e non soltanto comandano i ricchi e i nobili, ma i peggiori fra questi. Governano quelli che meglio sanno fare i delatori a Corte, quelli che sono più abili nel fare lo 22 * LENIN W sgambetto agli altri, quelli che mentiscono allo zar e calunniano, quelli che sanno lusingare e adulare. Si governa segretamente; il popolo non sa e non può sapere quali leggi si stanno preparando, quali guerre si vogliono fare, quali nuove imposte stanno per essere istituite, quali funzionari, e per quale motivo, vengono premiati o destituiti. In nessun altro paese vi sono tanti funzionari come in Russia. Costoro soffocano come una cupa selva il popolo che non può parlare; un semplice lavoratore non può mai aprirsi il varco attraverso questa selva, non può mai ottenere giustizia. Nessun ricorso contro funzio- nari per corruzione, spoliazioni o violenze viene reso pubblico: tutti vengono praticamente annullati dalla procedura burocratica. La voce di un uomo isolato non giunge mai fino a tutto il popolo, ma si perde in quella cupa selva, viene soffocata nelle celle del carcere. L esercito dei funzionari, che non sono stati eletti dal popolo e non sono tenuti a rispondere davanti al popolo, ha tessuto una fitta ragnatela e in questa ragnatela gli uomini si dibattono come mosche. L’autocrazia zarista è l’autocrazia dei funzionari. L’autocrazia zarista è la sottomissione feudale del popolo ai funzionari e soprattutto alla polizia. L’autocrazia zarista è l’autocrazia della polizia. Ecco perchè gli operai scendono in piazza e scrivono sulle loro bandiere: « Abbasso l’autocrazia! », « Evviva la libertà politica! ». Ecco perchè anche le decine di milioni di contadini poveri devono appog- giare, far proprio questo grido di lotta degli operai delle città. Come loro, gli operai agricoli e i contadini nullatenenti, senza temere le persecuzioni, senza lasciarsi intimidire da qualsiasi minaccia e vio- lenza del nemico, senza perdersi d’animo ai primi insuccessi, debbono levarsi a combattere per la libertà di tutto il popolo russo ed esigere anzitutto la convocazione dei rappresentanti del popolo . Elegga il popolo stesso i suoi rappresentanti (deputati) in tutta la Russia. Co- stituiscano questi deputati un’assemblea suprema, la quale insedi il governo elettivo in Russia, liberi il popolo dalla sottomissione feudale ai funzionari e alla polizia, gli assicuri il diritto di libere riunioni, di libera parola e di libera stampa! Ecco che cosa vogliono anzitutto i socialdemocratici. Ecco che cosa significa la loro prima rivendicazione: rivendicazione della libertà politica . Noi sappiamo che la libertà politica, la libertà di eleggere la Duma AI CONTADINI POVERI 341 di Stato (parlamento), la libertà di riunione e la libertà di stampa non libereranno di colpo il popolo lavoratore dalla miseria e dalPoppres- sione. Non esiste al mondo un mezzo per liberare di colpo i poveri delle città e delle campagne dal lavoro per conto dei ricchi. Il popolo lavoratore non può riporre le sue speranze su nessuno, non può fare assegnamento su nessuno, se non su se stesso . Nessuno libererà il lavoratore dalla miseria, se non si libererà da sè . E per liberare se stessi, gli operai devono stringersi in tutto il paese, in tutta la Russia, in una sola organizzazione, in un solo partito. Ma milioni di operai non possono unirsi se il governo autocratico di polizia proibisce qual- siasi assemblea, qualsiasi giornale operaio, qualsiasi elezione di depu- tati operai. Per unirsi bisogna avere il diritto di costituire qualsiasi associazione, bisogna avere la libertà di organizzarsi, bisogna avere la libertà politica. La libertà politica non libererà di colpo il popolo lavoratore dalla miseria, ma darà agli operai Varma per combattere la miseria . Non ce e non può esserci altro mezzo per combattere la miseria all’in- fuori àe\Y unione degli operai stessi. E per i milioni di lavoratori non esiste la possibilità di unirsi se non esiste la libertà politica . In tutti i paesi europei, dove il popolo si è conquistato la libertà politica, gli operai hanno già da tempo cominciato a unirsi. Gli operai che non hanno nè terra, nè bottega, che lavorano tutta la vita come salariati per conto degli altri, questi operai vengono chiamati in tutta l’Europa proletari. Più di cinquantanni fa risuonò 1’appello all’unione di tutto il popolo lavoratore. « Proletari di tutti i paesi, unitevi!»: queste parole hanno fatto negli ultimi cinquantanni il giro del mondo, esse vengono ripetute in decine e centinaia di mi- gliaia di assemblee operaie, e potete leggerle in milioni di libri e gior- nali socialdemocratici in tutte le lingue. Naturalmente, stringere in una sola organizzazione, in un solo partito milioni di operai è cosa tuttaltro che facile, che esige tempo, tenacia, perseveranza e coraggio. Gli operai sono schiacciati dal bi- sogno e dalla miseria, sono abbrutiti daireterno lavoro da galeotti per i capitalisti e i grandi proprietari fondiari, e spesso non hanno neanche il tempo di chiedersi perchè rimangono eternamente poveri e di pensare al modo in cui uscire da tali condizioni. Agli operai viene impedito in tutti i modi di unirsi: o con l’aperta, bestiale vio- lenza nei paesi come la Russia, dove non c’è libertà politica, oppure 342 LENIN con il rifiuto di assumere al lavoro gli operai che diffondono la dot- trina del socialismo, oppure, infine, con l’inganno e la corruzione. Ma tutte le violenze, tutte le persecuzioni non riescono a fermare gli operai-proletari che lottano per la grande causa della liberazione di tutto il popolo lavoratore dalla miseria e dall’oppressione. Il nu- mero degli operai socialdemocratici aumenta continuamente. Nello Stato con noi confinante, la Germania, c’è un potere elettivo. Una volta anche in Germania c’era il potere autocratico, illimitato del re. Ma il popolo tedesco già da tempo, oltre cinquant’anni fa, ha distrutto l’autocrazia e si è conquistato con la forza la libertà politica. Oggi le leggi vengono promulgate in Germania non da un pugno di fun- zionari come in Russia, ma dall 'assemblea degli eletti dal popolo , dal parlamento, o Dieta imperiale , come la chiamano i tedeschi. Tutti gli uomini adulti eleggono i deputati a questa Dieta. Perciò si può calcolare quanti votano per i socialdemocratici. Nel 1887 un decimo di tutti i voti andò ai socialdemocratici. Nel 1898 (quando hanno avuto luogo le ultime elezioni alla Dieta imperiale tedesca) il numero dei voti socialdemocratici è aumentato di quasi tre volte . Già più di un quarto di tutti i voti è andato ai socialdemocratici. Oltre due mi- lioni di uomini hanno eletto al parlamento deputati socialdemocratici. Fra gli operai agricoli, in Germania, il socialismo è ancora poco dif- fuso, ma attualmente fa progressi particolarmente grandi. E quando la massa dei braccianti, dei giornalieri e dei contadini nullatenenti, caduti in miseria, si unirà ai suoi fratelli delle città, gli operai tedeschi vinceranno e instaureranno un regime nel quale non ci saranno più la miseria e l’oppressione dei lavoratori. In che modo vogliono dunque gli operai socialdemocratici libe- rare il popolo dalla miseria? Per saperlo bisogna capire chiaramente da che cosa deriva la miseria di enormi masse del popolo nei regimi sociali esistenti. Sor- gono ricche città, si erigono case e attrezzano negozi lussuosi, si co- struiscono ferrovie, si introducono ogni genere di macchine e per- fezionamenti nell'industria e nell’agricoltura, eppure i milioni di uomini del popolo non escono dalla miseria e continuano a lavorare tutta la vita per riuscire appena a sostentare la loro famiglia. Anzi, il numero dei disoccupati aumenta. Aumenta sempre nei villaggi e nelle città il numero di coloro che non riescono a trovare nesssun lavoro. Nei villaggi essi fanno la fame e nelle città vanno ad ingros- Al CONTADINI POVERI 343 sare le file dei miserabili e dei pezzenti, si rifugiano come bestie nelle tane dei sobborghi cittadini o in orrendi tuguri e cantine come quelle del mercato Khitrov di Mosca. Come può avvenire tutto ciò? Come può avvenire che le ricchezze e il lusso aumentino sempre, mentre quei milioni e milioni di uo- mini che creano col proprio lavoro tutte le ricchezze continuano a rimanere nella povertà, nella miseria? Che i contadini muoiano di fame, gli operai vadano in giro senza lavoro, mentre i commercianti esportano dalla Russia milioni di pud di grano e le fabbriche e le officine rimangono ferme perchè non si sa che fare delle merci, non si sa dove venderle? Ciò avviene anzitutto perchè Penorme massa delle terre, e anche le fabbriche, le officine, i laboratori, le macchine, gli edifici, i piroscafi appartengono a un piccolo numero di ricconi. Su queste terre, in queste fabbriche e laboratori lavorano decine di milioni di uomini, ma essi appartengono ad alcune migliaia o alcune decine di migliaia di ricconi, di grandi proprietari fondiari, di commercianti e di fab- bricanti. Il popolo lavora per questi ricconi come salariato, per la paga, per un pezzo di pane. Tutto ciò che si produce in più di quel che serve a sostentare miseramente gli operai finisce nelle mani dei ricconi, e costituisce il loro profitto, il loro « reddito >. Tutti i van- taggi che apportano le macchine e i perfezionamenti nel lavoro vanno a profitto dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti: essi accu- mulano patrimoni di milioni, mentre ai lavoratori vanno soltanto misere briciole. I lavoratori vengono raggruppati per lavorare: nelle grandi tenute e nelle grandi fabbriche lavorano alcune centinaia e a volte anche alcune migliaia di operai. Questo raggruppamento di lavoratori, che permette di impiegare le macchine più diverse, au- menta il rendimento del lavoro; un operaio produce molto di più di ciò che producevano una volta decine di operai che lavoravano ciascuno per conto proprio e senza macchine. Però chi trae bene- ficio da questi vantaggi, da questa produttività del lavoro non sono i lavoratori, ma un numero ristrettissimo di grandi proprietari fon- diari, commercianti e fabbricanti. Spesso si sente dire che i grandi proprietari fondiari e i commer- cianti « dànno lavoro » al popolo, « dànno » un guadagno alla povera gente. Si dice, per esempio, che ai contadini di una data località «dà da mangiare » la fabbrica o la tenuta vicina. In realtà, invece, 344 LENIN sono gli operai che col proprio lavoro dànno da mangiare a se stessi e a tutti coloro che non lavorano. In cambio del permesso di lavorare nella tenuta del grande proprietario fondiario, nella fabbrica o nella ferrovia, l’operaio dà gratuitamente al proprietario tutto ciò che viene prodotto, ricevendo in compenso solo quanto basta al suo misero sostentamento. Ciò vuol dire che in realtà non sono i grandi pro- prietari fondiari e ì commercianti che dànno lavoro agli operai, ma gli operai che con la loro fatica mantengono tutti, cedendo gratuita- mente la maggior parte del proprio lavoro. Proseguiamo. La miseria del popolo in tutti gli Stati moderni proviene dal fatto che i lavoratori fabbricano le varie merci per la vendita, per il mercato. Il fabbricante e il padrone del laboratorio, il grande proprietario fondiario e il contadino ricco producono una data merce, allevano del bestiame, seminano e raccolgono grano per ven- dere -tutto ciò, per ricavarne denaro . Il denaro è diventato ovunque la forza principale. Qualsiasi prodotto del lavoro umano viene scam- biato con il denaro, con il denaro si può comprare tutto ciò che si vuole, con il denaro si può persino comprare un uomo, cioè costrin- gere un nullatenente a lavorare per chi ha dei soldi. Prima la forza principale era la terra. Così era all’epoca della servitù della gleba: chi aveva la terra aveva la forza e il potere. Ma ora il denaro, il capi- tale, c diventato la forza principale. Con il denaro si può comprare quanta terra si vuole. Senza denaro si può fare poco anche con la terra: non c’è di che comprare l’aratro e le altre scorte, il bestiame, i vestiti e le altre merci cittadine, per non parlare poi del pagamento delle imposte. Per aver denaro quasi tutti i grandi proprietari fon- diari hanno le loro tenute ipotecate dalle banche. Per procurarsi denaro il governo contrae prestiti presso i ricchi e i banchieri del mondo intero e paga ogni anno, per questi prestiti, centinaia di mi- lioni di rubli di interessi. Per il denaro tutti conducono oggi l’uno contro l’altro una lotta feroce. Ognuno cerca di comprare a minor prezzo, di vendere più caro, ognuno cerca di sorpassare l’altro, di vendere più merce possibile, di svalutare la merce dell’altro, di nascondere all’altro un proficuo mer- cato o un’ordinazione vantaggiosa. Sono i piccoli, i piccoli artigiani, i piccoli contadini, che hanno la peggio in questa mischia generale per il denaro: essi rimangono sempre indietro rispetto al ricco com- merciante o al contadino ricco. Non hanno mai nessuna riserva, AI CONTADINI POVERI 345 vivono alla giornata, sono costretti, alla prima difficoltà o disgrazia, a impegnare le ultime suppellettili o a vendere a bassissimo prezzo il bestiame da lavoro. Una volta caduti nelle grinfie di qualche kulak 0 strozzino, è molto raro che abbiano la forza di svincolarsi e, nella maggior parte dei casi, vanno definitivamente in rovina. Ogni anno decine e centinaia di migliaia di piccoli contadini e artigiani mettono il lucchetto alla porta della loro casetta, cedono gratuitamente il pro- prio nadiel alla comunità e si trasformano in operai salariati, brac- cianti, manovali, proletari. I ricchi, invece, si arricchiscono sempre più in questa lotta per il denaro. Essi accumulano in banca milioni e centinaia di milioni di rubli e traggono profitto non solo dal loro denaro, ma anche da quello degli altri, depositato in banca. La gente minuta, depositando in banca decine o centinaia di rubli, percepisce un interesse di tre o quattro copechi per rublo, mentre con queste decine di rubli i ricconi formano milioni, allargano con questi mi- lioni il proprio giro di affari e guadagnano da dieci a venti copechi per rublo. Ecco perchè gli operai socialdemocratici dicono che Punico mezzo per mettere fine alla miseria del popolo è quello di cambiare da capo a fondo gli attuali ordinamenti in tutto lo Stato e di instaurare ordinamenti socialisti , di togliere cioè ai grandi proprietari fondiari le loro tenute, ai fabbricanti le loro fabbriche e officine, ai banchieri 1 loro capitali in denaro, di abolire la proprietà privata e trasferirla in tutto lo Stato nelle mani di tutto il popolo lavoratore. Allora a dirigere il lavoro degli operai non saranno i ricchi, che vivono del lavoro altrui, ma gli operai stessi e i loro eletti. Allora il frutto del lavoro comune e i vantaggi di tutti i perfezionamenti delle macchine andranno a favore di tutti i lavoratori, di tutti gli operai. Allora le ricchezze aumenteranno ancor più rapidamente perchè gli operai lavoreranno per se stessi meglio che per i capitalisti, lavoreranno meno ore, vivranno meglio, tutta la loro vita cambierà completamente. Ma cambiare tutti gli ordinamenti di tutto lo Stato non è una cosa facile. Per questo occorre molto lavoro e una lotta lunga e tenace. Tutti i ricchi, tutti i proprietari, tutta la borghesia * difen- • Borghese vuol dire proprietario. Borghesia sono tutti i proprietari presi as- sieme. Grande borghese vuol dire grande proprietario. Pìccolo borghese, piccolo pro- prietario. Dire borghesia e proletariato è come dire proprietari e operai, ricchi e nulla- tenenti, quelli che vivono del lavoro altrui e quelli che lavorano per altri in cambio di una paga. 346 LENIN deranno con tutte le forze le proprie ricchezze. In difesa di tutta la classe ricca si schiereranno i funzionari e lesercito, perchè il governo stesso è nelle mani della classe ricca. Gli operai devono levarsi come un sol uomo per lottare contro tutti coloro che vivono del lavoro altrui; devono raggrupparsi essi stessi e raggruppare tutti i nulla- tenenti in una unica classe operaia , in una unica classe del proleta- riato . La lotta non sarà facile per la classe operaia, ma terminerà ine- vitabilmente con la vittoria degli operai, perchè la borghesia, ossia la gente che vive del lavoro altrui, costituisce una parte piccolissima del popolo, mentre la classe operaia ne è Penorme maggioranza. Dire operai contro possidenti è come dire milioni contro migliaia. E gli operai in Russia cominciano già a unirsi per questa grande lotta in un unico partito operaio socialdemocratico. Per quanto sia diffìcile unirsi clandestinamente, sfuggendo alla polizia, pure Punio- ne si sviluppa e si rafforza. Ma allorquando il popolo russo si con- quisterà la libertà politica, la causa delPunione della classe operaia, la causa del socialismo, otterrà successi molto più rapidi, ancor più rapidi di quelli che gli operai tedeschi ottengono. 3 Ricchezza e miseria , proprietari ed operai nelle campagne Sappiamo ora che cosa vogliono i socialdemocratici: vogliono lottare contro tutta la classe ricca per liberare il popolo dalla miseria. E nelle campagne da noi non c’è meno miseria, anzi ce n’è forse più che nelle città. Non diremo qui quanto è grande la miseria conta- dina : ogni operaio che sia stato nei villaggi, ogni contadino sa molto bene che cosa siano la miseria, la fame, il freddo e la desolazione nelle campagne. Ma il contadino non sa perchè soffre la miseria, la fame ed è in rovina, non sa come potrebbe uscire da questa miseria. Per saperlo bisogna anzitutto capire da che cosa provengono la miseria e il biso- gno diffusi nelle città e nelle campagne. Ne abbiamo già parlato bre- vemente e abbiamo visto che i contadini poveri e gli operai agricoli devono unirsi agli operai delle città. Ma questo non basta. Bisogna sapere, inoltre, quale gente nelle campagne si schiererà dalla parte dei AI CONTADINI POVERI 347 ricchi, dei proprietari e quale invece dalla parte degli operai, dei socialdemocratici. Occorre sapere se sono molti quei contadini che sono capaci, non meno dei grandi proprietari fondiari, di farsi un capitale e di vivere del lavoro altrui. Se non riusciremo a capirlo molto bene, tutte le chiacchiere sulla miseria non approderanno a nulla, e i contadini poveri non sapranno chi sono, nel villaggio, quelli che devono unirsi fra loro e con gli operai delle città e come debbono fare perchè questa unione sia sicura , perchè il contadino non sia ingan- nato, oltre che dal grande proprietario fondiario, anche dal proprio confratello, il contadino ricco. Per saperlo occorre vedere adesso qual è la forza dei grandi pro- prietari fondiari nel villaggio e qual è la forza dei contadini ricchi. Cominciamo dai grandi proprietari fondiari. Si può giudicare della loro forza anzitutto dalla quantità di terra che essi posseggono. Si è calcolato che tutte le terre della Russia europea, quelle dei nadiel contadini come pure quelle di proprietà privata, ammontano a circa 240 milioni di desiatine * (senza contare le terre demaniali delle quali parleremo a parte). Di questi 240 milioni di desiatine, 13 1 milioni si trovano — sotto forma di nadiel — nelle mani dei contadini, cioè nelle mani di più di io milioni di famiglie. Mentre nelle mani dei proprietari privati, cioè nelle mani di meno di mezzo milione di fa- miglie -, si trovano 109 milioni di desiatine. Ciò vuol dire che anche se facessimo la media, risulterebbe che ogni famiglia contadina pos- siede 13 desiatine, e ogni famiglia di proprietari privati 218 desiatine! Ma la terra è ripartita in modo molto più ineguale, come ora vedremo. Dei 109 milioni di desiatine di terra in proprietà privata, sette milioni formano V appannaggio , cioè sono proprietà privata dei mem- bri della famiglia imperiale. Lo zar con la sua famiglia è il primo proprietario fondiario, il più grande proprietario fondiario della Russia. Possiede più terra una sola famiglia che mezzo milione di famiglie contadine! Le chiese e i conventi, poi, posseggono circa sei milioni di desiatine di terra. I nostri preti predicano ai contadini il disinteresse e la rinuncia, e loro si sono accaparrati senza scrupoli una quantità enorme di terre. # Tutti questi dati c quelli successivi sulla quantità di terra sono molto anti- quati. Essi si riferiscono agli anni 1877-1878. Ma non vi sono dati più recenti. Il governo russo può reggersi soltanto nelle tenebre, ed è per questo che da noi ven- gono così di rado raccolte informazioni ampie e attendibili sulla vita del popolo in tutto lo Stato. 348 LENIN Circa due milioni di desiatine, si calcola poi, sono nelle città e nelle borgate e altrettante ne posseggono varie società e compagnie commerciali e industriali. 92 milioni di desiatine di terra (la cifra esatta è di 91.605.845, ma noi, per maggiore semplicità, daremo cifre tonde) appartengono a meno di mezzo milione (481.358) di famiglie di proprietari privati. La metà sono famiglie di proprietari molto piccoli che possiedono ognuno meno di dieci desiatine di terra. Tutte assieme hanno meno di un milione di desiatine, mentre sedicimila famiglie posseggono ognuna più di mille desiatine di terra; in tutto sessantacinque milioni di desiatine . Possiamo immaginarci quali scon- finate estensioni di terre sono concentrate nelle mani dei grandi proprietari fondiari, anche considerando che meno di mille famiglie (924) posseggono ognuna oltre diecimila desiatine di terra e, tutte assieme, ventisette milioni di desiatine ! Mille famiglie posseggono la stessa quantità di terra di due milioni di famiglie contadine. È chiaro che milioni e decine di milioni di persone devono patire la fame, essere in miseria, e dovranno sempre esserlo finché nelle mani di alcune migliaia di ricconi saranno concentrate tali immense proprietà terriere. È chiaro che anche il potere statale, lo stesso go- verno (sia pure il governo dello zar) continuerà a fare quel che vo- gliono i grandi proprietari fondiari. È chiaro che i contadini poveri non possono attendersi aiuto da nessuno finché essi stessi non si uni- ranno, non si raggrupperanno in una sola classe per condurre una lotta tenace, disperata contro la classe dei grandi proprietari fondiari. Qui bisogna rilevare che da noi molta gente (e persino molte persone istruite) hanno un’idea assolutamente sbagliata della potenza della classe dei grandi proprietari fondiari, poiché affermano che lo «Stato» possiede molta più terra dei grandi proprietari fondiari. « Già ora, dicono questi cattivi consiglieri del contadino, una gran parte del territorio [cioè di tutte le terre] della Russia appartiene allo Stato » (queste parole sono del giornale Revolutsionnaia Rossia y n. 8, p. 8). L’errore di questa gente è che ha sentito dire che da noi, nella Russia europea, 150 milioni di desiatine appartengono al demanio . Ed è vero. Ma essa dimentica che questi 150 milioni di desiatine sono quasi sempre terre improduttive e foreste nell 9 estremo nord y nei governatorati di Arcangelo, Vologdà, Olonets, Viatka e Perm. Ciò significa che al demanio sono rimaste soltanto le terre finora assolu- tamente inutilizzabili per l’agricoltura. Quanto alle terre produt- AI CONTADINI POVERI 349 ti ve, il demanio ne possiede meno di quattro milioni di desiatine. E queste terre (per esempio nella provincia di Samara, dove ce ne una quantità particolarmente grande) sono affittate a bassissimo, vilissimo prezzo ai ricconi, che ne prendono in affitto migliaia e decine di migliaia di desiatine, per poi subaffittarle ai contadini a un prezzo molto più alto. Sono veramente dei pessimi consiglieri del contadino coloro che dicono: il demanio ha molte terre. In realtà hanno molte terre buone i grandi proprietari fondiari privati (e tra questi lo zar in persona), ed essi tengono lo stesso demanio nelle loro mani. E finché i contadini poveri non sapranno unirsi e diventare, mediante questa unione, una forza temibile, lo «Stato» rimarrà sempre un servo fedele della classe dei grandi proprietari fondiari. Non bisogna poi dimenticare che una volta i grandi proprietari fondiari erano quasi tutti nobili. I nobili hanno anche ora moltissime terre (si è calcolato che nel 1877-1878 1 15 mila nobili possedevano 73 milioni di desiatine). Ma ora è il denaro, il capitale, che é diventato la forza principale. I com- mercianti e i contadini agiati hanno comprato molte, moltissime terre. Si ritiene che in trentanni (dal 1863 al 1892) i nobili abbiano perduto terre (ne hanno cioè vendute più di quelle che hanno comprato) per oltre 600 milioni di rubli. I commercianti e i notabili hanno acquistato terre per 250 milioni di rubli. I contadini, i cosacchi e «altri villani» (cosi il nostro governo chiama la gente di condizione semplice a dif- ferenza della « gente bennata », « per bene ») hanno acquistato terre per 300 milioni di rubli. Ciò significa che ogni anno i contadini di tutta la Russia in media acquistano in proprietà privata terre per io milioni di rubli. Ciò vuol dire che vi sono diversi tipi di contadini: alcuni fanno la fame e sono in miseria, altri si arricchiscono. Ciò vuol dire che aumenta sempre il numero dei contadini ricchi che seguono le orme dei grandi proprietari fondiari e si schiereranno con i ricchi contro gli operai. Perciò i contadini poveri, che vogliono unirsi con gli operai della città, ne devono tener ben conto, devono vedere quanti sono questi contadini ricchi, qual è la loro forza e di quale associazione abbiano bisogno per lottare contro questa forza. Abbiamo menzio- nato or ora i cattivi consiglieri dei contadini. Costoro amano dire: i contadini hanno già un’associazione, che è la comunità. La comunità è una grande forza. La comunità unisce strettamente i contadini fra 35 ° LENIN di loro; l’organizzazione (cioè il raggruppamento, associazione) della comunità contadina è colossale (cioè enorme, infinita). Questo non è vero. È una favola. Sebbene inventata da brava gente, è pur sempre una favola. Se daremo retta alle favole, non faremo che rovinare la nostra causa, la causa deirunione dei conta- dini poveri con gli operai della città. Che ogni abitante della cam- pagna si guardi attorno: la comunità contadina assomiglia forse a un associazione dei poveri per la lotta contro tutti i ricchi, contro tutti coloro che vivono del lavoro altrui? No, non le assomiglia e non le può assomigliare. In ogni villaggio, in ogni comunità ci sono molti operai agricoli, molti contadini caduti in miseria, e ci sono dei ricchi che fanno lavorare gli operai agricoli e si comprano delle terre « in godimento perpetuo. Questi ricconi sono anche membri della co- munità, e nella comunità hanno la supremazia perchè sono una forza. Abbiamo noi forse bisogno di un’associazione della quale facciano parte i ricconi, dove i ricconi abbiano la supremazia? Niente affatto. Abbiamo bisogno di un’associazione per lottare contro i ricchi. Ciò vuol dire che l’associazione della comunità non ci serve affatto. Ci occorre un’associazione volontaria, un’associazione in cui siano ammessi soltanto quelli che hanno capito la necessità di unirsi agli operai della città. La comunità invece non è un’associazione volon- taria, ma obbligatoria. Della comunità non fanno parte tutti coloro che lavorano per i ricconi, e che vogliono lottare uniti contro i ricconi. Delle comunità fanno parte ogni sorta di persone, e non di propria volontà, ma perchè i loro genitori vivevano in quella tenuta, lavora- vano per quel signore e perchè le autorità le hanno iscritte a quella comunità. I contadini poveri non ne possono uscire liberamente, non possono ammettere liberamente nella loro comunità un forestiero che è iscritto dalla polizia in un’altra, ma che, forse, è necessario alla no- stra associazione proprio in quel luogo. No, per noi ci vuole una as- sociazione del tutto diversa, una associazione volontaria composta di soli operai agricoli e contadini poveri, per la lotta contro coloro che vivono del lavoro altrui. Sono passati, e da molto, i tempi in cui la comunità contadina era una forza. E non torneranno mai più. La comunità era una forza quando fra i contadini non cerano braccianti e operai salariati che va- gavano per tutta la Russia in cerca di guadagno quando non vi erano quasi ricconi, quando tutti i contadini erano ugualmente oppressi dal AI CONTADINI POVERI 351 signore. Oggi, invece, il denaro è diventato la forza pricipale. Per il denaro anche i membri della stessa comunità lottano fra loro come belve. I contadini danarosi opprimono e spogliano altri membri della medesima comunità più ancora di quel che fanno certi grandi pro- prietari fondiari. Oggi abbiamo bisogno non di una comunità, ma di una associazione contro il potere del denaro , contro il potere del capitale, deirunione di tutti i salariati e dei contadini poveri di varie comunità, deirunione di tutti i contadini poveri con gli operai delle città, per lottare al tempo stesso contro i grandi proprietari e contro i contadini ricchi. Abbiamo già visto qual è la forza dei grandi proprietari fondiari. Ora bisogna vedere se vi sono molti contadini ricchi e qual è la loro forza. Abbiamo giudicato della forza dei grandi proprietari fondiari in base alla estensione delle loro tenute, in base alla quantità di terra in loro proprietà. I proprietari fondiari dispongono liberamente delle loro terre, comprano e vendono liberamente la terra. Perciò si può giudicare con molta precisione della loro forza in base alla quantità di terra in loro proprietà. I contadini invece non hanno tuttora da noi il diritto di disporre liberamente della loro terra; sono tuttora dei semiservi, vincolati alla loro comunità. Perciò non si può giudicare della forza dei contadini ricchi in base all’estensione dei loro nadiel. Non è con i loro nadiel che i contadini ricchi si arricchiscono ancor più. Essi comprano molta terra, comprano « per sempre » (cioè in proprietà privata) e per « alcuni anni » . (prendono cioè in affitto), comprano dai grandi propriari fondiari e dai propri confratelli-con- tadini, da coloro che abbandonano la terra, che affittano per miseria i loro nadiel . Perciò la cosa più sicura sarà dividere i contadini in ricchi, medi e poveri basandosi sul numero dei cavalli che posseggono. Un contadino che ha parecchi cavalli è quasi sempre un contadino ricco; se ha molto bestiame da lavoro, vuol dire che ha molti seminativi, ha delle terre oltre al nadiel e ha anche soldi da parte. Inoltre abbiamo la possibilità di sapere quanti sono in tutta la Russia (la Russia eu- ropea, senza contare nè la Siberia, nè il Caucaso) i contadini che hanno parecchi cavalli. Certo, non bisogna dimenticare che per tutta la Russia si può fare solo una media: i distretti e i governatorati dif- feriscono molto l’uno dall altro. Per esempio vicino alle città vi sono spesso contadini ricchi che non hanno molti cavalli. Alcuni si occu- 35 * LENIN pano di orticoltura, che rende molto; altri hanno pochi cavalli ma molte vacche e vendono latte. Vi sono in Russia, ovunque, anche con- tadini che non si arricchiscono con la terra, ma con il commercio, che posseggono caseifici, macchine per mondare le graniglie e altri im- pianti. Tutti quelli che vivono in campagna conoscono molto bene i contadini ricchi del proprio villaggio e del distretto. Ma a noi occorre sapere quanti ce ne sono in tutta la Russia, qual è la loro forza, in modo che il contadino povero non vada a casaccio, con gli occhi ben- dati, ma sappia con precisione quali sono i suoi amici e quali i suoi nemici. Vediamo dunque quanti sono i contadini con molti e pochi ca- valli. Abbiamo già detto che in tutto, in Russia, vi sono circa dieci milioni di famiglie contadine. Oggi hanno in tutto, probabilmente, circa quindici milioni di cavalli (circa quattordici anni fa ce n’erano diciassette milioni, ma ora ce ne sono meno). Ciò significa che vi sono in media quindici cavalli per ogni dieci famiglie. Ma il fatto è che alcuni, pochi, hanno molti cavalli, mentre altri, moltissimi, o non ne hanno affatto, oppure ne hanno pochi. Vi sono non meno di tre mi- lioni di contadini senza cavallo, e circa tre milioni e mezzo di con- tadini con un solo cavallo. Sono tutti o contadini caduti compieta- mente in miseria, oppure nullatenenti. Noi li chiamiamo contadini poveri. Essi sono sei milioni e mezzo su dieci, cioè quasi due terziì Poi vengono i contadini medi che hanno ognuno due capi di be- stiame da lavoro; sono circa due milioni di famiglie e posseggono circa quattro milioni di cavalli. In ultimo vengono i contadini ricchi che posseggono più di due capi di bestiame da lavoro e sono un mi- lione e mezzo di famiglie, ma posseggono sette milioni e mezzo di cavalli *. Ciò significa che nelle mani di circa un sesto di famiglie contadine si trova la metà di tutti i cavalli. • Ripetiamo ancora una volta che diamo qui cifre medie, approssimative. Può darsi che i contadini ricchi non siano precisamente un milione e mezzo, ma un milione e un quarto, oppure un milione e tre quarti, o anche due milioni. Ma la differenza non è poi tanto importante. Non si tratta dì calcolare il migliaio o il cen- tinaio di migliaia, ma di capire chiaramente qual è la forza dei contadini ricchi, qual è la loro situazione, per sapere riconoscere i propri nemici e i propri amici, per non lasciarsi ingannare da frottole e da chiacchiere di ogni specie, per conoscere con pre- cisione la situazione dei poveri e soprattutto la situazione dei ricchi. Ogni lavoratore della campagna deve cercare di osservare attentamente la sua volost e le volost vicine, e vedrà che il nostro calcolo c giusto, che in media, dap- pertutto, sarà proprio così: su ogni cento famiglie ve ne sono al massimo dicci o venti ricche, circa venti di contadini medi c tutte le altre sonn di contadini poveri. Al CONTADINI POVERI 353 Sapendo questo possiamo giudicare con sufficiente precisione la forza dei contadini ricchi. Numericamente sono ben pochi: in diverse comunità, in diverse volost su cento famiglie ce ne saranno dieci o venti. Ma queste poche famiglie sono le più ricche. Perciò posseggono in tutta la Russia, come abbiamo già visto, quasi tanti cavalli quanti ne posseg- gono tutti gli altri contadini presi insieme. Vuol dire che posseggono anche quasi la metà di tutti i seminativi contadini e raccolgono molto più grano di quel che occorra per le loro famiglie. Essi ne vendono molto: il grano serve loro non solo per nutrirsi, ma soprattutto per venderlo, per far denaro. Questi contadini possono metterne da parte, e lo depositano nelle casse di risparmio e nelle banche. Comprano poi anche terre che diventano loro proprietà. Abbiamo già detto quante terre comprano ogni anno i contadini in Russia; tali terre vanno quasi tutte a questi pochi contadini ricchi. I contadini poveri non pensano a comprare terre, ma a procurarsi da mangiare. Mancano loro spesso persino i soldi per comprare il grano, immaginiamoci poi per le terre! Perciò tutte le banche in generale, e la banca con- tadina in particolare, non aiutano tutti i contadini a procurarsi terre (come affermano a volte coloro che ingannano il contadino, oppure coloro che sono veramente troppo ingenui), ma soltanto un numero ristrettissimo di contadini, soltanto quelli ricchi. Quindi anche i cat- tivi consiglieri del contadino, di cui abbiamo già parlato, mentono quando dicono che i contadini comprano terra e che la terra passa dal capitale al lavoro. Al lavoro, cioè al lavoratore nullatenente, la terra non può mai passare, perchè la terra costa denaro. E i poveri non ne hanno mai. La terra passa soltanto ai contadini ricchi, dana- rosi, al capitale, soltanto a coloro contro i quali i contadini poveri devono lottare , uniti agli operai di città. I contadini ricchi non solo comprano terre « per sempre », ma so- prattutto ne affittano per alcuni anni. Affittando grandi appezza- menti di terra non ne lasciano per i contadini poveri. Così, per esem- pio, per un distretto del governatorato di Poltava (quello di Kon- stantinograd), si è calcolato quanta terra è stata affittata ai contadini ricchi. Che cosa ne è risultato? Pochissime famiglie avevano affittato ciascuna trenta e più desiatine: solo due famiglie su quindici. Ma questi ricconi si erano accaparrati la metà di tutta la terra da affittare, e ad ogni riccone spettavano 75 desiatine di questa terra! Oppure, per esempio, anche nel governatorato di Tauride, s’è calcolato quanta 23 - 763 354 LENIN terra affittata dal demanio alle comunità o ad altre associazioni con- tadine è stata accaparrata dai ricconi. È risultato che i ricconi, che costi- tuiscono soltanto un quinto di tutte le famiglie contadine, si erano ac- caparrati i tre quarti di tutta la terra affittata. La terra viene spartita ovunque tra chi ha denaro, e il denaro ce l'hanno i pochi ricconi. Inoltre, ora anche i contadini stessi danno in affitto molta terra. Abbandonano i propri nadìel perche non hanno bestiame, non hanno sementi, non possono mandare avanti l'azienda. Senza quattrini, oggi, non si può far nulla, neanche con la terra. Così, per esempio, tra i contadini ricchi del distretto di Novouzensk, nel governatorato di Samara, una o anche due famiglie su tre prendono in affitto i nadiel della propria o di qualche altra comunità. Sono i contadini senza cavallo o quelli con un solo cavallo che affittano i loro nadiel. Nel governatorato di Tauride un terzo delle famiglie contadine affittano i loro nadiel. Un quarto di tutti i nadiel contadini, 250.000 desiatine, viene affittato. E di queste 250.000, 150.000 desiatine (i tre quinti) finiscono nelle mani dei contadini ricchi! Qui possiamo giudicare ancora una volta se la comunità sia una cosa che va bene per i con- tadini poveri. Nella comunità contadina chi ha quattrini ha la forza. A noi invece occorre l'unione dei contadini poveri di tutte le co- munità. Per ingannare il contadino ci si serve tanto dei discorsi sulla com- pera di terre, quanto dei discorsi suH'acquisto a buon mercato di aratri, mietitrici e vari strumenti agricoli perfezionati. Vengono organizzati depositi degli zemstvo, delle artel e si dice: gli strumenti agricoli perfe- zionati miglioreranno la situazione dei contadini. Tutto ciò non è che un inganno. Tutti questi strumenti perfezionati vanno a finire soltanto nelle mani dei ricchi mentre ai poveri non spetta quasi nulla. Questi ultimi non possono pensare agli aratri, alle mietitrici: è già molto se riescono a campare in qualche modo! Tutto questo « aiuto ai conta- dini » è soltanto un aiuto ai contadini ricchi e nulla più. Alla massa dei poveri, che non ha nè terra, nè bestiame, nè risparmi, non servirà a nulla che i migliori strumenti si vendano a miglior mercato. Così, per esempio, in un distretto del governatorato di Samara si è calcolato quanti strumenti agricoli perfezionati si trovano nelle mani dei conta- dini ricchi e quanti in quelle dei poveri. È risultato che un quinto delle famiglie, cioè quelle più agiate, detengono quasi i tre quarti di tutti gli strumenti agricoli perfezionati, mentre i poveri, metà delle AI CONTADINI POVERI 355 famiglie contadine, ne detengono soltanto la trentesima parte . In quel distretto su un totale di 28 mila famiglie vi sono io mila famiglie senza cavallo o con un solo cavallo: nelle mani di queste io mila famiglie si trovano soltanto sette strumenti agricoli perfezionati su un numero totale di 5.724 strumenti perfezionati che le famiglie con- tadine del distretto posseggono in complesso. Sette strumenti agricoli su 5.724: ecco quale vantaggio traggono i contadini poveri da tutti questi miglioramenti, dalla diffusione degli aratri e delle mietitrici che dovrebbero « aiutare tutti i contadini »! Ecco che cosa possono aspettarsi i contadini poveri da coloro che parlano del «migliora- mento della azienda contadina »! E infine una delle particolarità principali dei contadini ricchi è che essi fanno lavorare operai agricoli e giornalieri Come i grandi proprietari fondiari anche i contadini ricchi vivono del lavoro altrui. Come i grandi proprietari fondiari essi si arricchiscono perchè la massa dei contadini si rovina e cade in miseria. Come i grandi pro- prietari fondiari essi cercano di spremere più lavoro che possono dai loro operai e di pagarli il meno possibile. Se non ci fossero milioni di contadini completamente rovinati e costretti ad andare a lavorare per conto di altri, come salariati, a vendere la propria forza-lavoro, i contadini ricchi, non potrebbero esistere, non potrebbero mandare avanti le loro aziende. In tal caso non saprebbero dove trovare i nadiel « abbandonati » da accaparrarsi, non saprebbero dove trovare gli operai. In tutta la Russia un milione e mezzo di contadini ricchi fa sicuramente lavorare non meno di un milione di operai agricoli e giornalieri. È chiaro che nella grande lotta tra la classe dei possi- denti e la classe dei nullatenenti, tra i padroni e gli operai, tra la borghesia ed il proletariato, i contadini ricchi si schiereranno dalla parte dei possidenti, contro la classe operaia. Conosciamo ora la situazione e la forza dei contadini ricchi. Adesso vediamo come vivono i contadini poveri. Abbiamo già detto che i contadini poveri costituiscono renorme maggioranza, quasi i due terzi di tutte le famiglie contadine in Russia. Anzitutto le famiglie contadine senza cavallo sono non meno di tre milioni^ forse persino di più, circa tre milioni e mezzo attual- mente. Ogni anno di carestia, ogni cattivo raccolto, manda in rovina decine di migliaia di famiglie contadine. La popolazione aumenta, ci si trova sempre più allo stretto, e tutte le terre migliori sono già 23 ’ 356 LENIN state accaparrate dai grandi proprietari fondiari e dai contadini ric- chi. Ed allora ogni anno aumentano sempre più quelli che vanno in rovina, che sono costretti a trasferirsi nelle città e a mettersi a lavo- rare nelle fabbriche come operai a giornata, come manovali. Il con- tadino senza cavallo è un contadino che non ha più nulla. È un proletario. Egli vive (finche vive, e sarebbe più giusto dire che tira avanti e non che vive) non della terra, non dell’azienda, ma di lavoro salariato. Egli è il vero fratello deiroperaio della città. Il contadino senza cavallo non sa che farsene della terra: la metà delle famiglie contadine senza cavallo affittano i loro nadiel e, alle volte, li cedono gratuitamente alla comunità (succede che paghino persino imposte arretrate!) perchè non hanno la possibilità di lavorare la terra. Un contadino senza cavallo semina tutt’al più una o due desiatine, è sempre costretto a comprare grano (se ha soldi per comprarlo) per- chè il suo non gli basta mai per vivere. Non molto migliore è la vita dei contadini che posseggono un solo cavallo: in tutta la Russia sono circa tre milioni e mezzo di famiglie. Naturalmente ci sono delle eccezioni: abbiamo già detto che in certe località ci sono dei conta- dini medi e anche ricchi che posseggono un solo cavallo. Ma noi non parliamo di eccezioni, non di singole località, ma di tutta la Russia. Se prendiamo tutta la massa dei contadini con un cavallo, dobbiamo dire che è indubbiamente una massa di poveri, di miseri. Il conta- dino con un solo cavallo semina, anche nei governatorati agricoli, non più di tre, quattro desiatine, raramente cinque; il grano non gli basta. Anche nelle annate buone, non mangia meglio del conta- dino senza cavalli, e cioè non mangia mai a sufficienza, fa sempre la fame. La sua azienda è in decadenza, il bestiame vale poco, perchè il foraggio è troppo scarso, gli mancano le forze per coltivare bene la terra. Per tutta la sua azienda (escluso il foraggio per il be- stiame) il contadino con un solo cavallo può spendere, per esempio nel governatorato di Voronez, non più di venti rubli alVanno! (Un contadino ricco spende dieci volte di piu). Venti rubli all’anno per l’affitto del terreno e per l’acquisto di bestiame e per riparare l’aratro e gli altri attrezzi e per il pastore e per tutto il resto! È forse una azienda, questa? No, è una vera galera, un eterno stentare, un con- tinuo tormento. È facile comprendere perchè fra i contadini con un , solo cavallo ce ne sono anche di quelli (e non pochi) che affittano il loro nadiel . Un povero ricava poco anche dalla terra. Se non hai AI CONTADINI POVERI 357 quattrini, la terra non solo non ti darà quattrini ma neppure ti nu- trirà. E il denaro è indispensabile per tutto: per il cibo, per i vestiti, per l’azienda, per le tasse. Nel governatorato di Voronez un conta- dino con un solo cavallo deve ordinariamente pagare, soltanto per le imposte, circa diciotto rubli all’anno, mentre non riesce a disporre per tutte le spese di più di 75 rubli all’anno. Parlare di acquisto di terreni, di strumenti agricoli perfezionati, di banche rurali è in questo caso soltanto una presa in giro: tutto ciò non è stato inventato affatto per i poveri. Dove procurarsi dunque denaro? Bisogna cercare «occupazioni ausiliario. Il contadino con un solo cavallo, così come il contadino senza cavallo, tira avanti soltanto grazie a queste «occupazioni*. Che cosa significano queste «occupazioni*? Significano lavoro per conto di altri, lavoro salariato. Significano che il contadino con un solo cavallo ha cessato per metà di essere un proprietario ed è diven- tato un salariato, un proletario. Ecco perchè questi contadini sono chiamati semiproletari. Anch’essi sono fratelli dell’operaio di città, perchè anch’essi vengono spogliati in tutti i modi da vari padroni. Anch’essi non hanno altra via di uscita, altra via di salvezza, che quella di unirsi con i socialdemocratici per lottare contro tutti i ric- chi, contro tutti i proprietari. Chi lavora nei cantieri ferroviari? Chi viene spogliato dagli appaltatori? Chi lavora al taglio ed al trasporto del legname? Chi lavora come operaio agricolo, come giornaliero? Chi fa il manovale in città e nei porti? Tutti contadini poveri. Tutti contadini senza cavallo o con un solo cavallo. Tutti proletari e semi- proletari rurali. E com’è immenso il loro numero in Russia! È stato calcolato che in tutta la Russia (oltre al Caucaso e alla Siberia) ven- gono richiesti ogni anno otto, a volte anche nove milioni di passa- porti. Sono tutti operai che vanno a lavorare altrove. Sono contadini soltanto di nome, in realtà sono salariati, operai. Essi devono tutti raggrupparsi in una sola unione con gli operai delle città, e ogni raggio di luce e di sapere che penetrerà nel villaggio rafforzerà e consoliderà questa unione. Un’altra cosa ancora non bisogna dimenticare a proposito delle «occupazioni ausiliarie». Ai vari funzionari e a coloro che hanno una mentalità da funzionari piace ripetere che al contadino, al mu- gi^t « occorrono » due cose : la terra (ma non moka, poiché non si sa- prebbe neppure dove prenderla dal momento che se la sono già 358 LENIN presa i ricchi!) e le «occupazioni ausiliario. E perciò, dicono essi, per aiutare il popolo bisogna organizzare in campagna più industrie artigiane, bisogna «dare» più «occupazioni ausiliarie ». Simili pro- positi non sono altro che ipocrisia. Per i poveri le occupazioni au- siliarie sono il lavoro salariato. «Dare occupazioni ausiliario al contadino significa trasformare il contadino in operaio salariato. Bell’aiuto, non ce che dire! Per i contadini ricchi vi sono altre «oc- cupazioni ausiliare» che richiedono l’impiego di capitali. Per esem- pio rimpianto di un mulino o di un qualche opificio, l’acquisto di una trebbiatrice, il commercio e cose del genere. Confondere queste occupazioni ausiliarie delle persone danarose con il lavoro salariato dei poveri significa ingannare questi ultimi. Per i ricchi questo inganno è evidentemente vantaggioso, è vantaggioso per essi presentare la cosa come se tutte le « occupazioni ausiliarie » fossero accessibili e alla portata della borsa di tutti i contadini. Ma coloro che hanno veramente a cuore il bene dei contadini poveri dicono loro tutta la verità e niente altro che la verità . Ci resta ora da parlare dei contadini medi. Abbiamo già visto che, in media, in tutta la Russia, si può considerare contadino medio un contadino che ha due capi di bestiame da lavoro e che queste famiglie contadine sono circa due milioni su dieci. Il contadino medio si trova a metà strada tra il contadino ricco e il proletario e appuntò perciò viene chiamato mediò. Medie sono pure le sue condizioni di vita: nelle annate buone riesce a far andare avanti alla belile meglio la sua azienda, ma il bisogno l’incalza sempre. Egli non ha affatto risparmi o ne ha pochi. Perciò la sua azienda non è solida. Gli è difficile pro- curarsi denaro: dalla propria azienda ottiene molto di rado tutto il denaro che gli occorre e mai un soldo di più. Cercare un occupazione altrove significherebbe abbandonare l’azienda, che ne risentirebbe. Eppure molti contadini medi non possono fare a meno di ricorrere a occupazioni ausiliarie: sono costretti a lavorare come salariati, il bisogno li costringe ad asservirsi ai grandi proprietari fondiari, a in- debitarsi. E il contadino medio nort riesce quasi mai a liberarsi dai debiti: non ha redditi sicuri come il contadino ricco. Perciò una volta che ha contratto debiti è come se si fosse messo una corda al collo. Non riesce più a liberarsene e finisce per rovinarsi completamente. È soprattutto il contadino medio che lavora per il grande proprie- tario fondiario, perchè costui ha bisogno, per certi lavori, del conta- AI CONTADINI POVERI 359 dino che non sia caduto in miseria, che abbia un paio di cavalli e tutte le scorte necessarie. Per il contadino medio è difficile andare a la- vorare in altre località, ed ecco che egli si lascia asservire dal grande proprietario fondiario per il grano, per i pascoli, per laffitto delle terre stralciate e per il debito in contanti contratto durante Tinverno. Oltre che dal grande proprietario fondiario e dal kulak, il contadino medio subisce angherie anche da parte del suo ricco vicino che cerca sempre di precederlo neH'affitto dei terreni e non perde mai l’occa- sione di sopraffarlo in tutti i modi possibili. Ecco che cos'è il conta- dino medio: nè carne, nè pesce. Nè vero padrone, nè operaio. Tutti i contadini medi vanno dietro ai padroni, vogliono diventare possi- denti, ma pochissimi ci riescono. Ce ne sono pochissimi che assu- mono persino degli operai agricoli e dei giornalieri, che cercano di entrare a spese ^altrui nella cerchia dei ricchi. Ma la maggioranza dei contadini medi non solo non possono assumere salariati, ma sono costretti essi stessi a lavorare per un salario. Ovunque incomincia la lotta tra i ricchi e i poveri, tra i possidenti e gli operai, il contadino medio si trova nel mezzo e non sa dove andare. I ricchi lo chiamano dalla loro parte: sei anche tu un pa- drone, dicono, un possidente e non hai nulla a che fare con quei pezzenti di operai, E gli operai dicono: i ricchi ti inganneranno e per giunta ti spoglieranno, non hai altra via di salvezza che quella di aiutarci nella lotta contro tutti i ricchi. Il contadino medio viene conteso ovunque, in tutti i paesi dove i socialdemocratici lottano per la liberazione del popolo lavoratore. In Russia comincia appunto questa contesa. Perciò dobbiamo esaminare molto attentamente tale questione e capire bene con quali inganni i ricchi cercano di attirare il contadino medio e in che modo possiamo svelare questi inganni, in che modo possiamo aiutare il contadino medio a trovare i suoi veri amici. Se gli operai socialdemocratici russi imboccheranno subito la via giusta, riusciremo molto più presto dei compagni operai tedeschi a stabilire una salda unione dei lavoratori della campagna con gli operai di città, e a raggiungere rapidamente la vittoria su tutti i nemici dei lavoratori. 360 LENIN 4 Da che parte deve schierarsi il contadino medio? Dalla parte dei possidenti e dei ricchi oppure dalla parte degli operai e dei nullatenenti ? Tutti i possidenti, tutta la borghesia, cercano di attirare il con- tadino medio dalla loro parte promettendogli vari provvedimenti per migliorare la sua azienda (aratri a buon prezzo, banche rurali, introduzione della coltura razionale, vendita a buon prezzo di be- stiame e di concime, ecc. ecc.) e inoltre facendo partecipare il conta- dino a varie associazioni agricole (cooperative come le chiamano nei libri) fra tutti i proprietari, costituite per migliorare l’azienda. La borghesia cerca così di distogliere dall’unione con gli operai il con- tadino medio e persino il piccolo contadino, persino il semiproletario, e cerca di indurli a sostenere i ricchi nella lotta che la borghesia conduce contro gli operai, contro il proletariato. Gli operai socialdemocratici rispondono: migliorare l’azienda è un’ottima cosa. Non vi è nulla di male se si possono comprare a minor prezzo gli aratri; persino i commercianti, che sanno il loro mestiere, cercano ora di vendere a minor prezzo per attirare un maggior numero di compratori. Ma quando al contadino povero e a quello medio si dice che il miglioramento dell’azienda e la diminu- zione del prezzo degli aratri li aiuterà a uscire tutti dalla miseria e a rimettersi in piedi senza torcere un capello ai ricchi, questo è un inganno . Coloro che traggono un vantaggio di gran lunga maggiore da tutti questi miglioramenti, diminuzione di prezzi e cooperative (associazioni per la compravendita delle merci) sono i ricchi. Essi diventano sempre più potenti, opprimono sempre più i contadini poveri e medi. Finché i ricchi rimarranno ricchi, finché costoro avran- no nelle loro mani la maggior parte delle terre, del bestiame, delle scor- te e del denaro, non solo i poveri, ma anche i contadini medi non usci- ranno mai dalla miseria. Uno, due contadini medi diventeranno ric- chi grazie a questi miglioramenti e cooperative, ma tutto il popolo e tutti i contadini medi cadranno ancora più in miseria. Per far diventare ricchi tutti i contadini medi bisognerebbe eliminare pro- prio quelli ricchi, e questi possono essere eliminati soltanto mediante l’unione degli operai delle città con i contadini poveri. AI CONTADINI POVERI 361 La borghesia dice al contadino medio (e anche al piccolo): noi ti venderemo terra a buon mercato, aratri a buon mercato, tu però devi venderci lamina, devi rinunciare alla lotta contro tutti i ricchi. L operaio socialdemocratico dice: se vendono veramente a buon mercato, si può anche comprare, avendo dei soldi: è un affare com- merciale. Quanto alla propria anima, non bisogna mai venderla. Ri- nunciare a lottare insieme agli operai delle città contro tutta la bor- ghesia significa rimanere eternamente nella miseria e nel bisogno. Se i prezzi delle merci diminuiscono, il ricco guadagnerà ancor di più, si arricchirà ancor di più. Ma per chi non ha mai denaro non c’è nessuna diminuzione dei prezzi che gli giovi finche non prenderà questo denaro alla borghesia. Prendiamo un esempio. I sostenitori della borghesia dicono un mondo di bene delle varie cooperative (associazioni per Tacquisto a buon prezzo e per la vendita a condizioni vantaggiose). Vi sono anche uomini che si dicono c socialisti-rivoluzionari » e gridano anch essi, facendo coro alla borghesia, che la cosa più necessaria per il contadino è la cooperazione. Anche in Russia si incomincia a organizzare ogni genere di cooperative, ma da noi ce ne sono ancora pochissime, e poche ce ne saranno finche non avremo la libertà politica. In Germa- nia invece ci sono moltissime cooperative contadine di ogni specie. Vediamo a chi soprattutto esse giovano. In tutta la Germania 140 mila agricoltori sono membri di cooperative per lo smercio del latte e dei latticini e questi 140 mila agricoltori (per maggiore comodità pren- diamo di nuovo cifre tonde) posseggono 1. 100.000 vacche. Si calcola che in tutta la Germania i contadini poveri siano quattro milioni . Solo 40 mila sono membri di cooperative: ciò significa che, su ogni cento contadini poveri, soltanto uno si serve di queste cooperative. Questi 40 mila contadini poveri posseggono soltanto 100 mila vacche. Gli agricoltori medi, i contadini medi sono un milione ; 50 mila sono membri di cooperative (cioè cinque persone su cento) e posseggono 200 mila vacche. E infine gli agricoltori ricchi (cioè i grandi proprietari fondiari e i contadini ricchi presi assieme) sono un terzo di milione ; 50 mila sono membri di cooperative (cioè diciassette persone su cento) e posseggono 800 mila vacche! Ecco a chi giova anzitutto e soprattutto la cooperazione. Ecco come menano per il naso il contadino coloro i quali gridano che la salvezza del contadino medio è in queste associazioni per l’acquisto 362 LENIN a buon prezzo e per la vendita a condizioni vantaggiose. Troppo a buon mercato la borghesia vuole « riscattare » il contadino dai so- cialdemocratici, i quali invitano i contadini poveri e medi a schierarsi dalla loro parte. Da noi vengono anche organizzate varie artel casearie, varie coo- perative di latticini. Anche da noi molti gridano: le artel y la comu- nità e le cooperative: ecco ciò che occorre al contadino, ma guar- date un pò* chi ci guadagna con queste artel , con queste coope- rative e con le terre prese in affitto dalle comunità. Da noi, su cento famiglie comandine, almeno venti non posseggono affatto vacche; trenta posseggono una sola vacca; queste vendono il latte spinte dalla miseria nera, i bambini rimangono senza latte, fanno la fame e muo- iono come mosche. Invece i contadini ricchi hanno tre, quattro e più vacche, la metà di tutte le mucche contadine appartengono a questi contadini ricchi. A chi giovano dunque le orteZ-caseifici? Anzitutto, si capisce, ai grandi proprietari fondiari e alla borghesia contadina. È chiaro che costoro sono interessati a che i contadini medi e po- veri li seguano e considerino come mezzo per uscire dalla miseria non la lotta di tutti gli operai contro la borghesia, ma Ispirazione dei piccoli proprietari singoli ad uscire dal loro stato e ad arricchirsi. Questa aspirazione viene appoggiata e incoraggiata in tutti i modi da tutti i sostenitori della borghesia, i quali fingono di èssere sostenitori ed amici del piccolo contadino. Molte persone ingenue non riconoscono il lupo vestito con la pelle di agnello e ripetono la menzogna borghese credendo di fare cosa utile al contadino povero e medio. Così, per esempio, costoro dimostrano nei loro libri e di- scorsi che la piccola azienda è la più vantaggiosa, la più redditizia, che la piccola azienda è fiorente; è appunto per questo, dicono co- storo, che neiragricoltura vi sono dappertutto tanti piccoli proprie- tari; è per questo, dicono costoro, che i piccoli proprietari si aggrap- pano così fortemente alla loro terra (e non perchè tutte le terre mi- gliori sono occupate dalla borghesia e tutto il denaro si trova an- ch’esso nelle sue mani, mentre i poveri stentano e vivono nelle ri- strettezze per tutta la loro vita su pochi palmi di terra!). Il piccolo contadino non ha bisogno di molto denaro, dicono queste persone dalla parola melliflua; il contadino piccolo e medio è più economo e zelante del ricco e sa anche vivere una vita più semplice : invece AI CONTADINI POVERI 363 di comprare fieno per il bestiame, si accontenta della paglia; invece di comprare la macchina che costa cara, si alza prima, lavora più a lungo e non rimane indietro alla macchina; invece di sborsare denaro per una riparazione qualsiasi, egli, il giorno di festa, prende la scure, fa egli stesso da carpentiere e ciò gli viene a costare molto meno che al grande proprietario; invece di mantenere un cavallo che costa caro 0 un bue, per l’aratura se la caverà con la vacca; in Germania tutti i contadini poveri arano con le vacche, e anche da noi il popolo è talmente immiserito che si comincia ad arare non solo con le vacche, ma anche con gli uomini! E com’è vantaggioso! Come costa poco! Come sono da lodare il contadino medio e quello piccolo che sono zelanti, diligenti, fanno una vita tanto semplice, non si trastullano, non pensano al socialismo, ma soltanto alla loro azienda! Non vanno dietro agli operai che fanno scioperi contro la borghesia, seguono i ricchi, cercano di diventare persone per bene! Se tutti fossero così diligenti, zelanti, se tutti vivessero semplice- mente, non si ubriacassero, risparmiassero il più possibile, spendes- sero meno soldi per vestirsi, facessero meno figli, allora sì che tutti vivrebbero bene e non ci sarebbe nè miseria nè bisogno! Ecco i dolci discorsi che la borghesia sussurra al contadino medio; e dire che ci sono uomini i quali credono a questi discorsi e li ripe- tono*! In realtà però, quei dolci discorsi sono un vero inganno, una vera presa in giro per il contadino. Quel che le persone melliflue chiamano azienda economica e vantaggiosa, non è altro che miseria, una miseria nera, che costringe il contadino medio e quello piccolo a lavorare dal mattino a tarda sera, a limitarsi il pane, a rinunciare al più piccolo acquisto in contanti. Sicuro, che cosa può esservi di più « economico > e di più « vantaggioso » che portare tre anni di seguito gli stessi calzoni, andare scalzi d estate, tenere assieme con una cordicella i pezzi delParatro e nutrire la vacca con la paglia marcia del tetto! Sarebbe bello far condurre una tale azienda «eco- * Da noi in Russia gli ingenui che vogliono il bene del contadino, eppure di tanto in tanto riprendono questi dolci discorsi, si chiamano « populisti » oppure < fau- tori della piccola azienda ». Dietro di loro si trascinano, insensatamente, anche i « so- cialisti-rivoluzionari ». Pure in Germania ci sono, e non sono pochi, simili uomini dai discorsi melliflui. Uno di essi, Eduard David, ha scritto recentemente un grosso libro, in cui afferma che la piccola azienda è incomparabilmente più vantaggiosa della grande 'perchè il piccolo contadino si astiene dal far spese superflue, non tiene cavalli pet arare e se la cava con la sola vacca che gli dà anche il latte, 364 LENIN nomica > e « vantaggiosa » da un qualunque borghese o contadino ricco; certo dimenticherebbe ben presto i suoi dolci discorsi. Coloro che decantano la piccola azienda vogliono a volte far del bene al contadino, ma in realtà non gli fanno che danno. Con i loro dolci discorsi ingannano il contadino, così come la riffa in- ganna il popolo. Vi dirò subito che cosa è la riffa. Io posseggo, per esempio, una vacca che costa 50 rubli. Voglio fare una lotteria per vendere questa vacca, e offro a tutti dei biglietti che costano un rublo l'uno. Per un solo rublo si può vincere la vacca! La gente si lascia tentare, i rubli piovono. Quando viene raggiunta la somma di cento rubli, faccio Pestrazione: colui che ha il biglietto estratto, si prenderà la vacca per un solo rublo, gli altri se ne andranno a mani vuote. È costata «poco» questa vacca alla gente? No, molto caro, perchè è stata pagata il doppio del vero prezzo, poiché due persone (colui che ha organizzato la riffa e colui che ha vinto la vacca) hanno fatto un affare senza nessuna fatica, e inoltre hanno fatto l’affare a scapito dei novantanove che ci hanno rimesso. Dire che la riffa è vantaggiosa per il popolo significa dunque ingannare puramente e semplicemente il popolo. Così inganna i contadini colui che pro- mette la liberazione dalla miseria e dal bisogno mediante varie cooperative (associazioni per la vendita a condizioni vantaggiose e per l’acquisto a buon prezzo), miglioramenti dell’azienda, ogni genere di banche, ecc. Come nella riffa uno ha vinto e gli altri hanno perso, così accade qui: un contadino medio è riuscito ad arric- chirsi, ma novantanove dei suoi compagni hanno sgobbato per tutta la vita senza mai uscire dalla miseria, anzi andando sempre più in rovina. Osservi attentamente ogni abitante della campagna la sua comunità e tutto il suo distretto: sono forse molti i contadini medi che diventano ricchi e non sono più in miseria? E quanti ce ne sono, invece, che per tutta la vita non ne possono uscire? Quanti vanno in rovina e abbandonano il villaggio? Da noi, in tutta la Russia, vi sono secondo i calcoli, come abbiamo visto, non più di due milioni di aziende contadine medie. Supponiamo che il numero attuale delle varie associazioni per l’acquisto a buon prezzo e la vendita a condizioni vantaggiose venga duplicato. Che cosa se ne otterrà? Sarà molto se centomila contadini medi si innalzeranno al livello di quelli ricchi. Che significa ciò? Significa che cinque con- tadini medi su cento si saranno arricchiti. E gli altri novantacinquc? AI CONTADINI POVERI 365 La vita sarà per loro sempre altrettanto difficile e per parecchi molto più difficile di prima! E i contadini poveri saranno andati ancor più in rovinai La borghesia, naturalmente, non desidera di meglio che il mag- gior numero possibile di contadini medi e piccoli si trascinino dietro ai ricchi, credano alla possibilità di uscire dalla miseria senza lottare contro la borghesia, contino sulla propria diligenza, sulla propria spilorceria, sulla possibilità di arricchirsi, e non sulPunione con gli operai della campagna e della città. La borghesia cerca con tutte le forze di alimentare nel contadino questa fede e queste speranze fallaci, cerca di cullarlo con ogni sorta di dolci discorsi. Per svelare l’inganno che la parola melliflua di questi uomini nasconde basta far loro tre domande. Prima domanda. Può forse il popolo lavoratore liberarsi dal bisogno e dalla miseria se in Russia, su duecentoquaranta milioni di desiatine di terre produttive, cento milioni di desiatine appar- tengono a proprietari privati, se nelle mani di sedicimila grandissimi proprietari terrieri si trovano sessantacinque milioni di desiatine? Seconda domanda, Può forse il popolo lavoratore uscire dal bi- sogno e dalla miseria se un milione e mezzo di famiglie contadine ricche (su un totale di dieci milioni) si sono accaparrate la metà di tutti i seminativi contadini, di tutti i cavalli dei contadini, di tutto il bestiame dei contadini e di molto più della metà di tutte le loro riserve e di tutti i risparmi in denaro? Se questa borghesia contadina continua ad arricchirsi sempre più opprimendo i contadini poveri e medi, traendo profitto dal lavoro degli operai- agricoli e dei gior- nalieri? Se sei milioni e mezzo di famiglie contadine sono costi- tuite da poveri, sempre affamati, che si guadagnano un tozzo di pane lavorando per conto di altri? Terza domanda. Può forse il popolo lavoratore liberarsi dal bi- sogno e dalla miseria se il denaro è diventato la forza principale, se con il denaro si può comprare tutto: fabbriche, terre, e persino uomini per farne dei lavoratori salariati, degli schiavi salariati? Se senza denaro non si può nè vivere, nè mandare avanti l’azienda? Se il piccolo proprietario, il povero, deve lottare contro il grande proprietario per procurarsi del denaro? Se alcune migliaia di pro- prietari fondiari, commercianti, fabbricanti e banchieri hanno nelle 3 « LENIK loro mani centinaia di milioni di rubli e dispongono inoltre di tutte le banche, nelle quali si accumulano miliardi di rubli? Non si può rispondere a queste domande soltanto con dolci di- scorsi sui vantaggi della piccola azienda o della cooperazione. La risposta a queste domande può essere una sola-: la vera « coopera- zione > che può salvare il popolo lavoratore è Yunione dei contadini poveri con gli operai socialdemocratici delle città per lottare contro tutta la borghesia. Più sarà rapido lo sviluppo e il rafforzamento di tale unione, più presto il contadino medio capirà che le promesse borghesi sono una menzogna, più presto il contadino medio si schie- rerà dalla nostra parte. La borghesia lo sa e perciò, oltre ai dolci discorsi, diffonde anche un cumulo di menzogne sui socialdemocratici. Essa dice che i social- democratici vogliono privare della loro proprietà il contadino medio e piccolo. Ciò è una menzogna. I socialdemocratici vogliono espro- priare soltanto i grandi proprietari, soltanto coloro che vivono del lavoro altrui . I socialdemocratici non toglieranno mai la proprietà ai piccoli e medi proprietari , che non hanno operai salariati . I social- democratici proteggono e difendono gli interessi di tutto il popolo lavoratore, e non solo quelli degli operai delle città, che sono i più coscienti e i più uniti, ma anche quelli degli operai agricoli e dei piccoli artigiani e contadini che non hanno operai alle loro dipen- denze e non vanno dietro ai ricchi, non passano dalla parte della borghesia. I socialdemocratici lottano per tutti quei miglioramenti delle condizioni di vita degli operai e dei contadini che si possono ottenere subito, prima ancora che sia stato distrutto il dominio della borghesia, miglioramenti che faciliteranno questa lotta contro la bor- ghesia. Ma i socialdemocratici non ingannano il contadino; essi gli dicono tutta la verità , dicono subito e apertamente che nessun miglio- ramento potrà liberare il popolo dal bisogno e dalla miseria finché dura il dominio della borghesia. Perchè tutto il popolo sappia chi sono i socialdemocratici e che cosa vogliono, i socialdemocratici hanno formulato il loro programma. Programma vuol dire una di- chiarazione breve, chiara e precisa di tutto ciò che il partito vuole ottenere e per cui esso lotta. Il partito socialdemocratico è l’unico partito che espone un programma chiaro e preciso, affinchè tutto il popolo lo conosca e lo veda, affinchè nel partito possa esservi sol- tanto gente che desidera veramente lottare per la liberazione di tutto AI CONTADINI POVERI 367 il popolo lavoratore dal giogo della borghesia, gente, inoltre, che capisca in modo giusto con chi deve unirsi per tale lotta e come bisogna condurre la lotta stessa. Inoltre i socialdemocratici ritengono che nel programma bisogna spiegare apertamente, direttamente e con precisione da che cosa derivano il bisogno e la miseria del popolo lavoratore e perchè Passociazione degli operai diventa sempre più va- sta e forte. Non basta dire che si vive male e invitare alla ribellione; ogni ciarlatano saprebbe farlo, ma la cosa avrebbe poco effetto. Bisogna che il popolo lavoratore capisca chiaramente perchè è in miseria e con chi deve unirsi per lottare in modo da liberarsene. Abbiamo già detto che cosa vogliono i socialdemocratici; abbiamo detto da che cosa proviene il bisogno e la miseria del popolo lavora- tore; abbiamo detto contro chi devono lottare i contadini poveri e con chi devono unirsi per condurre questa lotta. Ora diremo quali miglioramenti possiamo conquistare imme- diatamente con la nostra lotta, miglioramenti della vita sia degli operai che dei contadini. 5 Quali miglioramenti vogliono ottenere i socialdemocratici per tutto il popolo e per gli operai? I socialdemocratici lottano per liberare tutto il popolo lavora- tore da qualsiasi ladrocinio, da qualsiasi oppressione, da qualsiasi ingiustizia. Per liberarsi, la classe operaia deve anzitutto unirsi. E per unirsi bisogna averne la libertà, il diritto, bisogna avere la libertà politica. Abbiamo già detto che governo autocratico vuol dire asser- vimento del popolo ai funzionari e alla polizia. Perciò la libertà po- litica è necessaria a tutto il popolo e non soltanto a un pugno di cortigiani, di magnati e di alti funzionari ammessi a corte. Ma la libertà politica è soprattutto necessaria agli operai e ai contadini. I ricchi possono col denaro affrancarsi dairarbitrio, dai soprusi dei funzionari e della polizia. Con i loro ricorsi possono arrivare molto in alto. Perciò la polizia e i funzionari si permettono molto più rara- mente di prendersela coi ricchi che non con la. povera gente. Gli operai e i contadini non hanno denaro per affrancarsi dalla polizia 3 68 LENIN c dai funzionari, non sanno a chi fare ricorso, non possono rivol- gersi alla giustizia. Essi non potranno mai liberarsi dal dissangua- mento, daH’arbitrio e dai soprusi a cui li sottopongono la polizia e i funzionari finche non vi sarà nello Stato un governo elettivo , finché non vi sarà UTiassemblea nazionale dei deputati . Soltanto Passemblea nazionale dei deputati può liberare il popolo dalPasservimento ai funzionari. Ogni contadino cosciente deve appoggiare i socialdemo- cratici, che esigono dal governo zarista anzitutto e soprattutto la convocazione dell'assemblea nazionale dei deputati . Tutti devono poter eleggere i deputati, tutti, senza distinzione di ceto, tutti, ricchi e poveri. Le elezioni devono essere libere, senza nessuna ingerenza dei funzionari; durante le elezioni Pordine deve essere mantenuto da persone appositamente designate e non dai gendarmi e dagli zcms\ie nacialnibi . I deputati di tutto il popolo discuteranno di tutti i biso- gni del popolo, sapranno istituire in Russia ordinamenti migliori. I socialdemocratici esigono che la polizia non si permetta di met- tere in prigione senza processo. Per un arresto arbitrario i funzionari debbono essere severamente puniti. Per mettere fine alParbitrio dei funzionari bisogna fare in modo che il popolo li elegga esso stesso, che ognuno abbia il diritto di fare ricorso direttamente al tribunale contro qualsiasi funzionario. Se no, che senso ce a ricorrere allo zemstvi nacialni\ contro i gendarmi e al governatore contro lo zemsXì nacialnik È chiaro che lo zemsfy nacialni\ cercherà soltanto di co- prire i gendarmi e il governatore lo zemstvi nacialni e per di più chi presenta il ricorso verrà punito. Lo cacceranno in prigione oppure lo deporteranno in Siberia. Ai funzionari sarà messo un freno solo quando da noi in Russia (come in tutti gli altri Stati) ognuno avrà diritto di fare ricorso sia airassemblea nazionale che al tribunale elet- tivo, di parlare liberamente dei propri bisogni oppure di scrivere sui giornali. II popolo russo si trova tuttora in uno stato di asservimento feu- dale nei confronti dei funzionari. Senza il loro permesso, il popolo non osa nè organizzare riunioni, nè pubblicare libri o giornali! Non è forse asservimento feudale, questo? Se non si può organizzare li- beramente una riunione, pubblicare liberamente un libro, come si fa, dunque, a ottenere giustizia contro i funzionari e i ricchi? Natural- mente i funzionari proibiscono qualunque libro, qualunque discorso che dica la verità sulla miseria del popolo. 11 partito socialdemocratico AI CONTADINI POVERI 369 è quindi costretto a pubblicare e a diffondere clandestinamente simili libri: tutti coloro che vengono trovati in possesso di uno di questi libri vengono trascinati davanti ai tribunali e gettati in carcere. Ma gli operai socialdemocratici non hanno paura: pubblicano e dif- fondono un numero sempre maggiore di questi libri perchè il popolo li legga. E nessuna prigione, nessuna persecuzione potrà arrestare la lotta per la libertà del popolo! I socialdemocratici esigono che siano abolite le caste, che tutti i cittadini dello Stato abbiano assolutamente gli stessi diritti. Attual- mente ci sono da noi ceti soggetti e ceti non soggetti alle imposte, ci sono i privilegiati e i non privilegiati, c’è il sangue blu e il sangue comune; per la gente del popolo non si sono ancora abolite neppure le verghe. In nessun paese gli operai e i contadini si trovano in con- dizioni così avvilenti. In nessun paese, aH’infuori della Russia, esi- stono leggi diverse per i diversi ceti. È giunta anche per il popolo russo l’ora di esigere che ogni contadino abbia gli stessi diritti del nobile. Non è forse una vergogna che dopo più di quarantanni dall’abolizione della servitù della gleba vengano ancora usate le ver- ghe, continui ad esservi un ceto soggetto alle imposte ? I socialdemocratici esigono per il popolo piena libertà di trasferi- mento e di mestiere. Cosa vuol dire: libertà di trasferimento ? Vuol dire che il contadino deve avere il diritto di andare dove vuole, di stabilirsi ovunque, di scegliere qualunque villaggio o qualunque città senza chiedere il permesso a nessuno. Vuol dire che anche in Russia si devono abolire i passaporti (riègli altri Stati già da tempo non esistono più passaporti), vuol dire che nessun gendarme, nes- suno zems\i naàalni\ deve osare di impedire a un contadino qual- siasi di stabilirsi e di lavorare dove vuole. Il contadino russo è an- cora in tali condizioni di asservimento ai funzionari che non può trasferirsi liberamente in città, non vi si può stabilire, non può an- darsene liberamente in altre zone. Il ministro ordina che i governa- tori non permettano spostamenti arbitrari ! Il governatore sa meglio del contadino dove costui deve andare! Il contadino è un bambino, che non osa neppure muoversi senza il permesso delle autorità! Non è forse asservimento feudale, questo? Non si fa forse oltraggio al popolo, quando un qualunque nobiluccio fallito può dare ordini a degli agricoltori adulti? Ce un libro intitolato Carestia e calamità popolare , scritto dal 24 - 76.Ì 370 LENIN signor Iermolov, attuale «ministro deiragricoltura ». In questo libro è detto apertamente: il contadino non deve trasferirsi se i signori proprietari fondiari del posto hanno bisogno di mano d’opera. Il mi- nistro parla apertamente, senza ritegno, credendo che il contadino non senta questi discorsi e non li capisca. Perchè permettere alla gente di trasferirsi altrove, se i signori proprietari fondiari hanno bi- sogno di mano d'opera a buon mercato? Più il popolo vive in ristret- tezze, più grande sarà il vantaggio dei proprietari fondiari; più grande è la miseria, minor compenso si chiederà per il lavoro, più umilmente si sopporterà qualsiasi sopraffazione. Prima erano i fat- tori a badare agli interessi del signore, ora ci badano gli zems\ie nacialnikj e i governatori. Prima erano i fattori a dare l'ordine di fustigare nella stalla, ora sono gli zemskje nacialnikj che dànno l'ordine di fustigare nell’ufficio della votosi . I socialdemocratici esigono che l'esercito permanente sia abolito e sia costituita al suo posto una milizia popolare, in modo che tutto il popolo sia armato. L'esercito permanente è un esercito staccato dal popolo e addestrato a sparare sul popolo. Se il soldato non fosse rin- chiuso per alcuni anni in caserma e non fosse abbrutito da un adde- stramento inumano, potrebbe forse sparare sui propri fratelli, sugli operai e i contadini? Potrebbe forse il soldato andare contro i con- tadini affamati? Per difendere lo Stato dall'aggressione del nemico non occorre affatto un esercito permanente; a questo scopo basta la milizia popolare. Se ogni cittadino dello Stato fosse armato, la Russia non dovrebbe temere nessun nemico. E il popolo sarebbe liberato dal giogo della cricca militarista: il militarismo costa centi- naia di milioni di rubli all’anno , e tutto questo denaro è dal popolo che viene preso: non per nulla le imposte sono tanto gravose e la vita diventa sempre più difficile. Il militarismo rafforza ancor più il potere dei funzionari e della polizia sul popolo; esso serve a de- predare altri popoli, per esempio a prendere la terra ai cinesi. Il po- polo non ne ricava nessun beneficio, anzi le sue condizioni diventano più gravi perchè si impongono nuove tasse. La sostituzione del- l'esercito permanente con l'armamento di tutto il popolo recherebbe un immenso sollievo a tutti gli operai c a tutti i contadini. Allo stesso modo recherebbe un immenso sollievo X abolizione delle imposte indirette propugnata dai socialdemocratici. Sono im- poste indirette quelle che non vengono prelevate direttamente per la AI CONTADINI POVERI 37 1 terra o l’azienda, ma sono pagate dal popolo indirettamente , sotto forma di una maggiorazione del prezzo delle merci. Il fisco mette una imposta sullo zucchero, sulla vodka, sul petrolio, sui fiammiferi e su vari altri generi di consumo; questa imposta viene pagata al fisco dal commerciante o dal fabbricante, il quale naturalmente non paga con il proprio denaro, ma col denaro che riceve dai consuma- tori. Il prezzo della vodka, dello zucchero, del petrolio, dei fiammi- feri aumenta, e ogni compratore di una bottiglia di vodka o di una libbra di zucchero paga non solo il prezzo della merce, ma anche l’imposta che grava su di essa. Se per esempio pagate, mettiamo, qua- tordici copechi per una libbra di zucchero, quattro copechi (circa) vanno per Pimposta: il padrone dello zuccherificio ha già pagato questa imposta all’erario e ora sta riprendendosi dai compratori la somma anticipata. Cosi le imposte indirette sono imposte sui ge- neri di consumo, imposte che i consumatori pagano sotto forma di una maggiorazione del prezzo della merce. Si dice talvolta che le imposte indirette siano le più giuste: quanto più uno compra, tanto più uno paga. Ma non è vero. Le imposte indirette sono le imposte più ingiuste, perchè sono molto più gravose per i poveri che per i ricchi. Il ricco ha un reddito dieci e magari cento volte maggiore del contadino o delFoperaio. Ma al ricco occorre forse cento volte più zucchero? Dieci volte più vodka e fiammiferi? O dieci volte più petrolio? No, certamente. Rispetto ad una famiglia povera una famiglia ricca compra il doppio o al massimo il triplo di petrolio, di vodka, di zucchero. Ciò significa che rispetto a un povero il ricco pagherà sotto forma di imposta una parte minore del suo reddito. Supponiamo che il reddito di un contadino povero sia di duecento rubli all’anno; supponiamo che egli compri sessanta rubli di merce soggetta alFimposta, perciò rincarata (sullo zucchero, i fiammiferi e il petrolio è stato imposto un dazio che è stato pagato dal fabbricante ancor prima di mettere la merce sul mercato; quanto alla vodka, che è monopolio dello Stato, l’erario ne ha semplicemente aumentato il prezzo; il prezzo delle stoffe di cotone, del ferro e di altre merci straniere è aumentato perchè le merci straniere a buon prezzo non vengono lasciate entrare in Russia se non si paga una forte dogana). Su questi sessanta rubli venti rubli costituiscono il dazio. Ciò signi- fica che, su ogni rublo del proprio reddito, il povero dà dieci copechi sotto forma di imposte indirette (senza contare le imposte dirette per il 37 * LENIN riscatto della terra, \'obro\ y quelle sulla terra, quelle pagate allo zemstvo , alla volost , alla comunità). Il contadino ricco ha invece un reddito di mille rubli; egli comprerà centocinquanta rubli di merci sulle quali è stato imposto il dazio; dei centocinquanta rubli, ne pagherà per il dazio cinquanta . Ciò significa che il ricco darà sotto forma di imposta indiretta soltanto cinque copechi per ogni rublo del suo reddito. Più uno è ricco e meno imposte indirette paga in pro- porzione al suo reddito. Perciò le imposte indirette sono le più in - giuste , sono le imposte per colpire i poveri. I contadini e gli operai presi assieme costituiscono i nove decimi di tutta la popolazione e pa- gano i nove decimi oppure gli otto decimi di tutte le imposte indi- rette, mentre ricevono sicuramente non più dei quattro decimi del reddito complessivo! Ecco perchè i socialdemocratici esigono la soppressione delle imposte indirette e l’istituzione deirimposta prò - gressiva sui redditi e sull’eredità.- Ciò significa che quanto più grande è il reddito, tanto più elevata deve essere l’imposta. Colui che ha mille rubli di reddito deve pagare un copeco per ogni rublo, chi ne ha 2.000, due copechi, e così via. Coloro che hanno un reddito minimo (per esempio non più di quattrocento rubli) non debbono pagare niente. I più grandi ricconi devono pagare le imposte più elevate. Una tale imposta sul reddito , o meglio, imposta progressiva sul reddito , sarebbe molto più giusta delle imposte indirette. Ap- punto per questo i socialdemocratici vogliono ottenere l'abolizione delle imposte indirette e l’istituzione dell’imposta progressiva sul reddito. È naturale, però, che tutti i possidenti, tutta la borghesia non lo vogliono e vi si oppongono. Soltanto una salda unione dei contadini poveri con gli operai della città può strappare alla bor- ghesia questo miglioramento. Infine Yistruzione gratuita dei bambini, rivendicata dai social- democratici, costituirebbe un miglioramento importantissimo per tutto il popolo e soprattutto per i contadini poveri. Attualmente nei villaggi ci sono molto meno scuole che nelle città, e inoltre dap- pertutto solo le classi ricche, soltanto la borghesia, hanno la pos- sibilità di dare ai figli una buona istruzione. Soltanto Pistruzione gratuita e obbligatoria per tutti i bambini può liberare il popolo, almeno in parte, dalPattuale ignoranza. E soprattutto i contadini poveri ne soffrono e hanno particolarmente bisogno dell'istruzione. AI CONTADINI POVERI 373 Ma, s’intende, occorre una vera istruzione libera, non quella che vogliono i funzionari e i preti. I socialdemocratici esigono inoltre che ognuno abbia il pieno diritto di professare in assoluta libertà qualsiasi religione. Di tutti gli Stati europei, soltanto la Russia e la Turchia conservano ancora le vergognose leggi contro coloro che non professano la religione ortodossa, contro gli scismatici, i membri delle sette e gli ebrei. Que- ste leggi o proibiscono addirittura certe religioni, o proibiscono di diffonderle, o privano di certi diritti coloro che le professano. Tutte queste leggi sono le più ingiuste, le più liberticide, le più obbrobriose. Ognuno deve essere pienamente libero non solo di professare qual- siasi religione, ma anche di diffondere qualsiasi religione e di cam- biar religione . Un funzionario non deve neppure avere il diritto di chiedere a una persona qualsiasi a quale religione appartiene: è una questione di coscienza, nella quale nessuno deve osare immischiarsi. Non deve esserci nessuna religione o chiesa « dominante ». Tutte le religioni, tutte le chiese devono essere uguali di fronte alla legge. Al mantenimento dei sacerdoti di ogni religione possono provvedere coloro che la professano, ma lo Stato non ne deve sostenere nessuna col denaro dell’erario, non deve provvedere al mantenimento di nes- sun sacerdote, nè ortodosso, nè scismatico, nè di alcun altro genere. Ecco per che cosa lottano i socialdemocratici, e finché questi prov- vedimenti non verranno adottati senza nessuna riserva, senza nes- suna scappatoia, il popolo non sarà liberato dalle infami persecuzioni religiose da parte della polizia, e dalle non meno infami elemosine, poliziescamente estorte, per una determinata religione. Abbiamo esaminato quali miglioramenti vogliono ottenere i so- cialdemocratici per tutto il popolo e soprattutto per i poveri. Ve- diamo ora quali miglioramenti vogliono ottenere non solo per gli operai delle fabbriche e delle città, ma anche per gli operai agricoli. Gli operai delle fabbriche e delle officine vivono più allo stretto, sono più concentrati: essi lavorano in grandi stabilimenti ed è più facile per loro utilizzare l'aiuto dei socialdemocratici che provengono dai ceti colti. Per tutte queste ragioni gli operai della città hanno iniziato molto prima di tutti gli altri la lotta contro i padroni e hanno ot- tenuto miglioramenti più sostanziali, hanno ottenuto anche la prò- 374 LENIN mitigazione di leggi sulle fabbriche. Ma i socialdemocratici lottano per ottenere gli stessi miglioramenti per tutti gli operai: tanto per gli artigiani, che lavorano a casa loro per conto di un padrone sia nelle città che nei villaggi, quanto per gli operai salariati che lavo- rano presso piccoli imprenditori o artigiani, gli operai edili (carpen- tieri, muratori, ecc.), i boscaioli, i manovali, e anche per gli operai agricoli . Tutti questi operai, seguendo l’esempio degli operai delle fabbriche e con il loro aiuto, cominciano ora in tutta la Russia a unirsi e a lottare per migliori condizioni di vita, per una giornata lavorativa più breve, per un salario più alto . Il partito socialdemo- cratico si pone il compito di appoggiare tutti gli operai nella loro lotta per una vita migliore, di aiutarli in tutti i modi a organizzare (raggruppare) in salde associazioni gli operai che hanno più fede e tenacia, di aiutarli diffondendo opuscoli e manifestini, inviando quelli più capaci a parlare coi nuovi venuti, e in generale di aiutarli in tutti i modi possibili. Quando avremo ottenuto la libertà politica, avremo anche neirassemblea nazionale i nostri deputati, i deputati operai, socialdemocratici, ed essi esigeranno, come i loro compagni degli altri paesi, delle leggi a favore degli operai. Non elencheremo qui tutti i miglioramenti che il partito so- cialdemocratico cerca di ottenere per gli operai: questi miglioramenti sono elencati nel programma e spiegati in modo particolareggiato nel libro ha causa operaia in Russia . Ci limiteremo a ricordare qui i più importanti. La giornata lavorativa non deve superare le otto ore. Un giorno alla settimana deve sempre essere libero e dedicato al riposo. Il lavoro straordinario deve essere assolutamente proibito, e così pure il lavoro notturno. I ragazzi devono usufruire dell’istru- zione gratuita fino ai sedici anni, e perciò non devono essere am- messi al lavoro salariato prima di aver raggiunto quelletà. Le donne non devono lavorare nelle industrie insalubri. Il padrone deve ri- sarcire gli operai per qualsiasi infortunio sul lavoro: per esempio per gli infortuni subiti da coloro che lavorano alle trebbiatrici, ai vagli, ecc. La paga di tutti gli operai salariati deve essere corrisposta settimanalmente e non una volta ogni due o tre mesi, come succede spesso per i lavori agricoli. Per gli operai è molto importante ricevere la paga regolarmente, ogni settimana, tutta in contanti e non in natura. Ai padroni piace moltissimo affibbiare agli operai, in conto del salario, merci scadenti a prezzi altissimi; per porre fine a tale AI CONTADINI POVERI 375 pratica vergognosa, bisogna proibire assolutamente per legge di cor- rispondere il salario in natura. I vecchi operai, inoltre, devono rice- vere una pensione dallo Stato. Gli operai mantengono col proprio lavoro tutte le classi ricche e tutto lo Stato; hanno quindi diritto alla pensione non meno dei funzionari che già la percepiscono. Affinchè i padroni non possano abusare della propria posizione e violare i re- golamenti stabiliti a favore degli operai, devono essere nominati degli ispettori non solo per le fabbriche, ma anche per le aziende dei grandi proprietari fondiari e in generale per qualunque impresa che impieghi operai salariati. Però questi ispettori non devono essere dei funzionari, non devono essere nominati dai ministri o dai gover- natori, non devono essere al servizio della polizia. Devono essere detti dagli operai , e lo Stato deve pagare uno stipendio a coloro che gli operai stessi eleggeranno liberamente. Questi delegati eletti dagli operai devono assicurarsi anche che le abitazioni operaie siano ben tenute, che i padroni non costringano Poperaio a vivere in canili o in capanne di terra (come succede spesso durante i lavori agricoli), che siano rispettati i regolamenti sul riposo degli operai, ecc. ecc. Non bisogna però dimenticare che nessun delegato eletto dagli ope- rai potrà essere di qualche utilità finché non ci sarà la libertà politica, finche la polizia sarà onnipotente e non dovrà rendere conto al po- polo delle sue azioni. Ognuno sa che ora la polizia arresta senza processo non solo i delegati operai, ma qualunque operaio che osi parlare a nome di tutti, denunciare le violazioni della legge e chia- mare a raccolta gli operai. Ma quando avremo la libertà politica, i delegati degli operai saranno utilissimi. A tutti i padroni (fabbricanti, grandk proprietari fondiari, im- prenditori, contadini ricchi) bisogna- vietare nel modo più assoluto di fare trattenute arbitrarie sul salario degli operai, per esempio le trattenute per gli scarti, le trattenute sotto forma di multe, ecc. Se i padroni fanno trattenute arbitrarie sul salario, trasgrediscono la legge, fanno uso della costrizione. Il padrone non deve farsi giusti- zia da sè e infligger punizioni (bel giudice, quello che si mette in tasca le trattenute sul salario delloperaio!), ma ricorrere a un vero tribunaley e questo tribunale deve essere composto da un egual nu- mero di delegati eletti dagli operai e di delegati eletti dai padroni. Solo simili tribunali possono esaminare secondo giustizia i vari re- clami dei padroni contro gli operai e degli operai contro i padroni. 376 LENIN Ecco quali sono i miglioramenti per tutta la classe operaia che i socialdemocratici cercano di ottenere. Gli operai di ogni tenuta, di ogni imprenditore, devono cercare di discutere collettivamente, as- sieme a persone di fiducia, quali miglioramenti devono esigere, quali rivendicazioni devono porre (nelle varie officine, nelle varie grandi tenute agricole, presso i vari imprenditori, le rivendicazioni saranno naturalmente diverse). I comitati socialdemocratici aiutano gli operai di tutta la Russia a formulare con chiarezza e precisione le loro rivendicazioni e a pubblicare su fogli stampati queste rivendicazioni affinchè tutti gli operai, tutti i padroni e le autorità le conoscano. Quando gli operai difendono compatti, come un sol uomo, le proprie rivendicazioni, i padroni si vedono costretti a cedere e ad accettarle. Nelle città gli operai hanno già ottenuto in questo modo molti miglioramenti, e ora anche gli artigiani e i garzoni, nonché gli operai agricoli, comin- ciano ad unirsi (organizzarsi) e a lottare per le proprie rivendicazioni. Poiché da noi non c’è libertà politica, questa lotta viene condotta clandestinamente, di nascosto della polizia, la quale proibisce qual- siasi manifestino e qualsiasi associazione di operai. Quando avremo conquistato la libertà politica, condurremo questa lotta su una base ancora più larga e apertamente, davanti a tutti, affinchè tutto il popolo lavoratore di tutta la Russia si unisca e si difenda compatto dalle sopraffazioni. Quanto più grande sarà il numero degli operai raggruppati nel partito operaio socialdemocratico , tanto più grande sarà la loro forza, tanto più rapidamente essi riusciranno a liberare completamente la classe operaia da qualsiasi oppressione, da qualsiasi lavoro per conto di altri, da qualsiasi lavoro per conto della bor- ghesia. Abbiamo già detto che il partito operaio socialdemocratico lotta per ottenere dei miglioramenti non solo per gli operai, ma anche per tutti i contadini . Vediamo ora quali miglioramenti vuole ottenere per tutti i contadini. AI CONTADINI POVERI 377 6 Quali miglioramenti vogliono ottenere i socialdemocratici per tutti i contadini ? Per la completa liberazione di tutti i lavoratori, i contadini poveri, alleati agli operai della città, devono condurre la lotta contro tutta la borghesia, alla quale appartengono anche i contadini ricchi, I con- tadini ricchi cercheranno di pagare il meno possibile i loro brac- cianti, facendoli lavorare e faticare il più possibile, mentre gli operai della città e della campagna cercheranno di ottenere che i braccianti del contadino ricco siano pagati meglio, abbiano un lavoro meno faticoso e la possibilità di riposarsi. Ciò vuol dire che i contadini poveri devono costituire associazioni proprie, senza i contadini ricchi : 10 abbiamo già detto e lo ripeteremo sempre. Ma in Russia tutti i contadini presi assieme, ricchi e poveri, sotto molti aspetti sono ancora asserviti: formano tutti insieme il ceto inferiore , infimo, quello soggetto alle imposte; essi tutti sono asserviti ai funzionari di polizia e agli zems\ie nacialnif{i\ essi tutti conti- nuano molto spesso a lavorare per il signore, per le terre stralciate, per il diritto di abbeveraggio, per i pascoli, per il prato, proprio come si lavorava per il signore in regime feudale. Tutti i contadini vo- gliono liberarsi da questa nuova servitù, tutti vogliono godere di tutti i diritti, tutti odiano i grandi proprietari fondiari che tuttora 11 costringono alle prestazioni gratuite di lavoro — che dovrebbero « compensare » i nobili signori per la terra, i pascoli, l’abbeveratoio, i prati, per i danni arrecati dal bestiame ai seminativi — e a mandare le donne a mietere « in segno di omaggio ». Ai contadini poveri queste otrabot\i pesano ancor più che ai contadini ricchi. Tuttavia anche il contadino ricco che, sborsando del denaro, riesce talvolta ad evitare di lavorare per il signore, subisce nella maggior parte dei casi le angherie dei grandi proprietari fondiari. I contadini poveri devono quindi lottare assieme ai contadini ricchi contro la mancanza di diritti, contro qualsiasi prestazione. Da ogni asservimento, da ogni miseria ci liberemo soltanto quando prenderemo il sopravvento su tutta la borghesia (compresi i contadini ricchi). Ma ce una servitù dalla quale ci libereremo prima , perchè pesa fortemente anche sul contadino ricco. Da noi in Russia si incontrano molto spesso delle 37 » LENIN località, dei distretti dove tutti i contadini sono rimasti press’a poco servi della gleba. Perciò tutti gli operai russi e tutti i contadini poveri debbono lottare con tutt’e due le braccia e in due direzioni', con un braccio contro tutti i borghesi , in alleanza con tutti gli operai, con l’altro, contro i funzionari delle campagne , contro i grandi proprietari fondiari-schiavistiy in alleanza con tutti i contadini. Se i contadini poveri non costituiranno una loro propria associazione, separatamente dai contadini ricchi, i contadini ricchi li inganneranno, li trufferanno, diverranno essi stessi dei grandi proprietari fondiari, mentre il con- tadino povero, senza terra, non solo lo lasceranno com’èj ma non gli daranno neppure la libertà di unirsi ai suoi compagni. Se i con- tadini poveri non lotteranno assieme ai contadini ricchi contro l’as- servimento feudale, rimarranno vincolati, inchiodati al loro villaggio, non avranno neanche la piena libertà di unirsi agli operai della città, I contadini poveri devono anzitutto dirigere il colpo contro i grandi proprietari fondiari per liberarsi almeno dairasservimento più infame, più dannoso, dalPasservimento feudale; in questo i contadini poveri avranno l’appoggio di molti contadini ricchi e di molti soste- nitori della borghesia, perchè la tracotanza dei grandi proprietari fondiari ha disgustato tutti. Ma non appena avremo ridotto il potere di costoro, il contadino ricco si mostrerà qual è e allungherà le grinfie su tutto; le sue grinfie sanno rastrellare bene, e già ora hanno arraf- fato molto. Quindi bisogna stare all’erta e stringere una salda, indis- solubile alleanza con l’operaio della città. Gli operai della città aiuteranno i contadini a farla finita con le vecchie consuetudini feu- dali dei grandi proprietari fondiari e faranno anche abbassare la cresta al contadino ricco (come già un poco hanno fatto con i loro padroni fabbricanti). Se non si alleano con gli operai della città, i con- tadini poveri non si libereranno mai da nessuna servitù, dal bisogno, dalla miseria; all’infuori degli operai della città, nessuno li aiuterà, e non potranno contare su nessuno all’infuori che su se stessi. Ma ci sono dei miglioramenti che otterremo prima, che possiamo ottenere immediatamente, all’inizio di questa grande lotta. In Russia ci sono molte forme di servitù che negli altri paesi sono scomparse da molto tempo; da questo asservimento ai funzionari, da questo asser- vimento feudale ai signori, tutti ì contadini russi possono liberarsi immediatamente . Esamineremo ora quali miglioramenti vuole ottenere anzitutto, AI CONTADINI POVERI 379 in primo luogo, il partito operaio socialdemocratico per liberare tutti i contadini russi almeno dalla peggiore servitù feudale e slegar le mani ai contadini poveri nella lotta contro tutta la borghesia russa. La prima rivendicazione del partito socialdemocratico operaio è l’abolizione immediata di tutte le quote del riscatto, di tutti gli obro di tutti gli obblighi che gravano sui contadini « soggetti alle imposte ». Quando i comitati dei nobili e il governo aristocratico dello zar russo « emanciparono » i contadini dalla servitù della gleba, i contadini vennero costretti a riscattare le loro terre, a riscattare le terre che coltivavano da sempre! Fu una vera rapina. I comitati dei nobili con l’aiuto del governo zarista rapinarono puramente e sem- plicemente i contadini. Il governo mandò truppe in molte località per imporre con la forza il documento regolamentare 84 , per compiere spedizioni punitive contro i contadini che non volevano accettare i «miseri» nadiel mutilati. Senza l’intervento delle truppe, senza le torture e le fucilazioni, i comitati dei nobili non avrebbero mai potuto rapinare così sfacciatamente i contadini, come hanno fatto ai tempi dell’emancipazione, dalla servitù della gleba. I contadini non devono dimenticare come i comitati dei proprietari fondiari nobili li truffarono e li rapinarono, dal momento che il governo zarista continua tuttora a nominare comitati di nobili e di funzionari quando vuole emanare nuove leggi per i contadini. Recentemente lo zar ha pubblicato (in data 26 febbbraio 1903) un manifesto in cui promette di rivedere e migliorare le leggi sui contadini. Chi farà la revisione? Chi farà i miglioramenti? Di nuovo i nobili, di nuovo i funzionari. I contadini saranno sempre ingannati finche non otterranno l’istituzione di comitati contadini per migliorare la vita contadina. I grandi proprietari fondiari, gli zems\ie nacialnikj e i vari funzionari hanno comandato abbastanza sui contadini! Basta con questa dipendenza feudale da ogni gendarme, da ogni nobiluccio alcoolizzato chiamato zemsf{i nacialni capo della polizia distret- tuale o governatore! I contadini devono esigere di essere lasciati liberi di decidere essi stessi i loro affari, di discutere, di suggerire e istituire essi stessi nuove leggi. Devono rivendicare la costituzione di comitati contadini , liberi, elettivi; finche non lo otterranno, i grandi proprietari fondiari e i funzionari continueranno a rapinarli. Nessuno libererà i contadini dai funzionari-sanguisughe se essi non si libere- 380 LENIN ranno da se, se non si uniranno per prendere il loro destino nelle prò • prie mani. I socialdemocratici esigono non solo l’abolizione completa e im- mediata delle quote del riscatto, degli obro\ e di tutti gli altri ob- blighi, ma rivendicano anche che siano restituite al popolo le quote del riscatto già pagate. I contadini di tutta la Russia dopo la loro emancipazione dalla servitù della gleba ad opera dei comitati dei nobili hanno pagato in più centinaia di milioni di rubli. Devono ora esigere la restituzione di questo denaro. Istituisca il governo una imposta sui grandi proprietari fondiari nobili, si prendano le terre dei conventi e dell’appannaggio (cioè della famiglia imperiale), disponga l’assemblea nazionale dei deputati di questo denaro a favore dei contadini. In nessuna parte del mondo ce, come in Russia, una tale umiliazione, un tale immiserimento del contadino, una così tre- menda estinzione di milioni di contadini che muoiono di fame. Il nostro contadino è giunto al punto di morire di fame perchè hanno cominciato a rapinarlo i comitati dei nobili e da allora in poi si continua a rapinarlo ogni anno spremendogli antichi tributi per i rampolli dei vecchi feudatari, spremendogli le quote del riscatto e gli obro\ . Coloro che rapinano ne rispondano. Si prenda ai grandi proprietari fondiari nobili il denaro per aiutare effettivamente gli affamati. Il contadino che fa la fame non ha bisogno d elemosina, di qualche soldo di carità. Egli deve esigere la restituzione del denaro che ha pagato per anni ai grandi proprietari fondiari e allo Stato. Allora (assemblea nazionale dei deputati e i comitati contadini po- tranno veramente, seriamente aiutare gli affamati. Inoltre il partito operaio socialdemocratico esige l’immediata e completa abolizione del principio della responsabilità collettiva e di tutte le leggi che impediscono al.contadino di disporre della propria terra . Il manifesto dello zar del 26 febbraio 1903 promette l’abolizione del principio della responsabilità collettiva. La legge sulla sua soppres- sione c già stata promulgata. Ma questo non basta. Occorre anche abolire immediatamente tutte le leggi che impediscono al contadino di disporre della propria terra; altrimenti, anche se il principio della responsabilità collettiva viene abolito, il contadino non rimarrà del tutto libero, rimarrà semiservo. Egli deve avere piena libertà di disporre della propria terra: di cederla e di venderla a chi vuole, senza chiedere il permesso a nessuno. Ma tutto ciò l’editto zarista AI CONTADINI POVERI 38l non lo permette: i nobili, i mercanti e i piccoli borghesi hanno il diritto di disporre liberamente della terra, il contadino, invece, non 10 può. Egli è come un bambino, e lo zemski nacialni\ deve, come una governante, tenerlo per mano e stargli dietro. Bisogna proibirgli di vendere il nadiel , se no si mangerà i soldi! Ecco come ragionano i feudali; e ci sono degli ingenui che credono loro e, pur volendo 11 bene del contadino, dicono che bisogna proibirgli di vendere la terra. Persino i populisti (di cui abbiamo già parlato) e coloro che si dicono «socialisti-rivoluzionari» si arrendono di fronte a questo ragionamento e trovano che è meglio che il nostro contadino ri- manga un tantino asservito, e in quanto alla terra, è meglio che non la venda. I socialdemocratici dicono: questa è tutta ipocrisia, queste sono soltanto storie di signori, soltanto dolci parole! Quando avremo il socialismo, quando la classe operaia avrà vinto la borghesia, allora tutta la terra sarà di tutti, allora nessuno avrà il diritto di vendere la terra. Ma intanto il nobile e il mercante possono vendere e il contadino no! ? Il nobile e il mercante sono liberi, e il contadino deve restare semiservo!? Dovrà egli sempre chiedere il permesso delle autorità! ? Ciò è tutto un inganno, coperto magari di dolci parole, ma pur sempre un inganno. Fino a che al nobile e al mercante è permesso vendere terre, anche il contadino deve avere pieno diritto di vendere la sua terra e di di- sporne in assoluta libertà , proprio come il nobile e il mercante. Quando la classe operaia avrà vinto tutta la borghesia, prenderà la terra ai grandi proprietari, organizzerà nelle grandi aziende una economia collettiva , affinchè gli operai lavorino la terra in comune, assieme, eleggano liberamente i dirigenti in cui hanno fiducia, di- spongano di macchine di ogni tipo per alleggerire la loro fatica e lavorino a turni di non più di otto ore (e forse anche sei) al giorno. Allora anche il piccolo proprietario che vorrà condurre la sua azienda alla vecchia maniera, da solo, produrrà non per il mercato, non per vendere al primo venuto, ma per le collettività operaie: il piccolo contadino fornirà alla collettività operaia pane, carne, legumi, e gli operai gli daranno gratuitamente macchine, bestiame, concimi, ve- stiario e tutto ciò che gli occorre. Allora non ci sarà lotta fra il grande e il piccolo proprietario per il denaro, non ci sarà lavoro salariato per LENIN 3fc conto di altri, ma tutti i lavoratori lavoreranno per se stessi, tutti i perfezionamenti nel lavoro e nelle macchine torneranno a vantag- gio degli operai, agevolando il loro lavoro, migliorando la loro vita. Ma ogni persona sensata capisce che non si può avere immedia- tamente il socialismo: per averlo bisogna condurre una lotta acca- nita contro tutta la borghesia, contro tutti i governi, per averlo bisogna raggruppare in una salda, indissolubile associazione tutti gli operai della città, in tutta la Russia, e assieme ad essi anche i con- tadini poveri. È una grande opera, e ad essa vale la pena di dedicare anche tutta la vita. Ma finché non avremo il socialismo, il grande proprietario continuerà sempre a lottare contro il piccolo per il denaro: è ammissibile, dunque, che il grande proprietario sia libero di vendere anche la terra e il piccolo contadino no? Ripetiamo: i contadini non sono dei bambini e non permetteranno a nessuno di comandarli; essi devono ottenere, senza nessuna limitazione, tutti i diritti di cui godono i nobili e i mercanti. Si dice anche: la terra del contadino non è sua, ma della comu- nità. Non si può permettere a tutti di vendere terre della comunità. Anche questo è tutto un inganno. Forse che i nobili e i mercanti non hanno anchessi delle società? Forse che i nobili e i mercanti non si associano anch’essi in compagnie, non comprano in comune terre, fabbriche e tutto ciò che vogliono? Perchè dunque non si tira fuori nessuna limitazione per le associazioni dei nobili, mentre per il con- tadino ogni canaglia di poliziotto cerca di escogitare limitazioni e divieti? I contadini non hanno avuto mai nulla di buono dai fun- zionari, hanno avuto soltanto percosse, imposte e angherie. I conta- dini non otterranno mai nulla di buono finché non prenderanno nelle loro mani tutti i loro affari, finché non otterranno piena ugua- glianza di diritti e piena libertà. Se i contadini vogliono che la loro terra sia messa in comune, nessuno si permetta di ostacolarli, ed essi costituiranno, sulla base di un accordo volontario, un'associazione composta da chi vogliono e come vogliono, stipuleranno del tutto liberamente un contratto collettivo come lo vogliono loro. E che nessun funzionario si permetta di ficcare il naso negli affari delle associazioni contadine. Che nessuno si permetta di far fare al con- tadino quel che egli vuole ed escogitare per lui limitazioni o divieti. AI CONTADINI POVERI 383 Infine, i socialdemocratici cercano di ottenere per i contadini anche un altro importante miglioramento. Essi vogliono limitare subito, immediatamente, l'asservimento ai signori, l’asservimento feudale del contadino. Certo, non potremo eliminare ogni servitù finché la terra e le fabbriche saranno nelle mani della borghesia, fin- ché non sarà instaurata la società socialista . Ma nelle campagne russe permane tuttora una forma particolarmente infame di servitù, ormai scomparsa negli altri paesi, anche se ivi non c’è ancora il socialismo. In Russia è ancora molto diffusa la servitù feudale , che è utile a tutti i grandi proprietari fondiari, che soffoca tutti i contadini, che si può e si deve sopprimere subito, immediatamente, prima di tutto. Spieghiamo che cosa noi chiamiamo servitù feudale. Ogni abitante della campagna conosce casi come questo. La terra del grande proprietario fondiario si trova accanto a quella del contadino. Al momento della emancipazione, furono tagliati dai nadìel contadini terre che per i contadini erano indispensabili : pa- scoli, prati, boschi, abbeveratoi. I- contadini non possono fare a meno del pascolo, dell’abbeveratoio. Devono per forza rivolgersi al grande proprietario fondiario e chiedergli di lasciare andare il be- stiame all’abbeveratoio, di concedergli l'uso del pascolo, ecc. Il grande proprietario fondiario non coltiva il proprio fondo, a volte non ha neppure denaro e vive soltanto perchè asservisce i contadini, che coltivano gratuitamente le terre stralciate, arano coi loro cavalli le sue terre, mietono il suo grano, falciano il suo fieno, fanno la trebbiatura e in alcune località arrivano perfino a concimare la terra del proprietario fondiario con il loro letame e a portargli a casa tela, uova, pollame, ecc. Proprio come ai tempi della servitù della gleba! A quei tempi i contadini lavoravano per il signore nel cui feudo vi- vevano, e anche ora, molto spesso, lavorano gratuitamente per il grande proprietario fondiario quella stessa terra che i comitati dei no- bili hanno sottratto ai contadini al momento della loro emancipazione. Ciò non è altro che la vecchia bar steina. Gli stessi contadini in alcuni governatorati chiamano questo lavoro barsteina o lavoro per il signore. Ed è questo appunto che noi chiamiamo asservimento feudale. Al momento della emancipazione dei contadini i comitati dei grandi proprietari fondiari, dei nobili regolarono le cose in modo tale da poter tenere ancora asserviti i contadini, stralciarono apposta terre dai nadiel contadini, incunearono le terre del grande proprietario fon- 384 LENIN diario nel nadiel del contadino, in modo che quest’ultimo non avesse neppure lo spazio per fare uscire le galline, trasferirono apposta i contadini sulle terre peggiori, sbarrarono apposta Paccesso alPabbe- veratoio con le terre del grande proprietario fondiario, in una parola combinarono le cose in modo che i contadini venissero a trovarsi in trappola e non costasse nessuna fatica tenerli prigionieri come nel passato. E quanti sono ancora i villaggi (il loro numero è infinito) in cui i contadini sono prigionieri dei grandi propriatari fondiari loro vicini, prigionieri come ai tempi della servitù della gleba! In questi villaggi il contadino ricco e quello povero sono tutti e due legati mani e piedi e sono in balia del grande proprietario fondiario. Il contadino povero ne risente molto più del contadino ricco. Questi possiede a volte anche terra propria e manda il bracciante a lavorare per il si- gnore invece di andarci personalmente; il povero non ha nessuna via d’uscita, e il grande proprietario fondiario può fame tutto ciò che vuole. In un simile stato di asservimento, i contadini poveri spesso non hanno nemmeno il tempo di respirare, non possono cercare lavoro altrove perchè devono lavorare per il grande proprietario fondiario, non possono neppure pensare a stringersi liberamente in una unica associazione, in un unico partito, assieme a tutti i contadini poveri e agli operai della città. E allora, c’è o non c’è qualche mezzo per sopprimere subito, im- mediatamente, di colpo, questo asservimento? Il partito socialdemo- cratico propone ai contadini due mezzi per raggiungere questo scopo. Ma ripetiamo ancora una volta che soltanto il socialismo potrà liberare tutti i poveri da ogni asservimento, poiché, finché i ricchi avranno il potere continueranno sempre in un modo o nel- l’altro a opprimere i poveri. Non si può di colpo sopprimere comple- tamente qualsiasi asservimento, però si può limitare notevolmente l’asservimento feudale, che è quello più infame, più obbrobrioso, quello che schiaccia i contadini poveri, i medi e persino i ricchi, e si può ottenere immediatamente un sollievo per i contadini. I mezzi per farlo sono due. II primo consiste in tribunali liberamente eletti, composti di de- legati degli operai agricoli e dei contadini poveri, e anche dei con- tadini ricchi e dei grandi proprietari fondiari. Il secondo consiste nei comitati contadini liberamente eletti. Questi comitati devono avere non solo il diritto di discutere e appli- AI CONTADINI POVERI 385 care vari provvedimenti per la soppressione della barstcina , per l’eliminazione delle sopravvivenze della servitù della gleba, ma devono avere anche il diritto di requisire le terre stralciate e di resti- tuirle ai contadini . Esaminiamo un po’ più da vicino questi due mezzi. I tribunali liberamente eletti, composti di delegati, esamineranno tutti i reclami dei contadini contro le forme di asservimento. Questi tribunali avranno il diritto di ridurre il canone d’affitto per la terra nel caso che i grandi proprietari fondiari, approfittando del bisogno dei con- tadini, ne abbiano fissato uno troppo elevato. Essi avranno il diritto di dispensare i contadini -dagli oneri eccessivi: per esempio, se un gran- de proprietario fondiario assume d’inverno, a metà paga, un conta- dino per i lavori estivi, il tribunale esaminerà il caso e fisserà una paga giusta. Questo tribunale deve, s’intende, essere composto non di fun- zionari, ma di delegati eletti liberamente e in modo che gli operai agricoli e i contadini poveri abbiano assolutamente i propri delegati e in numero non minore di quelli dei contadini ricchi e dei grandi proprietari fondiari. Questi tribunali esamineranno anche tutte le contestazioni sorte fra operai e padroni. Di fronte ad essi gli operai e i contadini poveri potranno difendere più facilmente i loro diritti, potranno più facilmente unirsi tra loro e conoscere bene quali sono gli elementi sicuri e fidati che possono schierarsi dalla parte dei poveri e degli operai. L’altro mezzo è ancora più importante. È costituito dai comitati contadini liberamente eletti, composti ciascuno dai delegati degli operai agricoli, dei contadini poveri, medi e ricchi di ogni distretto (oppure, se i contadini lo crederanno necessario, creeranno più comi- tati per distretto; può darsi che ne organizzino uno in ogni volost e in ogni grande villaggio). Nessuno sa meglio degli stessi contadini quale giogo li oppprime. Nessuno meglio degli stessi contadini saprà denunciare i grandi proprietari fondiari che vivono tuttora sul- l’asservimento feudale. I comitati contadini esamineranno quali terre stralciate, o prati, o pascoli, ecc. sono stati sottratti ingiustamente ai contadini, decideranno se bisogna requisire queste terre senza risar- cimento oppure se bisogna risarcire coloro che hanno comprato tali terre, facendo pagare il risarcimento ai grandi proprietari fondiari nobili. Questi comitati libereranno per lo meno i contadini dalle trappole nelle quali li hanno cacciati i numerosissimi comitati di 25 — 763 3 86 LENIN nobili, di proprietari fondiari, libereranno i contadini dall’ingerenza dei funzionari, dimostreranno che i contadini vogliono e possono amministrare da sè i loro affari, aiuteranno i contadini a mettersi d’accordo fra loro sui propri bisogni e a conoscere bene coloro che $ono sinceramente per i contadini poveri e per la loro alleanza con gli operai della città. I comitati contadini rappresentano il primo passo verso una situazione in cui, anche nei villaggi sperduti, i con- tadini si sentano ben saldi sulle gambe e prendano le proprie sorti nelle loro mani. Ecco perchè gli operai socialdemocratici mettono in guardia i contadini. Non prestate fede a nessun comitato di nobili , a nessuna commis- sione di funzionari . Rivendicate Vassemblea nazionale dei deputati . Rivendicate la costituzione dei comitati contadini . Rivendicate la piena libertà di pubblicare qualsiasi libro e giornale. Quando tutti avranno il diritto di esprimere liberamente, senza temere nessuno, le proprie opinioni e i propri desideri sia nell’assem- blea nazionale dei deputati, sia nei comitati contadini, sia nei gior- nali, si potrà vedere in poco tempo chi si schiera dalla parte della classe operaia e chi si schiera dalla parte della borghesia. Attual- mente renorme maggioranza delle persone non ci pensa neppure: alcune nascondono la loro vera opinione, altre restano indecise e altre infine cercano consapevolmente di ingannare. Ma quando ognu- no comincerà a pensarci, non ci sarà più ragione di nascondere le proprie idee e presto tutto diverrà chiaro. Abbiamo già detto che la borghesia attirerà dalla sua parte i contadini ricchi. Quanto più rapidamente e radicalmente si riuscirà a sopprimere l’asservimento feudale, tanto maggiore sarà Peffettiva libertà ottenuta dai contadini, tanto prima i contadini poveri si uniranno fra loro, tanto prima i contadini ricchi si uniranno a tutta la borghesia. Lasciate pure che si uniscano: non abbiamo paura di questo, pur sapendo benissimo che i contadini ricchi si rafforzeranno con questa unione. Anche noi ci uniremo per conto nostro, e la nostra unione, l’unione dei contadini poveri e degli operai della città, sarà incomparabilmente più larga, sarà l’unione di decine di milioni, contrapposta all’unione di centinaia di migliaia. Sappiamo anche che la borghesia cercherà (e già lo sta facendo!) di attirare dalla sua parte i contadini medi AI CONTADINI POVERI 387 c anche quelli piccoli, che cercherà di ingannarli, di corromperli, di dividerli, promettendo ad ognuno di essi di farlo diventar ricco. Abbiamo già visto con quali mezzi e con quali inganni la borghesia cerca di attirare il contadino medio. Perciò fin d ora dobbiamo aprire gli occhi ai contadini poveri, rafforzare la loro particolare alleanza con gli operai della città contro tutta la borghesia. Ogni abitante della campagna si guardi attentamente intorno. Come i contadini molto ricchi parlano spesso male dei signori, dei grandi proprietari fondiari! Come si lagnano dell’oppressione del popolo, del fatto che la terra dei signori rimane spesso incolta! Come amano chiacchierare (a tu per tu) della necessità che i contadini prendano la terra nelle loro mani! Si può credere a ciò che dicono i ricconi? No, essi vogliono la terra non per il popolo, ma per se stessi. Anche ora hanno già accu- mulato nelle proprie mani terre comprate o affittate, ma non ne hanno mai abbastanza. Ciò vuol dire che i contadini poveri non potranno marciare per molto tempo assieme a quelli ricchi contro i grandi proprietari fondiari . Possiamo fare insieme a loro soltanto il primo passo, e poi bisognerà separarsi. Ecco perchè bisogna distinguere nettamente questo primo passo da quelli che seguiranno e dal nostro ultimo e più importante passo. Il primo passo nei villaggi è la completa emancipazione del conta- dino, la conquista, per lui, di tutti i diritti, la costituzione di comi- tati contadini per imporre la restituzione delle terre stralciate. E l’ultimo passo sarà uno solo per le città e per le campagne: prende- remo tutte le terre, tutte le fabbriche ai grandi proprietari fondiari e alla borghesia e organizzeremo la società socialista . Fra il primo e Tultimo passo avremo da lottare ancora molto, e chi confonde il primo passo con l'ultimo nuoce a questa lotta e getta f senza saperlo, polvere negli occhi ai contadini poveri . Il primo passo verrà fatto dai contadini poveri assieme a tutti i contadini: forse solo alcuni kulak non marceranno, forse un con- tadino su cento non si sentirà oppresso da nessuna servitù. Ma l’enor- me massa marcerà concorde: tutti i contadini hanno bisogno della eguaglianza di diritti. L’asservimento ai grandi proprietari fondiari lega, mani e piedi, tutti i contadini. Quanto all’ultimo passo, i con- tadini non lo faranno mai tutti assieme: a questo punto quelli ‘ricchi si leveranno contro gli operai agricoli. E allora avremo bisogno 25 * 3 88 LENIN di una salda alleanza dei contadini poveri con gli operai socialde- mocratici della città . Chi dice ai contadini che possono fare in una sola volta il primo e l’ultimo passo inganna i contadini, dimentica la grande lotta fra gli stessi contadini, la grande lotta fra i contadini poveri e i contadini ricchi. Ecco perchè i socialdemocratici non promettono subito al conta- dino il paese della cuccagna. Ecco perchè i socialdemocratici esigono anzitutto la piena libertà per la lotta, la grande, larga lotta di tutto il popolo, di tutta la classe operaia contro tutta la borghesia. Ecco perchè i socialdemocratici indicano come primo passo un piccolo passo , ma un passo sicuro. Alcuni pensano che questa nostra rivendicazione della costitu- zione di comitati contadini che pongano un limite airasservimento e impongano la restituzione delle terre stralciate rappresenti un li- mite, una specie di barriera e significhi: fermati qui e non andare oltre. Costoro hanno capito molto male ciò che vogliono i socialde- mocratici. La rivendicazione della costituzione di comitati contadini che pongano un limite aU’asservimento e impongano la restituzione delle terre stralciate non è una barriera. È una porta . Bisogna an- zitutto passare da quella porta per poter andare avanti , per poter uscire all’aperto su una larga strada e proseguire fino alla fine , fino alla completa liberazione di tutto il popolo lavoratore della Russia. Finché non passano da questa porta, i contadini rimangono nelle tenebre, asserviti, senza pienezza di diritti, senza una libertà vera, completa; non possono neanche capire chiaramente chi è amico del lavoratore e chi gli è nemico. Perciò i socialdemocratici indicano que- sta porta e dicono che bisogna prima di tutto spingerla tutti assieme, forzarla e abbatterla. Ma ci sono individui che si dicono populisti e socialisti-rivoluzionari, che vogliono anch’essi il bene del contadino, che gridano, schiamazzano, agitano le braccia, vogliono aiutare, ma questa porta non la vedono\ Essi sono ciechi a tal punto da dire: non bisogna affatto dare al contadino il diritto di disporre libera- mente della propria terra! Vogliono il bene del contadino, ma ra- gionano a volte come dei feudali! Da simili amici c’è da aspettarsi ben poco. A che serve che si voglia il più gran bene al contadino, se non si vede chiaramente qual è la prima porta che bisogna for- zare? A che serve aspirare al socialismo, se non si vede come si può uscire sulla via della libera lotta popolare per il socialismo non solo AI CONTADINI POVERI 389 nelle città, ma anche nelle campagne, non solo contro i grandi prò- prietari, ma anche contro i ricchi che si trovano nella comunità con- tadina? Ecco perchè i socialdemocratici indicano con tanta insistenza questa prima porta, la più vicina. Oggi la difficoltà non consiste nel fare tanti begli auguri, ma nell’indicare in modo giusto la strada, nel capire chiaramente come bisogna fare il primo passo . Che il contadino russo è schiacciato dallasservimento, che il contadino russo è rimasto semiservo lo dicono e lo scrivono già da quarantanni tutti* gli amici del contadino. Che il contadino è vergognosamente rapinato e asservito dai grandi proprietari fondiari mediante tutte le terre stralciate è un fatto su cui tutti gli amici del contadino hanno scritto molti libri ancor prima che apparissero in Russia i socialde- mocratici. Che occorra aiutare il contadino subito, immediatamente, che occorra liberarlo almeno un poco dallasservimento lo vedono ora tutte le persone oneste, c persino i funzionari del nostro governo di polizia cominciano a parlarne. Tutta la questione è: come mettersi alV opera, come fare il primo passo , quale porta anzitutto forzare. Persone diverse (tra quelle che vogliono il bene del contadino) danno a questa domanda due risposte diverse. Ogni proletario agri- colo deve cercare di capire nel miglior modo possibile le due risposte, deve cercare di farsi un’opinione chiara e ferma. Una risposta viene data dai populisti e dai socialisti-rivoluzionari. Anzitutto, essi dicono, bisogna creare varie associazioni (cooperative) di contadini. Bisogna rafforzare la comunità contadina. Non bisogna dare ad ogni conta- dino il diritto di disporre liberamente della propria terra. Bisogna dare più diritti alla comunità contadina e fare in modo che tutta la terra in Russia passi gradualmente alle comunità. Bisogna concedere ai contadini tutte le facilitazioni per comprare terre, affinchè queste passino più facilmente dal capitale al lavoro. Diversa è la risposta dei socialdemocratici. Il contadino anzitutto deve ottenere tutti, senza eccezione, i diritti di cui godono il nobile e il mercante. Il contadino deve avere il diritto di disporre libera- mente della propria terra. Per sopprimere la più abietta delle servitù debbono essere costituiti dei comitati contadini per imporre la resti- tuzione delle terre stralciate. Non abbiamo bisogno della comunità, ma dell'unione dei contadini poveri delle diverse associazioni di tutta la Russia, dell’unione dei proletari della campagna coi proletari della 390 LENIN città. Di tutte le associazioni (cooperative) e di tutte le compere di terre effettuate dall’intera comunità ritrarranno sempre maggior van- taggio i contadini ricchi ed' esse serviranno a truffare il contadino medio. Il governo russo vede che bisogna alleviare le condizioni dei con- tadini, ma vuole cavarsela con piccole cose, vuole fare tutto attra- verso i funzionari. I contadini devono stare all’erta perchè le com- missioni di funzionari li inganneranno, come li hanno ingannati i comitali dei nobili. I contadini devono rivendicare il diritto di eleggersi dei propri comitati liberi. Non è dai funzionari che si può aspettare un soccorso; i contadini devono prendere nelle loro mani le proprie sorti. Non importa se in un primo tempo faremo un passo solo, non importa se in un primo tempo ci libereremo solo dairasservimento più gravoso; l’essenziale è che i contadini si met- tano d’accordo e si uniscano liberamente. Nessuna persona in buona fede può negare che le terre stralciate sono spesso la base per il più abietto asservimento feudale. Nessuna persona in buona fede può negare che la nostra rivendicazione è la più giusta, la prima che bisogna porre: i contadini eleggano liberamente i propri comitati, senza funzionari, per sopprimere ogni asservimento feudale. Nei liberi comitati contadini (come pure nella libera assemblea dei deputati di tutta la Russia) i socialdemocratici consolideranno subito, e con tutte le forze, la particolare alleanza dei proletari della campagna coi proletari della città. I socialdemocratici si batteranno per tutti i provvedimenti a favore dei proletari della campagna, si batteranno perchè questi proletari, una volta compiuto il primo passo, compiano al più presto, e nel modo più concorde, il secondo, il terzo passo, e così via fino alla fine, fino alla completa vittoria del proletariato. Ma è forse possibile dire subito, fin d’ora, quale riven- dicazione si dovrà porre domani per compiere il secondo passo? No, non si può, perchè non sappiamo come si comporteranno do- mani i contadini ricchi e molte persone istruite che si occupano di cooperative di tutti i tipi e del passaggio della terra dal capitale al lavoro. Può darsi che domani costoro non facciano in tempo a mettersi d’accordo con i grandi proprietari fondiari e vogliano distruggere completamente il loro potere. I socialdemocratici non chiedono dì meglio, e consiglieranno ai proletari della campagna e della città di AI CONTADINI POVERI 391 esigere che tutta la terra sia tolta ai grandi proprietari fondiari e consegnata al libero Stato popolare. E vigileranno perchè i proletari della campagna non vengano ingannati, perchè si rafforzino ancor più nella lotta definitiva per l’emancipazione completa del prole- tariato. Ma forse le cose andranno in modo del tutto diverso. Anzi è probabile che vadano in modo diverso. Non appena i peggiori aspetti deirasservimento verranno limitati e aboliti, i contadini ricchi e molti intellettuali potrebbero, già all’indomani, unirsi ai grandi pro- prietari fondiari, e allora contro tutto il proletariato della campa- gna si leverà tutta la borghesia della campagna. Allora sarebbe ri- dicolo che noi lottassimo soltanto contro i grandi proprietari fon- diari. In tal caso dovremo lottare contro tutta la borghesia, esigere per l’operaio una vita meno dura, che gli permetterà di condurre più facilmente la lotta. In ogni caso, in un modo o nell’altro, il nostro primo compito, il principale, il più importante, è quello di rafforzare Valleanza dei proletari e dei semiproletari della campagna coi proletari della città . Per questa alleanza ci occorre subito, immediatamente la piena li- bertà politica per il popolo , la piena eguaglianza di diritti per il contadino e Vabolizione deirasservimento feudale . E quando questa alleanza sarà creata e rafforzata, smaschereremo facilmente tutti gli inganni con i quali la borghesia cerca di attirare il contadino medio, compiremo facilmente e rapidamente il secondo, il terzo e l’ultimo passo contro tutta la borghesia, contro tutte le forze del governo, marceremo irresistibilmente verso la vittoria e otterremo in breve tempo la liberazione completa di tutto il popolo lavoratore . 7 La lotta di classe nelle campagne Che cosa è la lotta di classe ? È la lotta di una parte del popolo contro l’altra, la lotta delle masse lavoratrici prive di diritti e oppresse contro i privilegiati, gli oppressori e i parassiti, la lotta degli operai salariati, o proletari, contro i possidenti o borghesi. Anche nelle campagne russe si è sempre svolta, e si svolge anche oggi, questa grande lotta, benché non tutti la vedano, non tutti ne comprendano il significato. Durante la servitù della gleba tutta la ‘massa dei con- tadini lottava contro i suoi oppressori, contro la classe dei signori feudali, protetta, difesa e sostenuta dal governo zarista. I contadini non potevano unirsi, erano allora completamente schiacciati dalla ignoranza, non avevano negli operai delle città dei fratelli che po- tessero accorrere in loro aiuto, eppure lottavano come potevano e come sapevano. Essi non si lasciavano intimorire dalle feroci perse- cuzioni del governo, non temevano le pene corporali e le pallottole, non credevano ai preti che si facevano in quattro per dimostrare che la servitù della gleba era voluta da dio e sancita dalle sacre scritture (il metropolita Filarete si esprimeva allora proprio in questi termini!), si sollevavano ora in un posto ora in un altro, e il governo alla fine dovette cedere, temendo Tinsurrezione generale di tutti i contadini. La servitù della gleba fu abolita, ma non del tutto. I contadini rimasero privi di diritti, rimasero il ceto inferiore, soggetto alle im- poste, il ceto « nero », rimasero prigionieri deirasservimento feudale. E i contadini hanno continuato ad agitarsi, hanno continuato a cer- care la piena, vera libertà. Frattanto, dopo l’abolizione della servitù della gleba, si sviluppava una nuova lotta di classe, la lotta del prole- tariato contro la borghesia . Le ricchezze aumentavano, venivano costruite molte ferrovie e grandi fabbriche, le città diventavano ancor più popolate e sfarzose, però tutte queste ricchezze se le prendevano poche persone, mentre il popolo si impoveriva sempre più, andava sem- pre più in rovina, faceva la fame, andava a cercarsi altrove un lavoro salariato. Gli operai della città iniziavano una nuova, grande lotta di tutti i poveri contro tutti i ricchi. Gli operai della città si raggrup- pavano nel partito socialdemocratico per condurre la loro lotta com- patti, con tenacia e fermezza, avanzando passo a passo, preparandosi alla grande battaglia definitiva, rivendicando la libertà politica per tutto il popolo. Infine anche i contadini non hanno più resistito. Nella prima- vera deiranno scorso, del 1902, i contadini dei governatorati di Poltava, di Kharkov e di altri governatorati sono insorti contro i grandi pro- prietari fondiari, hanno aperto i loro granai, si sono spartiti i loro beni, hanno distribuito agli affamati il grano seminato e raccolto dal contadino, ma diventato proprietà del grande proprietario fondiario, hanno rivendicato una nuova distribuzione della terra, I contadini AI CONTADINI POVERI 393 non potevano più sopportare l’infinita oppressione e hanno tentato di migliorare la propria sorte. Hanno quindi deciso, molto giusta- mente, che era meglio morire lottando contro gli oppressori che morire di fame senza lottare. Ma non sono riusciti a migliorare la propria sorte. Il governo zarista li ha dichiarati senz’altro ribelli e rapinatori (perchè essi portavano via ai grandi proprietari fondiari- rapinatori il grano seminato e raccolto dai contadini stessi!), ha mandato contro di loro le truppe, come contro dei nemici, e i con- tadini sono stati sbaragliati, sono stati presi a fucilate; molti di essi sono stati trucidati, fustigati bestialmente, fustigati a morte, torturati come i turchi non avevano mai torturato i loro nemici cristiani. Gli agenti dello zar, i governatori, hanno infierito più degli altri, come dei veri carnefici. I soldati hanno violentato le mogli e le figlie dei contadini. E dopo tutto questo, sono stati i contadini ad essere pro- cessati da un tribunale di funzionari, ad essere costretti a pagare otto- centomila rubli a favore dei grandi proprietari fondiari; e durante il processo, quel vergognoso processo tenuto segretamente nelle camere di tortura, non si è permesso neppure agli avvocati di raccontare come gli agenti zaristi, il governatore Obolenski e altri servi dello zar, ave- vano seviziato e torturato i contadini. I contadini lottavano per una causa giusta. La classe operaia russa onorerà sempre la memoria dei martiri trucidati e fustigati a morte dai servi dello zar. Questi martiri hanno combattuto per la libertà e la felicità del popolo lavoratore. I contadini sono stati bat- tuti, ma insorgeranno ancora, non si perderanno d’animo dopo la prima sconfitta. Gli operai coscienti faranno di tutto perchè il maggior numero di lavoratori nelle città e nelle campagne conosca questa lotta contadina e si prepari ad una nuova lotta con un miglior esito. Gli operai coscienti impegneranno tutte le loro forze per aiutare i contadini a capire chiaramente perchè la prima insurrezione con - tadina (1902) è stata schiacciata, e che cosa bisogna fare perchè ripor - tino la vittoria i contadini e gli operai e non i servi dello zar. L’insurrezione contadina è stata schiacciata perchè era l’insurre- zione di una massa ignorante, inconsapevole, una insurrezione che non poneva rivendicazioni politiche precise, ben determinate, che non rivendicava cioè la trasformazione degli ordinamenti statali . L’insurrezione contadina è stata schiacciata perchè non era stata pre- parata. È stata schiacciata perchè i proletari della campagna non erano 394 LENIN ancora uniti ai proletari della città. Ecco le tre ragioni del primo scacco subito dai contadini. Perchè Tinsurrezione vinca bisogna che sia cosciente e preparata, bisogna che si estenda a tutta la Russia e sia fatta insieme agli operai della città. Ogni passo della lotta ope- raia nelle città, ogni opuscolo o giornale socialdemocratico, ogni parola di un operaio cosciente rivolta ai proletari della campagna av- vicina Torà in cui l’insurrezione si ripeterà e si concluderà con la vittoria. I contadini sono insorti per impulso, semplicemente perchè non ne potevano più, perchè non volevano morire senza levare la loro voce e senza opporre una resistenza. Avevano talmente sofferto per tutte le rapine, oppressioni e angherie che non potevano non prestar fede, al- meno per un momento, alle confuse dicerie sulla clemenza dello zar, non potevano non credere che ogni persona di buon senso avrebbe ri- conosciuto giusta la spartizione del grano fra gli affamati, fra coloro che avevano lavorato tutta la loro vita per conto di altri, che avevano seminato e mietuto e ora morivano di fame vicino ai granai ricolmi del « signore >. Sembrava che avessero dimenticato che le terre migliori, tutte le fabbriche e le officine se lerano prese i ricchi, se l’erano prese i grandi proprietari fondiari e la borghesia proprio perchè il popolo affamato andasse a lavorare per loro. I contadini avevano dimenticato che in difesa della classe ricca non solo predicano i preti, ma si leva anche tutto il governo zarista con tutta la sua caterva di funzionari e di soldati. Il governo zarista lo ha rammentato ai contadini. Ha mo- strato loro con bestiale ferocia che cosa è il potere statale, chi serve e chi protegge. Noi dobbiamo ricordare più spesso ai contadini questa lezione, ed essi capiranno facilmente perchè è necessaria la trasforma- zione degli ordinamenti statali , perchè è necessaria la libertà politica. Le insurrezioni contadine cesseranno di essere spontanee quando una parte sempre maggiore del popolo lo avrà capito, quando ogni con- tadino che sappia leggere e riflettere avrà imparato a conoscere le tre rivendicazioni principali per le quali innanzi tutto bisogna lottare. La prima rivendicazione è la convocazione dall'assemblea nazionale dei deputati per instaurare in Russia un governo popolare elettivo, e non autocratico . La seconda rivendicazione è la libertà per tutti di pubblicare qualsiasi libro e giornale . La terza rivendicazione è il rico- noscimento per legge della completa eguaglianza di diritti fra i con- tadini e gli altri ceti e la convocazione di comitati contadini elettivi AI CONTADINI POVERI 395 per abolire anzitutto ogni asservimento feudale . Queste sono le riven- dicazioni principali, fondamentali dei socialdemocratici, e i contadini le capiranno oggi facilmente, capiranno da dove bisogna cominciare la lotta per la libertà del popolo. Quando i contadini avranno capito queste rivendicazioni, capiranno pure che bisogna prepararsi prima, lungamente e tenacemente alla lotta, e prepararsi non da soli, ma as- sieme agli operai socialdemocratici delle città. Ogni operaio e contadino cosciente raggruppi attorno a sè i com- pagni più sensati, fidati e coraggiosi, cerchi di spiegare loro che cosa vogliono i socialdemocratici, affinchè tutti capiscano quale lotta bi- sogna condurre e che cosa bisogna rivendicare. Comincino i social- democratici coscienti a insegnare gradualmente, prudentemente ma con perseveranza, ai contadini la loro dottrina, a far leggere le pub- blicazioni socialdemocratiche, a spiegare queste pubblicazioni in piccole riunioni di persone fidate. Ma la dottrina socialdemocratica bisogna spiegarla non solo sui libri, ma anche in base a esempi pratici, cogliendo ogni caso di op- pressione e di ingiustizia che si verifichi sotto i nostri occhi. La dot- trina socialdemocratica è la dottrina della lotta contro qualsiasi giogo, contro qualsiasi rapina, contro qualsiasi ingiustizia. Può essere con- siderato un vero socialdemocratico soltanto chi conosce le cause del- l’oppressione e lotta per tutta la vita contro ogni caso d'oppressione. Come farlo? I socialdemocratici coscienti si riuniscano nella propria città, nel proprio villaggio, e decidano essi stessi come farlo per essere più utili a tutta la classe operaia. Citerò come esempio uno o due casi. Supponiamo che un operaio socialdemocratico si sia recato nel villaggio natale per passarvi qualche tempo, oppure che un qualsiasi operaio socialdemocratico della città sia capitato in un qualsiasi vil- laggio. L’intera popolazione del villaggio si trova, come una mosca nella ragnatela, in balia del grande proprietario fondiario locale e per tutta la vita non può liberarsi dallasservimento, non ha nessuno scampo. Bisogna scegliere subito i contadini che sono più intelli- genti, sensati e fidati, che aspirano alla verità e non avranno paura del primo sbirro, spiegare a questi contadini il perchè del loro asservi- mento senza via d’uscita, raccontare come i grandi proprietari fon- diari hanno truffato e spogliato i contadini nei comitati di nobili, parlare della potenza dei ricchi e dell’appoggio che dà loro il go- verno zarista, parlare delle rivendicazioni degli operai socialdemo- LENIN 396 cratici. Quando i contadini avranno capito questo meccanismo non molto complicato, bisognerà discutere ben bene, tutti assieme, se non si può opporre una resistenza compatta al grande proprietario fondia- rio, se i contadini non possono porre le loro prime e più importanti rivendicazioni (come nelle città gli operai pongono le loro rivendica- zioni ai fabbricanti). Se un grande proprietario fondiario tiene asser- vito un grande villaggio o parecchi villaggi, la cosa migliore sarebbe procurarsi presso il comitato socialdemocratico vicino, attraverso per- sone fidate, un manifestino : nel manifestino il comitato socialdemo- cratico spiegherà chiaramente, cominciando dal principio, di quale as- servimento soffrono i contadini e che cosa essi esigono in primo luogo (che il canone d’affitto della terra sia meno alto, che alla mano d’opera assunta d’inverno per i lavori estivi sia pagato il salario giusto, e non mezzo salario, che i contadini non siano perseguitati come lo sono per il danno arrecato dal bestiame ai seminati, e diverse altre riven- dicazioni). Da questo manifestino tutti i contadini che sanno leggere capiranno come stanno le cose e lo spiegheranno anche agli analfa- beti. Allora vedranno chiaramente che i socialdemocratici sono dalla loro parte, che i socialdemocratici condannano qualsiasi rapina. Allora cominceranno a capire quali miglioramenti — magari minimi, ma pur sempre miglioramenti — si possono ottenere subito, immediata- mente, se si agisce compatti, e quali grandi miglioramenti in tutto lo Stato bisogna cercare di ottenere mediante una grande lotta insieme agli operai socialdemocratici della città. Allora si prepareranno sempre di più a questa grande lotta, impareranno come si fa a trovare gente fidata, come bisogna difendere compatti le proprie rivendicazioni. Può darsi che a volte riusciranno a organizzare uno sciopero, come fanno gli operai della città. È vero che nelle campagne è più difficile, eppure talvolta è possibile: anche negli altri paesi ci sono stati degli scioperi ben riusciti, per esempio nella stagione dei grandi lavori, quando i grandi proprietari fondiari e i ricchi agricoltori sono presi alla gola dal bisogno di mano d’opera. Se i contadini poveri sono pre- parati allo sciopero, se già da tempo tutti sono d’accordo sulle riven- dicazioni comuni, se queste rivendicazioni sono state chiarite nei ma- nifestini, o semplicemente ben spiegate durante le riunioni, allora tutti agiranno compatti, e il proprietario fondiario sarà costretto a cedere, o per lo meno a frenarsi un poco nella sua opera di rapina. Se lo sciopero è compatto, se è organizzato nella stagione in cui AI CONTADINI POVERI 397 fervono i lavori, difficilmente il grande proprietario fondiario e per- sino le autorità con le loro truppe troveranno un qualche rimedio: il tempo passa, è una vera rovina per il grande proprietario fondiario, ed egli non tarda a divenire più conciliante. Certo, si tratta di una cosa nuova. Una cosa nuova dapprincipio spesso non riesce. In prin- cipio anche gli operai della città non sapevano condurre una lotta compatta, non sapevano quali rivendicazioni comuni porre, non sapevano far altro che rompere le macchine e devastare le fabbriche. Ma ora hanno imparato a lottare uniti. Ogni cosa nuova deve es- sere dapprima imparata. Ora gli operai si rendono conto che si pos- sono ottenere subito dei miglioramenti se si agisce compatti, e intanto il popolo si abitua alla resistenza compatta e si prepara sempre più alla grande lotta decisiva. Così anche i contadini impareranno a ca- pire come bisogna opporre resistenza agli sfruttatori più spietati, come bisogna rivendicare compatti dei miglioramenti e come biso- gna prepararsi gradualmente, tenacemente e ovunque alla grande battaglia per la libertà. Il numero degli operai e dei contadini co- scienti aumenterà continuamente, le unioni socialdemocratiche delle campagne si rafforzeranno sempre più, e ogni singolo caso di asser- vimento da parte dei grandi proprietari fondiari, di esosità da parte dei preti, di ferocia poliziesca e di vessazione da parte delle autorità aprirà sempre più gli occhi al popolo, l’abituerà a una resistenza compatta e all’idea che bisogna ottenere con la forza la trasforma- zione degli ordinamenti statali. Abbiamo già detto al principio di questo opuscolo che gli operai delle città scendono ora nelle strade e nelle piazze, rivendicano aper- tamente, di fronte a tutti, la libertà , scrivono sulle loro bandiere e gridano: «Abbasso l’autocrazia! ». Presto verrà il giorno in cui gli operai delle città non solo percorreranno le strade gridando, ma si leveranno per la grande lotta definitiva; quel giorno gli operai di- ranno con voce unanime: «O cadremo nella lotta, o conquisteremo la libertà >, e allora migliaia di nuovi combattenti ancor più decisi prenderanno il posto delle centinaia di uccisi, di caduti nella lotta. Anche i contadini si leveranno, si leveranno in tutta la Russia, in aiuto degli operai delle città, si batteranno sino alla fine per la libertà dei contadini e degli operai. Nessuna orda zarista riuscirà a tener loro testa. La vittoria sarà del popolo lavoratore, e la classe operaia procederà per il largo, ampio cammino che porta alla liberazione di 39 » LENIN tutti i lavoratori da qualsiasi giogo c si servirà della libertà per lottare per la conquista del socialismo! Programma del Partito operaio socialdemocratico russo proposto dal giornale Iskra e dalla rivista Zarià Abbiamo già detto che cosa è un programma, a che cosa serve, e perchè soltanto il partito socialdemocratico si presenta con un programma chiaro, preciso. Soltanto il congresso del nostro partito, cioè la riunione dei rappresentanti di tutti i militanti del partito, può accettare definitivamente il programma. Attualmente il comitato d’organizzazione sta appunto preparando un tale congresso. Ma molti comitati del nostro partito hanno già dichiarato apertamente di essere d’accordo con l 'Iskra e di riconoscere Visura come organo direttivo. Perciò, in attesa del congresso, il nostro progetto (proposta) di programma può servire benissimo a far conoscere esattamente ciò che vogliono i socialdemocratici, e riteniamo necessario riprodurre per intero questo progetto in appendice al nostro opuscolo. Certo, senza spiegazioni, non tutti gli operai potranno capire ciò che è detto nel programma. Molti grandi socialisti hanno lavorato alla creazione della dottrina socialdemocratica, a cui Marx e Engels hanno dato una completa organicità, gli operai di tutti i paesi hanno attraversato molte vicissitudini per acquistare l’esperienza che noi vogliamo utilizzare, che vogliamo mettere alla base del nostro pro- gramma. Perciò l’operaio deve studiare la dottrina socialdemocratica per capire ogni parola del programma, del suo programma, della sua bandiera di lotta. Gli operai capiscono e assimilano con facilità parti- colare il programma socialdemocratico, perchè esso parla di ciò che ogni operaio riflessivo ha costatato e provato. Nessuno si lasci sco- raggiare dalla «difficoltà» di capire subito il programma: quanto più ogni operaio leggerà e penserà, quante più esperienze accumulerà nella lotta, tanto più profondamente comprenderà il programma. Ognuno discuta e rifletta sull’intero programma dei socialdemo- cratici, tenga sempre presente tutto ciò che vogliono i socialdemocra- tici e ciò che essi pensano della emancipazione di tutto il popolo lavoratore. I socialdemocratici vogliono che tutti indistintamente AI CONTADINI POVERI 399 sappiano con precisione e chiarezza, fino in fondo, tutta la verità su ciò che rappresenta il partito socialdemocratico. Non possiamo spiegare qui nei particolari tutto il programma. Per farlo occorrerebbe un altro opuscolo. Indicheremo soltanto bre- vemente di che cosa parla il programma e consigliamo al lettore di procurarsi due libri che gli saranno daiuto. Uno è il libro del socialdemocratico tedesco Karl Kautsky, intitolato Programma di Erfurt e tradotto in russo. L’altro è il libro del socialdemocratico russo L. Martov, La causa operaia in Russia . Questi libri lo aiute- ranno a capire tutto il nostro programma. Ora indicheremo con una lettera (vedi il programma) ogni parte del nostro programma e diremo di che cosa si parla in ciascuna di queste parti. A) All 'inizio si dice che il proletariato di tutto il mondo lotta per la propria liberazione e che il proletariato russo è soltanto un reparto dell'esercito mondiale della classe operaia di tutti i paesi. B) In seguito si parla degli ordinamenti borghesi di quasi tutti i paesi del mondo, compresa la Russia. Si dice come la maggioranza della popolazione, lavorando per i proprietari terrieri e i capitalisti, langue nel bisogno e nella miseria, come i piccoli artigiani e i con- tadini vanno in rovina mentre crescono le grandi fabbriche, come il capitale schiaccia l’operaio stesso e la moglie e i figli, come la situa- zione della classe operaia peggiora, come aumentano la disoccu- pazione e il bisogno. C) Si parla poi dellunione degli operai, della loro lotta, del grande scopo di questa lotta: liberare tiKti gli oppressi, abolire completamente ogni oppressione dei ricchi sui poveri. Qui viene anche spiegato perchè la classe operaia diventa sempre più forte, perchè vincerà immancabilmente tutti i suoi nemici, tutti i sostenitori della borghesia. D) Dopo si dice perchè in tutti i paesi sono stati costituiti i partiti socialdemocratici, come essi aiutano la classe operaia a condurre la lotta, come uniscono e guidano gli operai, come li educano e li preparano alla grande lotta. E) In seguito si dice perchè in Russia il popolo sta ancor peggio che negli altri paesi, quale grande male rappresenta Pautocrazia za- rista, come è necessaria per noi la sua abolizione e l’istituzione in Russia di un governo popolare elettivo. 4oo LENIN F) Quali miglioramenti deve dare a tutto il popolo il governo elettivo? Ne parliamo nel nostro opuscolo, e ne parla anche il programma. G) Il programma indica in questa parte quali miglioramenti biso- gna cercare di ottenere subito per tutta la classe operaia affinchè essa abbia una vita più facile e una maggiore libertà di lottare per il socialismo. H) Nel programma sono indicati a parte i miglioramenti che bisogna anzitutto cercare di ottenere per tutti i contadini, affinchè i contadini poveri possano condurre più facilmente e con maggiore libertà la lotta contro la borghesia contadina e contro tutta la bor- ghesia russa. I) Infine, il partito socialdemocratico mette in guardia il popolo perchè non creda a nessuna promessa dei poliziotti e dei funzionari, perchè non creda a nessun discorso mellifluo, ma lotti con fermezza per la convocazione immediata della libera assemblea nazionale dei deputati. LES BEAUX ESPRITS SE RENCONTRENT (In russo approssimativamente: chi si somiglia si piglia) Nel giugno 1902 il famoso programma minimo agrario dei nostri socialisti-rivoluzionari (cooperazione e socializzazione) ha arricchito il pensiero socialista russo e il movimento rivoluzionario russo. 11 libro tedesco del noto opportunista (leggi: bernsteiniaiio) Eduard David II socialismo e V agricoltura è uscito nel febbraio del 1903. Evidentemente, non è nemmeno il caso di dire che il prodotto poste- riore del pensiero opportunistico contenga loriginale delle anteriori esercitazioni del pensiero « socialista-rivoluzionario ». Ma come spie- gare allora la somiglianza sorprendente, che balza agli occhi, e per- sino ('identità di principi del programma dei socialisti-rivoluzionari russi e degli opportunisti tedeschi? La Revoliutsionnaia Rossia non è forse V* originale » e il lavoro « capitale * (secondo il giudizio del corrispondente delle Russate Viedomosti) di David la copia? Due idee fondamentali, e i relativi due punti principali del programma, attra- versano come un filo rosso tutto il « lavoro » di David. Egli esalta le cooperative agricole e si attende da esse ogni bene, esige che la socialdemocrazia ne favorisca lo sviluppo e non rileva (proprio come i nostri socialisti-rivoluzionari) il carattere borghese di queste asso- ciazioni di piccolissimi coltivatori e di piccoli e grandi capitalisti nel- Pagricoltura. David chiede la trasformazione delle grandi aziende agricole in piccole aziende, entusiasmandosi per la convenienza e la razionalità, il vantaggio economico e la produttività delle aziende « des Arbeitsbauern », in russo letteralmente « del contadino lavo- ratore », proclamando il supremo diritto di proprietà della terra da parte della società e del godimento della terra precisamente da parte di questi piccoli « contadini lavoratori », Decisamente, lopportunista 26 - 763 402 LENIN tedesco ha plagiato i «socialisti-rivoluzionari» russi! Sia il piccolo borghese opportunista tedesco, sia i piccoli borghesi russi « socialisti- rivoluzionari » evidentemente non vedono affatto la natura piccolo- borghese del « contadino lavoratore » nella società moderna, la sua posizione intermedia, di transizione fra la borghesia e il proletariato, la sua tendenza a « farsi una posizione > (vale a dire a diventare un borghese vero e proprio) mediante la parsimonia, la diligenza, l’inedia e il lavoro eccessivo, la sua tendenza a sfruttare il lavoro dei « lavo- ratori » agricoli. Sì, sì, Ics bcaux esprits se rencontrent \ e questa è la soluzione del problema che sembra a prima vista tanto difficile: determinare qual è la copia e qual è l’originale. Le idee che esprimono i bisogni, gli interessi, le tendenze e le aspirazioni di una determinata classe sono nell’aria, e nessuna diversità di abito, nessuna variante nella fraseo- logia opportunistica e « socialista-rivoluzionaria » è in grado di na- scondere l’identità delle idee. La verità viene sempre a galla. In tutti i paesi europei, compresa la Russia, procede in modo ine- sorabile tanto il « soppiantamento * quanto il declino della piccola borghesia, che non si esprime sempre nella sua diretta e immediata eliminazione, ma nella stragrande maggioranza dei casi conduce al restringersi della sua funzione nella vita economica, al peggioramento delle sue condizioni di esistenza, all’accentuarsi della precarietà della sua situazione. Tutto si eleva contro di essa: e il progresso tecnico delle grandi aziende neH’industria e nell’agricoltura, e lo sviluppo dei grandi negozi, c l’espansione delle associazioni, dei cartelli e dei trust degli imprenditori, e persino lo sviluppo delle cooperative di consumo e delle imprese municipali. E accanto a questo « soppiantamento » della piccola borghesia nell’agricoltura e nell’industria nasce e si svi- luppa un «nuovo ceto medio», come dicono i tedeschi, un nuovo strato di piccola borghesia, di intellettuali, che anch’essi incontrano sempre maggiori difficoltà d esistenza nella società capitalistica e che nella loro massa considerano questa società dal punto di vista del piccolo produttore. È del tutto naturale che ne derivi, in modo del tutto inevitabile, il vasto diffondersi e il costante risorgere, nelle forme più diverse, di idee e dottrine piccolo-borghesi. È del tutto naturale che il < socialista-rivoluzionario » russo, lo voglia o no, pri- gioniero delle idee del populismo piccolo-borghese, « somigli » al ri- formista e all’opportunista europeo che, quando vuol essere coerente, LES BEAUX ESPR1TS SE RENCONTRENT 4°3 arriva inevitabilmente al proudhonismo. È appunto con quest’ultimo termine che Kautsky ha caratterizzato, in modo del tutto giusto, il programma e il punto di vista di David. Abbiamo detto « quando vuol essere coerente », e in questo modo siamo giunti a quella particolarità sostanziale che distingue gli odierni socialisti-rivoluzionari tanto dal vecchio populista russo quanto da al- cuni, almeno, opportunisti europei e che non si può fare a meno di chiamare avventurismo. L’avventurismo non pensa alla coerenza, sforzandosi solo di cogliere il momento, di servirsi della lotta delle idee per giustificare e conservare la mancanza di idee. Il vecchio popu- lista russo voleva essere coerente, e sosteneva, propugnava e professava un suo programma. David vuole essere coerente e insorge decisamente contro tutta la « teoria agraria marxista », predica e propugna decisa- mente la trasformazione delle grandi aziende in piccole, avendo almeno il coraggio delle proprie opinioni e non temendo di dirsi aper- tamente fautore della piccola azienda. I nostri socialisti-rivoluzionari... come potremmo esprimerci in modo più blando?... sono molto «più assennati ». Essi non insorgono mai decisamente contro Marx: dio ce ne scampi e liberi! Al contrario, di passaggio spargono pizzichi di Marx e di Engels, asserendo con le lacrime agli occhi di essere d’ac- cordo con loro quasi in tutto. Non si scagliano contro Liebknecht e Kautsky; al contrario, sono profondamente e sinceramente convinti che Liebknecht sia stato socialista-rivoluzionario, ma sì, proprio so- cialista-rivoluzionario. Non si dicono fautori per principio della piccola azienda; al contrario, difendono a spada tratta la «socializza- zione della terra » e solo per caso accade loro di lasciarsi sfuggire che questa socializzazione russo-olandese, che tutto comprende, significa tutto quel che si vuole: tanto il passaggio della terra in proprietà della società c in godimento dei lavoratori (proprio come dice David!) quanto semplicemente il passaggio della terra nelle mani dei conta- dini, e, infine, già del tutto « semplicemente », l’aggiunta gratuita di un pezzo di terra... I metodi « assennati » dei nostri socialisti-rivoluzionari ci sono già talmente noti che ci permetteremo, in conclusione, di dare loro un buon consiglio. Non c’è che dire, signori, siete venuti a trovarvi in una posizione non molto comoda. Avete sempre affermato di non avere niente di comune nè con l’opportunismo e il riformismo dell’Occidente nè con 26 * LENIN le simpatie piccolo-borghesi per la piccola azienda « vantaggiosa », e a un tratto compare il libro di un palese opportunista fautore della piccola azienda, che con commovente scrupolosità « copia » il vostro programma «social-rivoluzionario»! Una situazione veramente sca brosa! Ma non vi turbate: è facile uscirne. Basta solo... citare Kautsky. Non pensi il lettore che si tratti di un lapsus. Niente affatto. Kau- tsky si scaglia contro il proudhoniano David, e precisamente per questo i socialisti-rivoluzionari, solidali con David, devono citare Kautsky proprio come hanno già citato una volta Engels. Prendete il n. 14 della Revohutsionnaia Rossia e leggerete a p. 7 che il « cam- biamento di tattica» dei socialdemocratici nei confronti dei contadini «è stato legittimato» (!!) da uno dei padri del socialismo scientifico, da Engels, da Engels che si scagliò contro i compagni francesi che avevano cambiato la loro tattica! Come è possibile dimostrare questa affermazione che si basa su una falsificazione? È molto semplice. In primo luogo, si devono « citare » le parole di Engels, il quale si schiera risolutamente con il piccolo contadino (e tacere che proprio questa stessa idea viene espressa nel programma dei socialdemocratici russi, il quale invita tutti i lavoratori a schierarsi con il proletariato!). In secondo luogo, a proposito delle « concessioni al bernsteinismo » da parte dei compagni francesi che hanno cambiato tattica, si deve dire: « Vedi in Engels l eccellente crìtica di queste concessioni ». È questo il metodo sperimentato che consigliamo ai signori socialisti-rivoluzio- nari di impiegare anche oggi. Il libro di David ha legittimato il cambiamento di tattica nella questione agraria. Ormai non si può non riconoscere che è possibile rimanere nelle file del partito socialdemo- cratico con un programma di « cooperazione e socializzazione »; solo i dogmatici e gli ortodossi possono non vederlo. Ma, d altra parte, si deve riconoscere che David, a differenza dei nostri nobili socialisti- rivoluzionari, fa alcune concessioni al bernsteinismo. « Vedi in Kaut- sf{y l eccellente critica di queste concessioni . » Davvero, signori, provate. Forse anche questa volta vi riuscirà. \skra % n. 38. 15 aprile 1903. RISPOSTA ALLA CRITICA DEL NOSTRO PROGETTO DI PROGRAMMA " 11 compagno X respinge il terzo e il quarto paragrafo della parte agraria del nostro progetto e propone un suo progetto in cui sono mt> dificati tutti i paragrafi e anche l’introduzione generale al programma agrario. Esaminiamo dapprima le obiezioni del compagno X contro il nostro progetto e poi esamineremo il suo progetto. Contro il terzo paragrafo il compagno X obietta che la confisca delle terre dei monasteri (noi aggiungeremmo volentieri: e delle chiese) e dell’appannaggio da noi proposto significherebbe che i capitalisti s’impadronirebbero delle terre a un prezzo infimo. Proprio i rapina- tori dei contadini accaparrerebbero queste terre con il denaro rapinato. Rispondiamo osservando che, quando parla di vendita delle tenute confiscate, il compagno X trae una conclusione arbitraria che il nostro programma non contiene. Confisca significa alienazione della pro- prietà senza indennizzo. Il nostro programma parla soltanto di questa alienazione. Come queste terre devono essere vendute, a chi e come, con quale procedura e a quali condizioni, su tutto ciò il nostro pro- getto non dice una sola parola. Noi non ci leghiamo le mani, ci riser- viamo di determinare la forma più opportuna per disporre dei beni confiscati allorché saranno stati confiscati, quando saranno chiare tutte le condizioni sociali e politiche in cui questa confisca avverrà. Il pro- getto del compagno X differisce sotto questo aspetto dal nostro* poiché esige non solo la confisca, ma anche il passaggio delle terre confiscate « in possesso dello Stato democratico perchè la popolazione le sfrutti nel modo più conveniente». Il compagno X esclude quindi una delle forme in cui si può disporre dei beni confiscati (la vendita) e non fissa con esattezza una qualche forma precisa (perchè non si sa in 40 6 LENIN che cosa precisamente consista o consisterà o deve consistere lo sfrut- tamento «più conveniente» e precisamente quali classi della «popo- lazione » e in quali condizioni riceveranno il diritto di sfruttamento). Quindi il compagno X non parla nemmeno con assoluta precisione del modo in cui si deve disporre delle terre confiscate (e del resto non si può fissarlo anticipatamente) ed ha torto quando esclude uno di questi modi, la vendita. Sarebbe sbagliato dire che la socialdemocra- zia sarà in tutte le condizioni e sempre contraria alla vendita. In uno Stato poliziesco-classista, anche se costituzionale, la classe dei proprie- tari può spesso essere un baluardo della democrazia molto più saldo della classe degli affittuari che da questo Stato dipendono. Questo da una parte. E, dall’altra, la trasformazione della confisca in « regalo ai capitalisti » è prevista (nella misura in cui si può, nella formula- zione del programma, dire in generale che la si prevede) molto più dal nostro progetto che dal progetto del compagno X. In effetti facciamo la peggiore ipotesi: supponiamo che il partito operaio, nonostante tutti i suoi sforzi, non possa frenare l’arbitrio e la cupi- digia dei capitalisti *. In tal caso, la formulazione del compagno X schiude un vasto campo al « più conveniente » sfruttamento delle terre confiscate da parte della classe capitalistica della « popolazione ». La nostra formulazione, al contrario, che non pone la rivendicazione fondamentale in legame con la sua forma di realizzo, prevede tuttavia una sola destinazione, rigorosamente determinata, delle somme rica- vate da questo realizzo. Quando il compagno X dice che « il partito socialdemocratico non può assumersi il compito di decidere antici- patamente in quale forma concreta la rappresentanza popolare uti- lizzerà i beni fondiari che si troveranno nelle sue mani», egli con- fonde due cose diverse : il modo di realizzo (in altre parole : « la for- ma di utilizzazione ») dei beni e la destinazione delle somme ricavate dal realizzo. Il compagno X, lasciando del tutto indeterminato il pro- blema della destinazione di queste sopirne e legandosi, almeno in parte, le mani nel problema del modo di realizzo, introduce un duplice peggioramento nel nostro progetto. Così, il compagno X ha torto, secondo noi, quando ci obietta: «non è nemmeno possibile ottenere dai nobili la restituzione delle quote del riscatto, perche molti di loro hanno sperperato tutto». • E s c potremo frenarli, anche la vendita non si trasformerà in una rapina e in un regalo ai capitalisti. RISPOSTA ALLA CRITICA DEL NOSTRO PROGETTO DI PROGRAMMA 407 Questa, in realtà, non è affatto un’obiezione^ perchè noi non propo- niamo semplicemente la « restituzione », ma un’imposta speciale. Lo stesso compagno X riporta nel suo articolo dati secondo cui i grandi proprietari terrieri « avevano stralciato » a proprio favore una aliquota particolarmente grande delle terre contadine, impadronendosi talora di circa i tre quarti di queste terre. È quindi del tutto naturale riven- dicare che sia istituita un’imposta speciale precisamente per i grandi proprietari terrieri nobili. È anche del tutto naturale che le somme così ottenute abbiano appunto la particolare destinazione che noi chiediamo, perchè oltre al compito generale di restituire al popolo tutti i redditi percepiti dallo Stato (compito pienamente attuabile solo in regime socialista), alla Russia liberata si porrà inevitabilmente anche il compito peculiare e particolarmente urgente di elevare il tenore di vita dei contadini, il compito di aiutare seriamente quella massa di poveri e di affamati che aumenta con una rapidità così enorme nel nostro regime autocratico. Passiamo al quarto paragrafo, che il compagno X respinge inte- ramente, sebbene ne esamini esclusivamente la prima parte, quella sulle terre stralciate, e non dica nemmeno una parola sulla seconda parte, che prevede l’eliminazione dei residui della servitù della gleba, diversi nelle diverse zone dello Stato. Incominciamo da un’osserva- zione formale dell’autore: egli vede una contraddizione nel fatto che noi chiediamo la soppressione delle caste e Tistituzione dei comitati contadini, cioè di casta. In realtà, qui la contraddizione è solo apparente: per sopprimere le caste occorre la «dittatura» della casta inferiore, oppressa, proprio come per eliminare le classi in generale e la classe dei proletari in particolare occorre la dittatura del proletariato. Tutto il nostro programma agrario ha per scopo l’eliminazione delle tradizioni feudali e di casta nel campo dei rapporti agrari, e per effettuarla si può fare appello unicamente alla casta inferiore, a coloro che sono oppressi dai residui del regime della servitù della gleba. In sostanza, l’obiezione principale dell’autore è la seguente: cè quasi impossibile dimostrare» che le terre stralciate siano la base più importante del sistema delle otrabot\i perchè la loro superficie è più o meno grande a seconda che, durante la servitù della gleba, i contadini pagavano Vobrol^, e quindi coltivavano molta terra, op- pure erano sottoposti alla barsteina, e quindi coltivavano poca terra. 408 LENIN « L’estensione delle terre stralciate e la loro importanza dipende dalla combinazione delle condizioni storiche», e, per esempio, in piccole tenute del distretto di Volsk, la percentuale delle terre stralciate è insignificante, mentre nelle grandi tenute è enorme. Cosi ragiona l’autore, senza accorgersi che si allontana dalla questione. Non ce dubbio che le terre stralciate sono distribuite in modo estremamente ineguale e a seconda della combinazione delle condizioni più di- verse (compresa resistenza della barsteina o dcWobrol^ in regime di servitù della gleba). Ma che cosa dimostra questo? Il sistema delle otrabot^i non è forse anche distribuito in modo estremamente ine- guale? La sua esistenza non è forse determinata anche dalla combi- nazione delle condizioni storiche più diverse? L’autore vuole smen- tire che esista un legame fra le terre stralciate e il sistema delle otra - bot{i y ma ragiona solo sul perchè le terre sono state stralciate e sono di differente estensione, senza dire assolutamente nulla su questo legame. Solo una volta fa un’affermazione che entra nel vivo della sua tesi, e proprio in quest’affermazione ha assolutamente torto . «Quindi — egli dice, tirando le conclusioni dei suoi ragionamenti sull’influenza dell’o^ro^ o della barsteina — , là dove i contadini erano sottoposti alla barsteina ( soprattutto nella regione agricola centrale) queste terre stralciate saranno insignificanti , e là dove pagavano Vobro{ tutta la terra dei grandi proprietari può essere costituita dalle ” terre stralciate ”.» Le parole da noi sottolineate contengono un grave errore, che demolisce tutta l’argomentazione dell’autore. Precisa- mente nella regione agricola centrale, questo centro principale delle otrabot\ [i, e di ogni residuo della servitù della gleba, le terre stralciate non sono « insignificanti », ma immense, ve ne sono molto di più che non nelle zone delle terre non nere, dove Yobrol{ prevale sulla barsteina . Ecco i dati su questo problema che mi sono stati procurati da un compagno, statistico di professione. Egli ha comparato i dati della Raccolta statistica militare sul possesso fondiario dei contadini dei grandi proprietari nobili prima della riforma coi dati statistici sulla proprietà terriera del 1878, e ha così determinato l’estensione delle terre stralciate in ogni governatorato. È risultato che in nove governatorati delle terre non nere* i contadini dei grandi proprietari nobili avevano prima della riforma 10421.000 desiatine e nel 1878 * Governatorati di Pskov, Novgorod, Tvcr, Mosca, Vladimir, Smolensk, Kaluga, laroslavl e Xostromà. RISPOSTA ALLA CRITICA DEL NOSTRO PROGETTO DI PROGRAMMA 409 erano loro rimaste 9.746.000 desiatine; erano cioè stati stralciate 675.000 desiatine, ovvero il 6,5 % delle terre, con una media di 72.800 desia- tine per governatorato. Per contro, in quattordici governatorati delle terre nere 4 i contadini avevano 12.795.000 desiatine e sono rimaste loro 9.996.000 desiatine; sono state cioè stralciate 2.799.000 desiatine ovvero il 21,9%, con una media di 199.100 desiatine per governato- rato. Fa eccezione solo la terza regione, stepposa, dove in cinque governatorati ** i contadini avevano 2.203.000 desiatine e sono rimaste loro 1.580.000 desiatine; sono state cioè stralciate 623.000 desiatine, ovvero il 28,3%, con una media di 124.600 desiatine per governato- rato* 44 . Questa regione è un’eccezione, perchè qui il sistema capita- listico predomina su quello delle otrabotfy, mentre la percentuale delle terre stralciate è maggiore. Ma questa eccezione è piuttosto una conferma alla regola, perchè qui l’influenza delle terre stralciate è stata paralizzata da circostanze importanti come la maggiore su- perficie dei nadiel contadini, nonostante siano state loro stralciate delle terre, e la maggiore superficie del fondo terriero libero per Taf- fitto. Il tentativo dell’autore di mettere in dubbio l’esistenza di un legame fra le terre stralciate e il sistema delle otrabot\i è quindi com- pletamente fallito. In generale non ce dubbio che il centro del si- stema delle otrabot\i in Russia (regione centrale delle terre nere) è nel medesimo tempo anche il centro delle terre stralciate. Sottoli- neiamo « in generale » per rispondere al seguente dubbio delTautore. Citando le parole del nostro programma sulla restituzione delle terre che sono state stralciate e sono un mezzo di asservimento, l’autore pone fra parentesi la domanda: «e quelle che non lo sono? ». Gli ■ Governatorati di Grigi, Tuia, Riazan, Kursk, Voroniez, Tambov, Nizni Nov- gorod, Simbirsk, Kazan, Penza, Saratov, Cernikov, Kharkov e Pollava (il 37 % delle terre è stato stralciato). ** Governatorati di Kherson, Ickatcrinoslav, Taunde, Don (calcolo approssimativo) e Samara. *** Se compariamo questi dati sulle terre stralciate nelle tre regioni coi dati sulla percentuale dei contadini che erano sottoposti alia barsicir.a (secondo i materiali delle commissioni redazionali: efr. Dizionario enciclopedico t voi. XXXII, p. 686, voce Con - ladini), otteniamo il seguente rapporto: regione delle terre non nere (nove governa- torati): terre stralciate 6,5 %, contadini che erano sottoposti alla barsicina 43,9 % (me- dia dei dati per nove governatorati); regione centrale delle terre nere (quattordici go- vernatorati): terre stralciate 21,9%, contadini che erano sottoposti alla barsteina 76,0%; regione della steppa (cinque governatorati): terre stralciate 28,3%, con- tadini che erano sottoposti alla barsteina 95,3 %. Quindi si ottiene un rapporto inverso a quello che vorrebbe stabilire il compagno X. 4io LENIN risponderemo che il programma non è un disegno di legge sulla re- stituzione delle terre stralciate. Noi definiamo e spieghiamo l’impor- tanza generale di queste terre, ma non parliamo dei casi singoli. E, dopo tutta la letteratura populista sulle condizioni dei contadini nell’epoca posteriore alla riforma, è forse ancora possibile dubitare del fatto che le terre stralciate sono in generale un mezzo di asser- vimento feudale? E inoltre domanderemo: è forse ancora possibile negare che esiste un legame fra le terre stralciate e il sistema delle otrabot\ i, quando questo legame scaturisce dagli stessi concetti fon- damentali riguardanti l’economia della Russia posteriore alla rifor- ma? Il sistema delle otrabotfy è l’unione della bar steina e del capi- talismo, del < vecchio regime > e dell’economia < moderna >, del si- stema di sfruttamento mediante l’assegnazione della terra e di quello mediante il distacco dalla terra. E quale esempio più spiccato di mo- derna bar steina ci potrebbe essere del sistema per cui il contadino deve fare delle prestazioni di lavoro per usufruire delle terre stralciate (sistema descritto come tale , come sistema specifico e non come un fenomeno casuale, dalla letteratura populista già nel buon tempo antico, quando non si era nemmeno sentito parlare degli schematici e limitati marxisti)? È forse possibile pensare che l’attuale vincolo che lega i contadini alla terra si regga solo perchè manca una legge sulla liberti di trasferimento e non perchè esiste inoltre (e in parte come base) il sistema summenzionato che asservisce il contadino? Senza aver dimostrato assolutamente in nessun modo la fonda- tezza del suo dubbio sull’esistenza di un legame fra le terre stralciate e l’asservimento, l’autore continua a ragionare nella maniera seguente. La restituzione delle terre stralciate è l’assegnazione di pezzetti di terra, basata non tanto sui bisogni dell’azienda contadina, quanto sulla c tradizione > storica. Come ogni assegnazione di una quantità insufficiente di terra (di quantità sufficiente non è nemmeno il caso di parlare), essa non eliminerà, ma creerà l’asservimento, perchè il contadino sarà costretto , per miseria, per nutrirsi, a prendere in af- fitto la terra che gli manca; sarà, dunque, una misura reazionaria. Anche qui il ragionamento non coglie nel segno, perchè il nostro programma non « promette > affatto nella sua parte agraria Pelimi- nazione di ogni miseria in generale (la promette solo nella sua parte socialista generale), ma solo reliminazione (almeno di una parte) dei residui della servitù della gleba. Il nostro programma parla pre- RISPOSTA ALLA CRITICA DEL NOSTRO PROGETTO DI PROGRAMMA 41 I usamente non dell'assegnazione in generale di ogni pezzetto di terra, ma delf eliminazione di almeno una delle forme di asservimento che già esiste. L’autore non ha seguito il filo logico che è alla base del nostro programma e arbitrariamente, e sbagliando, gli ha attri- buito un altro significato. In effetti, considerate il suo ragionamento. Egli scarta (e qui, naturalmente, ha ragione) la concezione che si ha delle terre stralciate, considerate solo come appezzamenti fram- misti alle proprietà altrui e dice: «se le terre stralciate verranno assegnate come supplemento di terra, è necessario esaminare se esse sono sufficienti per eliminare i rapporti di asservimento, perchè, da questo punto di vista, tali rapporti sono il risultato della scarsità di terra *. Il nostro programma non afferma assolutamente in nessun punto che le terre stralciate basterebbero per eliminare l’asservimento. Tutti gli asservimenti possono essere eliminati solo dalla rivoluzione socialista; nel programma agrario noi infatti rimaniamo sul terreno dei rapporti borghesi e rivendichiamo alcune misure «allo scopo di eliminare » (non diciamo nemmeno che si possa trattare di un’eli- minazione totale) i residui della servitù della gleba. Il proletariato rurale deve lottare insieme con i contadini ricchi per eliminare i residui della servitù della gleba, per le terre stralciate: qui è tutta la sostanza del nostro programma agrario. Chi esaminerà con atten- zione questa tesi capirà come siano sbagliate, fuori luogo e illogiche le obiezioni di questo tipo: perchè solo le terre stralciate, se non sono sufficienti? Perchè insieme coi contadini ricchi il proletariato non potrà e non deve andare oltre leliminazione della servitù della gleba, oltre le terre stralciate, ecc. Oltre quest'obiettivo , il proletariato in generale, e il proletariato rurale in particolare, marcerà da solo ; non insieme con la « massa contadina », non insieme col contadino ricco, ma contro di lui. Non andiamo oltre le terre stralciate non perchè non vogliamo il bene del contadino o temiamo di spaventare la bor- ghesia, ma perchè non vogliamo che il proletariato rurale aiuti il contadino ricco più del necessario , più di quanto è necessario per il proletariato. Dell’asservimento feudale soffrono tanto il proleta- riato quanto il contadino ricco; contro questo asservimento essi pos- sono e devon marciare insieme, ma contro l 'altro asservimento il pro- letariato marcerà. da solo. Perciò, se nel nostro programma distin- guiamo l’asservimento feudale da ogni altro asservimento, è perchè rispettiamo rigorosamente gli interessi di classe del proletariato . Non 412 LENIN li rispetteremmo, abbandoneremmo il punto di vista di classe del proletariato se ammettessimo nel nostro programma che la « massa contadina » (cioè i contadini ricchi più i contadini poveri) marcerà con noi oltre l’obiettivo dell’eliminazione dei residui della servitù della gleba; e freneremmo il processo di definitiva separazione del proletariato rurale dai contadini proprietari, il processo di sviluppo della coscienza di classe proletaria nelle campagne, processo che è assolutamente necessario ed è il più importante per il socialdemo- cratico. Quando uomini di vecchia fede, i populisti, e i socialisti-ri- voluzionari, privi di ogni fede e di ogni convinzione, allargano le braccia con un gesto sconsolato parlando del nostro programma agra- rio, questo deriva dal fatto che essi (per esempio il signor Rudin e C.) non hanno un'idea delleffettiva struttura economica delle nostre com- pagne e della loro evoluzione, non hanno un’idea dei rapporti bor- ghesi in formazione e già quasi consolidati airinterno dell’ obsteina, della forza dei contadini borghesi. Essi si accostano al nostro pro- gramma agrario coi vecchi pregiudizi populisti o più spesso con fram- menti di questi pregiudizi e incominciano a criticare singoli para- grafi oppure la loro formulazione, senza nemmeno comprendere quale fine persegue il nostro programma agrario e quali rapporti economico- sociali esso prevede. Quando si dice loro che il nostro programma agrario non ha in vista la lotta contro il regime borghese, ma l’inseri- mento delle campagne nelle condizioni proprie del regime borghese, essi si stropicciano gli occhi, senza capire (per la leggerezza teorica che è loro propria) che la loro incomprensione è un semplice riflesso della lotta fra la concezione populista e la concezione marxista. Per il marxista che si accinge a redigere un programma agrario la questione dei residui della servitù della gleba nelle campagne russe, che sono borghesi e si sviluppano capitalisticamente, è una questione già risolta, e solo la totale mancanza di principi dei so- cialisti-rivoluzionari impedisce loro di vedere che per criticare a fondo essi dovrebbero opporre almeno qualcosa di logico e organico alla nostra soluzione del problema. Per il marxista il compito con- siste solo nell’evitare i due estremi: da una parte, non cadere ncll’er- rore di coloro i quali dicono che, dal punto di vista del proletariato, tutti i problemi non proletari immediati e temporanei non ci ri- guardano e, dall’altra, non tollerate che la partecipazione del pro- letariato alla soluzione dei problemi democratici immediati possa RISPOSTA ALLA CRITICA DEL NOSTRO PROGETTO DI PROGRAMMA 413 condurre all’offuscamento della sua coscienza di classe e della sua indipendenza di classe. Nel campo dei rapporti propriamente fon- diari questo compito si riduce a quanto segue: dare, rimanendo sul terreno della società esistente* una parola d’ordine precisa per una trasformazione agraria che spazzi via nel modo più completo i residui della servitù della gleba e stacchi nel modo più rapido possi- bile il proletariato rurale dalla massa compatta dei contadini. Pare che il nostro programma abbia risolto questo compito. E non ci turba affatto la domanda del compagno X: che fare se i comitati contadini rivendicheranno non le terre stralciate, ma tutta la terra? Noi stessi la rivendichiamo, però, naturalmente, non « allo scopo di eliminare i residui della servitù della gleba » (scopo al quale si li- mita la parte agraria del nostro programma), ma ai fini della rivo- luzione socialista. E sempre e in ogni circostanza indichiamo in- stancabilmente e continueremo a indicare ai « contadini poveri * precisamente questi fini. Non c’è errore più grossolano di quello di pensare che il socialdemocratico possa andare nelle campagne e pre- sentare solo la parte agraria del suo programma, che egli possa am- mainare anche solo per un istante la sua bandiera socialista. Nel rivendicare tutta la terra si porrà la rivendicazione della nazionaliz- zazione o quella del passaggio della terra agli odierni contadini proprietari? Questo lo giudicheremo partendo dagli interessi del proletariato e considerando tutte le circostanze del caso; non pos- siamo dire in anticipo se, per esempio, i nostri contadini proprietari, quando la rivoluzione li desterà alla vita politica, agiranno come partito debordine. Noi dobbiamo redigere il nostro programma in modo da essere pronti anche al peggio; l’attuazione delle migliori combinazioni non farà che agevolare il nostro lavoro e gli darà nuovo impulso. Per quanto concerne il problema in esame, dobbiamo ancora soffermarci sul seguente ragionamento del compagno X. « A questo — egli scrive a proposito della sua affermazione secondo cui l’asse- gnazione delle terre stralciate consoliderà Taffitto per sostenersi — si può obiettare che l’assegnazione delle terre stralciate ha impor- tanza come mezzo per eliminare le forme asservitrici dell’affitto di queste terre e non per far aumentare e consolidare la piccola eco- nomia naturale. Tuttavia, non è difficile osservare che questa obie- zione contiene una contraddizione. L’assegnazione di pezzetti di 4M LENIN terra e assegnazione di terra in quantità insufficiente per condurre un’azienda che progredisca ed è sufficiente per consolidare l’azienda affittuaria di tipo naturale. Quindi, rassegnazione di una quantità di terra insufficiente rende più solida l’azienda di tipo naturale. Che ven- gano così eliminate le forme asservitrici dell’affitto è una cosa che si deve ancora dimostrare. Abbiamo dimostrato che esse si consolide- ranno perchè faranno aumentare il numero dei piccoli proprietari che entreranno in concorrenza per affittare la terra dei grandi proprie- tari fondiari.» Abbiamo trascritto per intero il ragionamento del compagno X affinchè il lettore possa giudicare più facilmente dov’è la sua « con- traddizione ». Secondo la regola generale, i contadini usufruiscono adesso delle terre stralciate in condizioni di asservimento feudale. Dopo la loro restituzione ne usufruiranno come liberi proprietari. Possibile che si « debba ancora dimostrare » che questa restituzione eliminerà Tasservimento feudale esercitato per mezzo di queste terre? Si tratta di particolari appezzamenti di terra che hanno già creato una particolare forma di asservimento, e Tautore colloca al posto di questo concetto particolare la categoria generale dell’« in- sufficiente quantità di terra»! Questo significa eludere la questione. Significa pensare che le terre stralciate non creino oggi nessun par- ticolare asservimento: allora in realtà la loro restituzione sarebbe semplicemente « assegnazione di un’insufficiente quantità di terra », allora in realtà non potremmo sostenere questa misura. Ma ognuno vede benissimo che non è così. Proseguiamo. L’autore ha torto quando confonde l’asservimento feudale ( sistema di conduzione mediante le otrabothj) generato dalle terre stralciate, con l’affitto per il sostentamento, con Taffitto per il bisogno in generale. Quest’ultimo affitto esiste in tutti i paesi europei; nell’economia capitalistica la concorrenza fra i piccoli pro- prietari e i piccoli affittuari fa salire dappertutto e sempre i prezzi di vendita e i canoni d’affitto della terra sino a livelli « d’asservimento ». In nessun modo potremo liberarci di un simile * asservimento finche non ci libereremo dal capitalismo. Ma è questa forse una obiezione ai particolari mezzi di lotta contro particolari tipi di as- servimento, esclusivamente russi? Il compagno X ragiona come se • È possibile limitare, frenare questo asservimento conferendo ai tribunali la facoltà di ridurre i canoni d’affitto, come si chiede nel nostra programma. RISPOSTA ALLA CRITICA DEL NOSTRO PROGETTO DI PROGRAMMA 415 muovesse obiezioni contro la riduzione della giornata lavorativa dicendo che in seguito a questa riduzione aumenterebbe l’intensità del lavoro. La riduzione della giornata lavorativa è una riforma parziale, che elimina solo uno dei tipi di asservimento e precisamente l’asservimento per mezzo del prolungamento del lavoro. Essa non elimina gli altri tipi di asservimento, per esempio la « pungolatura » degli operai, e nessuna riforma può eliminare in generale tutti i tipi di asservimento sul terreno del capitalismo. Quando l’autore dice: « rassegnazione delle terre stralciate è una misura reazionaria che consolida l’asservimento », fa un’afferma- zione che è in così stridente contrasto con tutti i dati suH’economia contadina posteriore alla riforma che egli stesso non può mantenersi su questa posizione. E si contraddice, avendo affermato poco prima : « ... Introdurre il capitalismo, s'intende, non è compito del partito socialdemocratico. Questo accadrà nonostante il desiderio di qualsiasi partito, se il godimento della terra da parte dei contadini verrà esteso,..». Ma se l’estensione del godimento della terra da parte dei contadini in generale condurrà allo sviluppo del capitalismo, a mag- gior ragione questo risultato è inevitabile quando il possesso fon- diario dei contadini si estenderà grazie ai particolari appezzamenti che generano un particolare asservimento feudale. La restituzione delle terre stralciate migliorerà il tenore di vita dei contadini, am- plierà il mercato interno, accentuerà la domanda di operai salariati nelle città, e anche di operai salariati da parte dei contadini ricchi e dei grandi proprietari fondiari che perdono quell’appoggio co- stituito dal sistema di conduzione basato sulle otrabot\i . Per quanto riguarda l’« introduzione del capitalismo », questa è una obiezione davvero strana. La restituzione delle terre stralciate equivarrebbe a introdurre il capitalismo solo se fosse necessaria e utile esclusiva- mente alla borghesia. Ma non è così. Essa è non meno, se non di più, necessaria e utile ai contadini poveri, che soffrono per l’asser- vimento e le otrabotfy. Il proletario rurale insieme con il borghese rurale è oppresso daH’asservimento feudale, che è appunto basato in misura considerevole sulle terre stralciate. Perciò il proletario ru- rale non può liberarsi da questo asservimento senza liberare nel medesimo tempo anche il borghese rurale. Solo i signori Rudin e simili socialisti-rivoluzionari, che non ricordano la loro affinità coi populisti, possono vedere qui P« introduzione » del capitalismo. 416 LENIN Ancor meno convincenti sono le considerazioni del compagno X sull'attuabilità della restituzione delle terre stralciate. I suoi dati per il distretto di Volsk parlano contro di lui: quasi un quinto delle te- nute (18 su 99) è rimasto nelle mani dei vecchi proprietari; le terre stralciate potrebbero cioè passare direttamente e senza alcun riscatto nelle mani dei contadini. Inoltre un terzo delle tenute è passato in- teramente in mani altrui; qui si dovrebbero cioè riscattare le terre stralciate a spese della grande proprietà terriera dei nobili. E solo in 16 casi su 99 si dovrebbero riscattare dai contadini e da altri proprietari che hanno comperato la terra a lotti. Ci rifiutiamo de- cisamente di capire perchè in tali condizioni la restituzione delle terre stralciate sia «inattuabile». Consideriamo i dati per lo stesso governatorato di Saratov. Abbiamo sottocchio i recentissimi Mate- riali sui bisogni dell industria agricola nel governatorato di Saratov (Saratov, 1903). L’estensione di tutte le terre stralciate, di cui dispo- nevano un tempo i contadini dei grandi proprietari nobili, è di 600 mila desiatine, ovvero il 42,7% *. Se gli statistici degli zemstvo nel 1H96 hanno potuto determinare lestensione delle terre stralciate in base agli estratti dei documenti regolamentari e di altri docu- menti, perchè i comitati contadini non dovrebbero poterla determi- nare con precisione ancora maggiore in un anno qualsiasi, poniamo nel 1906? E se si considera il distretto di Volsk, risulterebbe che circa 120.000 desiatine potrebbero essere restituite ai contadini subito e senza alcun riscatto, ancora circa 200.000 desiatine si potrebbero riscattare subito (a spese delle terre dei nobili) prendendole dalle proprietà passate interamente in mani altrui, e solo per le rima- nenti terre la procedura del riscatto (a spese della proprietà terriera dei nobili), dello scambio ecc. sarebbe un po' più complessa, ma non costituirebbe comunque niente di «inattuabile». Quale importanza avrebbe per i contadini la restituzione delle loro 600.000 desiatine si vede per esempio dal fatto che la superficie complessiva delle terre • Osserveremo che questi recentissimi dati statistici degli zemstvo convalidano pienamente l'opinione del summenzionato compagno statistico, secondo cui i dati sulle terre stralciate da lui riportati sono inferiori alia realtà. Secondo quei dati, nel go- vernatorato di Saratov queste terre hanno un’estensione complessiva di appena 512.000 desiatine (=38%). Invece, anche la cifra di 600.000 desiatine è inferiore all'esten sione reale delle terre stralciate , perchè comprende, in primo luogo, non tutte le obsteine degli c\ contadini dei grandi proprietari nobili c, in secondo luogo, solo le terre comode . RISPOSTA ALLA CRITICA DEL NOSTRO PROGETTO DI PROGRAMMA 417 prese in affitto dai proprietari privati alla fine degli anni novanta era nel governatorato di Saratov di circa 900.000 desiatine. Come è ovvio, non pensiamo di poter affermare che tutte le terre stralciate siano nel momento attuale affittate; vogliamo solo indicare con chia- rezza il rapporto esistente fra la terra che dovrebbe essere restituita in proprietà e la terra che ora, sempre e dappertutto , viene affittata a condizioni di puro e semplice asservimento, e di asservimento feu- dale. Questo confronto attesta in maniera molto convincente quale sensibile colpo la restituzione delle terre stralciate assesterebbe ai rapporti di asservimento feudale, quale impulso essa darebbe alla energia rivoluzionaria dei « contadini » e — quel che più importa al socialdemocratico — in quali immense proporzioni affretterebbe la rottura ideale e politica tra il proletariato rurale e la borghesia contadina. Infatti, il risultato immediato e inevitabile del lavoro di espropriazione dei comitati contadini sarebbe appunto questa rot- tura risoluta e irrevocabile, e niente affatto Tunione di tutta la « massa contadina > attorno alle « semisocialiste > ed « egualitarie » riven- dicazioni che reclamano tutta la terra, come sembra agli odierni epigoni del populismo. Quanto più rivoluzionaria sarà Toffensiva della « massa contadina > contro i grandi proprietari fondiari, tanto più rapida e profonda sarà questa rottura, che scaturirà allora non dai calcoli statistici deirindagine marxista, ma dagli atti politici della borghesia contadina, dalla lotta dei partiti e delle classi al- Tinterno dei comitati contadini. E notate : nel porre la rivendicazione della restituzione delle terre stralciate, noi manteniamo deliberatamente il nostro compito nel quadro del regime esistente; siamo obbligati a farlo se parliamo del programma minimo e se non vogliamo cadere in queirimper- donabile progettomania, che confina con la ciarlataneria, per cui si pongono « in primo piano >, da una parte, le cooperative e, dall’al- tra, la socializzazione. Noi rispondiamo a una questione che non da noi è stata posta*, alla questione delle riforme di domani, discusse • Sino a che punto la riforma agraria « non da noi » sia stata posta sul terreno del regime esistente, risulta, per esempio, dalla seguente citazione, che prendiamo a prestito da uno dei più illustri teorici del populismo, il signor V. V., e per di più da un articolo che appartiene all’epoca migliore della sua attività {Oticccstvcnnyc Zapisf^i, n. 1882, n. 8 e 9). «Gli ordinamenti che stiamo esaminando — scriveva allora il si- gnor V. V. sul regime della nostra agricoltura — ci sono stati tramandati dalla servitù della gleba... La servitù della gleba h crollata, ma per il momento solo sul terreno giu- 27 - 763 LENIN 418 e dalla stampa illegale, e dalla « società », e dallo zemstvo , e si può dire persino dal governo. Saremmo degli anarchici e dei semplici chiacchieroni se ci disinteressassimo di questa questione impellente, ma niente affatto socialista, posta da tutta la storia della Russia po- steriore alla riforma. Dobbiamo dare una soluzione giusta , dal punto di vista socialdemocratico, alla questione che non da noi è stata posta, dobbiamo definire la nostra posizione nei confronti di quelle riforme agrarie che tutta la società liberale ha già rivendicato e senza le quali nessuna persona sensata può concepire la liberazione po- litica della Russia. E definiamo la nostra posizione in questa riforma liberale (liberale nel significato scientifico, cioè marxista, del termine) rimanendo assolutamente fedeli ad un nostro principio, quello di appoggiare il movimento veramente democratico, pur continuando a sviluppare con un’azione instancabile e costante la coscienza di classe del proletariato. Noi indichiamo la linea pratica di condotta che dobbiamo seguire in questa riforma, la quale, se non oggi, domani deve essere intrapresa dal governo o dai liberali. Lanciamo una parola d’ordine che spinge a una soluzione rivoluzionaria di una riforma che è veramente imposta dalla realtà e non escogitata dalla fantasia di un vago, umanitario socialismo AUerwelts *. Il progetto di programma del compagno X ha precisamente questo ultimo difetto. Non dà nessuna risposta alla questione: quale atteg- ridico e sotto alcuni aspetti, mentre gli ordinamenti agrari sono rimasti quelli di prima, anteriori alla riforma... I contadini ncn potevano continuare a condurre l’azienda esclusivamente sul loro nadiel mutilato; avevano assoluto bisogno di utilizzare le terre che erano state loro tolte... Per assicurare il regolare andamento della piccola azienda agricola era necessario garantire al contadino rutilizzazione almeno delle terre che... in un modo o nell’altro erano state a sua disposizione ai tempi della servitù della gleba. Questo è il minimo dei desideri che si possono esprimere in nome della piccola agricoltura, » Ecco come veniva impostata la questione da coloro che credevano nel populismo e lo professavano apertamente, senza giocare a rimpiattino in modo in- degno, come fanno i signori socialisti-rivoluzionari. E la socialdemocrazia ha valutato rimpostazione populista per il suo contenuto, come sempre valuta le rivendicazioni borghesi e piccolo-borghesi. Essa ha fatto interamente propria la parte positiva e progressiva delle rivendicazioni (lotta contro tutti i residui della servitù della gleba), gettando a mare le illusioni piccolo-borghesi, mostrando che l’eliminazione dei residui della servitù della gleba epurerà e affretterà appunto lo sviluppo capitalistico e nessun altro sviluppo. È nelPinteresse dello sviluppo sociale e per slegare le mani al pro- letario, e non «in nome della piccola agricoltura », che noi poniamo la nostra riven- dicazione della restituzione delle terre stralciate, senza impegnarci affatto ad aiutare la « piccola » borghesia contadina , non solo contro la servitù della gleba, ma nemmeno contro la grande borghesia. • Accettabile per tutti (N.d.R.), RISPOSTA ALLA CRITICA DEL NOSTRO PROGETTO DI PROGRAMMA 419 giamento dobbiamo tenere nelle prossime trasformazioni liberali dei rapporti agrari? Ci dà però (nei paragrafi 5 e 7) una formulazione peggiorata e contraddittoria della rivendicazione della nazionalizza- zione della terra. Contraddittoria, perchè la soppressione della rendita viene progettata ora mediante un’imposta, ora mediante il passaggio della terra alla società. Peggiorata, perchè la rendita non si sopprime con una imposta, e il passaggio della terra (in generale) è desiderabile se essa passa nelle mani di uno Stato democratico e non nelle mani di piccole organizzazioni sociali (come l’odierno o futuro zem- stvo). Gli argomenti contro Paccoglimento della rivendicazione della nazionalizzazione della terra nel nostro programma sono già stati esposti più di una volta e non staremo a ripeterli. Il paragrafo 8 non riguarda affatto la parte pratica del pro- gramma, e il paragrafo 6 il compagno X l’ha formulato in modo tale che in esso non è rimasto niente di «agrario». Ancora non si sa perchè egli scarti i tribunali e la riduzione del canone d’affitto. L’autore formula il primo paragrafo con minore chiarezza di quanto sia stato fatto nel nostro progetto, e l’aggiunta « nell’inte- resse della difesa dei piccoli proprietari (e non dello sviluppo della piccola proprietà)» è anche qui non «agraria», inesatta (non è il caso di difendere i piccoli proprietari che assumono operai) e su- perflua, perchè se difendiamo la persona e non la proprietà del pic- colo borghese, lo facciamo mediante la rivendicazione di riforme sociali, finanziarie, ecc. ben definite. Scritta nel giugno del 1903. Pubblicata per la prima volta nel luglio del 1903 in opuscolo, a cura della « Lega estera della socialdemocrazia russa *. 27* LA QUESTIONE NAZIONALE NEL NOSTRO PROGRAMMA Nel progetto di programma del partito abbiamo avanzato la rivendicazione della repubblica, con una Costituzione democratica che assicuri, fra l'altro, « il riconoscimento del diritto di autodeci- sione a tutte le nazioni che compongono lo Stato». Questa rivendi- cazione programmatica è sembrata a molti insufficientemente chiara, e nel n. 33, parlando del manifesto dei socialdemocratici armeni, ab- biamo cos' chiarito il significato di questo punto: la socialdemo- crazia lotterà sempre contro ogni tentativo di influire dairesterno, con la violenza o con qualsiasi ingiustizia, sulPautodecisione delle na- zioni. Ma l 'incondizionato riconoscimento della lotta per la libertà di autodecisione non ci impegna affatto ad appoggiare ogni richiesta di autodecisione da parte di una nazione. La socialdemocrazia, quale partito del proletariato, si pone come compito concreto e principale l'appoggio all'autodecisione non dei popoli e delle nazioni, ma del proletariato in ogni nazionalità. Noi dobbiamo tendere sempre e incondizionatamente alla più stretta unione del proletariato di tutte le nazionalità, e solo in singoli casi eccezionali possiamo avanzare e appoggiare attivamente le rivendicazioni che mirano alla crea- zione di un nuovo Stato classista e alla sostituzione di una più debole unità federativa alla piena unità politica dello Stato, ecc.". Questa interpretazione della questione nazionale data dal nostro programma ha provocato una decisa protesta da parte del Partito socialista polacco (PSU) Nell'articolo L’atteggiamento della social- democrazia russa verso la questione nazionale ( Przedswit y marzo 1903) il PSP si indigna per questa « sorprendente » interpretazione e per la « nebulosità * della nostra « misteriosa » autodecisione, e ci LA QUESTIONE NAZIONALE NEL NOSTRO PROGRAMMA 4 21 accusa di essere dei dottrinari e di condividere l’idea « anarchica », che « alloperaio nulla importa all’infuori della completa elimina- zione del capitalismo, perchè lingua, nazionalità, cultura ecc. sono pure e semplici invenzioni borghesi » ecc. Merita la pena di soffer- marsi nel modo più particolareggiato su questa argomentazione, che contiene quasi tutti gli sbagli sulla questione nazionale così comuni e così diffusi fra i socialisti. Perchè la nostra interpretazione è così * sorprendente » ? Perchè mai essa si scosta dal significato «letterale»? Il riconoscimento del diritto di autodecisione delle nazioni esige forse che si appoggi ogni rivendicazione di autodecisione di ogni nazione? Il riconoscimento del diritto di tutti i cittadini a costituire libere associazioni non im- pegna affatto noi, socialdemocratici, ad appoggiare la costituzione di ogni nuova associazione, non ci impedisce affatto di opporci all’idea, se è inopportuna e irragionevole, della costituzione di una determi- nata associazione e di condurre un’agitazione contro di essa. Noi riconosciamo persino il diritto dei gesuiti di condurre liberamente un’agitazione, ma lottiamo (non con misure poliziesche, natural- mente) contro l’unione dei gesuiti e dei proletari. Perciò quando il Przedswit dice: «se questa rivendicazione della libera autodecisione deve essere intesa alla lettera (e sinora noi le abbiamo dato questo significato), essa ci soddisferebbe », è del tutto evidente che è proprio il PSP a scostarsi dal significato letterale del programma. Dal punto di vista formale la sua conclusione è indubbiamente illogica. Ma non vogliamo limitarci alla verifica formale della nostra in- terpretazione. Andiamo direttamente al nocciolo della questione: deve la socialdemocrazia rivendicare sempre e incondizionatamente l’indipendenza nazionale oppure solo in certe condizioni, e in quali precisamente? Il PSP ha sempre risolto la questione in favore del- l’incondizionato riconoscimento, e nón ci meraviglia quindi affatto la sua tenerezza per i socialisti-rivoluzionari russi, che rivendicano ordinamenti statali federativi e si pronunciano a favore del « totale e incondizionato riconoscimento del diritto di autodecisione delle na- zioni » ( Revoliutsionnaia Rossia y n. 18, articolo Asservimento na- zionale e socialismo rivoluzionario). Purtroppo, questa non è che una di quelle frasi democratiche borghesi che per l’ennesima volta rivelano la vera natura del cosiddetto partito dei cosiddetti socia- listi-rivoluzionari. Il PSP, lasciandosi allettare da queste frasi e 4 22 LENIN sedurre da questo chiasso, dimostra così a sua volta quanto debole sia nella sua coscienza teorica e nella sua attività politica il legame con la lotta di classe del proletariato. È precisamente agli interessi di questa lotta che noi dobbiamo subordinare la rivendicazione dell'auto' decisione nazionale. Proprio per questa condizione la nostra impo- stazione della questione nazionale si differenzia dall’impostazione democratica borghese. Il democratico borghese (e anche l’odierno opportunista socialista che ne cale* le orme) immagina che la de- mocrazia elimini la lotta di classe e perciò pone tutte le sue rivendi- cazioni politiche in maniera astratta, sommaria, « incondizionata- mente », ispirandosi agli interessi « di tutto il popolo » o persino al- l’eterno e assoluto principio etico. Il socialdemocratico denuncia in modo implacabile questa illusione borghese, sempre e dappertutto, si esprima essa in un’astratta filosofia idealistica o nell’impostazione della rivendicazione incondizionata dell’indipendenza nazionale. Se è ancora necessario dimostrare che il marxista non può accettare la rivendicazione dell’indipendenza nazionale se non in maniera condizionata, e precisamente alla condizione indicata sopra, citeremo le parole di uno scrittore che ha difeso dal punto di vista marxista la rivendicazione dell’indipendenza della Polonia da parte dei pro- letari polacchi. Karl Kautsky scriveva nel 1896 nell’articolo Finis Poloniae?: «Non appena il proletariato polacco affronterà la que- stione polacca, non potrà non pronunciarsi per l’indipendenza della Polonia e quindi non potrà non essere favorevole ad ogni passo che sin d’ora può essere compiuto in questa direzione, purché in generale questo passo sia compatibile con gli interessi di classe del proletariato internazionale in lotta. « Questa riserva — prosegue Kautsky — è comunque necessario farla. L'indipendenza nazionale non è così inscindibilmente legata agli interessi di classe del proletariato in lotta che si debba tendere ad essa incondizionatamente , in ogni circostanza *. Marx e Engels si pronunciarono con la massima decisione per lunificazione e la liberazione dell’Italia, ma questo non impedì loro di prendere posi- zioni, nel 1859, contro l’alleanza deH’Italia con Napoleone » (Neue Zeit y XIV, 2, p. 520). Come vedete, Kautsky respinge categoricamente la rivendica- • Il corsivo è nostro. LA QUESTIONE NAZIONALE NEL NOSTRO PROGRAMMA 4*3 zionc incondizionata deirindipendenza delle nazioni, esige catego- ricamente che la questione venga posta non solo sul terreno storico in generale, ma proprio sul terreno di classe. E se esamineremo l’impostazione della questione polacca data da Marx e Engels, ve- dremo che essi l’hanno posta precisamente così fin dall’inizio. La Nette Rheinische Zeitung dedicò molto spazio alla questione polacca ed esigeva con decisione non solo l’indipendenza della Polonia, ma anche la guerra della Germania contro la Russia per la libertà della Polonia. In quello stesso periodo, tuttavia, Marx si scagliò contro Ruge, che aveva parlato in favore della libertà della Polonia al parlamento di Francoforte risolvendo la questione polacca solo con frasi democratiche borghesi sull’* infame ingiustizia », senza fornire alcuna analisi storica. Marx non era uno di quei pedanti e filistei della rivoluzione che temono più di ogni cosa la « polemica » nei momenti storici rivoluzionari. Egli coprì di spietati sarcasmi 1*« uma- nitario» cittadino Ruge, dimostrandogli con l’esempio dell’oppres- sione del mezzogiorno della Francia da parte del nord che non ogni oppressione nazionale, e non sempre, suscita una rivendicazione di in- dipendenza legittima dal punto di vista della democrazia e del pro- letariato. Marx ricordò le particolari condizioni sociali grazie alle quali « la Polonia è divenuta una parte rivoluzionaria della Russia, dell’Austria e della Prussia... Persino la nobiltà polacca, che in parte poggia ancora su basi feudali, ha aderito con incomparabile spirito di abnegazione alla rivoluzione agraria-democratica. La Polonia era già il focolaio della democrazia dell’Europa orientale quando la Germania vegetava ancora nell’ideologia più piattamente costitu- zionale e più enfaticamente filosofica... Finché noi [tedeschi] l’aiu- teremo a opprimere la Polonia, finché incateneremo una parte della Polonia alla Germania, rimarremo anche noi incatenati alla Russia e alla politica russa, non potremo nemmeno in casa nostra liberarci radicalmente dall’assolutismo feudale-patriarcale. La creazione di una Polonia democratica è la prima condizione per creare una Germania democratica » Abbiamo citato in maniera così particolareggiata queste dichia- razioni perchè indicano con chiarezza in quali condizioni storiche, nella socialdemocrazia internazionale, si è venuta elaborando l’im- postazione della questione polacca, che non è cambiata durante quasi tutta la seconda metà del secolo XIX. Ignorare che le condizioni si LENIN 424 sono da allora modificate e sostenere le vecchie soluzioni del mar- xismo significa essere fedeli alla lettera e non allo spirito della dot- trina, significa ripetere a memoria le precedenti conclusioni senza sapersi servire dei metodi deirindagine marxista per analizzare la nuova situazione politica. Allora e oggi — Tepoca degli ultimi moti rivoluzionari borghesi e Tepoca della reazione accanita, dell’estrema tensione di tutte le forze alla vigilia della rivoluzione proletaria — differiscono nel modo più evidente. Allora era rivoluzionaria ap- punto la Polonia nel suo complesso, e non solo i contadini, ma anche la massa dei nobili. Le tradizioni della lotta per la liberazione nazionale erano così forti e profonde che, dopo essere stati sconfitti in patria, i figli migliori della Polonia accorsero dovunque in aiuto delle classi rivoluzionarie; la memoria di Dombrowski e Wrublew- ski m è inscindibilmente legata al grandioso movimento del proleta- riato del secolo XIX, airultima — e, speriamo, l’ultima sfortunata — insurrezione degli operai di Parigi. Allora la vittoria totale della democrazia in Europa era effettivamente impossibile senza la ricosti- tuzione della Polonia. Allora la Polonia era effettivamente un ba- luardo della democrazia. Oggi le classi dirigenti della Polonia, la sua nobiltà in Germania e Austria, i suoi magnati dell’industria e della finanza in Russia appoggiano le classi dirigenti dei paesi che op- primono la Polonia, mentre il proletariato tedesco e quello russo si bat- tono per la loro liberazione accanto al proletariato polacco, che eroicamente ha fatto sue le grandi tradizioni della vecchia Polonia rivoluzionaria. Oggi i rappresentanti più avanzati del marxismo nel paese confinante, che seguono con attenzione lo sviluppo politico deirEuropa e sono pieni di simpatia per la lotta eroica dei polacchi, riconoscono nondimeno apertamente che « Pietroburgo è divenuta nel momento attuale un centro rivoluzionario molto più importante di Varsavia e il movimento rivoluzionario russo ha già un’impor- tanza internazionale più grande di quello polacco ». Questo affer- mava Kautsky già nel 1896, pur sostenendo che il programma dei socialdemocratici polacchi poteva rivendicare la ricostituzione della Polonia. E nel 1902 Mehring, studiando l’evoluzione della questione polacca dal 1848 sino ai nostri giorni, giungeva alla seguente con- clusione: «Se il proletariato polacco volesse scrivere sulla sua ban- diera la ricostituzione di uno Stato classista polacco, del quale non vogliono saperne nemmeno le classi dominanti, reciterebbe una farsa LA QUESTIONE NAZIONALE NEL NOSTRO PROGRAMMA 425 storica: alle classi abbienti ciò può accadere (come per esempio alla nobiltà polacca nel 1791), ma la classe operaia non deve ridursi a questo. Se poi questa utopia reazionaria viene tirata in causa allo scopo di guadagnare alPagitazione proletaria quegli strati di intel- lettuali e di piccola borghesia fra i quali suscita ancora una certa eco Pagitazione nazionale, allora questa utopia merita una doppia con- danna, come manifestazione di quelPindegno opportunismo che sa- crifica ai successi del momento, insignificanti e ottenuti a buon mer- cato, gli interessi profondi della classe operaia. « Questi interessi esigono in modo categorico che gli operai po- lacchi di tutti e tre gli Stati che si sono spartiti la Polonia lottino insieme con i loro compagni di classe, spalla a spalla, senza secondi fini. Sono passati i tempi in cui una rivoluzione borghese avrebbe potuto creare una libera Polonia; oggi la rinascita della Polonia è possibile solo attraverso la rivoluzione sociale, quando il proletariato moderno avrà spezzato le sue catene. > m Sottoscriviamo interamente questa conclusione di Mehring. Os- serviamo solo che essa rimane per noi assolutamente giusta, anche se nell'argomentazione non andremo lontano come Mehring. Non ce dubbio che oggi la questione polacca si pone in maniera radicalmente diversa da come si poneva cinquantanni fa. Ma la situazione odierna non deve essere considerata eterna. Non ce dubbio che oggi Tanta- gonismo di classe ha respinto lontano, in secondo piano, le questioni nazionali, ma non si può affermare in modo categorico, senza ri- schiare di cadere nel dottrinarismo, che non è possibile la momen- tanea comparsa sulla scena politica delluna o delTaltra questione nazionale. Non ce dubbio che la ricostituzione della Polonia prima del crollo del capitalismo è estremamente improbabile, ma non si può dire che sia assolutamente impossibile e che la borghesia polacca, in certe combinazioni, non possa farsi sostenitrice delPindipendenza, ecc. E la socialdemocrazia russa non si lega affatto le mani. Essa tiene conto di tutte le possibili combinazioni, persino di tutte quelle concepibili in generale, quando sostiene nel suo programma il riconoscimento del diritto delle nazioni all’autodecisione. Questo programma non esclude affatto che il proletariato polacco lanci come propria parola d’ordine la repubblica polacca libera e indipendente, anche se minime sono le probabilità di poterla attuare prima del socialismo. Esso esige solo che un partito effettivamente socialista 426 LENIN non corrompa la coscienza proletaria, nón offuschi la lotta di classe, non lusinghi la classe operaia con frasi democratiche borghesi, non violi l’unità deirodierna lotta politica del proletariato. Proprio que- sta condizione, che è Punica in base alla quale noi riconosciamo l’autodecisione, è la più importante. Il PSP ha torto quando cerca di presentare le cose come se lo distinguesse dai socialdemocratici tedeschi o russi la negazione da parte di questi del diritto di auto- decisione, del diritto di rivendicare una repubblica libera e indi- pendente. Non questo, ma 1 oblio del punto di vista classista, il suo offuscamento da parte dello sciovinismo, la violazione delPunità della lotta politica in corso, ecco che cosa non ci consente di vedere net PSP un partito socialdemocratico effettivamente operaio. Ecco, per esempio, come il PSP imposta di solito la questione: «*.. noi pos- siamo solo indebolire lo zarismo, strappandogli la Polonia, ma sono i compagni russi che devono abbatterlo». O ancora < ... noi, dopo l’annientamento dell’autocrazia, prenderemo semplicemente il nostro destino nelle nostre mani, ci separeremo dalla Russia ». Con- siderate a quali mostruose conclusioni conduce questa logica mo- struosa anche dal punto di vista della rivendicazione programmatica della ricostituzione della Polonia. Siccome la ricostituzione della Po- lonia è una delle possibili (che però non si avrà finche domina la borghesia) conseguenze dell’evoluzione democratica, il proletariato polacco non deve lottare insieme con quello russo per abbatteremo zarismo, ma « solo » per indebolirlo mediante il distacco della Po- lonia. Siccome lo zarismo russo conclude una alleanza sempre più stretta con la borghesia e con i governi tedeschi, austriaci, ecc., il proletariato polacco deve indebolire la sua alleanza con quello russo, tedesco, ecc., con il quale oggi lotta contro la stessa oppressione. Ciò non significa altro che sacrificare gli interessi più vitali del prole- tariato alla concezione democratica borghese dell’indipendenza na- zionale. La divisione della Russia, cui vuole tendere il PSP, mentre il nostro obiettivo è quello di abbattere l’autocrazia, rimane e conti- nuerà a rimanere una frase vuota finche lo sviluppo economico unirà sempre più strettamente le diverse parti di un tutto politico unico, finche la borghesia di tutti i paesi si unirà sempre più concorde con- tro il proletariato, suo comune nemico, e in favore dello zar, suo comune alleato. La divisione delle forze del proletariato , che ora soffre sotto il giogo di questa autocrazia, c invece una triste realtà, è LA QUESTIONE NAZIONALE NEL NOSTRO PROGRAMMA 4 2 7 un diretto risultato dellerrore del PSP, un diretto risultato della sua venerazione per le formule democratiche borghesi. Per chiudere gli occhi su questa divisione del proletariato, il PSP deve abbassarsi sino allo sciovinismo ed esporre, per esempio, nel modo seguente le idee dei socialdemocratici russi : « noi [i polacchi] dovremmo atten- dere la rivoluzione sociale e sino ad allora sopportare pazientemente l’oppressione nazionale». Ciò è falso da cima a fondo. Non solo i socialdemocratici russi non hanno mai consigliato niente di simile, ma, al contrario, lottano essi stessi e chiamano Finterò proletariato russo a lottare contro ogni oppressione nazionale in Russia, riven- dicano nel proprio programma non solo la piena eguaglianza di lingua, nazionalità ecc., ma anche il riconoscimento del diritto di ogni nazione di decidere essa stessa delle proprie sorti. Se, ricono- scendo questo diritto, subordiniamo il nostro appoggio alle rivendica- zioni delPindipendenza nazionale agli interessi della lotta proleta- ria, solo uno sciovinista può dire che la nostra posizione è dovuta alla diffidenza del russo verso l’allogeno, perchè in realtà questa posizione non può che essere la necessaria conseguenza della diffidenza del proletario cosciente verso la borghesia. Il PSP ritiene che la questione nazionale si esaurisca nella contrapposizione: «noi» (i polacchi) e « loro » (i tedeschi» i russi, ecc.). Il socialdemocratico invece pone in primo piano la contrapposizione: «noi», i proletari, e «loro», la borghesia. « Noi », proletari, abbiamo visto decine di volte come la borghesia tradisce gli interessi della libertà, della patria, della lingua e della nazione quando il proletariato rivoluzionario si solleva con- tro di essa. Abbiamo visto come la borghesia francese, nel momento della più forte oppressione e umiliazione della nazione francese, si sia arresa ai prussiani, come il governo di difesa nazionale si sia trasformato in governo di tradimento nazionale, come la borghesia della nazione oppressa abbia chiamato in proprio aiuto i soldati del paese oppressore per schiacciare i proletari della sua nazione che avevano osato tendere la mano verso il potere. Ed ecco perchè, senza lasciarci impressionare dagli attacchi sciovinistici e opportunistici, diremo sempre alloperaio polacco: solo la più completa e più stretta alleanza con il proletariato russo è in grado di soddisfare le esigenze di questa lotta, della lotta politica in atto contro lautocrazia, solo questa alleanza garantirà la totale liberazione politica ed economica. Quel che abbiamo detto a proposito della questione polacca si può 428 LENJN interamente applicare a ogni altra questione nazionale. La storia ma- ledetta dell’autocrazia ci ha lasciato in eredità l’immenso isolamento delle classi operaie delle diverse nazionalità oppresse da questa auto- crazia. Tale isolamento è il male peggiore, il maggiore ostacolo nel- la lotta contro l’autocrazia, e noi non dobbiamo legittimare questo male, consacrare questa infamia con nessun « principio > di isola- mento di partito o di « federazione » di partiti. Certo è più semplice e più facile seguire la linea della minore resistenza e sistemarsi cia- scuno comodamente nel proprio angoletto, secondo la regola: «non c affar mio », come vuole ora fare anche il Bund. Quanto più saremo coscienti della necessità dell’unità, quanto più salda sarà in noi la con- vinzione efie è impossibile un assalto generale contro l’autocrazia senza la completa unità, quanto più nettamente si delineerà la ne- cessità, dati i nostri ordinamenti politici, di un’organizzazione cen- tralizzata della lotta, tanto meno saremo propensi ad accontentarci di una soluzione della questione « semplice > ma speciosa e, in sostanza, profondamente falsa. Se non si è coscienti del danno che l’isolamento arreca, se non si desidera porre fine a qualsiasi costo e in modo ra- dicale a questo isolamento nel campo del partito proletario, allora non occorre nemmeno la foglia di fico della « federazione », allora non è nemmeno il caso di accingersi a risolvere il problema, che una « parte » in sostanza non vuole nemmeno risolvere, allora è meglio lasciare che gli insegnamenti dell’esperienza della vita reale e del movimento reale convincano questa « parte » della necessità del centralismo per il successo della lotta dei proletari di ogni nazio- nalità schiacciata dall’autocrazia contro l'autocrazia stessa e contro la borghesia internazionale che si unisce sempre più strettamente. ì*k ra t n »5 luglio 1903. SCHEMA DI UN ARTICOLO CONTRO I SOCIALISTI-RIVOLUZIONARI Sui socialisti 'rivoluzionari (partito senza programma). a ) mancanza di prin- Mancanza di principi teorici : pregiudizi cipi populisti + « critica » opportunistica borghe se dell'Europa occidentale. Mancanza di un credo , offuscamento della coscienza. Giuoco a rimpiattino... Ideologia piccolo-borghese: corrompe la coscienza di classe del proletariato, lo rende P ) ideologia piccolo- incapace di assumere una posizione autonoma borghese nei confronti della democrazia borghese (per- chè i socialisti-rivoluzionari si sforzano di fondere e confondere la democrazia sociale e quella borghese, essendo essi in sostanza un ramo di quest’ultima). Fraseologia nella teoria e nella tattica: at Y ) fraseologia e bluff teggiamento poco serio verso il lavoro rivolu- zionario, esagerazione, gonfiatura, cbellettri- stica »... (pubblicazioni « popolari » che nu- trono di futilità) (guerra alla t polemica », as senza di principi). Un errore tattico molto grossolano: il ter- 5 ) terrorismo rorismo, sua predicazione, indebolimento del legame con il movimento di massa. 430 LENIN 22* la classe operaia è uscita delusa da tutte f ) diffusione di illu- le rivoluzioni borghesi deirEuropa, perchè vi sioni + carattere rea- ha partecipato con illusioni democratiche bor- zionario della parte ghesi. I socialisti-rivoluzionari « ripetono» populista del prò- con tutte le forze questa storia; nostro dovere: gramma -j- danno lottare in modo risoluto contro queste illu- ideologico, politico, sioni, affinchè il proletariato russo tragga pratico dalla prossima rivoluzione non delusione, ma nuova fede nelle proprie forze, maggiore e- nergia per la lotta più grandiosa che lo at- tende e lembrione di una salda organizza- zione puramente proletaria. Scritto nel luglio del 1903. Pubblicato per la prima volta nel 1939 in ProletarsJ(ia Revohuisia, n. 1. • Stimma summarum (N. d. /?.). II CONGRESSO DEL POSDR " 17 (30) luglio-io (23) agosto 1903 I Progetto di risoluzione sulle dimostrazioni Il congresso ritiene che l’organizzazione di dimostrazioni pub- bliche contro l’autocrazia sia un mezzo molto importante di edu- cazione politica delle masse operaie. A tale scopo raccomanda, in primo luogo, di cercare di utilizzare per le dimostrazioni soprattutto i momenti e le condizioni in cui qualche infamia dello zarismo ha destato un sentimento di ribellione in strati particolarmente vasti della popolazione; in secondo luogo, di fare ogni sforzo per far par- tecipare alle dimostrazioni larghe masse della classe operaia e per organizzarle nel miglior modo possibile sia preparandole, sia dando le disposizioni relative alle dimostrazioni stesse e dirigendo la re- sistenza dei dimostranti alle truppe e alla polizia; in terzo luogo, di incominciare la preparazione delle dimostrazioni armate, confor- mandosi rigorosamente in questo campo alle indicazioni del CC. Il congresso raccomanda anche a tutti i comitati e alle altre organizzazioni del partito di discutere in modo esauriente la que- stione della preparazione delrinsurrezione armata e di cercare di diffondere con tutte le forze nelle masse operaie la convinzione della necessità e deirinevitabilità delrinsurrezione. Delle misure pratiche che sin da ora possono essere prese per la preparazione delrinsurre- zione il congresso rende responsabile esclusivamente e interamente il CC. Scritto nel giugno-luglio 1903. Pubblicato per la prima volta nel 1927 nella Miscellanea di Lenin, VI. 7s - 2 Progetto di risoluzione sul posto del Bund nel partito Considerando che la più piena e stretta unità del proletariato in lotta è assolutamente necessaria sia per il più rapido raggiungimento della sua meta finale, sia per la ferma direzione della lotta politica ed economica sul terreno della società esistente; — che in particolare la piena unità del proletariato ebraico e non ebraico è necessaria soprattutto per combattere con successo l’antisemi- tismo, questa infame esacerbazione da parte del governo e delle classi sfruttatrici deH*isolamento razziale e dell’odio fra le nazioni; — che la totale fusione delle organizzazioni socialdemocratiche del proletariato ebraico e non ebraico non può limitare in nessun modo e in nulla l’autonomia dei nostri compagni ebrei nello svolgere la propaganda e l’agitazione in questa o quella lingua, nel pubblicare una letteratura conforme alle necessità di un determinato movi- mento locale o nazionale, nel lanciare parole d’ordine di agitazione e di lotta politica immediata che applichino e sviluppino le tesi generali e fondamentali del programma socialdemocratico sulla piena libertà di lingua, di cultura nazionale, ecc. eco, — il congresso respinge decisamente il principio federativo per l’organizzazione del partito russo e riafferma il principio organizza- tivo che è alla base dello statuto del 1898, cioè quello dell'autonomia delle organizzazioni nazionali socialdemocratiche nelle questioni ri- guardanti * Scritto nel giugno -luglio 1903. Pubblicato per la prima volta nel 1927 nella Miscellanea ili Lenin , VI. • Il manoscritto è interrotto a questo punto (N. d. R.). 3 Progetto di risoluzione sull atteggiamento verso gli studenti Il II Congresso del Partite operaio socialdemocratico russo saluta la ripresa dell'attività rivoluzionaria fra gli studenti, invita tutte le organizzazioni del partito ad aiutare in tutti i modi questi giovani che aspirano ad organizzarsi e raccomanda a tutti i gruppi e circoli di studenti innanzi tutto di porre in primo piano, nella loro attività, l’elaborazione fra i loro membri di una organica e conseguente con- cezione socialista, lo studio serio, da una parte, del marxismo e, dall’altra, del populismo russo e dell’opportunismo dell'Europa oc- cidentale, che sono le tendenze principali fra le moderne correnti avanzate in lotta fra di loro; in secondo luogo dùguardarsi da quei falsi amici della gioventù, che, con una vuota fraseologia rivoluzio- naria o idealistica o con geremiadi filistee sul danno e suH’inutilità di un’aspra polemica fra le correnti rivoluzionarie e d’opposizione, distolgono i giovani dal lavoro che può dare loro una seria educazione rivoluzionaria, perchè questi falsi amici in realtà non fanno che dif- fondere la mancanza di principi e un modo poco serio di considerare il lavoro rivoluzionario; in terzo luogo, di cercare, quando si passa all’attività pratica, di stabilire in anticipo contatti con le organizza- zioni socialdemocratiche per utilizzare i loro suggerimenti ed evitare, per quanto è possibile, gravi errori all’inizio stesso del lavoro. Scritto nel giugno-luglio 1903. Pubblicato per la prima volta nel 1904 neiredizione di Ginevra degli Ani del II Congresso del POSDR. 4 Progetto di risoluzione sulla stampa di partito Il congresso riconosce l’assoluta e impellente necessità di creare una larga letteratura popolare socialdemocratica per tutti gli strati della popolazione e in particolare per le masse della classe operaia. Il congresso pone in primo piano la preparazione di una serie di opuscoli (da i a 5 fogli di stampa) su ciascun punto (teorico e pratico) del programma del nostro partito, i quali dovranno contenere una esposizione particolareggiata e una spiegazione del significato di ogni punto; e poi di una serie di volantini (1-8 pagine) sugli stessi argo- menti per lanci massicci e la distribuzione nelle città e nei villaggi. Il congresso incarica la redazione dell’organo centrale di prendere im- mediatamente tutte le misure adatte per adempiere questo compito. Per quanto riguarda la pubblicazione di uno speciale giornale popolare, per il popolo o per larghi strati della classe operaia, il con- gresso, pur non respingendo questo progetto in linea di principio, ritiene intempestiva la sua immediata attuazione. Scritto nel giugno-luglio 1903. Pubblicato per la prima volta nel 1927 nella Miscellanea di Lenin , VI. 5 Progetti di brevi risoluzioni Lotta economica Il congresso riconosce l’assoluta necessità di appoggiare e svilup- pare in tutte le occasioni e con tutti i mezzi la lotta economica degli operai e i loro sindacati (soprattutto panrussi), di affermare sin dal- l’inizio il carattere socialdemocratico della lotta economica e del mo- vimento operaio sindacale in Russia. Primo maggio Il congresso approva la celebrazione del primo maggio, già dive- nuta tradizionale, richiamando l’attenzione di tutte le organizzazioni del partito sulla scelta del tempo e dei mezzi più idonei, nelle nostre condizioni, per celebrare la festa internazionale della lotta emanci- patrice del proletariato. Congresso internazionale Il congresso incarica il compagno Plekhanov di rappresentare il Partito operaio socialdemocratico russo nella segreteria socialista in- ternazionale (abrogando la deliberazione di Parigi che affidava la rappresentanza a Plekhanov e Kricevski). Il congresso incarica la redazione delegano centrale e il CC di organizzare di comune accordo (o in base a una decisione del Con- . siglio del partito) la rappresentanza del Partito operaio socialdemo- cratico russo al Congresso socialista internazionale di Amsterdam che si terrà nel 1904. 438 LENIN Terrorismo II congresso respinge decisamente il terrorismo, cioè il sistema degli attentati politici isolati, metodo di' lotta politica estremamente inopportuno nel momento attuale, che distoglie le forze migliori dal lavoro organizzativo e di agitazione, urgente e necessario, distrugge il legame dei rivoluzionari con le masse delle classi rivoluzionarie della popolazione, diffonde tanto fra i rivoluzionari stessi quanto fra la popolazione in generale le idee più sbagliate sui compiti e sui me- todi della lotta contro l’autocrazia. Propaganda Il congresso richiama l’attenzione di tutti i membri del partito sull’importanza che ha relevamento del livello teorico dei propagan- disti e la costituzione di gruppi di conferenzieri che si rechino in tutta la Russia per unificare il lavoro propagandistico. Distribuzione delle forze Il congresso raccomanda a tutti i compagni che si recano in Russia dall’estero, oppure raggiungono dalla deportazione il luogo dove de- vono lavorare, di cercare, soprattutto se non hanno legami del tutto solidi con qualche comitato, di prendere contatto in tempo utile con il CC o con i suoi fiduciari, affinchè il CC possa distribuire in modo razionale e tempestivo le forze rivoluzionarie in Russia. Scrìtti nel giugno-luglio 1903. Pubblicati per la prima volta nel 1927 □ella Miscellanea di Lenin , VI. 6 Progetto di risoluzione sulla pubblicazione di un giornale per gli aderenti alle sette Considerando che in molte sue manifestazioni il movimento delle sette è in Russia una delle correnti democratiche, il II Congresso richiama l'attenzione di tutti i membri del partito sul lavoro da svol- gere fra gli aderenti alle sette per portarli alla socialdemocrazia. A scopo sperimentale il congresso autorizza il compagno V. Bonc-Bruie- vic a pubblicare, sotto il controllo della redazione dellorgano cen- trale, il giornaletto popolare Fra gli aderenti alle sette e incarica il CC e la redazione dellorgano centrale di prendere le misure ne- cessarie per far uscire questa pubblicazione, assicurarle il successo c stabilire tutte le condizioni che ne possano garantire il regolare funzionamento. Scritto neU’agosto del 1903 Pubblicato per la prima volta nel 1904 neiredizione di Ginevra degli Atti del II Congresso ordinario del POSDR. 7 Progetto di statuto del POSDR ** 1. Si considera membro del partito chiunque ne riconosca il pro- gramma e sostenga il partito sia con mezzi materiali che parteci- pando personalmente a una delle sue organizzazioni. 2. Organo supremo del partito è il congresso del partito. Il con- gresso viene convocato dal CC (possibilmente almeno una volta ogni due anni). Il CC ha lobbligo di convocare il congresso se lo richie- dono comitati o unioni di comitati del partito che insieme abbiano ottenuto un terzo dei voti all’ultimo congresso, oppure se lo ri- chiede il Consiglio del partito. Il congresso si ritiene valido se vi è rap- presentata più della metà di tutti i comitati del partito (aventi i ne- cessari requisiti) esistenti al momento del congresso. 3. Hanno il diritto di essere rappresentati al congresso: a) il CC, b) la redazione dell’organo centrale, c) tutti i comitati locali che non fanno parte di speciali unioni, d) tutte le unioni di comitati ricono- sciute dal partito, ed e) la Lega estera. Ciascuna delle organizzazioni enumerate ha il diritto di avere al congresso due voti deliberativi. I nuovi comitati e le nuove unioni di comitati possono essere rappre- sentati al congresso solo se sono stati confermati almeno sei mesi prima del congresso. 4. Il congresso del partito elegge il CC, la redazione dell’organo centrale e il Consiglio del partito. 5. Il CC unifica e orienta tutta l’attività pratica del partito e am- ministra la cassa centrale del partito e tutti gli organismi tecnici cen- trali del partito. Esso esamina i conflitti sorti sia fra le diverse or- ganizzazioni e istanze del partito, sia nel loro interno. 6. La redazione dell’organo centrale dirige il partito ideologica- II CONGRESSO DEL POSDR 441 mente, redigendo Porgano centrale del partito, Porgano scientifico e singoli opuscoli. 7. Il Consiglio del partito è nominato dal congresso ed c com- posto di cinque persone, membri dell’organo centrale e del CC. Il Consiglio decide le questioni relative alle dispute o ai dissensi sorti fra la redazione dell’organo centrale e il CC nel campo dei problemi generali organizzativi e tattici. Il Consiglio del partito rinnova il CC nel caso che i suoi membri vengano tutti arrestati. 8. I nuovi comitati e le nuove unioni di comitati vengono confer- mati dal Comitato centrale. Ogni comitato, unione, organizzazione o gruppo riconosciuto dal partito dirige le attività che riguardano in modo speciale ed esclusivo quella determinata località, quel deter- minato rione, quel determinato movimento nazionale o quella deter- minata funzione specificamente affidata a quel gruppo, impegnan- dosi tuttavia a sottomettersi alle decisioni del CC e dell’organo cen- trale e a fornire fondi alla cassa centrale del partito nella misura fissata dal CC. 9. Ogni membro del partito e ogni persona che ha un qualsiasi contatto con il partito ha il diritto di esigere che ogni sua dichiara- zione venga fatta conoscere in forma integrale al CC o all’organo cen- trale oppure al congresso del partito. 10. Ogni organizzazione del partito ha l’obbligo di fornire tanto al CC quanto alla redazione dellorgano centrale tutti i mezzi atti a far conoscere tutta la sua attività e tutti i membri che la compongono. 11. Tutte le organizzazioni del partito e tutte le istanze collegiali del partito risolvono le questioni a semplice maggioranza di voti e hanno il diritto di cooptazione. Per espellere dei membri e cooptarne dei nuovi occorrono i due terzi dei voti. 12. La Lega estera della socialdemocrazia rivoluzionaria russa ha lo scopo di condurre la propaganda e l’agitazione all'estero e di aiutare il movimento russo. La Lega ha tutti i diritti dei comitati, con l'unica eccezione che essa appoggia il movimento russo solo per il tramite di persone o gruppi appositamente designati dal Comitato centrale. Scritto tra la fine di giugno c l’inizio di luglio del 1903. Pubblicato per la prima volta nel 1904 nell’edizione di Ginevra degli Atti del II Congresso ordinario del POSDR. 8 Progetti di risoluzioni non proposte al congresso Uuscita del Bund Il congresso considera il rifiuto dei delegati del Bund di sotto- mettersi alla decisione della maggioranza del congresso come l’uscita del Bund dal POSDR. Il congresso esprime il suo profondo rincrescimento per questo passo che, secondo la sua convinzione, è un grave errore politico.*,* dei dirigenti dell’« Unione operaia ebraica *, che avrà inevitabilmente una ripercussione dannosa per il proletariato ebraico e il movimento operaio. Il congresso ritiene che, sotto l’aspetto pratico, gli argomenti con i quali i delegati del Bund giustificano il loro passo poggia su ti- mori e sospetti del tutto infondati sulla sincerità e coerenza delle con- vinzioni socialdemocratiche dei socialdemocratici russi e, sotto l’aspet- to teorico, sono il risultato della deplorevole penetrazione del nazio- nalismo nel movimento socialdemocratico del Bund. Il congresso esprime l’augurio e la ferma convinzione nella ne- cessità di una piena e strettissima unità del movimento operaio ebraico e russo in Russia, unità non solo di principio, ma anche organizza- tiva, e decide di prendere tutte le misure affinchè il proletariato ebraico possa conoscere in. modo particolareggiato tanto la presente risoluzione del congresso, quanto in generale Patteggiamento della socialdemocrazia russa verso ogni movimento nazionale. Segue una parola indecifrabile (N. d. R.). II CONGRESSO DEL POSDR 443 / singoli gruppi Il congresso esprime il suo rincrescimento per resistenza di sin- goli gruppi di socialdemocratici come la « Lotta », la « Vita » e la « Li- bertà ». Il loro isolamento non può non provocare, da una parte, una disorganizzazione inammissibile nel partito e, dall’altra, un deplorevo- le allontanamento dalle concezioni socialdemocratiche e dalla tattica socialdemocratica e un avvicinamento al cosiddetto social-rivoluzio- narismo » (la « Libertà » e in parte la « Lotta » nel suo programma agrario) oppure al socialismo cristiano e airanarchismo ( la « Vita »). Il congresso esprime l’augurio che sia i gruppi menzionati, sia, in generale, tutti i gruppi di persone che si dichiarano socialdemocra- tici entrino nelle file della socialdemocrazia russa unita e organiz- zata. Il congresso incarica il Comitato centrale di raccogliere i dati necessari e di redigere una risoluzione definitiva circa il posto che i gruppi menzionati e gli altri singoli gruppi devono avere all^nterno del partito o circa Patteggiamento del nostro partito verso di essi. L'esercito Il congresso richiama l’attenzione di tutte le organizzazioni del partito sull’importanza della propaganda e dell’agitazione socialde- mocratica nell'esercito e raccomanda di fare il massimo sforzo per rinsaldare e dare al più presto forme precise a tutti i legami esistenti fra gli ufficiali e fra i soldati. II congresso riconosce che sarebbe bene costituire nell esercito gruppi particolari di socialdemocratici, facendo sì che questi gruppi abbiano una posizione precisa nei comitati locali (come rami dell’organizzazione del comitato) e nell’organizzazione centrale (come istanze create direttamente dal Comitato centrale e ad esso direttamente subordinate). I contadini Il congresso richiama particolarmente l’attenzione di tutti i mem- bri del partito sull’importanza dello sviluppo e del consolidamento dèi lavoro fra i cgntadini. È necessario presentare ai contadini (e in particolare al proletariato delle campagne) tutto il programma social- democratico, spiegando l’importanza del programma agrario in quan- to pone le prime rivendicazioni immediate sul terreno del regime esi- LENIN stente. È necessario ottenere che fra i contadini coscienti e gli intel- lettuali nelle campagne si costituiscano gruppi di socialdemocratici saldamente uniti, in contatto permanente con i comitati del partito. È necessario controbattere fra gli stessi contadini la propaganda dei socialisti-rivoluzionari, che semina la mancanza di principi e pre- giudizi populisti reazionari. Scritti il 5 (i8)-io (23) agosto 1903* Pubblicati per la prima volta nel 193° nella Miscellanea di Lenin , XV. 9 Primo discorso sull’ ordine del giorno del congresso 18 (31) luglio Vorrei fare un’osservazione. Si dice che è sbagliato porre al primo punto la questione del Bund, perchè al primo punto devono esserci i rapporti, al secondo il programma e al terzo il Bund. Le considera- zioni in favore di quest’ordine del giorno non reggono alla critica. Esse si riducono all’affermazione che il partito nel suo complesso non si è ancora accordato sul programma: può accadere che ci sepa- riamo proprio su questa questione. Queste parole mi meravigliano. È vero, oggi non abbiamo un programma già approvato, ma l’ipotesi di una rottura sulla questione del programma è estremamente discu- tibile. Nel partito, per quanto riguarda la stampa, che negli ultimi tempi ha rispecchiato nel modo più esauriente le opinioni del partito, non si sono osservate tali tendenze. Esistono motivi tanto formali quanto morali per porre al primo punto la questione del Bund. For- malmente noi rimaniamo sul terreno del Manifesto del 1898, e il Bund ha espresso il desiderio di modificare radicalmente l’organiz- zazione del nostro partito. Moralmente molte altre organizzazioni hanno espresso il loro disaccordo con il Bund su questa questione; sono sorti così aspri dissensi, che hanno provocato persino una pole- mica. Perciò il congresso non può iniziare un lavoro concorde senza eliminare questi dissensi. Quanto ai rapporti dei delegati, è proba- bile che in generale essi non siano affatto tenuti in pieno . Appoggio perciò l’ordine del giorno approvato dal comitato d’organizzazione. IO Secondo discorso sulVordine del giorno del congresso 18 (31) luglio Dopo che il congresso ha risolto la questione del primo punto del nostro ordine del giorno, l’unica questione controversa riguardante lordine degli altri punti è quella del terzo punto. Questo punto dice: «Creazione dell’organo centrale del partito o conferma di quello già esistente >. Alcuni compagni hanno ritenuto che questo punto debba essere discusso più avanti, in primo luogo, perchè non si può parlare dell’organo centrale finche non sono state risolte le questioni riguardanti l’organizzazione del partito in generale e del suo centro in particolare ecc., e, in secondo luogo, perche molti comitati si sono già pronunciati sulla sostanza della questione. Ritengo sbagliato l’ul- timo argomento, perchè le dichiarazioni dei comitati non sono im- pegnative per il congresso c formalmente non hanno valore di voto deliberativo. L’altra obiezione è sbagliata, perchè prima di decidere sui particolari organizzativi, sullo statuto del partito ecc., è necessario decidere in modo definitivo qual è rorientamento della socialdemo- crazia russa. È precisamente su questa questione che siamo stati divisi così a lungo, e con la sola approvazione del programma non si possono eliminare tutti i dissensi su questa questione che ci divi - dono\ lo potremo soltanto risolvendo immediatamente dopo la que- stione del programma la questione dell’organo centrale del partito: crearne uno ex novo o quale vecchio organo precisamente confermare con questa o quella modifica. Ecco perchè appoggio l’ordine del giorno che è stato approvato dal comitato d’organizzazione. II Discorso sul modo d’agire del comitato d’organizzazione 18 (31) luglio 83 Non. posso essere d’accordo con il compagno Iegorov. È lui ap- punto che ha violato lo statuto del congresso, è lui che respinge il punto sui mandati imperativi. Io non dubito dell’esistenza del co- mitato d’organizzazione come non dubito dell’esistenza dell’orga- nizzazione del Visura, che ha anch’essa la sua organizzazione e il suo statuto. Ma, non appena è stato comunicato lo statuto del congresso, Visura ha dichiarato ai suoi delegati che essi avevano piena libertà dazione al congresso. In quale situazione ci possiamo trovare noi, membri della commissione per la verifica dei poteri, quando, dopo aver ascoltato ieri due membri del comitato d’organizzazione, i com- pagni Stein e Pavlovic, sentiamo ora una proposta del tutto nuova? Qui ci sono compagni esperti che hanno partecipato più volte a con- gressi internazionali. Questi compagni potrebbero dirvi tutti quale tempesta di indignazione si è sempre scatenata quando nelle com- missioni i delegati dicono una cosa e al congresso un’altra. 12 Discorso sulla partecipazione dei socialdemocratici polacchi al congresso 18 (31) luglio Nd suo rapporto la commissione dice che sarebbe bene che i compagni polacchi fossero presenti al congresso, però solo con diritto di roto consultivo. Secondo me, questo è del tutto giusto, e mi sem- bra pienamente ragionevole iniziare la risoluzione della commissione proprio con questa dichiarazione. Sarebbe anche molto bene che fossero presenti i lettoni e i lituani, ma purtroppo questo non c pos- sibile. I compagni polacchi avrebbero sempre potuto porre le loro condizioni per Turificazione, ma Don l’hanno fatto. Perdo il comi- tato d’organizzazione ha agito giustamente mantenendo un atteg- giamento riservato nei loro confronti. Anche la lettera della social- democrazia polacca, che è stata letta qui, non chiarisce la questione. Propongo quindi di invitare i compagni polacchi in qualità di ospiti. *3 Discorso sul posto del Bund nel POSDR 20 luglio (2 agosto) Parlerò prima di tutto del discorso di Hofmann e della sua espres- sione « maggioranza compatta ». Il compagno Hofmann adopera queste parole con tono di rimprovero. Secondo me, non dobbiamo vergognarci, ma essere fieri del fatto che al congresso c’è una maggio- ranza compatta. E saremo ancora più fieri se in tutto il nostro partito ci sarà un’unica compatta, compattissima maggioranza del 90 per cento (Applausi). La maggioranza ha fatto bene a porre al primo punto la posizione del Bund nel partito: i bundisti lo hanno dimo- strato subito presentando il loro cosiddetto statuto e proponendo in sostanza la federazione. Poiché nel partito ci sono dei membri che propongono la federazione e dei membri che la respingono, non si poteva far altro che porre al primo punto la questione del Bund. Non ci si può fare amare per forza, e non si può parlare delle que- stioni interne del partito senza aver deciso in modo fermo e sicuro se vogliamo o non vogliamo marciare insieme. La sostanza della questione controversa talvolta non è stata esposta in modo assolutamente giusto durante il dibattito. Tutto si riduce a questo: secondo molti membri del partito, la federazione è nociva , essa è in contrasto con i principi della socialdemocrazia ap- plicati alla realtà russa del momento. La federazione è nociva perchè legittima l’isolamento, il distacco, li erige a principio, a legge. Fra noi esiste in effetti un totale distacco, e non dobbiamo legittimarlo, coprirlo con la foglia di fico, ma combatterlo, dobbiamo riconoscere decisamente e dichiarare la necessità di marciare con passo fermo e 29 - 763 450 LENIN sicuro verso la più stretta unità. Ecco perchè, in linea di principio, dalla solia (secondo la nota espressione latina) respingiamo la fede- razioni respingiamo ogni barriera obbligatoria fra di noi. Nel par- tito ci saranno lo stesso sempre raggruppamenti diversi, raggruppa- menti di compagni che non hanno opinioni del tutto identiche tanto sulle questioni del programma quanto su quelle della tattica e del- Porganizzazione, ma ci sia in tutto il partito una sola divisione in gruppi, cioè tutti coloro che hanno le stesse opinioni si uniscano in un solo gruppo, e non in modo che da principio si formino in una parte del partito dei gruppi che si distinguono dai gruppi esistenti nellaltra parte del partito, e poi si uniscano fra loro non i gruppi di diverse concezioni e sfumature di concezioni, ma le parti del par- tito che comprendono i diversi gruppi. Ripeto: non riconosciamo nessuna barriera obbligatoria e perciò per principio respingiamo la federazione. Passo alla questione dell’autonomia. Il compagno Liber ha detto che la federazione è il centralismo e l’autonomia il decentramento. Possibile che il compagno Liber prenda i membri del congresso per dei bambini di sei anni ai quali si possono ammannire tale sofismi? Non è forse chiaro che il centralismo esige Yassenza di ogni bar- riera fra il centro e le parti più lontane, più remote del partito? Il nostro centro avrà il diritto assoluto di arrivare direttamente sino a ogni singolo membro del partito. I bundisti riderebbero certamente se qualcuno proponesse loro, alVinterno del Bund, un « centralismo » tale per cui il CC del Bund non potesse prendere contatto con tutti i gruppi e i compagni di Kovno se non per il tramite del comitato di Kovno. A proposito, parliamo dei comitati. Il compagno Liber ha esclamato con patos: «Che vale parlare deH’autonomia del Bund come organizzazione subordinata a un centro unico? Non darete dunque l’autonomia a una qualsiasi comitato di Tuia? ». Vi sbagliate, compagno Liber: daremo certamente, immancabilmente l’autonomia anche a un « qualsiasi » comitato di Tuia, un’autonomia intesa come libertà dalla minuziosa ingerenza del centro, mentre, s’intende, il dovere della subordinazione al centro rimane. Ho preso le parole «minuziosa ingerenza» dal foglio del Bund Autonomia o fede- razione? Il Bund ha richiesto questa libertà dalla « minuziosa inge- renza » come condizione , come rivendicazione nei confronti del partito. Il fatto che il Bund ponga rivendicazioni così ridicole mostra II CONGRESSO DEL POSDR 451 di per se quanto intricata gli appaia la questione controversa. Pos- sibile che il Bund pensi che il partito permetta resistenza di un centro che si ingerisca « minuziosamente » nelle attività di qualsiasi organizzazione o gruppo del partito? Non è forse ciò precisamente quella «sfiducia organizzata» di cui si è già parlato al congresso? Questa sfiducia traspare in tutte le proposte e in tutti i ragionamenti dei bundisti. Infatti, per esempio, la lotta per la piena eguaglianza e persino per il riconoscimento del diritto di autodecisione delle na- zioni non costituisce forse un dovere per tutto il nostro partito? Quin- di, se una qualsiasi parte del nostro partito non adempisse questo dovere, dovrebbe essere assolutamente condannata in base ai nostri principi, dovrebbe essere assolutamente corretta dalle istanze centrali del partito. E se questo dovere non venisse assolto in modo consape- vole e meditato, nonostante la piena possibilità di adempierlo, l’ina- dempimento sarebbe un tradimento . Il compagno Liber ci ha domandato poi pateticamente: come di- mostrare che l’autonomia è in grado di garantire al movimento degli operai ebrei l’indipendenza che gli è assolutamente necessaria? Strana domanda! Come dimostrare che è giusta una delle vie proposte? L’unico mezo è di seguirla e provarla in pratica. Alla domanda del compagno Liber rispondo: venite con noi , e ci impegneremo a dimostrarvi in pratica che tutte le vostre legittime esigenze di indi- pendenza verranno pienamente soddisfatte. Quando si discute sul posto che deve avere il Bund, mi vengono in mente i minatori inglesi. Essi sono magnificamente organizzati, meglio degli altri operai. E per questo non vogliono che venga sod- disfatta la rivendicazione generale della giornata lavorativa di otto ore avanzata da tutti i proletari “ I minatori concepiscono l’unità del proletariato nello stesso modo angusto in cui la concepiscono i nostri bundisti. Serva il deplorevole esempio dei minatori di avvertimento ai compagni del Bund. 29 * 14 Discorso sul programma del partito 22 luglio (4 agosto) Prima di tutto devo rilevare che il compagno Liber confonde, cosa estremamente caratteristica, un maresciallo della nobiltà e lo strato dei lavoratori e degli sfruttati. Questa confusione è significativa per tutti i dibattiti. Dappertutto si confondono i singoli episodi della nostra polemica con laffermazione delle basi teoriche. Non si può negare, come fa il compagno Liber, che è possibile il passaggio anche di uno strato (questo o quello) della popolazione lavoratrice e sfrut- tata al fianco del proletariato. Ricordate che nel 1852 Marx, parlando delle insurrezioni dei contadini francesi, scriveva nel Diciotto Bru- maio che i contadini agiscono ora come rappresentanti del passato, ora come rappresentanti deiravvenire. Si può fare appello al conta- dino, tenendo conto non solo del suo pregiudizio, ma anche del suo giudizio “ Rammentate poi che Marx riconosceva che raffermazione dei comunardi, secondo cui la causa della Comune era anche la causa dei contadini, era del tutto giusta 98 . Ripeto, è indubbio che, in certe condizioni, non è affatto impossibile il passaggio di questo o quello strato di lavoratori a fianco del proletariato. Tutto sta nel determinare in modo preciso queste condizioni. E le parole « adottano il modo di vedere del proletariato» esprimono con assoluta precisione la condi- zione di cui si tratta. Sono appunto queste parole che differenziano nel modo più risoluto noi socialdemocratici da ogni tendenza pseudo- socialista in generale e dai cosiddetti socialisti-rivoluzionari in par- ticolare. Passo al punto controverso del mio opuscolo Che fare? che ha 11 CONGRESSO DEL POSDR 453 provocato qui tante discussioni. A quanto sembra, dopo tutte queste discussioni il problema si è già talmente chiarito che mi rimane poco da aggiungere. È evidente che qui si è confusa l'impostazione di prin- cipio di un'importante questione teorica (elaborazione dell’ideologia) con un episodio della lotta contro Teconomismo, che per di più è stato riferito in maniera del tutto sbagliata. Per provare quest ultima affermazione, posso citare prima di rutto i compagni Akimov e Martynov che qui hanno parlato. Essi hanno mostrato con chiarezza che si tratta proprio di un episodio della lotta contro ^economismo; essi hanno esposto concezioni che sono già state definite (e giustamente) opportunismo, sono giunti e alla « confutazione » della teoria della pauperizzazione, e alla «nega- zione» della dittatura del proletariato, e persino alla cErfiillungs- theorie> , come si è espresso il compagno Akimov. Veramente io non so che cosa significhi questa espressione. Forse il compagno Aki- mov voleva parlare della « Aushòhlungstheorie », « teoria dello svuo- tamento » del capitalismo, cioè di una delle idee più popolari e cor- renti della teoria bernsteiniana. Il compagno Akimov, per difendere le vecchie basi delFeconomismo, ha usato persino questo argomento, straordinariamente originale: nel nostro programma la parola pro- letariato non è usata nemmeno una volta al nominativo. Al massimo — ha esclamato il compagno Akimov — nel loro programma il pro- letariato è al genitivo. Dunque, a quanto sembra, il nominativo è il più onorevole, mentre il genitivo sta, per onorabilità, al secondo posto. Non rimane che passare questa considerazione — forse per il tramite di un’apposita commissione — al compagno Riazanov affinchè egli completi con un secondo trattato scientifico sui casi il suo primo lavoro scientifico sulle lettere dell'alfabeto... Per quanto riguarda le citazioni prese dal mio opuscolo Che fare?, mi è molto facile dimostrare che non sono pertinenti. Si dice: Lenin non menziona nessuna delle tendenze contrastanti, ma afferma in assoluto che il movimento operaio «procede» sempre verso la su- bordinazione all’ideologia borghese. Davvero? Ma non ho forse detto che il movimento operaio viene trascinato verso l’ideologia borghese con la benevola collaborazione degli Schulze-Delitsch e consorti 1 ”? E chi si intende qui per «consorti »? Nessuno, se non gli economisti, nessuno, se non coloro i quali allora dicevano, per esem- pio, che in Russia la democrazia borghese è un fantasma. £ facile 454 LENIN oggi parlare con tanta disinvoltura di radicalismo e liberalismo bor- ghese, quando tutti vedono dinanzi a se i loro modelli. Ma era cosi prima? Lenin non tiene affatto conto che anche gli operai partecipano airelaborazione deirideologia. Davvero? Ma non ho forse detto più e più volte che la maggiore deficienza del nostro movimento è pro- prio la mancanza di operai del tutto coscienti, di operai dirigenti, di operai rivoluzionari? Non si dice forse in quellopuscolo che la for- mazione di questi operai rivoluzionari deve divenire il nostro com- pito immediato? Non vi si indica forse l’importanza che ha lo svi- luppo- del movimento sindacale e la creazione di una particolare letteratura sindacale? Non vi si conduce forse una lotta accanita contro ogni tentativo di abbassare il livello degli operai d’avanguardia al livello della massa o al livello degli elementi medi"? Concludo. Tutti noi sappiamo ora che gli economisti avevano curvato il bastone da una parte. Per raddrizzarlo era necessario cur- varlo dalla parte opposta e io Tho fatto. Sono certo che la socialdemo- crazia russa raddrizzerà sempre con energia il bastone curvato da qualsiasi opportunismo e che perciò esso sarà sempre quello più diritto e quello che meglio servirà all’azione. 15 Rapporto sullo statuto del partito 2 9 luglio (ii agosto) Lenin (relatore) fornisce chiarimenti sul progetto di statuto da lui proposto. L*idea fondamentale dello statuto c la divisione delle fun- zioni. Perciò, ad esempio, la divisione in due centri non è dovuta al fatto che questi centri devono trovarsi in luoghi diversi (Russia ed estero), ma è la conseguenza logica della divisione in base alle funzioni. Al Comitato centrale spetta la funzione della direzione pratica, allargano centrale quella della direzione ideologica. Per unifi- care dunque l'attività di questi due centri, per evitare che agiscano ognuno per proprio conto, e in parte per risolvere i conflitti, è indispen- sabile un Consiglio, che non deve affatto avere il carattere di un organi- smo puramente arbitrale. I paragrafi dello statuto che concernono i rapporti fra il Comitato centrale e i comitati locali e stabiliscono la sfe- ra di competenza del CC, non possono e non devono enumerare tutti i casi in cui il Comitato centrale è competente. Questa enumerazione non è possibile e non è comoda, perchè non si può pensare che si possano prevedere tutti i casi possibili e, inoltre, sembrerebbe che i casi non enumerati non siano di competenza del Comitato centrale. È necessario affidare al CC stesso il compito di stabilire la sfera della sua competenza, perchè in ogni questione locale si possono ledere gli interessi generali del partito, e il Comitato centrale deve quindi avere la possibilità di intervenire nelle questioni locali, forse anche in contrasto con gli interessi delle diverse località, ma per fini che interessano tutto il partito. i6 Primo discorso sul programma agrario 31 luglio ( 13 agosto ) Parlerò innanzi tutto di un particolare emerso nei dibattiti. Il com- pagno Iegorov ha detto che gli spiaceva che non ci fosse stato un rapporto, il quale avrebbe potuto agevolare in misura notevole c orientare tutti i nostri dibattiti. Il relatore proposto ero io e devo in un certo senso difendermi per la mancanza del rapporto. E in mia difesa dirò che il rapporto l’ho fatto: si tratta della mia risposta al compagno X 9 *, che risponde appunto alle obiezioni e ai malintesi più diffusi suscitati dal nostro programma agrario ed è stata distri- buita a tutti i delegati al congresso. Un rapporto non cessa di essere un rapporto se viene stampato e distribuito ai delegati e non tenuto alla tribuna. Passerò al contenuto dei discorsi degli oratori che purtroppo non hanno tenuto conto proprio di questo mio rapporto. Il compagno Martynov, per esempio, non ha tenuto conto nemmeno della più vecchia letteratura sul nostro p ogramma agrario quando ha parlato più volte di riparazione di un’ingiustizia storica, di vano ritorno a quarantanni fa, di soppressione, non del feudalesimo odierno, ma di quello che esisteva negli anni sessanta, ecc. Per rispondere a questi argomenti è necessario ripetersi. Se ci basassimo esclusivamente sul principio della « riparazione di un’ingiustizia storica », ci lasceremmo guidare solo da una. vuota frase democratica. Ma noi ci riferiamo alle sopravvivenze del feudalesimo esistenti intorno a noi, alla realtà odier- na, a ciò che adesso limita e intralcia la lotta di emancipazione del proletariato. Ci si accusa di ritornare ai veccchi tempi. Questa accusa Il CONGRESSO DEL POSDR 457 indica solo l’ignoranza dei fatti più universalmente noti che riguar- dano l’attività dei socialdemocratici di tutti i paesi, i quali dovunque si pongono e adempiono il compito di condurre a compimento ciò che la borghesia non ha fatto sino in fondo. È proprio quel che noi facciamo. E per farlo si deve necessariamente ritornare al passato, e così fanno i socialdemocratici di ogni paese, ritornando sempre al loro 1789, al loro 1848. Anche i socialdemocratici russi non possono non ritornare al loro 1861, e devono ritornarvi tanto più energicamente e spesso quanto minore è la parte di trasformazioni democratiche at- tuata dalla nostra, mi si passi l’espressione, « riforma » contadina. Quanto al compagno Gorin, anche lui commette l’errore consueto, dimenticando che l’asservimento feudale esiste, è una realtà. Egli dice che « la speranza di riavere le terre stralciate mantiene forzata- mente nel piccolo contadino un’ideologia antiproletaria». Ma in realtà non la « speranza » di riavere le terre stralciate, bensì le stesse terre stralciate, come sono oggi, mantengono forzatamente Passervi- mento feudale, e non esiste altra via d’uscita da questo asservimento, da questo afìitto di tipo feudale, se non la trasformazione degli pseu- doaffittuari in liberi proprietari. Infine, il compagno Iegorov ha chiesto agli autori del programma quale era il suo significato. È il programma — egli ha domandato — una conclusione che discende dalle nostre concezioni fondamentali sull’evoluzione economica della Russia, una anticipazione scientifica del possibile e inevitabile risultato delle trasformazioni politiche? (In questo caso il compagno Iegorov potrebbe essere d’accordo con noi.) O è una parola d’ordine pratica d’agitazione? In questo caso non dobbiamo togliere il primato ai socialisti-rivoluzionari, e questo pro- gramma deve essere riconosciuto sbagliato. Devo dire che non capisco la distinzione fatta dal compagno Iegorov. Se il nostro programma non soddisfacesse la prima condizione, sarebbe sbagliato, e non po- tremmo approvarlo. Se invece è giusto, non può non dare una parola d’ordine che serva praticamente per condurre l’agitazione. La contraddizione fra i due corni del dilemma del compagno Iegorov è solo apparente: in realtà non può esistere, perchè una soluzione teorica giusta assicura uno stabile successo nell’agitazione. E noi ten- diamo appunto a un successo stabile e non ci turbiamo affatto per gli insuccessi momentanei. Anche il compagno Liber ha ripetuto le obiezioni respinte da 458 LENIN molto tempo, meravigliandosi per la «povertà» del nostro pro- gramma e chiedendo « riforme radicali * anche nel campo agrario. Il compagno Liber ha dimenticato che nel programma vi sono due parti distinte, quella democratica e quella socialista, ha preso per « povertà » l’assenza di ogni elemento socialista nel programma de- mocratico. Egli non si è accorto che la parte socialista del nostro programma agrario è compresa in un altro punto, e precisamente nella sezione operaia, che si riferisce anche airagricoltura. Solo i so- cialisti-rivoluzionari, con la mancanza di principi che li caratterizza, possono confondere e confondono in maniera costante le rivendi- cazioni democratiche e quelle socialiste, mentre il partito del pro- letariato ha l’obbligo di separarle e distinguerle nel modo più rigo- roso. i7 Secondo discorso sul programma agrario i° (14) agosto Prima di passare ai particolari, voglio confutare alcune tesi ge- nerali e prima di tutto quelle del compagno Martynov. Il compagno Martynov dice che noi dobbiamo lottare non contro il feudalesimo che esisteva in passato, ma contro quello che esiste oggi. È giusto, ma ricorderò la mia risposta a X. Questi citò il governatorato di Saratov, io presi i dati dello stesso governatorato di Saratov e risultò che in questo governatorato l’estensione delle terre stralciate è pari a 600.000 desiatine, cioè ai 2/5 di tutta la terra che si trovava in pos- sesso dei contadini quando esisteva la servitù della gleba, mentre le terre affittate hanno un’estensione di 900.000 desiatine; per conse- guenza, i due terzi di tutta la terra presa in affitto sono costituiti dalle terre stralciate. Noi vogliamo quindi ristabilire per due terzi il godimento della terra. E quindi lottiamo non contro un fantasma, ma contro un male concreto. Arriveremmo alla stessa situazione del- llrlanda, dove è stata necessaria una moderna riforma contadina per trasformare gli affittuari in piccoli proprietari. La letteratura eco- nomica dei populisti già aveva accennato all’analogia fra l’Irlanda e la Russia. Il compagno Gorin dice che il provvedimento da me proposto non è il migliore, che migliore è la trasformazione in liberi affittuari. Ma egli sbaglia pensando che sia meglio trasformare gli affittuari semiliberi in affittuari liberi. Noi non escogitiamo un pas- saggio, ma ne proponiamo uno in cui il godimento giuridico della terra corrisponda al godimento effettivo, e in questo modo elimi- niamo gli attuali rapporti di asservimento. Martynov dice che non le 460 LENIN nostre rivendicazioni sono misere, ma misero è il principio dal quale esse scaturiscono. Ma ciò assomiglia agli argomenti che i socialisti- rivoluzionari adducono contro di noi. Nelle campagne noi perse- guiamo due obiettivi qualitativamente diversi: in primo luogo, vo- gliamo instaurare la libertà dei rapporti borghesi; in secondo luogo, condurre la lotta del proletariato. 11 nostro compito è di indicare ai contadini, contro i pregiudizi dei socialisti-rivoluzionari, dove in- comincia il compito rivoluzionario, proletario del proletariato con- tadino. Perciò le obiezioni del compagno Kostrov sono inconsistenti. Ci si dice che i contadini non saranno soddisfatti del nostro pro- gramma, che essi andranno oltre, ma noi non lo temiamo; per questo noi abbiamo il nostro programma socialista, e non temiamo quindi nemmeno la ripartizione della terra che tanto spaventa i compagni Makhov e Kostrov. Concludo. Il compagno legorov ha definito una chimera la no- stra speranza nei contadini. No! Noi non ci illudiamo, siamo abba- stanza scettici e perciò diciamo al proletario contadino: «Tu oggi lotti insieme con la borghesia contadina, ma devi essere sempre pronto a lottare contro questa stessa borghesia, e condurrai questa lotta insieme con i proletari industriali urbani ». Nel 1852 Marx disse che nei contadini vi è non solo il pregiudizio, ma anche il giudizio. E, indicando ora ai contadini poveri la causa della loro povertà, possiamo fare assegnamento sul successo. Noi siamo sicuri che, siccome la socialdemocrazia si è messa ora a lottare per gli interessi dei contadini, in avvenire terremo conto del fatto che la massa contadina sarà abituata a vedere nella socialdemocrazia il difensore dei suoi interessi. i8 Terzo discorso sul programma agrario i° (14) agosto Non so perchè il compagno Liber si meraviglia. Egli esige da noi un solo metro che serva per tutto, ma questo metro non esiste. Si deve porre ora una rivendicazione, ora un’altra. Noi non abbiamo schemi. Liber osserva che la nostra rivendicazione deireliminazione della servitù della gleba coincide con le rivendicazioni dei liberali. Ma i liberali non dicono come questa rivendicazione possa essere attuata. Noi invece diciamo che dev’essere attuata non dalla buro- crazia, ma dalle classi oppresse, e questa è già la via della rivoluzione. In ciò sta la nostra differenza radicale dai liberali, che con i loro ragionamenti sulle trasformazioni e le riforme «corrompono» la coscienza popolare. Se noi ci ponessimo a concretizzare tutte le ri- vendicazioni attinenti aireliminazione della servitù della gleba, scri- veremmo interi volumi. Perciò indichiamo solo le forme e i tipi principali di asservimento. E i nostri comitati, nelle differenti loca- lità, sviluppando il programma generale, porranno ed elaboreranno le loro rivendicazioni parziali. L’osservazione di Trotski secondo cui noi non possiamo parlare delle rivendicazioni locali è sbagliata, perché la questione dei \hizany e dei contadini temporaneamente ob- bligati 100 non è solo locale. Inoltre nelle letteratura agraria se ne parla. 19 Quarto discorso sul programma agrario i° (14) agosto Il compagno Liber propone di togliere il punto sulle terre stral- ciate per la semplice ragione che a lui non piacciono i comitati con- tadini. È strano. Poiché ci siamo messi d’accordo sulla questione fon- damentale, cioè che le terre stralciate asserviscono i contadini, la costituzione dei comitati è un particolare per il quale non è logico respingere tutto il punto. È strano anche ch’egli ci chieda come eserciteremo la nostra influenza sui comitati contadini. Spero allora che i socialdemocratici potranno organizzare con minori difficoltà i loro congressi, e in essi si metteranno d’accordo sul modo di agire in ogni determinato caso. 20 Primo discorso sullo statuto del partito 2 (15) agosto Lenin difende brevemente la sua formulazione, sottolineando in particolare che essa dà uno stimolo; «Organizzatevi!». Non si deve pensare che le organizzazioni del partito debbano essere composte solo da rivoluzionari di professione. Ci occorrono le organizzazioni più varie, di tutti i tipi, gradi e sfumature, cominciando da quelle estremamente ristrette e clandestine per finire con quelle molto lar- ghe, libere, lose Organisationen . Un’organizzazione del partito per essere considerata tale deve necessariamente essere stata confermata dal Comitato centrale. 21 Secondo discorso sullo statuto del partito 2 f / 5) agosto Vorrei fare prima di tutto due osservazioni di carattere partico- lare. In primo luogo, si tratta della gentile (lo dico senza ironia) proposta di un « accordo » avanzata da Axelrod. Accetterei volentieri quest’invito, perchè non ritengo affatto che il nostro dissenso sia così sostanziale da dover far dipendere da esso la vita o la morte del partito. Non moriremo davvero per un cattivo paragrafo dello sta- tuto! Ma, dato che si è già arrivati a una scelta fra due formulazioni, non posso abbandonare in nessun modo questa mia ferma convin- zione: la formulazione di Martov è un peggioramento del progetto iniziale, peggioramento che, in certe condizioni, può arrecare al par- tito un danno abbastanza notevole. La seconda osservazione con- cerne il compagno Bruker. È del tutto naturale che, desiderando applicare dappertutto il principio elettivo, il compagno Bruker abbia approvato la mia formulazione, l’unica che determina con più o meno precisione il concetto di membro del partito. Non capisco perciò la soddisfazione del compagno Martov per il fatto che il compagno Brucker è d’accordo con me. Possibile che il compagno Martov rico- nosca realmente che valga per lui di orientamento ciò che è il contra- rio di quello che dice Bruker, senza esaminare i suoi motivi e ar- gomenti ? Dirò, entrando nel merito, che il compagno Trotski non ha affatto capito l’idea fondamentale del compagno Plekhanov e perciò nei suoi ragionamenti ha eluso tutta la sostanza della questione. Egli ha parlato degli intellettuali e degli operai, del punto di vista classista II CONGRESSO DEL POSDR 465 c del movimento di massa, ma non ha rilevato una questione fonda- mentale: la mia formulazione restringe o allarga il concetto di membro del partito? Se egli si fosse posto questa domanda, gli sa- rebbe stato facile vedere che la mia formulazione restringe questo concetto, mentre quella di Martov lo allarga, distinguendosi (se- condo la giusta espressione dello stesso Martov) per la sua « elasti- cità ». E proprio l’« elasticità », in un periodo della vita del partito come quello che attraversiamo, spalanca indubbiamente le porte a tutti gli elementi sbandati, tentennanti e opportunisti. Per confutare questa conclusione semplice ed evidente è necessario dimostrare che questi elementi non esistono, e il compagno Trotski non ha nem- meno pensato di farlo. Del resto non lo si può dimostrare, perchè tutti sanno che questi elementi sono abbastanza numerosi ed esi- stono anche nella classe operaia. La salvaguardia della fermezza della linea e della purezza dei principi del partito diviene appunto ora un compito tanto più impellente, in quanto il partito, ricostituito nella sua unità, accoglierà nelle sue file moltissimi elementi instabili, il cui numero crescerà nella misura in cui il partito si sviluppa. Il com- pagno Trotski ha capito molto male ridea fondamentale del mio libro Che fare? quando ha detto che il partito non è un’organizza- zione clandestina (obiezione che mi è stata fatta anche da molti altri). Egli ha dimenticato che nel mio libro propongo tutta una serie di organizzazioni di tipo diverso, cominciando dalle più clande- stine e ristrette per finire con quelle relativamente larghe e «li- bere» (tose)™. Egli ha dimenticato che il partito dev’essere solo il reparto d’avanguardia, il dirigente dell’immensa massa della classe operaia, che lavora tutta (o quasi tutta) « sotto il controllo e la dire- zione» delle organizzazioni del partito, ma che non entra tutta, e non deve entrare tutta, nel «partito». Osservate, in effetti, quali conclusioni trae il compagno Trotski in seguito al suo errore fon- damentale. Egli ci ha detto qui che se intere schiere di operai fos- sero arrestate e tutti gli operai dichiarassero di non appartenere al partito, il nostro partito sarebbe ben strano! Ma non è forse vero il contrario? Non è l’argomentazione del compagno Trotski che è strana? Egli ritiene doloroso ciò di cui ogni rivoluzionario un po’ esperto potrebbe solo rallegrarsi. Se risultasse che centinaia e mi- gliaia di operai arrestati per aver partecipato a scioperi e dimostra- zioni non sono membri delle organizzazioni del partito, ciò dimo- io - Tfr.t 466 LENIN strerebbe unicamente che le nostre organizzazioni sono buone, che noi adempiamo il nostro compito, quello di far lavorare clandestina- mente una cerchia più o meno ristretta di dirigenti e di far par- tecipare al movimento le più larghe masse possibili. La radice dellerrore di coloro che sono per la formulazione di Martov risiede nel fatto che essi non solo ignorano uno dei mali essenziali della nostra vita di partito, ma lo consacrano persino. Questo male consiste nel fatto che, in un’atmosfera di quasi generale malcontento politico, in condizioni di totale segretezza del lavoro e di concentramento della maggior parte dell’attività in stretti cir- coli segreti e persino in incontri privati, per noi è estremamente dif- ficile, quasi impossibile distinguere i chiacchieroni da coloro che lavorano. E sarà quasi impossibile trovare un altro paese in cui l’in- treccio di queste due categorie sia così consueto, provochi confusione e danni su così vasta scala come in Russia. Non solo fra gli intel- lettuali, ma anche neirambiente della classe operaia siamo crudel- mente colpiti da questo male, e la formulazione del compagno Mar- tov lo legittima. Questa formulazione tende inevitabilmente a far divenire tutti membri del partito; lo stesso compagno Martov l’ha dovuto riconoscere con riserva; « se volete, è così », egli ha detto. Ma è proprio quel che non vogliamo! Proprio per questo noi insorgiamo così decisamente contro la formulazione di Martov. È meglio che dieci ele- menti che lavorano non si chiamino membri del partito (i veri mili- tanti non vanno a caccia dei gradi!), piuttosto che un solo chiacchie- rone abbia il diritto c la possibilità di essere membro del partito. Ecco il principio che mi sembra inconfutabile e che mi costringe a lottare contro Martov. Mi è stato obiettato che ai membri del partito non con- feriamo nessun diritto, e perciò non possono esserci nemmeno abusi. Quest’obiezione è del tutto inconsistente: se non abbiamo indicato quali precisi diritti particolari sono conferiti al membro del partito, do- vete anche notare che non è stata data nemmeno alcuna indicazione sulla limitazione dei diritti dei membri del partito. Questo in primo luogo. E, in secondo luogo, e questo è fessenziale, anche indi- pendentemente dai diritti, non si può dimenticare che ogni membro del partito è responsabile per il partito e il partito è responsabile per ogni suo membro . Inoltre, nelle condizioni in cui si svolge la nostra attività politica, dato lo stato embrionale dell’attuale organizza- zione politica, sarebbe veramente pericoloso e nocivo conferire a II CONGRESSO DEL POSDR 467 coloro che non sono membri di un’organizzazione il diritto di ap- partenere al partito e addossare al partito la responsabilità per co- loro che non entrano in un’organizzazione (e non vi entrano forse di proposito). Il compagno Martov è inorridito perchè in tribunale chi non è membro di un’organizzazione del partito non avrà il diritto, nonostante il suo energico lavoro, di dichiararsi membro del partito. Io non mi spavento per questo. Subiremmo un serio danno, invece, se in tribunale desse cattiva prova di sè un elemento che si dichiara membro del partito senza appartenere a nessuna delle sue organizzazioni. Non sarà possibile negare, proprio per l’impre- cisione di queste parole, che costui ha lavorato sotto il controllo e la direzione di un’organizzazione. Di fatto — e su questo non ci pos- sono esser dubbi — le parole « sotto il controllo e la direzione > condurranno al risultato che non et sarà nè controllo nè direzione. Il CC non sarà mai in grado di controllare veramente tutti coloro che lavorano, ma non entrano nell’organizzazione. Il nostro compito è di affidare al CC un controllo effettivo. Il nostro compito è di salva- guardare la saldezza, la coerenza, la purezza del nostro partito. Noi dobbiamo sforzarci di elevare sempre più l’appellativo e l’impor- tanza del membro del partito; per questo sono quindi contrario alla formulazione di Martov. 22 Discorso sull'elezione della redazione « in particolare in un momento in cui sono già sorti malcontenti e agitazioni >. In nove casi su dieci le agitazioni scaturiscono appunto dalle richieste di modificare le condizioni di assunzione, e impedire agli starosta di intervenire in questo campo significa ridurre quasi a zero la loro funzione. Gli autori della legge si sono impigliati in una delle innu- merevoli contraddizioni dell’autocrazia, perchè concedere ai rappre- sentanti (veri rappresentanti, e non coll'autorizzazione della polizia) degli operai il diritto di chiedere la modifica delle condizioni di assunzione significherebbe concedere la libertà di parola e l’inviola- bilità della persona. In generale non si può nemmeno parlare di riconoscere gli sta- rosta di fabbrica come veri rappresentanti degli operai. Il rappre- sentante deve essere eletto solo dagli operai senza alcuna convalida da parte della polizia. E deve essere rimosso non appena gli operai che lo hanno eletto votano contro di lui esprimendo la loro sfiducia. Ad ogni richiesta degli operai il rappresentante deve presentarsi alle loro assemblee per rendere conto del suo operato. Secondo la nostra legge, invece, allo starosta è solo conferita la facoltà di riunire gli operai della categoria che lo ha eletto e inoltre nel luogo e nel tempo indicato dalla direzione dell’impresa. Quindi, lo starosta può anche non riunire gli operai, e la direzione può non concedere nè il luogo nè il tempo necessari per le assemblee. È evidente che sarebbe più razionale non parlare affatto di rappresentanza operaia piuttosto che irritare gli operai con questa rappresentanza vigilata. Le assemblee operaie incutono un tale timore (legittimo del resto) all’autocrazia che essa vieta in maniera assoluta assemblee comuni di diverse categorie riunite. «Per discutere le questioni che riguardano più categorie — stabilisce la nuova legge — si riuniscono 478 LENIN esclusivamente gli starosta di queste categorie ». Per i capitalisti e per il governo poliziesco che li difende questo sarebbe in realtà molto vantaggioso: costituire categorie poco numerose di capisquadra, im- piegati e operai con retribuzioni elevate e categorie di manovali e semplici operai con un numero elevato di componenti, e permet- tere solo le riunioni degli starosta delle diverse categorie. Ma il conto è stato fatto senza Foste: padrone della propria sorte è il proletariato cosciente che respingerà con disprezzo queste misere gabbie poli- ziesche in cui lo si vuol rinchiudere. Gli operai si riuniranno insieme per discutere le loro questioni e organizzeranno assemblee segrete dei loro veri starosta socialdemocratici, nonostante tutti i divieti. Ma se questa meschina riforma inocula a tal punto lo spirito spionistico e poliziesco negli embrioni della rappresentanza operaia, non devono forse gli operai coscienti astenersi del tutto dal parte- cipare alle elezioni degli starosta di fabbrica o alle assemblee delle «categorie»? Pensiamo che essi non debbono seguire questa via. Astenersi dal partecipare attivamente all’odierna attività politica, per quanto abietta essa sia, è la tattica degli anarchici e non dei social- democratici. Noi sapremo, dobbiamo sapere sviluppare una vasta lotta operaia contro ogni infame cavillo della nuova legge, contro ogni manovra spionistica che si serva della nuova legge, e questa lotta desterà gli operai più arretrati, svilupperà la coscienza politica di tutti coloro che partecipano alla « rappresentanza » operaia russa controllata dalla polizia, dalla gendarmeria e dalle spie. Le assem- blee zubatoviste corrompevano gli operai in misura ancora molto maggiore, in modo molto più diretto di quanto li corromperanno gli starosta che strisceranno dinanzi all’autorità, e tuttavia noi man- davamo in quelle assemblee degli operai coscienti, perchè impa- rassero e insegnassero agli altri, e tuttavia tutta questa epopea zubato- vista si è conclusa con un misero fallimento, operando molto di più in favore della socialdemocrazia che non in favore dell’autocrazia: gli avvenimenti di Odessa 104 non hanno lasciato il minimo dubbio in proposito. L’autocrazia incomincia a parlare di assemblee operaie. Appro- fittiamone per condurre la più larga propaganda e agitazione in fa- vore delle rivendicazioni socialdemocratiche che esigono una piena libertà di assemblea e riunione. L’autocrazia incomincia a parlare di elezioni. Approfittiamone per far conoscere alle masse operaie Firn- l’era delle riforme 479 portanza delle elezioni, tutti i sistemi elettorali, tutti gli espedienti della polizia durante le elezioni. E si faccia conoscere tutto ciò non solo attraverso opuscoli e conversazioni, ma in pratica: vedendo come le elezioni in Russia sono manipolate dalla polizia, parteci- pando a queste elezioni*, gli operai coscienti prepareranno masse sempre più larghe a condurre l’agitazione elettorale, a tenere le assemblee, a difendere le loro rivendicazioni sia di fronte alle assem- blee sia di fronte agli starosta , a organizzare una costante sorve- glianza sull’attività degli starosta. L’autocrazia incomincia a parlare di rappresentanza operaia. Approfittiamone per diffondere idee giuste sulla vera rappresentanza. Rappresentante degli operai può essere solo una libera unione operaia , , che abbracci molte fabbriche e molte città. La rappresentanza di fabbrica, la rappresentanza degli operai in ogni singola fabbrica, non può soddisfare gli operai nem- meno in Occidente, nemmeno negli Stati liberi. I capi del partito operaio socialdemocratico in Germania, per esempio, si sono più volte opposti alla rappresentanza di fabbrica. E questo è compren- sibile perchè l’oppressione del capitale è troppo forte, e usufruendo del diritto di licenziare gli operai — questo sacro diritto del libero contratto capitalistico — si potrà sempre , in ogni singola fabbrica, rendere impotente la rappresentanza degli operai. Solo l’unione operaia, che raggruppa gli operai di molte fabbriche e di molte lo- calità, farà sì che i rappresentanti degli operai non dipendano dal singolo fabbricante. Solo l’unione operaia garantisce la possibilità di servirsi di tutti quei mezzi di lotta che in generale sono possibili nella società capitalistica. E le libere unioni operaie sono concepibili solo se esiste la libertà politica , solo se esistono l’inviolabilità della persona, la libertà di riunione, la libertà di eleggere i deputati all’as- semblea nazionale. Senza libertà politica ogni forma di rappresentanza operaia ri- marrà un misero inganno, il proletariato continuerà a rimanere in un carcere, senza la luce, l’aria e lo spazio che gli sono indispensa- bili per lottare per la sua completa emancipazione. In questo car- cere il governo apre ora un minuscolo spiraglio invece di una fi- nestra, facendo inoltre in modo che questo spiraglio giovi più ai * Certo, gli operai organizzati non devono in nessun caso essere eletti starosta\ bisogna presentare la candidatura di elementi adatti, scelti nella massa dei non orga- nizzati. 480 LENIN gendarmi e alle spie addetti alla sorveglianza del recluso, che a questuiamo. Ed è questa riforma che i carnefici del popolo russo vogliono spacciare per un atto benefico del governo zarista! Ma que- sto spiraglio infonderà nuove forze per la lotta nella classe operaia russa, che raderà al suolo tutte le mura del maledetto carcere in cui è rinchiusa tutta la Russia e si conquisterà una libera rappresentanza di classe nello Stato democratico borghese. Iskra, n. 46, 15 agosto 1903. L’ULTIMA PAROLA DEL NAZIONALISMO BUNDISTA Il Comitato estero del Bund ha pubblicato di recente un foglio che contiene il resoconto del V Congresso del Bund, che ha avuto luogo in giugno (vecchio calendario). Il « progetto di statuto » sulla posizione del Bund nel partito occupa, fra le sue decisioni, il posto principale. Esso è estremamente istruttivo e, per quanto riguarda la precisione e la « risolutezza > del contenuto, non lascia nulla a de- siderare. A dire il vero, il primo paragrafo del progetto è già così chiaro che gli altri non possono che essere una semplice spiegazione o persino della zavorra del tutto superflua. « Il Bund — dice il para- grafo i — è una parte federativa [il corsivo è nostro] del Partito operaio socialdemocratico della Russia ». La federazione presuppone un contratto fra singole unità, del tutto indipendenti, che regolano i loro rapporti reciproci unicamente in base al reciproco libero consenso. Non sorprende perciò che il « progetto di statuto » parli ripetuta- mente di « parti contraenti » (paragrafi 3, 8, 12). Non sorprende che, in base a questo progetto, non si dia al congresso del partito il diritto di modificare, fare aggiunte o abolire lo statuto che riguarda una parte del partito. Non sorprende che il Bund dica di avere il diritto a una « rappresentanza» nel Comitato centrale del partito e permetta a questo Comitato centrale di rivolgersi al proletariato ebraico e di prendere contatto con le singole parti del Bund « solo con il con- senso del Comitato centrale del Bund ». Tutto ciò scaturisce con lo- gica inevitabilità dal concetto di « federazione », dal concetto di « parti contraenti », e se nel suo V Congresso il Bund avesse sempli- cemente deciso di costituire un partito socialdemocratico nazionale (o forse socialdemocratico nazionalista?) autonomo, avrebbe rispar- miato a sè (e agli altri) molto tempo, molta fatica e molta carta. 3 l - 763 482 LENIN Da una parte, sarebbe divenuto subito chiaro, e senza tanti discorsi, che un partito autonomo, a se stante, può regolare i suoi rapporti con gli altri partiti solo come « parte contraente » e solo in base al «consenso reciproco». Sarebbe stato inutile enumerare tutti i singoli casi in cui si richiede questo consenso (del resto, non è effettivamente possibile enumerarli tutti , e dare un elenco incompleto, come fa il Bund, significa aprire la porta a una serie di malintesi). Sarebbe stato inutile fare violenza alla logica e alla coscienza, chiamando con- tratto tra due unità autonome uno statuto che riguarda la posizione di urta sola parte del partito. Questa speciosa e decorosa denomina- zione (« statuto sulla posizione del Bund nel partito ») è tanto più falsa nella sostanza in quanto l’intero partito non ha ancora di fatto ricostituito la sua piena unità organizzativa, e il Bund agisce come parte che si è già raggruppata, che vuole sfruttare le deficienze dell'organizzazione generale per scostarsi ancor più dal tutto, per ten- tare di frazionare per sempre questo tutto in piccole parti . D'altra parte, se si fosse posta direttamente la questione, gli autori del famigerato progetto di statuto non sarebbero stati costretti a scrivere i paragrafi che prevedono i diritti che ha ogni parte orga- nizzata del partito, ogni organizzazione rionale, ogni comitato, ogni gruppo, come, per esempio, il diritto di decidere, ispirandosi al pro- gramma del partito, le questioni generali sulle quali i congressi del partito non hanno adottato risoluzioni. Scrivere statuti con simili paragrafi è semplicemente ridicolo. Passiamo ora a dire qual è, in sostanza, la posizione che ha preso il Bund. Una volta postosi sul piano inclinato del nazionalismo, il Bund doveva naturalmente e inevitabilmente (se non voleva abban- donare il suo errore fondamentale) giungere alla costituzione di un partito ebraico a se. E a questo appunto giunge il paragrafo 2 dello statuto, che concede al solo Bund il diritto di rappresentare il prole- tariato ebraico. Il Bund entra nel partito — è detto in questo para- grafo — in qualità di suo (del proletariato ebraico) unico (il corsivo è nostro) rappresentante. L'attività del Bund e l'organizzazione del Bund non devono essere limitate da nessuna barriera regionale. Il pieno distacco e la piena delimitazione fra il proletariato ebraico e quello non ebraito della Russia non solo sono così condotte sino in fondo con assoluta coerenza, ma vengono anche sancite, si potrebbe dire, con un contratto notarile, con uno « statuto », una legge « fon- l’ultima parola del nazionalismo bundista 483 damcntalc » (cfr. paragrafo 12 del progetto). Casi « scandalosi » come il temerario appello del comitato del partito di Iekaterinoslav agli ebrei, lanciato all’insaputa del Bund (che allora non aveva nessuna organizzazione a se a Iekaterinoslav!), devono, secondo il nuovo progetto, divenire d’ora in poi impossibili. Per quanto pochi siano gli operai ebrei in una determinata località, per quanto questa località sia distante dai centri dell’organizzazione bundista, nessuna parte del partito, e nemmeno il suo Comitato centrale, potrà rivolgersi al pro- letariato ebraico senza il consenso del Comitato centrale del Bund! Si stenta a credere che si sia potuta fare una tale proposta — tal- mente mostruosa è questa rivendicazione di monopolio, soprattutto nelle nostre condizioni russe — , ma i paragrafi 2 e 8 (nota) del pro- getto di statuto non dànno adito ad alcun dubbio. Il desiderio del Bund di allontanarsi ancora più dai compagni russi traspare non solo in ogni paragrafo del progetto, ma è espresso anche in altre ri- soluzioni del congresso. Il V Congresso ha deciso, per esempio, di pubblicare una volta al mese le Poslednie Izvestia (a cura del Comi- tato estero del Bund), « giornale in cui si chiarisca la posizione pro- grammatica e tattica del Bund ». Attendiamo con impazienza e con interesse che questa posizione venga chiarita. Il congresso ha abolito la decisione del IV Congresso sul lavoro nel Mezzogiorno. Come è noto, il IV Congresso del Bund aveva deciso di « non organizzare comitati del Bund » (il corsivo è del Bund) nelle città del Mez- zogiorno in cui le organizzazioni ebraiche fanno parte dei comitati del partito. L’annullamento di questa decisione è un passo impor- tante verso un ulteriore distacco, è una diretta sfida ai compagni del Mezzogiorno che hanno lavorato e vorrebbero lavorare fra il proleta- riato ebraico mantenendo inscindibili legami con tutto il proletariato locale. « Chi ha detto A, deve dire B » : chi si è posto sul terreno del nazionalismo, naturalmente arriva al desiderio di accerchiare con una muraglia cinese la sua nazionalità, il suo movimento operaio nazionale, e non si turba nemmeno per il fatto che si dovranno co- struire singole muraglie in ogni città, borgata, villaggio, non si turba nemmeno per il fatto che, con la sua tattica di separazione e frazionamento, riduce a zero (annulla) il grande precetto dell’avvi- cinamento e dell’unione dei proletari di tutte le nazioni, di tutte le razze, di tutte le lingue. E dopo ciò suona come un amaro scherno la risoluzione dello stesso V Congresso del Bund sui pogrom, in cui 3 ! * 484 LENIN si esprime eia certezza che solo la lotta comune dei proletari di tutte le nazionalità distruggerà dalle radici le condizioni che generano avvenimenti come quelli di Kisciniov > (il corsivo è nostro)! E quale sapore di menzogna hanno queste parole sulla lotta comune, quando ci viene presentato subito dopo uno c statuto » che non solo allon- tana Timo dallaltro coloro che lottano insieme, ma sancisce anche per via organizzativa questo allontanamento e questo distacco! Come vorremmo dare ai nazionalisti del Bund il consiglio: imparate da quegli operai di Odessa che hanno partecipato allo sciopero gene- rale, alle assemblee generali, alle dimostrazioni generali, senza chie- dere prima (o temerari!) il « consenso » del Comitato centrale del Bund per rivolgersi alla nazione ebraica, che hanno tranquillizzato i commercianti dicendo (cfr. n. 45 dell 7 ^ra) : «Non temete, non temete, questa non è per voi una nuova Kisciniov; noi vogliamo tut- t’altro, fra noi non ci sono nè giudei nè russi, siamo tutti operai , per tutti noi la vita è egualmente dura». Riflettano su queste parole i compagni del Bund, se non è già troppo tardi, riflettano bene sul cammino che hanno preso. Ukra t n. 46, 15 agosto 1903. CONTRADDIZIONI E ZIGZAG DI MARTOV 1. Con i suoi tentennamenti e i suoi salti, con il suo pseudo- iskrismo, ha rovinato il comitato d'organizzazione, e poi ha fatto en- trare i tentennanti e gli pseudoiskristi nel CC. 2. Ha sempre difeso le idee organizzative àe\Ylsf(ra {Che fare?), e ha sostenuto il primo paragrafo jauressista dello statuto. 3. Ha acconsentito al rinnovo della redazione mediante il gruppo di tre membri, ma poi, quand méme , ha lottato al congresso per un gruppo di sei membri. 4. Ha lottato contro il cosiddetto « democratismo », e ha sostenuto che i centri devono essere « liberi » nella cooptazione. Scritto alla fine di agosto del 1903. Pubblicato per la prima volta nel 1927 nella Miscellanea di Lenin s VI. NOTE 1 II programma del partito approvato al li Congresso del POSDR nel 1903 fu ela- borato dalla redazione dellV/^ra nel 1901 -1902. Il primo progetto e relativo commento furono scritti da Lenin nel 1895-1896 in carcere (cfr., nella presente edizione, voi. 2, pp. 83-111) e inviati all’estero al gruppo «Emancipazione del lavoro». Alla fine del 1899, in Siberia, Lenin pre- parò un nuovo progetto (cfr., nella presente edizione, voi. 4, pp. 229-256), inviato in seguito anch’esso ai socialdemocratici russi all'estero. Nell’estate del 1901 la redazione dell 'ls\ra iniziò l’elaborazione del progetto definitivo. Il pro- getto originario, scritto da Plekhanov, fu criticato da Lenin, che nel gennaio-feb- braio 1902 stese un suo progetto. La redazione dellV/^ra nominò una commissione di coordinamento per redigerne uno definitivo in base ai progetti di Lenin e di Plekhanov. Lenin ottenne che venisse incluso l’importante paragrafo sulla dittatura del proletariato, che si parlasse con precisione della funzione dirigente della classe operaia nella rivoluzione e che fosse sottolineato in modo particolare il carattere proletario del partito. Di Lenin è anche la parte agraria del pro- gramma. Il progetto fu pubblicato nel n. 21 deU'Is^ra del i° giugno 1902. 2 II Programma di Erjurt della socialdemocrazia tedesca fu approvato al Congresso di Erfurt nell'ottobre 1891 in sostituzione del Programma di Gotha del 1875, i cui errori erano stati messi in luce da Marx nel suo scritto Critica del program- ma di Gotha (cfr. K. Marx-F. Engels, Il partito e V Interri azionale , Roma, Edi- zioni Rinascita, 1948). 3 Cfr. K. Marx-F. Engels, Manifesto del partito comunista, Roma, Edizioni Rina- scita, 1953, P- 95- 4 Cfr. F. Engels, Zur Kriti\ des soziald cmokratisch en Programmentwurfes , in Die Neue Zeiti XX, B. I, N. 1. 5 Ivi. 6 Cfr. K. Kautsky, Die Revision des Programms der Sozialdemo\ratie Oesterreich , in Die Neue Zeit ì 1901-1902, B. I, N. 3, p. 77. 7 Cfr. Marx-Engels, // partito e Vìnter nazionale , cit,, pp. 114-118. 8 Lenin chiama « Gironda socialista » la tendenza opportunistica della socialde- mocrazia e « Montagna» la tendenza rivoluzionaria. Dopo la scissione del POSDR in bolscevichi e menscevichi, Lenin sottolineò spesso che i menscevichi rappre- sentavano appunto la tendenza girondina del movimento operaio. ® Cfr. il Manifesto del partito comunista , cit., pp. 92-93. 10 Nel 1894 Engels, nell’articolo La questione contadina in Francia e in Germania , criticò aspramente gli errori opportunistici dei socialisti francesi e tedeschi nella questione agraria (cfr. Die Neue Zeit , XIII, B. I, N. io). 11 Cfr. Zur Kriti\ des so zialdemo kratischcn Programmentwurfes , cit. 12 Cfr. // partito e Vìntemazionale , cit., p. 238. 18 Cfr. Zur Kriti\ des sozialdcmokratischen Programmentwurfes , cit. 490 NOTE 14 II testo del progetto fu steso dalla commissione dì coordinamento nominata dalla redazione dell'/r^ra, di cui alla nota i. Il progetto della commissione venne ap- provato nella riunione redazionale dell'/r^ra tenutasi a Zurigo il 14 aprile con la partecipazione di Lenin. 15 Cfr., nel presente volume, p. 21 e 44. 18 Cfr., nel presente volume, p. 27. 17 L'Emendamento alla parte agraria del programma fu sottoposto da Lenin al- esarne degli altri membri della redazione dell 7 /^ra. Per le sigle in fondo all’ar- ticolo si veda l'indice dei nomi. 18 Si tratta del Programma agrario della socialdemocrazia russa (cfr., nel presente volume, pp. 95*136). 18 Lenin cita un passo del romanzo di Nìkolai Cemysccvski, Prologo del prologo , in cui ('autore esprime per bocca del protagonista (Volghin) il suo giudizio sul* l'« emancipazione > dei contadini. 20 Nel febbraio 1901 lo studente Karpovic uccise il ministro dell'istruzione pub- blica Bogolepov, che venne sostituito dall’ex ministro della guerra, generale Vannovski. 21 Giuoco di parole; obmanov è il genitivo plurale del sostantivo obman (inganno). 22 Lenin cita le Lettere sulla carestia di Lev Tolstoi, che uscirono per la prima volta, mutilate dalla censura, nel numero del gennaio 1892 della rivista Knizkj ane- deli » (Quaderni della a settimana ») col titolo: Aiuto agli affamati. 23 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp. 305-310. 24 Questo Rapporto , scritto da Lenin, era destinato alla conferenza del comitato del POSDR, tenutasi il 23-28 marzo (5-10 aprile) 1902, a Bielostok. Gli € economisti » e i bundisd, che lì appoggiavano, avrebbero voluto trasformare la conferenza in un congresso di partito. 11 rapporto di Lenin, letto alla conferenza dal rappre- sentante dell 7 r 4 r<*> dimostrò che la riunione non era stata convenientemente preparata e non aveva ì poteri necessari. Gli antìskristì non riuscirono nei loro intenti. La conferenza approvò il manifestino del primo maggio e costituì un comitato d’organizzazione per la convocazione del secondo congresso- del partito. La maggioranza dei delegati della conferenza e dei membri del comitato d’orga- nizzazione fu arrestata subito dopo. Nel novembre dello stesso anno venne costi- tuito un nuovo comitato. 26 Cfr., nel presente volume, pp. 261-262. 28 Piotr A. Alexeiev (1849-1891), operaio autodidatta, dapprima populista, poi agi- tatore c propagandista socialdemocratico. Arrestato, fu processato nel 1877 dopo due anni di carcere e condannato a dicci anni di lavori forzati, scontati i quali- fu esiliato nella remota Kamciatka, dove morì. 11 discorso pronunciato in tri- bunale il io (22) marzo, in ciii denunciava le spaventose condizioni in cui vive- vano gli operai e prevedeva la fine del governo zarista, fu pubblicato per la prima volta a Londra nel 1877 nella raccolta V periodi (Avanti!), rivista non periodica. 27 Cfr., nel presente volume, pp. 95-136. 28 Durante la discussione di questo Programma sorsero, in seno alla redazione dell’/r^ra, disaccordi e contrasti; Plekhanov e altri ne attaccarono le più impor- tanti conclusioni (egemonia del proletariato, nazionalizzazione della terra, ccc.) e chiesero che venisse attenuato il tono della polemica contro i nemici del mar- xismo. Dopo lunghe discussioni, la sezione in cui si parlava della nazionalizza- zione della terra e alcuni altri punti vennero tolti, e Io scritto così rimaneggiato fu pubblicato nel n. 4 della Zarià (agosto 1902). Nella presente edizione si è seguito il manoscritto di Lenin. 29 Cfr., nella presente edizione, voi. 4, pp. 457-465. NOTE 491 80 Ivi, pp. 459'46o. 31 Si tratta del libro: Die* Àgrarfrage, Stuttgart, 1899. 92 Cfr., nella presente edizione, voi. 4, p. 462. 39 Commissione Valuiev. commissione per lo studio della situazione dell'agricoltura in Russia, presieduta dal ministro Valuiev. Nel 1872-1873 la commissione rac- colse un’ampia documentazione pubblicata nei Rendiconti che uscirono nel 1873 a Pietroburgo. 94 Ripartizione nera-, aspirazione dei contadini, dopo la riforma del 1861, a una ripartizione delle terre che abolisse la grande proprietà fondiaria e stabilisse l'eguale diritto alla terra per tutti. « Ripartizione nera » (domi perediel) era la parola d’ordine dei populisti. 35 La critica delle concezioni opportunistiche di Nadezdin, esposta nelle pp. 126-128 del presente volume (da: « É interessante rilevare che Nadezdin, nel suo desi- derio di raggiungere precisamente quel massimo che è la nazionalizzazione della terra, ha sbagliato strada... », fino a: « Volendo ad ogni costo ” farsi comprendere dal contadino ”, Nadezdin si è qui smarrito nei meandri dell’utopia reazionaria piccolo-borghese »), fu omessa dalla redazione della Zarià , che aveva pubblicato l’articolo. Fu omessa anche la nota che Lenin aveva scritto in sostituzione del passo non pubblicato. 93 La prefazione al promemoria di Witte fu scritta da Struve (R.N.S.). Lenin la cri- ticò aspramente in / persecutori degli zemstvo e gli Annibali del liberalismo (cfr. nella presente edizione, voi. 5, pp. 25-67). 37 € La lotta p: gruppo socialdemocratico all’estero. Ne furono promotori Riazanov, Steklov, Gurievic e altri, che dapprima tentarono di conciliare la tendenza rivo- luzionaria del Visura con quella opportunistica del Raboceie Dielo. Ma i loro ten- tativi non ebbero successo. Dopo il fallimento del cosiddetto « congresso di uni- ficazione » (ottobre 1901), non ritenendo possibile aderire a una delle due ten- denze, costituirono il gruppo c La lotta », che nel novembre dello stesso anno pubblicò una dichiarazione programmatica. 33 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, p. 437. 3 ® L’« Unione settentrionale del POSDR » raggruppava le organizzazioni socialde- mocratiche dei governatorati di Vladimir, Iaroslavl e Kostromà (e in seguito anche di Tver). L’« Unione » sorse nell’estate del 1900 per iniziativa di un gruppo di socialdemocratici (Noskov, Glebov, ecc.) che, insieme ad altri (Karpov, Liubimov, ecc.), si stabilì a Voroniez, raggruppò attorno a sè i socialdemocratici del luogo e si mise in contatto con i socialdemocratici degli altri governatorati settentrionali. Nel 1901 si avvicinò alP/r^ra. Il programma criticato da Lenin era stato ap- provato al congresso di Voroniez (gennaio 1902). Nella lettera aperta, pubblicata il 15 febbraio 1903 sul n. 34 dell ’/rifcrj, I’« Unione » si dichiarò pienamente d’accordo con la parte teorica e tattica del programma dell 'Iskfa e della Zarià , con il Che fare? e riconobbe Visura e la Zarià quali organi direttivi del POSDR. Dopo il II Congresso l’t Unione » fu trasformata in Comitato settentrionale, che funzionò sino al luglio del 1905. 40 Cfr. il Manifesto del partito comunista , cit.» p. 143. 41 L'autore dell’opuscolo, A. A. Sanin, era un sostenitore dell'* economismo », ne- gava la necessità di creare un partito autonomo della classe operaia e riteneva che la rivoluzione politica si potesse compiere mediante lo sciopero generale. 42 Dalla scissione del partito «Terra e libertà» ( Zemlia i Volia ) sorsero nel 1879 due partiti « Volontà del popolo » (Narodnaia Volia) e c Ripartizione nera » (domi Perediel). Le concezioni del partito della « Volontà del popolo », costi- tuito da ristretti circoli di intellettuali, riflettevano lo stato embrionale dei rap- porti di classe nella Russia degli anni ottanta ed erano impregnate di eclettismo. NOTE 49 2 nel quale confluivano il socialismo populista e l’aspirazione alla libertà politica. La € Volontà del popolo » impiegava il terrorismo quale forma di lotta. Il go- verno zarista la distrusse organizzativamente dopo l’uccisione dello zar Ales- sandro II. La maggior parte dei suoi aderenti finirono con l’aderire a una po- litica di conciliazione con l’autocrazia e col farsi interpreti degli interessi dei kulak. 43 Le Lettere di Lenin a Radcenko riflettono il periodo della lotta condotta dagli iskristi per estendere la loro influenza sull’organizzazione di Pietroburgo, in cui rimanevano forti residui di economismo; si trattava cioè di ottenere dai socialde- mocratici pictroburghesi il riconoscimento dcWIs^ra come organo dirigente e di ricostruire l’organizzazione secondo i principi del più rigido centralismo, elimi- nando la divisione dei comitati in comitati operai e non operai. Il compito di conquistare ideologicamente il comitato di Pietroburgo fu affidato soprattutto a Radcenko, Lepescinski (21 3b) e Krasikov. Forte fu l’opposizione degli economisti, diretti da A. S. Tokarev (Vyscibalov), che nel luglio 1902 era uscito di prigione (cfr. inizio della seconda lettera a Radcenko e voi. 34 della presente edizione, pp. 90, 91, 97, 98, 101). 44 La Dichiarazione del comitato di Pietroburgo del POSDR , che esprimeva la sua solidarietà con Visura e la Zarià e li riconosceva quali organi direttivi della social- democrazia russa, fu stampata nel luglio 1902 sotto forma di manifestino e poi pubblicata nel n. 26 d eWIs^ra (15 ottobre 1902). 45 Cfr., nella presente edizione, voi. 4, pp. 451-455. «« Ivi, pp. 457-465- 47 Levits^iz populista liberale, fondatore di artel agricole nel governatorato di Kherson negli anni novanta. I populisti e i socialisti-rivoluzionari ritenevano che queste artel fossero uno dei mezzi per evitare il capitalismo e attuare con mezzi pacifici la « socializzazione delle campagne ». 48 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp. 357-358, 458-459 e 479. 49 Cfr., nel presente volume, pp. 175-195. 50 Cfr., nella presente edizione, voi. 2, pp. 334-335. 61 L’opuscolo fu pubblicato nel 1902 a Ginevra col titolo L'autocrazia e gli scioperi. 62 La legge del 3 (15) giugno 1886 stabiliva le norme che i fabbricanti dovevano osservare nell’infliggere le multe. Prima di questa legge essi potevano agire arbitrariamente e senza alcuna limitazione, tanto che le multe ammontavano spesso alla metà del salario dell’operaio. Incalzato dalle rivolte operaie, e sotto la pressione del grande sciopero del 1885 nella fabbrica Morozov a Òrekhovo-Zuievo, il governo zarista fu costretto a emanare la legge sulle multe. Lenin analizzò criticamente questa legge in un opuscolo (cfr., nella presente edizione, voi. 2, pp. 19-62). La legge del 2 (14) giugno 1897 fissava la giornata per gli operai dell’in- dustria e delle ferrovie in li ore e mezzo. Lenin criticò la legge in un opu- scolo (cfr., nella presente edizione, voi. 2, pp. 257-306). 63 Cfr., nel presente volume, pp. 95-136. 84 La Lettera a un compagno sui nostri comptti organizzativi è la risposta a una lettera del socialdemocratico Ieremi (pseud. di A. A. Schneierson), iskrista e menscevico dopo il II Congresso del POSDR. 85 Si tratta della legge dell’ 8 (21) giugno 1901 sull’assegnazione a privati delle terre dell’appannaggio in Siberia. La legge concedeva privilegi eccezionali ai pro- prietari fondiari nobili. Lenin analizzò criticamente la legge nell’articolo / feudali al lavoro (cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp. 80-85). 88 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp. 57. 87 Cfr. il Manifesto del partito comunista , cit., p. 144. 88 Cfr. F. Engels, Antidùhring y Roma, Edizioni Rinascita, 1950, pp. 201-2. NOTE 493 59 Le dimostrazioni è la risposta alla lettera di uno studente dell’università di Pie- troburgo a proposito dell’editoriale del n. 25 dell'/r^ra, 15 settembre 1902, inti- tolato Che fare? 60 Cfr., nel presente volume, pp. 17 5- 19 5. 61 Cfr., nella presente edizione, voi. 4, p. 389. 62 Cfr., nel presente volume, pp. 175- 195. 63 II manifestino del comitato socialdemocratico del Don, A tutti i cittadini , che recava la data del 6 novembre 1902, fu pubblicato il i° dicembre 1902 dzWlskta, nella rubrica € La lotta degli operai di Rostov ». 64 Cfr. // partito e Vìnternazionale t cit., p. 224. 65 I discorsi pronunciati davanti ai tribunale di Mosca il 28-31 ottobre (10-13 no " vembre) 1902 dagli operai di Nizni Novgorod furono dapprima stampati in un volantino dal comitato socialdemocratico di Nizni Novgorod c poi pubblicati dzW'lskra (n. 29, i° dicembre 1902) con il titolo Gli operai di Nizni Novgorod in tribunale . In seguito comparvero in opuscolo. 66 Agli studenti delle scuole medie: nota redazionale all'appello del Comitato cen- trale del gruppo russo degli studenti delle scuole medie del Mezzogiorno, L'ap- pello fu pubblicato nel n. 29 dtWIskfa (1 dicembre 1902). 07 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp* 417-431. 68 Cfr., nella presente edizione, voi. 4, p. 403. 69 II comitato d'organizzazione per la convocazione del II Congresso del POSDR fu eletto dalla conferenza di Bielostok nel marzo (aprile) 1902, ma subito dopo tutti i suoi membri, eccetto uno, furono arrestati. Nel novembre dello stesso anno la conferenza dei comitati socialdemocratici tenutasi a Pskov costituì un nuovo comitato di organizzazione, nel quale gli iskristi avevano la stragrande maggioranza. Nel febbraio 1903 un’assemblea plenaria tenutasi a Oriol approvò il progetto di statuto per la convocazione del congresso; i membri del nuovo comitato si recarono due volte presso i comitati locali per aiutarli noi lavoro e parteciparono alla discussione del progetto di statuto, che venne successivamente confermato dallo stesso comitato d’organizzazione, il quale approvò anche l’elenoo delle organizzazioni locali aventi diritto, secondo le norme dello statuto, di partecipare al secondo congresso e preparò un minuzioso rapporto sulla sua atti* vità. 70 Nella seconda e terza edizione delle Opere di Lenin quest’articolo era stato ripro- dotto in base a una copia dei manoscritto. In seguito fu rinvenuto il manoscritto originale, a cui ci si c attenuti nella presente edizione. 71 MaJ^haisti, ma\haismo : tendenza anarco-sindacalista, antimarxista, sorta nel 1902 e così chiamata dal nome di Makhaiski (che si firmava A. Volski). Nel suo libro II lavoratore della mente Makhaiski invitava gli operai ad assumere un atteggiamento ostile verso gli intellettuali rivoluzionari e cercava di distoglierli dalla teoria marxista e dalia lotta rivoluzionaria. 72 « Unione russa » {Russkpie sobranie ): associazione di Pietroburgo, di cui facevano parte alti funzionari e centoneri. Essa appoggiava la politica degli zubatovisti. Fu fondata nell'autunno del 1900. 73 V* Unione dei socialdemocratici russi all'estero » si costituì nel 1894 a Ginevra per iniziativa del gruppo « Emancipazione del lavoro », che in un primo tempo la diresse e nc curò le pubblicazioni. In seguito elementi opportunistici (i « gio- vani; gli «economisti») ebbero il sopravvento. Nel novembre 1898 al I Con- gresso dell'« Unione » il gruppo « Emancipazione del lavoro » si rifiutò di conti- nuare a curarne le pubblicazioni. La rottura definitiva e l'uscita del gruppo « Emancipazione del lavoro » dall’« Unione » avvennero nell’aprile del 1900 al II Congresso deH’« Unione », quando il gruppo «Emancipazione del lavoro» e 494 NOTE coloro che ne condividevano le idee abbandonarono il congresso e crearono un'organizzazione autonoma: « Il socialdemocratico ». 74 7z 6f ; pseudonimo di F. V. Lenghnik, membro del comitato d’organizzazione, che in quel momento era fiduciario dell'/j^ra a Kiev. 76 Cfr., nel presente volume, p. 284. 76 La polemica fra Visura e il Bund a proposito dei rapporti organizzativi di que- st’ultimo con il POSDR fu provocata dalla decisione del congresso del Bund (aprile 1901) di sostenere il principio federativo nella struttura del partito. Visura si dichiarò contraria a questa decisione e Lenin criticò aspramente il nazionalismo bundista in vari suoi articoli e discorsi al li Congresso del POSDR. 77 Cfr., nel presente volume, pp. 420-428. 78 K. Kautsky, Die soziale Revolution , Berlin, 1902. 70 Lenin tenne la sua prima lezione sulla questione agraria alla scuola superiore russa di scienze sociali a Parigi nel febbraio del 1903. La scuola (per studenti russi emigrati) era stata fondata nel 1901. I suoi dirigenti erano di tendenze populistiche e socialiste-rivoluzionarie, ostili al marxismo rivoluzionario. Tuttavia tale era l’autorità di Lenin, come teorico della questione agraria» che il consiglio dei professori decise di invitare a un corso di lezioni sul problema < il noto marxista V. Lenin, autore degli scritti legali: Lo sviluppo del capitalismo in Russia e Studi economici ». Il programma delle lezioni fu elaborato da Lenin e inviato alla scuola prima del- l’inizio del corso. Lo schema della prima lezione» pubblicato nel presente volume, si basa sugli appunti di uno studente successivamente riveduti da Lenin. 80 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp. 23-67. 81 Ivi, pp. 62-63. 82 T. P con questo pseudonimo Lenin pubblicò nel 1901, sul n. 2-3 della Zarià, il suo scritto I persecutori degli zemstvo e gli Annibali del liberalismo . 83 Nel marzo del 1903 Lenin comunicava in una lettera a Plekhanov (cfr., nella presente edizione, voi. 34, pp. 114-115) che stava scrivendo un opuscolo popolare per spiegare ai contadini la concezione marxista della lotta di classe nelle cam- pagne. All’opuscolo fu allegato il testo del progetto di programma del POSDR con un commento di Lenin. L’opuscolo, inviato clandestinamente in Russia ebbe larga dif- fusione, prima in varie città e poi nelle campagne. Secondo dati incompleti, nel periodo che va dal maggio 1903 al 1905 fu diffuso in trentanove città e in quindici governatorati. Nel 1904 fu ristampato airestero dal CC del POSDR e piò volte in Russia. 84 Documento regolamentare : così si chiamava l’atto compilato dai signori al tempo dell’ « emancipazione » dei contadini in base alla riforma del 1861. In questo documento era indicata l’estensione della terra di cui usufruivano i contadini prima della riforma e si designavano le terre che restavano loro, dopo essere stati rapinati dalle emancipazione ». Si enumeravano inoltre gli obblighi a cui erano precedentemente tenuti i contadini servi a vantaggio del loro signore, e veniva infine fissato l’ammontare delle quote del riscatto che i contadini dovevano pa- gare. 85 II programma agrario della socia Idemocrazia (cfr., nel presente volume, pp. 175- 195) fu criticato dal menscevico Maslov (X) che gli contrappose un proprio pro- getto. L’articolo di Maslov e la risposta di Lenin furono pubblicati in opuscolo a Ginevra, a cura della «Lega dei socialdemocratici russi». 88 Cfr., nel presente volume, pp. 302-305. 87 II Partito socialista polacco (P5P), partito nazionalista piccolo-borghese fondato nel 1893, s i scisse nel 1906 in due partiti: un’ala destra sciovinistica, che costituì NOTE 495 poi nel 1919 il Partito socialista polacco, e un’ala sinistra, più vicina ai marxisti, che in parte si unì nel 1918 a] Partito socialdemocratico della Polonia e formò il Partito comunista polacco. 88 K. Marx-F. Engels, Die Revolution 1848 , Berlin, 1955, p. 157, 130. 89 I. Dombrowski f W . Wrublewsf^i diressero il movimento rivoluzionario polacco negli anni 1863-1864. Dopo la repressione deH’insurrezione emigrarono in Fran- cia, ove nel 1871 furono generali della Comune di Parigi. 90 Gesammcltc Schriften von Karl Marx und Friedrich Engels. 1841 bis 1850, Stutt- gart, Dietz Nachf, 1902. 91 II II Congresso del POSDR ebbe luogo dal 17 (30) luglio al io (23) agosto 1903. Le prime tredici sedute si tennero a Bruxelles, le altre, a causa delle persecuzioni della polizia, a Londra. Complessivamente si tennero tremasene sedute. Lordine del giorno era costituito da venti punti, fra i quali i più importanti erano: pro- gramma del partito, organizzazione del partito (approvazione dello statuto del POSDR), elezioni del Comitato centrale e della redazione dell’organo centrale. Al congresso erano rappresentate ventisei organizzazioni ed erano presenti quaran- tatre delegati con cinquantun voti deliberativi (otto ne disponevano di due ciascuno) e quattordici con voto consultivo. Lenin preparò uno schema di relazione sull'attività della redazione dell 7 r^ra, elaborò un progetto di statuto del partito, i progetti di risoluzione su parecchi pro- blemi che dovevano essere sottoposti all’esame del congresso, l’ordine del giorno e il regolamento del congresso. Egli svolse un importante lavoro fra i delegati, discusse molti dei punti all’ordine del giorno e raccolse informazioni precise sulla situazione delle organizzazioni locali. In una riunione di delegati tenne una relazione sulla questione nazionale. Il congresso aveva una composizione eterogenea: vi partecipavano non soltanto gli iskristi, ma anche alcuni antiskristi ed elementi instabili e tentennanti. I contatti che Lenin ebbe con i delegati gli permisero di accertare la posizione poli* tica di ognuno di loro prima dell’apertura del congresso. Lenin fu eletto membro dell’ufficio di presidenza del congresso e delle commissioni principali: programma, statuto e verifica dei mandati. Tenne la relazione sullo statuto del partito e intervenne su quasi tutte le questioni alTordine del giorno. 92 II Progetto di statuto del POSDR proposto da Lenin al II Congresso del partito non è stato rinvenuto. IL progetto pubblicato nel presente volume è quello iniziale, che la commissione fece pubblicare nelle Appendici al Testo integrale degli atti del lì Congresso del Partito operaio socialdemocratico russo , edite a Ginevra nel 1904. La commissione chiamò erroneamente «progetto di statuto organizza- tivo del POSDR presentato da Lenin al congresso * (cfr., nella presente edi- zione, voi 7, Un passo avanti , due passi indietro > paragrafo G) il progetto ini- ziale di statuto da lui redatto. 98 II discorso di Lenin sul modo d’agire del comitato d’organizzazione fu provo- cato dal seguente incidente: prima del congresso il comitato aveva respinto la richiesta del gruppo « La lotta », che avrebbe voluto inviare un rappresentante con voto consultivo. La commissione per la verifica dei mandati aveva sancito questa decisione. Quando ciò fu comunicato al congresso, un membro del comi tato d’organizzazione chiese la sospensione della seduta per permettere al co- mitato stesso di discutere nuovamente la questione. Il comitato infatti si riunì e decise a maggioranza di voti (un solo voto contrario) di invitare il rappresentante del gruppo « La lotta » con voto consultivo. 9 * I sindacati dei minatori inglesi delle due contee di Northumbcrland e Darham, ottenuta negli anni ottanta, mediante un compromesso con i padroni, la giornata lavorativa di sette ore per gli operai qualificati addetti al lavoro nel sottosuolo, 496 NOTE si opposero per vari anni all’istituzione per legge della giornata lavorativa di otto ore per tutti gli operai inglesi. 95 Cfr. K. Marx-R Engels» il 1848 in Germania e in Francia , Roma, Edizioni Rina- scita, 1948, p. 350. 9 ® Si allude alla seguente frase di Marx: € La Comune ha avuto il pieno diritto di dichiarare ai contadini: ” La nostra vittoria è la vostra unica speranza! "». Cfr. K. Marx, Opere scelte in due volumi , ed. tedesca, 1955, voi. I, p. 496. 97 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, p. 355. 98 Ivi, pp. 431-436, 4 I 7'43°> 445-454* 99 Cfr., nel presente volume, pp. 405-419. 100 Khizani erano chiamati i contadini senza terra della Georgia che da lungo tempo si erano stabiliti sulle terre dei signori in base a un contratto particolare. Formal- mente non erano considerati servi della gleba e godevano di una certa libertà personale, ma erano pur sempre fittavoli privi di diritti. La riforma del 1861 non mutò la loro situazione: continuavano come prima a dipendere interamente dai padroni delle terre che, anzi, aggravarono i loro obblighi e tolsero loro degli appezzamenti. Erano chiamati contadini temporaneamente obbligati quegli ex servi della gleba che, anche dopo l’abolizione della servitù, erano costretti a eseguire determinate prestazioni (obrok. o barsteina) finché non avessero cominciato a versare le quote per il riscatto del loro nadiel al grande proprietario fondiario. Il II Congresso del POSDR, su proposta di Lenin, integrò la parte agraria del programma rivendicando il « passaggio in proprietà ai contadini del Caucaso delle terre che hanno in godimento, quali contadini temporaneamente obbligati, k.hizani, ecc. ». 101 Cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp. 424. 102 Lenin pronunciò questo discorso alla trentunesima seduta del congresso. Al momento dell’approvazione del verbale di quella seduta, il testo del discorso fu modificato con il consenso di Lenin. L'inizio, dalle parole: < Compagni, il di- scorso di Martov è stato cosi strano... » fino a € ... testimoniano quindi solo una stupefacente confusione di concetti politici », fu sostituito con le parole: « Chiedo al congresso la facoltà di rispondere a Martov. k II compagno Martov ha detto che questo voto ha macchiato la sua reputazione politica. Le votazioni non sono affatto un oltraggio alla reputazione politica » (Grida: « Non è vero! È falso. ». Fle^hanov e Lenin protestano contro le inter- ruzioni. Lenin chiede ai segretari di mettere a verbale che Zasulic, Martov e T rotshi V hanno interrotto e di indicare il numero delle volte in cui è stato interrotto ). Nel presente volume il discorso di Lenin è pubblicato secondo il testo letto al congresso. 103 Nel corso dei lavori del congresso questo divenne il punto 18 dell’ordine del giorno. 104 Avvenimenti di Odessa: sciopero del luglio 1903. Nonostante gli sforzi compiuti dall'organizzazione zubatovista locale per distogliere gli operai dalla lotta rivo- luzionaria, lo sciopero assunse un netto carattere politico. Nel 1903 gli scioperi politici di massa si diffusero in quasi tutto il Mezzogiorno della Russia (Kiev, Iekaterinoslav, Nikolaiev, Ielizavetgrad e altre città). Il n. 45 (i° agosto) dell' Iskfa diede grande risalto agli avvenimenti di Odessa. CRONACA BIOGRAFICA gennaio 1902 - agosto 1903 inizio di gennaio S (21) gennaio 8-25 gennaio (21 gennaio - 7 febbraio ) 75 (28) febbraio prima del 18 febbraio (3 marzo) fine di febbraio - prima metà di marzo febbraio - prima metà di marzo inizio di marzo (metà di marzo ) 5 (18) marzo io (23) marzo 30 marzo (12 aprile ) Lenin scrive le osservazioni al primo progetto di programma del POSDR redatto da Plekhanov. Interviene a una riunione della redazione dell'/r^ra a Monaco, criticando il primo progetto di programma di Plekhanov e pro- pone alcuni emendamenti. Scrive il nuovo progetto di programma del Partito operaio so- cialdemocratico russo. Nel n. 17 delP/j^ftf vengono pubblicati gli articoli: Sintomi di bancarotta e Dalla vita economica della Russia. Lenin propone tre emendamenti al suo progetto di programma del partito. Scrive le osservazioni al secondo progetto di programma del POSDR redatto da Plekhanov. Scrive 11 programma agrario della socialdemocrazia russa, com- mento alla parte agraria del programma del POSDR. Esce a Stoccarda il libro di Lenin Che fare? nel quale sono elaborati i principi ideologici del partito marxista. Lenin prepara per la conferenza del POSDR di Bielostok il rap- porto della redazione delL/r^ra c il progetto di risoluzione; partecipa alla riunione della redazione; dà le direttive al de- legato àcWlsfya che deve recarsi alla conferenza. Nel n. 18 dcWls^ra viene pubblicato l'articolo Lettera ai mem- bri degli € zemstvo ». Lenin e la Kmpskaia vanno a Londra, dove si è trasferita Visura. Lenin scrive in treno le osservazioni al progetto di pro- gramma elaborato dalla commissione di eoordinamento della redazione dcll'/r^ra. 500 inizio di aprile prima metà d'aprile ( seconda metà di aprile) aprile /* ( 14 ) maggio i° (14) giugno fra il 12 e il 14 (2 5 e 27) giugno . 1 4(27 ) giugno seconda metà di giugno - inizio di luglio (fine di giu- gno - metà di luglio) fine di giugno - inizio di luglio 3 f'6J e 9 (22) luglio luglio-agosto 2 (15) agosto 11 (24) agosto agosto 1* (14) settembre CRONACA BIOGRAFICA Arrivo di Lenin e della Krupskaia a Londra. Lenin organizza a Londra la pubblicazione dell'/r^ra. Scrive la lettera AlVn U nione settentrionale » in cui espone le Sue osservazioni al progetto di programma deirUnione. Scrive a Plekhanov una lettera in cui protesta contro il carattere e il tono inammissibili delle critiche di Plekhanov aH'articolo II programma agrario della socialdemocrazia russa. Nel n. 21 dell 7 r^ra viene pubblicato il progetto di programma del POSDR elaborato dalla redazione deWls^ra c della Zaria sotto la direzione di Lenin. Lenin arriva a Parigi. Tiene una relazione contro i socialisti-rivoluzionari alla riunione degli emigrati politici russi a Parigi. Va a Loguivy (costa settentrionale della Francia) insieme con la madre M. A. Ulianova e la sorella A. I. Ielizarova. Scrive l'articolo Perché la socialdemocrazia deve dichiarare una guerra risoluta c implacabile ai socialisti-rivoluzionari ? Scrive a Radcenko due lettere in cui traccia il piano di lavoro per l'organizzazione dì Pietroburgo. Scrive l’articolo Avventurismo rivoluzionario , che viene pubbli- cato nei nn, 23 e 24 deWIs^ra e poi in opuscolo. Tiene una riunione con i rappresentanti del comitato di Pie- troburgo, dell’organizzazione russa dcWIsIya, dell’* Unione set- tentrionale » e crea il nucleo isk rista del comitato d'organizza- zione per la convocazione del secondo congresso del partito. Scrive al comitato di Mosca del POSDR una lettera concernente la dichiarazione del comitato stesso sulla solidarietà con le idee esposte nel Che fare?, abbozza un piano di azione del comitato per rimmediato avvenire. L’articolo // programma agrario della socialdemocrazia russa viene pubblicato nel n. 4 della Zarià. Lenin scrive la prefazione alla seconda edizione dell’opuscolo: / compiti dei socialdemocratici russi. Sul n. 24 dell’/r^ra viene pubblicato l’editoriale di Lenin II pro- getto di una nuova legge sugli scioperi. CRONACA BIOGRAFICA 5 0I 3 (16) settembre 6 (19) settembre settembre 15 (28) ottobre 28 ottobre - 7 novembre (10-20 novembre) 1 (14) novembre 2-3 (15-6) novembre 16 (29) novembre fine di novembre (prima metà di dicembre) novem bre -direni bre 1 (14) dicembre 14 (27) dicembre dicembre dicembre 1902 - gennaio 1903 seconda metà del 1902 - prima metà dei 1903 Lenin scrive una lettera alla redazione del luxny Raboci sulla necessità di unificare i comitati locali per costituire un'unica organizzazione in tutta la Russia. Per incarico di Lenin il gruppo dell 'lsl zioni non vengono proposte al congresso). 7 (20 agosto) Alla trentunesima seduta pronuncia un discorso sulPelezione della redazione delP/r^ra, organo centrale del partito. Lenin viene eletto, con votazione segre ta, membro della reda- zione delP/r^vj; pronuncia un discorso sulPelezione del Co- mitato centrale. 9 o io (22 o 23) Scrive il progetto di risoluzione sulla pubblicazione di un organo agosto di stampa per gli aderenti alle sette. jo (23) agosto Alla tre ntasc «esima seduta interviene contro la risoluzione di Potresov sull’atteggiamento verso i liberali e pronuncia un di- scorso sul Patteggiamento verso gli studenti. CRONACA BIOGRAFICA 5<>5 // (24) agosto dopo Vii (il 2 4) agosto 15 (28) agosto Lenin e i delegati bolscevichi visitano la tomba di Karl Marx nel cimitero di Highg'ate. Terminati i lavori del II Congresso del POSDR, rientra a Gi- nevra da Londra. Nel n. 46 del Visura vengono pubblicati gli articoli L’èra delle riforme e L'ultima parola del nazionalismo bundisia. INDICI INDICE BIBLIOGRAFICO A proposito di un manifesto (Po povodu odnoi proklamatsii), Poslednie Izvestia, 1903, n. 105. 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Finliandsf^aia Gazieta (Gazzetta finlandese): giornale ufficiale del governo russo in Finlandia edito a Helsinki dal 1900. Gi*a (La vita): rivista mensile. Si pubblicò a Pietroburgo dal 1897 al 1901; nel 1902 uscì all’estero. Iermolov, A. S. - Carestia e calamità popolare (Nieurogiai i nanodnoie biedstvie), Pietroburgo, 1892. ìs^ra (La scintilla): primo giornale marxista illegale fondato da Lenin nel 1900. Si pubblicò a Lipsia, poi a Monaco e in seguito (dall’aprile 1902) a Londra e (dal 1903) a Ginevra. luzny Raboci (L’operaio del sud): giornale socialdemocratico, pubblicato clandesti- namente dal gruppo omonimo dal gennaio 1900 all’aprile 1903. Kautsky, K. - Die Agrarfrage (La questione agraria), Stuttgart, 1899. Kautsky, K. - Finis Poloniac?, Die Nette Zeit , XIV, 1895-1896, B. 11, N. 42-43. Kautsky, K. - Il programma di Erfurt (Erfurtskaia programma), trad. russa, Stoc- carda, 1903. Kautsky, K. - Die Revision des Programms der Sozialdemokfatic in Ocstcrreich (Re- visione del programma social democratico austriaco), Die Nette Zeit , XX, 1901 -1902, B. I. N. 3. Kautsky, K. - Vollmar und der Stastssozialìsmus (Vollmar e il socialismo di Stato), Die Nette Zeit , X, 1891-1892, B. Il, N. 49. Kràsnoic Znamia (Bandiera rossa): organo degli « economisti », edito dall’* Unione dei socialdemocratici russi all’estero» tra il novembre 1902 e il gennaio 1903. Ne uscirono 3 numeri. Lenin, V. I. - Che fare? (Cfr., nella presente edizione, voi. 5, pp. 321-489). Lenin V. I. - / compiti dei socialdemocratici russi (cfr., nella presente edizione, voi. 2, PP- 315-337)' Lenin V. I. - Il partito operaio e i contadini , (cfr., nella presente edizione, voi. 4, pp. 457-465). Lenin, V. I. - 7 persecutori degli zemstvo e gli Annibdi del liberalismo (cfr. nella presente edizione, voi. 5, pp. 23-67). Lettera ai membri degli a zemstvo* (Pismo starykh zemtsev), 1901. La libertà (Svoboda), ed. dal «Partito operaio di emancipazione politica della Russia», igoo. Uetuci listo k gruppy « Sorba » (Foglio volante del gruppo « La lotta »). La lotta di classe nelle campagne (Klassovaia borba v derie vnie), Revoliutsionnaia Rossia t 1902, n. zi. La lotta di Rostov (Borba rostovskikh rabocikh), ed. «Iskra», 1902. Luana (La sverza): rivista dei socialisti-rivoluzionari per i contadini. INDICE BIBLIOGRAFICO 5 ” Manifesto del POSDR (Manifest Rossiskoi Sotsialdemokratàceskoi Rabocei Partii), 1898. Manifesto del partito dei socialisti-rivoluzionari (Manifest partii sotsialistov-revoliut- sionerov), 1900. Manifesto dei socialdemocratici armeni (Manifest armianskikh sotsialdemokratov), Pro- le tarlai, 1903, i. Martov, L. - La causa operaia in Russia (Raboceie dielo v Rossii), Ginevra, 1899. Martynov, A. - Letteratura accusatrice e lotta proletaria (Oblicitelnaia literatura i proletarskaia borba), Raboceie Dielo , 1901, n. io. Marx, K. - Critica del programma di Gotha (cfr. Marx-Engels, Il partito e l’Interna- zionale, Roma, Edizioni Rinascita, 1948). Marx, K. - Dos Kapital. Kritif^ der politischen Oekpnomie , Hamburg, 1894. (Cfr. // Capitale , Roma, Edizioni Rinascita, 1951-1 956). Marx, K. - // diciotto brumaio (cfr. Marx-Engels, // 1848 in Germania e in Francia , Roma, Edizioni Rinascita, 1948, pp. 249-358). Marx, K. - Engels, F. - Manifesto del partito comunista (Roma, Editori Riuniti, 1953). Maslov, P. - Le condizioni di sviluppo dell'agricoltura in Russia (Uslovia razvitia sielskovo khoziaistva v Rossii), 1903. Materiali sui bisogni dell' industria agricola nel governatorato di Saratov (Materialy k voprosu 0 nuzdakh sielsko-khoziaistvennoi proni ysclennosti v saratovskoi gubernii), Saratov, 1903. Mosfavsfye Viedomosti (Notizie di Mosca): quotidiano pubblicato a Mosca dal 1756 al 1917. Organo del clero e dei grandi proprietari terrieri. Nadezdin, L. - cfr. La vigilia della rivoluzione. Nakjanunie (La vigilia): rivista socialista-rivoluzionaria; si pubblicò a Londra dal gennaio 1899 al febbraio 1902. Ne uscirono 37 numeri. Narodnoie Dielo (La causa del popolo): periodico popolare dei sociali sti-rivoluzoinori. Ne uscirono 4 numeri (agosto 1902-giugno 1903). Neue Rheinische Zeiiung (Nuova gazzetta renana): si pubblicò a Colonia dal 1* giu- gno 1848 al 19 maggio 1849; fu diretta da Marx c da Engels. Neue Zeit (Die) (Tempo nuovo): rivista della socialdemocrazia tedesca. Si pubblicò a Stoccarda dal 1883 al 1923. I nostri compiti (Nasci zadaci), ed. dell’ e Unione dei socialisti-rivoluzionari russi », 1900. Novoie Slovo (La parola nuova): rivista scientifica e politico-letteraria edita a Pie- troburgo dal 1894 alla primavera del 1897 dai liberalpopulisti e negli ultimi mesi di vita dai « marxisti legali ». Nopoie Vremia (Tempi nuovi): giornale pubblicato a Pietroburgo dal 1868 al 1917. Dapprima liberale moderato, divenne dopo il 1880 organo della burocrazia e della nobiltà. Osvobozdenie (L’emancipazione): bisettimanale della borghesia liberale monarchica. Si pubblicò alPestcro nel periodo 1902-1905 e fu diretto da Piotr Struve. Oticccstvennye Zapiski (Annali patri): rivista fondata nel 1820 e che visse con varie vicende sino al 1884, quando fu soppressa dal governo zarista. Si giovò della collaborazione di Bielinski, Nekrasov, Saltykov-Stcedrin, ecc. Plekhanov, G. V. - / compiti dei socialisti nella lotta contro la carestia in Russia (O zadaciakh sotsialistov v borbe s golodom v Rossii), Ginevra, 1892. 512 INDICE BIBLIOGRAFICO Poslednie Izvestia (Ultime notizie): periodico redatto dal Comitato estero del Bund. Ne uscirono 256 numeri tra il 1901 e il 1906. Programma di Erfurt (Programm der Sozialdemokratischen Partei Deutschlands. Beschlossen auf dem Parteitag zu Erfurt 1891), Berlino, 1891. Proletariat (Il proletariato): pubblicazione in lingua armena dell’Unione dei social- democratici armeni. Przedswit (L'aurora): organo mensile del Partito socialista polacco, pubblicato a Cracovia. Una questione attuale (Ocerednoi vopros revoliutsionnovo dieia), Londra, Ed. della «Lega agraria socialista», 1900. Raboceie Dielo (La causa operaia): organo non periodico dell’« Unione dei socialde- mocratici russi all’estero*. Si pubblicò a Ginevra dall’aprile 1899 al febbraio 1902. Ne uscirono 12 numeri in 9 fascicoli. Rabociaia Gazieta (Gazzetta operaia): organo illegale di un gruppo di socialdemo- cratici di Kiev. Ne apparvero due soli numeri nel 1897. Rabociaia Mysl (Il pensiero operaio): giornale degli « economisti ». Si pubblicò dal- l’ottobre 1897 al dicembre 1902; ne uscirono 16 numeri: i nn. 3-11 e 16 a Ber- lino, gli altri a Pietroburgo. Rabotni^ (Il lavoratore): raccolta non periodica edita tra il 1896 e il 1899 dalla « Unione dei socialdemocratici russi all’estero * per iniziativa di Lenin. Raccolta statistica militare (Voienno-statisticeski sbornik), Pietroburgo, 1871. Revoliutsionnaia Rossia (Russia rivoluzionaria): organo dei socialisti-rivoluzionari. Russie Viedomosti (Notizie russe): quotidiano, organo della borghesia e dei grandi proprietari terrieri liberali. Si pubblicò a Mosca dal 1863 al 1918. Russftpie Bogatstvo (La ricchezza russa): rivista mensile che passò all’inizio degli anni novanta nelle mani dei populisti liberali. Si pubblicò a Pietroburgo dal 1876 al 1918. Sanin, A. A. - Chi farà la rivoluzione politica? (Kto sovierscit politiceskuiu revo- liutsiuP), Kiev, 1899. Sozialistische Monatshefte. Internationale Revue des Sozialismus: organo della ten- denza opportunistica nella socialdemocrazia tedesca. Si pubblicò à Berlino dal 1897 al 1933. Struve, P. - A proposito di un rimprovero (Po povodu odnovo upreka), Osvobozdenie t 1903, n. 17. Lo sviluppo mondiale e la crisi del socialismo (Mirovoi rost i krizis sotsializma), Vicst- Russkjoi Revoliutsii, 1902, n. 2. Svoboda (La liberti): rivista per gli operai, edita dal gruppo rivoluzionario-socialista « Svoboda ». Turgheniev, I. S. - Poesie in prosa (Srikhotvorenia v proze), 1882. Viestnih Finansov , Promysclennosti i Torgovli (Bollettino delle finanze, deU’industria e del commercio). Viestni^ Russfoi Revoliutsii (Bollettino della rivoluzione russa): rivista dei socialisti- rivoluzionari, pubblicata all’estero negli anni 1901-1905. INDICE BIBLIOGRAFICO 5*3 La vigilia della rivoluzione (Kanun revoliutsii), rassegna non periodica di questioni di teoria e tattica, a cura di L. Nadezdin, edita dal gruppo « Svoboda ». Vperìod (Avanti): giornale di tendenza « cconomistica » edito a Kiev negli anni 1896-1900. Witte, S. lu. - L'autocrazia e lo zemstvo (Samodergiavie i zemstvo), Stoccarda, 19°3- X: cfr. Maslov, P. Zarià (L’aurora): rivista politico-scientifica, pubblicata a Stoccarda nel 1901-1902 dalla redazione dell 'Isf(ra. Ne uscirono 4 numeri. INDICE DEI NOMI Akimov, V. - 453. Alessandro II, - 144. Alessandro III - 134, 319, 339. A. N. - cfr. Potresov. Annibaie - 325. Apraksìn (conte) - 278. Auhagen, H. - 312. Axelrod, P. B. - 68, 98, 464, 469. Babeuf, G. - 192. Bai mascè v, S. V. - 176, 178, 182. Bastiat, F. - 83. Bebel, A. - 289, 293. Berdiaiev, N. A. - 64. Berg, pseud. di Martov; cfr. Bernstein, E. - 82, 98. Bogolepov, N. P. - 69, 72. Bòhm-Bawerk, E. - 64. Bonc-Bruievic, V. D. - 439. Bruker, pseud. di Makhoviets. Bulgakov, S. N. - 66, 76, 82, 98, 106, ni, 191, 312, 316, 318. Cernov, V. M. - 76, 82, 98, 124, 312, 318. Cemyscev, I. V. - 212. Danielson, N. F. - 191, 244 . David, E. - 76, 98, 312, 363, 401, 403, 404. Dekhtcrev, 278, 281. Demianenkov (generale) - 278. Dikstein, S. - 293. Dombrowski, la. - 424. Diihring, E. K. - 238. 2a 3b, cfr. Lepescinski. Engels, F. - 29, 34, 41, 42, 44, 50, 54, 238, 398» 403» 404» 422, 423- Filarete (metropolita) - 392. Frei, pseud. di Lenin; cfr. Gheiden, N. F. - 278. Giordania, N. N. - 460. Gitlovski, Kh. - 200, 252. Golenistcev-Kutuzov, P. A. - 278. Golitsyn, D. P. - 281. Goremykin, I. L. - 138, 328, 329. Gorin, V. E. - 457, 459. Gringmut, V. A. - 277. Guesde, J. - 289. Guglielmo II, imperatore dì Germania 329 * Guyot, I. - 328. G. V. - cfr. Plekhanov. Hecht, M. - 312. Hertz, F. O. - 76, 82, 98, 185, 312, 318. Hofmann, cfr. Kosovski. Hofstetter, I. A. - 19 1. Iegorov, cfr. Levin. Iermolov, 370. Ignatiev, A. P. - 278. luduscka Golovliov - 233. Iuzov, pseud. di Kablits. Kablits, I. I. - 191. Kablukov, N. A. - 76. Kalafati, D. P. - 460. Karazin, N. N. - 278, 281. Karpovic, P. V. - 69. 5*6 INDICE DEI NOMI Karyscev, N. A. - 76. Kautsky, K. - 38, 108, no, 126, 133, 309» 398, 403» 4f>4. 422, 4 2 4- Khrustciov, I. P. • 278. Klawki, K. • 312. Komarov, K. V. - 277, 278, 281. Kosovski, V. - 449. Kostrov, cfr. Giordania. Krasikov, P. A. - 165. Kravcinski, S. M. - 239. Kricevski, B. N. - 437. Krivenko, V. S. - 278. Lafargue, P, - 289. Leikin, N. A. - 278. Lelianov - 278. Lenghnik, F. V. * 288, 292, 294. Lenin, V. I. - 11, 20, 23, 24, 25, 26, 51, 68, 170, 174, 197, 328, 453, 454, 455, 463- Lepescinski, P. N. - 165, 166. Levin, E. la. - 456, 457, 460. Levitski, N. V. - 192, 193. Liber, M. I. - 450, 451, 452, 457, 458, 461, 462. Liebig, 1. - 318. Liebknecht, W. - 289, 403. Luxemburg, R. ■ no. Makhnoviets Lidia - 464. Makhov, cfr. Kalafati. Martov, L. - 68, 398, 464, 465, 466, 467, 468, 469* 47°. 485. Martynov, A. S. - 65, 98, 105, 107, 108, 114, 115, 116, 119, 120, 123, 124, 125, 453, 456, 459- Marx, K. • 4L 44. 64, 103, 186, 238, 242, 258, 312, 313, 315, 316, 318, 398, 403. 422. 423. 452, 460. Maslov, P. P. - 312, 316, 317, 405, 406, 4°7. 4*3. 4M. 416, 418, 419, 456, 459- Mehring, F. - 424, 425. Mestceriakov, N. !.. 169. Mikhailovski, N. K. - 64, 244. Molciahn - 211. Mùlbcrgcr - 243, Nadezdin. L. - 87, 114, 126, 127, 128, 131, 261. Napoleone I • 422. Nazimov (ammiraglio) - 278. Nicola li * 70, 72, 319, 320, 339- N.-on, cfr. Danielson. Nossig - 318. Oblomov - 118. Obolenski, I. M. 248. Ornatski (arciprete) - 278. P. B. ' cfr. Axelrod. Plekhanov, G. V. * 11, 20, 28, 48, 63, 64, 65, 68, 98, 293, 437. 464- Pieve, N. V. - 278. Pieve, V. K. - 182, 235, 236, 256. Pobedonostsev, K, P. - 193. Potapov, A. I. - 412, 415. Potresov, A. N. - 68. Prokopovic, S. N. - 76, 106. Radcenko, I. I. - 163. Rafailov - 252. Riazanov, D. B. - 453. Ricardo, D. - 315. R. N. S., « cfr. Struve. Rudin, cfr. Potapov. Ruge, A. - 423. Saltykov-Stcednn, M. E. - 291. Samylin, M. I. - 279. Sazonov, G. P. - 190, 191. Schulze Delitsch, F. - 83, 453. Scipov, D. N. - 235, z36, 328. Sctakelberg, A. F. - 204. 7z 6f, pseud. di Lenghnik. Sipiaghin, D. S. - 74, 140, 176, 178, 182. Slepov, F. A. ■ 277, 278, 279, 281. Slucevski, K. K. - 278. Sokolov, I. S. - 278. Sombart, V. - 106. S. S. - 325, 327, 328. Staritski, A. - 236. Stcedrin, cfr. Saltykov-Stcedrin. Stepniak, cfr. Kravcinski. Struve, P. B. - io 6, i 44t ty 7> r g6, 187, 201, 210, ari, 237, 238, 239, 318, 325, 326, 327, 328, 329, 330. Syromiatnikov - 278. T. - 237. Thiers, L. - 326. Tolstoi, L. N. - 73. Totomiants, V. F. - 76, u T. P., cfr. Lenin. Trotski, L. D. - 461, 465, Turgheniev, 1 . S. - 187. Val- 248. Valniev, P. A. - 1 16. Vannovski, P. S. - 69, 70. Vasiliev, A. V. - 278, 2R1. Vclìcko, V. L. - 278. Veretennìkov, A. P. - 278, V. I. - cfr. Zasulic. Vodovozov, V. V. - 329. INDICE DEI NOMI 517 I . 470. 281 . Vollniar, G. - 126. Voruntsov, V. P. - 191, 244, 417. V. V., cfr. Vnrontsov. X, cfr. Maslov. Witte, S. Iu. - 76, 79, 140, 144, 293, 325. Wrublcwski 424. Zabudski (generale) - 278. Zasulic, V. I. - 65 , 68. Zolotarev 278. Zubatov, S. U. - 155. GLOSSARIO Artcl : Bar stana: Desiatine: Min Nadiel: Obrok: Obstcina : Otrabot\i; Pud: organizzazione economica volontaria, di tipo corporativo-cooperati- vistico, istituita anche per migliorare le condizioni d'ingaggio de- gli associati come salariati; aveva breve durata (anche una sola stagione) ed era priva di personalità giuridica. lavoro obbligatorio gratuito che il contadino eseguiva sulle terre si- gnorili al tempo della servitù della gleba (corvée). ha 1,092. 1) comunità di villaggio, lo stesso che obstcina\ 2) assemblea dei membri òeW'obstcina. lotto di terra che la famiglia contadina aveva ricevuto in godimento all’epoca feudale, destinato a fornirle la sussistenza necessaria in modo che essa potesse eseguire gratuitamente il lavoro sulle terre dell'azienda signorile. La riforma del 1861 assegnò questo lotto alla famiglia stessa, dopo averne stralciato una parte cospicua in favore dei grandi proprietari terrieri (otrez^i). una delle forme fondamentali di sfruttamento dei contadini da parte dei' -signori feudali al tempo della servitù della gleba. Il si- gnore riceveva dai contadini un introito in natura o in denaro. Il termine serviva a indicare lo stesso introito del signore feudale. (letteralmente comunità ) organizzazioqp - contadina di villaggio a carattere amministrativo e di ceto, per i cui membri vigeva, ri- guardo al fisco, il principio della responsabilità collettiva; i mem- bri étWobstcina possedevano inoltre la terra in eomune, senza al- cun diritto di proprietà sugli appezzamenti coltivati. lavoro obbligatorio per il grande proprietario terriero dopo l'aboli- zione della servitù della gleba; poteva essere convcrtito nel versa- mento di una quoto parte dei prodotti della terra, o assumere la forma di vere e proprie prestazioni gratuite per la terra ceduta ai contadini, per gli usi civici, ccc. kg. 16,38. 520 GLOSSARIO Raznoc/ntsy: clementi intellettuali della borghesia liberale e democratica non appartenenti al ceto nobiliare e provenienti dagli strati borghesi e piccolo-borghesi della società (clero, mercanti, contadini, ecc.). Remeslennik' artigiano che lavora non per il mercato, ma per il cliente consu- matore. Starosta: funzionario elettivo o designato, cui veniva affidata la direzione di una collettività non grande. Volost : circoscrizione territoriale rurale, la più piccola unità amministrativa nella Russia zarista. Zemsk} nacialniJ(: funzionario locale, con ampi poteri amministrativi e giudiziari. Ve- niva designato su proposta del governatore dopo l’approvazione del ministro degli interni. Zemsk.i sobor ; nella Russia dei secoli XXI e XVII, assemblea dei rappresentanti dei ceti, convocata per essere consultata dal governo. Zemstvo: sistema delle istituzioni di autoamministrazione locale, cui potevano accedere i soli elementi provenienti dalla borghesia c dalla nobiltà. INDICE DEL VOLUME Nota dell* editore 5 1902 MATERIALI PER L’ELABORAZIONE DEL PROGRAMMA DEL POSDR <^68 Osservazioni al primo progetto di programma di Plekha- nov, p. 11 - Progetto di programma del Partito operaio so- cialdemocratico russo, p. 20 - Tre emendamenti al progetto di programma, p. 27 - Osservazioni al secondo progetto di programma di Plekhanov, p. 28 - Giudizio sul secondo progetto di programma di Plekhanov, p. 48 - Osservazioni al progetto di programma della commissione, p. 51 - Os- servazioni supplementari al progetto di programma della commissione, p, 64 - Emendamento alla parte agraria del programma, p. 67. SINTOMI DI BANCAROTTA 69 DALLA VITA ECONOMICA DELLA RUSSIA 75 84 1. Le casse di risparmio, p. 76. RAPPORTO DELLA REDAZIONE DELL* ISKRA » ALLA RIUNIONE (CON- FERENZA) DEI COMITATI DEL POSDR 85 IL PROGRAMMA AGRARIO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA RUSSA 95 ' J 3 ^ I. 97 II. 99 III. 104 IV. 107 V. no VI. 113 VII. 119 Vili. 128 IX. 132 X. 134 5 2 4 INDICE DEL VOLUME LETTERA AI MEMBRI DEGLI « ZEMSTVO * IL GRUPPO € LA LOTTA > LETTERA ALL** UNIONE SETTENTRIONALE > PERCHE LA SOCIALDEMOCRAZIA DEVE DICHIARARE UNA GUERRA RISOLUTA E IMPLACABILE AI SOCI AL ISTI 'RIVOLUZIONARI ? DUE LETTERE ALI. RADCENKO I. IL AVVENTURISMO RIVOLUZIONARIO I. II. LETTERA AL COMITATO DI MOSCA PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE DELL OPUSCOLO « 1 COMPITI DEI SOCIALDEMOCRATICI RUSSI » IL PROGETTO DI UNA NUOVA LEGGE SUGLI SCIOPERI LETTERA ALLA REDAZIONE DEL * IUZNY RABOCI » LETTERA A UN COMPAGNO SUI NOSTRI COMPITI ORGANIZZATIVI LOTTA POLITICA E POLITICANTISMO LE DIMOSTRAZIONI IL SOCIALISMO VOLGARE E IL POPULISMO RISUSCITATI DAI SOCIA- LISTI-RIVOLUZIONARI I COMPITI DEL MOVIMENTO SOCIALDEMOCRATICO TESI FONDAMENTALE CONTRO I SOCIALISTI-RIVOLUZIONARI NUOVI AVVENIMENTI E VECCHI PROBLEMI AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE MEDIE IL GRUPPO « SVOBODA * ESTRATTO DI UN ARTICOLO CONTRO I SOCIALISTI-RIVOLUZIONARI PROGETTO DI INDIRIZZO DEL COMITATO D ORGANIZZAZIONE RUSSO ALLA LEGA, ALL’UNIONE E AL COMITATO ESTERO DEL BUND A PROPOSITO DELLE RELAZIONI DEI COMITATI E DEI GRUPPI DEL POSDR AL CONGRESSO GENERALE DEL PARTITO I. Il movimento operaie, la sua storia e la situazione at- tuale, p. 268 - li. Storia dei circoli socialisti, comparsa dei socialdemocratici, lotta delle tendenze nel loro seno, p. 269 - 111 . Organizzazione del comitato locale, dei gruppi e dei cir- coli locali, p. 270 - IV. Carattere, ampiezza e contenuto del lavoro locale, p. 271 - V. Rapporto con i gruppi rivo- luzionari (soprattutto socialdemocratici) di altre razze c na- zionalità, p. 273 - VI. Tipografìe, trasporti e attrezzatura *37 M7 148 158 163-174 165 *7* 1 75**95 *75 184 I96 I98 203 212 2I 5 2 3 2 2 4 x 248 250 2 54 260 261 263 265 266-276 INDICE DEL VOLUME 5*5 clandestina del lavoro, p. 273 - VII. Contatti con strati della popolazione che non appartengono alla classe operaia e la- voro fra di essi, p, 274 - Vili. Tendenze rivoluzionarie e d’opposizione non socialdemocratiche e atteggiamento verso di esse, p. 275. 1903 GLI ZUBATOVISTI DI MOSCA A PIETROBURGO 277 COMUNICATO SULLA COSTITUZIONE DEL «COMITATO D’ORGANIZ- ZAZIONE » 283 ALCUNE CONSIDERAZIONI A PROPOSITO DELLA LETTERA DI 7Z 6f 288 LA DICHIARAZIONE DEL BUND 295 IL MANIFESTO DEI SOCIALDEMOCRATICI ARMENI 302 OCCORRE UN « PARTITO POLITICO AUTONOMO » AL PROLETARIATO EBRAICO? 306 LE CONCEZIONI MARXISTE SULLA QUESTIONE AGRARIA IN EUROPA E IN RUSSIA 3l2-3l8 Programma delle lezioni, p, 312 - Schema della prima le- zione, p. 313 - Predominio delPagricoltura capitalistica p. 315. l’autocrazia tentenna... 319 IL SIGNOR STRUVE SMASCHERATO DA UN SUO COLLABORATORE 325 AI CONTADINI POVERI 333 1. La lotta degli operai delle città, p. 335 - 2. Che cosa vogliono i socialdemocratici? p. 337 - 3. Ricchezza e mi- seria, proprietari ed operai nelle campagne, p. 346 - 4. Da che parte deve schierarsi il contadino medio? Dalla parte dei possidenti e dei ricchi oppure dalla parte degli operai e dei nullatenenti? p. 360 - 5. Quali miglioramenti voglio- no ottenere i socialdemocratici per tutto il popolo e per gli operai? p. 367 - 6. Quali miglioramenti vogliono ottenere i socialdemocratici per tutti i contadini? p. 377 - 7. La lotta di classe nelle campagne, p. 391 - Programma del Partito operaio socialdemocratico russo proposto dal giornale Is^ra e dalla rivista Zarià y p. 398. LES BEAUX ESPRITS SE RENCONTRENT 40I RISPOSTA ALLA CRITICA DEL NOSTRO PROGETTO DI PROGRAMMA 405 LA QUESTIONE NAZIONALE NEL NOSTRO PROGRAMMA 420 SCHEMA DI UN ARTICOLO CONTRO I SOCIALISTI-RIVOLUZIONARI 429 IL CONGRESSO DEL POSDR 431-472 5 2Ó INDICE DEL VOLUME 1. Progetto di risoluzione sulle dimostrazioni, p. 433 - 2. Progetto di risoluzione sul posto del Bund nel partito p. 434 - 3. Progetto di risoluzione sull’atteggiamento verso gli studenti, p. 435 - 4. Progetto di risoluzione sulla stampa di partito, p. 436 - 5. Progetti di brevi risoluzioni, p. 437 - 6 . Progetto di risoluzione sulla pubblicazione di un giornale per gli aderenti alle sette, p. 439 - 7. Progetto di statuto del POSDR, p. 440 - 8. Progetti di risoluzioni non pro- poste al congresso, p. 442 * 9. Primo discorso sull’ordine del giorno del congresso, p. 445 - io. Secondo discorso sull’or- dine del giorno del congresso, p. 446 - 11. Discorso sul modo d’agire del comitato d’organizzazione, p. 447 - 12. Discorso sulla partecipazione dei socialdemocratici polacchi al congresso, p. 448 - 13. Discorso sul posto del Bund nel POSDR, p. 449 - 14. Discorso sul programma del partito p. 452 - 15. Rapporto sullo statuto del partito, p. 455 - 16. Primo discorso sul programma agrario, p. 456 - 17. Secondo discorso sul programma agrario, p. 459 - 18. Terzo discorso sul programma agrario, p. 461 - 19. Quarto discorso sul programma agrario, p. 462 - 20. Primo discorso sullo sta- tuto del partito, p. 463 - 21. Secondo discorso sullo statuto del partito, p. 464 - 22. Discorso sull’elezione della re- dazione delT/s^ra, p. 468 - 23. Discorso sull’atteggiamento verso gli studenti, p. 472. l’era delle riforme 473 l’ultima parola del nazionalismo bundista 481 CONTRADDIZIONI E ZIGZAG DI MARTOV 485 Note 487 Cronaca biografica 497 Indice bibliografico 509 Indice dei nomi ^ 1 $ Glossario r IO Finito di stampare nel luglio 1969 nella Tipo-litografia L. CKiovini in Roma Via Francesco Arese. 13 - Tel 52.62.707 JI 10102-394 014(01 ) — 74 6 ea oOtjHBJI. Xy^oJKecTBeiiHhifl peiUKTop B. KoAaanoa TexHmecKHft pe^aKTop T. lOpoaa rio^nHcaHO k neqaTH 25/VI 1—1974. 4>OpMaT 60X 86/ie. ByM. ji. 15,5. FTeii. n. 31,35. Yq.-H3fl. n. 31,25. N» 20 056. 3axa3 763. UeHa 1 p. 29 k. THpaw: 5100. H 3 flaT&nbCTBO «nporpecc» rocy^apcTBeHHoro KOMHTeTa CoBeTa Mhhhctpob CCCP no fle^aM H 3 A«TejibCTB, ncwinrpa$HH h khhhchoA TOprOBJIH. 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